SPQeR N. 3

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ANDREA SCARPA DUE VOLTE CAMPIONE ITALIANO FABIANO CARUANA Numero 3 al mondo negli scacchi SERGIO LEVEQUE dà scacco matto e punta al titolo dei pesi massimi SETTE INTERVISTE ESCLUSIVE Omnia Rugby Bitonto Rugby Club Valpolicella Marco Musella e altre ancora ANNO I | N. 3 | RIVISTA SPORTIVA BIMESTRALE | EURO 5,90 ESTATE 2013

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Numero estate 2013. Rivista a colori di 80 pagine.

Transcript of SPQeR N. 3

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AndreA ScArpA due volte cAmpione itAliAno

fAbiAno cAruAnA Numero 3 al mondo negli scacchi

Sergio levequedà scacco matto e punta al titolo dei pesi massimi

Sette interviSte eScluSiveOmnia Rugby Bitonto Rugby Club Valpolicella Marco Musella e altre ancora

Anno i | n. 3 | riviStA SportivA bimeStrAle | euro 5,90

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3 Editoriale di Claudio Micalizio

4 Caruana n. 3 al mondo di Volfango Rizzi

6 Corso di scacchi per principianti Lezione II: il Movimento dei pezzi di Mario Leoncini

10 Il metodo Larsen contro il pedone isolato di Riccardo Del Dotto

12 Prestigiosi riconoscimenti per Fabio Finocchiaro di Pasquale Colucci

14 Torneo chiuso a Maranello. Commenta il M.F. Lettieri di Giuseppe Lettieri

16 Fortuna all’italiana e le tabelle Pagano di Sergio Pagano

20 Quando gli scacchi diventano una sfida di doppio di coppia di Luca Cerrato

24 Frattura internazionale nello scacchipugilato di Roberta Gatti e al.

27 Vignetta: Pestone di Lele Lutteri

28 Intervista esclusiva con Segio Leveque di Volfango Rizzi

32 Kings of the Ring. Sergio vola in semifinale di Volfango Rizzi e commenti di S. Leveque

38 Il pugilato a Scuola di Gianni Burli

40 Carnera la montagna che cammina di Gordon Linnell

44 Campionato Italiano di pugilato al campo di rugby: un grande Scarpa batte De Donato di Michela Carazzina e Volfango Rizzi

50 Quando il calcio fa spazio al rugby: l’ASD Omnia Bitonto di Volfango Rizzi

54 Rubrica: I Lions, lo squadrone più forte al mondo di Michele Benazzo

56 Il Rugby Club Valpolicella sugli allori di Volfango Rizzi

60 Italrugby, un giugno da dimenticare di Duccio Fumero

62 Spettacolarissimo Rugby a sette; presto alle Olimpiadi di Niall Grossi

64 A Roma c’é chi vuol fare l’ “australiano” di Marco Faraci

68 La volontà di combattere di Giangiuseppe Pili

72 L’arte del gioco di Luca Cerrato

76 Traumi alle articolazioni: come trattarli con l’aromaterapia di Beverley Higham

Ti piace quesTa rivisTa? cerchiamo nuovi collaboraTori. scrivi in redazione per essere dei nosTri. Ti aspeTTiamo!

SommArio

Periodico Bimestrale stampato su carta e in versione digitale

anno: I - N. 3 - Estate 2013

direttore responsabileClaudio Micalizio

direttore editorialeVolfango Rizzi

redazioneRoberta Gatti, Chiara Gobbini, Luca Cerrato, Guido Rizzi, Sergio Pagano, Giuseppe Lettieri

Progetto Creativo, Grafica & impaginazione: PaoloArmani.it

Hanno inoltre collaborato a questo numeroMichele Benazzo, Gianni Burli, Michela Carazzina, Pasquale Colucci, Duccio Fumero, Riccardo del Dotto, Niall Grossi, Beverley Higham, Marco Faraci, Gordon Linnell, Mario Leoncini, Sergio Leveque, Lele Lutteri,

Giangiuseppe Pili, Tim Woolgar e tutti i fotografi accreditati negli articoli

direzione e amministrazioneVia Piero della Francesca 1627055 Rivanazzano Terme (PV). Tel. 339.6440567

sito internet e versione elet-tronica: www.spqrnews.com

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editoreAssociazione Sportiva Dilettantistica Scacchi960 e Scacchi EterodossiVia Garibaldi 109bis,27058 Voghera (PV)

stampaFDA Eurostampa s.r.l. Via molino vecchio 185Borgosatollo (BS)

registrazioneTribunale di Voghera 1/2013

abbonamento italiaper sei numeri doppi all’anno€ 31,00 rivista su carta€ 29,00 formato elettronico€ 38,00 rivista su carta

+ elettronica

Foto in copertinaAndrea Scarpa ritratto da Luca Cerrato

rivista stampata su carta reciclata al 100%

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editoriAleIl momento è difficile: stiamo attraversando una delle crisi economiche e politiche più gravi della storia italiana e quindi sono perfettamente consapevole che si rischia davvero l’impopolarità a scrivere le righe che seguono. In ogni caso, lo farò e voglio illudermi che questa pagina possa arrivare, chissà come, sul tavolo di “chi conta”. Idealmente scrivo al Governo, ai politici per bene e dotati di intelligenza, lungimiranza e sensibilità, ma anche a quanti, nel nostro apparato statale, hanno il potere di decidere per che cosa spendere. Quando finalmente metterete mano a una seria revisione dei conti pubblici italiani, inserite tra i settori da tutelare anche lo sport. Sia chiaro, a scanso di equivoci: le priorità per le quali garantire subito risorse devono essere gli ammortizzatori sociali, la spesa sanitaria e sociale, l’istruzione, la ricerca, la cultura e le infrastrutture; ma poi, per favore, ricordatevi anche dello sport. O almeno non consideratelo un capitolo di spesa superfluo, di quelli che in un momento di austerity può sembrare semplice e magari pure giusto cancellare con un tratto di penna. Già immagino qualcuno di voi trasecolare davanti a quest’appello: ma come, non ci sono soldi per piangere e tu chiedi risorse da destinare allo sport? Sì, e penso che sia legittimo, in un paese serio e maturo, aspettarsi che ciò possa accadere. E preciso: per sport non intendo quello dei professionisti strapagati del pallone o delle altre discipline che vivono di cachet milionari, sponsorizzazioni da capogiro, circondati dal caravanserraglio che noi giornalisti sappiamo montare attorno ad ogni parvenza di notizia. No, io vorrei, invece, che l’Italia investisse nello sport cosiddetto ‘minore’: sia in quello altrettanto professionale, ma molto più riservato e umile, delle discipline che faticano a trovare spazio sulla stampa generalista, nonostante gli atleti che le praticano conquistino risultati lusinghieri; sia anche in quello delle realtà dilettantistiche, che vivono grazie alla dedizione e allo spirito di sacrificio di tanti appassionati e spesso svolgono una funzione sociale preziosissima al servizio dei giovani, svolti talora in zone così degradate, che un campetto da pallone o una palestra possono rappresentare un polmone d’ossigeno per continuare a lottare contro l’abbruttimento. Luoghi dove, poi, può pure capitare che nascano autentici campioni, capaci di dare lustro al paese… e sapete quante volte è già capitato. Ecco, voi “decisori” di questo paese tenetelo presente: aiutare lo sport minore, quello “sano” e fatto da gente “per bene”, non significa sprecare soldi per un fenomeno meramente ludico, ma investire sul futuro dei più giovani e di quanti, senza uno stimolo salutare, rischiano socialmente di “perdersi”. E’ così insensato auspicare che questa autentica rivoluzione culturale possa partire proprio ora che l’Italia deve tirare la cinghia, cercando di porre le basi per la sua rinascita non solo economica? Io credo di no. Pensateci.

Ps. Avrei dovuto usare questa pagina per presentare le tante novità di questo nuovo numero della nostra rivista. Ma sono talmente tante, e tutte così meritevoli di attenzione, che avrei fatto più di un torto a citarne solo alcune: sono sicuro che sarete d’accordo con me appena ne sfoglierete le pagine. E allora… buona lettura!

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scacchiVolfango Rizzi

ncora ventenne, Fabiano Caruana diven-ta Numero tre al mondo dopo le belle prove fatte dapprima alla tappa del Gran Prix di Tessalonica, dove è arriva-to secondo con punti 7,5 su 11, e poi al Memorial Tal, in cui s’è classificato terzo per spareggio tecnico e dove ha battuto sia il Campione del Mondo Viswanathan Anand sia il numero 1 Magnus Carlsen.

Fino a quel momento, la migliore po-sizione raggiunta dal nostro campione nella classifica mondiale era la quinta, da lui occupata in tre liste, dal novem-bre 2012 al gennaio 2013. Poi Fabiano era calato di rendimento, scendendo alla tredicesima posizione (febbraio 2013), e rientrando presto nei primi dieci (setti-mo in aprile) e ora balzando dalla nona posizione alla terza con le prestazioni ottenute nelle due ultime competizioni.

Va pure segnalato che Caruana occupa per il momento il secondo posto nella classifica del Gran Prix FIDE, competi-zione che qualifica i primi due giocatori al Torneo dei Candidati, del marzo 2014. Questo torneo, con otto giocatori in gara, offrirà al vincitore la possibilità di sfida-re, con la corona in palio, nel novembre 2014, l’allora Campione del Mondo in carica (il vincitore tra Carlsen e Anand).

ALista ELo dEL 1º LugLio 2013: i migLiori 15 giocatori. ParagonE con La Lista di giugno.

Pos. Pos. nome Fed. P. Elo e P. Elo Partite previa variazione previo

1 1 Carlsen, Magnus NOR 2862 -2 2864 92 2 Aronian, Levon ARM 2813 2813 03 9 caruana, Fabiano ita 2796 +22 2774 204 3 Kramnik, Vladimir RUS 2784 -19 2803 95 8 Grischuk, Alexander RUS 2780 +1 2779 116 7 Karjakin, Sergey RUS 2776 -6 2782 97 5 Nakamura, Hikaru USA 2775 -9 2784 208 4 Anand, Viswanathan IND 2775 -11 2786 99 12 Gelfand, Boris ISR 2773 +18 2755 910 6 Topalov, Veselin BUL 2767 -17 2784 1111 17 Kamsky, Gata USA 2763 +22 2741 1112 14 Mamedyarov, Shakhriyar AZE 2761 +8 2753 913 23 Dominguez Perez, Leinier CUB 2757 +30 2727 1114 16 Ponomariov, Ruslan UKR 2756 +13 2743 2215 15 Wang, Hao CHN 2752 +6 2746 4

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4ª taPPa gran Prix FidE 2012-2013 – tEssaLonica (21 maggio – 4 giugno)tabELLonE E cLassiFica FinaLE

Pos. nomE P. ELo FEd. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Punti i.d. n. vitt

1 Dominguez Perez Leinier 2723 CUB * 1 0 ½ ½ 1 ½ 1 1 ½ 1 1 8 0 62 caruana Fabiano 2774 ita 0 * 1 ½ ½ ½ ½ 1 ½ 1 1 1 7½ 1 53 Kamsky Gata 2741 USA 1 0 * ½ ½ 1 1 ½ 1 ½ 1 ½ 7½ 0 54 Ponomariov Ruslan 2742 UKR ½ ½ ½ * ½ 0 ½ ½ ½ 1 ½ 1 6 ½ 25 Grischuk Alexander 2779 RUS ½ ½ ½ ½ * ½ 1 ½ ½ ½ ½ ½ 6 ½ 16 Kasimdzhanov Rustam 2699 UZB 0 ½ 0 1 ½ * 1 ½ ½ ½ ½ ½ 5½ 0 27 Nakamura Hikaru 2775 USA ½ ½ 0 ½ 0 0 * 1 1 ½ ½ ½ 5 0 28 Topalov Veselin 2793 BUL 0 0 ½ ½ ½ ½ 0 * ½ 0 1 1 4½ ½ 2 Svidler Peter 2769 RUS 0 ½ 0 ½ ½ ½ 0 ½ * 1 0 1 4½ ½ 210 Bacrot Etienne 2725 FRA ½ 0 ½ 0 ½ ½ ½ 1 0 * ½ 0 4 ½ 111 Morozevich Alexander 2760 RUS 0 0 0 ½ ½ ½ ½ 0 1 ½ * ½ 4 ½ 112 Ivanchuk Vassily 2755 UKR 0 0 ½ 0 ½ ½ ½ 0 0 1 ½ * 3½ 0 1

taL mEmoriaL 2013 (13-23 giugno): tabELLonE E cLassiFica FinaLE

Pos. nomE P. ELo PErF. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Punti sb

1 Gelfand, B 2755 2900 ½ ½ ½ 1 1 ½ 1 ½ ½ 6 262 Carlsen, M 2864 2846 ½ ½ ½ 0 1 ½ ½ 1 1 5,5 22,753-5 Mamedyarov, S 2753 2819 ½ ½ ½ ½ 1 ½ ½ ½ ½ 5 22,25 Andreikin, D 2713 2823 ½ ½ ½ ½ ½ ½ ½ ½ 1 5 21,5 caruana, F 2774 2817 0 1 ½ ½ 0 ½ 1 1 ½ 5 216 Nakamura, H 2784 2777 0 0 0 ½ 1 1 0 1 1 4,5 187 Karjakin, S 2782 2738 ½ ½ ½ ½ ½ 0 ½ ½ ½ 4 18,258-9 Morozevich, A 2760 2701 0 ½ ½ ½ 0 1 ½ 0 ½ 3,5 15,75 Anand, V 2786 2698 ½ 0 ½ ½ 0 0 ½ 1 ½ 3,5 1510 Kramnik,V 2803 2654 ½ 0 ½ 0 ½ 0 ½ ½ ½ 3 13,5

FidE grand Prix 2012-2013: cLassiFica doPo 4 ProvE

nome Fed. Londra tashkent Zugo tessalonica Pechino (Parigi) totale 2012 2012 2013 2013 2013 2013 migliori 3

Topalov BUL 140 170 45 x 355caruana ita 80 100 125 x 305Mamedyarov AZE 140 80 20 x 240Morozevich RUS 140 75 25 x 240Ponomariov UKR 50 100 85 x 235Dominguez CUB 35 20 170 x 225Nakamura USA 15 140 60 x 215Wang Hao CHN 70 140 x x 210Kamsky USA 10 75 125 x 210Karjakin RUS 140 50 x x 190Kasimdzhanov UZB 35 80 20 70 185Leko HUN 80 50 50 x 180Grischuk RUS 90 85 x x 175Gelfand ISR 140 30 x x 170Svidler RUS 50 45 x 95Giri NED 15 50 x x 65Ivanchuk UKR 55 10 x x 65Adams (riserva) ENG 55 55Bacrot (riserva) FRA 25 25Radjabov AZE 20 x 20Wang Yue (riserva) CHN x 0

Prossimi aPPuntamenti:Rivedremo Fabiano Caruana in gara dapprima a Dortmund (26 luglio – 4 agosto), poi alla Coppa del mondo (10 agosto – 4 settembre) a Tromsø, Norvegia (anche questa é una competizione che qualifica i primi due al Torneo dei Candidati del prossimo anno), infine alla sesta e ultima tappa del Gran Prix FiDe (18 settembre – 2 ottobre).

Foto di georg Kradolfevignetta di Lele Lutteri

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corso di scacchi per principiantiMaestro Mario Leoncini

pezzi e il loro movimentoIn una partita di scacchi si affrontano due eserciti, che hanno lo scopo di cat-turare il Re avversario; pertanto la vit-toria non passa necessariamente dalla distruzione totale dell’esercito nemico: si può vincere anche rimanendo con for-ze minori in campo e la partita finisce non appena si conquista il re avversa-rio. In senso lato tutte le pedine della scacchiera si chiamano pezzi, mentre in termini più strettamente tecnici per pez-zi s’intendono le sole “figure” (Re, Don-na, Torre, Alfiere e Cavallo), escludendo i pedoni.

L’iniziale del pezzo è utile nella notazione scacchistica per indicare quale elemento muovere. Nelle pubblicazioni moderne di

solito le iniziali del pezzo sono sostituite dalla sua “figurina”. Questo permette una scrittura identica delle partite, indipen-dentemente dalla nazione in cui si gioca e dalla lingua in essa parlata.I pezzi chiari (d’ora in poi “Bianchi”) si collocano sulla prima e sulla seconda traversa, quelli scuri (d’ora in poi “Neri”) sulla settima e ottava. Nella seconda e settima traversa vanno posti i pedoni; nelle case d’angolo le Torri e accanto ad esse i Cavalli, affiancati dagli Alfieri. La Donna va posta sulla casa del suo stesso colore (Donna bianca sul bianco, Donna nera sul nero); a lato della Donna si col-loca il Re.

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Lezione ii

iL movimento dei Pezzi

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Per via della posizione del Re e della Donna, la scacchiera viene convenzio-nalmente divisa in lato di Donna (colon-ne a-d) e lato di Re (colonne e-h)

la torreLa Torre si muove lungo le colonne, in avanti e indietro, di quanti passi vuo-le. Ad esempio, la Torre collocata in d4 (diagr. 10) può muovere in una di que-ste case: a4, b4, c4, e4, f4, g4, h4, d1, d2, d3,d5, d6,d7, d8. Non può posizionarsi in una casella già occupata da un pezzo dello stesso colore, né saltare eventuali pezzi posti sul suo cammino. Se il pezzo è di opposto colore può (può non deve!) catturarlo, sostituendosi ad esso.

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Una Donna posta in e4, se non ostacola-ta, può scegliere dove muovere tra ben 27 case: a4, b4, c4, d4, f4, g4, h4, e1, e2, e3, e5, e6. e7, e8, b1, c2, d3, f5, g6, h7, a8, b7, c6, d5, f3, g2, h1.

il cavalloIl Cavallo è l’unico pezzo della scacchie-ra che può saltare altri pezzi. Comune-mente si dice che muove a “elle”, nel senso che il suo movimento (per es. da d4 in e2) forma idealmente una piccola elle. In altri termini, si sposta da una ca-sella di un colore in quella, non limitrofa, di colore diverso (da casa bianca a casa nera e da casa nera a casa bianca). Qual-cuno preferisce spiegare il movimento del Cavallo dicendo che si muove di un passo come la Torre e di un passo come l’Alfiere. Posto in d4 un Cavallo può spo-starsi in c2, b3, b5, c6, e6, f5, f3, e2.Il Cavallo può saltare altri pezzi e, come tale, è l’unica figura che può essere spo-stata alla prima mossa.

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Esercizi15

(11) La Torre in d4 può andare in b4, c4, e4, f4, e catturare la Donna nera in g4, mentre sulla colonna d può occupare le case d1, d2, d3, d5.

l’alfiereL’Alfiere si muove lungo le diagonali. All’inizio della partita ogni giocatore ha a disposizione due Alfieri: uno posto su casa chiara, l’altro su casa scura. In base al suo movimento, ogni Alfiere può giocare solo su metà scacchiera. L’Alfiere delle case scure, non potendo cambiare diagonale, potrà muovere solo sulle 32 case scure; quello posto su case chiare solo sulle 32 case chiare.

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L’Alfiere collocato in e4 può muovere, a piacimento, in una delle seguenti case: b1, c2, d3, f5, g6, h7, a8, b7, c6, d5, f3, g2, h1. Come la Torre, non può saltare pezzi posti nel proprio raggio d’azione o col-locarsi in una casa già occupata. Cattura, sostituendosi al pezzo avversario.

la donnaLa Donna è il pezzo più potente della scacchiera. Assomma in sé i movimenti della Torre (lungo le colonne e le tra-verse) e dell’Alfiere (lungo le diagonali).

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Domande:15. 1. Quante catture può effettuare il Bianco?15. 2. Quante catture può effettuare il Nero?16. Quante mosse occorrono al Cavallo per andare dalla casa a8 alla casa h1?

Risposte:15. 1. Sei. La Donna bianca può cattura-re la Torre e il Cavallo; la Torre bianca può catturare l’Alfiere e la Torre, mentre l’Alfiere bianco può catturare l’Alfiere e il Cavallo.15. 2. Quattro. L’Alfiere nero può cattura-re l’Alfiere; La Torre nera può catturare l’Alfiere e la Torre, mentre il Cavallo nero può catturare la Torre.16. Sei. c7, e6, f4, h3, f2, h1)

il reIl Re si muove dalla casa in cui si trova in una limitrofa (in verticale, in orizzontale, in diagonale, avanti e indietro di un solo passo). Il Re è l’unico pezzo del gioco che non può porsi sotto minaccia di cattura (in gergo: sotto scacco). Come gli altri pezzi cattura sostituendosi, nella casa di arrivo, al pezzo avversario.

