Sodalitium 30

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Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO ) - Telef.: 0161/849335; Fax: 0161/849334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco  Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino Anno IX - Semestre I n. 2 - Giugno - Luglio 1992 N. 30

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Period ico - O rgano U fficiale dell’Istituto M ater B oni Consilii - Loc. Carb ignano, 36. 10020 VE RR UASAVOI A (TO ) - Telef.: 0161/849335; Fax: 0161/849334 - C/CP 24681108 - Dir. R esp.: do n Francesco Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

Anno IX - Semestre I n. 2 - Giugno - Luglio 1992 N. 30

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EditorialeIn uno scritto inedito che abbiamo spesso

citato (Cassiciacum semper et iterum. L atesi-La lettera-La Mitria) Mons Guérard desLauriers distingueva tra l'origine del male ela sua propagazione. Quand o brucia unacasa ad esempio, il focolaio d' incendio è l'o -rigine d el male, i danni (anche m orta li) allecose ed alle persone sono le conseguenze delprop agarsi del fuoco, cioè de l male. Nellasituazione attuale della Chiesa, l 'origineprossima del male è lo stato di “scisma capi-

tale” che l'affligge, la privazione di au toritàvisibile in at to, la Sede A postolica formal-ment e vacante. Pochi si sono accorti dell'o-rigine del male. Anche per q uesto, il male siprop aga, causando ovunque dan ni spaven-tosi che, in definitiva, ostacolano grave-mente la salvezza delle anime. Qu esti dannisono sotto gli occhi di tut ti, e sono d enun -ciati, più o meno chiaramente, da molti.

La nostra strategia “ecclesiale” deve con-sistere, certo, nell'eliminazione dell'origine delmale (non avere p iù un“papa” che proferiscel'eresia, ma un vero Papa che “conferma i suoi

fratelli”). Ma non può limitarsi a questo. Chepensare di un pompiere che vietasse di por tarsoccorso a i sinistrati, solo perché spera di e s-tinguere l'incendio? Non basta pregare e lavo-rare per ottenere il ristabilimento della “ses-sio”, dell'autorità; occorre, nel frattempo, lim-itare il più possibile i danni ar recati alla “mis-sio” (al Sacrificio, ai sacrame nti, alla pr edi-cazione della verità , alla salvezza delle ani-me…) dal propagarsi del male.

Per questo, Padre G uérard des Lauriersaccettò, e conferì a sua volta, la Consa-crazione e piscopale: non per p oter convo-

care un conclave ed e leggere un “pa pa”(non ne aveva l'autorità) ma per limitare lapropagazione del male col mantenere in-nanzitutto la Messa ed i sacramen ti. A queitempi tale scelta fu incompresa, se non viva-mente condannata , per i più svariati motivi.

Ci rallegriamo, oggi, di constat are comestia aume ntando il consenso attorno alleconsacrazioni d el 1981. La rivista a rgentina Roma (purtroppo incline al “conclavismo”),quella americana Sacerdotium , quellafrancese Forts dans la Foi, hanno recente -mente difeso l'op portu nità, la validità o la li-ceità di queste consacrazioni. Testimonianze

tanto p iù interessanti, in quan to vengono dariviste e sacerdot i che, nel passato, si op-posero alle consacrazioni di Mons. Thuc. Néinfirma il nostro ragionamento la d istinzioneche fa la r ivista Forts dan s la Foi tra le varieconsacrazioni di Mons. Thuc. Senza pr onun-ciarci sulla delicata questione dell'apparte-nenza alla Chiesa di certi p ersonaggi, nonpossiamo non concordare nel rifiutare ognicollaborazione con quanti si sono serviti delnome di Mons. Thuc come di una “savonetteà vilains” per far scordare il proprio passatosettario e rifarsi una verginità perduta.

Do bbiamo lavorare, quindi, per r ista-bilire l 'auto rità e mantene re i sacramenti,per la “sessio” e per la “missio”.

Ma non dobbiamo, spinti dalla necessità,compiere gesti inconsulti che aggravano ilmale che si pretende guarire.

No, per tant o, a “conclavi” folkloristici,promossi da esagitati privi di qualunque au-torità per eleggere un Papa.

Ma no anche ad ordinazioni e con-sacrazioni affretta te, di candidati poco degnio poco preparati, digiuni di seri studi ecclesi-astici e della disciplina di un semina rio (che

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In copertina: statue allegoriche rappresentanti la Chiesa (a sinistra), e la Sinagoga (a de- stra). Cattedrale di Strasburgo, sec. XIII.

Sommario

Editoriale pag. 2Perché diciamo la Messa in latino pag. 3Omelia pronunciata da Padre Guérard des Lauriers pag. 13Un confronto tra la Legge di Mosè e la Legge evangelica, secondo S. Tommaso. pag. 17Una lettera di Homero Johas pag; 43Il nuovo Presidente e la peste della nostra epoca. pag; 46Wojtyla in Africa (Febbraio 1992) pag; 47

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PERCHÉ D ICIAMO LAMESSA IN LATINO

di d on Francesco Ricossa

“D omenica 7 marzo, Paolo VI ha cele-brato la Messa vespertina nella chiesa diO gnissanti, in italiano” ( 1). In que l giorno,

prima do menica di Quar esima del1965, perla prima volta, la Messa non e ra più celebra-ta in latino, ma in lingua volgare.

Commenta Mons. Bugnini, principalearte fice della riforma liturgica: “Quel 7 mar-zo divenn e una dat a storica della riform a l-iturgica ed una sua pietra miliare. Er a un p-rimo frut to ta ngibile del Concilio ancora inpieno svolgimento, l'inizio di un processo diaccostamento della liturgia alle assembleeparte cipanti, del suo cambiamento di aspet-to, dopo secoli di intangibile uniformità” ( 2).

Fu solo, quattro anni dop o, il 30 novem-bre 1969, prima domen ica d'Avvento, che fuintrodotto un nuovo rito (Novus OrdoMissæ), “impressionante allontanamentodalla teologia cattolica della santa Messa” ( 3)per i Card inali Ottaviani e Bacci, “amm i-razione delle altre chiese e comunità cris-tiane”, per Mons. Bugnini… (4).

Molti pensano ingenuamente che il nuo-vo rito, quello di Pao lo VI, sia semplice-mente la traduzione in l ingua volgare diquello precedente.

Si tratt a in realtà di due te sti quasi total-mente diversi: la Messa codificata da S. Pio V

(5) è il risultato dell'evoluzione e del continuoarricchimento del rito romano, dai tempidelle catacombe fino ad o ggi; il rito di Pao loVI è stato invece creato a tavolino dai litur-gisti del “Consilium ad exequendam constitu-tionem de Sacra Liturgia” in collaborazionecon i rappresentanti delle “chiese” protestanti(6), nello spirito ecumenista del Vaticano II .

Alcuni movimenti di salvaguardia dellatino e del canto gregoriano, pur perfetta-mente consci della diversità esistente tra ritotradizionale tradotto e rito moderno ( mod-ernista), si acconten tarono di difendere l'usodella lingua latina nella liturgia, chiede ndoed ottenen do (rara mente) de lle Messe inlatino, magari col nuovo rito.

Di fronte a questa at titudine, i veri fedelidella tradizione reagirono violentemente. Fuil povero Don Bellucco, ad esempio, che, puressendo eccellente latinista, fece notarecome si potesse bestemmiare anche in lati-no… De lla “Messa” di Paolo VI in latinonon sappiamo cosa farcene.

Per sotto lineare vieppiù questo rifiuto equesta giusta reazione, alcuni utilizzano frasiparad ossali, del genere: “pr eferisco la Messadi S. Pio V in b antù , che la nuova M essa inlatino”. L'e spressione fa il suo effetto, ma èun p o' infelice; se po i si giunge a dire chenon ha nessuna import anza il fatto che laMessa (e gli altri riti liturgici) siano celebratiin latino o in volgare, si va (inconsape vol-mente?) contro la legge e l ' insegnamentodella Chiesa. Ha dichiarato, infatti, Pio XII :

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del seminario non abbia solo il nome e la car-ta inte stata!). Molte vocazioni si sono p ersenella Frate rnità San P io X, la quale oscilla

perennemente tra l'accordo sotterraneo colmodernismo (cfr. Intervista al “Il Sabato” diDon Schmidberger, 7/12/1991) e la costi-tuzione di una chiesuola indipendente, fonda-ta sul carismatismo lefebvriano (San Marcellofa già miracoli) ed il gallicanesimo ecclesio-logico (il Papa regna... ma non governa; l'au-torità viene dal popolo... tradizionalista).

Ma lo spreco di tante vocazioni non potràessere evitato che con la rottura del monopo-lio che E cône ha sulla formazione sacerdo-tale. Per diventare sacerdoti a Ecône bisognagiurare di “riconoscere G iovanni Paolo IIcome Papa legittimo” e nel contemp o “rifiu-tarsi di seguirlo”; giurare che la Messa voluta

dal Papa è valida ma “intrinsecamente catti-va”... così Ecône sforna di continuo sacerdotisenza andare tr oppo pe r il sottile (bisogna

far numero!), imbevuti di spirito di disobbe-dienza verso l'autorità e verso la Chiesa.Per dare una seria formazione senza

aderire agli errori di Ecône, l'I stituto Ma terBon i Consilii, pur ne lla pochezza delle suepossibilità, si sforza di assicura re a tut ti i gio-vani veramen te chiamat i da Dio, la possibil-ità di studiare, lavorare e pregare in vista de lsacerdozio.

Aiutandoci in questo sforzo, potrete con-tribuire, con l 'aiuto di Dio, a limitare lapropagazione del male, fino a che E gli vorrà,nella Sua misericordia, farne scomparire l'o -rigine col donarci un Successore di Pietro che,veramente, confermi i fratelli nella Fede.

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“Sarebbe tuttavia superfluo il ricordare an-cora una volta che la Chiesa ha serie ragioniper conservare fermamente nel rito latino (7)l'obbligo per il sacerdote celebrante di usarela lingua latina, come pure d i esigere, quan-do il canto gregoriano a ccompa gna il SantoSacrificio, che q uesto si eseguisca ne lla lin-gua della Chiesa” (8).

Vediamo perta nto assieme quali sono leserie ragioni di cui parla Pio XII.

I. Necessità di una lingua sacra

Non esiste religione che non distingua ciòche è sacro da ciò che è profano. Ciò che èsacro è , per l'a ppunto, consacrato a D io, ri-servato a Lu i, e sottr atto, di conseguenza, al-l'uso profano. Nel culto divino, specialmente,vi sono luoghi sacri (le chiese), riti sacri,oggetti sacri, paramenti sacri. La lingua non faeccezione. Già “in seno al paganesimo, gli an-tichi romani avevano capito l'immobilità dellapreghiera pubblica. Quintiliano ci informa chei versetti canta ti dai sacerdo ti sàlii risalivanoad una così alta antichità che li si capiva con d-ifficoltà, e tutt avia la maestà della religione

non a veva permesso che fossero camb iati.A bbiamo visto che gli ebrei, prima d el cris-tianesimo, nelle loro assemblee religiose,leggevano la legge e le preghiere de l culto inlingua ebraica, benché questa lingua non fossepiù capita dal popo lo. Non è forse rifiutarel'evidenza - conclude D om G uéranger, abatedi Solesmes - non r iconoscere, in tut ti questifatti l'espressione di una legge di natura in ac-cordo col genio della religione?” (9).

Le re ligioni pagane, come la Re ligionerivelata dell'antico testamento, si sono com-portate come farà in seguito la Chiesa

Catt olica: hanno ut ilizzato nella liturgia unalingua sacra, ritirata dall 'uso pr ofano, im-mutab ile. La storia de lle chiese orienta li

(generalmente scismatiche) che hanno segui-to piutt osto l'uso della lingua volgare nella l-iturgia, non smentisce la nostra a ffermazionema, piuttosto, la conferma involontariamente.

Difatt i , pur non adottando, come laChiesa di rito latino, il principio della linguasacra, le Chiese orientali hanno subìto ilmedesimo, universale fenomeno d ella sacral-izzazione d ella lingua liturgica. La linguacopta, l'arm ena, l'et iopica, la slavonica “ap-pena ha nno sentito i l contatto dei misteridell'altare, sono diventate immob ili ed im-periture” (9) per cui, anche le Chiese orien-tali “celebrano, al pari di noi, il servizio divi-no in una lingua che non è più capita dalpopolo” (9). Al conta tto dell'altar e, questelingue si sono “sacralizzate”.

Appare pertanto evidente che sopprimerel'uso di una lingua sacra dalla liturgia equivalea profanarla, andando in questo modo controla natura e l'indole stessa della religione.

II. La provvidenza ha preparato per laChiesa tre lingue sacre

Ma non tutte le lingue sono egualmentesacre.

Sempre Do m G uéranger, autorità indis-cussa in campo liturgico, constata, a l seguitodei Pad ri della Chiesa e dei mistici medioe-vali, l'esistenza d i “lingue sacre e separ atedalle altre da una scelta divina, per servire daintermediario tra il Cielo e la ter ra” ( 10).

Se è indubitabile il fatto che la Chiesa ab-braccia ed accoglie tutti i popoli, è altrettantocerto che la Provvidenza ha voluto prima rive-larsi al solo pop olo ebr aico, per poi fissare lasede del vicario di Cristo nella città di Roma.Il cristianesimo, per libera scelta di D io, èerede della tradizione ebraica, greca e latina.

Così, pure, scriveva già nel IV secolosant'I lario di Poitiers “è principalmente inqueste tre lingue (ebr aica, greca e latina) cheil mistero della volontà di Dio è manifestato;ed il ministero d i Pilato fu di scrivere antici-patamente in queste tre lingue che il SignoreGesù Cristo è il Re dei Giudei” (10). Ebr aico(siriaco), greco e latino sono le tr e linguedell'iscrizione della Croce; sono altre sì le tr elingue della Sacra Scrittu ra; “sono stat e lesole di cui ci si sia serviti all'alta re” nei pr imiquatt ro secoli (11) “il che dona loro u na dig-nità liturgica part icolarissima e conferma

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Padre Pio e il cardinal Bacci, due difensoridel latino nella liturgia

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mer avigliosament e il principio delle linguesacre e non volgari nella liturgia” (11).

Che sia il latino pertanto una “lingua

sacra” è cosa così indubitab ile che pe rsinoPao lo VI, il giorno stesso in cui lo eliminavadalla liturgia, lo ha esplicitamente riconosciu-to ( 17 marzo 1965) (1). Sapeva qu indi, elimi-nando il Sacro, di fare un'opera di pro-fanazione.

III. Il latino unisce alla Chiesa di Roma.“La lingua propria della Chiesa Rom ana è la la-tina” (S. Pio X, Tra le sollicitudini, 22/11/1903) (12)

“G esù Cristo scelse per sé e consacrò lasola città r omana. È qu i che volle restasse inperpetuo la sede del suo Vicario” (LeoneXIII) ( 13). Non a caso, quindi, ma per“mirabile disposizione di Cristo” (PapaG elasio) (14), san Pietro scelse R oma comesede episcopale del Pr incipe d egli Apostoli.La Chiesa è dunque Romana.

La pro vvidenza che ha scelto R oma, hascelto anche per la Chiesa la sua lingua, la lin-gua latina. “Il Signore - disse il cardina l Otta-viani - ha dat o un mezzo provvidenziale permantenere la tradizione e la verità Cattolica;le ha fornito un linguaggio che è tutt o spe-ciale, la lingua latina. Il destino di Roma (…)era anche preparato con un elemento che

sembrerebbe accidentale ma che è importan-tissimo: una lingua, la lingua latina…” (15).L'uso della lingua latina unisce quindi le

diocesi che ne fanno uso, nel mond o intero,alla Chiesa Ro mana ed a lla sede dell'Ap o-stolo Pietro.

Certo l'uso della lingua latina non è ob-bligator io per tu tta la Chiesa Universale, masolo per quella occidentale: le Chiese or ien-tali cattoliche manifestano altrimenti che collatino il loro legame con R oma.

Tutt avia, vi è un fatto indiscutibile cheemerge dalla storia dello scisma orientale. Le

nazioni slave ove era stata adottata la linguaslava nella liturgia, seguirono quasi completa-mente lo scisma. A l contrar io, le nazioni slaveche conservarono la lingua latina, restaronounite a Roma (Cecoslovacchia, Croazia,Slavonia e, soprattutto, la Polonia). Perquesto Dom G uéranger elogia l'azione di pa-pa san G regorio VII al proposito: « Il duca diBoem ia, Vratislao, gli aveva chiesto di pote restender e ai suoi popo li, anch' essi di razzaslava, la dispensa che Giovanni VII aveva ac-cordato per la Moravia. Gregorio rifiutò conferme zza e, senza accusare il suo pre deces-

sore, né ritornare su di un fatto compiuto,proclamò i princìpi della Chiesa sulle lingue l-iturgiche: “Q uant o a ciò che avete chiesto -

scrisse a qu esto prìncipe in una letter a del-l'ann o 1080 - desiderando il nostro consensoper fare celebrare n el vostro paese l'ufficiodivino in lingua slava, sappiate che non possi-amo accedere in alcun modo alla vostra do-manda. (…) Non è una scusa dire che alcuniuomini religiosi (S. Cirillo e S. Metodio) han-no subìto con condiscendenza i desideri di unpopolo semplice, o non hanno giudicato aproposito portarvi rimedio; la Chiesa primiti-va stessa ha dissimulato molte cose che i santiPadri hanno corretto dopo averle sottomessead un serio esame. Per cui, con l'aut orità delBeato Pietro, vi proibiamo di mettere in prat-ica qua nto ci domand ano i vostri con impru-denza e, per l'onore di Dio onn ipotente vi in-giungiamo di opporvi con tutte le vostreforze, a questa vana te merità”. In po che pa-role, san G regorio VII e nunciava con pienaenergia il pensiero della Chiesa, che è semprestato quello di non esporre il mistero senzaveli agli occhi del volgo; scusava la conces-sione fatt a prima d i lui e proclamava quelprincipio, così frequentemen te applicato, chele necessità che si sono pr esenta te a gli inizidella Chiesa non possono prudentemente di-ventare una legge per i secoli seguenti…

La fede cristiana regnava in Boemia; vi siera stabilita e mante nuta con la liturgia lati-na; introdurre in q uesta Chiesa l 'uso dellalingua volgare e quivaleva a farla indietre g-giare alle condizioni dell'infanzia.

Spingendo le frontiere della lingua latinafino alla Boemia, san Gregorio VII la facevaavanzare fino alla Polonia, la quale, restandolatina, veniva consacrata come baluardo cat-tolico dell'Europa verso l'A sia » (16).

La pseudo-riforma protestante confer-merà, come vedremo, il medesimo principio:l'abbandono d ella comunione con Roma co-

inciderà con la sostituzione, nel culto p rote s-tante, del latino con la lingua nazionale.

IV. Una lingua universale per la Chiesa Uni-versale

All'argomento fondato sul fatto che laChiesa è romana, è strettamente collegatoquello fondato sull'universalità della Chiesa.Scrive Romano Amerio: “In primo luogoadunque la Chiesa è universale, e l'universalitàsua non è puram ente geografica né consiste,come si dice nel nuovo canone, nell'essere dif-

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fusa su tutta la terra. È un'universalitàderivante dalla vocazione, tutti gli uomini es-sendo vocat i, e del suo ne sso col Cristo che

stringe e adun a in sé tutto il genere u mano.(…) Essa (…) non può accettare l'idioma diuna gente particolare, sfavorendo le altre” (17).

“La Chiesa - scrisse Pio XI - abbraccian-do nel suo seno tutt e le nazioni (…) esigeper la sua stessa natura una lingua univer-sale…” (Ep. Ap. Off ic iorum O mnium , 1agosto 1922. AAS. 14, 1922, 452).

Per questo la lingua latina può essere vera-mente chiamata “cattolica” (che vuol dire uni-versale) secondo l'espressione dello stesso PioXI nel documento citato (A AS. 14, 1922, 452).

Al contrario, lo scisma orientale e lapseudo-riforma prot estante, rompend o l'u-nità cattolica, hanno creato “chiese” autoce-fale e nazionali. E come la Chiesa Catt olicaesige “per sua natura” una lingua un iversale,così le “chiese” nazionali, per pro pria nat u-ra, adottano la lingua nazionale, come siconstata pre sso gli “ortod ossi”, i protestantied i settari del Vaticano II.

V. Una lingua “una” per una Chiesa “una”

La Chiesa è una: “Et unam, Sanctam,Cath olicam, et apostolicam Ecclesiam”. Lasua unità è strett amente collegata alla sua u-

niversalità (“cattolica”), ed il centro d i ques-ta unità è la sede di Pietro, Vescovo di Roma.La lingua latina, universale e romana, è per-tant o vincolo di unità. Lo attesta Pio XII:“L'uso della lingua latina, come vige nellagran parte della Chiesa, è un chiaro e nobilesegno di unità” (Enciclica   Mediator Dei,20/XI/ 1947) (18). A l contrario, l'adozione del-la lingua nazionale n ella liturgia è spessofonte di scontro e di divisione tra i popoli; èl'elemento disgregatore non solo a livello re-ligioso ma anche a livello civile. Basti pen -sare a quei paesi divisi da conflitti et nici, nei

quali i fedeli cattolici un tempo tutt i uniti in-torn o a ll'altar e, assistono al culto in chiesediverse, secondo la lingua che è utilizzata.

Un caso recentissimo è q uello di Trieste,ove alcuni hanno prote stato contro l'intro-duzione dello slavo a fianco dell'italiano nelculto presieduto da Giovanni Paolo II durantela visita a questa città. L'altare univa, il tavolo(liturgico) divide. Se così è nella società civile,il fenomeno è più grave in quella religiosa.

Non solo la pseudo-riforma pro testanteha fatt o na scere delle “chiese nazionali” di-vise tr a loro n el dogma e n ella disciplina

come ne lla lingua liturgica: anche la p seudo-riforma del Vaticano II ha intaccato lamirab ile unità dogma tica, disciplinar e e l-

iturgica pr opria alla vera Chiesa Catto lica.Ogni paese stretto intorno alla propriaconferenza episcopale (spesso riotto sa neiconfronti del “centro”) , celebra or mai la l-iturgia in una lingua estran ea a que lla deglialtri paesi e a quella di Roma stessa.

In molti di questi paesi, in Africa, inAm erica latina, in A sia, “l'inculturazione”voluta dal Vaticano I I ha immesso nel cultoelementi pagani che la predicazione delVangelo aveva fatto scompar ire. Ovunque,anche a livello liturgico, si assiste al medesi-mo fenomeno di disgregazione dell'unità checaratterizza sempre lo scisma e l 'eresia.L'a bolizione del latino è certo stata “unapietra miliare” (Bugnini) verso questo pro-cesso di disgregazione dell'un ità. La confu-sione delle lingue decretata da Dio perpunire l'orgoglio degli uomini nel costruire latorre di Babele, era come sanata dall'uso dellatino, la “lingua catt olica”, nella Chiesa diCristo. Oggi, l'orgoglio de lla “chiesa concil-iare” che ha proclamato “il culto dell'uomo”(Paolo VI) è stato castigato nuovamente (an-che) con la confusione delle lingue, confu-sione che, para frasando Pio XII, potr emmochiamare “mirabile segno di disunità”.

VI. U na lingua immutabile per una Chiesaimmutabile

R iprend iamo la citazione di Pio XI: “di-fatti la Chiesa abbra cciando nel suo senotutte le nazioni, ed essendo destinata a duraresino alla fine dei secoli, esige per la sua stessanatura una lingua universale, immutabile , nonpopolare” (Officiorum Omnium). CommentaRomano Amerio: “In secondo luogo laChiesa è, nella sua sostanza, immutabile eperciò essa si esprime con una lingua in

qualche m odo immutabile, sottratta ( relativa-mente, e più di ogni altra) a ll'alter azionedelle lingue usuali, alterazione così celere chetutti gli idiomi eur opei oggi parlati hannobisogno di glossari per pot er intend ere leopere letterarie dei propri primordi. LaChiesa ha b isogno invece di una lingua cherisponda alla sua condizione intempo rale esia pr iva di dimensione diacronica…” (17).

Il latino, specialment e liturgico, è pe rl'appunto una lingua, per quanto possibileimmutab ile. Risponde così alle esigenze d iuna lingua sacra (vedi quanto detto prece-

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dentemente) . Di più è segno dell 'eternitàpartecipata della Chiesa e d ella irreformabil-ità del suo insegnamento. Ha infine, un du-

plice vantaggio pra tico: il primo, segnalatodall'A merio, è quello di sfuggire alle contin-ue revisioni indispensabili per le lingue vive,le quali, dopo qua lche decennio diventano senon incomprensibili, almeno antiquate.

Il secondo, ben più importante, è segnalatoancora da Pio XII: “L' uso della lingua latina(…) - egli dice - è… un efficace antidoto ad og-ni corruttela della pura dottrina” ( 18). Il prover-bio stesso lo r icorda: “trad uttore, traditore ”.Anche involontariamente, una traduzione de-forma più o meno il testo tradotto. Quanto piùse il traduttore è animato dall'intenzione di de-formare. J. Renié (Missale Romanum et misselromain, Paris 1975), Romano A merio (Iotaunum, Milano - Napoli 1985. nn. 280-282,pp.520-525) e molti altr i, hanno p rovato che il“nuovo messale” nelle lingue volgari deformail già eterodosso “Missale romanum” riforma-to da Paolo VI, fino ad alterare la stessa for-mula di consacrazione ( “pro m ultis” che di-venta “per tutti”) (18 bis).

VII. La lingua nobile ed eletta

Pio XI (ripreso punto per punto daGiovanni XXIII nella Cost. A p. Veterum s-

apientia, de l 23 febbraio 1962) ( 19) afferma in-fine che “la Chiesa… esige per sua natura unalingua… non popo lare (non volgare)” (E p.A p. Officiorum Om nium). “Siccome poi laChiesa Cattolica, perché fonda ta da Cr istoSignore supera di gran lunga in dignità tu ttele società umane, è giusto che no n si serva diuna lingua popolare, bensì nobile ed augusta”(G iovanni XXIII, ibid.). Vi è una lingua perogni luogo e situazione : il lessico famigliareno n è il lingua ggio giur idico, il ger go di ungruppo sociale o il colorito dialetto non è us-ato in riunioni accademiche… non si vede

perché solo il rito sacro pe r eccellenza nonabbia diritto ad u na lingua sua prop ria che,per l'eccellenza divina dei misteri che si cele-brano, deve essere nob ile e regale, quale lalingua latina e qua le il canto gregoriano, im-prat icabile senza questa medesima lingua.

VIII. Le obiezioni confermano la tesi: l'alta-re ed il pulpito

Si obietta: “Se la Messa è dett a in latino,il popolo non capisce. È molto meglioadesso, che si capisce tutto”.

È il pretesto invocato dagli autori dellariforma liturgica per eliminare l'uso del lati-no n on solo dalla liturgia della Messa, ma

persino dalla recita pr ivata o corale dell'uffi-cio divino. A nalogame nte, sono state sop-presse dalla liturgia della Messa le rubricheche imponevano la recita a voce bassa delleparti più importanti della liturgia, comel'Offertorio ed il Canone, incluse le formuledella Consacrazione ( 20). Tutto deve essereudibile (no alle preghiere segrete) tut to deveessere comprensibile (no a lle pre ghiere inlatino). In realtà il problema non consistenel dilemma: udire - non ud ire, capire - noncapire (tan to più che i messalini, traduzioniecc. ovviano abbo ndan temen te al “proble-ma”) ma, piuttosto, nella diversa concezionedella Messa che è sott intesa dal nuovo e dal-l'antico “O rdo Missæ”.

Nessuno ignor a che, nella concezioneprote stante, il culto è essenzialmente pr edi-cazione, insegnamento, lettu ra de lla Scrit-tura. È evidente, pertanto, l'esigenza di pa-role udibili e facilmente comprensibili.

Per la Chiesa Cattolica invece, la Messa,pur non mancando di un' aspetto istruttivo, èessenzialmente il Santo Sacrificio offert o aDio sull'altare. Offerto a D io, esso non ne-cessita, come il culto prot estante, di e sseresempre ed innan zitutto, pienamen te udibile

e comprensibile dai fedeli.Per q uesto il Concilio di Tren to insegnache la Messa non deve essere celebrata involgare, ma che quanto si è letto in essa deveessere spiegato ai fede li nella predicazione,specialmente la domenica e ne i giorni festivi(cfr. Sess. XXII, Cap. VIII). CommentaDo m G uéranger: “È necessario, a questopunto, fare una distinzione capitale: la d is-tinzione t ra il pulpito e l'altare.

Sul pulpito, la lingua volgare è indispens-abile; sull'altare se ne può fare a meno, an-che agli inizi di una cristianità , come è com-

provato da fatt i innumerevoli” (

21

). «Ilprotestantesimo ha distrutto la religioneabolendo il sacrificio, per esso l'altare non e-siste più; non c'è più che una tavola; il suocristianesimo si è conservato unicamente nelpulpito.

La Chiesa Cattolica, senza dubbio, si glo-ria della Cattedr a di verità, poiché “ la fedeviene dall'udito” (R om. X, 17). Dall'alto diquesta Catted ra essa proclama la dottrinaimmutabile e vittoriosa, nella lingua delpopo lo che l'ascolta; ma la sua missione nonè unicamente d 'istruire questo popo lo. Se gli

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rivela le verità divine, è per unirlo a D io me-diante i misteri dell'altar e; dopo aver illumi-nato la sua fede, lo met te in comunicazione

con Dio mediante l'amore.Qu ando h a fatto nascere in lui il deside-rio del ben e infinito, in presenza de l qualenon c'è né saggio né ignoran te, risale, comeMosè, sulla Mon tagna, e la sua voce cessa difarsi udire dalle orecchie, per non risuonarepiù che nei cuori” (22)».

IX. Le obiezioni confermano la tesi: le lettu-re bibliche in lingua volgare

A lmeno, si dice, bisognere bbe leggeresempre le letture bibliche (Epistola,Vangelo) in lingua volgare; esse fanno parte,difatti, della pa rte della Messa dedicata al-l'istruzione dei fedeli.

