Turbine a gas. Introduzione Le turbine a gas nella loro forma moderna furono concepite e brevettate...

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DISPENSE DEL CORSO DI SISTEMI ENERGETICI Prof. Antonio PERDICHIZZI TURBINE A GAS

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DISPENSE DEL CORSO DI

SISTEMI ENERGETICI

Prof. Antonio PERDICHIZZI

TURBINE A GAS

1. Introduzione Le turbine a gas nella loro forma moderna furono concepite e brevettate intorno al 1890. E’ tuttavia solo alla fine degli anni ’30 che se ne hanno le prime realizzazioni pratiche. Infatti, i rendimenti troppo bassi dei componenti, turbina e compressore, utilizzati nei primi prototipi così come le limitate temperature massime del ciclo imposte dai materiali allora disponibili, rendevano non conveniente, se non addirittura inutile, un loro utilizzo. Il primo impianto per la produzione di energia elettrica basato su un ciclo a gas fu realizzato nel 1939 in Svizzera dalla Brown-Boveri. Fu però lo sviluppo di motori per aerei militari a dare la spinta decisiva al miglioramento di queste macchine. Il primo motore aeronautico basato sulla tecnologia delle turbine a gas lo si deve a Whittle, che lo realizzò nel 1939 in Inghilterra. La figura 1 ne riporta un semplice schema di funzionamento. Un compressore, in questo caso centrifugo mono-stadio, aspira aria dall’ambiente attraverso un condotto opportunamente sagomato, la comprime e quindi la invia in camera di combustione. Qui, grazie all’iniezione di combustibile attraverso opportuni ugelli, avviene la combustione. I prodotti della combustione, ad alta pressione e temperatura, espandono in una turbina (in questo esempio assiale bi-stadio), per poi essere scaricati in atmosfera attraverso un ugello. I principali componenti della turbina a gas sono quindi: il compressore, la camera di combustione e la turbina. Nel caso di applicazione aeronautica, ai precedenti si aggiungono i condotti di aspirazione, a monte del compressore, e l’ugello allo scarico della turbina, elementi che contribuiscono alla generazione della spinta necessaria al sostentamento ed avanzamento del velivolo.

Figura 1. Schema della turbina a gas di Whittle. Parallelamente agli studi Inglesi, anche la Germania stava sviluppando la medesima tecnologia: fu la prima nazione a produrre e ad utilizzare un caccia militare funzionante grazie ad un motore a reazione. Il motore utilizzato, il Jumo004, fu sviluppato e migliorato durante tutta la seconda guerra mondiale; malgrado ciò esso non fu mai in grado di superare le 12h di funzionamento. Il rapporto di compressione era circa pari a 3, mentre il rendimento del compressore non superava il valore di 0.82. Lo sviluppo di questi motori subì una brusca impennata solo nel dopoguerra, grazie a ingenti stanziamenti militari, specialmente in Inghilterra e negli Stati Uniti. E’ opportuno sottolineare come lo sviluppo del turbogas, così come l’ottenimento di prestazioni soddisfacenti, sia stato fortemente influenzato dalla capacità, da un lato di realizzare compressori con elevati rapporti di compressione e rendimenti sufficientemente alti, e dall’altro di costruire turbine in grado di sopportare temperature elevate. A differenza infatti degli impianti a vapore, negli impianti turbogas la presenza di un gas sia in fase di compressione che di espansione fa sì che i

relativi lavori siano dello stesso ordine di grandezza, rendendo l’effetto utile, e cioè la loro differenza, fortemente influenzato dalle prestazioni delle macchine e dalle condizioni di funzionamento dell’intero sistema. Ciò non avviene negli impianti a vapore, dove la diversa natura del fluido presente nelle fasi di espansione (vapore surriscaldato) e di pompaggio (acqua allo stato liquido) fa sì che il lavoro richiesto per la compressione del liquido sia trascurabile rispetto a quello fornito dalla turbina, risultandone un sicuro effetto utile, anche in presenza di macchine a limitato rendimento e di temperature massime del ciclo ampiamente sopportabili dagli acciai comuni. La figura 2 mostra l’evoluzione tecnologica dei turbogas a partire dal dopoguerra. In entrambi i grafici viene mostrato l’andamento nel corso degli anni della temperatura in ingresso in turbina, che rappresenta la massima temperatura raggiunta nel ciclo. Tale temperatura è un indice del livello tecnologico raggiunto e, come sarà chiarito nel seguito, dell’aumento delle prestazioni dell’intero motore.

Figura 2. Evoluzione dei gruppi Turbogas per applicazioni aeronautiche e terrestri.

Innanzi tutto si individuano due famiglie principali di motori: i turbogas per applicazioni aeronautiche e quelli “heavy-duty”. Mentre i primi, pur nascendo in ambito aeronautico, possono trovare applicazioni anche nel settore della generazione di potenza (turbogas aeroderivativi), i motori heavy-duty sono espressamente progettati per la generazione di potenza elettrica. Come si nota, queste due famiglie di macchine si differenziano per i livelli di temperatura, con le heavy-duty caratterizzate da temperature in ingresso in turbina inferiori. E’ interessante notare inoltre come possa essere individuato un trend nell’aumento della temperatura in ingresso in turbina, maggiore per le macchine aeronautiche (12.5 °C all’anno) che per le heavy-duty (5 °C all’anno). Tutto ciò può essere facilmente spiegato se si pensa ai forti investimenti nella ricerca in campo aeronautico nel settore militare, i cui frutti si risentono solo a posteriori in campo terrestre. Inoltre, a differenza dei motori per aerei, i motori heavy-duty devono funzionare per un elevato numero di ore nell’arco

dell’anno (tipicamente intorno alle 8000 ore/anno). Ciò fa sì che essi risultino più robusti, operando in condizioni di funzionamento meno spinte. L’approccio seguito nel presente capitolo è quello usuale: partendo da un’analisi ideale, si passerà poi allo studio del ciclo reale, evidenziando in ogni caso la dipendenza delle prestazioni dell’impianto dai principali parametri di esercizio. Per meglio evidenziare le sorgenti di perdita, verrà introdotto l’approccio dell’analisi entropica. Si analizzeranno quindi più nel dettaglio i componenti costituenti il turbogas, per descriverne le prestazioni e le principali caratteristiche costruttive. Particolare attenzione verrà posta all’analisi delle problematiche di raffreddamento della turbina, a quelle relative al comportamento fuori progetto delle macchine e di regolazione ed avviamento del gruppo turbogas.

2. Ciclo Joule-Bryton ideale Il ciclo termodinamico su cui si basano le turbine a gas è il ciclo Joule-Brayton, rappresentato graficamente sul piano (T,s) in figura 3. In figura 3 è inoltre fornito uno schema del lay-out dell’impianto. Si nota come l’impianto turbogas, in questo caso ideale, sia costituito da due macchine, compressore e turbina, e da due scambiatori di calore. Compressore e turbina sono calettati su un unico albero, connesso all’alternatore per la generazione di potenza elettrica. Il ciclo termodinamico è quindi composto, nel caso ideale, da due trasformazioni isobare unite da due trasformazioni isentropiche. Le ipotesi su cui si fonda sono le seguenti:

ciclo chiuso, e quindi la portata di fluido che attraversa i diversi componenti è sempre la stessa;

fluido di lavoro gas perfetto a Cp costante; macchine ideali, e quindi trasformazioni nelle macchine, turbina e compressore, adiabatiche

reversibili; assenza di perdite di carico nei condotti di collegamento e negli scambiatori di calore; assenza di perdite di calore verso l’esterno.

Figura 3. Ciclo Joule-Bryton chiuso ideale – diagramma (T-s).

Figura 4. Ciclo Joule-Bryton chiuso ideale – diagramma (h-s). Con queste ipotesi, il fluido di lavoro, tipicamente aria, viene aspirato dal compressore (ηC,ad = 1) nelle condizioni 1, e compresso isentropicamente fino alla pressione p2. Alla fine della compressione (punto 2 in figura 3) ha luogo l’introduzione di calore a pressione costante in uno scambiatore di calore, che porta il fluido dalla temperatura T2 alla temperatura T3. Dal punto 3 il fluido inizia un’espansione isoentropica in turbina (ηT,ad = 1) che lo riporta, nel punto 4, alla pressione p1. Infine si ha un raffreddamento isobaro con cessione di calore ad una sorgente a bassa temperatura in un secondo scambiatore di calore, che riporta il fluido nelle condizioni iniziali al punto 1. Si fa notare come il ciclo termodinamico possa venire in maniera pressoché equivalente rappresentato anche sul piano entalpico (h,s) (figura 4), essendo per un gas perfetto dh = Cp·dT, ed in più Cp costante.

Figura 5. Ciclo Joule-Bryton aperto ideale.

Il ciclo chiuso ideale nella realtà non viene realizzato praticamente mai, in quanto richiede scambiatori di calore con superfici molto estese (trattandosi di scambiatori gas/gas). Ricordando che lo sviluppo di tale motore si è verificato per applicazioni aeronautiche, dove il rapporto potenza/peso è di vitale importanza, si capisce immediatamente come questa soluzione non sia stata mai realizzata, ma unicamente utilizzata come modellazione teorica. Nella realtà, la soluzione adottata è quella di realizzare un ciclo aperto, in cui al posto dello scambiatore ad alta temperatura è presente una camera di combustione, e la trasformazione 4-1 è realizzata dall’atmosfera, così come rappresentato in figura 5. Il compressore aspira aria dall’ambiente (punto 1), la comprime e quindi entra in camera di combustione (punto 2), dove viene iniettato del combustibile. Grazie alla combustione, in ingresso in turbina (punto 3) si presenta un gas, composto dai prodotti della combustione, che ha una portata maggiore dell’aria aspirata dal compressore ed una composizione diversa. Allo scarico della turbina i fumi vengono semplicemente rilasciati in atmosfera (punto 4). L’approccio di ciclo chiuso è tuttavia accettabile in prima approssimazione se si assume che la portata di combustibile sia piccola rispetto alla portata d’aria, così che si possa con buona approssimazione ritenere la portata ovunque costante. Un’ulteriore ipotesi è quella di introdurre una trasformazione fittizia 4-1 che permetta di chiudere il ciclo. E’ infatti opportuno ricordare che, a rigori, è possibile definire un rendimento solo ed esclusivamente nel caso di ciclo chiuso.

2.1. Prestazioni del ciclo chiuso ideale Le prestazioni vengono fornite in termini di rendimento e di lavoro del ciclo. Come si può facilmente vedere dal grafico in figura 5, la differenza (positiva) tra il lavoro fornito dalla turbina (Lt) e quello richiesto dal compressore (Lc) è data dal fatto che le due isobare sono divergenti. Infatti, ricordando l’espressione del lavoro ideale:

dpvL ⋅= ∫ (1) a pari differenza di pressione (dp), comprimere a bassa temperatura richiede meno lavoro di quello che si ricava dall’espansione ad alta temperatura per la differenza dei volumi specifici. Si ricordi inoltre che il calore entrante nel ciclo Q1 vale:

∫∫ ==3

2

3

21 dTCdsTQ p (2)

mentre quello uscente Q2 è dato da:

∫∫ ==4

1

4

12 dTCdsTQ p (3)

La differenza tra i due lavori, di espansione e di compressione, costituisce il lavoro utile Lu che, nel diagramma (T,s), può essere rappresentato come l’area racchiusa dal ciclo. Il rendimento del ciclo ideale può quindi essere scritto come:

1

2

1

21

11

1QQ

QQQ

QLL

QL CTU −=

−=

−==η (4)

Tenuto conto delle relazioni (2) e (3), e nell’ipotesi di Cp costante si ha :

)()(1

)()(

123

14

23

14

TTTT

TTCTTC

p

p

−−

−=−⋅

−⋅−=η (5)

Ricordando che le due trasformazioni di compressione ed espansione sono adiabatiche reversibili, e quindi isentropiche, per cui vale:

4

3

1

4

3

1

1

2

1

2

TT

pp

pp

TT

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=

−−γ

γγ

γ

(6)

si ottiene:

2

3

1

4

TT

TT

= (7)

risultato prevedibile, trattandosi di un ciclo simmetrico. Sostituendo quindi quanto appena trovato nell’espressione (5) si ricava:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −−

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=−=

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−⋅

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−⋅

−=γ

γ

η

1

1

2

2

1

2

32

1

41

111

11

pp

TT

TT

T

TTT

id (8)

Denominando infine β = p2/p1 rapporto di compressione e γ−γ

=ϕ1 , l’espressione del rendimento

risulterà:

ϕ−

γ−γ β−=

β

−=η 111 1id (9)

Il rendimento del ciclo ideale dipende quindi unicamente dal rapporto di compressione β e dal tipo di gas, attraverso γ. La figura 6 mostra l’andamento del rendimento del ciclo a gas ideale in funzione del rapporto di compressione, al variare del tipo di gas, ed in particolare per gas mono e biatomici e a molecola complessa. Come si può vedere, il rendimento aumenta all’aumentare di β, tendendo all’unità per β → ∞, mentre sarà maggiore per gas monoatomici (γ = 1.6) piuttosto che biatomici (γ = 1.4) o triatomici (γ = 1.33).

Figura 6. Andamento del rendimento del ciclo a gas ideale in funzione del rapporto di compressione per diversi tipi di gas.

Un’altra grandezza fondamentale che caratterizza il ciclo è il lavoro utile o specifico, dato dalla differenza tra i lavori scambiati dalla turbina e dal compressore:

ctu LLL −= (10) Tenuto conto dell’espressione del rendimento testé ricavata, si ottiene:

( )2311,11 TTCQL pidsu −⋅

⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

⎛−==

−γ

γ

β

η (11)

Riscrivendo la relazione precedente esplicitando la dipendenza dal rapporto di compressione e dal rapporto tra la temperatura massima e minima del ciclo, si arriva alla formulazione seguente:

Figura 7. Andamento del Lavoro specifico del ciclo a gas ideale in funzione del rapporto di compressione per diverse temperature massime del ciclo.

