I ALL UFFICIO C.R.P. ASTI - Sodalitium · smo, da parte di Joseph Ratzinger, esatta-mente come il...

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Anno XXVI n. 3 - Maggio 2010 - Sped. a. p. - art. 2 - comma 20/c, Legge 662/96 - Filiale di Asti - Organo ufficiale del Centro Librario Sodalitium - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) Tel. +39.0161.839.335 - Fax +39.0161.839.334 - IN CASO DI MANCATO RECAPITO, RINVIARE ALLUFFICIO C.R.P. ASTI PER RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A CORRISPONDERE LA RELATIVA TARIFFA Tassa Riscossa - Taxe Perçue. ASTI CPO N. 64 visita la sinagoga di Roma... visita il tempio luterano di Roma… è insieme agli scismatici orientali... continua i colloqui con i lefebvriani… Benedetto XVI IL PUZZLE ECUMENICO prega nella moschea… dialoga con gli anglica- ni…

Transcript of I ALL UFFICIO C.R.P. ASTI - Sodalitium · smo, da parte di Joseph Ratzinger, esatta-mente come il...

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    visita la sinagoga di

    Roma...

    visita il tempio

    luterano diRoma…

    è insiemeagli scismaticiorientali...

    continua i colloqui con i lefebvriani…

    Benedetto XVI

    IL PUZZLE ECUMENICO

    prega nella moschea…

    dialogacon glianglica-ni…

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    EEddiittoorriiaallee

    “Il Reno si getta nel Tevere”. Cosìintitolava la copertina del suo nu-mero 59 la nostra rivista, ripren-dendo un’opera sul Vaticano II di PadreWiltgen. Nel 1967, Padre Wiltgen volevaesprimere il fatto che le dottrine liberali eprotestanti dei paesi del Reno si erano get-tate – col Vaticano II – nelle acque romanee cattoliche del Tevere. Mi venne in mentequell’espressione non solo perché JosephRatzinger è originario di uno di quei paesibagnati dal Reno, la Germania, e durante ilConcilio fu teologo del cardinale Frings edesponente di spicco dell’ala modernista alConcilio, ma anche perché impressionatodalle immagini che ritraevano BenedettoXVI a Colonia, proprio sul Reno, mentre sirecava alla Sinagoga della città tedesca.

    Da allora, gli avvenimenti si sono succe-duti, ed abbiamo visto lo stesso BenedettoXVI passare il Tevere per recarsi alla Sina-goga di Roma.

    In questo lasso di tempo, il teologo checontribuì al trionfo del Modernismo nel-l’aula conciliare, sta mettendo in praticacon costanza e fedeltà il medesimo pro-

    gramma di allora, come egli stesso ha d'al-tronde dichiarato fin dal giorno successivoalla sua elezione. Vediamo i punti salientidi questo programma conciliare.

    Innanzitutto, Ratzinger non ha correttoma ha anzi portato avanti – fedele a questanuova ortodossia e nuova tradizione conci-liare – il ddiiaallooggoo iinntteerrrreelliiggiioossoo approvatodal Concilio nella dichiarazione NostraÆtate. Non è stato sconfessato “lo spirito diAssisi”, come lo dimostrano tra l’altro le vi-site compiute da Ratzinger alle moscheemaomettane come alle sinagoghe israelite.Questo numero di Sodalitium si soffermeràsu quest’ultimo episodio.

    “Sodalitium” Periodico - n° 64, Anno XXVI n. 3/2010

    EEddiittoorree Centro Librario Sodalitium

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    DDiirreettttoorree RReessppoonnssaabbiillee don Francesco RicossaAutorizz. Tribunale di Ivrea n. 116 del 24-2-84

    SSttaammppaa: - Alma Tipografica Villanova M.vì. Questo numero della rivista

    è stato chiuso in redazione il 12/05/2010

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    In copertina: gli incontri interreligiosi di Bene-detto XVI con i rappresentanti degli ebrei, deglianglicani, dei luterani, dei lefebvriani, musulma-ni e scismatici orientali.

    Editoriale pag. 2Riconosciuti i Tradizionalisti (anglicani) pag. 4Il discorso di Joseph Ratzinger alla Sinagoga di Roma pag. 10Un “profeta” modernista. Il testamento di don Primo Vannutelli pag. 14Mons. Gherardini, Vaticano II ed ermeneutica della continuità pag. 23Appunti per lo studio della Sacra Scrittura (e, in genere, delle altre scienze ecclesiastiche) pag. 31Il mito di Ipazia pag. 36Giovanni XXIII e Carl J. Burkchardt. Riceviamo e pubblichiamo. pag. 40Recensioni pag. 43Vita dell’Istituto pag. 47

    � SSoommmmaarriioo

    Il dialogo interreligioso appro-vato dal Concilio nella dichiara-zione Nostra Aetate. Non è sta-to sconfessato “lo spirito di As-sisi”, come lo dimostrano le vi-site compiute da Ratzinger allemoschee maomettane come al-le sinagoghe israelite

  • In secondo luogo, Ratzinger ha confer-mato e persino accelerato il mmoovviimmeennttooeeccuummeenniiccoo nato nel protestantesimo, con-dannato dall’enciclica Mortalium animos diPapa Pio XI, e fatto proprio dal VaticanoII. Dopo l’iniziale entusiasmo (degli ecu-menisti, naturalmente) detto movimentoera entrato in un lungo periodo di stanca,se non di crisi, minato da interminabili in-contri e discussioni che non approdavano anulla, mentre il nome cristiano tendeva ascomparire sempre più nel nostro mondosecolarizzato. L’ancor breve governo (difatto) di Joseph Ratzinger sembra averlo ri-vitalizzato con abbondanti iniezioni di “tra-dizione”. Non parliamo certo della divinaTradizione rivelata da Dio, incompatibilecon l’eresia ecumenista, ma di un certo qualpan-tradizionalismo che Joseph Ratzingersembra prediligere rivolgendo le sue atten-zioni ecumeniche all’ala tradizionalista de-gli Anglicani, alle pretese “chiese ortodos-se”, in primis quella Russa, e all’ala destradel protestantesimo, ovvero la “chiesa” lu-terana, basandosi sull’“accordo” siglato (econtinuamente da lui ricordato) sulla Giu-stificazione, che pretende mettere d’accor-do Lutero e il Concilio di Trento, il diavoloe l’acqua santa (cf Sodalitium, n. 48, p. 48).La visita di domenica 14 marzo al tempioluterano di Roma (che, come il tempiomaggiore ebraico, è una conseguenza dellalibertà religiosa imposta alla Roma papaledai cannoni della breccia di Porta Pia), visi-ta compiuta sulle orme di Wojtyla, il qualea sua volta si recò nel tempio luterano sulleorme di Lutero, consacra questa aperturaai luterani. Per concludere, l’ecumenismoratzingeriano si estende anche – e logica-mente – ai “tradizionalisti” cattolici dellaFraternità San Pio X: il motu proprio sullaMessa cattolica definita “rito straordinario”dell’ordinario rito modernista, la levata del-le scomuniche ai vescovi lefebvriani, l’iniziodel dialogo ecumenico con la FraternitàSan Pio X, inserisce ufficialmente dettaFraternità nel movimento ecumenico ed as-sicura a quest’ultimo una vigorosa cura ditradizionalismo; una sola condizione: che laverità venga considerata solo più come unaopinione.

    Infine, Ratzinger ha elaborato in manie-ra compiuta, per quel che riguarda i rap-porti tra lo Stato e la Chiesa che il Concilioaffrontava nella dichiarazione Dignitatis

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    humanæ personæ, la dottrina della llaaiicciittààppoossiittiivvaa, che vede nella separazione totaletra Stato e Chiesa teorizzata dai fondatoridegli Stati Uniti nel XVIII secolo, e primaancora dai Padri Pellegrini, il modello ed ilregime ideale da applicare ovunque. LoStato non deve riconoscere la sola unicavera religione, ma deve proteggerle e pro-muoverle tutte. Per lo Stato, la religionenon è più un nemico da combattere – comenel laicismo giacobino – ma una beneficainfluenza da promuovere, anche qui ad unasola condizione: che nessuna religione pre-tenda, almeno nella vita pubblica e nell’or-dinamento giuridico, essere la sola vera re-ligione: l’unico, vero, grande nemico delnuovo laicismo, è l’INTEGRALISMO!Quello islamico, certo, ma anche quellocattolico, se mai cercasse di farsi sentire.

    Chiamiamo le cose col loro nome: Rat-zinger sta applicando – volens nolens,scienter vel non – il programma di quellache Mons. Jouin, approvato da Pio XI,chiamava la GGiiuuddeeoo--mmaassssoonneerriiaa..

    E questo, anche, nelle sue aperture allaTTrraaddiizziioonnee.. Di questo può stupirsi solo chinon conosce il MMooddeerrnniissmmoo; crede esso diaver trionfato con il Vaticano II, in realtà,il modernismo ha già perso, perché è la ne-gazione della Verità. Ha già perso, perchéla Chiesa lo ha condannato con l’enciclicaPascendi. Ha già perso, perché un cancropuò certo distruggere e autodistruggersi,ma non edificare. A noi il compito di noncedere alle sirene conservatrici di chi vuoleconservare il modernismo, per non esserecoinvolti nella sua inevitabile rovina.

    Due momenti dellavisita di BenedettoXVI alla sinagoga

    di Roma

  • Riconosciuti i tradizionalisti(anglicani)

    don Francesco Ricossa

    Dopo il motu proprio SummorumPontificum e la susseguente levatadelle scomuniche – passi concordaticoi quattro vescovi della Fraternità San PioX – tutti si attendevano una rapida soluzio-ne del cosiddetto “caso Lefebvre” median-te la costituzione di un Ordinariato perso-nale che avrebbe permesso alla FraternitàSan Pio X e alle altre società a lei collegatedi esercitare il proprio ministero in “pienacomunione” con Benedetto XVI e indipen-dentemente dai vescovi diocesani, mante-nendo la liturgia e la disciplina tradizionalidella Chiesa. Non sono mancate le critiche(da parte degli ultramodernisti) o gli ap-plausi (da parte di molti “tradizionalisti”cattolici) a Benedetto XVI, considerato eglistesso – per queste sue decisioni – un “tra-dizionalista” o perlomeno un simpatizzantedella Tradizione.

    Il “caso Williamson”, e le pressioni del-le comunità ebraiche, hanno ritardato larealizzazione del cosiddetto “accordo” tragli eredi di Mons. Lefebvre e quelli di Pao-lo VI, impegnati attualmente in una serie didiscussioni ed incontri ecumenici sui puntidolenti del Vaticano II. Ma se un Ordina-riato “tradizionalista” si fa attendere, un al-tro, anch’esso “tradizionalista” è arrivatoinvece alla meta. È il fratello gemellodell’altro, il modello è lo stesso, ed entram-bi gli “Ordinariati personali” sono consa-crati a dei tradizionalisti: ma quelli arrivatiper primi non sono dei “tradizionalisti cat-tolici” ma dei “tradizionalisti”… anglicani!

    CCoonn llaa CCoossttiittuuzziioonnee AAppoossttoolliiccaa ““AAnnggllii--ccaannoorruumm ccœœttiibbuuss”” ((AACC)),, ddaattaattaa 44 nnoovveemm--bbrree 22000099,, BBeenneeddeettttoo XXVVII hhaa iinnffaattttii aaccccoollttoollee ddoommaannddee cchhee,, ffiinn ddaall 22000077,, ggllii aavveevvaannoorriivvoollttoo ggllii aanngglliiccaannii ddeellllaa TTAACC ((TTrraaddiittiioonnaallaanngglliiccaann CCoommmmuunniioonn)) ppeerr ““eennttrraarree nneellllaappiieennaa ccoommuunniioonnee ccoonn llaa CChhiieessaa”” ((ssiicc)).. Nonsi tratta della prima iniziativa al proposito:di già nel 1980, sotto Giovanni Paolo II, adesempio, la Congregazione per la dottrina

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    della Fede allora diretta dal card. Seperaveva riconosciuto con un testo comune-mente conosciuto come Pastoral provisionla possibilità di accogliere gruppi di anglica-ni nella Chiesa, dando loro la possibilità dimantenere alcuni elementi della liturgia an-glicana e della disciplina della “chiesa” an-glicana (1). Ma proprio il confronto tra Pa-storal provision di Giovanni Paolo II e An-glicanorum cœtibus di Benedetto XVI met-te in rilievo il passo avanti… nell’ecumeni-smo, da parte di Joseph Ratzinger, esatta-mente come il M.p. Summorum Pontificum– sempre di Ratzinger – è stato un passoavanti nell’ecumenismo coi lefebvriani ri-spetto alle prime timide aperture di Gio-vanni Paolo II con la concessione dell’In-dulto e la costituzione della commisioneEcclesia Dei. Le aperture di BenedettoXVI agli anglicani – speculari a quelle cheoffre ai lefebvriani – dovrebbero far capiremeglio il significato – perfettamente ecu-menico ed in linea col Vaticano II – delMotu proprio Summorum Pontificum edelle aperture ratzingeriane ai “tradiziona-listi” cattolici. È quello che cercherò dimettere in rilievo esaminando la Costitu-zione Apostolica Anglicanorum cœtibus(AC).

