STars 'N' Stripes N°21

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il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano T T h h e e n n e e x x t t o o p p p p o o n n e e n n t t

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Per gli amanti della palla a spicchi d'olreoceano

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Sam Prestigiacomo, Presti per tutti, è nato nel1977. Quindi all’anagrafe ha 32 anni compiuti.La sua storia è quella di uno che sà quello chevuole, ma soprattutto sembra conoscere il segre-to per ottenerlo. Si laurea nel 2000 in comunicazioni,politiche e legge all’Emerson College di Boston e nellastessa estate di quell’anno ottiene un posto all’internodell’organizzazione dei San Antonio Spurs. Un anno

dopo è nominato assistente speciale della squadra e,passati 12 mesi, diviene assistente del direttore delleoperazioni di scouting della franchigia. E’ il 2003quando assume i compiti di direttore del “player per-

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sonnel”, ossia dei giocatori che compongono il roster.Ruolo che mantiene per due anni, quando nel 2005viene promosso a assistente del general manager,quell’ RC Buford lui pure nome parecchio conosciuto

nelle stanze NBA. In Texas il nome di Presti se loricorderanno a lungo, anche perché le mani su TonyParker, gli Speroni, le misero soprattutto grazie aisuoi buoni consigli. Passano altri due anni, siamo

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dunque nel 2007, e l’indirizzo del suo ufficio cambia.Ci si sposta dal Texas allo stato di Washington, preci-samente a Seattle, dove i morenti Seattle Supersonics,prima di esalare il loro ultimo respiro cestistico, simettono in casa questo ragazzo prodigio, che a soli 30anni diventa il GM più giovane di tutta la Lega.Fiducia riposta ottimamente. Con una serie di mossesagacemente orchestrate Presti manda Ray Allen,ormai senza più stimoli nei Sonics, a Boston riceven-do in cambio una scelta al draft che si tramuterà inJeff Green, nella stessa notte in cui al numero duearriverà Kevin Durant. Tutti nomi che risentirete trapoco. Non solo. Rashard Lewis, che rischiava diandarsene da free agent e dunque in cambio di nulla,viene impacchettato e spedito a Orlando, in cambio diuna seconda scelta e di un eccezione salariale da 9milioni di dollari, a sua volta girata a Phoenix in cam-bio di Kurt Thomas e due prime scelte. E qui ecco lospostamento ulteriore, lo scorso anno, da Seattle aOklahoma City, per dare vita ai nuovi Thunder, i qualistanno avendo uno sviluppo veloce e rapido propriocome quello della carriera di Sam Presti, in manieraquasi inevitabile verrebbe da aggiungere. Tanto per dire. L’anno scorso di questi tempi, iThunder viaggiavano al “Netsiano” record di 3 vittoriee 29 sconfitte. Oggi, invece, qualche partita dopo,siamo a 23 W a fronte di 18 L, abbondantementeall’interno della corsa playoff. “E’ molto più divertenteguidare verso il palazzo dello sport sapendo di poter-sela giocare con tutti – dice Nick Collison, l’unico gio-catore superstite dall’edizione 2005 dei Sonics cheraggiunse i playoffs – Te lo ripeti anche quando sei 3-

29, ma, obiettivamente, fai fatica a credere a te stesso.Ora, invece, guardiamo il calendario e sappiamo che,magari non vinceremo tutte le partite, ma facendo ilnostro lavoro al meglio avremo ottime possibilità difarcela.” E questa consapevolezza traspare come nonmai negli occhi e nel linguaggio del corpo della squa-dra, specie in questo momento. A ben vedere i Thunder hanno tutto ciò che serve peressere una squadra di alto livello. A partire dalla stel-la. Kevin Durant, attualmente al terzo posto della classifi-ca marcatori a quota 29 punti di media, è uno dei gio-catori più elettrizzanti e immarcabili della Lega, rima-nendo al contempo anche uno dei più giovani (21 annicompiuti in agosto). Il suo arsenale offensivo è sconfi-nato. E’ alto 2.06, ha braccia lunghissime, ma comun-que una rapidità di piedi che gli consente di muoversicon l’agilità di una guardia. Il rilascio del pallone al momento del tiro, pungenteda ogni zona del campo, è uno dei più veloci dellaLega e in tutto questo il fisico esile sembra non pena-lizzarlo più di tanto. Al suo arrivo in NBA, e dopo ilsuo anno da rookie, riceveva parecchie critiche perchéprendeva troppi tiri per segnare i suoi punti, e molti diquesti tiri erano forzati. Il dubbio, dunque, era che rimanesse “solo” uno splen-dido realizzatore, trascurando gli altri aspetti fonda-mentali del gioco cosa che invece, contraddicendo idetrattori, sta facendo egregiamente (7 rimbalzi e 3assists di media, 48.4% dal campo). Aiutato dal fattodi avere attorno altri giovani compagni di ottima cara-tura che lo riconoscono come il leader in campo.

LE STATISTICHE DI KEVIN DURANT

...COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE...

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Il playmaker della squadra è Russell Westbrook, un’altrasorpresa, prima scelta arrivata però con diversi dubbi sulsuo ruolo. In NBA, data la taglia fisica, non poteva essere

una guardia, ma c’erano perplessità su quanto potesse adat-tarsi a fare il playmaker a tempo pieno, lui che è un giocato-re principalmente di energia, più che un ragionatore. E inve-

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ce il suo impatto è stato notevole sin da subito e oggi snoc-ciola 16 punti, 5 rimbalzi e 7.5 assists a partita, tra tutti ildato meno atteso. Non è diventato un clone di JohnStockton, è sempre un giocatore che vive di energia più chedi azioni ragionate, ma ha lavorato per adattare il suo giocaalla NBA intanto costruendosi un discreto arresto e tiro dai4/5 metri. La velocità e l’atletismo superiori alla media ancheper i canoni NBA lo portano a non avere troppi problemi neipressi del ferro, così come il suo fisico massiccio gli consentedi prendere vantaggi contro i suoi avversari in post basso. Ladifesa, specie in uno contro uno, è ancora da rivedere, macon le sue doti atletiche basta un po’ di voglia in più.

Capitolo al quale potrebbe andare a chieder consigli ancoraal Presti di cui sopra, titolare al college di una gara in cuiriuscì a subire ben 6 sfondamenti. A tappare le incertezzedell’ex UCLA, c’è comunque Thabo Sefolosha. L’ex Biellese èun’altra delle intuizioni del GM che alla trade deadline del-l’anno scorso scippò letteralmente ai Bulls questo giocatorepolivalente, che nell’economia del gioco di Oklahoma City haun valore inestimabile. A testimonianza di questo c’è la parti-ta di qualche giorno fa contro gli Spurs. Dopo un primotempo in cui Tony Parker aveva letteralmente banchettatocontro Westbrook, segnando 22 punti e portando i suoi al+15, il francese è stato dato in cura a Thabo, che lo ha tenu-to a soli 2 canestri dal campo, consentendo ai suoi la rimon-ta. Oklahoma City al momento è terza per percentuale con-cessa dal campo agli avversari, dietro solo a Cavs e Lakers. Equesto è comunque un segnale del fatto che lo sforzo sia col-

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NORTHWEST DIVISION

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lettivo e che, tra i giovani ragazzi di coach Scott Brooks, siafiltrato il concetto che per andare lontano ci voglia innanzitutto un’ottima difesa. “Difendendo forte ci diamo sempreuna possibilità di vincere una partita – sono le parole diSefolosha – Ci siamo giocati punto a punto tante partite nel-l’ultimo periodo. Alcune le abbiamo vinte, altre le abbiamoperse, ma la cosa importante è avere la certezza che difen-dendo forte abbiamo sempre una chance di portare a casa ilrisultato.” Anche perché a fianco di una difesa di questolivello ci sono tante buone mani da sfamare in attacco. SeDurant e Westbrook sono le prime due opzioni, non vàdimenticato l’apporto di Jeff Green, 3-4 da Georgetown, chea sua volta sta raggiungendo una nuova maturità cestistica,evolvendo il più delle volte da ala forte tattica, con un ruolosimile a quello che ha Josh Smith negli Hawks, pur se nondotato dello stesso straripante atletismo, che comunque nondifetta. E parlando di atipici, che dire di James Harden,rookie arrivato grazie a una delle due scelte ottenute daPhoenix di cui parlavamo in precedenza. Il ragazzo daArizona State può giocare tre ruoli, dal play all’ala piccola.Dopo un piccolo periodo di adattamento sembra essereentrato piuttosto bene nel mondo dei pro. Entra come primocambio degli esterni e quando c’è lui in campo spesso iThunder schierano un quintetto con lui , Westbrook,Sefolosha, Durant da 4 e Green addirittura da 5. Uno “smallball” che sta dando frutti copiosi. “Ogni squadra vuole essereuna squadra da playoff – dice Sam Presti – e anche noi nonsiamo differenti in questo. Ma credo che ci sia la consapevo-lezza e l’umiltà in questo gruppo di dover lavorare sodo.Sappiamo che non possiamo controllare gli altri e quindi staa noi dare il massimo e fare il nostro lavoro al meglio dellenostre potenzialità”. E una squadra da playoff che si rispetti deve avere anche unapanchina discretamente profonda. Se, come visto, il primocambio degli esterni è James Harden, la rotazione dei lunghiè composta Krstic, Collison e Serge Ibaka, scelto lo scorsoanno, lasciato a maturare in europa per una stagione e oggi

pronto per dare una decina di minuta di quantità, con ilrookie BJ Mullens che ultimamente sta ottenendo i primiminuti della sua carriera. Krstic è stata un’altra delle intui-zioni del GM. Raccolto lo scorso anno dal marciapiede sulquale la sua (breve) esperienza russa lo aveva lasciato, arri-vato come rincalzo dopo il flop dell ’operazione TysonChandler (che comunque sarebbe stato un altro furto daparte di Presti), ha avuto un impatto da subito, consentendoai Thunder di rialzarsi un minimo dal pessimo avvio (20 vit-torie nelle ultime 50 partite) e quest’anno continua a tenere ilsuo ruolo da titolare, giocando il suo basket fatto più di fon-damentali e fioretto, piuttosto che di muscoli e sudore.“L’aggiunta di Thabo e Nenad lo scorso anno – incalza Presti– ci ha permesso di avere due giocatori che inseriscono benenel nostro contesto tecnico ma anche all’interno di un grup-po che vuole crescere insieme. In questo processo di crescitaci sono lezioni da imparare e non sempre le impareremo conle vittorie. Dovremo rimanere uniti anche nelle difficoltà”.Parole di un General Manager lungimirante, che non vuolecullarsi troppo sugli allori di questo momento felice e lo hadimostrato ulteriormente, sfruttando l’occasione che gli haconsentito di prelevare dagli Utah Jazz, che non volevanoincorrere nella Luxury Tax, il giovane playmaker EricMaynor, cambio di Westbrook e da subito nelle rotazionidella squadra. Nonostante tutti questi cambiamenti che hanno portato adeguagliare il record di vittorie dello scorso campionato già agennaio, lo stesso Presti non sembra essere sazio: “ nonsiamo certo soddisfatti o appagati per quello che abbiamofatto finora, né abbiamo una tabella di marcia da seguire perdiventare competitivi a livello di titolo. Non contiamo i gior-ni sul calendario. Il fatto è che non sono sicuro che arrivere-mo mai a un punto in cui saremo del tutto soddisfatti.Chiaramente, abbiamo ancora tanta strada da percorrere.” Eavendo constatato la sua capacità nell’ottenere ciò che vuolein maniera quasi sistematica e repentina, c’è da scommettereche Oklahoma City non uscirà da quella strada.