Questo argomento fa breccia persino tra itradizionalisti: sono moltissime le Messe du-rante le quali le letture sono fatte esclusiva-mente in lingua volgare, adottando in questola riforma di Pao lo VI, ed io stesso ricordo lepressioni e le insistenze di M ons. Lefebvreperché anche in Ita lia adot tassimo que stouso. Do m G uéranger, fedele difensore d ellaliturgia cattolica, non era del medesimopare re: per lui, uno degli inconvenienti dellarecita a voce alta del canone era qu ello di

aprire le po rte alla lettura in volgare dellaBibbia: “se si leggeva il canone a voce alta , ilpopolo avreb be chiesto che lo [si] leggesse infrancese; se la liturgia e la Sacra Scrittura sileggevano in lingua volgare, il popolosarebbe diventato giudice dell'insegnamentodella Fede sulle questioni controverse…” (23).Le parole di Dom G uéranger possono s-tup ire o, peggio ancora scanda lizzare, solo ilcattolico ignaro della propria religione.L'abate di Solesmes, infatti non fa cheripetere la do ttrina della Chiesa in proposito.

Infatti la quarta regola dell' Ind ice dei

libri proibiti , publicata su ordine delCon cilio di Tren to, recita: “Poiché è evi-dente con l'esperienza, che se si permette laSacra Bibbia in lingua volgare senza le deb-ite pr ecauzioni, essa diventa, a causa dellateme rar ietà degli uomini, più dann osa cheutile; ci s i attenga, a que sto pro posito, algiudizio de l Vescovo o dell' Inq uisitore, inmodo tale che si possa concedere, col con-siglio del parroco o del confessore, la letturadella Bibbia tradot ta in volgare d a dei cat-tolici , solo a coloro i quali saranno ri-conosciuti capaci di ricevere da q uesta let-

tura un aumento del la Fede e del la de-vozione, e non un dann o, e questo permessodeve essere messo per iscritto.

Chi invece presume sse tene re pr esso disè o leggere [la Bibbia in volgare] senzaquesta facoltà, non potrà essere a ssolto daipeccati se prima non ha consegnato laBibbia all'ordinario…”.

Sono que ste precauzioni del Concilio diTrent o che provocarono le tesi dell'o rato ri-ano Quesnel (1634-1719), settatore dell'ere-sia giansenista. Ecco la tesi del Quesnel sullalettura della Bibbia, condannate da papaClemente X I ne lla Costituzione dogmatica“Unigenitus” (8 sett . 1713):

« 79° tesi: È u tile e necessario in tutt i itempi, in ogni luogo e pe r ogni genere dipersona , stud iare e cono scere lo spirito, lapietà ed i misteri della Sacra Scrittura.

80°: La lettura della Sacra Scrittura èper tutti.

81°: L'oscurità santa della parola diDio no n è un m otivo per i laici per dispen-sarsi dalla sua lettura.

82°: La dom enica deve essere santifica-ta da i cristiani con le lettu re di devozione esoprattutto della Sacra Scrittura. È dannosovolere ritrarre il cristiano da questa lettura.

83°: È un' illusione pe rsuade rsi che laconoscenza dei misteri della religione n on

debba e ssere comunicata alle donne con lalettura dei libri sacri. L'abuso de lle Scritturee le eresie non son o nat i dalla semp licitàdelle donne ma dalla scienza orgogliosadegli uomini.

84°: Togliere dalle mani dei cristiani ilNuovo Testamento o tenerglielo chiuso,togliendo loro il modo d i capirlo [a causa dellatino] vuol dire chiudere la bocca a Cristo.

85°: Vietar e ai cristiani la lettu ra d ellaSacra Scrittura, specialmente del Vangelo,vuol dire vietare l'uso de lla luce ai figli dellaluce e far che patiscano un a certa q ual sorta

di scomunica »(D enz. 1429-1435).Questo semplice ricordo della dottrina cat-

tolica (negata da queste sette tesi di Quesnel)ci fa capire qua nta strada (verso il protes-tante simo) è stata compiuta col Vaticano II.Scrive l'A merio: “Il Concilio [Vaticano I I] in-fatti superò i decreti ant igiansenistici e le pre-scrizioni di PioVI. Contro la popolarizzazionepro testan tica e giansenistica della Scrittu raPio VI stabiliva che la lettura della Bibbia nonè necessaria né conveniente a tut ti (De nz.1507 e 1429). Il Concilio invece (DV, 25) [Dei

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Verbum] raccomanda caldissimamente a tuttii fedeli la frequente lezione della Bibbia” (24).

Si vede subito come, a meno di accettar e

l'ot tica giansenista e prote stante, non si pos-sa leggere indiscriminatamente la SacraScrittura in volgare a l popolo. Chi dice cheduran te la Messa almeno le letture de vonoessere fatte in volgare e non in latino, non saquel che dice… Leggere in volgare (do po lalettura in latino) è possibile solo se il sacer-dote spiega, in seguito, il significato esatto diquanto si è letto. Que sto solo argomento,sarebbe quindi sufficiente a rifiutare l'intro-duzione del volgare nella liturgia.

X. La liturgia in lingua volgare è stata sem-

pre voluta dagli ereticiStiamo esponendo le “gravi ragioni” per

le quali la Chiesa rifiuta l'intro duzione delvolgare nella liturgia, con la conseguentepratica abolizione de l latino.

Non è da trascurare quest'ultimo argo-mento: chi propugna l ' introd uzione d ellelingue popolari nella liturgia, si trova incompagnia di tutti gli eretici.

Ricordava dom Guéranger nel 1878come ottavo punt o “dell'ere sia antiliturgi-ca”: “Poiché la r iforma litur gica ha com euno dei suoi scopi principali l 'ab olizione

degli atti e d elle formule m istiche, ne seguenecessariamente che i suoi auto ri dovevanorivendicare l'uso de lla lingua volgare ne lservizio divino . È questo uno dei punti piùimporta nti agli occhi dei sett ari. Il culto, di-cono, non è una cosa segreta. Bisogna che ilpop olo capisca ciò che canta . L'odio dellalingua latina è innato ne l cuore di tutti i ne-mici di Roma. Vedono in essa il bene dei cat-tolici nel mondo intero, l'arsenale dell'orto-dossia contro tutte le sottilità dello spirito disetta, l'arma più potente del Papato” ( 25).

Furono favorevoli alla lingua volgare nel-

la liturgia gli scismatici orientali. Lo furononel XII secolo i Valdesi ed i Cata ri: “Questisettari, ricorda D om Gu éranger, che prete-sero per primi la libera interpretazione dellaBibbia, furono anche i primi a protestare con-tro la lingua liturgica ed a celebrare i misteried i sacramen ti in lingua volgare. Fecero diquesta pratica uno degli articoli fondamentalidella loro setta…” (26). Dopo di loro venneroWiclef in Inghilterra, e Huss in Boemia.Er asmo da Rotterda m fu censurato dall'uni-versità della Sorbona per aver giudicato “cosasconveniente e ridicola” vedere gli ignoranti

pregare “senza capire ciò che pro nunciano”(27). “Questa proposizione - secondo i teologidella Sorbona - (…) è empia, erronea ed apre

la strada all'erro re dei Boemi che hanno vo-luto celebrare l'ufficio ecclesiastico in linguavolgare…” (26).

Tutti conoscono la posizione d i Lutero edegli altri pr otestanti al r iguardo che, anchea questo pro posito, furono condan nati dalConcilio di Trento ( De nz. 956). Il pastor eprotestante R illiet, parlando dello schema c-onciliare ( del Vaticano I I, ovviamen te) sullaliturgia, scrisse: “L' adozione nella liturgia

della lingua popolare è conforme ai nostripropr ii princìpi” (27).

I giansenisti non furono da meno.

Pasquier-Quesnel fu condan nato pe r aversostenuto che “ togliere al popo lo semplice[con l ' uso del latino nella liturgia, n.d.a.]questa consolazione di unire la propria vocecon quella di tutta la Chiesa è un uso con-trar io alla prassi aposto lica ed all'intenzionedi D io” (P rop osizione 86, De nz. 1436). Il c-onciliabolo di Pistoia, voluto dal Vescovo gi-ansenista Scipione de' Ricci, aveva auspicato“una m aggiore semp licità dei riti, espone n-doli in lingua volgare e pro ferendo li ad altavoce” poiché l 'uso contrar io della Chiesaveniva, secondo il sinodo, dalla diment icanzadei princìpi della liturgia. Papa Pio VI con -dannò questa pre tesa come “teme raria , of-fensiva delle ore cchie pie, ingiuriosa per laChiesa, favorevole agli schiamazzi deglieret ici contro di essa” (Denz. 1533). La stes-sa bolla “Auctorem fidei” di Pio V I condan-nò altresì un'altra proposizione del sinodo d iPistoia che riprendeva l'err ore di Qu esnel.Dicevano i giansenisti essere “contrario allaprat ica degli Apo stoli ed ai disegni di Dio dinon fornire al popolo il mezzo più facile di u-nire la propria voce a quella di tutta laChiesa”. Questa affermazione, scrive Pio VI,

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 L 'abbando no d el latino era solo il primo passo…“Messa” di un sacerdote salesiano in Cambogia

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“intesa nel senso di introdurre l'uso della lin-gua volgare nelle preghiere liturgiche è falsa,temeraria, perturb ativa delle regole pre-

scritte per la celebrazione dei misteri, facilecausa di moltissimi mali” (D enz. 1566).Un cattolico, che ama istintivamente tut-

to qu anto viene dalla Chiesa, e fugge altret-tanto spontaneamente tutt o quanto ricordal 'eresia, non può desiderare ciò che laChiesa ha sempre avversato e gli eretici han-no sempr e voluto: la sostituzione del latinocon le lingue volgari nella liturgia.

XI. A bolizione del latino nella riforma con-ciliare: le sue tappe.

Abbiamo analizzato due posizioni coer-ent i nei secoli: quella cattolica, in favore d ellatino; quella degli eret ici, sempre contr aria.In qu ale dei due filoni s' inseriscono le ri-forme conciliari e postconciliari? E vidente-mente, come su temi ben p iù importanti, inquello non cattolico.

La Costituzione conciliare “SacrosantumConcilium” sulla Sacra Liturgia, approvata il4 dicembre 1963, fu il primo d ocumento delVaticano II , e la questione liturgica fu la pr i-ma ad essere t rattata nell'aula conciliare.

Già in sede di prepa razione degli schemiconciliari, i cattolici ed i riformisti si diedero

bat taglia sulla liturgia. Pad re Wiltgen s.v.d.riferisce il dram ma del Cardinale G aeta noCicognani, fratello del Card. Amleto, segre-tario di stato di Giovanni XXIII.

Presidente della commissione p reconcil-iare sulla liturgia, il Card. Gaetano Cicognani,in accordo con la Congregazione dei riti, si ri-fiutava di firmare lo schema pr eparat orio.Or a, la sua firma e ra indispensabile, e G io-vanni XXII I, con Bugnini, volevano che sot-toscrivesse il rivoluzionario documento.« Giovanni XXIII chiamò il suo segretario distato e lo pregò di andare a trovare il fratello,

e di non tornare che con lo schema debita-mente firmato. Il 1 febbra io 1962 il segretariodi stato andò qu indi a trovare suo fratello nelsuo ufficio; vi trova Mons. Felici ed il P.Bugnini nel corridoio, e informò suo fra tellodel desiderio del Sommo Ponte fice. Più ta rdi,un esper to della commissione pr econciliaresulla liturgia affermò che il vecchio Card inaletratt eneva a stento le lacrime, e che agitava ildocumento dicendo: “Mi vogliono far firmarequesto, non so che fare”. Poi posò il testo sul-la scrivania, prese una penna e firmò. Quattrogiorni più tard i era morto » (28).

Lo schema arrivò in Concilio, passandosul cadavere di Cicognani, e venne discusso apartire dal 22 ottobre 1962, per essere

approvato complessivamente n el novembre.Fin dalle prime battute si affrontarono iVescovi “ro man i” (fedeli al latino ) e que lli“antiroma ni”, contrari. Da un lato Dant e,Bacci, Staffa, Parente, O ttaviani, dall'a ltroZauner, Frings, Maximos IV, Montini ( 29). Fuin questa occasione che il Cardinale olandeseAlfrink, applaud ito dai Padri conciliari, tolsela paro la, staccand o il microfon o, al semi-cieco Card inale O ttaviani (30 ottobr e 1962)(30). U no d ei Padr i della costituzione concil-iare, Mons. Zauner, Vescovo di Linz, espose iquattro grandi princìpi del documento:

1° « “Il culto divino deve essere un'azionecomunitaria; vale a dire che il Sacerdote devefare tutt o ciò che fa con la partecipazione at-tiva del popolo e mai solo”. Secondo lui, l'u-so della lingua volgare era la condizione nec-essaria di tale partecipazione ».

2° “I fedeli devono essere direttamentearricchiti dalla Sacra Scrittura…”.

3° “Il culto liturgico non do veva unica-mente a iutare i fedeli a pregare, ma anchead insegnare…”.

4° “Ladd ove i costumi tribali non con-port ano eleme nti superstiziosi, possono or-mai essere introdott i nella liturgia” (31).

« Mons. Zauner aggiunse poi che era “es-tremam ente soddisfatto” della Costituzionesulla liturgia e che non aveva mai osato sper-are “che si potesse andare così lontan o” »( 31). In effett i, i princìpi elencati ricalcanopari pari le tesi condannat e dei protestanti edei giansenisti.

La Co stituzione conciliare si occupa d ilatino e lingue volgari al n. 36 per la liturgiain genere, ed al n. 54 per quella della Messa.Si prescrive la conservazione d ella lingualatina (n. 36 § 1) nei riti latini, ma si trat ta d iindorar e la p illola… Il n. 36 § 2 prevede già

“una pa rte più ampia” per il volgare, per po idilagare “nell'ammissione ed estensione del-la lingua volgare” a richiesta dei Vescovi (36§ 3). Il volgare, di fatto, è voluto in t utt e leparti della liturgia “spettan ti al popolo” (36§ 2; 54) salvo “un uso p iù ampio” (n . 54), chelascia la porta aperta al seguito.

Il seguito no n tar da a venire. Istituito il“Con silium” per l'ap plicazione della Costi-tuzione conciliare sulla liturgia ( 29/2/1964)vengono date le prime norme con laistruzione “Inter Œcumenici” del 26 settem-bre 1964, compleanno di Pao lo VI, mentr e il

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Concilio è ancora in pieno svolgimento.Restano in piedi, a quella data, il Prefazio edil Canone, ancora in latino.

Il Prefazio in latino cade il 27 aprile 1965; ilCanon e il 4 maggio 1967, con l'Istruzione“Tres abhinc annos”. In 3 anni, appunto, del§ 1 del n. 36 della “Sacrosantum Concilium”non r esta più niente, ma ciò in conformità aiprincìpi che espone lo stesso documento con-ciliare. Chi si appoggia sul Concilio per difend-ere il latino, si sostiene… sulle sabbie mobili!

Il solenne fune rale d el latino, infine, ècelebrato da Pa olo VI nel discorso del 27novembre 1969, quando il “Novu s Ordo Missæ” (la “nuova messa”) corona l 'operainiziata dal Concilio ( 32).

XII. Abolizione del latino nella rivoluzioneliturgica conciliare: giudizio.

La riform a conciliare e po st-conciliare(attuata dagli organi vaticani competen ti, masotto il contro llo di Paolo VI e con la sua ap-provazione), ha ro tto con una disciplina piùche millenaria della Chiesa Cattolica, ribadi-ta pe r “gravi ragioni” (Pio XI I), dal conciliodi Tren to, da Clemente XI, Pio VI, S. Pio X,Pio XI, Pio XII e, seppur cont radd ittoria-mente, da Giovanni XXIII.

Il motivo avanzato dal Concilio e da

Paolo VI p er que sta progressiva ma decisarottur a (la pa rtecipazione attiva dei fedeliimpedita dal latino) ( 34) no n differisce daquello, di ispirazione protestante, adottato daQuesnel e Scipione de ' R icci, e già riprovatodalla Chiesa. Se non cade sotto l'anatema delConcilio di Trento contro chi afferma che laMessa deve essere detta in volgare (SessioneXII, canone IX) mi sembra almeno (pur es-sendo questo giudizio la mera op inione per-sonale di chi scrive), che non sia azzarda toqualificare la r ottura operata di fatto anchein questa questione “secondaria” (in rappor-

to ad altre più gravi) col giudizio già manifes-tato in precedenza dalla Chiesa. Questa rot -tura, cioè, può essere qualificata come temer-

aria, offensiva, ingiuriosa per la Chiesa, fa-vorevole agli schiamazzi degli eretici controdi essa, pertu rbat rice delle regole pre scritteper la celebrazione dei misteri, facile causa dimoltissimi mali.

La certezza che Paolo VI non era formal-mente l'autorità (33), e che il Vaticano I I nonviene dalla Chiesa, certezza dovuta a ben piùgravi decisioni di en trambi, ci mette al riparodal gravissimo gesto, che avremmo compiutoaltrimenti, di giudicare l'Autorità legittimadella Chiesa.

XIII. Perché diciamo la Messa in latino?

Rispondo pertanto a chi ci potrebbechiedere: “Perché dite la Messa in latino?”.

Semplicement e pe rché così lo vuole laChiesa Catto lica, nelle sue ru briche litur-giche e nelle sue leggi canoniche ( can. 819 e1257). Semplicemen te, per ché siamo Sacer-doti cattolici di rito latino.

Note

(1)  Itinéraires n.93 mai 1965, p.154.(2) A NNIBALE BUGNINI, L a riforma liturgica (1948-

1975) , CLV Edizioni L iturgiche, R oma 1983, p. 109.

(3) Lette ra dei Card inali Ottaviani e Bacci.(4) In  Notitiæ 92, aprile 1974, p.126. Citato daCE L I E R , La dimension œcum enique de la Reforme l-iturgique, Fideliter 1987 p.7.

(5) Da ll ' introduzione del “Novus Or do Missæ”(1969) sono state u sate le espressioni più disparate perdesignare il Messale precedente: Messa di sempre, di S.Pio V, Tridentina, a ntica, in latino, ecc. A rigor di t ermi-ni una sola espressione è corre tta: Messale Roman o,Rito roma no. Infatti, per la Chiesa, la “nuova messa” il“nuovo messale” non e sistono, in quanto atti nulli di chinon era (più) formalmente Papa. Tuttavia anche noi uti-lizziamo i termini sopra menzionati, anche se scorret ti,per farci capire dai lettori.

(6) La collaborazione attiva, voluta da Pa olo VI, diosservatori non catt olici (cioè eret ici) alla riformaliturgica è ampiamente documentat a da: G R E G O I R E

CE L I E R , La dimension œcum enique de la Reforme l-iturgique, ed. Fide liter 1987, pp. 26-30.

(7) Ne ll 'unica Chiesa Catt olica difatti si distin-guono la Chiesa Latina e la Chiesa Orienta le, che han-no riti e leggi diversi (cfr. Codice di diritto canonico,can.1).

(8) Pio XII, D iscorso: Vous nous avez demandé , a iparte cipanti del primo Congresso di liturgia pastorale,22 sett. 1956. INSEGNAMENTI PONTIFICI - L a liturgia, ed .Pao line 1959, n. 821 (13, 18).

(9) D O M PR O SPE R G U É R A N G E R,  Institutions Liturgiqu es (1840-1851) - Extraits établis par JeanVaquié, DPF. Chiré-en-Montreuil, 1977, pp. 249-250.

(10) G UÉRANGER , op. cit. p. 241.(11) G UÉRANGER , op. cit. p. 240.

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“Messa” concelebrata da alcun imissionari della Consolata

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Dom Guéra nger ammette, ovviamente, che nei pri-mi secoli siriaco, latino e greco er ano lingue vive, e per-tanto intellegibili dal popolo. “Solo il tempo - fa notare- può fare di una lingua volgare una lingua sacra: l'uo-

mo non inventa le lingue a p riori...” (p. 248).Tuttavia “molti popoli, duran te questi tre secoli,

furono chiamati alla luce del Vangelo; ma poichébisogna ammettere che non possedessero unatradu zione della Sacra Scrittura n elle proprie lingue,sosteniamo che neppur e celebrar ono la liturgia in linguavolgare...” (p. 248)… Fin dal principio, quindi, queste trelingue sono considerate diverse dalle altre, come “con-sacrate” a Dio.

(12) INSEGNAMENTI PONTIFICI, op. cit. p. 229 (18).(13) A . A. S., 31 (1899) 645.(14) IOACHIM SALAVERRI S.J., De Ecclesia Christi, n.

446; in “Sacræ Theologiæ Summa” vol. I, B.A.C.,Madrid 1962.

(15) Omelia tenuta il giorno 13-IV-1969 nellaChiesa di S. Girolamo della Carità in Roma. Documenti

di “U na Voce” n.1 a cura di “U na Voce”, c.so VittorioEmanuele II, 21 Roma.(16) DOM G UÉRANGER , op. cit . pp. 254-255.(17) R O M A N O A M E R I O ,   Iota Unum, Riccardo

Ricciardi Editore 1985, pp. 517-518.(18) INSEGNAMENTI PONTIFICI, op. cit . p. 547.(18 bis) Per una denu ncia recente di gravi alter-

azioni dogmatiche n elle tra duzioni liturgiche, si veda larivista ‘30 Giorni’ (n. 5/maggio 1992, pp. 36-42), che allaquestione dedica anche la copertina.

(19) D ell 'autorità di Giovanni XXIII e delle cir-costanze che portarono alla promulgazione della“Veterum Sapientia”, puntualmente disattesa dallo stes-so Giovanni XXIII , si parlerà n ei prossimi numer i di‘Sodalitium’ dedicati al “Papa de l Concilio”.

(20) Recita “l 'Institutio generalis” del nuovoMessale: “La natura delle par ti presidenziali esige che

esse siano pronunciate a voce alta ed inte llegibile, ed as-coltate da tutti con attenzione…” (n. 12).

Commenta A rnaldo Xavier da Silveira ( La nou-velle Messe de Paul V I: qu'en p enser?, DPF. Chiré-en-Montr euil 1975, pp. 32-33): «Quindi le p arole della con-sacrazione devono, anch'esse, essere pronunciate inquesto mod o. Il che insinua, ancora una volta, che inquesto mom ento il sacerdote agisce specificamentecome delegato del popo lo.

Inoltre, questo articolo dell'“Institutio” contiene inmaniera evidente un'importante contraddizione con larubrica dell '“Or do” trad izionale secondo la quale ilcanone non è pronun ciato a voce alta ed intellegibile”.Questo fatto merita un'att enzione particolare, a causadell 'anatema seguente promulgato dal Concilio diTrento: “Se qualcuno dice che il rito della Chiesa r o-

mana col quale una parte del canone e le parole dellaconsacrazione sono pronunciate a voce bassa, debba es-sere condannato (...) che sia anatèma” (Denz. Sch.1759).

Dichiarando che è la natura delle parti “presiden-ziali” (quindi della pre ghiera eucaristica e delle paroledella consacrazione) che esige che siano pronunciate avoce alta ed intellegibile, l'“Institutio” p one u n pr incipiovalido in ogni epoca, ed afferma in conseguenza implici-tament e che il Concilio di Trento si è sbagliato su questopunto”»

Da Silveira non ne ga la possibilità di recitare a vocealta delle preghiere che prima erano recitate a voce bassa.Egli nega l'affermazione secondo la quale dette preghiereesigono per loro natur a, ai tempi d el Concilio di Trento

come del Vaticano II, di essere recitate a voce alta.Difatti, chi lo afferma, cade sotto la condanna del Con-cilio di Trento. O ra, è Paolo VI che ha promu lgato l'“In-stitutio generalis” del “Novus Ordo Missae”, che lo affer-

ma. Questo solo fatto, apparentemente insignificante, bas-ta per constatare che la “Nuova Messa” non può veniredalla Chiesa e che Paolo VI non era, allora, l'Autorità.

(21) D OM GUÉRANGER, op. cit. p. 260.(22) D OM GUÉRANGER, op. cit. p. 247 - 248.(23) D OM GUÉRANGER, op. cit. p. 146.(24) D OM GUÉRANGER, op. cit. p. 539.La disciplina della Chiesa che pr oibisce in certi casi

la lettura della Bibbia in volgare non ha bisogno di gius-tificazioni, poiché si giustifica da se stessa. Se ma i ce nefosse bisogno, l'A merio ricorda le parole stesse dellaScrittura . San Pietro, parlando delle epistole di SanPaolo, scrive infatti: “...com e fa in tutte le lettere, ove parla di queste cose, nelle quali vi sono alcuni pun ti dif- ficili ad intendersi e che degli ignoranti e i poco stabili s-travolgono - com e anche le altre Scritture - per loro

 perdizione” (2 Pt. III, 16). “Peraltro - aggiungel'A merio - la prova pere ntoria che la Scrittura è d ifficilee non universalmente divulgabile, è data parados-salmente dalla presente riforma medesima. Essa inveroha fatto nei testi biblici quello che fu fatto per i classicilatini nelle edizioni espurgate ad usum D elphini, ma chenon fu mai osato per il sacro testo. La riforma ha infattistralciato dai Salmi cosiddetti impre catorii i versicoliche sembravano incompatibili colle vedute ireniche delConcilio, mutilando il sacro testo e sottrae ndolo percosì dire furtivament e alla cognizione di tutti, chierici elaici. Ha inoltre espunto inter i versicoli dai testi delVangelo nelle Me sse in 22 punt i che toccano il giudiziofinale, la condan na del mon do, il peccato” (op. cit . pp.538-539).

(25) D OM G UÉRANGER, op. cit. p. 110. Negli estrattiche cito manca l'ultimo membro di frase: ”L'ar ma più po-

tente de l papato”. La ricavo dalla citazione che il “Cardi-nal” Alfonso Stickler ne fa nel suo articolo: “ A 25 anni dal-la Costituz ione A postolica Veterum S apientia di Giovanni XXIII ” in Salesianum 2 (1988) 36377. Stickler però non ci-ta la prima parte della frase riguardante non l'odio del lati-no, ma la r ivendicazione del volgare ne lla liturgia. Forse,sarebbe stata una denuncia troppo esplicita di colui che talerivendicazione soddisfò pienamente, vale a dire Paolo VI.

(26) D OM GUÉRANGER, op. cit. pp. 255-256-257.(27) J. R I L L I E T , Vatican II, échec ou réussite.

Ed itions génér ales S.A. 1964, pp.57-58, cit. in CELIER . La dimension œcum enique de la Réforme L iturgique .Fideliter , 1987, p.15.

(28) R A L PH M. W I LT G EN S.V.D .,  Le R hin se jettedans le Tibre, ed. americ. 1967. Ed. du Cèdre (ed.francese) 1976, p. 139.

(29) Ibidem pp. 25-28; 39-42; 135-139.(30) Ibidem p. 28.(31) Ibidem pp. 36-37.(32) Tutti i dettagli dell'opera di demolizione nello

scritto del suo autore principale agli ordini di Paolo VI,MO NS. A NNIBALE BUGNINI : La riforma liturgica (1948-1975). CLV - Ed. litur giche - R oma 1983. Specialmente:pp. 109-121.

(33) Certezza provata, è vero, a pa rtire dall'8 dic.1965. Ma fin dal principio del Pontificato l'aut orità d iPaolo VI può e deve essere messa in discussione, permotivi analoghi a quelli che ce la fanno negare a part iredal 1965.

(34) Ra rissimi perme ssi di usare il volgare nella l-iturgia di r ito latino furono a ccordati solo in certi p aesi

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di missione, nelle giovani Chiese, per favorire le conver-sioni, e non senza ripen sament i. Si può dire, anzi, chequasi sempre R oma ha negato, e quasi mai concesso, ledomandate autorizzazioni.

Per gli Slavi, fu concesso il volgare (parzialmente )da A driano II (870) proibito da G iovanni VIII (873,879) e po i dallo stesso permesso (880) ed infine del tu t-to vietato da Stefano V (885-887).

Per i Cinesi fu permesso da Pa olo V (1615) ma sen-za applicare tale facoltà, poi sempre e ripet utamen tenegata (1661, 1667, 1673, 1676-78, 1681-88, 1695-98).

Per gli Ungheresi, fu vietato da San Pio X [AA S, 4(1912) p p. 430,433] cfr. Enc. Cattolica, vol. VII, col.1379-1381, voce Lingua Litur gica.

OMELIA PRONUNCIATADA PADRE GUÉRARD DES

LAURIERS,dome nica 17 luglio 1977 nella chiesa di S.Nicolas du Chardonnet

Pubb lichiamo il testo inedito di una stori-ca om elia di Padre Gu érard des L auriers,  pronunciata nella famosa chiesa di saint   Nicolas, a Parigi, occupata dai fedelitradizionalisti il 27 febbraio 1977. La defini-amo “storica” perché è una delle prime testi-monianze della “Tesi di Cassiciacum” allorain elaborazione.Certo la tesi è stata precisata

in seguito e resa più rigorosa, ma l'intuiz ionedi fondo è qui già presente.Si sa che l'anima è la fo rma d el corpo, e

che il corpo senz a la sua fo rma è un cadav-ere. Paolo VI era un “cadavere” di Papa, pri-vo d i autorità… N aturalmente Padre G ué-rard no n fu più inv itato a predicare a saint  Nicolas! E per aver ripetuto pressapoco lestesse cose predicando un ritiro spirituale aE cône, due mesi dopo, fu allontanato dalseminario di M ons. L efebvre. Veram ente è preziosa agli occhi del Signore, la testimoni-anza dei suoi fedeli.

Sodalitium

“Pretiosa est in con spectu D om ini mo rssanctorum eius”.

Pretiosa est in conspectu D omini testimo-nium fidelium e ius.

È preziosa agli occhi del Signore la mortedei suoi santi, è preziosa agli occhi delSignore la testimonianza dei suoi fedeli.

Innan zi tutto vorrei ringraziare il reveren-do D ucaud Bourget, per avermi permesso diport are il contr ibuto della mia convinzione alrinnovamento della vita che n asce in qu esta

chiesa. Il Rev. Du caud Bou rget un te mpo fuMonsignore e forse torne rà ad esserlo. Non èvero forse che il passato fond a l 'a vvenire?

