Sport 2.0 :: Settembre 2011

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Quando è nata questa rivista avevamo una sola certezza: volevamo portare innovazione in un’informazione sportiva tutta uguale, spesso pilotata dai grandi movimenti di denaro e che sa ancora molto di 1.0. In questo senso, Sport 2.0 magazine rientra all’interno di un progetto più grande, che integra tutte le forme di comunicazione, soprattutto quelle duepuntozero. Bene, le stringhe di codice html che giravano (talvolta a caso ;-) nella nostra redazione si stanno ora concretizzando in qualcosa di vivo e reale, che a breve ci traghetterà in un nuova dimensione. E’ la community di Sport 2.0 ed è fatta di sportivi e appassionati, blogger e lettori, eventi e tifosi, video, emozioni, storie, viaggi. E’ una community che parla e che scrive e che partecipa in prima persona ad un nuovo modo di vivere e di raccontare lo sport in Piemonte. Questa community si muove su una piattaforma interattiva dove ciascuno può rivivere le proprie emozioni attraverso le nostre fotografie, può farsi trasportare dai nostri video, può lasciarsi consigliare dai nostri blogger, può seguire i nostri Campioni 2.0, che sono atleti locali ma sono già affermati in tutto il mondo, nel silenzio della stampa generalista.E se la rete rende accessibile al mondo intero l’informazione territoriale, Sport 2.0 vi offre l’opportunità di parlare di voi al mondo intero. Sta a voi farvi sentire!

anno 02 numero 10 Settembre 2011

direttore responsabileIlaria [email protected] editorialeMarco [email protected] collaborato a questo numeroPaolo MoiséAndrea AnnunziataMario Brunoper fare pubblicità[email protected] legaleCorso Vittorio Emanuele II, 6210121 Torinodirezione redazione amministrazioneVia Cardinal Fossati, 5/P10141 Torino

Reg. Tribunale di Torino n°57 del 25/10/2010periodicitàMensileGrafica e impaginazioneAlberto MeniettiStampaGrafica Piemontese s.r.l.

ROC - registro operatori della comunicazione: 20693

Copyright©, tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione totale o parziale di testi, foto, disegni pubblicati su Sport 2.0, con qualsiasi mezzo, salvo espressa autorizzazione dell’Editore. L’editore non risponde dell’opinione espressa dagli autori.

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di ilariaGaraffoni

let’s do this community!Settembre 2011

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Il baseball è uno sport particolare: per essere apprezzato deve per forza essere capito, altrimenti può diventare di una noia pazzesca. Ma in fondo tutti gli sport atipici hanno la peculiarità di saper abilmente eludere le attenzioni degli osservatori che non siano realmente interessati. Il problema è che in Italia è difficile capire chi sia davvero interessato al baseball, dal momento che si tende a bollare come americanata tutto ciò che arriva dagli States. Baseball incluso.

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panta rei di Edoardo Blandino

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meglio lanciatore e battitoreIl grosso difetto degli sport a stelle e strisce, in effetti, è la complicata terminologia che scoraggia fin da subito i meno interessati. Il baseball, almeno, ha provato ad avvicinarsi alla cultura italiana. Oggi nel nostro paese, per esempio, si parla di lanciatore e battitore, non di pitcher e batter. Alcune parole, però, sono intraducibili. E così, chi si vuole avvicinare al baseball è costretto a familiarizzare con gli inning, gli strike o i ball. Ci vuole solo un po’ di attenzione all’inizio, poi il resto è sempli-ce. Ma permetteteci un suggerimento: vi sconsigliamo di andare a vedere una partita senza prima aver avuto un’infarinatura generale.

panta reiPanta Rei, Tutto scorre, diceva Eraclito. Il baseball non sarà stato creato sull’impronta speculativa del filosofo greco, ma il suo modo di pensare non si allontana trop-po da quella che è la caratteristica peculiare del base-ball: il gioco non si ferma mai. L’unica pausa è quella tecnica del cambio degli uomini tra un inning e l’altro. Per il resto, nulla vieta al lanciatore di cercare di elimi-nare un avversario anche se il battitore non è ancora in campo. Insomma, panta rei.Il baseball non è uno sport a tempo. Non esiste il cro-nometro. La partita è lunga 9 inning ed un match po-trebbe ipoteticamente durare anche solo 45-60 minuti. In realtà i tempi sono più lunghi - e anche di molto. Negli USA non sempre lo stadio si riempie fin dal riscal-damento e spesso i tifosi arrivano a partita iniziata: in fondo, se si salta qualche inning, ci sono ancora almeno due orette buone a cui assistere.

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reGole minimeVi abbiamo già sconsigliato di vedere una partita di baseball senza prima avere una minima infarinatura delle regole del gioco. Eccovi un manabile sulle situazioni di gioco più comuni.- Lo scopo è fare più punti della squadra avversaria. I punti si segnano percorrendo tutto il diamante di gioco e toccando le quattro basi (I, II, III e Casa Base).- In ogni inning una squadra ha un turno di attacco e uno di difesa. Durante il primo inning, lo scopo è quello di segnare punti, mentre nel secondo bisogna impedirlo agli avversari.- Si cambia turno nel momento in cui la squadra di difesa elimina tre giocatori avversari. Ci sono tre modi per eliminare gli avversari: a) il lanciatore lancia la palla e per tre volte il battitore non la colpisce (Strikeout); b) il battitore colpisce la palla, ma la difesa la prende al volo prima che questa batta per terra (Flyout); c) un giocatore di difesa in possesso della palla tocca un avversario prima che questi sia in “salvo” in una delle quattro basi (Tag) oppure tocca una base prima che l’avversario la raggiunga (Ground Out).- Il gioco non si ferma mai: il lanciatore può cercare di eliminare un avversario in I, II o III base se questi sta cercando di avvantaggiarsi “rubando” qualche metro in partenza.

