Sodalitium 27

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 Perio dico - Orga no U fficiale dell’A ssociazione Mater B oni C onsilii - Loc. C arb ignano, 36 - Telef.: 0161/8493 35 - 1002 0 VE R R U A SAVO I A (TO) - C/ C P 24681108 - D ir. R esp.: don Francesco R icossa - Spediz ione ab b. post. G r. IV (70 ) - Aut. Trib. di Iv rea n. 116 del 24-2- 84 - Sta mpa : T E C A - T orino An  n  o VI II - S  e  m e  s  t r  e II n  . 1 - Nov  e  m  b  r  e 1  9  9 1 N. 2 7

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Period ico - O rgano Ufficiale dell’A ssociazione Mate r Boni Consilii - Loc. Carb ignano, 36 - Telef.:

0161/849335 - 10020 VER RUA SAVOI A (TO ) - C/CP 24681108 - Dir. R esp.: don Francesco R icossa 

- Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa : TE CA - Torino

Anno VIII - S

 

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Editor

 

ialeDal 1987 “Sodalitium” ha ufficialmente ade-

rito alla “tesi” di Mons. Guérard des Laurierssulla situazione attuale della Chiesa, detta di“Cassiciacum” (dal nome della rivista che lapubblicò la prima volta nel 1979). Sapevamoche, così facendo, saremo stati anche noi, comeMons. Guérard, “segno di contraddizione” sottoil fuoco incrociato diretto da più fronti.

Tre tesi, difatti, si oppongono a quella di

“Cassiciacum”: quella secondo cui GiovanniPaolo II è Papa, e dei migliori; quella secondocui è un cattivo Papa, ma Papa; quella secondocui non è Papa per nulla, non solo davanti a Dio(il che è probabilissimo) ma anche davanti allaChiesa: un puro e semplice antipapa. Da segna-lare infine la posizione, tra tutte la più scorag-giante, di quelli a cui tutto ciò non importa asso-lutamente nulla...

Dopo cinque anni, alcuni auspicano una no-stra “conversione”: dovremmo accordarci conEcône e riconoscere l’Autorità; dovremmo,all’opposto, gettare anatemi sugli antipapi e(magari) collaborare a futuri conclavi; oppuredovremmo disinteressarci di questi argomenti eparlare d’altro.

Rispondiamo che la “tesi” di Padre Guérardè una descrizione teologica della situazione at-tuale dell’autorità nella Chiesa, essa era vera nel1979, è vera nel 1991, perché detta situazionenon è purtroppo mutata.

Giovanni Paolo II non è formalmente Papa,non ha l’Autorità Pontifi cia, né il primato digiurisdizione, né l’assistenza di Cristo. Comemutare questa osservazione, quando egli stessola conferma quotidianamente, come ancora ha

fatto recentemente in Ungheria ove si è recatoper “adorare il Dio d’Israele” assieme ai rabbinie a rendere omaggio ai calvinisti perseguitati daicattolici e dichiarare, ancora una volta, (O.R.,19-20 /8/1991) irreversibile l’ecumenismo ?

Giovanni Paolo II è materialmente “Papa” inquanto la sua designazione non è stata infirmatada nessun Cardinale o Vescovo; in quanto nes-sun Vescovo che partecipi all’Autorità nellaChiesa ha intimato a K. Wojtyla di ritrattare isuoi errori, sotto pena di essere considerato da-vanti alla Chiesa intera decaduto, anche mate-rialiter, dal pontificato che occupa illegittima-

mente.E la morte di Mons. Lefebvre e di Mons. DeCastro Mayer ha suggellato definitivamente illoro rifiuto di essere quei Vescovi che ristabili-ranno una vera Autorità nella Chiesa.

Gli avvenimenti, dunque, non infirmano maconfermano l’analisi della situazione fatta dallatesi del più prestigioso teologo che rimase fede-le alla tradizione.

Non solo, quindi, non cambiamo, ma consi-deriamo l’adesione alla tesi una delle più grandigrazie del nostro sacerdozio.

Altri ci possono chiedere: che collaborazio-

ne si può intravedere tra voi e gli altri gruppiche, pur non condividendo la vostra posizione,desiderano tuttavia difendere, la tradizione dellaChiesa? Bisogna innanzitutto distinguere tra chiriconosce e chi non riconosce l’autorità diGiovanni Paolo II. Con i primi, nessuna comu-nione è possibile, neppure, in principio, la sem-plice assistenza alla Messa. Non è cattolico pro-clamare ogni giorno all’altare che GiovanniPaolo II è il nostro Papa, e disobbedirgli e dileg-giarlo sistematicamente. Chi difende la Fede de-ve difenderla tutta: la Messa di S. Pio V così co-me l’obbedienza al Papa, che è condizione di

 

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Sommario

Editoriale pag. 2Documenti pag. 3L'Autorità del Vescovo: viene tramite il Papa o i fedeli? pag. 4I Martiri di Gorcum pag. 7“il Papa del Concilio” pag. 17Henry de Lubac pag. 24Omelie contro gli Ebrei pag. 29Sipuò sperare la salvezza di tutti? pag. 39Vita dell'Istituto pag. 49

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Pubblichiamo in una nostra traduzione ita-liana la dichiarazione del signor Eberhard 

 Heller edita dalla rivista “Einsicht” München, Juli 1991, p. 47 XXI. Aggiungiamo un altro do-cumento che serve a completare questa testi-monianza.

  Ricordiamo infine che nel n° 16 di“Sodalitium” abbiamo già esposto le ragioniche provano la validità e la liceità delle consa-crazioni del 1981.

DICHIARAZIONE GIURATA A PROPOSI-TO DELLE CONSACRAZIONI EPISCO-PALI delle LL.EE. Mons. Guérard desLauriers, Mons. Carmona e Mons. Zamora.

Per mettere fine ai dubbi che sono ancora e-spressi, specialmente da parte di alcune personee gruppi negli Stati Uniti, e siccome S. Ecc. nel

frattempo è deceduta e non si può più pronun-ciare a questo proposito; avendo io partecipatopersonalmente alle suddette consacrazioni com-piute da Mons. Ngo-Dinh-Thuc, dichiaro sottogiuramento:

Io testimonio che S.E. Mons. Guérard desLauriers o.p. (7 maggio 1981), Mons. MoisésCarmona e Mons. Zamora (17 ottobre 1981) so-no stati consacrati Vescovi della Santa ChiesaCattolica da Sua Ecc. Mons. Ngo-Dinh-Thuc aTolone in Francia.Le consacrazioni sono state fatte seguendo ilPontificale Romano” (Roma 1908). Mons. Ngo-

Dinh-Thuc amministrò le consacrazioni nel pie-no possesso delle sue facoltà mentali e nell’in-tenzione di aiutare la Chiesa ad uscire dal suostato di necessità, quale è stato precisato nellasua “Declaratio” sulla Sede Vacante del 25Febbraio 1982.

Monaco, il 10 Luglio 1991 Eberhard Heller

Dichiarazione

Mi è stato chiesto di rendere testimonianzascritta di quanto mi disse Mons. Guérard desLauriers quando era ancora in vita.

Aderendo a questo invito, dichiaro sotto giu-ramento che Mons. Guérard des Lauriers, comelui stesso ha attestato per iscritto, mi ha più vol-te assicurato di aver accettato di ricevere la con-

sacrazione episcopale dalle mani di Mons. Ngo-Dinh-Thuc, all’esplicita condizione che questaconsacrazione venisse conferita e ricevuta acausa della situazione in cui si trova la Chiesa,qual’è descritta ed esposta dalla “Tesi” detta diCassiciacum, e che questa condizione fu accet-tata da Mons. Thuc prima di conferire la consa-crazione episcopale a Padre Guérard desLauriers.

Verrua Savoia, 12 settembre 1991in fededon Francesco Ricossa

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Documenti

salvezza eterna (Bonifacio VIII). Tra quanti nonriconoscono Giovanni Paolo II, ma lo conside-rano un antipapa (antipapa di quale Papa, vor-

remmo sapere...) bisogna distinguere. Se, d’altraparte, sono sinceramente cattolici, si può (e, senon ci sono altre Messe, si deve) assistere alleloro funzioni, e riceverne i Sacramenti. Con chilo desidera, si può amichevolmente collaborareper il bene delle anime. Per forza di cose questacollaborazione ha però dei limiti intrinseci: nonvediamo come si possa avere in comune un se-minario, ad es., o una società sacerdotale, se sidissente su questioni importanti, anche se nontoccano in se stesse la Fede. Questa collabora-zione limitata, ma reale e benefica è però, perl’appunto, condizionata dalla Fede: chi affer-

masse ad esempio, che la Chiesa o la Gerarchiasono finite, che fedeli (!) o Vescovi che nonhanno ricevuto l’Autorità dal Papa la posseggo-

no tuttavia realmente per governare il gregge o... per eleggere un Papa, costui manometterebbeil deposito della Fede.

Ci sembrava onesto e doveroso ricordarecon quale diritto esercitiamo oggi il sacerdoziocattolico, con quali fedeli e sacerdoti siamo feli-ci di esercitarlo.

In attesa che Nostro Signore Gesù Cristo,Capo invisibile della Chiesa, nel trionfo di SuaMadre, renda miracolosamente inutilela Tesi di Cassiciacum, ridandoci un vero e le-gittimo Papa, guida infallibile di tuttii fedeli.

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L’AUTORITÀ DEL VESCO-VO: VIENE TRAMITE IL PA-PA O I FEDELI?

di don Francesco Ricossa

Nostro Signore Gesù Cristo ha fondato unaChiesa: “Tu sei Pietro e su questa pietra edifi-cherò la mia Chiesa” (Mt. XVI, 18). La promes-sa divenne realtà: nata sulla croce (DS 3328),promulgata alla Pentecoste (DS 3328), la Chiesadeve continuare in terra la missione affidata alFiglio da Dio Padre: “Come il Padre ha inviatome, così io mando voi”.

Il piccolo grano di senape è diventato ungrande albero: la Chiesa si è estesa nei secoli intutta la terra (“in omnem terram exivit sonus eo-rum et in fines orbis terrae verba eorum”Ps. X-VIII,5), piantata nel sangue degli Apostoli, fin-ché essa non sia nuovamente” il piccolo greg-ge”(Lc. XII, 32) ritornando, ai tempi della gran-de apostasia, al piccolo numero dei suoi inizi.

Ma, attraverso tutte queste vicissitudini,la Chiesa è assicurata dalle parole del SuoFondatore: “Le porte dell’inferno non prevarran-no contro di essa” (Mt. XVI, 18) “Io sono convoi fino alla fine dei secoli” (Mt. XXVIII, 20).

Queste parole del Signore stanno a significa-re che, anche se perseguitata, tradita, ridotta aiminimi termini, anche quando sembrerà come

scomparsa (S. Beda), sempre la Chiesa si man-terrà nelle sue caratteristiche essenziali, così co-me l’ha voluta e fatta Gesù.

Questo privilegio di restare immutata fino alritorno glorioso di Cristo è chiamato “indefetti-bilità”. Queste caratteristiche essenziali dellaChiesa che non possono essere manomesse, sonchiamate: “la divina costituzione della Chiesa”.

Oggi, che fare?

Vi sono quindi, nella Chiesa, degli istituti edelle leggi di diritto divino, irreformabili ed in-

defettibili; e vi sono pure istituti e leggi di dirit-to ecclesiastico, precisazioni e determinazionidel diritto divino che la Chiesa, nella sua sag-gezza e sotto la guida dello Spirito Santo, ha vo-luto introdurre per il bene delle anime.

Il Primato Romano, ad esempio, o l’episco-pato (can. 108 § 3) sono istituzioni di diritto di-vino. Il cardinalato, o il Mandato romano perpoter lecitamente consacrare un Vescovo sonodi diritto ecclesiastico.

Anche obbedire alle leggi della Chiesa (divi-ne o ecclesistiche) è un grave dovere, oggi comeieri; e se, in una situazione di grave necessità

come quella odierna si può e si deve, applicandol’epikeia, passare oltre ad alcune leggi puramen-te ecclesiatiche, anche importanti, mai e poi mai

si può attentare a ciò che Dio stesso ha stabilitoe voluto indefettibilmente per la sua Chiesa.

Dei Vescovi senza giurisdizione ordinaria

Quando si pose il problema della legittimitàdi consacrazioni episcopali per conservare etrasmettere il Sacrificio della Messa ed i sacra-menti, Mons. Guérard des Lauriers intervennecon l’articolo pubblicato in “Sous la Bannière”e ripreso dal n°16 di “Sodalitium”.

Alla questione: “Consacrare dei Vescovisenza il Mandato romano, oggi, è lecito?” il teo-logo domenicano rispondeva essenzialmente co-sì: se si afferma (e si prova) che Giovanni PaoloII non è (almeno) formalmente Papa, si; altri-menti, no. Difatti, si può presumere il consensodi qualcuno se quel qualcuno non c’è oppure èirraggiungibile. Ma presumere il consenso delPapa quando detto “papa” lo ha negato esplici-tamente è una presa in giro.

Accertata la liceità di consacrazioni episco-pali senza Mandato romano, Mons. Guérardprecisava però immediatamente: questi vescovipossono e devono esercitare la Missio, ovvero ilpotere d’ordine (ed hanno quindi una giurisdi-zione “passeggera” per modum actus); ma non

possono e non devono arrogarsi la Sessio o giu-risdizione ordinaria (sia essa territoriale , su diun territorio diocesano che personale su dei fe-deli), la quale nella Chiesa, non può venire chedalla “Prima Sedes”, cioé dal Papa, come ha ri-cordato Pio XII nell’enciclica “MysticiCorporis”.

Una questione di diritto divino

Questo rifiuto di attribuire ai Vescovi consa-crati lecitamente senza Mandato romano unagiurisdizione ordinaria è fondato sul diritto divino.

Difatti, il modo di eleggere un candidatoall’episcopato è variato nel corso dei secoli: ilfuturo Vescovo poteva essere designato dal po-polo, dal clero, dai Vescovi della provincia, daicanonici della cattedrale e persino dai Re e dagliImperatori; sempre però col consenso esplicito oimplicito del Papa.

E se la persona del Vescovo era designata daaltri che dal Papa, e se il potere d’ordine venivaconferito al nuovo eletto dai Vescovi consacra-tori, la giurisdizione, l’autorità, gli veniva sem-pre e solamente dal Papa (DS 3804, Pio XII). È,questa, una questione di diritto divino, si tratta

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cioé di rispettare la divina costituzione dellaChiesa, come Gesù Cristo l’ha voluta.

Sessionismo inveterato e sessionismo creativista

Per questo Mons. Guérard des Lauriers rifiu-tava non solo la posizione di Mons. Lefebvre(“Giovanni Paolo II è Papa anche se cattivoPapa”) che definiva “sessionismo inveterato”,ma anche quella di certi sedevacantisti (“sessio-nismo creativista”) che, attribuendosi un’auto-rità o una giurisdizione che non avevano, pre-

tendevano dichiarare la Sede anche material-mente vacante e/o addirittura (logicamente) e-leggere un Papa: mentre questi due compitispettano solo a quanti godono del potere di giu-risdizione ed autorità nella Chiesa.

La posizione di Mons. Guérard non impedi-sce un Conclave, ma impedisce il “conclavi-smo”, cioè pseudo-conclavi fatti da persone pri-vate senza autorità, “conclavi” destinati a caderenel ridicolo prima ancora che nell’eresia. Se a-vessero seguito la distinzione “materialiter-for-maliter” alcuni laici non sarebbero recentementecaduti appunto nel ridicolo con uno di questipseudo-conclavi da operetta. E Mons. Guérardfaceva notare che detto “conclavismo” sfociavaineluttabilmente in un’eresia: attribuirsi un’au-torità che, se non viene dal Papa, verrebbe dallaChiesa; dichiarare quindi implicitamente che ilpotere viene dal basso, che la Chiesa è superio-re al Papa.

L’autorità viene dai fedeli (Mons. Lefebvre)

Quando, con il Vaticano II, s’impose la dot-trina della “collegialità”, giustamente Mons.Lefebvre vi si oppose, argomentando che si

creava un potere supremo abituale (Papa eVescovi) a fianco dell’unico potere Supremo(Papa solo) voluto da Cristo. E neanche il Papa

può mutare la Costituzione divina della Chiesa(DS 3114). Quando, nel giugno 1988, Mons.Lefebvre consacrò quattro Vescovi senzaMandato romano, violò la prima condizione perla liceità (dichiarare che Giovanni Paolo II nonè vero Papa) ma non la seconda: non attribuì aisuoi Vescovi alcuna giurisdizione ordinaria.

Siamo rimasti tutti stupiti e sbigottiti, pertan-to, nel leggere tre documenti di Mons. Lefebvrepubblicati postumi su Fideliter n. 82, luglio-ago-sto 1991, pp. 13-17.

Si tratta di una lettera a Mons. de CastroMayer del 4 dicembre 1990 ed una a PadreRifan del 20 febbraio 1991 con un “Nota a pro-posito del nuovo vescovo che deve succedere aS.E. Mons. de Castro Mayer”.

In essi Mons. Lefebvre precisa di quali pote-ri godrà il futuro Consacrato (Mons. LicinioRangel, effettivamente consacrato a Campos il28 luglio 1991).

Ecco quanto scrive Mons. Lefebvre. Il casodi Campos è semplice: “si tratta della maggio-ranza dei sacerdoti diocesani e dei fedeli che,col consiglio del vescovo emerito, designano ilsuccessore e chiedono a dei Vescovi cattolici diconsacrarlo. È ben in questa maniera che la suc-cessione dei Vescovi si è realizzata durante i pri-

mi secoli, in unione con Roma, come pure noisiamo in unione con la Roma cattolica e non laRoma modernista” (p. 13-14).

Popolo e clero designano il Vescovo e va be-ne. Ma gli danno anche autorità e giurisdizione?

Sorge il sospetto: “Sono il clero ed il popolofedele di Campos che si danno un successoredegli Apostoli, un vescovo cattolico e romano,poichè non possono averne più dalla Roma mo-dernista” (p. 14). A Campos c’è già un “vesco-vo”, nominato dal “papa” e insediato, a suo tem-po, da Mons. de Castro Mayer. Il nuovo“Successore degli Apostoli” riceve solo il potered’ordine (per ordinare sacerdoti, cresimare,ecc.) o anche di giurisdizione? Il potere d’ordinelo danno i Vescovi: cosa danno “clero e fedeli diCampos”? L’autorità?

Sì, l’autorità. Mons. Lefebvre parla di “auto-rità episcopale” (p. 15). Il nuovo vescovo non èvescovo residenziale (p.16) però ha giurisdizio-ne che viene… dal clero e dai fedeli; egli “nonha altro titolo di giurisdizione [e quindi ne hauno! n.d.r.] che quello che gli viene dall’appellodei sacerdoti e dei fedeli… che gli hanno chie-sto di accettare l’episcopato” (p.16). Si tratta diuna semplice autorità di fatto, nel dare i

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 Le prime comunioni (vedi pag. 49)

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Sacramenti e nel guidare le anime, insita nel po-tere d’ordine? C’è da dubitarne, quando Mons.Lefebvre insiste (p.17) nel parlare di “autorità

giurisdizionale del Vescovo che non gli viene dauna nomina romana, ma dalla necessità dellasalvezza delle anime”. Fedeli e preti devono aquesto “successore degli Apostoli” “all’esercizio del-la sua autorità” una “generosa obbedienza” (p.17).

Infine, l’affermazione più esplicita:“Poichèla giurisdizione del Vescovo, non è territorialema personale e ha come fonte il dovere per i fe-deli di salvare le loro anime, se un gruppo di fe-deli nelle diocesi vicine fa appello al Vescovoper avere un sacerdote, questo gruppo per il fat-to stesso dà potere al Vescovo per vegliare allatrasmissione della fede e della grazia in questogruppo, per mezzo del sacerdote che egli invia” (p.17).

Un gruppo di fedeli, pertanto, dà potere, au-torità, giurisdizione, al Vescovo. Distinguere tragiurisdizione territoriale o personale non cambiala gravità dell’affermazione: un vescovo ca-strense, ad esempio, con giurisdizione sui mili-tari, o un vescovo residenziale, con giurisdizio-ne sui residenti in diocesi, si trovano nello stes-so rapporto, riguardo alla loro giurisdizione, neiconfronti del Papa che gliela dà!

Nessuno dà ciò che non ha: se il popolo (o laChiesa distinta dal Papa) dà il potere è perchè loha: è perché popolo o Chiesa sono l’autorità. Èla tesi giansenista del Conciliabolo di Pistoia,

secondo la quale il potere vien dato da Dio allaChiesa (cioè la comunità dei fedeli) e da essa aiPastori che sono ministri della Chiesa per la sal-vezza delle anime. Questa tesi è stata condanna-ta come eretica da Pio VI (DS 2603).

Non spetta a noi ma alla Chiesa dire in qualemisura la tesi di Mons. Lefebvre e quella ereticacoincidano, né in quale misura Mons. Lefebvresi rendesse conto della similitudine delle due te-si; ci auguriamo che si tratti solo di imprecisio-ne di linguaggio.

Ma possiamo e dobbiamo denunciare l’estre-ma gravità e pericolosità di questa posizioneche, guarda caso, è stata accolta da un sedeva-cantista inglese nel suo bollettino, in cui richie-de al Vescovo dotato di giurisdizione (secondoMons. Lefebvre) di convocare il Conclave(Counter-Reformation Association. New andviews. sett.-ott. 1991). Il “sessionismo invetera-to” dei lefebvristi ha così raggiunto il “sessioni-smo creativista” dei Conclavisti!

Una pericolosa tendenza

La Fraternità S.Pio X non è nuova a tali episodi.Per non ammettere l’illegittimità di Paolo VI

e Giovanni Paolo II, ha negato l’infallibilità del

magistero ordinario universale definita dalVaticano I (DS 3011, CJC can 1323 § 1), ed haaffermato che la disciplina della Chiesa può es-

sere nociva alle anime (ancora una tesi gianseni-sta: cfr. DS 2678) o che essa può dare veleno aisuoi figli (contro il Vat. I, DS 3071).

In seguito, le strutture della Fraternità sono,di fatto, sempre più identificate con quella dellaChiesa. Si sostituisce come segno visibile dellavera Chiesa, la Madonna al Papa: “Ubi Mariam, ibiEcclesia” dice Mons. Lefebvre (Fideliter n.71 p.7).

Si afferma che oggi il Magistero dellaChiesa è Mons. Lefebvre (Fideliter n. 72 p.10),l’indefettibilità della Chiesa è, ancora, Mons.Lefebvre (ibidem).

Adesso si prospettano dei Vescovi costituitiin autorità dal popolo… Speriamo che Mons.Rangel si desolidarizzi da questa concezione eci auguriamo che si pronunci sulla situazione diprivazione di Autorità che colpisce, oggi, laChiesa. Nel frattempo, però, a tutto questo, sen-za polemica ma con fermezza, ogni fedele deveopporre un deciso e definitivo rifiuto .

Bisogna lavorare per difendere la Chiesa;ma quella voluta da Dio, e come l’ha voluta Lui.

Nota

L'ultimo numero di “Fideliter” (n. 83) pub-blica una dichiarazione dei sacerdoti della dio-cesi di Campos nella quale l'errore da noi de-

nunciato è sfumato ma non sfatato. Ripeto che iVescovi senza mandato hanno sì una giurisdi-zione transitoria per amministrare i sacramenti(speciamente di penitenza) ma non hanno giuri-sdizione abituale (autorità, diritto all'obbedien-za) non solo territoriale ma anche PERSONA-LE. L'una e l'altra autorità possono venire solodalla S. Sede.

I MARTIRI DI GORCUMdi don Ugolino Giugni

Momento storicoFin dall’inizio del XVI secolo era scoppiata

prima in Germania e poi in Svizzera e negli altripaesi la cosiddetta “Riforma protestante”, ca-peggiata da Lutero (monaco apostata) inGermania, da Zwingli e Calvino in Svizzera.

Questi eretici “Riformatori” sostenevano chela Chiesa era formata solo dai predestinati(Calvino), per Lutero l’uomo è giustificato nondalle opere ma solo dalla fede (sola fides), dallafiducia che i meriti di Cristo applicati esterna-mente al peccatore coprano i suoi peccati (è la

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non-imputazione del peccato, ben differente dal-la dottrina cattolica che insegna la rigenerazionesantificazione interiore dell’anima).

Nella lettura della Bibbia i protestanti intro-dussero il principio del “libero esame” e laSacra Scrittura tradotta in tedesco da Lutero eb-be una diffusione straordinaria e divenne un vin-colo d’unione fra i suoi seguaci. Fra l’altronell’introduzione al Nuovo Testamento MartinLutero definiva la lettera di S. Giacomo come“una vera epistola di paglia” priva di spirito e-vangelico a motivo della precisa dottrina relati-va alle buone opere che in essa è contenuta. Eglidimostrava così che per lui neanche la SacraScrittura aveva un’autorità intangibile, ed erapronto a rifiutarla là dove egli non riusciva adarmonizzarla con le proprie convinzioni soggettive.

Nel suo scritto “de captivitate Babylonica”Lutero nega la dottrina della Transustanziazionee predica l’abolizione della S. Messa. Dei sacra-menti lascia sussistere solo il Battesimo e la ce-na, ma la loro efficacia è dovuta solo alla fede(differente dall’ex opere operato cattolico).

Calvino considerava invece il pane e il vinocome puri segni del Corpo e Sangue di Cristo, ericonosceva alla comunione un certo “nutrimen-to spirituale” dovuto alla “presenza virtuale” diCristo; solo i predestinati però ricevono il ciboceleste (alimentum) mentre i reprobi soltantopane e vino (elementum).

Tutte queste dottrine eretiche andavano unitead un’avversione radicale al Papa e al papato e atutta la gerarchia ecclesiastica, di cui i prote-stanti si rifiutavano di riconoscere l’infallibilità.

I martiri di cui ci occuperemo in questo bre-ve articolo furono chiamati a testimoniare la fe-de soprattutto su questi due punti: la RealePresenza di Gesù nell’Eucarestia e l’autorità delRomano Pontefice.

È importante ricordare la loro storia in questitempi in cui si parla molto di ecumenismo e diriabilitazione di Lutero e mostrare così con qua-le furore (e con quale spirito antiecumenico), iprotestanti si accanirono contro questi monacicolpevoli soltanto di credere a ciò che insegna laChiesa e di obbedire al Papa.

Leggiamo sul giornale che nella sua recentevisita in Ungheria Giovanni Paolo II “è stato in-vitato di sorpresa a posare una corona di fiorisulla lapide che commemora i predicatori prote-stanti condannati a remare sulle galere del go-verno cattolico. E ha accettato di buon grado”(“La Stampa” 19 agosto 1991); evidentementeGiovanni Paolo II si è dimenticato (o ha preferi-to dimenticare) dei martiri di Gorcum impiccatidai protestanti nei Paesi Bassi nel 1572.

Gli antefatti

I Paesi Bassi appartenevano fin dal 1477 alla

Casa d’Asburgo. Anche qui nonostante gli sfor-zi dei Re di Spagna Carlo V prima e Filippo IIpoi, penetrò l’eresia protestante, specialmentenella forma calvinista. Il principe Guglielmo diNassau-Orange, già governatore delle provincedi Olanda Zelanda e Utrecht, si dichiarò aperta-mente per il calvinismo.

I protestanti, chiamati “gueux” (= Pitocchi),sia per la loro abbietta condizione sia perchénon indietreggiavano di fronte ad alcuna violen-za, nell’agosto del 1566 scatenarono furiose de-vastazioni di chiese e immagini sacre inAnversa ed altre città. Il culto cattolico fu para-lizzato in gran parte del Paese e sempre inquell’anno, fu organizzata, in un sinodo tenutoad Anversa, la chiesa calvinista dei Paesi bassi(Confessio Belgica).

Il Re di Spagna Filippo II inviò nei PaesiBassi il duca d’Alba con poteri di governatoregenerale, munito d’un forte esercito per rimette-re ordine in quella regione.

Nelle province di Olanda e Zelanda ilCalvinismo prese rapidamente il sopravvento e lareligione cattolica fu proibita come “idolatria”.

La cattura.

Gorcum, capoluogo del distretto di Arkal inOlanda, era una cittadina che contava all’epocadella nostra storia circa 7000 abitanti. Essa vive-va grazie alla fertilità delle campagne vicine epoteva intrattenere un certo commercio graziealla navigazione della Mosella.

Nel 1572 anche in questa piccola città diprovincia si agitavano due partiti che erano nel-lo stesso tempo politici e religiosi: quello prote-stante e quello cattolico, che sembrava essereancora il più numeroso.

Leonardo Véchel (che ritroveremo soventein questa storia), parroco della città, si vantavadi poter opporre due fedeli ad un eretico. Mapurtroppo, allora come oggi, la popolazione diGorcum era formata per la maggior parte da pu-sillanimi e dubbiosi, i quali finché lo stendardodei Re cattolici sventolava sulle loro teste, eranoper la religione di Gesù Cristo, ma alle primesconfitte dei cattolici da parte dei protestanti,potevano trasformarsi in una maggioranzacontraria.

Fu ciò che si verificò al momento della presadella città di Dordrecht, che distava sei ore dimarcia, da parte dei “gueux”. La vicinanza deiprotestanti fece capire alla popolazione che la

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loro tranquillità sarebbe durata ancora per poco.I magistrati temevano soprattutto per gli eccle-siastici e le persone consacrate che erano l’og-getto preferito dei furori dell’eresia.

Vi era a Gorcum un piccolo convento diCappuccini che era considerato il centro e ilcuore del Cattolicesimo nella città, a causa dellozelo e del buon esempio di vita che i frati dava-no ai loro concittadini. Il Padre Guardiano (su-periore del convento) era all’epoca un certoNicolò Picchio, uomo di virtù rare come ci mo-

strerà il seguito di questa storia.Ora questo convento era il più minacciatodai “gueux”. Gli abitanti di Gorcum e i parentidel Padre Guardiano, che era originario dellacittà, cercarono in tutti i modi di convincerePadre Nicolò a prendere la fuga come precau-zione contro gli eretici, facendo presente che laprudenza è una virtù cristiana, ma egli rifiutò di-cendo che se Dio mandava la prova, dava anchela forza per sopportarla e che inoltre la partenzadei frati avrebbe fatto una deplorevole impres-sione sui cattolici della città, e avrebbe dato unamaggiore audacia ai protestanti.

Ciò dicendo il buon frate incoraggiava conla parola e con l’esempio i fedeli a mettere inordine gli affari dell’anima per avere la coscien-za pronta di fronte alla persecuzione e ad esserepronti a morire piuttosto che a rinnegare la verità.

I timori degli abitanti di Gorcum non si ri-velarono infondati, infatti il 25 giugno alle ore 8del mattino tredici navi con 150 soldati arrivaro-no da Dordrecht. In breve i protestanti furonopadroni della città, coadiuvati anche dai sosteni-tori locali dell’eresia. Essi si presentavano comei portatori della libertà completa, politica e reli-giosa anche per i “papisti”, della vita a buon

mercato e della riduzione delle imposte.Il Padre Guardiano aveva autorizzato ed in-

vitato i suoi frati a separarsi ed a rifugiarsi cia-

scuno dove voleva. Ma nessuno aveva accettatola sua proposta e tutti avevano preferito rifugiar-si col loro superiore nella cittadella prima che i“gueux” entrassero in città.