Sono certo di esprimere gli auguri di tutto l'u -ditorio sperando che Mons. Du caud Bourgetpossa animare a lungo questa parrocchia.

Pret iosa est in conspectu Domini morssanctorum eius.

Miei cari fra telli, il 17 luglio 1794, dunque183 anni fa, le carmelitane di Compiègne sali-vano sulla ghigliottina cantando il VeniCreator . Mano a mano che le loro voci sispegnevano, si affermava la testimonianzadella loro fede. Esse sono salite sul patibolocantando, esse sono morte cantando. Essehanno lavorato per D io cantando.

La parola, certamente; ma anche le azioni.Nel Vangelo che abbiamo app ena letto,

Ge sù ci dà, con le paro le, una lezione che èmolto simile a que lla che illustra il martiriodelle carmelitane d i Compiègne. Egli in effet-ti ci dice: “ Non sono tutti coloro che dicono:Signore, Signore, che entrano n el Regno deiCieli, ma coloro che fann o la vo lontà delPadre mio ch e è nei Cieli”. Osserviamo cheGe sù non dice: “Non son o coloro”; ma dice:“ Non sono tutti coloro ”. Ciò vuol dire che cisono effettivamente delle anime che dicono“Signore, Signore”, e che tuttavia entrano nelRegno dei Cieli. Nostro Signore non dice di

non pr egare, di non ad orare, di non passaretutto il tempo sulla terra dicendo “ Signore,Signore”; ciò che impedisce l 'entrata nelRegno è il fatto d i dire e di non fare.

Ecco qui, dunque, il comportame nto chenoi dobb iamo seguire: non solo affermare lanostr a fede con fierezza, con ferm ezza, maanche fare… Ed è ciò che voi fate poiché si-ete q ui riuniti, precisamente per affermare lavostra fede con l'at to più solenne che la testi-monianza comporta: partecipare cioè alSacrificio di Gesù.

Per capire meglio questa connessione che

esiste tra la paro la e l'azione, non c'è niente dimeglio per dei cristiani che sono creati ad im-magine di D io, che sono crea ti nel Verbo, cherisalire fino alla sorgen te, fino alla TrinitàSanta Santa Santa stessa, fino al Verbo di D ionel qua le tutti noi siamo stati creat i. E gli èconcepito nella luce, Egli è generato nella luce;e, pur tuttavia, l'inclinazione a produrre, il fat-to che p recisament e la Trinità è feconda , cheElla non è un mo nolito estraneo alla vita, mache è invece sorgente d i vita, nella quale ilRitorn o è identico alla Pro cessione, è questofare che si esprime nel Verbo di Dio; perché se

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il Verbo pro cede secondo la Luce e la Verità,Egli è generato nella tenere zza dell'amor e. IlVerbo di Dio che è ne l seno del Padre, è all'o -

rigine della processione de llo Spirito Santo,che è l'A more stesso. Ecco, dunque, in Dio,nel seno del mistero di D io, la Luce che è p re-sa in qualche maniera tra l'amore che la culla el'amore che ne è il frutto. E poiché ogni amorevuole testimoniare, poiché l'a more si mostranelle opere, perché si porta verso l'ama to, noivediamo così nel Verbo di Dio l' esatta coordi-nazione tra la paro la ed il fare. Il Verbo di Dioè par ola sussistente n ella quale si esprime lapienezza del mistero increato, ma il Verbo diDio, cullato nell 'amore è all 'origine del-l'amore, del grido: “Abba Pater”.

Noi possiamo, a partire da q uesto mode l-lo, da qu esto archet ipo, dal para digma percosì dire, della coor dinazione ne lla crea turatra la pa rola ed il fare, stigmatizzare o lodar etre comportam enti diversi concernent i il con-formarsi della pa rola con l' azione.

Ci sono innanzi tutto coloro che imitanoda molto lontano l'inclinazione che la NaturaDivina ha a genera re poiché ella è fecondità.

Costoro non si portano né verso la parola,né verso l'opera , cioè essi non giudicano pe r-ché non ne ha nno il coraggio; essi sono un po'turb ati dall'a ttuale situazione de lla Chiesa;essi soffrono a causa del loro compo rtamento

rel igioso, e provano anche un certo ma-lessere. Ma no n osano affrontare il terribilegiudizio che bisogna formu lare sulla situ-azione; e, ancora m eno, essi osano “ fare” pe raffermare la loro fede.

I secondi sono coloro che imitano ilVerbo di Dio, ma soltanto fino ad un cert opunto. Lo imitano appunt o in quanto E gli èParola, ma non lo imitano in qu anto E gli èPrincipio della Processione d' Am ore d elloSpirito Santo.

Sono qu elli che Nostro Signore stigmatiz-za, coloro che dicono ma non fan no, coloro

che nello stesso temp o non te stimoniano laVerità; non sono coloro che non hann o il cor-aggio di testimoniare la loro Fede che entra -no nel Regno, perché costoro non credo noveramente; essi “dicono”, ma non comebisogna dire; perché non si può m utilare ilVerbo di Dio. È allo stesso modo che E gli (ilVerbo) è generato nel la luce e che è alPrincipio della Processione d' Amore.

È allo stesso modo che dobbiamo a ffer-mare la nostra Fed e con le parole, e ancherend erne testimonianza con gli atti. Colorodunque che dicono ma non fanno, coloro che

si accontenta no di formulare un giudizio piùo meno severo sulla situazione, oserei dire, ungiudizio scomodo, costoro, non è vero chesiano figli in virtù d el Verbo, non è vero cheessi siano figli nel Figlio; essi imitano d a lon -tano la Verità e si potrebbe p ure dire che nefanno una parodia.

È pu re vero che risplende, persino nell'er-rore, l'inconfondibile marchio della verità; e inquesto senso, anche i sentimenta li che si fer-man o alla prima fase, anche gli indecisi o i

vigliacchi che si fermano alla seconda, testimo-niano, malgrado loro, la verità del Verbo d iDio che nasce nell 'Amore e terminanell'Amore; ma l'attitudine giusta è la terza, èquella che consiste nello stesso tempo nel dire,nell'adorare e nel fare, è quella che illustranomagnificamente le carmelitane d i Compiègne,esse che sono morte cantando.

Miei cari fratelli , la situazione dellaChiesa è attua lmente difficile, voi lo sape temeglio di me, la vostra pre senza qui testimo-nia l'ardore e la pure zza della vostra Fede. Ionon posso, poiché sono un pret e di passaggio

in mezzo a voi, che esorta rvi a continuare ; eciò con t utto il mio cuore. D evo tut tavia, lodevo alla Verità della quale sono l' apostoloper vocazione, esprimervi quali sono le mieopzioni personali concernent i questa situ-azione difficile.

Si è addotta troppo sovente, e si è inganna-ta così la bu ona fede di molti, l'a ffermazioneche noi dobb iamo “essere sottomessi” all'au-torità. Io mi acconte nto di osservare que sto.Un 'autorità che lascia fare tu tto ciò che voi s-apet e, e che voi sapet e meglio di me, non sipuò più supporre che essa non sia d' accordo

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Padre Guérard d es L auriers in una foto del 1972

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con ciò che viene fatto. Se veramen te l 'au -torità non fosse d'a ccordo, se veramente l'au-torità n on volesse ciò che succede, l'a utor ità

prende rebbe allora delle misure efficaci perimpedirlo. Anche se la situazione è difficile daabb ord are, il che non è impossibile ed io locredo da parte mia, essa prenderebbe a lmenodelle misure n on eq uivoche per far cessare ildisordine. Il fatto che l'autor ità ammet ta il dis-ord ine, e questo a tu tti i livelli, dalla Sedesuprema fino al posto subalterno, questo fattomostra in modo or a evidente, e sempre p iùevidente, che l'autorità è connivente. Ebbenese l'autorità introduce nell'ambito sacro, e nel-l'amb ito sacro per e ccellenza, delle cose am-bigue, che sono eq uivoche, la mia opinione eche io credo essere la verità, è questa: è impos-sibile che gli atti posti da questa autorità sianovalidi, perché n ulla può e ssere di Chiesa senon è conform e alle note della Chiesa. Ora laChiesa è, voi lo sapet e, Una, Santa, Cattolicaed A postolica. Non è po ssibile che una cosanon santa , che una cosa non vera, che una cosache sistematicamente, intenzionalmente, ècontraria alla verità, che una cosa che intro-duce nella Chiesa tutto il disordine che noi ve-diamo, che è semplicemente un 'astuzia perfondare u na falsa unità, poiché si tratta diun' unità che non è fond ata sulla verità, è im-possibile che un tale comportame nto sia di

Chiesa. Se dunque il compor tamento non è d iChiesa, la Messa, la Nu ova Messa in pa rtico-lare è invalida e tutti gli atti del SommoPontefice sono quanto meno dubbi.

Mi viene in mente un para gone forse unpo' macabro, ma voi lo sopporte rete. È suc-cesso, la moda è stata lanciata in A merica unaventina d i anni fa, e credo che sia stata segui-ta in Francia, non so se essa lo è a ncora, diconservare una sorta di caricatura di vita ap-parente per le persone che sono appenamorte. Lo scenario consisteva nel me ttere ilcadavere ne l luogo dove abitava la persona

defunta e a suonare alla presenza di questocadavere la musica che il defunto am ava, op-pure a recitare le opere che aveva eventual-mente scritto. Si prolungava, per così dire,con un' atmosfera fittizia, nella qua le la mortecontrastava brutalmente con la frivolità, la vi-ta che ap pun to D io aveva soppressa. Ci si s-forzava nei confron ti di queste pe rsone diavere l' illusione che esse vivessero ancora; manon c'era p iù dialogo; si trattava di cadaverisui quali si impon eva il marchio inelutta biledella morte, benché fossero posti su poltronedorate e per quan to sembrasse calda l'atmo s-

fera che veniva creata artificialmente.Di coloro che sono sedut i sulla cattedra di

Mosè, oserei dire che sono sedu ti, è vero,

sono ancora seduti ed ha nno diritto al nostrorispetto, e anche ciò è vero. Ma noi dobbiamoloro il rispett o che si deve ad u n cadavere.Essi non sono p iù capaci di porr e degli atti.Non po ssono p iù essere ne lla Chiesa e per laChiesa, un “soggetto morale” capace di porredegli atti suscettibili di essere r iconosciutinella Chiesa; perché h anno prevaricato. Essisi sono allontanat i dal buon camm ino e han-no usato d el la loro autori tà pe r introdurrecon l'ingann o delle cose che, contrar ie allaverità, riescono in effetti a tra rre in ingannotutt i i fede li.

Miei cari fratelli, le cose sacre sono sacre,esse sono sante. Nulla nella Santa ChiesaCatto lica può essere contra rio alla Santitàdella Chiesa. Tutt o ciò che si pre senta in u nmodo contrario alla Santità, non può esseredi Chiesa. E così si risolve e si risolve in unmodo sempre p iù chiaro, e mano a m ano chei giorni pa ssano la difficile questione che pre -occupa molti fedeli.

L' auto rità è al suo posto, le persone chehanno l'autorità hanno “ l'autorità”; ma non èpiù esatto, a causa del loro comporta mentoviziato, dire che esse siano an cora att e adesercitare questa “autor ità”. Ciò che dico im-

pegna soltanto me; i preti non sono tutti d' ac-cordo sul giudizio che bisogna formulare sullasituazione; ma ci tene vo ad app rofittare de l-l 'occasione che mi si è presentata peresprimere la mia convinzione.

Ricordo allo stesso modo, con la stessa con-vinzione, che non è po ssibile in una ba ttaglia,soprattut to in una battaglia così difficile comequella che noi dobbiamo condurr e, fondareun' azione su dei princìpi falsi, oppure anche ri-nunciare a causa di una falsa prud enza, ad e-nunciare i principi che sono necessari per fon-dare l'azione che perseguiamo.

La Messa, il Sacrificio che G esù sta per r in-novare in mezzo a noi, è una cosa santa, unacosa sacra; e voi sapete che in questa chiesa incui siamo riuniti è stata celebrata la me ssa n-uova, la cosiddetta messa nuova, questa messanuova che io non temo di paragonare ad unasorta di pornografia nell'ord ine teologale; unadegrad azione, una cosa immond a, una cosache non si dovrebbe nemmeno nominare, “necnom inetur in vobis” d ice S. Paolo. Ci sonodelle cose che, tra persone oneste e a maggiorragione tra cristiani, non si dovrebbero nom-inare; la cosiddet ta messa nuova fa parte d i

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quelle. Bisogna espiare pe r que ste pseudo-messe celebrate qui.

La M essa tradizionale, quella che noi sti-

amo per celebrare, quella alla quale voiparteciperete e che io celebrerò in PersonaChristi è una cosa santa e sacra. Che essa nu-tra sempre le vostre intelligenze ed i vostricuori! Continuate a venire numero si in questachiesa non pe r sfidare un' autor ità che in uncerto modo non e siste, non per l'attrazione d iuna religiosità, di una sentimentalità r eligiosache appartiene ad ogni essere umano, ma chenon è nemmeno il prodromo della fede, nonper sfuggire alle vostre responsabilità fonden-dovi collettivamente in u n gruppo un po ' tu-multuoso, ma veramente per pregare.

Un a de lle cose più do lorose nella falangeche noi formiamo è vede re qu anti dissensi cisono; ora qu esti dissensi vengon o tut ti al-l'origine dall'orgoglio e dall'egoismo. L'orgo-glio fa sì che ciascuno voglia a ttribu irsi l'-opera alla quale pa rtecipa; l'egoismo consisteradicalmente nel fatto che, invece di porta rciverso colui che amiamo, cioè verso Dio, versoil Cielo, invece di ciò, ciascuno pensa alle dif-ficoltà, alle contrarietà, che p uò incontra re,alle scomodità che comporta per lui lo statoattuale della Chiesa.

Tutto ciò è vero, e tutto ciò può essere con-sidere vole; ma infine voi lo sapete bene, da l-

l'esperienza quotidiana de ll'a ffetto, che quan-do si ama, ci si porta verso l'am ato. L'am oreconsiste ne l portar si verso colui che si ama ead an teporre il bene, gli interessi e a volte an -che i capricci di colui che si ama, prima de ipropri interessi. E più l'amore è intenso e deli-cato, e più discerne nell'ama to le più p iccoleten den ze, i più piccoli desideri, e più spon-taneamente, gioiosamente, sorvola le difficoltàche bisogna affrontare per soddisfare appuntol 'amato. O ra, miei cari fratelli, è D io che èl'amato, è Lui che ci ha ama ti per primo, ed èLui che n oi amiamo. La crisi della Chiesa, la

situazione disastrosa e tra gica nella quale citroviamo, è certamen te do lorosa, e molti losperimentano; ma chi lo prova di più se nonGesù che è il Capo, e Maria che è Madre dellaChiesa? Pensiamo a Loro.

Quan do venite qui ad adorare Gesù, di-menticatevi, dimentichiamoci, poniamociognuno come dentro u na parent esi, e metti-amo ci tut ti al servizio della lott a per la fedenell'u miltà, nella semp licità, nell'a more ; os-ere i persino dire, secondo la grazia di cias-cuno, secondo la te nerezza che D io ispirerànei no stri cuori di cristiani, per con solare

Ge sù che soffre molto più d i noi, infinita-mente più di noi, e che, benché E gli si trovinel Seno del Padr e e nella gloria, è tutt avia

nell 'attesa de i membri che costituiscono laChiesa militante, cioè di ciascuno di noi.Gesù certamente conosce l'esito degli avveni-menti e la Vittoria che Egli riporterà, nel tri-onfo di Sua Madre ; ma tuttavia all 'inalter-abile possesso e godimento della gloria simescola, per così dire, una specie di a ttesadoloro sa rispett o ai membri che noi siamo erispetto a i molti peccatori che in effetti sidannano.

Essi si dannano certamente p er colpaloro, per loro colpa per primi, ma anche percolpa delle cattive guide, dei cattivi pasto ri.“Voi li conoscerete dai loro frutti”, noi liconosciamo da i loro fru tti. È impossibile cheun albero bu ono pr oduca dei frutti cattivi.Piantato in un ter reno cat t ivo, un alberobuono m uore, ma non produ ce mai dei frutticattivi. Non possiamo pe rciò imputare i disor-dini di cui siamo spe ttat ori afflittissimi, nonpossiamo imputar li ai mali dei tempi o ad og-ni sorta d i cause estrinseche. No, i mali dellaChiesa, derivano da l fatto che a ll'origine, alculmine c'è un a viziosità radicale che der ivadallo spirito di Satana che è il pad re de llamenzogna, e non dallo Spirito Santo che è loSpirito di Verità.

Miei cari fratelli, concluden do, gettiamolo sguard o di nuovo sulle parole che G esù ciha indirizzato, e sui grandi esempî che Egli havoluto lasciarci nella person a de i suoi Santi.“Pret iosa est in conspectu Domini morsSanctorum ejus”.

È preziosa agli occhi del Signore la mortedei suoi Santi, la morte di que ste anime con-sacrate, di queste deboli donne e tu ttavia cosìforti che han no unito la paro la all'azione el'azione alla parola, che sono state veramentele spose del Verb o, come lo è sta ta Ma riastessa.

Sforziamoci, discretamente ma ferma-mente di formulare il giudizio che d obbiamoporta re sulla situazione, nella luce della san-tissima Fede. Sforziamoci, con intrepidità, concoraggio, con semplicità e anda ndo fino infondo a noi stessi, fino all'estremo delle nos-tre forze, “usque ad mortem” se Dio ce lo do-mand a, di unire la testimonianza de ll'a zionealla profondità della convinzione.

“Pretiosa est in conspectu D om ini mo rssanctorum eius”.

Pretiosa est in conspectu D omini testimo-nium fidelium eius. Amen.

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UN CONFRONTO TRALA LEGGE D I MOSÈ E LA

LEGGE EVANGELICA,SECOND O S. TOMMASO

D'AQUINO.di don Curzio Nitoglia

Prima di scrivere l' articolo sulla Càb alaspuria, mi sembra doveroso r icorrere a S.Tommaso d 'A quino - il Dot tore Co munedella Chiesa cattolica - per p recisare q ualisiano i rapp orti tra A ntico e Nuovo Testa-mento e quali differenze intercorrano tr aLegge Mosaica e Legge talmudica.

«IL TA LMU D ne lla sua forma at tu aleNON È la LEG GE ANTICA, ma una so-pra vvivenza giuridica, razziale e religiosad' Israele carnale che ha rifiutat o il Cristo epersiste in ta le r i fiuto. ESSA È ESSEN-ZIALME NTE REDATTA IN VISTA DELM A N T E N I M E N T O D E L L A S U P R E -M A Z I A D E L ' P O P O L O E L E T T O ' SU LCRISTIANESIMO. . . . LA LEGGE TAL-

MUD ICA... . È TU TTA INTE RA IN UNOSTATO DI RIFIUTO POSITIVO RISPET-TO A LLA VOCA ZIO NE o missione spe-ciale che IL POPOLO EBRE O HA RIG ET-TATA . L'inten zione d ella Legge giudea at-tuale, espressa nel Talmud, è qu indi radical-mente viziata a causa del suo f ine che èsoltanto il dominio tempo rale del mondo»(JE A N-D A N I E L G R A N V I L L E ,   Le mystèred'Israel et la tentative de giudaisation ducatholicisme , Action fam iliale et scolaire,supplément au n° 66, p. 19, p. 30).

«Non si può ne gare che la letter atura ta l-

mudica si esprimeva qua nto a Cristo ed aisuoi fedeli in modo tale che per fino gli ebreicolti dei nostri giorni ne a rrossiscono» (J. M.L A G R A N G E , o.p.,  L e Messianisme chez les

 Juifs, Paris, 1909, p. 290).«Qu este nar razioni ingiuriose ed il timore

che gl i ebrei , inserendo nel la Bibbia latrad izione d el Talmud... corro mpessero il de-posito del vecchio Testamento, indusseroGregorio IX a dare ordine ai Vescovi diFrancia [9 giugno 1239]... di ritirare dalle sin-agoghe, con l ' aiuto de l braccio secolare seoccorresse, tutti i libri dei giudei e d i gettare

nel fuoco quelli inficiati d'errore» (P.E UGENIO MARINO, o.p., La Somma Teologi-ca com m entata dai Do m enicani italiani, ed.

Salani, Firenze 1977, p. 163).S. Tom ma so stesso scrive ne lla S u m m acontra Gentes : «Viene così confutato l'er rorede i GIUDE I i qua li NEL TALMUD AF -FERMANO CHE D IO TALOR A PECCAE SI PUR IFICA DAL PECCATO» (ContraGentes, lib. 1°, cap. 95 , 4).

P e rc iò LA LEGGE TALMUDICA ÈESSENZ IALME NTE CATTIVA in quantoESSENZIALMENTE ANTICRISTIANA;mentre la Legge Mosaica è buona ma imper -fetta in quan to pre parava al Cristo: e qui las-cio la pe nna a S. Tommaso p er dimostrar lo espiegare il significato d i tale asserto, citando -lo liberame nte e cercando di fare il sunto diogni articolo de lla Somm a Teologica.

S. Tommaso divide la Legge divina inLegge Antica (I-II, qq. 98-105) e Legge Nuova(qq. 106-108). La Legge A ntica è suddivisa inPRE CETTI MO RA LI (q. 100), precetti CE-RI MO NIA LI (qq. 101-103) e precetti SO-CIALI o GIUD IZIA LI (qq. 104- 105).

«Ogni argomentazione de ll'A quinate traeispirazione e valore dalla FUN ZIO NALIT ÀPROVVISOR IA, PEDAGOGICA, FIGU-RATIVA D ELLA LEG GE MOSAICA INRAPPORTO ALLA LEGGE EVANGE LI-

CA , cioè a Cristo fine della Legge (Ro m. X,4)» (Com mento dei Do m enicani italiani allaSomma Teologica, Salani, Firenze 1965, vol.12, p. 183). «Il Do tto re A ngelico distinguesubito nella Legge CIÒ C HE GIU STIFICAo che salva e CIÒ CHE NON PU Ò G IUSTI-F ICAR E» ( JE A N-D A N I E L G R A N V I LLE ,  L em ystère d'I sraël et le tentative de judaïsationdu catholicisme, op. cit., p. 12).

Per comod ità del lettor e riassumo l'a rgo-mentazione di S. Tommaso.

LA LEGGE DI MOSÈ ERA BUONA MA

IMPERFETTA (I-II, q. 98, a. 1).Una legge è buona se concorda con la retta

ragione. La Legge An tica repr imendo le con-cupiscenze contrarie a lla ragione (Exod., XX,15) e proibendo tutt i i peccati, concordava conla ragione ed era qu indi buona. Bisogna perònotare con S. Dionigi che la bontà ha gradi di-versi: vi è un bene perfetto e d un ben e imper-fetto. La bontà d i un mezzo ordinato a l fine èperfetta se il mezzo è capace da sé di farci rag-giungere efficaceme nte il fine. Il mezzo saràinvece imperfetto se coopera soltanto al rag-

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La questione ebraica

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giungimento del fine, ma non basta da soloper raggiungerlo. (Per esempio una medicinaè perfet tamente buon a se da sola basta a

guarire il malato; invece sarà imper fetta sebasta solo a dargli un sollievo senza guarirlo).O ra la Legge divina ha come scopo di con-durre gli uomini alla felicità etern a e ciò pu òessere impedito da qua lsiasi peccato non soloesterno ma anche interno. Non basta quindialla perfezione de lla Legge divina proibire ipeccati esterni e stabilire delle pene, ma essadeve rendere l'uomo perfettamente idoneo araggiungere la felicità etern a. Ora ciò puòavvenire soltanto me diante la grazia de lloSpirito Santo. Ma L'A NTICA LE GG E NO NCONFERIVA LA GRAZIA, ciò era riserva-

to a l Cristo; infatti S. Giovan ni scrive “ L a L egge è stata data da Mosè, la grazia e la veritàsono v enute da Gesù Cristo” ( Jo. I, 17). LaLEGGE ANTICA È QU INDI BUONA MAIMPE RF ETTA , come dice anche S. Paolo:“ La L egge non ha portato nulla a perfezione”(Ebr. VII, 19).

In breve S. Tommaso sostiene che laLEGG E D ELL'ANTICO TESTAMENTOF ACEVA CONOS CERE CIÒ CHE ÈBENE E CIÒ CH E È MALE, ma SOLOL'INCARNAZIONE, PASSIONE EMORTE DI G ESÙ CRISTO VALGO NO A

GIUS TIF ICAR E L 'UO MO e a DARG LIL A F O R Z A D I FA R E I L BE N E E F U G -GIRE IL MALE, ossia di osservare la Legge.

Solo la Legge Nuova può o ttener ci l'etern itàfelice, infatti essa è la grazia dello SpiritoSanto per i meri t i di Nostro Signore G esùCristo. La Legge A ntica non pot eva conferiredi suo la grazia santificante, pot eva solo con-tribuire, in mo do estrinseco, a farci ottenere ilfine ultimo. Infatti, nella risposta alla secondaobiezione S. Tommaso d ice che la LE GG EANTICA UCCI DE VA, non come causa effi-c iente ma SOLO COME OCCASIONE,poiché, ESSEND O IMPERFE TTA, NONCONF ERIVA LA GRAZIA CON LAQUALE GLI UO MINI AVREBBERO PO-TUTO ADEMP IERE QUELLO CHE LALEG GE COM AN DAVA o evitare ciò cheproibiva. Tale obiezione verr à poi ripresaqualche secolo dopo da Lutero quando affer-mava (falsando S. Paolo) che la Legge (anchela Nuova) è causa efficiente de l peccato. IlCon cilio di Tren to - basan dosi sulla Somm aTeologica - rispose e definì che la Legge è so-lo OCCASIO NE D I PECCATO, o meglioancora la Legge NON è neanche OCCA-SIONE D IRE TTA D I PECCATO, piuttostoSONO GLI UO MINI CHE P REND ONOmotivo o OCCASIONE DI PECCATO IN-DIRE TTAMENTE DALLA CO NOSCEN-

ZA DE LLA LEG GE se non implorano lagrazia di osservarla.Ci si potrebbe chiedere perché D io, preve-

dendo che l'uomo avrebbe abusato della Legge,l'ha pr omulgata lo stesso? La r isposta è sem-plice. Affinché l'uo mo, conoscendo meglio lamalizia del peccato, a causa della promul-gazione della Legge che già era inscritta ne lcuore umano, diventasse al tempo stesso con-scio della propria debolezza, indegnità ed insuf-ficienza; ed umiliato imparasse a porre tutt a lapropria speran za in Dio. “Come la consapev-olezza della malattia e l'insufficienza de ll'am-

malato sono forti motivi per r ichiedere il medi-co, così la conoscenza del peccato e della pro-pria debolezza lo sono per costringere a cercareCristo” (S. THO M., Ad. Gal., c. 3, lect. 8).

«La concezione teologica della bontà del-la Le gge A ntica, ...differisce essenzialmenteda quella del l'e braismo contem poran eo eposteriore a Cristo! GLI E BRE I infatti, DI-M E N T I C A N D O L ' E S E M P I O D E LP A D R E A B R A M O E D E G L I A L T R IS A N T I D E L L ' A N T I C A A L L E A N Z A ,CHE RICERCAVANO LA GIUS TIF I -CAZ IO NE n ella Promessa divina, e cioè

 Mosè, legislatore del popolo ebraico. (Michelangelo)

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NELLA FED E (nel CRISTO VENTU ROn.d.r.) [cfr. Ebr. c . XI] , HANNO MIS-CONOS CIUTO IL BIS OGNO DELLA

G R A Z I A D I V I NA E N O N H A N N O A T -TES O LA GIUS TIZIA CHE DALLALORO OS SERVANZA DELLA LEG GE,cioè in definitiva DAL LOR O SFOR ZO U-MA NO... La Legge pertanto per se stessabuo na e d utile (S. TH O M., A d Hebr ., c. VII ,lect. 3), perché capace di condur re al bene,rimuovendo per e sempio il pericolo dell 'i-dolatria (S. THOM., Ad Gal., c. III, lect. 8 - II-II, q. 98, a. 2), non portò i suoi frutti. Può ac-cadere difatti, nota S. Tomma so ( I ad Tim ., c.I, lect. 3), che si usi in ma lo modo del ben e;occorreva quindi che gli uomini si servisseroret tam ente d el la Legge. Ma questo non siverif icò storicamente (quanto ai giudein.d.r . ) , perché fu chiesto al la LEGGE,STRUMENTO BUO NO ma IMP ERF ET-TO, quello che non possedeva, e cioè la gius-tizia salvifica di D io, che è d ono gratu ito( Rom . III, 24).

«L'IMPERFEZIONE DELLA TORA H,il non poter rendere l'uomo idoneo alla felicitàeterna in quanto non adatta a conferire di suola grazia, NON DEVE ESSER E PE RÒ POR-TATA A CONSEGU ENZ E ESTREME , chequasi vanificano il dono e la bontà della Leggemosaica, e divengono offensive della

Provvidenza divina. Occorre riconoscere abase de l dono de lla Legge A ntica la positivaVolontà di D io di condurre l'uo mo alla veragiustizia; Volontà che supp one necessaria-mente l'aiuto, il soccorso interiore della graziadivina, che ha fatto germinare anchenell'A ntico Testame nto, uomini santi... Gliisraeliti pertanto “mediante la Fede nelSalvatore ” (venturo ndr) ed… “osservando laLegge”, si disponevano a lla grazia e po tevanoessere giustificati... Il Concilio di Orange [529]afferma espressamente che la Fede insigne lo-data dalla Sacra Scrittura (Ebr ., c. XI) del gius-

to A bele, di Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe edi tutt a la moltitud ine degli antichi Santi, fufrutto della grazia di Dio ( cf. De nz. 199) »(Commento alla Somma Teologica dei

 Domenicani italiani , op. cit., p. 184, nota 1).S. Paolo stesso, sotto dettatura dello

Spirito Santo, ha scritto: “ Non è di chi vuolené di chi corre” ( Rom . IX, 16), volere e cor-rere nei comandame nti di Dio “m a è operadella Misericordia di Dio”. Perciò NON ER APOSSIBILE OSSERVARE LA LEGGE(correr e nella via dei coman dame nti di Dio)SENZA L'A IUTO DELLA GRA ZIA, CHE

LA SOLA LEG GE ANTICA NON DAVA.S. Tommaso ha tratta to que sto tema an chenella I-II, q. 91 a. 5 in cui spiega che la

LEGG E DIVINA NON È U NA SOLTAN-TO M A DU PLICE. Infatti come insegna S.Paolo “ Mutato il Sacerdozio, deve mutare an-che la Legge” (E br . VII, 12). Ma pr oseguel'A quinate, sviluppan do il dato rivelato, ilSacerdozio è duplice (come dice S. Paolo stes-so 11 ss), levitico e cristiano. Pe rciò è dup liceanche la Legge divina Antica e Nuova.