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−⋅

⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

⎛−=

−γ

γ

γγ β

γγ

β

1

1

311, 1

11TTRTL su (12)

La figura 7 riporta l’andamento del lavoro specifico nel caso dell’aria (γ = 1.4) in funzione del rapporto di compressione, fissata la temperatura in ingresso al compressore T1, e per valori discreti della temperatura in ingresso in turbina T3. Ovviamente il lavoro utile è nullo per β = 1; al crescere di β esso aumenta fino a raggiungere un massimo, per poi diminuire nuovamente fino ad annullarsi per valori di β pari a ( ) )1(

13−γγTT , condizione in cui il rendimento del ciclo è massimo e pari a

quello di Carnot. Tale andamento si ripete identico al variare della massima temperatura del ciclo, con il lavoro specifico che cresce in maniera monotona all’aumentare di T3. Si nota inoltre come, al crescere di T3 il massimo lavoro specifico aumenti, così come il valore di β a cui si verifica. La condizione di massimo lavoro utile può essere facilmente ricavata calcolando la derivata del lavoro utile rispetto al rapporto di compressione, e ponendo uguale a zero il risultato:

0=∂∂

βuL

(13)

Svolgendo i calcoli si ottiene che la condizione di massimo lavoro utile corrisponde a:

)1(2

1

3−

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

γγ

βTT

MAXL (14)

E’ facile dimostrare che, in queste condizioni, le temperature del ciclo T2 e T4 risultano uguali:

31424

3

1

2

1

31

TTTTTT

TT

TT

⋅==→===−γ

γ

β (15)

Il comportamento fin qui evidenziato può essere chiarito pensando alla forma che il ciclo assume al variare del rapporto di compressione, fissate T1 e T3. Con riferimento alla figura 8, ricordando che, nel caso ideale, l’area del ciclo è equivalente al lavoro utile, si può vedere come, all’aumentare di β, il ciclo inizialmente aumenti la propria area; questa raggiunge un massimo e quindi, ad un’ulteriore aumento del rapporto di compressione, tende nuovamente a ridursi.

Figura 8. Influenza del rapporto di compressione, fissate Tmax e Tmin costanti.

Come si è detto, idealmente il lavoro utile è nullo per β = 1 e ( ) )1(

13−= γγβ TT . Si può infatti

facilmente osservare come, al primo caso corrisponda dp → 0, mentre al secondo corrisponda ds → 0. In entrambe le situazioni il ciclo degenera ad una situazione limite per la quale non vi è produzione di lavoro utile. La diversa dipendenza del lavoro specifico e del rendimento del ciclo da β, rende impossibile massimizzare entrambi in fase di progetto. Ciò è reso evidente dal grafico di figura 9, in cui vengono diagrammati insieme gli andamenti del rendimento e del lavoro utile del ciclo in funzione del rapporto di compressione, fissate le temperature minima e massima.

Figura 9. – Lavoro specifico e rendimento al variare di β

Come si può vedere il rapporto di compressione che massimizza il lavoro specifico non è il medesimo che massimizza il rendimento. Questi infatti continua a crescere con β ed è limitato solamente dalla temperatura massima T3. La zona tratteggiata non risulta praticabile in quanto si supererebbe il massimo valore della temperatura T3, valore imposto dai limiti tecnologici per la resistenza meccanica e termica dei materiali utilizzati. Inoltre, per valori maggiori del rapporto di compressione si violerebbero i principi della termodinamica, in quanto si avrebbe un ciclo con rendimento maggiore di quello di Carnot. L’analisi fin qui condotta è valida a rigori solo nel caso di ciclo chiuso ideale, in cui cioè le macchine sono ideali e la portata risulta costante e di composizione invariata in ogni componente. E’ possibile estendere con buona approssimazione i risultati appena ottenuti anche al caso di ciclo aperto ideale, a patto di ritenere trascurabile la portata di combustibile iniettata in camera di combustione rispetto a quella di aria aspirata dal compressore. Va però notato come il passaggio da ciclo chiuso a ciclo aperto, e la sostituzione dello scambiatore di calore ad alta temperatura con la camera di combustione faccia sì che cambi la composizione del fluido evolvente nei diversi componenti (aria nel compressore, prodotti della combustione in turbina), e quindi varino anche i calori specifici e il γ. Se si ripete l’analisi precedente nel caso di ciclo aperto ideale, in cui però si tiene conto della variazione di portata e composizione nei diversi componenti, il rendimento del ciclo diminuisce (essendo γ minore in fase di espansione rispetto alla compressione), mentre il lavoro utile aumenta (essendo Cp maggiore per i prodotti della combustione che per l’aria, ed essendo la portata in turbina maggiore rispetto a quella evolvente nel compressore).

3. Ciclo a gas reale Il ciclo reale tiene conto del comportamento reale dei diversi componenti costituenti il ciclo a gas, e cioè delle perdite che si verificano all’interno delle turbomacchine, nella camera di combustione e nei condotti di collegamento. Con riferimento alla figura 10, è possibile identificare le seguenti perdite:

• In Aspirazione: sono perdite di carico generate dai condotti di aspirazione e dai filtri presenti all’ingresso dei compressori. Questi hanno lo scopo di mantenere il più pulita possibile l’aria aspirata dal turbogas. Si tiene conto di queste perdite considerando la pressione di inizio compressione più bassa rispetto a quella atmosferica, e la trasformazione che l’aria subisce nell’attraversamento dei filtri una laminazione isoentalpica.

• In fase di compressione: sono dovute agli attriti tra il fluido di lavoro e la macchina. Causano un aumento di temperatura e, conseguentemente, di entropia allo scarico del compressore. Vengono tenute in considerazione tramite un rendimento di compressione (ηy,c politropico o ηad,c adiabatico).

• In camera di combustione: sempre a causa di attriti si hanno perdite di carico che riducono leggermente la pressione rispetto al processo isobaro. Altre perdite presenti riguardano le dispersioni termiche: per quanto la combustione sia rapida, il processo non sarà completamente adiabatico. Si deve quindi tener conto di alcune perdite di calore verso l’esterno. Sono introdotte quindi, nel tratto 23 una caduta di pressione π = p3/p2 ed un rendimento di combustione ηb.

• In fase di espansione: perdite per attrito si verificano anche nella turbina. Anche in questo caso se ne tiene conto introducendo il rendimento di espansione (ηy,t politropico o ηad,t adiabatico).

• Perdite per raffreddamento: la turbina si trova a lavorare a temperature estremamente elevate, ben maggiori rispetto a quelle che i materiali di cui è costituita sono in grado di sopportare. Per questa ragione parte dell’aria all’uscita del compressore bypassa la camera

di combustione e viene direttamente inviata a raffreddare gli stadi iniziali della turbina. Come verrà chiarito in seguito, tale aria non partecipa completamente all’espansione, risultando quindi in parte persa. L’aria di raffreddamento viene infatti re-introdotta in turbina attraverso fori e fessure realizzati sulle pale e sulle pareti di estremità (cassa e mozzo) dei primi stadi, miscelandosi con i prodotti della combustione e quindi modificando la linea di espansione così come riportato con linea tratteggiata in figura 10.

• Allo scarico: analogamente all’aspirazione anche allo scarico ci saranno perdite di carico. La pressione di scarico sarà quindi leggermente superiore rispetto a quella atmosferica.

• Perdite meccaniche ed elettriche: si tratta delle perdite negli organi di trasmissione e nell’alternatore, di cui si tiene conto attraverso l’utilizzo di un rendimento meccanico ηm ed elettrico ηel.

Figura 10. Ciclo a gas reale.

Le più importanti nel penalizzare il rendimento complessivo del ciclo sono sicuramente quelle fluidodinamiche all’interno di compressore e turbina. Nel diagramma è possibile vedere come il ciclo ideale si modifichi qualora compressore e turbina siano considerati macchine reali e, conseguentemente, dotate di un rendimento inferiore all’unità. I punti 2 e 4 risultano spostati verso destra in seguito all’aumento di temperatura (e di entropia) che si verifica a causa degli attriti tra fluido e macchina. Le aree identificate come Lw,c ed Lw,t rappresentano le perdite dovute alle irreversibilità in fase di espansione e di compressione; l’aumento di temperatura ha però un effetto parzialmente diverso nei due casi.

Se infatti in turbina il recupero (R) tende a favorire l’espansione (in virtù della tendenza del gas a scaldarsi), il controrecupero (CR) invece sfavorisce la compressione che ne risulta ostacolata. Entrambi i lavori di recupero e di controrecupero dipendono dal β:

∫ −==2

1

)'()( dpvvfCR β (16)

∫ −==4

3

)'()( dpvvfR β (17)

La turbina è meno penalizzata dalle irreversibilità rispetto a quanto non lo sia invece il compressore; infatti:

• Lavoro reale assorbito compressore è: CRLLL cwcidc ++= ,, (18)

• Lavoro reale fornito dalla turbina è: RLLL twtidt +−= ,, (19)

Figura 11. Lavoro di recupero e di controrecupero

L’equazioni ben evidenziano come entrambe le macchine risultino penalizzate dalle irreversibilità Lw,i, ma come da un lato il CR aumenti ulteriormente il lavoro necessario per comprimere il gas, mentre dall’altro il R dia un contributo positivo al lavoro fornito dall’espansione in turbina. In genere le macchine a fluido sono caratterizzate con un rendimento adiabatico che sarà dato da:

c

cidcad L

L ,, =η per i compressori (20)

e da:

tid

ttad L

L

,, =η per la turbine. (21)

Il rendimento adiabatico tiene conto sia delle effettive dissipazioni nella macchina che degli effetti termodinamici legati al recupero ed al controrecupero; un miglior metro di valutazione della bontà della macchina è invece dato dal rendimento politropico:

c

cwccy L

LL ,,

−=η rendimento politropico di compressione (22)

twt

tty LL

L

,, +

=η rendimento politropico di espansione (23)

E’ possibile legare entrambi i rendimenti tramite una relazione che includa il β ed il γ. Dai grafici di figura 12 è possibile vedere come, a parità di rendimento politropico della macchina, il rendimento adiabatico del compressore diminuisca all’aumentare del rapporto di compressione mentre quello della turbina invece aumenti. Entrambi comunque non sono costanti: questa variabilità rispetto al β fa si che l’utilizzo del rendimento politropico sia preferibile nel valutare le prestazioni di un turbogas, in particolare nel caso si vogliano effettuare dei confronti tra macchine operanti con differenti rapporti di compressione.

Rendimento Adiabatico Compressore

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

2 10 18 26 34 42 50

β

η ad,

c

EtaPol=1EtaPol=0.9EtaPol=0.8EtaPol=0.7

Rendimento Adiabatico Turbina

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

2 10 18 26 34 42 50

β

η ad,

t

EtaPol=1EtaPol=0.9EtaPol=0.8EtaPol=0.7

Figura 12. Andamento del rendimento adiabatico in funzione del rendimento di politropico e di β

1

1

,

,

−=

cy

cadη

ϕ

ϕ

β

βη (24) ϕ

ηϕ

β

βη

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

=

11

11,

,

ty

tad (25)

Le perdite per irreversibilità Lw,c ed Lw,t invece sono legate oltre al rapporto di compressione anche a:

• la temperatura di inizio della compressione (espansione) • cp e γ del gas • rendimento adiabatico del compressore (turbina)

( )cad

p

cad

pcadpcw

TcTTccTfL

,

1

,

1'2.1,

)1(),,,,(

ηβ

ηηγβ

ϕ −=

−== (26)

( ) tadptadptadpcw TcTTccTfL ,3,'43.3,11),,,,( η

βηηγβ ϕ ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−=−== (27)

Volendo riassumere, considerando che il fluido di lavoro sia l’aria, il lavoro utile del ciclo è pari a:

( ) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−⋅−==−= 11),,,(

1

31..

1

3

TTTc

TT

fLLL tc

c

ptadcadctu ϕ

ϕ

βηη

βη

ηηβ (28)

Il lavoro utile risulterà essere nullo per due diversi valori di β:

⎪⎩

⎪⎨

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

=

↔= ϕηηβ

β1

1

3

1

0TTL

tcu (29)

Differenziando rispetto a β e uguagliando a zero è possibile anche in questo caso determinare il valore del rapporto di compressione per il quale sarà massimo il lavoro specifico:

ϕηηβ

1

1

3⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

TT

tcWMAX (30)

Lavoro specifico (Tmax=1300 °C)

0

100

200

300

400

500

600

700

β

Lu [k

J/kg

]

Lavoro specifico IdealeLavoro specifico Reale

(Lu,r)MAX

(Lu,id)MAX

ϕηηβ

1

1

3⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

TT

tcWMAX

ϕηηβ

1

1

3⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

TT

tc

Figura 13. Andamento del rendimento del ciclo e del lavoro specifico nel caso ideale e reale

In termini assoluti (figura 13) il lavoro prodotto da un ciclo reale è sempre minore del lavoro ideale, presenta un massimo per un diverso valore del rapporto di compressione (sempre a parità di T3) e, per rendimenti adiabatici di compressore e turbina particolarmente bassi, potrebbe non essere mai positivo qualsiasi sia il β. In maniera pressoché analoga si comporterà il rendimento del ciclo reale:

• ha un andamento crescente con β fino a raggiungere un massimo • ad un ulteriore aumento del rapporto di compressione diminuisce drasticamente fino a

diventare negativo Il valore di β per il quale il rendimento del ciclo reale è massimo non coincide con quello per il quale lo è il rendimento del ciclo ideale (limitato in realtà soltanto dalla T3).

