Studenti che credono nella scuola - Azione Cattolica · 2018. 8. 31. · Alternanza scuola-lavoro,...

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Campo Nazionale 2016 6-10 Agosto 2016, Seveso ( MB) 1 Mille volte ancora! Studenti che credono nella scuola ALTERNANZA SCUOLA LAVORO L' alternanza scuola lavoro che funziona: 1 su 10 trova lavoro prima del diploma La “Buona Scuola” ha potenziato la formazione extra-scolastica rivolta al mondo del lavoro: ma se la partenza del progetto non è sempre stata facile, l’ISS “Leonardo Da Vinci” di Roma è un esempio che funziona. CON L'ALTERNANZA SI PUO' TROVARE LAVORO - In questo modo, quando l’alternanza scuola-lavoro del “Da Vinci” avrà completato il primo ciclo i ragazzi saranno veramente pronti a confrontarsi appieno con il mondo del lavoro. Alcuni, però, già lo potranno fare: “Le aziende che hanno aderito al nostro progetto – sottolinea Irene De Angelis Curtis, dirigente scolastico dell’Istituto intervistata da Skuola.net – hanno offerto già da ora ad alcuni alunni un tirocinio da svolgere subito dopo la maturità”. Circa il 10% degli studenti partecipanti al progetto, secondo dati interni alla scuola, sono poi stati contattati dalle stesse aziende per iniziare una collaborazione. I PROBLEMI DA RISOLVERE - Un successo, quindi. Ma allora, quali sono i problemi che rallentano o mettono in difficoltà gli altri istituti? “Secondo me c’è una scarsa conoscenza delle opportunità offerte dalla legge – dice la De Angelis Curtis ma c’è da considerare anche che molte scuole si sono trovate per la prima volta a dover mandare alunni fuori istituto; soprattutto i licei non sono abituati a questa prassi”. Proprio l’idea del tirocinio ha avuto difficol a farsi strada in parecchie realtà. “Per gli studenti degli Istituti Tecnici – continua la preside del “Da Vinci” – è relativamente più semplice trovare un contesto per uno stage correlato al tipo d’indirizzo professionalizzante. Tuttavia anche questo è un tipo di formazione e bisogna renderlo attuabile a ogni livello, anche nei licei”. BISOGNA ENTRARE NELLA FILOSOFIA DELLA RIFORMA - Non può mancare un giudizio sui lati positivi e su quelli negativi della riforma: “Il punto di forza dell’alternanza – afferma la De Angelis Curtis è il fatto di rendere consapevole l’alunno del mondo che lo circonda, che non può più essere rappresentato solo da un libro. Quello negativo è aver fatto emergere una scarsa “cultura” dell’alternanza, della necessità di preparare i giovani al lavoro futuro o d’insegnare loro gli atteggiamenti fondamentali che il lavoro richiede”. IL GIUDIZIO DEGLI STUDENTI - Ma qual è il giudizio dei diretti interessati? Degli alunni dell’IIS “Leonardo Da Vinci” di Roma? È praticamente un plebiscito: oltre il 90% degli studenti è assolutamente soddisfatto del modo in cui ha svolto l’alternanza scuola-lavoro. Un’esperienza in grado di chiarire le idee su cosa significhi lavorare, per capire le proprie inclinazioni ma anche un tassello fondamentale per trovare più facilmente lavoro: sono soprattutto queste le impressioni rimaste nella mente dei ragazzi. Una vera e propria palestra che ha insegnato loro a rispettare ruoli e regole in azienda, ad approcciarsi con le persone, ad usare gli strumenti che gli serviranno un domani. Quello che emerge è la necessità, per i giovani, di ridurre il divario tra teoria e pratica e di preparare ad affrontare le sfide che il mercato del lavoro propone; qualcuno propone addirittura d’iniziare con l’alternanza già dal primo anno delle superiori. LE ATTIVITA' PREFERITE E QUELLE DA EVITARE - Secondo la loro esperienza le attività più formative sono state quelle fatte in studi professionali (avvocati, commercialisti, ecc.) ma anche in contesti “di nicchia” (è il caso di un ragazzo che aveva ottime capacità nel montaggio video; per lui è stata trovata un’azienda di produzione fiction). Al “Da Vinci”, infatti, si è cercato di fare un’alternanza che tenesse conto delle richieste dei ragazzi. Unica nota dolente: gli stage nelle Pubbliche Amministrazioni, in cui i funzionari, a dire dei ragazzi, non sempre hanno saputo trovare una giusta collocazione allo studente. COSA DOVREBBERO FARE LE ALTRE SCUOLE - “Gli istituti dovrebbero sempre rispettare e condividere le aspettative degli studenti conclude Irene De Angelis Curtis soprattutto per i licei l’alternanza scuola-lavoro deve rappresentare un momento di riflessione sulle scelte future da intraprendere, a prescindere se sia università o lavoro”. Non sempre l’idea di partenza è la soluzione migliore. http://www.skuola.net/news/scuola/alternanza-scuola-lavoro-preside-iis-da-vinci-roma.html

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Mille volte ancora! Studenti che credono nella scuola