Nel corpo dell'a rticolo S. Tomm aso ci dàla ragione teologica d ell'asserto. Due cose -spiega - possono distinguersi tra loro in duemodi. Primo come cose di specie diversa (ilcavallo e l'u omo). Secondo come due e ntità,della mede sima specie, di cui una è p erfetta,l 'al t ra è imperfet ta ( l 'uomo e i l bambino).Eb bene la Legge divina si distingue in A nticae Nuova, proprio in questo secondo mod o.Ecco perché l 'Ap ostolo paragona lo statodella Legge A ntica allo stato di un bambinosottoposto al pe dagogo (la Legge mosaica);mentre paragona lo stato della Nuova Leggealla condizione di un uomo adulto no n piùsoggetto a pedagogo (la Legge mosaica) maa Cristo stesso.

“La Le gge A ntica funge da pedagogo inordine a Cr isto - commentano i Domenicani i-taliani - la Legge Antica e la Legge Nuova

non sono du e leggi specificamente diverse(come il bue e l'uomo ndr), ma sono un 'unicalegge secondo un diverso grado di perfezione(un bambino ed un uomo ndr). . . C'È quindiUN'ES SENZIALE CONTINUITÀ TRAVECCHIO E NUOVO TESTAMENTO: ES-SI SONO DU E MO MENTI DISTINTI DIUN'UNICA ECONOMIA DELLASALVEZZA” (op. cit., p. 55, nota 2).

“La Fed e do veva essere r ivelata nel lapienezza dei tempi: - scrive il padre Prat S.I. -essa ra ppresenta l'età maggiore dell'umanità,e il regime d ella Legge ne è pe r conseguenza

l 'infanzia. . ..Prima della venu ta di Cristo,l'uom o era minor enne e p upillo, e la Leggeera il suo ped agogo e il suo tutor e” (F. PR AT

S.I., L a teologia di San Paolo , S.E.I ., Tor ino1928, I vol. p. 174).

LA LEGGE A NTICA , BENCHÉ FOSSEIMPERFETTA , PROVENIVA DA D IO, ENON DA L PRINCIPIO DEL MALE (a. 2)

LA CHIES A, P UR INS EGNANDOL'IMPERFEZIONE DELLA LEGGE MO-SAICA, HA SEMP RE CONDANNATO

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COLORO CHE LA RITENGONO ESSEN-ZIA LMEN TE CATTIVA, quali ad esempioi manichei, gli gnostici, i cabalisti ed i ne opa -

gani, che la fanno derivare da un p rincipiomalvagio.Nel corpo de ll'a rticolo secondo, l'A ngelo

della Scuola, scrive: l'Antica Legge fu data daun D io buono, Padre di Nostro Signore Ge sùCristo. Infatti la Legge An tica guidava gli uo-mini a Cristo in due maniere. Primo dandotestimonianza a Cristo, secondo com e unapred isposizione; poiché ritrae ndo gli uominidal culto ido latrico, li raccoglieva nel culto de lvero Dio. Ora è evidente che predisporre alfine e condu rre a codesto fine, appar tiene adun p romoto re unico, che agisce da se stesso, omediante i suoi ministri. (Infat ti il diavolo nonavrebbe po tuto da re la Legge, che dovevacondurre gli uomini a Cristo, che lo avrebbe s-confitto). Perciò la Legge A ntica è stata datadallo stesso Dio dal quale è stata compiuta lasalvezza degli uomini mediante la Passione ela grazia di Cristo.

Possiamo concepire cioè la storia del-l'um anità, come il pellegrinaggio degli uomi-ni verso il Paradiso, sotto il coman do d i di-versi capi. Le diverse mete raggiunte da i pel-legrini, non sono strade diverse o contr arie;ma soltanto tappe successive di un' unica via,ognuna de lle quali è buona in qua nto ci ha

dato la po ssibilità di avvicinarci al ter mine.Così i vari capi, erano tu tti agli ord ini di Dio(che ha r innovato la promessa ad Ada mo,Noè, A bram o, Isacco, G iacobbe, Mosè). LALEG GE ANTICA È quindi UNA PARTEO UNA TAPPA D EL PELLEGR INAGGIOSTABILITO e preordinato DA D IO versoCristo e il Parad iso. Mosè è guida di tale pel-legrinaggio “ in v ia ad Patriam ”, fino a ll'in-contro con l 'eterno Capo i l Re CelesteNostro Signore G esù Cristo che ci ha ape rtole porte d el Cielo.

LA LEG GE MO SAICA È perciò L'UL-

TIMO TRATTO DI UN P ERCORS OBUONO MA A NCORA IMPERFETTO EP REP ARATORIO, P ORTATO A P ER-FEZIONE DA NOSTRO SIGNORE G ESÙCRISTO O DALLA LEGGE EVANGE LI-CA , che ci ha introdo tto nella Geru salemmespirituale (la Chiesa cattolica) in attesa difarci entrare in quella celeste (il Paradiso) al-la fine de lla nostra vita e d el mondo. Ap pareperciò chiara l 'ARMONIA, la COM-P LEMENTARITÀ e l a CONTINUITÀDE I DUE TES TAME NTI , P UR NE LLAVAR IE TÀ D I TAPPE e di capi-pellegrinag-

gio, come a ppa re chiara la continuità tr a lavita della grazia e la beatitudine eterna delPara diso. Se “gratia est semen gloriae” si può

dire anche a ragione “ Anticum Testamentumest semen Novi”.S. Tomm aso pro segue, rispond end o alla

prima ob iezione (che così afferma: le ope redi Dio sono pe rfette. Ora la Legge Ant ica èimperfe t ta . Quindi non è o pera di D io) .Nulla impedisce che una cosa non sia assolu-tamente per fe t ta , pur essendo per fe t tarispet to ad un da to tempo (ad esempio unbambino pu ò dirsi perfet to no n assoluta-mente, in quanto non è an cora un uomo, marelativamente, rispetto alla sua età). Ed an -che i precetti che si dann o ai bamb ini pos-sono essere perfet t i per la condizione de idestinatari, sebbene non lo siano in senso as-soluto. Tali erano i precetti della LeggeA ntica, infatti S. Pao lo scrive “ L ex peda-gogus no ster fuit in Christo” (Gal. III, 34).

“Il modo di agire di Dio ap pare spessissi-mo n ella S. Scrittura ... come e ducazione d elpopolo prescelto a vivere ed ad at tuare l 'e-conomia d ella salvezza, che si matur a lenta -mente con il decorre re de l tempo. Jahvè sicomporta con gli Israeliti come un padre coni suoi figli: Egli dà lor o insegna me nti e cas-tighi per indurli a seguirlo ne lla Fede e ne l-l'osservan za della Legge... La peda gogia div-

ina, .. .ha subìto n el Nuovo Testame nto u ncambiamento... Il peda gogo dell 'economiadella grazia ( Nuovo Testamento n dr) , chedeve rivestire i cristiani dell'u omo n uovo,farli crescere allo stato di uomo perfet to finoa raggiungere la misura della piena statura d iCristo, così da n on e ssere più fan ciulli sbal-lottati..., non può essere più LA LETTE RA ,la voce esteriore del la Tôrah; ma un A-GE NTE, che opera con un' azione interiorenon m ortificante. Difatti l'e ducator e dellaNuova Legge è LO SPIRITO SANTO, chevive n ei cuori de i fedeli (G al. IV, 6)” (Com-

mento alla Somma Teologica dei Domenicaniitaliani, op. cit., p. 190, nota 2).R isolvendo la seconda obiezione il Dot-

tore A ngelico afferma che la LEGG E A NTI-CA È STATA ABR OG ATA, essendo venutoil tempo de lla pe rfezione della grazia (conNostro Signore Gesù Cristo) , NONP ERCHÉ CATTIVA, ma P ERCHÉ DE -BOLE E INUTILE PER QU ESTO TEMPO(in quanto non può dare la grazia del loSpirito Santo, che è frutto della Re den zionedi Nostro Signore ). An che S. Agostino nel' De vera religione' c. XVII, aveva scritto pres-

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sappoco la stessa cosa: “A lcuni a sserisconoche l'A ntico e il Nuovo Testamento non p os-sono de rivare da u n un ico D io... Ma costoro...

potrebbero in tal modo anche negare la possi-bilità che un giustissimo pad re di famiglia, as-segni a schiavi, meritevoli di una severaservitù, mansioni diverse da quelle assegnatead altri, che si degna di ad ottar e come figli...Opp ure si potrebbe r itener strano che unostesso medico, per far recu per are la salute,ordini per mezzo dei suoi assistenti ad am -malati più d ebo li alcune m edicine, ed e gli inpersona ne prescriva altre ad am malati menodeboli. Come dunque la medicina, rimanendola stessa, cambia le sue prescrizioni secondo ildiverso stato degli ammalat i, ... così la divinaProvvidenza, pur r imanend o del tut to im-mutabile, viene in aiuto in vari modi alla crea-tura mute vole, e, secondo la differen za dellemalattie, ordina e proibisce cose diverse”.Dio, tramite Mosè ha q uindi dato agli ebrei,che erano più imperfetti , una m edicina piùforte; mentre D io stesso ha d ato a i cristianiuna med icina d'am ore e men o forte, essendovenuto il tempo della pienezza e d ella per -fezione, con l'Incarnazione del Verbo.

Alla terza obiezione, S. Tommasor isponde che DIO VOLLE DAR E U NALEGG E (A NTICA) CHE NON DAVA LAF ORZA P ER ES S ERE OS S ERVATA,

AF F INCHÉ GLI UOMINI P RES UNTU-OSI SI RICO NOSCESSERO PECCATORI,E R I C O R R E S SE R O U M I L M E N TE A L -L'AIUTO DELLA GRA ZIA.

S. Agostino scrive: “La Legge fu dataaffinché venisse ricercata la grazia” ( De Spi-ritu et littera, c. XIX).

Ed infine alla q uarta difficoltà l'A ngelicor i sponde ancora che SEBBENE LALEGGE ANTICA NON BAS TAS S E ASALVAR E, VI ERA UN A LTRO A IUTOOFFERTO DA DIO AGLI UOMINI PERP OTERS I S ALVARE: LA F EDE NEL

ME SSIA VE NTU RO, che giustificava (se in-formata dalla Carità) gli antichi Padri, comegiustifica noi che cred iamo n el Messia giàvenuto. Quindi Dio non fece per nulla man-care a gli uom ini, in ogn i epoca, gli aiuti ne c-essari per la loro salvezza.

“LA LEGGE MO SAICA ERA IMPO-TENTE A GIUS TIF ICARE, NON NELSENSO CHE NON CONFER ISSE ALCUNAIUTO IN RAPPORTO A LLA GIUSTIFI-C A Z I O NE , M A SO L O I N Q U A NT O IS UOI MEZZI DI S ANTIF ICAZIONENON PO SSED EVANO IN SE STESSI LA

GRAZ IA COME QUELLI DELLA NUO-V A L E G G E ” (Commento al la SommaTeologica dei Dom enicani italiani , op. cit.,

p.192, nota 1).Mons. Spadafora scrive: “Per un piccoloresto di ebr ei, guidati dalla Legge abbinataalla grazia, ottenuta mediante la Fede nellaPromessa divina, la Le gge fu un m ezzo disalvezza... Ma pe r la massa de gli ebre i, a mo-tivo di una deviazione farisaica... che si lusin-gava di po ter raggiungere la giustizia senzabisogno della grazia, la Legge era un me zzodi perdizione, un giogo insopporta bile d'in-nume revoli e minute p rescrizioni... un con-tinuo inciampo n ella vita mo rale e re ligiosa,che doveva essere eliminato da ll'econom iacristiana” ( Diz ionario biblico, ed. Studium,Roma 1963, 3ª ed., p. 369).

LA LEGGE ANTICA FU DATA MEDIAN-TE GLI ANGELI, POICHÉ A DIO SOLTAN-TO ERA RISERVATO D I DARE D IRETTA-MENTE LA LEGGE PERFETTA (a. 3)

Nel corpo dell 'articolo t roviamo scrittoche la Legge Antica era imperfet ta, madisponeva alla salvezza perfetta d el genereumano, che sarebbe venuta sol tanto daCristo. Ora in tu tte le gera rchie si osservache il superiore compie l'atto perfetto e prin-

cipale da se stesso; mentre compie le fun-zioni che predispongono al l 'ul t ima per-fezione servendosi dei suoi dipenden ti (ad es.il costruttore di navi compàgina la nave da sestesso; mentre si serve degli operai perpreparar e i pezzi della nave). Quindi con-veniva che la Legge perfet ta del NuovoTestamen to fosse data direttam ente da D iofattosi uomo; e che la Legge Ant ica imper-fetta fosse dat a agli uomini da D io medianteil minister o de gli A ngeli. S. Paolo ste sso harivelato che D io nel Nuovo Testamen to “ lo-cutus est nob is in F il io suo”, invece nel-

l 'An tico Testamento “est sermo factus per  Angelos” (Ebr. I, 2 - II, 2).Secondo i commentatori tomisti un Angelo

apparve nella figura di Dio, contraffece le vociche venivano udite, pronunciò i comandamentie li trasmise a M osè. S. Tomm aso stesso inquesto articolo scrive: “quasi ex persona

 Dom ini A ngelus loquebatur ” (ad 1um). PerciòMosè non vedeva l'E ssenza di Dio, che gli det-tava la Legge, e perciò non veniva ammaestra-to direttamente da Dio. Quindi l'affermazioneche Dio parlava a Mosè “ faccia a faccia” (Ex.XXXIII, 11), riporta l'op inione del popo lo, il

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quale pensava che Dio parlasse a tu per tu conMosè, quando gli parlava attraverso unAngelo (ad 2um).

LA LEGGE A NTICA D OVEVA ESSEREDATA SOLTANTO AL POPOLO EBREO,PERCHÉ CONVENIVA CHE QUEL PO-POLO DA CUI DOVEVA NASCERECRISTO, SI DISTINGU ESSE PER SA N-TITÀ (a. 4).

Tale articolo deve essere visto second o ildogma de lla Pred estinazione, di cui è un' ap-plicazione storica al popolo e bra ico. S. Paolone ha p arlato nell'epistola ai Roman i (cc. IX- XI) ove ci rivela il piano de lla Volont à diDio che ha voluto per metter e che gli ebreinon fossero fedeli alla loro vocazione. Comeanche per Giuda Dio ha voluto permetter eche non G li fosse fedele, pur avend ogli datola grazia sufficiente p er n on peccare. MaGiuda peccò per colpa sua e non si rialzò. SeD io gli avesse dat a la grazia efficace, Giudapur re stando l ibero di r i fiutare i l dono diD io, l iberam ente ma infal libilmente n onavrebbe perseverato nel rifiuto.

Il principio da cui parte S. Paolo riguardoalla vocazione persa dai giudei suoi “congiun-ti second o la carne” ( Rom . IX, 1), è la liberascelta di Dio, il quale può scegliere chi vuole e

come vuole . ISRAELE HA RICEVUTOUNA VOCAZIONE SPECIALISSIMA,mantenere il culto dell 'Unico Vero Dio el'osservanza della sua Legge e dare nascita alMessia. QUESTA SCELTA, come ognielezione, NON PR ESUPPO NE DA PARTEDI CHI È SCELTO NESSUN MERITO[l'amo re di D io amandoci ci rende buoni, enon è perché siamo buo ni che Dio ci ama:questo è il cosiddetto principio di predilezionedel sistema tomista. Per cui se uno è più santodi un altro, è perché D io lo ha am ato di più,dand o per ò all 'altro il sufficiente second o

giustizia pe r salvarsi. “Cosa hai tu che non ab-bia ricevuto da D io - esclama S. Paolo - e se lohai ricevuto perché te ne glorifichi come se fos-se il tuo? ”( I Cor . IV, 7)].

«Anche q uand o Dio si sceglierà un a razzacon la promessa fatta ad A bramo, Egli non in-tende e leggere tutti quanti ad essa apparten-gono. Iddio infatti preferisce Isacco adIsmaele... G iacobbe a d E saù... cosicché “ Nontutti i discendenti d'Israele sono Israele (secon-do lo spirito); né perché progenie (carnale) di

 A bramo, tutti ne sono figli (second o la Fede)”( Rom . IX, 7-8). In realtà è avvenuto che pochi

israeliti - solo “un resto” - conseguirono econseguono i benefici della Promessa... PerciòIsaia eleva il triste lame nto : “Tutto il giorno

stesi la mano ad un popolo incredulo e ribelle”(Is. LXV, 2)» (Commento al la SommaTeologica a cura dei Do m enicani italiani, op.cit., pp. 196-197, not a 1).

S. Tommaso, in seguito, a con ferma, cita ilDeuteronomio “Sappi - dice il Signore aIsraele - che NO N PER I TUOI M ER ITI t iho dato in possesso qu est'ottima terra, es-sendo tu un p opo lo di durissima cervice”(Deut. IX,6) e S. Paolo che ricorda che “ad 

 Abramo furono annunziate delle promesse, alui e AL SUO SEM E ” (G al. III, 16) r ilevache non è detto “ai suoi discende nti”, comese fossero molti; ma “A L SUO SEME ”, valea d i r e AD UNO S OLO “E QUES TI ÈC R I ST O ”! P er ciò D I O E L A R G Ì L ALEGGE AL POPOLO E BREO SOLTAN-TO, PER LA PR OME SSA FATTA A I PA-TRIARCHI CHE DA ES S I S AREBBENATO CR ISTO. Infat t i era giusto che i lpopolo dal quale sarebbe nato i l Cristoavesse u na santità pa rticolare... Tuttavia u natale prome ssa (che il Cristo sarebbe nato d alsuo seme) non era dovuta ai meri t i diAbramo, ma ad un'elezione e vocazioneGR ATUITA da par te di Dio (“Qu ia Deusbo nu s est, effu dit bon itatem in creaturis”) .

Dun que è evidente che “ex sola gratuita elec-tione Patres prom issionem acceperunt”.Nella soluzione della prima difficoltà

l 'A ngelico argome nta: sebbene la salvezzache doveva venire da Cr isto fosse preparataper tu tte le genti, era tutta via necessario cheCristo nascesse da un de terminato popo lo, ilquale per questo eb be sugli altri delle pre -rogative; e se uno insistesse a d omand areperché D io ha scelto il popolo ebre o e nonun al tro, s i r isponderà con S. Agostino:“Perché at t i r i questo e non q uello, se nonvuoi sbagliare, non giudicare ” (Super Joan.,

tract. XXVI ). Ed in ciò non c' è né ingiustiziané favori t ismo da parte di Dio (ad 3um)poiché “tutti que lli che Dio am maestra, lo faper p ura m isericordia; e que lli che no n am-maestra, lo fa per giustizia” (S.A U G .,  D ePraedestinatione Sanctorum , c. VIII).

Nella QUESTIONE SUCCESSIVA (99),i l Do ttor Com une trat ta dei Precet t i del laLegge di Mo sè; negli art icoli 2,3,4 tratta deiprecetti morali, cerimoniali, e sociali ogiudiziali. Vediamo l'insegnamento tomistasui precetti mora li.LA LEGGE D I MOSÈ CONTENEVA A N-

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CHE PRECETTI MORALI, PER LASANTIFICA ZIONE D EL POPOLO, CHESI RIANNODAVANO A I DIECI COMAN-

DAMENTI (q. 99, a. 2)

Nel corpo d ell'articolo leggiamo che l'in-tenzione pr incipale de lla L egge divina è d istabilire l'amicizia dell'uom o con Dio. Peròla base e i l fondamento del l 'amore è lasomiglianza (om ne anim al diligit simile sibi).Ora è impossibile che ci sia questa somiglian-za ed amicizia t ra l 'u omo e D io se l'u omonon d iventa bu ono, essendo Dio la Bontà in-finita. Ma la bontà dell'uomo è la virtù, cherende buon o chi la possiede. Er a quindi nec-essario che nella Legge A ntica vi fossero deiprecet t i r iguardo a gli at t i di vir tù e qu est isono i PRECETTI MORALI. Infa t t i l aLegge A ntica non è del tut to estranea al laLegge natur ale, ma aggiunge ad essa qua l-cosa; come la grazia pre suppone la na tura,così la Legge divina presuppo ne q uella natu-rale.

LA LEGGE MOSAICA CONTENEVAANCHE PRECETTI CERIMONIALI,CHE INDIRIZZAVANO L'UOMO A D IO,COL CULTO D OVUTOGLI (a. 3)

La Legge divina tend e principalmente ad

ordinare gli uomini a Dio. Ora l'u omo vieneordinato a D io non solo con gli atti internidell'anima (crede re, sperare, amare); ma an-che con le opere esterne, con le quali ri-conosce la propria dipendenza da D io. Il cultodi Dio consiste pro prio in tali opere esterne etale culto si chiama 'coerimonia' ; ecco perchéi PRE CETTI della Legge A ntica relativi alculto di Dio sono chiamati CER IMONIA LI.

LA LEGGE ANTICA CONTENEVAINOLTRE I PR ECETTI GIU D IZIALI OSOCIA LI, RIGUA RDA NTI L'A MMINIS-

TRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, PERMETTERE GLI UOMINI IN BU ONA RE-LAZIONE TRA LORO E CON DIO (a. 4)

Come la determinazione del precet tomorale generico di onorare D io avviene me-diante i precet t i cerimonial i che neriguardan o specificamente il culto, così la de-terminazione del precetto mo rale generico diosservare la giustizia tra gli uomini, è specifi-cata dai PRECE TTI GIUD IZIALI SOCIO-LEG AL I. Nella Legge Antica vi sono quinditre tipi di precetti:

a) precetti MO RA LI: che si riducono aidettami della Legge naturale.

b) precet t i CERIMO NIALI: che sono

specificazioni de l culto dovuto a D io.c) precetti GIUD IZIA LI: che sono deter-minazioni della giustizia tra gli uomini (darea ciascuno il suo).

LA LEGGE A NTICA CONTENE VA MI-NACCE E PROMESSE D I BENE TEMPO-RALE, PER INDURRE QUEGLI UOMINIIMPERFETTI AD OSSERVARLA (a. 6)

In certe leggi gli uomini vengono indot tiall'osservanza dei precet ti con pre mi e cas-tighi. Or a come nelle scienze spe culative sipropongono argomenti adatti a lla condizionedi chi ascolta ( cominciando dalle cose piùnote p er giungere a quelle meno note ), cosìchi vuol indurre un u omo ad osservare deiprecetti, deve cominciare a convincerlo a par-tire dalle cose cui è più affezionat o (a d es. ibambini mediante piccoli regali si fanno facil-mente convincere a fare qualche buonaazione). Ma nella q.98 aa. 1,2,3, abbiamo vistoche la Legge A ntica predispone va a Cristo,come le virtù imperfette predispongono allaperfezione: la Legge Antica fu data perciò adun popolo ancora imperfetto. Ora per l'uo mola perfezione consiste nel tendere ai beni spir-

ituali (perfezione relativa “in via”, che saràcompleta solo “in Patria”), mentre è prop riodegli imperfetti desiderare dei ben i tempora li,però sempre in ord ine a D io. I perversi invecemettono il loro fine non in Dio ma nei benicreati e temporali. Perciò era conveniente pe rla Legge Antica condu rre gli uom ini a D io,con la prom essa di cose tem pora li, cui sono

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 A bramo si accinge a sacrificare Isacco.(Stampa del XV I secolo)

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attaccati gli imperfett i. (In corpore) .L'A quinate nel commento all'E pistola ai

Romani (c.V, lect. 6) afferma che nel popolo e-

braico, come in ogni altro popolo, vi erano tretipi di uomini: I PECCATOR I R IBELL I, eper costoro la Legge Antica era 'in flagellum' .I PRO FICIENTI e p er quest i la Legge era'p edagogo a Cristo' facendoli avanzare nellagiustizia; ed I PER FETTI, che anche vivendosotto la Legge quanto al temp o, AVEVANOGIÀ LO SPIRITO D EL VANGE LO ed ER-A N O G I À SP IR I TU A LM E N TE D E L L ANUOVA LEG GE O CRISTIANI (pe r e s.Abramo, Isacco, Giacobbe. cf. D O M D E

MONLEON o.s.b., Les Patriarches, Les éditionsde la sour ce, Par is, sine dat a). Per q uesti laLegge Antica era motivo di amicizia con Dio edi gioia, poiché grazie alla loro Fede nel Cristoventu ro, ricevevano la grazia dello SpiritoSanto che li rendeva idon ei a osservare conprontezza e facilità i precetti della Legge.

Nel la QU ESTIONE 100 S. Tommasot ra t ta in specie dei PRE CETTI MO RA LIdella Legge mosaica e ci spiega: che essi ave-vano pe r principio la Legge natur ale (a. 1),che r iguardavano gli at t i di vir tù, perchéproibivano tut t i i peccat i (a. 2) , che eranocontenu ti nel De calogo (a. 3), che i dieci co-mandamenti mettono l 'uomo nella dovutarelazione con Dio e col prossimo (a. 5) .

Infine si pone la questione, per noi capitale:

SE I PRE CETTI DELLA LEGG E A NTI-CA POTESSERO GIUSTIFICARE (a. 12)

L'A ngelico risponde NO N SANTIFICA-VANO DA SÉ, ma che TUTTAVIA IND ICA-VANO LA VIA DELLA SANTIFICAZIONEe disponevano ad essa. Nel Sed contra egli cita S.Paolo “ L a lettera uccide” (2ª ad Cor . III, 6). Oraciò va inteso anche per i precetti mo rali: essiquindi non giustificano. «Il Concilio di Trento haespressamente dichiarato che gli uomini, perduta

l'innocenza nella colpa di Adamo, erano d iven-tati servi del peccato e caduti sotto la potestà deldiavolo e della morte a tal punto che, non soltan-to i gentili mediante la forza della natu ra, maNEPPURE GLI EBREI PER MEZZO DE L-LA LEG GE MOSAICA POTEVANO LIB-ER AR SI E RIA LZA RSI, quantunque il lorolibero arbitrio, anche se indebolito, non fosse deltut to estinto [Sess. VI, cap.1; cfr. Denz. 793, 811]» (Com mento alla Somm a Teologica a cura dei

 Domenicani italiani,op. cit. , pp. 274-275, nota 1).L 'Angelico afferma poi che come la

salute in senso prop rio o primar io si app lica

all'animale che la possiede formalmente, cosìla giustificazione ( o san tificazione dell'em -pio) in senso stre tto e p rincipale si dice della

stessa p rodu zione della giustizia o de l santifi-care l'empio; mentre in senso largo e secon-dario si applica alle figurazioni della giustiziao a ciò che pre dispone alla giustizia. O ra iprecetti della Legge Antica figuravano e pre-disponevano alla giustificazione; infattidisponevano gli uomini alla gra zia sant ifi-cante di Cristo, che inoltre simboleggiavano;infatti già second o S. Agostino “ la vita diquel pop olo era p rofet ica e f igurat iva diCristo” (XXII, Contra Faustum , c. XXIV).

Ma se parliamo della giustificazione propri-ament e det ta, si deve no tare che la giustiziapuò e ssere ab ituale o attuale. La prima (lagrazia abituale o santificante) rende l'uomogiusto da ndo gli un abito stab ile ent itativo disantità. La seconda invece lo rend e giustofacendogli compiere op ere b uone (è la graziaattua le o tran seunte). Ma la giustizia, come levirtù, può essere acquisita o infusa. Quella ac-quisita è causata dalle opere: mentre quella in-fusa è causata da D io stesso mediante la graziache è un dono gratuito, e questa è la vera gius-tizia, di cui ora p arliamo. Ebbene questa gius-tizia o santità non po teva essere causata daiprecetti morali, che riguardano at ti umani eche non hanno la capacità di produrre l'ordine

soprannaturale o la grazia abituale. Causa uni-ca e formale della giustificazione è “la giustiziadi Dio, non quella per cui Egli stesso è giusto,ma quella per cui ci rende giusti” (S.AGOSTINO, XIV De Trinitate, c.XII, n .15 - cfr.Conc. Trid., Sess.VI, cap. 7; Denz. 799. 821).

Nella QU ESTIO NE 101, l'An gelico par-lando dei PRECETTI CER IMONIALI inspecie, dice che sono determinazioni dei pre-cetti morali, che riguardano il culto di D io (a.1) ed ent ra po i nel vivo della que stione affer-mando che:

I PRECETTI CERIMONIALI DELLALEGGE ANTICA ERA NO FIGURATIVIDI CRISTO, OSSIA ERANO OMBREDE LL'IMMAGINE CHE A BBIA MO QUIIN TERRA D ELLA VITA ETERNA, CHEÈ LA REALTÀ (a. 27)

In PAR AD ISO, l'intelletto umano vedràfaccia a faccia la REALTÀ o l'Essenza divina.Perciò il culto esterno dei beati non consiste inNESSUNA FIGU RA , ma solo nella lode diDio. Qui sulla terra , l'uomo non ha la capacitàd' intuire l'E ssenza di Dio (neppur e con la

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Fede). Ora nell'A NTICO TE STAME NTO ILCULTO DOVEVA ESSERE PREFIGURA -TIVO NON SOLO DELLA REA LTÀ FU-

TU RA che ci si manifesterà ( Deo volente) inPatria; MA doveva essere prefigurativo AN-C H E D I C R IST O CH E È L A V IA C H ECONDU CE A LLA RE ALTÀ del Paradiso oIMMAG INE della REA LTÀ. Invece nel N-UO VO TESTAMENTO, LA VIA (Cristo)GI À SI È MA NIFE STATA, cosicché il cultodella Nu ova Legge non lo d eve prefigurarecome futuro, ma lo può commemorare comepresente o passato; NEL NU OVO TE STA-MENTO S I P OTRÀ P REF IGURARESOLTANTO LA RE ALTÀ FUTUR A dellaGloria di Dio che ancora non possiamo con-templare intuitivamente.

