Sodalitium 32

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 Periodico - O rgano U fficiale del l’Istituto Ma ter B oni Consilii - Loc. Ca rbignano, 36. 1002 0 VERRU A SAVO I A (TO) - Telef.: 0161/849335; Fax: 0161/849334 - C/ C P 24681108 - Dir. R esp.: don F r anc e sco R icos sa - Sped izione ab b. post . G r. IV (70 ) - Aut. T rib. di I vrea n. 116 del 24-2-84 - Stam pa : TE C A - T orino Anno IX - Semes t re II n. 4 - Di c embre 1992 N. 32

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Period ico - O rgano U fficiale dell’Istituto M ater B oni Consilii - Loc. Carb ignano, 36. 10020 VE RR UASAVOI A (TO ) - Telef.: 0161/849335; Fax: 0161/849334 - C/CP 24681108 - Dir. R esp.: don Francesco

 Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

Anno IX - Semestre II n. 4 - Dicembre 1992 N. 32

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Editoriale

Qu esto numero di Sodalitium dovrebbegiungere nelle vostre case, come la pr imavolta nel 1983, in occasione del Santo Natale.G iungano a tu tti voi i nostri migliori auguriper il giorno in cui “apparve la bontà e l’amo-re verso gli uomini di Dio Salvatore nostro”(Tito III, 4). Ogni anno il Natale ci colma disperan za, di una spera nza che non esclude

nessuno: “E sulti il santo - ci diciamo con S.Leone Magno - perché si avvicina alla palma;si rallegri il peccator e, perché è invitato alperdono: si rincuori il pagano, perché è chia-mato alla vita”! E l’esperienza conferma tan-te volte queste pa role, perché mai come inquel giorno (e quella notte) D io riversa tantegrazie sulla terra; mai come allora anche icuori più dur i sono toccati dalla grazia.

Eppure, se gli angeli cantano, i pastori ac-corrono, i Magi adoran o e n oi ripensiamo aiNata li innocenti della nostra infanzia, nondobbiamo dimenticare che quel Bambino “èvenuto nella sua prop rietà, e i suoi non lo

hanno accolto” (Giov. I, 11). “L’amore non èamato”! “ Ho cresciuto i figli e li ho ingrandi-ti, ed essi mi hanno disprezzato. Il bue ha co-nosciuto il suo possessore e l’asino la greppiadel suo padrone; ma Israele non ha conosciu-to m e, e intelligenza il popo lo mio non ne haavuto” (Isaia I, 1-3).

Purtroppo non possiamo dimenticare cheBetlemme no n accolse G esù (Luca II, 7),che Ge rusalemme si turbò (Ma tt. II, 3), cheEr ode ed i sacerdoti del Tempio cercarono ilBambino per farlo perire… Di quel Bimbo

profetizzò Simeone: “ Ecco, questi è destinatoa essere causa di caduta e di risurrezion e dim olti in Israele e a diventare segno di con -traddizione…”; e poi rivolto alla Madr e ag-giunse: “ E a te stessa una spad a trapasseràl’anim a, e così saranno riv elati i pensieri dimolti cuori” (Luca II, 34).

R itorna il Signor e, non con il suo corpo,ma con la sua grazia… eppure no n trova mi-gliore accoglienza. Troppi cuori sono chiusial suo amore, tro ppe fam iglie lo hanno cac-

ciato, e tutti i popoli lo hanno rinnegato. L’a-postasia di cui parla san Paolo (II Tess. II, 3)non è forse sotto i nostri occhi, non solo a li-vello individuale ma anche a livello sociale?Né ci deve illudere il numero a ncora re lati-vamente consistente di “credenti”. Se ancorasi amme tte G esù lo si fa a condizione cheegli non p retend a di essere la Verità ma, almassimo, una verità.

Le recenti inchieste giudiziarie sulla Mas-soneria, l’insofferenza pe r la sua segretezza,non devono trarci in errore. Non c’è più biso-gno di cercare i massoni in loggia, quand o,oggi, siamo tutti “massoni” senza saperlo. Ilnostro popolo, un tempo impregnato di cri-stianesimo lo è oggi dei princìpi della masso-neria: la libertà religiosa, la to lleranza ed il ri-spetto d i tutte le idee, il valore assoluto ed in-tangibile di una società liberale, pluralistica efondata sui diritti dell’uomo. Ed in questa re-pubblica universale della libertà non c’è postoper “l’esclusivista” che nega o anche solomette in dubbio i nuovi dogmi del cultodell’Uomo. Di questo culto sono sacerdoti ze-lanti anche e soprat tutto coloro che dovreb-bero parlare, invece, in nome di Cristo.

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Sommario

Editoriale pag. 2Ci rivedremo a Canossa… San Gregorio VII e la sua epoca pag. 3“Il Papa del Concilio” pag. 26La Càbala pag. 34Riconoscere Israele. Seconda puntata… pag. 50Da Bush a Clinton pag. 52Vita dell'Istituto pag. 54Sulle brecce, i titoli dei libri e Mons. Gamber pag. 55

In copertina: la “Cena di S. Gregorio Magno” di Paolo Veronese (1572), Basilica di Monte Berico (VI). S. Gregorio I era solito invitare ogni giorno alcuni poveri alla sua mensa, un giorno uno di essi si rivelò essere Nostro Signore. A Natale, pensiamo ai più poveri…

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Monsignor Tettamanzi, segretario de llaConferenza E piscopale Italiana, non ha forsedichiarato recentement e che l’intolleranza è

peggiore del terrorismo comunista e non ha di-ritto di cittadinanza nella società pluralista?Persino uno scrittore fedele al Concilio comeMessori non ha potuto mantenere il suo postosull’ Avvenire perché poco omogeneo a questonuovo spirito. Non dobbiamo stupircene. L’ul-timo ar ticolo della dichiarazione d ei dirittidell’uomo proclamata dalle Nazioni Unite re-cita: “Nessuna disposizione della presente di-chiarazione può essere interp retata come im-plicante, per uno Stato, un gruppo o un indivi-duo, un diritto qualsiasi a darsi ad una at tivitào compiere un’atto finalizzato alla distruzionedei diritti e delle libertà che vi sono enunciate”

(art. 30). Le recenti misure legali, adottate ominacciate anche contro ogni discriminazionereligiosa vanno in questo senso: imporr e per

legge, civile o “ecclesiastica”, i princìpi dellelogge. “ E le fu dato di far sì… che quanti nonavessero adorato l’effige della bestia fossero uc-cisi. E farà che tutti, piccoli e grand i, ricchi e

 poveri, liberi e servi, ricevano un marchio nellaloro mano destra o sulla loro fronte, e che nes-suno possa comprare o vendere, se non chi hail marchio, il nome della bestia, o il numero delsuo nome” (A poc. XIII, 15-17). Ma la Chiesa èsempre uscita vittoriosa da tutte le persecuzio-ni, quelle aperte e quelle subdole. Anche que-st’anno il Signore verrà ne l cuore di tant i:“Chi ha sete venga; chi vuole pigli gratuitamen-te l’acqua della vita” (Apoc. XXII, 17).

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Seconda parte: il Pontificato

CI RIVEDREMOA CANOSSA…

SAN GREGORIO VII

E LA SUA EPOCAdi don Ugolino Giugni

L’elezione di Gregorio VII

Come abb iamo visto nella prima par te diquesto articolo, l’elezione del nostroIldebr ando avvenne, durant e i funera li so-lenni del precedente P apa A lessandro II inS. Giovanni in La teran o, per acclamazionedel popolo e del clero di Ro ma. Questo mo-do di pro cedere, come fanno notare alcuniautori ( 1), può sembrar e in contrasto con le

disposizioni dei papati precedenti [il“ Decreto per l’elezione del Papa” di N iccolòII ( 2)], i quali stabilivano che l’elezione d elSommo Pont efice dovesse ormai essere fattadai Car dinali riuniti. Se in qu esta occasionemancò la “tr actatio” t ra i Card inali-Vescovi,ciò fu dovuto al fatto che in quel mome ntoIldebran do doveva apparire come il candi-dato per eccellenza al papato, a causa di tut-ta la sua p assata att ività, come con siglieresotto il pontificato di cinque Papi, tanto daren der e del tutt o inutile ogni discussione

particolare e quindi estremam ente rapidal’elezione stessa.

Fu a malincuore che Ildebrando a ccettòla Tiara, poiché nu lla aveva fatto per conse-guirla, come ci è noto dalle sue lettere, scrittesubito dopo la elevazione al Pontificato. Cosìegli scrive a D idier, abate di Mont ecassino,comunicandogli la sua elezione: « Il Pon-tefice Alessandro I I è passato a miglior vita;e la sua morte mi è cagione di estremo dolo-re: perocchè il clero e il popolo romano con-tro la mia volontà e senza punto por mente a’miei demer iti ha voluto eleggermi in sommosacerdote. Ond’è (dirò col reale pro feta) cheio sono ent rato in alto mare, e sono sommer-so nella tempesta. Deh, pregate e fate prega-re per me, affinché io non abbia a p erire inquesto oceano burrascoso » (3). Fu per il suogrande senso del dovere un ito al desiderio dipromuovere il bene della Chiesa, che

Ildebrando accettò la missione che gli venivaaffidata; ed egli, come fa notare DomGu éranger, seppe por tarla a termine megliodei suoi pred ecessori, i quali “avevano fattoindietreggiare il male con degli sforzi genero-si; ma n essuno d i essi aveva sent ito in sé laforza di misurar si corpo a corp o con Cesare,l’azione disastrosa de l quale fomentava tut tequeste corruzioni. Un t ale ruolo, con i suoipericoli e le sue an gosce, era r iservato a Gr e-gorio, che n on fallì” ( 4). Gregorio VII « eral’uomo più indicato a reggere il timone della

Agiografia

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Chiesa in tem pi difficili: vera te mpra di do-minatore, eccezionalmente volitivo, perspica-ce e di caratter e impetu oso, egli era n ellostesso tempo animato da un ardente ent usia-smo per la causa di Dio e della Chiesa. Scopoprincipale della sua vita fu il ripristino de l“ret to or dine”, cioè il consolidame nto, piùperfet to po ssibile, del “Regno d i Dio sullaterra”, sotto la guida attiva del successore diPietro e Vicario di Cristo, a cui le potenze se-colari devono subordinarsi in tutto ciò che ri-guarda la salvezza del mondo cristiano » (5).

Ap pena eletto, Ildebrando volle annun-ciare la sua elevazione al Pontificatoall’Imperato re ed ottenern e la convalidazio-

ne, più per evitare i mali che era no seguitiall’elezione di A lessandr o II (cfr. la pr imaparte di questo articolo in “Sodalitium ” n.31, pag. 10), che pe r il riconoscimento di undiritto che egli aveva sempre osteggiato, giàprima di diventare Papa , e che era r iuscito asvuotare del valore che l’Imperato re at tri-buiva ad e sso (la validità dell’elezione papa-le) dand ogli il valore di una consuet udine eformalità quasi irrilevante (6).

Non ma ncarono i seguaci di Enr ico IVche accusarono G regorio VII d i simonia, mal’Imper atore, saputo come Ildebrando no navesse b rigato per aver la Tiara, ma avessedovuto soffrire violenza per r iceverla, nonpot é negare il suo assenso, nonostant e i ve-scovi alemanni e lombardi l’avessero istigatoa no n riconoscere l’elezione de l Pontefice.Enrico IV mandò Gregorio, Vescovo diVercelli Cancelliere d’Italia, ad assistere allaconsacrazione del Papa. La domenica 30 giu-gno nell’ottava della Pentecoste, Ildebrandofu ordinat o pret e e consacrato Vescovo. Aproposito di qu ella di simonia ed altre accu-se mosse contro san G regorio VII riten godoveroso citare un testo di Mon s. Benigni

(7): « Quei settari de lla lotta e rriciana che ca-varono fuori l’accusa di simonia per l’elezio-ne di G regorio VII, erano miserabili calun-

niatori. Oggi non v’è storico savio che ne du-biti. La forza delle cose imponeva la scelta dichi aveva p otentem ente improvvisato il mo-vimento dominatore.

Qu ale era il vero carattere d’Ildebrando;quale il suo programma concreto con cui di-ventava G regorio VII ?

Chi ha fatto di lui un impetuoso, un fana-tico testardo, un politicante prot ervo, ha da-to prova di grande ignoranza o di mala fede.

Ildebrando fu tenace assertor e d’un idea-le che lo a ssorb iva: la riforma religiosa. Manon ap riorista cieco né violento: al contr arioqualche volta ebbe lacune più funeste de’suoi atti più energici.

Egli fu l’uomo che scrisse: “Nessuno diven-ta repentinamente sommo; e gli alti edifici po-co a poco si costruiscono”. Durante la sua in-fluenza sopra i suoi predecessori, si adat tò pa -zientemente al presente per preparare pazien-temente il futuro trionfo del suo ideale (…).

Fin dal momento della sua elezioneGre gorio dett e pro va cospicua della sua mo-derazione e del suo tranquillo provvedere pergradi, quando, eletto pe r acclamazione gene-rale, mandò ad Enr ico IV a domandare il suoplacito, secondo il patto (così discutibile in se

stesso, e così caduto col successore [grazie a S.Gregorio VII, n.d.a.]) di Enr ico III , e non dis-simulando il suo piano di riforma » (8).

Le lettere di san Gregorio VII ci testimo-niano la sua iniziale benevolenza, unita per òalla fermezza dell’educatore, verso il reEnrico. Eccone una: « Noi gli vogliamo - scri-ve a Beatr ice ed a Matilde di Canossa - (adEnr ico) mandare una legazione di uomini co-spicui per pietà, di vita illibata, integrità di co-stumi, a fin d’infondergli un po’ d’amore versola madre Chiesa, additargli le vie della giusti-zia, farlo capace di un governo migliore e met-

tere l’Impero in salvo dalle sue follie…Impe rocchè dobbiamo scegliere di resisterealle sue passioni fino all’ultima goccia di san-gue e di perir martiri della verità, vittimedell’immenso nostro am ore p er lui piuttostoche, per ma lintesa indulgenza ai suoi capricci,consentire empiamente alle opere di iniquità egettarci seco nell’abisso della perdizione » (9).

L’abat e di S. A rnolfo di Met z, amico diIlde bra ndo, gli scrisse facendo gli i più vivirallegramen ti per la sua elezione, incorag-giandolo con il pensiero che « più torner eb-be spiacente ai tristi, tant o più avrebbe pia-

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Papa san Gregorio VII 

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ciuto ai buo ni. “Né timori, soggiunse, né mi-nacce vi tolgano di combatte re spiritualmen-te i nem ici. Pensate che gli sguar di di tutt i i

cattolici sono volti in voi, e che tu tti aspett a-no da voi grandi cose”. Mentre i malvagi tre-mavano e r allegravansi i buoni, l’intrepidoIldebra ndo da va cominciamento a l gloriososuo Pontificato » (10).

San Gregorio VII e la riforma gregoriana

Il primo problema che Gregorio VII do-vette affrontare fu certamente la riforma delclero, che spesso si macchiava di simonia ( 11)e di concubinato. Egli era già stato ispirato redi alcuni decreti che condanna vano questacondotta sotto i pont ificati preceden ti (cfr.prima parte di questo articolo in “ Soda-litium ” n. 31 pag. 9). Questo miserabile statodi corruzione dei costumi del clero era stret-tamente connesso con la questione delle inve-stiture laicali. Gregorio VII si rendeva perfet-tamente conto che “la collaborazione vesco-vile era assolutamente necessaria per realiz-zare un’autentica e profonda oper a di rinno-vamento” (12). Se all’inizio il sant o Pon teficefu molto p ruden te e conciliante nonché incli-ne ad accettar e scuse e spiegazioni sull’atteg-giamento d ei Vescovi fu propr io per averequesto appoggio da parte di essi. Egli diresse,

per qu esto motivo, un pressante invito ai po-ten ti laici, più che a i Vescovi colpevoli, affin-ché lo aiutassero, premend o a loro volta suquesti Vescovi per indurli a riconoscere le lo-ro colpe, ed a accettare la sua riforma.

“La simonia infatti gener ava il concubi-nato e consolidava l’auto rità impe riale, ilconcubinato creava le dinastie ereditarie edalimentava ulteriormente la simonia aggra-vando ancor più la dipenden za della gerar-chia ecclesiastica d all’Imp ero ” ( 13). Ilde-brando si rese quindi ben conto che solo do-po aver debellato le pretese del potere laico

ed imperiale negli affari della Chiesa potevaporre mano alla riforma della Gerarchia ec-clesiastica che era rimasta fino ad allora feu-datar ia dell’Impero.

“Nei sinodi quare simali celebra ti nellabasilica del Later ano n el marzo 1074 e nelfebbraio 1075 si rinnovarono con accentua torigore i decreti di Leone IX e di Niccolò IIcontro la simonia e il matr imonio degli ec-clesiastici; in p art icolare si pro ibì l’eserciziodelle funzioni r eligiose a gli ecclesiastici in-continen ti e si incitò il popolo a ten ersenelontano. Gregorio inviò anche dei legati che

curassero l’esecuzione di queste disposizioni.Nella sua linea di condotta e gli era sorrett odalla convinzione che lo stato matrimon iale

fosse inconciliabile con il sacerdozio e che sitratt ava semplicemente di dar e esecuzionead un antica legge ecclesiastica; motivi di po-litica religiosa, quali la tendenza a svincolareil clero d a ogni influenza statale, agivano co-munque solo secondariamente” (14).

« Il celibato dei pre ti appariva chiaro nonsolo a personaggi spirituali come un’aureo laspirituale dell’apostolato ecclesiastico, ma sul-lo stesso piano politico-sociale su cui deve purvivere la Chiesa col suo clero. Non meno chia-ra appariva la necessità riflessa del celibato perevitare all’ecclesiastico tutti gli inceppamenti,tutte le tentazioni che lo avrebbero inevitabil-mente n ella sua massa (e la questione era dimassa) tra scinato in b asso, o per la cupidigiadel signoro tto ecclesiastico di fare il feudo aisuoi discendenti (già era te rribile l’incentivonepotista!), o per la brama pitocca del prete dirazza borghesuccia o ru rale di far posto ai di-scendenti a costo di qualunque basso servizioai potenti e prepotenti dei dintorni (…).

Un urlo di furore [dopo la proclamazionedei decreti sinodali] montò da t utte le par ti,perché tutt e contaminate dalla duplice leb-bra. E dapper tutto sorsero i vindici dellariforma or mai in piena app licazione. Fu la

lotta a coltello ai quatt ro pu nti dell’orizzonteoccidentale.Durissima lotta per gl’ildebrandiani,

giacché per u na conte ssa Mat ilde [del ru olodi questa donna nella Riforma parleremonel paragrafo seguente ], v’erano re e duchi econti i quali per i primi si arricchivano con lasimonia e volevano il clero avvilito p er m e-glio dotarlo e sfruttarlo. E per un centro mo-nastico come Cluny (15), che predicava alto eforte la Riforma, una torma di prelati ed unacanea di chierici inverecon di e tracot ant i sidimenava contro “l’innovatore”.

Ci volle mezzo secolo a Roma per vince-re q uesta “guerra civile” mossale dagl’insor-ti, appoggiata da comp lici qualche volta co-perti e forse più funesti.

Gr egorio comprese subito l’estrema gra-vità, e per q uesto concentr ò su di essa tuttala sua ener gia di resisten za e di atta cco, evi-tando complicazioni latera li (…).

Naturalmente la deposizione dei preticolpevoli trascinava seco un groviglio d’inte-ressi materiali e sociali feriti, spesso a morte,e con ciò stesso tutt a una sequ ela di solida-rietà di par enti e clienti » (16).

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“L’atteggiamento del Pap a contro la cle-rogam ia suscitò agitazione e opp osizioneper fino in regioni lontane, in Francia e in

Germania. Il sinodo di Parigi del 1074 definìla legge de l celibato addirittu ra insostenibilee irr agionevole. Molti Vescovi ted eschi nonfuron o rigoro si nel farla osservare ; il bassoclero in d iversi luoghi si ribellò” ( 17). L’in-trep ido san Gregorio restò fermo sui suoiprincipi ed arr ivò, nel s inodo r omano del1078, a minacciare di scomunica quei vescoviche, dietro compenso in denaro, fossero stat iindulgenti per il concubinato d egli ecclesia-stici a loro sottoposti.

“In sostanza la legge sul celibato riuscì adaffermarsi vittoriosamente, anche se ciò nonavvenne tutto d’un tratto e nella maniera piùcompleta” (17). In alcuni paesi, infatti, questostato d i cose si protr asse fino a i secoli XII eXIII. Fu poi Papa U rbano II, nel sinodo diMelfi del 1089, a sancire ulteriori pen e pe r iconcubinari, come la perdita dell’ufficio.Questi ed altri pr ovvedimenti si basavano sulfatto che il matr imonio dei maggioristi (ichierici negli ordini m aggiori: cioè a p artiredal Suddiaconato in avanti) non solo era ille-cito ma anche del tutto invalido.

Da che par te stava il re Enrico IV in que-sta opera di Riforma? Evidentemente daquella sbagliata. Lasciamo la paro la a Mons.

Benigni: « La corte tedesca e la sua propagi-ne italiana eran o fradicie di tutt e le compli-cità contr o cui cozzava la R iforma (…).

Enrico IV, impigliato con la sanguinosissi-ma gue rra contro i sassoni, “fece l’umile [di-ce tipicamente lo stesso G regorovius (18)] epromise di sottomette rsi ai decreti di rifor-ma; ma la compassionevole lettera e ra det ta-ta soltanto dalla necessità del momento; d’al-tronde, apertamente e senza riguardo alcuno,continuava a vendere gli offici ecclesiastici”.

I legati papali mandati in G ermania perl’applicazione del concilio riformatore, sape-

vano, non me no del loro mittente, quali tre-mende difficoltà avrebbero trovato nel grancentro di simonia e concubinato. (…) SeEn rico avesse avuto, non diciamo un senti-mento di bene, ma la semplice percezionepolitica, egli avrebbe compre so che l’appli-cazione della Riforma sarebbe stata ta ntodura a principio, quanto inevitabile alla fine,ed avrebbe assunto u n contegno “politico” -non pr etendesi di più - di fronte al Rifor-matore, non inasprendo la situazione da am-bo le par ti, e cercando gli adattamenti pe runa transizione.

I legati presentarono ad E nrico le richie-ste papali: cessare il commercio simoniaco edi restanti abu si, Liemaro vescovo di Brema si

mise alla te sta della resistenza antiromana; ilre non desiderava che sfruttar la » (19).I prodromi della lotta che da lì a poco sa-

rebbe cominciata tra i l santo Pontefice el’empio re erano ormai presenti . La lottadelle investiture era ormai apert a.

Essa era n ecessaria poiché “Lo Statoaveva asservito i prelati feuda tari appu ntocome feudatari di Stato; i l prelato fu unanne sso d el feudat ario. Si faceva vescovouno che si voleva fare principe, conte, baro-ne; ne veniva fuori un cattivo feudat ario eun pessimo prelato. Era que sta la radice ditutt i i mali perché con simili vescovi non p o-teva aversi che un simile clero, ed un taleclero no n poteva che condurre a dannazionespirituale e sociale il po polo cristiano, - conciò stesso lo Stato.

Perciò Gregorio faceva opera santa a fa-vore di questo, no n meno che della Chiesa,quando mette va la scure ne lla radice delleinvestiture” ( 20).

A lcuni au tori crit icano ingiustamenteGr egorio VII perché sarebbe “u scito dallaRiforma” p er en trare in politica. Si rispon-derà a ciò, sempre con il nostro Mons.Benigni, che “la politica era entra ta in chie-

sa, ed il Papa voleva che ne uscisse appuntoper purificare la Chiesa”; e che, poiché a n-che la politica è un a tto u mano, come talenon p uò sfuggire al giudizio mor ale dellaChiesa fondata da Nostro Signore GesùCristo e posta “sopra i pop oli e sopra i regni

 per sradicare e demolire, per edificare e pian-tare” (Ger. I, 9-10) (21).

San Gregorio VII e Matilde di Canossa

Chi era Matilde di Canossa, questa don-na che tro viamo a fianco di san Gr egorio

VII, e che tanto peso ebbe nella sua opera diriforma?Matilde era figlia di Bonifacio e di

Beatrice di Toscana. Sua madre Beatriceaveva sposato in seconde nozze Goffredo d iLore na, aggiungendo così ai suoi stati que llidel secondo marito, e ra ggiungendo quindiun no tevole potere in Italia centrale. Poichédal secondo matrimonio n on nacquer o figli,fu la figlia di primo letto Ma tilde a diventa-re, all’età d i circa tr ent ’anni, la sovrana d eiterritori che si estendono dalla Toscana finoalla Lomb ardia. Matilde fu sposa di G of-

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fredo, detto il Gobbo, il quale preferì restar-sene in Ger mania ad occuparsi dei suoi Statiinvece di venire in Italia a fianco della mo -

glie, e morì po i nel 1076.Matilde « si dimostrò devotissima delPapato per sei pontificati successivi. “Donnadi non o rdinaria cultura, ella si vide parlar lelingue d i tutti i suoi soldati, aver corrispon-denza con nazioni lontane, radun ar una bi-blioteca, far raccogliere il corpo del dirittocanon ico e civile, e aprire in Bologna la p ri-ma scuola di legge. Amante delle arti e da llaprosperità de i suoi popoli, in ogni parte in-nalza castelli, ponti e chiese. Forte e perseve-rante di caratte re benché devota, resisteall’inclinazione de l chiostro allora comune;benché debole per t empera mento, guida inpersona le sue schiere e combatte; benché ri-chiesta da molti a consorte, rifugge dalle ma-trimon iali dolcezze, e tante d oti corona conla virtù della mod estia e dell’umiltà, che laconsigliano a sottoscriversi: Matilda Dei gra-tia si quid est . Tale era la donna che fu la spa-da della riforma papale, la donn a che Da nteha immortalato nel suo poema, collocandolaalle soglie del Paradiso” » (22).

“Questa nobildonna [Matilde di Ca-nossa] si levò pe r la difesa de l Vicario d iD io; mise a disposizione della Sede A po-stolica le sue ricchezze e i suo i eserciti; ciò

finché visse; e prima d i morire legò i suoidomìni al Principe degli Apostoli ed ai suoisuccessori” (23).

« [Matilde] era longobar da e lo pro fessa-va apertamen te; erede di un torbido idealedi conquista che aveva agitato e r ovinato ilsuo popolo nella parabo la tra Alboino eArduino, ella lo aveva innalzato e illuminatovolgendolo verso Roma. Così avessero fatto,a loro tempo, Astolfo e D esiderio.

Matilde senten dosi sola nella sua fami-glia, tenne fermo ap poggiandosi sul grandelongobardo che risiedeva sulla cattedr a di

San Pietro. Ildebrando comprese la missioneprovvidenziale di Mat ilde; e i due u ltimi lon-gobardi della storia si tennero stretti davantie contro tutti.

La calunnia viperea del partito dei simo-niaci avrebbe accusato Ildebrando di averecomprato il Papato; il partito dei concubinaritenterebbe sporcare l’onore della trentenneCont essa e del sessantenne pon tefice: la sto-ria ha fatto giustizia di ta nta viltà contro cuisi innalzarono le testimonianze più at tendibi-li del tempo, e la serena critica che conosce ilcaratte re dei due pe rsonaggi. Gregorovius, a

suo onore, ha paro le incisive d i rivendicazio-ne della verità su questo punto.

Ma re sta la maldicenza politica per cui si

accusa da molti Ildebrando di avere, per setedi dominio, accaparrato la donna pe r otte -nern e l’ered ità. Chi lancia qu est’accusa, di-mentica due pu nti fondamentali: chi eraMatilde, chi era G regorio VII.

La grande Con tessa può be n dirsi un“uomo” superiore dalle chiare vedute, dallaferma volontà . (…) Matilde non voleva piùstranieri, padroni dent ro o minacciosi al difuori, del suo grand e florido stato. Figli nonaveva; chiamare alla successione un parentepiù o meno lontano d’Italia era metterel’eredità sul tappeto di una tavola da giuoco.Senza sentirsi italiana e rom ana ne l nostroclassico senso, la tardiva longoba rda del-l’Ita lia centra le sentiva l’istinto, orma i, delsuo paese. Qua le modo m igliore di assicura -re la quiete e la compagine dello Stato ca-nossiano, di quello che lo avrebbe congiuntoa R oma? A nche prescindendo dal genio cheallora splendeva nell’Urbe [S. GregorioVII], si sentiva l’ascesa del Papato ne l mon-do civile non meno che nella riforma re ligio-sa, non meno de lla lenta ma progressiva de-cadenza di quell’Impero che aveva divorato icarolingi ed i sassoni, ed ora dopo un grandeSalico, già offriva un giovinastro per erede.

Matilde da que ll’“uomo ” superiore cheera, no n aveva bisogno di essere suggestio-nata da Ildebrando per arrivare a quel divi-samento [di donar e i suoi Stati alla Chiesa,n.d.a.] (…).

Qu anto ad I ldebrando, contro chi l’accu-sa di avere fatt o la caccia a quelle terr e, conuna mentalità da principe i taliano dellaRinascenza (…), noi appelliamo a loro stessiquando, (…) accusano G regorio VII d i aversognato l’impero (…).

Pre scinde ndo d a esagerazioni e svisa-menti, Gregorio ha la mentalità imperiale di

un Innocenzo III; ed è uno strano rimpiccio-lirlo, mostrando celo ad annaspare p er averela sovranità diretta di alcune provincie.Senza dubbio, più il dominio di R oma avan-zava verso il Po e più l’Ur be p oteva sentirsial riparo; ma quale riparo così poco armatoed armabile contro un rubesto re teu tonicoche fosse calato con il suo e sercito sanguina-rio ed affamato! Lo Stato pont ificio arrivò esi consolidò sul Po, ben più tar di, quando alsuo settentrione era passata la bufera medie-vale; e crollò quan do un e sercito giacobinodi sanculotti e po i d’imper iali ne passò il

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confine, al cadere dell’ant ico regime. Solo unriconoscimento d iplomatico lo rialzò, passa-to Nap oleone, e lo fece durare fino al ripre-

sentarsi d’un esercito ne mico alla front iera.Non diciamo che tutt o ciò potesse essere d i-vinato da Ildebran do; ma gli bastava la duraesperienza del pa ssato e del presente pe r di-singannarlo.

Perciò una serena d isamina dei due gran-di caratte ri toglie ogni miseria d’intelletto edi coscienza alla donatr ice o al donatario. Ladonazione della contessa Matilde del suoStato alla Santa Sede è il risultato di una se-rena percezione della situazione da parte deidue » (24).

Inu tile dire che Matilde di Canossa, chegià si trovava n el campo d i batta glia ilde-brandiano, si schierò r isolutamente in favoredella Riforma gregoriana. Ella era presenteal primo dei sinodi riformato ri di Gr egorioVII nel 1074.

Ma tra q ueste due grandi anime vi eranodei rapporti strettissimi di confidenza, cometestimoniano le loro lettere che sono a rrivatefino a no i. Ecco cosa scriveva alla Contessa diCanossa il santo Pontefice rendendola par te-cipe del pr ogetto di una Crociata in TerraSanta che egli era desideroso di intraprendere(25): « L’oggetto dei miei pensieri, il desiderioche provo di att raversare il mare, per soccor-

rer e i cristiani che i pagani immolano comedel vile bestiame, mi imbarazza nei confrontidi molti; temo di essere ta cciato d a essi diestrema leggerezza. Ma non ho nessuna diffi-coltà a con fidart i, a te, mia carissima figlia,della quale stimo la prudenza più di quanto tupossa renderti conto. Dopo aver letto le lette-re che sped isco al di là dei monti, se hai unconsiglio da dare, o meglio ancora un aiuto da

dare alla causa di Dio tu o creato re, fallo conmolta cura; poiché se è bello, come si dice,morire per la propr ia patria, è ancora più bel-

lo e più glorioso sacrificare la carne mortaleper Cr isto che è la Vita Ete rna. (…) Per ciòche mi riguarda, onorato dalla compagnia disì nob ili sorelle [la contessa Beat rice, madredi Matilde, e l’Imperatr ice Agnese, madre diEnrico IV…], attraverserò volentieri il mare,disposto a dare la mia vita per Cristo con voida cui desidero n on essere separato nellaPatria eterna… » (26).

Nei suoi rappor ti con Matilde « questo il-lustre atleta della libertà della Chiesa sapevaunire a ll’altezza e alla grande zza de lle suevedute la toccante sollecitudine del più umi-le dei preti per l’avanzamento spirituale diun’anima. “Solo Colui che pene tra il segretodel cuore, scrive alla pia principessa, può co-noscere, e conosce meglio di me, lo zelo e lasollecitudine che ho per la tua salvezza. So-no ono rato che tu sapp ia capire che io sonotenuto a prendermi cura di te, in vista di tan-ti popo li nell’interesse dei qu ali la carità miha costretto a tratte nerti, quando tu pensaviad abbandonarli per non pensare ad altroche al bene de lla tua anima. La carità (…),secondo colui che è la tromb a del cielo, nonè interessata. Ma poiché tra le armi di difesache ti ho fornito contro il principe di questo

mondo, la principale è quella di ricevere fre-quente mente il Corpo d el Signore, e di do-narti con piena fiducia alla protezione dellaMadre Sua, in questa lettera voglio tr ascri-verti ciò che il beato A mbrogio ha pe nsatocirca la Comunione…” » (27).

Qu este poche righe illustrano bene q ualifurono i rapporti tra l’anima di Gregorio VIIe quella di Matilde che erano entrambe ri-piene d egli stessi sentimen ti, e desiderosedella gloria di Dio e del bene della sua SantaChiesa.

San Gregorio VII ed Enrico IV: gli antefattidi Canossa

E nrico IV dopo aver vinto i sassoni nelgiugno 1075, era svincolato dai pr oblemi in-tern i del suo Stato e poteva dedicarsi agli af-fari esterni. Vi si dedicò da pari suo…

Enr ico IV era stato d ichiarato maggioren-ne n el 1065 a quind ici ann i. Persino il Bihl-meyer dice di lui che, pur possedendo talentoed energia “aveva una cattiva educazione e glimancavano maturità ed autocontrollo. Il suogoverno offrì presto motivi di scontento”.

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 L a Contessa Matilde di Canossa

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Nel sinodo della quaresima del 1075Gr egorio VII, come abbiamo visto, avevaproibito anche l’investitura dei v escovi per 

mano del re di Germania. Inizialmente EnricoIV si era mostrat o se non favorevole allaR iforma , quanto meno n on ostile ed avevafatto delle concessioni accettando le disposi-zioni papali. Ma, come ebbe debellato il peri-colo costituito dalla ribellione dei sassoni, eglinon ne volle più sapere, e senza piegarsi al di-vieto delle investiture, provvide a nominare ititolari di parecchi vescovadi italiani e germa-nici, tra cui quello, molto importante, diMilano (28) (che non era n eppure vacante), eriprese i rapporti con i consiglieri scomunicati(A lessandro II già nel 1073 aveva scomunica-to i consiglieri di En rico a causa della loroperniciosa influenza su di lui).

Nel Nata le di que llo stesso anno (1075)vi fu un attentato a Roma contro GregorioVII. « Il facinoroso Cen cio [costui al tempodi Alessandro II aveva sostenuto l’antipapaCadalo, ed ora aveva innalzato un a torr e sulponte a san Pietro e costringeva i cittadini apagare una t assa assai gravosa. S. Gr egorioVII lo ammonì per tale ingiustizia pregando-lo di farla cessare. N.d.a.] con u na m asnadafaceva irruzione in S. Maria M aggiore oveGr egorio celebrava la Messa solenne di mez-zanotte. Il Pontefice è afferrato dal capo ma-

snadiero, insanguinato d i percosse, rapito at-traverso R oma e rinchiuso nel palazzo diCencio (nel rione di Parione) .

(…) Rom a appren dendo il delitto, suonale campane a storno; ecclesiastici e laici cerca-no an siosamente d ove sia stato tr afugatoGr egorio, giacché il rapimento era stato rapi-dissimo in piena teneb ra. Finalmente si sco-pre che è racchiuso, sanguinante, nel palazzodi Cencio ove la famiglia e gli scherani del ca-po avevano coperto il prigioniero d’insulti edi minaccie, distinguendosi in tale nuova infa-mia le degne sorelle di Cencio (…).