Tutte le perdite di carico che avvengono in fase di aspirazione, in camera di combustione ed allo scarico hanno come effetto quello di penalizzare il rendimento del ciclo. Le perdite di aspirazione nel tratto 01, dovute ai filtri fanno sì che la pressione di inizio compressione sia inferiore a quella atmosferica. In genere l’ordine di grandezza delle perdite ∆p01 è intorno ai 100-150 mmH2O. Quelle che si verificano in camera di combustione sono solitamente valutate in termini percentuali rispetto alla pressione di ingresso: sono da aspettarsi p3/p2 pari a circa 0.98-0.99. Infine le perdite allo scarico possono essere rilevanti se è presente una caldaia a recupero, cioè una caldaia in cui il calore contenuto nei fumi in uscita dal turbogas viene utilizzato per produrre vapore. Se infatti questa viene utilizzata allo scopo di recuperare il calore dei fumi ci si devono aspettare ∆p45 che raggiungono facilmente i 250-300 mmH2O; contrariamente nel ciclo semplice queste difficilmente superano i 100 mmH2O. Per definire le prestazioni del ciclo a gas reale, avendo portate diverse e di differente composizione, nei diversi elementi dell’impianto, non è più possibile ragionare in termini di lavoro utile ma è necessario riferirsi alla potenza. In questo caso si definisce Potenza utile la differenza tra la potenza generata dalla turbina e quella assorbita dal compressore. Effettuando un bilancio all’albero del turbogas, in prima approssimazione si può dire:

( ) CaTcaCTu LmLmmPPP −+=−= (31)

essendo ma la portata d’aria aspirata dal compressore e mc quella di combustibile iniettata in camera di combustione. Il rendimento del ciclo a gas risulterà il rapporto tra l’effetto utile, e quindi la potenza prodotta all’albero del turbogas, e quanto si paga per ottenerlo, e quindi la potenza introdotta nel ciclo attraverso il combustibile:

PCImP

c

u=η (32)

essendo PCI il potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato. Si definisce infine Lavoro specifico il rapporto tra potenza utile e portata d’aria aspirata dal compressore:

CTa

ca

a

usp LL

mmm

mP

L −+

== (33)

Introducendo quindi il rapporto aria/combustibile α così definito:

c

a

mm

=α (34)

si ricava infine:

CTsp LLL −⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +=

α11 (35)

4. Analisi entropica E’ possibile analizzare le perdite del ciclo sotto il punto di vista dell’analisi entropica: i rendimenti di un ciclo termodinamico sono infatti esplicitabili secondo la relazione:

∑∑

∑=

=

=

∆−=−=∆

−=n

iicarnot

n

iiw

carnot

n

i

MINicarnot Q

L

QTS

11

1.

1 1

ηηηηη (36)

Dove:

• MAX

MINcarnot T

T−= 1η è il rendimento di Carnot corrispondente. TMIN e TMAX sono rispettivamente

la temperatura della sorgente fredda alla quale si cede calore e la temperatura della sorgente calda dalla quale si assorbe calore

• MINiiw TSL ∆=. è il lavoro perso per la singola irreversibilità

• 1Q

TS MINii

∆=∆η sono le diminuzioni di rendimento dovute alle varie irreversibilità presenti

nel ciclo. Le irreversibilità presenti nei cicli termodinamici sono principalmente legate a:

• perdite fluidodinamiche nelle macchine e nei condotti, per il cui calcolo si utilizza la relazione seguente:

∫∫ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −

==∆out

in

out

inoutin T

vdpdhdss , (37)

• scambi di calore sotto differenze di temperature finite. Assumendo che tali scambi di calore abbiano luogo tra il fluido che compie il ciclo termodinamico e una sorgente a temperatura costante, l’aumento di entropia associato a un tale processo è la somma di due contributi: l’aumento di entropia della sorgente e l’aumento di entropia del fluido:

∫∫ ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ −

=∆+∆=∆out

in sorgente

out

in fluidosorgentefluidooutin T

dhT

vdpdhsss , (38)

Se poi si assume che non ci siano perdite di calore verso l’esterno, che il fluido (gas perfetto) non subisca perdite di carico nell’attraversamento dello scambiatore, la relazione precedente diventa:

∫∫ −=∆out

in sorgente

pout

in

poutin T

dTcTdTc

s , (39)

L’applicazione dell’analisi entropica al ciclo a gas richiede la valutazione dell’aumento di entropia in ogni singolo elemento costituente l’impianto, e quindi compressore, camera di combustione e turbina, più eventualmente il filtro e i condotti di scarico dalla turbina. La presenza del filtro e del condotto di adduzione a monte del compressore, come si è detto, dà luogo ad una perdita di carico subita dal fluido, con conseguente generazione entropica, che può essere facilmente valutata a partire dalla (37) ricordando che la trasformazione attraverso il filtro può essere ritenuta isoentalpica:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=−=∆ ∫

0

11

001 ln

ppR

Tvdps (40)

Tale valore è sicuramente positivo, essendo p1 < p0. Le irreversibilità nella fase di compressione possono essere calcolate in maniera del tutto analoga, sempre a partire dalla relazione (37):

βlnln1

22

1

2

112 R

TTc

Tvdp

TdTc

s pp −⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=−=∆ ∫∫ (41)

Più complessa risulta la stima della generazione entropica nel processo di combustione. Per poter applicare l’analisi entropica e quindi utilizzare una definizione di rendimento del ciclo anche per il turbogas (si ricorda che il rendimento è definibile solo per un ciclo chiuso, e quindi a combustione esterna), si deve schematizzare il processo di combustione in modo tale da poterlo assimilare allo scambio di calore con una sorgente esterna. Per convenzione si assume che la composizione del fluido di lavoro cambi istantaneamente all’inizio della combustione (al punto 2), e che i gas combusti aumentino progressivamente la propria temperatura da T2 fino a T3, scambiando calore con una sorgente a temperatura costante, pari a T3. Gli scambi di calore tra la sorgente ed il fluido di lavoro sono quindi irreversibili in quanto avvengono sotto differenze di temperatura ∆T finite e non infinitesime. La variazione di entropia totale (positiva) del sistema composto dalla sorgente e dal fluido può essere facilmente calcolato ad esempio a partire dalla (39):

3

23

2

323

)(ln

TTTc

TT

cs pp

−−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆ (42)

Se poi, nell’attraversamento della camera di combustione, il fluido subisce delle perdite di carico, la relazione da utilizzare sarà invece la (38), e l’equazione precedente diventa:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆

2

3

3

23

2

323 ln

)(ln

pp

RT

TTcTT

cs pp (43)

Passando alla turbina, l’espressione dell’incremento di entropia ∆s34 è speculare al caso del compressore:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆

3

4

3

434 lnln

ppR

TTcs p (44)

Per chiudere il ciclo, è necessario introdurre un ultimo elemento fittizio che simuli la cessione di calore in atmosfera. Si tratta di uno scambiatore di calore in cui i gas combusti cedono calore ad una sorgente esterna, assunta a temperatura costante pari alla temperatura minima del ciclo. La variazione di entropia associata a questo processo vale:

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆

4

1

1

41

4

141 ln

)(ln

ppR

TTTc

TTcs p

p (45)

E’ poi opportuno ricordare che ogni termine è riferito al tipo di fluido che subisce la relativa perdita: aria nel filtro e nel compressore, i gas combusti in camera di combustione, in turbina e nella cessione di calore in atmosfera. I relativi valori dovranno quindi essere “pesati” sulle rispettive portate, prima di poter essere introdotti nella relazione (36).

5. Analisi parametrica delle prestazioni del ciclo a gas Il rendimento e il lavoro specifico di un ciclo a gas sono influenzati dai parametri di progetto del ciclo:

• Temperatura massima T3 • Rapporto di compressione β • Rendimenti politropici di compressore e turbina ηyc, ηyt.

Per meglio valutarne gli effetti è opportuno suddividere l’analisi in due parti, nella prima mantenendo costante la T3, nella seconda fissando invece il rapporto di compressione.

Analisi a pari temperatura massima T3 L’aumento del rapporto di compressione (figura 14) porta inizialmente ad un rapido miglioramento del rendimento e del lavoro specifico fino al raggiungimento di un massimo oltre al quale si ha una sensibile diminuzione. Si noti come i valori che massimizza l’ηciclo o il Lu siano diversi e vadano aumentando per valori del rendimento politropico più elevati. Per valori di ηy compresi tra 0.85 e 0.9, corrispondenti all’attuale livello tecnologico delle turbine a gas, si hanno valori di rendimento del ciclo pari al 40%, mentre per ηy più bassi si hanno rendimenti largamente inferiori.

Rendimento e Lavoro Specifico (Reali) in funzione di β (Tmax cost=1300 °C)

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49

β

η

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

Lu [k

J/kg

]

η ciclo - η,y=0.7

η ciclo - η,y=0.8

η ciclo - η,y=0.9Lu Ciclo - η,y=0.7

Lu Ciclo - η,y=0.8

Lu Ciclo - η,y=0.9

Figura 14. Andamento del rendimento del ciclo e del lavoro specifico in funzione di β Confrontando diversi cicli a diverso rapporto di compressione, si può notare come all’aumentare di β le irreversibilità che si generano nella fase di combustione ∆S23 si riducano: gli scambi di calore con le sorgenti avvengono infatti sotto ∆T sempre più piccoli. Si ricorda infatti come le irreversibilità legate agli scambi di calore siano:

3

23

2

323 ln

Thh

TT

cS p−

−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆ ,

1

41

4

141 ln

Thh

TT

cS p−

−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆ (46)

Il rapporto di compressione più alto provoca però un aumento delle perdite fluidodinamiche legate alla fase di compressione ∆S12 e alla fase di espansione ∆S34. Dalla figura 15 si può vedere come qualitativamente come da un lato '1212 SS ∆<∆ , mentre dall’altro i ∆T di scambio tra il fluido e la sorgente nel tratto 23 siano maggiori di quelli nel tratto 2’3’ portando quindi ad un minor aumento di entropia.

Effetto dell'aumento di β (T3 =cost)

S

T

3' 3

4

2

2'

TM IN

TM AX

∆S12

∆S12'

4'

1

Figura 15. Effetto dell’aumento di β

Analisi a pari rapporto di compressione β L’aumento della temperatura massima porta sempre ad un miglioramento delle prestazioni del ciclo: il lavoro specifico varia linearmente con la massima temperatura del ciclo, mentre per il rendimento l’incremento è via via meno marcato al crescere di T3.

Rendimento e Lavoro Specifico (Reali) in funzione di Tmax (β cost=20)

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

500

590

680

770

860

950

1040

1130

1220

1310

1400

1490

T [°C]

η

0

100

200

300

400

500

600

Lu [k

J/kg

]

η ciclo - η,y=0.7

η ciclo - η,y=0.8

η ciclo - η,y=0.9

Lu Ciclo - η,y=0.7

Lu Ciclo - η,y=0.8

Lu Ciclo - η,y=0.9

Figura 16. Andamento del rendimento del ciclo e del lavoro specifico in funzione di T3

E’ importante sottolineare alcuni aspetti: • per rendimenti politropici molto bassi, la temperatura necessaria ad ottenere lavoro utile dal

ciclo è molto elevata. Ciò spiega la ragione per la quale lo sviluppo delle turbine a gas è relativamente recente e si è verificato solamente quando è stato possibile raggiungere T3 dell’ordine dei 900-1000°C.

• un incremento della massima temperatura del ciclo richiede un grosso sforzo sia dal punto di vista tecnologico che economico; tale sforzo, al crescere di T3, è sempre meno giustificato dai risultati ottenuti, come evidenzia l’andamento della curva dei rendimenti in figura 16.

Se si effettua il confronto di diversi cicli a temperature T3 crescenti (figura 17), si può evidenziare come un primo effetto sia quello dell’aumento del rendimento di Carnot corrispondente, strettamente legato alla temperatura della sorgente dalla quale si riceve calore:

MAX

MINcarnot T

T−= 1η (47)

Effetto opposto invece è dato dall’aumento dei ∆T di scambio tra il fluido e la sorgente calda che si verifica all’incrementarsi della T3. Le irreversibilità del tratto 23 sono infatti legate direttamente alla temperatura massima di funzionamento del ciclo e crescono con essa:

3

23

2

323 ln

Thh

TT

cS p−

−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=∆ (48)

Effetto dell'aumento di T3 (β=cost)

S

T

TM AX

TM IN1

2

3

4

dq

∆T

Figura 17. Effetto dell’aumento di T3 Il risultato complessivo è tale per cui, il rendimento complessivo del ciclo aumenta sempre, ma in maniera sempre meno marcata a causa delle irreversibilità legate al processo di combustione (crescenti con T3 ).

Conclusione Riassumendo si può affermare come, la strategia vincente per incrementare le prestazioni di un ciclo a gas reale sia data dall’aumento di β e T3 , questo deve però avvenire in maniera simultanea e non deve essere limitato ad un parametro soltanto. Nell’evoluzione delle tecnologia delle turbine a gas è stato questo trend che ha permesso di affinarne la tecnologia fino ai livelli attuali:

• l’aumento dei rendimenti delle macchine ha permesso di ottenere prestazioni migliori senza che ci fosse la necessità di dover spingere troppo sull’incremento della T3

• il miglioramento delle tecnologie dei materiali e del raffreddamento ha permesso di ottenere temperature massime di funzionamento sempre più elevate. Questo, accompagnato ad aumenti opportuni del rapporto di compressione, ha fatto sì che i rendimenti delle turbine a gas siano cresciuti in maniera ancora più marcata

6. Rigenerazione-Interrefrigerazione-Ricombustione In seguito vengono analizzate le soluzioni percorribili per migliorare le prestazioni del ciclo termodinamico. Il punto dove è conveniente intervenire è quello degli scambi di calore e di lavoro ai quali corrisponde un grosso degrado dell’energia (dovuto alle perdite per irreversibilità). Rispetto il ciclo a gas semplice le possibili varianti sono:

• Rigenerazione tramite il trasferimento di calore all’interno del ciclo stesso (ottenuto facendo scambiare calore tra i fumi in uscita, caldi, e l’aria in ingresso, fredda)

• Interrefrigerazione riducendo la temperatura alla quale avviene la compressione e conseguentemente il lavoro richiesto dal compressore

• Post-combustione ottenuta con l’incremento della quantità di lavoro prodotto dalla turbina mantenendo costante quello richiesto dal compressore

• Introduzione di acqua o di vapore nel ciclo a gas 6.1 Rigenerazione Nella rigenerazione parte del calore necessario a riscaldare l’aria viene fornito tramite lo scambio in controcorrente con i fumi caldi provenienti dalla turbina. Un grosso limite di questo tipo di intervento è dato dalla temperatura di uscita dei gas combusti: per come è strutturato il ciclo deve essere necessariamente superiore a quella dell’aria in uscita dal compressore. Nel caso in cui T4<T2 infatti non è possibile far avvenire alcuno scambio di calore tra aria e fumi per il semplice fatto che questi ultimi saranno sempre più freddi. Tanto maggiore è la differenza tra T4 e T2, tanto maggiore è il calore QRIG che è possibile recuperare effettuando il preriscaldo dell’aria (figura 18).

