Stars 'N' Stripes N°24

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il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano

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per gli amanti della palla a spicchi d'oltre oceano

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il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano

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FFFFOOOOCCCCUUUUSSSS ---- IIII NNNNUUUUOOOOVVVVIIII MMMMAAAAGGGGIIIICCCC4444Viaggio attraverso le cifre della formazioneViaggio attraverso le cifre della formazione

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Fonte foto: http://myteamrivals.typepad.com

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“Quando assapori l’atmosfera delle finali Nba, vuoiritornarci, non t’interessa altro”. Parole e musica diDwight Howard. Location: Training camp degli OrlandoMagic. Data. settembre 2009. Una squadra con una missione: iltitolo, LeBron James permettendo. Si, perché nel destino degliOrlando Magic sembra esserci sempre di mezzo l’uomo con ilnumero 23 (dall’anno prossimo si passa al #6). Facciamo unpasso indietro. Finale della Eastern Conference ’09. I favoritis-simi Cavs affrontano col vantaggio del fattore del campo iMagic. L’Nba, il mondo, sono pronti a celebrare il trionfo diKing James e a gustarsi lo scontro con Kobe in finale, in unariedizione di Achille contro Ettore. Un duello epico. Nienteaffatto. Nel ruolo di guastafeste ecco comparire, HowardDwight, Lewis Rashard e soprattutto Turkoglu Hidayet, detto

Hedo, brillantemente condotti da Stan Van Gundy, che oltreche essere il sosia della star a luci rosse Ron Jeremy, è ancheuno dei migliori allenatori della lega a trenta squadre che chia-miamo Nba. I Cavs piegano la testa 4-2. Orlando torna a com-petere per l’anello. Sono passati 14 anni dall’ultima apparizio-ne targata Shaq-Penny. In quella serie contro i Rockets ci fu losweep (4-0). I Lakers ne lasciano per strada una, e Orlandocede 4-1. Dalla sconfitta in finale contro i losangelini riprendeil cammino dei Magici. L’obiettivo è uno solo, tornare su quelpalcoscenico. II MMAAGGIICC 22000099//22001100.. Una squadra che arriva a giocarsi l’anelloin sede di mercato dovrebbe solo puntellare la panchina, o al

FOCUS

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DIDI

VVINCENZOINCENZO DIDI GGUIDAUIDA

‘‘‘‘ VVVV iiiinnnnccccrrrreeeeddddiiiibbbblllleeee ’’’’ èèèè llll ’’’’ aaaarrrrmmmmaaaa ggggiiiiuuuussssttttaaaappppeeeerrrr ttttoooorrrrnnnnaaaarrrreeee iiiinnnn ffff iiiinnnnaaaalllleeee????

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massimo inserire un giocatore di qualità. Invece in casa Magicarriva una mezza rivoluzione. Per la serie non è oro tutto quel-lo che luccica, vengono alla ribalta i dissapori caratteriali traVan Gundy (tipino mica facile) e il Turko. Il giocatore che conla sua efficacia nel quarto periodo aveva permesso alla franchi-gia della Florida di compiere il definitivo salto di qualità, è inscadenza di contratto e decide di esplorare il mercato. Orlandonon prova neanche a trattenerlo. La corsa è tra Portland eToronto. Sappiamo già come è andata a finire. La dirigenza deiMagic punta su Vince Carter. Nella città di Topolino arrivaVinsanity insieme a Ryan Anderson dai Nets, in cambio sostan-zialmente di Courtney Lee. Dal mercato dei free agent ecco il

redivivo Jason Williams (inattivo nella stagione precedente),Matt Barnes e Brandon Bass. Van Gundy sceglie di operare uncambio radicale nel supporting cast. Basterà per arrivare altitolo?IILL SSIISSTTEEMMAA DDEEII MMAAGGIICC.. Innanzitutto diamo un’occhiata alrecord. Al momento in cui scriviamo Orlando viaggia con unottimo 42v-20p, che tradotto significa primo posto SoutheastDivision, secondo posto nella Eastern Conference alle spalle diCleveland. Il saldo nel mese di Febbraio dice 8v-4p. Nulla daobiettare. Siamo in linea con le aspettative. Orlando è 10° perpunti segnati (101.7) e 5° per punti subiti (95.6). Un dato fon-damentale per i Magic è la percentuale nel tiro da tre punti.

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Fonte foto: http://static.guim.co.uk

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Orlando è una delle squadre che prende più conclusioni daoltre l’arco con una percentuale di trasformazione del 36%. Inquesta speciale graduatoria sono al 5° posto. Il punto fonda-mentale non è quanto segnano da tre, ma quel che fanno perarrivare a prendere questo tipo di tiro. Due riferimenti: spazioe tempo. Il sistema dei Magic si esplica su alcuni principi base. 1) Pick and roll d’ ingresso Nelson-Howard. In base alle sceltedella difesa Orlando esplora diverse soluzioni. Le prime dueprevedono una ricezione dinamica di Howard (scrivete puredue punti), o un jump shot dalla media di Nelson. La terzasoluzione è quella che definisce meglio il sistema. In base allesituazioni di vantaggio che si creano dal pick and roll, i Magiccon tre giocatori oltre l’arco dei tre punti possono punire lescelte della difesa. Chi sono i tre giocatori? Carter, Barnes (oRedick) e Lewis. Chi è il giocatore fondamentale? OvviamenteRashard Lewis, un 4 perimetrale che apre il campo costringen-do il difensore ad onorare il suo tiro, e di conseguenza permet-tendo a Howard di godere di ampi spazi nel pitturato. I Magicquando sono spaziati bene diventano assolutamente mortiferi. 2) Ricezione in post basso di Howard. Quattro giocatori dietrol’arco dei tre punti, e Howard in mezzo. Qui è il fattore tempoa divenire importantissimo. La palla in post deve arrivare con itempi giusti e con l’angolo giusto. Lewis è un clamoroso passa-tore in queste situazioni. Nelle serate nelle quali Dwight è“unstoppable”, la difesa ad un certo punto deve gioco forzaraddoppiare. Dal raddoppio in post s’innesca il sistema deiMagic. Nei primi anni “Superman” Howard era uno dei peggio-ri passatori in situazioni di raddoppio. In questo fondamentaleadesso è miglioratissimo grazie anche al lavoro di PatrickEwing. La palla esce bene dal raddoppio (spesso operato in sin-gle-double, ovvero con un esterno che va a raddoppiare suHoward) e si muove sul perimetro in modo da poter effettuare

il tiro che vuole l’attacco. Come si vede non è un mero discorsodi percentuali, ma di cosa si fa all’interno di un sistema. Eccoperchè i Magic non sono classificabili come un semplice jumpshooting team. Il discorso è reso più complesso dalla presenzadi un giocatore dominante in vernice come Howard, e da unsistema predicato su determinati concetti che intendono pre-miare un certo tipo di scelta offensiva. CCAARRTTEERR VVSS TTUURRKKOOGGLLUU.. La variabile all’interno del sistema.Due giocatori diversi rendono il sistema diverso. Carter: 16.3punti, 4.2 rimbalzi, 2.9 assist con il 43% dal campo e il 34% datre. Turkoglu (cifre relative alla stagione 2008/2009): 16.8punti, 5.3 rimbalzi, 4.9 assist con il 41% dal campo e il 35% datre. Ancora una volta non è solo una questione di cifre (miglio-ri in assoluto quelle del Turco rispetto a Vinsanity). L’impattodi Turkoglu sulla squadra era diverso (molto diverso da quelloche Hedo sta avendo a Toronto…). Il Turco si spaziava alla grande con gli altri quattro rendendo ilsistema più fluido, in quanto miglior passatore e tiratore diCarter. Ma quel che ha fatto la differenza nella passata stagio-ne è stata la sua capacità di prendere per mano la squadra neimomenti decisivi, diventando di fatto l’uomo dell’ultimo tiro eLebron ne sa qualcosa. Per emettere un giudizio definitivo suCarter bisognerà attendere l’esame dei playoff. Di certo c’è undato incontrovertibile. Carter per essere efficace ha bisogno diavere molto il pallone tra le mani, di attaccare dal palleggiovenendo isolato uno contro uno. Il ritmo d’attacco dei Magicne risente. L’efficacia diminuisce e le difese possono esporsimeno all’efficacia del tiro da tre punti di Orlando e alla fisicitàdi Howard in post. Sembra paradossale ma è così. Dopo un ini-zio difficile il prodotto di North Carolina ha mostrato sprazzidel vero Vincredible (memorabile la prova da 48 punti controNew Orleans), ma i giudizi sono ancora in camera di consiglio.

LE STATISTICHE DI VINCE CARTER

...COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE...

GLI ORLANDO MAGIC IN CIFRE

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HHOOWWAARRDD EE VVAANN GGUUNNDDYY.. La stagione di Orlandopassa anche dal rapporto amore/odio tra Superman e ilcoach. Chimica variabile. Si va su è giù. Ora la freccetta

è posta in alto, tanto che Dwight può permettersidavanti alle telecamere spassosissime imitazioni delsuo coach, che un po’ a denti stretti la prende sul ride-

VVVVaaaannnn GGGGuuuunnnnddddyyyy ‘‘‘‘ VVVVSSSS ’’’’‘‘‘‘ SSSSuuuuppppeeeerrrr ’’’’ HHHHoooowwwwaaaarrrrdddd

Fonte foto: http://www.utahjazz.com.br

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re. Nei playoff della passata stagione le cose non sonosempre andate così bene. Howard s’inacidì di fronte allecritiche esposte da Van Gundy sull’efficacia del suo cen-tro nel quarto decisivo, stante la mano quadrata ai libe-ri. Le incomprensioni caratteriali nascondono una pro-blematica tecnica. Le statistiche di Howard sono note-voli: 18.7 punti, 13.1 rimbalzi (primo assoluto), 2.7stoppate (primo), 60% dal campo (secondo dietro al sor-prendete Perkins), 61% ai liberi. Rispetto alla passatastagione Howard è sensibilmente migliorato nella per-centuale ai liberi e dal campo, ma segna meno (20.6l’anno scorso) e prende meno rimbalzi (13.8). Un decre-mento spiegato con un leggero calo in termini di utiliz-zo (35.7 minuti contro gli attuali 35.1). Howard non rie-sce ad avere lo stesso impatto offensivo nei quarti deci-sivi, come lo ha in difesa. Lo abbiamo visto nelle Finals’09. I Lakers erano equipaggiati con Gasol e Bynum percontrastare il suo strapotere fisico. Gasol soprattutto neha evidenziato gli attuali limiti, che sorprendentementenon riguardano solo la capacità di trasformare i liberidopo aver subito fallo. Il più grande limite di Howard èil gioco in post basso. Come tutti i grandi centri Dwightvuole la palla in post da fermo. Siamo lontani però dailivelli espressi da Olajuwon e O’Neal. Howard dà ilmeglio su ricezioni dinamiche e quando può fronteggia-re l’avversario per attaccarlo in verticale. Nelle ultimedue stagioni ha sviluppato anche un semigancio affida-bile con entrambe le mani. Eppure, se Superman riceveda fermo diventa molto meno pericoloso. Il giro dorsalesulla spalla forte (che rendeva grande Shaq), o il giocodi piede perno (nel quale eccelleva Olajuwon) non cisono ancora. Il salto di qualità definitivo per Howardpassa da questi miglioramenti e forse, aver avuto comemaestro Pat Ewing (assistant coach dei Magic), chefaceva la differenza con il tiro in sospensione e attac-cando frontalmente l’avversario, ma che non aveva ungrande gioco di post nel senso classico, non lo ha certoaiutato. LLAA CCOORRSSAA AALL TTIITTOOLLOO.. L’efficacia del sistema, la capa-cità di essere decisivo di Carter, la chimica e i migliora-menti di Howard sono le chiavi della corsa al titolo deiMagic. Ne abbiamo dimenticato una. Gli avversari: iCleveland Cavaliers. Secondo voi perchè Lebron havoluto a tutti i costi che Danny Ferry prendesse unocome Antawn Jamison? Se la vostra risposta è: “ percontrastare Rashard Lewis”, avete fatto centro.

SOUTHEAST DIVISION

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NO. NO. PLAYER PLAYER POS POS AGE AGE HT HT WT WT COLLEGE COLLEGE SALARYSALARY

2 2 M.Almond M.Almond SG SG 24 24 6-6 6-6 225 225 Rice Rice 33 33 R.Anderson R.Anderson PF PF 21 21 6-10 6-10 240 240 California California $1,317,120$1,317,12022 22 Matt Barnes Matt Barnes SF SF 29 29 6-7 6-7 226 226 UCLA UCLA $1,600,000$1,600,00030 30 B.Bass B.Bass PF PF 24 24 6-8 6-8 250 250 LSU LSU $4,000,000$4,000,00015 15 V.Carter V.Carter SG SG 32 32 6-6 6-6 220 220 N.Carolina N.Carolina $16,123,250$16,123,25031 31 Adonal Foyle Adonal Foyle C C 34 34 6-10 6-10 270 270 Colgate Colgate $825,497$825,49713 13 M.Gortat M.Gortat C C 25 25 6-11 6-11 240 240 $5,854,000$5,854,00012 12 D.Howard D.Howard C C 23 23 6-11 6-11 265 265 $15,202,590$15,202,5908 8 A.Johnson A.Johnson PG PG 35 35 6-3 6-3 195 195 $2,062,800$2,062,80043 43 L.Johnson L.Johnson PF PF 29 29 6-8 6-8 205 205 Tulane Tulane $1,033,342$1,033,3429 9 R.Lewis R.Lewis PF PF 30 30 6-10 6-10 230 230 $18,010,791$18,010,79114 14 J.Nelson J.Nelson PG PG 27 27 6-0 6-0 190 190 Saint Joseph's Saint Joseph's $8,100,000$8,100,00020 20 M.Pietrus M.Pietrus SF SF 27 27 6-6 6-6 215 215 $5,300,000$5,300,0007 7 J.J. Redick J.J. Redick SG SG 25 25 6-4 6-4 190 190 Duke Duke $2,839,408$2,839,40844 44 J.Williams J.Williams PG PG 33 33 6-1 6-1 180 180 Florida Florida $825,497$825,497

LA SITUAZIONE SALRIALE DEL TEAM DELLA FLORIDA

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L’ANALISI

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Fonte foto: http://upload.wikimedia.org

Crisi. Quante volte abbiamo sentito questa parola negliultimi anni? Figuriamoci negli Stati Uniti, dove la situazio-ne è ancora più grave che a italiche latitudini. Crisi.Recessione. Due termini che definire inflazionati per il loro

uso è riduttivo. Eppure è quello che accade. Costi inaumento, guadagni in diminuzione, conti che non tornanoe conseguenti aziende in difficoltà costrette a tirare la cin-ghia, quando non a chiudere. E la NBA, oltre ad essere

IIll bbrraacccciioo ddii ffeerrrroo ttrraa LLeeggaa ee aassssoocciiaazziioonniiggiiooccaattoorrii rriisscchhiiaa ddii ffiinniirree ccoommee nneell 11999999