I frati furono raggiunti nella cittadel la daqualcuno dei personaggi più importanti tra i cat-tolici di Gorcum e anche dai due parroci dellacittà. Questi ultimi si chiamavano LeonardVéchel e Nicolás Poppel, erano entrambi uomi-ni raccomandabili per la loro scienza, l’integritàdella loro vita e l’autorità di cui godevano acausa del loro lungo servizio pastorale. Essi a-vevano cercato di animare il popolo alla resi-stenza, alla fiducia in Dio; ma gli interessi delRe di Spagna sembravano toccare mediocre-mente questa popolazione leggera e incostante,abituata alle rivolte periodiche. Nemmeno gliinteressi della Chiesa avevano potuto smuoverlapoiché ci si diceva: «A che cosa serve battersiper qualcosa che non è messo in pericolo, vistoche i “gueux” sono i primi a proclamare il lororispetto per la religione».

In breve, aiutati dai loro partigiani dall’inter-no, i protestanti furono padroni della città. Il lo-ro capo era un certo Marin Brant, uomo dotatodi audacia militare di grande forza muscolare, u-scito dalla feccia del popolo con un passato di

pirata, al servizio di Guglielmo Lumnaye contedella Marca; entrato in Gorcum fece radunaregli abitanti sulla piazza e propose loro di giurareodio agli Spagnoli e al duca d’Alba e fedeltà aGuglielmo di Nassau e ai Santi Vangeli (espres-sione accomodatizia che andava bene tanto per icattolici che per i protestanti), subito quasi tutti icappelli dei presenti volarono in aria per con-fermare il giuramento, al grido di “Viva i pi-tocchi”.

La cittadella non era assolutamente in condi-zioni di resistere ad un lungo assedio, sprovvistacom’era di munizioni, viveri e materiali per leriparazioni più urgenti. Il governatore, GaspareTurc, contava sul soccorso di suo figlio che do-veva venirgli incontro con le truppe del gover-natore di Utrecht. La disproporzione delle forzeera evidente: gli assediati disponevano di unaventina di difensori, contro i circa duecento uo-mini a disposizione di Brant.

Il combattimento comincia verso sera; primadi mezzanotte i “gueux” si sono impadroniti giàdella prima e seconda cinta e concentrano i lorosforzi nella torre centrale. Ad ogni colpo di can-none un pezzo di edificio cade in rovina; dopole donne e i bambini, il panico si impadronisce

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S.Giovanni da Colonia o.p.

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anche dei soldati, che gettano le armi rifiutandodi battersi e invitando il loro Comandante ad ar-rendersi visto che Marin Brant ha promesso sal-

va la vita a tutti in caso di resa, resistere ancorasarebbe esporsi inutilmente ad unamorte certa.

La prudenza consigliava di diffidare.“Meglio morire difendendosi che fidarsi dellaparola di un pitocco” diceva il Comandante;dello stesso avviso era anche il Superiore deifrancescani, che faceva notare come costoroviolassero i loro giuramenti verso gli uomini do-po essere stati spergiuri verso il Signore. Mal’impossibilità di continuare più a lungo la resi-stenza spinse Gaspare Turc a parlamentare perla resa.

Mentre questi colloqui avvenivano alla por-ta, all’interno del castello accadeva una scenamolto toccante. I preti ed i religiosi che prima a-vevano contribuito, nella misura in cui lo per-metteva il loro carattere sacro, alla difesa dellapiazzaforte (si trattava di legittima difesa) e cheper precauzione perciò avevano deposto il loroabito ecclesiastico per non esporsi come bersa-gli privilegiati agli attaccanti, ora che tale pre-cauzione sarebbe stata un’inutile pusillanimitàavevano ripreso i loro abiti e sai, e riuniti in unasala del castello in ginocchio si confessavano gliuni agli altri. Dopo tutti ricevettero la SantaComunione dalle mani del Padre Nicolàs

Poppel. Un segreto presentimento li avvertivache malgrado le promesse dei “gueux” la lorovita era seriamente in pericolo e quindi dopo es-sersi inginocchiati come penitenti dovevano ri-cevere il “Pane dei forti” per prepararsi al com-battimento futuro. Essi erano così nella bella esemplice attitudine che conviene a dei martiriche di nulla si preoccupano, memori delle paro-le di Nostro Signore: “Ponetevi dunque in men-te di non preparare la vostra difesa; vi darò iolingua e sapienza alle quali nessuno dei vostrinemici potrà resistere nè contraddire” (Luc.XXI, 14-15).

Nel frattempo l’accordo si era concluso conla “promessa” di vita salva a tutti, grandi e pic-coli, laici o ecclesiastici, e così alle due del mat-tino (del venerdì 27 giugno) i “gueux” entrava-no nella cittadella. Brant fa radunare tutti i pri-gionieri in una sala del castello. Ci si aspetta laliberazione ma ecco che la soldataglia si gettasui prigionieri e li deruba del denaro che hannoaddosso unendo le percosse all’ingiuria. Poichésui Francescani non trovano niente, questi la-droni si sfogano maltrattandoli e picchiandoli inmaniera speciale. I vincitori si impossessano an-che di tutti gli oggetti di valore, dei vasi sacri

che erano stati messi al sicuro dalla città nellafortezza proprio affinché non cadessero in quel-le mani sacrileghe. Verso sera quasi tutti i laici

vennero rilasciati dietro promessa di versare unforte riscatto per la loro libertà.Vi era tra gli ecclesiastici prigionieri un an-

ziano sacerdote di nome Goffredo van Duynen,originario di Gorcum, che a causa dell’età avan-zata aveva perso un po’ il senno, e le sue facoltàintellettuali erano state scosse, cosicché egli nonera più in grado di reggere una parrocchia o pre-dicare, ma poteva ancora recitare l’Ufficio, cele-brare la Santa Messa e ascoltare le confessioni. I“gueux” ebbero pietà di lui e lo liberarono. Ma isoldati che lo stavano accompagnando fuori dalcastello incontrarono un abitante di Gorcum chedomandò loro dove lo conducessero; ed essi ri-sposero che stavano mettendo in libertà quelvecchio pazzo. L’altro riprese: “Un pazzo! Avràsempre abbastanza intelligenza per essere im-piccato, visto che ne ha avuto fino a questo gior-no per fabbricare il suo Dio”(1). Questa allusio-ne sacrilega alla Santa Messa fatta, ahimé, da uncattivo cattolico, fu accolta con un riso satanicoed i soldati fecero dietro front e riportarono den-tro il santo prete. Dio volev a se nza dubbi oche anche questo vecchio sacerdote avesseparte al tr ionfo dei suoi martiri che Eglipreparava.

Il Padre guardiano Nicolò Picchio ed il par-

roco Leonard Véchel avrebbero potuto essere li-berati grazie all’interessamento di persone in-fluenti, ma entrambi si rifiutarono di salvare sestessi abbandonando i loro compagni e le loropecorelle, ed affermarono invece che sarebberostati vicini al più piccolo dei loro confratelli nel-le sofferenze e fino alla morte (“ Il buon Pastoredà la vita per le sue pecorelle” Jo X, 11).

Non dobbiamo credere che questi uominiandassero gioiosamente alla morte. Essi, comemolti martiri, sentivano vivamente le angosce eil timore dell’agonia nella loro natura, ma la lo-ro volontà era ferma nella risoluzione di morirepiuttosto che rinnegare la fede. Aiutati dalla gra-zia di Dio dicevano, come già fece Gesù nelgiardino degli ulivi, “Che sia fatta la Tua vo-lontà”.

I prigionieri erano tenuti rinchiusi in una sa-la del castello e inutili furono i tentativi del go-vernatore di ricordare a Marin Brant le promes-se fatte prima della capitolazione; l’osservazio-ne di Padre Nicolò si rivelava del tutto fondata.La sorte di questi ecclesiastici era già decisa inanticipo (prima del processo), il boia diDordrecht era già stato preavvisato; finalmentequesti “emissari del papismo e del despotismo

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spagnolo” erano nelle loro mani e avrebbero pa-gato tutto il “male” che il duca d’Alba avevafatto ai riformatori.

I soldati e i rappresentanti più influentidell’eresia si succedevano alla porta della pri-gione per insultare, ingiuriare, fare i loro com-menti e percuotere i buoni religiosi. Un soldatogettò in faccia al Padre Nicolò Picchio una pate-na, che aveva trovato tra i vasi sacri, ferendoloalla bocca. Il santo Guardiano conservò la sua a-ria serena senza rattristarsi minimamente.

Il parroco Poppel solo mostrava un certo ab-battimento che era dovuto non alla paura, bensìall’apostasia e alla vigliaccheria dei suoi parroc-chiani.

L’ultimo malizioso insulto riservato ai nostrimartiri quella sera di venerdì fu di presentare lo-ro una cena a base di carne. Tutti si rifiutaronoall’unanimità di consumare quel pasto, anche sele circostanze li avrebbero sufficientemente scu-sati dalla legge dell’astinenza, ma vista la situa-zione i confessori ritenevano un dovere essereun po’ più generosi.

La prigionia.

La sera di questo venerdì (giorno dellaPassione del Signore) 27 giugno comincia il ve-ro e proprio martirio dei nostri servitori di Dio,che si consumerà nella notte dall’8 al 9 luglio.

Se i prigionieri non mangiarono nulla quellasera, non si poté dire altrettanto dei loro carce-rieri, che dopo aver gozzovigliato con carne evino, si diressero verso la prigione urlando:“Tagliamo loro il naso e le orecchie, crocifiggia-mo questi fabbricatori di Dio” (2).

I sacerdoti e i religiosi, che poco prima si e-rano confessati nuovamente l’uno con l’altro, esi erano incoraggiati al martirio (vi era solo uncanonico che si disperava al pensiero della mor-te, e nulla poterono le parole infuocate del par-roco Vechel per rianimare la confidenza di que-sto uomo, che ricco e delicato “non sarà di quel-

li dei quali la morte avrebbe glorificato Dio e il-luminato la sua Chiesa” come fa notare uno sto-rico) e radunati in un cantuccio aspettavano lamorte che credevano prossima (3).

Gli aguzzini invitarono prima i “neri” (sa-cerdoti secolari) e poi i “grigi” (religiosi) a pre-sentarsi. Il santo parroco Leonard si presenta perprimo scoprendo il suo collo alle spade; i soldatigli prendono quel po’ di denaro che gli era re-stato. I “gueux” chiedono informazioni su unpreteso tesoro che sarebbe stato nascosto nellacittadella. Ogni prigioniero è interrogato su que-sto tesoro che non esiste. Si arriva al parroco

Nicolás Poppel (qualche gorcomiese aveva fattonotare ai pitocchi l’energia con cui questo sacer-dote aveva tante volte combattuto l’eresia e af-

fermato la Presenza Reale di N.S. Gesù Cristonell’Eucarestia). I soldati puntandogli la pistolacarica davanti agli occhi gli intimano di ritratta-re e abiurare la sua fede oppure, se osasse, fir-mare con la morte la dottrina che ha predicato.Senza esitare un istante il santo sacerdote ri-sponde di essere pronto a morire per la fede cat-tolica ed in particolare per quell’articolo di fedeche ordina di adorare Gesù nel SS. Sacramentodell’altare. Detto ciò si getta in ginocchio gri-dando a voce alta: “In manus tuas, Domine,commendo spiritum meum”. Furiosi per quellaconfessione di fede gli aguzzini strappano a unfrancescano il cordone del suo saio e legatolo alcollo del Padre Nicolás, lo fanno passare soprala porta, e così sollevano la loro vittima lascian-dola poi ricadere di tutto il suo peso; infine stan-chi lasciano il parroco che respira appena, in unangolo.

Dopo i “neri” è la volta dei “grigi”. Vengonointerrogati e picchiati prima i monaci più giova-ni; alle insistenti domande, nella sua semplicità,uno di questi dichiara che quelle cose riguarda-vano il Padre Guardiano. A queste parole i sol-dati si gettano sul Padre Girolamo, che a causadella sua prestanza fisica essi prendono per ilsuperiore. Ma il Padre Nicolò Picchio lo tira

d’impaccio dichiarando la sua qualità di PadreGuardiano. Il religioso afferma che dirà tutta laverità, cioé che i monaci vivendo di carità nonposseggono alcun bene, e che i vasi sacri essi lihanno già trovati. I pitocchi, giudicate impuden-ti le sue parole, si buttano su di lui e copertolodi pugni, calci, ingiurie e bestemmie, gli attac-cano intorno al collo la corda e gli infliggono lostesso trattamento già riservato al parroco.

Alla fine lo sospendono ad un chiodo delmuro, ma la corda ormai logora si spezza ed ilPadre Guardiano cade a terra senza dare più se-gni di vita. I soldati per assicurarsi che sia vera-

mente morto accendono una candela e la avvici-nano al suo corpo inerte, gli bruciano le guancele orecchie, fanno penetrare la fiamma nelle na-rici e nella bocca, ustionandogli la lingua e ilpalato; credendolo morto e ormai soddisfatti diquella prima serata i “gueux” se ne vanno dicen-do: “Dopo tutto, non è che un monaco, nessunoci chiederà conto della sua vita!”. Ma Colui cheha detto che neppure un capello cadrà dal nostrocapo senza che Lui lo voglia, avrà certamentedomandato il conto a quegli aguzzini dei mal-trattamenti inflitti ai suoi martiri...

Ma il Padre Nicolò non era morto, il buon

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Dio gli riserbava altri trionfi. I suoi confratelli lorianimarono e gli prestarono le cure che erano lo-ro possibili in quella prigione e l’umile martire li

ringraziò di quel soccorso e cercò di diminuire isuoi meriti e di incoraggiare i presenti al martirio.Era uso presso i pitocchi di tagliare a pezzi i

cadaveri dei loro nemici e di appenderne i pezzialle porte della città. Il mattino seguente si pre-sentarono con un’ascia per infliggere quell’ulti-mo oltraggio al Padre Picchio, ma trovandolovivo, lo riempirono di calci e non fecero altro.

Simili scene e altre più spaventose si ripete-rono durante la prigionia. Due fatti soltanto vor-rei qui ricordare. Il primo è il supplizio che i“gueux” infliggevano ai preti, in particolarequelli più anziani. Si inginocchiavano ai piedidei sacerdoti e facendo finta di confessarsi sus-surravano loro ogni sorta di bestemmie e di in-famie rivoltanti, poi li interrogavano: “Che cosarispondete alla mia confessione?”. Uno di essi,novantenne danese, rispose: “Pregherò Dio pervoi”; il bruto a quella risposta si avventò su dilui picchiandolo furiosamente. Ad ogni colpo ilvegliardo rispondeva: “Deo gratias”.

Il secondo sono i tre giorni di libertà conces-si al parroco Leonardo Véchel. Gli fu consentitodi uscire dalla cittadella per assistere due par-rocchiani condannati a morte (per la fermezzadella loro fede), ed anche di predicare nella suachiesa. Lo fece il mercoledì 2 luglio, festa della

Visitazione della Santa Vergine, facendo unafervente e calorosa professione di fede nellaMaternità e Verginità di Maria e nella legittimitàdel suo culto. Malgrado le intimidazioni dei pro-testanti, egli imponeva rispetto per la sua elo-quenza e la dignità del suo carattere sacerdotale,egli stesso aveva affermato: “Finchè io occu-però questo pulpito, non sentirete discendere daesso che la verità pura”. Dopo questo sermone,mentre si apprestava ad andare a trovare a Bois-le-Duc la madre ormai agli estremi, con un la-sciapassare di Marin Brant, il padre Leonard fuaccusato di tradimento, picchiato ed ingiuriatodai suoi stessi cittadini e ricondotto in prigione.Si può legittimamente dire che ebbe a soffrirepiù in questi due giorni di libertà che non duran-te il resto della prigionia, soprattutto per la vi-gliaccheria e l’apostasia della popolazione, svia-ta dalla verità:“Sventura alla città che contristai suoi pastori” dice la Scrittura. Infatti ancor og-gi Gorcum è una città protestante, e tra le piùprotestanti, malgrado il martirio dei suoi pastori.

Via dolorosa

Rientrato in prigione il parroco Véchel trovòun nuovo compagno: Giovanni di Colonia, do-

menicano parroco della vicina città di Hoornaar.Egli era stato arrestato perché, dopo la catturadei sacerdoti di Gorcum era venuto più volte se-

gretamente in questa città per amministrare i sa-cramenti. Arrestato dopo aver battezzato unbambino fu accusato di tradimento e gettato inprigione e d’ora in avanti sarà partecipe dellesofferenze degli altri confessori.

Il 1° luglio era arrivato a Gorcum anche uncerto Giovanni d’Omal, prete apostata già cano-nico di Liegi. Uomo che viveva di odio (la suaapostasia gli faceva odiare tutto ciò che gli ri-cordava la sua vita passata e certamente tormen-tava la sua cattiva coscienza) e di vendetta, erastato nominato ministro della giustizia del contedella Marca. Appena arrivato in città si diressedai prigionieri e dopo averli insultati li assicuròche presto sarebbero stati impiccati a Briella.Non sembrava infatti prudente eseguire la con-danna a Gorcum, in quanto si temeva una rivol-ta del popolo, così si fissò per il sabato 5 luglioil giorno della partenza.

Nottetempo tra sabato e domenica, i prigio-nieri vennero caricati su una barca dopo esserestati spogliati degli abiti religiosi per non esserericonosciuti. Era una notte piuttosto fresca equei poveri uomini, i vecchi soprattutto, ebberoa soffrire anche il freddo mal vestiti com’erano.Il parroco Padre Leonard, come già N.S. GesùCristo su Gerusalemme, versò lacrime sulla città

in cui aveva esercitato per diciotto anni un mini-stero faticoso e difficile.Alle nove del mattino l’imbarcazione arrivò

a Dordrecht, dove Giovanni D’Omal e alcunisoldati scesero a terra per fare colazione. La no-tizia che quei “papisti maledetti” erano in cittàsi sparse rapidamente, e la gente accorse per ve-derli e per coprirli d’insulti e di ingiurie. I solda-ti pensarono bene di sfruttare la curiosità del po-polo nascondendo con la vela la parte del va-scello dove erano i prigionieri e facendo pagareil pedaggio a tutti coloro che volevano vederli esbeffeggiarli.

Dopo sei ore di via vai e di insulti sopportatieroicamente, alle tre del pomeriggio l’imbarca-zione riprese il viaggio verso la sua meta. I mar-tiri erano spossati dal freddo, dalla fame (digiu-ni dal giorno precedente) e innervositi per lascena di Dordrecht. Fu il capitano della barcache pietoso diede loro un po’ di pane, poi i“gueux” decisero di far loro passare un’altranotte al freddo, in quanto progettavano di entra-re a Briella trionfalmente la mattina del giornoseguente, e così gettarono l’ancora poco lontanodalla loro “città santa”. Il mattino seguente (lu-nedì 7 luglio) il vascello entrò in porto; la feccia

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del popolo era già qui radunata in attesa dellesue vittime, il conte della Marca dormiva anco-ra, com’era solito fare dopo le sue orgie notturne.

I santi martiri avevano lasciato Gorcum in

numero di diciannove e questo numero rimarràtale fino alla morte; se, purtroppo, ci furono del-le defezioni esse furono rimpiazzate da altricompagni.

Ben presto arrivò anche il conte della Marcae cominciò una scena nello stesso tempo spa-ventosa, per l’odio e la ferocia dei protestanti; etoccante, per l’ammirevole rassegnazione e dol-cezza dei martiri (“come un agnello condotto almacello” Is. LIII, 7). Vicino al luogo dove i re-ligiosi vengono fatti sbarcare si trovava una for-ca, essi devono farne il giro processionalmente.Uno stendardo di Chiesa è affidato a frà Enrico

che precede i suoi confratelli che lo seguonodue a due, mentre la plebaglia li insulta “ecco ilvostro altare -additando il patibolo- celebratevila vostra idolatria”. I martiri sono costretti a farepiù giri cantando inni sacri, nel frattempo il boiafinge di preparare quello strumento di supplizioper far loro credere che saranno impiccati sulmomento. Ad un segno del Conte la “processio-ne” parte per la città, sempre con lo stendardo intesta, al canto del “Te Deum” che i pitocchi han-no ordinato di cantare “Te mártyrum candidátuslaudat exércitus - Te ergo quæsumus tuis fámulisúbveni quos prætioso sanguine redemisti -

Ætérna fac cum sanctis tuis in glória numerari”(4), queste dolci strofe hanno un’unzione tuttadivina sulla bocca di questi uomini che sonocondotti alla morte, e dovevano essere per loro

di grande consolazione. Essi cantavano con tut-to il cuore ma quando per la stanchezza la vocesi abbassava erano picchiati senza pietà dai sol-dati. L’empietà della popolazione che, senza a-ver riguardo nè per la vecchiaia nè per lo statopietoso in cui si trovavano quegli uomini, urla-va, li ingiuriava, li maltrattava a piacere, fece e-sclamare al Padre Girolamo (che era stato pelle-grino in Terra santa): “Ho vissuto tra i Turchi edi Mori; ma mai ho visto qualcosa di simile”.Non vi era infatti nessuno che avesse compas-sione tra quella gente un tempo cristiana (cor-ruptio optimi pessima), e le donne si mostrava-

no le più feroci.La processione si arrestò sulla piazza princi-pale di Briella, dove si trovava un’altra forcacon la quale erano stati uccisi molti preti,dall’arrivo dei pitocchi in poi. Qui si rinnovò lascena dello sbarco; dopo averne fatto più volte ilgiro i martiri furono obbligati a mettersi in gi-nocchio e a cantare un’antifona alla SantaVergine, finita la quale la gente reclamò“l’Oremus”. I confessori esitavano, nessuno tradi essi si giudicava degno di presiedere quellapreghiera. Di colpo una voce di vegliardo si fe-ce intendere, cantando al posto dell’orazione a-

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 Il martirio, nel granaio del convento diroccato di Briella

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bituale quella della festa di Nostra Signora deiSette Dolori: “Intervenga in nostro favore pres-so la tua clemenza, o Signore Gesù Cristo, ades-

so e nell’ora della nostra morte, la BeataVergine Maria Madre Tua, la cui santissima ani-ma fu trafitta nel momento della Tua Passionedalla spada del dolore”. Era il buon e santoGoffredo van Duynen, che già conosciamo, ilprete che aveva perso un po’ l’uso della ragione,che per ispirazione divina aveva cantato così.Gli storici dicono che dall’inizio della prigioniaegli aveva sempre dimostrato una luciditàstraordinaria. La folla stessa fu come soggiogatae domata nel suo odio da quel fascino sopranna-turale. A questa magnifica preghiera i suoi con-fratelli risposero con fede e coraggio: “Così sia,sia fatta la Vostra volontà”.

Nuovi compagni d’armi.

I martiri restarono ancora a lungo in preda aquella folla che li copriva di obbrobri. Quandofurono condotti nella prigione di Briella, che eracomposta di tre celle una sopra l’altra (un po’come il carcere Mamertino a Roma), furono get-tati nella più bassa che era una vera cloaca buiache riceveva tutta l’immondizia dei pianisuperiori.

Al loro arrivo trovarono due preti che giace-vano qui da poco tempo. Uno era il parroco di

Heinenoord, Andrea Wouters uomo che avevaun po’ trascurato la sua parrocchia e non avevauna vita troppo esemplare. L’altro era AndreaBonders, parroco di Maasdam, che era ritenutopoco intelligente ma un buon prete. Nella sortedi questi due uomini ogni previsione sarebbe er-rata; il giusto che confida troppo in se stesso ca-drà lungo il cammino, mentre il peccatore can-cellerà i suoi scandali con la generositàdella morte.

Quella mattina del 7 luglio le porte del car-cere si aprirono nuovamente per ricevere altridue sacerdoti catturati dai “gueux”: il parroco eil vicario di Munster, parrocchia situata sul lito-rale del Mare del Nord. Il vicario GiacomoLacops, religioso premonstratense era anch’es-so, come Andrea Wouters, una conquista dellamisericordia di Dio. Nato nel 1538 era entratoda giovane nella Abbazia di Middlebourg, ap-partenente all’ordine di S. Norberto. Pieno diqualità naturali, vivacità di spirito, intelligenza edi fascino esteriore, si acquistò la simpatia deisuoi confratelli che imprudentemente lo viziaro-no e lo assecondarono sempre troppo facilmen-te. Inorgoglitosi delle sue qualità, e spinto daldesiderio di libertà, cadde nell’incredulità e

nell’empietà; e quando il 22 agosto 1566 la suaabbazia fu saccheggiata dagli iconoclasti, apo-statò rinnegando pubblicamente la sua profes-

sione religiosa, divenne pastore protestante escrisse anche un libro contro la religione cattoli-ca. Ma dopo qualche mese dall’apostasia, divo-rato dal rimorso (il verme che rode e non muo-re...) bussò di nuovo alla porta del suo convento,dove fu accolto con bontà.

Per cinque anni visse facendo penitenza inun’altra abbazia del suo ordine e fu poi inviato co-me vicario in quella parrocchia che era ammini-strata dai premonstratensi. Il parroco, PadreAdriano, religioso modello dello stesso ordine delsuo vicario, era da poco arrivato nella sua parroc-chia quando fu fatto prigioniero dai protestanti.

Portati a Briella furono condotti dal Contedella Marca per essere interrogati. Anch’egli ri-mase come soggiogato dal fascino del giovaneGiacomo Lacops e cercò di farlo apostatare. Maquest’anima d’elite, ormai rinforzata dalla cono-scenza della sua debolezza e dalla confidenza inDio, non si lasciò intimorire dalle carezze e dal-le minacce del Conte. I due religiosi furono get-tati in prigione assieme agli ecclesistici diGorcum. Con essi e i due parroci nominati soprail loro numero saliva a ventitré, ma purtroppoalcuni di essi avrebbero disertato l’ultimo com-battimento. Diciannove corone erano pronte inCielo, i nuovi fratelli avrebbero raccolto quelle

di cui gli apostati si sarebbero resi indegni.

L’interrogatorio.

Sempre nel pomeriggio di quel 7 luglio iconfessori dovettero subire in Tribunale l’inter-rogatorio che concerneva unicamente la loro fe-de religiosa. Si trattò di una farsa, poiché la sor-te di quegli uomini era già stata decisa da lungotempo; ma il Signore che tutto vede e tutto di-spone volle che i suoi fedeli servitori passasseroanche per questa prova facendo risaltare la lorofede e la loro costanza, confondendo cosìl’eresia.

Gli uni, come Leonard Véchel, confessaronocon forza ed entusiasmo la loro fede, gli altricon prudente semplicità come un fratello coa-diutore, di nome Cornelio di Wyk-by-Duurstedeche rispose sempre a tutte le domande dicendoche egli credeva a tutto quello in cui credeva ilsuo Superiore. Questa risposta non deve esseregiudicata stupida, in realtà essa è piena di sag-gezza; un fratello laico sa ciò a cui crede ma incerte circostanze lascia ad altri, più istruiti dilui, il compito di esporre e difendere la fedecontro i suoi nemici.

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Tre prigionieri soltanto parvero esitare nelleloro risposte. Furono il canonico di Liegi chegià conosciamo, Pontus de Huyter, il parroco

Andrea Bonders ed un giovane novizio france-scano di nome Enrico. Essi furono separati daglialtri e alloggiati in maniera più confortevolenella speranza, purtroppo fondata, di una defe-zione completa.

Dopo questo primo interrogatorio i confes-sori di Gorcum furono riportati in carcere e fudato loro da mangiare per la prima volta dopo illoro arrivo a Briella.

Sono da segnalare i tentativi fatti da alcuniconcittadini ed in particolare dai fratelli delPadre Guardiano per ottenere la liberazione deiprigionieri. Essi convinsero il conte della Marcaa sottoporre alcuni dei prigionieri ad un nuovointerrogatorio. Il parroco Leonard Vechel, padreNicolò Picchio, col suo vicario padre Girolamoed un altro francescano rinomato per la suascienza, Goffredo di Melveren e i due premon-stratensi di Monster furono i prescelti per lanuova sessione del Tribunale, presieduta dalconte della Marca stesso coadiuvato da due mi-nistri protestanti. Si sperava di confondere imartiri e di convincerli, se non a rinnegare tuttala fede, a rinunciare almeno ad obbedire alSommo Pontefice. Ma il risultato fu ben diffe-rente dalle aspettative dei giudici... l’uomo pro-pone e Dio dispone!

Padre Nicolò affermò con forza che l’amoredi questa vita non li avrebbe resi traditori versoil loro Dio e che essi erano pronti a firmare colloro sangue il più piccolo articolo di fede.

Leonard Véchel invece, con estrema abilitàed agendo come polemista affermato tese unatrappola ai suoi interlocutori. Facendo appello alloro stesso principio del libero esame, si stupìche si cercasse di far loro abbandonare una reli-gione che credevano vera. Che fosse l’amoredella verità ad operare quella “conversione” alprotestantesimo che i giudici auspicavano; digrazia si mostrasse soltanto loro in che cosa lareligione cattolica non era più quella di GesùCristo. Ed invitò i suoi interlocutori ad argo-mentare a partire dalle Sacre Scritture.

All’affermazione del Ministro che solo nellaBibbia si trovava la pura parola di Dio, il padreLeonard domandò: “Grazie all’assistenza di chinoi riteniamo le Sante Scritture per vere?” met-tendo con le spalle al muro i Protestanti. Infattiil Ministro protestante (anche lui prete apostata)conosceva bene la frase di S. Agostino “Noncrederei al Vangelo, se l’autorità del la Chiesanon mi ordinasse di crederlo” (5) ma se l’avessequi ripetuta avrebbe pronunciato la sua condan-

na. Noi crediamo alla Scrittura perché la Chiesace lo comanda, ed è necessario che la Chiesa as-sistita dallo Spirito Santo la interpreti per darci

il vero senso della parola divina. Il Ministroprotestante urlò: “Non vedete che questi sedut-tori cercano di farci ammettere che crediamo al-le Scritture perché ce lo dice il Papa?”. L’inter-rogatorio finì lì, con la confusione dei “riforma-tori” e tra le urla dell’altro giudice: “Che biso-gno abbiamo di bei discorsi; impiccateli, non ciguadagnerete niente con questa gente! Alla for-ca questi papisti” [“Che bisogno abbiamo anco-ra di testimoni? (Mt. XXVI, 65)... Crucifigeeum”].

Consummatum est.

Quando i prigionieri erano già stati trasferitia Briella, arrivò a Gorcum una lettera del princi-pe Guglielmo d’Orange nella quale si ordinavala liberazione dei prigionieri. Questa lettera fuportata da un avvocato cattolico da Gorcum aBriella e vi giunse la sera dell’8 luglio.

