Sport 2.0 : giugno 2011

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Il nuovo free magazine che parla di sport N° 8 - MENSILE - GIUGNO 2011 GRATIS MARCO FASSINOTTI CAMPIONE DI SALTO IN ALTO TIRO CON L’ARCO, CALCIO BALILLA, RALLY e molto altro ancora...

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Il nuovo free magazine che parla di sport

N° 8

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MARCOFASSINOTTICAMPIONE DI SALTO IN ALTO

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Questo il titolo della rubrica, dedicata alla disabilità, che abbiamo affidato nientemeno che a Tiziana Nasi, Presidentessa della Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici. Il termine -sport-abile contempla infatti le tre anime che racchiudono lo spirito che abbiamo voluto imprimere a questa rubrica, ossia: lo sport, l’universo “e” che contraddistingue il nostro taglio e la nostra espressione editoriale anche on line, soprattutto nelle sue vocazioni 2.0, e il concetto di abilità. Un’abilità – sia beninteso - che non si contrappone né rinnega la disabilità di cui i nostri atleti sono portatori, ma che diventa una scelta di vita, un nuovo approccio all’handicap che si sviluppa grazie alla pratica di un’attività sportiva, sia essa in forma amatoriale o professionistica. Non a caso Sport 2.0 ha scelto di proporre testi e immagini privi di retorica, dove le tante facce della disabilità vengono presentate senza bisogno di trucchi, cosmesi o giri di parole. Abbiamo pensato ad una rubrica dove la disabilità non si vergogna di chiamarsi handicap, dove la disabilità non ha paura di mostrare la propria diversità perché è nella diversità che si toccano le vere abilità. Noi abbiamo pensato ad una rubrica dedicata allo sport, perché ogni sport – abile, disabile, diversamente abile o inabile - richiede lo stesso impegno, gli stessi sacrifici, la stessa tenacia, le stesse delusioni e le stesse lacrime. Perché ogni sport impone delle sfide e comporta delle sconfitte, che auspicabilmente generano nuove e più importanti sfide. Ebbene, noi crediamo che lo sport disabile sia assolutamente 2.0, perché lo possono praticare solo persone diverse e anche per questo, ma non solo per questo, speciali. All’estero è già considerato e trattato come tale: speriamo che questa filosofia diventi presto -sport-abile anche in Italia. Anzi, import-abile.

Anno 02 Numero 08 Giugno 2011

Direttore ResponsabileIlaria [email protected] EditorialeMarco [email protected] Collaborato a questo numeroTiziana NasiPaolo MoiséRiccardo ChiuraAndrea AnnunziataDaniela SicilianoPer fare pubblicità[email protected] LegaleCorso Vittorio Emanuele II, 6210121 TorinoDirezione Redazione AmministrazioneVia Cardinal Fossati, 5/P10141 Torino

Reg. Tribunale di Torino n°57 del 25/10/2010PeriodicitàMensileGrafica e ImpaginazioneHEYOU design s.n.c.StampaGrafica Piemontese s.r.l.

ROC - registro operatori della comunicazione: 20693

Copyright©, tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione totale o parziale di testi, foto, disegni pubblicati su Sport 2.0, con qualsiasi mezzo, salvo espressa autorizzazione dell’Editore. L’editore non risponde dell’opinione espressa dagli autori.

Per collaborare, sottoponi le tue idee a:[email protected]

di IlariaGaraffoni

-sport-abile!GIUGNO 2011

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MarcoCasazza

Contributor

EdoardoBlandinoContributor

MassimoPinca

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StefanoMari

Contributor

SerenaViscovo

Contributor

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58VERTICAL

TEAM

07CARA

TIZIANA

56SPORT

MARKETING

63SPORTBETA

19TIRO CON L’ARCO

42RALLY34

PATTINAGGIO

50MAMMA &

FITNESS

10MARCO

FASSINOTTI

26CALCIOBALILLA

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Cara Tiziana,mi chiamo Sergio, ho 35 anni e mia sorella è su una sedia a rotelle da 4 anni. Vorrei iniziare a praticare attività sportiva assieme a lei. Si può? Cosa ci consigli?

Carissimo Sergio,essendo io presidente della FISIP, Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici, ho un debole per le discipline sulla neve. Sci nordico o sci alpino è indifferente: sono entrambi sport praticabili insieme - normodotati con disabili - senza alcun problema. E’ domenica, si sale in macchina e via! Molte stazioni sciistiche del Piemonte offrono anche delle facilitazioni economiche alle persone con disabilità.

Ma la montagna non è congeniale a tutti allo stesso modo. Intanto devi vivere in un luogo non troppo lontano e poi se non hai mai messo gli sci nei piedi, forse a 35 anni non hai intenzione di iniziare una nuova attività. Questa scelta dipende da te e dal carattere di tua sorella; potrebbe invece essere molto positivo iniziare insieme uno sport del tutto nuovo: affrontare assieme i rudimenti potrebbe essere particolarmente incoraggiante.

Non so poi se tu sia sportivo o meno; ad ogni buon conto, visto che siamo ad inizio estate, potreste avvicinarvi al Tennis, o se amate andare in giro per l’Italia, potreste scegliere l’handbike, una bici a tre ruote dove si “pedala” con le mani. Potreste entrambi girare con l’handbike o affiancare questo attrezzo alla bicicletta classica: le possibilità sono molteplici.Credo sia poi molto importante valutare gli eventuali sport praticati da tua sorella prima dell’incidente e se è sua intenzione riprenderli o abbandonarli definitivamente: è assolutamente soggettivo ed ogni persona ha un approccio personale che va rispettato.Ricordo ancora che, prima di ogni altra cosa, è bene rivolgersi ad una Società Sportiva che organizzi dei corsi e che possa fornire nei primi tempi l’eventuale attrezzatura. Per ogni informazione puoi contattare il Comitato Regionale del CIP, ma sarò felice di darti indicazioni più precise in base anche alla vostra residenza. Tienimi informata!

