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torsanlorenzo Informa Informa Pubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Sommario VIVAISMO Una visita alla Mediterranea Plant 3 I ginepri sono in pericolo 9 l terreno agrario e le sue caratteristiche fisico chimiche 11 Come e perchè piantare le rose in autunno 18 PAESAGGISMO L’isola di Formentera tra flora, paesaggio e tradizione 25 Metti un giardino sul tetto 29 NEWS Libri, corsi, premi, notizie ai lettori 31 Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003 Pubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo Via Campo di Carne, 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 http://www .vivaitorsanlorenzo.it e-mail: [email protected] Anno 6 - numero 10 Ottobre 2004 - Diffusione gratuita Direttore Editoriale: Mario Margheriti Direttore Responsabile: Giancarla Massi Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti, Silvia Margheriti, Liana Margheriti Via Campo di Carne 51 00040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma) Tel. +39.06.91.01.90.05 Fax +39.06.91.01.16.02 e-mail: tslinfor [email protected] Realizzazione: Consorzio Verde Torsanlorenzo Sara Campegiani Stampa: CSR S.r.l. Via di Pietralata 157, 00158 - Roma Foto di copertina: vedute dell’Azienda Mediterranea Plant VERDE PUBBLICO Giardino di Piazza Cavour 21

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torsanlorenzoInformaInformaPubblicazione mensile del Consorzio Verde Torsanlorenzo

SommarioVIVAISMO

Una visita alla Mediterranea Plant 3

I ginepri sono in pericolo 9

l terreno agrario e le sue caratteristiche fisico chimiche 11

Come e perchè piantare le rose in autunno 18

PAESAGGISMOL’isola di Formentera tra flora,paesaggio e tradizione 25

Metti un giardino sul tetto 29

NEWS

Libri, corsi, premi, notizie ai lettori 31

Autorizzazione del Tribunale di Velletri n. 15/2003 del 01.09.2003Pubblicazione mensile del Consorzio Verde TorsanlorenzoVia Campo di Carne, 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02http://www.vivaitorsanlorenzo.ite-mail: [email protected]

Anno 6 - numero 10Ottobre 2004 - Diffusione gratuita

Direttore Editoriale: Mario MargheritiDirettore Responsabile: Giancarla Massi

Redazione: Silvana Scaldaferri, Elisabetta Margheriti,Silvia Margheriti, Liana Margheriti

Via Campo di Carne 5100040 Tor San Lorenzo - Ardea (Roma)Tel. +39.06.91.01.90.05Fax +39.06.91.01.16.02e-mail: [email protected]

Realizzazione: Consorzio Verde TorsanlorenzoSara Campegiani

Stampa: CSR S.r.l.Via di Pietralata 157, 00158 - Roma

Foto di copertina: vedute dell’Azienda Mediterranea Plant

VERDE PUBBLICO

Giardino di Piazza Cavour 21

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Dieci anni di produzione alla Mediterranea Plant: un’a-zienda che produce piante mediterranee, australiane e pal-mizi di medie e grandi dimensioni. Arrivando in azienda sicapisce subito che si tratta di un luogo speciale. Sono accolta da Simona, la segretaria che sorridente e congrande cortesia chiama Diego, il Responsabile diProduzione Aziendale, il quale mi riceve, da buon sicilia-no, con grande gentilezza e mi accompagna a fare un tourcon una macchina elettrica. Mentre andiamo mi dice che l’intera produzione è fatta inazienda e niente è commercializzato, ciò permette di dareai clienti una qualità elevata e costante, e mi informa chel’azienda straordinaria che sto visitando è costituita da 37ettari di produzione e che vi lavorano 40/50 operai. Rimango stupita per l’ordine e la qualità delle piante eDiego mi risponde che è l’ordine del “Capo Supremo “Mario Margheriti, perché se si vuole andare d’accordo conlui, bisogna fargli trovare piante di qualità, sempre in ordi-ne e senza erba. Chiedo come si riesce ad avere una così numerosa edeccellente produzione e mi risponde che è grazie alle tec-niche adottate che consentono di produrre piante in conte-nitore, anche di grande dimensioni, con prezzi accettabili

Una visita alla Mediterranea Plant di Roberta Malossi, Paesaggista

Diego MarsalaSimona Fabbri

Piante in contenitore

Veduta dall’alto della Mediterranea Plant

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e di sicura qualità che sono vendibili tutto l’anno.L’azienda fa parte del Gruppo Vivai Torsanlorenzo diMario Margheriti e le piante che vengono prodotte, ven-gono vendute in tutta Europa, Asia e Nord Africa, semprecon grande gradimento da parte dei clienti. Procedendonel giro sulla macchina osservo degli infiniti viali dipiante di canfora (Cinnammomum camphora) di straordi-naria bellezza e chiedendo il perché un così elevatonumero di queste piante sia prodotto, Diego mi rispondeche è una pianta importante nella loro produzione, inquanto sono gli unici produttori di piante di così grandidimensioni e che sono state vendute sia per esterno cheper interno in molti siti importanti.

Cinnamomum camphora Yucca gloriosa Butia capitata

Laurus nobilis e Quercus ilex

Cinnamomum camphora

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Procedendo ancora si incontrano grandi produzioni di palmizi:Chamaerops, Butia, Brahea, Cordyline, Yucca e così via. Si prosegueil giro verso i numerosi filari di alberi in contenitori, perfetti nellaforma, di 4-5 m di altezza e di 20-25 cm di circonferenza; grandiquantità di Quercus ilex, Quercus suber, fino ad arrivare ad un gran-de ombrario dove si coltivano circa 200.000 Camellia, e splendidiTrachelospermum jasminoides.Si arriva poi ad una grande produzione di bambù dai contenitori di 7litri fino a esemplari di notevoli dimensioni in contenitori di 1.500litri. Qui ho il piacere di conoscere Junior, un giovane ragazzo laurea-to in Agraria, che viene dal Togo, dall’aria bonaria ed espressione sor-ridente, che è orgogliosamente inserito nell’azienda, dove si occupa delsettore commerciale e parla inglese, francese e un perfetto italiano.

Veduta filari di alberi

Chamaerops humilis

Quercus ilex

Filari di alberiCycas revolutaBanksia integrifolia

Junior - Menyegbe Sissi Adigo

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Camminando ancora si scorge una pianura di splendidiallori (Laurus nobilis) di tutte le dimensioni e forme.Continuando a camminare si scopre, ad un livello rialza-to, un’ampia distesa di piante in fioriere formate a siepee numerose piante in contenitori da 50 litri di oleandri,magnolie, eleagnus, canfore, camelie, corbezzoli, hibi-scus e tante altre specie tutte di ottima qualità.Affascinata da tanta qualità e bellezza scendiamo dallamacchina per andare a visitare le serre dove si incontra-no Bougainvillaea, Solanum, Plumbago e lime, ecc.Poi ombreggi con Ophiopogon e tante altre piante daombra, qui incontriamo Marzia che ci saluta con sim-patia, sta lavorando alla nomenclatura delle piante, ed èinoltre addetta al magazzino oltre che all’amministra-zione aziendale. Ritorniamo ai piazzali dove si stanno

Laurus nobilis Laurus nobilis Hibiscus moscheutos

Fioriere

Aloe vera

Marzia AlonziSolanum rantonnetiiPlumbago auriculataBougainvillea spectabilis

Laurus nobilis

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caricando le piante su un tir e qui incontria-mo un gruppo di persone con Pino, che dirigel’operazioni di carico. Da questo giro in azien-da ho avuto modo di notare le numerose piantedi grande qualità, ma soprattutto la passione el’orgoglio di tutte le persone che ho incontratoed ho capito che vi è un’anima aziendale fanta-stica, un’azienda di successo e di indubbio futu-ro. Ancora Diego, gentilissimo, mi accompa-gna all’ufficio da Simona, dove mi viene datoun magnifico catalogo del Gruppo VivaiTorsanlorenzo, e mi invita a tornare a visitarel’azienda in primavera e vista l’accoglienza el’interessante scoperta, sicuramente ritornerò.

Veduta dei lotti di cespugli Piazzale

Pino - Giuseppe Calderan Laurus nobilis

Palme in contenitore

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PIANTE MEDITERRANEEStrada Migliara, 58 km 6,20004019 Terracina (Latina)Tel.: 0039 0773 75.62.54Fax: 0039 0773 [email protected]

Dodonaea viscosa ‘Purpurea’ Pittosporum tobira ‘Nanum’

Dasylirion longifoliumFioriereArbutus unedo

Cespugli Pinus pinea

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I ginepri sono in pericolo?Serena Mugnaini*, Massimo Nepi*, Ettore Pacini*, Beti Piotto**

* Università di Siena - Dipartimento Scienze Ambientali, ** APAT - Dipartimento Difesa della Natura