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(Diagr. 19) Il Nero può difendersi dallo scacco d’Alfiere spostando il Re con 1.¢e6; 1.¢d6; 1.¢d7; 1.¢e8; 1.¢f8; 1.¢f7; interpo-nendo un proprio pezzo con 1.¥f6 o, infine, catturando l’Alfiere bianco: 1. ... ¦xh4.

lo scacco mattoSe il Re sotto scacco non può difender-si dall’attacco, si ha lo scacco matto e la partita ha termine. (20) Esempio di scac-co matto. L’Alfiere in g2 dà scacco al Re nero. Il Nero non ha modo per sottrarsi all’attacco. Lo scacco è imparabile, dun-que è matto. Il Bianco ha vinto.

la presa “en passant” (o “presa al varco”)Se un pedone, muovendo di due passi, si affianca a quello avversario, quest’ulti-mo può catturarlo come se si fosse mos-so di uno solo. La cattura deve essere esercitata subito o se ne perde il diritto.Come appare chiaro, questa mossa spe-ciale può svolgersi solo quando un pe-done bianco si trova in quinta traversa (e il pedone nero che lo affianca proviene dalla settima) o uno nero in quarta (e il pedone bianco che lo affianca proviene dalla seconda).

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il pedoneIl pedone muove di una casella alla vol-ta in verticale. Fa eccezione quando si trova nella sua casella iniziale da dove può muovere di uno o due passi a scel-ta. È l’unico pezzo che non può tornare indietro e che cattura in modo diverso da come si muove. Cattura, infatti, di un passo nelle caselle diagonali che gli stanno davanti.

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Nel diagramma il pedone bianco posto in e2 può compiere uno dei seguenti movimenti:- catturare il pedone in d3- muovere dalla casa e2 nella casa e3- muovere dalla casa e2 alla casa e4- catturare il pedone in f3

lo scaccoQuando il Re viene attaccato, si dice che è sotto scacco. Il giocatore sotto scacco ha l’obbligo di parare la minaccia. La di-fesa può avvenire:a) togliendosi dal raggio d’azione del

pezzo che dà scaccob) interponendo un proprio pezzo tra il

pezzo attaccante e il Rec) catturando il pezzo che attacca

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la promozioneQuando un pedone giunge nell’ultima traversa (ottava per il Bianco, prima per il Nero), viene promosso a pezzo (Donna, Torre, Cavallo o Alfiere).

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Se arroccherà con la ¦a1 (arrocco lungo), egli si porrà in c1 mentre la ¦a1 in d1. Se arroccherà con la ¦h1 (arrocco corto), il Re verrà posto in g1 e la ¦h1 in f1.

Non si può arroccare quando:s) il Re o la Torre sono stati mossi in

precedenzab) il Re si trova sotto scaccoc) la casa attraversata dal Re e quella

di arrivo del Re siano controllate da un pezzo avversario.

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Il Bianco può arroccare lungo perché il Re si fermerà in c1. Il Bianco non può arroc-care corto perché non può attraversare la casa f1, controllata dall’Alfiere nero.

E’ possibile giocare con più di una Don-na dello stesso colore (sulla scacchiera possono esserci un massimo teorico di nove Donne dello stesso colore), con tre o più Torri, Alfieri e Cavalli.

l’arroccoL’arrocco è una mossa speciale effettuata dal Re con una delle Torri dello stesso co-lore. Si esegue spostando il Re di due case verso la Torre e ponendo la Torre sulla casa che il Re ha appena attraversato.

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Nella posizione del diagramma il Re, oltre a potersi spostare nelle case d1, d2, e2, f2 e f1, può arroccare con la ¦a1 o con la ¦h1.

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ScacchiMaestro Riccardo Del Dotto

ensate ad un pedone isolato. Localiz-zatelo sulla scacchiera. Che casa avete scelto? Se avete messo un pedone bian-co sulla casa d4, o uno nero in d5, avete una certa dimestichezza con la materia. Saltateci pure a piè pari e passate all’ar-ticolo successivo. Avete messo un pedo-ne nero sulla casa b6? Beh forse allora farete bene a leggere queste righe. Ma chi è il pedone isolato? Un tipo che se ne sta al centro della classe durante un compito di matematica senza più alcun compagno di banco accanto. Un mezzo disperato, insomma? Non proprio così. Se siamo ad inizio della verifica, possiamo infatti trovare nei pezzi leggeri dei validi collaboratori, perché non dimentichia-molo, il nostro protagonista sta al centro della scacchiera in una bella casa strate-gica. A tal proposito possiamo ricordare

Il Metodo laRSen contRo Il Pedone ISolato

P

Aaron Nimzowitsch e Bent Larsen

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quella che denominiamo la regola di Gallagher (dal nome del Grande Maestro anglo-svizzero Joe Gallagher):

La regola di Gallagher: se sulla scacchie-ra sono presenti ancora i pezzi pesanti e tutti e quattro i pezzi leggeri di partenza, il pedone isolato tende ad essere elemen-to positivo, poiché garantisce a chi ne è in possesso vantaggio di spazio e libertà di manovra; se i pezzi leggeri sono tre a testa, la posizione è all’incirca equivalente; se i pezzi leggeri si riducono a due, o diminui-scono ancora, la bilancia inizia a pendere dalla parte di chi affronta il pedone isolato.

Sono tante le aperture che danno vita ad un pedone isolato: dall’Indiana Nimzowitsch all’Attacco Panov-Botvinnik della Caro-Kann, dalla Difesa Tarrasch alla Variante Alapin della Siciliana. Non giocate nessuna di queste aperture? Nemmeno io. Ma questo non significa che un giorno un pedone isolato non possa fare la comparsa sulla vostra scacchiera. Ed è meglio non trovarsi im-preparati con i tempi che corrono. Con l’evoluzione del gioco sono state affinate diverse tecniche per affrontare il pedone isolato. Noi qua ci limiteremo semplice-mente ad elencarle e a chiamarle per nome, un nome che abbiamo coniato per agevolare la memoria.

Metodo Rubinstein: uno dei problemi fondamentali del pedone isolato consi-ste nell’impossibilità di essere protetto dai propri compagni di banco, come già abbiamo ricordato. Di lui dovranno quin-di prendersi cura i pezzi leggeri o pesan-ti che siano. Se tendiamo a semplificare la posizione con il cambio dei pezzi, l’av-vicinamento al finale senz’altro favorirà l’avversario dell’isolano. Ed ecco come vinceva Akiba Rubinstein.

Regedzinski T. – Rubinstein a.Partita Ortodossa D 60Lodz, 1917

1.d4 d5 2.Cf3 Cf6 3.c4 e6 4.Ag5 Cbd7 5.Cc3 Ae7 6.e3 0–0 7.Ad3 dxc4 8.Axc4 a6 9.0–0 b5 10.Ad3 Ab7 11.De2 c5 12.Tad1 cxd4 13.exd4 Cb6 14.Ce4 Cxe4 15.Axe7 Dxe7 16.Axe4 Tfd8 17.Td3 Axe4 18.Dxe4 Tac8 19.Tfd1 Cd5 20.T3d2 Cf6 21.De3 Db7

Efimov I. (2416) – Giri A. (2711)Catalana E 03Olimpiade di Istanbul, 2012

1.d4 d5 2.c4 e6 3.Cf3 Cf6 4.Dc2 dxc4 5.Dxc4 a6 6.g3 b5 7.Dc2 Ab7 8.Ag2 Cbd7 9.0–0 c5 10.e3 Db6 11.De2 cxd4 12.exd4 Ae7 13.Ae3 Cd5 (diagram-ma) 14.Tc1 0–0 15.Cc3 C7f6 16.a4 b4 17.Cxd5 Axd5 18.Ce5 Db7 19.Axd5 Cxd5 20.Tc4 Tac8 21.Tac1 Ad6 22.Txc8 Txc8 23.Txc8+ Dxc8 24.Dc4 Db7 25.Ad2 Cb6 26.Dc6 Dxc6 27.Cxc6 b3 28.Ca5 Cxa4 29.Ac1 e5 30.Cc4 Ac7 31.dxe5 Cb6 32.Cxb6 Axb6 33.Rf1 a5 34.Re2 a4 35.f4 Ad4 36.Rd3 a3 37.bxa3 b2 38.Axb2 Axb2 39.a4 f6 40.Re4 fxe5 41.fxe5 Ac3 42.Rd5 Rf7 43.Rd6 h5 44.h4 Re8 45.Re6 Ae1 46.Rf5 Axg3 47.Rg5 Axe5 48.a5 Rd7 49.Rxh5 Aa1 (0/1)

Metodo Karpov: uno dei trattamenti più moderni. La casa di blocco non viene oc-cupata stabilmente, ma controllata per impedire al pedone di avanzare, sfrutta-ta come casa di transito, lasciata libera per attaccare in modo diretto e concen-trico il punto debole. Talvolta si può an-che permettere il ricongiungimento con altro pedone, preferibilmente arretrato, per giocare su questa nuova debolezza, in un’ottica di trasformazione del van-taggio. Emblematica, più volte indicata come modello, la seguente partita di Anatoly Karpov.

Kamsky G. (2735) - Karpov A. (2770) Caro-Kann B 14Campionato del mondo Elista (m/4), 1996

1.e4 c6 2.d4 d5 3.exd5 cxd5 4.c4 Cf6 5.Cc3 e6 6.Cf3 Ab4 7.cxd5 Cxd5 8.Ad2 Cc6 9.Ad3 Ae7 10.0–0 0–0 11.De2 Cf6

22.h3 h6 23.Te2 Dd5 24.b3 Dd6 25.Tc1 Cd5 26.Dd2 Df4 (diagramma) 27.Tc2 Dxd2 28.Texd2 Txc2 29.Txc2 Cb4 30.Tb2 Tc8 31.Rf1 Tc1+ 32.Re2 Ta1 33.Rd2 Txa2 34.Txa2 Cxa2 35.Ce5 Cb4 36.Cd7 f6 37.g3 Rf7 38.Cb6 Re7 39.Rc3 a5 (0/1)

Metodo Nimzowitsch: Aaron Nimzowitsch è il padre del blocco. Lui per primo ha capito l’importanza della casa situata davanti al nostro protagonista, che se “passato”, viene addirittura ingiuriato dall’autore del Mein System come malfat-tore, verso cui non è sufficiente un con-trollo poliziesco, ma son richieste misure drastiche, senza indugi, il blocco appunto, per mezzo del Cavallo. Abbiamo scelto un esempio recente:

Le leggi che agiscono nelle situazioni tipiche hanno un carattere generale, talora non prettamente scacchistico, ma piuttosto scacchistico-psicologico o persino filosofico.

(Mark Dvoretsky)

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12 _ SPQ&R

12.Ce4 Db6 13.a3 Ad7 14.Tfd1 Tad8 15.Cxf6+ Axf6 16.De4 g6 17.Ae3 Ce7 18.Ce5 Cf5 19.Cc4 Da6 20.a4 Ac6 21.Df4 Ad5 22.Ce5 Db6 23.Axf5 exf5 24.Td2 Ag7 25.h4 Tfe8 26.Dg3 Tc8 27.Cd7 Dc6 28.Cc5 b6 29.Cd3 Dd7 30.a5 Te4 31.Cf4 b5 32.Tdd1 Ac4 33.Tac1 h6 34.Tc3 b4 35.Tc2 Tc6 36.Tdc1 Ab5 37.Rh2 Rh7 38.Txc6 Axc6 39.Tc4 Af8 40.Cd3 De6 41.d5 Axd5 42.Txe4 Axe4 43.Axa7 Ad6 44.Cf4 De5 45.Ch3 De7 (0/1)

Metodo Larsen: il GM danese Bent Lar-sen, antidogmatico per vocazione, non capiva bene tutti i laboriosi procedi-menti teorizzati, sopra esposti. Per lui il pedone isolato andava semplicemente catturato. Come se fosse facile. Eppure a volte può capitare di dimenticare questa

35.g3 h5 36.Rg2 Td6 37.Cd4 Td7 38.Cf3 Ah6 39.Dd4 Dxd4 40.Cxd4 Ag7 41.Cc2 a5 Il Nero ha un tandem favorevole (Torre+Alfiere contro Torre+Cavallo), ma è svantaggiato dalla presenza di un pe-done isolato in d5. Come deve prosegui-re il Bianco? (diagramma)42.a4? Un’occasione mancata. Secon-do il Metodo Larsen il pedone isolato non va bloccato, va mangiato! Infatti dopo: 42.Ce3! d4 43.Cc2! (43.Td3 Td6 44.Cc2 Tb6) 43...d3 44.Cd4! Un bellissi-mo esempio di interferenza! (44.Ce1 d2 45.Cf3 Ah6 46.Rf1 f5 47.Re2 Te7+ 48.Rd3 Td7+ 49.Rc2 Te7 e se 50.Cxd2 Te2) 44...Axd4 45.Txd3 b5 46.Txd4 (inferiore 46.cxd4) 46...Tc7 47.Rf3 (47.Td5 b4! Il difensore deve sempre cercare di scam-biare i pedoni! 48.Txa5 bxc3 49.bxc3 Txc3 e questo tipo di finale in genere si conclude col risultato di parità) 47...Rg7 48.Re4 con buone chance di vittoria. 42...Td8 43.Rf3 Af6 44.Cd4 Rg7 45.Cb5 Rf8 46.Cc7 d4! 47.c4 Ae7 48.Cd5 Ac5 49.Re2 Te8+ 50.Rd3 b6 51.g4 Rg7 52.Th1 h4 53.g5 Te5 54.Tg1 Rf8 55.f3 Rg7 56.f4 Te8 57.Rd2 Te6 58.Te1 Txe1 59.Rxe1 Il Cavallo è buono, l’Alfiere nero è cattivo, ma i punti deboli sono protetti e mancano vie d’accesso al Bianco per penetrare nel campo ne-mico. 59...Rf8 60.Re2 Re8 61.Rd3 Rd7 62.Re4 Rd6 63.Cf6 Re6 (½–½)

semplice verità. Qua sfuggita anche ad un campione del mondo. Per giunta in un finale della finale del campionato del mondo.

Botvinnik M. – Bronstein D. Francese C 08Campionato del mondo Mosca (m/3), 1951

1.e4 e6 2.d4 d5 3.Cd2 c5 4.exd5 exd5 5.Ab5+ Ad7 6.De2+ Ae7 7.dxc5 Cf6 8.Cgf3 0–0 9.0–0 Te8 10.Cb3 Axc5 11.Dd3 a6 12.Axd7 Cbxd7 13.Ag5 Af8 14.Tad1 Dc7 15.c3 h6 16.Ah4 Te4 17.Ag3 Db6 18.Cfd2 Tee8 19.Dc2 Tac8 20.Cf3 g6 21.Tfe1 Ag7 22.Txe8+ Txe8 23.Af4 Af8 24.h3 Rh7 25.Ch2 Ce5 26.Ae3 Dc7 27.Ad4 Ce4 28.Axe5 Dxe5 29.Cg4 Df4 30.Dc1 Dd6 31.Dc2 Cf6 32.Cxf6+ Dxf6 33.Dd3 Td8 34.De3 Ag7

Nel corso della riunione del Consiglio Federale della FSI del 23 marzo 2013

La FSI, in occasione del Consiglio Federale del 23 marzo 2013, ha insignito il Campione del Mondo per Corrispondenza GM Fabio Finoc-chiaro del titolo di Maestro FSI ad honorem, assegnandogli anche una targa. Inoltre, la FSI ha inviato una comunicazione della conquista del titolo mondiale al Presi-dente della Repubblica, il quale si è compli-mentato con il neo-campione e con la Fede-razione.Riportiamo lo stralcio delle relative delibere del Consiglio Federale:

12. Proposta targa e titolo di Maestro ad ho-norem per Fabio Finocchiaro, Campione del Mondo per corrispondenzac. In relazione al titolo di Campione del Mon-do per corrispondenza conquistato da Fabio Finocchiaro, il Presidente informa che è stata inviata una comunicazione al Presidente della

Repubblica Giorgio Napolita-no. Il Presidente legge quindi la risposta appena giunta dal Presidente della Repubblica tramite il suo segretario. Egli si complimenta vivamente con il neo-campione e con la Federazione per il prestigioso

risultato ottenuto.

Per il punto 12 di cui all’odg, il CF assegna una targa e il titolo di Maestro ad honorem al

Campione Mondiale per corrispondenza Fabio Finocchiaro. Il titolo dovrà essere ratificato dalla prima Assemblea FSI utile. Il CF approva all’unanimità. (delibera n. 23/2013)

Gli italiani Elio Vassi e Sante Giuliani, qualifi-catisi al secondo posto pari-merito (ma terzo e quarto rispettivamente per spareggio tecni-co) hanno conquistato, con questo risultato, la norma di Grande Maestro Internazionale.

di Pasquale Colucci

PReStIgIoSI RIconoScIMentI PeR FabIo FInocchIaRo

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14 _ SPQ&R

scacchiM.F. Giuseppe Lettieri

onostante una partenza molto favorevole (4,5 su 6), le mie possibilità di realizzare la norma di Maestro Internazionale erano ormai svanite a causa di ben due sconfitte consecutive subite rispettivamente al 7° e 8° turno. Tuttavia desideravo fortemente interrompere tale serie negativa pur con-sapevole di non poter matematicamente raggiungere il mio obiettivo iniziale.

1. e4 c5 2. cf3 d6 3. d4 cxd4 4. cxd4 cf6 5. cc3 g6 al giorno d’oggi la variante del Dragone si incontra sempre più rara-mente nei tornei classici; (è infatti più frequente ritrovarsi a dover affrontare la variante Najdorf 5... a6, che vanta una re-putazione migliore.) 6. Be3 Il Bianco pia-nifica di sviluppare i propri pezzi in modo molto aggressivo prediligendo il set-up del noto attacco Yugoslavo - f3, Dd2, Ac4, 0-0-0. ag7 7. f3 O-O 8. Dd2 cc6 9. ac4 L’i-dea principale dell’attacco Yugoslavo è rendere impossibile la spinta in d5 che provocherebbe la rottura del centro. ad7 10. O-O-O ce5 11. ab3 Tc8 12. Rb1 cc4 13. axc4 Txc4 14. g4 Db8?!

Il Nero sceglie di posizionare la Donna in una casa sicura del proprio campo e, nel contempo, prepara sia la spinta del pedo-ne in b5 sia il raddoppio delle torri sulla colonna “c”. (Più usuale e nello spirito del Dragone è l’immediata 14... b5, sacrifi-cando il pedone per organizzare un rapi-do controgioco. Il Nero, infatti, otterrebbe un discreto compenso grazie all’apertura delle colonne “b” e “c” ed alla tipica espo-sizione del Re Bianco.) 15. b3 !? (Alternativamente il piano stan-dard è proseguire con 15. h4 Tfc8 (15... h5

ToRneo ChiuSo a MaRanelloCoMMenTa il

M.F. leTTieRi1° Torneo

Chiuso Maranello, 23 giugno

‘13, turno 9:Giuseppe

Lettieri (2393)

vs Martin

istvanovszky (2350)

n

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SPQ&R _ 15

16. g5 Ch7 (16... Ce8 17. b3 Tc5 18. Cde2 Tc6 19. Cd5 +/-) 17. b3 Tcc8 18. f4 +/-) (15... b5 16. h5 Tfc8 (16... b4 17. Cd5 Cxd5 18. exd5 Tfc8 19. hxg6 fxg6 20. Dh2 Rf7 (20... h6 21. b3 +-) 21. Df4+ Rg8 22. Txh7! Tf8 (22... Rxh7 23. Df7 +-) 23. Txg7+ Rxg7 24. Dh6+ Rf7 25. Dh7+ Re8 26. Ah6 +-) 17. hxg6 fxg6 18. Cd5 Cxd5 19. exd5 Db7 20. Dh2 h6 21. b3+-) 16. h5 Txc3 17. bxc3 Dc7 18. hxg6 fxg6 19. Cb3 Ae6 20. Ad4 a5 21. g5 Ch5 22. Axg7 Cxg7 23. f4 a4 24. Cd4 Dc4 25. Cxe6 Cxe6 26. Dh2 h5 27. gxh6 Dxc3 28. Dd2 Cxf4 29. Dxc3 Txc3 30. e5 +/-) 15... Tcc8 16. g5 ch5 17. cd5 Tfe8 18. ce2 con l’idea di Cg3 o Cf4, volta a elimi-nare il cavallo difensore in h5 che non consente il prosieguo dell’attacco laterale. ae6 19. cg3 axd5 20. exd5 Dc7 21. c4 b5!

