Rigenerazione N.3

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Quando l’Italia la fanno i Giovani di A ngelA D i l AllA E timologicamente il ter- mine “CRiSi” proviene dal verbo greco “KRiSiS”, ovvero separare e originaria- mente indicava, appunto, la se- parazione. era utilizzato in riferimento alla trebbiatura, quando si separava la granella del frumento dalla paglia e dalla pula. Traslando il significato, quindi, divenne scegliere. Solo intorno al XV secolo iniziò ad es- sere associato ad una situazione negativa, di rottura, un deterio- ramento, un turbamento. Ai giorni nostri, nell’era del “disin- canto”, come direbbe Franco Cambi (mi si permetta la cita- zione di un grande pedagogista italiano), il termine crisi è perlo- più legato ad una situazione eco- nomica disastrosa, che in un complesso, ma per certi versi ele- mentare, gioco del domino, fa sì che ogni settore della nostra so- cietà sia messo in crisi, facendoci sentire semplici pedine mosse da un giocatore occulto. Ci si sente come se ogni nostra azione sia comunque fine a se stessa, poiché condizionata in gran parte da un sistema che non conosciamo e che pure sembra conoscere noi meglio di chiunque altro. Allora perché impegnarsi? Perché darsi da fare? Perché votare? Ci si na- sconde dietro un “tanto sono tutti uguali”, che omologa, che taglia le gambe alla speranza e mina alla nostra libertà di sce- gliere, di separare la granella dalla paglia, che restando in- sieme, ai nostri occhi non sono altro che un mucchio di paglia e pula che non ci permette di ve- dere il frumento presente tra loro. Dovremmo ritornare al- l’originario significato del ter- mine crisi, che non indica fissità ma passaggio. Spinge all’azione, costringe a muoversi, a sperimen- tare, a seguire strade diverse, per- ché separare significa anche cambiare, trasformare una realtà caotica mettendo ordine, un or- dine che ci permetta di superare una crisi globale che solo global- mente è superabile. Per questo è necessario impegnarsi, darsi da fare e votare per mettere in atto la krisis dei greci che in quanto a Democrazia e buona Politica po- trebbero ancora oggi insegnarci moltissimo. e chissà che possa fare da volano una citazione di Albert einstein, tratta da una sua raccolta di scritti non puramente scientifici, pubblicata nel 1934 “il mondo come lo vedo io”, in cui commenta il grande default del 1929 e che riporto fedel- mente: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande be- nedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le sco- perte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere su- perato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai pro- blemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L’ incon- veniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una rou- tine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incre- mentarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per supe- rarla.” SUPERARE LA CRISI ATTRAVERSO LA KRISIS di MARCO ZAMPINO L o ammetto, non vedo l’ora di tor- nare nella mia città. Non è qual- cosa che riguarda solo gli affetti che mi legano indissolubilmente alla mia terra, è qualcosa di più. Voglio tornare nella mia terra in questo momento cru- ciale della storia del nostro paese per far campagna elettorale. Sembrerà strano ma ho voglia di raccontare alla gente della mia città, quella con cui ci si confronta sulle grandi e piccole que- stioni, quanta passione e quanta voglia di cambiamento c’è dietro questo pro- getto di Italia che Bersani ha chiamato “L’Italia giusta”. Credo fortemente nella carica alternativa di questo disegno po- litico (direte che non porta bene) e nella mia mente ripenso al motto della prima campagna elettorale di Obama: “Yes we can”. Sì, noi possiamo dimostrare a tutti, che qualcosa di diverso si possa fare, qualcosa di veramente serio e concreto. Lo affermo, forte della credibilità del mio partito, che si riflette nei volti dei volontari delle primarie, nel volto di Ber- sani, nel volto dei giovani che si sono messi in gioco nelle “Parlamentarie”, nel volto di Renzi, che perde e dà una mano. Le primarie, appunto, che hanno reso visibili a tutti l’organizzazione, il dibattito, il saper essere gruppo, il saper fare sintesi del più grande partito progres- sista in Italia. Le primarie che hanno arricchito il nostro patrimonio culturale, aprendo a spinte che nessuno di noi immaginava pensabili. Primarie che hanno spinto i giovani ad un protagoni- smo vero, li ha fatti rendere partecipi di un collettivo, rendere partecipi di un’idea. E’proprio con le primarie che i giovani hanno saputo ritagliarsi il loro spazio: nei gazebo in cui erano volontari, ad esempio, facendo capire a chi era in fila per votare, che la politica non è nient’altro che sacrificio, ascolto, di- scussione, stare a passo coi tempi senza che questi vengano rincorsi da qualcun altro (tecnici e populisti). Ab- biamo ridato senso alla politica testimo- niando in Bersani un patrimonio di cultura non mortificabile dalla logica del “tutto uguale”che sa partire dall’ onestà e sa rimettere al centro quella questione morale, unica capace di introdurre nella società (a tutti i livelli) un nuovo civismo, propedeutico più di ogni altro a qualsiasi manovra economica. Come pensiamo di aumentare il livello di fedeltà fiscale? Con una semplice finanziaria? Sicura- mente servirà, ma perché prima di tutto non si punta ad aumentare il livello di fedeltà allo stato, che lo si guardi non come nemico dei nostri interessi, ma come un entità che ha tutta la voglia di agevolare un guadagno privato, perché questo significherebbe aumentare con- sumi e di conseguenza occupazione, maggior gettito fiscale e via enume- rando? Lo stato sociale, immaginato dai nostri padri costituenti, che si prodiga per l’uguaglianza sostanziale dei suoi figli deve essere l’alternativa vera al li- berismo estremo di questi anni, con un occhio sempre rivolto ai valori dall’one- stà e dall’etica politica. Torno a casa con questo spirito e con questa passione sapendo che non possiamo più sba- gliare, perché nessuno ce lo perdone- rebbe. Queste elezioni sono il punto di svolta di vent’anni di buio e noi ci met- tiamo tutta la voglia a non ricaderci dentro. L’ITALIA GIUSTA! periodico d’informazione Giovani Democratici Melfi periodico d’informazione Giovani Democratici Melfi