Figura 18. Ciclo rigenerativo ideale Per far avvenire la rigenerazione è necessario introdurre uno scambiatore di calore aria-fumi che si vada a posizionare tra l’uscita del compressore e l’entrata in camera di combustione (figura 19). I gas combusti invece, intercettati all’uscita della turbina vanno fatti passare controcorrente rispetto all’aria. Questo tipo di scambiatore è altamente inefficiente e generalmente di grandi dimensioni: infatti i coefficienti di scambio termico gas-gas estremamente bassi (dell’ordine di grandezza di 1-10 W/(m²K)) richiedono superfici di scambio molto ampie. Maggiori sono le superfici di scambio maggiori sono anche le perdite di carico che si generano, sia dal lato aria che dal lato fumi.

Ciclo Rigenerativo (Ideale)

s

T

1

2

3

45

6

QRIG

Q1

Q2

Figura 19. Schema di impianto rigenerativo

Se analizziamo il ciclo dal punto di vista entropico si vede come venga eliminata una parte delle perdite dovute allo scambio di calore tra le sorgenti a TMIN e TMAX ed il fluido di lavoro. Il calore QRIG scambiato tra fumi ed aria va a sottrarsi al calore Q1 introdotto dalla combustione, comportando un risparmio nel consumo di combustibile ed un aumento del rendimento del ciclo. Le perdite nei tratti 2-5 e 4-6 sono, nel caso ideale, nulle poiché la cessione di calore avviene con ∆T che sono infinitesimi. In questo caso il rendimento complessivo del ciclo ha un espressione del tipo:

( ) ϕ

ϕ

ϕ

ϕ

β

βββ

η3

1

3

1

3

43

1

21

43

12

53

16

1

2 1111

1

111

)()(

11TT

T

T

TTT

TTT

TTTT

TTcTTc

QQ

p

p −=

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛ −

−−=

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−=−−

−=−

−−=−= (49)

L’andamento in funzione del rapporto di compressione è rappresentato in figura 20.

Figura 20. Andamento del rendimento in un ciclo a gas rigenerativo ideale

La rigenerazione può avvenire solamente fino a valori di β per i quali T4>T2; al crescere del rapporto di compressione comunque il calore recuperabile per tramite della rigenerazione decresce riducendo quindi il suo effetto benefico sul rendimento complessivo del ciclo.

Questo è il limite principale di questa soluzione: si vede come per i β tipici delle turbomacchine più evolute la rigenerazione dia un contributo irrilevante o, addirittura, non sia realizzabile a causa della bassa temperatura con cui vengono scaricati i fumi (es. turbine aeroderivative). Come già anticipato, la rigenerazione reale dipende dalla superficie dello scambiatore aria-fumi. Infatti dato MLTkSQ ∆= , se 0TML →∆ allora ∞→S ; a superfici finite corrispondono ∆T di scambio finiti. Nello scambiatore reale (figura 21) la temperatura di uscita dell’aria (T5) risulta più bassa della temperatura di entrata dei fumi (T4), mentre la temperatura di uscita dei fumi (T6) risulterà più alta di quella di entrata dell’aria (T2). Questo fa si che anche il calore recuperabile con la rigenerazione sia inferiore a quello ideale. La penalizzazione incide sul rendimento del ciclo.

Ciclo Rigenerativo (Reale)

s

T

1

2

3

45'

6'

QRIG

5

6

Figura 21. Ciclo rigenerativo reale In particolare è possibile definire una efficienza di scambio termico:

( )( ) '64

25

'64f,pf

25a,pa

idealeRIG

realeRIG

TTTT

)TT(cm)TT(cm

QQ

−−

≈−−

==ε (50)

L’andamento del rendimento del ciclo rigenerativo reale è evidenziato in figura 22. Come è possibile vedere i rendimenti si riducono considerevolmente rispetto al caso ideale e in maniera sempre maggiore con il ridursi dell’efficienza dello scambiatore. Questo scarso effetto sull’efficienza complessiva del ciclo, aggiunto al costo e all’ingombro degli scambiatori aria-fumi, fa sì che la soluzione rigenerativa non venga impiegata in nessuna macchina di taglia medio-grande. La rigenerazione rimane interessante solamente per quelle macchine, di piccola e piccolissima taglia, per le quali i rendimenti sono estremamente bassi. Infatti per piccoli rapporti di compressione e con temperature massime di funzionamento limitate il miglioramento ottenibile con un recupero del calore dei fumi può migliorare l’efficienza del ciclo in maniera significativa. Non è un caso che tutte le turbine di piccolissima taglia (dette microturbine), che di recente hanno iniziato ad essere commercializzate, facciano uso della rigenerazione; in generale però si tratta di macchine che non superano i 300-500 kW di potenza.

Figura 22. Andamento del rendimento in un ciclo a gas rigenerativo reale

6.2 Interrefrigerazione L’interrefrigerazione (intercooling) ha l’obiettivo di ridurre la potenza assorbita dal compressore, ferma restando quella erogata dalla turbina. Come mostrato dal lay-out di impianto riportato in figura 23, l’aria, dopo una prima compressione, viene inviata in uno scambiatore dove subisce un raffreddamento, idealmente a pressione costante, per poi essere mandata in un secondo gruppo di compressione. Si ricorda che, al diminuire della temperatura, il volume specifico dell’aria diminuisce, così come il lavoro assorbito dal compressore, essendo esprimibile come ∫= vdpLc . Tale riduzione è ben evidenziata in figura 23, dove si può vedere come, grazie alla divergenza delle isobare, (h2’ – h1’) < (h2* - h2). Tale riduzione del lavoro di compressione non è però gratuita; essa infatti è ottenuta a scapito dell’aumento del calore entrante nel ciclo Q1. La temperatura dell’aria in ingresso al combustore è infatti più bassa ed è quindi necessario introdurre nel ciclo, a parità di massima temperatura, una maggiore quantità di combustibile. Il ciclo interrefrigerato può essere anche visto come l’unione di due cicli a gas: quello semplice (12*34) (ciclo B in figura 23), ed un ciclo aggiuntivo (1’2’2*2) (ciclo A in figura 23) caratterizzato da un minor rapporto di compressione. Il primo ciclo evolve tra p1 e p3, il secondo tra p2 e p3. Il loro rendimento di conseguenza vale, trattandosi di cicli ideali:

ϕ−γ−γ

β−=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=η B

1

1

3B 1

pp1 (51)

ϕ−γ−γ

β−=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−=η A

1

2

3A 1

pp1 (52)

Essendo βA < βB, ne risulta che ηA < ηB. Il rendimento complessivo del ciclo è dato dalla media pesata sul calore entrante dei due rendimenti:

B1A1

B1BA1ABA QQ

QQ+

η+η=η + (53)

E’ allora evidente che il risultato sarà sempre inferiore rispetto al caso ideale non interrefrigerato.

Figura 23. Ciclo a gas interrefrigerato ideale

Figura 24. Ciclo a gas interrefrigerato reale Se l’interrefrigerazione non è vantaggiosa ai fini del rendimento per il caso ideale, per il caso reale la questione può essere diversa. Se si osserva il ciclo reale interrefrigerato rappresentato sul diagramma (T, s) di figura 24, si vede come il ciclo aggiuntivo A può essere ritenuto equivalente al ciclo ideale C, riportato nel particolare di figura 25, che evolve a partire da un’isobara inferiore (9478), ed è quindi caratterizzato da un ß maggiore.

Ciclo Interrefrigerato (Reale)

s

T

1

23

4

5

6

7

Figura 25. Ciclo a gas interrefrigerato reale (particolare)

Il rendimento di tale ciclo aggiuntivo, che dipende solo ed esclusivamente dal rapporto di compressione trattandosi di un ciclo ideale, sarà allora maggiore rispetto al caso ideale iniziale. Se il rendimento del ciclo di partenza B è limitato, può essere che il rendimento del ciclo C lo superi, anche se il ciclo C è caratterizzato da un rapporto di compressione minore. In questa evenienza il rendimento finale complessivo del ciclo interrefrigerato risulterà maggiore del rendimento del ciclo di partenza. L’interrefrigerazione trova largo utilizzo nel campo della propulsione navale: l’acqua marina infatti è un’efficace sorgente di calore a bassa temperatura ed in grado di scambiare calore in maniera molto efficace. L’aria che evolve nel compressore può essere raffreddata in scambiatori acqua-gas che, grazie ai coefficienti di scambio termico sufficientemente alti, sono molto efficienti e relativamente compatti. 6.3 Ricombustione Scopo della ricombustione è quello di incrementare il lavoro fornito dalla turbina, aumentando il lavoro ideale. La figura 26 riporta lo schema impiantistico così come il ciclo ideale diagrammato nel piano (T,s). Dopo un primo tratto di espansione in turbina (1° stadio), i gas combusti vengono sottoposti ad una ricombustione, grazie alla quale vengono portati alla temperatura T3’, tipicamente simile alla temperatura T3. Successivamente i fumi vengono fatti espandere in una seconda turbina, che lavora tra il livello di pressione intermedio a cui è stata arrestata la prima espansione, e la pressione atmosferica. La ricombustione è possibile grazie al fatto che le turbine a gas funzionano con elevati eccessi d’aria; i fumi allo scarico della turbina presentano ancora un alto contenuto di ossigeno che può essere utilizzato come comburente. E’ possibile effettuare un’analisi termodinamica pressoché uguale a quella fatta per l’interrefrigerazione: nel ciclo ideale il lavoro utile aumenterà perché aumenta l’area racchiusa dal ciclo, mentre il rendimento del ciclo tenderà a diminuire. Nel caso reale la situazione è analoga per quanto riguarda il lavoro prodotto (tende ad aumentare); più difficile è invece valutare a priori l’effetto sul rendimento.

Ciclo Interrefrigerato (Reale)

s

h

1

2

3

4

7

8

9

Figura 26. Ciclo a gas ideale con ricombustione

La ricombustione nelle turbine a gas trova applicazione nei cicli combinati, cioè in cui il calore contenuto nei fumi in uscita dal turbogas viene utilizzato per produrre vapore in una caldaia, in quanto la temperatura T4’ di uscita dei fumi risulta più elevata, consentendo di effettuare un ciclo a vapore di migliori caratteristiche e rendimento. Inoltre l’estrema semplicità del post-combustore fa sì che il costo aggiuntivo di installazione sia molto contenuto. Analogo alla ricombustione è il concetto di post-combustione, tipico dei propulsori aeronautici, ove trova impiego nei caccia militari. La post-combustione consiste nel porre la seconda camera di combustione a valle della turbina, realizzando un aumento della temperatura dei fumi prima che questi entrino nell’ugello di scarico. Tale soluzione, aumentando l’entalpia dei fumi in ingresso all’ugello, e quindi la velocità del getto allo scarico in atmosfera, permette di incrementare la spinta del motore di un ordine di grandezza. Ciò consente al velivolo di raggiungere per alcuni minuti prestazioni sensibilmente superiori. 6.4 Ciclo di Ericsson Le varianti del ciclo semplice viste nei paragrafi precedenti (rigenerazione, inter-refrigerazione e ricombustione) possono essere messe insieme per costituire un ciclo a gas che approssima il ciclo di Ericsson (figura 27). Si ricorda che il ciclo di Ericsson è un ciclo composto da due trasformazioni isoterme collegate da due isobare. Il rendimento del ciclo di Ericsson è pari al rendimento di un ciclo di Carnot che evolve tra le stesse temperature minime e massime. E’ allora evidente il vantaggio che deriverebbe dalla possibilità di realizzare un tale ciclo. Nel ciclo ideale rappresentato in figura 27 il ciclo di Ericsson è approssimato con un ciclo a gas che realizza una seria di compressioni interrefrigerate, che approssimano una compressione a temperatura costante in cui il fluido di lavoro cede il calore Q2 all’esterno. Segue quindi uno scambiatore di calore rigenerativo, in cui il fluido, ancora aria, si scalda a pressione costante ricevendo il calore QRIG ceduto dai fumi caldi al termine dell’espansione. Quest’ultima avviene in una serie di turbine intercalate da camere di combustione, che approssimano un’espansione isoterma, in cui viene introdotto il calore Q1 dall’esterno. I fumi in uscita dall’ultimo corpo di turbina entrano infine nello scambiatore rigenerativo in controcorrente rispetto all’aria, a cui cedono il calore QRIG prima di essere scaricati in atmosfera. Per semplicità, nello schema di figura 27 sono rappresentate solo due interrefrigerazioni e due camere di combustione.

Figura 27. Ciclo Ericsson

7. Classificazione dei Turbogas e loro evoluzione Le turbine a gas sono classificate principalmente in base all’utilizzo per cui sono state progettate. Si possono distinguere quindi due grandi famiglie:

• Heavy-Duty

• Aeroderivative Le turbine Heavy-Duty sono turbine progettate esclusivamente per uso industriale: generazione di potenza elettrica o meccanica per l’azionamento di macchine operatrici (pompe o compressore). Sono caratterizzate da:

• Livello tecnologico meno spinto dovuto ad una scelta progettuale di semplicità costruttiva • Grandi dimensioni e peso elevato • Costi di esercizio relativamente bassi • Grande robustezza ed affidabilità • Temperatura massima leggermente inferiore allo stato dell’arte • Rapporto di compressione contenuto

Queste caratteristiche fanno sì che siano macchine molto adatte per il funzionamento continuo tipico delle applicazioni per la produzione di potenza elettrica e per l’azionamento di macchine operatrici (pompe e compressori); il loro scarso contenuto tecnologico però le penalizza parzialmente dal punto di vista dei rendimenti. Una turbina Heavy-Duty di grossa taglia ha tipicamente T3 dell’ordine dei 1350°C, un β pari a 15-20, per una potenza massima che può arrivare anche a 280 MW. Quando sono utilizzate per la produzione di energia elettrica, sono generalmente collegate ad un generatore elettrico, monoalbero e funzionanti ad un numero di giri fisso. Se invece sono utilizzate per generare energia meccanica (ad es. grandi stazioni di pompaggio), possono essere sia mono che multialbero ed in grado di funzionare ad un numero di giri della turbina variabile a seconda del carico. Le turbine aeroderivative sono invece macchine di concezione aeronautica che sono state adattate all’utilizzo industriale o navale. Tipicamente:

• sono tecnologicamente molto evolute • sono caratterizzate da piccole dimensioni e pesi il più possibile contenuti • sono costose dato il notevole contenuto tecnologico

• necessitano di maggiore manutenzione rispetto alle Heavy-Duty (a parità di ore di funzionamento)

• hanno temperature massime di funzionamento e rapporti di compressione elevati, in linea con lo stato dell’arte nel campo delle turbine a gas.