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Giaguari Torino

La fisi

ca

di un gran fis

icodi Edoardo Blandino

SALTO IN ALTO

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A guardarla da lontano non sembra poi così alta, ma quando ti ci trovi sotto, la vedi terrificantemente e mostruosamente alta. E’ l’asticella del salto in alto, il terrore di molte lezioni di ginnastica di qualsiasi generazione. Ma c’è chi dell’asta non ha nessuna paura, tanto che si diverte a tararla su altezze impossibili per i comuni mortali. L’abbiamo visto con i nostri occhi allo stadio di atletica di Torino Primo Nebiolo.

Duecentoventinove centimetriIl metro su cui poggia l’asticella segna 229cm, cioè due-metri-e-ventinove-centimetri. Vengono le vertigini solo a dirlo. Cosa ci fa a quell’altezza? Beh, è stato Marco Fassinotti a settare l’asta su quella misura. Si diverte a mostrare orgoglioso il suo record personale quando parla di salto in alto. E fa bene ad andarne fie-ro: mica tutti i giorni c’è qualcuno che vola così alto. Lui ci è riuscito e anche facilmente. Poi si è fermato. Tanto aveva già vinto la gara...

E ora... Londra!Il suo prossimo obiettivo sarà sfondare il muro dei due-metri-e-trenta. Quando succederà è difficile a dirsi, ma se arrivasse in una gara importante sarebbe ancora meglio. Magari ci riuscirà nel meeting che gli regalerà

l’accesso a Londra 2012, perché è lì che punta ad ar-rivare. Per partecipare all’ultima Olimpiade servivano 2 metri e 31 cm, ma non è detto che il minimo per la manifestazione inglese sia lo stesso. Il risultato deri-va infatti da un particolare calcolo sui risultati assoluti mondiali ottenuti in quella stagione.

Girare il mondo? Perché no!Indipendentemente dalla qualificazione, Fassinotti pro-seguirà per la sua strada, con i suoi 10 allenamenti a settimana ed i suoi studi in Filosofia. Sì, perché Marco è l’esatto opposto dello stereotipo dell’atleta forte ma poco sveglio. Quando parla sa essere molto coinvol-gente e quando racconta i suoi progetti futuri, lo fa con la consapevole ironia di chi sa di potersi godere un mo-mento positivo della vita. D’altronde, fa quello che ama

TECNICHE DI SALTO DALLA F ALLA FForbice. Era la prima vera tecnica di salto. Consiste nel passaggio orizzontale della gamba esterna, mentre il corpo è spostato all’indietro. Con questo metodo non si superarono mai i 2 metri.Costale. Detto anche ‘western roll’ o ‘horine’ (dall’inventore californiano Horine), consiste nello stacco con il piede interno ed il corpo, come coricato su un fianco, viene rovesciato verso l’asticella. Horine fu il primo uomo a superare i 2 metri di altezza. Ventrale. Era la tecnica più diffusa prima del Fosbury. Si salta guardando verso il basso mentre si supera l’asticella contemporaneamente con busto e piedi. Sopravvisse fino a metà degli anni ‘80, nonostante fosse già evidente l’inferiorità rispetto al nuovo stile di salto.Fosbury. È l’unico salto che permette di superare l’asticella nonostante il baricentro dell’atleta sia più in basso. Consiste nel saltare inarcando la schiena all’indietro formando una sorta di U rovesciata. Inventato dallo statuni-tense Dick Fosbury (Oro a Città del Messico 1968), si rivelò la tecnica più efficace. Era già conosciuta prima di quell’Olimpiade, ma solo grazie al successo dell’americano si diffuse su larga scala.

e l’Aeronautica Militare lo sponsorizza in quasi tutto; gira il mondo per le gare e conosce gente: il futuro è decisamente dalla sua parte. A noi basta vedere con quale naturalezza si eserci-ta. Per la gioia di fotografo e videoperatore, Marco si sbizzarrisce in diverse figure: dal salto mortale indietro (sul materasso), a quello dell’asta da fermo, passando per uno stacco a due piedi scomposto ma decisamente scenografico.

Velocità angolare, percentuali... che casino!Ma il bello di Marco è che non sembra uno di quegli at-leti che senza lo sport perderebbero la propria ragione di vita. Secondo lui è tutta una questione di numeri e “semplici calcoli”. Tra algoritmi, massa, peso e velocità angolare ci ho quasi perso la testa, quindi non oso ri-portare le sue spiegazioni, ma “fidatevi che funziona”. Se lo dice Marco... Sempre a proposito di cifre, gli studi hanno dimostrato che l’80% della capacità di un atleta dipende dalle doti naturali, un 10% dall’allenamento e il restante 10% dalla forza mentale. Insomma, è la testa che comanda. Non a caso durante le sedute di training l’atleta salta sempre meno che in gara. Invece durante il meeting scatta qualcosa e si vola più alto. In base allo stato di forma, succede a tutti di vedere l’asticella più bassa o più alta del solito e sono quelle le volte in cui si va incontro al record personale (oppure a delle figuracce, ma di questo non si parla mai).