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da cinemaIn Italia c’è poco seguito. Gli stadi da baseball sono poco numerosi e chi assiste alle partite è una nic-chia. Tuttavia, se pensate che gli spettatori si possano contare sulla punta delle dita, vi sbagliate di grosso. Perlomeno a Torino non è così. All’ombra della Mole, nel campo di via Passo Buole, dove già avevamo in-contrato le ragazze del Softball (vedi Sport2.0 marzo 2011), a seguire il baseball ci sono sempre almeno un migliaio di persone. La Juve98 gioca in quello stadio a week-end alterni e ogni giornata di campionato disputa due partite: una nel primo pomeriggio ed una alla sera. Inutile dire che il match in notturna, con lo stadio quasi gremito, crea una cornice cinematografica.

futuro incertoGiocare con le luci accese è una scelta voluta dalla so-cietà ed in particolare da Mario Bruno, presidente della Juve98 e grande appassionato di baseball fin dai tempi in cui lo giocava in Messico. Bruno ha preso in mano la società nel 1998, rifondandola sulle ceneri della storica Juve48 e da allora si è battuto – non senza difficoltà – per far crescere questo movimento. Oggi la sua squa-dra frequenta le alte zone di A1, ma il futuro è incerto: “Con sempre meno soldi e meno sponsor diventa ogni giorno più difficile”.

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il baSeball a torinoIl baseball è un movimento in continua crescita e negli anni è diventato sempre più popolare. Tuttavia non esistono ancora molti campi a disposizione, quindi bisogna andare alla ricerca degli impianti adatti. A Torino esiste il campo di via Passo Buole, dove gioca anche la Juve98. La società torinese sta cercando di promuovere il baseball e offre a tutti i ragazzi la possibilità di cimentarsi con questo sport. Esistono diverse fasce d’età e non ci sono particolari controindicazioni.

Il problema, però, sta a monte e riguarda la divisio-ne dei campionati. “Noi giochiamo nella lega, che è la massima espressione del baseball italiano. Facciamo crescere i giovani e portiamo avanti questo sport, ep-pure se vinciamo il campionato non disputiamo la no-stra Champions League”. Già perché ancora sopra l’A1 esiste ancora l’IBL (Italian Baseball League), ma lì ci giocano solo qualche italiano, tanti fenomeni stranieri e molti ex-collegers statunitensi. Con questa formula le televisioni non seguiranno mai il baseball. E se non c’è attenzione mediatica, gli sponsor scemano sempre più. Insomma, non è una grande scelta se si vuole far crescere il baseball.

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“Il motocross è uno sport per pochi eletti”...niente di più falso. In realtà è una disciplina facilmente accessibile, che non richiede spese eccessive o equipaggiamenti troppo complicati.

Più che dell’attrezzatura, dovete preoccuparvi di avere il coraggio e la costanza necessari per affrontare percorsi impervi e dissestati. In cambio, riceverete emozioni mozzafiato: vi basta?

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motocrossDagli USA con furoreIl motocross è uno sport che non può che affascina-re gli appassionati della velocità, dell’aria aperta e dell’adrenalina. Praticare questo sport è semplice: basta possedere una moto adatta e non avere paura di qualche schizzo di fango e di qualche caduta… ma soprattutto bisogna avere il coraggio di lanciarsi a tutta velocità sulla pista e di rimanere a cavalcioni della moto mentre si eseguono salti ed evoluzioni. I primi impavidi pionieri sono stati i centauri statunitensi, che a partire dagli anni settanta hanno fatto della passione per le due ruote un vero e proprio sport. Soltanto dieci anni dopo questa passione ha iniziato a diffondersi anche in Europa, dove è stata proprio l’Italia, in particolare Genova, ad ospitare trent’anni fa il Super Ball, la prima competizione che ha accolto atleti provenienti da tutto il continente.

Fango indoor e outdoor Esistono due categorie di motocross: il motocross vero e proprio, che viene praticato outdoor, e il supercross, che invece prevede l’utilizzo di piste interne apposita-mente progettate, che richiedono una maggiore abilità tecnica per il gran numero di salti e di ostacoli. Il pubbli-co può quindi scegliere se stare comodamente seduto in uno stadio oppure godersi un suggestivo panorama di campagna. Gli spruzzi di fango sono inclusi in ogni caso. Le moto che vengono utilizzate differiscono solo per qualche piccolo particolare: le moto da motocross sono dotate di sospensioni più dure, che possono af-frontare meglio i salti, e di motori più rapidi e potenti sui bassi giri, per fronteggiare più facilmente le salite ripidissime che si trovano a scalare. Per il resto, le diffe-renze sono poche. Per entrambe le categorie possono essere usate moto sia di cilindrata 450 che di cilindrata 250 (anche se la maggior parte dei piloti preferisce le prime, perché sono più potenti). Anche le compe-tizioni sono le stesse e si svolgono con le medesime modalità. I Campionati Nazionali, gli Europei e i Mondiali sono infatti strutturati nello stesso modo per entrambe le specialità: prima si svolgono le qualificazioni, poi le semifinali ed infine le finali. La classifica definitiva viene