Un’interessante risorsa tipica degli sche-mi di attacco del Dragone. Non soltanto il Nero forza l’apertura della colonna “c”, ma rende anche particolarmente vulnerabile la posizione del Re bianco. 22. cxb5 (Più precisa è 22. Cxh5 gxh5 23. cxb5 Dd7 24. Ad4 +/= che consente al bian-co di semplificare la posizione e di sfruttare la superiorità della propria struttura pedo-nale.) 22... cxg3 {una forte mossa interme-dia che in partita ritenevo erroneamente non giocabile in quanto avrebbe facilitato il mio gioco lungo la colonna “h”. 23. hxg3 Dd7 Minacciando simultaneamente il recu-pero del pedone b5 e l’ingresso in f5. 24. g4 Dxb5 25. Dh2 (Non è ora possibile 25. Ad4 {a causa di Dxd5) 25... Db4 26. Td3 Una risorsa fondamentale che para i minaccio-si ingressi della Donna avversaria. Db5 27. Dxh7+ Rf8 28. Thd1 Tc4! Impedendo Ad4. (29. Dh2 Tec8 30. Df2 ?! Una imprecisione giocata rapidamente in zeitnot a cui il mio avversario risponde in maniera non ottima-le. (30. Dd2) 30... Re8 ?! (30... a5! con rapido controgioco. L’idea di 30. Df2 è supportare 31. Ad4 ma tale mossa non è immediata-

Dxd5 37. Rxa2 Dxf3 38. Tc7+ Re6 39. axa7 Dxg4 40. Te1+ Rd5 41. Texe7

Dxg5 42. Txf7 a questo punto il piano del Bianco è semplice: mettere al sicu-ro il re, riuscire a coordinare entrambe le torri e, infine, catturare i pedoni del Nero che non potranno essere in alcun modo difesi se doppiamente minacciati. D’altro canto, il secondo giocatore può solo sperare in un perpetuo per salvare la partita. Dd2+ 43. Ra3 De1 44. Ra4 De2 45. Tg7 Da2+ 46. Rb4 Dd2+ 47. Rb5 Dd3+ 48. Ra4 Da6+ 49. Rb4 Il Re è ora suffi-cientemente al riparo e, nel contempo, il Bianco tiene sotto pressione la posizio-ne del Nero.Dd3 50. Tc4 !Dd2+ 51. Rb5 De2 52. Tb7 Da2 53. Td4+ Re6 54. Rb4 Da1 55. Te4+ Rd5 56. Te3

Dominando tutti i possibili ingressi della Donna avversaria. Dd1 57. Tb5+ Rc6 58. Tc3+ Rd7 59. ae3 Riducendo a ogni mossa lo spazio di manovra del Nero.Dg4+ 60. Ra3 Dd1 61. Tg5 Da1+ 62. Rb4 Db1 63. Td5 De4+ 64. Td4 De5 65. Ra3 (Non subito 65. Rcd3 ?? Dc5+ ! 66. Ra4 Da7+ 67. Rb5 Dc5+ = e il Nero si salva con un perpetuo.) 65... Da5+ 66. Rb2 Il Nero abbandona in vista della prossima Tcd3 con conseguente crollo della sua posizione. 1-0.

mente giocabile a causa di Tc1+ ! 32. Rb2 T8c2+ 33. Dxc2 Txc2+ 34. Rxc2 Axd4 35. Txd4 De2+ 36. T1d2 Dxf3 =/+)31. Dd2 con la medesima idea di scam-biare l’alfiere camposcuro ed alleggerire la posizione. ac3 32. De2 Ta4? Il Nero sopravvaluta il suo attacco. (32... T4c7 33. Ac1 Da5 34. Ad2 Axd2 35. Dxd2 Da3 36. Db2 Dxb2+ 37. Rxb2 Tc2+ 38. Rb1 a5 = con compenso per il pedone mancante.) 33. Tc1 Rd7 le principali minacce del Nero sono rappresentate da importanti sacrifici sull’arrocco quali Txa2 e Dxb3+ che po-trebbero condurre a reti di matto. In questa fase di gioco, entrambi con poco più di un minuto sull’orologio, decido di optare per l’insidiosa 34. Dc2 !? la quale costringe il Nero ad ammettere l’esagerazione di Ta4. (Altrettanto giocabile è 34. Dd1 Tac4 35. Axa7 +/-) 34... Txa2 ?

sembra apparentemente vincente. Tutta-via, con pochi secondi a disposizione, il mio avversario fallisce nel comprende-re il senso della mia ultima mossa. (Era indispensabile ritornare sui propri passi con 34... Tac4) 35. Dxc3 ! (35. Dxa2 ?? Dxd3+ 36. Dc2 Dxe3-+) (35. Rxa2 ?? Da5+ 36. Rb1 Da1#) 35... Txc3 36. Tdxc3 grazie al tempo che il Nero dovrà spendere per sfuggire alla rete di matto, il Bianco cat-turerà la torre indifesa in a2 ed entrerà in un finale tecnicamente vinto.

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A.I. Sergio Pagano

onsideriamo il sistema di abbinamento all’apparenza più equo: il sistema all’italia-na o round-robin, in cui ogni partecipante al torneo incontra tutti gli altri. Esso viene per lo più utilizzato nei tornei scacchisti-ci di alto livello, che hanno in palio premi piuttosto consistenti, dove i partecipanti sono giocatori di fama internazionale, ai quali talvolta si aggiungono giocatori più deboli, rappresentanti della nazione che ospita il torneo. Nei tornei aperti alla ge-neralità degli appassionati, si utilizzano, invece, i sistemi di tipo svizzero, che trat-terò in un successivo articolo.

A prima vista, sembrerebbe impossibile essere variamente fortunati in un tor-neo in cui si incontrano tutti i parteci-panti. In realtà non è così, e lo vediamo con un esempio.

C

FoRtuna all'italiana

e tabelle Pagano

sul filo del rasoio: cioè sul filo del regolamento

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SPQ&R _ 17

Supponiamo di avere un torneo all’italiana con otto partecipanti. Due di questi sono particolarmente forti e ci si aspetta che si contenderanno la vittoria finale (chiamia-moli, in ordine di forza presunta, F1 e F2); altri due sono di media forza, in grado sì di mettere in difficoltà i due favoriti ne-gli scontri diretti, ma considerati destinati a candidarsi per il terzo e il quarto posto (chiamiamoli M1 e M2); gli altri sono ri-tenuti decisamente più deboli, e saranno quasi certamente battuti dai due più forti (chiamiamoli D1, D2, D3 e D4).

Per stabilire il calendario degli incontri da disputare, per tradizione si adottano le cosiddette tabelle Berger, la cui origine risale a circa un secolo fa, e che furono apprezzate per la facilità con cui possono essere costruite “a mano”, qualunque sia il numero dei partecipanti. Si applicano dei semplici algoritmi, che permettono di costruire in pochissimo tempo un ca-lendario di un girone all’italiana con le tabelle Berger, disponendo solo di carta e penna. La descrizione di questi algoritmi ve la risparmio, poiché esula dal tema di questa serie di articoli. Non riscontro altri pregi a questo metodo, anzi l’applica-zione di queste tabelle può essere assai iniqua. Oggigiorno, con l’am-pio e diffuso uso degli strumenti informatici, non è più necessario costruire tabelle con carta e penna, ma bastano pochi click su una tastie-ra; per cui mi sembra che anche l’unico pregio delle tabelle Berger non sia più di particolare interesse.

Riporto gli abbinamenti delle tabelle Berger, riferite a un torneo con 8 parte-cipanti; i numeri riportati sono assegnati per sorteggio ai giocatori, prima dell’ini-zio del torneo.

Turno 1: 1 – 8; 2 – 7; 3 – 6; 4 – 5Turno 2: 8 – 5; 6 – 4; 7 – 3; 1 – 2Turno 3; 2 – 8; 3 – 1; 4 – 7; 5 – 6Turno 4: 8 – 6; 7 – 5; 1 – 4; 2 – 3Turno 5: 3 – 8; 4 – 2; 5 – 1; 6 – 7Turno 6: 8 – 7; 1 – 6; 2 – 5; 3 – 4Turno 7: 4 – 8; 5 – 3; 6 – 2; 7 – 1

Supponiamo che il sorteggio per l’asse-gnazione dei numeri abbia dato questo esito: il numero 1 assegnato a F1; il 2 a M1; il 3 a D1; il 4 a M2; il 5 a

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18 _ SPQ&R

D2; il 6 a D3; il 7 a D4 e l’8 a F2. Di conse-guenza il nostro torneo all’italiana vedrà nell’ordine questi incontri:

Turno 1: F1 – F2; M1 – D4; D1 – D3; M2 – D2Turno 2: F2 – D2; D3 – M2; D4 – D1; F1 – M1Turno 3; M1 – F2; D1 – F1; M2 – D4; D2 – D3Turno 4: F2 – D3; D4 – D2; F1 – M2; M1 – D1Turno 5: D1 – F2; M2 – M1; D2 – F1; D3 – D4Turno 6: F2 – D4; F1 – D3; M1 – D2; D1 – M2Turno 7: M2 – F2; D2 – D1; D3 – M1; D4 – F1

Con un tabellone così, tra i due principali aspiranti alla vittoria finale, F1 è molto fortunato e F2 molto sfortunato. Vedia-mo perché:

1) F1 gioca 4 partite col Bianco e 3 col Nero, F2 3 col Bianco e 4 col Nero;

2) F1 gioca col Bianco l’incontro diretto con F2;

3) F1 gioca col Bianco entrambe le par-tite contro gli outsider M1 e M2; F2 le disputa entrambe con il Nero;

4) Nell’ultimo turno, che potrebbe esse-re decisivo, F2 gioca una partita dif-ficile contro un outsider, mentre F1 affronta una partita facile contro uno dei giocatori deboli.

Notiamo anche che F1 e F2 s’incontrano al primo turno; il risultato di questa parti-ta potrebbe indicare il probabile vincito-re sin dall’inizio del torneo, riducendo di molto la suspense sull’esito finale.

Un paio di anni fa mi sono posto il problema di trovare un algoritmo migliore, che fosse in grado di ridurre tali disparità. Ritengo di

averlo trovato, e ho creato quelle che (con poca modestia) ho chiamato le tabelle Pa-gano. Con queste tabelle si evita il sorteggio iniziale, e i giocatori sono sempre elencati in ordine decrescente di forza presunta, dal più forte (numero 1 nel nostro caso) al più debole (numero 8 nel nostro caso). Quindi avremo: F1 ha il numero 1; F2 il 2; M1 il 3; M2 il 4; D1 il 5; D2 il 6; D3 il 7; D4 l’ 8. Fat-to ciò, si esegue il sorteggio del colore con cui dovrà giocare al primo turno il giocatore più forte. Se giocherà col Bianco, gli abbina-menti saranno i seguenti:

Turno 1: F1 – D4; F2 – D3; M1 – D2; M2 – D1Turno 2: D3 – F1; D4 – F2; D1 – M1; M2 – D3Turno 3; F1 – D2; F2 – D1; M1 – D4; M2 – D3Turno 4: D1 – F1; D2 – F2; M1 – D3; M2 – D4Turno 5: F1 – M2; F2 – M1; D4 – D1; D3 – D2Turno 6: M1 – F1; F2 – M2; D1 – D3; D4 – D2Turno 7: F1 – F2; M2 – M1; D2 – D1; D3 – D4

Se il sorteggio del colore ha dato esito opposto, gli abbinamenti restano gli stessi, ma invertendo in tutti il Bianco con il Nero.

Vediamo i principali vantaggi delle tabel-le Pagano rispetto alle Berger:

1) i giocatori più forti giocano lo stes-so numero di partite con il Bianco, ed altrettanto fanno i più deboli (nel no-stro esempio, i 4 più forti giocheranno 4 partite col Bianco e 3 con il Nero, viceversa per i 4 più deboli), rendendo più equilibrata sia la lotta per le pri-me posizioni che quella per le ultime;

2) durante la prima parte del torneo si giocano tutti gli incontri “squilibrati” (i più forti giocano contro i più deboli, e mai tra di loro), per cui gli incontri diretti tra i forti (ed anche quelli tra i deboli) avvengono nella seconda par-te del torneo, rendendo più incerta ed appassionante la lotta;

3) in particolare, l’incontro tra i due gio-catori più forti è previsto per l’ultimo turno, sempre nella scelta prioritaria di rendere il più a lungo possibile in-certo l’esito del torneo.

Con le tabelle Pagano si tende quindi a ri-durre l’elemento “fortuna” nei tornei all’i-taliana, ed anche a renderli più avvincenti e incerti. Ovviamente, si possono utiliz-zare anche in altri sport che adottano il sistema all’italiana per lo svolgimento dei tornei (e sono tantissimi, a cominciare dal calcio).

Qui ho riportato solo un esempio delle tabelle Pagano; il lettore interessato ad approfondire l’argomento potrà rivolgersi alla redazione della rivista, che lo metterà in contatto con me.

Per questa rubrica sono molto gradite domande da

parte dei lettori: potete chiedere delucidazioni

su qualsiasi aspetto regolamentare o sottoporre

casi particolari.

si possono inviare le vostre domande scrivendo via email

a: [email protected] oppure spedendo una

lettera in redazione.

Vi asPettiamo!

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scacchiLuca Cerrato

Quando gli Sca cchi diventano una Sfida di d oPPio di coPPia

Danieli-Garrett vs aronian-caoili

a Porto Mannu. (foto di Roberto Messa

© Torre & Cavallo Scacco)

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a bellezza di praticare un’attività di squa-dra è rappresentata dalla possibilità di costruire legami basati sulla fiducia e il rispetto dei propri compagni d’avventu-ra, per raggiungere insieme l’obiettivo prefisso. Certamente l’ambito sportivo ne è l’esempio più efficace. I compagni di una squadra di rugby, ad esempio, devono conoscere gli schemi di gioco, ma questo non sarebbe sufficiente senza il sacrificio di tutti nell’aiutare i reparti in difficoltà.

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Quando gli Sca cchi diventano una Sfida di d oPPio di coPPia

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Sono convinto che sia sempre positivo il fatto che un gruppo di persone, indipen-dentemente dall’età e dal tipo di attività,

Il filosofo J.Huizinga scriveva nel suo libro Homo Ludens che i partecipanti ad un gioco creano un anello magico per la durata della partita, un mondo alternativo a quello reale. Qualcosa di simile avviene in un lavoro di grup-po: ognuno cercherà di condividere, di aprirsi a nuove idee, a modi differenti di agire, di essere partecipe del succes-so o del fallimento.

Tuttavia non è semplice trasferire il concetto di squadra ai giochi da tavolo, dove sul campo di battaglia si è soli con il proprio esercito di pezzi. E’ ben vero che esistono delle competizioni a squa-dre, ma in ogni caso i giocatori riman-gono sempre soli sulla loro scacchiera, senza la possibilità di cercare e trova-re alcun tipo d’aiuto da un compagno, al massimo sentendo da lontano il tifo della propria squadra.

Personalmente, oltre al fatto di vede-re competere almeno due giocatori, ho

unisca le proprie forze fisiche e mentali in vista di un bene comune.

Fotografie di Volfango Rizzi e Bruno Sparpaglione

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individuato due elementi di un gioco da tavolo per essere consi-derato un’attività di squadra:• La condivisione dell’ intera par-

tita con i propri compagni.• La messa a disposizione della

squadra dei vantaggi singolar-mente acquisiti.

Esiste una variante del gioco degli scacchi che ha in sé entrambe que-ste caratteristiche: gli scacchi quadriglia, oppure in inglese, i Bughouse chess. Se conoscete le regole degli scacchi, impie-gherete un minuto per imparare il gioco; se non conoscete gli scacchi, allora qual-che altro articolo della presente rivista vi tornerà utile.

Per iniziare, occorre trovare un compagno di gioco e altri due giocatori, poi procu-rarsi due scacchiere e i relativi pezzi. Un giocatore della squadra giocherà con il bianco, l’altro con il nero. L’elemento fon-damentale del gioco è il tempo. Senza l’impiego di due orologi da torneo gio-care alla Quadriglia non ha alcun senso. Capita infatti, come vedremo in seguito,

zionata nell’angolo della prima traversa, e il pedone, in secon-da traversa, sono considerati come pezzi mai stati mossi e di conseguenza si possono applicare le regole previste degli scacchi (per esempio l’arrocco). A quadriglia, vince la coppia che per prima dà

scacco matto su una delle due scacchie-re, oppure quando uno dei due avversari finisce il tempo a sua disposizione.

Come potete facilmente dedurre, la qua-driglia è come il gioco degli scacchi, ma con un qualcosa in più: il valore aggiun-to è l’aiutare il compagno, passandogli i pezzi necessari. Articoli in rete descrivo-no partite tra coppie formate da giocatori di livello mondiale, ma privi di esperienza nei Bughouse chess, che competono con-tro mediocri giocatori, dove i maestri su-biscono pesanti sconfitte. Qualcuno, scherzosamente, afferma che la quadriglia è nata per permettere a giocatori talmente scarsi negli scacchi di trovare avversari disposti ad incon-trarli. Sarà davvero così?

di aspettare un aiuto dal proprio socio, il quale dovrà tenere conto dei se-condi che passano.Sulle due scacchiere i giocatori eseguono le normali mosse del gioco degli scacchi eccetto quando un pezzo viene catturato. Bisogna allora passarlo al proprio compagno di squadra che lo posizionerà al bordo della scac-chiera. Al proprio turno, si potrà sceglie-re di muovere un pezzo presente sulla scacchiera oppure posizionare un pezzo dalla riserva. Per il deposito di un pez-zo, occorre tener conto di alcune regole. Non si può utilizzare il pezzo per effet-tuare una cattura, ma può essere usato per dare scacco oppure scacco matto. Il pedone non può essere collocato in prima e ottava traversa. La torre, posi-

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scacchipugilatoRoberta Gatti & al.

ei mesi scorsi è avvenuta una scissio-ne all’interno della World ChessBoxing Organisation (WCBO). Tale organismo, che deve la sua costituzione all’artista olandese Iepe Rubingh, si propone scopi specifici: disciplinare lo scacchipugilato, definendone struttura e regole; riunire in un’unica associazione le varie realtà, sorte nel frattempo in diverse nazioni; organizzare campionati del mondo ed europei, come infatti è avvenuto con il primo mondiale disputato ad Amster-dam nel 2003, e il primo campionato europeo a Berlino nel 2005.

Molte federazioni di scacchipugilato, sorte nel corso degli anni, hanno ade-rito alla WCBO, tra cui anche il London ChessBoxing (LCB) di Tim Woolgar.A livello internazionale, il polo londi-nese rappresenta la più viva e attiva

associazione e promuove molti eventi spettacolo a Londra. L’intesa realizzata tra Rubingh e Woolgar, che appariva as-sai solida, ad inizio primavera 2013 ha visto un’imprevista e improvvisa rottu-ra tra i due leaders, con la conseguen-za che Tim Woolgar ha proceduto alla costituzione di un nuovo organismo, denominato World ChessBoxing Asso-sation (WCBA).

come cambierà il panorama di questo nuovo sport?Lo abbiamo chiesto ai due protagonisti a livello internazionale e al Presidente della neonata Federazione Italiana scac-chipugilato (FISP).

sig. Rubingh, quali conseguenze avrà il distacco del london chessboxing sulla sua organizzazione?

NELLO SCACCHIPUGILATO

Fotografie di Simon Way

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FRATTURA INTERNAZIONALE

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Il ritiro della LCB renderà più chiaro a chi è al di fuori che lo scacchipugilato, nel-la sua versione originaria WCBO, è uno sport serio e non un prodotto di spet-tacolo divertimento. Gli eventi a Londra sono percepiti all’esterno come eventi di divertimento: ciò danneggia lo sport dello scacchipugilato e la WCBO.

Quant’é probabile che tra lei e il sig. Wo-olgar si possano appianare le differenze e confluire nuovamente in una sola or-ganizzazione?É sempre possibile, sebbene stiamo ora parlando con una nuova entità britannica.

Passiamo ora la parola alla controparte:sig. Woolgar quali sono state le cause che l’hanno convinta a lasciare la WcBo per costituire la WcBa?Il London Chessboxing è sempre stato un buon amico di Iepe Rubingh e della WBCO, fin dal suo esordio nel 2008. Non abbiamo mai cercato di sfidare la WCBO, nonostante che, mentre quest’organizza-zione è rimasta dormiente, noi del LCB avessimo sviluppato e praticato attiva-mente questo sport, non solo nel Regno Unito ma anche in tutto il mondo.