    Una “costituzione” fondata sui “principiecclesiologici” del Vaticano II

    Anglicanorum cœtibus inizia ricordandoi “principi ecclesiologici” su cui si fonda: so-no questi i principi degli estensori della Co-stituzione, e a questi principi si stima cheaderiscano gli anglicani che hanno fatto ap-pello a Benedetto XVI. Ora, questi principinon sono quelli della Chiesa Cattolica, maquelli, erronei, del Vaticano II.

    Il Papa è presentato come colui che “hail mandato di garantire l’unità dell’episcopa-

    Dottrina Se un Ordinariato “tradizionali-sta” si fa attendere, un altro,anch’esso “tradizionalista” è ar-rivato invece alla meta. Ma quelliarrivati per primi non sono dei“tradizionalisti cattolici” ma dei“tradizionalisti”… anglicani!

  • to e di presiedere e tutelare la comunioneuniversale di tutte le Chiese” (LG 23, Com-munionis notio 12, 13): nessuna menzionedel suo Primato di giurisdizione su tutta laChiesa, ma solamente alla Collegialità epi-scopale (di cui cf la critica in Sodalitium n.59 pp. 18-49). La Chiesa stessa è “il sacra-mento, ossia il segno e lo strumento dell’inti-ma unione con Dio e dell’unità di tutto il ge-nere umano.” (LG 1), unità che non vedia-mo come si realizzi. Persino i battezzati so-no divisi ma per AC e il Concilio « ogni di-visione fra i battezzati in Gesù Cristo è unaferita a ciò che la Chiesa è e a ciò per cui laChiesa esiste; infatti “non solo si opponeapertamente alla volontà di Cristo, ma è an-che di scandalo al mondo e danneggia la piùsanta delle cause: la predicazione del Vange-lo ad ogni creatura” (UR 1). Proprio perquesto, prima di spargere il suo sangue perla salvezza del mondo, il Signore Gesù hapregato il Padre per l’unità dei suoi discepo-li. (UR 2) »: non precisa, AC, che la pre-ghiera di Cristo è già esaudita, poiché laChiesa è una, e questa unità non è diminui-ta dallo “scandalo” della divisione ma sem-mai avversata da quello dell’eresia e delloscisma, di cui sono colpevoli solo eretici escismatici, e non genericamente tutti i “bat-tezzati”. Secondo AC la Chiesa di Cristonon è la Chiesa Cattolica ma sussiste nellaChiesa Cattolica («L’unica Chiesa di Cristoinfatti, che nel Simbolo professiamo una,santa, cattolica e apostolica, “sussiste nellaChiesa Cattolica governata dal successore di

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    Pietro, e dai Vescovi in comunione con lui,ancorché al di fuori del suo organismo sitrovino parecchi elementi di santificazione edi verità, che, quali doni propri della Chiesadi Cristo, spingono verso l’unità cattolica.”(LG 8, UR 1, 3, 4; Dominus Jesus, 16») rin-novando quegli errori conciliari che abbia-mo già analizzato (cf Sodalitium n. 62 p.34). Grazie a questi “elementi di santifica-zione e verità”, gli anglicani sono dichiaratiessere stati “in comunione imperfetta” conla Chiesa cattolica, secondo un altro capo-saldo della ecclesiologia conciliare.

    Riassumendo questo capitolo: BenedettoXVI è mosso dai “principi ecclesiologici”ecumenisti del Vaticano II; gli anglicani sonoinvitati ad aderire a detti principi, il che pos-sono fare senza soverchia difficoltà, giacchédetti principi vengono dall’ecumenismo dimarca protestante. Essi non aderiscono alladottrina del Concilio Vaticano I, neppuremenzionata, ma alla neo-dottrina ecumenicadi Lumen Gentium e Unitatis redintegratio.

    Né abiura, né professione di Fede; basta ilcatechismo (del Vaticano II)

    D’altronde, non ci è dato sapere a cosacredano e a cosa viene chiesto di credereagli anglicani della TAC o di gruppi simila-ri. Pastoral provision fu una risposta alle ri-petute domande rivolte da alcuni gruppiepiscopaliani che si separarono nel 1976dalla “chiesa” episcopaliana, rifiutando leordinazioni femminili. Anglicanorum cœti-bus a sua volta è una risposta a quegli an-glicani che non hanno accettato le ordina-zioni di donne e di omosessuali dichiaratifatte dalla loro “chiesa”. In questo, senzadubbio, la loro opinione coincide con la Fe-de cattolica; ma certamente non basta rifiu-tare l’ordinazione di donne o di omosessua-li dichiarati per essere cattolici. La conver-sione alla Chiesa Cattolica ha sempre im-plicato un’abiura degli errori finora abbrac-ciati, e la professione di fede cattolica. Do-po il Vaticano II, e particolarmente in AC,non vi è richiesta di abiura, né professionedi fede. L’unica allusione al riguardo si tro-va al punto I §5 ove viene detto:

    “Il Catechismo della Chiesa Cattolica èl’espressione autentica della fede cattolicaprofessata dai membri dell’Ordinariato”.

    A parte la bizzarria di trasformare un ca-techismo – per autorevole che possa essere –

    L’arcivescovo eretico Thomas Cranmer

  • in “espressione autentica della fede cattoli-ca” (2), non sarà inutile precisare che a ri-guardo di questo testo (espressione anch’es-so della neo-dottrina del Vaticano II) nonviene chiesto giuramento o atto pubblico diadesione. Eppure la TAC dice anche e scri-ve che il proprio riferimento dottrinale sitrova nei 39 articoli di fede della comunioneanglicana (39 eresie) che la detta TAC, co-me tutti gli anglo-cattolici esperti in ambi-guità, pretende interpretare e conciliare colcattolicesimo, e quindi anche, per loro, colcatechismo post-conciliare.

    È triste pertanto constatare che Bene-detto XVI e AC rappresentano un notevolepeggioramento persino rispetto alla Pasto-ral provision di Giovanni Paolo II. In queldocumento, infatti, era stabilito che:

    [“2) A profession of faith (with appro-priate additions to address the points onwhich there is divergence of teaching bet-ween the Anglican Communion and the Ca-tholic Church) is to be made personally byall (ministers and faithfuls) as a conditio si-ne qua non”]

    Una professione di Fede (con opportuneaggiunte riguardanti i punti di divergenzatra l’insegnamento della Comunione Angli-cana e quello della Chiesa Cattolica) fattapersonalmente da tutti (ministri di culto e fe-deli) è una condizione sine qua non.

    Ora, secondo AC, tale professione diFede non è più richiesta e neppure menzio-nata, né per i singoli né per il gruppo angli-cano che chiede di usufruire della AC. Jo-seph Ratzinger, successore del card Seperalla Congregazione per la Dottrina dellaFede, non ignora certo questo documento,ed ha voluto pertanto scientemente annul-lare quella che, ancora sotto il suo prede-cessore, era considerato una condizione in-dispensabile.

    Un Ordinariato personale (oggi per gli an-glicani, domani per i lefebvriani)

    La struttura giuridica che AC propone eoffre agli anglicani è quella dell’Ordinaria-to personale. Questo vuol dire che essiavranno a loro capo un Ordinario (vescovoo no) che di fatto (3) esercita una giurisdi-zione episcopale sui fedeli che ne fannoparte indipendentemente dal Vescovo resi-denziale. Come vedremo, a questi Ordina-riati – che equivalgono a delle Diocesi e

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    possono erigere delle parrocchie, anch’esse“personali” - è accordato anche di mante-nere la propria liturgia e disciplina.

    È noto che tale soluzione è esattamentela stessa che viene attualmente proposta al-la Fraternità San Pio X, ed è simile a quellarealizzata di già nella diocesi di Camposper gli eredi (infedeli) di Mons. De CastroMayer. Dovrebbe però essere piuttosto im-barazzante a chi vuol essere integralmentecattolico essere paragonato agli anglicani, epensare che nella “Chiesa” che riconosceJoseph Ratzinger anglicani e cattolici tradi-zionalisti saranno due navate laterali di unamedesima cattedrale modernista.

    Un altro paragone viene immediatamen-te alla mente: quella ““CChhiieessaa AAnngglliiccaannaa uunnii--ttaa mmaa nnoonn aassssoorrbbiittaa”” preconizzata dal mo-naco modernista ecumenista Lambert Beau-duin durante i colloqui di Malines (1921-26)tra anglicani e cattolici che furono sconfessa-ti da Papa Pio XI e portarono all’enciclica dicondanna del movimento ecumenico Morta-lium animos. (Cf gli Atti della “Giornata diCristo Re” di Modena per gli anni 2008 e2009 [in preparazione], presso la nostra casaeditrice). Dom Beauduin progettava unaChiesa Anglicana che si univa alla Cattolicasenza esserne assorbita, mantenendo cioè lasua propria disciplina canonica, la sua pro-pria liturgia, la sua autonomia dall’episcopa-to cattolico inglese, prendendo come model-lo le Chiese orientali. Egli dimenticava, ovoleva dimenticare, che dette chiese orienta-li, rifiutando lo scisma, tornavano alla situa-zione ad esso precedente, e pertanto a una

    Il re poligamo Enrico VIII è all’origine della “chiesa” anglicana

  • liturgia e una disciplina comunque cattolica.La “chiesa” anglicana come tale, invece, na-sce dallo scisma e dall’eresia, e il suo casonon può essere minimamente paragonato aquello delle chiese orientali.

    Il “patrimonio spirituale e liturgico” angli-cano: clero sposato e liturgia protestante

    Come tutti sanno, lo scisma anglicanofu imposto ad una nazione un tempo catto-lica dal re Enrico VIII (anche) per assecon-dare i proprio disordini. Ben presto, lo sci-sma divenne eresia, adottando il calvini-smo, grazie all’arcivescovo di Canterbury,Cranmer. La “chiesa” anglicana nascedall’eresia e vive nell’eresia. Eppure, per gliecumenisti del Vaticano II essa avrebbe insé degli “elementi di santificazione e di veri-tà”. Non si tratta solo di ciò che appartienein proprio alla Chiesa Cattolica e che glianglicani detengono illegittimamente (co-me la Scrittura o il Battesimo): per i Conci-liari alcuni elementi di santificazione e diverità sono propriamente anglicani e nonsono presenti nella Chiesa Cattolica, percui quest’ultima sarebbe arricchita dalla“tradizione spirituale” degli eretici. Insom-ma, gli anglicani diventerebbero cattolicirestando – almeno in parte – anglicani. Incosa poi consistono queste ricchezze spiri-tuali? Sostanzialmente nella liturgia angli-cana, nel governo sinodale (e democratico)della loro chiesa, nell’abolizione del celiba-to ecclesiastico. Ben miserabile “ricchez-za”, ereditata dall’eresiarca Cranmer!

    Cranmer e San Pio V sullo stesso piano (unpo’ sotto a Montini e Bugnini)

    Si è fatto un gran parlare del Motu pro-rio Summorum Pontificum di BenedettoXVI che avrebbe dato libertà alla MessaRomana (detta di San Pio V). Cosa dire al-lora della C. ap. Anglicanorum cœtibus chedà diritto di città al Book of Common pra-yer dell’arcivescovo calvinista Cranmer?(utilizzato anche dai “tradizionalisti” dellaTAC). Ecco quanto scrive AC:

    “III. Senza escludere le celebrazioni li-turgiche secondo il Rito Romano, l’Ordina-riato ha la facoltà di celebrare l’Eucaristia egli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e lealtre azioni liturgiche secondo i libri liturgicipropri della tradizione anglicana approvati

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    dalla Santa Sede, in modo da mantenere vi-ve all’interno della Chiesa Cattolica le tradi-zioni spirituali, liturgiche e pastorali dellaComunione Anglicana, quale dono preziosoper alimentare la fede dei suoi membri e ric-chezza da condividere”.