In t ale frangente Ce ncio con la minacciadi mort e si volle far dichiarare graziato daGr egorio. Qu esti gl’impose per penitenza dianda re in pellegrinaggio a Ger usalemme, ilche Cencio promise. “Forse mai in nes-sun’altra o ccasione più chiarament e che inquella notte e dopo il suo salvamento G re-gorio rivelò il suo coraggio e la gener osa in-dole sua; manten ne fede financo al suo as-sassino che protesse dal furore p opolare”:sono parole di Gregorovius.

Riportato in trionfo nella basilica liberianail Papa terminò la Messa interrotta. Int anto

Cencio, con fede degna di lui e del suo par tito[apparteneva al partito di Enr ico IV, assiemea G uiberto vescovo di R avenna anch’egli uo-

mo dell’Imperatore e avversario della Rifor-ma, il quale aveva complot tato il colpo], usci-to da Roma come pellegrino, si racchiudeva inun suo castello della Campania e continuava afare il brigante erriciano.

Enr ico IV in Ger mania continuava cini-camente, contro la fede data, la simonia e laprotezione d ei più ribaldi e rivoltosi ambien-ti ecclesiastici » (29).

“Il Pap a gli fece nuove rimostran ze e sidichiarò pront o ad un accordo, ma oralmen-te lo fece minacciare di scomunica e di depo-sizione , nel caso che si fosse ostinato nelladisobbed ienza” (30).

L’Imperatore rispose convocando un con-ciliabolo a Worms dove a lcuni prelati, suoi sa-telliti, dichiararono deposto il Papa Gr egorioVII; era il 24 gennaio 1076. Enrico IV diffuseil seguente manifesto polemico, pieno d’insul-ti, con il quale, egli nella sua veste d i patr izioroman o, invitava il “falso monaco” e nonPapa, Ildebrando a scendere d alla Cattedr aApostolica “usurpata”. Ecco il testo di questalettera: « Enrico, non per usurpazione ma pervolere di D io re di G ermania, a Ildebrando,non papa ma falso monaco.

Tale saluto hai tu mer itato colla tua mala

condotta , tu che di quanti nella gerarchia ec-clesiastica occupa sti gradi infimi ed alti ha iteco recato in ciascuno non l’onore di un insi-gne pietà, ma sovversione di ogni ordine escand alo, non la be ned izione ma la maledi-zione di D io. E per non dir che delle cose piùgravi, oltraggiasti i ministri del tem pio, umi-liasti gli arcivescovi, i vescovi, i pre ti; e gli un-ti del Signore, quai vili mancipii che non san-no che si faccia il padrone, affliggesti, concul-casti co’ piedi. Ti fe plau so una p lebe igno-rant e: ed il plauso tu, superbo, hai credut oche i dottori nulla sapessero e fossi tu solo sa-

piente. Ma la scienza, che presumi e non h ai,non fu la pr ovida che crea e dà la vita, ma lafalsa che distrugge e dà la morte (…).

Tu eri t iranno, e noi tacemmo per nonturbare la pace o menomar la maestà dellasede: ma la nostra pazienza tu l’hai giudicatatimore e ti sei perciò sollevato cont ro la stes-sa dignità del sovrano, che a noi fu data daD io; hai minacciato, hai voluto r apircela,quasi che noi la tenessimo da te, non daCristo, e che r egno ed impero stessero nellamano d ell’uom o: mentr e invece il Signorede’ cieli ha chiama to il servo E nrico all’im-

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pero, non il nemico Ildebran do alla sede. Tuvi salisti per una scala che d icesi frode ed èmaledetta da D io. Per dana ro sei pervenuto

al favore; pel favore ad una po tenza di ferro;per la po tenza alla sede di Pietro; e dalla se-de de lla pace hai cacciato in ban do la pacecoll’arma r che tu fai tu tti i sudditi cont ro isovrani (…).

Né pago al tiranneggiar i tuoi sudditi, haigravement e oltraggiato anche me, che, inde-gno sì, ma pu r sono fra gli unt i, unto non altempio ma al trono: mentre è dottrina deisanti Padr i che D io solo mi può giudicare eche non po sso giammai perder e il tron o senon t radisco o rinnego la Fede. (…) S. Leo-ne, emulator dell’Apostolo, ha detto : “Teme-te il Signore, onora te il re”; ma poiché tunon temi il Signore, non onori me che son re.Tu pertanto, che sei maledetto e condannatodal concilio [scismat ico… n.d.a.], discend i!Abbandona una sede usurpata! Salirà questacattedra un altro il quale non veli la prep o-tenza col manto di re ligione ed insegni la ve-ra dot trina di Pietro. Io En rico per la graziadi Dio re di Ger mania e no i tutti vescovi diCristo esclamiamo: Usurpator e, usurpatore,discendi! (“descende, descende, p er sæculadamnande!”) » ( 31). Questa letter a del mise-ro re si commenta d a sola, soprattutto se pa-ragonata a quella di risposta del santo

Pontefice, sotto riportata .Un sinodo di vescovi lombardi radunati aPiacenza approvò l’inaudita sentenza.

La reazione immediata del Papa si ebbenel sinodo quare simale de l 22 febbraio 1076,dura nte il quale Gre gorio VII lanciò la sco-munica contro E nrico. Si trattava di scomu-nica personale per la quale, se non fosse sta-to assolto e ntro un anno ed un giorno, eglisarebbe stato dichiarato separato definitiva-mente dalla cristianità e ridotto ad un uomofuori legge. Gregorio VII inoltre, assieme a l-la scomunica, sciolse i sudditi di Enrico IV

dal giuramento di fedeltà, e proibì l’obbe -dienza verso di lui. La letter a di scomunicaera scritta sotto forma di preghiera all’Ap o-stolo Pietro. Eccone il testo: « O san Pietro,capo degli Ap ostoli, porgici, te ne preghia-mo il tuo sant o ore cchio, e ascolta me tuoservo, che fin dall'infanzia hai nu trito e chefino ad oggi hai liberato dalle mani degli ini-qui, i quali mi odiano e sempre mi odierannoper la tua fedeltà. Tu e la Nostra Signora, laMadre di D io, e tuo fratello san Paolo tratutti i santi mi siete testimoni che contro lamia volontà la Santa Chiesa Roman a mi

chiamò alla sua guida, ed io non p ensai maidi salir sul tuo seggio con la violenza, e vollipiutt osto finir la mia vita in esilio che impa -

dronirmi con mezzi secolari del tuo tr ono,per amor di gloria terrena. Perciò per tuagrazia e non certo per i miei meriti credo chetu abb ia voluto e voglia che questo popo locristiano, affidato in special modo a te, obbe-disca a me per il vicariato a me affidato.

Per tu a grazia mi è stata data da Dio lapotestà di legare e sciogliere in cielo e in ter-ra. Basandomi su questa certezza, per l’ono-re e la difesa della tua Chiesa, in nome diDio onn ipotente Pa dre e Figlio e SpiritoSanto, per mezzo della tua potestà e auto-rità, io tolgo al re Enrico, figlio di Enrico im-peratore, che insorse con inaudita superbiacontro la tua Chiesa, il potere su tutto ilregno di Germania e sull'Italia, e sciolgo tut-ti i cristiani dal vincolo del giuramento, chegli fecero e gli faranno, e proibisco che alcu-no lo serva come un re . È giusto infatti chechi desidera diminuire l 'onore della tuaChiesa perd a il suo. E p oiché disdegnò diubbidire da cristiano e n on ritorn ò a D io, -che ha abbandonato avendo rapporto con gliscomunicati e commettendo mo lte iniquità edisprezzando gli ammoniment i che per il suobene gli feci, te testimone, e separandosi dal-la tua Chiesa ne l tentat ivo di scinder la, -

agendo in t ua vece io lo scomunico e lo sco-munico secondo la tua fiducia, perchè legenti sappiano e vedano che tu sei Pietro eche su questa p ietra il Figlio del Dio viventeedificò la sua Chiesa e le port e dell'infern onon pr evarranno su di essa » (32).

E cco ciò che dice al propo sito il nostroMons. Benigni: « “L’anatema d i Gre gorio (èbene far parlare il buon Gregorovius orribil-ment e imbarazzato tra l’evidente ragioned’Ildebr ando e il tort o marcio di Enr ico, dauna pa rte, e tutt i i suoi pregiudizi e rancorisettari dall’altra) corse il mondo come un ve-

ro fulmine, e come un fulmine colpì la testadel primo monarca de lla cristianità”.Non ci aveva pensato il giovinastro e i

suoi bravacci di Worms e di Piacenza. IlPapato risorgente dall’abbiezione tusculana,grazie ai pon tefici di En rico III, era gigantedavanti a u no dei più vili coronati, vile di fe-rocia, vile di paura, l’uomo dei cannibaleschiorr ori di Sassonia, l’uom o degli sper giuri,della falsa umiltà, delle false promesse, coluiche andrà da vile ipocrita a pro strarsi aCano ssa e da sper giuro recidivo ad assalireRoma.

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La scomunica era nella piena fede deltempo ; ma al di fuori di questa quel temp ovedeva un gigante e un pigmeo che avevaosato farlo imprigionare, assassinare, depor-re. Quando il gigante alzò la mano, e ne cad-de un fulmine sul pigmeo, nulla di più ovvioche questo ne fosse incenerito

En rico dette p rova dell’abisso in cui pre-cipitava; credette rispondere alla scomunicafacendo scomunicare dagli scomunicati

Gregorio VII » (33).“U na simile pu nizione di un sovrano daparte della Chiesa, inaudita fin’allora, su-scitò grande scalpore ne l mondo cristiano;ma la scomunica ebbe il suo effetto (…). Ilpart ito imperiale si disgregò rapidamen te, iSassoni si sollevaron o di nuo vo. G ià nelladieta di Tribur presso Magonza (ottobr e1076) i principi decisero d i abband onar e de-finitivamente En rico, se e gli fosse r estatonella scomunica per più di un anno; una die-ta da tene rsi ad Augusta il 2 febbra io 1077avrebbe do vuto decidere in pro posito: i l

Papa stesso era stato invitato a inter venirviin funzione di arb itro” ( 34).

Il “D ictatus Papæ” di San Gregorio VII

San Gr egorio VII a veva esposto il suopro gramma politico-ecclesiastico già primadella contesa con En rico IV, nel sinodo qu a-resimale del 1075, in 27 proposizioni che svi-luppano, accentuan do e coordinando siste-maticamente, pensieri di S. Agostino, S.Gregorio Magno e di Niccolò I, prop osizioniche vengono chiamate il “ Dictatus Papæ”.

Questo scritto deve essere considerato co-me autentico del Papa stesso, o come una com-pilazione canonistica che illustra le idee grego-

riane a cui si rifacevano i pr omot ori dellaRiforma, oppure come schema per una allocu-zione papale. “Delle ventisette massime che loconpongono, ventidue sono di natura teologicaed ecclesiastica, intese a proclamare la posizio-ne di primato d ella Chiesa roma na e del suoVescovo, con p rivilegi regali; le altre (8-9-12-19-27) si riferiscono alle relazioni tra i papi e lepotestà temporali e rappresentano l’espressio-ne concreta della concezione gregoriana”.

Così recitano le 27 proposizioni del“ Dictatus Papæ”:

« 1) Che la Chiesa R omana è stata fon-data da Dio solo.

2) Che soltanto il Pontefice Ro mano è abuon diritto chiamato universale.

3) Che egli solo può deporre o ristabilirei Vescovi.

4) Che un suo messo, anche se inferior edi grado, in Concilio è al di sopra d i tutt i iVescovi, e può pr onu nziare senten za di de-posizione contro di loro.

5) Che il Papa può deporre gli assenti.6) Che non dobb iamo aver comunione o

rimanere nella stessa casa con coloro che so-no stati scomunicati da lui.

7) Che a lui solo è lecito promulgare nuo-

ve leggi in rappor to alle necessità de l tempo,radunare nuove congregazioni, rendere ab -bazia una canonica e viceversa, dividere unepiscopato ricco e unire quelli poveri.

8) Che lui solo può u sare le insegne im-periali.

9) Che tutti i principi devono baciare ipiedi soltanto al Papa.

10) Che il suo no me deve e sser re citatoin Chiesa.

11) Che il suo titolo è unico al mondo.12) Che gli è lecito deporre l'imperatore.13) Che gli è lecito, secondo la necessità,

spostare i Vescovi di sede in sede.14) Che ha il potere di ordinare un chieri-co da qualsiasi Chiesa, per il luogo che voglia.

15) Che colui che è stato o rdinato da luipuò essere a capo di un'altra Chiesa, ma nonsottoposto e che d a nessun Vescovo può o t-tenere un grado superiore.

16) Che nessun Sinodo può esser chiama-to generale, se non comandato da lui.

17) Che nessun articolo o libro può e sserchiamato canonico senza la sua autorizzazione.

18) Che nessuno deve revocare la sua pa-rola e che egli solo lo può fare.

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 Enrico IV implora Matilde di ottenergli il

 perdono del Papa

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19) Che nessuno lo può giudicare.20) Che nessuno osi conda nnar e chi si

appella alla Santa Sede.

21) Che le cause di maggior impo rtanza,di qualsiasi Chiesa debb ono esser rimesse alsuo giudizio.

22) Che la Chiesa Ro mana non errò enon errerà mai e ciò secondo la testimonian-za delle Sacre Scritture.

23) Che il Pontefice Romano, se ordinatodopo elezione canon ica, è indubitabilmentesantificato d ai meriti del beat o Pietro ; ce lotestimonia sant'E nnodio, vescovo di Pavia,col consenso di molti Santi Pad ri, come èscritto nei decreti del beato Simmaco papa.

24) Che ai subord inati è lecito fare accu-se dietro suo ord ine e permesso.

25) Che può d epor re e r istabilire i Ves-covi anche senza riunione sinodale.

26) Che non dev'essere considerato cat-tolico chi non è d'accordo con la ChiesaRomana.

27) Che il Pontefice può sciogliere i sud-diti dalla fedeltà verso gli iniqui » (35).

Se leggiamo atte ntamente queste formu-le del R iformatore, forse destinate a lui solo,esse ci rivelano qual’è la sua meta, la sua vo-lontà. “La Chiesa è il vero Impero Ro mano,il Papa è il vero Im peratore. Non p er nulla,la nott e di Nat ale dell’800, Leone I II a veva

prevenuto Carlo, il Franco, nel disporre dellacorona: non per nulla i biografi scrissero cheil re era stato sorpreso. Quella Potenza cheha largita la corona può ritirarla” ( 36).

San G regorio VII credeva al principio, edi conseguenza lo esprime va e lo app licavanei rap porti con i sovrani, della superioritàdel poter e spirituale su quello tempora le.Poiché questo ar gomento è già stato ampia-mente trattato in “Sodalitium ” ( 37) non midilungherò e ccessivamen te, limitand omi aqualche considerazione di ordine generale.

Lo Stato e la Chiesa sono du e società di-

stinte [fondate entrambe da Dio (

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)] per i lo-ro fini: il bene tempora le per il poter e civile,ed il bene spirituale (la salvezza delle anime)per la Chiesa; perfette nel loro or dine, fatteper aiuta rsi a vicenda e p er compene trar si.Q uesti due poter i sono subordina ti, vi sonoinfatti molte “materie miste”. Se il campo deltemporale è limitato, non così quello spiritua-le che abbraccia ogni azione uman a e volon-taria, sottoponen dola ad un giudizio mora lesecondo dei criterii spirituali e soprannatura-li. Sarà quindi il potere t empor ale ad esseresubordinato e sottoposto al potere spirituale.

San Tommaso dice: « Per quel che riguar-da il bene te mpor ale, bisogna obbe dire alpotere temporale piuttosto che allo spiritua-

le, secondo Matteo XXII, 21: “ Date a Cesarequel che è d i Cesare”. A meno che al poterespirituale sia congiunto anche que llo tempo-rale, come ne l Papa, che ha l’apice di e n-trambi i pote ri, quello spirituale e quellotemporale , disponendo così Colui che èSacerdote e R e in eter no, secondo l’ordinedi Melchisedec, Re d ei Re e Signore dei Si-gnori, il cui potere non sarà tolto ed il cui re-gno non si corro mper à nei secoli dei secoli »(IV Sent. d. 44, q. 2).

San Gregorio VII era ben conscio di que-sta pienezza di potere che ris iede nelSommo Pontefice e se ne servì per scioglieree per legare secondo le paro le del Signore:“Tutto ciò che tu legherai sulla terra sarà le-gato anche in C ielo, e tutto ciò che tu scioglie-rai sulla terra sarà sciolto anche in cielo”(Matt . XVI, 19). Fu in virtù di questo pot ereuniversale ed illimitato [G esù non ha d etto :“tutto ciò che riguarda soltanto il potere spi-rituale” ma “Tutto” ( quodcumque) semplice-mente e senza porre dei l imiti ( 39)], cheGregorio scomunicò Enrico IV, e slegò i suoisudditi dall’obbedienza verso di lui ( 40).

« A fondamento [del Dictatus Papæ ] sta laillimitata potestà di legare e sciogliere data da

Gesù Cristo a san Pietro, e l’evidente superio-rità della potestà sacerdotale sul potere regale.La potestà apostolica e regale sono destinateda D io a dirigere il mondo e la concordia diambedue le potenze era la meta che per la sal-vezza della cristianità Gregorio VII si prefig-geva nel suo agire. Egli considerava opera deldiavolo non lo Sta to in sé, ma il cattivo gover-no dei tiranni e nemici della Chiesa nella civi-tas terrena, nel senso di sant’Agostino » (41).

L’ideologia di san Gregorio VII, al propo-sito della superiorità de llo spirituale sul tem-porale, è espressa più chiaramente nelle lette-

re che e gli scrisse ad E rman no Vescovo diMetz, influente prelato germanico, che a lui siera r ivolto pe r schiarimenti, e che sia per co-modità del lettore, nonché per la loro impor-tanza, pubblico in appendice a questo art icolo.

Come penso che il lettore a bbia potutocapire, dal corso di questo articolo, l’autore èpropenso alla tesi del potere diretto delPapa ne lle cose temporali, e questo non percampanilismo clericale fuori luogo, bensì perconvinzione storico-teologica.

Sostenere la superiorità del pot ere spiri-tuale no n vuol dire però e ssere, di conse-

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guenza, contro quello temporale e quindicontro l’Impero. Non dimen tichiamo che lostesso Sacro R omano Imp ero è stato creato

dalla Chiesa. È il Pontefice Roman o che haincoronato Carlo Magno nell’anno 800, tra-sportando così l’Impero da O riente in O c-cidente. Se è vero che l’Impe ro costituisceuna d elle più splendide realizzazioni del me-dioevo, bisogna r iconoscere che esso deve lasua mer aviglia alla Santa Chiesa che lo hafondato; essa ricostituendo l’Impero Ro -man o sacralizzato ed elevato d alla Fede, loha reso proprio per questo “Sacro”.

Fu appun to per difendere que sta conce-zione cristiana iniziale dell’Imp ero, che laChiesa, nella persona dei Vicari di Cristo, do-vette combattere e lottare contro la deforma-zione fattane da alcuni Imperatori, nel nostrocaso Enrico IV, e più tardi Federico II eFederico Barbarossa. Come la Fede avevareso grandi alcuni Imperatori (ricordiamo S.En rico II, che fu canonizzato), così l’allonta-narsi da essa e il comba tter e la Chiesa, o vo-lerla asservire allo Stat o come un “ Instru-m entum regni”, port ò alla rovina di altri so-vrani e dell’Impero stesso. L’Impero era con-cepito (e istituito) dalla Chiesa come il ba-luardo della cristianità contro i nemici esterni(infedeli e mussulmani) ed interni (e retici esovversivi), come po ter e civile forte, infor-

mato in tutt e le sue leggi ed istituzioni dallaFede catt olica che anima va nella stessa ma-niera il re e l’ultimo dei suoi servitor i.

Ma come, ed in che cosa, si corruppe que-sta concezione iniziale dell’Impero, tanto daportare i Pontefici ad opporsi agli Impe-ratori? Fu il fatto che lo Stato non fu più con-cepito da questi sovrani, come difensore dellaFede e della Chiesa, e quindi subordinato adessa, ma come un potere a ssoluto, slegato daogni altra potestà, che si serve della religionecome di uno strumento per regnare e che nonè più da essa informato in tutte le sue istitu-

zioni. Si tratta dell’Impero leviatano, di con-cezione mode rna e rivoluzionaria, che por-terà la cristianità fuor i dal medioevo, e che èalla radice dello stato laico di cui tutte le de-mocrazie odierne non sono altro che le proni-poti. Saranno, infatti, degli Imperatori ghibel-lini, quale Lu dovico il Bavaro, a p rote ggeregli ideologi più sovvervisi e democratici comeMarsilio da Padova ed i frat icelli.

Fu quindi il cattivo Imperato re a distrug-gere l’Impero “Sacro e Rom ano”, come laChiesa lo aveva voluto, e non la Chiesa, co-me pe nsano alcuni, che do vette opp orsi alle

pret ese di alcuni re che volevano ser virsi diessa per rendere il loro dominio illimitato. Ilghibellinismo no n è, perciò, il vero am ore

dell’Impe ro e qu indi la sua difesa, bensì lamalatt ia di chi voleva difender e una con ce-zione distorta di questo I mpero, concezioneche porte rà poi allo stato dittatoriale, assolu-to e infine dem ocratico (dema gogico). Fuperché l’Imper o non er a più come dovevaessere (esso aveva per so il prestigio che laChiesa gli aveva dato) che san Gregorio VIIdovette scomunicarne l’Imperatore. Lad-dove i re e gli imperatori, impregnati di giu-risdizionalismo, han no rifiutato quella limi-tazione del loro pote re che veniva dall’alto,dalla Chiesa e dal Pap ato e in linea definiti-va da D io, si sono t rovati a dover accettareuna limitazione che viene dal basso (il popo-lo) e che porta, in definitiva, alla rivoluzione.La Storia ci ha insegnato che i re che hannovoluto sbarazzarsi del Papa si sono tro vati(loro stessi o p iù spesso i loro discenden ti)con la testa mozzata dal popolo rivoluziona-rio, oppure, nella migliore delle ipotesi, spo-destat i (basti l’esempio italiano dei Savoia,legittimi sovrani del R egno di Sardegna, iquali meno d i cent’anni dop o la breccia diPorta Pia hanno per so il trono d’Italia, da lo-ro illegittimamente usurpato con l’aiuto de l-la Massoneria…). Quindi chi non vuole la ri-

voluzione deve volere quelle garanzie di giu-stizia, di fede, di legittimità e d i contro llo,che vengono dal potere d iretto, o almeno in-diretto del Papa sul potere temporale.

Com e l’uom o, dopo essersi ribellato aDio con il Peccato O riginale, ha sentito in sestesso la rivolta dei sensi, così lo Stato, do poessersi sottra tto al poter e diretto del Papa ,ha do vuto subire in se stesso la rivolta cheveniva dal basso.

Canossa…

La scomunica di S. Gre gorio VII e bbe ilsuo effetto. In breve il partito d ell’Imp e-ratore si era dissolto, e come abbiamo detto,egli doveva farsi assolvere dalla scomunicaentro l’anno, per no n perde re i diritti al tro-no, e la dieta d i Augusta, che doveva giudi-care in propo sito, era convocata per il feb-bra io 1077.

Un fatto simbolico era a vvenuto d urantela Pasqua successiva alla scomunica; si trova-va Enrico IV ad Ut recht per le festività pa-squali, ed era ar civescovo di quella città u ntedesco di nome Gu glielmo, amico del re ed

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acerrimo nemico del Papa. Quest’uomo rassi-curò l’Imper ator e, invitandolo a sperare e anon curarsi dell’interdet to. Il giorno della fe-sta l’arcivescovo salì sul pulpito per predicare,e dop o un b reve sermone sul Vangelo delgiorno, cominciò un’invettiva contro ilPontefice Gregorio dandogli “dello spergiuro,dell’adulte ro, del falso apostolo, del lupo ra-pace”, e finì anche con prende rlo in giro di-cendo: “Gregorio, un tal uomo ha scomunica-to il re; oh la ridicola cosa che è questa sco-munica”. Ma come scese dal pulpito il vesco-vo fu preso da dolori atroci; straziato da e ssi

confessò la calunnia a l Signore, implorando ilperdono dall’eterno supplizio, nel qua le si ve-deva già immerso a cau sa dei peccati del reche erano anche i suoi, e per le infamie dett econtro il Papa. A coloro che cercavano di rin-cuorarlo r assicurando lo in ogni maniera, ilprelato diceva: “Annuncia da parte mia al tuore che egli ed io e tu tti gli artefici o fautor i diiniquità siam per duti”; e ancora a coloro chevolevano zittirlo: “Per ché tacer e ciò ch’ioveggo in ispirito? A l capezzale mi stanno i de-moni, ai fianchi ai piedi i demoni, ed alle fauciuna mano satanica per abbracciar l’anima mia

appen a svincolata d al corpo cadavere. Voi,creden ti alle pene infern ali, non suffragate aun dannato ”. Dopo aver pronunciato questeterr ibili parole il misero spirò. Gran de ful’impressione che questa morte spaventosapro dusse sulla gente, ad essa in breve si ag-giunsero a ltre mor ti tragiche di per sonaggicomprome ssi con l’imperato re e ne mici di-chiarati di Rom a; ma nulla valse a far indie-treggiare Enrico dai suoi propositi (42).

La situazione di Enrico IV fu però prestodisperata; abbandonato da tutti e separatodalla cristianità , egli prom ise al Pont efice

obbedienza e soddisfazione p er le offese ar-recate. Enr ico varcò le A lpi con un p iccoloseguito per ottenere l’assoluzione del Papa.

Mentre Gregorio VII si stava recando al-la dieta di Augusta, ove doveva fungere d aarb itro nell’elezione di un nuovo sovrano,apprese che lo scomunicato Enrico “calavadalle Alpi per a ndar gli incontr o. A che sco-po? Con quel malfattore non c’era da a spet-tar si nulla di buono, forse veniva per estr e-me violenze. Matilde si accinse a difendere ilPapa e si chiuse con lui ne ll’avito castello diCanossa, attendendo l’assalto.

Invece dell’assalto venne l’inganno; ar-rivò il lupo vestito d’agnello. Enrico si pre-sentò a Canossa per chiedere col perdon ol’assoluzione. Restò t re giorni tr a la neve,dopo aver valicato i ghiacci del Mon cenisio.Quei tre giorni furono fatti pesare sulla “du-rezza di cuore d’Ildebrando nonché diMatilde” (43). « Il Papa r estava nelle stanzedel castello, col suo seguito e coi suo i amici,fra i quali il mite U go, abate di Cluny e pa-drino de l re. Infine Ildeb rand o, come e glistesso riferisce “vinto d alla costanza del-l’umiliato, dalle istanze [fu soprattutto graziea Mat ilde che il Pontefice si convinse] e dallelagrime di quanti peror avano per esso, i qua-li si mostrarono sorpresi dell’insolita durezzadel suo atteggiamento, e lo accusaron o di

crude ltà” sciolse il re d alla scomunica e gliporse l’ostia » (44).« Fu solenne il moment o, in cui il Papa

con l’Eu carestia in mano, ricorda ti a quelprincipe i delitti che gli erano imputati, pro-nunciava queste paro le: “Per t ogliere ogniombra di scandalo voglio che il corpo d i no-stro Signore, il quale ora p renderò, sia provadella mia innocenza, e che se io sono colpe-vole D io mi faccia subitamente m orire”.Consumata quindi una parte dell’ostia si vol-se ad E nrico e gli disse: “Fate a ltret tan to, fi-gliuol mio, prende te quest’altra parte dell’o-

stia santa ; cotesta pro va della nostra inno-cenza imporrà silenzio ai nostri nemici”. Il resbigottito ed atton ito alla inaspettata pr opo-sta se ne scusò, pregando il Pontefice a diffe-rire quell'esperimento » ( 45).

Se il Papa ta rdò a concedere il perdon o estette risoluto nel voler umiliare il monarca(non umiliarlo, ma corre ggerlo, o piutto stoumiliarlo per poter lo correggere, ci fa notarelo Jager) fu p erché ciò gli offriva un'occasio-ne insperata per ristabilire la libertà dellaChiesa: “la vera grandezza di quest’uomoprod igioso sta in ciò, di sorpren dere il tem-

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Canossa com e si presenta oggi al pellegrino, novesecoli dopo i fatti che l'hanno resa famosa

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po, impadro nirsi di un istante fat ale, com-prend ere il cenno di un ’ora e di secoli, e deisecoli far reggitrice e sovrana quell’ora”(46).

“Q uesto episodio fu diversamente giudi-cato. La scena di Can ossa rimane nella me-moria degli uomini. Papa e Imperat ore an-daron o tr avolti in un vortice di forze, nel-l’eterna lotta fra le due natur e che sono nel-l’uomo. In G regorio, il pret e lottò con l’uo-mo d i Stato, in E nrico l’onore della coronacon le pretese [diritti, n.d.a.] della Chiesa.

Il risultato fu che il Papa, per ade mpiereil suo d overe di p rete, subì una sconfitta po-litica, e il re guadagnò in politica una nu ovalibertà d ’azione, comprata però con l’umilia-zione della corona davanti allo scettro spiri-tuale” (47).

« Canossa ha dato la estrema m isura de l-la potenza politico-sociale, innestata alla re-ligiosa, del Papato medievale. I più splendidigiorni dell’egemonico Innocenzo I II non val-gono que llo in cui Gregorio offerse la metàdell’ostia allo sper giuro an nichilito, e lorialzò e lo rimandò re, straccio regale al suopaese (…).

Qu ello che è fuori dubbio, quello chebrilla imperitur o nella nebb ia “politica” diCanossa è la magnanimità di Gregorio cheperdona Enrico come perdonò Cencio, comeaveva fatto perdonare Ugo e Guilberto,

sempre compensato da nera ingratitudine,dai più vili tradimenti. Quello di En rico saràall’altezza d ella situa zione, cioè a ll’infinitabassezza del fedifrago » (48).

“Se si guar dano poi gli effett i prat ici, sa-rebb e quasi il caso di parlare d i una vittoriadell’Imperatore, piuttosto che del Papa; poi-ché il primo riusciva così a spezzare il cer-chio dei suoi avversari e a salvare la sua co-rona , mentre il Papa dal canto suo si facevasfuggire di mano important i vantaggi politi-ci; lo stat ista in lui si era sacrificato a l sacer-dot e. Tutt avia un pa rallelo fra gli avveni-

ment i di Canossa e que lli di Sutri del 1046[in cui erano stati deposti tre papi; cfr. la pr i-ma part e di questo articolo in “Sodalitium ”n. 31, pag. 7] fa vedere chiaramente quanto ilrapporto fra Impero e Papato si fosse modi-ficato a favore di quest’ultimo” ( 49).

A Canossa En rico IV fu sì assolto dallascomunica (28 gennaio 1077) ma n on fu in-tegralmente riammesso nei suoi poteri re-gali; egli doveva infatt i accorda rsi con iprincipi alla dieta di Augusta ed attene rsi algiudizio arbitrale de l Papa che sarebbe sta-to anch’egli presente.

Dopo Canossa…

D opo aver lasciato Canossa, per la via

del ritorno, En rico IV “pote va misurare l’a-bisso in cui era disceso, giacché mentre i suoifalsi amici longobardi lo respingevano subitoverso il tradimento e la nuova r ibellionecontro il Pontefice, i suoi ap erti ne mici diGer mania non volevano saperne di riam-metterlo al trono” (50).

Nonostante Gregorio VII gli avesse impo-sto di non esercitare la regia potestà finchénon si fosse presentato alla dieta di Augusta,En rico si fece, di nascosto e fuori di Mon za,porre in testa la corona ferrea, e con i suoi in-trighi fece dileguare la dieta augustana. I fau-tori dell’Imperatore ed il suo esercito si trova-vano nella pianura antistante la rocca diCanossa, Gregorio VI I er a così assediato enon po teva uscire, per recarsi in Germ aniacome desidera va, senza corre re il rischio (oavendone la certezza…) di essere fatto prigio-niero da E nrico IV che già era spergiuro.

Nel mar zo di quello stesso anno (1077) ilcollegio dei pr incipi german ici, raduna to aForchheim, rigettò E nrico ed elesse re suocognato Rodolfo di Rheinfelden, duca diSvevia. Costui si mostrò ubbidiente al Papa, epromise la concessione delle elezioni canoni-che, ma san G regorio VII, fedele alla parola

data, non volle pronunciarsi, mantenend o laneutralità tra i due contendenti (poi il Gr e-gorovius ha il coraggio di accusare il santoPontefice di opportunismo ed ipocrisia politi-ca…). Fu in Germania la guerra civile.Passarono tre anni, duranti i quali la pazienzae la modera zione del Pontefice furono messia dura prova dagli indugi di Enrico e dal suorifiuto di garant ire la sicurezza della Chiesa.

G regorio VII , come ab biamo visto si eramantenuto neutrale nella lotta tra i due preten-dent i, forse propen deva per la legittimità diEnrico IV. Se egli fosse stato un oppor tunista

“era già bel tempo che la lampante opport u-nità gli avrebbe suggerito di smette re ( …)quell’appoggio; ma eccoci all’indomani diCanossa, con la Germania che vuole Gregorioe non E nrico, e Gregorio vuole la Ge rmaniacon Enr ico! Costui ebbe la tracotanza di do-mandare al Pontefice di scomunicare Rodolfo;la più elementare equità sconsigliò Gregorio disecondare l’insana domanda, riserbandosi digiudicare a ragione veduta, e udita l’altra parte.

Così Gregorio si inimicò i partigiani diRodolfo e non poteva amicarsi Enrico ed i suoi.L’errore di Canossa si svolgeva fatalmente.

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Q uesta situazione por tò al solito cozzoarmato. (…) L’esercito cisalpino e tran salpi-no di E nrico rap pre sentava lo scisma, la si-

monia, il concubinato, la corruzione religio-sa, sociale, politica. (…) I signori ecclesiasti-ci, frementi e tr emanti per la Riforma spal-leggiarono il reprobo [Enr ico IV].

Ro dolfo (…) non fu risoluto, non fu lar-go, non seppe accaparrarsi l’affezione dei ca-pi-fi la: non seppe o non poté p ersuadereMatilde a controba ttere l’opposizione cisal-pina mina cciando così alle spalle Enrico. Larenitenza del Pontefice a riconoscerlo fece ilresto (…).

Gr egorio era disarmato. Forse non com-prese chiaramente due cose: che per un uo-mo come E nrico l’umiliazione reale e pu b-blica (i tre giorni nella neve) si fondeva ne lsuo animo prote rvo in un rancore inespiabi-le; ch’egli, Gregorio, aveva spezzato le ulti-me sue arm i politiche lasciando E nrico tor-nare a casa re, e, peggio, ostacolando lo scet-tro rivale.

Stare con Gregorio non portava fortuna:questo sentimento materialistico , fatale perun uom o e la sua causa, dovette fare m oltipro seliti dal 1077 in poi, fu se non e rriam o,la ragione profonda della materiale catastro-fe gregoriana” (51).

“Per quant o l’esito della lotta rimanesse

incerto, En rico era super iore al rivale; laSvevia fu terribilmente devastata e il ducatopassò ora nelle mani del conte Federico diStaufen ( 1079). Infine con la minaccia dieleggere un a ntipapa, En rico chiese a Gre-gorio il riconoscimento per sé e la scomunicaper R odolfo. La decisione non poteva essereche sfavorevole a lui. Nel seguent e sinodoquar esimale del marzo 1080, il Papa rinnovòla scomun ica e la dep osizione di E nrico econfermò re Rodolfo. Il divieto dell’investi-tura fu rinnovato e reso più grave con la mi-naccia della scomunica; anche i bene fici mi-

nori furono ora compresi nel divieto” (

52

).« La collera di E nrico salì al colmo, e lasua vendetta non ebbe p iù misura. Tra i pre-lati italiani maggiormen te de voti alla suacausa, Guibert o, arcivescovo di R avenna,era il più ambizioso ed il più compromessopre sso la Sede Ap ostolica. E nrico fece diquesto traditore un antipapa, sotto il nomedi Clemente III [Sinodo di Bressanone; giu-gno 1080]. Questo falso Pontefice nonmancò d i avere par tigiani e lo scisma vennead aggiungersi alle altre calamità che già pe-savano sulla Chiesa. Era uno d i quei mo-

menti terribili, in cui, secondo l’espressionedi San G iovanni, “è stato concesso alla bestiadi far la guerra ai santi e di vin cerli” (A poc.