Ma il sanguinario conte della Marca indi-spettito da certi dettagli contenuti nella lettera edal fatto che il Principe osasse comandare qual-cosa a lui che tante volte aveva messo a posto isuoi affari, non ne tenne alcun conto.

La sera a tavola, mezzo ubriaco, ripensandoalla lettera, messosi di nuovo in collera ordinò

di farla finita e di impiccare immediatamentequei preti e quei religiosi. Così lo storico dei no-stri martiri Estius commenta questa condanna:“Così, alle undici di notte, a un’ora in cui anchela più maturata delle sentenze sarebbe stata le-galmente nulla, un uomo ubriaco e abbietto,fuori di sè per la crudeltà, e per un eccesso d’or-goglio ferito, pronunciò la condanna a mortecontro dei giusti che avevano commesso comeunico crimine di essere dei religiosi e dei pretidi Dio” (6). Allo stesso modo in cui Erode, spin-to da un’altra passione, a tavola condannò amorte S. Giovanni Battista, fu pronunciata lacondanna dei nostri confessori. Il fedeleGiovanni d’Omal fu incaricato dal Conte di sor-vegliare l’esecuzione dei prigionieri.

Tutti i confessori, salvo il curato Bonders eil canonico Pontus, sono portati fuori dalla pri-gione e legati a due a due, verso l’una del matti-no, sono condotti fuori città, sulle rovine di unconvento agostiniano distrutto dai pitocchi, e dicui restava in piedi solo il granaio, che era illuogo designato per il supplizio.

Cammin facendo i martiri si confessano re-ciprocamente ancora una volta per cancellarequelle cadute causate dalla debolezza umana du-

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rante i numerosi assalti che avevano dovutosostenere.

Vi erano in quel granaio due travi, una corta

e una più lunga, alle quali furono impiccati i no-stri confessori. Giunti sul luogo del suppliziotutti vengono spogliati quasi interamente delleloro vesti, come Nostro Signore Gesù Cristo, esubito si comincia l’esecuzione. Il padre Picchioè scelto per essere impiccato per primo; gli vie-ne concesso di abbracciare tutti i suoi confratel-li, per ciascuno di essi ha una parola buona diincoraggiamento, mostrando loro il Cielo e lacorona del martirio pronta per loro. Dopo salecon sicurezza sulla scala e passa il collo nel cap-pio che il boia gli presenta; costui lo spinge poinel vuoto. Finché la sua voce non si spegne, ilPadre Guardiano esorta i suoi e dà loro appunta-mento in Cielo.

Pensando di aver spento la voce più autore-vole, alcuni ministri calvinisti, veri satelliti deldemonio, cercano di convincere i più giovaniconfessori a rinunciare alla Fede, ma trovanonelle persone di Leonard Vechel, NicolásPoppel, del Padre vicario Gerolamo e del PadreNicasio di Heerd dei validi antagonisti che san-no sostenere i loro confratelli nel momento dellaprova suprema.

Il gruppo fin qui era restato intatto, alcunicertamente manifestarono un po’ di debolezzacausata dall’orrore della morte. Non tutti aveva-

no la stessa energia dei padri Picchio, Véchele Poppel.Come Gesù tradito da un suo apostolo, an-

che quegli uomini ebbero a soffrire quel supre-mo dolore che causò loro l’apostasia di alcuniconfratelli, dolore più grande, al cuore di un sa-cerdote che tutte le sofferenze e le ingiurie rice-vute in quelle settimane.

Il primo che lo causò fu fra Enrico, che siera mostrato poco generoso nel primo interroga-torio; inorridito da quei corpi che cominciavanoad oscillare nel vuoto il giovane novizio ebbeuna debolezza che lo fece cadere. Interrogatosulla sua età, affermò di avere sedici anni (ne a-veva in realtà diciotto) per impietosire i carnefi-ci, e subito cedette alle istanze dei ministri cal-vinisti e accettò la libertà in cambio della sua fe-de. Slegato, venne fatto uscire dal granaio (ilmartirio richiede una fedeltà continua alla gra-zia!).

Il Padre Girolamo che aveva già la corda alcollo, preso da una santa indignazione e da unprofondo dolore per la perdita di quell’animache era così vicina alla corona, vedendo l’assas-sino dell’anima di quel suo fratello in piedi sottodi lui, gli dà un violento calcio, facendolo cade-

re e gridando: “Indietro miserabile, indietro mi-nistro di satana!”. Questo gesto gli costò un so-vrappiù di crudeltà da parte dei “gueux” che egli

sopportò pazientemente prima di essere spintonel vuoto.Poco dopo anche padre Guglielmo rinnegava

la fede; costui non era mai stato un religiosomodello ed aveva spesso contristato i suoi supe-riori fuggendo anche dal convento. Nel momen-to in cui quest’uomo stava per compierequell’atto solenne con cui avrebbe cancellatotutte le colpe del passato, rinunciò miserabil-mente alla fede senza riuscire peraltro, come ve-dremo, a conservare per lungo tempo la vita.

Nel frattempo l’esecuzione degli altri martiriseguiva il suo corso. Il padre Goffredo diMelveren moriva dicendo: “Padre perdonate lo-ro perché non sanno quello che fanno”.

Leonard Véchel, il parroco, montava sullascala dicendo che accettava volentieri una morteche aveva a lungo desiderata, ma il pensiero dilasciare sua madre gravemente malata, alla qua-le la notizia della sua morte non avrebbe che au-mentato le sue sofferenze, sembrava farlo esita-re per un istante. Si intese allora una voce chediceva: “Ebbene, mastro Leonard, sbrighiamocia renderci al festino che ci è preparato! Oggistesso faremo festa in Cielo assiemeall’Agnello”. Era il nostro buon Goffredo vanDuynen, colui che aveva perso il senno. In mez-

zo a tanto orrore e spavento dei suoi compagniegli aveva nel viso un’espressione di bontà e digioia profonda. Venuto il suo turno egli si lanciòsulla scala. I pitocchi che lo avevano riservatoper ultimo, emozionati dalla vista di quel buonvecchio stavano per lasciarlo libero: “Non im-picchiamo quest’uomo, è un innocente, che sene vada”. Ma Dio non permise che fosse privatodella sua corona e lo si sentì esclamare: “NoNo! Nessuna misericordia, sbrigatevi a congiun-germi ai miei fratelli”. I soldati obbedirono ementre la corda gli stringeva il collo, lo si sentìesclamare: “Vedo i cieli aperti”. “ Beati i puri dicuore perché vedranno Dio” (Matt.V,8) disseNostro Signore Gesù Cristo.

Ad aumentare le sofferenze dei martiri ci fuil fatto che l’esecuzione fu compiuta da uominiubriachi. Quindi ci fu chi aveva la corda al men-to, a qualcuno essa era scivolata in bocca o nonera ben stretta; di conseguenza alcuni confessoriagonizzarono fino al mattino. Gli aguzzini poi siaccanirono barbaramente contro i corpi di queiSanti, torturandoli e mutilandoli in maniera in-degna di un essere umano.

Questi sono i nomi dei 19 martiri di Gorcumche giacevano impiccati in quel granaio del con-

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vento diroccato fuori dalle mura di Briella lamattina del 9 luglio 1572. Undici di essi eranocappucini, due premonstratensi, uno canonico

regolare di S. Agostino, uno domenicano e quat-tro erano preti secolari.Alla trave più corta erano appesi: Padre S.

Nicolò Picchio, superiore del convento dei cap-puccini di Gorcum; S. Goffredo van Duynen,prete secolare; S. Cornelio di Vica, frate cappuc-cino che si distingueva per la sua semplicità e lasua obbedienza.

Alla trave più lunga erano invece appesi:Padre S. Girolamo di Weert, vicario del conven-to dei cappuccini; S. Teodoro di Emden, cap-puccino; Padre S. Nicasio di Heerd, cappuccino,predicatore eloquente laureato all’università diLovanio. S. Goffredo di Meelveren, S. Wille-hald di Danimarca, cappuccino di 84 anni, già e-siliato dal suo paese per aver confessato la Fedecattolica; Padre S. Antonio di Hoornar, cappuc-cino; S. Francesco Rode, nativo di Bruxelles,giovane da poco ordinato prete, cappuccino. S.Pietro d’Asc, fratello laico cappuccino; S.Leonard Véchel, nativo di Bois-le-Duc, pretesecolare parroco di Gorcum; S. Nicolàs Poppel,nativo di Weda, prete secolare e secondo parro-co di Gorcum. S. Giovanni d’Oistervic, agosti-niano avanzato in età, egli aveva fatto la profes-sione religiosa ed era vissuto a lungo in quelmonastero ove adesso era stato martirizzato. S.

Giovanni da Cologna, domenicano parroco diHoornar; S. Adriano Becan, premonstratenseparroco di Munster; S. Andrea Wouters parrocodi Heinenoord vicino a Dordrect; infine S.Giacomo Lacops, premonstratense vicario diMunster, che fu appeso ad una scala poiché nonvi era più spazio. C’erano ancora tre cappuccinidei quali la storia non ci ha tramandato il nome.

I diciannove martiri grazie all’interessamen-to di alcuni cattolici furono seppelliti dai“gueux” nello stesso granaio in cui avevano su-bito il martirio.

Tutto era compiuto.

Misericordia Giustizia Gloria

Per terminare la nostra storia, non ci restache raccontare rapidamente la vita, o meglio lamorte di alcuni personaggi che abbiamo incon-trato in questa storia.

Prima lo spazio alla Misericordia.Il canonico Pontus de Huyter e il parroco

Andrea Bonders al momento dell’esecuzione,per loro segreta connivenza, vennero lasciati inprigione. Ma della loro “conversione” i pitocchinon si fidarono molto e dopo una settimana fu-

rono condotti alle rovine del monatero per esse-re impiccati a loro volta.

Andrea Bonders domandò grazia, pronto a

rinunciare alla fede e al sacerdozio, ma fu im-piccato ugualmente e di lui non si sa se morì be-stemmiando o se in un ultimo movimento dipentimento.

Il canonico riuscì invece a scampare all’ese-cuzione divenendo per un po’ segretario di Jeand’Omal il ministro calvinista. Riuscì in seguito ascappare ed a raggiungere un paese cattolico do-ve si riconciliò con la Chiesa e confessò la suavigliaccheria; visse fino al 1602 in profonda u-miltà rifiutando di essere chiamato “signore”nelle conversazioni. “No, non chiamatemi cosìperché non ho perseverato nella società dei mar-tiri”. Egli fu storico dei martiri coi quali condi-vise la prigionia.

Il giovane novizio Enrico che aveva aposta-tato con la morte nell’anima, fu arruolato nellemilizie dei “gueux” dove visse nell’angoscia peralcune settimane finché non riuscì a scappare fi-no a Bois-le-Duc dove fu riconciliato con laChiesa e perdonato; visse facendo penitenza emorì in età avanzata.

Dopo la Misericordia la giustizia...Il povero padre Guglielmo apostata anche

lui passò al servizio dei pitocchi, dove si distin-se per la sua vita sregolata e debosciata. Dopo a-ver tradito Dio cercò di tradire anche il suo nuo-

vo padrone, il conte della Marca, ma fu cattura-to e ucciso tre mesi dopo aver perso l’occasionedi riparare con una morte gloriosa alla sua vitadi religioso rilassato.

Il conte della Marca cadde in disgrazia, ac-cusato per la sua crudeltà ed i suoi crimini. IlPrincipe d’Orange gli chiese conto della mortedei nostri martiri, lo fece imprigionare dopo a-verlo privato del comando; egli morì nel 1578odiato da tutti. Alcuni dicono che fu morso daun cane rabbioso.

Marin Brant, divenuto ammiraglio subì unacompleta sconfitta da parte degli Spagnoli, tradìil Principe d’Orange e finì la sua vita nella ver-gogna.

Giovanni d’Omal, l’apostata di Liegi, san-guinario ministro del conte della Marca, pochimesi dopo il crimine di Briella fu arrestato econdannato a morte.

Ed infine la gloria.L’eresia gelosa e piena d’odio, cercò di far

dimenticare i fatti di Gorcum e Briella e fece ditutto per impedire ai cattolici l’accesso alle tom-be dei martiri.

Solo nel 1615 (43 anni dopo) a seguitodell’armistizio tra la Spagna e le Province-

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Unite, i cattolici poterono di nascosto prenderele reliquie dei martiri e trasportarle sino inBelgio e l’Arcivescovo di Malines organizzòuna solenne festa in onore dei martiri diGorcum, il 22 giugno 1616.

Fu subito avviata la causa di beatificazioneche comportò l’ascolto delle testimonianze dimolti testi oculari dei fatti.

Il papa Clemente X beatificò i diciannovemartiri di Gorcum il 14 novembre 1675. Pio IXli canonizzò il 29 giugno 1867 assieme a S.Leonardo di Porto Maurizio, S. Paolo della

Croce, e S. Germana Cousin. Da quel giorno iltrionfo dei nostri martiri era completo in cielo eanche sulla terra.

Bibliografia

HUBERT MEUFFELS, C.M. “  Les Martyrs deGorcum”, Lecoffre Paris 1908.

Mgr PAUL GUERIN “ Le Palmier Séraphique ou viedes Saints des ordres de Saint-François”, Louis GuérinImprimeur-Éditeur, Bar-Le-Duc 1872, Tomo VII, pag.199-248.

Note

(1) La storia di questo sacerdote imprigionato e uccisoper il solo fatto che era ancora capace di celebrare la S.Messa, ci fa capire quanto sia grande il valore del SantoSacrificio e di conseguenza come il demonio cerchi di im-pedirne ed ostacolarne la celebrazione. Noi cattolici dobbi-amo avere una grande devozione per la S. Messa ed esserepronti a fare dei sacrifici (fisici ed economici se necessario!)per assistervi.

Nella crisi in cui viviamo, al Diavolo è riuscito il piùbel colpo di tutti i secoli (il vero colpo da maestro di

Satana): è riuscito a sostituire al vero Sacrificio una “nuovamessa” ove non c’è più la Presenza Reale di N. S. GesùCristo; inoltre di quelle poche Messe di S. Pio V che ven-gono celebrate nel mondo, è riuscito a renderne molte sacri-leghe e ingiuriose a Dio quando sono celebrate “una cum”coloro che hanno voluto distruggere la S. Messa, e che han-no sostituito alla religione di Gesù Cristo la “religione,il culto dell’uomo...”

(2) MEUFFELS, op. cit. p.94.(3) MEUFFELS, op. cit. p.93.(4) Per coloro che non leggono il latino ecco la

traduzione: “Ti loda il bianco esercito di martiri. Soccorridunque i tuoi servi che riscattasti versando il tuo sangueprezioso. Concedici di essere annoverati insieme ai tuoi Santinella gloria”.

(5) S. Agostino “Contra ep. manich.” cap.V, P.L. 42, 176

(6) MEUFFELS, op. cit. p.152. Estius (Guillaume vanEst), storico dei nostri martiri, è un loro contemporaneo; oc-cupava una cattedra di filosofia alla università di Lovanio.

Nato nel 1582 a Gorcum; suo padre aveva sposatoMaria Picchio sorella del Padre Guardiano Nicolò. Egli eraperciò nipote del nostro martire.

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 Il martirio

Sesta puntata: nunzio a Parigi (1944-1953); la politica.

"IL PAPA DEL CONCILIO"di don Francesco Ricossa

Il 5 dicembre 1944 Mons. Roncalli riceve un

telegramma cifrato firmato Tardini (Segretariodella S.C. per gli Affari Ecclesiastici straordina-ri) che lo nomina nunzio in Francia. Roncalli nefu "sorpreso e sbigottito" (1) e non fu il solo. Lanomina era inattesa e trasferiva il nostro dall'o-scura Turchia alla prestigiosa Parigi, in una del-le sei o sette nunziature che assicuravano al suotitolare, alla fine del mandato, il titolo cardinali-zio e quindi la strada aperta al papato (2).

Il mal di cuore di Mons. Fietta

In effetti, e non era la prima volta, Roncallisalì in alto grazie a circostanze rocambolesche.

Il 14 giugno 1940 i tedeschi entravano aParigi ed il 9 luglio "circa i due terzi dei senatorie dei deputati francesi si riunirono nella grandesala del Casinò [di Vichy] in seduta plenaria".La mozione Laval, che dava pieni poteri alMaresciallo Pétain per promulgare una nuovacostituzione, fu approvata con 569 voti contro80. "Da quel giorno, de jure e de facto, il mare-sciallo Pétain divenne il capo dello Stato. AVichy si trovavano i rappresentanti di molti pae-si, tra cui l'ambasciatore americano, quello so-vietico e il nunzio, Mons. Valerio Valeri" (3).Nel 1944 le sorti della guerra, però, sono muta-te: il 6 giugno gli Alleati sbarcano inNormandia, il 25 agosto entrano a Parigi ed i lgiorno seguente il generale de Gaulle "attraversagli Champs-Elysées alla testa delle sue truppe esi reca alla cattedrale di Notre-Dame per un

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Magnificat di ringraziamento per la liberazionedi Parigi" (4). De Gaulle si trova così alla testa diun governo di coalizione, comprendente i comu-

nisti e gli "eredi della tradizione cristiano-demo-cratica di Marc Sangnier [a suo tempo condan-nato da S.Pio X, n.d.a.], Bidault e Schumann"(4); in una parola, gli uomini della Resistenza.

Al clima dell'epurazione non poteva sfuggireil clero che aveva "collaborato coi tedeschi", an-che solo riconoscendo il governo Pétain: "i mi-nistri comunisti del gabinetto De Gaulle dichia-rarono che almeno la metà degli 87 Vescovi dio-cesani di Francia erano stati petainisti, e pretese-ro il loro allontanamento" (5). "I cattolici dellaresistenza", cioè i democristiani "sillonisti" delMRP, capeggiati dal ministro degli EsteriBidault, che "aveva spesso elogiato il valore deimaquisards comunisti" (6) erano addirittura piùinteressati dei comunisti stessi all'epurazionedell'episcopato francese (7). Il primo passo versoquesto fine era il richiamo del Nunzio, ValerioValeri, che era stato accreditato presso il gover-no di Vichy - il tutto mentre l'ambasciatore so-vietico presso il medesimo governo di Vichy ve-niva accreditato senza difficoltà dal nuovo go-verno gollista...(4)

Già il 30 giugno 1944 De Gaulle era stato ri-cevuto in udienza da Pio XII, ma a novembre ilVaticano non aveva ancora riconosciuto il nuo-vo regime (4) e si rifiutava di richiamare Valeri

nominando un nuovo Nunzio. Ma il 20 dicem-bre la situazione precipita: De Gaulle firma, aMosca, un trattato di pace ventennale coi russi (8).

"Si avvicina la fine dell'anno e la tradizionevuole che il nunzio, quale decano del corpo di-plomatico, presenti gli auguri di capodanno alcapo dello Stato. Assente il Nunzio, questo ono-re passa al più anziano degli ambasciatori pre-senti, nel caso specifico quindi all'ambasciatorerusso" Bogomilov. "Per evitare un contrattempo,Pio XII decide di cedere e di nominare rapida-mente un nunzio" (4).

La scelta cade sull'arcivescovo JosephFietta, nunzio in Argentina, con telegramma del2 dicembre. "La nomina dipendeva dalla possi-bilità di giungere a Parigi per il primo gennaio1945, in modo da poter pronunciare il messag-gio davanti a De Gaulle". Ma Fietta, debole dicuore, avrebbe dovuto partire via mare e non viaaereo, arrivando troppo tardi. Con telegrammadel 4 dicembre dovette rinunciare all'incaricoper motivi di salute (9). Fu così che, dopo Valerie Fietta, Pio XII nominò come un "tappabuchi"(10) Mons.Roncalli, quel 5 dicembre 1944. "Conquella nomina Pio XII aprì a Roncalli la stradaverso il soglio pontificio" (9). Il cuore di Mons.

Fietta ci ha fatto proprio un brutto scherzo...!

"Un vecchio rudere..."

"Di lui, a Roma, non si conosce granchè. Unprelato di Curia, a un giornalista che gli chiedecosa conosca di Roncalli, risponde: È un vec-chio rudere" (10). Per Tardini, braccio destro diPio XII e superiore di Roncalli, quest'ultimo èun "pacioccone" un "chiaccherone e indiscreto"(11). Quando Roncalli arrivò a Roma, "Tardini, ilsuo immediato superiore, non perse tempo incomplimenti nè accettò alcun ringraziamento.Disse che lui non c'entrava per niente in questanomina dovuta all'intervento diretto del papa"(12). Pio XII lo ricevette in udienza per cinqueminuti.

"Non è facile indovinare quali pensieri si ce-lassero nella mente di Pio XII, nè spiegare lascelta di Roncalli - scrive il Wynn - Certamentenon agì dietro suggerimento dei suoi collabora-tori della segreteria di Stato. C'era ben poco, nelpassato di Roncalli a Istanbul, che lo dimostras-se idoneo ad assumere una carica così alta. Èstata avanzata l'ipotesi che Pio XII, furibondo,abbia voluto punire De Gaulle inviandogli undiplomatico di seconda classe come nunzio" (2).Tuttavia concordo con Hebblethwaite che nonavvalora questa ipotesi: "Pio XII, - commenta -non era irresponsabile" (10). Interveniva però di-

rettamente, avocando a sé le questioni importan-ti, e desiderando dai suoi sottoposti soprattuttouna fedele esecuzione degli ordini. "Diceva vo-lentieri: io non voglio collaboratori, ma esecuto-ri" (19). Da questo punto di vista le più o menograndi attitudini diplomatiche di Roncalli eranosecondarie. Purtroppo, non ci si accorse che egliera tutt'altro che quell'ingenuo pacioccone che simostrava esteriormente , e che tale, era credutoa Roma...

Il discorso di Capodanno.

Nominato ufficialmente il 23 dicembre, ilnuovo Nunzio arrivò a Parigi il 30 dello stessomese, appena in tempo per presentare le creden-ziali e pronunciare il discorso: "SignoriPresidente, (...) grazie alla vostra chiaroveggen-za politica e alla vostra energia, questo Paese haritrovato la libertà e la fede nei suoi destini..." (13).

Il discorso soddisfa De Gaulle e non urtal'ambasciatore sovietico. Infatti "Roncalli si scu-sa silenziosamente con Alexander Bogomilov efa in modo che il suo primo scambio di conve-nevoli diplomatici sia per l'ambasciatarussa" (14).

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Meglio un comunista che un cattolico fanatico.

Di Bogomilov, che bene o male era il rap-

presentante di Stalin, divenne buon amico, comelo attestano, ad esempio, Renzo Allegri ( 15) eAlden Hatch il quale commenta che ciò «dimo-stra come fin d'allora egli cercava "ciò che uni-sce più che ciò che divide"» (16).

Era la sua "spiritualità": «Quando discutevadi religione, - scrive Allegri - parlava più volen-tieri del paradiso che dell'inferno, e vedeva inDio un padre piuttosto che un giudice (...).Anche la fede era per lui un giogo soave da pro-porre con amore, piuttosto che un'idea da incul-care a colpi di martello nella testa dei perversi.Una volta non esitò a dichiarare pubblicamente:"Spesso mi trovo più a mio agio con un ateo oun comunista piuttosto che con certi cattolici fa-natici"» (15). Da buon cattolico-liberale amavatutti, specialmente i nemici di Dio, tranne i cat-tolici suoi fratelli.

I Vescovi epurati.

Il primo problema da risolvere per il nuovonunzio era quello dei vescovi che avevano rico-nosciuto, come l'URSS, gli USA, e la SantaSede, il governo Pétain. I comunisti pretendeva-no deporne 43, il democristiano Bidault si ac-contentava, bontà sua, di 33 (16). In compenso

(sic) egli presentava anche una lista di preti del-la resistenza, sei vescovi e 22 sacerdoti, da pro-muovere ad maiora. Questo nel luglio del 1944,prima dell'arrivo di Roncalli.

I biografi del nostro eroe esaltano concordile sue straordinarie capacità: temporeggiandodieci mesi, il numero dei vescovi ritenuti com-promessi sarebbe disceso da 30 a 3. Si cita labattuta trionfante di Roncalli: "A quel trenta sia-mo riusciti a togliere lo zero" (18).

Hebblethwaite è più obbiettivo e meglioinformato: «la leggenda attribuisce generalmen-te questo successo all'abilità tattica di Roncalli,che si è rivelato un bravo temporeggiatore. Ma

(...) quando lui arrivò in Francia nel gennaio1945 De Gaulle gli disse che si sarebbe accon-tentato di "quattro o cinque". Comunque sia,non fu Roncalli il protagonista di questo caso»(19). Questo, sia perchè non era tenuto in grandestima da Pio XII, a detta del suo interlocutoregovernativo, Latreille, sia perchè quasi imme-diatamente, il 23 gennaio 1945, Maritain divie-ne ambasciatore francese in Vaticano. Tardininon gradì l'arrivo in Vaticano del filosofo "deidiritti dell'uomo" che era stato preceduto da pes-simi rapporti dei nunzi in Cile e Argentina. Ma

Roncalli insistette in suo favore. Ora, “la que-stione dei Vescovi 'collaborazionisti'” gli sfuggì“in gran parte, e ciò - ironia della sorte - perchè

è riuscito a far accettare Maritain come amba-sciatore presso la Santa Sede. De Gaulle eBidault trattano direttamente con la Santa Sede -in pratica con Tardini - con la mediazione diMaritain”(19).

Per la storia, il 27 luglio 1945 sette prelatidevono dimettersi: tre Vescovi, un ausiliare, etre vicari apostolici, e nel concistoro del 1946tre Vescovi resistenti, Saliège, Petit de Julevillee Roques, sono creati Cardinali.

Col senno di poi, c'è da rammaricarsi che l'e-purazione sia stata così scarsa, visto che nella li-sta dei Vescovi "salvati" in extremis ritroviamole punte di diamante del progressismo e del neo-modernismo, quali i Cardinali Suhard, Liénart eFeltin, dei quali la Chiesa avrebbe fatto volen-tieri a meno.

La grenouille.

"La grenouille" è il nome di un celebre risto-rante parigino. Il suo proprietario, tal Roger, ("ilmiglior cuoco che esistesse in tutta Parigi") (20)era stato al servizio del nunzio Mons. Roncalli.

Malgrado il processo di beatificazione "aper-to" da Paolo VI, il nostro eroe fu sempre un po'goloso. Da piccolo, mentre tutta la famiglia di-

19

 Il barone di Marsaudon, Ministro Emerito dell'Ordine di Malta e Gran Ministro di Stato della

Gran Loggia di Francia

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ceva il rosario, sgattaiolò in camera della madreper rubare i fichi lì nascosti. Interrogato, negò ilfurto, ma l'indigestione e... le sue conseguenze,

lo tradirono (21

). Cose da bambini.Da grande, però, non cambiò molto, se nonper il fatto che c'era di meglio, alla sua tavola,dei fichi secchi. All'imitazione di Mons. Radini-Tedeschi, "un eccellente buongustaio, il giovaneRoncalli non tardò a diventare egli stesso unabuona forchetta e molti anni dopo, quando eranunzio a Parigi, divenne uno dei più amati di-plomatici della capitale francese, in parte anchegrazie al suo entusiasmo per le riunioni convi-viali e per le ottime pietanze servite alla suamensa" (22). Da un diplomatico che lo conobbe aParigi sappiamo che lasciava una forte impres-sione di mondanità, ed uno sgradevole ricordo:ma queste cose non si scrivono sui libri.

Tuttavia, non è tanto ciò che era servito a ta-vola che ci interessa, quanto piuttosto chi eranogli ospiti fissi...

I soliti democristiani.

Dove si mangia bene, è risaputo, non manca-no mai i democristiani.

Non stupiamoci di ritrovare tra i commensalipiù assidui gli uomini del MRP (movimento re-pubblicano popolare), la D.C. francese, tra i qualiBidault e Schumann (23). Il MRP era l'erede del

PDP (Partito democratico popolare) d'anteguerra,un po' come da noi la DC è stata l'erede delPartito Popolare (PPI). Del PDP facevano giàparte Bidault e Schumann. Questo partito era ere-de ideale di Lamennais ed erede reale di MarcSangnier (24), che lo aveva fondato dopo esserestato solennemente condannato daSan Pio X (25).

Pertanto, il Nunzio Roncalli, che preferisceun ateo comunista ad un cattolico fanatico, nonrischia, incontrando Bidault, di frequentare un

cattolico a lui sgradito. Ma un amico degli ateicomunisti, sì! Lo abbiamo visto in questo stessoarticolo elogiare i partigiani comunisti ed esige-re la destituzione dei Vescovi: quando a DeGaulle ne bastavano quattro o cinque, al "catto-lico" Bidault ne occorrevano dodici (26). Dettoper inciso, il suo collega italiano, il democristia-no "Servo di Dio" Alcide De Gasperi, non erada meno, quando proclamava il "genio diGiuseppe Stalin", quando trovava "qualche cosadi immensamente simpatico, qualche cosa diimmensamente suggestivo in questa tendenza u-niversalista del comunismo russo" e quando pa-ragonava Marx niente meno che a N.S. GesùCristo: "un altro proletario, anch'egli israelitacome Marx; duemila anni fa egli fondòl'Internazionale basata sull'eguaglianza, sullafraternità universale, sulla paternità di Dio" (27).

Ma, ancora una volta, ci dobbiamo chiedere:Angelo Giuseppe Roncalli gustava i manicarettidello chef Roger coi democristiani francesi co-me deve fare un diplomatico che ha rapporti contutti o come un amico coi suoi compagni di stra-da? Nessun dubbio è lecito. Lo stesso Roncalli,da Parigi, scrive il 6 giugno 1950 a propositodel patriarca dei democristiani francesi MarcSangnier: "Conservo della sua persona e della

sua attività politica e sociale il ricordo più vivodi tutta la mia gioventù sacerdotale" (28). Attivitàpolitica e sociale che, per la Chiesa, altro nonera che "un misero affluente del grande movi-mento di apostasia" (S. Pio X).

Aggiungi un posto a tavola...

Anzi, più di uno. Bisogna far posto ad altriamici di Mons. Roncalli. Non parlo di altri e-sponenti del progressismo "cattolico", come lostorico Daniel-Rops, o gli scrittori Claudel eMauriac (quest'ultimo protestò vivamente quan-

do il S.Uffizio mise all'Indice le opere di Gidenel 1951) (29). Sono tutti amici e commensali diRoncalli, ma possono rientrare nella categoriaprecedente. In realtà, anche al di fuori del mon-do "cattolico" il Nunzio non manca di amici.Cominciamo dai politici.

E' suo commensale Léon Blum (1872 -1950), l'ebreo socialista che nel 1934 avevastretto l'alleanza tra i socialisti ed i comunisti,giunti al potere nel 1936 col nome di FrontePopolare (30).