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40 40 Ryan Bowen Ryan Bowen SF SF 33 33 6-9 6-9 218 218 Iowa Iowa 04 04 Nick Collison Nick Collison FC FC 28 28 6-10 6-10 255 255 Kansas Kansas $6,250,000$6,250,00035 35 Kevin Durant Kevin Durant SF SF 21 21 6-9 6-9 230 230 Texas Texas $4,796,880$4,796,88022 22 Jeff Green Jeff Green F F 23 23 6-9 6-9 235 235 Georgetown Georgetown $3,516,960$3,516,96013 13 J.Harden J.Harden G G 20 20 6-5 6-5 220 220 Arizona State Arizona State $4,004,160$4,004,16033 33 Mike Harris Mike Harris SF SF 26 26 6-6 6-6 240 240 Rice Rice 09 09 Serge Ibaka Serge Ibaka C C 20 20 6-10 6-10 235 235 $1,120,200$1,120,2006 6 Tre Kelley Tre Kelley PG PG 24 24 6-0 6-0 188 188 South Carolina South Carolina 12 12 Nenad Krstic Nenad Krstic C C 26 26 7-0 7-0 240 240 $5,160,832$5,160,83214 14 S.Livingston S.Livingston PG PG 24 24 6-7 6-7 185 185 $959,111$959,11123 23 B.J. Mullens B.J. Mullens C C 20 20 7-0 7-0 275 275 Ohio State Ohio State $1,120,200$1,120,2007 7 Kevin Ollie Kevin Ollie PG PG 36 36 6-2 6-2 195 195 Connecticut Connecticut $825,497$825,49751 51 M.Ruffin M.Ruffin PF PF 32 32 6-8 6-8 248 248 Tulsa Tulsa 02 02 T.Sefolosha T.Sefolosha SG SG 25 25 6-7 6-7 215 215 $2,759,628$2,759,62836 36 Etan Thomas Etan Thomas C C 31 31 6-10 6-10 260 260 Syracuse Syracuse $7,906,088$7,906,0885 5 Kyle Weaver Kyle Weaver SG SG 23 23 6-6 6-6 201 201 W.State W.State $870,968$870,9680 0 R.Westbrook R.Westbrook PG PG 20 20 6-3 6-3 187 187 UCLA UCLA $3,755,640$3,755,6403 3 D.J. White D.J. White PF PF 23 23 6-9 6-9 251 251 Indiana Indiana $1,036,440$1,036,440

LA SITUAZIONE SALRIALE DEL TEAM DELL’OKLAHOMA

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‘Five Man rotation’. La principale preoccupazione di tutticoloro che in una partita di basket non sono li ad aspettare uncenno, una chiamata per nome, cognome, nickname o sempli-cemente per toccata di spalla o tirata di maglietta. Cinqueuomini da mettere in campo, cinque uomini che sappianomettere in pratica al meglio possibile quello che in generale

l’uomo e i suoi fedeli scudieri hanno messo in pratica in setti-mana e che tempestivamente mettono in atto durante i 48minuti di partita. Cinque uomini che portino ad un unicorisultato: la vittoria. Stati uniti, Europa, Asia o in qualsiasialtra parte del mondo il cruccio principale dell’allenatoreresta sempre lo stesso. C’è chi sceglie i ‘suoi’ uomini in base a

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L’ANALISIFonte foto: http://upload.wikimedia.org

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quello che vede in campo, chi li sceglie a prescindere avendouna propria idea di chi può entrare di chi no e di chi magariha la classica possibilità di dimostrare di poterci stare e dipoter far breccia nel cuore del suo head coach e chi magariimpiega la prima parte di stagione, quella che per intenderciarriva fino al weekend dell’All Star Game, per fare i suoi espe-rimenti per poi puntare tutto su quelli che ritiene più all’al-tezza rispetto ad altri, insomma quasi come un generale chesceglie i soldati fidati per l’attacco finale. Ma forse anche chiguardando i risultati, guardando le statistiche e le percentualidi vittorie di un quintetto anziché di un altro (e si propriocosi, in un paese dove vengono percentualizzati anche ilnumero di volte che chiedi una birra ad un pub!). Numeri,cifre e nient’altro. E’ quello che proviamo a fare o meglio araccontare e cioè quali quintetti, partendo dalle big ad Est,rendono felici e contenti gli allenatori che da quel 28 di otto-bre hanno un solo scopo nella loro testa: le Finals. E quandosi parla di atto finale, quando si parla del Larry O’BrienTrophey la mente non può, attraverso lo scorrimento veloce ose volete anche il rewind se siete troppo avanti con i pensieri,allo stato dell’Ohio, alla Quiken Loans Area e soprattutto aiCleveland Cavaliers e Lebron James. The Chosen One, infatti,è la costante principale in quasi tutte le modifiche, in quasitutti gli aggiustamenti in corso d’opera e in quasi tutte le scel-te di coach Mike Brown. D’altronde come potrebbe esserealtrimenti visto che tra le mani ti ritrovi solamente il giocato-re più dominante della Lega insieme al 24 in gialloviola cheperò sosta dall’altra parte della Nazione. Le eccezioni alleregola esistono d’ovunque e il basket non fa certo differenza ocaso a parte. L’excursus in casa Cavs, dunque, parte proprioda quelli che sono i momenti, più unici che rari, in cui iCavaliers fanno a meno del 23 che tra l’altro ‘on the bench’dimostra anche di potersi divertire in più di un’occasione conballetti, mosse di danza degni di un freestyler di alta classe.Quasi 54 minuti. Questo il minutaggio che il discepolo dello‘Spy Coach’ Greg Popovich, concede alla seconda linea purain tutto e per tutto. Quasi 54 giri di lancette totali fino a que-sto momento della stagione che dicono che la scelta miglioreper permettere al figlio di Akron di riposare in santa pace inpanchina è quella di vedere in campo un lineup del tutto par-ticolare. Si parte da Daniel ‘Boobie’ Gibson (il giocatore tral’altro che ha più beneficiato delle vicende extracestistiche diDelonte West ritrovando fiducia in se stesso, nel proprio tirodalla distanza, ma cosa più importante quella del propriocoach che dopo il 2007 lo aveva accantonato per un attimo afavore di altre scelte giuste o sbagliate che al momentopotrebbero sembrare col classico senno di poi ndr), passandoper il secondo violino in assoluto della franchigia dell’Ohio,Mo Williams, per andare oltre e vedere una front line formatada Jamario Moon, Anderson Varejao e Zydrunas Illgauskas.Inutile stropicciarsi gli occhi, dal momento che nonostante ilnumero delle vittorie e delle sconfitte, ovvero tre successi afronte di 5 sconfitte, non sia praticamente a favore dei nomiprecedentemente indicati, il lineup appena specificato è quel-lo maggiormente cavalcato da coach Mike Brown a prescin-dere del 37% di vittorie che lo stesso porta a spasso in questaprima parte di stagione. Meno cavalcato ma di gran lunga piùvincente (quasi il doppio sia a livello di percentuali di vittoriecon il 60% frutto di sei successi e 4 sconfitte e un +12 diplus/minus) quello che per circa 43 minuti totali ha visto ilcampo senza il nome o la visione sullo schermo di KingJames. Mo Williams, Delonte West, Jamario Moon, AndersonVarejao e addirittura Shaquille O’Neal. Un quintetto al qualeverrebbe da dedicare la parte della settimana enigmistica delFonte foto: http://upload.wikimedia.org

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‘Aguzza la vista’ o del ‘Trova le differenze’. Facile, anzi facilis-sima la risposta riposta tutta nel nome di colui che è stato alcentro di preoccupazioni maggiori, da parte del front office,dell’anno della free agency e del futuro di Lebron James: il‘Mariachi’ Delonte West. Solo una l’ipotesi e l’esperimentotentato da Mike Brown nei momenti di ‘manicure’ (legato alvizietto di LBJ di mangiucchiarsi le unghie mentre è in pancandr) del suo uomo di punta: 43,5 minuti per un 16,6% di vit-torie (1 vinte e 5 perse), -21 di plus/minus e lineup formato daGibson, West, Moon, Varejao e Illgauskas. Insomma non lamiglior scelta per affrontare le fasi importante dei match, maforse quella ideale per i garbage time sia nel senso buono checattivo del termine. Dopo aver messo ‘a letto’ le alternative oaver impostato il ‘parental control’ tanto per usare una termi-nologia prettamente legata al mondo della tv satellitare odigitale, è il tempo di passare la palla agli adulti ovvero acome i Cavs vincono, hanno vinto o sperano di vincere laEastern Conference e avversari permettendo anche le FinalsNba. Dottor Jakyll e Mister Hyde. Due lati della stessa meda-glia. Due conformazioni di squadre e di quintetti differenti,ma che alla fine hanno un unico denominatore comune: ‘TheChosen One’ Lebron James. Insieme a Williams, AnthonyParker, Hickson e Shaquille O’Neal. Questo il quintetto cheall’attivo ha più minuti giocati di tutti. Il motivo potrebbeessere quello che è quello più produttivo? Assolutamente no.Il tassametro e le lancette dell’orologio continuano a scorreree a girare a favore di questo lineup solo ed esclusivamente peril fatto che coach Mike Brown ha deciso che questa è laconformazione migliore per iniziare le gare e giocare granparte del primo quarto. D’altronde la presenza di Shaq èemblematica, visto che poi The Big Aristotele va a sedersi ariposare per poi riapparire nei momenti del bisogno o addirit-tura nel quarto periodo. Il conto attuale dei numeri dello star-ting five di cui sopra è di 330,8 minuti giocati, 1,05 puntisegnati per possessi; 1,12 quelli concessi nella propria metàcampo (e questa la dice lunga sul perché il quintetto che ini-

zia la partita generalmente non la finisce visto che concedeagli avversari più di quello che segna e la dimostrazione staanche nel -36 complessivo a livello di plus/minus ndr) per 12vittorie, 14 sconfitte e 46,1% di record. Di poco sotto a livellopercentuale (40% in 128,9 minuti di utilizzo) quello con l’uni-ca variante di Varejao al posto di JJ Hickson che però pareg-gia i conti dal punto di vista dei punti fatti e subiti per singo-lo possesso (1,02 in attacco e 1,02 in difesa ndr). Il valore direndimento sale vertiginosamente non appena l’allievo dicoach Pop decide di tornare al passato, di affidarsi alla ‘vec-chia guardia’: Williams, Parker, James sugli esterni. Hicksone Illgauskas sotto le plance e le cifre si impennano come ilmiglior Valentino Rossi al momento della bandiera a scacchi.Sessanta per cento tondo tondo il valore percentuale frutto disei vittorie, quattro sconfitte in 109 minuti abbondanti diimpiego (1,12 in attacco e 1,10 in difesa il conto dei possessiconcessi sui due lati del campo). Da far impazzire un’auladella borsa quando dalla struttura appena enunciata è ancorauna volta ad uscire è Hickson per far posto al brasiliano dallachioma fluente: 17 vittorie e 8 sconfitte (68%), un +57 diplus/minus e un differenziale tra punti segnati e quelli subiti– 1,34 in attacco e 1,02 in difesa – che non concede altraalternativa che consacrare quello con Williams in cabina diregia, Parker nel ruolo di shooting guarda, James in quello dismall forward e Varejao e Illgauskas a guardia dell’anelloarancione, come il quintetto più produttivo del teamdell’Ohio. Dulcis in fundo doverosa un’annotazione su undato che più di tutti passa in secondo piano e lasciato apposi-tamente alla fine. Lebron James fungerebbe da discriminantepositiva con qualsiasi delle trenta casacche della Lega e que-sto è assodato, ma ai Cavs l’altro nome dal quale i numerinon possono prescindere è quello di Zydrunas Illgauskas.Percentuali positivi in 4 dei 5 quintetti in cui il nome dellituano è presente a dimostrazione che Shaq sarà anche lospecialista delle Finals, ma ‘Z’ resta il fattore importante perarrivarci.

LA SITUAZIONE SALRIALE DEL TEAM DELL’OKLAHOMAPLAYER Min Off Def +/- W L W%

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Prosegue il ‘nostro’ processo al giocatore deiWasghington Wizard, Gilbert Arenas.Accusato, prima, di aver portato armi all’interno dellospogliatoio del Verizon Center, poi, di aver scatenatoun presunto ‘face to face’, con tanto di pistole concolpo in canna, con Javaris Crittenton.