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motocrossche fatica vUoi che Sia?Tanto fa tutto la moto...Errore blu, i piloti fanno una fatica bestiale. Già un articolo del 1980 comparso sul Dirt Bike, una delle prime riviste specializzate in materia, dimostra che il cuore dei piloti di motocross è il più sollecitato, e quindi allenato, di quello di qualsiasi altro sportivo delle altre discipline esaminate. Il controllo della moto, che corre velocissima su un tracciato impervio, richiede un grande sforzo delle gambe e delle braccia e provoca una forte sollecitazione dei polsi e delle ginocchia. L’allenamento necessario è sia di tipo aerobico (per irrobustire il cuore), che anaerobico (per fortificare i muscoli delle gambe e delle braccia), ma è necessaria anche una corretta alimentazione, che favorisca il mantenimento della buona forma fisica, e l’immancabile stretching. Basta una piccola svista o una lieve disattenzione per perdere il controllo della moto e può essere fatale. Oltre alla prestanza fisica e al costante allenamento, quindi, è assolutamente indispensabile una buona dose di sangue freddo.

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motocrossottenuta facendo la somma dei risultati delle diverse manches. Tuttavia, le manches delle competizioni di motocross durano ben 40 minuti, contro i 10 di quelle di supercross. Il motivo? Per strano che possa sem-brare, è molto più stancante condurre una moto su un circuito indoor appositamente progettato che su uno outdoor elaborato da madre natura.

SupercrossFra motocross e supercross corre più o meno la stessa differenza che c’è fra una competizione di lungo per-corso, ad esempio una maratona, ed una che richiede velocità sul breve percorso, come una staffetta veloce. Infatti, nel supercross è necessario compiere un gran numero di salti che si susseguono a ritmo serrato su un percorso di breve durata, mentre nel motocross, dove le piste non sono appositamente costruite, ma dove si utilizzano percorsi esistenti in natura, il numerodei salti è minore e conta più la resistenza dell’abilità.Per godere dal vivo le evoluzioni mozzafiato del super-cross, vi invitiamo al Torino Palaolimpico il 1 ottobre: ci saremo anche noi!

Supermotard, free style Meno praticati, ma ugualmente interessanti, sono il supermotard e il free style, che costituiscono due di-scipline per cui non sono previste regolari competizioni, ma che comunque possono regalare brividi mozzafiato. Assistere ad una gara di free style, in fatti, significa am-mirare gli atleti che si esibiscono in salti spettacolari, eseguiti con velocità e precisione ad un ritmo incalzan-te. Il supermotard, invece, ha la caratteristica di utiliz-zare piste miste di asfalto e terra e quindi di permettere ai piloti di mostrare le proprie capacità in entrambi i tipi di circuito.

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occhio alle coronarieFino a dieci anni fa ci si poteva lanciare in campagna senza suscitare grosse lamentele; oggi invece è con-sigliabile informarsi sulle piste più vicine per evitare secchiate d’acqua e vasi di fiori in testa. Basta iscriversi ad uno dei numerosi club di motocross della propria regione per utilizzarne le piste, e magari informarsi sulle ultime novità su una delle riviste che riguardano l’argomento. Solo in provincia di Torino si contano sette piste, due in quella di Asti, una in quella di Biella,cinque in quella di Cuneo e di Vercelli, tre in quella di Novara. Gli unici requisiti richiesti sono la licenza agonistica della Federazione Motor club Italia, che può essere acquistata dai tesserati di questa associazione, e un certificato di sana e robusta costituzione che assicuri che al primo salto non vi ceda il cuore!

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india:lasciatevi portare

di Riccardo Chiura

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Ci sono posti per i quali non basta aver imparato a memoria la Lonely Planet, non basta essersi sorbettati uno slideshow di foto dell’amico , non basta aver seguito un ciclo di lezioni sulla cultura e sul clima locale. Non basta per capire le mille sfumature di quel luogo, ma anche semplicemente per intuirne il profumo, l’aria di casa, il sapore dei suoi muri. Ci sono luoghi dove è necessario andare direttamente, dove ci sono visi che bisogna vedere coi propri occhi, strade che bisogna attraversare con le proprie gambe, odori che bisogna provare sulla propria pelle e gusti che bisogna assaporare con la propria lingua. L’India è uno di questi luoghi.

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L’india è una terra dove passato e presente convivono in uno straordinario connubio. L’India è un mondo a sé, che può dare tutto e togliere il respiro non appena girato l’angolo. In India tutto è contraddittorio e allo stesso tempo per-fettamente amalgamato e armonioso. In India si ha spesso la sensazione di ricevere uno schiaffo in pieno volto.

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Non c’è un percorso giusto o sbagliato da intraprende-re in India, non ci sono luoghi da privilegiare a discapito di altri: quello che bisogna fare in India è solo scendere in strada ...e lasciarsi portare dal flusso della vita. Que-sto è il giusto inizio per l’avventura.

