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www.lacrocequotidiano.it € 1,50 | Anno 2 | Numero 264 | Giovedì 10 marzo 2016 | Santo del Giorno: San Simplicio, Papa | www.facebook.com/lacrocequotidiano Q uesto è il documento integrale firmato da tutti i membri del Co- mitato Difendiamo i nostri figli alla fine della lunga riunione di ieri sera, presie- duta da Massimo Gandolfini: «Il Comi- tato Difendiamo i Nostri Figli ribadisce la propria unità d’intenti, la comunione e l’amicizia tra tutti i suoi membri. Il CDNF proseguirà la sua azione di rap- presentanza del popolo che crede nella famiglia naturale e nel diritto dei bam- bini ad avere una mamma e un papà. Il movimento del Popolo della Famiglia, che si riconosce nei valori espressi dal Family Day, non va considerato come espressione politica diretta del CDNF». Ribadita dunque l’unità del Comitato pur nella distinzione dei ruoli. Domani l’assemblea costituente del PdF. Documento #CULTURA | LETTERE DAL DESERTO DELL’ORTODOSSIA di PIERLUIGI PAVONE | pag. 6 Si terrà domani a partire dalle ore 15 presso il Palazzetto delle Carte Geografiche di Via Napoli 36 a Roma l’assemblea costituente del Popolo della Famiglia. Si attendono rappresentanze provenienti da tutta Italia per lanciare l’operazione che punta alle prossime elezioni amministrative di primavera in 350 comuni. A Roma il ticket Adinolfi-Amato. DOMANI LA COSTITUENTE DEL POPOLO DELLA FAMIGLIA MOVIMENTI | #quotidiano contro i falsi miti di progresso #STOPCIRINNA Difendiamo i bambini e la famiglia! FIRMA SU www.notizieprovita.it Foto © ANSA 10 marzo | 241 a.C. – La flotta romana distrugge quella cartaginese: così si conclude la prima guerra punica; 1208 Innocenzo III chiama a raccolta i cristiani contro l’insidia catara; 1821 Ad Alessandria viene per la prima volta issato il tricolore italiano; 1906 A Londra viene aperta la stazione metro di Piccadilly Circus; 1952 – Colpo di Stato di Fulgencio Batista a Cuba; 1969 – A Memphis James Earl Ray si dichiara colpevole dell’assassinio di Martin Luther King (salvo poi ritrattare); 1987 La Santa Sede condanna l’utero in affitto e la Fivet #FATTI | IL POPOLO DELLA FAMIGLIA PER NON DIRE SOLO “NO” di EMILIANO FUMANERI | pag. 2 Dopo tre ore di attenta discussione si chiude con un documento unitario l’attesa riunione del Comitato Difendiamo i nostri figli, promotore dei Family Day 2015 e 2016. Nel documento vengono ribadite «unità d’intenti, comunione e amicizia» tra tutti i membri del comitato. Il CDNF proseguirà la sua azione di rappresentanza del popolo che crede nella famiglia naturale fondata sul matrimonio #STORIE | PARLANDO A UN AMICO OMOSESSUALE di CRISTIANA CATTANEO | pag. 4 Sul nodo del movimento fondato da Amato e Adinolfi, due membri del Comitato Difendiamo i nostri figli, il documento recita: «Il movimento del Popolo della Famiglia, che si riconosce nei valori espressi dal Family Day, non va considerato come espressione politica diretta del CDNF» Uniti FAMIGLIA | Foto © ANSA UN CAMMINO DA PERCORRERE INSIEME di Mario Adinolfi C i sono tre fatti che hanno colpi- to l’opinione pubblica nelle ultime 48 ore e poiché sono un cittadino come gli altri hanno colpito anche me: l’in- credibile orrore dell’omicidio del Collatino a Roma, con due gay che si strafanno con 1.800 euro di cocaina adescano, violenta- no, torturano e infine uccidono il povero Luca Varani “per vedere l’effetto che fa”; la seconda notizia di cui si parla sui gior- nali è la compravendita dei voti (davanti alle telecamere) alle primarie del Partito democratico, che fa dire persino al naviga- to Bassolino “sono disgustato” ed è l’ulti- mo atto dell’allineamento dei candidati ai blocchi di partenza in vista delle ammini- strative di primavera; infine, mi colpisce e si discute della seconda sentenza consecu- tiva del tribunale dei minori che legittima la “stepchild adoption” addirittura incrociata, in sfregio al Parlamento che quella norma ha bocciato al momento dell’approvazione (per ora solo al Senato) della legge sulle unioni civili. E stavolta i bambini “swappati” sono tre, nella precedente sentenza erano due. Siamo sempre alla logica del “più uno”. Tre notizie molto diverse, ma che segnala- no tre elementi di forte degrado: il degra- do morale, il degrado politico e il degra- do istituzionale. Gli elementi di degrado morale dell’omicidio del Collatino non c’è neanche bisogno di elencarli, portano all’orrore puro. I segni palesi, vere e pro- prie pustole, del degrado politico hanno fatto scrivere al pur laicissimo Ezio Mauro persino sulle colonne di Repubblica che chi compra e vende i voti “ha perso l’ani- ma”. La vicenda di degrado istituzionale con cui la magistratura si arroga il diritto di sentenziare di fatto contro le delibera- zioni del Parlamento in materia di adozio- ne per le coppie omosessuali, dovrebbe essere sottolineata con adeguato allarme, se non fossimo in un paese in cui la lobby lgbt tiene in scacco tutta l’informazione. Che risposta si può dare a questo triplice degrado? Prima di tutto, forse, bisogna porsi la domanda: c’è qualcuno che si pone il problema di fornire una risposta o al de- grado ci siamo, tutto sommato, abituati? E allora facciamo come quei dirigenti del Partito democratico alla Matteo Orfini o alla Lorenzo Guerrini, che fanno neanche la fatica di negare le compravendite dei voti alle primarie napoletano, dicono sem- plicemente che il risultato è quello e chi se ne fotte, gli elementi di degrado sono dettagli. Quindi figuriamoci se storcono il naso quando la magistratura impone per sentenza quello che alcuni senatori “cat- tolici” si vantavano di aver evitato, cioè la stepchild adoption, senza capire che il Parlamento doveva rigettare in toto quella normativa sulle unioni civili, altrimenti le operazioni alla Nichi Vendola sarebbero diventate la prassi, così come le sentenze con lo scambio di potestà genitoriale. Mentre passeggiavo passando di abbraccio in abbraccio lo scorso 30 gennaio in mezzo al popolo del Circo Massimo pensavo (e poi l’ho scritto su La Croce) che davvero quel- la era l’Italia migliore. Più passano i gior- ni, più ne sono convinto. L’Italia giovane, sorridente, ancorata alla dimensione va- loriale, capace di sostenere i propri valori senza per questo insultare quelli altrui, allo stesso tempo rendendo testimonianza alla verità, è l’Italia che salverebbe l’Italia dal triplice degrado. In questi giorni qualcuno ha accusato me e l’avvocato Gianfranco Amato di aver voluto forzare i tempi sulla nascita di un soggetto politico che potesse esser una casa per il Popolo della Famiglia già dalle prossime amministrative. Riflet- tevo sulle notizie delle ultime 48 ore e ho cominciato a pensare che il nostro pec- cato è stato forse l’esatto opposto: aver indugiato troppo. Fossimo stati più corag- giosi e avessimo parlato chiaro già al Circo Massimo, magari avremmo evitato l’appro- vazione di una brutta legge. Invece abbia- mo sperato, anche noi, che lo status quo contenesse gli anticorpi per respingere la malattia del degrado. Ma quegli anticorpi non esistono più, il corpus civilis è ormai privo delle più basilari difese immunitarie. Occorre ricostruirle e occorre farlo subito, a partire dal Popolo della Famiglia. Non è un cammino che si fa in due, è il #EDITORIALINO | CI VOGLIONO IN GALERA di HASHTAG I l Corriere della Sera informa che degli attivisti Lgbt vogliono mandare in galera per “omofobia” il direttore de La Croce nonché candidato sindaco di Roma del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, attraverso un esposto presentato alla pro- cura della Repubblica di Genova incentrato su una interpretazione estensiva della legge Mancino che riguarda razzismo e antisemitismo. Lo stesso Adinolfi replica: «Gli attivisti di Gaylex non citano quali sarebbero le mie frasi incriminabili per omo- fobia, che infatti non esistono come non esiste il reato. Se ne trovano una mi costi- tuisco, altrimenti querelerò immediatamente quei signori e gli organi di stampa che ne riporteranno le false e calunniose e totalmente inventate accuse. Questi metodi di intimidazione sono inaccettabili e vergognosi. Ma, sia chiaro, io continuerò a te- stimoniare la verità pure da solo ai compagni di cella». Ad attivare la denuncia di Gaylex è Michele Giarratano, compagno del senatore Lo Giudice. Probabilmente i due hanno trovato indigeribile la campagna di questo giornale e del suo direttore tendente a svelare l’imbroglio della stepchild adoption, che serviva a mascherare la legittimazione della pratica dell’utero in affitto, a cui Giarratano e Lo Giudice hanno fatto ricorso negli Stati Uniti. La modalità per cui un senatore della Repubblica, co- perto da immunità parlamentare, manda avanti il suo giovane fidanzatino per intimi- dire un avversario politico su una legge in discussione in cui è in conflitto di interessi, è rivelatrice di una mentalità costruita nello strano incrocio tra prepotenza e viltà. Non arriva alcuna legalizzazione, neppure parziale, delle droghe leggere per via giudiziaria. La coltivazione della cannabis, anche per uso personale, resta punita penalmente. La decisione è stata presa ieri dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dalla corte di appello di Brescia sul trattamento sanzionatorio della coltivazione di piante di cannabis per uso individuale. La decisione è riferita all’articolo 75 del Testo Unico in materia di stupefacenti ed è stata assunta in termini consequenziali a tutte le precedenti pronunce della Consulta in materia di droga. CORTE COSTITUZIONALE, COLTIVARE CANNABIS RESTA REATO CONSULTA | INFO & ISCRIZIONI +39 320.15.94.062 +39 346.12.94.174 - [email protected] www.comitatoarticolo26.it - www.nonsitoccalafamiglia.org La partecipazione al seminario prevede una quota di € 10 a titolo di rimborso parziale delle spese organizzative Graphics by CucinottaDesigner.it Un progetto a cura di: Chiara Iannarelli Docente, consiglio direttivo Comitato Articolo 26 - Giusy D’Amico Docente, presidente Ass.ne Non si tocca la famiglia - Giorgia Brambilla Associato di Bioetica, Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, Roma - Beatrice Rosati Resp. Comunicazione e promozione immagine Ass.ne nazionale Scienza & Vita UN’INIZIATIVA DI IN COLLABORAZIONE CON CON IL PATROCINIO DI Famiglia e Scuola insieme per Educare Associazione “NON SI TOCCA LA FAMIGLIA” Di fronte alle sfide dell’inclusione e della discriminazione, la ricchezza della differenza. Scuola, famiglia e scienza insieme per crescere. SAPERE PER EDUCARE RELAZIONI DIFFERENZE FAMIGLIA BELLEZZA Seminario per docenti e genitori ore 09.30 - 19.00 12 MARZO 2016 - ROMA Ateneo Pontificio Regina Apostolorum Via degli Aldobrandeschi, 190 - 00163 >> a pag. 3

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€ 1,50 | Anno 2 | Numero 264 | Giovedì 10 marzo 2016 | Santo del Giorno: San Simplicio, Papa | www.facebook.com/lacrocequotidiano

Questo è il documento integrale firmato da tutti i membri del Co-

mitato Difendiamo i nostri figli alla fine della lunga riunione di ieri sera, presie-duta da Massimo Gandolfini: «Il Comi-tato Difendiamo i Nostri Figli ribadisce la propria unità d’intenti, la comunione e l’amicizia tra tutti i suoi membri. Il CDNF proseguirà la sua azione di rap-presentanza del popolo che crede nella famiglia naturale e nel diritto dei bam-bini ad avere una mamma e un papà. Il movimento del Popolo della Famiglia, che si riconosce nei valori espressi dal Family Day, non va considerato come espressione politica diretta del CDNF». Ribadita dunque l’unità del Comitato pur nella distinzione dei ruoli. Domani l’assemblea costituente del PdF.

Documento#CULTURA | LETTEREDAL DESERTODELL’ORTODOSSIAdi PIERLUIGI PAVONE | pag. 6

Si terrà domani a partire dalle ore 15 presso il Palazzetto delle Carte Geografiche di Via Napoli 36 a Roma l’assemblea costituente del Popolo della Famiglia. Si attendono rappresentanze provenienti da tutta Italia per lanciare l’operazione che punta alle prossime elezioni amministrative di primavera in 350 comuni. A Roma il ticket Adinolfi-Amato.

DOMANILA COSTITUENTEDEL POPOLODELLA FAMIGLIA

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10 marzo | 241 a.C. – La flotta romana distrugge quella cartaginese: così si conclude la prima guerra punica; 1208 – Innocenzo III chiama a raccolta i cristiani

contro l’insidia catara; 1821 – Ad Alessandria viene per la prima volta issato il tricolore italiano; 1906 – A Londra viene aperta la stazione metro di Piccadilly

Circus; 1952 – Colpo di Stato di Fulgencio Batista a Cuba; 1969 – A Memphis James Earl Ray si dichiara colpevole dell’assassinio di Martin Luther King (salvo poi

ritrattare); 1987 – La Santa Sede condanna l’utero in affitto e la Fivet

#FATTI | IL POPOLODELLA FAMIGLIAPER NON DIRESOLO “NO”di EMILIANO FUMANERI | pag. 2

Dopo tre ore di attenta discussione si chiude con un documento unitario l’attesa riunione del Comitato Difendiamo i nostri figli, promotore dei Family Day 2015 e 2016. Nel documento vengono ribadite «unità d’intenti, comunione e amicizia» tra tutti i membri del comitato. Il CDNF proseguirà la sua azione di rappresentanza del popolo che crede nella famiglia naturale fondata sul matrimonio

#STORIE | PARLANDOA UN AMICOOMOSESSUALEdi CRISTIANA CATTANEO | pag. 4

Sul nodo del movimento fondato da Amato e Adinolfi, due membri del Comitato Difendiamo i nostri figli, il documento

recita: «Il movimento del Popolo della Famiglia, che si riconosce nei valori espressi dal Family Day, non va considerato come

espressione politica diretta del CDNF»

Uniti FAMIGLIA |

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NSAUN CAMMINO

DA PERCORREREINSIEME

di Mario Adinolfi

Ci sono tre fatti che hanno colpi-to l’opinione pubblica nelle ultime 48 ore e poiché sono un cittadino

come gli altri hanno colpito anche me: l’in-credibile orrore dell’omicidio del Collatino a Roma, con due gay che si strafanno con 1.800 euro di cocaina adescano, violenta-no, torturano e infine uccidono il povero Luca Varani “per vedere l’effetto che fa”; la seconda notizia di cui si parla sui gior-nali è la compravendita dei voti (davanti alle telecamere) alle primarie del Partito democratico, che fa dire persino al naviga-to Bassolino “sono disgustato” ed è l’ulti-mo atto dell’allineamento dei candidati ai blocchi di partenza in vista delle ammini-strative di primavera; infine, mi colpisce e si discute della seconda sentenza consecu-tiva del tribunale dei minori che legittima la “stepchild adoption” addirittura incrociata, in sfregio al Parlamento che quella norma ha bocciato al momento dell’approvazione (per ora solo al Senato) della legge sulle unioni civili. E stavolta i bambini “swappati” sono tre, nella precedente sentenza erano due. Siamo sempre alla logica del “più uno”.