Negli ultimi giorni sono spuntati altri elementi chehanno consentito una ricostruzione dei fatti.Pronte, inoltre, le prime sanzioni inflitte ai due pistole-ri da parte della NBA.«Prendine una»Il debito di gioco contratto da Arenas in una delle tra-

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IL CASO

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Fonte foto: http://i.a.cnn.net

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sferte di gioco. Lo ‘scherzo’ dello stesso Areans aidanni del creditore Crittenton: nascondere alcune dellesue pistole nell’armadietto di quest’ultimo. Quelleparole: “Prendine una”, quasi come a lanciare una ‘sin-golar tenzone’ in puro stile cavalleresco. La reazione,non proprio positiva, di Crittenton: caricare una suapistola e puntarla nei confronti del più celebre compa-gno.Questa, in sintesi, la ricostruzione dei fatti fornita dalnumero ‘0’ alle autorità.«È’ tutto falso. Non ho fatto nulla di sbagliato, aspetta-te la conclusione delle indagini e lo vedrete. Il mionome viene trascinato nel fango in questa vicenda». Un altro tassello, nell’intricata vicenda, lo pone pro-prio Crittenton.Le sue confessioni al Washingotn Post parlano di unasua totale estraneità ai fatti. Dichiarazioni che si con-trappongono in modo chiaro e netto a quelle diArenas.Tra gli elementi a discarico di Javaris, c’è il mancatoritrovamento della sua presunta pistola.«Avrei aspettato la fine delle indagini della polizia. Ilgesto di Arenas ha condotto ad una sospensionesostanziale, se non peggio».Cosa gira nella testa di un giocatore professionista nonci è dato di sapere. Ancor di più se quel giocatore viveun periodo travagliato o quanto meno tale dovrebbeessere. Cosa frulla nella mente di ‘Agent Zero’, proba-bilmente non lo sa neanche lui. Con tutte le luci dei

riflettori su di lui, incluse quelle che, nell’immaginariocollettivo, un investigatore della polizia, in una fumosastanza di un commissariato, gli punterebbe controquasi come una scena uscita direttamente da un librodi Simenon, il nostro Gilbert ne ha combinata un’altradelle sue.Nella partita dei suoi Wizard contro i 76ers, proprio apochi giorni dalla vicenda incriminata, ‘Gib’ salutava icompagni di squadra, riuniti a cerchio, muovendo ledita delle propria mano come a premere un ideale gril-letto e ‘sparare’ colpi di pistola.La conseguente mossa del Commissioner David Sternè tutta espressa nelle parole virgolettate poco sopra.«David Stern è la stessa persona che mi ha permessodi giocare il mio secondo All Star Game dopo che i tec-nici mi avevano ignorato. Ha preso una decisione duracontro di me, ma io devo rispettarla». Lampi di matu-rità che fendono la mente del play 28enne. Richiamatodal gran capo della NBA, Arenas sembra, almeno per ilmomento, pentito del gesto o, quanto meno, serenonell’accettare la sanzione. Poi, come un condannatoche tenta di mitigare la pena, cerca la ‘buona condotta’ed elimina il suo account su Twitter, il social networkcroce e delizia dei ‘ballers’ americani.Magari è solo apparenza o, magari, è il primo passoverso una ‘redenzione’ tanto attesa. Saranno solo leprossime puntate di questo avvincente giallo a svelarnela verità. Come si dice nelle più classiche serie televisi-ve: “to be continued”.

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IL PERSONAGGIO -1 DIDI

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Uno dei personaggi più bislacchi e carismaticidell’NBA è sicuramente Baron Davis. La sua carrieraè stata caratterizzata da alti e bassi, da innumerevoliinfortuni, da giocate sensazionali, da infinite sconfit-te, ma siamo di fronte ad un giocatore tutto somma-to ancora giovane, che ha ancora molto da regalarci.Dopo un’ottima carriera universitaria a UCLA, Davisfu scelto da Charlotte con la terza chiamata nel 1999.La sua annata da rookie fu modesta (quasi 6 punti agara), ma i segnali del potenziale campione erano giàevidenti. Dopo un anno di apprendistato il Baronediventa già protagonista e leader dei suoi CharlotteHornets (prima quindi del trasferimento della fran-chigia in Louisiana) guidandoli da point-man tito-lare per tutte e 82 le gare sia nel secondo che nelterzo anno. Entrambe le stagioni si concludonocon l’eliminazione al secondo turno dei playoff.Dalla stagione seguente, 2002-2003, la prima aNew Orleans per lui e i suoi Hornets, inizianoi problemi fisici di Davis, che lo costringe-ranno a saltare una cinquantina di partitenelle successive due stagioni, culminateancora con un’eliminazioneprematura aiplayoff.Inizia dunque aprender forma lasagoma del leadertalentuoso con la classicaetichetta di perdente. Pergiunta, sfortunato, dato che isuoi problemi fisici non gliconcedono tregua neancheuna volta trasferito aiWarriors. Con la maglia diGolden State, infatti, soltantonel 2007-2008 riesce a dispu-tare una stagione intera senzainfortuni, stagione che chiu-derà con 21,8 punti di media,cifra inferiore soltanto ai 22,9del 2003-2004, l’ultima annatain maglia Hornets. InCalifornia, a dispetto dellescelte di coach Nelson, è uno dei più vivi estimatori etifosi di Marco Belinelli. In numerosi interviste,infatti, ne ha esaltato le doti.Nell’estate del 2008, però, la grande svolta: i Clippersfanno di tutto per portarlo a Los Angeles, e lui oppo-ne ben poca resistenza. Finalmente si avvera dunqueil suo sogno di tornare a giocare a nella città degliAngeli, città in cui ha ottenuto grandi successi e rico-noscimenti a livello collegiale, ma soprattutto troval’opportunità di giocare con il suo grande amicoElton Brand, fino a quel momento leader deiClippers, con cui avrebbe composto sicuramente unacoppia di altissimo livello. Tutto perfetto, dunque? Macchè. Proprio mentreDavis si accingeva a firmare il contratto con iClippers, all’insaputa di tutti Brand si accordava coni 76ers, mossa di cui poi la dirigenza di Philadelphia

si è estremamente risentita per gli scarsi risultati tec-nici dell’operazione. Per il Barone la delusione èenorme. I primi mesi di stagione dà veramente lasensazione di giocare svogliato, senza quel vigore chel’aveva caratterizzato negli anni precedenti. Certo, illivello medio dei Clippers e i continui infortuni suoi edei suoi compagni non sono certo uno stimolo a daredi più. Fatto sta che nella stagione in cui i Lakers, gliodiati cugini, vincono l’anello, i poveri Clippers devo-no accontentarsi di un’altissima scelta in lotteria. Ilfato poi vorrà che tale scelta in realtà non metta maipiede in capo quest’anno, dato che Blake Griffin si èinfortunato in una gara di pre-season per tornareprobabilmente solo nella prossima stagione. Tuttavia, stavolta, il Barone e i suoi compagni nonsi scoraggiano. Nonostante un pessimo inizio iClippers si riprendono, e guidati da Davis e daun superbo Kaman riescono ad avvicinarsi allazona playoff. Con la vittoria sui Nets il lorobilancio recita 18-22, che per la WesternConference significa ancora una volta lot-tery. Ma per Baron Davis, che gli ultimi

giorni di regular seasoncompirà 31anni, questa

può essere unagrande occasione di

riscatto. Guidare unasquadra da sempre disa-

strata alla conquista dellapost-season può significare

molto per lui, un ragazzo cono-sciuto più per il suo enormetalento forse inespresso, per isuoi scarsi risultati a livello pro-fessionistico e per le sue bizzecaratteriali, che per ciò checompie fuori dal campo.Davis infatti detiene a suonome innumerevoli fondazioniin favore della gente meno for-tunata di lui. In NBA gli esem-pi positivi di questo tipo sisprecano, ma vogliamo ricor-

dare e sottolineare il suo impegno nella solidarietà,perché un giocatore non sia ricordato soltanto perciò che compie su un campo da basket ma anche perle sue doti umane. L’uragano Kathrina, come moltiricorderanno, scosse notevolmente anche il mondoNBA e Davis, anche per i suoi trascorsi a NewOrleans, offrì sostanzioso contributo per la ricostru-zione della città. Appena ne ha la possibilità, inoltre,si reca personalmente alle scuole e ai centri sportivida lui sostenuti per parteciparvi di persona.Attualmente Davis naviga intorno ai 16,4 punti dimedia in questa stagione, esattamente in linea con lecifre complessive della sua carriera. Siamo lontanidai 22 punti di New Orleans, ma certamente stiamoparlando di un playmaker ancora in splendidaforma, che solca i parquet NBA da dieci anni ma cheha ancora una lunga carriera dinanzi.

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Mettete insieme questi ingredienti: una stagione da 50partite, un coach geniale ma talmente ansioso che alconfronto l’urlo di Munch sembra una barzelletta diGino Bramieri, una superstar uomo-franchigia ormaialla frutta che s’infortuna al momento giusto, un cam-pione dalle ginocchia di cristallo, un leader spiritualeche predica bene ma razzola male (una decina di figlisparsi per gli States da altrettante donne), uno strangola-tore di allenatori e avrete la più entusiasmante cavalcataalla finale per il titolo che la storia Nba ricordi. Ahdimenticavo, mettete anche due playmaker che messiinsieme non valevano la metà di Rick Brunson, che perinciso il parquet non lo vedeva mai. Eccovi i New YorkKnickerbockers 1999. Manca una parte: il 1998. Nei mesiinvernali del 1998 non si gioca, c’è il lockout. La serrataper dirlo nella lingua di Dante. Il lockout che ha fermatola Nba per tutta la prima parte della stagione 1998-99 èstato innescato perché i proprietari avevano un’opzionedi uscita dal contratto collettivo (il CBA) nel caso in cui isalari dei giocatori avessero ecceduto una soglia dei red-diti della Lega. Nel 1997-98 ai giocatori è andato, in sti-pendi complessivi, il 58% del BRI. I proprietari non vole-vano che i salari eccedessero il 53% del BRI ed hannofatto valere la clausola d’uscita dal CBA. Nel nuovo con-tratto collettivo è stato determinato che a partire dallastagione 2001-02 sarebbe entrata in vigore la LuxuryTax, tecnicamente definita come Escrow Tax, la cosid-detta “tassa di lusso” o “tassa sul lusso”. Fine della spie-gazione, inizio della digressione sull’anno di grazia 1998.Stagione ridotta da 82 partite a 50. Niente SummerLeague, niente All Star Game. Accadono cose strane. Ipresagi negativi si manifestano con il draft nel qualeviene scelto Michael Olowokandi al numero uno dagliimmancabili Clippers. Ci sarebbero Nowitzki, Pierce,Jamison, Carter ma fa nulla. Tale Olowokandi farà unacapatina a Bologna sponda Virtus. Spesato dopo poche(non entusiasmanti) partite. Per Ettore Messina non sagiocare. Il coach ci vede giusto e i fatti gli daranno ragio-ne. Passo indietro. Giugno ’98, Michael Jordan ha appe-na dipinto l’affresco che consegnerà ai posteri: gara 6della finale contro Utah. La dinastia dei Bulls è finita,Jerry Reinsdorf (proprietario) e Jerry Krause (gm) deci-dono di rifondare la squadra. C’è un vuoto di potere. AOvest, Jazz, i Lakers di Shaq e del giovane Kobe, e gliSpurs si candidano. A Est è roba tra Pacers e Heat non sidiscute. New York? Squadra di perdenti. Ci vogliono deivincenti, in primis in panchina. L’establishment dellaLega muove una campagna per portare Phil Jacksonnella “Grande Mela”, non tanto lontana da quella messain piedi oggi per far arrivare LeBron James. Ma coachZen è stanco, vuole l’anno sabbatico e si ritira nel suoranch nel Montana. La guida dei Knicks resta a Jeff VanGundy per il terzo anno di fila (dopo i sette da assisten-te). A New York la pressione è fortissima. Il più grandedei Van Gundy allena divinamente, ma è maniacale a dir