Più che suo commensale è suo amico VincentAuriol (1884 - 1966), ministro delle Finanze nel

20

Parigi: il Nunzio Mons. Roncalli è ricevuto da De Gaulle

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primo governo del Fronte Popolare, primoPresidente della Quarta Repubblica (1947 - 1954),"ateo e socialista" (31). L'amicizia tra il presidente

Auriol ed il futuro Giovanni XXIII ha molti trattisimilari con quella più recente tra Giovanni PaoloII e Sandro Pertini, anche lui, oltre che presidente,dichiaratamente ateo e socialista (32). L'amiciziaAuriol-Roncalli si conferma anche dall'incontroche i due ebbero a Venezia, ormai privi di motivi"professionali" per vedersi.

Infine, è addirittura "il grande amico diMons. Roncalli" (33) Eduard Herriot (1872 -1957) che, oltre ad esser stato sindaco di Lione,presidente del consiglio (1924-25, 1932) e delPartito Radicale-Socialista (1919 - 1957) era an-che sempre un "famoso anticlericale" (34) che"sostenne fino alle ultime conseguenze il princi-pio della laicità dello Stato" (35). A questo gransacerdote del laicismo massonico della III re-pubblica, Roncalli disse un giorno: "Noi siamodivisi soltanto dalle opinioni politiche. Non lesembra che si tratti, tutto sommato, di cose pocoimportanti?" (36). La politica di Herriot (e diAuriol) consisteva anche nella negazione dellaregalità sociale di Cristo e dei diritti dellaChiesa ed implicava l'ateismo di stato. Tuttosommato... cose poco importanti per uno comeRoncalli, abituato a considerare più ciò che uni-sce di ciò che divide.

Non stupisce che di fronte ad un avversario

così accondiscendente Herriot abbia dichiarato:"Se tutti i Vescovi fossero come Roncalli, non cisarebbe mai stato anticlericalismo in Francia"(34). In effetti, la guerra finisce appena una delledue parti accetta la resa senza condizioni!

Roncalli si congratulò un giorno di non ave-re nessun nemico ma solo amici nel mondo poli-tico francese (37). Non si rendeva conto di essereriuscito là dove, per forza di cose, non era riu-scito Nostro Signore (Jo. XVII, 14 ), San Paolo("Se volessi piacere agli uomini non sarei servodi Cristo" Gal. I, 10) e tutti i buoni cristiani ("Sehanno perseguitato me perseguiteranno anchevoi" Jo. XV, 20).

Un massone in Nunziatura.

Fate posto, perché ci sono altre visite...Yves Marie Antoine Marsaudon, nato nel

1899, nipote di Mons. Le Cam che fu collabora-tore del card. Rampolla, racconta d'essersi sedu-to (a quattro anni) sulle ginocchia di papa LeoneXIII (38). Da grande (!) non abbandonò gli am-bienti cattolici: nel 1946 fu nominato MinistroPlenipotenziario del Sovrano Ordine di Mal-ta a Parigi.

Egli stesso racconta: "Fu durante l'anno1947 che avemmo il grande onore d'essere pre-sentati a Mons. Roncalli" che, da poco, era an-

ch'egli a Parigi (39

).Poiché nessuno ignora che l'Ordine di Maltadipende dalla Santa Sede, non c'è da stupirsi cheil rappresentante dell'uno si rechi da quello del-l'altra. Però... il Barone Marsaudon era anche...dal lontano 1926, fratello massone della GranLoggia di Francia, e dal 1932 MaestroVenerabile 33° della Loggia "La Republique"!

Prosegue il Marsaudon: "L'accoglienza delNunzio Apostolico, che non ignorava alcunchédella nostra appartenenza alla Massoneria, fuconnotata dalla più grande affabilità" (40). Equesta fu la prima ma non l'ultima visita del ve-nerabile. "In occasione dei nostri numerosi in-contri, durante i ricevimenti annuali dellaNunziatura nell'anniversario dell'incoronazionedel Papa Regnante prima, nella nostraResidenza di Bellevue poi, il 24 giugno, festa diSan Giovanni, patrono del Sovrano Ordine, du-rante le sue cene intime ed infine, soprattutto,nel silenzio del suo studio, abbiamo potuto ave-re col nunzio colloqui sempre più vivi, perchéoltrepassarono ben presto il quadro dell'OrdineSovrano" (41).

E di cosa parlavano il Venerabile Marsaudone l'Eccellentissimo Roncalli?

"Dei problemi dell'Ordine" di Malta, causati

dal Card. Canali che voleva ripulirlo dai masso-ni che vi si erano infiltrati. Ma anche «delle no-stre modeste concezioni sui rapporti tra laChiesa e la Massoneria, in piena evoluzione or-mai da 10 anni. Poi sui problemi Spirituali pro-priamente detti; infine fummo condotti a parlaredel riavvicinamento tra le diverse Chiese cristia-ne. Il Nunzio, una volta accordataci, non osiamodire la sua amicizia, diciamo la sua protezione,la sua comprensione, non ce le ritirò mai.Potemmo così toccare questioni assai delicateriguardanti alcune discipline Romane [quali?] epersino il dogma; non certo le definizioni adot-tate una volta per tutte nei primi Concilî e persi-no - a questo punto di vista il suo silenzio eravoluto - dopo il Vaticano I per quel che concer-neva in particolare l'infallibilità pontificia, maquelle che “sentiva nell'aria”.

Fu così che un giorno gli ponemmo arditamen-te la domanda che ci bruciava sulla lingua, e dellaquale misuravamo tutta l'importanza dal punto divista delle possibilità Ecumeniche: “Eccellenza,che pensare delle voci che corrono sulla pro-mulgazione di un nuovo Dogma mariano?”

Da parte sua, un muto segno di interrogazio-ne ci incoraggiò a precisare: “Sì, l'Assunzione

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della santa Vergine!” Abbiamo preso nota conprecisione della risposta che ci fece:

“Caro piccolo Marsaudon, tornate sempre

alle fonti quando avete la più piccola preoccu-pazione, il più lieve dubbio. Che leggiamo nelVangelo? La Madre di Gesù passa, quasi inav-vertita, e non sempre trattata bene da suo Figlio.Ricordatevi: "Chi è mia Madre e chi sono i mieiFratelli...? poi, stendendo la mano sui discepoli,disse: Ecco mia Madre ed i miei Fratelli, poichéchiunque fa la volontà del Padre mio, che è neiCieli, è mio Fratello, o mia Sorella, o miaMadre..." e la dura risposta alle Nozze di Cana:"Donna, che vuoi da me?...'' Poi, è la Madre do-lorosa, ma molto umana, ai piedi della Croce”.

Improvvisamente, ma come s'indovinava aRoma, il dogma dell'Assunta fu promulgato daPio XII» (41). Non parlarono più dell'Assunta.Non che Roncalli non fosse devoto alla Vergine,precisa Marsaudon, ma egli aveva una «grandeprudenza di fronte ad ogni novità dogmatica.Pensava sempre agli altri ed all'effetto che pote-va produrre sui Cristiani separati tale o talaltrainnovazione» (41).

Secondo Marsaudon quindi, Mons. Roncalliera contrario alla definizione del Dogmadell'Assunzione per motivi ecumenici. La veri-dicità delle asserzioni del Gran Maestro è con-fermata da un episodio analogo sul quale ritor-neremo. Con una lettera del 1954 Roncalli, di-

venuto Patriarca di Venezia, rifiutò di sottoscri-vere una petizione per istituire la festa di MariaRegina, adducendo gli stessi motivi esposti alMarsaudon contro l'Assunzione (42).

Ti prego, resta pure Massone!

I rapporti Marsaudon (.˙.) - Roncalli (.˙. ?)continuarono a Venezia (dove fu ricevuto, ov-viamente, "con la più grande bontà") ( 43)ed a Roma.

In due libri, di Leone Braschi (44) e di PadreRosario Esposito (45) viene riferita un'altra di-

chiarazione del Marsaudon, che riporto pari pa-ri. Scrive Esposito: «In data 25 settembre 1964il giornale 'Juvénal' pubblicava il testo di un'in-tervista che Jean André Faucher aveva fatta albarone Yves Marsaudon, autore di numerose o-pere sulla Massoneria. Egli aveva ricoperto alungo la carica di ministro del Sovrano MilitareOrdine di Malta; era stato anche ministro diStato del Supremo Consiglio del Rito Scozzeseper la Francia. Il testo dell'intervista è stato ri-pubblicato dallo stesso Marsaudon nel volume"De l'initiation maçonnique à l'orthodoxie chré-

tienne" (Paris, Dervy, 1965, 135-136).Ci sembra opportuno riprendere i passaggi

più importanti, che illuminano il pensiero di pa-

pa Giovanni tanto all'epoca in cui era nunzio aParigi che quando era asceso alla Cattedra diPietro:

"J.A.F. - Lei ha conosciuto bene Papa Giovanni?""Marsaudon - Ero molto legato a Mons.

Roncalli, Nunzio apostolico a Parigi. Mi ha ri-cevuto più volte alla Nunziatura, e in diverseoccasioni egli è venuto nel mio domicilio diBellevue, nella Seine-et-Oise. Quando sono sta-to nominato Ministro dell'Ordine di Malta homanifestato al Nunzio le mie perplessità, a cau-sa della mia appartenenza massonica. Mons.Roncalli mi ha consigliato formalmente di resta-re in Massoneria."

"J.A.F. - L'ha riveduto dopo la sua elevazio-ne alla tiara?"

Marsaudon - Sì, mi ha ricevuto a CastelGandolfo nella mia qualità di Ministro emeritodell'Ordine di Malta, e mi ha dato la sua benedi-zione rinnovandomi il suo incoraggiamento perun'opera di riavvicinamento tra le Chiese, comepure tra la Chiesa e la Massoneria di tradizione(cioè: regolare)."

"J.A.F. - In quale spirito ha seguito le primedue sessioni del Concilio?"

"Marsaudon - Con molta speranza e moltaconvinzione. Le confidenze che avevo ricevuto

dal buon Papa Giovanni non mi permettevano didubitare della sua sincerità. Di fatto la secondasessione del Concilio s'è conclusa in uno spiritoprofondamente ecumenico. La speranza fu im-mensa, nel seno dell'universo cattolico. A partealcuni rocciosi farisei, i credenti manifestavanouna gioia unanime"». (45).

Ancora gli Ebrei.

Ne parliamo qui per affinità di argomento...Marzo 1950: ad Algeri (allora francese) Roncalli«parla ancora degli ebrei come dei "figli della

promessa" (Rom. IX, 8)» (...) «Il fondamento diun dialogo teologico serio è la contemplazionedel popolo di Israele "nella luce di Abramo, ilgrande patriarca di tutti i credenti"» (48).

Roncalli scorda (?) che gli Ebrei di oggi nonsono credenti, ma increduli, e non sono più ere-di della promessa.

Invece, per lui, non solo il rifiuto del Cristonon incide sull'elezione degli Ebrei, ma, benpiù, essi farebbero parte del Corpo Mistico diCristo (che è la Chiesa!). Ecco, infatti, cosa rife-risce Wynn: Roncalli “si trovò faccia a faccia

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con tutto l'orrore dell'Olocausto quando a Parigi,dov'era Nunzio Apostolico, assistette alla proie-zione di un filmato che mostrava le cataste dicadaveri di Ebrei a Buchenwald e Auschwitz.Pianse a quell'atroce spettacolo e gridò: Comemai? Il corpo mistico di Cristo! Come mai? Ilcorpo mistico di Cristo!”.

Negli stessi anni l'enciclica Mystici Corporisdi Pio XII ricordava che il Corpo Mistico diCristo coincide con la (sola) Chiesa Cattolica...

Si capisce allora perché non solo egli s'inte-ressi a Simone Weil ma anche come ammiri quel

suo scritto ove la scrittrice ebrea, dopo aver spie-gato come ella creda al Vangelo, afferma comesia necessario restare sulla soglia della Chiesasenza entrarvi (48). Nessun problema: SimoneWeil c'è già dentro... senza saperlo... né volerlo!

Una prima riflessione.

Fermiamoci un attimo. Abbiamo seguito finqui Angelo Roncalli: giovane sacerdote moder-nizzante, in Italia, pioniere dell'ecumenismo neiBalcani, compagno di strada dei politici di sini-stra in Francia, ma, soprattutto, un inquietante

personaggio legato a filo doppio con laMassoneria...Del Nunzio a Parigi ci resta ora da vedere,

dopo i rapporti politici, quelli più strettamenteecclesiali. Che rapporti ebbe con la gerarchiagallicana? Che posizione adottò di fronte al fe-nomeno dei preti operai? Come reagì alla sco-munica dei comunisti? E, nel paese della teolo-gia progressista, della "nouvelle theologie", co-me si mosse Angelo Giuseppe Roncalli?

Lo vedremo assieme, accompagnando il"nostro" fino alla elevazione al Cardinalato edalla sede patriarcale di Venezia.

NOTE

(1) Giovanni XXIII. “Quindici Letture”, di Loris F.Capovilla.Ed. Storia e Letteratura, Roma 1970, p.287.

(2) Wilton Wynn. “Custodi del Regno”. Ed. it.Frassinelli 1989, p.19.

(3) Glorney Bolton. “ Il Papa”. Ed. Longanesi 1970, p.224-225.(4) Hebblethwaite. “Giovanni XXIII, il Papa del

Concilio”. Ed. it. Rusconi 1989 p. 282-283.(5) Bolton. op. cit. p.228.(6) Bolton op. cit. p.229.(7) cfr.Hebblethwaite. op. cit. p.291.(8) Bolton. op. cit. p.227.(9) Wynn. op. cit. p.18-19.(10) Hebblethwaite.op. cit. p.284.(11) Wynn op. cit. p.17.(12) Hebblethwaite p.284 che cita G. Nicolini, “ Il

Cardinale Domenico Tardini”, Messaggero, Padova 1980 p.183.(13) “Souvenirs d'un nonce”, di Angelo Giuseppe

Roncalli. Ed. Storia e Letteratura. Roma. 1963, pp.5-6. Vedianche: Hebblethwaite p.287. Alden Hatch. Giovanni XXIII.Ed. It. Mursia 1967 pp.123-24. A. Lazzarini. Jean XXIII.Mulhouse 1959. pp.92-93. Bisogna notare però che Roncallilegge un testo preparato da Valeri!

(14) Hebblethwaite p.287.(15) Renzo Allegri. “ Il papa che ha cambiato il mon-

do”. Ed. Reverdito. Bolzano 1988, p.99.(16) Hatch. op. cit. p.133.(17) Lazzarini op. cit. p.94.(18) Allegri op. cit. p.98.(19) Hebblethwaite op. cit. p.297-298.(20) Hatch op. cit. p.127.(21) Allegri op. cit. p.22-24.(22) Wynn op. cit. p.47.(23) Lazzarini op. cit. p.99.(24) Niels Arbl. “ I Democristiani nel mondo”. Paoline

1990. Per la discendenza del MRP da La Mennais (condan-nato da Gregorio XVI) a Sangnier (condannato da S.Pio X)vedi le pagine 75-80. Sul MRP pp.157-167.

Oggi gli eredi di Sangnier in Francia si riconoscono nelCDS (Centro dei democratici sociali), nuova sigla del MRP.

(25) Lett. Ap. “ Notre Charge apostolique”, del 25 ago-sto 1910. Testo integrale in Sodalitium n. 4 p. 8.

(26) Cf. Hebblethwaite op. cit. p.290. Sull'intransigenzadi Bidault vedi anche : Andreotti, “ A ogni morte di papa”,Rizzoli 1982 p.67.

(27) Cf. Lettera di Giovanni Mensi, da Monaco diBaviera, pubblicata su Il Giornale del 28 agosto 1991 p.23.

Il testo è estratto da: A. De Gasperi, Discorsi politici, acura di T. Bozza. Cinque Lune 1969 p.1-20.

Il discorso del futuro Beato Alcide fu pronunciato aRoma il 23 luglio 1944.

(28) Non ripeto qui il testo integrale della lettera già ri-portato in Sodalitium n. 22 p. 15.

(29) Hebblethwaite op. cit. p.309, 317-318.Alden Hatch op. cit. p.128.(30) Bolton op. cit. p.240.(31) Allegri op. cit. p.101.(32) Cf. Sodalitium n.22 p.24 sg.(33) Hatch op. cit. p.128.(34) Allegri op. cit. p.100.(35) Enc. Treccani vol.XVIII p.476. Heriot volle, ad e-

sempio, la piena applicazione delle leggi di espulsione ditutte le congregazioni religiose, leggi che cominciavano adessere applicate troppo blandamente.

(36) Lazzarini op. cit. p.108. Allegri op. cit. p.100confonde qui Herriot con Auriol.

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 Roncalli in conversazione con Herriot 

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(37) Lazzarini op. cit. p.99.(38) Yves Marsaudon. “ L'Oecumenisme vu par un

Franc- Maçon de Tradition”. Ed. Vitiano, Paris 1964 p.53.(39) Marsaudon op. cit. p.43.

(40) Marsaudon op. cit. p.44.(41) Marsaudon op. cit. p.45-46.(42) Hebblethwaite op. cit. p.352.(43) Marsaudon op. cit. p.47.(44) Leone Braschi.   La Massoneria e la Chiesa

Cattolica. Nardini ed.1984 p.80.(45) Rosario F. Esposito.  Le grandi concordanze tra

Chiesa e Massoneria. Nardini ed. 1987, pp390-391.(46) Esposito op. cit. p.169-221

Vedi anche Léon de Poncins.“S.D.N., Super-État maço-nique”, Beauchesne Parigi 1936.

(47) Hebblethwaite op. cit. p.328. Hatch op. cit. p.132-133.(48) Hebblethwaite op. cit. p.328-329.

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HENRY de LUBAC: “ ÈRITISSICUT DII ”

di don Curzio Nitoglia

INTRODUZIONE

Il 4 settembre è morto a Parigi Padre Henryde Lubac. Giovanni Paolo II ha inviato due tele-grammi di condoglianze, riportati in prima pagi-na dall’“Osservatore Romano” del 5 settembre1991, in cui si afferma: «Il Cardinale Henry deLubac, UNO DEI PIÙ ACUTI E FECONDITEOLOGI DEL NOSTRO SECOLO... ha sa-puto raccogliere il meglio della tradizione cat-tolica nella sua meditazione sulla Chiesa ed ilmondo moderno... Questo religioso esemplareGRANDE SERVITORE DELLA CHIESA spe-cialmente durante IL CONCILIO VATICANOII....». L’Avvenire’(Il quotidiano della C.E.I.)

commentava in prima pagina: «Nel primo do-poguerra le sue INTUIZIONI, FORTEMENTEINNOVATIVE furono SOSPETTATE DIETERODOSSIA; in realtà le sue idee costi-tuirono poi una DELLE BASI PIÙ SOLI DE

DEL VATICANO II, a preparare il quale deLubac fu chiamato da Giovanni XXIII».

Viene spontaneo domandarsi come mai leidee di de Lubac “SOSPETTATE DI ETERO-DOSSIA” sotto il pontificato di Pio XII, “COS-TITUIRONO poi una DELLE BASI PIÙSOLIDE DEL VATICANO II”. Era la Chiesaromana ante-conciliare che sbagliava, oppure ècambiata la dottrina della chiesa conciliare egiovannea, che ha chiamato un “TEOLOGOSOSPETTATO DI ESSERE ETERODOSSO...SOSPESO NEL 1950 DALL’INSEGNAMEN-TO UNIVERSITARIO” (‘ Avvenire’, 5 settem-bre l991 p.l3), ad essere “UNA DELLE MENTIDEL VATICANO II”?

Per rispondere a tale interrogativo occorre s-tudiare attentamente la vita e le opere del Padrede Lubac.

LA VITA

Henry de Lubac nacque a Cambrai nel886.Gesuita dal 1913, de Lubac studiò filosofia inGran Bretagna e in Francia. Chiamato alle armidurante il primo conflitto mondiale riportò graviferite destinate a procurargli disturbi per tutta lavita. Dal 1929 al 195O de Lubac insegnò teolo-gia fondamentale e storia delle religioni pressola Facoltà teologica di Lyon-Fourvière. Durantela seconda guerra mondiale fu più volte arresta-to dai tedeschi. Nel 1950 venne sospeso dall’in-segnamento mentre una fitta serie di sospetti siaddensava sulla sua produzione teologica.Seguirono circa dieci anni di doloroso calvarioche lasciarono una traccia profonda nell’animodelicato del p. de Lubac il quale, ripensando aquegli anni, annota nelle sue memorie: “Non fuimai interrogato, non ebbi nessun scambio diidee sui punti essenziali con Roma, né con unarappresentanza della Chiesa e neppure con imembri della Compagnia. Non mi si comunicòmai di che cosa venivo accusato”... In realtà deLubac venne indicato come uno dei principaliesponenti della «theologie nouvelle» facentecapo alla Facoltà Teologica dei gesuiti di Lione

 Henry de Lubac in una foto degli anni '50

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negli anni 1946-1950 Pio XII, pur non nominan-do espressamente nessuno, con l’enciclica‘Humani Generis’ mise in guardia contro le idee

che venivano addebitate alla «Théologie nou-velle», quali il relativismo dogmatico, il falso s-toricismo, una filosofia incurante delle essenzeimmutabili, l’abbandono della filosofa scolasti-ca. Alcuni passi dell’enciclica papale allude-vano chiaramente a due opere di deLubac:‘Surnaturel’(1946) e ‘De la connaissance de

 Dieu’ (1945, 1948 ).L’amarezza dell’esilio culturale e della soli-

tudine non scoraggiò de Lubac, né diminuì ilsuo attaccamento alla chiesa. Proprio negli annioscuri dell’emarginazione egli compose la‘ Méditarion sur l’église’ (1953), un’opera nellaquale, senza nascondere il suo turbamento esenza deporre il rigore critico per la verità,traspare la fede limpida e umile d i un uomo ilquale confessa che “la Chiesa non ci rivela maiin modo più degno il suo Signore di quanto nonfaccia nelle occasioni in cui ci offre di riviverela sua passione”.

Le diffidenze nei confronti di de Lubacdiminuirono con Giovanni XXIII, sotto il cuipontificato potrà riprendere l’insegnamento ediventare uno dei principali esperti del ConcilioVaticano II.

Il periodo conciliare e immediatamente post-conciliare furono per de Lubac una stagione teo-

logica particolarmente feconda e serena, ricca diriconoscimenti anche da parte di PaoloVI».(ARDUSSO-FERRETTI-PASTORE-PER-ONE, ‘La teologia contemporanea’, Marietti,Torino, 1990, p. 324).

Di Giovanni XXIII de Lubac scrive: «IL N-UOVO PAPA... ERA RIMASTO SCONTENTODI CIÒ che era SUCCESSO AL TEMPO DEL-LA HUMANI GENERIS, ... Lessi nella ‘Croix’... la lista dei teologi scelti dal Papa come consul-tori alla commissione teologica preparatoria delConcilio. Il mio nome vi figurava, come quellodel Padre Congar. ERANO DUE NOMI SIM-BOLICI. Senza dubbio Giovanni XXIII avevavoluto far capire a tutti che LE DIFFICOLTÁ»SOPRAVVENUTE NEL PONTIFICATOPRECEDENTE DOVEVANO ESSER DIMEN-TICATE ( HENRY DE LUBAC: ‘Memoire sur1’occasion de mes écrits’, Culture et VeritéNamur, 1980, p.117-118).

Così poi riferisce dei suoi rapporti conGiovanni Paolo II:«Avevo conosciuto Mons.Wojtyla a Roma, al tempo del Concilio.Avevamo lavorato fianco a fianco in occasionedel difficile parto del famoso schema 13, chedivenne in seguito... la Costituzione ‘Gaudium

et Spes’... Lui conosceva i miei lavori ed abbi-amo presto simpatizzato. Mi aveva chiesto diredigere una prefazione alla traduzione francese

del suo libro ‘Amore e responsabilità’... Il 17marzo 1966 mi scriveva che la mia prefazione:“aveva avuto un gran peso nella decisione diSua Santità (Paolo VI, ndr) di chiamarlo allaCommissione delle questioni di matrimonio” .Nel corso degli anni successivi ci siamo rivistiqualche volta a Roma... e siamo diventati ami-ci» (op. cit. 175-77).Fino all’elevazione al “car-dinalato” di de Lubac da parte di G.P. II,avvenuta nel febbraio 1983.

IL PENSIERO

«Per varie ragioni, oggi, molti vedono inHenry de Lubac non solo un grande teologo maIL SIMBOLO DEL PIU’ RECENTE RINNO-VAMENTO DELLA TEOLOGIA» (MONDIN:‘I grandi teologi del ventesimo secolo. I teologicattolici’ vol. I, Borla, Torino 1969, p.227).

«De Lubac HA STUDIATO CON SIMPA-TIA e DIFESO COSTANTEMENTE... un’ au-tore che ha cercato di allacciare i ponti tra lafede e la scienza, TEILHARD DE CHARDIN.Teilhard offre a de Lubac l’occasione per ap-profondire la dimendione cosmica del cris-tianesimo». (Ardusso op. cit. p. 327).

Il Maestro di de Lubac , dunque, è Teilhard

l’Apostata, «difeso costantemente e studiato consimpatia». Questo è il primo indizio della etero-dossia di de Lubac (su Teilhard cfr SODALI-TIUM n° 25, pp.13-22).

Ma qual’ è il cuore del sistema teologico dide Lubac? Ebbene esso è il rapporto tra ordinenaturale e ordine soprannaturale. Già vecchioerrore dei modernisti, condannato dalla‘Pascendi’ di S. Pio X, era quello di confonderei due ordini e di affermare che l’ordine naturaleesigiva l’ordine soprannaturale o la grazia santificante. «Trattasi... del vecchio errore, che allanatura umana concedeva quasi un diritto all’or-dine soprannaturale. ... Perciò con somma ra-gione il Concilio Vaticano I pronunciò: “Se al-cuno dirà non poter l’uomo esser elevato da Dioad una conoscenza e perfezione che superi lanatura, ma potere e dovere di per se stesso, conun perpetuo progresso, giungere finalmente alpossesso di ogni vero e di ogni bene, siaanatema”. ( De Revelatione, can. III)». ( S. PIO:‘Pascendi Dominici Gregis’, 8 settembre 1907,in ‘Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici’dall’Oglio, Milano 1959, V ed, p. 584).

De Lubac riprese tale errore e ne fece ilprincipio e fondamento del suo sistema.

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«In questi ultimi tempi si rivela la tendenzadi alcuni teologi a fare del soprannaturale unosviluppo necessario della natura, eliminandocosì la distinzione entitativa tra i due ordini (cfr

de Lubac,’Surnaturel’, Aubier, 1946). Pio XIInell’enciclica ‘Humani Generis’ (1950) individ-ua e deplora tale tendenza». (PARENTE-PIOLAlNTI-GAROFALO: ‘Dizionario di teolo-gia dogmatica’, ed. Studium, Roma 1957, voce‘Soprannaturale').

Molti autori cercano di negare tale assertodicendo che de Lubac come al solito non fucapito o fu frainteso dal Papa.

Cerchiamo allora di vedere la questione unpo’ più in dettaglio.

‘LE SURNATUREL’ (1946)

«Il giovane Henry venne a contatto conBlondel.... Nel 1893 Blondel aveva dimostrato1’ESIGENZA DEL SOPRANNATURALE. Latesi di Blondel parve VIZIATA DI MOD-ERNISMO e per molti anni non trovò ac-coglienza favorevole negli ambienti ufficialidella Chiesa ... Nel 1946 ( de Lubac ndr) diedealle stampe ‘Surnaturel’, un’opera controversa,che gli procurò grandissima fama ma anchegrossi dispiaceri. ... Il libro di de Lubac fu con-siderato a Roma ed in molti altri ambienti comela prima sortita all’aperto di un movimento che

fino a quel momento aveva operato di nascosto,ma stava acquistando il favore di molti, il movi-mento della “nuova teologia”. L’allarme per gli

sviluppi del movimento provocò ben presto l’in-tervento della suprema autorità della Chiesa. Il10 agosto 1950 Pio XII pubblicò l’enciclica‘Humani Generis’. La condanna ...non colpì deLubac direttamente... Il generale dellaCompagnia gli suggerì d’interrompere l’inseg-namento per qualche tempo». (B. MONDIN:op. cit., pp.229-230).

«Tuttavia è opinione diffusa che il testo della‘Humani Generis’ fosse diretto contro de Lubace i suoi amici, oltre che contro Teilhard deChardin». (A. RUSSO: 'Henry de Lubac: teolo-gia e dogma nella storia. L’influsso di Blondel’,ed. Studium, Roma 1990, p. 370).

D’altra parte se de Lubac fu costretto a las-ciare l’insegnamento (ma fu lasciato libero discrivere) non gli mancarono gli appoggî anchein alto loco; infatti: «DALL’ARCIVESCOVOMONTINI VENNERO PAROLE DI ADE-SIONE E DI INCORAGGIAMENTO, fu luiche PIÙ TARDI, divenuto Paolo VI, INSIS-TETTE PERCHÉ DE LUBAC ALLACHIUSURA DEL CONGRESSO TOMISTA...,PARLASSE SU TEILHARD DE CHARDIN»!(H. HURS VON BALTASAR: ‘Il padre Henryde Lubac. La tradizione fonte di rinnovamento’,ed. Jaca Book, Milano 1978, pp. 20-2I).

De Lubac stesso scrive a proposito diMontini: «Un altro mio libro ebbe stranamentesuccesso. Si tratta di ‘Meditazioni sulla Chiesa’(1953)... fu tradotto in italiano. Gli oppositorifecero rifiutare ‘l’imprimatur’ dal Vicariato diRoma. Ma l’anno dopo l’edizione italiana ap-pariva a Milano, sotto LA PROTEZIONE DELNUOVO ARCIVESCOVO, MONS. MONTINI,che più di una volta HA VOLUTO CITARE ILMIO LIBRO E DISTRIBUIRLO AL SUOCLERO. ... Già una volta, nel 1962, avevo rice-vuto da Mons. Montini delle parole di ringrazi-amento per l' invio del mio libro sul ‘Pensieroreligioso del Padre Teilhard de Chardin’ .... AParigi POCO DOPO LA ‘HUMANI GENERIS’venne da me UN RELIGIOSO . . . che MIPORTÒ UNA PAROLA DI INCORAGGIA-MENTO DA PARTE DI MONS. MONTINI... ELA SUA STIMA “NON SOLO PER LA VOS-TRA PERSONA, MA PER LA VOSTRAOPERA” ». (de LUBAC: ‘ Memoire sur l’occa-sion des mes livres’, Culture et Verité, Namur1990, p. 77).

Nel libro ‘Le Surnaturel’, pubblicato nel1946, anche se «composto sostanzialmente daarticoli redatti in data anteriore... (anzi) ben pri-

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Pio XII, il Papa che condannò la “Nouvelle Thèologie” conl'enciclica “Humani Generis”

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ma dell’agosto del 1941» (A. RUSSO: op. cit.,p. 324), de Lubac affermava che L’ORDINESOPRANNATURALE É NECESSARlA-

MENTE IMPLICATO IN QUELLO NATU-RALE. Come conclusione di questo concettoveniva fatalmente che il DONO DELL’OR-DINE SOPRANNATURALE NON È GRATU-ITO, PERCHÉ È DEBITO ALLA NATURA.Allora ESCLUSA LA GRATUITÀ DELL' OR-DINE SOPRANNATURALE, LA NATURAPER LO STESSO FATTO CHE ESISTE SI I-DENTIFICA AL SOPRANNATURALE». (G.SIRI: ‘Getsemani’ ed. Fraternità della SS.Vergine Maria, Roma 1980, IIed , p.54 ).