I ginepri hanno un’ enorme importanza ecologica perchècolonizzano ambienti limite come, ad esempio, le dunecostiere. Sono inoltre tra le prime piante che si instaura-no sulle scarpate e nelle cave abbandonate e per questaragione vengono usati per il ripristino di ambienti degra-dati. I cespugli spinosi dei ginepri proteggono i semen-zali di molte specie dalla predazione mentre le galbulesono gradite da molte specie di uccelli e mammiferi chein alcuni casi contribuiscono alla dispersione dei semi. Illoro apparato radicale, estremamente sviluppato, impe-disce l’erosione del suolo. La presenza di lunghissimistoloni da una parte contribuisce a quanto sopra ma dal-l’altra determina la presenza su una determinata area dipiante uguali genotipicamente. Nelle Gimnosperme(pini, abeti, ginepri, ecc.) il polline atterra sulla parteapicale dell’ovulo, cioè sul micropilo che in greco signi-fica piccola porta, molto vicino a dove avverrà la fecon-dazione. Nelle piante a fiore (botanicamenteAngiosperme), invece, il polline atterra sullo stigma cheè ‘lontano’ dall’ovario, dove avverrà la fecondazione.Un’altra differenza è che nelle Gimnosperme il pollineviene disperso solo dalle correnti d’aria, mentre nellepiante a fiore è distribuito prevalentemente dagli anima-li e, solo in alcuni casi, dal vento. Da tutto questo ne con-segue che l’impollinazione effettuata dal vento (dettaanemofila) deve avvenire quando ci sono delle condizio-ni ambientali particolari quali alta umidità dell’aria, cheabbatte i granuli sospesi; correnti atmosferiche che tra-sportano il polline a medie distanze (da poche centinaiadi metri a pochi chilometri); temperature non molto alte,che limitano l’innalzamento dell’umidità dell’aria.Inoltre l’impollinazione avviene solo di giorno perchèl’aumento dell’umidità dell’aria, che si ha durante lanotte, determina l’abbattimento del polline sospeso. Neconsegue che l’impollinazione anemofila può avveniresolo di giorno, in alcuni periodi dell’anno e in particola-

re in alcuni giorni che abbiamo chiamato “finestre ane-mofile”, cioè giorni in cui si trovano tutte le caratteristi-che di cui sopra. Le condizioni favorevoli per la disper-sione del polline da parte di arbusti e alberi si hanno piùcomunemente durante la primavera e l’autunno. Neiginepri (ginepro comune Juniperus communis e neiginepri delle sabbie J. macrocarpa e J. oxycedrus) il pol-line atterra sulla goccia micropilare, cioè una secrezioneche sporge dal micropilo e che viene secreta dall’ovulostesso. In Juniperus communis l’emissione della gocciae l’impollinazione avviene in primavera mentre neglialtri due ginepri in autunno inoltrato. Il liquido dellagoccia micropilare contiene degli zuccheri, amminoaci-di e delle proteine. La sua funzione, oltre ad essere illuogo di atterraggio del polline, è anche quella di tra-sporto fino all’ovulo mediante la retrazione della gocciache lo contiene. In molte conifere, come nella grandefamiglia dei pini, gli ovuli sono molti, anche alcune cen-tinaia, mentre nei ginepri sono solo tre, ciascuno con lasua goccia micropilare. La goccia micropilare incomin-cia a formarsi durante la notte e raggiunge la dimensio-ne definitiva nella prima mattinata. Il suo diametromedio è di 0.3 millimetri e se non viene impollinata,rimane esposta per 10-15 giorni variabili a seconda dellecondizioni ambientali e della specie; durante questoperiodo subisce delle leggere oscillazioni di volume. Lapersistenza per un così lungo periodo di una goccia cosìpiccola può dipendere dal fatto che le sostanze in essacontenute ostacolano l’evaporazione, oppure dall’arrivodi altra acqua e sostanze dalla pianta madre; infatti se lagoccia viene artificialmente rimossa il giorno successivoviene riemessa. Non appena il polline atterra sulla suasuperficie la goccia si retrae velocemente (15 - 20’) finoa completa scomparsa. In questo caso la goccia nonviene riemessa, indipendentemente dalla quantità dipolline che vi cade. Nell’ambito di una ricerca più vasta

Ginepri di Follonica

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Ginepro illustrato dalla Dott.ssa Beti Piotto

Infiorescenze femminili di Juniperus communis

Pretrattamento di straficazione dei semi di ginepro

Gocce micropilari di Juniperus communis

richiesta dall’APAT - Agenzia per la Protezionedell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, sono state studia-te le modalità di retrazione della goccia micropilare.Sono state fatte delle impollinazioni artificiali sotto unostereomicroscopio che hanno permesso di misurare levariazioni di diametro e quindi di volume della goccia;queste indicano la modalità con cui avviene la retrazio-ne a seconda delle condizioni scelte. Per rivelare le even-tuali differenze nella modalità di riassorbimento legatealle dimensioni e al tipo di materiale che vi si depositasono state effettuate prove di impollinazione con pollinevivo della stessa specie, polline morto della stessa speciedevitalizzato con il calore, pollini di altre specie (gimno-sperme e angiosperme) e gel di silice di differenti dimen-sioni (63-200�m, 40-63�m, 10-15�m). In seguito alladeposizione dei diversi materiali sulla goccia, che inrealtà rappresentano situazioni che possono avvenire incondizioni naturali, sono stati evidenziati tre diversi tipidi comportamento: assenza di retrazione, retrazioneincompleta e retrazione completa. Si ha una retrazionecompleta, senza ulteriore riemissione, nel caso delladeposizione di polline vivo della stessa specie, cosìcome nel caso della deposizione di polline morto dellastessa specie. In tutti gli altri casi si è avuto spesso laretrazione completa o parziale della goccia, raramenteassenza di retrazione. Inoltre, spesso in questi casi, lagoccia è stata riemessa il giorno successivo. La retrazio-ne della goccia sembra avvenire in due fasi, la prima èquella scatenata da qualunque materiale che aderisce allagoccia, quindi determinata da uno stimolo di tipo mecca-nico; la seconda sembra essere legata al tipo di sostanzache viene deposta sulla superficie della goccia, si trattaquindi di uno stimolo legato ad un riconoscimento di

tipo biologico. Sia che la goccia venga retratta totalmen-te, senza che avvenga la fecondazione, o solo parzial-mente, il periodo fertile femminile diminuisce. Infattianche una retrazione parziale determina una riduzionedella superficie di atterraggio del polline, diminuendoquindi le possibilità di fecondazione dell’ovulo.L’impollinazione nei ginepri rivela così alcuni puntideboli:a) dato che i ginepri sono piante a sessi separati, cioècon individui maschili e femminili, il successo ripro-duttivo dipende dalla percentuale di piante femminili emaschili presenti in un sito nonchè dall’abbondanzadegli individui dei due sessi; b) l’impollinazione può avvenire solo in certi giornicon determinate condizioni atmosferiche; c) il riassorbimento parziale o totale della gocciamicropilare può essere scatenato da differenti tipi dipolline vivi o morti, inoltre anche da particelle abioti-che. Tutto questo porta a pensare che il forte aumentodel pulviscolo atmosferico (micro-particelle di varianatura), derivato dalle attività antropiche negli ultimianni, possa avere effetti negativi sull’efficienza ripro-duttiva dei ginepri, oltre che sulla salute umana e sul-l’ambiente. E’ cosa nota tra i vivaisti, infatti, che lagerminazione dei semi di ginepro è molto bassa, ancheinferiore al 2% nel caso di Juniperus communis. Lapresenza di semi vuoti, cioè senza embrione, potrebbederivare dalla mancata fecondazione dovuta al deposi-tarsi di particelle abiotiche sulla goccia micropilareche ‘ingannano’ la parte femminile. Questa è in gradodi avviare il processo di formazione del seme anche seal suo interno non si sviluppa l’embrione.

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Il terreno agrario e le sue caratteristiche fisico-chimiche

di Clelia Logorelli

Definizione e funzioniIl terreno può essere definito come lo strato detriticosuperficiale della crosta terrestre capace di ospitare lavita delle piante, costituito da sostanze minerali ed orga-niche, è la sede di attività biologica oltre che di processichimici e fisici che ne determinano una evoluzione più omeno continua.Il terreno o suolo, al contrario del substrato pedogeneti-co da cui deriva, non è solo un semplice ammasso didetriti minerali provenienti dall’alterazione delle rocce,ma può essere visto e considerato come un “corpo natu-rale più o meno modificato dall’uomo” che possiede unapropria organizzazione, una propria storia, una propriatendenza evolutiva ed un insieme di proprietà che glihanno permesso e gli permettono di ospitare la vitasoprattutto vegetale.Proprio in relazione alla vita dei vegetali, e quindi anchedelle piante superiori, si possono attribuire al terreno duefunzioni fondamentali: funzione di abitabilità e funzionedi nutrizione.Le funzioni di abitabilità dipendono principalmentedalla quantità di terreno o “massa”, dalla porosità, dalla

permeabilità, dalla temperatura, dalla presenza di paras-siti, dal pH e dalla presenza di sostanze tossiche. Le funzioni di nutrizione dipendono da tutti quei fattoriche, direttamente o indirettamente, concorrono allamessa a disposizione degli elementi nutritivi: presenzadi determinati composti, acqua, colloidi, attività micro-bica, ecc.Dal modo in cui dette funzioni si esplicano sulle piantee dalla risposta quantitativa e qualitativa delle stesse aifattori vitali (es. acqua, sostanze nutritive), che si rendo-no disponibili in varia misura, dipende la fertilità del ter-reno. Per fertilità si può dunque intendere, in senso lato,come l’attitudine del suolo a produrre. E’ opportunodistinguere il terreno naturale da quello agrario. Il terre-no naturale si è formato sotto l’influenza dei fattoripedogenetici naturali e ospita, eventualmente, una vege-tazione spontanea quasi sempre composta da più speciein associazione ed in equilibrio con l’ambiente. Il terre-no agrario invece è quel terreno che ospita normalmentele piante agrarie. Le differenze sono spesso sostanziali einteressano la consistenza, la composizione e la stratigra-fia del suolo oltre al il tipo di vegetazione che lo ricopre.

Un pò di pedogenesi: terreno con vegetazione spontanea. Prato Perillo, Salerno

Nell’articolo, tenendo presente la necessità di sintetizzare il contenuto salvaguardandone per quanto possibile ilrigore scientifico, vengono illustrate le principali proprietà fisiche e chimiche del terreno che permettono di defi-nire il suolo come unico mezzo per la crescita delle piante. Vengono inoltre chiarite al riguardo piccoli dubbi achi si accinge da dilettante alla coltivazione delle piante agrarie e ornamentali.