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fonte di intrattenimento per milioni di persone, è prima ditutto un azienda. E come tale non viene risparmiata dallaCrisi (rigorosamente con la C maiuscola). Il problema,ulteriore, è che ci si avvicina al rinnovo del CBA, CollectiveBargaining Agreement, ovverosia il contratto collettivo dilavoro che disciplina i vari aspetti dei contratti che vengo-no stipulati tra la NBA e i suoi dipendenti. Che per il gran-de pubblico assumono le sembianze dei giocatori che ognisera vestono pantaloncini e canottiere e sudano sul par-quet. Come ormai si vocifera da tempo l’ombra scura dellock out si appresta sempre più minacciosa e quasi inevita-bile all’orizzonte. Orizzonte bene individuato nella stagione2011, che molto probabilmente partirà in netto ritardo,proprio come accadde nel 1998, quando Lega eAssociazione Giocatori si sedettero al tavolo, salvo accor-gersi di volere cose molto diverse. Ne scaturì un campiona-to di sole 50 partite, giocato in tutta fretta, dove le squadrepiù volte si trovarono nelle condizioni di andare in campoanche per tre giorni consecutivi. Alla faccia dei tanto vitu-perati back to back. Alla fine vinsero gli Spurs, e PhilJackson, a quel titolo, affiancò il famigerato asterisco. Lasituazione oggi è molto diversa. L’economia và peggio, igiocatori e i proprietari vogliono cose diverse. E allora pro-viamo un po’ ad analizzare la situazione per capire megliocosa sta succedendo e che cosa ci attende in futuro.Partendo proprio dal 1998. "All'epoca dell'ultimo lock outc'erano giocatori che avevano ottimi contratti e giocatoriche, in sostanza, erano stati journeyman con contratti

minimi per anni. Quindi erano più determinati e ottenem-mo quelle che all’epoca furono delle vere conquiste. Comela mid level exception”. Parole e musica di Grant Hill, unodei 41 reduci dalla stagione ‘98/’99 oggi ancora in attività.Parole che spiegano il concetto di base che portò alla rottu-ra fra giocatori e proprietari. In sostanza si voleva daremaggiore tutela ai giocatori di livello medio-basso, che inquel momento storico si trovavano ogni anno a dover suda-re per ottenere un contratto minimo e spesso non garanti-to. La mid level exception figlia di quelle contrattazioni,adesempio, portò il salario percepito da un giocatore cheaccettava l’eccezione salariale ad alzarsi da 1 milione didollari a 5. L’economia all’epoca l’incubo odierno nemme-no lo immaginava. Tutto girava alla perfezione, Jordanaveva appena terminato la sua epica carriera, gli introitierano altissimi, Kevin Garnett firmava un contratto da 126milioni di dollari spalmati su 6 anni. Venne cavalcata l’on-da positiva. E i giocatori ottennero buona parte di ciò chevolevano. Le superstar avrebbero continuato a non doversipreoccupare per il proprio futuro, mentre i comprimarivedevano la loro condizione migliorare sensibilmente.Perché questo tuffo nel passato? Soprattutto per spiegare lemotivazioni di base che hanno portato e che porterannoallo nuovo scontro frontale. Intanto, la stagione ‘98/’99 fùun duro colpo per la reputazione della NBA. Il dopo Jordancominciò malissimo. I giocatori arrivarono fuori formadopo 3 mesi di inattività, il gioco in generale ne risentì. Perriprendersi in termini di immagine ci sarebbero voluti

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Fonte foto: http://upload.wikimedia.org

anni. Più o meno 4, quando nel 2003 arrivarono nella Legai vari LeBron James, Dwyane Wade e Carmelo Anthony aportare una ventata di aria fresca. Nel frattempo comincia-vano a manifestarsi gli effetti del contratto collettivo.Giocatori di livello medio, talvolta basso, ricevevano con-tratti spropositati, decisamente troppo alti se confrontaticon il valore effettivo del giocatore. Tanti soldi e tanti annidi contratto (il massimo era, ed è tutt’ora, fissato a 6) incaso di rendimento inadeguato del giocatore erano unapugnalata dolorosissima per le casse dei club che si trova-vano così nell’impossibilità di muoversi sul mercato acausa di uno o più errori di valutazione, continuando perquesto a mandare in campo squadre poco competitive, conconseguenti perdite al botteghino e in tutti gli ambiti dimerchandising che sono legati a una franchigia NBA e chea livello pecuniario fanno parecchia differenza.Cominciarono così a nascere e a moltiplicarsi le specula-zioni sui contratti dei giocatori, con scambi che vedevanocontropartite tecniche totalmente sbilanciate nel solointento di cedere contratti pesanti e alleggerire il salarycap. I New York Knicks divennero l’emblema di come unafranchigia NBA non dovrebbe essere gestita, firmando unserie impressionante di giocatori di dubbio valore e impe-gnando quantità assurde di dollari. Giocatori che li hannoresi schiavi della situazione che solo dalla prossima estatetornerà alla normalità. Ma gli scricchiolii derivati dallasopravvalutazione di molti giocatori divennero vere e pro-prie scosse di terremoto quando la situazione economicamondiale raggiunse lo stato di allarme rosso. Il basket, cosìcome lo sport in generale, è un intrattenimento per il pub-blico. Dunque, quando i tempi per chi deve mandare avantiuna famiglia si fanno duri, i primi costi che si taglianosono quelli superflui. E l’intrattenimento rientra decisa-mente fra quelli. Le franchigie NBA si ritrovarono così adavere meno contratti, meno sponsor, meno biglietti vendu-ti. Nella stagione passata 20 squadre su 30 hanno chiuso inperdita. Gli Orlando Magic, squadra finalista NBA, hannoregistrato passivi tra i 15 e i 20 milioni di dollari. ISacramento Kings sono arrivati a quota 25 milioni. E’ statostimato che i Memphis Grizzlies incassino per ogni partitacasalinga una cifra attorno ai 300.000 dollari, consideran-do biglietti venduti e tutto quello che viene venduto all’in-terno del palazzo. Una somma irrisoria. Moltiplicati per le41 partite casalinghe che una squadra gioca in stagioneregolare danno una cifra che non si avvicina nemmeno aquella necessaria per rinnovare Rudy Gay. Ancora, iClippers hanno chiuso la metà degli stand che normalmen-te tenevano aperti per vendere merchandising all’internodello Staples Center. Insomma, tutto ciò ha portato a unasituazione dove il costo del lavoro cresce più di quanto cre-scano i guadagni di chi quei costi li deve sostenere, cioè lefranchigie. Come si intuisce, dunque, chi vuole ricontratta-re l’accordo questa volta sono i proprietari. “Il lock out cisarà – spiega l’ex guardia dei Kings Bobby Jackson – per-ché i proprietari spingeranno per tagliare i costi, mentre igiocatori per mantenere le cose così come stanno”. Ossiacon il 57% degli introiti totali della NBA che và speso neisalari dei giocatori. Ma, a sentire David Falk, niente menoche l’agente di Michael Jordan, il manico del coltello sem-bra essere dalla parte dei proprietari: “I proprietari posso-no anche fermare tutto per due anni fino a che non trova-no nuove buone condizioni. I giocatori non hanno i mezziper stare fermi anche solo 12 mesi.” Dichiarazione che puòsembrare forzata se si pensa ai soldi che guadagna un’atle-

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ta NBA, ma che in realtà ha parecchio fondamento, vistoche, come disse Patrick Ewing all’epoca dell’ultimo lock-out: “Guadagniamo molto, ma spendiamo anche in propor-zione”. Da quanto è trapelato finora sembra che le richiestedei proprietari siano quelle di abbassare la durata massimadei contratti da 5/6 anni a 4, probabilmente con solo iprimi due garantiti e il terzo e il quarto assicurati unica-mente dietro a un determinato rendimento nei primi 24mesi, assieme a un ulteriore abbassamento del salary cap,così da forzare un livellamento verso il basso della portatadei prossimi contratti, evitando, o perlomeno attutendo, ilproblema prima accennato di restare “schiavi” di un gioca-tore e del suo contratto. Per rendere l’idea, un proprietario,restando nell’anonimato, ha dichiarato che: “con il nuovocontratto, Amarè Stoudemire (il cui contratto, in scadenza,quest’anno comanda 16,378,325 dollari) finirà per guada-gnare circa 5/6 milioni a stagione. Il concetto di base che deve passare è che ci sarà un cam-bio radicale.” Tesi confermata da Brad Miller, dei ChicagoBulls: “"I proprietari, con la loro prima offerta, hannodimostrato di voler apportare grandi cambiamenti, special-mente per quello che riguarda la free agency. Hanno adot-tato un linea molto dura." Non si vedranno più contratti da23 milioni all’anno come quelli di McGrady, Kobe Bryant oJermaine O’Neal. Il massimo contrattuale probabilmenteverrà portato attorno ai 16/18 milioni e con l’abbassamentodel salary cap il resto si sistemerà di conseguenza. La situa-zione, insomma, è davvero pesante. La Lega, in teoria,

avrebbe l’opzione per rinnovare l’attuale CBA fino alla finedella stagione 2011/2012 entro il 15 dicembre di quest’an-no, ma è fuori discussione che questo accada, e così il con-tratto terminerà il 30 giugno del prossimo anno. Tra i gio-catori pare esserci abbastanza insicurezza, perché, se i pro-prietari sembrano uniti nei loro intenti, lo stesso discorsonon sembra valere per chi deve andare in campo. “Ogginella Lega la maggior parte dei giocatori hanno contrattifigli della negoziazione del 1998 – dice ancora Grant Hill -quindi non sono passati attraverso le difficoltà di chi arrivòa determinare quell’accordo. Molti dei giocatori di oggiprobabilmente non si rendono conto della portata negativache avrebbe un lock out.” Come diceva, infatti, Ewing igiocatori NBA con i loro guadagni spropositati vivono unavita al di sopra delle possibilità di quasi tutti gli altri esseriumani, e sono abituati ad avere spese a loro volta moltosuperiori alla media. Ritrovarsi improvvisamente senza uno stipendio potrebbeessere una situazione di difficile gestione, specie per i piùgiovani. Senza contare i danni che uno stop di più mesiavrebbe per quel che riguarda la condizione fisica. Ildiscorso qui, invece, potrebbe valere più per giocatoriavanti con gli anni, che quindi necessitano una preparazio-ne fisica più adeguata. Fino a quest’estate e probabilmentefino al giugno del 2011, insomma, godiamoci più che pos-siamo lo spettacolo della NBA, perché la off season di quel-la stagione potrebbe essere molto più lunga del solito.

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Dieci su tredici. Praticamente la stessa squadra dallaFinale di Conference della passata stagione che soloper un ciuffo d’erba non è arrivata ad una memorabilee spettacolare Gara7. Dieci su tredici di impiego eforse la formazione che utilizza meno giocatori di

tutta la Nba, ma questo non è certo un problema perun allenatore che nella sua carriera non è certo abitua-to al ‘platoon system’ o a girandole di cambi o unapanchina lunga come avrebbe invece preferito il buonOronzo Cacnà per la sua Longobarda. Dieci su tredici

DIDI

DDOMENICOOMENICO PPEZZELLAEZZELLA

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L’ANALISI -2

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TUTTI I QUINTETTI MIGLIORI DI COACH GEORGE KARLPLAYER Min Off Def +/- W L W%

e quindi ovviamente si fa prima a parlare di chi dallenon tremende rotazioni dell’ex coach dei mitici SeattleSupersonics (una delle squadre, insieme agli UtahJazz, che hanno avuto la sfortuna di vivere nelmomento di ‘Regno’ di Michael Jordan e che altrimen-ti avrebbero avuto certo un anello e storia diversa ndr)entra poco e niente o quanto meno non il temponecessario per finire in statistiche di un certo rilievocome quelle del ‘Five man rotation’. Renaldo Balkman,Johan Petro e Malik Allen. Questi i nomi raramentepronunciati dal direttore d’orchestra del Colorado eche in generale scendono in campo solo quando stret-tamente necessario o quando una ‘moria delle vacche’,ci scuserà per la citazione il grandissimo Principedella risata Antonio De Curtis, impedisce Karl di girar-si intorno e non vedere quelli che potremmo tranquil-lamente chiamare come i suoi fidi scudieri. Ed alloratutto ruota intorno a chi questa squadra da metà, oquasi, della passata stagione l’ha portata in auge, l’haportata ad un passo da una storica Finals e ad unpasso dal rovinare la stagione da predestinato di KobeBryant. Chauncey Billups, Carmelo Anthony, KenyonMartin, Nenè Hilario, The Birdman Chris Andersen,Anthony Carter e Jr Smith. Un gruppone al fianco delquale sono poi cambiati gli attori non protagonisti daAfflalo a Lawson fino ad arrivare a Joey Graham. Eproprio l’ex Detroit Pistons, arrivato tra le innevatemontagne di Denver nella trade che ha spedito AllenIverson nella motor city in cambio proprio dell’ex Uclae logicamente la pedina spregiata Chauncey Billups, ilnome che più sta sorprendendo da qualche tempo aquesta parte. Il suo nome finalmente finisce in quasitutti i quintetti schierati da Karl a dimostrazione che

il ragazzo con il lavoro e la dedizione ha saputo scalfi-re il cuore a prima vista di ghiaccio e gelido del suoallenatore. Il suo nome compare tra i cinque cheattualmente hanno giocato la maggior parte dei minu-ti a disposizione nei 48 di una partita. Inserito incorsa nello starting five, insieme a Billups, ‘Melo,Martin e Nenè, Afflalo è parte dello schieramento checonta al momento di scrivere 397,1 minuti di mediaovvero il più alto minutaggio della squadra. Una dimo-strazione di come coach George Karl inizi, prosegui etenti a finire le partite con gli stessi uomini fondamen-tali. Un quintetto che paradossalmente, però, non èquello più vincente (ma essendo quello più utilizzatonella buona e cattiva sorte ci può stare che siano pre-senti nelle vittorie e nelle sconfitte ndr) con 16 succes-si e 10 sconfitte (per un 61,5% totale) ma anche un+91 di plus/minus ed un rapporto di punti segnati esubiti niente male: 1,11 per minuti giocato la statisticaoffensiva, poco sopra il punto subito quella difensivacon 1,01 punti concessi agli avversari, tanto per esserprecisi. La dimostrazione di quanto Karl si fidi ceca-mente dei cinque sopra indicati e la differenza diimpiego tra quello che, nella casella dei minuti giocati,è il primo ed il secondo quintetto. Oltre i 290 giri dilancette circa, la differenza in questione. E con l’unicadifferenza rispetto a quello di partenza della sostitu-zione di Graham al posto di Anthony. Una sostituzio-ne che ha preso piede, tra le altre cose, specialmentenel periodo in cui l’ex Syracuse è stato costretto a dareforfait per alcune partite causa problemi fisici. Senzacontare che far riposare colui che a lungo (gli infortu-ni di cui sopra hanno permesso a Durant di ScavalcareAnthony al momento di scrivere nella classifica dei