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Una storia ippicadi Mario Bruno

E’ una storia, come dire, molto ippica, dove per ippico si identificano i geni della passione. Termine che liquida ogni sistema tecnico, strategico ed informatico. Se c’è passione, i numeri a barre e i logaritmi non verranno mai serviti a tavola, perché è l’emozione che fa la differenza. Così il cavallo da corsa diviene non solo un bene, ma anche e

soprattutto un simbolo. Rappresentando la speranza e lo spirito di conquista, l’accesso ad un futuro migliore, dove si è tutti più ricchi e più belli, e soprattutto più felici, e che dire, molto orgogliosi. Cos’è, un trattato di psicologia brevi manu? Beh, poco ci manca, perché il cavallo da corsa permette ogni tipo di sogno. E se fosse il migliore di tutti?

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Mosso da queste sensazioni, il signor Pino Racca di Rivalta, spettacolare bateur di mercati rionali, travol-gente venditore di abiti e di pentole, di prodotti per la pelle e di tutto ciò che un onesto magazzino, fornitissi-mo, presentava a giro, a seconda cioè delle occasioni all’ingrosso, divenne un leader nell’ambito del trotto torinese. Lui era la prima firma della scuderia Rivaltese, ricordo di un cinquantello fa. Come tutti gli artisti – perché un venditore piazzista, consentitecelo, è immerso nel bro-detto primordiale dell’arte sopraffina del comunicare - aveva le sue idee, e sapeva comperare. Ogni tanto ecco un pezzo assurdo (?) che gli piombava in casa da piste lontane. Ma spessissimo Pino Racca aveva ragio-ne, al punto tale che per anni divenne la scuderia nume-ro uno del trotto di Vinovo, rendendo dritti con preziose tinture cavalli storti, inventando campioncini e allenan-do con le sue tecniche gli onesti ronzini divenuti abili corridori. Pino Racca era un apprezzato gentleman, e questa passione mista a sicura abilità non poteva non suscitare attenzione e legittima attrazione nel pubbli-co, ma soprattutto nei parenti più stretti. Così ecco che attorno alle gambe dei cavalli girava soprattutto una bimba, Michela, nipotina diletta. L’altra nipotina Claudia, di fronte a quei “quattro zampe”, agli odori di scude-ria, e a questo mondo mai uguale, era invece di parere avverso, sempre lontana. Ma Michela faceva per tutte e due, perché era una domanda unica: e questa fascia perché la metti così? E quest’unguento? E questa fer-ratura? E quest’imboccatura?

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In sintesi, una piccola peste che adorava la scoperta di questo mondo, anche se la famiglia la spingeva lo-gicamente verso lo studio. Così Michela finì all’istituto alberghiero di Carmagnola, dove ottenne il diploma, per la specializzazione di receptionista.Ma ad un passo dall’entrare nella macchina del turismo, Michela disse di no.Ed è lei stessa a ricordare.“Come potevo? Io venivo all’ippodromo, dove lavorava mio padre Giovanni e dove passavo tutte le mie ore liete. Chi mi ha permesso per prima di fare prove, di andare in pista per attaccare i cavalli e per scoprire le emozioni più convincenti, è stato Santino Mollo. Indi-menticabile e brava persona. Poi il destino ha voluto che nella scuderia Gelormini si configurasse un posto di lavoro! Trovare lavoro all’interno dell’ippodromo è come pescare un gratta e vinci da cifre con tanti zeri. Capitò che il figlio di Bruno Gelormini, Gabriele, si tra-sferisse in Francia alla corte del più importante driver d’Europa, Bazire. E così Bruno mi disse se avevo voglia di fare sul serio..Mi ci sono buttata a pesce, a Gelormini devo questa vita, ora sempre più impegnata, di driver. E se il domani vorrà che io diventi più affermata, legit-timo pensarlo no?, le radici della mia storia sono quelle che ho raccontato e l’uomo al quale devo e dovrò dire sempre grazie è Bruno Gelormini....”Storia lunghissima, ma i numeri che la determinano sono persino insolenti. Perché questa driver in gonnel-la, tutto temperamento e semplicità, bella come il sole per la gioia che ne irrora ogni movimento, ha appena 22 anni! Ed è anche l’allievo driver in gonnella più gio-vane d’Italia. Allievo per modo di dire, perché, mentre scrivevamo quest’articolo, Michela ha già superato il tetto dei 25 piazzamenti ottenuti sul territorio nazionale ed ora “già” guida tra i professionisti, dove sta ottenen-do solido rispetto dai vires, da quella categoria di uo-mini dai muscoli d’acciaio, che costituisce la stragrande maggioranza dei protagonisti, ma che vede Michela di buon occhio, perché ad una persona così, tanto inna-morata di questo mondo, non si può che volerle bene.