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO

L' alternanza scuola lavoro che funziona: 1 su 10 trova lavoro prima del diploma La “Buona Scuola” ha potenziato la formazione extra-scolastica rivolta al mondo del lavoro: ma se la partenza del progetto non è sempre stata facile, l’ISS “Leonardo Da Vinci” di Roma è un esempio che funziona. CON L'ALTERNANZA SI PUO' TROVARE LAVORO - In questo modo, quando l’alternanza scuola-lavoro del “Da Vinci” avrà completato il primo ciclo i ragazzi saranno veramente pronti a confrontarsi appieno con il mondo del lavoro. Alcuni, però, già lo potranno fare: “Le aziende che hanno aderito al nostro progetto – sottolinea Irene De Angelis Curtis, dirigente scolastico dell’Istituto intervistata da Skuola.net – hanno offerto già da ora ad alcuni alunni un tirocinio da svolgere subito dopo la maturità”. Circa il 10% degli studenti partecipanti al progetto, secondo dati interni alla scuola, sono poi stati contattati dalle stesse aziende per iniziare una collaborazione. I PROBLEMI DA RISOLVERE - Un successo, quindi. Ma allora, quali sono i problemi che rallentano o mettono in difficoltà gli altri istituti? “Secondo me c’è una scarsa conoscenza delle opportunità offerte dalla legge – dice la De Angelis Curtis – ma c’è da considerare anche che molte scuole si sono trovate per la prima volta a dover mandare alunni fuori istituto; soprattutto i licei non sono abituati a questa prassi”. Proprio l’idea del tirocinio ha avuto difficoltà a farsi strada in parecchie realtà. “Per gli studenti degli Istituti Tecnici – continua la preside del “Da Vinci” – è relativamente più semplice trovare un contesto per uno stage correlato al tipo d’indirizzo professionalizzante. Tuttavia anche questo è un tipo di formazione e bisogna renderlo attuabile a ogni livello, anche nei licei”. BISOGNA ENTRARE NELLA FILOSOFIA DELLA RIFORMA - Non può mancare un giudizio sui lati positivi e su quelli negativi della riforma: “Il punto di forza dell’alternanza – afferma la De Angelis Curtis – è il fatto di rendere consapevole l’alunno del mondo che lo circonda, che non può più essere rappresentato solo da un libro. Quello negativo è aver fatto emergere una scarsa “cultura” dell’alternanza, della necessità di preparare i giovani al lavoro futuro o d’insegnare loro gli atteggiamenti fondamentali che il lavoro richiede”. IL GIUDIZIO DEGLI STUDENTI - Ma qual è il giudizio dei diretti interessati? Degli alunni dell’IIS “Leonardo Da Vinci” di Roma? È praticamente un plebiscito: oltre il 90% degli studenti è assolutamente soddisfatto del modo in cui ha svolto l’alternanza scuola-lavoro. Un’esperienza in grado di chiarire le idee su cosa significhi lavorare, per capire le proprie inclinazioni ma anche un tassello fondamentale per trovare più facilmente lavoro: sono soprattutto queste le impressioni rimaste nella mente dei ragazzi. Una vera e propria palestra che ha insegnato loro a rispettare ruoli e regole in azienda, ad approcciarsi con le persone, ad usare gli strumenti che gli serviranno un domani. Quello che emerge è la necessità, per i giovani, di ridurre il divario tra teoria e pratica e di preparare ad affrontare le sfide che il mercato del lavoro propone; qualcuno propone addirittura d’iniziare con l’alternanza già dal primo anno delle superiori. LE ATTIVITA' PREFERITE E QUELLE DA EVITARE - Secondo la loro esperienza le attività più formative sono state quelle fatte in studi professionali (avvocati, commercialisti, ecc.) ma anche in contesti “di nicchia” (è il caso di un ragazzo che aveva ottime capacità nel montaggio video; per lui è stata trovata un’azienda di produzione fiction). Al “Da Vinci”, infatti, si è cercato di fare un’alternanza che tenesse conto delle richieste dei ragazzi. Unica nota dolente: gli stage nelle Pubbliche Amministrazioni, in cui i funzionari, a dire dei ragazzi, non sempre hanno saputo trovare una giusta collocazione allo studente. COSA DOVREBBERO FARE LE ALTRE SCUOLE - “Gli istituti dovrebbero sempre rispettare e condividere le aspettative degli studenti – conclude Irene De Angelis Curtis – soprattutto per i licei l’alternanza scuola-lavoro deve rappresentare un momento di riflessione sulle scelte future da intraprendere, a prescindere se sia università o lavoro”. Non sempre l’idea di partenza è la soluzione migliore.

http://www.skuola.net/news/scuola/alternanza-scuola-lavoro-preside-iis-da-vinci-roma.html

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Alternanza scuola- lavoro, racconta la tua esperienza

Scuola e lavoro. Riforme su riforme, novità per studenti e insegnanti, bonus, sussidi, rivoluzione digitale e lezioni peer to peer. Ma su tutte, la novità più corposa della 'Buona Scuola' è stata l'introduzione del progetto di alternanza scuola-lavoro. Un 'alleato' che già da qualche anno affiancava gli studenti degli istituti professionali e tecnici, senza vincoli e in modo sicuramente più blando. Ma adesso, con la riforma del governo Renzi, l'alternanza scuola-lavoro è diventata una condizione essenziale per essere ammessi all'anno successivo del proprio corso. Una risorsa. Perché sperimentare il mondo del lavoro, parallelamente agli studi, può rendere tutto più facile. Può rendere più immediato quel passaggio che si crea tra la scuola (o l'università) e la ricerca di un'occupazione. Si sperimenta il rapporto con un datore di lavoro, ci si misura con scadenze e ci si responsabilizza. In poche parole: si gioca d'anticipo per un futuro che in molti dipingono difficile e poco garantito. Anche perché il 'malloppo' di ore da smaltire è notevole. Quattrocento giri d'orologio per gli istituti professionali e tecnici e duecento per i licei nell'arco del triennio. Tutt'altro, insomma, che un semplice assaggio. E così, nell'estate degli studenti cremonesi si trova spazio anche per il lavoro. Si ritaglia una o più settimane per rimboccarsi le maniche e misurarsi con il senso di responsabilità che può dare una risposta chiara e netta a pregiudizi e luoghi comuni attribuiti spesso così impropriamente ai giovani. Un progetto che è anche rinuncia, perché per molti sono state addirittura quattro le settimane di astensione da mare, sole, piscina e divertimento. E quello di quest'anno, probabilmente è solo il primo passo, in attesa che le linee guida dell'alternanza scuola-lavoro, a livello ministeriale, vengano chiarite ulteriormente. Sono tante le storie che raccontano le diverse esperienze dei giovani studenti cremonesi alle prese con il primo approccio al mondo del lavoro. Soddisfazioni, delusioni, successi e, talvolta, l'inizio di un percorso di collaborazione ben più ampio di quello legato al vincolo scolastico. E a parlare, nelle prossime settimane, saranno proprio le storie di chi ha sperimentato questo nuovo modo di 'fare scuola'. Questo è il primo appuntamento di una rubrica a puntate, che farà parlare tanti giovani ed esplorerà le diverse realtà lavorative che stanno coinvolgendo i giovani cremonesi. Un'estate di responsabilità, da vivere e raccontare. Anche sotto l'ombrellone.

http://www.laprovinciacr.it/blog/enrico-galletti/145991/alternanza-scuola-lavoro--racconta-la.html

La Buona scuola prepara lavoratori sfruttati e precari

La legge 107 – la cosiddetta Buona scuola – non smette di mostrare i suoi effetti problematici. Gli ultimi riguardano le disposizioni sull’alternanza scuola-lavoro, che stanno cominciando a essere operative in questi giorni. Secondo la guida normativa pubblicata dal ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, gli studenti dei liceo dovranno fare almeno duecento ore nel corso del triennio come attività aggiuntiva, gli studenti dei tecnici e dei professionali almeno quattrocento ore. In cosa consiste quest’alternanza scuola-lavoro? Il ministero non lo specifica molto bene. Si tratta di svolgere delle ore di lavoro in quelle aziende – iscritte alla camera di commercio – che siano disposte ad accogliere questa massa di centinaia di migliaia di studenti. Con quale scopo? Quello di “attuare modalità di apprendimento flessibili ed equivalenti sotto il profilo culturale ed educativo, rispetto agli esiti dei percorsi del secondo ciclo, che colleghino sistematicamente la formazione in aula con l’esperienza pratica”, e di “arricchire la formazione acquisita nei percorsi scolastici e formativi con l’acquisizione di competenze spendibili anche nel mercato del lavoro”. Motivati e non pagati Già questo linguaggio vaghissimo e aziendalese dovrebbe mettere in allerta. E difatti le proposte che arrivano alle scuole sono le più disparate. Meravigliosi progetti lasciati al volontarismo di chi se ne fa carico, ma anche negozi di abbigliamento che cercano commessi per l’estate, agenzie pubblicitarie che vanno a caccia di volantinatori e uomini sandwich, società di marketing che mettono in piedi opinabili concorsi per insegnare agli studenti a fare storytelling, fino anche alle parrocchie dove imparare a fare l’aiutante della perpetua – come accade nella regione lombarda. La caratteristica comune di tutti questi progetti, quale ne sia il loro valore formativo – che nessuno (né il ministero né le singole scuole) ovviamente è tenuto a verificare in anticipo – è che gli studenti impegnati in quest’alternanza andranno a lavorare gratis. E lo faranno per un tempo che magari sarà vagamente divertente, o anche interessante, ma alla maggior parte di loro – soprattutto ai liceali – raramente potrà assicurare quell’“acquisizione di competenze da spendere nel mercato del lavoro”. Mentre per le aziende si tratterà di disporre a getto continuo, durante tutto l’anno scolastico, di una manodopera giovane, generalmente motivata, non pagata. I nuovi esperti di riferimento del Miur immaginano un mondo in cui la scuola debba formare, di fatto, al precariato e allo sfruttamento.