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Viceversa, in segno di rispetto per la co-munità chessboxing, abbiamo sostenuto la WCBO con consulenze e competenza, anche condividendo liberamente i be-nefici dei nostri ampi successi di pubbli-che relazioni ed esperienze nell’allestire eventi. Negli ultimi due anni ho perso-nalmente cercato di sviluppare una col-laborazione formale con Iepe, e la scorsa estate mi sembrò che fossimo giunti a un accordo. Tuttavia, all’ultimo momento, tut-to è cambiato e, invece di una partnership creativa, è apparso chiaro che Iepe voleva mantenere il controllo totale.Poi il discorso é stato solamente di quanto io dovessi pagare per rimanere parte del WCBO e, senza mezzi termini, posso affermare che il prezzo era troppo, troppo alto.Mi resi rapidamente conto che serviva un cambiamento.

Quali sono i programmi della World chessBoxing association per il futuro?Lo scacchipugilato ha bisogno di una for-za di collegamento globale, che agisca nell’interesse dello sport e che coinvol-ga persone che lo promuovano. La WCBA è un’associazione senza scopo di lucro, nata per permettere lo sviluppo di questo sport e che consentirà alle federazioni, o ai singoli promotori di tutto il mondo, di essere tutelati, ricevendo aiuto per la cre-azione di eventi sicuri e redditizi, potendo beneficiare del suo lavoro. La WCBA for-nisce regolamenti, un codice di condotta e le varie politiche per garantire la sicu-rezza dei partecipanti con la libertà di di-

Il Consiglio Direttivo della Federazione Italiana ha deciso di tenersi equidistante e collaborare con tutte le parti che vo-gliono il bene dello scacchipugilato. Ha però anche colto “la palla al balzo”, per dare forma ai regolamenti della nuo-va federazione. Per esempio, come da mia proposta, il numero delle categorie di peso, la loro suddivisione e la loro denominazione sono state totalmente accettate dalla WCBA. Altre parti del re-golamento tecnico, da noi suggerite, sono state fatte proprie dalla nuova associa-zione e lavoreremo perché si adottino regolamenti tecnici e organici, che noi riteniamo migliori di quelli del passato.In aggiunta, cercheremo di avere riflessi positivi al fine di rendere la nuova orga-nizzazione la più democratica possibile, sempre mantenendoci in collaborazione con tutti quanti lavorano per il bene del-lo scacchipugilato.

Nel frattempo Iepe ci fa sapere che vi saranno incontri validi per titoli mondiali a ottobre 2013 a Berlino, in data anco-ra da decidersi, e il 28 novembre nella Sala Izvestia di Mosca e sul ring per il titolo Leonid Chernobayev. In aggiunta, per celebrare i 10 anni di nascita dello scacchipugilato, vi sarà una riunione spe-ciale il 16 novembre ad Amsterdam, che si terrà presso la stessa sede dove egli allora combatté, denominata: Paradiso. Ci informa anche che nel 2014, gestiti dal nuovo “braccio” commerciale della WCBO che curerà i campionati, si svolgeranno le “Serie” dei Campionati del Mondo.

vulgare lo scacchipugilato senza ostacoli. Non sono applicate penali, ma piuttosto si cerca di fornire assistenza, per quanto possibile, alle varie associazioni. Il modo migliore per sviluppare rapida-mente lo sport e abbattere le barriere è di coinvolgere i partecipanti e tutte le parti interessate, lavorando insieme e condivi-dendo sia il carico sia le ricompense. Questa è la chiave e la filosofia adottata dalla WCBA, e rimarrà così sempre.

crede che si possano appianare le vostre divergenze per confluire di nuovo in un’u-nica organizzazione? Per il momento sembra una cosa impro-babile.

Come si schiera la Federazione Italiana Scacchipugilato di fronte a questa scis-sione? L’abbiamo chiesto a Volfango Rizzi, il presidente della FISP.

Volfango, cosa pensi della scissione avve-nuta il mese scorso e della creazione di questa nuova associazione mondiale?In generale, penso che lavorare uniti e compatti possa dare risultati migliori per divulgare lo scacchipugilato. D’altro canto non é una situazione tragica e, a volte, da cose che riteniamo non vantaggiose in partenza, si ottengono frutti insperati e risultati positivi.

come si collocherà la Fisp all’interno di questa diatriba? sceglierà di seguire le indicazioni di iepe Rubingh o si unirà con la neo WcBa?

tim Woolgar

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La Vignetta lele lutteRi

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scacchipugilatoVolfango Rizzi InteRvISta

eScluSIva con SeRgIoleveQue

Apprestiamoci a conoscere, attraverso quest’intervista esclusiva a 360 gradi, uno dei due più conosciuti chessboxer italiani: Sergio Leveque.Foto di James Bartosik

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iao sergio, possiamo iniziare raccontan-do qual è la tua principale occupazione?Sono titolare di un’agenzia di scom-messe a Senigallia, città in cui vivo. Per conciliare la preparazione con il lavoro, mi alleno la mattina presto (sveglia alle 06.30, corsa, pesi e addominali) e nella pausa pranzo (boxe e strenght & condi-tioning). La sera sono stanco ed ho vo-glia di tornare a casa dalla mia famiglia, composta da mia moglie, due splendide bimbe, rispettivamente di 5 anni e 3 mesi, e Attila, il mio P(e)T. L’acronimo sta per pet, animale domestico, e personal trainer, visto che ogni mattina vuole che andiamo a correre. E’ un meticcio fra pa-store tedesco e maremmano; ha 9 anni e pesa 42 kg.

a quando risale la tua passione per gli scacchi e per il pugilato?Ho imparato gli scacchi a 3 anni, guar-dando giocare mio padre e mia madre. A 13 ho iniziato a frequentare il circolo e a fare tornei, ottenendo anche qualche buon risultato.  Con la boxe ho iniziato a 20 anni, a Torre Annunziata, nella pa-lestra del Maestro Ernesto Bergamasco, padre dell’attuale CT della nazionale di pugilato. Sono rimasto là fino al 2004, anno in cui mi sono trasferito a Senigal-lia. Nel 2005 ho ripreso brevemente qui a Senigallia, però alla fine di quell’anno ho subito un incidente stradale, che mi ha tenuto per 4 anni lontano dal ring.

per certi versi quell’ incidente ha se-gnato una svolta nella tua vita, il tuo soprannome di battaglia “la fenice” è legato a tale fatto. lo hai scelto tu o te

l’hanno attribuito altri?Il soprannome l’ho scelto io. Nel 2005 ebbi questo brutto incidente stradale che com-portò la frattura metaepi-fisaria poliframmentata ed esposta, con complicazioni da sindrome comparti-mentale. In pratica la tibia destra e il piatto tibiale (la sede dell’articolazione del ginocchio) rimasero schiacciate, e il sangue arterioso versato dall’os-

so impediva la risalita di quello venoso. In un caso del genere le probabilità di amputazione sono intorno al 90%.

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I medici dell’ospedale di Ancona, guidati dal Professor Verdenel-li, fecero un miracolo e mi salvarono la gamba, ma mi dissero che con lo sport avevo chiuso. Il massimo successo che avrei potuto raggiungere, impegnando-mi molto, sarebbe stato quello di riusci-re di nuovo a camminare normalmente. Dopo l’incidente, la sola persona che ha creduto in me, quando non ci credevano i medici, e neppure io, è stato il mae-stro Claude Tshyekela, cui va l’immenso merito di avermi restituito allo sport agonistico. Per tornare a camminare normalmente ho impiegato 3 anni, subendo altre 4 operazioni, poi sono riuscito anche a tornare ad allenarmi, a passare le visite mediche e tornare a combattere verso la fine del 2009. Per questo motivo ho deciso che il mio soprannome sarebbe stato “the phoenix”.

pratichi altre arti marziali?Da bambino facevo judo , sempre a Tor-re Annunziata, nella palestra del Mae-stro Bruno Fuscati, mio zio.Negli ultimi anni ho praticato un po’ di muay thai e submission grappling. Acca-rezzo spesso l’idea di praticare MMA ma per ora non se n’ è fatto nulla.

Normalmente dedichi più tempo agli

scacchi o alle arti marziali di com-battimento?Sicuramente all’allenamento fisico. Il mio lavoro è totalizzante e non ho mai un week end libero, quindi non posso partecipare a tornei seri di scacchi. Faccio qualche partita a ca-denza veloce su internet e fondamen-talmente gioco per divertirmi. La pre-parazione fisica a un combattimento richiede molta più applicazione; devo seguire l’alimentazione giusta, curare il fiato, la tecnica e il potenziamento.

Qual è il tuo palmares negli scacchi e nel pugilato: quale la tua esperienza accumulata, le competizioni vinte e le categorie raggiunte?Sono Candidato Maestro ed ho raggiun-to il punteggio FIDE di 2150. Sono stato

campione regionale ex aequo under 20 in Campania. Ho vinto diversi tor-nei, qualcuno anche davanti a gioca-tori sulla carta molto più titolati di me. Da pugile ho combattuto molti incontri, con qualche buon risulta-to. Ho affrontato gente che poi è diventata campione mondiale e olimpica, e sono stato sparring partner di diversi pugili profes-sionisti.

come ti sei avvicinato allo scac-chipugilato?

Quando ho sentito parlare di questo sport, pensavo l’avesse-ro creato per me. Ho contattato il presidente della federazione sot-toponendogli il mio curriculum, ma ricevendo in risposta il classico “le faremo sapere”. La svolta è arriva-ta quando ho conosciuto il maestro Gianni Burli di Spoleto, che era in-trodotto negli ambienti, essendo l’al-lenatore di Gianluca Sirci, campione europeo dei pesi massimi della spe-cialità. Burli mi fece in breve ottene-re diversi incontri in Inghilterra, ol-tre ad allenarmi e a farmi svolgere numerosi incontri di allenamento con Sirci. In questo periodo mi sto allenando per l’incontro che so-sterrò a Londra l’8 giugno.

Qual è stata la reazione dei tuoi colleghi pugili, quando hai detto loro di questo sport che combi-

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na scacchi e pugilato?Qualcuno ha storto un po’ il naso, qualcun altro invece si è mostrato col-pito ed interessato. Ricordo che in un gruppo di pugilato su internet si faceva molta ironia sulla nostra attività. Quan-do dissi che la praticavo e che al mio angolo c’era Gianni Burli, tacquero tutti. 

hai personalmente conosciuto qualche pugile italiano disposto a provare a li-vello agonistico lo scacchipugilato?Ne ho parlato varie volte con amici pu-gili, ma imparare gli scacchi richiede vo-glia, tempo e costanza; per il momento nessuno si è cimentato, a parte me e Gianluca Sirci.

E invece qualche scacchista disposto a fare altrettanto?Qui la situazione cambia, perché molti ottimi scacchisti sono stati o sono tutto-ra atleti di buon livello, che possono im-parare o approfondire la boxe e cimen-tarsi tranquillamente. Penso a Giuseppe Lettieri che è stato un nuotatore agoni-sta, o a Giuseppe Coratella che vanta un discreto passato da judoka ed è dottore in scienze motorie. Loro potrebbero fare molto bene.

Recentemente è stata fondata la Fede-razione italiana scacchipugilato e tu sei uno dei soci fondatori. che cosa ti auguri possa realizzare nel prossimo biennio?Ci vogliono eventi in Italia. Lo sport si può far conoscere alle persone solo così. Se organizziamo combattimenti, la gen-te ci vedrà, ne parlerà, e otterremo visi-bilità e credibilità. Altrimenti, resteremo confinati in una nicchia virtuale.

a 34 anni non sei, agonisticamente par-lando, un vecchietto ma nemmeno un giovanotto. Quali obiettivi ti prefiggi per i prossimi anni? Fino a quando intendi salire su di un ring? ti sei dato, come aveva fatto per esempio David haye, una scadenza per smettere?Bernard Hopkins a 48 anni ha appena riconquistato un titolo di campione del mondo. Vorrei battere questo suo record.A parte gli scherzi, fino a quando mi sen-tirò motivato e sufficientemente integro, continuerò. Sarà il mio corpo, e non la carta d’ identità, a dirmi di smettere. Il mio esempio è Andy Costello, chessbo-

Tshyekea e, quando posso, vado a Spole-to dal maestro Burli, anche per fare spar-ring con Gianluca Sirci. Per gli scacchi gioco a cadenza veloce su internet, sia su fsi arena sia su chesscube.com. Salto la corda o faccio il sacco per tre minuti e poi sostengo una partita blitz da 2 o da 3 minuti online. Dovrebbe essere con noi anche il maestro di scacchi Corrado Sabia, di Salerno, anche se a causa di problemi lavorativi la sua presenza sarà in dubbio fino alla fine.

Quali sono i tuoi interessi al di fuori de-gli scacchi e delle arti marziali?Mi piace leggere: gialli, thriller, fantasy e soprattutto romanzi storici. Ultima-mente, grazie a mia figlia, mi sto specia-lizzando nel leggere le favole. Navigo molto in internet e mi piace discutere di sport e politica, anche se spesso i tifosi dello sport sono molto più obiettivi e imparziali di quelli della politica.

ti regalo quindi volentieri copie dei pri-mi due numeri di SPQeR per tua figlia: conosco molti bambini che si dilettano a colorare i fumetti che sono al centro della nostra rivista. sergio, cosa pensi di questa rivista, che mette insieme quat-tro sport così diversi tra loro e che tratta anche di altri temi come giochi, aroma-terapia, viaggi, altri sport minori e con diversi articoli multidisciplinari?Ti ringrazio molto. Leggo sempre con piacere la rivista, che, grazie alle ottime firme che compongono lo staff, riesce ad offrire informazione ed intrattenimento di ottima qualità.Un saluto a tutti i lettori da Sergio “The Phoenix” Leveque.

xer inglese, che ha 12 anni più di me e un fisico e una condizione atletica che la maggior parte dei teenager sogna.

c’è qualche titolo che aspiri vincere? tra undici giorni, l’8 di giugno, combatterai il primo di tre possibili incontri che po-trebbero portarti a diventare campione del mondo dei pesi massimi di scacchi-pugilato. come giudichi le tue possibili-tà di poter arrivare a tale titolo?Chiaramente mi piacerebbe diventare Campione del Mondo: nel circuito pos-so giocarmela con chiunque. Realisti-camente sono nei migliori 4 al Mondo, insieme con Gianluca Sirci, Andy Costel-lo e il russo Sazhyn. Con ognuno di loro sarebbe un match durissimo e incerto. 

chi sarà con te all’angolo l’8 giugno? chi altri ti sta aiutando negli allenamenti e nella preparazione?Al mio angolo ci sarà come sempre il maestro benemerito Gianni Burli. Per la preparazione mi alleno con il maestro

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scacchipugilatoVolfango Rizzi

Con commenti del 4° incontro

a cura di sergio leveque

Foto di simon Way

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KingS of the

RingSeRgio vola in Semifinale SbaRazzandoSi in 3 Round

del Suo avveRSaRio

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Sergio ha appena effettuato la mossa dello scacco matto

ltra notte di grande scacchipugilato quel-la dell’8 giugno a Londra, e questa volta tornava a esserci uno «scacchista-pugile» italiano, Sergio Leveque, che ha disputa-to un incontro eliminatorio per diventare campione del mondo dei pesi massimi. Abbiamo letto di Sergio nell’intervista, fat-ta alcuni giorni prima del combattimento. Ora seguiamo il suo quarto di finale per il titolo mondiale e, di seguito, riportiamo il suo commento all’incontro disputato, con-cludendo con una breve intervista post-match a lui e al suo avversario.

Quattro gli incontri in programma du-rante la serata; di seguito i risultati:Nick “showstopper” cornish  batte  Matt “crazy arms” Read per KOT alla 6^ ripresa; andre glenzer (Germania) batte Mike “the Bedfordshire Bull” Botteley per scacco matto alla 7^ ripresa; chris powell (pezzi neri) batte Jorge crespo (Ecuador) per tempo alla 9^ ripresa; sergio “the phoenix” leveque (Italia) batte Mark “the hammer” pilkington  (pezzi bianchi) per scacco matto alla 3^ ripresa.

Quello tra Mark e Sergio era il quarto, e ultimo, combattimento della serata: per Mark rappresentava l’esordio nello scac-chipugilato. Si è trattato di un quarto di finale per il titolo mondiale dei pesi massimi, allestito non senza difficoltà da Tim Woolgar, l’organizzatore, che ini-zialmente poteva contare sulla parteci-pazione di solo cinque pesi massimi, e che quindi si è dato un gran daffare per reperirne altri tre.

Ricordiamo che nei pesi massimi la co-rona mondiale è nelle mani del russo Nikolay Sazhin, e che il folignate Gian-luca Sirci è l’attuale Campione Europeo della categoria.

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Segue ora una breve cronaca del quarto incontro della serata, con commenti di Sergio Leveque:

Mark “The Hammer” Pilkington vs Sergio “The Phoenix” Leveque:1. d4 Cf62. Cf3 d63. b3 Cbd74. Ab2 g65. c4 Ag76. Cc3 007. d5 e58. e4 ora viene fuori il limite di una scelta fatta solo per non far giocare l’avversario, senza pensare a un proprio piano di gio-co. Qualcuno avrà detto al mio avversario: gioca il D05, è solido e non avrai nulla da temere in apertura. Lui ha eseguito alla lettera, ma finite le mosse standard, chia-ramente non ha idea di come trattare la posizione. E’ un errore tipico di chi teme l’avversario. Fare catenaccio e trovarsi in una posizione sconosciuta è generalmente controproducente, meglio giocare le posi-zioni che si conoscono.8. ... Cc59. Ae2? Ccxe410. 0-0 Cxc311. Axc3 Ce412. Ab4 a513. Ad3 axb414. Axe4 f5Fine primo round, tempo impiegato dal bianco 3 e 40, nero 20 secondi.Round di boxe, primo minuto di studio, poi 2 minuti all’attacco, alla fine l’ho colpito duramente al corpo e non ha recuperato, infatti nel secondo round di scacchi la si-tuazione precipita drammaticamente:15. Ad3 e416. Ac2 exf317. Te1 fxg218. Rg2 f419. f3 Dh420. Rf1 Dxh221. Te2 Ah322. Re1 Ac323. Dd2 Dg1Morale della favola: mai concedere un al-fiere che può servire per dare matto!Morale pugilistica: i colpi al corpo non ta-gliano solo il fiato ma anche la capacità di pensare.Tempo totale impiegato dal nero: 55 se-condi; muovere veloce da una pressione enorme all’avversario.

Fotografie di Volfango Rizzi

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Da me intervistato poco dopo il com-battimento Sergio Leveque risponde “Mi sento benissimo; fantasticamente” e di-chiara che “sicuramente” tonerà a com-battere in Gran Bretagna, per cercare di diventare campione del mondo. Del suo avversario, appena battuto, ci dice: “Il mio avversario portava colpi molto forti e sembrava non sentire i miei” e aggiun-ge “la struttura fisica di Mark è incredibi-le: 110 kg di muscoli asciutti”.

Dei suoi avversari, nei pesi massimi, quello che teme di più è Costello: “Ha una poten-za incredibile; fa male”; considera “Costel-lo quello fisicamente più forte e Sazhyn il migliore scacchista dopo il sottoscritto.”Rassicura che “continuerò ad allenarmi per migliorare” e il suo obiettivo prin-cipale in vista del prossimo incontro è “crescere fisicamente: accrescere la mas-sa muscolare”.

Il suo avversario Mark pilkington ci rac-conta: “Vengo da Exeter ed è solo dal gen-

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naio di quest’anno che gioco a scacchi”; e aggiunge: “Giocavo a scacchi a scuola, attorno all’età di 11 anni”. Risponde che continuerà a lavorare sugli scacchi, volen-do tornare nel ring per lo scacchipugilato, difatti riferisce che “avendo iniziato tardi le arti marziali e non avendo esperienza di combattimenti alla mia età é difficile che ti chiamino a combattere: ho fatto solo un combattimento di pugilato (che

di allenamento, e allo stesso tempo fi-losofia, personale» e aggiunge «E’ stato incorporato dal British Combact Asso-ciation, un miscuglio di arti marziali per la difesa personale».

Riguardo allo scacchipugilato racconta: «E’ una strana sensazione, ma nel ring mi sento sicuro». Riguardo a Sergio, il suo avversario, dichiara: «Lo conosco appena, ma pare una persona simpa-tica: dopo l’incontro è venuto a parlar-mi»; infine, rispetto al combattimento perso confida: «Era molto difficile per me, iniziando lo scacchipugilato con un round di scacchi e conoscendo che Sergio é uno scacchista molto

abile. Sapevo che potevo puntare su una o massimo due riprese di pugilato. Conseguentemente ho dovuto portarmi in avanti per cercare il colpo del KO, cosa che non è il mio stile di combattere e non è la strategia che avrei altrimenti adotta-to, ma in questo contesto non c’era altra strategia possibile; e questo di avere solo una sola strategia implementabile é già uno svantaggio di per sé. Purtroppo, alla fine, di riprese di pugilato ve ne è stata solo una; ho cercato di rallentare la scon-fitta sulla scacchiera, ma Sergio è stato veloce nel dare scacco matto».