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Quando l’Italia la fanno i Giovani

di An g e l A Di l A l l A

E timologicamente il ter-mine “CRiSi” provienedal verbo greco “KRiSiS”,

ovvero separare e originaria-mente indicava, appunto, la se-parazione. era utilizzato inriferimento alla trebbiatura,quando si separava la granella delfrumento dalla paglia e dallapula. Traslando il significato,quindi, divenne scegliere. Solointorno al XV secolo iniziò ad es-sere associato ad una situazionenegativa, di rottura, un deterio-ramento, un turbamento. Aigiorni nostri, nell’era del “disin-canto”, come direbbe FrancoCambi (mi si permetta la cita-zione di un grande pedagogistaitaliano), il termine crisi è perlo-più legato ad una situazione eco-nomica disastrosa, che in uncomplesso, ma per certi versi ele-mentare, gioco del domino, fa sìche ogni settore della nostra so-cietà sia messo in crisi, facendocisentire semplici pedine mosse daun giocatore occulto. Ci si sentecome se ogni nostra azione siacomunque fine a se stessa, poichécondizionata in gran parte da unsistema che non conosciamo eche pure sembra conoscere noimeglio di chiunque altro. Alloraperché impegnarsi? Perché darsida fare? Perché votare? Ci si na-sconde dietro un “tanto sonotutti uguali”, che omologa, chetaglia le gambe alla speranza emina alla nostra libertà di sce-gliere, di separare la granelladalla paglia, che restando in-sieme, ai nostri occhi non sonoaltro che un mucchio di paglia epula che non ci permette di ve-dere il frumento presente traloro. Dovremmo ritornare al-l’originario significato del ter-mine crisi, che non indica fissitàma passaggio. Spinge all’azione,

costringe a muoversi, a sperimen-tare, a seguire strade diverse, per-ché separare significa anchecambiare, trasformare una realtàcaotica mettendo ordine, un or-dine che ci permetta di superareuna crisi globale che solo global-mente è superabile. Per questo ènecessario impegnarsi, darsi dafare e votare per mettere in attola krisis dei greci che in quanto aDemocrazia e buona Politica po-trebbero ancora oggi insegnarcimoltissimo. e chissà che possafare da volano una citazione diAlbert einstein, tratta da una suaraccolta di scritti non puramentescientifici, pubblicata nel 1934“il mondo come lo vedo io”, incui commenta il grande defaultdel 1929 e che riporto fedel-mente:“Non possiamo pretendere che le cosecambino, se continuiamo a fare le

stesse cose. La crisi è la più grande be-nedizione per le persone e le nazioni,

perché la crisi porta progressi. Lacreatività nasce dall'angoscia come il

giorno nasce dalla notte oscura. Ènella crisi che sorge l’inventiva, le sco-perte e le grandi strategie. Chi superala crisi supera sé stesso senza essere su-perato. Chi attribuisce alla crisi i suoifallimenti e difficoltà, violenta il suostesso talento e dà più valore ai pro-

blemi che alle soluzioni. La vera crisi,è la crisi dell'incompetenza. L’ incon-veniente delle persone e delle nazioniè la pigrizia nel cercare soluzioni e

vie di uscita. Senza crisi non ci sonosfide, senza sfide la vita è una rou-tine, una lenta agonia. Senza crisi

non c'è merito. È nella crisi cheemerge il meglio di ognuno, perché

senza crisi tutti i venti sono solo lievibrezze. Parlare di crisi significa incre-mentarla, e tacere nella crisi è esaltare

il conformismo. Invece, lavoriamoduro. Finiamola una volta per tuttecon l'unica crisi pericolosa, che è la

tragedia di non voler lottare per supe-rarla.”