Record mondialeSotomayor (il saltatore cubano, non il personaggio imi-tato da Fiorello) raramente vedeva l’asta troppo alta, altrimenti non avrebbe fatto il record mondiale di 2 metri e 45 che resiste dal 1993. Lui ci è riuscito an-che grazie al ‘Fosbury’, una tecnica di salto piuttosto recente che ha rivoluzionato questa disciplina. Marco ci spiega che è l’unico tipo di salto che permette di superare l’ostacolo anche se il baricentro del corpo è più in basso dell’asticella. Anche qui c’è una complessa spiegazione scientifica con tanto di disegnini, calcoli ed equazioni. Ma per oggi vi graziamo.

RECORD MONDIALE DI SALTO IN ALTOMaschile245cm - Sotomayor (CUB), Salamanca, 1993Femminile209cm - Kostadinova (BUL), Roma, 1987

MIGLIORI ATLETI DELLA STORIAMaschile245cm - Sotomayor (CUB), Salamanca, 1993242cm - Sjoberg (SWE), Stoccolma, 1987241cm - Paklin (URSS), Kobe, 1985Femminile209cm - Kostadinova (BUL), Roma, 1987208cm - Vlasic (CRO), Zagabria, 2009207cm - Andonova (BUL), Berlino, 1984

PRIMATI DEL MONDO CON LE DIVERSE TECNICHE DI SALTO197cm - Forbice - Sweeney (USA), 1895201cm - Costale - Horine (USA), 1912235cm - Ventrale - Jascenko (URSS), 1978245cm - Fosbury - Sotomayor (CUB), 1993

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di XXX

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TIRO CON L’ARCO

TIRO CON L’ARCO

La Palazzina di Caccia di Stupinigi sarà la location d’eccezione che ospiterà, dal 10 al 17 luglio 2011, i Campionati Mondiali Paralimpici di Tiro con l’Arco. A “giocare in casa” in vista di tale competizione è uno degli astri nascenti di questa disciplina, la torinese Elisabetta Mijno. Siamo andati a conoscerla a Rivoli, presso l’A.S.D. Arcieri delle Alpi.

Betta ha fatto centro!

di Stefano Mari

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Su una sedia a rotelle dall’età di cinque anni, Elisabetta Mijno tira con l’arco da quando ne aveva undici: “ho ini-ziato a praticare questo sport nel 1997 al Tir a la mira Giaveno. Il tiro con l’arco ha la capacità di estraniarti completamente dal mondo esterno. Nel 2000 ho inter-rotto l’attività per un breve periodo a causa di problemi alla schiena e fino al 2005 ho tirato ma senza gareg-giare. Infine da quell’anno, passata all’Arcieri delle Alpi, ho cominciato a livello agonistico”.

Mutande gialleCome ogni atleta che si rispetti, anche Elisabetta ha i suoi riti scaramantici. Ci racconta come dalla prima vittoria ottenuta in com-petizioni ufficiali nel 2005, non possa più gareggiare senza indossare slip gialli, come quelli che aveva ai tempi del primo trionfo.Per Elisabetta la dote principale in un arciere vincente è la concentrazione: mi spiega che ogni arciere ha una sequenza di tiro ben precisa e che saltare uno dei pas-

LA TECNICA DI TIROIl gesto tecnico nel tiro con l’arco è formato da un insieme di momenti in progressione:1- Preparazione per la precarica: incoccare la freccia, agganciare la corda con le dita e controllare la posizione sulla mano dell’impugnatura (il grip). I tre tipi di impugnature - alta, media o bassa – ven-gono scelti in base alla forma della mano e al tiro che si vuole ottenere.2- Trazione: dev’essere lenta e fluida e per gran parte è a carico dei muscoli della spalla e della schiena (non solo delle braccia). Esistono tre tipi di trazione: anteriore, posteriore e compensata. L’ultima è la più efficace.3- Ancoraggio: può essere centrale o laterale. Il miglior ancoraggio si ha quando la corda tocca tre punti del viso (mento, labbra e naso).4- Mira: con un solo occhio aperto o con entrambi.5- Rilascio: dev’essere naturale, come conseguenza del rilassamento della tensione delle dita. 6- Follow-through: permette di restare in posizione di mira fino all’attimo in cui la freccia impatta il bersaglio, evitando cali di tensione.

saggi può essere fatale. Per questo Elisabetta ha una profonda stima per il collega Oscar De Pellegrin: “di lui mi stupisce la calma che riesce a mostrare sia nelle fasi precedenti che in quelle che seguono un tiro; noi arcieri siamo gente un po’ strana e la tranquillità e l’espressio-ne impassibile di Oscar sono esemplari”. Un’altra atleta cui Elisabetta si ispira è la plurimedagliata paralimpica Paola Fantato, che - da idolo - è passata ad essere quasi un’ossessione per Elisabetta, spesso oggetto di aspettative e paragoni con la Fantato.

Londra 2012!I mondiali di luglio a Stupinigi daranno tre pass per i giochi paralimpici di Londra 2012. Per promuovere questa kermesse, Elisabetta è stata protagonista, insieme con Marco Galiazzo, Natalia Va-leeva e Oscar De Pellegrin, di una sfida-esibizione allo stadio Olimpico di Torino durante l’intervallo della parti-ta del campionato di calcio di serie A Juve-Chievo.Elisabetta punta forte sui mondiali di Stupinigi per qua-lificarsi alle prossime paralimpiadi, anche se non ritiene necessariamente un vantaggio il fatto di “giocare in casa”: le pressioni su di lei saranno infatti maggiori. D’altra parte gli ultimi risultati ottenuti da Elisabetta parlano da soli: nell’APC Archery Cup Championship, te-nutosi tra il 10 e 17 maggio a Bangkok, la Mijno ha vin-to un oro nell’arco olimpico W2 individuale e un oro in coppia con il malese Sidik per la competizione a squa-dre, svoltasi con la formula “Friendship mixed team”, in cui si gareggia con atleti di nazionalità diverse.