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‘cannonieri’ ndr) è stato il migliorrealizzatore della Lega è semprecosa buona e giusta, dal momentoche la sua condizione fisica è quellapiù importante per fare quel passoin più rispetto alla passata stagio-ne. Una scelta che però non entu-siasma molto lo stesso Karl vistoche il record complessivo delloschieramento è nettamente negati-vo con 2 sole vittorie e 7 sconfitte(22%), un -33 di plus/minus e unadifferenza tra punti subiti e quellisegnati tutta a favore di quelli con-cessi agli avversari con 1,03 perminuto giocato in attacco e 1,18per minuto giocato nella propriametà campo. Numeri che portanoquindi a quella che è la terza opzio-ne anche in momenti cruciali quel-la che rispetto al line up della pallaa due vede solo il veteranissimoAnthony Carter (si proprio quellovisto a Scafati qualche stagione fa!)prendere il posto di Afflalo, toglierel’incombenza a Billups di portarepalla e fungere da collante tra l’at-tacco e la difesa per lui che in que-sto sistema è l’esperto difensivo.Non a caso il rapporto punti subi-ti /minuti giocati è uno dei piùbassi, ma non il più basso, con1,05al quale corrisponde un 1,21 inattacco spiegabile con tanti tiri inpiù per i vari Billups ed Anthonycon un giocatore/tiratore in meno(5-3 il record delle vittorie e dellesconfitte e +33 i l valore delplus/minus). Da qui in poi inizianotutti quelli che potremmo definirecome gli ‘special team’ del footballamericano. Quintetti particolaricon caratteristiche particolari. Nonpotrebbe essere altrimenti, vistoche al di sotto dei cento minuti gio-cati complessivamente è il tempodei vari JR Smith e Chris Andersen.Due giocatori che per peculiarità etecnica possono rivoltare la garacome un calzino per poi riconse-gnare tutto a chi di dovere. Unruolo accettato con serenità dall’i-dolo della folla ‘The Birdman’ chescende in campo, corre, difende,incendia l’arena per poi portare lasua ‘cresta volante’ di nuovo in pan-china. Poco meno il nuovo‘Trasformers’ (per chiarimenti dareun’occhiata alla rubrica You Can’t

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C Me del numero scorso ndr) del Colorado.L’inserimento di Afflalo nel quintetto è stato un picco-lo, ma duro, colpo all’ego di un giocatore che se fosseper lui toglierebbe palla anche a Billups e Melo perfare tutto da solo. Una situazione di odio/amore con ilsuo coach dovuta all’esuberanza, all’eccessivo strafaree anche a qualche piccola libertà in difesa che noncerto fanno piacere all’ex Sonics. Dall’altra parte peròl’atletismo ed il tiro dalla lunga distanza, a volte anchelunghissima, sono elementi fondamentali per questasquadra oltre a fare di Smith uno dei talenti piùammorbanti di questa Lega. Trasformers e TheBirdman entrambi presenti nei due quintetti al disopra del 90% di utilizzo per Karl con entrambi unrecord positivo. Di 59%, con 13 vittorie e 9 sconfittequello che vede tutti assieme appassionatamente sulrettangolo di gioco Billups, Smith, Anthony, Martin edAndersen e che vale un 1,18 in attacco e 1,02 (ancorauna volta basso rapporto ma non il più basso!) in dife-sa. L’assenza del Figliuol Prodigo di Denver, all’epocaChauncey Billups, incide sul rapporto offensivo inquello che vede impegnati a reggere l’onda d’urto incampo, con Lawson a dirigere l’orchestra, Smith edAnthony a dividersi gli oneri e gli onori dell’attacco(l’1,08 nel rapporto punti segnati per minuti giocati neè la nitida dimostrazione ndr) e Martin e Andersen adividersi quelli in difesa (1,04 la statistica nella pro-pria metà campo per un record complessivo di poco aldi sopra del 50% e record fatto di 11-10 ndr). Altrogiro altra corsa, altro quintetto ed altra caduta in ter-mini di minuti offerti all’inserimento di JR Smith tra ifedelissimi dello stesso Karl (Billups, Anthony, Martine Nenè): 9 vittorie, 5 sconfitte (64,2%), +14 diplus/minus e differenza di 0,11 tra punti segnati esubiti in circa 78 minuti di impiego. Di qui in poi solouna serie di combinazioni, solo una serie di rotazioniper necessità con sempre almeno due/tre degli scudie-ri a fare al guardia al tutto fino ad arrivare a quelloche però è il dato tanto accennato e forse più rilevan-te: quello che potremmo definire il quintetto difensivoper eccellenza dei Nuggets. Meno di un punto al minuto, la statistica lasciata agliavversari quando in campo ci sono Lawson, Afflalo,Smith, Andersen e Nenè Hilario. Per la precisione inumeri dicono 0,92 con un +61 di plus/minus e 75% divittorie con 15 ‘W’ e 5 ‘L’. Tutto questo potrebbe bastare per sbalordivi?Assolutamente no, visto che sempre lo stesso quintet-to, in poco più di 71 minuti, è anche quello che ha ilpiù alto valore di punti segnati per minuti giocati con1,32 segnature a giro di lancette. Un mistero? Forse si,ma soprattutto la spiegazione del perché nonostantequalche acciacco di troppo, e qualche mancanza strut-turale di troppo (sono in tanti gli addetti ai lavori aconsiderare Denver una squadra troppo leggere nellafront line, oltre che povera in numero, per arrivarefino in fondo e vincere il titolo ndr) i Nuggets sonoancora una delle prime formazioni di tutta la WesternConference.

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Nel mondo sportivo esistono due diverse concezioni delconcetto di fallimento: una riguarda sicuramente quegliatleti che potenzialmente potrebbero ribaltare il mondo, mache purtroppo finiscono con l’autoribaltarsi a causa delleavversità del Fato: parlando cestisticamente, possiamoincludere in questa categoria Tracy McGrady per tutta l’ar-co della sua carriera o anche il Grant Hill di Orlando: gioca-tori talentuosi, potenzialmente devastanti, che non hanno,tuttavia, avuto modo di esprimersi a causa di infortuni diogni sorta, che ne hanno ostacolato una prevedibile ascesanell’Olimpo di Naismith.Esiste poi un’altra categoria, più affascinante e irritante allostesso tempo, che comprende coloro che, pur avendo avutoil dono dell’ atletismo e del talento, non sono mai riusciti afarlo fruttare, maggiormente per demeriti personali piutto-

sto che a cause di forza maggiore: ed è proprionella forza maggiore che si concentra un po’ quelloche è il “savoir vivre” di ciascun uomo, perché èvero che qualunque individuo è vittima del Caos odella tùke Tucididea, ma, entro certi limiti, sono gliuomini stessi a indirizzare il loro destino e il ricor-do che di loro si avrà, relazionato al momento incui abbandoneranno la scena (in senso sportivo,sia chiaro).Larry Hughes, combo guard attualmente “in cercadi impiego” rientra perfettamente nella suddettacategoria: atleta a dir poco superbo, talento offen-sivo superiore alla media delle guardie NBA, talen-to difensivo da assoluto èlite, aveva tutti i mezzi adisposizione per riuscire a sbarcare il lunario edire la sua in un mondo ovattato e luccicante comequello della NBA. Occasioni per affermarsi ne ha

avute e anche parecchie. Situazioni tecniche in cui potevaergersi ve ne sono state (e ci mancherebbe con le caratteri-stiche di cui dispone), vedi l’opportunità di giocare accantoa giocatori assolutamente dominanti, tra i quali l’AllenIverson versione Belle Epoque di fine anni 90-inizio 2000, oil LeBron James designato da tutti come il prossimo monar-ca (tiranno?) di questo gioco, o ancora il Gilbert Arenas ver-sione pre-infortunio e pre-ClintEastwood, e last but not atleast il treno D’Antoni (che ha dato un senso alla carriera digente del calibro di Quentin Richardson e Tim Thomas, nonesattamente discendenti di Stakanov).L’esito è sempre statodrammatico. Di occasioni, dunque, ne ha avute per affer-marsi l’oramai 31enne treccinato da St.Louis, ma la sorteha voluto che i suoi fortissimi limiti caratteriali ne impedis-

CChhii hhaa iinnccaassttrraattoo......

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IL PERSONAGGIO

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sero anche una soltanto minima e parziale crescita. È anco-ra presto per dire se siamo arrivati al Game Over, quindicerchiamo di capire quali possono essere stati i motivi diquesto flop: arrivato nella Lega nel 1999, anno del celeberri-mo Lock-out alla corte di Allen Iverson, Larry Hughes ha dasubito mostrato il suo indiscutibile bagaglio fisico atletico eun certo caratterino, che di certo stonava non poco con ilregime totalitario che vigeva all’epoca in Pennsylvania. Lanecessità di costruire un progetto solido attorno a AI3impattava fortemente sulle velleità cestistiche del buonLarry che, tra tanti pregi, ha, di contro, sempre mostratocostanti limiti nelle scelte di gioco, riflesse dalle perennipercentuali pietose dal campo. Se a 20 anni tutto è conces-so, causa immaturità, era effettivamente presto per daregiudizi avventati sul giovane e la credibilità di certo nondifettava, in giro nella Lega, riguardo al suo conto, motivoper il quale una franchigia perennemente disastrata, masempre attenta ai giovani talenti, come i Golden StateWarriors, decise di acquisirlo per rilanciare le sue quotazio-ni e ritrovarsi in casa un futuro all star: arrivato a metà sta-gione, nel 2000 Larry mise a referto, in quel di Oakland, 23punti a sera con 6 rimbalzi, 4 assist e 2 steals di media: pre-messe più che promettenti e indici di buon augurio per l’av-venire. Le stagioni seguenti, tuttavia, videro un rendimentocostante di Hughes, statistiche buone , ma al contempoemergeva la sensazione che il meglio di quello che il ragaz-zo potesse esprimere fosse già stato visto: furono questi imotivi che spinsero la dirigenza della California a spedirlonella Capitale assieme a Gilbert Arenas (ancora lungi dall’e-splosione); ed è proprio in maglia Wizards che Larry forni-sce le migliori prestazioni della propria carriera, terminan-do l’annata con 23 punti, 6.3 rimbalzi, 4.7 assists e ben 3palle rubate a partita.. al di là degli ottimi numeri, in quel-l’annata si vide un difensore spietato, dalle mani supersoni-che, abile a leggere gli attacchi e astutissimo lungo le lineedi passaggio: reduce da queste strepitose prestazioni arrivail corteggiamento dei Cleveland Cavs, che vedono in lui laspalla ideale per la crescita di LeBron James: sulla cartal’innesto è superlativo e più che mai azzeccato, consideran-do il potenziale stile all-around di Hughes, che incarnavanell’immaginario collettivo la figura della spalla versionePippen accanto al Prescelto: tra infortuni (uno che gli hanegato tre quarti di regular season su tutti) e guerre interio-ri, Larry non è riuscito a collocarsi nel sistema di Silas ed èpaurosamente rimasto schiacciato dal peso della pressioneesercitatagli attorno. È cosi che si è dissolta la sua credibi-lità nella lega, e le ultime stagioni disputate a girovagarevarie franchigie sono l’inconfutabile e intangibile sintesidel pensiero che ricorre nell’immaginario dell’appassionatomedio della NBA su di lui, descrivibile con una sola parola:delusione. L’agonia di una carriera volta al continuo tentati-vo di trovare una collocazione ed un’identità precisa nellageografia della palla a spicchi sembra essere stata archivia-ta irreversibilmente l’ultimo 18 febbraio, data in cui LH haabbandonato New York per Milwaukee, per essere poitagliato di li a poco dalla franchigia del Wisconsin.Un vero peccato vedere tanta grandezza implodere esclusi-vamente per autolesionismo caratteriale. Il fato ci ha messoil suo, Larry è sempre capitato nei posti sbagliati e neimomenti sbagliati, ma considerando potenzialità e talentoavrebbe potuto e dovuto fare qualcosa in più. La speranza èquella di rivederlo, magari da specialista difensivo, in unacontender nel giro delle prossime stagioni per rivendicareun degno crepuscolo sportivo, la paura è che , sportivamen-te parlando, non ci sia più un domani cestistico per lui.

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RRRRaaaacccceeee ttttoooo ‘‘‘‘ RRRRooooooookkkk iiiieeeeooooffff TTTThhhheeee yyyyeeeeaaaarrrr ’’’’

ROOKIE TIME

Nonostante le due primis-sime scelte dell’ultimodraft sono state, per moti-vi differenti, fuori uso,l’annata delle matricole2009 può considerarsi diottimo livello. Bisognainfatti ricordare cheBlake Griffin, prima scel-ta assoluta, dopo averfatto vedere ottime cosein pre-season non hadisputato neanche unminuto con la maglia deiClippers a causa di unaserie di infortuni, mentreHasheem Thabeet, chia-mato al numero 2, èancora lontanissimo daquello che può conside-rarsi un giocatore NBA.Mentre l’anno scorso ilpremio di Rookie of TheYear è stato assegnato aDerrick Rose con unacerta omogeneità di giu-dizio, quest’anno l’ambitotrofeo non ha un destina-tario certo, e a circa unmese dallo scadere dellaregular season almenocinque giocatori possonoaspirare al premio dimigliore matricola del-l’anno. Ciò che caratteriz-za l’ultimo draft è senz’al-tro la presenza di giocato-ri molto interessanti nelleposizioni di scelta menonobili, come ad esempioDeJuan Blair alla n.37 peri San Antonio Spurs,Jonas Jerebko alla n.39per i Detroit Pistons,Marcus Thornton allan.43, scelto da Miami egirato subito agliHornets, Chase Budingeralla scelta successiva, lan.44, effettuata dagliHouston Rockets. È diffi-cilmente ipotizzabile,però, che uno di questipossa ambire alle posizio-

didi

SSTEFANOTEFANO PPANZAANZA

Fonte foto: http://ladiesdotdotdot.files.wordpress.com

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ni altissime della classifica dei migliori rookie, eccettoforse Thornton, messo però in ombra proprio da unsuo collega a New Orleans Darren Collison, di cuiparleremo più avanti. Collison è infatti uno dei papa-bili contendenti al successo finale, così come TyrekeEvans, Brandon Jennings, Stephen Curry e TyLawson. Partiamo, in ordine di chiamata, dal feno-menale playmaker dei Sacramento Kings, quel TyrekeEvans scelto con la n.4, che ha convinto la dirigenzaal punto da farle intraprendere uno scambio perallontanare dalla California Kevin Martin, fino all’an-no scorso il leader indiscusso dei Kings e perno perun’eventuale ricostruzione. Evans sta viaggiando a20.3 punti a partita, 4.8 rimbalzi (dato interessanteper un playmaker) e 5.4 assist. Eclatanti i 34 puntisegnati ai Bobcats il 18 gennaio scorso, ma purtroppoper lui le sue probabilità di vittoria sono fortementefrenate dal pessimo rendimento dei suoi Kings, checon un record di 21-42 sono già fuori dalla corsaplayoff da almeno un mese. Stando alle cifre e al ren-dimento individuale, però, è senz’altro la matricolache ha maggiormente impressionato. Scendiamo finoalla chiamata n.7, dove troviamo Stephan Curry, gio-catore che sembrava destinato ai New York Knicks,che avrebbero scelto con la chiamata n.8, la seguente,ma che sono stati invece bruciati dai Warriors chefaranno di lui l’uomo della riscossa. Curry è un talen-to straordinario, agile e rapido come forse soltantoAllen Iverson prima di lui, e dotato anche di un tiromicidiale. Offre il meglio senza un altro (finto) play-maker come Ellis, e non è da escludere dunque un’e-

