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Democrazia. Giustizia.Crescita. Libertà. La crisiambientale ci costringea una radicale revisione delsignfcato di molti termini.Come quello che più animail dibattito pubblico: sovranità

IL NUOVO

Foto Contrasto

DELLE PAROLEdi Marco Pacini

foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

In queste pagine e nelleseguenti: ragazze eragazzi del movimentoFriday for Future di Roma

29 dicembre 2019 LTapresao 75

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Aria/Le idee

usiness asusual. Un paio

di giorni dopo il fallimento della Cop25di Madrid, nel Parlamento italiano ci siscannava per la cannabis light, nei pubbritannici la working class ex laburistanon aveva ancora finito di brindare allavittoria della destra isolazionista, e sulsito di El Pais, il più autorevole quotidia-no del Paese che aveva appena ospitatola Conferenza sul clima, l'ennesimo fal-limento della politica globale sul temanumero uno dell'agenda globale era giàsparito, scalzato da notizie come la "rac-comandazione" dell'Ue alla Spagna per lavalorizzazione delle lingue "co-ufficiali".Nel frattempo, a New York, il cda della

JpMorgan Chase (la più grande banca delmondo) distrattamente avallava il finan-ziamento di un'altra trivellazione nell'Ar-tico, tanto per aggiungere qualche spic-ciolo a quei 196 miliardi di dollari desti-nati all'industria dei combustibili fossilinel periodo trascorso dall'accordo-nonaccordo sul clima di Parigi (2015) a oggi.Del resto, perché dovrebbe essere una

grande banca a fare da apripista alla de-carbonizzazione dell'economia se negliultimi anni i Paesi del G20 - secondo unrapporto dell'Overseas development in-stitute (Odi) - hanno triplicato i sussidialla produzione energetica basata sul car-bone?Business as usual è la musica da orga-

netto che continua a suonare sempre piùstridula, assurda, all'orecchio dei ragazzidella generazione Thunberg, che oltre aricevere in eredità un pianeta deteriorato(se non in prognosi riservata, come nelleprevisioni dei climatologi più allarmisti),dovranno anche trovare gli strumenticoncettuali, semantici, per costruire il lo-ro futuro nel "Nuovo Regime Climatico"(secondo la definizione di Bruno Latour).Perché le "generazioni del rischio globale"- come ha ricordato nel suo ultimo li-

Mentre ci stiamo chiedendo come laRete interferisca su consenso e dissenso,anche la grande questione ecologicapotrebbe travolgere il presente

bro-testamento Urlich Beck - non dovran-no semplicemente gestire un cambiamen-to, ma vivere una metamorfosi la cui po-tenza è tale da sovvertire non un regimepolitico, bensì l'idea stessa di politica e disocietà.A cominciare dalle travi che hanno sor-

retto la normalità, il mondo, o almeno ilnostro "mondo": le parole.Un mondo febbricitante, sì, ma ancora

formalmente democratico, per esempio.Che la democrazia muoia non è certo, eforse nemmeno probabile. Ma c'è chi lopaventa, stilando diagnosi non propriofauste. E non si tratta di tweet, ma di ana-lisi che ci invitano a riaprire il forziere incui le società liberali hanno custodito iloro "beni intangibili" sotto forma di pa-role/valori. Per verificare se hanno biso-gno di manutenzione.Parole come democrazia, appunto. Ma

anche diritti, libertà, giustizia, ugua-glianza, crescita (economica)... E poi giù,