Tre notizie molto diverse, ma che segnala-no tre elementi di forte degrado: il degra-do morale, il degrado politico e il degra-do istituzionale. Gli elementi di degrado morale dell’omicidio del Collatino non c’è neanche bisogno di elencarli, portano all’orrore puro. I segni palesi, vere e pro-prie pustole, del degrado politico hanno fatto scrivere al pur laicissimo Ezio Mauro persino sulle colonne di Repubblica che chi compra e vende i voti “ha perso l’ani-ma”. La vicenda di degrado istituzionale con cui la magistratura si arroga il diritto di sentenziare di fatto contro le delibera-zioni del Parlamento in materia di adozio-ne per le coppie omosessuali, dovrebbe essere sottolineata con adeguato allarme, se non fossimo in un paese in cui la lobby lgbt tiene in scacco tutta l’informazione.

Che risposta si può dare a questo triplice

degrado? Prima di tutto, forse, bisogna porsi la domanda: c’è qualcuno che si pone il problema di fornire una risposta o al de-grado ci siamo, tutto sommato, abituati? E allora facciamo come quei dirigenti del Partito democratico alla Matteo Orfini o alla Lorenzo Guerrini, che fanno neanche la fatica di negare le compravendite dei voti alle primarie napoletano, dicono sem-plicemente che il risultato è quello e chi se ne fotte, gli elementi di degrado sono dettagli. Quindi figuriamoci se storcono il naso quando la magistratura impone per sentenza quello che alcuni senatori “cat-tolici” si vantavano di aver evitato, cioè la stepchild adoption, senza capire che il Parlamento doveva rigettare in toto quella normativa sulle unioni civili, altrimenti le operazioni alla Nichi Vendola sarebbero diventate la prassi, così come le sentenze con lo scambio di potestà genitoriale.

Mentre passeggiavo passando di abbraccio in abbraccio lo scorso 30 gennaio in mezzo al popolo del Circo Massimo pensavo (e poi l’ho scritto su La Croce) che davvero quel-la era l’Italia migliore. Più passano i gior-ni, più ne sono convinto. L’Italia giovane, sorridente, ancorata alla dimensione va-loriale, capace di sostenere i propri valori senza per questo insultare quelli altrui, allo stesso tempo rendendo testimonianza alla verità, è l’Italia che salverebbe l’Italia dal triplice degrado. In questi giorni qualcuno ha accusato me e l’avvocato Gianfranco Amato di aver voluto forzare i tempi sulla nascita di un soggetto politico che potesse esser una casa per il Popolo della Famiglia già dalle prossime amministrative. Riflet-tevo sulle notizie delle ultime 48 ore e ho cominciato a pensare che il nostro pec-cato è stato forse l’esatto opposto: aver indugiato troppo. Fossimo stati più corag-giosi e avessimo parlato chiaro già al Circo Massimo, magari avremmo evitato l’appro-vazione di una brutta legge. Invece abbia-mo sperato, anche noi, che lo status quo contenesse gli anticorpi per respingere la malattia del degrado. Ma quegli anticorpi non esistono più, il corpus civilis è ormai privo delle più basilari difese immunitarie. Occorre ricostruirle e occorre farlo subito, a partire dal Popolo della Famiglia.

Non è un cammino che si fa in due, è il

#EDITORIALINO | CI VOGLIONO IN GALERAdi HASHTAG

Il Corriere della Sera informa che degli attivisti Lgbt vogliono mandare in galera per “omofobia” il direttore de La Croce nonché candidato sindaco di Roma del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, attraverso un esposto presentato alla pro-

cura della Repubblica di Genova incentrato su una interpretazione estensiva della legge Mancino che riguarda razzismo e antisemitismo. Lo stesso Adinolfi replica: «Gli attivisti di Gaylex non citano quali sarebbero le mie frasi incriminabili per omo-fobia, che infatti non esistono come non esiste il reato. Se ne trovano una mi costi-tuisco, altrimenti querelerò immediatamente quei signori e gli organi di stampa che ne riporteranno le false e calunniose e totalmente inventate accuse. Questi metodi di intimidazione sono inaccettabili e vergognosi. Ma, sia chiaro, io continuerò a te-stimoniare la verità pure da solo ai compagni di cella». Ad attivare la denuncia di Gaylex è Michele Giarratano, compagno del senatore Lo Giudice. Probabilmente i due hanno trovato indigeribile la campagna di questo giornale e del suo direttore tendente a svelare l’imbroglio della stepchild adoption, che serviva a mascherare la legittimazione della pratica dell’utero in affitto, a cui Giarratano e Lo Giudice hanno fatto ricorso negli Stati Uniti. La modalità per cui un senatore della Repubblica, co-perto da immunità parlamentare, manda avanti il suo giovane fidanzatino per intimi-dire un avversario politico su una legge in discussione in cui è in conflitto di interessi, è rivelatrice di una mentalità costruita nello strano incrocio tra prepotenza e viltà.

Non arriva alcuna legalizzazione, neppure parziale, delle droghe leggere per via giudiziaria. La coltivazione della cannabis, anche per uso personale, resta punita penalmente. La decisione è stata presa ieri dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dalla corte di appello di Brescia sul trattamento sanzionatorio della coltivazione di piante di cannabis per uso individuale. La decisione è riferita all’articolo 75 del Testo Unico in materia di stupefacenti ed è stata assunta in termini consequenziali a tutte le precedenti pronunce della Consulta in materia di droga.

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Un progetto a cura di: Chiara Iannarelli Docente, consiglio direttivo Comitato Articolo 26 - Giusy D’Amico Docente, presidente Ass.ne Non si tocca la famiglia - Giorgia Brambilla Associato di Bioetica, Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, Roma - Beatrice Rosati Resp. Comunicazione e promozione immagine Ass.ne nazionale Scienza & Vita

UN’INIZIATIVA DI IN COLLABORAZIONE CON CON IL PATROCINIO DI

Famiglia e Scuolainsieme per Educare

Associazione “NON SI TOCCA LA FAMIGLIA”

Di fronte alle sfide dell’inclusione edella discriminazione, la ricchezza della differenza.

Scuola, famiglia e scienza insieme per crescere.

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12 MARZO 2016 - ROMAAteneo Pontificio Regina ApostolorumVia degli Aldobrandeschi, 190 - 00163

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Giovedì 10 marzo 2016 |#quotidiano contro i falsi miti di progresso

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registrato al tribunale di roma al numero 235/2014 del 21 ottobre 2014ISSN: 2420-8612

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DIRETTORE RESPONSABILE: Mario Adinolfi [email protected]

REDAZIONE: Piazza del Gesù 47 - 00186 Roma

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È stato variamente dichiarato, dai fondatori del Popolo della Famiglia, che questa nuova formazione del cattolicesimo militante in politica si ispirerebbe alla lezione grillina. Se questo è vero quanto alla forma (che è la partecipazione), non lo è più quanto alla sostanza (che è l’antipolitica): quest’ultima pare invece riprodotta da certa parte del mondo cattolico con la vocazione della prefica

Il #PdF contro il trollismo cattolico

di Emiliano Fumaneri

C’era da aspettarselo. Solo qualche anima bella che ignora o sottova-luta l’infinita litigiosità del cosid-

detto “mondo cattolico” poteva aspettarsi che la nascita del Popolo della Famiglia sarebbe stata pacificamente accolta come una filiazione non certo esclusiva (e chi lo pretende?) ma almeno legittima del Family Day.

Apriti cielo, pochi minuti dopo l’annuncio del nuovo soggetto politico e già il greg-ge di Pietro si era tramutato nel campo di Agramante! Tanto i social network quanto alcuni siti d’area brulicavano di gogne me-diatiche imbastite in quattro e quattr’otto dallo sforzo congiunto di mordaci catto-indignados e di cavillosi polemisti. Non c’è dubbio: si tratta di trollismo, la marea mon-tante del trollismo cattolico.

Qualche schizzo di bile acida deve aver lambito anche il povero padre Livio di Ra-dio Maria, tanto da spingerlo martedì, nella consueta rassegna stampa della mattina, a proverbiare da par suo i seminatori di zizza-nia e le malelingue.

È successo che fin da subito i cercatori di pagliuzze, dimentichi della trave evangeli-ca, han sgranato il rosario dei misteri con-tumeliosi affannandosi ad affastellare odio-se illazioni sulla “sciagurata” impresa del duo Adinolfi-Amato.

Immancabili, e perfino scontate, le trite e ritrite accuse di carrierismo. Ma non sono mancati i politologi della domenica e i pro-fessorini bizzosi lesti a gufare evocando lo spettro dei partitini dello zero virgola qual-cosa: in testa la lista single-issue di Giuliano Ferrara e “Io amo l’Italia” di Magdi Allam.

Qualcuno ha riciclato anche malignità del-la prima ora come l’“indegnità morale” del divorziato risposato Adinolfi. Un testimonial assai poco spendibile, sentenziano i mora-lizzatori in servizio permanente effettivo, per la causa della famiglia. Qua e là è ritor-nata in circolo anche la vecchia teoria del complotto renziano. Mario Adinolfi, secon-do questa tesi, sarebbe al soldo del premier, unito a lui da un diabolico patto. Il PdF, di-cono i complottardi, è figlio di una oscura macchinazione che si prefigge il naufragio del Family Day.

Che la reazione alla nascita del PdF abbia dato vita a un’ondata di trollismo cattolico è preoccupante e mostra l’imprescindibilità di un ritorno all’impegno politico. Il trolli-smo infatti è una specie di marker tumora-le, segnala la presenza di una patologia. E il nome di questa malattia è “antipolitica”.

Né il direttore né Gianfranco Amato hanno fatto mistero di essersi ispirati – sul piano operativo – al movimento grillino. Il PdF, leggiamo nell’intervista di Mario Adinolfi al Corriere della Sera, nasce come una sorta di grillismo cattolico. Il nuovo movimento vuol farsi latore di un grillismo dal volto umano, nato dal basso e intessuto non solo di reti virtuali, bensì di relazioni personali, tra esseri umani con un volto e un nome.

L’obiettivo, ambizioso, è di dare un’anima al

grillismo, del quale si adotta (parzialmente) il metodo (mobilitazione dal basso secondo la modalità della rete) ma non lo spirito an-tipolitico. Grillo e Casaleggio hanno cata-lizzato con abilità gli umori malsani prodot-ti dai guasti della società radicale di massa, ma non hanno in alcun modo diagnosticato l’origine della patologia né indicato una terapia per guarirla. Si può dire anzi che il grillismo abbia aggravato la malattia.

Il Popolo della Famiglia, all’opposto, non nasce come polo di aggregazione di una massa risentita. Non si serve del risentimen-to, cioè del sintomo di una patologia, per coagulare un esercito elettorale. Nel suo DNA sono presenti tanto la diagnosi della patologia (radicalismo di massa) quanto la terapia (resistenza di popolo che si costi-tuisce come soggetto politico ispirato dalla dottrina sociale cristiana).

Viceversa, le reazioni scomposte di un cer-to mondo cattolico palesano una volta di più la sua sudditanza nei confronti dell’an-tipolitica. Esso mostra così di non avere al-cun progetto, limitandosi a seguire la logi-ca oggi imperante dello sciame digitale, la massa antipolitica per eccellenza.

Lo sciame digitale, ha scritto il filosofo tedesco-coreano Byung-Chul Han, è una specie di assembramento senza riunione composto da individui isolati e autosegre-gati, una massa di solitari seduti davanti allo schermo del computer. Esso non possiede un’anima unificante come le folle solite radunarsi in grandi spazi fisici (come il Cir-co Massimo o Piazza San Giovanni). È una massa senz’anima o spirito contraddistinta da una estrema volatilità, una formazione instabile e volatile che si dissolve con la stessa rapidità con cui si è formata.

È questa stessa fugacità a impedire lo svi-luppo di energie politiche. Lo sciame digi-tale non sviluppa un senso del “noi”, non dà luogo a un collettivo stabile. Perciò è inca-

pace di sovvertire o anche solo di mettere in dubbio i rapporti di potere dominanti. Esso è capace solo di scatenare tempeste furio-se (dette significativamente “shitstorms”) contro singole persone, facendone oggetto di scherno o di scandalo.

Per questo il potere non teme affatto lo sciame, una moltitudine disorganica inca-pace di marciare in una direzione e di com-pattarsi per passare all’azione collettiva. Al contrario, oggi le élites dominanti hanno tutto l’interesse a propiziare la trasforma-zione degli oppositori in sciame digitale, vale a dire in una calca destrutturata, costi-tutivamente antipolitica.

La figura più tipica dello sciame digitale è il troll, quella specie di sadico guastatore che abita il mondo della rete. I navigatori della rete sanno per esperienza che esistono di-verse tipologie di troll. Il principe dei trolli è il cosiddetto “hater”, il rancoroso che odia tutto e tutti. L’hater è un vetrioleggiatore virtuale che esiste solo per attaccare e de-ridere senza pietà.

Nella versione “cattolica” il troll predili-ge però, nemmeno a dirlo, la variante più acidognola, quella che s’ammanta di virtù:

il troll moralista. Tipicamente il troll mora-lizzatore è un soggetto che fa le pulci. È un puntiglioso collezionatore delle pagliuzze incastonate nell’altrui bulbo oculare, sem-pre per stare all’immagine evangelica.

Né l’hater né il moralista intendono dialo-gare. Il loro scopo è far male. Il troll è una specie di avvelenatore di pozzi impegnato a screditare, a delegittimare con sadica aggressività qualche personaggio pubblico (ad attirare i troll sono spesso i personaggi più che i temi).

Il trollismo moraleggiante non è altro che un aggiornamento del «partito devoto» sferzato da Péguy: la compagine di coloro che per innalzare se stessi devono abbas-sare tutto quel che li circonda. È quel cri-stianesimo impregnato di una religiosità fin troppo umana, impegnato a essere “buono” contando solo sulle proprie forze. E che fa-talmente finisce per annaspare nelle torbi-de acque del moralismo, riducendosi a far mostra di uno sterile eticismo.