SUPERARE LA CRISI ATTRAVERSO

LA KRISIS di MARCO ZAMPINO

Lo ammetto, non vedo l’ora di tor-nare nella mia città. Non è qual-cosa che riguarda solo gli affetti

che mi legano indissolubilmente alla miaterra, è qualcosa di più. Voglio tornarenella mia terra in questo momento cru-ciale della storia del nostro paese perfar campagna elettorale. Sembreràstrano ma ho voglia di raccontare allagente della mia città, quella con cui ci siconfronta sulle grandi e piccole que-stioni, quanta passione e quanta vogliadi cambiamento c’è dietro questo pro-getto di Italia che Bersani ha chiamato“L’Italia giusta”. Credo fortemente nellacarica alternativa di questo disegno po-litico (direte che non porta bene) e nellamia mente ripenso al motto della primacampagna elettorale di Obama: “Yes wecan”. Sì, noi possiamo dimostrare a tutti,che qualcosa di diverso si possa fare,qualcosa di veramente serio e concreto.Lo affermo, forte della credibilità delmio partito, che si riflette nei volti deivolontari delle primarie, nel volto di Ber-sani, nel volto dei giovani che si sonomessi in gioco nelle “Parlamentarie”, nelvolto di Renzi, che perde e dà una mano.Le primarie, appunto, che hanno resovisibili a tutti l’organizzazione, il dibattito,il saper essere gruppo, il saper faresintesi del più grande partito progres-sista in Italia. Le primarie che hannoarricchito il nostro patrimonio culturale,aprendo a spinte che nessuno di noiimmaginava pensabili. Primarie chehanno spinto i giovani ad un protagoni-smo vero, li ha fatti rendere partecipidi un collettivo, rendere partecipi di

un’idea. E’proprio con le primarie che igiovani hanno saputo ritagliarsi il lorospazio: nei gazebo in cui erano volontari,ad esempio, facendo capire a chi era infila per votare, che la politica non ènient’altro che sacrificio, ascolto, di-scussione, stare a passo coi tempisenza che questi vengano rincorsi daqualcun altro (tecnici e populisti). Ab-biamo ridato senso alla politica testimo-niando in Bersani un patrimonio dicultura non mortificabile dalla logica del“tutto uguale”che sa partire dall’ onestàe sa rimettere al centro quella questionemorale, unica capace di introdurre nellasocietà (a tutti i livelli) un nuovo civismo,propedeutico più di ogni altro a qualsiasimanovra economica. Come pensiamo diaumentare il livello di fedeltà fiscale?Con una semplice finanziaria? Sicura-mente servirà, ma perché prima ditutto non si punta ad aumentare il livellodi fedeltà allo stato, che lo si guardi noncome nemico dei nostri interessi, macome un entità che ha tutta la voglia diagevolare un guadagno privato, perchéquesto significherebbe aumentare con-sumi e di conseguenza occupazione,maggior gettito fiscale e via enume-rando? Lo stato sociale, immaginato dainostri padri costituenti, che si prodigaper l’uguaglianza sostanziale dei suoifigli deve essere l’alternativa vera al li-berismo estremo di questi anni, con unocchio sempre rivolto ai valori dall’one-stà e dall’etica politica. Torno a casa conquesto spirito e con questa passionesapendo che non possiamo più sba-gliare, perché nessuno ce lo perdone-rebbe. Queste elezioni sono il punto disvolta di vent’anni di buio e noi ci met-tiamo tutta la voglia a non ricadercidentro.

L’ITALIA GIUSTA!

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Periodico d’informazione dei Giovani Democratici • MELFI •

RIGENERAZIONE Numero 3 • Febbraio 2013

di BENEDETTO FUCA ’

La vera bellezza dell'Italia sta nellabellezza di piccoli borghi, scono-sciuti ai più. Avevo sentito parlare

di Melfi, collegata allo stabilimento di unadella maggiori aziende italiane: la Fiat.Ho scoperto la bellezza e la genuinità diuna cittadina. L'accoglienza del segreta-rio dei Giovani Democratici di Melfi edella sua famiglia, che mi ha permesso ditrascorrere i primi giorni di questo anno,che rappresenta per l'Italia un bivio chesegna il rinnovamento politico costruitosu base politica, culturale e sociale che hacuore l'interesse sociale: in questo pro-spetto, l'impegno e lo spessore politicomesso in campo dai Giovani Democraticidi Melfi. Molto spesso si assiste alla fugadelle menti più brillanti dal Sud, per stu-diare o lavorare. Molto spesso è più facileandare via, invece è da ammirare chiresta o chi dopo aver concluso il propriociclo di studi, decide di ritornare e di im-pegnarsi per cambiare le cose, per essereportavoce di proposte, di esigenze, di ope-rare sul dibattito e sulla situazione localedella propria città. La costruzione di undibattito politico quotidiano che non siferma nelle sezioni ma che opera quoti-dianamente, anche fuori delle quattromura del luogo principe della militanzapolitica, ma che opera con cognizione ediligenza nel dibattito locale e nellagrande forza che è a livello nazionale lanostra giovanile, che si muove come forzapolitica matura, rivendicando un autono-mia politica che dà linfa al Partito Demo-cratico, operando nel rinnovamento si,ma senza cadere nel giovanilismo, nellaricerca anagrafica del volto giovane. Lapolitica è fatta di maturità e di senso col-lettivo che nasce nell’intraprendere uncammino che guarda ad un orizzonte mi-gliore, un orizzonte che sia l’obiettivo di