Figura 28. Turbine a gas per impieghi industriali e aeronautici

Per quanto riguarda le applicazioni aeronautiche, con riferimento alla figura 29, nel caso del Turbogetto, l’effetto utile non è la generazione di potenza meccanica all’albero, ma la creazione di una spinta, data dalla variazione di quantità di moto tra ciò che entra nel motore (aria), e ciò che esce (fumi). In tale caso, la turbina eroga la potenza necessaria e sufficiente a trascinare il compressore, funzionando in quella che si chiama condizione di auto-sostentamento:

catcact LmLmmPP =+→= )( (54)

In queste condizioni, l’espansione in turbina si fermerà al livello di pressione imposto dalla condizione di autosostentamento, mentre l’espansione restante, dal punto 5 al punto 7 in figura 29 avviene nell’ugello, dove il fluido proveniente dalla turbina subisce un’accelerazione prima di essere scaricato in atmosfera.

Figura 29. Turbogas per applicazione aeronautica

Come si è detto la spinta è data dalla variazione di quantità di moto tra ingresso ed uscita della macchina. Detta V0 la velocità di avanzamento del velivolo, pari alla velocità con cui l’aria entra nel condotto di aspirazione posto a monte del compressore, la spinta vale:

( ) 0VmVmmS aexca −+= (55)

essendo la velocità all’uscita dell’ugello Vex derivante dalla conservazione dell’entalpia totale nell’ugello:

( )752 hhVex −= (56) Differente è invece il funzionamento dei Turboelica dove la propulsione è garantita da un’elica la cui potenza meccanica è fornita dalla turbina. La conversione da motori a turbine per uso industriale avviene sostituendo l’ugello propulsivo con una turbina di potenza. A seconda del fatto che l’albero del generatore a gas sia calettato o meno a quella della turbina di potenza, la macchina può diventare monoalbero o bialbero. L’utilizzo originale di queste turbine nel campo della propulsione aeronautica ha fatto sì che la loro progettazione sia andata nella direzione di renderle il più compatte e leggere possibile. Valori tipici dei principali parametri di funzionamento delle macchine aeroderivative più moderne sono: T3 di circa 1400°C, un β compreso tra 25-30 ed una potenza massima complessiva che difficilmente

supera i 50 MW. Tale limite sulla potenza massima non è dettato da motivi di carattere tecnico, ma dalle esigenze propulsive degli aerei che richiedono motori di questa taglia. Nelle turbine aeroderivative l’obbligo di avere alti rapporti potenza – peso ha spinto verso la massimizzazione contemporanea del lavoro specifico e del rendimento. E’ infatti opportuno sottolineare come alla necessità di avere motori leggeri, e quindi caratterizzati da elevati lavori specifici, nel caso delle applicazioni aeronautiche, va accoppiata l’esigenza di avere alti rendimenti, e quindi bassi consumi di combustibile. Nel caso ad esempio degli aerei da trasporto, ciò si traduce in una quantità minore di carburante da caricare a bordo del velivolo, che quindi potrà trasportare un maggior numero di passeggeri o di carico pagante. La tabella 1 riassume le prestazioni delle due tipologie di turbine a gas per applicazioni terrestri.

Heavy-Duty AeroderivativeTMAX [°C] 1100-1350 1200-1450

β 12-22 20-35 TEX [°C] 500-600 400-450

η 30-37 35-42 PEL [MW] 3-280 0.8-50

Tabella 1. Prestazioni Heavy-Duty / Aeroderivative

L’evoluzione storica delle turbine a gas ha seguito nel tempo diverse tappe.

Macchine di prima generazione (anni ’50-’70) Le prime turbine a gas heavy-duty vedono la luce nel 1950: si tratta di macchine di prestazioni estremamente modeste, accettabili solamente poiché il costo del combustibile era estremamente basso. Erano turbine di grandi dimensioni, molto robuste, poco efficienti ed utilizzate per lo più in stazioni di pompaggio. A partire dagli anni ’60, la tecnologia sviluppata in campo aeronautico iniziò ad essere trasferita alle applicazioni industriali. Ciò permise un netto miglioramento delle prestazioni rispetto alle macchine precedenti. La tabella 2 riassume le principali caratteristiche delle due tipologie di macchine per applicazione terrestre, insieme a quelle dei motori aeronautici, motori che avevano prestazioni già avanzate.

Heavy-Duty anni ‘50

Aeroderivative anni ‘60

Motori aeronautici anni ’50-‘60

TMAX [°C] 700-900 900-1000 1000-1100 β 7-9 9-11 15-20 η <20 20-22 25

Tabella 2. Prestazioni Heavy-Duty / Aeroderivative e Motori aeronautici di 1° Generazione

Mentre i motori aeronautici subirono uno sviluppo regolare nel corso degli anni, in campo terrestre la crisi energetica degli anni ’70 dette un grosso impulso allo sviluppo di macchine con prestazioni migliori (seconda generazione).

Macchine di seconda generazione (anni ’70-’80) In questa fase le macchine per impieghi industriali iniziano a raggiungere prestazioni confrontabili, in termini di rendimento e di taglia, con quelle di impianti più tradizionali, quali i motori alternativi o i cicli di potenza basati sull’impiego del vapore (tabella 3).

Heavy-Duty anni ’70-‘80 Aeroderivative anni ’70-‘80 TMAX [°C] 1000-1100 1100-1200

β 10-15 20-30 η 30-33 33-37

PEL [MW] 0.8-150 20-30

Tabella 3. Prestazioni Heavy-Duty / Aeroderivative di 2° Generazione Lo sviluppo delle macchine aeronautiche portò al concepimento di motori con prestazioni sempre più spinte (T3 di quasi 1300°C e β superiori a 25). Macchine di terza generazione (anni ’80-’90) La continua rincorsa di prestazioni sempre più elevate, ottenibili solo grazie ad un aumento della temperatura in ingresso in turbina, ha portato in tempi più recenti la ricerca a concentrarsi principalmente sui materiali e sul raffreddamento delle palettature (studiando anche la possibilità di utilizzare, a questo scopo, del vapore). L’adozione di tecniche di solidificazione unidirezionale e che addirittura portano alla realizzazione di pale formate da un’unica struttura cristallina (single crystal) hanno consentito di migliorare la resistenza allo scorrimento a caldo (creep) delle pale dei primi stadi. Ciò, unito all’impiego di tecniche di raffreddamento sempre più sofisticate e all’adozione, nelle schiere statoriche, di pale ricoperte con strati protettivi in materiale ceramico, ha consentito il raggiungimento di temperature massime dell’ordine dei 1300°C (tabella 4).

Heavy-Duty anni ’80-‘90 Aeroderivative anni ’80-‘90 TMAX [°C] 1300 1300

β 15-20 20-25 η 33-38 40-42

PEL [MW] 3-250 30-40

Tabella 4. Prestazioni Heavy-Duty / Aeroderivative di 3° Generazione Si è cercato di caricare il più possibile i componenti (minor numero di stadi) e di introdurre materiali innovativi. E’ possibile visualizzare l’andamento del rendimento e del lavoro specifico di un turbogas in funzione dei due parametri fondamentali quali la T3 ed il β. Questo tipo di rappresentazione viene chiamata mappa di prestazioni. Come detto in precedenza la maniera più efficace per incrementare le prestazioni di una turbina a gas è quella di cercare di incrementare, in maniera sinergica, entrambi i parametri. Si può vedere quindi come l’evoluzione storica di queste macchine abbia seguito questa logica partendo da rapporti di compressione e temperature di funzionamento estremamente basse fino ad arrivare ai valori tipici dei turbogas più moderni.

0

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

0 100 200 300 400 500

Lavoro specifico [kJ/kg]

Ren

dim

ento

β=2β=2 β=2 β=2

β=25

β=25

β=25β=25

T3=1000 K

T3=1200 K

T3=1400 K T3=1600 K

β

T3

Figura 30. Mappa di prestazioni di turbogas Macchine di quarta generazione (attuali) La caratteristica principale delle ultime turbine è quella di una sempre maggiore convergenza tra i modelli aeroderivativi e quelli heavy-duty. Una distinzione netta diventa sempre più difficile mano a mano che le turbine heavy-duty di nuova generazione vengono progettate e sviluppate con soluzioni all’avanguardia, non più necessariamente derivate dallo sviluppo dei motori aeronautici. Questo anche in virtù del fatto che il mercato delle turbine industriali ha raggiunto da tempo, in termini di fatturato, lo spessore di quello dei motori aeronautici. Conseguentemente se inizialmente gli investimenti sulla ricerca erano per lo più concentrati in questo settore (specialmente in quello militare), ora anche lo sviluppo di turbine a gas per uso industriale può contare su finanziamenti rilevanti. Soluzioni all’avanguardia che cerchino di incrementare il più possibile la T3 ed il β hanno permesso di raggiungere i valori tipici dei turbogas attuali o di imminente commercializzazione (T3 di 1500 °C, rendimenti del 45% ed oltre ed un numero di stadi sempre più ridotto) (figura 31). Rimane comunque la tendenza progettuale, per le heavy-duty di grande taglia, di adottare β sempre più bassi ottenendo anche dei rendimenti inferiori; in genere tale scelta permette, grazie alle TOT più elevate, di avere migliori prestazioni in ciclo combinato. Infatti TOT di 550-600 °C delle macchine Heavy-Duty contro i 420-470 °C delle aeroderivative consentono migliori prestazioni del ciclo Rankine compensando quindi i minori rendimenti del ciclo semplice.

0.39

0.395

0.4

0.405

0.41

0.415

0.42

0.425

0.43

0.435

375 400 425 450

Lavoro specifico [kJ/kg]

Ren

dim

ento

Heavy-Duty T3=1350 °C, Beta=15-20, EtaC=0.85, EtaT=0.87Aeroderivativa T3=1400 °C, Beta=25-30, EtaC=0.87, EtaT=0.89

β=20

β=30

β=16

β=25

T3=1350 °C

T3=1400 °C

Figura 31. Prestazioni tipiche di turbine a gas moderne Esempi di turbine a gas: GE LM6000

• Potenza 43 MW • Efficienza 42.1% • Rapporto di compressione 29:1

SIEMENS W501G

• Potenza 253 MW • Efficienza 39% • Rapporto di compressione 19:1

8. Il compressore Nelle turbine a gas di taglia medio-grande, la compressione dell’aria aspirata dall’ambiente è effettuata in un compressore assiale. Quando però la taglia della macchina scende, come ad esempio nelle applicazioni automobilistiche, nei gruppi utilizzati negli elicotteri e in tutte le micro-turbine a gas, la compressione è effettuata da un compressore centrifugo. Limitando l’attenzione alle macchine di taglia medio – grande, gli elevati rapporti di compressione richiesti impongono l’utilizzo di compressori multi – stadio: no stadio assiale può infatti fornire un β dell’ordine di 1.1-1.3.

9. Camera di combustione Si è detto come nelle turbine a gas lo scambio termico con la sorgente ad alta temperatura sia in realtà rappresentato da una reazione di combustione tra l’aria compressa ed il combustibile. Questo può essere sia gassoso (gas naturale) che liquido (kerosene) e viene iniettato in pressione nella camera di combustione. Per tener conto della realtà del processo nella camera di combustione, oltre alle perdite di carico, devono essere tenute in considerazione anche piccole perdite di massa e di calore (per radiazione) verso l’esterno, che possono essere dell’ordine dell’1%.

Ipotizzando che il combustibile sia gas metano (CH4), la reazione di combustione è la seguente:

cAraNOHdCOOdHcAraNOCH 22)2()(2 2222224 ++++→++++ (57) La tabella 5 riassume le principali caratteristiche dei componenti l’aria umida. Come è noto, per ogni mole di ossigeno presente nell’aria si hanno a moli di azoto, dove a = 3.76; le quantità di argon e di acqua presenti sono invece trascurabili (c = 0.08, d = f(umidità)).

Sostanza Formula Chimica

R [J/Kg·K]

γ (a 300 K)

Frazione molare

Azoto N2 296.80 1.401 78.09% Ossigeno O2 259.84 1.396 20.95%

Argon Ar 208.15 1.669 0.93% Anidride

Carbonica CO2 188.92 1.285 0.03%

Acqua (Vapore) H2O 461.50 1.337 f(umidità)

Tabella 5. Caratteristiche dei principali componenti dell’aria umida

Trascurando quindi il contenuto d’acqua e di gas nobili, la reazione chimica può essere così semplificata:

222224 22)(2 aNOHCOaNOCH ++→++ (58) E’ noto come, in presenza di una combustione stechiometrica di metano, il rapporto aria combustibile vale αst = 17.2. Se la combustione avvenisse in condizioni stechiometriche, la temperatura di fiamma, e quindi dei gas combusti, risulterebbe pari a circa 2200°C. I materiali di cui sono fatti gli stadi della turbina non sarebbero in grado di sopportare temperature così elevate. Allo scopo di contenere la temperatura dei gas combusti entro i limiti tecnologici, tutte le turbine a gas bruciano combustibile con un elevato eccesso d’aria, con α che possono essere tranquillamente dell’ordine di 40-50. Detto e l’eccesso d’aria, e cioè il rapporto tra la portata d’aria attuale e quella che si avrebbe in condizioni stechiometriche, la reazione di combustione diventa:

2222224 )1(222)1)((2 NeaeOOHCOeaNOCH +++++→+++ (59) All’aumentare dell’eccesso d’aria la temperatura di fiamma diminuisce mentre il rapporto α aumenta. Questi due parametri sono infatti tra loro legati dalla relazione seguente:

)1( est += αα (60) Va precisato che una miscela tende ad infiammarsi solo se il suo α è compreso nell’intervallo: 0.8 < stαα < 2 (valido per la maggior parte di idrocarburi). Poiché, come si è detto, i valori tipici nelle turbine a gas in genere superano questo valore, la camera di combustione viene organizzata in maniera da dividere il flusso d’aria in due (figure 32 e 33):

• Aria primaria (circa un terzo del totale) che partecipa direttamente alla combustione presentando eccessi d’aria non superiori al limite di infiammabilità

• Aria secondaria che, lambendo le superfici della camera di combustione ne raffredda le pareti

Figura 32. Schema della camera di combustione (1)

Figura 33. Schema della camera di combustione (2) Nella camera di combustione si identificano così diverse zone:

• Una zona primaria in cui viene fatta confluire solo una frazione della portata d’aria, dove avviene la combustione con eccessi d’aria non superiori al limite di infiammabilità

• Una zona secondaria in cui viene introdotta una frazione di aria attraverso apposite fenditure che, lambendo all’esterno la zona primaria, raffredda le pareti della camera di combustione, oltre ad assicurare il completamento della combustione e un primo abbassamento della temperatura dei gas.