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“In effetti - spiega tra sé e sé - tra queste mura io son felice al punto tale che non penso alle ferie. Magari andrò qualche giorno nel prossimo gen-naio, ma ogni qual volta mi sveglio, il mio pensiero va ai cavalli che accudisco in scuderia. E poi, diamine, le corse: mescolo tutto e ricevo sensazioni di felicità, pro-fondissime”.Michele guadagna uno stipendio standard e con questi onesti soldi sta costruendo a piccoli passi la propria giovane vita.“Ho acquistato la mia Panda, a rate, ed ora mi sto fa-cendo bella, dal dentista, che mi mangia per traver-so, ma presto potrò togliere l’apparecchio ed avrò un mega sorriso...”Simpatica e semplice, Michela in corsa è una protagoni-sta: coraggio, scaltrezza e mani ferme rappresentano il suo modo di interpretare la ricerca del traguardo (c’è money sino al quinto classificato). Ed ogni tanto la giuria la richiama perché ci ha messo troppo ardore, finendo per beccare qualche penalità, ma insomma, qui siamo

nel mondo dell’ippica, chi non risica non rosica...Se questo racconto vi ha incuriosito, perché tutto sommato è un po’ diverso, lega-to com’è alla conquista della vita di una rosellina che vuole fiorire in un’aiuola carica di spine, fate un salto a Vinovo. Vi basterà, scorrendo il programma, mettere il dito su un cavallo che ha come driver M. Racca: è lei! Un consiglio, provate a scommettere due euro su di lui, perché, indipendentemente dal risultato della gara, questa è un’avventura talmente atipica, che paga an-che solo per il sapore che trasmette.

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bike il futuro

nelle manidi Edoardo BlandinoRaramente capita di vedere un adulto sfrecciare rasoterra, per giunta sdraiato su un megatriciclo. Capita ancor più raramente se l’adulto in questione è una ragazza interamente bardata di colori azzurro nazionale e se la suddetta fanciulla se ne sta nel bel mezzo di una piazza. Il tutto nella tranquilla cittadina di Alba. In tal caso, nemmeno la proverbiale discrezione piemontese può evitare certi interrogativi: lei chi è? E cos’è quell’affare a tre ruote?

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triciclo formato maxiTelaio in carbonio. Tre ruote leggermente più piccole di quelle delle bici: due dietro ed una davanti sterzante. Un manubrio collegato alla ruota anteriore che si inclina per girare a destra o sinistra a cui sono attaccate due manopole che si azionano con un movimento circolare in avanti. Lì, dove poggiano le mani, è installato il clas-sico cambio da bicicletta. A tutto questo ambaradan si aggiunge un seggiolino monoposto dove il conducente si piazza in posizioni che variano dallo sdraiato al sedu-to, in base alla comodità. Raccontato così sembra uno strumento bizzarro (in effetti lo è), ma chi ci sale so-pra ...non può che rimanerne affascinato. A prima vista può sembrare semplice da controllare, ma finché non si prova è davvero difficile carpirne i segreti. Curvare senza rallentare ai due all’ora è un’impresa titanica e ribaltarsi per la troppa velocità è il minimo che possa capitare.

Questione di feelingL’oggetto in questione si chiama Handbike ed è la rispo-sta alla bicicletta per tutti coloro che hanno problemi agli arti inferiori. Francesca Fenocchio l’ha scoperta qualche anno fa, quasi per caso. Un giorno stava partecipando per gioco ad una gara in sedia a rotelle e vide questo bolide sfrecciarle vicino. Ne rimase incantata. Il caso volle che un suo conoscente ne avesse una in più da farle provare. E fu subito amo-re. Francesca si prese qualche breve istante per riflet-tere e poi si convinse: doveva averla. Avete presente un bambino che si incanta davanti ad un oggetto nuovo? Ecco, deve essere stata quella la reazione. Ma con una differenza sostanziale: di quell’attrezzo Francesca ha fatto la sua vita.

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dietro le QUinteL’handbike è uno strumento molto sofisticato che si è evoluto rapidamente negli ultimi anni. L’introduzione di nuovi materiali ha permesso di alleggerire notevolmente l’intelaiatura, così da rendere questo mezzo estremamente veloce e maneggevole. In meno di un lustro la tecnologia ha fatto passi da gigante e chi ha preso una handbike qualche anno addietro ora si trova in svantaggio. Questi mezzi, infatti, sono estremamente costosi e non sono tanti gli atleti o le federazioni che possono permettersi acquisti a ripetizione. Ogni handbike è costruita su misura per il singolo atleta, a partire dalla distanza dove è posizionata la pedaliera rispetto al seggiolino. Tuttavia anche per l’handbike ci sono dei parametri strutturali che non devono essere superati.

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pedalata alternata. anZi, no. bracciata all’UniSonoNon potendo sfruttare l’utilizzo delle gambe, gli atleti a bordo delle handbike si spostano grazie alle proprie braccia. A differenza di quanto si possa immaginare, però, il movimento degli arti superiori non è simile a quello delle gambe. Chi monta in sella ad una bicicletta si troverà costantemente con una gamba distesa ed una piegata, sulla quale sarà pronto a spingere sfruttando anche la forza di gravità del proprio corpo. Rimanendo sdraiati, invece, si effettua un movimento differente: per questo agli atleti non conviene “pedalare” alternando braccio disteso e braccio piegato, ma è preferibile muovere le braccia all’unisono. Inoltre, il movimento sfasato risulta essere estremamente pesante per le articolazioni delle spalle.

Scelte di vitaPer lei è stato un po’ come rinascere. Un’infanzia tran-quilla ed un’adolescenza normale. Poi, qualcosa che non va. Gli esami e la scoperta del terribile male. Un’unica soluzione ed una grande con-troindicazione: l’operazione la sola via, la sedia a rotel-le il vero rischio. Francesca ha affrontato a testa alta le avversità e ha scelto la vita, pur sapendo a cosa andava incontro. L’handbike è stata importante per lei: da quando l’ha scoperta non se ne è più separata.

pionieraEra il 2006 quando Francesca saliva per la prima volta su questo mezzo. Da allora sono passati 5 anni e la tec-nologia ha fatto passi da gigante. D’altronde l’handbike è uno strumento piuttosto recente e la vera rivoluzione è in atto solamente ora: migliori materiali significano prestazioni superiori e conseguentemente maggiori possibilità di vittoria. Ovviamente, a patto che chi la gui-di ne abbia le capacità. E Francesca, da questo punto di vista, non è inferiore a nessuno.