Il prossimo evento di scacchipugilato sarà a Exeter, il 4 agosto, in concomi-tanza con i 100 Campionati di Scacchi Britannici. Questo sarà il primo evento di scacchipugilato in Gran Bretagna, al di fuori di Londra; anche se va registrato che proprio nel maggio scorso s’è svolta una piccola esibizione a Newcastle, per una serata di beneficenza.

Poi, il 12 ottobre (o 8 dicembre), il foli-gnate Gianluca Sirci, Campione Europeo dei pesi massimi, dovrebbe salire sul ring per l’altro quarto di finale, combattendo contro il russo Nikolay Sazhin, attuale Campione del Mondo in carica. Sazhin é favorito negli scacchi, Gianluca quindi dovrà cercare di resistere il più a lungo possibile sulle 64 caselle, per cercare il colpo del fuori combattimento sul ring.

Sergio Leveque dichiara: “in finale spe-ro di incontrare Gianluca, coronando il sogno di una finale tutta italiana per il titolo mondiale”.

ha vinto ndr), ma non era a contatto pie-no». Riguardo a cosa fa nella vita di tutti i giorni, oltre ad allenarsi, racconta: «Lavo-ro nel sociale e sto studiando per diven-tare assistente sociale».

Parlando di come si allena, ci rivela: «Il mio allenatore è il qui presente Nick Wells, specialista nelle arti marziali mi-ste. Nick ha sviluppato un suo sistema

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pugilatoMaestro Benemerito Gianni Burli

opo la bellissima esperienza dello scorso ottobre, dove i Tecnici della Boxe Spole-to hanno svolto un corso di pugilato non agonistico su richiesta dell’insegnante di Educazione Fisica del Liceo Pontano, Sansi Leonardi, nelle classi I° e III° del Liceo Artistico e classe V° dell’Istituto D’Arte, anche altre classi del medesimo Istituto Superiore hanno chiesto di effet-tuare l’esperienza pugilistica all’interno della Scuola.

E così anche le classi 1°A e 2°A indiriz-zo di Scienze Umane e la classe 5° B a indirizzo Socio-Psico-Pedagogico hanno seguito un corso di quattro lezioni di pu-gilato all’interno della palestra scolasti-ca di Piazza XX Settembre.

Con l’ausilio dell’Insegnante Prof. Onori Mirella, che ha sempre assistito alle le-zioni, i due Tecnici del sodalizio spole-tino, il Maestro Benemerito Gianni Burli

il Pugilato a Scuola

Foto: Boxe Spoleto

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e l’Insegnante di pugilato Fabio Burli, dopo aver attrezzato di volta in volta l’ambiente esistente sia con i sacchi sia con uno spazio-ring, hanno trasmesso alle circa 60 ragazze partecipanti, in tre lezioni settimanali, i rudimenti tecnici della nobile arte del pugilato e tutte le cognizioni che questo sport comporta.

Si è parlato perciò della storia del pu-gilato, delle metodiche di allenamento, del fatto che oggi il pugilato femminile è una grande realtà, e ovviamente delle nozioni tecniche vere e proprie.Si è cominciato poi con la fase di riscal-damento atletico e il salto alla corda, do-podiché i due tecnici della Boxe Spoleto hanno cominciato con il mettere in posi-

Alla fine della prova sono state valutate per tutta la durata delle lezioni.

La Boxe Spoleto ha consegnato a tutte le partecipanti una maglietta offerta dal CONI di Perugia, che le ragazze hanno provveduto a personalizzare con la scrit-ta del sodalizio spoletino.In sostanza si è trattato di una bellissima esperienza che gli alunni hanno apprez-zato nella totale interezza delle varie fasi delle lezioni. S’è trattato di un’occasione in più per confermare la bontà di una disciplina che, conoscendola direttamente, si è in grado di apprezzare sia sotto il profilo psicomotorio sia sotto quello tecnico spettacolare.

zione di “ guardia” le giovani neo pugili, per poi passare all’impostazione tecnica vera e propria.Alle ragazze sono stati quindi fatti in-dossare i guantini da sacco e si è comin-ciato con le “ figure”, attività esclusiva-mente tecnica.Dalla posizione di “guardia” si è passati a come si effettuano i vari colpi del pugi-lato: i “diretti”, i “montanti”, i “ganci”.L’ultima lezione si è tenuta su uno spa-zio-ring appositamente allestito, al cui interno, sotto la guida dei tecnici della Boxe Spoleto, le neo pugili si sono esibi-te nello sparring-condizionato.

le alunne del Liceo Pontano indossano le magliette da loro personalizzate con la scritta “Boxe Spoleto”

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pugilato e cinemaGordon Linnell

CARNERALA MONTAGNA CHE CAMMINA

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Per mio padre, sportivissimo e inna-moratissimo, il 1933 fu un anno d’oro. Si sposò con la ragazza amata, che diventò poi mia madre; vide la sua squadra del cuore, l’Everton, vincere la coppa FA a Wembley, e il suo pugile preferito Primo Carnera divenne cam-pione del mondo dei pesi massimi. Parlava molto di Carnera mio padre, e per me l’atleta italiano diventò un personaggio mitico, quasi magico.Tutto questo mi è tornato in mente di recente, dopo che avevo visto il film “Carnera – la montagna che cammi-na” (2008), di Renzo Martinelli. Certa-mente si tratta di un film abbastanza idealizzato; sembra improbabile, ad esempio, che il primo amore del pu-gile, non davvero bello, fosse imper-sonato dalla bellissima attrice Kasia Smutniak, e che probabilmente la moglie di Carnera non avrebbe potu-to emulare in bellezza l’ex Miss Ita-lia Anna Valle, che la rappresentava. In ogni modo i fatti essenziali della vita del grande pugile sono riprodotti fedelmente nel film, che ho trovato assolutamente trascinante. E l’attore Andrea Iaia si rivela bravissimo nel ruolo principale, mostrando l’essen-ziale semplicità e ingenuità del per-sonaggio, ma anche, in modo molto efficace, la sua spaventosa irascibilità.Primo Carnera, con lo straordina-rio peso di 8 chilogrammi, nacque in provincia di Udine il 25 ottobre 1906. La sua famiglia era così povera

doveva combattere contro spettatori che lo sfidavano per somme di dena-ro. Rimase imbattibile, anche quando incontrò contemporaneamente un gruppo di quattro ragazzi, che superò senza difficoltà. Accadde poi che una sera, ad Arcachon, tra la folla ci fosse Paul Journee, ex-campione francese dei pesi massimi, che intravvide le enormi potenzialità pugilistiche di Carnera e si offrì di allenarlo per una futura carriera sul ring.

che fu costretto a lasciare la scuola a soli 10 anni e a mendicare insie-me ai fratelli. A 12 anni aveva già la statura di un adulto e in poco tempo raggiunse l’altezza di 2 metri e 5 cen-timetri e il peso di 125 chilogrammi, emigrato in Francia dagli zii, Carne-ra trovò lavoro come lottatore in un circo, (episodio dipinto molto vivida-mente nel film). Con il soprannome di Juan lo Spagnolo, il gigantesco Primo

CARNERALA MONTAGNA CHE CAMMINA

P

Primo Carnera dopo la vittoria su Jack Sharkey nel 1933

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Superata una prima esitazione, Primo fi-nalmente accettò.Dopo inizi alquanto incerti, Carnera si adattò molto bene al pugilato, e con un manager (Leon See) trovatogli da Journee, debuttò come pugile professio-nista a Parigi nel 1928, vincendo al se-condo round per knockout contro Leon Sebilo. Seguirono altre sei vittorie, ma anche due sconfitte.Carnera approdò negli Stati Uniti nel 1930 e godette un enorme successo im-mediato, diventando sempre più popo-lare con 25 vittorie e una sola sconfitta. Su 17 match disputati nel 1931, ne perse solo uno; nel 1932 subi’ solo due sconfit-te (tutte e due discutibili, ma non accen-nate nel film) e vinse 23 incontri. Leon See, però, si rivelò assai disonesto con Carnera, appropriandosi della maggior parte del denaro dovuto al pugile. L’atto-re F Murray Abraham, con il suo sguardo fuggente e la sua falsa bonomia, inter-preta in modo strabiliante il ruolo di See.Veniamo al 1933, che si rivelerà l’anno più drammatico, più riuscito, ma anche più tragico nella vita di Carnera. E tutto questo nel film viene trattato magnifi-camente da Martinelli e dal suo cast. A febbraio, Primo si misura con il quotatis-simo Ernieel Schaaf al Madison Square Garden, e dopo un incontro faticoso Car-

Difende poi il suo titolo contro Uzcu-dun e Loughran. Si organizza quindi un incontro con l’americano Max Baer, un pugile di 95 chilogrammi, molto meno pesante di Carnera, ma con la reputazio-ne di essere molto rapido ed estroso sul ring. Nel frattempo il secondo manager di Primo viene arrestato: anch’egli con investimenti sconsigliati aveva inganna-to il campione, che va su tutte le furie quando scopre la verità. Così, in contra-sto con l’enorme successo, Carnera si tro-va squattrinato.L’incontro Carnera-Baer è forse il clou del film, e l’interpretazione dell’attore Antonio Cupo nel ruolo di Baer è stu-penda. Sul ring Baer, agilissimo, ride di Carnera, evitando quasi tutti i pugni dell’italiano, spedendolo al tappeto per ben dodici volte. Il film mette in risalto l’estremo coraggio di Carnera che, no-nostante tutta la sofferenza (si è anche lussato una caviglia) non vuole cedere. All’undicesimo round l’arbitro sospende però l’incontro: Max Baer è il nuovo cam-pione del mondo.Il film finisce qui. Non si vedono altri in-contri pugilistici, come quello perso nel 1935 con Joe Louis, e neppure la carriera da wrestler di Carnera (1946-1957), né la sua scomparsa per cirrosi epatica nel 1967.Senza dubbio alcuno anche oggi l’Italia rimane fiera del suo coraggioso campio-ne. E, ritengo, il cinema italiano dovreb-be essere orgoglioso di questa opera di Renzo Martinelli.

nera mette al tappeto il suo avversario. Un grande trionfo, senz’altro, ma quattro giorni più tardi Schaaf muore per un’e-morragia. Carnera è inconsolabile, scon-volto, pieno di rimorsi. Vuole rinunciare al pugilato, ma in seguito alle numerose lettere scrittegli da immigrati italiani che esprimono il loro orgoglio per le sue imprese, e anche all’aiuto della madre di Schaaf (un fatto non menzionato nel film), due mesi più tardi Carnera cambia idea e riprende i suoi allenamenti per sfidare il titolo mondiale di Jack Sharkey.I due si erano già incontrati nel 1931, in un match vinto ai punti da Sharkey: una delle rare sconfitte di Carnera. L’italiano nel frattempo è migliorato tecnicamente e ora appare fiducioso nella sua rivincita’. Il Madison Square Garden è gremito quel-la sera del 29 giugno, 1933. Sin dall’inizio Carnera attacca Sharkey violentemente, con torrenti di pugni devastanti. Il team di Sharkey, convinto che i guantoni di Car-nera siano pieni di oggetti metallici, chie-de un controllo. Ma non c’è trucco nella forza del gigante! In qualche modo per sei round Sharkey rimane in piedi, ma al settimo round un montante destro di Car-nera mette KO l’americano. Gli immigrati italiani esultano; Primo Carnera diventa il primo campione mondiale dei pesi mas-simi di nazionalita’ italiana.

Primo Carnera con Totò nel film “Due cuori fra le belve”

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pugilatoMichela Carazzina & Volfango Rizzi

Foto di Volfango Rizzi

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CamPionato italiano di Pugilato

al CamPo di Rugby

un gRande SCaRPa

batte de donatointeRviSta eSCluSiva

Con il vinCitoRe

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sera e il cielo sopra il centro sportivo “Crespi” di Lambrate è terso e ancora di un bel blu lumi-noso in questo che é il giorno più lungo dell’anno, il 21 giugno, sol-stizio d’estate. Si prevede una se-rata fresca e durante il sottoclou dilettantistico molta gente già si accalca per vedere dagli spalti la manifestazione pugilistica, che prevede lo svolgimento di quattro combattimenti dilettantistici e di tre professionistici. C’é la presenza delle telecamere di Rai Sport per la trasmissione in diretta dell’incontro principale della serata, che mette in palio il titolo italiano dei superleg-geri tra due giovani pugili: Renato de Donato e Andrea Scarpa.Sede della riunione è il campo di rug-by del centro sportivo, in cui il pugile/rugbista Renato de Donato allena i giovani nello sport della palla ovale. Il cielo sgombro di nubi e una leggera frescura mettono gli spettatori a pro-prio agio. Essi sono pronti a gustare il grande spettacolo che presto scorrerà sotto i loro occhi, accompagnato di tan-to in tanto dallo sferragliare dei treni, che transitano per la vicina stazione.

Molti i nomi illustri presenti alla mani-festazione; tra di essi è doveroso cita-re l’ex pluricampione olimpico e Cam-pione del Mondo dei pesi superwelter

compagnati da musiche, suoni e co-reografie ben studiate, allo scopo di coinvolgere emotivamente il pubblico e sostenere i pugili che da lì a poco avrebbero gareggiato.

Dopo i tre incontri dilettantistici, che hanno visto la presenza di pugili di Mi-lano, si sono svolti i quattro professioni-stici, di cui riportiamo i risultati dei primi tre, tutti combattuti sulle 6 riprese:

e dei pesi medi Nino Benvenuti, che interviene in veste di commentatore dei vari incontri della serata.Tutti i combattimenti previsti sono stati coinvolgenti e spettacolari, con gli ingressi dei vari pugili al ring ac-

e'

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- pesi superwelter: Marcello Matano batte Luca Arrigo ai punti;

- pesi welter: Riccardo Pintaudi batte Giuseppe Rauseo ai punti;

- pesi superleggeri: Gianluca Ceglia batte Marco Siciliano per abbando-no alla 4^ ripresa.

L’incontro clou della serata era quello finale per il titolo italiano dei pesi su-perleggeri, che vedeva opposti due gio-vani pugili: Andrea Scarpa (attuale de-tentore del titolo superpiuma) e Renato de Donato (detentore del titolo in palio).

L’incontro tra questi due giovani e di-versi pugili è stato avvincente, tanto da tenere con il fiato sospeso i presenti du-rante tutti i round. Entrambi i campioni, carichi e pieni di voglia di vincere, non si sono risparmiati, facendo partecipare il pubblico presente a uno spettacolo sportivo di alta qualità, con i due con-tendenti che hanno mantenuto un ritmo molto alto, impreziosito di scambi sce-

nici, De Donato si rialzava e riprendeva il match, ma continuava ad incassare colpi, conseguenza forse di aver preso sotto gamba un avversario di poco più gio-vane ma decisamente veloce e di buoni riflessi.

nografici e diverse combinazioni. Dopo una fase iniziale abbastanza equilibrata, alla sesta ripresa Scarpa è apparso più aggressivo rispetto ai round precedenti, tanto da riuscire a mettere a terra l’av-versario con un potente destro al mento. Dopo gli 8 secondi cano-

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Alla settima ripresa l’arbitro decreta il KO tecnico nei confronti di De Dona-to, nonostante le proteste dei tifosi di quest’ultimo. Andrea Scarpa diviene così il nuovo campione italiano dei pesi su-perleggeri. Sicuramente sarebbe stato possibile contare in piedi De Donato, per dargli un po’ di tempo per recuperare, ma era dalla sesta ripresa che egli rice-veva pugni senza dare segno di ripren-dersi e di poter reagire ai numerosi colpi che l’avversario gli andava portando.Andrea Scarpa ha vinto brillantemente: attorniato immediatamente sul ring dal suo entourage, é stato alzato e portato al centro del quadrato, per festeggiare sotto il cielo del campo di Lambrate. Scarpa ha fatto il suo dovere di campio-ne e di pugile corretto, dando a tutti i presenti una lezione di sportività: gioco pulito, voglia di lottare in reazione alle iniziali difficoltà. I tanti sacrifici effettua-

ti sono stati ripagati da una vittoria

E’ stato un incontro molto combattuto, come ti sei sentito durante le varie ri-prese?Io sentivo che, se mantenevo la calma, piano piano avrei potuto raggiungere l’obiettivo. Mi aspettavo che lui nel lun-go uscisse di più, provasse a portare più combinazioni, cosa che poi ha fatto. Co-munque sentivo che se rimanevo calmo e portavo i miei uno due a distanza o se lo centravo bene, comunque sarei riusci-to a fare un buon risultato, e così è stato. É andata bene.

E’ parso che durante i vari round sei via via diventato sempre più puntuale e preciso nei tuoi colpi, hai subito forse un po’ all’inizio o solo vi stavate studiando?Vero, andando avanti cercavo di calibra-re sempre di più sia i colpi sia le energie,

per non sprecare nulla; su 10 riprese sapevo che la salita sarebbe stata lunga. Più che altro non potevo por-tare troppe combinazioni, perché lui era abbastanza

mobile sia di gambe sia di busto quindi mi bastavano gli uno due, al mas-simo un tre, per centrarlo piano piano in modo costante; se lo colpivo bene co-munque notavo che accusava.

Sai già qualcosa dei tuoi prossimi in-contri?Penso che difenderò il titolo con-tro Antonino Siciliano: riempiremo il Palaruffini di Torino. Ogni tanto combattere in casa fa anche bene.

meritata pienamente, ottenuta per mez-zo di costanza, attenzione e reattività. E’ rimasto calmo e concentrato anche quando il suo avversario nelle prime ri-prese cercava di distrarlo e confonderlo; ha dimostrato un grande slancio di brac-cia e rotazione di busto, che al momento giusto hanno fatto la differenza.Dopo i controlli medici di fine incontro, abbiamo potuto parlare e intervistare il neo-campione, Andrea Scarpa.

ora vincitore di due campionati italia-ni, sei dovuto salire di due categorie di peso per questo incontro, com’è stato combattere stasera con questo limite?Quando ho vinto il superpiuma ho dovu-to perdere circa 5 kg per rientrare nella categoria, ora sono tornato a un peso per me più consono; sto bene, sono sereno, mangio normalmente e sono tranquillo soprattutto

con la testa.

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Detentore di due titoli italiani, dopo questa vittoria non penseresti a un ti-tolo dell’unione Europea o addirittura a un campionato europeo?Se mi si dovesse presentare l’occasione assolutamente sì, e molto mooolto vo-lentieri come immaginerai. Per ora resto con i piedi saldi, aspettiamo e vediamo.

i tuoi programmi per il prossimo futuro?A settembre vorrei andare ad allenarmi a New York con Floriano Pagliara, lo sfi-dante del titolo dei superleggeri che ho battuto a gennaio. Starò lì un mesetto, cercando di carpire tutti i segreti della boxe d’oltreoceano. Vediamo un po’ che succede.

ti auguriamo tanto successo e ti ringra-ziamo per questa intervista.Grazie a voi. ancora grazie al Campione italiano an-

drea Scarpa per l’intervista e per la sua disponibilità fuori dal ring.

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rugby di baseVolfango Rizzi

n questo spazio sul rugby di base, abbia-mo di proposito scelto di porre la nostra attenzione a una realtà del sud Italia, e precisamente siamo andati nell’area pugliese, per conoscere come stanno andando le cose in tema di pratica della palla ovale. Abbiamo così avuto modo d’intervistare il sig. Francesco Desantis, Direttore Generale dell’ASD Omnia Rug-by Bitonto assieme al Segretario Anto-nio Mattia e il Team Manager Francesco Sorresso.

Quando è nata l’asd Omnia rugby biton-to e chi ha avuto l’idea di portare il rugby in questa parte di Puglia?L’ASD Omnia Rugby è nata come società calcistica nel 2008 e dall’Aprile 2012 ha accolto la “sezione rugby”, diventando una vera e propria polisportiva. L’idea è nata da un gruppo di ragazzi, prove-

nienti dalla società Lions Bitritto Rug-by: giovani di Bitonto, Palo del Colle e Bitetto, che hanno deciso di portare il gioco della palla ovale in una città di 65.000 abitanti.

La sezione rugby ha quindi appena com-piuto il suo primo anno. Com’è stata la risposta del pubblico locale? Quanti spettatori vi seguono e quale spazio è concesso sui quotidiani locali?Il pubblico locale ha sempre risposto in maniera positiva a questa piacevole novità. Durante le partite gli spettatori non sono più di una cinquantina, ma va considerato che l’orario d’inizio dei match (14:00) non è proprio così invi-tante. Fortunatamente, e inaspettata-mente, i media e i quotidiani locali ri-servano parecchio spazio al gioco della palla ovale.