• Una zona di diluizione che ha lo scopo di uniformare la temperatura dei prodotti della combustione, riducendola al valore imposto dai limiti tecnologici.

Con una geometria di questo tipo è possibile, da un lato far avvenire la combustione, dall’altro controllare le temperature mantenendole sufficientemente basse da non danneggiare i materiali di cui è composto il combustore.

Un aspetto importante nella realizzazione della camera di combustione è la necessità di limitare la temperatura di combustione nella zona primaria. Va infatti sottolineato come la produzione di ossidi di azoto (NOx), la cui emissione in atmosfera è regolamentata dalla legislazione vigente in materia di emissioni di sostanze inquinanti, trattandosi di sostanza altamente nociva alla salute, aumenti esponenzialmente con la temperatura di fiamma. La gestione dei flussi di aria primaria e secondaria è quindi vincolata da un lato dalla necessità di garantire la completa ossidazione del combustibile (mantenendo sufficientemente alta la temperatura di fiamma) e dall’altro da quella di limitare la produzione di inquinanti (mantenendo sufficientemente bassa la temperatura di fiamma). La miscela deve quindi permettere una combustione povera con il massimo eccesso d’aria che consenta da un lato una buona combustione (con fiamma stabile e senza la produzione di incombusti) e il più omogenea possibile. In questo modo è possibile avere la temperatura di fiamma più bassa possibile e quindi una limitata produzione di NOx. L’immissione nelle diverse zone dei vari flussi d’aria (primaria, secondaria e di diluizione) avviene attraverso fessure realizzate in quello che viene detto “liner”, l’elemento che di fatto confina la zona di fiamma. Per garantire una distribuzione di temperatura dei gas combusti il più possibile uniforme in ingresso alla turbina, è necessario promuovere il miscelamento tra i diversi flussi (gas combusti e aria secondaria e di diluizione). La presenza di zone con picchi di temperatura sarebbero infatti estremamente pericolose per l’integrità della turbina stessa. Per evitare tali condizioni, un modo comunemente utilizzato è quello di aumentare la turbolenza grazie alla presenza, oltre che delle fessure realizzate sul liner, di elementi di disturbo, detti turbolenziatori. Imponendo un bilancio energetico al combustore, è possibile legare direttamente l’incremento di temperatura al rapporto aria-combustibile α, al cp medio dei gas combusti ed al potere calorifico inferiore del combustibile:

32 )( hmmhmPCImhm caabccc +=++ η (61) dove ηb è il rendimento del combustore, inferiore ad 1 nel caso si verifichino perdite di calore verso l’esterno. Trascurando hc, il bilancio energetico diventa:

32 )1( hhPCIb +=+ ααη (62)

Per determinare il corretto valore delle entalpie h2 e h3 è necessario calcolare i seguenti integrali:

( )∫=2

2

T

Tp

rif

dTTCh (63)

( )∫=3

,,3

T

Tcombustigasp

rif

dTTCh α (64)

Il Cp, come altre grandezze termodinamiche, è infatti funzione della composizione chimica, oltre che della temperatura della miscela. La composizione chimica dei gas combusti a sua volta dipende dal rapporto aria combustibile α. Ne segue che il calore specifico è esso stesso funzione di α:

( )α,1

, TfxCCn

iipimiscelap == ∑

=

(65)

dove Cpi è il calore specifico a pressione costante e xi la frazione molare dell’i-esimo componente della miscela. I valori del Cp dei diversi elementi è in genere tabulato o approssimato sotto forma di funzioni polinomiali della temperatura ( ...432 +++++= eTdTcTbTaCpi ). In maniera analoga è possibile determinare altre importanti grandezze termo-fisiche di una miscela; in particolare:

)(1

αfxRRn

iiimiscela == ∑

=

(66)

Le relazioni precedenti possono essere approssimate andando a calcolare un Cp medio tra la temperatura di riferimento Trif (solitamente assunta pari a 25°C) e la temperatura alla quale si trovano l’aria o i gas combusti. In tal caso le relazioni (63) e (64) diventano:

)( 2022 rifp TTCh −= (67)

)( 3,033 rifp TTCh −= α (68) Esistono sia tabelle che correlazioni che permettono di determinarne il valore medio per le temperature e le composizioni di interesse. Sul grafico riportato in figura 34 sono tracciate diverse curve, per l’aria e per i prodotti della combustione da metano, decrescenti all’aumentare dell’α.

Figura 34. Andamento del Cp dell’aria e dei fumi al variare della temperatura, per diversi

rapporti aria/combustibile.

Noto il coefficiente stechiometrico della miscela, si identifica una curva la quale sottenderà, tra la temperatura di riferimento Trif e la T3, un’area pari al valore di h3. Nella stessa maniera la curva cp dell’aria sottenderà, tra Trif e la T2, un’area pari al valore di h2 (figura 35).

Figura 35. Andamento del Cp dell’aria e di una miscela aria/combustibile al variare della temperatura

10. Raffreddamento della turbina Il problema del raffreddamento delle componenti della turbina che sono soggette alle temperature più alte è sicuramente l’aspetto più critico della tecnologia dei turbogas. La camera di combustione ed i primi stadi della turbina sono costantemente esposti a gas combusti ad elevatissima temperatura (nelle macchine più moderne superiore anche a 1400°C). Poiché il valore massimo di temperatura che possono sopportare i materiali più efficienti non è praticamente mai superiore ai 900°C risulta chiaro come sia fondamentale raffreddare in maniera sistematica tutte le componenti che risultino a contatto con i gas caldi. Per la camera di combustione si è già spiegato come il problema viene risolto grazie all’aria secondaria che ha anche una funzione di raffreddamento delle pareti della zona primaria. Le palette del rotore sono i componenti più critici in quanto oltre a dover resistere alle alte temperature, sono sottoposte a rilevanti sforzi di trazione per le forze centrifughe: in tale situazione i materiali metallici iniziano (ancor prima di fondere) ad indebolirsi rispetto alle sollecitazioni meccaniche periferiche a causa di un fenomeno di scorrimento viscoso detto creep. Se si considera che una moderna turbina gas raggiunge velocità periferiche di rotazione dell’ordine dei 400 m/s, questo provoca accelerazioni centrifughe di 16000 g. Una paletta dal peso di 2 kg, ad esempio, si troverebbe soggetta ad una forza centrifuga di quasi 40 tonnellate; ancor prima di fondere una paletta rotorica tenderebbe a rompersi indebolita nella sua struttura dalle alte temperature e quindi non più in grado di resistere alle forze meccaniche esterne.

Tecnologie utilizzate per il raffreddamento Nella costruzione delle palettature vengono usati materiali particolarmente pregiati quali leghe di Nichel (rotore) e Cobalto (statore); si utilizzano inoltre tecniche metallurgiche avanzate come:

• la solidificazione direzionale • le strutture monocristallo

Con questo tipo di realizzazione i materiali possono sopportare temperature che si aggirano sull’ordine degli 850-900°C. Per aumentare ulteriormente la resistenza ad alte temperature le palette possono essere trattate con la deposizione superficiale di materiali ceramici utilizzati come barriera protettiva. Malgrado ciò, nessuna turbina moderna sarebbe in grado di funzionare se le palettature statoriche e rotoriche non venissero raffreddate efficacemente per mezzo di un fluido più freddo. Il fluido utilizzato è quasi sempre aria (anche se in alcune applicazioni particolari può essere utilizzato del vapore) che, tramite scambio termico convettivo interno o formando una sorta di barriera termica, mantiene la temperatura superficiale della palettatura rotorica al di sotto del valore massimo sopportabile. Il circuito di raffreddamento può essere:

• chiuso • aperto

Nel caso di circuito chiuso l’aria di raffreddamento non viene reiniettata nella turbina, ma viene fatta passare attraverso una serie opportuna di canalizzazione nell’interno delle palette; il raffreddamento avviene esclusivamente per scambio termico convettivo. Lo scambio termico tra il refrigerante, la parete e i gas caldi può essere descritto in maniera molto semplice utilizzando il modello di scambio termico per lastra piana. Utilizzando l’analogia elettrica per la quale la temperatura è l’equivalente della tensione e il flusso termico è l’equivalente dell’intensità di corrente, le ‘resistenze termiche’ dipendono dai parametri dello scambio termico convettivo (fluidi) e conduttivo (parete). Esplicitando la resistenza termica totale:

eiTOT hskhH

1111++= (69)

dove: • HTOT è il coefficiente di scambio complessivo • hi è il coefficiente scambio termico convettivo lato refrigerante • he è il coefficiente scambio termico convettivo lato fumi • k è il coefficiente di conduzione del materiale di cui è composta la paletta • s è lo spessore della parete

Le temperature di parete possono essere trovate impostando la conservazione del flusso termico convettivo.

⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

+=

−=→−=

i

TOTcoolINTwall

e

TOTgasEXTwall

coolgasTOTTOT

hQTT

hQTT

TTHQ &

&

&

_

_

)( (70)

La temperatura critica è quella esterna di parete che, in tutte le condizioni di funzionamento di una turbina deve rimanere sempre al di sotto del limite massimo del materiale (<900 °C), pena la rottura delle palette (figura 36).

Figura 36. Andamento delle temperature in prossimità della parete di una palettatura raffreddata

con circuito chiuso Se invece il raffreddamento è a circuito aperto, oltre a raffreddare la paletta per puro scambio termico convettivo, l’aria viene iniettata nel fluido principale tramite una serie di piccoli forellini disposti su tutta la superficie della pala. In questo modo il fluido freddo, fuoriuscendo dal foro e miscelandosi con i gas caldi, forma una specie di barriera termica che impedisce il contatto diretto tra i fumi e la superficie metallica. Un raffreddamento di questo tipo è chiamato film cooling. Volendo riassumere le strategie che negli anni sono state messe a punto si potrebbero identificare cinque categorie (figure 37):

• Convettivo: semplice raffreddamento per convezione a circuito chiuso con il fluido

refrigerante che tende a lambire la superficie interna delle palette. • Per impingement: letteralmente ‘per urto’, si tratta di un raffreddamento per convezione

forzata adottato per i punti più critici. L’aria invece di lambire la parete, viene di fatto ‘sparata’ contro la superficie interna, facendola passare attraverso una serie di fori direzionati ad hoc e ricavati in un lamierino interno alla cavità della pala. In questo modo il coefficiente di scambio termico convettivo risulta notevolmente incrementato.

• A film: parte del refrigerante viene fatta fuoriuscire dalla palettatura allo scopo di creare una film che costituisce una barriera termica tra il metallo ed i gas combusti. Di fatto il raffreddamento risulta a circuito aperto. Il processo di miscelamento tra il refrigerante e il flusso esterno ne riduce l’efficienza mano a mano che ci si allontana dal punto di iniezione (figure 38 e 39).

• A film esteso: analogo al precedente, si differenzia per la presenza di fori per mezzo dei quali viene diffusa l’aria di raffreddamento che risulteranno essere piccoli e diffusi su tutta la superficie della pala. In questo modo oltre a proteggere la superficie esterna tramite una

barriera termica viene incrementata notevolmente la superficie di scambio tra l’aria e il metallo.

• Per traspirazione: il passaggio dell’aria attraverso la parete non è più ottenuto tramite la creazione di piccoli fori, ma è garantita direttamente dalla struttura del materiale da cui questa è composta che risulterà, di fatto, poroso. In questo modo l’efficienza di raffreddamento sarà massima poiché praticamente ogni punto della palettatura risulterà a contatto con l’aria.

Figura 37. Tecniche di raffreddamento

Figura 38. Pale raffreddate a film

Le prime quattro strategie vengono tutte utilizzate contemporaneamente nelle prime palette di tutte le moderne turbine a gas, la quinta è invece ancora in fase di sviluppo e presenta problematiche legate alla particolarità del materiale che oltre a presentare le giuste caratteristiche di resistenza meccanica e termica, dove essere permeabile dal flusso d’aria.

Figura 39. Statore raffreddato a film L’importanza del raffreddamento delle palettature e della resistenza dei materiali impiegati può essere evidenziato considerando il trend storico che si ha avuto nell’incremento della temperatura massima di esercizio dei turbogas (figura 40).

Figura 40. Evoluzione storica della massima temperatura di esercizio nei turbogas

A partire dagli anni ’50 ad oggi la media di incremento è stata di circa 12°C/anno; di questi solo circa 5°C/anno sono imputabili ad un incremento della resistenza dei materiali, i restanti sono dovuti ad una sempre maggiore efficacia delle tecniche di raffreddamento. Schematizzazione del circuito di raffreddamento nei cicli a gas I flussi di aria di raffreddamento vengono spillati dal compressore ed utilizzati per raffreddare i primi due stadi (o eventualmente a seconda delle macchine anche i successivi) della turbina (figura 41). I punti di espansione nel ciclo sono quindi più di uno:

• nel 1° statore • nel 1° rotore • nel 2° statore • nel 2° rotore

Figura 41. Schema del circuito di

raffreddamento Un circuito di raffreddamento di questo tipo fa sì che per buona parte dell’espansione in turbina ci sia un continuo miscelamento tra i gas combusti e l’aria di raffreddamento. Questo oltre a generare delle perdite dovute alle irreversibilità del processo, modifica in maniera sensibile l’andamento del ciclo sul piano. Come è possibile vedere dal piano T-S:

• la temperatura T3* che viene raggiunta a valle del combustore è più alta dalla temperatura T3 (TIT) di ingresso in turbina data dalla miscelazione tra i gas combusti e la prima iniezione di refrigerante

• la linea effettiva di espansione imposta dal miscelamento con il refrigerante è molto diversa da quella di una espansione non raffreddata (figura 42)

Perdite di carico nel ciclo reale (raffreddato)

s

T

01

2

3

4 5

3*

Figura 42. Modello di ciclo a gas con raffreddamento della turbina

Per tener conto del fatto che parte dell’aria viene spillata dal compressore a scopo di raffreddamento, il bilancio delle portate viene modificato (figura 43). Si suppone che l’aria venga spillata al termine della compressione e reiniettata all’ingresso della turbina. Fatta 1 la portata di combustibile ed mrf quella dell’aria spillata per il raffreddamento, in ingresso nel compressore la portata risulta essere α(1+mrf), in uscita dalla turbina invece è pari α(1+mrf)+1. In genere la portata d’aria di raffreddamento è dell’ordine del 10% sul totale elaborato dal compressore; la quantità esatta comunque è funzione della TIT (temperatura di ingresso in turbina) che si vuole mantenere.

