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N. 55 Anno XVIII n. 4 - Dicembre 2002 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALLUFFICIO C.R.P. ASTI PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TARIFFA Tassa Riscossa - Taxe Perçue. TORINO CMP

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Anno XVIII n. 4 - Dicembre 2002 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium -Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE

ALL’UFFICIO C.R.P. ASTI PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TARIFFA

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EditorialeEditorialeUndici ottobre 1962: Giovanni XXIII

apriva solennemente il Concilio Va-ticano II. Per Angelo Giuseppe Ron-

calli il Concilio sarà una “nuova Pentecoste”,tanto che nel discorso d’apertura denuncia i“profeti di sventura” che non condividono ilsuo ottimismo sui tempi moderni. Undici ot-tobre 2002: quarant’anni sono passati daquell’avvenimento. Tutti possono constatarecome la “profezia” di Giovanni XXIII non siè realizzata, al punto che nessun profeta disventura avrebbe immaginato una tale deso-lazione. Invece della Pentecoste, stiamo vi-vendo un nuovo Venerdì Santo.

Il più prestigioso quotidiano nazionale, ilCorriere della Sera di Milano, ha affidato aVittorio Messori il compito di commemora-re, in prima pagina, lo storico avvenimento(Due anime e un Papa, Corriere della Sera,12 ottobre 2002). Messori non è solo unoscrittore di successo ed un valido apologetadel cattolicesimo (ancorché con tendenze fi-deiste); è anche l’uomo prescelto dal Cardi-nal Ratzinger (Rapporto sulla fede, Paoline

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1985) e da Giovanni Paolo II stesso (Varca-re le soglie della speranza, Mondadori 1994)come interlocutore privilegiato. Questo nongli ha impedito, nel passato, di manifestarepubblicamente i suoi dubbi e le sue critichenon solo a proposito di uno “spirito delConcilio” che ne tradirebbe la lettera (eraquesto lo scopo stesso del libro-intervista diRatzinger), ma anche a proposito degli attistessi di Giovanni Paolo II; ne fa fede un al-tro articolo pubblicato sul Corriere e parzial-mente riportato da Sodalitium nel suo edito-riale di un anno fa (n. 53).

Ha destato quindi un certo stupore il fat-to che l’editoriale di Messori non contenesseuna critica – seppur moderata – al VaticanoII, ma piuttosto un duro atto d’accusa con-tro la Fraternità San Pio X, fondata daMons. Lefebvre, pur così vicina alla sua sen-sibilità e a certe sue prese di posizione. Diquesto stupore è stato eco fedele l’abbé Mi-chel Simoulin, superiore del distretto italia-no della Fraternità, la cui lettera di precisa-zione è stata pubblicata il 21 ottobre sulCorriere con una risposta di Messori.

Ma qual è l’accusa di Messori? Essa sipuò riassumere in una parola: il “tradiziona-lismo” implicherebbe una negazione dell’in-

“Sodalitium” Periodico - n° 55 , Anno XVIII n. 4 2002

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In copertina: S. Tommaso d’Aquino che addita l’er-rore sconfitto (qui rappresentato dal filosofo araboAverroé). Dipinto di Filippino Lippi (1490), Basilica S.Maria Sopra Minerva Roma.

Editoriale pag. 2Le leggi razziali pag. 5L’elezione del Papa pag. 18Educare pag. 31Massimo Introvigne e Roberto De Mattei. Documenti pag. 39Risposta a Murelli pag. 42Recensioni: Gli ultimi giorni di Gesù - Il Bavaglio europeista pag. 44

Il caso Pinochet pag. 46Fratelli d’Italia pag. 47Filosofia della politica e della storia - Filosofia tomistica pag. 50In prigione in nome di Gesù Cristo pag. 53Altre pag. 54

Controversie pag. 58Vita dell’Istituto pag. 60

✍ Sommario

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defettibilità della Chiesa. “A meno di ipotiz-zare un Dio sadicamente burlone – scriveMessori – è pensabile che così a lungo e cosìgravemente sia stato condotto fuori strada ilPopolo cui il Cristo ha promesso diuturnaassistenza?” [per esattezza, l’assistenza èpromessa alla Gerarchia]. La gerarchia, insi-ste, “non può condurre fuori strada il greggeaffidatole”. Essa ha infatti un “misterioso ca-risma, garantito dallo Spirito Santo” [pensia-mo si alluda qui all’infallibilità] che le con-sente di approfondire e attualizzare, senzamai tradire, il “Credo di sempre”. Da qui unparadosso: i “tradizionalisti”, che accusanola Chiesa di essersi protestantizzata, portanoavanti una denuncia “che rischia di rifarsiproprio alle categorie di Lutero, di Calvino,di Zwingli: il tradimento, cioè, dell’ortodos-sia da parte del Magistero, l’allontanamentodalla lettera del Vangelo e dall’insegnamentodei Padri, l’inquinamento liturgico e pastora-le”. Messori avrebbe potuto citare al propo-sito una proposizione del conciliabolo gian-senista di Pistoia, condannata come ereticada Papa Pio VI, che suona così: “In questiultimi secoli si è diffuso un generale offusca-mento sulle verità di maggiore importanzache riguardano la religione, e che sono la ba-se della fede e della dottrina morale di GesùCristo” (D.S. 2601). Se sostituiamo a “ultimisecoli” “quarant’anni”, non abbiamo forsel’analisi dei “tradizionalisti”?

All’obiezione non si sfugge diminuendola portata delle critiche rivolte al VaticanoII dalla Fraternità, come ha cercato di farel’abbé Simoulin; ad esso risponde a ragioneMessori, il 21 ottobre: “il movimento suscita-to da Mons. Lefebvre è la maggiore forza or-ganizzata che contrasta non solo lo ‘spiritodel Concilio’ [come Ratzinger e Messoristesso] ma, spesso, anche la lettera dei docu-menti di quel Vaticano II che vorrebbe, sem-mai, declassare a livello ‘pastorale’, dunquecaduco e non impegnativo. La polemica con-tro la Chiesa attuale non riguarda solo alcuniaspetti (la ‘Messa in latino’, ad esempio) mascende in profondo ed è in rotta di collisioneche pare insanabile con teologia, esegesi, ec-clesiologia del cattolicesimo attuale”. La Fra-ternità, quindi, “incappa in contraddizioniinsanabili. (…) Come conferma anche l’eso-do che la Fraternità San Pio X conosce: o ilritorno alla comunità ecclesiale ‘ufficiale’[esito probabilmente auspicato dallo stessoabbé Simoulin, che teme che la Fraternità

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diventi o sia già una “piccola chiesa”] o ilpassaggio ai gruppi ‘sedevacantisti’, a rigordi logica più coerenti, nel loro radicalismo”.

Incassiamo ben volentieri l’elogio diMessori (“più coerenti”) e condividiamofondamentalmente la sua critica alla Frater-nità San Pio X (“contraddizioni insanabili”),senza illuderci però di ottenere il sostegnodel noto scrittore: la critica fatta alla Frater-nità – mutatis mutandis – non vale anche pernoi, “sedevacantisti” (seppur solo formali-ter!)? Messori non invita a delegittimareGiovanni Paolo II, ma a seguirlo.

Vorremmo però anche noi fare a Messo-ri, e a chi pensa come lui, alcune domande.

Egli suppone – e non può non supporre –che il “magistero” del Vaticano II e del po-st-concilio sia solo un “approfondimento” euna “attualizzazione” del “Credo di sem-pre”; che nessuna contraddizione possa esi-stere [e ciò sarebbe certamente vero se que-sto “magistero” venisse da una legittima au-torità, divinamente assistita] con la dottrinacattolica precedente: a priori, è impossibile.Benissimo. Lo stesso Vaticano II, parlandodella libertà religiosa dichiara ribadire ladottrina tradizionale (n. 1). Ma se ‘a poste-riori’ non fosse così? La gerarchia attuale, “iPastori del momento”, non avranno certonessuna difficoltà, allora, nel riconfermare einculcare documenti come l’enciclica Quasprimas contro il laicismo e lo stato non con-fessionale, l’enciclica Quanta Cura e Sillabocontro la libertà religiosa, l’enciclica Morta-lium animos contro l’ecumenismo, le nume-rose bolle papali sugli ebrei deicidi e non piùpopolo eletto ma riprovato da Dio… Mi fer-mo qui, ma la lista potrebbe esser infinita.Di più. Nel quadro dei ripetuti “mea culpa”,Giovanni Paolo II ha dichiarato come nelpassato la prassi della Chiesa avesse “offu-scato il volto di Cristo”. Non è forse far pro-pria – ma riguardo al passato e non al pre-

Quarant’an-ni fa: unaseduta delConcilioEcumenicoVaticano II

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sente – quella proposizione condannata delSinodo di Pistoia? Già il Vaticano II, sem-pre nella dichiarazione sulla libertà religio-sa, deve ammettere che “nel passato si sonoavuti modi di agire meno conformi allo spiri-to evangelico, anzi ad esso contrari” (n. 12),mentre la dichiarazione conciliare NostraAetate è forse il solo documento “ecclesiasti-co” che non ha potuto portare a proprio fa-vore – almeno per il capitolo 4 sugli ebrei –una sola citazione del magistero. Non sonoforse tutti questi indizi, se non proprio im-plicite ammissioni, della “impossibile” con-traddizione? Messori scrive a ragione che èimpossibile che la Chiesa “cui il Cristo hapromesso diuturna assistenza” abbia condot-to il popolo di Dio fuori strada “così a lungoe così gravemente”. Ma perché, se ciò è im-possibile che sia accaduto negli ultimi 40 an-ni, potrebbe essere accaduto nei secoli pas-sati? Quando la Chiesa gerarchica – Papi eVescovi unanimi – negavano ogni diritto allalibertà religiosa chiedendo allo Stato l’inter-vento del braccio secolare, ha forse “così alungo e così gravemente condotto fuori stra-da” il Popolo cristiano? Oppure, se non loha fatto (e non lo ha fatto) come si devonogiudicare quanti – nei documenti ufficiali del“magistero” – condannano almeno implici-tamente la Chiesa del passato? Se non è le-cito accusare la Chiesa del presente di daredel veleno ai suoi figli (come diceva Mons.Lefebvre, attribuendo alla Chiesa l’opera diPaolo VI) non è lecito neppure dirlo dellaChiesa del passato, che era – allora – laChiesa del presente, anch’essa assistita dalloSpirito Santo.

Insomma: l’indefettibilità della Chiesa èmessa in pericolo sia dal “tradizionalismo”di Mons. Lefebvre, sia dal “progressismo” diGiovanni Paolo II. Entrambi cadono in“contraddizioni insanabili”.

Facendo nostro tutto l’insegnamento e ladisciplina della Chiesa del passato, evitiamola contraddizione di Giovanni Paolo II, chequesto passato implicitamente condanna.Dimostrando che gli errori del Vaticano II,di Paolo VI e di Giovanni Paolo II non sonoattribuibili alla Chiesa, evitiamo la contrad-dizione del “tradizionalismo”. Resta però,terribile, l’obiezione che si può rivolgere aogni “sedevacantismo”: le porte dell’infernohanno allora prevalso contro la Chiesa? Ge-sù Cristo non è più con essa, quando ha pro-messo di esserlo fino alla fine dei secoli?

Dio può permettere che i fedeli siano cosìingannati?

La risposta è ovviamente: no. Le portedell’inferno non possono prevalere. GesùCristo non può abbandonare la Chiesa. Nonpuò permettere che tutti i fedeli siano ingan-nati.

Il “sedevacantismo” stretto non sa risol-vere, neppure lui, quest’ultima contraddizio-ne. Ci sembra però che lo possa fare la tesiteologica sull’autorità di Padre Guérard desLauriers, che è quella di Sodalitium.

La Chiesa, il Papa, non possono insegna-re l’errore, ingannare i fedeli: ha ragioneMessori. Ma l’eletto di un Conclave che nonè però legittimo Papa può insegnare l’erroree ingannare (molti) fedeli: lo insegna il ma-gistero della Chiesa (Papa Paolo IV, BollaCum ex apostolatus). Dio non può permette-re che i fedeli siano tratti tutti in inganno se-guendo un falso Papa: ha ragione Messori.Ma nel nostro caso i fedeli possono con cer-tezza evitare l’inganno, aderendo per l’ap-punto all’insegnamento già definito infalli-bilmente dalla Chiesa, il che li preservadall’accettare l’errore che contraddice (inve-ce di approfondire o attualizzare) l’insegna-mento precedente. Dio non può permettereche la Chiesa sia vinta dall’inferno, sia finita,sia totalmente priva di gerarchia: ha ragioneMessori. Ma Dio può permettere che - senzache la Chiesa sia vinta, o privata totalmentee definitivamente della gerarchia (la perma-nenza materiale delle sedi ci garantisce lacontinuità) – la Chiesa attraversi periodi ditempesta, come al tempo del Grande Sci-sma, quando la legittimità di molti Papi eradubbia. Un Dio che non mantiene le suepromesse fatte alla Chiesa sarebbe “sadica-mente burlone” (diciamo: falso e bugiardo),certo. Ma il nostro Dio è anche quello cheha permesso che il Suo Figlio morisse sullaCroce, e beati quelli che non se ne sonoscandalizzati…

Non vogliamo “un puro Vangelo”, una“antica Tradizione” o una “Chiesa spiritua-le” senza o contro la Chiesa gerarchica. Èproprio in nome della Chiesa gerarchica, edelle sue definizioni infallibili e irreformabi-li, che ci opponiamo a qualsiasi deformazio-ne di questo patrimonio della nostra fede.

Queste deformazioni sono solo apparen-ti? Ecco una notizia che renderebbe felici.Ma chi lo dice e lo scrive, lo pensa poi vera-mente?

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LE LEGGI RAZZIALI

don Curzio Nitoglia

1 ª PARTE: LA CHIESA E GLI EBREI

Un popolo teologico

La Chiesa studia il problema ebraico allaluce della fede. Dio ha creato Israele per

sé, affinché preparasse la via al Messia e lo fa-cesse conoscere al mondo intero; la grandez-za del popolo ebraico si fonda sulla promessache Dio ha fatto ad Abramo di farlo diventa-re capostipite di una “razza” (Gen. XII) dallaquale sarebbe nato il Messia. Abramo ha cre-duto, e i suoi discendenti per essere benedettida Dio, debbono credere nella promessa mes-sianica (realizzatasi nell’Avvento di GesùCristo). Non basta dunque essere discendentidi Abramo solo secondo la carne, ma occorreavere la sua fede in Gesù Cristo. I “veri Israe-liti” - per la Chiesa - son coloro che imitano lafede del Patriarca, credendo in Cristo, mentrecoloro che discendono solo carnalmente daAbramo senza avere la sua fede non sono“veri Israeliti”.

«Ma come allora - scrive S. Tommaso -colui [Ismaele] che era nato secondo la car-ne perseguitava quello che era nato secondolo spirito [Isacco], così pure adesso [il falsoIsraele o Sinagoga talmudica, perseguita ilvero Israele o Chiesa di Cristo]. Sin dall’ini-zio della Chiesa primitiva i giudei hannoperseguitato i cristiani, come appare dagliAtti degli Apostoli e lo farebbero ancora ora,se lo potessero» (1).

In breve, per la Chiesa il popolo ebreo èstato eletto da Dio per portarci il Messia,Gesù Cristo, e non perché discende daAbramo secondo il sangue; ossia è Cristo,che santifica il popolo ebreo. Se esso Gli èfedele, Egli è il suo fine ultimo. Tuttavia,per il falso Israele-carnale, che ha comincia-to a deviare in maniera ufficiale a partire dal175 a.C., il Messia è grande proprio perché èebreo secondo il sangue, e quando venneGesù, e cominciò ad insegnare che sono lafede e le buone opere che salvano e non il

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sangue o la razza, Lo misero a morte, mac-chiandosi di deicidio.

La vocazione del vero Israele-spirituale èirrevocabile (Rom. XI, 9) in quanto è unito spi-ritualmente a Gesù salvatore del mondo, ma ilfalso Israele-carnale, che si ostina ancor oggi arifiutare Gesù, “è stato reciso dall’ulivo fruttife-ro, per la sua incredulità” (Rom. XI, 20).

Perciò la vocazione, da parte di Dio, per-mane; ma da parte dell’uomo può essere ri-fiutata (Giuda e il falso Israele-carnale chehanno rinnegato Gesù) e quindi essere persa.

La radice dell’accecamento ebraico consi-ste nello scambiare la razza per il Salvatore:la razza ha il primato su Cristo. Il giudaismo,avendo questa concezione razzista della sto-ria, è nemico di tutti i popoli (1ª Tess. II, 15);nemico dei pagani che intende dominare co-me bestie, ma ancor più nemico dei cristianiche vorrebbe sterminare come continuazionedi Gesù nella storia. «Quando la romanità di-venne la cristianità - scrive monsignor Beni-gni - l’odio della Sinagoga raddoppiò controessa per il motivo religioso, giacché lo spiritotalmudico odia più il cristianesimo che non ilpaganesimo. Questo rappresenta per la Sina-goga un gregge da domare, da spogliare;quello è l’insieme dei seguaci di Gesù Cristoai quali va l’eredità dell’odio specialissimodel Sinedrio contro il Crocifisso» (2).

S. Agostino, nel commento al salmo 58,scrive che gli ebrei «sussistono ovunque esono ebrei ovunque, non hanno cessato diessere quello che erano».

Gli ebrei saranno sempre una nazionedentro la nazione che li ospita; quando unostato accorda ad uno straniero la pienezzadel diritto lo fa in cambio della rinuncia aisuoi legami con la sua antica patria; gli ebreiinvece non vogliono rinunciarvi e pretendo-no di ottenere la pienezza del diritto comunedella società che li ospita. Per cui - uno statoconfessionale - concede agli israeliti solo undiritto di eccezione o particolare, poiché gliebrei, volendo restar tali, si escludono da sédal diritto comune dello stato ospitante (co-me gli zingari), il quale si vede costretto a ri-correre ad una legislazione speciale, restritti-va o eccezionale per governarli. La Chiesa ele nazioni una volta cristiane, hanno regola-to la vita civile ed individuale degli ebrei conleggi speciali che sono teologiche, ossia mira-no a difendere il cristiano dal contagiodell’anticristianesimo talmudico, e per nullarazziali, in senso biologico e materialistico.

La questione ebraica

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Il Magistero ecclesiastico

La Chiesa non ha mai nascosto l’opposi-zione tra Sinagoga e Gesù.

1°) Innocenzo IV (1244), Impia judeo-rum perfidia: «I giudei, ingrati verso Gesù,disprezzando la Legge mosaica e i Profeti,seguono certe tradizioni dei loro antenatiche son chiamate Talmùd, il quale si allonta-na enormemente dalla Bibbia ed è pieno dibestemmie verso Dio, Cristo e la VergineMaria».

2°) Giovanni XXII (1320), Dudum feli-cis: esprime lo stesso concetto.

3°) Paolo IV (1555), Cum nimis absur-dum: «I giudei sino a che persistono nei loroerrori, riconoscano che sono servi a causa diessi, mentre i cristiani sono stati fatti liberida Gesù Cristo Nostro Signore».

4°) Pio IV (1566), Dudum felicis: espri-me lo stesso concetto.

5°) Pio V (1569), Hæbreorum: «Il popoloebreo, un tempo eletto da Dio, poi abbando-nato per la sua incredulità, meritò di essereriprovato, perché ha con empietà respinto ilsuo Redentore e lo ha ucciso con morte ver-gognosa. La loro empietà è giunta ad un tallivello che, per la nostra salvezza, occorre re-spingere la forza di tanta malizia, la qualecon sortilegi, incantesimi, magia e maleficiinduce agli inganni di Sàtana moltissime per-sone incaute e semplici».

6°) Gregorio XIII (1581), Antiqua ju-deorum: «I giudei, divenuti peggiori dei loropadri, per nulla ammansiti, a nulla rinun-ziando del loro passato deicidio, si accani-scono anche adesso nelle sinagoghe controN. S. Gesù Cristo ed estremamente ostili aicristiani compiono orrendi crimini contro lareligione di Cristo».

7°) Clemente VIII (1593), Cœca et obtu-rata: esprime gli stessi concetti.

8°) Benedetto XIV (1751), A quo pri-mum: «Ogni traffico di merci utili è gestitodai giudei, essi possiedono osterie, poderi,villaggi, beni per cui, diventati padroni, nonsolo fanno lavorare i cristiani senza posa,esercitando un dominio crudele e disumano sudi essi. Inoltre dopo aver accumulato unagrande somma di denaro, con l’usura prosciu-gano le ricchezze e i patrimoni dei cristiani».

9°) Pio IX (1874-1878), Discorsi delsommo Pontefice Pio IX pronunciati inVaticano: Egli chiama gli ebrei «cani», dive-nuti tali da «figli» che erano, «per la loro du-

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rezza ed incredulità». Il Pontefice continuadefinendoli «bovi», che «non conosconoDio» ed aggiunge «popolo duro e sleale, co-me si vede anche nei suoi discendenti», che«faceva continue promesse a Dio e non lemanteneva mai».

Inoltre papa Mastai stabilisce un parallelotra la Chiesa del suo tempo e quella delle ori-gini, asserendo: «le tempeste che l’assalgonosono le stesse sofferte alle sue origini; alloraerano mosse dai pagani, dagli gnostici e dagliebrei, e gli ebrei vi sono ancora presentemen-te». Quindi ricorre all’espressione di «Sinago-ga di Sàtana» per meglio identificarli.

10°) Pio XI (1937), Mit brennerderSorge: «Il Verbo doveva prender carne daun popolo che lo avrebbe poi confitto in cro-ce».

Lo stesso Pio XI nella famosa “enciclicanascosta” (HUMANI GENERIS UNITAS)che non fu promulgata, data la morte del Pa-pa avvenuta il 10 febbraio 1939, scriveva: «lavera natura della separazione sociale degliebrei dal resto dell’umanità, ha un caratterereligioso e non razziale. La questione ebrai-ca, non è una questione di razza, né di nazio-ne, ma di religione e, dopo la venuta di Cri-sto, una questione di cristianesimo... Il popoloebreo ha messo a morte il suo Salvatore...Constatiamo in questo popolo un’inimiciziacostante rispetto al cristianesimo. Ne risulta

San Bernardinoda Siena chepredica agliebrei (1470)

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una tensione perpetua tra ebrei e cristiani maisopita. Il desiderio di vedere la conversionedi tale popolo non acceca la Chiesa sui peri-coli ai quali il contatto con gli ebrei puòesporre le anime. Fino a che persiste l’incre-dulità del popolo ebraico la Chiesa deve pre-venire i pericoli che questa incredulità potreb-be creare per la fede e i costumi dei fedeli».

La legislazione speciale della Chiesa e dellaCristianità

Tale insegnamento magisteriale divennelegge per proteggere i cristiani da tanta“perfidia” (in senso teologico). Vari sono itemi su cui la Chiesa ha legiferato; riassumoi principali:

a) Il matrimonio:La Chiesa non ha mai pensato di proibi-

re il matrimonio tra gli israeliti, i primi chelo hanno fatto son stati gli assolutisti e i ri-voluzionari anti-cristiani: per esempio, LuigiXVI nel 1784 proibiva agli ebrei alsaziani dicontrarre matrimonio senza suo permesso.

Benito Mussolini nel 1938 dichiarava inva-lido il matrimonio di un ebreo/a con un “aria-no/a”, anche se l’ebreo era di religione cattoli-ca. Mentre la Chiesa, pur sconsigliando il“matrimonio misto”, ossia tra un battezzato eun non battezzato, può concedere una dispen-sa affinché esso sia canonicamente valido.

b) I servi cristiani di una famiglia ebrea:la Chiesa non tollera che il cristiano fac-

cia da servo agli ebrei, poiché Cristo ha libe-rato i suoi fedeli, mentre colui che ha rinne-gato Cristo è schiavo del peccato; soprattut-to per quanto riguarda la donna che può es-sere corrotta più facilmente ed anche moral-mente. Innocenzo IV, Clemente IV, PaoloIV, S. Pio V, Innocenzo XII, BenedettoXIII, hanno stabilito in diverse costituzionitale proibizione.

c) La residenza e le professioni:la Chiesa regolava severamente la resi-

denza degli ebrei, in quanto, nemici giuratidel cristianesimo, «hanno ucciso il SignoreGesù ed i Profeti, ci hanno perseguitato, nonpiacciono a Dio, sono nemici di tutti gli uo-mini, impedendoci di predicare ai pagani perla loro salvezza» (S. Paolo, 1ª Tess. II, 15-16); in questi versetti è racchiusa in nuce tut-ta la teologia cattolica sul problema ebraico:l’israelita è deicida, non piace a Dio e quindinon deve piacere neppure a noi cristiani, enel corso della storia impedisce - tramite

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eresie e persecuzioni - che si predichi il Van-gelo per la salvezza di tutti gli uomini.

Anche se erano costretti a vivere neighetti, perché non nuocessero alla Cristia-nità, gli ebrei godevano tuttavia di un dirittodi residenza (pur se limitato).

Occorre specificare che il ghetto è l’operadella misericordia della Chiesa, la quale nonvolendo che il popolo cristiano, angariatodagli ebrei, arrivasse alla violenza ed ai po-grom contro gli israeliti, lo istituì per il benedegli uni e degli altri. Per circolare fuori dalghetto l’ebreo doveva indossare un distinti-vo giallo, al fine di essere riconoscibile, pernon poter nuocere al cristiano e non per es-sere disprezzato o vessato. Inoltre la Chiesaproibiva loro il campo degli affari e lasciavaaperta la strada dell’agricoltura. Era loroproibita la professione di insegnante (chepuò trasmettere una scienza falsa agli stu-denti e rovinare la loro fede).

Così al medico ebreo era proibito curareil malato cristiano, per pericolo di avvelena-mento, come pure la professione di farmaci-sta verso i cristiani, per lo stesso motivo e acausa della preparazione di pozioni magiche.

Similmente quella di magistrato, poichéper il Talmùd il magistrato ebreo deve favo-rire il correligionaro (anche se colpevole)contro il cristiano (pure se innocente). Non-ché la carriera militare, che si fondasull’amor patrio, in quanto l’ebreo apòlidenon si considera francese o tedesco, ma sem-pre ebreo.

I cristiani non possono odiare gli ebrei, ela Chiesa ha condannato l’antisemitismo co-me odio razziale (Pio XI, 25 marzo1928),mentre ammette l’anti-giudaismo teologicoquale legittima difesa.

S. Tommaso insegna: «nessuna ostilità,bensì misure difensive, libertà vigilata per gliebrei ma protezione per i cristiani» (3).

La vera carità verso gli ebrei - scrivevamonsignor Landucci - consiste nell’illuminarlilealmente sul loro stato attuale di separazio-ne da Dio, inoltre contro il loro anti-cristiane-simo attivo può esser lecita la legittima difesa,scevra da ogni odio di malevolenza (4).

Leone XIII, Pio XI e La Civiltà Cattolica

Dal 1878 al 1903, La Civiltà Cattolica, suordine di Leone XIII, studiò l’origine e lacausa dei mali che avevano portato alla“breccia di Porta Pia”.

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L’organo dei Gesuiti, riprendendo l’inse-gnamento tradizionale della teologia cattoli-ca sulla pericolosità individuale e socialedell’ebraismo e sulla necessità di una legisla-zione speciale per tenerlo a freno, notavache dopo l’abrogazione delle leggi discrimi-natorie, iniziatasi con la rivoluzione france-se, la sua pericolosità era passata all’azioneed era diventata una minaccia vivente pertutta l’Europa. La parificazione dei dirittiaveva portato alla preponderanza giudaica equesta aveva suscitato reazioni antisemite.Quindi proponeva la restaurazione di unalegislazione speciale che impedisse agli ebreidi danneggiare (in atto) i cristiani, che li sal-vasse dal totalitarismo talmudico e che nellostesso tempo preservasse gli ebrei dai po-grom antisemiti di stampo materialista ebiologicamente razzista.

La soluzione del problema ebraico consi-steva - per Leone XIII e La Civiltà Cattolica- o nella conversione del falso Israele post-biblico al cristianesimo o nella “segregazio-ne amichevole e non odiosa degli ebrei” neighetti. Per il Papa le leggi di eccezione nonsignificavano persecuzione, ma legittima di-fesa dei cristiani e nello stesso tempo prote-zione degli ebrei dall’antisemitismo esagera-to e violento (5).

Cattolicesimo e “razza”

Attorno al 1880 la terminologia è ancoraimprecisa, si parla - da parte cattolica - dipopolo (moltitudine), stirpe (radice, tronco,famiglia), nazione (da nascere), schiatta (im-pronta, carattere, tempra) e razza (radice,origine, principio, genere o natura), indiffe-rentemente.

I padri Oreglia, Rondina e Ballerini deLa Civiltà Cattolica li utilizzano, a propositodel giudaismo, per indicare il miscuglio diTalmùd e Càbala che produce una culturanazionale ebraica anticristiana, ossia la fami-glia, unitamente alla cultura ebraica, produ-cono un legame nazionale giudaico che ritie-ne la razza israelitica superiore e padrona delmondo. L’ebraismo non è descritto - dal cat-tolicismo - come un fatto razziale e biologico,ma come una filosofia che produce una cultu-ra nazionale iper-razzista; pertanto l’ebrai-smo è soprattutto razzismo. Ma verso il 1938,sotto il pontificato di Pio XI, di fronte alleleggi razziali fasciste, La Civiltà Cattolica, conpadre Messineo e Barbera, precisa i termini:

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l’ebraismo è una religione razzista, ma è pre-feribile parlare di nazione ebraica piuttostoche di razza, per distinguersi dal razzismobiologico e materialista del nazionalsociali-smo e del fascismo. Per padre Messineo è dinazione ebraica chi ha famiglia ebraica, è le-gato alla comunità nazionale israelitica e allasua cultura razzista-talmudica.

Nazione ebraica è un concetto che inclu-de cultura e civiltà talmudiche; le nazioni dicultura e civiltà cristiane, possono lecitamen-te difendersi contro il razzismo-talmudicogiudaico che lede la loro unità culturale civi-le e religiosa, sia ab extrinseco sia ab intrinse-co; il quale razzismo come una nazione giu-daico-talmudica, dentro una nazione cristia-na, non solo non vuole integrarsi, ma preten-de di imporre il proprio dominio a tutte le al-tre, corrompendo la loro civiltà, cultura e fe-de; ed è perciò che l’ebraismo va discrimina-to, con leggi speciali, le quali lo ìsolino - sen-za usargli violenza - per impedire che corro-da le nazioni cristiane e le corrompa ed an-che per difenderlo, al tempo stesso, da rea-zioni violente da parte dei non ebrei.

Pio XI stesso intervenne il 21 luglio 1938,nel corso di un’udienza concessa a 150 assi-stenti ecclesiastici di Azione cattolica dicen-do: «cattolico vuol dire universale, non raz-zistico, iper-nazionalistico, separatistico; c’èqualche cosa di particolarmente detestabile,questo spirito di separatismo, di nazionali-smo esagerato, che appunto perché non cri-stiano, non religioso, finisce col non essereneppure umano» (6).

Il 28 luglio il Papa affrontò nuovamentela questione, durante un discorso pronuncia-to agli alunni del collegio Propaganda Fide:«con l’universalità c’è l’essenza della Chiesacattolica; ma con questa universalità stannobene assieme, bene intese e al loro posto,l’idea di razza, di stirpe, di nazione e di na-zionalità... Non occorre essere troppo esi-genti: come si dice genere si può dire razza, esi deve dire che gli uomini sono innanzituttoun solo e grande genere, una grande fami-glia... In tal modo il genere umano è una so-la, universale, cattolica razza. Né può tutta-via negarsi che in questa razza universalenon vi sia luogo per le razze speciali... Eccocos’è per la Chiesa il vero, il proprio, il sanorazzismo. Tutti ad un modo: tutti oggetto del-lo stesso materno affetto, tutti chiamati... adessere nel proprio paese, nelle particolari na-zionalità di ognuno, nella sua particolare

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razza, i propagatori di questa idea così gran-de e magnificamente materna, umana, ancheprima che cristiana» (7).

In breve, la Chiesa condanna il razzismomaterialista e denuncia il pericolo giudaico,per riparare il quale occore una legislazionedi disuguaglianza civile, di restrizioni e pre-cauzioni, per difendere la cultura nazionalee religiosa e l’ordine sociale cristiano.

Si noti che Pio XI ha ripreso il concettodi razza ma lo ha spiritualizzato, non è solomateria, “sangue e suolo”, biologia, ma è ge-nus- gens- stirpis o nazione, come aveva giàaccennato padre Messineo dalla Civiltà Cat-tolica. Tuttavia, il concetto di “sola razza” fulasciato cadere e gli si preferì quello di na-zione; ed ogni volta che si fosse usato si sa-rebbe dovuto specificare che non era intesomaterialisticamente e biologicamente, bensìspiritualmente come un insieme di civiltà,cultura e religione che formano - assieme -una nazione.

Le cause dell’antisemitismo

Uno studioso israelita, morto nel 1903,Bernard Lazare, scriveva: «Ovunque gli ebreisi sono stabiliti, si è sviluppato l’antisemiti-smo, o meglio ancora, l’antigiudaismo, poiché

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antisemitismo è una parola poco esatta... Ilpopolo ebreo è stato odiato da tutti i popolitra i quali si è stabilito... Gli ebrei, almeno inparte, causarono i loro mali, poiché l’ebreo èinassimilabile» (8). Secondo il Lazare le causegenerali dell’antisemitismo risiedono nel giu-daismo e non nei popoli che l’hanno combat-tuto; poiché se i popoli vinti finivano per sot-tomettersi ai vincitori, pur mantenendo -eventualmente - la propria fede, al contrariogli ebrei non vollero mai assoggettarsi ai co-stumi dei popoli tra i quali erano chiamati avivere. Essi vollero dappertutto restare ebrei,come popolo, religione e stato, fondando cosìuno stato nello stato, nel quale non entravanocome cittadini ma come privilegiati o non-as-similati diventando padroni dei loro padroni.Inoltre il protestantesimo, la rivoluzionefrancese, il liberalismo hanno affrancato gliebrei, li hanno emancipati ed hanno permes-so loro di diventare i padroni delle nazionicristiane, facendo scoppiare violentemente ilproblema ebraico.

Per cui è falso asserire che la Chiesa è ladiretta responsabile del razzismo antisemita,al contrario essa ha protetto gli ebrei e i cri-stiani ed ha cercato di impedire che la ten-sione teologica tra loro diventasse reazioneviolenta; mentre il mondo moderno, secola-rizzato e laicizzato, avendo lasciato che gliebrei emancipati opprimessero i popoli cri-stiani, ha causato la reazione violenta diquesti ultimi.

Dall’antigiudaismo all’antisemitismo

L’antigiudaismo è la reazione teologicadella Chiesa all’aggressione del talmudismoebraico, che già nei primi tre secoli dell’èracristiana cercò di soffocarla nel sangue e neisecoli post-costantiniani di distruggerla conle eresie.

Con la secolarizzazione e la laicizzazionedel mondo moderno (a partire dall’umanesi-mo e rinascimento) si assiste ad un passag-gio dall’antigiudaismo teologico (che con-dannava l’odio e la violenza gratuita controgli ebrei, ad eccezione della legittima difesa;ma che d’altra parte raccomandava la pru-denza per evitare il contagio del giudaismo)all’antisemitismo razziale, proprio di Luteroo Voltaire, il quale «in quanto implica odioe fomenta la violenza - scrive monsignorAntonino Romeo - è contrario alla moralecristiana. Tuttavia, non è antisemitismo par-

Cartolina di propaganda antisemita diffusa in Italia dai nazisti

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lare dei pericoli del giudaismo... la giustiziae la carità non escludono una prudente e mo-derata difesa... solo su queste basi, escluden-do ogni odio personale, è lecito un antigiu-daismo nel campo delle idee, volto alla vigiletutela del patrimonio sociale, religioso e mo-rale della Cristianità» (9).

La Civiltà Cattolica scriveva: «Se non sirimettono gli ebrei al loro posto, con leggiumane e cristiane sì, ma d’eccezione, chetolgano loro l’uguaglianza civile cui nonhanno diritto... non si farà nulla o ben poco,data la loro natura di stranieri in ogni Pae-se... e dato il dogma fondamentale della lororeligione, che li sprona ad impadronirsi, conqualsiasi mezzo del bene di tutti i popoli; da-to che l’esperienza dimostra che la parità deidiritti coi cristiani ha per effetto o la soppres-sione di questi o l’eccidio degli ebrei da partedei cristiani, ne segue che il solo modo di ac-cordare il soggiorno degli ebrei col diritto deicristiani è quello di regolarlo con leggi spe-ciali, che al tempo stesso impediscano agliebrei di offendere il bene dei cristiani, ed aicristiani quello degli ebrei» (10).

2ª PARTE: IL FASCISMO E LE LEGGIRAZZIALI

Gli ebrei in Italia

Il più antico nucleo di ebrei è quello diRoma, «essi vi si stabilirono nel II secoloa.C. senza lasciarla mai più.

A questo gruppo di ebrei d’Italia si ag-giunsero gli ebrei provenienti dalla Spagna(1492) o Sefarditi, e quello originariodell’Europa centro-orientale o Ashkenaziti

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(XIX sec. circa). Quindi vi sono tre riti di-versi: italiano, sefardita e ashkenazita» (11).

