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Lezioni Combustione 2 10 marzo 2009
Principi sulla combustione nelle Turbine a Gas (TG)
Paragrafo I: Cenni preliminari sulle TG.
Le TG sono fortemente utilizzate per le applicazioni aeronautiche e di produzione dell'energia
elettrica. Il loro nome deriva dal tipo di fluido evolvente utilizzato che in ogni stadio del ciclo
termodinamico è sempre un gas, il più delle volte considerato un gas perfetto. Tale ciclo, anche
detto ciclo Joule ( o Brayton ), prevede una prima fase di compressione isoentropica e
adiabatica del fluido , sviluppata appunto in un compressore; una adduzione di calore isobara , in
una camera di combustione ; una successiva espansione isoentropica adiabatica ,in una turbina. Si
parla infine di sottrazione di calore isobara, che avviene in uno scambiatore di calore. Bisogna fare
una precisazione sul fatto che si può parlare, per un turbogas, sia di ciclo chiuso (con scambiatore
finale) e sia di ciclo aperto (senza scambiatore). Il ciclo aperto è realizzato con il macchinario
schematizzato in fig.1 che, rispetto al ciclo chiuso, mostra le seguenti differenze:
- Il fluido di lavoro è necessariamente l’aria, aspirata dal compressore alla pressione e alla
temperatura ambiente;
- L’introduzione di calore nel ciclo avviene mediante un processo di combustione interna, per il
quale l’aria, dopo la compressione, funge da comburente oltre che da fluido di lavoro della
prima parte del ciclo;
- I prodotti della combustione costituiscono il fluido di lavoro per la parte seguente del ciclo
(espansione). I gas combusti investono direttamente la turbina, la quale dovrà essere in grado
di sopportare questo stress di tipo chimico (problemi di erosione e corrosione della palette).
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- La cessione di calore all’ambiente avviene semplicemente disperdendo i gas combusti
nell’ambiente.
Il ciclo reale si discosta da questo ciclo limite, ma in questa sede non è bene inoltrarsi su tali
questioni.
L'adduzione di calore avviene in genere attraverso una combustione interna fatta
avvenire in un apposito componente detto camera di combustione. Lo scopo di tale adduzione di
calore è quello di innalzare la temperatura dei gas e di aumentare il loro volume specifico. L'obiettivo
che un buon progettista deve perseguire nel progettare tale componente è quello di :
a) innalzare la temperatura il più possibile, compatibilmente con la resistenza
meccanica dei materiali del combustore stesso e dei primi stadi della turbina
(maggiore è la temperatura di ingresso in turbina, maggiore è l'efficienza dell'impianto);
Si può parlare di limitazione di temperatura massima del ciclo a quella per cui i materiali, oggi
utilizzati, fondono.
Gli acciai ad esempio arrivano a T=1000-1200°C, oppure ci sono leghe che arrivano a T=1300-
1400°C.
Oggi esistono leghe molto interessanti con contenuto di allumina ( ferrometalcroiii) . In particolare ,
leghe in cui sono presenti Ferro, Cromo e Alluminio. Quest’ultimo è legato in maniera particolare,
tale comunque, da formare ALLUMINA (AL2O3) ; materiale particolarmente resistente alle alte
temperature e ad alta resistenza chimica ( come la silice Si02) . Quindi , avendo appunto la
caratteristica di essere particolarmente inerte, si può arrivare alla T max del ciclo in maniera più “
legittima” .
L’allumina in particolare, anche se stressata con lavorazioni meccaniche, da la sicurezza di fondere o
di ammollire a temperature già note. Invece, gli acciai normali o comunque quelli di più comune
utilizzo vanno sempre testati sperimentalmente in condizioni di lavoro diverse da quelle nominali.