Figura 43. Bilancio delle portate

Inoltre nella realtà l’aria spillata sarà destinata, in proporzioni diverse ai due (o più) stadi raffreddati della turbina; le portate di raffreddamento vanno decrescendo con la temperatura raggiunta dai gas in un determinato stadio. Una correlazione che ben rappresenta la portata totale necessaria al raffreddamento in funzione della TIT è riportata in figura 44:

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

0.16

0.18

0.2

800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500

TIT [°C]

m/m

Figura 44. Portata di raffreddamento in funzione di T3

Come si può notare al crescere della TIT la portata di raffreddamento necessaria aumenta in maniera più che lineare; per TIT vicine ai 1400°C è necessario utilizzare circa il 15% della portata elaborata dal compressore a puro scopo di raffreddamento.

α(1+mrf) α(1+mrf)+1

mrf

1

Tali valori sono indicativi dello stato dell’arte delle tecnologie di raffreddamento adottate dalle principali case costruttrici Scrivendo il bilancio all’albero si può esplicitare l’importanza di mrf e come questi influenzi il valore del lavoro specifico prodotto dalla turbomacchina.

)1(

]1)1([)1(

]1)1([)1()1( ,

,,

, rf

trftmcm

crf

utrftmurfcm

crf

m

LmLm

LLmLmLm

+

++−+

=→++=+++

α

αηη

α

αηαη

α

(71) Conseguentemente per la macchina la portata di raffreddamento è solamente una perdita ai fini della produzione di potenza:

• aumenta il lavoro richiesto dal compressore in fase di compressione abbassando conseguentemente il lavoro specifico

• nel passaggio dal compressore alla turbina è soggetta a perdite di carico aggiuntive • iniettata in turbina a partire dai primi stadi riduce il lavoro di espansione in turbina • causa delle perdite fluidodinamiche aggiuntive a causa del processo di miscelamento con il

flusso principale

11. Teoria della similitudine Le turbine a gas presentano caratteristiche in termini di rendimento e di soluzioni costruttive molto differenti, in funzione della loro taglia. In genere macchine di piccola taglia sono caratterizzate da un livello tecnologico decisamente più basso, si tende ad utilizzare parametri di progetto più conservativi in quanto i limiti tecnologici non giustificano soluzioni troppo avanzate. Questa classe di turbine sono quindi dotate di pochi stadi e di rendimenti molto limitati; invece le macchine di grande taglia oltre ad essere caratterizzate da un gran numero di stadi, hanno dei rendimenti politropici più elevati. Per comprendere le motivazioni che portano a soluzioni progettuali molto differenziate in funzione della taglia, è opportuno riferirsi alla teoria della similitudine. Su di essa ci si basa anche per il dimensionamento dei singoli stadi di una macchina. Secondo questa teoria presenteranno un η uguale macchine che siano dotate di:

• Similitudine geometrica (medesimi rapporti nelle dimensioni lineari) • Similitudine cinematica (medesimi rapporti delle velocità in punti corrispondenti) • Ma=cost • Re=cost

Come conseguenza della applicazione della teoria della similitudine alla progettazione delle macchin,e è possibile definire un numero di giri specifico ottimo ns,opt a cui è associata una geometria ottima che corrisponde al massimo rendimento possibile. Tale geometria ottima è identificata da una serie di parametri dimensionali quali, ad esempio, h/D, D1/D2, β etc.

Si ricorda che ( ) 4/3

ISs H

Vnn&

= dove n è il numero di giri, V è la portata volumetrica e HIS il salto

entalpico isoentropico smaltito dalla macchina; il valore ottimo del numero di giri specifico risulta essere in realtà funzione dei seguenti parametri caratteristici delle turbomacchine:

• parametro di taglia ( ) 4/1

ISHVVHC&

=

• rapporto volumetrico di espansione IN

OUT

VV&

&

Macchine di taglia diversa non potranno mantenere una similitudine geometrica a causa di effetti di scala come la scabrezza relativa o i giochi radiali; questi tendono a penalizzare tutte le macchine di taglia più piccola. Il rapporto volumetrico di espansione è invece legato al numero di Mach:

• rapporti tendenti all’unità sono tipici di macchine che funzionino a fluido incomprimibile • al salire di questo parametro significa che la macchina (o il singolo stadio) è sempre più

caricato fino a raggiungere valori per il quale le velocità in gioco sono transoniche o addirittura supersoniche

Il numero di giri specifico ottimale rispetto a questi due parametri: • aumenta al diminuire della taglia • diminuisce all’aumentare del rapporto di espansione

Ad esempio per uno stadio di turbina assiale valgono i risultati percentuali nelle figure seguenti:

Figura 45. Effetti del parametro di taglia e del rapporto volumetrico di espansione sul numero di giri caratteristico ottimo

Come si può rilevare nel grafico di figura 45 per stadi a basso rapporto di espansione

( 21÷=IN

OUT

VV&

&), tipici delle macchine assiali, le turbine di piccola taglia sono in genere caratterizzate

da ns,opt superiori rispetto a quelli tipici delle turbomacchine taglia medio-alta. Per confrontare gli ordini di grandezza in gioco passando da macchine di piccola taglia a macchine di grossa taglia, si considerino i valori relativi riportati nella tabella 6:

TG Piccola taglia TG Grande tagliaηishmP ∆= & 1 MW 100 MW

sn %15+sGTn sGTn m& 1≅ 100≅

ish∆ 1≅ 1≅ V& 1≅ 100≅ n 10≅ 1≅

Tabella 6. Valori indicativi dei parametri di macchine di piccola taglia e grossa taglia

Dalla definizione ns risulta che il numero di giri di una macchina da 1 MW è circa 10 volte quello della macchina da 100 MW, questo a causa della ridotta portata volumetrica. Un esempio evidente dell’aumento di n al ridursi della taglia è dato dai gruppi turbo delle automobili per la sovralimentazione dei motori a combustione interna: vista la piccolissima taglia il numero di giri dovrà essere altissimo, valori tipici possono essere dell’ordine di grandezza di quasi 100.000 giri/min Come già detto infatti il ridursi della taglia penalizza il rendimento a causa degli effetti di scala: la causa principale è dovuta alla riduzione del numero di Reynolds e delle altezze di pala: al loro diminuire aumentano gli effetti viscosi e le perdite dovute ai giochi ed alla scabrezza relativa. Per limitare tali effetti si ha un aumento degli ns ottimi che porta ad un numero di giri n e a degli h/D più elevati. Le turbine a gas al di sotto dei 2 MW di potenza sono anche caratterizzate da una geometria diversa del compressore: i compressori assiali sono infatti eccessivamente penalizzati in termini di rendimento. Si fa quindi uso di compressori centrifughi: questi sono in grado, per piccole portate, di fornire rapporti di compressione maggiori mantenendo comunque dei buoni rendimenti di funzionamento. Il problema dell’ottimizzazione del numero di giri si presenta anche all’interno di una singola macchina, in special modo nelle turbine aeroderivative. Queste, caratterizzate da β particolarmente elevati, hanno portate volumetriche che variano di conseguenza e che cambiano notevolmente tra l’inizio e la fine del compressore. Se questo è mosso da un unico albero, ogni suo stadio funziona allo stesso numero di giri smaltendo la stessa quantità di lavoro. Variando quindi V e rimanendo n ed HIS costanti il numero di giri specifico ottimale non potrà che essere diverso stadio per stadio cambiando notevolmente tra l’ingresso e l’uscita. Si adotta quindi una soluzione di compromesso adottando un numero di giri intermedio che risulta più alto di quello ottimo per i primi stadi, mentre per gli ultimi è più basso della soluzione ottimale. Nei casi in cui il rapporto di compressione sia molto elevato, per non penalizzare troppo i rendimenti si adotta una soluzione di macchine bialbero (o addirittura trialbero) che siano in grado di far funzionare gli stadi di alta e di bassa pressione a velocità differenti (figura 46).

Figura 46. Soluzione bialbero

Stadi di alta pressione sono quindi azionati ad una velocità maggiore (smaltendo portate volumetriche più basse) mentre quelli di bassa pressione sono invece mossi ad una velocità più ridotta.

12. Curve caratteristiche delle turbomacchine Nella realtà le turbine a gas si trovano ad operare molto spesso in condizioni diverse da quelle nominali, sia per scelte di regolazione (avviamento, funzionamento a carichi parziali), sia a causa del modificarsi delle condizioni atmosferiche (temperatura, pressione ed umidità). Per valutare il funzionamento di compressori e turbine in condizioni di fuori progetto si fa uso di delle curve caratteristiche. Se si mantengono fissate determinate caratteristiche di una macchina e del fluido di lavoro quali:

• Caratteristiche termofisiche (Costante dei gas R e rapporto tra i calori specifici γ) • Geometria della macchina • Numero di Reynolds (Re) • Numero di Mach (Ma)

la teoria della similitudine afferma che è possibile legare parametri importanti quali il rapporto di compressione ed il rendimento adiabatico di una turbomacchina a due cosiddette grandezze corrette:

• Portata corretta • Numero di giri corretto

Ricordando che:

pARTm

AmvvAm

&&& ==→=

ρρ e che RTa γ= è possibile ricavare entrambe imponendo l’uguaglianza

del numero di Mach:

212121 ⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛→⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛→=

RTpARTm

RTpARTm

av

avMaMa

γγ&&

(72)

Visto che la geometria della macchina e le caratteristiche termofisiche del fluido di lavoro sono le stesse ovunque deve seguire che:

2121⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛→⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

T

T

T

T

PTm

PTm

PTm

PTm &&&&

Portata Corretta (73)

Un ragionamento analogo lo si può fare imponendo l’uguaglianza del numero di Mach per la velocità periferica u:

212121 ⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛→⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛=⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛→=

RTDn

RTDn

au

auMaMa

γπ

γπ (74)

date Dnu π= ed RTa γ= . Semplificando i parametri costanti:

2121⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛→⎟

⎞⎜⎝

⎛=⎟

⎞⎜⎝

TT Tn

Tn

Tn

Tn Numero di giri Corretto (75)

Utilizzando portata corretta e numero di giri corretto è possibile rappresentare, in maniera indipendente dalle condizioni in ingresso di P e T, le condizioni di funzionamento di un compressore (figura 47). Nel medesimo grafico sono rappresentabili gli andamenti di β e η in funzione di mcorr ed ncorr; un punto della mappa corrisponderà a punti di funzionamento simili. Curve caratteristiche dei compressori I compressori assiali che sono utilizzati nelle moderne turbine a gas sono caratterizzati da curve di funzionamento simili a quelle in figura.

Figura 47. Tipica mappa di funzionamento di un compressore Si può notare come la regione di funzionamento sia delimitata verso l’alto dalla linea di pompaggio (Surge) e verso il basso dalla linea del blocco di portata (Choke); inoltre la curva di funzionamento per un determinato numero di giri corretto è praticamente verticale. Il limite di funzionamento per surge è dovuto ad instabilità di funzionamento che si instaurano a portate ridotte a causa dell’aumento dell’angolo di incidenza tra il fluido e la palettatura del compressore; infatti variazioni di portata corrispondono a variazioni della velocità assiale che comportano un aumento dell’angolo di incidenza (considerando ovviamente che il compressore giri sempre alla stessa velocità). Se tale angolo aumenta eccessivamente, si può verificare una separazione dello strato limite sulla palettatura ed un conseguente stallo: il funzionamento può diventare con l’instaurarsi di un flusso pulsante che può provocare danni alla struttura del compressore stesso. Allo scopo di evitare questa situazione spiacevole tutti i compressori assiali operano, in condizioni nominali, ad una certa distanza dalle condizioni di stallo mantenendo quindi un certo margine di sicurezza.

Matching turbina-compressore Per poter descrivere l’accoppiamento (matching) tra turbina e compressore è necessario conoscere anche la mappa di funzionamento della turbina. Una mappa tipica di funzionamento in termini di grandezze corrette è caratterizzata da curve che tendono tutte asintoticamente ad un massimo per la portata. Al continuo crescere di β la portata smaltita aumenta fino a quando non viene raggiunto un βCR per il quale sono raggiunte le condizioni di blocco sonico della portata. A rapporti di espansione elevati le velocità dei gas nelle palettature diventano transoniche; in queste condizioni la portata smaltibile non può crescere ulteriormente.

Figura 48. Tipica mappa di funzionamento di

una turbina In una generica palettatura statorica il rapporto di compressione è legato alla portata tramite un parametro che è chiamato coefficiente di efflusso:

AP

Tm

T

T&=ϕ (76)

Se il β aumenta anche φ cresce fino a che non vengono raggiunte le condizioni critiche (blocco di portata); a questo punto ad ulteriori aumenti di β il coefficiente di efflusso rimane costante ad un valore pari a φCR.

Legata a questo valore è per l’appunto la portata massima smaltibile: T

TCRMAX T

APm

ϕ=&

Le moderne turbine a gas sono progettate per funzionare in prossimità di queste condizioni, con numeri di Mach nello statore del primo stadio che sono compresi tra 0.85 e 0.95: si cerca infatti di massimizzare il salto entalpico che viene smaltito nello statore. L’unica maniera per poter incrementare la portata smatilbile è quella di cambiare le condizioni totali in ingresso o l’area di passaggio. Combinando le mappe di compressore e turbina si determina un punto di equilibrio che rappresenta le condizioni di funzionamento per l’intera macchina. Questo punto tende a spostarsi in funzione delle condizioni ambientali tramite il susseguirsi di stati di equilibrio seguendo una cosiddetta operating line (figura 49).