    Innumerevoli martiri cattolici diedero lavita tra atroci torture per fedeltà alla Messae per rifiutare il Book of Common prayeranglicano. Ed ecco che, grazie a Ratzinger,scopriamo che il medesimo Book of Com-mon prayer che origina da Cranmer è “undono prezioso per alimentare la fede” e una“ricchezza da condividere”. L’eresia angli-cana è diventata la “tradizione anglicana”;la sua liturgia, che serviva a veicolare dettaeresia, è un “dono prezioso per alimentarela fede” da mantenere vivo… nella ChiesaCattolica! La cosa non stupisce in JosephRatzinger, il quale celebra quotidianamentesecondo il rito di Paolo VI che, come è statoampiamente dimostrato, ricalca l’eresia li-turgica anglicana di Cranmer (4). Ma si ren-dono conto i lefebvriani, ed ancor più quei“tradizionalisti Ecclesia Dei” che si diconoriconoscenti a Benedetto XVI e al Motuproprio, che sono messi sullo stesso pianodegli anglicani, e che la Messa Romana, laMessa Cattolica, la Messa di San Leone, diSan Gregorio, di San Pio V, viene messasullo stesso piano del rito ereticale di un ar-civescovo apostata morto giustamente sulrogo? Inutile chiederselo, giacché non si so-no accorti (o fingono di non accorgersi) chela Messa Romana era già messa sullo stessopiano (anzi, un gradino più in giù, come rito“straordinario” e occasionale) della “mes-sa” ecumenica di Padre Bugnini e Paolo VI,il cui rito è probabilmente meno “cattoli-co”, comunque, di certe liturgie anglicane.

    Il Book of Common Prayer in due edizioni, un’antica e una recente

  • Un arricchimento spirituale: i preti (?)sposati

    Ma le ricchezze spirituali della chiesa an-glicana da trapiantare assolutamente inquella cattolica (?) (5) non si esauriscono inun rito liturgico calvinista camuffato da cat-tolico. L’arcivescovo Cranmer, come il mo-naco Lutero, non esitò ad attentare sacrile-gamente il matrimonio violando i suoi votied imponendo in Inghilterra, forte del brac-cio secolare del Re divorziato, il matrimoniodei preti (che però, a causa dell’invaliditàdelle ordinazioni anglicane, scomparveroben presto lasciando il posto a dei simulacridi preti e vescovi). Tale (in)disciplina, inau-dita nella Chiesa Latina – rimasta fedele, alcontrario degli Orientali, alla TradizioneApostolica – (6) si vorrebbe ora ammettere –secondo i desiderata dei modernisti antichied attuali, tra i quali l’immancabile card.Martini ed il collega di Vienna il quale forseper atavici ricordi sogna magari un sacerdo-zio ereditario di padre in figlio – grazie alle“ricchezze” della tradizione anglicana.

    Prima del Concilio, se non erro, la San-ta Sede aveva autorizzato – in dei singolicasi – l’accesso al sacerdozio di ministriprotestanti convertiti al cattolicesimo, an-che se già coniugati, dispensando dall’ob-bligo del celibato; il caso fu comunque pre-visto dalla Sacerdotalis cœlibatus di PaoloVI (7). Si trattava però di casi isolati e desti-nati a non perpetuarsi. Pastoral Provision(II, 3 e III, 3) nel 1980, prevedeva la (ri)or-dinazione del clero episcopaliano (anglicanistatunitensi) caso per caso; potevano even-tualmente essere ordinati sacerdoti, ma nonvescovi, dei soggetti sposati, e in caso di ve-dovanza non potevano risposarsi; infine, e

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    soprattutto, il futuro clero doveva assoluta-mente osservare la legge del celibato comein tutto il resto della chiesa latina:

    II. 3) Discipline: (a) To married Episco-palian priests who may be ordained Catholicpriests, the following stipulations will apply:they may not become bishops; and they maynot remarry in case of widowhood. (b) Futu-re candidates for the priesthood must followthe discipline of celibacy. (c) Special caremust be taken on the pastoral level to avoidany misunderstanding regarding theChurch’s discipline of celibacy.

    Quest’ultima disposizione è estrema-mente importante, giacché l’eccezione am-messa per facilitare il ritorno del clero an-glicano era destinata a non perpetuarsi, e ilcelibato sacerdotale era, almeno a parole,severamente prescritto, come ricorda purela Dichiarazione In June (8).

    Anche in questo caso AC va oltre. Eccole prescrizioni al proposito:

    “VI. § 1. Coloro che hanno esercitato ilministero di diaconi, presbiteri o vescovi an-glicani, che rispondono ai requisiti stabilitidal diritto canonico e non sono impediti dairregolarità o altri impedimenti, possono es-sere accettati dall’Ordinario come candidatiai Sacri Ordini nella Chiesa Cattolica. Per iministri coniugati devono essere osservate lenorme dell’Enciclica di Paolo VI Sacerdota-lis cœlibatus, n. 42 e della Dichiarazione InJune. I ministri non coniugati debbono sot-tostare alla norma del celibato clericale se-condo il can. 277, §1.

    § 2. L’Ordinario, in piena osservanzadella disciplina sul celibato clericale nellaChiesa Latina, pro regula ammetterà all’or-dine del presbiterato solo uomini celibi. Po-trà rivolgere petizione al Romano Pontefice,in deroga al can. 277, § 1, di ammettere casoper caso all’Ordine Sacro del presbiteratoanche uomini coniugati, secondo i criteri og-gettivi approvati dalla Santa Sede”.

    La porta aperta col § 2 (i nuovi candida-ti al sacerdozio in regola generale, pro re-gula, saranno tenuti al celibato mmaa...... si puòchiedere deroga a questa regola e continua-re a ordinare (?) persone sposate) è poi, senon spalancata, ulteriormente aperta dallenorme complementari:

    “Articolo 6§ 1. L’Ordinario, per ammettere candida-

    ti agli Ordini Sacri deve ottenere il consensodel Consiglio di governo. In considerazione

    Cranmer viene bruciato sul rogo

  • della tradizione ed esperienza ecclesiale an-glicana, l’Ordinario può presentare al SantoPadre la richiesta di ammissione di uominisposati all’ordinazione presbiterale nell’Ordi-nariato, dopo un processo di discernimentobasato su criteri oggettivi e le necessitàdell’Ordinariato. Tali criteri oggettivi sonodeterminati dall’Ordinario, dopo aver con-sultato la Conferenza Episcopale locale, edebbono essere approvati dalla Santa Sede”.

    L’ “ordinazione” di nuovi candidati co-niugati, che pro regula era proibita, diventainvece nelle norme complementari una mes-sa in pratica “della tradizione ed esperienzaecclesiale anglicana” (quella iniziata col sa-crilego e invalido matrimonio di Cranmer,per intenderci; una tradizione eretica); ora,questa tradizione non è un “arricchimento”?Perché quindi si dovrebbe rifiutare una così“tradizionale” domanda? Se “fatta la legge,trovato l’inganno” cosa sarà quando l’ingan-no è nella legge stessa?

    Tuttavia, poiché gli scismatici orientalihanno mantenuto il principio del celibatoalmeno per i vescovi (oltre che per coloroche sono ancora celibi al momento dell’or-dinazione) non si poteva permettere aglianglicani ciò che è severamente proibitodai greci e dai moscoviti. I “vescovi” angli-cani sposati non potranno essere consacrati“Vescovi cattolici”. Ma anche qui, fatta lalegge è trovato l’inganno. Nulla vieta infat-ti, anzi è esplicitamente previsto, che l’Or-dinario possa essere un semplice sacerdote.Quindi, un “già vescovo anglicano” sposatopuò essere nominato Ordinario, esseremembro della Conferenza episcopale, go-vernare una diocesi, portare le insegne epi-scopali… insomma: essere un Vescovo atutti gli effetti (3), seppur solo quanto allagiurisdizione:

    “Articolo 11 delle Norme:§ 1. Un Vescovo già anglicano e coniu-

    gato è eleggibile per essere nominato Ordi-nario. In tal caso è ordinato presbitero nellaChiesa cattolica ed esercita nell’Ordinariatoil ministero pastorale e sacramentale conpiena autorità giurisdizionale.

    § 2. Un Vescovo già anglicano che ap-partiene all’Ordinariato può essere chiama-to ad assistere l’Ordinario nell’amministra-zione dell’Ordinariato.

    § 3. Un Vescovo già anglicano che ap-partiene all’Ordinariato può essere invitatoa partecipare agli incontri della Conferenza

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    dei Vescovi del rispettivo territorio, nellostesso modo di un vescovo emerito.

    § 4. Un Vescovo già anglicano che ap-partiene all’Ordinariato e che non è stato or-dinato vescovo nella Chiesa Cattolica, puòchiedere alla Santa Sede il permesso di usarele insegne episcopali.”.

    L’attuale “Primate” della TAC, JohnHepworth, si trova in difficoltà, però, a cau-sa di un paragrafo dell’art. 6 delle Norme:

    “§ 2. Coloro che erano stati ordinati nel-la Chiesa Cattolica e in seguito hanno aderi-to alla Comunione Anglicana, non possonoessere ammessi all’esercizio del ministerosacro nell’Ordinariato. I chierici anglicaniche si trovano in situazioni matrimoniali ir-regolari non possono essere ammessi agliOrdini Sacri nell’Ordinariato”

    Perché in difficoltà? Perché il capo dellaTAC, per la quale tanto si è prodigato Be-nedetto XVI, rientra proprio in questa ca-tegoria: ex-prete cattolico, si fece anglicanoe si trova per giunta, se non erro, in “situa-zione matrimoniale irregolare”. Come maiallora è così riconoscente verso BenedettoXVI? Possiamo ragionevolmente temereche per lui si troverà – se ne sono trovatetante – una eccezione alla regola.

    Oggi gli anglicani, domani lefebvriani, lute-rani e moscoviti? L’ecumenismo tradizio-nalista di J. Ratzinger è persino più avanza-to di quello di K. Wojtyla

    Ci sarebbe molto altro da dire, ma è oradi concludere. Come cattolici, non possiamoche auspicare il ritorno alla Chiesa e allaFede Cattolica di quanti vivono sventurata-mente nello scisma e nell’eresia. A condi-zione però che si tratti di una vera e autenti-ca conversione. L’ecumenismo modernista– tra le altre gravi mancanze – impedisceproprio questa possibilità. I numerosissimi

    Il “Primate”della TAC,John Hepworth

  • anglicani che nel passato si sono convertitialla Chiesa Cattolica, tornavano veramentealla casa del Padre: ivi trovavano la vera Fe-de, i veri Sacramenti, il Sacrificio, la Gerar-chia, il Primato Papale. Quelli che oggi fug-gono gli eccessi sempre più evidenti del pro-testantesimo in via di decomposizione e cer-cano rifugio guardando alla Chiesa Cattoli-ca, stentano a trovarla, occupata com’è daimodernisti e dal modernismo: ciechi cheguidano altri ciechi, e che cadranno, gli unie gli altri, temo, nella fossa.

    Concluso, per ora, con successo, il dos-sier anglicano, J. Ratzinger potrà occuparsidi quello Luterano (poggiando sulla dichia-razione comune in materia di giustificazio-ne) e moscovita: il clima con gli scismaticied eretici russi – da freddo che era sotto ilpolacco Wojtyla – è divenuto caloroso coltedesco – e molto collegiale – Ratzinger.Alla “Tradizione” anglicana, luterana edorientale si potrà aggiungere infine quella“cattolica” rappresentata nei fatti dallaFraternità San Pio X. I “colloqui” vannoavanti secondo l’ormai sperimentato meto-do ecumenico. Gli amanti di non meglioprecisate tradizioni e di liturgie suggestive esfarzose saranno appagati. I veri cattoliciche vogliono restare fedeli al dogma, inve-ce, saranno ancora più isolati. Umanamen-te parlando, certo, perché Cristo non ab-bandona la sua Chiesa, né permetterà iltrionfo delle porte dell’Inferno su di Essa.