S. Agostino aveva scritto: “NOVU M INVETERE EST FIGURATUM, ET VETUSIN NOVO EST RE VELATUM” ( I contraadversarium L egis et Proph etarum , c. LXXI ,n. 35) e S. Gregorio si basa sul principio che“vale più la verità che non l'ombra della ver-i tà” ( X I Ep istulae, ep. 45). In breve l 'A N-TICO TE STAM ENTO quanto ai precetti ce-r imonial i È FIG UR A DI CR ISTO, che ÈIMMAGINE DELLA REALTÀ: ' Deusclare visum facie ad faciem' .

«In ciascuna delle due tap pe di que sta vi-ta (A ntico e Nuovo Testament o), qualcosa

del culto prefigurativo scompar e. Sotto laLegge Nuova, ciò che prefigurava la venutadi Cristo nella Legge A ntica, scompare (erala Fede ebr ea ne l Cristo ventu ro: Egli è giàvenuto) . Mentre sotto l'effetto della VisioneBeatifica, la Fede e la Speran za scompaiono,resta solo la Carità» (J E A N-D A N I EL G R A N-VILLE , op. cit., pp. 15-16).

LE CERIMONIE DELLA LEGGE A N-TICA PURIFICAVANO PER LOROVIRTÙ PROPRIA SOLO DALLE IM-MONDEZZE CORPORALI; MA DAL

PECCATO PURIFICAVANO SOLO GRA-ZIE A LLA VIRTÙ D I CRISTO, COMEPRO FESSIONI IMPLICITE DI FED E INGESÙ CRISTO (q. 103, a. 2)

Nell'A ntica Legge - scrive l'A ngelico - siconoscevano due tipi di immondezza: la primaspirituale, che è dovuta a l peccato; la secondacorporale, che rendeva inabili al culto divino(ad es. la lebbra ), codesta immonde zza erasoltanto u n' irregolarità fisico-igienica e nonuna colpa. Ebben e le cerimonie dell'A nticaLegge avevano i l potere di mondare da

quest'ultima immondezza, infatti S. Paolo am-mette che “ Il sangue dei capri e dei tori... as-

 perso santifica gli immondi, così da procurare

la purificazion e della carne” (E br . IX, 13) el'A postolo nomina le cerimonie dell'A nticoTestamento “della giustizia carnale” ( v. 10).Invece esse non avevano il potere di espiaredall'immondezza dell'anima, cioè da l peccato.Poiché l' espiazione dai peccati la può com-piere soltanto Cristo “qui tollit peccatamundi” (Io. I, 29). E siccome sotto l'A nticaLegge il mistero dell'Incarnazione, Passione eMorte d i Nostro Signore G esù Cristo non siera ancora compiuto, le cerimonie della LeggeAntica non potevano contenere in sé real-ment e (come i sette Sacramenti della NuovaLegge) la virtù che e mana da Cr isto. Eccoper ché S. Paolo chiama le Leggi cerimo niali“ poveri e deboli elementi” (Gal. IV, 9); deboliin quanto non possono purificare dal peccatoe conseguentemente po veri in quan to non r ic-che di grazia santificante.

Perciò i precetti cerimoniali non con-ferivano la grazia, ma la significavano soltan -to, e non p otevano essere causa della santifi-cazione in senso stretto. “È pe r grazia di D io -scrive S. Agostino - che siamo giustificati, cioèsiamo fatti giusti o santi” ( De spiritu et littera,c. 26). L'u tilità d ella Legge A ntica consistedunque nel disporre alla giustificazione.

L'A ngelico, nel comment o a lle Sentenzescrive: “La Le gge A ntica no n giustificava innessun mod o come causa della santità, masolo come insegnamen to intorn o alla gius-tizia” (3 Sent ., d.40, a. 3).

Tuttavia nel tempo della Legge Antical'anima de i fedeli poteva un irsi con la Fede aCristo venturo: e così dalla Fede (più le buo neope re) i giudei venivano giustificati e le ceri-monie erano una pro fessione di tale Fede nelCristo venturo, in quanto esse prefiguravanoCristo. Ed ecco perché nella Legge Antica veni-vano o fferti sacrifici per i peccati: non pe rché

essi mondassero da l peccato, ma perché eranoprofessione di quella Fede che (accompagnatadalle buone opere) mondava dal peccato.

LE CERIMONIE D ELL'ANTICA LEGGECESSA RONO D I AVER VALORE A LLAMORTE DI CRISTO, CON CUI CESSÒL'ANTICA LEGGE (a. 3)

Dopo aver citato S. Paolo: “Un patto nuo-vo ha reso antico quello di prima: e ciò che s'è

 fatto antico ed è invecchiato, è vicino a scom- parire” (E br . VIII , 13), la " S o m m a" p assa

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all 'argomento di ragione: il culto e sternodeve essere propo rzionato al culto interiore,che consiste n ella Fede, Speranza e Ca rità.

Perciò col variare del culto interiore, devevariare anche il culto estern o. Ora vi sono trestati del culto interiore:

a) La PRIMA TAPPA è l 'ANTICALE GG E in cui si crede e si spera come incose futur e, sia ne i beni celesti sia ne lla Viache ci induce ad essi.

b) La SECO NDA TAPPA è la NUO VALE GG E in cui si crede e si spera nel Para-diso come in cosa futura; mentre riguardo aciò (la Via) che ci intr odu ce nella felicitàetern a e celeste, si ha Fede e Speranza comedi cose presenti o passate ( la Chiesa, iSacramenti, Nostro Signore G esù Cristo).

c) La TERZ A TAPPA è la BEATITU-DINE DE L CIELO in cui si ha presente e i

ben i etern i e i mezzi che già vi ci hanno in-trod otti, perciò non si crede n ulla come a s-sente m a si vede faccia a faccia e non si speranulla come futuro. Ebb ene in que sta terzatappa, non c 'è nessuna f igura per quan toriguarda il culto divino, ma solo “ inni diringraziamento e voci di lode” ( Is. LI, 3).Perciò, con la venuta di Cristo, sotto la NuovaLegge dovette ro cessare le cerimon ie dellaprima tappa (A ntica Legge) che prefigura-vano sia la seconda (N uovo Testamento) chela terza (il Cielo) e bisognò introdur re altrecerimonie pr oporzionate allo stato d el cultodivino del Nuovo Testamento in cui i beni ce-lesti sono ancora futuri, ma i mezzi e la Viache ci portano in Cielo sono oramai presenti.

Rispondendo al la prima obiezione S.Tommaso specifica che la Redenzione fucompiuta con la Passione e morte di Cristo,che gridò dalla Cro ce: “Tutto è com piuto”( Io . XIX, 30). Ecco perché d a allora dove-vano cessare le norme legali, essendo or mai

present e la R ealtà. Il velo de l Tempio si s-cisse prop rio per significare ciò. Qu indi pri-ma della Passione, quando Cristo pred icava e

faceva miracoli, erano in vigore simultanea -ment e l'A ntica Legge e il Vangelo: poiché ilmistero di Cristo era iniziato, ma non era an-cora compiuto. Ecco perché il Signore, primadella sua Passione, comand ò al lebb roso diosservare le cerimonie legali.

L'ABROGA ZIONE DELLA LEGGE A N-TICA FU U NO D EI GRAVI PROBLEMICHE LA CHIESA DI GESÙ, APPENANATA, DOVETTE RISOLVERE.

Bisognava abolire o mant enere la Leggemosaica? E ra ne cessario imporla anche aineofi t i venuti dal paganesimo op pure no?Gli Apostoli continuarono a frequentare ilTempio anche dop o la Pente coste (qu ando laChiesa fu pro mulgata). A lcuni cristiani di o-rigine ebrea, raggruppatisi attorn o all'Ap o-stolo S. Giacomo, volevano continua re ad os-servare le pra tiche della Legge di Mosè, puravendo Fede nel la Rede nzione di Cristo.Costoro non erravano nella Fede, infatti con-fessavano che ciò che salva è solo la grazia diD io, che ci viene da lla Passione di NostroSignore Gesù Cristo, ma volevano man-tenere per un po' di tempo ancora le antiche

osservanze (loro che eran o di o rigine israeli-ta) per rispetto a i loro Pad ri, proprio come simantiene in casa per un po' di tempo dopo lamorte il cadavere di un caro d efunto primadi sepp ellirlo (cf. I-II, q.103, a.4). A ltri in-vece, erra ndo n ella Fede, “ presero ad inseg-nare ai fratelli: SE NO N VI FAT E CIRCO N-CIDERE secondo i l r i to di Mosè, NON POTET E SA LVARV I . Ne nacque un non

 piccolo contrasto...” ( Atti XV, 1ss.). La con -troversia fu r isol ta nel CONCILIO DIGE RUSALEMME, ove FU DE FINITO ILD O G M A D E L L A S A L V E Z Z A M E D I -

ANTE LA FED E IN G ESÙ CRISTO, chedispensa p erciò i gentili dalla circoncisione edalle osservanze mosaiche. S. PAOLO,l 'Apo stolo dei genti li , PRO CLA MÒ nellesue Epistole e nel la sua predicazione,L 'ABROGAZIONE D ELLA LEGGE AN-TICA, PERCHÉ CIÒ CHE È IMPERFET-TO DEVE AVERE TERMINE QUANDOAP P ARE IL S UO COMP IMENTO; l adichiarò aboli ta con la morte di NostroSignore G esù Cristo e manifestò il piano diDio che l'aveva voluta come strumento chefacesse da pont e t ra la Pro messa, fat ta ad

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 Il profeta Z accharia (M ichelangelo)

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A bram o, e il suo compimen to, avvenut o conl'Incarnazione del Verbo (cf. G al. II , 11 ss. -

 Rom . II, 12 ss.). Con la nascita di Gesù Cristo

“il popolo di Dio” non sarà più sottomessoad un pedagogo (Mosè) ma sarà ammaestra-to da Dio stesso (G al. III, 25). L'A quinat e,commentan do S. Paolo “ [Cristo] è la nostra

 pace, Egli, che di du e pop oli ne fece unosolo ” (E f . II, 14 ss.), insegna che ciò èavvenuto “ per i gentili con la cessazione del-l'idolatria, e per i giudei con l'abrogazion edell 'osservanza della Legge Antica” ( A d Galatas, c.3, lect. 7). Il Con cilio di Fire nze(1438-1445) ha definito n el ' Decreto per iGiacobiti '   che le osservanze legali dellaLegge An tica sono cessate con la venuta d iCristo ed ha nno p reso inizio i sette Sacra-menti della Legge Nuova ( cf. Denz . 712). Gliebrei che no n h anno accettato Cristo, contin-uano a legare la p ropria spiritualità all'o sser-vanza dei precetti non solo morali, ma anchecerimon iali e sociali. “È avvenu to così chement re in passato era stata la R eligione, cheaveva costituito e difeso la razza ebr aica framille nazioni, ora è la razza ebra ica a difend-ere una part icolare rel igione” (M.J.L A G R A N G E , Le M essianism e chez les juifs,Par is, 1909, p. 300). Mosè Ma imonide cred e-va che Dio mai avrebbe abrogato u na soladelle pre scrizioni della Legge A ntica; e in

temp i vicini a noi, Franz R osenzweig ritieneche a costituire l 'ebre o non è la Fede in unsolo Dio, né l 'amore del prossimo, mal'o sservanza della Legge mosaica, e che ilgiudaismo si deve fondare n on sul dono d iuna Legge da parte di Dio, ma in un'ac-cet tazione d el la Tôra h da parte di ogni is-rae lita (cfr. I. H E I N E M A N N ,  L a loi dans la

 pensée juive, Par is, 1962, p. 232 - cfr. an cheE LI A BENAMOZEGH, Morale ebraica e moralecristiana , Carucci, Assisi-Roma, 1977).

Le pa role di S. Ignazio Mar tire possonoben concludere il tema tratt ato ne ll'a rticolo

3 della Somma: “SE VIVIA MO A NCOR AALLA MANIER A DE L GIUDAISMO [os-servando le cerimonie de lla Legge A ntica],CONF ES SIAMO D I NON AVER R ICE-VUTO LA G RA ZIA . .. Non si deve p iùono rare i l sabato [che r icordava la primacreazione del mondo nat urale], ma occorrevivere secondo la domenica [in cui si ricord ala nuova creazione, cominciata con laRe surrezione di Cristo]” ( E pist. ad Magn .,cc. 8-9).LE CERIMONIE DELLA LEGGE MO-SAICA, SE CESSARONO CON LA

MORTE DI CRISTO, TUTTAVIAFURONO CONSERVATE PER QUALCHETEMPO, COME DO PO MORTE SI CON-

SERVA PER U N PO' D I TEMPO UN CA-DAVERE; MA IN SÉ NON SI POSSONOCONSERVARE SENZA PECCATO MOR-TALE, POICHÉ RAPPRESENTANDOCRISTO VENTU RO, SAREB BERO U NACONFESSIONE DI FEDE FALSA, INCRISTO NON ANCORA VENUTO MADA VENIRE (a. 4)

S. Tomm aso cita l 'a uto rità di S. Paolo:“SE VI FATE CIRCONCID ER E, CRISTONON VI GIOVERÀ A NULLA” (Gal. V, 2)ed argomenta che solo il peccato mortale im-ped isce il giovamento d i Cristo e che qu indila pratica della circoncisione e delle altre cer-imonie è peccato mo rtale, dopo la Passionedi Cristo.

Nel corpo del l 'ar t icolo prosegue affer-mando che se le cerimonie sono professionidi Fede ( ' lex orandi, lex credendi' ), l'uo moche pro fessa una fed e falsa, pecca morta l-mente. Ora se le cerimonie della Legge A n-tica indicavano Cristo come ancora danascere, mentre le cerimonie cristiane lo indi-cano come già nato ed immolato, pec-cherebbe mortalmente sia chi adesso, profes-sando la Fede, dicesse che Cr isto deve ancora

nascere, sia chi osservasse an cora le ceri-monie che gli antichi Padri professavano allo-ra con pietà e Fede rett a. S. Agostino stessoasserisce: “O rama i non c'è più la promessache Cristo deve ancora nascere, pat ire erisorgere, come prefiguravano le cerimon iedell'A ntica Legge; ma or a c'è la confessioneche E gli è già nato, ha pat ito ed è risorto,come professano apertamente i Sacramentidella Nuova Legge” (XIX Contra Faustum, c.16).

“NON È STATO IL CRISTIANE SIMOA CRE DER E NEL GIU DAISMO, MA IL

GIU DAISMO NEL CR ISTIANE SIMO, INCUI SONO STATI ADUNATI TUTTIC O L O R O C H E C R E D O N O R E T T A -MENTE IN D IO” (S . IG N A Z I O M A R T I R E ,'Epist. ad Magn.' c.10, 3). Ma a llora, si chiedeS. Tomma so, perché leggiamo l'Antico Testa-mento? “ Lo leggiamo com e testimo nianz a,non per praticarlo” ( Ad Coloss., c.2, lect.4) . S.Agostino lo aveva già affermato in un a de llesue belle immagini: “Il giudeo p orta il Libro(della Bibbia) pe rché i l cr ist iano creda. Igiudei sono diven tati i nostri librai, come iservi che port ano i codici dietro i padr oni,

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così che essi portand oli si senta no svenire,quell i leggendo progrediscano”(Enarrationes in Psalmos, Ps. 56, enarr. 9).

Nella risposta alla prima obiezione si tro-va la retta interpr etazione di que llo che fu ilcomportam ento d egli A postoli in generaleriguardo ai giudaizzanti. Essendo poco conve-niente che gli Apostoli nascondessero (pe rpaura di scandalizzare i giudei) coseriguardanti la verità della morale e del dogma,come l 'abrogazione delle cerimonie dellaLegge Antica, S. Agostino distinse tre epoche:la PRIMA E POCA , precedente la Passione diCristo, in cui le cerimonie legali della LeggeAnt ica non erano NÉ MO RTE NÉ MO R-TIFERE. La SECONDA, dopo la divul-gazione del Vangelo, in cui le cerimoniedell'A ntica Legge sono MORTE E MOR -TIFER E (vale a dire danno la morte dell'ani-ma a chi le osserva, ossia sono peccato m or-tale). La TER ZA è un' epoca intermedia, cheva da lla P assione di Cristo fino alla divul-gazione del Vangelo, durante la quale le ceri-monie legali ER ANO OR MAI MO RTE, nonavevano più alcun valore ( in quanto Cristoera già venuto e si era immolato) MA NONANCO RA MORTIFER E (non dando neces-sariamente la morte dell 'anima, non eranopeccato mortale); infatti I CRISTIANI CON-VERTITISI DAL GIUDAISMO, POTE-

VANO ANCORA OSSERVARLELECITAMENTE, P URCHÉ NONPONE SSERO IN ESSE LA LOR O SPER-ANZA, AL P UNTO DI REP UTARLENECE SSAR IE PE R SALVAR SI, come seCristo e la Fede in Lui non fossero cap aci digiustificare senza di esse. Per quelli poi che siconvertivano da l paganesimo al cristianesimonon vi era nessun mot ivo di osservarle. Eccoper ché S. Pao lo circon cise Timoteo, che er anato da u n'e brea; mentre non volle circon-cidere Tito, che era na to da pagani. LO SPIR-ITO SANTO NON VOLLE CHE AGLI E-

BREI FOSSE PROIBITA SUBITOL 'OS SERVANZA DELLE CERIMONIELEG ALI (mentre erano proibiti ai pagani chesi convert ivano i loro riti, non p refigurativi delCristo e perciò ripudiati come assolutamenteilleciti).

S. Tommaso nel commento a S. Paoloscrive anche che “PER IL FATTO CHEDO PO LA PASSIONE DI CR ISTO, NONF URONO SUBITO P ROIBITE LE P RE -SCRIZIONI DELLA LEGGE, VENIVADIMOSTRATO C H E L A M A D R E S IN A -GOGA DOVEVA E SSERE PORTATA AL

S E PO L C R O C O N A M O R E  ” ( A d Gal , c.2,lect.3).

La seconda obiezione tratt a ' in sp eciali

modo ' IL CA SO D I S. PIETRO. Secondo S.Girolamo, S. Pietro si sarebb e sot trat to aigentili, per u na finzione, onde evitar e di s-canda lizzare i giudei, riveland o loro che leantiche cerimonie erano state abrogate.Perciò non avrebbe peccato, perché fingevadi giudaizzare, non accompagnandosi ai pa-gani. E S. Paolo lo avrebbe rimpro verato an -che lui per una finzione, onde evitare lo scan-dalo de i gentili. Ma S. Agostino ripro va ques-ta spiegazione, perché S. Paolo nella Epistolaai Galati [II, 11] in cui sarebbe peccatocrede re che vi sia qua lcosa di falso, afferm ache Pietro “era reprensibile” (1).

Perc iò REALMENTE PIETRO HAPECCATO E S. PAOLO RE ALME NTE LOHA RIPRESO e non simulando (“undeverum est quod Petrus peccavit: et Paulus vereeum , non simulatorie, reprehend it” [S. Tom-maso]). Però Pietro non peccò per il fatto cheosservava in codesta epoca (la terza) le cerim-inie legali: infatti ciò era lecito a chi si converti-va dal giudaismo al cristianesimo, MAPECCÒ , NELL' OSSERVAR LE, PER LATROPPA DILIGENZA DI NON SCAN-DALIZZAR E I GIUD EI, PROVOCANDOCOSÌ LO SCANDALO D EI PAGA NI.

Mon s. Spad afora così comm ent a: “Pocodopo il Concilio di Geru salemme Pietro per-viene ad A ntiochia, le famiglie si contendon ol'on ore di ospitarlo... ed e gli accoglie volen-tieri l'invito di quei gentili convertiti, DA N-DO L'ESEMPIO DI NON TENER PIÙ INCONTO LE P RES CRIZIONI DELLALEG GE MO SAICA... Ma ecco arrivare daG eru salemm e... alcuni falsi frate lli... i qualisono venuti a spiare la condotta d i Pietro.Essi osano rivolgergli vivaci rimostranze, perquesta violazione d a pa rte sua d el le pre -scrizioni mosaiche... Pietro non ritiene u tile

una spiegazione: talvolta bisogna aspetta reche il tempo illumini, apra i nostri occhi; temedi offendere queste coscienze deboli e cieche,e pensa sia meglio per il momento, evitare og-ni occasione d i turbamento per qu esti animiaccesi ed offesi. Ritiene p ertanto pruden tedeclinar e gli inviti [de i gentili] ed in qualchemod o eclissarsi. (...) Perciò S. Paolo con la...chiara visione d el turbamento creato nella co-munità dal semplice ATTO PRUDEN-ZIA LE di Pietro... interviene pub blicamentee dopo a ver fatto nota re a Pietro come la sua"prudenza" mo rtificava i gentili, rivolto a tu t-

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ta la comunità, RIBA DISCE IL PR INCIPIODEL DEF INITIVO S UP ERAMENTODELLA LEGGE AD OPERA D ELLA RE-

DE NZIO NE” (F. SPA D A FO R A , Fuori dellaChiesa non c'è salvezza, ed. Krinon,Caltan issetta 1988, pp. 73-77).

Lo scandalo è l 'at to di una persona chepuò essere la causa o l'occasione del peccatodi un'altra persona. L'uomo p uò dare scan-dalo (scandalo at tivo) o subire scandalo (s-candalo pa ssivo). “Càp ita. .. che un uomoprend a scandalo [passivo], cioè pren da occa-s ione da una condot ta bu ona sot to ogniaspett o, ... per fare il peccato. Così fecero ifarisei, veden do l' attività... di Ge sù. In talicasi c'è scandalo passivo senza scandalo atti-vo; uno si scand alizza, senza che l'a ltro d ia s-candalo... Lo scandalo attivo è una con dot-ta... cattiva o almeno m eno bu ona, che è peril prossimo causa o occasione d i rovina spiri-tuale, ossia di peccato” (F. R O B E R T I-P.PALAZZINI, Dizionario di teologia morale, ed .Studium, Roma 1968, 2ª ed., p. 1475).

“Sembra che Pietro sia colpevole di uno s-candalo a ttivo. È possibile? S. TOMM ASO sis forza di ATTENUARE LA COLPEV-OLEZ ZA ... LA COND OTTA D I PIETRONON PU Ò E SSER E TACCIATA D I SCAN-DALOSA (ATTIVAMENTE); in effet t il ' IMPRUDENZA e l 'agi re maldes t ro di

Pietro... non aveva un tale caratter e di gravitàche fosse ragionevole di restarn e scandalizza-ti. I cristiani di Ant iochia... furono q uindicolpevoli di scandalo (passivo); tuttaviaavevano delle circostanze attenuanti, infattierano dei neofiti. In breve, vi fu scandalo pa s-sivo, riguar do ai cristiani di Ant iochia, maNON VI FU SCANDA LO ATTIVO, poichéL A C O L PA R E A L E D I P I E T R O N O NME RITAVA TALE QUA LIFICA . (...) Per S.A gostino Pietro commise un peccato veniale(di fragilità ndr ), preoccupand osi troppo dino n dispiacere a i giude i [conver titi al cris-

tianesimo]...” (PA D R E

J. TO N N E A U

, o.p.,Com m entaire à la Som m e Théologique, Lesed. du Cerf, Paris, 1971, p. 334-335, nota 51, I-II , q. 103, a.4, sol. 2).

Tale op inione d i S. Agostino, ripresa da S.Tommaso, è conciliabile con le prerogative s-traord inarie degli A postoli. Gli autori am-mettono comunemente che agli Ap ostoli fos-se concessa la confermazione in grazia (cf. I.SALAVERRI, S.I., De Ecclesia, B.A .C., Madrid1962, ed. 5ª, n° 255).

“Ne l l a COMUNE S ENTENZA DEITEO LOG I, tali prerogative [straordinarie]

degl i Apostol i sono: LA CONFER-MAZIO NE IN GR AZ IA, pe r cui , DO P OLA D ISCESA DE LLO SPIRITO SANTO,

GLI APOSTOLI PRATICAMENTE NONP O T E V A N O P I Ù C O M M E T T E R E N ÉALCU N PECCATO GR AVE, NÉ ALCUNP ECCATO VENIALE DE L TUTTO DE-LIBE R ATO...” (F. CA R PI N O , EnciclopediaCattolica, Città d el Vaticano 1948, vol. I, coll.1687-1688). D ella stessa opinion e è anche J.Bainue l che scrive: «I teologi sono concor dinel riconoscere che gli A postoli, dopo averricevuto lo Spirito Santo.. .eran o talmen tepieni di esso che pra ticamente non po tevanopiù peccare mort alment e; lo stesso privilegioè esteso al peccato veniale pienamente delib-erato.. .; ma NO N SI PUÒ ASSERIR E LAPRESERVAZ IONE A SSOLUTA DA O G-NI P ECCATO VENIALE, ANCHESEMID EL IBE RATO.. . Siccome D io per-mise che Pietro fosse “re pren sibile” oggetti-vamente o materialmente, non ne segue cheil peccato ven iale semideliberato sia incom-patibile colle prero gative apostoliche» ( D.Th . C., vol. II, col. 1655). Sembr a pe rciò chePietro abb ia commesso un peccato venialenon di proposito deliberato ma di fragilità,triste appan naggio di tu tti gli uomini, tranneMaria (cf. S. T H O M ., Quest. disput., DeVeritate, q. 24, a. 9 -  D e malo , q. 7, a. 7, ad

8um), per un' eccessiva prudenza ne l non vol-er cont rariare i giudei convertiti al Cristo.La ter za obiezione d ice che pr oprio con

un de creto de gli Apo stoli fu stabilito che ipagani osservassero certe cerimonie legali “È 

 parso bene allo Spirito S anto e a no i di nonimp orvi altro peso all'infuo ri di qu este cosenecessarie, che v i asteniate dalle carni imm o-late agli idoli , e DAL SA NG UE, e DAG L I 

  ANIMALI SOFFOCATI e dal la fornicazione” ( Act . XV, 28 ss.). Quindi le cer-imonie legali si possono osservare senza pec-cato anche d opo la Passione di Cristo. La

r i spos ta è che TALI COSE FURONOREALMENTE PROIBITE, NON PER IN-CULCARE L'OSSERVANZA DELLE CE -RIMONIE LEG ALI, MA PER FAVORIREL'UNIONE DE I GENTILI E DEI GIUDE Iche dovevano convivere. Infatti per gli ebreiil sangue e gli animali soffocati eranoabom inevoli, mentre l' uso di carni immolateagli idoli, poteva far sor gere in loro il sospet -to che gli ex-pagani ritornassero all'idolatria.Perciò queste cose furono pr oibite in questadeter minata e poca (la ter za) in cui s'iniziavala convivenza de i gentili coi giudei. Ma col

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passare del tempo, cessata la causa, cessò an-che l'effetto, vale a dire una volta ben chiaritala verità e vangelica in cui il Signore insegna

che “ Niente di quanto entra nella bocca con-tàmina l'uom o” ( Mt . XV, 11). Invece la forni-cazione e ra proibita in modo speciale, perchéi gentili non la consideravano peccato.

Nel comme nto alle Ep istole di S. Paolo, S.Tommaso aggiunge: “Alcune cose sono proib-ite perché cattive, e queste bisogna evitarle as-solutament e. Altre poi, che non sono cattivein modo assoluto ma soltanto secondo quan torichiede un tem po pa rticolare, si devon o os-servare finché e siste la causa [cioè solo du-rante quel tempo et non p lus ultra]. E q uestegli Apostoli le proibiscono no n pe rché cattivein se stesse” (  Ad Tit  ., c.1, lect.4) . Il D eVitoria, grande commentatore di S. Tommaso,afferma : “ Distingue temp ora et concordabis

 jura” (distingui le epoche, e metter ai armoniatra le var ie leggi) [Com entarios a la SecundaSecundae de S. Tomas, ed. R.D.V.B. deHerida, O.P., Salamanca, 1952, p. 478].

Nella QU ESTIONE 104 sui precedentigiudiziali o sociali, S. Tommaso precisa che:

I PRECETTI DELLA LEGGE SOCIALEERANO DIRETTAMENTE ORDINATI ASTA BILIRE LA GIU STIZIA; INDIRET-TAMENTE PERÒ ERA NO FIGURATIVI,

PERCHÉ TUTTO LO STATO DELPOPOLO EBREO ERAPREPARA ZIONE D I CRISTO (a. 2).

Un precetto pu ò essere figurativo in duemodi. Primo: DIRE TTAME NTE, quando èstabilito PRINCIPALME NTE per figurarequalche cosa. Ed in tal modo sono figurativi ipre cetti cerimon iali: infatti furon o istituitiper figurare qu alche cosa riguard ante il cultodi Dio e il mistero di Cristo. Altri precetti in-vece, NON sono D IRE TTAMENT E figura-t ivi bensì INDIRE TTAME NTE. Ed in ta l

senso lo sono anche i precett i giudiziali dellaLegge A ntica. Essi infatti non furono stabilitiper rapp resentare qualche cosa, ma per or-dinare la vita del popolo eb reo secondo gius-tizia ed equità. Però INDIR ETTAME NTEera no figura di qualche cosa: poiché tut ta lavita di questo popolo, organizzata da tali pre-cetti, aveva un valore figurativo, come dice S.Paolo “Tutto capitava loro in f igura [delCristo] ”(1 Cor ., X, 11).

«È propr io de l POP OLO EBRA ICO -commen tano i D omen icani italiani - essereuna realtà sopra-storica o teo logica; esso in-

fatti fu predestina to fin dal primo suo costi-tuirsi a finalità che sorpa ssano l'ord ine tem-porale e lo inseriscono ne l piano divino della

salvezza. Chiama to da D io a rende rgli testi-monianza tra le nazioni . . . , DIVENNEQ U A SI U N M E D I A TO R E T R A J A H V ÈED I GENTILI... FINCHÉ NO N È VENU -TO TRA G LI UOMINI "IL MEDIATORED I U N ' A L L E A N Z A M I G L I O R E " (E br .VIII, 6), che ha p reso la sua carne mortalenel seno di una Figlia di Israele» (op. cit., pp.410-411, nota 1).