II, 7). Impr ovvisamen te la vittor ia arride alCesare. Rodolfo rimane ucciso durante un abatta glia in Ge rmania [Hoh enmölsen sul-l'E lster], e le truppe d i Matilde [che era ve-nuta in soccorso al Pap a] subiscono una di-sfatta in Ita lia. Enrico non h a più che un d e-siderio: quello di entrar e a R oma, scacciarneGregorio e intronizzare il suo antipapa sullaCattedra di San Pietro » (53).

Niente più orma i sbarr ava la strad a adEn rico IV che marciava su R oma, seguitodal suo an tipapa ; nell’estate del 1083, dopoun triplice assedio, egli si impossessò primadella cit tà leonina e poi di tu tta l’Urbe,eccettuato Castel Sant’Angelo do ve Gr e-gorio VII si era r ifugiato ed ancora resistevaall’emp io invasore. Dur ant e l’assedio dellacittà il santo Pont efice aveva salvato, con lasola benedizione della sua mano, il popoloromano dalle fiamme di un incendio, accesoda E nrico; e per un po co l’entusiasmo si eraimpadronito dei R omani, così spesso ingrativerso il Pontefice che è, pe r se stesso, la vitae la gloria di Roma.

En trato in città, il “re” chiede « che Gre-gorio consenta a dar gli la sacra unzione, edegli , Enrico di G ermania, d’ora in avanti

Imperatore, si dimostrerà figlio devoto dellaChiesa. Questa pre ghiera viene tr asmessa aGregorio da tutta la città. “Conosco trop pola furberia del re - risponde il nobile Pon-tefice - che egli dia prima soddisfazione aDio ed alla Chiesa che ha calpestato: potròallora assolverlo nel suo pen timento, e porr esulla sua testa di convert ito, la corona impe-riale”. Le istanze dei romani non pote ronoottenere altra risposta dall’inflessibile custo-de dei diritti della cristianità » ( 54).

Grazie ad un’ampia corruzione effettuatacon il dena ro della corte d i Bisanzio (poiché

tut ti gli scismi si coalizzano sempr e cont ro ilpapato; come fa notare D om G uéranger), lapopolazione incostante e tredici cardinali, di-staccando si dal loro vero pa dre, passaronodalla parte dell’antipapa Clemente III. Costuifu presto insediato in Laterano e nella Pasquadel 1084 En rico IV fu per mano sua “incoro-nato” I mperator e. “Sotto le palme tr ionfaliportate in onore di Cristo, di cui Gregorio erail Vicario, si vide l’intruso porre sulla testa delcesare scomunicato la corona dell’Impero cri-stiano; ma Dio prepar ava chi avrebbe vend i-cato la Chiesa” commenta D om G uéranger.

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“Ho amato la giustizia e ho odiato l’iniquità,per questo muoio in esilio”

Gr egorio VII aveva più volte invocatol’aiuto de l suo alleato e vassallo norma nno:R ober to il Guiscardo. Costui giunse in soc-corso, mett endo le sue valorose arm i al ser-vizio del Pontefice assediato. Subito il falsoImper atore e d il falso papa furon o presi dalpanico, entrambi p resero rap idamente la viadella fuga verso nord . “Il normanno perònon smen tì la sua ra zza pre dat rice”, il suoesercito saccheggiò la città sant a, che espiòcosì la colpa de l suo spergiuro e del suo tr a-dimento.

Qu esto saccheggio pr ovocò un ta le ina-sprimento del popolo nei confronti diGregorio, da rendergli impossibile la perma-nenza ne ll’Urbe. Egli fu costretto a seguire ilGuiscardo in meridione ed a stabilirsi primaa Montecassino e po i a Salerno.

Dal suo esilio scrisse ancora ai popoli cri-stiani queste pa role: “Tutt i si sollevarono econgiurarono contro d i me, perché ho volutorompe re le catene onde la Chiesa di Ge sùCristo era ingiustamente annodata. A himé!Sarà dunq ue per messo alla più miserabiledonniciuola di maritarsi secondo le leggi delsuo paese e star e unita a l suo sposo; e nonperm esso alla Chiesa sposa di Cristo di re-

starsi congiunta a que sto suo sposo divino?Ah! Non sarà mai che io, successore diPietro, acconsenta che gli eretici, gli intrusi egli spergiuri sotto metta no al loro pot ere laChiesa, e questa sia dalle loro forn icazioni esimonie contaminata” (55).

Gregorio VII, ormai giunto all’ultima in-fermità e consumato dal lavoro dalle fatichee da lle sofferenze, si rivolse ai cardinali e ve-scovi che lo circondavano dicendo : “Nessunconto io faccio delle opere mie: ma que l cheposso dirvi si è che  Dilexi iustitiam et odiviiniquitat em, propterea morior in exilio [pa-

rafr asand o il salmo 44, 8]. La mia pa rte nzada qu esta terr a non vi contur bi; che ascesoche sarò al cielo, a Dio infinitamente b uonoio vi raccomanderò” ( 55). Detto questo morì,dopo aver designato come suo successore ilcardinale Desiderio, Abat e di Monte C as-sino, uomo il lustre per santità e dot trina;volle inoltre che egli prendesse il nome d iVittore III, in segno delle vittor ie che avreb-be ripor tato sui nemici della Chiesa. Era il25 Maggio 1085; fu sepolto nella Cattedraledi Salerno, appen a fatta costruire dal Gu i-scardo, ove ancora oggi riposa.

« Gr egorio VII araldo della Riformasotto cinque Ponte fici, ero e della Riformacome loro successore, mor iva testimone in-

diment icabile della miseria di questo b assomondo ove non la colpa, ma l’error e, non lamalizia ma la buon a fede sono automat ica-mente pu nite dalla mala fortuna. “Ma D ionon m uore” disse Ga rcia Mor eno, l’Ilde-bran do laico dell’Eq uado r; e la causa di Dionon solo non moriva coll’esiliato di Salerno,ma da q uella tom ba spiccava il volo per lavittoria. G iacché la fortuna abbatte l’uomoma non l’idea.

Per il momento Ildebrando scendeva sot-tot err a nel più grigio vespero de lla sua vitatempestosa. Il fatto che al suo cadavere no nfu data se non modesta sepoltura, dice mate-rialmente quale fosse l’abbandono spiritualedel grande morto. Forse, ironia d ella sorte,ment re l’odio dei suoi nemici infuriava sem-pre, gli amici avevano de l risentimen to, di-ciamo: del rammar ico, per la sua deb olezzadavanti al d iabolico E nrico.

Giacché Ildebrando fu uomo di ferro perla volontà della riforma e la re sistenza allasventur a. (…) Nella lotta que sto preteso in-sensibile fu un sentimentale tenden te istinti-vamente a credere ai pentimenti ed a favori-re i pent iti, istintivamente r iluttante a spez-zare definitivamente u n uo mo, anche il peg-

giore. Quando sognò la spedizione di Bisan-zio e G erusalemme fu un sentimentale epi-co; quando spezzò l’ostia offrendone la metàad E nrico per chiamare D io a giudizio tra ilcalunniato ed il calunniato re, egli scoprì lasua sensibilità accorata per le calunnie che a-vevano voluto spingerlo nel fango.

Q uesta simpaticissima e disastrosissimasensibilità fu la det erminant e vera de lla suesvent ure, e non solo a Cano ssa. Ma ciò lorende più attraen te perché più umano n ellatragica disarmonia fra la volontà con re si-stenza di ferro e d un cuore p alpitante e san-

guinante in un silenzio interr otto a ppena daun fuggevole sprazzo di luce, genera lmenteincompreso.

Sull’orizzonte eroico restò la ferrea figurad’Ildebrando accanto a In nocenzo III e aBonifacio VIII, il grande trittico pa pale delmedioevo declinante, di fronte al grande Gre-gorio I e al grande Leone I, aureo dittico deidue ultimi figli e padri della Roma antica » (56).

Il giudizio su G regorio VII, de gli autoriort odossi, è quasi unanime : “vinto in appa -renza fu glorioso vincitore; avendo egli rag-giunto il suo fine quale ap punto fu quello di

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sottrar re la Chiesa dalla dominazione deiprincipi” dice il Balsimelli. “Nonostan tel’appare nte sconfitta, non si può negare che

gli ideali di purezza e di libertà d ella Chiesa,per cui egli aveva lottato per tutta la vita contota le dedizione de lla sua per sona, si trova-vano sulla via di una vittoriosa affermazione.L’età seguente è da e ssi dominata e i succes-sori di G regorio ra ccolsero ciò che egli ave-va seminato. Frutto d el suo pont ificato fu ilforte consolidamento dell’autorità moralenonché della posizione politica e giuridicadel Papato” commenta Bihlmeyer. “[Gre -gorio VII] aveva lottato p er la prepondera n-za del p rincipio spirituale sull’uman ità: unarivoluzione [piuttosto una r estaurazione…n.d.a.] dall’alto a l basso che il Papat o con-servò e fece dur are sempre. (…) E gli morìsolitario dopo a ver gettato una semente pe rtut ti i secoli” ( 57).

Fine della lotta per le investiture

Se san Gr egorio VII era mor to sconfittoagli occhi del mond o, non così la sua b atta -glia e le sue idee che erano destinate ad af-fermarsi nel giro di qu alche decina d’anni. Isuoi successori sul Tron o po ntificio, VittoreIII, Urbano II, Callisto II, camminarono perla via tra cciata dal loro illustre e sfortunat o

predecessore Gregorio VII.La lotta t ra i due partiti, il gregoriano edi sostenitori di Enrico IV proseguì anche do-po la mor te del grande Papa. Lo stesso sci-sma papale non si concluse che col pontifica-to di Callisto II. Enrico, malgrado alcuni suc-cessi militari e sette anni di lotta, non riuscì avincere la “grande Marchesa” Matilde diToscana, in lega con i lombar di del part itopapale. Egli ebbe inoltre da affrontar e la ri-bellione dei figli: Corr ado prima, passato a lpar tito gregorian o nel 1093, e Enrico (V )poi, il quale lo spogliò de l regno e lo costrin-

se ad esulare in terra straniera, invocando,come dicono alcuni, la vendetta d i Dio soprail figliuolo par ricida. E nrico IV morì, solo eabbandonato, a Liegi nel 1106.

En rico V non fu m igliore d el padre, nericalcò fed elment e gli att i, fu anch’egli sco-municato do po aver estor to con la violenzadal Papa Pasquale II, nel 1111, delle conces-sioni (d iritto di investitura con l’anello ed ilpastorale) che rinnegavano tutta la battagliagregoriana. Qu este concessioni furono r i-trattate dal Pontefice appena egli ebbe ritro-vato la sua libertà.

La lotta delle investiture pu ò dirsi con-clusa col concordato di Worms del 23 set-temb re 1122, sotto il Ponte fice Callisto II.

Con esso Enrico V veniva assolto dalla sco-munica, “rinun ciava alla investitura conl’anello ed il pastorale, riconosceva le elezio-ni canoniche e la conferm a dell’eletto per o-pera de l metropolita. Dal canto suo il Papariconosceva all’Impe rato re, ed a i suoi suc-cessori, il diritto d i assistere alle elezioni deiprelati in G erma nia, purché fosse esclusa lasimonia e l’impiego d ella forza. (…) L’inve-stitura temporale invece doveva venir confe-rita dall’Imp erat ore con lo scettro, simbo lodell’autor ità tem porale, e que sto si dovevafare, in G ermania prima della consacrazione,dando così la possibilità di escludere un can-didato non gradito, in Ita lia e in Bo rgogna,dove l’Impero aveva meno interessi da tute-lare, dopo la consacrazione, entro il terminedi sei mesi” ( 58). Inutile dire che nel concor-dato no n fu assolutament e questione di unaconferma dell’Imperatore all’elezione papa-le.

Nel concordato si distinsero invece cano-nicamente e giuridicamente l’ufficio dal po s-sesso; si sepp e scindere l’aspett o spiritua leda quello temporale dell’investura, fra ilconferimen to di una chiesa con i simbo lidell’ane llo e del pa stora le, che significano il

potere vescovile ed ecclesiastico e come talispettano alla Chiesa ed al Papa, e l’infeuda-zione delle r egalìe, cioè l’investitura feu daledelle terre soggetta quindi al pote re civile eall’Imperatore.

Così finiva la lotta delle investiture, conun compro messo (la storia dei concordat i èla stor ia dei comp rom essi), dopo q uasi cin-quan t’anni di lotta, ma con il trionfo de ll’i-dea gregoriana.

San Gregorio VII e le altre nazioni della cri-stianità

La vita di Papa san Gr egorio VII è stret-tamente connessa con la vicenda di Canossa,e alla lotta con Enrico IV, ma egli intervennein modo importante anche negli affari inter-ni di altri stati e di altre regioni della cristia-nità. Non potrei term inare questo articolosenza accennare brevemente a qu esti avve-nimenti, che, inoltre, confermano l’idea ilde-brand iana della superiorità de l potere spiri-tuale su quello temporale.

“Nella sua vasta corrispondenza, Gr e-gorio no n si limita a dirigere gli affari della

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Chiesa ne ll’Im per o, in Ita lia, in Fran cia, inInghilterra, nella Spagna; ma sostiene legiovani cristianità della Danimarca, della

Svevia, della Norvegia, l’Ungheria, laBoemia, la Polonia, la Serbia, la stessa Russia,ricevono le sue lettere colme di sollecitudine”(59).

In Inghilterra Gr egorio VII sostenne il reGugliemo I , il conquistatore, che era favore-vole alla Riforma. In Spagna egli incoraggiòla reconquista, secondo le d isposizioni delsuo predecessore A lessandro II, che dopoalcuni rovesci stentava a riprendersi. Semprein Spagna, con lo scopo di unificare e raffor-zare la cristianità latina, abolì la liturgia goti-ca, introducendo quella romana.

Ildebr ando all’inizio del suo Pon tificatoebbe a scontrar si anche con i Normanni, ca-peggiati da que l Roberto il Guiscardo che losalverà dalle grinfie di Enrico IV, nell’asse-dio di Roma, alla fine della sua vita. Le con-tinue scorrerie in territorio pontificio del ni-pote del Guiscardo, Rober to di Lor itello,avevano obbligato G regorio ad intervenirein difesa della popolazione a lui sottomessa.Ro berto il Guiscardo restava tuttavia minac-cioso e n el concilio Lateran ense del ma rzo1074 il Papa fulminò la scomunica contro dilui ed i suoi seguaci. L’atteggiamento intran-sigente di G regorio VII n ei confronti dei

Norm anni er a giustificato dalle « speranzeche ancora evidentemente n utriva su EnricoIV, e sulla possibilità di risolvere perciò, me-diante la spedizione in Or iente, quasi stradafacendo, anche il problema normanno. (…)È sarà solo dopo la rottur a con Enrico, stret-to da impellenti necessità politiche, cheGregorio, si dichiarerà disposto a perdonareagli A ltavilla, ed a R obert o in particolare“si… sanctæ Ro man æ E cclesiæ sicut filiusparere exoptat” » ( 60).

Abbiamo visto (cfr. nota 25) come il san-to Pa pa desiderasse riunire un esercito che

raggruppan do tu tti i fedeli di S. Pietro, comeil Conte Guglielmo di Borgogna, Amedeo IIdi Savoia, Raimondo di Saint-Gilles muoves-se verso l’Or iente e G erusalemme per libe-rare l’Impero minacciato dai turchi.

In Francia, nell’applicazione della r ifor-ma, Gr egorio VII, “nessun aiuto si potevaattendere dal re [Filippo I], che se nel 1073 siera piegato ai suoi voleri, cessando di oppor-si ad un’ordinazione non simoniaca del ve-scovo di Macôn e interronpendo le dilapida-zioni dei be ni ecclesiastici della diocesi diBeauvais, aveva nuovamente sollevato, nei

primi mesi del 1074, l’indignazione delPontefice, (…) Gregorio minacciò Filippo ditoglierlgli il regno e di scomunicare lui e tutti

coloro che gli avessero continuato a prestareobbedienza; e ingiunse ai vescovi, aspramen-te rimpr overan doli del loro scarso zelo, direcarsi dal re per invitarlo a correggersi, lan-ciando, in caso contrario, l’interdetto su tut-to il paese; ma in effetti pochi erano i vesco-vi francesi sui quali Gregorio poteva r eal-mente contare” (61). Do po qu esta crisi, i suoirapporti con Filippo I di Francia, pur lascian-do ancora molto a desiderare per i frequentitenta tivi del re di intromette rsi nelle elezionivescovili, diventarono migliori.

Gr egorio VII scomunicò e depose Bo-leslao re di Polonia; creò ex novo il primo redi Croazia.

In gener e, nei rapport i con gli altri regnie principi cristiani G regorio VI I, univa agliammonimenti ed ai consigli sui doveri di unre cristiano: pace, giustizia, umiltà e sotto-missione alla legislazione canonica e romananonché d i difesa della Chiesa, una funzionedi controllo delle pot està tempo rali e del-l’episcopato, tramite i suoi legati perman entio tempo ranei; ciò non per sete di dominio oper de siderio di accentrar e il pote re, bensìper pr omuovere il bene stesso delle popo la-zioni e della Santa Chiesa.

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San Gregorio VII, visto da Raffaello (Vaticano)

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La legenda del Breviario Romano ed il cultoverso san Gregorio VII

Ildebrando da Soana, anche dopo la suamort e, come già in vita, fu ed è tut tora , “unsegno di contraddizione” (Luc. II, 34) ed una“ pietra d’inciampo” come Colui di cui egli fuil Vicario in Terra.

Duran te la pretesa “riforma protestante”abbondarono gli opuscoli antigregoriani chefacevano di S. Gregorio VII “il prototipodella sopraffazione pap ale nella vita dellacristianità e della Chiesa”. In genere qu estiscritti esaltavano l’opera del popolo tedescoe di Enrico IV per la sua “bat taglia contro latirannide romana” (62). Non mancarono perògli scritti di risposta da parte cattolica (da se-gnalare quelli del Cardinale Bellarmino) chesi proponevano d i refutare le calunnie sca-gliate contro Gregorio ed anche di affermar-ne la santità.

Nel 1578 il nome di Gr egorio VII venneiscritto ne l Martirologio Rom ano, al giorno25 maggio, da par te del Pont efice allora re -gnante Gregorio XIII (63). In una nu ova edi-zione del mart irologio, fatta sotto Sisto V ecommenta ta dal Baronio che ne attesta lasantità citando “testimoni quasi innume rabi-li”, comparve l’elogio che si legge ancora og-gi: “Salerni depositio beati Gregorii papæ

septimi, ecclesiasticæ libertatis propugnatorisac defensoris acerrimi”.

La canonizzazione di san Gregorio VII av-venne qu indi con l'iscrizione solenne del suonome nel Mart irologio, secondo quella che èchiamata “canonizzazione equ ipollente” che,pur a vvenendo senza un pr ocesso canonico,ha lo stesso valore di fronte alla Chiesa, della“canonizzazione formale”. Quasi tutt i i santidei primi secoli, che sono vissuti prima dell'i-stituzione della procedura processuale, hannoavuto questo tipo di canonizzazione.

Nel 1605 sempre il Card. Baronio nei

suoi A nnales pubblicò un' ampia e det taglia-ta difesa della santità del grande Ponteficeriformatore. Come vediamo è quindi nel pe-riodo della pretesa “riforma” e della Contro-riforma che si sviluppa ampiam ente il culto(e cresce l’avversione) pe r san G regorio VII ;il suo nome diventa un pu nto di riferimentoper t utte le controversie sulla potestà ed au-torità de lla Santa Sede, contestata e combat-tuta dai protestanti “riformatori”.

Furono tantissimi, inoltre, gli autori galli-cani del XVI I secolo che scrissero, sempreper p er una chiara m otivazione giurisdizio-

nalista e r egalista, contr o san G regorio VII ,tra i quali possiamo citare: Ed mond R icher,Bossuet e t Noë l Alexandre; quest'ultimo vi-

de i l suo libro condannat o e proscrit to d aInnocenzo XI.Un discorso particolare mer ita il suo cul-

to liturgico, con la famosa legenda delBreviario Romano.

Nel XVII secolo l'officio di san Gr egorioVII venne dapprima concesso alle basiliche diRo ma, poi ai Cistercensi, ed in seguito aiBened ettini. Fu solo nel 1728 che Bened ettoXIII con un decreto (25 settembre) o rdinò diinserire questo Ufficio liturgico anche n elMessale e ne l Breviario per la Chiesa univer-sale. Se le prime concessioni passarono sottosilenzio, non così l'estensione del culto di S.Gr egorio VII a tutta la Chiesa, fatto che do-veva scatenare una vera bufera in più stati eu-ropei ed in par ticolar modo in Francia.

Vi furono da part e di Roma degli intentipar ticolari nell'estensione de lla festa, allaChiesa universale, di S. Gr egorio VII , tra lequa li secondo l'illustre ab ate di Solesmes,quello di riparare l 'o nore d ella Chiesa ol-traggiato dalla famosa dichiarazione dell'as-semblea de l clero (gallicano) del 1682, e tut-to ciò che l'aveva seguita, in Francia, da pa r-te delle autorità.

“E ra orm ai ora che la voce della Sede

apostolica si facesse sentire, e che p rotestassealmeno contro l’audacia ogn’ora crescente d iquesti dottori sempre p ronti a restringere i li-miti del potere spirituale, nello stesso tempoin cui insegnavano con tanta condiscendenzal’inamm issibilità del pot ere r egale. Fortu -natamente la Chiesa ha avuto, in ogni tempo,nella sua Liturgia, un mezzo di rep ressionecontro le imprese temera rie che sono stateosate nei confronti della sua dot trina o controil suo onore [ L ex orandi, lex credendi, n.d.a.].Ciò che essa confessa nella preghiera u niver-sale, diventa la regola per i suoi figli, e se (…)

qualcuno ha cercato d’isolare le formu le cheella consacra, è perché sent iva con quale irre-fragabile aut orità essa impone, in questoBreviario, in que sto Messale così odioso, isuoi giudizi sulle dot trine, sulle persone e sul-le istituzioni. Benedetto XIII ha dunque avu-to l’intenzione, estendendo alla Chiesa Uni-versale l’Officio di san Gregor io VII, di fareda contrappeso all’invasione del Gallica-nesimo che, di giorno in giorno, aumentava dipericolo e di impor tanza, a causa sopra ttut todegli sforzi di una setta pote nte ed opiniatrache mina cciava sempre più l’esistenza della

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fede cattolica in seno al Regno di Francia. SeRoma lasciava infamare più a lungo la memo-ria de i più santi Ponte fici dei secoli passati,

essa avrebbe dato causa vinta a questi uominitemerari che gridavano sui tetti che essa ave-va rinnovato le sue antiche prevar icazioni, eche Innocenzo X, Alessandro VII, ClementeXI, non erano, né più né meno colpevoli cheGregorio VII, Innocenzo III, e tanti altri” ( 64).

Il decreto di Benedet to XIII, come ab-biamo de tto, scatenò la tempesta de i nemici,dei falsi amici della C hiesa e dei lupi vestitida pastori. Si opposero i parlamentar i del re-gno francesi, che p roscrissero l’Officio a cau-sa della difesa che, nelle lezioni stor iche delII notturno, la Chiesa faceva della condannadi Enr ico IV da parte d i S. Gregorio VII,condann a che a loro sembr ava un pericolo(come la spada di Damo cle) per il re france-se. A ltre op posizioni venner o da vescovi ditendenza variamente giurisdizionalista, rega-lista e gallicana.

“Il Pontefice [allora regnante] cassò tuttigli atti em anat i contro l’Officio, ma nel frat -tem po an che il viceré di Napoli ne avevapro ibita la stampa, e n el maggio 1730, anchel’arcivescovo Steen hoven, di U tre cht, si di-chiarò cont ro di esso, e così pure gli StatiG enera li olandesi. Esso inoltre fu proibitoper tutta l’Austria da Car lo VI e la pr oibizio-

ne fu rinnovata da Maria Teresa e daGiuseppe II” (65).In sostanza tutt i gli Stati eur opei ant iro-

mani e postprote stanti, e tutte le corti impre-gnate di regalismo sotto le sue varie formenazionali: gallicano in Francia, giuseppino inAustria, si erano levate pe r imped ire il cultodi quell'eroe della libertà della Chiesa, cheera san G regorio VII. In seguito anche i de-mocratici ed i giacobini si scagliarono controGr egorio “simbolo della tirannide romana”;poiché costoro erano avversari anche del po-tere regale, questo fatto ci mostra come tutti

gli errori si coalizzino contro l’unica verità .“An cora nell’Ott ocento non mancaronogli att acchi al culto di Gr egorio VI I. Nel1809 Pio VII aveva scomunicato Napoleone.Nel febbraio 1810 il ministro dei culti di que-sti, Bigot de Préam eneu, inviò una letteracircolare ai vescovi italiani ingiungendo lorodi mantenere, come la chiesa francese , il si-lenzio sul nome e gli atti di Ildebrando, men-tre nel 1822, alle Cortes spagnole, fu chiestodi sopprimere una parte dell’Ufficio diG regorio come attentat ore dei diritti dellenazioni. Ancora l’edizione del  Breviario

 Romano (P arigi 1828), reca tracce di sop-pressioni e modifiche” (66).

Q ueste u ltimi segni dell’oppo sizione al

culto d el santo Pa pa sarann o de bellate, infi-ne, dall'Au torità d ella Santa Sede n el corsodel secolo dicianno vesimo. Colui che tant oaveva sofferto in vita, e tanto er a stato o l-traggiato in terra, doveva vedersi osteggiatoanche d opo mort o, da chi voleva, se ciò glifosse stato possibile, farlo scendere dal tronoche possiede, ormai et ername nte in cielo. Ildiscepolo non è da m eno del maestro.

Preghiera finale a Papa San Gregorio VII; econclusione dell’articolo

« La tua vita sulla Sede Apostolica non fuche una lunga battaglia; e per aver am ato lagiustizia e odiato l'iniquità dovesti morire inesilio. Ma in te si compiva l 'oracolo delProfeta, come sul Maestro divino: “Poichè hadato la sua vita in espiazio ne, godrà di unadiscendenza longeva” (Is. LIII, l0). Una seriegloriosa di t rent asei papi si avanza nella viache aprì il tuo sacrificio; grazie a te, la Chiesatornò ad essere libera e la forza s'inchinò da-vanti al diritto. Dopo questo trionfale perio-do, la guerra le è stata nuovame nte dichiara-ta, ed essa dura ancora. I Principi sono insor-ti contro il poter e spirituale hann o scosso il

giogo del Vicario di Dio, ed hanno d eclinatoquaggiù il controllo di ogni autorità. I popoli,a loro volta, si sono sollevati contr o un pote-re che non si riallacciava più al cielo con unvincolo visibile e sacro; e ta le doppia insurre-zione oggi riduce agli estremi la società.

Que sto mondo appartiene a G esù Cristo,“re dei re, Signore dei signori” (I Tim. VI, 15);a lui uomo-Dio, “ fu dato ogni potere in cielo esulla terra” (Matt . XXVIII, 10). Chiunque in-sorge contro di esso, re o popolo sarà spezza-to, come lo fu quello ebreo che, nel suo orgo-glio, esclamava: “ Non vogliamo che costui re-

gni sopra di noi” (Luca XI X, I4). Gregorio,prega per qu esto mondo che tu hai salvatodalla barbarie e che è pr ossimo a r icadervi.Gli uomini del nostro tempo non parlano chedi libertà ; e in nome di questa pre tesa libertàch'essi hanno dissolto la società cristiana; e laforza è il solo mezzo che resti loro per mante-nere un po' d'or dine in seno a tanti elementinemici. Tu ha i trionfato su di essa, hai ristabi-lito i diritti dello Spirito; per te era stata rico-nosciuta la libertà dei figli di Dio, la liber tàdel bene, che regnò durante vari secoli.Ge neroso Pont efice, vieni in aiuto di questa

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Eu ropa che la tua salda mano pre servò untemp o dalla rovina imminente. Placa dolce-mente Cristo, che gli uomini bestemmiano,

dopo averlo espulso dal suo dominio, come seegli non d ovesse rientr arvi trionfante ne lgiorno d ei suoi giudizi. Implora la sua cle-menza per tant i cristiani che sono stati sedott ie tr ascinat i da sofismi assurdi, da ciechi pre-giudizi, da una edu cazione per fida, da parolealtisonanti e mal definite, che chiamano cam-mino de l progresso, quello che li allontanasempre più dall'unico fine che Dio si è propo-sto creando l'uomo e l'umanità.

 Preghiera per la Chiesa.D a quel soggiorno di pace do ve tu riposi

dopo tante lotte, volgi uno sguardo, oG regorio, sulla Santa Chiesa che proseguenella sua penosa via, attraverso mille diffi-coltà. Tutto è con tro di essa: gli avanzi delleant iche leggi, ispirate da lla reazione de llaforza contro lo spirito, gli allettame nti de l-l'orgoglio popolare che per segue accanita-ment e tut to ciò che gli sembra contr ario al-l 'uguaglianza dei diritti, la recrud escenzadell'emp ietà, che ha capito che b isogna cal-pestare la Ch iesa per raggiungere I ddio . Inmezzo a questa tempesta, la rocca che sostie-ne il seggio immort ale sul quale tu hai ten u-to il posto di Pietro, è battuta da onde furio-se. Prega per il vicario di Dio [affinché Iddio

ce ne conceda presto uno], veglia su quellacittà santa che fu tua sposa sulla terra.Sventa i perfidi piani del nemico, rianima dizelo i figli della Ch iesa, affinché, con il lorocoraggio e la loro genero sità continuino avenire in aiuto alla più sacra delle cause.

 Per l'Episcopato.Prega, o Pontefice, per l'ordine episcopale

[della Chiesa in stato d i privazione], la cuisorgente si trova nella Sede Apostolica.Fortifica coloro che ricevette ro la sacra un-zione del Signore, nella lotta che devono so-stenere contro la tendenza di una società che

ha e spulso Cristo dalle sue leggi e da lle sueistituzioni. Che essi siano investiti dalla forzadell'alto, integri nella confessione dell'ant icadottr ina, solleciti a p remunire i fedeli espostia tant e seduzioni in questo fata le naufragiodella verità e del dovere. In un tempo come ilnostro, la forza della Chiesa non risiede piùche nelle anime; i suoi appoggi esteriori sonoscomparsi quasi dappertutto. Il divino Spiri-to, la cui missione è quella di sostene re quag-giù l'ope ra d el Figlio di D io, l'a ssisterà finoall'ultimo giorno; ma, quali strumenti suoi,egli vuole uom ini staccati dalle pre occupa-

zioni della vita p resente, rassegnati, se ve neè bisogno, all'impopolarità, risoluti a tutto af-frontare, per proclamare l'immutabile inse-gnamento della suprema Cattedra » ( 67).

A t utti coloro che non lo aman o, a causadi ciò che egli ricorda , a tut ti coloro che locriticano, a tutti i suoi detrattor i, dal suo glo-riosissimo tr ono in Pa radiso, san G regorioVII può lecitamente dire “Ci rivedrem o aCanossa…” Sarà la Canossa celeste del giu-dizio finale…? Speriamo di no!

APPENDICE:lettera di san Gregorio VII al vescovoErmanno di Metz, del 25 A gosto 1076

Gregor io vescovo, servo de i servi di Dio,al vescovo E rmanno di Metz salute ed apo-

stolica benedizione.Molte questioni tu mi poni, mentre io so-no a ssai occupato, e mi mand i un m esso chemi fa troppa fret ta di suo arbitrio; perciò tiprego di sopportar con pazienza, se non ti ri-spondo in modo sufficiente.

Come io sto e come si comportan o intor-no a me R omani e Normanni, te lo dirà il la-tore della presente. In quanto alle altre que-stioni che mi hai posto, parli per la mia boc-ca san Pietro, il quale spesso nella mia perso-na - uno qu alunqu e dei suoi servi - viene o-norato o insultato.

Non è necessario che mi chiediate qu alivescovi sacerdo ti e laici siano scomu nicati,poichè son senza dubbio quelli che si sa sonoin contatto con lo scomunicato re E nrico, seè lecito che sia chiamato r e. Infatti non h anpaura d i anteporr e i l favore e i l rispettoumano al precetto del re eterno, e neppur etemono di spingere lo stesso re verso l'ira diDio O nnipotent e, con la loro app rovazione.Egli stesso poi non te mè di incorrer e nellascomunica, mantenend o i contatt i con i suoiamici scomunicati per simonia, nè arrossì diattrarr e a sè altri, perchè, tenendo r apporti

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 Il sepolcro di san Gregorio VII nellaCattedrale di Salerno

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con lui, fossero a lor volta scomun icati. Chedobbiamo p ensare di ciò, se non qu anto im-parammo nei Salmi: « Disse lo stolto nel suo

cuore: D io non c'è » e ancora : « Tutti furonresi ugualmente inutili » nelle loro volontà.

Neppure d ovremmo rispondere a quelliche dicono che « non si deve scomun icare ilre », anche se dicono un a gran sciocchezza;tuttavia, perchè non sembri che noi passiamosopra a lla loro stoltezza con impazienza, ri-mandiamoli ai detti e ai fatti dei Santi Padri,per richiamarli alla re tta dottrina. Legganodunque che cosa san Pietro nell'ordinazionedi san Clemente comandò al popolo cristianoriguard o a colui, che si sapesse non avere ilfavore del pontefice. Impar ino perchè l'Apo-stolo dice: « pronti a punire qualunque disob-bedienza », e riguardo a chi dice: « con gentesimile non dovete neppure prendere cibo ».Considerino perchè il papa Zaccaria ha depo-sto il re dei Franchi e sciolto i Franchi dal vin-colo del giurament o, che gli avevano fatto.Nel registro del beato G regorio imparino chenon solo scomunicò i re e i capi che si oppo-nevan o ai pr ivilegi da lui concessi ad a lcunechiese, ma sentenziò anche che fossero privatidella dignità regale. E n on tr ascurino che ilbeato A mbrogio non solo scomunicò, mapunì anche con l'interde tto, perchè non osas-se entra re in chiesa, nel luogo dei sacerdoti,

Teodosio, che non era soltanto re, ma impera-tore, di fatto, per dignità e per potere.Ma forse gli uomini, di cui s'è parlato, vo-

gliono intendere che quando Dio ha affidatoa san Pietro la sua Chiesa, dicendo tre volte:« Pasci le mie pecore », ha escluso i re.Perchè no n vanno avanti e invece arrossen-do si fermano ? Perchè D io, quando diede asan Pietro soprattutto il potere di legare esciogliere in cielo e la terra, non escluse nes-suno, non sottrasse nulla al suo potere . Ora,chi dice di non pote r essere legato da l vinco-lo della Chiesa, dice anche di non poter

essere sciolto pe r ope ra del suo po tere; chinega sfacciatamen te ciò, si allonta na de l tut-to da Cristo. Che se la Santa Sede Apo-stolica, per la potestà di comando da tale dal-la Divinità, decide e giudica delle cose spiri-tuali, perchè non anche delle secolari?

La vostra carità no n ignora di chi sianomembr a, e a chi siano uniti, i re e i principidi questo mondo che antepo ngono la lorogloria e i vantaggi tempor ali alla giustizia diDio, e trascurando la Sua gloria non cercanoche la propria. Come quelli che antepo ngo-no D io alla loro volontà e che ob bediscono

al Suo insegnamento più che agli uomini so-no me mbr a di Cristo, così quelli di cui ab-biam pa rlato sono membra dell’anticristo. Se

dun que ven gono giudicati gli uom ini che sidedicano a Dio, come è giusto, perchè, ancorpiù, gli uomini del mondo non sono impeditinelle loro ma le azioni?