ventuale cessione di quest’ultimo, un po’ come è acca-duto ai Kings. Curry finora ha confezionato 16 puntidi media, ma le sue cifre sono condizionate da un ini-zio di stagione in cui ha riscontrato qualche difficoltàdi troppo, anche per la presenza troppo ingombranteproprio di Monta Ellis. Per lui comunque c’è un mas-simo di 36 punti nella gara contro i Clippers del 10febbraio. Come Evans, pagherà certamente la pessi-ma annata di Golden State, che con sole 17 vittorie in63 incontri difficilmente potrà festeggiare un premioper un suo giocatore. Scendendo fino alla chiamatan.10 troviamo Brandon Jennins, giocatore che fin dalmomento in cui è stato annunciato il suo nome ilgiorno del draft ha iniziato a far parlare di sé: aspet-tandosi una chiamata più alta, infatti, il giocatore nonsi trovava insieme a tutte le altre possibili matricole,lasciando dunque il commissioner David Stern conun palmo di naso. Situazione singolare per un gioca-tore singolare, il quale dopo una stagione in Italia allaLottomatica Roma con un rendimento decisamentemediocre, si è presentato in NBA con 55 punti infilatinel canestro dei poveri Warriors, sconcertando tuttigli appassionati e mettendo in bilico il futuro dei novegm che avevano guardato altrove invece di sceglierlo.Col tempo Jennings ha ripreso sembianze umane,attestandosi su 15.8 punti a partita. Ha però attraver-sato un periodo molto negativo, con l’inizio del nuovoanno solare. È andato incontro come nessun altro aquello che si suole denominare “Rookie Wall”. Ma latrade che ha portato a Milwaukee John Salmons hagiovato molto anche a lui oltre che ai suoi Bucks, sali-

LE STATISTICHE DI BRANDON JENNINGS

...COSI’ NELLE ULTIME 5 PARTITE...

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LE STATISTICHE DI STEPHEN CURRY

...COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE...

ti fino al quinto posto ad est trascinati dal loro giova-ne rookie. Attualmente, se Milwaukee dovesse confer-mare i progressi evidenziati nelle ultime settimane,l’ex Lottomatica Roma avrebbe notevoli chance diaggiudicarsi il premio di miglior rookie. Al n.18Minnesota ha scelto, prima di girarlo a Denver, TyLawson, piccolo playmaker in grado di coprire allaperfezione anche lo spot di guardia. Eccellente il suocontributo quando è stato chiamato in causa persostituire l’infortunato Billups. Attualmente è Lawsonad essere lontano dai campi di gioco da diversotempo, e forse proprio questa recente inattivitàpotrebbe privarlo di qualche voto. I suoi 9 punti dimedia non sono eccezionali, ma va considerato cheha giocato soltanto 21 minuti a partita, per giunta in

una delle squadre più forti di tutta la lega senza farrimpiangere minimamente un campione comeBillups. I giudici che daranno maggior risalto allapersonalità e alla leadership di una matricola, vedran-no certamente in Lawson il loro prediletto. Torniamodunque a Darren Collison, scelto alla n.21 dai NewOrleans Hornets. Collison ha trascorso la prima partedella stagione in panchina a seguire le imprese deisuoi compagni, che a dire la verità non si stavanocomportando molto bene. Con l’arrivo in panchina dicoach Bower e l’infortunio di Chris Paul, l’impiegodell’ex UCLA è notevolmente cresciuto senza deludereminimamente le aspettative, anzi. Paul è arrivato adire nientemeno che la squadra giocasse meglio conCollison che con lui. Gli 11 punti a partita sono signi-

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LE STATISTICHE DI TYREKE EVANS

...COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE...

ficativi soltanto se accostati ai soli 24 minuti d’impie-go, così come i 5 assist confezionati a gara. Se NewOrleans ha ancora qualche residua chance di playoff,lo deve soprattutto al piccolo playmaker al primoanno nella lega, oltre che al già citato MarcusThornton. Ma a nostro modesto parere Collison haminori possibilità di trionfare rispetto ai quattro col-leghi appena descritti. Da notare che dal draft 2009 èuscita una grandissima quantità di talentuosi play-

maker, al punto che tutti i candidati al ROY occupa-no quella posizione in campo. Del resto Griffin eThabeet, come detto, non hanno potuto offrire il lorocontributo. Tra i pochi lunghi emersi segnaliamo TajGibson, leggerino ma estremamente aggressivo, eHansbrough, che ha però avuto diverse noie fisiche.Buoni giocatori che avranno un futuro assicuratonella lega, ma che in questo anno da matricole nonhanno espresso ancora tutto il loro potenziale.

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OCCHI PUNTATI SU...

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MMMMiiiiaaaammmmiiii HHHHeeeeaaaattttNba ‘Team by Team’

TUTTI I NUMERI DELLA SQUADRA

DIDI

DDOMENICOOMENICO LLANDOLFOANDOLFO

Florida is on fire... Dwyane Wade prende legare e le fa venire da sè, guida i compagnicon leadership e con grande dose di attribu-ti, rilancia i Miami Heat in zona playoff,arrivati adesso al settimo gettone della rou-lette russa ad est, anche se con qualche par-tita n più. Tre vittorie di fila le ultime dueimportanti, contro i Lakers e gli Hawks.Partiamo dal supplementare con i losangeli-ni. Kobe pensava di poter ripetere anche interra orientale la sua grande prestazionedello Staples Center, e iniziava forte, coadiu-vato da un super Artest che annullava ilnumero 3 da Chicago da dietro per numero-se volte. Ma Wade non si faceva scoraggiaredal punteggio in negativo all'intervallo, nèdal suo 2/10, si metteva al servizio dei suoicompagni e prima con l'energia di Beaseley,e poi mettendo in ritmo il vecchio QuentinRichardson che con tre triple scava il solco.Le magie di DWade fanno il resto, ma Kobedal gomito sulla sirena manda tutti all'over-time e lì poi la classe di Miami ha il soprav-vento e il buon vecchio Haslem col piazzatodai due metri porta alla vittoria i suoi. 48oredopo e anche gli Hawks cadono sotto i colpidei ragazzi di Spoelstra che possono ancorasperare di classificarsi al 5^ posto. La cresci-ta dalla panca di un collettivo buono, l'espe-rienza che Chalmers sta facendo, quella diBeaseley anche da numero 5, l'esperienza delvecchio Haslem, nonchè la forma di O'Nealfanno ben sperare, che Spolestra possa fareun altro miracolo? Bisognerà stare attenti alrush finale di quelle che dietro inseguono eazzannano i Rossi di Miami

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AAAAtttt llllaaaannnnttttaaaa HHHHaaaawwwwkkkkssssNba ‘Team by Team’

Per lo spauracchio dell'est , l'unica squadratosta a parte le Big three, quella che nessunovorrebbe ritrovarsi l playoff, periodo di tran-sizione. Josh Smith e compagni, uscitiindenni dalla raffica di trade di Gennaio eFebbraio, proseguono sulla loro strada, esfruttando un piccolo calo da parte diOrlando si sono riportati sotto grazie a unaserie di 4 vittorie consecutive, di cui l'ultima,anche ad alto punteggio, contro i Warriors diDon Nelson, che per una squadra tutta dife-sa come quella Georgiana è qualcosa diimportante. peccato che nel quinto incontro

sia arrivata una sconfitta dolorosa contro iMiami Heat che ha fermato il Magicmoment e ha provocato qualche maretta.Josh Smith è un giocatore completo e che statrovando la sua consacrazione non solocome grandissimo difensore ma anche comerealizzatore e i 29 punti alla Oracle Arena lodimostrano. Se riuscirà a superare la pauradel "long two" e inizierà a colpire anche dal-l'arco potrebbe guidare i suoi a una storicasemifinale. I falchi di Atlanta, se riuscirannoa fare arrivare Joe Johnson in forma al rushfinale playoff, se al primo turno riuscirannoa risparmiare energie evitando una gara 7, ese potranno contare sui kili e rimbalzi diHorford, nonché sulla versatilità dalla pan-

china di Jamal Crawford, che la 99,9% vin-cerà il premio di miglior sesto uomo, potran-no essere la mina vagante della griglia in cuiCleveland vuole dominare. Bibby è un otti-mo playmaker dobbiamo vedere se ce la faràa resistere col peso degli anni, e creare unnuovo miracolo Sacramento anche nella cit-tadina affollata della Georgia. Qualcosina inpiù può arrivare anche dalla panchina conWilliams e anche il buon Zaza Pachiulia, chemolto sottovalutato, gara dopo gara, si stacostruendo un bel curriculum di eccellentiprestazioni. quindi, attento King James,prima di impossessarti della Casa Bianca edell'anello, devi giurare sotto la testa di un'a-quila, e attento che non ti becchi...

TUTTI I NUMERI DELLA SQUADRA

DIDI

DDOMENICOOMENICO LLANDOLFOANDOLFO

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22229999SSSSTTTTAAAARRRRSSSS ‘‘‘‘NNNN’’’’ SSSSTTTTRRRRIIIIPPPPEEEESSSS

BBBBoooossssttttoooonnnn CCCCeeeellll tttt iiii ccccssssNba ‘Team by Team’

La sconfitta contro i New Jersey Nets è lafotografia di come la compagine delMassachusetts non stia attraversandoproprio un periodo florido cosi come l’a-ver dovuto per forza di cose cambiarequalcosa in termini di squadra. Behormai è cosa nota anche alle pietre del-l’arrivo alla corte di Doc Rivers e di unasquadra che fa sul serio e non una cheattende solo ed esclusivamente di trovareil momento giusto per rituffarsi nei fastidel passato, sia stata la mossa che più halasciato a bocca aperta nonostante i tantiscambi interessanti prima del termine

finale del mercato. Da quel 18 di febbraioin poi mister Nate Robinson ha avutoanche modo di griffare partite, nel bene onel male, da Nate Robinson e dimostrarsiquanto meno un giocatore che per adessosa stare al suo posto, per adesso. Gliinfortuni, la stagione tribolata, il nonapporto che forse tutti si aspettavano diRasheed Wallace (9 punti e 4 rimbalzicirca di media) o per esempio MarquisDaniels, anche se l’ex Pacers nelle ultimesettimane ha un po’ schiacciato il piedesyull’acceleratore giustificando la sceltafatta in estate dal front office biancoverdedi portarlo a Boston con un ruolo tatticoben preciso ovvero quello di all-aroundcapace anche di portare, in situazioniparticolari, anche palla dall’altra parte.Sul capitolo Sheed poi potremmo aprireun’intera sezione, ma forse è troppo pre-sto per dare giudizi. La regular seasonnon è mai stato il punto forte dell’exPistons. Il letargo dovrebbe finire a pri-mavera inoltrata, quando il profumo digrandi imprese, quando il profumo di

grandi sfide lo sveglierà dal semi letargo eporterà sul parquet il giocatore che inestate ha trasformato i Big Three in FabFour. I playoff. E’ opinione ormai comu-ne dall’altra parte dell’oceano che la sta-gione dei Celtics inizierà proprio al termi-ne della regular season; quando l’espe-rienza ed il talento della squadra guidatada Rivers mostrerà le unghie ed i denti.D’altronde lo scorso anno senza il leaderormai indiscusso della truppa bostoniana,Kevin Garnett, i Celtics hanno saputo ele-vare il proprio rendimento arrendendosisolo ed esclusivamente ai Magic che peròper la post season che avevano inanellatoavevano gli Dei del Basket dalla loroparte. Per adesso cancellare l’onta dellasconfitta contro i Nets, provare ad alzareil volume della radio, provare a dare qual-che segnale importante da qui all’iniziodelle vere ostilità, sarà il liet motive dellatruppa di coach Doc Rivers. Poi si sa i playoff sono una stagione aparte e li Boston potrebbe sorprenderetutti…nel bene o nel male.

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Capitale anno zero: ancora le scosse e leripercussioni di Arenas si fanno sentire, losconvolgimento della franchigia con la per-dita delle stelle Jamison e Butler e l'arrivodi un positivo Howard e di un ZydIlgauskas che già è andato via, consegnanoalla lega di David Stern una squadra brutta

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se ce ne è una, che non ha grandi doti stel-lari, capace di avere però buoni giovani, oalmeno sulla carta è così.... Diciamo che sipuò dire che il migliore in piazza è il vec-chio Boykins che dopo la parentesi italianaha ritrovato il suo vecchio ruolo di peperinonella lega americana e ci mette sempregrande impegno e costanza. Da verificare Thornton, così comeSingleton, qualche speranza per il futuroarriva da Nick Young una guardi molto

talentuosa che sa il fatto suo e potrà diven-tare una stella nei prossimi anni. In questifrangenti di transizione non si può che esse-re una squadra perdente e che non puòtogliersi soddisfazioni, non c'è molto da sal-vare nell'armadio, ripartire e rifondare tuttoper dare alla squadra del presidente Obamauna a parte le triple di Miller non c'è altroda dire... I maghi hanno perso le loro for-mule e avranno bisogno davvero di unmiracolo per poter tornare a volare.

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Poco da salvare anche nell’ultimo periodoper i Detroit Pistons, da tempo ormaiconcentrati sul riprogettare il propriofuturo e avviati e mettere in archivio lapeggior stagione degli ultimi 10 anni. 6sconfitte consecutive prima di una vitto-ria contro Houston hanno accelerato ilprocesso e quindi al momento non si puòfare altre che guardare ai singoli e cercaredi consolarsi con i continui progressidello svedese Jonas Jerebko. Nelle 12 par-tite giocate fin qua dopo la kermesse diDallas l’ex Biella ha collezionato cifre increscita, con 11 punti 6.7 rimbalzi e il53,6% dal campo. La sua presenza sulcampo, però, non si limita ai numeri.

