Graffio 32

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free press di segno e comunicazione libera

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OGGETTISTICA & ALTRE COSEmisCELLANea

Via Costa 34, PIOMBINO

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• Psychedelic Art• Hippy e Bulli

• Il Flipper• Sebastiano (Don) Leone

• Lanterne volantidi Ringo

• NO EXIT Andy Singer• Il mutante Furio

• Thunderbyrds• Rin Tin Tin

• Sembra facile...

• Conversazione conl’Astrologa

Intervista

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Copertina:“Flipper pool

1965”

Bimestrale di segno e comunicazione libera

Registrazione del tribunale di Livorno n.2/07Direttore Responsabile: Valeria Parrini

RedazioneGreta Panicucci - [email protected]

PubblicitàMatteo Panicucci - [email protected]

GraficaMassimo Panicucci - [email protected]

StampaTipografia AgnesottiViterbo

DistribuzioneSTAR STUDIOVia Turati, 40 - 57025 Piombino (LI) - Italy

Hanno collaborato a questo numero:

Ada Badiale, Furio, Jozi Sante, Romano Funaioli, Ringo, Gio-vanna Manzi, Ipnosys, Marta Biagiol, Smike Tusnod,AudreyRivera, Daniele Aureli, Lianella Livaldi Laun.

Se avete immagini, foto, testi, disegni oqualcosa che attiri la vostra attenzioneinviateli a: [email protected]

INFORMATIVA SULLA PRIVACYAi sensi dell’Art. 13 del D. Lgs 196/2003 Vi comunichiamo chei Vostri dati vengono da noi raccolti e trattati esclusivamenteper fini connessi ai rapporti commerciali tra noi intercorrenti.Precisiamo che i suddetti dati verranno utilizzati per l’assolvi-mento degli obblighi fiscali contrattuali. Il trattamento pertan-to rientra tra i casi per i quali è necessario ottenere il consen-so a norma dell’Art. 24 del suddetto D. Lgs 196/2003.

Cari lettori, questo numero esce in maniera ridotta per-chè quella che chiamano crisi, si è abbattuta pesan-temente anche sul settore editoriale. Sempre più fa-ticosamente i nostri inserzionisti ci affiancano alle ru-briche, ma ciò non c’impedisce di uscire ugualmente.Gli scenari, quelli che l’azione mediatica ci propina,appaiono sempre più funesti e hanno provocato unsistema del “fai da te” da dopoguerra. Purtroppo que-sto non è un dopoguerra, ma una vera e propriaguerra in corso, quella peggiore, quella più subdola,quella che devi difendere il superfluo che la società del-lo spettacolo ti ha sbattuto in faccia in 50.000 como-de rate mensili, dandoti l’illusione di avere tutto: in re-altà non abbiamo niente, anzi meno di niente. Perlo-meno nel dopoguerra c’era la speranza di una socie-tà migliore, la ricostruzione socio-culturale, le idee, leproposte, c’era soprattutto la solidarietà.Tutto quin-di è diventato più difficile, più complicato, una ruotache non si ferma mai, perchè tutto è collegato ad uncircolo vizioso, un cane che si morde la coda. E in mez-zo a tutto questo tentiamo di reagire con affanno, consacrifici, pagando direttamente sulla nostra pelle lo sfor-zo. Uno sforzo comunque doveroso per tentare di ri-piegare la lama del coltello a nostro favore,ma soprat-tutto per i nostri figli e per i figli dei nostri figli che, na-ti nel superfluo, dovranno resettare questo stato di co-se per insegnare a loro volta ai loro figli, che il mon-do è come un flipper: la palla prima o poi va in buca.

dal Gruppo Q Rioso

CO TE UTI

32EDITORIALE

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Per “Arte psichedelica” s’intende qualsiasi tipo diopera d’arte visiva ispirata a esperienze psichede-liche indotte da farmaci come l’LSD, mescalina epsilocibina. Il termine “psichedelico” significa“mente alterata” e nel linguaggio comune questotipo di arte si riferisce soprattutto al movimentoartistico di controcultura del tardo 1960. Tuttal’arte visiva quindi legata a questo tipo di movi-mento riflette, non solo i modelli caleidoscopica-mente vertiginosi di allucinazioni LSD, ma anchei sentimenti rivoluzionari politici, sociali e spiritua-li e ispirate intuizioni derivate da questi statimentali.