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poco e ai giocatori piace il giusto. “Se continui così nonarrivi a cinquant’anni”, gli dirà un giorno Peter Vecsey,la penna numero uno nel basket d’oltreoceano. Le elimi-nazioni consecutive ai playoff contro i Miami Heat delsuo mentore/nemesi Pat Riley pesano sulla testa delcoach sino a quel momento noto ai non addetti ai lavoricome quello che nei play-off del 1998 contro gli Heat,tentò di fermare una rissa tra Alonzo Mourning e LarryJohnson, ma sfortunatamente i due proseguirono per laloro strada e Jeff rimase inesorabilmente aggrappato aduna gamba di Zo che lo trascinò per il campo di gioco.Van Gundy dovette ricorrere a due punti di sutura acausa di una ferita riportata sulla fronte, e subire (aspet-to non secondario) l’eliminazione dai playoff, ancora unavolta. Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo. Eandiamo al ’99. Parte la stagione che Phil Jackson defi-nirà con l’asterisco. I blu - arancio si presentano con ilseguente roster. Nella posizione di play abbiamo CharlieWard, da tutti considerato più forte a Football che abasket, ma sceglie la palla a spicchi. C’ anche ChrisChilds, forte ma non fortissimo diciamo così, e RickBrunson, meglio di Childs ma arrivato in ritardo quandol’Altissimo distribuiva le capacità difensive. E nelle squa-dre di Van Gundy si difende. Le guardie sono decisamen-te di altro livello: Allan Houston, (se non lo avete vistogiocare al suo meglio procuratevi qualche dvd ne vale lapena), enciclopedia del tiro sospensione, e sublime QIcestistico (sarebbe quello dalle ginocchia di cristallo).Latrell Sprewell, immenso talento, testa rivedibile.Passato dalla cronaca sportiva alla cronaca nera per avertentato di strangolare (riuscendoci nei fatti) a GoldenState il suo allenatore PJ Carlesimo, per “divergenze tat-tiche”. Perde la stagione ’98, ma per le regole Nba vienereintegrato in rosa nella successiva e immediatamenteceduto ai New York Knicks in cambio di John Starks eChris Mills. Reparto ali affollato: Larry Johnson, ormailontano parente dell’iperatleta visto a Charlotte, ma pre-senza fondamentale nello spogliatoio dei Knicks. Fuoridal campo, invece, da segnalare una repentina conversio-ne all’Islam, e una decina di figli fuori dal matrimonio.Ben Davis, un figurante. Kurth Thomas, perno difensivo.Dennis “3D” Scott, bombardiere da tre punti, poco preci-so da oltre l’arco (27%), molto propenso agli infortuni.Dulcis in fundo, tenetevi forte, David Wingate. Sì, pro-prio lui, quello che non giocava mai, si allenava meno,ma un posto lo trovava sempre grazie ai buoni ufficidegli amici Gary Payton (per Seattle) e Pat Ewing (perNY). Nell’ultimo caso fate anche che Wingate e Ewing aitempi avevano lo stesso dentista, oltre ad essere staticompagni al college, e troverete la ragione della presenzaa roster dell’ex Georgetown. I centri: Patrick Ewing, l’uo-mo franchigia, Herb Williams per l’esperienza, ChrisDudley per la difesa e per abbassare le percentuali ailiberi…e Marcus Camby, arrivato da Toronto per darenuova linfa alla front line newyorkese. Peccato che il

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A SPASSO NEL TEMPO...Fonte foto: http://media.giantbomb.com

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sacrificato fu Charles Oakley, idolo dei tifosi che non lapresero benissimo. E vai si parte. La squadra di VanGundy diciamo così, non decolla. La difesa è la quartadella lega (85.4), l’attacco è il 27° per punti segnati(86.4). La palla in post a Ewing (17.3) paga relativi divi-dendi. Pat fa ancora canestro, ma la fluidità è un concet-to estraneo al gioco dei Knicks, che per accontentare illoro uomo simbolo, mettono in secondo piano AllanHouston (16.3) e Latrell Sprewell (16.4) costretto a parti-re dalla panchina, perché il posto in ala è di LarryJohnson. Miami domina l’Est, New York arranca. Le cri-tiche si fanno feroci. I potenti media newyorkesi voglio-no la testa di Van Gundy. Il proprietario James Dolan hapessimi rapporti con lo stesso Van Gundy, è durante l’an-no prova più e più volte il viaggio nel Montana per con-vincere Jackson. Per la stagione in corso non se ne fanulla. Ma nel nuovo millennio sarà Jackson l’allenatoredei Knicks. A quel punto Dolan decide di tenere VanGundy, anche perché più del suo coach odia i giornalinewyorkesi. New York chiude la stagione 27-23. Quartoposto nell’Atlantic, ottavo nell’Eastern Conference. Aiplayoff per un pelo, ma il destino propone al primo turnoi Miami Heat. Prima contro ottava. Upset? Accadde nel1994, quando i Nuggets eliminarono i Sonics al primoturno. Si ripeterà? La storia ci dirà di sì. Iniziano iplayoff, e NY cambia marcia. La serie contro gli odiatiHeat e quanto di meglio possa capitare a quella squadraper ricompattarsi. Una mano la darà anche il destino. Laserie è durissima e si va a gara -5. Si gioca a Miami. IKnicks mettono il fiato sul collo a Hardaway eMourning. Miami conduce 77-76 a 19”dalla fine, ma ilpallone è dei Knicks. Rimessa a metà campo, Sprewellriceve, prova a giocare a duo con Ewing, cerca Houstonin uscita dal blocco, ma la difesa degli Heat è asfissiante.Palla quasi persa, ma il possesso è ancora di New York.Mancano 3.8 secondi, Houston esce da una serie di bloc-chi, riceve, due palleggi verso l’area, tiro in avvicinamen-to, primo ferro e canestro. “The Shot” stende Miami.Fine della maledizione, avanti con la cavalcata. I Knickstrovano l’illuminazione. Folgorati sulla via di Damascoanche i media celebrano Van Gundy e la sua squadra. Ladifesa diventa insuperabile, gli isolamenti in attacco perSprewell e Houston da ripetitivi e noiosi, diventano effi-caci. Ewing da perdente diventa saggio. Risultato? Insemifinale di Conference si sweepano 4-0 gli AtlantaHawks di Steve Smith, Dikembe Mutombo e MookieBlaylock, tutti e tre giunti al capolinea nella città dellaCoca Cola e prossimi a cambiare indirizzo. La magiaricopre la Big City. Si sprecano i paragoni con la squadradel ’94, quella di Patrick Ewing, Charles Oakley, JhonStarks, Anthony Mason. All’orizzonte non c’è nessunHakeem “The Dream”Olajuwon, e questi Knicks sono piùforti. Ma prima c’è la finale di Conference. Ancora lui,Reggie Miller, che nella lista “Nemici della città di NewYork”, va dritto nelle prime tre posizioni. E qui agisce ilfato. Sfiga galattica, in gara -2 s’infortuna Pat Ewing.Addio playoff per “The Hoya Destroya”, e sogno al capo-linea. Macché. Il famoso “culo” di Sacchi tanto in voga ai

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A SPASSO NEL TEMPO...Fonte foto: http://i.cdn.turner.com

Mondiali di calcio di Usa ‘94 bacia Van Gundy. Al gridodi “liberatelo”, il coach lancia in quintetto MarcusCamby. E’la svolta. Camby a rimbalzo, in aiuto, nellestoppate, oscura letteralmente la vallata. In attaccosiamo fermi a schiacciate e semi-gancio di destro, mal’attività è impressionante. Si viaggia in doppia doppia dimedia nella serie (13.4 e 10.2 rimbalzi). Sul perimetroHouston e Spree sono troppo per Miller e Mullin. Reggiee i Pacers dovranno rimandare di un anno l’appuntamen-to con la finale Nba. New York ribalta di nuovo il prono-stico e vince la serie 4-2. Si entra dritti nella storia. IKnicks sono la prima squadra nella storia Nba a raggiun-gere la finale partendo con l’ottava testa di serie. Non eramai successo. Non accadrà più. A ovest i San AntonioSpurs sbaragliano la concorrenza. Sono quelli delle“Twin Towers”, Tim Duncan – David Robinson. Tim ilcaraibico, è al suo secondo anno. I numeri non diconotutta la verità ma raramente mentono: 23.2 punti e 11.5rimbalzi nei playoff. L’aggettivo dominante non rendevagamente l’idea. Robinson “L’Ammiraglio”, è ormaigiunto a destinazione, lascia il proscenio al suo delfinoritagliandosi un ruolo da secondo violino. In quintettoper gli Spurs, Sean Elliot in ala piccola, nel reparto die-tro Avery Johnson (che meriterebbe un articolo a parte)e un newyorkese purosangue: Mario Elie. Dal pino texa-no escono: Steve Kerr, Antonio Daniels, Malik Rose,Jaren Jackson. Contro la contraerea nero-argento diPopovich, forse, quel tanto bistrattato Ewing un pocoservirebbe. Anche perché i Knicks per strada perdonoanche Larry Johnson, che giocherà poco, male e pratica-mente senza un ginocchio. Gli Spurs vincono gara -1 (89-77), con 33 punti di Duncan, e 17 punti di Jaren Jackson,scheggia impazzita uscita dalla panchina. San Antoniodomina gara -2 (80-67). Duncan (25+15), Robinson(16+11). Si cambia costa. Tutti al Madison SquareGarden. New York in una partita indimenticabile faricorso a tutto il suo orgoglio. I 34 punti di AllanHouston illuminano il Garden come raramente si eravisto dai tempi di “Black Jesus”, al secolo Earl Monroe.Spree contribuisce alla causa con 24 punti, un commo-vente Larry Johnson ne griffa 16. I Knicks vincono 89-81,la serie è riaperta. Si resta a NY per altre due partite.Gara -4 è il regno di Tim Duncan: 28 punti e 18 rimbalzie tutti a casa (96-89). Il cuore della squadra di VanGundy è immenso, ma purtroppo non basta. SanAntonio chiude 4-1 al Madison, facendo sua gara -5 (78-77). I punti di Timoteo sono 31, ma il tiro che vale il tito-lo lo mette Avery Johnson dall’angolo. A New York nonbastano i 35 punti di un immenso Latrell Sprewell, chegiocò un quarto periodo a livelli jordaneschi. SanAntonio brinda al primo titolo, inaugurando una dinastiache a intervalli alterni dominerà la Nba per un decennio.I Knicks perdono la seconda finale in cinque anni.Quella finale raggiunta con un’impresa degna di filmcome “Quella sporca dozzina”, si trasformerà in unamaledizione per i blu - arancio, ma questa è un’altra sto-ria. Sono passati undici anni, e New York aspetta ancorail suo Messia. Che il 2010 sia l’anno buono?