A Roma, nel 70 d.C. gli ebrei erano circa«40 mila su un totale di 800 mila persone. Nelmedioevo il numero era diminuito... a 15 milaebrei nella penisola. Tra la fine del Duecentoe l’inizio del Trecento il loro numero era sali-to a 50 mila su un totale di 11 milioni di Ita-liani. Alla fine del XV sec., in seguitoall’espulsione dalla Spagna (1492) 120 milaebrei erano concentrati soprattutto nell’Italiameridionale ed insulare». Espulsi anche dalSud «si fermarono in massa a Roma enell’Italia centro-settentrionale, lasciandocompletamente privi di ebrei il sud e le isole...il 31 dicembre 1938 erano 45.270» (12).

Oggi in Italia vivono 35 mila ebrei, ri-spetto a 60 milioni d’Italiani. I «simpatizzan-ti non sono considerati ebrei: anche se voles-sero entrare nella Comunità convertendosi,il cammino non sarebbe facile perchél’ebraismo non fa proselitismo, anzi scorag-gia le conversioni rendendole lunghe e diffici-li» (13). Ebrei si nasce, non si diventa.

«Oggi secondo la legge ebraica, è da con-siderarsi ebreo chiunque sia nato da madreebrea... l’ebraismo non è solo una religione,ma soprattutto una... vita, l’ebreo... è il com-ponente di un popolo unico» (14).

Le grandi Comunità italiane si trovano aRoma che conta 15 mila ebrei ed a Milanocon 10 mila, mentre le altre Comunità sono dimedia grandezza con 1000-500 iscritti (Torino,Firenze, Livorno, Trieste, Venezia e Genova),infine vi sono quelle di piccola entità con qual-che centinaio o poche decine di iscritti (Anco-na, Bologna, Napoli, Padova, Verona, Manto-va, Ferrara, Modena, Pisa, Parma, Merano,Vercelli, Casale Monferrato).

Gli ebrei italiani al nascere del fascismo

Nel 1922 la Comunità Ebraica Italiana eraperfettamente integrata nella società italiana.A partire dal Risorgimento gli ebrei eranostati emancipati ed assimilati pienamente edavevano preso parte attiva all’unificazionedell’Italia. Vittorio Emanuele III aveva dettoa Herzl in visita a Roma nel 1904: «per noi gliebrei sono italiani in tutto e per tutto» (15).

Vigeva soltanto l’antigiudaismo teologi-co in chiave anti-risorgimentale sostenutodalla S. Sede attraverso La Civiltà Cattolicache vedeva nel giudaismo e nella massoneria(manovrata dal primo) gli artefici del Risor-

Manifesto che spiega l’applicazione delle leggi razziali,pubblicato da “La difesa della razza” nel 1938

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gimento della Roma dei Cesari contro quel-la di Pietro.

Mussolini non aveva una linea ben preci-sa sul problema ebraico; sin dall’inizio, anzi- come spiega De Felice - fu abbastanza on-divago secondo le circostanze.

Nel clima interventista e nazionalista(1914-1919) ante-marcia, aveva fatto suoi al-cuni slogan antisionisti, sull’alta finanzaebraica, sul giudeo-bolscevismo. In un arti-colo (Il popolo d’Italia del 4 giugno 1919)sosteneva che bolscevismo e alta finanzaerano diretti dagli ebrei; mentre l’anno do-po, sempre sullo stesso giornale (19 ottobre1920) scriveva che il bolscevismo non potevaessere considerato un fenomeno ebraico ecosì concludeva: «L’Italia non conosce l’an-tisemitismo e crediamo che non lo cono-scerà mai...», ma appena diciotto anni dopoemanava le leggi razziali antisemite.

Da parte loro molti tra gli ebrei italiani sierano staccati dall’ortodossia giudaica e sierano laicizzati ed assimilati alla vita italia-na. Allorché «si formò il fascismo anche gliebrei... non ebbero delle prevenzioni parti-colari che impedissero loro di aderirvi... [cir-ca 300 ebrei parteciparono alla “marcia su

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Roma”] inoltre le rassicurazioni di Mussoli-ni nel 1923 ad Angelo Sacerdoti, il rabbinocapo di Roma, dissiparono gradualmente ladiffidenza ... tanto è vero che in più occasio-ni i dirigenti dell’ebraismo italiano finironoper allinearsi sulle posizioni del governo [fa-scista]... e per accettare l’avvento di Mussoli-ni al potere» (16).

Quando nel 1929 Mussolini stipulò ilconcordato con la Chiesa, dichiarò che gliebrei non avevano nulla da temere: gli ac-cordi con la Chiesa non comportavano chegli altri culti, sino allora tollerati in base alloStatuto Albertino, fossero ignorati; anzi ilfascismo parlava di culti ammessi ed il «30ottobre 1930 il Regio Decreto Legge davaalle Comunità Israelitiche Italiane un asset-to giuridico, regolando l’organizzazione in-terna e i rapporti con lo stato» (17). Tale leg-ge del 1930 è rimasta in vigore sino al 1989,anno in cui è stata sostituita dalla “nuova In-tesa con lo stato”, firmata da Bettino Craxi.

Il razzismo e l’Italia fascista negli anni Trenta

Quando Hitler salì al potere nel 1933,Mussolini continuò la sua “linea ondivaga”nei confronti del giudaismo italiano.

Da una parte condannava il razzismogermanico, pubblicamente, con dichiarazio-ne amichevoli verso gli ebrei e aiutava gliebrei tedeschi perseguitati, dall’altra critica-va il sionismo-italiano (non quello estero),poiché non poteva tollerare che un italianoaspirasse a due patrie, Israele e l’Italia.Mentre nei confronti dell’“OrganizzazioneSionista Internazionale” era ben disposto inquanto ravvisava nella sua ala destra (il revi-sionismo antibritannico di Jabotinsky) unmezzo per inserire l’Italia nel Mediterraneoorientale e creare difficoltà alle posizionidella Gran Bretagna.

Quando nel 1935 l’Italia attaccò l’Etio-pia molti ebrei furono volontari; «nell’eser-cito fu istituito un rabbinato militare... Laproclamazione dell’Impero nel maggio del1936 fu... esaltata anche dalla stampa ebrai-ca che mise in rilievo come la conquistadell’Etiopia avesse comportato il passaggiodei falascià... sotto l’ègida dell’Unione delleComunità Israelitiche Italiane» (18).

Il 2 novembre 1935, la Società delle Na-zioni approvò le sanzioni contro l’Italia;Mussolini, preoccupato dall’isolamento incui era venuto a trovarsi, inviò vari esponen-

Il rabbino Angelo Sacerdoti riceve il Re Vittorio Ema-nuele III al tempio di Roma per l'inaugurazione della la-

pide in memoria degli ebrei romani caduti in guerra

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ti dell’ebraismo italiano in Inghilterra perfar togliere le sanzioni all’Italia, ma senzaesito; quindi, il duce cominciò a spostarsiverso la Germania, pur con molte titubanze,e il mondo arabo.

Nel 1936 scoppiò la guerra civile spagno-la; Mussolini appoggiò Franco - assieme adHitler - contro i rossi, mentre la Francia so-stenne i rossi; e l’Inghilterra, pur parteggian-do contro Franco, non entrò apertamente inlizza. Tale evento rese impossibile ogni riav-vicinamento dell’Italia - che pur era deside-rato da Mussolini - all’Inghilterra e Franciae la spingeva ineluttabilmente, anche se con-trovoglia, nelle braccia di Hitler. Si puòtranquillamente affermare che Mussolinifirmò la sua condanna a morte nel 1936, en-trando nel conflitto civile iberico a fianco diFranco; infatti, la Francia e l’Inghilterra cheavevano mal tollerato l’invasione dell’Etio-pia, non perdonarono a Mussolini di voler

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farsi spazio anche in Europa, inserendosinella guerra civile spagnola.

Il trattato di Versailles, che aveva incate-nato la Germania sconfitta e umiliato l’Italiache pur aveva vinto la prima guerra mondia-le, non riconosceva, praticamente, ad essa ilsuo ruolo internazionale; sino a che Mussoli-ni fosse rimasto entro i confini italiani gli sipermetteva l’esperienza fascista, ma qualorane fosse uscito non si ammetteva libertà edesistenza per la dittatura, alla faccia della de-mocrazia anglo-francese (americana).

Nel 1936 si formò l’asse Roma-Berlinoche può essere considerato come un partoprovocato democraticamente. Gli elementioltranzisti del Regime (Farinacci, Preziosi,Interlandi, Bottai) erano filo-tedeschi ed an-tisemiti, cominciò quindi a diffondersi l’anti-semitismo italiano, soprattutto grazie a treintellettuali:

Julius Evola (nella rivista Regimefascista, diretta da Roberto Farinacci), pro-pugnava un “razzismo spirituale” che tenes-se conto non solo del corpo e del sangue, maanche dello spirito ebraico per poterlo com-battere. Ciò non impedì a Evola, che nel1945 era rientrato dall’Austria in Italia sen-za subire condanne, di rilasciare nel 1967,durante “la guerra dei sei giorni”, un’intervi-sta (vedi appendice) in cui si schierava conlo stato d’Israele.

Telesio Interlandi (nel foglio La difesadella razza, e ne Il Tevere, aiutato dal suo“segretario di redazione” Giorgio Almiran-te, che nel 1945 fu salvato da una famigliaebrea piemontese) auspicava che si facesseuna legislazione razziale specificamente pergli ebrei e, assieme ad Almirante, polemiz-zava con Evola, difendendo il puro razzismobiologico e materialista tedesco; dopo il1945 Interlandi cambiò campo e passò con ilnuovo vincitore (19).

Giovanni Preziosi (nel periodico La vitaitaliana) sosteneva che la razza è la leggedell’ebreo e per colpire quest’ultimo occor-reva colpire la razza ebraica. Egli fu, dal suopunto di vista, il più coerente e nel 1945 pre-ferì suicidarsi senza chiedere aiuto alla razzache aveva offeso.

Mussolini cercava di divincolarsi e libe-rarsi da questa morsa che si faceva semprepiù stretta; se da una parte non poteva ini-micarsi la Germania (l’unico Paese dispostoad accettarlo come alleato) non voleva nep-pure rompere totalmente con la Francia e

Due copertinedella rivista“La difesa

della razza”del 1938

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l’Iinghilterra, poiché diffidava di Hitler; masi faceva illusioni; il suo destino oramai erasegnato; l’America, l’Inghilterra e la Franciavolevano accorparlo alla Germania per di-struggerlo assieme ad essa. Per cui dovetteimboccare, pian piano, la strada dell’antise-mitismo, per necessità di circostanze più cheper convinzione: da una parte si sforzò diconvincere gli italiani che il fascismo era sta-to sempre antisemita e razzista, dall’altra ri-vendicava una certa originalità italiana ri-spetto alla Germania poiché il fascismo - co-me soleva dire in quei frangenti - vuole “di-scriminare, non perseguitare”. Gli avveni-menti però lo travolsero.

Le leggi razziali in Italia

Nel gennaio 1938 iniziò in Italia una vio-lenta campagna razzista ed antisemita, permezzo della radio e della stampa.

Il primo atto ufficiale del regime controgli ebrei in Italia fu Il manifesto degli scien-ziati razzisti, redatto da un gruppo di docen-ti universitari sotto l’ègida del Ministero del-la Cultura Popolare e pubblicato il 14 luglio1938 su Il Giornale d’Italia; esso voleva esse-re la piattaforma dottrinale o ideologico-scientifica dell’antisemitismo razzista.

Seguirono talune “applicazioni pratiche”della “dottrina razzista”:

a) la proibizione agli scienziati ebrei dipartecipare ai convegni internazionali (“prov-vedimento restrittivo” del giugno 1938);

b) la proibizione agli ebrei stranieri di sta-bilire dimora in Italia e la revoca della cittadi-nanza italiana ottenuta dopo il 1° gennaio1919 (“decreto legge” del 1° settembre 1938);

c) gli insegnanti e gli allievi ebrei furonoespulsi da ogni scuola pubblica che non po-teva adottare libri scritti da autori ebrei(“decreto legge” del 5 settembre 1938);

d) la “Carta della razza”, approvata il 7 ot-tobre 1938 dal Gran Consiglio del fascismo(che conteneva i fondamenti di tutta la legi-slazione successiva); vietava i matrimoni mistidi italiani con non-ariani; considerava di razzaebraica colui che nasceva da genitori entram-bi ebrei o colui che essendo nato da un matri-monio misto, professava la religione ebraica;vietava ai cittadini di razza ebraica di essereiscritti al PNF, di essere titolari di aziende concento o più impiegati, di essere proprietari dioltre cinquanta èttari di terra, ed infine di pre-stare servizio militare in pace e in guerra.

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Mussolini, «in vista dei provvedimentiper la difesa della razza, prese contatti con ilre ed il Papa. Da parte di Vittorio EmanueleIII non ci fu un’opposizione sostanziale, tan-to che la legislazione antiebraica portò lasua firma; mentre più complessi furono irapporti con la S. Sede.

Pio XI aveva condannato il razzismo te-desco... in linea di principio la Chiesa accet-tava una legislazione discriminatoria neiconfronti degli ebrei... La costante preoccu-pazione di Pio XI fu quella di ottenere dalgoverno la modifica degli articoli che pote-vano ledere le prerogative della Chiesa sulpiano giuridico-concordatario in specie perquanto riguardava gli ebrei convertiti. LaChiesa ottenne la soppressione dell’art. 2del progetto di legge che definiva “concubi-nato” il matrimonio di un ebreo anche con-vertito con un ariano. Il Pontefice mostrò difatto che il razzismo italiano era anticristia-no e materialista in misura minore rispetto aquello tedesco» (20).

Renzo De Felice spiega ancor meglio epiù obiettivamente, che fu molto difficile su-perare lo scoglio di Pio XI; lo storico reatinosi fonda sugli studi, fondamentali tra tutti,del padre gesuita Angelo Martini, apparsi apuntate sulla Civiltà Cattolica nel 1959 e rifu-si in un libro (21); tali articoli «furono condot-ti con minuzia di ricercatore e sulla base deidocumenti dell’Archivio vaticano»; essi «of-frono una pressoché completa storia - soven-te minutissima - dell’atteggiamento del Vati-cano verso la politica fascista della razza dal-la metà del 1938 alla morte di Pio XI» (22).

Con la Mit brennender Sorge (1937) laChiesa aveva condannato - spiega De Felice- il razzismo nazista; inoltre, La Civiltà Cat-tolica del 6 agosto 1938, intenzionata a sepa-rare il destino dell’Italia da quello di Hitler,commentando il manifesto degli “scienzia-ti”, scrisse: «Chi ha presente le tesi del razzi-smo tedesco, rivelerà la notevole differenzadi quelle proposte da queste del gruppo distudiosi fascisti italiani. Questo conferme-rebbe che il fascismo italiano non vuolconfondersi col nazismo o razzismo tedescointrinsecamente ed esplicitamente materiali-stico e anticristiano» (23).

Pio XI nel radiomessaggio del Natale del1938 aveva definito la svastica o croce unci-nata: «croce nemica della Croce di Cristo»,insistendo in tale definizione - spiega Gio-vanni Miccoli - anche quando gli fu fatto os-

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servare che si trattava pur sempre di un sim-bolo di uno Stato con cui la S. Sede intratte-neva relazioni diplomatiche (24).

Ciò che preoccupava di più i cattolici erail fatto che la politica fascista non attaccaval’ebraismo come religione ma come razza edanche gli ebrei convertiti al cattolicesimo.Come abbiamo detto la S. Sede riuscì ad ot-tenere la soppressione dell’articolo 2 del pro-getto, che equiparava a “concubinato” il ma-trimonio religioso tra un ariano/a ed unebreo/a convertito/a, «non riuscì però ad ot-tenere che l’art. 7... riconoscesse i matrimonicontratti dagli ebrei convertiti al cattolicesi-mo. Invano Pio XI dichiarò che in questomodo si violava il Concordato, invano scrissepersonalmente a Mussolini (4 novembre) edal re (5 novembre). Mussolini non gli risposeneppure e, anzi, fece sapere - scrive de Felice- di “aver l’impressione che il Vaticano tiritroppo la corda” e di essere disposto, se ilPapa insisteva, ad ingaggiare una lotta a fon-do contro la Chiesa; quanto a Vittorio Ema-nuele si limitò a rispondere di aver trasmessala lettera ricevuta al duce (7 novembre).

La S. Sede, non approvava il razzismomaterialistico, «ma, al tempo stesso, non eracontraria ad una moderata azione antisemita,estrinsecantesi sul piano delle minorazionicivili» (25).

Renato Moro, professore di Storia con-temporanea all’Università di Roma Tre,scrive che «La Civiltà Cattolica (17 marzo e7 aprile 1934), rifiutò qualsiasi difesa dellarazza... se i metodi usati erano contrari allalegge naturale e divina e condannò severa-mente l’idea che la “razza ariana” potesseessere il “bene supremo” della società» (26).

Riccardo Calimani, riassume l’argomen-to (non proprio spassionatamente) nel suolibro Stella gialla. Ebrei e pregiudizio, Ru-sconi, Milano, 1993, cap. XIV Le leggi raz-ziali in Italia, pagg. 161-178.

e) le dichiarazioni programmatiche delGran Consiglio del fascismo furono tradottein leggi dello stato italiano il 17 novembre1938. Esse proibivano agli ebrei di pubblica-re libri, tener conferenze, accedere agli ufficipubblici, esercitare il commercio ambulante,essere portieri in case ariane. Fu introdottala figura dell’«arianizzato» per la quale il Mi-nistero degli Interni poteva dichiarare di raz-za ariana anche chi fosse ebreo; tale disposi-zione andava contro ogni logica razzista e fa-vorì la concussione e la corruzione (27).

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La Francia di Pétain e gli statuti degli ebrei

Il primo Statuto degli ebrei francesi fupromulgato a Vichy - durante l’occupazionetedesca - il 3 ottobre 1940; il secondo (cherimpiazzava il primo) il 2 giugno 1941. Il 7agosto 1941 il Maresciallo Philippe Pétainscrisse, con prudenza e buon senso, all’Am-basciata di Francia presso la S. Sede per sape-re se la nuova legislazione sugli ebrei fosse ono in accordo con la dottrina cattolica roma-na (cosa che non fecero - imprudentemente esenza buon senso - Hitler e Mussolini). La ri-sposta dell’ambasciatore francese presso la S.Sede, Léon Bérard, arrivò al maresciallo il 2settembre 1941; in essa si legge: «Vi è opposi-zione tra la dottrina della Chiesa, che è uni-versale per definizione e professa l’unità delgenere umano e le teorie “razziste”... ma maila S. Sede mi aveva informato di una sua di-sapprovazione o una critica delle leggi france-si sugli ebrei di cui Lei mi parla... Tuttavia lacondanna del razzismo non significa che laChiesa disapprovi ogni misura presa da tale otal altro Stato contro ciò che si chiama comu-nemente la razza ebraica... Per la Chiesa unebreo battezzato cessa di essere ebreo e faparte del gregge di Cristo. Ma non bisognaconcludere che per la Chiesa la fede è l’unicacosa che distingua Israele dalle altre nazioni...Essa riconosce che vi sono caratteristiche eparticolarità etniche della comunità israeliti-ca... La storia della Chiesa ci insegna che Es-

Il Maresciallo di Francia Pétain (qui assieme a Pierre Laval)

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sa ha spesso salvato gli ebrei dalla violenzadei loro persecutori e nello stesso tempo Essali ha relegati nei ghetti.

S. Tommaso d’Aquino nella SommaTeologica, questione 10 della IIa-IIae, arti-coli 9-12 insegna che: bisogna essere tolle-ranti verso gli ebrei quanto all’esercizio del-la loro religione, che non siano battezzaticon la forza, ma S. Tommaso raccomandaanche di prendere delle misure di difesa pru-denziali nei loro riguardi, di modo che si li-miti la loro azione e la loro influenza nellasocietà. Infatti sarebbe irragionevole, in unostato cristiano, lasciarli governare e sotto-mettere così i cattolici a sé. Donde risultache è legittimo proibire loro l’accesso allefunzioni pubbliche, ammetterne solo un nu-mero chiuso nelle università e nelle profes-sioni liberali. (...) Tuttavia la legislazionefrancese del 2 giugno 1941 parla di razzaebraica, inoltre se un ebreo prova che haaderito prima del 25 giugno 1940 alla reli-gione cattolica o cristiana riformata, “non èpiù visto” come ebreo, purché non abbia piùdi due nonni di razza ebraica. Quindi unebreo convertito e battezzato, resta ebreo seha almeno tre nonni di razza ebraica, là c’ècontraddizione tra legislazione francese e ladottrina della Chiesa. Questo è l’unico puntoin cui la legge francese si trova in disaccordocon l’insegnamento della Chiesa romana (28).(...) Inoltre il Vaticano ci raccomanda di nonaggiungere nulla alla nostra legislazione cheriguardi il matrimonio (come invece è statofatto in Italia)... e che nell’applicazione dellalegge sia salvaguardato il comandamentodella giustizia e della carità...» (29).

Gli ebrei italiani sotto il governo Badoglio

Il nuovo governo, dopo il 25 luglio del1943, «lasciò in vita la Direzione generaledella demografia e della razza del Ministerodell’Interno e mantenne in vigore la legisla-zione razziale fascista... Nell’estate del 1943l’Unione delle Comunità Israelitiche Italia-ne ebbe diversi contatti con il governo Ba-doglio, senza ottenere il benché minimo im-pegno per l’abrogazione delle leggi antie-braiche, né tantomeno un’attenuazione del-le leggi fasciste che impedivano ancora....l’accesso alle scuole... ai giovani ebrei o pre-vedevano l’esproprio dei beni di loro posses-so. In risposta Badoglio comunicò agli espo-nenti dell’ebraismo italiano che “non poten-

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do per ora procedere radicalmente all’aboli-zione delle leggi, queste sarebbero rimasteinoperanti”; tuttavia le leggi razziali restaro-no in vigore» (30). Occorre spiegare che i te-deschi si trovavano ancora in Italia, vi resta-rono per circa due anni, e Badoglio (al con-trario di Pétain) non era un “cuor di leone”.

Conclusione

La Chiesa è sempre stata odiata dal giu-daismo talmudico, sin dai tempi di Gesù e de-gli Apostoli, quindi ha dovuto prendere mi-sure di legittima difesa contro di esso. Questemisure furono il “Magistero” che spiegaval’opposizione dottrinale e teologica tra il veroe il falso Israele ed una “legislazione speciale”che diminuisse e restringesse il potere ebrai-co e nello stesso tempo salvaguardasse gliisraeliti dalla collera popolare, risalente giàalla paganità (31). Legislazione questa ispiratadalla giustizia (dare a ciascuno il suo o ciòche si merita: la limitazione per impedirel’espansione, la preponderanza o l’invadenza;e la protezione per garantire il diritto all’esi-stenza) ma anche dalla carità soprannaturale(amore di Dio e del prossimo amato, propterDeum, in quanto creatura di Dio e non in séo perché simpatico naturalmente).

Nell’èra moderna, con il protestantesimoe la rivoluzione francese, si arrivò all’affran-camento, all’assimilazione, all’equiparazionedegli ebrei che quindi assunsero una prepon-deranza nelle nazioni di tradizione cristianache li ospitavano, scatenando così la reazioneviolenta del popolo angariato o l’antisemiti-smo razziale che trova in Lutero, Voltaire,Hitler i massimi rappresentanti. Costoro nonsono frutti della dottrina cattolica ma dellamodernità secolarizzata, laicizzata e materia-lista la quale ha prodotto il passaggio dall’an-tigiudaismo teologico (giusto e caritatevole)all’antisemitismo razziale o “razzismo aria-no” (che essendo laicizzato è privo di giusti-zia, in quanto non ha la fede soprannaturale etravalica spesso il diritto per diventare ingiu-stizia. Inoltre poiché non ha la carità sopran-naturale, non ama e perseguita diventandoodioso e crudele; la Chiesa invece è irremovi-bile nei princìpi perché crede, ma è miseri-cordiosa nella pratica perché ama, cose che lamodernità non è capace di fare avendo rinne-gato l’ordine soprannaturale).

Il razzismo “ariano” del fascismo, qualifi-cato da Pio XI come “statolatria pagana”, vol-

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le legiferare sui sacramenti, ossia in spirituali-bus, materia che appartiene solo alla Chiesa,poiché per il paganesimo lo stato è una divi-nità immanente, Cesare è divino e quindi ilduce è anche Papa; così Mussolini volle met-tersi al posto della Chiesa e del Papa, e purprofessandosi laico volle pontificare in mate-ria sacramentaria: contraddizione nei termini.

Al contrario nella Francia (occupata)Pétain, prima di mettere in pratica la legisla-zione sugli ebrei, chiese al Pontefice se essaera conforme alla dottrina della Chiesa; nonsi mise a fare il “papa” come aveva fatto ilduce, ma con buon senso domandò lumi alPastore universale, al Vicario di Cristo.

Quanto agli ideologi del razzismo italiano: Julius Evola era uno stregone gnostico

diabolicamente anticristiano, Giovanni Pre-ziosi un prete modernista spretato e TelesioInterlandi un opportunista, pressappochista,pasticcione e voltagabbana. Tutti e tre eranoa-cristiani o persino anti-cristiani.

In Germania il razzismo biologico avevail suo paladino in Alfred Rosenberg, l’autorede Il mito del XX secolo, messo all’Indicedei libri proibiti (1934) per il suo anticristia-nesimo virulento.

Quindi razzismo nazifascista e antigiu-daismo cattolico sono due concezioni oppo-ste diametralmente, che non hanno nulla incomune.

La causa della reazione antiebraica -scrive Bernard Lazare - è l’esclusivismo giu-daico o il super-razzismo giudaico che nonvuole farsi assimilare dai popoli ospitanti,ma vuol essere ospite pur restando straniero,ossia vuole tutti i vantaggi senza alcun in-conveniente, formando così uno stato nellostato, per schiacciare l’ospitante (come èsuccesso in Palestina dal 1948 ad oggi).

Leone XIII, di fronte al Risorgimentodel paganesimo ghibellino, volle scoprire lacausa di tanto male e - valendosi della pre-ziosa collaborazione de La Civiltà Cattolica -la trovò nella setta massonica diretta dalgiudaismo-talmudico, che come aveva ucci-so i Profeti, Gesù e gli Apostoli, così volevasterminare la Chiesa di Roma, che è “Gesùcontinuato nella storia”.

Egli indicò il rimedio al flagello dellapreponderanza giudaica nel ritorno allo spi-rito cristiano, alla sua dottrina e quindi allasua prassi (leggi restrittive) che può produr-re frutti solo se è vissuta, ossia se è l’espres-sione convinta della fede soprannaturale e

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non se è usata quale instrumentum regni, co-me volevano i movimenti autoritari del XXsecolo da Maurras a Mussolini, i quali hannoprodotto solo “triboli e spine”.

Pio XI, di fronte al totalitarismo comuni-sta (Stalin ha perseguitato migliaia di ebrei:è un fatto, ma quasi nessuno lo dice) e nazi-fascista ha condannato il razzismo materiali-sta e quindi anticristiano, ma ha continuatoa mettere in guardia i cristiani dal pericolodogmatico, morale e sociale del giudaismo;non è stato ascoltato dall’assolutismo neopa-gano che ha provocato la rovina sua e di sva-riati ebrei.

Il giudizio sulle leggi razziali italiane ènegativo, poiché esse furono materialiste, pa-sticciate e improntate con opportunismo dicircostanze (anche se sfavorevoli). Furonoapplicate malamente, per eccesso e per difet-to, erano fuori luogo in quanto prodotte daun movimento che inverava il Risorgimentolaicista e che promulgandole si metteva inopposizione proprio con lo spirito risorgi-mentale, filo ebraico, massonico e liberale.

In breve, fuori di Gesù e della sua Chiesanon vi è la pienezza della verità ma l’erroreper eccesso (razzismo materialista) o per di-fetto (filantropismo filoebraico che non vuolvedere i pericoli che il giudaismo rappresen-ta); mentre la dottrina cattolica si erge inmedio et cùlmen come una vetta tra due bur-roni, ed insegna a non odiare crudelmentema nello stesso tempo a prendere tutte leprecauzioni per non essere sopraffatti; “sem-plici come colombe, ma prudenti come ser-penti” , insegna il Vangelo.

Note

1) S. TOMMASO, Super epistulam ad Galatas lectura, lec-tio VII, n° 249, 271-272, Marietti, Torino, 1953, pag. 620 ss.

2) U. BENIGNI, Storia sociale della Chiesa, Milano,Vallardi, 1922, vol. III, pag. 24.

3) Cfr. G. DAHAN, La disputa antigiudaica nel me-dioevo cristiano, ECIG, Genova, 1993.

4) P.C. LANDUCCI, La vera carità verso il popoloebreo, in «Renovatio», n° 3, 1982.

5) R. TARADEL - B. RAGGI, La segregazione amiche-vole. «La Civiltà Cattolica» e la questione ebraica, 1850-1945, Editori Riuniti, Roma, 2000, pagg. 124-155, passim.

6) Civiltà Cattolica, 1938, vol. III, pag. 271. 7) Osservatore Romano, 29 luglio 1938. 8) B. LAZARE, L’antisemitisme son histore et ses

causes, Documents et témoignages, Vienne, 1969, pagg.11; 13-14; 17. Trad. it. “Centro Librario Sodalitium”,Verrua Savoia (TO), 2000.

9) ENCICLOPEDIA CATTOLICA, Città del Vaticano,1949, vol I, col. 1502.

10) Civiltà Cattolica, 1890, serie XIV, vol. 8.

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11) A. SACERDOTI, Ebrei italiani. Chi sono, quantisono, come vivono, Marsilio, Venezia, 1997, pag. 17.

12) Ivi. 13) Ibidem, pag. 11. 14) Ivi.15) M. MICHAELIS, Mussolini e la questione ebraica,

Milano, 1982, pag. 25. Cfr. anche:U. CAFFAZ, L’antisemitismo italiano sotto il fasci-

smo, Firenze, 1975. G. DI SEGNI, Ebraismo e libertà religiosa in Italia,

Torino, 1983. U. NAHON, Per non morire. Enzo Sereni, vita, scrit-

ti, testimonianze, Milano, 1973. 16) F. TAGLIACOZZO - B. MIGLIAU, Gli ebrei nella

storia e nella società contemporanea, La Nuova Italia,Scandicci (Firenze), 1993, pagg. 210-211.

17) Ibidem, pagg. 216-217. 18) Ibidem, pag. 225. 19) Sulla discussa figura di Interlandi cfr.G. MUGHINI, A via della Mercede c’era un razzista,

Rizzoli, Milano, 1991. F. GERMINARIO, Razza del sangue, razza dello spi-

rito. Julius Evola, l’antisemitismo e il nazionalsociali-smo (1930-43), Bollati-Boringhieri, Torino, 2001.

M.T. PICHETTO, Alle radici dell’odio. Preziosi e Be-nigni antisemiti, F. Angeli, Milano, 1983.

G. SALOTTI, Breve storia del fascismo, Bompiani,Milano, 1998.

20) Ibidem, pagg. 254-255. Cfr. anche: F. COEN, Italiani ed ebrei: come eravamo. Le leggi

razziali del 1938, Genova, 1988. 21) A. MARTINI, Studi sulla questione romana e la

Conciliazione, Cinque Lune, Roma, 1963. 22) R. DE FELICE, Storia degli ebrei italiani sotto il

fascismo, Einaudi, Torino, 3ª edizione, 1988, pag. 292. 23) La Civiltà Cattolica, 1938, fasc. 2115, pagg. 277-278. 24) Per l’insistenza del Papa di mantenere tale frase cfr.A. MARTINI, L’ultima battaglia di Pio XI, riportata

in Studi sulla questione romana e la Conciliazione, Ro-ma, Cinque Lune,1963, pag. 180.

25) R. DE FELICE, op. cit., pag. 298. 26) R. MORO, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Il

Mulino, Bologna, 2002, pag. 77. 27) Leggasi anche: R. DE FELICE, op. cit., cap VII La persecuzione fa-

scista, pagg. 344-440. R. DE FELICE, Mussolini il duce. II- Lo stato totali-

tario (1936-1940), Einaudi, Torino, 1996, pagg. 866-877. G. MICCOLI, in «Storia d’Italia», Annali 11**, Gli

ebrei in Italia, Einaudi, Torino, Santa Sede, questioneebraica e antisemitismo, V-1, Antisemitismo cristiano erazzismo, pagg. 1544-1574.

M. SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia fascista, Torino,Einaudi, 2000.

M. GHIRETTI, Storia dell’antigiudaismo e dell’antise-mitismo, Bruno Mondadori, Milano, 2002.

28) Non so se Pétain abbia ritoccato questo punto esarei felice se qualcuno potesse darmi ulteriori spiega-zioni.

29) Il testo integrale può essere richiesto a :ANEC, B.P. 21, F - 44530 Saint-Gildas-des-Bois.30) F. TAGLIACOZZO - B. MIGLIAU, op.cit., pag. 361. Cfr. anche:L. PICCIOTTO FARGION, L’occupazione tedesca e gli

ebrei di Roma, Roma, 1979.

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L. PICCIOTTO FARGION, Il libro della memoria. Gliebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Milano, 1991.

M. TOSCANO, L’abrogazione delle leggi razziali inItalia (1943-1987). Reintegrazione dei diritti dei cittadinie ritorno ai valori del Risorgimento, Roma, 1988.

G. FORMIGGINI, Stella d’Italia. Stella di David. Gliebrei dal Risorgimento alla Resistenza, Milano, 1970.

31) Cfr. G.P. MATTOGNO, L’antigiudaismo nel-l’Antichità classica, ediz. Ar Padova-Salerno 2002.

APPENDICE:L’INTERVISTA A EVOLA

PUBBLICATA DA HELIODROMOS

A pagina 12 del presente numero di Sodali-tium, don Nitoglia fa riferimento a un’intervistarilasciata da Julius Evola pubblicata dalla rivistaHeliodromos (n. 6, primavera 1995, pp. ss.).

Come precisa la rivista siciliana, l’intervistaè tratta dal libro di Elisabeth Antébi, “Ave Luci-fer” (Calmann-Lévy editore). Da questa intervi-sta, pubblichiamo ampi stralci riguardanti laquestione ebraica e il sostegno dato da Evola al-lo Stato di Israele. In questo contesto stupiscemeno la possibile collaborazione dello stessoEvola con la Cia, come riportato nel libro di Ser-gio Flamigni, Trame atlantiche, dal quale ripor-tiamo il passo relativo a Evola (da prendere na-turalmente con beneficio d’inventario).

Sodalitium

« R) – L’ebreo è uno sradicato; non èpericoloso l’ebraismo tradizionale, bensìquello che non ha né patria né punti di rife-rimento. (…)

D) In questa accusa contro la razzaebraica Lei fa rientrare certi valori tradizio-nali quali la Kabbala?

R) – Certamente no. Sul piano tradizio-nale sarebbe frivolo creare delle opposizionidi questo genere. Solo le formulazioni sonodiverse. Ad un certo livello vi è accordo fra‘coloro che sanno’ (…)

D) – Lei sarebbe dunque per lo Statod’Israele?

R) – Se esistono degli ebrei pericolosi,non sono quelli di Israele, che lavorano, siorganizzano, testimoniano di straordinarievirtù militari; sono quelli delle metropoli oc-cidentali, che grazie alla democrazia hannole mani libere. Se oggi qualcuno vuole porreil problema ebraico arriva troppo tardi, essonon esiste più. Come Le ho detto, il proble-

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ma della razza ‘interiore’ è molto più impor-tante ai miei occhi; e gli atteggiamenti per iquali si riteneva l’ebreo indesiderabile sonooggi diffusi presso i bravi Ariani, che sareb-be ingiusto ed ingiustificato operare una di-scriminazione ».

Da Un’intervista a Julius Evola (Heliodromos, n. 6, primavera 1995)

« Nel maggio del 1995, il magistrato diVenezia Felice Casson entrerà in possesso diuna lista di dodici ex “collaboratori” della

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Cia in Italia (Commissione parlamentared’inchiesta P2, volume 3, tomo 4, parte III,pagg. 119-23). Oltre all’ideologo di estremadestra Julius Evola (…)

(In nota: Il Pm Casson ha inoltrato al go-verno americano la richiesta di poter consul-tare gli archivi della Cia per appurare l’au-tenticità della lista)».

Da SERGIO FLAMIGNI, Trame atlantiche.Storia della Loggia massonica segreta P2,

Kaos edizioni, Milano, 1996, p. 85

Dottrina

L’ELEZIONE DEL PAPA

don Francesco Ricossa

Mons. Mark Pivarunas CMRI (un vesco-vo consacrato da Mons. Carmona) in-

via periodicamente ai suoi fedeli una letteraintitolata Pro grege (1). Quella del 19 marzo2002 ha particolarmente attirato la mia at-tenzione. Il prelato statunitense – che seguela tesi della sede vacante – risponde (a pag.5) a due obiezioni del locale superiore di di-stretto della Fraternità San Pio X, padre Pe-ter Scott.

Scrive Padre Scott: “Ciononostante è as-surdo dire, come fanno i sedevacantisti, chenon c’è stato nessun Papa da almeno 40 anni,perché questo distruggerebbe la visibilità del-la Chiesa, e la possibilità stessa dell’elezionecanonica di un futuro Papa”.

Le obiezioni non sono nuove (2); più in-teressante è la risposta di Mons. Pivarunas.