Questo movimento artistico, molto legittimamente, ha portato avantile idee rivoluzionarie e ribelli che sono state coltivate dai sostenitori del-la cultura hippie. La controcultura, aumentata nel 1960, che mirava amodificare il “sistema” e le “regole” della società, è stata raffiguratamolto bene nei variopinti motivi e le immagini surreali dell’arte psiche-delica. Ma come questa forma d’arte è emersa? Nella sua fase inizia-le, questo stile di linguaggio non era visivo.Al contrario, ci sono stati scrit-tori come Aldous Huxley, che hanno raccontato attraverso i loro scrit-ti, le loro esperienze psichedeliche che hanno avuto sotto assunzionedi farmaci. Due altri scrittori, Antonin Artaud e Henri Michaux, hannoscritto rispettivamente su esperienze simili in “Viaggio nella Terra delTarahumara”e “Miracolo Miserabile”. È stata San Francisco la base de-gli artisti psichedelici degli anni '60 come Victor Moscoso,Alton Kelley,Rick Griffin e Wes Wilson, che hanno dipinto manifesti i per i concertiRock rendendo estremamente popolare quest’arte tra i giovani. Que-sti stessi artisti hanno utilizzato colori saturi con contrasti incredibili, conuna certa iconografia strana ed elementi di collage. Si pensa che abbia-no preso ispirazione dalla pop art, dall’arte Victoriana, dall’Art Nouve-au e dal Dada. La resistente psychedelic art di San Francisco è rimastaal suo apice tra gli anni 1966-1972. È stato utilizzata ampiamente perla creazione di copertine degli album discografici e per giochi di luce du-rante i concerti rock, allo scopo di creare un ambiente “trippy”. Ma, iro-nia di questa forma d’arte, nata contro il capitalismo, anche la pubbli-cità del sistema, vedendo la sua popolarità tra i giovani ha iniziato a pro-muovere lo psichedelico come qualcosa di moda, colorato e diverso .

LASSORBIME TO DELLA FORMADA RIBELLE A I TEGRATA

a cura di Ipnosys

PsychedelicArt

5GRAFICA

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GRAFICA 7

IL LEGGE DARIOTRA SPORTERVOLKSWAGE

a cura di Audrey Rivera

Io, Audrey, ho fatto parte di una di quelle famiglie. Ero pressochè una bambina quando mio padree mia madre decisero di recarsi a Woodstock a bordo del nostro furgone VW, antecedentementedipinto nel nostro giardino, con la complicità mia e del mio fratellino Billy, con fiori e simboli dipace. Devo dire, a distanza di tutti questi anni che raramente, o forse più corretto dire eccezional-mente, un mezzo di trasporto fu (e lo è tuttora), in condizione di infondere così grandi commozio-ni come il Volkswagen “Bulli”. Emblema degli allontanamenti, dell’affermazione economica, masoprattutto della gioia vagabonda “on the road” di un’intera generazione, (quella dei miei genito-ri e di conseguenza anche della mia e di mio fratello), questo furgone diventò un vero e propriooggetto di culto. Il “Bulli” quindi fu il trasportatore dei nostri sogni per un mondo migliore, il com-pagno perfetto per ogni avventura (e che avventure, ve lo posso garantire!). Ma cerchiamo insie-me di scoprirne un po’ la storia e del perchè di un così tale successo. I primordiali “transporter”Wolkswagen furono generati agli inizi degli anni Cinquanta e divennero un mito generazionale giàagli albori degli anni Sessanta. In specifico i modelli T1 bus bicolore, chiamati come ho già dettoanche amorevolmente “bulli”, divennero i mezzi di trasporto iconici degli Hippies e di noi “figli deifiori” tanto in Europa, quanto negli Stati Uniti dove, in quel preciso momento storico, trionfavanolungo tutta la costa californiana (preferiti devo dire anche dai surfisti: ricordo ce n’era uno che mipiaceva da morire vicino casa nostra... non parlavo del furgone ma di uno dei figli di quella fami-glia di surfisti). Divenuto nel 1969 protagonista appunto nel film-documentario “Woodstock”, ilT1, conosciuto in Italia (dove oggi abito con la mia famiglia in una splendida località del Sud) come“pulmino Volkswagen” è rimasto nella memoria universale come sinonimo di “libertà e viaggio”.

