Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in...

76
Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) - Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino Anno IX - Semestre II n. 4 - Dicembre 93 -Gennaio 1994 N. 36

Transcript of Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in...

Page 1: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUASAVOIA (TO) - Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don FrancescoRicossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

Anno IX - Semestre II n. 4 - Dicembre 93 -Gennaio 1994 N. 36

Page 2: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Editoriale

Si racconta che quando san Pio V di-chiarò san Tommaso d’Aquino dotto-re della Chiesa, abbia affermato che

il suo confratello nell’ordine domenicanoaveva fatto tanti miracoli quanti erano gliarticoli della Somma Teologica da lui scrit-ta. Non ci sognamo neppure di paragona-re “Sodalitium” alla Somma di sanTommaso, o la sua santità e sapienza allanostra miseria ed ignoranza. Però, nel no-stro piccolo, anche di “Sodalitium”, giuntocon questo numero al suo decimo anniver-sario, si può dire che ogni volta che esce sirealizza un... miracolo! “Miracolo” delquale ringraziamo di tutto cuore il Signo-re, augurandoci di poter ancora per moltianni servirLo con la penna, per la Sua glo-ria, il trionfo e la dilatazione della Chiesae la salvezza delle anime.

Non è facile, difatti, assicurare ogni annola pubblicazione e la diffusione dei quattronumeri del nostro bollettino, senza contaregli altri quattro della traduzione francese.Non è facile finanziariamente, tenuto contoche l’invio è gratuito e che “Sodalitium” vi-ve solamente delle offerte dei lettori... e diquel che ci rimettono, di tasca propria, i re-dattori. Non è facile neppure assicurare, conuno studio continuo, quel discreto livelloculturale che abbiamo voluto dare alla rivi-sta, e conciliare lo studio con gli altri impe-

gni quotidiani dei quattro sacerdoti che col-laborano a “Sodalitium”. Facendo gli augurial bollettino neonato, Mons. Lefebvre scri-veva: « In questo inizio dell’anno 1984 e do-po l’uscita del primo numero di “Sodali-tium”, il mio primo augurio sarà che non sianato morto, ma che duri, per cui gli dico: admultos annos. Poichè, bisogna riconoscerlo,la redazione di un bollettino regolare cheaccattivi l’attenzione dei lettori non è cosafacile. Difatti, oggi si preferisce vedere piut-tosto che leggere: tutta l’educazione moder-na tende a ciò. Che i redattori non si scorag-gino, ma che abbiano il dono di interessareil lettore educandolo ».

Possiamo dire che la scommessa è statavinta: “Sodalitium” non è nato morto, co-me molti suoi omologhi, ma vive e conqui-sta, poco a poco, il suo spazio tra i lettori.

Nacque nel Natale del 1983: otto pagi-ne striminzite (che allora ci sembravanoun capolavoro) che rappresentavano il bol-lettino del Priorato san Carlo Borromeodella Fraternità san Pio X. Presente in Ita-lia dal 1974 la Fraternità di Mons. Lefeb-vre infatti, non aveva ancora, dopo noveanni, una propria pubblicazione! Ripararea questa omissione fu uno degli obbiettiviprincipali dei due sacerdoti appena ordina-ti ed inviati nel Priorato San Carlo di Mon-talenghe (Torino) nell’estate del 1982. Ilnome prescelto era tutto un programma:“Sodalitium” voleva ricordare il ben piùcelebre Sodalitium Pianum, l’associazione

2

Sommario

In copertina: S. Pietro riceve le chiavi da N. S. Gesù Cristo (La Cattedra di S. Pietro, di-pintodi G. F. Barbieri, detto il Guercino del 1618; Pinacoteca civica di Cento, Ferrara).L'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro SignoreGesù Cristo dia alla sua Chiesa, un Papa in atto, da amare, seguire e servire.

Editoriale pag. 2“Il Papa del Concilio” pag. 6Monsignor Prainatis: Cristo e i cristiani nel Talmud pag. 14Israele c'è un patto tra politici e massoni pag. 21San Pio V, “il Papa della S. Messa” pag. 22“L'eresia ai vertici della Chiesa” (M. Firpo)… pag. 33L'umiltà pag. 47L'Osservatore Romano pag. 62La Fraternità San Pio X tratta nuovamente coi modernisti ? pag. 68Nota liturgica pag. 68La Via Regale pag. 70Vita dell'Istituto pag. 71

Page 3: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

san Pio V fondata dallo storico insigne ebattagliero giornalista cattolico Mons.Umberto Benigni. Dal 1910 al 1914, conl’approvazione di san Pio X e sotto la suadirezione, i membri del Sodalitium Pia-num lottarono con ogni mezzo contro glieretici modernisti ed i loro simpatizzanti;si sciolsero poi ufficialmente nel 1921, nontrovando nel nuovo Pontefice l’appoggioche aveva loro manifestato il santo prede-cessore. Nel richiamarci idealmente alSodalitium Pianum, compivamo altresìuna precisa scelta di campo all’internodella Fraternità San Pio X, poichè pocoprima la rivista ufficiale del distretto fran-cese della Fraternità, Fideliter, aveva pub-blicato una serie di articoli contrari al So-dalitium Pianum ed ai cosiddetti integristicattolici... Le polemiche sul passato, natu-ralmente, rispecchiavano delle polemichesul presente, e particolarmente sull’attitu-dine conciliante o intransigente da adotta-re nei confronti del neo-modernismo,uscito vincitore dal Vaticano II.

Nonostante gli inevitabili conflitti in-terni dovuti a questa nostra attitudine,“Sodalitium” fu promosso sul campo, e dabollettino di un semplice “priorato” di-venne, nell’ottobre del 1984 e giunto alsuo sesto numero, il periodico della Fra-ternità per tutto il distretto italiano. Fuuna “gloria” di breve durata. Nel luglio1985 uscì l’ultimo numero prima che iconflitti sempre più gravi che opponevanoi redattori di “Sodalitium” al nuovo supe-riore generale della Fraternità, FranzSchmidberger, portassero alla rottura de-finitiva. In quel momento “Sodalitium” fuli lì per morire; sospese le pubblicazioni,fu conteso tra la Fraternità San Pio X el’Istituto Mater Boni Consilii, per rinasce-re, nell’aprile 1986, come organo ufficialedi quest’ultima associazione.

Da allora, “Sodalitium” ha dato il suocontributo alla causa della tradizione catto-lica, in Italia come in Francia, grazie aMons. Guérard des Lauriers, al quale dob-biamo l’iniziativa dell’edizione francese;un contributo che riteniamo, malgrado lenostre lacune, unico nel suo genere in Ita-lia, in quanto su “Sodalitium” il lettore,

3

La copertina del primo numero di “Sodalitium”

La copertina del numero 10 di “Sodalitium”, primodopo la fondazione dell'Istituto Mater Boni Consilii

Page 4: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

qualunque sia la sua posizione, potrà legge-re di argomenti che mai, o raramente, sonoaffrontati dalle altre riviste. Insomma, “So-dalitium” non è un doppione.

Ricordiamo gli studi critici sulla Fra-ternità San Pio X, in mezzo a tanta corti-gianeria ed unanimismo, e la continua at-tenzione all'attualità del movimento “tra-dizionalista”. Ricordiamo altresì che è sta-to “Sodalitium” a far conoscere al lettoreitaliano il problema che la rottura operatadal Vaticano II con la dottrina della Chiesapone alla coscienza di ogni cattolico. L’uni-co teologo, docente all’Università del Late-rano e membro dell’accademia pontificiadi san Tommaso d’Aquino, che si sia schie-rato totalmente per la difesa della tradizio-ne cattolica fu Mons. Guérard des Lauriers(cf. n. 18). Eppure i cattolici italiani nonl’avrebbero neppur sentito nominare se“Sodalitium” non lo avesse fatto conosce-re. La sua tesi teologica sulla Sede formal-mente vacante (n. 13), sul conferimentodell’episcopato senza mandato pontificio(n. 16), sulla visibilità della Chiesa (n. 22),sulla natura dell’episcopato col conseguen-

te rifiuto delle avventure conclaviste (nn.27 e 29), hanno illuminato le anime quantola sua meditazione sulla passione di Gesù(dal n. 28) le sta infervorando. Una serie diarticoli sul “magistero” del Vaticano II(nn. 20, 23, 25, 27) e sui suoi ispiratori, tutticondannati sotto Pio XII, nonchè una co-stante attenzione alle affermazioni di Gio-vanni Paolo II e del “cardinal” Ratzinger,motiva l’opposizione dottrinale alla rifor-ma conciliare, mentre la vita di GiovanniXXIII, seguita passo a passo dal n. 22,spiega come tanta rivoluzione abbia potu-to, storicamente, avvenire. Le vite dei santi(Pio X, Pietro da Verona, Pietro d’Arbués,i Martiri di Gorcum, Gregorio VII, PioV...) non solo nutrono la devozione del let-tore, ma sono il miglior argomento in favo-re delle prerogative del Papa e dei dirittidella Chiesa contro gli errori regalisti, lai-cisti, protestanti o liberali. Gli studi sugliinquisitori (santi) e sull’Inquisizione mo-strano al lettore, nella vita e nella prassiquotidiana della Chiesa, l’inconciliabilitàtra la “libertà religiosa” avallata dal Vati-cano II e la dottrina cattolica. Una inconci-

4

La copertina del numero 13 di “Sodalitium”La copertina del numero 18 di “Sodalitium”

Page 5: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

liabilità che viene confermata dalle vite dei“nuovi santi” conciliari (A.G. Roncalli, K.Wojtyla, P.G. Frassati, de Lubac, Theilardde Chardin, Blondel...) così diversi dai loropredecessori, canonizzati veramente.

Al cuore del messaggio cristiano vi è poiil mistero di Israele: la sua elezione divina, ilsuo rifiuto del Salvatore, la sua riprovazioneda parte di Dio, il conflitto teologico che looppone alla Chiesa nel dipanarsi della storia,sia direttamente, sia tramite il suo strumentod’eccezione, la Massoneria. A questi temi cisiamo interessati fin dal n. 9, per poi trattar-ne sistematicamente dal n. 24 in poi. Questoconflitto tra la Sinagoga e la Chiesa illuminatutta la storia dell’umanità, non esclusa lacrisi conciliare, e senza far eccezione degliavvenimenti politici della storia moderna,che non esitiamo ad affrontare da un puntodi vista integralmente cattolico. Questo pun-to di vista non può non essere che quellodella Santa Chiesa Romana fondata su Pie-tro ed i suoi legittimi successori. Alla lucedel loro magistero e della dottrina socialedella Chiesa esaminiamo tutti i problemiconcernenti il bene comune, particolarmentei rapporti tra lo Stato e la Chiesa. La serie diarticoli sugli Stati Pontifici (nn. 12, 14 e 19) equella sui rapporti tra Papato e Potere tem-porale (nn. 20 e 21) dimostrano il nostrogrande amore per i legit-timi successori di Pietroed espongono i princìpiispiratori di una rettadottrina politica. Gliscritti dei santi (i menoconosciuti, i meno citati),gli articoli di vita spiri-tuale, di pedagogia o suiproblemi morali più at-tuali, nutrono infine l’a-nima ed il cuore del let-tore, che dimentica unattimo le polemiche e lebattaglie intellettuali del-le altre pagine, aiutando-lo concretamente non so-lo a pensare da cristiano,ma anche a vivere da cri-stiano (con l’aiuto, evi-dentemente, della graziadi Dio). Infine, “Sodali-tium” è l’unico mezzoper tanti lettori lontanied isolati per seguire leiniziative del nostro Isti-

tuto: il ministero apostolico, il seminario perla formazione di buoni sacerdoti, i contatticon i gruppi similari, le opere caritative edora, anche, l’attività editoriale.

Sinceramente, “Sodalitium” appassio-na prima di tutti noi che lo scriviamo! Lacosa potrà sembrare evidente, mentre in-vece non lo è: non sempre si lavora conentusiasmo. “Sodalitium”, invece, ci entu-siasma. Forse parlare d’entusiasmo è trop-po, ma certo “Sodalitium” interessa unsempre crescente numero di lettori, moltidei quali, la maggioranza, non concordacon tutte le nostre posizioni. Consideria-mo questo interesse, proprio da parte dilettori critici, un consolante successo.

Certo, abbiamo commesso degli errori,di forma e di fondo: abbiamo persino pub-blicato una pubblica ammenda nel n. 13! Avolte la polemica è stata fine a sé stessa(questo quanto alla forma). A volte abbia-mo errato grossolanamente (e questo quan-to al fondo) specie durante la nostra appar-tenenza alla Fraternità. Ancora una volta, cene scusiamo. Assicuriamo tuttavia che, se er-rore ci fu e ci può essere tuttora (non siamoinfallibili né onniscienti!) esso non è mai ac-compagnato dalla volontà di ingannare. Lanostra unica guida è il magistero, ordinariocome solenne, della Chiesa cattolica e dei

Sommi Pontefici, ed algiudizio della Chiesa finda adesso sottomettiamoogni nostro scritto prontia ritrattare sinceramentetutto quanto potesse tro-varsi in contrasto con ilsuo insegnamento.

Perdoni il lettorequesto editoriale piùprolisso del solito ecompatisca: è il com-pleanno di “Sodaliti-um”! Ci aiuti, con la suapreghiera, col suo aiutoeconomico e morale, coisuoi consigli, a renderlosempre migliore, adiffonderlo sempre più,come strumento utile edefficace di diffusionedel Vangelo e di salvez-za delle anime, ancoraper molti, lunghi anni.Ad multos annos, e...Deo gratias!

5

La copertina del numero 29 di “Sodalitium”

Page 6: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

“IL PAPA DEL CONCILIO”Quattordicesima puntata: la commissione

antepreparatoria del Concilio (1959-60)

di don Francesco Ricossa

“Possa il prossimo Concilio Vaticano II di-sperdere, col soffio potente dello Spirito San-to, tutte le tenebre dell’errore onde far ri-splendere sempre più fulgido, sull’orizzontedella Chiesa, il sole della verità, quel sole chenon conosce tramonto!”. Con queste paroleterminava la presentazione della sua operet-ta, “Silloge degli errori teologici contempora-nei. Con appendice sul Magistero Ecclesiasti-co”, il Padre Gabriele M. Roschini o.s.m.,Preside della Facoltà Teologica “Marianum”di Roma e consultore del Sant’Offizio.

Il libretto, piccolo di mole quanto pienodi valore, è del 1959: Giovanni XXIII avevaappena annunciato che sarebbe stato cele-brato un Concilio Ecumenico. Prendo in ma-no il volume, lo sfoglio con tristezza: l’hocomprato dai Padri Serviti per due soldi as-sieme ad altre opere del famoso mariologo,che i Padri eliminano dalle loro biblioteche.La gloria dell’ordine, adesso, non sono più ilcard. Lepicier o il p. Roschini, ma personecome Padre Turoldo. Il Concilio Vaticano II,infatti, è passato ormai quasi da trent’anni,ma il “soffio potente dello Spirito Santo”non ha disperso, in quell’occasione, “le tene-bre dell’errore”. Anzi, si può dire che, comenel Venerdì Santo, “si fece un gran buio sullaterra (...) per l’oscurarsi del sole” (Lc. 23,44,45; cf. Mt. 27,45 e Mc. 15,33). Denuncia-va, il Roschini, il “relativismo della culturamoderna”, coloro che non identificavano ilCorpo Mistico con la sola Chiesa Romana, il“falso irenismo” ecumenico, l’esegesi indi-pendente, l’artificiale opposizione tra i Padrida un lato, la scolastica e la contro-riformadall’altra, l’evoluzionismo poligenista e lenuove teorie sul peccato originale, la confu-sione tra ordine naturale e sovrannaturale, lasopravvalutazione del “sacerdozio” dei fede-li, gli atti di indipendenza dal Magistero edalla gerarchia ecclesiastica, la negazionedella procreazione come fine primario delmatrimonio ecc. ecc... Tutto questo, pensavail buon Padre, verrà spazzato via dal Conci-lio di Papa Giovanni. E siccome, oltre chel’errore, egli citava anche l’errante, il religio-so Servita elencava, tra gli altri, Padre Thei-lard de Chardin, Padre Danielou, il neo-ori-

genismo di Karl Barth e del Padre Henri deLubac, i seguaci di Maurice Blondel, PadreRené Laurentin, il filosofo Jean Guitton, i li-turgisti Jungmann e Parsch... tutti condanna-ti, in persona o perlomeno nelle loro dottri-ne, dal magistero della Chiesa. Povero PadreRoschini! Questi erranti li ha visti onorati eriveriti dopo il Concilio, alcuni di essi elevatialla “porpora cardinalizia”; ed i loro errorison diventati l’insegnamento ufficiale di quelConcilio che avrebbe dovuto disperderli.

La speranza di Padre Roschini, che ilConcilio fosse una riedizione del “Sillabocontro i principali errori della nostra epoca”,non gli era esclusiva. Essa era condivisa datutti i teologi chiamati “romani” a causa dellaloro sicura ortodossia e totale fedeltà al Papaed alla Chiesa romana. “Nella settimanadell’Università lateranense in preparazione alVaticano II, il rettore Piolanti aveva propostoun Concilio di condanna degli errori del mon-do moderno” (1) Come Roschini, ora lo sap-piamo, anche Piolanti si illuse: “Un Conciliodi condanna era contrastante con la linea delpapa, quella di un Concilio pastorale” (1).

Per la verità, non sono solo i teologi ro-mani ad immaginare un Concilio tutto diver-so da quello che conosciamo. La Curia roma-na e l’episcopato stesso, per lo meno quelloitaliano di cui il Papa è il Primate, dimostraro-no freddezza all’idea del Concilio o, per lomeno, si facevano del Concilio un’ idea bendiversa da quella di Giovanni XXIII.

Il Concilio di Papa Giovanni e quello della Curia

Già nella scorsa puntata abbiamo rivissu-to la mattinata in cui Roncalli diede, a pochi,stupiti cardinali, l’annuncio del Concilio Vati-cano II. Con lo storico gesuita Martina, ricor-diamo ancora una volta la reazione dei cardi-nali di curia presenti. “È noto - scrive PadreMartina - l’atteggiamento riservato se nonproprio contrario mostrato dai porporati pre-senti a San Paolo il 25 gennaio 1959: l’ipotesidi un Papa di transizione si mostrava fallita.(...) Cominciò allora secondo la storiografiapiù diffusa, il duello tra il papa e la curia: ilprimo proteso verso l’idea di un concilio au-dacemente innovatore, la seconda, logoratanel vano sforzo di frenare l’entusiasmo delpapa e di imbrigliarne le iniziative” (2). PadreMartina non condivide pienamente questaversione forse troppo semplicistica (3) maammette tuttavia che “è comunque innegabi-le un certo ostruzionismo della curia” (4).

6

Page 7: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Anzi, scrive Riccardi, “fin dai primi passidell’avvio del concilio, il papa è consapevoleche bisogna chiarire i rapporti tra l’assiseecumenica e la curia. Al termine del discorsoin S. Paolo” il giorno stesso, quindi, dell’an-nuncio del concilio ai cardinali presenti, “ilcardinale Canali, bene al corrente della viaprescelta dal precedente pontefice - raccontail card. Confalonieri - avanzò, tra l’impaccia-to e il curioso, la domanda se della prepara-zione ne verrebbe, anche questa volta, incari-cato il S. Uffizio. Papa Giovanni ristette unistante, come sorpreso, e poi, con tono di vo-ce tranquilla ma decisa, rispose: presidentedel concilio è il papa” (5). L’episodio, emble-matico, è ripetutamente citato da Riccardi eda altri storici dopo di lui che lo commentanonel medesimo senso (6). Il vecchio ma autore-vole card. Canali (nato nel 1874, aveva rice-vuto la porpora nel 1935), fedele servitore disan Pio X, non poneva a Giovanni XXIII unadomanda insulsa o scorretta. Era normaleche il Papa non potesse occuparsi personal-mente di tutto. Era normale che affidasse lapreparazione del Concilio al S. Uffizio, comeaveva fatto Pio XII. Ma Canali temeva (ladomanda stessa lo dimostra!) che questa vol-ta non sarebbe andata così. Roncalli non lorassicurò. Al contrario. Poichè il Papa nonavrebbe potuto occuparsi in prima persona dipreparare il Concilio, e non intendeva affida-re questa incombenza al S. Uffizio o alla Cu-ria... a chi l’avrebbe affidata? Ai nemici dellaChiesa, come vedremo in seguito.

I timori del card. Canali (e non solo i suoi)ebbero il tempo di consolidarsi lungo tutto ilperiodo che va dall’annuncio del Concilio allavigilia della sua inaugurazione. Alberigo rife-risce i costanti interventi di Roncalli, tutti voltiad esautorare i cardinali romani. “GiovanniXXIII - scrive - si mostrò consapevole moltopresto dell’inclinazione della curia romana aegemonizzare la preparazione del concilio, invista di guidarne lo svolgimento (7). Il 30 mag-gio 1960, presentando un ampio bilancio deilavori antepreparatori, ebbe occasione di direche la preparazione del Concilio non saràl’opera della curia romana (8). Nel solenne in-contro di Pentecoste del 5 giugno inserì unachiara affermazione della distinzione tra curiae concilio (9), trasparentemente suggerita dallapresenza di attitudini diverse (e infatti subitodopo il card. Tardini confidò al p. Tucci che ilgiorno prima il papa si era lasciato andare afrasi eccessive) (10). Giovanni XXIII confermòil proprio atteggiamento il 7 giugno successivo

in un incontro con lo stesso direttore de la Ci-viltà Cattolica, confidandogli che non era pos-sibile escludere la curia dal lavoro preparato-rio e che lui stesso si proponeva di non farnulla senza consultare il cardinale segretario diStato e viceversa (11); forse questa precisazionepuò essere messa in relazione col fatto che ilmotu proprio Superno Dei nutu, che istituivale commissioni preparatorie del Vaticano II(12) era stato preparato dal card. Tardini (13)(...)” (14). Ritorneremo sul progressivo deterio-rarsi dei rapporti di Roncalli col suo segreta-rio di Stato, che giunse al punto di dare le di-missioni (che però furono rifiutate). Basti quisegnalare che lo stesso Alberigo giunge alpunto di scrivere: “È forse possibile chiedersise la formale convocazione del concilio inter-venuta il 25 dicembre 1961 non sia stata facili-tata dalla scomparsa del card. Tardini” (14).Nulla cambia col nuovo (e più docile) segreta-rio di Stato, Cicognani, al quale GiovanniXXIII dà le medesime consegne “rispetto alrapporto tra curia e sinodo ecumenico”; essesono: “Distinzione e accordo” (15). “Infine, allavigilia dell’apertura del concilio, rivolgendosidirettamente alla curia, il papa ritenne oppor-tuno ammonire, con espressioni tipicamenteroncalliane, che data l’importanza e la delica-tezza che caratterizzano un avvenimento cosìessenziale, se vi è una circostanza nella quale sidebba mortificare la fantasia e vigilare per lapropria dignità personale, la circostanza è pro-prio questa” (16). Abbiamo anticipato un pocoil nostro discorso seguendo Alberigo, ma loscopo era dimostrare una continuità, e pertan-to una ferma volontà, in Giovanni XXIII ditenere a bada la curia romana, fedele alla tra-dizione, perchè non prendesse troppo stretta-mente in mano il concilio, o addirittura non neimpedisse lo svolgimento. “La fermezza di pa-pa Giovanni - scrive ancora Alberigo - siespresse anche in una limitazione a una dila-zione sine die dei tempi di preparazione, chepoteva sottintendere un affidamento che nelfrattempo il vecchio pontefice scomparisse econ lui il concilio. D’altronde non va dimenti-cato che la durata della preparazione (44 me-si) è stata pur sempre maggiore di quella delladurata dell’intero concilio (39 mesi!)” (17). Inmaniera più volgare, come gli è consueto,esprime lo stesso concetto Hebblethwaite:nella Pentecoste del 1959 fu organizzata dalcard. Tardini la commissione antepreparato-ria, e “benchè Giovanni avesse scelto la seradella domenica di Pentecoste, 5 giugno 1960,per annunciare l’avvio delle Commissioni pre-

7

Page 8: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

paratorie propriamente dette, queste ultime simisero al lavoro solo il 13 novembre 1960. Sisospettava che il cardinal Domenico Tardini,deliberatamente, facesse in modo che i prepa-rativi si dilungassero, per diverse ragioni. Mase pensava che Giovanni non sarebbe vissutoancora troppo, egli fu vittima di un’ironia divi-na (18), visto che morì lui prima, il 30 luglio1961, quasi due anni prima del papa. Ancheper una istituzione abituata a contare il tempoin secoli, questa lentezza era inquietante contanti uomini anziani coinvolti” (19). Che Ron-calli avesse fretta mentre Tardini non ne ave-va affatto (per il primo “due o tre anni di buo-na preparazione” sarebbero bastati, per il se-condo, invece, “i tempi apparivano troppo ri-stretti”) è appurato, poichè egli stesso lo con-fidò al politico democristiano Andreotti il 22gennaio 1959, quando gli anticipò la notiziasegretissima del prossimo annuncio del conci-lio; ed i motivi di tanta fretta erano evidenti:“Quando ci si avvicina all’ottantina non sipossono adottare scadenzari troppo lunghi”(20) Quelle di Alberigo e di Hebblethwaite,dunque, non sono solo malignità: qualche cosadi vero c’è, ma va tutto ad onore della vitupe-rata “curia romana”. E che qualche cosa ci siastato lo conferma anche il meno categoricoPadre Martina, il quale ammette: “È comun-que innegabile un certo ostruzionismo dellacuria. Solo il 29 gennaio (1959) l’allocuzionedel 25 venne trasmessa al sacro collegio, e su74 cardinali solo 24 (fra cui Montini) espresse-ro per scritto al papa o al segretario di Statoadesioni e proposte. Il papa volle e riuscì inparte ad aggirare o a superare la curia: deciseuna consultazione dell’intero episcopato (in-novazione notevole rispetto al Vaticano I, percui erano stati previamente consultati, almenoin un primo momento, pochi vescovi)” (21).

L’episcopato alla vigilia del concilio

Parlare di concilio ecumenico implica trat-tare anche dei rapporti tra il Papa ed i vesco-vi, il primato di Pietro e l’autorità del conci-lio. Un vecchio problema che diede vita an-che ad una eresia che dal concilio prende ilnome, il conciliarismo (22), secondo cui il con-cilio ecumenico è superiore al Papa. Per que-sto, non pochi vescovi “liberali” (come Mons.Bonomelli, di cui abbiamo già ricordato le re-lazioni col giovane Roncalli, il cui nome ha ilpoco piacevole privilegio di trovarsi nell’Indi-ce dei libri proibiti), invocarono o profetizza-rono un concilio che avrebbe cambiato laChiesa (23). Al contrario, i teologi fedeli a Ro-ma scrivevano tranquillamente che “il conci-lio universale è divenuto inutile e superfluoper la Chiesa Cattolica” (24) o perlomeno insi-stevano sul carattere totalmente occasionaleche essi rivestono: “I concili non sono neces-sari alla Chiesa (...) - scrisse nel 1908 J. Forgetnel Dictionnaire de Théologie Catholique - laragione teologica come la storia l’afferma. LaChiesa possiede nel primato del RomanoPontefice l’organo ad un tempo ordinario edessenziale dell’autorità suprema e questo or-gano ha da se stesso potenza e grazia per de-cidere tutte le questioni, per sancire leggi uni-versali, per rispondere a tutti i problemi” (25).Non diversamente si esprime l’EnciclopediaCattolica: “Benché nessuno possa negare laconvenienza e l’utilità dei concili, tuttavia nonsi hanno sufficienti prove per arguirne la loroorigine divina. Cristo sufficientemente prov-vide a mantenere la genuinità della sua dottri-na con l’istituzione del primato (Wernz-Vidal,II, pag. 524)” (26). Per questo motivo Pio XI ePio XII rinunciarono all’idea di un concilio(27). Le cose cambiarono con Giovanni XXIIIche fin dal principio del pontificato operò de-cisamente per una diminuzione del potere pa-pale e curiale a favore di quello dei vescovi.“Il pontificato giovanneo segna la decadenzadell’immagine di onnipotenza del papa” af-ferma, con una brutta espressione il Riccardi,facendo il contrasto con l’accentramento del-le questioni nelle mani del papa sviluppatosifino a Pio XII (28). Parlando dei primi mesi dipontificato di Roncalli, il prete ribelle donMilani, affermò: “In quel brevissimo tempo ilpapato aveva già tentato di ristabilire il pote-re dei vescovi. E questa fu la prima differenzatra il papato di Giovanni XXIII e quello diPio XII. Infatti Pio XII li aveva esautorati, ivescovi. (....) Giovanni invece per prima cosa

8

Giovanni XXIII a passeggio con alcuni vescovi e cardinaliitaliani (tra i quali si possono riconoscere

Montini, Lercaro, e Fossati)

Page 9: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

dette autonomia ai vescovi” (29). Lasciamo adon Milani la responsabilità delle sue paroleeccessive, ma constatiamo che in GiovanniXXIII “l’attenzione all’episcopato è evidente:lo si nota nel piccolo gesto, ma significativo,di voler ordinare vescovi i cardinali diaconi,stabilendo la regola (Cum gravissima) chetutto il Collegio cardinalizio sia formato davescovi. Oppure quando vuole che le diocesisuburbicarie siano governate da vescovi resi-denziali, privando i cardinali di Curia di que-sta potestà. Ma soprattutto il Concilio èl’espressione più decisa di questo coinvolgi-mento della Chiesa e dei vescovi” (30). Quan-to Pio XI e XII avevano temuto si realizzò: ivescovi afflitti da “complesso antiromano”profittarono dell’occasione loro offerta daGiovanni XXIII fin dalla consultazione di tut-to l’episcopato voluta, come abbiamo visto,dallo stesso Roncalli. Infatti, “il 15 giugno1959 il segretario di Stato, Tardini, chiedevaai vescovi ed ai superiori generali di esporrealla S. Sede i loro vota: era un’ampia consul-tazione dei futuri protagonisti del Vaticano II,voluta da Giovanni XXIII non su di un que-stionario chiuso” (31). Questa assenza di unquestionario è molto importante: fu GiovanniXXIII a non volere un questionario cheavrebbe indirizzato le proposte in un canalepredeterminato, escludendo che si desse spa-zio alle più discutibili opinioni o, persino, ere-sie. “Il card. Siri, da sempre preoccupatodall’aperturismo giovanneo e dall’avventuraconciliare, ha considerato questa consultazio-ne come un fenomeno generatore di confu-sione: Questo tipo d’inchiesta allargò enorme-mente il campo di cui avrebbe dovuto occu-parsi il Concilio ed avallò indirettamente ladiscutibilità di molte materie... E conclude,cogliendo un certo stato d’animo: Da questomomento molti hanno creduto che si potessediscutere pressoché di tutto” (32). A chi attri-buire la responsabilità di tutto questo, se nona Giovanni XXIII che volle la consultazioneed il modo (senza questionario) di compierla?

Vi furono circa 2000 risposte, il 77%dell’episcopato. Già si intravede la spaccatu-ra tra prelati “del Reno” (tedeschi, olandesi,francesi) e quelli romani. Ad esempio, “ilcard. Alfrink, arcivescovo di Utrecht, chiedeche si dichiari che il governo universale dellaChiesa è affidato al collegio dei vescovi gui-dato dal papa” (33). È la collegialità. Senzaspingersi fino a quel punto estremo, moltivescovi nordamericani, canadesi, francesi,belgi ed olandesi chiedono una minore di-

pendenza dalla curia e da Roma, una mag-giore internazionalizzazione, addirittura l’af-fermazione che il potere dei vescovi vienedirettamente da Dio, e non dal Papa. Essi“non gradiscono di essere considerati merimandatari della curia” (34).

Se le tendenze antiromane e progressistedi alcuni episcopati erano pertanto già palesialla vigilia del concilio, non se ne deve de-durre che Roma non avrebbe potuto, seavesse voluto, portarvi rimedio. Le rispostedi quei vescovi erano come i sintomi che ma-nifestavano una malattia, ma GiovanniXXIII avrebbe potuto contare sulla fedeltàdi molti prelati che non chiedevano altro chedi difendere e riaffermare la dottrina dellaChiesa ed i diritti del Papa.

Esaminiamo, ad esempio, i vota espressidai vescovi italiani, seguendo lo studio diGiovanni Miccoli, ordinario di Storia dellachiesa nell’Università di Venezia. “I vota deivescovi - egli scrive - furono per lo più invia-ti a Roma tra la seconda metà del 1959 e iprimi mesi del 1960. Essi vennero formulatidunque nel periodo iniziale del pontificatodi Giovanni, quando le caratteristiche dellasua linea pontificale erano ancora in una fa-se di graduale esplicitazione. Anche questospiega come la percezione di esse appaia for-temente attutita o completamente assentenella maggior parte dei testi episcopali, cherisultano perciò documento tanto più signifi-cativo e interessante delle attese e dell’otticacon cui i vescovi guardavano, vorrei dire au-tonomamente, al prossimo concilio” (35). Quiil prof. Miccoli ci dice che la maggior partedei vescovi italiani non aveva ancora afferra-to il pensiero di Giovanni XXIII, e pertantoimmaginavano un concilio ben diverso daquello che Roncalli stava preparando... Co-me Padre Roschini, come Padre Piolanti, co-me tutti i cattolici ignari dell’aggiornamento,immaginavano un concilio di condanna deglierrori contemporanei, come d’altra parteerano stati tutti i concili fino ad allora.

Il più lungimirante (e coraggioso) fu l’ar-civescovo di Trani e Barletta, il religioso do-menicano Reginaldo Giuseppe Maria Adda-zi, il quale “si pronuncia chiaramente control’opportunità di convocare il concilio: perl’inevitabile assenza dei vescovi soggetti airegimi comunisti, col rischio, non potendoun concilio evitare di agitare argumenta quaecommunismum tangunt (36), di aggravare laloro sorte; per l’inopportunità di tenere tantivescovi a lungo lontani dalle loro sedi in una

9

Page 10: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

situazione del mondo così perturbata; per-ché vana è la speranza di ricondurre allaChiesa i cristiani separati - non minus pervi-caces quam eorum praedecessores (37) -; perl’estrema difficoltà infine di porre rimedio aimali sociali del presente. Questo stesso ve-scovo non si esime tuttavia da indicareugualmente con una certa ampiezza i suoivota, offrendo così un quadro catastroficodelle condizioni della Chiesa nella società:Generatim popolus christianus non iam auditvocem Ecclesiae. In Italia, et puto in universomundo, communismus incessanter progredi-tur, quia populi communistarum fallaciis cre-dunt, dum boborum aeternorum promissio-nes spernunt. Communistarum progressioneset incrementa vere sunt expavescenda (38). Inrealtà tale ottica desolata e pessimistica (rea-lista! n.d.a.) è largamente comune nei docu-menti dei vescovi: Nemo est ignarus pietatisimminutionis, morumque corruptionis popu-li christiani (39); magis ac magis (ingravescit)manifestatio et diffusio immoralitatis et neo-paganorum vita perversa (40); angimur de cre-scente immoralitate gentis nostrae (41); cor-ruptio ubique crescit (42); sævit hac ætate,quod omnes norunt, nefarius laicismus, sae-vit et impius communismus (43); pestis com-munismi de die in diem se extendit, maximacum animarum ruina, quia haereses omnescomplectitur et ad omnia vitia, peccata et de-licta viam pandit (44). A tale ottica fa riscon-tro una spinta chiaramente difensiva che re-clama, ad opera del concilio, nuove solennicondanne degli errori moderni, talvolta chie-dendo esplicitamente un completamento delSillabo di Pio IX. In 111 casi il comunismo ènominato esplicitamente, molto spesso comeerrore principale da condannare (da solo opiù raramente insieme al socialismo), men-tre in un’altra trentina di casi gli errori sonorievocati più genericamente o globalmente;65 volte viene menzionato il laicismo e quasialtrettante il neomodernismo teologico (nonmanca chi, ma la nota è solo di colore, chie-de la condanna dei padri De Lubac e Thei-lard de Chardin, o, riallacciandosi evidente-mente agli interventi della Civiltà Cattolicadi pochi anni prima, quella di Maritain edell’umanesimo cristiano (45). Rarissimo è ildiscorso condotto prevalentemente in positi-vo (46) (citerei Lercaro, D’Avack, Fares,Montini), o che dichiari esplicitamente inuti-le ripetere condanne che sono già state pro-nunciate (Lercaro). A quella stessa spintadifensiva corrisponde la richiesta di defini-

zioni precise, di distinzioni nette, che non la-scino spazio a dubbi, discussioni, equivoci,all’interno della compagine cattolica. Da ciòle frequenti richieste, oltre che di un vero eproprio nuovo Sillabo degli errori, che più omeno esplicitamente riprendesse e conti-nuasse l’antico (47), di un catechismo unicoper tutta la Chiesa, di una summa o codice ocatechismo morale e sociale, di una sinossidelle dichiarazioni dei sommi pontefici sullequestioni del nostro tempo (dottrina da os-servare ed errori da rifiutare), o, infine, com-binando insieme tali esigenze, di un catechi-smo sulla dottrina sociale e sugli errori delcomunismo. (...) L’atteggiamento dei vescoviitaliani verso il problema ecumenico merite-rebbe (...) un’analisi a parte.

Un indizio di scarsa sensibilità a tale ri-guardo può essere offerto dal fatto che sonooltre un centinaio i vescovi che richiedononuove definizioni dogmatiche di alcune pre-rogative mariane, in particolare della media-zione universale di Maria, mentre pochissimile subordinano al problema dell’unità, e solouna diecina ne negano l’opporunità perchéaumenterebbero le difficoltà di recupero deifratelli separati” (48). Ricordo che quest’ultima“era la posizione di Giovanni (XXIII) che giàda patriarca si era espresso negativamenteper la proclamazione e per la festa liturgicadella regalità di Maria (49), e tale contrarietà,in riferimento alla definizione dogmatica del-la Maternità spirituale di Maria, aveva ripetu-to come papa” (50). Ma se Giovanni XXIII (alpari di Montini) preferiva piacere ai luteranipiuttosto che alla Madonna, molti vescovi ita-liani, al contrario, si preoccupavano della cre-scita della propaganda protestante (cosa di-rebbero oggi!). Tra di essi “non mancanoquanti ricordano che i mali del presente han-no nella ribellione luterana la loro radice, ochi stabilisce un collegamento tra protestan-tesimo e comunismo, e auspica che il nuovoconcilio sia per il comunismo ciò che Trento èstato per il protestantesimo, chi lamenta lapropaganda protestante e la diffusione dellaBibbia, o invoca l’unità della Chiesa perché siè oppressi dalle sette protestantiche (51). Delresto, quando si parla delle prospettivedell’unità, i termini usati richiamano general-mente i termini tradizionali del ritorno o pro-spettano la mera conversione dei dissidenti,senza cogliere il nuovo che il discorso di Gio-vanni al riguardo veniva prospettando già inquei mesi. D’altra parte il rinvio frequente al-l’Humani generis, come il rifiuto e la condan-

10

Page 11: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

na delle nuove correnti teologiche, lascianopochi dubbi sulla scarsa disponibilità di moltivescovi italiani ad avventurarsi su strade diaggiornamento e revisione in quest’ambitodei rapporti tra i cristiani (52)”. Anche riguar-do all’impegno politico, i vescovi italiani ma-nifestano irritazione per la Democrazia Cri-stiana, che considera i sacerdoti solo dei me-diatori di voti. Si “sollecita la richiesta di nuo-ve definizioni, di una nuova e più chiara pro-clamazione del diritto del magistero ecclesia-stico ad intervenire in tali ambiti - ogni atti-vità umana, sia privata che pubblica (...) perl’aspetto dottrinale e morale deve essere rego-lata dall’infallibile magistero della Chiesa -; esi lamenta perciò il posto eccessivo concessoal laici, le loro rivendicazioni di autonomia incampo sociale e politico, e si manifestanodubbi e sfiducia verso la Democrazia Cristia-na per la mancata piena realizzazione delloStato cattolico (vi è anche chi, ma è un altrocaso limite, propone la condanna illius sectæpoliticæ vulgo dictæ Base della DemocraziaCristiana per la sua concezione delle relazionifra Stato e Chiesa...” (53). Per concludere, lamaggioranza dell’episcopato italiano alla vigi-lia del concilio ripropone “termini, toni e pro-poste che, richiamandosi ad un collaudatomodello”, quello dato da Pio XII e dai ponte-fici suoi predecessori, “si configurano singo-larmente incomprensivi - quando non esplici-tamente contrastanti - rispetto alla linea e agliatteggiamenti che Giovanni veniva puntual-mente suggerendo” (54). Questa conclusionepotrebbe facilmente applicarsi, credo, ad altriepiscopati nel medesimo periodo, come quel-lo spagnolo e molti di quelli latino-americani.Su di essi, Giovanni XXIII avrebbe potutoappoggiarsi per difendere ed illustrare la fedecattolica di fronte agli attacchi dei neomoder-nisti presenti nell’aula conciliare. I vota deivescovi italiani ci mostrano infatti un episco-pato ben diverso non solo da quello attuale,ma anche da quello che verrà presentato co-me la “maggioranza” dei padri conciliari. Macosa contano, per Giovanni XXIII, i pareridei vescovi italiani, e persino di quelli di tuttoil mondo, pur da lui stesso sollecitati? In fon-do, nulla. Il parere del suo grande amico, findal 1925, Giovanni Battista Montini, gli bastae gli avanza. Ecco quanto Giovanni XXIIIscrisse al cardinal Montini il 4 aprile 1961:“Dovrei scrivere a tutti i vescovi, arcivescovie cardinali del mondo: come parlo di tutti e diciascuno nella mia umile preghiera al Signo-re. Ma per intendere tutti mi accontento di

scrivere all’arcivescovo di Milano, perché conlui io li porto tutti nel cuore, così come perme egli tutti rappresenta”(55). “Si tratta -commenta Hebblethwaite - di una notevoleconfessione: Montini considerato come unvescovo che rappresenta, riassume, nella suapersona, l’intero episcopato” (56). Quello stes-so Montini che, ora ne abbiamo la prova do-cumentata dopo la recente pubblicazione del-la biografia del cardinal Siri, Pio XII non vo-leva diventasse papa a nessun costo (57).

Conclusione riassuntiva

Prima di concludere questa puntata rias-sumiamo il tutto e facciamo il punto, a costodi ripeterci, per aiutare il lettore disorientatotra tante notizie, a volte di dettaglio.

Appena eletto, il 28 ottobre 1958, Ange-lo Giuseppe Roncalli pensa a convocare unconcilio (se non prima). In ciò concorda conalcuni elementi della curia (Ottaviani, Ruffi-ni), dissentendo da loro sullo scopo del con-cilio: non di condanna, sulla scia dell’encicli-ca Humani generis di Pio XII, ma di apertu-ra ai “fratelli separati”.

L’annuncio del concilio, il 25 gennaio1959, preoccupa i più chiaroveggenti, stupi-sce quasi tutti; i cardinali sono, in maggio-ranza, piuttosto tiepidi.

I primi preparativi del concilio sono affi-dati al cardinale segretario di Stato, Dome-nico Tardini, il quale, nella festa di Penteco-

Giovanni XXIII insieme a G. B. Montini, colui che “rappresentava tutti i Vescovi italiani”

nel cuore di Roncalli

Page 12: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ste del 1959, viene nominato presidente del-la commissione antepreparatoria (58). Monti-ni non ne fa neppur parte (59). Iniziano leconferenze di Tardini e di Capovilla perspiegare cosa sarà il Concilio (60), e ciascunolo immagina a modo proprio. Ma GiovanniXXIII ha ben chiaro il suo progetto, che nonè quello della curia romana, colla quale sa-rebbe stato invece normale collaborare; gra-dualmente i rapporti con Tardini si guastano,poichè Roncalli vuol dar voce alle correntipiù progressiste dei vescovi antiromani edevitare che il futuro concilio sia controllatodalla curia. Questa distinzione tra governoordinario della Chiesa, affidato alla curia, econcilio, “appartenente” a tutti i vescovi, èun punto fermo per Roncalli. Per questo lacommissione ante-preparatoria dovrà con-sultare i vescovi (18 giugno 1959) in modotale che essi siano liberi di trattare di qua-lunque cosa: una sorta di “cahiers de doléan-ces” che precederanno gli “stati generali”della Chiesa e... la rivoluzione. Si tratta di2150 risposte (su 2821: il 76,4%) raccolte in15 volumi... Tuttavia, non tutto l’episcopatoè guadagnato alla “nuova teologia” ed almodernismo. Ma Giovanni XXIII opterà perl’altra corrente, simboleggiata da Montiniche, per lui, rappresenta tutto l’episcopato.Nel corso dell’anno 1959 si susseguirono leprime quattro encicliche di Giovanni XXIII:Ad Petri Cathedram (29.6.1959) della qualeabbiamo già parlato, Sacerdotii nostri pri-mordia (1.8.1959), Grata recordatio (26.9.1959) e Princeps Pastorum (28.11.1959).Tutti documenti, specie gli ultimi tre, in con-tinuità con la tradizione, nei quali si vede lamano del segretario di Stato, Tardini e latraccia della formazione devozionale triden-tina di Roncalli: si parla del curato d’Ars, delRosario, delle missioni... Ma Roncalli non èil “pacioccone” che credeva Tardini, quandoquesti era il superiore del nunzio in Tur-chia... Quando, alla Pentecoste (61) seguente,quella del 1960, si passò dalla fase antepre-paratoria alla fase preparatoria del concilio,era pronta una... sorpresa: il segretariato perl’unità dei cristiani, presieduto dal cardinalBea. Con quella decisione, maturata giàdall’anno prima, Giovanni XXIII ha posto lecondizioni necessarie e sufficenti per rompe-re con la tradizione della Chiesa e, se ciònon fosse impossibile per decreto divino, di-struggerla, consegnandola in mano ai suoinemici. Ma di questo parleremo nella prossi-ma puntata.

Note

1) ANDREA RICCARDI. Il potere del Papa da Pio XIIa Paolo VI, Editori Laterza. Roma-Bari,1988, pag.204.Fu Mons. Piolanti a chiamare l’allora Padre Guérard desLauriers o.p. a Roma per insegnare alla Pontificia Uni-versità Lateranense. Paolo VI allontanò non solo PadreGuérard (in questo successivamente imitato da Mons.Lefebvre!) ma anche Mons. Piolanti. Si racconta che ungiorno, parlando con Piolanti, Paolo VI gli assicurò chelo ricordava ogni giorno al “memento” della Messa.“Sì”, avrebbe risposto all’ipocrita affermazione il rettoredestituito, “ma al memento dei morti!”.