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La costituzione del terreno e le sue caratteristichefisico-chimicheLa costituzione del terreno può essere così schematizza-ta: parte solida (sostanze minerali e materiale organico),parte liquida (acqua e sostanze disciolte), parte gassosa(atmosfera del terreno).Sostanze minerali. Le particelle minerali, che costitui-scono la maggior parte della fase solida (oltre il 95 % delterreno, salvo i terreni organici e torbosi), sono derivatedal materiale roccioso originario; esse sono una mesco-lanza di particelle differenti in dimensione, in composi-zione e in proprietà fisiche e chimiche. Certe particellehanno conservato fondamentalmente immodificata lanatura del minerale originario, come il quarzo che si pre-senta in forma di granelli di sabbia; altre, originatesi damateriali meno resistenti, sono profondamente trasfor-mate, come le argille derivate dai feldspati. Altri impor-tanti costituenti inorganici sono gli ossidi e gli idrossidimetallici (di ferro e di alluminio) e i carbonati (soprattut-to diffuso è quello di calcio).Sostanza organica. E’ la frazione solida del suolo nonminerale, ma derivante da organismi diversi. Tutte lesostanze organiche morte, come i residui della vegeta-zione, il letame, le spoglie degli animali, ecc., appena

giungono nel terreno vengono rapidamente attaccate etrasformate in humus da un grandissimo numero di orga-nismi terricoli. La quantità di humus nel terreno è moltovariabile ma per lo più è compresa tra il 2 e il 4% conestremi inferiori e superiori a questi limiti medi: rappre-senta quindi, rispetto alla parte minerale, una frazioneassai piccola, ma tuttavia d’importanza fondamentalenei terreni destinati alle colture. I componenti dell’hu-mus sono dei colloidi: pertanto impartiscono al terrenola proprietà di assorbire e trattenere un forte quantitativod’acqua (da 10 a 20 volte il peso dell’humus). L’humusnon modifica la sua permeabilità ai gas, imbevendosid’acqua, né la sua sofficità essiccandosi. Perciò l’humusmigliora le caratteristiche dei terreni troppo sciolti edaridi ed anche quelle dei terreni troppo compatti: i primidivengono meno permeabili ed aumentano la capacitàper l’acqua, gli altri diventano meno impermeabili seumidi e meno lapidei da inariditi. L’humus è, poi, sededell’intensa attività di uno sterminato numero di micror-ganismi, con effetti per lo più favorevoli ai fini agricoli.Infine l’humus è dotato di potere assorbente nei confron-ti degli elementi nutritivi.Organismi terricoli. Il terreno è abitato, oltre che dalleradici delle piante superiori, da una grande varietà diforme di vita animali e vegetali. Il peso totale degli orga-nismi, escluse le piante superiori, presenti nei primi 30cm di un terreno agrario fertile è stato calcolato in alcu-ne decine di quintali per ettaro. Gli artopodi (insetti,acari, millepiedi, ecc.) sono numerosissimi e hanno vitabreve: quando non sono direttamente dannosi, attaccan-do le piante coltivate, contribuiscono attivamente allaprima decomposizione delle sostanze organiche morte e,con il movimento rendeno soffice il terreno e lo arricchi-scono della lora sostanza organica quando muoiono. Ivermi superiori o lombrichi sono di grandissima utilitànella complessa opera di disgregazione della sostanzaorganica; inoltre operano spostamenti di terreno daglistrati più profondi a quelli superficiali, con notevolibenefici per il terreno. Molto dannosi risultano invece ivermi inferiori (nematodi) che determinano vere e pro-prie malattie in molte piante. I funghi sono spesso dan-nosi perché attaccano le piante coltivate, ma quellisaprofiti svolgono utilissime attività disgregando i resi-dui organici morti. Le alghe non sono molto comuni nelterreno, tuttavia si debbono giudicare utili quando sonopresenti perché arricchiscono il suolo di ossigeno. Ditutti gli esseri viventi nel terreno i più universalmentediffusi e i più importanti per numero e per attività, sonoi batteri: molte funzioni e proprietà del terreno sonodovute proprio a questa microflora batterica.Acqua. L’acqua, così come l’aria, nel terreno trova lasua sede negli interstizi che i costituenti solidi lasciano

Un pò di pedogenesi: terreno naturale roccioso. Fondodi Valchiusella, Piemonte

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tra loro interposti. L’acqua del terreno è in realtà unasoluzione diluitissima di sali minerali. L’acqua del terre-no si trova con questo in rapporti fisico-chimici di natu-ra diversa e quindi, in stati di diversissimo valore per lepiante.Aria. L’aria si trova negli interstizi del terreno non occu-pati dall’acqua; se si aggiunge acqua al terreno l’aria neviene scacciata: è in conseguenza di ciò che le radicidelle piante si trovano carenti di ossigeno in terreni som-mersi o molto umidi. Le componenti del terreno nonsono isolate o indipendenti, ma tra loro intimamente col-legate in un groviglio di interazioni di enorme comples-sità, tanto che modificandone una possono aversi impre-vedibili e lontanissime ripercussioni sulle altre: è evi-dente che ciò rende lo studio del terreno molto difficile.Le variabili condizioni che si generano dalle azioni einterazioni delle componenti del terreno (condizioni cheper di più dipendono strettamente anche dalle condizio-ni climatiche), influiscono profondamente sulla vita deivegetali, ossia sulla fertilità del suolo.

Le proprietà fisiche che regolano il comportamento delterreno rispetto all’acqua, all’aria e al calore, hanno unfondamentale interesse agronomico, poiché, come ènoto, la vegetazione diviene impossibile in un terrenoprivo d’aria o d’acqua o sottoposto a temperature cheoltrepassino certi limiti.Una delle principali classificazioni dei terreni dal puntodi vista fisico-meccanico, è fatta in base alla grana o tes-situra, cioè in base alle dimensioni delle particelle terrose. Queste, secondo che abbiano diametro superiore o infe-

riore a 2 mm, si classificano in scheletro e terra fine.Nello scheletro si distinguono: massi, sassi o ciottoli eghiaia; nella terra fine, che è di fatto responsabile delleproprietà fondamentali del suolo, si distinguono invecesabbia grossa, sabbia fine, limo e sostanze argilliformi.Lo scheletro conferisce al terreno che ne è composto inlarga misura, incoerenza e scarsa capacità di trattenerel’acqua; inoltre i frammenti più grossolani (massi e ciot-toli) sono d’impedimento alle lavorazioni ed allo svilup-po radicale delle piante. I terreni che hanno più del 40%di scheletro sono denominati pietrosi, ciottolosi oghiaiosi.La sabbia impartisce al terreno scioltezza e permeabilità.Se è troppa e di grana grossa il terreno risulta arido oaddirittura sterile; se fina e mescolata con materiali limo-si o argillosi può dare origine a terreni di ottima compo-sizione, comunemente noti come di “medio impasto”. Il limo ha caratteristiche intermedie tra la sabbia e l’ar-gilla. La frazione argilliforme è la più fine del terreno, icui costituenti più comuni sono le argille e l’humus.Questa frazione comprende i colloidi minerali ed organi-ci le cui proprietà fisico chimiche sono di importanzafondamentale per le caratteristiche del terreno. Le dimensioni colloidali della materia vanno da 0,1micrometri (in passato chiamato micron) a 1 nanometro(in passato chiamato millimicron) e la particella elemen-tare con tali dimensioni prende il nome di micella. In una fase liquida i colloidi danno luogo a tipichesospensioni colloidali dove la fase dispersa ha dimen-sioni minori che nelle comune sospensioni e dimensio-ni maggiori che nelle vere soluzioni.

Un pò di pedogenesi: terreno naturale vulcanico. EtnaTriangolo della tessitura per la classificazione dei terreni

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I colloidi hanno delle proprietà specifiche e danno luogoa fenomeni particolari. Di maggiore interesse nel campoagronomico sono: la carica elettrica di cui sono dotati,carica positiva o negativa secondo la loro natura. Lesospensioni colloidali (stato disperso) sono piuttosto sta-bili per la repulsione tra le cariche elettriche dello stessosegno di cui sono dotate le micelle; la possibilità dellesingole particelle colloidali disperse, sospese in un liqui-do, di riunirsi a formare, in determinate condizioni, degliaggregati maggiori che si depositano sotto forma di fioc-chi è detta flocculazione.Tra le cause della flocculazione si ricorda la neutralizza-zione delle cariche elettriche delle micelle per aggiuntadi ioni o colloidi di segno contrario. Con la neutralizza-zione vengono a cessare le forze elettriche di repulsioneper cui diverse micelle possono riunirsi insieme. Fattoricontrari a quelli che hanno provocato la flocculazionepossono determinare il ritorno delle particelle allo statodisperso (deflocculazione).