Quanto alla prima difficoltà (quella delprolungarsi della vacanza della sede aposto-lica) Mons. Pivarunas risponde allegandol’esempio storico del Grande Scisma d’Occi-dente. Padre Edmund James O’Really S.J.(3), nel suo libro, edito nel 1882, intitolatoThe Relations of the Church to Society, scri-veva a questo proposito: “Possiamo orasmettere di indagare su che cosa è stato dettoin quel tempo della posizione dei tre preten-denti e dei loro diritti riguardo al papato. Inprimo luogo c’era sempre, dalla morte diGregorio XI nel 1378, un Papa – con l’ecce-

zione naturalmente delle vacanze creatisi trale morti e l’elezioni. C’era, penso, in ogni mo-mento un Papa, realmente investito della di-gnità di Vicario di Cristo e Capo della Chie-sa, sebbene opinioni diverse possano esisterecirca la sua legittimità; non nel senso che uninterregno che coprisse l’intero periodo sa-rebbe stato impossibile o inconciliabile conle promesse di Cristo, perché questo è evi-dente, ma che di fatto non ci fu questo inter-regno” (Pivarunas, p. 5).

La cosa appunto è talmente evidente chenon vale la pena di insistere.

Più difficile è invece rispondere alla se-conda difficoltà. Vediamo quanto scrive alproposito Mons. Pivarunas:

«Quanto alla seconda ‘difficoltà’ propo-sta dalla Fraternità San Pio X contro la posi-zione sedevacantista, in altre parole quelladell’impossibilità dell’elezione di un futuroPapa se la sede è vacante dal Vaticano II, sipuò leggere ne ‘La Chiesa del Verbo Incarna-to’ di Mons. Charles Journet: “Durante la va-canza della sede apostolica, la Chiesa ed ilConcilio non possono contravvenire alle di-sposizioni prese per determinare il modo va-lido dell’elezione (Card. Gaetano o.p., Decomparata…, cap. XIII, n°202). Tuttavia, incaso di permesso, per esempio se il Papa nonha previsto niente che vi si opponga, o in ca-so di ambiguità, per esempio se si ignoraquali siano i veri cardinali, o chi è vero Pa-pa, com’è accaduto ai tempi del grande sci-sma, il potere di ‘applicare il papato a talepersona’ è devoluto alla Chiesa universale,alla Chiesa di Dio (ibid., n° 204)”» (4).

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Con questa citazione Mons. Pivarunaspensa di aver sufficientemente risposto a Pa-dre Scott: in assenza di cardinali – e solo inassenza di cardinali (5) - il Papa può essereeletto, per devoluzione (6), dalla Chiesa.

Ma in realtà la difficoltà cambia sola-mente di oggetto: cosa si intende, infatti, inquesto contesto, per “Chiesa universale”?

Mons. Pivarunas, nella sua lettera, nonlo precisa. Neppure lo precisa Journet nelluogo citato. Ma poiché Journet fa propriala posizione del Cardinal Gaetano (7), citan-do la sua opera De comparatione auctoritatisPapæ et Concilii cum apologia eiusdem trac-tatus (8), possiamo facilmente stabilire il si-gnificato di questa espressione consultandoil Gaetano stesso.

Il Card. Gaetano, col termine “Chiesa univer-sale”, intende designare il Concilio generale

Abbiamo visto come, in casi straordinari,il Papa possa essere eletto, in assenza di car-dinali, dalla “Chiesa universale”; ma cosa in-tende il Cardinale Gaetano con questo ter-mine?

Basta sfogliare il De comparatione pertrovare la risposta – indubitabile – al nostroquesito. Già il titolo lo indica: De compara-tione auctoritatis Papæ et Concilii, seu Eccle-siæ universalis (n° 5) (Sulla comparazionedell’autorità del Papa e del Concilio, ovverodella Chiesa universale): la Chiesa universaleed il Concilio sono tutt’uno. Ma è nel capi-tolo V (n° 56) che Gaetano procede adun’esplicita definizione dei termini:

“Dopo aver esaminato la comparazionetra il potere del Papa e quello degli apostoliin ragione del loro apostolato, dobbiamoadesso comparare il potere del Papa e il pote-re della Chiesa universale, ovvero del Con-cilio universale, adesso da un punto di vistagenerale, in seguito, come abbiamo annun-ciato, in alcuni casi ed eventi (particolari). Epoiché gli opposti, messi a confronto, diven-tano più chiari, apporterò prima di tutto leragioni principali nelle quali si trova il valore(degli argomenti) con il quale è provato [da-gli avversari, N.d.T.] che il Papa è sottomes-so al giudizio della Chiesa, ovvero del Con-cilio universale. E affinché non capiti piùspesso di mettere assieme Chiesa e Concilio[preciso che] sono presi come sinonimi, poi-ché si distinguono solo come chi rappresen-ta e chi è rappresentato” (9). Il contesto ge-

nerale dell’opera, d'altronde, ci indica chia-ramente che il Gaetano per “Chiesa univer-sale” intende il Concilio generale; il Decomparatione in effetti risponde alle obie-zioni dei conciliaristi, secondo i quali il Papaè inferiore alla Chiesa, cioè al Concilio (9).Ma c’è di più. Proprio quando parla dell’ele-zione del Papa, il Gaetano usa promiscua-mente i termini “Chiesa” e “Concilio”: “inEcclesia autem seu Concilio” (n° 202). Anzi,quando si tratta di presentare il caso concre-to di elezione straordinaria di un Papa, ilGaetano non parla tanto di “Chiesa univer-sale” ma piuttosto di Concilio generale: “siConcilium generale cum pace Romanæ eccle-siæ eligeret in tali casu Papam, verus Papaesset ille qui electus sic esset” (n° 745) (“se inquesto caso il Concilio generale eleggesse ilPapa con la pace [l’accettazione pacifica]della Chiesa romana, chi fosse eletto in que-sto modo sarebbe un vero Papa”).

È evidente quindi che, per Mons. Journeted il Cardinal Gaetano, è il Concilio generaleimperfetto (10) che ha il compito, in assenza dicardinali, di eleggere il Sommo Pontefice.

I vescovi residenziali, in quanto membri didiritto di questo Concilio generale, potreb-bero eleggere il Papa

Appurato che gli elettori straordinari delPapa (in assenza di cardinali) sono i membridel Concilio generale, resta da vedere chi

Gesù Cristo è il capo invisibile della sua Chiesa (dipintodel Masaccio, Cappella Brancacci Firenze)

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possa partecipare, di diritto, al Concilio ge-nerale. Il Codice di diritto canonico – trat-tando del Concilio ecumenico – elenca imembri di diritto del Concilio con voto deli-berativo, al canone 223:

§ 1. Sono chiamati al Concilio ed hannoin esso il diritto al voto deliberativo:

1° I Cardinali di Santa Romana Chiesa,anche se non sono Vescovi;

2° I Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Ve-scovi residenziali, anche se non consacrati;

3° Gli Abati o prelati nullius;4° L’Abate Primate, gli Abati Superiori di

Congregazioni monastiche, i Superiori gene-rali delle congregazioni clericali esenti, manon delle altre religioni, a meno che il decretodi convocazione non disponga diversamente;

§ 2. Anche i Vescovi titolari, chiamati alConcilio, ottengono il voto deliberativo, ameno che non sia previsto esplicitamente ilcontrario nella convocazione.

§ 3. I teologi e i canonisti, eventualmenteinvitati al Concilio, hanno solo un voto con-sultivo.

Questo canone non esprime solo il dirit-to positivo, ma anche la natura stessa dellecose. Notiamo infatti che i Vescovi titolari,privi di giurisdizione, possono non essereconvocati al Concilio o non avere diritto divoto. Al contrario, i Cardinali, i Vescovi re-sidenziali, gli Abati o i prelati nullius (11) an-che se non consacrati vescovi partecipano didiritto al Concilio, perché hanno giurisdizio-ne su di un territorio (12). Questo significache di per sé il criterio per essere un mem-bro del Concilio è quello di appartenere allagerarchia in ragione della giurisdizione enon dell’ordine sacro (per questa distinzio-ne, di diritto divino, vedi il can. 108§3).

Stando così le cose, ci sembra che Mons.Pivarunas (e con lui tutti i sedevacantistisimpliciter, quelli cioè che non seguono latesi di padre Guérard des Lauriers) non ab-bia sufficientemente risposto alla difficoltàposta dalla Fraternità San Pio X. Infatti, inuna posizione strettamente sedevacantista,non si vede dove siano i vescovi residenzialicattolici che possano e vogliano eleggere ilPapa, giacché tutti i vescovi residenziali (edaltri prelati che avrebbero giurisdizione) osono stati nominati invalidamente da degliantipapi o sono comunque formalmente ere-tici e fuori della Chiesa – aderendo agli erro-ri del Vaticano II – o sono in ogni caso incomunione con Giovanni Paolo II, capo del-

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la nuova “Chiesa conciliare”. La Chiesa ge-rarchica insomma sarebbe totalmente scom-parsa, non solo in atto e formalmente, maanche in potenza e materialmente (13).

I Vescovi senza giurisdizione non possonoeleggere il Papa

Abbiamo visto che l’elezione del Papa incircostanze anormali – secondo il pensierodei teologi che hanno trattato della questio-ne – spetta al Concilio generale imperfetto,ovverosia ai Vescovi ed ai prelati che godo-no, nella Chiesa stessa, di giurisdizione. IlPapa, infatti, è Vescovo della Chiesa univer-sale: è quindi normale che eccezionalmentelo eleggano quei prelati della Chiesa univer-sale che, con lui e sotto di lui, governanouna porzione del gregge. Abbiamo visto al-tresì che per la natura stessa delle cose, ed inconseguenza di quanto detto, sono esclusidal novero degli elettori per accidens del Pa-pa i Vescovi titolari, Vescovi consacrati colmandato romano, ma privi di giurisdizionenella Chiesa.

A più forte ragione sono esclusi dal nu-mero degli elettori – proprio perché esclusidal Concilio generale – i Vescovi consacratisenza mandato romano nelle condizioni ec-cezionali dell’attuale vacanza (formale) del-la Sede Apostolica. Tali Vescovi, infatti, so-no stati consacrati validamente e persino, anostro parere – almeno in alcuni casi – leci-tamente; tuttavia essi sono però – nel modopiù assoluto – privi di giurisdizione, in quan-to la giurisdizione del Vescovo deriva daDio solo tramite la mediazione del Papache, nel nostro caso, è esclusa (14). Poiché so-no privi di giurisdizione, non appartengonoalla Gerarchia della Chiesa secondo la giuri-sdizione, non sono perciò membri di dirittodel Concilio e pertanto non sono abilitati adeleggere validamente il Papa, neppure in ca-si straordinari.

Questo punto di dottrina, già assodato insé stesso, è confermato dall’impossibilitàpratica di eleggere un Papa certo e non dub-bio seguendo questa via. Chi stabilirà in ma-niera certa, tra i molti Vescovi che sono statie saranno ancora consacrati in questo modo,quelli che hanno diritto di partecipareall’elezione e quelli che non lo hanno? Chiha il diritto di convocare il Conclave e chino? Chi è da considerarsi legittimamenteconsacrato e chi no? Non essendoci un crite-

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rio di discernimento (il mandato romano, lasede residenziale) non vi è di per sé limite aqueste consacrazioni né da parte di chi lepuò autorizzare (il Papa) né da parte dellaporzione di territorio da governare (la dio-cesi). Il numero degli elettori può quindicrescere a dismisura senza nessuna garanziadella loro cattolicità, come è avvenuto inconcreto. E, di fatto, si è già proceduto asvariate elezioni che non hanno avuto alcunseguito, neppure tra i sostenitori del “con-clavismo”, sempre pronti a “fare il passo”,ma solamente in teoria.

A maggior ragione, i laici non possono eleg-gere il Papa

Se i Vescovi titolari, pur nominati dalPapa non possono eleggere il Papa, se nonlo possono neppure i Vescovi puramenteconsacrati, senza mandato romano, ancormeno lo potranno i semplici sacerdoti. Inmaniera ancora più radicale sono esclusi daogni elezione ecclesiastica i laici.

Questa conclusione è confermata dal di-ritto positivo della Chiesa, sia per quanto ri-guarda ogni elezione ecclesiastica in genere,sia per quanto riguarda l’elezione del Papa.

A proposito di ogni elezione ecclesiasti-ca, il canone 166 stipula che “se i laici, con-tro la canonica libertà, si fossero immischiatiin qualunque modo in un’elezione ecclesia-stica, l’elezione è invalida per il diritto stesso”(Si laici contra canonicam libertatem electio-ni ecclesiasticæ quoque modo sese immiscue-rint, electio ipso iure invalida est).

A proposito dell’elezione papale, fa testol’apposita costituzione Vacante Sede Aposto-lica promulgata da San Pio X il 25 dicembre1904. Il principio generale è espresso al n.27: “Il diritto di eleggere il Romano Ponteficespetta unicamente ed esclusivamente (privati-ve) ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, es-sendo assolutamente escluso ed allontanatol’intervento di qualsiasi altra dignità ecclesia-stica o laica potestà di qualunque grado e or-dine”. Al numero 81, San Pio X rinnova lacondanna già da lui sancita, con la Costitu-zione Commissum nobis del 20 gennaio1904, del cosiddetto diritto di Veto o diEsclusiva da parte del potere laico, conclu-dendo: “Questa proibizione vogliamo siaestesa a qualunque intervento, intercessione oaltro modo con il quale le autorità laiche diqualunque ordine e grado volessero immi-

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schiarsi nell’elezione del Pontefice”. Il SantoPapa fa riferimento a quanto accadde du-rante il Conclave che lo elesse al SommoPontificato, quando l’Imperatore FrancescoGiuseppe, tramite il Cardinale Arcivescovodi Cracovia, pose il suo veto all’elezione delcardinale Mariano Rampolla del Tindaro,già segretario di Stato di Leone XIII. NellaCostituzione Commissum San Pio X affermache questo presunto diritto di “Veto”, giàcondannato dai suoi predecessori Pio IV (Ineligendis), Gregorio XV (Aeterni Patris),Clemente XII (Apostolatus officium) e PioIX (In hac sublimi, Licet per Apostolicas eConsulturi) è contrario alla libertà dellaChiesa. Il suo ufficio, scrive il Santo Pontefi-ce, è quello di far sì che “la vita della Chiesasi svolga in modo del tutto libero, allontanatoogni intervento esterno, come volle che sisvolgesse il suo Divino Fondatore, e comelo richiede assolutamente la sua eccelsamissione. Ora, se c’è una funzione nella vitadella Chiesa che richiede più di ogni altraquesta libertà, essa deve essere consideratasenza dubbio quella che riguarda l’elezionedel Romano Pontefice; in effetti ‘non si trattadi un membro, ma di tutto il corpo, quandosi tratta del capo’ (Gregorio XV, Aeterni Pa-tris)”. L’esclusione dell’intervento delle au-torità civili include naturalmente quello diqualunque altro membro del laicato: “Stabi-liamo che non è lecito ad alcuno, neppure aicapi di stato, sotto qualsiasi pretesto, inter-porsi o ingerirsi nella grave questionedell’elezione del Romano Pontefice”.

Come si vede, l’esclusione di ogni interven-to laicale è considerato da San Pio X non comeuna disposizione transitoria, ma come assoluta-mente necessario perché la Chiesa sia comel’ha voluta il suo Fondatore, Cristo Gesù.

Quanto disposto dal Codice di dirittoCanonico e da San Pio X è perfettamenteconforme a tutta la tradizione. Il Codicestesso rinvia al Corpus iuris canonici (l’anti-co diritto ecclesiastico) ove le decretali diGregorio IX (libro I, titolo VI, de electioneet electi potestate) prevedono l’invaliditàdell’elezione fatta dai laici: il cap. 43 cita ilIV Concilio Lateransense del 1215 (Costitu-zione XXV: “Chiunque acconsentisse allapropria elezione fatta abusivamente dal pote-re secolare, contro la libertà canonica, perdal’elezione e diventi ineleggibile…”); il cap. 56cita un documento di Gregorio IX del 1226col quale si dichiara invalida l’elezione di un

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vescovo fatta dai laici e dai canonici, secon-do una consuetudine che è piuttosto chiama-ta una “corruttela”.

Potremmo citare altri documenti eccle-siastici al proposito, tra i quali vari ConciliEcumenici: il secondo di Nicea, dell’anno787 (DS 604), il secondo di Costantinopolidell’anno 870 (DS 659), il primo del Latera-no, dell’anno 1123, contro le investiture deilaici (DS 712)…

Se nel passato la Chiesa doveva difende-re la sua libertà dall’influenza dei Principinelle elezioni, con la Rivoluzione dovette di-fenderla dalla pretesa democratica di fareleggere i Vescovi dal popolo. Fu così chePapa Pio VI condannò la Costituzione civiledel clero votata dall’Assemblea Nazionale,con il Breve Quod aliquantulum del 10 mar-zo 1791. Non a caso, Papa Braschi collegavale decisioni in materia dei rivoluzionari fran-cesi, coi più antichi errori di Wiclif, Marsilioda Padova, Jean de Jandun e Calvino (cf In-segnamenti Pontifici, La Chiesa, 81-82, e PieVI, Ecrits sur la Révolution française, Ed.Pamphiliennes, pp. 16-20).

Qual è il valore, allora, della partecipa-zione popolare ad alcune antiche elezioni?Lo ricorda ancora il Journet: “Nei tempi pas-sati hanno preso parte all’elezione, a titolidiversi: il clero romano (per un titolo chesembra primo e diretto), il popolo (ma nellamisura in cui dava il suo consenso e la suaapprovazione all’elezione fatta dal clero), iprincipi secolari (sia lecitamente, dando sola-mente il loro consenso e il loro appoggioall’eletto; sia in maniera abusiva vietando,come fece Giustiniano, che l’eletto fosse con-sacrato prima dell’approvazione dell’impera-tore), infine i cardinali, che sono i primi tra ichierici romani, in sorta che è al clero roma-no che è di nuovo affidata, oggi, l’elezionedel Papa” (op. cit., p. 977) (15).

Un voto solo consultivo o approvativo,quindi, quello del popolo fedele; e le cosestanno così per una esigenza dogmatica fon-data sulla distinzione e subordinazione nellaChiesa tra clero e fedeli, distinzione che è didiritto divino. Lo ricorda, tra gli altri, il teo-logo romano Cardinal Mazzella: “In terzoluogo, dai medesimi documenti, ne segue siala distinzione tra i Chierici e i Laici, sia il fat-to che la gerarchia costituita nell’ordine cleri-cale è di diritto divino; e quindi che per il me-desimo diritto divino la forma democratica èesclusa dal governo della Chiesa. Questa for-

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ma democratica sussiste quando la supremaautorità si trova in tutta la moltitudine; non inquanto tutta la moltitudine comandi e gover-ni in atto, il che sarebbe impossibile; ‘ma inquanto – come dice Bellarmino (de Rom.Pont. l. 1, c. 6) – dove vige il regime popola-re, i magistrati sono costituiti dallo stesso po-polo, e ricevono da esso la loro autorità; nonpotendo il popolo legiferare da se stesso, de-ve almeno costituire altri che lo facciano insuo nome’. Ma, supposta una gerarchia divi-namente costituita nell’ordine clericale, è adessa e non a tutto il popolo che l’autorità èstata comunicata da Cristo; e perciò per isti-tuzione di Cristo non risiede nel popolo ildiritto di costituire i governanti, e questinon reggono la Chiesa in nome del popolo.Per una migliore comprensione di quantodetto, osserviamo:

come dice Bellarmino (de mem. Eccles. l. 1c. 2), ‘nella creazione dei Vescovi sonocontenute tre cose: l’elezione, l’ordina-zione e la vocazione o missione; l’elezio-ne non è nient’altro che la designazionedi una persona determinata alla prelatu-ra ecclesiastica; l’ordinazione è una sa-cra cerimonia con la quale, mediante unrito determinato, viene unto e consacratoil futuro Vescovo; la missione o vocazio-ne conferisce la giurisdizione, e per ilfatto stesso fa il Pastore e il presule’

Per cui sono cose molto diverse l’eleggere, ilchiedere e il rendere testimonianza. In-fatti, chi rende testimonianza in favoredi qualcuno o chiede che questi sia elet-to, non gli conferisce un diritto a ottene-re una dignità; ma svolge solo il ruolo diuna persona che loda e che chiede. Coluiinvece che elegge, chiama canonicamen-te alla dignità, e conferisce un vero dirit-to a riceverla (…)” (16).

Riassumendo: nelle elezioni ecclesiasti-che il popolo può rendere testimonianzadelle qualità di un soggetto (testimoniumreddere) e chiederne l’elezione (petere) manon può assolutamente votare in una elezio-ne canonica, e quindi eleggere un candidatoa una carica ecclesiastica dandogli il diritto aricevere – in quanto persona eletta – la me-desima carica. E questa conclusione si fondasu di un principio che appartiene alla fede ealla volontà del Signore: il fatto cioè che laChiesa non sia una società democratica, magerarchica (e persino monarchica) (17) fon-data sulla distinzione – di diritto divino – tra

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il Clero e i Laici. I “tradizionalisti” che attri-buiscono a persone che non fanno parte del-la gerarchia di giurisdizione, e persino a deisemplici fedeli, il potere di eleggere persinoil Sommo Pontefice, sono paradossalmenteinquinati dall’eresia di una Chiesa democra-tica così diffusa tra i “modernisti” stile “co-munità di base” o “la Chiesa siamo noi”.

Il Clero romano e l’elezione del Papa

Abbiamo escluso dal potere di eleggereil Papa i laici ed i Vescovi senza giurisdizio-ne (a maggior ragione i semplici sacerdoti).Ci resta da vedere un soggetto particolaredel diritto di eleggere il Papa: il clero roma-no. Se “per natura delle cose, e quindi per di-ritto divino” – scrive Journet a p. 977 – “ilpotere di eleggere il Papa appartiene allaChiesa presa assieme al suo capo, il modoconcreto in cui si farà l’elezione, dice Gio-vanni di San Tommaso, non è stato determi-nato in qualche luogo della Scrittura: è ilsemplice diritto ecclesiastico che determineràquali persone nella Chiesa potranno valida-mente procedere all’elezione”.

Il diritto ecclesiastico attuale (e questo apartire dal 1179) prevede che solo i Cardinalipossono eleggere validamente il Papa. In

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questo modo si mantiene in fondo la più anti-ca tradizione ecclesiastica, che vuole che ilVescovo sia eletto dal suo clero e dai Vescovicircostanti. I Cardinali infatti sono i membriprincipali del Clero romano (diaconi e sacer-doti), uniti ai Vescovi delle diocesi limitrofe,dette suburbicarie (anch’essi Cardinali). IlGaetano scrive che è normale che il Papa siaeletto dalla sua chiesa, che è la chiesa Roma-na e la Chiesa universale, in quanto il Papa èil Vescovo di Roma ed il Vescovo della Chie-sa Cattolica (n° 746). Anzi, Gaetano prevedeche “morti tutti i Cardinali, succede in manieraimmediata [nel potere di eleggere il Papa] laChiesa Romana, dalla quale è stato eletto [ilPapa San] Lino prima di ogni disposizione didiritto umano a noi conosciuto” (n° 745). “LaChiesa Romana” infatti “rappresenta la Chie-sa universale nel potere elettivo” (n° 746). Co-me ci siamo chiesti a proposito della “Chiesauniversale”, così ci dobbiamo chiedere chi so-no i membri della “Chiesa Romana” che po-trebbero eleggere il Papa in mancanza deicardinali, che della Chiesa Romana sono imembri principali. Gaetano spiega (n° 202):che l’elezione spetti a tale o tale diacono o sa-cerdote delle chiese romane, detti Cardinali,e non ad altri (come ad esempio i canonici diSan Pietro o di san Giovanni in Laterano), oa tale o tal altro Vescovo suburbicario, e nonad altri, è disposizione di diritto positivo ec-clesiastico, e non di diritto divino. La Chiesanon può mutare queste disposizioni di dirittoecclesiastico (n° 202), ma in caso di scompar-sa di tutti i Cardinali si può supporre che glialtri membri del clero romano potrebberoeleggere il proprio Vescovo. È evidente cheper essere membri del clero romano non ba-sta essere nati o risiedere a Roma! Occorreessere incardinati nella diocesi e probabil-mente avere cura pastorale del popolo roma-no o delle diocesi vicine. È facile rendersiconto che anche in questo caso non si vedechi mai potrebbe, concretamente, potere ovolere eleggere il papa dato che il clero roma-no (parroci, vescovi limitrofi, ecc.) è attual-mente in comunione con Giovanni Paolo II.

Il Papa non può essere designato diretta-mente dal Cielo (perché Dio non lo vuole)

Di fronte alla situazione gravissima chesta vivendo la Chiesa, che ha portato allaprivazione dell’Autorità, c’è chi ha pensatoche la soluzione poteva solo venire da un in-

San Pietro nei suoi successori è il capo visibile dellaChiesa (dipinto del Masaccio, Cappella Brancacci

Chiesa del Carmine Firenze)

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tervento – eccezionale – di Dio. Questo pen-siero si fonda su di una intuizione vera: laStoria e la Chiesa sono nella mani di Dio, e“nulla è impossibile a Dio” (Lc I, 37). Alcunihanno pensato a un intervento di Enoch eElia, identificati (a mio parere, a torto) neidue testimoni dell’Apocalisse. Altri hannoipotizzato la sopravvivenza dell’ApostoloGiovanni. Altri ancora immaginano un’ele-zione papale fatta direttamente da Cristo edagli Apostoli Pietro e Paolo (18). A questoproposito non sono mancati coloro che han-no pubblicato profezie di Santi in favore diquesta opinione (19).

Mons. M.-L. Guérard des Lauriers, nellasua intervista a Sodalitium (n. 13, p. 20) af-fermava a proposito del sedevacantismostretto: “La persona fisica o morale che ha,nella Chiesa, qualità per dichiarare la vacan-za totale della Sede Apostolica è identica aquella che, nella Chiesa, ha qualità per prov-vedere alla provvisione della stessa SedeApostolica. Chi dichiara attualmente: ‘Mons.Wojtyla non è affatto Papa [neanche mate-rialiter] deve: o convocare il Conclave [!] omostrare le credenziali che lo costituisconodirettamente ed immediatamente Legato diNostro Signore Gesù Cristo [!!]”. Abbiamofinora dimostrato l’impossibilità, rebus sicstantibus, di convocare un Conclave; vedia-mo nel presente capitolo se è possibile aqualcuno presentarsi con le credenziali chelo costituirebbero Legato di Gesù Cristo osuo Vicario.

Al di là dell’improbabilità fattuale di unsimile avvenimento, sottolineata dai duepunti esclamativi apposti da Mons. Guérarddopo avere esposto questa ipotesi, mi sem-bra che riguardo alla possibilità teologica diquesta ipotesi abbia correttamente rispostoMons. Sanborn:

“I sedevacantisti completi propongonouna seconda soluzione alla crisi attuale: èCristo stesso che designerà un successore,con un intervento miracoloso. Se Nostro Si-gnore agisse in tal modo, e certamente lopotrebbe, l’uomo che sceglierebbe per esse-re Papa sarebbe certamente il suo vicariosulla terra, ma non sarebbe successore di sanPietro. Scomparirebbe l’apostolicità, perchéquest’uomo non potrebbe risalire fino a sanPietro mediante una linea di successione le-gittima ininterrotta. Certo, come san Pietrosarebbe scelto da Cristo. Ma in realtà No-stro Signore creerebbe una nuova Chiesa.

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D. Ma Nostro Signore non potrebbe es-sere un elettore legittimo? Perché non po-trebbe scegliere un Papa che sarebbe anchesuccessore di san Pietro?

R. Si, evidentemente Nostro Signore po-trebbe scegliere un Papa, esattamente comeha scelto san Pietro. Ma un intervento divi-no come quello che immaginano i sedeva-cantisti completi equivarrebbe a una nuovarivelazione pubblica, il che è impossibile. Larivelazione pubblica è definitivamente chiu-sa con la morte dell’ultimo apostolo. È unarticolo di fede. Tutte le rivelazioni che sisono svolte dopo la morte dell’ultimo Apo-stolo appartengono all’ambito delle rivela-zioni private. Per i sedevacantisti completiquindi, è una rivelazione privata che rivele-rebbe l’identità del Papa.

Non c’è bisogno di dire che una tale so-luzione distrugge la visibilità e la legalitàdella Chiesa cattolica, e rende la sua stessaesistenza dipendente da dei veggenti. Nonc’è bisogno di aggiungere neppure che essaabbandona il papato alle elucubrazioni degliapparizionisti.

La missione della Chiesa consiste nel farconoscere al mondo la divina rivelazione. Sela designazione del Papa – proprio colui chefa conoscere questa rivelazione – dipendesseda una rivelazione privata, crollerebbe l’in-tero sistema. La più alta autorità della Chie-sa sarebbe allora il veggente, che potrebbefare o disfare i Papi. Non ci sarebbe più al-cun principio di autorità per poter determi-nare se il veggente è o non è un mistificato-re. Ogni atto di fede dipenderebbe, alla finfine, dall’onestà di un veggente.

La Chiesa cattolica, al contrario, è unasocietà visibile ed ha una vita legale. NostroSignore è il capo invisibile della Chiesa. LaChiesa non potrebbe più attribuirsi la visibi-lità se la sua gerarchia fosse designata dauna persona [a noi] invisibile, fosse pure No-stro Signore in persona.

Anche ammettendo per un istante que-sta possibilità: la persona che Nostro Signo-re designerebbe in tal modo non sarebbe unsuccessore legittimo di san Pietro. La suc-cessione è legittima solo se soddisfa le esi-genze del diritto ecclesiatico o della consue-tudine. Ma una successione per interventodivino non soddisfa alcuna di queste esigen-ze. Conseguentemente il Papa così designa-to non sarebbe il legittimo successore di sanPietro” (20).

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Gesù potrebbe quindi (di “potenza asso-luta”) scegliere nuovamente un Papa, manon lo farà mai (21) (è impossibile di “poten-za ordinata”) poiché Egli stesso ha stabilitoche la Sua Chiesa, fondata su Pietro, sareb-be stata indefettibile: “le porte dell’infernonon prevarranno contro di essa”. E questaverità dell’indefettibilità della Chiesa ci dàdi già il motivo di fondo di quanto sostenia-mo nel titolo del prossimo capitoletto.

La Chiesa non può restare totalmente privadi elettori del Papa

Il Concilio Vaticano I ha solennementedefinito:

Se dunque qualcuno dirà che non è peristituzione dello stesso Cristo Signore ovve-ro per diritto divino che il Beato Pietro hasempre dei successori nel primato dellaChiesa universale; o che il Romano Pontefi-ce non è il successore del Beato Pietro inquesto primato, sia anatema” (D.S. 3058,Cost. dogmatica Pastor Aeternus, canonedel capitolo 2).

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È una verità di fede, pertanto, che “persempre” vi sarà un Successore di Pietro:questa verità fa parte di quella concernentel’indefettibilità della Chiesa: se la Chiesafosse priva di Papa, non esisterebbe più qua-le l’ha fondata Gesù. Per tornare al cardinalGaetano, “Christus Dominus statuit Petrumin successoribus perpetuum: Cristo Signoreha stabilito (che) Pietro (sia reso) perpetuonei suoi successori” (n. 746).

Naturalmente, questa definizione nonpuò e non deve essere intesa nel senso chevi sarà sempre, in ogni istante, in atto, unPapa seduto sulla Cattedra di Pietro: duran-te la Sede vacante (ad esempio nel periodoche passa tra la morte di un Papa e l’elezio-ne del suo successore). Ciò non conviene. Inche senso dunque bisogna intendere la defi-nizione vaticana?

Ce lo spiega ancora – per anticipazione –il Gaetano: “impossibile est Ecclesiam relin-qui absque Papa et potestate electiva Papæ: èimpossibile che la Chiesa sia lasciata senzaPapa e senza il potere di eleggere il Papa” (n.744). Durante la Sede vacante, pertanto, de-ve rimanere in qualche modo la personamorale che può eleggere il Papa: “papatus,secluso Papa, non est in Ecclesia nisi in po-tentia ministraliter electiva, quia scilicet po-test, Sede vacante, Papam eligere, per Cardi-nales, vel per seipsam in casu: il Papato, toltoil Papa, si trova nella Chiesa solo in una po-tenza ministralmente elettiva, poiché essapuò, durante la Sede vacante, eleggere il Pa-pa mediante i Cardinali o, in un caso (acci-dentale) per mezzo di sé stessa” (n. 210).

È assolutamente necessario, pertanto,che – durante la Sede vacante – sussista an-cora la possibilità di eleggere il Papa: lo esi-gono l’indefettibilità e l’apostolicità dellaChiesa (22).

L’elezione del Papa nella situazione attualedella Chiesa

Era appunto questa l’obiezione mossa daMons. Lefebvre ai sedevacantisti, e ripresada don Scott contro Mons. Pivarunas. Certa-mente, una obiezione non può annullareuna dimostrazione, e Mons. Pivarunas ha ra-gione – e don Scott torto – sul fatto che laSede sia attualmente vacante. Abbiamo vi-sto però che il sedevacantismo simpliciter,se è capace di dimostrare la vacanza dellaSede, non è però capace di spiegare come

Dopo il conclave e l’elezione i cardinali prestano l’obbe-dienza al nuovo Papa (qui Pio XII)

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sussista ancor oggi il potere di eleggere unsuccessore. I vari tentativi di spiegazione, finqui analizzati, risultano tutti inconcludenti:non possono eleggere il Papa i semplici fe-deli, e neppure i semplici sacerdoti, e nean-che i Vescovi non residenziali. D’altra parte,nella prospettiva strettamente sedevacanti-sta, non sussisterebbero più attualmente deicardinali o dei Vescovi residenziali cattolici,in quanto tutti quelli esistenti avrebberoaderito alla “Chiesa conciliare”, divenendoformalmente eretici.

L’unica soluzione possibile a questa dif-ficoltà viene, ci sembra, dalla Tesi detta diCassiciacum, esposta da Padre Guérard desLauriers, Tesi che i sedevacantisti si ostina-no a rifiutare senza rendersi conto che essa èl’unica che permetta di difendere veramentela tesi della Sede vacante.

Secondo questa Tesi, nella situazione at-tuale dell’autorità nella Chiesa, il potere dieleggere il Sommo Pontefice sussiste ancoranella Chiesa non in atto, formalmente, ma inpotenza, materialmente, e questo è suffi-ciente per assicurare la continuità della Suc-cessione Apostolica e per garantire l’inde-fettibilità della Chiesa.

Un’elezione del Papa è per il momentoimpossibile sia perché la Sede è ancora occu-pata materialmente e legalmente da Giovan-ni Paolo II, sia perché, e lo abbiamo dimo-strato in questo articolo, non vi sono, in atto,elettori capaci di procedere a questa elezione.

L’elezione è però possibile in potenza,sia perché in principio non può essere altri-menti, come abbiamo visto prima, sia perchédi fatto, sussistono materialmente gli elettoricanonicamente abilitati ad eleggere il Papa.Secondo la Tesi, infatti, i Cardinali creati dai“papi” materialiter conservano il potere dieleggere il Pontefice, come pure i Vescovi,nominati dai “papi” materialiter alle variesedi episcopali, le occupano materialmente epotrebbero, ritornati alla pubblica ed inte-grale professione della Fede, essere elettoridel Papa in assenza di Cardinali. Lo stesso“papa” che occupa solo materialmente laSede potrebbe, anatematizzando tutti gli er-rori e professando integralmente la Fede, di-venire a tutti gli effetti Papa anche formal-mente. Come si vede, la Tesi di Cassiciacumrisponde alle obiezioni sollevate dai “mo-dernisti” e dai “lefebvriani” al sedevacanti-smo, mentre le altre tesi sedevacantiste nonne sono capaci. Per la dimostrazione di que-

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sto punto della Tesi, rimandiamo il lettore aquanto già scritto al proposito (23).

Il dovere dei cattolici

Giunti al termine di questa esposizione,naturalmente sommaria, della questionedell’elezione del Papa nella situazione attua-le della Chiesa, possiamo tirare alcune con-clusioni da quanto scritto.

Qual è il dovere dei cattolici, attualmen-te? Innanzitutto, conservare la fede. Questodovere (conservare la fede) ne implica (diper sè) immediatamente un altro: quello dinon riconoscere “l’autorità” di GiovanniPaolo II e del Concilio Vaticano II. Ricono-scere l’autorità di Giovanni Paolo II e delConcilio Vaticano II implica, infatti, l’ade-sione al loro insegnamento che è – su alcunipunti – in contraddizione con la fede cattoli-ca infallibilmente definita dalla Chiesa.

Il semplice cattolico però non può e nondeve andare oltre. Non spetta al semplice fe-dele (e neppure ai sacerdoti e ai vescovi sen-za giurisdizione) dichiarare con autorità, uffi-cialmente e legalmente, la vacanza della SedeApostolica e provvedere all’elezione di unautentico Pontefice. Il dovere del cattolicoperò è quello di pregare e lavorare, ciascunoal proprio posto e secondo le proprie compe-tenze, affinché questa dichiarazione ufficiale– ad opera del collegio dei cardinali o delconcilio generale imperfetto – divenga possi-

L’incoronazione del nuovo Papa (qui Pio XII)

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bile. La tragedia dei nostri tempi – che dettala gravità della crisi presente – consiste pro-prio nel fatto che nessuno dei membri dellagerarchia ha finora svolto questo ruolo. At-tualmente, sembra impossibile che i Vescovio i Cardinali giungano a condannare gli erro-ri del Vaticano II e pongano l’occupante del-la Sede apostolica nella condizione di anate-matizzare anch’egli questi errori, sotto penadi essere dichiarato formalmente eretico (epertanto deposto, anche materialmente, dallaSede); ma ciò che è impossibile agli uomini,ricordiamolo, è possibile a Dio. Ed in questocaso, sappiamo che Dio non può abbandona-re la Sua Chiesa, perché le porte dell’infernonon prevarranno contro di Essa, ed Egli saràcon Essa fino alla fine del mondo.