2) GIACOMO MARTINA. La Chiesa in Italia negli ul-timi trent’anni, Ed. Studium. Roma. 1977, pag. 86.

3) Come quella che verrà poi ripresa, ad esempio, daGIANCARLO ZIZOLA in: Giovanni XXIII. La fede e la po-litica, Laterza. Roma-Bari 1988, capitolo 9: “il conflittosul Concilio”; oppure da PETER HEBBLETHWAITE nel suocapitolo XV (“La bagarre per il Concilio”) del suo: Gio-vanni XXIII. Il papa del Concilio. Rusconi. Milano. 1989.

4) MARTINA, op. cit., pag. 87.5) ANDREA RICCARDI. Da Giovanni XXIII a Paolo

VI, in: AA.VV., Chiesa e papato nel mondo contepora-neo. A cura di G. Alberigo ed A. Riccardi. Laterza. Ro-ma-Bari 1990, pag. 200.

6) Ad esempio: A. RICCARDI. Il potere del Papa daPio XII a Paolo VI, op. cit., 179-180; G. ZIZOLA, Giovan-ni XXIII. La fede e la politica, op. cit., pag. 108; ancora A.RICCARDI. Dalla Chiesa di Pio XII alla Chiesa giovannea,in: AA.VV. Giovanni XXIII, a cura di G. Alberigo, La-terza, Roma-Bari, 1987, pag. 153. La fonte è CARLO CON-FALONIERI, Momenti romani, Roma, 1979, pag. 86.

6) Come, d’altra parte, era del tutto normale! Nonè forse la curia romana la più stretta ed intima collabo-ratrice del Papa? Ma Alberigo, da buon progressista, ladetesta. Invece della curia romana, egemonizzerà il con-cilio il card. Bea, teleguidato a sua volta dalle associa-zioni internazionali ebraiche. Certo, non a vantaggiodella Chiesa romana...

7) Acta antepraeparatoria I, pag.928) “Il concilio ecumenico ha la sua propria funzione

ed organizzazione, che non può essere confusa con lafunzione ordinaria e caratteristica dei vari dicasteri ocongregazioni che costituiscono la curia romana, la qualeprocede anche durante il concilio secondo il corso ordi-nario delle sue consuete attribuzioni di amministrazionegenerale della Santa Chiesa. Distinzioni dunque precise:altro è il governo ordinario di cui si occupa la curia roma-na, ed altro il concilio” (Discorsi, messaggi, colloqui delSanto Padre Giovanni XXIII. Roma 1960-1964, vol. II,pagg. 392-402. D’ora innanzi citerò con la sigla DMC).

9) GIOVANNI CAPRILE S.J. Il Concilio Vaticano II.Annuncio e preparazione. I/1, Roma 1959-1960, pag. 192.

10) CAPRILE, op. cit., pag. 181.11) 5 giugno 1960. DMC II, pagg. 819-23.12) CAPRILE, op. cit., pag. 174.13) G. ALBERIGO. Giovanni XXIII e il Vaticano II.

in AA.VV. Papa Giovanni, op. cit., pag. 237.14) A. RICCARDI. Chiesa e papato, op. cit., pagg.

200-201. Cf. anche A. RICCARDI. Il potere del Papa. op.cit. pag. 205; G. ALBERIGO. Papa Giovanni. op. cit. pag.237. Il testo si trova in GIOVANNI XXIII. Lettere 1958-1963, a cura di LORIS F. CAPOVILLA. Ed. Storia e lettera-tura, Roma 1978, pag. 539.

15) DMC IV, pag. 745; cf. ALBERIGO, Papa Giovan-ni, op. cit., pag. 237.

16) ALBERIGO, Papa Giovanni, op. cit., pag. 221.

12

Page 13: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

17) Da buon modernista, Hebblethwaite fa interve-nire la Divina Provvidenza nella storia solo per ammaz-zare le persone che gli stanno antipatiche! E se inveceTardini, vecchio servitore della Chiesa, fosse stato unadelle prime vittime di crepacuore tra le tante che mie-terà il nuovo corso dei Giovanni e dei Paolo? LeggiamoAndreotti: “Nel 1960 Tardini diede esca ad una verabomba giornalistica annunciando le sue dimissioni per-chè la salute non lo assisteva più come un tempo. Si svi-luppò subito una fitta serie di congetture sui veri motividella decisione e sulla forma così insolita con cui erastata resa nota. Nessuno credeva alla malattia e si parlòdi insanabili contrasti con il Papa: le dimissioni non fu-rono accolte ma l’anno successivo Tardini moriva”(GIULIO ANDREOTTI. A ogni morte di Papa, B.U.R. Riz-zoli, Milano, 1982, pag. 76).

18) HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 521-522. 19) ANDREOTTI, op. cit., pag. 78.20) MARTINA, op. cit., pag. 87. Ecco come un altro

storico, il prof. Miccoli, presenta la risposta dei cardinalialle sollecitazioni di Roncalli in favore del progettatoconcilio: “Giovanni aveva fatto loro inviare il discorso(del 25 gennaio n.d.a.), manifestando esplicitamente ildesiderio di ricevere, da parte di ciascuno (...) una paro-la intima e confidente che ci assicuri circa le disposizionidei singoli e ci offra amabilmente tutti quei suggerimenticirca la attuazione di questo triplice disegno (cioè lariforma del codice di diritto canonico, il sinodo romanoed il concilio ecumenico, n.d.a.)”. In realtà, se si eccet-tuano pochissime risposte, come quella del cardinalMontini, molto calorosa anche se in termini general-mente espressi, esse sono per lo più brevissime, di carat-tere strettamente formale e burocratico, chiaramenteminimizzanti. Le poche che si articolano in un discorsodisteso, (Ruffini, Fossati, Urbani) si muovono tutteall’interno di una concezione del rapporto Chiesa-mon-do moderno quale era stata elaborata dalla cultura in-transigente dell’Ottocento (intransigente? o semplice-mente cattolica? n.d.a.): nel fosco quadro del presenteesse configurano un concilio capace, sia dottrinalmenteche disciplinarmente, di opporsi e resistere vittoriosa-mente al minaccioso assedio nemico”. G. MICCOLI, Sulruolo di Roncalli nella Chiesa italiana, in Papa Giovan-ni, a cura di G. ALBERIGO, op. cit., pag. 195.

21) Il conciliarismo si rafforza ogniqualvolta si inde-bolisce il prestigio e l’autorità del Papa. Alla fine del XIIIsec. ed al principio del XIV le lotte tra Bonifacio VIII edil re di Francia Filippo il Bello e tra Giovanni XXII e l’im-peratore Ludovico il Bavaro, favorirono la teorizzazionedi questo errore da parte di Marsilio da Padova e Gugliel-mo Occam. Il grande scisma d’Occidente vide il trionfodel conciliarismo nei concili di Costanza (in questo nonapprovato dal Papa) e di Basilea, sostenuto dal card. Pie-tro d’Ailly e da Gersone. Questa teoria favorì lo sviluppodi tutte le eresie fino al protestantesimo e, come vediamoin altre pagine di questo bollettino, lo stesso concilio diTrento, che ebbe tutt’altro esito, era invocato soprattuttodagli irenisti che volevano un compromesso coi luterani.Il conciliarismo divenne poi la bandiera dei gallicani. Di-strutto al concilio Vaticano I, ha ripreso nuovo vigore, sot-to il nome di collegialità, col Vaticano II. L’idea soggia-cente al conciliarismo è che Cristo non abbia fondato laChiesa nella forma monarchica (con a capo il Papa) maaristocratica (sul collegio dei vescovi) o democratica (sututti i fedeli). cf. A. PIOLANTI. voce Conciliarismo, Enci-clopedia cattolica. Città del Vaticano. 1950.

22) Cf. ALBERIGO, Giovanni XXIII, op. cit., pagg.212 e 232.

23) P. HINSCHIUS nel 1883, citato da H. JEDIN, Chie-sa della fede Chiesa della storia, Brescia, 1972, pag. 66 eda ALBERIGO, op. cit., pagg. 212 e 232.

24) D.T.C., (1908) articolo “Conciles”, col.669, cita-to da Alberigo, l.c.

25) GIUSEPPE DAMIZIA, in Enciclopedia Cattolica,op. cit., voce Concilio, col. 167.

26) Sodalitium, n.35 pagg. 6-827) A. RICCARDI, Il potere del papa, op. cit., pag. 17828) Don Milani proseguì: “E il cardinale Ottaviani ne

approfittò immediatamente per condannare il mio libro”.Giovanni lasciava fare, secondo la politica dei “due bina-ri” di cui abbiamo parlato, ma poi era lui a dirigere le coseverso l’“aggiornamento”. La citazione di don Milani sitrova in Papa Giovanni, a cura di G. h, op. cit., pag. 159

29) A. RICCARDI, Il potere del Papa, op. cit., pagg.178-179.

30) A. RICCARDI, Chiesa e Papato, op. cit., pag. 203.31) A. RICCARDI, ibidem. La citazione di Siri è trat-

ta da G. SIRI, La giovinezza della Chiesa. testimonianze,documenti e studi sul Concilio Vaticano II, Pisa 1983,pagg. 175-197.

32) A. RICCARDI, Il potere del papa, op. cit., pag.202. I vota dei vescovi sono stati pubblicati nei volumiActa et documenta Concilio Oecumenico Vaticano II ap-parando, Typis Pologlottis Vaticanis, 1961. Un esamecomplessivo dei vota degli episcopati delle varie nazionisi trova in A. RICCARDI, Chiesa e papato, op. cit., pagg.203-207. Per i vota dell’episcopato italiano, cf. G. Micco-li**, Sul ruolo di Roncalli nella Chiesa italiana, in PapaGiovanni, a cura di G.ALBERIGO, op. cit., pagg.195-209.

33) A. RICCARDI, Chiesa e papato, op. cit., pag. 20634) G. MICCOLI, Sul ruolo di Roncalli nella Chiesa

italiana, in Papa Giovanni, a cura di G. ALBERIGO, op.cit., pag. 195.

35) “Occuparsi degli argomenti che riguardano il comu-nismo”. Invece il concilio non disse parola del comunismo!

36) “non meno pervicaci che i loro predecessori”. Edifatti nessuno di essi è tornato nella Chiesa, mentre mi-lioni di cattolici l’hanno abbandonata, dopo il concilio.

37) “Generalmente il popolo cristiano non ascoltapiù la voce della Chiesa. In Italia, e penso in tutto ilmondo, il comunismo progredisce incessantemente, per-ché i popoli credono agli inganni dei comunisti mentredisprezzano le promesse dei beni eterni. Sono veramen-te da temersi i progressi e gli incrementi dei comunisti”.

38) “Nessuno ignora la diminuzione della devozio-ne e la corruzione dei costumi del popolo cristiano”,Cardinal Pizzardo, vescovo di Albano.

39) “Sempre più s’aggrava la manifestazione e ladiffusione dell’immoralità e la vita perversa dei neo-pa-gani”, Mons. Marchesani, vescovo di Chiavari.

40) “Siamo angosciati dalla crescente immoralità del-la nostra gente”, Mons. Bosio, vescovo di Chieti e Vasto.

41) “La corruzione cresce ovunque”, Cardinal Siri,arcivescovo di Genova.

42) “Come tutti ammettono, infuria ai nostri tempil’infame laicismo, ed infuria pure l’empio comunismo”,Cardinal Marcello Mimmi, vescovo di Sabina e PoggioMirteto, morto il 6 marzo 1961.

43) “La peste del comunismo si estende di giorno ingiorno, con la più gran rovina delle anime, poiché inclu-de tutte le eresie ed apre la via a tutti i vizi, i peccati ed idelitti”, Mons. Beccaro, vescovo di San Miniato.

44) Il merito di questi interventi chiaroveggenti vaal vescovo di Lodi, Mons. Benedetti, per la condanna dide Lubac e Theilard, ed al cardinal Micara, vescovo diVelletri ed a Mons. Imberti, arcivescovo di Vercelli, per

13

Page 14: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

la condanna di Maritain e della sua idea di “nuova cri-stianità” come “indizio di capitolazione della Chiesa difronte al mondo moderno”. Cf. Miccoli, pag. 207.

45) Che il lettore non si faccia fuorviare dalla ter-minologia tendenziosa del Miccoli come pure dellamaggior parte degli autori che cito, i quali sono quasisempre degli entusiasti del Vaticano II. Purtroppo, è ra-ra la storiografia di parte opposta.

46) Era la proposta di Mons. Picchinenna, arcive-scovo di Acerenza, Mons. Stoppa, vescovo di Alba,Mons. Bolognini, vescovo di Cremona, Mons. Torrini,arcivescovo di Lucca, Mons. Vendola, vescovo di Luce-ra, di Mons. Chelucci, vescovo di Montalcino, di Mons.Gaddi, vescovo di Nicosia e del cardinal Ruffini, arcive-scovo di Palermo.

47) G. MICCOLI, op. cit., pagg. 197-198.48) LORIS F. CAPOVILLA, Papa Giovanni XXIII, gran

sacerdote, come lo ricordo, Roma 1977, pagg.178 sg.49) GIOVANNI XXIII, Lettere cit., appendice, n. 57

pag. 520; MICCOLI, op. cit., pag. 20850) Si tratta del cardinal Siri, del vescovo di Andria,

Mons. Brustia, di quello di Pesaro, Mons. Borromeo, diquello di Reggio Emilia, Mons. Socche, di Mons. Saba,vescovo di Nicotera e Tropea, di Mons. Bortignon, vesco-vo di Padova, Mons. Caminada, vescovo di sant’Agatadei Goti e di Mons; Calabretta, vescovo di Noto.

51) G. Miccoli, op. cit. pag. 198. Una lista incomple-ta dei vescovi che si opponevano al neomodernismo sitrova in MICCOLI, op. cit., pag. 208, nota 116.

52) G. MICCOLI, op. cit., pag. 198. Sono i vescoviJannucci, di Penne e Pescara, Catarella di piazza Arme-rina, Cannonero di Asti, Nicodemo di Bari, Ubaldi diGubbio, Borromeo di Pesaro, Dorni di Pistoia, Dal Pràdi Terni e Narni, Imberti di Vercelli e, contro la “Base”della D.C., Di Lieto, di Ascoli Satriano e Cerignola.

53) G. MICCOLI, op. cit., pag. 19954) Giovanni e Paolo, due Papi. Saggio di Corrispon-

denza (1925-1962), a cura di LORIS F. CAPOVILLA, IstitutoPaolo VI- Ed. Studium, Brescia-Roma, 1882, pag. 126.

55) HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 485-48656) BENNY LAI, Il Papa non eletto, Laterza, Roma-

Bari, 1993, pag. 100 nota 18 da confrontare con pag. 95nota 6. Similmente, al conclave in cui fu eletto Montini,un gruppo numeroso di porporati, guidato dal cardinalTappouni, propose a Siri l’elezione per evitare quella diMontini. “O lei accetta - disse Tappouni - o è un disa-stro” (pag. 201, nota 5).

57) Secondo il biografo di Tardini, la nomina fusuggerita dal card. Ciriaci. Hebblethwaite (op. cit., pag.465) malignamente, ma senza prove, afferma che Gio-vanni XXIII “comprese che era meglio che Tardini ve-nisse coinvolto nella preparazione del Concilio, piutto-sto che avesse l’opportunità di esercitare la sua vervesatirica dall’esterno”.

58) Hebblethwaite, op. cit., 479. Scrisse però a Tar-dini in favore della riforma della Curia: sarebbe oppor-tuno che “la Curia romana abbandonasse certe abitudi-ni onorifiche o ritualistiche o puramente giuridiche perdare un esempio di fraternità cristiana e di umiltà even-gelica” (l.c.).

59) cf. Hebblethwaite, op. cit., pagg. 471-478.60) Sia prima che dopo l’elezione, Roncalli au-

spicò una “novella Pentecoste” per il rinnovamentodella Chiesa. Non a caso dunque Giovanni XXIIIscelse la festa dello Spirito Santo per scandire le tappeconciliari (come se da una nuova Pentecoste dovessenascere una nuova chiesa?). Cf. HEBBLETHWAITE, op.cit., pagg. 465-466.

MONSIGNOR PRANAITIS:CRISTO E I CRISTIANI

NEL TALMUDdi don Curzio Nitoglia

PREMESSA GENERALE

Scrivere sul Talmud richiede una particolareprecisione nel riferirne il pensiero, perché

occorre accertarsi della veridicità delle cita-zioni, della purezza del significato originario,e dell’esattezza delle frasi che non devono ri-sultare mutilate o estrapolate dal contesto.

Oggi possediamo tre traduzioni integralidel Talmud in francese, tedesco ed inglese(MOISE SCHWAB, “Le Talmud de Jerusalem”,Parigi 1871-1889. LAZARUS GOLDSCHMIDT,“Der babylonische Talmud”, 9 voll., Lipsia1896-1935. I. EPSTEIN, “The Babylonian Tal-mud”, 34 voll., Londra 1935-1948), mentre initaliano possediamo una preziosa antologiadei testi del Talmud riguardanti Nostro Si-gnore Gesù Cristo ed i cristiani (a cura dimons. Pranaitis) che offre - a detta di unospecialista romano consultato - ampie garan-zie di serietà e rigore scientifico e che saràl’oggetto di questo breve articolo.

Prima però di affrontare l’argomentospecifico è necessario chiarire alcuni ele-menti generali che possono illuminare sulreale spirito del Talmud ed aiutare a com-prenderne le citazioni.

IL TALMUD È IL CODICE ATTUALEDEL GIUDAISMO

“L’Univers Israélite”, che già nel 1866(Parigi, agosto, pagg. 568, 570), aveva affer-mato che “il Talmud non è solo il codice civi-le ed ecclesiastico del Giudaismo, ma èun’opera di notevole importanza per ognidotto”, lo definisce poi nel 1935 “IL GRAN-DE EDUCATORE DEL POPOLOEBRAICO” (22 novembre, pag. 137); cosìcome la “Revue juive de Genève” dice delTalmud che “è in questa lettura... che risiedeil segreto dell’intelligenza ebraica” (maggio1936, pag. 370) dopo averlo definito “il codi-ce divino, morale e sociale della razza ebrai-ca” (dicembre 1933, pag. 130). Poiché - come

14

La questione ebraica

Page 15: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

afferma nel prospetto del “Talmud Library”il presidente dell’“Hebrew Union College”, diCincinnati - “SENZA UNA CONOSCEN-ZA PROFONDA DEL TALMUD... È IM-POSSIBILE COMPRENDERE ed interpre-tare correttamente IL GIUDAISMO”, il Tal-mud si pone come “il grande educatore degliebrei... [che] ha plasmato la loro mentalità,...è penetrato profondamente nella loro ani-ma,...[e] non si può negare la sua influenzapermanente; ... la sua soppressione sarebbela fine del Giudaismo...” (M. DE VRIES DEHEEKELINGEN, Il Talmud e il non ebreo, ed.All’insegna del Veltro, Parma 1992, pag. 56).

Anche l’ex-rabbino di Roma convertitosialla Religione cattolica afferma: “Il Talmudcontinua a rappresentare per gli ebrei... uninteresse non solo teorico-scientifico, maeminentemente pratico” (E. ZOLLI, voce“Talmud” in Enciclopedia cattolica, Città delVaticano, 1953, vol. XI, col. 1715).

LA MENTALITÀ E LO SPIRITO GIU-DAICO TALMUDICO

Il Talmud, (trattato) “Baba mezia”, (fo-lio) 61, (recto) a Tosaphot (1) cita il LeviticoXIX, 13 e ne stravolge il significato facendo-gli dire tutto il contrario di quanto in realtàafferma. Infatti: «Non è permesso spogliareun fratello (un ebreo), ma è permesso spo-gliare un non ebreo, perché sta scritto (Lev.XIX, 13): “non spoglierai il prossimo tuo”.Ma queste parole, dice Jehuda non si riferi-scono al goy (non ebreo), perché non è tuofratello» (2) (“Baba mezia 61 a Tosaphot”).

IL DISPREZZO PER IL NON EBREOE SPECIALMENTE PER IL CRISTIANOÈ COME L’ANIMA DEL TALMUD, e giun-ge a tal punto da comprendere anche i proseli-ti (o uomini di religione ebraica ma di razzanon ebraica) chiamati anche noachidi, che ri-spettano soltanto sette comandamenti (proibi-zione dell’idolatria, dell’incesto, dell’omicidio,del sacrilegio, della rapina, di certi cibi ed infi-ne l’accettazione di una giurisdizione), ma cheil Talmud dichiara ben quattro volte essere“per Israele tanto penosi quanto la lebbra perla pelle” (“Jebamoth 47 b, 109 b”; “Quiddu-schin” 70 b”; “Nidda 13 b”).

Sottigliezze, sofismi, giochi di abilità sonoesaltati come la furbizia, l’elasticità di coscien-za e l’inganno e il ricorso ai “sotterfugi per cir-cuire il non ebreo”: in breve per il Talmud“BISOGNA GIOCAR D’ASTUZIA” (“Ba-ba Kamma 113 a”). Inoltre bisogna USARE

“DEI SOTTERFUGI PER CIRCUIRE ILNON EBREO” (I. EPSTEIN, The BabylonianTalmud, 1935, “Seder Nezikin”, t. I, pag. 664).

Lo spirito talmudico è una continua ap-provazione ed un incitamento all’impiego disotterfugi e inganni verso i non ebrei poiché“GLI EBREI SON CHIAMATI UOMINI,I POPOLI DEL MONDO NON SONCHIAMATI UOMINI MA BESTIE” (“Ba-ba mezia 114 b”). Il professor De Vries chie-se un parere su tale versetto del Talmud alPontificio Istituto Biblico di Roma ed il Pa-dre Agostino Bea S.J. (che non potrà certoessere accusato di pregiudizi antisemiti) glirispose così: “non c’è alcun dubbio che biso-gna tradurre: Voi, voi siete chiamati uomini,e non (we’ ên) i popoli del mondo sono chia-mati uomini, ma (‘ellâh) bestie” (citato in H.DE VRIES, “Il Talmud e il non ebreo”, All’In-segna del Veltro, Parma 1992, pag. 87).

Nei confronti dei cristiani poi, la dose didolo e di odio è raddoppiata. Sin dall’80 d. C.,sia per gli ebrei convertiti come per i cristiani,fu addirittura aggiunta - dopo l’11ª - questa 19ªbenedizione alle 18 che componevano la pre-ghiera ebraica giornaliera: “Che gli Apostatinon abbiano alcuna speranza e l’imperodell’orgoglio sia sradicato prontamente aigiorni nostri; che i Nazzareni e i Minim peri-scano in un istante, che siano cancellati dal li-

15

Il frontespizio del libro di Mons. Pranaitis

Page 16: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

bro della vita e non siano contati tra i giusti”(cfr. PADRE M. J. LAGRANGE O. P., “Le messia-nisme chez les juifs”, 1909, pag. 294 con ripro-duzione del testo ebraico a pag. 338, 339).

PREMESSA SPECIFICA

Finalmente sono riuscito a reperire il pre-zioso volume di monsignor Giovan BattistaPranaitis “Christianus in Talmude judeorum”,di cui parlavo nella premessa generale. L’au-tore, russo, originario del Turkestan, dottorein teologia e sacerdote cattolico, fu professo-re di ebraico nell’Università di Pietroburgo.

Il libro oggetto del presente articolo, uscìnel 1892 a Petropoli con l’Imprimatur del-l’Arcivescovo Metropolita Kozlowski e fu poiriprodotto, in traduzione italiana (con a fian-co il testo ebraico e latino) dalla casa editriceTumminelli nel 1939. Questa edizione, oltread essere integralmente fedele all’originaleanche nella riproduzione anastatica dei testi,offre uno spunto di particolare interessenell’introduzione in cui il professor Mario de’Bagni spiega la natura e l’origine del Talmud.

Anche il celebre filosofo argentino don Ju-lio Meinvielle dà un giudizio altamente elogia-tivo dell’opera del Pranaitis e scrive: “Nel 1892,...usciva la migliore... antologia delle massimetalmudiche, su Cristo ed i cristiani.

Il suo autore era mons. GiovanBattistaPranaitis, titolare della cattedra di ebraicoall’Università Imperiale di S. Pietroburgo, eil titolo dell’opera era: “Christianus in Tal-mude Judeorum” (...). Il libro riportava il te-sto ebraico delle prescrizioni rabbiniche conla loro traduzione latina. Ma quasi tutti gliesemplari scomparvero, se ne salvò soltantoun piccolo numero. Il professor Mario de'Bagni ha pubblicato un’edizione fotocopiatadi uno di essi, con la traduzione italiana afianco. (...) Mi son servito di questa edizioneper il mio libro” (J. MEINVIELLE, “Le Judai-sme dans le mystère de l’histoire”, ed. SteJeanne d’Arc, Villegenon 1983, pag. 32).

IL TALMUD E LA BIBBIA

Il testo base dell’attuale religione giudai-ca non è il Vecchio Testamento - come co-munemente si crede - ma è il Talmud (cf.“Sodalitium” n.32, pagg. 33-50); al quale sol-tanto, perciò, dobbiamo attingere per cono-scere con esattezza il Giudaismo (3).

Ora “mentre tutte le religioni del mondoostentano con orgoglio i loro testi sacri... la

religione giudaica occulta invece tenacemen-te il suo libro fondamentale” (M. DE BAGNI,“Introduzione a J. B. Pranaitis, Cristo e i Cri-stiani nel Talmud”, Tumminelli e C. editori,Roma - Milano, 1939, pag. 8).

Vi sono stati però degli eruditi che hannostudiato il Talmud e ce ne hanno spiegato ladottrina, che è il motore e l’anima del com-plotto del Giudaismo contro il mondo cri-stiano o non giudaico in genere.

Non tutti hanno la capacità di leggere ecomprendere il Talmud, ecco perciò il granservizio che ci hanno reso coloro i qualiavendo la possibilità di comprendere la dot-trina talmudica nella lingua ebraica, cel’hanno voluta spiegare.

Cercherò in queste poche pagine di rias-sumere fedelmente la dottrina talmudicaspecialmente riguardo a Nostro Signore Ge-sù Cristo ed ai cristiani e di porgerla al letto-re affinché conoscendola giudichi lui stesso.

È necessario oggi più che mai, che il granpubblico conosca i principali precetti antiso-ciali del Talmud; si tratta infatti di un libro“religioso” che spinge all’odio del prossimoe non all’amore.

L’Antico Testamento è la Rivelazione delDio uno quanto alla Natura e trino quantoalle Persone, e forma un unicum col NuovoTestamento, di cui è la preparazione e l’intro-duzione. In esso troviamo i libri profetici,pervasi da un alto spirito mistico che furono,però, travisati quanto al loro significato dagliScribi, dai Rabbini e dai Farisei, in un sensobassamente materialista. Si cominciò a prefe-rire il profano al sacro, la terra al Cielo. GliScribi, contrariamente ai Profeti che sogna-vano il ritorno dall’esilio in una Patria pove-ra e lontana, cominciarono a condiscendere aconcezioni utilitaristiche e pragmatiche. Per-ciò cominciò a formarsi una singolare “reli-gione” nella quale la Bibbia passava in se-conda linea e il primato spettava inveceall’“interpretazione” che gli Scribi davano diessa ed al loro “commento” della Torà mi-schiato a quello delle questioni del giorno. Apoco a poco l’interesse contingente, lecito ono, divenne la nuova religione talmudico-rabbinica. “La segregazione proclamata daMosè contro l’idolatria dei Cananei è travisa-ta dai Rabbini e serve loro per suggerire aigiudei l’inumano precetto di far crudamenteil proprio interesse anche e sopratutto a dan-no dei non ebrei, invocando l’antico obbligodi stare per sé ed aggiungendovi quelli nuovidi odiare il popolo che li ospita, di insidiarlo

16

Page 17: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

e possibilmente di sterminarlo con ogni mez-zo. Così la promessa dei beni futuri è spiega-ta dai Rabbini ai fedeli come l’affermazioneche tutti i beni del mondo appartengono aigiudei...” (M. DE BAGNI, op. cit., pag. 11).

Come è facile scorgere, la nuova religionetalmudica, che veniva formandosi in Israelegià un secolo prima dell’Avvento di NostroSignore Gesù Cristo, contribuì grandementea formare un popolo compattato nel male,che ha leggi opposte a quella naturale e cheformerà sempre e dappertutto uno stato nel-lo stato, e che scatenerà una reazione contra-ria da parte degli ospitanti che è chiamataAntigiudaismo (“Auferte gentem perfidam definibus credentium”, ci fa cantare la Chiesa).

Nei passi del Talmud riportati da mons.Pranaitis è evidente che la sua anima si fon-da su giochi di parole, su sofismi intesi adesaltare la sete di dominio universale e l’odiocontro tutti i popoli non ebrei, in contrappo-sizione con gli insegnamenti della Bibbia.

È utile ricordare qui come la Chiesa scon-sigli la lettura della Bibbia al semplice fedele,che potrebbe interpretare malamente il testodel Libro Santo e stravolgerne completamen-te il significato. Normalmente solo il sacerdo-te, che ha studiato la teologia e l’esegesi fon-data sull’insegnamento comune dei Padri, puòleggere e capire nel suo vero spirito o signifi-cato la Bibbia senza farle dire - prendendo tal-mudicamente alla lettera alcuni versetti - ilcontrario di ciò che Dio ha voluto significarci.Tale lettura imprudente della Bibbia potrebbeportare al disprezzo dell’Antico Testamento oall’Antisemitismo razziale condannato dallaChiesa e di cui il Giudaismo si è servito comedi un male dal quale tirare il proprio bene evantaggio. Vi è un’espressione talmudica cheafferma che l’ebreo deve fingersi perseguitatoper poter perseguitare, fare la vittima per po-ter essere padrone; ogni eccessiva reazioneall’odio talmudico è sfruttata come un boome-rang che si ritorce contro il nemico e rende in-toccabile la presunta “vittima”...

L’OPERA E LA VITA DI MONSIGNORPRANAITIS

Il libro del Pranaitis è diviso in due parti,la prima riporta le bestemmie della dottrinatalmudica contro i cristiani e il Cristianesi-mo, il Redentore e la Santa Vergine.

Nella seconda parte ritroviamo i precet-ti, che il Talmud impone all’ebreo, contro icristiani, comandandogli di disprezzarli, di

danneggiarli nei beni, di mentire e giurare ilfalso contro di loro in giudizio e di stermi-narli senza pietà.

Della vita dell’autore poco conosciamo.Oltre le brevi notizie riportate nell’introdu-zione, sappiamo che intervenne come peritoin un famoso processo avvenuto a Kiev nel1913 contro il giudeo Manachil Mandel TavieBeilis per omicidio rituale (4). Si dice inoltreche sia stato ucciso nel 1917 da agenti bolsce-vico-giudaici e lui stesso «meglio di chiunquealtro, sapeva che i giudei... non ammettonoaffatto la divulgazione del segreto talmudico,né la perdonano. Il Pranaitis riferiva come gliamici suoi avessero tentato di dissuaderlo dalproposito di pubblicare questo libro (...). Atali sollecitazioni egli rispondeva però sere-namente di considerare suo stretto dovere lapubblicazione di quest’opera e che “qualun-que attacco gli fosse derivato a causa sua, eglilo avrebbe sostenuto con gioia dichiarandosipronto... a dare la vita perché la verità riful-gesse”» (M. DE BAGNI, op. cit., pag. 44).

I - I SEGRETI DELLA DOTTRINA RAB-BINICA SUI CRISTIANI

Cercherò di offrire al lettore un sunto deipassaggi più significativi del Talmud come cisono stati riportati dal mons. Pranaitis.

a) La vita di Cristo.Nel Trattato “Kallah 1 b (18 b)” si narra

che Gesù fosse un bastardo e figlio di unadonna impura. Che aveva in sé l’anima diEsaù ed era stolto, prestigiatore, seduttore,idolatra. Fu crocifisso e sepolto nell’infernoe divenne l’idolo dei cristiani.

Nel “Sanhedrin 67 a”, si legge che Gesù erafiglio di una meretrice, che fu crocifisso la seradi Pasqua, che sua madre fu la prostituta MariaMaddalena. La Madonna è chiamata meretrixo “Stada” poiché aveva tradito il marito conadulterio (cf. anche “Sanhedrin cap. VII, versola fine”; e “Lebhammoth cap. ultimo”; MosèMaimonide in “Hilkohoth Akum v. 3, 4, 5”).

Nello “Schabbath 104 b” Gesù è chiama-to stolto e demente, prestigiatore e mago. Lo“Zohar 282 b” dice che Gesù morì come unabestia e fu sepolto tra le bestie. Nello “Ioredea 150, 3. Hagah” e “141, 1. Hagah” si trat-ta del disprezzo da portare alla Croce, che“deve essere ritenuta come un idolo e non èlecito usarne prima di distruggerla”.

Nello “Abhoda zarah 6 a. Toseph” si di-chiara che il cristiano è chiunque “segue l’er-

17

Page 18: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

rore di colui che comandò di santificare ilprimo giorno dopo il Sabato” (5).

b) I CristianiI cristiani sono chiamati idolatri; secondo

Maimonide in “Ililkhoth Maakhaloth asavo-roth cap. IX”, sono peggiori dei turchi.

Sono detti anche omicidi in “Abhodah22 a” e in “Iore dea 153, 2” ed anche in“Abhodah zarah 25 b”.

Immondi o impuri in “Schabbath 145 b”ed in “Aboda zaza 22 b” «Perché sono im-puri i cristiani? Perché non furono al monteSinai. Poiché quando il serpente giacque conEva la insozzò. Cessò il peccato per i giudeiche furono al Sinai ma non per i cristiani chenon erano presso il monte». Simili allo ster-co in “Orach chaiim 55, 20”. Non uomini masimili alle bestie in “Kerithuth 6 b, pag. 78”;“Midrash Talpioth fol. 255 d”; “Orachchaiim 376, a”; “Zohar II, 64 b”.

Sono anche figli del diavolo in “Zohar I, 28 b”.

II - I PRECETTI CIRCA I CRISTIANI

Quasi tutti i precetti del Talmud rabbinicocirca i cristiani si risolvono al dovere di evitar-li, cf. “Chullin 91 b”; “Sanhedrin 58 b”, “Cha-gigah 15 b”. Inoltre “Rabbi Tam (6) cerca didimostrare nella Misnà che è proibito soltantovendere agli idolatri, la vigilia del giorno festi-vo, quelle cose che essi adoprano a celebrare illoro culto” (PRANAITIS, op. cit., pag. 169).

a) I cristiani debbono essere distruttiSempre che sia possibile il giudeo deve

trucidare i cristiani senz’alcuna misericordia.Il giudeo dovrà perciò: astenersi dal far

del bene al cristiano, cf. “Zohar I, 25 b”, Mo-sè Maimonide: “Hilkhoth Akum X, 6”; “Iore

dea 148,12. Hagah”; inoltre la Madonna San-tissima è chiamata “Charia” o escremento, iSanti son chiamati “Kedeschim” ovvero vi-ziosi, le Sante “Kedeschot” ovvero meretrici.

I giudei devono inoltre essere i padroni deicristiani, i quali essendo bestie devono essere alservizio degli israeliti. In “Baba bathra 54 b”, silegge: “Tutte le sostanze del cristiano sono co-me il deserto, chi arriva primo ne è il padrone”.È quindi lecito frodare i cristiani, cf. “Baba Ka-ma 113 b”, “Choschen ham. 156, 5. Hagah”.

È lecito pel giudeo far finta di essere cri-stiano, al fine di maggiore inganno, cf. “Ioredea 157, 2. Hagah” è noto il fenomeno deicosiddetti ‘marrani’ o falsi convertiti che haafflitto e continua ad affliggere oggi più chemai la Chiesa romana.

Il giudeo può esercitare l’usura verso icristiani, cf. “Abhodah zarah 54a.”; “Ioredea 159, 1”.

Non è lecito aiutare il cristiano ammala-to, cf. “Iore dea 158, 1”. Anzi bisogna infieri-re su di lui “Choschen hammischpat 425, 5”;“Iore dea 158, 1”.

b) I Cristiani debbono essere uccisi.Leggasi “Abhodah zarah 26, b”; “Cho-

schen ham. 388, 15”; “Sanhedrin 59, a”.Bisogna soprattutto uccidere i capi dei po-

poli cristiani, cf. “Zohar I, 219 b” “La nostraprigionia durerà fino a quando non siano di-strutti sulla terra i capi dei popoli cristiani”. Gliebrei odiano specialmente Roma, la chiamanoRegno di Esaù, l’Impero turco invece è da essirisparmiato. Tutto il loro sforzo deve essereconcentrato alla rovina di Roma, che coinci-derà con la loro salvezza e liberazione. “In va-statione Romae, illico erit redemptio nostra”.

Il giudeo che uccide un cristiano non solonon commette peccato ma offre a Dio un sa-crificio graditissimo, cf. “Sepher Or Israel177 b”; “ibidem fol. 180”; “Ialkut Simoni 245c. n. 772”; “Bamidbar rabba 229 c”.

A coloro che uccidono i cristiani è promessonel paradiso il posto più elevato, cf. “Zohar I, 38b. e 39 a.”; “Hilkhoth Akum X, 1”; “ibidem X, 7”.

Abbattere la Religione cattolica è l’unicofine di tutte le azioni e di tutte le preghiere diIsraele, cf. “Shabbath 118 a; Sanhedrin 98 b”.

CONCLUSIONE

Nel suo studio il Pranaitis ci dà la provaapodittica dell’origine religiosa ed anticri-stiana della morale esoterica giudaica, qual’èstata codificata nel Talmud.

18

L'Imprimatur concesso al libro di Mons. Pranaitis

Petropoli die 13 Aprilis 1892

Archiepiscopus Metroplita Mohiloviensis KOZLOWSKI

Page 19: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Tale “religione” che sta alla base della“morale” talmudica, è la nuova religione ca-balistica e farisaica che nulla ha a che fare conquella mosaica e cristiana, la prima essendodi origine demoniaca (come Gesù stesso diceai farisei: “Vostro padre non è Abramo né Dioma è il diavolo” [Jo. VIII, 31]) e la seconda di-vina. La morale segreta o esoterica del Giu-daismo talmudico, rende Israele un’entitàinassimilabile e nemica di ogni popolo nongiudaico e specialmente del popolo cristiano.L’attuale imperialismo materialista israelitico,che vuole dominare il mondo intero, affondale sue radici in un problema religioso: la frat-tura tra l’antica Sinagoga divinamente ispira-ta ed assistita e l’attuale Sinagoga diabolica-mente ispirata ed assistita, che non ha volutoaccogliere il Messia, a causa della sete di do-minio e di potenza che la dominava. Da taledeviazione farisaico-rabbinica sono procedutigli istinti più pericolosi del Giudaismo, chenon esistono assolutamente nello spiritodell’Antico Testamento, ma che si ritrovanonella deformazione apportata dai Farisei, che,interpretando a “pied de lettre” alcune profe-zie dell’Antico Testamento, ne hanno stravol-to completamente il significato e l’insegna-mento e là, ove si parlava di un Regno celestee di un “rex pacificus”, hanno voluto vedere ilregno di questo mondo ed il principe di esso.

Tale sostanza fondamentalmente religio-sa dell’attuale morale giudaica è perciò es-senzialmente anticristiana. Né si può capirecompletamente il “mistero d’Israele” se nonlo si situa teologicamente, come il rifiuto delDio-Uomo (Nostro Signore Gesù Cristo).

Naturalmente l’ebreo disprezza e vuoldominare - conseguentemente - anche gli al-tri popoli non cristiani; ma principalmentel’effetto del suo odio è Cristo! Già S. Paoloscriveva dei giudei: “Hanno ucciso il SignoreGesù ed i Profeti, ci hanno perseguitato, nonpiacciono a Dio, sono nemici di tutti gli uo-mini, impedendoci di predicare ai pagani perla loro salvezza” (I Tess., II, 15 - 16).

Il loro essere NEMICI DI TUTTI GLIUOMINI era specialmente perché impedi-vano la predicazione del Vangelo ai pagani!E così sarà fino alla loro conversione.

Legittima difesaDi fronte all’inganno e alla furbizia giu-

daica, che spinge all’omicidio e all’usura, co-me dovranno comportarsi i cristiani?

S. Tommaso d’Aquino, alla Duchessa diBrabante che gli poneva la questione, rispo-

se così: l’usura è una violazione della giusti-zia. Ora il dovere dello Stato è di far regnareil diritto e di correggere l’ingiustizia. Quindise in un paese gli ebrei si sono ingiustamentearricchiti mediante l’usura, l’autorità dovràobbligarli a restituire. Dovrà anche obbligar-li a cercare la propria sussistenza in un lavo-ro utile ed onesto (cf. SANCTUS THOMAS,“De regimine judeorum, ad ducissiam Bra-bantiae”, ed. Leonina, vol. 42, 1979).

Il fine dello Stato è di render facile all’uo-mo il conseguimento del suo fine sopranna-turale, dandogli il benessere comune tempo-rale, subordinato a quello spirituale. Il mottodello Stato può essere riassunto in tre parole,“Da Dio, a Dio, mediante Cristo”! La reli-gione giudaica odia tale motto, avendo odia-to ed ucciso Nostro Signore Gesù Cristo.

Gli occhi dei giudei si volgono verso altriorizzonti, non sono per nulla d’accordo con icristiani sulla via da prendere. Che fare? Eli-minarli, battezzarli a forza? No! Basta IM-PEDIRE LORO DI IMPADRONIRSIDEL TIMONE DELLA SOCIETÀ CIVI-LE E TENERLI A DEBITA DISTANZADA OGNI POSTO DI GOVERNO.

Le idee religiose del Talmud sono sovver-sive di una società fondata sull’etica naturalee cristiana. La retta ragione ci obbliga a to-gliere all’ebreo ogni influenza sull’educazio-ne degli spiriti e sulla direzione degli affari.

Purtroppo con l’Umanesimo e la Rivolu-zione francese le cose sono andate per il versoopposto e si è rotto con quella che fu la politi-ca della Cristianità. Allora l’ebreo si è impa-dronito della società, l’ha scristianizzata e l’hacabalizzata. Se vogliamo scrollarci di dosso ilgiogo talmudico che ci schiaccia sempre di più,dobbiamo ritornare sinceramente a Nostro Si-gnore Gesù cristo Re dei cuori e delle nazioni.

Che fare?La vera antitesi al Giudaismo non è il

particolarismo o il razzismo o l’Antisemiti-smo biologico. No! Il problema giudaico es-sendo un problema religioso e spirituale do-vrà essere combattuto religiosamente e spiri-tualmente. L’antidoto all’imperialismo mate-rialista e terreno del Giudaismo è il Regnodei Cieli che Nostro Signore Gesù Cristo èvenuto a portare già su questa terra, comeun seme che germoglierà alla fine dei tempi;tale Regno spirituale è la Chiesa di Romaopposta all’Impero d’Israele.

Se perciò vogliamo opporci efficacemen-te al dominio universale d’Israele dobbiamo

19

Page 20: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

convertirci sinceramente e totalmente a Ge-sù Cristo, che relegherà il Giudaismo neighetti in attesa della sua sincera conversione,che è uno dei segni della fine di questo mon-do e dell’entrata nel Regno eterno!

Che le pagine del Talmud, riportate damons. Pranaitis, possano illuminare il lettore efargli capire quale è l’essenza del problemaebraico e quale debba essere, conseguentemen-te, l’unica vera reazione all’azione dissolvitricee rivoluzionaria della Giudeo-massoneria.

NOTE

1) Del Talmud esistono due versioni: quella di Ge-rusalemme e quella di Babilonia. Quest’ultima è la piùimportante ed è quella più citata. Quando si parla delTalmud gerosolomitano, lo si specifica; se non vi sonoindicazioni particolari si tratta del Talmud di Babilonia.

Inoltre i testi della MISNÀ si citano cominciandocol trattato, poi il capitolo ed infine il paragrafo (peresempio Baba Mezia 1, 2.). Se si tratta invece di un te-sto della GHEMARÀ, si indica prima il trattato, poi ilfolio, il cui recto è indicato con la lettera “a” ed il ver-

so con la lettera “b” (per esempio Baba Mezia 59 a).Il Talmud è stampato in dodici grossi volumi in folio.2) Sembra porsi qui opportuno un riferimento al

problema dell’usura ebraica, che alcuni studiosi affer-mano praticamente coatta, vista l’esclusione degli ebreida tutte le attività “oneste”. Nella realtà questa ipotesisi rivela non del tutto fondata e comunque esagerata:“È certo che gli ebrei hanno praticato l’usura, anchequando occupavano nella società una posizione brillan-te ed onorata... per esempio sotto i regni di Luigi VI eVII (1108 - 1180), che furono favorevolissimi agliebrei... Anche la loro esclusione dalla proprietà terrieranon è stata totale come si pretende, e neppure la loroesclusione dalle professioni liberali” (cf. S. DEPLOIGE,“Saint Thomas et la question juive”, Bloud et Barral, Pa-rigi 1899, pagg. 44 - 45). Solo una spiegazione religiosapermette di comprendere il fenomeno dell’usura ebrai-ca, fondato sulle leggi talmudiche, come si capiràdall’analisi del testo nel corso dell’articolo.

3) Il Talmud stesso afferma la sua superiorità sullaBibbia: “Quelli che studiano la Bibbia fanno opera buo-na, ma che non vale granché. Quelli che studiano la Mi-snà compiono un’opera buona, della quale saranno ri-compensati, ma quelli che studiano la Ghemarà pratica-no le più alte virtù” (“Baba Mezia, 33 a”, dalla tradu-zione tedesca di ALFRED LUZSENSZKY, “Der Talmud innichtjüdischer Beleuchtung” 1932, t. V, p. 7).

“La Bibbia può essere paragonata all’acqua, la Mi-snà al vino, la Ghemarà al vino aromatico” (“Sopherim”,13, col. 2, da GIUSEPPE ZOPPOLA, “Imperialismo spiritua-le e imperialismo materiale” 1928, p. 56).

“Questa superiorità rappresentata dal Talmud...sulla Legge mosaica, è la causa principale dell’avversio-ne che gli ebrei provano verso i non ebrei e specialmen-te verso i cristiani. L’amore del prossimo, insegnato dal-la Legge mosaica, sarà più tardi sviluppato nei Vangeli;il Talmud, invece, lo ha circoscritto, limitandolo ai giu-dei. (...) [Il Talmud] ha creato una mentalità che non hanessuna affinità col Cristianesimo, e che sarà sempre inopposizione con la mentalità cristiana” (H. DE VRIES,“Israele, il suo passato e il suo avvenire”, Tumminelli eC. editori, Roma - Milano 1937, pagg. 70 - 74).