Figura 49. Operating line

E’ identificabile una linea di funzionamento anche nel caso di iniezione di vapore: la portata, aumentando, fa sì che la pressione in ingresso della turbina si incrementi anch’essa. Il compressore segue la turbina aumentando il rapporto di compressione e, conseguentemente, avvicinandosi pericolosamente alla linea di stallo.

13. Influenza delle condizioni ambiente sul ciclo a gas Le condizioni ambientali hanno una notevole influenza sulle condizioni di funzionamento e, conseguentemente, sulle prestazioni delle turbomacchine. Variazione della pressione atmosferica La pressione atmosferica può subire delle piccole variazioni in funzione delle condizioni atmosferiche, ma differenze maggiori si possono riscontrare in funzione della quota alla quale è installata la turbina a gas. Se la pressione atmosferica sul livello del mare è pari a circa 1.01 bar, a 1500 m di quota questa può scendere a 0.85 bar. La pressione atmosferica diventa rilevante nel caso degli aerei. Un motore in volo a 12.000 m ad esempio, si trova ad operare con una pressione che è meno della metà di quella atmosferica. Nella tabella 7 sono riportati i valori di temperatura, pressione, densità, etc dell’aria in funzione della quota.

Quota Z [m]Temperatura

[°C]T/T0

Pressione p [mmHg]

Pressione relativa p/p0

Peso specifico γ

[kg/m³]

Densità ρ=γ/g

Densità relativa

δ=γ/γ0=ρ/ρ0√δ 1/√δ

0 15.00 1.0000 760.0 1.0000 1.2258 0.1250 1.0000 1.0000 1.0000500 11.75 0.9887 716.0 0.9421 1.1680 0.1191 0.9528 0.9761 1.02441000 8.50 0.9774 674.1 0.8870 1.1123 0.1134 0.9074 0.9526 1.04981500 5.25 0.9661 634.2 0.8345 1.0586 0.1080 0.8636 0.9293 1.07612000 2.00 0.9549 596.2 0.7845 1.0070 0.1027 0.8215 0.9064 1.10332500 -1.25 0.9436 560.1 0.7370 0.9573 0.0976 0.7810 0.8837 1.13163000 -4.50 0.9323 525.7 0.6917 0.9095 0.0927 0.7420 0.8614 1.16093500 -7.75 0.9210 493.2 0.6489 0.8636 0.0881 0.7045 0.8394 1.19144000 -11.00 0.9097 462.2 0.6082 0.8194 0.0836 0.6685 0.8176 1.22314500 -14.25 0.8984 432.9 0.5696 0.7770 0.0792 0.6339 0.7962 1.25605000 -17.50 0.8872 405.0 0.5329 0.7363 0.0751 0.6007 0.7750 1.29035500 -20.75 0.8759 378.7 0.4983 0.6973 0.0711 0.5689 0.7542 1.32596000 -24.00 0.8646 353.7 0.4654 0.6599 0.0673 0.5383 0.7337 1.36296500 -27.25 0.8533 330.1 0.4343 0.6240 0.0636 0.5091 0.7135 1.40167000 -30.50 0.8420 307.8 0.4050 0.5896 0.0601 0.4810 0.6935 1.44197500 -33.75 0.8307 286.7 0.3772 0.5567 0.0568 0.4542 0.6739 1.48398000 -37.00 0.8194 266.9 0.3512 0.5252 0.0536 0.4285 0.6546 1.52778500 -40.25 0.8082 248.1 0.3264 0.4951 0.0505 0.4039 0.6355 1.57359000 -43.50 0.7969 230.4 0.3032 0.4664 0.0476 0.3805 0.6168 1.62129500 -46.75 0.7856 213.8 0.2813 0.4389 0.0448 0.3581 0.5984 1.671210000 -50.00 0.7743 198.1 0.2607 0.4127 0.0421 0.3367 0.5802 1.723410500 -53.25 0.7630 183.4 0.2413 0.3877 0.0395 0.3163 0.5624 1.778111000 -56.50 0.7517 169.6 0.2232 0.3639 0.0371 0.2969 0.5449 1.835312000 -56.50 0.7517 144.9 0.1907 0.3108 0.0317 0.2535 0.5035 1.986013000 -56.50 0.7517 123.7 0.1628 0.2654 0.0271 0.2165 0.4653 2.149114000 -56.50 0.7517 105.7 0.1391 0.2267 0.0231 0.1849 0.4300 2.325315000 -56.50 0.7517 90.3 0.1188 0.1936 0.0197 0.1579 0.3974 2.516316000 -56.50 0.7517 77.1 0.1014 0.1654 0.0169 0.1349 0.3673 2.722317000 -56.50 0.7517 65.8 0.0866 0.1413 0.0144 0.1153 0.3395 2.945418000 -56.50 0.7517 56.2 0.0739 0.1206 0.0123 0.0984 0.3137 3.188119000 -56.50 0.7517 48.0 0.0632 0.1030 0.0105 0.0840 0.2899 3.449820000 -56.50 0.7517 41.0 0.0539 0.0880 0.0090 0.0718 0.2679 3.7322

Tabella Internazionale dell'aria

Tabella 7. Tabella internazionale dell’aria

Per variazioni della pressione dell’aria ambiente (figura 50) la forma del ciclo non viene modificata: si ha una traslazione dei punti su isobare di un livello inferiore. In termini relativi la pressione p1’ di aspirazione e la pressione di fine compressione p2’ diminuiscono mentre il rapporto di compressione rimane costante. Il punto di funzionamento del compressore in termini di portata corretta rimane il medesimo:

'

11⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

PTm

PTm &&

, 'ββ = e '

11

⎟⎠

⎞⎜⎝

⎛=⎟

⎞⎜⎝

⎛Tn

Tn (77)

quindi al ridursi di p1 la portata elaborata dalla macchina diminuisce anch’essa in maniera proporzionale. Il lavoro utile Lu prodotto dal ciclo rimane costante in quanto a pari rapporto di compressione i lavori di compressore e turbina non cambiano. La potenza utile prodotta uLmP &= invece si riduce a causa della diminuzione della portata massica. Il rendimento del ciclo infine non subisce variazioni poiché le varie irreversibilità con la traslazione del ciclo rimangono costanti:

'2

2'33'22

'1

1'44'11

ln

ln

ppRSS

ppRSS

⋅=∆=∆

⋅=∆=∆ (78)

Ciclo Joule-Brayton (Reale) - Influenza di Pamb (Tmax=1200 °C, β=21.5)

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20 1.40

s [kJ/(kgK)]

T [°

K]

0 m (P1=1.01 bar)1500 m (P1'=0.85 bar)

1

2

3

4

1'

2'

3'

4'

Figura 50. Influenza della variazione della pressione atmosferica Variazione della temperatura ambiente In seguito ad una riduzione della temperatura ambiente si ha:

• una riduzione del lavoro di compressione a causa dell’abbassamento della temperatura di inizio compressione ( iC hvdpL += ∫ ) che si riflette su di un aumento del lavoro utile in quanto LT rimane costante

• un aumento della portata massica elaborata (T

T

PTm&

deve rimanere costante) che porta ad un

notevole aumento notevole della potenza prodotta ( uLmP &= )

Con variazioni di temperatura tipiche delle differenze stagionali (tra Estate ed Inverno) si hanno variazioni di potenza utile anche del 30-35% rispetto al valore nominale. Anche il rendimento è influenzato dalla temperatura ambiente; utilizzando l’analisi entropica è possibile valutarne l’effetto. Ad una diminiuzione della temperatura ambiente corrisponde:

• un aumento dell’efficienza di Carnot del ciclo di riferimento (TMIN infatti si riduce) • un aumento delle perdite ∆S23 e ∆S14 invece aumenteranno a causa della maggiore quantità di

calore che viente scambiato dal ciclo con l’ambiente • Una diminuzione del peso delle singole irreversibilità ∆Si a causa dalla diminuzione di TMIN

e dall’aumento di Q1 (Si ricorda che ∑=

∆−=

n

i

MINicarnot Q

TS1 1

ηη )

Valutando qualitativamente i tre effetti si evidenzia, complessivamente, un aumento del rendimento.

Ciclo Joule-Brayton (Reale) - Influenza di Tamb (Tmax=1200 °C, β=21.5)

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

0.00 0.20 0.40 0.60 0.80 1.00 1.20

s [kJ/(kgK)]

T [°

K] 35 °C

0 °C

1

2

3

4

1'

2'

Figura 51. Influenza della variazione della temperatura ambiente Rappresentando in funzione della temperatura ambiente le variazioni percentuali rispetto alle condizioni ISO di potenza prodotta, portata d’aria elaborata e rendimento complessivo del ciclo, si hanno gli andamenti riportati in tabella 8 e figura 52.

Variazione approssimata per una diminuzione di

10°C della Tamb mair +4% PEL +7% η +1.5%

Tabella 8. Effetti della variazione della temperatura ambiente

Nella realtà quando la temperatura ambiente scende eccessivamente si comincia ad intervenire sulla regolazione per limitarne la potenza al valore massimo per la quale la turbomacchina è stata dimensionata. Nei grafici di figura 53 è rappresentato l’andamento del rendimento e della potenza utile di una turbina RR Trent.

Effetto della temperatura ambiente per una tipica turbina Heavy Duty

80

90

100

110

120

-15 -5 5 15 25 35

Tamb [°C]

%Pa

ram

etro

risp

etto

alle

cond

izio

ni IS

O

PortataPotenzaRendimento

Figura 52. Effetti della variazione della temperatura ambiente

Rendimento in Funzione di Tamb (RR Trent)

0.38

0.39

0.4

0.41

0.42

0.43

0.44

-15 -5 5 15 25 35

Temperatura [°C]

Ren

dim

ento

Figura 53. Effetti della variazione della temperatura ambiente su potenza e rendimento di una turbina RR Trent

14. Avviamento e regolazione dei turbogas Le problematiche maggiori sono concentrate nel compressore: alla partenza questi non lavora in condizioni di progetto (e quindi in similitudine) e non risulta in grado di potersi avviare. Nella tabella 9 si confrontano le condizioni di funzionamento di design con quelle a numero di giri ridotto al 50%:

Design AvviamentoDsNN / 1 0.5

DLL / 1 0.25

Dββ / 1 <<1 ( )

( )DOUTIN

OUTIN

VVVV&&

&&

//

1 >>1

Tabella 9. Condizioni di funzionamento in fase di avviamento

Il lavoro specifico fornito dal compressore al 50% del numero di giri diminuisce in maniera molto più marcata ed è pari a solamente il 25% di quello di Design; la conseguenza più immediata è un rapporto di compressione molto più basso di quello di progetto. Gli ultimi stadi si trovano a dover elaborare una portata volumetrica che è di molto superiore a quella che dovrebbero ricevere: l’aria infatti ha un volume specifico che non viene sufficientemente ridotto dalla compressione. Gli ultimi stadi, di area minore, andrebbero in blocco e renderebbero impossibile l’avvio del compressore. Per ovviare a queste problematiche tutti i compressori sono dotati di bleed port: si tratta di valvole che hanno lo scopo di sfiatare parte della portata compressa nei primi stadi. Mantenendole aperte in fase di avviamento, gli ultimi stadi vedono ridursi la portata volumetrica e sono in grado di comprimere l’aria senza andare in stallo. Più semplice è il caso delle macchine bialbero: non essendo i primi e gli ultimi stadi vincolati al medesimo numero di giri è possibile adattare la velocità di rotazione in maniera tale da rendere possibile l’avviamento. Un esempio di avviamento di una turbina aeroderivativa bialbero è rappresentato in figura 54. Si possono distinguere 5 fasi nella procedura di avviamento:

1. Spurgo: L’albero di alta pressione inizia ad essere trascinato da uno starter alimentato elettricamente fino alla velocità di rotazione di 2000 giri/min. Viene a formarsi una depressione che provoca l’avviamento dell’albero di bassa e lo spurgo della turbina.

2. Riscaldamento a vuoto: Terminato lo spurgo si procede all’ignizione con l’iniezione di piccole quantità di carburante che hanno lo scopo di iniziare a riscaldare la macchina (la quale viene fatta girare a circa 6000 giri/min). In circa 6 minuti il compressore di bassa pressione inizia ad essere messo in mosso per trascinamento termodinamico

3. Accellerazione e Sincronismo: L’albero di bassa pressione viene velocemente portato al sincronismo con la frequenza di rete. Quando il numero di giri è il medesimo viene stabilito il parallelo tra l’alternatore della turbomacchina e la rete elettrica; da questo momento in poi il numero di giri di bassa pressione non potrà più essere variato.

4. Presa di carico: Il numero di giri di alta pressione potrà invece continuare ad aumentare fino ad aver raggiunto pieno carico

5. Pieno carico: La macchina, completamente avviata continuerà a funzionare in condizioni di design

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

0 5 10 15 20

t [min]

N [g

iri/m

in]

1

2

3

4 5

Figura 54. Avviamento di una turbina bialbero

Regolazione delle turbine monoalbero Le turbine monoalbero più datate, una volta sincronizzate con un numero di giri fissato, mantengono una portata di aria fissata per una data temperatura ambiente. Conseguentemente l’unico parametro che può essere variato per regolare la potenza prodotta è dato dalla temperatura T3; questa può essere facilmente ridotta o aumentata modulando opportunamente la portata di combustibile.

Figura 55. Regolazione per variazione di portata di combuatibile

La figura 55 l’effetto di una riduzione della portata di combustibile sul piano T-S. Il rapporto di compressione tende a ridursi visto che la p2 è fondamentalmente proporzionale a 3T . Poiché il rendimento a sua volta è funzione del β, anch’egli diminuisce; infine è possibile osservare come anche la TOT si riduca in maniera considerevole. La figura 56 mostra l’effetto sui principali parametri del ciclo di una variazione della TIT: una riduzione del carico dal 100% al 75% richiede una diminuzione di questa di circa 150°C e provoca una riduzione della TOT di quasi 90°C.

Figura 56. Prestazioni a carico parziale Un’opportunità di regolazione presente su tutte le turbine monoalbero moderne è invece data dalle IGV (Inlet Guide Vane). Esse sono costituite dalla palettatura statorica ad assetto variabile posta nel primo stadio del compressore. La loro geometria può essere aggiustata per diminuire o aumentare l’area di passaggio; in questo modo è possibile regolare (entro certi limiti) la portata di aria che viene elaborata dalla turbomacchina ed il rapporto di compressione agendo direttamente sui triangoli di velocità.