L’unico inconveniente è quello di rendere il pezzo fragile; ovverosia nel caso in cui bisogna lavorare
con pressioni alte, è necessario cautelarsi.
b) Fare in modo che in uscita dal combustore non vi siano forti gradienti di temperatura o punti a
temperatura troppo elevata;
La massima temperatura di cui parliamo è la massima temperatura ammissibile ( ATT: non la T
media che è possibile misurare con una termocoppia allo scarico della camera di combustione ). Cioè
se considerassimo l’andamento della funzione temperatura nella camera di combustione si
noterebbero dei picchi, quindi la T max raggiungibile sarà proprio quella misurata al picco massimo.
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Se dicessi, inoltre, che la temperatura massima è di 1400°C , intendo intrinsecamente che il materiale
costituente l’apparato meccanico fonde a temperature maggiori; o meglio ancora non è garantito il
buon funzionamento della macchina a temperature superiori.
E’ ovvio dunque che sia auspicabile una omogeneità della temperatura sia nel tempo, quanto nello
spazio. Per l’appunto chi costruisce oggi una camera di combustione per una turbina a gas, ha come
specifica di contratto il range massimo di disuniformità spaziale (5-10%) della temperatura.
Una uniformità del genere è ottenibile solo andando a diluire il comburente o il combustibile.
c) ridurre il più possibile la formazione di inquinanti o sostanze tossiche;
d) avere una alta affidabilità in tutti i regimi di carico ed i transitori (evitare spegnimenti
improvvisi e malfunzionamenti pericolosi; es. flash-back);
e) limitare il più possibile le fluttuazioni di pressione e quindi le vibrazioni ed i rumori;
è importante ridurre le vibrazioni perchè queste possono entrare in risonanza con le frequenza
naturali dei condotti causandone la rottura.
f) avere un sistema di combustione quanto più adiabatico possibile. Perdere all’uscita della camera di
combustione del calore a quelle temperature significa perdere non solo dell’energia utile
all’ottenimento di lavoro specifico, ma significa che si è spesa dell’energia di compressione ed
energia dovuta alla combustione.
La temperatura massima di fiamma deve essere, dunque, quella massima utile; cioè è impossibile
pensare di abbassarla buttando fuori calore dalla camera di combustione. Questo significa abbassare
intrinsecamente la temperatura con del diluente, o per il combustibile o per l’ossidante. Dire diluente
per il combustibile significa dire basso potere calorifico.
Sta di fatto che la maggior parte delle turbine a gas vengono fatte, sbagliando, con la diluizione con
aria; in quanto sarebbe meglio avere un inerte a bassa temperature ( tipo azoto, anidride carbonica).
Ad esempio sarebbe utile avere 1kg di combustibile che diluito con questo ossidante avene 10% di
ossigeno e 90% di inerte .
Facciamo un esempio pratico con la temperatura adiabatica di fiamma del kerosene e di un
ossidante ottenuto dalla miscela di aria e inerte al 50 %.
N.B. E’ utile ricordare che per temperatura adiabatica di fiamma teorica stechiometrica s’intenda la
massima temperatura raggiungibile nella condizioni stechiometriche di un combustibile e aria.
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Si miscela 1kg di kerosene (combustibile per turbogas di derivazione aeronautica ) con 15kg di aria
( rapporto stechiometrico del kerosene) ottenendo una temperatura adiabatica di 2200 °C . Partendo
da una temperatura iniziale di 400°C , si capisce come si arrivi ad una temperatura adiabatica di
T=2200 + 400=2600°C.
Se ,però, volessimo una temperatura massima di fiamma di 1300°C , miscelerei i 16kg di prodotto
( 1kg combustibile e 15 kg comburente) con 16 kg di inerte.
Quanto detto vale per l’uscita dalla camera di combustione. Si propongono, adesso, alcune
considerazioni in merito all’ingresso della stessa.
Il rapporto di compressione in qualche maniera avalla l’attitudine del ciclo termodinamico a
lavorare ad una temperatura alta. Può accadere che in determinate condizioni di pressioni e
temperature la miscela stechiometrica può auto accendersi,ovvero ignire , ovvero esplodere.