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TThhee IIttaalliiaann HHeerriittaaggee NNiigghhttQuindici gennaio 2010. Una data che resterà impres-sa nella mente di tutti quelli che amano il basket astelle e strisce, ma ancor di più se sono amanti diquel tocco tricolore che dal 2006 si sta inserendoall’interno dei toni bianchi, rossi e blu della bandieraamericana. Una data che segna in qualche modo unpezzo di storia della Lega professionistica d’oltreoceano. Di solito quando di mezzo ci sono situazionidel genere c’è sempre un record di mezzo. Un qual-cosa, un dato, un evento da ricordare e che verrà uti-lizzato come termine di paragone per gli anni avve-nire, come per esempio l’arrivo a Toronto del Magonon come una sorte di capostipite viste le presenzapassate di Rusconi ed Esposito (tra l’altro proprio aiRaptors che quindi da sempre è stata la franchigiapiù aperta al mercato e al movimento cestistico tri-colore ndr), ma come primo della classe. Come lasera di due anni or sono quando da quel palco alMadison Squadre Garden David Stern ha pronun-ziato il nome di Danilo Gallinari alla corte dellafranchigia più famosa al mondo, oppure quandoancora qualche giro di calendario prima nella Baiadi Auckland prima e in Canada poi è sbarcato il

talento di San Giovanni in Persiceto Marco Belinelli.Ma questa volta l’altezza dell’asticella è molto piùalta persino di quella che potremmo definire come ilprimo atto dell’Italian Heritage Night. La notte del-l’eredità italiana, giocata proprio lo scorso anno inuna delle poche occasioni in cui al Madison il Galloha potuto sfidare il proprio compagno di nazionaleAndrea Bargnani. Si doveva fare a turno per poterparlare di Bargnani contro Gallinari, di Gallinaricontro Belinelli, oppure di Belinelli contro Bargnanie cosi via. Questa volta il palcoscenico della strutturadella Big Apple è stato scenario di una ‘re-union’ dav-vero particolare. Tutti e tre assieme, tutti sullo stessoparquet, tutti di fronte alla stampa e al pubbliconewyorkese che nel frattempo ha imparato ad amaree ad apprezzare il talento del milanese che se solopotesse farebbe ricordare quei fischi al momentodella scelta di due anni fa, ma tanto lui lo sapeva cheli avrebbe smentiti sul campo. Purtroppo il copionescritto alla perfezione da parte dello sceneggiatoresupremo ha avuto qualche piccolo vuoto, visto che il‘triangolo’ Made In Italy non si è mai concretamentecompletato. L’influenza e una condizione fisica noneccellente, infatti, ha impedito a Marco Belinelli diprendere parte alla vera festa, quella che dopo foto,autografi, abbracci e sorrisi di circostanza si è svoltasul parquet e che ha visto il The Magician e DaniloGallinari suonarsele di santa ragione sempre dalpunto di vista del gioco e con una palla a spicchi trale mani. Insomma doveva essere Belinelli-Bargnani-Gallinari, ma alla fine è stato una sorta di ‘face toface’ tra l’ex Olimpia Milano e l’ex Benetton Treviso.Per un attimo c’è anche parso di rivedere qualchepiccolo scontro in terra italica con maglie e coloridifferenti, visto che i due nel corso della sfida sonovenuti a contatto per marcarsi l’un l’altro. Alla finel’ultima parola l’ha avuta il romano, ma trevigiano diadozione cestistica che non solo si è portato a casa ilconfronto a distanza, ma anche il successo vendican-do per un attimo il compagno di squadra costrettoaddirittura agli spogliatoi all’inizio del secondotempo.AANNDDRREEAA BBAARRGGNNAANNII.. Il periodo buio di dicembre sem-bra essere ormai solo ed esclusivamente un bruttoricordo. Oltre alle cifre tutte in rialzo (19.4 punti, 8.6rimbalzi, 0.9 assist e 2.14 stoppate in 37.7 minuti diutilizzo) l’italiano da 55 milioni di dollari ha avutoanche il tempo di sentirsi recapitare, immediatamen-te dopo l’Italian Heritage Night di New York, i com-plimenti da parte di chi per anni è stato considerato

il metro di paragone dell’italiano della capitale, DirkNowiztki. «E’ molto più atletico di quanto potessiessere io alla sua età e con i suoi anni di Nba. Ha unrilascio e una meccanica di tiro molto veloce ed effi-cace, un primo passo che per la stazza e la mole dicentimetri che si porta dietro fa davvero male agliavversari. Ormai non è più una sorpresa, è dall’iniziodella stagione che è migliorato in tanti aspetti delsuo gioco e i numeri personali ne sono la più nitidadimostrazione». Una sorta di investitura? La conse-gna del testimone del biondo tedesco nei confronti dicolui che veramente può essere il suo erede in questaLega? AI posteri l’ardua sentenza. DDAANNIILLOO GGAALLLLIINNAARRII.. Che l’italiano proveniente daMilano sarebbe stato un buon erede di quel numerootto che in maglia Knicks è sinonimo di LatrellSprewell lo si era capito già qualche spezzone di par-tita della passata stagione. La prova del nove, però, ilmilanese che tanto per restare in tema di nickname,il Gallo, porta costantemente i capelli a forma di cre-sta, la sta dando in questo campionato. Un sophmo-re che praticamente è un rookie che gioca da vetera-no. Cosi poteremmo definire la stagione di Gallinariche nella Grande Mela ha dovuto fare un corso acce-lerato di egoismo cestistico per permettere ai suoiKnicks di poter pensare in maniera seria di poter lot-tare per i playoff. Le partite che hanno precedutoquella contro i Pistons di qualche giorno fa, dove lamano era un tantino congelata o forse la stanchezzainiziava a farsi sentire, il Gallo ha messo sul piattodella bilancia della sua stagione Nba anche un backto back da oltre venti punti. Due partite in fila daprotagonista. Si parte dal match per cui sono natetutte queste righe per poi arrivare a quella del giornoseguente contro i Detroit Pistons, in Michigan chiusacon altri 27 vani punti vista la sconfitta di New York.Ancora un passo in avanti per il milanese in attesa dicapire se Gallinari possa essere definitivamentediverso dagli altri e abbattere addirittura il muro‘Rookie Wall’ dal momento che le parentesi piccole esparse per la sola prima parte di stagione, non posso-no certo essere definita una stagione. Carisma, sfac-ciataggine e mano fatata. Queste le armi che fino adora ha messo in campo dove però la provenienzacestistica o meglio l’educazione cestistica gli impedi-sce ancora di essere cosi arrogante da poter domina-re ogni partita ed ogni singolo possesso. Ma per que-sto c’è tempo, per il momento ci si accontenta dipoterlo considerare come la pietra miliare, insieme aChandler, dei Knicks del futuro, poi si vedrà.

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«E' stata una partita molto importante per l'Italia, Sky ha trasmesso l'in-contro in diretta», ha detto Bargnani, autore di un 5/6 dall'arco. «Tre gio-catori italiani (incluso Marco Belinelli, che però non ha giocato) hannopartecipato a una partita NBA. E' incredibile per il nostro Paese».

«Anche il Gallo ha giocato alla grande. Credo sia statauna partita divertente per tutti gli italiani che l'hannovista».«Prima di tutto devo far loro i complimenti», ha detto ilcoach dei Knicks, Mike D'Antoni, il quale ha giocato eallenato con la Benetton Treviso in Italia. «Hanno tiratoalla grande e Bargnani ha disputato un primo tempoincredibile».

«E' stato fantastico perchè in Italia è il calcio ad essere sui titoli di tutti igiornali, perciò è stato davvero importante: per una volta gli italiani sisono sentiti coinvolti e hanno guardato una partita NBA in TV», ha dettoGallinari.

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IL PERSONAGGIO - 2

guardia che sta incantando la OracleArena di Oakland, o almeno quella fetta dipochi fedeli alle sorti dei Warriors, che,nonostante le sconfitte routinarie di questiultimi periodi, hanno comunque in casaun nuovo leader, Monta Ellis, appunto,sul quale vedere ricostruire dalle macerieattuali del vecchio roster un nuovo proget-to.

Tutto ebbe inizio il 26 ottobre del 1985, in quel diJackson, Mississipi, giorno e luogo di nascita delnumero 8 attuale dei Warriors. Monta Ellis, 1,91 mdi altezza ( ad uno sguardo superficiale si direbbeanche qualcosina in meno, ma siamo pur semprenella NBA ) per 80 kg di stazza, muove i suoi primipassi cestistici vicino casa, ossia presso la LanierHigh School, Mississipi. Il fisico e la taglia sono quel-lo che sono, eppure il giovane non tarda a richiamarele attenzioni su di sé grazie a prestazioni sovrumaneche lo portano, nei primi 4 anni di militanza al liceo,a medie individuali che recitano 25,9 punti a partitacon 4,9 assists, 5,2 rimbalzi e 3,1 rubate a partita,fino alla definitiva esplosione nell’ annata da senior,

Domanda da 1 milione di dollari se ce n’è una: chi èattualmente il giocatore più sottovalutato della lega?La regular season fin qui vista non lascia scampo adubbi: l’ ardua scelta non può non ricadere su unotra Monta Ellis dei Golden State Warriors e GeraldWallace degli Charlotte Bobcats, due giocatori chehanno sbarcato il lunario “against all odds” , controlo scetticismo di tutti, addetti ai lavori inclusi, rei diaverli fatti scivolare, nei rispettivi draft, al secondogiro.Sciolto questo dubbio ben poco amletico, diventainteressante dare uno sguardo più ravvicinato alla

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Fonte foto: http://bopcitypacific.com

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nella quale mette a referto ben 38,4 punti, 6,8 assists,7,9 rimbalzi e 4,5 rubate a partita: il tutto condito daprestazioni epiche quali i 42 punti segnati contro laOak Hill Academy del futuro Hawk Josh Smith (che rappresentano tra l’altro il record di punti segna-ti contro Oak Hill), o ancora i 42 punti segnati in fac-cia all’ attuale Sixer Louis Williams, all’epoca leaderdella South Gwinett High School: in entrambi i casila disputa è avvenuta nella cornice surreale delMississipi Coliseum, teatro spaziale di colui che inquegli anni rappresentava l’emblema dello Stato incui giocava, e del quale fu eletto “ Mr. Basketball”.Come se non bastassero i consensi ricevuti in casa,ecco l’elezione di “player of the year” di tutti gli high-schooler degli USA, in ex aequo con Greg Oden, unodefinito all’epoca “the Next Big Thing”; sfruttando lapopolarità sempre crescente, Monta, dopo aver flirta-to con Mississipi State University, decide di compiere

il grande salto tra i pro, bypassando l’esperienza uni-versitaria e dichiarandosi subito eleggibile per ildraft 2005, nel quale viene scelto con il quarantesimopick dai Warriors: assurdo pensare che il migliorprospetto liceale possa essere caduto cosi in bassoquella notte di inizio estate al Madison SquareGarden, ma l’NBA cercava di guardare oltre il talentopuro del ragazzo, e notava giustamente la sua altezzainadeguata per un ruolo di guardia e la sua tagliaslim al cospetto dei macisti medi che di normaavrebbe affrontato tra i pro; risultato dello scoutingreport: secondo giro.La “vendetta” del giovane Ellis non tarda, tuttavia, adarrivare: dopo aver disputato un’ ottima summer lea-gue e un buon primo anno da rookie ( quasi 7 punticon 2,1 rimbalzi e 1,6 assist), il nativo di Jackson

Fonte foto: http://i.cdn.turner.com

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mostra progressi imbarazzanti al secondo anno,durante il quale verrà eletto come Most ImprovedPlayer of the year ( prevarrà solo di 3 voti contro l’at-tuale King Kevin Martin) e nel quale darà spettacoloin occasione del Rookie Challenge, conducendo lasquadra dei sophomore con 28 spettacolarissimipunti. La strada sembra in discesa libera, e a tuttoquesto si somma il fatto che i Golden State Warriorsemergono come una delle sorprese della lega, inter-preti degni del “run&gun” Nelsoniano; condotti daarcieri del calibro di Baron Davis, Stephen Jackson,Mickael Pietrus e Al Harrington e il nostro ME , iWarriors riescono a centrare la qualificazione aiplayoff con l’ultima piazza disponibile, l’ottava, il chevoleva dire affrontare al primo turno i DallasMavericks, inarrestabili in RS, di Dirk Nowitzki,MVP uscente: in molti si chiedevano in quante parti-te avrebbe vinto Dallas, ma la realtà fu ben differen-te: il gioco veloce e apparentemente privo di logica efilo conduttore di Nelson sbaragliò i piani di AveryJohnson, e in 6 partite la testa di serie numero 1 del-l’intera NBA fu letteralmente distrutta dall’armata dicecchini di Oakland.Ellis era parte integrante di quel progetto, sicura-mente non il leader ( ruolo diviso tra il Barone e SJ),ma comunque forniva in misura apprezzabile il pro-prio contributo, pur essendo appena ventunenne,dalla panchina. A partire da quel giorno nulla fu piùlo stesso per la franchigia californiana: arrivata l’eli-minazione al secondo turno per mano degli UtahJazz, Golden State va in contro ad un’impressionanteinvoluzione che ha portato alla cessione progressivadi tutti i principali artefici della disfatta dei Mavsfino alla recente rinuncia a Jackson, spedito senzarancori in quel di Charlotte all’inizio di questa sta-gione. È in questo momento di appannamento generale cheEllis mostra le sue doti di leadership e la sua definiti-va maturazione, esplodendo letteralmente dal puntodi vista realizzativo e mostrando una varietà di solu-