    Note

    1) Il documento chiamato correntemente Pastoralprovision consiste in una lettera del card. Seper all’ar-civescovo di San Francisco, John R. Quinn del 22 lu-glio 1980 (prot. 66/77) con la quale il card. Seper co-municava a Mons. Quinn le decisioni in merito all’ac-coglienza di alcuni gruppi di Episcopaliani (anglicanistatunitensi). Queste decisioni erano state prese dallaS.C. per la Dottrina per la Fede nella sessione ordina-ria del 18 giugno 1980 e confermate da Giovanni Pao-lo II nell’udienza concessa al Cardinale Prefetto il 20giugno successivo. Anglicanorum cœtibus fa riferimen-to anche alla Dichiarazione in proposito della medesi-ma Congregazione denominata In June del 1 aprile1981 (Ench. Vat. 7,1213; testo italiano in OsservatoreRomano 1 aprile 1981, traduzione francese in Docu-mentation Catholique n. 1807, p. 433).

    2) Che tali non furono mai considerati il Catechi-smo di San Pio X o il Catechismo Romano ai parroci,detto del Concilio di Trento.

    3) “Di fatto”, cioè nelle intenzioni di BenedettoXVI. Secondo la “Tesi di Cassiciacum”, che facciamonostra, né Benedetto XVI né i Vescovi in comunionecon lui godono della giurisdizione episcopale.

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    4) Cf M. DAVIES, La réforme liturgique anglicane,Clovis, 2004. L’edizione originale in inglese dell’operadi Michael Davies data del 1976.

    5) La situazione presente della Chiesa cattolicadopo il Vaticano II pone dei problemi ecclesiologicinon comuni. Il card. Benelli, ripreso polemicamenteda Mons. Lefebvre e questi da molti sedevacantisti,parlò di una “Chiesa Conciliare”. In questo caso, glianglicani della TAC non sarebbero entrati a far partedella Chiesa Cattolica, ma della Chiesa Conciliare. Ilfatto è che, almeno giuridicamente, la Chiesa Concilia-re non esiste, ed i modernisti che occupano le Sediepiscopali, inclusa la Prima Sede, si trovano ancora, al-meno giuridicamente e in foro esterno, “nel seno e nel-le viscere stesse della Chiesa” secondo la celebreespressione dell’enciclica Pascendi. In ogni caso, posti-si nell’obbedienza di Benedetto XVI, gli anglicani del-la TAC partecipano al di lui “scisma capitale”.

    6) Sul celibato ecclesiastico, sul quale si dicono escrivono enormi sciocchezze, consiglio invece l’operadel card. ALFONS M. STICKLER, Il celibato ecclesiastico.La sua storia e i suoi fondamenti teologici, Libreriaeditrice Vaticana, 1994.

    7) AAS 59 (1967) 674.8) “Accogliendo nel clero cattolico il clero episco-

    paliano sposato, la Santa Sede ha precisato che l’ecce-zione alla regola del celibato è accordata in favore diqueste persone individuali e non deve essere intesa co-me se implicasse un cambiamento di pensiero da partedella Chiesa a proposito del valore del celibato sacer-dotale che rimane la regola, anche per i futuri candidatidi questo gruppo”.

    Il discorso di Joseph Ratzingeralla Sinagoga di Roma

    Il 17 gennaio 2010, Benedetto XVI ha in-contrato la Comunità Ebraica al TempioMaggiore di Roma (edificato nel 1904, inseguito quindi alla presa di Roma con laBreccia di Porta Pia, e situato apposita-mente tra il Campidoglio e il Gianicolo inricordo delle vicende “risorgimentali”). Ildiscorso che Joseph Ratzinger ha pronun-ciato in questa occasione è riportato intera-mente da L’Osservatore Romano (18-19gennaio 2010, pp. 4-5; titolo redazionale:Un cammino irrevocabile di fraterna colla-borazione) e adeguatamente commentatodal quindicinale Si si no no, (n. 2 del 31gennaio 2010, pp. 4-6) al quale rinviamo inostri lettori che non mancheranno di rico-noscere lo stile del commentatore.

    Il discorso invece che Joseph Ratzingeravrebbe dovuto rivolgere alla detta Comu-nità, se fosse stato egli veramente e formal-mente Benedetto XVI, ovvero il Vicario diCristo, avrebbe potuto essere quello che

  • Cristo stesso rivolse ai Giudei poco primadella Sua Passione, e che possiamo leggerenel Vangelo (Mt XXI, 33-44; Mc XII, 1-11;Lc XX, 9-18), nota come parabola dei vi-gnaioli omicidi.

    Per evitare inutili doppioni, Sodalitiumrinvia, come detto, i propri lettori al succi-tato articolo di Si si no no (pur prendendole distanze dalla linea di detto giornale).Ricordiamo però alcuni tratti significativi aproposito del “padrone di casa” che ha ri-cevuto J. Ratzinger, ovvero il Rabbino Ca-po di Roma, dott. Riccardo Di Segni.

    Sodalitium infatti si è già occupato piùvolte del suo pensiero, ad esempio nell’arti-colo di don Nitoglia Le Toledoth Jeshu.L’antivangelo ebraico (n. 47), recensendo lariedizione di questo antico libello calunniosocontro N.S. Gesù Cristo curata appunto daDi Segni (R. DI SEGNI, Il Vangelo del ghetto,Newton Compton ed., 1985). La nostra rivi-sta ha poi analizzato l’interessante discorsotenuto dal rabbino Di Segni il 17 gennaio2002 nell’aula del Pontificio Seminario Ro-mano Maggiore di Roma, a proposito delleleggi noachidi (don Ricossa, Parlarsi chiaroper capirsi meglio. I Noachidi e il RabbinoCapo Di Segni, in Sodalitium n. 54). Il Rab-bino Di Segni ritornò sulla questione essen-ziale delle leggi noachidi (anche per i rap-porti tra Cristianesimo e Giudaismo) nell’in-tervento che tenne il 26 maggio 2003 pressoVilla Medici Il Vascello, a Roma, sede delGrand’Oriente d’Italia, in presenza delGran Maestro Raffi (cf Erasmo notizie, Bol-lettino d’Informazione del Grand’Oriented’Italia, n. 11 del 15/06/2003: Il patto noachi-ta). In quella sede – da lui definita “presti-giosa” – il Rabbino Di Segni non mancò diricordare con orgoglio ai noachiti delGrand’Oriente che il proprio padre era affi-liato alla Massoneria (video del discorso del

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    Rabbino ad es. in www.ccsg.it/masson.htm).Per non preferire una loggia all’altra, il Rab-bino Capo si è anche rivolto ai massoni dellaGran Loggia d’Italia degli antichi e accettatimuratori (Piazza del Gesù), a Roma, Palaz-zo Vitelleschi, il 27 ottobre 2006, su invitodel Gran Maestro Danesin. In quell’occasio-ne il Rabbino Capo si è dichiarato contrarioal mantenimento del crocifisso negli edificipubblici. Siamo sicuri che queste notizie, ealtre che si possono facilmente trovare aproposito delle continue prese di posizionedel Rabbino Di Segni a riguardo della Chie-sa Cattolica, possono gettare ulteriore lucesul cammino irrevocabile di fraterna collabo-razione in atto tra la Comunità Ebraica eBenedetto XVI e i suoi collaboratori.

    SodalitiumComunicato del Centro studi Federici

    del 20/1/2010: “Voci”

    11 –– LLAA VVOOCCEE DDEELLLLAA SSIINNAAGGOOGGAARoma, 18 gennaio 2010, visita di Be-

    nedetto XVI alla sinagoga: alcuni brani deidiscorsi tenuti da Riccardo Pacifici (Presi-dente della Comunità Ebraica di Roma),Renzo Gattegna (Discorso del Presidentedell’Unione delle Comunità Ebraiche Ita-liane), Riccardo Shmuel Di Segni (Discor-so del capo Rabbino di Roma). Fonte.http://www.romacer.org/17_01_2010/

    •• EEllooggiioo ddeell rriissoorrggiimmeennttoo Pacifici: Una Comunità che nel corso

    dei secoli ma, soprattutto dopo il 1870, hapotuto dare il proprio contributo alla cre-scita culturale, economica e artistica nonsolo della nostra Città, ma dell’intero no-stro Paese; che ha combattuto per l’unitàd’Italia e ha difeso la Patria nel primo con-flitto mondiale.

    Di Segni: … dopo la libertà conquistatanel 1870.

    •• EEllooggiioo ddeell ssiioonniissmmooPacifici: Per noi ebrei lo Stato d’Israele

    è il frutto di una storia comune e di un le-game indissolubile che è parte fondantedella nostra cultura e tradizione. Un dirit-to, che ogni uomo che si riconosce nellesacre scritture Bibliche sa essere statoassegnato al Popolo d’Israele.

    Gattegna: La nostra generazione, cheè sopravvissuta alla Shoah, e che, poi, ha

    18 gennaio 2010: Benedetto XVI in Sinagoga a Roma

  • avuto la fortuna di vedere realizzata la mil-lenaria aspirazione alla ricostruzione delloStato d’Israele.

    Di Segni: A questo miracolo di soprav-vivenza si è aggiunto il miracolo dell’indi-pendenza riconquistata dello Statod’Israele. Sono passati 24 anni dalla stori-ca e indimenticabile visita di papa Giovan-ni Paolo II in questa Sinagoga. Allora fuforte la richiesta rivolta al Papa dai nostridirigenti di riconoscere lo Stato d’Israele,cosa che effettivamente avvenne pochianni dopo. Fu un ulteriore segno di tempicambiati e più maturi. Lo Stato di Israele èun’entità politica, garantita dal diritto dellegenti. Ma nella nostra visione religiosanon possiamo non vedere in tutto questoanche un disegno provvidenziale. Nel lin-guaggio comune si usano spesso espres-sioni come “terra santa” e “terra promes-sa”, ma si rischia di perderne il senso ori-ginario e reale. La terra è la terra d’Israele,e in ebraico letteralmente non è la terrache è santa, ma è eretz haQodesh la terradi Colui che è Santo …Nella coscienzaebraica questo è un dato fondamentale eirrinunciabile che è importante ricordareche si basa sulla Bibbia alla quale voi enoi diamo, pur nelle differenti letture, unsignificato sacro.

    •• EEllooggiioo ddeell CCoonncciilliioo VVaattiiccaannoo IIII,, ddiiGGiioovvaannnnii XXXXIIIIII ee ddii GGiioovvaannnnii PPaaoolloo IIII

    Pacifici: Giovanni Paolo II, al quale vaun commosso ricordo. (…) Numerosi sonostati i gesti e gli atti di riconciliazione com-piuti dal pontificato di Giovanni XXIII aquello di Giovanni Paolo II. Dalla NostraAetate alla visita che Lei ha compiuto inIsraele e ad Yad Vashem,

    Gattegna: Questa Sua visita alla Sina-goga di Roma si collega strettamente aquella compiuta dal Suo predecessore, Pa-pa Giovanni Paolo II, il 13 Aprile del 1986.Questi due importanti eventi costituisconoattuazione di quel nuovo corso, nei rapportitra ebrei e cristiani, che ebbe inizio 50 annifa e di cui fu promotore Papa GiovanniXXIII, il quale per primo comprese che uncostruttivo dialogo e un incontro in unospirito di riconciliazione, sarebbe potutoavvenire solo su presupposti di pari dignitàe reciproco rispetto. Questi principi sonostati solennemente affermati nella Dichiara-zione Nostra Aetate che, concepita e volu-

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    ta da Papa Giovanni XXIII, fu promulgata il28 Ottobre del 1965 dal Concilio VaticanoII. Da quel momento iniziò a svilupparsi undialogo tra ebrei e cristiani. (…) alla memo-ria di Papa Giovanni Paolo II rendo uncommosso omaggio.

    Di Segni: I tempi evidentemente sonocambiati e ringraziamo il Signore Benedet-to che ci ha portato ad un’epoca di libertà;e dopo la libertà conquistata nel 1870,possiamo, dai tempi del Concilio Vaticano,rapportarci con la Chiesa Cattolica e il suoPapa in termini di pari dignità e rispetto re-ciproco. Sono le aperture del Concilio cherendono possibile questo rapporto; se ve-nissero messe in discussione non ci sa-rebbe più possibilità di dialogo. (… ) Nellavisita a questa Sinagoga, papa GiovanniPaolo II descrisse il rapporto tra ebrei ecristiani come quello tra fratelli.