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Foto. Co

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sto

fino al lessico che ha caratterizzato mag-giormente questo primo tratto di XXI se-colo, egemonizzato da parole come globa-lizzazione, sovranismo, nazionalismo,migrazioni.Mentre ci stiamo ancora chiedendo co-

me l'avvento delle Rete e la pervasivitàdelle tecnologie digitali stiano cambian-do la sfera pubblica, fino a trasformare lademocrazia in "datacrazia" - o perlomenofino a interferire pesantemente nelle for-mazione del consenso/dissenso nelle so-cietà democratiche - quelle parole, e noicon loro, potrebbero essere travolte daquella che il filosofo britannico StephenGardíner ha chiamato la "tempesta mora-le perfetta": il cambiamento climatico. Po-trebbero doversi adattare a quel "Nuovoregime climatico" nel quale siamo già en-trati senza quasi accorgercene, per la ba-nale ragione che la nostra corteccia fron-tale si attiva di meno di fronte a scenarinegativi. O per la ragione ancora più ba-nale che se ti occupi della goccia nel mareinvece che del mare (come provano a faremolti ragazzi di Fridays for future e gli at-tivisti di Extinction rebellion), farai faticaa trovare la notizia che 11 mila scienziatidi 153 Paesi hanno fatto suonare sulla ri-vista "Bioscience" il terzo campanellod'allarme in pochi anni, preconizzando«immense sofferenze umane in assenza

La metamorfosi del mondoUlrich Beck

(trad. M. Cupellaro)Laterza, pp. 248, € 16

L'economia della ciambellaKate Raworth (trad. E. Cella)

Edizioni Ambiente,pp. 302 € 22

di cambiamenti radicali e duraturi nelleattività antropiche». Mentre tenevanobanco i battibecchi e tira-e-molla suglizerovirgola della plastic tax, colonizzan-do intere pagine e accendendo dibattitisocial.La metamorfosi, ricordava Beck, «tra-

volge tutto in un secondo». Anche la de-mocrazia? Quella democrazia - già da an-ni ridotta quasi solo al rito del voto - cheha regalato al mondo due "killer" ambien-tali come Trump e Bolsonaro?

«Sul fronte del cambiamento climatico,la democrazia appare sempre di più comel'incantesimo anziché come la cura», os-serva amaro David Runciman in "Così fi-nisce la democrazia". E se «l'arrivo di Tru-mp alla Casa Bianca ha reindirizzato par-te dell'energia politica contro gli scettici»,continua, «non ha fatto nulla per disper-dere i miasmi della sfiducia».E se dentro la "tempesta morale perfet-

ta" la democrazia non costituisse più unriparo adeguato? E la tesi del filosofo sta-tunitense Jason Brennan, che nel 2016 hafatto molto discutere con "Contro la de-mocrazia". La tesi è secca: molte dellequestioni politiche del XXI secolo (e il cli-mate change è in cima alla lista) sonotroppo complesse perché la maggior par-te dell'elettorato le comprenda. Non solo,ma gli elettori non sanno di non sape- 4

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4 re. La soluzione? Epistocrazia. Potere achi sa.

Il paleoclimatologo Lonnie G. Thomsonin un saggio del 2010 raccontava il disagiodegli scienziati ambientali nel doversipronunciare sulla politica. Ma è proprio aloro (o anche a loro) che dovremmo dare ilpotere - secondo Brennan - dato che sono icustodi dell'episteme sul fronte climatico.«Ma l'ignoranza e la stupidità non sono

oppressive come la conoscenza e la sag-gezza», obietta Runciman: «Proprio per-ché sono incompetenti: il demos cambiaidea di continuo».

Il dibattito è aperto. E si tratta di un'a-pertura che è una voragine - visto che ingioco è la democrazia - se anche studiosinon certo sospettabili di simpatie autori-tarie, si interrogano sulla compatibilitàtra l'urgenza di risposte e la ritualità de-mocratica. Il saggista ambientalista Ge-orge Monbiot sul Guardian del 28 maggioscorso osservava che di fronte a una«classe di politici confusionaria, riluttan-te, lontana dal mondo e strategicamenteincapace dí affrontare anche una crisi abreve termine, per non parlare di una si-tuazione esistenziale come quella am-bientale, la convinzione che il voto sia l'u-nica azione politica necessaria per cam-biare un sistema è ingenua; il voto, puressendo essenziale, resta uno strumento

Così finisce la democraziaDavid Runciman (trad. F. Pè)

Bollati Boringhieri,pp. 210, € 23

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II nuovo LeviatanoG. Mann e J. Wainwright