un nuovo Rinascimento che apra lastrada a un Paese dove le fabbriche nonsiano le passerelle per il lancio di unacandidatura leaderistica, facendo pro-messe di investimento, senza presentareun piano concreto su questi investimenti.E dopo alcune settimane assistiamo al-l’annuncio che gli operai di quello stabil-mento verranno messi in cassaintegrazione fino alla fine del 2014. Com-pagni di Melfi, sulla fabbrica Fiat è avve-nuto un atto di sciacallaggio politico sullacosa più importante per la dignità di unuomo, il proprio lavoro! E lo si è fatto nelMezzogiorno d’Italia, quella parte del no-stro Paese che più soffre per la mancanzadi lavoro, quanti coetanei avete visto par-tire? Quanti giovani sono a spasso? EccoMonti e Marchionne, con quella passe-rella hanno umiliato per due volte il fu-turo di Melfi e di tutto il Paese, perché ilproblema “Fiat di Melfi” è il problema diun’intero Paese. Ho avuto modo di visi-tare le bellezze naturali del Monte Vulturee dei laghi di Monticchio, una bellezza dirara natura, un piccolo lembo di paradisoterrestre che secondo me non viene valo-rizzata al meglio e resa all’utenza turi-stica come dovrebbe, ma forse è megliocosi, quando gli interessi economici in-contrano la bellezza della natura, que-st’ultima di solito svilisce, sopperisce allelogiche del profitto. Ringrazio davvero dicuore tutti voi che mi avete fatto sentirea casa e di avermi dato spazio nel vostrogiornale. Auguro a voi che il vostro impe-gno sia gratificato dalle battaglie politi-che che portate e che porterete avanti.Voglio concludere ricordando una frase diun grande filosofo greco, Platone, conte-nuta in una delle sue opere “per chi intra-prende cose belle, è bello anche soffrire,qualsiasi cosa gli tocchi”. Compagni allalotta e grazie ancora di tutto.

di LUIGI LOMIO

Francesco Saverio Nitti nacque a Melfiil 19 Luglio 1868 da Vincenzo Nitti eFilomena Coraggio. Trasferitosi a Na-

poli da ragazzo con la sua famiglia,si laureòin giurisprudenza e successivamente iniziò alavorare per alcuni giornali e poi come pro-fessore di Scienza delle finanze all’Universitàdi Napoli. Alcuni anni dopo iniziò la sua car-riera politica e nel 1904 su incarico di Giolittipreparò lo schema della legge speciale perNapoli. Nitti riteneva che lo sviluppo delMezzogiorno doveva partire da Napoli, per-ché una città di quelle dimensioni non po-teva vivere di solo turismo e musei, perciòbisognava creare a Napoli una grande realtàindustriale. Il progetto di Nitti per lo svi-luppo del Mezzogiorno e di Napoli si basavasulla produzione di forza motrice a buonmercato, bonifiche, irrigazione, trazioneelettrica, sistemazione di fiumi e malaria. Inlargo accordo con Giustino Fortunato, Nittiriteneva che la prospettiva di sviluppo per laBasilicata e la Calabria era affidata ai boschi

e alle acque. Il suo progetto però si scontravacon gli interessi dell’industria elettrica pri-vata ed era inoltre sostenuto da pochi, perciòsi potè attuare solo in parte. Secondo Nitti ilSud in proporzione a quanto possedeva pa-gava più imposte dell’Italia settentrionale eusufruiva di un minor quantitativo di aiuti eagevolazioni statali. Per quanto riguarda

l’emigra-zione pen-sava chefosse unacosa posi-tiva per-ché davaalla gentela possibi-lità di mi-gliorare lap r o p r i aposizionee c o n o -mica. Gra-

zie ai piccoli capitali americani chi sarebberientrato in Italia avrebbe potuto finalmenterealizzare gli investimenti che prima gli sem-bravano inimmaginabili. Nitti presentò resi-stenza al disegno di legge Crispi(15/12/1887) che riteneva esagerato il