IL TIRO CON L’ARCO A TORINOARC.A Arcieri Alpignano A.S.D., via Vische 2, 011/2267788A.S.D. Arcieri delle Alpi, corso Siracusa 176, 011/3118682A.S.D. Compagnia Arcieri della Mole, via Madama Cristina 78, 011/6692768A.S.D. Arcieri Iuvenilia, strada della Verna 28 bis 10, 011/2735779A.S.D. Arcieri C.R.A.L. O.I.R.M. S.Anna, via Genova 152/19, 011/3131789Info: http://www.fitarco-italia.org

Casa, arco e universitàMa Elisabetta non è una ragazza tutta “casa e arco”: è una studentessa iscritta al quarto anno alla Facoltà di Medicina S.Luigi Gonzaga di Orbassano. “Fare il medico – mi confessa – non è una cosa da poco” ed Elisabetta insegue questo obiettivo con la stessa determinazione che usa nel tirare con l’arco. Nel tempo libero, quando ne ha, le piace leggere e coltiva l’hobby per la fotogra-fia; a Elisabetta piace viaggiare ed essere arciere le ha permesso di girare il mondo e di partecipare ai giochi di Pechino 2008. Tuttavia sono lo sport e una passione infinita per il tiro con l’arco a renderla non solo un’atle-ta, ma anche una persona speciale: “il tiro con l’arco mi ha insegnato a perseverare e fare sacrifici. Nonostante lo sport - come la vita, del resto - alterni momenti belli ad altri meno belli, bisogna guardare avanti con fidu-cia”. L’impressione che si ha, parlando con Elisabetta, è che lei ci stia riuscendo alla grande. O per meglio dire in gergo arcieristico, che abbia fatto centro.

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Darsi appuntamento al Bar Sport non è come fare colazione in un qualunque caffè del centro.

Perché il Bar Sport è un’istituzione, un microcosmo popolato di personaggi mitologici con tic e ossessioni

dove si ripetono sempre le stesse scene: se ci entrate con i jeans a vita bassa, vi squadrano come un forestiero

che fa capolino nel saloon. Il Bar Sport è un trionfo di arredi anni 50: chi non ha mai visto un telefono a gettoni, lo troverà

solo nei più remoti Bar Sport di provincia, assieme agli ormai pensionati flipper e alla leggendaria Luisona, la brioche che

nessuno oserà mai consumare. Il Bar Sport racchiude tutto il sapore dell’Italia media: dal nonno da bar, alla cassiera tettona,

al pronostico sulla domenica sportiva, al si stava meglio quando si stava peggio. Per non parlare dell’immancabile calcetto...che nei

Bar Sport va ancora con le 100 lire fuori corso.

Vadoal massimo

di Marco Casazza

CALCIO

BALILLA

Anche quello in cui entra la troupe di Sport 2.0 si chia-ma Bar Sport, ma è piuttosto diverso dall’iconografia classica: non richiede restauri urgenti, non rinnova le poltroncine art-deco degli anni 50 e il barista è sorri-dente e gentilissimo. Anche il dehor è piacevole, di fron-te ad un parco giochi dove i bambini usciti da scuola si godono la primavera. Ma guardando meglio, scopriamo un grande classico dei Bar Sport: la sala col calcetto. Qui ne hanno ben tre, e ci stanno giocando animata-mente quattro persone. Atleta del biliardino Massimo Caruso, campione italiano assoluto di calcio balilla, si presenta sorridente, con la polo della sua squadra e l’aria di chi sa ciò che vuole. Anche lui, come tanti, ha iniziato presto a giocare, ma il talento lo ha portato subito in alto e ora è un vero atleta del cal-cetto...Un atleta?! Oh beh esagerato, anch’io giocavo alla grande nel bar del prete ma mai nessuno mi ha chiamato atleta...Ok, ma tu hai mai segnato ad occhi chiusi? E usando le ginocchia? Se la vedi così, Massimo si guadagna a pieno titolo la A maiuscola dell’Atleta doc. Anche per-ché questo “passatempo da bar” è un vero sport con 80 associazioni, 1000 club, circa 15000 giocatori e 32 atleti master. Ma, dato che il calcetto cambia di nazione in nazione e non ci sono regole uniformi, resta tuttora uno sport “monco”.

MILLE MODI PER DIRE CALCIO BALILLAIl calcio balilla (detto anche biliardino, calcetto o calcino) fu inventato da Alejandro Finisterre per far divertire i bambini, che, durante la guerra civile spagnola, non potevano più giocare a calcio a causa delle ferite di guerra. Il gioco simula una partita di calcio, giocata tramite sagome di piccoli giocatori che, manovrati con manopole, cercano di colpire una pallina per spingerla nella porta avversaria. Dagli anni ’50 la disciplina ha iniziato ad assumere le caratteristiche di uno sport, grazie all’organizzazione di tornei ufficiali. A Parigi si è svolta la prima Coppa del Mondo nel 1998, giocato su tavoli Bonzini. Il calcio balilla, quindi, è diventato internazionale e ha acquisito nuovi nomi di battesimo: table football, footzy, bar football, table soccer, Futbolìn’, baby-foot, fußball, Kicker, Patti (Pakistan); totò, pebolim, fla-flu (Brasile); metegol, canchitas, futbolito, tacataca (Cile).