Ma forse pensano che la dignità regale siasuperiore a quella episcopale. Dalle loro or i-gini possono dedurre la loro differenza. L'unatrovata dalla umana superbia, l'altra istituitadalla divina pietà . Que lla incessantemente siimpadronisce di una gloria vana, questa aspi-ra sempre alla vita celeste. E imparino quelloche il beato A nastasio ha scritto all'imperato-re A nastasio nei riguardi di queste dignità, eche cosa tra qu este dignità decise il beatoAm brogio, dicendo che se tu pa ragonassil'onore e la dignità sublime de i vescovi al ful-gore dei re e al diadema de i principi questoresterà di gran lunga più in basso che se tuparagonassi piombo e oro fulgente. Non igno-rando ciò, l'imperatore Costantino il Grandenon si scelse il primo, ma l'u ltimo seggio tra ivescovi: seppe che « Dio resiste ai superbi, madà grazia agli umili ».

Frattant o, fratello, ti sia noto che avendoricevuto la lettera di alcuni nostri fratelli ve-scovi e duchi, con l'a utorità d ella Sede A po-stolica abbiamo dato licenza a questi vescovi

di assolvere q uelli, da noi scomu nicati, chenon ebbero t imore di staccarsi dal re. In quan-to allo stesso re, ci siamo nettamente opposti ache alcuno osi assolverlo, fino a che non sap-piamo da sicuri testimoni della sua certa peni-tenza e della sua sincera discolpa verso di noi,in modo da trovare subito il modo di assolver-lo per la gloria di Dio e la sua salvezza, se ladivina pietà avrà r ivolto lo sguardo su di lui.Non ci è nascosto, infatti, che alcuni di voi, se-dotti dal timore o dall'umano favore, in qual-che occasione quasi noi fossimo favorevoli sa-rebbero pronti ad assolverlo, se non mi oppo-

nessi, e ad aggiungere una ferita alla ferita, in-vece di portarvi rimedio. E se qualche vescovosi oppon esse, direbbero che non difende lagiustizia, ma dà esca a inimicizie.

L'o rdinazione e la consacrazione d ei ve-scovi che o sano restare in contatto col rescomunicato diventa esecrazione presso Diocome dice il beato G regorio. In qua nto po isuperbamente rifiutano l 'ob bedienza allaSede A postolica, incorrono, come dice Sa-muele, nel delitto di idolatria. Infatt i se èdetto di D io chi è incitato dallo zelo de l-l'am ore d ivino a ferire i vizi, cert o nega di

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essere di D io chi ricusa di biasimare la vitadei peccatori . E se è maledetto colui chetratt iene la sua spada dal sangue, cioè la pre -

dicazione dalla mort e del peccato, quantopiù è maledetto colui che per timore o favo-re spinge l 'anima di suo fratello all'ete rnaperdizione? In n essuno dei Santi Padri s ipuò t rovare che i malede tti e gli scomunicatipossono ben edire, e largire la grazia divina,che non temono di respingere con le opere.

Fratt anto or diniamo che diciate al vene-rab ile arcivescovo di Treviri, nostro fra tello,di pro ibire al vescovo di Toul di inter essarsidella badessa del monastero di monteR omar ico e di rend er nullo, insieme con te,tutto ciò che ha stabili to contro di lei . Inquant o a M atilde, nostra comune figlia e fe-dele an cella di san P ietro, voglio ciò che tuvuoi. Ma non so ancora con certezza che at-teggiamento manterrà, sotto la guida di Dio.Sai senza dubbio che frequen temen te mi ri-cordo, pregando Dio, di Goffredo, un temposuo marito, se anche p eccatore; poichè, nonimped ito dalla sua inimicizia né da a lcunavana apparenza, ma mosso dal tuo fraternoaffetto e da lla preghiera di Matilde, desiderola sua salvezza.

Che D io Onn ipotente, per intercessionedella regina celeste, Maria sempre Vergine, eper l'a utor ità dei beatissimi apostoli Pietro e

Paolo a loro concessa da Lui, assolva da tutt ii peccati te e tutt i i nostri fratelli, a qualsiasiordine ap part engano, che difendono la reli-gione cristiana e la dignità della SedeA postolica e accrescendovi la fede, la spe-ranza e la carità, vi rinvigorisca nella difesadella Sua legge, perchè meritiate di giungerealla salvezza eterna.

(Da: Chiesa e Stato attraverso i secoli, acura di S. EH LE R E J. MORRAL, Vita e pensie-ro Milano 1954, pag. 59-62).

Note

1) Que sta obiezione fatta da l Fliche, è citata in“  Bibliotheca Sanctorum”, Città Nuo va Editr ice, vol.VII, col. 319, voce G regorio VII .

2) Cfr “Sodalitium” n. 31 pag 9.3) FE D E R I C O BA L SI M E L L I, “ Compendio di storia

della Chiesa” Società S. Giovanni Roma 1900, pag. 351.4) D O M PR O SPE R G U É R A N G E R “L 'A nnée Litur-

gique”- Le temp s pascal Tome II I, ed. O udin Parigi1908, pag. 494. Traduzione ita liana: Ed . Pao line 1957.

5) B IHLMEYER-TUECHLE , “Storia della Chiesa” vol.II il Medioevo, Morcelliana Brescia 1983, pag. 174-175.

6) Alcuni autori hanno accusato G regorio VII di a-ver cominciato il suo Pontificato con l’ipocrisia, mandan-do questa legazione all’Imperatore. “G regorio VII, benlungi dall’essere ipocrita, agisce dietro la norma costante

dei sui principi. La consuetudine l’amor di pace voleva-no che egli scrivesse all’Imperat ore, il quale er a red’Italia pe r le fondamenta li costituzioni della monarchia:ma scrivendogli che gli doveva dire? P regarlo che lo a p-

provasse? Ciò sarebb e stato un disdirsi palesemente e ri-conoscere nel principe que i diritti che egli aveva com-battuto per ben vent’anni. Che fa dunque G regorio? Loammon isce che, pur se egli non gli nega l’appro vazionedeve aspettarsi un punitore severissimo delle sue molteiniquità. Chi pote va spiegarsi con maggior fra nchezza eminacciare con minor offesa? Ne l tempo stesso che glidomandava il suo rea le consentimento, non smentivaper n ulla affatto i suoi solenni principi e quella profes-sione di fede con la quale aveva regolato la Chiesa. (…)Non gli chiedeva che volesse approvare un’elezione fattasecondo i canoni eccle siastici e pe r volontà spontaneadei cardinali, ma solamente che ordinasse la cerimoniadella consacrazione, atto e sterno e pe rò soggetto all’au-torità civile, rappresentat a da Cesare re d’Italia e desi-gnato imperator dei romani” (Questa difesa fatta dal

can. Jager si trova in: GIOVANNI VOIGT, “Storia di PapaGregorio VII e dei suoi contemporanei”, Angelo Bon-fanti Milano 1840, pag. 250, nota (I).

7) Mons. Umber to Benigni era stretto collaborato-re di S. Pio X e direttore del “Sodalitium Pianum” (Cfr.“Sodalitium” n. 4 Ago.-Sett.-Ott. 1984, pag. 3 e seg.) cheaveva il compito di smascherare i modernisti che si an-nidavano nella Chiesa. Si tratta pe rciò di un autoreprofondamente cattolico e antimodernista, e vicino allospirito di S. Pio X. Il letto re no terà il suo stile polemicoe “tagliente” che si rifà al passo evangelico “ Il vostrolinguaggio sia: Si si no no! Ciò che si dice in più vien dal

maligno” (M att. V, 37). Se le nostre orecchie sono abi-tuat e alla sdolcinatezza postconciliare, ricordiamoci ildetto di Gesù: “Veritas liberavit vos” (conoscete la veritàe la verità vi f arà liberi) (G iov. VIII , 32), ed il mottopaolino “veritatem facientes in charitate” (E ph. IV, 15).

8) U MBERTO BENIGNI, “Storia sociale della Chiesa”,vol IV. L’Apogeo, to mo secon do, F. Vallard i Milano1930; pag. 436.

9) G IOVANNI VOIGT, “Storia di Papa Gregorio VII e

dei suoi contemporanei”, An gelo Bonfanti M ilano 1840,pag. 274-275. Stupisce la correttezza del giudizio di que-sto autor e; come fa notar e il Balsimelli che lo cita, chepur essendo protestante, difende Gre gorio VII più dimolti scrittori di ambiente cattolico, e lo esalta per “ a-ver ottimamamen te oper ato per r aggiungere l’alto suofine d’innalzare la Chiesa al di sopra dello stato civile”.

10) FEDERICO BALSIMELLI, op. cit . pag. 352.11) Per simonia si intende il peccato di quei chierici

che compravano le cariche ecclesiastiche col denaro.Prende il nome da Simon Mago che cercò, per primo, diottenere da S. Pietro Apostolo il potere di operare miracoli

offrendogli un compenso in denaro (cfr. A ct.VIII, 18-25).12) “ Biblioteca Sanctorum ”, vol. , co l. 321, voceGregorio VII.

13) EOL O BIAGINI , “Gregorio V II: antesignano del-lo stato laico?” […!? Se c’è stato, ne lla storia, un Pap asostenitore dello stato teocrat ico ritengo sia stato pro-prio il nostro S. Gregorio VII n .d.a.] in “ Reggiostoria56 ” pag 52.

14) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. pag. 175.15) Cfr. I a parte d i questo articolo in “Sodalitium ”

n. 31 pag. 11, nota 15.16) U MBERTO BE N I G N I , “Storia sociale della

Chiesa”, vol IV. L’Apo geo, tomo secondo, F VallardiMilano 1930; pag. 442-443.

17) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. 175.

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18) Gregorovius Ferdinand, è uno storico tedescodel sec XIX, Scrisse diverse opere importanti, ma, dabuon tedesco e per la sua origine protestante, egli tendea « presentar e la Prussia come erede dell’impero uni-

versale che si inizia con la civiltà egiziana ed assira e de -finisce l’idea germ anica “di costruire l’impero della li-bertà morale, della verità, del dovere e del lavoro sottola forma più umana”. E gli vedeva nella riforma luteranala più grande oper a nazionale del popolo tede sco, la ri-nascita del cristianesimo, la nuova forma zione del mon-do della cultura attr averso la vitalità nazionale tede-sca… Perciò l’educazione prote stante, e il pat riottismotedesco, che innegabilmente emergono, nonostante losforzo di rimanere imparziale, insieme con il suo razio-nalismo, danno alla (sua) Stor ia una tende nziosità chene diminuisce la seren ità scientifica » (E NCICLOPEDIA

CATTOLICA , tomo VI, col. 1160, voce Gre gorovius).La sua Storia dell’Urbe fu posta all’indice ne l 1874

per la sua tend enziosità anti-cattolica. Inutile dire chenelle vicende di san G regorio VII e di Enrico IV e gli

parteggi apertamente per l’Imperatore.19) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 443-445.20) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 445-446.21) Non a caso la Chiesa ha voluto metter e questo

passaggio del profeta G eremia ne ll’offertorio dellaMessa del comune dei Sommi Pontefici.

22) FEDERICO BALSIMELLI, op. cit . pag. 356-357.23) D O M PROSPER G U É R A N G E R “L 'A nnée L itur-

gique ” Le te mps pascal, Tome III, ed. O udin Parigi1908, pag.496.

24) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 440-442.25) Ildebrando, infatti, da quel grande pad re della

Cristianità che era, aveva progettato di e ffettuare unaCrociata pe r ricacciare fino in Orient e l’Islam, che mi-nacciava l’Europa, e pe r spezzare il giogo saraceno cheopprimeva tanti cristiani. Egli voleva recarsi in oriente dipersona , ed aveva pensato di affidare la custodia della

Cristianità a quello stesso E nrico IV contro il quale si sa-rebbe scontra to di lì a poco (questo a r iprova della suabuona fede e del fatto che egli non aveva allora, nel 1074,nessuna intenzione di lottare contro l’Impero ed il futuroImper atore ). Ma i fatti di Canossa, dovuti all’empietà diquello stesso principe sul quale Gr egorio VII sper ava dipoter contar e, lo costrinsero ad abba ndonare que sto am-bizioso progetto. Il Signore gli destinava un a ltro nemicoed un' altra “crociata” non meno importan te, cioè di libe-rare la sua Chiesa dalle ingerenze del pote re laico. Saràinvece U rbano II , vent’anni dopo, a riprendere con mag-gior fortuna questo progetto d ella spedizione in Oriente,che però non poté mancare nella mente geniale diIldebrando da Soana.

26) DOM PROSPER GUÉRANGER, op. cit., pag. 502-503.27) DOM PROSPER GUÉRANGER, op. cit., pag. 503-504.

28) « Tipico fu il caso di Milano, o ve l’arcivescovo,il più grande valvassore di Lombardia, era troppo spes-so o un t urbinoso ribelle come Ariberto o uno strumen-to di corte come il suo immediato successore. In ambo icasi duro giogo. Donde resistenza sempre più accentra-ta della borghesia. Perciò sua adesione entusiasta allariforma gregoriana che colpiva il comune nemico. Fu aMilano il trionfo della pataria, cioè dei pata ri o piccolimercant i, piccola borghesia che aveva tro vato capeggia-tori in classi superiori, ecclesiastici e laici; Landolfo,Ar ialdo, Erlembard o. Il regime di questo ebbe i pregifondamen tali della riscossa, i difetti della rivolta; i ne-mici ne profittarono per una insurrezione sanguinosa incui il capo animoso cadde u cciso combattend o per levie, inalberand o il gonfalone di san Piet ro, simbolo della

riforma ildebran diana tr a le cui pieghe alitava l’embrio-ne de l guelfismo cioè del borghesismo papa lino. Milanoricadde sotto il feudalismo imper iale con Tebaldo erri-ciano, mentre l’arcivescovo Attone era in esilio » (

UMBERTO BENIGNI , op. cit ., pag. 446-447).29) UMBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 447-448. Mons.

Benigni fa nota re come il governo urbano della città diRoma fosse il tallone d’Achille del regno di G regorioVII. Nemmeno la sua potente vicina ed alleata Ma tildedi Canossa poté porvi rimedio.

30) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. pag. 178.31) G IOVANNI VOIGT, op. cit ., pag. 447-448.32) “Chiesa e Stato attraverso i secoli”, documenti

raccolti e commentati da S I D N E Y Z . E H L E R e JO H N B.MORRAL, Vita e pensiero Milano 1958, pag. 58-59. Cosìl’autore commenta questa lettera : “Gli elementi fonda-mentali della concezione gregoriana a ppaiono nel docu-mento con tutta la loro forza; attraverso l’identificazio-ne di san Pietr o con il Papato, si afferma e si proclamacon enfasi la superiorità d el potere spirituale su quello

tempo rale, per cui Enrico IV viene giudicato, condan -nato e deposto dal trono. Servendosi del suo potere dilegare e sciogliere, il Papa scioglie i vassalli di Enricodal giuramento di fedeltà; inoltre il re, in quanto mem-bro della Chiesa, è scomunicato”.

33) UMBERTO BENIGNI , op. cit ., pag. 449.34) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. pag. 179.35) “Chiesa e Stato attraverso i secoli”… op. cit .

pag.57-58. Il testo originale latino del “ Dictatus” si puòtrovare in J O H A N N E S LO G R A SSO S. J. “  Ecclesia et Status”, Gregoriana Roma 1952, pag. 125-126.

36) JOSEPH BERNHART, “ Il Vaticano Potenza mon-

diale” Bompiani Milano 1937, pag. 158.37) Cfr. D ON FRANCESCO R ICOSSA, “Chi disprezz a

voi disprezza me” I Ia parte in “Sodalitium” n. 21.38) Cfr. S. Tomma so in IV Sent., d . 44 q; 2 a. 3 L.c.

4um: “Potestas spiritualis et sæcularis, utra que deduci-

tur a potestate divina”.39) « Dice “quodcumqu e” e non “quemcumqu e”

perché il genere neutro è più ampio ed universale delgenere maschile. Infatti il Pontefice non solo gli uomini[tutti gli uomini, anche quelli coronat i… n.d.a.] lega eassolve, ma anche i pe ccati, i voti, i giurame nti ecc.”(C O R N E LI I A LAPIDE , Commentaria in Quatuor Evan-gelia, Mariet ti Torino 1903, Tomo I I in S. Matt hæum,pag. 33; nostra tra duzione dal latino).

40) Eolo Biagini nel suo articolo: “Gregorio VII: an-tesignano dello stato laico?” in “ Reggiostoria 56 ”; sostie-ne come dimostra lo stesso titolo che S. Gre gorio VII sa-rebbe stato un ant esignano de llo stato laico (l’autoresembra dare per scontato che il moderno stato laico sia ilbene supremo, al quale avrebbe dovuto aspirare a ncheun uomo del medioevo…) perché avrebbe sostenuto la

distinzione dei due poteri: lo spirituale ed il temporale.Se è vero che questo Pontefice combatté contro le inge-renze dello Stato ne l campo della Chiesa, e se è vero cheegli era anche rispettoso dell’autorità imperiale proprioperché « il mondo m ediovale [e l’uomo cattolico devepensare alla stessa maniera] non è concepibile se disgiun-to dal principio che solo Dio è “dato r potestat um” e che”nulla potestas nisi a D eo” » ( art. cit. pag. 55) non si puòdimenticare che Gr egorio VII sosteneva, come credo diaver dimostrato nel corso dell’articolo, la superiorità delpotere del Papa su quello dell’imperatore, poiché comelo stesso Biagini dice “chi ha l’autorità di deporre sta aldi sopra di chi può essere de posto” ( Dictatus Papæ , n .27). Per depor re E nrico IV, Gregorio VII doveva poteresercitare un pote re di controllo sul re; potere che gli ve-

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niva dal potere almeno indiretto, cosa inconcepibile nelmoderno stato laico, che fa suo il motto cavouriano“ L ibera Chiesa, in libero Stato”.

41) E N C I C L O PE D I A CATTOLICA , vol. VI, col. 1131

voce G regorio VII.42) Cfr. G IOVANNI VOIGT, op. cit ., pag. 457.43) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 450. Così com-

menta ancora M ons. Benigni: “[Enr ico IV] scende inItalia, ed il Papa non sa che verrà a fare. Si racchiude aCanossa prevedendo più u n assalto che la tragicomme-dia. Essa dunque, lo coglie all’improvviso; ed eccolo im-prepar ato - terribile cosa - a quello che era da far si.Quei terribili tre giorni passano per orientarsi, per deci-dere. La de cisione è per il perdono, dopo che il perdo-nando è r imasto - non già per durezza di cuore, ma pernecessità di aver tempo - nel fondo dell’abiezione”.

44) JOSEPH BERNHART, op. cit., pag. 160.45) FEDERICO BALSIMELLI, op. cit . pag. 358.46) G IOVANNI VOIGT, op. cit ., pag. 490-491.47) JOSEPH BERNHART, op. cit., pag. 160.

48) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 451.49) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. 180.50) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 453.51) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 454-455.52) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. 180.53) D O M PR O SPE R G U É R A N G E R , op. cit.; Trad. I t.

Edizioni Paoline, pag. 537.54) D O M PR O SPE R G U É R A N G E R , op. cit.; Trad. I t.

Edizioni Paoline, pag. 539.55) FEDERICO BALSIMELLI, op. cit . pag. 358.56) U MBERTO BENIGNI, op. cit ., pag. 461-462.57) JOSEPH BERNHART, op. cit., pag. 162-163.58) BIHLMEYER -TUECHLE, op. cit., pag. pag. 189.59) D O M PR O SPE R G U É R A N G E R , op. cit.; Trad. I t.

Edizioni Paoline, pag. 538.60) Bibliotheca Sanctorum, op. cit., col. 328-329.61) Bibliotheca Sanctorum, op. cit., col. 330.

62) Queste due citazioni sono prese da: BibliothecaSanctorum, op. cit., col. 364.

63) Alcuni autor i fanno notare come in quel mo-mento in Francia regnasse un altro E nrico IV…, madella Casa di Borbone, protestante diventato cattolicoper p oter salire al trono. Secondo costoro, l'esaltazionedi Gregorio VII, in quel momento, doveva ricordare aquel sovrano francese, come in altri tempi un Pa pa dinome Gregorio, come quello allora regnante, avesse de-posto un altro E nrico IV… Per quan to non ci sia biso-gno di ricorrere a que sta spiegazione perché tropp omacchinosa, come fa notare D om G uéranger, il qualeperò n on la reput a impossibile; sembra che nei propositidel Papa ciò potesse costituire un velato a mmonimentoad un re sulla cui sincera conversione al cristianesimo sipoteva avere qualche dubbio, conoscendo la sua frase

celebre: “Parigi val bene una Messa…” e soprat tutto vi-sto che, una volta entra to in Parigi, Enrico IV fece subi-to impiccare i Gesuiti capi del part ito cattolico… [Perl’esecuzione dei padri G esuiti Guignard e Gué ret, pre-testuosamente accusati di complicità in un atten tato alre, cfr.: A BE L D E CH A L A M B E R T , Histoire de la L igue ,Firmin-Didot, Paris 1898, pag. 457-460. Per i rapp orti d iEn rico IV, con il Papa cfr. “Sodalitium ”, n. 31 pa g. 27, Documenti sulla tolleranza… che cita il Chalambert).

64) D O M PROSPER G U É R A N G E R “Institutions litur-giques”, tome II cap. XXI, Le Mans 1847, pag. 468.

65) Bibliotheca Sanctorum, op. cit., col. 369.66) Bibliotheca Sanctorum, op. cit., col. 371.67) D O M PROSPER G U É R A N G E R , op. cit., pa g. 530-

534; Trad. It . Edizioni Paoline, pag. 544-546.

 Decima puntata: preparazione di un Conclave(1954-1958).

“IL PAPA D EL CONCILIO”di don Francesco Ricossa

Non si stupisca il letto re leggendo il tito-lo di questa decima punta ta. Il Conclave chesi concluse con l’elezione di AngeloGiusepp e R oncalli al soglio di Pietro d uròpochi giorn i, dal 25 al 28 otto bre 1958. Lasua prep arazione, tutta via, iniziò molto pr i-ma, almeno dal 1954… il che ci costringe a desaminare una t erza volta, ma sotto n uovopunt o di vista, il periodo veneziano di mons.Roncalli.

L’ultimo Concistoro

Dodici gennaio 1953. Pio XII celebrò l’ul-timo Concistoro della sua vita, durante il qua-le creò 24 nuovi Cardinali. Tra di essi, l’abbia-mo visto, mons. Roncalli, che iniziò così il suoepiscopato veneziano. Pio XII non aveva piùun segretario di Stato, ma due pro-segretari:Tardini e Mont ini. In que ll’occasione il Papaoffrì il cappello cardinalizio ad entrambi.Tardini rifiutò, e così facendo “trascinòMont ini nel suo rifiuto, poiché il Papa aveva

offerto loro [la porpora ] simultaneamente”(1). “Mons. Nicoloni, scrive lo stor ico Chélini,pensa che Tardini aveva suggerito a Mon tinidi rifiutare come lui la porpo ra senza alcunsecondo fine e che Montini aveva accetta tospontanemente. La versione contraria conti-nua a circolare a Roma. Tardini allontanandoMontini dal cardinalato, lo allontanava ne llostesso tempo dal prossimo conclave e gli chiu-deva la porta al papato” ( 1).

Da que l giorno a i primi del 1958 mor iro-no 13 cardinali, riducendo il numero deimemb ri del Sacro Co llegio a 53 (sui 70 di-sponibili). I 21 incarichi di rango cardinalizio

erano occupati solo più da 13 porpo rati. Nel1958 erano a ncora vacant i i posti di segreta-rio di Stato, camerlengo, cardinale datario…

Pro prio in occasione dell’ultimo Con -cistoro, Pio XII ebb e una dolorosissima crisidi nevrite ad un braccio…

Un anno terribilmente pesante

… Interruppe le udienze dal 22 gennaio al12 marzo, senza che il pubblico fosse informa-to delle cause e della natura d ella malattia.

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Ma da qualche mese soffriva periodicamentedi stomaco, che aveva sempre avuto deb ole.Ora l’anno 1953 fu terr ibilmente pesante, co-

me l’indicano, nella loro brutalità, le cifre se-guent i: 492 udien ze private, 3832 udienze digruppo, 2126 udienze di baciamano; infine nelcorso di quasi un centinaio di udienze genera-li, aveva ricevut o 381.534 pellegrin i, senzacontare un centinaio di radiomessaggi edun’intensa pr eparazione dell’An no M arianoprevisto per il 1954, in occasione del centena-rio della proclamazione d el dogma dell’Im-macolata Concezione. “Per premunirsi controle fatiche del nuovo anno, che si annunciavaancor più pesante, Pio XII si rivolse al profes-sore Paul Niehans” (2) che si aggiungeva, co-me me dico curante, all’archiatr a pon tificio,dott . R iccardo Ga leazzi Lisi. La scelta, comedimostrò il seguito, non fu felice. Endo-crinologo, il professore svizzero prop one vauna fantasiosa quanto inefficace celluloterapiacon cellule p relevate d a an imali. O culista, ilGaleazzi Lisi divenne celebre per l’inqualifica-bile suo comportamento in occasione del-l’agonia e della mort e del Pap a, vendendo airot ocalchi fotogra fie clandestine d i Pio XIImorto o more nte… Se poi pensiamo che gliaffari spirituali del Papa erano nelle mani diPadre Bea suo confessore, certo molto dottoma rivelatosi in seguito sfrenato ecumenista, si

può veramente dire che corpo ed anima di PioXII erano proprio in cattive mani (3), al puntoche il nipote Ca rlo Pacelli sospettò persinoche lo zio venisse avvelenato (4).

Ci penserà il Signore, come vedrem o, aproteggere l’uno e l’altra, miracolosamente.

Grave malattia, miracolosa guarigione (1954)

L’ann o seguente, il 1954, si aprì e si chiu-se con una gravissima malattia de l Papa: trale due crisi, alcuni mesi di sollievo, duran te iquali Pio XII compì atti estremame nte im-

por tant i, quali la canonizzazione d i Pio X el’allontanamen to di Mo ntini da R oma, com-pensato dalla sua nomina ad a rcivescovo diMilano (10 novembre ). Da l 26 genna io al 16febbraio, gravemente malato, non poté ali-mentarsi naturalmente. In autunno Pio XIIebbe u na ricaduta, il suo stato d ivenne q uasidisperato. Nelle sue sofferenze, la sua conso-lazione sono il libro degli esercizi disant’Ignazio, e la preghiera A nima Christi.

Il due dicembre Pio XII confida a Mons.Tard ini: “Mi confido con lei perché a ltri po-trebb ero pe nsare che le mie sono delle allu-

cinazioni di un povero ma lato. Ieri mattina,ho sentito una voce, leggera ma chiar a, chediceva: adesso viene una visione. Invece nonvenne nu lla. La visione l’ho poi avuta questamatt ina qua ndo assistevo alla S. Messa. Ioho visto il Signor e! È stat o un istant e, mal’ho visto ben e… ” ( 5). Pio XII p ensò che ilSignore venisse a prenderlo, rispondendo a l-la sua pre ghiera: “ In hora mortis meæ, vocam e” (“nell’ora della mia m orte chiam ami”)(6). Invece Gesù lo aveva guarito, dando allaChiesa quasi altri quattro anni di tempo.

Qu attro a nni di solitudine (7) e di soffe-

renza, fisica e morale, per Pio XII .

Nel frattempo, a Venezia

“Si era cer ti in Vaticano che il progressi-vo deperimen to or ganico di cui il Papa erapreda lo avrebbe in breve tempo condottoalla morte” (8). E non solo in Vaticano…

A nche a Venezia non ci si illudeva sullasorte di Pio XII. Qua li erano a questo propo-sito, i sentimenti di Mons. Roncalli? Leg-giamo Hebbleth waite: « Roncalli allude, perla prima volta, alla precaria salute del Pon-

tefice in una lettera indirizzata a tutta la fami-glia il 3 marzo 1954. Do po a ver sottolineatoche la sua salute “è sempre eccellente, nono-stante il mio forte lavoro”, prosegue dicendo:“La grand e preo ccupazione oggi è la salutedel S. Padre. A qua nto sembr a trat tasi dellamalattia de lla nostra Ancilla, cioè stenosi del-lo stomaco o tumore come si dice. Ciò vi spie-ga come egli non si possa nut rire se non ainiezioni: ne avrà forse per qualche mese co-me la defunta nostra, ma dovrà infine cedere,come ogni mortale. Io debbo al Santo Pad reinfinita r iconoscenza di avermi nominato

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 L' ultima fotografia di Pio XII vivo

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Patr iarca di Venezia, più ancora di avermi fat-to card inale. Voi unitevi alla mia preghiera ,perché il Signore conservi ancora a lungo

questo grande papa. A dire il vero una suamorte mi farebbe gran pena: dovrei interrom-pere p er qu asi un mese il mio bel lavoro o raavviato d ella Visita Pastorale. Ma no n cam-bierò il mio programma per tu tto questo an-no” ( L ettere alla famiglia, 3.3.1954).

Un conclave, insomma, capiterebbe maleperché interferirebbe col suo programmapastorale: la visita di tu tte le parr occhie, se-guita da u n sinodo d i ogni diocesi. Egli con-sidera la mort e di Pio XII una grande perdi-ta. In questo non traspare affatto vera emo-zione, come se R oncalli ben comprend esseche Pio XII aveva fatto il suo temp o e chenon doveva aggrapparsi smoderatament e a l-la vita » (9).

Verament e questa volta non si può accu-sare He bblethwaite di forzare l’interpre ta-zione delle fonti. Roncalli appare ben d istac-cato di fronte alla malattia del Papa : parago-na la propria salute eccellente (ha solo 5 an-ni di meno) a quella minata di Pio XII, e neprofetizza la morte (in anticipo di quat troanni) come una sventura perché disturbe-rebbe i suoi programmi di lavoro! Neppur esi può at tribuire qu esto distacco ad un a cri-stiana serenità di fronte alla morte. Come

Mon s. Ron calli stesso ricordò , sua sore llaA ncilla era mo rta da poco (11 novembre1953). In q uella circostanza il Cardina le di-mostrò uno sgomento che rasentava il dub-bio sulla Fede. Torna ndo d ai funerali prese,infatti, il treno per Venezia, col suo segreta-rio Cap ovilla. « “Fa già nott e e R oncalli èpensieroso. Capovilla lo ascolta mormorare:“Guai a noi se fosse tutta un’illusione”.Scandita dal rumor e del t reno, con la pioggiache bat te sui finestrini, questa misteriosa os-

servazione: “Guai a noi se fosse tutta un’illu-sione” s’imprime nella memoria di Capovilla“perché mi aveva rivelato un’aspetto quasi

sconvolgente d ell’umanità genuina , e perciòstesso impavida del mio patriarca”. CheRon calli abbia pensato alla pompa sontuosadi Venezia, agli ann i sviliti di A ncilla, o allastessa vita eterna , il suo dubbio lo avvicina atutti i comuni mor tali” » (10).

Tornando a Pio XII , siccome non ha rea-lizzato la sua “profezia” mor endo nel corsodel 1954, Roncalli emette u n’altra p rognosiinfausta per il 1955: « Scrive a M aria che ilPapa “ora sembra morire e poi s i rimette,ma per ricadere” (  L ettere alla fam iglia,8.1.1955). Le notizie della stampa informanosu un nuovo costoso tratta ment o: Roncallinon è t anto sicuro che ne valga la pena : “A hio ho po ca fiducia che il Santo Padre riesca aguarire, nonostante tant i medici e medicinespese. La sua vita è un m iracolo, ma i mira-coli, come sai, durano p oco temp o. E forseabbiamo tort o tut ti insieme, mia cara Mar ia,di lamen tarci. A rrivati alla nostra età , tuttociò che viene è un d i più” » ( 11). Insomma,spese sprecate quelle per Pio XII. Mentre in-vece, il vecchietto P atr iarca di Venezia è ar-zillo quant ’altri mai (a 73 anni). « Il Con-clave - pensa - è imminente. Ed è in pienaforma: “Fra gli anziani di qui, il Patriarca è il

più vigoroso e sono guardat o con meravigliadalla brava gente”. Queste righe sono rivoltesolo a Maria, ma il modo in cui pone l’accen-to sulla sua salute fisica non si compre ndeaffatto, a men o che sia un a strizzatina d’oc-chio al Collegio Cardinalizio. Egli non aspirapresuntuosamente ad essere eletto, è benlungi da questo, ma tutti possono saper che èin buona forma e disponibile » (11).

Ma il vigoroso Patriarca dovrà ancoraaspetta re il suo Conclave fino alla fine del1958. Fino a che anche Pio XII muoia. Ap -pena in tempo, poiché R oncalli incomincia a

sentir si vecchio (

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). « Quan do R oncalli vie-ne a conoscere la n otizia della morte delPapa scrive nel suo diario: “sorella morte an-nunziatasi bruscamente, ha pr estamentecompiuto l’ufficio suo. Le bastarono tre gior-ni. Il giovedi 9 otto bre, alle 3,52, Pio XII e rain Paradiso” ( L ettere, p. 481).

Ma Pio XI I essendo in luogo sicuro inparadiso, Ro ncalli guarda ind ietro. Si preoc-cupa del ben e futuro della Chiesa e lasciacorrer e la speranza in un’immagine tipica:“U na certa m ia frase consueta - non siamoqui sulla ter ra a custodire u n museo, ma a

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Pio X II h a finito di soffrire. Ma p er la Chiesa comincia il calvario

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coltivare u n giardino fiorente di vita riserva-to a d avvenire glorioso - t occa la r ealtà piùconsolante. Morto il papa, viva il papa”.

Lascia Venezia per sempre col treno d el-le 9,40 il 2 ottobre 1958, con gli add ii del sin-daco e di altri no tabili » (13). La morte ha la-vorato bene ed in fretta. Ora tocca a lui ,Roncalli, rinnovare la faccia della te rra.

Ma prima di affrontare i l racconto delConclave, chiediamoci ancora: sapeva R on-calli, che sareb be stato e letto? E poi: versochi andavano le sue simpatie?

Alla prima domanda risponderem o: si, losapeva. Ed alla seconda: a Giovanni Batt istaMontini.

Un’elezione annunciataArrivando a Venezia nel 1953, il Pa-

triarca R oncalli non immaginava altro che lamorte dopo la po rpora cardinalizia, “ultimosegno di onore per un ecclesiastico sulla ter-ra” ( 14). Ma ben presto le cose cambiano; ilPapa si ammala, il Con clave è vicino, eglistesso vi parteciperà… ed in fondo la sua sa-lute è ot tima e ci tiene a farlo sapere.

La “leggenda” riferisce in toni edificantidi un Mo ns. Ron calli del tutto ignaro di unasua possibile elezione, col solo pensiero, nelfare le valigie per il Conclave, di torna re a

Venezia, ove lascia in attesa del ritorno, peril quale ha già il bigliett o, impo rta nti docu-menti… (15). Non c’è motivo di negare quelletestimonianze secondo le quali il Patr iarca sidiceva certo di ritorna re ben presto a casa:ma no n sempre quel che si dice lo si pensa!

Anche la stampa, fino alla vigilia delConclave, ignorava la candidat ura di R on-calli. “Nessuno de i giorna li - att esta G iulioA ndre otti - parlava in quell’otto bre 1958 diuna candidatura di Ron calli. Quan do il suonome venne fuori a seguito della conversa-zione di un cardinale stran iero con l’arcive-

scovo Montini, gli informatissimi sottovaluta-rono l’ipotesi facendo anzi dell’ironia circa lacarriera diplomatica del Roncalli (…)” (16).

Se il profano non sapeva, altri, invece, sa-pevano già tutto d a temp o, anche lo stessoCard . Roncalli. Parlando con R oncalli, se neaccorsero, ad esemp io, G allarat i Scotti e lostesso A ndreot ti. Tommaso G allarati Scotti,già capofila del modernismo milanese, buonamico di Montini (ed anche di Roncalli, vistoche poteva perm ettersi di parlare con lui diun futu ro Co nclave e d el suo esito, nel giu-gno del 1958) fu colpito dalle allusioni che gli

faceva il suo interlocutore. R oncalli “nonescluse l'ipotesi della sua elezione” (17) quan-do, si noti bene, Pio XII era ancora vivo.