Appendice

Esulano direttamente dalla nostra que-stione (la possibilità di eleggere un Papa allostato attuale) due argomenti riguardanti pursempre l’elezione del Papa: quello della cer-tezza della validità dell’elezione papale acausa dell’accettazione pacifica di questaelezione da parte della Chiesa, e quello dellasantità dell’elezione. Di entrambi parlaJournet nell’opera citata. Ne parlerò breve-mente anch’io, poiché si tratta di due argo-menti che possono servire da obiezione allanostra posizione (la vacanza formale dellaSede Apostolica).

L’accettazione pacifica come certezza dellavalidità dell’elezione papale

Un’elezione, fosse anche l’elezione pa-pale, può essere invalida o essere dubbia; loricorda lo stesso Journet, al seguito di Gio-vanni di San Tommaso (L’elezione del Papa.V. Validità e certezza dell’elezione). “LaChiesa – scrive Journet – possiede il diritto dieleggere il Papa, e quindi il diritto di cono-scere con certezza l’eletto. Finché persiste ildubbio sull’elezione e che il consenso tacitodella Chiesa universale non ha rimediato aivizi possibili dell’elezione, non c’è il Papa,‘Papa dubius, Papa nullus’. In effetti, fa no-tare Giovanni di San Tommaso, finché l’ele-zione pacifica e certa non è manifesta, è comese essa durasse ancora” (p. 978). Tuttavia,ogni incertezza sulla validità dell’elezione èdissipata dall’accettazione pacifica dell’ele-zione fatta dalla Chiesa universale: “l’accet-

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tazione pacifica della Chiesa universale, chesi unisce attualmente a tale eletto come al ca-po al quale essa si sottomette, è un atto nelquale la Chiesa impegna il suo destino. E’quindi di per sè un atto infallibile, ed è imme-diatamente conoscibile come tale. (Conse-guentemente e mediatamente, risulterà chetutte le condizioni pre-richieste alla validitàdell’elezione sono state realizzate)” (pp. 977-978). Quanto affermato da Journet si ritrovain quasi tutti i teologi.

Questa dottrina include un’obiezionegravissima contro ogni sedevacantismo (in-clusa la nostra Tesi). L’abbé Lucien non na-scondeva questa difficoltà, scrivendo: “Sen-za rispondere ai nostri argomenti, alcuni di-chiarano che [la nostra tesi] è certamente fal-sa, poiché la sua conclusione, secondo loro, ècontraria alla fede o almeno prossima all’ere-sia. Ricordano in effetti che la legittimità diun Papa è un fatto dogmatico, e aggiungonoche il segno infallibile di questa legittimità èl’adesione della Chiesa universale. Ora, fan-no notare, svariati anni dopo il 7 dicembre1965 [data a partire della quale Paolo VI nonera certamente più Papa formalmente] nessu-no ha messo in causa, pubblicamente, nellaChiesa, la legittimità di Paolo VI. È quindiimpossibile, concludono, che abbia cessato diessere papa legittimo in questa data, poiché laChiesa universale continuava a riconoscerlo.Questi obbiettori affermano parimenti cheancor oggi la Chiesa universale aderisce aGiovanni Paolo II, poiché nessun membrodella gerarchia di magistero lo ha ricusato:ora, questa gerarchia (l’insieme dei vescoviresidenziali uniti al Papa) rappresenta auten-ticamente la Chiesa universale” (24). Rinvio illettore alla magistrale risposta che dà l’abbéLucien a questa obiezione. Da un lato, egliricorda che la Costituzione Cum ex aposto-latus di papa Paolo IV – che se non ha piùvalore giuridico è pur sempre un atto delmagistero - insegna una dottrina contraria(la tesi dell’accettazione pacifica della Chie-sa come prova certa della validità di una ele-zione è quindi solo un’opinione teologica).D’altro canto, sottolinea come questa opi-nione si fondi sul fatto che è impossibile chela Chiesa intera segua una falsa regola di fe-de aderendo ad un falso pontefice: ciò sa-rebbe in contraddizione con l’indefettibilitàdella Chiesa. Ora, nel nostro caso, tra coloroche riconoscono la legittimità di Paolo VI eGiovanni Paolo II, ve ne sono molti che non

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aderiscono alle novità del Vaticano II; essi,di fatto, non riconoscono Paolo VI e Gio-vanni Paolo II come regola della fede equindi, sempre di fatto, non ne riconosconola legittimità (cf pp. 108-111). Insomma, ilfatto che molti cattolici, implicitamente oesplicitamente, non abbiano recepito il Vati-cano II, toglie alla tesi dell’accettazione pa-cifica della Chiesa la sua forza dimostrativaquanto alla legittimità di chi il Concilio hapromulgato.

La santità dell’elezione

Se l’obiezione precedente è effettivamen-te importante, quella fondata sulla santitàdell’elezione non lo è affatto; ma poichémolti fedeli me l’hanno citata, mi sembra op-portuno rispondere con le parole stesse diJournet. Molte persone, infatti, credono atorto che sia lo Spirito Santo che garantiscel’elezione ispirando i cardinali, per cui l’elet-to del Conclave sarebbe stato scelto diretta-mente da Dio. Journet ricorda che, quandosi parla di santità dell’elezione papale, “nonsi vuol dire con queste parole che l’elezionedel papa si compia sempre con una infallibileassistenza, poiché ci sono dei casi nei qualil’elezione è invalida, nei quali rimane dubbia,nei quali resta quindi in sospeso. Non si vuolneppure dire che sia scelto necessariamente ilmiglior soggetto. Si vuole solo dire che, sel’elezione è fatta validamente (il che, in sè, èsempre un bene) anche quando fosse il risul-tato di intrighi e di interventi spiacevoli (maallora ciò che è peccato resterà peccato da-vanti a Dio), si è certi che lo Spirito Santo, ilquale, al di là dei papi, veglia in modo specia-le sulla sua Chiesa, utilizzando non solo il be-ne, ma anche il male che essi possono fare,non ha potuto volere o almeno permetterequesta elezione che per dei fini spirituali lacui bontà si manifesterà a volte senza tardarenel corso della storia, oppure sarà conservatasegreta fino alla rivelazione dell’ultimo gior-no. Ma son questi misteri nei quali la fede so-la può penetrare ” (pp. 978-979). Insomma, ladivina Provvidenza veglia in maniera specia-lissima sulla Chiesa, ma non impedisce che avolte l’elezione papale possa essere nulla,dubbia, oppure, se valida, abbia per oggettouna persona meno degna di questa carica diun’altra. Negli ultimi conclavi quindi Dio hapotuto permettere, per motivi inscrutabili,che fossero eletti dei soggetti che non aveva-

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no oggettivamente la volontà abituale di pro-curare il bene ed il fine della Chiesa, e chepertanto, pur essendo gli eletti del Conclave(“papi” materialiter), hanno posto e pongo-no tuttora un ostacolo alla ricezione, da par-te di Dio, dell’assistenza divina e dell’auto-rità pontificia (non sono “papi” formaliter)che, se non ci fosse quest’ostacolo sarebbestata conferita all’eletto del conclave che ac-cetta realmente l’elezione.

Note

1) La lettera Pro grege può essere richiesta al se-guente indirizzo: Most Rev. Mark A. Pivarunas, MaterDei Seminary, 7745 Military Avenue, Omaha, NE68134-3356, U.S.A.

2) Peter Scott non fa altro che riprendere le dueobiezioni già addotte da Mons. Lefebvre nel 1979: “laquestione della visibilità della Chiesa è troppo necessariaalla sua esistenza perché Dio possa ometterla durantedelle decadi. Il ragionamento di quanti affermano l’inesi-stenza del Papa mette la Chiesa in una situazione inestri-cabile. Chi ci dirà dov’è il futuro Papa? Come potrà es-sere designato, poiché non ci sono più cardinali?” (Fra-ternité Sacerdotale Saint Pie X, Position de Mgr Lefeb-vre sur la nouvelle messe et le pape, supplemento a Fide-liter, 1980, p. 4).

3) Padre O’Really fu professore dell’Universitàcattolica di Dublino.

4) Mons. Pivarunas non dà i riferimenti della cita-zione di Journet. Si tratta dell’Excursus VIII, L’électiondu pape dell’opera L’Eglise du Verbe Incarné, Vol. I LaHiérarchie apostolique, p. 976, Ed. Saint Augustin SaintJust-la-Pendue 1998. Il grassetto è di Mons. Pivarunas.

5) Pio IX, con la Costituzione apostolica Cum Ro-mani Pontificibus del 4 dicembre 1869, avendo indettoil Concilio Vaticano I, si preoccupò di precisare le con-dizione dell’elezione pontificia, in caso di sua morte du-rante il Concilio. Sull’esempio di Giulio II (durante ilquinto concilio lateransense) e di Paolo III e Pio IV (inoccasione del concilio di Trento) stabilì che l’elezioneera di spettanza esclusiva del Collegio dei Cardinali,con esplicita esclusione dei Padri Conciliari (Insegna-menti Pontifici, La Chiesa, n. 326). Questa prescrizioneè stata ripresa da San Pio X (Vacante Sede Apostolica,n. 28) e da Pio XII (Vacantis Apostolicae Sedis, dell’ot-to dicembre 1945, n. 33). La prescrizione non è solo di-sciplinare, ma ha un fondamento nel rifiuto delle teorieconciliariste.

6) Spiega Journet: “Nel caso che le condizioni pre-viste fossero divenute inapplicabili, il compito di deter-minarne di nuove spetterebbe alla Chiesa per devoluzio-ne, prendendo questo termine, come nota Gaetano(Apologia de comparata auctoritate papæ et concilii,cap. XIII, n° 745), non in senso stretto (in senso stretto ladevoluzione è in favore dell’autorità superiore in caso diincuria da parte dell’inferiore), ma in senso largo, per in-dicare ogni trasmissione, anche se fatta a un inferiore”(op.cit., pp. 975-976).

7) Tommaso de Vio, detto Gaetano dal luogo dinascita (Gaeta), visse dal 1468 al 1533. Religioso dome-nicano nel 1484 iniziò l’insegnamento nel 1493. FuMaestro generale dell’ordine dal 1508 al 1518, parte-cipò al V Concilio del Laterano e fu nominato Cardina-

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le nel 1517. Nel 1518 fu legato della Santa Sede per pro-cedere contro Lutero, lavorando alla stesura della bolladi Leone X, Exurge Domine, contro l’eresiarca. Vesco-vo di Gaeta nel 1519 fu ancora legato in Ungheria dal1523 al 1524. È sepolto a Roma nella chiesa di santaMaria Sopra Minerva. “Il Gaetano è celebre per i suoiclassici commenti a tutta la Somma teologica di sanTommaso, ai quali rimane legato il suo nome e la sua fa-ma più duratura… Particolarmente attaccato alla SedeApostolica, il Gaetano ne difese con profondità e brio leprerogative nel celebre trattato De auctoritate Papae conrelativa Apologia, che stroncò le velleità conciliaristichedi Pisa (1511) e preparò in anticipo la condanna dell’er-rore gallicano. (…) San Roberto Bellarmino lo definiva‘uomo di sommo ingegno e di non minore pietà” (Enci-clopedia Cattolica, voce De Vio).

8) “Il primo opuscolo, intitolato ‘De comparationeauctoritatis Papæ et Concilii; fu composto dal CardinalGaetano – che lo finì il 12 ottobre 1511 - nell’arco di duemesi. Occasione di questo opuscolo era il Concilio sci-smatico di Pisa, indetto in quei tempi da alcuni cardinalicontro Papa Giulio II; per cui l’Autore si impegna a con-futare le tesi cosiddette Gallicane, sostenute fin dal XV se-colo in occasione del Concilio di Costanza; innanzituttola (tesi) di Occam e Gerson, che afferma la superioritàdel Concilio sul Papa. Contro (questa tesi), Gaetano di-mostra (…) che il Papa, in quanto successore di Pietro,gode del primato, ovvero della piena e suprema potestàecclesiastica, con tutte le prerogative che gli sono annesse.Il Re di Francia Luigi XII sottopose quest’Opera all’esa-me dell’Università di Parigi, che affidò la difesa [dellapropria posizione] al giovane e facondo autore JacquesAlmain. Poiché questi compose l’opuscolo ‘De auctorita-te Ecclesiæ, seu sacrorum Conciliorum eam repraesen-tantem, contra Thomam de Vio, Dominicanum’ (Parigi,Jean Granjon, 1512), Gaetano rispose con un altro opu-scolo, ovvero l’‘Apologia de comparata auctoritate Papæet Concilii’, portato a termine il 29 novembre 1512” (no-stra traduzione dal latino dell’introduzione di Padre Pol-

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let, o.p., alla riedizione dei due opuscoli del Gaetano,fatta a cura dell’Angelicum, a Roma, nel 1936).

9) “Examinata comparatione potestatis Papæ adApostolos ratione sui apostolatus, comparanda modo estPapæ potestas Ecclesiæ universalis seu Concilii univer-salis potestati, nunc quidem absolute, postmodum veroin eventibus et casibus, ut promisimus. Et quoniam op-posita iuxta se posita magis elucescunt, afferam primorationes primarias in quibus consistit vis, quibus proba-tur Papam subesse Ecclesiæ seu Concilii universalis iu-dicio. Et ne contingat sæpius Ecclesiam et Conciliumiungere, pro eodem sumantur, quoniam non nisi sicut re-praesentans et repraesentatum distinguuntur”.

10) Diciamo “imperfetto” perché, in assenza del Pa-pa, un Concilio generale è appunto imperfetto (cf Decomparatione, n° 231, parlando del Concilio di Costanzache si riunì per l’elezione di Martino V), in quanto privodel suo Capo, il quale è il solo a potere convocare, diri-gere e confermare un Concilio ecumenico (can. 222;Gaetano, op. cit., cap. XVI). Ricordiamo che – secondoil Gaetano – è lo stesso Concilio generale imperfetto cheha il compito di deporre il Papa eretico (n° 230).

11) “I prelati che sono a capo su di un proprio terri-torio separato da ogni diocesi,, con clero e popolo, sonodetti Abati o Prelati ‘nullius’, cioè di nessuna diocesi…”(can. 319). I Prelati o Abati nullius devono avere lestesse qualità richieste nel vescovo (can. 320§2) ed han-no lo stesso potere ordinario e gli stessi obblighi del ve-scovo residenziale (can. 323§1) del quale portano l’abi-to e le insegne liturgiche (can. 325) anche se fossero pri-vi del carattere episcopale.

12) Gli altri Abati ed i superiori delle religioni cleri-cali esenti pur non avendo giurisdizione su di un territo-rio hanno giurisdizione su delle persone (i propri sudditi)indipendentemente dal Vescovo diocesano. Sono quindidegli Ordinari, anche se non degli Ordinari di luogo(can. 198). Anche in questo caso il criterio per partecipa-re al Concilio è la giurisdizione e non l’ordine episcopale.

13) Giacché questa posizione rifiuta la successionemateriale sulle sedi episcopali, ammessa invece dal se-devacantismo ‘formaliter’ ma non ‘materialiter’ di pa-dre Guérard des Lauriers.

14) Ho già provato altrove (F. RICOSSA, Le consa-crazioni Episcopali, C.L.S. Verrua Savoia 1997) comela Chiesa insegni che il Vescovo non riceve la giurisdi-zione da Dio mediante la Consacrazione, ma solo me-diante il Papa, anche se il Vaticano II insegna il contra-rio. Contro questa dottrina insegnata ripetutamente dalmagistero ordinario non serve obiettare con esempi sto-rici di elezioni (e consacrazioni) episcopali durante lasede vacante. Queste elezioni dimostrano solo la non il-liceità – in caso di sede vacante ad esempio – di consa-crazioni episcopali, ma non dimostrano che gli eletti go-dessero della giurisdizione episcopale, che ricevetterosolo, con la conferma della loro elezione canonica, dalnuovo Papa. Ciò non toglie che essi potessero crederein buona fede di avere giurisdizione ancor prima dellaconferma papale, giacché la dottrina che noi difendia-mo (secondo la quale la giurisdizione episcopale vienedal Papa e non dalla consacrazione) è stata precisatadal magistero in periodi successivi a questi fatti storici,mentre era ancora discussa al Concilio di Trento. Se-gnalo tra l’altro come la dottrina di Gaetano a questoproposito – anche in questo fedele discepolo di sanTommaso – è quella che abbiamo ricordato (cf n°267).

15) Journet conclude rinviando al Dictionnaire dethéologie catholique, alla voce Election des papes, per

Dopo l’elezione nel conclave il nuovo Papa è acclamato dal popolo di Roma

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“un esposizione storica delle diverse condizioni nellequali i papi sono stati eletti”. Ne approfitto per notarequanto sulla questione che stiamo trattando (e non èl’unico caso) il DTC sia deludente. L’estensore dellavoce “elezione dei papi” infatti si limita ad una esposi-zione storica omettendo invece il ben più importantepunto di vista teologico e dommatico: un punto di vistache ha tratto in inganno – per omissione – non pochilettori e studiosi.

16) Camillo Card. Mazzella, De Religione et Eccle-sia, Praelectiones Scolastico-Dogmaticae,Roma, 1880.Ringrazio Mons. Sanborn, che anni fa mi ha segnalatoquesta citazione (mentre la colpa della traduzione è tut-ta mia).

17) Cf San Pio X, ep. Ex quo nono 26/12/111910,DS. 3555, ove viene condannato l’errore opposto pro-fessato dagli scismatici orientali. Recentemente inveceJoseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per laDottrina della Fede, ha negato che la Chiesa fosse unamonarchia.

18) È stato il caso – tra gli altri – del “veggente” delPalmar de Troya, Clemente Dominguez, che sarebbestato eletto Papa direttamente dal Cielo dopo la mortedi Paolo VI.

19) L’editore Delacroix, ad esempio, ha pubblicatole “Visions de la Vénérable Elisabeth Canori Mora surl’intervention de Saint Pierre et Saint Paul à la fin destemps” presentando il libretto come una conferma delleconclusioni del libro di don Paladino, L’Egliseeclipsée?, libro pubblicato dal medesimo editore, dovesi accenna (p. 274) a queste e altre profezie.

20) Per completezza, riporto la risposta che Mons.Sanborn dà ai sedevacantisti che – implicitamente oesplicitamente - ritengono possibile invece la soluzionedel Conclave: “D. Perché il sedevacantismo completonon è una soluzione?

R. Perché priva la Chiesa della possibilità di elegge-re un successore legittimo di san Pietro. Esso distruggefondamentalmente l’apostolicità della Chiesa.

I sedevacantisti completi cercano di risolvere il pro-blema della successione apostolica in due modi. Il primoè il conclavismo. Essi sostengono che la Chiesa è una so-cietà che ha il diritto intrinseco di eleggere i propri capi.Ne consegue che il piccolo resto dei fedeli potrebbe riu-nirsi e leggere un Papa.

Dato e non concesso che una simile impresa possaessere portata a compimento essa solleva alcuni proble-mi. Primo: chi sarebbe legalmente designato per votare?Come sarebbero designati legalemente questi elettori?Secondo: in nome di qual principio i cattolici potrebberoessere obbligati a riconoscere come legittimo successoredi san Pietro colui che vincerebbe una simile elezione?Di fatto il conclavismo non è altro che un elegante eufe-mismo per designare il regno dell’anarchia dove vige lalegge del più forte. La Chiesa cattolica, non è anarchia,ma una società divinamente costituita, retta dalle sueproprie regole e da leggi proprie. In terzo luogo, ed è ilpunto più importante, non è lecito passare dal diritto na-turale che hanno gli uomini a scegliersi dei capi, al dirit-to di leggere un Papa. La Chiesa non è un istituto natu-rale allo stesso titolo di una società temporale. I membridella Chiesa cattolica non hanno alcun diritto a designa-re il Romano Pontefice. È Cristo stesso che all’origineha scelto san Pietro per essere il romano pontefice ed inseguito le modalità di designazione sono state fissate le-galmente”. MONS. DONALD J. SANBORN, Explanation ofthe Thesis of Bishop Guérard des Lauriers, 29/06/2002.

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Presso l’autore: Most Holy Trinity Seminary 2850 Pa-rent Warren, Michigan 48092 USA [email protected].

21) Quanto abbiamo affermato non è in contrastocon quanto scritto da Mons. Guérard des Lauriers nellamedesima intervista pubblicata sul n. 13 di Sodalitium:“in mancanza di M. [ovvero della persona morale – iVescovi residenziali – abilitati a convocare un Conciliogenerale imperfetto ove si porrebbero le monizioni ca-noniche a Giovanni Paolo II] non esiste una soluzione‘canonica’! Gesù solo rimetterà la Chiesa in ordine, nel ecol Trionfo di Sua Madre. Sarà allora evidente per tuttiche la salvezza sarà venuta dall’Alto” (p. 30). Questo in-tervento divino, infatti, non sarà contrario alla divinacostituzione della Chiesa quale è stata stabilita da Gesùstesso. Un ritorno dei Vescovi e/o del “papa” materiali-ter alla professione pubblica della Fede sarebbe (sarà)d’altra parte un miracolo di ordine morale talmentestraordinario da eguagliare la conversione di San Paolo.In quali circostanze ciò avverrà, lo ignoriamo.

22) Al proposito il lettore potrà leggere con profit-to quanto scritto da Padre Goupil s.j. (L’Eglise, quintaed., 1946, Laval, pp. 48-49) ed il commento che ne fa B.Lucien (La situation actuelle de l’autorité dans l’Eglise,Bruxelles, 1985, p. 103, n. 132). Vedi anche F. RICOSSA,Don Paladino e la Tesi di Cassiciacum, Verrua Savoia,pp. 12-22).

23) B. LUCIEN, La situation actuelle de l’autoritédans l’Eglise. La Thèse de Cassiciacum, Bruxelles, 1985,capitolo X. D. Sanborn, De Papatu materiali, VerruaSavoia, 2001. La rivista Le sel de la terre contesta, nelsuo numero 41, la dimostrazione data da don Sanborn.Ritorneremo sulla questione nel prossimo numero.

24) LUCIEN, op. cit., p. 107.

San Pietro in Cattedra (Masaccio,cappella Brancacci, chiesa del Carmine Firenze)

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EDUCAREdon Giuseppe Murro

Ifatti di cronaca che da alcuni anni attiranol’attenzione dell’opinione pubblica su de-

litti operati da minorenni, provenienti daogni genere di strato sociale, fanno porre se-rie domande sull’educazione che ricevonooggi tutti i ragazzi. Gli psicologi interpellatiin questi casi devono amaramente constata-re l’immaturità dei giovani, dovuta a man-canze nell’educazione, come nell’intervistapubblicata qui a fianco. Anna Oliverio Fer-raris infatti fa notare che se anche la mag-gior parte dei giovani non arriva quasi maial crimine, tutti risentono comunque di unmale diffuso: non vedono con chiarezza ilconfine tra lecito ed illecito, confondono ilmondo virtuale con il reale; immersi in unambiente che fomenta le passioni, credonodi poter fare quello che vogliono, soffrono lasolitudine specie quando subiscono smacchicocenti per la loro età. Le cause sono molte-plici: mancanza di rispetto per l’innocenza,assenza degli adulti in genere, dei genitori inparticolare, che non sanno o non voglionovedere quei segnali - che solo un adulto at-tento può cogliere - per mezzo dei quali po-tranno comprendere i giovani e portare lorol’aiuto necessario.

Questo male diffuso propone la questio-ne dell’educazione, arte sublime, che cometutte le arti deve compiersi con l’ingegno econ le regole dettate dall’esperienza. Se ilcompito dell’educazione spetta soprattuttoalla famiglia, la società e l’ambiente in cui sivive giocano un ruolo non indifferente: perquesto i genitori devono far bene attenzionealle persone - parenti, amici, domestici, inse-gnanti, scuola – che i figli frequentano o aiquali li affidano, perché tutti concorrono,consapevolmente e no, alla formazionedell’individuo.

Nel corso del presente articolo, primo diuna serie dedicato a questo problema, dia-mo una spiegazione su cosa si intende pereducazione, riportando quasi integralmenteuno studio del P. Celestino Testore s.j. pub-blicato sull’Enciclopedia Cattolica (1), chene espone in maniera sintetica i principî ba-silari. Questo studio preliminare ci sembranecessario per poter avere le idee chiare pri-ma di affrontare altri temi.

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ANNA OLIVERIO FERRARIS: mancano gliadulti che sappiano e vogliano svolgere ilruolo di educatori

«Maturi sessualmente, immaturi mentalmente»

La psicologa: gli adolescenti sono bersa-glio di stimoli che non sanno gestire

AMARE con la furia dei 16 anni e ribel-larsi al «no» con l´irragionevolezza delbambino. Uccidere per amore, portando ildelitto passionale tra i brufoli dell´adole-scenza e lo sconcerto degli adulti.

Professoressa Oliverio Ferraris, di frontea drammi come questo, resta solo il si-lenzio o invece occorre un esame dicoscienza collettivo?

«È vero che in genere l´omicidio passiona-le è tipico di un´età più avanzata dei 16anni, ma l´adolescenza ha avuto un´accele-razione ed è sempre più precoce. Per mol-ti la fine dell´infanzia arriva prestissimo,l´età della pubertà si è abbassata perchéc´è un´interazione tra la maturazione bio-logica e la pressione dell´ambiente. I bam-bini sono molto sollecitati e rispondonocon una precocità fisica e sessuale cheperò non è accompagnata da un´analogaprecocità mentale. Entrano ancora piccolinell´adolescenza e in questa età sospesa,apparentemente senza responsabilità,hanno l´impressione di poter fare quelloche vogliono». (…)

In questi casi, si dice sempre che il mon-do esterno dà un pessimo esempio...

«In effetti un tempo l´adolescenza era piùprotetta, i messaggi - soprattutto quellisessuali - erano filtrati, c´era un certo ri-spetto dell´innocenza. Oggi invece sonoimmersi in un bagno continuo di sesso eviolenza, di mondo virtuale e mondo realeche si sovrappongono e si confondono.Soprattutto i maschi che, allettati da vi-deogiochi e ragazzine disinvolte, non han-no più chiaro il confine tra lecito e illecito.Sessualmente maturi, sono spesso imma-turi mentalmente, e mettono in moto si-tuazioni che poi non sanno controllare.Soprattutto nel mondo dei sentimenti».

E quando ai loro desideri viene oppostoun rifiuto, non hanno gli strumenti peraccettarlo.

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Propriamente parlando, vi è vera educa-zione solo tra uomo e uomo, tra uomo perfet-to e uomo perfettibile. Se questo termine vie-ne usato anche per parlare di piante e di ani-mali (educare le rose, il cane, il cavallo), inquest’ultimi ha un senso limitato. Nel regnovegetale, educazione vuol dire semplicemen-te “coltivazione”, opera che consiste nel por-re condizioni favorevoli perché il germe sisvolga in fiori e frutti nel miglior modo possi-bile. Nel regno animale l’educazione equivalead “allevamento”, se l’opera è rivolta a con-servare e potenziare le energie fisiche; ad“addomesticamento”, se è rivolta a frenareed eliminare determinati atti psichici; ad “ad-destramento” se si mira a favorire ed accen-tuare lo sviluppo di particolari qualità (adde-strare un cane da caccia, un cavallo da corsa).In tutti questi casi si può parlare di educazio-ne perché le attenzioni e le cure adoperateprovengono da un essere razionale, che cono-sce il fine a cui tende e la relazione dei mezziverso il fine, cioè l’allevatore, l’addomestica-tore, l’addestratore. Quando invece è un es-sere ragionevole non solo colui che adoperale cure e premure, ma anche l’oggetto di esse,allora si ha la vera e propria educazione, per-ché solo in questo caso l’educando partecipaattivamente all’opera dell’educatore con lasua coscienza, la sua volontà e la sua libertà.L’ educazione infatti non tende né deve ten-dere a formare un essere che agisca o reagi-sca meccanicamente o istintivamente alle va-rie impressioni provenienti dall’esterno odall’interno, ma al contrario deve formareuna persona, che conoscerà il mondo esterio-re ed interiore, che sarà cosciente di quelloche sa e di quello che fa, che potrà giudicaredelle azioni, riconoscerle conformi o difformiai dettami della coscienza (2).

Se l’ educazione comporta un perfeziona-mento, non si può dire che ogni perfeziona-mento sia educazione L’educazione infattirichiede l’influsso di un agente, che lo eser-cita di proposito, con metodo e continuità,razionalmente. Occorre quindi un ordine si-stematico di azioni per ottenere un effettodeterminato, che è lo sviluppo armonico, in-tellettuale, morale e fisico dell’uomo (3).

Da tutto quanto detto, si può definirel’educazione come l’arte con cui un indivi-duo umano adulto (maestro, educatore)esercita la sua azione su di un individuo ado-lescente o minore (scolaro, educando) permetterne in atto tutte le facoltà, sviluppando

«Per fortuna quasi mai la frustrazione di-venta furia omicida. Ma, certo, c´è unagrandissima fragilità che non viene rico-nosciuta».

Nemmeno dagli adulti?«Spesso c´è da chiedersi dove siano, gliadulti. Sembrano ciechi di fronte ai figli.Sono tanti i segnali che un genitore atten-to può cogliere, ma sono sempre più rariquelli che sanno - e vogliono - svolgere ilruolo di educatori, aiutare gli adolescentia decodificare quanto accade loro, a raf-freddare certe passioni, a ridimensionarele tragedie e far capire che se una cosaadesso è così, fra sei mesi apparirà invecein una luce tutta diversa. Invece spesso igiovani sono lasciati a se stessi».

Magari è proprio quello che vogliono:essere lasciati in pace, fare le loro espe-rienze senza il fiato dei genitori sul collo.

«Certo, però l´adulto non deve abdicare alsuo ruolo, per quanto difficile e ingratoesso sia. I ragazzi non dovrebbero viverein solitudine i propri smacchi, che possonoessere anche molto cocenti, come ben sap-piamo. L´adolescenza è stagione di gran-dissima fragilità: si è persa l´identità infan-tile e quella adulta è tutta da acquisire. Bi-sogna potersi appoggiare a qualcuno. I ra-gazzi si sentono onnipotenti anche se inrealtà sono vulnerabilissimi, rifiutano lepresenze che accolgono e sostengono, nonsi confidano. Per questo accoglierli e so-stenerli è difficilissimo, ma è l´unica cosache può salvarli».

(La Stampa, 5/10/2002 Sezione: Cronacheitaliane pag. 3; intervista di Marina Verna)

Cos’è l’educazione

L’origine della parola educare è latina: al-cuni la fanno derivare da educare, che signifi-ca curare, allevare, alimentare e, per esten-sione, formare, istruire; altri la fanno deriva-re da educere, che vuol dire estrarre, far usci-re, mettere in luce quel che sta dentro, che ènascosto: quest’ultima etimologia rende me-glio il concetto dell’azione educativa.

Di conseguenza, l’educazione comportadue elementi: uno attivo, che forma, l’edu-catore; l’altro passivo, che viene formato,l’educando.

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determinati abiti intellettuali (scienza) epratici (moralità) in ordine al fine vero ecompleto della vita umana.

Rapporto tra persona da educare e educatore

Nell’educazione vi è da una parte il fatto-re soggettivo o personale, l’educando, che èla persona da educare o soggetto che agisce,con tutti i suoi istinti, facoltà, tendenze natu-rali ed ereditarie, indole, temperamento: egliè l’oggetto intorno a cui si sviluppa l’azioneeducativa; ed è anche soggetto, perché per lalegge della spontaneità egli viene poco a po-co educandosi da sé, organizzando in sé tut-to il mondo delle sue esperienze, formandola sua personalità. Nell’educazione vi è d’al-tra parte il fattore esterno (o extra-soggetti-vo): è l’azione, cosciente e voluta, dell’edu-catore, che non sostituisce né deve sostituirel’azione dell’educando, ma deve cooperarecon essa. Un altro fattore esterno da nonsvalutare è dato dall’ambiente fisico, in cui sinasce, con tutte le conquiste raggiunte, lesue tradizioni, la sua cultura.

Vi è perciò nell’educazione un’azione mol-teplice, in cui entrano in gioco fattori fisici, spi-rituali, morali che influiscono con una serie diatti coordinati sull’educando il quale a sua vol-ta reagisce, per così dire, sviluppandosi ededucandosi gradatamente. L’educatore non fa

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tutto da solo, come se dovesse versarenell’educando tutto quello che è scienza evirtù; alla sua azione non corrisponde unasemplice ricezione passiva da parte di chi èeducato; vi sono insomma due attività, di cuil’una aiuta l’altra, la controlla, la dirige, la fasviluppare.

Autoeducazione o eteroeducazione?

A questo punto dobbiamo porci la que-stione: bisogna che vi sia auto-educazione oetero-educazione?

Alcune teorie pedagogiche, fondate suidee filosofiche materialiste e positiviste, in-sinuano o sostengono che nell’educazionel’opera dell’educatore è secondaria: tutto ilprocesso educativo consisterebbe nel liberosviluppo delle attività dell’educando, o nelloro adattamento alla realtà esteriore (la na-tura) che le circonda e preme su di esse. Al-tre teorie, come quelle degli idealisti, vannoancora oltre e sopprimono la persona del-l’educatore, affermando che ogni educazio-ne è semplicemente auto-educazione. Que-ste teorie non corrispondono alla realtà, co-me l’esperienza ci mostra.

Nel rapporto educativo bisogna distin-guere, come si è detto, due fattori - l’educa-tore e l’educando - che si completano a vi-cenda e, integrati l’un l’altro, concorrono aprodurre un unico risultato, la formazionedell’uomo completo. L’uomo completo è ilrisultato finale del soggetto ben educato, gliè immanente (grazie ad un perfezionamentofisico, morale, intellettuale), ma provieneanche dall’esterno perché non si può realiz-zare senza l’intervento dell’educatore. Perquesto motivo auto-educazione e etero-edu-cazione vanno insieme. L’auto-educazionedeve essere intesa come una serie di atti permezzo dei quali l’educando realizza sé stes-so, attua il proprio perfezionamento, sottol’influsso necessario dell’etero-educazione;quest’ultima deve essere intesa come una se-rie di atti che non spengono né si sostituisco-no all’attività autosviluppatasi nell’educan-do, ma la risvegliano, la dirigono, la poten-ziano con l’uso di tutti i mezzi educativi.

Le facoltà da sviluppare

Il giovane deve sviluppare l’intelligenza,la volontà, la memoria, la fantasia, i sensiesterni, fino alla formazione dell’uomo per-

Un grande educatore: S. Giovanni Bosco

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fetto. Tutto ciò sarà ben fatto se l’educatoresi ispirerà ad una psicologia razionale e spe-rimentale, che gli suggerirà pure un certometodo da seguire. Anche qui dobbbiamonotare che se l’educatore si servirà di unapsicologia materialista o positivista, il risul-tato sarà rovinoso. Ugualmente disastrososarà l’effetto se l’educatore agirà senza stu-dio, senza metodo, con pressapochismo, inun compito così grave. Senza entrare neldettaglio, e continuando a seguire l’articolodella Enciclopedia Cattolica, ci limitiamo adire che occorre tenere una giusta via dimezzo fra il conservatorismo esagerato el’eccessivo, indiscriminato amore della no-vità per la novità. In ciò che vi è di antico etradizionale non tutto è cattivo o superato,né tutto buono e attuabile; fra le novità, nontutte sono buone, né tutte cattive o da di-sprezzarsi. Perciò vale l’aureo avviso di SanPaolo: “Provate tutto e tenete quello che èbuono” (I Tess. 5, 1). Ciò che vi è di buononel nuovo deve amalgamarsi ed accrescere ilbuono antico, e non distruggerlo per rico-minciare tutto da capo. Bisogna avere un ge-nuino senso storico, perché la storia è mae-stra di vita: attingere la luce che da essaemana è segno di saggezza.

Azione coordinata e metodica

L’azione dell’educazione può svolgersi indue maniere: in modo soggettivo-introspet-tivo e in modo oggettivo.

Con l’introspezione s’induce l’educandoa rivolgere la sua attenzione a cose o fatti sucui in genere non si sofferma da solo. Puòessere spontanea o provocata. L’introspe-zione è detta spontanea quando una personarientra in sé stessa e richiama le esperienzepassate che riguardano il campo educativo,ne studia, alla luce del presente, gli elementied i frutti. Così sono ad esempio le Confes-sioni di S. Agostino; i diari o i ricordi auto-biografici. Molti pedagogisti fondano le lorocostruzioni sistematiche su questa introspe-zione: prendono come regola ciò che hannoimparato dai loro educatori, vagliano più omeno le impressioni che ne subirono, e ri-producono gli elementi che appaiono lorobuoni, perché hanno dato buoni risultati.Queste costruzioni, per l’ampia parte chepossono avere di soggettivo, possono indur-re in errori e valutazioni sbagliate. È dunquepiù utile l’introspezione provocata nell’edu-

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cando da vari e convenienti artifici, che l’ob-blighino a esprimere quello che sente, aiu-tandolo ad osservarsi bene, dandogli idee di-rettive, fornendogli un filo conduttore, cor-reggendo le deviazioni dal giusto sentiero.

Il modo oggettivo consiste nello studiodei fatti educativi, esaminati al di fuori dinoi, esternamente. È una continua osserva-zione sull’educando, su quanto dice e fa, sulsuo comportamento nelle varie circostanzedella giornata, sull’atteggiamento del corpo,sulle variazioni della fisionomia, sulle paroleche sfuggono tra compagni, sul vario gradodi intensità e di attenzione che egli esplicasecondo gli argomenti trattati. In questo mo-do si può raccogliere un vasto corredo di co-gnizioni, che servono ad adattare le normegenerali dell’educazione ai diversi individui.