Ed ancora: «Padre de Lubac dice che ilCristo rivelando il Padre e rivelato da Lui,finisce per rivelare l’uomo a se stesso (tesi tantocara e più volte ripresa da Giovanni Paolo IIspecialmente in ‘  Redemptor Hominis’, ndr).Quale può essere il significato di tale affer-mazione? O Cristo è unicamente uomo o L’UO-MO È DIVINO. Tali conclusioni possono nonessere espresse così nettamente, tuttavia deter-minano sempre questa NOZIONE DEL SO-PRANNATURALE IN QUANTO IMPLICATONELLA NATURA UMANA in sé. E QUIN-DI.... SI APRE IL CAMMINOALL’ANTROPOCENTRISMO FONDAMEN-TALE ». (op. cit, p .56).

È il famoso problema del DESIDERIO

NATURALE DI DIO. Secondo la teologia cat-tolica l’uomo può dimostrare con certezza, me-diante il lume della ragione naturale, a partiredalle creature, l’esistenza del Creatore. Inoltrel’uomo ha un DESIDERIO NATURALE divedere la faccia o di conoscere la Natura diquesto Creatore. Ma non ha la capacità di ar-rivarvi con le sue sole forze naturali. Taledesiderio è detto ELÌCITO (che segue laconoscenza dell’esistenza di Dio) e CON-DIZIONALE (solo e soltanto a condizione cheDio con un dono gratuito, voglia chiamare l’uo-mo a contemplare la sua Essenza faccia a faccia,l’uomo potrà arrivarvi).

Per la “Thèologie nouvelle” tale desiderio edil suo appagamento non è condizionato, ma èASSOLUTO, è una NECESSITÀ. L’uomo hacioè ‘DA SÉ’ la capacità di vedere l’Essenza diDio faccia a faccia, e non ‘A CONDIZIONECHE’ Dio gli dia la grazia santificante e lo elevigratuitamente all’ordine soprannaturale.

Strettamente connesso con questo è il prob-lema della POTENZA 0BBEDIENZIALE, cheè - per la Chiesa cattolica - la CAPACITÀ PAS-SIVA che ha l’uomo ad essere elevato all’ordinesoprannaturale (che NON è una PURA NON

RIPUGNANZA o semplice POSSIBILITÀ,come quella del nulla a che Dio crei qualcosa apartire da esso). Tale capacità passiva è comequella dell’argilla che può venir modellata dallostatuario il quale educe dalla potenza obbedien-ziale dell’argilla la forma di statua.

Per de Lubac la potenza obbedienziale èATTIVA: l’uomo cioè, una volta creato, ha la

capacità DA SÉ di arrivare all’ordine sopran-naturale (senza bisogno di esservi elevato daDio).

Pio XII, quattro anni dopo la pubblicazionedel ‘Surnaturel’ , scrisse nell'enciclica ‘HumaniGeneris’: ALCUNI DEFORMANO LA VERANOZIONE DELLA GRATUITÀ DELL’0R-DINE SOPRANNATURALE, QUANDO PRE-TENDONO CHE DIO NON PUÒ CREARE ES-SERI DOTATI DI INTELLIGENZA SENZACHIAMARLI ED ORDI NARLI ALLA VI-SIONE BEATIFICA». (Denz. 3891). Ed il card.Siri commenta : « Facilmente questa non-gratuitàdell’ordine soprannaturale ... conduce ad unaspecie di MONISMO COSMICO, ad un IDEAL-ISMO ANTROPOCENTRICO». (op. cit. p. 58).

In breve, porta al culto dell’uomo come inTeilhard de Chardin, che è (secondo l’espres-sione stessa di S. Pio X) la nota caratteristicadell’Anticristo. De Lubac per giustificarsi noncesserà di richiamarsi, a torto, a san Tommaso:«Nulla troviamo in S. Tommaso della dis-tinzione forgiata più tardi da un certo numero diteologi... tra Dio autore dell’ordine naturale eDio autore dell’ordine soprannaturale» (‘LeSurna-turel’, p. 275). San Tommaso invece dis-

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Giovanni Paolo II impone la berretta cardinaliziaa Henry de Lubac

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tingue spesso tra il fine ultimo soprannaturaleed il fine naturale (cfr. 1ª, q.23, a.1- 1ª, q.l2, a.2ad 4 - 1ª, q.5, a.5 - De Veritate, q.l4, a.2).

Alcuni potranno muovermi un’obiezione :nel 1965, circa venti anni dopo, de Lubac hacorretto i suoi errori con un nuovo libro: ‘Lemystère du Surnaturel’, Aubier, Paris 1965.

A costoro risponde lo stesso card. Siri: «Nelsuo nuovo libro ‘Il mistero del Soprannaturale’il padre de Lubac spiega alcune insufficienzed’espressione del suo primo libro ‘I lSoprannaturale’ ma SOSTIENE SEMPRE LASTESSA TESI... Egli produce ed intreccia, conuna sorprendente sagacia, sillogismi e specu-lazioni, nello sforzo di equilibrare i due con-cetti: da un lato il soprannaturale implicato nel-la natura sin dalla creazione, e dall’altro la gra-tuità del soprannaturale e della grazia. ... Si pre-occupa di respingere l’accusa della ‘HumaniGeneris’ . ...IN OGNI CASO, IL PADRE DELUBAC PARLA DI UN ‘DESIDERIO NATU-RALE ASSOLUTO’ DELLA VISIONE DIDIO. QUESTA N0ZIONE del desiderio natu-rale ASSOLUTO SCARTA, malgrado tutti gli s-forzi speculativi impiegati, la GRATUITÀ DELSOPRANNATURALE, cioè della VisioneBeatifica». (op. cit. p. 58-60).

Molto tempo prima del card. Siri il padreGarrigou-Lagrange si esprimeva assai negativa-mente sul ‘Surnaturel’ di de Lubac: «Il Padre de

Lubac, come Noris e Berti, non sembra man-tenere la VERA NOZIONE DI NATURA U-MANA; essa non sembra avere per lui alcunlimite determinato . ... È talmente aperta comenatura... CHE NON SI PUÒ VEDERE OVEFINISCA IL NATURALE E COMINCI IL SO-PRANNATURALE, DOVE FINISCA LANATURA E COMINCI LA GRAZIA». (GAR-RIGOU-LAGRANGE: ‘L’immutabilité des for-mules dogmatiques’, in ‘Angelicum’, n° 24,1947).

L’IMMUTABILITÀ DELLA VERITÀ E

DEL DOGMAAbbiamo visto come Blondel fosse il mae-

stro di de Lubac; ora questi ha mutuato dal suomaestro anche un altro errore pernicioso sulladefinizione di verità, che lo condurrà a quellodella EVOLUZIONE ETEROGENEA DELLAVERITÀ E DEL DOGMA. Il 15 giugno 1936Blondel negli ‘Annali di filosofia cristiana’ da-va una nuova definizione di verità: All’astratta echimerica “adaequatio rei et intellectus” si sosti-tuisce... “l’adaequatio mentis et vitae”. Taledefinizione di verità è il principio del PRAG-

MATISMO anche dogmatico. Infatti la veritànon consiste più, per Blondel, nel conformare ilnostro intelletto alla realtà, ma nell’adeguarci al

corso della vita. Ora la realtà e le essenze nonmutano, la vita invece evolve continuamente,per cui ciò che era vero ieri può essere falso do-mani, se non mi fa più comodo.

Il padre Garrigou-Lagrange scrive a questoproposito: « Se questa DEFINIZIONETRADIZIONALE DELLA VERITÀ èDICHIARATA ‘CHIMERICA’... cosa VALGO-NO LE DEFINIZIONI DEI CONCILII CHELA SUPPONGONO? Bisogna contentarsi pertutte queste verità della conformità dell’intellet-to... con le esigenze della vita e dell’azione u-mana, che evolve continuamente?». (GAR-RIGOU-LAGRANGE: ‘Verité et immutabilité du dogme’, in ‘Angelicum’, n. 24, 1947, p.126).

Il Sant’Uffizio aveva già condannato il primodicembre 1924, 12 proposizioni estrattedall’opera di Blondel ‘Filosofia dell’azione’ (cfr.‘Monitore ecclesiastico’, 1925, p.194 sgg.). Unadi queste è proprio la NUOVA DEFINIZIONEDI VERITÀ data dal Blondel, che CONDUCE ADUE PROPOSIZIONI MODERNISTE; a quellache NEGA L’IMMUTABILITÀ DELLAVERITÀ «La Verità non è immutabile più chel’uomo». Denz. 2058 (proposizione condannata);e a quella sulla EVOLUZIONE ETEROGENEADEL DOGMA: «I dogmi di fede sono da ritenersi

soltanto secondo un senso pratico, cioè come nor-ma precettiva di azione e non come norma delcredere». Denz. 2026 (proposizione condannata).

CONCLUSIONE

«In ‘Surnaturel’ ... DEL QUALE SOTTO-LINEA IL VALORE PAOLO VI nella letterache gli scrisse per il suo ottantesimo complean-no, È AFFERMATA quella che può essere con-siderata LA SUA TESI CENTRALE... L’UO-MO, CRISTIANO O NO, È CONCRETA-MENTE SEMPRE SOTTO IL SEGNO DELLAGRAZIA, cioè del soprannaturale». (S.QUINZIO: ‘E’ morto de Lubac il teologo dellagrazia’, in “La S tampa”, Torino, 5 settembre1991, p. 16).

Ebbene Quinzio ha colto davvero la tesi cen-trale del pensiero di de Lubac: “L’UOMO, CRIS-TIANO, O NO, È SEMPRE SOTTO IL SEGNODELLA GRAZIA”. Ma questa è anche la tesi cen-trale, il principio e fondamento del “magistero” delVaticano II. «Per il fatto stesso che il Verbo si è in-carnato ha unito a sé ogni uomo». (‘Gaudium et Spes’, 22). Perciò, che l’uomo lo sappia o no, lovoglia o meno è unito indissolubilmente al Verbo;

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è questa una sorta di PANTEISMO CRISTO-LOGICO, mutuato da Teilhard de Chardin e da deLubac, “canonizzato” dal Vaticano II e predicato

“Urbi et Orbi” (soprattutto) da Giovanni Paolo II(“DIO È IMMANENTE AL MONDO E LOVIVIFICA DAL DI DENTRO”. ‘Dominum et Vi-vificantem’, 50).

Da tale errore principale segue il secondo: laChiesa di Cristo è più ampia di quella cattolica(SUBSISTIT IN) essa infatti coincide con ogniessere vivente, anzi col cosmo stesso del qualeDio è l’anima. E la conclusione pratica che nederiva è il terzo errore: LA LIBERTÀ RELI-GIOSA; se ogni uomo è unito per sempre al

Verbo, ha il diritto IN FORO ESTERNO EPUBBLICAMENTE A PROFESSARE il pro-prio “credo” religioso.

Ora Pio XII aveva condannato nell’enciclica‘Humani Generis’ tale errore di de Lubac e diTeilhard de Chardin, prevedendo tutte le conclu-sioni erronee che se ne sarebbero potute tirare.

Il Padre Garrigou -Lagrange che fu l’esten-sore MATERIALE di tale enciclica (con buonapace di coloro che negano l’ilemorfismo aris-totelico tomista e la tesi di Cassiciacum) scrissea proposito di tali errori di de Lubac e Teilhardde Chardin «Dove VA LA NOUVELLETHÉOLOGIE? Essa RITORNA AL MOD-ERNISMO» (GARRIGOU-LAGRANGE: ‘Lanouvelle théologie ou va-t-elle?’, in‘Angelicum’, n 23, 1946, p.144 ).

Se il Modernismo fu definito da S. Pio X“IL COLLETTORE DI TUTTE LE ERESIE”,la nouvelle théologie sarebbe... anche più cheuna eresia, SAREBBE L’APOSTASIA COM-PLETA» (GARRIGOU-LAGRANGE: ‘Vérité et immutabilité du dogme’, in ‘Angelicum’, n24,1947, p.137)

Ora come è possibile che L'APOSTASIACOMPLETA DIVENGA LA TESI CEN-

TRALE DEL CONCILIO VATICANO II?La risposta più convincente la si trova in

‘Sodalitium’ n. 13, dove Mons. Guérard des

Lauriers riassume la sua tesi teologica per spie-gare la vacanza formale della Sede apostolica,ed in San Paolo nella seconda epistola aiTessalonicesi in cui è descritta L’APOSTASIAUNIVERSALE.

OMELIE CONTRO GLI EBREI(ADVERSUS JUDÆOS ORATIONES)

di San Giovanni Crisostomo.

«Al principio del V secolo, l’eminente teol-ogo greco Giovanni Crisostomo (354-407) pro-nunciò “otto sermoni contro gli ebrei” ad 

 Antiochia e questi divennero il modello delletirate antiebraiche, facendo il massimo uso (ed abuso) di passi chiave dei vangeli di Matteo eGiovanni» (Paul Johnson, ‘Storia degli Ebrei’.

 Longanesi 1991, p.185). È questo, a nostra conoscenza, solo l’ultimo

di molti riferimenti alle celebri Omelie‘Adversus Judaæos’, costantemente citate come“modello”, appunto, di un calunnioso “anti-semitismo Cristiano” (ibidem). Spesso citate,dicevamo, ma mai lette; invano le cerchereste inlibreria.

 Dirette contro i cristiani che giudaizzavano frequentando le sinagoghe, sono oggi, dopo lavisita di Giovanni Paolo II alla sinagoga ro-mana, di evidente attualità!

Siamo fieri di presentare al lettore moderno, pensiamo per la prima volta, una traduzione i-taliana dal greco, a cura di Maria Rosa Ballor,di queste omelie, delle quali pubblichiamo quila prima.

 Al lettore il giudizio. Per noi, fedeli cattoli-ci, il giudizio è già dato dalla Chiesa. IlCrisostomo non è solo un “eminente teologogreco”, ma il Santo Arcivescovo di Cos–tantinopoli che la Chiesa venera come uno deiquattro più grandi Padri e Dottori della Chiesa.

 Di quei Padri che Pio XII definisce “veridicitesti della dottrina divinamente rivelata” (Enc.

 Haurietis Aquas). Nelle parole di san Giovanni Crisostomo i

lettori di Sodalitium troveranno quindi,

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Padre Garrigou-Lagrange o. p. “il martellodella Nouvelle Théologie”

“Vox Patrum”

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  puro ed incontaminato, l’insegnamento di N.S. Gesù Cristo.

Sodalitium

1 - Mi propongo oggi di riprendere l’argo-mento che “NON SI PUÒ COMPRENDEREDIO” iniziato precedentemente, illustrandolocon maggiore ampiezza. Domenica scorsa ne hogià parlato a lungo portando le testimonianze diIsaia, Davide e Paolo. CHI RACCONTERÁ LASUA ORIGINE esclamava il primo (Isa. 53,8)mentre il secondo rendeva grazie a Dio del fattodi non poterLo comprendere: RICONOSCERÒ- diceva - CHE TI SEI MANIFESTATO INMANIERA TERRIFICANTE. LE TUE OPERESONO MERAVIGLIOSE (Salmi 138,14) e an-cora: LA TUA SCIENZA È MIRABILMENTEPOSTA AL DI FUORI DI ME, È STRAORDI-NARIA ED IO NON SONO IN GRADO DIRAGGIUNGERLA (Ibid. v.6). Paolo poi, nonrivolgeva la sua attenzione all’essenza di Dioma soltanto alla Sua provvidenza, anzi, non ap-pena ha intravisto quella piccola parte che si eramanifestata nella vocazione delle genti, come seavesse scorto un vasto ed immenso oceano es-clamava: O ABISSI DELLE RICCHEZZE,DELLA SAPIENZA E DELLA SCIENZA DIDIO! IMPERSCRUTABILI SONO I SUOIGIUDIZI E INSONDABILI LE SUE VIE!

(Rom,X, 33). E queste testimonianze avrebberopotuto essere sufficienti per la nostra di-mostrazione; tuttavia io non mi sono accon-tentato della testimonianza dei Profeti non misono fermato a quello degli Apostoli, ma sonosalito in cielo e vi ho rivelato il coro degliAngeli che cantano: GLORIA A DIONELL’ALTO DEI CIELI E IN TERRA PACE EBUONA VOLONTÁ TRA GLI UOMINI(Luc.II, 14). Avete ancora udito i Serafini escla-mare a gran voce con meraviglia e terrore:SANTO, SANTO, SANTO IL SIGNOREDEGLI ESERCITI: TUTTA LA TERRA ÈPIENA DELLA SUA GLORIA (Isa. VI, 3). Hoanche aggiunto le voci dei Cherubini dicenti:SIA BENEDETTA LA GLORIA DEL SI-GNORE NELL’ALTO DELLA SUA DIMORA(Ezech. III, 12). Tre testimonianze prese sullaterra, altrettante in Cielo, vi dimostrano che nonè possibile raggiungere la Maestà Divina. Lamia dimostrazione è quindi stata indiscutibile,ha ricevuto un grande applauso e l’assemblea siè riscaldata e tutti gli spettatori si sono infi-ammati. Ed io mi rallegravo non già per le lodiche ricevevo, bensì per tutte quelle che ricopri-vano Dio. Infatti questi vostri applausi e queste

vostre lodi erano indice dell’amore dei vostri a-nimi per Dio. E come i servitori affezionati ailoro padroni, quando odono qualcuno lodarli siinfiammano di affetto per costui a causadell’amore che portano al padrone, nello stessomodo voi avete manifestato con i vostri applausil’amore che portate a Dio. Era dunque mia in-tenzione continuare oggi questa stessa battaglia.Infatti, se i nemici della verità non si stancanomai di insultare i benefattori, tanto più noi dob-biamo desiderare di celebrare in continuazione

il Dio dell’Universo. Ma cosa dobbiamo fare?Un altro male estremamente grave necessitadelle cure offerte dalla nostra parola, un male ri-posto nel corpo stesso della Chiesa. Occorreanzitutto guarire questo male, di poi ci occuper-emo del male esterno: infatti, ci si deve occu-pare prima dei familiari, poi degli estranei. Chemale è questo? (Alcuni cristiani di Antiochiapartecipavano alle feste dei Giudei). Sono ormaiimminenti le feste di questi miseri e disgraziatiGiudei, feste che si susseguiranno senza inter-ruzione: le Feste delle Trombe, le Feste deiTabernacoli, i Digiuni, e vi sono molti nei nostriranghi che dicono di avere i nostri stessi senti-menti, ma poi alcuni assistono allo spettacolo diqueste feste, altri vi partecipano e digiunano coni Giudei: io ora voglio estirpare dalla Chiesaquesta perversa consuetudine. I nostri discorsicontro gli Anomei potranno aver luogo in un al-tro momento e questo rinvio non recherà danno,invece se non curiamo i malati colpiti da questomale adesso che le Feste sono alle porte, temoche questa inopportuna abitudine e la loro igno-ranza li facciano partecipi della dissolutezza deiGiudei e che più tardi le nostre esortazioni di-vengano inutili. Se infatti, non udendo nulla og-

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S. Giovanni Crisostomo

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gi, alcuni dei nostri partecipassero al digiuno deiGiudei, una volta commesso il peccato, invanocercheremmo di portarvi rimedio. Per questa ra-

gione mi affretto a occuparmi di ciò. Nello stes-so modo si comportano i medici che quando sitrovano di fronte alle malattie più acute e gravi,si occupano di curare queste per prime: ma labattaglia presente è strettamente legata a quellaprecedente. Infatti, dato che l’empietà degliAnomei è molto affine a quella dei Giudei, an-che la nostra battaglia odierna si presenta moltosimile a quelle precedenti. L’accusa che formu-lano i Giudei è la stessa che formulano gliAnomei. Qual’è tale accusa? (Giov. V, 18). Ilfatto che Cristo dichiarasse che Dio era suoPadre e che si facesse l’eguale di Dio. Questaaccusa, anche gli Anomei la formulano, anzimeglio, non la formulano, bensì cancellano laparola di Cristo ed il suo significato, anche senon materialmente ma con la mente e con l’animo.

2 - Invero non stupitevi se ho definito miserii Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziatipoiché hanno ricevuto nelle loro mani tanti benie li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesoriche erano loro offerti. È sorto per loro il soledella giustizia ed essi, rifiutati i suoi raggi, stan-no nelle tenebre: mentre noi che eravamo nelletenebre, abbiamo attirato a noi la luce e ci siamoliberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i ramidella radice sacra (Rom. XI, 16, 17) ma sono s-

tati spezzati; noi non eravamo parte della radice,eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essihanno letto i Profeti sin dalla più tenera età edhanno crocefisso Colui che dai Profeti era statoannunziato. Noi che non avevamo mai uditoparlare delle Sacre Scritture, noi abbiamo adora-to questo stesso crocefisso. Perciò essi sonomiseri, perché hanno respinto i beni che eranoloro inviati mentre altri li hanno presi per sé,portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essereadottati come figli, si sono abbassati alla con-dizione di cani: noi che eravamo nella con-dizione di cani, con l’aiuto della grazia divinaabbiamo potuto spogliarci di questa indole brutaed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa mani-festo? Cristo ha detto alla donna di Canaan“Non è bene prendere il pane dei Figli e gettarloai cuccioli” (Matt. XV, 26) designando comefigli i Giudei e come cani i gentili. Vedete quin-di come l’ordine è stato invertito, i Giudei sonodiventati cani e noi figli. GUARDATEVI DAICANI dice Paolo, GUARDATEVI DAI CAT-TIVI OPERAI GUARDATEVI DAI CIRCON-CISI. SIAMO NOI I CIRCONCISI. (Filip. III,2, 3). Vedete dunque come quelli che prima era-no figli sono caduti nella condizione di cani?

Volete sapere in qual modo noi che eravamonella condizione di cani siamo diventati figli?INVERO, A TUTTI COLORO CHE LO HAN-

NO RICEVUTO, EGLI HA DATO IL POTEREDI DIVENTARE FIGLI DI DIO (Giov. I, 12).Nulla è più miserabile di questi Giudei che daogni parte vanno in senso contrario alla lorosalvezza. Quando bisognava osservare la Legge,essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è s-tata abrogata, con insistenza essi vogliono chesia osservata. Che cosa ci potrebbe essere di piùmiserabile di costoro che dispiacciono a Dionon soltanto quando trasgrediscono la Legge maanche quando la osservano? Per questo è detto:VI OPPONETE SEMPRE ALLO SPIRITOSANTO, POPOLO DALLA TESTA DURA EDAL CUORE INCIRCONCISO (Atti, VII, 51):non soltano violando le leggi, ma anche volen-dole osservare a sproposito. Dalla testa dura ap-propriatamente sono stati chiamati così, perchénon hanno voluto portare il giogo di Cristo perquanto più dolce e benché non avesse nulla dipesante o di spiacevole. Egli dice IMPARATEDA ME CHE SONO DOLCE ED UMILE DICUORE (Matt. I, 29, 30) e PRENDETE ILMIO GIOGO SU DI VOI POICHÉ ESSO ÈDOLCE ED IL MIO FARDELLO LEGGERO.Essi pero non lo sopportavano a causa della lorotestardaggine, anzi non soltanto non lo hannosopportato ma lo hanno spezzato e fatto a pezzi.

SIN DALL’INIZIO HAI SPEZZATO IL TUOGIOGO, HAI ROTTO I TUOI LEGAMI(Gerem. II, 20; V,5; sal. II,3). È un profeta, nonPaolo che dice queste parole indicando il giogoed i legami come segni distintivi del potere: per-ché i Giudei avevano respinto il potere di Cristoquando avevano detto NON ABBIAMO AL-TRO RE CHE CESARE (Giov. XIX,15). Avetespezzato il giogo, rotto i legami, vi siete buttatigiù dal regno dei Cieli e vi siete sottomessi alpotere dell’uomo. Vorrei che esaminaste conquanta abilità il Profeta ha espresso la srego-latezza del loro animo. Infatti non dice: avetedeposto il giogo, bensì: l’avete spezzato, attoproprio della brutalità animale, dei vizi sfrontatiche respingono ogni freno e non sopportano al-cun potere. Da dove proviene questa loro durez-za? DalIa gozzoviglia e dalla intemperanza. Chilo dice? Mosè stesso. ISRAELE MANGIÒ EDIL POPOLO DILETTO INGRASSÒ E SIRIMPINZÒ. SI RIVOLTÒ. (Deut. XXXII, 15).Come gli animali che si nutrono in ricchi pas-coli diventano più ostinati ed indocili e non sop-portano più né giogo né freno né la manodell’auriga, così il popolo Giudeo, spintonell’abisso della malvagità dall’intemperanza e

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dalla troppa abbondanza materiale ha vissuto li-cenziosamente e non ha sopportato il giogo diCristo né trascinato l’aratro della Sua dottrina. È

quanto un altro Profeta aveva espresso con leparole: ISRAELE SI COMPORTA DA PAZZO,COME UNA GIOVENCA ECCITATA DA UNTAFANO (Osea. 4, 16). Un altro definiscequesto popolo: VITELLO NON ISTRUITO ASOPPORTARE IL GIOGO (Gerem. 3, 18).Animali come quelli, incapaci di lavorare vannobene per essere sacrificati. Lo stesso è stato peril popolo dei Giudei: essendosi resi da soli inca-paci di agire, sono diventati adatti ad essere uc-cisi. Perciò Cristo ha detto PORTATE QUIQUEI MIEI NEMICI CHE NON HANNO VO-LUTO CHE IO REGNASSI TRA LORO EDIMMOLATELI (Luc. XIX, 27). E allora, oGiudeo, che dovevi digiunare, quando la tua in-temperanza ti stava conducendo a questi mali,quando i tuoi eccessi ti portavano all’empietà,non adesso. Adesso il digiuno è inopportuno edabominevole. Chi lo dice? Isaia, che a gran voceesclama NON HO SCELTO IO QUESTODIGIUNO (Isa. 58, 4, 5). Perché dice così?PERCHÉ VOI DIGIUNATE PER INTENTAREAZIONI GIUDIZIARIE E LITI E PRENDETEA PUGNI COLORO CHE STANNO SOT–TO DI VOI.

Perciò se il tuo digiuno era abominevolequando colpivi i tuoi fratelli, adesso, dopo che

hai immolato il Signore, come potrebbe essereben accetto? Per quale motivo? (Digiuno utile)conviene che colui che digiuna sia contrito,composto, umile e non in preda alla collera; e tucolpisci tuoi fratelli? Così una volta digiunaronoper litigare ed intentare processi: ora mentredanzano a piedi nudi nelle piazze, per s-frontatezza ed estrema smoderatezza, colpretesto di digiunare si comportano come ubri-achi. Ascolta come il Profeta vuole che si digiu-ni: SANTIFICATE IL DIGIUNO - dice - NONCELEBRATELO CON DANZE: PREDICATELA PAROLA; RIUNITE GLI ANZIANI(Gioele I, 14).

Ma costoro radunano stuoli di effeminati eportano nella Sinagoga una accozzaglia didonne ignobili, il teatro intero, e gli attori: infat-ti non vi è alcuna differenza tra il teatro e la loroSinagoga. So in verità che ci sono delle personeche mi accuseranno di eccessiva audacia perchého detto che non vi è differenza tra la Sinagogae il teatro ma io li accuserò di essere impudenti,se non sono daccordo con me. Condannami sedico questa cose da solo; ma se uso le parole delProfeta allora approva quello che dico.

3 - So che molti rispettano i Giudei e pen-

sano che i loro riti odierni sono degni di stima;per questo sono incitato a cercare di sradicarecompletamente tale dannosa opinione. Dissi che

nessun teatro val meglio della Sinagoga eporterò i profeti a testimoni; i Giudei non sonopiù degni di fede dei profeti. Dunque uno chedice? “LA TUA FRONTE È DIVENTATAQUELLA DI UNA PROSTITUTA, NON VI ÈPIÙ nessuno davanti a cui tu arrossisca (Ger.III,3.) Invero il luogo in cui la meretrice si prostitu-isce, questo è il vero lupanare. Anzi la Sinagoganon è soltanto un teatro e un luogo di prosti-tuzione, di più è una caverna di briganti e unrifugio di belve. Poché dice LA VOSTRADIMORA È DIVENTATA LA TANA DELLAIENA” (Ger. VII.11.) non semplicemente di unabelva ma di una belva impura. E ancora “HOLASCIATO LA MIA CASA, ABBANDONA-TO LA MIA EREDITÀ” (Ger. XII; 7). A coluiche ha abbandonato Dio che speranza di salvez-za rimane? Se Dio lascia un luogo questo diven-ta dimora di demoni. Ma, dicono di adorare essipure il Signore. Lungi da noi il dire questo: nes-sun giudeo adora Dio. Chi lo dice? Il fig lio diDio. “SE AVESTE RICONOSCIUTO ILPADRE MIO AVRESTE RICOSCIUTO AN-CHE ME. ORA VOI NON AVETE RI-CONOSCIUTO NÉ ME NÉ IL PADRE” (Giov.8, 19). Che testimonianza addurrò più degna difede di questa? Se non riconobbero il Padre, se

crocifissero il Figlio, se respinsero l’assistenzadello Spirito, chi oserà sostenere che la loroSinagoga non è l’asilo dei demoni? No, Dio nonvi è adorato, statene lontani, di conseguenza è illuogo della idolatria; tuttavia alcuni frequentanotali luoghi come se fossero sacri.Ciò che diconon è derivato da una congettura, ma l’ho de-dotto dall’esperienza. Tre giorni or sono, crede-temi, dico il vero, vidi una donna onesta, libera,di costumi irreprensibili attaccata alla fede,costretta da un uomo impuro ed insensato, chesi suppone cristiano (in verità udendolo nonl’avresti detto un sincero cristiano) costretta di-co, a entrare in un tempio degli Ebrei e ivi affer-mare con giuramento alcunché di relativo ad af-fari controversi. Siccome implorava aiuto edesiderava ribellarsi a questa scellerata violen-za, protestando che avendo preso parte ai divinimisteri non le era permesso di entrare in quel lu-ogo io mi levai infiammato ed ardente di zelo enon sopportai che questa infelice fosse trascina-ta oltre in tal prevaricazione e la strappai aquesto ingiusto rapimento!