Quando R oncalli parla con A ndreotti, PioXII è morto, ed il (per poco ancora) Patriarcaè orma i chiarissimo. “Che (…) sarebbe statolui il nuovo Papa, lo compre si nettamente lamattina dell'inizio del C onclave, poche or eprima che il Cardinale si trasferisse dallaDomus Mariæ sull'Aurelia, al Vaticano. La se-ra precedente - racconta ancora A ndreotti -Mons. Capovilla mi aveva te lefonato che ilPatr iarca voleva vedermi”. L'uo mo politicoitaliano r icorda allora i suoi rapporti pa ssaticol Roncalli e l' amicizia di quest'u ltimo, di cuiabbiamo già riferito, col modernista Buo-naiuti. Infine, ritorna al suo colloquio colPatriarca. Fu quest'ultimo a voler parlare delConclave: « “Lei” disse Roncalli “non mi par-la del chiacchericcio di questi giorni. È veroche tutti noi diciamo: a me no, a me no. Ma suqualcuno queste frecce dello Spirito Santo de-vono pur cadere… (…) Ho ricevuto un mes-saggio di augurio dal generale D e G aulle, maquesto no n vuol dire affatto che in tal sensovotino i cardinali francesi. So che vorrebberoeleggere Montini e sarebbe certo ottimo; manon è possibile superare la tradizione di sce-gliere tra i Cardinali…” ». Roncalli sapeva poiche alcuni volevano eleggere il Cardinale a r-

meno A gagianian, che in effetti ebbe moltivoti. Roncalli demolì allora gli argomenti infavore di una candidatura “orientale”. Ecco ilcommento d i Andr eotti: « Avevo ascoltatocon stupore e con un certo imbarazzo questaaperta dichiarazione del Patriarca con un rife-rimento anche troppo chiaro alla candidaturaAgagianian. Compresi allora che Roncalli erasicuro di uscir Papa dal conclave. E se avessiavuto ancora qualche esitazione mi caddequando accompagnandomi alla porta mi disse:“Ci vedremo presto, a Priscilla o altrove”. Fuicosì in grado d i fare u na splendida figura sia

all'ambasciata di Spagna, dove andai a cola-zione; sia con l' editore della mia Concretezza.Inviai infatti quella sera a Milano una sola fo-tografia per la copert ina, quella di A ngeloGiuseppe R oncalli. Rispetto a Paese Sera chesi disse teneva pronti trentasei clichés, si trat-tava di un bel successo » (18).

Prima dell ' incontro con Andreotti ,Mons. Roncalli aveva scritto due lette re, unaal vescovo di Bergamo, Mons. GiuseppePiazzi, il 23 ottobr e, l 'altr a al vescovo diFaenza Giusepp e Bat taglia, il 24. Al primo,annunciò “la nuova Pentecoste” che verrà

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“nel rinnovame nto d el capo”. Poi aggiunse:“poco impor ta che il nuovo Pap a sia berga-masco [come lui! n.d.r.] o non b ergamasco”.

Infine, amm icca: “E ccellenza lei mi com-prende”. “Sua eccellenza ha sicuramente ca-pito tutto” commenta Hebblethwaite ( 19).

Nella lette ra a l vescovo di Faenza, diocesiin cui era incardinato il nipote don Bat tistaRoncalli, il Patriarca, scrisse pr oprio per vie-tare severamente la venuta del suo parente aRo ma durante quei giorni. Da rebbe un' im-pressione sgradevole di nepotismo! Ma, dopol'elezione chiaramente annunciata (“Quandosentiste dire che ho dovuto cedere al volodello Spirito Santo, espresso dalle volontàriunite…”) (19) allora il nipote po trà venire aRoma… per felicitare lo zio. Per il momento,raccomandò R oncalli “di tutto qu esto, natu-ralmente acqua in bocca” ( 19).

Come faceva, il Nostro, ad essere così cer-to d ella sua elezione? Se si esclude lo spiritodi profezia (in gener e, lo abb iamo visto, nonne azzeccava una) bisogna pensare che avesseprecise assicurazioni al riguardo. Senza dub-bio pesò sulle sue speranze (o certezze) l'esitopositivo della sua “campagna e lettorale”.Certo, egli scrisse (a proposito dell'onor e delPontificato) , nel suo diario “I l giornale dell'a-nima”, “di poter dire di nu lla aver fatto pe rprovocarlo, proprio n ulla; anzi con studio ac-

curato e cosciente di non fornire alcun richia-mo sulla mia persona” (20). Dopo aver letto latestimonianza di Andreott i c'è da trasecolaree da chiedersi se il futuro Giovanni XXIII so-spetta sse che un giorno il suo diario sarebbestato letto e pub blicato! He bblethwaite, persalvare la sincerità d el suo ero e, precisa che“lui stesso però non applica queste sue paroleche al Conclave. Nel periodo del preconclave,anche lui come gli altri si dà da fare ” ( 20).Roncalli poteva dunque aver fatto i suoi con-ti, ed essersi reso conto che i suoi eletto ri era-no ta nti, tra i quali molti che, sapen do ben e

quel che facevano, lo considera vano la mi-glior preparazione al pontificato, per ora im-possibile, di Montini. Ritorneremo su questoaspetto. Prima però occorre p arlare di una“predizione” ben più antica e misteriosa.

L'enigma Bardet

Che Roncalli fosse certo di essere eletto,lo dice anche Wilton Wynn, ma ammette cheper lui “è difficile capire perché (…) fosse fi-ducioso che la scelta sarebbe caduta propriosu di lui” (21). Forse una spiegazione c’è…

A gosto 1954. Un t al Jean-Gaston Bardetscrive al Pat riarca R oncalli allora in villeg-giatura al paese natale di Sotto i l Monte.

“Non solo pred ice che lui diventerà pa pa,ma divina anche il nome che sceglierà quan -do sarà eletto” (22).

Mons. Roncalli gli risponde in da ta 26agosto. Non cred e al Barde t, che è “vittimadi un’allucinazione grave e pericolosa”Tutta via la n otizia do vette far colpo, poichépur r ifiutan do la “pr ofezia” R oncalli si mo-stra agitato: “Dur ante a lcune settiman e, ciòfu per me un tormen to a tal punto che nonpotevo p ensare a d altro. Ma siccome, la suaanima, a quanto vedo, è in gran ferment o, horiunito le mie preghiere in una fervente pre-ghiera e ho ora il coraggio di farla pa rtecipeapertamente del dubbio penoso che ha assa-lito il mio cuore per qualche tem po” ( 22). «Ma Bardet non è d isposto a lasciarsi mette-re alla po rta così facilmen te. Viene a Ve-nezia dove incontra R oncalli, gli ripete lesue pre dizioni e gli dice, secondo C apovilla,che il suo pont ificato sarà contrassegnato da“interventi dottr inali e da riforme”. Le pre-dizioni di Bardet tor mentano ancora R on-calli nel genn aio 1955. Vi fa riferimen to inuna lettera a sua sorella Maria: “Qualchematt o fran cese, che ha le r ivelazioni e ladopp ia visione, mi ha per sino detto il nome

che prenderò quando mi faranno papa .Matti, matti, tutti quanti. Io penso a morireinvece. Ho il mio programma d i buon lavoroqui per questo anno, per l’anno prossimo an-che, nel V centen ario di S. Loren zo Giu-stiniani, che fu il primo Patriarca diVenezia” (let tere a lla famiglia, 8.1.1955).

Così mette da part e come un folle, senzacomplimenti, Bardet. Ma un piccolo dubb iolancinante, nondimeno, continua a restare » ( 22).

E secondo H ebblethwaite, ancora nel1958 « Roncalli non ha d imenticato le curio-se “allucinazioni” di Gaston Bar det » ( 23). Al

punto che ora sa di essere il prossimo Papa.Tutto ciò è molto curioso. Di matti ce nesono ta nti. Negli ambien ti religiosi, tant issi-mi. Ed i matti amano scrivere, in genere, allepersone importan ti. Stupisce per tanto cheun cardinale, pur giudicando “matto” i lBard et, si turbi tant o e finisca per r iceverloin Patr iarcato. Stupisce ancora di più che e-gli anche ci azzecchi nella sua profezia.

Si può ragionevolmente ipot izzare cheBar det sapesse, nel 1954, che R oncalli sa-rebb e stato elett o o che, almeno, era candi-dato d esignato da q ualche gruppo di pres-

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sione a succedere a Pio XII per operare“riforme” nella Chiesa.

Ma chi era appunto, Jean-Gaston Bardet?

Secondo u n mio corrispondente, era un notomassone. Certo, se lo era, era della tendenzadell’esoter ismo cristiano, come lo testimonia-no i titoli dei libri da lui scritti, elencati in unalettera della vedova Bardet alla rivista fran-cese “ L ecture et Tradition” (24) alla quale ri-sponde, sulle medesime pagine, EtienneCouvert. Secondo il Couvert , studioso de llognosticismo, i libri di Bardet “sono impregna-ti di quella gnosi che denuncio nelle mie ope-re”, il suo insegnamento “è evidentemen tecontrar io alla Fede cristiana, anche se ha pen-sato e scritto il contrario…” ( 24).

È la pista aperta, dunq ue, per future ri-cerche che smentiscano o confermino le pos-sibili illazioni. Certo è che non è la pr imavolta, come abbiamo visto, che il nome diRoncalli può essere avvicinato a que llo de llaMassoneria o di ambienti ad essa vicini.

Roncalli prepara Montini

Che ci fosse o no un piano per far elegge-re R oncalli, è certo comunque che quest’ul-timo avrebb e voluto Mo ns. Montini sul so-glio di P ietro. E siccome egli non pot eva, difatto, essere eletto, poiché Pio XI I gli aveva

negato la Porpora cardinalizia escludendolodal Conclave, Mons. Ron calli doveva prepa-rargli la strada. Di questo egli era conscio.

De ll'antica amicizia tra i due ho già par -lato nelle puntate pre cedenti (25). Ad esso irapport i si stringono. « Mont ini -scrive Heb-blethwaite - diventa sempre più il suo confi-dente romano. I due si scrivono con frequen-za. Nella loro corrisponden za si trova unalettera di Ro ncalli , del giorno di Pasqua1954, che no n fu mai spedita , la cui bru ttacopia è stata tutta via accuratamente conser-vata. Secondo Capovilla la missiva non ven -

ne mai spedita perché era trop po autorivela-trice » (26). Addirittura, si può parlare di “di-pendenza” di uno dall’altro: “durante tu ttoquesto per iodo Ro ncalli diventa sempre piùdipend ente d a Mont ini, il suo amico altolo-cato” (27). Ma “l’amico altolocato ” deve su-bire, pochi mesi dop o, la dur a pro va di cuiabbiamo già parlato ( 28). « “Nel novembre1954 capita un avveniment o che lascia scon-certato Roncalli: il suo amico GiovanniBattista Montini all’improvviso viene dimes-so dalle sue funzioni alla Segreteria di Statoe inviato in esilio: viene nominato a rcivesco-

vo di Milano. Si tratt a, evidentement e di un“grande on ore”. Ma a dirla con franchezzaquesta n omina significa che Mo ntini viene

messo alla porta dalla Curia Ro mana dop otren t’anni d’inten sa att ività nei suoi uffici.Non si può dire che a Milano Mon tini va a“conseguire l’esperien za pastora le di cui a-vrà bisogno per diventare Papa” dal momen-to che non si pensa affatto a n ominarlo car-dinale, sebbe ne fosse questa la t radizioneper l’antica e p restigiosa sede amb rosiana.Arcivescovo di Milano, eccolo l’incarico sco-raggiante per qualcuno la cui salute è fragilee che non h a mai diretto una diocesi, e amaggior ragione una d iocesi così vasta ecomplessa. Perché Pio XII h a preso qu estadecisione? Cosa significa questo?

Roncalli apprende la notizia della nominadi Montini il 3 novembre 1954. In quel giornosi trova a pa rtecipare a una riunione di cardi-nali e arcivescovi a Pompei. Il giorno d opo,festa di san Car lo Borro meo, la novità è didominio pub blico. Capovilla così descrive lareazione di R oncalli: “R oncalli rimase inter-detto tra l’esultanza perché Montini entr avanella successione non solo di Schuster, ma disant’A mbro gio, di san Ca rlo e de l cardinaleFerrari, e il dispiacere di vederlo allontanarsida Roma e dal servizio immediato del Papa” .

Sulla strada di ritorno a Venezia R oncalli

si ferma a R oma e va a trovare Montini. NotaCapovilla: “Assistetti, all’inizio e al congedodi quell’incontro, rimanendo colpito da lla ie-ratica figura del neo metropolita lombardo.Nella sua abitazione c’era già aria di parten-za, con una sottile venatura di mestizia”.

È vero che la perdita della Curia roman ava a b eneficio di Milano, ma ciò che lasciaperp lesso R oncalli è il fatto di non capireperché, ne lla sua vecchiaia Pio XII si prividel suo collaboratore più valido. Roncalli faosservare a Cap ovilla: “E ade sso, dove tro-veranno uno che sappia redigere una lettera,

un documento come sapeva fare lui?”. Tuttoquesto nasconde un losco intrigo.La letter a di congratulazioni di Ro ncalli

lascia traspar ire la sua sorpr esa. Fin da l suoarrivo a Venezia, Capovilla ha sottolineatoche le relazioni tra questi “d ue e cclesiastici[…] travalicano i confini pro tocollari” e chevivevano la loro amicizia ”con pru den za ediscrezione” » (29). Montini è in (parziale) di-sgrazia, ma Roncalli non lo abbandona; anzi,punta tutto su di lui nel 1955, « “in risposta auna do manda rivoltagli durante una riunio-ne d i universitari all’isola di San Giorgio, ri-

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sponde: “Se monsignor Montini fosse cardi-nale, non avrei alcuna esitazione circa il votoda da rgli nell’eventualità di un Conclave per

la successione a Pio XII”.Più tar di, due suoi cugini, G iovanni eCandida Roncalli, di Milano vanno a tro var-lo al pat riarcato. Dice ai suoi ospiti: “Vedeteun poco cos’è accaduto all’Angelino delBatt ista R oncalli, lavorat ore d ei campi: Pa-triarca di Venezia e Cardinale di SantaRom ana Chiesa. Adesso non gli resterebbeche diventare papa; ma questo non è possibi-le, perché il prossimo papa sarà il vostro ar-civecovo” [cioè Montini] » (30). Anche padreTanzella ci conferma come R oncalli fosse co-sciente del suo ruolo di Precursore del

“Messia” Mon tini: « Per lui il successore diPio XII sarebbe stat o l'ar civescovo di Mila-no, Mons. Giovanni Battista Mo ntini. Tantoè vero che, trovandosi a Pompei ne l 1956 perla Conferenza Episcopale Italiana, sia ilCard inale Patriarca R oncalli che l'arcivesco-vo Montini, il Roncalli con gesto d i profondaumiltà, insis tette per dare p recedenza alMontini. Più tardi glielo fecero osservare. Laprecedenza era la sua perché Cardinale ePatriarca. Al che il Roncalli rispose:“L'a rcivescovo di Milano merita queste at-tenzioni, un giorno sarà Papa”. Sì, un giorno

anche il Montini diventerà Papa e sarà PaoloVI, ma prima verrà un Papa G iovanni, Pas-tor et N auta, pastore e n avigante che spin-

gerà la Chiesa al largo, a que ll'aggiornamen-to che già presentiva nei segni dei tempi, puressendo ancora Pa triarca di Venezia » (31).

In vista di un Papa Montini, la prima tap-pa er a du nque l’elezione d i Mons. R oncalli,sufficentemente vecchio per lasciargli prestoil posto. La seconda t appa, era la nominacardinalizia del medesimo. Fu questo, il pri-mo atto di Giovanni XXIII, i l quale dirà:“Mont ini, il primo frutto del nostro pontifi-cato” (32).

Infine, si tratta va di apr irgli le vie allasuccessione. A rriverà, al punto, il 31 maggio1963, di designar lo ai cardina li dal suo lettodi morte: “A mio avviso, sarà il cardinalMontini; su di lui dovrebber o convergere ivoti del sacro collegio” (33).

Non si sarà limitato, G iovanni XXIII, a“tene re caldo ” il posto a Montini. Nei pochianni del suo governo avrà già messo in prati-ca quello “che divente rà il suo slogan ed ilsuo mar chio”: l’aggiornamento. Ci aveva av-vertito, era il suo p rogramma, già l’otto otto-bre 1957 (lettera pastorale) ( 34).

Alla luce di questi fatti, le parole che PioXII avrebbe pronunciato all’ambasciatore diFrancia in Vaticano, ci sembrano pr ofetiche:

“Dopo d i me, il diluvio” (35).

Note

1) JEA N CHÉLINI , L’Eglise sous Pie XI I , ed. Fayard1989, vol. II pa g. 519 e not a 4.

2) CHÉLINI , op. cit., pag. 509.3) Sul card. Bea , cfr. la biografia ad oper a del suo

collaborator e e segreta rio Padr e Steijpan Schmitt S.J. Sitratta di un'ope ra molto documentata, che tende a pre-sentare il card. Bea sotto un aspetto a bbastanza “tradi-zionale”. Si deve per ò al Bea, a d esempio, se Mons.Bugnini, artefice della riforma liturgica, aveva libero ac-cesso presso Pio XII ma lato. Cfr. “Sodalitium ”, n. 11

pag. 11; ed A NNIBALE BU G N I N I , La riforma liturgica[1948-1975] CLV Edizioni L iturgiche 1983, pa g. 22.

4) A N T O N I O SPI N O SA , Pio X II l’ultimo Papa,

Mondado ri editor e Milano 1992, pag. 342.5) CHÉLINI, op. cit., pag. 513-514; SPINOSA op. cit .,

pag. 344.6) Preghiera “ Anim a Christi” posta all’inizio degli

Esercizi Spirituali di S. Ignazio.7) Cfr. CHÉLINI op. cit., pag. 521-523.8) A NTONIO SPINOSA, op. cit ., pag. 342-343.9) PE T E R H E B B L E T H WA I T E , Giovanni X X III, i l

Papa del Concilio, ed. R usconi 1889, pag. 350.10) H EBBLETHWAITE , op. cit., pag. 342. Citato da

LORIS CAPOVILLA , Ite M issa est, ed. Messaggero Padovae G rafica ed A rte, Bergamo 1983, pag. 53.

 Mons. Roncalli in Piazz a S. Pietro per i funerali di Pio X II 

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11) H EBBLETHWAITE, op. cit., pag. 357.12) Cfr. H EBBLETHWAITE, op. cit., pag. 380.13) H EBBLETHWAITE , op. cit., pag. 381. Come giudi-

cava in realtà Giovanni XXIII il suo predecessore? Si cu-

rava di non contrariarlo (H EBBLETHWAITE, pag. 349) e dinon dispiacergli ma non lo amava, illudendosi che questosuo servilismo fosse virtù. Padre Innocenzo Colosio O.P.,( in  Rassegna di A scetica e M istica, Agosto Settembre1975 anno XX VI n . 3, pag. 244), nar ra come l’alloraNunzio a Par igi (siamo nel 1950), pur essendo contra rio(a ra gione) a lla nuova versione del salterio voluta da P ioXII, osservasse che non bisognava dirlo al Papa, pe r nondispiacergli. Dissentiva, ma non lo dava a vedere…“Giovanni XXIII - prosegue Padre Colosio - non credevaaffatto alla santità di Pio X II, come r iferiva un’autorevo-lissimo membro della soppressa congregazione d el S.Uffizio, il quale aggiungeva che quand o G iovanni scen-deva nelle grotte Vaticane a far visita alla tomba del suopredecessore, diceva ostentatamente il De Profundis , perfar capire alla gente che non lo considerava canonizzabile

e così frenare l’incipiente movimento che già si profilava.Il Pap a stesso gli spiegò il significato della sua pr eghieraper il defunto” (ibidem pag. 246).

Libero Giovanni XXIII di non credere alla santitàdi Pio XII. Certo però che pregare… per manifestarepubblicamente tale sua opinione non dimostra né caritàné affetto pe r il defunto Pontefice.

14)  Lettere alla fam iglia; a cura di E M A NU E L E E

MARCO RONCALLI , Rusconi 1989. lettera del 22/10/1953citata da H EBBLETHWAITE op. cit., pag. 340.

15) Cfr. A N D R E A LA Z Z A R I N I , Jean XXXIII, ed .Salvator Mulhause 1959, pag. 132;

TERESIO BOSCO, Papa Giovanni, Sei Torino 1983,pag. 136; LE O N E A LGISI , Giovanni X XI II , M A R I E T T I

TORINO 1959, pag. 284-285; G ABRIELE CARRARA , Papa

Giovann i, in terra come in cielo, Velar Bergamo 1984,pag. 104; R E N Z O A L L E G R I  Il Papa che ha cambiato ilmondo, Reverdito ed. G ardarolo di Trento 1988, riferi-sce la versione (pag. 163) ma non ci crede (pag. 164).

16) G IULIO A NDREOTTI, A ogni morte di Papa. I pa- pi che ho conosciuto, Biblioteca universale Rizzoli 1982,pag. 65-66.

17) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 380.18) G IULIO A NDREOTTI, op. cit., pag.72-73.19) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 394.20) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 386.21) W ILTON WYN N, Custod i del regno, Frassinelli

1989, pag. 22.22) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 355-356.23) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 380.24)  L ecture et Tradition . Bulletin litté raire, con-

trerévolutionnaire. B.P.1. 86190 Chiré-en-Montreuil- n.179 janvier 1992. pp. 21-24. La signor a Ba rde t, con lasua lettera, intende va difendere l’ortodossia del maritoda poco de funto (il suo ultimo libro è de l 1989).

25)Cfr Sodalitium n. 24, pag. 9; n. 25, pag. 23 - Su unadivergenza fra i due vedi invece: Sodalitium n. 26, pag. 3-4.26) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 348.27) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 352.28) Sodalitium , n. 31, pag. 24.29) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 357-358.30) H E B B L E T H WA I T E , op. cit., pag. 359, che cita:

 L ettere alla famiglia, op. cit ., pag. 40.31) PAOLO TANZELLA s.c.j. Papa Giovanni, ed. De-

honiane 1973, pag. 212.32) MA L A C H I MA R T I N ,   I Gesuiti, Sugarco ed.

Milano, ed. Italiana 1988, pag. 312.33) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 706.34) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 374.35) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 385.

33

LA CÀBA LA (1)

di don Cu rzio N itoglia

PROLOGO

La Storia uma na è composta sostanzial-mente da d ue correnti di pensiero cui tutte

le altre sono r iconducibili come muta zioniaccidentali.La prima è LA TRA DIZ IONE CATTO-

LICA, rivelata da Dio ad Adamo ai Pa-triarchi ed a Mosè, conservata e tram andatadall'antica Sinagoga mosaica, (vera Chiesa diDio nell'A ntico Testamento) e de nominataanche CÀBALA VER A perché non perver-tita dai R abbini e da i Farisei. La seconda èLA CÀBALA FALSA e SPUR IA o GNO SI,che trae origine dalla CÀBALA VER A ePU RA (o Tradizione cattolica), essa fu per-vertita in seguito dalla malizia dell'uomo ten-

tato da Lucifero; il “ Non serviam ” e l'“ Eritissicut dii” costituiscono infatti il cuor e dellaGNO SI o CÀBALA SPURIA .

LA TRADIZIONE CATTOLICA s ifonda sull'e ssere, su ciò che è immut abile,sull'atto.

La CABA LA SPU RI A invece, si basasul divenire, sul mutamento, sull'evoluzionee sul mito del progresso all'infinito: Dio p er-ciò non è , ma si fa o diviene.

Da qui nasce L 'OPPOSIZIONE “PER

DIAMETRUM” DI DU E MODI D I VITA:quello cattolico, che è contemplativo, per cuil'uomo mediante l'intelletto e la volontà cer-ca di conoscere ed amare D io, e quello caba-listico-gnostico, che è sopra ttu tto m agico,pratico e tecnico.

Il mondo odierno, quasi completamentecabalizzato, ha reso l' uomo schiavo e “m ec-canico”, soltanto inten to a d agire, a fare, adaffannarsi per pro durre, e del tu tto incapacedi contemplare con amore l'A tto puro (chepoi, come ci ricorda Nostro Signore nel Van-gelo, è “ l'unica cosa necessaria”, alla quale

La questione ebraica

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va subordinat a ogni attività pra tica che, senon de ve essere disprezzata, non deve nep-pure avere il primato nella gerarchia dei va-

lori della vita umana) .Con la CÀBALA SPURIA (rabbinico-farisaica) la creatura (come già Lucifero) hala presunzione di farsi eguale a D io con ilproprio sforzo e mediante un a tecnica (gno-sis).Non è D io che salva gratu itament e, persua pura misericordia, ma è l'uo mo che è ilperfezioname nto e il punto ome ga verso ilquale “dio” tende panteisticamente. LACÀBA LA SPUR IA si basa sulle tre concu-piscenze: l'amo re disordinato dei piacerisensibili, dei beni per ituri e m ater iali, e di sestessi. LA TR AD IZIO NE CATTOLICA in-vece si fonda sullo spirito de i Consigli evan-gelici: amore della sofferenza, distacco daibeni di questo m ondo e disprezzo di se stessiaccettando i propr i limiti, per essere solleva-ti da Dio a pa rtecipare de lla sua vita intimae divina in maniera finita, quale conviene aduna creat ura, mediante la grazia santificanteche è “semen gloriae”.

S. Agostino ci insegna che “La Città d iSatana è formata d a coloro che amano sestessi fino a disprezzare D io; la Città di D ioal contrario da coloro che per amor di D iodisprezzano se stessi”.

Sta a n oi fare la scelta: di quale città vo-

gliamo far parte? A quale Tradizione voglia-mo aderire, a quella luciferina o a quella cri-stiana?

LA TRADIZIONE CATTOLICA E LATRADIZIONE CABALISTICA

Dio, tramite la R ivelazione, ha trasmessoall'umanità, fin dal primo uomo, la Verità suimisteri della sua vita intima (cf. SummaTeologica II -II, q.2, a.7).

Però la R ivelazione orale primord iale co-municata da Dio ad Adamo fu deformata e

falsificata dalla ribellione e dalla malizia del-l'uomo.«Purtroppo DALLA TRAD IZIO NE O-

RA LE G IU DAI CA (...), sotto l'istigazionedello spiri to del male, PRE SE O RIG INEUNA TRADIZIONE SPURIA, quel laGN OSTICO CABA LISTICA (...). Si parteda un “dio” indeter minato... contenente in séi contrari (...male e bene...) che diviene mon-do ed uomo. L'uo mo, nella concezione gno-stico-cabalistica, sarebbe il culmine del pro-cesso emanativo dell'universo» (J.MEINVIELLE, Influsso dello gnosticismo ebrai-

co in am biente cristiano , a cura di d. En nioInno centi, titolo originale dell'oper a: DallaCàbala al progressismo, Roma 1988, p. 14).

Per la Tradizione vera (cattolica), l'uomo,con un at to di Fede o di sicuro assenso del-l'intelletto all'insegnamen to di D io, può co-noscere i misteri che Dio ha voluto rivelare,ment re, per la falsa Tradizione gnostico-ca-balistica, l'uom o non si conforma e non ade-risce alla rea ltà ma la elabora e la costruisce,mediante un sistema soggettivo e fantasioso,in cui il mondo e “dio” sono la stessa cosa (ilPanteismo).

LA TRA DIZIONE CATTOLICA

A damo riceve la R ivelazione d ei Misteridivini da D io stesso, come a fferma S. Tom-maso: «... In principio Dio parlava coi primiuomini allo stesso modo con cui parla con gliAngeli...» (Summa Teologica II - II , q.2, a.7).

Nell'a rticolo sul De icidio si è visto cheprima del Peccato O riginale A damo ebbeconoscenza esplicita dell'Incarn azione delVerbo e della SS. Trinità ( cf. S. T. II - II, q .2,a.7); con lui quindi inizia la VER A TRA DI-ZIO NE, che propone all'uomo le verità na-turali e sopran natur ali necessarie per la sal-vezza. Questa TRA DIZ IONE fu comunica-ta all 'uomo in tre diverse “economie”: 1ª)

T R A D I Z I O N E P R I M O R D I A L E ( A d a -mo). 2 ª) TRAD IZIONE ORA LE SCRIT-TA , O LEG GE MOSA ICA ( 1280 a. C.). 3ª)T R A D I Z I O N E E VA N G E L I C A O L E G -GE NU OVA.

L'ANTICA CÀBALA D EI GIUDEI

Il popolo eletto, perciò, prima ancoradella Legge scritta di Mosè (1280 a. C.), pos-sedeva una TRAD IZIONE PRIMORDIA-LE O RA LE, che fu poi affidata ad un corpospeciale di 70 dottor i, posti sotto l'auto rità

suprema di Mosè e dei suoi successori (iSommi Sacerdoti).La Tradizione della SINAGO GA AN TI-

CA E VER ACE si divideva in due rami: ILTALMU D (non ancora corrotto) che - comeuna sor ta d i teologia mora le - fissando il si-gnificato della Legge scritta, definiva ciò cheera pe rmesso, obbligator io o illecito e LaCÀBALA (non ancora corrotta) che costi-tuiva l'insegnamento dogmatico e mistico etrattava della natura di Dio, dei suoi attribu-ti e che, come teologia speculativa e domma-tica dell'A ntica Legge, passando oralme nte

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di generazione in gener azione, dava il signi-ficato spirituale di ciò che Mosè avrebbe poimesso per scritto.

DEFINIZIONE DELLA CÀBALA

La Càba la è una scienza “acroamatica” oesoter ica, aggett ivo che qualifica ogni scien-za segreta p resso gli ant ichi, che s'insegnavaai soli iniziati. L'aggettivo oppo sto è essote-rico o exoterico: al di fuori, pubblico, non se-greto. L'aggettivo “acroamat ico” o esote ricodesigna per ciò o gni scienza misteriosa chebisogna spiegare a viva voce e che non sipuò imparare sui libri.

La Càbala non ancora pervertita dell'ant i-ca Sinagoga mosaica non ripudiata da D io [fi-no al G iovedì Santo] trattava della natur a diD io dei suoi attribut i, «dell'Incarnazione edella Trinità; ciò è attestat o...anche d a moltiRabbini che si sono convertiti al cristianesi-mo leggendo la Càbala [verace]. (...) Q uesta èla CÀBALA A NTICA E VE RA , che distin-guiamo.. . dalla CÀBALA MOD ER NA,FALSA, condannabile e condannata dalla S.Sede, opera di Rabbini, che hanno egualmen-te falsificato e snatu rato la Tradizione talmu-dica. I dottori della Sinagoga la fanno risalirea Mosè, ammettendo ne l tempo stesso che leprincipali verità che conteneva eran o cono-

sciute, tramite R ivelazione o rale di D io, daiprimi Patriarchi» (P.L.B. D RACH, De l'harmo-nie entre l'Eglise et la Sinagogue, Paul Mellieredit ., Paris 1844, op. cit ., tomo 1°, pagg. XIII,XXVII).

È ut ile a questo punto leggere quantoscrive sull'affermarsi accanto a quella vera diuna Càba la nuova e falsata dai Rabbini e daiFarisei, il Rabb ino convertito Dr ach: «[vi è]una CÀBA LA VER A e senza miscugli, ches'insegnava oralmente [ed in privato, tra dot -tori soltanto] NELLA SINAGOG A ANTI-CA, IL CUI CARATTER E È francamente

CR ISTIA NO [annunziava cioè Cristo comeseconda Pe rsona d ella SS. trinità e comeVerbo Incarnato e R edento re crocifisso]. Viè una SECO NDA CÀBALA , falsa, PIE NADI SUPER STIZIONI R IDICOLE e che sioccupa anche di magia e di medicina...QUALE È DIVENTATA NELLE MANIDEI R ABBINI [FARISEI E SADD UCEI]DE LLA SINAGOG A INFED ELE [dopo ilG iovedì Santo]... Una p arte n otevole dellaTradizione il cui deposito era stato confidatoalla Sinagoga antica, consisteva nelle spiega-zioni mistiche, allegoriche e anagogiche del

Testo sacro; in breve tutto ciò che laTrad izione insegnava sul ...mondo spiritua le(...). Que sta dottr ina orale, che è la Càb ala

[distinta dal Talmud che è la “secondaLegge”, data or alment e a Mosè sul Sinai, ilcui testo è la Misnà e il cui comment o sichiama Gemarà] aveva per oggetto le più su-blimi verità di Fede, che ricondu ceva inces-santemente al Redentore promesso. (...).

Vi è questa differenza tra Talmud eCàbala, benché confinino talmente da r en-dere difficile assegnare loro limiti precisi; ILTA LMUD si l imita generalmente a CI ÒCHE CO NCERNE LA PRATICA esterio-re , L 'ESECUZIONE mater ia le DELLALEGG E MOSAICA; LA CÀBALA comeTEOLO GIA SPECULATIVA, MISTICA,TRATTA D ELLA PARTE SPIRITUALEDE LLA RE LIGIONE. (...).

A l ritorno dalla cattività bab ilonese [538a. C.] il profeta E sdra, vedendo che le cala-mità della nazione po tevano condurre al-l'oblio completo della Tradizione cabalistica,...mise per iscritto questa Tradizione - per or-dine di D io - in settanta volumi, ma questi li-bri non e rano r esi pubblici (…).

Il caratter e che distingue essenzialmentela Legge A ntica dalla Nuo va, è che la pr imaaveva un insegnamento segreto che venivanascosto al semplice popolo, ma che doveva

poi essere pr edicato pu bblicamente a tutti ifedeli solo coll'Avvento del Messia (....)SOT-TO L'ECONO MIA DEL NUOVO TESTA-MENTO, L'ULTIMO DE I FED ELI È INI-ZIATO ALLE PIÙ SUBLIMI VERITÀDE LLA RE LIGIO NE [l'insegnamento eso-terico era lecito e voluto da Dio SOLTANTOPER UN CERTO TEMPO, vale a dire finoall'Avvento d i Gesù Cristo. Con il cristianesi-mo, ciò che era insegnato privatament e tradottor i, per paur a che il popolo ebreo ancoraimperfetto non cadesse nel po liteismo, dove-va essere predicato pubb licamente a tut ti i fe-

deli. Si vede perciò come per la veraRe ligione l'esoter ismo è conda nnab ile ed i-nammissibile, Dio lo aveva permesso soltantoper pr eservare dall'idolatria il popolo ebreoancora rozzo ndr] (...) Questa Tradizione [ca-balistica e ta lmudica] del popo lo di Dio, cheera prima del cristianesimo il solo depositariodella vera Fede, era tu tta cristiana [annuncia-va Gesù Cristo, seconda Persona della Trinità,Redentore del genere umano ndr].Sventura tamente l'antica e buona Càbala si èpersa in parte.... Verso gli ultimi tempi dell'e-sistenza di G erusalemme, il culto dei giudei

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volse verso il Fariseismo che invase quasi tut-ta la Sinagoga. I presuntuosi Farisei soffoca-rono... la pura Legge di Dio [corruppero sia il

Talmud che la Càbala] con le loro arguzie e leloro vane sott igliezze donde risultava questamassa d' osservanze minuziose... che ritrovia-mo nelle pratiche superstiziose dellaSinagoga at tuale. Il cuore si inaridiva e diven-tava estraneo al culto che ben presto sarebbeconsistito solo nel compimento degli atti este-riori e mat eriali. (...) In questo stat o di cosetutta l'atten zione de i dottori si portava sullateologia talmudica [morale] che esisteva solooralmente e non ancora per iscritto. La teolo-gia speculativa o mistica [Càbala]... - in ragio-ne d ella sua forte te ndenza cristiana - (...)cadde nel discredito, quando i Farisei comin-ciarono ad opporsi alla dottrina predicata daNostro Signore G esù Cristo....E fin d'allora laCàbala subì la stessa sorte toccata allaTradizione talmudica, fu corrotta . Essa era di-ventata 'aceto di vino'.

(...) Dopo la dispersione dei giudei [130 d.C.], quando i Rabbini si trovarono a contattocoi filosofi delle altre nazioni, ripresero gustoalla speculazione filosofica e ritornarono allaCàbala. R isuscitando que sta scienza, che do-vettero ricreare“ex novo” in gran parte, vi in-tro dussero... qualcosa d elle filosofie grecheed or ientali, sistemi opposti tra loro e soprat-

tutto incompatibili colla Rivelazione mosai-ca. Questa è la CÀBALA MOD ER NA, nel-la quale i R abbini hanno... maldestramenteintrodo tto de lle formule equivoche prese inprestito sia al materialismo di certa filosofiagreca, sia al panteismo indiano ed anche allaFede nell'unità di un D io personale, separatodall'universo per essenza.