grande flusso migratorio di quegli anni, checausava uno spopolamento di molte aree.Crispi concedeva al ministero dell’Interno lafacoltà di impedire le emigrazioni e revocarele licenze agli agenti migratori laddove loavesse reputato opportuno. Svolse una vitadi intensa attività politica, prima ministrodell’Agricoltura poi dell’Interno e anche pre-sidente del Consiglio nel 1919 e infine mem-bro dell’Assemblea Costituente nel 1945.Voglio inoltre ricordare che Nitti visse ven-t’anni della sua vita in esilio prima a Zurigoe poi a Parigi perché era antifascista. France-sco Saverio Nitti morì a Roma il 20 Febbraio1953. Ho voluto ricordare il pensiero di que-sto grande statista (in breve), il quale ha con-tribuito allo sviluppo del meridione e ancheperché cercò di rendere migliori le condizionidi vita degli abitanti dell’area più poveradell’Italia. Nel 1945 ritornato in Italia dopovent’anni d’esilio, Nitti si recò a Potenza lì adaccoglierlo c’era anche Carlo Levi che disse inquell’occasione: “è ritornato un “Luigino” cheamava i contadini e ha riscattato i difettidella borghesia meridionale”.

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O FIAT A MELFIdi GIUSEPPE POCCHIARI

Fra il 1991 e il 1993 l’impianto Fiat fu co-struito a S. Nicola di Melfi. Si è scelto di in-stallare lo stabilimento al Sud per una seriedi motivazioni: prima fra tutte l’indisponibi-lità del Nord Italia di offrire aree con le ca-ratteristiche prescelte. Lo stabilimento di S.Nicola di Melfi faceva parte di un radicaleprogramma di mutamento organizzativo in-trapreso dalla Fiat; si trattava di un taglionetto con il tradizionale modello Fordista –Tayloristico e di un nuovo modello di fab-brica: la fabbrica integrata, ossia unnuovo modo di intendere l’organizzazioneinterna del lavoro a livello di relazioni, dipersonale e forniture di impatto socio-am-bientale. I nuovi ruoli per il funzionamentodella fabbrica integrata erano strutturati inordine gerarchico ascendente: operai, re-sponsabile dell’ unità tecnologica elemen-tare, responsabile di unità operativa eresponsabile di stabilimento. Quindi, a Melfisi è scelto di localizzare il primo stabilimentoitaliano ed europeo di fabbrica integrata fon-dato su due aspetti: uno incentrato sulle age-volazioni statali finanziarie e fiscali ed unoinnovativo che punta a fare dello stabili-mento il test di un nuovo modello organiz-zativo, tant’è che il segno di discontinuitàcon il fordismo lo si notava non solo dalnuovo modo di intendere la fabbrica maanche dall’abbigliamento degli operai (nonvestivano più con le tute blu ma con le tuteverdi amaranto). La Fiat aveva così costruitoil primo esempio di fabbrica occidentale ispi-rata al modello del Giappone e non più almodello di Detroit. Eventi recenti hannoscongiurato la possibilità di un’eventualechiusura dello stabilimento di S.Nicola diMelfi prevedendo nuovi modelli di auto daprodurre.

Francesco Saverio Nitti:”La questione meridionale e

l’emigrazione”

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Periodico d’informazione dei Giovani Democratici • MELFI •

RIGENERAZIONE Numero 3 • Febbraio 2013

1. NELL’ULTIMO VENTENNIO LA SOCIETÀ HA AVUTO UN PROFONDO

MUTAMENTO SOCIO-ECONOMICO, DI CONSEGUENZA ANCHE CULTURALE:SOCIETÀ PIÙ APERTA, MA GRANDE CRISI ECONOMICA. RITIENE CHE QUE-STO MUTAMENTO ABBIA INFLUITO POSITIVAMENTE O NEGATIVAMENTE

SULLA SOCIETÀ? E PERCHÈ?MARIA PINA PALMIERI: La cultura, considerata comevoce di bilancio, è una delle più tartassate e più con-siderate per attuare i tagli che purtroppo dal 2011hanno interessato l’economia nazionale e conse-guentemente quella locale. Dopo la politica econo-mica e internazionale del Governo di centro destra,era prevedibile una crisi economica di queste di-mensioni. Anche se storicamente ciclica la crisi eco-nomica è stata tragicamente anticipata da sceltescellerate e populiste. Si è governato con assolutaassenza di progetti di cultura e più significante-mente interventi per i giovani che si proiettavano inambiti di cultura-spettacolo-teatro-cinematografia.Il mutamento che è conseguito a questa grande crisiè naturale e più è importante e penoso e più la ri-nascita sarà, a mio giudizio, veloce costruttiva. Lostrumento poi del voto, che è il primo diritto pienoe incondizionato di libertà, porterà ognuno di noi acontribuire alla costruzione di questa rinascita chedovrà essere sociale, culturale e di contenuti per ab-bandonare definitivamente il superfluo e il bieco chetroppo hanno imperato negli ultimi anni.ARNALDO ZAZZERON: In una società che cammina esi evolve ogni mutamento sicuramente influisce po-sitivamente lasciandoci aperti tanti perchè, e suitanti perchè, le giuste riflessioni e confronti ci aiu-tano a crescere.