Il fine dell’educazione

Questi due modi di educazione, così comealtri metodi che si possono utilizzare, sonobuoni ed efficaci nella misura in cui si adegua-no al fine da raggiungere. Ma qual è questo fi-ne? Si può dire che l’educazione sia puramen-te una questione tecnica, oppure che dipendaunicamente da qualche concezione filosofica?No, l’educazione entra nella logica coerenzadella realtà della vita umana, dipende dal fine

La prima educazione avviene in braccio alla mamma…

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dell’uomo. Se il fine dell’uomo consistessesoltanto in un qualche benessere puramenteumano e terreno, l’educazione dovrebbe diri-gersi in questa direzione naturale o naturali-stica; se invece il fine dell’uomo consiste nellaperfezione assoluta, nel raggiungimento dellavita futura mediante il perfezionamento inquesta vita presente, l’educazione dovrà ten-dere verso questa duplice finalità.

La retta ragione prova che la vita umananon è chiusa nell’ambito delle cose materialie terrene, ma che ci sono valori più alti, i va-lori dello spirito; che l’uomo è dotato di ani-ma spirituale e immortale, di volontà libera,di coscienza morale ed è destinato ad unafelicità eterna. Ugualmente la ragione provache vi è un Essere necessario e assoluto,Dio, da cui dipendono tutte le cose che esi-stono, e verso il quale tutte convergono.Perciò la vera educazione non potrà ignora-re queste verità, né svilirne il valore, ma do-vrà conformarsi ad esse. Tali considerazioniassumono maggior rilievo ed efficacia se inpiù si pensa che Dio stesso si è rivelato e ciha istruito direttamente su tante verità cheriguardano il fine dell’uomo. Così conoscia-mo che l’uomo è stato elevato all’ordine so-prannaturale di figlio adottivo di Dio, dota-to di facoltà e di mezzi soprannaturali perraggiungere il fine che Iddio gli ha dato, cheè soprannaturale, e consiste nel possesso diDio mediante la visione beatifica.

Quindi un’educazione che voglia esserevera e completa dovrà tener conto di questocomplesso di verità superiori per condurrel’uomo a quella perfezione che questo statodi sopraelevazione richiede.

Di conseguenza, sarà manchevole ognieducazione che mirerà a fini puramente na-turalistici; che trascurerà o rinnegherà ocombatterà i più alti valori soprannaturalidell’uomo e della vita, qualunque sia l’aspet-to o il fine che proporrà nel suo metodo enel suo sistema. Potrà infatti rivolgersi uni-lateralmente o prevalentemente alla culturafisica (uomo animale), all’intelligenza (uo-mo-sapere), alla volontà (uomo-volitivo, vo-lontà di potenza), all’aspetto civico (uomo-cittadino), o nazionale e razziale (uomo-raz-ziale), o economico (uomo-economico) oprofessionale (uomo-operaio), proprio per-ché parte da considerazioni parziali, che nonabbracciano tutto l’uomo, né il fine realedella sua vita e tantomeno tutto il fine del-l’educazione.

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L’educazione deve essere completa

Come si è visto nel paragrafo precedente,la doppia finalità dell’uomo – della vita pre-sente e futura – caratterizza uno dei requisitifondamentali dell’educazione L’opera edu-cativa dovrà estendersi a tutto il fanciullo enon ad una parte soltanto o ad una o qualcu-na delle sue facoltà. Ora il fanciullo ha uncorpo ed un’anima, anima che pensa, ragio-na, vuole ed è libera: l’educazione dovràdunque essere fisica, morale ed intellettuale.Il fanciullo inoltre è un essere destinato nonad una vita egoistica e solitaria, ma alla vitasociale, prima nella famiglia, poi nello Stato:è un essere essenzialmente religioso, che de-ve praticare la religione come individuo e co-me membro di una società in cui vive, che èla Chiesa. L’educazione dovrà dunque esserefamiliare, civile e religiosa.

Anche nella durata l’educazione deveavere questa completezza. Non basta essereadulti per non avere più bisogno dell’educa-zione: “[l’educazione] è un dovere da cui cisottrae solo la morte. E come ogni altro do-vere, anche questo comporta che noi perico-liamo continuamente, che ci troviamo sem-pre esposti al rischio di non soddisfarlo;giacché il dovere è un valore, che si proponeogni volta come qualcosa che deve essere eche la nostra libertà può proibire che si av-veri” (4).

Poiché lo spirito del fanciullo da educareè uno, anche se con le forme ed gli aspettimolteplici su accennati, così l’educazionedeve essere unitaria, possedere cioè un’unitàche tutto componga armonicamente, evitan-do ogni eccesso di singole parti. Altrimentinon si potrà avere una vera formazione del-lo spirito umano. Un poema non si crea ac-costando e accatastando parole, rime e versi,gli uni accanto agli altri, ma permeando iltutto con il soffio ispiratore, che sintetizzi lamolteplicità in un complesso organico.Ugualmente l’armonia della vita non si attuase non quando le idee, gli affetti, le nozioni,le volizioni, pur essendo molteplici, sgorga-no da una medesima sorgente e possiedonoun’anima vivificatrice.

L’educazione religiosa

Una considerazione tutta particolare me-rita l’educazione religiosa, specialmente ainostri giorni, di fronte a teorie, sistemi, men-

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talità che vorrebbero relegarla in soffitta trale cose indifferenti o inutili o addirittura no-cive. Così si pensa e si dice che per realizza-re tal educazione occorre sopprimere o me-nomare le facoltà naturali, oppure rinuncia-re alle opere della vita terrena; o ancora cheessa sarebbe aliena dalla vita sociale, dallaprosperità temporale, contraria al progressonelle lettere, nelle scienze, nelle arti e inogni altra opera di civiltà. Per rendersi contodell’errore di questi pregiudizi, basterebbepensare che la Chiesa ha fondato le Univer-sità, le biblioteche, ha incentivato la ricercascientifica. Se guardiamo da vicino l’educa-zione cristiana, essa ha come fine proprio edimmediato di cooperare con la grazia so-prannaturale per formare il vero e perfettocristiano, che vive della vita di Cristo (Col.3, 4) in tutte le sue azioni (II Cor. 4, 11).Perciò essa comprende tutto l’ambito dellavita umana, sensibile, spirituale, intellettualee morale, individuale, domestica e sociale,non per menomarla, ma per elevarla e per-fezionarla. Quindi il vero cristiano non ri-nunzia alla vita terrena, non menoma le suefacoltà naturali, ma le svolge e le perfezionacoordinandole alla vita soprannaturale, in

modo da nobilitare la vita naturale e le pro-cura un più grande giovamento non solo so-prannaturale ed eterno, ma anche materialee temporale. “Non siamo estranei alla vita,nessun frutto delle opere di Dio noi ripudia-mo; soltanto ci moderiamo per non usarnesmoderatamente o malamente” (5).

L’educazione religiosa, se ci fa tener pre-sente che l’uomo è decaduto per opera delpeccato originale, e perciò è rimasto indebo-lito nella sua volontà e scosso da tendenzedisordinate, conosce anche l’antidoto neces-sario. Ai mezzi umani, che hanno la loro in-contestabile utilità, essa sa aggiungere i mez-zi soprannaturali, che sono di un’efficaciamolto più intima e profonda: la vita e la dot-trina di Gesù Cristo, la preghiera, il culto, iSacramenti – tra cui la Penitenza e l’Eucare-stia sono di altissimo valore pedagogico – isuoi riti, le sue feste e la sua arte. Del restone è mirabile testimonianza la storia dellaChiesa, che si identifica con la storia dellavera civiltà e del genuino progresso fino adoggi. E i santi restano pur sempre i modellipiù perfetti in ogni classe e professione, inogni stato e condizione di vita, dal contadi-no, semplice e rusticano, allo scienziato eletterato, dall’umile artigiano al condottieredi eserciti, dal privato padre di famiglia almonarca reggitore di popoli, dalle semplicifanciulle e donne del recinto domestico alleregine e imperatrici.

In conclusione, si deve dire che nella for-mazione del cristiano non si deve vedere lareligione come una pratica o un abito ag-giunto o indossato ad una vita, che si atteggial vivere secondo il modello offerto dalla vo-lubilità mondana; ma come un principio coe-sivo ed unitario, che impronta tutta la vita ele sue singole azioni e professioni. Un ragaz-zo che non conosce il catechismo o le pre-ghiere, ma che si comporta bene ha senz’al-tro principi più cristiani di un altro che, purconoscendo la dottrina o pur dicendo le pre-ghiere mattina e sera, mancasse di rispetto,in famiglia o in società che sia: nel suo casoinfatti l’educazione religiosa è superficiale,non è penetrata nel suo animo.

Conclusione

Si è visto che l’educazione è il frutto del-la duplice azione dell’educatore e della per-sona educata, in un’azione coordinata e me-todica, col fine di sviluppare le facoltà natu-

San Domenico Savio, formatosi alla scuola di un Santo educatore: Don Bosco

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rali e, soprattutto, quelle soprannaturali.L’educatore dovrà vegliare per cogliere nelgiovane i momenti cruciali, le svolte dellasua vita, per rispondere ai suoi quesiti, peraiutarlo nelle sue difficoltà, fondandosi in-nanzitutto sui principi soprannaturali. Que-sti infatti contemplano tutta la vita umana,ed hanno sempre la risposta giusta per ognicircostanza. Rinunciare ad essi, vuol dire farperdere lo spirito di fede nel giovane, vuoldire perdere la completezza dell’educazione,perderne la sua finalità; di là nascerannoproblemi più gravi le cui conseguenze si tra-scineranno per molto tempo se non per tuttala vita (e non sempre l’educatore sarà capa-ce di rendersi conto degli errori commessi, oquando lo farà sarà troppo tardi). Inoltrel’adulto dovrà rivolgersi a quei principi na-turali buoni, che il semplice buon senso sa-prà suggerirgli. Insomma, nell’ educazioneche vogliamo dare ai ragazzi occorrerà tenerconto innanzitutto della loro anima: biso-gnerà aiutarla ad acquisire le virtù, sia quel-le naturali che quelle cristiane, che permet-teranno ai giovani non solo di superare in-denni gli smacchi della vita, ma di avere unaformazione solida e di prepararsi alla vitaeterna.

Note

1) ENCICLOPEDIA CATTOLICA, voce Eucazione.2) Chi dimentica che l’educando ha una volontà e

libertà propria finirà per schiacciarne la sua persona,volendo che pensi e agisca come lui in ogni cosa.

3) L’educazione non è dunque un’azione che si im-provvisa ogni giorno, secondo le necessità quotidiane.L’educatore deve avere in mente il fine da raggiungere,e cogliere nelle circostanze l’occasione per svilupparenell’educando le qualità necessarie all’ottenimento delfine.

4) F. BONGIOVANNI, Lezioni di pedagogia, I, Tori-no, 1947, p. 10. Citato nell’articolo dell’EnciclopediaCattolica. Dobbiamo a volte notare che tante persone,anche di buona famiglia, diventate adulte credono chela loro educazione sia finita, completa, pensano di nonavere più nulla da imparare o da correggere in sé stessi.Il risultato disastroso di questa presunzione non è costi-tuito soltanto dalle “gaffes” che commettono (tutti pos-sono farle), ma da maniere di fare insopportabili.Quando queste persone formano delle famiglie senzaessersi corretti, i disastri diventano più gravi. Non ve-dendo i propri errori, credono che siano gli altri a sba-gliare, assumendo atteggiamenti o modi di fare singola-ri e indisponenti: di là possono nascere incomprensioni,divisioni, litigi. I loro figli ne saranno influenzati, ripe-tendo i medesimi errori.

5) TERTULLIANO, Apologia, 62; in EnciclopediaCattolica.

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La “canonizzazione” di Mons. Escrivá de Balaguer. Breve nota di Sodalitium.

Il 6 ottobre 2002, in Piazza san Pietro,Giovanni Paolo II ha canonizzato Mons.Josemaria Escrivá de Balaguer.Sodalitium ha già esposto la dottrina cat-

tolica sull’infallibilità del Papa nella cano-nizzazione dei Santi (n. 54, pp. 4-5, e anchen. 41, p. 66), infallibilità che è bene espressanella formula stessa di canonizzazione pro-nunciata da Giovanni Paolo II, formula cheimplica una vera e propria definizione:“…dichiariamo e definiamo Santo il BeatoJosemaria Escrivá de Balaguer e lo iscrivia-mo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che intutta la Chiesa egli sia devotamente onoratotra i Santi” (Osservatore Romano, 7 -8 otto-bre 2002, p. 5).

Se Giovanni Paolo II godesse dell’auto-rità pontificia divinamente assistita, Josema-ria Escrivá de Balaguer dovrebbe essereconsiderato Santo da tutti i cattolici delmondo, e come tale imitato nella vita e ve-nerato sugli altari.

La posizione dell’Istituto Mater BoniConsilii e della sua rivista Sodalitium è notaai lettori. Da un lato, pensiamo che sia dimo-strato che Giovanni Paolo II non è formal-mente Papa: Josemaria Escrivá de Balaguernon è stato perciò realmente canonizzato.D’altro canto, il nostro giudizio sull’ortodos-sia di Escrivá de Balaguer e dell’Opus Dei,da lui fondata, è negativo. Per questo giudi-zio, rinviamo il lettore a quanto già pubblica-to su Sodalitium nei numeri 41 (A propositodi Opus Dei) e 43 (Ancora sull’Opus Dei),del 1995-1996. Non abbiamo motivo di ritrat-tare quanto allora asserito (1).

I sostenitori delle posizioni di Mons. Le-febvre concordano con noi nel negare lasantità di Mons. Escrivà de Balaguer, madissentono da noi a proposito dell’infallibi-lità del Papa nelle canonizzazioni dei Santi.

Il superiore del distretto italiano dellaFraternità San Pio X, Michel Simoulin, scri-ve, ad esempio, su Roma felix (n. 11, novem-bre 2002, p. 3): “Anche il fatto di questa ca-nonizzazione di Mons. Balaguer non è unarticolo di fede, come non lo è neanche il fat-to dell’infallibilità del Papa nelle canonizza-zioni. Dice così il Papa Benedetto XIV: ‘En-trambe le opinioni devono essere lasciate nel-

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la loro probabilità, finché la Sede Apostolicanon pronunci un giudizio’. Anche se la mag-gioranza dei teologi pensano [sic] che il Papasia infallibile nella [sic] materia, non saràquindi temerario avere un parere diverso segli argomenti sono almeno così forti comequelli della maggioranza, e se non si dà nes-suno scandalo ai fedeli”.

Secondo l’abbé Simoulin è lecito pensareche il Papa non sia infallibile nelle canoniz-zazioni, e questo sarebbe il parere di Bene-detto XIV. L’Enciclopedia cattolica scriveinvece: “Benedetto XIV insegna che è certa-mente eretico e temerario insegnare il contra-rio [dell’infallibilità del Papa nelle canoniz-zazioni]” (voce Canonizzazione). Dov’è laverità? Come ricordammo nel numero pre-cedente, per Benedetto XIV il fatto che ilPapa sia infallibile nel canonizzare i Santi èuna verità di fede divina, come pure il fattoche tal canonizzato sia realmente Santo. Maegli ammette come lecita l’opinione di quan-ti pensano invece che si tratti di una veritàdi fede ecclesiastica (da credersi cioè nonper l’autorità divina, ma per l’autorità dellaChiesa infallibile); in questo caso chi negas-se le anzidette verità sarebbe solo… sospet-to di eresia e sostenitore di una proposizio-ne erronea che merita le più gravi censure.Nessun teologo cattolico, invece, sostieneche si possa insegnare impunemente che ilPapa può errare nella canonizzazione deiSanti. Ne concludiamo pertanto che, secon-

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do la dottrina di Benedetto XIV che egli in-voca (De servorum Dei beatificatione et bea-torum canonizatione, cap. XLV, n. 29) (2)l’abbé Simoulin, se anche non insegnassel’eresia, insegna per lo meno l’errore, e pernulla un’opinione lecita seppur discutibile,come vuol far credere ai suoi lettori.

Diversamente argomentano i domenica-ni lefebvriani (3) del convento di Avrillé neln. 42 (autunno 2002) della loro rivista Le selde la terre, nella quale viene pubblicatoquanto dichiarato da Mons. Lefebvre il 18settembre 1989 a proposito dell’infallibilità(meglio: della non infallibilità) delle cano-nizzazioni operate da Giovanni Paolo II. Se-condo Mons. Lefebvre (approvato dai suoidiscepoli), Giovanni Paolo II non sarebbeinfallibile poiché non avrebbe l’intenzione diusare di questo suo potere al quale egli stes-so non crederebbe.

Non pensiamo che si possa dimostrarequanto asserito da Mons. Lefebvre (4). Ma seanche ciò fosse possibile, bisognerebbe con-cluderne che, in ogni caso, Giovanni Paolo IInon può essere il legittimo Pontefice. Infatti,o Giovanni Paolo II ha voluto veramente ca-nonizzare Escrivà, usando della sua infallibi-lità (e allora non può essere Papa, se Escrivànon è Santo); oppure Giovanni Paolo II harifiutato coscientemente di utilizzare il cari-sma dell’infallibilità che interviene nelle Ca-nonizzazioni dei Santi, ma allora egli rifiute-rebbe una verità definita (ammettendosi for-malmente eretico) o per lo meno dimostre-rebbe di non volere procurare il bene/finedella Chiesa, il che è incompatibile col fattodi essere legittimo Pontefice.

La posizione di Mons. Lefebvre e di Mons.de Castro Mayer, d’altra parte, consistente nelnegare ogni valore a tutti gli atti compiuti daGiovanni Paolo II, equivale, almeno di fatto enella pratica, a sostenere quella vacanza (al-meno formale) della Sede Apostolica in teoriapervicacemente negata (5).

Sodalitium

Note

1) Semmai, si potrebbero allegare di volta in voltanuove accuse all’Opus e al suo fondatore, o per lo menoaprire nuove ricerche, come ad esempio valutare il ruo-lo che svolse nella fondazione dell’Opera il religiososincretista, punto di riferimento degli esoteristi cristiani,Raimundo Panikkar (cf Il Foglio, 7 ottobre 2002, p. 4).

2) Riportiamo il testo di Benedetto XIV (ProsperoLambertini): “Itaque, ut tantæ quæstioni finem deniqueimponamus; si non hæreticum, temerarium tamen, scan-

Don Escrivá nel 1937 a Madrid, quando a causa dellaguerra civile si era rifugiato presso la legazione

dell’Honduras

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dalum toti Ecclesiæ afferentem, in Sanctos injuriosum,faventem Hæreticis negantibus auctoritatem Ecclesiæ incanonizatione Sanctorum, sapientem hæresim, utpoteviam sternentem infidelibus ad irridendum Fideles, as-sertorem erroneæ propositionis, et gravissimis pœnis ob-noxium dicemus eum, qui auderet asserere, Pontificemin hac, aut illa Canonizatione errasse, huncque, aut illumSanctum ab eo canonizatum non esse cultu duliæ colen-dum: quemadmodum assentiuntur etiam illi, qui docent,de fide non esse Papam esse infallibilem in Canonizatio-ne Sanctorum, nec de fide esse, hunc aut illum Canoni-zatum esse Sanctum”.

3) Lo scriviamo senza intento dispregiativo, come siparla di salesiani, domenicani, tomisti, scotisti ecc.

4) I lefebvriani stessi si contraddicono, quando at-tribuiscono valore infallibile a certe dichiarazioni diGiovanni Paolo II (come, ad esempio, quelle contro ilsacerdozio femminile).

5) Negata almeno da Mons. Lefebvre. Nello scorsonumero di Sodalitium scrivemmo che Mons. de Castro

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Mayer non era sedevacantista. Dobbiamo correggerequesta affermazione in base a quanto dichiarato a Ecô-ne dal Vescovo brasiliano poco prima delle consacra-zioni episcopali del 30 giugno 1988. Accolto a Ecône il25 giugno, il prelato brasiliano dichiarò tra l’altro: “Ilmondo può dire: questa consacrazione è fatta senza ilCapo visibile della Chiesa. Ma dov’è il Capo visibile del-la Chiesa? Possiamo accettare come Capo visibile dellaChiesa un Vescovo che mette sullo stesso piano le divi-nità pagane e la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo?[Mons. De Castro Mayer allude all’incontro interreli-gioso di Assisi] Non è possibile”. (trascrizione della re-gistrazione di un’Omelia di Mons. de Castro Mayer,pronunciata in portoghese e tradotta, in presenza delVescovo, dal suo segretario Padre Fernando Arias Ri-fan, attualmente Vescovo consacrato con mandato diGiovanni Paolo II).

Almeno il 25 giugno 1988, pertanto, Mons. Antoniode Castro Mayer NON riconobbe l’autorità di GiovanniPaolo II.

Massimo Introvigne e RobertoDe Mattei. Documenti

Sodalitium ha già dedicato numerosi artico-li all’associazione “Alleanza Cattolica”,

alla sua storia, alle sue posizioni dottrinali, adalcuni personaggi di spicco di detta associa-zione, al Maestro cui essa fa riferimento, ov-vero il fondatore della TFP, Plinio Corrêa deOliveira… Ricordiamo, tra gli altri, i seguentiarticoli: “Massimo Introvigne e la Massone-ria” (n. 35, ottobre-novembre 1993), “Intro-vigne: dalle Messe nere alla Gran Loggia” (n.38, giugno-luglio 1994); “La smentita di Mas-simo Introvigne” (n. 39, novembre 1994);“Tra esoterismo e devozione, ovvero: relazio-ni pericolose di alcuni devoti” (n. 42, gennaio1996); “Tra esoterismo e devozione: le rela-zioni pericolose continuano” (n. 43, aprile-maggio 1996); “Alleanza… massonica?” (n.46, dicembre 1997); “Costruiremo ancoracattedrali: l’esoterismo cristiano e MassimoIntrovigne” (n. 50, novembre 1999). Di argo-mento più generale, ma non estraneo al te-ma, ricordiamo “Joseph de Maistre esoteri-co?” (n. 49, aprile 1999), Donoso Cortes (n.51, luglio 2000). Quanto alle pubblicazioni,ricordiamo due saggi sulla TFP brasiliana(….), nonché l’opera di carattere generale didon Nitoglia, L’esoterismo.

Se Sodalitium ritiene dovere brevementetornare in argomento, è a causa di due docu-menti, che ci limiteremo a riprodurre. Il pri-mo consiste in una circolare interna dei Testi-moni di Geova, con la quale i rappresentantistampa dell’associazione sono invitati, di fat-to, a diffondere l’opera loro dedicata da Mas-simo Introvigne, dirigente del CESNUR (maanche dirigente di Alleanza Cattolica e, ipsedixit, “collaboratore dell’FBI”). Curiosamen-te, il libro dev’essere ordinato non pressol’editore, ma direttamente presso il bracciodestro di Introvigne, Pierluigi Zoccatelli (an-ch’egli del CESNUR e di Alleanza Cattoli-ca). Dopo i Mormoni, Introvigne aiuta ades-so i Testimoni di Geova (i quali mirano, tral’altro, a ottenere dall’attuale governo l’intesaeconomica che assicuri loro le entrate dell’ot-to per mille)…

L’altro documento è un documento foto-grafico. Esso ritrae il vice-presidente del con-siglio, Gianfranco Fini, mentre esce dal n. 10di Downing Street, al termine di un incontrocol suo omologo inglese John Prescott. Afianco di Fini, a sorpresa, il professore Ro-berto De Mattei, già direttore di Cristianità(organo ufficiale di Alleanza Cattolica) efondatore del Centro Culturale Lepanto (unaemanazione della TFP)! Durante il suo viag-gio a Londra, riferisce “La Stampa” che pub-blica la fotografia (23 ottobre 2002, p. 10),

Documenti

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Fini ha appoggiato la politica del governo la-burista di sostegno agli Stati Uniti sulla crisiirachena. “È stato scritto che Fini, non anco-ra ufficialmente invitato in alcuna capitaleeuropea, sente il bisogno di una specie di le-gittimazione, forse anche in vista del tantodesiderato viaggio in Israele”. Fonti beneinformate assicurano che il Professor Rober-to De Mattei non è estraneo alla politica net-tamente filo-israeliana di Alleanza Naziona-le, manifestatasi recentemente coi viaggi inIsraele di Gasparri e Storace, e preludio aquello di Fini stesso. Del quale il ministroisraeliano uscente Shimon Peres ha dichiara-to: “a parte convertirsi e a diventare ebreo or-todosso, non si vede quale altro passo debbafare Fini per avvicinarsi a noi” (Il Foglio, 24ottobre 2002, p. 2). Il Centro Culturale Le-panto svolge una benemerita campagna anti-musulmana in Italia; alla luce però di questi ealtri fatti, la propaganda anti-islamica dei le-pantiani, sembra esser piuttosto propagandaisraeliana.

Sodalitium

CONGREGAZIONE CRISTIANADEI TESTIMONI DI GEOVA

Via della Bufalotta 1281. 00136 ROMA ITALIA

4 febbraio 2002-03-30

A TUTTI I RAPPRESENTANTI STAMPA

Cari fratelli,

A seguito della richiesta che ci è statafatta da alcuni fratelli, vi informiamo che èdi prossima pubblicazione il libro “I Testi-moni di Geova: già e non ancora” il cui au-tore è il Prof. Massimo Introvigne, direttoredel CESNUR. È una pubblicazione di 144pagine. È la prima volta pubblicazione [sic!]scritta da un autore italiano di prestigio incui i testimoni di Geova sono presentati sot-to un profilo basilarmente positivo. Pensia-mo che questo libro possa divenire un’utilefonte di informazione specialmente per imedia, ma anche per i fratelli. Il libro saràdisponibile dal prossimo mese di maggio.

Con questo non vogliamo darvi l’impres-sione che desideriamo promuovere la diffu-sione di questo libro. Non è questa la nostraintenzione. Ci è stato chiesto se, come in

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passato, l’ufficio ha intenzione di acquistar-ne un certo quantitativo per metterlo poi adisposizione delle congregazioni. Non lo fa-remo, ma coloro che desiderassero ottenereuna o più copie dovrebbero inoltrare la loroordinazione secondo le informazioni che vicomunichiamo di seguito. Non informeremodirettamente le congregazioni ma vi invitia-mo a informare gli anziani delle congrega-zioni della circoscrizione in cui servite affin-ché sappiano della prossima pubblicazionedel summenzionato libro. Se a loro volta, es-si informeranno i proclamatori delle loro ri-spettive congregazioni sarà data a coloroche lo desiderano la possibilità di acquistareil libro in questione.

Per quanto riguarda l’ordinazione del li-bro si dovrebbe procedere in questo modo.Il segretario di ogni congregazione potrebberaccogliere le ordinazioni dei vari proclama-tori e quindi inviare a voi l’ordinazione conil quantitativo di libri che la congregazionevorrebbe ordinare. Una volta che avrete rac-colto le ordinazioni di tutte le congregazionidella circoscrizione dovreste compilare leparti in giallo. L’ordinazione dovrà essereinviata direttamente ai seguente indirizzo amezzo posta prioritaria:

Dott. Pieluigi ZoccatelliCorso Orbassano 7210136 Torino.

Non inviate ordinazioni al nostro ufficio.I libri vi saranno inviati per posta con paga-mento in contrassegno. Dovrebbe essere in-viata una sola ordinazione per circoscrizio-ne. Quindi assicuratevi di avere ricevuto leordinazioni delle singole congregazioni pri-ma di inoltrare l’ordinazione. La data ultimaper l’ordinazione è il 15 marzo 2002. Assicu-ratevi di rispettare questa data

Naturalmente, con l’ordinazione il segre-tario della Congregazione dovrebbe conse-gnarvi anche il denaro per l’acquisto del li-bro, comprensivo delle spese di spedizione.Come potete notare dall’acclusa lettera diordinazione, le spese di spedizione potrannoessere calcolate sulla base del numero di li-bri ordinati. Qualora la congregazione nondovesse inviare il denaro non dovreste tene-re conto dell’ordinazione che eventualmentevi dovesse essere fatta.

Sta a voi decidete se farvi pervenire lepubblicazioni a vostro nome al vostro indi-

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rizzo o se usare un’Associazione locale dellacircoscrizione. Una volta deciso, avendo an-che consultato il presidente dell’Associazio-ne, vi regolerete di conseguenza nella com-pilazione della lettera di ordinazione. Siatecerti di aver compilato la lettera di ordina-zione in ogni sua parte.

Una volta ricevuti i libri ordinati dovreteprovvedere a informare le congregazioni af-finché possano ritirare il quantitativo di libririchiesti.

I rappresentanti stampa del PiemonteValle d’Aosta e forse Lombardia o parted’essa potrebbero decidere di ritirare la loroordinazione direttamente e non riceverlamediante posta. Naturalmente, in questo ca-so si dovrà informare il Dott. Zoccatelli(cell. 347 2667387; e-mail: [email protected]) in me-rito al ritiro dell’ordinazione affinché nonsia spedita per posta.

Invitiamo i coordinatori dei rappresen-tanti stampa a seguire la cosa tenendosi incontatto con i rappresentanti stampa asse-gnati ad ognuno di loro affinché non si crei-no delle difficoltà e tutti i fratelli abbiano lapossibilità, se lo desiderano, di ordinare il li-bro in questione.

Per qualsiasi chiarimento sentitevi liberidi consultarci. Vi inviamo i nostri cari salutifraterni.

Vostri fratelli

Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova

Allegato

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A fianco:Gianfranco Fini, mentre esce dal n. 10 diDowning Street, al termine di un incon-tro col suo omologo inglese John Pre-scott. A destra, il professore Roberto De Mattei “consulente di Gian-franco Fini alla Convenzione Europea”(La Stampa, 13/11/2002, pag. 4).

Sotto:Allegato alla lettera dei testimoni diGeova per ordinare il libro Massimo Introvigne

Grembiule deiRosacroce appar-tenuto a Joseph de Maistre (Da: A. Cattabia-ni, Rusconi Mila-no 1985)

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RISPOSTA A MURELLIdon Curzio Nitoglia

La “Società Editrice Barbarossa” ha pub-blicato - eccellentemente - il libro Per

padre il diavolo, e vi ha posto una “nota in-troduttiva” (cosa del tutto lecita), per spie-gare ai propri lettori abituali che le posizionidell’autore e dell’editore non sono le stesse.

D’altra parte molti “altri” lettori mi han-no posto delle domande riguardo alla “notaintroduttiva”, e la rivista Orion (n° 203, giu-gnio 2002, pagg. 56-57), vicina alla “SEB”,gentilmente, ha pubblicato una mia letteradi risposta ad esse.

Maurizio Murelli, direttore di Orion, havoluto pubblicare - nello stesso tempo - una“breve risposta” alla mia lettera, assai fran-ca e moderata; è un suo diritto.

Tuttavia, come sacerdote cattolico, misento in dovere di precisare alcuni puntiespressi da Murelli sul cristianesimo, nonper polemica ma per amore di chiarezza everità.

Se Murelli vuole aprire un dibattito sere-no e oggettivo sulla natura del cristianesimosarò lieto di poter rispondere alle sue do-mande.

1ª obiezione di Murelli:“l’ebraismo (religione) originario, con-

sentiva agli ebrei al pari di tutte le stirpi delpianeta un collegamento con la sapienza pri-mordiale.

Il giudaismo è un elemento pervertitore(antitradizionale) che sconvolge l’ebraismoe lo scollega definitivamente dal contestoprimordiale”. Rispondo che:

Ebreo viene da Eber, figlio di Sem (ossiasemita) e avo di Abramo e dei Patriarchi (1ªfase), sino all’esilio in Babilonia nel 586 a.C.

“Sem fu padre di tutti i figli di Eber con-siderato come uno dei progenitori di Abra-mo” (F. SPADAFORA, Dizionario biblico,Studium, Roma, 1963, pag. 183).

La 2ª fase inizia con Mosé (1280 a.C.) e sichiama religione israelitico-ebraica, che conti-nua quella ebraica sino al 586 a.C. (ENCICLO-PEDIA DELLE RELGIONI, Garzanti, Milano,1989, voce: israelitica religione e giudaismo.

Cfr. anche G. RICCIOTTI, Storia d’Israele,vol. 1°, SEI, Torino, 5ª ed. 1949, Il Regnod’Israele , § 432; Il Regno di Giuda, § 459.

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E l’ottimo I. SCHUSTER- G.B. HOLZAMMER,Manuale di storia biblica. Il Vecchio Testamen-to, SEI, Torino, 2ª ed. 1939, pagg. 711-722).

Si parla invece di religione giudaica alla fi-ne del Regno di Giuda, esiliato a Babilonianel 586 a.C., in cui si conservano le tradizionireligiose ebraiche nonostante la deportazione.

Per cui il giudaismo dal 586 a.C. sino al175 a.C. proseguì la religione ebraica.

La deviazione (3ª fase) ebbe luogo a par-tire dal 175 a.C. sino all’Avvento di Gesù,èra nella quale il giudaismo farisaico e sad-duceo stravolse la vera nozione messianica,sognando un Messia guerriero e temporaleche desse al popolo d’Israele il dominio sulmondo (cfr. Per padre il diavolo, pagg. 142-145). tale deviazione è continuata e continuasino al deicidio e all’attuale giudaismo, reli-gione post-biblica o rabbinico-talmudica,che persiste nella negazione di Gesù Cristo.

“Giudaismo è il complesso religioso e socia-le, del nuovo Israele, rinato dopo il ritornodall’esilio 597 a.C., sull’antico territorio dellatribù di Giuda, intorno a Gerusalemme... dal175 a.C. alla venuta di Gesù si formarono i rag-gruppamenti che troviamo al tempo di N. Si-gnore: Farisei, Sadducei, Esseni, Sinedrio, Sina-goghe ecc. e specialmente la concezione ristret-ta di un messianismo nazionalistico, con l’esclu-sione dei Gentili dalla salvezza. Il puritanesimodei Farisei, l’altera intransigenza del Sinedrio, siergeranno contro il divino Redentore, gli Apo-stoli e la Chiesa nascente. La tragica deviazionedel Giudaismo avrà la sua fine e il suo castigo,nella distruzione di Gerusalemme 70 d.C.” (F.SPADAFORA, ibidem, pagg. 306 e 309).

EUGENIO ZOLLI scrive:“Giudaismo è la religione del popolo

d’Israele, che si costituì definitivamente sindall’esilio babilonese 586 a.C., quando Israe-le si trovò ridotto alla sola tribù di Giuda. Prima dell’esilio la religione ebraica ebbecome mediatore Mosé... i Patriarchi (Abra-mo, Isacco e Giacobbe) e i Profeti” (ENCI-CLOPEDIA CATTOLICA, vol VI, 1951, Cittàdel Vaticano, voce giudaismo, coll. 695-696).

Quindi parlare di “ebraismo originario”contrapposto al “giudaismo pervertitore”che sconvolge l’ebraismo non ha fondamen-to storico-esegetico.

2ª obiezione di Murelli:“Il giudaismo corrompe l’ebraismo; il cri-

stianesimo è un segmento riformato del giu-daismo”

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Rispondo che:La prima parte della frase (giudaismo

corrompe ebraismo) è già stata confutatanella risposta alla 1ª obiezione.

Per quanto riguarda la seconda parte“cristianesimo = segmento riformato delgiudaismo”, si può leggere Per padre il da-volo, SEB, Milano, 2002, capitolo VI, VII,X, XI, XXXIII, che dimostrano ampiamenteil contrario.

3ª obiezione di Murelli:“il nichilismo si genera nell’occidente cri-

stiano”Rispondo che:

Il nichilismo è una dottrina filosofica (enon mitologica) che nega la realtà dell’esse-re, sia in teoria che in pratica. Si distinguonotre tipi di N.:

a) N. metafisico, b) N. logico, c) N. morale.a) N. metafisico:nega la realtà della sostanza, è il fenome-

nismo (non esiste l’essenza, la natura o lasostanza delle cose, ma solo i fenomeni o ciòche cade sotto i sensi). Gorgia da Lentini (Vsec. avanti Cristo) è il massimo e più radica-le rappresentante di questa scuola filosofica,egli riduce l’essere al nulla. Ora Gorgia èvissuto circa cinque secoli prima di Cristo,quindi l’obiezione di Murelli (“N. si generanell’occidente cristiano”) non regge.

b) N. logico:corrisponde allo scetticismo che nega ed

esclude la verità oggettiva. Il primo rappre-sentante e il fondatore di tale scuola è Pirro-ne di Elide, morto nel 275 avanti Cristo.Quindi l’obiezione cade anche quanto al N.logico.

c) N. morale;è la conseguenza dei primi due; se si nega

ogni essere e ogni verità, ne segue che nonesiste una norma di dovere individuale e so-ciale.

I maggiori rapprentanti di tale scuolasono:

1°) Max Stirner:è l’esponente radicale dell’hegelismo di si-

nistra, che fa sua - inizialmente - la posizionedi Feuerbach secondo la quale “l’ente som-mo è l’uomo”. Ma poi Stirner polemizza an-che con Feuerbach e nega ogni idea che vo-glia rimpiazzare Dio (la lotta di classe, il so-cialismo scientifico) e asserisce che l’unicovalore è l’io-singolo (solipsismo) che portòStirner ad essere il profeta dell’anarchia e del

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N. “Io ho riposto la mia causa nel nulla” è ilprincipio fondamentale del N. stirneriano.

Come si vede Stirner più che comunista èun individualista, solipsista, egotista che ten-de al nulla. Quindi non si può in nessun mo-do affermare che lo stirnerismo “si genera” onasce dal cristianesimo (generare = nascita,discendenza, produrre come effetto. Comeintransitivo = prodursi, nascere, formarsi, inO. PIANIGIANI, Vocabolario etimologico dellalingua italiana, Firenze, 1907), infatti Stirnerè la negazione dell’essere, della verità, e delDio trascendente e personale che sono leidee fondamentali del cristianesimo.