(...) Sembra che l'antica e vera Càbala, cheè stata in gran parte persa, fosse assai vasta, epotesse ben fornire la materia dei settanta vo-lumi d'E sdra, poiché i resti che sono stati con-servati sono ancora assai numer osi, e forni-

scono abbondantemente delle prove in favoredi tutti i principali articoli della Fede cattolica,di modo che si può con molto vantaggio com-battere gli ebrei coi loro propri libri.

(...)Ma q ui ci si presenta una q uestione.Come possiamo riconoscere i resti dellaCàb ala ant ica e vera ce [cristiana] in mezzoalle aggiunte rab biniche in cui si sono pe rsi?(...) La regola è questa... OGNI VOLTACHE UN PASSAGGIO ESPRIME, INTERMINI CHIAR I ED ESPLICITI , UNARTICOLO DE LLA FEDE CATTOLI-CA, negata dai giudei [che non hanno accol-

to G esù Cristo come Messia ]... POTE TEESSER E CERTI CH E QU ESTO PASSAG-GIO NON È STATO FABBRICATO DAI

RA BBINI. Ed aggiungiamo che SE QU E-STO PASSAGGIO È SOLTANTO SU-SCETTIBILE DI U NA INTERPRE TA-ZIO NE CRISTIANA [senza annunciareCristo esplicitamente e chiaramente], LO SIP U Ò A C C E T T A R E A N C O R A C O M EAUT ENTI CO; poiché i R abbini... sapevanoperfettamente ciò che li divideva dal cristia-nesimo, ed avrebbero evitato con cura ogniequivoco (...). Non dobbiamo perciò stupircise lo studio di questa scienza ha condotto ungran num ero d i giudei ad abb racciare il cri-stianesimo. Infatti, a meno di fare violenza altesto d ei preziosi pezzi che ci resta no de llaCÀBALA ANTICA , bisogna convenire cheIL DOGMA CRISTIANO VI È PRO FES-SATO COSÌ CHIA RA MENTE, COMENEI PAD RI D ELLA CH IESA. I Rabbinise ne sono accorti bene, ed hanno preso tut-te le misure possibili per allontanare i giudeidallo studio della Càb ala perché essa avreb-be potu to scuotere la “fede” di coloro chenon erano molto fermi (dicevano loro)»(P.C.B., DRACH , op. cit ., tomo II, pagg. XIII -XXVII).

In br eve, come insegna un grande stud io-so dell'ebraismo, Gougenot des Mousseaux:

«Esistono due Càbale (...)La CÀ BALA AN TICA : la Sinagogapossedeva prima a ncora d ei libri di Mosèuna Tradizione orale che serviva come “ani-ma del corpo d ella lettera”. ( . . . ) QuestaTrad izione della Sinagoga an tica si dividevain due rami: uno pubblico ed era laTrad izione Talmudica... che fissava il signifi-cato della Legge scritta. Il secondo ramo erala parte misteriosa e sublime dellaTradizione orale. Essa formava la Tradizionecabalistica o CÀ BALA .

(...) Noi la distinguiamo con molta atten-

zione dalla CÀBALA MOD ER NA, FAL-SA, opera dei R abbini che hanno egualmen-te falsificato la Trad izione talmud ica. (...) Sedunque la PRIMA CÀBALA O LA PIÙA N T I C A T R A D I Z I O N E R E L I G I O S ADEL MONDO, È D 'O RDINE D IVINO,LA SECONDA CÀBALA È DEMONIA-CA( ...). Q uesta seconda Càbala sotto l'egi-da dei Templari minacciò il mondo intero e...s'è r ifugiata nelle dot trine e nei riti... dellaMassoner ia. (...) Così possiamo afferma reche la seconda Càbala dei giudei... racchiudeessa sola nel suo seno tutt e le società segre-

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te... Esiste u na scienza... che dà agli uominiche la prendono come regola una poten zasovrana che li rend e padr oni degli element i

inferior i, questa scienza è la magia, di cui laseconda Càbala è i l dogma» (G O U G E N O T

D ES MOUSSEAUX ,  L e judaisme et la judaisa-tion des peuples chretiens, Paris 1869, HenryPlon editeur, pp. 509 - 525).

Per ma ggior completezza riporto quantoscrive il Rabbino Drach convertitosi alCattolicesimo.

IL TALMUD

«Talmud... (ap prende re, insegnare) , è untermine ebraico rabb inico, che significa dot-trina , stud io. D esigna più specificament e ilgran corpo d i dottrina d ei giudei, al qualehan no lavorat o successivament e, in epochediverse, i dottor i più accreditati d' Israele. Èil codice complet o, civile e r eligioso, dellaSinagoga. Il suo oggett o è spiegare la Leggedi Mosè conformemen te allo spirito dellaTradizione orale.

PARTI INTEGRANTI DEL TALMUD

«Il Talmud è diviso in MISCH NÀ chia-mata comunemen te MISNÀ ... che è il testo[messo per iscritto nel 190 d. C. circa ndr ], e

la GEMARÀ.., che è i l commento dellaMisnà (o t esto). La Gemar à (a sua volta) sidivide in GEMAR À DI G ERUSALEMMEe GEMAR À D I BABILIONIA.

La Misnà (dalla radice... ripetere)..., signi-fica ripetizione della Legge, seconda Legge,quella che, secondo i R abbini, Dio ha insegna-to ora lmente a Mosè sul monte Sinai, dopo a-vergli dato la Legge scritta, chiamata Torà.

Gemarà (dalla radice perfezionare...) signi-fica... suppleme nto, complement o, dottrina.Sotto il nome di Torà, i R abbini designanospesso la sola Gemarà [commento della

Misnà]. Essi chiamano spesso nei loro libri laGe marà di Babilonia e quella di Gerusalem-me, Talmud babilonese e gerosolomitano.

(...) Qu alsiasi codice scritto [Torà ] è ne-cessariamente accompagnato da tradizioni...sul modo d i intenderlo e d ap plicarlo [Misnào seconda Legge orale], perché la letter a nu-da sareb be in balìa dei pregiudizi, del capric-cio, delle passioni [come il libero esame lute-ran o], ed invece di servire da vincolo di u-nità..., diverrebbe un oggetto di discordia. Ilpopolo si scindereb be in sétte (...). Così oltrela Legge scritta, detta ta, dalla prima par ola

del Genesi fino all'u ltima del D euter ono-mio, a Mosè sul Sinai, ...il popolo di Dio ave-va una seconda Legge... una Legge orale, chesi tra smett eva di bocca in bocca (...). Il suo

oggetto era di stabilire il significato dellaBibbia... e di pre servare dall'oblio i precettidivini non scritti, poiché la Sinagoga, sia do-po la sua riprovazione [Giovedì Santo], siaquando e ra ancora la Chiesa di Dio, non èmai stata...“protestante”.

(...) La Scrittura ci insegna che Mosè,...salì sul Sinai, ove rimase qua rant a giorni...al termine d ei quali ricevette le tavole deldecalogo.

Il Talmud (Trattato Berahhot , fol. 5 recto)dice che (in qu el tempo) Mosè imparava daDio la spiegazione e lo sviluppo della Leggescritta; vale a dire apprese la Legge ora le chela Tradizione fu poi incaricata d i tramandaredi generazione in gene razione fino alla finedel mondo. (...) Fin dai tempi più antichi, nonsi poteva intaccare in nulla la Tradizione, poi-ché se nasceva una disputa tra i dottor i, subitola causa era portata, di grado in grado, fin da-vanti alla grande assemblea di G erusalemme,chiamata... il Sinedr io. Essa era composta dasettanta dottori della Legge, senza contare il“nâci”... capo, presidente, visto come il legitti-mo successore dell'autorità spirituale di Mosè[il Sommo Sacerdote]. (...) Il D eutero nomio

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Una pagina del Talmud; in mezzo la Misnà e la Gemarà

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XVII , 8 ss. contiene u no d ei passaggi più im-portanti in favore della sottomissione dovutaall'autorità spirituale, la quale risiede nel cor-

po docente della Chiesa, depositaria dellaTradizione, ed in primo luogo, nel capo supre-mo del Sacerdozio sulla terra, giudice infallibi-le della dottrina divina [il Papa].

(...) A nche i Padr i della Chiesa ci parlanodella Tradizione or ale de lla Sinagoga. S.Ilario dice: “Oltre la Legge scritta, Mosè in-segnò separat amente i misteri più segretidella Legge ai settant a saggi... questa è ladottr ina tradizionale” (tract. in II Ps., ed. desben edictins, p.28). In bre ve il Pen tat euco...non sarebbe che una lettera mort a, una spe-cie di indice dei pre cetti re ligiosi, e no i nonpossiamo conoscere il significato de lla Leggescritta che mediante la Legge orale.

La nostra Santa madre Chiesa, che ha rac-colto l'er edità della Sinagoga [mosaica], ciprop one anch'essa, degli... articoli di Fede,fondat i unicamente sulla Trad izione, e di cuila Scrittura non p arla in nessun luogo. Eccoperché S. Paolo scrive: “ Restate saldi... e con-servate le tradizioni che vi sono state insegnate,sia a VIVA VO CE , sia per iscritto” (II Tess. 2,14). (...) E il precetto (d 'obbedire a lla decisio-ne del capo “ pro tempore” della Religione) èimportantissimo, poiché la Torà ci è stata dataper iscritto, e sappiamo b ene che le opinioni

variano quando b isogna ragionare [ed inter-pretarla]. Le dispute si moltiplicherebbero,sia per spiegare il significato de lla lettera deltesto, sia per trar ne de lle deduzioni; e così laTorà diverrebbe chissà quante “Torà”.

La Legge vanifica ogni contesa ordinandodi obbedire al gran tribunale, che si trova da-vanti a D io nel luogo che Lui stesso ha scelto(un a volta Geru salemme, città santa, alloracapitale della R eligione; ora Roma, urbe san-ta, capitale del mondo cristiano) , in tut to ciòche ci ordina ( ...). Ed a nche qua ndo ci sem-brasse che quest' Autorità s'inganni, non è le-

cito a nessun uom o privato d i seguire la suaopinione; poiché ciò sareb be la ro vina d ellaReligione, un soggetto di divisione nel popoloe la dissoluzione della nazione intera.

I PAD RI DELLA CHIESA E LA TRAD I-ZIONE GIUDA ICA

«L'esistenza... della Legge ora le tradizio-nale de lla Sinagoga [mosaica], non era igno-rata dai Padr i... della Chiesa dei pr imi tempi,benché la Gema rà non fosse stata ancoramessa per iscritto.

S. Ep ifanio parla a lungo... delle tr adizio-ni falsificate dai Farisei, mentre S. Ilario par-la della buo na e vera Tradizione, ... posta in

mano dei dot tori seduti sulla Catted ra diMosè. S. Agostino scrive: “Oltre le Scritturedella Legge e dei Profeti, i giudei hanno cer-te tra dizioni che imparano a memor ia senzascriverle, e che si trasmetton o l'un l'altro o -ralmente. È ciò che essi chiamano D euter osio Legge orale” (C. Adv., tomo X, p. 696, ed.di Venezia, in 4°)»

REDAZIONE DELLA MISNÀ O TRADI-ZIONE ORALE

«Toccato dallo stato deplor evole deglistudi sacri della sua nazione, dispersa defini-tivamente dopo la sconfitta cruenta( ...), sot-to il regno dell'Imperato re A driano (130 d.C), che cacciò gli ebrei dalla Giudea ; consi-derand o inoltre che i dotto ri della Legge, uc-cisi in gran copia dai R omani, diventavanosempre più rari, e già allora erano ap penasufficienti per conservar e... la conoscenzadella Legge orale; Rabbi Giuda si determinò(. . . ) di mettere per iscrit to tutta la Tra-dizione... Tale raccolta fu chiamata Misnà...Purt roppo o ltre le buone tradizioni, che delresto non vi sono tutte, vi si ammisero moltedelle trad izioni false ed altera te da i Farisei.

Alcune di tali “tradizioni” erano dirette con-tro il Cristianesimo. (...)La r edazione della Misnà, secondo l'o pi-

nione p iù pro babile, data... verso il 190 del-l'era cristiana. È scritta in ebr aico pu ro e fa-cile da capirsi.

SUPPLEMENTI O COMMENTI ORALIDELLA MISNÀ

«La Misnà, redatta in uno stile conciso ezeppo di definizioni, non er a alla portat a ditutt i i lettori. Rab bi Giuda passò il resto del-

la sua vita a spiegarla oralmente. In seguito,diversi dei suoi discepoli, (i tanaiti), scrisserodei libri col fine di colmare le lacune lasciatenell 'ope ra del maestro e di sviluppa re ciòche non era stato espresso chiaramente. (...)

ORIGINE DELLA GEMARÀ O COM-MENTO DELLA MISNÀ, MESSO PERISCRITTO

«Qualche anno dopo la morte di RabbiGiud a e dei suoi discepoli diretti (i tana iti),cominciò una nuova serie di dotto ri della

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Legge mosaica, chiamati 'emoraini' (dispu-tant i). Essi spiegavano e sviluppavano, in le-zioni pubbliche, tutti i passaggi difficili della

Misnà . I loro insegnament i sono stati raccol-ti nella GEMAR À.

LA GEMARÀ DI GERUSALEMME(279 D.C.)

«La prima r accolta di questa specie fu...La G emarà di Ger usalemme, compilazionedovuta a Ra bbi Yohhanan, figlio di Elieser,che la terminò , secondo il calcolo più proba-bile, nel 279 dell'er a cristiana. (...) Q uestaGem arà è dett a di Gerusalemme, perché fuscritta in G iudea, specialmente per l'uso deigiudei che abitavan o nella Terr a santa. (...)La G emarà di G erusalemme, dall'epoca del-la sua nascita fino ai nostri giorni, non hamai avuto un gran successo tra i giudei. (...)Sia a causa della sua insufficienza, sia perchétroppo o scura e scritta in un a lingua difficile,quasi incompren sibile per i giudei che vive-vano allora fuori della Terra santa.

LA GEMARÀ DI BABILONIA (PRIMIDEL VI SEC. D. C. )

«Sono probabi lmente i d i fe t t i de l laGemar à di G erusalemme, che hanno spinto

diversi Rabb ini di Babilonia, ove si tro va-vano i do tto ri più saggi, ... a ra ccogliere u naltro comm ento sulla Misnà, più chiaro, piùesteso, più dettagliato. Rabbi Asschi aiuta-to da Rabbi A biha... eseguì questo grandelavoro, . . . uno degli scopi principali diR abbi A sschi era di dare delle spiegazioniallegoriche di d iversi passaggi della SacraScrit tur a. . . È qu esta. . . part e che ha fattodel Talmud, come un' opera che racchiudeun gran numer o di strane zze, di fantasie, ri-dicole, di indecenze rivoltant i, sopra ttut todi bestemmie or ribili contro t utto ciò che

la Re ligione cristiana h a di più sacro. (...)La G emarà di Babi lonia fu compiuta , . ..circa nei primi an ni del V I sec. d. C.... Fusubito accettata da tut to Israele. È questocorpo di diritto canonico, religioso e civileassieme, che re gola fino ad o ggi la condott adei giudei att accati alla loro fede erro nea.(...) Le tradizioni conten ute n el Talmud (oGemarà) - t ranne le fa lse , proprie deiFarisei - risalgono a lla più alta ant ichità. ...Mosè è la testa e il primo anello della cate-na della Tradizione ora le [talmudica].RAPPORTI TRA MISNÀ E GEMARÀ

«Rabb i Giuda ha posto nella composizio-ne della Misnà un certo spirito di critica per la

scelta de lla tradizioni; mentre gli autor i dellaGemarà hanno mischiato un po' tutto senzadiscernimento. (...) Il cristianesimo, diventa todopo la morte d i Rabbi G iuda la Religionedominante dell'Impero R omano, a causa deisuoi successi, eccitava contro di sé la collera el'invidia dei Farisei... e li spingeva ad a lterareancor d i più le tra dizioni vere d ella Sinagoga[mosaica] ed a supporne ed inventarne anchedelle false, con lo scopo d i perpet uare l'od ioche animava già fin troppo i Farisei contro icristiani. Nella Gemarà [di Babilonia, inizioVI sec. d. C.], vi sono almeno cento p assaggiche attaccano la memor ia del nostro adorabi-le Salvatore, la purezza più che angelica dellaMadon na, ... il carat tere mora le dei cristiani,che il Talmud ra ppresentava come dediti aivizi più abominevoli. Vi si trovano dei passag-gi che dichiarano che i precett i della giustizia,dell'equità, della carità verso il prossimo, nonsoltanto non sono app licabili ai cristiani, masarebber o un p eccato se lo fossero. (Talmud,trat tato Aboda-Zara, fol. 13 verso, fol. 20 rec-to; trattato Baba-Kamma, fol. 29 verso).Nella Misnà invece, si riscontra no app enaquat tro-cinque di questi passaggi empi, ... e simantiene una certa misura nelle espressioni.

Nella edizione del Talmud che P roben,edito re d i Basilea, fece nel 1581, i censoriMarcus Ma rinus, Italus Brixiensis, Pet rusCavallerius, soppressero i principali passaggiche abbiamo citati. (...) Ma qualche temp odopo, i giudei ristabilirono, in un' edizionepubb licata a Cr acovia, tutt e le soppressionioper ate a Ba silea. Tutta via avendo qu estipassaggi reintegrati sollevato l'indignazionedegli ebra izzant i cristiani, il sinodo giude o,riunito in Polonia n el 1631, ne pr escrisse lacancellazione nelle edizioni da farsi in futuro, in tali termini: “Vi ingiungiamo, sotto p ena

di scomu nica maggiore, ... di non sta mpa renulla nelle ed izioni futu re, sia della Misnà,sia della Gema rà, che abbia rappor to, in be-ne o in male, agli atti di G esù di Nazaret h...Vi esortiamo p erciò a lasciare in bianco... ipassaggi che trat tano di Ge sù il Nazareno, edi mette re al loro posto un cerchio..., che av-vertirà i R abbini... d'insegnare ai giovani talicose a viva voce soltanto. G razie a tale p re-cauzione, gli studiosi (cristiani) non avrannopiù alcun pr ete sto di att accarci” ». (P.L.B.DRACH, op. cit ., tomo primo, pp.149 - 168).PERVERTIMENTO D ELLA CÀBALA

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GIUDAICA

«La schiavitù de l popolo eletto in Egitto

(1300 a. C.) e la schiavitù a Babilonia (586 a.C. circa) (2) , provocarono, nel seno diIsraele, un' immen sa perturbazione e LATRAD IZIONE CABALISTICA ORTO-DO SSA FINÌ COL CADE RE NELL 'O -BLIO. Più tard i, quando i tem pi si compiro-no, la colpevolezza dei dott ori della Sina-goga consistett e... nella gelosa cura che sipreser o... di nasconde re al pop olo la chiavedella scienza o l' esposizione tradizionale deiLibri santi, per la quale Israele avrebbe rico-nosciuto il Messia.

Verso gli ultimi tempi di Ge rusalemm e(150 - 100 a. C.) il culto fu invaso... dalFariseismo. L'attenzione dei dottori si rivol-se, pertant o, alla te ologia talmudica... LaTradizione talmud ica a llora... snaturata nellasua part e e ssenziale, ricevette l' impuro mi-scuglio delle fantasie rabbiniche...». (J.MEINVIELLE , , op. cit ., Roma 1988, pp. 21-22).

DA MOSÈ (1300 a. C.) A LLACATTIVITÀ BA BILONESE (586 a. C.):SATANA CONTRO IL DOGMA D EL-L'UNICO VERO DIO

Vediamo cosa ci dice a questo r iguardo

un altro Rabbino convertito al cristianesimoe diventat o sacerdot e, il Can onico Mons.Augustin Léman n: «Si dice... che la vocazio-ne del popolo ebreo può essere paragonata aquella del prete, ... È infatti per insegnare laVerità religiosa, ed amministrare le cose san-te... che il popolo ebr eo era stato eletto pr o-prio come il sacerdote.

La prima missione d'Israele consistevanel conservare e comunicare la Verità reli-giosa... la Fede nel D io unico e creatore delcielo e della ter ra. ...La sua seconda missio-ne... consisteva nel consegnare, nell'“ammi-

nistrare” il Messia al mon do. (...) È control'una e l'altra missione che il diavolo invidio-so ed omicida dirigerà i suoi attacchi. Ma lofarà da serpente, con un' abile tattica.

...Dal Sinai (1380 a. C.) alla distruzione delprimo tempio (586 a. C.), tutta l'azione diabo-lica s'è concentrata... contro la Fede in un Diounico e creatore. Satana ha pe rseguito un so-lo fine: neutralizzare la missione di luce confi-data a l popolo ebreo, spingendolo verso l'er-rore dell'idolatria. La Fede spegnendosi pres-so Israele, doveva spegnersi nel mond o inte-ro. [Per ottene re ciò] SATANA SI ER A

SERVITO DELLE ATTRATTIVE SE-DUTTRICI DELL'IDOLATRIA STESSAche sono: innnanzitutto una SCIENZ A O C-

CU LTA, che sembrava do ver soddisfare lacuriosità innata dell 'uomo. Essa non era...che... un mostruoso miscuglio d'idee e di pra-tiche strane, spesso diaboliche, (...) laRivelazione mosaica doveva sembrare nuda,fredda e sterile, rispetto alle brillanti promes-se della conoscenza dei segreti della natura edell'avvenire, che questa scienza occulta p re-tendeva scoprire. La Legge di Mosè risponde-va ben poco all'inquieta curiosità dell'uomo.

Ment re il culto stab ilito da M osè consi-steva nella pre ghiera e nel sacrificio dell'al-tare, l'idolatr ia si prestava alle vane r icerchedello spirito u mano, alle prat iche p iù dispa-rate e più superstiziose. (...)

Un' altra attratt iva dell' idolatria era laSODD ISFAZ IONE DE I SENSI (. .. ) . Esi-stevano dunque per la natura dep ravata del-l'uomo d ei lati purtro ppo seducenti, nel pa-ganesimo orientale. Or a, ...nel sangue delpopo lo ebreo, ribollivano t utti gli ardo ri...questo popolo amava con furore tutt o ciòche allett a i sensi... I mezzi impiegati da l dia-volo contro il primo oggett o della missionedi questo popo lo, la conservazione e propa -gazione de lla Fede in un D io unico e creat o-re, erano veramente temibili.

Jahvè, che aveva fatto t ant i miracoli performar si un po polo, e che vegliava come unPadre sul duplice oggetto della sua missione...s'era preoccupato di PREVENIR E e di PRE-MUN IR E il suo popo lo contro le macchina-zioni di Satana. L' aveva prevenuto, con delleesortazioni reiterate e solenni: “ Non serviretedegli dèi stranieri” (D eut. VI, 14). Lo avevapremunito in più modi: innanzitutto isolando-lo dalle altre nazioni (...). Non content o di a-ver separato fisicament e Israele dal resto delmondo, D io... l'aveva anche separato m oral-mente mediante una legislazione religiosa,

politica e civile (...). Tutto... nella legislazionemosaica, tendeva a questo fine capitale: ...ri-cordare al popolo il Dio creatore ed unico.

A tutte queste pr ecauzioni divine, biso-gna aggiungere ancora la voce incessante deiPro feti... che duran te più secoli, si sussegui-rono per r isvegliare la coscienza del popo lo,condannare l'idolatria, proclamare il Dio u-nico... Il popolo elet to si trovava così forte-mente a rmato per r esistere vittoriosamenteagli assalti che l' inferno gli avrebbe dato. Etuttavia fu Satana che vinse!

Ecco le grandi linee della lotta: furono

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innanzitutto le dieci tribù del regno scismati-co d'Isra ele (al nord, con Samaria capitale)che soccomb ett ero ( 722 a. C.)... L'idolatr ia

era stata posta dal re Ger oboamo a lla basestessa del nuovo regno. (...) Tutti i red' Israele, successori di Geroboamo, avevanoimitato e mantenuto questa idolatria, duran-te un per iodo di 252 anni (...).

Un a delle conseguenze inevitabili di que-sto stato di cose eran o state le alleanze fre-quent i con i re idolatri dell'E gitto, di Tiro, diSidone, della Siria ed Assiria, alleanze che a-vevano sviluppato ancor di più l'idolatr ia in-trod ucendo in Israele le forme più varie dipoliteismo.

(...) A rrivò l'ultimo giorno di Samaria incui Dio la con segnò ai suoi nem ici (722 a.C.)... Samaria fu distrutta... e i suoi abitanti uc-cisi. ...Coloro che erano sfuggiti al castigo, fu-rono cacciati da Dio fuori della Terra santacome dei profani, ...per vivere nell'Assiria sen-za sacrifici e culto pubblico. Fu così che finì ilRegno d'Israele, che era durato circa 200 annidopo lo scisma di G eroboamo (935 a. C.).

La tatt ica di Satana aveva incontrato piùdifficoltà e resistenza ne l regno d i Giuda [re-gno del sud, con capitale G erusalemme].R iguardo all'idolatria i suoi re possono esse-re divisi in tre classi:

1ª. Quelli che la respinsero, restando p ie-

namente fedeli al vero Dio.2ª. Quelli che proibiro no il culto degli i-doli, ma lo lasciarono sussistere nei “luoghi-alti”. ...Satana... manteneva questa negligen-za colpevole, sapendo b ene do ve avrebbeport ato. In effetti due dei sei re negligenti,...caddero poi ne ll'idolatria.

3ª. Quelli che furono idolatri.(...) I nfine, il funesto esempio dato [dai re

idolatri] deviò tut to il popolo e l'idolatria di-venne così generale anche nel regno diGiuda . (...) Il piano di Satana sembrava esse-re riuscito contro il regno di Giuda, come

era riuscito cont ro quello d' Israele... Ma... ladistruzione (586 a. C.) fu il castigo dell'idola-tria anche nel regno di G iuda. Sotto la spadadi Nabucodonosor... tutto er a stato distrut-to... il Tempio stesso. La cat tività bab iloneseera cominciata e sarebbe dur ata circa 50 an-ni [fino al 538 a. C.].

Tutt avia, la giustizia vendicatr ice di D iodoveva essere, rispetto al regno di Giuda, tem-perata dalla misericordia, ciò che non era av-venuto per il regno d' Israele. Infatti Giuda,benché prevaricatore, era stato meno colpevo-le d'I sraele. (...) La terra stessa del regno d i

Giuda, durante i 50 anni di cattività, si dovràpurificare (secondo i disegni di Dio) dai pecca-ti che i giudei vi avevano commesso. (...) E per

dimostrare bene che l'esilio di Giuda era sol-tanto un castigo tempora neo, dal quale si sa-rebbe usciti, Dio farà sì che nessuno dei popolivicini alla Terra promessa, venisse a stabilirvi-si. (...) Questa condotta di Dio faceva abort irein parte il piano d i Satana. ...Satana speravache in ragione del suo peccato, la tribù diGiuda... cessasse d'esistere, come le dieci tribùd'I sraele, d'essere il popolo di Dio ( ...). La mi-sericordia di Dio ingannò e vinse l'astuzia dia-bolica. Nel suo esilio la tribù di Giuda, ritorna-ta al Signore nel dolore e nel pentimento, è di-ventata grazie ai suoi grandi profeti, Ezechielee Daniele, … l'araldo della Verità religiosa an-che in mezzo ai suoi vincitori idolatri. (...) Lanobile tribù ritorna [dall'esilio] per essere dinuovo, ...come un faro di luce e preparare cosìle vie e l'Avvento del Messia.

DOPO IL RITORNO DALLACATTIVITÀ BABILONESE (516 a. C. cir-ca): SATANA ATTACCA IL DOGMA DICRISTO REDENTORE

«È un fatto impressionante che a partiredal ritorn o da lla cattività bab ilonese [538 a.C.], qua ttr o secoli circa prima dell'er a cri-

stiana, l'idolatria cessa del tutto nella fami-glia d'I sraele. Sembra q uasi di trovarsi da-vanti ad un pop olo nuovo. ( .. .) O ramai i lmonoteismo è inscritto indelebilmente nellacoscienza del pop olo ebr eo. (...) D iversecause possono spiegare questo cambiam en-to... O ltre la scuola della sventura ne ll'esilio,vi è un' altra causa: la modificazione apporta-ta da Satana al suo piano d'at tacco. Presen-tend o l'avvicinarsi della venuta de l Messia,Satana d ecide di modificare la sua tat tica...Or amai non è più il dogma dell'unità di Dioche sarà l 'oggetto dei suoi attacchi, ma

l 'Avvento di Cristo. ( . .. )L 'antico dem onedell'idolatria... è stato scacciato mediante lasofferenza dell'esilio... Ritornando alla Terraprom essa, il popo lo eletto sarà più fedeleper un certo tempo... Sventuratame nte que-sto stato prospero non du rerà a lungo, infattiSatana p ieno di collera per essere stato scac-ciato... ritornerà all'attacco con un altro pia-no... È contr o G esù “Colui che deve schiac-ciargli la testa” che prep ara l 'assalto. (.. .)L'a zione infernale... dura nte qu attr o secoli,lavora senza po sa a falsare negli spiriti deigiudei l 'annuncio e la vera nozione del

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Cristo. ...Satana sapeva che il Cristo sarebbestato Re dentore; che avrebbe fondato sullaterra un regno speciale; ...che era designato...

come Figlio di Dio.È per rapporto a questi tre punti cheSatana ricorrerà alle tenebre per corromperli....Tutta via Satana ignora va che il Cristo sa-rebbe stato sofferen te (S.T. III , q.44, a. 1, ad 2- I, q. 57, a. 5, ad 1 - q. 64 a. 1, ad 4)....Ignorava come si sarebbe compiutal'Incarnazione: come il Figlio di D io avrebbepotuto essere a ssieme D io e uomo. ...Infine i-gnorava anche in che modo si sareb be com-piuta la R edenzione. (...) In qu esto stato d' i-gnoranza l'idea che il principe delle tenebre sifaceva dell 'Incarnazione er a que lla di unMessia-re, re terr estre, re guerriero, re con-quistatore, sovrano, dominatore. ...Così, diret-to dal suo orgoglio, Satana non r iusciva ad ac-cordare... le profezie relative alle sofferenze diCristo con quelle relative alle sue grand ezze....Si fermava a qu este ultime e concludeva:quando il Figlio di Dio verrà in questo mondoper combatter mi, non potr à essere che in unappara to di grandezza e di potenza. ...Questaidea d' un Me ssia guerriero... sarà..., l'er roreche Satana comunicherà al p opolo giudeo.(...) P rima di constatare l'infiltrazione di que-ste prime tenebre, è important e domandar sise la Sinagoga docente aveva la possibilità di

scorgerle ed allontanarle. La risposta è a ffer-mativa. Primo: la Sinagoga sapeva... che se ilCristo era descritto sotto le apparenze di unguerriero, era perché all'origine, immediata-mente dopo il Peccato O riginale, era statopromesso come “Colui che avrebbe schiaccia-to la testa del serpente” (...). Secondo: laSinagoga aveva la possibilità d 'evitare l'erro reproveniente da l diavolo, infatti il testo stessodelle profezie (mal interpret ate da Satana )gliene dava i mezzi. In effetti queste profeziecontene vano (accanto alle descrizioni su untono guerriero) degli avvertimenti, degli indi-

zi, delle espressioni che avevano per fine di ri-cordare che la Redenzione del Messia, le suelotte, le sue vittorie si sarebbero effettuatenell'ord ine spirituale (...). Se il Messia è d e-scritto n elle profezie come colui che po rta laspada, essa è per la verità, la mansuetudine, lagiustizia (...). Se è Re e Dominatore... lo è intanto che Padre dell'eternità, Principe pacifi-co... certe espressioni di queste profezie indi-cavano ai dott ori della Legge che l'appar atoguerriero d escritto p er il Cristo non d ovevaessere preso alla lettera...

Terzo: la Sinagoga aveva la p ossibilità di

sottrar si alle tenebr e di Satan a, infatti altreprofezie, ...annunciavano, chiaramente, che ilCristo sarebbe stato un Principe pacifico...

Q uar to: la Sinagoga aveva la possibilitàd'evitare le tenebre, in quanto altre profezieannunciavano non solo un Cristo dolce e pa-cifico, ma anche un Cristo sofferente e conse-gnato alla morte. ...Era quindi nell'ordine spi-rituale e mora le, per la R edenzione delle ani-me, che dovevano compiersi, tutte le vitto-rie... annunciate come proprie del Cristo. (...)La contraddizione apparente tra le grandezzeda una parte e le umiliazioni dall'altra spari-va: il Cristo sarà guer riero, conquistat ore etrionfatore, perché, per il merito della sua lot-ta contro Satan a, e mediante le sue sofferen-ze, strapperà al peccato e all'Inferno le animee le genera zioni che gemevano sotto il giogoinfernale. (...) Tutt avia bisogna riconoscereche questi due tipi di profezie... potevano su-scitar e negli spiriti un certo imba razzo. Perpoco... che si diment icasse che er a cont ro...Satana che la rivincita del Messia era statapredet ta, si rischiava, propr io come Satanastesso, di lasciarsi soggiogare dalle descrizionidei trionfi del Messia... e dalla lettera di talipro fezie, e quindi di non essere capaci di ac-cordarle con quelle relative alle umiliazioni ealle soffere nze di Cristo. In tale imba razzo,risiedeva - per u n per messo divino - la prova

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Una pagina della Càbala, ricca di simbo li e significatiesoterici da un'edizione del X VII sec.

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della Fede. G li spiriti umili... leggendo da unaparte che Cristo doveva soffrire e dall'altrache sarebbe stato vincitore, ...sapranno alme-

no astenersi da ogni presunzione... e creden-do fermamente sia alle sofferenze, sia alle vit-torie, egualmente predette, attenderanno conconfidenza e pazienza la venuta del Cristo, af-finché l' oscurità si dissipi e l'accordo delleprofezie divenga chiaro ed intelligibile per lo-ro. Non è così per Satana. Gonfio di orgoglioe pe rsuaso che, per un avversario come lui, ilFiglio di Dio non può che presentarsi armatodi potenza, è con un Cristo guerriero che pen-sa di combat tere. (...)

La Sinagoga fu prem unita ancor d i più,contro l'error e del Cristo guerriero, dopo ilritorno dalla cattività, mediante gli insegna-ment i degli ultimi profeti che il Signore, ne l-la sua attent a Provvidenza, riservava primadell'avvento di Cristo.

Qu esti ultimi Profeti sono stati A ggeo,Z accaria [520 a. C.] e Malachia [432 a. C.].A i loro o racoli messianici dovevano aggiun-gersi diversi passaggi profetici dei due librisapienziali dell' Ecclesiastico [II sec. a. C.] edella Sapienza [150 a. C.], che annunciavanoegualmente un Cristo sofferente.

LA SINAGOGA POCO A POCO È IN-VASA DALLE TENEBRE

« “ Diabolus m alus L egis interpres” (S.Cipriano, H om., 3, ex var.). Privo di ogni lucesoprannaturale, ma sempre spinto dall'orgo-glio... Satana, quand o deve ricorrere allaSacra Scrittura, ne a busa (...). L'esegesi sata-nica è inficiata di applicazioni erronee, di ag-giunte arbitrarie, di soppressioni audaci.Ebbene, È COMUNICANDO AI DO TTO-RI DE LLA SINAGOGA QUESTO MOD ODI INTERPRETARE LA SCRITTURA ,CHE SATANA CONTRIBUIRÀ A STABI-LIRE NEL SENO DE L POPOLO EBREO

L'ER ROR E DE L MESSIA CONQU ISTA-TORE (... ). SAR À CO SÌ CHE U N GRA NNUMERO DI R ABBINI E SCRIBI, ISPI-RATI DA SATANA, CAMBIERA NNO ECORROMPERANNO LE PIÙ IMPOR-TANTI PRO FEZ IE MESSIANICH E. Nonsarà più il Cristo dei Profeti l'oggetto delle lo-ro attenzioni, ma un Cristo... sfigurato.

Oltre all'azione di Satana, contribuirannoall'introduzione e al consolidarsi delle t ene-bre circa il Cristo R edentore, l'azione umanae gli avveniment i politici.

L 'A ZIO NE UMA NA: “. .. I GIU DE I...