Come molti rookie che arrivano dopoalcuni anni di esperienza europea, Jonassi è dimostrato molto più pronto a gioca-re di tanti altri coetanei e lo si è visto spe-cialmente nel lato difensivo del suo giocodove è uno dei più efficaci, se non il piùefficace, della propria compagine. Unasua presenza nel primo quintetto deirookie non è del tutto da escludere.Delusione certa, invece, per quelli chedovevano essere i due colpi del mercatoestivo, Villanueva e Gordon. L’ex Bucksha ormai perso la fiducia dell’ambiente,continua a partite dalla panchina e nonincide come dovrebbe. Ormai il suominutaggio è sceso sensibilmente, e diffi-cilmente sorpassa di molto i 20 minuti apartita accumulando cifre di conseguen-za. Il rapporto con coach Kuester non ècerto idilliaco. Non tanto diverso il

discorso per il tiratore della nazionale bri-tannica. 8.4 punti e 40,2% al tiro. Questi inumeri che saltano all’occhio nelle sueultime 12 partite. Ancora una volta lecifre parlano chiaro. Il feeling tra Gordone i Pistons non è mai sbocciato e vederlogiocare in maniera così inconcludentestona parecchio con il giocatore, special-mente se si pensa a quello di mirabolanteche la guardia da UConn fece vedere nelmaggio scorso nella spettacolare serie diplayoff contro i Celtics. Solo per la crona-ca, fino alla fine di marzo rimangono 11partite da giocare. 6 casalinghe (Utah,Washington, Cavs, Indiana, Chicago eMiami) e 5 esterne (Atlanta, Boston,Indiana, Cleveland e New Jersey), partedelle quali da affrontare senza BenWallace, fermato da un problema a unginocchio.

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Provare a salvare il salvabile. Provare a chiude-re una stagione che definire deludente è unvero eufemismo, soprattutto se ci si guardaindietro e con la memoria si arriva fino a quelpasso mancante dal costringere i Magic, poifuturi campioni della Eastern Conference, aduna gara7 davvero memorabile per il teamdella città dell’Amore Fraterno. Con il senno dipoi è facile dire che il proverbio ‘mai cambiarela via vecchia con quella nuova’ è quello piùaccostabile ai Sixers, ma ad inizio stagione inpochi si sarebbero aspettati, nonostante i tantidubbi sull’arrivo di Eddie Jordan ed il suo‘Princeton Offense’ (non certo il sistema piùadatto per giocare con una squadra che soprat-tutto nei lunghi non ha una mole di talento taleda poter eccellere in questo tipo di attaccondr), una regular season fatta principalmentedi bocconi amari e di dispiaceri. L’arrivo omeglio il ritorno a casa di Iverson aveva ringal-luzzito tutto l’ambiente sperando magari inuna specie di miracolo sportivo con Phila dinuovo in alto con il suo vecchio e indimentica-to leader. Gli infortuni e ancora una volta l’in-capacità naturale del ‘Little Man’ (cosi come lochiamava Larry Brown nel periodo di convi-venza philadelphiana ndr) di adattarsi ai tantipassaggi, blocchi e rispetto dei tempi dell’attac-co preferito dal coach dei Sixers, hanno contri-buito ad un record che attualmente dista ottopartite dall’ultimo posto della Eastern ed ingenerale ben al di sotto del 50% con 22 vinte e39 perse. Eppure l’inizio di febbraio quello incui il nome dei Sixers è passato alla ribalta peraver infilato consecutivamente ben 5 vittorie

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mandando al tappeto tra le altre Chicago, NewOrleans e Houston, sembrava poter essere unasorta di viatico per una ripresa miracolosadovuta anche al ritrovato spirito da ‘Star’ diAndre Igoudala paradossalmente rinvigoritodall’assenza di AI e al ritorno all’attività di LouWilliams. Oltre i 17 di media il primo dopoaver abbassato notevolmente il tiro a gennaio(13,4 ad allacciata di scarpa) e 6,8 rimbalzi; 15ed oltre complessivi per il secondo che daquando è tornato ha sempre aumentato ilnumero dei punti e dei giri in questione: 12,3 a

gennaio, 16 a febbraio e 21 abbondanti nelleprime tre uscite di marzo. Sempre in tendenzamontagne russe l’apporto, invece, dello strapa-gato Elton Brand che dopo i 15 di gennaio èsceso poco sopra i 12 in tutto febbraio.Diciassette i punti segnati nell’unica sfida dimarzo prima di avere problemi al tallone diAchille. Provare la rincorsa all’ultimo posto,detenuto dai Bulls, è l’unico obiettivo, tentarel’impossibile salvando, quindi, il salvabile, altri-menti quella che arriverà sarà un’estate caldinaper i Sixers.

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‘E la lira si impennaaaa’. Questa era unadelle frasi della presentazione di un notocomico italiano che in una altrettanto notatrasmissione impersonava CarCarloPravettoni. Pin Canada ad impennarsi sonostate le vittorie dei Raptors che tra il mese digennaio e quello di febbraio hanno messo incascina un numero tale di vittorie da far pas-sare il proprio record personale al di sopradel 50% inserendo di diritto, quindi, il pro-prio nome alle spalle di quello dei BostonCeltics all’interno dell’Atlantic Division. Unsecondo posto ed un record che attualmentevale addirittura il quinto posto in assolutoall’interno della Eastern Conference ed unipotetico primo turno contro gli AtlantaHawks. Due mesi che sono valsi addiritturala partecipazione di Chris Bosh all’All StarGame, lo stesso Bosh che poi dopo la parte-cipazione nella ‘sua’ Dallas o meglio nel ‘suo’Texas ha dovuto guardare tutto dalla ‘tribu-na’ come saremmo abituati a dire se il tuttoavesse riguardato un campo e una partita dicalcio. Dieci vittorie e cinque sconfitte ilbilancio del mese di gennaio (compresa lastriscia finale del mese di 5 ‘W’ in fila ndr).Nettamente in parità quello di febbraio cheperò, nonostante il 50% ha fatto più beneche male ai canadesi. Il tutto per un com-plessivo 32-28 che porta anche e soprattuttola firma tricolore di Andrea Bargnani. UnAndrea Bargnani che sta salendo sempre piùdi colpi, sempre più di giri girando a 18 3 6rimbalzi abbondanti di media nel primomese dell’anno e salendo addirittura a 19con 5,8 carambole nel mese scorso per un17,3 e 6,1 complessivo fino a questo momen-to. Ma come direbbe qualcuno a questopunto, ‘la domanda nasce spontanea?’: seBargnani gioca cosi bene, se Bosh è stato diun livello da All Star Game, se tutti i Raptorshanno scalato di marcia anche se di una sol-tanto, qual è il male dei canadesi diretti daTriano? La risposta è altrettanto spontanea eforse altrettanto scontata: la difesa. Certoche chiamare quella che viene messa incampo dai Raptors sera dopo sera con ilnome di difesa è un’offesa bella e buona achi davvero mette in pratica questo fonda-mentale nella Nba ed in giro per il mondo.Un qualcosa che Toronto deve ancora regi-strare o forse addirittura imparare nonostan-te alla corte dei ‘dinosauri’ del Nord Americafossero arrivati gente come Jack, come AmirJohnson e forse, forse anche Turkoglu cheun qualcosina nella propria metà campo, amomenti alterni come per esempio il turcoche quando ha voglia e nei momenti crucialiha sempre saputo cavare fuori il meglio di se(ma dell’ex Orlando parleremo tra qualcheriga ndr). Segnare 104 punti e passa dimedia in attacco è un dato più che rilevantenella Nba moderna, non altrettanto subirneaddirittura 105 ad allacciata di scarpa. Undato e cifre che da sole vanificano quello chepoi nella metà campo avversaria Bargnani esoci costruiscono possesso dopo possesso

concedendo nella propria un più che abbon-dantissimo 50% dal campo agli avversari chevanno a bersaglio con un indicatore di 1,24punti per tiri tentati, come dire più rare levolte che gli altri sbaglino che quelle che ladifesa dei Raptors producono una palla recu-perata. Dovesse Triano riuscire a convincerei suoi ad applicarsi molto di più e far scende-re questo indicatore al di sotto della triplacifra, allora si che Toronto potrebbe addirit-tura stupire da qui ai playoff. Le ultime duenote sui Raptors riguardano il nostro MarcoBelinelli ed il turco in ‘missione’ HedoTurkoglu. Si parte da quest’ultimo che nonsta certo entusiasmando dopo essere arrivatoin estate con la fame del ‘big’ della freeagency costringendo addirittura Toronto aduno sforzo in più per sottrarlo a Portland.

Fino a questo momento più il primoTurkoglu (quello della Sacramento o deiprimi anni di Orlando) che quello che hainfiammato i cuori dei Magic e dei fan deiMagic della scorsa stagione. I 12,8 punti dimedia sono una sorta di fumo negli occhivisto e frutto principalmente di un mese difebbraio in cui lo stesso giocatore ha messoin mostra il perché è stata una delle chiavidella stagione scorsa dei Magic (con 13 puntiabbondanti), 8,8 nel primo scorcio di marzo,e la speranza è che con l’andare del tempol’investimento possa dare i suoi frutti, maga-ri nei playoff. Per quanto riguarda il ‘Beli’beh dopo un mese di gennaio fatto almeno diregolarità di presenze in campo quello difebbraio e marzo sono tornati ad essere alta-lenanti come non mai.

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I sogni di gloria dei Knicks di raggiungeredei playoff che sarebbero stati se non leggen-dari, ma un qualcosa di molto simile, si sonoinfranti tutti nella specie di muro contro ilquale New York ha sbattuto letteralmente ilmuso nel mese di febbraio. Prima e dopo lagrande rivoluzione che a conti fatti non haavuto tutta questa incidenza se non nel cla-more dell’arrivo di T-Mac in maglia Knicksinsieme ad Eddy House con Robinson trasfe-rito a Boston. Ancora troppo poco il talentoa disposizione di Mike D’Antoni la cui spe-ranza, partita, dopo patita, resta semprequella di terminare tutte le sofferenze e tuttele agonie che lo stanno portando anche aduna vecchiaia precoce (in costante aumentoil numero dei capelli bianchi dell’ex giocato-re e allenatore di Milano ndr). Il tuttodovrebbe coincidere con la famose a famige-rata estate del 2010, quando se non saràLebron, New York ha tutte le intenzioni diaccaparrarsi uno dei tanti free agent delmercato avendo fatto e disfatto una squadrada due anni a questa parte con questo chiarointento. L’arrivo di McGrady, infatti, gioveràa NY non solo per una questione di marke-ting attuale, ma anche di salary cap con ilcontrattone del quasi rinato ‘Big Sleep’ usci-to dal letargo texano in cui era finito, in sca-denza prorpio all’ultima sirena di questa sta-gione cosi come quelli degli altri. Ma pertutto questo bisogna ancora soffrire per unmese e mezzo, bisogna ancora stringere identi prima di poter finalmente parlare diricostruzione vera e propria. Il presente diceche New York non riesce più a vincere. Saràla stanchezza, sarà il talento di una squadrache davvero non riesce ad imporsi nemmenocon la peggior squadra della Lega, i Nets nelderby stracittadino, e che di volta in voltadeve ricostruire una amalgama di gruppoche un qualcosa pur conterà nel sistema diinsieme voluto da D’Antoni. House,McGrady, Sergio Rodriguez, Bill Walker ecompagnia cantante sono del tutto nuovi allafilosofia ‘run and jump’ della New Yorkcestistica. Non un problema per l’ex Celticsche in questa Lega è uno dei pochi ai quali lafaccia tosta di prendersi un tiro anche quan-do non serve, non manca di certo. Ma l’exOrlando è tornato all’attività effettiva solo daquando ha messo piede ai Knicks in cui èentrato in quintetto in pianta stabile.Attorno gli 8 di media fino a questo momen-to con la maglia numero 3 della GrandeMela e qualche segno di ruggine al quantonormale. Meno normale la flessione, cheinvece, ha colpito Danilo Gallinari che addi-rittura dalla rivoluzione di metà febbraio èpassato con l’essere il 2-3 di New York all’es-sere spostato addirittura nella posizione di

NNNNeeeewwww YYYYoooorrrrkkkk KKKKnnnniiiicccckkkkssssNba ‘Team by Team’

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power forward con T-Mac nello spot di shoo-ting guard e Wilson Chandler come pointforward. Un febbraio ‘freddo’ se non glacialea tratti, quello vissuto dal ‘Gallo’ che conogni probabilità ha accusato qualche piccoloacciacco, come per esempio quello che nongli ha permesso di disputare al meglio loShootout a Dallas, ma soprattutto ha assag-giato realmente cosa vuol dire essere incampo ogni sera scontrandosi quindi con ilclassico ‘Rookie Wall’ per lui che rookie lo è

solo nella realtà e non sulla carta. Undicipunti in tutto il mese di febbraio, qualchepiccolo interrogativo di presenza e di aggres-sività nella parte finale e una percentualedalla lunga ferma al 31,1% a fronte del 38abbondante di gennaio e di questo primoscorcio di marzo. Numeri, rumors, parole evoci che dimostrano sempre di più cheDanilo Gallinari è e sarà, senza mezzi termi-ni, l’ago della bilancia dei Knicks di oggi edel domani ed anche del dopo domani.

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Battere i Boston Celtics e vincere quella chepotremmo definire come la stracittadina coni Knicks, sono le uniche soddisfazioni di unasquadra che a questo punto della stagione hasolo ed esclusivamente due imperativi: impe-dire di iscrivere il proprio nome nel libro deirecord della Lega, ma dalla parte sbagliataovvero quella della squadra con il peggiorrecord di sempre (all’appello mancano trevittorie per oltre passare quel 9-73 di appar-tenenza ai Sixers del XX ndr) e quello diimmettere nell’urna che selezionerà l’ordinedi scelta del prossimo Draft il più ampionumero di palline possibile per avere laprima scelta assoluta che risponde al nomedi John Wall di Kentucky. Per il resto ‘addapassà a nuttat’ è il motto di una squadra chea volta fa rabbrividire non tanto per man-canza di talento in maniera assoluta, ma perl’atteggiamento che mette in campo seradopo sera. E il tutto è comprovato dalladimostrazione quasi di forza, che tra l’altroha fatto gridare al miracolo mezza Americadel basket, contro i Celtics di qualche giornofa o quella magari con cui hanno in un certosenso tenuto testa ai Cavaliers senza coluiche è l’oggetto del desiderio anche dei Nets:Lebron James. Già perchè l ’arrivo diProchorov, una situazione salariale per nulla

NNNNeeeewwww JJJJeeeerrrrsssseeeeyyyy NNNNeeeettttssssNba ‘Team by Team’

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male, la presenza di Jay-Z nella proprietàdella squadra, il fatto di poter essere l’indi-ziata numero uno ad aver quel Wall di cuisopra e di poter scambiare magari Harris perun giocatore interessante (compresa poi lapresenza di giocatori come Lopez, Lee ecompagnia cantante ndr), fanno di NewJersey una tra le tante che fanno la corte alnuovo ‘Re’ della Nba moderna, Kobe Bryantpermettendo. Tutto il resto è noia, cantavaCalifano, quella che la stessa dirigenza stacercando di combattere con iniziative che

potremmo definire ‘ americane’, per attirarespettatori al Verizon Center del New Jersey.Fiscalisti gratis per la dichiarazione dei red-diti, telecronisti per un giorno e chi più neha più ne metta, per vedere uno spettacoloche oltre i 19 punti di Brook Lopez (l’exStendford si sta guadagnando anni di mili-tanza Nba con questa stagione nettamente aldi sopra delle righe ndr) ed i lampi, non sem-pre frequenti, di un Devin Harris che sembraessere arrivato alla frutta, che piace sempre,sempre di meno.