    •• EEllooggiioo ddeellll’’iimmmmiiggrraazziioonnee iinn IIttaalliiaaPacifici: Rafforzare la cultura dell’acco-

    glienza e della solidarietà, dell’altruismo edella sete di conoscenza dell’altro. Dob-biamo contrastare quelle ideologie xeno-fobe e razziste che alimentano il pregiudi-zio, far comprendere che i nuovi immigrativengono a risiedere nel nostro Continente,per vivere in pace e per raggiungere unbenessere che ha forti ricadute positiveper la collettività tutta.

    •• CCrriittiicchhee aa PPiioo XXIIIIPacifici: Per questo, il silenzio di Pio XII

    di fronte alla Shoàh, duole ancora comeun atto mancato. Forse non avrebbe fer-mato i treni della morte, ma avrebbe tra-smesso, un segnale, una parola di estre-mo conforto, di solidarietà umana, perquei nostri fratelli trasportati verso i caminidi Auschwitz.

    22 –– LLAA VVOOCCEE DDII BBEENNEEDDEETTTTOO XXVVII

    Discorso alla sinagoga di Roma, 17gennaio 2010:

    (…) La dottrina del Concilio Vaticano IIha rappresentato per i Cattolici un puntofermo a cui riferirsi costantemente nell’at-teggiamento e nei rapporti con il popoloebraico, segnando una nuova e significati-va tappa. L’evento conciliare ha dato undecisivo impulso all’impegno di percorrereun cammino irrevocabile di dialogo, di fra-

  • ternità e di amicizia, cammino che si è ap-profondito e sviluppato in questi qua-rant’anni con passi e gesti importanti e si-gnificativi, tra i quali desidero menzionarenuovamente la storica visita in questo luo-go del mio Venerabile Predecessore, il 13aprile 1986, i numerosi incontri che egli haavuto con Esponenti ebrei, anche durantei Viaggi Apostolici internazionali, il pelle-grinaggio giubilare in Terra Santa nell’an-no 2000, i documenti della Santa Sedeche, dopo la Dichiarazione Nostra Aetate,hanno offerto preziosi orientamenti per unpositivo sviluppo nei rapporti tra Cattolicied Ebrei. Anche io, in questi anni di Ponti-ficato, ho voluto mostrare la mia vicinanzae il mio affetto verso il popolo dell’Allean-za. Conservo ben vivo nel mio cuore tutti imomenti del pellegrinaggio che ho avutola gioia di realizzare in Terra Santa, nelmaggio dello scorso anno, come pure itanti incontri con Comunità e Organizza-zioni ebraiche, in particolare quelli nelleSinagoghe a Colonia e a New York.

    Inoltre, la Chiesa non ha mancato dideplorare le mancanze di suoi figli e suefiglie, chiedendo perdono per tutto ciòche ha potuto favorire in qualche modo lepiaghe dell’antisemitismo e dell’antigiu-daismo (cfr Commissione per i RapportiReligiosi con l’Ebraismo, Noi Ricordiamo:una riflessione sulla Shoah, 16 marzo1998). Possano queste piaghe essere sa-nate per sempre! (…)

    (Nostro commento: è particolarmenteinquietante la condanna dell’antigiudai-smo. Il giudaismo del Nuovo Testamentonega la Trinità di Dio e la Divinità di NostroSignore. L’antigiudaismo è quindi la con-seguenza della fede cattolica nella SS.Trinità e nel SS. Redentore).

    Fonte del testo del discorso:http://www.vatican.va/holy_father/be

    nedict_xvi/speeches/2010/january/documents/hf_ben-xvi_spe_20100117_sinagoga_it.html

    33 –– LLAA VVOOCCEE DDEELLLLAA CCHHIIEESSAA

    La predicazione di San Pietro ApostoloIl Dio di Abramo, di Isacco e di Gia-

    cobbe, il Dio dei padri nostri ha glorificatoil suo figliuolo Gesù, che voi metteste inman di Pilato e rinnegaste in faccia a lui,mentr’egli aveva deciso di liberarlo. Sì, voi

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    rinnegaste il Santo e il Giusto, e chiedestevi fosse graziato un omicida. Voi uccide-ste l’autore della vita; ma Dio l’ha risusci-tato dai morti, e noi ne siamo testimoni. …Ma Dio ha così compiuto quel che perbocca di tutti i profeti aveva predetto: do-ver patire il suo Cristo. Ravvedetevi, dun-que, e convertitevi, affinché siano rimessi ivostri peccati. (Atti 3, 13-19).

    Capi del popolo e anziani, vogliateascoltare … sia noto a tutti voi e a tutto ilpopolo d’Israele, che in nome del nostroSignore Gesù Cristo Nazareno, crocifissoda voi e risuscitato da Dio, per lui questoè innanzi a voi sano. Questa è la pietra, davoi edificatori sprezzata, che è divenutapietra angolare. E in nessun altro è salute;perché non c’è sotto il cielo alcun altronome dato agli uomini, dal quale possia-mo aspettarci d’esser salvati (Atti 4, 8-12).

    Il Dio dei padri nostri, ha risuscitatoGesù che voi uccideste appendendolo aun legno (Atti 5, 30).

    LLaa pprreegghhiieerraa ddeell VVeenneerrddìì SSaannttoo ddeell MMiiss--ssaallee RRoommaannuumm

    Preghiamo anche per i perfidi Giudei,affinché Dio Nostro Signore tolga il velodai loro cuori ed anch’essi riconoscanoGesù Cristo, Signore nostro. Dio onnipo-tente ed eterno, che non ricusi dalla tuamisericordia neppure ai perfidi Giudei, de-gnati esaudire le preghiere che ti presen-tiamo per questo popolo cieco, affinchériconoscendo la luce della tua verità, cheè il Cristo, siano liberati dalle loro tenebre(Messale romano, L.I.C.E., R. Berruti e C.,Torino 1936.) (…)

    Per ricevere i comunicati del CSGF scriverea: cceennttrroossttuuddii..ffeeddeerriiccii@@ttiissccaallii..iitt

    wwwwww..cceennttrroossttuuddiiffeeddeerriiccii..oorrgg

    Un momento della visita di Benedetto XVIalla Sinagoga a Roma

  • Un “profeta” modernista. Il testamento di don

    Primo Vannutellidon Francesco Ricossa

    Nessuno, a parte pochi specialisti, ricor-da oggi don Primo Vannutelli, nato aGenazzano il 27 marzo 1885, e morto a Ro-ma, presso i Padri Filippini dell’Oratorio,alla Chiesa Nuova, il 9 aprile 1945. Eppure,in altri tempi, e in altre circostanze, donVannutelli avrebbe potuto accedere alle piùalte cariche ecclesiastiche, come i suoi duezii cardinali, i fratelli Serafino (1834-1915) eVincenzo (1836-1930) (1) Vannutelli, chetanto fecero affinché il loro nipote, che fuallontanato nel 1908 dal Seminario Pio aRoma per “mancanza di vocazione” e nonpiù riammesso malgrado le loro pressioni,fosse nonostante ciò ordinato sacerdote nel1909. Invece semplice sacerdote rimase, fi-no alla morte, anche se “monsignore” (2) estimato esegeta, dopo vent’anni d’insegna-mento al Liceo Visconti di Roma, nei Grup-pi del Vangelo della FUCI all’Università diRoma (3) e numerose pubblicazioni sulla Li-turgia e la Sacra Scrittura. Un’ombra peròpesava su di lui, un episodio ormai dimenti-cato della sua giovinezza sacerdotale, unfuggevole episodio, quando diede la sua col-laborazione, con un articolo sul libro di To-bia, al primo e unico numero della Rivista diScienze delle Religioni. La rivista uscì nelgennaio del 1916, sotto il Pontificato di Be-nedetto XV, ben più comprensivo di quellodi San Pio X nei confronti dei Modernisti,senza le necessarie autorizzazioni ecclesia-stiche, ed attirò subito i sospetti di quei Car-dinali che, un tempo potenti sotto Papa Sar-to, si erano ritrovati a continuar la politicadel suo pontificato nella Suprema Congre-gazione del Sant’Uffizio. In effetti, pur pri-va di direttore, la rivista era opera del sacer-dote Ernesto Buonaiuti, professore di Sto-ria del Cristianesimo nella R. Università diRoma e, quel che più conta, già smaschera-to come capofila dei modernisti italiani. Fucosì che, nella Congregazione generale delmercoledì 12 aprile 1916, gli Em.mi Cardi-

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    nali Merry del Val, De Lai, Van Rossum,Serafini e Billot decisero la condanna dellarivista e, misura più grave, la sospensione adivinis (cioè la proibizione di dir Messa eamministrare i sacramenti) ai sacerdoti co-involti: Buonaiuti, Turchi, Vannutelli, Mot-zo e Fracassini (quest’ultimo subito si defi-lò). La “disgrazia” nella quale fu coinvoltoVannutelli fu di breve durata. Anche perl’intervento ed i buoni uffici del Cardinalesegretario di Stato, Pietro Gasparri, amicodi Buonaiuti, i quattro sacerdoti furono as-solti dalla censura il 13 luglio dello stessoanno. Il cardinal Gasparri aveva preso inmano la questione, togliendola al Sant’Uffi-zio, e dopo aver fatto prestare ai quattro sa-cerdoti un insincero giuramento antimoder-nista nella sua cappella privata, li mandòimmediatamente tutti assolti (4). Se più tardiBuonaiuti fu scomunicato, e Motzo lasciò ilsacerdozio, Turchi si mimetizzò, e del mo-dernismo di Vannutelli non si sentì più par-lare… fino alla sua morte.

    Mentre venivano pubblicati sull’Osser-vatore Romano elogiosi articoli in sua com-memorazione, e si preparavano postume

    Modernismo Prima di morire, don Vannutelliha lasciato scritto un “testa-mento di fede”, intitolato “Dalprofondo”, nel quale lo stimatosacerdote confessava, con unaaccorata testimonianza, di averda lungo tempo perso total-mente la fede cristiana

    Il cardinale SerafinoVannutelli, zio di

    don Primo

  • pubblicazioni dell’esegeta scomparso, inco-minciò a correr voce che, prima di morire,don Vannutelli avesse lasciato scritto un te-stamento spirituale da pubblicare dopo lasua dipartita. Un “testamento di fede”, inti-tolato “Dal profondo”, nel quale lo stimatosacerdote confessava, con una accorata te-stimonianza, di aver da lungo tempo persototalmente la fede cristiana. Lo fa articolan-do il suo pensiero attorno a quattro argo-menti principali: Del mondo – Di Dio – Ge-sù Cristo – La Chiesa. Lo scritto, la cui ulti-ma pagina è datata 3 ottobre 1939, fu affida-to ad un amico, il prof. Gabrieli, nel 1940-41, e da lui quasi integralmente pubblicato(dopo che di esso si ebbero fin da subito va-rie incomplete notizie) solo nel 1978 (5).

    Non è scopo di questo articolo illustrareil pensiero del Vannutelli, anzi sconsiglia-mo vivamente la lettura di questa vera“contro-apologetica”. Né mi propongo dirisolvere il dubbio – che pure mi sono posto– di sapere se cioè, almeno in quel momen-to, il Vannutelli, che mentì tutta la vita, fusincero. Infatti, mentre espone con ognisottile argomento i suoi pensieri contro lafede (eternità del mondo e sua infinità, Dioconcepito come desiderato, e sposo delMondo desiderante, sua eterna sposa; ne-gazione della Trinità, della divinità di GesùCristo e dell’Incarnazione; negazione dellaRivelazione, dell’inerranza della Scrittura edell’infallibilità della Chiesa, negazione deisuoi Sacramenti), don Vannutelli manifestaanche, con accenti sconcertanti, il suo per-sonale “amore” per Dio, per Gesù Cristo,per la Chiesa. Mentì, anche in punto dimorte? Oppure, da perfetto modernista,conciliava in sé stesso l’incredulo e il cre-dente? Quel che è certo, don Vannutelli, daperfetto modernista, realizzò uno dei puntiessenziali del programma modernista: re-stare all’interno della Chiesa Cattolica, percercare di modificarla dall’interno (6).