Questi processi hanno una fondamentale importanzasulle caratteristiche fisiche del terreno.Le sostanze argillose ed umiche, gli ossidi di alluminio,di ferro o di silicio possono presentarsi allo stato colloi-dale. Le sostanze argillose e umiche e l’ossido di siliciosono colloidi elettropositivi. Nel terreno, di norma pre-valgono i primi. Se essi sono flocculati il terreno presen-ta le condizioni migliori per la vita delle piante. Ma l’in-tervento di certi fattori, come ad esempio lo spargimen-to di un concime solubile che contiene sodio, può provo-care il passaggio dei colloidi dallo stato di flocculazionea quello di deflocculazione, cioè la dispersione dei col-loidi che vanno a ostruire i pori del terreno con graviconseguenze per la sua permeabilità e per la sua aerea-zione. La tessitura ha una grande importanza nel determinare lecaratteristiche del terreno legate sulla superficie internache viene intesa come somma della superficie delle sin-gole particelle che entrano in un certo volume. Tenendoconto dei componenti che impartiscono al terreno lecaratteristiche loro proprie, viene qui di seguito tentata,sulla base delle analisi fisico-meccaniche, una classifica-zione pratica.Così si chiamano pietrosi o ciottolosi i terreni in cui que-sti componenti dello scheletro sono in quantità tale dadeterminare i caratteri loro propri d’incoerenza, scarsacapacità idrica, ecc. si chiamano, invece, fortementeargillosi o pesanti o compatti quei terreni le cui particel-le colloidali minerali offrono caratteri di notevolecoesione, alta capacità idrica, difficile lavorabilità, purrappresentando una percentuale modesta del totale. In realtà le definizioni che si danno di terreno ghiaioso,

sabbioso o leggero, limoso, umifero, ecc., si basano piùsu criteri organolettici che su rilievi analitici quantitati-vi. Infatti, è evidente che due terreni, pur contenendo lestesse percentuali, ad es. di sabbia, possono presentarecaratteri spiccatamente diversi secondo che la sabbiaabbia dimensioni minime o quelle massime che sonoproprie della sua classe. Inoltre, è da tener presente che sono le particelle allostato di estrema suddivisione ad avere un effetto preva-lente sui caratteri fisico-meccaniche si attribuisconooggi più alla intima costituzione delle particelle che alleloro dimensioni. Una tra le più diffuse classificazioni dei terreni in basealle percentuali di sabbia, limo e quella presentata neltriangolo della tessitura. Inoltre si denominano per con-suetudine terreni pietrosi o ghiaiosi quelli con oltre il40% di scheletro, e terreni organici od umiferi quelli neiquali la proporzione di sostanza organica supera il 10%.Vi sono poi dei terreni organici con caratteri intermeditra quelli delle categorie ora elencate: si hanno così iterreni sabbioso-limosi, limosi-argillosi, argillosi-sab-biosi, ecc..Nella pratica si definisce terreno di medio impasto ofranco, quello che contiene i diversi componenti in unaproporzione tale da essere la più favorevole per la colti-vazione delle piante. Esso contiene dal 7 al 27% di argil-la, dal 28 al 50% di limo e da meno del 52% di sabbia.D’altra parte, se qualcuno dei costituenti del terreno rag-giunge una percentuale troppo elevata per i caratterinegativi che possono derivare al terreno stesso (ad es.oltre il 40% di materiale finissimo o più del 70% di sche-letro, il terreno diventa inadatto alla coltivazione).

La proprietà chimica del suolo che riveste una partico-lare importanza, sia per gli effetti che determina diretta-mente sulle funzioni fisiologiche dei vegetali, sia perquelli che provoca indirettamente agendo sui processibiochimici del suolo è la reazione del terreno.Il concetto di reazione è fondato sul rapporto tra ioni Oe OH dissociati dagli acidi e dalle basi.Acida è una sostanza che manda in soluzione ioni H+;basica è invece quella che manda ioni OH-. Per averereazione acida o alcalina è necessario che gli ioni H+ edOH- non si trovano in quantità equivalenti; quando que-sto si verifica si ha reazione neutra. Nell’acidità gli ioniH+ prevalgono su quelli OH-; nell’alcalinità gli ioni OH-

prevalgono sugli ioni H+.L’acidità, o alcalinità, di una soluzione è quindi tantomaggiore quanti più ioni H+, od OH-,essa contiene.In base ad una convenzione universalmente accettata, lareazione viene espressa col simbolo pH.Il pH corrisponde al valore cologaritmo decimale della

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concentrazione degli ioni H+ nella soluzione: pH = 7indica reazione neutra e si ha quando in una soluzione leconcentrazioni degli ioni H+ e OH- sono uguali. I valoriinferiori a 7, fino ad 1, esprimono acidità, quelli superio-ri, fino a 14, alcalinità. Nel terreno i limiti estremi del-l’acidità corrispondono a pH = 3 e quelli dell’alcalinità apH = 10.In base alla reazione i terreni si possono classificarecome segue: Peracidi: con pH sotto 5,5 quindi sterili o quasi;Acidi: con pH da5,6 a 6,0 quindi poveri;Subacidi: con pH da 6,1 a 6,6; non adatti ad alcune col-ture;Neutri: con pH da 6,7 a 7,3; i migliori;Subalcalini: con pH da 7,4 a 7,9; adatti a quasi tutte lecolture;Alcalini:con pH da 8,0 a 8,5; non datti ad alcune colture;Peralcalini: con pH maggiore di 8,5; poveri;Le proprietà acide od alcaline del suolo sono legate adiversi fattori. Senza dilungarmi molto nell’esame delle

varie forme di acidità e dei vari elementi che concorro-no a determinarle, ma avendo di mira solo gli aspettiagronomici della questione, ricordo che tra le causemodificatrici della reazione si ascrivono i fenomeni didilavamento del terreno, propri dei climi umidi conintenso regime di piogge. All’opposto, l’accumulo di salio di alcali riscontrabili in climi aridi porta all’alcalinità.Di regola, nello stesso terreno si svolgono azioni autore-golatrici delle variazioni di acidità cui è soggetto il liqui-do circolante. Tali azioni sono legate alla presenza dicarbonati e di costituenti colloidali. Le pratiche agricole,ed in primo luogo l’impiego di correttivi, di concimi, diacqua d’irrigazione concorrono a modificare la razionedel suolo.La cosa comunque più adatta da seguire per avere suc-cesso nella coltivazione di piante agrarie od ornamenta-li che siano, senza intervenire con mezzi agronomici allacorrezione dei vari pH, è quella di scegliere le piantegiuste per i vari tipi di terreni, come suggerisco i valorielecati nella seguente tabella.

VALORI IDEALI DI pH PER ALCUNE PIANTELivellodi pH

Piante ornamentali Piante da orto Piante da frutto

4- 5,5 Ajuga, Erica, Gardenia, Kalmia, Picea, Pieris,rododendro

5,5-6 Aconito, Agrifolio, Astilbe, Centaurea, Eleagnus,Gentiana, Genista scoparium, Iris giapponesi,Lithospermum, Magnolia (alcune), Rhus,Scabiosa, violette

patata

6-6,5 Arbutus, bocca di leone, Camellia, Cornus (nonC. mas), Daphne (non D. mezereum),Hamamelis, lupino, Pachysandra, Papaver,Penstemon, Pernettia, Primula, Sarcocca,Stewartia, Vaccinum

cocomero, cicoria, finocchio,prezzemolo, rosmarino

fragola, lampone nero,mora, melo, uva spina

6,5-7 Agapanthus, Clematis, Colchico, Epiphyllum,Fuchsia, Hypericum, Jasminum, Nasturzi,Strelitzia, Veronica

arachide, basilico, carota,melanzana, peperone, rapa

melone, mirtillo, melogra-no, ribes rosso

5,5-7,5 aglio, cavolfiore, cetriolo,cipolla, mais, pastinaca,pomodoro, rabarbaro, scalo-gno, timo, zucca

olivo

6-7,5 Abutilon, Acer negundo, Atriplex, Buddleja,Calendula, Callistemon, capperi, Centranthus,Cercis, Cupressus, Cistus, Cotoneaster,Crataegus, Chrisanthemum, Cytisus, Eleagnus,Acacia farnesiana, garofani, Genista, Hedera,Hemerocallis, Lagerstroemia, Lantana, Laurus,Lavandula, Nerium, Parkinsonia, Parthenocissus,Pinus, Pittosporum, Plumbago, Quercus (Q. ilexe Q. suber), Robinia, Schinus, Sedum, Taxus,Yucca

asparago, carciofo, barbabie-tola, broccolo, cavolo, cavo-letto di Bruxelles, cipolla,fagiolo, indivia, lattuga,maggiorana, menta, pisello,porro, radicchio, sedano

albicocco, arancio, avoca-do, actinidia, ciliegio, coto-gno, gelso, nocciolo, pero,ribes nero, ribes bianco,susino, vite, pesco, nocepompelmo, limone, man-dorlo, lampone rosso

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“Come e perchè piantare le rose in autunno”di Anna Peyron

Quand’è il momento migliore per piantare una rosa?Questa semplice domanda viene spesso trascurata, avolte persino ignorata perché siamo troppo presi dallascelta delle varietà di rose da piantare, del luogo dovepiantarle e che risulti il più adatto e il rispondente alloscopo che vogliamo raggiungere, al risultato che ci pre-figgiamo di ottenere.Dopo aver girato per fiere specializzate, visitato giardinida cui trarre ispirazione, esserci lasciati sedurre dalleriviste di giardinaggio, aver consultato cataloghi di rino-mati rosaisti italiani o stranieri, ci parrà di aver fatto tuttoquello che è necessario per arrivare alla scelta migliore,che ci garantisca i risultati più sicuri. Questo sarà verosolo se daremo altrettanta importanza alla scelta delmomento per effettuare la messa a dimora delle nostrerose. “Chi pianta in autunno guadagna un anno”, diceun vecchio adagio. E’, infatti, in questa stagione che lepiante vanno in riposo ed è proprio quando sono in pienoriposo vegetativo che le rose vanno piantate. L’autunnoè la stagione che ci permette di avere tempi più lunghiper procedere alla loro messa a dimora: scegliendo legiornate più appropriate, eseguendo con cura e concalma tutte le fasi della piantumazione, non trascurandonessuna delle attenzioni dovute. Le rose piantate inautunno godranno della possibilità di beneficiare dellesalutari piogge e nevicate invernali e di svegliarsi aiprimi tepori del sole di febbraio per iniziare la ripresavegetativa già nel luogo a loro destinato. E da quelmomento, avviato il processo di radicazione, godranno

di maggiori risorse per poter affrontare nel migliore deimodi un’eventuale difficile primavera e, già forti e svi-luppate, i mesi estivi. Possiamo quindi affermare chel’autunno garantisce alle piante le condizioni miglioriper un buono sviluppo, una crescita sana, risultati piùsicuri, attecchimenti non soggetti a fallanze. Stabilitoche è l’autunno il periodo di piantagione più idoneo,ricordatevi di fare i vostri acquisti in tempo utile. E’buona regola prenotare le rose di buon’ora, per evitare ditrovare esaurito quanto si desidera e per essere servitiprima e meglio. Per quanto riguarda l’acquisto autunna-le di rose, sono consigliabili quelle a “radice nuda” perdue buoni motivi: sono giovani e vigorose, sono più eco-nomiche. Appena fatta l’ordinazione, iniziate i lavori perla preparazione del terreno, non prima di aver scelto illuogo dove le vostre rose dovranno trascorrere la loroesistenza. Quando vi accingete a scegliere il luogo tene-te presente: - che le rose amano la luce ed il sole, ma nonper tutta la durata del giorno. Quindi date la preferenzaad un posto che, oltre ad essere aperto, possa beneficia-re di ombra rotante piuttosto di quello dove il sole arrivaal mattino tardi e vi rimane fino al tramonto. Un sito ideale è quello che si trova in uno spiazzo aper-to contornato da grandi alberi. Questi, grazie alla loro benefica influenza, contribuisco-no a mitigare la violenza del vento e con la loro ombrarotante e riposante a prolungare la vita dei fiori; - che laluce riflessa è spesso causa del deperimento del foglia-me, dei fiori e delle loro tinte.