“Si crede generalmente - continua il De Vries - (...)che l’Antico Testamento costituisca il libro base dell’in-segnamento religioso per la gioventù israelitica. È unerrore. (...) il libro le cui idee e dottrine impregnanol’intelligenza del giovane israelita e formano i costumidella sua famiglia, è il Talmud” (H. DE VRIES, “Juifs etcatholiques” ed. Grasset, Parigi 1939, pag. 176).

“La Civiltà cattolica” (10 gennaio 1893, pagg. 147 -148) è dello stesso avviso.

Mons. Delassus si esprime così: “Il Talmud sta alVangelo come l’inferno sta al Cielo, come Satana a No-stro Signore Gesù Cristo” (H. DELASSUS, “La conjura-tion antichrétienne”, Lilla, 1910, tomo III, pag. 1118).

4) Circa tale omicidio sappiamo che il Tribunale diKiev domandò alla giuria se credesse vero che “il 12marzo 1911, a Kiev... in uno dei locali... appartenentiall’ospedale chirurgico israelitico, ...un ragazzo di tredicianni, chiamato Andrea Ioutchinski, abbia subito... feritemediante uno strumento perforante all’occipitale, allanuca e alle tempie, così come al collo; che tali ferite ab-biano leso la vena cerebrale, l’arteria temporale sinistrae le giugulari; che tutto ciò abbia prodotto un’abbon-dante emorragia; che poi, quando il ragazzo avrebbeperso circa cinque bicchieri di sangue, sia stato ferito altorace, ai polmoni, al fegato, al rene destro e al cuore,contro il quale sarebbero stati inferti gli ultimi colpi; in

20

Una pagina del Libro di Mons. Pranaitis(notare il testo ebraico tradotto in latino)

Page 21: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

tutto 47 ferite... causanti atroci sofferenze alla vittima, equindi lo spargimento di quasi tutto il sangue del corpoed infine la morte” (Cfr. ALBERT MONNIOT, “Le crimerituel chez les juifs” Tequi, Parigi, 1914, pag. 292).

La giuria, seguita il Monniot, rispose affermativa-mente alla domanda ma scagionò l’imputato principale,Manachil Mandel Beilis, di 39 anni, abitante a Vassikof.Sei giurati avrebbero votato per la condanna e sei contro;il verdetto fu quindi: “in dubiis ad favorem libertatis”.

Come giustamente osserva il Monniot, questa senten-za, anche se scagionò, a causa della parità di voti, il princi-pale imputato, riconobbe comunque il carattere ritualedell’omicidio perpetrato da fanatici in un locale dell’ospe-dale israelitico (ibidem pag. 293). Il corpo del giovane An-drea fu ritrovato in una grotta il 20 marzo 1911 (ibidempag. 337); si arrivò infine al processo nel 1913. Il dott.Sikorsky medico psichiatra, professore all’Università diKiev, interrogato dal Tribunale, dichiarò che l’omicidio erastato compiuto da più persone, con una grande perfezionetecnica e che mai degli alienati mentali avrebbero potutousare una tale precisione. Il dottore, basandosi sull’auto-psia del cadavere, mise in luce tre particolarità: l’abbon-dante perdita di sangue, la volontà degli assassini di causa-re alla vittima sia atroci dolori sia la morte (ibidem, pag.364). Infine il dottore constatò che tutte le ferite erano sta-

te arrecate da una mano ferma, che non aumentava la vio-lenza dei suoi movimenti sotto l’impeto della collera. For-se era la mano di una persona abituata ad uccidere le be-stie... Furono ascoltati come esperti anche il sacerdoteGlagoleff, professore di ebraico, ed il signor Troitzky, pro-fessore d’ebraico e di archeologia biblica all’Accademia diTeologia di San Pietroburgo, ed infine Mons. Pranaitis cheparlò dell’esistenza presso i giudei di ciò che si chiama “ildogma del sangue” (ibidem pag. 366), vale a dire l’ordineproferito dal Talmud di uccidere i cristiani.

Anche mons. Umberto Benigni in alcuni articoli dalui scritti si occupò del medesimo caso e nel 1926-27 pub-blicò a Belgrado, sotto lo pseudonimo di Eugen Brandt,due libri sull’omicidio rituale che furono tradotti in russoe in tedesco (cfr. E. POLAT, “Integrisme et catholicisme in-tegral”, Casterman, Tournai 1969, pagg. 362-363).

5) È impressionante vedere come gli attuali filmsblasfemi sulla vita di Gesù, riprendano pari pari le be-stemmie del Talmud contro il Redentore.

Per studiare l’influsso del Giudaismo sul mondo cine-matografico (specialmente americano) vedi GIANANTONIO

VALLI, “Dietro il sogno americano. Il ruolo dell’ebraismonella cinematografia statunitense” , S.E.B., Milano 1991.

6) RABBI TAM, uno degli autori delle Tosephot,morto nel 1170.

21

Nel numero 34 di “Sodalitium”, don CurzioNitoglia ha pubblicato un articolo sui rapporti trail Giudaismo e la Massoneria. Nel frattempo ilquotidiano “La Repubblica”, di cui è proprietarioil finanziere di origine israelita ed iniziato allaMassoneria Carlo De Benedetti, ha pubblicatol’articolo che riportiamo qui di seguito, come con-ferma a quanto provato nell’articolo di don Nito-glia. Segnaliamo all’attenzione del lettore che ilrabbino Israel Meir Lau che frequenta la GranLoggia di Israele, è la stessa persona che è stataospitata dal “cardinal” Martini a Milano e da Gio-vanni Paolo II, il 21 settembre, a Castelgandolfo...

ISRAELE, C’È UN PATTOTRA POLITICI E MASSONI

GERUSALEMME (a.s.) - Che folla, eche eleganza martedì sera nei saloni del

palazzo dei Congressi. Un migliaio di perso-ne, signore in abito lungo, uomini in scuro,ma anche con tanto di grembiulino di pelle dipecora, simbolo dell’innocenza, guanti bian-chi, simbolo di purezza, e collare da una spal-la all’altra con le insegne dell’Ordine. Perchéqui si celebra il quarantesimo anniversariodella fondazione della “Gran Loggia delloStato d’Israele dei frammassoni antichi e ac-

cettati”. Un anniversario segnato da un pro-getto ambizioso, la costruzione del GrandeTempio Massonico mondiale, un’opera cheimpiegherà 10 anni a vedere la luce.

Anche se la platea è composta soprattuttodalle facce anonime di quella borghesia profes-sionale e burocratica che, sotto tutte le latitudi-ni, forma la base sociale della Massoneria, alcu-ni personaggi di spicco non hanno voluto per-dere l’occasione di intervenire alla cerimoniapubblica. Ecco, annunciato dal Maestro di ceri-monie, il sindaco Ted Kollek. “Kollek è qui co-me sindaco - precisa subito uno degli organizza-tori - e non appartiene alla Massoneria”. Ma sa-rebbe più esatto dire che l’intramontabile pri-mo cittadino di Gerusalemme ha scelto di af-facciarsi alla tribuna della Gran Loggia israelia-na come candidato alle amministrative del 2novembre. Mossa propagandistica azzeccata,perché al suo ingresso mezza platea s’alza inpiedi. Parte un tentativo d’applauso, prestostoppato dal Gran Ciambellano. Ed ecco, ele-gante nel soprabito nero di sartoria, la gran tu-ba torreggiante sulla testa, il rabbino capo aske-nazita, Israel Meir Lau, la massima autorità re-ligiosa del paese. A dar ascolto alle indiscrezio-ni, Lau è qui, se non come massone, come reli-gioso “molto vicino” alla massoneria, ai cui ce-nacoli culturali non disdegna di partecipare.

Sono quattromila i “liberi muratori”

Page 22: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Al segnale di un regista per nulla occultoentrano in processione i Gran maestri dellelogge messicana, austriaca, scozzese e ciprio-ta. Poi, preceduti da un manipolo di alabar-dieri, i vice e gli ex Gran maestri. Quindi iportatori dei libri sacri e dei sacri simbolidell’ordine. Infine il Gran Maestro, IitzhakBarsilai. A giudicare dagli indirizzi di salutodi Kollek e di Lau la tradizione massonicatrova qui le sue più profonde radici. “Riunen-dovi qui - ricorda il sindaco - voi fate un gran-de onore a Gerusalemme. D’altronde è natu-rale, poiché re Salomone fu il grande costrut-tore del Tempio”, che sta alla base dell’ideamassonica, e i suoi operai furono i primi “mu-ratori”. “I princìpi della massoneria - dice an-cora Lau - sono tutti contenuti nel Libro deiLibri del popolo ebraico”. È quel che la pla-tea vuol sentirsi dire. Religione e fratellanzamassonica, fede e potere, vanno da sempre abraccetto in Israele, come fa capire il Granmaestro ricordando i criteri di ammissione(“nome onorato e fede in Dio, non importaquale”). È vero. Fra i quattromila frammasso-

ni israeliani, divisi in 76 logge, si contano mol-ti liberi professionisti, giudici e religiosi, comel’ex rabbino capo dell’Esercito Gad Navon, ocome il rabbino capo di Haifa, Shaav YeshuvCohen. Mentre il politico di maggior spiccolegato in qualche modo alla massoneria è, se-condo notizie mai smentite, Yitzhak Rabinche fu attivo al tempo in cui (fine anni 60)venne nominato ambasciatore ngli Usa. Ora,c’è chi è pronto a scommettere che, dopo ilprocesso di pace, le Logge miste arabo-israe-liane torneranno di moda.

“La Repubblica”, 31 XI 1993, pag. 14.

Seconda parte: il Cardinale Alessandrino diventa S. Pio V.

SAN PIO V, “IL PAPA DELLA S. MESSA”

di don Ugolino Giugni

I Papi del cinquecento

Come già feci notare nella prima parte diquesto studio (1) il cinquecento fu certa-

mente nella storia della Chiesa, uno dei se-coli più dolorosi ma anche più gloriosi. Par-lare di storia della Chiesa e di storia del Pa-pato è praticamente la stessa cosa poichéqueste due istituzioni si identificano e sicompenetrano talmente che si usa comune-mente il detto: “Ubi Petrus ibi Ecclesia”.

Molte sono le accuse e le critiche che, daogni parte, vengono mosse ai Pontefici di que-sto periodo; in generale di essi si può dire chesi trattò spesso di uomini non esenti da vizi odi cattivi costumi oppure che questi Papi furo-no più dei principi temporali o dei mecenatidelle arti e delle scienze, che capi spirituali del-la cristianità. Essi furono, in definitiva, degliumanisti. Di fronte a tutto ciò, senza negare laverità dei fatti, non sarà inutile ricordare comela Chiesa, fondata da Gesù Cristo, durerà finoalla consumazione dei secoli, sebbene abbiaavuto o possa avere alcuni dei suoi ministri divita non buona. La Chiesa infatti non temenulla e nessuno, poiché essendo essa operanon umana ma divina non potrà mai essereoscurata dalla malvagità degli uomini, fossero

22

Israel Meir Lau con Giovanni Paolo II: come rabbino, come massone, o nelle due vesti?

L'acacia e la stella di David

Agiografia e storia

Page 23: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

anche i più potenti della terra, o ancor più de-gli stessi uomini di Chiesa. Ed è forse proprioquesta un’ulteriore prova della divinità dellaChiesa Cattolica, fondata sulla pietra angolareche è Gesù Cristo medesimo, cioè che essapermane immutata nei secoli, nelle sue carat-teristiche essenziali, malgrado gli sforzi del de-monio e degli uomini per distruggerLa o perinfangarLa. Infatti, “Che cosa non si è fatto eche cosa non si fa per mandare a fondo la navedi Pietro? Essa fu ed è continuamente agitatada orribili tempeste: ma non affondò né affon-derà giammai perché così Cristo ha promesso;né sillaba di Dio mai si cancella. E tornandoora ai romani Pontefici dirò, che la regola perdebitamente giudicare i medesimi è quella di(…) riguardarli sotto un doppio aspetto; cioèquali uomini semplicemente, che è come dire,soggetti alle umane miserie, e come capi visibi-li della Chiesa e rappresentanti in terra di Ge-sù Cristo. È un malizioso sistema quello deglieretici e degli increduli di voler confonderel’una cosa coll’altra, e combattere così perfida-mente la Chiesa per i personali difetti di qual-che pontefice. Per cagione di questo sistema(…) costoro declamano contro i Papi senzapunto conoscerne la dignità alla quale furonoda Dio innalzati. Chi voglia dunque giudicarerettamente dei Papi, deve distinguere quel chein essi vi è di umano; e (in forza dell’istituzio-ne fatta da Gesù Cristo) ciò che nei medesimivi è di divino: e allora vedrà se i Papi debbanoaversi in quel dispregio, nel quale purtropposono tenuti da molti” (2).

Guardiamoci quindi dall’errore di voler di-minuire, o mettere in dubbio l’autorità divinadella Santa sede in base ad un giudiziosull’aspetto umano di tale o tal’altro PonteficeRomano. Ciò che un Papa ha fatto nell’ordinetemporale, con scelte politiche a volte ancheopinabili (col senno di poi…), e quando il suooperato non tocca direttamente la fede nondeve farci dimenticare che egli è pur sempre ilVicario di Gesù Cristo, al quale “ogni potere èstato dato in cielo come terra…”, e il DivinoMaestro ci ammonisce che “chi disprezza voi[cioè il Papa] disprezza me…” (Luca X, 16).

Se la Chiesa “non è di questo mondo” es-sa è pur sempre “nel mondo” (cfr. Giov.XVII, 15-17) e con esso e con gli errori cheproduce, si deve necessariamente confronta-re e misurare ricorrendo anche a definizionie condanne quando la suprema legge dellasalvezza delle anime lo richiede.

Dopo questa premessa potremo conside-rare brevemente i pontificati precedenti a

quello di san Pio V nel corso di questo XVIsecolo, per capire meglio il periodo storicoin cui visse il nostro santo.

Giulio II (1503-1513). Sotto il suo ponti-ficato nacque S. Pio V. Era il cardinal Giulia-no Della Rovere, eletto [non senza simoniaa dire di alcuni (3)] dopo il brevissimo regno(26 giorni) di Pio III, viene chiamato “Il ma-gnifico” e “salvatore del Papato” (4) dal vonPastor. Fu certamente fra i Papi più potentie più grandi, almeno dal punto di vista pro-fano; il suo pontificato si distingue dagli altriper le grandi iniziative militari e politiche.Questo Pontefice fu certamente più condot-tiero che pastore, egli auspicava un’Italiaunita, prima fra le nazioni europee, e ovvia-mente governata dal Papa. Con questa in-tenzione al grido di “Fuori i barbari!” GiulioII mettendosi egli stesso alla testa dei suoieserciti si alleò dapprima con i francesi nellalega di Cambrai contro Venezia, poi con iveneziani e gli spagnoli contro la Francia.Luigi XII di Francia gli si oppose convocan-do a Pisa un concilio scismatico, che GiulioII impedì proclamando la Lega Santa controil promotore. Alla fine, dopo alterne vicen-de, il fiero Pontefice vinse; i francesi tornaro-no in patria e lo stato pontificio fu reintegra-to completamente. Il conciliabolo di Pisa,dopo essersi trasferito nel 1511 a Milano epoi ad Asti, concluse a Lione la sua gramaesistenza. Furono anche riconquistate la Ro-magna, Perugia e Bologna.

Giulio II convocò nel 1512 un Concilioecumenico in Laterano (Lateranense V) checondannò il sinodo pisano e che prese altreimportanti decisioni protraendosi sotto ilpontificato successivo.

Fu grande mecenate delle arti, a lui si de-ve il progetto della nuova basilica di S. Pie-tro, e tante altre opere edilizia che abbelli-scono ancora oggi Roma.

Giulio II morì a Roma nel 1512 all’età di72 anni.

Leone X (1513-1521). Era il cardinal Gio-vanni Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico,eletto l’11 marzo del 1513 all’età di 37 anni, “perla sua grande esperienza politica e la sua attivitàdi governo a Firenze, egli era indubbiamente ilpiù degno fra gli aspiranti alla Tiara” (5).

Sotto il suo Pontificato esplose la “rifor-ma” di Lutero; Leone condannò le tesi del-l’agostiniano ribelle nel 1521; forse questo Pa-pa non comprese completamente l’importan-za ed il pericolo che costituivano per la Chiesale tesi luterane, e quanti proseliti esse facesse-

23

Page 24: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ro in Germania. Leone X fu anch’egli mece-nate delle arti e delle scienze, umanista, mon-dano pur senza violare i limiti della moralità,e aveva una mentalità da principe rinascimen-tale. Terminò il concilio Lateranense V; in po-litica estera, parteggiò alternativamente perFrancesco I e per Carlo V, che si contendeva-no il predominio europeo; concluse un’intesacon Luigi XII che riconobbe il Lateranense V,abbandonando il conciliabolo di Pisa, e con ilsuo successore Francesco I stipulò un concor-dato (6). Caldeggiò un’unione dei principi cri-stiani per fronteggiare il pericolo turco. Morìimprovvisamente nel 1521.

Adriano VI (1522-23). Adriano Florensz,originario di Utrecht, vescovo di Tortosa, erastato per lunghi anni professore di teologia aLovanio, poi precettore di Carlo V. Salito altrono pontificio volle riformare la Curia contutte le sue energie ed affrontare il problemadella scissione di Lutero in Germania di cuiconosceva le cause profonde, essendoanch’egli tedesco. Nel 1522 i Turchi preserol’isola di Rodi; contro di essi Adriano cercòdi riunire i sovrani cristiani ma nulla potéconcludere per la brevità del suo Pontificato,morì infatti il 14 settembre 1523.

Clemente VII (1523-1534). CardinaleGiulio de’ Medici, cugino di Leone X, irre-prensibile di costumi e coscienzioso nei suoidoveri ma lento e timoroso nelle sue decisio-ni. Sotto il suo regno avvenne il “Sacco diRoma” del 6 maggio 1527, ad opera delletruppe dell’Imperatore Carlo V [la guerra trai due supremi capi della cristianità avvenneper motivi politici]; Clemente VII fu assedia-to in Castel S. Angelo e dopo essersi arresodovette subire sei mesi di dura prigionia. Il“Sacco di Roma” con tutti gli orrori, profa-nazioni ed uccisioni che comportò ad operadei soldati protestanti di Carlo V, risvegliò lecoscienze dei cattolici, ci si rese conto checon il protestantesimo non si poteva scherza-re, non si trattava più soltanto di una disputatra monaci, ma era la stessa esistenza dellacattolicità che era messa in pericolo, era ne-cessario correre ai ripari. Fu restaurata (sottoPaolo III) l’inquisizione romana che salveràl’Italia dal protestantesimo. Il saccheggio del-la città eterna segnerà quindi il tramonto del-la vita rinascimentale in Roma e l’inizio di unrinnovamento morale e religioso della Curia.

Durante il pontificato di Clemente VII,avvenne lo scisma anglicano in quanto Enri-co VIII, già “defensor fidei”, chiese al Papal’impossibile scioglimento del suo legittimo

matrimonio con Caterina D’Aragona persposare Anna Bolena; Clemente rifiutò edEnrico si autoproclamò capo della chiesa an-glicana, “riformò” la “sua chiesa”, stabilen-do la pena di morte per chi l’avesse rifiutata.Papa Clemente lo scomunicò nel 1533.

Paolo III (1534-49). Alla morte di Cle-mente VII fu eletto Papa il cardinale Ales-sandro Farnese; il suo Pontificato “segna di-stintamente il passaggio dal rinascimentoall’epoca del rinnovamento cattolico” (7).Inoltre si può dire che: “Il secolo che vadall’elezione di Paolo III fino alla morte diUrbano VIII (1534-1644) è, nella storia delpapato, uno dei periodi più importanti e piùluminosi, contrassegnato dalla riforma e re-staurazione cattolica” (L. von Pastor).« Tutt’altro che ineccepibile nella sua vitaprecedente [prima di ricevere gli ordini sacri,ma già cardinale ebbe 4 figli, ma una voltaordinato sacerdote rispettò gli impegni presicon voti, conducendo vita integerrima.N.d.a.], Paolo III, anche da papa amava losfarzo, la caccia e i divertimenti, ed era incli-ne smoderatamente al nepostismo. (…) Que-sta politica familiare, condotta a spese delloStato Pontificio, costò a Paolo molte contra-rietà e danneggiò non poco la sua reputazio-ne. Nondimeno egli assolse gli impegni delsuo ufficio in modo affatto diverso dai Papimedicei che lo avevano preceduto » (8).

Consapevole della grave situazione religio-sa, dovuta al protestantesimo, cominciò un la-voro di riforma della Chiesa e di miglioramen-to. Incrementò i nuovi ordini religiosi (Teatini,Cappuccini, Barnabiti, Somaschi) ed approvòle costituzioni della Compagnia di Gesù. Perarginare la diffusione del protestantesimo, che

24

L'incoronazione di san Pio V

Page 25: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

avanzava minaccioso anche in Italia, nel 1542per ispirazione del cardinal Carafa (9) e disant’Ignazio di Loyola riorganizzò l’inquisizio-ne romana con la bolla “Licet ab initio”. Sitrattò di un ufficio centrale romano (chiamatopoi Sant’Offizio) composto da sei cardinali chedoveva vegliare sulla purezza della Fede in tut-ta la Chiesa, intervenendo contro gli apostati,gli eretici e i sospetti, senza distinzione di per-sone, grado sociale o ecclesiastico. Ne fu postoa capo il Cardinal Carafa, il quale chiamò afarne parte anche il nostro domenicano Miche-le Ghislieri (10). Fu grazie al lavoro della rista-bilita Inquisizione romana che l’Italia restòcattolica, mentre in altri paesi dove essa nonpoté agire liberamente ci furono le guerre direligione (come in Francia) dove la vittoria ar-rise al più forte nelle armi, oppure questi paesisi protestantizzarono completamente (è il casodella Germania e dell’Inghilterra).

Altro merito da ascrivere a Paolo III fuquello di aver promosso e poi convocato ilConcilio di Trento, che fu il diciannovesimoConcilio Ecumenico della Chiesa Cattolica epietra miliare della Controriforma cattolicadel cinquecento. Dopo due prime convocazio-ni andate a vuoto (1536 a Mantova, 1537 a Vi-cenza) il Concilio fu convocato a Trento nel1542 e celebrò la sua prima sessione nel 1545,protraendosi poi, con varie interruzioni, per18 anni. Paolo III morì il 10 novembre 1549.

Giulio III (1550-55). In un conclave chedurò più di due mesi fu eletto il cardinaleGiovanni Maria del Monte, già primo legatopontificio al Concilio di Trento. Ebbe una po-litica conciliante; in Inghilterra concluse unabreve riconciliazione sotto il regno dei MariaTudor, che era cattolica, ma la cosa durò po-co. Nel 1551 riaprì e continuò il Concilio diTrento. Sotto il suo Pontificato l’ImperatoreCarlo V riconobbe purtroppo il pieno dirittodi culto alle chiese “riformate”. Giulio III fumolto nepotista. Morì il 23 marzo 1555.

Marcello II (1555). Era il cardinale Mar-cello Cervini, già legato e presidente del Con-cilio di Trento, il suo Pontificato durò soltanto22 giorni, dal 9 aprile al 1 maggio del 1555.Uomo dotto e pio e di costumi integerrimi, eraavverso al nepotismo e di spirito riformatore.Morì a causa delle eccessive fatiche o, secondoaltri, a causa di un’antica piaga alla gamba, dicui nessuno conosceva l’esistenza (11).

Paolo IV (1555-1559). Cardinale GianPiero Carafa (12). Quando fu eletto aveva 79anni ed era il decano del Sacro Collegio, mapossedeva ancora una fervida energia ed una

volontà ferrea. Era uno dei principali fautoridi una severa riforma e “riformatore” si eradimostrato negli uffici che aveva ricopertoprecedentemente. Fu lui che elevò, come ab-biamo già visto, alla più alta carica dellaChiesa il domenicano Ghislieri, facendone ilCardinale Alessandrino.

« Decisamente contrario ad una prosecu-zione del Concilio, egli intendeva piuttostoriformare la Chiesa con la sua attività diret-ta. Difatti egli iniziò subito una lotta inesora-bile contro gli abusi nella Curia romana (…).L’Inquisizione, di cui egli ampliò il raggiod’azione e le competenze [nominando il Car-dinale Alessandrino Supremo Inquisitoredella Cristianità. N.d.a.], fu il suo organopreferito (…). Ispirandosi alla concezione ie-rocratica del tardo medioevo [cioè al grandePapa che fu S. Gregorio VII… n.d.a.], senzatener conto del mutar dei tempi, Paolo IVnel 1559 emanò la bolla “Cum ex apostolatusofficio” (13), in cui in forza della “pienezzadel potere sui popoli e sui regni”, egli rinno-vava tutte le punizioni precedentemente de-cretate contro gli ecclesiastici e i laici, princi-pi e sudditi, che avevano apostatato dalla lo-ro fede, dichiarandoli destituiti di ogni di-gnità, diritto e possesso (…) » (14).

Paolo IV strinse un’alleanza con Enrico IIdi Francia contro Carlo V (15), che egli avevaminacciato di destituzione perché aveva con-cesso la libertà di religione ai protestanti; glieserciti pontifici furono però sconfitti, la stessaRoma fu in pericolo. Verso la fine della vitadestituì ed esiliò da Roma i suoi nipoti, da luiprima elevati ad alte cariche, tra cui il card.Carlo Caraffa, che erano accusati, e a quantosembra colpevoli, di gravi colpe e abusi nei lo-ro offici, ma non poté rimediare del tutto almale che essi avevano fatto. Pio IV in seguitorepresse ancora più spietatamente i Carafa (ilcardinale morì in prigione) ma S. Pio V poi liriabilitò con un processo; non è quindi facileesprimere un giudizio chiaro su questa que-stione. Paolo IV morì nel 1559 il 18 agosto.

Pio IV (1559-65). Dopo circa quattro mesidi conclave (dovuto alle opposizioni del parti-to francese e spagnolo), uscì eletto il cardinalGiovanni Angelo de’ Medici, che prese il no-me di Pio IV. Egli fu moderato, intrattennebuoni rapporti con l’imperatore Ferdinando Ie con Filippo II di Spagna. Nominò cardinale,segretario di stato e arcivescovo di Milano,suo nipote S. Carlo Borromeo (canonizzatonel 1610) di appena 21 anni al quale affidò ladirezione degli affari più importanti.

25

Page 26: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

“L’opera più proficua di Pio IV è la ripre-sa del Concilio di Trento per il terzo ed ulti-mo periodo (…)” (16). Sempre Pio IV chiusedefinitivamente il Concilio nel dicembre del1563 ratificandone le decisione con la bolla“Benedictus Deus” del 26 gennaio 1564. Morìil 9 dicembre del 1565. Gli succederà il Car-dinale Alessandrino Michele Ghislieri.

I lettori mi scuseranno per questa lungapremessa sui Papi che hanno preceduto sanPio V, ma l’ho ritenuta necessaria per megliocapire l’opera del Ghislieri. Nel corso di que-sto XVI secolo infatti la Chiesa si era trovatain grave pericolo poiché « quanto l’eresiaprogrediva, tanto era necessario che indie-treggiasse la fede cattolica. Secondo la ragio-ne umana era necessario che le cose avvenis-sero così. Ma in verità nella storia ecclesiasti-ca non bisogna ragionare in questa maniera.La Chiesa può arrivare ad un’estremo perico-lo, ma non può soccombere: e neppure puòvenire meno alle promesse di Dio. Questo,come spesso e prima e dopo, mostrò aperta-mente la Controriforma o Riforma cattolica.

Roma, che era snervata dalla mollezza delRinascimento e sembrava essere oppressadall’impeto repentino della tempesta, risorsecon quella forza che, avresti detto aver presoin prestito da quel famoso antico tempo eroi-co, delegò nuove milizie, equipaggiò le vec-chie, e le inviò all’assalto. Quanto fu il timoreche provocarono agli animi i primi tempi dellariforma, tanto quelli della Controriforma, gliprocurano gioia e li confortano » (17).

Il Conclave da cui fu eletto san Pio V

Durante gli ultimi anni del pontificato diPio IV “il succedersi dei fatti dava al cardina-le [Alessandrino] l’impressione che il serviziodella Chiesa era da considerarsi concluso;non gli restavano che due vie da scegliere, ilconvento o la tomba” (18). La porpora cardi-nalizia era stata per lui, secondo le parole diPaolo IV, quella catena che gli aveva impedi-to il ritorno nel chiostro da lui sempre deside-rato fin da quando era stato fatto Vescovo.Inoltre « Il cardinalato [simboleggiato sempredalla catena] fu sul serio uno strumento dimortificazione per l’Alessandrino, non solo inragione della sua umiltà ma molto più per leumiliazioni che subì, negli ultimi anni di pon-tificato di Pio IV. E la catena al contrario dirallentarsi andava, a sua insaputa, stringendoil morso per fissarlo senza scampo sulla catte-dra di S. Pietro. Questo posto non l’aveva mai

sognato e ancor meno ambito; eppure a pre-scindere dalle intenzioni, vi si era preparatolo stesso purificandosi sotto il vestito di por-pora nel fuoco ancor più avvampante dellespine alimentato dalle incomprensioni e dagliinsuccessi esterni, e dal bruciore interno pro-dotto dai calcoli alla vescica.

Il ragazzino di Bosco che ebbe per primaoccupazione la custodia del minuscolo greg-ge paterno, al compiersi dei sessantadue an-ni stava per prendere la guida del gregge diCristo “pastore e vescovo delle anime” (I.Pietro, II, 25) » (19).

Morto Pio IV, il Sacro Collegio si riunìper eleggerne il successore. Il cardinale Bor-romeo, nipote e segretario di Pio IV, era in-dicato come uno dei più “papabili”. Altrocandidato di spicco era il card. Farnese (pa-rente di Paolo III); “ma san Carlo fece co-raggiosamente intendere che le circostanzerichiedevano un Papa di vita esemplare, piùstimato per la sua scienza e santità, che nonper le sue grandi ricchezze” (20).

L’elezione del Cardinale Alessandrino alSupremo Pontificato fu essenzialmente operadi S. Carlo Borromeo in quanto fu lui che, do-po aver visto bocciate le precedenti candida-ture del Morone (21) e del Sirleto, proposequella del Ghislieri. Contro il Morone si fecesentire una forte opposizione e per primaquella del Cardinale Alessandrino: “san Car-lo s’immaginava che l’Alessandrino fosse fa-vorevole al Morone, e lo trovò invece contra-rio. Nessuno, gli disse il Grande Inquisitore,stima più di me il cardinale candidato, tantoche egli deve a me il suo ingrandimento e lasua legazione a Innsbruck e a Trento; ma ilnuovo pontefice non dovrebbe avere alcunataccia di condiscendenza verso l’eresia, e sot-to questo aspetto il Morone non offre al Sa-cro Collegio le necessarie garanzie” (20). “IlBorromeo trovando a questo soggetto nelCardinale Alessandrino una resistenza invin-cibile [aveva convinto altri eminentissimi, co-me il Pacheco, a negare il voto al Morone, ecome già accennammo portava in saccoccia lecarte del processo che in qualità di Inquisito-re Supremo aveva fatto contro questo cardi-nale sotto i due pontificati precedenti. N.d.a.],si arrese alle sue obbiezioni e gli propose ilcardinal Sirleto. Allora il Ghislieri gli promiseil suo voto, ed anche acconsentì a sollecitarealcuni dei suoi amici in favore di questo colle-ga irreprensibile” (22). Anche la candidaturadel Sirleto “uomo di grande sapere e di moltacapacità” tra i più sapienti del suo tempo,

26

Page 27: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

trovò opposizione tra i cardinali, poiché essisostenevano che la Chiesa aveva in quel mo-mento bisogno di un capo più versato negliaffari e nel buon governo che non nelle scien-ze, e che quindi il Sirleto “passando brusca-mente dai manoscritti al governo, sarebbestato un pilota inesperto e poco abile”.

« Vedendo il Borromeo che queste conte-stazioni non riuscivano che a prolungare ilconclave, pensò tutto ad un tratto al Cardina-le Alessandrino, e non dubitò punto che il suonome non facesse cessare tutte le esitazioni.Egli si aperse con i cardinali Morone e Farne-se, i quali scoprirono ancora un’ostacolo, e ri-sposero: “Volete dire l’Inquisitore? (…) Lasua intransigenza non otterrà mai la maggio-ranza. E poi? L’Alessandrino non è forse sta-to l’amico di Paolo IV e il monitore di PioIV? Se per vendicare la morte dei Caraffa e ildiscredito in cui fu tenuto, egli facesse dellerappresaglie contro i consiglieri del suo pre-decessore, nessuno più di voi [Carlo Borro-meo, nipote di Pio IV… n.d.a.] eviterà il suorancore” (23). Queste considerazioni, che era-no senza replica dal punto di vista umano, esoprattutto nell’interesse del Borromeo (…),pure non lo turbarono in niuna maniera. Ri-cordando le sante fatiche che ambedue ave-vano sostenuto insieme sotto il pontificato diPio IV, egli impegnò i suoi amici a non cerca-re, come faceva egli stesso, altra guarentigiache il carattere del nuovo eletto. Il suo disin-teresse finì per trionfare » (22). “Qui si rivelal’ammirabile abnegazione di San Carlo. Se siconsiderano umanamente le cose, queste pa-role avrebbero certamente commosso un’ani-mo meno delicato del suo. Ma egli, superioread ogni egoismo, protestò che ogni sospettodi meschineria o rivincita era un affronto allasantità dell’Alessandrino, e, come se fosse

guidato da Dio, condusse i suoi colleghiall’appartamento del Ghislieri” (23) per an-nunciargli la sua elezione. I Cardinali (Borro-meo, Morone e Farnese) dovettero superarela resistenza ad accettare la suprema carica,del Cardinale Alessandrino che opponevacon umiltà la sua incapacità ed indegnità contale forza che i loro tentativi risultarono vani.Visto che le loro ragioni erano inutili, i cardi-nali ricorsero ad uno stratagemma. Lo tiraro-no fuori dalla sua cella con una specie di vio-lenza e lo condussero alla cappella dove sicompie la cerimonia della adorazione; qui siinginocchiarono spontaneamente di fronte alui, persuadendolo ad accettare. Il CardinaleAlessandrino vedendo ormai manifesta la vo-lontà divina nell’atto dei cardinali finì perproferire debolmente la parola “Acceptamus”che manifestava il suo consenso e lo rendevaVicario di Cristo. Era il 7 gennaio 1566, “eglipensava di chiamarsi Paolo V in memoria delsuo protettore. Ma per compiacere il Borro-meo, con un’abnegazione uguale a quelladell’arcivescovo di Milano, acconsentì a pi-gliar il nome di Pio V, come per attestare chenon conservava alcuna amarezza per l’attidu-dine presa verso di lui dal suo predecessore, eche non avrebbe assolutamente molestato gliamici di Pio IV” (24).

Secondo il costume il nuovo Papa fu porta-to nella basilica Vaticana, dove ricevette unanuova adorazione dei cardinali e dei fedeli.Dopo aver ritrovato la sua attitudine modestae la sua tranquillità ammirabile, la notte se-guente la sua elezione il novello Pio V dormì ilsonno del giusto per dieci ore di fila (cosa inso-lita per lui). “Il religioso austero, che poneva lasua predilezione nel silenzio e nella solitudine,che si sottraeva al favore e ricusava ogni nuovadignità, tutto ad un tratto si è rassegnato alladignità suprema (…) richiamando alla memo-ria le diverse strade che lo condussero alla suaelevazione, comprese finalmente che la Provvi-denza ve l’aveva condotto per mano, finchéfosse arrivata al suo scopo, che era di farlo se-dere sul trono universale. La prima volta cheegli da una tale altezza contempla il mondo cri-stiano attento e sommesso, egli si turba, si arre-tra e piange. Ma ben tosto rassicurato daquell’ineffabile sentimento di abnegazione, chenon considera nella propria fortuna che l’opradi Dio, egli ripone con fiducia e rispetto in Diostesso la responsabilità dei suoi comandi” (25).

Se i cardinali nell’elezione di S. Pio V dice-vano di aver obbedito ad una ispirazione cele-ste, Dio stesso ratificò questa elezione con fat-

27

San Carlo Borromeo, nipote di Pio IV,in un dipinto del Guercino

Page 28: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ti straordinari. « La notte precedente alle pra-tiche fatte dal Borromeo, mentre nessunopensava al Ghislieri, il card. Gonzaga agoniz-zante si riscosse dal suo torpore, e domandò:“Quando mi darete l’annunzio dell’elezionedell’Alessandrino?”, e morì con queste parolein bocca; i suoi domestici le attribuirono a unaspecie di delirio. E mentre nel conclave si fa-ceva il nome del Morone, san Filippo Neri,stando in orazione, sentì una voce misteriosache diceva profeticamente: “Sarà eletto PapaFra Michele Alessandrino” » (24). Gli abitantidi Bosco, suo paese natale in Piemonte furonoinformati della sua elezione in maniera straor-dinaria. Il messo dell’ambasciatore di Francia,inviato a Parigi per annunciare l’elezione delGhislieri fu trasportato a forza dal suo cavalloin quel villaggio; agli abitanti che gli chiedeva-no dove andasse così di fretta egli rispose,ignorando il luogo in cui si trovava “vado adannunciare al re di Francia l’elezione del Car-dinale Alessandrino”; il corriere ebbe appenail tempo di notare la grande gioia causata dal-le sue parole in quegli uomini, che il suo ca-vallo riprese la corsa verso la via maestra.Quando un messaggero inviato espressamen-te dal Papa arrivò in paese, pochi giorni dopo,gli abitanti risposero che erano già stati infor-mati per miracolo. Si può quindi dire cheun’aurora soprannaturale rischiarava l’albadel suo pontificato.

Primi atti del pontificato di S. Pio V

I primi atti del neo eletto Papa riguarda-rono piuttosto il governo interno degli StatiPontifici. Pio V ordinò la revisione del pro-cesso dei Carafa per rettitudine di coscienza,poiché nel 1560 egli era stato membro delgiurì chiamato a pronunciarsi sulla loro sor-te, e dal dibattito aveva avuto l’impressioneche la causa fosse già risolta prima ancora dicominciare… Divenuto Papa volle quindi,che eminenti giuristi riesaminassero il pro-cesso e gli esponessero apertamente ciò chepensavano. Quando furono scoperti degli er-rori giudiziari, dopo aver inteso il parere deicardinali, riformò quasi tutti i punti della pri-ma sentenza, riabilitando l’infamia di quellafamiglia. Coloro che fraudolentemente ave-vano esagerato le colpe dei Carafa furono aloro volta condannati.

« Di più, siccome i romani avevano vitupe-rata la memoria di Paolo IV per le ingiuste at-tribuzioni dei delitti dei suoi nipoti, era giustoche si rimettesse in onore il suo nome tanto

diffamato. Costrinse anzitutto i canonici diSan Pietro a riporre nella loro sacrestia il bu-sto di Paolo IV, ch’essi in ossequio a Pio IVavevano rimosso. (…) Il suo feretro venne tra-sportato dalla cripta di S. Pietro alla chiesadella Minerva, ove un epitaffio latino attestatuttora “l’eloquenza, la dottrina, la saviezza, lasingolare innocenza e la grandezza d’animo”del pontefice, e a buon diritto lo proclama “di-fensore intrepido della fede cattolica” » (26).

S. Pio V fece allontanare le donne di cat-tivi costumi da Roma, assestando un primocolpo alla corruzione dei costumi; ed a chicercava di fargli revocare la sentenza, rite-nendola presa senza la debita riflessione,aveva risposto: “Voi dovreste arrossire difarvi gli avvocati di questa peste della so-cietà, o se voi preferite di dimorare con que-ste prostitute, son io, io stesso che mi ritireròda Roma e porterò altrove la mia sede”.

Altro decreto fu quello di bando degliebrei che corrompevano le famiglie, tramitel’astrologia da essi praticata, e le rovinavanocon l’usura. “Il Papa li bandì dagli stati dellaChiesa, eccettuate Roma ed Ancona, dove siritenevano ancora indispensabili per mante-nere il commercio del Levante. Ma tuttaviaaffine di toglier ogni facilità alle loro prati-che criminose, fu anche a loro assegnato unquartiere a parte con proibizione di uscirnesenza un cappello color d’arancio, che li fa-cesse conoscere, e di entrare a notte fattanella casa di un cristiano (27).

Inflessibile nei principi, ma sempre affet-tuoso cogli individui, Pio V, mentre non erache cardinale, aveva sollecitato molti ebrei ce-lebri ad abbracciare il cristianesimo. Un rabbi-no chiamato Elia Carcossi, credendo di libe-rarsi dalle sue sollecitudini, un giorno gli ri-spose: ‘Mi farò cristiano quando vi farannoPapa’. Egli aveva dimenticato questa derisoriapromessa, quando si sentì chiamato al palazzodel Pontefice ed amichevolmente invitato amantenere la parola. Elia non osando di nega-re la verità, se ne ritornò assai triste ed irreso-luto. Durante la notte il Papa pregò con ardo-re la Vergine Santissima per questa conversio-ne, e all’indomani Elia e i suoi tre figli doman-davano la grazia del battesimo. Pio V volleamministrarlo ad essi egli medesimo, ed impo-se ad Elia il suo proprio nome di Michele.Avendo la conversione di questo rabbino, chegodeva di una grande influenza fra i suoi fra-telli, determinato quella di molti altri, Pio Vfondò tosto una casa per accogliervi i catecu-meni e dar loro un’ampia istruzione” (28).

28

Page 29: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Papa Ghislieri prese anche delle misureatte a reprimere il brigantaggio e gli assassinîche si commettevano nei suoi stati. Stipulòun accordo con il viceré di Napoli e colla To-scana affinché tutti i malfattori fossero presie condannati secondo le pene previste, senzariguardo alle diverse sovranità ed il territorioin cui si trovavano. Degno di nota, poiché an-cora una volta testimonia la rettitudine delsuo animo, fu l’atteggiamento verso un famo-so bandito: “Il capo banda più formidabile,certo Mariano d’Ascoli, sfuggiva ancora atutte le ricerche di chi lo inseguiva, quandoun uomo della campagna chiedendo di parla-re al Papa, promise mediante una ricompen-sa di consegnare il capitano fuggitivo. - ‘E co-me farete voi?’ gli domandò il Papa. - ‘Egli èsolito fidarsi di me’, rispose il montanaro, ‘edio l’attirerò facilmente in casa mia’. - ‘Giam-mai noi autorizzeremo una simile perfidia’,esclamò Pio V; ‘Dio farà nascere qualche oc-casione favorevole di castigare questo bri-gante, senza abusare in tal maniera dellabuona fede e dell’amicizia’. Mariano d’Asco-li, saputa la risposta del Papa, si ritirò subitoda’ suoi Stati, né più vi ricomparve” (28).

S Pio V ed i suoi nipoti…

« Nonostante la sua attività, Pio V nonpoteva da solo portare il peso d’una ammini-strazione tanto complicata. I cardinali gli fe-cero intendere, che aveva l’obbligo di asso-ciarsi nel governo un membro della sua fami-glia, ma lo trovarono molto restìo a fare un si-mile passo; poiché se la condotta esemplaredi San Carlo Borromeo creava un precedentefavorevole, era ancora troppo vivo il ricordodei Caraffa, per non nutrire dei timori che siripetessero i medesimi tristi esempi.

Quanti altri nipoti di Papi avevano coi lorointrighi e disordini scemato il prestigio dellozio (…). Tuttavia questa usanza, che produce-va alla lunga dei veri mali, non si era introdot-ta senza buone ragioni” (29). Era stata la ne-cessità di avere qualcuno che si occupasse de-gli affari civili, dei problemi di curia, degli in-trighi tra gli Stati, italiani e stranieri, che avevaspinto i Papi dei secoli XVI e XVII a sceglieretra i loro parenti uno stretto collaboratore,che fosse fidato grazie proprio a quel vincolodi consanguineità e quindi scevro da influenzestraniere. Era la figura del “Cardinale-nipo-te”, ministro degli affari civili, una sorta diodierno Segretario di Stato; questo uso eratalmente radicato ed entrato nella norma che

non si trattava di creare il posto per l’uomo,bensì di trovare l’uomo adatto per quel posto.

« Con queste considerazioni gli amici diPio V si studiarono di indurlo a seguirel’esempio dei suoi predecessori. Libero dallepreoccupazioni materiali, con quanta facilitàavrebb’egli potuto consacrarsi alle riformereligiose, così attese e così urgenti! (…).

[Dopo molte insistenze] Pio V finì colrassegnarsi. “Io lascio a voi ogni responsabi-lità, disse ai cardinali, vestras oneramus ani-mas”. E poiché San Carlo Borromeo amavadi ritornare a Milano, per esercitare nellasua diocesi le sacre funzioni e dedicarsi alministero pastorale, chiamò a sé un membrodella sua famiglia, Antonio Bonelli, di venti-cinque anni, come lui domenicano.

Il Bonelli era figlio di Gardina, sorelladel Papa. Maestri e superiori, che conosce-vano la sua bella riuscita al collegio germani-co e all’università di Perugia, nutrivano su dilui grandi speranze, tanto più che la sua gio-vinezza austera e pia rispecchiava molto be-ne la vita dello zio. Anch’egli si chiamava inreligione fra Michele.

Si direbbe che nel far questa scelta, Pio Vsiasi compiaciuto di sopravvivere nel nipote;onde conferendogli la porpora, volle asse-gnargli il titolo di S. Maria sopra Minerva echiamarlo il Cardinale Alessandrino (…). IlPapa dando al nipote un ufficio così impor-tante, lo premunì subito contro qualsiasi peri-colo di orgoglio. (…) Non contento di esorta-re il nipote a non dimenticare la vocazione re-ligiosa, volle regolare la sua casa col bandireogni lusso. La rendita di un priorato di Maltadoveva essere sufficiente a fornirgli un onestosostentamento; né permise che il Bonelli ar-ricchisse i parenti e accettasse donativi. Il ni-pote si sottomise agli ordini dello zio moltovolentieri, perché essendo disinteressato, nonsi curava di speculazioni e di ricchezze » (30).

In occasione di questa nomina S. Pio Vpromulgò anche una legge che doveva porrefine all’abuso dell’alienazione dei beni dellaSanta Sede. Per evitare l’alienazione di questopatrimonio, destinato a dignitari ecclesiastici oa membri della famiglia del Papa, decretò nel1567, con la bolla Admonet vos, che fosse datosolo in usufrutto. I cardinali dovevano giuraredi osservare questa legge e di opporsi a chiun-que volesse contravvenire ad essa, sotto penadi spergiuro e perpetua infamia. Lo stessoeletto del conclave doveva fare per iscritto lapromessa di osservare questa costituzione nelgiorno dell’esaltazione e dell’incoronazione.