2°) Nietzsche:è un filosofo radicalmente a-cristiano e

anti-cristiano, che propugna la distruzionedella morale cattolica per ritornare al paga-nesimo greco dionisiaco e sfrenato.

La frase di Murelli “il N. si generanell’occidente cristiano”, ossia nasce dal cri-stianesimo ed è un prodotto del cristianesi-mo, cade. Il N. è prodotto dall’anticristiane-simo stirneriano e nietzscheano.

Murelli cita OMAR VECCHIO, Essenza ni-chilistica dell’occidente cristiano, ed. Barba-rossa, Saluzzo, 1988.

L’autore sostiene che il N. è la morte ol’annichilazione del Dio cristiano il quale èqualcosa di degenerativo e quindi corruttibi-le e corrotto o scomparso nel nulla. Invece -oggettivamente parlando - il N. è una dottri-na filosofica a-metafisica, a-logica e a-mora-le, che nasce nell’occidente pagano-greco(Gorgia e Pirrone) e si conclude nell’occi-dente protestante tedesco, anti cattolico(Stirner e Nietzsche). Mentre il Dio cristia-no è “l’Atto Puro” da ogni potenza e perciòincorruttibile per natura e non può esserescomparso nel nulla “de facto”.

Quindi l’obiezione di Murelli cade anchequanto al N. morale.

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Gli ultimi giorni di Gesù

Pierluigi Baima Bollone è professore ordi-nario all’Università di Torino, direttore

del nuovo Istituto di medicina legale pressol’Ospedale Gradenigo e del Centro interna-zionale di sindonologia. Ha pubblicato varilibri sulla S. Sindone e ha scritto anche un li-bro, poco conosciuto, ma molto interessantesulla morte di Gesù vista da un medico, do-ve spiega in termini scientifici (accessibili)cosa fu e quali conseguenze psico-fisiche ab-bia avuto il sudor di sangue, la flagellazione,l’incoronazone di spine, il portare la crocesino al Calvario e la morte per crocifissione.

Ma quel che colpisce in tale libro è sia laperizia scientifico-medica del professore dimedicina legale, sia la vasta e profonda co-noscenza storica, esegetica, spirituale dellavita di Cristo e dei costumi ebraici dell’epo-ca di Gesù.

L’autore descrive il processo e ne spiegale irregolarità giuridiche, cita fonti pagane,ebraiche e islamiche riguardo allo sfondostorico dell’epoca del Messia. Descrive leorigini dell’ostilità del giudaismo farisaico esadduceo nei confronti di Gesù, quindi fa lacronaca delle ultime ore del Messia, metten-do bene a fuoco le sofferenze dal Getzemanialla morte in croce. Mi sembra tuttavia chevi sia un’imprecisione; l’autore - pur cono-scendo bene le ultime scoperte dei papiri diQumran e del mar Morto - data i Vangelidopo il Settanta d.C., mentre le ultime ricer-che esegetiche li fanno risalire tra gli anniQuaranta-Cinquanta e non oltre.

Il libro va studiato attentamente, è spiri-tualmente molto toccante e può essere ma-teria per meditare la Passione del Signore.

don Curzio Nitoglia

P.L. BAIMA BOLLONE, Gli ultimi giorni di Gesù, Oscar Mondadori, Milano, 2000, pagg. 300, € 7,75.

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Il bavaglio europeista

Mario Spataro, nel suo libro Il bavaglioeuropeista, denuncia il tentativo

dell’U. E. di imporre all’Italia l’accettazionedi un “mandato d’arresto europeo”, checontrasta con le leggi nazionali e con la cul-tura giuridica del nostro Paese, soprattuttoin quanto è destinato a reprimere “reati diopinione” (il revisionismo - che indebita-mente è messo assieme al razzismo e alla xe-nofobia - o la discriminazione religiosa), in-sidiando la libertà della ricerca storica, chenulla ha a che vedere con fenomeni di gros-solano razzismo.

Tali leggi sono già presenti in Francia(Fabius-Gaissot) e in Germania (Deckert);in Italia si è ancora liberi di studiare, ricerca-re e rivedere le posizioni storiche riguardoalla 2ª guerra mondiale e al cosiddetto “olo-causto” tramite camere a gas, mentre non siè più liberi de jure di distinguere una religio-ne da un’altra e affermare che una sola èquella vera.

Infatti nel nostro Paese vi è la famigeratalegge Mancino che reprime la discriminazio-ne religiosa (oltre che razziale).

Per esempio il card. Biffi ha sostenuto -giustamente - la pericolosità dell’immigra-zione di massa musulmana in Europa e laconvenienza di dare la preferenza, in Italia,ad immigrati cristiani. Secondo tale legge(più il mandato d’arresto europeo) un qual-siasi giudice, per esempio turco (poiché laTurchia sta per entrare nella U.E., assiemead Israele) potrebbe accusare il porporato didiscriminazione religiosa e giudicarlo in Tur-chia... oppure un giudice di Tel Aviv potreb-be richiedere l’estradizione di Robert Fau-risson e giudicarlo a Tel Aviv...

Giacché secondo la normativa in questio-ne, qualsiasi giudice di ogni paese della U.E.può chiedere l’estradizione di un cittadino diun altro paese dell’U.E., violando un princi-pio basilare della giurisprudenza: la compe-tenza territoriale, secondo il quale un reatova giudicato laddove è stato commesso e dalgiudice che ha giurisdizione su quel luogo.Inoltre il mandato d’arresto europeo è auto-maticamente efficace: il giudice non ha biso-gno di presentare alcuna prova per ottenerel’estradizione del presunto reo.

L’U.E. vorrebbe estendere anche in Ita-lia tali leggi repressive e anti-storico-scienti-fiche. L’autore sostiene che deve essere ga-

Recensioni

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rantita piena libertà di espressione, proprioalle opinioni scomode o controcorrente, maben documentate, come quelle di RobertFaurisson, David Irving, Paul Rassinier,Carlo Mattogno, Jurgen Graf e del... card.Biffi, poiché solo così potranno essere refu-tate, se sono refutabili.

Reprimerle, tramite uno Stato di poliziae facendo ricorso ai tribunali, fa sorgere ildubbio che non vi sia altro mezzo per con-trastarle e che quindi siano scientificamentee storicamente ben fondate.

don Curzio Nitoglia

M. SPATARO,Il bavaglio europeista. Come l’Europauccide la libertà.Settimo Sigillo, Roma, pagg. 190, € 15.

Padre Garrigou-Lagrange

Le edizioni “Vivere in” hanno ristampatoun’opera fondamentale di teologia asce-

tica e mistica del padre Reginaldo Garrigou-Lagrange.

In essa il gran teologo domenicano spiegache la vita cristiana consiste nello sviluppodella grazia santificante, delle virtù infuse

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(specialmente quelle teologali: fede, speranzae carità) e dei doni dello Spirito Santo.

La prima opera ristampata si intitola Letre età della vita interiore, che secondo i Pa-dri, S. Tommaso e i Dottori mistici (S. Gio-vanni della Croce, S. Teresa d’Avila e S.Francesco di Sales) sono: la via purgativa, il-luminativa e unitiva.

La prima via (purgativa): è ascetica in es-sa si esercitano le virtù, la mortificazione e lapurificazione attiva dei sensi esterni e interni,dopo essersi purgati dal peccato mortale (chivive abitualmente in peccato grave non vivecristianamente e non si può parlare in questocaso di vita cristiana, mancando abitualmentela grazia santificante che è il suo fondamen-to). Le virtù iniziali cristiane, in cui si avanza,son vissute ancora in modo umano, i donidello Spirito Santo sono presenti ma allo sta-to latente: è la via dei principianti.

Essa è caratterizzata dalla meditazioneacquisita discorsiva che pian piano diventaaffettiva sino a semplificarsi sempre di più egiungere all’orazione di semplicità o racco-glimento attivo.

La seconda via (illuminativa dell’intel-letto): è quella dei proficienti (coloro cheprogrediscono spiritualmente). In essa vi èl’unione - ancora imperfetta - dell’anima conDio, le virtù son vissute in modo sovrumanoo eroico iniziale, grazie all’aiuto dei donidello Spirito Santo che le perfeziona quantoal modo di agire, diventando anch’esso divi-no e non più umano (come era nella primavia). La notte dei sensi (o aridità spirituale) èuna purificazione passiva dei sensi e dell’in-telletto che acceca la sensibilità, il raziocinioe produce l’aridità, ossia sentirsi freddi spiri-tualmente, privi di ogni consolazine spiritua-le. Essa purifica l’intelletto o la golosità spi-rituale e segna il passaggio dalla prima allaseconda via, ossia le soglie della mistica ini-ziale e imperfetta in cui le virtù son vissutesolidamente o in modo eroico iniziale (e nonsegna il passaggio tra la seconda e la terzavia come scrive erroneamente Tanquerey).

Essa è caratterizzata dalla contemplazio-ne infusa iniziale (orazione di quiete in cuiDio prende possesso dell’intelletto e dellavolontà).

La terza via unitiva: unisce la volontàcon Dio. Essa è propria dei perfetti, è la misti-ca tendenzialmente compiuta o unione intima,segreta e piena con Dio, la notte dello spirito(desolazione spirituale, sentirsi abbandonati

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da Dio, come riprovati e in stato di dannazio-ne); segna il passaggio dalla mistica iniziale aquella compiuta e più esattamente dal fidan-zamento al matrimonio spirituale. Essa puri-fica la volontà dall’orgoglio segreto e imper-cettibile che ancora vi alberga.

La mistica è caratterizzata dal predomi-nare abituale dei doni dello Spirito Santo.

In certe anime (ad es. don Bosco, S.Vincenzo de Paoli) prevalgono i doni attivio pratici (timor filiale, pietà, consiglio, for-tezza), in altre (S. Benedetto, S. Bruno) idoni contemplativi o speculativi (scienza, in-telletto, sapienza). Essa è caratterizzata dal-la contemplazione infusa in profondità ocompleta (unione semplice in cui Dio s’im-possessa dei sensi interni; unione estaticacompleta in cui s’impossessa anche dei sensiesterni; è il “fidanzamento spirituale” oestasi intermittente; unione estatica trasfor-mante o “matrimonio spirituale” in cui ilpossesso dei sensi esterni da parte di Dio èabituale). Le virtù sono eroiche allo statoperfetto.

don Curzio Nitoglia

R. GARRIGOU-LAGRANGE O.P., Le tre età della vita interiore, Vivere in,Monopoli (BA), 1998, 4 voll., 1400 pagg.,€ 150.

In preparazone:

R. GARRIGOU-LAGRANGE O.P., Perfezione cristiana e contemplazione,Vivere in, Monopoli(BA),Tel 080.690.70.30; fax 080.690.70.26

Chi volesse approfondire lo studio dell’ascetica e mistica può acquistare:

A. ROYO MARIN O.P., Teologia della perfezione cristiana, S.Paolo, Roma, ristampa anastatica,1200 pagg., € 90.

G. PAPARONE O.P., La teologia mistica in Padre Garrigou-Lagrange, ESD, Bologna, 1999,300 pagg., € 15.

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Il caso Pinochet

Mario Spataro ha scritto un interessantelibro, per le edizioni Settimo Sigillo, di

circa seicento pagine, sul caso Pinochet. L’autore spiega che vi è un luogo comune,

il quale dipinge gli anni di Allende come unperiodo di felicità e prosperità; mentre gli an-ni di Pinochet come quelli della repressionebrutale e della miseria. Allende, che era mas-sone (di sinistra) come lo stesso Pinochet (didestra), sale al potere il 4 novembre 1970 einizia una politica economica e agraria marxi-sta che - secondo lui - beneficherebbe i conta-dini, mentre li danneggia fortemente, facen-doli passare dal dirigente privato a quello sta-tale e dai 12 escudos ai 7 pro die.

Inizia la crisi economica del Cile e lemassaie scendono in piazza per protestarecontro Allende, il quale risponde con l’in-staurazione dei “comitati di quartiere” cheufficialmente dovevano garantire il rispettodel calmiere imposto dal governo, ma inrealtà controllavano le “deviazioni ideologi-che” anti-socialcomuniste. Alla fine del 1972in Cile esistevano 1.500 comitati di quartie-re, composti di 10 persone ciascuno, così unPaese di 12 milioni di abitanti aveva 15.000spioni di stato. Lo scopo di queste associa-zioni era il seguente: “questi organismi con-trolleranno il comportamento dei cittadini edei funzionari governativi tenendo conto deiloro orientamenti politici” (Centro de Estu-dios de la Revoluciòn, anno II [1972], n° 3).

Vi era anche la minaccia del terrorismocon infiltrazioni di agenti cubani, cecoslo-vacchi e tedesco-orientali. Nel 1972, la situa-zione degenera a causa dello sciopero deicamionisti contro la nazionalizzazione deitrasporti, di stampo marxista.

Bisogna riconoscere che non tutto è lim-pido anche in Pinochet, massone, aiutatodalla Cia e dal Mossad, filo israeliano: inbreve il classico uomo conservator-liberale,filo anglo-americano, filo-israeliano, nazio-nalista, anticomunista liberisticamente; Mil-ton Friedmann - l’economista ebreo liberistae libertario - fu il consigliere di Pinochetquando questi prese il potere.

Tuttavia occorre ammettere che Pino-chet ha salvato il Cile dalla bancarotta, dallamiseria e da una dittatura comunista che dif-ficilmente avrebbe lasciato la stanza dei bot-toni, tramite un sollevamento militare e po-

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polare. Per far uscire il Paese dalla crisi hadovuto ricorrere a venti anni di dittatura“blanda” (in rapporto a quella comunista)facendolo rientrare nella “normalità”, ossianella democrazia di stampo americano; que-sta ha svolto un grande ruolo in Cile primadurante e dopo l’èra di Pinochet.

Spataro spiega che il primo a tentare ilgolpe fu Allende, il 2 novembre del 1972,quando chiamò i militari ad entrare nel suogoverno, in cui governavano tre generali,sotto la sua presidenza, assieme a comunistie socialisti; tale governo durò circa sei mesi.Il golpe di Pinochet fu la reazione al fallitoauto-golpe di Allende.

L’11 settembre (ironia della sorte) del1973, di fronte ad un’inflazione del 350%,con la produzione del rame e dell’agricolturaparalizzata, con il consenso popolare dellemassaie, dei camionisti e dei contadini, Pino-chet contrattacca. La maggioranza del Parla-mento appoggia il golpe di destra e il 22 ago-sto 1973 lo stesso Parlamento dichiara Allen-de decaduto dall’incarico. Ma Allende dabuon comunista non vuole ceder la poltrona,quindi è dovere dell’esercito deporlo. Il golpenon è anticostituzionale in quanto Allende siè messo fuori della costituzione non rispet-tando il voto del Parlamento dell’agosto del1973. Alle 10 del mattino dell’11 settembreAllende riceve telefonicamente l’invito ad ar-rendersi, con la promessa di un salvacondot-to, assieme alla sua famiglia, per l’estero, al-trimenti il Palazzo presidenziale sarebbe sta-to bombardato. Allende non accetta e a mez-zogiorno due caccia sganciano una ventina dibombe incendiarie sul Palazzo; alle 14,45 letruppe fanno irruzione e Allende si suicida.

Quanto a Pinochet - quando l’Inghilterracon un’azione da “pirata” lo ha trattenuto co-me prigioniero per svariati mesi - non si è bat-

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tuto, ma ha cercato la trattativa e il compro-messo, facendosi passare per infermo menta-le. Non è stato all’altezza della situazione, nonsi è comportato coraggiosamente come, perfare un esempio, Milosevic, Arafat, e Priebke.

Inizia così la seconda dittatura, quella diPinochet, dittatore “occasionale” che la-scerà il potere una volta rimesso in piedi ilpaese economicamente.

“Pinochet ha costruito migliaia di casegratuite, scuole, ospedali, linee elettriche estrade” (National Geographic Magazine, lu-glio 1988).

La sinistra mondiale - negli anni Settanta- aizzava sempre di più l’opinione pubblicacontro un dittatore “temporaneo” e capace(al contrario di un Allende incapace e sefosse stato per lui “non-temporaneo”). Il 7settebre 1986 Pinochet scampa ad un atten-tato, mentre cinque uomini della sua scortavengono uccisi, ne seguì una repressione daparte dell’esercito.

Che vi siano stati degli abusi è pacifico, maoccorre precisare che le vittime (i desapareci-dos) del regime non furono tremila come sidice comunemente, ma duemila e che tale ci-fra contiene i caduti di entrambe le parti (an-che se la sinistra ebbe un numero maggiore diperdite). Spataro pubblica per esteso l’elencodelle vittime dei terroristi marxisti; essa è im-pressionante, sia quanto al numero delle vitti-me che non è esiguo in sé, sia quanto alle mo-dalità e alla ferocia delle uccisioni, che fannoripensare alla guerra civile spagnola.

don Curzio Nitoglia

Per informazioni: Libreria Europa, v. Sebastiano Veniero,74 Roma. Volume in preparazione.

FRATELLI D’ITALIA

Ci sono voluti ben tre autori, TarquinioMaiorino, Giuseppe Marchetta Tricamo

e Piero Giordana, per scrivere un libro di140 pagine dedicato alla figura di GoffredoMameli e al suo celebre inno.

Gli Autori, fin dal I capitolo del libro,non nascondono la loro profonda simpatiaper “il poeta con la sciabola” (pag. 14) e at-tribuiscono a Carlo Azeglio Ciampi il meritodi aver rimesso in valore l’opera di Mameli,

Pinochet insieme ad Allende

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elogiando la “crociata di Ciampi a favoredell’inno-simbolo del nostro paese” (pag.12). Lasciando il crociato Ciampi, scopriamoquindi la figura del “poeta con la sciabola”.

Prima di esaminare la vita di Mameli, gliAutori dedicano il II capitolo,”L’inno-sim-bolo del Risorgimento”, a situare l’inno diMameli nel contesto delle vicende risorgi-mentali. A pag. 17 esaltano la rapidità concui si diffusero, tra i partigiani dell’unifica-zione, le strofe dell’inno composto nel 1847e musicato, successivamente, da MicheleNovaro. Sulle ali dell’entusiasmo, gli Autoriipotizzano doti quasi profetiche di Mameli:“l’ultimo periodo [della vita di Mameli] viappare talmente ricco di avvenimenti da farpensare che Mameli presagisse la scarsità deltempo che il destino gli aveva messo a dispo-sizione e che cercasse di bruciare le tappe”(pag. 19). Con indignazione gli Autori ripor-tano poi le critiche di qualche denigratore“che lo giudicò da «fisarmonica», un po’ fri-volo e paesano” (pag. 20). Per gli Autori “ilvero gradimento (…) venne dalla gente dellastrada che cantava a squarciagola Fratellid’Italia” (pag. 21), anche se il nome esattodell’inno è Il canto degli italiani. “Era venutoil momento in cui la storia d’Italia non si fa-ceva più con le norme giuridiche ma semmaicon la poesia” (idem). Per suffragare questatesi, riportano una frase particolarmenteispirata di Giuseppe Garibaldi: “una buonaparte di questa Italia si deve ai poeti”(ibidem).

Nelle pagine che seguono, vengono citatii diversi canti del periodo risorgimentale, tracui gli eloquenti versi dell’inno garibaldinoE a Roma, Roma: “E a Roma a Roma/ ci staun papa/ che di soprannome/ si chiama Pionono/ lo butteremo giù dal trono/ dei papi aRoma/ non ne vogliamo più” (pag. 44).

Il lettore che desidera conoscere la vitadi Mameli deve pazientare ancora un po’, inquanto il III capitolo è dedicato alla storiadell’inno in questione, dall’unità d’Italia si-no ai giorni nostri. Gli Autori ricordano chel’opera di Mameli venne scelta come innonazionale dopo il cambio istituzionale del1946; l’inno, a differenza della bandiera tri-colore, non è citato nella Costituzione, inquanto fu adottato con una decisione di ca-rattere provvisorio che perdura tuttora.

Il IV capitolo è finalmente consacrato al“poeta-combattente” (pag. 76). Per la verità,in virtù della prima funzione, il Nostro cercò

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di evitare la seconda, almeno in occasionedella chiamata di leva: “Secondo una leggeche favoriva le classi ricche, era possibile farsi«sostituire» pagando una somma di danaro, einfatti il suo posto nel 16° reggimento fanteriadella brigata Savona era stato preso da uncerto Fedele Vitale Scrivante” (pag. 85).

Infatti il “poeta con la sciabola” apparte-neva a un’altolocata famiglia genovese. Go-tifredo (questo era il suo vero nome) nacquea Genova, il 5 settembre 1827, da GiorgioMameli, alto ufficiale della Marina Sarda edalla nobildonna Adelaide Zoagli, apparte-nente a una famiglia aristocratica che avevadato alla Repubblica di Genova tre dogi edue consoli.

Grazie ai suoi illustri natali, Goffredoriesce dunque a evitare la chiamata alla levaper assicurare ai patrioti le sue produzionipoetiche. La sua prima opera, L’alba, è del1846, e subito dopo, nell’ode Roma mostra isentimenti di profonda avversione che nutri-va per il Papato: “Ove del mondo i Cesari/ebbero un dì l’impero/ e i sacerdoti tennero/schiavo l’uman pensiero…” (pag. 81).

“Come poeta, aveva decisamente la manofacile” assicurano gli Autori (pag. 81), indi-cando un lungo elenco di inni, odi, poesie,sonetti composti da Mameli in giovane età.Oltre all’amore per la causa nazionale, ilcuore di Mameli conosce l’amore di alcunefanciulle: da qui la stesura di versi che po-trebbero rafforzare certi giudizi sulle suequalità letterarie: “La tua statura è simile al-la palma/ e le tue mammelle a dei grappolid’uva…” (pag. 81). Per giustificare l’arditacomposizione, gli Autori si affrettano a rife-rire di una confidenza fatta dal Nostro a unamico: “Temo la caduta nel sentimentale enel platonico, i miei eternamente acerrimi ne-mici” (pag. 82).

Nel 1847 Mameli entra a far parte di unclub mazziniano, dove inizia la sua amiciziacon Nino Bixio. Nel marzo 1848, dopo i fattidi Milano, gli Autori ci informano che perMameli “giunse il momento di deporre lapenna e impugnare la spada” (pag. 84), permettersi a fare il “combattente in proprio”(pag. 85) agli ordini dell’amico Bixio; peròqueste bande rivoluzionarie erano mal vistedallo Stato Maggiore dell’Esercito Sardo(pag. 85).

Dopo l’umiliante sconfitta di Custoza,Mameli ritorna a Genova e le meravigliecontinuano, poiché “il poeta-patriota parve

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nondimeno possedere il dono dell’ubiquità.Era in movimento perpetuo” (pag. 87). Inquel periodo avviene “un incontro entusia-smante, quello con Giuseppe Garibaldi”(pag. 87): tra i due eroi nasce un legane di“ammirazione, fiducia, complicità, amicizia“(pag. 88).

Intanto a Roma gli eventi precipitano, laresidenza papale del Quirinale è presa d’as-salto, il Papa Pio IX (appartenente alla cate-goria di coloro che, secondo Mameli, “tenne-ro schiavo l’uman pensiero”) è costretto atrasferirsi a Gaeta. È l’inizio della Repubbli-ca Romana, periodo in cui si registrarono ri-petuti atti sacrileghi nelle chiese dell’Urbe enumerose violenze contro il clero. Il fanati-smo mazziniano prende il potere e in questofrangente “Mameli si precipitò a Roma”(pag. 89).

Intanto, sottolineano gli Autori, “dal suorifugio borbonico Pio IX preparava la ri-scossa e la vendetta” (sic!) (pag. 90). La tra-ballante Repubblica Romana sta per cadere,e Mameli, nella primavera del 1849, parteci-pa a degli scontri nei dintorni di Roma. Equi si consuma, almeno in parte, la vendettapapalina: “perse il cavallo e una notte gli ru-barono il mantello” (pag. 91). Sembrerebbeun episodio marginale, in realtà il fisico delpoeta-combattente ne soffre: “perché le not-te umide trascorse all’addiaccio gli minaronoil fisico e lo resero febbricitante” (pag. 91).

Bixio, in una lettera riportata dagli Auto-ri, parla di un suo incontro con Mameli ilquale, benché sofferente, intende proseguireil suo combattimento contro il Papato.

Il 3 giugno partecipa a uno scontro doveè ferito a morte. La ferita fatale non ha ri-svolti particolarmente eroici, in quanto “Ma-meli fu raggiunto per sbaglio da una pallotto-la amica; secondo un’altra [versione], a col-pirlo fu invece la baionetta di uno dei suoi, unbersagliere poco pratico di quell’arma” (pag.91). Sulle prime la ferita non sembra preoc-cupante; viene trasportato all’ospedale dellaTrinità dei Pellegrini (è da ricordare che laRoma di Pio IX possedeva un ospedale ogni9.000 abitanti, mentre la Londra antipapistauno ogni 40.000), dove però le condizionipeggiorano e “Mazzini andava a trovarlo piùvolte al giorno” (pag. 93).

Sul letto di morte compone i suoi ultimiversi, tristi come il volto del suo Maestro:“Come l’astro morente arde e balena/ fervel’anima mia rinvigorita/ nel bacio della mor-

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te./ Addio, per sempre addio,/ sogni d’amordi gloria./ Addio mio suol natio./ Addio di-letta all’anima/ del giovane cantor” (pag. 92),con riferimento a un amore non corrispostocon Adele, una giovane veneziana conosciu-ta a Roma. Il 19 giugno si procede all’ampu-tazione di una gamba: ma l’intervento non èsufficiente per fermare la cancrena e Goffre-do entra in agonia. Anche la RepubblicaRomana è ormai moribonda: il 3 luglio Maz-zini e i suoi discepoli scappano dalla città,che le truppe francesi riconsegnano al legit-timo sovrano.

Mameli giace in ospedale abbandonatodai suoi, assistito solamente da Adele, chenon gli nega l’estremo aiuto. Gli Autori nonriferiscono se i Padri Barnabiti, che assicura-vano l’assistenza nell’ospedale, riuscirono aconfessare Mameli e riconciliarlo con Dio. IlNostro muore il 6 luglio, a ventidue anninon ancora compiuti: nello stesso giorno aTorino, viene pubblicato un decreto che vie-ta l’ingresso nel Regno di Sardegna ai vo-lontari della Repubblica Romana e in parti-colare a quattro personaggi: Mazzini, Gari-baldi, Bixio e Mameli (pag. 95).

Il corpo di Mameli viene sepolto provvi-soriamente in una chiesa vicina all’ospedale;nel 1872 è riesumato e trasportato al Vera-no. Nel 1940, il governo italiano dell’epocache intendeva esaltare gli eroi del Risorgi-mento, lo fa traslare al Vittoriano e l’annoseguente, nel 1941, all’ossario del Gianicolo,dove riposa accanto ad altri protagonisti del-la Repubblica Romana.

Il libro rappresenta un’occasione manca-ta per contribuire alla rilettura del Risorgi-mento. Invece di un approfondimento stori-co serio, scevro da infatuazioni ideologiche,gli Autori hanno optato per un’impostazio-ne di stampo agiografico, che ricalca le me-diocri produzioni letterarie post-unitarie.

Da sottolineare il silenzio assoluto sulruolo della Massoneria nelle vicende risorgi-mentali. Eppure, secondo la rivista il Timo-ne, il testo dell’inno di Mameli “è di chiaraispirazione massonica. I “fratelli” cui si ri-volge perché insorgano sono quelli delle log-ge. La nazione è quasi deificata. (…) Si com-prende bene come a Goffredo Mameli sianodedicate, ancora oggi, molte logge massomi-che” (il Timone, Anno IV - Settembre/Otto-bre 2002, n. 21, pag. 21).

Attendiamo allora un libro capace di esa-minare in modo più scientifico questo argo-

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FILOSOFIA DELLA POLI-TICA E DELLA STORIA,

Sta per uscire per le edizioni Controcorren-te di Napoli, un nuovo libro di don Nito-

glia che tratta della politica e della storia visteda un punto di vista filosofico.

Il libro è diviso in due parti: a) la prima parte (filosofia della politi-

ca), tratta delle basi metafisiche della scien-za politica, della natura della società civile,della società internazionale, di quale sial’origine remota (Dio) e prossima (il popolocanale) dell’autorità, se sia lecito resistere altiranno.

Per quanto riguarda la disputa tra guelfie ghibellini, l’autore lascia la parola a Barto-lo di Sassoferrato (uno dei maggiori giuristidel medioevo); poi tratta delle tre forme digoverno (monarchia, aristocrazia e demo-crazia classica), della regalità sociale di Ge-sù Cristo ed infine dei rapporti tra Stato eChiesa alla luce del pensiero dei Padri e deiPapi (specialmente Gregorio VII, Innocen-zo III e IV, Bonifacio VIII) e sviscera la teo-ria ierocratica della plenitudo potestatis Pa-pae e quella bellarminiana del potere indi-retto in temporalibus ratione peccati.

b) La seconda parte (filosofia della sto-ria), tratta di argomenti politici di attualità(letti alla luce della prima parte: la regalitàsociale di Cristo e la plenitudo potestatis).

Tali argomenti sono: le opposte conce-zioni politiche di Dante e S. Tommaso, lanuova scienza politica di Machiavelli, l’at-tualità del pensiero di Nietzsche, la rispostadei gesuiti del Cinque-Seicento alla teoriamoderna e antimetafisica di Machiavelli, laliceità della guerra, della pena di morte, del-la tortura, della rappresaglia e della justa

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vindicatio (che torna attualissima col risor-gere delle BR).

Quindi l’autore tratta la questione socia-le, l’essenza del comunismo marxista-lenini-sta, l’euro e il catto comunismo, il fascismo ela sua conciliabilità o meno col cattolicesi-mo, il nazionalsocialismo, i rapporti tra An-tico Testamento, Nuovo Testamento e ger-manesimo neopagano e razzialmente antise-mita, la missione storica della Francia di S.Giovanna d’Arco, la deviazione da essa diMaurras, il cosiddetto Ralliement di LeoneXIII, il liberalismo e la democrazia-“cristia-na” di Maritain. Indi tratta la filosofia e lateologia della storia in particolare, la veranatura del paganesimo greco-romano, i rap-porti tra giudaismo e paganesimo in funzio-ne anticristiana.

don Thomas Cazalas

CURZIO NITOGLIAFILOSOFIA DELLA POLITICA EDELLA STORIA,Controcorrente, Napoli, 2002, pagg. 500,€ 25. Il libro può essere anche ordinatopresso il Centro Librario Sodalitium.

FILOSOFIA TOMISTICA:

Èin preparazione presso le edizioni Effe-dieffe di Milano l’ultima fatica di don

Curzio Nitoglia. Un’opera fondamentale perchi studia o vuole conoscere la filosofia,(quella vera…) che si compone di tre volumi.

1° VOLUME

LA FILOSOFIA TOMISTICA ACCESSI-BILE A TUTTI.

L’autore racconta che venne a trovarlosuo nipote, il quale studiava “storie” delle“filosofie” al liceo e gli disse che tale studiolo aveva disorientato: non c’era più verità,uno scopo di vita, dei criteri oggettivi perben vivere; tutto ciò lo aveva profondamen-te scombussolato. Gli raccontò che moltisuoi amici di classe, entrati in crisi “esisten-zial-filosofica” facevano ricorso alle droghe,lui invece si era buttato nel rugby, ma puramandolo molto non ne era completamentesoddisfatto: infatti tale sport non poteva

mento e capace di chiarire senza remore ilruolo delle società segrete nell’unificazionedella Penisola.

don Ugo Carandino

MAMELI, TARQUINO MAIORINO, GIUSEPPEMARCHETTI TRICAMO, PIERO GIORDANA,

Fratelli d’Italia. La vera storia dell’inno diMameli, Mondadori, Milano 2001, pagg. 142,€ 13,43.

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riempire tutta la sua vita, fatta non solo dimuscoli ma anche di spirito ed intelletto.

L’autore, essendo sacerdote, si era accor-to che purtroppo molti ragazzi educati cri-stianamente da buone famiglie e che luistesso avevo seguito per lunghi anni, eranocaduti nell’abisso della droga.

Perché tale malessere giovanile? Se lochiedeva da un po’ e suo nipote gli fece ca-pire il nesso che esiste tra false “filosofie” ecrisi giovanili sfocianti spesso nel disastro.

Allora spiegò al nipote che c’è una verafilosofia, la quale ricerca la verità che esiste(anche se i suoi “professori” - o meglio cor-ruttori intellettuali e indirettamente morali -lo negano), che le nostre capacità conosciti-ve non ci ingannano e che studiando seria-mente La Filosofia e non le “storie filosofi-che”, avrebbe riacquistato la certezza eun’ideale di vita. Infatti dopo qualche lezio-ne informale di filosofia tomistica il giovaneuscì dalla crisi e riacquistò certezza e vogliadi ben vivere.

Perciò l’autore si è deciso a scrivere que-sto libro, in maniera assai semplice, senzanote, accessibile a tutti (pur rispettando larigorosità scientifica della materia), per aiu-tare tutti, ma specialmente i giovani studentidella scuola della corruzione intellettuale emorale, a sapere cos’è la verità e ad agire inconformità ad essa, lasciandosi alle spalleogni crisi esistenzialistico-“filosofica”.

Che questo libro possa aiutare la nostragioventù ad uscire dal male di cui soffre ilmondo moderno; esso - come diceva S. PioX - è soprattutto “un male dell’intelligenza:l’agnosticismo”. Quindi se vogliamo uscirnefuori dobbiamo restaurare prima l’intelli-genza e poi la vita pratica.

2° VOLUME

DIZIONARIO RAGIONATO DI FILO-SOFIA TOMISTICA.

Questo “Dizionario di filosofia tomisti-ca” segue al primo volume di introduzionealla Filosofia tomistica accessibile a tutti cheè stato redatto nella maniera più facile escorrevole possibile, affinché anche il lettorepiù semplice possa capire cos’è la vera natu-ra della filosofia di S. Tommaso o del sensocomune elevato a scienza filosofica.

Chi volesse approfondire il problema puòricorrere a questo secondo volume il qualepiù che un semplice lessico alfabetico di ter-

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mini filosofici, è uno studio dei grandi con-cetti della metafisica, psicologia, logica, co-smologia tomistica, dandone una definizioneessenziale ed inoltre spiegando in profonditàanche la loro portata e la differenza, la supe-riorità ed originalità qualitativa o intensivadel tomismo sull’aristotelismo.

Si consiglia al giovane studente di medi-tare questo volume attentamente. Esso è unpo’ più difficile del primo, ma con un mini-mo di buona volontà e di applicazione ècomprensibile, anzi aiuta ad approfondire itemi trattati nel primo volume. Inoltre nonsolo è di ausilio come dizionario terminolo-gico, ma può anche essere letto per ordinedi trattati (metafisica, logica, psicologia, co-smologia) anziché in ordine alfabetico, infat-ti ogni concetto appartiene ad uno dei varitrattati della filosofia tomistica. L’autore haqui riportato le citazioni di S. Tommaso cheaveva volutamente tralasciate nel primo vo-lume per non scoraggiare subito lo studentee che ora possono aiutarlo a ricorrere allalettura stessa del “più saggio dei Santi e delpiù Santo dei saggi” (Pio XI).

Seguirà un terzo volume intitolato Criti-ca del pensiero filosofico alla luce della meta-fisica tomistica: in esso l’autore riporterà ilpensiero dei filosofi, dall’antichità ellenicasino ai giorni nostri, e lo confronterà con lafilosofia perenne dell’Angelico. Ove sarànecessario lo criticherà o confuterà, per for-nire al giovane studente una guida sicura (S.Tommaso “lo Duca nostro”, che rimpiazzaVirgilio e Beatrice) e per non smarrirsi inquesta selva selvaggia e aspra e forte che è lastoria della filosofia che la diritta via hasmarrita. L’ha smarrita nella misura in cui siè allontanata dal senso comune, dalla rettaragione, dalla realtà e dalla sistematizzazio-ne scientifica che ne dà la filosofia tomistica,e la fa smarrire anche a coloro che sono ob-bligati a doverla studiare, sprofondandoli incrisi esistenzialistiche che nuocciono al cor-po e all’anima.

3° VOLUME:

CRITICA DEL PENSIERO FILOSO-FICO.

Il terzo ed ultimo volume di filosofia to-mistica si prefigge di aiutare lo studentesballottato dalla storia della filosofia tra va-rie opinioni, errori, contraddizioni che pos-sono fargli perdere il ben dell’intelletto come

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succede a chi segue la contro-filosofia mo-derna e post-moderna.

Il primo volume (La filosofia tomisticaaccessibile a tutti) ha dato allo studente lenozioni basilari di conoscenza, verità, erro-re, composizione di corpi, essere, potenza eatto, divenire, vita, anima, intelletto e vo-lontà, in maniera semplice (senza citazioni oriferimenti) della filosofia realista di S.Tommaso d’Aquino che è il buon senso o laretta ragione eretta a scienza filosofica.

Il secondo (Dizionario ragionato della fi-losofia tomistica) aiuta lo studente più inte-ressato ad approfondire il primo volume,mediante le definizioni, divisioni e spiega-zioni dei grandi concetti della filosofia pe-renne, che possono essere studiati in ordinealfabetico, oppure (meglio ancora) in ordineontologico, ossia rivedendo gli stessi concet-ti studiati in maniera elementare nel primovolume ed approfonditi, ma pur semprecomprensibili, nel secondo. Si avvale di am-pie citazioni di Aristotele e S. Tommaso (“idue Filosofi” per eccellenza, così come S.Paolo è “l’Apostolo” e Dante “il Poeta” pereccellenza), spiegate allo studente. L’autoreha introdotto delle citazioni brevi in latino(tradotte in italiano) che sono più incisive emeglio apprendibili a memoria, facoltà che èil tesoro ove l’intelletto pesca le immaginidalle quali astrae le idee, per cui una buonamemoria aiuta a meglio intelligere o pene-trare la realtà.