Un partito di troll si condanna all’infecondi-tà del qualunquismo. E questo è certamen-te il modo peggiore, in assoluto, per dare seguito al Family Day. n

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Barletta, 23 aprile 2015

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Testata N° Moduli Impon. Euro

La Croce #quotidiano 1 (1 X 1) 35,0028 aprile 2015

Data Pubblicazione

Ci mancava solo questa. Il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar Emilia-Romagna che si era dichiarato contrario alle benedizioni pa-squali nelle scuole elementari Carducci e Fortuzzi alle medie di Lavinia

Fontana. Tutto era partito da una ricorso, accolto dal Tribunale amministrativo regionale, promosso da un’associazione di genitori ed insegnanti con cui si chiedeva la sospensione di una delibera del collegio docenti che autorizzava le benedizioni pasquali a scuola durante l’orario extrascolastico.

Davvero stucchevole leggere le reazioni di alcuni insegnanti che adducono alle motivazioni del Tar la loro contrarietà alla sospensione decisa dal Consi-glio di stato: una sentenza che aveva stabilito che i riti religiosi non si poteva-no celebrare nelle scuole ed in tutti i luoghi pubblici. A sostegno di ciò si porta anche il fatto che solo il 10% della popolazione scolastica partecipò l’anno scorso alla benedizione Pasquale.

A Bologna si certifica plasticamente un fatto dominante ormai nel mondo oc-cidentale: escludere la dimensione religiosa dai luoghi di vita pubblica. Bene ha detto l’Arcivescovo Mons. Zuppi: ‘Escludere la dimensione religiosa dalla scuola e pensare di ridurla a una sfera meramente individuale non contribui-sce all’affermazione di una laicità correttamente intesa’. Infatti mi domando: quale fastidio può destare una festività religiosa riconosciuta dallo Stato ita-liano? Perché di questo si tratta: si viola l’art.19 della Costituzione italiana e non si realizza alcuna tutela nei confronti delle festività cattoliche riconosciu-te dalla nostra Repubblica.

I promotori del ricorso al Tar parlano di ‘libera Chiesa in libero Stato’: perfetto. Nessuno chiede di celebrare ogni settimana la Santa Messa in un’aula di una scuola pubblica: quello che si chiede è di potere celebrare il rito Pasquale riconosciuto dallo Stato italiano. Con il massimo rispetto per tutti: infatti le benedizioni pasquali vengono fatte in orario extrascolastico e con la parte-cipazione libera di studenti e famiglie. Altrimenti perché i nostri ragazzi che frequentano le scuole italiane sono a casa durante il ponte Pasquale? Perché si è convenuto che debbano semplicemente riposare? No di certo. Perché lo Stato, la cui architrave costituzionale fu creata da uomini retti e di buon senso dopo la seconda guerra mondiale, ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di ricono-scere ciò che c’era già prima: festività cattoliche e famiglia naturale in primis.

Qui il problema è una altro: sfruttare la stagione dei falsi miti di progresso e delle ipocrite e pretestuose battaglie per i cosiddetti diritti civili per elimina-re il fatto religioso dalla vita pubblica del paese. Non è un caso che, i questi giorni, scoppia anche la polemica per le benedizioni pasquali in Comune a Bologna.

Nelle torri di piazza Liber Paradius, dal 14 al 16 marzo, sono in calendario le benedizioni pasquali per i dipendenti comunali. La protesta parte dall’Uaar giustifica la propria contrarietà col fatto che le benedizioni andrebbero svolte in orario extralavorativo e non negli uffici comunali. A questo punto rivolgo un appello all’Uaar e ai promotori del ricorso al Tar emiliano-romagnolo: perché non imbracciare la battaglia costituzionale di eliminare le festività cattoliche dalla Costituzione italiana invece di rendersi ridicoli con battaglie di retrobot-tega come quelle già messe in campo?

Perché il punto è questo. Si vuole stravolgere il concetto di laicità dello Stato rendendolo sempre più simile ad ateismo di stato. Tutto ciò che a che fare con la fede (cattolica) non può essere ammesso nei luoghi pubblici e nella vita pubblica.

Stessa dinamica vista per le unioni civili: il matrimonio non più come il luogo dei diritti e dei doveri di un uomo ed una donna ma il luogo del desiderio temporaneo di due soggetti contraenti (che rassomigliano sempre di più ad oggetti di quel desiderio). Questo è il mutamento antropologico in corso nel paese ed in tutto l’occidente.

La partita in gioco è dunque grave e di vastità enorme: non possiamo esimerci dal prenderne parte. Per questo Il Popolo della Famiglia a Bologna plaude alla sospensiva del Consiglio di Stato e si farà ‘difensore civico’ di tutte quelle famiglie e dipendenti pubblici che, desiderosi di ricevere le benedizioni pa-squali in calendario, troveranno ostacoli o pressioni indebite esercitate da qualsivoglia associazione locale o nazionale.

La politica ha il dovere di tornare a difendere i propri valori costitutivi e la pro-pria identità incardinata nei principi costituzionali: la libertà religiosa, intesa anche come rispetto delle festività cattoliche riconosciute in Costituzione, va difesa a spada tratta. Compromessi non sono tollerabili. Noi saremo in prima linea a Bologna per questo.

#BOLOGNA | SENTENZA DEL CDS BLOCCA IL TAR:OK ALLE BENEDIZIONI DI PASQUAdi MIRKO DE CARLI

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| Giovedì 10 marzo 2016#quotidiano contro i falsi miti di progresso

di Mario Adinolfi

Ci sono tre fatti che hanno colpito l’opinione pubblica nelle ultime 48 ore e poiché sono un cittadino

come gli altri hanno colpito anche me: l’in-credibile orrore dell’omicidio del Collatino a Roma, con due gay che si strafanno con 1.800 euro di cocaina adescano, violenta-no, torturano e infine uccidono il povero Luca Varani “per vedere l’effetto che fa”; la seconda notizia di cui si parla sui giornali è la compravendita dei voti (davanti alle te-lecamere) alle primarie del Partito demo-cratico, che fa dire persino al navigato Bas-solino “sono disgustato” ed è l’ultimo atto dell’allineamento dei candidati ai blocchi di partenza in vista delle amministrative di primavera; infine, mi colpisce e si di-scute della seconda sentenza consecutiva del tribunale dei minori che legittima la “stepchild adoption” addirittura incrociata, in sfregio al Parlamento che quella norma ha bocciato al momento dell’approvazione (per ora solo al Senato) della legge sulle unioni civili. E stavolta i bambini “swap-pati” sono tre, nella precedente sentenza erano due. Siamo sempre alla logica del “più uno”.

Tre notizie molto diverse, ma che segnala-no tre elementi di forte degrado: il degra-do morale, il degrado politico e il degra-do istituzionale. Gli elementi di degrado morale dell’omicidio del Collatino non c’è neanche bisogno di elencarli, portano all’orrore puro. I segni palesi, vere e pro-prie pustole, del degrado politico hanno fatto scrivere al pur laicissimo Ezio Mauro persino sulle colonne di Repubblica che chi compra e vende i voti “ha perso l’ani-ma”. La vicenda di degrado istituzionale con cui la magistratura si arroga il diritto di sentenziare di fatto contro le deliberazioni del Parlamento in materia di adozione per le coppie omosessuali, dovrebbe essere sottolineata con adeguato allarme, se non fossimo in un paese in cui la lobby lgbt tie-ne in scacco tutta l’informazione.

Che risposta si può dare a questo triplice degrado? Prima di tutto, forse, bisogna porsi la domanda: c’è qualcuno che si pone il problema di fornire una risposta o al de-grado ci siamo, tutto sommato, abituati? E allora facciamo come quei dirigenti del Partito democratico alla Matteo Orfini o alla Lorenzo Guerrini, che fanno neanche la fatica di negare le compravendite dei voti alle primarie napoletano, dicono sem-plicemente che il risultato è quello e chi se ne fotte, gli elementi di degrado sono dettagli. Quindi figuriamoci se storcono il naso quando la magistratura impone per sentenza quello che alcuni senatori “cat-tolici” si vantavano di aver evitato, cioè la stepchild adoption, senza capire che il Parlamento doveva rigettare in toto quella normativa sulle unioni civili, altrimenti le operazioni alla Nichi Vendola sarebbero diventate la prassi, così come le sentenze con lo scambio di potestà genitoriale.

Mentre passeggiavo passando di abbraccio in abbraccio lo scorso 30 gennaio in mezzo al popolo del Circo Massimo pensavo (e poi l’ho scritto su La Croce) che davvero quel-la era l’Italia migliore. Più passano i gior-ni, più ne sono convinto. L’Italia giovane, sorridente, ancorata alla dimensione va-loriale, capace di sostenere i propri valori senza per questo insultare quelli altrui, allo stesso tempo rendendo testimonianza alla verità, è l’Italia che salverebbe l’Italia dal triplice degrado. In questi giorni qualcuno ha accusato me e l’avvocato Gianfranco Amato di aver voluto forzare i tempi sulla nascita di un soggetto politico che potesse esser una casa per il Popolo della Famiglia già dalle prossime amministrative. Riflette-vo sulle notizie delle ultime 48 ore e ho cominciato a pensare che il nostro pec-cato è stato forse l’esatto opposto: aver indugiato troppo. Fossimo stati più corag-giosi e avessimo parlato chiaro già al Circo Massimo, magari avremmo evitato l’appro-vazione di una brutta legge. Invece abbia-mo sperato, anche noi, che lo status quo contenesse gli anticorpi per respingere la malattia del degrado. Ma quegli anticorpi non esistono più, il corpus civilis è ormai privo delle più basilari difese immunitarie. Occorre ricostruirle e occorre farlo subito, a partire dal Popolo della Famiglia.

Non è un cammino che si fa in due, è il cammino di una moltitudine, un cammino che si fa insieme, anche con ruoli distin-

ti. Mi ha colpito molto la modalità con cui padre Livio, su Radio Maria, ha presentato con benevolenza il Popolo della Famiglia, il nostro soggetto politico con cui ci presen-teremo alle amministrative di primavera chiedendo il voto agli italiani, a tutti gli ita-liani, non solo ai cattolici. Padre Livio ci ha dedicato quasi un’ora di programma in cui ha sempre ribadito l’indipendenza di Radio Maria da qualsiasi partito politico, compre-so il nostro, perché lo scopo dell’emitten-te è l’evangelizzazione non la politica. Ma allo stesso tempo ha voluto far sapere ai suoi ascoltatori il buono che c’è nell’inizia-tiva, inviandoci la sua benedizione. Voglio svelare un retroscena: io da più di un anno conduco una trasmissione settimanale su Radio Maria, il Mormorio di un vento leg-gero, eppure non ho mai parlato in vita mia con padre Livio né l’ho mai incontrato. Ci siamo scambiati quattro o cinque email in tutto. Ma quando c’è consonanza verso il Bene, non c’è bisogno d’altro.

Ecco quello di cui abbiamo bisogno per compiere insieme un cammino necessario che risollevi l’Italia dalle secche morali, politiche e istituzionali in cui è andata ad incagliarsi: consonanza verso il Bene, an-che in ruoli distinti, con funzioni distinte. Distinti, ma uniti in questa lotta impari contro il degrado.

Uniti è la parola chiave e lo è certo anche per il Popolo della Famiglia. In tutte le cit-tà emergono candidature degli schiera-menti maggiori e, incredibilmente, non ce n’è una che non si sbracci ad affermare il proprio sostegno alle unioni civili, quando non ai diritti di filiazione e al matrimonio omosessuale. A Milano Stefano Parisi e Beppe Sala fanno a gara a chi è più filo-Lgbt. A Roma i “sette nani” (mi scuseranno i miei competitori per il Campidoglio, ma è intollerabile che il degrado morale che ha spazzato via sindaco e consiglio comuna-le abbia avuto come risposta nell’anno del Giubileo un personale politico così sca-dente e frammentato) sono tutti pro-unio-ni gay. A Napoli De Magistris e la Valente sul tema filano d’amore e d’accordo. A Bo-logna neanche a parlarne. Il Popolo della Famiglia fornisce all’Italia migliore, quella incontrata al Circo Massimo, la possibilità di scegliere e di scegliere come candidato non il solito “meno paggio”, ma uno che sugli impegni assunti dal Family Day sarà conseguente perché li vive come carne e sangue, con la carne e il sangue li ha te-stimoniati.

Ci chiedono quali siano i nostri obiettivi. Il primo è fracassare lo status quo, perché lo status quo ha prodotto disastri. C’è chi scrive che il nostro attivismo ha infastidito qualche parlamentare che pure la batta-glia l’ha fatta. A loro siamo davvero grati, ma allora poi a Roma non si può sostenere un candidato che è a favore delle unioni gay, così si rovina tutto. Serve chiarezza ed anche un pizzico di radicalità positiva. Questo tipo di status quo va movimenta-to e chi crede che senza movimentarlo ci possano essere esiti diversi rispetto al tra-dimento dei senatori “cattolici” verificato-si il 25 febbraio sul ddl Cirinnà, ovviamente si illude. O finge di illudersi perché vecchie camarille e qualche diritto di veto fanno comodo a molti e le “cose nuove” (per usare il vocabolario di padre Livio) fanno paura.

Invece davvero di “cose nuove” c’è biso-gno. E a chi chiede a noi del Popolo della Famiglia che obiettivo ci poniamo, noi ri-spondiamo: quello di muovere il primo pas-so. Varremo più o meno di Giuliano Ferra-ra? Eleggeremo o no consiglieri comunali? Supereremo lo sbarramento a Roma? Non lo so, a Roma penso che meriteremmo di arrivare come minimo al ballottaggio, vista la pochezza delle candidature in campo. Di certo le amministrative del 2016 saranno la prima, ma non l’ultima sfida nelle urne per il Popolo della Famiglia. Poi, la politica è un gioco complesso e noi abbiamo due mesi per mettere a punto alla perfezione la macchina, con risorse economiche pra-ticamente nulle. Ma sentiamo addosso la responsabilità di dare rappresentanza all’I-talia migliore e sentiamo anche la spinta di una moltitudine. Camminiamo insieme, un passo alla volta, distinti nei ruoli se si ri-tiene, ma uniti e nella direzione giusta, per portare l’Italia fuori dal pantano e offrendo una risposta al triplice degrado.