Ma come tutte le ere, anche l’era dei“capelloni peace & love” terminò conla fine della guerra in Vietnam. I mieigenitori si tagliarono i capelli e decise-ro di procurarsi lavori veri e il destino diquei pulmini, dipinti con colori sgar-gianti e fiori come il nostro, fu di finireper essere abbandonati in qualcherimessa di campagna, rottamati o river-niciati per cancellare un sogno ormaitramontato. Ciò nonostante rimangonoun’icona assoluta della cultura “psi-chedelic rock”. Ma mi rivedrò e miricorderò per sempre in quella foto coni jeans macchiati di vernice, con unabandana in testa a dipingere fiori insie-me a te Billy, che non ci sei più, sulnostro furgone VW.

Il mitico furgone Volkswagen o meglio“Bulli”, come lo hanno risoprannomi-nato i suoi innumerevoli estimatori, è sta-to dalla metà degli anni ‘60 fino a tuttigli anni ‘70 inseparabilmentene legato almondo della musica rock’n’roll e a tuttequelle famiglie hippy “peace & love”.

GHippy & Bulli

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REALTA’8

R IL RECORD FRA U TILTE U GAME OVER !

a cura di Marta Biagiol

IL FLIPPERU

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Paraurti elastici, cicli e bobine,pinne e cannoni di carico, sferedi ferro, luci che si accendono e sispengono, disegni, figure, osta-coli con colori variegati e vivaci suun’area gioco inclinata del 5% ri-coperta da un cristallo e infine undisplay frontale segnapunti, anch’es-

so supecolorato con temi

personalizzati... il tutto appoggia-to su quattro gambe di profilatometallico: questo era il “pinball”conosciuto in Italia come “flip-per”. Anche gli Who dedicarono unacanzone a questa macchina elettri-ca intitolata “Pinball Wizard” trat-ta dall’opera rock “Tommy” in cuisi parla di un giovane sordo, mu-to e cieco, ma che diventa un cam-pione di flipper conquistandosiorde di fans e cospicui guadagni.

Sigaretta accesa appoggiata sul vetro del flipper,con la punta di fuori, per essere risucchiata in boc-ca, fra una rotazione di una sfera e un commen-to autocelebrante la propria abilità nel gioco.Un paio di squattrinati fissi posti ai lati della cas-sa supercolorata del flipper che, facendo finta difare il tifo non apettavano altro gli venisse rega-lata una partita vinta dal giocatore, un altro pa-io di amici disinteressati al gioco ma vicini ad unjuke-box, che fra una canzone di Paul Anka e unadi Petula Clark,non vedevano l’ora che l’amico finissela partita.Questa l’immagine tipica di uno dei tan-ti momenti di ragazzi e ragazze di quel periodoa cavallo fra gli anni ‘60 e ‘70 che, senza alcun im-barazzo, sperperavano il loro tempo e il loro da-

naro nei flippers in luoghi poco salutari,come bar o circoli ricreativi. Chi

di voi non ha mai gio-cato una

partita con questa mitica macchina elettrica o perquanto, chi di voi non l’ha mai vista? Scioglendoogni dubbio dovete sapere comunque una cosache forse non tutti sanno:nei flippers originali, l’areadi gioco era inclinata da cima a fondo. La palla ro-tolava giù con la forza di gravità. I giocatori po-tevano ridurre la velocità del rotolamento solle-vando la parte finale della macchina, riducendocosì l’inclinazione complessiva e di conseguenzacambiando una nefasta traiettoria della palla inbuca.Questo dava loro più tempo di gioco e pun-teggi più elevati,ma riduceva,a spese dei proprie-tari, i profitti generati dalla macchina riducendodi conseguenza il turn-over del gioco.Per combat-

tere questo allora, i costruttori delle “pinballmachine” installarono un interruttore chiama-to “tilt”. In parole semplici, si trattava di un mec-canismo semplice, composto da un filo diferro sottile con un po’ di peso sul lato rivol-to verso il basso attraverso un cerchio di me-tallo, cablato nei circuiti della macchina.Quan-do la macchina era in posizione corretta,l’asta non toccava il cerchio,ma se la macchi-na veniva sollevata o altrimenti maltrattata,scattava automaticamente la connessione nelcircuito elettrico che arrestava il gioco...mandandolo appunto tecnicamente in TILT!