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CCCClllleeeevvvveeeellllaaaannnndddd CCCCaaaavvvvaaaa llll iiiieeeerrrrssssNba ‘Team by Team’

Continua la corsa verso il primo posto deiCavaliers, ma soprattutto continua il periododi valutazione dell’esperimento Jamison. Ilrecord dal suo innesto è un positivo 7-3. Dopole 3 sconfitte consecutive subito dopo la pausadell’All Star Game (nella prima delle qualiperò Jamison non era in campo) sono arrivate7 vittorie nelle successive 8 partite in cuiJamison ha messo assieme cifre non trascura-bili (17,6 punti con 7,5 rimbalzi di media e il39% da 3, che è poi la principale ragione percui è stato preso). Nell’ultima partita controgli Spurs ha avuto un minutaggio assai limita-to a causa di un problema a un ginocchio chein pratica lo ha tenuto fuori tutto il secondotempo, ma fino a quel momento aveva fatto

bene, almeno in attacco, con 17 punti.L’apporto di Jamison nelle prossime partitesarà importante, visto che nel frattempo si èfermato ai box LeBron James per un proble-ma a una caviglia. Niente di grave, più chealtro dovrebbe trattarsi di una pausa per recu-perare un po’ di fiato in vista dei playoff, cosìnel frattempo la squadra proverà a confrontar-si senza il proprio leader. Finora è arrivatauna sconfitta a Milwaukee e la sopracitata vit-toria casalinga con gli Spurs. Altro argomentoche tiene banco in casa Cavs è il ritorno diZydrunas Ilgauskas. Cosa che ancora non si èverificata per via dei limiti imposti dalla Lega,ma è certo che avverrà. Il ritorno del lituanoappare fondamentale per ovviare alla penuriadi lunghi che è venuta a verificarsi dopol’infortunio di Shaq che, aggregata alla parten-za del lituano, ha dimezzato la rotazione,

obbligando Mike Brown a varare un’insolitaversione del gioco denominato Small Ball,ossia 4 esterni e un solo lungo sul campo.Leon Powe è ritornato attivo dopo i problemifisici che lo hanno tenuto fuori per tutta la sta-gione, ma finora ancora non si è dimostratopronto per contribuire con continuità, ma daqui a maggio/giugno dovrà diventare un uomoimportante, così come lo sta diventandoDelonte West il quale attraversa un momentodi forma ottimale e uscendo dalla panchinaspesso sta facendo la differenza (MVP nellagara contro San Antonio, 27 punti nella scon-fitta a Milwaukee). Da qui a fine mese 10 par-tite equamente divise tra casa e trasferta, conviaggi insidiosi a New Orleans e San Antonio elo scontro casalingo coi Celtics, mentre le altregare paiono decisamente più abbordabili.

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Nella Windy City prosegue la caccia a unposto nei playoff complicata dalle recenti 5sconfitte consecutive di cui 4 casalinghe chehanno fatto cadere i Tori fuori dalle primeotto posizioni (attualmente mezza partitadietro agli Heat). Chicago continua ad esse-re una delle squadre più imprevedibili dellaLega, capace di vincere in sequenza partitedifficili e poi magari incappare immediata-mente dopo in un periodo nero con sconfit-te inspiegabili e senza appello. Derrick Roseè l’unico che assicura alto rendimento adogni ingresso sul parquet (25 punti e 6 assi-sts di media nel dopo All Star), ma tuttoattorno c’è molta incertezza. Deng e Hinrichvanno abbastanza a fasi alterne, Gibson èun rookie che comunque sta facendo benema al quale non si può chiedere la luna, cosìcome a Brad Miller che porta esperienza emestiere a centro area ma non può certoessere il giocatore che fa la differenza, men-tre Warrick e Flip Murray hanno portatoenergia dalla panchina, confermandosi

CCCChhhhiiiiccccaaaaggggoooo BBBBuuuullll llll ssssNba ‘Team by Team’

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come discrete mosse di mercato. Il proble-ma rimane comunque l’attacco, dove i Bullsfaticano non poco. Basta, per una volta, affi-darsi alle statistiche per rendersi conto dellasituazione precaria allo United Center: 24°posto NBA nei punti a partita e nelle percen-tuali da 3 punti, 23° nella percentuale com-plessiva dal campo. Il problema è che ora lasquadra gioca senza il proprio faro a cen-tr’area, Joakhim Noah, fermo fino a finemarzo per un infortunio a un piede che ha

privato della squadra di un giocatore dadoppia doppia di media (10 punti, 11 rim-balzi) e non a caso dal suo infortunio sonocominciate le sconfitte. Il calendario, tral’altro, ora è tutt’altro che clemente con 4trasferte consecutive, dove i Bulls hanno unrecord di 12 vittorie in 31 partite, a Orlando,Miami, Memphis e Dallas che rischiano difare crollare ulteriormente il record asse-stando un brutto colpo alle ambizioni dicoach Vinny Del Negro.

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Grande momento nel Wisconsin con iBucks che nel giro di due giorni hannoinfilato vittorie casalinghe nientemenoche contro Cleveland e Boston issandosial 5° posto nelle Eastern Conference,risultato certamente insperato alla vigiliadella stagione. Milwaukee ha vinto 10delle 12 partite giocate dopo l’ASG, met-tendo a segno prima una striscia di 6 vit-toria in fila e cavalcandone al momentouna di 4. Andrew Bogut prosegue nellasua annata troneggiante (16.9 punti, 11rimbalzi e 3.6 stoppate di media in queste12 partite) controllando il pitturato eavvalendosi dell’apporto di esterni perico-losi che stanno beneficiando dell’arrivoda Chicago di John Salmons. Non cifreabbaglianti per lui (12.7 punti col 42% altiro) ma un’altra freccia all’arco per ScottSkiles (nettamente uno dei candidati alTitolo di Coach dell’anno) che continuaad avere prestazioni sostanziose daCarlos Delfino e Ersan Ilyasova che arrivadalla panchina. L’ex Lottomatica,Brandon Jennings, conferma le sue diffi-coltà seguenti all’inizio fulminante, ma,

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per esempio, ha giocato una grande parti-ta nella vittoria contro Cleveland (25punti e 6 assists) segno che comunque ilragazzo c’è e bisogna solo aspettare che iltempo faccia il suo corso. I Bucks conti-nuano ad essere una delle migliori difesedella Lega (7° posto con 96,2 punti subitidi media) a cui accompagnano grandesolidità a rimbalzo (43,5 a partita, 5°posto) ovviando così a pessime percentua-li offensive (ultimi nella percentuale del

campo col 43,7%). Ora i ragazzi di Skilesdevono cercare di sfruttare il calendarioche entro la fine di marzo concederà 7partite in casa su 11 totali. Nessuna dellepartite casalinghe appare impossibile (lepiù complicate contro Utah e Atlanta) equindi Milwaukee potrebbe mettere fienoin cascina e assicurarsi definitivamente lapartecipazione ai playoff che manca dal2006, magari anche una posizione di par-tenza non disprezzabile.

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Altra franchigia da tempo già con la testaal futuro prossimo venturo sono gliIndiana Pacers che continuano a navigarenell’anonimato più assoluto, non renden-do onore a una società che nei primi annidel 2000 hanno spesso partecipato allacorsa playoff fino agli ultimi atti. La squa-dra è allo sbando assoluto e ha perso 11delle ultime 14 partite. L’attacco segnameno di 100 punti a partita e la difesa neconcede quasi 105, a rimbalzo il disavan-zo medio è di 5 palloni in più catturatidagli avversari sotto le plance e a peggio-rare il tutto ci sono anche più di 15 pallo-ni persi ogni sera. Si potrebbe ancheandare avanti, ma non avrebbe moltosenso, considerato che si è di fronte a unasquadra che si sta trascinando stanca-mente verso il finale di stagione. Per pro-vare a vedere un raggio sole si guarda allaennesima buona stagione di DannyGranger, che segna meno dell’anno scor-so, ma rimane comunque la prima(seconda, terza, quarta…) opzione offen-siva della squadra e oltre a essere unoscorer di primo livello mostra comunqueun gioca abbastanza completo, offensiva-mente parlando. Certo, che poi il suomorale non sia altissimo vedendo cheattorno a se il secondo realizzatore dellasquadra è Troy Murphy è anche normale.Basso anche il morale di Tyler

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Hansbrough, rookie da North Carolinamolto atteso e che nelle poche partite gio-cate aveva fatto benino, ma ha visto finirela sua stagione in larghissimo anticipo acausa di un infezione interna a un orec-chio che lo ha messo definitivamente k.oa metà gennaio, dopo che la stagione eragià cominciata in ritardo per un altroinfortunio. Sempre parlando di giovanicerca di guadagnare qualche minuto A.JPrice, che ha messo in mostra alcune

buone cose, ma ultimamente è caduto unpo’ in disgrazia finendo ai margini dellarotazione. Si consolino comunque i tifosidei Pecars, perché ormai alla fine dellostrazio mancano solo una ventina di par-tite, 18 per la precisione, 11 in casa e 7 intrasferta, quasi tutte abbastanza imprati-cabili. Probabile vedere Indiana a finecon il contatore sconfitte vicino al nume-ro 55.

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CCCChhhhaaaarrrr llllooootttt tttteeee BBBBoooobbbbccccaaaattttssssNba ‘Team by Team’

Non mancavano di certo icentri in casa Bobacts, conChandler, Diaw, Mohamed,Diop, ma Larry Brown havoluto anche Thomas che èarrivato da Chicago,e TheoRatliff, per rafforzare unpacchetto lunghi e provare acrederci ancora nella corsaai playoff, ancora sicura-mente al la portata del lacompagine in arancione.Guidati da un ott imoWallace i Bobcats sono riu-sciti a superare lo scoglioperfino costituito dai Lakersrilanciandosi prepotente-mente ad Est con un recordvicino al 50% e con alunepartite in meno ancora dagiocare. Sta di fatto che lachiave di tanti bei risultatipassa dalle vittorie on theroad, pochine fino a questomomento. Mentre la squadra di Browntra le mure amica e spessoal cospetto del suo attualeazionista di maggioranza,sua eccellenza "Air" Jordan,è imbattibile e perde solocon le grandi, o addiritturale batte, sono arrivate molte,forse troppe sconfitte lonta-no da Charlotte e questo èun handicap non da meno.La coppia di cabina di regi-na con Felton e il giovaneDJ Augustine garantiscesolidità punti e assist, la cer-tezza Gerald Wallace dasostanza con gioco e tantospettacolo, l 'egoismo diJackson fa il resto e abbia-mo il mix di una squadrache domina in vernice conchiunque e mette paura dav-vero al proprio avversario diturno. Sicuramente unasquadra tosta, che se doves-se beccare l'ultimo posto aest non regalerebbe un 4-0facile alla diretta avversaria,specie in trasferta. E come nel film "qualcunovolò sul nido del cuculo",

TUTTE LE STATISTICHE DELLA SQUADRA

DIDI

DDOMENICOOMENICO LLANDOLFOANDOLFO

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‘‘‘‘ TTTTeeeennnn rrrreeeeaaaassssoooonnnn ’’’’ ffffoooorrrr.... ....MMMMaaaarrrrcccchhhh MMMMaaaaddddnnnneeeessssssss

MARCH MADNESS

C’è chi aspetta con ansia la primavera, a marzo, e chi fremeinvece per il Torneo NCAA: la ‘March Madness’ è nel suopieno, ‘la follia di marzo’ che coinvolge gli interi Stati Unitisi può ben misurare anche da questa parte dell’Oceano,dove sono tantissimi quelli che si districano tra orari impos-

sibile per seguire le dirette della fase più calda della stagio-ne collegiale.In attesa dell’inizio del Torneo (First Round il 18-19 marzo),proviamo a riassumere, in dieci storie, un po’ (tutto nonsarebbe possibile) di stagione NCAA.

DIDI

MMICHELEICHELE TTALAMAZZIALAMAZZI

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11--RROOOOKKIIEE WWAALLLL?? Statene certi, l’anno prossimo in NBA iltermine che identifica la difficoltà delle matricole nel passa-re dalla quarantina di partite collegiali all’ottantina nellaLega (che solitamente si palesa a gennaio-febbraio), si pre-sterà facilmente a giochi di parole. Tutto a causa di JohnWall, che primo anno lo sarebbe anche a Kentucky, pur sein pochi se ne sono accorti. Ricorda molto Derrick Rose, hapiù fisicità ma forse non a sufficienza per scomodare unparagone con Wade, ma prima di parlare dell’impatto cheavrà in NBA la già scritta scelta numero 1 al prossimo draft,forse è meglio fermarsi un attimo e godersi quello che hagià fatto e che potrà fare da qui ai primi di aprile il fenome-no dei Wildcats. Atleta cinque stelle, inarrestabile in transi-zione e ottimo passatore, sa creare per sé (vedi il jump dai 4metri, mentre dall’arco è ancora rivedibile) come per i com-pagni, ma soprattutto quel che magnetizza l’attenzione sudi lui è come si sia mostrato un vincente. A cominciare daljumper decisivo nell’esordio con Miami, Ohio, per finire(almeno per ora) con la stoppata e recupero controVanderbilt, passando per una serie di giocate chiave ‘downthe stretch’.

22-- TTUURRNNEERR AARROONNDD.. Lo scorso 5 dicembre, ricadendo mal-destramente dopo un tentativo di schiacciata, fermato confallo dalla difesa, Evan Turner battè pericolosamente la

schiena sul parquet amico della Value City Arena. Accaddea 13’27” dal termine del primo tempo della sfida conEastern Michigan quando l’esterno tuttofare dei Buckeyesprese velocità sulla corsia centrale e staccò per la bimane: ilfallo di Antonio Green lo sbilanciò leggermente, e nel vanotentativo di aggrapparsi al ferro Turner perse l’equilibrio.Un primo esame ai raggi-X escluse gravi conseguenze, ma iltrainer di Ohio State Vince O’Brien parlò comunque di unafrattura traversale della seconda e terza vertebra lombare. Idottori dissero che per rivederlo in campo ci sarebberovolute almeno otto-dieci settimane. Il 6 gennaio, Turner eragià in campo contro Indiana: venti minuti, giusto perriprendere confidenza col campo. Dalla successiva, era giàtornato al proprio posto come se niente fosse: 38’ e il solitoflirt con la tripla doppia (due quest’anno). Del resto, unoche ha superato un primo anno di vita complicatissimo, perlo più attaccato ad un respiratore, deve aver dentro di séqualcosa di speciale. Gioca play, guardia e ala piccola, deiBuckeyes è stato leader per punti, rimbalzi e assist, e nonfosse per il play di Illinois McCamey lo sarebbe stato anchedi tutta la Big Ten. Difficile che in NBA possa ‘starreggiare’così, ma rimane uno degli esterni più intriganti degli ultimianni.