Rosa banksiae ‘Alba Plena’ Rosa ‘Angela’ Rosa ‘Red Meidiland’

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Può essere proiettata da muri o pareti circostanti situateanche ad una certa distanza, così pure dal suolo quandoè nudo, arido e biancheggiante, dai marciapiedi in pietra,dai selciati, dalla ghiaia, ossia da tutto ciò che provocariverbero; - che le rose amano il venticello, la brezza,l’aria leggermente mossa: la brezza ostacola il formarsie la precipitazione della rugiada, contribuendo così atener asciutto e sano il fogliame dai parassiti fungini; -che le rose coltivate in mezzo ad altri arbusti ornamenta-li, a fogliame sia persistente che caduco, come vicino adalberi possono prosperare bene purché la chioma di que-sti permetta alle rose di beneficiare a sufficienza di lucee dei necessari raggi solari e che il loro apparato radica-le non sia eccessivamente fibroso ed invadente; - che lerose piantate a ridosso di un muro, se non distanziate daquesto di almeno 40/50 cm, possono soffrire per man-canza d’acqua: infatti ai piedi di un muro il terreno rima-ne sempre piuttosto asciutto. Scelte le rose, scelti i luo-ghi ove piantarle non vi resta che iniziare i lavori neces-sari all’impianto. Il terreno di coltivazione ideali è unterreno sano, privo di insetti nocivi, erbe, infestanti, per-meabile, di natura argillosa calcarea, più compatto cheleggero, che mantenga a lungo la freschezza. Le rosedetestano l’umidità ed intristiscono o muoiono dovel’acqua a lungo ristagna, caratteristica dei terreni ecces-sivamente argillosi. I principali ingredienti che compon-gono il suolo sono: sabbia, argilla, calcare, humus. Ladescrizione delle caratteristiche di ciascuna di questecomponenti, qui di seguito esposta, vi permetterà diconoscere meglio il vostro terreno di coltivazione ed,eventualmente, opportunamente correggerlo. La sabbia,come costituente del suolo, ha una grande importanza,rendendolo poroso e quindi facilitandone l’areazione e lapenetrazione dell’acqua. Le terre prettamente sabbiosehanno scarso valore come terreno coltivabile perchélasciano filtrare rapidamente l’acqua, si scaldano e siasciugano facilmente, in modo che i sali fertilizzanti sisperdono senza profitto. L’argilla deve essere considera-ta come maggior costituente d’una buona terra coltivabi-le, perché vi apporta sostanza ed elasticità, rendendolapastosa ed elastica, proprietà che le conferiscono il pote-re di mantenere a lungo la freschezza e di arrestare il

diperdimento dei sali nutritivi. Però la sua presenza nondeve essere esagerata. I terreni eccessivamente argillosisono d’impasto tenace, induriscono mentre asciugano ediventano vischiosi e pantanosi quando si bagnano.Tanto in un caso come nell’altro sono impenetrabiliall’aria e perciò asfittici. Il suolo da preferire è quelloche contenga al 70 all’80% d’argilla. Il carbonato di cal-cio è sempre presente nel suolo e nei tessuti delle pian-te; le calcifughe lo detestano, le calcicole lo gradiscono.Le rose sono a questo riguardo neutrali. La presenzadella calce nel suolo accelera la nitrificazione e ladecomposizione delle materie organiche. Il suo poterealcalino corregge l’acidità del suolo. Quando è in ecces-so, le piante di rose diventano cloritiche. L’humus si pre-senta come una materia di color bruno scuro, essendocostituito da residui vegetali o animali decomposti. Sitrova verso la superficie del suolo, che rende friabile,leggero e poroso quindi facilmente penetrabile dall’ossi-geno. Ha potere assorbente, trattenendo l’umidità, con-serva la freschezza a lungo nel terreno e con essa i salifertilizzanti. Assorbe e mantiene il calore solare e favo-risce lo sviluppo dei nitrobatteri, contribuendo nell’in-sieme a migliorare le condizioni fisiche del suolo. La suaacidità corregge l’alcalinità dei terreni calcarei. E’ consi-gliabile che i lavori di preparazione del terreno sianofatti in tempo utile, vale a dire in modo che il terrenostesso sia pronto qualche tempo prima del momentodella piantumazione, dopo aver subito, se è il caso, ilnecessario assestamento. Se disponete di un terreno giàsottoposto a coltura libero, di composizione normale eche abbia un buon drenaggio, è quanto di meglio potetedesiderare. La sua lavorazione sarà rapida e facile: bastalavorarlo una o due volte, se necessario, alla profonditàdi 45-60 cm, mondarlo dai ciottoli e dalle radici infestan-ti ed incorporarvi, a mezz’altezza circa, del buon letame. Quando il terreno scelto fosse rimasto per lungo tempoincolto e non fosse mai stato scassato, sarà meno fer-tile e solo dopo una buona lavorazione e concimazio-ne potrà assumere le qualità fisiche e la fertilità chegli mancano. Lavoratelo in due tempi: la prima volta inmodo piuttosto grossolano, lasciandolo per qualchetempo in riposo, esposto all’azione del calore o del gelo.

Rosa x borbonianaRosa bracteata Rosa banksiae ‘Lutea’ Rosa x moschata ‘Felicia’

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La seconda in modo più accurato e durante la fresatura,incorporate letame o humus. Quanto più il terreno èmagro e mancante di humus, tanto più deve essere pro-fonda la lavorazione (60-70 cm), lo stesso dicasi per iterreni meno freschi e per quelli delle regioni calde earide del Sud. Nei terreni freschi ed umosi del Nord èsufficiente una lavorazione di 45 cm. Ricordatevi chedove già furono coltivate le rose per qualche tempo, ilterreno depauperato, dove le vecchie piante hanno svi-luppato e rilasciato organismi dannosi per le giovani,non permetterà alle nuove piante una buona crescita.Quindi se non fosse possibile trovare un altro posto, sca-vate la buca abbondando in larghezza e profondità esostituite tutta la terra tolta con della nuova, presa dovenon siano mai state coltivate delle rose (se disponibileterra d’orto o di un prato) e incorporate una buona quan-tità di concime organico. Per ripetere la coltivazione dirose nel medesimo posto, senza conseguenze deleterie, èbene che passino almeno 2-3 anni e il terreno vengariazotato con la coltivazione di piante che possiedanoquesta proprietà (ad esempio Lupini o Erba medica). Lerose acquistate a radice nuda sono in riposo vegetativo,pronte ad essere interrate non appena tirate fuori dall’im-ballo. Se il terreno dovesse essere gelato o troppo bagna-to, tanto da risultare fangoso, attendete che le condizio-ni migliorino. Evitate il trapianto quando tira ventosecco e forte o quando il sole è fastidioso. Scegliete pos-sibilmente una giornata tranquilla e coperta. Se non èpossibile piantare subito le rose, evitate in tutti i modiche le radici possano seccare. Se il rinvio è di uno o duegiorni, sarà sufficiente coprire le radici con uno stracciobagnato o tenerle in un secchio con acqua. Se la pianta-gione sarà rinviata a tempi più lunghi, sarà bene proce-dere all’interamento. Quest’operazione si chiama mette-re in tagliola. Scavate una buca inclinata, abbastanzaprofonda per coprire di terra la rosa (o le rose, lasciando-le pure legate tutt’insieme) e bagnate abbondantementela montagnola che avrete formato e da cui usciranno solouna parte dei rami. In tagliola una rosa può anche rima-nere fino a quando spuntino le prime gemme. Se neces-sario, un contenitore (vaso, secchio) potrà fare le funzio-ni della piena terra. Prima di piantare una rosa a radicenuda, procedete all’inzaffardatura: riempite un secchiodove avrete sciolto in parti eguali acqua, terra e stallati-co (concime organico) e immergetevi la pianta per alme-no una mezz’ora. Se per qualsiasi motivo dovrete rinvia-re la messa a dimora, ricordate che le rose non potrannorestare a bagno nell’inzaffardatura per più di 24 ore.Scavate una buca ampia e profonda (50 x 50 x 50).Buttate sul fondo una palata di letame ben maturo o latroconcime organico come humus di lombrico, cornunghiaecc. Posizionate poi la pianta nel centro della buca,disponendo le radici lungo i fianchi della montagna:tenete la rosa dritta e ferma mentre richiudete la bucacon la terra. Attenzione a che la pianta non venga inter-