zioni offensive fino a quel momento poco immagina-bili: la stagione in corso parla chiaro, 26,1 punti con5,3 assists e 4,2 rimblzi conditi da 2,2 steals a gara(secondo nella lega dopo Rajon Rondo): l’abilità nelbattere il proprio uomo dal palleggio, l’incredibilegamma di movimenti da playground , vedi spinmoves, crossovers e una miriade di varietà di movi-menti in allontanamento o avvicinamento al ferroper concludere l’azione rappresentano gli emblemi diun arsenale offensivo ricco e variegato, che ha porta-to il prodotto del Mississipi a riscuotere consensinella lega da ogni latitudine tracciata nella mappache conta: per descriverne le gesta si sono scomodatiad esempio il coach dei Boston Celtics, Doc Rivers ,che non ha tardato a definirlo come la cosa più simi-le all’Allen Iverson dominante di inizio millennio(col quale ha in comune anche la rimarchevole abi-lità di stealer), e Shaquille O’Neal, che lo ha bollatocome la sesta miglior guardia della lega attualmente.Conscio dell’accresciuta popolarità e delle aumentateaspettative sul proprio conto il numero 8 deiWarriors non sembra certo volersi tirare indietro e dicontro le sue dichiarazioni lasciano adito a pochidubbi su quale sarà il suo ruolo nell’NBA e neiWarriors in questi anni a venire: «Il mio ruolo attualeè chiaro: sono il capitano e il leader di questa squa-dra, devo fungere da esempio per i miei compagni.Nella mia vita ho avuto ciò che volevo, sono pagatoper giocare e farlo mi diverte tantissimo. So che lasquadra sta attraversando una fase di transizione:giorni fa riguardavo dei video delle nostre esibizioniai playoff (2007 ) e ancora non mi rendo capace dicome sia stato possibile smantellare un gruppo cosivalido nel giro di cosi poco tempo: sembra che ieriero in campo a giocarmi la qualificazione con i Mavs, mentre oggi navighiamo nelle acque basse dellaWestern Conference, ma è proprio il ricordo di quellabellissima esperienza che mi spinge a lottare e alle-narmi ogni giorno per poter ritornare a quegli stan-dard competitivi».

I NUMERI STAGIONALI DI MONTA ELLIS

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ROOKIE TIME

La notte del Draft, appena chiamatodai Minnesota Timberwolves il play-maker dei desideri Rubio con la quin-ta scelta, chi si sarebbe aspettato divedere immediatamente dopo la stessafranchigia scegliere Jonny Flynn? Lachiamata consecutiva di due play daparte dei Wolves si è però dimostratanon solo una prudente scelta percoprire lo spot di Pg, visti i chiari diluna che già balenavano nella testolinairsuta di Ricard Rubio assai pocoattratta dalla prospettiva di un invernoa Minneapolis, ma anche un investi-mento piuttosto azzeccato. Jonny William Flynn, che ha disputatol'ultima stagione di college conSyracuse, ha dimostrato di saper reg-gere con disinvoltura il palcoscenicodella Nba. Ha ricevuto subito fiduciadallo staff dei Wolves sin dai primiconvincenti esordi in Summer League,poi, con l'inizio della regular seasonFlynn (nato il 6 febbraio 1989, alto183 centimetri per 84 chili; viaggiadopo 41 matches a 29 minuti, 13.9punti, 4 assist a partita, 1.3 steal e 2.8turnover) è sempre stato inserito dacoach Kurt Rambis nello starting fivedi Minnesota. Quello che ha più impressionato diFlynn, al di là del bagaglio tecnico edella sua rapidità, è la personalità.Impressionante il debutto contro iNew Jersey Nets, quando nell'ultimoquarto ha trascinato i suoi al successomettendo a segno 13 punti pesantissi-mi negli ultimi dodici minuti di gioco.E poi la spettacolare gara di dicembrecontro Utah, vinta dai Wolves per 110-108. Sul 108 pari Flynn è chiamato agestire l'ultimo pallone con 10 secondida spendere sul cronometro. Sceglie diandare a giocarsela in isolamento con-tro Deron Williams - non esattamentel'ultimo arrivato nella Lega- e arrivapuntuale, dopo una partenza brucian-te, nel traffico, il canestro decisivocondito da un career-high da 28 punti.Insomma, sembra che la scelta diRubio di restare a giocare in Spagnaal Barcelona non abbia lasciato tropposcontenta la dirigenza di Minneapolis,che ha trovato in Flynn un play affida-bile e di grande prospettiva, nonostan-te che i risultati della franchigia sten-tino ancora a risollevarsi.

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Fonte foto: http://www.madnessletters.com

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SOPHOMORE28 giugno 2007. Una data speciale perl’ex stella della Joventud Badalona.Dopo una breve ma inebriante carrieraeuropea accompagnata dai successi conla Nazionale Spagnola ai mondiali e alleOlimpiadi, Rodolfo (o più comunemen-te “Rudy”) Fernandez è pronto per ilgrande salto. Semplicemente TheLeague, l’NBA.I Suns lo scelgono alla 24, poi lo giranoimmediatamente a Portland.I Blazers pensavano di aver avuto giàuna discreta fortuna a quel draft. Con laprima scelta era arrivato Greg Oden ,ovvero il massimo che si poteva ottenereda quell’annata di rookies (c’era semprel’opzione Durant). Fernandez era indub-biamente una buona presa, ma le spe-ranze della franchigia dell’Oregon eranotutte riposte sul big man di Ohio State.Coach Mc Millan nel frattempo si preoc-cupava di ricostruire internamente unasquadra che negli anni passati avevaaccumulato solo sconfitte e umiliazioni.Roy e Aldridge sono le due “stelline”,entrambi con alle spalle una sola annatanella lega . Tanto talento, ma ancoramolta inesperienza. Rudy si inserisceperfettamente nel gruppo, lavora sodo econtribuisce con un enorme energia chericorda molto il primo Ginobili a SanAntonio.Senza troppa pubblicità Portland sem-bra aver trovato la giusta chimica e siappresta ad affrontare la nuova stagionecon un atmosfera completamente diffe-rente rispetto al passato. Purtroppo arri-va subito la prima delusione: Oden siinfortuna al ginocchio nella gara d’esor-dio contro i Lakers. Stagione finita perlui, ma non per i Blazers. Anziché depri-mersi per la perdita dell’ipotetico uomofranchigia, Roy e compagni trovanonuova linfa e diventano la sorpresa deiprimi mesi di stagione regolare. Il primoa trarne vantaggio è proprio lo spagnoloche è riuscito ritagliarsi un discretospazio venendo dalla panchina. La suaenergia è contagiosa per i compagni eper il pubblico del Rose Garden. Unocontro uno che si lascia guardare, tiroda fuori in uscita dai blocchi e tantegiocate sopra il ferro. Un mix interes-sante per una guardia di 198 centimetri.Esplosivo come pochi, anche a livellonba. Memorabile la sua schiacciata nellafinale olimpica contro gli stessi StatiUniti; un azione folgorante che hamesso in ridicolo persino un lungo stop-patore come Dwight Howard. In cam-pionato lascia tutti a bocca aperta a tal

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LLORENZOORENZO VVERNIERNI

Fonte foto: http://ladiesdotdotdot.files.wordpress.com

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punto che verrà inserito nello Slam Dunk contest dell’All StarGame. Tra novembre e dicembre mette la firma su diversisuccessi dei Blazers. Coach Mc Millan e il suo staff sono sem-pre più entusiasti e quei paragoni con Manu Ginobili adessosembrano sempre più azzeccati. Non un difensore puro, masenza dubbio un ottimo recuperatore di palloni (attualmentedetiene il record di squadra di “steals per game”), caratteri-stica, anche questa, molto simile all’argentino. Giunti al ter-mine della stagione, le medie del numero 5 sono più che sod-disfacenti: in 78 gare delle 82 totali 10.4 punti in 25 minuti,sempre uscendo dalla panchina. A dir poco sulla cresta del-l’onda, Rudy e compagni chiudono la prima parte di stagionesplendidamente e a Portland si sogna già un ritorno aiplayoff. Purtroppo la western conference non è mai stata unapasseggiata. Una decina di squadre lottano per le prime ottoposizioni. I Lakers sembrano di un livello superiore, ma da liin poi è guerra aperta. Tutti roster estremamente competitivi,ricchi di giocatori esperti in grado di fare la differenza neimomenti caldi della stagione. Ciò nonostante i Blazers laspuntano con un quarto posto finale. un risultato che nessunosi sarebbe aspettato neanche con la presenza di Oden. Iplayoff finiranno subito con l’eliminazione al primo turnocontro Houston, squadra decisamente più equipaggiata alclima da post season. Ma ciò che conta per Fernandez e iBlazers è che il primo grande passo è stato fatto. Adesso lospagnolo è un giocatore NBA di buon livello e la sua squadraè cresciuta di pari passo. Sembra andare tutto a gonfie vele.

Troppo in alto troppo in fretta? Può essere. Spesso si dice checiò che la fortuna ti da, prima o poi ti toglie.Potrebbe essere il caso di Rudy. Il suo secondo anno Nba nonè certo iniziato nel migliore dei modi. Un infortunio lo hasubito bloccato ad inizio stagione; poi un lieve recupero e ilrientro in squadra con il minutaggio in netto calo e un ruolodecisamente più a margine rispetto al passato. I guai fisiciperò non sembrano ancora superati, anzi, bisogna tornaresotto i ferri per sistemare la schiena sempre più malconcia.Data di rientro da stabilire, ma sicuramente non prima di finegennaio. Non sarà facile rientrare in una rotazione che, nellaposizione di guardia/play può contare su Roy, Andre Miller(nuovo arrivato dal mercato estivo) ,Steve Blake e la sorpresaBayless. Tutti giocatori di talento (Roy sopra a tutti) cherichiedono un discreto minutaggio e un elevato coinvolgi-mento in attacco. Proprio Bayless, in teoria l’ultimo di questalista, è letteralmente esploso in questi primi mesi di stagione,sostituendo il ruolo di sesto uomo che era di Rudy nella pas-sata stagione. Mc Millan avrà il suo da fare quando rientreràanche il nativo di Palma de Mallorca. Fin ora si è dimostratoabilissimo a trovare nuove risorse sopperendo all’assenze deisuoi giocatori chiave, ma non è detto che, una volta rientratitutti dai vari acciacchi, riesca a ricreare la giusta chimica disquadra senza sacrificare eccessivamente nessuno.Siamo sicuri che il talento di Rudy non verrà dimenticato omesso in disparte. Col tempo e con pazienza potrà tornare agarantire minuti di qualità e quantità.