Volo, gancio, spettacoloEsistono tre tipi di gioco: quello tradizionale, il “volo” (dove la palla non si ferma mai) e i “ganci” (quelli che in Italia sono vietati e per i quali ci siamo tutti beccati un cazziatone dagli avversari, almeno una volta nella vita). Poi esistono le esibizioni per spettacolo, come quelle che fa Massimo: gioca senza guardare la palla, usa le ginocchia al posto delle mani e fa rimbalzare la pallina fuori dal campo per poi sfondare la linea del portiere. Per arrivare a questo ci si allena molto tempo da soli, si provano le posizioni delle mani e delle braccia, si stu-diano nuove mosse (una porta anche il suo cognome) e poi si va in gara: da soli, in coppia o in coppia mista uomo – donna. Così, sommando punti su punti, Massimo è arrivato a vincere tutto in Italia e ad essere campione assoluto. All’estero, però, gli italiani hanno difficoltà, perché lì sono ammessi colpi che da noi non sono consentiti. E il tifo? Si fa ben sentire, a partire da quello degli amici e delle fidanzate. I più pigri tifano dalla poltrona guardan-do in TV i mondiali di Francia. Anche se già si pensa di dotare i biliardini di mini - telecamere per riprendere da vicino il gioco, quindi siamo solo all’inizio della tifoseria organizzata.

Figurine!A questo punto della chiacchierata, la mente si affolla di ricordi: le cento lire rubate alla nonna, il bang sordo dei gol, il recupero disperato delle palline nella buchetta e quegli ometti di plastica che diventavano Scirea, Platini o Cabrini, dal vivo accanto a me o nelle figurine Panini da comprare in edicola. Beh, che ci crediate o no, esi-stono le figurine anche per gli eroi del calcetto, comple-te di album da collezione. E Massimo Caruso, manco a dirlo, è tra le leggende del calcio balilla italiano. Torno a casa felice come un bambino, mentre Massimo mi strizza l’occhio dalla figurina autografata che stringo nella mano destra.

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PATTINAGGIO

Al parco della Colletta si trova il famoso “anello” per il pattinaggio

torinese. Sport 2.0 ha raggiunto al parco Alessio Paciolla e Andrea Fiorella, giovani

campioni del pattinaggio in linea, entrambi reduci dagli ultimi raduni della Nazionale.

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di Serena Viscovo

Ci sono ragazzi che vanno rimessi in riga... anzi, in linea!Si ritrovano numerosi, tutti i giorni, per allenarsi con i pattini in linea sulla pista del parco della Colletta. Patti-natori e pattinatrici dai 5/6 anni in su si allenano patti-nando in fila, in gruppo, sfrecciando lungo il perimetro dell’anello immerso nel verde, bellissimo in questa sta-gione, con Superga sullo sfondo. Chi si aspettava una folla così nutrita! Sono tanti, appartengono a diverse società sportive e condividono la stessa pista. Con un certo gusto.

La corsa piace Ci raccontano qualcosa Angelo D’Angelo, presidente del comitato piemontese della FIHP (Federazione Italiana Hockey e Pattinaggio) e Angela Zaino, responsabile re-gionale per la specialità corsa e vicepresidente del Vit-toria Pattinatori di Torino. Ci informano subito che non solo gli atleti sono tanti, ma frequentano la pista almeno 5 giorni a settimana. La corsa richiede tanto allena-mento e anche un po’ di spirito di sacrificio, ma alla fine per i ragazzi è un piacere pattinare perché lo fanno tra amici. Sono più di 1500 gli iscritti alla federazione del

pattinaggio in Piemonte, suddivisi tra le varie specialità. Nella specialità corsa gli atleti sono un numero sempre crescente, anche grazie ad alcuni progetti nelle scuole e alla partecipazione a manifestazioni.

Le tutineLa corsa è una specialità individuale che si può pra-ticare fin da piccolissimi e che coinvolge tutte le parti del corpo. In base all’età e alle proprie caratteristiche fisiche si può competere in gare di velocità o di fondo. Tutte le varianti sono accomunate da un elemento fon-damentale: i pattini, super tecnici e costruiti su misura.Alessio Paciolla si è specializzato nel fondo, Andrea Fiorella predilige la velocità. Al parco, come quasi ogni giorno, indossano tutina aderentissima e i loro pattini. Il cambio d’abito avviene a bordo pista, sul prato, perché i pattinatori non hanno un vero e proprio impianto per allenarsi in città. Non ci sono spogliatoi né un baruccio, i genitori li accompagnano e si sono portati dietro, an-che oggi, le sedie pieghevoli. La stessa cosa avviene in inverno. Questa è dedizione!

Alessio Alessio corre per l’A.S.D. Pattinatori San Mauro e ha iniziato a pattinare seguendo la scia di sua sorella. Ora, dopo tanti anni e tanti chilometri, è entrato nelle sele-zioni per la nazionale ed ha conquistato l’anno scorso il titolo di campione europeo sui 5000 metri.Prima della gara si riscalda da solo, si concentra, cer-ca di tenere la mente sveglia e attenta, e pensa alla strategia. La strategia varia con la tipologia di gara. Ci sono le corse a punti, in cui ad ogni giro chi taglia il traguardo per primo accumula punti per la vittoria, o le gare ad eliminazione, dove ad ogni giro chi passa per ultimo viene eliminato, e non manca la competizione a squadre, la spettacolare staffetta.

AndreaAndrea è un velocista. Aveva solo 5 anni quando ha iniziato a pattinare, per caso, durante una vacanza in campeggio. Ora veste i colori dell’A.S.D. Vittoria Pattina-tori Torino e conquista vittoria dopo vittoria. Gare sprint, in linea o a cronometro per lui non c’è differenza, col-leziona successi su tutte le distanze e tipologie di gara. Gli piace allenarsi perché è un’occasione per stare con i suoi amici, mentre quando è da solo il gesto atletico è un mezzo per liberarsi dai pensieri.