29

Page 30: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

« Altri avrebbero veduto nell’esaltazionedei nipoti un’occasione provvidenziale di ri-donare alla sua famiglia l’antico splendore.Egli non lo sognava neppure. I diversi tenta-tivi fatti per lusingarlo andarono a vuoto(…). Il marchese di Maine s’era affrettato amettere la signoria di Bosco a disposizionedel Papa; ma questi la rifiutò cortesemente.Molti nobili aspirarono alla mano delle suenipoti, ma rimasero delusi poiché egli alle ni-poti non volle concedere che una dote mo-desta, volendo che si contentassero di sposa-re giovani di loro condizione.

Dei suoi nipoti uno solo, Paolo Ghislieri,ebbe una dignità. Avendo combattuto eroi-camente nella battaglia di Lepanto, fu fattogovernatore di Borgo, dominio situato pres-so Roma. Ma per le sue malversazioni do-vette tosto comparire davanti allo zio. Anzi-ché confessare le proprie colpe cercò di ma-scherarle sgarbatamente con delle menzo-gne, onde il Papa fortemente irritato lo de-pose dalla sua carica, e con un gesto risoluto,indicandogli la candela che illuminava lastanza, gli comandò di lasciar Roma primache la cera fosse consumata.

Questa fermezza verso i propri parenti equesto suo distacco, conosciuti in città, gli con-ciliarono il rispetto e la venerazione dei roma-ni. Il suo governo del resto si ispirava a unascrupolosa equità (…). La sua riputazione diuomo integro era talmente nota che nessunoavrebbe osato attendere da lui non dico unapiccola infrazione alla giustizia, ma nemmenola più leggera transazione con la legge » (30).

Appendice: il Concilio di Trento

S. Pio V ebbe come “motivo di maggiorgloria l’attuazione della riforma promossadal Concilio di Trento”. Non sarà inutile ri-cordare in breve la storia di questo Concilio.

Il Concilio di Trento convocato da PaoloIII già nel 1536, poté celebrarsi solo nellaterza domenica d’Avvento (13 dicembre) del1545. La città di Trento era stata scelta per-ché essa pur essendo di popolazione italiana,e quindi vicina al Papa, era sede di un princi-pato vescovile appartenente all’Impero ger-manico. Questo Concilio doveva pronunciar-si in merito alle dottrine funeste dei novatorie dei “riformatori” come Lutero e Calvino,confermando la Fede cattolica e promuoven-do una sana e vera Riforma della ChiesaCattolica che venisse dall’alto (dal Papato) enon dal basso.

Primo periodo del Concilio di Trento.(sessioni da I a IX, dicembre 1545 - 2 giugno1547). « La presidenza dell’assemblea fu te-nuta con capacità e destrezza dai legati nomi-nati dal Papa, i tre cardinali Giovanni Mariadel Monte (più tardi papa Giulio III), Marcel-lo Cervini (papa Marcello II), e l’inglese Re-ginaldo Pole. (…) Fu deciso di trattare in mo-do simultaneo e parallelo, materia dogmaticae materia disciplinare, sebbene l'Imperatoredal canto suo desiderasse, per riguardo ai pro-testanti, che si desse la precedenza alla rifor-ma, e il Papa invece alle questioni riguardantila fede. Così le decisioni del concilio, che do-po esser state preparate e discusse nelle variecommissioni e nelle congregazioni dei padridel concilio, venivano infine approvate e pro-clamate nelle sessioni solenni, si articolaronoregolarmente nelle due categorie di decretade fide e decreta de reformatione (…).

Il compito dogmatico del concilio consi-steva nell'esposizione e chiarificazione deldogma cattolico, di fronte alla negazione diverità fondamentali da parte dei protestanti,di fronte al loro nuovo principio materiale eformale del cristianesimo, al loro concettospiritualistico della Chiesa e alla negazionedi quasi tutti i sacramenti » (31).

Nelle varie sessioni del Concilio (in tota-le furono venticinque) si trattarono moltissi-mi argomenti della fede cattolica, come il va-lore della tradizione e delle S. Scritture (con-tro i protestanti). Molto importante fu il de-creto sulla giustificazione e sul peccato origi-nale che si opponeva alla dottrina di Lutero.Fu definita anche la dottrina sui sette sacra-menti, la S. Messa, le indulgenze, il purgato-rio, il culto dei santi e delle reliquie.

30

Medaglia del pontificato di S. Pio V

Page 31: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

« (…) Nel febbraio 1547 un preoccupantemorbo epidemico (tifo petecchiale) scoppiatoa Trento mise in una grave situazione i Legalipapali, per la partenza di molti prelati italia-ni, principali sostenitori della S. Sede. Primache il guaio fosse irreparabile i Legati decise-ro, con la maggioranza di due terzi del conci-lio di trasferire l'assemblea a Bologna (ses-sione VIII, 11 marzo 1547). Il Papa confermòl'affrettato trasferimento. Ma quattordici pre-lati di tendenza imperiale si fermarono aTrento e lo stesso Carlo fu estremamente in-dignato della traslazione, perché una compar-sa dei protestanti tedeschi, ch'egli proprio al-lora aveva assoggettato alla sua forza (guerrasmalcaldica, battaglia di Muhlberg, 24 aprile1547) in una città dello Stato Pontificio nonera affatto pensabile. Perciò egli insistettecon ogni energia perché il concilio fosse ri-portato a Trento e ottenne almeno che si evi-tasse una pubblicazione di decreti nelle ses-sioni IX e X celebrate a Bologna, dove intan-to le commissioni di studio avevano ripreso alavorare alacremente. Essendosi la situazioneancora più inasprita per una violentissimaprotesta dell'Imperatore (gennaio 1548) eper il suo agire arbitrario nell'Interim di Au-gusta (giugno 1548), il 13 settembre 1549, duemesi prima della sua morte (10 novembre1549), Paolo III sospese il Concilio.

(…) Il 14 novembre 1550 uscì la nuova bol-la di convocazione [promulgata da Giulio III].

Secondo periodo del concilio di Trento(sessioni XI-XVI, 1 maggio 1551 - 28 aprile1552). A questa parte del concilio non inter-vennero i prelati francesi, a causa di una guer-ra contro la Francia in cui Giulio III si trovòimplicato, a fianco dell'Imperatore, contro ilnuovo duca di Parma (Ottavio Farnese), guer-ra che assunse per il Papa stesso un andamen-to poco felice (1551-52). Per un certo tempoincombette perfino la minaccia di uno scismadella chiesa francese. Invece dalla Germaniaconvennero a Trento gli arcivescovi elettori diMagonza, Treviri e Colonia. Nel suo insieme ilnumero dei partecipanti si fece un po' alla vol-ta maggiore che nel primo periodo.

(…) In seguito all'infaticabile azione del-l'Imperatore, comparvero dall'ottobre 1551al marzo 1552, muniti di un salvacondottodel concilio, anche alcuni inviati dei prote-stanti tedeschi, del principe elettore Gioac-chino II di Brandeburgo, del duca Cristoforodel Wurttemberg, di sei città imperiali dellaGermania Superiore e del principe elettoreMaurizio di Sassonia. Nonostante ogni ac-

condiscendenza però le trattative con loronon approdarono a nulla, perché essi poserocondizioni in parte inaccettabili, quali la so-spensione e la ridiscussione di tutti i decretigià emanati, il rinnovamento dei decreti diCostanza e di Basilea sulla superiorità delconcilio sul Papa e lo scioglimento dei mem-bri del concilio dal giuramento di obbedienzaverso il Papa. Il tradimento del principe elet-tore Maurizio verso l'Imperatore e la campa-gna degli alleati antiasburgici nella Germa-nia meridionale, costrinsero alla sospensionedel concilio per due anni, che fu decretatanella XVI sessione (28 aprile 1552). In effettiperò trascorse quasi un intero decennio pri-ma che il concilio venisse ripreso.

Terzo ed ultimo periodo (sessioni XVII-XXV, 18 gennaio 1562 - 4 dicembre 1563). Perla sua apertura vi erano ancora gravi difficoltàda superare, poiché l'Imperatore e la Franciadesideravano una convocazione completa-mente nuova del concilio, che prescindesse daidecreti emanati nei due primi periodi e si ra-dunasse in una città diversa da Trento.

(…) Lunghe e tempestose discussioni sisollevarono nel Concilio a partire dall’apriledel 1562, quando si cominciò a trattare del-l’obbligo di residenza e del potere di governodei vescovi. (…) Prelati spagnoli e francesicon alcuni italiani riformisti volevano che ilConcilio dichiarasse che l’obbligo di residen-za è di diritto divino e in relazione a ciò favo-rivano la tesi secondo cui la giurisdizione ve-scovile non proveniva dal Papa, ma diretta-mente da Dio (…). Fu il nuovo primo presi-dente, card. Giovanni Morone (…) quelloche riuscì a disincagliare il concilio e a portar-lo felicemente a termine. In una serie di con-tatti personali con l'Imperatore a Innsbruck(aprile-maggio 1563) egli riuscì a riconqui-starne la fiducia. Poi, nel concilio stesso, sep-pe ottenere il consenso delle diverse correnti(in particolare dell'influente card. Guise, ca-po del gruppo francese) a un programma diriforma che tenesse sufficientemente contodei postulati dell’Imperatore e delle varie na-zioni. Cosi anche la questione del diritto divi-no dell’episcopato poté venir accantonata, li-mitando le definizioni dogmatiche alla pote-stà dell'ordine, senza pronunciarsi sulla strut-tura del potere di giurisdizione.

(…) Diverse riforme non ancora elaborate,come l'edizione di un nuovo indice dei libriproibiti (…), di un catechismo generale, di unbreviario e un messale riveduti, furono deman-date al Papa [sarà poi S. Pio V a portarli a ter-

31

Page 32: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

mine. N.d.a.]. I decreti conciliari furono sotto-scritti da 225 partecipanti, fra cui 6 cardinali, 3patriarchi, 193 arcivescovi e vescovi, 7 abati e 7generali di ordini e 39 procuratori di assenti.

Nella bolla Benedictus Deus del 26 gen-naio 1564, Pio IV concesse la ratifica dei de-creti richiesta dal Concilio, inoltre istituì (30dic. 1563) una Congregatio S. Concilii, costi-tuita da otto cardinali, col compito di interpre-tare autenticamente i decreti stessi e di con-trollarne l'esecuzione. Ancora nel 1564, se-condo l'incarico che gli era stato affidato, eglipubblicò un “Index librorum prohibitorum” euna “Professio fidei tridentina” contenenteuna professione di fede e una promessa d'ub-bidienza verso la Santa Sede. Il resto del pro-gramma fu riservato ai suoi successori.

I decreti tridentini furono accettati senzariserve dal maggior numero dei sovrani e deglistati, come dall'imperatore Ferdinando, dallaPolonia, dal Portogallo, dalla Savoia e daglistati italiani, ma da Filippo II di Spagna invecefurono accolti soltanto con la clausola “salvi idiritti regali”. La Francia accettò bensì i decre-ti dogmatici, ma rifiutò il riconoscimento aidecreti di riforma; questi tuttavia furono pro-mulgati gradualmente dai vescovi nei sinodiprovinciali. In Germania gli stati cattolici, conl'imperatore Massimiliano alla testa, si assog-gettarono, nella dieta di Augusta del 1566, aidecreti tridentini circa il dogma e il culto.

Il concilio di Trento ebbe una durata piùlunga e dovette superare difficoltà esterne edinterne maggiori di qualsiasi concilio prece-dente. È vero però anche che nessun altroconcilio ha esercitato una azione così vasta,profonda e duratura per la fede cattolica e ladisciplina ecclesiastica; tale azione è ancor vi-va ai nostri giorni. Certo, esso non riuscì a ri-pristinare l'unità religiosa; giunse appena intempo per salvare la Chiesa nei paesi latini; inquelli nordici era ormai troppo tardi. (…) Mala dottrina cattolica fu chiarita e nuovamenteprecisata nei suoi punti decisivi e più grave-mente minacciati dagli attacchi dei novatori,nel contempo i decreti disciplinari tracciaronoun programma di riforma che costituiva unsaldo fondamento per la rigenerazione reli-gioso-morale del clero e del popolo. La Chie-sa si affermò, nonostante tutti gli attacchi,nella sua compattezza gerarchica, e il sogget-tivismo religioso degli pseudo-riformatori furespinto con successo. Non vi fu da lamentareneppure il temuto indebolimento della posi-zione primaziale del papato nella Chiesa, peropera delle idee conciliari e gallicane.

In tal modo la riforma protestante cheaveva minacciato di distruggere la Chiesacattolica, diede invece un fortissimo impulsoalla sua rinascita e al suo rinnovamento. An-che se l'attuazione dei decreti fu soltantograduale e di diversa portata nei singoli pae-si, le conseguenze benefiche del concilio simostrarono subito nella maggiore unità epiù salda fiducia dei cattolici, rispetto ai fre-quenti scoramenti e alle incertezze degli ulti-mi decenni. Dal concilio si irradiò una forzarigeneratrice e creativa anche nel campo del-le scienze sacre e della devozione » (31).

A chi si chiedesse il perché di tanto “dog-matizzare” da parte del Concilio risponderòche se il Concilio definì alcune dottrine e necondannò delle altre, ciò avvenne perché ilpotere di insegnare è uno dei compiti primaridella Chiesa a cui essa non può sottrarsi, e ledifficoltà dei tempi richiedevano che così sifacesse. A nuove eresie che nascono nel corsodei secoli devono corrispondere i giudizi dellaChiesa, e ciò per il bene delle anime, poichéla Chiesa non può limitarsi agli insegnamentidei concilii dei primi secoli per fronteggiareerrori vecchi e nuovi. Il dogma infatti, puòanche evolvere, in maniera omogenea e orto-dossa, con nuove definizioni e precisazioninate dal confronto con le nuove eresie.

Note

1) Cfr: San Pio V, “Il Papa della S. Messa”, in “So-dalitium” n. 35, pag. 18.

2) Sac. FEDERICO BALSIMELLI, Compendio di storiadella Chiesa, società S. Giovanni Desclée, Lefebvre Ro-ma 1899, vol. II pagg. 74 - 75.

3) Sono di questo avviso: HUBERT JEDIN, Storia del-la Chiesa, vol V/2 tra medioevo e rinascimento, JacaBook, pag. 330 e seg; e BIHLMEYER-TUECHLE, “Storiadella Chiesa” vol. III l’epoca delle riforme, MorcellianaBrescia 1983, pag. 186.

4) A ragione Giulio II voleva un’Italia e soprattuttouno Stato Pontificio libero indipendente da qualsiasidominazione straniera o esterna al Papato proprio perpermettere a quest’ultimo il libero esercizio della suasuprema autorità spirituale.

5) H. JEDIN, op. cit., pag. 335. la sua elezione non fusospetta di simonia ma forse fu dovuta alla potenza del-la sua famiglia.

6) Questo concordato “conteneva la soppressionedella Prammatica Sanzione di Burges del 1438 [che fuun’assemblea del clero francese convocata dal re CarloVII che promulgò come leggi di stato alcune teorie conci-liariste e di limitazione dei poteri papali, proprie dell’ulti-mo periodo del concilio di Basilea]. La Prammatica San-zione costituisce la base del gallicanismo, cioè di quel si-stema di chiesa nazionale e di chiesa di stato che si af-fermò in Francia da quell’epoca in poi, ma in compensodi questa concessione la S. Sede dovette fare grandissimisacrifici. (…) Questa sistemazione ebbe l’effetto buono

32

Page 33: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

di stroncare le tendenze scismatiche della nazione france-se e di riannodare più strettamente il paese alla Santa Se-de; d’altro canto però il dominio della corona sopra lachiesa francese acquistò proprio con questo trattato il va-lore di un sistema immutabile, giuridicamente sancito edelineato”. (BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pag. 189).

7) BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pag. 309.8) BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pag. 310.9) Nei libri da me consultati il nome di questo car-

dinale e poi Papa Paolo IV, è scritto indistintamente se-condo la dicitura: Caraffa (che ho seguito di preferenzanella prima parte di questo articolo), o Carafa. In ognicaso le due versioni del nome designano la stessa perso-na (e famiglia) e ritengo che si possa seguire ora unaora l’altra, secondo gli autori citati.

10) Cfr. prima parte di questo articolo in “Sodali-tium” n. 35, pag. 22 e seg.

11) Il celebre musicista Pierluigi da Palestrina compo-se la famosa “Messa di Papa Marcello” in occasione dellasua morte. Lo stesso Marcello II era un valente musicista.

12) Di Paolo IV si è già parlato nella prima parte diquesto articolo in “Sodalitium” n. 35, pag. 25 e seg.

13) Questa bolla di Paolo IV è stata pubblicata, conuna piccola introduzione in “Sodalitium” n. 14, pagg. 9 - 13.

14) BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pag. 319.15) Ecco cosa dice Monsignor Benigni a proposito

dell’operato di Carlo V: « Il potere civile non sosteneva,generalemnte, la causa della Chiesa. (…) Allora era acapo dell’Impero Carlo V, dotato di una volpina ambi-guità d’animo, che aveva come ereditato dagli impera-tori suoi predecessori, della quale era malata la stirpeleonina dei Cesari.

A costui (lui) incombeva l’officio di reprimere glieretici, e come Imperatore Romano, e perché era Redei Germani. In verità, con furbizia macchiavellica, eglisedeva come su due sedie, reprimendo il luteranesimofino a quel punto che non imbarazzasse i suoi affari, onon causasse timore al Papa, per averlo favorevole aisuoi consigli, nelle cose pubbliche. Da questa ha originequell’Interim, e da quello il sacco dell’Urbe » (U. BENI-GNI, Historiæ ecclesiasticæ propaudeutica, Pustet Roma1905, pag. 117, nostra traduzione dal latino).

16) BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pag. 321.17) U. BENIGNI, op. cit., pagg. 120-121 nostra tradu-

zione dal latino.18) INNOCENZO GIUSEPPE VENCHI O.P., San Pio V

fede e coraggio, Edizioni San Sisto vecchio, Roma 1972,pag. 69.

19) G. VENCHI O.P, op. cit. pag. 70.20) CARD. GIORGIO GRENTE, Il Pontefice delle grandi

battaglie, san Pio V, Ed. Paoline Roma 1957, pag. 32 -33.21) La candidatura di Morone non deve stupire

poiché Pio IV lo aveva riabilitato e lo aveva inviato co-me legato papale al Concilio di Trento, che il Moroneera riuscito a chiudere brillantemente procurandosi unadiscreta fama. Al proposito cfr. l’articolo di Don Ricos-sa: “L’eresia ai vertici della Chiesa” (M.Firpo)... nel XVIsecolo: l’incredibile storia del cardinal Morone”, in que-sto stesso n. di “Sodalitium” qui di seguito.

22) CONTE DI FALLOUX, Storia di S. Pio V Papadell’ordine dei predicatori, Tip. Arcivescovile PoglianiMilano 1873, pag. 56 e seg.

23) CARD. GIORGIO GRENTE, op. cit., pag. 34.24) CARD. GIORGIO GRENTE, op. cit., pag. 35-36.25) CONTE DI FALLOUX, op. cit., pag. 61.26) CARD. GIORGIO GRENTE, op. cit., pag. 43.27) A proposito della legittimità di queste misure

restrittive verso gli ebrei cfr. l’articolo di DON

NITOGLIA, Il problema ebraico, in “Sodalitium” n. 26,pag. 22, ed in particolare pagg. 34-36.

28) CONTE DI FALLOUX, op. cit., pag. 73-75.29) CARD. GIORGIO GRENTE, op. cit., pag. 38-40.30) CARD. GIORGIO GRENTE, op. cit., pag. 41-42.31) BIHLMEYER-TUECHLE, op. cit., pagg. 314 -325.

“L’ERESIA AI VERTICIDELLA CHIESA” (M. Fir-po)… nel XVI secolo; l'incredi-bile storia del cardinal Morone.

di don Francesco Ricossa.

Un Papa luterano... La Chiesa cattolica inmano agli eretici... Un complotto di car-

dinali ecumenisti, appoggiati dal poteremondano e da “lobbies” di intellettuali perconquistare i vertici della Chiesa e riformar-la dal di dentro. Un Concilio ecumenico perottenere la storica conciliazione tra la Chiesae Martin Lutero... Eppure non stiamo par-lando di Giovanni Paolo II, della sua visitaal tempio luterano di Roma o del suo “pelle-grinaggio” (disse proprio così) in Germania“sulle tracce di Lutero”. La nostra storia èvecchia di più di quattro secoli, eppure sem-pre attuale. “Historia magistra vitae”: la sto-ria - dice il proverbio - è maestra di vita. In-fatti, “che è ciò che è stato? Quello stessoche sarà. Che è ciò che è accaduto? quellostesso che accadrà. Non c’è nulla di nuovosotto il sole, nè alcuno può dire: Guarda,questa cosa è nuova! Poichè essa esisteva giànei tempi andati, prima di noi” (EcclesiasteI, 9-10). Poiché, attraverso i secoli, la naturaumana è sempre la medesima, gli uominitendono a ripetere, sostanzialmente, le espe-rienze del passato. Lo studio della storia liaiuterebbe pertanto a non commettere i me-desimi errori che, in simili circostanze, com-misero gli antenati o, perlomeno, a non stu-pirsi di nulla. Purtroppo la storia è sì mae-stra di vita, ma maestra inascoltata. Eppureessa riserva molti insegnamenti anche per lanostra epoca. Un episodio poco e mal cono-sciuto del XVI secolo, quindi ai tempi delConcilio di Trento, ci aiuterà, per esempio, ameglio comprendere, pur con le inevitabili edoverose distinzioni, la situazione dellaChiesa nel XX secolo, ai tempi del ConcilioVaticano II.

33

Page 34: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

La Bolla di Paolo IV.

La situazione di crisi, dottrinale e discipli-nare, che si è venuta a creare nella Chiesadopo il Concilio ha rimesso in auge, almenotra i fedeli cosiddetti “tradizionalisti”, gli stu-di su di un argomento un tempo dedicato aglispecialisti, quale l’ipotesi teologica di un “Pa-pa eretico”: basti pensare al libro consacratoall’argomento da Arnaldo Vidigal Xavier daSilveira (“La Nouvelle Messe de Paul VI:qu’en penser?” Diffusion de la penséefrançaise. Vouillé. 1975; la seconda parte dellibro tratta, per l’appunto, della questione),particolarmente importante poichè volutodall’allora Vescovo residenziale di Campos,in Brasile, Mons. Antonio de Castro Mayer.

Nell’ambito di questi studi, fu riscopertala Bolla del Papa Paolo IV (che regnò dal1553 al 1559), “Cum ex apostolatus” del 15febbraio 1559, l’ultimo anno di vita del Papa(il dettaglio non è senza importanza). Il testooriginale latino si trova nel Bullarium Roma-num (ad esempio nella “Taurinensis editio”del 1860, vol. VI, pagg. 551-556) oppurenell’opera del card. Gasparri Codicis JurisCanonici Fontes (vol. I, pagg. 163-166). Al-meno a partire dal 1976, quando se ne oc-cupò la rivista francese Forts dans la Foi, simoltiplicarono la traduzioni, più o menoesatte, della Bolla di Papa Carafa. Lo abbia-mo fatto anche noi di “Sodalitium” (limitata-mente ai primi sei paragrafi e con una intro-duzione alla quale rimando) nel numero 14della rivista (settembre 1987, pagg. 9-13). Ilmotivo di tanto interesse risiede nel fatto chePaolo IV, nel paragrafo VI di questa Bolla,dichiara nulla l’elezione a Romano Ponteficedi un soggetto che fosse caduto in eresia pri-ma dell’elezione e ciò anche nel caso in cuil’elezione sia avvenuta con l’unanime con-senso dei cardinali e seguita dall’incoronazio-ne di detto “papa”, e anche se egli ottenesseda tutti, per un qualsiasi periodo di tempo,l’obbedienza dovuta al Romano Pontefice (1)Tuttavia, a quanto ne so, nessuna di questeedizioni della Bolla del 1559, anche quelleche pretendono darne una accurata presenta-zione, accennano al contesto storico nel qua-le il documento pontificio si colloca, contestoche spiega le parole di Paolo IV e le misurestraordinarie che egli prese in quella occasio-ne (2). Paolo IV, infatti, nel pubblicare la suaBolla contro la possibile elezione pontificiadi un eretico, non evocava un caso puramen-te ipotetico. Egli aveva 83 anni, sapeva di do-

ver presto morire, e teneva incarcerato in Ca-stel Sant’Angelo, accusato di eresia, un cardi-nale di Santa Romana Chiesa, il card. Gio-vanni Morone. Presto, lo sapeva, vi sarebbestato il conclave per eleggere il nuovo Papa eMorone, liberato, poteva essere facilmenteeletto. Bisognava correre ai ripari... Da quinacque la Bolla del 15 febbraio. Morì il 18agosto dello stesso anno. Morone fu liberato.Ma, grazie alla Bolla, non fu eletto Papa.Grazie a Paolo IV fu risparmiata alla Chiesadi quel tempo l’occupazione della Sede apo-stolica da parte di un eretico.

Per illustrare questo episodio storico, miservirò dei lavori al riguardo di Massimo Fir-po, docente all’Università di Torino e, senzadubbio, massimo studioso (mi si perdoni ilgioco di parole) del card. Morone. Dobbiamoa lui, assieme a Dario Marcatto, l’edizione cri-tica degli atti del processo a cui fu sottopostoil cardinale milanese (M. FIRPO, D. MARCAT-TO. Il processo inquisitoriale del cardinal Gio-vanni Morone. Edizione critica. vol. 5, Roma,Istituto storico italiano per l’età moderna econtemporanea, 1981-1989) nonchè numerosialtri scritti sull’argomento (Tra alumbrados espirituali. Studi su Juan de Valdés e il valdesia-nesimo nella crisi religiosa del ‘500 italiano, Fi-renze 1990. Inquisizione romana e Contro-riforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone eil suo processo di eresia, Il Mulino. Bologna,1992. Riforma protestante ed eresie nell’Italiadel Cinquecento, Laterza, Roma-Bari, 1993).Pur non condividendo, pertanto, tutte le sueinterpretazioni, ne seguiremo gli studi docu-mentati per illustrare quella che fu una gravis-sima crisi interna alla Chiesa Cattolica in lottacontro l’eresia protestante.

La crisi luterana ed il sonno dei Pastori.

Con la morte di Bonifacio VIII, oltraggia-to ad Anagni nel 1303, finì l’epoca dell’apogeodel papato romano, ed iniziò un lungo periododi tribolazione. La cattività avignonese prima(1309-1378), il grande scisma d’occidente poi(1378-1417, con strascichi fino al 1449), inde-bolirono il prestigio e la forza del papato. Ladecadenza della filosofia scolastica minata dalnominalismo, la secolarizzazione incipientedegli stati, la cultura umanista del cosiddetto“rinascimento”, prepararono la catastrofe. IPapi stessi si fecero umanisti: “Intanto che gliuomini dormivano, venne il (...) nemico e se-minò della zizzania in mezzo al frumento e sene andò” (Mt. XIII, 25). Gli umanisti frequen-

34

Page 35: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

tavano la corte papale come, nel XVIII secolo,gli illuministi frequenteranno quelle dei Re.Erasmo da Rotterdam fu, nel XVI secolo,quello che Voltaire fu due secoli dopo. Fran-cesco I e Carlo V insanguinavano i campi dibattaglia europei. E nacque Lutero.

Solidissima dogmaticamente, la reazionedei Pontefici medicei all’eresia luterana fu,però, praticamente inefficace. Troppo legati,ancora, al clima umanistico e rinascimentale, ipontefici di casa Medici. Vi fu “un ritardo sto-rico” da parte della curia papale, nel reagirealla sfida luterana. “Fu la terribile esperienzadel sacco di Roma, nella primavera del 1527,all’indomani delle atroci violenze, delle terribi-li crudeltà, delle empie profanazioni perpetra-te dai lanzi tedeschi, a imporre una svolta poli-tica e religiosa” (3). La soldataglia luterana alsoldo di Carlo V, violando in Roma “quanto dipiù sacro aveva trovato nella città simbolo del-la cristianità occidentale - chiese, altari, ostieconsacrate, paramenti, oggetti di culto, cardi-nali, vescovi, preti, monache” (4) portò nellacorte romana ad un “radicale mutamento delclima spirituale” (3). La riforma non dellaChiesa e del dogma (“sacra per homines”) co-me volevano i luterani, ma dei costumi degliuomini di Chiesa (“homines per sacra”) erainevitabile, e ciò “in capite et in membris”: nonsolo nei fedeli ma anche nella persona dellostesso Capo visibile della Chiesa, il Papa.

Data per scontata ed improrogabile unavera riforma, il problema consisteva nella di-rezione che essa avrebbe dovuto prendere.

Vera e falsa riforma nella Chiesa

Morto Clemente VII nel 1534, il suo suc-cessore Paolo III volle concretizzare questaesigenza istituendo, nel 1537, una commissio-

ne per la riforma denominata Consilium deemendanda Ecclesia, Consiglio per la riformadella Chiesa. Tra i firmatari di questo impor-tante documento troviamo i nomi dei prota-gonisti della vicenda che stò per narrare: an-cora uniti nello zelo per la riforma, ma già in-clini, e lo saranno sempre di più, a soluzionidiametralmente opposte. Già si constata, in-somma, “il progressivo delinearsi di due di-versi orientamenti, dapprima paralleli e soli-dali e poi via via divergenti, l’uno mirante aduna riforma della Chiesa finalizzata soprattut-to a una più efficace lotta contro l’eresia, l’al-tra disponibile invece a trarre spunto dai con-flitti e dalle fratture religiose in atto per (un)confronto aperto e irenicamente flessibilecon le dottrine della Riforma” (5).

Il primo gruppo è rappresentato emble-maticamente da Gian Pietro Carafa, fonda-tore con San Gaetano da Thiene del nuovoordine religioso dei Teatini, cardinale dal1536 ed eletto Papa nel conclave del 1555 colnome di Paolo IV. Il secondo, “fortementecaratterizzato da una impronta veneta, ma-turato tra le aule dell’università patavina e icircoli umanistici raccolti intorno a un lette-rato di prestigio quale Pietro Bembo (cardi-nale dal ‘39) e a un personaggio di grandestatura e autorevolezza quale Gasparo Con-tarini” (6) il quale, del Consilium di riformadella Chiesa fu il presidente.

Vera riforma fu quella preconizzata dalCarafa. Una riforma - passata alla storia co-me controriforma cattolica in opposizione al-la falsa riforma luterana - che alleava santitàdi vita, intransigenza di dottrina e severa re-pressione delle eresie. Di questa riforma ilmodello e patrono può certo dirsi il Papa SanPio V, che dal Papa Carafa fu elevato alla di-gnità di cardinale grande inquisitore e dellapolitica del Papa Carafa fu il continuatoresulla Sede di San Pietro. L’idea di Gian PietroCarafa era condensata in una affermazioneche può scandalizzare le anime sensibili, im-belli, di poca fede, ma che è di una evidenzapalmare. “Li heretici se voleno trattare da he-retici”, scriveva il Carafa, allora Vescovo diChieti, nel suo memoriale diretto al papa Cle-mente VII “De lutheranorum haeresi repri-menda et Ecclesia reformanda” (ottobre1532) (7). Gli eretici devono essere trattati daeretici! La cosa sembra evidente a chiunqueconservi un po’ di fede e di buon senso.“Qualora mio figlio stesso fosse eretico, rac-coglierei io stesso la legna per farlo bruciare”avrebbe affermato Papa Carafa. “Spaventose

35

Gian Pietro Carafa, papa Paolo IV

Page 36: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

parole”, commenta lo storico della Chiesa,Lortz (8). Senza dubbio. Ma ancora più spa-ventosa l’eresia, che conduce le anime “alfuoco eterno” (Mt. XXV, 41) poichè “chi noncrede è già condannato” (cf. Gv. III, 18). Daammirarare piuttosto, nel Papa, pur così affe-zionato alla sua famiglia, la carità insegnatada Cristo: “Chi ama il padre o la madre più dime, non è degno di me; e chi ama il figlio o lafiglia più di me, non è degno di me” (Mt. X,37). Tutti gli storici, e ultimamente il Firpo edil Canosa, autore della Storia dell’inquisizio-ne in Italia (9), affermano che l’espandersidell’eresia luterana in Italia fu bloccato (an-che) dall’istituzione da parte di Paolo III, conla bolla Licet ab initio del 1542, dell’inquisi-zione romana, fortemente voluta appunto dalcard. Carafa e da Sant’Ignazio (10). E parados-salmente, fu proprio il cardinal Morone, in-carcerato per eresia da Paolo IV come vedre-mo, a rendere involontariamente la migliorlode alla politica del suo “avversario”, nellaapologia scritta per discolparsi. Se ho affer-mato opinioni eretiche, scrive in sostanza ilcardinale inquisito, fu senza malizia, a causadella confusione che regnava prima dell’isti-tuzione dell’inquisizione nel 1542: “Molti an-ni fa le cose della religione in Italia andavanocon poca regola - scriverà nel giugno del1557, nella cosiddetta Apologia redatta all’in-domani del suo arresto in Castel Sant’Angelo- perchè non era istituito l’offitio della SantaInquisitione o non era ancora ben fondato egagliardo. Et però in ogni cantone si parlavadelli dogma ecclesiastichi et ogn’uno facevadel theologo, et si componevano libri passimet si vendevano senza consideratione per tuttili luochi. Et molti luoghi erano senza inquisi-tori et molti inquisitori erano di poca portata,talmente che era quasi licito o tollerato aogn’uno fare o dire quanto li pareva” (11).

Falsa riforma della Chiesa, invece, quellapreconizzata dal Contarini e dal suo gruppo diletterati, vescovi e cardinali. Dalla loro posizio-ne ecumenista verso i luterani emersero, difat-ti, e fatalmente, “orientamenti dottrinali sem-pre più difficilmente compatibili con l’ortodos-sia ufficiale” (12), ovvero con la fede cattolica.

Dall’umanesimo all’ecumenismo

Qual sono le origini intellettuali del mo-vimento di “falsa riforma” della Chiesa dicui ci stiamo interessando e che gli storicimoderni chiamano “evangelismo”? “Le ra-dici dell’evangelismo - scrive Eva Maria

Jung sull’Enciclopedia Cattolica - affondava-no da una parte nella devotio moderna e inErasmo, dall’altra nel neo-platonismo del Fi-cino, nella mistica della Croce del Savonaro-la, nell’etica della Compagnia del DivinoAmore, e persino nella mistica spagnola ete-rodossa degli Alumbrados” (13). Con Ficinoed Erasmo, siamo in pieno umanesimo.

Erasmo da Rotterdam (1469-1536) è cer-tamente un personaggio che merita, ai nostrigiorni, una particolare attenzione; non solocome uno dei padri dell’evangelismo ma, piùin generale, come un modello archetipo delmodernismo e soprattutto del neomoderni-smo: di un’eresia, cioè, che non vuole usciredalla Chiesa ma mutarla dal di dentro (14).Anche lui, come Lutero, monaco senza voca-zione, uscì dal convento come il focoso sasso-ne ma... col permesso del Papa. Le opere diErasmo, sotto il velo della satira, mirano a di-struggere la teologia scolastica, tacciata diignoranza e barbarismo, la devozione cattoli-ca, accusata di superstizione e formalismo, lestesse istituzioni ecclesiastiche, ridicolizzatedai suoi strali. I Padri della Chiesa erano arti-ficiosamente opposti alla scolastica, la Scrit-tura andava liberata dalle interpretazioni deiteologi... Quando Lutero si ribellò, ci si ac-corse che “la sua opera aveva indubbiamentecontribuito a creare l’atmosfera propizia alsorgere e prosperare del moto protestante”(15). Spaventato dalle conseguenze del movi-mento luterano, dalle sue violenze, dai suoiestremismi, dalla negazione del libero arbi-trio, Erasmo rifiutò di schierarsi, cercò diconciliare gli inconciliabili. Ancora nel 1553,nel suo De sarcienda Ecclesiae concordia,Erasmo biasimava “il radicalismo degli inno-vatori da una parte e lo zelo eccessivo deiteologi che in tutto vedevano eresia dall’al-tra” e “faceva vedere che la scissione era an-cora sanabile con un po’ di buona volontà:ma s’ingannava. (...) Se ci fu un momento incui tutta l’Europa parve erasmista, si chè an-cora nel 1527 Carlo V salutava Erasmo comeastro della cristianità e lo poneva al di sopradi papi, imperatori e prìncipi (...) i campionidella controriforma lo giudicarono molto se-veramente; nel 1557 l’Inquisizione ne con-dannava al fuoco le opere nel 1559 e nel 1590Paolo IV e Sisto V ne proibivano puramentee semplicemente la lettura” (16).

Nell’itinerario intellettuale di Erasmo viè il percorso riassunto nel titoletto: “dal-l’umanesimo all’ecumenismo”. L’Erasmoumanista prepara il protestantesimo ridico-

36

Page 37: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

lizzando il cattolicesimo e poi, ecumenica-mente, come si direbbe oggi, tenta la conci-liazione e l’accordo tra fede ed eresia in no-me della tolleranza.

Ora, prendiamo i nomi di molti protago-nisti dell’evangelismo, e ci accorgeremo cheerano, inizialmente, umanisti ed erasmiani,come scrive anche il Firpo: la loro “radice co-mune” si può sinteticamente definire “umani-stica ed erasmiana, animata da un’ispirazioneirenica, dall’impegno riformatore nella lottacontro abusi e superstizioni, dalla polemicaantiscolastica, dalla volontà di recuperare uncristianesimo ristabilito nella sua purezza ori-ginaria e, soprattutto, dalla difesa a oltranzadell’unità della Chiesa: De amabili ecclesiaeconcordia, come aveva scritto Erasmo nel ‘33,cui pochi anni dopo aveva fatto eco il Polecon il De unitate Ecclesiae” (17). “Espressionedel loro spirito è il Consilium de emendandaEcclesia (1537)” (18), di cui abbiamo già parla-to, benchè non tutti i collaboratori fosserodella tendenza del card. Contarini, che delConsilium era il presidente. Leggiamo i nomidei firmatari: se si escludono Carafa edAleandro, gli altri “erano tutti legatissimi alContarini e allora o poco dopo insigniti delcappello rosso”: “Iacopo Sadoleto, compagnoe amico del Bembo nella segreteria di LeoneX, Reginaldo Pole, cugino del re d’Inghilterradi cui aveva condannato lo scisma, in fama digrande cultura e pietà, il benedettino Grego-rio Cortese, il domenicano Tommaso Badia, ilpatrizio genovese Federico Fregoso (...). Non-ché il vescovo di Verona Gian Matteo Giber-ti” (19) Soffermiamoci un momento su questinomi: sono persone prestigiose, cardinali, ve-scovi intellettuali. Sono anche persone pie edevote: Mons. Giberti viene persino conside-rato “un vero e proprio archetipo del vescovoesemplare post-tridentino” (18). Eppure, aguardar da vicino, di questi “santi” riformato-ri si può ben dire che passarono “dall’umane-simo all’ecumenismo” e dall’ecumenismo (oirenismo) all’eresia o al sospetto di eresia.Com’è inevitabile.

Le origini culturali di questi uomini van-no ricercate nella Repubblica veneta, gelosacustode “delle prerogative giurisdizionali del-lo Stato e spesso in conflitto con Roma” echiamata giustamente da Firpo, che riprendeun’espressione di un esponente dell’evangeli-smo, il frate apostata Ochino, “porta dellaRiforma” in Italia (20). “Nel marzo del ‘28 lostesso Lutero aveva comunicato al governodella Serenissima il suo compiacimento per

l’accoglienza accordata all’autentica parola diDio” (20). “Spesso legati al circolo umanisticoche si raccoglieva intorno al Bembo nella suadimora di Treville, letterati e professori (...) estudenti come Marcantonio Flaminio, Aonio?Paleario, Cosimo Gheri, Alvise Priuli, Regi-nald Pole (il futuro cardinal d’Inghilterra) ve-nivano maturando i loro orientamenti irenicinello studio dei testi biblici e patristici e degliscritti di Erasmo...” (21). Si tengano a mentequesti nomi: Paleario, eretico, finirà sul rogoper ordine di san Pio V nel 1570; Pole, cardi-nale, per un soffio non sarà eletto papa, macon Flaminio e Priuli, suo segretario, aderì,come vedremo, all’eresia valdesiana. Non fu-rono pochi, d’altra parte, i vescovi del domi-nio veneto processati per eresia. Basti citare ilpatriarca d’Aquileia Giovanni Grimani, il suc-cessore del Bembo quale vescovo di BergamoVittore Soranzo, già cameriere segreto di Cle-mente VII, il vescovo di Limassol (Cipro) An-drea Zantani, degradato e processato nel1559, poi fuggitivo a Chiavenna tra i prote-stanti, ed il vescovo di Capodistria, Pier PaoloVergerio. Questi, vedovo di una Contarini,entrò nella Curia papale, fu Nunzio in Austriasotto Clemente VII ed in Germania sottoPaolo III e Vescovo nel 1536; ma caduto in so-spetto di eresia gettò la maschera e se ne fuggìtra i protestanti nel 1549, dei quali divenne uncaporione e tra i quali morì nel 1565.

Di questo Veneto esposto all’influenza lute-rana, il personaggio senza dubbio più interes-sante è il cardinal Contarini (1483-1542). Espo-nente di una nobile famiglia veneziana, dopo glistudi all’università di Padova iniziò la sua car-riera al servizio della Repubblica veneta. Cometradizione, questi uomini di governo fornivanopoi alla Chiesa veneta i propri prelati; semplicelaico, fu chiamato da Paolo III alla porpora car-dinalizia nel 1535, ed all’episcopato nel 1536. Sescorriamo il suo cursus honorum non v’è nullache non vada a suo onore: collaboratore del Pa-pa nella riforma della Chiesa, legato pontificioa Bologna, morì in procinto di partire, come le-gato, in Spagna. Eppure... Eppure anche sullasua ortodossia non mancarono i dubbi (22). Esul suo irenismo (oggi si direbbe pacifismo oecumenismo) coi protestanti vi son solo certez-ze. Che si sia sospettato della purezza della suafede non stupisce più di tanto, poichè egli scris-se al suo amico, cardinal Pole, a proposito delladottrina luterana della giustificazione: “Il fun-damento dello aedificio de luterani è verissimo,né per alcun modo dovemo dirli contra, ma ac-cettarlo come vero et catholico, immo come

37

Page 38: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

fundamento della religione christiana”(23). Fuquesta, sostanzialmente, la tesi che Contarinisostenne alla dieta imperiale di Ratisbona con-vocata da Carlo V nel 1541. La tesi della doppiagiustificazione proposta in quell’occasione dalContarini ai protestanti come sua opinionepersonale era una mezza via tra la fede cattolicae la dottrina di Lutero, ma tra le due propende-va per l’ultima, giacché, in ultima analisi, la giu-stificazione era estrinseca all’uomo, mediante lasola fede, donata ad imputata per i meriti diCristo. Naturalmente, stando così le cose,“sull’argomento parve che fosse possibile unaccordo” (24) coi protestanti, i quali, nella dottri-na del Contarini, riconobbero la loro! Ma carat-teristica del Contarini e dei suoi seguaci era dinon voler trarre dal “fondamento” luterano leconclusioni che trasse il monaco apostata: l’ab-bandono della Chiesa e del Papato, della Messae dei sacramenti. Così, l’ecumenismo del cardi-nal Contarini fu, come tutti gli ecumenismi suc-cessivi, un fiasco solenne, ed egli ottenne solo ilrisultato di essere accusato di dissimulare lapropria adesione al protestantesimo sia dai lu-terani che dai cattolici (il S. Offizio aprì occulta-mente un processo su di lui) (25). Richiamato inItalia, Contarini fu recidivo, rispondendo positi-vamente all’invito del cardinal Morone per dia-logare coi protestanti di Modena, ai quali pro-pose di nuovo le sue mezze misure, ottenendo ilmedesimo risultato che in Germania. D’altraparte, pur arrivando al punto di perdere la pa-zienza con questi subdoli eretici modenesi (26)egli non mancava di connivenze con loro, sepresso di lui (allora legato papale a Bologna) siera “trasferito Filippo Valentini, uno dei capi ri-conosciuti degli eterodossi modenesi, marito diuna nipote del (cardinal) Sadoleto e già in pas-sato familiare del Contarini, che lo aveva nomi-nato suo auditore in civile, augurandosi tra l’al-tro di poter fare per mezo suo non mediocrefrutto alle cose di Modena, come già il primoaprile aveva scritto a Tommaso Badia” (27).Quando, infine, Contarini morì, stava ritornan-do in auge, dopo la “disgrazia” nella quale eraincorso per il suo comportamento alla dieta diRatisbona. Voleva portar con sè in Spagna tantisuoi amici che vivevano presso il cardinal Pole,tra i quali Soranzo e Carnesecchi (28). Entrambifiniranno condannati come eretici...