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cacciatrice d’oro Il suo ultimo obiettivo è Londra 2012. Per qualificar-si deve ottenere una serie di risultati e ormai manca poco. Ma non è stato per niente facile. In questo anno Francesca si è presa grosse pause dal suo lavoro di impiegata all’ASL per allenarsi in vista dell’Olimpiade. Il duro lavoro l’ha ripagata. Ora non resta che andare a caccia dell’Oro.

Segui con noi sul web l’avventura di Francesca verso Londra 2012

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Cosa vogliono vedere, sentire o provare i potenziali soci di una società sportiva? Che tipo di evento o messaggio potreb-be catturare la loro attenzione e portarli vicini ad un marchio di scarpe, un’attività diversa o un particolare club? Sono do-mande complesse, perché complessa è la società attuale e sempre più complessi sono i bisogni. E mentre le esigenze crescono e si di-versificano, l’offerta di comunicazione si moltiplica a dismisura. Come emergere in questo brodo primordiale? La fantasia è un buon punto di partenza.

Sono anni che l’offerta di spazi ed eventi pubblicitari è mol-to superiore alla domanda, tanto che solo le proposte ad elevata innovatività ed attrattività riescono ad avvicinare i potenziali sponsor. Anche l’utente di spettacoli sportivi non si accontenta più di partecipare passivamente, ma cerca un coinvolgimento diretto, un’esperienza fisica ed emo-zionante. Queste caratteristiche fanno sì che lo spettacolo debba essere concepito in modo da risultare un’esperien-za unica, memorabile e, ovviamente, piacevole. Una buona dose di originalità, un approccio fortemente creativo e un format in grado di coinvolgere e far interagire il pubblico saranno pertanto basilari per soddisfare le esigenze dei partner commerciali.

di Andrea Annunziata

la fantasia al potere

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eventi su misura I consumatori, quindi anche il pubblico che frequenta gli eventi, sta cambiando radicalmente i propri atteggiamen-ti d’acquisto. Diventa quindi complicato, anche per degli esperti di comunicazione, ragionare secondo schemi di riferimento costruiti su stili di comportamento di segmenti omogenei della popolazione. Inoltre le aziende hanno esi-genze di differenziare il target e si aspettano proposte non “industrializzate”. Il format deve quindi essere progettato su misura, con grande capacità sartoriale, per soddisfare le esigenze del singolo sponsor. In ogni caso è essenziale lasciare sempre spazio alla creatività.

Se son giovani... Nel caso di target concentrato sui giovani, l’evento sporti-vo dovrebbe essere un momento di naturale coinvolgimen-to diretto del pubblico. In altre parole, l’interazione con le marche e i prodotti degli sponsor dovrebbe essere profi-cuamente creata stimolando la partecipazione attiva, che tra l’altro consentirebbe anche di rafforzare il processo di fidelizzazione attraverso la trasmissione dei valori positivi associati allo sport e alla singola disciplina sportiva. Ogni evento destinato ai giovani dovrebbe avere un momento di prova diretta, ossia di didattica per creare un legame più forte e duraturo con la società ed i suoi partner commer-ciali. I luoghi fisici dove si pratica lo sport possono essere limitanti per la visibilità e la creazione di nuovi contatti. Po-trebbe quindi essere necessario uscire dagli stadi e dai palazzetti e favorire la partecipazione in altri contesti, dove l’elemento novità rafforza l’empatia e il divertimento, aiu-tando anche l’immagine dello sponsor.

proporre soluzioni Ovviamente nessuno è capace di trasformare le idee di comunicazione in oro: meglio quindi produrre con conti-nuità idee e progetti mirati per costruire progressivamente una relazione solida e duratura con le aziende, partendo dalle necessità delle aziende stesse ---e non da quelle della nostra attività sportiva. Ogni azienda ha le proprie esigenze: necessità di coinvolgere i dipendenti, bisogno di accrescere la propria notorietà di marca, interesse a favorire l’integrazione nel contesto locale, etc. Questo significa che chi gestisce i contatti commerciali all’interno della società sportiva deve avere la sensibilità necessaria per comprendere le reali necessità e le potenzialità su cui costruire la relazione con le aziende, per poter modulare delle proposte che siano soluzioni... e non meri abbina-menti pubblicitari.

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ippodromo

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ippodromo

il cavallo dai piedi di balsa

di Marco Portinaro

L’ippodromo è un microcosmo

a sé, con tratti che vanno dal circense al surreal-

cinematografico. In tribuna e in area scommesse scorrono scene di un film retrò,

dove eleganti uomini d’affari elogiano i propri cavalli, accompagnati da mogli perfette che sorseggiano aperitivi

perfetti in perfetti abiti da cocktail. Nella pista ovale il pubblico è richiamato dai megafoni ogni mezzora, in un susseguirsi di gare dove

abilità umana ed equina regalano uno spettacolo sempre emozionante e, per i più fortunati, anche un sacco di soldi. L’eleganza composta degli spettatori,

che osservano la gara con lenti e monocoli, si contrappone allo sventolio di banconote e schedine a bordo pista, dove si appostano i bagarini. Megaschermi luminosi mostrano la gara

secondo per secondo, mentre tutti gli occhi sono puntati sul tabellone dei piazzamenti. Col fiato in gola.