(trad. F. Deotto)Treccani, pp. 358, € 22

ottuso e debole».Che oggi si individui nella stagnazione

economica la principale minaccia - popu-lista, nazionalista - alla democrazia, po-trebbe costituire un errore prospettico,un cortocircuito generato dalla memoriastorica, da un residuo di pensiero nove-centesco. «La storia insegna che la man-canza di crescita favorisce la rabbia po-pulista», scrive Runciman. Ecco l'antido-to in grado di arrestare l'ondata antide-mocratica che percorre l'occidenteliberale minacciando la stessa democra-zia. Ma nel Nuovo regime climatico l'anti-doto-crescita potrebbe rivelarsi un medi-cinale scaduto, oppure esaurito.

Il 23 settembre del 2019 Greta Thun-berg, di fronte all'Assemblea delle Nazio-ni Unite, ha definito "una favola" la pro-messa della crescita, assestando un colpoa un'altra delle parole-totem a cui i gover-ni e i think-tank globali si aggrappano(dai liberali ai socialisti) per provare adarginare nazionalismi e populismi. Moltitwittatori, postatori e commentatorihanno per lo più aggirato quel passaggio,concentrandosi sulla performance (contanto di ironie e dietrologie) che sul con-tenuto. Ma i "gretini" forse sono meno"cretini" e sanno che crescita sarà quasicertamente una delle parole da sottopor-re a una profonda revisione semantica. La

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ragione è spiegata semplice-semplice diKate Raworth in "L'economia della ciam-bella". Prendete due cerchi concentrici,l'interno è la base sociale definita dai no-stri bisogni, quello esterno è il "tetto am-bientale" definito da ciò che non possia-mo oltrepassare. Se il confine esterno vie-ne spinto all'insù (bomba demografica econsumi) e quello esterno rimane fermosi arriva al collasso. «Per rimanere dentrola ciambella dobbiamo moderare le aspet-tative materiali, ma vallo a spiegare a 7,7miliardi di persone per buona parte dellequali gli standard di vita occidentale sonoancora una chimera», ha chiosato Anto-nío Massarutto, economista esperto disostenibilità ambientale.Ma la "tempesta morale perfetta", non

sembra a destinata solo a sottoporre auna profonda revisione parole come de-mocrazia e crescita. Con la sua forza di«tempeste intergenerazionale e teorica

Tracciare la rottaBruno Latour (trad. R.

Prezzo) Raffaello Cortina,pp. 136, € 13

Ci sono i diritti umani di chi è costrettoa emigrare dal riscaldamento globale.E ci sono i diritti civili fioriti inOccidente. Saranno compatibili tra loro?

insieme» (Gardiner ), ci obbligherà proba-bilmente a una rimappatura completadell' "universo del discorso" politico-so-ciale-economico.Avremmo forse bisogno di una "filosofia

del cambiamento climatico" come sugge-risce il sottotitolo di un recente saggio deiricercatori statunitensi Geoff Mann e JoelWainwright ("Il nuovo Leviatano"), cheaffronta da una prospettiva dichiarata-mente "di sinistra" - perla semplice ragio-ne che la destra ha un'altra agenda - il te-ma numero uno dell'agenda globale.«Le questioni di base che hanno tor-

mentato la sinistra per secoli - i rapportitra sovranità, democrazia e libertà, lepossibilità politiche di riconfigurare la vi-ta umana in modo che produca non valoredi scambio ma ricchezza e dignità socialeper tutti - sono ancora cruciali. La carat-teristica distintiva della loro odierna pre-gnanza è che hanno una scadenza ecolo-gica», scrivono gli autori.Una scadenza ravvicinata, come nel ca-

so della parola sovranità, che pure oggianima il dibattito politico tra sovranisti eliberali più di ogni altra. Quale sovranitàpotrà essere esercitata in un "nuovo regi-me climatico" se le decisioni dovrannoessere prese nel nome della specie e non diquesto o quel popolo "sovrano"?Mann e Wainwright ne individuano -3