2. OGGI AFFRONTIAMO UN PERIODO DI GRANDE CRISI ECONOMICA

E L’AMBITO CULTURALE PARE RISENTIRNE MOLTO VISTI I TANTI TAGLI DA

PARTE DELLO STATO AI COMUNI, COME SI POTREBBERO GESTIRE QUELLE

POCHE RISORSE A DISPOSIZIONE? TROVA GIUSTO PER ESEMPIO L’IDEADI DESTINARE PARTE DEI SOLDI DELL’AMBITO CULTURALE AD ALTRI AM-BITI, PER ESEMPIO ALL’ASSISTENZIALISMO, VISTO LA CRISI ECONOMICA

STESSA?MARIA PINA PALMIERI: Quando la coperta è corta, lasi cerca di tirare da tutti i lati ed è normale che qual-cuno rimanga scoperto. Vedete è molto facile giudi-care ed io prima di questa esperienzaamministrativa, lo facevo con leggerezza e senzaapprofondire. Ma quando un Comune si trova a vederdecurtati circa tre milioni di euro dalle entrate delloStato, deve per forza di cose ridurre, ridurre e ridurrei costi di gestione cercando di recare meno danno aicittadini. Questa amministrazione nel 2012 questoha fatto: una magistrale opera di riduzione dellespese veramente con un attenzione certosina perledere in maniera minima sulla cittadinanza e sulle

abitudini ormai radicate in un decennio ricco e di ge-stione anche del superfluo. Va da sé che l’ambito chegestisco – cultura e turismo- ha risentito di questitagli ma non più di altri ambiti dove si è lavorato es-senzialmente per eliminare gli sprechi accumulatinegli anni. E si è lavorato per portare avanti la poli-tica di questa coalizione tutta incentrata sul sociale,sull’integrazione e sulla solidarietà. ARNALDO ZAZZERON: Se la cultura diventa anchemarketing, essa stessa diventa la cassaforte daaprire per destinare le risorse ad altri ambiti (so-prattutto sociali) e non sarebbe più il settore da ta-gliare.

3. SE DOMANI VENISSE NOMINATO MINISTRO DELLA CULTURA,QUALE SAREBBE LA PRIMA PROPOSTA CHE PORTEREBBE SUL TAVOLO

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI?MARIA PINA PALMIERI: L’ipotetica mia nomina da partedel Presidente del Consiglio Bersani (naturalmentecon i dovuti scongiuri) mi vedrebbe sicura e decisaa proporre subito una legge che, nell’ambito del set-tore, agevoli e promuova il lavoro di tutti quei giovaniche hanno studiato e stanno studiando le materiead esso attinenti affinchè possano essere collocatiin maniera stabile al lavoro per cui si sono formatisenza più elemosinare un diritto costituzionalmentegarantito. E penso a chi studia e prova a lavorare nelteatro, cinema, nella musica, nelle manifestazioniculturali o semplicemente nell’indotto di questi. Ahun’altra cosa cercherei di fare (molto di parte però):donerei un grande cineteatro alla città di Melfi e al-l’intera zona.ARNALDO ZAZZERON: Nemmeno dopo una pesantecena riuscirei a sognare di essere Ministro della Cul-tura, quindi non sono in grado di rispondere. Se latua domanda fosse stata formulata come Assessoredi questa città, sicuramente le avrei risposto.

4. RISCOPRIRE LA CULTURA POTREBBE ESSERE LA BASE DELLA

NUOVA RICOSTRUZIONE DEL TESSUTO SOCIALE NAZIONALE. LEI COSA NE PENSA?MARIA PINA PALMIERI: Più che riscoprire la cultura, iodirei rivitalizzare la cultura e renderla di più stru-mento di crescita sociale e occasione di lavoro,strutturando apposite leggi e interventi a sostegnodi attività che ne assistano il rilancio e la definitivaaffermazione. Io penso che l’Italia sia un paese cul-turalmente avanti rispetto ad altri paesi europei eparticolarmente del Nord Europa, compresa lagrande Germania. E questo, sia per motivi legati alterritorio e sia alla storia stessa della nostra na-zione. Ma non basta. Il rilancio deve partire dall’or-ganizzazione e questa industria deve costruire

occasione di lavoro ma anche crescita intellettualedi tutti.ARNALDO ZAZZERON: Mio Dio!!! Se la dovessimo ri-scoprire significherebbe non aver capito nulla del-l’aspetto culturale ed allora sarebbe gravissimo. E’invece importante darle il giusto peso. Investire incultura vuol dire creare economia, posti di lavoro edaprire le menti.