Uniti e nella direzione giusta, il cammino così da doveroso si farà anche piacevole. n

Il Popolo della Famiglia si pone l’obiettivo dichiarato di “fracassare” lo status quo a cui dobbiamo i disastri che sappiamo. Non è impossibile

UN #CAMMINO DA PERCORRERE INSIEME

POLITICA | GENDER A SCUOLA |

di Davide Vairani

Art. 1 comma 16 della legge 107/2015 “La Buona Scuola”: “saranno predi-sposte le linee guida destinate alle

istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado “al fine di orientare le scuole in merito alla educazione alla parità tra i sessi, la preven-zione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensi-bilizzare gli studenti, i docenti ed i genitori sul contrasto della violenza di genere”.

Eravamo a settembre del 2015. Dopo la famosa circolare diramata il 15 settembre 2015 dal Ministro Giannini che cercava di “chiarire” come la legge sulla Buona Scuo-la non prevedesse alcun inserimento della cosiddetta “teoria del gender” nei piani for-mativi, contestualmente si dava ordine di istituire presso il Miur un tavolo tecnico di esperte ed esperti per costruire queste fa-migerate “Linee guida”. Linee guida? Mah, forse, boh, probabilmente. E chi lo sa?

Il Comitato Difendiamo i Nostri Figli ha co-municato recentemente di avere inviato al Ministero della Pubblica Istruzione le pro-poste e le critiche pedagogiche per il ta-volo tecnico che sta lavorando alla stesura delle linee guida relative al comma 16 della legge 107 sulla Buona Scuola. “Nell’ambito di tale discussione di lavoro – si legge nel comunicato – il comitato DNF ha eviden-ziato la necessità che ‘rispetto alle indica-zioni sull’educazione alla Parità dei Sessi, in detto comma contenute, vi sia da parte del Ministero massimo controllo e garanzia, affinché nessuna impostazione di parte in-terferisca con il delicato e nobile sforzo di combattere tutte le forme di discrimina-zione’. È stato anche richiesto che esso ‘si adoperi affinché, per quanto attiene la sfera affettiva di fanciulli e ragazzi, vi sia sempre da parte degli operatori scolastici piena trasparenza nelle azioni educative attuate e preventiva ricerca del consenso informa-to da parte delle famiglie’, conclude poi la nota del Comitato”.

Altro non ci è dato di sapere.

“Il tavolo – annunciava su Facebook il sot-tosegretario Davide Faraone a settembre 2015 – scriverà una prima bozza di linee guida. Poi ci saranno le consultazioni con i referenti delle associazioni. E le linee guida saranno un ausilio e un supporto”. Era stata la stessa circolare ad anticipare la prossima emanazione di «linee di indirizzo generale cui le scuole avrebbero dovuto uniformarsi, ferma restando l’autonomia di ogni istituto di tradurle in azioni “nelle forme e modalità che riterranno più opportune ed efficaci”, definendo le strategie con le famiglie, con il supporto delle associazioni. E in manie-ra roboante proseguiva in una intervista al Sole  24  Ore: “Questa e la prossima setti-mana faremo una call a esperte ed esperti del mondo della ricerca educativa (dunque mondo universitario collegato con la scuo-la) negli ambiti degli studi di genere, del di-ritto e diritti, della pedagogia e della didat-tica delle differenze. Una volta composto il tavolo, i lavori saranno stringenti. Entro uno o due mesi speriamo di avere una bozza di temi e di linee guida. Ma queste linee guida saranno messe in consultazione ai portatori d’interesse: associazioni, mondo della cultu-ra, singoli”. Perché devono essere “una sorta di binario comune, di orizzonte, di obiettivi che sono soprattutto l’attuazione di man-dati legislativi nel campo della conoscenza e della trasmissione dei diritti della perso-na. Rientrano dunque nelle competenze di cittadinanza e fanno parte comunque delle linee guida del curriculo nazionale”.

Sono passati da allora più di cinque mesi e la cosa “curiosa” non è tanto il fatto che non esistano bozze, appunti, note sui lavori di questo benedetto tavolo. Il punto è che non se ne sa proprio nulla. Sembra infatti che si tratti di una sorta di “società segreta”, nascosta, che lavora nell’ombra.

Poche e scarne sono le informazioni che si possono recuperare in maniera trasparente. Si sa infatti che l’organismo è presieduto dal dott. Giuseppe Pierro della Direzione Gene-rale per lo Studente, l’Integrazione e la Par-tecipazione e che è composto da 2 dirigen-ti scolastici e 10 docenti universitari. Il Dr.

Chi c’è nella task force deldr. Pierro di cui non si sa nulla?

Alberto Melloni e Cecilia Robustelli sono gli unici due nomi trapelati. Dire che siano di parte è poco

Pierro è a capo di un dipartimento denomi-nato “Welfare dello studente, partecipazio-ne scolastica, dispersione e orientamento” che, tra i vari compiti ha:

• promozione di iniziative per il Welfare dello studente, diritto allo studio, sus-sidi, diffusione delle nuove tecnologie e rapporti con le regioni e disciplina e indirizzo in materia di status dello stu-dente.

• cura delle politiche sociali a favore dei giovani: azioni di prevenzione e contrasto del disagio giovanile e del fenomeno del bullismo nelle scuole, anche attraverso la promozione di ma-nifestazioni, eventi ed azioni a favore degli studenti; azioni di contrasto del-la dispersione scolastica, favorendo il coinvolgimento e la partecipazione delle famiglie.

• elaborazione di strategie nazionali a supporto della partecipazione respon-sabile degli studenti e dei genitori nell’ambito della comunità scolastica.

• cura dei rapporti con le associazioni degli studenti e supporto alla loro at-tività.

• supporto alle attività del Consiglio na-zionale dei presidenti delle consulte provinciali degli studenti.

• supporto al Forum nazionale delle as-sociazioni studentesche e dei genitori.

• elaborazione delle linee guida naziona-li sulla partecipazione in raccordo con gli Uffici scolastici regionali e con gli enti locali.

• promozione di iniziative per le pari op-portunità, di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne e sull’identità di genere.

• sviluppo e coordinamento sul territorio nazionale della «carta dello studente» e promozione di intese con enti e asso-ciazioni del territorio al fine di agevola-re l’accesso degli studenti al patrimo-nio culturale italiano;

• elaborazione e coordinamento del Piano di azione nazionale per l’orien-tamento allo studio e professionale; promozione del successo formativo e raccordo con il sistema della formazio-ne superiore e con il mondo del lavoro, in raccordo con la Direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l’inter-nazionalizzazione della formazione superiore e la Direzione generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi in-formativi e la statistica, per quanto di competenza.

Chi siano questi esperti del tavolo non ci è dato di sapere. O meglio. Due sono i nomi che sono trapelati dalla “società segreta”: Alberto Melloni e Cecilia Robustelli.

Per carità, nomi con un lungo e ricco cur-riculum. Ma, con tutta onesta, ci paiono un po’ (tanto) di parte.

Alberto Melloni, storico della Chiesa, è noto ormai per le posizioni “progressiste” sul tema famiglia e matrimonio. Non a caso è direttore della Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII di Bologna, l’istituto fondato da don Giuseppe Dossetti e da Giu-seppe Alberigo, che è il cuore pulsante della cosiddetta “scuola di Bologna”, divenuta fa-mosa in tutto il mondo per la sua interpreta-zione del Concilio Vaticano II come rottura e nuovo inizio nella storia della Chiesa. Sono note infatti le aspre polemiche di Melloni contro lo scomparso Card. Biffi di Bologna e (soprattutto) le battaglie contro Papa Be-nedetto XVI e San Giovanni Paolo II proprio sulle tematiche dell’etica e della morale fa-miliare. Melloni è ormai legato a doppio filo con questo Governo. Oltre all’incarico di cui sopra, dalla scorsa primavera è stato incari-cato di coordinare presso lo stesso ministe-ro la neonata “Commissione sul pluralismo, la libertà e lo studio delle scienze religiose nella scuola”.

Fin qui nulla di male. Peccato che la tesi di

Melloni consista nel negare che la famiglia sia fondata sul matrimonio finalizzato alla procreazione dei figli. La qualità della fa-miglia si misura dalla qualità della relazione instaurata nella coppia: la generatività alla vita non sarebbe per lo storico della Chie-sa un elemento fondante il matrimonio. Lo ha dichiarato più volte e lo sostiene in un libro recentissimo intitolato “Amore senza fine amore senza fini” (Il Mulino, 2015) che ha come sotto-titolo: “Appunti di storia su chiese, matrimoni e famiglie””. Famiglia e matrimonio come li intende la Chiesa non sono enunciato biblico, argomenta, e nem-meno evangelico. Anzi, Gesù “relativizza” proprio quei valori che millenni dopo diven-teranno “non negoziabili”. Anche il mantra della famiglia “cellula della società” sareb-be a suo dire moderno e di “origine secola-re”, non evangelico. È la monarchia assoluta francese a scrivere che i “matrimoni sono il seminativo degli stati, la fonte e l’origine della società civile e il fondamento delle fa-miglie”.

Cecilia Robustelli è una accademica, Do-cente presso l’Università di Modena e Reg-gio Emilia in Studi Linguistici e Culturali. Tra i numerosi testi che ha prodotto, ne abbiamo preso uno tra i tanti che si intitola “Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo”, promosso dalla Regione Toscana alcuni anni fa. Si legge: “Il concetto di genere rimanda alla costruzione storica delle rappresentazioni sociali e delle identi-tà maschile e femminile, correlate a modelli di relazione, ruoli, aspettative, vincoli e di-verse opportunità. Le differenze di genere riguardano la posizione relativa assegnata al

maschile e al femminile nell’organizzazione della vita e del lavoro. A oggi, persistono rappresentazioni e autorappresentazioni delle donne che riproducono gli stereotipi legati ai ruoli tradizionali, contribuendo a ostacolare e delimitare il ruolo della donna nell’ordine familiare e sociale. Ci rendia-mo conto che nel parlare di linguaggio di genere si dovrebbe far riferimento oltre a scelte grammaticali e lessicali di parole già esistenti, oggetto di questo volume, anche a dissimmetrie semantiche fondate su ste-reotipi, polarizzazione semantica, identifi-cazione della donna attraverso l’uomo o la professione al momento non prese in con-siderazione”.

L’idea di “genere” e di “parità” della Robu-stelli ci paiono fortemente distorti e, in ogni caso, per nulla difformi dalla neo-lingua usata dalla lobby Lgtb.

C’è un altro passaggio che merita atten-zione. Parlando degli anni ’70, la Robustelli scrive: “Proprio in quel periodo, il concetto di parità subiva una profonda rilettura grazie all’introduzione anche in Italia del concetto di gender, elaborato negli USA: con gender ‘genere’ si intende l’insieme della caratteri-stiche socioculturali che si accompagnano alla appartenenza all’uno o all’altro sesso. Per ottenere la parità di diritti fra uomini e donne non era più necessario cancellare le differenze tra uomo e donna e rendere la donna “uguale” all’uomo ma, al contrario, si chiedeva di riconoscere le differenze di genere e di impegnarsi per la costruzione dell’identità di genere. E giacché dal punto di vista dell’importanza nella società, delle posizioni lavorative e istituzionali occupa-te, del riconoscimento dei diritti, la bilancia pendeva pesantemente dalla parte maschi-le, era necessario riequilibrarla valorizzando il genere femminile, fortemente discrimina-to. Al linguaggio fu riconosciuto subito un ruolo potente in questo processo: era an-zitutto necessario cominciare a affermare

la presenza delle donne attraverso un uso della lingua che le rendesse “visibili” per poter poi riconoscere le differenze di gene-re. Abitudini linguistiche alle quali non era stato mai dato grande peso, come l’uso di termini maschili in riferimento alle donne o di stereotipi negativi, si caricarono quindi di un significato “sessista”: le donne doveva-no essere riconosciute attraverso l’uso del genere femminile. Un passo fondamentale verso l’affermazione dell’identità di gene-re della cultura delle pari opportunità, due obiettivi fondamentali dello sviluppo so-ciale e dei processi educativi testimoniati anche dalla Direttiva del Consiglio dei Mini-stri 27.3.1997 - Azioni volte a promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, fu rappresentato dal riconoscimento del linguaggio come uno strumento di azio-ne politica all’interno del processo ormai avviato per la realizzazione della ‘parità di

fatto, cioè a dire l’uguaglianza delle possibi-lità di ciascun individuo di entrambi i sessi di realizzarsi appieno in ogni campo’. Rientra in questo processo politico-culturale il lavo-ro di Alma Sabatini Il sessismo nella lingua italiana, promosso dalla Commissione Na-zionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna e dalla Presidenza del Consi-

glio dei Ministri, che si richiamavano al pro-gramma di governo presentato alla Camera il 9 Agosto 1983 dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Oggetto di analisi del lavoro di Sabatini è denunciare che ‘la lingua italiana, come molte altre, è basata su un principio androcentrico: l’uomo è il parametro intorno a cui ruota e si organizza l’universo linguistico’ (A. Sabatini 1987: 24) e che proprio le dissimmetrie grammaticali e semantiche che punteggiano il linguaggio lo rendono, nella generale inconsapevolez-za del parlante, ‘sessista’. La riduzione di questo lavoro a poche e succinte indicazio-ni operative da parte dei media non ha reso ragione al suo spessore culturale, alla sua profondità di contenuto e alle acute capa-cità critiche che in esso si riflettono, tutte qualità per le quali se ne consiglia calda-mente la lettura integrale”.

Ci piacerebbe molto conoscere i nomi e i curricula degli altri esperti del tavolo e (so-prattutto) potere conoscere lo stato dell’ar-te, le valutazioni fatte, le bozze.

Su un tema come questo, che coinvolge pri-ma e anzitutto i genitori (e non la scuola), sarebbe davvero troppo chiedere traspa-renza?

Può darsi che siamo noi ad essere un po’ distratti e se così fosse ce ne scusiamo fin d’ora. Ma si da’ il caso che dopo due ore di navigazione internet nei meandri dei siti istituzionali preposti (e non solo) altre infor-mazioni oltre a quelle che vi abbiamo ripor-tato non se ne trovano.

Qualche anima buona prova a chiedere lumi direttamente al Dr. Giuseppe Pierro della Direzione Generale per lo Studente, l’Inte-grazione e la Partecipazione?