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di Massimo Panicucci

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RIAne Ho conosciuto Sebastiano tanti

anni fa a Follonica, durante uno“stage di motivazione”, in una de-solante hall di un albergo vicinoal bivio della strada che porta aMassa Marittima. Era una di quel-le cose che si fanno quando nonsi è più così giovani nella speran-za di ritrovare quella carica men-tale e quell’autostima perdutastrada facendo. Eravamo circauna ventina quel giorno in quel-la stanza, e ognuno di noi, senzaporre nessuna resistenza, parla-va dei propri drammi, delle pro-prie insicurezze, delle propriepaure. Ricordo bene di quando aturno, una volta finito di rac-contare le nostre storie, ci alza-vamo dalla sedia su cui eravamoseduti e, nonostante l’applausofinale, finivamo nel guardarcicon un’espressione sempre piùsgomenta. Di fatto io, quel gior-no, ero molto indeciso e confuso,come del resto, lo era anche lui...

Già da subito però mi accorsi, dal suo raccon-to, di avere di fronte una persona ecceziona-le, un uomo speciale, con un dolore e un con-flitto interno vissuto con coraggio e dignità. Nonera tanto ciò che diceva, piuttosto il tono cheusava e la serenità con cui portava quei solchisulla sua faccia, che mi colpì. Era venuto lìperchè doveva fare una scelta e ascoltando glialtri contava di capire quale fosse la strada mi-gliore da intraprendere per decidere e supera-re anche quel momento.Anch’io cercavo qual-cosa. Ma la sua storia era aspra e tormentata,già dalla sua nascita, tanto che un suo strettis-simo amico mi rivelò, in separata sede, cheSebastiano, appena nato, fu abbandonatodentro un cestello di una lavatrice e quella co-sa mi colpì. Quel giorno lo ricordo con i capel-li lunghi, neri, raccolti in un codino e, stampa-to sulle labbra, il sorriso di chi doveva aver sof-ferto tanto e tanto avrebbe avuto ancora da sof-frire ma donò a tutti noi una parola di confor-to. Sebastiano si sentiva in quel momento, dinon indossare i “panni giusti”, quelli di un pre-te, scomodo a se stesso e alla Chiesa, lontano

da ogni clichè, motivo per cui si era lasciato tra-scinare lì. Sì, perchè Sebastiano di mestiere fa-ceva il prete. Un uomo, cioè, che tentava di met-tere in pratica per davvero, la lezione delVangelo in cui credeva, di chi si batteva per lapace e per i diritti di ognuno e perennementein solidarietà degli ultimi e dei diseredati. Mala sua fede interna era venuta in conflitto conquella dogmatica della Chiesa poichè sostene-va, citando le sue testuali parole, che” Crescerein un clima di dialettica interiore, aiuta ad ab-battere muri e pregiudizi. Se è vero, e credo siacosì, che la religione non è un luogo di pote-re ma di maturazione della persona, questa ma-turazione viene favorita dal dialogo e dalla con-divisione. Con la consapevolezza che la di-versità è il segno della grandezza di Dio”. Maquel giorno in quella stanza ebbe molti dubbiin proposito e fu sul punto di togliersi l’abitotalare. Ma anche se non lo fece, in seguito sisentì meglio vestito dentro un paio di jeans eun giubbotto. Fu proprio da quella esperienzacomune che instaurai con lui una stima che con-tinuo a custodire. Posseggo ancora una sua let-tera da qualche parte, in cui mi esprime (uso ilpresente perchè chi ti lascia qualcosa dentro nonmuore mai), critiche costruttive sulle mie ricer-che. Ne ho tratto conforto per il mio lavoro, chelui apprezzava molto, tanto che qualsiasi pro-getto gli passasse in testa e che io potessi es-serne coinvolto, veniva da me, nel mio Studio,aillustrarmelo affinchè attraverso la mia esperien-za, potessi realizzarglielo. Il tutto con entusia-smo e con un’energia misteriosa e incredibilepoichè ogni volta che si presentava da me, leg-gevo una stanchezza nei suoi occhi, sempre piùprovati, e non ci misi molto tempo a capire chestava combattendo contro un diavolo che si erainsediato dentro di lui. Ma imperterrito, anda-va avanti a testa bassa, meditando nuovi pro-getti. Conoscendolo meglio ho potuto capire,dal nostro incontro, che la strada che stava per-correndo era il riappropiamento del non-indu-gio e del non-dubbio, proprio quella del prete...ma di un prete a modo suo... un prete in pri-ma linea, un prete scomodo con un progettoin testa che è stato il senso della sua esisten-za. Il lavoro di Sebastiano è sempre stato ispi-rato e sorretto da un’onestà intellettuale tra-sparente, senza subdole mire per privilegi, in gra-do di apprezzare anche chi facesse percorsi di-