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Ieri si teneva a Milano un convegno organizzato dalla regione Lombardia in cui era previsto l’intervista della ministra Stefania Giannini, e dove si sono decantate le magnifiche sorti e progressive di questo nuovo istituto dell’alternanza scuola-lavoro. Tra i relatori c’era quella Valentina Aprea che tracciò già sotto l’ultimo governo Berlusconi un disegno di legge con un impianto che poi sarebbe stato recepito in larga misura dalla Buona scuola. E c’era anche Giuseppe Bertagna, professore di pedagogia all’università di Bergamo, di cui vi invito a leggere questa recente intervista per riconoscere l’ideologia che permea l’idea dell’alternanza nella legge 107, a partire da questo passaggio: Dall’ultimo censimento Unioncamere risultano 117.000 posizioni di lavoro disponibili. Ed economisti e sociologi parlano di mezzo milione di posti scoperti per mancanza di qualificazione. Ma è davvero possibile di questi tempi? Possibilissimo. Le faccio un esempio. Poco tempo fa un ragazzo camerunense mi ha aiutato a cambiare 50 euro perché mi servivano le monete per il parchimetro. Mi diceva che stava al parcheggio perché non aveva un lavoro. Gli ho detto: te lo trovo io. Avevo sentito di un’azienda che aveva bisogno di un porcaio e ora, infatti, quel ragazzo lavora. Il punto è quanti ragazzi o quanti dei loro genitori accetterebbero un simile lavoro. Nessuno lo accetterebbe se si trattasse di attendere ai maiali per tutta la vita. Ma non è un lavoro da disprezzare: si possono apprendere nozioni di biologia, fisiologia. Perché non può far parte di un percorso di studi per diventare veterinario? Si deve accettare l’idea di cambiare lavoro. Eppure è più semplice se il lavoro resta lo stesso per tutta la vita: sindacati, burocrazia e aziende, troppi hanno interesse a mantenere un lavoro ‘per sempre’. Dietro questa visione si nascondono due bugie: la prima, che i progetti di alternanza scuola-lavoro sono formativi; la seconda, che il progetto pedagogico consiste nel fare il porcaio sottopagato per diventare, magicamente, veterinario, invece di prevedere investimenti in ricerca (come accade appunto in Germania) e in istruzione di alto livello. I nuovi esperti di riferimento di questo ministero dell’istruzione – che agli occhi della comunità scientifica godono di un’autorevolezza spesso assai mediocre – immaginano un mondo in cui serve sempre meno lavoro, in cui la scuola, non solo quella superiore, debba formare non al lavoro qualificato, ma alla flessibilità, all’adattamento. Di fatto: al precariato e allo sfruttamento. Cos’altro sono duecento o quattro ore non pagate? Perché lo stesso studente non potrebbe decidere – se vuole rendersi economicamente più autonomo – di svolgere lo stesso lavoro d’estate ma pagato? Perché lo stesso studente non potrebbe decidere di dedicare lo stesso tempo a formarsi sul molto altro su cui spesso la scuola italiana è carente? Perché lo stesso studente non può immaginare di evitare di usare questo tempo per quella che di fatto è un’ulteriore materia curricolare, e invece studiare meglio le materie che fanno parte del corso di studi che ha scelto? Formazione addio Se pensiamo alla storia dell’educazione e delle politiche del lavoro in Italia, per esempio a esperienze storiche fondamentali come le 150 ore che furono inaugurate nel 1973 con l’istituzione del contratto nazionale collettivo, non è difficile ammettere che la ratio dell’alternanza scuola-lavoro è davvero l’opposta: non investire nella formazione permanente destinata al mondo del lavoro, ma cercare di trasformare il prima possibile gli studenti in operai disponibili ai cosiddetti McJob, lavori sottopagati e precari, con nessuna possibilità di avanzamento. Considerate da questa prospettiva, sembrano molto meno casuali le dichiarazioni (o gaffe) che il ministro del lavoro Poletti ha inanellato negli ultimi due anni – da “Un mese di vacanze va bene. Ma non c’è obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione… I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse. Sono venuti su normali” a “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21”. Il 22 febbraio davanti alla sede di Assolombardia, dove si svolgeva il convegno della regione Lombardia, c’è stata una manifestazione degli studenti, preceduta da un’aggressione da parte di alcuni fascisti durante un volantinaggio. È evidente che questa battaglia non riguarda solo l’applicazione di questa legge-sgorbio, ma creerà un lungo conflitto tra due ideologie della formazione e del lavoro molto ostili.

http://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2016/02/23/buona-scuola-lavoro

Alternanza scuola lavoro: è a rischio nei licei, ecco perché

Molte sono le scuole in difficoltà in materia alternanza scuola lavoro poiché gli studenti in attesa di uno stage sono migliaia e non si trovano settori in cui impiegare le ore che dovranno trascorrere lontani dalle aule. La riforma 107 impone dal terzo anno in poi 400 ore l’anno che gli studenti dovranno trascorrere lontani dalle aule ad effettuare tirocini e stage per chi frequenta istituti tecnici e professionali mentre le ore sono 200 per gli studenti dei licei. Il problema principale riguarda, appunto, i Licei, poiché istituti tecnici e professionali hanno ormai un rapporto consolidato con fabbriche e aziende mentre per i licei la questione è molto più complessa. Per gli istituti

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tecnici e professionali sono molte le aziende e le imprese del territorio che sono interessate a coinvolgere gli studenti da, eventualmente, poi inserire nel proprio entuorage, mentre i licei devono rivolgersi ad istituzioni culturali che non sembrano preparate ad accogliere i ragazzi. Ai giovani stagisti va affiancato un tutor e proprio per questo motivo musei, gallerie darte, biblioteche e altri istituti privati hanno detto no agli stage. Il problema nell’immediato è che gli studenti del terzo anno dovrebbero partire con il primo pacchetto da 70 ore e saranno impiegate, per lo più in classe con tutor esterni. “Molti ci hanno risposto che non sono preparati per accogliere studenti minorenni, non sanno cosa fargli fare, non sanno nemmeno chi affiancargli, vista la carenza di personale. Forse se fosse stato previsto un gettone di presenza, avrebbero avuto una spinta maggiore a farsene carico, ma così diventa per molti solo una grana: tanto più che non si tratta di pochi studenti ma di migliaia, che cercano una collocazione e un utilizzo proficuo delle proprie ore di alternanza scuola/lavoro” spiega la professoressa di musica del liceo Tasso di Roma, Cristina Paciello . Secondo il sottosegretario all’istruzione Gabriele Toccafondi non servono altre norme per ovviare il problema che a suo parere è culturale. Il ministro Giannini risponde in Parlamento sui dubbi che sono sorti sulle difficoltà di far decollare l’alternanza scuola lavoro spiegando che il sistema sarà a regime nell’arco di un triennio. Si è in attesa della carta dei diritti e dei doveri e del registro delle imprese, una delle prime tappe di questo complesso cammino. Intanto dopo la richiesta dei presidi il termine ultimo per presentare i progetti di alternanza scuola lavoro è stato spostato dal 30 ottobre al 16 novembre, in questo modo i dirigenti avranno tutto il tempo necessario per l’organizzazione di stage e progetti.