rata più del necessario; quindi tenete conto del cedimen-to che potrà fare il terreno sotto l’azione dell’acqua; unapianta troppo interrata attecchisce più lentamente. Per lepiante innestate, l’innesto (riconoscibile da quel nodo dilegno situato alla base del fusto principale) fornisce ilpunto di riferimento per la giusta profondità di pianta-gione. Il punto d’innesto può essere posto a livello delsuolo, se il clima e temperato. Al Nord è più prudenteinterrarlo di 3-5 cm più in basso, perché non venga dan-neggiato dal gelo. Nei climi caldi, potrà essere posto a 3-5 cm più sopra, così che la luce solare stimoli lo svilup-po di un maggior numero di germogli alla base e la pian-ta risulti più ricca di ramificazioni. Calcare bene la terraman mano che procedete al riempimento della buca efate in modo di terminare formando tutt’intorno allarosa una depressione, una sorta di catinella. Con unmoderato getto d’acqua riempite la catinella. Ripetetequest’operazione fino a quando sarete sicuri che l’acquaabbia perfettamente compattato tutta la terra della bucaalle radici e non possano essere rimaste sacche d’aria.Nei climi molto caldi o molto freddi, per proteggere lagiovane pianta dal sole o dai venti e dal gelo che potreb-bero disseccarla danneggiandola, formate un monticellodi terriccio, che andrà mantenuto appena umido, attornoalla pianta e che in buona parte la ricopra. Trascorsi ipericoli di disseccamento o di gelo ed avvenuto l’attec-chimento, il mucchio di terra dovrà essere disfatto ed ilterreno ridisteso attorno al piede della pianta in modo dariformare la catinella di cui sopra. A quale distanza sideve piantare? Per le rose destinate a bordure o aiuole ledistanze si calcolano considerando all’incirca la metàdell’altezza che si presume raggiungerà la pianta a pienosviluppo. Ad esempio se l’altezza presunta di un rosaioè di 120 cm. la distanza tra una pianta e l’altra e dalbordo sarà di 60 cm. Per i rosai a portamento arbustivo,calcolate i 2/3 dell’altezza. Per i rosai rampicanti dispo-sti a spalliera una buona distanza è di 4-6 m. Ogni rosaporta legato con il filo di ferro un cartellino con il nome.Per facilitare l’identificazione futura, sarà bene che que-sta etichetta sia conservata. Ma non lasciatela attaccataalla pianta: il filo di ferro ne può rallentare o danneggia-re la crescita provocando strozzature. Potete fissare ilcartellino ad un paletto e piantarlo in terra vicino allarosa, oppure riportate il nome delle vostre rose, con ladata del trapianto e la sua collocazione, sul diario delvostro giardino. L’autunno è anche il tempo giusto pertrasportare e trapiantare con buon successo una vecchiapianta di rose. Prima di procedere al suo sradicamento,accorciate i rami, poi scalzatela e man mano che libera-te le radici dalla terra, tagliate ed accorciate le più gros-se e fittonanti, rispettando con ogni cura quelle fibrose.Nell’eseguire il trapianto osserverete le stesse regoledettate per le giovani piante. Ho visto più volte rose giàanziane, trapiantate, comportarsi come se nulla fosseavvenuto e riiniziare una nuova vita felice.

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Convenzionalmente la vicenda della sistemazione dellapiazza inizia il 9 gennaio 1884, data dell’inaugurazio-ne del concorso per il monumento a Cavour. La primapietra fu posta il 15 marzo dell’anno seguente, e lascultura, di Stefano Galletti, posta sul basamento il 23settembre 1895, fu inaugurata il giorno seguente.Occorsero ben undici anni per avere il monumento aCavour: una lentezza che sarebbe stata superata soltan-to dai tempi di realizzazione del giardino, che di annine richiese addirittura quindici, a partire dal 1895.La piazza superò il secolo nel più completo abbandono,che del resto era condiviso dall’intero quartiere deiPrati di Castello. Ecco come Il Giornale d’Italiadescriveva lo stato dei luoghi nel 1904:

…all’iniziativa privata che ha saputo creare mettendoa rischio capitali ingenti per sostituire ai pochi edifizidiruti che davano l’idea esatta di un villaggio bombar-dato, un quartiere elegantissimo e pulito, il municipiodi Roma risponde con la riscossione spietata di cento

balzelli, ma dimentica i suoi più elementari doveriverso i suoi amministrati. Il lungotevere Mellini sterra-to è in pessime condizioni, la piazza Cavour non devepesare per un centesimo nei capitoli di bilancio cheriguardano l’Ufficio VII. Sono impraticabili la viaReale, le vie che fiancheggiano orti e fabbricati direcente costruzione. In condizioni pessime è la viaCola di Rienzo e la Piazza omonima; e sarebbe inutiledescrivere lo stato della piazza del Risorgimento, la viadi Porta Angelica. I marciapiedi, escluse tre o quattrostrade, mancano del tutto…Delle strade che fiancheg-giano la regione dei villini, è pietà non parlare…E chedire della pubblica illuminazione, quando è irrisorio ilnumero dei fanali e il gas inviato dalla munificaSocietà anglo-romana diffonde minor luce di un mode-sto e preadamitico lumicinio a olio?…

Nel 1907 il programma delle piantumazioni arboreedeliberato dal Consiglio Comunale prevedeva per piaz-za Cavour un’alberata di 50 tigli.

Giardino di Piazza CavourTesto tratto da: Storia dei Giardini Pubblici di Roma nell’Ottocento

di Massimo de Vico Fallani – Newton Compton EditoriFoto a cura della redazione

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Nel luglio del 1908 l’assessore Paolo Trompeo, coadiu-vato dal direttore del Servizio Nicodemo Severi, avevapredisposto un progetto per la realizzazione del giardi-no, approvato dalla Giunta nella seduta del 31 luglio. Sitrattava di un impianto rettangolare di 10.000 metriquadrati, corcondato sui lati da una strada larga 30metri per il transito automobilistico che lo avrebbeseparato dai grandi casermoni e dal palazzo diGiustizia.La disposizione delle piante e delle alberature, preva-lentemente tropicali, era stata pensata in modo dalasciare integra la godibilità visiva del palazzo diGiustizia verso sud, mentre un’ampia cortina di vege-tazione d’alto fusto avrebbe quasi schermato il latonord, verso il Teatro Adriano.Iniziando subito i lavori, il giardino poteva essere pron-to in primavera; tuttavia la presenza del vecchio recin-to rugginoso del cantiere del palazzo di Giustizia,ancora in piedi, rendeva impossibile cominciare: primache venisse finalmente tolto, nonostante gli insistentisolleciti rivolti al Ministero dei Lavori Pubblici, sareb-be trascorso ancora quasi un anno, cioè fino al marzo1909, data in cui il Genio Civile affidò i lavori per lasua demolizione.L’appalto per lo scasso del terreno, assegnato a LucianoNavarra, fu deliberato il 23 aprile 1909 per il prezzo di0,28 lire al metro quadrato. Eseguito in giugno questoprimo lavoro di preparazione, diventava ora urgente

procedere alla recinzione dell’area di cantiere e allepiantagioni; per una somma complessiva di lire 10.700,i lavori vennero deliberati il 28 dello stesso mese.L’assessore Trompeo cercava in tutti i modi di accele-rare la ultimazione del giardino, ma intanto l’opinionepubblica, esasperata dalla lentezza dei lavori, facevad’ogni erba un fascio, deprezzando complessivamentetutta l’iniziativa:

Quella povera Piazza Cavour…per anni rimastatagliata a metà dal muro di cinta del Palazzo diGiustizia, e trasformata in palude per le pozzangherelasciatevi dal transito dei carri carichi di travertino.Ora che il muro era stato abbattuto, e che la piazza sipresentava libera, la si è recinta di una staccionata atre filagne, come una riserva da vaccine dell’agroromano, e vi si stanno piantando degli alberi e forman-do delle aiuole che la renderanno in breve campo chiu-so riservato alle domestiche ed all’ inclita guarnigione,come già il giardino delle Terme di felice memoria…Ora la via Crescenzio, topograficamente tracciata incontinuazione della via Vittoria Colonna, si trova sepa-rata da un baluardo di filagne di arboscelli, che costi-tuiranno più tardi il parco di piazza Cavour. Quandopoi quegli arboscelli saranno devenuti poderosi e fron-dosi platani, fortunato chi, tra una foglia e l’altra,potrà scorgere qualche dettaglio della bella fronte anord del Palazzo di Giustizia, che pure fu costruito,

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oltre che come alloggio di Temi, anche come esempiodella attività artistica della Terza Roma. In conclusionel’esperienza del giardino delle Terme, che si è dovutosventrare per non ostacolare il passaggio alla Stazione,non ha giovato a nulla, ed ora si stanno spendendo dellemigliaia di lire per edificare ciò che domani, per neces-sità di cose, dovrà eseere distrutto. Purchè gli abitanti diPrati con provvido “falò” non precorrano i tempi e noncorreggano le imprevidenze dei nostri edili…

Questo sfavorevole quadro venne inaspettatamenteribaltato da una circostanza a dir poco insolita, che per-mise al Municipio di assicurarsi la proprietà di ben 287palme a pronto effetto, alcune delle quali addiritturaesemplari, cedutegli ad un prezzo favorevolisimo dalComune di Ventimiglia, il quale se ne doveva liberareper far posto all’ampliamento della stazione ferroviaria.L’acquisto fu deliberato soltanto nel novembre del1909, ma la notizia si era sparsa con molto ampio anti-cipo, causando un evidente mutamento di tono negliarticoli nei quotidiani cittadini.Il 13 agosto La Tribuna diffuse così la notizia dell’ac-quisto delle palme:

…Acquistare ora dal comune 260 magnifiche palmeche le ferrovie dello Stato hanno dovuto sradicare a

Ventimiglia, per lavori di allargamento di quella sta-zione ferroviaria, ne verranno abbelliti molti luoghidella città. Quaranta di queste palme già furono pian-tate al nascente giardino di piazza Cavour, dove fradue mesi verrà ripreso lo scasso ora interrotto perragioni varie, e il lavoro sarà portato a termine entrola fine dell’anno.