33-- FFOORRZZAA DDII VVOOLLUUNNTTEEEERRSS.. Il brindisi di capodanno a

LA STAGIONE DI JOHN WALL IN CIFRE SOUTHEASTERN CONF ALL

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Bruce Pearl dev’essere andato leggermente di traverso. Lasera dello scorso 1° gennaio quattro Vols (Melvin Goins,Brian Williams, Cameron Tatum e Tyler Smith), impegnatievidentemente a proseguire i festeggiamenti dalla seraprima, vennero fermati dalla polizia per un normale con-trollo sulla velocità a Knoxville, nei pressi del campus uni-versitario. I quattro faticarono a giustificare (mettiamolacosì…) la presenza in macchina di pistole, marijuana ealcool. E, pur in assenza di un apposito test, i poliziotti nonebbero molti dubbi sul fatto che qualche canna se l’eranofatta, visto il forte odore di erba proveniente dall’abitacolo.A Tyler Smith, senior e stella della squadra (17.4 a partitanell’anno da junior) che si accollò le maggiori responsabi-lità, andò ovviamente peggio che agli altri (stoppati per cin-que giornate), con l’espulsione dall’ateneo. Si pensava che lastagione dei Vols fosse destinata ad andare a sud, ed invecel’ottimo lavoro di Pearl ha portato Tennessee a condurre inporto una stagione da 22-7, con gli scalpi eccellenti diKansas e Kentucky come fiore all’occhiello: il tutto graziealla crescita del sophmore Scotty Hopson e alla solidità deisenior JP Prince Wayne Chism. Intanto, Smith, in attesa deldraft, ha firmato in Turchia per il Bornova…

44 -- CCOOAACCHHIINNGG SSTTUUFFFF.. Problemi di salute non meglio pre-cisati (ma l’ateneo ha subito confermato come non si trat-tasse ne di problemi di cancro o di cuore, di cui aveva giàsofferto), hanno fermato il leggendario coach Jim Calhounper quasi un mese. UConn è rimasta infatti senza la propriaguida dopo la brutta sconfitta con Michigan del 17 gennaio,ritrovandola il 13 febbraio in occasione di un’altra bruttasconfitta, con Cincinnati. In mezzo, il vice Blaney (che allanotizia dell’assenza aveva detto “gli incoraggiamenti mipiacciono, ma stiamo parlando di un coach da Hall of Famee io lo rivoglio al più presto al suo posto”) ha condotto gliHuskies ad un record di 3-4 che è coinciso con il periodopiù nero della stagione, quello che ha compromesso il cam-mino nella Big East. Calhoun, nonostante l’età, ancora unavolta (è la 22esima occasione in cui si assenta per motivi disalute) si è ribellato ai dottori ed è tornato sul suo pino.Dopo il ko con Cincy, UConn ha infilato tre vittorie conse-cutive, di cui le due prestigiose con Villanova e WestVirginia. Poi però sono arrivate anche tre sconfitte, e il tor-neo NCAA sembra sempre più lontano. A meno che, nel BigEast tournament…

55-- QQUUEESSTTIIOONNEE DDII CCAARRAACCTTEERR.. Da top prospect a livelloliceale (in compagnia di gente come Kevin Durant o GregOden) ad autentico ‘bust’ in poco meno di due stagioni.Quelle trascorse a Louisville, dove Derrick Caracter ha fattoperdere la pazienza anche a Rick Pitino per i suoi innume-revoli problemi disciplinari, che complessivamente glihanno fatto collezionare 17 gare di sospensione. Con l’arri-vo imminente di Samardo Samuels i Cardinals non si fecereproblemi a dargli il benservito, e Caracter, bypassate dopoun pensiero iniziale le ipotesi draft ed Europa, decise chevoleva mostrare qualcosa ai suoi tanti detrattori.L’occasione gliela offrì Tony Barbee, che un paio d’anniprima aveva provato a reclutarlo per Memphis. Dove? ATexas El Paso, cittadina che lo stesso Caracter ammise diconoscere solo ed esclusivamente per la storia narrata nelfilm ‘Glory Road’, in cui UTEP si chiamava ancora TexasWestern. Durante l’anno da redshirt ha perso 20 chili elavorato sui fondamentali, oggi non rinnega il rapportocomplesso con Pitino affermando che “certi errori è megliofarli presto, piuttosto che in NBA dove magari ti possonocostare una carriera”. Con 14 punti e 8 rimbalzi ha raddop-piato le cifre del suo secondo anno e guidato, assieme allascoring point Randy Culpepper i Miners al titolo dellaConference USA. A marzo toccherà guardarsi anche da

BIG EAST CONF ALL

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loro.

66--DDOOWWNNEEYY SSTTRREEEETT.. I suoi quindici minuti di celebritàWarholiani, Devan Downey li ha vissuti la sera dello scorso26 gennaio. Strano a dirsi, per uno che viaggia a oltre 22 dimedia e che quindi non dovrebbe aver problemi a far parla-re di sé. Al suo quinto anno collegiale dopo il trasferimentoda Cincinnati a South Carolina, Downey, ritiratosi in tempoda un draft 2009 che non l’avrebbe visto stringere la mano aStern e rifiutata una manciata di proposte dall’Europa, èstato il grande protagonista dell’acuto stagionale deiGamecocks, in grado di superare la Kentucky di John Walle soci, al tempo fresca numero uno ed unica squadra anco-ra imbattuta. Il boxscore di Downey, nell’occasione, parla diun 9-29 al tiro che non è esattamente il top della balistica,ma tra quei nove canestri (30 i suoi punti totali) ci sonotutti quelli decisivi per piegare i Wildcats. Ed ora ha trovatoanche la ‘strada’ per farsi ammirare dagli scout NBA: le vit-torie di squadra prima del tabellino personale.

77 -- TTRRAAFFFFIICCOO SSUULLLLAA ‘‘TTOOBBAACCCCOO RROOAADD’’.. Una stagione ini-ziata benino, proseguita così così e finita nel peggiore deimodi. I campioni in carica di North Carolina nell’ultimoincontro della regular season sono infatti crollati alCameron Indoor Stadium col punteggio di 82-50, unosmacco che ricorderanno a lungo. Nella ACC hanno persotutte le sfide più importanti, con Duke come con WakeForest e Maryland, chiudendo con un record di 5-11 e solo2-6 in trasferta. Alla squadra di Roy Williams sono mancatii punti di riferimento, Deon Thompson e Ed Davis (peraltroinfortunatosi nel finale di stagione) non sono stati affidabilia lungo andare, Larry Drew in cabina di regia non ha offer-to la continuità necessaria, i freshman Henson e Stricklandhanno dato un apporto ancora acerbo. Insomma, non eral’anno dei Tyler Hansbrough e Ty Lawson. Meglio guardareal prossimo anno, con la ‘recruit’ del promettentissimoHarrison Barnes che fa già sognare i tifosi dei Tar Heels:l’ala da Ames Senior HS è un mix di agilità, tecnica e IQcestistico, oltre che otttimo studente.

88--AALLLLEENN……AATTOORREE NNOONN GGIIOOCCAATTOORREE.. La sua prima espe-rienza da allenatore? In Italia, a Udine, per la verità pocofelice, visto che assieme a Mario Blasone traghettò Udine inLegadue con un bilancio di 0-5. Quest’anno è subentratoancora una volta in corsa, ma partendo da assistente e nonda giocatore… Jerome Allen, smessi definitivamente i pannidel playmaker, ha indossato quelli del coach. E, dopo lesette sconfitte iniziali subite da Glenn Miller, Pennsylvaniaha deciso di affidargli il pino, anche per ricostruire unaforte identità locale, in una lega come la Ivy League che nonconcede borse di studio per meriti sportivi. Allen, che deiQuakers è stato un’autentica icona, portandoli tre volte altitolo di conference, dal suo insediamento ha avuto unrecord di 6 vinte e 14 perse. Ma, soprattutto, il 12 febbraioscorso si è tolto la soddisfazione di battere Cornell, favoritadella Ivy e già comparsa anche nel ranking nazionale; inva-sione di campo ‘obbligatoria’ e, almeno per una sera,Jerome ha dato un bel motivo per festeggiare a tutta Penn.

99--VVIILLLLAA‘‘NNOOVVAA’’,, LLEEAADDEERR VVEECCCCHHIIOO.. Erano in molti a pen-sare che la perdita di un lungo dinamico come DanteCunningham potesse ridurre le ambizioni dei Wildcats.Invece, Jay Wright si è fidato della crescita di alcuni suoielementi al terzo anno ed ha avuto ragione: il lungo AntonioPena ha praticamente raddoppiato le proprie cifre, le guar-die Corey Fisher e Corey Stokes hanno confermato la pro-pria affidabilità. Ovviamente, serviva un leader a tirare ilgruppo: per l’ultima stagione lo ha fatto Scottie Reynolds,autore dalla propria miglior annata collegiale con 18.8

ATLANTIC COAST CONF ALL

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punti, 3.4 assist e 2.7 rimbalzi, e le percentuali tutte inmiglioramente rispetto alle prime tre annate. Tre sole voltesotto la doppia cifra, l’exploit contro Louisville con 36, frut-to di 5 su 5 da tre e 13 su 17 ai liberi. Segno che non è solouno di talento, ma anche uno che sa quali scelte prendere. Amarzo avrà forti motivazioni, perché l’atletismo non esatta-mente debordante sin qui lo ha penalizzato in ottica draft,così come il fatto di essere un senior. Occhio perché se laNBA si mette il paraocchi, in Europa si stan già leccando ibaffi.

1100--EELLIIAASS SSAAYYSS.. No, non stiamo parlando del columnist diESPN malato di statistiche e curiosità, ma di Elias Harris,freshman di Gonzaga che, dopo i ventelli in ProB tedescacon lo Speyer e una prima apparizione con la Nazionale

agli ultimi Europei di Polonia (2.2 punti e 2.3 rimbalzi in6’), ha decisamente alzato la voce anche al suo primo annodi college basketball. Inseritosi alla perfezione nel sistemadi Mark Few, sfruttando l’altruismo dei leader Matt Bouldine Steven Gray, il tedesco volante classe 1989 si è ritagliatoun ruolo subito importante (14.9 punti e 7.4 rimbalzi,secondo marcatore e primo rimbalzista), grazie al suo paz-zesco atletismo, alla capacità di giocare in avvicinamento ead un insospettabile 45% dall’arco. Dovrà lavorare forte sulpalleggio e sul rilascio per diventare un ‘3’ a tutti gli effetti,ma pare che non sia un problema perché è uno cui piacestare in palestra. Intanto gli scout europei hanno dovutomettere il suo nome nella lista degli ‘impossibili’. Che sidichiari per il draft quest’anno o l’anno prossimo, il suofuturo è in NBA.

WEST COAST CONF ALLIVY LEAGUE CONF ALL

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JJAASSOONN TTOOCCCCAA FFEERRRROO!!

Avete presente quando, per attuare un gesto scaramantico,qualcuno invita a toccare ferro? Bene, nei paesi anglosassoni,questo gesto apotropaico viene ‘tradotto’ in un eloquente ‘touchwood’, un invito a toccare legno.Cosa c’entra tutto questo con il nostro amato Jason Kidd è pre-sto detto.Forse invitato dal suo amicone Dirk Nowitzki, l’immenso playdei Dallas Mavericks, nel corso della partita contro gli AtlantaHawks, ha ‘toccato’ Woodson; qualcosa che, per assonanza, siavvicina molto al ‘wood’ della tradizione popolare.Ma veniamo ai fatti.Quando mancava un minuto e trenta secondi alla fine del quar-to periodo di gioco, con gli Hawks a condurre 97-95 in pienaemorragia difensiva (15 punti di vantaggio gettati alle ortiche),il due volte MVP della Lega, Kidd spinge in attacco sul lato sini-stro del campo, adiacente la linea laterale. La visione di gioco di Giasone è ben nota ed ampia e copre tuttoquello che succede sul parquet e non solo: coach Woodson for-nisce istruzioni ai suoi ragazzi e sconfina nel rettangolo digioco.Kidd decide di fiondarsi sul coach avversario, in cerca di fortu-

ne che non tardano ad arrivare: “L'ho visto in campo, e ho pen-sato che avremmo potuto tirarne fuori almeno un punto; hofatto in modo che gli arbitri fischiassero qualcosa. Woodson,d'altronde, non potrebbe stare lì, ma per qualche strano motivogli allenatori pensano che sia figo entrare in campo... mi sor-prende il fatto che giocate come questa non siano successe inpassato”.Risultato? Coach Woodson, accortosi del pericolo, fa un passoindietro cercando di evitare l’impatto ma Kidd che è un “vec-chio cagnaccio astuto”, così com’è stato definito dalla ESPN,anticipa la mossa dell’allenatore degli Hawks ed allarga il brac-cio sinistro andando a collidere con il petto del coach. Fallo tec-nico, libero di Wunderdirk e possesso Mavs. Partita che finisceall’overtime e Dallas trionfante con Jason che va a siglare la sua104esima tripla doppia in carriera (19 punti, 17 assist e 16 rim-balzi) e uno tra i falli subiti più eclatanti della storia del basket.In realtà, coach Woodson è in ottima compagnia. L’allenatoreitaliano Gigio Gresta, in una partita di qualche anno fa, tra lasua Veroli e la Vanoli Soresina, mise in scena un vero e propriotagliafuori su Reynolds, impedendogli di tornare in difesa.Nessuna furbata da parte del giocatore, in quel caso, ma solo learti difensive di un coach messe in pratica in maniera pocoortodossa. Dura la vita degli allenatori, vero Jason?

YYYYoooouuuu ccccaaaannnn ’’’’ tttt cccc mmmmeeeeDIDI

AALESSANDROLESSANDRO DELLIDELLI PPAOLIAOLILA RUBRICA

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GGOOOODD CCHHAARRLLOOTTTTEE

Chissà se sarà ‘rock’, come il gruppo musicale che vienedal Maryland, la seconda esperienza come owner di unafranchigia NBA, per Michael Jordan.Il giocatore più forte di tutti i tempi ha rilevato la mag-gioranza azionaria degli Charlotte Bobcats. Nativo diNew York ma formatosi cestisticamente e non aWilminghton, nel North Carolina, ‘Air’ ha acquistato tra-mite il suo gruppo, la MJ Basketball Holdings LLC, lafranchigia del suo amato Stato con l’obiettivo di rilan-ciarla nella Lega.Certo, se i tifosi dei Bobcats pensassero alle mosse di MJquando dirigeva la baracca Wizard, qualche brivido

dovrebbe salire. Un nome su tutti: Kwame Brown, l’erro-re più clamoroso nella carriera del sei volte campioneNBA.Le speranze del vecchio proprietario, in realtà, sonotutt’altre: “Sono molto contento e fiero che sia Michael aportare avanti questo progetto. – ha dichiarato BobJohnson - Lui è ‘l’icona di questo sport ed è determinatoin quello che vuole fare”. Jordan che aveva una sorta didiritto di prelazione, ha battuto, proprio sulla sirena, l’exproprietario degli Houston Rockets ,George Postolos,pronto a comprare la squadra. Battuta la concorrenzacon un ‘buzzer beater’, non resta che lanciarsi nel mera-viglioso mondo del management NBA. Jordan in theWonderland. Stay tuned.