Il partito imperiale

Ma il gruppo di cardinali e di altri prelatiche propendevano per il protestantesimo purvolendo restare all’interno della Chiesa non

era composto solo da umanisti ed erasmiani.Vi erano anche influenze politiche che, alloracome oggi, spingevano a questo partito. Allavigilia della rivolta luterana, due prìncipi, ca-vallereschi, valorosi, cattolici e rinascimentali,si disputavano a mano armata il predominioin Europa: Francesco I e Carlo V. Oggi sa-remmo ben lieti di averli alla guida dei nostripaesi. Purtroppo, essi non furono all’altezzadel compito al quale la loro posizione li chia-mava. Entrambi condannarono il protestante-simo. Entrambi, però, lo favorirono. France-sco I, Re di Francia, continuava la lotta dellamonarchia nazionale contro l’idea imperiale.Per spezzare l’egemonia asburgica non esitòad allearsi coi Turchi e coi prìncipi tedeschiprotestanti, ribelli al loro imperatore. La con-seguenza di questa politica furono le terribiliguerre di religione che, sotto i suoi successori,insanguinarono la Francia e nelle quali, senzai miracoli di fede di tanti francesi, sarebbecrollata nel paese non solo la monarchia maanche la religione cattolica. Carlo V, pure lui,come abbiamo visto, affascinato da Erasmo(che era un suo suddito) aveva come obbietti-vo di far cessare la lotta interna alla Germa-nia che minava il suo potere, trovando un ac-cordo tra cattolici e protestanti. Da qui lecontinue sue concessioni pratiche all’eresia: ilsalvacondotto a Lutero (già scomunicato) allaDieta di Worms (1521), cui seguono continui

38

Papa Clemente VII e l'Imperatore Carlo V

Page 39: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

temporeggiamenti e concessioni alle Diete diSpira (1526,1528) e di Augusta (1530), in cuisi concede il matrimonio ai sacerdoti e la co-munione sotto le due specie; la pace di reli-gione di Norimberga, che rinvia ogni soluzio-ne fino al Concilio ecumenico (1532) iniziatoper volere di Carlo V a Trento nel 1545; i“colloqui di religione” tra cattolici (Morone eContarini) e protestanti, ad Hagenau (1540) eRatisbona (1542), ed infine la Dieta di Augu-sta che suggella, nel 1555, la legalità dei pro-testanti in Germania (il trattato di Westfalianel 1648 concluderà a livello internazionalequesta tragica decisione). Certo, Carlo V hala scusante delle continue guerre che dovetteaffrontare: con la Francia, l’Impero Ottoma-no, i prìncipi tedeschi ribelli, ma la sua re-sponsabilità resta grave e ben fece, anche suconsiglio del cugino, san Francesco Borgia, aritirarsi in monastero (1556) per, almeno, cer-care di ben morire (1558). Questa politica fucontinuata anche dal fratello e successore allacorona imperiale, Ferdinando, e persino, inun primo tempo, dal figlio Filippo II, Re diSpagna e campione del cattolicesimo (28 bis).Ora, nel sacro collegio dei cardinali, eranomolti i porporati legati per vari motivi alla di-nastia degli Asburgo. Essi formavano il cosid-detto “partito imperiale”, che sosteneva gliinteressi asburgici presso la Chiesa. Normaleche questi cardinali condividessero la preoc-cupazione principale del loro referente politi-co (e, il più delle volte, loro sovrano tempora-le) e cercassero in tutti i modi di promuovereuna politica accomodante e conciliatrice coiprotestanti per rimarginare la ferita religiosae politica che Lutero aveva aperto in Germa-nia. Lo stesso cardinal Contarini era di questogruppo (da secolare fu ambasciatore venezia-no presso Carlo V) come pure il cardinale Er-cole Gonzaga o il Vescovo di Trento, cardina-le Cristoforo Madruzzo. Ma il principaleesponente di questo partito fu senza dubbio ilcardinale Giovanni Morone (nato a Milanonel 1509 e morto nel 1580). Se si tiene contosolo delle cariche che egli ricoprì nella Chie-sa, non ci si stupirà del giudizio che di lui dàMons. Paschini, allora prestigioso RettoreMagnifico della Pontificia Università Latera-nense, sull’Enciclopedia Cattolica: “uno deipiù puri e chiaroveggenti uomini di Chiesadell’età sua” (29). In effetti si resta impressio-nati nel saperlo vescovo di Modena a vent’an-ni (1529), poi vescovo di Novara (1552-60) enuovamente di Modena (1564-1571), nunzioin Germania dal 1536 (succedette al Vergerio,

futuro apostata) al 1542, quando divenne car-dinale e legato pontificio (col Pole) al conciliodi Trento, legato a Bologna (1544-48), mem-bro dell’Inquisizione (dal 1550), legato pressoFerdinando d’Asburgo (1555), vescovo su-burbicario di Albano (1560) e nuovamentelegato al Concilio di Trento che portò a feliceconclusione nel 1563, nuovamente legato inGermania nel 1576, per poi morire come ve-scovo di Ostia e decano del Sacro Collegio.Se si aggiunge che fu candidato al papato, conserie possibilità di elezione, nei conclavi del1555, 1559 e 1566 (quando lo sosteneva nien-temeno che san Carlo Borromeo), c’è vera-mente da chiedersi con che coraggio e facciatosta si possa accusare un sì illustre prelato dieresia. Eppure, a lui pensava Papa Paolo IVquando scrisse la bolla Cum ex apostolatus(1559) sull’invalidità dell’elezione al sommopontificato di un eretico. Eppure fu lui ad es-sere prima occultamente inquisito e poi uffi-cialmente processato (1555) ed incarcerato(1557-1559) su ordine dello stesso Paolo IV.Eppure, due Papi, Paolo IV e san Pio V, era-no convinti che il cardinal Morone (come Po-le e Bertano) fosse un pericolosissimo eretico.Eppure, lo stesso Mons. Paschini, che esalta ilnostro puro e chiaroveggente uomo di Chiesa,deve ammettere “la particolare amicizia chelo legò con il cardinal Pole e con quel circolospirituale che si radunava intorno a lui primaa Capranica poi a Viterbo (1541-1545), dovecon Vittoria Colonna, Marco Antonio Flami-nio, Alvise Priuli, convenivano talvolta PietroCarnesecchi, Donato Rullo, Vittore Soranzo,Apollonio Merenda [cappellano del Pole, chenon era allora sacerdote. n.d.a.] ed altri nonbene sicuri nella fede (eufemismo del Pio Pa-schini: Carnesecchi non finì forse sul rogo?n.d.a.). (...) Come costoro il Morone inclinavaallora verso il principio luterano della giustifi-cazione per la sola fede, grazie ai meriti delSalvatore, senza però intaccare il mistero del-la presenza reale (e allora? Chi perde la fedesu di una sola verità l’ha persa totalmente,n.d.a.); ammetteva il dovere delle buone ope-re e l’autorità della Chiesa (che voleva infil-trare dal di dentro, n.d.a.). Ebbe il torto, co-me molti cattolici, di contribuire alla diffusio-ne del trattatello eretico del Beneficio di Cri-sto (1541-43), poi condannato” (30). Vi sembrapoco? Vi sembra che possa essere definito“uno dei più puri e chiaroveggenti uomini diChiesa dell’età sua”? In verità, ed in questoFirpo ha ragione, gli storici ecclesiastici eranocondizionati da mire che egli definisce “apo-

39

Page 40: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

logetiche” ma che io chiamerei falsamenteapologetiche. Essi pensavano di dover descri-vere al lettore degli uomini di Chiesa graniti-camente compatti ed unanimi, di fronte aglieretici. In tal modo, personaggi appartenutiallo stesso gruppo e corrente di pensiero ve-nivano presentati in maniera opposta, a se-conda della loro avvenuta rottura ufficialecon la Chiesa: purissimi i vari Morone, Pole,Contarini, infami Ochino, Vergerio o Carne-secchi... Si rese così un cattivo servizio alla ve-rità ed anche alla Chiesa, poiché tanto piùl’errore è subdolo ed è salito ai verticidell’istituzione, e tanto più esso è grave.

In realtà, Morone fu, inizialmente, un uo-mo politico prestato alla Chiesa, un diplomati-co digiuno di teologia e diritto canonico, comeegli stesso ammetteva (31). In un certo senso,fu anche sfortunato. Il Papa aveva promessoal padre del Morone, potente cancelliere delduca di Milano, il vescovado di Modena per ilgiovane figliolo. Una prassi deprecabile, macorrente in quel periodo tardo-rinascimentale.Venne la rivoluzione luterana a mettere tuttoa soqquadro e, colmo della sventura, Modenadivenne, come Venezia, il centro di diffusionedella nuova eresia. I personaggi più importan-ti della città, riuniti nella locale Accademia,diedero segni di adesione al luteranesimo ap-pena dissimulati. Tutto si prestava alla diffu-sione dell’eresia a Modena. La città si trovavanel ducato di Ferrara, la cui duchessa, Renatadi Francia, figlia del Re Luigi XII, dissimulavaa malapena il suo protestantesimo e nascosepersino nella città l’eresiarca Calvino. Di Mo-dena, poi, erano i cardinali Badia, Cortese eSadoleto, tutti più o meno della cerchia diContarini e legati da amicizia o parentela cogliAccademici. Per di più il Morone era spessofuori diocesi, occupato dalle cose di Germa-nia. Proprio in Germania, a contatto coi pro-testanti e... col cardinal Contarini, vi fuun’evoluzione significativa in Morone. “Il Mo-rone che nel ‘40 auspicava l’invio a Modena diinquisitori, vi faceva ritorno due anni più tardiconvinto che il mezzo migliore per l’estirpatio-ne dell’heresie, per confrontarsi con quelle ani-me smarrite (...) fosse quello di agire con beni-gnità et confidenza”. Insomma, gli eretici nonerano da trattare da eretici ma, lo scriveva giànel 1537 al Sadoleto, “esser molto meglio pro-ceder con questi moderni heretici con mansue-tudine che volerli irritare con ingiurie, et se daprincipio si fosse proceduto a questo modo,forsi sarebbe minore fatica al presente a l’unio-ne de la Chiesa.

Anche in futuro il giovane nunzio conti-nuerà a ritenere che li mezzi atti a redur luthera-ni fossero essenzialmente una sollecita convoca-zione del Concilio, la concessione della comu-nione sub utraque (la comunione sotto le duespecie, n.d.a.) e del matrimonio dei preti, lareformatione di Roma et de la corte et de tutti livescovati in Italia” (32). Tutte cose che avrebberofatto piacere al suo referente politico, Carlo V,che non chiedeva altro che un modus vivendi coiprotestanti! Ma l’irenismo moroniano passò benpresto dal suo aspetto politico a quello religioso:egli, poco a poco, assorbì le idee stesse dei lute-rani per cui se ne tornò dalla Germania, comedisse un predicatore domenicano nel 1541, “fuo-ra della via (...) infarinato de queste cose luthe-rane” (32). “Fu in questo periodo, infatti, chel’irenismo politico del giovane nunzio sembròarricchirsi e complicarsi con una dimensionepropriamente religiosa che, soprattutto a partiredal 1542 in avanti (proprio a partire dalle vicen-de modenesi dell’estate), ne avrebbero segnatoin profondità l’esperienza degli anni futuri, nelcorso dei quali egli sarebbe divenuto uno deileaders più prestigiosi degli spirituali. (...) È pro-babile, comunque, che una svolta importantefosse segnata dalla dieta di Ratisbona, cui eglipartecipò in qualità di nunzio presso il re deiRomani, non solo per le discussioni dottrinaliche vi si svolsero o per le illusioni che vi si bru-ciarono, ma soprattutto per l’incontro con Ga-sparo Contarini, per il legame che subito si strin-se tra i due uomini, pur rappresentanti di duegenerazioni diverse. È in questo incontro chetrova il suo presupposto ideale il ruolo essenzia-le che di lì a poco il cardinale veneziano avrebbeassunto nelle cose modenesi, su esplicita richie-sta del Morone, e soprattutto il coinvolgimentodi quest’ultimo in una sensibilità religiosa nuovae più complessa, che lo avrebbe portato ad af-frontare anche sul piano teologico i grandi pro-blemi della Riforma, a viverli in prima personae a cercarne sbocchi possibili all’interno dell’isti-tuzione ecclesiastica” (33). Dal partito imperialeall’ecumenismo, dunque, e dall’ecumenismoall’eresia... all’interno dell’istituzione ecclesiasti-ca; questo sarà il percorso del Morone. Ora, il“profeta” dell’eresia all’interno dell’istituzioneecclesiastica, il capo indiscusso degli spirituali, ilmistico degli evangelisti italiani dei quali viene afar parte Morone, è lo spagnolo Juan de Valdés.

Valdés ed i valdesiani

Veniva dalla Castiglia, Juan de Valdés, alseguito di Carlo V, di cui il fratello Alfonso

40

Page 41: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

era segretario imperiale. Arrivato a Roma,non ebbe difficoltà a divenire camerarius diClemente VII (1530) pur essendo già statoprocessato in Spagna per un suo libro sospet-to. Da Roma, si stabilì a Napoli, ove morì nel1541. Quali le sue origini dottrinali? “Da unlato l’influsso di Erasmo da Rotterdam edall’altro quello degli alumbrados” (34). DiErasmo abbiamo già detto; Valdés lo stimava,ma gli serviva anche da paravento sotto cuinascondere una “fitta trama di citazioni lute-rane” (35). E gli “alumbrados”? Egli ne avevaassorbito la falsa mistica “dal magistero di Pe-dro Ruiz de Alcaraz” (35), frequentato nel pa-lazzo del marchese di Villena a Escalona. Nondalla interpretazione personale della Scrittu-ra, come i protestanti, ma da una illuminazio-ne (da cui il nome di alumbrados, illuminati)dello Spirito Santo, questi falsi mistici preten-devano ricavare i fondamenti della loro dot-trina. Essa insegnava che già in terra l’uomopuò arrivare alla visione dell’essenza stessa diDio che, una volta raggiunta, “non si può piùperdere e rende vani tutti i mezzi esterni disantificazione, come la preghiera vocale, l’usodei sacramenti, la pratica della carità verso ilprossimo, qualunque sacrificio corporale ecc.”Il perfetto (ché tali si stimavano gli alumbra-dos, come prima di loro i catari e dopo di loroi quietisti) “diviene un impeccabile, nel sensoche non gli sono imputate a colpa, neppureveniale, quelle stesse azioni che negli imper-fetti sarebbero gravissime offese di Dio. Pie-namente conseguenti a quest’ultimo princi-pio, gli alumbrados si abbandonavano spessoalle più sfrenate dissolutezze” (36). Ora, ancorpiù che ad Erasmo e Lutero, secondo Firpo,Valdés e discepoli sono debitori per la lorodottrina agli alumbrados, i quali, pur differen-do dai protestanti quanto al punto di partenza(la mistica al posto della scrittura) concorda-no con essi in molte conclusione pratiche; nonsono le buone opere, inutili, ma la fede a sal-vare, malgrado i nostri atti peccaminosi. Firpomette in rilievo poi alcuni punti del valdesia-nesimo. Innanzitutto il “soggettivismo religio-so” che “esclude programmaticamente ogniautorità normativa e ogni vincolo di ortodos-sia, dal momento che diversi sono i livelli diconoscenza ed esperienza concessi a ciascuncredente dagli insondabili decreti di Dio. Inquanto istituzione visibile e gerarchia, infatti,la Chiesa può soltanto giudicare lo exterior equindi esigere un’obbedienza formale in rela-zione a prassi e comportamenti cerimoniali,senza tuttavia arrogarsi il diritto di coartare le

coscienze con arbitrarie imposizioni dogmati-che” (37). Dai diversi gradi dell’illuminazione,derivano altre conseguenze: il carattere esote-rico ed iniziatico della dottrina (“occulta, se-creta i encubierta” scrive il Valdés), “le impli-cazioni nicodemitiche”, il nascondere cioètutto il proprio pensiero sia ai discepoli “de-boli nella fede” sia alle autorità della Chiesa,spacciandosi per cattolici davanti ad esse, e lapossibilità di salvezza anche fuori dalla Chie-sa, poiché “non sono stranieri del divino pa-lazzo ancora quelli che stanno guardandolo difuori” (Valdés) (37). Se questa era la dottrinaocculta di Valdés, chi erano i valdesiani? Èqui che si deve rabbrividire.

Il primo nucleo, in Napoli, raccogliel’umanista Marc’Antonio Flaminio, il supe-riore generale dei frati cappuccini Bernardi-no Ochino, il canonico lateranense PietroMartire Vermiglio e “la prediletta GiuliaGonzaga”, vedova di Vespasiano Colonna ecugina del cardinal Ercole Gonzaga. (Antici-piamo per il lettore che Ochino e Vermigligetteranno la maschera nel 1542, apostatan-do miseramente e fuggendo tra i luterani).Attorno al 1540 questa cerchia di persone at-tira altri considerevoli personaggi: il fiorenti-no Pietro Carnesecchi, protonotario di papaClemente VII, poi condannato da san Pio V,don Benedetto Fontanini, il primo autore dellibretto valdesiano Il Beneficio di Christo,fatto stampare dai cardinali Pole e Morone emesso all’Indice dalla Chiesa (38), il patrizioveneziano Vittore Soranzo, vescovo di Ber-gamo poi deposto per eresia, l’arcivescovod’Otranto Pietro Antonio di Capua, cognato

41

Il cardinal Pole

Page 42: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

di don Ferrante Gonzaga. Il Padre Ochinopredicava “Christo mascarato in gergo”, ov-vero la dottrina di Valdés dissimulata, daipulpiti di mezza Italia, tra i quali, poco primadi apostatare, quelli del vescovo Giberti aVerona e di Morone a Modena (che invecescacciava il gesuita Salmeron). Flaminio riu-scì poi nel “colpo grosso”. L’erede, con labellisssima Giulia Gonzaga, degli scritti diValdés, “ottenne un successo spettacolarecon l’adesione del cardinale d’Inghilterra Re-ginald Pole e del suo più fedele amico e col-laboratore Alvise Priuli” (39). Da Napoli ilcentro della sétta divenne così Viterbo, ove ilcardianl Pole era legato pontificio, e si deno-minava Ecclesia viterbiensis, chiesa di Viter-bo, come il gruppo del Vermiglio a Lucca eral’Ecclesia lucensis. Questi circoli d’intellet-tuali e misticoidi raccoglievano poi molte da-me influenti: oltre a Giulia Gonzaga, la poe-tessa Vittoria Colonna, Eleonora Gonzaga,sorella del cardinale e duchessa di Urbino,Caterina Cibo, duchessa di Camerino ecc.Tutte legate alle corti italiane, inclusa quellapontificia, ricche, colte, potenti, fecero dacassa di risonanza per la sétta valdesiana.

Fu così che Morone, già “cotto” dal Con-tarini, finì col Pole, il generale degli agosti-niani cardinal Seripando, i cardinali Madruz-zo, Cortese, Gonzaga, Badia, Fregoso, Bem-bo, Bertano (40) ed ancor più di loro, nella re-te del valdesianismo. Ormai, nel 1544-1548,Morone è in pubblica fama di eretico, sia peri cattolici (41) che per i protestanti, i quali rin-graziavano Dio che il loro vescovo era diven-tato dei loro e lo andavano a trovare dichia-randosi apertamente per luterani, incoraggia-ti in ciò dal Flaminio. E Morone, in tale occa-sione, “li haveva dimostrato grande amore-volezza et scusatosi con loro et quasi diman-datogli perdonanza dell’haverli altre voltetravagliati per le cose della fede” (42).

Vittorie e sconfitte dei valdesiani

Nel 1566, quando ormai il concilio diTrento si era definitivamento concluso, glieretici modenesi ancora speravano “che ungiorno si debba predicare la verità evangeli-ca, tanto tempo fa perseguitata et occultata”(43). Tanto, e tanto a lungo, durarono le spe-ranze di conquistare il potere all’interno del-la Chiesa, di riuscire a far aderire il papatoalla Riforma protestante.

Questo sogno, apparentemente assurdo, fuvicino ad essere realizzato. I criptoprotestanti

italiani erano bene annidati, lo abbiamo visto,nella corte pontificia ancora rinascimentale diLeone X o Clemente VII. Il pontificato diPaolo III fu riformatore, e Papa Farnese elevòalla porpora sia i capi del gruppo irenista delContarini come quelli intransigenti del Cara-fa. Molti storici vedono nel 1542 la data chesegna la fine di ogni speranza per i nostri“evangelici”: dopo il fallimento dei colloqui direligione coi protestanti, muoiono Contarini eValdés, viene istituita l’Inquisizione romana e,di conseguenza, gettano la maschera e scappa-no Ochino e Vermigli. Il 1542 fu anche però,lo fa notare Firpo (44), l’anno in cui fu scritto ilBeneficio di Cristo, che i legati pontifici aTrento, Pole e Morone, faranno stampare allamacchia, e della cooptazione nel sacro colle-gio di cardinali “spirituali” come appunto Mo-rone, Badia, Cortese. Ma il cardinal Carafa ve-glia. Egli era napoletano e ben conosceva ilmale che il Valdés aveva compiuto nella suacittà. Già sotto Paolo III l’Inquisizione, da luidiretta ed animata, aveva aperto segretamentedei processi contro alcuni cardinali, tra i qualiil Pole ed il Morone (45). Quando Paolo IIImorì, nel 1549, l’elezione del Pole al conclaveparve sicura, ma Carafa e gli altri cardinali in-quisitori la evitarono di un soffio (un solo vo-to) (46) portando in conclave i testi dei proces-si. Fu eletto Giulio III (1550-1555) il qualenon voleva credere alla colpevolezza dei dueautorevoli cardinali. Quando il frate Bernardode Bartoli, eretico confesso, interrogatodall’Alessandrino (futuro san Pio V), ammisele eresie dei cardinali Pole, Morone, Contari-ni, Badia ecc. (tutto il gruppo viterbese) il Pa-pa non volle credergli. Invano il Maestro delsacro Palazzo, suo uomo di fiducia, gli con-fermò che il teste era attendibile: “Questo èimpossibile - replicò Giulio III - non può esse-re se non un frate poltrone”. Il Maestro del sa-cro Palazzo ebbe pertanto ordine dal Papa diavocare a sé l’inchiesta, e far ritrattare il teste,come difatti accadde (47). Nel 1555 Giulio IIImorì. “Quando mi ricordo del conclave passa-to - scriverà Morone al Pole il 28 marzo 1555,da Augusta, accingendosi a tornare a Romadopo la morte di Giulio III - totus horreo, sedfiat voluntas Domini in cuius manu sunt om-nia. E aveva ben ragione di preoccuparsi, vistoche questa volta il Carafa, a scanso di sorpre-se, volle premunirsi portando con sé un fasciode processi contra (...) tutti i soggetti papabili”(48). Fu eletto proprio il Carafa, pigliando ilnome di Paolo IV. In questo conclave Pole eMorone erano ancora i candidati di Carlo V,

42

Page 43: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ma fu proprio la defezione di due influenticardinali “imperiali”, Juan Alvarez di Toledoe Rodolfo Pio da Carpi, a far fallire il proget-to. “Fu precisamente il cardinal di Carpi, nelmaggio del ‘55, a farsi portatore in conclave digravi e documentate accuse di eresia contro ilPole, il Morone e il Bertano, che valsero adescludere una loro eventuale elezione, senzatimore di affermare a chiare lettere di non po-ter dar loro il voto perché la conscentia gli re-pugnava, agendo nella circostanza in pieno ac-cordo non solo con il Carafa, ma anche conl’Alvarez” (49). Invano gli ambasciatori spa-gnoli cercarono di convincere Carpi e Santia-go (l’Alvarez) a votare per Pole e Morone, ad-ducendo che “non si poteva credere che papaGiulio (...) avesse inviato Pole in Inghilterraper ricondurla alla Chiesa, e Morone in Ger-mania per lo stesso effetto” se fossero statieretici. Servilmente, il cardinal Madruzzoscrisse a Carlo V lamentandosi dei colleghiche avevano preferito la Chiesa... all’Impera-tore: “Con le lagrime alli occhi scrivo a VostraMaestà che non s’è potuto in questa elettioneeffettuare quanto richiedeva il servizio di lei, ilquale era lo istesso di Dio. Et per me non è re-stato che con fatica estrema dell’animo et delcorpo non si sii fatto ogni sforzo perché ne re-stasse servita. Così non fusse mancato da altri,li quali erano obligati come io di spargere ilsangue in servizio di quella” (50).

L’elezione di Paolo IV fu un durissimocolpo per gli “evangelici”. Se il cardinal Polenon potè essere arrestato (si trovava in In-ghilterra presso la Regina Maria Tudor) ven-

ne però privato della legazia ed invitato a di-scolparsi; morì nel 1558. Al suo segretario edesecutore testamentario Alvise Priuli fu toltol’accesso al vescovado di Brescia (1556) chegli aveva concesso Giulio III. Il cardinal Mo-rone e il vescovo di Cava dei Tirreni, Gio-vanni Tommaso Sanfelice, furono arrestati.Carnesecchi, condannato in contumacia(1558). Al contrario, fra’ Michele Ghislieri,futuro san Pio V, fu messo a capo di tuttal’Inquisizione. Papa Carafa desiderava finireil processo Morone prima di morire, ma nonpotè. Rendendosi conto di questa impossibi-lità, promulgò la Bolla Cum ex apostolatusper impedire la probabile elezione del Moro-ne. Alla morte di Paolo IV fu dato alle fiam-me il palazzo del Sant’Offizio; “la santa in-quisizione - scrisse Carnesecchi alla sua ama-ta, Giulia Gonzaga- è morta di quella stessamorte di che era solita far morire gli altri,cioè di foco” (51). Come il defunto Paolo IVtemeva, il cardinal Morone entrò nel concla-ve del 1559 nel quale fu eletto Pio IV. “Que-st’ultimo (...) non si limitò ad assolvere il car-dinale milanese e ad annullare il processo,ma volle inviarlo di lì a poco come legato pa-pale a presiedere il concilio di Trento, doveunanime fu il giudizio che egli avesse salvatola Chiesa riuscendo finalmente a concluderecon miracoli di abilità diplomatica i lavoridell’assemblea. Deposti i panni dell’infidoeresiarca che papa Carafa gli aveva cucitoaddosso, il Morone poteva ora assumerequelli più rassicuranti del provvidenziale di-fensore della sede apostolica, al punto dasembrare a molti come il più sicuro candida-to alla tiara” (52). Costretto a sottoscriverel’assoluzione del Morone, il cardinal Ales-sandrino (Ghislieri) fu allontanato da Roma(Vescovo di Mondovì), mentre i nipoti di pa-pa Carafa venivano giustiziati. Carnesecchiinvece, e Sanfelice, vennero assolti. L’evange-lismo, inaspettatamente, stava per vincere? Ilvecchio cardinal Morone, sopravvissuto aisuoi migliori amici, sarebbe salito sul trono disan Pietro? “Un’eventualità per scongiurarela quale Michele Ghislieri, dopo la morte diPio IV (nel 1565, n.d.a.), non esitò a utilizza-re ancora una volta l’incartamento del suoprocesso, gelosamente custodito e tenuto peranni nella sacchozza” (52). Candidato degli in-sospettabili Filippo II e san Carlo Borromeo(nipote del papa defunto Pio IV) il cardinaleMorone, per l’ennesima volta, non fu eletto.Non solo, ma san Carlo, veramente santo esollecito del bene della Chiesa, fece allora

43

Pietro Carnesecchi, eretico condannato sotto S. Pio V

Page 44: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

confluire i voti sul cardinale Alessandrino,proprio quello che era “caduto in disgrazia”sotto il pontificato dello zio.

San Pio V riabilitò i nipoti di papa Cara-fa, diede nuovo vigore all’inquisizione, riu-scì, grazie alle carte compromettenti delladefunta Giulia Gonzaga, a riaprire la causadi Carnesecchi e pensava “seriamente a ri-prendere quella del Morone, contro il qualefurono raccolti nuovi documenti e mobilitatala macchina del sant’Ufficio (...) nell’incrol-labile certezza delle gravi eresie di cui il Mo-rone si era reso colpevole” (52). Al fine, ilnuovo processo Morone non si fece (avreb-be gettato ombre ingiuste sui papi che gliavevano accordato la loro fiducia e sul con-cilio che aveva presieduto). O meglio, si feceper interposta persona. Citando gli atti dellungo processo Carnesecchi, ormai non piùprotetto da Cosimo de’ Medici, Firpo provache il protonotario fiorentino, la cui colpevo-lezza era ampiamente dimostrata dalle carteritrovate presso la defunta Gonzaga, era piùtestimone che accusato. Testimone d’accusa,per i suoi giudici, di Morone, Bertano, Pole,Seripando, Contarini, Bembo, tutti cardinali,e poi della Gonzaga, di Vittoria Colonna du-chessa di Pescara, del Priuli, del Flaminio...Non c’è da stupirsi, pertanto, se Morone re-stò “confuso e mezzo morto” quando Carne-secchi arrivò a Roma nel 1566, o non abbia

voluto assistere, unico dei cardinali presentiin Roma, alla condanna del protonotario fio-rentino letta nella chiesa della Minerva, nel-la quale si alludeva abbastanza chiaramentea Morone come a suo complice (53). “Il pri-mo ottobre 1567, il giorno stesso dell’esecu-zione (di Carnesecchi) a ponte Sant’Angelo,papa Pio V decretava la riabilitazione dei ni-poti di Paolo IV, a suggellare anche il signifi-cato storico e politico di quel processo” (54).Il Carnesecchi fu seguito, nella sua triste sor-te, dal Paleario, dal Franco, dal Pallantieri.“Quanto al Morone, Pio V certamente pen-sò e preparò una clamorosa riapertura delsuo processo, come non soltanto l’indical’analisi che si è cercato di proporre degli in-terrogatori del Carnesecchi, ma è dimostratoda numerosi altri documenti e testimonianzedegli anni del suo pontificato”. Ma “quelpasso non fu compiuto, forse perché dopotutto si preferì mantenere nel suo rango uncardinal decano eretico che sconfessare pub-blicamente (e magari accusare di impliciteconnivenze) il sommo pontefice che lo avevaassolto e inviato come suo legato al conciliodi Trento. Di fatto, al di là dell’evidenteinopportunità della cosa, non ve n’era più bi-sogno. Sostanzialmente emarginato, il Moro-ne poteva essere confinato al ruolo di diplo-matico di ineguagliabile capacità ed espe-rienza, di huomo d’eminente valore circa lecose del mondo, ma non tenuto di molta reli-gione, come si sentirà autorizzato a definirloil (cardinal) Santoro, commentandone lamorte” (55).

Conclusioni d’attualità

Siamo giunti così al termine della nostra fa-tica. Abbiamo visto, all’inizio dell’articolo, chela storia del cardinal Morone merita di esseremeditata ancor oggi, ed ha ancora qualche cosada dire. Cerchiamo di tirare delle conclusioni.

1°) Ha ragione Firpo a proposito dellastoriografia cattolica, che assolve Morone ene passa sotto silenzio le contraddizioni. Maha torto Firpo, che è un laico, nel presentarela sua tesi di fondo. Per lui Morone e soci so-no quasi delle vittime del rigore inquisitoria-le dei Carafa e dei Ghislieri. Questi hannoimposto con l’inquisizione una linea risultatavincente, la controriforma, e che ha uccisoquella che avrebbe potuto essere una stagio-ne diversa della Chiesa cattolica. Siccome illettore, anche il lettore di Sodalitium, è unuomo moderno, profondamente impregnato

44

Giulia Gonzaga

Page 45: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

dei “dogmi” massonici della tolleranza e del-la “libertà” canonizzati dal Vaticano II, c’è ilrischio che questa mia esposizione rendasimpatico il Morone ed odiosi Paolo IV esan Pio V. Ma, tra l’eretico e l’inquisitore,chi è la vittima e chi il carnefice? È colpevo-le forse chi difende la fede dei semplici, lasalvezza delle anime, anche coi rigori dellagiustizia, come i due Papi? È innocente inve-ce l’eretico, il traditore della fede e dellaSanta Sede che doveva servire, l’adulterato-re del Vangelo di Gesù Cristo? Assoluta-mente no. Difatti, non il Pole e non il Moro-ne sono stati canonizzati dalla Chiesa, assi-stita dallo Spirito Santo, ma san Pio V.

2°) Il cardinal Morone era eretico? Misembra che gli studi di Firpo chiudano defini-tivamente la questione. Sì, almeno nel sensoche la dottrina di Morone, Pole ecc. era vera-mente eterodossa. In ogni caso, così la pensa-va non solo Paolo IV, ma anche san Pio V.

3°) Se nel contesto della terribile crisi re-ligiosa che scosse la Chiesa in occasione della“riforma” luterana, così tanti e qualificatiprelati caddero in eresia, come stupirsi chequesto si sia ripetuto ai nostri giorni? La crisimodernista e neomodernista non è altro chel’epigono di quella iniziata da Lutero... E seallora questi eretici furono sul punto di as-surgere, di fatto, al sommo pontificato, comestupirsi che questo sia avvenuto con Roncallio Montini? Un solo voto separò l’eretico Po-le dall’essere Papa, quello di Carafa. Un solouomo separò Morone dal trono pontificio,Ghislieri. Dal XVI al XX secolo la situazionereligiosa, politica, sociale è solo peggiorata. Ivari Roncalli, Montini, Wojtyla superano cer-to i Pole ed i Morone, tanto quanto i Carafaed i Ghislieri, dal canto loro, sembrano bensuperiori ai deboli difensori dell’ortodossiadei nostri tempi. E se solo la potente Inquisi-zione di allora seppe frenare la scalata ai ver-tici della Chiesa degli eretici, cosa avrebbepotuto fare il ben più debole ed indebolitosant’Offizio del cardinal Ottaviani?

4°) La tesi che noi sosteniamo, pertanto (ecioè che Mons. Wojtyla non ha l’autorità pon-tificia), non solo non è impossibile ma non èneppure inverosimile. Capiamo lo sbigotti-mento di molti: è quello che fu di Giulio III edi Pio IV, per i quali il tradimento di tanti car-dinali era “impossibile”. Ma impossibile nonera per Paolo IV e per san Pio V. È impossibi-le che Cristo abbandoni la sua Chiesa o cheessa muti. Non è impossibile che un ereticovenga eletto Papa, nel qual caso, per la Bolla

di Paolo IV, non sarebbe realmente Papa. Siobietterà che Dio impedì l’elezione di Pole eMorone. È vero. Ma Paolo IV credeva possi-bile che Dio non lo evitasse, senza mancareper questo alle Sue promesse riguardanti laimmutabilità della divina costituzione dellaChiesa. Per questo Dio ha potuto non impe-dire l’elezione del cardinal Montini senzamancare (absit!) alla Sua parola.

5°) Ma questa storia ha qualche cosa dadire anche ai superficiali che brandiscono laBolla di Paolo IV come un’arma impropria,senza neppure conoscerne la storia. PaoloIV e san Pio V erano convinti che Pole eMorone fossero eretici. Concordo con la lo-ro opinione. Eppure lo stupore incredulo diun Giulio III si può capire. Morone eretico?Lui, al quale va il merito di aver concluso ilconcilio di Trento? Lui, che san Carlo avreb-be eletto Papa anche dopo il processo inten-tatogli da Paolo IV? E Pole? Pole eretico?Lui, che Enrico VIII voleva far uccidere dadei sicari, dopo averne martirizzato il fratel-lo e la madre, che Leone XIII ha dichiaratoBeata? Lui, che fu il consigliere di quellaRegina Maria che noi chiamiamo la “Catto-lica” ma che i protestanti, con odio, chiama-no la “Sanguinaria”? Pole e Morone eretici?Loro, che sempre hanno riaffermato la lorofedeltà alla Chiesa romana? E, d’altra parte,l’unica dichiarazione ufficiale e legale dellaChiesa che riguarda Morone, è firmata da unPapa, Pio IV, e da un futuro Papa, san Pio V,e lo dichiara innocente. A volte, constatarecon certezza che tal persona è caduta for-malmente e colpevolmente in eresia non èfacile; poterlo dichiarare in facie Ecclesiae sìda poterne trarre tutte le conseguenze cano-niche, è ancora più difficile. Neppure PaoloIV ci riuscì con Pole e con Morone.

6°) La storia del cardinal Morone, quin-di, pur con le inevitabili differenze con laodierna situazione nella Chiesa, è illuminan-te e conforta la nostra posizione. No, non èimpossibile, come ci viene obbiettato, quelloche noi affermiamo sulla sede formalmentevacante (anzi, nel nostro caso la cosa non èsolo posibile ma altresì certa, e non appoggiaquesta certezza sulla labile base delle teoriesul “papa eretico”). E d’altra parte l’avven-tura degli “evangelici” non apporta argo-menti decisivi ai sostenitori della tesi sullasede totalmente vacante. Se Pole o Morone,nonostante la Bolla di Paolo IV, fossero statieletti al sommo pontificato, non sarebbe sta-to facile provare quello che purtuttavia era

45

Page 46: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

probabilmente vero: che essi erano material-mente e formalmente eretici. Ed oggi, tuttoè ancora più difficile... in assenza di uominicome Gian Pietro Carafa e di santi come Mi-chele Ghislieri. Che il Signore susciti similiuomini per liberare la sua Chiesa, come la li-berò allora, dagli assalti dell’eresia.

7°) Per concludere faccio mie le conside-razini di Paolo IV e del cardinale ZaccariaDelfino. Disse Papa Carafa: “La principal mi-ra del Sant’Offitio e de’ papi debb’essere con-tra i grandi quando son macchiati di heresia,perché dal lor castigo dipende poi la salutedei popoli” (56). Ed il cardinal Delfino scrissea sua volta al cardinal Carlo Carafa: “Dio vo-lesse (...) che le cose concernenti la santa fedefusseno state sempre trattate con quella reve-rentia di Dio et viva fede che oggi sono tratta-te da la Santità di Nostro Signore (Paolo IV),et Dio volesse che quello heretico spiritod’accordare fra catholici et heretici non aves-se regnato, et hoggidì non regnasse in molti:perché di qua stimo io sia nato tutto il fonda-mento del male che hoggidì pate la christianarepublica, et peggiori sono questi che stannode mezzo, più dannosi questi mediatori dellaconcordia, che non sono li manifesti heretici”(57). Erano eretici Morone, Pole e Contarini?Erano eretici i “mediatori della concordia”tra cattolici e protestanti? Molto peggio, sem-bra dire rivolto a noi il cardinal Delfino, mol-to peggio: erano ecumenisti.

Note

1) “Adiicientes quod si ullo umquam tempore ap-paruerit aliquem episcopum, etiam pro archiepiscoposeu patriarcha vel primate se gerentem, aut praedictaeRomanae Ecclesiae cardinalem, etiam, ut praefertur, le-gatum, seu etiam Romanum Pontificem, ante ejus pro-motionem vel in cardinalem seu Romanum Pontificemassumptionem, a fide catholica deviasse aut in aliquamhaeresim incidisse, promotio seu assumptio de eo, etiamin concordiam et de unanimi omnium cardinalium as-sensu facta, nulla, irrita et inanis existat, nec per suscep-tionem muneris, consecrationis, aut subsecutam regimi-nis et administrationis, possessionem, seu quasi, velipsius Romani Pontificis inthronizationem aut adoratio-nem, seu ei praestita ab omnibus oboedientiam, et cuiu-svis temporis in praemissis cursum, convaluisse dici autconvalescere possit, nec pro legitima in aliqua sua partehabeatur, nullamque talibus in episcopos seu archiepi-scopos vel patriarchas vel primates promotis, seu in car-dinales vel Romanum Pontificem assumptis, in spiritua-libus vel temporalibus adminitrandi facultatem tribuisseaut tribuere censeatur, sed omnia et singula per eosquomodolibet dicta, facta, gesta et administrata ac indesecuta quaecumque viribus careant, et nullam prorsusfirmitatem nec ius alicui tribuant; sintque ipsi sic pro-moti et assumpti eo ipso, absque aliqua desuper facien-

da declaratione, omni dignitate, loco, honore, titulo,auctoritate, officio et potestate privati; liceatque omni-bus et singulis sic promotis et assumptis, si a fide anteanon deviassent nec haeretici fuissent, neque schisma in-currissent aut excitassent aut commisissent.”. Purtrop-po, le decisioni della Bolla che non sono state esplicita-mente riprese dal Codice di diritto canonico non sonopiù in vigore (can. 6 del C.J.C.) e, pertanto, non si puòutilizzare la Bolla di Paolo IV per provare che, attual-mente, la Sede apostolica sia vacante, ma solo per pro-vare la possibilità che questo avvenga e sia, di fatto, av-venuto. (cf. BERNARD LUCIEN. La situation actuelle del’Autorité dans l’Eglise. La Thèse de Cassiciacum. Do-cuments de catholicité. Editions Association Saint-Herménegilde. Nice 1985. pagg. 93-96 e 107-111).

2) A mia conoscenza solo il periodico belga Myste-rium Fidei (presso l’editore: M. Alfred Denoyelle. Av.Brigade Piron, 84-2, B-1080 Bruxelles) ha collegato laBolla di Paolo IV alla figura del Cardinal Morone, chene era l’oggetto, in un articolo storico su Paolo IV (n.97, mai 1993, pagg. 3-7). L’autore dell’articolo, tuttavia,seguendo il Pastor ed ignorando gli scritti più recenti diFirpo, pensa che “Paolo IV si sbagliava”, benché inbuona fede, nel dubitare dell’ortodossia dei cardinaliPole e Morone (pag. 5). Non è questa la nostra opinio-ne, come lo dimostra il presente articolo.

3) M. FIRPO. Riforma protestante ed eresie nell’Ita-lia del Cinquecento. Laterza. Roma-Bari. 1993. pag. 101

4) L.c., pag. 102.5) L.c., pag. 106.6) L.c., pag. 107.7) L.c., pag. 16.8) JOSEPH LORTZ. Storia della Chiesa, Paoline, Ro-

ma. 1980. vol. II; 91, 1, b. pag. 232. Altri parlano del pa-dre al posto del figlio. È più verosimile, poichè il Papanon aveva figli. Paolo IV rivolse queste parole all’amba-sciatore veneziano Navagero che intercedeva per un ve-scovo eretico della Sicilia.

9) Ed. Sapere 2000. 1986-1990. 5 voll.10) LORTZ. op.cit., l.c., pag. 231. La cosa non può

stupire (o scandalizzare) che gli ingenui ed i sognatori.Certo, la fede sovrannaturale non si deve e non si puòimporre con la forza (proprio perchè il sovrannaturalenon può ottenersi con mezzi naturali). Tuttavia gli osta-coli naturali che si oppongono alla fede possono e deb-bono essere repressi dalla legge. Allo stesso modo chela polizia non può rendere la gente onesta, ma può im-pedire il dilagare del crimine. Provate a sopprimere inuna società la polizia, fidandovi della buona volontà deicittadini: farete solo un favore ai ladri, ai disonesti, agliassassini. È quello che constatiamo nelle società permis-sive, ed anche, in campo religioso, dopo l’assurda pro-clamazione del diritto alla “libertà religiosa”!

11) FIRPO. op.cit., pag. 50.12) FIRPO. op. cit., pag. 109.13) L.c., articolo evangelismo, col. 88614) Con ciò non sosteniamo, anacronisticamente,

che Erasmo fosse... modernista! 15) FRANCO BOLGIANI, Enciclopedia cattolica, op.

cit., articolo Erasmo da Rotterdam, col. 47416) ibidem, col. 475.17) M. FIRPO, Inquisizione romana e controriforma,

op.cit., pag. 308.18) E.M. JUNG, op.cit., col.886. Ma nella sua diocesi

predicavano impunemente gli eretici, fra i quali il cele-bre Ochino.

19) FIRPO, Riforma protestante..., op.cit., pagg. 107-108.20) FIRPO, Riforma protestante..., op.cit., pagg. 11-12

46

Page 47: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

21) FIRPO, Riforma protestante..., op.cit., pagg. 15-16.22) “Astiosi sospetti”, da parte dei futuri Papi Pao-

lo IV e san Pio V, scrive Firpo nel suo Inquisizione ro-mana e controriforma op. cit., pag. 22.

23) Nello scritto De Poenitentia. Cf. FIRPO, ibidem,pagg. 63-64.

24) PAOLO BREZZI, Enciclopedia cattolica, op. cit.,voce Contarini, col.434.

25) FIRPO, Inquisizione romana e controriforma,op. cit., pag. 376. Alla tesi della “doppia giustificazione”aderirono i cardinali Bembo e Fregoso, ma non il cardi-nal Pole, perché ormai egli sosteneva tesi...più radicali!cf. Firpo, l.c., pag. 67.

26) cf. FIRPO, Riforma protestante..., op. cit., pag. 5927) FIRPO, Inquisizione romana..., op. cit., pag. 5528) cf. FIRPO, ibidem, pag. 73.28 bis) La politica di Filippo II mutò solo dopo

l’elezione di san Pio V, che egli aveva avversato per fa-vorire Morone. Il fatto più significativo di questo cam-biamento fu il lungo processo al Morone spagnolo, fraBartolomeo Carranza, arcivescovo di Toledo.

29) op. cit., articolo Morone, Giovanni, col.1421.30) op. cit., ibidem, col. 1422.31) op. cit., ibidem, col. 1419.32) FIRPO, Inquisizione romana..., op. cit., pagg. 49 e 47.33) FIRPO, ibidem, pag. 48. Fu il cardinal Contarini

a dar la berretta cardinalizia al Morone. Dei tre cardi-nali Morone, Badia e Cortese, tutti del suo “gruppo”,Contarini tesse elogi ditirambici e fa dichiarazionid’amore appassionato; cf. FIRPO, ibidem, pagg. 61 nota80 e 81 nota 123.

34) PIO PASCHINI. Enciclopedia cattolica, op. cit., ar-ticolo Valdés, col. 965. “Excelente doctor verdadera-mente theòlogo” scrisse Valdés di Erasmo nel suo libroDialogo de doctrina cristiana del 1529, per il quale do-vette lasciare la Spagna... inseguito dall’Inquisizione! cf.FIRPO, Riforma protestante..., op. cit., pag. 115.

35) FIRPO, ibidem, pagg. 115-116.36) EMANUELE CHIETTINI, in Enciclopedia cattolica,

op. cit., articolo Alumbrados, col. 945-946. 37) FIRPO, ibidem, pag. 117-11838) FIRPO, ibidem, pag. 98.39) FIRPO, ibidem, pag. 119.40) cf. FIRPO, op. cit., pag. 130.41) cf. FIRPO, ibidem,pag. 63.42) FIRPO, ibidem, pag. 126.43) FIRPO, ibidem, pag. 61.44) FIRPO, Inquisizione romana..., op. cit., pag. 3045) FIRPO, ibidem, pag. 196.46) ALBERTO PINCHERLE, Enciclopedia Cattolica,

op. cit., articolo Pole Reginald, col. 1665.47) FIRPO, ibidem, pag. 221-222.48) FIRPO, ibidem, pag. 197.49) FIRPO, ibidem, pag. 312.50) FIRPO, ibidem, pag. 313 Ben diversa la lettera a

Carlo V del cardinal di Carpi, il quale spiega che nonvotò Morone perché eretico, benché non ci fosse statoancora un processo pubblico contro di lui “per non infa-mar cardinali”. Il testo della lettera è riportato integral-mente a pag. 320 sgg.

51) ADELAIDE MURGIA. I Gonzaga, Collana Le gran-di famiglie europee, Mondadori, Milano, 1972, pag. 85

52) FIRPO, Inquisizione romana..., op. cit., pag. 35853) FIRPO, ibidem, pag. 374.54) FIRPO, ibidem, pag. 375.55) FIRPO, ibidem, pag. 379.56) FIRPO, Ibidem, pag. 377.57) FIRPO, ibidem, pag. 380. Lettera del gennaio 1559.