PATTINIPraticare il pattinaggio con un’associazione sportiva affiliata alla FIHP non è particolarmente costoso. C’è però una spesa a cui ogni pattinatore non può sottrarsi, ed è quella per i pattini. Fin da subito, o quasi, è bene usare pattini costruiti su misura. Una parte importantissima dei pattini da corsa è la scarpetta, costruita in carbonio e dotata di una piastra in titanio o alluminio, molto leggera. Alla piastra vengono fissate le ruote con i loro cuscinetti a sfera, indispensabili per ridurre l’attrito il più possibile. Un concentrato di tecnologia, tanto che qualcuno ha scritto una tesi sulla biomeccanica dei pattini da corsa.

Pattini e compitiMa cosa faranno quando non pattinano? Deve aiutarli Angela Zaino per far venire loro in mente che si può fare altro: suonare uno strumento, leggere un libro, andare al cinema. Noi ci proviamo con i videogiochi, così, per non andare troppo sul noioso. Eppure nulla, solo i compiti per la scuola distraggono i campioncini dai loro traguardi sportivi. Un giorno dopo l’altro, un giro di seguito all’altro, con i loro compagni, che sono anche i loro più cari amici.Un obiettivo raggiunto per la federazione: coltivare ta-lenti facendoli divertire. Con Alessio e Andrea ha sicu-ramente funzionato.

ASD Vittoria

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Il rally che da 26 edizioni porta il nome della città di Torino è tornato nel cuore elegante del salotto torinese. Erano oltre 100 le vetture iscritte a questa edizione del Rally Città di Torino; purtroppo ce n’erano 45 in meno rispetto alla partenza, ma i rally, si sa, riservano sempre imprevisti e sorprese. Noi c’eravamo e ve li raccontiamo.

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Torinoscendein pista

di Serena Viscovo

Vince il Rally Torino 2011 l’equipaggio composto da Luca Cantamessa, pilota, e Lisa Bollito, navigatrice, a bordo di una Peugeot 207 Super 2000. Cantamessa è felicissimo di trionfare qui, dove mancava da ben 12 anni. Proprio il Rally Torino lo aveva lanciato nel cam-pionato italiano, ed è un piacere per lui essere tornato da vincitore. Cantamessa e Bollito combattono un testa a testa ser-rato fino al ritiro di due equipaggi tra i favoriti: quello di Sala-Florean, vincitori della passata edizione, ritiratisi per un guasto elettrico, e quello di Pisi-Cagnasso. “Re-

sta il rammarico per il ritiro di Sala, perché sarebbe stato ancora più bello vincere sul campo” - ci racconta Cantamessa, ”ma è bellissimo vincere proprio qui a To-rino, la città che mi ha lanciato, in un anno in cui Torino è protagonista”.Lisa Bollito è una delle poche donne che hanno preso parte a questa competizione ed è già il quinto rally che vince con Cantamessa. Non ha nulla da dimostrare ai suoi colleghi uomini e nei panni della vincitrice è perfet-tamente a suo agio.Importantissimo il ruolo di Pool Racing, il piccolo team dei vincitori, a cui per primo vanno i ringraziamenti dell’equipaggio.

Il secondo posto assoluto va alla coppia Villa-Celestini, sulla loro Punto Abarth Super 2000. Anche Villa am-mette il colpo di fortuna per il ritiro di Sala, ma è orgo-glioso di aver portato sul podio con Celestini una mac-china Fiat nella città dove la Fiat è nata. I ringraziamenti sono tutti per Sportec, il loro team. Del resto la fortuna ha aiutato, ma il lavoro è stato tanto.

L’ultimo equipaggio a salire sul podio è quello di Pe-lassa-Marchesini: 3° posto assoluto sulla loro Renault New Clio R3G. La giornata è stata per loro combattu-tissima, hanno avuto un po’ di fortuna ma sono andati davvero forte. Resta un po’ di amaro in bocca per non aver potuto vincere sul campo con l’equipaggio amico Baduini-Bosca, ritirati, ma la gioia è tanta. Contro i pro-nostici si piazzano al terzo posto con un’auto che ha solo due ruote motrici: “...ma sappiamo farla andare!” dichiarano. E ci crediamo.

Sfilano lungo via Roma tutti gli equipaggi giunti al tra-guardo. Le auto da rally variopinte fanno bella mostra di sé. Uno spettacolo diverso per il centro di Torino, un po’ rumoroso, ma senza dubbio suggestivo.

FUN RallyCittà di Torino

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Donne de panza,donne de sostanza

di Edoardo Blandino

MAMMA &FITNESS

Dopo nove mesi di tutine colorate, cuoricini e dolci gorgoglii nella pancia, arriva la resa dei conti. D’un tratto vi ritrovate con un essere urlante e pluridefecante, che tre volte su quattro scambia il giorno per la notte, minando la vostra già scarsa sanità mentale. A minare l’autostima, invece, ci pensa la pancia - tuttora debordante e non più

giustificabile con la gravidanza, oltre che ricamata con preziose e regolari smagliature fresche di aratro. “Sarà l’allattamento, cara, ci sono passata anch’io” - sentenzia l’amica filiforme al terzo figlio. Ma essere in forma dopo il parto non è solo merito di madre natura. Parola di Mammafit.