COMINCIARONO... non tanto a dimentica-re il Dio dei loro padri, quanto A MISCH IA-RE ALLA RELIGIONE DE LLE SUPER-

STIZIO NI IND EG NE... Sotto il regno degliA smonei, tra i giudei si affermò la setta d eiFarisei... che presero u n pot ere assoluto sulpopolo; divennero gli arbitri della dottrina edella Religione, e portar ono a po co a pocoverso pr atiche supe rstiziose... I giudei [cor-rott i così da questa setta presuntu osa]... di-menticarono che solo la bontà di Dio li avevaseparat i dagli altri popoli e pensarono che lagrazia di D io fosse un lor o diritto”. (B O S-SUET, Discorso sopra la storia universale, par-te I I, cap. 17). Rigonfi d' orgoglio, comincia-rono a credere di essere i soli degni dei bene-fici del Messia. Il Messia solo per loro!Questa presunzione sarebbe stata il loro pri-mo passo verso la regione delle tenebre.

Anche degli AVVENIME NTI PO LITI-CI ve li spinsero ancor più, contribuendo aradicarli nell'idea di un Messia non solo e-sclusivo [pe r i soli giudei] ma an che guer rie-ro e conquistatore. Tali avveniment i furonoL 'ASSOGG ETTAMENTO DE LLA GIU-DEA AI RO MANI e L 'AVVENTO DE L-L ' I D U M E O E R O D E S U L T R O N O D IDAVID... È per ciò successo che, mal guidat ida influenze occulte e satan iche, i lette ratigiudei anteriori o posteriori all'era cristiana,

hanno... sostituito le pr ofezie che concerne-vano il primo Avvento del Messia [che tr ion-fa grazie al dolore ] con quelle che concerne-vano il secondo Avvento [quand o verrà allafine del mondo glorioso e trionfante] .

LA SINAGOGA E IL DOGMA D ELLASS. TRINITÀ

«Satana si sforzerà di snaturar e la no zio-ne di Figlio di D io pre sso coloro che tra gliebrei ne avevano la nozione esatta (i“ Majores”). (...) Perfido nelle sue insinuazio-

ni Satana farà atte nzione a non far cancella-re dalla Bibbia il titolo di “Figlio di Dio” cheè dato al Messia; ma pur facendovelo resta-re... lo farà spiegare in una tal maniera che lanatur a divina non dovrà essere assolutamen-te attribuita al Messia atteso. (...) NellaBibbia il nome “Figlio di Dio”, ha due sensi:primo, in senso largo... esprime la qualità difiglio adot tivo di D io. (...) Secondo, in sensostrett o significa una filiazione na turale, con-sustanziale, ed è quella che i Libri santi attri-buivano al Messia, che sarà D io per natu ra.(. .. ) Ora , ISTIGATI DA L DI AVOLO... I

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SACERDO TI E I SAGGI DE LLA SINA-GOG A ( . ..) AFFERMERA NNO CHE ILTITOLO “FIGLIO DI D IO” ATTRIBUI-

TO A L MESSIA... DEVE ESSER E INTE-SO NEL SENSO LAR GO, DER IVATO,METAFO RICO, esprimendo la qualità didiscepolo, protet to, favorito, adotta to [daDio]. IL MESSIA SAR À PE RCIÒ FIG LIODI D IO, NON PER NATURA , MA SOL-TANTO PER ADOZIONE. Dopo ave rscelto questo piano, Satana lo farà realizzaredai mae stri più illustri in Israele e dai suoidotto ri più autor izzati... La Sinagoga t rovavanella Scrittura ste ssa, degli insegnamenti in-dicatori per evitare che la trappola di Satanascattasse. Infatti... la parola “Elohim”, Dio(essere forte, essere pot ente) n on è mai co-municata alle creatur e, angeli, principi, giu-sti... che al p lurale..., ment re il singolare“E loha”... resta riservato per il solo vero D ioe per il Messia.

(...) Ora come mai succeder à che i giudeinon accetteranno il Cristo e lo condanneran-no a morte? E cco la risposta che l'autore dellibro della Sapienza... mette sulla bocca deisuoi carn efici: “Facciamo cad ere il Giu stonelle nostre trappole... Poiché assicura che hala scienza di Dio, si chiama il Figlio di Dio, siglorifica d'avere Dio p er Padre... Se è vera-mente Figlio di D io, Dio lo d ifenderà” (Sap.,

II, 12 - 18).Segretamente diretti da Satana, i dottoridella Sinagoga, sposter anno lo sguardo datutte queste indicazioni e non vedendo chedelle applicazioni metafor iche nei ter minipro fetici di Dio e Figlio di D io, app licati alMessia, Gli negheranno ogni partecipazionealla natura divina.

(...) Riassumendo, nei secoli che precedo-no l'Avvento d i Gesù Cristo, le tene bre - o-pera di Satana - sono venute ad interpor sitra i passaggi biblici che a nnu nciano... che ilCristo sarà il Figlio di Dio [per consustanzia-

lità] e l'intelligenza di numer osi dottori dellaLegge. (...) Quan to alla massa del popo lo [i“minores]”, sarà fino all 'ultimo mome ntomantenuta nell'ignoranza dei grandi annunciprofetici sulla divinità del R edento re.

Si sa con qu ale disprezzo i dottori de llaLegge tra tta vano i fedeli, senza istruir li. Idotto ri si chiamavano “un pop olo santo” perrapporto “a l vile popolo della terra”...

Sarà esagerando [il concetto dell]'unità diD io che Satan a riuscirà a far respingere laTrinità delle Persone.L'INSEGNA MENTO UFFICIALE DELLA

SINAGOGA ANTICA FU ESENTE, FINOAL GIOVEDÌ SANTO, DALL'ERRORE

«Due giorni prima d i essere condannat oa mor te... Gesù Cr isto dirà: “ I dottori della L egge ed i Farisei sono seduti sulla cattedradi M osè: fate perciò ciò che dicono, m a non

 fate qu ello che fann o”. Con queste parole,dice Bossuet, Gesù Cr isto h a fatto due cose:“l'una, dichiarare questa cattedra incontami-nata, fino a quel momen to, dagli errori cor-renti tra i dottori, errori che non aveva inse-gnato affatto come dogmi; l'altra, stabilire ilprincipio intorno al quale ruota la Religioneed il rimedio perpetuo contro ogni scisma, ecioè che la corr uzione de i singoli individuilascia intat ta l 'Autorità della gerarchia”(BOSSUET, Second e instruction sur les pro-messes de l'Eglise, n. XXVI). (.. .) GesùCristo... attribuisce chiaramente allaSinagoga un a verità infallibile; di modo chebisognava ritener e per certo tu tto ciò cheera stato insegnato... come dogma dallaSinagoga: infatti E gli non dà a nessuno il di-ritto di giudicarla ed al popolo spetta solo diobbed ire... Dio... governerà talmente il cor-po de i dottor i della Legge che essi sosterran-no [a paro le] le sante massime più che prati-carle (...).

Come conclusione... riteniamo che l'inse-

gnamen to ufficiale della Sinagoga, dato dal-l 'alto della cattedra di Mosè dal SommoSacerdote e dal Sinedrio, è stato impeccabile- grazie all'assistenza d i Dio - vale a dire pu-ro d a ogni err ore dottr inale, fino alla vigiliadella Passione.

(. . .) No n solo i l Sommo Sacerdote er agiudice della Fede, ma era anche giudice in-fallibile quand o insegnava e decideva dallacattedra di Mosè, cioè quand o insegnava edecideva secondo la Legge di Mosè e pertutto Israele (...). Questa prerogativa dell'in-fallibilità del Sommo Sacerdo te si estendeva

al Sinedrio, quando questo prendeva una de-cisione assieme al Sommo Sacerdote. (.. .)Ma se il Sommo Sacerdote ed il Sinedrio conlui, godevano del dono dell ' infallibilitàquando seduti sulla cattedra di Mosè inter-pretavano la Legge per tutto Israele, la stes-sa cosa non avveniva per l' insegnament o pri-vato. (...) Esso poteva essere sbagliato, con-taminato da er rore, sia da parte del SommoSacerdot e, sia da pa rte d el Sinedrio, (...). Èquesto insegnamento privato ed erroneo cheGe sù condann erà qua ndo dirà ai suoi disce-poli: “Guardatevi dal lievito d ei Farisei e dei

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Sadducei” (Mt . XVI, 6). (...) È grazie a q ue-st'a ssistenza divina che e ra loro concessaquan do insegnavano pubb licament e dalla

Cattedra d i Mosè, che il Sommo Sacerdote eil Sinedrio poterono mantenersi nella Veritàdottr inale, fino al giorno del Giovedì Santo.

(... ) DURA NTE L'ASSEMBLEA DE LSINEDRIO, AD UNA D OMANDA FAT-TA A GE SÙ CRISTO DAL SOMMO SA-CERDO TE CAIFA, LA SINAGOG A CA-DE NELL'ERRORE. ( . . . ) Se Caifa ed iSommi Sacerdoti suoi predecessori sono stati, assieme al Sinedrio ed in virtù dell'assisten-za divina, i conservator i, nell'insegname ntopubblico, della nozione de l Messia sofferen-te, il loro torto e la loro colpa consisterannonel fatto che, al di fuori di questo insegna-mento ufficiale, lasceranno propagarsi libera-mente l' erro re del Messia conquistatore, am-messo, in privat o, da pare cchi di loro ( ...).Così AVENDO LA SINAGOG A D OCEN-TE MANCATO, SOTTO QUE STO PU N-TO, GRAVEMENTE AL SUO D OVERE ,CON UNA NEG LIGENZA COLPEVOLE,MERITERÀ DI E SSERE PRIVATA DEL-L'A SSISTENZA D IVINA. LASCIATA ASE STESSA, LA SINAGOGA CADRÀNELL 'ERRORE MISCONOSCENDOGESÙ CRISTO E CONDANNANDONELLA SUA PERSONA DIVINA IL

MESSIA SOFFE RE NTE». (A. LÉ M A N N, Histoire complète de l'idée messianique, 1909.Ré impression: Compagnons de Saint Michel,Belgium 1974, pp. 165-326 passim).

TRADIZIONE CATTOLICA E CÀBALASPURIA A CONFRONTO

Don Julio Meinvielle a pag. 28 del suo li-bro  Dalla Càbala al progressismo , Roma1988, riprodu ce uno specchietto che riportoqui sotto, in cui mette a confront o, le duetradizioni: quella vera e quella falsa.

«TRA DIZIO NE CATTOLICA:a) E sistenza di un D io personale, intelli-gente e libero, trascendente il mondo.

b) D io, causa l'e sistenza dell'uomo e d elmondo, senza nulla presupporre.

c) D io offre all'uo mo la divinizzazione,dandogli, per grazia, un d estino che superatutte le esigenze pro prie dell'essere creato ecreabile.

d) L' uomo - perduta la sua pr imitiva divi-nizzazione - pu ò ricuperarla ader endo aG esù Cristo, Dio fatt o uom o, il quale, invirtù della sua passione, morte e resurrezio-

ne gli restitu isce la grazia divina.e) G esù Cristo ha istituito nella Chiesa, il

suo corpo mistico, un mezzo di salvezza del-

l'uomo, il quale, di per sé, viene all'esistenzanello stato di creatur a e, ormai, di peccato,incline alla rovina.

CABALA SPURIA:a) Im manenza e r isoluzione di Dio ne l

mondo. A teismo o panteismo che divinizza ilmondo o fa del mondo l 'appar enza dellastessa divinità.

b) Il mondo e l 'uomo sono emanazionidella sostanza della divinità.

c) L'uo mo è divino in forza della prop rianatura. L'uomo è D io.

d) L' uomo tr ae la propria divinità da sestesso, ma G esù Cristo pu ò indicargliene lastrada. L 'uomo è gnostico di per sé. GesùCristo, primo gnostico, è un parad igma dellaglorificazione dell'uomo.

e) L' uomo si salva da solo consegnandosialla libera autonomia della sua realtà interio-re, che è divina. Non ha bisogno della Chiesa,ancor meno di una Ch iesa contrapposta alpeccato e alla sua organizzazione mondana».

A nche Vittorio Messori nel suo libroPensare la storia, ed. Paoline, Milano 1992,alle pagine 174-175, ci pro pone uno spec-chietto, tratto d allo scrittore Umb erto E co,che sarà interessante esaminare: «Qua lcuno

ha det to... che la storia de ll'O ccidente è lastoria dei tentativi della mentalità gnosticadi contrastare il cristianesimo o di inquinarlodall ' interno. (...) Diamo d unque lo “spec-chietto” preparato da E co...

Modello generale. Cristianesimo: conqui-sta i popoli. Gnosticismo: conquista le élites.Cr .: è pubblico. Gn.: è segret o. Cr .: prometteprogresso. Gn.: promette r itorno alle origini.Cr .: è pen siero stor ico. G n.: è pensiero anti-storico. Cr .: il temp o fa parte de lla Reden-zione. G n .: il tempo è un er rore d ella crea-zione. Cr .: è religioso, ma sopp ort a la laiciz-

zazione. Gn.: può presentarsi come laico, maè ineliminabilmente religioso.D io e il mondo. Cr . : Dio è un ità e non

contraddizione. G n .: Dualismo. Cr .: D io èdiverso dall'uo mo. G n .: unità d i Dio e d el-l'uomo. Cr .: D io ama il mondo. G n.: Dio o -dia il mondo. Cr .: benché incono scibile, Dioè in qualche modo ra zionalment e compren-sibile. G n .: D io è incono scibile, la ra gionenon p uò conoscerlo ma solo l'illuminazionemistica e il mito. Cr .: il mondo è bu ono. Gn.:il mon do è catt ivo. Cr .: Gesù si incarna, lacarne risorgerà. Gn.: la carne va disprezzata.

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Il Male. Cr .: il Male è un accident e de llacreazione. G n .: il Male è pa rte d i Dio e de lmondo. Cr .: il Male è un accidente della li-

bertà umana. Gn.: l'uomo non è responsabi-le del Male. Cr .: bisogna rifuggire dal Male.G n .: bisogna con oscere il Male, prat icarloper vincerlo.

Conoscenza. Cr .: la storia come Re den-zione. Gn .: la storia come progressiva cadu-ta . Cr .: la redenzione è nel futuro. Gn.: la ve-rità è ineffabile. Cr .: la verità è pu bblicaGn.: la verità è segreta. Cr .: A ut-aut, tertiumnon datur . Gn: i contrari sono veri. Cr . teolo-gia come discorso razionale. G n .: teologiacome racconto mitico.

Salvezza. Cr .: possiamo liberar ci dal pec-cato e chiunque lo può fare. G n .: solo gli e-letti si liberan o dal peccato. Cr .: la salvezzanon richiede un a conoscenza difficile. Tutt ipossono capire l'essenziale pe r salvarsi. Gn.:solo pochi possono raggiungere la salvezza.Salvezza è iniziazione, cono scenza difficile.Cr .: i pover i di spirit o si salvano, an che glischiavi. Gn.: solo i miglior i si salvano. Cr .: lateologia rende esplicito il lume natu rale pos-seduto da ogni uomo. G n .: la salvezza è unsegreto riservato a pochi. Cr .: spirito missio-nario de lla Chiesa. Gn.: spirito sett ario d ellagnosi. Cr .:salvezza è tornare a Dio. Gn.: sal-vezza è ridiventare Dio».

IL TENTATIVO DELLA CÀBALA PER-VERTITA DI DISTRUGGERE IL CRI-STIANESIMO: LO GNOSTICISMO CRI-STIANO

Due sono gli errori fondamentali su cui sifonda la Càbala spuria e per vertita: 1°) Dioha un' esistenza indeterminata tra l' essere e ilnon essere, tra il bene e il male. 2°) D io sirealizza soltanto nell'universo e nell'uomo, iquali, essendo un' eman azione necessaria diDio, lo completano e lo perfezionano. Perciò

l'uomo è d ivino (culto dell'uomo ).La Càbala che è la perversione dellaRivelazione data da D io al popolo eletto,cerca di pervertire a nche il cristianesimo ap-pena nato. «Vi sono giudei che cercano di di-struggere il cristianesimo dall'esterno, perse-guitando C risto e i cristiani; altri dall'inter-no, corromp endolo [si fieri potest ] con laCàbala. Quest' ultimo tentativo produce il fe-nomeno dello “Gnosticismo cris tiano”.Come tenta rono di distruggere il messaggiomosaico della R ivelazione divina, così tente-ranno di distruggere anche il cristianesimo»

(J. MEINVIELLE, op. cit ., p.101).Per distruggere il cristianesimo bisognava

svuotar lo dall'interno: è l'opera degli gnosti-

ci. “La G nosi è l'intento d i rendere giudaicoo cabalistico il cristianesimo” (op. cit . p.102).Lo G nosticismo cristiano, come pure quellogiudaico si caratt erizza per a lcuni dei se-guenti errori: MONISMO e DUA LISMO.

Nello G nosticismo cristiano come ne llaCàba la, vi è un m onismo di fondo. O gni so-stanza materiale o spirituale, buona o cattiva,emana da un principio unico, il Tutto (“Plero-ma” per gli gnostici, “En sof” per i cabalisti).

La dottr ina cattolica condanna tale moni-smo pant eista in quant o essa confessa la di-stinzione reale tra l' essere di D io (increato)e l'essere della creatura (finito) (3) . Però as-sieme a tale monismo pant eista, troviamoanche un certo D UALISMO, in quanto lamate ria è consider ata cattiva. La malvagitàdella materia der iva da un u nico pr incipioche racchiude in sé il regno del bene e delmale (Càbala), oppure da du e “dèi”, unobuono e uno cattivo (Manicheismo).

“Fallito il tentativo di giudaizzare o caba-lizzare il cristianesimo alla radice e nella suanatura, lasciando soltanto l'apparenza di esso,non man carono dei giudei per un compitopiù ridotto, come è quello di attaccare qual-che dogma. Da qui le varie ere sie trinitarie e

cristologiche che si susseguono a pa rtire dal-l'arianesimo” (J. MEINVIELLE, op. cit ., p. 123).

LA FILOSOFIA MODERNA E LA GNOSI

L' essenza della G nosi consiste nel Pan-teismo, vale a dire nel fare di tut ta la realtà(divina e umana, buona e cattiva...) un' unicarealtà. La stessa cosa fa la Càb ala; l'“ Ein -Sof”, che si confonde col nulla o l' indetermi-nato, evolve ed in t al modo si forma l'un iver-so che è divino ne lla sua stessa natu ra. «Dioe il mondo sono un'u nica realtà: DIO NO N

È T R A S C E N D E N TE A L M O N D O M AIMMA NEN TE. R espinta la creazione, i lmond o... proviene da lla sostanza di D io. Perquesto la creazione è inte sa come generazio-ne... Un Dio che, prima d i costituire il mon-do viene anche lui dal nulla, è perfettam enteinutile. Q uindi nella totale immane nza diDio ne l mondo, Dio è inut ile, l'a teismo s'im-pone ed implica la divinizzazione dell 'uo-mo» (J. MEINVIELLE, op. cit ., pag. 201).

Con Cartesio (+ 1605) assistiamo a l tenta-tivo gnostico cabalistico di autofondazionedel pensiero in se stesso. Il “Cogito” è il prin-

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cipio pr imo ed unico, da cui deve scatur iretutta la realtà. Le ret ta ragione invece inse-gna che il pensiero d eve confronta rsi e fon-

darsi sull'e ssere e xtra-menta le ed oggettivodelle cose. Dall'Idea non si può passare all'e-sistenza. Se io ho l' idea di possedere centomilioni non significa che “ipso facto” io abbiacento milioni rea lmente nel mio portafogli, si-gnifica soltanto che “D i castelli in aria l'an i-ma ho milionaria”... L'idea dell 'uomo nonproduce e non crea l'essere, anzi essa lo pre-suppone. Il pensiero moderno sotto l'influssocabalistico che si esercitò su un' élite di “filo-sofi” nell'U manesimo e nel R inascimento, e-leva il pensiero o il “Cogito” a principio crea-tore. Il pen siero sostituisce perciò D io ed èsufficiente a creare il mondo [posizione radi-cale espressa esplicitamente da Fichte(+1814) ma contenut a già virtualmente nel“Cogito ergo sum” di Cartesio (+ 1605)].

LA CÀBA LA ALL'INTERNO DELLA“CHIESA CONCILIARE”

«Considerando i singoli mutamenti incorso [col Concilio Vaticano II], giungeremoalla conclusione che ALL'INTERNO DEL-LA CHIESA CATTOLICA ROMA NA ÈIN GESTAZIO NE U NA NUOVA RELI-GIO NE, SOSTANZ IALMENTE DIVER -

SA DA QU ELLA D I CRISTO, CON CA-RATTERI GNOSTICO-CABALISTICI,contro la quale si erge la divina p rome ssa“Portae inferi non praevalebunt ”.

(...) Karl R ahner dice così: “Con l' incarna-zione del Verbo di Dio, l'umanità si è muta tarealmen te nel po polo dei figli di D io, primaancora della santificazione effettiva di ciascu-no per mezzo della grazia” (Scritti di Teologia,tomo II , Taurus Ediciones, Madrid 1961, p.9).

...Com'è forzata tu tta que sta teologia del“cristianesimo a nonimo”, di un' umanità chesarebbe r imasta santificata da Cr isto per il

solo fatto dell 'Incarnazione!» (J. ME IN

-VIELLE, op. cit ., pag. 245).Qu alcuno parla anche di “rifiuto dell'e-

strinsecismo”: cioè la grazia e l 'OrdineSoprannaturale non sono un dono gratuitodi Dio, estrinseco all'uomo (che viene all'uo-mo d all'esterno, cioè da D io), ma essi sonoun' esigenza un diritto un qua lcosa di intrin-seco all'uom o. «He nry de Lubac nel suo li-bro 'Surnaturel' , è l'autor e più rappresentati-vo di questa corrente, evidentemente gnosti-ca» (J. MEINVIELLE, op. cit ., pagg. 321 - 322).

A ltra conseguenza della cabalizzazione

del cris tianesimo è IL MISCUGLIO DITUTTE LE R AZZE POPOLI CULTUREE R E L I G I O N I E L ' E Q U I PA R A Z I O N E

TRA POTERE SPIRITUALE E POTERETEMPORALE. «Ecco perché, in sostanza, ègnostico il tentativo compiuto dal Maritainin “Um anesimo Integrale” per pro piziare la“cristianità laica”, ossia il mondo cristianoad un 'u nica dimensione. Se si rifiuta la su-bord inazione del mond o alla Chiesa, si devefavorire un m ovimento che pr ima pretendeuguaglianza tra il mondo e la Chiesa, poi lafusione della Chiesa col mondo, qu indi la se-colarizzazione. .. .Maritain reclama unaChiesa che si ponga al servizio del mon do eche, perciò, lusinghi il mond o» (J. ME IN-VIELLE , op. cit . pagg. 332 - 333).

Purt roppo la stessa dot trina cabalistica laritroviamo ne ll'insegnament o del Con cilioVaticano II ste sso.

'Gaudium et Spes' n° 22 afferma: «In Lui(il Verbo) la nat ura uma na è stata anche innoi innalzata ad un a dignità sublime. COL-L'INCARNAZIO NE IL FIGLIO DI DIO SIÈ UNITO IN UN CERTO MODO AD O-GNI UO MO». Giovanni Paolo II afferma in' R edemp tor hominis' n ° 9: «DIO IN LUI(CRISTO) SI AVVICINA A D O GNI U O-MO DANDO GLI IL TRE VOLTE SANTOSPIRITO DI VERITÀ» ed anco-

ra ' Redemptor hominis' n ° 11: «La dignità cheogni uomo ha raggiunto in Cristo: è QUE -STA LA DIGNITÀ DELL 'ADO ZIONEDI VINA». Sempre in ' Redemptor hom inis 'n° 13: «NON SI TRATTA DELL'U OMO A -STRATTO, MA REALE CONCRETOSTORICO, SI TRATTA DI CIASCUNUOMO, PERCHÉ ( . . . ) CON OGNUNOCRISTO SI È UNITO PE R SEMPRE (...).L 'UOMO - SENZA E CCEZIONE ALCU-NA - È STATO RE DE NTO DA CR ISTO,PERCHÉ , CON L 'UOMO - CIASCUNUOMO SENZA ECCEZIO NE ALCUNA -

CRISTO È IN QUALCHE MOD O U NITO,anche quando l'uomo non è di ciò consapevo-le ( ... ) MISTERO (DELLA RED ENZIO -NE) DE L QUALE DIVE NTA PARTECIPECIASCUNO D EI QUATTRO MILIARD IDI UOMINI VIVENTI SUL NOSTROPIANETA, DAL MOMENTO IN CU I VIE-NE CONCEPITO SOTTO IL CUOREDE LLA MA DR E». Sempre Giovanni PaoloII in ' Dominum et vivificantem ' n° 50 scrive:«Et Verbum caro factum est. IL VER BO SIÈ U NITO A D O GNI CARNE (CREATU-RA ), SPECIALMENTE ALL'U OMO, que-

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sta è la por tata cosmica della R edenzione.DIO È IMMANENTE AL MONDO E LOVIVIFICA DA L DI D ENTRO. (.. .) L 'IN-

CAR NAZIO NE del Figlio di Dio SIGNIFI-CA L 'ASSUNZIO NE ALL'UNITÀ CONDIO, non solo della natura umana ma in essa,in un certo senso, DI TU TTO CIÒ CHE ÈCARNE : DI... TUTTO IL MONDO VISIBI-LE E MATERIALE (.. .) . IL GENER ATOPRIMA DI O GNI CREATURA, INCAR-NAND OSI... SI UNISCE, in qualche modoCON L'INTERA REALTÀ DELL'UOMO(...) ed in essa CON OG NI CAR NE, CONTUTTA LA CREA ZIONE ». In “ Dives inmisericordia” n.° 1 Giovanni Paolo II affer-ma: «Mentre le varie correnti del pensiero u-mano nel passato e nel presente sono state econtinuano ad e ssere pr opense a dividere epersino a contrapporre il teocentrismo e l'an-trop ocentrismo, la Ch iesa (conciliare ndr )...cerca di congiungerli... in maniera organica eprofonda. E questo è uno dei princìpi fonda-ment ali, e forse il più importan te, del magi-stero dell'ultimo Concilio».

CONCLUSIONE

Per r iassumere il tutto, la Càbala racchiu-de quattro idee fondamentali: 1) Dio coincidecol nulla, esce da l nulla; 2) questo nulla si mu-

ta nel mondo e nell'uomo; 3) il male è in Dio;4) il vertice di Dio, perfettamente u ltimato, èl'U omo con la “U” maiuscola (cf. G. SCH O-LE M, L e grandi correnti della mistica ebraica,Il Melangolo, Genova 1990, pp. 15 - 51).

Per la dot trina cattolica D io è un esserepersonale e tra scendent e che, liberamente eper sua pura bontà, crea dal nulla tutto l' uni-verso. Secondo la Càba la invece Dio, uscen-do da ll'indeterminat o o d al nulla, evolve si-no a diventare l'U omo che è “dio” realizzatoed ultimato.

Bisogna specificare che t ale E VOLU -

ZIO NE è ASCEND ENTE per gli gnosticimode rni (H egel, Theillard) , vale a dire ten-de sempre al meglio; mentr e era DI SCEN-DE NTE per gli antichi che vedevano l'ema-nazione d el mondo da D io (panteismo-aco-smista) come una degradazione di Dio finoal limite estremo di creatura materiale.

«Ricordiamo... le grand i tesi del pensierognosticheggiante. La prima e fondame ntaleè que sta: il mondo, e l'uo mo ne l mondo, so-no il frutto di una cadu ta, ... l'intera realtà incui ci troviamo è una realtà d' esilio.

A q uesta prima affermazione ne segue

una seconda che ne rappr esenta un curiosorovesciamento. È vero che il mondo è ma la-to... tutta via la salvezza c'è già perché, nono-

stante la frattur a incolmabile, esiste qualcu-no, lo gnostico, l'eletto, che è in grado di col-marla. Lo gnostico infatt i è... della stessa so-stanza del mondo divino, e come ta le capacein forza della sua o riginaria divinità d i redi-mersi. Per ritorn are al... mondo perfetto dalquale ci siamo allontanati, è necessario,però , valersi di determinat i strument i. (...)Esiste una tecnica per ritornare nel Paradisoe qu esto significa che si esclude che ci sianoaspetti della realtà che non siano in nostropotere e che perciò si debba aver bisogno diuna ' grazia'... per accedere al mondo divino»(E. SA M E K LO D O V I C I,  M etam orfosi d ellagnosi, ed. A res, Milano 1991, pp. 8 - 9).

«Attraversano la storia umana SOLO dueforme fondamentali del pensiero e de lla vita:quella cattolica e quella gnostica. (...) La dia-lettica che agita il mondo (...) è tra la Chiesa ela Sinagoga [farisaica]. Cristo vince la Sina-goga. L'era dei martiri dei primi secoli del cri-stianesimo, quando la Sinagoga aizzava ilmondo pagano per ché si avventasse contro icristiani, è servita ad irrigare la semente cri-stiana, che vigorosa splende con la Chiesa deiPadri e dei D ottori, tanto al di sopra dellaSinagoga, ristrettasi oramai alla vita dei ghetti.

Ma nell'era moderna la Sinagoga si vendica ditale emarginazione e la Càbala penetra nellacristianità e la secolarizza. At tualmente ci tro-viamo di fronte a que sto ultimo fenomeno.CON LA TATTICA DE LL'“AMICIZIA” EDEL “DIALOG O GIUDEO -CRISTIANO”,LA SINAGOGA STA PREVALENDOSULLA CHIESA. (...) La Storia riunisce nelsuo seno, in un'alleanza misteriosa, queste dueforze che potranno r isolversi solo in una pro-spettiva escatologica. Nel tempo, gli uomini (econ essi la Storia) sono mossi e da Dio e daSatana, e da C risto e dall'A nticristo, e dalla

Chiesa e dalla Sinagoga (...). Quest'intreccio èpresente in ogni individuo, sia santo sia pecca-tore. Ogni atto libero di ciascun uomo, in defi-nitiva cerca Cristo o l'Anticristo. (...) Ilprogressismo... vuole racchiudere nella storia ilgiudizio sulla storia: il mondo cammina versouna città felice, verso una terza età di felicità epace!... (...) La teologia della Storia di S.A gostino e d i S. Tomm aso, invece, ha vistochiaro che, dopo l'Avvento d i Cristo, non ac-cadrà altro che possa modificare il corso ordi-nario degli eventi. (...) Non c'è bisogno di mol-ta sagacia per vedere che DA CINQ UE SE-

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COLI IL MONDO STA PROG RED ENDONEL CONFORMAR SI ALLA TRADIZIO-NE CABALISTICA. IL MONDO DEL-

L'ANTICRISTO AVANZ A VE LOCEMEN-TE. TUTTO CONCORRE ALL' UNIFICA-ZIONE TOTALITARIA DEL “FIGLIODE LLA PE RD IZIO NE”. Ecco il successodel progressismo: il cristianesimo si sta secola-rizzando o ateizzando. COME SI DEBBANOADEMPIERE, IN QUESTA “ETÀCÀBALISTICA” LE PROMESSE DEL-L'AIUTO D ELLO SPIRITO DIVINO AL-LA CHIESA E COME SI DEBBA VER IFI-CARE IL “PORTAE INFERI NON PRAE-VALEBUNT”... È TROPPO SUPER IOR EALLA ME NTE U MANA . La Chiesa iniziò lasua storia come un seme minuscolo che poi di-ventò albero frondoso; ebbene E SSA PU ÒANCHE R IDUR RE LA SUA ESPANSIO-NE E RE STRINGE RSI AD UNA REA LTÀMOLTO MO DE STA. Sappiamo che il “my-sterium iniquitatis” è già all'opera; ma non co-nosciamo i limiti del suo potere. Tuttavia non èdifficile ammet tere che la “Chiesa della pub-blicità” che si fregia del nome cattolico possaessere vinta dal nemico e mutar si in Ch iesagnostica. È possibile che si abbiano dueChiese: la “Chiesa della pubblicità”, magnifi-cata dalla propaganda (con vescovi, sacerdotie teologi pubblicizzati...; la “Chiesa del silen-

zio”... con sacer dot i e vescovi fede li... sparsicome “ pusillus grex ” per t utta la terra. (...) IlSignore ha detto: “Quando verrà il Figlio del-l'uom o, troverà Egli la Fede sulla terra?”. S.Paolo chiama Apostasia universale questa de-fezione della Fede, che coinciderà con la mani-festazione de ll'“uom o dell'iniquità, del figliodella perdiz ione”. Apostasia universale apparela secolarizzazione o ateizzazione to tale dellavita pubblica e pr ivata che è in corso nel mon-do at tuale. L'unica alternativa all'A nticristosarà Cristo: Cristo lo annullerà “con il soffiodella sua bocca” e così compirà l' atto finale di

liberazione della Storia. MA NO N È PRO -MESSA LA SALVEZ ZA DE LLE MASSE.CRISTO SALVER À, INVECE , LA SUACHIESA, “PUSILLUS GREX”...» (J.MEINVIELLE , op. cit ., pagg. 349 - 353).

NOTE

(1) Alcuni autori scrivono Càbbala, altri Kabbalà,altri Kàbba la, altri Kabbalàh. Dr ach scrive: «L'ac-cademia francese scrive CÀBALA ... un autore scriveKabbalà, allegando come motivo che questa t rascrizio-ne è più conforme all'ebr aico... Il buon senso dice chequand o si scrive in fran cese non si scrive in ebraico»(P.L.B. D R A C H ,   De L 'harm onie entre l'E glise et la

Synagogue, Socii Sancti Michaelis, G ent. (Belgium) ri-stampa 1978, tomo 1, p. XXVIII ).

(2) Dopo quaranta giorni che Mosè era salito sulmonte Sinai, il popolo ebreo si sollevò contro A ronne.

«Essi [gli ebrei] cominciavano a trovare troppo severo ilregime teocratico al quale, dopo l'Esodo dall'Egitto, ilPatr iarca Mosè voleva obb ligarli. ...Li obbligava... ad ado-rare un Dio austero, che non aveva nulla in comune conquelli degli altri popo li, che non tollerava nessuna licenza,nessuna sregolatezza, ... Che differenza con le re ligioniche avevano conosciute, durante tanti anni in E gitto!Que lle là almeno, non imponevano un obbligo perpetuoe restrizioni a non finire! Al contrar io comportavano deigiochi, danze, banchetti e libagioni, ove ci si divertiva perdavvero, ci si poteva permettere tutte le stravaganze, tuttigli eccessi, tutte le follie e di dar libero corso alle propriepassioni! (...)

[Gli ebrei] si diressero verso la tenda di A ronne e gligridarono... prendi tu il posto di comando... “Facci deglidèi che ci vadano innanz i”. Mosè, partendo con Giosuè

per la cima del monte Sinai, aveva lasciato l' incarico digovernar e il popolo... non soltanto a suo fratello Ar onnema anche ad H ur. Gli ebrei perciò vennero da A ronne eda Hur... per ottenere IL CAMBIAMENTO DI RE LI-GIO NE che reclamavano. Hur indignato volle r esistere...ed e ssi lo lapidarono... Da vanti a q uesta e secuzione...Ar onne ebb e paura ... ordinò allora di fondere i gioielli[delle donne de gli ebre i] e ne formò un vitello d'oro...che fu esposto alla venerazione d el popolo. ...Con unaleggerezza e perversità inimmaginabile, uomini donne ebambini, giravano at torn o al vitello d'oro, gridando:“Ecco il tuo dio, Israele, ecco colui che ti ha liberato dal-la schiavitù dell'E gitto”. ( ...) Il giorno dopo il popolospinto dal desiderio di darsi alla pazza gioia, “si alzò mol-to presto” e d offerse senza vergogna a questo dio a quat -tro zampe, “degli olocausti”... ciò er a l'a bominazionedella desolazione, poiché l'olocausto... era l'espressione

del culto di latria o a dorazione... che è do vuto soltanto alCreatore» (D O M D E MO N L E O N o.s.b., Moise , Les édi-tions de la source, Paris sine dat a, pp. 229 - 232).

(3) «Gli gnostici... rovesciano... il modo di percepire(e il contenuto) di uno de i concetti più fondament ali delmondo classico, quello di LIM ITE .