Fonte foto: http://blog.oregonlive.com

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L’NBA è molto più delle 3 paroline che ogni lettera rappresenta.Riguarda il basket a stelle e strisce principalmente, ovvio, ma nonsolo; l’obiettivo di Stern e di tutta la Lega è quello di ampliare le pro-prie diramazioni in tutto il mondo, in tutte le leghe; per migliorarleed essere migliorati da esse, per trasmettere cultura e mentalitànuove, diverse, alternative. Con questo concetto, con questa base dipartenza, negli anni sono stati creati parecchi eventi di rilievo inter-nazionale. I primi che vengono in mente possono essere, ad esempio,l’NBA Europe Live Tour, ovvero l’organizzazione di match amichevo-li tra squadre NBA e squadre europee; l’NBA China Tour, che ha por-tato franchigie a giocare nel continente Asiatico match di pre-season,in settembre; andando più sul “tecnico”, il servizio di InternationalLeague Pass, che permette a tutti gli appassionati d’Europa e nonsolo, di seguire le partite di tutte le 30 squadre della Lega in strea-ming, sul proprio computer, spendendo una cifra annuale poco ele-vata, tramite carta di credito. L’ultima di queste idee, è stata sicura-mente quella di voler aumentare la propria espansione territoriale inaltri Paesi, in particolare in India.«Cosa può c’entrare un Paese come questo con il ricco mondoNBA?», vi chiederete voi. Beh, la risposta risulta meno immediatadella domanda. E’ chiaro che la povertà non dà grosse possibilità aivari appassionati del posto di continuare a coltivare il proprio talen-to, visto che a 10-12 anni, in quei luoghi, il problema è come metteresu un pranzo e una cena, non come imparare a tirare i liberi o a farecorrettamente il terzo tempo. Ci sono altre necessità, altri pensieri,altro tipo di cultura. Nonostante ciò, però, va detto che gli Indianisono molto, molto appassionati di basket e vedono in questo sport,oltre che nelle stelle USA un modello da seguire ed inseguire, percontinuare a sognare. A prova di ciò, potrei ricordare la numerosaquantità di Cinesi, Indiani, ma anche Filippini che si possono vederenei principali campetti da Playground di città come Milano, per fareun esempio nella terra nostrana, con le canotte NBA addosso. Sterndunque, assieme alle sue centinaia di collaboratori, essendo sempreattento all’evoluzione dei vari mercati esteri, ha notato come questosport, in India sia in costante crescita e ha visto come la passione stiacoinvolgendo sempre più persone. L’idea di espandere i propri “ten-tacoli” anche in India, fu maturata già qualche anno fa; non a caso,Kevin Garnett, nell’estate del 2006 fu “inviato” dall’NBA, supportatadal marchio Adidas, nelle principali zone dell’India per fare un tourgenerale, per insegnare i fondamenti del gioco ai piccoli che si affac-ciavano alla realtà cestistica e per fare anche un po’ di “Cares”, carità,tanto ipocrita, quanto amata dalla Lega e da Stern stesso. Il progettofunzionò benone; l’entusiasmo delle persone, dei ragazzi, dei bambi-ni Indiani avvolse in un caloroso abbraccio Garnett e tutti gli orga-nizzatori dell’evento. Vista la buona riuscita del tour 2006, fu orga-nizzata un’altra “spedizione”, i cui protagonisti, stavolta, furonoRonny Turiaf, Dominique Wilkins, Sam Perkins, Pat Garrity e LintonJohnson. L’obiettivo? Quello di promuovere il basket visto non solo comesport, ma anche come mezzo di unione e solidarietà tra giovani emotivo di crescita; il tutto all’interno della gestione di un Camp, alle-stito nelle vicinanze di Nuova Dehli. Ed oggi, eccoci qui. Il progettoattuale di Stern è quello di disputare partite anche lì, in estate, cosìcom’è già stato fatto in Cina e in Europa; sarebbe il modo ideale perdare ancora più forza al potere dell’NBA da “esportazione”, oltre cheun modo per rendere comunque felici tante persone e innumerevoliappassionati. Direttamente collegato a questa volontà di compiere un “NBA IndiaLive Tour”, c’è sicuramente il lavoro che si sta compiendo dal puntodi vista multimediale, in modo da rendere maggiormente visibilel’NBA, anche a distanza. Stiamo parlando della creazione del sitowww.nba.com/India, una versione meno ampliata del sito ufficiale

della Lega; cliccando su questo sito, le persone che ci andrannoavranno la possibilità di trovare highlights e approfondimenti on-line, oltre che le regole-base dell’NBA e della Pallacanestro in genere.Da evidenziare un’interessante rubrica; Basketball 101. Si tratta dellaspiegazione di 101 “punti” della Lega a stelle e strisce, per quantoconcerne particolari modi dire e particolari aspetti del regolamento,ad esempio. A tutto questo, poi, possiamo aggiungere i blog tenuti dagiocatori come Steve Nash, leggibili a tutti coloro che navigherannosul sito, oltre che l’aggiornamento live, dell’andamento di tutte le par-tite della notte. Infine, cosa forse più importante, il collegamento allink del sito ufficiale del basket Indiano; cliccandoci, i giovani hannola possibilità di affacciarsi con più facilità alla propria realtà cestisti-ca, scoprendo il modo in cui è organizzato il proprio Paese e, in par-ticolare, la zona più vicina a quella della propria ubicazione.Insomma, si tratta di uno grandioso modo di acculturare cestistica-mente un Paese attualmente povero e per avvicinare al basket tantepersone curiose. Il sito dovrà essere un mezzo nuovo ed innovativoper poter permettere l’ampliamento delle conoscenze di chi è giàappassionato, ma che ancora non ha trovato uno spazio dove espri-mere la propria passione; e, allo stesso tempo, ovviamente, uno stru-mento adatto per attirare coloro i quali non sono, attualmente, inte-ressati. Dopo l’Europa, attratta dall’universo NBA già da qualchedecennio e la Cina, Stern sta cercando di coinvolgere anche Paesicome l’India che, attraverso questo tipo di iniziative possono contri-buire alla crescita collettiva e globale della NBA e, più in generale, diuno sport che ha solamente bisogno di spunti e di costanti novità perritagliarsi sempre più spazio.

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L’EVENTO

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Ricordate Chris Dudley? Ex giocatore NBA, NewYork Knicks e Portlad Trail Blazers, le sue principa-li squadre, ha deciso di scendere in campo. Non,questa volta i parquet della NBA non c’entrano. L’exStandford University è interessato alla carriera poli-

tica. Ha deciso, infatti, di partecipare alla ‘corsa’ incasa Repubblicani alla candidatura per la carica diGovernatore dell’Oregon. I suoi seguaci si augura-no, di certo, che le sue abilità di statista siano mag-giori rispetto a quelle di tiratore di liberi. Insomma,Bill Bradley, storico giocatore dei Knicks e, poi bril-lante politico, ha tracciato la strada. Obama ha un passato in canotta, en noto a tutti.Dudley ci prova. Yes Chris Can.

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LA RUBRICA

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La storia per una sceneggiatura di un film c’è già ed è piut-tosto corposa. Non sappiamo, però, quanto adatto sarebbeal ruolo di Shaq il grande Daniel Day Lewis.L’intreccio tra sport e sesso, in questo momento negliStates, è vivo più che mai.Ad occupare i titoli dei giornali è il grande golfista TigerWoods, addirittura ricoverato in una clinica del sesso perrisolvere i suoi problemi divenuti di pubblico dominio.Meno gravi, ma sostanzialmente legati alla stesa tematica,sono quelli del ‘Diesel’ più famoso d’America.O’Neal è stato accusato, passateci il termine poco adatto, dipaternità.La signorina in questione è tale Vanessa Lopez che, assistitadal suo legale, ha raccontato la sua vicenda personale legataa quella del quattro volte campione NBA.Mrs. Lopez ha riferito di aver conosciuto Shaq nel lontano2005, all’esterno di un club. Lui le avrebbe offerto da bere,

le avrebbe dichiarato di vivere un ‘matrimonio libero’ e, dacosa nasce cosa. Che nasca anche un bambino? Così pare,in effetti.“Nel settembre 2009 la signorina Lopez si rese conto dellaprobabile gravidanza. L’avrebbe comunicato al signorO’Neal, il quale, nonostante sapesse di aver avuto con ladonna vari rapporti sessuali non protetti nei mesi preceden-ti e che lei non avesse altri partner in quel periodo, affermòche il bambino non poteva essere suo”. Queste le parole del-l’avvocato della Lopez. La signorina ha infine aggiunto diaver paura di O’Neal sin dal giorno in cui gli annunciò lagravidanza: “Da allora, la mia vita è cambiata per quello cheho dovuto sopportare. Voglio solo che questa storia finisca esentirmi di nuovo sicura”.Solo il tempo ci potrà dire se sia vera la storia della signoraLopez. Nel frattempo, ce ne faremo una ragione e ci godre-mo gli ultimi ‘colpi’, in campo sia chiaro, di un grande cam-pione che ha scritto pagine importanti della storia delbasket.

LA RUBRICA

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Oregon al centro di questo numero della nostrarubrica. Parafrasando il celebre film “la guerra deiRoses”, vi raccontiamo dell’alterco di cui si sonoresi protagonisti i l coach dei Blazers, NateMcMillan e il suo play, Andre Miller.Tutto ha inizio a Memphis. A 4 secondi e 3 decimidalla fine del match contro i Grizzlies e sotto didue, il coach ordina a Bayless di sbagliare il secon-

do libero. Di parere opposto Miller. Risultato?Partita persa e mezz’ora di ordinaria follia da partedei due nel violento faccia a faccia con insultivolanti nell’allenamento successivo. A chiosare iltutto il GM Kevin Pritchard: “Sono favorevole aldialogo aperto e onesto, penso sia sempre la cosamigliore, è salutare. In ogni squadra i giocatori pos-sono dire quello che pensano, è normale. La que-stione è se questo può migliorarci. Spero di sì”.Mettete dei fiori nei vostri cannoni.

LA RUBRICA

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Il mondo, si sa, è pieno di luoghi comuni e detti; uno di quelli più ricorrentisarebbe “la fortuna è bendata, ma la sfortuna ci vede benissimo”; sembra unafrase detta cosi tanto per dire, ma andando a osservare le peripezie trascorse daMichael Redd negli ultimi anni troviamo un triste e veritiero riscontro nellarealtà.La guardia dei Milwaukee Bucks, già nelle scorse stagioni vittima di infortunigravi che ne hanno fortemente limitato il rendimento (non dimentichiamo cheRedd è pur sempre no dei membri di team USA versione Redemption), nel corsodi un match perso dai suoi Bucks contro i Lakers domenica 10 gennaio,in entra-ta contro Bryant e Bynum, nel tentativo di eseguire una finta su un tiro, hariportato un ennesimo brutto infortunio che ha anticipato di gran lunga rispettoal previsto la sua offseason, visto che dovrà rimanere ai box fino alla stagioneprossima. Stessa sorte occorsa tra l’altro ad altri 2 nomi molto attesi in questastagione,prima Greg Oden e più recentemente la prima scelta assoluta del draftBlake Griffin.

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SShhaawwnnee WWiilllliiaammss aannccoorraa nneeii gguuaaiiShawne Williams, ala scelta con il 17o pick al draft 2006 dagliIndiana Pacers , deve aver preso male il taglio di cui è stato“vittima” nei giorni scorsi da parte dei New Jersey Nets subitodopo essere stato scambiato assieme a Kris Humphries ( incambio di Eduardo Najera) alla franchigia che sarà , in tempibrevi,di Prokhorov.Ricevuta l’informazione, il giovane rimasto ai margini deiDallas Mavericks nell’ultima stagione, ha cercato di consolar-si in modo “alternativo” , facendosi beccare da agenti di poli-zia in possesso di sostanze stupefacenti (sciroppi a base dicodeina) destinate a spaccio, vendita, e produzione: chiaro eovvio che verranno presi i provvedimenti necessari.Ricordiamo tra l’altro le recidive di Williams, che già negliscorsi anni ai Pacers aveva avuto problemi di vario tipo, par-tendo da ripetute assenze ingiustificate a partite e allenamen-ti, fino ad arrivare ad accuse di concorso per omicidio.

NBA NEWS

Fonte foto: http://www.nakednews.it

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EEccccoo llaa rriivvoolluuzziioonnee ddeeii WWiizzaarrddssDovevano essere la sorpresa della stagione, dovevano rina-scere dal torpore delle ultime 2 digraziate annate, costellateda infortuni in sequenza impressionanti; ma non è andatacosi.Le ambizioni della squadra capitolina hanno subito una bru-sca virata da quando è scoppiato il caso Arenas; non che irisultati stessero dando ragione alla causa Wizards, ma ilgrottesco caso incorso ad Agent Zero sta inducendo il mana-gement dei “Maghi” a rivisitare i progetti sulla rinascita delteam; la situazione attualmente, e in prospettiva, a rischiodel numero 0 dei Wizards, che probabilmente si concluderàcon lo scioglimento del contratto dello stesso ( i Knicks giàhanno bussato a casa di Gilbertone, tra l’altro, in attesa disviluppi), con la benedizione di David Stern, può portare aduna serie di movimenti di mercato a catena, finalizzati aliberare il cap capitolino e quindi a rinunciare a nomi dispicco del roster di Washington partendo da AntawnJamison (da tempo sul taccuino dei Cleveland Cavs), fino adarrivare a Caron Butler, da molti accostato alla causa deiDallas Mavericks, per ripartire da zero con un nuovo proget-to e nuovi uomini.