Seconda parte

L’UMILTÀdi don Giuseppe Murro

“I n principio era il Verbo ed il Verbo erapresso Dio e il Verbo era Dio”. Il Ver-

bo eterno si fece uomo, insegna S. Tommaso,ed abbassandosi ed umiliandosi fino a pren-dere la natura umana volle correggere e gua-rire la superbia degli uomini, che è l’ostacolopiù grande all’unione con Dio (1). È così im-portante e difficile umiliarsi, dice San Ber-nardo, che se Dio stesso non l’avesse fatto,non avremmo mai appreso ad umiliarci: «IlFiglio di Dio vide che le due creature da Luicreate nobili, generose e capaci della beati-tudine, erano andate alla perdizione per vo-lere divenire simili a Lui… “Gli Angeli, - co-sì il Santo fa parlare il Signore - per aver vo-luto essere come Me, andarono alla perdi-zione; l’uomo stesso, per aver preteso di es-sere come Me, si perdette. Tutti m’invidianoe vogliono essere come Me. Io quindi verròin tale forza, che chi, in avvenire, vorrà emu-larmi, non si perda, ma l’emulazione diventiinvece proficua”. A tale effetto il Figlio diDio discese dal Cielo e si fece Uomo… Iddioassecondò la nostra brama di essere simili aLui; non già con falsità e bugie, come propo-neva il demonio, ma con molta umiltà e san-tità possiamo divenire come Dio» (2). Perciò“chi si innalza sarà abbassato, e chi si umiliasarà elevato” (Lc XVIII, 14).

Cos’è l’umiltà

San Tommaso insegna che i movimentidell’appetito (sensibile o spirituale come lavolontà) devono essere regolati: quelli impul-sivi devono essere moderati da una virtù cheli temperi e li freni (come la pazienza frena lacollera); per quelli di ripulsa invece, si richie-de una virtù che fortifichi e stimoli (come lafortezza per i timidi). Perciò per tendere aqualunque bene difficile da ottenere occorro-no due virtù: una che temperi e freni l’animoaffinché non tenda disordinatamente versocose alte, ed è l’umiltà; un’altra che fortifichil’animo contro lo scoraggiamento alla vistadelle nostre debolezze e lo spinga, secondo laretta ragione, al conseguimento di cose gran-

47

Spiritualità

Page 48: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

di, ed è la magnanimità (3). Il proprio del-l’umiltà consiste dunque nel frenare sé stessiper non innalzarsi a cose che ci sono superio-ri. E per far questo, è necessario che l’uomoconosca i limiti delle sue capacità. La cono-scenza delle proprie deficienze appartieneall’umiltà, che è la regola direttiva della vo-lontà. Ora l’umiltà consiste essenzialmentenella stessa volizione e perciò bisogna conclu-dere che essa tende soprattutto a moderare imovimenti della volontà (a. 2).

Molti credono che l’umiltà consista solonel reprimere l’orgoglio. Ma Nostro Signoree la Santa Vergine non ebbero nessun movi-mento d’orgoglio eppure la praticarono sen-za sosta ad un grado eminente. Perciò S.Tommaso dice che l’umiltà è quella virtù percui “qualcuno, nel considerare la propria mi-seria, si abbassa nei limiti del suo grado” (a.1 ad 1um), come fece Abramo quando dissea Dio: “Parlerò al mio Signore, pur essendoio polvere e cenere” (Gen. XVIII, 27). In altritermini l’umiltà consiste essenzialmente negliatti della volontà, con cui si frena l’impetodell’animo che tende disordinatamente a co-se grandi; ma ha la sua regola nella cono-scenza di sé, affinché uno non si stimi più diquel che è (a. 6). La radice dell’umiltà stanell’intelligenza, ma il suo atto appartiene al-la volontà. Quando il Vescovo di Terni elogiòSan Francesco, dicendo: “Dio ha illustrato lasua Chiesa con questo poverello dispregiato,semplice e illetterato; perciò siam tenuti a lo-dare sempre Dio…”, il santo ne fu contentis-simo perché lo si disprezzava ed esclamò: “Inverità, signor vescovo, mi hai fatto un grandeonore, poiché tu solo mi hai dato integral-mente quel che è mio, mentre gli altri me lotolgono; hai separato, voglio dire, ciò che èprezioso da ciò che è vile, rendendo, da uo-mo accorto, a Dio la lode, e a me la mia mise-ria” (4). San Francesco sapeva bene di essereuna misera creatura, e non s’innalzava quan-do era lodato dagli altri.

Questa virtù consiste nell’abbassarsi finoa terra - umiltà viene da humus, terra - davan-ti a Dio e davanti a quanto vi è di Dio in tuttele altre creature: “L’umiltà considera soprat-tutto la sottomissione dell’uomo a Dio, a cau-sa del quale egli, umiliandosi, si sottometteanche agli altri uomini” (a. 1, ad 6). Ma nondeve essere confusa con la virtù di obbedien-za, che ci fa rispettare il Signore ed i suoi pre-cetti, né con la virtù di religione, che ci fa ri-spettare la sua eccellenza ed il culto che Gli èdovuto. L’umiltà, inclinandoci verso terra, ci

fa riconoscere la nostra piccolezza e povertà,e così glorifica a suo modo la grandezza diDio (5). In questa maniera anche i virtuosi, isanti, sono umili (a. 1 ad 4): se è vero che ilvirtuoso è perfetto, tuttavia di fronte a Diomanca di ogni perfezione: “Tutte le genti di-nanzi a Lui sono come se non fossero: una co-sa che non conta nulla, un niente di niente” (Is.40, 17). L’umiltà ci fa capire quanto siamo de-boli, fragili, miseri, difettosi, incostanti rispet-to a Dio, anche se non avessimo mai commes-so nessun peccato e avessimo conservato l’in-nocenza. Essa si fonda su una veritàelementare della Religione: vi è una distanzainfinita tra il Creatore e la creatura. Dio èeterno, infinito, onnipotente, ci ha creato, ciha dato l’essere, ci conserva in vita, non perun suo bisogno, ma per comunicarci la suaBontà e la sua Vita Divina. Senza di Lui nonsaremmo neanche esistiti, Egli tiene il nostroessere nelle Sue mani: “La mia sostanza è co-me un nulla dinanzi a te” dice il Salmista (39,6). E chi ha la Fede sa che tutto il bene chefacciamo, la bontà che noi stessi abbiamo,non è che una partecipazione della Bontà di-vina, al punto che «nessuno può dire “Gesù èSignore”, se non per ispirazione dello SpiritoSanto» (I Cor. XII, 3). San Francesco solevadire: “A qualunque ora Iddio mi sottraesse ilSuo tesoro che mi affidò, qual’altra cosa mirimarrebbe se non il corpo e l’anima, le qualicose hanno anche gl’infedeli?” (6).

L’umiltà verso il prossimo

Occorre umiliarsi davanti al prossimo?Ed in qual modo? Ancora una volta S. Tom-maso ci risponde con la solita chiarezza:«Nell’uomo si possono considerare due cose:ciò che ha da Dio e ciò che ha da sé stesso.Da sé stesso ha tutto ciò che è imperfezionee difetto, mentre da Dio viene tutto ciò chevale per la salvezza e la perfezione, secondole parole del profeta Osea (13, 9): “Tu sei latua rovina, Israele; in me soltanto sta il tuoaiuto”. Ora l’umiltà riguarda propriamentela riverenza con la quale l’uomo si sottomet-te a Dio. E quindi ogni uomo, in ciò che hada sé stesso, deve sottomettersi a ciò che vi èdi Dio nel prossimo» (a. 3). In altri termini,dobbiamo non solo riverire Dio in se stesso,ma dobbiamo anche riverire ciò che c’è diLui in ogni altra creatura; e perciò dobbiamosottometterci per il Signore (propter Deum),a tutti i nostri prossimi, secondo le parole diS. Pietro (I Pietro II, 13): “Siate soggetti per

48

Page 49: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

amore del Signore ad ogni umana creatura”(a. 3 ad 1). E questo è possibile a tutti, anchea chi ha qualità superiori al prossimo: «Nes-suno è così buono da non avere qualche di-fetto, e nessuno è così cattivo da non averequalche cosa di buono. Perciò non è necessa-rio che uno consideri l’altro migliore di sé insenso assoluto, ma basta che dica in cuorsuo: “Forse io ho dei difetti che egli non ha”.È quanto dice S. Agostino, (…) che una ver-gine può credere migliore di sé una donnasposata “pensando che forse quella è più fer-vente”. E ammesso che tu sia del tutto buo-no e l’altro del tutto cattivo, tuttavia tu e luirivestite una duplice persona: la vostra equella del Cristo. Perciò anche se tu nonpuoi stimare l’altro superiore a te per la suapersona, stimalo così a motivo dell’immagi-ne divina che è in lui» (7).

«Dobbiamo convincerci che ogni uomo,per gravi che siano le sue colpe, le deficienze,gli antecedenti, forse anche i delitti, è supe-riore a noi in qualche cosa. Nell’ordine natu-rale, gli individui non ricevono tutti i medesi-mi doni: questo è più intelligente, quello piùforte, quell’altro più abile; uno riesce meglionella musica, un altro nel disegno, un terzonello sport, ecc. Lo stesso accade nell’ordinesoprannaturale. All’infuori di Nostro Signoree di sua Madre, la Santa Vergine… i santi nonhanno brillato in ugual modo per le stessevirtù. Così, nell’Antico Testamento, Abramoè lodato soprattutto per la sua fede, Giusep-pe per la purezza, Mosé per la dolcezza,Giobbe per la pazienza, Elia per lo zelo. Sipotrebbe dire lo stesso per i santi del NuovoTestamento. Ognuno ha ricevuto un donodifferente da Dio, dichiara S. Paolo, l’uno inun modo, l’altro in un altro (I Cor. VII, 7); eper questo, aggiunge san Tommaso, la Chiesacanta di ciascun Confessore: Non c’è statonessuno che abbia custodito la legge dell’Altis-simo come lui, perché ciascuno di essi ha avu-to la prerogativa di qualche virtù particolare(8)… “Dio, scrive S. Gregorio, non concedetutte le virtù ad uno solo per paura che trasci-nato dall’orgoglio non cada, ma dà a un altrociò che rifiuta a te; dà a te ciò che rifiuta adun altro, affinché quest’ultimo, considerandoil bene che è in te e che manca a lui, si giudi-chi interiormente inferiore a te; e che tu a tuavolta, vedendo in lui ciò di cui sei privo, ticonsideri al di sotto di lui nel tuo cuore. Cosìsi realizzano queste parole: si stimano reci-procamente inferiori gli uni agli altri (Filipp.II, 3). In breve, uno riceve la grazia d’una no-

tevole astinenza, ma non ha l’intelligenza del-la parola di Dio; un altro invece ha ricevutoquesta intelligenza, ma invano si sforza diraggiungere l’astinenza del primo… Tutto ciòè permesso dalla meravigliosa Provvidenza diDio, perché ciascuno trovi negli altri qualcosada ammirare, e che ammirandola si umili e sigiudichi inferiore”» (9).

Ma l’umiltà non richiede che uno, in ciòche ha ricevuto da Dio, debba sottomettersi aciò che vi è di Dio nel prossimo. Infatti chipartecipa ai doni di Dio è cosciente di averli.Se il Signore ha dato un alto grado di pruden-za ad una persona, questi non può dire di es-sere inferiore ad altri nella prudenza stessa,come se non l’avesse o se l’avesse meno deglialtri. Salomone, riempito di saggezza, ringra-ziò Iddio di averla ricevuta, e l’utilizzò per go-vernare il suo popolo; se l’avesse posta al disotto di quella di un altro, non saggio comelui, avrebbe peccato di pusillanimità. “Non sitratta di negare i doni ricevuti da Dio, perchésarebbe dell’ingratitudine e falsa umiltà. Se S.Gerolamo [che tradusse e commentò i librisacri in latino, servendosi di tutte le edizioniesistenti in varie lingue], ad esempio avesseaffermato che non capiva niente di SacraScrittura; S. Tommaso, che era l’ultimo deiteologi; S. Teresa, che ignorava tutto delle viedell’orazione; Fra Angelico, che le sue pittureerano le più brutte che si possano vedere,ecc., questi geni avrebbero mancato alla ve-rità ed alla riconoscenza dovuta a Dio” (10).Perciò senza pregiudizio per l’umiltà, si pos-sono preferire i doni che abbiamo ricevuto aquelli che sono stati conferiti da Dio ad altri;così S. Paolo (Efes. III, 5) poteva dire: “Nellealtre età non fu conosciuto [il mistero del Cri-sto] dai figli degli uomini, così come ora è sta-to rivelato ai suoi santi Apostoli”. E la SantaVergine poteva dire in tutta umiltà: “Da que-sto momento tutte le generazioni mi chiame-ranno beata; perché gran cose ha fatto in meColui che è potente” (Lc I, 48).

A più forte ragione, non dobbiamo sotto-mettere ciò che vi è di Dio in noi a ciò che èdifetto nel prossimo. Così un cattolico nonpuò reputarsi inferiore, nella conoscenzadella verità, a chi non ha la Fede; chi è nelvero non può sottomettersi all’errore di unaltro. Da ciò si vede quanto è falsa l’obiezio-ne rivolta a chi difende la verità: “Ma solovoi avete ragione?”. Infatti sarebbe aberran-te pensare che Dio sia l’autore dell’errorenel prossimo, o che pretenda la sottomissio-ne del bene al male. Santa Giovanna di

49

Page 50: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Chantal, ancora bambina, davanti ad un pro-testante che voleva umiliarla a causa dellafede, gli fece vedere un pezzo di legno chebruciava nel camino e non esitò a dirgli checosì bruciano gli eretici all’Inferno.

L’umiltà non richiede neppure che uno, inciò che ha da sé stesso, debba sottomettersi aciò che vi è di umano nel prossimo. Ad esem-pio, se vedo che il mio prossimo monta facil-mente in collera, mentre io, pur avendo lostesso difetto, so di potermi dominare meglio,non sono tenuto a considerarmi inferiore alui, altrimenti ne deriverebbe che ognuno de-ve reputarsi più peccatore di chiunque altro.Tuttavia si può pensare che nel prossimo c’èdel bene che non ho io, oppure che in me c’èdel male che lui non ha: e così mi posso sotto-mettere a lui con umiltà. S. Filippo Neri dice-va che se il Signore non gli avesse tenuto lemani sul capo, Filippo si sarebbe fatto turco.S. Francesco diceva di sé stesso: “Se un ladro-ne fosse stato ricolmo da Dio di benefici cosìgrandi, avrebbe corrisposto meglio di te, oFrancesco” (11). Così si pratica il terzo gradodi umiltà, come vedremo in seguito.

S. Alfonso raccomandava di non insuper-birsi mai nel vedere qualcuno cadere in fallo,ma compatirlo e tremare di noi stessi, chie-dendo al Signore di proteggerci. “Non vi èpeccato che faccia un uomo, che non possaessere commesso da un altro uomo”, dice S.Agostino. “Niente riesce meglio ad abbattereil mio orgoglio che un incidente di tal genere.Se cammino con più persone su uno strettosentiero sul bordo di un precipizio, c’è qual-cosa che possa darmi più di spavento, che ve-der cadere sotto i miei occhi la maggior partedi quelli che mi accompagnano?” (12). Cassia-no racconta che un certo monaco giovane,molestato da una tentazione, andò a trovareun padre vecchio per riceverne aiuto; maquello invece di dargli animo e consolarlo,l’avvilì rimproverandolo duramente e conamarezza, al punto da lasciarlo in preda alladisperazione. Ma il Signore permise che quelvecchio fosse tentato a sua volta dal demonioviolentemente, tanto che correva come unpazzo nel monastero. L’abate Apollo, infor-mato di quanto era accaduto, riconfortò ilgiovane e poi andò a trovare il vecchio, dicen-dogli che Iddio aveva permesso che fosse ten-tato così violentemente perché aveva disprez-zato quel povero giovane invece di compatir-lo. “Nessuno, concluse l’abate, può sostene-re… le insidie del nemico, se la grazia di Dionon aiuti e difenda la nostra fragilità” (13).

Perciò S. Paolo scriveva: “O fratelli, se ancheuna persona fosse colta in fallo, voi… correg-gete questo tale con spirito di mitezza, badan-do tu a te stesso, che alle volte non cada anchetu in tentazione” (Gal. VI, 1).

Il Santo Curato d’Ars dà dei consigli pra-tici per ben comportarsi con umiltà verso ilprossimo: “Non bisogna mai discutere con ipropri eguali; bisogna ceder loro in tutto ciòche non è contrario alla coscienza; non cre-dere sempre di aver ragione; quando la si ha,bisogna subito pensare che possiamo bensbagliarci, come è successo tante altre volte;e soprattutto non intestardirsi ad avere l’ulti-ma parola, cosa che rivela uno spirito super-bissimo” (14). S. Bernardo suddivide la prati-ca dell’umiltà verso il prossimo in tre gradi:1) Umiltà sufficiente: sottomettersi al mag-giore e non preferirsi all’uguale. 2) Umiltàabbondante: sottomettersi all’uguale e nonpreferirsi all’inferiore. 3) Umiltà sovrab-bondante: sottomettersi all’inferiore.

Ma le persone che ricoprono delle cari-che devono far attenzione che “volendotroppo osservare l’umiltà, non compromet-

50

Santa Caterina da Siena

Page 51: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

tano la forza dell’autorità” (S. Agostino).Poiché l’umiltà è principalmente una virtùdell’anima, potranno sempre mettersi al disotto del prossimo interiormente, usandomoderazione negli atti esterni per non nuo-cere ad altri (a. 3 ad 3).

Insomma il principio che deve guidarci èquesto: vedere nel prossimo ciò che Dio viha posto di bene sia sotto l’aspetto naturaleche soprannaturale; ammirarlo senza invidiae senza gelosia; stendere invece un velo suisuoi difetti scusandoli per quanto è possibile,ogni volta almeno che non siamo obbligati acorreggerli per dovere del nostro stato (15).

L’umiltà verso il prossimo non ha nulla ache vedere con il rispetto umano (timoredell’opinione e della collera dei malvagi, chedistoglie da Dio) o con la pusillanimità (cheritrae dalle grandi cose che bisogna compiereed inclina a cose meschine). L’umile infattis’inchina davanti a Dio, davanti a ciò che vi èdi Dio nel prossimo; ma non si piega davantial potere dei malvagi, come fa l’ambizioso,che si abbassa molto di più del necessario perottenere quanto desidera, e si abbassa servil-mente per giungere al potere. L’umiltà nonsfugge le cose grandi, ma al contrario rinfor-za la magnanimità facendo tendere umilmen-te a cose elevate. Queste due virtù appaionoin Nostro Signore: “Il Figlio dell’uomo non èvenuto per essere servito, ma per servire[umiltà] e dare la sua vita per la redenzione[magnanimità e zelo]” (Mt XX, 28) (16).

I gradi dell’umiltà

I santi ed i maestri della vita spiritualehanno proposto vari gradi o classifiche sullamaniera di praticare questa virtù. Sono noti i12 gradi della Regola di S. Benedetto; S. An-selmo ne contempla sette nel libro “De Si-militudinibus”; S. Bernardo, come si è già vi-sto, tre, nelle Sentenze; S. Ignazio, negli Eser-cizi, tre; S. Vincenzo de’ Paoli, nelle Costitu-zioni dei Missionari, tre. Noi seguiremo igradi dati da S. Bonaventura, commentatidal P. Rodriguez: sono anch’essi tre, di cui ilsecondo è suddiviso in quattro gradini.

Il primo grado

“Il primo grado di umiltà - scrisse S. Bona-ventura - consiste nel non stimarsi affatto e nelsentire bassamente di sé stessi; l’unico ed indi-spensabile mezzo perciò è la propria conoscen-za” (17). Già S. Bernardo aveva detto: “L’umil-

tà è una virtù con cui la persona, con la più ve-ra cognizione di se stessa, diventa vile a se me-desima… Non consiste nelle parole, né in certeesteriorità, ma nell’intimo del cuore, nel bassosentimento di sé… occorre che tutto ciò nascada una profondissima cognizione di se medesi-mi (…) Ricorda sempre tre cose: che cosa seistato, che cosa sei e che cosa sarai” (18).

Prima di essere creati da Dio eravamo nulla,non potevamo da soli crearci, darci l’essere: è ilSignore che per pura bontà ci ha tratto dall’abis-so del niente per farci diventare creatura: “Sequalcuno crede di essere qualche cosa, mentrenon è nulla, illude sé stesso” (Gal. VI, 3). Inoltre,dopo la creazione, non siamo capaci di sostener-ci da noi stessi. Quando il muratore ha costruitouna casa, la lascia ed essa si sostiene da sé; inve-ce noi dopo essere stati creati, abbiamo conti-nuamente bisogno di Dio per non perdere l’es-sere e la vita: “Tu, Signore, mi hai formato edhai posto la tua mano sopra di me” (Salmo 138,5). Infine la nostra vita passa come il vento (GbVII, 7), presto dovremo lasciare tutto e del no-stro corpo non resterà che polvere e cenere:“Memento homo quia pulvis es et in pulveremreverteris”. S. Francesco chiedeva questo nellapreghiera: “Chi sei Tu, o Signore, e chi sonoio?”. Lo stesso diceva il Signore a S. Caterina:“Ricordati che Io sono tutto e tu sei nulla”.

La conoscenza delle proprie colpe

Questa conoscenza è salutare, perché“quanto più uno diviene prezioso a Dio, tan-to più diviene vile a se stesso” (S. Gregorio).

Nel conoscerci e nel vedere che siamo nul-la davanti a Dio ci sembra di sprofondare.“Ma c’è maggior profondità del nulla? Sì! Ilpeccato” (19), il quale scava un abisso moltopiù profondo al nostro nulla, al punto che sa-rebbe stato meglio non esistere che aver pec-cato (Mt XXVI, 24). Se vogliamo veramentescrutare cosa abbiamo da noi stessi, alla fine sitroverà solo il male. S. Agostino pregava cosìIddio: “Che io possa conoscere me e conosce-re Te, per amare Te e disprezzare me”. “Co-me all’irrompere dei raggi del sole in unastanza appaiono subito gli atomi, così l’anima,illuminata dalla conoscenza di Dio, vede subi-to se stessa con le minime imperfezioni ed ipiù piccoli difetti; quindi ella considera difet-toso anche quanto un altro, privo di tanto lu-me, giudica buono” (S. Bonaventura) (20).“Quando considero me stesso - dice il Beatode la Colombière - con una certa attenzione, etrovo in me qualcosa di vergognoso che mi fa

51

Page 52: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

arrossire, e mi fa concepire del disprezzo edell’odio verso me stesso, riconosco che meri-to di essere disprezzato e odiato da tutti; edallora cerco di nascondermi più che posso,cammino con gli occhi bassi, non ardisco qua-si aprir bocca per dir il mio pensiero; se sonocalunniato, se mi vedo maltrattato, sopportoin silenzio tutti questi oltraggi, perché credodi essermeli meritati…”. È facile praticarel’umiltà per chi ha commesso un peccato gra-ve. Il peccato è un’azione vergognosa, che vacontro la giustizia, la ragione, il saper vivere: èl’azione più umiliante che si possa immagina-re. “Si può trovar un’audacia, una brutalitàpiù grande nell’oltraggiare un signore dalquale si è sempre ricevuto del bene, e che è ilsolo dal quale si può aspettare la felicità sia suquesta terra che per l’eternità? (…) Un mini-stro sperimentato negli affari, che trovandosiin una situazione da cui dipendeva tutto, si èlasciato sorprendere ad occhi chiusi ed è ca-duto nella trappola tesa, quest’uomo non osapiù lasciarsi vedere, pensa che tutti rimprove-rino la sua sconsideratezza, la sua negligenza.Un generale che è fuggito davanti al nemicoche poteva facilmente vincere e mettere in fu-ga, se si presenta a corte, sarà così confuso chefarà compassione anche ai suoi peggiori nemi-ci. Un magistrato che si vanta di pacatezza, eche in un’occasione si è lasciato trasportare inmaniera indecente. Un falso amico che si èfatto sorprendere in un indegno tradimento.Uno che si fa passare per uomo onorato e cheè accusato di essere ingrato e di rendere il ma-le per il bene. Una donna che per pura maliziaha mancato di fedeltà ad un marito tantoamabile, e s’è abbandonata ad un miserabile.Un avaro che ha commesso un’ingiustizia ma-nifesta o un assassinio per arricchirsi. Un em-pio, i cui sacrilegi sono arrivati alla conoscen-za del pubblico. Tutti costoro hanno certa-mente motivo d’arrossire. Chi ci darà gli occhiallora, chi ci darà la luce dei Santi per vederecome in un solo peccato si trovano riunite tut-te queste specie d’infamie; e come il peccato èancora un’infamia più grande, più detestabiledi tutte queste?…

Adamo aveva appena mangiato il fruttovietato e poiché fu illuminato da una luce chegli fece vedere la deformità del suo peccato,cercò le tenebre, dice S. Ambrogio, per na-scondere la sua vergogna; dopo la sua disob-bedienza si stimò indegno di vivere e di vede-re la luce, tanto che - benché non vi fosserouomini sulla terra - avrebbe voluto sprofonda-re per nascondere la confusione che sentiva…

Ci si meraviglia di vedere talvolta la mo-destia e la profonda umiltà dei santi. Per con-to mio, anche se avessero trascorso la loro vi-ta in una perfetta innocenza, non ne sareisorpreso; ma se nella loro vita avessero com-messo un solo peccato mortale, sarebbe vera-mente strano che, con tutte le luci che hannoricevuto, si trovassero men confusi ed umilia-ti di quel che sono.… Un cristiano che hapeccato mortalmente… ha crocifisso GesùCristo, l’ha fatto morire, per dir così, con leproprie mani: tanto basterebbe per disonora-re la sua posterità fin all’ultima generazione;ma quanto a lui, deve essere proprio insensi-bile o cieco, se non trova in ciò un grandissi-mo motivo d’umiliarsi fino alla morte”.

Alcuni sono talmente induriti, abbrutitidal peccato, che dopo un po’ si dimenticanodelle loro azioni indegne. “Un tale che avràl’impudenza di vantarsi dei suoi furti e deisuoi omicidi, se gli rinfacciate la pena che hameritato per questi crimini, lo vedrete tuttoconfuso e svergognato. Come può, uno cheha peccato mortalmente, ricordarsi del sup-plizio che gli è stato preparato, ed avere an-cora qualche sentimento d’orgoglio? Chefortuna per la maggior parte di noi che il Si-gnore sia infinitamente misericordioso! per-ché se la sua clemenza non avesse fermato lasua collera, a quest’ora bruceremmo comedisperati… Se ora non stridiamo con i dentiin mezzo a quelle spaventose fiamme, certa-mente non è dovuto al fatto che siamo statipoco criminali. I nostri disordini hanno do-mandato vendetta contro di noi, siamo statinelle mani del nostro Giudice, convinti di es-sere pieni di crimini, e siamo stati giudicatidegni del tormento eterno, siamo stati, percosì dire, fin sotto la forca; e mentre eravamoin questo stato sì deplorevole, sono stati giu-stiziati mille altri, che non erano più colpevo-li di noi. Si vede ancora all’Inferno il postoche ci era stato destinato, e forse cento milio-ni di dannati bestemmiano Dio, e lo bestem-miano eternamente perché ha risparmiatonoi che eravamo meno degni di una tale in-dulgenza. Questo pensiero ha tenuto i più ce-lebri penitenti in una profonda umiltà: parlodi un san Pietro, d’una santa Maddalena, diquei santi che per di più sono stati assicuratida Dio della loro riconciliazione” (21).

Noi invece ignoriamo se i nostri peccatisiano stati perdonati, non sappiamo neanchese siamo in stato di grazia o no: non è questoun altro motivo per umiliarsi profondamen-te? «“Appunto perciò Dio non volle che sa-

52

Page 53: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

pessimo se siamo in grazia sua - scrisse S.Gregorio - perché avessimo di sicuro un’altragrazia: l’umiltà”. (…) Può darsi che costui,benché abbia commesso più peccati di me, siagià perdonato e in grazia di Dio, mentre ionon so ancora con certezza di esserlo» (22).

“S. Agostino soleva dire, afferma ancora ilBeato de la Colombière, che i Sacerdoti cheerano vissuti più santamente non dovevanoomettere di far penitenza in punto di morte,nell’incertezza che il loro primo pentimentofosse stato accettato da Dio… Cristiani,quando voi avete offeso Dio, avete commessouna colpa che tutte le lacrime dei penitenti,tutti i digiuni degli Anacoreti, tutto il sanguedei Martiri, tutte le pene di questa vita e tuttii tormenti dell’altra non sono capaci di ripara-re; chi dunque vi ha assicurato che l’aveteespiata questa colpa, voi che non avete fattoun digiuno, non versato una lacrima, ma cheal contrario avete continuato a risparmiare ilvostro corpo ed a procurargli ogni sorta di de-lizie? Avete domandato perdono a Dio, comeDavide; ma se ve l’ha rifiutato, come a Saul,come a Baltazar, come ad Antioco, come aGiuda, e a tanti altri? Nihil mihi consciussum, diceva san Paolo, sed non in hoc justifi-catus sum; qui autem me judicat Dominus est(23), non mi sento colpevole di nulla, ma a co-sa serve questa calma della mia coscienza? Èil Signore che mi giudica, e può essere che ilsuo giudizio sia completamente opposto allatestimonianza che mi dà la mia coscienza; quiautem me judicat Dominus est” (24).

“Ci sono certi che pensano sempre al po-co bene che fanno, che dimenticano il malecommesso. Invece i buoni e gli eletti, benchédivenuti ricchi di virtù, considerano sempreil male da essi fatto e riflettono di continuosui propri difetti e imperfezioni” (25).

Fiducia in Dio

Se da un lato non bisogna troppo fermar-si nella contemplazione delle proprie mise-rie, ma nel pensare alla Bontà di Dio dob-biamo mettere tutta la nostra fiducia in Lui,d’altro lato non dobbiamo neanche tropposoffermarci sulla Bontà divina, ma ancorauna volta rientrare in noi stessi. Così si com-portava S. Caterina. Quando il demonio latentava per persuaderla che si era sempre in-gannata, lei confessava umilmente che tuttala sua vita era trascorsa nelle tenebre, e si sa-rebbe nascosta nelle piaghe di Gesù Croci-fisso. Quando invece voleva spingerla ad

un’eccessiva confidenza, dicendole che leiera perfetta e grata a Dio, allora la santapiangeva e si affliggeva dei propri difetti, alpunto che il demonio, stanco di sopportaretanta umiltà e confidenza in Dio, le disse:“Sii maledetta tu e chi ti ha insegnato, poi-ché ormai non so più come pigliarti”. E cosìsconfitto la lasciava in pace. “Guardate dinon confidare mai nelle vostre risoluzioni enella vostra buona volontà presente, ma ri-ponete tutta la vostra confidenza in Dio, di-cendo sempre: Omnia possum in eo qui meconfortat, posso tutto, non in me ma in Dioche mi dà la forza (Filipp. IV, 13)… ed allorasperate di fare grandi cose” (26).

Perciò, anche se abbiamo la disgrazia dicadere in peccato o in qualche difetto, non bi-sogna diffidare, né disperarsi, ma umiliarsi epentirsi, perché così impariamo sempre me-glio a conoscere la nostra debolezza, e a met-tere tutta la nostra confidenza in Dio. Lo sde-gnarsi con se stessi dopo un difetto non èumiltà, ma superbia ed artifizio del demonioche ci fa esclamare meravigliati: “Come maison caduto in quella mancanza?”; vuole conciò farci scoraggiare ed abbandonare la vitacristiana, la via della perfezione. Se invece ab-biamo coscienza della nostra miseria non cimeravigliamo affatto, ma chiediamo a Dio conmaggior confidenza di soccorrerci perché ab-biamo veramente bisogno della sua misericor-dia. Disse il Signore a S. Gertrude: “Quandouno ha una macchia sulla mano, lava la manoe quella resta più netta di prima; così l’animadopo il difetto, purificandosi col pentimento, sirende più grata di prima agli occhi miei”.

L’incertezza della salvezza

Sappiamo che il nostro futuro è incerto: ciònon riguarda soltanto gli avvenimenti della no-stra vita, ma soprattutto la nostra condotta.Come ci comporteremo domani? E dopodo-mani? E il giorno dopo? Siamo sicuri di noncadere in qualche colpa? E se cadiamo, siamosicuri di saper domandare perdono a Dio?Ch’Egli ci lascerà il tempo di pentirci? “Gliuomini più santi possono perdere la grazia diDio, possono perderla con i peggiori peccati,possono perderla e non ritrovarla mai più; perquanto siano pieni di zelo, non sanno se perse-vereranno… Benché ora siate fervente, potetecambiare e non più rimettervi sulla buonastrada, e dovete pure temere di essere inco-stante nel bene, ostinato nel male dopo la ca-duta… Un tale pecca oggi, ma può darsi che si

53

Page 54: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

rialzi domani; e forse io peccherò domani pernon riprendermi più… Quando il buon ladro-ne si faceva temere con i suoi omicidi e le suerapine, chi avrebbe pensato ch’egli sarebbe sa-lito in Cielo con Gesù Cristo? Invece quandoGiuda seguiva Gesù, quando faceva miracoliin suo nome, chi avrebbe potuto credere cheera sul punto di scendere all’Inferno nello stes-so momento in cui il Figlio di Dio moriva persalvare il genere umano?… Se fossimo sicuridi perseverare nel bene fino alla morte, po-tremmo gustare una gioia dolcissima, ma nondovremmo mai gonfiarci d’orgoglio, poiché,anche in tal caso, la perseveranza non sarebbefrutto dei nostri meriti, ma puro effetto dellamisericordia di Dio, una grazia totalmente gra-tuita. Ma quanto siam lontani dal trovarci inuna situazione così vantaggiosa! La nostra vitapassata deve farci inorridire, oggi ancora le no-stre azioni più sante sono piene di mille difetti:quanto all’avvenire, è un abisso imperscrutabi-le conosciuto solo da Dio. So che posso cam-biare, ritornare al peccato, ostinarmi e morirein quelli; so che questa disgrazia è tanto più vi-cina quanto meno ci si pensa. Chi mi ha assicu-rato che io non sono uno di quei reprobi, dicui parla S. Agostino, che Iddio sostiene perun certo tempo affinché la loro conversioneincoraggi gli eletti, e che poi lascia cadere, pertenere i medesimi eletti in una diffidenza salu-tare? Io cammino in mezzo a mille trappole,mille insidie, mille nemici; non so se riuscirò asalvarmi da tanti pericoli: in ogni caso è certoche, se me n’esco fuori, ciò non avverrà se noncon l’aiuto dell’umiltà. Siate dunque umili, cidice S. Paolo, non cessate mai di temere: Nolialtum sapere, sed time (Non levarti in sapienza,ma temi, Rom. XI, 20).

Temete i peccati della vostra gioventù,che sussistono forse ancora nella macchiache hanno impresso alla vostra anima, enell’odio del Signore che si sono meritati diconseguenza. Temete i vostri peccati presen-ti: per leggeri che vi sembrino, vi possonoimpedire di ricevere certe grazie decisive, dacui dipende la vostra salvezza. Temete i vo-stri peccati futuri, che forse in poco tempo virenderanno uguali agli uomini più scellerati:Noli altum sapere, sed time.

Temete Iddio, senza il cui aiuto cadretein questo stesso istante nei più orribili disor-dini; temete il mondo, il cui alito è tanto con-tagioso; temete il demonio, i cui artifizi sonotanto sottili; temete voi stessi, che siete tantodeboli, tanto incostanti; temete i vostri oc-chi, le vostre orecchie, tutti i vostri sensi, che

sono altrettante porte da cui può entrare ilpeccato; temete le vostre passioni, che ad es-so vi portano, vi trascinano anche senza chelo vogliate; temete perfino le vostre buoneazioni, anche le vittorie che riportate su voistessi e sulle tentazioni, poiché, secondo S.Cipriano, il demonio non è mai così temibile,come quando è stato vinto, perché allora ap-profitta della sua sconfitta per portarci allavanagloria. Infine temete soprattutto quellasuperbia che Dio non può tollerare, quellavana confidenza che vi condurrà a perderviinfallibilmente” (27).

S. Tommaso e S. Agostino insegnano cheAdamo cadde non perché sedotto dal ser-pente (28), ma perché, non avendo ancoraprovato i rigori della giustizia divina, pensòdi essere talmente caro a Dio, che Dio stessonon avrebbe eseguito la minaccia di morte eperciò acconsentì a mangiare la mela. Lostesso capita a noi: pur ammettendo l’esi-stenza dell’Inferno, crediamo che i nostrimeriti e le nostre virtù ce lo faranno evitare.“Se il primo movimento dell’orgoglio inAdamo fu di credersi personalmente al ripa-ro dalla pena annunciata da Dio, il primogrado d’umiltà consisterà per ciascuno deisuoi discendenti nel credersi personalmenteesposti al pericolo di cadere un giorno inquesti abissi di fuoco. Nessun uomo infatti,finché è su questa terra, può esser certo,tranne per rivelazione speciale, di morire instato di grazia” (29). Le cadute di Davide, diS. Pietro ci dimostrano che non dobbiamomai presumere delle nostre forze. Questo S.Teresa raccomandava alle sue figlie: “In que-sta vita non si può mai avere sicurezza…Non fidatevi né della stretta clausura, né del-la penitenza che fate. Nemmeno vi assicurila vostra costante occupazione nelle cose diDio, nel continuo esercizio dell’orazione enel ritiro assoluto dal mondo, che vi pare an-zi di odiare. Tutto questo è buono; ma nondeve bastare a farvi smettere di temere. Ri-petete invece quel che dice il salmo, e ricor-datelo spesso: Beatus vir qui timet Dominum[Beato l’uomo che teme il Signore]” (30).

Il secondo grado dell’umiltà

«Scrisse San Bonaventura che “il secondogrado di umiltà consiste nel desiderare di es-sere disprezzati dagli altri: nel desiderio dinon essere conosciuti, né stimati e che nessu-no faccia conto di noi”» (31). Questo gradopuò essere raggiunto solo da chi già pratica il

54

Page 55: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

primo: difatti se veramente conosciamo noistessi per quello che siamo, ci disprezziamoed allora non ci ripugna che anche gli altri citengano in poco conto. Cassiano racconta chel’abate Serapione andò a visitare un monaco,il quale mostrava una grande umiltà nel ve-stire, nei gesti, nelle parole e si dichiarava talpeccatore da non meritare l’aria che respira-va. Dopo essersi intrattenuto un po’ con lui,l’abate gli diede con dolcezza qualche consi-glio sulla vita da condurre in monastero: mail monaco se ne risentì a tal punto da non po-ter neanche dissimulare il suo rammarico; Se-rapione gli fece notare questa contraddizio-ne, segno di superbia non domata; quella suaumiltà infatti era solo apparente. Dice S.Gregorio: «Spesso pretendiamo ciò con lanostra ipocrisia e finte umiliazioni, che quan-to sembra umiltà è invece grave superbia,poiché talvolta ci umiliamo per essere lodatidagli altri e per essere giudicati umili e buoni.Come dice anche il Savio: “Vi sono alcuniche si umiliano fintamente, mentre il loro cuo-re è pieno di inganno” (Eccl. 19, 23)» (32).Quante volte non accettiamo le osservazioniche ci vengono fatte per il nostro bene, percorreggerci. «Quella religiosa dice di esser lamaggior peccatrice del mondo, di meritarmille inferni; ma se poi la badessa o un’altrasorella l’avverte dolcemente di qualche cosain particolare o pure in generale della sua tie-pidezza o del poco buon esempio che dà, su-

bito prende la spada a difendersi e si mette intuono dicendo: “E che cosa di male o di scan-dalo avete veduto in me? badereste meglio acorreggere le altre, che fanno cose che nonfaccio io”. Ma come? Voi poc’anzi avete det-to che per i vostri peccati meritate mille in-ferni, ed ora non potete soffrire una parola?Dunque la vostra umiltà è mera umiltà dibocca, ma non è l’umiltà raccomandata daGesù Cristo, ch’è umiltà di cuore» (33). Così avolte domandiamo spiegazioni su come ab-biamo fatto o detto una certa cosa e chiedia-mo che ci vengano detti anche i difetti che làsi trovano: ma è una superbia, perché inrealtà vogliamo avere lodi. Altri si criticano,aspettando che qualcuno li contraddica di-cendo: “Non è vero, non dir così, hai agitobene”. Ci capita pure di esagerare i nostri di-fetti, affinché i presenti, notando che abbia-mo un così basso concetto di noi, pensino chein realtà non siamo tanto cattivi, bensì moltoumili. Con tutti questi artifici dissimuliamo lanostra superbia sotto il manto dell’umiltà. Bi-sogna quindi, per avere un basso concetto disé, essere ben fondati sulla conoscenza di noistessi e, a partire di lì, per mezzo di quattrotappe o gradini, si arriverà al secondo grado:il desiderio di essere disprezzati.

Primo gradino

Consiste nel non desiderare di essere ono-rato, anzi fuggire tutto ciò che è inerenteall’onore. Non dobbiamo lodarci davanti aglialtri per qualcosa di buono che abbiamo fat-to, o della nostra destrezza, abilità, ingegno-sità, né dobbiamo raccontare ciò che è statodetto a nostro vantaggio. Anzi dobbiamo cer-car di nascondere il bene che abbiamo o fac-ciamo: preghiere, penitenze, elemosine, servi-zi resi ad altri, grazie interiori ricevute, altri-menti imitiamo i farisei, che amavano i primiposti e volevano esser visti da tutti quandoadempivano ad una prescrizione della Legge.I preti della Missione, fondati da S. Vincenzode’ Paoli, vennero a sapere per puro caso cheil santo da giovane era stato prigioniero eschiavo in Tunisia, che lì aveva convertito ilsuo padrone, ed era riuscito a farlo riconcilia-re con la Chiesa. Diceva S. Ilario: “Ogni onordel mondo è affare del demonio” che cosìconquista anime per l’inferno. L’ambizionedegli onori procura rovine e, in religione,comporta in più disonore e vilipendio per laChiesa. “Dove sono puntigli d’onore non visarà mai spirito” diceva S. Teresa. E S. Fran-

55

San Luigi Gonzaga

Page 56: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

cesco Saverio: “È indegno di un cristiano, chedeve sempre tenere davanti agli occhi le igno-minie di Gesù Cristo, desiderare e compiacer-si di vedersi onorato”. Il Santo Curato d’Arsricevette un’onorificenza, ma la rinviò al mit-tente sentendosene indegno. Le folle cercaro-no più volte di proclamare Nostro Signore re,ma Egli sfuggì, benché ne avesse diritto, perdarci l’esempio; e per lo stesso motivo piùvolte disse di tacere sui miracoli e guarigioniche operava. «Se una signorina - dice il Cura-to d’Ars - ha un bell’aspetto o crede di averlo,la vedrete camminare misurando i suoi passi,con affettazione, con un orgoglio che sembrasalire fino al cielo. Ha delle camicette, dei ve-stiti? Lascerà il suo armadio aperto per farlivedere». Ci si inorgoglisce della famiglia, deifigli, dell’auto, della casa che si ha, di riuscirebene negli affari. Anche delle cose spirituali:sapersi confessare, pregare il Signore, essere ipiù modesti in chiesa. «Se una sarta, un sartosaranno ben riusciti a fare una gonna o unabito alla perfezione e si troveranno a vederpassare per strada le persone che ne sono ri-vestite, diranno: “Le sta proprio bene!”. Eperché diranno ciò? Per far vedere che sonoveramente bravi. Ma se non sono riusciti be-ne, si guarderanno dal parlarne, per timored’essere umiliati… Un operaio, un tagliale-gna, se lavora in un luogo dove passa moltagente, metterà tutta la sua attenzione “affin-ché, dirà, quando passa qualcuno, non dicache non so lavorare”» (34). “Ti lodi lo stranie-ro, ma non la tua bocca” afferma la Scrittura(Prov. 27, 2). Chi si loda s’imbroda, si suol di-re. Quando dobbiamo parlare di noi, dellenostre cose, cerchiamo di abbassarci e mai diinnalzarci: con l’abbassarci non possiamonuocerci, mentre per un poco che c’innalzia-mo più del vero, ci facciamo gran danno. “Chipassa sotto una porta, se abbassa la testa piùdel necessario, non può farsi male; ma se nonl’abbassa quanto bisogna, per un dito di piùche la tiene alzata, urterà con la fronte e siromperà il capo. Allorché dunque parlate divoi, badate più presto a dire il male che il be-ne… Il meglio sarà, stando in una conversa-zione, che di voi non ne parliate affatto né inbene né in male… perché molte volte ancheparlando noi di cose di nostra confusione, vis’intromette un’occulta e fina superbia… sor-ge in noi il desiderio di esser lodati, o almenod’esser tenuti per umili. Ciò non s’intendequando parlate col confessore, al quale sem-pre giova lo scoprire i difetti e le cattive incli-nazioni” (35).

Secondo gradino

Consiste nel sopportare con pazienza diessere disprezzato dagli altri. Quando capital’occasione di soffrire qualcosa, dobbiamosopportarla in santa pace: “Tutto ciò che tisuccede accettalo; nel dolore sopporta, ed ab-bi pazienza nell’umiltà” (Eccl. II, 5). “Moltiseguono l’ombra, dice S. Gregorio, ossial’apparenza dell’umiltà, ma pochi la realtà.Cessino tutte le finte, scompaiano tutte leesteriorità ipocrite: il vero umile si riconoscedalla pazienza” (36). Scrive l’autore dell’Imi-tazione: “Quanto piace agli altri riuscirà equello che piace a te non avrà effetto. Siascolterà quanto dicono gli altri e invece nonsi farà alcun conto di ciò che dici tu. Gli altrichiedono e ottengono; invece tu non otterraiquanto domanderai. Agli altri sarà affidatoquesto o quell’altro incarico, ma tu sarai giu-dicato capace di nulla. Per tutto ciò, talvoltala natura si contristerà e sarà gran cosa seriuscirai a sopportarlo in silenzio”. Riceviqueste occasioni come medicina per curartidalla superbia, dice S. Doroteo.

Occorre non disturbarsi nelle riprensioni,giuste o ingiuste che siano. “Chi si turba in ve-dersi ripreso, è segno che non è ancora umile;e perciò deve pregare il Signore che gli doniquesta virtù… Chi si sdegna d’esser ripreso,non va per la via dei giusti, ma dei peccatori:cioè, per la via dell’inferno” dice S. Alfonso(37) e riporta un fatto narrato da S. Beda. Duemonache non tennero in conto una riprensio-ne fatta loro e così andarono di male in peg-gio finché fuggirono dal loro convento di Fa-remoutier. Ritrovate e ricondotte alla clausu-ra, la Badessa S. Burgondofara, le interrogò equelle ammisero di esser arrivate a tal eccessoper non aver ascoltate le sue riprensioni. Mapoco dopo caddero entrambe malate e nonvollero confessarsi; arrivate in fin di vita, gri-davano: “Aspettate un poco, aspettate un po-co” e rivolte alle altre monache che non capi-vano a chi parlassero, dicevano: “Non vedetelà quella turba di neri Etiopi che vengono apigliarci?”. Ed infatti apparvero certe ombrespaventose, che con voce orribile chiamavanole due misere inferme, e quelle seguitando agridare: “Aspettate, aspettate” spirarono infe-licemente senza sacramenti.