Foto di Francesco Sorresso

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Quanti sono i giocatori e i dirigenti? in quale campionato milita la squadra e quanti allenamenti settimanali svolge?I nostri tesserati superano le 40 uni-tà e sono in costante crescita; tutto è gestito da 6 ragazzi dirigenti/giocato-ri. Militiamo nel campionato di serie C pugliese, girone “non elite”. Nel periodo post-campionato ci alleniamo 2 volte alla settimana e durante l’intenso perio-do agonistico arriviamo a 3 allenamenti settimanali.

avete una sezione giovanile? una strate-gia per arrivare ai giovani?Da quest’anno sarà istituito (come da re-golamento) il settore giovanile con l’un-der 14. Già da qualche mese dedichiamo ore all’apprendimento teorico e soprat-tutto pratico del gioco della palla ovale, operando in alcune scuole elementari

(Svicat Campi e Gorima Trepuzzi su tutte ndr) e tatticamente organizzate.

Com’è stata l’esperienza di giocare il campionato? Quali le maggiori difficoltà incontrate?L’esperienza di giocare in questo cam-pionato è stata stupenda. Calcare campi da Lecce a Potenza partendo 5 ore pri-ma del fischio di inizio, condividere gio-ie dopo tanta stanchezza per le ore di viaggio, sono soddisfazioni ed emozioni che difficilmente possono essere dimen-ticate. Le maggiori difficoltà sono state affrontate nel primo periodo, durante le prime partite, dove magari avversari si-curamente più “navigati” hanno messo a dura prova le nostre capacità; ma aven-do preso sempre più fiducia e sicurezza nei nostri mezzi, siamo riusciti a portare a casa risultati su risultati.

durante le ore curriculari di educazione motoria, in alcuni gruppi parrocchiali, o grazie a progetti comunali che coinvol-gono e appassionano sempre più tanti giovani. Il nostro principale intento è quello di infondere in loro i valori del-la lealtà e della fratellanza, che questo sport tramanda da sempre.

Come valuta lo sviluppo rugbistico nella sua regione in rapporto ad altre aree del nostro Paese?In generale lo sviluppo rugbistico nell’I-talia meridionale sta crescendo rapida-mente negli ultimi anni. E’ ancora asso-lutamente imparagonabile alle solide realtà del Nord Est, ma nel giro di un de-cennio potrà forse essere alla pari o quasi. Per quanto riguarda la mia regione, nello specifico nel Salento, si possono ritrovare squadre affermate e parecchio collaudate

Quando Il calcIo fa SPazIo al Rugbyl'aSd omnIa bItonto

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Vi riscriverete quindi al Campionato se-rie C della Fir la prossima stagione?Certamente! Non vediamo l’ora di torna-re in campo e iniziare un nuovo, entusia-smante campionato!

Veniamo ora ai rapporti col Comitato Regionale: diverse realtà, che noi cono-sciamo in altre regioni d’Italia, avver-tono che esso è un organo finalizzato a perseguire le politiche FIR, fornendo insoddisfacente supporto alle squadre di base. Com’è il vostro rapporto col Comi-tato regionale?Fortunatamente il nostro comitato re-gionale pugliese supporta (anche mo-ralmente) la crescita e lo sviluppo di nuove realtà sportive come la nostra. Sicuramente durante la stagione ci sono

Quali sono i vostri obiettivi per la pros-sima stagione?La passata stagione (e la prima per noi) è stata davvero fantastica. Siamo molto fieri delle vittorie contro squadre con più esperienza, e per noi è questa la causa stessa della “fame agonistica” che sicu-ramente ci porterà in breve tempo a con-quistare la prima posizione del girone! Amiamo le sfide... e per la prossima sta-gione chi può dirlo... non poniamo limiti alle nostre ambizioni!

C’è già un settore femminile o avete ma-gari in programma di svilupparne uno a breve?A tutt’oggi c’è solo un’idea riguardo al settore femminile di rugby a 15; ci vorrà del tempo prima di metterla in cantie-re... ma sicuramente in futuro daremo spazio anche al “gentil sesso”.

Chi sono gli allenatori della squadra se-nior e di quella dei giovani?

stati dei disguidi di carattere puramente organizzativo, risolti comunque con mol-ta facilità; ciò non ha minato il rapporto con il Comitato e auspichiamo che in fu-turo le nostre forze possano cooperare quanto più possibile per lo sviluppo di questo sport.

Foto di Francesco Sorresso

Foto di Francesco Sorresso

Foto di Francesco Sorresso

Foto di Francesco Sorresso

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Abbiamo deciso di affidare il ruolo di di-rettore tecnico a mister Lorenzo di Ruvo, al quale sono stati affiancati alcuni ragazzi (formati grazie ai corsi FIR), appartenenti alla prima squadra. Non è casuale che la

ne per questo sport... utili nel processo costruttivo della squadra senior e in parti-colar modo alle giovanissime leve.

Che cosa organizza l’Omnia bitonto per i suoi terzi tempi?I nostri terzi tempi sono abbastanza co-piosi... focacce, pasta al forno e pizze di patate, e soprattutto birra a fiumi!

Vede qualche somiglianza tra il rugby e gli scacchi, e tra il rugby e il pugilato?Tra rugby e scacchi? Beh, ce ne sarebbero alcune. Potrei vedere le torri un po’ come le nostre ali, i cavalli i nostri flankers e gli alfieri le seconde linee. Il re e la re-gina, sono i nostri due mediani, sempre pronti a tutto campo, mentre i pedoni li dividerei tra piloni, tallonatore e i centri.Ciò che secondo me più accomuna que-sti due sport è l’attenzione ai dettagli e l’intelligenza tattica! Per quel che con-cerne il rugby e il pugilato, direi che han-no in comune il contatto fisico, ma tutto ciò che è regolare nel pugilato, per noi equivale a una espulsione con tanto di squalifica abbondante!

a stagione agonistica terminata cosa propone la vostra società?A stagione terminata, si svolgono i cosid-detti allenamenti “di scarico”. Da quest’an-no la nostra squadra partecipa alla “Ma-gna Grecia Beach Rugby Cup”, torneo di beach rugby a tappe, in cui figurano squa-dre di Puglia, Calabria e Basilicata. Inoltre, la nostra compagine, in versione “estiva”, ha partecipato alla tappa nazionale di beach rugby a Napoli, giocandosela con squadre maggiormente blasonate.

scelta sia ricaduta su un allenatore giova-ne e caparbio come mister di Ruvo; è fon-damentale il suo apporto morale e tecnico nel trasmettere valori come rispetto delle regole e sacrificio, ma soprattutto passio-

Foto di Viviana Minervini Foto di Viviana Minervini

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dre sud africane, neozelandesi ed au-straliane, senza però costituire dei veri e propri incontri ufficializzati sotto forma di tour. Da segnalare soltanto il tour del 1910, che vide per la prima volta in cam-po la nazionale dello stato sudafricano, nato proprio in quell’anno. Questo rap-presentò l’ ultima comparsa dei Lions in terra australe: la guerra mondiale, aveva allontanato le persone dai campi da gio-co e la Corona inglese aveva da difende-re interessi ben più grandi di una palla ovale. La maglia rossa della rappresen-tanza britannica tornò a calcare i campi sudafricani dopo quasi quattordici anni, con un tour disastroso che fruttò quattro sconfitte in altrettanti incontri: un mas-sacro. Più tardi la Storia obbligò i gioca-tori a un secondo e doloroso stop: era giunta la seconda guerra mondiale, con i suoi orrori e le sue vittime. Nel 1950 si disputò il primo tour dei Lions moderni: da quel momento si normalizzò l’evento, portando l’obbligatorietà degli incontri

Il Rugby è uno sport che per carat-teristiche intrinseche può essere definito multiforme. Esso richiede, infatti, l’utilizzo contemporaneo di energie mentali e fisiche, dimo-strandosi adatto alla pratica da

parte della generalità degli individui. All’interno della squadra lo “spogliato-io” è un fattore molto delicato, che per raggiungere un proprio equilibrio richie-de la presenza di soggetti con elementi caratteriali molto vari. Le sue motivazio-ni culturali e sociali esulano dal mero aspetto sportivo e non possono essere racchiuse in una palla ovale o in un sem-plice campo rettangolare. Per tutti que-sti motivi possiamo affermare che nel Rugby moderno ci sono più stili di gioco: ciascuno con proprie motivazioni e pro-prie identità. Sotto tale profilo, il Tour dei British&Irish Lions, che inizierà nel pros-simo giugno, assume una luce autonoma, che s’ impone con forza sul palcosceni-co ovale. È un confronto tra un Rugby

di matrice europea, che si confronta in maniera totale e integrale con il tipo di gioco che si pratica nell’emisfero austra-le. Questo rende la squadra dei Lions e il loro tour un vero e proprio evento di ampia risonanza. I Lions sono stati fondati nel 1888 con il nome di Rappre-sentanza inglese: essi erano il tramite attraverso cui la Corona britannica, si sarebbe manifestata nelle lontane colo-nie di Australia e Nuova Zelanda. Il primo tour della storia vide, infatti, i giocatori europei scontrarsi con squadre e rappre-sentanze locali, per più di una trentina d’ incontri. Dunque ancora una volta il Rug-by indossava vesti più importanti di un semplice confronto sportivo, assumendo caratteri di stampo culturale e, in quel lontano XIX secolo, anche politiche, con la presenza di una Corona che si manife-sta, presente in tutti i punti del proprio vastissimo impero. In tempi successivi si svolsero, saltuariamente, altri incontri tra squadre d’ impostazione inglese e squa-

I LIonSLo SQuadRone PIu' foRte aL mondo

michele benazzo

Rugby: istRuzioni peR l’uso

RubRica

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visto inoltre l’ assegnazione del ruolo di capitano a due veri e propri monumen-ti del rugby irlandese, tuttora in attività, Brian O’ Driscoll e Paul O’ Connell, san-cendo al contempo anche la superiorità del rugby irlandese sugli altri modelli britannici. L’onorato, e oneroso, compito di capitanare i British&irish Lions, nel loro tour di quest’anno é spettato invece al capitano della nazionale gallese, Sam Warburton. Scelta quest’ultima significa-tiva, che suona come premiazione del bel gioco espresso dal Galles in questi ultimi anni. In definitiva gli atleti, nel momento in cui indossano la divisa ros-sa e blu dei Lions, non sono più semplici giocatori, ma assumono l’arduo compito di difendere la cultura, lo stile e l’inter-pretazione del rugby europeo contro quello australe. E’ quindi una maglia che “pesa”, che si guadagna in base esclusi-vamente a un criterio meritocratico, che non diviene proprietà del giocatore, ma solo concessa in prestito.

ogni quattro anni. La squadra europea, che fino a quel momento era scelta se-condo criteri e parametri non stabiliti in modo ufficiale, divenne una rappre-sentanza di Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda. Con queste definizioni , nasceva in modo preciso e concreto un confron-to veritiero tra il rugby occidentale ed il rugby australe, e i giocatori dei Lions divennero dei veri e propri ambasciato-ri in terra straniera. Gli anni ’70 furono i più vincenti per i giocatori europei: ba-sandosi su veri e propri colossi del rug-by gallese, quali Gareth Edwards, autore della meta più bella del rugby, e Barry John, la squadra europea fece dei tour pressoché perfetti. Questi furono anche gli anni in cui si ufficializzò il formato misto del tour. I Lions alternano tuttora incontri contro squadre locali a partite con le rappresentative nazionali dello stato ospitante; in questo modo è pos-sibile creare un vero e proprio confronto a 360°. I tours del 2005 e 2009 hanno

I RISuLtatI deL touR 20131° giugnoLions 59-8 Barbarians - Hong Kong5 giugnoLions 69-17 Western Force - Perth8 giugnoLions 22-12 Queensland Reds - Brisbane11 giugnoLions 64-0 Queensland & NSW Country - Newcastle15 giugnoLions 47-17 New South Wales Waratahs - Sydney18 giugnoLions 12-14 ACT Brumbies - Canberra22 giugnoPrimo Test: Lions 23-21 Australia - Brisbane25 giugnoLions 35-0 Melbourne Rebels - Melbourne29 giugnoSecondo Test: Lions 15-16 Australia - Melbourne6 luglioTerzo Test: Lions 41-16 Australia - Sydney

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RugbyVolfango Rizzi

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Abbiamo intervistato il Sig. Sergio Ruzzente, Presidente del Rugby Club Valpolicella per conoscere di più questa squadra che ha fatto una stagione strepitosa vincendo

17 partite consecutive prima di perdere il ritorno della semifinale di Serie A.

Sig. Sergio Ruzzenente, la squadra del Santamargherita Valpolicella è stata, sen-za dubbio, la sorpresa positiva di questo campionato di Serie A (2012-2013): ha vinto il Girone 2, qualificandosi per le se-mifinali, dove è stata capace di battere il Pro Recco Rugby nella semifinale d’anda-ta, seppur perdendo poi quella di ritorno. Sono stati questi i risultati che avevate preventivato all’inizio della stagione?All’inizio siamo partiti con la sola idea di confermare il buon risultato di metà classifica dell’anno precedente e magari migliorarlo un po’. Già nel girone d’andata abbiamo cominciato a raccogliere risultati interessanti, ma abbiamo comunque con-tinuato a giocare partita per partita. Nem-meno nella parte finale del campionato abbiamo mai avuto la certezza di arrivare primi, ma i ragazzi hanno giocato ogni in-contro al 100% e il risultato è arrivato.

Come ha risposto la comunità locale? C’è stato un incremento di spettatori duran-te il campionato, una maggiore attenzio-ne da parte dei media locali?Sì, la gente in particolare si è avvicinata molto. La squadra ha effettuato partite molto diverse tra loro, sempre molto in-tense e mai banali. Il pubblico si è af-fezionato e ha seguito con sempre più calore la propria squadra. Sugli spalti si sono registrate punte di oltre mille spettatori. Discorso un po’ diverso per i media, certamente più attenti che in passato, ma che solo nelle battute finali dell’anno si sono resi conto della magia che si stava avverando in Valpolicella.

Il successo di questa stagione è valso economicamente per il prossimo cam-pionato? S’è riscontrato interesse da parte di potenziali nuovi sponsor, o co-munque un maggiore coinvolgimento da parte di quelli già esistenti?Qualche piccolo sponsor si è aggiunto, ma visto l’odierno, difficile momento economico, già anche solo la conferma ottenuta dell’appoggio di quanti ci han-no portato fino qui non è poco.

Il Rugby Club VAlPolICellA

SuglI AlloRI

Intervista a Sergio Ruzzente

Foto di Rugby Club Valpolicella

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Per la prossima stagione, prevedete nuo-vi innesti nella rosa? Vi saranno alcune partenze verso squadre di Eccellenza o di Serie A?La squadra di quest’anno è conferma-ta. Non sappiamo ancora cosa faranno i nostri due uruguaiani, che stanno va-lutando in simbiosi con i tecnici della nazionale in cui giocano, ma, per quanto ci riguarda, siamo pronti a confrontarci con loro. Ci lascerà, invece, Vittorio Mus-so, che quest’anno giocherà contro di noi con la Squadra dell’Accademia di Par-ma. Stiamo ovviamente cercando degni sostituti e abbiamo già attivato diversi contatti in tale direzione.

Quest’anno vi siete guadagnati la pro-mozione al girone 1 di Serie A. Ritenete di poter effettuare un campionato di alta classifica anche nella prossima stagio-ne? Puntate a conquistare un posto in semifinale? (ndr: si qualificano per i play-off le prime tre squadre del Girone 1)Il nostro obiettivo per il 2013/2014 è la salvezza. Non conosciamo la categoria e siamo convinti che sarà più dura. Abbiamo giocato solo contro il Pro Recco, ma in un momento particolare dell’anno, i play-off, e non possiamo quindi considerare i due match disputati prove probanti di ciò che ci aspetta. Servirà una maggiore continuità di gioco, di forma fisica e maggiore con-centrazione che dovremo impegnarci ad

Che interesse hanno dimostrato le autorità locali, come il Comune o la Provincia?Il Comune, per quanto può fare, si è at-tivato per migliorare la struttura con un progetto di riqualificazione degli spo-gliatoi, della club house e delle recinzio-ni del campo. Sappiamo però bene come sono messe le casse pubbliche in questo periodo; bisogna quindi vedere se andrà tutto a buon fine.Anche la Provincia si è mostrata attenta, pur non avendo specifiche competenze in ambito sportivo. Al momento si tratta quindi solo di sostegno morale.

In termine di campo di gioco, posti a se-dere per gli spettatori o accessori come un segnatempo, si prospettano migliorie nel prossimo futuro?Sul medio termine speriamo di miglio-rare in ogni area, ma al momento sono altre le priorità.

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acquisire. Fare gli spareggi per l’Eccellenza è stato un onore, ma ora torniamo con i piedi per terra e ricominciamo da capo.

E’ previsto che rimangano lo stesso staff tecnico e il medesimo capitano o vi sa-ranno dei cambiamenti in questo senso?I tecnici sono già confermati. Zanella non smette mai di stupire, e Amato, alla sua pri-ma esperienza come preparatore atletico, è stata una bella sorpresa. Siamo contenti che entrambi siano con noi anche nella prossima stagione. Per quanto riguarda il capitano, Previato, è stato quest’anno una guida per tutta la squadra ed ha mantenu-to un comportamento esemplare dentro e fuori il campo. Tradizionalmente il capita-no viene però scelto dall’allenatore insie-me con tutta la rosa di giocatori a inizio stagione: non sappiamo quindi ancora chi egli sarà per il 2013/2014.

In quale direzione vuole lavorare que-sta società? Vi prefiggete di giocare nel Campionato d’Eccellenza nel prossimo

è quello tracciato ormai da diversi anni. Stiamo lavorando alla diffusione del rug-by in zona, con l’intenzione di far frequen-tare il nostro club da un sempre maggior numero di ragazzi di ogni età, così che un domani possano diventare giocatori di alto livello. La nostra prima squadra è composta di giocatori del “vivaio Valpoli-cella”, e per crescere ancora continuiamo a voler puntare sui nostri giovani.Economicamente il momento non è facile per nessuno, ma tirando la cin-ghia su ogni fronte andiamo avanti. Per quest’anno comunque non dovremmo avere difficoltà, perché in campionato sono previste trasferte più brevi e quin-di economicamente meno impegnative.

quinquennio? Si legge spesso di diffi-coltà economiche di diverse società rugbistiche italiane di Eccellenza o Serie A. In che situazione eco-nomica si trova il Rugby Club Valpolicella ASD? Il percorso che stiamo facendo

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RugbyDuccio Fumero

re partite, tre sconfitte, ma soprattutto tre prestazioni lontane parenti dell’Italia vi-sta lo scorso novembre e durante l’ultimo Sei Nazioni. L’Italrugby di Jacques Brunel torna dal Sud Africa con molti dubbi e poche certezze, soprattutto per quel che riguarda la gestione dei giocatori da par-te del tecnico francese.

Ricapitoliamo che cosa è successo. Gli az-zurri, a giugno, erano in Sud Africa per un quadrangolare con Springboks, Samoa e Scozia. Una sfida impossibile quella dell’esordio; poi due match da giocare punto a punto, per confermare la cresci-ta dell’ultimo anno. In campo, invece, si è vista un’Italia spaesata, confusa, di una supponenza fastidiosa e difensivamente

assente. Insomma, come anche la stam-pa britannica ha rimarcato, un’Italia che sembrava in vacanza. Il risultato sono state due sconfitte nette con Sud Africa e Samoa e un ko in extremis contro la Sco-zia, al termine di un match che appariva più uno “scapoli-ammogliati” che un test match ufficiale.A deludere, soprattutto, sono stati i “sena-tori”. Alcuni hanno dimostrato che la loro fase calante è giunta al punto più basso e, forse, sarebbe il momento di ringraziar-li per tutto ciò che hanno fatto in carriera, e voltare pagina. Marco Bortolami (troppi e stupidi i falli da lui commessi, che gli sono costati anche un giallo), Mauro Ber-gamasco e Gonzalo Canale rappresen-tano ormai un lusso, che Jacques Brunel

T

ITalRugbyun gIugno da dImenTIcaRe

Foto di Elena Barbini

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non può più permettersi. Sergio Parisse ha bisogno di vacanze: la sua volontà di fare sempre tutto lui – inventandosi pure playmaker e dimenticandosi completa-mente che una terza linea deve in primis fare il lavoro sporco in ruck – diventa fastidiosa quando i suoi colpi di genio assomigliano più a una volontà di smar-carsi dal disastro azzurro, piuttosto che essere utili alla causa. Insomma, i test di giugno dovrebbero servire ad allargare la rosa, non a offrire qualche gettone di presenza extra alle vecchie glorie.