http://www.orizzontescuola.it/news/alternanza-scuola-lavoro-rischio-nei-licei-ecco-perch

Buona scuola, così l' alternanza aula- lavoro è diventata un incubo per gli studenti Il progetto nato con la riforma voleva creare un ponte tra istituti e aziende. Ma si è trasformato in un elenco di stage inutili, che nulla hanno a che fare con i percorsi formativi e fatti solo per mancanza di alternative serie

È uno dei pezzi forti della Buona scuola per portare la cultura d’impresa dentro gli istituti. Si chiama Alternanza scuola lavoro ed è il primo “punto alla lavagna” del video diffuso dal governo con voce narrante il premier Matteo Renzi che spiega la rivoluzione copernicana tra i banchi italiani. L’idea è quella di trasformare le superiori non in soli pensatoi, ma in trampolini verso una professione, con la speranza che gli stage (gratuiti e obbligatori) possano permettere di abbassare quel 46 per cento di disoccupazione giovanile che attanaglia il sistema Paese, aiutando gli adolescenti ad avvicinarsi il prima possibile alla concretezza di un mestiere. Da quest’anno ogni studente di un Itis dovrà fare 400 ore di stage, e ogni liceale dovrà applicarsi in 200 ore di impieghi fuori dalle mura scolastiche nell’arco del triennio (dal terzo al quinto anno quindi). Sul piatto ci sono 45 milioni di euro per 60 progetti di laboratori territoriali: attività da svolgere in orario extrascolastico, con il sogno di istituti aperti al territorio, luoghi di innovazione e sperimentazione per inserire 60 mila giovani nel biennio 2015-17. Un progetto che apre però ai dubbi su una “stagistizzazione” forzata delle classi. Con casi paradossali come i liceali in raffineria a Cagliari. Una storia raccontata dal dossier dell’Unione degli studenti "Formati, non sfruttati” che mette in cima alla priorità «un’alternanza scuola lavoro decisa dagli studenti con una programmazione che non coinvolga solamente il Dirigente e che sia fatta in aziende che non abbiano lavoratori precari, che non devastino l’ambiente e che non abbiano legami con la criminalità organizzata». I LICEALI IN RAFFINERIA A. ha diciassette anni e frequenta la quarta «I» del Liceo classico Giovanni Siotto Pintor di Cagliari. Per lei il progetto di alternanza scuola lavoro saranno tre giorni nella raffineria Saras di Sarroch, alle porte del capoluogo sardo. «Non lo chiamerei neppure progetto, perché un vero progetto non c’è. Siamo stati semplicemente avvisati che dal 22 al 24 marzo andremo alla Saras, comportandoci come dei piccoli operai. In queste settimane la nostra insegnante di scienze ha tenuto una lezione sugli idrocarburi, i cicli produttivi e la messa in sicurezza dell’azienda» spiega A. a "l’Espresso”. Tre giorni dalle 7 del mattino alle 4 del pomeriggio, sedici minorenni con tanto di divisa e pranzo in mensa per calarsi meglio nella realtà di quel dedalo di tubi e oleodotti, dove ogni anno vengono raffinati oltre 15 milioni di tonnellate di petrolio grezzo . «Io non so cosa farò da grande – continua la studentessa - ma quale appeal può avere per me un polo petrolchimico? È tutto così insensato, lo sanno anche i bambini che quella è un’area poco salubre. È un’occupazione che non c’entra nulla con quello che facciano al liceo e non serve alla nostra formazione. La professoressa di scienze

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ogni anno accompagna alla Saras gli studenti in gita ed è sta lei a scegliere. Se penso che i miei compagni delle altre classi sono andati al teatro lirico di Cagliari..». LO STAGE IN ALBERGO I problemi della burocrazia e della mancanza di linee guida stanno creando disguidi e controsensi come raccontano insegnati e alunni. Per i primi la domanda è unica: chi si occuperà di coordinare quest'immensa macchina di tirocinanti? «Ora è un fuggi-fuggi generale, nessuno vuole farlo: io che mi sono offerto volontario nel solo mese di ottobre ho fatto 40 ore extra che non mi verranno mai pagate» spiega Filippo Novello dell’Itis Galilei di Milano. C’è poi la questione del "quando”: dentro o fuori l'orario curricolare? Al Liceo Scientifico Oberdan di Trieste per raggiungere le 200 ore stanno inserendo nel monte ore dell’alternanza ogni attività, intervento o gita possibile, anche se assolutamente non correlati con il mondo del lavoro. Ecco il racconto di come si sono organizzati al Liceo Salvemini di Sorrento: «Ci stanno facendo seguire degli incontri pomeridiani di psicologia e diritto» spiega F.: «Il bello è che questi corsi li organizzano in orario extra scolastico i docenti di supplenza e alla fine veniamo pure valutati. Ci vogliono sottoporre ad una prova scritta che fa punteggio. In programma abbiamo anche una lezione sulla sicurezza con un test subito dopo. Il controsenso è che se non lo passi non ti danno la possibilità di lavorare, e se non lavori non accumuli le 200 ore previste indispensabili per accedere all'esame di maturità. Tra le proposte di stage oltre a comuni, musei e biblioteche ci hanno proposto degli hotel, degli alberghi per un liceo classico. Oppure in uno studio legale, a fare il segretario di un avvocato o di un notaio». NELLA MOTOR VALLEY Non ci sono però solo esperienze tragicomiche. L’alternanza ha anche creato un modello virtuoso nella cosiddetta "Motor valley” dell’Emilia Romagna, la terra dei motori nota in tutto il mondo grazie ai brand di Ferrari, Ducati, Maserati, Lamborghini e Dallara. Qui il modello è sei mesi a scuola e sei mesi in fabbrica, poi altri sei mesi a scuola e altri sei in fabbrica. Tornando a studiare per inseguire la possibilità di un lavoro. Con la benedizione del ministro all’Istruzione Stefania Giannini è partito un anno fa il progetto "Desi” sull’alternanza scuola-lavoro di Ducati e Lamborghini (entrambi marchi del gruppo tedesco Volkswagen), che porta 48 ragazzi che avevano abbandonato gli studi dentro questo esperimento che unisce il "modello tedesco” all’eccellenza italiana. «È il simbolo di una svolta culturale, che ha il valore aggiunto di riportare a scuola ragazzi che l’avevano lasciata», ha sottolineato Giannini tagliando il nastro dei laboratori che le due aziende hanno preparato all’interno dei propri capannoni, dove gli studenti, aiutati da tutor della scuola e delle aziende, mettono in pratica quello che studiano negli Istituti Fioravanti Belluzzi e Aldini-Valeriani.