Infine ecco il terzo volume (Critica delpensiero filosofico alla luce della metafisicatomistica) in cui l’autore espone i sistemi dei“filosofi” (o sofisti) più conosciuti dall’anti-chità (VI sec. a.C. sino ad oggi 1980), conl’intento di confutare i loro errori (critica fi-losofica), e di esporre la vera soluzione deiproblemi che son sorti durante la storia delpensiero filosofico o “contro-filosofico”, peraiutare lo studente ad avere spirito critico-fi-losofico ossia a discernere il vero dal falso,quale si è mostrato e concretizzato durantela storia dell’umanità.

Il male di cui soffre il mondo attuale è so-prattutto un male teoretico o speculativo:l’errore scettico e relativista, da cui segue lacorruzione dei costumi e dell’agire umano(si vive come si pensa e si muore come si vi-ve), ossia l’amoralismo e l’immoralità.

Ma il guaio di oggi è che i giovani nonsanno più discernere il vero dal falso, e quin-di il bene dal male, a partire dalla riforma

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scolastica di stampo storicistico hegeliano diGiovanni Gentile (1926). Essa ha reso obbli-gatorio lo studio della storia della filosofiasenza la critica teoretica del pensiero dei va-ri “filosofi”, confondendo le idee dei poverigiovani, obbligati a sorbirsi tutte le panzanedi tanti sofisti che si contraddicono gli unicon gli altri e che portano il giovane a noncapirci più nulla e quindi a diventare scetticoin teoria, relativista in pratica.

Còmpito del libro è di fornire ai giovani,ai loro genitori e agli insegnanti di retta ra-gione (rara avis) uno strumento o “sussidiodidattico” per poter studiare i vari sistemi,discernere quelli veri da quelli falsi e agireconseguentemente: bonum faciendum, ma-lum vitandum.

Che questi libbricini possano entrare inmolte famiglie e arricchire le menti di moltigiovani i quali possano così diventare ciò chedovrebbero essere: animali razionali forniti diintelligenza per conoscere la verità e combat-tere l’errore; e forniti di volontà per amare ilbene ed evitare il male : “fa il bene ed evita ilmale, questo è tutto l’uomo”.

Altrimenti si cade nell’assurdo teoreticoe nell’immoralità pratica che distrugge ciòche rende il soggetto una persona: ossia l’in-telligenza ordinata al vero e la volontà al be-ne, con le conseguenze disastrose che abbia-mo sotto gi occhi tutti i giorni: suicidi giova-nili, alcolismo, droga, parricidi e matricidi,aborto, eutanasia, cioè il mondo più bruttoche vi sia.

don Thomas Cazalas

CURZIO NITOGLIA1° VOLUME: LA FILOSOFIA TOMI-

STICA ACCESSIBILE A TUTTI.2° VOLUME: DIZIONARIO RAGIO-

NATO DI FILOSOFIA TOMISTICA.3° VOLUME: CRITICA DEL PENSIE-

RO FILOSOFICO.

Edizioni Effedieffe Milano 2002, prezzoe pagine da definirsi. L’opera potrà esse-re anche ordinata presso il Centro Libra-rio Sodalitium.

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IN PRIGIONE IN NOME DI GESU CRISTO

Vita di don Davide Albertario, campionedel giornalismo cattolico

“Pietro piantonato da due soldati elegato con due catene stava dor-mendo, mentre davanti alla porta

le sentinelle custodivano il carcere” (AttiXII, 6). Leggendo queste parole degli Attidegli Apostoli, nelle quali viene raccontatala gloriosa prigionia del Principe degli Apo-stoli, il pensiero corre subito a don DavideAlbertario che come molti altri eroi dellasanta Chiesa ha provato il peso e l’umilia-zione delle catene per il nome di Cristo. An-che San Paolo si glorificava delle sue catenedicendo: “Ecco perché vi ho chiamati, pervedervi e parlarvi, poiché è a causa della spe-ranza d’Israele che io sono legato da questacatena” (Atti XXVIII, 20). Don Albertariofece probabilmente sue le parole dell’apo-stolo; nelle pagine forse più commoventi diquesto libro, così racconta il momento in cuigli vennero messe le manette (egli era statoarrestato in seguito ai moti di Milano nel1898 e alla repressione del Bava Beccaris):“non è possibile che si riferisca quali furonoi sentimenti miei in quel momento… quan-do il carabiniere mi presentò quell’ordignofatto per i malvagi e mi fece capire che do-vevo rassegnarmi a introdur le mani nei cer-chi che avevano contenuto i polsi di assassi-ni, di ladri, di turpi, mi sentii così gravemen-te offeso nella mia dignità, nella mia inno-cenza, nei miei diritti tutti di uomo, di citta-dino di prete, nella mia libertà, che solo unpensiero alto da molti giorni invocato misalvò dalla reazione vana e dalla prostrazio-ne. Le manette, più ancora che il carcere,sono l’ignominia”. In quella fine dell’otto-cento “L’Osservatore Cattolico” giornale alquale l’Albertario aveva consacrato l’esi-stenza, veniva chiuso assieme a molti gior-nali e associazioni cattoliche dipendentidall’Opera dei Congressi, perché giudicati“sodalizi sovversivi allo Stato”. Erano glianni dell’anticlericalismo di stato, della lottaaspra tra il nuovo stato unitario massonico egiacobino e la Chiesa Cattolica di Pio IX,Leone XIII e San Pio X, perseguitata in tut-te le sue istituzioni. Don Albertario fedele alsuo motto “con il Papa, per il Papa” congrande ardore difese sempre la Chiesa, si

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gettò nella mischia laddove più infuriava ilcombattimento e pagò spesso di persona lasua “intransigenza”, essendo più volte pro-cessato, esiliato ed infine incarcerato. Que-ste esperienze dolorose e gloriose insiemene accrebbero la popolarità e fecero di Al-bertario la bandiera di quel cattolicesimomilitante della fine ottocento, ed inizio no-vecento.

Cento anni sono passati dalla morte didon Albertario, e purtroppo molti cattolicinon sanno nemmeno più chi egli sia e cosaegli abbia fatto per la Chiesa. Il “Centro Stu-di Davide Albertario” vuole colmare questalacuna, e pensa di far cosa grata ai lettori ri-stampando questa bella biografia (tra l’altrodi piacevole lettura), scritta da suo nipoteMons. Pecora, affinché lo spirito militante didon Davide rinasca in noi cattolici di oggiobbligati a vivere in un momento di profon-dissima crisi della Chiesa, e ci animi nella te-stimonianza della Fede, memori del fattoche se la stampa cattolica oggi può ancorascrivere liberamente lo deve certamente inparte a don Albertario.

Don Davide, attraverso le righe di que-sto libro, sembra spronarci assieme a SanPaolo: “Pregate inoltre incessantemente conogni sorta di preghiere e di suppliche nelloSpirito, vigilando a questo scopo con ogniperseveranza e pregando per tutti i santi, eanche per me, perché quando apro la boccami sia data una parola franca, per far cono-

Lacopertinadel Librosu DonAlberta-rio

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scere il mistero del vangelo, del quale sonoambasciatore in catene, e io possa annun-ziarlo con franchezza come è mio dovere”(Ephes. VI, 18-20).

don Ugolino Giugni

GIUSEPPE PECORAIn prigione in nome di Gesù Cristo. Vita di don Davide Albertario, campionedel giornalismo cattolicoCentro Studi Davide Albertario & Centro librario Sodalitium, VerruaSavoia 2002 pagg. 380, € 16,50

Modernismo e antimoderni-smo. Storia o attualità?

Una rivista come la nostra, che si richia-ma al principale movimento antimoder-

nista del secolo scorso, il Sodalitium pianum,e che è nata per combattere il neomoderni-smo trionfante al Vaticano II, non può igno-rare ogni contributo alla storia di quei tempiche ancora pesano sui nostri.

Abbiamo così letto per voi un’opera col-lettiva – Don Orione negli anni del moderni-smo – che solo apparentemente tratta di unargomento marginale (seppure interessante)alla storia di quella che fu definita “la som-ma di tutte le eresie”, e cioè il modernismo.

Certo, i sacerdoti e storici della congrega-zione di don Orione, Lanza e Peloso, sonoevidentemente interessati alla storia del lorosanto fondatore, ma lo scopo del libro – edi-to da Jaca Book (Comunione e Liberazione)– è quello di costruire un ponte tra moderni-smo e antimodernismo, tra eresia e ortodos-sia. Don Orione, sincero amico di San Pio Xe del Cardinale Merry del Val, e nello stessotempo in relazione coi caporioni del moder-nismo italiano, sembra benedire dal Cielol’impossibile impresa del senatore Andreotti(direttore di 30 Giorni) di promuovere la ria-bilitazione di Buonaiuti e di un certo moder-nismo, impresa esplicitamente rievocata dauno degli autori, Padre Peloso, e stimatapossibile dopo la “purificazione della memo-ria” intrapresa da Giovanni Paolo II (pp.264-265). Se Buonaiuti avesse saputo atten-dere – come disse il “beato” Giovanni XXIII– le sue “migliori” aspirazioni sarebbero sta-

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te realizzate dal suo antico condiscepolo (lostesso Giovanni XXIII) senza la traumaticarottura della comunione ecclesiastica.

L’intento del libro – se come penso èquesto l’intento – è stato raggiunto? Pensodi no.

E questo non tanto per la figura di donOrione, della quale è fedelmente tratteggia-ta la dottrina intransigente e la carità apertaai più lontani… Don Orione fu amico deimodernisti (Padre Semeria, Gallarati Scotti,don Brizio Casciola, lo stesso Buonaiuti…)come fu amico dei preti caduti nel disordinemorale, dei quali pure si occupò: è l’amiciziadel Buon Pastore per la pecorella smarrita,del Padre per il figliol prodigo, di Gesù peril peccatore. È anche, come nel caso del suomaestro don Bosco, un’abile lavoro al servi-zio della Chiesa, della quale entrambi eranoautorizzati emissari. Ma non è tanto il fattoche la figura di don Orione non può essereminimamente accusata di simpatia per il mo-dernismo (cosa che gli autori non nascondo-no) che fa fallire l’intento conciliatore del li-bro, quanto la figura dei modernisti, special-mente Buonaiuti, quale risulta dai documen-ti che sono pubblicati.

Nelle varie trattative fatte per la sua ri-conciliazione, qual’era il vero intento delprete scomunicato? Quando, nel 1928, duesanti sacerdoti come don Orione e PadreCappello tentarono la riconciliazione di Buo-naiuti con la Chiesa, Buonaiuti stima che ilperdono che gli offre la Chiesa per miseri-cordia sancisca invece, come scrive il 10 otto-bre 1928, “il mio più segnalato trionfo” (p.237). Non lui, toccato da tanta bontà, torne-rebbe alla verità, ma la Chiesa verrebbe allesue idee: “L’autorità ecclesiastica è venuta aduna resipiscenza che mi ha riempito di stupo-re” (p. 237, 18/10/28). La levata della scomu-nica non significherà il trionfo della Grazia,ma del modernismo: “Mi pare di poter con-statare sempre meglio che un certo pentimen-to dell’iniquo trattamento inflittomi è alle sca-turigini di questo nuovo atteggiamento versodi me. Tutto il mio sforzo è ora diretto a rica-vare da questa paradossale situazione i van-taggi massimi per la causa che da un ven-tennio vado difendendo” (p. 241, 22/10/28).Buonaiuti non vuole ritrattare, vuole che laChiesa ritratti. E mentre don Orione e PadreCappello pensano alla sua anima, lui pensaalla sua cattedra universitaria toltagli dal Go-verno dopo il Concordato: “Spero in una feli-

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ce soluzione della mia vertenza ecclesiasticaper rioccupare la cattedra. Situazione spinosaquanto mai, che mi impone un sangue freddoeccezionale e poco conforme al mio carattere,perché l’avidità dell’insegnamento non mifaccia fare concessioni più ampie di quelleconsentitemi dalla più rigida coerenza intellet-tuale” (p. 247). In questa situazione, l’assolu-zione dell’eresiarca non avrebbe guadagnatola sua anima a Dio: avrebbe solo nuovamen-te introdotto il lupo nell’ovile, quarant’anniprima del Concilio.

A favore di Buonaiuti e dei modernisti ingenere è stato addotto l’argomento (anchenel libro che recensiamo) del loro desideriodi restare o di tornare nella Chiesa. Pensiamoche questo loro desiderio non è una scusantema un’aggravante: è proprio la loro capacitàdi infiltrare e dissimulare che ha permesso aimodernisti di trionfare (provvisoriamente!)dopo la morte di Pio XII. A ragione scriveDe Mattei, citando ancora Buonaiuti: “Il mo-dernismo si proponeva… di trasformare il cat-tolicesimo dall’interno, lasciando intatto nei li-miti del possibile, l’involucro esteriore dellaChiesa: ‘Il culto esteriore – continua Buonaiuti– durerà sempre come la Gerarchia, ma laChiesa, in quanto maestra dei sacramenti e deisuoi ordini, modificherà la gerarchia e il cul-to secondo i tempi: essa renderà quella piùsemplice, più liberale, e questo più spiritua-le; e per quella via essa diventerà un prote-stantesimo; ma un protestantesimo ortodos-so, graduale, non violento, aggressivo, rivo-luzionario, insubordinato; un protestantesi-mo che non distruggerà la continuità apostoli-ca del ministero ecclesiastico né l’essenza stes-sa del culto” (p. 50; la citazione di Buonaiuti ètratta da Il modernismo cattolico, Guanda,Modena, 1943, p. 130).

Il contributo di De Mattei non è omoge-neo all’intento che abbiamo creduto identi-ficare nel libro, e merita di essere letto at-tentamente e con favore. Dovendo propriofargli le “pulci” segnaliamo l’omissione delcontributo di don Tafi alla vita di Mons.Volpi (p. 58, n. 29), la falsa attribuzione aSan Pio V dell’istituzione del Sant’Uffizio(p. 61) e, errori di fondo, la tendenza ad at-tribuire a Leone XIII un certo favore al mo-dernismo (tendenza condivisa dagli integri-sti francesi, non certo dagli italiani) e alla Fi-des et Ratio di Giovanni Paolo II un afflatoantimodernista che esiste solo nella mente(o nella penna) del De Mattei (pp. 33 e 55).

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Il lettore non perderà comunque il suotempo, come in genere con tutti gli studi sulmodernismo (persino quelli del fazioso Be-deschi). E per concludere, auspichiamo ulte-riori studi sulla figura di don Brizio Cascio-la, che ispirò la figura del “Santo” di Fogaz-zaro, meno conosciuto ma più dannoso, for-se, del Buonaiuti.

Don Francesco Ricossa

M. BUSI, R. DE MATTEI, A. LANZA, F. PELOSO

Don Orione negli anni del modernismoJaca Book, Milano, 2002, pagg. 373, € 23

Ristampato il libro di Corsinisull’Apocalisse

Pochi articoli di Sodalitium hanno suscita-to tante polemiche (eppure Dio sa se i

soggetti trattati da Sodalitium si prestano apolemiche!) quanto la recensione che è statapubblicata nel 1999 (n. 49, pp. 52-63) dallanostra rivista del libro del prof. EugenioCorsini, Apocalisse, prima e dopo.

Molti di quelli che ci hanno criticato, senon tutti, non hanno letto il libro in questio-ne, anche perché era oramai divenuto intro-vabile; il lettore italiano potrà adesso giudi-care personalmente acquistando in libreria ilvolume di Corsini, che è stato ristampato dal-la SEI col nuovo titolo di Apocalisse di GesùCristo secondo Giovanni. Dopo cinque ri-stampe (per un totale di ventimila copie ven-dute, senza contare le traduzioni in francese,inglese e portoghese) l’autore ha così prepa-rato una nuova edizione, arricchita di una“premessa” e da numerose nuove considera-zioni, soprattutto in seguito alle critiche chegli sono state mosse dal Lupieri (Lupieri E.,L’Apocalisse di Giovanni, Fondazione Val-la/Mondadori, Milano, 1999). Allievo di Cor-sini e docente all’Università di Udine, Lupie-ri accetta la tesi di Corsini secondo la qualela Prostituta dell’Apocalisse sarebbe la Sina-goga giudaica (e non Roma!), ma dàdell’Apocalisse un’interpretazione millenari-sta decisamente confutata da Corsini. Questiapparterrebbe – per Lupieri – a una correnteesegetica “de-escatologizzante”. Benissimo!Nella recensione del 1999, alla quale rinvio illettore per più ampia informazione, sottoli-

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neavo proprio come Corsini applicavaall’Apocalisse quanto esegeti cattolici del tut-to fedeli al magistero, come Mons. Romeo eMons. Spadafora, avevano fatto per i Vangelio le Epistole di San Paolo. Avevano cioè di-mostrato quanto Loisy ed i modernisti si sba-gliassero. Per i modernisti, “fu estraneo allavolontà di Cristo istituire la Chiesa come so-cietà che dovesse durare sulla terra per unalunga serie di secoli; anzi, nel pensiero di Cri-sto, il Regno dei Cieli era sul punto di venirecon la fine del mondo” (Decreto Lamentabili,D.S. 3452). L’esegesi di Corsini è agli antipo-di dell’interpretazione modernista, come pu-re d’ogni interpretazione millenarista. NellaTorino di Corsini, ha scritto e avuto moltosuccesso Sergio Quinzio (non a caso citato daCorsini nella sua nuova introduzione, p.XVII). Secondo Quinzio il Cristianesimo, inparticolare la Croce, è stato un fallimento; laRedenzione non è avvenuta, il mondo speri-menta ancora la morte e il dolore. Il cristianopertanto (e Quinzio si giudicava cristiano efinanche cattolico) non può che sperare nellavenuta futura del Messia, nell’Apocalisse,nell’instaurazione del Regno, tanto atteso,sulla terra. È evidente, in questo pensiero,l’ideale del messianismo giudaico.

Corsini dimostra che il messaggiodell’Apocalisse è esattamente l’opposto. LaRedenzione è avvenuta, la Croce e la Resur-rezione di Cristo, Agnello sgozzato e ritto inpiedi, ci hanno salvato. Non dobbiamo te-mere la morte temporale, ma la “secondamorte”, l’Inferno (“la morte a cui pensa Gio-vanni – confida Corsini a L. Mondo – è lamorte spirituale”). L’Apocalisse di Corsini ècristocentrica. È anche ecclesiocentrica: laChiesa non è un’invenzione umana, natadalla delusione causata dalla vana attesa delRegno; la Chiesa è - già - la Gerusalemmeceleste, “frutto mirabile della morte e dellarisurrezione di Gesù Cristo” (cf p. XXI).Non c’è spazio, in questo contesto, per unafutura èra spirituale, una nuova Chiesa cari-smatica, un’èra dello Spirito Santo, elucu-brate via via nella storia da “una miriade digruppi e movimenti che contestavano le auto-rità ecclesiastiche e imperiali, proponendo ra-dicali riforme in entrambe” (p. 19). La verainterpretazione dell’Apocalisse esclude ogniabuso del suo testo in funzione di “contesta-zione contro la Chiesa romana” (p. 20).

Come abbiamo già sottolineato, l’inter-pretazione di Corsini è di capitale importan-

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za anche per sottolineare i rapporti tra ilCristianesimo nascente ed il giudaismo.“L’Apocalisse – scrive Corsini anche nellanuova introduzione – è il più antigiudaicodegli scritti del nuovo Testamento” (p. 8), alpunto che egli identifica la “Grande Prosti-tuta” non con la Roma pagana (e tanto me-no con la Roma papale, come vogliono iprotestanti) ma con la Gerusalemme terre-na, la capitale del giudaismo ufficiale, lacittà deicida dove già furono lapidati i profe-ti. “La bestia ‘della terra’ – dice Corsini inuna intervista concessa a Lorenzo Mondo,della Stampa – che viene poi chiamata prosti-tuta, falso profeta, è il sacerdozio giudaico.Giovanni, che ha la mente occupata dallamorte di Gesù, non può fare a meno di ren-derlo corresponsabile di quel crimine” (Tut-tolibri, 6 ottobre 2002, p. 12). L’Apocalisseperò non è antigiudaica in senso marcionitao pagano: l’antico Testamento è l’inizio del-la salvezza portata a compimento da GesùCristo, al punto che – conformemente alVangelo – i “due testimoni” non sono perso-naggi che entreranno in scena alla fine delmondo (Enoch ed Elia) ma rappresentanola Legge e i Profeti (Mosè ed Elia), i quali,come ricorda Gesù, Gli rendono testimo-nianza (Lc XXIV, 27 e 44; Atti, X, 43; MtXVII, 3ss).

Corsini demolisce pertanto anche il mitodi una Apocalisse anti-romana. Il ruolo ne-gativo di Roma fu quello di Pilato: mettersial servizio del giudaismo nell’ora tragicadella Passione, e pure in seguito; ma il vero“nemico” di San Giovanni è il medesimodei Profeti vetero-testamentari: l’Israeleinfedele.

Malgrado le critiche – e persino le calun-nie – che mi sono state mosse, non posso checonfermare il mio personale entusiasmo allalettura dell’Apocalisse di Corsini. Essa nonsolo ci libera da ogni falsa interpretazioneprotestante, millenarista, modernista o an-tiecclesiastica, ma anche (e soprattutto) cidà oggi – come ai tempi in cui fu scritta – unpiù grande amore per Gesù Cristo e per laSua Chiesa.

don Francesco Ricossa

EUGENIO CORSINIApocalisse di Gesù Cristo secondoGiovanni. SEI, Torino, 2002. pagg. 454,€ 19,50

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SEGNALIAMO IN BREVE:

Preghiere cristianeS. PIO X, Motu Proprio, dell’azione popola-

re cristianaS. ALFONSO M. DE LIGUORI, La Santa MessaS.ALFONSO M. DE LIGUORI, A Maria Santis-

simaSAN PIO X, Catechismo della dottrina cristia-

na, classi I e IISAN PIO X, Catechismo della dottrina cristia-

na, classe IIISAN PIO X, Catechismo della dottrina cristia-

na, classe IV

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MONS. UMBERTO BENIGNI, Le sètte del sata-nismo (estratto da Storia sociale dellaChiesa)Tutti questi volumetti sono di 32 pagine

e costano € 0,50. Possono essere richiestiall’Amicizia Cristiana, Via Aceto 18, 66100Chieti (Tel.: 0871-63210; Fax 0874-404798):

A. DE LASSUS, Il fenomeno delle sette,pp. 58, € 5

C. NICOULLAUD, Lo spiritismo (estratto dal-la R.I.S.S.), pp. 42, € 4,20

G. VIREBEAU (H. COSTON) Chi governal’America? pp. 58, € 5.

Il VATICANO II: DUE TESTIMONIANZE

Pubblichiamo qui, ne pereant, due testimonianze significative. La prima è di Walter Kasper,notoriamente eterodosso (cf articoli al riguardo pubblicati su Sì Sì no no), l’altra è di Jean

Guitton, ora defunto, già Accademico di Francia e intimo amico di Paolo VI.Sodalitium

“L’antisemitismo è un peccato”. “Un peccato molto peculiare, capace di trasmettersi neltempo e di nascondersi tra le pieghe della reazione della Chiesa davanti alla modernità”.“Da allora [dal Vaticano II] non c’è spazio sotto nessun punto di vista per l’antisemitismoper la Chiesa cattolica”. “Anzi, la Chiesa cattolica come madre paziente è capace di atten-dere coloro che per cultura o abitudine si sentono a disagio davanti alla riforma liturgica oad altre riforme del Vaticano II. Ma non può accettare in nessuna forma e in nessuna ra-gione l’attardarsi nel giudizio e nel disprezzo verso il giudaismo”

CARD. WALTER KASPER, presidente del Pontificio Consiglio per i rapporti religiosi conl’ebraismo (La Stampa, 29 ottobre 2002, p. 8)

“Ai nostri giorni, quello che nella storia religiosa è chiamato modernismo ha un sensomolto particolare. Si chiamò con questo nome una dottrina e un partito che sono stati con-dannati dal Papa Pio X nell’enciclica Pascendi. Papa Pio X - che è stato canonizzato - de-signa il modernismo come un’eresia che ha un doppio carattere: quello di essere una sinte-si, una somma di tutte le eresie, e quello di nascondersi - come un tradimento - all’internodella Chiesa.

(…) E io desidero esprimermi liberamente e nettamente a questo proposito. Quando rileggo i documenti che concernono il modernismo come è stato definito da

Pio, e che lo paragono ai documenti del Concilio Vaticano II, non posso non essere scon-certato. Ciò che è stato condannato come un’eresia nel 1906 è proclamato come ciò che è eche dovrà ormai essere la dottrina e il metodo della Chiesa. In altre parole i modernisti del1906 mi paiono dei precursori. I miei maestri ne facevano parte. I miei genitori me lo inse-gnavano. Com’è possibile che Pio X abbia potuto ricacciare coloro che mi paiono dei pre-cursori?”.

(Cfr. JEAN GUITTON, Portrai du Père Lagrange, Éditions Robert Laffont, Paris, 1992, p. 55-56).

Citazione ricevuta da Marcelo Fedeli. S. Paulo – Brasil, www.montfort.org.br/veritas/je

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La risposta de Le Sel de la terre aSodalitium a proposito di sedevacantismo edi Tesi di Cassiciacum.

Nel n. 53 della nostra rivista (dicembre2001) (n. 52 dell’edizione francese, gen-

naio 2002) avevamo risposto a un “Piccolo ca-techismo del sedevacantismo” pubblicato suln. 36 della rivista domenicana – fedele aMons. Lefebvre – Le sel de la terre. Questaestate, i domenicani di Avrillé hanno replica-to a questo nostro articolo (n. 41, estate 2002).

Sodalitium si rallegra di questa risposta,che pure non è priva di tratti polemici con-tro di noi; il fatto stesso che si sia tenutoconto delle nostre argomentazioni e che nesia stata fatta una segnalazione, accettandoil dibattito, è da considerarsi positivo.

In una lettera del 5 giugno, i Padri dome-nicani ci hanno chiesto di pubblicare su So-dalitium la loro risposta. Sodalitium non sioppone – anzi, propone – a una pubblicazio-ne integrale, per i lettori delle due riviste,delle nostre diverse argomentazioni, a con-dizione però che viga in questo la recipro-cità! Sodalitium pubblicherà le risposte deLe sel de la terre quando i nostri confratellipubblicheranno quelle di Sodalitium… Perora, limitiamoci, gli uni e gli altri, a far cono-scere indirettamente ma fedelmente, ai no-stri rispettivi lettori, le argomentazionedell’avversario.

Intanto, ci ripromettiamo quanto primadi rispondere… alla risposta di Dominicus…A presto!

Nuova smentita al dott. Heller e alla suarivista Einsicht.

Nello scorso numero di Sodalitium (p.63) avevamo pubblicato la doverosa smenti-ta di una calunnia pubblicata dalla rivista se-devacantista tedesca Einsicht. Purtroppo,non solo il suo direttore, dott. Heller, non siè sentito in dovere di pubblicare la nostrasmentita, ma ha pure rinnovato la calunniain questione. Scrive di noi Einsicht: “[perl’Istituto] nonostante la sua [di GiovanniPaolo II] apostasia non si può dire che la Se-de apostolica è vacante (e coerentemente

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l’Istituto aveva messo il blasone di GiovanniPaolo II sul suo precedente website” (p.XXXII – 155). Dobbiamo quindi ripetereche questa notizia è assolutamente falsa. Ilsito internet dove si trovava (in un “link”) lostemma di Giovanni Paolo II “felicementeregnante” non è mai stato un sito dell’Istitu-to o di Sodalitium: su ogni numero del no-stro bollettino è indicato il nostro indirizzoelettronico, che non è mai stato quello riferi-to da Einsicht.

Quanto al fondo della questione, ci limi-tiamo ad osservare:

1) Einsicht pensava che la Tesi di PadreGuérard fosse morta, perché P. Guérardstesso l’aveva (quasi) abbandonata, e noi –collaborando con dei sedevacantisti – dimo-stravamo di sostenerla solo per rispetto allamemoria di Padre Guérard. Einsicht, al ri-guardo, è disinformata. Non solo non è veroche Padre Guérad (docente in Laterano, nonalla Gregoriana) avesse (quasi) rinunciato al-la Tesi ma, per quel che ci riguarda, Sodali-tium ha sempre appassionatamente difeso -con molti argomenti - questa posizione. Ab-biamo pure spiegato entro quali limiti consi-deriamo possibile la collaborazione con i se-devacantisti completi (editoriale del n. 27,novembre 1991). Infine, Padre Barbara, datoda Einsicht come sedevacantista simpliciter,aveva aderito pubblicamente alla Tesi.

2) Einsicht falsifica la nostra posizione.Secondo la rivista tedesca, noi sosterremmoche “la sede apostolica non è vacante”, percui “Giovanni Paolo II è papa se insegnaqualcosa di ortodosso e non lo è se insegnal’eresia”. Questa non è assolutamente la po-sizione della Tesi, ma quella della FraternitàSan Pio X. Secondo noi Giovanni Paolo IInon è Papa, nel senso che non ha l’autoritàdivinamente assistita: non lo citiamo al ca-none della Messa. Non è vero che, per noi“semplicemente non è permesso di obbedirealle sue leggi eretiche”: egli non ha il poterelegislativo. Dire che non è “Papa formaliter”significa dire – parlando “per sì o per no”,che non è Papa.

3) Einsicht presenta come unica soluzio-ne data dalla Tesi quella della conversionedi Giovanni Paolo II: “i seguaci della Tesicome l’abbé Ricossa aspettano dunque cheGiovanni Paolo II si converta. Basta aver fe-de nella Provvidenza contrariamente a noisedevacantisti”. Il dott. Heller non può igno-rare – perché don Ricossa glielo ha scritto

Controversie

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personalmente – che la Tesi prospetta duesoluzioni: il ritorno dell’occupante della se-de apostolica alla professione integrale di fe-de, oppure l’intervento della gerarchia perconstatare l’eresia formale di Giovanni Pao-lo II in un Concilio generale imperfetto, alquale spetterebbe anche l’elezione di un le-gittimo pontefice. Se Einsicht obietta cheanche “la gerarchia è decaduta” ed esclude ilpossibile ritorno pubblico alla fede di alcunisuoi membri, ci spieghi perché ha ritenutolegittimo il ritorno alla pubblica professionedi fede di Mons. Ngo-Dinh-Thuc, il qualepure aveva precedentemente riconosciuto ilVaticano II e la legittimità di Paolo VI eGiovanni Paolo II. Se l’apostasia è un “pec-cato irreversibile”, come mai essa non fu ir-reversibile per il vescovo vietnamita?

4) Einsicht parla con sicurezza di un “in-segnamento della Chiesa riguardo al proble-ma del ‘papa hæreticus’”. Eppure ci sembrache il dott. Heller non conosca questo inse-gnamento. Primo, perché esso non esiste(esistono solo delle opinioni di teologi, men-tre la Chiesa non si è pronunciata definitiva-mente), e poi perché egli dimostra di non sa-pere gran ché delle diverse opinioni dei teo-logi. Arriva a scrivere che “l’idea di Bellar-mino che il papa eretico è deposto viene com-pletata da Gaetano con la formula deponen-dum est, che significa che questa sentenza de-ve essere resa nota davanti alla Chiesa e daparte della Chiesa deve essere dichiarato de-posto, perché la Chiesa è una comunità giuri-dica, visibile, che deve conoscere chiaramentelo stato del suo capo”. Le ultime parole deldott. Heller ci fanno sperare che egli potràcapire la nostra posizione, che si fonda pro-prio sull’esigenza di una dichiarazione dellaChiesa, ma non è esatto dire che Gaetanocompletò Bellarmino quando Gaetano visseprima del Bellarmino, e quando quest’ulti-mo si oppose alla tesi del primo!

5) Secondo Einsicht la dichiarazione dideposizione da parte della Chiesa fu fatta daMons. Thuc con la dichiarazione di Monaco.Padre Guérard cercò in effetti di convincereMons. Thuc a formulare più esattamente lasua dichiarazione, ma senza riuscirci. A par-te ogni altra considerazione, il valore legaledella dichiarazione di Monaco lascia inter-detti, quando si pensa che – dichiarando laSede vacante – Mons. Thuc utilizzò il titolodi Vescovo di Bulla Regia, titolo datoglida… Paolo VI!

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6) Infine, Einsicht si oppone alla Tesiperché impedirebbe la soluzione della crisi,la quale verrebbe da una elezione papale.Vorremmo sapere chiaramente da Einsichtchi sono, nella situazione attuale, gli elettoriabilitati a eleggere un Papa.

La Voie.

Stavamo andando in stampa quando – tra-mite posta elettronica – abbiamo ricevutol’ultimo numero (di novembre, pertanto) del-la rivista sedevacantista La Voie, fondata dal-la signorina Myra Davidoglou e ripresa dadon Francesco Paladino. La nostra attenzio-ne è stata attirata dall’articolo intitolato Lesédévacantisme et le conclavisme che trattapiù o meno lo stesso argomento che troveretein questo numero di Sodalitium (L’elezionedel Papa). Ne La Voie, l’Autore preconizza –come soluzione alla situazione di Sede vacan-te – l’intervento sovrannaturale di San Pietro,fondandosi sulle profezie di Elisabetta Cano-ri Mora. Don Paladino, rispondendo a donRicossa (ma senza citare la fonte, cioè l’opu-scolo di don Ricossa “Don Paladino e la Tesidi Cassiciacum”) ci accusa di aver falsato ilsuo pensiero a proposito del conclavismo, an-zi, di avergli fatto dire l’esatto contrario: “co-me si può dire che l’autore di Petrus es tu?[don Paladino] ‘inclina visibilmente’ per ilconclavismo quando, in realtà, afferma checiò sarebbe ridicolo? Evidentemente, troncan-do la citazione”. Ci dispiace di contraddiredon Paladino, ma il nostro parere rimane lostesso: sul Conclavismo egli non ha – atutt’oggi – una posizione chiara, almeno pernoi che siamo duri di comprendonio. DonPaladino dice, giustamente, che per procede-re a una nuova elezione sarebbe necessariauna dichiarazione della Chiesa. In questo sia-mo d’accordo – lo abbiamo scritto – ed inquesto don Paladino, non ce ne voglia, si av-vicina alla Tesi di Cassiciacum e si allontanadal sedevacantismo puro (è un complimen-to!). Non ci è però chiaro cosa intenda donPaladino per “Chiesa”. Chi deve fare questadichiarazione? Secondo noi, i Cardinali o Ve-scovi residenziali, per ora tali solo materiali-ter, quando ritorneranno alla pubblica pro-fessione della Fede (per cui avranno l’auto-rità formaliter per compiere un tale atto). Madon Paladino rifiuta questa eventualità. Qualisono, pertanto, per lui, le persone abilitate acompiere questa necessaria dichiarazione?

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In seguito, don Paladino definisce ridico-le le “elezioni papali” fin qui fatte dai con-clavisti; ma ogni conclavista è convinto che leelezioni fatte dagli altri siano ridicole, men-tre sarà seria quelle programmata da lui. Persapere se don Paladino è contrario al concla-vismo non solo per motivi di opportunità (difatto i conclavi non sono seri, di fatto divido-no invece di unire, di fatto non si riesce amettere d’accordo tutti i cattolici che potreb-bero partecipare al conclave, di fatto i “papi”si scomunicano reciprocamente ecc., per cui“la Chiesa che potrebbe sovvenire da se stes-sa ai suoi bisogni” – ecco il conclavismo – difatto non ci riesce) ma per un motivo teolo-gico, vorremmo sapere chiaramente da lui sedei laici, o dei preti (romani) o dei vescovinon residenziali potrebbero in teoria elegge-re attualmente il Papa. Se don Paladino ri-sponde di sì, è un conclavista, se risponde dino, si avvicina, anche in questo, alla nostraposizione (nuovo complimento eventuale!).Don Paladino – che non precisa questi puntiperché forse non ha le idee chiare al proposi-to (ed è quello che volevamo dire nell’opu-scolo su di lui) – pensa trovare una soluzionenella via “sovrannaturale”, quella di una ele-zione papale fatta dal Cielo. Nel presentenumero di Sodalitium rispondiamo e spie-ghiamo perché questa soluzione non è fatti-bile. Don Paladino conosce le nostre obie-zioni (“alcuni hanno obbiettato che ciò non èpossibile perché se San Pietro scegliesse diret-tamente un nuovo Pontefice inaugurerebbeuna nuova linea apostolica, e non si trattereb-be quindi della stessa Chiesa”). Ecco come virisponde: “ci sembra che questa obiezionenon ha alcun fondamento perché a mio pare-re bisogna intendere questa profezia nel sensoche San Pietro interverrà in maniera straordi-naria per far capire quale dovrà essere il nuo-vo Pontefice che deve essere eletto, o qualchecosa di simile”. La risposta di don Paladino èragionevole: egli esclude come noi che SanPietro (o chi per lui) possa eleggere diretta-mente il Papa. Può solo convincere gli eletto-ri a votare per tale persona. Ma così ritornia-mo al problema di prima al quale don Pala-dino non ha ancora dato risposta: chi sonoquesti elettori? Esistono già in atto (tesi con-clavista) oppure solo in potenza (Tesi di Cas-siciacum)? Don Paladino ci dica se egli è –fondamentalmente – conclavista oppure se è– fondamentalmente – per la Tesi… Tertiumnon datur.