Non è un caso, dunque, che le uniche note positive di un tour disastroso ri-guardino i giovani. Consistente, anche se poco appariscente, l’esordio dell’italoar-

Questo conferma che i giovani ci sono e, se messi in campo, non fanno rimpiange-re vecchie glorie.

Insomma, dal Sud Africa si torna con molti dubbi e poche certezze. Per fortuna pos-siamo sperare in quella linea verde, su cui Jacques Brunel è bene che indirizzi le sue scelte. Superando le inevitabili pressioni esterne dei clan azzurri, degli sponsor, della Fir, il coach francese dovrebbe met-tere in dubbio tutti e non dare certezze a nessuno (neppure ai Parisse, Castrogio-vanni, Masi di turno), dimostrando che le alternative ci sono. Penso che in questo modo l’Italrugby possa ritrovare la strada smarrita e tornare, il prossimo novembre, a riaccendere l’entusiasmo dei tifosi.

gentino Leandro Cedaro; sicuro e affida-bile si è dimostrato anche Andrea Mani-ci, chiamato a sostituire l’infortunato Leo Ghiraldini nel match contro Samoa. Al-berto Di Bernardo, dopo qualche tenten-namento con il Sud Africa, ha dimostrato, in mediana, di essere più affidabile e propositivo di Luciano Orquera , men-tre Leonardo Sarto ha saputo marcare una meta dopo neanche un minuto dal proprio esordio. Riguardo a chi non era alla sua prima apparizione, ma che va comunque considerato giovane promes-sa, si sono messi in ottima luce sia Luca Morisi, sia Tommaso Iannone, sia il solito Josh Furno, ormai una certezza in secon-da e terza linea. Bravi anche Andrea De Marchi e Lorenzo Cittadini in prima linea,

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rugbyNiall Grossi

rmai da qualche anno, con i compagni di squadra, ci si trova ad Agosto per un appuntamento fisso , il fantastico Festival di Montelago, sull’Appennino Umbro-Marchigiano, ed il suo torneo di rugby a 7. E’, infatti, un classico per i rugbisti, trascorso il periodo invernale e soprattutto durante le pause estive, scegliersi i tornei e le manifestazioni cui partecipare, sia per mantenere la forma fisica ed agonistica sia per non porre interruzioni nella pratica di uno sport che essi amano visceralmente. La

tesse risparmiare (con una squadra di quindici giocatori si ottengono infatti due squadre di sette e l’arbitro), è indi-scutibile che si sia evoluta secondo una conseguenza elementare: meno gioca-tori per squadra, uguale più squadre e quindi la possibilità di avere tornei con più compagini partecipanti. Tuttavia, è altrettanto evidente che l’immediatezza di questa variante e la sua spettacolari-tà rendono appetibile queste manifesta-zioni ad un pubblico più vasto rispetto ai fratelli maggiori; non a caso la formula “seven” ha fatto ritornare il Rugby nel programma dei Giochi della XXXI Olim-piade, l’edizione di Rio del 2016. L’aspet-to logistico ha sicuramente avuto un certo peso nella scelta del cosiddetto “short rugby”, avendo una gara di Seven una durata di 15 minuti; il che permette un’agile gestione della manifestazio-ne. Le squadre, inoltre, possono anche giocare con un solo giorno di riposo o addirittura effettuare più partite in una stessa giornata. L’ultima edizione della Coppa del Mondo, in Nuova Zelanda, (a 20 squadre) è durata più di 6 setti-mane per consentire alle nazionali di avere un periodo di riposo accettabile tra un incontro e l’altro. Nelle circa 3 settimane della durata dei giochi

maggior parte di queste manifestazioni è usualmente svolta in una forma “ridi-mensionata” rispetto al Rugby Union o Rugby League (rispettivamente a 15 e a 13 giocatori) e, soprattutto a livello amatoriale, di ridotte dimensioni è an-che sul terreno di gioco. Anche a voler ignorare tutte le narrazioni e leggende sulla nascita della variante di gioco a 7, come ad esempio che essa sia stata inventata dagli scozzesi, notoriamente popolo “parsimonioso”, così che si po-

SPettacolaRiSSimo Rugby a SettePReSto alle olimPiadio

Un’azione di gioco della semifinale, campo pesante in quanto ha piovuto tutto il giorno

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olimpici difficilmente potrebbe starci un tabellone per un torneo di Union o Lea-gue se non con un ridottissimo numero di partecipanti; ma così facendo ci si dovreb-be dimenticare il principio di universalità che contraddistingue l’evento sportivo globale per eccellenza. A questo proposito, il Seven ha una diffusione maggiore, che va ben oltre i confini delle nazioni di lunga tradizione della palla ovale. Nella classifi-ca attuale dell’ Irb Sevens World Series, di cui l’Hong Kong Seven è praticamente il maggior evento dopo la Coppa del Mondo (quest’ultima non si effettuerà in previsio-ne dei Giochi Olimpici), non troviamo, ad esempio, nei primi 20 posti della classifica nazioni come Irlanda, Italia, Georgia e Ro-mania; ne figurano invece altre, come Ken-ya, Uruguay, Hong Kong e Zimbabwe: più ampio numero di squadre quindi, minor divario tecnico e maggior potenzialità di pubblico. A tutto questo va aggiunto anche l’aspetto mediatico. Il Seven massimizza gli aspetti spettacolari di questo sport: sia atletici (velocità, forza e agilità) sia tecnici (manualità e placcaggio individuale). Un esempio paradigmatico è rappresentato dal recente caso dello statunitense Carlin Isles, centometrista con un personale di 10”e 13, che si è dato al rugby per avere una chance in più di partecipare ai Giochi. Anche il più conservatore degli appas-sionati del rugby a 15 non può rimanere impassibile di fronte a tali espressioni at-letiche applicate al gioco.In Italia siamo indietro, enormemente indietro, ma neppure immobili. Se da un lato da un paio d’anni la F.I.R. ha previsto due livelli di corsi per tecnici di Rugby a 7, dall’altro tardano a nascere manifestazioni che attirino l’attenzione degli atleti e in-ducano una certa specializzazione dei gio-catori e dei tecnici. Lievemente migliore appare la situazione in campo femminile, che con il “Progetto Minerva” ha avviato un cammino di formazione e selezione di atlete, in prospettiva di un imminente futuro. Ci si chiederà quale sia il massimo livello delle competizioni a 7 in Italia, e la risposta è tutt’altro che immediata. Ha raggiunto una certa notorietà e qualità il Roma Seven, che però rimane pur sempre un torneo ad inviti. Qualche altro torneo di buon livello spunta ogni tanto. Dove quindi dovremmo cercare per trovare una manifestazione agonistica che faccia da trampolino di selezione dei migliori atleti

maggiori soddisfazioni, sotto l’aspetto dei risultati, anche nel rugby a 15. Il tutto avvie-ne con insufficiente attenzione mediatica, che accomuna purtroppo nel nostro Paese il rugby a gran parte dello sport femminile, in generale vittima di poca considerazio-ne e specchio della scarsa cultura sportiva nostrana. Tornando al problema del Seven, in Italia forse si potrebbe pensare di po-tenziare una manifestazione come i C.N.U., conferendo a questi ultimi una considera-zione maggiore all’interno della F.I.R. Per esempio, in via sperimentale si potrebbero istituire vere e proprie borse di studio ( na-turalmente collegate anche al rendimento universitario) per gli atleti immatricolati e la federazione potrebbe dare supporto tecnico nella gestione delle squadre. In tale ipotesi, si potrebbe entrare in conflitto con i club, che dovrebbero rassegnarsi a concedere i giocatori convocati da queste selezioni, ma a ben vedere, in prospettiva lo scoglio potrebbe non essere invalica-bile. Per evolversi e diventare competitivi, anche a livello internazionale, è necessario determinare i presupposti per far aumen-tare il numero dei praticanti e far evolvere gli atleti in competizioni di alto profilo, così come si sta cercando di fare con le franchi-gie e le accademie federali. La nazionale maschile di Rugby a 7 non si è qualificata per la Coppa del Mondo che si disputerà quest’anno in Russia e, a quanto sembra, pure le Olimpiadi rimarranno un mero so-gno, anche se il CIO e l’IRB non hanno an-cora stabilito in maniera definitiva i criteri di qualificazione. Sarà imperdonabile man-care per dettagli programmatici la vetrina universale per eccellenza delle Olimpiadi. Se la federazione vuole veramente perse-guire i suoi fini di divulgazione, deve pre-mere l’acceleratore e non farsi più sfuggire in futuro tali occasioni.

azzurri? Recentemente ho avuto la fortuna di poter seguire i CNU (i Campionati Nazio-nali Universitari). Questi campionati, che si svolgono con cadenza annuale, sono giun-ti alla loro 66ma edizione e hanno da anni stabilmente il rugby a 7 tra le discipline. Nella fattispecie sia le qualificazioni sia le fasi finali sono patrocinate dalla F.I.R. e tutti gli atleti partecipanti sono tesserati di medio alto livello in società di rugby a 15. La vittoria nell’ultima edizione, svoltasi a Cassino, è andata all’Università di Parma (non a caso una zona con un eccellente background rugbistico), che ha replicato i successi dell’anno precedente a Messi-na e del 2011 a Torino. L’ateneo di Parma ha battuto in finale la squadra di Firenze, mentre la terza piazza è toccata a Pavia, che ha battuto nella finalina il Cus Bolo-gna. Le altre squadre protagoniste della fase finale di quest’anno sono state Roma, Lecce, Catania e Padova. Negli anni prece-denti non hanno fatto mancare buoni ri-sultati gli atenei di Genova, Verona, Torino e Milano. Nella maggior parte dei casi le squadre hanno avuto a disposizione atleti che militavano in squadre di Eccellenza, Serie A e addirittura nelle franchigie del Pro 12. Tuttavia, non sempre le squadre di club hanno consentito ai propri atleti di partecipare alle fasi finali, spesso coinci-denti con play off o fasi finali di campio-nato: E’ quindi lecito supporre che si po-trebbe arrivare a un livello anche più alto nella composizione dei team per i C.N.U.Analogo discorso va fatto per quanto ri-guarda il settore femminile. L’anno scorso la nazionale universitaria italiana femmi-nile si è classificata terza ai mondiali uni-versitari di Brive, ottenendo la medaglia di bronzo: risultati tutt’altro che trascurabili. Ultimamente le ragazze ci stanno dando

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IN alto da destra a sINIstra: Cullacciati A. (Pavia), Tvaroli J. (Pavia), Bronzini G. (Viadana),

Rossi E. (Piacenza Lyons), Zoli G. (Calvisano), Prini (D.T. Cus Pavia). in BAsso DA DEsTRA A

sINIstra: Limonta T. (Asr Milano), Gatti A. (Viadana), Disetti M. (Pavia), Barbieri D. (Colorno), sintich

n. (Viadana), Cipriani (Viadana) mancante nella foto ma parte della squadra Trevisan R. (Zebre)

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RugbyMarco Faraci

n questi ultimi anni, anche grazie a un’offerta televisiva sempre più ampia e variegata, il pubblico italiano ha comin-ciato a scoprire degli sport nuovi per il nostro paese, tra cui il Football Austra-liano o Football Aussie Rules.Questo gioco, molto spettacolare, è am-piamente lo sport più praticato e se-guito in Australia. E’ giocato in enormi campi da cricket di forma ovale, le cui

dimensioni sono quattro volte maggiori di quelle di un campo di calcio. Alle due estremità del campo sono piazzati quat-tro pali. Se si “segna” tra i due centrali, si realizza un goal (6 punti). Se si “segna” tra un palo centrale e un palo laterale, si realizza un behind (che vale un punto).E’ possibile realizzare punti calciando esclusivamente con i piedi. Per passarsi la palla, in alternativa, è possibile utiliz-

zare le mani nel cosiddetto “handball”: si tiene la palla su una mano e la si colpi-sce con l’altra chiusa a pugno. Anche in Italia si sta diffondendo il Foot-ball Australiano e oggi esiste un vero e proprio campionato.A tale proposito abbiamo intervistato Marco Musella, presidente del Roma Football Club, la squadra di Football Au-straliano della capitale.

A RomA c'e' chi vuol fARe l' "AuStRAliAno"

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Marco, personalmente come hai cono-sciuto questo sport?Sono sempre stato appassionato di sport e, contrariamente a quanto avviene in genere in Italia, ho sempre guardato con curiosità e interesse anche a sport meno praticati in Europa. Sono stato giocato-re di Football Americano in Italia negli anni ‘90 e ho sempre trovato diverten-ti gli sport con un po’ di “contatto”. Nel 2008-2009 ho conosciuto un collega italo-australiano, l’avv. Nicola Giampaolo, che mi ha convinto a seguire un paio di meeting che aveva organizzato a Milano assieme ad un altro storico appassionato e conoscitore dell’Aussie Rules, Armando Colombo, (commentatore AFL per Spor-titalia e coach di Milano). Da quel mo-mento ho avuto l’idea di costituire una squadra a Roma, per farla competere nel campionato italiano che stava nascendo.

Quando e come è partita l’avventura del Roma Football Club?L’Associazione Sportiva Dilettantistica Roma Aussie Rules Football Club (RFC) è ufficialmente sorta nel 2010, anche se il primo allenamento di Football Au-straliano a Roma si è tenuto il 15 dicem-bre 2009, al campo dell’Unione Rugby Capitolina. Da quel giorno, sempre più persone si sono avvicinate con curio-

cisivo nel mostrare la tecnica di gioco, la tattica e spiegare quello che a un ita-liano non viene “naturale” in un campo di Aussie Rules. In particolare, un ruolo decisivo nl progresso della squadra l’ha avuto il coach, Tim Marks, ex giocato-re (nemmeno tanto ex), australiano di Melbourne e personaggio ormai mitico dell’AFL Italia, grazie alla sua grinta ed ai discorsi con cui carica la squadra prima di ogni match.

Quali altre squadre esistono e come sono organizzate le competizioni in Italia?La AFL Italia si compone di 3 squadre: Roma FC, Genova Dockers, Milano Ea-gles. Ognuna raccoglie gli appassionati della relativa area geografica. Roma ca-talizza i giocatori del centro-sud (alcuni provengono anche da Catania e Napoli); Milano la Lombardia, Piemonte e Veneto; Genova la Liguria. Il campionato AFL Ita-lia, riconosciuto dall’AFL Europe (branch dell’AFL International), si articola in vari “matchday” in giro per l’Italia (nella sta-gione primavera-estate), che danno dei punti nella classifica generale fino a de-finire le due squadre che disputeranno la Grand Final. Accanto al campionato ita-liano si disputa la Coppa Italia, giocata in genere in campo neutro. Il campionato italiano è riconosciuto come uno dei più

sità a questo sport - facile da imparare e veloce - e così oggi siamo arrivati al quarto anno di competizioni. Il nostro primo match di Football Australiano è stato Roma FC- Milano, del 15 maggio 2010. La squadra, per allontanare ogni parallelo con il calcio e le divisioni re-lative che porta con sè, ha come colore sociale il Blue Navy. Il logo è una gentile concessione della squadra di Melbou-rne, il Carlton FC, e richiama appunto il logo di quella squadra, con le iniziali RFC sovrapposte. Il nostro soprannome informale è “the Blues”. Per scelta non si è voluto dare alla squadra un “nickname” ufficiale, un po’ come avveniva in Austra-lia con la fondazione, ad inizio secolo, dei vari club (Sydney FC, Melbourne FC), anche perché ci sembrava che il nome “Roma” fosse già ampiamente evocativo in Italia e all’estero. E Roma ha avuto l’onore di essere stata la squadra che ha vinto il primo campionato di Football Australiano.

Ma la vostra squadra è composta di ita-liani o di expats australiani?La squadra è composta al 90% da italia-ni, ma sono presenti australiani, argenti-ni, irlandesi, tutti provenienti dagli sport più disparati: basket, rugby, calcio e così via. Il ruolo degli australiani però è de-

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“fisici” d’Europa e anche uno dei più “cal-di”, grazie alla rivalità che in pochi anni si è sviluppata tra le squadre. Comunque lo spirito resta “anglosassone” e dopo quattro quarti di battaglia è sempre in uso un “terzo tempo” a base di birra e goliardia.

giocate anche a livello internazionale, come club o come squadra nazionale italiana?Sì, gli incontri con le squadre interna-zionali costituiscono uno dei momenti più interessanti e stimolanti per pub-blico e giocatori. Roma ha la tradizione, da quando è sorta, di organizzare ogni anno almeno un test match internazio-nale, invitando sul proprio campo una squadra di altre federazioni europee. In genere si preferiscono le squadre dell’AFL Britain, sicuramente più avanti rispetto a noi per risorse economiche e numero di giocatori australiani. In ognuna di queste occasioni i Blues si sono ben comportati, dando filo da tor-cere agli avversari, come ad esempio nel match del 13 aprile scorso, contro i Wandsworth Demons, perso solo per 5 punti (70-75). La Nazionale Italiana è un capitolo a parte ed è il fiore all’occhiello dell’AFL Italia. Nonostante sia una delle federazioni più giovani (e senza contri-

come migliore giocatore del torneo tra le nazionali nel 2010, onore bissato nel 2011, quando “Caffa” è stato inserito nel “Dream team” europeo dell’anno.

Quali sono le nazioni europee più forti?In Gran Bretagna ed Irlanda, dato il gran-de numero di expats australiani presen-ti, il livello e la diffusione sono molto avanzati. Inoltre, programmi d’investi-mento dell’AFL in tali nazioni contribu-iscono a dotare i rispettivi campionati di risorse economiche sufficienti.

buti dall’Australia), la Nazionale Italiana (composta dai migliori giocatori italiani - e solo italiani - del campionato), ha ot-tenuto risultati sbalorditivi nell’annuale Euro Cup che si disputa tra le nazionali europee. Dopo l’esordio nel 2009, gli Az-zurri sono arrivati sesti (su 16) nel 2010 ed hanno raggiunto la semifinale sia nel 2011 sia nel 2012. Roma FC ha nel giro della nazionale alcuni dei suoi giocato-ri più rappresentativi, come il capitano Christian Tiranti, Sebastian Caffaratti, Andrea e Matteo Lorenzi, Enrico Ca-stellini. Roma ha anche avuto l’onore di aver visto premiato Sebastian Caffaratti

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Ci sono differenze di regolamento tra il football australiano giocato in Italia e la versione originale australiana?Noi applichiamo le regole ufficiali dell’A-FL Europe, che prevedono di giocare in un campo di rugby (ma con i caratteristici 4 pali) con 9 giocatori per ogni squadra (3 difensori, 3 centrocampisti, 3 attaccan-ti). Rispetto all’Australia, non esistono in Europa i giganteschi ovali 150x180, dove si gioca 18 per parte. E’ una formula stu-diata per consentire la diffusione dello sport nel mondo.

E quali sono gli skills richiesti ai vari giocatori?Intanto è necessaria una buona mobili-tà per coprire il campo; si corre molto. Detto ciò è fondamentale sapere calcia-re il pallone ovale con precisione, non tanto verso i pali, ma soprattutto verso i compagni per consentire ricezioni age-voli. Tale tecnica richiede allenamento costante e continuo. Altro skill caratte-ristico è l’”handball”, cioè il passaggio di mano con il pugno. E’ fondamentale nei momenti di gioco convulsi e quando l’avversario è a distanza ravvicinata. Per il resto davvero tutti possono giocare all’Aussie Rules; ci sono ruoli per ogni altezza e struttura corporea, da giganti “ruckmen”, ai piccoli e veloci “pockets”.

Nel complesso che prospettive vedi per lo sviluppo del Football Australiano in Italia?Per la mia esperienza, il gioco appassiona chi viene a provarlo. Le regole sono poche e facili; è uno sport divertente e liberato-rio, e poi c’è una sana atmosfera agonisti-ca che consente dopo i match la fraterniz-zazione e la conoscenza, senza gli eccessi degli altri sport. Molto dipenderà dalle risorse economiche che questi ragazzi potranno ricevere, visto che di passione e di talento in Italia (come dimostra la Na-zionale) ce n’è da vendere.

A tuo modo di vedere quali sono gli aspetti più spettacolari del gioco?Sicuramente ciò che appassiona imme-diatamente spettatori e giocatori sono la semplicità ed il ritmo di gioco. No-nostante sia uno sport di contatto, non ci sono le estenuanti pause del rugby o del football americano. La palla è sem-pre “viva” in gioco (fino a che non esce del campo); non c’è il fuorigioco e non ci sono regole complesse. Sono molto

spettacolari le contese aeree, in cui più giocatori saltano per il possesso del-la palla e i “mark” (ricezioni) in tuffo. An-che qualche bel placcaggio ben portato e qualche gol da posizione impossibile attirano sempre l’attenzione.