Nello stesso giorno Il Giornale d’Italia descriveva cosìal pubblico il giardino di piazza Cavour in costruzione:

Gli abitanti del vasto e popoloso quartiere dei Pratiavranno presto il giardino in piazza Cavour. Le pian-te abbelliranno l’ampio piazzale, le panche ospite-ranno le madri, che potranno attendere comodamenteal loro ricamo, ed i bimbi correre attorno alle aiuole.I lavori già sono stati iniziati: Ma il caldo intenso haconsigliato gli operai abruzzesi a tornare ai loropaesi per riprendere a ottobre le piantagioni.Spalliere di bossi chiuderanno il giardino ai lati,lasciando uno spazio sufficiente per il passaggio dellecarrozze e dei carri. Al di là delle spalliere un’albe-rata di Olmi: Intorno al monumento a Cavour aiuoleformate da piccoli prati; ai quattro angoli allori foggia-ti a palla: E poi nel giardino gruppi di palme di diversespecie: Phoenix canariensis, Phoenix dactilifera,

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Cocos australis, Apritchardia filifera, Chamaerops.E poi oleandri, allori a cespuglio, Olea fragans (odo-rosissima). L’Assessore comm. Trompeo ed il diretto-re dei giardini municipali cav. Severi, il capo zonasig. Contini curano la trasformazione della piazza. Lepalme faranno spiccare le bianche pietre del palazzodi Giustizia. Saranno pure impiantate lampade adarco nella piazza. Era tempo che al gas fosse sostitui-ta la luce elettrica avanti alla sede dellaMagistratura.

Approfittando del favorevole mese di agosto vennerosubito trapiantate le palme, ma nonostante l’urgenza diveder finalmente realizzato il giardino, per il resto dellepiantagioni bisognò attendere l’autunno.Il 27 dicembre del 1910 il giardino era ultimato, e fupresentato al pubblico con una piccola cerimonia diinaugurazione, presenziata dai personaggi che si eranoadoperati in diversi modi per la sua realizzazione: oltreagli assessori (Trompeo e Bentivegna), NicodemoSeveri, che aveva progettato il giardino ed era statopromotore e sostenitore instancabile dell’acquisto dellepalme. Accanto a lui l’ingegnere Curatolo e il giardi-niere capo Gioacchino Contini. Il clima festoso nonimpedì di osservare che i sedili erano in numero insuf-ficiente (ce n’erano meno di otto), così come di lì a

poco si lamentò l’inopportuna collocazione di cartello-ni in ferro che erano stati piazzati proprio nell’area delnuovo giardino.L’anno seguente con altri alberi adulti, furono comple-tate le piantagioni, e nel 1912, con la sistemazione averde delle adiacenze del palazzo di Giustizia, l’interaoperazione potè dirsi finalmente compiuta.Appena cinque anni dopo, per poter costruire dellelatrine, vennero abbattuti i primi alberi, che avevanofatto appena in tempo ad attecchire e a cominciare adimbellirsi.Siamo nel 1917: ci sono voluti quindici anni per realiz-zare il giardino, ma ne sono stati sufficienti molti dimeno per veder dare inizio ai primi attacchi distruttivida parte di quella stessa amministrazione che aveva ilcompito di proteggerlo dalle offese.Il progetto del giardino di piazza Cavour, disegnatocome s’è detto da Nicodeno Severi, esprime la regola-rità di uno schema semplice (poi ripetuto dal Severistesso nel giardino di piazza Dante). In origine le aiuo-le erano bordate di bosso, oggi scomparso. Le sue carat-teristiche tipologiche lo farebbero attribuire alla catego-ria degli squares, di cui esistono diversi esempi a Roma;tuttavia la mancanza di una recinzione cancellata e lapresenza dominante delle palme ne fa piuttosto unainterpretazione speciale del modello di piazza-giardino.

Giardino di piazza Cavour, rilievo botanico del 19921 Nerium oleander; 2 Ligustrum sinense; 3 Phoenix dactilifera; 4 Pinus pinea; 5 Washingtonia filifera; 6Chamaerops humilis; 7 Olea fragrans; 8 Abelia floribunda; 9 Viburnum tinus; 10 Washingtonia sonorae; 11 Cercissiliquastrum; 12 Phoenix canariensis; 13 Punica granatum; 14 Phoenix dact. a ceppaia; 15 Erithea armata; 16Butia capitata; 17 Lagestroemia indica; 18 Laurus nobilis; 19 Ligustrum japonicum; 20 Pinus silvestris v. maritima.

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L’isola di Formentera tra flora, paesaggio e tradizionedi Gabriella Recrosio, Architetto Paesaggista

Botanica, paesaggio e tradizione costituiscono aFormentera, la più piccola delle isole Baleari, un trino-mio quasi inscindibile. Il colore rossastro della terraarida, il blu del mare e l’azzurro del cielo sono le colo-razioni base del paesaggio. C’è poi anche il verde dellaflora, unito a quello dei prati, quando la siccità lo per-mette. Altrimenti nei campi sono marroni le note croma-tiche predominanti. E la pietra, rossastra anch’essa, delleformazioni rocciose, o dei bellissimi muretti lavorati aspacco che disegnano gli appezzamenti agricoli dell’iso-la. Una tradizione antica, ancora in uso, per lo menonelle maggioranza dei casi e nei nuovi interventi proget-tuali, per un’ isola che non ha tratto nei secoli sostenta-mento dalla pesca, bensì essenzialmente dall’agricoltura.Questo è il contesto nel quale la componente botanica siinserisce secondo due distinte modalità: o seguendo unsuo preciso ed ordinato disegno che si allaccia alle tradi-zioni agricole e ai fattori climatici dell’isola, o seguendoun selvaggio dilagare spontaneo nelle fasce più lontaneed impervie, quelle, in sostanza, che era praticamenteimpossibile sfruttare per il pascolo o l’agricoltura.

Tutto comunque presenta una sua organica unitarietà, ereca una caratteristica costante: l’altezza di piante edarbusti, sempre notevolmente inferiore rispetto alla lorolarghezza. Il vento, le temperature e le piogge scarsehanno contribuito a che la flora cercasse spontaneamen-te, o per lei cercassero gli uomini, un suo “modus” disopravvivenza nell’accentuato sviluppo orizzontaledelle sue parti legnose, dando così luogo alla formazio-ne di dense macchie di insieme, o di densi e larghi cusci-ni singoli, ma sempre dalle dimensioni notevoli, soprat-tutto nelle garighe e sui terreni più aridi, dove il dilava-mento degli strati superficiali, particolarmente evidentesulla pietra calcarea, spesso hanno portato all’affiora-mento della roccia nuda per notevoli tratti. Quest’ultimamodalità caratterizza anche molti giardini o cortili dove,anzi, diventa elemento di scelta progettuale ed architet-tonica della pavimentazione con risultati di notevole bel-lezza ed inserimento nel contesto paesaggistico generale.Le macchie arboree od arbustive sono costituite per lopiù dal Pinus halepensis MILL., detto anche pino bian-co e dall’Juniperus oxycedrus L., che, con l’Juniperus

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phoenicea L. disegnano intere fasce compatte ed impe-netrabili di boscaglia o le zone litoranee molto prossimeal mare ed alle saline, plasmate come sculture dal ventoe dilavate da polvere e salsedine. I tronchi estremamen-te contorti sono spesso di una disarmante bellezza, sof-ferti nel loro espressivismo, molto profumati e regnodelle cicale nelle ore estive più calde. L’Juniperus phoe-nicea L. colonizza, in maniera più rada e in certe preci-se esposizioni, anche molte dune sabbiose, accanto aigrandi esemplari di Juncus acutus L. dai densi ceppi difoglie cilindriche, rigide e pungenti, o di Agropyron jun-ceum L., graminacea con lamine fogliari glauche e rigi-de, o di Ammophyla arenaria, poacea anch’essa di colo-razione verde-glauca con pannocchie erette e compatte.Si piegano al vento in prossimità del mare queste grami-nacee, condividendo gli ampli arenili di sabbia chiarissi-ma con l’Eryngium maritimum L., dalle coriacee fogliepungenti grigio ametista, e con il Pancratium maritimumL.. Questa bulbosa, frequentissima in dense formazioni,ha nastri di foglie lineari larghe e ritorte spesso a spira-le, e sul suo scapo fiorale spiccano i bianchi fiori, grade-volmente profumati, seguiti dai frutti, altrettanto decora-tivi, ricurvi verso la sabbia a spargervi sopra più facil-mente i numerosi semi neri e lucenti. Altrove, nei litora-li verso sud, il Crithmum maritimum L. forma densecolonie dalle foglie sottili e carnose, in settembre ricchedi fiori in ombrelle dal colore giallo verde, accanto alCytisus argenteus C., legnoso alla base, con i fustiascendenti e pelosi e i piccoli fiori gialli all’apice deirami. Alle loro spalle enormi formazioni di Pistacia len-tiscus L. emanano il loro intenso profumo. L’ente per laconservazione del paesaggio ha realizzato infrastrutturea difesa dei litorali e messo in opera progetti per la per-corribilità pedonale degli arenili, realizzando passerellea nastro in doghe di legno rialzate dal terreno, così che èpossibile accedere alle varie spiagge senza calpestare erovinare le dune, ammirandone da vicino qualità e bel-lezza. Le parti di territorio in cui l’isola si protende versoil mare con ampi ed alti tavolati pianeggianti a strapiom-bo sono il regno dei Rosmarinus officinalis L., dal fiore

lilla pallido, quasi diafano e biancastro, molto soffertinella forma per il vento e per la presenza delle tantecapre presenti sull’isola, a volte anche selvatiche; vi alli-gnano sui bordi dei sentieri colonie di Carlina corymbo-sa e molte altre formazioni vegetali, come la Phyllireaangustifolia L. quasi irriconoscibile per l’aspetto stri-sciante sulla roccia. Solo in una fascia più interna, mag-giormente protetta da salsedine e vento, si iniziano adincontrare le formazioni di Cistus albidus L. e Cistuspopulifolius L., in quantità tuttavia limitata. Ma è la tradizione agricola a disegnare la maggior partedel paesaggio non costiero dell’isola, un paesaggiomutevole con il ritmo delle stagioni, all’interno deldisegno antico di separazione delle proprietà terriere.I campi, così come le garighe e le macchie, riempionol’aria di profumi in primavera e si colorano di mille fio-riture, dopo il ristoro ed il refrigerio delle piogge inver-nali e del maggiore grado di umidità, offrendo alla vistaun manto variopinto di rosolacci, di papaveri od interedistese di Oxalis pes-caprae L. e di Allium roseum L. edinteri campi di Asphodelus aestivus BROT.Il mandorlo, Prunus dulcis L., germoglia già a finegennaio e, seppure in esemplari vecchi e contorti, avolte parzialmente rovinati, è il grande protagonistadella primavera sull’isola. Ricoperto dei suoi fioribianco-rosati, si staglia in quasi tutti gli appezzamenti