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Specialita’Esistono 2 specialità nell’ippica: Galoppo : il fantino è seduto su una piccola e leggera sella posta sulla schiena del cavallo.Trotto: il guidatore è seduto su un piccolo carro a 2 ruote (Sullky) trainato dal cavallo.

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Siamo all’

ippodromo di Vinovo, un’i

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lettere SUlle porte delle StalleIndicano l’età del cavallo, che in genere corre fino a dieci anni.O - 2 anniP - 3 anniN - 4 anniM - 5 anniL - 6 anniL’età del cavallo si calcola osservandone la dentatura (diversa per maschi e femmine e per età) e il logoramento della stessa, che inizia già dagli 8 anni di vita.

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Centinaia di professionisti preparano con devozione maniacale e fin dall’età di due anni i numerosi cavalli che affollano le stalle dell’ippodromo di Vinovo. Perché i veri atleti sono loro, i cavalli intendo. E vengono trattati e curati come veri sportivi: si allenano ogni giorno, seguono un’alimentazione sana, stanno

a digiuno prima della gara, si accoppiano in modo sicuro e indossano curiosi ornamenti, cuffini antirumore e paraocchi.

Già, perché basta un niente a cambiare le sorti di una gara: un incidente di per-corso, uno zoccolo che si rompe per il fastidio delle mosche, un muscolo galeotto

che si strappa in gara, un’indigestione, una notte insonne...insomma, questi cavalli sono delle mammolette in confronto ai nostri calciatori.

Ma neppure basta avere un buon cavallo, allenarlo e tenerlo a stecchetto: come in tutti gli sport di squadra, è fondamentale avere un feeling perfetto con il guidatore. E’ l’intesa

a fare la differenza e la ricerca della vittoria diventa un’ossessione.

faStidi eQUiniDurante le gare il cavallo indossa dei cuffini per non essere disturbato dai rumori esterni e porta dei paraocchi sul muso; il guidatore regola l’apertura del paraocchi, rendendolo più stretto o più largo a seconda che il cavallo si trovi in curva o in un rettilineo.

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Ippodromodi Vinovo

Ed eccoci alla sessio-

ne di gara. D’un tratto siamo

sbalzati nel set di un film: i protagonisti recita-

no, i costumisti e truccatori preparano gli attori, gli addetti alla

sicurezza supervisionano la scena e i registi stanno dietro la macchina da presa.

Al piano zero dell’ippodromo, in un bunker an-tiatomico, lavorano gli addetti alla ripresa, i giudici

di gara e le tante persone che operano nell’ombra, ma che sono indispensabili per il regolare svolgimento dell’im-

mensa macchina delle scommesse che si muove dietro l’ippica italiana. Sport 2.0 vi ha raccontato Vinovo per immagini; voi provate

a viverla. E’ anche meglio!http://www.ippodromovinovo.it

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*Fonte: sito del Comune di Torino: http://www.comune.torino.it/verdepubblico/patrimonioverde/verdeto/numeri.shtml

Giornate intere fra gli alberidi Serena Viscovo

E’ il titolo di un bel racconto di Marguerite Duras. Anche se forse la grande scrittrice francese non immaginava quante cose si possano realmente fare tra gli alberi. Perché sono davvero tantissime e soddisfano tutti i gusti e tutte le esigenze. Dal pigro cronico all’assatanato di sport, il parco è il luogo ideale dove convergono tutti coloro che amano muoversi all’aperto. Tra gli alberi.

Lo sport, come il far niente, è ancora più dolce tra gli alberi, lungo il fiume, in un parco in pieno centro. A Torino tutto sta nello scegliere il proprio angolino di natura, e le alternative non mancano: 14,21% di verde pubblico, parchi urbani, collinari, fluviali, 100.000 alberi circa nei parchi, 60.000 lungo le strade, e poi boschi, giardini, orti botanici, i sentieri in collina.* Sono tanti gli sport che si possono praticare all’aperto.

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l’arte di correre

La corsa non passa mai di moda. Bastano un buon paio

di scarpe e dei calzoncini.

Intramontabile abitudine per molti, attività per chi cerca

di rimettersi in forma e corre solo in primavera (“che

in estate già fa troppo caldo”), per qualcuno correre

è addirittura un’arte. Prepararsi ad una gara, corsa,

corsetta, maratona, mezza-maratona, ultra-maratona,

è una sfida prima di tutto con se stessi. Proprio per

questo in tanti si allenano da soli. “Quindi correre un’o-

“la vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti” Lo diceva nientemeno che Albert Einstein e noi sotto-scriviamo. In città non c’è niente di più bello che peda-lare al parco: in salita, in discesa, in pista. La bici non è più solo uno sport, è una filosofia. Unisce tutte le generazioni e tutti i gusti. Per qualcuno la bicicletta è il Giro d’Italia, il Tour de France, per altri significa sfrecciare in città, dedicarsi

ra al giorno, e garantirmi così un intervallo di silenzio

tutto mio, è indispensabile alla mia salute mentale” rac-

conta Murakami Haruki ne L’arte di correre. A Torino e

in altre città, però, si è diffusa anche la corsa in gruppo.