Nella realtà dei fatti non esistono macchine a combustione interna del tipo turbogas che sfruttino
l’autoignizione del sistema (grande deficienza di queste macchine). Possiamo paragonare questo
caso a quello del motore diesel, per il quale è desiderabile che la miscela stechiometrica auto
accendesse per fornire l’intera quantità di calore al punto morto superiore . Ma di fatto non è
realizzabile in quanto la combustione omogenea generalmente è ricercata in posti delimitati ( vedi
motori diesel).
Nel caso delle turbine a gas, invece, un vero diluente potrebbe ricondurre all’analogo dell’ HCCI.
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La formula sopra riportata ci fa capire come il rendimento di un ciclo ideale chiuso a gas dipende unicamente dall'innalzamento di temperatura isentropico fornito dal compressore.
Rendimento in funzione del rapporto di compressione di cicli chiusi ideale di turbina a gas con gas perfetti aventi diversa complessità molecolare, e quindi diversi valori del rapporto dei calori specifici.
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Nella formula del lavoro specifico compare il rapporto T3/T 1: dato che T1è comunque molto prossima alla temperatura dell'ambiente (se non per applicazioni particolarissime), si evidenzia la dipendenza del lavoro specifico dalla T3 (ossia T massima del ciclo) oltre che da β e dalle caratteristiche del fluido.
Lavoro specifico in funzione del rapporto di compressione di cicli chiusi ideali di turbina a gas, con gas perfetto biatomico avente massa molecolare di 29, a T1 di 15°C e con diversi valori della temperatura massima T3.
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Paragrafo II: Combustori con fiamme non miscelate
Tali tipi di combustori sono i primi ad essere stati sviluppati ed utilizzati pertanto, risultano più
affidabili ma meno performanti.
All'interno del combustore si fanno incontrare due flussi paralleli di combustibile ed ossidante i
quali, diffondendo l'uno nell'altro, danno luogo ad una zona con una concentrazione
prossima a quella stechiometrica e proprio in tale zona si ha il processo di
ossidazione.
Facendo riferimento ad una turbina aeronautica è possibile dire che, in un primo momento, si attua
una combustione con aria insufflata in una zona detta primaria in condizioni stechiometriche, per
arrivare a temperature alte (2300-2500°C). Dopodiché si aggiunge ancora dell’aria nella zona detta
secondaria, ed eventualmente una zona terziaria, di raffreddamento per arrivare, a fine processo, ad
una temperatura voluta calcolata in precedenza tramite media pesata delle varie temperature .
Nel momento in cui avviene la combustione si raffredda la parete con aria a bassa temperatura in
maniera da contenere la fiamma. Poi, mano a mano, dalla zona secondaria si aggiunge ancora aria, per
miscelare quanto più omogeneamente possibile ed avere temperatura voluta.
Bisogna porre molta attenzione alla diluizione dell’aria sulle pareti.
Nella zona primaria si mantiene contenuta la temperatura del contenitore; ovverosia, deve essere
eliminato calore e insufflata aria per evitare di far arrivare la fiamma sulle pareti (pericolo fusione
contenitore). Per assolvere a tale onere si progetterà la camera di combustione in modo da avere una
serie di veri e propri fori che distribuiranno aria in maniera prestabilita.
Nella prima zona della parte secondaria verrà addotta aria per avere, il cosiddetto,. “Perspiration”
(inteso come trasudamento d’aria) e quindi rendere il processo quanto più uniforme possibile. Nella
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seconda parte, sempre della zona secondaria, sarà introdotta ancora aria attraverso le fessure disposte
nella cannula, ma questa volta posizionate l’una di fronte all’altra per generare turbolenza , quindi
vortici, quindi miscelamento efficiente. .
Se volessimo fare una progettazione di massima del combustore, una volta fissata la portata d’aria da
insufflare e quanto spendere per iniettarla in termini di DP ( v iniezione > 10m/s utile ai fini di una
buona turbolenza); sarà fissata l’area totale dei fori:
portata = ρgas * v * Afori
Sarà possibile, quindi, decidere come giocarsi quest’area ( Afori ), ad esempio quanti fori fare e come
posizionarli.