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Stars ‘N’ Stripesideato da: Domenico Pezzella

scritto da:

Alessandro delli Paoli

Leandra Ricciardi

Nicola Argenziano

Nicolò Fiumi

Domenico Landolfo

Stefano Panza

Vincenzo Di Guida

Guglielmo Bifulco

Stefano Calovecchia

Davide Mamone

info, contatti e collaborazioni:

[email protected]

Sembra veramente arrivata agli sgoccioli l’esperienza Canadese nella NBA di Chris Bosh,notoriamente uno dei free agent più ambiti della prossima estate; consci del fatto che l’alasicuramente non rifirmerà per i Raptors, Gherardini e Colangelo, sembrano essere inten-zionati a disfarsi quanto più rapidamente possibile del numero 1 nelle doppie doppie sta-gionali, al fine di non perderlo per nulla in cambio il prossimo luglio; ecco dunque che siaprono tutti gli spiragli possibili per CB4; le destinazioni più probabili attualmente sem-brano gli Houston Rockets, che potrebbero recapitare Scola e Landry in Canada, i DallasMavericks (che hanno, tuttavia, ben poco da offrire), e gli Oklahoma City Thunder, chemetterebbero sul piatto Jeff Green e altri giocatori pur di assicurarsi le prestazioni di Boshe proiettarsi già da quest’anno nell’elite NBA. Poco attendibile invece il rumor che vorrebbe i Lakers disposti a cedere Bynum, Farmar eMorrison per l’attuale capitano di Toronto.

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NORTHWEST DIVISIONCENTRAL DIVISION

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La lente di ingrandimento di Starsdi Stars N Stripes sulla LegaA

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Cestista estroso, professionale e ragioniere, KennedyLawrence Winston, nasce in un piccolo centrodell'Alabama nel 1984, con la pallacanestro nelle vene eun sogno da realizzare. Uscito con più pareri negativiche positivi dalla Mattie T. Blount High School, finiscenel College di Alabama Crimson dove cresce e rimaneper ben 4 stagioni, dal 2002 al 2005. Non essendo tra ipapabili draftabili sui taccuini degli scout Nba, il giova-ne Kennedy decide di trasferirsi dall'altra parte dell'o-ceano, e decide fin da subito di cimentarsi con un cam-pionato ostico, come la lega Acb in Spagna. Al GranCanaria parte fortissimo, con ottime percentuali al tiro,ottima visione di gioco e grande duttilità in campo neglispot di guardia e ala piccola. Porta la sua squadra aiplayoff, poi però l'anno dopo riceve un'offerta irrinun-ciabile dal Panionios dove vi si trasferisce. Il suo giocotalento e le sue performances aumentano, e gli valgonola chiamata da parte del Panathinaikos, con cui inizia aanche a giocare in Eurolega. Qui però la sua carrierainizia una fase in salita. Le aspettative sul suo nomesono tante e molte volte il campo tradisce il giovane cec-

chino, che tra Ankara e Madrid cerca una continuità euna stabilità che ormai non gli appartengono piu'.Questa estate, invece, arriva la chiamata di Roma, chepunta su di lui ma non inserendolo in un contesto in cuidebba essere voce solista, ma creando attorno a lui ungruppo in cui Winston possa ambientarsi e crearsi glispazi. L'ambientamento fa paura. Fin dalla prima garasempre doppia cifra, sempre grande gioco, sempreeccellenti prestazioni. Delle dodici gare da lui disputatesolo in una circostanza non va in doppia cifra, contro laMens sana quando però il suo utilizzo in campo è statoridotto. Da lui arrivano punti, rimbalzi e assist e nonchèuna grande sostanza in quel lavoro oscuro che non spor-ca il foglio, un grande acquisto per la Lottomatica e peril campionato italiano. E chissà che finalmente la cittàromana non abbia trovato il suo punto fermo, in un gio-catore estroso, estroverso, e che sa il fatto tuo. Roma eil suo "politico", come dice il nome: la grande saggezza evisione di Kennedy, e la grande risolutezza e decisionedi Winston(Churchill); che voglia partire una rivoluzio-ne?

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LA RUBRICA

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LLAAVVRRIINNOOVVIICC – Estrapolare dalcontesto Siena un unico giocatoredecisivo, può apparire quasi unaffronto per gli altri, è però sotto gliocchi di tutti, l’apporto che stadando questo lungo lituano di 2.10.Soprattutto negli ultimi mesi, ètutt’altro che raro vederlo usciredalla panchina nel secondo quartoe spaccare in due la partita, che sitratti di campionato, piuttosto chedi Eurolega. In soli 21 minuti medidi utilizzo, riesce ad accumularecifre scintillanti: 15.6 punti con il63% da 3 e il 52% da 3, 4.4 rimbalzie 2 recuperi, per un totale in valuta-zione di 19.5. Completandosi ameraviglia sia con Eze che conStonerook, Lavrinovic rappresentasicuramente il miglior sesto uomodel campionato.

AARRAADDOORRII – Per il giovane talento bresciano, sembra essere arrivato l’an-no della definitiva consacrazione. Dopo le premature esperienze conMilano e Roma, a Biella ha trovato la giusta dimensione e dopo aver chiu-so in crescendo gli scorsi play off, quest’anno si sta decisamente imponen-do come miglior italiano del torneo. Il ‘gemello’ di Gallinari, affiancato inestate da un veterano come Soragna, si è guadagnato il posto in quintettoa suon di canestri. Sta viaggiando a 18 punti di media (3° in classifica),con il 47% da 3 (4°) e una valutazione pari a 21.1 (2°). Dotato di grandiqualità balistiche e della giusta dose di sfacciataggine, Aradori è sicura-mente destinata a palcoscenici superiori e magari tra qualche anno,

potrebbe anche affermarsi come specialista, al di là dell’oceano. EERREE – Nella Juvecaserta, che sta sorprendendo tutti con il suo gioco spu-meggiante e la capacità di trovare un protagonista diverso ad ogni partita,risulta essere alquanto difficoltoso trovare un singolo da segnalare a sca-pito degli altri. Sicuramente il meno conosciuto e in tal senso il più sor-prendente, è però Ebi Ere. Arrivato all’ombra della Reggia con la nomeadi grande bomber, questa guardia – ala di origini nigeriane si sta metten-do in mostra non solo in fase offensiva, ma anche nella propria metàcampo. Sta segnando 15.4 punti di media, con ottime percentuali (51% da3 e 40% da 2) ed inoltre, grazie alla sua possente struttura fisica, tira giù4.2 rimbalzi, occupandosi tra l’altro in fase difensiva, dell’attaccanteavversario più pericoloso. WWIILLLLIIAAMMSS – Dopo aver investito parecchio in estate, per ricomporre l’ac-coppiata vincente, Green – Williams, Pesaro si era subito vista privata(causa problemi di salute) del suo totem. Partita in maniera disastrosa (0-8), la Scavolini ha iniziato ad ingranare proprio con il rientro a pienoritmo, del suo pivot di 130 kg. Dominante come ai vecchi tempi, Williamsha finalmente dato una dimensione interna alla squadra, trascinandolaverso la risalita (4-1 nelle ultime 5). Grazie anche alla perfetta sintoniacon Green, il pivot ex Avellino sta fatturando per 16.2 punti con il 68% da2 (2°), 8.7 rimbalzi (3°) ed una valutazione pari a 21.7 (1°). MMAAZZZZAARRIINNOO – Giunto alla quinta stagione in brianza, il ‘cardinale’, restal’uomo simbolo della compagine canturina. Che parta in quintetto o dallapanchina è indifferente, Mazzarino resta uno dei giocatori più continui eaffidabili dell’intero campionato. In questo primo scorcio di campionato, ha addirittura raddoppiato lecifre della scorsa stagione, passando da 8 a 15.6 punti di media e da 1.5 a3 assist; l’unica dato in discesa, è quello della percentuale da 3 (39.5%).Nonostante i limiti di natura fisica e atletica, Mazzarino grazie a grinta etalento, è l’autentico baluardo di questa arrembante Cantù, sorprendente-mente 4° in classifica.

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HHAACCKKEETTTT – L’età è dalla sua, masicuramente l ’esterno biancoverde, sta tradendo le enormiaspettative riposte su di lui dallaBenetton in estate. Uscitodall’Università di SouthernCalifornia e ignorato al Draft, ilfiglio di Rudy è stato immediata-mente precettato da Treviso, cheintendeva farne il proprio playtitolare. Probabilmente ancoraacerbo, Hackett sta trovandograndi difficoltà nel tenere inmano la squadra e la retrocessio-ne a cambio di Kus (non esatta-mente un play), ne è la dimostra-zione. Le cifre parlano di 5.2punti e 2.2 assist, con uno sca-dente 25% dai 6.25. MMAACCIIUULLIISS – Arrivato in estate tra gli squilli di trombe,in compagnia del connazionale Petravicius, JonasMaciulis sta fin qui disputando una stagione molto aldi sotto delle aspettative. Penalizzato tra l’altro, dallascelta di Milano di acquistare tre elementi per lo stessoruolo, nelle ultime partite, il lituano sta vedendo il suominutaggio notevolmente ridotto, a favore del grintosoe operaio Viggiano. Rispetto all’ultima stagione inpatria, Maciulis ha dimezzato il proprio fatturato inpunti (7.9), perde 2.6 palle (a fronte di 1.7 recuperi) enonostante le buone percentuali al tiro, si dimostrauna sorta di pesce fuor d’acqua, all’interno delle geo-metrie di coach Bucchi. JJAAAABBEERR – Guardare le statistiche per giudicare la sta-gione fin qui disputata da questo giocatore, sarebbe unerrore gravissimo. Le cifre, più o meno in linea conquelle dello scorso anno, nascondono infatti la realtàdi un giocatore irriconoscibile, specie negli ultimitempi. È svogliato, gioca senza fiducia e spesso risultaanche alquanto irritante. Dopo le ottime stagioni passate, nelle quali avevadimostrato di saper essere decisivo sia con la palla inmano, sia nella fase difensiva, in questo scorcio dicampionato, ha totalmente smentito chi (Gentile), lovoleva come nuovo leader di questa Lottomatica. Dallasconfitta rocambolesca con il Maccabi, nella qualeJaaber ha fallito per due volte i tiri vittoria, il natura-lizzato bulgaro, manda puntualmente in campo la pro-prio controfigura. DD.. JJOONNEESS – Il suo breve passaggio in Italia, nonresterà sicuramente negli annali del basket (come delresto la vergognosa stagione della Martos Napoli). Stadi fatto, che dopo essersi presentato in sala stampa,come miglior tiratore da 3 del mondo, non ha maiinciso veramente, come era lecito aspettarsi. 8 stagioniin Nba, sono risultate essere totalmente vane, quandogli è stato chiesto di diventare leader offensivo ed emo-tivo, di questa squadra. Alla fine, nonostante le ogget-tive problematiche, le sue cifre, parlano di un ragazzoche tirando 12.5 volte per gara, non è andato oltre i13.3 punti di media e il 37% da 3 (e meno male che erail miglior triplista al mondo!!!). HHIITTEE – Nei piani della Sutor, Hite sarebbe dovutoessere il leader offensivo, di una squadra costruitainvece per vincere le partite a partire da una difesaforte. Intenzione rimasta solo teorica, visto che nelle 10 par-tite disputate, Hite non ha quasi mai inciso come ciaspettava ed ora, è addirittura finito ai margini dellasquadra, in attesa di altra sistemazione. Descrittocome un giocatore dotato di grande talento, la guardiamancina ha realtà mostrato preoccupanti alti e bassi,anche all’interno di ogni singola gara. Le cifre parlanodi 9.3 punti e il 49% da due, ma il misero 7.5 in valuta-zione, lascia intendere la mancanza di incisività inogni fase del gioco.

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