Vi ricordate il Base Running del numero di Aprile?

Da soli o in compagnia, sia che seguiate un percorso

salute, sia che vi affidiate al caso, l’importante è cor-

rere! Correndo si liberano endorfine e si aiutano tono

muscolare e buon umore. Attenzione però: è facile di-

ventare corsa-dipendenti!

al downhill per i sentieri collinari, portare la famiglia al parco. Non possiamo dimenticare gli hipster, le loro na-ked a scatto fisso e il bike polo al parco. Cool per qual-cuno, pretenzioso per altri, molto 2.0 pur strizzando l’occhio al vintage. E per chi non avesse ancora colto il lato romantico di questo splendido mezzo di trasporto, consigliamo le acrobazie in bicicletta di Paul Newman in Butch Cassidy.(http://www.youtube.com/watch?v=S2odpdeG6aQ)

raffa, volo, petanque. o meglio: bocceNonni e pensionati sono solo una parte dei molti fe-ticisti delle bocce, un gioco con tanto di federazione e campionati italiani, europei e mondiali. E anche un dress code da sera. Per non sfigurare nelle gare più importanti, consigliamo il set di bocce Chanel: valigetta di vimini ed elegantissime bocce in acciaioinossidabile. A Torino come a Saint-Tropez.(http://www.youtube.com/watch?v=qlibhZf3f9k)

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a rotella libera

Nostalgici delle piscine vuote californiane si riversano

nei parchi cittadini con mezzi dotati di rotelle: pattini,

skate-board, long-board. I paranoid skaters nostrani,

i più tecnologici con la GoPro a fare filmati, compiono

acrobazie tra i birilli o sulle rampe, e sono sempre di

più.

a costo zeroNon ci sono scuse. Nessun orario, nessun abbonamen-to, niente clausole contrattuali in caratteri minuscoli: il parco è sempre aperto. A costo zero. Quale palestra vi fa un’offerta così? Al parco potete correre, pedalare, remare, portare gli amici, godervi il verde e il rincorrersi delle stagioni.E dopo tanta attività concedetevi una birretta ghiaccia-ta.

il po come la Senna Il Po è un fiume splendido per il canottaggio. Nel tratto torinese è quasi completamente navigabile e lungo le sue sponde si alternano circoli canottieri più e meno esclusivi, ma tutti di lunga tradizione. Fare canottaggio a Torino è remare tra il verde di fiume e alberi, passare uno dopo l’altro ponte Umberto I, ponte Isabella, ponte Balbis, fare a gara con le bici nel parco, vedere la Mole all’orizzonte dopo una curva.Come la Oxford-Cambridge, anche Torino ha la sua regata universitaria. Ogni anno Politecnico e Universi-tà degli Studi di Torino si sfidano a colpi di remi alla Rowing Regatta organizzata dal CUS Torino. L’edizione 2011 è prevista per i primi di ottobre e decreterà il sor-passo di uno dei due equipaggi, ad oggi fermi sul 7 a 7.

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Si eseguono riparazioni sci.Trattiamo inoltre il giubbotto con AIR BAG per motociclisti.Per chi vuole avvicinarsi al golf consigliamo il corso da 5 lezioni singole a € 75,00.

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a tre anni volevo fare l’astronauta, a sei anni l’egittologo, a dieci anni il ballerino di tip tap. ovviamente i miei genitori non hanno tenuto in minima considerazione le mie velleità scientifico-sportive, condannandomi a studiare10 anni di violino e a specializzarmi nella fantomatica disciplina del salvataggio in acqua. alla fine non mi è nemmeno dispiaciuto, ma ogni tanto mi chiedo se per caso, facendo tip tap, non avrei potuto evitare di diventare un eccellente disoccupato in filosofia, come gran parte dei miei colleghi di università. ma questa è un’altra storia. la domanda vera è: ha senso assecondare le richieste dei figli, anche se sono formulate in tenera età? il nostro esperto risponde agli interrogativi di una lettrice.

Gentile Prof. Moisé, ho un bimbo di 4 e una bimba di 7 anni e vorrei avviarli all’attività sportiva. Ma quale? Si sente sempre parlare di “sport completi e sport sbilanciati” (esistono dav-vero?), ma ci dicono anche che bisogna ascoltare i desideri dei figli...Questo vale per i figli grandicelli, ma i piccoli? Come posso capire cosa vuole un bimbo di 4 anni?

Sono molto contento che le tematiche ri-guardanti i bambini e il movimento destino interesse. Penso che, seppur in tenera età, nostro figlio sia comunque nelle condizioni di manifestare il proprio gradimento nei con-fronti dell’attività che gli viene proposta. La scelta magari sarà dei genitori, ma è d’obbligo il rispetto dei desiderata del bambino. Ormai tutti i corsi prevedono una o più lezioni di prova, dove è consentita la presenza dei genitori per un inserimento protetto. Questi primi approcci alla discipli-na sportiva possono essere utilizzati per capire se il bambino sta trovando il con-testo che fa per lui. Se nostro figlio non gradisce possiamo provare a insistere, ma senza esagerare. Perché è vero che i be-nefici del movimento sono indubbi, ma è altrettanto vero che non tutti sono nati per fare gli atleti.

di Paolo Moisé

Sportbeta

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stanco di essere 1.0?!

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