LA RUBRICA

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BBEE LLIIKKEE MMIIKKEE

Inutile giraci intorno. C’è solo un giocatore che è ancorain grado, a scarpe ben appese al chiodo, di catalizzarel’attenzione di tutto il pianeta cestistico. Tutti coloro che prendono in mano una palla a spicchi,fosse solo per fare due tiri al campetto vicino casa,hanno un unico modello e punto di riferimento. Tutti,come il celebre refrain della storica canzoncina, vorreb-bero essere come Mike.LeBron James ha preso ad indossare la canotta numero23, proprio per emulare le gesta del mito Jordaniano e,ora, ha compiuto un gesto che rappresenta la massima

onorificenza che potesse attribuire al più grande di tutti.King James, dalla prossima stagione, lascia il #23 e sce-glie il #6, suo numero di maglia nel Team USA.La decisione, già ampiamente preannunciata nei mesiscorsi (e da noi riportata in questa rubrica), è giuntadopo la vittoria dei Cavs sui New York Knicks, neanche afarlo apposta una delle squadre contro cui MichaelJordan era solito sfoderare prestazioni disumane.“Il #23 è solo di Michael Jordan” ha dichiarato i l‘Prescelto’ e, allo stesso tempo, sta prendendo sempre piùpiede, nei vertici alti della Lega di togliere il #23 dalladisponibilità di tutte le franchigie NBA. Love is in the ‘Air’.

LA RUBRICA

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DDRRIINNKKIINNGG IINN LL..AA..

Ok siamo solo nel gelido Minnesota però, il brano deibran Van 3000 è più che mai di attualità.Forse proprio il freddo tremendo dello Stato che ospi-ta i T-Wolves avrà spinto il povero Richard Jeffersonad alzare il gomito.Il giocatore è stato beccato dalla locale polizia inguida in stato d’ebbrezza.

Pronta ammissione di colpevolezza e redenzione: “Hofatto una stupidaggine e chiedo scusa a tutti. Sono illeader della squadra e devo dare l’esempio, molti siaspettano grandi cose da me, sono deluso da me stessoper quello che è accaduto”.Il passo successivo, previa squalifica per due partite,sarà la concessione di aureola da parte di Stern in per-sona. Si, ma come arriverà alle partite il nostro Rich?Jefferson’s Airplane!

LA RUBRICA

Stars ‘N’ Stripesideato da: Domenico Pezzellascritto da:

Alessandro delli PaoliLeandra RicciardiNicola Argenziano

Nicolò FiumiDomenico Landolfo

Stefano PanzaVincenzo Di GuidaGuglielmo Bifulco

Stefano CalovecchiaDavide MamoneStefano Livi

info, contatti e collaborazioni: [email protected]

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BBrreetttt FFaavvrree......TThhaatt’’ss OOvveerr??

"Tarataratà!", avrebbe risposto prontamente il protagonista dellabarzelletta; meno prontamente, invece, risponderebbe BrettFavre. Infatti, per il quarto anno consecutivo, ci ritroviamo difronte a quello che ormai è diventato un tradizionale appunta-mento dell’off-season: la decisione di Brett su appendere il cascoal chiodo o continuare a giocare concedendosi un’altra opportu-nità per cercare di mettere al dito il suo secondo anello da cam-pione del mondo a costo di rischiare di giocare una stagione ano-nima piuttosto che lasciare l’NFL da vice-campione di conferen-ce.

Tutto cominciò nella pre-season 2007 quando minacciò di lascia-re i Packers dopo aver accusato la dirigenza di non essersi mossaal meglio per portare Randy Moss a Green Bay. Quella stagione sichiuse con la cocente sconfitta nella finale di conference contro iGiants. Nel luglio 2008, dopo aver annunciato il ritiro dai campidi football, decise di tornare sulla sua decisione chiedendo inutil-mente ai Packers, che intanto avevano già promosso titolareAaron Rodgers, di essere reintegrato in rosa. Lasciò Green Baydopo 16 anni accasandosi cosi a New York, sponda Jets.Dopo una stagione chiusa a tanto così dai play off, nel febbraio

AROUND THE USA DIDI

SSTEFANOTEFANO LLIVIIVI

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2009, annunciò di nuovo il ritiro, ma dopo mesi di trattativearrivò l'ingaggio da parte dei Vikings, arcirivali dei Packers.A Minneapolis è stato protagonista di un'altra grande stagione.Nominato per il suo 11esimo Pro Bowl, ha chiuso la regular sea-son con 4,202 yds lanciate, 33 td pass ed un rating di 107.2.Nonostante questi numeri da far accapponare la pelle, i Vikingssi sono dovuti arrendere nella finale di conference, contro quelliche saranno poi i campioni del mondo, a causa proprio di unintercetto lanciato da Favre nelle mani di Tracy Porter a pochisecondi dal termine.Forse se la stagione appena conclusa fosse finita in maniera vit-toriosa per i Vichinghi, se Favre avesse effettuato un semplicepassaggio laterale o avesse lasciato correre a Peterson quellepoche yard sufficienti per andare a segno con un field goal, aquesto punto staremmo già parlando di Favre come un ex-gioca-tore, che ha voluto lasciare il football da campione del mondo.Ecco che, invece, puntuale come il Natale, comincia la telenovelache ci accompagnerà nei mesi a venire, e riempirà le nostre vuotegiornate di football in attesa di una nuova stagione.La prima puntata è andata in scena qualche giorno fa quando, sulsuo sito, Favre ha lasciato un messaggio di ringraziamento versoi t i fosi , la dirigenza, lo staff e i compagni di squadra diMinnesota per la stagione memorabile appena trascorsa, anchese, a dire la verità, più che di ringraziamento, il messaggio sem-bra d'addio; "indipendentemente da cosa ci riserverà il futuro" -conclude Brett - "voglio far sapere a tutti che conserverò i ricordidella stagione passata per il resto della mia vita". Mancano ancora 5 mesi al training camp, ma non è così tanto iltempo che ci separa dal draft che prenderà il via il 22 aprile.Farebbe sicuramente comodo ai Vikings conoscere per quelladata la scelta di Favre e consentirebbe di muoversi nel miglioredei modi tra i giovani prospetti.Ciò nonostante i Vikings sembrano voler dar al 40enne quarter-back tutto il tempo di cui ha bisogno. L' head coach Childressnon ha stabilito alcun limite temporale, come non lo aveva stabi-lito la scorsa estate quando hanno dovuto aspettare fino ad ago-sto per poter contare finalmente sul suo contributo.

Il General Manager di Minnesota, Rick Spielman, afferma che,nonostante i Vikings sarebbero felici di avere Favre nel proprioroster anche la prossima stagione, la sua decisione non influenze-rebbe le strategie della franchigia. "Favre prenderà la sua decisio-ne quando prenderà la sua decisione", dichiara Spielman,lasciando intendere che la squadra si sta organizzando e sta valu-tando tutte le possibili opzioni a disposizione, facendo attenzioneai tagli degli altri team, esaminando attentamente i quarterbacksdisponibili per il draft e considerando anche la possibilità di pro-muovere titolare uno dei due backups, Rosenfels e TarvarisJackson (già titolare nel 2007 e protagonista di una discreta sta-gione), con il secondo favorito sul primo.Comunque sia, con o senza Favre, e chiunque sia lo starter, ilfuturo dei Vikings sembra brillante; l'attacco potrà puntare anco-ra sulle corse del running back Adrian Peterson e sulle mani diSidney Rice pronto a ricevere palle da chiunque le lanci; in dife-sa, quest' anno una delle migliori sia via terra che via aria, è stataconfermata la permanenza a Minneapolis di Ray Edwards, autoredi una grande stagione.Non così rosea sarebbe per Favre continuare a giocare in unacittà diversa da Minnesota. Tra i team che possono ambire ad unposto nel Super Bowl nessuna, a meno di clamorose sorprese,sembra aver bisogno di un quarterback di questo livello essendotutte molto ben coperte nel ruolo; difficile, se non impossibile,quindi, che Brett scelga di chiudere la carriera in città comeCleveland oppure Oakland dove avrebbero senz’altro bisogno diun quarterback degno di questo nome.Insomma, i Vikings hanno tutte le carte per potersi giocare almeglio un' altra stagione da protagonisti, magari riuscendo dovehanno fallito quest' anno, raggiungere Arlington per giocarsiquel Super Bowl che manca ormai dal '76, sarebbe il loro quintodopo essere sempre usciti sconfitti dai quattro precedenti. BrettFavre, invece, il Super Bowl non lo gioca dal gennaio del '98, ed èproprio questa la chiave di volta della vicenda, un Super Bowl,un ultimo Super Bowl da giocare, un ultimo gran ballo, e pocoimporta se giocarlo con una maglia viola o di qualsiasi altro colo-re, l’importante sarà esserci.

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NNBBAA SSTTAANNDDIINNGGATLANTICDIVISION

NORTHWEST DIVISIONCENTRAL DIVISION

PACIFIC DIVISIONSOUTHEAST DIVISION

SOUTHWEST DIVISION

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SCORESPLAYER PG

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EASTERN CONFERENCE WESTERN CONFERENCE

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NNBBAA SSTTAATTSSPLAYER REBOUNDS

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Spinelli (rimasto poi inattivo per mesi), di Jerebcko(volato negli States per indossare la maglia deiDetroit Pistons) di Greg Brunner (vera rivelazione) eper finire del duo spettacolo Gist-Gains. Impostareun gruppo capace di esser solido sia in campionatoche in Europa rispettando il budget non era certoimpresa facile, eppure gli arrivi di Schultze, Plisnic,Soragna e Fred Jones (presentato a tutti gli effetticome il fromboliere piu' interessante del campiona-to) lasciavano presagire subito una stagione di verti-ce. In effetti i ragazzi di Bechi nonostante qualcheproblema fisico di troppo nel proprio roster per una

DIDI

NNICOLAICOLA AARGENZIANORGENZIANO

PPPPIIIIùùùù ffffaaaacccciiii lllleeee ssssoooorrrrpppprrrreeeennnnddddeeeerrrreeeecccchhhheeee ccccoooonnnnvvvv iiiinnnncccceeeerrrreeee ::::LLLL ’’’’ AAAAnnnnggggeeeellll iiiiccccoooo BBBBiiiieeeellll llll aaaa

MADE IN ITALY L’ANALISI...

Come spesso accade nello sport esser sorpresa èimpresa ben piu' agevole dell'essere conferma. Unesempio di valore da estrapolare in questa stagione èl'Angelico Biella, la quale se sul piano societario èorma consolidata nel panorama della Legabasket haaccusato un rallentamento abbastanza evidente dalpunto di vista tecnico dopo lo scintillante campiona-to dello scorso anno. Ripercorrendo brevemente ilrecente passato dei biellesi non può non tornare inmente la straordinaria cavalcata che vidde protagoni-sti allora Smith e soci fino alle semifinali scudetto.Dopo quell'expolit valso l'Eurocup l'Angelico ha par-zialmente smantellato quel gruppo con le partenze di

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buona parte di questa stagione ha menato le danzeche era un piacere: l'esplosione di Aradori e OnaEmbo, la leadership sempre piu' sicura di Jones sup-portata dal sempre verde Soragna, il supporto diChessa e dell'innesto Pasco hanno fatto si che i pie-montesi per buonissima parte del campionato riu-scissero a reggere decentemente sia in Italia che inEurocup; poi però qualcosa si è inceppato e il teambiellese ha cominciato un lento declino in termini dirisultati e soprattutto sotto il profilo del gioco.L'infortuneo di Jones è stato a lungo tempo copertodalla grandissima produttività resa da Pietro Aradori

a lungo miglior marcatore italiano nei primi 3 mesidi campionato, qui forse lo staff tecnico piemonteseha commesso un piccolo errore strategico, ovverol'ingaggio di Dominique Coleman il quale senza dareun contributo di particolare rilevanza è stato uningombro proprio per il giovane talento lodigianouscito addirittura dal quintetto titolare nonostanteviaggiasse sui 19 punti di media. Dopo il ritorno diun Jones per niente in forma e piuttosto deleterio ladirigenza ha allora deciso di rompere gli indugi epuntare su Guillermo Diaz, atleta di grande valoreche già in maglia Eldo Caserta aveva dimostrato diesser sicura star potenziale del campionato, mafermo da piu' 4 mesi per il famoso ritardo nelle pro-cedure di antidoping che lo vidde protagonista conRon Slay la scorsa stagione. Nel frattempo ancheSchultze veniva meno alla causa e dopo la cocenteeliminazione in Eurocup all'ultima giornata ed unafinal 8 di coppa di Lega conquistata meritatamente, èiniziato inesorabile il declino sul campo. La squadraaggressiva e spettacolare vista nella prima parte distagione ha cominciato inesorabilmente a perderecolpi e posizioni in classifica portandosi ad un certopunto addirittura nelle zone calde della classifica. Lasosta per le Final 8 di Avellino ha potuto per lo menodare un'iniezione di fiducia con la vittoria su Cantu'(altra formazione in crisi del campionato) prima dicedere dignitosamente il passo alla MontepaschiSiena. Poi però l'ennesima tegola dell'infortuneo diDiaz (sin li però tutt'altro che incisivo) costretto afermarsi a Cremona (dove l'Angelico ha inanellato laquinta sconfitta consecutiva) per un sospetto strappoche vorrebbe dire stagione finita e ritorno sul merca-to per lo staff tecnico guidato da Bechi.In un contesto del genere il baratro sarebbe statoinevitabile per chiunque, ma se dal punto di vistadell'amalgama tecnico l'Angelico ha avuto sino adoggi difficoltà, dal punto di vista caratteriale Smith ecompagni hanno mostrato una forza incredibile riu-scendo a vincere tra le mura amiche contro laLottomatica Roma. Una vittoria decisiva per il rilan-cio della stagione piemontese, 2 punti strappati dicarattere grazie al grandioso contributo di giocatoricome Chessa, vera rivelazione a disposizione diCoach Bechi, Ona Embo e Garri, partiti in teoriaall'inizio per essere dei rincalzi e che invece hannoancora una volta dimostrato di essere oggi come nonmai fondamentali alla causa. Un visto ancora daspendere potrebbe certamente essere utilizzato dallasocietà per sostituire Diaz nel caso venisse conferma-ta la prognosi, ma dovrà essere una scelta piu' cheponderata per decidere se spenderlo o meno. Cosicome Coleman è stato piu' che altro un freno peralcuni compagni, la sensazione è che un nuovo arrivopossa esserlo altrettanto. Ora come ora l'Angelico hain Smith, Pasco, Achara e Plisnic una batteria distranieri piu' che solida e affidabile, potrebbe esserquindi la carta vincente della rinascita lasciar spazioal gruppo italiani (Aradori, Chessa, Soragna e Garri)che nel momento di maggiore difficoltà ha dimostra-to di saper essere protagonista. Ora come ora l'obiet-tivo playoff è ancora a portata di mano e la zonacalda a distanza di sicurezza e la vittoria di Roma haridato fiducia e speranza all'interno del gruppo.Forse è meglio battere il ferro finchè resta caldo...

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