Poi domandai a colui che la trascinava se eracristiano: lo confessò. Lo rimproverai energica-mente mettendo in risalto la sua stupidità ed in-

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finita follia, negai che valesse più di un asinochi, pretendendo di adorare Cristo, trascinavauno nelle spelonche dei Giudei, che Cristo ave-

vano crocefisso. Dapprima proseguendo il dis-corso gli insegnai che come afferma il Vangelo,non è mai permesso giurare o esigere da altri ungiuramento. Inoltre, una persona fedele, ma an-che chi non lo fosse, non doveva mai esserspinte a tale necessità. Quando, dopo lungheconsiderazioni, ebbi liberata 1a sua anima datali errori, gli domandai per quale motivo avesseesclusa la Chiesa e voleva portare la donna neltempio ebraico. Mi rispose che molte personegli avevano detto che un giuramento fatto li in-cuteva molto più timore. A tali parole gemettiprofondamente, poi mi infiammai di collera edin ultimo non potei impedirmi di ridere. Infattivedendo l’astuzia del diavolo gemetti che rius-cisse a persuadere gli uomini; il furore infi-ammò la mia anima, considerando l’indolenzadi coloro che sono tratti in inganno, infine risiper l’inconcepibile follia degli stessi. Questecose vi dissi e vi narrai perché siete con l’animocompletamente privo d’umanità per coloro checompiono e tentano di mettere in atto tali modi,né avete pena, se vedete un vostro fratellocadere in peccato in questo modo deducete chela disgrazia non è vostra, ma di altri. Se siete ac-cusati vi stimate assolti dicendo: “che mi impor-ta? che rapporto ho con costui?” Queste parole

risuonano come odio mortale verso gli uomini edemoniaca crudeltà. Ma che dici? essendo uomopartecipi della stessa natura per cui afferma lacomunione della natura il cui unico Capo èCristo. Osi dire che non vi é nulla di comune trate e le tue membra? Dunque in che modo con-fessi Cristo come Capo della Chiesa? Giacché ilcapo naturalmente congiunge tutte le membra,con diligenza le rivolge a sé e lega insieme. Senon hai nulla in comune con un tuo membro,neppure vi qualcosa di comune con il fratello,né hai Cristo per capo. I giudei vi spaventanocome foste fanciullini e non ve ne accorgete.Poiché come dei servi malvagi mostrano a deibambini delle maschere orribili e ridicole, cheper loro natura non sono terrificanti, ma sembra-no tali alle anime semplici, e fanno fare grandirisate, così i giudei atterriscono i cristiani igno-ranti, con i loro fantasmi.

In qual modo,infatti possono esser terrifican-ti quelle cose piene di onta e di derisione e chesono proprie di uomini respinti con ignominia edisonorati?

4 - I nostri tempi non sono di tal genere, marealmente pieni di spavento e di orrore. Infattidove sta il Dio che ha potere di vita e di morte,

quello è un luogo terribile; là dove si pronun-ciano sermoni infiniti sulle pene eterne sui fiumidi fuoco, sul verme velenoso, sui ceppi che non

si possono rompere, sulle tenebre esteriori. Igiudei in verità non conoscono neppure in sog-no queste verità, dediti al ventre, agognando ibeni presenti, affatto migliori dei porci e deicaproni per lascivia e grande ubriachezza. Esoltanto questo conoscono: servire il ventre, es-sere ebbri, lottare per dei saltinbanchi, ferire pergli auriga. Forse che queste cose sono gravi eterribili chi lo ha detto? Dunque come possonoessere considerate da noi terribili, se non siamoschiavi per ignominia, per i quali non si parla dilibertà, allontanati dalla casa del padrone, comepuoi dire essere terrificanti per coloro che sononorati e godono della libertà? Ma veramentequeste cose non stanno così non stanno così as-solutamente. Se certamente le osterie non sonopiù rispettabili delle sale del re, alloraqualunque bettola è meno ignobile dellaSinagoga. Non è semplicemente l’abitazione deiladri o dei tavernieri, è l’abitazione de demoni:anzi non solo la Sinagoga, ma le stesse animedei giudei.

Il che tenterò di dimostrare nell’epilogo dellaorazione. Per la qual cosa vi prego di ricordarel’essenziale di questa questione. Infatti non peresibizione, né per applausi parliamo, ma per cu-rare le vostre anime. Perché qual discorso di s-

cusa resta se in così gran abbondanza di medicimolti sono ammalati? Dodici erano gli Apostolie convertirono il mondo; la maggior parte dellacittà è cristiana, e ancora qualcuno è tormentatodal male del giudaismo. E noi sani quale scusauseremo? Certo i malati sono colpevoli, ma nep-pure noi manchiamo di colpa trascurandoli nelmale. Se godessero, di molte nostre sollecitudi-ni, difficilmente potrebbero continuare ad essereinfermi. Per la qual cosa, anticipando, vi dicoadesso: ognuno tiri a sé un fratello, anche se ènecessario opporsi, anche se si debba farlo conla forza, anche con contumelie e dispute: s-muovete la pietra; perché si liberi dal laccio deldiavolo e sia libero dal rapporto con coloro, checonsegnarono Cristo perché fosse ucciso.

Se vedeste nella piazza qualcuno condotto alsupplizio, giustamente condannato, e tu potessistrapparlo dalle mani del carnefice, forse chenon faresti quanto puoi per portarlo via? Ora ve-dendo un tuo fratello trascinato ingiustamente econtro il volere divino, non dal carnefice, madal diavolo nel baratro della perdizione, ti rifiutidi fare lo sforzo col quale lo libereresti dallegame della iniquità. E come sarai degno di in-dulgenza? Ma è più forte e robusto di me.

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Mostratemi questo: affronterò un pericolo mor-tale piuttosto che sopportare che egli entri nelvestibolo del tempio, se ostinatamente rimarrà

della sua decisione. Di più che ti rest a in co-mune con la libera e celeste Gerusalemme? Haipreferito la Gerusalemme terrestre. sii schiavocon lei: come essa stessa è schiava con i suoifigli, come dicono le parole dell’Apostolo(Galat .IV, 25). Digiuni con i giudei? Togliti conloro anche Le scarpe e a piedi nudi camminasulla pubblica piazza partecipe dei loro compor-tamenti indecorosi e ridicoli. Non osi fare questigesti, infatti ti vergogneresti e arrossiresti. Certoè vergognoso comportarsi come loro, al con-trario non arrossisci ad essere compagno dellaloro empietà. Che indulgenza chiederai se seicristiano a metà? Credetemi, metterò in pericolola mia vita prima di abbandonare qualcuno op-presso da questo male; se non mi verrà aconoscenza! Certamente Iddio userà indulgenza.

Ognuno di voi ripeta a sé stesso queste rif-lessioni e non stimi ciò cosa da poco e da farsiincidentalmente. Non siete stati attenti a quan-to dice forte il Diacono nella Sacra Riunione?“RICONOSCETEVI GLI UNI GLI ALTRI”offrendo la facoltà di scoprire con diligenza ifratelli. La stessa cosa con i giudei. Seconoscerai qualcuno che è favorevole aigiudei, prendilo da parte, rendilo noto, affinchètu non sia esposto allo stesso pericolo. Infatti

negli accampamenti militari, se un soldato è s-coperto come complice dei barbari o dei per-siani, non mette in pericolo soltanto la sua vita,ma anche quella di chi conscio di ciò non neinforma il comandante dell’esercito. Allora s-iccome voi siete l’esercito di Cristo, ricercatediligentemente e accuratamente se mai qualchestraniero si è mescolato a voi, e riferitene ilnome, non perché lo si uccida(come avrebberofatto quelli), né per infliggergli un castigo o unsupplizio, ma perché si possa liberarlo e ricon-durlo a noi pentito.

Se non vorrete fare questo, se scientemente lonascondete, anche voi subirete la stessa pena esat-tamente come lui. Paolo infatti punisce con pena ecastigo non solo coloro che compiono azioni mal-vage,ma anche coloro che li approvano. E pure ilProfeta condanna non soltanto il ladro ma allastessa pena e per la stessa colpa, quelli che cor-rono con lui. Perché veramente colui che, con-sapevole, nasconde e protegge la colpa di un altro,dà una maggior occasione alla viltà e lo rende piùsicuro nel commettere il male.

5 - Ma torniamo di nuovo ai malati. Riflettetedunque con chi hanno rapporto coloro che digiu-nano adesso: con quelli che gridarono: “CROCI-

FIGGETELO, CROCIFIGGETELO” con coloroche dicevano “IL SUO SANGUE RICADA SUDI NOI E SUI NOSTRI FIGLI” (Matt. XXVIII,

23-25). Se fossero dei rei condannati per aver as-pirato alla tirannide, osereste avvicinarvi e con-versare con loro? Non lo cre- do. Ma, dunque,non sarebbe assurdo fuggire con tanta cura quelliche peccarono contro l’uomo, e stringere rapporticon quelli che oltraggiarono Dio stesso? E ado-rando il Crocefisso, far festa con quelli che lo in-chiodarono alla croce? Questa non è soltanto stu-pidità, ma estrema pazzia. Inoltre poiché alcunigiudicano che la Sinagoga è un luogo venerabile,è necessario dire alcune considerazioni contro diloro. Perché venerare quel luogo che si deve dis-prezzare, considerandolo abominevole e da cuistare lontani?. Rispondi: “La legge e i libri pro-fetici sono quivi riposti”. Cosa vuol dire? I libriforse per questo, conferiscono santità al luogo incui si trovano ? Giammai! Io, in verità, ho odio eavversione contro la Sinagoga, poiché hanno iprofeti e non vi credono; leggono i testi e non neaccettano la testimonianza; il che è oltremodo of-fensivo. Ora vi chiedo: Se vedeste un uomo ven-erabile ed illustre entrare in una bettola o in unaspelonca di briganti e poi, pur con contumelie edinsulti sopportare i peggiori maltrattamenti, forseche trovereste degni di ammirazione la bettola ola spelonca perché quell’uomo grande e preclaro,vi stette dentro e fu ivi maltrattato?

Uguale è il giudizio sulla Sinagoga. Poichéportarono con loro Mosé e i Profeti ma non peronorarli bensì per trattarli con infamia e disprez-zo; dicendo che non hanno conosciuto Cristo enegando che abbiano detto qualcosa della suavenuta. Qual maggiore oltraggio potrebbero farea quei santi accusandoli di aver ignorato il lorostesso Dio e affermando che sono stati compag-ni nella empietà? Per questo motivo odieremo dipiù i Giudei perché trattano con furore i Profeti.Ma perché parlo di libri e di luoghi? Nel tempodelle persecuzioni i carnefici tengono con loro icorpi dei martiri, li radunano con la frusta, li di-laniano: ordunque diverranno sante le mani diquelli che tennero i corpi dei martiri?Rimangono empie perché li tennero con animoempio, e i giudei che trattano con ingiuria gliscritti dei santi, allo stesso modo dei carneficidei santi, per questo diventeranno venerandi?Forse che questo non sarabbe il massimo dellapazzia? Se infatti è impossibile che diventinosanti quelli che tennero i corpi santi con empi-età, anzi per questo sono ancor più abominevoli,ancor più gli scritti letti con incredulità (senzafede) potranno essere di giovamento. Ci con-vince della grande empietà dei Giudei che con-

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servano i libri con l’intento di disprezzarli. Laloro colpa non sarebbe tanto grave se nonpossedessero i libri dei Profeti, e sarebbero

meno impuri e abominevoli se non li leggessero.Nessun perdono è possibile perché avendo gliaraldi della verità resistono alla verità con ani-mo ostile. Di conseguenza ancor più scelleratied infami in quanto hanno i Profeti e anchequesti trattano ostilmente. Perciò vi incito a fug-girli ed a evitare le loro assemblee; il frequen-tarle non sarebbe di piccolo danno per voi népiccolo pretesto alla loro superbia. Poiché, sevedessero voi che adorate Cristo, da essi croce-fisso, seguire le loro cerimonie: in qual modonon stimerebbero che il loro comportamento èottimo e il vostro di nessun valore, dal momentoche voi che lo seguite ed osservate, accorrete daloro che lo combattono. “SE QUALCUNO, dicel’Apostolo, VEDESSE TE CHE HAI LASCIENZA SEDUTO AD UN TAVOLO DI OF-FERTE AGLI IDOLI, FORSE CHE LA CO-SCIENZA DI LUI CHE È DEBOLE NON LOSPINGEREBBE A MANGIARE QUANTO ÈSTATO PREPARATO E IMMOLATO AGLI I-DOLI?” (I Cor, VIII, 10). E allora dico, se qual-cuno vedesse te che hai sapere, andare allaSinagoga ed assistere alle feste delle Trombe,forse che la sua coscienza, se fosse debole nonlo porterebbe all'ammirazione per le feste deigiudei? Colui che cade non sarà punito soltanto

con la pena della caduta, ma sarà pure punitoperché la cagionò anche ad altri: allo stesso mo-do colui che è fermo non sarà premiato soltantoper la sua virtù mà sarà ammirato perché incitòaltri allo zelo. In conclusione: fuggi le assem-blee e luoghi, né venerate la Sinagoga per i libri,anzi proprio per questo abbiatela in odio eavversione. Dopo tutto i Giudei fanno ingiuriaai Sacri Libri perché rifiutano di averne fede, eli caricano di estrema empietà.

6 - Ma, affinché voi sappiate che i libri sacrinon conferiscono alcuna santità al luogo in cuisi trovano, mentre esso è insozzato dalla condot-ta di coloro che vi si radunano, vi narrerò una s-toria del passato. Tolomeo Filadelfo, dopo avergià raccolto libri provenienti da ogni parte dellaterra, avendo appreso che i giudei possedevanoscritti che trattavano di Dio e del miglior mododi governo, fece venire degli uomini dellaGiudea e fece loro tradurre in lingua grecaquesti testi che poi ripose nel tempio diSerapide: Tolomeo Filadelfo era greco, e da al-lora fino ad oggi la versione dei libri dei profetiè stata conservata. Forse che il tempio diSerapide sarà sacro perché vi si trovano questiscritti? Assolutamente no. Ma i libri possiedono

una loro propria santità, che non trasmettono alluogo che li custodisce a causa dell’empietàdelle persone che vi si radunano. Si deve pen-

sare nello stesso modo per quanto riguarda laSinagoga. Anche se in essa non si trova alcun i-dolo, tuttavia vi abitano i demoni. E non parlosoltanto di questa Sinagoga qui, parlo anche diquella di Dafne, ove si trova un antro ancorapeggiore, denominato antro di Matrona. Ho udi-to che molti fedeli vi si recano e dormono nellevicinanze di quel luogo. Ma lungi da me il chia-mare costoro fedeli.

Il tempio di Matrona e quello di Apollo sonougualmente impuri; e se alcuno mi accuserà dieccessiva audacia, io lo accuserò a mia volta disuprema follia.

Infatti rispondimi, forse che non è impuro illuogo in cui i demoni abitano, anche se non vi sitrovano statue? Dove si radunano gli assassinidi Cristo, dove la Croce è scacciata via, doveDio è bestemmiato, dove il Padre è ignorato, ilFiglio ricoperto di ingiurie e la grazia delloSpirito respinta: anzi dove abitano i demonistessi, forse che non è un luogo di danno ancoramaggiore?

Là infatti l’empietà è scoperta e bene invista, e non le sarà facile sedurre o ingannare lepersone virtuose ed assennate: qui invece , di-cono di adorare Dio e di ripudiare gli idoli erispettare ed adorare i Profeti, mentre con le

loro parole, preparano esche ed irretiscono gliimprudenti ignoranti. Per questa ragione la loroempietà è uguale a quella dei greci, ma i Giudeifanno uso di un'impostura molto più funesta.Infatti anch’essi hanno un altare rifugio di per-fidia, non visibile dove non immolano pecore evitelli, bensì le anime degli uomini. Infine se tu

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Giovanni Paolo II e il Gran Rabbino Elio Toaff nella sina-goga di Roma, il 13 aprile 1986 

“Nella sinagoga abitano i demoni..., e vi si radunano gliassassini di Cristo”( S.G. Crisostomo).

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ammiri le abitudini dei Giudei che cosa vi è dicomune tra noi? Infatti se le abitudini dei Giudeifossero venerabili e nobili, le nostre sarebbero

false; se invece le nostre sono veritiere - ed inrealtà lo sono - le loro saranno piene di men-zogna. Non parlo delle Scritture Sacre, affatto;esse infatti mi hanno condotto come per manofino a Cristo: parlo dell'empietà e della follia at-tuale dei Giudei.

Ma è ora giunto il momento di mostrare che idemoni abitano qui, non soltanto nellaSinagoga, ma negli animi stessi dei Giudei: LOSPIRITO IMMONDO - dice Cristo - DOPOESSERE USCITO DA UN UOMO SI AGGIRANEI LUOGHI ARIDI CERCANDO LA PACE,MA NON TROVANDOLA ESCLAMA ‘‘RI-TORNERÒ NELLA MIA DIMORA” ED ES-SENDOVI RITORNATO, LA TROVA VUO-TA, BEN PULITA ED ORDINATA. ALLORARIPARTE E PRENDE SECO SETTE ALTRISPIRITI PIÙ MALVAGI DI LUI E LI FA EN-TRARE E L’ULTIMA CONDIZIONE DEL-L'UOMO SARÁ PEGGIORE DELLA PRECE-DENTE. COSI SARÁ ANCHE PER QUESTOPOPOLO (Matt. XII, 43-45) (Luc. XI, 24-26.)Vedi come nei loro animi ora dimorano demonipeggiori dei precedenti. E non è una ingiuria!Infatti allora essi peccavano contro i Profeti, og-gi insultano lo stesso Signore dei Profeti. E voidunque, ditemi: vi riunite nello stesso luogo con

questi uomini abitati dal demonio che sono im-puri ed allevati e nutriti nel sangue e nell’assas-sinio e non inorridite? Invece di salutarli e an-che solo conversare con loro, non bisognerebbepiuttosto stare lontani come dalla pestilenza e daun'epidemia mortale? Non hanno forse compiu-to empietà di ogni genere? Non li condannanoforse tutti i profeti in lunghi e numerosi discor-si? Quali fatti tragici, quali esempi di malvagitàessi non hanno eclissato con i loro sacrileghi as-sassini! (Salmo X, 5). Hanno sacrificato ai de-moni i loro figli e le loro figlie, hanno abbando-nato le leggi naturali, hanno dimenticato i doloridel parto, hanno calpestato l’educazione deifigli, hanno sconvolto dalle fondamenta le leggidella consaguineità e sono stati peggiori di qual-siasi belva. Infatti frequentemente le belve sac-rificano la vita, posponendo la propria salvezzaalla difesa dei loro piccoli: costoro invece, senzaessere spinti da alcuna necessità, hanno sacrifi-cati i figli con le loro proprie mani, per onorare inemici della nostra vita, i demoni sacrileghi. Diquesto loro comportamento che cosa ci stupiscedi più? L’empietà oppure la crudeltà o la loro to-tale mancanza di umanità? Il fatto che abbianosacrificato i figli, oppure il fatto che li abbiano

immolati ai demoni? Ma non hanno forse super-ato nella loro smisurata dissolutezza ed insolen-za anche le peggiori belve? Udite come si es-

prime il Profeta a proposito della loro smodataintemperanza: SI SONO TRASFORMATI INSTALLONI, OGNUNO NITRIVA ALLADONNA DEL SU0 PROSSIMO (Geremia V,8). Non ha detto che ognuno desiderava la don-na del vicino ma ha chiaramente espresso la fol-lia dei Giudei chiamandola dissolutezza di bruti.

7 - Che altro vi dirò? Vi parlerò delle lororapine, della loro avarizia, delle spogliazioni adanno dei poveri, dei furti, delle truffe? Non mibasterebbe una giornata intera. Ma, mi direte, leloro feste hanno in loro qualcosa di nobile e digrandioso: eppure si sono dimostrate empie.Ascoltate il Profeta, anzi ascoltate Dio stesso,con quanta forza le detesti: “IO ODIO, BAN-DISCO LE TUE FESTE (Amos, V, 21). Dio leodia e voi partecipate. Egli non ha indicato ques-ta o quella singola festa, bensì assolutamentetutte. Non sapete che Dio odia anche il culto cheviene esercitato con cembali, cetra, salterio e al-tri strumenti? “ALLONTANA DA ME ILSUONO DEI TUOI CANTI” dice “non AS-COLTERÒ IL SUONO DEI TUOI STRUMEN-TI. ALLONTANA DA ME (ibid. V, 22) diceDio, e voi correte ad ascoltare le trombe? Maquesti sacrifici e queste offerte non sono forse o-diose? “SE MI OFFRIRETE FIOR DI FARINA

LO FARETE INVANO. PER ME IL VOSTROINCENSO È COSA ESECRANDA” (Isaia I,13). L’ incenso è cosa esecranda e il luogo in cuiviene offerto non lo è? E quando è cosa esecran-da? Prima che avessero commesso il più grandedelitto, prima che avessero condannato il loroSignore, prima della Croce, prima del sacrificiodi Cristo. E adesso non è forse molto più ese-crando? In verità che cosa vi è di più profumatodel fumo dell’incenso? Ma Dio non guarda allanatura dei sacrifici offerti, bensì all’animo di col-oro che offrono i sacrifici, ed è in base a questoanimo che misura l’entità delle offerte. Egli harivolto la sua attenzione ad Abele ed ai suoidoni: ha visto Caino e ha respinto i suoi sacrifici.Infatti è detto: “NON HA RIVOLTO LA SUAATTENZIONE A CAINO ED ALLA SUA OF-FERTA” (Genesi). Noè offrì a Dio un sacrificiodi pecore, vitelli ed uccelli, “ED IL SIGNORESENTÌ UN PROFUMO SOAVE” dice laScrittura (Genesi VIII, 21) il che significa cheDio gradì l’offerta. Infatti Dio non ha sensi per-ché è incorporeo. Benché ciò che si alzadall’altare sia soltanto puzzo di bruciato, e fumodi corpi combusti - e non vi è nulla di più s-gradevole per l’odorato - Dio affinché voi sappi-

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ate che Egli accetta o respinge i sacrifici a secon-da dell’animo dell’offerente, chiama odore soaveil puzzo ed il fumo e cosa esecranda l’incenso.

Questo perché lo spirito degli offerenti è ripienodi grande fetore. Vi farà piacere sapere che Dio èavverso al tempio, anche quando vi sono sacrifi-ci, musiche, feste e profumi, a causa delle per-sone che vi entrano. Egli lo ha chiaramente di-mostrato, prima consegnandolo nelle mani deibarbari, poi radendolo al suolo. Ed in verità, pri-ma di distruggerlo, attraverso il Profeta dice:“NON FIDATEVI DELLE PAROLE DEI BU-GIARDI PERCHÈ NON VI SARANNO UTILIQUANDO DICONO: È IL TEMPIO DI DIO! ÈIL TEMPIO DI DIO!”( Geremia VII, 4.)

Non è il tempio che santifica coloro che vientrano, sono invece quelli che vi entrano che lorendono luogo sacro. Che, se il Tempio servivaallora, quando i Cherubini e l’Arca erano presen-ti, tanto meno servirà ora che sono stati portativia, dopo che Dio ha distolto la sguardo daiGiudei e più grave è la causa della sua avver-sione. Quale follia, quale demenza, sarebbepartecipare alle feste di uomini bollati di in-famia, che si sono allontanati da Dio, che hannoprovocato l’ira del Signore. Ditemi, potrestesostenere la vista di uno che avesse ucciso vostrofiglio? Lo stareste ad ascoltare? O non fuggirestelontano come se fosse il diavolo in persona? IGiudei hanno ammazzato il figlio del vostro

Signore e voi osate andare insieme a loro, nellostesso luogo? E quando Colui che è stato uccisoha fatto a voi un così grande onore elevandovialla condizione di fratelli e di coeredi: voi lo dis-onorate a tal punto da frequentare ed osservareinsieme agli assassini le stesse feste e vi recatenei loro stessi luoghi, entrate negli edifici empi epartecipate alla mensa dei demoni. Ed è la morteche essi hanno inflitto a Dio che mi induce achiamare così il digiuno degli ebrei. E per qualeragione non si dovrebbero chiamare servi dei de-moni coloro che agiscono in modo del tutto con-trario al volere di Dio? Vi aspettate forse un sol-lievo dai demoni? (Matt.VIII, 31 segg). Quando,col permesso di Cristo i demoni entrarono nelcorpo dei porci, li buttarono subito in mare: forseche risparmieranno i corpi degli uomini? Volesseil cielo che non uccidessero, non tendessero ag-guati, hanno cacciato via dal Paradiso gli uomi-ni, li hanno privati della gloria celeste, e nerispetteranno i corpi? È ridicolo, sono falsedicerie! I demoni sanno tendere insidie, recardanno non portare aiuto: non hanno alcun riguar-do per l’anima e l’avranno per il corpo? Tentanodi cacciarci dal regno dei cieli e vorranno liber-arci dai mali. Non avete udito il Profeta dire,

anzi Dio stesso dirlo per il tramite del Profeta,che essi non possono farci né del bene né delmale? E ammesso pure che essi possano e

vogliano recare aiuto, il che non può essere, nonbisogna esporsi al pericolo delle pene eterne perun piccolo guadagno di breve durata. Curerai ilcorpo per perdere l’anima? Il tuo scambio non èvantaggioso, irriti Dio creatore del corpo, e chie-di aiuto a chi ti tende insidie. Forse che conquesto ragionamento, conoscendo la scienzamedica, qualsiasi persona superstiziosa vipotrebbe indurre ad adorare, senza scambio, adadorare gli dei di altre genti? Infatti spesso anchei pagani hanno curato le malattie a modo loro edhanno guarito dei malati. E ci faremo per questopartecipi della loro empietà? Lungi da noi!Ascolta quello che Mosé dice ai Giudei: “SE INMEZZO A VOI SI ALZA UN PROFETA OUNA PERSONA CHE DORMENDO HA FAT-TO UN SOGNO, E VI PREDICE UN EVENTOO UN PRODIGIO E SE QUESTO EVENTO OQUESTO PRODIGIO SI VERIFICANO AL-LORA COLUI VI DICE: ANDIAMO ASERVIRE GLI DEI STRANIERI CHE ERANOSCONOSCIUTI AI NOSTRI PADRI, NON UB-BIDITE ALLE PAROLE DI QUEL SOGNA-TORE” (Deut.XIII, 1). Il significato di questeparole è che se un profeta si alza e compie un at-to prodigioso, come resuscitare un morto, oguarire un lebbroso o sanare uno storpio e, dopo

aver compiuta questa azione straordinaria ti invi-ta all’empietà, certamente tu non dovrai obbedirein virtù del fatto che si è verificato il prodigio.Perche? IL TUO DIO TI METTERÀ ALLAPROVA PER VEDERE SE TU lo ami con tuttal’anima (Deut. XIII, 3). Da quanto ho detto ap-pare evidente che i demoni non guariscono. Ché,se qualche volta, col permesso di Dio guarisconocome fanno gli uomini, questo permesso è con-cesso per metterti alla prova; non perché Dionon sappia come tu sei, ma perché tu impari anon trattenere neanche quei demoni che guar-iscono. Ma che dirò delle cure del co rpo? Sequalcuno ti minacciasse dell’inferno se tu nonrinneghi Cristo, forse che tu lo ascolteresti? Seuno ti promette il regno se tu abbandoni il figliounico di Dio; voltagli le spalle, avversalo; e siifedele seguace di Paolo e ripeti le parole che hapronunciato quel beato e generoso Apostolo avoce alta: “SONO SICURO CHE NÉ LAMORTE, NÉ LA VITA, NÉ GLI ANGELI, NÉ IPRINCIPATI NÉ LE VIRTÙ, NÉ LE COSE P-RESENTI, NÉ LE COSE FUTURE, NÉ L’AL-TITUDINE, NÉ LA PROFONDITÀ NÉ ALCU-NA CREATURA POTRÀ SEPARARCI DAL-LA CARITÀ DIVINA CHE È IN GESÙ

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CRISTO NOSTRO SIGNORE (Rom.VIII, 38).Né gli Angeli, né le virtù, né le cose presenti néle cose future, nessun altra creatura può separarel’Apostolo dalla carità di Cristo, e la sollecitu-dine per la salute del corpo te ne allontana?

E quale indulgenza si potrà mai impetrare? Aragione per noi Cristo è più temibile dello stes-soinferno e preferibile al regno stesso. Supponiamoche ci ammaliamo, è meglio che rimaniamo pre-da della malattia piuttosto che, per liberarcene ca-diamo nell'empietà. Se il demone ci guarisce, lasua guarigione nuocerebbe più che giovarci.Infatti avrà recato sollievo al nostro corpo che co-munque poco dopo dovrà morire, e marcire, men-tre avrà danneggiata l’anima immortale. I demonici promettono la salute del corpo, mentre portanoalla completa rovina la salute dell’anima, proprio

come fanno i rapitori che promettono ai bambinidolciumi, focacce, dadi per giocare ed altri similidoni e, dopo averli adescati li privano della lib-ertà e della vita stessa.

Ebbene, miei cari, non tolleriamo questo, macerchiamo in ogni maniera di liberarci dall’em-pietà. Forse che Giobbe non avrebbe potuto las-ciarsi convincere da sua moglie a bestemmiareDio e liberarsi così del male che lo affliggeva?“PRONUNCIA UNA PAROLA CONTRO DIOE MORIRAI” ( Giob. II,9) gli diceva, ma eglipreferì essere preda di tormenti e dolori e sop-portare quelle terribili piaghe piuttosto chebestemmiare e liberarsi così dei mali che lo af-fliggevano.

Devi imitare Giobbe anche se il demonio tipromette di guarirti per sempre dei mali che tiaffliggono, non credergli, ma sopportali, pro-prio come ha fatto quel giusto che non si èlasciato persuadere dalla moglie. Sopportacon fermezza i tuoi mali piuttosto che an-nullare la tua fede ed annientare la salvezzadella tua anima. Dio non ti abbandona, maspesso colpisce il corpo con una infermità perdarti più valore. Sopporta dunque per sentirtidire anche tu “PERCHÉ CREDI CHE IO TI

ABBIA RIVELATO IL MIO RESPONSO SENON PERCHÉ TU TI DIMOSTRI GIUS-TO?” (Giob. XL, 8).

8 - Mi sarebbe possibile dire ancora molto suquesti argomenti: ma affinché le considerazioniche avete udite non siano dimenticate, termineròquesta orazione con le parole già pronunziate daMosé: “PRENDO TESTIMONI CONTRO DIVOI IL CIELO E LA TERRA” (Deut. XXX,19) se qualcuno di voi andrà alla festa delleTrombe, o si recherà alla Sinagoga, o salirà altempio di Matrona o parteciperà ai loro digiunio al loro Sabbato, se osserva un qualsivoglia ritogiudaico, io sarò almeno innocente di tutto ilvostro sangue. Le parole di questi sermonisaranno con noi, cioè voi ed io, nel gran giornodel Nostro Signor Gesù Cristo, e se voi obbedi-rete aumenteranno molto la vostra fede, ma seavrete tenuti nascosti tali misfatti, questi ser-moni saranno acerrimi accusatori contro di voi.“NON EVITAI ALCUNCHÉ PER FARVICONOSCERE I DISEGNI DEL SIGNORE(Atti, XX, 27; Matt. XXV, 27). Ora io ho con-segnato il denaro nelle mani del banchiere, toc-ca a voi farlo fruttare, far crescere il deposito edadoperare il frutto dei sermoni per i vostri fratel-li. “Ma non è spiacevole e odioso denunciarechi è caduto in quei peccati?” Altrettanto lo è iltacere. Infatti questo silenzio, porterà danno tan-to a voi che li coprite come a quelli che restano

nascosti, poiché vi rende nemico il Signore!Quanto è meglio essere odiosi per la lorosalvezza, che non eccitare verso di noi l’ira delSignore! Invero qualsiasi di loro benché sia in-dignato, non potrà recarvi danno, anzi, alla fine,vi ringrazierà per la medicina; certamente Diose tacerai e nasconderai il male per amicizia,causando la sua rovina, ti punirà severamente.