    Tralasciando tanti interessanti argo-menti sollevati da questo sacrilego testa-mento, propongo solamente al lettore alcu-ne considerazioni che mi sono venute allamente, leggendo le pagine nelle quali l’au-tore prima nega la divinità di Cristo, poi netira le conseguenze riguardo al Giudaismoe all’Islam, infine si propone lo scopo di fa-re accettare questa empia “verità” allaChiesa. Le analogie con lo stato presentedella Chiesa sono impressionanti…

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    Per il sacerdote modernista Gesù non èDio, e la Chiesa potrebbe ammetterlo sen-za rotture col passato

    Dopo aver lodato (a suo modo) la Chie-sa, e a Lei rivolgendosi, don Vannutelli lainvita a cambiar parere sulla divinità di Cri-sto, proponendo un aggiornamento cheresti, a suo parere, oggi si direbbe ratzinge-rianamente, in una ermeneutica dellacontinuità:

    “Come l’uomo, variando la sua età,cambia pensieri e modi, sì che, sseennzzaa rriipprroo--vvaarr ggllii uunnii,, sseegguuee aallttrrii,, e negli anni giovani-li recede dai primi trastulli spensierati, e neimaturi sente placar quegli ardori che giàstrinsero il suo ed altro cuore, e nei senilicerca silenzio, e veste candori presaghi, ccoossììaanncchhee llaa vviittaa ttuuaa,, oo MMaaddrree,, aa cchhii bbeenn llaagguuaarrddaa ttuuttttaa,, sseennzzaa rriinnnneeggaarrssii ss’’iinnnnoovvaa.. Aciascuna età sue cure; ma agli amanti di Diotutto coopera in bene” (op. cit., p. 244)

    Don Primo propone alla Madre (Chie-sa) di innovare senza rinnegare, e l’esempiolo trova nelle età della vita umana, dove alfanciullo succede il giovane, ad esso l’uomomaturo ed il vecchio, sempre restando sè-stesso e sempre mutando. La Madre Chie-sa, quindi, pensa don Vannutelli, può – sen-za rotture, restando sé stessa, mutare pare-re, e questo persino sulla Divinità del SuoFondatore! Ed ecco che fattosi coraggioso,don Vannutelli fa l’empia proposta allaMadre Chiesa. Gesù, il Suo Fondatore, nonè il Verbo, il Logos di Dio.

    “Ora, ecco. Io vorrò scriver in ginocchioqueste parole. Attenti studi, fatti per secoli,da uomini di più nazioni, e tra essi anche dafigli tuoi [i modernisti, n.d.a.] hanno mo-strato che secondo gli Evangeli più antichiGesù ignorò d’esser il ‘logos’ d’Iddio, Diocol Padre, stato prima del mondo. Questi ti-toli Gesù in quei racconti non si dà mai. Fuprofeta grande, servo e figlio di Dio, inviatoad una grande opera, ma men fortunato cheMosé, o Maometto, o Francesco d’Assisi(…). Par bene che Gesù stesso si ritenesseMessia: ma ‘logos’ d’Iddio, Dio col Padre,non si disse mai. In una appassionata pagi-na del Corano, si immagina che l’Eterno,nel dì del Giudizio, chiami anche Gesù:‘Hai mai detto: Prendete per Dei me e miamadre, accanto a Dio unico?’ ‘Per la Tuagloria, no. Come avrei detto ciò che non èvero? (…)” (op. cit., pp. 244-245)

  • Dopo questa professione di Arianesimo,o di Maomettismo, che fa don Primo? Invi-ta il lettore ad abbandonare la Chiesa Cat-tolica? Certo che no, visto che è alla Chiesache egli scrive: “Se dunque fosse vero, o al-meno apparisse a noi certo, che Gesù né sicredé né mai si disse altro che inviato a fon-dare il Gran Regno, che dovremmo fare?Abbandonare la Chiesa e la Croce? Nonadorare più Dio in unione con Gesù? Punirenoi stessi di aver cercato il vero? Dispregiaresuperbamente gli umili fratelli?? (…) NNoo,,nneessssuunnoo aavvrreebbbbee ppiiùù cchhee nnooii iill ddoovveerree ddii rrii--mmaanneerree nneellllaa CChhiieessaa”” (op. cit., p. 245-246)

    E don Primo continua spiegando che re-stano allora due vie: restare nella Chiesaspiegando la “verità” (che Cristo non èDio), oppure mentendo, e inculcando la“falsa” credenza (secondo la quale Cristosarebbe Dio). Ma come fare a portare laChiesa e i suoi fedeli a non credere più inCristo senza smascherarsi, senza farsi cac-ciare dalla Chiesa? Con una serie di accor-gimenti che don Vannutelli elenca…

    Alcuni accorgimenti per far perdere la fedenella divinità di Cristo senza svelare aperta-mente le proprie intenzioni

    “La prima via (quella della sincerità) èdifficile; ma un po’ meno di quanto sembri.Parliamo sempre, e con tutto l’amore, delPadre, a cui la vita e la morte di Gesù con-dusse noi poveri idolatri; al Padre chiediamoamore. Ripetiamo e commentiamo la pre-ghiera insegnata da Gesù, non indirizzando-la ai Santi, ma al Padre: ripetiamo quelle pa-role del quarto Vangelo: ‘Ascendo al Padremio e al Padre vostro, al Dio mio e al Diovostro’. Leggiamo e spieghiamo ampiamenteprofeti e salmi e i tre primi Evangeli. Mo-striamo come tutte quasi le preghiere della li-turgia sono al Padre, pei meriti di Gesù: ri-petiamo la dossologia prenicena ‘Gloria alPadre, per il Figlio, nello Spirito Santo’ oquella di Paolo ‘Gloria a Dio nella Chiesa ein Gesù Cristo’. Sostituiamo all’adorazionedi Gesù quella del Padre con Gesù e per Ge-sù figlio suo. E ben si può chiamare Gesù ilfiglio di Dio, perché a tutti i buoni, ma a luisingolarmente, per la virtù e per l’opera,s’addice quel nome” (op. cit., p. 246)

    Noti il lettore la tattica del modernista:restare nella Chiesa e nella Chiesa insegna-re non apertamente, ma nascostamente

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    l’errore, sostituendo alle formule precisedella Fede altre espressioni pur vere maambiguamente presentate, cavate dallascrittura o dai testi più antichi…

    Digressione: il modernista ha lo stesso Diodei Giudei e dei Musulmani

    Continua don Vannutelli: ““EE ssee ttaalluunnoocchhee lleeggggee qquueessttii ffooggllii mmii ddoommaannddaassssee:: ‘‘EEcchhee rreessttaa aalllloorraa aall CCrriissttiiaanneessiimmoo,, ssee GGeessùùnnoonn èè DDiioo??’’,, ggllii rriissppoonnddoo ggiiàà ffiinn dd’’oorraa::RReessttaa ppooccoo ppooccoo ((……))..

    ‘‘MMaa aalllloorraa,, cchhee ccoossaa ddiissttiinngguueerràà ppiiùù iillccrriissttiiaannoo ddaallll’’iissrraaeelliittaa ee ddaall mmaaoommeettttaannoo??’’

    TTii ccoonnttrriisstteerreessttii,, ssee nnuullllaa ccii ddiissttiinngguueess--ssee ddaavvvveerroo?? SSee,, nneellll’’aammoorree ddeell PPaaddrree ffoossssii--mmoo ttuuttttii dd’’uunn llaabbbbrroo ssoolloo ee dd’’uunn ccuuoorree?? SSeeaallllee ttaannttee ccaauussee ddii ddiissccoorrddiiaa ttrraa uuoommiinnii,,nnoonn ss’’aaggggiiuunnggeessssee qquueellllaa cchhee ppiiùù ddoovvrreebbbbeeeesssseerree dd’’aammoorree?? SSee llaa vveerriittàà,, cchhee èè uunnaa,, cciiuunniissssee??”” (op. cit., p. 247)

    Quando scrive queste righe don PrimoVannutelli ignora ancora la svolta nei rap-porti tra Cristianesimo, Giudaismo e Islaminaugurata da Giovanni XXIII nei suoi col-loqui con Jules Isaac, ignora la dichiarazio-ne conciliare Nostra Aetate sulle religioninon cristiane, non sa ancora che GiovanniPaolo II e Benedetto XVI pregherannomore judaico al muro del Tempio, varche-ranno le soglie di sinagoghe e moschee, in-segneranno che Cristiani, Giudei e Musul-mani adorano lo stesso Dio e che l’Antica(anzi: la Prima) Alleanza deve considerarsiancora in vigore. Lo avesse saputo, certo sene sarebbe rallegrato ed avrebbe visto rea-

    Mons. Giulio Belvederi, parente del senatore Giulio Andreotti

  • lizzata almeno una parte del suo program-ma. E se si obiettasse che il Signore Gesù,Dominus Jesus, distingue ancora oggi il cri-stiano dal non cristiano, don Vannutellinon se ne dispiacerebbe, perché pure lui sicredeva, a modo suo, cristiano:

    “E poi, vuoi sapere che ci distinguereb-be, sseennzzaa ddiivviiddeerrccii? Gesù e la sua croce.Noi adoriamo Dio, seguendo Gesù Cristo:‘Deum colimus per Christum’. ‘Se qualcunovuol venire dietro me, rinneghi se stesso, tol-ga la sua croce, e mi segua’. Nella Croce enel Crocifisso, nel soffrire sacro o sacrificio,abbiamo la insegna nostra” (op. cit. p. 247).

    Altra digressione: la riforma modernistaimposta da un “Papa” modernista?

    Se il modernista intende restare nellaChiesa è perché pensa, anzi crede per laforza stessa del suo sistema evolutivo, chela Chiesa si trasformerà. Ricordiamo le pa-role di Buonaiuti:

    “Fino ad oggi si è voluto riformare Ro-ma senza Roma o magari contro Roma. Bi-sogna riformare Roma con Roma; fare chela riforma passi attraverso le mani di coloroi quali devono essere riformati. Ecco il veroed infallibile metodo; ma è difficile. Hicopus, hic labor”. “Il culto esteriore dureràsempre come la gerarchia, ma la Chiesa, inquanto maestra dei sacramenti e dei suoi or-dini, modificherà la gerarchia e il culto se-condo i tempi; essa renderà quella più sem-plice, più liberale, e questo più spirituale; eper quella via essa diventerà un protestante-simo; ma un protestantesimo ortodosso, gra-duale, e non uno violento, aggressivo, rivo-luzionario, insubordinato; un protestantesi-mo che non distruggerà la continuità apo-stolica del ministero ecclesiastico, né l’essen-za stessa del culto” (7).

    Così, pure don Vannutelli vagheggia diun Papa modernista, e vede pure le difficol-tà nelle reazioni che ne nascerebbero:

    “Dirai: se anche tutto codesto fosse vero,tu sogni. Come può l’uomo rinascere,quand’è vecchio? Come potrà l’Autorità del-la Chiesa, non dirò favorire, ma solo tollera-re, tali (a detta tua) ritorni alla verità? Forseche, ssee ffoossssii ttuu sstteessssoo PPaappaa, un bel giornoraccoglieresti vescovi e fedeli, e proclamere-sti: ‘Ecco, fratelli, la nostra fede: Credo inDio, ragione e causa e fine del tutto: nel suoFiglio e adoratore, Gesù crocifisso; nell’amo-

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    re o spirito che a Dio ci mena. Credo nellaChiesa, nella comunione delle sante cose, nel-la remissione delle colpe: spero l’eterna vita’?Che crederesti avverrebbe? CCoonn ttuuttttaa llaa ttuuaaddeeffiinniittaa iinnffaalllliibbiilliittàà ddii PPoonntteeffiiccee RRoommaannoo,,chi ti cercherebbe ritrarre da quel parlare, cchhiittii ddiimmoossttrreerreebbbbee iinnvvaalliiddaammeennttee eelleettttoo,, chi ticompiangerebbe uscito di mente, molti sistaccherebbero a formare unioni particolari.E tu, che argomenti avresti a persuaderli, spe-cialmente impreparati come sono? VVoorrrreessttiiccoonnvvooccaarree uunn ccoonncciilliioo eeccuummeenniiccoo,, ee llaasscciiaarreeaa cciiaassccuunnoo lliibbeerraa ppootteessttàà ddii ddiirree?? Oh checontesa, oh che alterchi! S’accorderebbero infine, credi tu? MMoollttii ss’’oossttiinneerreebbbbeerroo nneell nniihhiilliinnnnoovveettuurr;; aallttrrii,, vveeddeennddoossii nnoonn iinntteessii oo ssiisseeppaarreerreebbbbeerroo,, oo,, ssee aanncchhee vvoolleesssseerroo rreessttaarreeuunniittii,, ddooppoo aavveerr ppaarrllaattoo ccoossìì ddiissssoonnoo,, nnoonnssaarreebbbbeerr ppiiùù ppaattiittii ddaaii ‘‘ffeeddeellii ddeellllaa ttrraaddii--zziioonnee’’.. Avresti svelato a tutti la discordia chevive nella Chiesa, e divisa questa di fatto, irre-parabilmente. E gli umili, i buoni Cristiani,che adorano Dio fra le tenebre dell’esistenza,a chi dovrebbero più credere, vedendo i lorpastori divisi?” (op. cit., pp. 247-248).