http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/03/21/news/l-alternanza-scuola-lavoro-si-fa-in-raffineria-1.254394

L’alternanza scuola- lavoro come strumento didattico Impressioni da un’esperienza realizzata in un istituto culturale Un’esperienza di alternanza scuola-lavoro presso l’Istituto storico Grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea associato alla rete INSMLI, è occasione di riflessione che disegna nuove prospettive e pone interrogativi circa uno strumento didattico sempre più diffuso da inserire organicamente nelle programmazioni del secondo ciclo di istruzione. L’alternanza scuola-lavoro: perchè? L’alternanza scuola-lavoro da pratica episodica da parte di alcune scuole, è destinata a divenire uno strumento didattico sempre più organico alla programmazione, così come emerge dall’acceso dibattito intorno a “La buona scuola”. Creare dei percorsi di apprendimento che impegnino gli studenti fuori dalle aule scolastiche, all’interno di ambienti occupazionali reali, in un continuo confronto con le aziende, ma anche con altri tipi di istituzioni dove si svolgono attività lavorative, può aiutare i giovani studenti a capire le proprie attitudini e compiere scelte sempre più consapevoli. L’alternanza può dunque diventare uno strumento su cui impostare una riflessione sulla base di esperienze reali: vedere in prospettiva l’esperienza fatta da alcune classi, come ad esempio quelle del Liceo Artistico di Grosseto, delle sue connessioni e dei suoi sviluppi futuri, può essere un utile passaggio per comprenderne criticità ed elementi positivi. Ciò è vero soprattutto se si considera l’alternanza scuola-lavoro uno strumento per avvicinare due mondi che in Italia sembrano da sempre appartenere a universi paralleli. Infatti anche il quadro normativo di riferimento1 ci restituisce, nella dinamica storica degli ultimi decenni, quello che è un lungo tentativo di integrare e di far comunicare tra loro queste due realtà. Inizialmente sembra che l’interesse sia stato puntato quasi in esclusiva sugli istituti tecnici ed ancor più sui professionali, mentre progressivamente anche il mondo dei licei, da sempre in Italia considerato il regno del sapere

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teorico alto, vocato alla formazione delle classi dirigenti e necessaria premessa agli studi universitari, viene coinvolto in questa nuova e moderna forma di “apprendistato”2. Nuovi orizzonti per l’alternanza scuola-lavoro oggi A fondamento della centralità del lavoro nel nostro sistema di valori e di norme c’è il primo articolo della Costituzione della Repubblica. Ma il tema del lavoro ha assunto in anni recenti il carattere di un’emergenza democratica: la crisi economica è tanto profonda da oscurare le prospettive di piena realizzazione umana e professionale delle nuove generazioni. È utile, in un contesto di questa natura, ripensare istruzione e formazione con un’attenzione più forte alla cultura del lavoro, anche in termini pratici. Dagli anni Novanta ad oggi si è cercato progressivamente di perfezionare, limare, regolare e promuovere questo difficile rapporto tra teoria e pratica, tra il sapere e il fare, tra il pensiero e la realtà fenomenica della società e dell’economia, fino alla recente proposta di rendere pratica “normale”, non più episodica su base volontaria, l’alternanza almeno per gli istituti tecnici e professionali, come si legge nel cap. 5 del documento ministeriale “La buona scuola” (dal titolo eloquente “Fondata sul lavoro”), recentemente approvato dal Parlamento ( Legge 13 luglio 2015, n.107) Che gli enunciati programmatici contengano l’intenzione di dare una prospettiva più ampia a questa importante innovazione è dimostrato da Decreti Direttoriali che prevedono la formazione anche per insegnanti dei licei3. Complessivamente si è in presenza di un’innovazione che implica notevoli oneri economici: la previsione di spesa, se si vorrà introdurre l’obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro negli Istituti tecnici e professionali, è di cento euro per ogni studente. Non mancano eccellenze di istituti scolastici che hanno una relazione strutturale forte con il mondo del lavoro, soprattutto in realtà in cui esistono tradizioni professionali importanti, di carattere artigianale o industriale. Esiste poi anche una casistica di sperimentazioni di elevata qualità, di scuole che hanno saputo creare un rapporto autentico con la realtà del lavoro, coniugandolo e declinandolo a seconda delle varie istanze e delle reali possibilità. Estendere la concreta relazione con il mondo del lavoro fino a generalizzarla a tutti gli indirizzi non ha una diretta connessione con le soluzioni, divenute urgentissime, alla grave patologia del sistema economico italiano attuale con una disoccupazione giovanile tra le più elevate in Europa. Ma è altrettanto certo che può giungere un contributo alla cultura del lavoro e alla consapevolezza delle dinamiche reali del mondo del lavoro dalla sperimentazione di sempre nuove forme di didattica, che facciano “entrare in aula” la realtà economico-sociale e le professioni dei territori in cui vivono le nuove generazioni. I luoghi per apprendere il “lavoro culturale” Gli aspetti da rilevare in questa fase rendono quest’esperienza meritevole di una riflessione sui numerosissimi spazi che l’introduzione su vasta scala di percorsi scuola-lavoro può aprire, oltre il coinvolgimento di imprese propriamente dette e dei profili professionali tradizionalmente e più di frequente presi in considerazione dalle esperienze di istituti tecnici e professionali. Scegliere un istituto storico per un progetto di alternanza crea in effetti una relazione con il mondo della cultura che può anche far pensare lo studio in una relazione immediata con l’operatività. Otium e negotium come nel lavoro “a tavolino”: la conoscenza storica, l’immaginazione, l’apprezzamento per il valore estetico, in un contesto tutt’altro che teorico, ma di applicazione a un progetto molto concreto, capace di produrre effetti a molti livelli: la bellezza, la fruizione dei concittadini, l’attrattività per il turismo. Parallelamente, per gli stessi istituti culturali che accettano di misurarsi con questo tipo di esperienze, possono aprirsi prospettive innovative e scenari inediti. Questo vale per gli istituti storici, ma anche per altre istituzioni culturali: musei, biblioteche, archivi, luoghi della cultura numerosi e tanto ricchi di potenzialità da sviluppare, quanto poveri di risorse utili a introdurre innovazioni. Esperienze come queste producono un tipo particolare di risorse: se sono motivati, i ragazzi riescono a introdurre freschezza ed entusiasmo e contribuire a mutare il clima di ambienti poco frequentati e molto tradizionali, in più fa guadagnare visibilità. Per i ragazzi è un modo per conoscere più a fondo caratteristiche e problemi legati alla gestione e alla comunicazione della cultura, coinvolgendoli operativamente e maturando in loro quella comprensione della complessità del patrimonio culturale italiano che costituisce la premessa necessaria per la sua tutela e piena valorizzazione nel futuro, per una fruizione sempre più condivisa e democratica. Quello che si può trarre da quest’esperienza è che si è in presenza di un crocevia di esperienze e di potenziali arricchimenti: per i ragazzi e la scuola, per le “imprese” ospitanti, per la società, che ha bisogno di cittadini che si misurino con la complessità. Il bagaglio di conoscenze e la mole di materiali raccolti e prodotti dai ragazzi nell’ambito del lavoro pluriennale svolto con l’ISGREC ha costituito la premessa per la sperimentazione didattica tuttora in corso con gli esperti di Mnemosine, della la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, volta all’utilizzo delle tecnologie digitali e alla ricerca di nuove forme per la comunicazione della cultura storica e artistica. Il punto di vista dei docenti coinvolti Alcune opinioni e valutazioni dei docenti8 partecipanti a vario titolo al progetto, si possono ritenere molto significative.