Dunque tacendo ti rendi Dio nemico e nuocial fratello, al contrario, denunziandolo e renden-dolo noto, avrai Dio propizio e gioverai alfratello: ti farai un amico di lui che prima era fu-ribondo, ammaestrato dall’esperienza com-prende che hai agito con animo benevolo. Nonpensate perciò di fare il bene dei vostri fratellise vedendoli seguire un assurdo comportamentonon li biasimate con tutta la forza del vostro ani-mo. Avendo perduto una veste forse che nonconsidereresti ugualmente nemici tanto il ladroquanto anche colui che sapendo del furto non losvela? La Chiesa, la Nostra Madre non ha persouna veste soltanto ma un fratello, che è trattenu-to nel giudaismo dal demonio che lo ha rapito;conosci il rapitore, conosci la vittima, mi vediaccendere la dottrina come una fiaccola e cer-carlo ovunque con espressioni di dolore, e tu te

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Giovanni Paolo II riceve la comunità ebraica in Polonia

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Con l’autorizzazione dell’autore, pubblichi-amo un articolo del prof. Siebel tratto da Saka-

  Informationen ( Anno 13 n.6 Giugno 1988 p.103-110).

Già più volte in Sodalitium abbiamo occa-sionalmente parlato dell’errore denunciatodall’autore secondo il quale tutti si salvereb-bero, ed anche recentemente Giovanni Paolo II 

ha riaffermato questa eresia (Discorso 1° novembre 1990 cf. Sodalitium n.25 p.14). L’ar-ticolo del prof. Siebel ha però il pregio di ab-bordare la questione in maniera esauriente e divagliare anche il pensiero del “cardinale” von

 Balthasar, tanto stimato da K. Wojtyla e daComunione e Liberazione.

 Lo presentiamo quindi ai lettori italiani inuna traduzione di Luca Ricossa.

SI PUÒ SPERARE LA SAL-VEZZA DI TUTTI?

 Articolo del Prof. Dr. Wigand SiebelLa questione se l’Inferno sia pieno oppure

no, esercita una grandissima influenza sul com-portamento degli uomini. Molto è stato detto escritto sull’argomento in questi ultimi anni. Ladottrina della Salvezza Universale professata daGiovanni Paolo II non rende forse inutile l’es-istenza dell’Inferno? Certo, tutti ci auguriamoche nessuno debba finire nell’Inferno, ma l’ac-cettazione fedele della Rivelazione divina fa pi-azza pulita di ogni illusione, come si vedrà daquanto segue.

La Salvezza universale come un fatto.

La dottrina della Salvezza universale vienedenominata Origenismo o anche Pansalutismo.Secondo tale dottrina, almeno tutti gli uomini(poco importa che abbiano vissuto bene o male),e possibilmente anche i demoni, ricevono lasalvezza. Questa dottrina viene attribuita all’au-

tore ecclesiastico Origene (182-253). Egliavrebbe sostenuto che l’Inferno esiste, certo, mache non sarebbe durevolmente un luogo dipunizione. Una volta espiata la loro pena, ogniuomo, come pure gli Angeli decaduti, ne ver-rebbero liberati per conseguire la beatitudine.Non ci sarebbe perciò nessuna pena eterna, masolamente delle pene temporali. Un giorno,l’Inferno sarà dunque vuoto.

L’Origenismo moderno pure (Neo-Ori-genismo) contempla un inferno vuoto, ma questo,contrariamente alla rappresentazione dell’anticoorigenismo, è vuoto sin dal principio, perché nes-suno va all’Inferno. Tutti sono infatti di giàdefinitivamente salvati. Giovanni Paolo II è ilprincipale rappresentante del Neo-Origenismo. Ilbollettino “Saka-Informationen” ha fatto già piùvolte notare (1) come egli, sin dalla sua prima en-ciclica “Redemptor Hominis”, professa l’opin-ione che nel Cristo ogni uomo riceve “la dignitàper Grazia della filiazione divina” (2). In con-seguenza per lui c’è, come ha scritto nell’encicli-ca “Dives in misericordia”, una “Elezione di ogniuomo, di tutta la famiglia umana” (3).

Nella sua enciclica sullo Spirito Santo“Dominum et Vivificantem” (1986), Giovanni

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ne stai zitto e non riveli nulla? Per te, quale in-dulgenza può esservi? Forse che la Chiesa nondovrà considerarti come un grande nemico, e

giudicarti avversario e traditore?In verità non avvenga mai che qualcuno diquelli che ascoltano questi consigli cada in talecolpa e tradisca un fratello per cui Cristo è mor-to. Cristo versò per lui il suo sangue e tu non haiil coraggio di dire per lui una parola? Vi esorto,non esitate, ma appena usciti affrettatevi a ques-ta cattura e ognuno di voi mi porti uno colpitodal male. Può essere, al contrario, che non visiano tanti uomini affetti da questo male, alloradue o tre di voi o anche dieci o venti, ne portinouno, di modo che vista la cattura del pesce nellarete, io quel giorno vi offra una più lauta mensa.Infatti quando avrò visto attuato il consiglio che

vi ho dato, intraprenderò la loro cura con animoancor più ardente e tanto voi che loro ne trarretegrande vantaggio. Dunque nessuna negligenza;

ma le donne cerchino le donne, agli uomini ilcompito di conquistare gli uomini, i servi iservi, i liberi i liberi, i fanciulli i fanciulli; og-nuno infine con ogni attenzione cerchi di atti-rare i corrotti dal male. Venite così alla nostraprossima riunione, al fine di ricevere le nostrelodi, ma più che per i nostri rallegramenti perottenere da Dio molta e ineffabile ricompensache vale molto di più delle fatiche e delle virtù.Voglia il Cielo che tutti la otteniamo per lagrazia e la carità di Nostro Signor Gesù Cristoper il quale e con il quale sia grazia al Padre u-nitamente allo Spirito Santo, ora e sempre neisecoli dei secoli. Così sia.

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Paolo II ha stabilito il legame dell’elezione diogni uomo (e quindi della trasmissione della fil-iazione divina a tutti gli uomini) con l’incar-

nazione di Cristo. Così si esprime nella suddettaenciclica: “La filiazione, grazie all’adozionedivina, è prodotta in ogni uomo dal misterodell’Incarnazione, dunque attraverso Cristo, ilFiglio eterno. Mentre la nascita, o rinascita, haluogo quando Dio ‘manda nel nostro cuore loSpirito di Suo Figlio’. Allora noi ‘riceviamo loSpirito che ci fa figli, lo Spirito nel quale noigridiamo:Abba, Padre!’. Perciò questa filiazionedivina, che viene infusa nell’anima umana at-traverso la Grazia Santificante, è l’opera delloSpirito Santo. ‘Così lo Spirito stesso testimoniaal nostro spirito che noi siamo figli di Dio. Mase siamo figli, allora siamo anche eredi; siamoeredi di Dio e coeredi di Cristo’

La Grazia santificante è nell’uomo inizio esorgente di una nuova vita: della vita divina,sovrannaturale. (...) Si realizza così per gli uo-mini un’ ‘Adozione’ alla cui origine si trova loSpirito Santo, in quanto amore e dono divino. Inquanto tale viene donato agli uomini. E nellapienezza del dono increato si trova nel cuore diogni uomo l’origine di quel particolare donocreato, grazie al quale gli uomini ‘partecipanoalla natura divina’. In tal modo la vita dell’uo-mo viene pervasa dalla partecipazione alla vitadivina, e riceve così essa stessa una dimensione

divina, sovrannaturale. In questa nuova vita, cheè partecipazione al mistero dell’Incarnazione,gli uomini hanno (...) accesso al Padre attraver-so lo Spirito Santo” (4).

Dopo ciò, non ci può essere più alcun dub-bio che Giovanni Paolo II insegna la salvezza u-niversale come dottrina di fede. Secondo questainaudita eresia, colui che segue Giovanni PaoloII deve affermare che tutti gli uomini senza fedee battesimo sono già salvi. Non si trova neppurel’ipotesi che si possa perdere questa salvezza.Giovanni Paolo II si è potuto permettere dipredicare la Salvezza universale come un fatto,poiché in quanto “papa” rischia meno di essereattaccato come eretico. La maggior parte delclero, come egli ha certo previsto, tenta di gius-tificarsi con un’“obbedienza” di comodo, invecedi trovare il coraggio di farsi avanti in pubblicoe di avvertire gravemente i fedeli.

Non stupisce che l’Origenismo si sia diffusoovunque, quando viene difeso con tanta chiarez-za da colui che i più considerano il Papa.L’Origenismo è sicuramente la falsa dottrina piùdiffusa nella chiesa Ecumenico-Romana (4 bis); hapersino trovato posto nella sua liturgia, quando,nel “Racconto dell’Istituzione” si dice a propos-

ito del Sangue dell’Alleanza che “è versato pervoi e per tutti in remissione dei peccati”.

Salvezza Universale per la Discesa agli Inferidi Cristo?

Tra coloro che più si sono schierati a fiancodi Giovanni Paolo II per la diffusionedell’Origenismo, si è particolarmente distinto ilteologo Hans Urs von Balthasar. A differenza diGiovanni Paolo II, egli non attribuisce laSalvezza universale all’Incarnazione, bensì allaDiscesa agli Inferi di Cristo. In questo modo laRedenzione universale non viene espressa conla stessa chiarezza e sicurezza, ma con una cer-ta tortuosità, per poter meglio resistere agli at-tacchi. In conseguenza, von Balthasar tenta dirappresentare la Salvezza universale non comeun fatto, ma come una speranza in un certo sen-so sicura.

Com’è che von Balthasar è pervenuto allasua versione dell’Origenismo? Quando era sac-erdote e gesuita conobbe il medico di BasileaAdrienne von Speyr, la quale si era convertitadal cristianesimo riformato alla chiesa cattolica.Sotto la sua influenza, egli lasciò allora i gesuiti.Adrienne von Speyr ebbe un certo numero dirivelazioni private che impressionarono profon-damente von Balthasar e impregnarono decisa-mente la sua teologia. Così si esprime egli stes-

so sui suoi incontri: “Poiché in questi ventisetteanni, nonostante l’osservazione precisa della vi-ta interiore in quanto confessore e direttore spir-ituale, non ho mai avuto il minimo dubbio sullaverità della sua missione e sull’assoluta sinceritàcon la quale ella la viveva e me la comunicava,non solo ho preso le decisioni più dure della miavita - come la mia uscita dall’ordine - su sua in-dicazione, ma ho anche cercato di conformarealla sua la mia visione della Rivelazione cris-tiana” (5). Al centro delle esperienze mistiche diAdrienne von Speyr si trovano le sue visioni delSabato Santo nelle quali, come ella riferisce,poteva seguire il Signore nella sua discesa nelmondo inferiore dopo la morte sulla croce.Queste esperienze si ripetevano annualmente ilSabato Santo, ma anche in altri giorni. Secondovon Balthasar, queste discese mistiche negliInferi rappresentano “il maggior dono teologico(...) che Adrienne von Speyr ha ricevuto da Dioe ha lasciato alla Chiesa” (6). “L’esperienza diAdrienne è un fatto unico nella storia dellateologia, e ci trasporta al di là dell’aut-aut diOrigene e Agostino” (7). Bisogna “confessareche il centro della teologia di Adrienne, la ‘chi-ave’ della sua teologia, è il mistero del Sabato

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Santo; in esso per la prima volta nella storia del-la teologia viene sfondata una porta, dalla qualeuscirà ciò che ancora non si può vedere (...). E a

partire da questo punto si è organizzata tutta lapienezza della teologia e della spiritualità diAdrienne (...)” (8).

La caratteristica più ricorrente nelle visionidell’inferno di Adrienne von Speyr è che non vivede nessun uomo. Al posto di questi, ella in-contra nell’inferno delle “effigi”, cioè delle im-magini di peccati. Queste sono inserite in un fi-ume infernale che attraversa il mondo inferiore.Dopo che Cristo li ha separati dai peccatori, ipeccati costituiscono questo fiume infernale.Nell’inferno non si vedono quindi anime o uo-mini dannati. Con ogni evidenza, con la suadiscesa agli inferi Cristo ha totalmente svuotatol’inferno da ogni uomo. Così si esprimeAdrienne von Speyr: “Là dove il Figlio dicevadi essere abbandonato dal Padre, questo abban-dono viene usato per far saltare il carceredell’abbandono, l’Inferno, e per far ritornare nelCielo del Padre il Figlio insieme al Mondo re-dento” (9).

Hans Urs von Balthasar ha più volte fattonotare che non si può separare la sua teologia daquella di Adrienne von Speyr. Le due, per lui,costituiscono un tutt’uno. Di più: egli ritienel’opera di Adrienne von Speyr molto più impor-tante della sua (10). E’ per questo che la Discesa

agli Inferi si trova al centro della sua teologia,insieme all’idea che il Cristo è disceso negliabissi della dannazione per “comunicare nell’as-soluta debolezza (…) il dono dell’Amore cheapre ogni carcere e che scioglie ogni indurimen-to: in solidarietà intima con coloro che rifiutanoogni solidarietà” (11). Secondo von Balthasar ladottrina del Descensus (Discesa agli Inferi)“non è un dogma fra tanti altri, bensì il centro epropriamente tutto il contenuto essenziale dellasua teologia. Von Balthasar è la teo logia delDescensus in assoluto” (12). Von Balthasar èdunque anche un teologo dell’Origenismo.

Il nucleo origenista della teologia dei duesuddetti è messo anche in evidenza dal fatto cheAdrienne von Speyr si sentiva fortemente attira-ta da Origene. “Dacché la mistica di Basilea (...)professa con tanta chiarezza la redenzionedall’Inferno, non fa meraviglia che ella si sentaparticolarmente legata alla persona e all’operadi Origene (il suo direttore spirituale potè inter-rogare Adrienne von Speyr a proposito dellaspiritualità di diversi santi o altre persone che lepiacevano. Rispondeva in stato di rapimentomistico; fra le persone indicate si trovava pureOrigene): ‘Origene veniva indicato con partico-

lare amore e rispetto, senz’altro, dice Adrienne,per farmi piacere. Altri, come Tommaso oAgostino, vengono liquidati con poche parole e

senza troppa benevolenza, per quel che riguardala sua vita di preghiera’. In conseguenza di ciòAdrienne von Speyr non esclude la salvezza fi-nale neppure per Giuda, il traditore del Signore(...). Il caso di Giuda non viene purificatonell’Inferno che al di là della Croce (come qual-cosa che si nasconde nella Croce)” ( 13). Dopoche von Balthasar ebbe ricevuto delle prese diposizione diversamente critiche rispetto alla suateologia, pubblicò un lavoro nel 1986 (14) in cuitrattava nuovamente il tema per lui più impor-tante: la difesa dell’Origenismo mediante lasperanza della salvezza di tutti. Secondo KarlBesler Von Balthasar “tenta di fondare la suatesi con tutti i mezzi disponibili: a incominciaredai testi biblici, passando per i Padri dellaChiesa, teologi e mistiche del Medioevo edell’era moderna, fino ai filosofi, poeti e autoricontemporanei. Egli vuole trarne una ‘nuvola ditestimoni’ per giustificare la sua tesi teologica”(15). Besler ha pubblicato una discussione esauri-ente di questo libro nella rivista “Theo-logisches” (16). Von Balthasar rispose sulla stes-sa rivista, e in seguito con il libro “KleinerDiskurs über die Hölle” (17). E’ quest’ultimo la-voro che esamineremo ora più dettagliatamente.

Salvezza Universale in quanto Speranza.

A dire il vero, Von Balthasar avrebbe dovu-to trarre conseguentemente la Salvezza univer-sale come fatto dalle sue premesse. E non di ra-do, in effetti, la Salvezza universale appare nellesue opere come qualcosa di necessario, ma allostesso tempo, nei suoi ultimi due scritti, egli si èpresentato, più prudentemente, come rappresen-tante di una Speranza universale. Per lui non ècerto, ma si può sperare, che tutti vengano strap-pati all’Inferno. Così si esprime contro i suoioppositori: “Non vogliamo certo contraddirecolui che, cristiano, non riesce a sentirsi felicealtrimenti che negandoci l’universalità dellasperanza, con la certezza del suo Inferno pieno:questa era anche l’opinione di un gran numerodi importanti teologi, soprattutto di quelli che siriferivano ad Agostino. Ma noi chiediamo lororeciprocamente di lasciar valere la speranza chel’opera salvifica di Dio sulla sua creazione siariuscita. Non ci può essere la certezza, ma lasperanza è ben fondata “ (18). “Rientrerebbenelle capacità di Dio rendere quella Grazia chesgorga sul Mondo dal sacrificio volontario diSuo Figlio (II Cor. V,19) talmente potente, da

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divenire ‘grazia efficace’ per tutti i peccatori.Ma proprio questo non possiamo che sperarlo”(p. 41). Quanto a Sant’Agostino, Von Balthasar

afferma: “A quale triste storia non ha dato iniziofino e oltre la Riforma con quella sua idea chepraticamente solo alcuni sono ‘predestinati’ alcielo”, e Von Balthasar crede persino di poterdire: “In fondo non conta niente, se sono molti opochi” (p. 29).

Per Von Balthasar non basta però che egli dasolo si esprima in favore di una speranza dellasalvezza di tutti. Nel titolo di un capitolo, egliparla addirittura di un “Dovere di sperare pertutti”. Secondo lui, “bisogna dar ragione a KarlRahner quando dice: ‘Dobbiamo salvaguardare ipunti di dottrina della Potenza della Volontà uni-versale di Salvezza da parte di Dio, del Doveredella speranza nella salvezza di tutti’” (p. 43).Secondo questa tesi, tutti sono tenuti alla sper-anza della salvezza universale. Anche Herman-Josef Lauter viene citato a sostegno: l’Amore“non può sperare altro che la rappacificazione ditutti gli uomini in Cristo. Questa speranza illim-itata è cristianamente non solo permessa, ma ad-dirittura comandata” (p. 43). Senza una talesperanza, secondo Von Balthasar, il vero amoreviene messo in dubbio: “Se qualcuno accettal’idea che anche uno solo al di fuori di lui possaessere perduto eternamente, costui praticamentenon può amare senza condizioni” (p. 42). Il

“Cielo per tutti” non significa però per VonBalthasar “l’istigazione alla pigrizia nell’impeg-no etico, ma lo stimolo più pressante che ci sipossa immaginare per tutti: la decisione per unapazienza che fondamentalmente non rinunciamai, ma che è pronta ad aspettare il prossimoper un tempo infinito” (p. 42).

Amore e Libertà.

Secondo Von Balthasar è dunque special-mente l’idea dell’amore che sembra impedirglidi pensare che qualcuno si perda. Così si chiede:“Com’è che Dio non ama più quei dannati per iquali eppure è morto suo Figlio?” (p. 36). Daciò si deduce che secondo Von Balthasar Diodeve amare sempre tutti. Ora, Dio vuole “chetutti gli uomini siano salvati e che pervenganoalla conoscenza della Verità” (1 Tim. II, 9).“Egli vuole che nessuno si perda, ma che tuttipervengano alla penitenza” (II Petr. III, 9). Maciò non significa che Dio ami sempre tutti gliuomini nella stessa maniera. Certamente, la suarichiesta di amore vale per ogni uomo, tutti licolma con la pienezza dei beni, il più grande deiquali è la Redenzione operata da suo Figlio sulla

Croce. Ma incorre nella Sua ira colui che, in-vece di rispondere con amore reciproco,risponde con l’indifferenza o con il rifiuto e laribellione. “Ardente è il Suo furore e insop-portabile, le Sue labbra sono piene di sdegno, laSua lingua come un fuoco divoratore” (Is.XXX, 27). Pure Gesù esprime il suo furore con-tro le città che rifiutano la penitenza (Mt. XI, 20-24), scaccia i venditori dal Tempio (Mt. XXI,12 ss) e maledice il fico sterile (Marco, XI, 21).Alla fine dei tempi, la “collera dell’Agnello” di-verrà talmente chiara per tutti i peccatori, che

questi grideranno alle montagne e alle rocce:“Cadete su di noi e nascondeteci” (Apoc. VI,16).

D’altra parte si accresce il Suo amore percoloro che gli rispondono, che manifestano mis-ericordia per il prossimo, che seguono il cal-vario di suo Figlio nella preghiera e nel sacrifi-cio; costoro sono particolarmente vicini al Suocuore, Egli li ricolma con grazie speciali, ma licarica anche di particolari sofferenze, li chiamai suoi amici. “Voi siete i miei amici, quando fatequello che vi ho comandato. Non vi chiamo piùmiei servi” (Giov. XV, 14 ss). Tutti i santi sonoesempi di questo particolare amore di Dio.

Ma qualora un uomo rifiutasse durevol-mente la richiesta di amore da parte di Dio, sel’uomo perviene addirittura all’odio di Dio, al-lora l’amore di Dio si trasformerebbe semprepiù in collera, la quale conduce al Giudizio. Chinon crede a Dio, “è già giudicato” (Giov. III,18). Ogni amore tende al proprio compimento,particolarmente al sì reciproco, alla costruzionedi una comunità di amore. Quando questo scoponon può essere raggiunto a causa del rifiutodell’altro, allora l’amore richiedente si raffred-da. Allo stesso modo, Dio si propone una comu-

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 Hans Urs von Balthasar

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nità di amore con ogni uomo, ma se l’uomoviene a mancare per quel tempo che gli è at-tribuito, allora si sottrae da sè all’amore di Dio e

cade nel Giudizio. Il dannato non può più amarenessuno, neppure Dio.La libertà dell’uomo è premessa all’amore,

ma anche alla Fede e alla Speranza, sulle qualisi costruisce l’Amore [di carità. n.d.t.]. Nessunopuò essere forzato a esercitare una di questevirtù teologali. La Fede, come la Speranza, è unatto del libero arbitrio, e così pure l’amore,come culmine del ‘bene-agire’ e del ‘bene-es-sere’. Se si “amasse” forzatamente, non cisarebbe nessun merito. La grandezza dell’uomorisiede proprio in quella libertà, che consiste nelpotere che ha l’uomo di accettare o rifiutarel’amore di Dio. L’uomo è capace di decidere,anche definitivamente, se vuole amare oppureodiare. Dio, è vero, vuole che tutti i figli diAdamo si salvino, ma ha pure previsto che nontutti avrebbero usato correttamente della lorolibertà. Se Dio non avesse dotato gli uomini dellibero arbitrio, avrebbe potuto ammetterli tutti,certo non nel Cielo, poichè questo non è altroche amare ed essere amati in Dio.

Le inaudite possibilità che ci schiude la lib-ertà dell’uomo prendono un risalto particolarequando ci si sofferma sul mistero del Male.Come è possibile che qualcuno rigetti la bontàdi Dio, la Sua volontà di salvare tutti gli uomi-

ni? Come è possibile che qualcuno odi dal piùprofondo del cuore il Bene più amabile? Comepuò essere che qualcuno, mosso dall’odio, ecioè dal rifiuto e dal piacere di distruzione, sed-uca degli uomini in modo che questi non per-vengano al loro fine eterno? Questo è un mis-tero che non può essere spiegato dalla ragione.Questo mistero non può neppure essere real-mente compreso, nemmeno facendo riferimentoall’orgoglio e al rifiuto di servire. La libertàumana ha questa possibilità, di scegliere l’odioal posto dell’amore, l’Inferno al posto del Cielo,e di scegliere così una sorta di autodistruzione.In ciò si trova la ribellione contro l’ordine divi-no, il sacrificio stesso della ragione sull’altaredel proprio Io.

Secondo von Balthasar invece è come se cifosse un’imperfezione nell’amore di Dio, qualo-ra Egli condannasse anche una sola persona alladannazione eterna nell’Inferno. Se Dio lo vo-lesse, afferma von Balthasar, potrebbe dare adognuno abbastanza Grazia efficace, e questisarebbe salvo. Certo, Dio è onnipotente,potrebbe salvare tutti, ma solo a condizione chela Fede e l’Amore non fossero necessari a per-venire in “Cielo”. Il concetto di Grazia presup-

pone il libero arbitrio dell’uomo. Perchè laGrazia non è operante senza l’uomo, che deveanzi collaborare con la Grazia. Von Balthasar ha

molto faticato a mettere d’accordo la libertà u-mana con l’idea origenistica dell’efficacia uni-versale dell’economia salvifica di Dio (19). Nonpoteva riuscirci, e non ci è riuscito. Quel rifiutofondamentale di Dio nell’indurimento è in cor-relazione con la libertà non solo in quanto possi-bilità, ma come realtà.

Ma è poi vero che non si può amare senzacondizioni, qualora si accetti l’idea che qual-cuno si perda eternamente? Qui l’amore è con-siderato esclusivamente come amore totale, chenon va confuso con l’amore del prossimo.L’amore del prossimo è vedere Gesù Cristo nel-la persona che ci sta di fronte e che ci è più omeno nota. Un amore di tutti è invece pratica-mente impossibile; un tale “amore” riposa su diun vago sentimento che ci allontana piuttostodal vero amore del prossimo.

Può l’Inferno essere vuoto?

Secondo le visioni di Adrienne von Speyred il parere di von Balthasar, l’Inferno sembr-erebbe essere vuoto. Vuoto di uomini. Vuoto an-che di Demoni? Nel suo piccolo scritto, vonBalthasar non si è occupato della questionedegli Angeli decaduti. La Sacra Scrittura invece

si esprime in maniera particolarmente chiara suquesto argomento. Così per esempio la secondalettera di S. Pietro (II, 4): “…Dio… non per-donò agli angeli che peccarono, ma li precipitònell’abisso e li consegnò alle catene dell’infernoper essere tormentati e riservati al giudizio”.L’Apostolo Giuda Taddeo ci trasmette lo stessoinsegnamento (Giud. VI): “…gli angeli, che nonconoscevano la loro dignità, li riserbò per ilgiudizio del gran giorno, nelle tenebre, stretti ineterne catene”. Nello stesso senso si è espressoil Magistero della Chiesa. Il IV Concilio delLaterano (1215) si esprime così in unadefinizione dogmatica: “Il Diavolo e gli altriSpiriti furono creati da Dio buoni nella loronatura, ma sono divenuti cattivi per loro propriacolpa” (DS 800). E come la beatitudine deibuoni angeli dura eternamente (Mt. XVIII, 10),così pure la punizione degli spiriti cattivi (Mt.XXV, 41): “Andate via da me, maledetti, nelfuoco eterno che è preparato per il Diavolo ed isuoi angeli”. In un sinodo costantinopolitano del543, la Chiesa ha d’altronde pure condannatol’opinione di alcuni origenisti, secondo i quali lapunizione degli angeli dannati e degli uominiempi sarebbe cessata dopo un lungo tempo (DS

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411).Non si può dunque ammettere che gli angeli

dannati verranno un giorno liberati. L’Inferno

non è vuoto di Demoni, ed una simile opinionenon può andare d’accordo con la Fede dellaChiesa. Ma se il Diavolo ed i suoi angeli fosserosoli nell’Inferno, allora il loro lavoro per farcadere gli uomini non avrebbe avuto nessun ef-fetto. E questa è la breccia decisiva nella sper-anza della Salvezza universale. A costoro nonimporta che si danni il minor numero possibile:a loro importa che nessuno vada in Inferno. Mal’Inferno è pieno di Demoni. Allora una speran-za di salvezza universale è totalmente esclusadall’insegnamento della Chiesa.

Ma pure la speranza nella salvezza di tuttigli uomini è assai difficile da sostenere, anchefacendo astrazione dal destino dei Demoni.Come si può non tenere in nessun conto, o con-siderare come minacce senza conseguenze, ilgran numero di testi che parlano dell’Inferno edei dannati eternamente? Soltanto nei quattroVangeli si trovano in tutto 64 passi, che siriferiscono direttamente o indirettamente alrigetto eterno a causa del peccato, e che quindiportano testimonianza dell’esistenzadell’Inferno. (20) Se si aderisce alla visione divon Balthasar, allora non si può più vedere inquesti testi l’affermazione di un fatto reale; fra isuoi discepoli, Gesù non avrebbe trovato nessun

amico o collaboratore da istruire e illuminaresecondo la verità, bensì un popolino infantile,da minacciare con immagini spaventose di coseche in realtà non esistono, come si fa con i bam-bini. Ma se Gesù considera il popolo cristianocome responsabile, diviene incomprensibile ilperché di queste minacce senza fondamentoreale. Se è giustificata la speranza che tutti sisalveranno, Gesù doveva sapere che l’Infernoresterà vuoto di uomini, eppure ha spaventatoviolentemente i fedeli senza un motivo com-prensibile; perché gli uomini dovrebbero infattitemere l’Inferno, perché dovrebbero migliorarsi,se ad ogni modo tutti saranno salvati? In tal mo-do, il Figlio di Dio diverrebbe inaffidabile,poiché i suoi riferimenti all’Inferno presuppon-gono la presenza dei dannati. Per esempio, Gesùnon usa il condizionale, ma il futuro, quandodice: “Verranno molti dall’Oriente edall’Occidente che siederanno alla mensa conAbramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli.I figli del regno verranno invece gettati nelletenebre esteriori, là dov’è pianto e stridor didenti” (Mt. VIII, 11-12).

Menzioniamo in questo contesto anche laparabola delle due porte che ci ha insegnato

Gesù: “Passate dalla porta stretta! Poiché grandeè la porta, e larga è la via che conduce allaperdizione, e sono molti che la prendono.

Parimenti, stretta è la porta e angusta la via checonduce alla Vita, e pochi la prendono” (Mt.VII, 13 ss). Da ciò si deduce che il numero deidannati non sarà piccolo. E se nonostante tuttociò si continua a dire che si deve sperare nellasalvezza di tutti (o almeno di tutti gli uomini),ciò vuol dire che Gesù ci ha ingannati, che nonè stato sincero con noi. Ma una cosa del generedeve ripugnare ad ogni cristiano.

La Chiesa è superflua?