    Come non trovare in questo passo im-pressionanti “profezie”? Come non vedereche la realtà, forse, ha perfino superatol’immaginazione?

    Don Primo ipotizza che il suo “ritornoall’antico”, alla giovinezza della Chiesa orfattasi vecchia, possa realizzarsi per manodi un “Papa” e di un “concilio ecumenico”.Il sogno del vecchio modernista è diventatorealtà, chi non lo vede, al di là di ogni suapiù rosea previsione, giacché se il VaticanoII e il post-concilio forse non affermanoquanto sopra, certo lo favoriscono e alme-no tollerano, come “sognava” don Primo.

    Ma pure la reazione cattolica al moder-nismo, seppur appoggiato dall’“Autorità”,prevede don Vannutelli. Prevede persino ilsedevacantismo, il che è tutto dire! E pre-vede pure che altri, ancora più “progressi-sti”, sarebbero tentati di andarsene, comesarebbero tentati di andarsene i “fedeli allatradizione”. Ora, il “profeta” Vannutelli,non vuole cacciare dalla Chiesa né i moder-nisti “non intesi” dai “fedeli alla tradizio-ne”, né “i fedeli alla tradizione” stessi: tuttioccorre riconciliare nella “Chiesa cattolica”ecumenista da lui vagheggiata.

    “La riforma non può venire dall’alto”(ivi, p. 248), ne deduce Vannutelli, ma nonperché impossibile che un “Papa” la decreti,

  • ma perché occorre predisporre gli animi deicattolici a tale riforma per evitare scismi edivisioni. Il pensiero corre allora a Benedet-to XVI che paternamente ha ricevuto il mo-dernista Hans Küng come il lefebvrianoMons. Fellay conservando il primo e riacco-gliendo il secondo nella sua comunione!(Dopo aver scritto queste righe, Ratzingerha accolto nella sua comunione gli anglicani“tradizionalisti” – nel loro anglicanesimo delquale conserveranno liturgia e disciplina –senza interrompere il dialogo ecumenicocon gli anglicani progressisti guidati dallopseudo-arcivescovo di Canterbury).

    Altri accorgimenti per preparare gli animialla riforma

    Sempre nella sua visuale di rinnova-mento nella continuità, don Vannutellicompara la Chiesa ad un albero nel quale,prima che “Amore spiri e rinnovi la facciadella Chiesa” (cf la Nuova Pentecoste con-ciliare evocata da Giovanni XXIII) facendonascere “nove foglioline”, cadano “dallevette foglie e fuscelli aridi, che non avevarapiti l’inverno” (p. 248). Così, nel famosodiscorso di Benedetto XVI alla Curiasull’ermeneutica della continuità, Ratzingerafferma sì la continuità Tradizione-Concilio(cf l’albero che è sempre lo stesso e si rin-nova) ma anche la discontinuità con docu-menti più recenti – per esempio di Pio IX –del magistero, che ebbero il loro periodo divita ma che ora sono foglie secche e cadute(8). La vera Tradizione, per questi spiriti, sitroverebbe solo nel tornare alle fonti (cf. ilressourcement invocato da Padre Congar):“Si potrebbe, forse, come preparazione,proporre un mezzo: – scrive il Vannutelli –che tutti, almeno i dirigenti, studino più, econ più sincerità e purezza, le origini delCristianesimo: rileggano con puro cuore esenza tesi prestabilite le scritture (…)” (p.248). “Se differenze d’opinioni sorgessero,anche in cose gravi, non mai dividerci,amarci, e restare uniti, chiedendo la luce. Inquesti studi non d’anni, né di decenni soltan-to, l’Autorità non s’affretti a intervenire co-me tale: ella ha forze che combatteranno glierrori con ragionevoli argomenti; quel chedovrebbe farsi con decreti e scomuniche, sifaccia con valide confutazioni” (p. 249). Chinon vede come questo stesso programmal’abbia fatto suo Giovanni XXIII nel dis-

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    corso d’apertura del Concilio, e Paolo VInella soppressione del S. Offizio diventatoCongregazione per la Dottrina della Fede?La Chiesa “temperi – scrive Vannutelli – glianimi furenti che imprecherebbero il fuocodal Cielo. Risultato e fine dovrebbe essere lanegazione di nessun dogma, solo l’afferma-zione d’auguste verità comuni fra i cristia-ni…” (ibidem).

    La riforma “dovrebbe essere di riti, non didogmi apertamente”…

    ...Così scrisse, significativamente, donVannutelli (p. 251) e guarda caso la riformaconciliare prese le mosse proprio dalla rifor-ma liturgica! Riforma liturgica che ha esau-dito gli auspici del vecchio modernista in-credulo: “altro mezzo da unire a quello dellostudio e della discussione, ssaarreebbbbee llaa lliittuurr--ggiiaa sseennttiittaa ee ccoommpprreessaa ddaa ttuuttttii.. È vero chel’uso del latino nella Chiesa cattolica, cioèuniversale e non ristretta a un popolo solo, èun gran mezzo per l’unità di tutti i fedeli.(…) Ma il pensare che la Chiesa ha nella li-turgia un così potente mezzo di catechizzarequotidianamente i fedeli e se ne priva, fa do-lore e paura: già il Rosmini, scrivendo dellecinque piaghe di Santa Chiesa, lamentavacome prima, questa; ma il suo libro fu proi-bito e tolto alla lettura dei cattolici. Una litur-gia eesseegguuiittaa ddaa cclleerroo ee ffeeddeellii iinnssiieemmee ee ccoomm--pprreessaa ee sseennttiittaa ddaa ttuuttttii, oltre che rinnovarel’antica communio o koinonìa, ora perduta,sarebbe ccaatteecchhiissmmoo,, nnoonn dd’’aarriiddee ddeeffiinniizziioonniieedd eennuummeerraazziioonnii,, ma d’accesi eloquii: i Pro-feti, Gesù, Paolo, Giovanni, Ambrogio,Agostino, Leone, tornerebbero a parlare.Con questo culto vario e commovente, reso aDio solo, unico e vero, per mezzo del Ponte-fice ed intercessore Gesù Cristo” che quindinon è Dio “ii ffeeddeellii ssaarreebbbbeerroo rriittrraattttii ppooccoo aappooccoo ddaa qquueellllee ddeevvoozziioonnii ppaarrttiiccoollaarrii chesono talora una ‘deversio a Deo et conversioad creaturas’. Nella liturgia il Cristo ha con-servato il suo ruolo di intermediario tra noi eil Padre. EEsseegguueennddoossii iill rriittoo ssuu aallttaarrii nnoonnaattttaaccccaattii aa ppaarreettee, ma liberi nel mezzo, co-me hanno le antiche basiliche, si sottrarrebbeogni immagine visibile per adorare l’invisibi-le. (…) Se all’adorazione dell’Eucarestiache, fuori dalla Messa, si usa adesso far nelleore serali, si sostituisse la recita in italianodel Vespro e della Compieta, e una letturadella Bibbia commentata, non solo si torne-

  • rebbe all’uso antico della Chiesa, alla qualequesta adorazione, fatta a parte dalla Messa,era sconosciuta, ma si nutrirebbero le animedi cibo sanissimo” (p. 251). “Non mi sfugge,tuttavia, concludeva Vannutelli, che questo ealtri più saggi tentativi di riforma che a menon vengono a mente, è di gran lunga più fa-cile proporre che eseguire. Non ignoro quan-to sia difficile, anche alla sapienza romana diSanti Pontefici, regger la Chiesa…” (ibi-dem). Non si rattristi, non tema, il vecchiomodernista: egli conosceva personalmentecolui che avrebbe realizzato quella riformaliturgica che lui vagheggiava, in tutte le li-nee guida: soppressione del latino, altarefaccia al popolo, partecipazione dei fedeli,pastoralismo (messa come catechesi e pa-storale), archeologismo (ritorno a presuntiriti dell’antichità cristiana), liturgismo (pre-minenza della liturgia fino ad eliminarequasi le devozioni più recenti o non liturgi-che). Quest’uomo era don Giovanni Batti-sta Montini, futuro Paolo VI, che meno ditrent’anni dopo avrebbe realizzato il suo au-spicio.

    Don Primo e don Gianbattista

    Si leggono ancor oggi (novembre 2009)nel sito ufficiale della Parrocchia dellaChiesa Nuova (www.vallicella.org) le se-guenti parole su don Primo Vannutelli:

    Padre Primo Vannutelli, noto comeDon Primo, fu, assieme a padre Luigi Bot-ton, uno dei più validi collaboratori delmitico Padre Caresana, Parroco dellaChiesa Nuova e Preposito della Congrega-zione dell’Oratorio, del quale nella Par-rocchia è ancora vivo il ricordo. Una es-senziale, felice sintesi della santa e opero-sa vita di P. Vannutelli è contenuta nel“ricordino” della sua morte, che qui di se-guito trascriviamo: “Dal giorno della pri-ma Messa, il 1° novembre 1909, celebrataall’altare di San Filippo, al giorno dellamorte santa, avvenuta il 9 aprile 1945nella casa di San Filippo, don Primo Van-nutelli consumava splendidamente la vi-ta operosa nell’apostolato quotidiano del-la pietà, della scienza, dell’arte. Sacerdotezelante e generoso, insegnante egregio delliceo e dell’università, maestro tra i piùcelebrati dello studio dei libri santi, culto-re squisito della musica e della letteratu-

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    ra, di tutto a tutti e per tutti faceva stru-mento di lieta conquista delle anime aCristo, con semplicissima filippina predi-lezione per i fanciulli, per i giovani, per imalati, per gli umili, pei carcerati, peiperseguitati. Tutto a tutti e per tutti sidava in ardore perfetto di carità, immagi-ne compiuta del datore ilare che Dio eleg-ge a salvezza di molti”.

    Che queste parole siano state scritteall’indomani della morte del prete senza fe-de, si può capire, poiché si potevano igno-rare – almeno in parte – i suoi veri senti-menti; non così ai giorni nostri, dopo la no-tizia prima e la pubblicazione poi del suo“Testamento spirituale”. Eppure questapubblicazione non impedisce i Filippini diRoma di parlare della “santa e operosa vi-ta” di don Primo, o ancora, nel Notiziariodella Procura Generale degli Oratoriani,definirlo “saggio e sapiente” (così PadreGiuseppe Ferrari) (9), “dottissimo don Pri-mo Vannutelli, prete esemplare a ChiesaNuova e professore di Lettere Classiche neiLicei Romani” (così il Procuratore Genera-le, Padre Cerrato, al Vice regente di Roma,nel 2004) (10).

    A parte lo scandalo di questi apprezza-menti per la figura di un apostata dalla fedecristiana, dalle note biografiche scritte daiFilippini odierni scopro una “pista” d’inda-gine che merita di essere seguita. Don Pri-mo, difatti, era “uno dei più validi collabo-ratori del mitico Padre Caresana”. Ora, Pa-dre Paolo Caresana (1882-1973) fu amico diuna vita, padre spirituale e confessore di…Giovan Battista Montini, poi divenuto Pao-lo VI. Tout se tient!