Tornare alla vita quotidiana dopo una gravidanza non è così facile. Le neomamme si ritrovano in casa da sole mentre il compagno è al lavoro, con amiche e sorelle anch’esse al lavoro o impegnate con i rispettivi figli. In questo scenario, il rischio di prendere d’assalto il frigo diventa molto concreto, soprattutto se non si dorme la notte e se ci si deve mettere in forze con l’allattamento. Il tutto mentre marito e suocera si aspettano che la pancia scompaia il giorno dopo il parto. Ebbene, a New York si può. Per la precisione succede al Central Park di Manhattan e si chiama Mammafit: un programma di allenamento specifico per rimettere in forma le neomamme, con piccolo al seguito.

Manhattan - Torino sola andataIn Italia ha preso piede rapidamente a Milano, mentre a Torino fatica ancora un po’ a svilupparsi. Ilaria Martina, che ha portato questi corsi all’ombra della Mole, si sta sforzando per far conoscere ai massi-mi questa iniziativa. E il suo lavoro comincia a dare dei buoni frutti, anche c’è ancora un po’ di diffidenza verso quella che qualcuno potrebbe considerare “l’america-nata di turno”. Invece le mamme che si buttano nella lezione di prova non riescono più a farne a meno. Perché al di là dell’e-sercizio fisico, che comunque è un aspetto cruciale dell’attività, Mamma Fit diventa anche un momento di svago dalla triade quotidiana poppata-nanna-panno-lino, permettendo lo scambio e il confronto con altre mamme e soprattutto “costringendo” le neomamme ad uscire di casa e a non isolarsi in un momento così criti-co della loro esperienza. Il tutto senza dover affidare il pupo a tate o nonni.

Verde, passeggiate e... tifo!Appena il clima lo permette, Mamma Fit si svolge al Va-lentino, in mezzo al verde. I corsi sono aperti a tutte le neomamme e si svolgono rigorosamente in compagnia del bambino. Con l’ausi-lio del passeggino, utilizzato come attrezzo ginnico, la schiera di mamme inizia il proprio percorso nel cuore del parco. A volte passeggiando, a volte da ferme, le mamme alternano esercizi con braccia, gambe e busto. Vederle passeggiare tutte insieme suscita molta curio-sità nei passanti. E non è raro incontrare le tifoserie, che, imbattendosi per caso nello strano schieramento, le accompagnano al grido di “Forza mamme!”

MammaFit

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ALESSANDRO CAROLEO - Group Manager

Nei contatti avuti con società e federazioni sportive, mi è spesso capitato di ricevere materiale cartaceo (bi-glietti da visita, presentazioni, blocknotes) che dava l’impressione di provenire da entità scollegate fra loro. Il materiale non dava in sostanza un’immagine univoca e coordinata della società sportiva. Questo problema è presente anche nelle aziende di piccola dimensione ed è spesso frutto di una mancanza di cultura della comunicazione, che lascia spazio all’improvvisazione, con il risultato di trasmettere un’immagine poco pro-fessionale.

Una personalità unicaL’immagine istituzionale è un aspetto importante da preservare, in quanto portatore di valori che potrebbe-ro essere interpretati in modo diverso dalla moltitudine degli associati e degli interlocutori della società, col rischio di vanificarne gli stessi scopi sociali. La comu-nicazione istituzionale (corporate) deve quindi conte-nere elementi univoci, a prescindere da chi gestisce la comunicazione o dal target a cui ci si sta rivolgendo (associati, sponsor, pubblico, etc.) e i valori trasmessi devono essere sempre quelli individuati. Bisogna crea-re insomma una “personalità unica” della società: per far ciò risulta fondamentale che le parole (titolo, motto della squadra, i sottotitoli) e le immagini chiave (logo, visual grafici, sfondi) siano coerenti tra loro e facilmen-te riconducibili alla società.

Immagine coordinata, ossia coerenza in tutte le espressioni comunicative di una società o federazione sportiva: logo, caratteri, spaziature, titoli, colori sociali, magliette, gadget. Tutto deve essere armonioso e ben riconoscibile, per far sì che chiunque possa ricondurre una certa immagine alla stessa entità associativa. Sembra complicato, ma non lo è: con un po’ di attenzione si possono evitare errori clamorosi e cadute di stile. Stilare un corporate book è il primo passo verso il mondo dell’immagine coordinata.

di Andrea Annunziata

Benvenutinell’immagine coordinata

SPORTMARKETING

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Action!Per partire col piede giusto, occorre fissare gli intenti strategici che l’ente sportivo vuole raggiungere, con la definizione di obiettivi ampiamente condivisi (per es. portare al top la prima squadra, sviluppare le giovanili, rendere fruibile a tutti lo sport, etc.). A questa attività, che nelle aziende si chiama “mission”, si devono colle-gare dei valori facili da ricondurre alla professionalità, serietà e competenza del club, che devono poi riflettersi nella comunicazione di quest’ultimo verso l’esterno. Il passo successivo è quello di creare un corporate book, dal quale sia possibile ricavare elementi di riferimento con i quali presentarsi sul mercato in modo coerente (carta intestata, biglietti da visita, materiali commerciali, layout delle mail, presentazioni power-point). L’obiet-tivo è focalizzare l’attenzione sulla società e proporla come un partner di riferimento credibile, affidabile, e soprattutto riconoscibile.

Corporate bookCondizione fondamentale per il successo è che gli stan-dard scelti vengano ben recepiti da tutti coloro che operano all’interno della società: per far questo è ne-cessario sensibilizzare i collaboratori creando parame-tri di riferimento precisi e rigorosi, a cui tutti sono tenuti a sottostare, nessuno sconto. Il corporate book serve, ad esempio, a definire nella comunicazione quali colori usare, la posizione del logo, i caratteri da utilizzare, etc. Conviene anche inserire una parte in cui descrivere cosa non deve essere fatto, per evitare fraintendimenti o interpretazioni troppo libere.