Scriviamo insieme a questa e-mail: [email protected]. Domandare è lecito. n

Giuseppe Pierro (classe ’77, laurea in Scienze della comunicazione) dirige una

squadra segreta che avrebbe dovuto sfornare le “linee guida”

del Miur sul gender

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Giovedì 10 marzo 2016 |#quotidiano contro i falsi miti di progresso

“Luca” è un amico ed è un ragazzo splendidamente dotato, ma vive con un sordo risentimento le resistenze che avverte in uno spesso (benché silenzioso) strato dell’opinione pubblica nei confronti del suo orientamento sessuale. È gay, ed ha accolto la vulgata secondo la quale la sua infelicità deriverebbe dal giudizio della società. Un’amica gli scrive cuore a cuore

Lettera ad un mio caro #amico omosessuale

di Cristiana Cattaneo

Caro Luca, ti so un ragazzo brillante, capace di far uso della tua istruzione e dell’in-

telligenza, ma… attento ché si tratta di strumenti, che vanno governati e condot-ti… lasciati a briglia sciolta si incanalano nei tracciati già disposti e facili a percorrersi, sia esterni che interni… perché il ragiona-re e il dibattere non siano sofistici occorre innanzitutto che la nostra fame d’ideali non si contenti… dei fast food dell’industria cul-turale…

Da un po’ vedo che il nostro dibattito a pro-posito della discussa legge Cirinnà assume la forma di una partita di pingpong, dove le posizioni non si confrontano, ma si con-trappongono. Hai ragione là dove dici che occorrerebbe un incontro personale, dove l’intero sentire e l’intero studio si mette in campo attraverso la persona, appunto. Lo stallo è totale se (sulla base dell’orribile modello del falso dibattito televisivo) non si approfondisce il campo delle intenzioni, dei presupposti, dei percorsi e delle finali-tà. Insomma se non si accede a un livello critico-filosofico.

La legge ora in qualche modo pasticciato e per tutti insoddisfacente è passata, ma, presentandosi quanto meno come un gro-viglio di incostituzionalità, il dibattito è de-stinato a proseguire. Quanto ai cittadini, è senz’altro bene che il dibattito continui, per non accettare bovinamente quello che vuol essere imposto. Quindi proseguo nell’argo-mentazione, ma propongo uno spostamen-to di piano.

Nel nostro caso è chiaro che tu fai conti-nuamente riferimento a informazioni che vengono dalla sfera mediatica ufficiale, la quale è uniformemente indirizzata verso un obiettivo unico che non solo oscura e ostacola informazioni diverse, ma presenta le sue prove e i suoi ragionamenti amman-tandoli dell’autorità che il mondo comune automaticamente riconosce: l’unanime consenso, la scienza, il diritto.

1) Proprio questo coro mediatico (tipico delle dittature) è già sospetto, e di per sé giustifica appieno l’espressione Lobby, at-tribuita al movimento LGBT, espressione che tu contesti. Ma com’è che una mino-ranza di per sé di scarsa incidenza sociale ha acquisito nel corso degli anni un potere così forte da influenzare pesantemente le politiche degli stati occidentali, al punto da richiamare su di sé un’attenzione prioritaria e spropositata proprio in tempi gravati da ben altre difficoltà e pericoli? Di quali fi-nanziamenti gode per affermarsi come fos-se una maggioranza, convogliare l’opinione pubblica e imbavagliare il mondo legato ai valori, diciamo così, tradizionali? Lo sai che tutto ciò è legato all’ideologia del gender (di cui spesso si nega persino l’esistenza)? Lo sai che essa è fatta propria dall’OMS e dall’ONU e da molti anni viene imposta

come contropartita agli aiuti agli stati, chia-miamoli così, in via di sviluppo? Lo sai che tutto ciò passa da decenni ormai attraverso il potere delle organizzazioni non governa-tive, i cui funzionari non sono eletti, dunque decidono al di fuori del dibattito e del con-trollo democratico? Informati per esempio attraverso il libro di una nota e autorevo-le osservatrice internazionale, di indubbia competenza e correttezza: Marguerite Peeters, Il gender. Una questione politica e culturale, San Paolo, Cinisiello Balsamo 2012. La domanda più interessante è poi: cui prodest? Cioè: chi finanzia e perché? Ce lo siamo domandati a lungo, ma poi ci sia-mo arrivati, perché un vecchio marxista non ci mette poi molto a fare dei conti, o, come diceva Pasolini, a sapere in base al lavoro dell’intelletto. In ogni caso il gioco è oramai abbastanza scoperto: hai dato un’occhiata alla baby fiera di Bruxelles, cuore dell’Euro-pa secolarizzata…?

2) Dunque l’unanime consenso è un ingan-no della costosa grancassa mediatica. Sap-pi comunque che risponde a una strategia ormai quasi trentennale che ha prodotto all’epoca il suo manifesto con un manuale di tattica politica del movimento omoses-sualista, che ottenne un enorme successo e si pose negli USA come modello di marke-ting per la rivoluzione omosessuale. Gli au-tori erano un neuropsichiatra e un esperto in tecniche persuasive: M. Kirk, H. Madsen, After the Ball: How America Will Conquer Its Fear& Hatredof Gays in the 90s, Penguin Books, New York 1990. Non mi dilungo, li-mitandomi a segnalare quanto istruttivo sia il programma, ma ancor più le indicazioni tattiche, che ancora e più che mai tutti ci coinvolgono come massa da ingannare o demonizzare. Tanto valga a incuriosirti su quanto poco ci sia di spontaneo e popolare in tutto questo interesse. E, a questo pro-posito, tu, diplomato in scienze sociali, non disdegnerai certamente di informarti sulla Finestra di Overton, sulle strategie e tecni-che ingegneristiche di programmazione dei cambiamenti del pensare sociale.

3) Quanto alla scienza, essa è asservita e asservibile quanto ogni altra entità che vive nel mondo. Di essa si può dire - come della Chiesa o di ciascuno i noi - semper refor-manda. Ma è pure da molto tempo oggetto di critica, essendo chiaro che gli interessi che dall’esterno la dominano, e sempre più ne orientano gli esiti tecnologici, sono estranei a un sapere di verità, volto allo stu-pore e alla lode.

Non solo è naturale, ma è un fatto che si fa presto a dire “scientifico” se si vuole accre-ditare un’idea. Anche Stalin professava un marxismo scientifico.

Ora, riferendosi ai media, si capisce che viene accreditata la scientificità di studi e ricerche favorevoli all’ideologia che si vuo-le imporre. E qui, se non ci si documenta presso altre fonti, si cade nel tranello. Un solo esempio: gli studi di una ricercatrice

dichiaratamente lesbica, Charlotte Patter-son, sull’incidenza della famiglia omoses-suale sulla salute psichica dei figli, danno risultati favorevolissimi, ampiamente cele-brati e richiamati da tutta la stampa. Pec-cato che si oscurino o screditino le polemi-che in seno al mondo scientifico reale, sulla base di rilievi non di poco conto relativi alla correttezza delle indagini e al rispetto dei protocolli. Inoltre viene taciuto che già nel 1997 la dott. Patterson era stata condan-nata da una Corte degli Stati Uniti per frode rispetto ai risultati di una ricerca analoga, di cui si è sempre rifiutata di produrre la do-cumentazione. Altri studiosi lavorano alla questione, spesso ben più correttamente, ricavandone risultati piuttosto allarmanti. Come può giudicare del valore scientifico il comune lettore? È chiaro che sarà condotto dalla corrente più potente.

Così avviene da anni sui vari versanti delle scienze, dalla biologia alla psicologia alla sociologia: un uso addirittura sfacciato del-le varie discipline in funzione ideologica. In merito consiglio di consultare almeno il se-guente testo: Tony Anatrella, La teoria del gender e l’origine dell’omosessualità, San Paolo, Cinisiello Balsamo 2013.

Aggiungo che i due capisaldi del pensiero del gender che sottende le rivendicazioni del mondo omosessuale sono rappresen-tati dalle ricerche di Alfred C. Kinsey e di John Money, suo discepolo. Il primo, che dà nome al famoso Rapporto che intendeva cambiare la sessualità degli Stati Uniti, è stato ampiamente smentito dalla comuni-tà scientifica per la non validità delle sue ricerche, condotte in modo tendenzioso fondamentalmente nelle carceri e intervi-stando condannati per reati sessuali, e poi estendendo all’intera popolazione i suoi clamorosi risultati. Anche questa è una sto-ria molto interessante da esplorare. Quan-to al secondo, anch’egli fanatico, come il maestro, di ogni libido scatenata, è famo-so e ancor oggi citato, da alcuni come un luminare, per la sua falsa dimostrazione della prevalenza dell’educazione sulla con-figurazione biologica nel processo di iden-tificazione sessuale. Ricerca condotta con metodi rivoltanti su una coppia di gemelli maschi, e che è costata non solo il rifiuto di quello destinato a diventare femmina, ma il suicidio di entrambi in età adulta… leg-gere l’indagine preziosa, documentatissima e mai smentita di J. Colapinto, Bruce, Bren-da, David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza, San Paolo, Cinisiello Balsamo 2014. Ebbene, questi due colossali malfat-tori rappresentano un punto di riferimento ammantato di scientificità per il movimen-to LGBT e i suoi sostenitori, non solo quel-li legittimamente ignoranti in materia, ma anche pluridecorati professori lesti ad ag-grapparsi al carro vincente.

Mi limito su ogni argomento, come vedi, e non rimproverarmelo, a cenni esemplifica-tivi e bibliografici minimi, tanto per segna-lare che ce n’è molto da indagare sotto la superficie.

4) Veniano al tema dell’adozione che ti sta a cuore. (Anche se è stato stralciato, questo è un punto imprescindibile nelle intenzioni dei sostenitori della legge, che riguarda in specifico le nuove frontiere del capitalismo senza scrupoli molto più di pochi gay usati come ariete). Posto che l’adozione a cui si

pensa non riguarda neppur lontanamente i bimbi orfani in attesa negli istituti (al ri-guardo sarebbe demenziale partire dall’e-stensione dei diritti matrimoniali a 7591 coppie omosessuali, di cui una ben minima parte interessata al matrimonio, anziché partire dai bimbi stessi, attuando cioè una revisione delle norme che permetta più estesamente di adottare, come da tempo richiesto da coloro a cui sta a cuore la loro sorte, ma che non hanno potere, né risonan-za mediatica). Posto che non è certo questo in ballo, si tratta in verità dell’estensione di un falso diritto, quello di avere figli, che im-plica necessariamente l’uso strumentale di altre persone (vedi in proposito la presa di posizione di una miriade di intellettuali, ma sparpagliati in stitiche notiziole sui giornali, e delle femministe di tutto il mondo riunite recentemente a Parigi). Un falso diritto che implica la mercificazione dei bambini e la loro disponibilità ai capricci degli adulti. I capricci tirannici sono stati nel corso della storia riservati e confinati ai potenti (non tutti certamente vi si sono abbandonati): cosa succede se la biotecnologia si mette al servizio di una capricciosità di massa? Non potrò mai dimenticare l’episodio di ormai diversi anni fa (quando tanto ci si sbracciava sulla fecondazione assistita e artificiale) di quella donna ossessionata dal desiderio di un figlio, che prodigò ostinata-mente mezzi e tentativi inseguendo il suo sogno di maternità, finché riuscì a rimanere incinta. Dopo due mesi dal parto, strangolò il bambino che tanto tradiva, coi suoi pianti ed esigenze, l’immagine del sogno.

Mica tutti fanno così… certo che no, ma una creatura concepita come un diritto, costru-ita e pagata (per ora dai ricchi, ma presto verrebbero i finanziamenti bancari per i meno abbienti, ma altrettanto viziosi), alle-vata ben poco dai paparini alla Elton John e compagni… non riesco proprio a immagi-nare come venga rispettata nel suo fonda-mento di alterità e autonomia. Autonomia e alterità già compromesse all’origine dalla negazione di sua madre (o suo padre). Il grande poeta Gibran dice: i figli non sono nostri … sono come frecce che ci attraver-sano… ma se sono prodotti commerciali, al massimo possiamo riconoscerli come tutti gli altri vari attributi della nostra vanità.

5) Si parla tanto di affettività, e purtroppo solo di questo i cattivi psicologi si pascono e tutto vi imperniano, ma anche di ciò ab-biamo, scusa l’espressione, la tasche piene.

Posto che l’affettività è un’espressione fondamentale della persona, che può rivol-gersi a chiunque e a qualunque cosa, e che nel mondo secolarizzato si chiama amore quando è unita all’erotismo, e posto che l’e-rotismo dissociato dal complesso della per-sona e delle sue relazioni (come si usa fare e pensare da Freud in avanti) può assumere qualsivoglia forma e riversarsi su qualunque oggetto, posto tutto ciò, va escluso che la legislazione debba occuparsi di legittimare l’affettività; tanto varrebbe che legittimas-se l’appetito. Essa piuttosto deve regolare e garantire rapporti utili e convenienti alla società nel suo insieme, in vista del bene comune, e sanzionare o perseguire i com-portamenti ad esso bene lesivi (al legislato-re e ai saggi stabilire norme e confini). Col che però cade ogni giustificazione di equi-parazione di unioni varie col matrimonio, garantito dalla legge non in virtù dell’amo-re reciproco (per quanto auspicabile), ma in quanto vincolo fecondo di riproduzione umana, educazione e cura della prole, di cui la famiglia si fa carico, oltre che porsi nei confronti dello stato moderno come unità produttiva. Unità riproduttiva e produttiva, insomma, base, in qualunque tempo e in qualunque suo statuto, di ogni convivenza civile. Non una unità di diritti, ma di funzioni e doveri, che proprio per questo dovrebbe essere sostenuta e tutelata in un vero con-testo di civiltà.

Inutile accampare le crisi, le difficoltà e i drammi che sempre più sorgono in seno alla famiglia: leggerli in chiave di estinzione del suo ruolo è fare il gioco del profitto, che attraverso la confusione, lo scandalo, l’esal-tazione dell’egoismo frantuma le comunità e le autonomie che si oppongono natural-mente alla penetrazione del consumismo. Mai come oggi, in tempi di crisi economica e morale, la famiglia, tanto colpita e muti-lata, mostra la sua importanza nella tenuta sociale, fatta di solidarietà, sforzo alla sussi-stenza, resistenza alla deriva nichilistica. Se ogni unione è matrimonio, nulla è matrimo-

nio e tutto è lecito. Anche semplicemente la pedofilia, che già organizzata in miriadi di associazioni da tempo preme per una sua normalizzazione e legalizzazione. Control-la il caso del nuovo DSM, tante sentenze sparse, le rivendicazioni autorevoli. Leggi gli scritti di Paolo Mieli, che dà il nome a un’autorevole associazione gay romana, e il manifesto gay di Michael Swift…

6) Il diritto individuale non ha in se stes-so fondamento, non foss’altro, come dice Simone Weil, perché poggia sul dovere di qualcun altro. Cioè: prima c’è il dovere (con buona pace di quelli dell’Ottantanove!). Privo di fondamento, ma messo a fonda-mento, frana di continuo riproducendosi di passo in passo, secondo la logica del: per-ché non io? Perché non quest’altro? Non porta né limite, né misura, ma si riproduce in cerca di una totalità che lo giustifichi.