Pancratium maritimum Muretti lavorati a spacco

Urginea maritima in fiore

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agricoli, sorretto, qua e là dove è necessario, da tutori disostegno per resistere al vento. Mano mano che la prima-vera avanza e sino all’estate fioriscono in successionemolte erbe e suffruttici lungo i bordi delle strade e deisentieri: Gaucium flavum L., Sedum sediforme JACQ.,Anthyllis cytisoides L., dagli steli eretti grigio argentei,Rumex bucephalophorus L., annuale con fusti sottili edascendenti che tingono di rosso i bordi dei sentieri, eancora Medicago marina L., Cynomorium coccineum L.,pianta singolare che ricorda un fungo rosso bruno senzafoglie verdi, che vive parassita sulle radici di altre spe-cie, Limonium vulgare MILL., con la bellissima e perfet-ta rosetta basale di foglie arrotondate da cui dipartono lealte ed evanescenti infiorescenze lilla - rosato. Il Tymuscapitatus L., dal forte ed aromatico profumo, a maggiocolora con il rosa intenso delle sue corolle molte zonedel paesaggio, proprio come fossero le aiuole di un bel-lissimo giardino. Non passano inosservate la sua geome-trica struttura lignea, quasi perfettamente emisferica e lesue piccole foglie lineari, caduche quando la stagione sifa troppo arida e calda. Nell’ascella delle foglie princi-pali si trovano fascetti di piccolissime foglie persistentiche, alle prime piogge di settembre, rapidamente rinver-discono, trasformando nuovamente con il loro tenerocolore verde in vitali le aree che sembravano apparente-mente secche. E’ il periodo in cui spuntano dalla terra arsa anche gli altiscapi fiorali dell’Urginea maritima, una scilla dai gran-

di bulbi cha spesso affiorano dal terreno, larghi ancheoltre 10 centimetri. Quasi l’intera isola è palcoscenicodella sua fioritura e le sue corolle bianco madreperlato siincontrano un poco ovunque ed nelle più svariate situa-zioni. A volte colonie di piccole lumachine bianche assetatecercano lungo gli steli in fiore quel poco di acqua loronecessaria sul finire della calda estate. Nei campi asso-lati anche gli alberi di Ficus carica L. rubano la scena,coniugando la singolarità dell’aspetto con la tradizionecontadina: infatti, nell’isola e nella attigua isoletta diEspalmador, i fichi vengono da secoli coltivati in unmodo tutto particolare, consistente nel guidare i lororami orizzontalmente puntellandoli man mano conbastoni biforcuti. In tal modo le piante arrivano adabbracciare grandi superfici e possono accogliere sottola propria ombra poche pecore o intere greggi nellecalde ore del meriggio. Producono parimenti una grandequantità di fichi che seccano direttamente sulla pianta ovengono raccolti in cassette sulle aie delle caratteristiche“finche” contadine. Nel cuore degli abitanti l’infanzia èlegata al ricordo delle calde estati trascorse sotto queifichi colossali. Nella penombra e nella frescura di quel-l’atmosfera intensa e fragrante era un gioco esplorarnele innumerevoli braccia o ricercare antichi troni fantasti-ci tra le biforcazioni dei rami. Ad Espalmador proprioesiste una pianta di fico che vanta poco più di 4 metriin altezza e quasi 50 metri in circonferenza, i cui rami

Tymus capitatus in estate Phyllirea angustifolia

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bassi sono sostenuti da innumerevoli sostegni e puntelli.Nella stagione invernale gli alberi di fico si ergono comefantasmi nei campi, ritmandoli ed animandoli quasi comeumane presenze. Nell’intervento di progettazione dell’a-rea pubblica parrocchiale di San Francesc Xavier è anco-ra il fico l’albero base dell’impianto progettuale, giovanipiante in attesa di crescere a ridosso delle antiche muradella chiesa o sistemate con cura tra la roccia della pavi-mentazione. Se il fico fa parte della tradizione agricola di Formentera,altrettanto ne fanno parte le molte piante di Opuntiaficus-indica L. che è facile incontrare un poco ovunquesull’isola. Prima dell’inverno nei ricorrenti fazzoletti diterra così coltivati grandi quantità di frutti si colorano ematurano sino alle feste natalizie. Ogni casa contadina reca accanto a sé un recinto di fichid’India, dei quali sussistono ancora oggi, intatti e straor-dinariamente maestosi, la maggior parte. Avevano neitempi passati la funzione di comodo ‘ripostiglio’, imper-vio e defilato, per la roba vecchia ed ingombrante, o addi-rittura di servizio igienico per gli abitanti della casa, unamacchia discreta che offriva certamente una propria pri-vacy e che poteva parimenti anche funzionare da recintoper i polli e le galline. Tradizioni non più in uso, ma cheancora una volta disegnano una nota paesaggistica cer-tamente amata e salvaguardata. Urginea maritima

Alberi di Ficus carica puntellati da bastoni biforcuti

Campi agricoli in fiore

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I manager di Tokyo hanno una nuova mania: prendere ilsole sul tetto. Dopo che l’amministrazione, nel 2001, haimposto che almeno il 20% delle coperture della metropo-li nipponica siano trattate a verde pensile, è esplosa lanuova moda. La pausa caffè, i cinque minuti della sigaret-ta, persino, pare, le scappatelle con la segretaria di turno,ora si consumano sul tetto, fra le fresche frasche. E’ solo uno degli effetti secondari della tecnologia che siè rivelata come una delle poche ed efficaci soluzioni aduna serie quasi imbarazzante di problemi della città. Quasiimbarazzante perché i vantaggi di avere un giardino sultetto formano una lista talmente lunga che sta attirandol’attenzione delle amministrazioni più intelligenti, quellealla caccia di soluzioni realmente efficaci e durature.Eccone alcuni:-Riduzione dell’inquinamento dell’aria;-Protezione dalle onde elettromagnetiche irradiate dairipetitori dei cellulari. Da una recente ricercadell’Istituto per l’alta frequenza, microonde e tecnicaradar dell’Istituto Universitario Militare di Monacorisulta che i tetti verdi con uno spessore di 15 cm riduco-no di 22 decibel, pari al 99,4 % nel campo di frequenzadella rete cellulare, mentre coperture in argilla raggiun-gono valori superiori di 49 decibel, pari al 99,99 %. Per

le frequenze umts della nuova generazione di telefonini,campo di frequenza da 1,92 a 2,17 gigahertz si sono otte-nuti riduzioni ancora migliori. Per onde radio trasmesseda ponte radio nel campo quattro gigahertz si sono rag-giunte riduzioni di 60 decibel, pari al 99,9999 %;-Trattenimento delle polveri sospese;-Miglioramento del clima urbano;-Mitigazione e compensazione ambientale;-Prolungamento della funzionalità della copertura;-Aumento della vita media della copertura;-Migliori caratteristiche termoisolanti con conseguenterisparmio sul riscaldamento d’inverno e sul condiziona-mento d’estate;-Riduzione delle escursioni termiche;-Maggiore isolamento acustico;-Elevata ritenzione idrica; -Abbattimento dei costi per lo smaltimento delle acquemeteoriche;-Creazione di nuove superfici fruibili.

Nati per abbellire i palazzi, o per i capricci di una regi-na, come quelli di Babilonia, ora servono per ridare vivi-bilità alle nostre soffocate città e per aiutarci a consume-re meno energia. Non è una novità, in Germania si usano

Metti un giardino sul tettodi Maurizio Corrado

Giardino pensile a Milazzo

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da più di quarant’anni, qui da noi è solo un problema diconoscenza. Spesso i progettisti non si avventurano aprevedere un pensile come tetto perché non sanno dovemettere le mani. Non c’è abbastanza cultura.

In questa direzione si sta muovendo un’iniziativa chia-mata SKY GARDEN PROJECT con la realizzazione ditesti specifici (Paolo Abram, Giardini pensili, Esselibri,Napoli 2004), convegni internazionali, l’apertura dellaScuola Superiore di Verde Pensile che organizza corsi diformazione per professionisti e altre attività come illavoro con le istituzioni per l’inserimento di norme spe-cifiche.

In particolare gli esperti di SKY GARDEN PROJECTstanno lavorando con la Regione Emilia Romagna e conil comune di Bologna. Terminiamo con le parole diFriedensreich Hundertwasser, uno degli architetti piùinnovativi del panorama Europeo: “Le possibilità perprati, alberi e giardini di poter vivere e svilupparsi suitetti hanno raggiunto un tale livello di progresso negliultimi tempi che, ormai, non vi è più alcuna scusa pernon avere un giardino pensile sul tetto”.

Vari angoli di un giardino pensile a Milano

Per ulteriori informazioni cosultare il sito web:www.skygardenproject.it