Qu esto concetto infatti passa da una valutazionepositiva (limite è ciò che mi attua, ...) ad una valutazio-ne ne gativa (limite è ciò che... mi costringe e che per ciòstesso mi soffoca) » (E. SAMEK LODOVICI, Metamorfosidella gnosi, ed. A re s, Milano 1991, p. 106). La con se-guenza del rifiuto del limite sarà l'o dio di ogni moraleed etica, «...un disprezzo profondo per il diritto... per lalegge mora le in particolare. Un disprezzo dal quale de-riva di fatto p er lo gnostico un du alismo sociologico trai credenti: da un a par te coloro, gli illuminati, che posso-

no compiere indenni ogni esperienza, anche quelle a-berr anti, dall'altra , gli altri uomini, che sono tenu ti aduna r egola di vita precisa...» (op. cit . pagg. 9 - 10). Inbreve per lo gnostico “LA MO RA LE FA MA LE”... co-me scriveva la rivista “30 giorni” qualche temp o fa.

* Nella compilazione dell'articolo sulla Càbala (te-ma spinoso e controverso) ho voluto basarmi soprattut-to su auto ri provati e sicuri, quali:

DAVID PAUL DR ACH. «Ebraista, nato a Stra-sburgo il 16 marzo 1791, morto a Roma nel gennaio del1865. Figlio di un noto Rabbino e ta lmudista, all'e tà di do-dici anni frequentò la scuola talmudica di Edenfor e poiquella di Bischheim. A sedici anni fu istruttore aRopp oltsweiler, poi a Colmar. Nel 1808 fu a Pa rigi, dove

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ebbe il titolo di Rabbino; ivi mosso dall'e sempio di alcunefamiglie cattoliche che ebbe occasione di freq uenta re, inlunghi e severi studi, soprattutto sui Padri della Chiesa edi Settanta, si convertì. Fu battezzato il Sabato Santo del1823, con due figlie ed un figlio; e questa sua conversionene fruttò molte altre. Nel 1827 venne a R oma, dove rima-se bibliotecario di 'Prop aganda' fino alla morte. Dra ch,

per fare opera di apostolato fra i suoi antichi correligiona-ri, scrisse “ L es lettres d'un rabb in conv erti aux I sraelites,

ses frères” (P arigi 1825); e i fratelli Liberma nn si disserodebitori a Dr ach della loro conversione. (...) Scrisse inol-tre “ De l'h armon ie entre l'E glise et la Sinagogue” (Parigi1844) e “ L a Cabale des Hebreux” (R oma, 1864) ...» (E.ZOLLI, « Drach», in Enciclopedia cattolica, Città del vati-cano 1950, vol. IV, col. 1919).

DON JULIO MEINVIELLE: «Pensatore argenti-no, sacerdote, nat o a Buen os Aire s il 31 agosto 1905(...). Il principale contributo filosofico del Meinvielle èin campo politico, e nei fondament i metafisici della dot-trina po litica. E gli combatté il liberalismo in tutt e le suemanifestazioni economiche, politiche e religiose; ...» (M.A . V IRASOFO , « Meinvielle», in Enciclopedia filosofica,Lucarini, R oma 1982, vol. V, col. 627).

MONS. AUGU STIN LÉMA NN: «I fratel l i Lé-mann, Joseph e t Augustin, ebrei convertiti al cristianesi-mo, divenuti pre ti catto lici, celebraro no ne l 1904, il cin-quante simo anniversario della loro conversione e del lo-ro battesimo. Ricevettero in questa occasione delle pre-ziose testimonianze di stima e d i simpatia. Il Papa S. PioX, che li conosceva personalmente e che, quattro annidopo, li onorò della prelatura romana, inviò loro le suefelicitazioni ed i suoi auguri. Numerosi Arcivescovi eVescovi... scrissero lor o per ringraziar li dei servizi emi-nenti resi alla causa cattolica (...) per LA PUB BLICA -ZIONE D I NUMEROSE OPER E DI ALTO VALO-RE DO TTR INAL E. Le Facoltà cattoliche di Lione,ove, ... Augustin er a, fin dal 1878, professore di ebr aicoe di S. Scrittura... s'associarono a questi festeggiamenti.(...) I CANO NICI LÉ MANN, scrittori di gran talento,

CI LASCIANO UN'O PERA D OTTRINALE DI VA-LOR E INE STIMABILE . Senza parlare di una quantitàinnumerevole di opuscoli e libretti, hanno composto piùdi 15 oper e fonda ment ali su soggetti diversi ma che siricollegano tutte alla grande idea che fu il pensiero do -minante della loro vita: il ritorno d'Israele e delleNazioni al Cristo-R e» (P. TH E O TI ME D E SAINT JUST, Les

 frères L émann juifs conv ertis, Imprimerie J. Ducolot é-diteur, Gembloux (Belg.) 1937, pp. 5, 9).

RICONOSCERE ISRA ELE.SECONDA PU NTATA…

di don Francesco Ricossa

Sodalitium dedicò di già un a rticolo allaquestione del riconosciment o dello Stato diIsraele da par te degli occupanti della SedeApostolica (cf. Sodalitium n. 25, pp. 6-12).

D i per sé, si tratta di una que stione poli-tica, anzi diplomatica; ma è evident e a tut tila connotazione religiosa e persino teo logicache implica l'esistenza di uno Stat o ebr aicoin Terra Santa e le relazioni della Chiesa conquesta ent ità. Questo era, almeno, il pensie-ro di S. Pio X ( ivi p. 12).

Se ri torniamo a par larne ciò è dovutoagli sviluppi “imprevisti” (secondo  Il Sabatodel 7.XI.1992, n. 45, p. 30) de lle tra ttat ive. Ilnostro primo a rticolo segnalava le pre ssioniinternazionali esercitate sul Vaticano per ad-

TRADIZIONE:

Torà o Legge mosaica. (Dettata da Dio a Mosè sul monte Sinai nel1280 a. C.).

a) PRIMORDIALE-PATRIARCALE: consegnata da Dio ad Adamo. PRIMACÀBALA PURA: annuncia la Trinità e Gesù Cristo Redentore. È LA PARTEDOGMATICA DELLA TRADIZIONE ORALE. Tratta della natura e degli attibuti di

Dio.Fu tramandata di bocca in bocca fino ai Patriarchi (Abramo, Isacco, Giacob-be. 1900-1600 a. C.).

b) MOSAICA: consegnata da Dio a Mosè sul Sinai (mentre gli dettava laTorà). È la seconda Legge o la spiegazione del significato della Torà. Essa è

ORALE:

c) FARISAICA:si divide in duerami (uno dog-matico e unomorale):

1 °) SECONDA CÀBALA SPURIA : co r ro t t a da iRabbini in senso panteista, antitrinitario ed anti-cristiano ( tra il 150 a.C. e il 130 d.C.)

2°) Il TALMU DChe comprende:

a) LA MISNÀ: testo o spie-gazione della Torà, corro ttorabbinicamente e messo periscritto ne l 190 d.C.

b) LA G EMAR À: commen-

to al testo o Misnà. Essa sisuddivide in:

SCRITTA:

di G erusalemme: scritta nel 300 d.C.

di Babilonia: scritta nel 500 d.C.Gemarà: { {

{

Schema riassuntivo d ell'articolo

     V     E

     R      A

     F      A     L

      S      A

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divenire al riconoscimento di Israe le, nelquadro della guerra del G olfo. Ci tocca oracomment are la decisione, che sembr a irre-

versibile, di imboccare qu ella strada ta ntoinsistentemente indicata.Il 29 luglio di quest' anno « viene an nun-

ciata la creazione di una commissione bilate-rale vaticano-israeliana “per studiare p roble-mi di comu ne inte resse anche in vista dellanor malizzazione dei rappo rti” » ( Il Sabato )fino ad allora legata a lla soluzione del con-tenzioso arabo-israeliano.

La commissione deve lavorare bene, vistigli sviluppi successivi… “Il 23 ottobre, la spe t-tacolare udienza di Shimon Per es col Papa ”( Il Sabato ). «Senza ovviament e conoscere iparticolari dei colloqui di Per es - commentaLucian o Tas su Shalom, mensile ebraico diinformazione (31.X.1992) - l'estrema cordia-lità che ha carat terizzato il suo lungo incontrocon il Pontefice (il quale ha significativamen-te accettato l'invito a recarsi in Israele) ed ingenere l' atmosfera positiva che si è respiratain Vaticano intorno a questa visita consento -no un certo ottimismo non solo riguard o al-l'esito della trattativa tra Vaticano e Stato e-braico, ma anche riguardo al “quando”.

Si ha dunque l ' impressione che a l di làdel Portone d i Bronzo non si sia più strett a-ment e ancorat i al negoziato israelo-palesti-

nese, vale a dire che la soluzione d el prob le-ma palestinese non sembr a più condizionepreliminare assoluta alla normalizzazionedei rappo rti diplomatici Vaticano-Israele».Wojtyla pertanto dovrebbe presto pote rsi re-care a Gerusalemme.

D a allora, un crescendo d i dichiarazioni“pontificie”. Il 28 ottobre, commemora l'an-niversario della dichiarazione conciliare“ Nostra Ætate” e le « solenn i festività d i a-pertur a dell'anno ebraico, con la celebrazio-ne di “Simhath Torà” la “E sultanza per lalegge divina” » ( Osservatore Romano 29.

X.92) dep lorando le violenze, ma a senso u-nico (facile immaginare in qua l senso…).Il 12 novembre, riceve il Presidente del

Congre sso Mondiale ebr aico, Ed gar MilesBronfmann, che gli presenta i “desiderata”ebraici che saranno certo pr ontamente esau-diti (cf. Corriere della Sera 13.XI.92, p.7: Unapro messa al leader de l Congresso ebra ico:Chiesa in campo cont ro gli antisemiti).

Non passano pochi giorni, infatti, chegiungono nuove condanne (sempre a senso u-nico…). Durante la visita “ad limina deiVescovi” de lla Re gione di Be rlino, il 14 no-

vembre, K. Wojtyla rivolge loro un chiaro di-scorso in difesa della “Germania liberale” (!).Compito dei Vescovi sarebbe impegnarsi, “in

particolar modo a proteggere i (…) confratelliebrei” (Osservatore Romano 16-17 novembre1992 p. 6). Atta cchi contro loro m onum enti“non po tranno mai essere tollerati” (ivi).Bisogna leggere l'insospettabile Shalom pe rtrovare un articolo di accusa contro chi insiste“sull'angolazione ebraica”, chi dimentica cheanche cimiteri cristiani sono profanati, o cheassaltare una scuola greca “costituisce qualco-sa di più - ne lla scala dei d isvalori - che non laprofanazione di un cimitero ebraico” (n. 9 pp.1 e 9). Shalom è dunqu e più obbiettivo del-l' Osservatore R om ano? Se siamo a q uestopunto, le proteste del Muftì musulmano e delPatr iarca cattolico di G erusalemme, indirizza-te il 4 agosto al De legato A postolico dellastessa città, cont ro il possibile riconoscimentodi Israele, non avranno a lcun seguito.

Un ostacolo all'accordo

 L 'O sservatore R om ano, in una recensio-ne al libro di Silvio Ferrari “Vaticano e

 Israele” (Sansoni Ed itore 1991), segnala unadifficoltà incontrata “nel dialogo ebraico-cri-stiano”, vale a dire l'espr essione conciliaresecondo la quale la Chiesa è il nuovo popolo

di Dio. « L'espressione “ nuovo popo lo diDio” fu infatti rifiutata dagli ebrei con indi-gnazione, ma u lteriori chiarimenti h annocalmato le acque, perché in quel “nuovo”entrano tutti gli uomini redenti dalla mortedi Cristo, nessuno escluso e qu indi neppu reil popolo ebraico. Anch'esso fa parte de l“nuovo popolo”, come i musulmani, i buddi-sti, ecc… Non son o solo i cred ent i - e tan to-meno i soli cristiani - ad appartenere alla sal-vezza operat a dalla mor te d i Cristo, ma, ri-petiamo, tutta l'umanità. Non ci sono distin-zioni o discriminazioni in quella formula, ma

soltanto un'affermazione di salvezza univer-sale proclamata da Cristo e fatta propria dal-la Chiesa. La formula, certamen te rifiutataancora oggi negli ambienti ebraici oltranzistie fondame ntalisti, non ha fatt o ostacolo aldialogo ecume nico israe litico-cristiano cheha fatto buoni progressi dal 1964 in poi dopoche i teo logi hanno spiegato il significato diquella novità accettata - forse a malincuore ?- dagli inter locutor i ebraici. Cer to no n ci sipoteva aspettare un'accoglienza immediatada pa rte d i tutti gli ebr ei, ma il dialogo ècontinuato ed è anche arrivato a buon punt o

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se il 29 luglio è stata istituita una Com-missione bilaterale per studiare e definire in-sieme temi di reciproco interesse e se un mi-

nistro de gli E steri israeliano, Shimon P eres,ha po tuto il 23 ottobre, invitare il Papa a re-carsi a Ge rusalemme, invito pronta menteaccettato da G iovanni Paolo II, come “possi-bile” » (G IOVANNI R U L L I ,   Dalla Dichia-razione Con ciliare Nostra A etate nuovo im -

 pulso al dialogo ebraico-cristiano in Osser-vatore Rom ano, 5-6.XI.92, p.3).

Mi perdoni il lettore questa lunga citazio-ne de l giornale vaticano. Essa ci permet te diconfermare du e no stri tesi. Innanzitutto, ladottrina attualmente professata d a chi occu-pa la Chiesa è p ropr io quella della salvezzauniversale di tutti e della identità tra Chiesa,popolo di Dio e umanità. Una er esia. In se-guito, che le relazioni tra Vaticano e Israelenon sono una questione puramente diploma-tica e n on possono non avere, data la pecu-liarità de i due Sta ti, implicazioni religiose.

Un sacerdote “sintesi”

Ma r itorniamo agli indefessi lavori dellaCom missione b ilatera le. Ce li descrive Si-monet ta Della Seta su Il Giornale del21.XI.92 (p. 10).

« Un 'a tmosfera rilassata, da vecchi amici.

Un tavolo ovale per 25 persone, una cena cal-da e del buon vino. Ingredienti antichi pertrascorrere un a piacevole serata. Un eventoeccezionale se a viverlo sono assieme, aG erusalemme, alte personalità della SantaSede e de llo Stato ebraico ». Ecco alcuni deicommensali. Mons. Claudio Maria Celli,Sottosegretario per il rapporto tra gli Stati ecapo della delegazione vaticana; Mons.Cordero Lanza di Montezemolo, DelegatoApostolico in Terra Santa; Padre DavidMaria A eger, di parte vaticana. Yossi Beilin,vice-ministro degli esteri; Pro f. Z wi Wer-

blowsky, esperto d i Religioni compar ate ; ilrabbino David Rosen, capo dell'organizzazio-ne ebraica Benei Berith (più noto come B'naiB' rith, loggia massonica per soli ebre i) e dellaLega contro la diffamazione, di parte ebraica.

E poi c 'è Padr e D ubois. È il sacerdotesintesi. Ebreo o cristiano, nessuno lo sa. « Ilprimo ad alzarsi in piedi è Pa dre Ma rcelDu bois, domenicano ma cittadino per sceltadello Stato di Israele, Preside pe r mo lti annidella Facoltà di Filosofia all'U niversità diGe rusalemme, oggi direttore d el centro distudi teologici Ratisbonne. Il volto timido in-

corniciato d a un casco di capelli grigi, un si-bilo gentile per voce. Prende il pane e cantain ebraico “Baruch Att à Ad onai… benedet-

to sii Tu o Signore che ci hai dato il pane del-la Terra. A lleluya”. “Permettetemi di comin-ciare il pasto - aggiunge - con questa benedi-zione che possiamo considerar e comune” [èinfatti una preghiera ebra ica tra sformatanell'O ffertorio della nuova “m essa”, n.d.a.]“A men”, risponde un coro misto di ebrei,cattolici e laici.» (D ella Seta) . Mons. Celli sicommuove. « Yossi Beilin gli chiede ridendo:“Secondo lei Père Du bois è da considerarsidei nostri o dei vostri?”. “È già la sintesi”, ri-sponde Celli, “lasciamo quindi che guidi noie voi” » (Della Seta).

Conclusione

A gghiacciante risata d i Yossi Beilin, illu-minante r isposta di Mon s. Celli: la giudaizza-zione d el cristianesimo ope rata dal VaticanoII ha portat o di già i suoi frutti.

DA BUSH A CLINTONDi Bush, sapevamo. Episcopaliano, masso-

ne 33°, secondo il Gra n Maestro n ostrano,“antiabortista” ( ovvero abortista moderato).In Jugoslavia non ha voluto intervenire mentrenon ha esitato a far lo con l’ex-alleato irakeno,potenzialmente pericoloso per Israele. ConGorbaciov e Giovanni Paolo II , ha vagheggia-to un “nuovo ord ine mondiale”, antico sognodell’illuminismo. Ep pure non gli è b astato.L’ha “democraticamente” spuntata il battistaClinton, fino a poco fa, sconosciuto ai più.

“È successo l’impensabile. - Scrive GA

-BRIELE BECCARIA su La Stampa del 7 novem-bre - Aveva un padre alcolizzato, una madresquattrinata, un fratello tossicodipendente. Hafatto il ‘68, sfuggì alla naia ( ed a lla guerr a,n.d.a.) e fumò marijuana. Come amante è an-dato a cercarsi una cantante di night”. Eppure“la puritana A merica lo ha mandato alla CasaBianca”. Impensabile? Non tanto, se si sa che «dietro il poderoso ‘sì’ che gli hanno decretato33 Stati USA, si cela il duplice lavoro dei“compaign managers” e dell’élite intellettualedi Washington ». Le stesse persone che contri-

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Rassegna Stampa

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buirono nel 1988 all’elezione di Bush. « Ma…all’indomani della guerra del Golfo, abbando-nano bruscamente Bu sh, il “wimp”, che non

solo non riesce a far risalire gli indici economi-ci, ma che - ai loro occhi - è colpevole di dueerrori imperdonabili: non ha eliminato Sad-dam Hussein e si è a lungo opposto al prestitoda 10 miliardi di dollari a Israele (concesso, tar-divament e, in campagna e lettor ale, n.d.a.) ».Veramente imperdonabile. Assolutamente in-sufficiente per Bush aver firmato con 60 Capidi Stato “una solenne e sintetica condanna del-l’antisemitismo”, condanna che, con la prossi-ma firma di K. Wojtyla, salirà a 61 firmatar i”(Cfr. Corriere della Sera, 13.XI.1992).

“La condanna a morte di Bush dichiaratadagli intellettuali si intreccia con la ricerca diun nuo vo candidato per la Casa Bianca”.Sarà Clinton, “il solo candidato democrat icoche ha appo ggiato la guerra del G olfo” e cheha d ichiarat o il suo ap poggio “all’allora go-verno d i Yitshak Sham ir in Israele…”. Tuttochiaro dunq ue per il giorna lista de  La Stam-

 pa (verrà arr estato da Martelli o da Man-cino?). Per non r ipetere l’errore di Bush, siannuncia un unico cambiamento in politica e-stera: “un più deciso appoggio a I sraele” (se-condo Paolo Passarini, L a Stampa , 5.XI.1992,p. 2). Lo “deve”, il neo-eletto, alla “comunitàebraica americana” che ha “vota to in massa

per Clinton ( sembra oltre il 90 per cento”(LORENZO CREMONESI. Corriere della Sera. 5.XI.1992, p. 4). Lo “deve” (per riconoscenza!)a Shamir che ha detto : “G razie a Dio Bushnon è stato rieletto” (ibidem).

Però, non deve esagerare!Forse, manifesta trop po zelo. Rischia di

essere contropr oducente… Trafiletto de  L aStampa intitolato : “Primi guai”. Cito: « Perscegliere il prossimo segretario di Stato BillClinton si sarebbe consultato con D avidSteiner, il presidente della più influentelobby filo-israeliana d i Washington, il “Co -

mitato degli affari pubblici americo-israelia-no (A ipac)”. La rivelazione - che ha già pro -vocato le dimissioni di Steiner - è emer sagrazie a un nastro registrato.

Il presidente dell’“Aipac” ha am messo laconversazione, ma ha ne gato sia di aver di-scusso con Clinton delle possibili nomine go-vernative sia di aver concordat o contributisupplementari per I sraele con Bak er: “Sonoanda to oltre l’eccesso di zelo, facendo di-chiarazioni che erano false”.

Da Gerusalemme, intanto, il premierYitzhak Ra bin ha inviato un telegramma di

congratulazioni al neo Presidente U sa e un al-tro di ringraziamento a Bush per il lavoro svol-to nel negoziato di pace tra israeliani e arabi ».

Malgrado l’incidente del signor Steiner, ela severa smentita, circolano alcuni nomi per ilfuturo governo. Il presidente del comitato e-lettora le, Mickey Kantor - capo del TransitionTeam, spalleggiato tra gli altri da “GualdStern, vicepresidente della O ccidental Petr o-leum” (Corriere della Sera, 5. XI.1992, p. 3) -dovrà gestire la fase di passaggio da Bush aClinton ( La Stampa, 6. XI. 1992, p. 9). Sembrache al Tesoro debba andar e Ro bert Reich, oRobert Rubin, presidente d ella Goldman &Sachs, e il banchiere Roger Altman (Cfr. PAO-LO PASSARINI, La Stampa, 6. XI. 1992). Passa-rini si ferma lì. Il Sabato (ferocemente filo-Clinton) ci spiega però di chi si tratta: “Intor-no a B ill Clinton si sono raccolti gruppi di e-sponenti della finanza ebraica, della GoldmanSachs, che ha contribuito a pagargli la campa-gna eletto rale, a Felix Rohatyn, la più lucidaintelligenza della Banca Lazard. Sia diRohatyn che di Robert R ubin, vice-presidentedella Goldman Sachs, si era cominciato a par-lare come possibili segretar i al Tesoro in unapresidenza Clinton” (G IANO ACCAME .  I lSabato 7. XI.1992, p. 2). Tanto è l’amore perClinton, che nascono persino dei “fioretti”.“Saul Beniamin, uno degli assistenti del

Presidente eletto” racconta al quotidiano i-sraeliano Maariv come “un ragazzo coraggio-so e ben piantato” Bill Clinton, lo salvò dagliantisemiti… (A nsa. La Stampa 6.XI.92). Nonpossiamo che appr ovare il coraggioso inter-vento. Peccato che Clinton no n difenda conaltrettanto vigore i corpi (e le anime) delle vit-time dell’aborto, di cui è un deciso fautore.

Ma proseguiamo la rassegna-stampa.A costo di annoiare, sfogliamo Panorama

(15. XI.92). Un art icolo di A LESSANDRA BAL-DINI ci descrive i “Fob” (Friends of Bill, amicidi Bill Clinton) . “Parecchi di loro sono ebre i

[ministri Mancino e Ma rtelli: mane tte a llaBaldin i! n.d.a.]: tr a i Fob di vecchia data c’èMike Mandelbaum, lo specialista dei rapportiEst-Ovest nel team di esperti di affari interna-zionali, che si unisce al gruppo di Yale, al paridi Robert Rubin, presidente della GoldmanSachs e, in pector e, titolare di un prestigiosodicastero economico”. C’è anche “DavidIfshim… in pr ima fila nell’Am erican Israelpublic affair commitee [ma guarda! Quello diSteiner! n.d.a.], la più influente lobby ebraicadella capitale” [la lobby ebr aica, non esiste,cara Baldini! Lo dice Fur io Colombo, n.d.a.].

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“Il giovane avvocato Ifshim è un esemplare ti-pico di homo clintonianus, una specie che staper prendere possesso delle stanze dei bottoni

a Washington”: si candida come Segretario al-la Giustizia. Ne ha ben diritto, visti i punt i incomune tra Ifshim e Clinton: entrambi imbo-scati durant e la guerra del Vietnam. Con unadifferenza: Ifshim parlava da R adio H anoi,Clinton pe llegrinava a Mosca… (Cfr. BALDI-NI. Hom o clintonianus. Panorama 15.XI.92, p.44). E non si creda che “Panorama” sia anti-semita: a p. 69 dello stesso numero G iordanoBruno Guerri condanna vigorosamente ilrazzismo: “Quando la Chiesa insegnava il di-sprezzo. Che cosa c’è alle radici del razzismodi oggi? Forse add irittura il Vaticano. Paroladi storico”. Se lo dice lui! (Ministri Martellie Mancino: arrestate tutti i cattolici!).

Ma torniamo a Clinton. Che sia stato elet-to, a questo punto, non ci stupisce più. Ma co-me ha fatto a salire così in alto da origini tanto

umili? Forse bisognerà chiederlo alla “Fonda-zione Winthro p R ockfeller” (Cfr. L e Figaro Magazin , articolo di Er ic Lauren t) che lo hafinanziato ed alla Trilaterale, di cui Clinton èmembro (Cfr. Baldini, citato). Agli americanitoccherà godersi il programma mirab ilmenteriassunto dalla Stampa del 7 novembre:“Aborto, gay, ragazze madri”. Una meraviglia:l’economia ne ricaverà indubbi benefici.

Qu anto a noi, decliniamo ogni responsa-bili tà per quant o qui riportato da fonti distampa insospettabili. Speriamo di no n averannoiato il lettore, per provare che, in fondo,tutt o continua q uasi come p rima, solo forseun po’ peggio di prima…

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Vita dell'Istituto

Do po la chiusura dei Santi Esercizi (per iquali ringrazio nuovamente il Predicatore, PadreBarbara), Sacerdoti e seminaristi hanno ripresostudi e lezioni. Il 23 ottobr e ci siamo r ecati tutt i aMilano, in pellegrinaggio alla tom ba di S. Pietro

Martire, patro no de i nostri seminaristi, che si tro-va nella Ba silica di S. Eustorgio. Ci siamo poi rac-colti in pre ghiera davant i alle reliquie di SanCarlo Borromeo.

L'Im presa G iorcelli (di Cantavenna, prov. diA lessandria) h a iniziato i lavori per la nuo va cap-pella della nostra casa di Verrua. Speriamo po ter-la inaugurare per la Settimana Santa.

Du e sacerdoti ci hann o fatto visita in questoperiodo: Don ald Sanborn, dagli Stati U niti (ac-compagnato d alla famiglia Rigato) ed A dolfoMedina, che att ualmente svolge il suo ministero aBruxelles.

Segnaliamo, con piacere, la d iffusione cheSodalitium comincia ad avere anche all'estero. Aparte l'edizione francese a cura dell'Istituto, alcuniarticoli della nostra rivista sono stati ripre si da“Sacerdotium” e “Catholic R estoration” (1409West 14 Mile, Suite 300, Madiso n H eights, Mi-chigan, 48071 - 1055 U SA) in inglese, e da SAKA Informationen (Postfach 51, CH 4011 Basel) in te-desco. A dir il vero anche il mensile italianoChiesa Viva ha ripreso degli articoli da Sodalitium,ma senza segnalare né l 'autore né la r ivista!Profittiamo dell'occasione per segnalare l'articolodel Re v. Dona ld Sanborn su Sacerdotium a propo-sito del nuovo concetto di “Comunione”, profon-damente eterodosso, recentemente espresso in undocumento di Joseph Ratzinger.

Venerdì 6 novembre don Nitoglia ha tenuto aRoma (Libreria Europa - Via Veniero 74) una con-ferenza dal titolo “Càbala, gnosi e M assoneria”.V ivissimo l'int eresse dei presenti per gli argomentiche il nostro don Cu rzio tratta abitualmen te suSodalitium . Altre conferenze del genere sono pre-viste a R oma e d in varie città italiane, mentre ilquotidiano “Il Secolo d' Italia” del 18 novembre

1992 ha dato ampia informazione della conferenzaromana in un articolo di Alberto G onnella.

Ra ccomandiamo infine alle vostre preghierele anime di Mons. Bellando e della Prof.ssaCostanza Co stantino. Mons. Francesco Bellandoè morto il 7 ottobre. Notissimo parroco di Bar-donecchia (prov. di Torino, ma in diocesi di Susa)non condivideva tutte le nostre posizioni, ma eralettore e benefattore di Sodalitium nonché since-ro amico di tutto l'I stituto.

Costanza Costantino, già professoressa diScienza d elle finanze e diritto finanziario nellaFacoltà di E conomia e Com mercio dell'Universitàdi Torino, è morta il 30 ottobre. D i fede profonda ebattagliera, si oppose fin dal principio alla riformaliturgica. La ricordiamo accanto a Mo ns. Vauda -gnotti, nella Chiesa de lla Trinità, e poi con no i invia Verdi e via Saluzzo, una delle “colonne” del-l'Istituto. In previsione del ricovero in ospedale havoluto subito chiamare il suo confessore donNitoglia, ed in seguito ha voluto r icevere l'EstremaUnzione attorn iata dai suoi cari. Il funerale è statocelebrato nell'Oratorio del Sacro Cuore il 2 novem-bre, ed or a riposa n ella Cappe lla di famiglia aFavria. Per volere della famiglia, ogni ultima dome-nica del mese, la S. Messa sarà offerta in suo suffra-gio, ma tutti noi non po tremo m ai dimenticare laprima no stra fedele d i Torino che il Signore hachiamato nel Suo Paradiso.

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Ricordo , come se fosse oggi, quella sera. Eragiunta la notizia dell’“indu lto” per celebrare, acerte cond izioni, la “Messa di S. Pio V” fino adallora severamente p roibita. I sacerdot i italianidella Fraternità erano di p essimo umore, p reve-dend o di già le numerose nu ove difficoltà cui sa-rebbero and ati incontro dopo questa nuova insi-diosa trovata… Poi arrivò il comunicato di PadreSchmidberger, Superiore della Fraternità: l’indul-to era una “breccia” attraverso la quale sarebberopassati, vittoriosi, i tradizionalisti. Non poteva es-sere altrimenti: era il primo passo verso l'idea ge-niale della “petizione al Santo Padre”, indett a daSchmidberger su suggerimento vaticano…

Oggi, l’indulto non è più una breccia, ma un in-

cubo. Assieme al “protocollo d’intesa” fermamentevoluto dal (futuro) Mons. Tissier e firmato da Mons.Lefebvre, e che ha partorito l’“Ecclesia Dei”… laFraternità San Pietro e Gricigliano! Indulto edEcclesia Dei stanno por tando via fedeli e consensialla Fraternità; le Messe di San Pio V del CardinalStickler o del Cardinal Palazzini attirano di più diquelle dei vescovi “scomunicati” di Ecône. Ed allo-ra la “breccia” è ormai un… acchiappamosche (cf.vignetta di “Veritas”, bollettino lefebvrista).

L’indulto fa paura. Ed anche Dom G érard. Il mo-naco benedett ino passato al modernismo (e “deco-rato” con la consacrazione abb aziale) turba i sognidello pseudo-parroco lefebvrista di St. Nicolas duChardonnet, Philippe Laguerie. È il fatto che domGérard ha edito un libro di Mons. Gamber (controla riforma liturgica!) con prefazione di tre “Car-dinali” tr a i quali Joseph Ratzinger. Se GiovanniPaolo II è Papa, la nuova messa è valida, e poi addi-rittura se i “mod ernisti” si mettono a dire la Messadi San Pio V, che ci sta a fare la Fraternità? Bisognacorrere ai ripari! Lo pseudo-parroco prende carta epenna e scrive un bell’articolo su Fideliter , rivistafrancese della Fraternità (nov.-dic. 1992 n. 90 pagg.1-8. La Messe en question). Ecco alcune obiezionidel Laguerie all’“operazione-Gamber”:

1) Mons. Gamb er: “Chi, almeno in Fr ancia,conosceva questo autore?” Il suo libro? è l’ulti-

mo venuto, “meno esaustivo” di altri… (pag. 1).2) Sulla “nuova messa” basta “leggere e rileg-

gere” il Breve Esame Critico, Salleron e “La nou-velle Messe qu’en penser?”di “Plinio de Silveira”.(pag. 2).

3) “Tentativo incredibile del libro (d i Gamber):togliere la connessione tra Nuovo Ordo Missae edil Concilio, come se l’uno non fosse il fruttodell’altro (pag. 4).

4) La proposta di Mons. Gamber (“aberrante”):considerare legittimi il rito romano (antico) ed il ritomoderno (ad experimentum). Laguerie vuole solo ilrito romano (pag. 6).

5) La proposta di Dom G érard (“aberrante”anch’essa, e peggio ancora): riformare la Messa: la

parte preparatoria si rivolga ai fedeli, quella pro-priamente sacrificale, a Dio. Laguerie vuole lascia-re intatto il rito tradizionale (pag. 6).

Al rev. Philippe Laguerie faccio osservare:1) Mons. Gamb er era celebre liturgista, citato

da almeno 20 ann i dai trad izionalisti (vedi ad es.anche Sodalitium n. 11, anno 1986, pagg. 8-16).Se l’abb é Laguerie ha letto solo tre libri sullariforma liturgica è meglio che non se ne vanti.

2) Ma li ha pr oprio letti? “La nouvelle Messequ’en penser”non è d i “Plinio da Silveira” ma diSaverio Vidigal da Silveira. L’abbé Laguerieconfonde certamente col capo della T.F.P., PlinioCorrea de Oliveira… È ora, caro don Laguerie, dileggere e rileggere almeno le copertine dei libri.

3)-4)-5) Caro don Laguerie, in questo sono d’ac-cordo con Lei. Ma le conviene (a Lei) non scanda-lizzarsi tanto. Mons. Lefebvre ha firmato e votato ildocumento conciliare sulla liturgia. Mons.Lefebvre ha richiesto l’ammissione dei due riti nel-la Chiesa ( Lettera agli Amici e Benefattori n. 16).

Mons. Lefebvre ha detto più volte che era favo-revole ad una riforma, nel senso prospettato d aDom G érard, della Messa. Il povero Dom G érardpuò dire: “Ma che ho fatto di male?”.

In du e parole, raccomandiamo al nostro caroconfratello un po’ di calma, buone letture, ed unpo’ più di memoria.

ATTENZIONECi scusiamo con i lettori, perché, contrariamente a quanto pubblicato nel mese di otto-bre, il nostro numero telefonico non è ancora cambiato. Poiché non sappiamo quandocambierà realmente, consigliamo di utilizzare il vecchio numero e qualora a questonon rispondesse nessuno, di provare con il nuovo:

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SULLE BRECCE, I TITOLI DEI LIBRI E MONS. GAMBERdi Padre Torquemada

5/10/2018 Sodalitium 32 - slidepdf.com

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SS. MESSE

Verrua Savoia (TO): Istituto Mater Boni Consilii - Località Carbignano, 36

Tel.: (0161) 84.93.35. Nei giorni feriali, S. Messa alle ore 7,30.Tutte le domeniche S. Messa ore 17,30.Benedizione Eucaristica tutti i venerd ì alle ore 21.Il primo venerdì del mese, ora santa alle ore 21.

Torino: Via Saluzzo, 9 D. Il primo venerdì del mese e tutti i giovedì,S. Messa alle ore 18,15 e confessioni dalle o re 17,30.Tutte le dom eniche, confessioni d alle ore 8,30, SS. Messa cantat a a lle ore9,00; S. Messa letta alle ore 11,15.Catechismo il sabato, seguìto dalle confessioni e dal S. Rosario.

Valmadrera (CO): Via Concordia, 21- Tel. (0341) 58.04.86. SS. Messe la lª e la3ª domenica del mese alle ore 10, e confessioni dalle ore 9,30.

Marano Vicentino (Thiene - VI): Via Canè, 1, presso la fam. Parolin.SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 18,30.Per informazioni rivolgersi a Verrua Savoia.

Maranello (MO): Villa Senni - Strada per Fogliano - Tel. (0536) 94.12.52.S. Messa tu tte le domeniche alle ore 11.

Firenze: Via Ciuto Brandini, 30, presso la Prof.ssa Liliana Balotta.Tel: (055) 68. 59. 5l . SS. Messe la lª e la 3ª domenica del mese alle ore 18,15e confessioni dalle ore 17,30.

Roma: S. Messa il primo sabato del mese alle ore 17,30 e la domenica chesegue il primo sabato del mese, alle ore 11. Viale Sirtori 50,

presso fam. Pristerà, Tel (06) 52.80.224.

Annecy (Francia): 11, avenue de la Mavéria.SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 10 e confessioni dalle ore 9,00.Tel. dall'Italia: (0033) 50.57.88.25.

Madrid (Spagna): Calle Serrano, 31 - 3° D, presso le Signore Maria e Pilar Alejos.Tel. dall'I talia (0034) 1 577.14.31. Per informazioni sulle celebrazioni t elefo-nare al suddetto numero.

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