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Ai nuovi lettori. Alcuni di voi ricevo-no per la prima volta Sodalitium,una rivista che è inviata gratuita-

mente a tutti coloro che la desiderano. So-dalitium (che si ispira nel suo titolo al Soda-litium pianum, l’associazione anti-moderni-sta fondata da Mons. Benigni con il plausodi San Pio X) nacque nel 1983, come rivistadel Priorato di Montalenghe e poi di tutto ildistretto italiano della Fraternità San Pio X,la congregazione fondata da Mons. Lefeb-vre. Nel 1985, i fondatori e gli altri redattoridella rivista lasciarono la Fraternità per fon-dare l’Istituto Mater Boni Consilii. Il nostropiccolo Istituto, che è composto da un Ve-scovo, sei sacerdoti, sette seminaristi e nu-merosi laici, è presente in tre nazioni: in Ita-lia, con due case (vicino a Torino e vicino aRimini), in Francia (con una casa nella Niè-vre) e in Belgio (con una casa nelle Fian-dre). Sono numerose le nostre attività: ab-biamo un seminario a Verrua Savoia (Tori-no), una casa editrice, il Centro Librario So-dalitium, che ha pubblicato numerosi titoli eedita quattro riviste (Sodalitium, Il BuonConsiglio, Opportune importune e, ultimonato, L’Albertario) e, a volte con la collabo-razione di alcuni centri culturali (Il Federici

Vita dell’Istituto

Il 4 dicembre del 2001 Silvio Berlusconi (con la Kippàin testa) si è recato nella sinagoga di Roma per una ve-

glia di preghiera (La Stampa 5/12/2001).

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a Rimini, lo Zanarini a Bologna, sezione delprecedente, L’Albertario a Milano, Gli ami-ci di Sodalitium a Roma), promuoviamo nu-merosi convegni o conferenze un po’ in tuttele città d’Italia. Nell’ultima pagina della pre-sente rivista, potrete vedere in quali localitàci rechiamo, regolarmente, a celebrare laSanta Messa, secondo il rito, in lingua latina,promulgato da Papa San Pio V (quelloovunque celebrato prima della rivoluzioneliturgica del 1969). Quanti di voi vivono nonlontano da queste città avranno la possibilitàdi incontrare così un nostro sacerdote, in oc-casione di un suo passaggio per la celebra-zione della Messa. Per i giovani (bambini oadolescenti), organizziamo campi di vacanzasecondo il metodo della Crociata Eucaristi-ca e la pedagogia salesiana; per gli adulti,diamo dei corsi di Esercizi Spirituali, in Ita-lia e ancor di più in Francia, secondo il me-todo di Sant’Ignazio. Infine, una Associazio-ne Mater Boni Consilii ha come scopo l’aiu-to ai bisognosi e la pratica delle opere di mi-sericordia. Siamo cattolici, apostolici, roma-ni; di fronte però alla crisi aperta dal Conci-lio Vaticano II, sosteniamo che il nuovo in-segnamento conciliare, come pure le riformecanoniche, liturgiche e disciplinari sussegui-te al Concilio, sono in contraddizione conl’insegnamento infallibile e irreformabiledella Chiesa. Ne segue che non possiamo ri-conoscere l’Autorità di chi ha promulgatoqueste riforme: la Sede apostolica è formal-mente vacante, e lo sarà fino a che gli occu-panti della Sede apostolica non tornerannoalla professione pubblica e integra della Fe-de (è questa la Tesi difesa dal defunto PadreM.L. Guérard des Lauriers, religioso dome-nicano e teologo tomista, già docente allaPontificia Università Lateranense a Roma).Al seguito di tutta la scuola sociale cattolica,alla quale diede grande impulso Papa LeoneXIII, riconosciamo nella “giudeo-massone-ria” (l’espressione è di Mons. Jouin, tantevolte lodato dai Papi Benedetto XV e PioXI) il principale avversario della Chiesa nel-la sua opera di evangelizzazione del mondoe di salvezza delle anime: l’Istituto promuo-ve degli studi su questo fenomeno, e su tuttigli errori e le eresie avversi alla Chiesa. Chidesidera saperne di più, può prendere con-tatto con la nostra rivista.

Seminario San Pietro Martire. Il 14 set-tembre, festa dell’Esaltazione della SantaCroce, i nostri seminaristi sono rientrati a

Verrua, dove, dal 16 al 21 settembre, hannoseguito gli Esercizi Spirituali dati da donMurro e don Giugni. Il 21 settembre è arri-vato a Verrua – non senza peripezie – FrèreJoseph-Marie, benedettino di Faverney. InFranca Contea, infatti, e più precisamente aFaverney, esiste da vent’anni un prioratobenedettino fondato da Padre Pierre Ter-rier. Nel n. 36 della sua Lettre aux amis etbienfaiteurs (14 settembre 2002), raccoman-da alle preghiere dei suoi lettori Frère Jo-seph-Marie che si reca in Italia per prosegui-re i suoi studi preparatori al sacerdozio. Nel-lo stesso numero, Padre Terrier prende po-sizione in favore della tesi sulla Sede aposto-lica formalmente vacante. Il 24 settembre,quindi, sette seminaristi (sei del quarto annoe uno del terzo) hanno ripreso gli studi nelseminario San Pietro Martire.

Nuovi membri dell’Istituto. Non solo ilseminario, ma anche l’Istituto è cresciuto dinumero. Il 15 agosto, festa dell’Assunzione,a Raveau, don Murro ha ricevuto nell’Istitu-to la signorina Elisabeth Langlet. Al termi-ne degli Esercizi succitati, invece, don Ri-cossa ha ricevuto nell’Istituto don Ugo Ca-randino, della Casa San Pio X, di San Marti-no dei Mulini (Rimini).

La casa di Verrua… è sempre stata una“fabbrica di San Pietro”, e continua ad es-serlo! I muratori hanno cominciato la co-struzione della biblioteca nei locali adibitiuna volta a fienile; oltre alla biblioteca, do-

Don Carandino entra nell’Istituto il 21 settembre a Verrua Savoia

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vremmo ricavare qualche camera per i semi-naristi, gli ospiti o gli esercitanti. La ripara-zione di un muro e di un portone d’ingresso– che minacciavano il crollo – è stata effet-tuata in ottobre da muratori benevoli, aiquali va la nostra riconoscenza. Grazie Mi-chel, Christian, Philippe e Vincent! Infine,una triste notizia per chi conosce la nostracasa: è morto Pluto, il nostro cane da guar-dia (dopo 11 anni di servizio…), che ci hafatto compagnia per tanti anni.

Italia. I fedeli romagnoli hanno effettua-to due pellegrinaggi parrocchiali: il primo èstato domenica 18 agosto, recandosi a Sas-socorvaro (PU) per venerare le reliquie diSan Valentino e a Montecerignone (PU),davanti all’urna del corpo del Beato Dome-nico Spadafora; il secondo invece è avvenu-to domenica 22 settembre al santuario dellaSanta Vergine di Carbognano (RN). Il 28settembre si è svolta una simpatica riunionea Cassana, vicino Ferrara. Si sono incontratio conosciuti nuovi e vecchi amici di Riminie di Ferrara, guidati da don Carandino edon Ricossa, che ha tenuto un’istruzionespirituale sul fine della vita. Lo spirito si èrinfrancato con la recita del Rosario, il cor-po… con una cena fra amici. RingraziamoSabrina Baroni, che ha organizzato la gior-nata. Sabato 19 ottobre, si è svolto il con-sueto pellegrinaggio per gli emiliani e i ro-magnoli alla Madonna di San Luca, il San-tuario che sovrasta (e protegge) Bologna.Abbiamo onorato il mese del Rosario reci-tando le tre corone sulla strada del Santua-rio. Davanti al Duomo di Milano il 19 otto-bre, don Giugni ha concluso con una pre-

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ghiera una manifestazione pubblica, invi-tando a seguire l’esempio dei crociati e de-gli insorgenti contro le milizie napoleoni-che; la giornata era organizzata da “Padaniacristiana” e dai “Volontari verdi”, per lapreservazione dell’identità cattolica dellacittà (cf La Padania, 20/21 ottobre 2002, pp.1 e 8). Naturalmente Don Giugni non con-corda – come non concorda tutto l’Istituto –con l’infelice espressione di una chiesa am-brosiana “autonoma da quella romana”, so-stenuta in quell’occasione dall’on. Borghe-zio (ibidem, p. 8). Anche il quotidiano co-munista L’Unità ha parlato (male! – ed èbuon segno…) di questa manifestazione(l’Unità 20/10/2002).

L’Istituto e la stampa. Il n. 213 di Orion(giugno 2002) pubblica un intervento di donCurzio Nitoglia e una “breve risposta” diMaurizio Murelli. In questo numero di Soda-litium potete leggere la replica di don Nito-glia a Murelli. La Padania del 13 luglio 2002ha riportato la posizione dell’Istituto a ri-guardo della nomina di Mons. Tettamanzi al-la guida della diocesi di Milano. Su Casalec-chio News, don Ugo Carandino è stato inter-vistato da Alessandro Ori e Giulio Nesi (n. 8,ottobre 2002, p. 7). Il 40° anniversario delConcilio ha dato occasione di parlare anchedella tesi “sedevacantista”. Della “coerenza”di questa tesi parla Messori sul Corriere dellaSera del 21 ottobre (p. 35). Raimondo Gatto,sulla Padania, scrive da parte sua: “Questaasserzione di Gesù [Mt XVI, 15-18], da un la-to costituisce la massima garanzia che il magi-stero perenne della Chiesa cattolica, escluso ilVaticano II, non può ingannare né essersi in-gannato, dall’altro solleva dubbi sull’autoritàodierna che sostiene palesemente l’opposto”(18 ottobre 2002, p. 17). Il Resto del Carlinodel 5 ottobre 2002 (p. III) segnala la presenzaa Ferrara – oltre della Fraternità San Pio X -anche del nostro Istituto. Il bollettino Gloireà Marie (15 settembre 2002, pp. 3-5) intervie-ne sulla questione dibattuta del “Segreto diLa Salette”, prendendo le distanze dall’Isti-tuto. Gloire à Marie ammette che la Chiesa siè ripetutamente pronunciata al proposito,ma ritiene che le condanne del Sant’Uffiziosiano da considerarsi abrogate dopo il decre-to della Sacra Congregazione per la Dottrinadella Fede del 14 ottobre 1966 (sotto PaoloVI, pertanto).

Hanno parlato dell’Oratorio San Grego-rio Magno di Rimini il Corriere di Rimini

Lavori di ricostruzione del portoncino a Verrua Savoia

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del 15 luglio, nell’articolo “Un giorno tra sa-cro e profano” e La Voce della Romagnadel 2.9.2002 nell’articolo “Due giorni inten-si, fra cerimonie e ricordi”. Don Carandinoè stato intervistato il 4 settembre (sull’im-migrazione) e il 2 ottobre (sulla battaglia diLepanto) da Radio Padania Libera; il 25 ot-tobre durante un’intervista a Tele Padaniaha parlato di islamismo. Due articoli di donCarandino, sulla questione dei Crocifissi ne-gli edifici pubblici, sono stati pubblicati sula Padania del 1° e del 31 ottobre.

Sodalitium. Il quotidiano di VittorioFeltri, Libero (25 luglio 2002, pp. 1 e 35), se-gnala ai propri lettori “un foglio clandestinoo quasi, Sodalitium, rivistina sinceradell’omonimo Centro Librario. Realtà catto-licissima – aggiunge l’autore dell’articolo,Alberto Mingardi – eppure (loro direbbero:proprio per questo) critica, ipercritica neiconfronti della Chiesa post-conciliare”. L’ar-ticolo di Sodalitium che ha suscitato l’inte-resse del recensore è quello di don UgolinoGiugni su Guareschi e il Concilio, pubblica-to sull’ultimo numero dell’edizione italianadella nostra rivista. Una bella recensionedell’ultimo numero di Sodalitium è statapubblicata dal Sole delle Alpi sul numero del24 agosto. L’Ultima Crociata (n. 9, novem-bre 2002), in un bell’articolo di Italo Merli,fa riferimento alla copertina dell’ultimo nu-mero di Sodalitium (la statua dell’Immacola-ta fucilata dai soldati israeliani a Betlemme).

Centro Librario Sodalitium. La prestigio-sa Rivista di studi politici internazionali (n.275 – 3/2002, luglio-settembre, p. 513) ha se-gnalato la riedizione, da parte del nostroCentro Librario, del classico saggio del Laza-

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re su L’antisemitismo, nonché (sul n. 276 –4/2002, p. 689) l’opera di don Nitoglia, L’eso-terismo. Il C.L.S. ha ripubblicato per contodel “Centro Studi Davide Albertario” il libro“In prigione in nome di Gesù Cristo”, scrittanegli anni trenta da Mons. Pecora (nipote diAlbertario), che ripercorre mirabilmente lavita e l’attività di Don Albertario. Il nostroCentro assicura anche la diffusione dei nume-rosi lavori di don Nitoglia (pubblicati pressoaltri editori), recensiti in questo numero.

Attività estive. Dall’8 al 22 luglio, si èsvolto il campo San Luigi Gonzaga dellaCrociata Eucaristica. La vita quotidiana èquella della preghiera, incentrata sulla Messae la Santa Eucaristia, e del gioco. Vi sono poile giornate “speciali”: quest’anno la mattina-ta di adorazione eucaristica il sabato 13, ilpellegrinaggio alle reliquie di Santa MariaMaddalena a Vezelay l’11, la visita al castellodi Saint-Fargeau il 16, la marcia coi messagginella foresta della Certosa di Bellary il 18, in-fine la veglia finale e la recita teatrale dome-nica 21 luglio. È dal 1991, data dell’ordina-zione di don Giugni che ne prese subito ladirezione, che si svolgono ogni anno i campidella Crociata Eucaristica dell’Istituto.

Alcuni bambini del campo S. Luigi Gonzaga a Raveaumentre cantano alla veglia finale

Foto di gruppo del campo estivo per i bambini dellaCrociata Eucarsitica

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la flotta cristiana ferma nelle acque di Lepan-to l’invasione turca. Oggi l’Italia e l’Europasi trovano dinnazi a una nuova invasioneislamica. Come affrontarla?” L’incontro eraorganizzato dal Circolo territoriale di Loano(SV) di “Alleanza nazionale”, e l’oratore èstato presentato dal prof. Giampaolo Stra-della. Il 12 ottobre a Brembate (BG) donUgolino Giugni ha parlato di “Famiglia cri-stiana di fronte all’Islam: quale futuro?” as-sieme all’on. Carolina Lussana (LN) e Da-niele Belotti consigliere alla Regione Lom-bardia (LN). L’incontro era organizzato dal-la locale sezione della Lega Nord. Don UgoCarandino ha parlato l’11 novembre alla bi-blioteca provinciale “De Meis” di Chieti sultema: “La Rivoluzione contro la Cristianità”;la conferenza era organizzata da “AmiciziaCristiana” e presentata da Marco Solfarelli,presidente dell’associazione. Il 16 novembrea Motta Visconti (PV) don Ugolino Giugniè intervenuto al convegno “Matrimoni misti:i figli quale futuro” organizzato da l’Associa-zione “Donne di Milano”, parlando di “La

Dall’otto al ventisei luglio si è svolto ilcampo San Giuseppe, organizzato dalle suo-re di Cristo-Re, avente come cappellanodon Murro. Quest’anno le ragazze italiane,francesi, belghe si sono ritrovate a Chante-louve, nei pressi del Parco Nazionale desEcrins, per trascorrere insieme delle bellegiornate tra passeggiate, giochi, canti e conl’immancabile pellegrinaggio a La Salette,per pregare la Madonna, riconciliatrice deipeccatori. L’ultimo giorno gli abitanti diChantelouve hanno voluto ascoltare alcunicanti (di montagna, folcloristici e religiosi)eseguiti dalle nostre campeggianti sulla piaz-za vicino il Municipio, essi sono anche inter-venuti alla tradizionale veillée finale.

Ad inizio agosto, sulle montagne sa-voiarde, al colle della Croix Fry, vicino adAnnecy, si è svolto il campo S. Francesco diSales: la piccola truppa - una decina di ra-gazzi, don Cazalas e tre seminaristi - non siè fatta scoraggiare dai capricci del tempo. Igiorni di sole si andava in montagna, i gior-ni di pioggia erano invece dedicati alle visi-te; quali Annecy sede episcopale di S. Fran-cesco di Sales, musei… per conoscere la vitadel Santo, o la storia della Savoia, la manie-ra di vivere in montagna di una volta e lafauna alpina. Ogni sera, c’era una piccolaconferenza di argomento religioso: la pre-ghiera, le obiezioni contro la Chiesa, i finiultimi, la situazione attuale della Chiesa,ecc. tutto utile per riflettere e fare delle do-mande. Fuori dall’ordinario è stato il “parc-aventure” di Thônes, un vero percorso diguerra sospeso agli alberi. L’ultimo giorno(il 13 agosto) un pellegrinaggio al santuariomariano della Savoia, la Bénite-Fontaine:due ore di marcia per arrivare e celebrarvila S. Messa. Il giorno dopo c’è stato il ritor-no a casa, stanchi ma contenti, ed anchesorpresi del bene ricevuto durante questidieci giorni. Grazie ai savoiardi che hannoaiutato ed in particolar modo ai signori Pe-tit. All’anno prossimo, alla stessa epoca, seDio vuole!

Conferenze. Il 21 luglio, a Raveau, donRicossa ha tenuto una conferenza per gliamici della regione sul tema: “Le n. 48 deSodalitium (avril 1999!) en question. Pour-quoi ai-je parlé d’Apocalypse, du Secret deLa Salette et de la ‘prophetie’ de Saint-François?”. La sera del 7 ottobre (festa dellaMadonna del Rosario e delle Vittorie), donRicossa ha parlato sul tema: “7 ottobre 1571:

CENTRO STUDI DAVIDE ALBERTARIO

LA S.V. È INVITATA AL CONVEGNO CHE SI TERRÀ

SABATO 14 DICEMBRE 2002 ALLE ORE 15,PRESSO LA SALA DEGLI AFFRESCHI – VIA VIVAIO 1 MILANO

Don Davide Albertario: un giornalista lombardo,un sacerdote cattolico in manette.

Nei cento anni dalla morte

Relatori:DOTT. ENRICO ELLI, consigliere provinciale: saluti eintroduzione del convegno.DON FRANCESCO RICOSSA, direttore della rivistaSodalitium: Integrismo e intransigentismo cattolicoin Italia dall’unità al Vaticano II.DON UGOLINO GIUGNI, assistente spirituale del“Centro Studi Davide Albertario”: Don Albertarioprofilo biografico.DOTT. ANDREA ROGNONI, “Direttore del Centro dellaCultura Lombarda di Busto Arsizio”: L’opera gior-nalistica di don Albertario.Moderatore: PIERGIORGIO SEVESO, segretario del“Centro Studi Davide Albertario”.

CON IL PATROCINIO DI:

L Alberta rioSupplemento di Sodalitium N. 3/2002 - giugno 2002 - Sped. a.p. art 2 comma 20/c, Legge 662/96 - D.C./D.C.I. Asti

“Sodalitium” Loc. Carbignano, 36 - 10020 Verrua Savoia (To) Tel. 0161.839.335 Fax 0161.839.334

Novembre 2002Organo ufficiale del Centro Studi Davide Albertario

Per informazioni: Centro Studi Davide Albertario via Vivarini 3, 20141 MilanoTel. 0161.839.335 - 333.732.91.77 Fax 0161.839.334 - email: [email protected]

GRUPPO LEGA NORD PADANIA

PROVINCIA DI MILANO

n° 2

Il secondo numero de“L’Albertario” nuovo supplemento di Sodalitium

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tradizione italiana e i matrimoni misti”. Gliinterventi degli altri oratori sono stati:l’Avv. Simona Norrieri (Il diritto difamiglia), Zaira Galli (La mediazione fami-liare: risorsa familiare nelle complessità fami-liari), moderatrice è stata la sig.ra Clara Mo-dena. Lo stesso giorno, a Lione, in Francia,don Murro ha intrattenuto i suoi ascoltatorisul tema: “La nouvelle Messe, qu’en pen-ser?”. Il 23 novembre a Bologna, Don Ri-cossa ha parlato dei quarant’anni del Conci-lio, in un incontro organizzato dal “C.S. Fe-derici” e dal “Centro Librario Sodalitium”dal titolo: “1962-2002: 40 anni dopo il Conci-lio Vaticano II”.

“Centro studi Giuseppe Federici”: ilCentro studi ha tenuto un gazebo il 15 set-tembre alla festa della Lega Nord a Vene-zia; il quotidiano Il Gazzettino ne ha parlatoin un’articolo del 16 settembre.

Il 5 ottobre ha organizzato un convegnoa Rimini sul tema: “Lepanto, 7 ottobre 1571:la vittoria della Cristianità”. È stato letto unmessaggio di saluto inviato dall’on. Federi-co Bricolo, e sono poi interventi don Ugoli-no Giugni (“San Pio V, il Papa di Le-panto”), il prof. Zanpolo da Corte dei Santi(“Lepanto: crocevia della Storia”) e Loren-zo Busi (“Per una nuova Lepanto”).

Sempre a Rimini si è tenuto un conve-gno il 9 novembre sul tema: “Dal Risorgi-mento al Mondialismo”, con la presentazio-ne della IIª edizione del libro di Piero Rag-gi: “La Nona Crociata: i volontari di Pio IXin difesa di Roma (1860-1870)”, con l’inter-vento di Piero Raggi (“L’eroismo dei Ponti-fici a Mentana”) e di don Carandino (“Re-gnare Christum nolumus: il Nuovo OrdineMondiale contro la Regalità di Cristo”), econ il dibattito sul tema: “Dai volontaripontifici alle attuali resistenze antimondiali-ste”, al quale sono intervenuti Paolo Gri-moldi e Stefano Corti (Movimento GiovaniPadani), Pietro Ferrari (Azione Giovani),Alain Quataert (Vlaams Blok Jongeren).

“Centro Studi Davide Albertario”: il 24ottobre ha organizzato a Milano, una confe-renza sul tema “Politica bellica U.S.A. in Af-ghanistan e Irak: quello che i mass-media nondicono”; il relatore è stato il Dott. MauroBottarelli, giornalista ed autore di numerosilibri di geopolitica. Domenica 24 novembredon Ugolino Giugni, in qualità di assistentespirituale del centro Studi, è intervenuto adun importante convegno per il centenario di

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Don Albertario, che si è svolto a Filighiera(PV) paese dove egli era nato. Ricordiamoche don Albertario sarà commemorato dal“CSDA” con un convegno a Milano (patro-cinato anche dalla Regione Lombardia e dal-la Provincia di Milano), sabato 14 dicembrepresso la sala degli Affreschi di via Vivaio 1,alle ore 15. Segnaliamo infine che dal mesedi ottobre il “Centro Studi Davide Al-bertario” pubblica una piccola rivista “L’Al-bertario”; chi fosse interessato a riceverlapuò richiederla (Centro Studi Davide Alber-tario, via Vivarini 3, 20141 Milano, Tel.0161.839.335, Fax 0161.839.334;[email protected]).

Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio. “Aquesti Esercizi in solitudine per altro io vivotroppo affezionato, mentre da essi riconoscola prima conversione e la risoluzione di la-sciare il mondo” (Sant’Alfonso). Come sem-pre l’estate è la stagione più propizia perpraticare gli Esercizi. Abbiamo avuto nume-rosi esercitanti alla Maison Saint-Joseph, dal1 al 6 luglio 2002 (25 persone: 14 signore e11 uomini), agli Esercizi dati da don Murroe don Ricossa. A Raveau, sono stati predi-cati due turni di esercizi da don Murro e donGiugni: dal 29 luglio al 3 agosto per sette si-gnore, e dal 5 al 10 agosto per sette uomini.A Verrua Savoia, don Nitoglia e don Ricos-sa hanno dato anch’essi due turni di esercizi:dal 19 al 24 agosto per sei signore e dal 26 al31 agosto per sette uomini. Mentre a Verruavenivano dati gli Esercizi femminili, allaMaison Saint-Joseph don Giugni e don Ca-zalas davano gli Esercizi a tredici uomini. Ilmese di settembre è spesso dedicato agliesercizi delle religiose, dei sacerdoti e dei se-

Gli esercizi spirituali a Serre-Nerpol predicati nel mese di Luglio

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minaristi, prima che inizi un nuovo annoscolastico. Quest’anno gli esercizi per leSuore di Cristo Re si sono svolti, nella lorocasa madre, dall’otto al sedici settembre, esono stati dati da don Murro, don Ricossa edalla Madre Superiora; quelli per i seminari-sti di Verrua Savoia (ed altri ospiti della ca-sa, più don Carandino della Casa San Pio X)dal 16 al 21 settembre, sotto la direzione didon Murro e don Giugni. Dal 16 al 20 otto-bre don Cazalas ha predicato gli esercizi dirientro alle allieve della Maison Saint-Jo-seph. Il primo novembre a Raveau donMurro e don Giugni hanno predicato unagiornata di ritiro per tutti coloro che hannogià fatto gli Esercizi Spirituali: malgrado lastagione inoltrata, sono stati molto numerosii fedeli che sono venuti dalle regioni vicine elontane (anche da Lione) per ristorare spiri-tualmente le loro anime.

Anniversari. Il 6 luglio 2002, alla MaisonSaint-Joseph, don Murro ha celebrato laMessa da requiem in suffragio dell’anima diPadre Vinson, fondatore delle Suore di Cri-sto Re, nel terzo anniversario della sua mor-te. Una nota lieta: il 29 giugno, donAnthony Cekada ha festeggiato a Cincinnati(Ohio) i sui 25 anni di sacerdozio; Sodali-tium rivolge al confratello americano il tra-dizionale augurio: ad multos annos!

Battesimi. Il 21 settembre don Murro habattezzato Louis Gatté, figlio dei coniugiBenoît e Clarisse Gatté a Hyères in Francia.Lo stesso giorno don Giugni ha battezzato aSerre Nerpol Josepha Louis.

Prime comunioni. Domenica 7 luglio2002, alla Maison Saint-Joseph (Serre-Ner-pol) ha ricevuto la prima comunione Caroli-ne Montcharmont, dalle mani di don Ricossa.

Defunti. Come abbiamo preannunciatonello scorso numero, domenica 9 giugno2002 è deceduta nell’ospedale della SS. An-nunziata di Ponte a Niccheri (Firenze) laProfessoressa Liliana Balotta. Era stata rico-verata il lunedì precedente per una emboliapolmonare, dopo aver assistito per l’ultimavolta alla Santa Messa, celebrata da don Ri-cossa, ed aver ricevuto la santa Comunione.

Con la Professoressa Balotta scompareuno dei personaggi più noti – in Italia – delmovimento cattolico che si è opposto al Va-ticano II. Fedele della prima ora (partecipòai Pellegrinaggi romani dei primi anni settan-ta) fu per lunghi anni l’infaticabile segretariadella sezione fiorentina dell’associazione

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Una voce dicentes e la redattrice dell’omoni-mo bollettino. L’esperienza acquisita all’Uni-versità di Padova, dove fu l’organizzatrice dinumerosissimi concerti ed incontri culturalicon gli artisti e i poeti più rappresentativi, sidimostrò utilissima quando si trattò di ripete-re l’esperienza a Firenze, questa volta in dife-sa della Fede. Fu la Professoressa Balotta, adesempio, a propiziare la venuta a Firenze diMons. Lefebvre il 15 febbraio 1975, quandoil prelato tenne la famosa conferenza duran-te la quale definì il nuovo messale “la Messadi Lutero”, ed il giorno seguente celebrò laMessa solenne nella Basilica di San Lorenzo(allora retta da Mons. Setti). Omelia dellaMessa e conferenza furono pubblicati in se-guito a cura di Una Voce Firenze nell’opu-scolo denominato appunto “La Messa di Lu-tero”: l’indirizzo era quello della Professores-sa Balotta, in via Brandini 30.

Padre Barbara a Verrua Savoia nel 1994, bacia le manidi don Cazalas il giorno della sua

Ordinazione sacerdotale

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Marco Winckler, avvenuta il 4 agosto. Mar-co Winckler fu, su richiesta di Mons. Gué-rard des Lauriers, il primo traduttore infrancese della nostra rivista.

Il 10 ottobre, nella sua casa di rue desOiseaux, a Tours, fedelmente assistito daSuor Marie-Bernadette e dalla di lei sorellaMyriam Malré, è deceduto piamente il R.P.Noël Barbara, che a Natale avrebbe com-piuto 92 anni. Avremo modo di parlare alungo – in una prossima occasione - di padreBarbara, che fu uno dei capofila della “resi-stenza” cattolica al Vaticano II e al neo-mo-dernismo. Ricordiamo per ora la sua vici-nanza al nostro Istituto, che ce lo rende carocome amico e benefattore insigne. Vicinan-

Nel 1985, quando lasciammo la Frater-nità San Pio X, la professoressa Balotta nonesitò a prendere la nostra difesa, invitandocia celebrare nella sua ospitale casa fiorenti-na, come abbiamo fatto fino alla sua morte.Questa decisione le costò molto, non solo acausa dell’affetto che provava per Mons. Le-febvre, ma anche dell’isolamento che seguìla sua scelta.

Affrontò la prova con il coraggio che nonle mancava, e che era forse un’eredità dellafamiglia. Nata a Firenze il 1 dicembre 1917 ebattezzata nella festa di S. Barbara nel Duo-mo cittadino, Liliana Balotta ebbe infatti ot-timi esempi in famiglia, che annovera ancheun Cardinale (il Patriarca di Venezia Trevi-sanato) ed un Santo (il sacerdote Don Vin-cenzo Grossi). Il padre, generale d’Artiglie-ria, ed il fratello, si dimisero dall’esercito do-po la proclamazione della Repubblica, dimo-strando inconsueta fortezza d’animo. La ma-dre, di una stimata famiglia di Incisa Valdar-no, era di fede profonda. Entrambi i genitori,poi, avversarono le prime riforme che per-turbarono la Chiesa agli inizi degli anni ’60.La figlia non aveva che da seguire il loroesempio, e lo fece da vera “artigliera”. Il 12giugno, secondo le sue volontà, i suoi funera-li sono stati celebrati da don Ricossa (aiutatoda don Carandino) nella cappella di LoroCiuffenna, e le sue spoglie riposano nellacappella della famiglia Falorni all’Incisa. Cimancherà moltissimo.

Ferrara è stata particolarmente colpitada lutti dolorosi in questi ultimi mesi, con lamorte dei genitori di tanti nostri amici nellefamiglie Ferretti, Checchi, Moschetta e Fab-bri. In particolare ricordiamo il signor Giu-seppe Moschetta, mancato a Ferrara il 17agosto dopo aver ricevuto da don Ricossa iSanti Sacramenti (il 19 successivo ne ha ce-lebrato i funerali don Carandino), e il signorLuigi Fabbri, che è stato chiamato a Dio il17 settembre successivo, munito anche lui ditutti i sacramenti. Sodalitium fa le sue piùsincere condoglianze alle famiglie così dura-mente provate. Il 6 settembre, a Milano, èmorto dopo una lunga malattia Eugenio Ta-magnini. Don Ricossa e don Giugni gli ave-vano amministrato tutti i sacramenti. L’Isti-tuto è vicino, in questo particolare momen-to, alle famiglie Tamagnini e Dini.

Abbiamo ricevuto dalla figlia, MadameFrancine Muel, una lettera che ci annuncia-va la triste notizia della morte del padre,

La prof.ssa Liliana Balotta (a destra) insieme a MonsLefebvre a Firenze il 15/02/1975 quando il prelato definì

la nuova messa “La Messa di Lutero”.

Sotto: il 16 febbrario del 1975 Mons Lefebvre tienel’omelia durante la Messa solenne nella Basilica

di San Lorenzo (allora retta da Mons. Setti)

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za innanzi tutto dottrinale. Padre Barbarainfatti, dopo essere stato per lungo tempo ilpunto di riferimento dei sedevacantisti asso-luti (chiamati appunto in quegli anni “bar-baristi”) corresse poi coraggiosamente lasua posizione abbracciando pubblicamentela Tesi di Cassiciacum sulla Sede formal-mente ma non materialmente vacante. Do-po aver preso contatto col nostro Istituto findalla sua nascita, si recò a Verrua quattroanni di seguito (dal 1991 al 1994) per dare aisacerdoti e ai seminaristi gli Esercizi Spiri-tuali. Per lunghi anni fu l’unico sacerdote inFrancia, con don Delmasure e don Petit, achiedere la collaborazione del nostro Istitu-to, collaborazione che si concretizzò con lapresenza di un nostro sacerdote a Tours per5 anni, fino all’ottobre del 2001 (don Caza-las dal 1996 al 1999, don Giugni dal 1999 al2000, don Ercoli dal 2000 al 2001). Il consi-glio di Padre Barbara non fu estraneo allafruttuosa collaborazione che si è instauratain seguito con Padre Vinson, anche lui, co-me Padre Barbara, un vecchio Padre di Cha-beuil. Ricordiamo pure che, chiudendo lepubblicazioni della gloriosa rivista Fortsdans la Foi, Padre Barbara invitò tutti i suoilettori e abbonati a vedere in Sodalitium lacontinuazione della sua opera. Molti sono idebiti di riconoscenza che il nostro Istitutoha accumulato verso il Padre, e molti sono idebiti di tutti i cattolici verso chi, fin dal1968, prese la difesa della Fede contro l’ere-sia modernista. Padre Barbara ha ricevutogli ultimi sacramenti dalle mani di don Gué-pin; il Parroco di Steffeshausen, don Scho-onbroodt, ne ha celebrato le esequie il 14 ot-tobre. Don Murro e don Cazalas erano pre-senti, in rappresentanza di tutti i membridell’Istituto, mentre a Verrua è stata cantatauna solenne messa di Requiem il 12 dellostesso mese.

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Vi ricordiamo che Sodalitium nonpuò vivere senza le vostre offerte!

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Padre Barbarà in una foto degli anni ‘70 durante unaconferenza a Roma organizzata da Civiltà cristiana

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L’Istituto Mater

Boni Consilii,

la rivista Sodalitium

e la Casa S. Pio X

augurano ai loro

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Adorazione dei magi (Vasari 1511-1574)Abbazia di Scolca Rimini

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ITALIA: Verrua Savoia (TO) CASA MADRE.Istituto Mater Boni Consilii - Località Car-bignano, 36. Tel. 0161.83.93.35. Nei giorni fe-riali, S. Messa alle ore 7,30. Tutte le domeni-che S. Messa ore 18,00. Benedizione Eucari-stica tutti i venerdì alle ore 21.

San Martino dei Mulini (RN). CASA SAN PIO X.don Ugo Carandino - Via Sarzana 86. Per gliorari domenicali e feriali telefonare allo0541.758.961, Fax 0541.757.231.

BELGIO: Dendermonde. Mons. Geert Stuyver:Kapel O.L.V. van Goede Raad (cappella N.S. del Buon Consiglio) Koning Albertstraat146 - 9200 Sint-Gillis Dendermonde. Messatutte le domeniche alle ore 9,30. Tel. (e Fax):(+32) (0) 52/38 07 78

FRANCIA: Mouchy Raveau 58400 - La Charitésur Loire. Per ogni informazione telefonare:(+33) 03.86.70.11.14.

ALTRE SS. MESSEITALIA

Bologna: la 2ª domenica del mese, alle ore11,30; la 4ª domenica del mese, alle ore 17,30.Per informazioni Tel. 0541.758.961

Ferrara: Chiesa S. Luigi, via Pacchenia 47, Alba-rea. S. Messa tutte le domeniche alle ore 17,30.Per informazioni Tel. 0161.839.335.

Loro Ciuffenna (AR): Fattoria del Colombaio,str. dei 7 ponti. S. Messa la 1ª domenica delmese alle ore 17,30. Per informazioni Tel.0161.839.335.

Maranello (MO): Villa Senni, strada per Fogliano.S. Messa tutte le domeniche alle ore 11, salvo la2ª domenica del mese S. Messa alle ore 9. Perinformazioni Tel. 0161.839.335.

Milano: Oratorio S. Ambrogio, via Vivarini 3. S.Messa tutte le domeniche alle ore 11. Perinformazioni Tel. 0161.839.335.

Roma: Oratorio S. Gregorio VII, via Pietrodella Valle 13/b. S. Messa la 1ª, la 3ª e la 5ªdomenica del mese, alle ore 11. Per informa-zioni Tel. 0161.839.335.

Pescara: S. Messa 2ª domenica del mese alle ore18,30 Per informazioni Tel. 0541.758961.

Rimini: Oratorio San Gregorio Magno, via Mo-lini 8. S. Messa tutte le domeniche e festivi al-le ore 11. Per informazioni Tel. 0541.758961

Rovereto TN: S. Messa la 3ª domenica del mese.Per informazioni Tel. 0161.839.335.

Torino: Oratorio del S. Cuore, Via Thesauro3 D. Tutte le domeniche S. Messa cantata alleore 9,00; S. Messa letta alle ore 11,15; S. Mes-sa il primo venerdì del mese alle ore 18,15.Per informazioni Tel. 0161.839.335.

Valmadrera (CO): Via Concordia, 21 - S. Messala lª e la 3ª domenica del mese. Per informazio-ni Tel. 0341. 58.04.86.

FRANCIAAnnecy: 11, avenue de la Mavéria. S. Messa la 2ª

e la 4ª domenica del mese alle ore 10, Tel.:(+33) 04.50.09.04.67.

Cannes: N.D. des Victoires, 4, rue Fellegara. S.Messa la 2ª e 4ª domenica del mese alle ore 18.

Lione: (2ème) 17, cours Suchet. S. Messa la 2ª e la4ª domenica del mese alle ore 17, Tel.: (+33)04.77.33.11.24.

Lilla: S. Messa la 1ª e la 2ª domenica del mese alleore 17. Per ogni informazione: Mons. GeertStuyver in Belgio.

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