Fiamme di questo tipo sono state studiate nel precedente corso di combustione I ed in quella sede
sono state denominate fiamme a diffusione. In particolare questo processo ricorda la combustione nel
caso di doppio strato diffusivo.
Così come saranno comparate le TG lean premixed con motori alternativi ad
accensione comandata, similarmente si possono accumunare ora tali combustori con i
motori ad accensione per compressione.
Infatti così come avviene nella seconda fase del processo di combustione nel motore diesel ( la prima
riguarda l'autoignizione), anche in questo caso nel combustore il fenomeno predominante
è la diffusione di un flusso di combustibile all'interno di un flusso ossidante.
Il limite principale di questo tipo di combustori è che, nonostante la concentrazione media sia lontana
dalla zona stechiometrica, il processo di ossidazione avviene, come già accennato prima, in una
zona con miscela stechiometrica o leggermente ricca. Pertanto in questa zona si avrà un
problema di stabilizzazione della fiamma; la temperatura aumenta notevolmente per poi
diminuire sensibilmente durante la diffusione dei gas combusti all'interno della corrente
di comburente ad una temperatura più bassa.
Fare una fiamma stabile significa intrinsecamente farla più riaccendibile possibile. Qualora una
fiamma si dovesse spegnere, ad esempio in un turbogas aeronautico, provocherebbe grossi danni;
questo è anche uno dei motivi per i quali si utilizzano più bruciatori.
Questa zona ad alta temperatura comporta vari problemi tra i quali conviene sottolineare il
possibile danneggiamento del combustore stesso e la formazione di sostanze tossiche ed inquinanti
quali i Termal- NOx (la formazione di tali inquinanti, che sarà studiata più approfonditamente nelle
altre parti di questo corso, è una funzione esponenziale della temperatura; pertanto un abbassamento,
seppur minimo, della temperatura massima all'interno della CC comporta una notevole
diminuzione di inquinanti allo scarico).
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Per questo motivo ultimamente si cerca di sviluppare altri tipi di combustori mentre
quelli appena studiati sono utilizzati solo in particolari applicazioni in cui è
fondamentale l'affidabilità dell'impianto. È bene inoltre sottolineare che il fenomeno del flash-back
non è presente in tali tipi di impianti.
Paragrafo III: Lean Premixed Combustion
La Lean Premixed Combustion è, come si evince dal nome, una combustione che avviene in
condizioni “lean” (rapporto aria-combustibile elevato); inoltre è detta “premixed” perchè
combustibile e comburente sono miscelati e poi fatti ignire. Da considerare che si miscela con più aria
possibile, sempre con il limite superiore di infiammabilità. Troppo lean può causare la non
propagazione della fiamma. Si ha, dunque, il limite d’infiammabilità definito come il limite al di la
del quale non si ha più propagazione laminare di fiamma . L’eccesso d’aria non supererà il 60% .
Nelle TG la combustione avviene in genere sempre con forti eccessi di aria. Infatti se consideriamo che
il fluido evolvente fuoriesce dal compressore ad una temperatura abbastanza elevata (circa
400°C) e durante una combustione stechiometrica il calore rilasciato fa sì che ci sia un
aumento della temperatura di circa 2000°C, si capisce che se non fossimo in condizioni lean si
avrebbero temperature di circa 2400°C e quindi temperature non compatibili con la resistenza
termica dei materiali costituenti l'impianto.
La diluizione è altresì importante perchè il processo di ossidazione avviene meno
violentemente riducendo così i rischi di fluttuazioni e locali aumenti di pressione, cause di vibrazioni
(Combustion driver Oscillation).