“Lasciamo all’Islam la certezza che un certonumero di uomini, soprattutto di infedeli,cadono in un Inferno eterno” (p.43). Questa af-fermazione di Hans Urs von Balthasar siriferisce propriamente alla Chiesa. Secondo luila maggior parte di coloro che si trovano al difuori della Chiesa - soprattutto gli infedeli - nonsi perde. Ma se non è vero che gli infedelicadono nell’Inferno, allora la Chiesa non puòessere l’unica arca di salvezza. L’idea dellasperanza della salvezza universale è quindi assaipoco consona all’insegnamento cattolico. È in-fatti dogma di fede che l’appartenere alla Chiesaè necessario di necessità di salvezza per tutti gliuomini. Come possono allora salvarsi gli in-

fedeli? Il IV Concilio Lateranense (1215) spie-ga: “Una sola è la Chiesa dei Fedeli, al di fuoridella quale nessuno può essere salvato” (DS802). Esiste un gran numero di affermazionisimili. Pio IX si espresse per esempio così aproposito del moderno indifferentismo reli-gioso: “Conformemente alla fede, bisognacredere che nessuno può conseguire la salvezzaal di fuori della Chiesa Apostolica Romana.Questa è la sola arca di salvezza, e coloro chenon vi entrano periranno nei flutti. Bisogna peròanche ammettere con certezza che coloro chesono afflitti dall’ignoranza della vera Religione,qualora tale ignoranza fosse invincibile, nonsono colpevoli agli occhi del Signore” (D 1647.Cf. DS 2865). Benché qui non si affermi che sipuò salvare soltanto colui che appartiene allaChiesa nel senso formale, ciò non toglie chel’appartenenza alla Chiesa decide ugualmentedella salvezza.

Ma se la Chiesa non gioca nessun ruolo de-cisivo nell’economia della salvezza, come sideve ammettere se si seguono le posizioni divon Balthasar, la collaborazione stessa dei fedelia quest’opera viene messa in dubbio. Lepreghiere e i sacrifici dei fedeli, le loro croci,

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tutto ciò sarebbe in fin dei conti senza valore.La Chiesa con il suo Magistero e i suoiSacramenti, con l’Annuncio e la Missione, non

avrebbe che un valore minimo, per non dire chesarebbe superflua. Tutto dipenderebbe solo daDio. Tutta l’opera meravigliosa della Chiesa inquanto continuazione della vita di Cristoperderebbe ogni significato. In realtà, le cose s-tanno diversamente, come lo ha mostrato PioXII: “Morendo sulla croce, Gesù Cristo ha lasci-ato alla Sua Chiesa l’incommensurabile tesorodella redenzione, senza che essa partecipasse inqualche modo a tutto ciò. Ma là dove si tratta diamministrare il tesoro, Egli non solo fa parteci-pare la sua Sposa a questa opera di santifi-cazione, ma vuole addirittura che essa venga re-alizzata in un certo senso attraverso la sua stessaattività. Si tratta di un mistero tremendo, chenon si contemplerà mai a sufficienza: che lasalvezza di molti dipende dalla preghiera e dallepenitenze volontarie dei membri del CorpoMistico di Gesù Cristo, e dalla collaborazioneche i Pastori e i fedeli... devono prestare al nos-tro divino Redentore” (21).

Bisogna dunque giungere alla conclusione:“Per accettare completamente la Rivelazione diGesù Cristo, non è sufficiente che i cristianicredano alla possibilità dell’Inferno per sé o peraltri qualora fossero impenitenti; bisogna in piùcredere fermamente che Cristo ci ha voluti con-

vincere - per preservarci da un destino simile -che certuni veramente vengono dannati, e checonseguentemente non è possibile di voler sper-are con una Speranza teologica nella salvezza ditutti coloro per i quali il Cristo è morto, cioè pertutti quanti senza eccezione” (22).

Può l’attesa della Salvezza universale essereuna speranza?

Dopo aver visto in che misura la “speranza”nella salvezza di tutti espressa da Hans Urs vonBalthasar crea problemi con l’insegnamentodella Chiesa Cattolica sul libero arbitrio, sulladannazione di molti e sull’essenza e la missionedella Chiesa stessa, ci si può chiedere se l’attesadella salvezza universale può essere assimilataalla virtù teologale della speranza. Molti penser-anno che la salvezza di tutti e l’Inferno vuotonon sono poi una brutta cosa, anche se magarinon si è d’accordo a fare di questa speranza undovere. Bisogna perciò ben definire che cos’è laSperanza in quanto Virtù teologale infusa. Lateologia morale è unanime nel dire che laSperanza non è un atto dell’intelletto, ma dellavolontà, contrariamente all’atto di Fede, che è

eminentemente un atto dell’intelletto. SecondoJoseph Mausbach (23) la Virtù teologale dellaSperanza è “una Virtù soprannaturale della

volontà per la quale ci aspettiamo con fiducia ilpossesso beatificante di Dio grazie alla SuaBontà, Onnipotenza e Fedeltà”. Alla Speranzaappartengono anche il desiderio e l’aspirazioneverso Dio, la fiducia che perverremo a Diocome sommo bene, e inoltre il timore di poterperdere questo sommo bene. Come per la Fedel’oggetto è la Rivelazione divina, per la speran-za esso consiste nella fedeltà delle promesse di-vine e conseguentemente nella bontà stessa diDio. Si può ben dire con Fritz Tillmann (24): “LaSperanza non ci dischiude la Verità di Dio, maneppure la Perfezione, la Bontà e la Santità diDio per sé stesse, come nel caso della Carità so-prannaturale, bensì in relazione alla nostra stes-sa persona, in quanto esse significano e operanola nostra perfezione, la nostra santità e la nostrabeatitudine. Perciò l’effetto di questa virtùnell’anima dei cristiani è diverso. La Fede creala ferma certezza delle convinzioni di Fede: nul-la è più vero della Fede; la Speranza crea invecela beata certezza che Dio è un Padre fedele ebenevolo: nulla è più sicuro della Speranza; laCarità infine crea la convinzione beatificante delpossesso di Dio: nulla è più beato della carità”.

Il timore che accompagna la Speranza è ilTimore di Dio. Si tratta del timore d i fronte al

Dio punitore, che punisce il male dei mali. Essonon contraddice alla Speranza, bensì la completa.Nella Rivelazione di S .Giovanni (XIV, 7) stascritto: “Temete Dio e dateGli gloria! Perché èvenuta l’ora del Suo giudizio”. Cristo stesso in-culcò ai suoi discepoli: “Non temete coloro cheuccidono il corpo ma non possono uccidere l’ani-ma. Temete piuttosto chi può far perdere nellaGeenna e anima e corpo” (Mt. X, 28). Il Timoredi Dio fa chiaramente riferimento alla Giustiziadivina, che può giungere fino alla dannazioneeterna dei colpevoli. In questo timore, che è ilprincipio della saggezza (Prov. I, 7; Ps.CXI, 10),“è messa in luce per la prima volta l’insostenibil-ità della situazione e la futilità del comportamen-to dell’uomo invischiato nel peccato. ...E perciòanche il timore dell’Inferno, che nelle SacreScritture scuote così sovente i peccatori muoven-doli alla conversione, è un timore affatto valido,sia dal punto di vista religioso che da quellomorale, poiché contiene il pensiero di un Diosanto e giusto, e nello stesso tempo contemplal’essenza della punizione eterna, che consiste nel-la perdita di Dio e nella separazione da Lui” (25).

La fiducia in Dio deve essere ordinata; cioé,non ci si deve aspettare da Dio ciò che Egli stesso

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non ha promesso, e ciò che Egli non vuol dare sec-ondo l’Ordine che Egli stesso ha stabilito, comeper esempio il perdono dei peccati è la beatitudine

eterna senza una propria partecipazione. Così,oltre alla disperazione, la presunzione è il veropeccato contro la Speranza. La presunzione “con-siste essenzialmente nell’aspettativa colpevole,perché infondata e indegna di Dio, che Dio ricom-pensi qualcuno con la beatitudine eterna anchesenza sforzo morale e merito, perdono e Grazia,anche senza conversione sincera e il fermo propos-ito di migliorarsi. Il presuntuoso disconosce in fon-do la santità e la giustizia di Dio, la quale richiededa parte dell’uomo una conversione reale e il donototale della sua volontà e delle sue forze. Egli fa inpratica dell’imitazione di Cristo un affare a buonmercato e senza valore, mentre richiede in realtà laserietà di una vera conversione e l’impegno di tut-ta la persona. Nei casi più gravi ciò comporta ildisprezzo del Dio santo, che vuole essere glorifica-to e che il Suo Nome sia santificato, e una presa ingiro della Sua giustizia, che dà la ricompensa eter-na non arbitrariamente e a capriccio, ma secondo imeriti reali”(26).

Dovrebbe ora essere chiaro che la Speranza siriferisce solamente alla propria persona del fedelein relazione alle promesse di Dio. Non c’è nessunasperanza propriamente detta per le altre persone; inquesto caso la speranza non può essere altro che ildesiderio di Bene per gli altri. Ad ogni modo non

ci può essere Speranza per tutti. Il desiderio diBene per gli altri però non fa parte della virtùteologale della Speranza, ma appartiene piuttostoall’amore del prossimo. L’amore del prossimo pre-suppone la conoscenza del prossimo e così non cipuò neppure essere un amore del prossimo che siestenda a tutti. La speranza della Salvezza univer-sale di von Balthasar non può dunque essere as-similata né alla virtù teologale della Speranza, néall’amore del prossimo.

Bisogna inoltre credere fermamente che laSperanza è un atto della volontà che presupponela Fede e conduce alla carità. Ma quella cosache von Balthasar ha chiamato “speranza” non èper nulla un atto della volontà, anzi, egli cercadi dimostrare al lettore con i suoi argomenti(“La speranza si può fondare”, p.25) che si trattadi un atto dell’intelletto, egli tenta cioè di por-tarlo alla conclusione che si può, anzi si devecredere alla salvezza universale. Ma se si devecredere alla salvezza universale, allora ci si tro-va di fronte a una pretesa di verità, per la qualebisogna presupporre non solo la probabilità, maanche la certezza. Perciò la constatazione che lasperanza nella salvezza universale è un dovereequivale a dire: Tutti saranno salvati.

Infine si è dimostrato che il Timore di Dio èuna componente della Speranza. La “speranza”nella Salvezza universale di von Balthasar porta

invece un colpo fatale al timore di un Giudicedivino e della propria perdita. Se bisognacredere che Dio non punisce il peccatore conpene eterne, l’Inferno perderà consistenza realeagli occhi di quest’ultimo. Impallidisce latremenda serietà della scelta fra il Bene e ilMale. Non si può credere in una tale punizionese non nel caso in cui sia già applicata. Solo inquesto caso si capisce il significato del giudiziodivino, e solo allora si capisce il significato del-la redenzione. È per questo che Dio ha applicatoquesta punizione agli Angeli disubbidienti findal principio della storia. E questo non è l’unicoesempio dell’applicazione delle sue punizioni.Così il principe degli Apostoli può citare nellasua seconda lettera come esempi della giustiziapunitiva di Dio, oltre agli Angeli, anche il dilu-vio e Sodoma e Gomorra. Con ciò, scrive S.Pietro, Dio voleva dare un “esempio a coloroche vogliono vivere empiamente” (II Petr. II, 6).Colui che pensa di poter ammettere la salvezzadi tutti non prende sul serio Dio, nella sua gius-tizia punitiva. Di più, costui non esprime nep-pure la virtù della Speranza, che egli piuttostocolpisce e sminuisce.

In un tale contesto stupisce non poco quella“speranza” di von Balthasar che “abbia successo

l’opera salvifica di Dio nella creazione”! Parequasi che von Balthasar osi prescrivere a Dio aquali condizioni abbia successo la sua operasalvifica. Sarebbe un fallimento dell’opera salv-ifica di Dio se qualcuno finisse in inferno perpropria colpa? Si mostra qui una temerità chemette in cattiva luce tutto l’insieme delle dot-trine di von Balthasar. Certo, non è direttamentesegno di presunzione da parte sua proclamare“il dovere di sperare per tutti”, perché non diceespressamente che si può giungere senza sforzoalla beatitudine. Ma il lettore viene portato sci-entemente a questa opinione e si trova così inpericolo di cadere nella presunzione. Perciòbisogna mettere seriamente in guardiadall’opera di von Balthasar e dal suo spirito.

Da dove proviene la brama dell’Origenismo?

Al termine del suo lungo studio critico suvon Balthasar, Kerl Besler ha scritto: “Tutticonoscono la forza di seduzione che delle tesi diquesto genere possono esercitare sui nostri con-temporanei, già particolarmente ottimisti perquel che riguarda la salvezza. È tanto più in-comprensibile vedere dei teologi di fama affan-

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narsi a difendere delle tesi dalle quali la loro re-sponsabilità per la fede nella Chiesa dovrebbetenerli lontani” (27). E noi ci chiediamo: da dove

proviene questa brama che hanno grandi e pic-coli teologi di proclamare direttamente o indi-rettamente l’origenismo? Si può spiegare solocon la circostanza che ci si sente bene quando sipensa tutti allo stesso modo?

Nel suo “Piccolo discorso sull’Inferno” vonBalthasar si appoggia sul fatto che molti la pen-sano come lui, e in particolar modo GiovanniPaolo II. Dopo aver citato l’affermazione diBesler, secondo la quale la dottrina di Adriennevon Speyr “contraddice alla Rivelazione cris-tiana e al Magistero della Chiesa”, vonBalthasar gli risponde: “Peccato per lui che ilSanto Padre la pensi affatto diversamente, comeè manifesto dal suo discorso tenuto a Roma du-rante il simposio su Adrienne von Speyr cheegli stesso aveva fatto convocare. Bisognadunque spicciarsi a bruciare la strega prima chevenga beatificata. Per Edith Stein, alla qualelascerò l’ultima parola in questo libro, è giàtroppo tardi” (p.10). Certo non fa meravigliache Giovanni Paolo II stimi particolarmente leidee di Adrienne von Speyr e di Hans Urs vonBalthasar. E lo dimostra non solo il discorso ro-mano su Adrienne von Speyr (1988), ma anchel’onore conferito a von Balthasar da GiovanniPaolo II con il conferimento del “Premio

Balzan” (p.55). Tutti e tre sono infatti rappre-sentanti dell’Origenismo in una forma o nell’al-tra. Non si bisticceranno certo se GiovanniPaolo II attribuisce la salvezza di tuttiall’Incarnazione di Cristo mentre von Balthasarl’attribuisce alla discesa agli Inferi.

Dopo che Edith Stein ha ricevuto un taleonore, benché pure lei avesse preso posizione perla Salvezza universale, anche Adrienne vonSpeyr, per quel che riguarda Giovanni Paolo II,seguirà una sorte simile. Von Balthasar ha lascia-to l’ultima parola nel suo libro a Edith Stein.Leggiamo: “L’amore misericordioso può cosìriversarsi su ciascuno. Noi crediamo che lo fa. Ecome possono esserci delle anime che gli re-sistono durevolmente? Come possibilità di prin-cipio non si può escludere; in pratica, può di-ventare infinitamente inverosimile. Proprio perciò che può fare la Grazia preparante nell’anima.Può bussare, e ci sono anime che già a questoleggero richiamo si schiudono. Altre lo lascianoinascoltato. Può anche infiltrarsi nelle anime, equi svilupparsi sempre di più. Quanto più grandeè lo spazio che si guadagna in questa maniera il-legittima, tanto più improbabile è che l’anima gliresti chiusa” (p.49). Poiché Edith Stein parla qui

di uno spazio che la Grazia si guadagna “illegit-timamente”, cioè senza diritto, ciò significa cheella ritiene possibile l’esistenza di una Grazia che

sopprima più o meno la libertà umana. Una“Grazia illegittima” non sarebbe più una veraGrazia, con la quale l’uomo collabora.

Ma von Balthasar non è solamente in com-pagnia di Giovanni Paolo II, ma anche di unafolta schiera di personaggi, che tutti sostengono

l’Origenismo. Dice a questo proposito : «I mieicritici ritengono che io sia solo in quel limbo nelquale credono di avermi relegato. Ma ecco chemi ci trovo nella migliore delle compagnie.Ecco qui (come già ho mostrato) i miei duegrandi maestri, Erich Przywara e HenryCardinal de Lubac, il mio vecchio professore

Rondet, il mio amico Frossard, sua eminenza ilCardinale Arcivescovo di Parigi, il grandeBlondel, l’ex socialista Péguy, che non vuole es-sere cattolico che a condizione di poter sperareper tutti, Claudel nel suo celebre Cantique dePalmyre (Prose, Pleiade, 730 ss), GabrielMarcel, il barricadiero Léon Bloy (“Nessun es-sere è escluso dalla redenzione, altrimenti non cisarebbe la comunione dei Santi. L’esclusione diuna sola anima dal meraviglioso concerto delmondo è inimmaginabile, costituirebbe un peri-colo per l’armonia universale”); e così purechiaramente il Cardinal Ratzinger, HermannJosef Lauter, Walter Kasper, Gisbert Greshake eHansjürgen Verweyen. E chi leggesse con atten-zione il testo di Reinhold Schneider che vieneinvocato contro di me, vedrà come pure lui pen-sa come tutti. Non può mancare Guardini e,“last not least”, non manca neppure Karl Rahnerche ha detto molte cose intelligenti sulla ques-tione. In somma: una compagnia nella quale nonci si può che sentir bene» (p. 10 ss).

Senza dubbio, si potrebbero aggiungere allacompagnia tante altre persone, prese soprattuttofra i teologi moderni e negli ambienti ecumenisti.Lo stesso von Balthasar include tutti i collabora-

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la falsa mistica Adrienne von Speyrche influenzò von Balthasar

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tori del nuovo catechismo dell’episcopato t-edesco: «Cito ancora una volta quel CatechismoCattolico degli Adulti (redatto da Walter Kasper)che è stato esaminato frase per frase a Roma: “Nènelle Sacre Scritture, né nell’intera tradizione del-la Chiesa si dice con certezza di qualcuno, che siarealmente in Inferno. L’Inferno viene piuttosto p-

resentato come una possibilità reale, in rapporto alcomandamento della conversione e della vita”»(p.8). Questo “Catechismo”, che diffonde un certonumero di dottrine eretiche su questioni importan-ti (28), anche qui conduce il lettore a delle conclu-sioni errate. Certo, la Chiesa non ha definito e-spressamente che una persona particolare si trovanell’Inferno, ma Gesù lo ha detto di Giuda conchiare parole: “Sarebbe stato meglio per quest’uo-mo che non fosse mai nato” (Mt. 26, 24; Mc.14,21). E questo basta. In più il Vangelo fa notareche Satana entrò in Giuda (Lc. 22,3; Jo. 13, 27).

Ma tanti teologi sono attratti dal-l’Origenismo solamente perché si trovano benein cotanta compagnia? Non ci sarà forse un pre-supposto fondamentale che porta così tante per-sone a professare la stessa eresia?

L’apertura al mondo.

La salvezza delle anime, alla quale laChiesa e ogni cristiano in grazia di Dio sono ob-bligati, dipende dal fatto fondamentale che,dopo il peccato originale, tutti gli uomini sonosottoposti alla dominazione di Satana e hannoperso la Grazia santificante, cioè la filiazione

divina. Secondo giustizia, tutti hanno il loroposto nell’Inferno. Ma poiché Dio ebbe pietàdegli uomini e non volle far regnare solo la sua

giustizia, Egli per amore degli uomini mandòSuo Figlio, Gesù Cristo, perché fosse Redentoree Salvatore. La Sua passione sulla Croce rac-colse talmente tanti meriti, che Egli potèriscattare per Dio tutte le anime degli uomini.La riconquista della filiazione divina dipendeperò dal fatto che ogni singolo uomo lo voglia,creda e si faccia battezzare. Ma siccome nontutti lo fanno, molti uomini restano sotto il do-minio di Satana. Il principato di Satana sul mon-do non è così soppresso (I Giov. 5, 19), ma soloinfranto. Compito della Chiesa e di ogni cris-tiano è di ridurre al minimo il numero delle per-sone che saranno definitivamente dannate. In p-rimo luogo, ognuno deve tentare di salvare sestesso in Cristo, poi di salvare il prossimo.Questa gigantesca opera di salvezza costituisceil contenuto della storia, dalla Croce fino al ri-torno di Gesù Cristo. Coloro che si salvano sitrovano nel regno di Dio, in guerra contro il reg-no di Satana - e quindi col mondo - al fine di s-trappargli quelle anime per le quali Gesù versòil proprio sangue sulla Croce.

Con il Vaticano II questa visione cristianadelle cose è stata abbandonata. A benguardare, l’ecumenismo non è altro chel’adesione al mondo. Siccome l’ecumenismo

ricerca l’unione non solo fra tutti i cristiani, maanche fra tutte le religioni, e perfino fra tutti gliuomini, per lui lo stato finale perfetto non puòessere che quello dell’unione mondiale. Questostato dell’unità mondiale sarà in ogni caso unostato di pace, di giustizia e di amore, come sipuò dedurre dalle diverse allusioni di Paolo VIe specialmente di Giovanni Paolo II al temadella “civiltà dell’amore”. Secondo quest’ulti-mo, essa è uno scopo “verso il quale devonoindirizzarsi tutti gli sforzi in campo sociale,culturale, economico e politico”(29). In questosenso si è pure espresso il Sinodo straordinariodei vescovi nel 1985 : “C’è una via per l’u-manità - e già se ne vedono i primi segni - checonduce verso una civiltà della partecipazione,della solidarietà e dell’amore, la sola civiltàdegna degli uomini” (30).

Questa idea sembra entusiasmare tutti quanti.Conformemente a questa utopia, il popolo di Dioviene rappresentato in marcia, e perciò, fra tuttele altre immagini della Chiesa, la preferita è quel-la del popolo di Dio messianico in marcia. Invista di un tale scopo che si vuole raggiungibile,il mondo, che rende possibile la riunione di tuttiquanti e che si esprime in questo scopo, appare

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Punizioni infernali (antica incisione)

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Vita dell’Istituto

Alla fine del mese di giugno, come è ormaitradizione hanno avuto luogo, a Verrua Savoia,le prime comunioni dei bambini della cappelladi Torino, che si sono così accostati per la primavolta a Gesù-eucarestia: “Chi mangia la miacarne e beve il mio sangue avrà la vita eterna”.

Anche quest’anno la pausa estiva ha permes-so a professori e seminaristi di dedicarsi ad altreattività che non siano la filosofia e la teologia. Iltempo di un breve riposo, ed eccoci trasferiti aRaveau, nel Nivernais, per dirigere la colonia

estiva S. Giovanni Bosco per bambini e ragazzidagli otto ai tredici anni. Sotto la guida di don

Giugni i giochi si sono alternati al catechismo,le marce nella foresta alle adorazioni al SS.Sacramento, il canto al teatro, ed il divertimentoalla preghiera. Abbiamo visitato l’Abbazia diNoirlac, rivivendo con l’immaginazione la vitadi un monaco ai tempi di S. Bernardo, e la citta-dina ducale di Nevers (dinasticamente legata alnostro Monferrato) ove si venera, intatto, il cor-po dell’umile Bernardetta Soubirous, che coisuoi occhi puri e limpidi vide, a Lourdes, laVergine Maria.

Il tutto nel quadro di quella “Crociata

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come amabile e desiderabile. In opposizione allavisione della Chiesa antica, che si voleva chiara-mente separare dal mondo (I Giov. 2, 15; Giac. 4,

4), la posizione del mondo nell’ottica dell’attualechiesa ecumenica è esattamente contraria.Ma se il mondo in quanto riunione di tutti in

una civiltà dell’amore rappresenta uno stato per-fetto, ciò vuol dire che nel mondo si trova unaqualche forma di santità, della quale tutti gli uo-mini sono partecipi. È quindi da escludere chequalcuno si perda. Se Dio vuole l’unità, alloradeve anche aver previsto la salvezza di tutti neisuoi piani. Perciò, in innumerevoli varianti, ci simostra il giudizio come insignificante, e l’Infernovuoto. Da tutto ciò risulta chiaro che chi-unque si sia convertito al mondo attraversol’ecumenismo deve anche predicare laSalvezza universale. E’ per questo chel’Origenismo non è per puro caso un’opin-ione diffusa ovunque nella chiesaEcumenico-Romana (31), ma è una compo-nente centrale e irrinunciabile del magisterodella nuova Roma.

NOTE

(1) L’ultima volta nell’articolo: Erlösung durch dasGeheimnis der Menschenwerdung, SAKA-INFORMATIO-NEN, Novembre 1986.

(2) Enciclica “Redemptor Hominis”, 1979, n.11,4.(3) Enciclica “Dives in Misericordia”, 1980, n.4,12.(4) Enciclica “Dominum et Vivificantem” 1986, n.52,2 e 4.

(4 bis) Nota dell’Editore: etichetta per descrivere lanuova religione del Vaticano II. Ciò non significa che esistagiuridicamente come chiesa separata.

(5) Hans Urs von Balthasar: Erster Blick auf Adriennevon Speyr, Einsiedeln 1968, p.l1.

(6) Ibid. p. 57.(7) Ibid. p. 59.(8) Hans Urs von Balthasar: Vorwort zu Adrienne von

Speyr: Ignatiana, Einsiedeln 1974, p.l1.

(9) Adrienne von Speyr: Kreuz und Hölle I, Einsiedeln1966, p. 190 ss .

(10) Erster Blick... cit. p.ll.(11) Hans Urs von Balthasar: Pneuma und Institution -

Skizzen zur Theologie IV, Einsiedeln 1974, p. 409.(12) Wilhelm Haas: Gott und die Hölle, Studien zum

Descensus Christi, Einsiedeln 1979, p. 245.(13) Karl Besler: Die Hölle leer hoffen? Erwägungen zu

Hans Urs von Balthasar These vom universalen Hail, in :Theologisches, settembre 1986, col. 7262 ss.

(14) Hans Urs von Balthasar: Was dürfen wir hoffen ?Einsiedeln, 1986.

(15) Besler: Die Hölle leer hoffen ? col.7256.(16) Besler: Die Hölle ist nicht leer oder: Grenzen der

Hoffnung, seguito dell’articolo succitato. Theologischesn.13 ottobre 1986 -aprile 87.

(17) Besler: Die Hölle ist nicht leer oder: Grenzen derHoffnung. Continuazione dell’intervento precedente, ibid.Ottobre 1986-Aprile 1987

(18) Hans Urs von Balthasar: Zur Frage: “Hoffnung für

alle”, in: Theologisches, Novembre 1986, col. 7363-7366.Dello stesso autore: Kleiner Diskurs über die Hölle,Ostfildern s. d. (1987).

(19) Cf. W. Löser: Im Geis des Origenes. Hans Urs vonBalthasar als Interpret der Theologie der Kirchenväter,Frankfurt 1976, p. 237 ss.

(20) Cf. José Ricart Torrens: Du nombre des élus, Pariss.d. (1964), p. 18-29.

(21) Pio XII: Enciclica “Mystici Corporis” del 29Giugno 1943.

(22) Bertrand de Margerie SJ: Das ewige Leben -Zwischen Hoffnung fur alle und Glaubenswissen um dieVerdammnis, in: Theologisches, Aprile 1986, col. 6981.

(23) Joseph Mausbach : Katholische Moraltheologie,t.II, 6.ed. Munster 1926, p.66.

(24) Fritz Tillmann: Die Verwirklichung der NachfolgeChristi, t. IV, l, 4. ed. Düsseldorf 1950, p. l27ss.

(25) Ibidem. p. 134.(26) Ibidem, p. 141ss.(27) Besler, cit., Theologisches, Aprile 1987, col.50(28) Cf. SAKA-INFORMATIONEN, Settembre 1985,

p.5ss., e Ottobre1985, p.lss e infine Dicembre 1986, p.7ss.(29) Giovanni Paolo II: Enciclica “Dives in

Misericordia” (1980), n.l4,7.(30) Sinodo straordinario dei vescovi: Messaggio del 7. Dic. 1985.(31) Cfr. la nota 4 bis.

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Eucaristica” voluta da S. Pio X per i bambini,convinto com’era che anch’essi sono chiamatialla santità: “Sinite parvulos venire ad me”.Crociata per accendere in essi l’amore di Gesùnel SS. Sacramento, e del Sacrificio della Messache Lo rende presente sugli altari, Sacrificio chedev’essere puro (oblatio munda): la CrociataEucaristica, oggi, non ha senso con la Messa“una cum”, Messa sacrilega che trasforma laCrociata in una disfatta.

Convinti del motto della Crociata (“Prega -

Comunicati - Sacrificati - Sii Apostolo”) i suoigiovani membri lo mettono in pratica tutto l’an-no, e per questo restano in contatto con donGiugni a Verrua Savoia che della Crociata è ildirettore e che prepara un’ancora più bella riu-nione per l’estate prossima.

Dal Santuario di Notre-Dame de la Salette aquello di Notre-Dame du Laus: questo l’itinera-rio proposto da don Nitoglia agli amanti dellaMadonna... e delle camminate in montagna.Ormai questo pellegrinaggio mariano è divenuto

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Giochi durante la colonia estiva dei bambini

divertimenti quasi innocui!

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un classico e ci attendiamo una ancor più grandepartecipazione per il prossimo anno: invitate an-che amici e conoscenti per i quali le strade della

montagna possono essere quelle che li condur-ranno a scoprire il vero senso del messaggio diLa Salette.

Infine, gli Esercizi di Sant’Ignazio. Abbiamofesteggiato nel miglior modo i cinquecento annidella nascita del Santo (1491-1991) con la pre-dicazione di quattro turni di Esercizi e, soprat-tutto, facendo noi stessi, sacerdoti e seminaristi,dieci giorni di Esercizi dal 16 al 26 settembre,predicati da Padre Noël Barbara.

E’ doveroso ringraziare il reverendo Padreper aver voluto mettere a disposizione delle no-stre anime la sua lunga esperienza di predi-cazio-ne e il suo zelo sacerdotale, per rinnovare il fer-vore nell’Istituto e fare di noi dei veri apostoli al

servizio della Chiesa, per la gloria di Dio e la sal-vezza delle anime. Ogni uomo, come desideravaPadre Vallet, dovrebbe fare gli Esercizi! Ogni

soldato di Cristo, come esortava Pio XI deve ser-virsi di questo strumento venuto dal Cielo! Aquesto fine, tutti voi dovreste prenotare per ilprossimo agosto un posto a Verrua o a Raveauper fare gli Esercizi e farli fare ad amici e cono-scenti, anche i più lontani da Dio e dalla Fede.

Infine il 27 settembre, la ripresa delle lezio-ni. Tre seminaristi si preparano nella preghierae nello studio per diventare un giorno, a Diopiacendo, dei santi sacerdoti. Aiutateci con levostre preghiere, col vostro affetto, col vostroincoraggiamento. Collaborate con noi con rin-novato entusiasmo nel servizio di Cristo Re.Non potremmo trovare altrove padrone più buo-no, ideale più bello, ricompensa più grande...

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AVVISI

COMUNICHIAMO CHE L'ELEMOSINA PER LASANTA MESSA È FISSATA, D'ORA IN AVANTI, ALIRE 15000.

A CAUSA DELL'AUMENTO DEI PREZZI TIPOGRA-

FICI E POSTALI, IL COSTO DI “SODALITIUM ” ÈDIVENTATO SENSIBILMENTE PIÙ ALTO.LE OFFERTE ATTUALI NON COPRONO PIÙ LESPESE. CONFIDIAMO NELLA GENEROSITÀ DEINOSTRI LETTORI PER AIUTARCI A CONTINUAREIL NOSTRO BOLLETTINO.