I PRECETTI SOCIO-GIUDIZIALI, SIC-COME ER AN O FIGURATIVI DI CRI-STO, CESSARON O D I AVER V IGORE

ALLA VENUTA DEL VERBO IN CIÒCHE AVEVAN O DI FIGURATIVO D ELCRISTO (a. 3).

S. Tomm aso cita l 'a uto rità di S. Pao lo:“ Mutato il sacerdoz io, deve m utare anche la

 Legge” (E br . VII, 12). Ora il sacerd ozio èpassato da Ar onne a Cristo. Qu indi tutta laLegge è anch'essa mutata e per ciò i precettilegali non ha nno più vigore.

I p recet t i giudizial i non ob bligano inetern o ma sono stati abrogati con la venutadi Cristo: però in modo d iverso da quelli cer-imoniali. Infatti questi ultimi sono non solo

morti ma anche m ortiferi, per chi li osservadopo Cristo e specialmente do po la divul-gazione del Vangelo. Invece I PRE CETTIGIUDIZ IALI SONO MORTI ANCH'ESSI(privi di ogni obbligatorietà) MA NONM O R T IF E R I A M E N O C H E L A L O R OOSSERVANZ A FOSSE IMPOSTA COMEAVENTI FORZ A D ' OBBLIGO P ER LAI ST I TU Z I O N E D E L L A L E G G E A N T I -CA. La r agione di tale dist inzione è che IPRECETTI CERIMONIALI SONO FIGU -RATIVI D IRE TTAMENTE e di suo, poichéist i tuit i PRINCIPALMENTE per ra ppre-

sentar e i misteri di Cristo venturo. Per ciò laloro osservanza pregiudica la Fede retta, conla qua le confessiamo che i misteri di Cristosono già avvenuti . I PRECETTIGIUD IZIALI invece NON FURO NO ISTI-T U I T I P E R D A R E D E L L E F I G U R E D IC R I ST O V E N T U R O , M A P E R R E G O -LAR E LO STATO DI VITA D EL POPO -LO E BRE O, che era ordinato al Cristo. Un avolta mutato lo stato di vita del popo lo elettocon la venuta di Cristo, i precetti socio-giudiziali hanno p erdu to la loro ob bligator i-età, e poiché tali precetti non eran o ordinati

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direttamen te a prefigurare il Cristo, ma a farcompiere d eterminate azioni polit iche, laloro osservanza di suo non pregiudica

l'INTE GR ITÀ d ella Fede. Tuttavia l'inten -zione d i osservarli come se ci si fosse obb li-gati dalla Legge An tica, pregiudica la Federetta: infatti significhereb be dire che lo statospeciale del po polo ebreo come eletto perchéda esso doveva nascere il Cristo dura tutt'o -ra, e che quindi Cristo non è ancora venuto;il de Vitoria comme nta per ciò che “DE LLALEGG E A NTICA NIENTE È RIMASTO,SE NON QUANTO È DI DIR ITTO NATU-RALE” (op. cit., p. 478).

Passiamo or a a vedere i l t rat tato del laLegge evangelica nella QU ESTIO NE 106 inquattro articoli.

LA NU OVA LEGGE È IN PRIMO LUO-GO LA GRAZIA DELLO SPIRITOSAN TO SCRITTA N EI NOSTRI CUOR I;ED IN SECONDO LUOGO È A NCHE LALEGGE SCRITTA CHE D ISPONE A LLAGRA ZIA (q. 106, a. 1).

Con la citazione d i Gere mia: “Ecco cheverranno giorni... ed I o [il Signo re] stringeròcon la casa d'I sraele e con la casa di G iudaUNA NUOVA A LL EANZ A ” (XXXI, 31-33),S. Pao lo spiega: “Q uesta sarà l'alleanz a che

avrò stretto con la casa d'Israele dop o q ueigiorni: METTERÒ LA MIA L EGGE NEL - LA LORO MENTE E L A SCRIVERÒ NEL L ORO CUORE ” (Ebr . VIII , 8 - 10).

S. Tommaso sviluppa il dato rivelato affer-mand o che ogni cosa è costituita da l suo ele-mento principale. Ora ciò che è principale nelNuovo Testamento è la GRAZIA delloSpirito Santo, derivante d alla Fede in G esùCristo. Perciò LA LEGG E NU OVA PR INCI-PALMENTE È LA STESSA GRAZIADE LLO SPIRITO SANTO, concessa a coloroche credo no in G esù Cristo. S. Paolo stesso

chiama Legge la stessa grazia della Fede [' per  L egem f idei' ] ( Rom . III, 27), e in termini anco-ra più espliciti “ La L egge dello Spirito d i vitain Cristo Gesù mi liberò dalla Legge del pecca-to e della morte” ( Rom . VIII, 2). Ecco perchéS. Agostino insegna che “La Legge della Fedeè stata scritta ne l cuor e dei fedeli, come lalegge delle ope re era stata scritta nelle tavoledi pietra” ( De Spiritu et littera, c. 24).

Tuttavia - continua S. Tommaso - la Nuo vaLegge contiene alcuni dati, sia in m ateria diFede che di costumi, che sono come elementiatti a predisporre alla grazia dello Spirito

Santo, o a vivere d i codesta grazia mediante leoper e buon e; ed essi sono aspetti secondaridella Legge, che i cristiani devono apprendere.

La conclusione perciò è che LA NU OVALEGGE È P RINCIP ALMENTE UNAL E G G E I N F U S A E S E C O N D A R I A -MENTE UNA LEGGE SCRITTA.

Nella risposta alla seconda obiezionel'Angelico precisa che LA LEG GE NUOVAÈ INFU SA NELL'U OMO, come elementosovrapposto al la natura mediante un donogratuito o soprannatu rale di grazia, NON SO-LO COME REG OLA CHE INDICA CIÒCHE BIS OGNA F ARE MA ANCHECOME AIU TO A COMPIER LO. E siccomenessuno (a d 3um) ha ma i ricevuto la graziadello Spirito Santo, se non m ediante la Fedein Cristo (vent uro o venu to) esplicita o im-plicita e che per tale Fede l'uomo appar tienespiritualmente al Nu ovo Testamento (anchese viveva prima di Cristo come per es.Ab ramo). Perciò chiunque abbia r icevutol'infusione della grazia, per ciò stesso app ar-tiene al Nuovo Testamento, vale a d ire ne halo Spirito (ch e vivifica) o la grazia sant ifi-cante, ancora prima d i averne conosciuto laletter a, come fu il caso de i Sant i che visseroprima di Gesù Cristo e quindi sotto l'A nticoTestame nto ; per ciò in tut ti i tempi ci furon odelle persone che apparten evano (almeno

spiritualmente) al Nuovo Testamento.

LA LEGGE NUOVA COME GRAZIADELLO SPIRITO SANTO RENDEGIUSTI E SANTI; COME LEGGE SCRIT-TA CHE PRED ISPONE A LLA GRA ZIANON GIU STIFICA: PERCIÒ S. PAOLODICE “LO SPIRITO VIVIFICA, LA LET-TERA U CCIDE” (a. 2)

S. Paolo a fferma: “ Il Vangelo... è il poteredi D io per dare la salvezz a ad ogni credente”( Rom . I, 16). Ora , argome nta S. Tomm aso,

solo i giustificati si salvano. Qu indi la Le ggeevangelica dà la giustificazione. LA LEGGEEVANGE LICA PRINCIPALMENTE È LAGRA ZIA INTERIORE DELLO SPIRITOSANTO, E SOTTO QU ESTO ASPETTOGI USTIF ICA . S. Agostino stesso ha scritto:“Ivi [nell'A ntico Testamento] fu imposta unalegge d all'e sterno, per spaventare i cattivi;qui invece [nel Nuovo Testament o] fu datadall'inter no, per rend erli giusti” ( De Sp irituet littera, c. 17).

SECONDARIAMENTE LA LEGGE E-VANGELICA TRATTA DE LLA DOTTRI-

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N A D E L L A F E D E E D E I C O M A N DA -MENTI, È PER CIÒ UNA LEG GE SCRIT-TA E SOTTO Q UE STO A SPETTO SEC-

ONDA RIO NON G IUSTIFICA. S. Paolo af-ferma: “ L a lettera uccide, lo S pirito vivifica”(2 Cor ., III, 6). E S. Agostino spiega che per'lettera' va intesa Q UALSIASI SCRITTUR Aesistente fuori dell'uomo, anche SE SI TRAT-TA DI P RECETTI MORALI , QUALISONO QUE LLI CONTE NUTI NEL VAN-G E L O . P E R C IÒ A N C H E L A L E TT E R ADEL VANGELO P OTREBBE UC-CIDERE , SE NON CI FOSSE LA GRA ZIAINTERIORE DELLA FEDE CHE SANA.

Infat t i , sebbene la grazia del NuovoTestamento (ad 2um) aiuti l'uom o a no n pec-care, tuttavia non lo rende impeccabile, perònon si può dire che la Nuova Legge “ producel'ira”, perché d i suo o ffre un aiuto sufficientea non peccare, perciò se uno pecca dopo averricevuto la grazia del Nuovo Testament o, èdegno d i un castigo più grave, perché a busadi ben efici più grand i.

NON CONVENIVA CHE LA LEGGE N-U OVA FOSSE DATA FIN DA L PRINCI-PIO DEL MOND O, PERCHÉ, ESSEND OLEGGE PERFETTA, DOVEVA ESSEREPRECEDU TA DALLA IMPERFETTA ESOPRATTUTTO OCCORREVA CHE

L'UOMO RICONOSCESSE IL SUOBISOGNO DELLA GRA ZIA (a. 3).

S. Paolo - citato nel 'sed contra' - affermache “ Non è prima l'elemento spirituale, maquello animale” (1 Cor . XV, 46). E S. Tommasoargomenta che essendo la Nuova Legge som-mamente spirituale non andava data all'iniziodel mond o. Vi è infatti una prima ragione pe rcui la Nuova Legge non andava dat a all'iniziodel mondo: perché essa consiste principal-mente nella grazia dello Spirito Santo, che nondoveva essere concessa in abbond anza prima

della rimozione dal genere umano dell'ostacolodel peccato, con la Red enzione d i Cristo. Laseconda ragione la si desume dalla perfezionedella Nuova Legge: nulla è perfetto findall'inizio, ma si arriva a perfezione con il tem-po (a d es. prima si è bamb ini, poi uomini). Laterza ragione si desume dal fatto che la NuovaLegge è Legge di grazia: perciò era necessarioche l'uomo fosse lasciato a se stesso, nello statodella Legge A ntica, perché, cadendo in pecca-to, constatasse la propria infermità e ri-cono scesse di aver bisogno d ella grazia, chedoveva essere data con un certo ordine.

LA LEGGE NU OVA È GIÀ P ERFETTA,QUINDI NON DEVE ATTENDERE A L-TRA PERFEZIONE E DU RERÀ TALE

FINO A LLA FINE D EL MONDO (a. 4).

Lo stato del mond o - dice ancora S. Tom-maso - può mutare in due modi:

Primo: col variare d ella Legge, ed in t alsenso allo stato p resent e della Nuova Leggenon seguirà nessun altro stato, perché lo sta-to del la Nuova Legge seguì quello del laLegge An tica, come ciò che è per fetto seguel'imperfetto. Or a NESSUN STATO D ELL AVITA P RES ENTE P UÒ ES S ERE P IÙP ERF ETTO D I QUELLO DELLA NUO-VA LEGG E, POICHÉ NIENTE P UÒ ES -SERE PIÙ VICINO A L FINE ULTIMO DIQ U A N T O I N T R O D U C E D I R E T T A -MENTE A D ESSO.

Secondo: Lo stato dell'umanità può variareper il diverso comport amento degli uominiverso una m ede sima legge, che essi possonoosservare più o meno perfettamente. Ma NO NSI DEVE ATTENDERE UNO STATO FU-TUR O (l'era dello Spirito Santo) IN CUI SIP OTRÀ AVERE LA GRAZIA DELLOSPIRITO SANTO PIÙ PERFETTAMENTEDI QUA NTO È AVVENUTO FINORA , so-pratu tto r ispetto agli Apostoli, i quali ricevet-tero “ le prim izie dello Spirito Santo” e cioè

come spiega la glossa “ prima degli altri e più inabbondanza” ( Rom . VIII, 23).

“L' ar ticolo... indica... la po sizion e di S.Tomm aso sul problema d ella storia - com-menta no i Do menicani i tal iani - I fautoridell'indefinito e progressivo sviluppo morale(e non soltanto te cnico) dell'um anità hannoin lui un oppo sitore convinto. Come p er losviluppo dogmatico, egl i ammette unsostanziale progresso solo fino al Cristo.Nella prima generazione cristiana abbiamo la

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pienezza della grazia e della perfezione, cos-icché le epo che successive devono guar dar ead e ssa come a d un ideale” (op. cit., vol. XI-

II, p. 34).La risposta a lla ter za obiezione specificache l 'Antica Legge non era sol tanto delPadre, ma anche del Figlio, poiché prefigura-va il Cristo; così pure la N uova Le gge non èsoltanto d i Cristo, ma a nche d el lo Spir i toSanto. Non si deve perciò attender e la terzaera d ello Spirito Santo.

Infine la QU ESTIO NE 107 r iguarda i lconfronto tra la Legge Nuo va e la LeggeAntica.

LA LEGGE NUOVA È LEGGED'AMORE E DI PERFEZIONE, È DI-VERSA PERCIÒ DALLA LEGGEA NTICA , CHE È LEGGE D I TIMORE ED I PREPARA ZIONE, BENCHÉ IL FINEDELL'UNA E DELL'ALTRA SIA ILMEDESIMO (a. 1).

D ue leggi si possono d istinguere fra loroin due ma niere: Primo: o come de l tutto di-verse, perché ord inate a fini diversi. Secondo:o perché una è ordinata a l fine in maniera piùdiretta e p rossima dell'altra. (Ad e s. in unostesso Stato, la legge imposta alle person emature, che sono già capaci di eseguire quan-

to richiesto dal bene comune, è diversa dallalegge per l'edu cazione d ei bambini, che de -vono essere formati ad eseguire in fututro leazioni dei grandi). Perciò LA LEG GE NUO -VA NON D IF F ERIS CE DALL 'ANTICALEGG E NEL PRIMO MOD O, ESSENDOUNICO IL F INE DI ENTRAMBE : OR -DINARE G LI UOMINI A DIO; E D 'A L-T R A P A R T E U N I C O È I L D I O D E L -L'ANTICO E DEL NUOVO TESTAMEN-TO. Tuttavia la Legge Nuova è distintadall'A ntica Legge nel secondo mo do, poichéla Legge Ant ica è come il pedagogo dei bam-

bini, secondo S. Paolo, mentre la LeggeNuova è un a Legge di perfezione p erchéLegge di carità che è “vincolo di perfezione”(Coloss. III, 14). La carità cioè è compe ndioo somma di tut te le perfezioni . PerciòTUTTE LE DIFFERE NZE TRA L 'ANTI-CA E LA NUOVA LEGGE (ad 2um) ,S ONO CONCEP ITE IN BAS E AI R AP -PORTI TRA U NA COSA IMPERFETTA ELA SUA PER FEZIO NE. La Legge Anticache fu data a uomini imperfetti (che non han-no an cora l 'abi to de l la vir tù) , è chiamata“ L egge di timore”, poiché induceva all'osser-

vanza dei precetti con la minaccia di de termi-nati castighi. Invece la Nuova Legge fu data auomini perfetti (che hanno l' abito della virtù)

che sono pe rciò spinti a fare il bene con pron-tezza e facilità per amo re del bene e n on da lcastigo o da l premio estrinseco al bene stesso.Ecco per ché la Nuova Le gge (che consisteprincipalmente nella grazia dello SpiritoSanto) è chiamata ' L egge di amore'. Per ciò sidiceva che la Legge An tica “tra t teneva lamano e non l 'animo” perché quando uno siastiene dal peccato solo per p aura del castigo(timor e servilmen te servile) la sua volontànon desiste dalla colpa in senso assoluto, edecco perché si dice che la Nuova Legge “trat -tiene anche l'animo”.

Tuttavia, NELL'ANTICO TESTAMEN-T O C I FU R O N O A N I M E R I P I E N E D ICARITÀ (Abramo, I sacco, Giacobbe,G iuseppe e cc.) e della grazia dello SpiritoSanto, le q uali guardavano p rincipalmentealle pro messe spirituali ed eterne e non alletemporal i e material i ; SOTTO QUESTOASPETTO ESSE A PPARTE NEVANO AL-LA NU OVA LEGG E. Così NEL NUOVOTESTAMENTO VI SONO D EGLI U OMI-NI CAR NALI che ancora non hanno rag-giunto la per fezione (sono privi delle virtù) eC H E B I SO G N A I N D U R R E A D A G I R EBENE CO N LA MINACCIA DE L CASTI-

G O O C O N L A P R O M E S SA D I B E N ITEMPORALI.P erò L 'ANTICA LEGG E ANCHE SE

DAVA I P RECETTI DELLA CARITÀ,NON ERA IN GRADO DI OF F RIRE LAGRA ZIA DELLO SPIRITO SANTO.

COLORO CHE NELL 'ANTICO TES -TAME NTO FURONO ACCETTI A DIOPER LA FED E (ad 3um), SOTTO QUE STOASPETTO ERANO CRISTIANI O AP-PARTENEVANO AL NUOVO TESTA-MENTO : Abramo è NO STRO Padre nel laFede, NOSTRO DI NO I CRISTIANI e non

degli attuali ebre i che rifiutano il Cristo.“[S. Paolo] vede n elle due spose di Ab ra-mo la figura dei du e Testamen ti. Agar la schi-ava rapp resent a la Sinagoga; Sara la donnalibera è l 'emblema d ella Chiesa. Agar par-torisce secondo la carne un figlio schiavocome lei; Sara partorisce secondo lo Spirito...un figlio che deve e ssere libero com e lei. ..L'allegoria è trasparente; GLI E BRE I comeIsmaele, SONO FIGLI D I ABR AMO SEC-ONDO LA CARNE; ma come Ismaele ,NON SONO VER I ERED I DI ABRAMO. ICRISTIA NI, come Isacco, SONO I DISCEN-

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DENTI DI ABRAMO S ECONDO LOSPIRITO E , come Isacco, ER ED ITANO LEPROMESSE E LE BENED IZIONI SPIRI-

TUALI” (F. PRAT, op. cit., I vol., p. 176).Infat ti essi venivano giustificati soltan todalla Fede in Cristo (accompagnata po i dallebuon e ope re), ecco perché S. Paolo dice diMosè: “Stimò l'obbrobrio di Cristo, come ric-chezz a maggiore dei tesori egiziani” (Ebr . XI,26).Mo sè già allora , nel 1300 a. C., soffrivaper la causa e per la Fede d i Cristo venturo.

LA LEGGE NUOVA COMPIE L'AN-TICA , PERCHÉ COMPIE QUA NTO LALEGGE A NTICA PROMETTEVA E NEATTUA LE FIGURE, DA NDO LA RE-

DENZIONE E IL CRISTO (a. 2).Nostro Signore Ge sù Cristo aveva affer-

mato : “ Non sono v enuto per abolire la Legge,ma per completarla” ( Mt . V, 17).

S. Tommaso spiega che per tale affer-mazione di G esù Cristo la Nuova Legge staal l'A ntica come i l perfet to al l ' imperfet to.Ora ciò che è pe rfetto, compie ciò che mancaall'imperfezione. Quindi in tal senso la LeggeNuova compie l'A ntica, in qu anto supplisceciò che m ancava all'A ntica. Ora nell'A nticaLegge, si possono considera re d ue cose: pri-mo: il fine che è di rendere gli uomini giusti e

virtuosi, di modo che possano cogliere laBeatitudine ( e qu esto è il fine di ogni legge).Du nque il fine della Legge A ntica era la san-tificazione degli uomini, che p erò supera lecapacità della Legge mosaica. Mentre PR O-P RIO S OTTO QUES TO AS P ETTO LALEGGE EVANGELICA PERFEZIONA EDÀ COMP IMENTO ALLA LEGG E AN-TICA, GIUS TIF ICANDO DI S UO, INVIRTÙ D ELLA PASSIONE DI CR ISTO.

S. Paolo stesso, ispirato da D io, ha scritto:“Q uello che era impo ssibile alla L egge[A ntica], Dio [lo rese possibile] mandando il

Figlio su o... affin ché la giustificazione della Legge [Nuo va] si adem pisse in noi ” ( Rom .VII I , 3) . E da ques to la to LA LE GG E N-UOVA DÀ CIÒ CHE LA LEGGE ANTI-CA PRO METTEVA SOLTANTO E NO NP OTEVA ANCORA CONF ERIRE: LAGR AZ IA DE LLO SPIRITO SANTO, PERI MERITI DI NOSTRO SIGNOR E GE SÙCRISTO.

Secondo: I PRECE TTI DELLA LE GG EA NTICA: Cristo ha dato loro compimentocon l'opera e la dott r ina . CON L'OPE RA ,facendosi circoncidere ed osservando tutte le

prat iche legali ancora in vigore. COL-L 'INSEG NAME NTO, completò la LeggeAntica in tre modi:

a) SPIEGA NDO NE IL VERO SIGNIFI-CATO (lo Spirito che vivifica): ciò a ppar echiaro q uanto all'o micidio e all'a dulterio perfare un esempio; secondo gli scribi ed i fariseiinfatti bastava non commettere l'atto esternoper non fare peccato, ma non era questo i lvero significato d ella Legge Ant ica e GesùCristo lo ricorda insegnand o che an che il so-lo atto inte rno, il pen siero acconsentito, èpeccato già per la Legge di Mosè, falsata d al-la Legge talmud ico-rabbinica.

b ) I N D I C A N D O C I U N M O D O P I ÙEFFICACE E SICURO PER OSSERVAR EL E R E G O L E D E L L ' A N T I C A L E G G E .Ad esempio la Legge Ant ica ordinava di nonspergiurare e No stro Signore ci insegna chese vogliamo essere più sicuri di osservare taleprecetto (che E gli non è venuto a d abolire)dobb iamo astenerci del tutto da l giurare, ec-cetto casi di necessità (per es. in Tribunale).

c) A G G I U N G E N D O A L L A L E G G EANTICA ALCUNI CONS IGLI DI PER -FEZIONE CHE RENDO NO PIÙ FACILEL 'OS SERVANZA DE I DIECI COMAN-DAMENTI.

P erc iò LA NUOVA LEGGEABOLIS CE L 'OS S ERVANZA

D E L L ' A N T I CA L E G G E , SO L O P E R IP RECETTI CERIMONIALI , CHE P RE -FIGUR AVANO CRISTO VENTUR O (ad1um). E NON PER I PRECETTI MOR ALICHE SONO COMPIUTI NEI TRE MOD ISOPRA DETTI E NON ABRO GATI.

Al l'O BIEZIO NE che NOSTRO S IG-NOR E nella Nuova Legge HA DATO PR E-CETTI CONTRAR I A QUE LLI DELLALEG GE ANTICA , per es.: “Fu detto agli an-tichi: chiunque rimanda la propria moglie ledia il libello di ripudio, invece Io v i dico chi-unq ue rimand a la propria mo glie la rende

adultera” (M t. V, 27-31). O ra il contra rio diuna cosa non pu ò esserne i l compimento.Qu indi la Nuova Le gge non è il compimentodi quella An tica; l'A ngelico r ispond e (ad2um): codesti precetti del Signore non sonocontra ri a que lli della Legge Ant ica e cita S.A gostino: «Q uand o il Signore coman da dinon rimanda re la moglie, non è contrario aciò che coma nda la Legge An tica. Infatti laLegge mosaica non dice: “chi vuole, rimand ila moglie”, comand ament o che sarebbe con-trario al precetto di non rimanda rla. Infattiordinand o d i dare il libello d i ripudio si im-

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poneva UN RITAR DO A L RINVIO DEL-LA MOGLIE , E P ERCIÒ LA NUOVALEGGE ORDINAVA TALE RITARDO

PERCH É NON VOLEVA CERTO CHE SIRIMANDAS S E LA MOGLIE , MA, ALCONTRARIO, VOLEVA CHE CONTALE RITARD O, L'ANIMO INFIAMMA-TO DAL DIS SIDIO AVES SE IL MOD ODI CA LMA RSI [e di non arrivare alla rot-tura ] rifletten do n ello scrivere il libello diripudio» (1 De Serm. D om. in Mo nte, c. 14).

Nostro Signore conferma ndo q uindi taleprecetto dell'A ntica Legge di non rimanda refacilmente la moglie, eccettu ò il solo caso diadulterio, che rende lecita LA SEPA-RAZ IONE E MAI IL DIVORZIO, “chi s-

 posa la ripudiata commette adulterio” ( M t . V,32) aggiunge Nostro Signore Gesù Cristo perrend ere e splicito o chiaro il suo pe rmesso dirinvio della moglie (“Salvo il caso di forni-cazione”). [cf. F. SPADAFORA, Temi di Esegesi,Rovigo, 1953, pp. 345-352]. Quindi non c' è op-posizione di contrarietà tra il precettodell'A ntico Testamento e quello del Nuovo.

Per qu anto r iguarda la legge del taglione“occhio per occhio, dente per dente”, la LeggeAnt ica ordinava di NON ESAGERARENE LLA DI FESA , vale a dire che se il nemi-co ti rende cieco da un o cchio, anche tu lopuoi accecare in un occhio ma no n in en-

tramb i o ucciderlo; Nostro Signore ci rendePIÙ FACILE e più sicuro EVITARE UNARE AZ IONE E SAGER ATA, ES ORTAN-DO CI AD ASTENERCI DA QUALSIASIVENDETTA PIENA DI O DIO PER SON-ALE. “A proposi to del comando deltaglione, S. Matte o cap. V, insegna che NO NERA INTENZIONE DELLA LEGGE A N-TICA esigere ed OBBLIGA RE A LLA PE-NA DEL TAGLIONE PER SFOGARE ILLIVORE DELLA VENDETTA che èproibito, ma solo pe r am ore di giustizia. Eciò resta anche nella Nuova Legge”(ad 4um).

“Nostro Signore Ge sù Cristo con tre casiparad ossali, che n on vann o pre si alla lettera,insegna ai suoi discepoli a non r ispon dere almale col male, ma a vincere col bene il male”(F. SP A D A F O R A ,   Dizionario biblico, ed.Studium, Ro ma 1963, 3a ed., p. 583).

“A nche i libri sapienziali e i Pro feti del-l 'A ntico testamento invitano a t rat tare u-manam ente il nemico personale, raccoman-dano il perdono e, per imitare la misericordiadivina, vogliono che si renda bene per m ale”(P E R E J. TO N N E A U o.p., Com m entaire à laSomme Theologique, ed. du Cerf, Paris 1971,

I-II, q.105 a. 2 sol.10, nota 69, p.342). Quind inon c' è opp osizione di contrarietà, quasi chel'A ntico Testamen to ob bligasse a vendicarsi

e non invitasse piuttosto ad un u so moderatodella 'iusta vindicatio' , che è ricono sciuta an-che nel la Legge del Nuovo Testamento(“ vim vi repellere licet ”) p urché n ella legitti-ma difesa non vi sia odio per sonale.

Q uando un servo di Caifa schiaffeggiaGesù, Qu esti non porge l'altra guancia, pren-den do a lla lette ra il consiglio che Lui stessoaveva da to ( Mt. V, 39), ma gli rispon de: “Seho parlato b ene, perché m i colpisci?” ( Io .XVII I, 23); S. Tomm aso così spiega l'app ar-ente contraddizione tra questa scena e l 'in-segnamento d el discorso del la mon tagna:“La Sacra Scrittura si deve intend ere secon-do qu anto Cristo stesso e i Santi hanno prati-camente re alizzato. Cristo p erò non ha offer-to l'a ltra guancia a quel tale... Quindi una sp-iegazione letterale interpreta e rroneam entel'insegnamen to di offrire l'altra gua ncia. Taleinsegnamento intende par lare piuttosto dellaprontezza d'an imo a sopporta re qualcosa disimile o di più duro di uno schiaffo in faccia,SE È NECES SAR IO, SENZA NES SUNECCESSIVO ODIO VER SO L'AGG RE S-SORE ” ( In Joh ., XVIII , lect. 4,2). Perciò lalegittima difesa non è proibita e n on ci è co-mandato di offr ire sempre e ad ogni costo

l'altra guancia, anche se ci si vuol dire di nonesagerare nella reazione e soprattutto d i nonportar e odio e rancore al nemico che certevolte dobbiamo combattere. AncheA ristotele insegna che “l'ira aiuta i forti” (3Etica c.8, lect. 17). E S. Tom ma so aggiun geche l 'ira del virtuoso deve e ssere mo deratadalla ragione. Infatti l'ira moder ata è sogget-ta al comando d ella ragione e qu indi l'uom opuò servirsene come vuole, invece non è cosìper l'ira sregolata. L' ira perciò deve seguirela scelta della volontà e non p recederla (II -II, q .123, a. 10).

Nostro Signore G esù Cristo nel Tempio,infiammato da santa collera, cacciò i mercan-ti a colpi di frusta . Il Vene rab ile Sera finoCapponi da Porretta commentando il succita-to articolo dell 'Angelico scrive: «Giusta-mente fu insinuat o d alla S. Scrittura, d allaChiesa e d a A ristotele, che il forte si servedell'ira nel propr io atto. Aristotele è già statoci tato nel 'sed contra ' . La S. Scri t tura,nell'E sodo XXX II, insegna che: “ Mosè neltornare, quando vide il vitello d'oro e ledanze, IR ATO gettò le tavole e le spezz ò alleradici del monte”. E subito la Scrittura narra

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il grande a tto di fortezza compiuto da Mosè,che per vendicare l 'offesa di D io fece uc-cidere tante migliaia di persone. Inoltre nel

primo l ibro de i Maccabei cap. II s i narra:“ Mattatia vide [il giud eo che si accingeva asacrificare agli idoli] e SI AC CE SE IL SUOFURO RE second o il precetto della L egge. Siscagliò su qu ell'uom o e l'uccise sull'altare”. ...La Ch iesa insegna la stessa cosa, pone ndosulla bocca di S. Agata nell'u fficio della suafesta, le parole seguenti dette a Q uinziano:“E mpio, crudele e fero ce tiranno, non ti ver-gogni di amputare in una donna come me ciòche tu stesso hai succhiato in tua m adre?» (inhac articulo).