5. E’ PENSIERO COMUNE CHE MELFI NEGLI ULTIMI ANNI ABBIA

ASSISTITO AD UN LENTO MA INESORABILE DECLINO DEL SUO MOVIMENTO

CULTURALE: È UN PENSIERO CHE CONDIVIDE? SE SI, COME MAI?MARIA PINA PALMIERI: Melfi ha una fisionomia cultu-rale strana, che deriva dalle politiche adoperatenegli ultimi anni. È una “cultura” fatta da pochi e so-liti noti e rivolta a pochi e sempre soliti noti. La no-stra è un’idea diversa, non dico migliore, non miazzardo, ma di costruzione e di promozione collet-tiva a tutti i livelli. Diversificare l’offerta culturalenella nostra città è basilare e cercare di rivolgersispecialmente a chi lo desidera da tempo e non ne haavuto l’occasione. È una cultura che guarda il sociale,l’integrazione, la solidarietà ma non trascura, anziinsiste, sulla creatività e sull’impegno dei talenti lo-cali che sono stati trascurati e ignorati per moltotempo con progettualità che fuori hanno fatto nu-meri e successo. La nostra idea è di apertura inmodo continuativo agli spazi che la città ha per met-terli a disposizione di tutti, delle associazioni, deisingoli, giovani e anziani specialmente, per tentaredi costruire un modello che sia cultura ma anche ag-gregazione e comunicazione. È faticoso, difficile, mastiamo lavorando intensamente per costruire que-sto progetto culturale che ci appartiene e ci piace eper la cui realizzazione è necessario l’aiuto di quanticredono in una cultura di tutti e per tutti.ARNALDO ZAZZERON: Sicuramente sì. Melfi ha persola vivacità culturale di un tempo e non dipende solodalla crisi economica ma da una incapacità di dareal movimento culturale la giusta importanza e so-prattutto una programmazione che deve essere stu-diata, valutata e condivisa. Quanti contenitoriculturali ci sono a Melfi abbandonati al loro poco edi-ficante destino? Urge una nuova programmazioneche rimetta in moto il movimento culturale con unpercorso da non lasciare all’improvvisazione e agliinterventi dell’ultima ora. Qualcuno dice: “tutto facultura”, io dico: “Melfi merita una cultura con la Cmaiuscola, per le sue tradizioni, per la sua storia eper le risorse umane spesso lasciate all’angolo”.

I n t e r v i s t a a . . .Maria Pina Palmieri ASSESSORE ALLA CULTURA ED AL TURISMO DEL COMUNE DI MELFIArnaldo Zazzeron PRESIDENTE ASSOCIAZIONE CULTURALE “LA BRAMEA DEL VULTURE”

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4 RIGENERAZIONE Numero 3 • Febbraio 2013

RIGENERAZIONE Numero 3 • Febbraio 2013

SEGRETARIO GD MelfiMarco Zampino

•DIRETTORE RESPONSABILE

Angela Di Lalla•

PROGETTO GRAFICO EIMPAGINAZIONEAlfonso Cerone

•REDAZIONE

Marco Zampino, Antonio Pepe, Vincenzo Mongelli, Angela Di Lalla, Alfonso Cerone, Pietro Monico,

Benedetto Fucà, Giuseppe Pocchiari,Luigi Lomio, Alessandro Gliaschera,

Maria De Rosa, Mauro Basso, Veronica Basso

•PROPRIETARIO ED EDITOREPartito Democratico Melfi

•STAMPATO pressoArti Grafiche VulturVia V.Veneto, 785025 Melfi (Pz)

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Il periodico d’informazione dei GiovaniDemocratici di Melfi “Rigenerazione” èin fase di registrazione presso il Tri-bunale, come previsto dalla Legge

47/1948.

Al prossimo numero!

Periodico d’informazione dei Giovani Democratici • MELFI •

di Alessandro Gliaschera

Le “risorse” ci hanno sempretormentato nel corso della no-stra formazione scolastica: la

fertilità del suolo, la presenza di gia-cimenti minerari, le distese di bo-schi sono concetti che ricorrevanomolto spesso nei paragrafi dei libridi geografia. Subito dopo, sempre inquegli stessi libri, era trattata l’eco-nomia della regione ed essa eratanto più ampia quanto maggiorierano le sue risorse. Non è una no-vità: la ricchezza di una terra in ter-mini di risorse “naturali” è un’ottimacredenziale per la sua ricchezzaeconomica. Eppure, dovendo stu-diare il capitolo sulla Basilicata, i gio-vani studenti della nostra regionerimangono increduli. Infatti, il lungoelenco delle risorse che va dallaterra fertilissima della parte setten-trionale del territorio, e che pas-sando per le purissime fontid’acqua (risorsa più importante perla vita) arriva fino al ricco giaci-mento petrolifero della Val d’Agri,non è compensato da un altrettantolungo paragrafo economico. Salvoisolate aree industriali e un risicatoturismo, il settore secondario e ter-ziario trovano davvero pochi scogliai quali aggrapparsi. Forse qualcosanon torna! Se la prosperità di unaterra fosse legata unicamente allesue risorse, la Basilicata dovrebbeessere ricchissima, Potenzaavrebbe uno skyline pieno di grat-tacieli in vetro e acciaio, Metapontodovrebbe avere le sembianze diDubai e tante altre città… bhe’ sem-plicemente non esistere proprio! In-vece la Basilicata oggi è consideratala regione più periferica e inutiled’Italia e, vista la condizione chequest’ultima, a sua volta, vive nelcontesto internazionale, fa com-prendere a quei poveri bambini, alleprime prese con la geografia, la mi-sera situazione della loro terra.Quello che i bambini non sanno, e