Dice il Crisostomo che il giusto, quando èritrovato in difetto, geme per l’errore com-messo. Il peccatore geme anche lui, non perl’errore fatto, ma perché il suo errore è statoconosciuto: ed allora non cerca di pentirsi,

56

Page 57: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ma si difende e si sdegna con chi lo corregge.Dobbiamo ringraziare chi ci riprende di qual-che mancanza, perché ci mostra la via dellaperfezione: tutti noi siamo pieni di difetti e dimiserie e l’unico rimedio a tanti mali consistenell’umiliarci quando li conosciamo o ce lifan conoscere. Difatti le adulazioni inganna-no, ma le correzioni danno la saggezza (38).

Terzo gradino

Il terzo gradino consiste nel non ralle-grarci quando siamo stimati dalla gente. Se èfacile non curarci delle lodi quando non sihanno, è ben difficile non apprezzarle quan-do si ricevono. S. Gregorio dice che tra i su-perbi e gli umili vi è questa differenza: i pri-mi si rallegrano quando sono lodati, anchese si dice di loro una bugia, perché pretendo-no di essere stimati dalla gente, e così si ral-legrano per aver ottenuto quel che cercava-no. I secondi invece si confondono e si rattri-stano, perché vedono di non avere quei pre-gi che gli sono attribuiti e temono, col com-piacersene, di perdere i meriti che hanno ac-quisito, e di sentire Nostro Signore dirgli, nelgiorno del Giudizio: “Hai ricevuto la tuaparte di beni nella tua vita” (Lc XVI, 25),cioè hai già ricevuto il tuo premio, adessonon ti tocca più niente. “Come nel crogiolosi prova l’argento e nel fornello l’oro, cosìl’uomo si prova per la bocca di chi lo loda”(Prov. 27, 21). “Pertanto voi nel vedervi ono-rata con lodi o con atti di distinzione, scriveS. Alfonso, mettetevi sotto terra, e tremateche quell’onore non sia causa di caduta e diperdizione. Pensate che la stima degli uomi-ni è forse la maggior disgrazia che possa ac-cadervi: poiché può contaminarvi il cuorecol fomentare la vostra superbia e così essercausa della vostra dannazione… Persuadete-vi che con le lodi altrui voi non diventate mi-gliore. Dice S. Agostino che come gli obbro-bri di chi ci ingiuria non ci tolgono i meritidelle virtù, così gli applausi di chi ci loda nonci rendono migliori di quel che siamo” (39). S.Francesco si annientava «agli occchi propri edegli altri, ricordando quel detto di Gesù:“Ciò che è grande secondo gli uomini è abo-minevole davanti a Dio” (Lc XVI, 15). Gliera abituale anche questa espressione:“Quanto l’uomo vale agli occhi di Dio, tantoè e non di più”» (40). S. Luigi Gonzaga avevaun così basso concetto di sé, che “occultavacon mirabile silenzio ogni sua grandezza… alsolo sospetto della lode arrossiva subito…

Una volta avendo fatto al refettorio una pre-dica molto giudiziosa e spirituale sulla Puri-ficazione della B. Vergine, da tutti meritata-mente lodata,… divenne tutto rosso e mo-strò di sentire quelle lodi con dispiacere edumiltà” (41). Perciò se ci lodano “non dobbia-mo prenderne piacere; dobbiamo cercare dicambiar discorso, attribuendo a Dio il suc-cesso di cui ci lodano oppure far sapere chequesto ci fa della pena ed allontanarci, se lopossiamo” (42). E dentro di noi, ripensandoai nostri difetti, dobbiamo dirci: “Costoro milodano, ma io che mi conosco meglio di essi,vedo che queste lodi son false; e Dio lo vedemeglio di me… sa bene che non merito ono-ri ma merito tutti i disprezzi della terra” (39).

Quarto gradino

Il quarto gradino consiste nel desiderareche non si tenga conto di noi e di essere di-sprezzati dagli altri, quindi nel rallegrarci deldisonore, delle ingiurie e dei vilipendi. “Il ve-ro umile, dice S. Bernardo, desidera esseregiudicato non umile, ma vile e si rallegra diciò”. E in questo imiterà Nostro Signore, chefin dalla nascita, per amor nostro, preferì di-sprezzo e disonore, fu saziato d’oltraggi (Lam.3, 30), calunniato, tradito, trattato come unfolle, considerato peggio di Barabba, crocifis-so come un malfattore. Gli Apostoli eranocontenti di soffrire qualcosa per Lui (Atti V,41), S. Paolo si compiaceva delle infermità,violenze, persecuzioni patite per il Cristo (IICor. XII, 10). S. Ignazio nelle Regole racco-mandava di “accettare e desiderare quantoCristo amò e abbracciò… senza offesa delladivina Maestà e senza peccato del prossimo,patire ingiurie, villanie, false testimonianze edessere considerati pazzi, per desiderio di asso-migliare ed imitare, in qualche modo, il nostroRedentore e Signore Gesù Cristo”.

Se siamo accusati ingiustamente, subitoci giustifichiamo per difendere la verità: in-vece chi vuol praticare questo gradod’umiltà non si scusa. Se la Maddalena sifosse scusata quando la sorella Maria la rim-proverava di non aiutarla nel lavoro, o quan-do la si accusò di scialacquare il profumo,avrebbe perso la pazienza e l’umiltà. E il Si-gnore stesso si preoccupò di difendere la suareputazione. “Colui che vuol giustificarsi, di-ce S. Alberto Magno, non potrà comprende-re i misteri che Dio rivela solo ai piccoli”.Davanti alle accuse di Caifa, di Erode, di Pi-lato, Gesù taceva, tanto che Pilato, ne rimase

57

Page 58: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

stupefatto (Mc XV, 5): “Egli ammirava, da-vanti alla valanga di ingiurie e calunnie, que-sta meravigliosa pazienza, quest’attitudinedolorosa e piena di dolcezza allo stesso tem-po, nella quale non c’era nulla di disprezzo,altezzosità, durezza, nulla che sentiva l’orgo-glio dello stoico; era confuso di vedere il co-raggio di quest’uomo che rischiava la piùterribile morte, che poteva dire una sola pa-rola per liberarsi, e che taceva… Nostro Si-gnore ha voluto espiare con questo silenzioeroico tutte le colpe che commettiamo ce-dendo al bisogno che ci prude di scusarci adogni costo davanti agli uomini, quando sia-mo accusati o sospettati di qualcosa, a tortoo a ragione” (43). S. Pafnuzio fu accusato daun confratello geloso di aver rubato un libro,e Pafnuzio non si scusò, ma accettò la peni-tenza che gli fu inflitta di restare due setti-mane alla porta della chiesa e prosternarsiogniqualvolta passavano i confratelli, chie-dendo loro perdono. Ma Iddio non permisel’ingiustizia: l’autore della denuncia cadde inpreda al demonio che lo tormentò terribil-mente e l’obbligò a svelare il suo crimine. In-vano si cercò di esorcizzarlo, finchè soloall’invocazione del nome di Pafnuzio il mise-ro fu liberato.

«Se volete acquistare la perfetta umiltà,procurate di accettare con pace tutti i di-sprezzi e maltrattamenti che vi vengono fat-ti… I superbi, poiché si stimano meritevolidi ogni onore, convertono le umiliazioni ri-cevute in aumento di superbia; ma gli umili,poiché si stimano meritevoli di obbrobrio,convertono i disprezzi fatti loro in aumentodi umiltà… Sono buone le umiliazioni chefacciamo da noi, come servire i malati, ba-ciare i piedi a chi si sente offeso… ma le mi-gliori umiliazioni son quelle che ci vengonofatte dagli altri, le riprensioni, le accuse, leingiurie, le derisioni, quando noi le abbrac-ciamo con pace per amore di Gesù Cristo.“L’oro si prova nel fuoco, gli uomini invecenel crogiolo dell’umiliazione” (Eccl. 2, 5) e S.Maria Maddalena de’ Pazzi diceva: “La virtùsenza prova non è virtù”» (44). Molti piango-no i loro peccati, ma non possono sopporta-re che si manchi loro di stima e di rispetto:ma se non facciamo morire il nostro amorproprio, non potremo migliorarci. S. Bernar-do diceva che non aveva trovato rimedio piùadatto a guarire le piaghe della sua animache le ingiurie e i disprezzi. Perciò S. Alfon-so consiglia di considerarci come un canemorto e infracidato, in modo da meritare di

essere aborriti da tutti; di reputare i nostrimigliori amici quelli che ci disprezzano per-ché ci aiutano ad umiliarci; di ricordarci chele croci e gli affronti sono il segno della dile-zione particolare di Dio. “Tutti quelli che vo-gliono vivere piamente in Gesù Cristo, soffri-ranno persecuzione” (II Tim. III, 12).

Non c’è vera virtù se non si pratica conletizia. S. Francesco affermava che era un ri-medio sicurissimo contro le insidie del demo-nio: “Il diavolo fa grande tripudio quandopuò togliere la gioia dallo spirito ad un servodi Dio… Quando i cuori sono pieni di spiri-tuale letizia, invano il serpente schizza fuoriil suo veleno mortale. I demoni non possonooffendere il servo di Cristo, quando lo vedo-no pieno di santa gioia” (45). Anche i disprez-zi devono essere sopportati con animo sere-no. Fra Gineprio, francescano, quando rice-veva ingiurie, prendeva la tonaca a mo’ di bi-saccia come se raccogliesse gemme. Il PadreMaffei narra che ad un gesuita, mentre predi-cava in Giappone, fu sputato in faccia da uninsolente: ma il padre senza scomporsi siasciugò col fazzoletto e continuò la predicacome se nulla fosse successo. Uno degliascoltatori vedendo ciò si convertì, pensandogiustamente che una così grande umiltà nonera solo umana, ma divina. Il Signore rivelò aS. Angela da Foligno che il segno per ricono-scere le vere ispirazioni divine consiste neldesiderio di voler soffrire pazientemente conumiltà. Ed in ciò realizzeremo la più sublimedelle beatitudini: “Beati voi, quando vi ol-traggeranno, e mentendo, diranno di voi ognimale per causa mia; rallegratevi ed esultate,perché grande è la vostra ricompensa nei cie-li” (Mt V, 11-12).

Il terzo grado dell’umiltà

Consiste non solo nel conoscere specula-tivamente che ogni bene ci viene da Dio,questo ce lo dice la Fede e tutti i cristiani losanno, ma anche nel conoscere tutto ciòprofondamente, nell’esercitarlo praticamen-te, con la disposizione d’animo di chi vedequesta verità quasi con i suoi occhi, e la toc-ca quasi con le sue mani. Sentire, riconosce-re che i benefici ricevuti da Dio sono donidella sua generosità è una grazia particolare.S. Paolo l’esprimeva bene: “Non abbiamo ri-cevuto lo spirito di questo mondo, ma quellodi Dio, per conoscere e sentire in noi i doniricevuti dalla sua mano” (I Cor. II, 12). Per-ciò S. Pietro chiese a Gesù di allontanarsi da

58

Page 59: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

sé, sentendosi gran peccatore. Un giorno cheS. Gemma fu riempita di grazie molto gran-di, diceva così di sé: “Gesù ha operato dinuovo il miracolo della mia conversione; eper il lume che si è degnato di darmi, sonovenuta ad acquistare la cognizione della miabassezza” e si vergognava di non avere amo-re verso Nostro Signore (46). S. Maria Mar-gherita Alacoque si meravigliava che il Si-gnore si abbassasse fino a lei, così vile ed im-perfetta, al punto che sospettava che le rive-lazioni ricevute fossero un inganno del de-monio (47). Un frate in viaggio con S. France-sco, mentre pregava in una chiesa, fu rapitoin estasi, vide il Paradiso e notò un seggioche spiccava su molti altri. «Stupito, comin-ciò a pensare tra sé con ansia: “Chi occuperàquel trono?”. Una voce dall’alto si fece allo-ra sentire: “Appartenne ad uno degli Angeliribelli, ed ora è riservato all’umile France-sco”. Tornato in sé dopo quell’estasi, seguì alsolito modo il padre, che s’era messo in cam-mino… e ad un certo punto, volle tentarecon destrezza l’animo del santo:

- Frate Francesco, che pensi tu di essere?- Io? Il più grande peccatore del mondo.- Ma non puoi dire né pensare questo

nell’animo tuo.- Se da Cristo fosse stato con tanta libe-

ralità ricolmo di grazie un uomo quanto maimalvagio, penso che gli sarebbe stato assaipiù grato di me.

All’udire quelle parole… [il frate] si convin-se che la visione veniva veramente da Dio» (48).

S. Bernardo afferma che non è gran cosal’umiliarsi nella povertà e nell’abiezione, per-ché ciò di sua natura aiuta a conoscere séstessi; ma se uno è stimato e riverito da tutti,considerato santo, eppure si conserva salda-mente nella verità del suo nulla, come se inlui non vi fosse niente di quanto si dice, que-sta è una rara e perfetta virtù. Infatti nel suocuore non vi è nessuna vanità né attaccamen-to all’onore manifestato dal mondo, poiché sadistinguere, come rispose S. Francesco al Ve-scovo di Terni, quanto è da Dio e quanto è dasé stesso. S. Paolo riconosceva che di suo ave-va le debolezze, e solo per la grazia di Dio eraquel che era (49). S. Gertrude stimava un mira-colo che non si aprisse la terra sotto i suoi pie-di e non l’ingoiasse per i suoi peccati.

S. Benedetto scrive che per essere umilioccorre avere l’intimo sentimento di essere ilpiù indegno e spregevole di tutti: “Ma io poisono un verme e non un uomo; obbrobrio de-gli uomini e rifiuto della plebe”; “Buon per

me che mi hai umiliato, perché impari la tualegge” (50). Queste parole del profeta Davidesi riferivano a Nostro Signore, il quale duran-te la sua Passione soffrì abbandono e di-sprezzo, e l’umile le può attribuire a sé: “Iosono un verme, non un giumento da soma…che rende servizio al suo padrone; neancheun cane che almeno gli tiene compagnia, maun verme della terra, cioè l’animale più insi-gnificante e più inutile che esista. E non unuomo: ho perduto l’immagine di Dio che eraimpressa in me… È stato un bene per me chetu mi abbia umiliato, cioè: ti rendo grazie diavermi chiamato a questo stato di abbassa-mento, illuminandomi sulla mia indegnità esulla mia debolezza; questo mi ha fatto com-prendere la necessità di approfondire i tuoicomandamenti, e di osservarli alla lettera,per uscire dalla mia miseria” (51).

S. Paolo eremita piangeva dicendo:“Guai a me peccatore, che ingiustamenteporto il nome di monaco”. S. Maria Madda-lena de’ Pazzi esortava le suore a stimarsi in-degne di baciar la terra che calpestavano leconsorelle. Il Beato J. de Avila narra che unapersona di gran virtù, avendo pregato Dioche le facesse vedere com’era l’anima sua,ottenne la grazia e la vide così deforme edabominevole, benché avesse solo peccati ve-niali, che esclamò: “Signore, per misericor-dia, levatemi dagli occhi questo mostro!”(52). Diceva S. Agostino: “Oh se le genti sa-pessero e capissero che non hanno di chegloriarsi in sé, ma soltanto in Dio! Se il Si-gnore ci mandasse una luce dal Cielo con laquale, dissipate le tenebre, conoscessimo chenon vi è alcun bene, né forza nelle cose crea-te, oltre quello che il buon Dio ha voluto da-re e vuol conservare” (53). “Conosce benel’umiltà soltanto chi ha la grazia di essereumile” dice S. Lorenzo Giustiniani, perciò cisembra incomprensibile quel che i Santi di-cevano di sé, perché noi non siamo arrivatial loro grado d’umiltà, e crediamo che sianodelle esagerazioni. E S. Paolo scriveva di sé:“Gesù Cristo nostro Signore venne su questomondo per salvare i peccatori, tra cui il pri-mo e principale sono io” (I Tim. I, 15).

“Tocchiamo qui la vetta dell’umiltà.L’anima infatti che si persuade che è l’ultimae la peggiore di tutta la società dove vive, simette nella disposizione di sopportare senzamormorare qualsiasi affronto, qualsiasi umi-liazione, e si stabilisce così in una santa indif-ferenza e nella pace… Tale fu l’attitudinedella più eccelsa fra tutte le creature: di Colei

59

Page 60: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

che essendo modello perfetto di ogni virtù,avrebbe avuto con tutta verità e in giustizia ildiritto di esigere il primo posto. Leggiamonel libro degli Atti che gli Apostoli ritornatial Cenacolo dopo l’Ascensione, perseverava-no nell’orazione con le donne e Maria, Madredi Gesù. Ora non si può credere che S. Lucaabbia relegato così la Santa Vergine all’ulti-mo posto per inavvertenza… Perché l’ha no-minata per ultima, se non per farci capire checosì Lei stessa si stimava e che, regina di tuttele virtù, era innanzitutto il modellodell’umiltà? Se dunque non temeva di met-tersi all’ultimo posto, Lei che era perfetta intutto, come esiteremo a farlo noi che siamoriempiti di ogni sorta d’imperfezioni?” (54).

La scala di Giacobbe

La Sacra Scrittura ci narra che Giacobbe,quando fuggì da suo fratello Esaù che mi-nacciava di ucciderlo, partì verso la Mesopo-tamia. Era solo, non aveva con sé né servito-ri, né cavalcatura, né molte provvigioni.Giunta la notte, si stese per terra e usò unapietra come cuscino. Nel sonno vide una sca-la rizzata sulla terra, la cui cima toccava ilcielo; gli angeli di Dio salivano e scendevanoper essa; ed il Signore era appoggiato in alto

sulla scala, che gli diceva: “Io sono il SignoreDio di Abramo tuo padre, e il Dio d’Isacco;la terra nella quale dormi, la darò a te e allatua stirpe. La tua discendenza sarà come lapolvere della terra. Io ti custodirò dovunquetu vada, ti ricondurrò su questa terra, né ti la-scerò…” (Gen. XXVII, 10-15). Con questavisione Iddio volle riconfortare il giovaneGiacobbe, strappato dalla famiglia e dallamadre, odiato dal fratello, in viaggio versouna terra sconosciuta abitata da idolatri, ovenon sapeva quanto tempo sarebbe rimasto;volle anche fargli sentire la Sua protezioneparticolare, con l’invio degli Angeli chel’avrebbero sostenuto in tutte le sue prove.

Ma tale visione, come tanti episodi dellaScrittura, ha anche un significato morale:“essa rappresentava, tra l’altro, la via strettadella perfezione evangelica, per mezzo dellaquale le anime generose potrebbero elevarsiverso il cielo in maniera più rapida e più di-retta della strada larga e confortevole, seb-bene in salita, dei comandamenti di Dio”(55), e rappresenta anche l’umiltà. “Se voglia-mo toccar la cima di una somma umiltà, diceS. Benedetto, e giungere celermente aquell’altezza dei cieli a cui si sale per l’ab-bassamento della vita presente, bisogna conl’ascensione delle nostre opere innalzarequella scala che apparve a Giacobbe, e per laquale egli vide gli Angeli scendere e salire.Questa scala così rizzata è la nostra vita inquesto mondo, che il Signore eleva fino alcielo, se il nostro cuore si umilia. I due lati diquesta scala sono, secondo noi, il nostro cor-po e la nostra anima, e la grazia divina che ciha chiamati ha disposto su di essa diversigradini di umiltà”. La vita in questo mondoci è stata data da Dio: se invece di sciuparlain cose vane e passeggere vogliamo ottenerela salvezza eterna, occorre che la drizziamoverso di Lui. I due elementi paralleli sonol’anima ed il corpo ed entrambi devono dun-que innalzarsi. L’anima si eleverà con buonipensieri, santi desideri, ferventi aspirazioni,intenzione pura, cuore retto; il corpo invececon sforzi che riguardano non solo il digiu-no, le penitenze, ma anche gli atti comuni, laregolarità, l’osservanza di tante cose prati-che. Poiché anima e corpo sono intimamenteunite, occorre che i loro sforzi siano coordi-nati, come ricorda S. Paolo: “Camminatenello spirito e non soddisfate ai desideri dellacarne” (Gal. V 16). Occorre cioè seguire gliimpulsi della grazia divina, perché i buonipropositi da soli restano in aria se non si

60

S. Francesco d'Assisi. Affresco dipinto quando il santoera vivente, prima di ricevere le stimmate (1224).

Sacro Speco Subiaco

Page 61: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

concretizzano in azioni, e ciò farebbe alber-gare nella nostra anima svariati disordini evizi; così ugualmente un’osservanza pura-mente esteriore, senza curarsi dell’interiore,ci renderebbe come dei sepolcri imbiancati,come i farisei. I gradini della scala sono dun-que i gradi dell’umiltà che “impediranno aivizi della carne di svilupparsi a danno dellaforza ascensionale dell’anima, tirandola ver-so il basso, e allo spirito di voler salire trop-po in fretta e troppo in alto, senza tener con-to della fragilità della carne” (55).

La sommità della scala toccava il cielo, eDio era appoggiato ad essa. Chi saprà salire igradini della scala, ascoltando le ispirazionidella grazia, eliminando con l’umiltà tutti gliostacoli che ci separano da Dio, potrà avvici-narsi alla vetta. Questa sommità rappresenta,secondo i maestri della vita spirituale, l’amoreperfetto, la contemplazione. L’umiltà conducealla carità: finché l’uomo è riempito del pro-prio io, finché si crede di esser giusto e si com-porta come se tutto gli fosse dovuto, non com-prende la bontà di Dio, non prova il bisognod’amarlo. Ma quando prende coscienza dellasua debolezza, quando comincia a scenderenell’abisso della sua miseria, ad entrare nellaconoscenza dell’indigenza totale che costitui-sce il suo vero fondo, comprende quanto ha bi-sogno di Dio e quanta bontà Iddio ha usatoverso di lui. Allora le umiliazioni, le tribolazio-ni saranno sopportate senza sforzo, non vi saràpiù quella ripugnanza dovuta alla nostra natu-ra: e questa trasformazione sarà dovuta all’abi-tudine acquisita che rende facile le cose piùdifficili, ed all’azione dell’amore, che cacciaogni pena. Questa carità sarà perfetta, perchénon avrà solo il dispiacere delle colpe commes-se, non solo farà attenzione a non cadere nean-che in una colpa veniale, ma in più toglieràogni timore: l’anima non avrà paura né degliuomini né dei demoni, perché non possonoperdere l’anima, né della morte perché ci con-giungerà a Dio, né delle sofferenze perché lafanno somigliare a Nostro Signore, né delGiudizio perché sa che Dio le è amico. S. An-tonio diceva alla fine della sua vita: “Non temopiù il Signore, l’amo” e S. Teresa del B. G.: “Seavessi commesso tutti i crimini possibili, avreisempre la stessa confidenza: sentirei che que-sta moltitudine d’offese sono come una gocciad’acqua gettata in un bracere ardente” (56).

«Signore Dio mio, tu sei ogni bene. E chisono io, che oso parlare con te? Io sono untuo miserabile servitore e un vile verme, mol-to più povero e spregevole di quel che sappia

e ardisca dire. Ricordati dunque, Signore, chesono un nulla, che nulla ho, nulla valgo.

Tu solo sei buono, giusto e santo; tu puoitutto, dai tutto, riempi tutto: solo il peccatoretu lasci vuoto. Ricordati delle tue misericordie,e riempimi il cuore con la tua grazia, tu chenon vuoi che rimangano vuote le opere tue.

Come posso sopportarmi in questa miseravita, se la misericordia e la grazia tua non miconfortano? Non nascondere a me la tua fac-cia, non differire la tua visita, non mi privaredella tua consolazione, affinché l’anima mianon diventi dinanzi a te come terra riarsa.

O Signore, insegnami a far la tua volontà,insegnami a vivere degnamente e umilmentealla tua presenza. Poiché tu sei la mia sa-pienza; tu solo veramente mi conosci, e miconoscevi prima che il mondo fosse, e primache io venissi al mondo» (57).

Note

1) S. Th., III, q. 1, a. 2.2) PADRE ALFONSO RODRIGUEZ S.I., Esercizio di perfe-

zione, Cantagalli Siena, 1967, vol. III, pagg. 261 e 262-263.3) S. Theol. II, II, q. 161, a. 1. Le citazioni della

Somma Teologica si riferiscono tutte alla II, II, q. 161.4) FRA TOMMASO DA CELANO, Vita da S. Francesco

d’Assisi e Trattato dei Miracoli, Ed. Porziuncola, Assisi1971, pag. 320.

5) GARRIGOU-LAGRANGE, Vita spirituale, CittàNuova, Roma 1965, pag. 114.

6) FRATE LEONE, Lo specchio di perfezione, Soc.Ed. Toscana, Sancasciano Val di Pesa 1925, pag. 93.

7) S. TOMMASO D’AQUINO, Comm. in Phil. c. 2, lect.1. Traduzione del P. Centi, in La Somma Teologica, Bo-logna 1985, pag. 374, nota.

8) S. Th., I II, q. 66, a. 2., ad 2.9) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, Les XII Degrés de

l’Humilité, Paris 1951, pag. 203-205.10) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit., pag. 201.11) S. BONAVENTURA, S. Francesco d’Assisi, Paoline

1976, pag. 77.12) R. P. CLAUDIO DELLA COLOMBIERE, Sermoni Sa-

cri, Baglioni, Venezia 1761, Tomo II pag. 185, Dell'u-miltà cristiana. Tutte le citazioni del Beato sono tratteda quest’opera.

13) S. ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI, La vera sposadi Gesù Cristo ovvero la monaca santa, Pisani Roma,1935, T I, p. 390. Append. 12, pag. 506-507.

14) SAINT JEAN BAPTISTE MARIE VIANNEY, Ser-mons, Villegenon 1982, Tome III, pag. 170.

15) A. TANQUEREY, Compendio di Teologia Asceti-ca e Mistica, Desclée 1928, n. 1148.

16) GARRIGOU-LAGRANGE, op. cit. pag. 123.17) PADRE ALFONSO RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 207.18) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 206 e 208.19) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 211.20) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 222.21) R. P. CLAUDIO DELLA COLOMBIERE, op. cit. pag. 181.22) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 213.23) “Non ho coscienza, di alcun mancamento, ma

non per questo mi sento giustificato; e chi mi deve giudi-care è il Signore” I Cor. IV, 4.

61

Page 62: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

24) R. P. C. DELLA COLOMBIERE, op. cit. pag. 183.25) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 232.26) S. ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 388.27) R. P. C. DELLA COLOMBIERE, op. cit. pag. 185-187.28) “E Adamo non fu sedotto, ma fu la donna a la-

sciarsi sedurre” (I Tim. II, 14).29) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit. pag. 67.30) S. TERESA D’AVILA, Castello interiore. Prime

mansioni, cap. I, n. 1 e 4. Roma 1977.31) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 236.32) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 238.33) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 397.34) S. JEAN B. MARIE VIANNEY, op. cit., Tome II,

pag. 382-383.35) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 399-400.36) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 206.37) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 411-412.38) Prov. 28, 23; 29, 15.39) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 402-403.40) S. BONAVENTURA, S. Francesco d’Assisi, Paoline

1976, pag. 74-75.

41) P. V. CEPARI, Vita di San Luigi Gonzaga, Roma1926, pag. 162-163.

42) S. JEAN B. MARIE VIANNEY, op. cit., T. III pag. 170.43) DOM MONLÉON OSB, op. cit., pag. 247-249.44) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 417-419.45) FRA TOMMASO DA CELANO, op. cit., pag. 304.46) P. GERMANO, S. Gemma Galgani, Roma 1972,

pag. 156-157.47) A. HAMON, Vie de la Bienheureuse Marguerite

Marie, Beauchesne 1914, pag. 280.48) S. BONAVENTURA, op. cit., pag. 82.49) II Cor. XI, 30; XII, 6; I Cor. XV, 10.50) Salmo 21, 7; 87, 16; 118, 71.51) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit., pag. 211-212.52) S. A. MARIA DE’ LIGUORI, op. cit. pag. 392-394.53) RODRIGUEZ S.I., op. cit. pag. 334.54) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit., pag. 199-200.55) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit., pag. 36-37.56) DOM JEAN DE MONLÉON OSB, op. cit., pag. 326-329.57) Imitazione, III, 3. Le citazioni sono tratte dai

Salmi 24, 6; 26, 9; 142, 6; 142, 10.

62

L'OSSERVATORE ROMANO

Più volte “Sodalitium” ha pubblicato e com-mentato delle dichiarazioni di Giovanni Paolo II.Certo, non è facile, anzi è per noi moralmente im-possibile, seguire tutta l’attività di chi occupa la se-de di Pietro. Pensiamo, tuttavia, di rendere un ser-vizio ai lettori pubblicando regolarmente alcune no-stre osservazioni a proposito di quegli atti o quelleaffermazioni di Giovanni Paolo II che non si conci-liano con la prassi e l’insegnamento della Chiesa.Lo facciamo senza acrimonia e senza superbia, congrande tristezza e sconcerto. Coscienti del fatto cheil cattolico non deve discutere, ma abbracciare l’in-segnamento (anche meramente autentico) del Papae della Chiesa, ci permettiamo di scrivere come scri-viamo solo perché, come abbiamo già detto e prova-to, sappiamo, alla luce della fede, che GiovanniPaolo II non ha l’autorità pontificia e la divina assi-stenza, poiché non procura oggettivamente ed abi-tualmente il bene della Chiesa Cattolica.

Pensando di rendere stabile su Sodalitiuml’analisi critica di cui sopra, analisi che è impostadall’obbligo morale di testimoniare pubblica-mente la Fede, la trasformiamo in rubrica fissadal titolo “Osservatore Romano”.

Sodalitium.

Il viaggio nei paesi Baltici.

Nello scorso numero di Sodalitium ab-biamo già accennato al riconoscimento

che, durante questo viaggio, Giovanni Pao-lo II ha tributato al marxismo, attribuendo-

gli abusivamente un’anima di verità. Il me-desimo viaggio ha presentato altresì unanuova occasione di promuovere l’ecumeni-smo. Presentandosi semplicemente come“il Vescovo di Roma” (l’otto settembre aRiga, nella cattedrale luterana, dopo unacerimonia comune coi sedicenti vescovi lu-terano, battista ed “ortodosso”; cf. O.R.9.IX.1993, pag.7) Giovanni Paolo II ha ripe-tuto i capisaldi della sua dottrina ecumeni-ca, inaudita nella Chiesa prima del VaticanoII. Vi sarebbe una “comune ricerca dei valo-ri, e tra questi, in primo luogo, il grande va-lore dell’unità dei cristiani. Accanto a nonpoche contraddizioni, l’epoca attuale regi-stra numerosi aspetti positivi. Tra questi,emerge lo spirito ecumenico, che si elevasu antiche divisioni dovute spesso ad unareligiosità legata più a preoccupazionitemporali che religiose” (ibidem). E anco-ra: la separazione e la divisione sarebbero“sorte in altri contesti storici, quando gli in-teressi temporali avevano spesso il soprav-vento, purtroppo, sulla missione evangeliz-zatrice. Ma la Parola di Dio è più forte delleparole degli uomini e la speranza che ci ac-comuna è più radicata delle eredità che ci se-parano”. Lo stesso concetto è stato ripetutonella chiesa luterana di Tallinn, dov’eranoraccolti “ortodossi”, sedicenti “vescovi” lu-terani, rappresentanti metodisti e battisti,con una “benedizione finale” introdotta (?)da battisti, luterani ed “ortodossi” e conclu-sa (?) da Giovanni Paolo II (10 settembre,O.R. 11.IX.1993, pag.7). I cristiani sarebbe-

Page 63: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

ro “divisi da scelte - non sempre ponderate -fatte in un passato da tutti oggi deplorato.Sappiamo bene infatti che, nell’economia di-vina della salvezza, dove abbonda il peccatoe tutto ciò che induce al peccato, sovrabbon-da la grazia. E’ sempre Dio che, con pazien-za infinita, ricompone la trama della storiaumana, tessuta dal suo amore, ogni volta cheessa viene lacerata dall’uomo mediante ilpeccato” (ibidem). Giovanni Paolo II affer-ma pertanto che il moderno ecumenismo èun valore positivo, mentre l’opposta attitu-dine passata è deplorabile e persino pecca-minosa; e questo senza far alcuna distinzio-ne tra l’azione, veramente deplorabile epeccaminosa, di chi, con lo scisma e l’eresia,si separò dall’unica Chiesa di Cristo, e l’atti-tudine della Chiesa stessa che dall’eresia edallo scisma si difendeva e difendeva i cri-stiani. La responsabilità è attribuita ad en-trambi, come se di un omicidio, ad esempio,fossero responsabili parimenti l’assassino ela vittima… Similmente, non solo gli “orto-dossi” ed i protestanti avrebbero sottomes-so la missione evangelizzatrice agli interessitemporali (asservendosi, in effetti, agli im-peratori o ai principi tedeschi) ma anche laChiesa Cattolica. Ma come può essere “san-ta” la Chiesa se preferì gli interessi tempo-rali alla missione di Cristo? Dipoi, ciò che cidivide non sarebbe per l’appunto la “Paroladi Dio” (alla quale in realtà gli eretici noncredono), ma le parole degli uomini. Anchele parole della Chiesa sono “parole degliuomini”? E la speranza ecumenica comunesarebbe “più radicata delle eredità che ciseparano”. Tra queste “eredità” non c’è for-se anche la fede cattolica che gli eretici ri-fiutano e che, per l’appunto, ci separa da lo-ro? La speranza ecumenica sarebbe più ra-dicata della fede cattolica... in GiovanniPaolo II? Ipse dixit!

In seguito, Giovanni Paolo II sviluppa ilsuo pensiero, ritornando sull’idea della Chie-sa che non sarebbe una ma divisa. “Invocatada Cristo nel Cenacolo, e tante volte rottadai suoi discepoli nel corso della storia,l’unità diviene ogni giorno di più la comuneaspirazione e l’impegno fraterno condiviso datanti cristiani” (a Riga). Già Pio XI condannòl’idea di coloro i quali affermavano che lapreghiera di Cristo (Gv XVII, 21) non erastata esaudita poiché la Chiesa sarebbe divi-sa. Ora Giovanni Paolo II afferma che l’unitàè stata rotta da dei discepoli non meglio iden-tificati. Poiché l’unità sarebbe rotta, bisogna

lavorare alla “ricomposizione dell’unità deidiscepoli” (Tallinn). Anzi, le divisione esi-stenti oggi “tra i cristiani” (ovvero tra cristia-ni ed eretici) è paragonata alle “divisioni”esistenti tra i primi discepoli di Gesù: “Almomento dell’Ascensione, si trattava didubbi che dividevano i discepoli davanti al-la misteriosa realtà del corpo glorioso delRisorto. Oggi, i dubbi che dividono le diver-se confessioni cristiane riguardano piuttostoquell’altra realtà, non meno misteriosa, chel’apostolo Paolo qualifica con la densa esuggestiva espressione di Corpo di Cristo”(Tallinn). Paragone insultante per gli Aposto-li ed i primi discepoli, paragonati ad ogni sor-ta di eretici i quali non dubitano sul misterodel Corpo di Cristo, ma negano la verità rive-lata, e cioè che questo Corpo di Cristo sia, co-me realmente è, la Chiesa Cattolica.

“Mai come oggi - prosegue Giovanni Pao-lo II - l’unità dei cristiani è necessaria affinchègli uomini abbiano la vita e l’abbiano in ab-bondanza (Gv X, 10)” (Tallinn). Se prendia-mo queste parole alla lettera, bisognerebbecredere che attualmente nessuno “ha la vita”,nessuno si salva, poiché un elemento necessa-rio (quindi non facoltativo) per “avere la vi-ta”, “la comunione tra tutti i credenti in Cri-sto” (ibidem) ancora non è realizzata. Questaunità tra i cristiani, poi, è messa in esplicitarelazione alla direzione che sta prendendo ilmondo, “in un tempo - cioè - di crescente in-terdipendenza mondiale” (Riga). “Il mondo èoggi sempre più sensibile ai valori dell’unità edell’interdipendenza, della solidarietà e dellapace” (ibidem); ed allora “le Chiese” (al plu-rale) devono ad un mondo... mondialista, unesempio trascendente di unità.

Il tutto, nel quadro dell’immancabile libertàreligiosa: “Il Vescovo di Roma” (così egli si pre-senta anche nella cattolica Vilnius, al termine diuna “celebrazione eucaristica” (ex-messa); (cf.O.R., 6-7 settembre 1993, pag.7) insegna che“proprio la libertà religiosa costituisce, a ben ve-dere, la garanzia di successo di tale impresa: làdove, infatti, i credenti e gli uomini di buona vo-lontà (ex-atei, n.d.r.) accettano di misurarsi in-sieme con la Verità e con le sue esigenze etiche,la speranza esce dal porto dell’utopia e trova larotta dell’autentico sviluppo” (Vilnius). LaChiesa e l’esperienza insegnano, invece, che, acausa del peccato originale che inclina l’uomoal peccato, il libero confronto tra Verità ed er-rore, veri credenti, falsi credenti e non credenti,non conduce a nessuno sviluppo, ma, al seguitodi funeste utopie, al trionfo del male.

63

Page 64: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Ai vescovi dell’Etiopia e dell’Eritrea.

Il 4 ottobre Giovanni Paolo II ha ricevutoin Vaticano “i Vescovi dell’Etiopia e dell’Eri-trea” per la visita “ad limina apostolorum”(Osservatore Romano, 8 X 1993, pag.5). Sor-voliamo sui temi ricorrenti in ogni discorso diGiovanni Paolo II, secondo il quale, in Etiopiacome ovunque, il fondamento di una retta so-cietà si trova nella “tolleranza etnica e religio-sa”, nella “tutela dei diritti umani”, nella “ga-ranzia di libertà religiosa”, nel “progresso deirapporti ecumenici”, per cui i cattolici etiopidevono essere “desiderosi di operare con imembri delle altre Chiese cristiane (gli eretici,n.d.r.), con uomini e donne di altre religioni(gli infedeli, n.d.r.) e con tutte le persone dibuona volontà (gli atei!, n.d.r.) nel costruire lecomunità a cui appartengono”, dimenticandoche “se il Signore non edifica la casa, invanolavorano i costruttori” (Salmo, CXXVII, 1)...

Ci soffermiamo piuttosto su quest’altra af-fermazione: “Come ho ricordato durante l’in-contro svoltosi all’inizio di quest’anno conAbuna Paolos, Patriarca della Chiesa Orto-dossa Etiope: Condividiamo la fede trasmes-sa dagli apostoli, come pure lo stesso mini-stero e gli stessi sacramenti radicati nellasuccessione apostolica (Discorso 11 giugno1993, n. 2)”. Ricordiamo che la falsa Chiesafalsamente detta Ortodossa è scismatica ederetica. Pertanto essa, ed i suoi membri, noncondivide con i cattolici la fede trasmessa da-gli apostoli! Appartiene alla fede trasmessadagli apostoli, ad esempio, il primato di Pie-tro, la costituzione monarchica della Chiesa,l’illiceità morale del divorzio e tantissime al-tre verità che gli “ortodossi” negano pertina-cemente. Quanto ai sacramenti, è vero che gli“ortodossi” li amministrano validamente, malo fanno illecitamente, ed il loro “ministero”deriva materialmente ma non formalmentedalla successione apostolica. Comunque, que-ste affermazioni non sono nuove, poiché ripe-tono sostanzialmente quanto già affermato,ad esempio, nel 1980 (cf. O.R. 20 V 1980, pag.9 e 10 VI 1980, pag. 14; e anche: Lettre à quel-ques Eveques sur la situation de la sainte Egli-se et mémoire sur certaines erreurs actuelles,Société Saint-Thomas-d’Aquin, 21, Bd Lan-nes, 75116 Paris, 1983, pagg. 38 e 39).

Notiamo infine gli elogi del tutto indebiti escandalosi, che favoriscono lo scisma e l’eresiae sono offensivi per la Chiesa cattolica, attribui-ti alla “Chiesa ortodossa a cui presiede nella ca-rità il venerato Patriarca di Mosca”, la quale go-

drebbe di una “gloriosa tradizione” (a Vilnius,O.R. 6-7 settembre 1993, pag.7). Poiché la tra-dizione della “Chiesa ortodossa a cui presiedenella carità il venerato Patriarca di Mosca” ini-zia con lo scisma dalla sola Chiesa di Cristo,quella Cattolica romana, non vediamo qualegloria ci possa essere, e neppure quale carità, inun peccato prolungato nei secoli e che si oppo-ne proprio alla carità, quale lo scisma, che tuttopermea quella “gloriosa tradizione”.

La democrazia come unica forma di governopossibile

E’ un altro tema ricorrente della dottrinasociale di Giovanni Paolo II. Lo ha ribaditonel “Messaggio al Presidente della Conferen-za Episcopale Italiana Cardinale CamilloRuini, per l’inaugurazione della XLII Setti-mana Sociale dei Cattolici Italiani” (O.R., 29IX 1993, pag. 5). Innanzitutto, egli dà un pa-rere favorevole sugli ultimi cinquant’anni distoria italiana:“Una serena valutazione delcammino percorso dall’unità d’Italia ad oggimette in evidenza quanto di positivo è statocompiuto per superare limiti e difficoltà. Inparticolare, non si può negare che negli ulti-mi cinquant’anni è stata assicurata la parti-cipazione di tutti i cittadini alle scelte politi-che e alla elezione dei propri governanti” .Questo parere non può essere condiviso, da-ta l’evidente secolarizzazione ed apostasiadell’Italia, sancita proprio mediante votazio-ni popolari democratiche, come i referen-dum sul divorzio o sull’aborto. Ma tant’è!Nonostante i risultati, il regime democraticonon è solo uno possibile tra i tanti (e tra essiil peggiore, come insegna la filosofia cattoli-ca) ma è l’unico possibile. Infatti “ciò è ri-chiesto da valori irrinunciabili, quali la di-gnità della persona umana, il diritto allapartecipazione effettiva di tutti, la possibi-lità di sviluppo integrale di tutto l’uomo e diogni uomo, l’espicito riconoscimento dei di-ritti umani (cfr Centesimus annus, 47)” (n. 3).Ed ancora: “(i cattolici) dovranno impegnar-si a promuovere - come ha ribadito il concilioVaticano II - l’insieme di quelle condizioni divita sociale che consentano ai singoli cittadinidi conseguire nel miglior modo possibile lapropria realizzazione. Ciò suppone, in parti-colare, che sia data a ciascuno la possibi-lità di far sentire la propria presenza e lapropria voce in seno alle istituzioni (cfrGaudium et spes, 6)” (n. 4). Un valore irri-nunciabile è, per definizione, un diritto natu-

64

Page 65: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

rale inalienabile. Come va che invece gli sta-ti cristiani, inclusi gli Stati della Chiesa edancora attualmente la Città del Vaticano,non abbiano conosciuto, per secoli, “il dirit-to alla partecipazione effettiva di tutti” o “lapossibilità di far sentire la propria presenzae la propria voce in seno alle istituzioni”?

La sacralità delle moschee.

“Messaggio all’Arcivescovo di Vrhbosna,Sarajevo”, Osservatore Romano del 3 ottobre(pagg. 1 e 6). Giovanni Paolo II, ricordando l’in-contro d’Assisi del 9-10 gennaio, afferma l’op-portunità di un nuovo incontro inter-religiosotra cristiani, ebrei e musulmani, indetto dall’ ar-civescovo bosniaco Mons. Puljic. In questo mes-saggio si parla di “chiese e moschee profanate”.Che una chiesa possa essere profanata, essendoun luogo sacro, si capisce. Ma una moschea? Ecome può essere “una occasione di reciprocoarricchimento” la presenza nella medesima re-gione di cattolici, “ortodossi”, ebrei e musulma-ni? Forse che la conversione dei non cattolici al-la fede rivelata causerebbe un impoverimento?

San Paolo VI...

Udienza di Giovanni Paolo II ai pellegrinidella diocesi di Brescia in Vaticano (9 ottobre,O.R. 10 X 1993, pag.6). “Non si è mai spenta -ha detto in quest’occasione Giovanni Paolo IIai bresciani - nel mio animo la memoria dellavisita che nel settembre 1982 feci alla vostraDiocesi come pellegrino nei luoghi di originedel Servo di Dio, il Papa Paolo VI.(...) Motivodel vostro pellegrinaggio è innanzitutto di com-memorare, in stretta comunione col successoredi Pietro, i trent’anni dall’elezione di Paolo VIal Sommo Pontificato. Tale ricorrenza risultaparticolarmente felice, essendo avvalorata dalrecente avvio della causa di canonizzazione delmio grande Predecessore, che fin dalla miaprima enciclica ho voluto riconoscere comevero padre (Redemptor hominis, 4). Col passa-re degli anni appare sempre più evidente chePaolo VI è stato un autentico dono del Signo-re alla sua Chiesa ed all’intera umanità”.

La pubblica fama di Paolo VI, quanto al-la fede ed alla morale, non è certo tale daconciliarsi con ... un processo di canonizza-zione. E per chi constata lo stato deplorevo-le nel quale la Chiesa e la sua dottrina sonostate ridotte durante il suo governo, apparea dir poco blasfemo attribuire al Signore unsimile “dono” fatto alla Chiesa.

Veritatis splendor

È l’ultima enciclica. Ricordate MysteriumFidei di Paolo VI? Nessuno più ricordaquell’altra enciclica che illuse i benpensanti epermise loro di accettare la riforma del Mes-sale Romano. La “nuova messa” resta, edogni giorno di più rovina la fede eucaristicadi chi vi assiste. Di Mysterium Fidei nessunosa più niente. La medesima operazione è sta-ta svolta dal degno figlio di tanto padre (cfr.qui sopra). La morale cattolica continuerà adessere demolita impunemente, mentre Veri-tatis splendor finirà in un cassetto. Ma è poiveramente un documento irreprensibile, lanuova enciclica? Senza procedere ad unaanalisi dettagliata (altri l’hanno fatto al no-stro posto) basti dire che essa riprende e riaf-ferma alcuni dei principali errori con i quali ilVaticano II è in opposizione con l’insegna-mento della Chiesa. Questa volontà di ri-prendere il Concilio è chiaramente affermatafin dal n. 3 del documento wojtyliano: “IlConcilio Vaticano II rimane una testimonian-za straordinaria di questo atteggiamento dellaChiesa che, esperta in umanità (Paolo VIall’O.N.U., 4 ottobre 1965), si pone al serviziodi ogni uomo e di tutto il mondo”. Il n. 4 riaf-ferma poi l’errore ecclesiologico della colle-gialità parlando di un “Collegio episcopale”che invece, al contrario del Collegio degliApostoli, non esiste, come ceto stabile, nelladivina Rivelazione e nella tradizione eccle-siastica. Il n. 13 afferma che “la personaumana è la sola creatura che Dio abbia volutoper sè stessa (Gaudium et spes, 24)” quando èrivelato che, se tutte le altre creature sonoper l’uomo, l’uomo è finalizzato a Dio. DaGiovanni XXIII riprende la formula che aprìle porte alla rivoluzione conciliare. Invita in-fatti i teologi a “ricercare modi sempre piùadatti di comunicare la dottrina agli uominidella loro epoca, perché altro è il depositodelle verità di fede, altro è il modo con cuivengono enunciate (Gaudium et spes, 62)” di-menticando che non tutte le filosofie, comeaffermò Pio XII in Humani generis, sono uti-lizzabili come supporto alla teologia. Dallafalsa concezione della dignità della personaumana di cui al n. 13 dipende il ribadire ilcontenuto della dichiarazione conciliare sullalibertà religiosa, Dignitatis humanae, comeviene fatto al n. 31, aggiungendo che “il sen-so più acuto della dignità della persona uma-na (...) costituisce certamente una acquisizio-ne positiva della cultura moderna”. Infine,

65

Page 66: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Veritatis splendor elogia la “vera democrazia,che può nascere e crescere solo sull’ugua-glianza di tutti i suoi membri” (n. 96).