Per qua nto riguarda l'o dio verso i nemiciNostro Signore ha voluto correggere la falsainterpretazione rabbinico-talmudica che loriteneva lecito, esortan doci a non odiare diODIO DI MALEVOLENZA ( l ' uomo inquanto uomo) ma solo DI INIMICIZIA(l 'uomo in quanto peccatore) vale a direodiare il peccato de ll'uo mo e p regare per laconversione del peccatore.

Alla terza o biezione, secondo la quale chiagisce contro la Legge non la compie, e GesùCristo avrebbe a gito contr o la Legge Anticaperché t occò un lebbroso, cosa pro ibita dallaLegge, e violò p iù volte il sabato, per cuiCristo non ha ade mpiuto la Legge ma l'ha vi-

olata, cosicché il Nuovo Testamen to no n è ilcompimento ma la profanazione della LeggeAntica; l'A quinate risponde che il contatto coilebbrosi era proibito perché l'uomo contraevacon esso un a specie di irregolarità (igienico-sanitaria) . Ma il Signore che era il guaritoredei lebbrosi non po teva contrarre lebbra.

Per quanto r iguarda l 'apparente vio-lazione del sabato, non si può dire cheNostro Signore ab bia realme nte violato il s-abato con le opere che compì in tale giorno,sia perché compiva miracoli con la poten zadivina, la quale opera continuame nte nel

mondo anche il sabato [e la domen ica] (conbuona pace dei cabalisti), sia pe rché compivaope re ne cessarie alla salvezza degli uom ini,men tre i farisei stessi di sabat o pro vvede-vano a salvare il loro a sino cadu to ne l pozzo!Sembra perciò solo apparente mente, secon-do la superstiziosa interpretazione dei farisei['secund um superstitiosum intellectum phar-iseorum' (S. Tom maso )] i qu ali talmud ica-ment e ritenevan o che di sabato ci si dovesseastenere anche da l le ope re r ichieste da l lasalvezza eterna, ma non da l salvare il proprioasino dalla morte a ccident ale! Il che era con-

trar io al vero significato (lo Spirito) de llaLegge. “L a lettera uccide, lo Sp irito vivifica”!

LA NU OVA LEGGE ERA CONTENUTANELL'ANTICA, VIRTUALMENTE,COME L'ALBERO È CONTENUTO NELSEME; ESSENDO L'UNA LA PER-FEZIONE DELL'ALTRA (a. 3).

Un a cosa può essere contenuta in un' altrain due modi: o, in mod o attu ale, come un cor -po sta in un luogo; o in mo do virtuale, comel'effetto è conten uto ne lla sua causa oppurecome la perfezione in una cosa imperfetta (ilseme contiene l'albero intero). Ora in qu estosecondo m odo la Legge Nuova è contenutain quella Antica come una cosa perfetta inquella imperfetta. E cco perché S. GiovanniCrisostomo d ice che “la terra produ ce primal'erb a (la Legge natu rale); poi le spighe (laLegge di Mosè) quindi il grano perfetto (ilVangelo)” ( In M c ., IV, 28). Per ciò la Le ggeNuova è contenu ta nell'A ntica come il granonella spiga.

TUTTI I DOGMI CHE IL NUOVOTESTAMENTO PROPONE A CRE DER EI N M O D O C H I A R O E D E S P L I C I T OSONO INSEGNATI ANCH E NELL'A NTI-CO TES TAME NTO, IN MANIERA IM-PLICITA e figurale. Anche dal punto di vista

dommat ico la Le gge de l Nuovo Testamentoè contenuta vir tualmente in quelladell'Antico Testamento.

LA LEGGE ANTICA ERA PIÙ PE-SANTE PER IL NUMERO DEI PRE-CETTI, MA LA LEGGE NU OVA È PIÙDIFFICILE PERCHÉ RIGUAR DA AN -CHE L'INTERNO (a. 4).

Nel Vangelo leggiamo “Venite a me vo itutti che siete affaticati ed op pressi” ( M t . XI,28). E S. Ilario sp iega: “E gli [Cristo] chiam a

a sé coloro che sono affaticati ed op pressi daipeccati del mondo ” ( In M atth ., cap. XI) edapp lica alla Legge evangelica le par ole cheseguono: “ Il mio giogo è dolce e il m io peso èleggero”. Perciò la Nuova Legge è p iù leg-gera dell'Antica.

S. Tomm aso a sua volta argome nta chenelle azion i virtu ose vi sono du e tipi di diffi-coltà. Il primo de riva dalle opere e sterne, chein se stesse present ano una cert a difficoltà egravezza . E QUANTO A QUESTO LAL E G G E A N T I C A È M O L T O P I Ù P E -SANTE D ELLA NU OVA, P OICHÉ LA

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LEGG E A NTICA O BBLIGAVA A D U NMAGGIOR NUMERO DI ATTI ESTERNIper la complessità de lle cerimon ie. Il secon-

do t ipo di difficoltà de lle buone azioni derivadal le DISPOSIZIO NI INTER IOR I collequali debbono essere compiute. QUA NTOA Q U E S T O I P R E C E T T I D E L L ALEGG E NU OVA SONO P IÙ DIF F ICILID I Q U E L L I D E L L A L E G G E A N T IC A ,infatti nella Nuo va Legge vengono proibiti e-spressamente an che i moti dell'a nimo, chenon erano proibi t i ESPLICITAMENTEnell'A ntica IN O GN I CA SO, benché in alcu-ni casi fossero pr oibiti anche i mot i interni.Ora compiere ciò senza l'abito della virtù checi fa agire ben e con p ront ezza e facilità e pi-acere, è cosa m olto d ifficile. Ecco perché icomanda ment i non sono gravosi per il virtu-oso, ma sono difficili per chi non ama ossianon ha l'abito de lla virtù (2).

CONCLUSIONE

GESÙ CRISTO HA PRED ICATO AGLIEBREI, SENZA PAURA DI URTARLI(III, q. 42, a. 2)

Il Profeta aveva an nunciato che il Cristosarebbe stato per le due case di Israele unapietra d' inciampo e di scandalo ( Is. VIII, 14).

La salvezza del popolo deve essere preferi-ta a lla pa ce di qualsiasi individuo in part ico-lare. Perciò qu ando vi sono degli uomini cheper la loro cattiveria impediscono la salvezzadella moltitudine, colui che predica non deveaver timore di offender li per provvedere a llasalvezza del popolo. Ora gli scribi ed i fariseieran o un gran de ostacolo alla salvezza delpopolo, sia pe rché erano nemici della dot trinadi Cristo che era l'u nico mezzo per po ter es-sere salvati; sia pe rché corro mpevano la vitadel pop olo coi loro costumi sregolati. Quindiil Signore, senza paur a di offende rli, insegna-

va pubblicamente la verità che loro odiavanoe li rimproverava per i loro vizi.A nche no i quindi, se vogliamo d avvero

bene agli ebrei, dobbiamo p redicare la veritàcosì come G esù Cristo l'ha p redicata e cosìcome la Chiesa - mediante i suoi Dott ori - cela propone a credere, senza annacquamen ti.Infatti S. Gr egorio insegna che “Se lo scan-dalo viene dalla verità, bisogna sopp orta repiut tosto lo scandalo, che ab band onare laverità“ ( Hom il. VII in E zech.).

Dopo aver studiato questi due trattati (del-la Legge An tica e della Legge Nuo va) della

Somma Teologica non p ossiamo non escla-mare con Leone XIII “OG NI ARTICOLO[della Somma Teologica] È UN

MIR ACO LO ”. “Se ne avessimo il coraggio -scrive il padre Pègues o. p. - diremmo chequesto trattato della Legge A ntica e quellosuccessivo della Legge Nuo va formano in uncerto senso LA PARTE PIÙ TE OLO GICADELLA SOMMA” (PE R E T. PE G U E S,Com m entaire français L itteral de la Som meThéologique, Toulouse-Paris, 1914, tome IX, p.160).

Che qu este verità esposte con tanta luce eprecisione d all'A ngelico possano illuminarequan ti ancora si ostinano a non r iconoscere ilCristo.

“P REGHIAMO anche P ER I GIUDEIINFEDE LI [al Cristo] AFFINCHÉ IL SIG-NORE TOLGA IL VELO DAI LOROCUOR I ED A NCH'ESSI RICONOSCANOGE SÙ CRISTO NOSTRO SIGNOR E. - (...)

DIO ONNIP OTENTE ED ETERNO,che non rigetti dalla tua misericordia neppurei giudei infedeli, ESAUDISCI LEP REGHIERE CHE TI RIVOLGIAMOPER QUESTO POPOLO ACCECATO,AFFINCHÉ, RICONOSCENDO LA LUCEDE LLA TUA VERITÀ , CHE È CRISTO,SIANO STRAPPATI ALLE LOR O TENE -BRE...” ( Messale Rom ., Ven. Santo).

APPENDICE

L'ANTICA E LA NUOVA LEGGE, IL TAL-MUD E... IL CONCILIO VATICANO II

È uscito recentement e un opuscolo cheraccoglie i documen ti del “ma gistero” concil-iare e postconciliare, che riguardano il dialo-go con gli ebr ei. Nella preme ssa, a cura d imons. Clemen te R iva (“Vescovo” ausiliare diRo ma) tr oviamo scritto: «Il cammino di undialogo [con gli ebrei nd r] raccomandato dal

Concilio Vaticano I I è irreversibile, nono s-tante alcuni “incidenti di percorso”. UNAMENTALITÀ CHE H A S ECOLI DI P O-SIZIONI SBAGLIATE, NON PUÒ ES-SERE CANCE LLATA D' UN COLPO [perfortuna! ndr]. Il popo lo ebreo è un p opoloamat o da D io.. .» ( In dialogo con i 'fratellimaggiori' , ed. A .V.E, R oma 1988, p. 5).

Naturalmente la mentalità che ha secolidi posizioni sbagliate è propr io quella prec-onciliare riassunta da S. Tommaso nellaSomma Teologica. S. Tommaso che fu de fini-to da Pio XI “IL PIÙ SAGGIO DE I SANTI,

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IL P IÙ S ANTO DEI S AGGI” e d i cu iLeon e XIII ha scritto: “Tra i Do ttori scolasti-c i, ...ECCELLE DI GR AN LU NGA SO-

PRA TU TTI S. TOMMA SO D'AQ UINO,DI TUTTI PR INCIPE E MAE STRO ; Egli...perché ten ne in somma venerazione gli an-tichi sacri D ottori, ereditò in qu alche m odol ' intel let to di tut t i . . . .LA RAGIONE,SULLE ALI DI S . TOMMASO, RAG-GIUNSE IL CULMINE DELLE U MANEPOSSIBILITÀ, tanto che QUA SI APPAR EIMP OSSIBILE FAR LA SALIRE P IÙ INALTO... In virtù di tale dot trina [tomista ndr ]le eresie sono disperse e smascherate, e i lmondo intero ogni giorno è liberato da pe s-tiferi errori. . . La dottrina di S. Tommasovince tutte le altre... così che n on è mai ac-caduto a coloro che l'hanno professata, di er-rare fuori dal cammino della verità; mentr einvece chi l'h a combattu ta è sempre statosospetto d i errore. ...I Padri del Con cilio diTrento, prop rio in me zzo dell'aula destinataall'ad una nze, vollero che sopr a l'altare, in-sieme con i libri della S. Scrittura e con i de-creti dei Sommi Pont efici, stesse ape rta laSomma di Tommaso A quinate, per prender eda essa consiglio, argomenti, sentenze”( A eterni Patris, III).

Il 'Segretariato pe r l'unione d ei cristiani'e la 'C ommissione p er i rapporti religiosi con

l'ebraismo' invece hanno affermato: “I CAT-TOLICI S I S F ORZERANNO DI COM-P R E N D E R E L E D I F F I C O L T À C H EL'A NIMA EBR AICA PRO VA DAVANTIAL MISTERO D EL VERBO INCARNA-TO, DATA LA NO ZIO NE MO LTO A LTACHE ES S A P OS S IEDE DELLATRAS CENDENZA DIVINA”(O rientamenti e suggerimenti per l 'appli-cazione della dichiarazione Nostra Aetate (n.4) - 1 dic. 1974, A.A.S. 67, 1975, pp. 73-79 - Inop. cit. p. 14).

Qu asi che il mistero d ell'Un ione Iposta-

tica fosse una verità b assa ed impura dellatrascenden za divina! (Absit).«Per quanto r iguarda le let ture l i tur-

giche... sopra ttutto quan do si tratti di braniche sembran o po rre il popo lo ebra ico, .. .inuna luce sfavorevole... Le commissioni incar-icate del le t raduzioni l iturgiche p orran noparticolare cura al modo di rendere q uelle e-spressioni e quei brani che po ssono essere in-terpre tati ten denziosamente dai cristiani... Èevidente che I TESTI BIBLICI NO N POS-SONO E SSERE CAMBIATI, MA SI PUÒ ,IN UNA VE RS IONE D ES TINATA A L-

L'USO LITURGICO, REND ERE PIÙ ES-PLICITO IL SIGNIFICATO DI Q UE STOTE STO... È così che l'espr essione “i giudei”

in S. Giova nni, indica ta lvolta.. . i capi de igiudei, o gli avversari di Gesù Cristo, espres-sioni che esprimono meglio il pensiero de ll'e -vangelista ed evitano di mette re in causa ilpopolo giudeo in qu anto tale» (op. cit., p. 14-15-16).

Giovanni Paolo II , mettendo in prat icatale ' suggerimento del le commissioni ' , hadetto: “Simon Pietro, nel discorso te nutodopo la Pentecos te , contesterà A I CA PIDE L SINEDR IO l'u ccisione di Gesù Cristo(...) A tti II, 23” (A llocuzione de l 28 sett. 1988all'ud ienza gene rale, in O. R. 29 sett. 1988).Eb bene se leggiamo gli A tti degli Apostoli c-i tat i da Giovanni Paolo II e d ivinamenteispirati, è chiar issimo che S. Pietro si rivolgeai giudei e no n ai capi de l sined rio, cf. At . II,14: “Viri jud ei”, At . II, 22: “Viri Israeliti”“vos [Christum] interemistis” (v. 23) ed ancheA t. III , 17 - VII , 51-53 - X, 34-43. Eb ben etale allocuzione anche se cambia il significatodel dato rivelato, imputando ai soli capi delSinedr io il deicidio - falsando la tra duzionedegli Atti degli Apo stoli - attirerà lo stessosu di sé l ' i ra degli ebrei che han no scri t tocosì: «La difficile stra da del dialogo ebr aicocristiano - Duro da superare qu el “deicidio” -

. .. PER IL PAPA SONO SEMPR E G LI E-BREI AD AVER UCCIS O GES Ù» (c f .Shalom n°10, no v. 1987, p.12).

Il 'Segretariato' e la ' Commissione' succi-tati, affermano inoltre, in un altro docume n-to: «Questo intere sse per l' ebra ismo... non hasolo un fondamento storico. . . I l SantoPadre... dopo aver... menzionato il patrimo-nio comune tra Ch iesa ed ebraismo, afferma-va che, “farne l'inventar io in se stesso, tenen-do pe rò anche conto della Fede e de lla vitarel igiosa del po polo eb raico, così COMEESSE SONO PROFE SSATE E VISSUTE

ANCO RA AD ESSO, può a iutare a com-prende re me glio alcuni aspetti della vita del-la Chiesa”. Si tratta d unque di una preo ccu-pazione pastorale per UNA RE ALTÀ SEM-P RE VIVA, IN S TRE TTO RA P P ORTOCOLLA CHIESA. . . “ IL POPOLOEBRAICO DE LL'ANTICA ALLEANZA,CHE NON È STATA MA I RE VOCATA”»(E brei ed ebra ismo nella predicazione e n el-la cateche si della Chiesa catt olica, 24 giu.1985, in O.R. 24-25 giu. 1985, pp. 67 - op. cit.,p. 24). Proprio no ! Il popolo ebr aico comerel igione che m antiene i l r if iuto di G esù

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Cristo non è una r eal tà viva: è mortua et mortifera come ci ha spiegat o S. Tomm aso;non ha nessun rappo rto stretto con la Chiesa,

ma la odia e vorrebb e ucciderla si fieri potest ;e l 'A ntica A lleanza, proprio perché ANTI-CA (lo dice il nom e stesso) è stata sostituitada q uella Nuova, con la venuta di Cristo,come ci insegna S. Paolo! “La per sona de lMessia - ripren de il documen to - sulla qu aleil popolo di D io si è diviso, costituisce pe rquesto popo lo anche un punto di convergen-za. ...Ebrei e cristiani s'incontrano in una es-perienza simile... ATTE NTI A LLO STESSOD I O C H E H A P A R L A T O [ E B R E I ECRISTIANI ndr] DO BBIAMO RE NDER ETESTIMONIANZA DI. .. UNA COMU NESP E R A N Z A I N C O L U I C H E È I L SI G -NOR E DE LLA STORIA” (op. cit . , p. 29).No! Nessuna comun e speran za: per no i cris-tiani il Signore d ella Storia è già venuto e gliebrei lo hanno rifiutato e crocifisso e perse-verano tuttora nel rifiuto deicida.“Sarebbeparimen ti necessario - continua il docume nto- che assumessimo la nostra responsabilità diPREPARA RE IL MONDO ALLA VENU-TA D E L ME SSIA” (op. cit., p. 29). No! LaVenuta de l Messia già c'è stata, no i possiamosolo prepararci alla Paru sia!

“Il fatto [che la maggioranza del pop oloebraico e le sue autorità non hanno credu to

in Gesù], ha condotto ad una ... RO TTU RAT R A L ' E B R A I S M O E L A G I O V A N ECH IE SA... Non è il caso di sminuire... talero t t u ra.. . TUTTAVIA ES SA NON CAN-CELLA MINIMAMENTE quel LEGA MESPIRI TUA LE d i cui parla il Concilio” (op.cit . , p. 33). Ma al lora c 'è rot tur a e legamenello stesso tempo e sotto lo stesso rapp orto?Si è trovata finalmente col Concilio laquadratura del cerchio.

“LA STORIA D' ISRA ELE - riprende la'Comm issione' ed il 'Segretariato' - NON SICONCLU DE NEL 70 dopo Cristo… ESSA

CONTINUERÀ … [e] PERMETTERÀ ADISRAE LE D I PORTARE in tutto il mondoLA TES TIMONIANZA … DELLA S UAFED ELTÀ ALL' UNICO DIO ” (op. cit . p.35). No! L'ebraismo attuale è INFED ELE aDio che ha messo in Croce; oppure se Israe leoggi è fedele a D io allora G esù Cristo non èDio, ed è Lui l'infedele (A bsit).

Infine mons. Alberto Ablondi (“Ves-covo” di Livorno) a nome della C.E.I. ci in-segna che: «La Chiesa nella liturgia delVenerdì Santo p rega per il “popolo primo-genito del l'A lleanza”, popolo che D io s'è

scel to e CHE CO NTINUA AD AMA RE ...Anche NOI qu ind i CONS IDERIAMOO G N I E B R E O N O S T R O F R A T E L L O

MAGGIORE NELLA F EDE» (C .E . I . ,Segretariato p er l'ecum enismo e il dialogo,dichiarazione d i mons. A. A blondi, 23 mag.1988, op. cit. p. 80).

In quale Fede gli ebrei sono nostri fratellimaggiori se noi crediamo che Cristo è D io, eloro lo hanno rigettato e lo rifiutano tutt' oracome “un b lasfemo che è reo di morte”? ( Mc,XIV, 64).

Q ueste pagine di “magistero” conciliaresono lo specchio del tent ativo (quasi riuscito)di giudaizzazione d el cattolicesimo m a “L E PORTE DELL 'INFERNO NO N PREVAR -

  R A N N O ”! ovvero  I L D I A VO L O FA L E  PENTOLE MA NON I COPERCHI.L'e braismo attuale è erede più del Talmud

che della Legge mosaica: “SE GLIISRA ELITI SI FOSSERO ATTENUTI A LMOSAISMO PURO.. . se avessero avutocome libro sacro soltant o la Bibbia [senza ilTalmud ndr] SI SAREBBERO FORSEFUSI NELLA CHIESA NASCENTE. . .UNA CO SA IMPEDÌ TALE FUSIONE. . .F U L A E L A B O R A Z I O N E D E L T A L -MUD, il dominio e l'autorità dei dottori cheinsegnano u na p retesa trad izione [la Càbala

San Pietro. (Michelangelo)

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spuria n dr]... Il giudeo... si riparava d ietro glisteccati che avevano innalzato attorno allaLegge mosaica.. . i Farisei e I TALMUD-

ISTI... DEFORMATORI DEL MOSAISMOP RIMITIVO E NEMICI DEI P RO F ETI”(B. LA Z A R E, L' A ntisemitism e son histoire et ses causes, Documents et temoignages,Vienne 1969, p.14). Qu este pa role no n sonosospette di antisemitismo in quanto appart en-gono ad un famoso giornalista ebreo, checontinua così : «IL VERO MOSAISMO,. . .AVREBBE CONDOTTO AL CRIS-TIA NESIMO, SE... IL FAR ISAISMO E ILTALMU DISMO NO N FOSSER O STATIL À P E R R I T E N E R E L A M A S S A D E IGIUD EI nei legami della stretta osservanza edelle pra tiche rituali strette. ...Siccome non sipoteva proscrivere IL LIBRO [LA BIBBIAndr] lo si diminuì, LO SI RE SE TR IBU-TARIO DEL TALMUD. I dot tor idichiararono: “LA LEG GE È ACQUA; LAMICH NA [Talmud ndr] È V INO ”» (op. cit.p. 16).

Allora come può il “magistero” conciliareaffermare che: “L'A ntico Testamento e latradizione ebraica su esso fondata [cioè i lTalmud e la Càbala ndr] non debbon o essereconsiderat i in opposizione al NuovoTestamento”? (Segretariato per l'unione deiCristiani - Comm issione per i rap port i reli-

giosi con l'eb raismo, Orienta menti e suggeri-menti per l'applicazione della dichiarazione'Nostra Aetate' n. 4, A.A.S., 67, 1975, p. 76) eGiovanni Paolo II, come fa a d ire: “Qu andostudiamo la trad izione giudea vediamo chevenera te la Sacra Scrittura... L' INSEG NA-MENTO D EL DIO VIVENTE VOI LO S -T U D I A T E C O N A M O R E N E L T A L -MU D...” (5 dic. 1990, Discorso comme mor a-tivo 25° Nostra Aeta te, in 'Fideliter' , marzo-apr ile 1991, n.80, p. 59). No! La LE G G ETALMUDICA È IN OP P OS IZIONE DICONTRAD DIZIONE COL CRIS TO ED

IL CRISTIANESIMO; ment re la LEGG EMOSAICA pur essendo BUO NA, come in-segna l'A ngelico, è IMPE R FE TTA: vale adi re LE MA NCA Q UALCO SA: oss ia ILCRISTO E LA G RAZ IA DE LLO SP IRI -TO SA NTO. La Legge A ntica fu data ad unpopolo bambino e I PRECETTI MOR ALIDELL 'ANTICO TES TAMENTO NONSANTIF ICAVA NO, ma disponevano a l lasantificazione, come l 'imper fetto (il legnoche l'art ista sta levigando) a l perfetto (la s-tatua ultimata). I PRECE TTI CERIMO NI-ALI poi SONO O MBRE D ELL'IMMAG-

INE (Cristo) del la real tà ( i l Cielo) , lorocausa finale è il Messia Nostro Signore GesùCristo. LE CER IMONIE D ELL' ANTICO

TESTAME NTO purificavano solo il corpoma NON CANCE LLAVANO IL PECCA-TO DALL'A NIMA, esse CESSAR ONO DIAV E R VA L O R E C O N L A M O R T E D ICRIS TO, CON CUI L 'A NTICA LE GG ECESSÒ; OSSERVARLE ancora OGG I ÈPECCATO MO RTALE, in quanto sono pro-fessione di una falsa fede che crede nelMessia ancora venturo. LA LE GG E CR IS-TIANA invece è IL PERFE ZIONA MEN-TO DELLE DEF ICIENZE DELL 'ANTI-CA : cioè le dà ciò che le mancava: i meriti diNostro Signore G esù Cristo. Meriti che ci ri-danno la grazia santificante (p ersa col pecca-to o riginale) e la vita sopra nnatu rale, laquale si pot eva avere anche p rima di Cristo,ma solo per la Fede in Cristo venturo a ccom-pagnata dal le buone opere. In breve INP REVIS IONE DEI MERITI DI GES ÙCRISTO DIO SANTIFICAVA ANCHECOLORO CHE - NATI P RIMA D I NOS -TRO SIGNOR E - SPERAVANO NELLASUA VE NUTA.

Ora come si può affermare: “La Chiesa diCristo scopre il suo legame con l'e braismo...la RE LIGIO NE E BRA ICA non ci è estrin-seca, ma in un certo modo, È INTR INSECA

ALLA NO STRA RE LIGIONE. .. SIETE inostr i fratel l i predilet t i . . . I NOSTRIF RATELLI MAGGIORI”? (GiovanniPaolo II, A llocuzione alla Sinagoga di Roma ,13 apr ile 1986, in  Insegnam enti di Giovann iPaolo I I , IX, I, pp. 1026-27). No! Col Talmudnon c' è nessun legame, se non quello dellacorda (Talmud) con l 'impiccato (Cristo e icristiani), e con la Legge mosaica il legame èquello della SUPERIO RITÀ DE L VANG E-LO, e non di una fratellanza minore! Senzadimenticare che p er l 'ebr aismo at tu ale “i lTalmud è vino, la Le gge mosaica è solo ac-

qua” ( ed il vino è più buono dell'acqua…!).In b reve IL P ROBLEMA ES S EN-ZIA LE, per i rappo rti tra cristianesimo edebraismo, È QUE LLO D ELLA D IVINITÀDI NOSTRO SIGNORE GE SÙ CRISTO.Se Gesù è Dio, l'ebra ismo at tua le è in unaposizione di rifiuto d i Dio e d ella vocazioneche D io gli aveva data, la quale se è “ senza

 pentimento” da pa rte di Dio, è stata per sa daparte dell'eletto. Se G esù invece non è D io,allora h a ragione l' ebraismo: “ Ha b estemm i-ato, s'è fatto D io, è reo di m orte”! È inutileperciò cercare d i costruire sulle ambiguità,

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sulle me zze verità, o addirittura è diabo licogiudaizzare vale a d ire reputa re che la mor tedi Cristo non ci è valsa a n ulla e che l'ebrais-

mo è “n ostro fratello maggiore”. G li ebreistessi lo sanno ben issimo e no n si vergog-nano di affermarlo: “LA DISPU TA FO N-D A M E N TA L E C H E D I V ID E E B R E I ECATTOLICI RISIEDE NE L FATTO CHEI PRIMI SOLLEVANO DU BBI SULL'E -SISTENZ A STESSA D I G ESÙ (.. .) e resp-ingono come pur a leggenda il processo, lacondan na e la crocefissione d i Gesù [come èleggenda la tesi dell'om icidio rituale n dr]...Mentre PER LA CHIESA QU ESTO COS-TITUISCE .. . IL FONDAME NTO D ELLAFE DE CATTOLI CA [per la chiesa concil-iare non più! ndr]. LA R ESPONSABILITÀEBR AICA È finora UNO DE I PILASTRINECESSSARI AL MA NTENIMENTO DIQUELLA FEDE cos ì come è , SENZACADERE IN S CIS MI O IN ERES IE”(Shalom , n° 10, nov. 1987, p.12). Quindi gli e-bre i stessi ci dicono che LA CHIESA CON-CILIARE, AVENDO NEGATA LARESPONSABILITÀ EBRA ICA NEL D EI-CIDIO : “G li ebrei non devono essere pre -sentat i . .. come riget tat i da D io” ( Nostra

 A etate, 4) ed a ncora “O ccorre in ogni modoabban donar e la concezione tradizionale delpopo lo punito... Esso resta il popolo pre scel-

to” (Segretariato pe r l'un ione dei cristiani, 24giu. 1985, op. cit., p. 36). È CADU TA NEL-LO SCISMA E NELL'ERESIA!

Note

(1) La frase “era reprensibile” (dellaVulgata) da alcuni esegeti è tradot ta an che“VENIVA BIA SIMATO” per rendere megliol'idea di scandalo passivo, da altri invece:«“ERA COLTO IN FALLO ” (…) che nonsignifica “rep rensibile” (Vulgata) e n epp ure“ripreso”, perché nessuno prima di Paolo era

intervenuto, bensì “MESSO DALLA PARTEDEL TORTO”. È spiegato il fallo o ilTORTO D I PIETRO... fallo definito con ogniprecisione già da Tertulliano come SBAGLIODI COMPORTAMENTO NON DI DOTT-RINA : “conversationis fuit vitium, non praedi-cationis” (  De praescr . , XXIII)» (D O M G.R ICCIOTTI, o.s.b., L e lettere di S. Paolo , Colettiedito re, Roma 1949, 3ª ed., pp. 227-228).

(2) Per quanto r iguarda i rapport i t ral'A ntica e la Nuova A lleanza, si possono leg-gere queste belle pagine di un'eb rea conver-tita al cristianesimo: «PER IL G IUDA ISMO

L'A NTICO TE STAME NTO ha conservatotutt o il suo valore p rimitivo e, SOLO , COS-TITUISCE TUTTA LA RIVELA ZIONE .

PER IL CRISTIANESIMO invece L'A NTI-CO TESTAME NTO CORR ISPONDE A DUNA TAPPA CERTO FONDAMENTALE,MA PRO VVISOR IA ( ...) non è infatti che ilprologo della Rivelazione che ha acquistatoin Gesù Cristo la sua forma de finitiva (...).