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I risultati conseguiti sono stati possibili grazie ad un lavoro di squadra sviluppato attraverso la strutturazione di attività plurime, la consultazione di fonti diverse che ha fornito prospettive complementari, contribuendo alla gestione della complessità del progetto. Significative le parole di Marcella Parisi, una delle docenti: “L’ esperienza formativa a cui in particolare la classe 3 A dell’indirizzo Architettura del Liceo Artistico L. Bianciardi ha partecipato in collaborazione con l’ISGREC di Grosseto, fa parte delle attività di Alternanza Scuola-Lavoro che, ormai da tempo, si svolgono nella scuola italiana e, nello specifico, negli indirizzi liceali. Da pochi anni gli studenti dei licei, come già i colleghi dei tecnici e professionali, si confrontano con il mondo del lavoro e della ricerca, prendendo parte a iniziative che favoriscono una formazione quanto più possibile vicina alla realtà produttiva. La 3 A Architettura ha svolto quindici giorni di stage presso l’ISGREC, dove, affiancata dallo staff di studiosi e ricercatori in organico all’Istituto, ha approfondito l’aspetto storico delle mura di Grosseto, acquisendo e sviluppando competenze per l’apprendimento della storia attraverso la lettura e lo studio delle fonti, con un approccio scientifico verso la disciplina. Ciò che ha permesso ai ragazzi di testare la professione del ricercatore, riuscendo a dare valore aggiunto allo studio della storia che svolgono in classe quotidianamente. Lo stage ha anche dato loro facoltà di acquisire competenze storico-artistiche tali da farli partecipare in modo attivo al Convegno Nazionale delle delegazioni giovanili della Società Dante Alighieri, che si è svolto a Grosseto nel mese di maggio. In quella occasione, in veste di giovani ciceroni, hanno accompagnando i partecipanti al convegno nella visita del più importante monumento cittadino, mettendo a frutto l’esperienza di ricerca svolta e raggiungendo la nuova consapevolezza di essere diventati portavoce della storia e del significato civico che questo implica”. Il punto di vista dei ragazzi Tuttavia per comprendere ancora più a fondo come sia difficile riuscire a coniugare la scuola, caratterizzata da ritmi e modi di operare propri, con il mondo diverso ed eterogeneo del lavoro, vale la pena riportare alcuni pareri dei ragazzi. Per capire meglio il loro pensiero è’ stato loro rivolto un semplice questionario strutturato in pochi quesiti aperti per dare modo a tutti di elaborare una riflessione il più possibile sincera, utile per la programmazione del lavoro ancora da compiere, ma anche spunto di riflessione per tutti coloro che intendano intraprendere un percorso simile in altri contesti territoriali. E' stato chiesto di esprimere una valutazione globale sul valore dell’esperienza, di compiere una considerazione generale sulla sua validità in termini di coinvolgimento e apprendimento; di coglierne aspetti positivi e negativi, motivando ovviamente il giudizio, di rilevarne i risultati ottenuti in termini di spendibilità, infine, se consigliare una simile esperienza o meno ai propri coetanei partendo da una riflessione sul modo in cui i ragazzi parlano tra loro dell’esperienza. In generale è stato riconosciuto un valore aggiunto all’esperienza: “Perché consente di acquisire conoscenze che all’interno della realtà scolastica non vengono approfondite”, soprattutto “perchè ci si avvicina maggiormente alla realtà lavorativa e si trattano argomenti che di solito a scuola non si affrontano”. Il mondo del lavoro ha suoi tempi e regole che gli studenti hanno sperimentato, soprattutto è stato apprezzato il saper “gestire un lavoro e un progetto di gruppo” e la presenza di “un forte scambio di idee e competenze, nato dalla suddivisione dei compiti da svolgere e dall’organizzazione del lavoro.” Inoltre fondamentale la considerazione che “per noi ragazzi si può dire sia stata un’attività che ha dato modo di confrontare i nostri pensieri e unirli in un solo progetto, ha dato modo di imparare e conoscere metodi differenti ma soprattutto specifici alla realizzazione di tale progetto, venendo a conoscenza anche di normative e complessità amministrative che non sempre nell’ambito scolastico riusciamo a cogliere.” Analisi dei problemi: l’organizzazione I problemi legati all’organizzazione sono ricorrenti nell’analisi degli aspetti negativi, come il fatto che i ragazzi “qualche volta si sono ritrovati spaesati e poco guidati” oppure hanno riscontrato “un’assenza di tempo che ci ha costretto a fare le cose in fretta” e ancora: “il poco tempo a disposizione per tutto quel lavoro e secondo me anche lezioni inutili su cose che non ci sono servite per lo svolgimento del progetto”. Alcuni ragazzi hanno lamentato la mancanza di spazi adeguati e di attrezzature consone allo svolgimento dei compiti assegnati: “come aspetto negativo ho riscontrato la mancanza di uno posto appositamente adibito all’alternanza e questo ha fatto nascere svariati problemi, come la mancanza di spazio per lavorare, se non, spesse volte, la mancanza stessa di materiale”. Alcuni ragazzi giunti al terzo anno lamentano la ripetitività del progetto, ma, emblematica nell’analisi delle criticità, è la segnalazione di una “mancanza di un bilanciamento tra l’aspetto teorico e quello pratico”, sul quale forse vale la pena ancora di lavorare sul piano della programmazione. A chi consigliarlo Gli studenti consiglierebbero un progetto simile come arricchimento, “per avere una visione più ampia oltre a quella scolastica”, dal momento che “insegna a lavorare in gruppo, a organizzarsi e poi ti fa mettere in pratica tutto ciò che sai”. Interessante l’osservazione del valore formativo in termini sia di crescita personale che di crescita relazionale. Come rileva una ragazza di 5°: “Consiglierei ad un mio coetaneo l’alternanza poiché ti forma sia caratterialmente,

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dovendo esporre i tuoi lavori e parlare in pubblico, sia culturalmente, apprendendo nuove cose e in più fa credito (cosa da non sottovalutare). Inoltre ti permette di fare conoscenze che potrebbero dimostrarsi utili in futuro”. Per concludere si riporta un’opinione significativa: “l’alternanza scuola- lavoro è un’attività che consiglierei a chiunque proprio perché è una novità che offre numerosi aspetti positivi che farà poi parte di un curriculum futuro, coinvolge e insegna metodi a volte del tutto nuovi. È inoltre un’esperienza per confrontarsi sia con i coetanei che con tecnici specializzati nei loro ambiti lavorativi”.

http://www.novecento.org/pensare-la-didattica/lalternanza-scuola-lavoro-come-strumento-didattico-1421/