versi dai suoi. Ricordo anche un altro bellissi-mo episodio cioè di quando volle organizzareun concerto nella sua parrocchia in localitàValpiana, una frazione di Massa Marittima.Io a quel tempo facevo parte di una Compagniadi canzone-teatro dal nome un po’ lungo e in-solito “Compagnia degli Angeli del non-dove”.Lui aveva conosciuto quel progetto e ne era ri-masto affascinato tanto che, con tutta la suavolontà, volle programmare una nostra esibi-zione in un ambiente che ricordava scene trat-te da un film di “cinema neorealista”. Ho an-cora addosso il clima di quel pomeriggio, mi sem-bra fosse una domenica, dove in uno stanzo-ne di pochi metri quadrati, Sebastiano riuscì amettere insieme una marea di persone che, in-sieme a noi, si commossero, cantarono e bal-larono mentre lui felice, sempre con quel suosorriso, disputava la sua ennesima battaglia. Lagiornata finì con una tavolata tutti insieme aconsumare una cena bucolica cucinata e offer-ta dai cuochi esperti e rigogliosi della sua par-rocchia. Non scorderò mai quel giorno e fu an-che il più bel concerto che la nostra compagniafece. Sebastiano dunque, in tutta la sua vita diuomo e di prete, ha sempre incontrato ostaco-li sulla sua strada a causa delle caratteristichedei suoi impegni spesso fuori dagli ambienti ec-clesiastici che lo hanno reso un prete diverso.Allo stesso momento, però, erano quelle stes-se particolarità a fargli riscuotere affetto e sti-ma nelle associazioni del volontariato, nella co-siddetta società civile, tra i tanti compagni diviaggio, preti come lui e non. Sebastiano perònon è riuscito a vincere l’ultimo round con il dia-volo che combatteva da troppo tempo dentrodi sè ed è caduto al tappeto, ma questo non gliha impedito di portare a termine i suoi proget-ti. Ci sono persone che non scomparirannomai perchè anche dopo la loro infinita assen-za, continuano a vivere dentro di noi grazie aciò che sono riuscite a darci, spesso immerita-tamente, e a tutti quei valori che hanno potu-to insegnarci senza farlo direttamente, con lasperanza che l’amore seminato nei nostri cuo-ri, anche in quelli più aridi, possa a nostravolta essere ritramandato ad altri.Ti ricordo co-sì Sebastiano, proprio con quel sorriso che haiin quella foto che non so nemmeno chi tel’abbia fatta, ma non ha importanza, perchè seiproprio tu. Ciao amico.

11REALTA’

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“Sembra di vivere in un raccon-to della serie televisiva > Ai con-fini della realtà> ricordate? Dovei protagonisti credevano di vive-re in un mondo reale, normale, mache in realtà facevano parte di unteatrino virtuale, in una situazio-ne artificiale, inventata, non ve-ra.”...