Immagine coordinata Ogni strumento di comunicazione è concepito per un uso specifico, ma la coerenza è importante: se ad esempio si adottano i colori giallo-blu di Torino, occorre scrivere con gli stessi colori; allo stesso modo è bene usare caratteri e corpi uguali per tutta la comunicazio-ne, sia essa commerciale o istituzionale. Con un minimo di attenzione si possono insomma evitare delle brutte cadute di stile: il corporate book evita che la - pur utilis-sima - creatività individuale possa rivelarsi un boome-rang per la società.

www.verticalifeteam.it

www.verticalcityrace.it

Fotografie: verticalstaff

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Volaresul Po

di Riccardo Chiura

TELEFERICA

Volare sul Po, volare oooooh, nel blu dipinto di blu, felice di stare lassù. Ai Murazzi sentirete spesso intonare Modugno, perché di questi tempi sul Po si vola. Il tutto grazie ad una “verticaline”

(o “zipline” per i tecnici o “teleferica” per i comuni mortali), e ovviamente grazie all’entusiasmo e alla creatività dei ragazzi del Verticalife. Emozione metropolitana.

Verticaline, zipline, teleferica, gancio e carrucola: chia-matela come vi pare, tanto la sostanza non cambia. Parliamo di un resistentissimo cavo d’acciaio tirato da una sponda all’altra del Po. I ragazzi del Vertical posi-zionano l’imbragatura, vi fanno scavalcare la balaustra dei Murazzi e poi sta a voi farvi attraversare dal brivido. Darete una rapida occhiata al fiume che scorre sotto ai vostri piedi, farete appello a tutto l’ossigeno che avete in corpo per prendere il respiro più lungo della vostra vita...e via, verso l’adrenalina. Col cuore a mille e l’aria sparata in faccia, vedrete Torino come non l’avete vista mai. Perché le prospettive cambiano quando si vola sull’acqua.

La teleferica sul Po è una delle tante idee “fuori” dell’a.s.d. Verticalife. E’ la seconda edizione del Verticaline e anche quest’an-no l’iniziativa sta riscuotendo grandi consensi dai turi-neis e dai tanti turisti che negli ultimi anni stanno colo-rando la città. Se avete dai cinque ai 90 anni (o anche under 5 se siete accompagnati ad un adulto), ogni venerdì dalle 18 alle 22.30 e il sabato e la domenica per tutto il giorno fino a fine settembre potrete provare l’ebbrezza di volare sul Po. Il brivido della verticaline non è precluso a nessuno: non servono abilità o fisicità particolari, non è pericoloso, non fa male...basta solo aver voglia di buttarsi.

E il 17 e 18 settembre sulla teleferica voleranno gliatleti della Vertical City Race in una gara a squadre uni-ca e sensazionale che, oltre al “lancio” mozzafiato sulla zipline, prevede sezioni di trail-running, mountain-bike, arrampicata, kayak e orienteering nelle colline e nelle strade cittadine. Che aspettate? Il Vertical vi attende a imbraghi aperti!

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Piede piatto, ginocchio valgo, lordosi, scapole alate. Secondo mia madre, avevo tutti i problemi di postura del creato - oltre a miopia, strabismo di Venere e almeno un paio di infezioni debellate da secoli. Per evitare abbagli

di Paolo Moisé

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e al contempo prevenire i più consueti problemi posturali, basta osservare bene piedi, schiena e abitudini dei vostri figli. Se non altro, eviterete di diagnosticar loro il cimurro canino.

DR. PAOLO MOISÉInsegnante di Scienze Motorie e Sportive, si occupa da anni di attività motoria e di allenamento in ambito accademico e sportivo.

Almeno una volta nella vita vi sarete imbattuti in termi-ni quali piede piatto, ginocchio valgo, ipercifosi, dorso curvo, iperlordosi, scapole alate ecc. Sono tutti proble-mi posturali, ossia derivanti dalla posizione del corpo nello spazio e dalla relativa relazione tra i segmenti corporei del fanciullo. I controlli periodici del medico pediatra e/o dello spe-cialista in ortopedia, un sano movimento e la corretta pratica sportiva sono di fondamentale importanza per prevenire quelli che vengono chiamati pre-paramorfi-smi (quando sono dei semplici atteggiamenti) oppure paramorfismi, se viene coinvolta anche la struttura mu-scolare.Ma cosa può fare un genitore per aiutare il proprio figlio?

La regola base è: osservarli.

Piede piattoInnanzitutto bisogna controllare il piede del bambino. Consuma la scarpe in maniera simmetrica? Sulla sabbia che tipo di impronta lascia? Quando sta seduto come atteggia gli arti inferiori?

Schiena e zainiNei periodi di maggior spinta staturale, cioè tra i 12 e i 14 anni per le ragazze e tra i 13 e i 15 anni per i ragazzi (i periodi variano in funzione dello sviluppo individuale), è la colonna vertebrale a farla da padrone. In questa fase occorre interrogarsi su alcuni semplici ma fondamentali aspetti. Quando camminano, le spalle dei vostri ragazzi sono alla stessa altezza? Come por-tano lo zaino? Se flettono il busto in avanti, la parte sinistra e quella destra del tronco sono simmetriche oppure notiamo un piccolo gibbo?Un occhio attento rispetto a questi semplici indicatori può favorire la tempestiva individuazione di eventuali paramorfismi e consentire agli operatori del movimento (insegnanti di educazione fisica e fisioterapisti) di porre in essere un’azione correttiva attraverso esercitazioni idonee al “riallineamento” dei ragazzi.

Per saperne di piùhttp://motr i c i tascuola.a l ter v is ta .org/attivita%20motoria/index.html

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