Uno solo degli errori appena riferiti ba-sterebbe ad inficiare il valore dell’intero do-cumento, che risulta pertanto, oggettivamen-te, un nuovo inganno per i poveri fedeli.

Karol Wojtyla ed il comunismo

Il nobile polacco Jas Gawronski, nipote diPier Giorgio Frassati e legato alla famigliaAgnelli, ha intervistato Karol Woytjla. Il te-sto è stato pubblicato sul quotidiano degliAgnelli, La Stampa (2 novembre 1993, pagg.2e 3). Iniziamo dall’affermazione più grave:“Certamente alla fine di questo secondomillennio si deve fare un esame di coscien-za” dice Woytjla al nobile connazionale, perpoi chiedersi: “Dove noi abbiamo deviatodal vangelo”. A chi si riferisce questo “noi”?A Karol Woytjla? Al Concilio Vaticano II?Alle miserie personali dei singoli fedeli? Op-pure invece ai 2.000 anni di storia, dottrina eprassi della Chiesa cattolica? Ma una Chiesache “ha deviato dal Vangelo” è ancora laChiesa di Cristo? Il senso ovvio di questa af-fermazione woytjliana sarebbe che la Chiesanon è indefettibile, ma è venuta meno allamissione che Cristo le ha affidato, che è pro-prio quella di diffondere il Vangelo. Tanta in-giustificata e blasfema severità verso la Chie-sa di Cristo stride ancor più a confronto conla mitezza del giudizio woytjliano sul comuni-smo. Molti credono erroneamente che il pen-siero sociale e politico di Wojtyla sia la famo-sa “terza via” tra liberalismo e socialismo (bi-sognerebbe dire “prima via”, poiché la dottri-na sociale cattolica precede, anche cronologi-camente oltre che per dignità naturale, le al-tre due). In realtà si tratta di una sintesi tra idue sistemi non cattolici. L’opposizione delcristianesimo al comunismo, secondo Woytj-la, sarebbe dovuta al contenuto intrinseco delcristianesimo, e cioè “la difesa della personaumana e dei suoi diritti. Ed io non ho fatto al-tro che ricordare, ripetere, insistere che questoè un principio da osservare: soprattutto ilprincipio della libertà religiosa, ma non solo,anche tutte le altre libertà dovute alla personaumana”. Si tratta pertanto di una opposizio-ne al comunismo in quanto esso è illiberaleed antidemocratico. A parte questo, il sociali-smo contiene un “nocciolo di verità”: “È an-che vero quello che dice Leone XIII, cioè checi sono dei semi di verità anche nel program-

ma socialista” Questo perché il comunismoavrebbe realizzato delle cose buone: “La lot-ta contro la disoccupzione, la preoccupazioneper i poveri...”. “Nel comunismo c’è stata unapreoccupazione per il sociale” e sarebbe perquesto che molti intellettuali avevano aderitoal marxismo, poiché “molti di loro pensavanoche il comunismo avrebbe potuto migliorarela qualità della vita”. Insomma, il comunismosarebbe stato solo una reazione al capitali-smo eccessivo. Togliamo gli eccessi al liberali-smo ed al comunismo, sembra dire KarolWoytjla, e tutto è a posto...

Purtroppo non è così. Mai Leone XIII haattribuito al socialismo dei “semi di verità”.La condanna è stata senza appello, sia quelladi Pio IX, che quella di Leone XIII, di Pio XI(comunismo “intrinsecamente perverso”!) odi Pio XII. Leone XIII ha solo condannato,con tutti i suoi predecessori e successori, il li-beralismo ed il socialismo, affermando che ilsecondo deriva dal primo non per reazione,come sostiene Woytjla, ma per legittima filia-zione. È quello che sostiene lo stesso Marx(che secondo Woytjla diede delle condizionieconomiche del secolo scorso una descrizio-ne simile a quella di Leone XIII) il quale noncondanna affatto il capitalismo liberale e larivoluzione industriale, ma li considera comeuna tappa necessaria (ma da superare) versol’instaurazione del socialismo. Difatti Marxed i suoi discepoli non hanno mai espressosentimenti caritativi volti a sollevare la mise-ra condizione degli operai; semmai se ne so-no rallegrati, per meglio poter operare la lo-ro rivoluzione fondata sul materialismo dia-lettico. È ridicolo e falsificante, pertanto, at-tribuire al comunismo una “lotta alla disoc-cupazione” diversa da quella che può esisterein un campo di concentramento o in una so-cietà schiavistica, o una preoccupazione per ipoveri, da rendere ancora più poveri, mate-rialmente e spiritualmente, o da sterminare,come fu fatto coi contadini. Le verità che ac-cidentalmente possono trovarsi nel marxi-smo, come in qualsiasi sistema di pensiero,incluso il satanismo (è vero, difatti, che sata-na... esiste!) non autorizzano a definire talesistema come contenente un “nocciolo”, un“seme” o un’ “anima” di verità, quando inve-ce esso è intrinsecamente perverso. La solu-zione ai problemi politico-sociali non dev’es-sere cercata in un socialismo corretto dal li-beralismo (o viceversa) ma nell’integralitàdella dottrina della Chiesa che Karol Woytjlanon insegna più.

66

Page 67: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

67

Dal N. 1,1 nov. 1993, pag. 12 del “Bollettino della Comunità Ebraica di Milano” pubblichiamo, senz'altro commento, questaraccolta di citazioni che provano abbondantemente la contraddizione tra la posizione della Chiesa Cattolica e quella del Vatica-no II e dei suoi aderenti. È naturale che la Comunità ebraica si rallegri del cambiamento e che i cattolici se ne rattristino. Il rico-noscimento di Israele da parte del Vaticano annunciato per il 31 dicembre pone solamente il suggello a questa contraddizione.

Page 68: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

La Fraternità San Pio X trattanuovamente coi modernisti ?

di Padre Torquemada

Giungono regolarmente, negli ambienti“sedevacantisti”, delle voci su imminenti

cambiamenti all’interno della Fraternità fon-data da Mons. Lefebvre e diretta da don Sch-midberger, secondo le quali verrebbe dichia-rata la vacanza della Sede Apostolica. Que-sto, per illudere chi vuol farsi delle illusioni.

La realtà sembra essere all’opposto. “Al-l’occasione del ritiro sacerdotale di Ecône,don Schmidberger, superiore generale dellaFraternità, ha dichiarato in particolare che,“assolutamente fedele alla linea tracciata daMonsignor Lefebvre e ricordata da Monsignorde Galarreta in occasione delle ordinazioni, laFraternità restava Semper Idem, sempre attac-cata senza falle alla sede di Pietro. Non siamosedevacantisti e preghiamo per il papa. Macontinuiamo a rifiutare la libertà religiosa,l’uomo centro di ogni cosa, la messa-banchettoe affermiamo la necessità di una revisione delVaticano II” (Fideliter, nov.-dic. 1993, n.96,pag. 58). Segnalando l’esistenza di una corren-te a Roma favorevole ad un accordo con laFraternità, Fideliter non esclude detto accor-do: “In effetti - scrivono i lefebvristi- l’esten-sione dell’opera fondata da Monsignor Lefeb-vre avrà un gran peso, un giorno, in occasionedella ripresa delle trattative con Roma”.

Tiriamo quindi innanzitutto queste con-clusioni:

1) La Fraternità non cambia, checché sene dica.

2) È sempre in comunione con chi inse-gna la libertà religiosa ecc. ecc. “Pregare peril papa” è una locuzione subdola per direche riconoscono Giovanni Paolo II come Pa-pa nel canone della Messa.

3) Da perfetti gallicani, si dicono attaccatialla sede di Pietro, ma rifiutano la dottrina diPietro (di colui che riconoscono come Pietro),dando di sè stessi l’immagine degli scismatici(che non si sottomettono al Papa) e degli ere-tici (che rifiutano il magistero della Chiesa).

4) Le trattative con chi, per loro stessa affer-mazione, non professa la dottrina cattolica, nonsono escluse, sono anzi esplicitamente previste.

Queste trattative non sono poi forse cosìlontane (se mai si sono interrotte) se il direttoredel seminario di Ecône, Michel Simoulin, pensache l’“enciclica” Veritatis splendor sia “coscien-temente o no, radicalmente anti-liberale, anti-

ecumenica, anti-collegiale” e che “non ci sianulla di grave da ridirvi” (Controverses). Se nepuò concludere che “la revisione del VaticanoII” è già iniziata e che, pertanto, la via all’accor-do è spianata? Non ci sarebbe da stupirsi.

Vi sono resistenze nel distretto francese,a giudicare dall’analisi del tutto opposta chedell’“enciclica” fanno don de Tanouarn e Ph.Laguerie. Ma anche in questo la Fraternità è“semper idem”, e cioè nell’essere dilaniatada divisioni interne.

Il solo punto in cui tutti i membri dellaFraternità, “duri” e “liberali”, sono d’accor-do, è la disobbedienza al Magistero dellaChiesa ed il disprezzo per chi si ritiene, nellostesso tempo, “anticristo” e “vicario di Cri-sto” e persino la disobbedienza ai propri su-periori… Niente di nuovo, purtroppo, dalletruppe di don Schmidberger...

Nota liturgica sull'Una Cum…

La celebrazione del Sacrificio della SantaMessa costituisce, certamente, l’atto più

importante del culto cattolico. Per questo laChiesa, che è madre amorevole, ha stabilitominuziosamente il rito e le cerimonie chedevono accompagnare la liturgia del S. Sa-crificio. Nel “Missale Romanum”, codificatoda S. Pio V, nulla è lasciato all’improvvisa-zione o all’arbitrio del celebrante (come nel-la nuova messa…). Poiché nelle rubriche simanifesta chiaramente lo spirito della Chie-sa, come bisogna fare, oggigiorno, nell’attua-le situazione di vacanza formale dell’Auto-rità nella Chiesa? Bisogna o meno citareGiovanni Paolo II nel canone della Messa?

Nel “Ritus servandus in cælebratione Mis-sæ”, che si trova abitualmente in tutte le edi-zioni del Messale Romano promulgato da S.Pio V e riformato da S. Pio X, si possono leg-gere tutte le regole e cerimonie da osservaredurante la celebrazione del S. Sacrificio. Al ca-pitolo VIII, “De canone Missæ usque ad Con-secrationem” al n. 2, troviamo la risposta allanostra domanda. Nel “Ritus servandus…” silegge: “Ubi dicit: una cum famulo tuo Papanostro N., exprimit nomen Papæ: Sede autemvacante verba prædicta omittuntur” (1). Allastessa maniera si deve fare con il nome del ve-scovo (che se è in comunione con GiovanniPaolo II non può essere citato) poiché biso-

68

Page 69: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

gnerebbe citare il nome dell’ordinario delladiocesi che ha ricevuto legittimamente la giu-risdizione nel luogo in cui si celebra (e nessunaltro!); quindi anche le parole: “et Antistitenostro N.” devono essere omesse.

Alcuni sacerdoti (in particolare dellaFraternità S. Pio X), nella attuale crisi dellaChiesa, affermano che bisogna lo stesso pre-gare “una cum” nel Canone, poiché questosignifica unicamente “pregare per” il Papa.Ciò è falso perché la portata della citazione“una cum…” è ben più vasta. Due citazioni,la prima di papa Benedetto XIV, sarannosufficienti a chiarire l’argomento: « A Noibasta poter affermare che la commemora-zione del Romano Pontefice durante la Mes-sa, e le preghiere offerte nel sacrificio perLui, si devono stimare essere un certo segnodichiarativo che riconosce il medesimo Pon-tefice come Capo della Chiesa, Vicario diCristo, e successore del beato Pietro, e si faprofessione di animi e di volontà fermamen-te aderenti all’unità cattolica » (2). « Innanzi-tutto il sacerdote offre il sacrificio per laChiesa, quindi per il Pontefice in particolare,in accordo con un antichissimo uso dellechiese, per significare l’unità della Chiesa, ela comunione dei membri con il capo » (3).Secondo Benedetto XIV ed il P. Ferrariquindi, citare Giovanni Paolo II nel canonedella Messa non significa soltanto “pregareper lui” (affinché si converta, dicono i lefeb-vriani… il che equivale ad affermare che il“capo” della Chiesa non è cattolico poichéha bisogno di convertirsi. E se non è cattoli-co come può essere il capo della Chiesa? …absit!), bensì che egli è veramente Papa eche si comunica in tutto e per tutto con lui.

Infatti poiché Giovanni Paolo II, a causadella sua intenzione abituale di non procurareil bene della Chiesa, non ha l’Autorità e non èformalmente Papa ma lo è solo materialmente(fino a prova del contrario!), non deve assolu-tamente essere citato come Papa legittimo nelCanone della Messa. Mons. Guérard des Lau-riers diceva che citare Giovanni Paolo II al“Te Igitur” della santa Messa vuol dire com-mettere oggettivamente ed ineluttabilmente ildoppio delitto di sacrilegio e di scismacapitale, e ciò avviene indipendentementedall’intenzione soggettiva di chi celebra o dichi assiste. Dire “una cum…” all’inizio del Ca-none, proprio quando comincia il momentopiù solenne del Sacrificio, equivale ad affer-mare (almeno in senso teologico, anche senon semantico) che la Chiesa di Dio, santa e

cattolica è veramente “una cum” [cioè una co-sa sola] con il servo di Dio che è il Papa no-stro, poiché dove c’è Pietro c’è la Chiesa (UbiPetrus ibi Ecclesia). Nel nostro caso GiovanniPaolo II, in quanto promulga e proferisce abi-tualmente l’eresia non può e non vuole essereil Papa della Chiesa Cattolica, né può esserequindi “una cosa sola” con la Chiesa di GesùCristo. Asserirlo è un errore ed un errore gra-ve che concerne la Fede; la Messa celebrata“una cum Joanne Paulo” è perciò oggettiva-mente macchiata da un sacrilegio, che disono-ra Dio, priva le anime della grazia e non è benaccetta al Signore.

In secondo luogo dirsi “una cum” signifi-ca pure che si celebra necessariamente inunione e sotto la dipendenza e la mediazio-ne di quella persona che si proclama essere“papa”, anche se realmente questa personanon lo è, poiché si trova in stato di scismadalla Chiesa a causa del suo rifiuto di esser-ne il vero e legittimo capo (scisma capitale).Questa interpretazione, propria di Mons.Guérard, è confermata dal padre Cappelloche citiamo qui di seguito: « I sacerdoti sci-smatici, benché sacrifichino validamente innomine Christi, tuttavia non offrono il sacri-ficio, come ministri della Chiesa ed in perso-na della stessa Chiesa. Il sacerdote infatti haper consegna dalla Chiesa che in suo nomepreghi, interceda ed offra, e quanto a questola Chiesa può privarne il sacerdote scismati-co, affinché non sacrifichi in suo nome » (4).Quindi il sacerdote riceve l’ordine di cele-brare la Messa dalla Chiesa attraverso lamediazione del Papa, e dichiarandosi “unacum” quel Papa che lo “invia”, se ne dichia-ra nello stesso tempo suddito, e se questo“papa” non è il legittimo Papa della Chiesa,allora quel sacerdote partecipa anche alloscisma di costui. (Cfr. a questo propositol’intervista a Mons. Guérard des Lauriers in“Sodalitium” n. 13 pagg. 22-24).

Per questi due motivi i fedeli, che voglionoconfessare integralmente la Fede, non devonoassistere a quelle messe in cui il celebrante citaGiovanni Paolo II al “Te ígitur” del Canone.

Dopo aver esposto la questione di princi-pio, da un punto di vista teologico, vediamocome si dovrà fare dal punto di vista liturgi-co. Il sacerdote celebrante, dovrà ometterequelle parole che riguardano il Papa ed il ve-scovo diocesano, come specifica il “Ritusservandus…” nel luogo citato sopra, dovràdire soltanto: « … in primis, quæ tibi offeri-mus pro Ecclesia tua sancta cathólica: quam

69

Page 70: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

pacificáre, custodíre, adunáre et régere digné-ris toto orbe terrarum: et omnibus ortho-dóxis, atque cathólicæ et apostólicæ fídei cul-toribus. » (Canon Missæ, Te ígitur).

Questa interpretazione delle rubriche delMessale è confermata dal consenso pratica-mente unanime dei liturgisti e rubricisti, tracui il Martinucci, detto il principe dei liturgi-sti (cfr. PIO MARTINUCCI, Manuale sacrarumcæremoniarum, vol. I, lib. I cap. XVIII n.79), O’ Connell (The celebration of Mass,The Bruce Publishing Company, vol II pag.87) Sterky, De Carpo ed il padre Le Brun (P.LE BRUN, R.P. Explication litterale, historiqueet dogmatique des prières et des ceremoniesde la Messe, Paris 1726).

Il nostro confratello americano don Ceka-da, venuto qui a Verrua per la riunione sacer-dotale in ottobre ci faceva giustamente notarecome fosse sbagliata la locuzione: “una cum… omnibus orthodóxis…” usata da molti sa-cerdoti poiché contraria alle rubriche stessedel Messale che prevedono appunto l’omis-sione di tutta la frase, nel caso in cui la SedeApostolica e quella episcopale siano vacanti.

Possano queste poche righe illuminarequei fedeli e quei confratelli nel sacerdozioche ancora non si sono posti il problemadell’“una cum”, e confermare nella fede glialtri che da anni combattono la buona batta-glia per la Chiesa. Che Dio conceda a tuttinoi, grazie ai meriti infiniti del Sacrificodell’oblatio munda del suo Figliolo Gesù, dipoter celebrare un giorno questo stesso SantoSacrificio “in unione” (una cum) con un legit-timo successore di Pietro e Vicario di Cristo.

Note

1) “Dove si dice: insieme con il tuo servo il Papa N.,si dice il nome del Papa: invece quando la sede è vacan-te si omettono le suddette parole”.

2) Papa Benedetto XIV, De Sacrosanto Missæ Sa-crificio, appendix XVI ad lib. II, § 12, Citato sempre da“Sacerdotium” n. VI pars hiemalis 1993 pag. 42.

3) F. LUCIUS FERRARI O.F.M., Bibliotheca Canonicaetc. (Romæ: ex Typographia polyglotta, 1866) II pag. 50.Citato dalla rivista americana “Sacerdotium” n. VI parshiemalis 1993 pagg. 46-47.

4) CAPPELLO FELIX M. S.J., Tractatus Canonico-mora-lis de Sacramentis, Marietti Torino 1962, I pag. 462. Citatosempre da “Sacerdotium” n. VI pars hiemalis 1993 pag. 65.

di Mons. Guérard des Lauriers

Nona StazioneGESÙ CADE PER LA TERZA VOLTA

Signore, Ti sei abituato a cadere? A noi futramandato il ricordo di tre cadute, senza

dubbio ve ne furono altre. Camminavi conforze sempre minori, sotto un peso troppograve, per una via in salita. In tali condizioni,cadere è un incidente inevitabile e piuttostobanale. Rialzarsi significa esaurire un po' dipiù quelle forze ed il cui venir meno si fasempre più imminente.

Gesù, Tu hai conosciuto nel Tuo corpo enel Tuo Cuore l'irrimediabile agonia, che ècome la convinzione concreta della morte:convinzione che queste cadute imprimononella carne, proporzionato alla carne. O Gesùche cadi e ricadi, o Gesù, bisogna morire! Tulo sapevi, Tu lo volevi (1), ma ecco che ora so-no le Tue membra ad apprenderlo, aderendoalla polvere della strada: per il corpo nulla èmai finito, tutto ricomincia sempre, eppuretutto è sempre uguale: bisogna sempre impa-rare e reimparare sempre la stessa cosa. O Si-gnore, Tu che formi il cammino della mia vita,insegnami a morire a me stesso (2) in tutte lefibre del mio essere, percorrendo paziente-mente questo cammino con Te. Gesù, portan-do la Tua Croce, Tu hai voluto piegarTispesso e spesso rialzarTi, sei caduto una pri-ma volta ed altre volte ancora, infine una diqueste cadute fu l'ultima: l'ultima perchè Tueri agli estremi: allo stremo delle Tue forze ealla fine del cammino; avevi forze sufficientisolo per quel cammino; Dio misura i Suoi do-ni perchè essi sono preziosissimi! (3).

Anche per me. Signore, ci sarà una cadu-ta che sarà l'ultima, una debolezza che saràl'ultima, perchè io non avrò più forze per vi-vere. Benedetto sia quel momento in cui nonavrò più forze per vivere ma neppure per of-fenderti. Concedimi, o Signore, la grazia dientrare allora, per mezzo di quell’ultima de-bolezza, nello stato della tua ultima caduta.

Ultima caduta, ultimo momento, in cui ilTuo corpo che viene dalla terra come il no-stro, comunica con la terra. D’ora in avanti ilTuo corpo non comunicherà più che con laCroce. La polvere e la Croce: il luogo con-forme alla natura e il luogo conforme

70

LA VIA REGALE

Page 71: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

all’Amore. Signore, Tu non lasci l’uno che perl’altro; e rimani sempre, nell’uno come nel-l’altro, nella verità. Tu sei vero, o Signore,perfino nella Tua carne e guidi la nostra carnein tutta la Verità (4). O ammirevole scambiotra la carne, strumento del peccato, e la Cro-ce, strumento dell’Amore. Voglio contempla-re fin d’ora questo mistero che spero sarà perme, come fu per te, la porta della Vita.

È dunque la debolezza che introduceall’Amore, è il venir meno che redime? O Si-gnore, sembra che Tu stia per soccombereproprio all’ultimo momento. E se Tu morissiper via, se Tu morissi di debolezza sotto laCroce e non offrendo la Tua vita sulla Croce!Ma perché fino all’ultimo momento questecadute che sembrano rendere precario ilConsummatum est? (5). Non comprendo per-ché fu così nei Tuoi riguardi, lo capisco però,nei miei. Questa Tua è la risposta della qualeho bisogno e che tutta la mia vita attende. Èspesso proprio nel momento in cui io sto perarrivare a Te, che sei Luce e Amore, che ven-go meno. Non è il venir meno di coloro chesono rapiti dalla Tua presenza vicina, ma que-sta misteriosa debolezza che mi fa cercare al-trove che in Te, ciò che io so di non poter tro-vare che in Te solo. È vero che fallisco pro-prio all’ultimo momento. È vero che le miedebolezze sono tanto più gravi quanto più so-no vicino a Te. Subire la legge della carne ètanto meno scusabile, quanto maggiore era ilfervore che trasportava verso di Te.

O Signore, Tu sei quindi caduto per me;per essere a mia immagine, sei caduto finoalla fine, fin sotto la meta finale. Il tuo statodi caduta è lo stato della mia vita. Tu sei ilDio incarnato; tutta la Tua vita è il simbolodi Dio, tutta la Tua vita è il simbolo dell'uo-mo. Nulla vi è in Te che non sia insieme diDio e dell'uomo. La Tua debolezza è forza,la Tua ultima debolezza sotto la Croce è ilparossismo della forza di Dio. Adoro questomistero, o Signore, e nella sua luce capiscoche vi sono diversi modi di essere deboli: ilTuo ed anche il mio. La debolezza in me èmultipla come me stesso: debolezza dellacarne, quando non accolgo nella mia carnela grazia della Tua forza; debolezze delcuore, quando mi lascio prendere da desideridiversi da quello di Te, o mi allontano daquell'integrità di adesione a Te che rende-rebbe invulnerabile; debolezze dello spirito,sono le più gravi, quando mi allontano dallavera luce, perchè la Verità non è più in me(6), umile, verginale, assoluta.

Le debolezze Tue invece, o Signore, di Teche sei di lassù e non di quaggiù (7), non pro-vengono mai dalle sfere più alte, mai da quel-le sottili mancanze che alienano l'anima dalprofondo e la rendono quasi estranea all'uni-ca sorgente della vera forza. Il Tuo corpo puòsottrarsi, Tu vuoi che avvenga così, così comeTu vuoi dare la Tua vita. Cadi, non sorpresoma sottomesso, sapienza e Sapienza; il Tuocuore di carne può soffrire al punto da venirmeno, per le mille contrarietà: infatti cadi laseconda volta; il Tuo spirito può voler par-zialmente rinunziare a quell'assoluto control-lo di tutto l'essere che a noi piace spingere fi-no a un'orgogliosa padronanza di noi stessi: èquesto, o Signore, il significato della Tua ulti-ma caduta. Ma sempre, o Signore, Tu rimanipresente, nel profondo dell'anima, al Verboeterno: rimani sempre in una immutabile se-renità, nel regno della Luce e dell'Amore.Accetti umilmente la legge della nostra natu-ra e rimani nell'Ordine di Dio; sei come senon potessi più nulla per Te stesso, ma il Tuospirito non è diviso, non è in contrasto con sestesso; cadendo sulla strada, Tu sei vita, sor-gente di vita, Tu sei la via.

Ti adoro, o Signore, nello stato di questaTua ultima caduta, Ti adoro indebolito e purtuttavia identificato con la Saggezza infalli-bile incarnata dalla Tua Croce; Ti adoro umi-liato, sotto il Tuo stesso sguardo, umiliatosotto lo sguardo di Tuo Padre, umiliato sottolo sguardo di Maria, Tua Madre, e tuttaviaUno con Maria Tua Madre, Uno con Te stes-so, Uno con il Padre Tuo.

Note

Riunione sacerdotale ed esercizi spiritualiper sacerdoti. Come annunciato nello

scorso numero, la nostra casa di Verrua haospitato quest’anno un discreto numero diconfratelli venuti anche da molto lontano peruna fraterna riunione sacerdotale organizzatada Padre Barbara che ha avuto luogo il 18 e19 ottobre. Per non dare solo un’arida lista dinomi, ci sembra bene presentare ai lettori,benchè brevemente, i nostri ospiti. Organiz-

71

1) Lc XII, 60; Gv XII, 7.2) Mc VIII, 35;

Lc IX, 24; Gv XII, 7.3) 2 Re IV, 6,.

4) Gv XVI, 13.5) Gv XIX, 30.6) Gv III, 19-21.7) Gv VIII, 23.

Vita dell’Istituto

Page 72: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

zatore era il Padre Noël Barbara, della dioce-si di Costantine (Algeria) e da lungo temporesidente a Tours, notissimo in tutti gli am-bienti tradizionalisti come uno dei primi e piùcombattivi sacerdoti che si opposero alleriforme conciliari. Direttore della rivista Fortsdans la Foi, predicatore esperto di esercizispirituali secondo il metodo di S. Ignazio (ap-partenne alla congregazione di “specialisti”, iCooperatori Parrocchiali di Cristo Re), PadreBarbara ebbe nel passato una lunga polemicacon Mons. Guèrard des Lauriers, oggi ampia-mente superata con l’adesione del Padre allaTesi di Cassiciacum. Era presente poi il Rev.Gustave Delmasure, della diocesi di Nizza,già parroco di Théoule, il quale esercita at-tualmente il suo ministero a Cannes. Pieno dizelo, si reca a celebrare anche a Digoin e vici-no a Parigi, facendo tappa a Tours presso Pa-dre Barbara. Quando si deve assentare daCannes, è sostituito, nel limite del possibile,dal nostro don Nitoglia. Ultimo degli “anzia-ni”, il Rev. Paulus Schoonbroodt, della dioce-si di Liegi e parroco di Steffenhausen. In oc-casione delle consacrazioni episcopali operateda Mons. Lefebvre, gli è stato chiesto dai suoi“superiori” di sottoscrivere il protocollo d’in-tesa già firmato e poi di fatto non attuato dalVescovo “tradizionalista”. Don Schoon-broodt ha testimoniato la fede rifiutando disottoscrivere questo accordo. Questo gesto gliè costato la parrocchia, dalla quale è statoespulso, ed una “scomunica” caduta nel nullaperchè lanciata da persona priva di ogni auto-rità. In breve tempo, con l’aiuto della Provvi-denza che ha suscitato la generosità di tantifedeli, una nuova chiesa è stata costruita afianco dell’antica chiesa parrocchiale per ope-ra dell’ottimo parroco, che è anche valente

musicista e professore al conservatorio. Dopogli “anziani”, i più o meno giovani. Quattro isacerdoti degli Stati Uniti, tutti ordinati daMons. Lefebvre e membri, fino al 1983, dellaFraternità San Pio X: sono i reverendi donDaniel Dolan, don Anthony Cekada, donDonald Sanborn e don Joseph Collins. DonDolan e don Cekada svolgono il loro ministe-ro nella bella chiesa di Santa Gertrude a Cin-cinnati (Ohio). I lettori italiani conoscerannopresto un bellissimo scritto di don Cekadasulla nuova liturgia che intendiamo pubblica-re in italiano e francese. Don Dolan, invece, èdivenuto nel frattempo Mons. Dolan, poichèè stato consacrato Vescovo il 30 novembre aCincinnati. Don Sanborn, da tempo nostroamico, fu direttore del seminario della Frater-nità negli Stati Uniti. Attualmente, dirige unascuola nel Michigan e due riviste: CatholicRestoration, per i fedeli, e Sacerdotium, so-prattutto per il clero. Accompagnava i confra-telli Dolan e Cekada il sacerdote brasilianodon Ferreira, ordinato da Mons. Carmona, ilquale collabora con Mons. Dolan negli StatiUniti. Infine, era con noi un altro sacerdotefrancese ordinato da Mons. Lefebvre, giàpriore a Bordeaux per la Fraternità, quandone fu espulso per il fatto di aderire alla Tesi diCassiciacum. Si tratta di don PhilippeGuépin, che svolge il suo apostolato nellachiesa di Cristo Re a Nantes e che, invece dicostruire una nuova chiesa come il suo con-fratello belga don Schoonbroodt, si è reso fa-moso per aver voluto ed attuato la restaura-zione di un antico santuario mariano in Bre-tagna, dedicato a Notre Dame des Dons, cheera quasi totalmente distrutto. Se a questi sa-cerdoti aggiungiamo i quattro dell’Istituto,eravamo in tredici.

L’incontro è stato certamente proficuo.Tutti i presenti avevano in comune la fedecattolica ed il non essere in comunione conGiovanni Paolo II, malgrado opinioni diver-se su altri punti che sono stati oggetto di di-scussioni civili ed interessanti, sul dogma, lamorale e la pastorale. Agli esercizi si sonounite le “pie donne”, mentre altre si sono sa-crificate per il buon funzionamento della ca-sa: ringraziamo Maria Poli, Catherine Ga-reau, Catherine Chleq e Myriam Malré. Eringraziamo soprattutto il Padre predicatoreche, malgrado la fatica, non si è risparmiato,sobbarcandosi anzi un supplemento di lavo-ro per anticipare le prediche a quanti dove-vano partire in anticipo per assicurare lemesse domenicali ai fedeli.

72

Alcuni sacerdoti e i seminaristi presenti agli Esercizi Spirituali predicati da P. Barbara (mancano don Cekada, don Sanborn e don Ferreira)

Page 73: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

I Padri Espina e Medina a Verrua. Pocodopo gli esercizi abbiamo avuto il piacere diospitare due confratelli latino-americani: donJulian Espina, argentino (dal 2 al 12 novem-bre), e don Alfredo Medina, messicano resi-dente a Bruxelles, in Belgio (dal 6 al 10 dellostesso mese). Ringraziamo i due amici per laloro visita che stringe i nostri rapporti e la no-stra collaborazione. I fedeli di Torino si sonosentiti meno soli nell’assistere alla Santa Mes-sa domenicale celebrata ora da Padre San-born, ora da Padre Dolan e da Padre Espina.

Don Ricossa in Belgio. Invitato da donMedina, don Ricossa ha ricambiato la visita re-candosi a Drogenbos, presso Bruxelles, dall’11al 13 dicembre. È rimasto edificatissimo nel vi-sitare la bellissima chiesa e canonica messe adisposizione di don Medina dai fedeli dellaCappella della Madonna del Rosario, nel con-statare il loro fervore e la loro frequenza anchealla Messa quotidiana e l’affetto e la stima peril loro sacerdote. Nei tre giorni di permanenzaa Bruxelles non ha perso il suo tempo: ha pre-dicato sull’Avvento il sabato, celebrato la Mes-sa domenicale, tenuto una conferenza su “Gio-vanni XXIII, il Papa del Concilio” e predicatoun ritiro per le signore il lunedì. Ha anche visi-tato alcune famiglie tra le quali quella del no-stro seminarista Stuyver, conoscendo lo zio sa-cerdote, Valery Stuyver, fedele difensore dellaMessa nelle Fiandre. A don Medina, a tutti ifedeli, così generosi con l’Istituto, vada il no-stro sentito ringraziamento.

Mons. Mc Kenna ha preannunciato unasua graditissima visita a Verrua. Dovrebbe tor-nare tra noi il 31 gennaio e nel prossimo nume-ro daremo i dettagli della sua venuta tra noi.

Conferenze. Don Nitoglia ha tenuto unaconferenza sull’aborto ad una cinquantina digiovani di destra a Roma, il 3 ottobre.

Per il resto abbiamo ritenuto opportunoassistere ad alcune conferenze organizzateda altre associazioni che possono interessareil sacerdote cattolico impegnato nella difesadella fede. Questo non significa che l’Istitutocondivida tutte le prese di posizione degliorganizzatori di questi incontri (e viceversa)!Dopo questa doverosa precisazione ecco do-ve siamo stati presenti:

- a Cinisello Balsamo, il 2 ottobre, per uncongresso della “Consulta Cattolica-Cattoli-ci per l’identità”, presieduto dall’on. IrenePivetti (Lega Nord). Don Ricossa è interve-nuto nel dibattito.

- a Modena, il 3 ottobre ed il 4 dicembre,per una cena ed una conferenza del dott.

Sergio Boschiero (Alleanza Nazionale Mo-narchica); sono stati presenti prima don Giu-gni e poi don Ricossa.

- a Firenze, il 20 novembre, per il conve-gno dell’ “Anti-’89” e di Controrivoluzionesui martiri della Vandea. Ringraziamo il dott.Pucci Cipriani per aver permesso la diffusio-ne di Sodalitium al tavolo delle pubblicazioni.

- a Milano, il 23 novembre, per una con-ferenza del “Comitato pro detenuti politici”sulla “Legge Mancino” (presenti don Nito-glia e don Ricossa).

Sono state delle occasioni preziose perfar meglio conoscere l’Istituto, e nello stessotempo seguire le iniziative in campo politicoe religioso che possono interessare il cattoli-co italiano. A queste occasioni bisogna ag-giungere anche numerosi contatti personali,che potranno dare, almeno lo si spera, i pro-pri frutti, sempre ed esclusivamente a gloriadi Dio e salvezza delle anime.

“Sodalitium” è sempre più diffuso (nelnostro piccolo!). Purtroppo aumentano ancheproporzionalmente le spese ed i debiti con latipografia. Ringraziamo quanti hanno segna-lato la nostra rivista, come il mensile Avan-guardia (C.P. 170, 91100 Trapani), che ha an-che pubblicato l’articolo di don Nitoglia suGiudaismo e Massoneria, “L’Italia settimana-le” (Viale Gorizia 53, 00198, Roma), “Sacer-dotium” e “Catholic restoration” (1409 West14 Mile, suite 300, Madison Heights, Michigan48071-1055, U.S.A.), del nostro amico donSanborn, che continua la pubblicazione degliarticoli su Giovanni XXIII. Sulle medesime ri-viste di don Sanborn è stata pubblicata anchela traduzione in inglese dell’articolo sulla con-ferenza di Ratzinger ai valdesi. Il mensile“Chiesa viva” (via Galilei 121, 25123 Brescia)continua la pubblicazione degli articoli di donNitoglia sul problema ebraico ed il suo diret-tore, Mons. Villa, ha ripreso in un suo articoloil contenuto del nostro “pezzo” sul card. Rat-zinger, dedicando al problema la copertina.Un resoconto dell’incontro sacerdotale diVerrua, con notizie sull’Istituto e “Sodali-tium”, è stato pubblicato su “St. Gertrude theGreat Newsletter” (11144 Reading Road, Cin-cinnati, Ohio 45241, U.S.A.) diretto da Mons.Dolan. E poi... non manca anche chi parla...male di noi! Ma preferiamo far finta di niente!

Entrata nell’Istituto. La sera del 17 dicem-bre, vigilia dell’anniversario della fondazionedell’Istituto, la signora Catherine Chleq è en-trata ufficialmente a far parte della nostra fa-miglia che conta attualmente tredici membri.

73

Page 74: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

Battesimo. Festa grande in casa Parolin,ove, il 24 ottobre, don Giugni ha battezzatola piccola Edith, che si aggiunge così a Flo-rian, Ingrid, Emanuele, Michele e Maria.

I nostri defunti. Raccomandiamo alle vo-stre preghiere le anime di Gabriele Ripa Bu-schetti di Meana, Vittorio Mout e HubertSalleron. Gabriele Ripa Buschetti di Meanaera il nonno materno del nostro don Ugolino.È morto il 20 ottobre, dopo che il nipote, chestava facendo gli esercizi, ha avuto la conso-lazione di dargli gli ultimi sacramenti. L’Isti-tuto rivolge alle famiglie Giugni e Ripa diMeana le proprie sentite condoglianze. Il 30ottobre don Ricossa ha benedetto nel cimite-ro di Cantalupa (Torino) la salma del suovecchio amico, Vittorio Mout, morto improv-visamente in Francia, dove vive uno dei figli.

Infine, il 24 novembre, è morto nella suaNormandia il nostro carissimo amico e fedeleHubert Salleron all’età di 70 anni. Era fede-lissimo degli Esercizi Spirituali di S. Ignazioche aveva fatto anche con i CPCR di PadreVallet; negli ultimi anni era sempre venuto aseguire i turni di Esercizi predicati a Raveau,salvo negli ultimi due, impedito dalla malat-tia. Conosciuto il Padre Guérard des Lauriersquando questi era ancora ad Etiolles, ne eradivenuto fedele sostenitore. Agricoltore diprofessione, aveva una notevole cultura e ungran buon senso che gli permettevano di giu-dicare con molta precisione avvenimenti direligione e di politica. Da buon cattolico, sof-friva nel vedere la gravissima crisi nella Chie-sa e nella società. Ma nonostante queste pro-ve, per non parlare della dolorosa malattia,egli conservava una fiducia nella Provvidenzaed una finezza di modi e di sentire non comu-ni. Era contento di ricevere e leggere “Soda-litium”, e non celava la sua attesa quando ilbollettino aveva del ritardo. Ricoveratoall’Ospedale di Caen la prima volta nel feb-braio del ‘92, ci scriveva: “Solo a Verrua si èfermi sulla questione delle consacrazioni diMons. Thuc e Mons. Guérard per la Missio, siè veramente fermi sull’unica tesi che spiegachiaramente la crisi dell’Autorità: Wojtyla pa-pa materialiter che occupa materialmente laSede, ma non Papa formaliter, poiché non in-segna più la dottrina cattolica. È un liberopensatore ed un massone militante. Quantoalle messe non una cum, all’oblazione pura,malgrado la fermezza ostentata da tutti, moltisi rilassano nella pratica… Tra non molto an-drò a raggiungere Mons. Guérard che ha tan-to lottato, come voi dite, per la Verità Divina

e Cattolica; che finalmente la Missio e la gra-zia passino a quelli che sulla terra hanno tan-ta sete delle grazie di Nostro Signore GesùCristo, della Verità e della Bellezza. Oh Pu-rezza della Dottrina e bellezza immortale delCielo, della Santa Trinità, della Madonna edella Corte Celeste”. Don Murro si era recatoda lui nel marzo del ‘92 per amministrargli gliultimi Sacramenti. Il signor Salleron sembra-va tuttavia resistere al male, quando quest’au-tunno vi è stato un aggravamento: i medicistessi l’avevano avvisato di “preparare le car-te”. Ma la Provvidenza è più buona di quelche noi osiamo sperare: pur vivendo nellapunta settentrionale della Normandia, lonta-no da sacerdoti, ha ottenuto il favore specialedi avere la visita dell’Abbé Saffré la vigiliadella sua morte, e ricevere così tutti i Sacra-menti. L’indomani, 24 novembre scorso, sispegneva dolcemente all’alba e l’Abbé Saffréha potuto celebrare la Messa da Requiem. Ilgiorno dei funerali, il 26, nella Cappella diVerrua l’Istituto ha celebrato una Messa daRequiem cantata con l’Assoluzione al tumu-lo. A tutta la famiglia, e in particolare allamoglie ed alla figlia che vivevano con lui“quasi come una piccola comunità”, come di-ceva il compianto sig. Salleron, vanno tutte lecondoglianze del nostro Istituto.

74

L’ISTITUTO MATER BONI CONSI-LII ED IL PERIODICO SODALI-TIUM RIVOLGONO A TUTTI IPROPRI FEDELI, LETTORI, AMI-CI E BENEFATTORI VIVISSIMIAUGURI DI UN SANTO NATALE EFELICE ANNO NUOVO, SOTTO LAPROTEZIONE DELLA MADRE DIDIO, MEDIATRICE DI OGNI GRA-ZIA. NOS CUM PROLE PIA, BE-NEDICAT VIRGO MARIA!

Page 75: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

L’Associazione ed i poveriL’Associazione Mater Boni Consilii vie-

ne abitualmente in aiuto di persone che sitrovano in difficoltà economiche. Per questoabbiamo organizzato diverse attività per po-tere svolgere queste opere di carità.

Nel 1992 l’Associazione ha ricevuto, comesomma da destinare ai poveri, £ 8.308.650, edha distribuito £ 10.183.000.

Nel 1993 l’Associazione ha ricevuto, al22/12/93, £ 10.718.100 - di cui £ 2.337.000 so-no state ricavate dal concerto svolto il 15gennaio - ed ha distribuito £ 16.598.000. Noncontiamo tutti i doni in natura, come vestia-rio, generi alimentari, ecc. che risparmianomolte spese a chi è nel bisogno. Di conse-

guenza, negli ultimi tre anni l’Associazioneha dato £ 36.845.500, raccogliendone solo£ 28.161.250, con un deficit di £ 8.684.250.

Un amico dell’Associazione ci aiuta ven-dendo al mercato oggetti di qualunque genereche gli mettiamo a disposizione. Invitiamo i let-tori che lo desiderassero a contribuire a questainiziativa, che ha fruttato quest’anno £ 880.000,facendoci pervenire gli oggetti di qualche valo-re che intendono mettere in vendita.

Ricordiamo che le vostre offerte ci da-ranno, in avvenire, l’opportunità di continua-re quest’opera di carità già in gran difficoltà,e di sovvenire un maggior numero di poveri,di famiglie numerose e di distribuire borse distudio.

75

Page 76: Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - SodalitiumL'augurio di “Sodalitium” in occasione del suo decimo anniversario: che Nostro Signore Gesù Cristo dia alla sua

SS. MESSE

Verrua Savoia (TO): Istituto Mater Boni Consilii - Località Carbignano, 36 Tel.: (0161) 83.93.35. Nei giorni feriali, S. Messa alle ore 7,30. Tutte le domeniche S. Messa ore 17,30.Benedizione Eucaristica tutti i venerdì alle ore 21.Il primo venerdì del mese, ora santa alle ore 21.

Torino: Via Saluzzo, 9 D. Il primo venerdì del mese e tutti i giovedì, S. Messa alle ore 18,15 e confessioni dalle ore 17,30.Tutte le domeniche, confessioni dalle ore 8,30, SS. Messa cantata alle ore9,00; S. Messa letta alle ore 11,15. Catechismo il sabato, seguìto dalle confessioni e dal S. Rosario.

Valmadrera (CO): Via Concordia, 21- Tel. (0341) 58.04.86. SS. Messe la lª e la 3ª domenica del mese alle ore 10, e confessioni dalle ore 9,30.

Marano Vicentino (Thiene - VI): Via Canè, 1, presso la fam. Parolin. SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 18,30.Per informazioni rivolgersi a Verrua Savoia.

Maranello (MO): Villa Senni - Strada per Fogliano - Tel. (0536) 94.12.52.S. Messa tutte le domeniche alle ore 11.

Firenze: Via Ciuto Brandini, 30, presso la Prof.ssa Liliana Balotta.Tel: (055) 68. 59. 5l . SS. Messe la lª e la 3ª domenica del mese alle ore 18,15 e confessioni dalle ore 17,30.

Roma: S. Messa il primo sabato del mese alle ore 17,30 e la domenica che segue il primo sabato del mese, alle ore 11. Viale Sirtori 50, presso fam. Pristerà, Tel (06) 55.280.224.

Annecy (Francia): 11, avenue de la Mavéria.SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 10 e confessioni dalle ore 9,00.Tel. dall'Italia: (0033) 50.57.88.25.

Madrid (Spagna): Calle Serrano, 31 - 3° D, presso le Signore Maria e Pilar Alejos.Tel. dall'Italia (0034) 1 577.14.31. Per informazioni sulle celebrazioni telefo-nare al suddetto numero.

COME AIUTARCI- Non si fanno abbonamenti a “Sodalitium”. Il nostro periodico viene inviato

gratuitamente a tutti coloro che desiderano riceverlo.- Preghiamo tutti coloro che, per qualsiasi motivo, non desiderano ricevere

“Sodalitium” di volercelo gentilmente comunicare.- Il nostro Istituto Mater Boni Consilii ed il suo periodico “Sodalitium”

non hanno altri introiti che le vostre offerte senza le quali non possono vivere.

Offerte:• sul Conto della Banca CRT Ag. di Brusasco Cavagnolo, conto 1802189/26

intestato all'Associazione Mater Boni Consilii.• sul Conto Corrente Postale numero 24681108 intestato a “Sodalitium”,

periodico dell'Associazione Mater Boni Consilii.