Alternanza Scuola - Lavoro: i prof si lamentano

Tra le novità introdotte dalla legge 107/2015 ce n’è una che sta creando non pochi problemi alle attività organizzative e didattiche della scuola: l’alternanza Scuola-Lavoro. Infatti la Buona Scuola all’art.1 comma 33 ha introdotto i percorsi di alternanza scuola-lavoro negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio. Quindi negli Istituti di scuola secondaria di secondo grado e persino nei licei sono iniziati o sarebbero dovuti iniziare da questo anno scolastico tali progetti di alternanza scuola-lavoro. Per le classi terze sono stati previsti, all’interno dei quadri orari scolatici 80 ore da dedicare a queste attività. Grandi sono state le difficoltà per i dirigenti scolastici di alcuni territori nel trovare aziende pubbliche o private disposte a condividere questi progetti. Infatti, ci risulta, che ci sono scuole che non sono riuscite ad attivare il progetto imposto dal suddetto comma 33. Dunque ci sono stati sicuramente dei disagi di natura organizzativa, mentre quasi totale è la protesta dei docenti. Alcuni insegnanti sono stati cooptati a svolgere la mansione di tutor del progetto che si relaziona con i tutor di azienda e fornisce tutti i chiarimenti del progetto. Questi tutor dovrebbero essere retribuiti per il loro lavoro con fondi creati ad hoc per attuare l’alternanza scuola-lavoro, ma ancora il Miur non ha provveduto a mettere a disposizione delle scuole tali fondi. Inoltre le lamentele dei prof sono in particolare dovute al fatto che i propri alunni verranno distolti dal percorso curricolare di formazione. La domanda che si pongono i prof è: “Come si potranno finire i programmi scolastici, già programmati a settembre, se gli alunni saranno condotti in azienda per un totale di 16 giorni?” Togliere 80 ore di presenza scolastica degli alunni da scuola e per giunta in un solo quadrimestre, significa ridurre gli spazi di didattica e creare molti disagi al percorso curricolare. Come è possibile, si chiedono i prof di tutta Italia, prevedere questi percorsi di 200 ore nei licei e lasciare le linee guida dei programmi ministeriali invariati? Con la riforma Gelmini i programmi scolastici di alcune materie, viene in mente pensare alla Storia, all’Italiano e soprattutto alla Matematica e fisica nei licei scientifici, sono diventati più lunghi. Quindi programmi più lunghi e tempi più corti. Forse al Miur qualcuno dovrebbe incominciare a meditare che se si allungano i programmi e si accorciano i tempi gli studenti non riusciranno ad arrivare preparati agli esami di Stato.

http://www.tecnicadellascuola.it/item/17115-alternanza-scuola-lavoro-i-prof-si-lamentano.htm

Alternanza scuola lavoro: come sta andando nei licei E' la grande scommessa della Buona Scuola: fare uscire i ragazzi dalle aule per metterli a contatto con le imprese. Un'opportunità preziosa ma anche un rischio Al museo Poldi Pezzoli e al Bagatti Valsecchi, gli studenti del liceo Beccaria di Milano lavorano con i turisti stranieri, mentre i compagni sono impegnati al reparto di Neuroscienze dell’ospedale San Raffaele. Quelli del Visconti, a Roma, si occupano di valorizzare il loro Wunder Museum. Intanto 20 ragazzi del Marco Polo di Venezia scoprono come funziona il polo d’arte contemporanea di Palazzo Grassi-Punta della Dogana. Altri del Manzoni di Milano sono stati una settimana al Corriere della Sera; a maggio, arriveranno gli studenti del Bottoni. Mentre il Plinio Seniore di Roma fa volontariato nelle mense della Caritas. È una delle novità più dirompenti della legge 107/2015, la Buona Scuola: l’alternanza scuola lavoro obbligatoria per i licei, 200 ore nel triennio (per tecnici e professionali le ore sono 400, ma in parte già si facevano). Una grande opportunità secondo alcuni, un rischio per altri. Vediamo come sta andando. Intanto, c’è da dire che quest’anno sono partite solo le terze, mezzo milione di sedicenni. A regime, saranno coinvolti un milione e mezzo di alunni, con un finanziamento annuo di 100 milioni di euro. In molte scuole, è già scattato l’allarme: dove li mettiamo? E soprattutto, a fare cosa? Vale la pena di restare indietro con il programma (classica ansia da insegnanti) per mandarli a fare fotocopie? Alcuni licei hanno chiesto l’aiuto dei genitori, e in qualche

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caso ha funzionato. Settimana scorsa un architetto ha scritto a Isabella Bossi Fedrigotti, sul Corriere, raccontando con entusiasmo l’esperienza con alcuni studenti accolti nel suo studio professionale. Ma non è facile, come riferisce il mensile Tuttoscuola in un suo recente dossier sul tema: tra la scuola e l’impresa, o l’ente, si deve firmare una convenzione, un patto di corresponsabilità e una covalutazione finale. In più, naturalmente, serve un’assicurazione. Piuttosto lungo, e complicato. Alcune hanno ricevuto “pacchetti” chiavi in mano proposti da agenzie con soggiorni all’estero e lavoretti di facciata. Altre hanno rinunciato a far uscire i ragazzi, preferendo una comoda “simulazione d’impresa”: un liceo scientifico di Roma aveva stretto un accordo con un’azienda agricola dell’hinterland. I genitori di sono opposti, troppo scomodo. Risultato: l’azienda l’ha risolta con poche lezioni teoriche in aula. Tra tante scuole che arrancano, funzionano quelle “storiche”, più credibili: «Nessuna difficoltà a trovare gli interlocutori» dice Michele Monopoli, preside del Beccaria. «Avevamo già rapporti con il Fai, e da lì è nata l’idea di far lavorare i ragazzi nelle Giornate di primavera, alle quali partecipiamo come liceo storico». Non solo: per i classici, da anni in crisi nera di iscrizioni, l’alternanza scuola lavoro è un’opportunità unica «per uscire dall’autoreferenzialità, valorizzare le competenze. Le famiglie sono entusiaste» continua Monopoli. Guarda caso, quest’anno finalmente le iscrizioni sono in aumento. Gli atenei accolgono parecchi liceali: a Milano Bicocca vanno in 150; a Roma c’è attenzione dall’università La Sapienza. «Per loro, è un’attività utile all’orientamento» dice Clara Rech, preside del Visconti, altro liceo che non ha avuto nessun problema a “piazzare” gli studenti, puntando sul suo patrimonio storico artistico.Oltre che nelle scuole blasonate, l’alternanza funziona dove si è seminato nel tempo: la Camera di Commercio di Macerata, per esempio, da 10 anni mette in campo progetti con le imprese della zona, soprattutto calzaturifici: «Gli studenti fanno laboratori sullo sviluppo d’impresa, la green economy, preparano business plan con stage in azienda e anche all’estero» dice Lorenza Natali, responsabile della formazione. Non è facile però coinvolgere le imprese, soprattutto quelle medio piccole tipiche della realtà imprenditoriale italiana. E in effetti, mentre si capisce l’interesse a investire sugli studenti di tecnici e professionali, che interesse può avere un’azienda a coinvolgere personale – serve un tutor – e tempo per ragazzi che dopo il diploma andranno all’università? E’ questione di cultura, in Italia l’alternanza è una novità, le imprese vanno accompagnate. «L’obiettivo è che tutto funzioni, noi come associazione siamo molto contenti di questa legge. Chiaro che serve un po’ di rodaggio» dice Federico Visentin, vicepresidente di Federmeccanica con delega all’Education. La Buona Scuola prevede che venga istituito presso le Camere di Commercio il Registro Unico delle imprese disponibili a prendere studenti in alternanza (dovranno specificare quanti): ancora non è pronto ma sarà molto utile alle scuole: «Non basta iscriversi, serve una selezione, un percorso di certificazione» aggiunge Visentin. «E quindi, un meccanismo di incentivi per spingere le imprese ad accogliere i ragazzi». Il problema però non è solo la difficoltà a trovare posto. La Cgil ha pubblicato una nota durissima: soprattutto al Sud, c’è il rischio concreto che l’alternanza si trasformi in un serbatoio di lavoro gratuito. Visentin non è d’accordo: «Un conto è l’apprendistato, gestito dal ministero del Lavoro; un altro l’alternanza, compito del Miur, con spirito educativo. Non c’è possibilità di confusione». Qualche problema però esiste. Bianca Luisa Granato, tra i promotori del blog insegnanticalabresi.blogspot.com, denuncia: «Da noi i musei sono scarsi e deserti. Le imprese coinvolte sono pochissime, i ragazzi lavorano a portali turistici, del tutto ininfluenti rispetto al loro percorso di studi». Rincara la dose Francesco Tomasello, insegnante a Catania: «Gli studenti del liceo sociopsicopedagogico vengono mandati alle Asl come surrogati degli assistenti sociali. Cosa c’è di formativo? Niente. Il messaggio che passa è lo svilimento della cultura, lo studio non conta più». http://www.iodonna.it/attualita/in-primo-piano/2016/03/13/alternanza-scuola-lavoro-come-sta-andando-nei-licei/?refresh_ce-cp