che la geografia purtroppo non in-segna, è che la “risorsa” più impor-tante, quella che fa realmentecrescere e prosperare una regione,non nasce nella terra, ma nellescuole; non si misura in libre o ton-nellate ma in nuove idee. Questa “ri-sorsa” permette di sfruttare tutte lealtre. Questa è la “risorsa umana”,forse l’unica che valga davvero lapena di avere. La mente è capace dicreare realtà, immaginare nuoveprospettive, inventare nuovi sistemi.E’ grazie alla mente, alla “risorsaumana” che possiamo vedere rea-lizzato ciò che ci circonda. Le mate-rie di cui è composto il mondo sonosolo mezzi, è questi sono ovunque,ma la loro vera essenza sta in ciòche le ha create. La Basilicata, cosìricca di materie prime, allora peccanella formazione di questa “risorsaumana”? Non garantisce una pre-parazione adeguata ai suoi studenti?In realtà la scuola in Basilicata(luogo dove si formano le menti) nonè così pessima come si vuol farcredere. La media di preparazionedegli studenti della scuola primariae di secondo grado non si discostadalla media nazionale, e a livello discuole superiori, esistono istituti dirilievo (nonostante l’assoluta condi-zione d’isolamento che vive oggi laregione). Inoltre, secondo le ultimeclassifiche, gli atenei universitaridella regione si sono classificati aiprimi posti per qualità degli inse-gnamenti. Il divario, che sta semprepiù crescendo tra la Basilicata e ilresto del mondo, non si può far ri-salire alla formazione scolasticaperché questa, sebbene non siaun’eccellenza, è adeguata. Ciò nono-stante è attestato che oltre la metàdegli studenti delle scuole superiori,scelga di emigrare dalla propria re-gione per frequentare l’università e,una volta terminati gli studi, molti diquesti non vi faranno ritorno perapprodare nel suo mercato del la-

voro. Il problema essenziale è cheanche la Basilicata sta vivendo il fe-nomeno della fuga dei cervelli, manon è appieno consapevole. Le mentisono la più grande risorsa che unaterra abbia a disposizione e la no-stra permette che questa ci sfuggadalle mani senza far nulla. Potrebberendere più ricco il mercato del la-voro con iniziative, finanziare attivitàdi ricerca, offrire incentivi che in-coraggino le attività o semplice-mente dare retta a chi ha unasemplice idea da voler realizzarenella sua terra perché sono le ideeche creano ricchezza. Spesso la no-stra regione si mostra insensibilenei confronti di questo meccanismoche però sta alla base di tutti i suoiproblemi. La Basilicata, come unamadre, nutre con affetto tutti i suoifigli, ma non è in grado di mante-nerli quando crescono e da lontanoli costudisce e regala loro un vividoricordo mentre nella sua solitudine

si lascia morire.

L a v e r a r i s o r s a d e l l a B a s i l i c a t a

Gianna Nannini INNO (G.Nannini - Pacifico)

Mi ricordo di te / ti raggiungo ad occhi chiusi

Mi ricordo di te / per la strada mi incontrerai

Mi ricordo di te / ogni estate sono qua

Mi ricordo di te /tu sorridi e mi dici ciao

Che bello è vivere / se vivere è con te

Ora soffia il vento / soffia via con te

Mi ricordo di te / la tua voce nella mia

Mi ricordo di te / e non voglio mandarti via

Che bello è vivere / se vivere è per te

Ora soffia il vento / ti porta via da me

Mi ricordo di te / sorso d’acqua tra le dita

Se ti stringo va via / pioggia o lacrima

Tornerai / so che ritornerai / nel tempo che verrà

Nel buio che cadrà / e vita sempre tornerà

Nel tempo che verrà / nel freddo che sarà

Sei vita quasi libertà

Mi ricordo di te.

I n q u e s t o n u m e r o :pag.1

Superare la crisi attraverso la krisisL’Italia giusta

pag.2Sensazioni di uno straniero

Fiat a MelfiFrancesco Saverio Nitti, “La questione

meridionale e l’emigrazione”pag.3

Faccia a faccia.Intervista a Maria Pina Palmieri

e Arnaldo Zazzeronpag.4

La vera risorsa della BasilicataGianna Nannini, Inno