Questo tipo di combustore si differenzia dagli altri perchè combustibile e comburente entrano nella
camera di combustione completamente miscelati , così come si è visto nel funzionamento dei
motori alternativi ad accensione comandata. In tali motori esistono due scelte differenti:
1) utilizzo di un componente apposito per la miscelazione (carburatore) o iniezione indiretta;
2) iniezione diretta. Se si effettua la prima scelta durante la fase di compressione il fluido
evolvente è già una miscela di combustibile e comburente; se si effetua la seconda
scelta invece la miscelazione avviene successivamente alla compressione e direttamente nella
camera di combustione.
Equivalentemente esistono due tipi di TG lean premixed:
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1) il combustibile viene iniettato a monte del compressore;
2) l'iniezione del combustibile viene effettuata all'interno della camera di combustione.
La soluzione (1) è utilizzata maggiormente nel caso di combustibili gassosi; questa soluzione
tecnica è la più conveniente nel caso in cui le portate di combustibile siano relativamente elevate,
caso ad esempio dei combustibili a basso potere calorifico (Syn-gas, derivati dalla
gassificazione del carbone e/o reflui organici).
La soluzione (2) viene utilizzata invece nel caso di combustibili liquidi; è quindi la più utilizzata nel
campo aereonautico dove il combustibile principe è il kerosene.
Vantaggi e Svantaggi
La soluzione (1) permette di non utilizzare due componenti separati per la
compressione di combustibile e fluido di lavoro; migliora inoltre il mescolamento della
miscela rendendola più omogenea.
D'altra parte è da tenere sottocontrollo il rapporto di compressione poichè per ß troppo elevati
si corre il rischio di far giungere la miscela in condizioni di autoignizione avendo così un
rilascio di calore indesiderato e pericoloso.
Un altro limite di questa soluzione tecnica è l'avere una miscela infiammabile che
evolve nel compressore. La combustione che è stata innescata nella CC tende
naturalmente a risalire la corrente di fluido per bruciare la miscela fresca; la risalita del fronte di
fiamma è compensata dalla velocità del fluido nella CC.
Nel caso di malfunzionamenti il fronte di fiamma potrebbe riuscire a risalire la
corrente e a bruciare la miscela all'interno del compressore (tale fenomeno anomalo e pericoloso è
detto flash-back ).
Tale pericolo è meno pronunciato nel caso della soluzione tecnica (2).
Per evitare, anche nel caso di malfunzionamenti, il fenomeno del flash-back a valle
del compressore è sempre prevista una zona di gola (gola di controllo) in cui la velocità del fluido è di
almeno 100 m/s (ricordiamo che una fiamma deflagrativa turbolenta ha una velocità di risalita
della corrente di 20-30 m/s).
Per una maggiore sicurezza è opportuno avere velocità elevate non solo nella gola di controllo ma
anche in tutti gli altri punti in cui avviene il mescolamento del combustibile, e cioè in tutti i condotti
di collegamento tra il compressore e la CC.
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Inoltre è bene avere una sezione di tali condotti in cui vi siano forti gradienti di velocità
maggiori di 10^3 s^(-1) che, sappiamo, estinguono il fronte di fiamma (gradienti di velocità
ortogonali al fronte di fiamma portano al fenomeno del quenching mentre gradienti paralleli al fronte
di fiamma portano allo stiramento della fiamma).
Il problema appena esposto relativamente alla soluzione (1) è comunque presente, seppure in
maniera meno pronunciata, nella soluzione (2); pertanto le soluzioni tecniche esposte
precedentemente (gola di controllo e zone con forti gradienti di velocità) sono comunque
utilizzate fra la zona di iniezione e quella di combustione.
Per fare in modo che la soluzione tecnica (2) sia concorrenziale alla (1) è bene avere un buon
miscelatore che riesca in poco tempo ad omogeneizzare la miscela e che riduca il tempo
di vaporizzazione del combustibile liquido.
Pertanto la ricerca sta spingendo verso lo sviluppo di miscelatori sempre più
performanti e sempre più piccoli, rendendoli così componenti di alta tecnologia.