Alternanza Scuola Lavoro: solo propaganda! Il MIUR riduce drasticamente le risorse per l'anno scolastico 2014-15 Il MIUR ha reso noto il decreto del direttore generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione n. 761 del 20 ottobre 2014, con il quale vengono ripartite le risorse a livello regionale delle risorse destinate alle attività di alternanza scuola lavoro (ASL), regolati dal D.Lgs. 77/2005, nonché le caratteristiche dei progetti finanziabili. Ai sensi dell'art. 6 comma 2 del DM 351 del 21 maggio 2014 le risorse complessivamente disponibili per l'alternanza sono pari a euro 11.000.000,00 di cui: euro 4.000.000,00 per gli istituti professionali euro 6.000.000,00 per gli istituti tecnici euro 1.000.000,00 per i licei.

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Per ciascun ordine di scuola le risorse sono ripartite in proporzione al numero degli alunni iscritti nelle classi seconde, terze e quarte, come risulta dall'anagrafe degli studenti. Il DD 761/14 definisce, inoltre, finalità e ambiti per la realizzazione dei "progetti innovativi" per l'a.s. 2014/15. In particolare i progetti innovativi di alternanza devono offrire a tutti gli studenti dai 15 ai 18 anni l'opportunità di apprendere mediante esperienze didattiche in ambienti lavorativi privati, pubblici e del terzo settore valorizzare una formazione congiunta tra scuola e mondo del lavoro assicurare ai giovani oltre alle conoscenze di base, anche l’acquisizione di maggiori competenze per l’occupabilità, l’auto-imprenditorialità. Il Decreto sottolinea l'importanza del rapporto con il territorio ed in particolare con i poli tecnico-professionali, gli istituti tecnici superiori, le reti di impresa, ecc. Tenuto conto di queste finalità i progetti dovranno configurarsi come: progetti innovativi di integrazione tra percorsi formativi ed il mercato del lavoro anche secondo modalità di "bottega scuola" e "scuola - impresa". attraverso: progetti riferiti a esperienze e modelli di eccellenza di integrazione e collaborazione con imprese operanti su aree tecnologiche strategiche per il nostre Paese, quali efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo; progetti che presentano una stabilità nel tempo e che vedono la collaborazione con i poli tecnico-professionali, gli ITS progetti realizzati da istituzioni scolastiche che evidenziano nella loro realizzazione le proposte dei Comitati Tecnico Scientifici o Comitati Scientifici progetti realizzati, attraverso esperienze di divulgazione a mezzo stampa o altro mezzo informativo al fine di disseminare le buone pratiche. Come avviene da anni, tutta la partita che riguarda l'alternanza scuola lavoro è stata gestita in maniera autoreferenziale dall'Amministrazione senza alcun coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Al di là dei fiumi di parole spese in queste settimane, le risorse disponibili sono sensibilmente inferiori rispetto allo scorso anno (lo stanziamento per l’a.s. 2013/14 era pari a € 20.560.000,00, mentre nel 2012/13 era di € 26.790.000,00). Il decreto arbitrariamente stabilisce connessioni con il documento governativo “La buona scuola”, nonostante quest'ultimo sia in fase di discussione e, non costituendo peraltro atto amministrativo con efficacia operativa, debba ancora concludere un iter di cui non si conoscono gli esiti. Il concetto di "percorso" che è alla base delle acquisizioni delle competenze in alternanza, è sostituito dal "progetto innovativo", dall'idea dell'eccellenza di poche istituzioni scolastiche che dovrebbero magicamente risollevare e trascinare verso l'alto tutto il secondo ciclo del sistema educativo. Si accentua in maniera parossistica l'idea che l'alternanza debba essere sostanzialmente finalizzata a dare risposte alle “richieste del mercato del lavoro” e che i percorsi debbano essere co-progettati con le imprese, e questo nonostante che le norme in vigore prevedano che: i percorsi debbano essere progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell'istituzione scolastica (D. Lgs. 77/05 art. 1 comma 2) è necessario evitare la riproduzione di un’offerta formativa secondo una logica autoreferenziale o in risposta soltanto alla domanda produttiva. (D.I. 7/2/2013, Premessa alle "Linee Guida contenente misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico professionale",). Mancano nei documenti ministeriali precisi riferimenti ai concetti di stage, tirocinio, alternanza così come definiti dalle Linee guida del triennio degli istituti tecnici e professionali. Non vi è un solo accenno alla necessità che i percorsi siano coerenti con il profilo educativo, culturale e professionale (nei tecnici e professionali) e il profilo degli studenti nel sistema liceale (nei licei) al fatto che i "progetti" siano rispettosi dello sviluppo personale, culturale e professionale degli studenti in relazione alla loro età al rischio concreto di sfruttamento degli studenti da parte delle aziende per dotarsi di manodopera a costo zero alle problematiche connesse alla sicurezza nei contesti lavorativi e ai costi delle assicurazioni per gli studenti alla connessione tra la valutazione dei percorsi in alternanza e la valutazione al termine di ciascun periodo scolastico. L'azione del MIUR appare debole sia da un punto di vista delle risorse messe in campo, sia perché non è in grado di difendere l'orizzonte culturale e formativo definito, ad esempio, dalle Linee guida del triennio degli istituti tecnici e professionali.

http://www.flcgil.it/scuola/docenti/secondo-ciclo/alternanza-scuola-lavoro-solo-propaganda.flc