O ccorre distinguere inoltre il giudaismodell'An tico Testament o da l giudaismo post-cristiano. (...) IL PR IMO, IL G IU DAI SMOVETERO-TESTAMENTARIO, È UNAPREPARA ZIONE DEL CRISTIANESIMO,ne costitu isce la rad ice; il second o invece, ILGIUDAISMO POST-CRISTIANO, dopoaver ne gato che G esù Cristo sia il Messia...CONTINUA A RIFIUTARE IL MESSIA. Inquesto senso VI È UNA PRECISA OPPO-SIZIO NE TRA IL CRISTIANESIMO E ILGIU DAISMO ATTUALE (...).

La teologia d'Israele... implica la teologiadell'A lleanza. Israele è per definizione il popo-lo dell'A lleanza (...). [Ma] Dio ne è il promo -tore, è Lui, infatti che sceglie Abramo...Qu est'A lleanza è però b asata anche sulla co-oper azione de gli uom ini (...). Mosè riceve laDichiarazione che contiene le “condizioni” delpatto proposto da Dio. (. ..) L'ALLE ANZ ANON È INCO NDIZ IONATA (Dt. XI, 1-28).

(Ma) È SOTTOMESSA ALL' OBBED IEN-ZA DI ISRAELE: “Io vi offro... benedizioni emaledizioni. Benedizioni se obbedite ai coman-damenti di Dio... Malediz ioni se disobbedite aicomandamenti di Dio” (D t. XI, 28). (...) DIOÈ cer tamente F EDELE ALLA S UA AL-LEANZA CHE, PERÒ , NON DIP ENDESOLO DA LUI PER CHÉ IMPLICA AN-CHE L'OBBED IENZA D' ISRA ELE. Non èun dono assoluto, ma È CO NDI ZIO NATADAL COMPORTAME NTO DEG LI UO MI-NI... L'elezione d' Israele da parte di D io è pu-ramente gratuita, (...). SE L'A LLEA NZA È

CON DIZ IO NATA alla condotta d' Israele, ÈANCHE CHIAMATA “ETERNA” ( . . . ) .Tuttavia SEMBR A qui ESSER CI QUA SIUNA CERTA CONTRADDIZIONE.L'Alleanza dipende dal comportamentod' Israele, e Dio minaccia più volte di romperlaa causa dell 'infedeltà del suo popolo ( D t .XXVIII; L v. XXVI, 14 ss.; Ier . XXVI, 4-6; Os.VII , 8-IX,6). COME CONCILIAREQUE STE MINACCE CON LA PRO MESSADE LL'ALLEA NZA “ETE RNA”? Dio haperdon ato molte volte; ma questo perdo nosembra ma nifestarsi non più a tutto Israele,

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ma solo ad un “p iccolo resto” fedele. (...) INSEGU ITO ALL'INFEDE LTÀ DE L POPO-LO D' ISRA ELE NE L SUO COMPLESSO

SEMBRA DU NQUE CHE IL PERD ONODI DIO S I RES TRINGA S OLO AD UNPICCOLO “RE STO”. ( . .. ) DA PARTE DIDIO NON VI È UNA ROTTURA O UNMUTAMENTO DE L SUO PIANO MA UNPERFEZIONAMENTO O SVILUPPODELL'A LLEANZA PRIMITIVA PREVIS-TO FIN DALL'ORIGINE DALLA PRE-SCIENZA DIVINA ; ...(che) darà ai giudei 'uncuore nuovo' (...).

Da una par te , l 'Al leanza sembra re-stringersi solo ad un “piccolo resto” fede lema d' altra parte sembra a prirsi all 'umanitàintera [i gentili ndr] (...).

È [infine] annunziato un misterioso Servodi Dio (. . .). L'A lleanza pe rsonalizzata nelServo di Dio [Nostro Signore G esù Cristondr ] s'e stenderà a tu tti gli uomini. (...) Non siparla più di elezione d i Israele. VI SAREBBED U N Q U E R O T T U R A D E L P IA N O D IDIO ? [“Ego sum Dominus et non mutor”] .( . . . ) SARÀ GRAZIE AL MISTERIOSOSERVO DI DIO CHE S I REALIZZE RÀLA PROMESSA INIZIALE [ fa t ta adAbramo], È LUI CHE PER METTERÀ A LPIANO DI DIO DI RE ALIZZA RSI [senzaalcuna rottura], malgrado le infedeltà del

popolo ebreo. (...) Ne lla sua p rescienza D io s-apeva che il popolo eletto sarebbe stato in-fedele e Gli avrebbe disobbedito comeAdamo. Perciò t i rerà un bene dal malecommesso dall 'uo mo: Lui stesso riscatterànon solo l'infede ltà d' Israele, ma la miseriadell'uma nità intera. La prome ssa fat ta adA bramo, rinnovata ad I sacco, a G iacobbe, epoi a D avid, si realizzerà in un discende nte d iDavid stesso. (...) Tutta la storia d' Israele sottol'A ntico Testament o converge su questo dis-cendente di A bramo (...). È grazie a Lu i chel'Alleanza sarà realizzata e diverrà eterna, (...)

perché l'infedeltà d' Israele sarà riscattata, eduniversale, perché sarà oramai offerta a tuttal 'umanità. ( . .. ) PER I CR ISTIANI L'A L-LEA NZA H A TROVATO IL SUO CO MPI-MENTO NELLA VENUTA DI Q UES TOMISTER IOSO SERVO D I D IO, annunciatoda Isaia. La maggioranza de l popolo eletto èstata infede le alle condizioni de l patto : (...)come mantenere al lora l 'Alleanza? Dioporte rà a termine il suo progetto, prend endoLui stesso la condizione di uomo e di ebre o.Per amore di questa miserabile umanità, inca-pace di esserGli fedele, Dio assumerà la mis-

sione che aveva affidato ad Israe le, e SAR ÀDIO STESSO [incarnato] L 'ISRAELEFEDELE. E fu così che nacque, dalla famiglia

di David ( L c. I, 32) un uomo strao rdinar io.(. ..) Il [suo] insegnamento t urbò profonda-mente i suoi uditori. Provocò la collera di col-oro che insegnavano la Legge.. . E GESÙMISE IL COLMO ALLO SCANDALOdichiarando che Egli era.. . l ' “Unto delSignore”, il “Figlio d i D io” ( M t . XXVI , 63-64). Considerando ta li parole blasfeme, le au-torità sacerdot ali lo conda nnaro no a morte.(...) Il Sangue dell'Alleanza era così versato inremissione de i peccati, ed e ra D io stesso cheaccettava il peggior supp lizio pe r amore d egliuomini, per liberarli dal loro p eccato ed in-viare loro lo Spirito Santo che avrebbe perme-sso loro di mostrarsi infine degnidell'Alleanza e di esserGli fedeli. (...) I paganierano p erciò oramai chiamati anch'essi a ben-ficiare d ell'amore di Dio fino ad a llora r iser-vato [specialmente] al popolo eletto. (...) Gesùaveva annunciato che suoi discepoli sarebberostati tutti coloro che volevano fare la Volontàdi D io, e che questo desiderio rimpiazzava ilegami della carne ( M t . XII, 14-15). [E] (...)condannava con veemenza una parted' Israele, perché infedele a D io. (...) Il po poloebreo, nel suo insieme, ha respinto l'I nviato diDio. Gesù ne tira una conseguenza irrimedia-

bile: “ Il Regno di D io, vi sarà tolto p er esseredato ad un popolo che gli farà produrre frutti”( M t . XXI, 43). (...) Israele è o rmai scisso indue p arti: i giudei che hanno credu to al Cristoe coloro che lo hann o rigettato. (. . .) Pe rciòl'A lleanza non sussiste più con la razza d' A -bramo, ma solo con coloro che, sotto l'influssodello Spirito Santo, divengono figli di Abramo[secondo la Fede] accettando di credere inDio secondo q uant o il suo Inviato ne avevarivelato.

I GIUDEI “ INF EDELI”… S ONO S -TATI RIGE TTATI; I GIUD EI “FED ELI”

(CRISTIANI) , CON I PAGA NI DIVE N-TATI CRIS TIANI FOR MANO O RA IL“POPO LO DI DIO ”. (…) [Nostro SignoreGe sù Cristo] è la Pietra d' angolo, perché u-nisce due muri diversi, vale a d ire i giude i edi pagani (…). Per S. Pao lo, G esù Cr isto nonha instaurato u na nu ova religione, ha soltan-to insegnato agli uomini di buona volontàquella che era la vera Volontà di Dio sull'u -manità: volontà d 'amor e e di perdono. (…).

L ' E L E Z IO N E D ' I SR A E L E AV E VAQUINDI COME F INE ULTIMO LASALVEZZA DI TUTTA L'U MANITÀ, ma

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LA VENUTA DI GESÙ CRISTO ERA LACONDIZIONE DI TALE S ALVEZZA.Non fu per i suoi meriti né in vista di se stes-

so che il popolo ebreo fu scelto da D io, maper preparare progressivamente la venuta diColui che p ersonifica l'I sraele pe rfetto. Taleera , ‘ab æte rno ’, il disegno d i Dio. (…) In unce r to modo , GRAZIE A GES Ù ED AMAR IA, ISRA ELE H A RIS P OS TO F I -NALMENTE, UNA VOLTA PER TUTTE,ALLA VOCAZIONE DI DIO, E L'A LLE-ANZA È STATA SIGILLATA DEFINI-TIVAMENTE E PERFETTAMENTE (…).

Si può pe rciò parlare indifferentem ente diuna sola A lleanza sviluppata, o di du e A l-leanze, intimamente legate l'una all'altra nellapersona del Cristo [“Fecit ex utraque unum”].Qui, ancora u na volta, ci troviamo da vanti adun mistero che non possiamo pen etrare pien-amente [è il mistero d' iniquità d'Israele] (…).

LA NU OVA CO MUNITÀ [la Chiesa diCristo, n.d.r.]… È RIMA STA FE DE LE A L-LA TRADIZIONE VETERO-TES TA-MENTAR IA RICONOSCENDO IN GE SÙIL CRIS TO ANNUNICATO DAI P RO-FETI. PER I CRISTIANI, SONO I GIUD EIAD ESSERE STATI INFEDELI ALLATRAD IZIONE DE LL 'ANTICO TES TA-ME NTO (…). Il resto fedele [dei giudei alCristo] è di una impo rtan za capitale nell'e -

conom ia della salvezza. È lui che garant iscela peren nità dell 'A llean za. Q ualsiasi cosapossa capitare alla parte infedele del popo loebreo, le promesse di D io sono compiute.Tutto è realizzato ne l Cristo (…).

Per S. Paolo, que lli che credon o al Cristosono “l'Israele di Dio” (Gal. VI, 16). LA ROT-TURA NON ESISTE TRA L 'ISRAELEDELL'ANTICO TESTAMENTO ED ICRISTIANI, MA TRA LE DUE PARTIDEL POPOLO EBREO (…). “Nemici secon-do il Vangelo”: gli ebrei infedeli sono in un cer-to modo i nemici di Dio poiché si sono opposti

alla sua Volontà (R om. II , 17-24; III, 9-20).Tuttavia in funzione dell'amore e della miseri-cordia eterni di Dio “essi [gli ebrei] second ol'elezione sono carissimi a Dio a causa dei loro

 padri”. S. PA O L O N O N A F FE R M A inquesto passaggio CHE IL PO POLO EBR EOIN QUANTO TALE [in quanto infedele alCristo] RESTA CAR O A DIO : la comunità[religiosa] di quelli che h anno in gran par tedisobbed ito non pu ò essere bene ficiaria, inquanto comunità, dell 'amor di Dio. MA IGIUD EI, I DISCENDE NTI DEI PATRI-ARCH I SECONDO LA CARNE, COLORO

CHE SI SONO ALLONTANATI DALLACOMUNITÀ DELL 'ALLEANZA,RE STANO SEMPRE INVITATI AD EN-

TRARVI: “La chiamata di Dio è senza penti-mento”. (…) Per S. Paolo, sono i giudei ad es-sere infed eli, ma D io, Lui, resta fed ele. (…)Usciti dall'A lleanza, i giudei sono ancora chia-mati ad ent rarvi: questa è l'interpretazione diRomani XI, 28-29; vi è su questo punto il con-senso unanime della tradizione pat ristica».

(D. JUDANT, Jalons pour une théologie chré-tienne d'Israël, Les Editions du Cèd re, Paris1975, pp. 33-83, passim).

* N el prossimo num ero di ‘Sod alitium ’ pubb licheremo un 'antolo gia dei Padri dellaChiesa sullo stesso argom ento.

UNA LETTERA D IHOMERO JOHAS

Il 29 aprile abbiamo r icevuto da Fr egeneuna lettera in porto ghese del signor Hom eroJohas, accompagnata da u na tr aduzione initaliano della medesima. Come egli ci richiede,la pubblichiamo con una nostra risposta. Non

senza precisare che, per que l che ci riguarda,non intendiamo dare altro spazio alla polemica.Pubblichiamo tale e quale, come ci è stata

inviata, la traduzione italiana della lettera delSignor Johas.

Rio de Janeiro, 31 marzo 1992

Ilmo. Sig. Direttore di Sodalitium Ref : L'articolo “Il dibattito sull'Episco-

pato” di don Francesco Ricossa.Riguardo la “Nota” dove menzionate la

rivista argentina ROMA (n. 119, p.4) e lemie affermazioni fatte “en passant” suMons. Guérard des Lauriers, per amore allaverità e alle norme cristiane della discus-sione sulle dottrine cattoliche e visto che ilsuo scritto è almeno poco rispettoso e “vir-tutem abnegantem” (II Tim. 3, 5), sollecitoche publichiate quanto segue.

I) Quanto ad eguagliare i Vescovi alPapa nella giurisdizione, da parte di Mons.Guérard des Lauriers, la rifutazione va fattaal diacono V. M. Zins in “Trois Héresies duP. Guérard des Lauriers” (Sub Tuum Præ-sidium, n. 12/1988-anesso). Avete omesso

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la mia rissalva: si riferisce (refiere nella ver-sione spagnola) in cui indico la paternità al-trui a quanto affermato. Perciò, non vi è

lecito dire “calunnia sapendo di mentire”.II) Quanto alla vostra difesa dell'idea di“papa materialiter” invocando l'autorità diMons. Guérard des Lauriers e affermando:“Materia secunda (materia prima+formasostanziale) può esistere benissimo senzauna forma accidentale”, del potere papale,essa in nulla cambia l'innezia della tesi del“papa materialiter”. Voi anche “potresti es-istere senza quella scienza filosofica e teo-logica (forma accidentale)”, bencome delpotere papale, e, non per questo vi poteteproclamare “papa materialiter”, salvo una li-cenza poetica di un Dante frustrato. Conquesta idiozia tutti i fedeli di sesso maschilesono parimenti papi materialiter, ma neanchecosì, secondo la teologia, gli eretici pubblicipossono essere considerati tali. È l'atto(esse), che da la potenza all'ordine esisten-ziale dell'essere e che, nel caso presente,renderebbe possibile affermare di qualcunoessere papa. Esistere nell'ordine sostanzialenon è lo stesso che esistere nell'ordine acci-dentale, la semplice potenza è soltanto un“principium entis” e non il “ens quod est”.Anche nell'ordine accidentale esiste solo ilcomposto. Né dovete dire che la teologia

dell'“elezione” di un papa altera quil'Ontologia. L'elezione, anche con l'unanimitàdei Cardinali (Paolo IV) non altera l'incapacitàdell'eretico pubblico ad essere papa, vistoche l'eresia, “suapte natura”, separa dallaChiesa (Pio XII). Perciò, non è “passione u-mana” como avete scritto, ma la serenità del-la Filosofia e della teologia di S. Tommaso edel Magistero della Chiesa che vi confutano.Così “l'argomento dell'autorità” di Mons. deLauriers, membro dell'Accademia Pontifica disan Tommaso, è nullo, “argumentum infirmo-rum”, contrario all'autorità di S.Tommaso

stesso e del Magistero. Il Vat. II ha avuto finoal collo questa specie d'autorità.III) Riguardo al fatto che la riv. ROMA e io

stesso avessimo seguito Mons. Lefebvre, in-quanto oppositore alle deviazioni de Vat. II, epoi ne avessimo preso le distanze quandoanch'egli si è allontanato da leggi e dottrinedella Chiesa (come sia il Can. 188, 4), èmerito no vergogna (ma da chi siete stati or-dinati voi?). Non siamo seguaci di uomini.

Quanto all'accusa che la rivista Roma eio siamo passati dalla condanna all'ap-provazione delle sagrazioni fatte da Mons.

Thuc, il fatto è che fu pubblicato un articolodel diacono Zins condannando le “sagrazioniillecite” di Mons. Thuc e di Mons. Lefebvre,

basato su una tesi generale sul ministro deiSacramenti e i fedeli in casi di estrema ne-cessità. In essa giudicava “illecita” e “pecca-minosa” la richiesa dei Sacramenti, di asso-luta necessità di salvezza, a ministro eretico,anche in caso di estrema necessità e nellamancanza di un altro ministro. La riv. ROMA(nn. 119, 120, 121) pubblicò allora i miei arti-coli in cui facevo vedere che secondo i Can.2261 e 2264 e la Dottrina della Chiesa èlecita questa richiesta di Sacramenti.

Il criterio per avvicinare persone comeMons. Lefebvre, Mons. Thuc, Mons. Gué-rard de Lauriers, diacono Zins o don Ri-cossa, non sta nel nome della persona, manella fedeltà al Magistero della Chiesa.

Magari Sodalitium e altri approfondis-sero più questo criterio di cattolicità: avrem-mo un criterio comune, no opinioni diver-genti e contrarie al Magistero.

IV) Riguardo al vostro concetto “anticon-clavista” lo analizeremo in un'altra occa-sione poiché conduce alla setta degli “Ace-fali” del sec. VII.

Che Dio vi guardiHomero Johas 

Risposta di Don Ricossa.

Ricordiamo ai lettori il punto controverso. Ildott. Johas (in ‘ Roma’, n. 129 p. 4) accusavaMons. Guérard des Lauriers: 1) di falsare l' on-tologia (cioè la filosofia dell'essere) affermandoche materia e forma possono esistere separata-mente (p rincìpi “quod” e non “quo”) 2) di fal-sare il dogma eguagliando i Vescovi al Papa nelpotere d i giurisdizione. La mia risposta si limita-va a questi due punti. Si tratta di accuse gravis-sime (t anto p iù perché rivolte ad un religioso,sacerdote, vescovo, che fu filosofo e teo logo per

vocazione) che devono essere provate concertezza. Pertanto, se gli argomenti addotti daldott. Johas non provano o, addirittura, sono falsicome abbiamo dimostrato (‘Sodalitium’ n. 29 p.19) è inevitabile concludere che si tratta , almenosu questo punto, ed oggettivamente, di calunnia.Lascio a D io ed al confessore del dott. Johas ilcompito di giudicare dell'eventuale responsabil-ità morale; quanto a me son pronto ad accordar-gli la presunzione della più totale buo na fede.Tuttavia, poiché abbiamo dimostrato che Mons.Gu érard des Lauriers non sostiene le tesi at-tribuitegli, ma l'esatto cont rario, s' impone al

 

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dott. Johas un'onesta rettifica di quanto ha affer-mato dando credito ad altre persone (come eglistesso afferma e come noi supponevamo). Infatti

il dott. Johas ammette implicitamente, nella sualettera, di aver accusato Mons. G uérard d esLau riers di eguagliare il Papa a i Vescovi nelpotere di giurisdizione senza aver letto una solariga del testo messo sotto accusa: tanto basta, anostro parere, per togliere ogni serietà scientificaai suoi scritti contro Mons. Guérard des Lauriers.Difatti, senza una precedente condanna da partedella Chiesa, non si può accusare q ualcuno difalsare il dogma (in pratica di proferire eresie) senon si sono verificate le fonti!

Tanto b asterebbe per chiudere la discus-sione. Tutta via, rispondiamo a ncora br eve-mente a i quattro pun ti esposti nella lettera.

1) non abbiamo detto “calunnia sapendo dimentire” ma “...o O mero non ha letto Guérard,e scrive per sentito dire, oppure Omero calunniasapendo d i mentire [ci sono motivi per ritenerevalida la pr ima ipotesi]”. Ed in effetti, come pre-visto, la prima ipote si era qu ella vera. I l chenon giustifica il do tt. Johas.

2) Il dibatti to non verteva sulla “idea dipapa mate rialiter” (idea venuta in mente alCardinal G aetano, a Giovanni di S. Tommaso,a San R oberto Bellarmino) né sulla sua appli-cazione alla situazione a ttua le ma sulla possi-bili tà di una materia (I o II) senza forma.

Quanto alla distinzione “materialiter” e “for-maliter”, si può veder e qua nte volte S. Tom-maso ne faccia uso nei suoi scritti, consultan-

do la “Tabula aurea” di Pietro da Bergamo(ed . Pao line 1960. Voce: Forma le, col. 428 evoce: Materiale col. 598).

3) Non rimp rovero a Johas ed alla rivista‘Roma’ di aver, come noi, mutato posizione.Rimprovero il poco rispetto per chi comeMons. Guérard des Lauriers negava l'autoritàdi Giovanni Paolo II (pagando di personapersino con la “scomunica” di Ra tzinger) e laliceità delle consacrazioni, quando essisostenevano le po sizioni opposte a ssieme aMons. Lefebvre. Gli errori dovrebbero inseg-nare l'umiltà.

4) Gli Acefali (Antichi monofisiti del VIIsec. o, piuttosto, de l V-VI sec. secondo l' En -ciclopedia Ca ttolica) no n c'en trano nulla colconclavismo o con l ' anticonclavismo. Nonsiamo contro un vero conclave e nonvogliamo che la Chiesa resti senza Papa.Siamo contro uno pseudo-conclave compostoda elettori che non hanno l'au torità per eleg-gere un Papa. E poi, se noi siamo acefali (sen-za capo) chi è il capo del dott. Johas?

Ci sembra inutile proseguire polemizzan-do con chi, per tan ti versi, sostiene le no strestesse po sizioni. Ci auguriamo solo, da pa rtesua e di altri, una maggiore o bbiettività neiconfronti della persona e degli scritti di Mons.Guéra rd des Lauriers che, come membro del-la Pontificia A ccademia di S. Tommaso non

era cert o infallibile, ma almeno me ritevole diessere letto prima di essere refutato. Non cisembra di chiedere tr oppo.

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L’Abbé Lucien.

Il Sacerdote Be rnard Lucien ha abban-dona to la Tesi di Cassiciacum. Per una repli-ca esauriente alla sua nuova posizionerichiedeteci l’edizione francese di‘Sodalitium ’ n. 28 ed il bollett ino “ Notre Dam e de la Sainte-Espérance”, suppl. al n.72, presso il Rev. H ervé Be lmont ( 35, ruePeyronnet . 33800 Bordeaux - Francia).

Giovanni XXIII. Il Papa del Concilio

Per m otivi di spazio la nona pu ntata del-la nostra b iografia ron calliana ded icata a l-l’apert ura a sinistra dell’allora Patr iarca diVenezia, è rinviata al prossimo numero. Ci s-cusiamo con i lettori.

1492 - 1992A 500 anni dalla Riconquista e dall’evange-

lizzazione dell’America.Con la conquista di Granada, liberata dal

giogo mu sulmano e l’espulsione degli ebreinon convertiti al cattolicesimo, i Re Cat toliciFerdinand o d’A ragona ed Isabella di Casti-glia chiusero e consolidarono la Riconquistacattolica della Spagna. Nello stesso tempo lenavi d’Isabella, guidate da C ristoforo Co-lombo, aprivano la strada all’evangeliz-zazione dell’A merica. La rivista ‘Didasco’[B.P. 2, Bruxelles 24, rue des Bogards 17, B -1000 Bruxelles] sta d edicando all’epop eadella Spagna cattolica una serie di articoli(cf. n. 64, n. 65, n. 66 della r ivista) di cui con-sigliamo vivamente la lettura (in francese) atut ti gli amici di ‘Sodalitium’. Gli interessatipossono rivolgersi alla direzione di Didasco.

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IL NU OVO PRESIDENTE E LA PESTE

DELLA NOSTRA EPOCA.“QU EL CH E N OI CH IA MIA MO LA PESTE D ELLA N OSTR A EPO CA E IL LA ICISMO, I SU OI E R-

RORI ED I SUOI EMPI TENTATIVI” Pio XI - Enciclica Quas Primas 11/12/1925.

« Preferisco che ne llo Stato ent rino il leninismo più la massoneria piutto sto che ilclericalismo ».

OSCAR LUIGI SCALFARO secondo “L'Europeo”, 23/5 giugno 1992.

« L'integralismo è superbia ».OSCAR LUIGI SCALFARO secondo “L a Stampa”, 27 maggio 1992, p. 3.

« ...Nel doveroso e sentito rispetto della laicità dello Stato... »

OSCAR LUIGI SCALFARO, Messaggio a Giovanni Paolo II dopo l'elezione a capo dello Stato.I retroscena del messaggio« Intanto viene resa pubblica la risposta agli auguri del papa Giovanni Paolo II. “È un messaggio che mi com-

mu ove profo ndam ente” fa sapere. È un telegramm a, quello di Scalfaro, di viva riconoscenza. Ma tra le righe diquesta che è l'unica esternazione pubblica della giornata c'è anche un esplicito messaggio ai politici. Scalfaro in- fatti sottolinea il “doveroso e sentito rispetto della laicità dello Stato, che è e dev'essere 1a casa di tutti”.

Eb bene, il riferimento alla “laicità dello Stato” rimanda a un retroscena della giornata precedente. A q uand o,cioè, nel pom eriggio Scalfaro ha ricevuto A chille Occhetto che gli veniva a com unicare la decisione del suo p artito. In q uel colloqu io, il segretario del pds ha chiarito che i grandi elettori della Quercia avrebbero vo tato per lui, mache nel partito c'erano perplessità. In particolare, il pds era molto perplesso sulla matrice “clericale e antiabortista”del candidato. Scalfaro, allora, ha voluto incontrare personalmente una delegazione di donne del pds. Erano pre-senti Claudia Mancina, A lfonsina R inaldi e altre. Il colloqu io dev' essere andato bene, se poi le parlamentari hannodiramato un micro-com unicato “Sottolineamo l' esigenz a di riconf ermare il principio di laicità… I l presidenteScalfaro, ha manif estato tutto il suo interesse e apprezz amento, assicurando il suo sensibile impegno ” Ieri la pub-blica conferma ». (L a Stampa, 27/5/92).

« Io, certo ultimo, esco dalla scuola politica di Sturzo e di D e G asperi che ne lla fedeltà alle loro convinzionireligiose... ebber o dello Stat o la limpida concezione laica... Nel ricordare che lo Stato è di tutti... e nessunolecitamente può apporgli il marchio... della propria fede religiosa... ».

«Ma proprio pe rché ho espresso sentimenti della mia fede religiosa, - ha affermato il Capo dello Stato - inquest'a ula solenne sento il bisogno di inchinarmi alla fede religiosa di ogni credente di ogni altra fede. Sento ilbisogno di inchinarmi alla libera scelta di chi non accoglie nel suo a nimo pensieri e valori tra scendenti. La miadevozione p er la libertà di coscienza di ciascuno, oltre che r ispetto di un principio di diritto naturale sancitonella Carta costituzionale, è rispetto sentito, profondo e devoto, perché la libertà di coscienza è il midollo dellalibertà e della dignità della persona uman a.

Incontriamoci dunque sui valori dell'uomo: sono il denomi-natore universale. Incontriamo ci sull'amor e vero, umile, silente,ma concreto per que sta nostra Patria, che ha diritto alla nostraferma volontà di una unità vera sui valori umani che non tra-montano ».

OSCAR LUIGI SCALFARO, Messaggio alle Camere,28 maggio 1992.

“ Elevate parole ” in un “ messaggio di al ta tensione

 morale” per L'Osservatore Romano, 29-30 maggio 1992. Lo scrittore cattolico Messori ha dichiarato gongolante

che con l'elezione di Scalfaro “Pio IX è tornato alQuirinale”. Fosse vero! Ma non crediamo che il Papa diQuanta Cura e del Sillabo che condannò la “libertà di co-scienza” sia tornato sul Colle. Semmai, con la DC e ilConcilio, i bersaglieri sono arrivati anche in Vaticano…

Oscar L uigi Scalfaro con la “Kippa” in meditazione davanti almu ro del pianto a Gerusalemm e

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WOJTYLA IN A FRICA(FEBBRAIO 1992)

I musulmani, sale della terra...

“Tutti voi, Cristian i e Musulmani , sietechiamati a fare delle vostre famiglie e de llastessa società , luoghi in cui Dio sia vera-mente presente, dove la giustizia e la pace e-sistono verament e, e dove le persone sianomosse da uno spirito di amore e di mutuo ri-spetto. I l mio me ssaggio ai giovani della

Gambia è questo: Siate il sale della te rra!Siate la luce del mondo!”

Ba njue 23-2-1992, in O sservatore Ro -

mano. 24 e 25-2-1992, p. 8.

Libertà di coscienza e dei culti“Delirio” per Gregorio XVI e Pio IX.

“Auspico che si svilupp i il rispetto dellalibertà di coscienza e di culto per ogni essereumano”.

Cona kry ( Gu inea) 25-2-1992, in Osser-vatore Romano. R . 27-2-1992, p. 5.

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ESERCIZI SPIRITUALI DI S. IGNA ZIO

“Che giova mai all'uom o guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima?

O cosa darà un uomo in cambio della sua anima?” (Matteo XVI, 26).

“Bisogna che io cada nell'una o nell'altra eternità” (S. Ambrogio).

Per gli uomini:dal lunedi 24 agosto, ore 12, al sabato 29 agosto, ore12. A Verrua Savoia.dal lunedi 10 agosto, ore 12, al sabato 15 agosto, ore12. A Raveau in Francia (In lingua francese).

Per le donne:dal lunedi 17 agosto, ore 12, al sabato 22 agosto, ore12. A Verrua Savoia.dal lunedi 3 agosto, ore 12, al sabato 8 agosto, ore12. A Raveau in Francia (In lingua francese).

COLONIA ESTIVA PER I BAMBINI

Per bambini di età compresa tra gli 8 ed i 13 anni, nelcastello di Raveau in Francia.Dal martedi 14 luglio al martedi 28 luglio.

Telefonare o scrivere per informazionie prenotazioni: 0161/849335

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