Analisi del processo di combustione
Quanto detto finora riguardava la preparazione della miscela che desideriamo sia il più possibile
omogenea, tuttavia la carica si presenterà sempre stratificata. La combustione vera e
propria è identica per entrambe le soluzioni tecniche analizzate precedentemente.
La miscela omogeneizzata arriva all'interno della CC; qui è necessario l'immissione di energia
termica dall'esterno per far sì che si abbia l'attivazione del processo di ossidazione.
Nei motori ad accensione comandata tale energia esterna è fornita mediante la
candela; tale emissione di energia avviene in modo intermittente ed innesca la
combustione di una miscela quiescente.
Nel caso della TG dobbiamo avere invece una fonte di calore continua e che inneschi il processo di
ossidazione di una miscela in flusso.
Eistono varie soluzioni tecniche per innescare la combustione, tuttavia non si può in questa
sede entrare nello specifico ma si daranno soltanto delle linee guida generali su alcune di esse.
La soluzione di gran lunga più utilizzata è quella che prevede la presenza di alcune fiammelle, dette
fiamme Pilot , che bruciando rilasciano alla miscela il calore necessario per l'innesco
dell'ossidazione. Generalmente le fiamme Pilot sono disposte circonferenzialmente nella zona più
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esterna della CC; il fronte di fiamma pertanto avanzerà verso il centro della CC ed il processo
terminerà quando questo fronte difiamma sarà arrivato a bruciare la zona centrale del getto.
In genere tale processo ha una durata dell'ordine del millisecondo; se consideriamo che la velocità
media della corrente all'interno della CC è di circa 100 m/s capiamo che tutto il processo avviene
nello spazio di 10 cm.
Un'altra soluzione per fornire alla miscela l'energia di attivazione necessaria per il processo
della combustione è quella di fare in modo che la miscela scambi calore con i gas combusti per
rendere il processo autosufficiente.
Tale scambio di calore avviene in genere attraverso il ricircolo dei gas combusti all'interno della CC
stessa. Questo ricircolo può essere effettuato in vari modi e se ne parlerà più approfonditamente nel
seguito della lezione.
In questa sede è però bene sottolineare che il ricircolo interno comporta maggiori rischi di innesco del
fenomeno del falsh-back ed inoltre acutizza i gradienti di velocità nella zona che vede l'inizio del
processo di ossidazione, pertanto è maggiore anche il rischio del fenomeno del blow-off
(spegnimento della fiamma).
Paragrafo IV: Rich Quench Lean
La combustione Rich Quench Lean prevede che all'interno del combustore vi siano tre zone in
cui si ha un diverso tipo di fluido evolvente e diversi regimi di combustione.
Nella prima zona della CC si innesca una fiamma con un rapporto stechiometrico di aria-
combustibile; in tale zona si avrà la formazione di molte specie inquinanti dovute all'elevata
temperatura adiabatica di fiamma.
Prima che la combustione ossidi completamente il combustibile , il fluido entra nella zona
di quenching in cui viene diluito e raffreddato; grazie all'elevata temperatura della
miscela, nonostante sia adesso in condizioni lean, il processo di ossidazione riesce a
“sopravvivere” bruciando così il combustibile rimasto, abbattendo la maggior parte
delle specie inquinanti formatesi precedentemente, e quindi completando la combustione. Processo
rich, si espongono gli ossidi di azoto in ambiente riducente nel quale si riducono e si combinano in
modo tale da ricacciare nuovamente ossigeno ed azoto, riducendo gli NOx in N2.
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A valle di tale processo si nota una bassa concentrazione di specie inquinanti e
un'altissima percentuale di combustibile trasformatosi in prodotti finali della combustione
stessa.
La diluizione della miscela è effettuata attraverso un ricircolo totale o parziale dei gas combusti.
Esistono vari modi per effettuare tale ricircolo, in particolare ne consideriamo tre.