Ti rappresento così uno dei più gravi frain-tendimenti e problemi filosofici del nostro tempo. La chiave ideologica che ha carat-terizzato la storia recente prima in con-trapposizione, poi in sostituzione di quella relativa alla giustizia sociale. In questo pas-saggio poi si consuma la deriva e la decom-posizione della sinistra. Ti apparirà subito che il discorso è lungo e complesso, richie-de critica filosofica sia storica, sia politica, sia giuridica… Ma tanto basti a porre cau-tele nell’accampare con disinvoltura il con-cetto di diritto come sigillo dell’assoluto e dell’indiscutibile. Ti segnalo una maestra di pensiero: Simone Weil, La prima radice, SE, Milano 1190; ma anche: Vittorio Possenti, La rivoluzione biopolitica, Lindau, Torino 2013.

7) Quanto all’omosessualità in sé, io non mi ero mai occupata prima d’ora della questio-ne, ma ogni cosa che vedo e sento, com-preso il chiasso aggressivo e volgare impe-rante, mi parla di umanità ferita.

Fa male a tutti rimuovere che l’omosessua-lità reale genera sofferenza, in se stessa, non in rapporto a un’eventuale non accet-tazione sociale. Con buona pace di tanta letteratura che asseconda lo sforzo strate-gico della categoria di darsi un look rassi-curante e normale. Anche per ciò rimando a studi profondi e umanamente consapevoli, come il già citato: Tony Anatrella, Il regno di Narciso, San Paolo, Cinisiello Balsamo2014. Ma anche alle testimonianze di tanti omo-sessuali onesti e coerenti, che si battono contro le derive ideologiche consumiste e trionfaliste imperanti. Essi riconoscono la loro intima sofferenza, radicata nell’impos-sibilità di riconoscere ciò che è differente da sé; come riconoscono la violenza in-trinseca all’amore omosessuale, un amore impedito dal narcisismo e che si intride di desiderio di annullamento. Per tutti valga il riferimento a Philippe Ariño, Omosessualità controcorrente, Effatà, Cantalupa 2014.

Ecco, mio caro, tutto questo per dirti che:

1) l’informazione va perseguita, specie di questi tempi, e non solo ricevuta (il che ri-chiede studio e pazienza);

2) ogni passaggio apre vasti territori che vanno esplorati in proprio, mettendosi in rapporto con gli esploratori precedenti che hanno variamente costituito delle mappe (il che richiede curiosità e umiltà);

3) bisogna criticamente porsi le questioni sulle premesse (ricognizioni storiche e filo-sofiche) e gli obiettivi, nonché individuare i soggetti occulti (ci vuole consiglio e di-ligenza);

4) individuare il quadro culturale e filoso-fico che sorregge quanto sta avvenendo e a cui implicitamente e acriticamente il mondo del si dice fa riferimento (occorre distacco e coraggio);

5) capire e immaginare anche con l’intel-ligenza del cuore dove portano certe tra-sformazioni (questo lo chiamerei impegno sapienziale).

Non a caso gli indiani d’America, di fronte a ogni questione importante, riflettevano su quale impatto le decisioni che si profi-lavano avrebbero avuto nell’arco di due ge-nerazioni. Piuttosto rinunciavano a un bene immediato. Pensiamo ai bambini costruiti, e ai loro figli. n

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| Giovedì 10 marzo 2016#quotidiano contro i falsi miti di progresso

In quel tempo, Gesù disse ai giudei:«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la te-

stimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonian-za alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete cre-dere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi ac-cusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

<><><><><><><><><>< Giovanni 5,31-47

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Ronchi: l’avidità del clero ferisce il popolo

di Raffaele Dicembrino

Rinviato l’appuntamento con l’udien-za generale in Piazza San Pietro con Papa Francesco. Ma nessun proble-

ma si tratta di un rinvio previsto a causa dell’assenza del Pontefice “in trasferta” ai Castelli Romani. Proseguono infatti gli esercizi spirituali di Papa Francesco con la Curia Romana presso la Casa Divin Pastore ad Ariccia. Stanno destando notevole inte-resse le meditazioni di padre Ermes Ron-chi, durante le quali il prelato ha ricordato come “Gesù non sia moralista” ma “Siamo noi che abbiamo moralizzato il Vangelo”.

“Ciò che ferisce di più il popolo cristiano – ha osservato padre Ronchi – è l’attacca-mento del clero al denaro”, mentre “ciò che lo fa felice è il pane condiviso”.

“Ci sono persone così affamate che per loro Dio non può avere che la forma di un pane. Essere vivi è avere fame”. E se lo sguardo si allarga, ecco la fame di mas-sa, “l’assedio dei poveri”, milioni di mani tese che chiedono qualcosa da mangiare, non chiedono “una definizione religiosa”. Quindi l’analisi al Vangelo concernente la moltiplicazione dei pani e dei pesci: i di-scepoli reclamano di congedare la folla perché vada a sfamarsi, Gesù replica di dare loro stessi da mangiare e, all’obie-zione dei Dodici sull’entità della spesa, la richiesta del Maestro: “Quanti pani avete? Andate a vedere”. Gesù “è molto pratico”, domanda di “fare il conto”, e non finisce di domandarlo: “L’operazione di verifica è chiesta a tutti i discepoli anche oggi, a me: quanto hai? Quanti soldi, quante case? Che tenore di vita? Andate a vedere, veri-ficate. Quante macchine o quanti gioielli sotto forma di croci o anelli? La Chiesa non deve aver paura della trasparenza, nessu-na paura della chiarezza sui suoi pani e i suoi pesci, sui suoi beni. Cinque pani e due pesci”.

“Con la trasparenza si è veri. E quando sei vero sei anche libero”. Come Gesù, che “non si è fatto comprare da nessuno” e “non è mai entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero”. Quando non si ha, evidenzia padre Ronchi, si cerca di tratte-nere, come quegli Ordini religiosi che pro-vano a gestire i beni come se ciò potesse produrre quella sicurezza erosa dalla crisi delle vocazioni. Invece, la logica di Gesù è quella del dono. “Amare” nel Vangelo si traduce in un verbo asciutto: “dare”. Il miracolo della moltiplicazione dice que-sto, che Gesù “non bada alla quantità” del pane, ciò che vuole è che quel pane sia condiviso: “Secondo una misteriosa regola divina: quando il mio pane diventa

il nostro pane, allora anche il poco diven-ta sufficiente. E invece, la fame comincia quando io tengo stretto il mio pane per me, quando l’Occidente sazio tiene stretto il suo pane, i suoi pesci, i suoi beni per sé (…) Sfamare la terra, tutta la terra, è possi-bile, c’è pane in abbondanza. Non occorre moltiplicarlo, basta distribuirlo, a comin-ciare da noi. Non servono moltiplicazioni prodigiose, ma battere il Golia dell’egoi-smo, dello spreco del cibo e dell’accumulo di pochi”.

Quindi il sacerdote ha specificato: “Date e vi sarà dato e riceverete una misura scossa pigiata traboccante...”. In questa promes-sa di Gesù è contenuta, ripete padre Ron-chi, “la misteriosa, immensa economia del dono e del centuplo, che spariglia ogni bi-lancio”. Questo “mi conforta – ha aggiunto – perché mostra che la verità ultima segue la logica del dono, non quella dell’osser-vanza”. E la “domanda ultima sarà: hai dato poco o hai dato molto alla vita”. “Da que-sto dipende la vita, non dai beni”.

E bastano cinque pani donati per cambiare il mondo: “Il miracolo sono i cinque pani e i due pesci che la Chiesa nascente mette nelle mani di Cristo fidandosi, senza calco-lare e senza trattenere qualcosa per sé e per la propria cena. È poco ma è tutto ciò che ha, è poco ma è tutta la cena dei di-scepoli, è una goccia nel mare, ma è quella goccia che può dare senso e può dare spe-ranza alla vita”.

Come non rammentare anche che in occa-sione della Festa della Donna si è rievoca-to l’episodio in cui una donna peccatrice entra in casa di Simone il fariseo. “Nella cena a casa di Simone il fariseo va in scena un conflitto sorprendente: il pio e la pro-stituta; il potente e la senza nome, la legge e il profumo, la regola e l’amore a confron-to – ha spiegato padre Ermes – Gesù per tutta la sua esistenza insegnerà lo sguar-do non giudicante, includente, lo sguardo misericordioso. (…) Gesù non è moralista, mette al centro la persona con lacrime e sorrisi, la sua carne dolente o esultante, e non la legge.

Siamo noi che abbiamo moralizzato il Van-gelo” ha sottolineato nella meditazione di Ariccia con Papa Francesco Padre Ermes. “Che cosa ci fa così paura che dobbiamo prendere le distanze da questa donna e dalle altre? Gesù era sovranamente indif-ferente al passato di una persona, al sesso di una persona, non ragiona mai per cate-gorie o stereotipi. E penso che anche lo Spirito Santo distribuisca i suoi doni senza guardare al sesso delle persone”.

Sullo scottante argomento come non ri-cordare le parole di Papa Francesco del novembre 2015: «Anche nella Chiesa c’è chi, invece di servire, si serve della Chie-sa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. È triste dirlo, no?». Il Papa non teme di denunciare la «Chiesa affarista» abitata anche da chi cede alla «tentazione di una doppia vita. La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la te-stimonianza della povertà. Se un creden-te parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare».

Ed ancora il ricordo delle parole di Mon-tini: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei te-stimoni», ricordava Paolo VI.

Nel suo essere “testimone radicale”, da Papa, Francesco in questo specifico senso

di Giuseppe Brienza

«Della fede, i sacramenti sono l’espressione, il frutto, il dono più alto e prezioso. Ma oggi la

fede appare sempre più una sorta di brodo indeterminato e rimescolato dalle scel-te a volte fin troppo arbitrarie e personali di alcuni sacerdoti, dalla molta presenza dell’uomo ma poca presenza di Dio nelle chiese». Questa è la dichiarazione d’amore e, insieme, la “protesta” dell’ultimo libro del teologo e liturgista Don Nicola Bux, “Con i Sacramenti non si scherza”, appena uscito con una “Introduzione” di Vittorio Messori per le Edizioni Cantagalli (Siena 2016, pp. 256, € 18).

Il libro sarà presentato a Roma, a Palaz-zo della Rovere (Hotel Columbus, via del-la Conciliazione 33), mercoledì 6 aprile alle ore 17.30, alla presenza del cardinale Raymond Leo Burke, già prefetto del Supre-mo Tribunale della Segnatura apostolica ed attualmente membro della Congregazione delle Cause dei Santi e Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, e il cardinale Ro-bert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino nominato nel 2013 da Papa Francesco. Oltre ai due alti prelati, ter-rà una relazione anche l’economista Ettore Gotti Tedeschi e, durante la tavola rotonda, è prevista la presenza di Guillaume Ferluc, corrispondente del giornale francese “Paix Liturgique” e Paolo Rodari vaticanista di Re-pubblica.

Il libro di Don Bux, per ognuno dei sette sacramenti, offre una spiegazione chiara e appassionata del rispettivo significato, della storia, ma anche delle deformazioni, degli equivoci, delle aggiunte o sottrazioni che oggi minacciano i sette “segni efficaci”. Dunque, una catechesi in uno stile che sa essere al contempo chiaro e divulgativo, se-guita da un utile “manuale per l’uso”.

Nicola Bux è sacerdote e docente della dio-

cesi di Bari, “romano” per studi teologici ed orientalistici. Ha dedicato vari libri “liturgi-camente scorretti”, alcuni tradotti anche in varie lingue, fra i quali, per Piemme, “Come andare a messa e non perdere la fede” e “La riforma di Benedetto XVI” e, per Cantagalli, “Gesù il Salvatore” e “I misteri degli Orien-tali”. Professore di liturgia orientale e di te-ologia dei sacramenti presso la Facoltà Teo-logica Pugliese, Don Bux è anche consultore in Vaticano nelle Congregazioni delle Cause dei Santi e per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. n

COI SACRAMENTI NON SI SCHERZAPAROLA DI DON NICOLA #BUX

«Ciò che ferisce di più il popolo cristiano – ha detto Ermes Ronchi predicando gli esercizi spirituali al Papa – è l’attaccamento del clero al denaro; ciò che lo fa felice è il pane condiviso». Il predicatore ha pure messo in guardia da certo moralismo che tende a proporsi come un distillato del Vangelo mentre invece ne è una degenerazione: «Siamo noi che abbiamo moralizzato il Vangelo»

considera importante e giusto applicare quanto proprio il Concilio Vaticano II chie-de a ogni presbitero. Il decreto Presbyte-rorum ordinis (“Il ministero e la vita sacer-dotale”). Discusso, votato e approvato il 7 dicembre 1965, il paragrafo 17 ha questo titolo: «Distacco dai beni terreni e povertà volontaria da ricercare». I preti, scrivono i padri conciliari, si accontentino del neces-sario e «il rimanente sarà bene destinarlo per il bene della Chiesa e per le opere di carità». A qualunque incarico siano de-stinati, non ne traggano alcun vantaggio economico per sé e la propria famiglia: «I sacerdoti, senza affezionarsi in modo al-cuno alle ricchezze, debbono evitare ogni bramosia e astenersi da qualsiasi tipo di commercio».

La stessa decisione di Francesco di siste-marsi a Santa Marta va in questa direzione: la sua scelta è un’adesione radicale, essen-do lui il Papa, a quanto il Concilio ricorda a presbiteri e vescovi: «Vedano di eliminare nelle proprie cose ogni ombra di vanità. Si-stemino la propria abitazione in modo tale che nessuno possa ritenerla inaccessibile, né debba, anche se di condizione molto umile, trovarsi a disagio in essa». Santa Marta, insomma.

Sono concetti che ritornano, nel magiste-ro della Chiesa. Basta ricordare Sovvenire

alle necessità della Chiesa, documento Cei del 1988, che parla appunto del denaro e del rapporto dei fedeli laici e del clero con esso. La parola trasparenza vi ritorna più volte. Ai preti, in particolare, ricorda: «Oc-corre “lasciare tutto” davvero, comprese le ansietà sfiduciate e la ricerca di sicurez-ze per vie che non sono evangeliche» (16).