AlBo D'oRo itAliAnoCAMPIoNAto ItAlIANo2010: ROMA Football Club2011: GENOVA DOCKERS2012: GENOVA DOCKERS

CoPPA ItAlIA2012: ROMA Football Club

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Psicologia e sPortGiangiuseppe Pili

cacchi, pugilato, guerra, economia, biliar-do: cosa hanno in comune? Sembrano ambiti molto diversi, eppure in tutti si possono trovare delle assonanze impor-tanti. Sono realtà complesse in cui com-pare la logica del conflitto, lo scontro di due forze che si oppongono per rag-giungere il medesimo scopo. La vittoria dell’uno implica la sconfitta dell’altro. Questa dura legge dei mondi con scon-tro di forze è ben conosciuta da entrambi gli schieramenti, che sanno subito, prima ancora di iniziare a combattere, che do-vranno piegare l’avversario, se vogliono raggiungere l’agognato obbiettivo.

La voLonta' di combatteRe

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Sun Tzu, il grande autore dell’antica Cina, noto per l’immortale capolavoro L’arte della guerra, diceva che uno dei grandi errori e pericoli in guerra è quello di en-trare in battaglia già sconfitti. Quando iniziamo una partita a scacchi non sia-mo avulsi dalla realtà, siamo sottoposti a tanti tipi diversi di pressioni e stimoli che, spesso, ci sovrastano. Abbiamo pau-ra di perdere, ci sentiamo messi in gioco, siamo sottopressione perché sappiamo che abbiamo di fronte un avversario competitivo e, anche quando crediamo che abbiamo di fronte uno più debole, sappiamo che non dobbiamo sottovalu-tarlo. Negli scacchi più che in ogni altra disciplina le condizioni di partenza sono apparentemente le stesse. Eppure spes-so questo non basta per garantirci la vit-toria. Battersi ad armi pari significa avere pari opportunità, ma solo sulla carta.A condizioni di assoluta parità materiale ciò che fa la differenza è la volontà di combattere. Questo elemento, così sfug-gente e così importante, è fondamentale per raggiungere la vittoria, indispensabi-le. La volontà di combattere è un mix di componenti diverse che riguardano l’in-teresse nei confronti della vittoria totale, la determinazione e la concentrazione che riusciamo a disporre nel momento della verità.

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Fiaccare la volontà di combat-tere dell’avversario è condizio-ne sufficiente di vittoria: una volta che in lui cede la volon-tà, subito cedono i mezzi, va-cillerà. Anche a parità di pezzi la partita inizierà a scivolare

verso la sconfitta, tanto più rapidamente quanto la vo-

lontà cede. Negli scacchi si dissipa la qualità del calcolo

e l’attendibilità delle scelte, nella box cede il controllo del

fisico, prima ancora delle forze del corpo. Alla saldezza si sosti-

tuisce l’incertezza, la sicurezza alla paura. E ben presto

pervade l’angoscia e il terrore per la sconfitta

imminente. Si perde pri-ma ancora di aver perso: lo

scacco matto è raro negli scacchi ma la partita è terminata lo stesso. Non c’era più la speranza di vincere, regnava la sicurezza del perdere, quando ancora i cavalli e la don-na erano dentro la scacchiera, incuranti dei nostri sentimenti, incapaci di aiutarci e sostenerci dentro di noi.La volontà di combattere è qualcosa che attiene al carat-tere e alla volontà. C’è chi na-

sce con una volontà di combattere pura e intatta, difficile da fiaccare. Ma c’è chi, invece, deve costruirsi la forza per resistere ai colpi del de-stino, anche in condizioni di estre-ma difficoltà. Il computer, che ha una volontà di combattere pura e perfetta, non perde mai per colpa della propria debolezza interiore, egli è sempre sicuro di sé e gli uo-mini lo sanno. Per questo finiscono assai spesso per demoralizzarsi e non giocare al meglio contro il software. Sapere come vincere non signifi-ca necessariamente aver già vinto. Vincere dipende da sé e dal nostro avversario. Se il nostro avversario rimarrà concentrato sino alla fine, se manterrà salda la sua volontà di combattere anche in condizioni di grande vantaggio sarà difficile piegarlo. Il segreto, allora, sta nel portarlo in un terreno a lui alieno, condurlo laddove egli sarà costret-to a seguirci, non perché egli sarà in condizioni materiali inferiori, ma perché incomincerà a titubare, a ca-dere nell’incertezza. A quel punto la sua paura cresce e finirà per smar-rirsi e, in quel preciso momento, la sua volontà di combattere vacilla. Se noi saremo pronti a colpire nel

suo punto più debole, basterà quel-lo per farlo crollare interamente anche quando tutto sembra anco-ra solido. Un pugile saggio assesta il colpo decisivo nel momento in cui l’altro ha già ceduto terreno e, a quel punto, il suo stordimento lo porterà ad accelerare la sua scon-fitta: non è tanto la violenza che vince, quanto la conseguenza di essa. Altrimenti è tutto inutile. Scacchi e pugilato, guerra ed eco-nomia sono discipline che fanno capo all’unica grande legge fon-damentale: piegare la volontà, per vincere. Non è un grande scacchista colui che batte il proprio avversario rischiando di perdere, ma è colui che ha già battuto il suo avversario nella volontà. Così anche nel resto. Se la volontà non cede, le gambe continuano ad andare e i colpi si susseguono rapidi verso i punti de-boli dell’avversario. Questo signifi-ca avere il dominio sulla volontà! E così, se si entra in battaglia già sconfitti, non sarà per il corpo, non sarà per i pezzi, ma perché la no-stra volontà di combattere non era pura. Come non lo era quella di Pie-ro, soldato della celebre canzone di De André, che ci ricorda quale sia il prezzo di essere uomini.

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Un miSteRo in bianco e neRo

La FiLoSoFia degLi Scacchi

giangiuseppe Pili, le DUe torri, 2012,

p. 200 € 18,00

Sono alcuni anni che da più parti si è iniziato ad accostare gli scacchi - grazie

alla loro sempre maggiore popolarità e alla loro finora poco conosciuta

versatilità - a vari campi di studio e a trarne riflessioni e parallelismi, anche filosofici. Ma nessuno studio filosofico si è preoccupato di descrivere il gioco

degli scacchi nella sua forma e nella sua complessità, di approfondirne i

fondamenti, di valutarne le funzioni complesse rispetto al mondo della

conoscenza o dell`azione. Solo uno scacchista filosofo poteva provare

a farlo, soppesando con il bilancino dell’orafo i diversi punti di vista per

poi affrontare l’analisi delle posizioni - così come si fa negli scacchi - in

una progressione di relazioni e considerazioni dove l’amore e la

bellezza del gioco rimangono sempre e comunque il filo conduttore. Scrive Pili «La bellezza degli scacchi è per

palati raffinati, anche se alla portata di tutti. Essa segue molto da vicino il

senso estetico presente in matematica e logica, dove la bellezza è il risultato

dell`armonia, della precisione, della concisione incisiva. Una bellissima

partita a scacchi ci ricorda molto l`armonia celeste della rotazione dei

pianeti attorno ad una calda stella gialla che, lenta o veloce, va avanti da

millenni, in quell`immenso spazio vuoto e nero che costituisce la grande parte

dell`Universo.»

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Luca Cerrato

L'aRte deL

Gioco

Foto di Luca Cerrato

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ei primi due numeri della rivista vi ho aperto la porta sul meraviglioso mondo dei giochi da tavolo. In linea di principio ho cercato di far passare due messaggi. Il primo è che non esistono soltanto i soliti tre, quattro giochi cono-sciuti dai più (con riferimento a Scacchi, Dama, Monopoli e qualche gioco di car-te), ma è viceversa presente un universo ludico, con centinaia di giochi sia antichi sia pubblicati negli ultimi anni, adatti a qualsiasi fascia d’età. In secondo luogo ho voluto evidenziare che dietro la crea-zione di ogni nuovo gioco è presente un lavoro di squadra. Si parte dall’idea origi-nale dell’autore; si passa all’indispensa-bile processo di aggiornamento e perfe-zionamento del regolamento a cura dei giocatori e dello stesso autore; si giunge infine al lavoro del grafico, che rende più appetibile il prodotto. In pratica, l’elaborazione di un gioco è a tutti gli effetti una forma d’arte.

Per provare la tesi che i giochi sono opere dell’ingegno umano e che possono esprimere un senso di bellezza e far provare emozioni, come avviene per la letteratura, la musica, la pittura porto tre semplici ipotesi. Per carità, sia ben chiaro che, similmente a quanto può accadere per libri, quadri e canzoni, anche nel mondo ludico non tutto ciò che viene realizzato è interessante; qualche volta ci si trova a giocare dei pessimi giochi. Ancora una premessa: il mio campo di osservazione è ristretto a tutti quei giochi che si svol-gono su un tavoliere e utilizzano pedine. Nel presente articolo intendo illustrare i punti che fanno dei giochi qualcosa di più che un semplice passatempo.

Il primo attiene al fatto che nei giochi sono rappresentati gli eventi della vita umana; si semplifica la quotidianità, cercando di estrapolarne i fatti essen-ziali. Molti giochi tradizionali sono delle simulazioni di battaglie e guerre, altri ricordano le semine e i raccolti, altri an-cora dei lunghi viaggi: tutto questo con l’introduzione più o meno evidente del fato. La costante presenza del gioco nel processo di crescita evolutiva dell’uma-nità non basta per fargli attribuire il titolo di opera riconosciuta.

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L’elemento più importante è che alcuni di questi giochi, antichi di centinaia di anni per non dire di mil-lenni (in qualche caso l’origine si perde nella notte dei tempi), vengono ancora praticati ai nostri giorni, cioè continua-no a destare interesse, curiosità e stimo-lare l’intelletto, come può fare una com-media di William Shakespeare oppure una scultura di Michelangelo. Il secondo aspetto riguarda la strategia e la tattica di alcuni giochi tradizionali e moderni, investigate talmente in pro-fondità da determinare il passaggio alla storia di alcune partite o tornei, caratterizzati da spiccata capacità e tecnica di gioco. Per raggiungere una tale padronanza, i giocatori dedicano gran parte della vita allo studio di un determinato gioco, con allievi che apprendono il mestiere. Questo capi-ta negli scacchi, nel Go, nello Shogi, in cui ci sono veri e propri professio-nisti che insegnano e praticano il loro gioco, come un Maradona del calcio oppure un Federer del tennis.Il terzo punto verte sulla consapevo-lezza che la realizzazione di un nuovo gioco implica la necessaria conoscenza di meccanismi e metodi per renderlo interessante al pubblico. Senza queste conoscenze si originerebbe soltanto un manuale d istruzioni, privo di interesse.

Mettendo insieme queste ipotesi (rappresentatività, interesse, stu-dio, creatività), ne discende che l’essere umano, quando è impe-gnato nell’attività ludica, mette in essere qualcosa di bello che può essere tramandato ai posteri, i qua-li, a loro volta possono trarne gli stessi benefici.

Per rafforzare la mia tesi del forte legame uomo-gioco, posso ricorda-re che più di una volta nella storia dell’umanità è successo che intere ci-viltà scomparissero dalla faccia della terra, come per esempio i Maya dell’A-merica centrale. Una sorte simile è ca-pitata anche ad alcuni giochi. Più di una volta infatti, durante scavi archeo-logi, sono stati ritrovati manufatti che sono stati classificati come tavolieri oppure parti di un gioco. Purtroppo, senza un manuale oppure dei rife-rimenti in scritti antichi diventa im-possibile rigiocarli come facevano i nostri antenati. Ad esempio, duran-te gli scavi nelle tombe reali di Ur (siamo in Mesopotamia tra il Tigri e l’Eufrate) sono state trovate una serie di tavole da gioco e delle pedine, ma nessuna indicazione delle regole. Gli studiosi han-no supposto che fosse un gioco di percorso, cioè un gioco dove

ognuno deve portare i propri pezzi da una parte all’altra del tavoliere, ed hanno proposto delle regole; ma non c’è alcuna certezza che esse si-ano simili a quelle originarie. Stessa sorte è capitata anche al Senet , gio-co più volte ritrovato in varie tombe egiziane.Una curiosità: i due giochi citati sopra vengono sempre indicati come i pre-cursori del gioco romano del Duode-cim Scripta che, pur subendo trasfor-mazioni nel tempo e nello spazio, è arrivato fino ai nostri giorni con il nome di Backgammon.Ai tempi dell’impero romano un gio-co molto diffuso tra la popolazione, senza distinzione di ceto e genere, era il Ladrunculi. Seneca esortava Lucilio a non perdere tempo con questioni di poco conto e a con-centrarsi sulla pratica delle virtù utilizzando questo paragone:

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“Non c’e nessun uomo che, mentre corre verso la sua casa in fiamme si indugi ad osservare il tavoliere dei ladruncoli (tabu-lam latrunculariam prospicit) per vedere come una pietruzza bloccata possa uscire (alligatus exeat calculus) “ [ lettere a Lu-cilio, 117, 30 ]. Di questo gioco non si conoscono esat-tamente neppure le dimensioni della ta-vola di gioco; infatti, sono stati ritrovati tavolieri di varie dimensioni. Anche per questo gioco sono state ricostruite le regole.

Fortunatamente non tutti i giochi an-tichi sono finiti nell’oblio. I giochi della famiglia dei Mancala, provenienti dal continente africano, hanno qualche mi-gliaio di anni di vita. I meccanismi fon-damentali dei Mancala, diversamente dagli scacchi che hanno come soggetto la guerra, riguardano la semina e il rac-colto, con regole di gioco che variano da villaggio a villaggio. Per di più gli scambi commerciali hanno favorito la diffusione del gioco verso l’Asia, mentre gli schiavi africani dei tempi passati hanno portato le loro tradizioni ludiche in America.Se nel caso dei Mancala il tempo ha ge-nerato migliaia di giochi diversificati , questo non è successo per l’altro gioco antico per l’eccellenza, il Go. Esso vide i natali nel lontano Tibet (anche se non si ha la certezza assoluta) più di quattro millenni fa, diffondendosi in seguito an-che in Cina, Corea e Giappone.

La motivazione del perché un gioco e non un altro sopravviva nel tempo sta forse nella sua diffusione a livello popo-lare. Se un gioco è praticato solamente da un ristretto gruppo di persone, allora le probabilità di una sua estinzione sono alte, come è accaduto per esempio con il Rithmomachia, gioco utilizzato dai mo-naci tedeschi dell’anno mille per inse-gnare l’aritmetica del filosofo Boethius.In conclusione, vi ricordo il curioso caso del Konane delle isole Hawaii, pra-ticato in tutti i ceti sociali; il suo decli-no iniziò con l’arrivo degli occidentali. Nel 1924 solo una signora novantenne hawaiana era a conoscenza del gioco, mentre oggi è ritornato in auge ed è giocato soprattutto dagli studenti. E’ inoltre è studiato nelle università a li-vello di teoria dei giochi.

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Qualcos’altroBeverley Higham

TRaumi allE aRTicolazionicomE TRaTTaRli con l'aRomaTERaPia

Traduzione di Gordon Linnell

Fotografie di Beverley Higham

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ome aromaterapista, ho incontra-to parecchi clienti che soffrivano di dolori e tensioni muscolari. Infortuni ripetitivi, dovuti a tensioni nervo-se, si manifestano spesso mentre usiamo e maltrattiamo il nostro corpo, e sono il risultato del no-stro stile di vita, impegnatissimo e fortemente indirizzato al lavoro, senza permettere il sufficiente spa-zio al riposo e al relax.

I sintomi che ho incontrato compren-dono spesso infortuni come il gomi-to del tennista o il suo equivalente al ginocchio, il cosiddetto “ ginocchio della domestica”. Questi traumi sono comuni in persone che esercitano un lavoro fisico o praticano sport. Ricor-do, ad esempio, che un mio cliente, un ragazzo di 19 anni, si lamentava di un ginocchio doloroso e gonfio. Era un calciatore, lavorava come operaio, e aveva avuto di recente un incidente di moto. All’ospedale avevano consi-gliato esclusivamente riposo, esclu-dendo l’insorgenza di danni rilevanti. Il ginocchio, però, rimaneva gonfio e disfunzionale. Per porvi rimedio ho ideato una miscela di oli, su una base di vinacciolo e calendula e ho impiegato la lavanda. Questa pianta ha la virtù di essere antispasmodica, diuretica, antisettica e contribuisce a guarire infortuni oltre ad attivare la circolazione sanguigna. L’ho abbina-ta all’helichrysum, alla maggiorana dolce, all’erba di limone, alla salvia sclarea e alla camomilla. Il vinacciolo fornisce un olio leggero, con proprie-tà calmanti.

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La calendula favorisce la circolazione del sangue, è antinfiammatoria e certa-mente riduce tensioni e spasmi musco-lari. Dalla lavanda si ricava un olio uni-versale curativo, che allevia dolori. Con l’helichrysum si trattano contusioni sia interne sia esterne. La maggiorana dol-ce è antispasmodica e, unita alla salvia sclarea, sostiene legamenti e tendini. L’erba di limone riduce l’infiammazione, e la camomilla, miscelata con la lavan-da, aumenta le proprietà che alleviano il dolore e riduce i gonfiori. Si può aggiun-gere qualche goccia di olio di camomilla a un bagno caldo, per alleviare infortuni sportivi. L’olio di camomilla è dolce, ma risulta ampiamente efficace quand’è usato in questa miscela.

I risultati sono stati strabilianti! Il no-stro giovane non poteva credere che la riduzione del dolore e del gonfiore fosse avvenuta nell’arco di una sola notte. E’ balzato dal letto la mattina seguente, di-menticando il suo infortunio; non senti-

va più né dolore né rigidezza muscolare.

Credo anche molto fortemente ai bene-fici dell’olio monoi, che è una miscela di cocco e gardenia, per trattare rigidez-za e gonfiori alle articolazioni. L’olio di cocco rinfresca: è diventato un’aggiunta straordinaria alla nostra farmacia profu-mata. I tahitiani e i polinesiani francesi l’hanno utilizzato tradizionalmente con scopi medicinali e cosmetici; io ho sco-perto che questo olio riesce molto bene a diminuire infiammazioni alle articola-zioni. Dalla cura della gotta alla riduzio-ne della rigidezza dopo una protesi al ginocchio, questa semplice sostanza, che è il cocco con fiori di gardenia macerati, si rivela davvero efficace e ha un odore divino!

Questo studio analitico ha avuto un grande successo e, benché io sia tera-pista da parecchi anni, rimango sempre meravigliata per i risultati ottenuti da questa semplice terapia.

Beverley HigHam é un’ aromaterapeuta di grande esperienza, qua-lificata presso la Scuola

di Aromaterapia Shirley Price alla fine degli anni ‘80. Ha sempre avu-to un interesse per le piante e le terapie naturali. Ha iniziato a in-segnare aromaterapia al Wigan & Leigh College dove ha insegnato per 24 anni. Ha una grande pas-sione per la sua materia e ama aiutare le persone, pertanto lei dice che “l’unire l’aromaterapia e l’inse-gnamento è stato un grande dono per me”. Nel 2004 ha ricevuto una medaglia d’eccellenza dall’Istituto City and Gulds di Londra per l’in-segnamento e l’apprendimento. Nello stesso anno ha vinto anche il premio “the inspiration challen-ge” della casa editrice Hienneman. “Questo é stato un anno fantastico e il premio in denaro mi ha dato la possibilità di portare otto dei miei studenti in un viaggio aromatico in Francia. Insegna tuttora presso il Wigan & Leigh College, insegnan-do in corsi di livello universitario oltre a continuare con l’insegna-mento dell’aromaterapia, inoltre “Sviluppo prodotti aromatici usan-do alcuni dei più favolosi oli che ho mai trovato: gli oli essenziali Oshadhi. La mia serie di miscele ‘Time’ ha ricevuto molti compli-menti e riscontri positivi poiché sono state veramente create con passione e amore”.

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oli essenziali

Camomilla 15 gocceLavanda 15 gocceHelichrysum 5 gocceMaggiorana dolce 5 gocceSalvia sclarea 5 gocceErba di limone 5 gocce

Miscelare con 100ml di olio di base, composto di 10ml di calendula e 90ml di vinacciolo.Applicarne due volte al giorno una piccola quantità all’area interessata.Chiedere sempre il consiglio di un aromaterapista professionista!

la RicETTa

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