    G. B. Montini (a sinistra) insieme ad altre persone tracui Padre Paolo Caresana (a destra)

  • L’amicizia di Montini coi Padri orato-riani Caresana e Bevilacqua (1881-1965)(quest’ultimo creato da lui cardinale nelsuo primo concistoro, del 1965) data dallaprima giovinezza del futuro Paolo VI. Findal 1902, e fino alla sua ordinazione sacer-dotale nel 1920, GB Montini frequentò aBrescia i Padri Filippini “della Pace”. E fuil padre, il politico democristiano GiorgioMontini, che avendo fatto un ritiro a Bre-scia presso i “Padri della Pace”, consigliònel 1913 al giovane figlio Gianbattista, an-cora laico, di affidarsi ai Padri Caresana eBevilacqua. Quest’ultimo (anch’egli confes-sore di Montini) si era laureato in scienzepolitiche a Lovanio, in Belgio, dove era sta-to allievo del futuro card. Mercier (gran li-berale, pioniere dell’ecumenismo e protet-tore di modernisti, tra i quali Padre Seme-ria, amico dei Montini a Brescia) (11), fre-quentando anche, a Mont-Cèsar, gli antesi-gnani del movimento liturgico di cui PadreBevilacqua fu importante esponente in Ita-lia, primo ispiratore quindi della riforma li-turgica montiniana (fu membro del Consi-lium per applicare la riforma liturgica con-ciliare, Consilium diretto da Lercaro e Bu-gnini) (12). “Si può dire – scrive Yves Chi-ron – che Bevilacqua esercitò su Montiniun’influenza essenzialmente intellettuale,mentre Caresana fu il suo maestro spiritua-le” (p. 24). Al seguito di Bevilacqua il gio-vane Montini fu interventista nel 1915 efondò nel 1925 la casa editrice Morcelliana(p 79) che pubblicò Maritain, Karl Adam,Guardini. Dal 1928 al 1932 Padre Bevilac-qua visse a Roma dividendo con Montini ilmedesimo appartamento; lì, sull’Aventino,i due amici condividono la vita, la passioneper la liturgia, e anche la passione politica,legata al cattolicesimo democratico e anti-fascista che li vede oppositori del Concor-dato tra l’Italia e la Santa Sede; Bevilacquaaveva dovuto lasciare Brescia, infatti, su or-dine del Card. Laurenti (della Congrega-zione per i Religiosi) a causa dei suoi scon-tri con le locali autorità fasciste. QuandoBevilacqua torna a Brescia, Montini scriveai suoi: “mi sento molto solo spiritual-mente” (Chiron, p. 71). La solitudine è pre-sto consolata dall’arrivo a Roma, nel 1934,di colui che anche da lontano era rimasto ilPadre spirituale di Montini, Padre Caresa-na appunto, e che divenne Preposito dellacongregazione romana degli Oratoriani,

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    avendo come collaboratore don Vannutelli,anch’egli rinomato come antifascista. Delleidee liturgiche di Padre Vannutelli e PadreBevilacqua, entrambi Oratoriani, abbiamogià parlato. Che queste idee fossero condi-vise già allora da Mons. Montini è certo,anche a causa di un singolare episodio. Nelnovembre 1923, don Montini era stato no-minato assistente ecclesiastico del circolouniversitario romano (FUCI), e poi assi-stente nazionale (1925); ma il 13 febbraio1933 fu costretto, da ordini superiori, a da-re le dimissioni da tale incarico. Era il pun-to d’arrivo di uno scontro iniziato nel 1931,quando il cardinal vicario di Roma, France-sco Marchetti Selvaggiani, aveva nominatoassistente ecclesiastico del circolo romanodella FUCI Mons. Ronca (13), che vennepresto a scontrarsi coll’assistente nazionale,Montini, anche per delle circolari ai cappel-lani della FUCI – nella Pasqua del 1931 e1932 – nelle quali Montini appunto condan-nava le devozioni private, i “pellegrinaggidei devoti davanti alle statue di cartape-sta”, gli altari carichi di “candelabri, palme,fiori ecc.”. Erano le idee di Bevilacqua… edi Vannutelli, ma che allora, a ragione, era-no considerate infette di “liturgismo” e“protestantesimo” (14). Ma don Montininon si rassegnava; l‘otto dicembre 1933 isuoi studenti, i fucini e i laureati cattolici,gli regalarono un calice con le parole di sanPaolo: La parola di Dio non è in catene (2Tim. 2, 9): Montini è come San Paolo in ca-tene, il cardinal vicario, dobbiamo pensare,ne è il carceriere e il persecutore. La ri-unione e la Messa celebrata dall’ex-assi-stente nazionale della FUCI si tenne dallebenedettine di santa Priscilla, fondate dadon Giulio Belvederi. Non certo una sceltacasuale, se si sa chi era don Belvederi.

    Don Primo e don Giulio

    A tenerci informati su Mons. Giulio Bel-vederi è il senatore a vita Giulio Andreotti,ammiratore di Belvederi ancor prima di di-ventarne parente, sposandone la nipote Li-via, che per Belvederi era come una figlia;ancora recentemente lo statista democristia-no ha commemorato Belvederi sull’Osser-vatore Romano (30 settembre 2009, p. 5)nel cinquantenario della sua morte. “Duepersonalità moderne – scrive Andreotti diGiovanni XXIII e di Mons. Belvederi, lega-

  • ti tutti la vita da profonda amicizia – sfuggi-te ai rigori dell’antimodernismo fanatico per-ché chiamate subito a prestar servizio sacer-dotale extra urbem, come segretari dei vesco-vi: il primo a Bergamo e l’altro a Bologna”.(I rispettivi vescovi a cui fa allusione An-dreotti erano Mons. Radini Tedeschi eMons. Svampa; tornerò sulla questione perspiegare la tesi andreottiana). Le parenteledi Mons. Belvederi sono interessanti; oltreche quella con Andreotti, quella con la fa-miglia Murri (sì, quella di don Romolo, ilprete modernista scomunicato padre dellaDemocrazia Cristiana, e più da vicino quel-la del Prof. Augusto e del dott. Tullio Mur-ri, quelli del famoso delitto Murri-Bonmar-tini) (15). Ma un’altra parentela – più presti-giosa e più importante – ricorre nell’alberogenealogico del Monsignore bolognese: egliera il nipote del Cardinal Respighi, Cardi-nale Vicario di Roma sotto San Pio X. Equi ricorre la similitudine tra Mons. Belve-deri e Mons. Vannutelli (16): entrambi nipotidi Cardinali, entrambi colpiti di striscio du-rante il pontificato anti-modernista di SanPio X, entrambi studiosi in seguito dell’anti-chità cristiana (Belvederi come archeologo,Vannutelli come esegeta), ed entrambi,quel che più conta, discepoli ed intimidell’arci-modernista Ernesto Buonaiuti.Racconta tutto Giulio Andreotti, del suoMons. Belvederi, nel suo “I quattro del Ge-sù. Storia di un’eresia” (17), che ho avutomodo di citare più volte. L’eresia è quellamodernista, e Andreotti accomuna i quattroamici dai tempi del seminario, Buonaiuti,Manaresi, Belvederi e Roncalli, in questavicenda. Buonaiuti, fu scomunicato, e An-dreotti ne invoca la riabilitazione; Manaresisi spretò; si “salvarono” Belvederi e Ron-calli perché richiamati nelle città di originedei loro vescovi e protettori, Svampa (e poi

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    Della Chiesa) e Radini Tedeschi, per diven-tare loro segretari particolari. Non per que-sto si interruppero i rapporti tra Belvederi eBuonaiuti, né tra Belvederi e Roncalli (chegli rese visita, da Giovanni XXIII, durantel’ultima malattia del prelato). Ora, raccontaAndreotti che quando conobbe, nel 1935,Mons. Belvederi, alle catacombe di Priscillae alla cappella delle Benedettine (la stessacappella dove celebrò Mons. Montini esau-torato dalla FUCI), il prelato “fece notare(…) che l’altare della cappella era rivoltoverso di noi, anche se in contravvenzione aduna norma ‘ per un poco ancora vigente’ nel-la Chiesa latina” (p. 9), norma della quale,evidentemente, Mons. Belvederi si facevagioco, e ci teneva a farlo notare. Eppure,pure lui, come Vannutelli, fu “profeta”:quel “poco” durò trent’anni e la “profezia”si realizzò. Insomma, nella Roma degli anni’30 Montini, Bevilacqua, Vannutelli, Belve-deri… erano tutti adepti dell’altare ridotto amensa e faccia al popolo, come denunciòPio XII nell’Enciclica sulla liturgia MediatorDei. Tutti costoro si formarono respirandol’aria infetta del modernismo, odiando“l’antimodernismo fanatico”, progettandofuture vittorie. Mons. Vannutelli fece outing(per usare questo orribile neologismo an-glosassone) e svelò post-mortem la sua apo-stasia. E gli altri? Lo sapremo solo al Giudi-zio universale. Nel frattempo, sappiamo suf-ficientemente da dove vengono le riformeche stanno avvelenando la vita della Chiesa.

    Note

    1) “La plus sale canaille que l’on connaisse, mal-propre, pret à toutes les trahisons” per Mons. Benigni(Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, Casteman,1969, p. 330.

    2) Fu creato Prelato Domestico di Sua Santità il 3giugno 1939 (il suo Testamento è datato dal 3 ottobredello stesso anno) per cui si dovrebbe parlare di Mons.Vannutelli. In quanto religioso oratoriano, era PadreVannutelli. Per tutti, però, era “don Primo”.

    3) Seguendo questi “Gruppi del Vangelo” all’Uni-versità, l’allora fucino Giulio Andreotti conobbe nel1937 il “coltissimo biblista” Primo Vannutelli (30Giorni, giugno 2007).

    4) Avevo già scritto queste considerazioni quandoho avuto modo di leggere un documento del FondoBenigni conservato nell’Archivio Segreto Vaticano,nel quale il fondatore del Sodalitium Pianum esprimeil suo parere sui fatti: “Modernisti e Gasparri, 1916.L’affare dell’improvviso giuramento dato in mano delcard. dai noti modernisti preti Buonaiuti Ernesto, Tur-chi Nicola, Mozzo… (sic) e Vannutelli ha il seguente

    Il prete scomunicatoErnesto Buonaiuti,

    amico di Vannutelli,Belvederi e Roncalli

  • retroscena. Costoro finivano con quel processo al S.Uffizio da cui Rampolla aveva salvato costoro ed altri.Allora Gasparri (per ordine del papa?) ha avocato lacosa a sé, togliendola al S. Uffizio. Dopo la sacrilegacommedia del giuramento, Bonaiuti si è trattenutoun’ora con Gasparri, e ha detto che è rimasto ammiratodalle idee larghe (!) del cardinale. Evidentemente Ga-sparri li ha persuasi a giurare in mano sua e nel sensosuo, d’accordo col senso loro. (…)” (SERGIO PAGANO,Documenti sul modernismo romano dal fondo Beni-gni, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, 8, 1990,pp. 261-262).

    5) Il testamento di fede di don Primo Vannutelli, acura di Francesco Gabrieli, in: Centro studi per la sto-ria del Modernismo, Fonti e documenti, n. 7, Istituto diStoria dell’Università di Urbino, 1978, pp. 118-253.

    6) Tra le mille testimonianze al proposito, mi pia-ce citare un testo della Ponenza della S.C. del Sant’Uf-fizio del 12 gennaio 1921, in vista della scomunicacomminata a Buonaiuti: “Il gruppo modernista roma-no aveva compiuto la più fatale evoluzione. Mentre nel-la risposta all’Enciclica Pascendi ossia nel programma(dei Modernisti) i pretini ribelli di Roma si proclama-vano ‘sudditi fedeli della Chiesa, risoluti a restarle ade-renti fino all’ultimo alito della loro esistenza, obbedien-ti all’autorità in cui vediamo prolungarsi il ministeropastorale degli apostoli’ ecc. ecc.; nelle ‘Lettere del Pre-te Modernista’, questi, a nome del suo gruppo negava ‘iprincipi teoretici fondamentali del cattolicesimo: la dot-trina dell’immortalità dell’anima, dell’esistenza d’unDio personale, della divinità di Cristo’, inoltre asserivadi concepire il cristianesimo in un senso edonisticamen-te pagano, ed infine mmaanniiffeessttaavvaa iill pprrooppoossiittoo ccoolllleettttii--vvoo ddii rreessttaarree nneellllaa CChhiieessaa