Vent’anni dopo, il documento Cei Sostene-re la Chiesa per servire tutti ripete ai preti: «La nostra disponibilità personale a una vita sobria e autenticamente evangelica rafforzerà la credibilità alla nostra opera educatrice». n

Autore di libri “liturgicamente scorretti” (“Come andare a

messa e non perdere la fede”) e consultore di più congregazioni romane, spiega ragioni, usi e

abusi di ogni sacramento Foto

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NSA

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Giovedì 10 marzo 2016 |#quotidiano contro i falsi miti di progresso

di Pierluigi Pavone

I monaci d’Oriente erano soliti rifugiarsi nel deserto, per liberare la città dell’at-tacco dei demoni. Dirottavano la bat-

taglia su di loro, perché la città fosse ri-sparmiata. Costituivano uno scudo che si frapponeva tra gli uomini e le donne del villaggio. Un ostacolo qui tenet, che frena-va l’impeto satanico. Sapevano di dover costituire, in Pietro, questo ostacolo contro il fi-glio della perdizione, contro l’uomo che oserà proclamare la sua divinità contro lo stesso Creatore, sapevano di doverlo fare dentro il mondo, pur non appartenendo ad esso. Sape-vano che sarebbero giunte molte ore: le ore del martirio, come quelle in cui un principe perdente avrebbe issato il Se-gno, le ore della conoscenza di Dio, come quelle dell’aposta-sia di generazioni perverse e corrotte, le ore della preghiera remota, come quelle dei campi aperti in cui la Madre avrebbe ricacciato orde di barbari dal mare e dalla terra di un orien-te non più loro. Può darsi che videro le ore in cui le tenebre sarebbero tornate e nessuno le avrebbe ostacolate: forse vi-dero le tenebre tornare e nes-suno a combattere, come se la battaglia fosse finita o fosse stata una finzione per bambini; forse videro persino aperte le porte della Città.

Erano pochi, ma costituivano, agli occhi del diavolo, un av-versario temibile. Erano saldi nella fede, erano provati con il fuoco, cingevano, come aveva insegnato loro san Paolo, l’ar-matura. E nel nome di Cristo vincevano. Esorcizzavano con la loro presenza legioni di de-moni.

Sapevano che il regno del loro Signore non è di questo mon-do, sapevano che il principe di questo mondo era il loro Nemico, sapevano che con quel Nemico non si dialoga. Lo sapevano sconfitto dal san-gue dell’Agnello, ma ancora in grado di ferire e ruggire. Pri-ma della fine. Sapevano che il tempo della fine era iniziato proprio dal Sacrificio espiato-

rio del Re, che lo Spirito Santo inviato dal Padre consolava quelli di Cristo e contem-poraneamente giudicava le nazioni per non riconoscere e accogliere l’unico Salvatore.

Sapevano che la battaglia non si combat-teva solo nelle coscienze. Non si fidavano della loro coscienza, ma misuravano la loro coscienza, la loro percezione del bene e del male con la Verità. La Verità era il cri-

Lettere dal #deserto dell’ortodossia L’irriducibile dialettica tra cristianesimo e politica si è nutrita per due millenni di un ingrediente che – pur nel variare delle sue forme storiche – trova

forse il suo archetipo più lucido nell’eremo di sant’Antonio e del suo grande biografo Atanasio, che fuggendo dal mondo lo trasformarono per sempreterio, non loro. Avevano deciso si servire Dio e sapevano che questo Dio non si dava nell’immanenza della loro esperienza indi-viduale. Questo Dio non era il Dio della sola esperienza religiosa. Avevano imparato che anche il Nemico conosceva la spiritualità, si presentava come angelo di luce proprio in alcune religiosità. Avevano capito che al-cune forme di spiritualità erano ostacolo e non veicolo per servire il Re.

Sapevano che dovevano pregare per com-battere e combattere per vincere. Sapeva-no che alcuni li avrebbero accusati di vana-gloria, di aver rotto il legame con la città, ma loro continuavano a servire la città, per-ché servivano Dio. Creavano in quei deserti monasteri, centri di ascolto e confronto, oasi di conforto e amicizia sincera.

E intanto continuavano a vegliare: vede-

È un compito abbastanza semplice, giacché gli uomini al nostro confronto solo bambini. Cosa ne capiscono di come è fatto l’universo, di cosa comporta essere genitori? Possiamo raccontare loro cosa vogliamo.

Il dolore, ad esempio. Il bambino piccolo non si capacita del dolore. La puntura della siringa che gli inietta la medicina è per lui molto più odiosa della malattia stessa. Se i genitori lo sculacciano per fargli capire che non si deve dare fuoco al gatto pensate che capirà, o ter-rà il broncio? E quando gli si negherà il capric-cio, non credete che piangerà a dirotto?

Tali sono gli esseri umani. Credono di avere compreso tutto quanto dell’esistenza veden-done a malapena un lato. Noi, che li vediamo entrambi, ridiamo del loro frignare: sapesse-ro! Ma è proprio la loro ignoranza che li mette nelle nostre mani.

Basta convincerli che il loro babbino li odia. Che ce l’ha con loro, non li ama affatto. Che si diverte a vederli soffrire, che gode a lanciare loro addosso ogni tipo di disgra-zia e di catastrofe. Vedete, gli uomini sono fatti così: non si fermano a riflettere che se possono perdere qualcosa è perché già lo possiedono. Non si soffermano su tutte le cose belle che il mondo offre loro, sul dono della vita che hanno: basta anche una sola circostanza brutta o comunque non gradita

che entrano subito in depressione.

Il nostro ruolo a questo punto diventa essen-ziale. Non lasciate andare nessuna occasione di mugugno, e siate lesti ad indicare come la disgrazia occorsa sia il chiaro sintomo di una divinità crudele.

Che quella divinità abbia fatto morire suo fi-glio per affermare il contrario, per dimostrare che niente va perduto è l’ultimo pensiero che devono avere. Quella croce deve restare un simbolo senza significato, completamente separato dalla loro sofferenza. È aggiungen-do dolore a dolore che noi prosperiamo.

Dobbiamo essere chiari con loro: se quello che chiamano Padre esiste e non toglie il sof-frire ai suoi figli vuol dire che non è buono oppure che non è onnipotente. Che lo con-siderino malvagio naturalmente è l’opzione che preferiamo: perché, per imitazione, pure gli uomini diventano cattivi o lo rinnegano. Rinnegare la fonte del bene perché si pen-sa di essere più buoni del bene stesso è una maniera creativa di diventare estremamente cattivi. Si diviene il dio di se stessi: e, date-mi retta, gli esseri umani sono davvero poco adatti a essere dèi.

Quelli che per imitazione divengono a loro volta cattivi, o quantomeno cinici bastardi, regalano a noi diavoli i momenti di maggiore

di Antonio Benvenuti*

No, noi compagni dell’Oscurità in un Pa-dre Onnipotente non ci crediamo. Per niente. Almeno, non in quello che sta

lassù. Noi di Padre ne abbiamo uno solo: quel-lo che sta Quaggiù. Qui sotto con noi, a con-dividere la nostra sorte: quella dei migliori, dei più sani, dei più forti, quella dei veri giusti, di coloro che avrebbero dovuto essere i veri do-minatori dell’Universo e che invece sono stati rinnegati da un creatore snaturato a causa di colpe immaginarie.

Ma non è il momento delle recriminazioni. Quello è passato da un pezzo. È il momento di muovere guerra a quel falso genitore strap-pandogli quelli che adesso considera suoi fi-gli, quegli esseri umani per i quali sembra sia disposto a tutto, mentre a noi, i maggiori, non ha mai concesso niente.

Il mezzo per farlo è corrompere la sua im-magine presso gli uomini. Se non è possibile convincerli che non esiste, dobbiamo farlo vedere per quello che realmente è: un sadico con un potere esagerato. Per questo nobile fine è più che legittimo servirsi di qualsiasi menzogna.

La prima cosa da fare è mostrare loro che il padre giusto che si immaginano non esiste.

soddisfazione. Vedere come si trattano l’u-no con l’altro certe volte mi lascia ammirato per le soluzioni innovative a cui neppure noi, dopo secoli di inferno, eravamo mai arrivati.

Quanto al non considerare il Nemico onnipo-tente, neanche questa è un’opzione da butta-re via. Se non può tutto, se è limitato, è chiaro che diventa una divinità di serie B. Chi vuole avere a che fare con un perdente? Arrivati a questo punto meglio rivolgersi ad altri. Pro-viamo a fare dei nomi?

C’è un essere potentissimo, amichevole, collaborativo che non aspetta altro di esse-re chiamato: nostro Padre che sta Quaggiù. Incoraggiamo a rivolgersi al lui chiunque abbia espresso un desiderio e non l’abbia visto avverarsi. Lui sì che li esaudisce, a suo modo, dietro minimo compenso, mica come quell’altro.

Da qualcuno di onnipotente come il Nemi-co gli uomini si aspettano che tutto quello che domandano sia concesso istantanea-mente, per quanto folle o dannoso. Come il bambino che frigna che vuole dieci gelati e un pony. Certo, basterebbe chiedere non cosa si ha in mente ma quello che è meglio. Ma questo vorrebbe dire farsi dominare da lui, e giustamente noi lo sconsigliamo. Sia-mo scappati dai cieli proprio per non per-

mettergli di fare l’onnipotente con noi.

Invece noi vogliamo che l’uomo prenda l’i-niziativa, che plasmi da sé il proprio destino. Onnipotente deve diventare lui stesso, trami-te la scienza e la forza, soggiogando ogni cosa sotto il suo dominio.

Non c’è da spaventarsi, non è una minaccia per noi. L’ho già detto: l’uomo è di una de-bolezza patetica. Ma dobbiamo convincerlo invece di essere forte, possente, intelligente, che tutto capisce e tutto controlla.

Così facendo si illuderà di poter sfuggire al suo destino di mortale. Senza accorgersi che, anche riuscendoci, smetterebbe di essere umano e diventerebbe qualcosa d’altro.

Perciò stimoliamo il loro orgoglio. Conce-diamo facili vittorie. Diamo l’illusione di po-tere giocare con la propria sorte. Soddisfare i propri istinti, persino dominare la vita e la morte. Quando si accorgeranno di esse-re come bambini che fanno torte di fango illudendosi di essere cuochi sarà per loro troppo tardi. Saranno saliti troppo in basso, verso di noi.

Verso Nostro Padre che, se non è onnipoten-te, però sa usare molto bene quel potere che gli è dato sul mondo. Non credete? n

#BERLICCHE IN “NON CREDO”3: IN UN PADRE ONNIPOTENTE

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Avviso al lettore: i diavoli “cre-

dono in Dio”, e questo in par-

ticolare svolazza un po’ su un

po’ giù, ma complessivamente

diretto verso l’alto – verso

quel cielo di cui ha nostalgia.

vano il campo del mondo colorarsi dell’oro della regalità del Signore e la ruggine ver-dastra della malizia, campi divelti da aratri occulti e potenti, che si seccavano come sale incapace di salare e si tingevano della porpora della testimonianza.

Sentivano l’eco della pace. Eppure non era quella del Re. Sentivano l’illusione della fratellanza. Eppure non era quella

dei figli di Dio.

Sentivano serpeggiare parole ambigue di divinità. Eppure non erano quelle dello Spi-rito Santo.

Vedevano l’uomo adorare se stesso e poi negare la sua stessa identità.

Sapevano che non erano parte dell’energia cosmica. Non aderivano alla ragione dell’universo, ma al Logos Incarnato, non pratica-vano l’apatia, ma l’amore do-nativo e sacrificale. Il loro non era un cosmopolitismo di dot-ti, ma un impegno che si face-va politico: la città alla quale aderivano era quella Celeste, ma era stato dato loro un tem-po sulla scena di questo mon-do. Angeli avrebbero sradicato il male per il Giudizio, loro – i servi – avrebbero servito nel secolo, utilizzando la Croce come barca per attraversarlo. Avrebbero sopportato e spera-to, seminato e combattuto, an-che a costo di lasciare ad altri i frutti della battaglia. Non era-no mai fuggiti e avevano visto l’ora in cui a quelli della città sarebbe stato chiesto di fare altrettanto. Ergersi come mura fondate sulla Roccia: mura che avrebbero dovuto reggere l’impeto della dissoluzione.

Sono andato in uno di questi deserti. Il deserto della Tebai-de. Il deserto di sant’Antonio Abate e di sant’Atanasio. Il deserto di un monaco e di un vescovo, il deserto dell’or-todossia, che diede rifugio al perseguitato a causa della giustizia e della vera fede. Fu perseguitato dai suoi e dalle autorità, ma obbedì, così co-stretto, alla Verità. Chissà se questi monaci aiutando la per-severanza di un vescovo, non videro il tempo in cui l’eresia si sarebbe trasformata in dot-trina gnostica e il mondo con-vertito a questa luce oscura nella politica e nella religione, nel diritto e nelle corde intime della identità dell’uomo e della donna.

Credo di sì. Da questo deserto, vi scriverò la mia corrispon-denza… n

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| Giovedì 10 marzo 2016#quotidiano contro i falsi miti di progresso

di Claudia Cirami

Si smetterà mai davvero di parlare dei Fab Four? Forse no. La misura della popolarità planetaria raggiunta dal

gruppo è data proprio dall’eco mondiale suscitata da qualsiasi notizia li possa ri-guardare (anche lontanamente). Dal malo-re di Yoko Ono all’anniversario di un grande concerto, le Beatlesnews rimbalzano da un media ad un altro, sintomo di un interesse ancora vivo, nonostante siano trascorsi or-mai quarantasei anni dallo scioglimento del gruppo. Da ieri la Beatlesnew che ha fatto il giro del mondo è la morte di George Mar-tin, 90 anni, unanimemente considerato il quinto Beatle, l’uomo che, per primo, cre-dette alla potenza di quei quattro ragazzi di Liverpool, lanciandoli. È stato proprio un membro dello storico gruppo, Ringo Starr, a dare la notizia, ricordando la gentilezza di Martin. Più commosso, Paul McCartney lo ha definito “secondo padre”. Rolling Stone, invece, ha ricordato parole importanti del-lo scomparso John Lennon: «George Martin ci ha reso quello che eravamo in studio – raccontava una delle menti del gruppo – ci ha aiutato a sviluppare un linguaggio per parlare con gli altri musicisti». Erano grandi i Beatles, ma erano soprattutto consapevo-li che il loro successo era stato propiziato, accresciuto e consolidato da Martin.

Questa consapevolezza era radicata nella realtà. I Beatles sapevano perché toccava-no con mano. La presenza di Martin nella carriera del gruppo è determinante. Non solo da un punto di vista musicale, ma an-che umano. Li scopre, mentre è a capo del-la casa discografica Parlophone, che è ag-gregata alla EMI. È il 1962 e nessuno pensa che stia per arrivare un gruppo che segnerà indelebilmente la scena musicale naziona-le ed internazionale. Martin ascolta un loro demo e intuisce. Riconosce che sotto le spoglie consuete di quattro sbarbatelli c’è qualcosa di più. Non è molto convinto: il

demo viene da lui definito “non promet-tente”, e non pensa il meglio di quel grup-po, ma vuole dare un’opportunità ai ragazzi che ha di fronte, nonostante sappia che sono stati già rifiutati da alcune etichette. Non sa ancora che questa scelta cambierà le loro vite, ma anche la sua. E della storia della musica pop.