1) Se immettiamo nella CC un flusso swirlato, questo flusso tende naturalmente ad aprirsi e crea
una depressione verso l'ingresso che porta il fluido a ricircolare all'interno della CC; tale
metodo è molto usato ma dà luogo ad un ricircolo parziale di piccola entità e per questo è
nella maggiornaza dei casi accoppiati con gli altri due metodi che ora presentiamo.
2) Una soluzione tecnica per il ricircolo totale e di grande utilizzo nelle applicazioni
militari è quella di creare una cavità al di sotto di un flusso che passa ad altissima velocità. In questa
zona si creerà un notevole vortice dovuto alla depressione instaurata dalla presenza della cavità stessa.
Questa soluzione tecnica è anche detta vortice intrappolato .
3) Impinging flame : perpendicolarmente al flusso, dopo che la reazione di combustione
si è già innescata, viene posto un ostacolo che costringe il fluido a deviare radialmente; a seguito di
ciò, quando il fluido incontra le pareti della CC parte del fluido viene spinto verso l'uscita e
parte è spinto a ricircolare all'interno della CC stessa. Questo metodo può essere utilizzato sia
per avere un ricircolo interno parziale che totale.
Paragrafo V: Combustori HDDI
L'acronimo HDDI sta per Hot Diluted Diffusion Ignition; è stato denominato in
questo modo per sottolineare alcune caratteristiche di questo tipo di combustione. Così come si evince
dal nome, si ha a che fare con una tipica fiamma a diffusione; in particolare però l'ossidante o
il combustibile sono altamente diluiti (Diluted) e sufficientemente preriscaldati (Hot). La
diluizione, come già detto precedentemente, è necessaria per aumentare l'inerzia termica del
sistema e abbattere le temperature massime, mentre il preriscaldamento serve a fare ignire la
miscela. Analizziamo adesso alcune possibili applicazioni di tale tipo di combustione.
Nel caso in cui volessimo utilizzare le TG per bruciare particolari combustibili quali i prodotti della
gassificazione del carbone oppure reflui organici e percolato, siamo in presenza di combustibili
altamente diluiti (i reflui organici e il percolato sono formati da un 90% di acqua e un 10% di prodotti
organici) e quindi a basso potere calorifico; pertanto dobbiamo necessariamente preriscaldare il
combustibile per fare in modo che il processo si attivi. Oggigiorno un problema
importante è lo smaltimento dei reflui organici e del percolato. Una possibile soluzione a
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questo problema è utilizzare questo tipo di combustione per migliorare lo smaltimeno e
produrre contemporaneamente dell'energia elettrica, riducendo in questo modo l'inquinamento.
Considerando le alte pressioni che si hanno all'interno della CC è necessario avere un
preriscaldamento di tali combustibili ad almeno 900-1000°C; la sfida tecnica è riuscita
a sviluppare la tecnologia che permetta tale preriscaldamento a basso costo. La soluzione sembra in
questo momento il ricircolo interno dei gas combusti. Un'altra possibile applicazione prevede la
diluizione della corrente ossidante. Recenti studi hanno dimostrato come piccole aggiunte di acqua e
anidride carbonica riescano a modificare la cinetica chimica di questi processi di ossidazione
ottenendo così una sensibile riduzione degli inquinanti; inoltre studi in corso hanno il
compito di indagare l'influenza di altissime diluizioni con acqua.
Ancora un'altra applicazione di questo tipo di combustione riguarda questa volta gli impianti a
vapore; si può infatti pensare di inserire nella corrente fluida piccole quantità di
combustibile ed ossigeno per trasformare la seconda parte dell'adduzione di calore ed i successivi
surriscaldamenti in una combustione esterna piuttosto che, a differenza di quanto avviene
normalmente, in una combustione esterna. Se si utilizza come combustibile dell'idrogeno I prodotti di
combustione non sono nient'altro che acqua pura. Nel caso in cui si utilizzi come
combustibile un idrocarburo leggero quale il metano è possibile facilmente eliminare nel
degasatore l'anidride carbonica prodotta.