Mi viene sovente un dubbio: sono io che vivoin un mondo tutto mio o sono gli altri a vive-re in un mondo di plastica o in una bombonie-ra dorata? Sono io immerso in un contesto e glialtri nella fantascienza, o viceversa? Stiamo vi-vendo un momento storico (si fa per dire) chedurerà anni, dopo, niente sarà più come prima.Una crisi totale, anzi qualcuno, parafrasando unfilm, la chiama “La tempesta perfetta”. Si so-no date appuntamento a livello globale tuttele peggiori jettature che il genere umano co-nosce: crisi finanziaria, economica, ambien-tale ed energetica, crisi morale, mancanza di clas-se dirigente e come se non bastasse si viaggiaverso gli otto miliardi di individui sul globo. Èfinito il sistema basato sui consumi, in altre pa-role non possiamo più consumare a tutta bir-ra, per le ragioni sopra elencate. Ma se il siste-ma è basato sui consumi e non si può piùconsumare allora salta il sistema! Sembra il “gio-co dell’oca”. Ma ora scendiamo in cose... ter-ra terra. Un piccolo specchio ce lo dimostra lanostra città: l’economia è ferma, le fabbrichesono moribonde e si parla di compratori cine-si, indiani, francesi, russi ecc. E noi che si fa?!Facciamo finta che il problema non esista o cheaddirittura riguardi gli altri. Per rimuoverlodalla nostra mente e aggirarlo ci siamo in-ventati “l’Estate fiabese” dove tutte le sere sifa bisboccia con calici sotto le stelle cadenti, ago-sti con gusti, mercatini e mercatoni, sbaracchie sbaracchini, serate con penne ai funghi, risot-ti, tagliatelle ai 4 puzzi ecc. ecc.A proposito peri curiosi gli ingredienti delle tagliatelle ai 4 puz-zi sono: puzzo di piedi, di ascelle, di fritto e di

pesce. Insomma viviamo in una comunità do-ve non tramonta mai il sole, viva, dinamica e fe-stosa, dove tutte le sere si canta, si balla, si be-ve, si fa la movida con addosso sbornie... e tan-ta, tanta confusione, per la gioia di chi abita nel“centro storico”. Ma, le cose, stanno vera-mente così? Viviamo in una piccola Rio DeJaneiro? Siamo in una fiaba? Purtroppo credoche le cose non stiano esammente così! La no-stra esistenza consiste e si riduce alle “lanter-ne volanti”? O ci troviamo di fronte ad una ci-viltà che non esprime più niente, quindi scom-parsa.Tutto quel brulichio di feste è soltanto ciòche si trova in cadavere quando viene distrut-to dai vermi. Quindi non mi conforta per nien-te la parola d’ordine “divertiamoci!”, è soltan-to l’ultima fiammata di frenesia prima delniente. Mi ricorda le parole di un ufficiale del-l’esercito romano che, impegnato in una bat-taglia contro i barbari, rivolgendosi al genera-le Massimo Decimo Meridio disse “I popoli do-vrebbero capire quando sono stati battuti!” EMassimo saggiamente rispose” Tu lo capiresti?Io lo capirei?”. È sempre difficile comprende-

re ciò che avviene nel nostro mondo. Da den-tro le cose non si vedono, ma bisogna veder-le sforzandoci di coglierle, di individuarle. Nonseguiamo come tanti citrulli i manager specia-listi dello pseudo divertimento. Non mettiamoa nanna tutte le sere il nostro cervello. Lasciamoal loro destino i precursori delle “lanterne vo-lanti”. Ritroviamoci e parliamo, discutiamo,elaboriamo una via d’uscita al disastro in cuici troviamo. Raccontiamoci gli avvenimentipassati e presenti, ma, soprattutto, immaginia-moci un futuro organizzando ciò che vorrem-mo avvenisse. Non facciamoci prendere per ma-no dai “soliti noti” che ci impongono la via. Èvero, siamo stati battuti, lo sappiamo, ne sia-mo consapevoli, ma è da qui che dobbiamo ri-partire. Lasciamo perdere chi ci vuole apatici,imbecilli, paurosi, innocui. Un grande uomo ca-pellone, che ancora qualche giovane portastampato sulla maglietta e che non è BobMarley, diceva “ Se a sognare è un solo uomorimane un sogno, se a sognare sono milioni...è la storia che si mette in marcia”.

APPUNTI

Adi Ringo

Lanterne volanti

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AgenziaViaggiPIOMBINOvia G.Galilei, 32 Tel.0565.222517 fax 0565.724526email: [email protected]

allora... che cosa aspetti!Vieni a trovarci.

MISTERHOLIDAY

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LE DISCARICHE DI LISCIVADELLE MINIERE SONOTOTALMENTE SICURE!

L’ESTRAZIONE DEL PETROLIO INMARE E’ TOTALMENTE SICURA!

L’ENERGIA NUCLEARE E’TOTALMENTE SICURA!

COLTURE E ANIMALIO.G.M SONO TOTAL-

MENTE SICURI!