Non è solo un produttore: compone e sa suonare pianoforte (ha studiato anche l’o-boe). Sa parlare un linguaggio che non è fatto solo di soldi e contratti: ha, dunque, una marcia in più. E la usa. Non solo nel primo album del gruppo, dove interviene, ma anche negli altri lavori, da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band a Abbey Road. Tranne che in Let it be, è presente in tut-ti gli album del gruppo (li aveva lasciati ad un certo punto perché – dicono le crona-che – era stanco dei continui dissapori tra i membri della band). Martin è anche dietro

gli arrangiamenti musicali di molti dei loro pezzi più noti, come “Yesterday”, “Pen-ny Lane”, “A hard day’s night” tra gli altri. Soprattutto, rende possibile lo stabilirsi di un’amicizia duratura con i suoi “Scarafag-gi”, di cui sa comprendere la sensibilità ti-pica di chi fa musica. Così lui compassato e loro più disinvolti – non potrebbero essere più diversi – danno vita a quel fenomeno musicale che ha nome The Beatles. E quan-do i “suoi” ragazzi decidono di sciogliersi, Martin cerca di non perderli completamen-te di vista.

Nella sua carriera di produttore è stato de-corato dalla Regina Elisabetta con il titolo di Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico e Knight Bachelor. Ha vinto inol-tre 6 Grammy e qualche anno fa era stato anche candidato all’Oscar. Ha lavorato con Celine Dion ed Elton John, Jeff Beck e Tom Jones. Si era inoltre occupato di cinema e

televisione, anche se la musica rimaneva sempre il suo ambiente. Negli ultimi de-cenni era stato colpito da problemi uditi-vi e, nel suo lavoro, veniva supportato dal figlio. Nel 2001 era uscito un cofanetto di sei cd intitolato “Produced by George Mar-tin: 50 years in recording” (e successiva-mente anche un documentario in dvd trat-to da questo lavoro): c’erano 180 brani che Martin aveva prodotto nel corso del tempo, a riprova di una carriera dedicata alla mu-sica. Aveva poi pubblicato due libri – “All you need is ears” e “Summer of Love: The Making of Sgt Pepper” – e un’autobiografia a tiratura limitata, “Playback”. Perché una vita intensa come la sua era un continuo spunto per avventure creative. Nel 2006, sempre in coppia con il figlio, Martin ha prodotto Love, lavoro che contiene estrat-ti da canzoni beatlesiane arrangiate per il Cirque Du Soleil. Un lavoro duro, che gli era costato alcuni anni di fatica, proprio a causa della sordità. Era anche molto im-pegnato sul sociale: per esempio, aiutava la fondazione voluta da Carlo d’Inghilterra per aiutare i ragazzi meno fortunati. Ma, proprio perché le orecchie, le sue amate e fruttifere orecchie, non avrebbero più po-tuto udire come un tempo, si era dato da fare anche in una fondazione per i proble-mi relativi alla sordità.

Si manteneva sempre aggiornato e amava sperimentare (del resto, erano stati pro-prio certi suoi arrangiamenti sperimentali a migliorare diverse canzoni dei Beatles). Tuttavia non era tipo da farsi prendere la mano dal progresso, senza un minimo di senso critico: «penso che la tecnologia sia una gran cosa solo se serve alle idee, sennò resta un’entità liquida che finirà per inibire il pensiero», diceva in un’intervista di qual-che anno fa, ripubblicata ieri (Repubblica, 9/3/16). In Gran Bretagna la sua dipartita è stata salutata anche da Cameron, perché pure un Primo Ministro si inchina al talento, quando è necessario. n

Sono passati 46 anni dallo scioglimento dei Beatles, ma ogni volta che accade qualcosa di pur lontanamente collegato ai ragazzi di Liverpool i media sentono di doversene occupare. Così un malore di Yoko Ono diventa titolo di giornale; così la morte del primo produttore che credette in loro fa lo stesso

È morto George #Martin,il quinto dei “fab four”

00:00 S. Rosario00:27 Commento alla stampa e catechesi (p. Livio)01:50 La libertà Redenta (Card. Giacomo Biffi)02:50 Coroncina alla Divina Misericordia - S. Rosario03:40 Dialogo di suor Faustina Kowalska (Dizione: Roberta)04:30 I vizi capitali e le contrapposte virtù (P. Livio)05:45 S. Rosario06:10 Meditazioni (d. Divo Barsotti)06:45 Il buongiorno di Radio Maria07:00 Preghiere del mattino - Il Santo del giorno07:30 S. Rosario - S. Messa - Lodi Parrocchia SS Cosma e Damiano08:45 Commento alla stampa del giorno

(P. Livio)09:30 Catechesi (P. Livio)10:15 San Camillo de Lellis: Un messaggio di misericordia per chi soffre (Padre Alfredo Maria Tortorella)11:55 I Salmi12:00 Angelus- Ora Media12:25 Catechesi del Papa tratta dall’udienza generale del mercoledì12:30 Consigli per la famiglia (Suor Carmela Santoro)13:30 Notizie dal mondo e dalla Chiesa – Il fatto del giorno14:00 Pomeriggio insieme: dediche, saluti e auguri dall’Italia e dall’estero (Roberta)15:15 Per voi ragazzi: giochi e quiz italiano/inglese16:00 La Merendina british di Radio Maria

16:10 L’ultima battaglia (P. Livio)16:40 Ora di spiritualità: S.Rosario - Vespri - S. Messa18:00 Giovani in cammino (Mons. Domenico Sigalini)19:30 Notizie Radio Vaticana20:00 Preghiere della sera. Preghiere dei bambini in diretta telefonica20:25 S. Rosario con le famiglie21:00 Serata sacerdotale (D. Tino Rolfi)

per le frequenze consulta: www.radiomaria.it

06:00 Euronews06:10 Il caffè di Raiuno06:30 TG 106:43 CCISS Viaggiare informati06:45 Unomattina06:55 Parlamento Telegiornale07:00 TG 107:10 Unomattina07:30 TG 1 L.I.S.07:33 Unomattina08:00 TG 108:25 Che tempo fa08:27 Unomattina09:00 TG 109:03 Unomattina09:30 TG1 FLASH09:35 Unomattina10:00 Storie Vere10:58 Unomattina11:00 TG 111:05 Che tempo fa11:10 A conti fatti12:00 La prova del cuoco13:30 TELEGIORNALE14:00 TG1 Economia14:05 La vita in diretta15:00 Torto o ragione? Il verdetto finale16:35 La vita in diretta16:57 58° Zecchino d’Oro18:50 L’Eredità20:00 TELEGIORNALE20:30 Affari tuoi21:15 è arrivata la felicità23:20 Porta a porta00:55 TG1 NOTTE02:00 Magazzini Einstein02:35 Settenote Musica e musiche04:20 DA DA DA05:15 Rainews24

06:00 Detto Fatto07:10 Il tocco di un angelo08:30 Le sorelle McLeod10:00 Tg2 Insieme11:00 I fatti vostri13:00 TG2 GIORNO13:30 TG 2 Costume e società13:50 Tg2 Medicina 3314:00 Detto fatto16:15 Senza traccia17:00 Senza traccia17:45 RAI Parlamento17:55 TG 2 Flash L.I.S.18:00 RAI TG Sport18:20 TG 218:50 Hawaii 5-019:40 N.C.I.S.20:30 TG2 20:3021:10 Virus: il contagio delle idee23:50 TG200:05 Obiettivo pianeta00:55 Numero 101:35 The blacklist02:30 Tg202:40 Videocomic03:20 I fatti vostri05:15 Detto Fatto

06:00 Morning News06:27 Meteo06:28 Traffico06:30 Rassegna stampa italiana e internazionale07:00 TGR Buongiorno Italia07:30 TGR Buongiorno Regione08:00 Agorà10:15 I due crociati11:00 Elisir11:10 TG3 Minuti11:13 Elisir11:55 Meteo 312:00 TG312:25 TG3 Fuori TG12:45 Pane quotidiano13:10 Il tempo e la Storia - Stasi14:00 TG Regione14:18 TG Regione Meteo14:20 TG314:47 Meteo 314:50 TGR Leonardo15:00 TG3 L.I.S.15:05 TGR Piazza Affari15:10 La casa nella prateria16:00 Aspettando Geo18:00 Geo19:00 TG319:30 TG Regione19:53 TG Regione Meteo20:00 Blob20:15 Sconosciuti - La nostra personale ricerca della felicità20:35 Un posto al sole21:05 Chi l’ha visto?23:15 Scandal00:00 TG3 Linea notte00:10 TG Regione00:13 TG3 Linea notte01:00 Meteo 301:05 RAI Parlamento01:15 Viaggio nell’Italia del Giro - Tirano-Lugano01:45 La musica di Raitré02:10 Fuori orario 02:15 RAInews03:14 Next03:34 RAInews03:46 Riflettendo con...03:51 USA 24 H04:04 RAInews04:16 Dentro la notizia04:21 Magazine tematico di Rainews04:34 RAInews05:16 America today05:21 Superzap05:34 RAInews06:00 RAInews

06:00 Prima pagina07:55 Traffico07:58 Meteo.it08:00 Tg5 Mattina08:45 Genitori in ostaggio10:00 TG5 - ore 1011:00 Forum13:00 Tg5 - Meteo.it13:40 Beautiful14:10 Insegnami a volare16:10 Il segreto I17:10 Baciamo le mani - Palermo-New York18:45 Caduta libera 19:55 Tg5 - Prima Pagina20:00 Tg5 - Meteo.it20:40 Striscia la notizia21:10 Unknown (USA 2011)23:30 Matrix - speciale Expo01:40 Tg5 Notte - Meteo.it02:00 Striscia la notizia02:30 Uomini e Donne ®03:25 Internado I04:00 Telefilm05:00 Mediashopping05:15 Tg5 - Meteo.it05:45 Mediashopping

06:10 Le regole dell’Amore06:40 Cartoni animati08:25 Smallville10:15 Chuck12:15 Cotto e mangiato12:25 Studio Aperto -Meteo.it13:00 Sport Mediaset13:55 I Simpson14:45 American Dad15:00 Futurama IX16:00 The Vampire Diaries16:50 Dr. House - Medical Division18:30 Studio Aperto19:15 Meteo.it19:30 Notorius20:40 C.S.I. Miami21:10 Wild sun24:00 Infested - Via da questa casa02:00 Premium Sport02:25 Studio Aperto02:40 Detective Conan04:00 Til Death05:55 Le regole dell’amore

06:00 Tg4 Night News06:20 Mediashopping06:50 Zorro07:10 Hunter08:05 Cuore ribelle09:30 Carabinieri 710:35 Sai cosa mangi?10:45 Ricette all’italiana11:30 Tg411:55 Meteo.it12:00 Un detective in corsia13:00 La signora in giallo14:00 Lo sportello di Forum15:30 Hamburg - Distretto 2116:35 Ieri e oggi in TV17:00 Scosse mortali18:55 Tg419:30 Meteo.it19:35 Tempesta d’amore20:10 Centovetrine20:55 Dalla vostra parte21:15 Il ragazzo di campagna23:50 Di che segno sei?23:05 Major crimes01:40 Tg4 Night News02:00 Modamania03:10 Cuori solitari05:15 Ieri e oggi in tv05:50 Zig zag

05:25 Omnibus La706:00 Tg La7 - Morning news06:05 Meteo06:10 Oroscopo/ Traffico06:15 Tg La7 - Morning news06:20 Meteo06:25 Oroscopo/ Traffico06:30 Tg La7 - Morning news06:35 Meteo06:40 Oroscopo/ Traffico06:45 Tg La7 - Morning news06:50 Meteo06:55 Movie flash07:00 Omnibus - Rassegna stampa07:30 Tg La707:50 Omnibus meteo07:55 Omnibus La7 (live)09:45 Coffee Break (live)11:00 L’aria che tira (live)13:30 Tg La714:00 Tg La7 Cronache14:35 Anteprima Cuochi e Fiamme15:10 Il commissario Maigret16:35 L’ispettore Tibbs17:40 L’ispettore Tibbs18:05 Crossing Cordier19:55 Meteo20:00 Tg La720:30 Otto e mezzo21:10 Philadelphia00:00 Tg La700:15 Otto e mezzo00:55 Movie flash01:00 Coffee Break02:15 L’aria che tira (replica)04:45 Omnibus La7

06:20 SALMI06:25 RECITIAMO IL CREDO assieme alle

Monache Benedettine di Orte06:30 RASSEGNA STAMPA06:50 Rosario dal Santuario di Pompei07:30 BELTEMPO SI SPERA08:30 SANTA MESSA 09:10 BELTEMPO SI SPERA10:00 IL MIO MEDICO11:00 QUEL CHE PASSA IL CONVENTO11:54 ANGELUS DA LOURDES12:00 TG 200012:15 L’ISPETTORE DERRICK La tentazione - la

figlia del poliziotto14:10 REPARTO MATERNITA’14:50 ALLA SOGLIA DEL CUORE: LE STORIE15:00 SALMI15:05 LA CORONCINA DELLA DIVINA

MISERICORDIA15:24 SIAMO NOI17:30 IL DIARIO DI PAPA FRANCESCO in diretta18:00 ROSARIO in diretta da Lourdes18:30 TG 200019:00 ATTENTI AL LUPO19:30 REPARTO MATERNITA’20:00 Rosario da Lourdes - in differita20:30 TG TG21:05 La fine di un mistero (Italia 2002)22:30 La compagnia del libro23:00 Il post23:55 Rosario dal Santuario di Pompei

00:00 Con voi nella notte - musicale06:00 Santo del giorno06:15 Orizzonti cristiani - meditazione06:30 Lodi in latino07:00 I giochi dell’armonia07:30 Santa Messa in latino08:00 Radiogiornale08:50 Che tempo fa08:56 Luce verde - traffico a Roma09:05 Viabilità urbana - ATAC, tram, metro09:06 Al di là della notizia - l’edicola del giorno09:44 Chiave di lettura - commento09:56 Che treno fa10:00 Radio Inblu notizie flash10:04 Luce verde - Viabilità Lazio10:08 La notizia del giorno10:16 Redazioni in linea10:30 Luce verde - Traffico a Roma

10:35 Rassegna stampa Roma e Lazio11:08 Interviste Roma e Lazio11:16 Voci dal territorio Roma e Lazio11:35 Magari - cooperazione internazionale11:56 Che treno fa12:00 Radiogiornale italiano12:15 Chiave di lettura ®12:35 Roma nella memoria - tradizione popolare12.25 Udienza generale del Santo Padre13:00 Radiogiornale francese13:11 Al di là della notizia - cronache e commenti15:06 Barrio Latino16:28 Focus on - salotto musicale18:29 Il Funambolo - attualità ®19:50 Diapason - musica20:40 Santo Rosario in latino23:00 Radiogiornale italiano ®23:20 Compieta in latino

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Giovedì 10 marzo 2016 |#quotidiano contro i falsi miti di progresso

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