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-+ solo una: planetaria. Che potrà assu-mere due forme più probabili (e non certodemocratiche), definite come "Leviatanoclimatico" o "Mao climatico", a secondache le azioni di contrasto globale ai muta-menti climatici siano intraprese nel ten-tativo di salvare il capitalismo o con l'in-tenzione di superarlo.E del resto, che senso avrà la sovranità

su base nazionale quando si svilupperan-no le tecnologie Cdr (Carbon dioxide re-moval) già al centro dell'accordo sul cli-ma di Parigi? Fu il chimico dell'atmosfera(e premio Nobel) Paul Crutzen a suggerirenel 2006 che la comunità globale avrebbedovuto cominciare a prendere in conside-razione l'uso delle tecnologie per mitigarei cambiamenti climatici. E l'ingegneriaclimatica fa progressi. Ma se raggiungerài risultati promessi, «a chi sarebbe per-messo di regolare il termostato globale?»,si chiede Christopher Preston in "L'erasintetica". Un altro possibile scenario chespazza via l'idea di sovranità nel senso incuí oggi "tiene banco".

Nella centrifuga del Nuovo regime cli-matico entrano anche parole come diritti,uguaglianza, giustizia.

I diritti civili fioriti in Occidente quantoe come subiranno l'impatto dei diritti dispecie (e si sopravvivenza) dei migranticlimatici?

II servizio fotograficodi Ilaria MagliocchettiLombi fa parte del progettomultimediale ClimateChange Italia, nato dallacollaborazione tra Contrastoe Istituto Oikos, checoinvolge 10 fotografi perdocumentare lo stato attualedella crisi climatica in Italia,le sue cause e i suoi effetti.

Aria/Le idee

Avremo bisogno di «un robusto lin-guaggio politico che ci aiuti a difendere ildiritto delle persone a migrare in previ-sione del cambiamento climatico», secon-do gli autori de "II nuovo Leviatano".E la parola giustizia dovrà assere ag-

gettivata principalmente con "climatica",posto che - secondo un rapporto di PhilipAlston del'Onu - il 10 per cento degli statidovrà sopportare il 75 per cento degli ef-fetti del cambiamento climatico?

«Ogni accordo internazionale signifi-cativo sull'adattamento», scrivono anco-ra Mann e Wainwright, «dovrà indicarecon chiarezza chi dovrà pagare chi peradattarsi a un pianeta più caldo».La metamorfosi del mondo è in atto e

che le leadership politiche globali se ne si-ano accorte poco o per nulla non fa chesottolineare una distanza tra la politica eí saperi che forse non ha precedenti.

Si tratta allora di "Tracciare la rotta",suggerisce il titolo del fondamentale sag-gio del 2018 delI'antropologo e filosofodella scienza Bruno Latour. Una nuovarotta. Lungo la quale, con il clima, cam-bieranno anche significati, saranno spaz-zate via prassi e teorie politiche insiemealle parole-valori-interessi che le sorreg-gono, perderanno di senso le polarizza-zioni, come quella tra locale e globale.

«L'impressione che la politica si siasvuotata della sua sostanza», scrive La-tour, «che non si innesti più su niente, chenon abbia più senso né direzione, non haaltra causa che questa progressiva rivela-zione: né il Globale né il Locale hannoun'esistenza materiale durevole».Fuori da quell'alternativa il nuovo "at-

trattore" politico, osserva il filosofo fran-cese, dovrà essere il "Terrestre". Come so-stituto del Globale («Si parla di geopoliti-ca come se il prefisso "geo" indicasse solola cornice all'interno della quale si svilup-pa l'azione politica. Ora, ciò che sta cam-biando è che "geo" indica un agente chepartecipa adesso a pieno titolo alla vitapubblica». E come sostituto del Locale(«L'espressione "appartengo a un territo-rio" ha cambiato senso: ora l'istanza cheprende possesso del proprietario».Bisogna rimappare tutto di nuovo, am-

monisce Latour. E con urgenza. «Primache i sonnambuli finiscano per calpestarenella loro fuga cieca ciò a cui teniamo». ■ Fo

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