...CREDO

Ho scoperto le tavole comiche diAndy quando languivano in rela-tiva oscurità nei primi anni novan-ta sul ”The Daily Californian” ilgiornalino studentesco della UCBerkeley. I disegni e i testi di An-dy possedevano una certa credi-bilità, caratteristiche che di soli-to si trovano ampliamente nel “sin-dacato”.Andy Singer disegnavavignette su uomini, donne, filo-sofia, politica, arte e un sacco dialtre cose. Il suo NO EXIT appa-rirà poi in decine di giornali, librie riviste negli Stati Uniti e al-l’estero, conquistandosi una cer-ta popolarità, tra cui: The FunnyTimes, The Bay Monthly, AthensNews, La Decroissance, Z Ma-gazine, Random Lenghths, Cagle.com, Urban Velo e Eugene Wee-kly. Andy afferma testualmen-te:- Penso che il mondo rischia discivolare lentamente, in un ocea-no di deficit, terrorismo e col-lasso ambientale. Una replicadel dopo guerra del Vietnam...-e aggiunge - È difficile per comela vedo io, far parte di un unsindacato. Le catene multinazio-nali stanno comprando un saccodi settimanali e per sopravvive-re ci si deve autosindacare, pro-prio come ho fatto io. Comunqueè sempre dura perchè con l’esplo-sione dell’animazione, soprat-tutto sul web, ritengo che, sia ilpubblico, che il settore del gior-nalismo, siano sempre meno in-teressati a immagini statiche -.

O EXIT DI A DY SI GER ©F“Corriamo allegramente verso il barartro... ma forse stiamo iniziando ad accorgersene ”così recita unavignetta di Andy Singer, fumettaro americano indipendente. Le strips qui sotto sono tratte dal suoprogetto “NO EXIT”, un esempio di fumetto ironico scritto e disegnato dallo stesso Andy. Eccellen-te caricaturista, le sue opere sono incentrate sulla realtà della quotidinità delle persone in un mon-do sempre più improbabile...

14 FUMETTI

a cura di Smike Tusnod - traduzione di Giovanna Manzi

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Fdi FURIO

15FUMETTI

Il Mutante

Salve, mi chiamo Duilio e non so-no triste ma sono un depresso cro-nico perchè non piaccio alle donne!

Ho provato anche con gli incon-tri on-line ma non ho avuto suc-cesso nemmeno lì...

Cosa devo fare? Aiutatemi perpiacere, qualcuno mi indichi un mo-do sennò m’ammazzo! Vi prego!

Eppure non mi sembra d’esserebrutto e ho molte qualità... peresempio so fare l’ovo al tegamino

Però oggi sono irritabile, non hointeresse a niente, mi sento inu-tile, vuoto, senza speranze...

Stamani mi sono fatto di Laroxil,Adepril, Tripizol, Nortimil,Cipralex,Seroxat, Dumirox e Prozac +!

Furio

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Nel 1964 il britannico Gerry An-derson ideò una serie televisivadi fantascienza intitolata Thun-derbirds. Prodotta nel biennio1964-65 dallo stesso Gerry Ander-son e sua moglie Sylvia per la ca-sa di produzione AP Films, futrasmessa dal network britan-nico “Independent Television(ITV)” a partire dal 1965. Ma la co-sa particolare stava nel fatto chegli attori erano marionette.

La serie per ragazzi, frutto di una tecnologiachiamata “Supermarionation”, andò in ondanel Regno Unito tra il 1964 e il 1965, per untotale di 32 episodi di 50 minuti ciascuno, eispirò diverse altre serie televisive e film, tracui un film con attori in carne e ossa chiama-to Thunderbirds. Nel resto d’Europa la seriefu trasmessa negli anni settanta (in Italia apartire dal 1975 dalla RAI). Thunderbirdstrae origine da un reale disastro minerarioavvenuto in Germania nei primi anni sessan-ta: da qui l’idea di una serie televisiva i cuiprotagonisti fossero i membri di un’organiz-zazione di soccorso (l’International Rescue),in grado di prestare aiuto anche in condizio-ni estreme e in corsa contro il tempo.L’International Rescue è un’organizzazionecreata dall’ex astronauta Jeff Tracy per dare

soccorso a chi si trova in grave pericolo.L’azione si svolge nel 2026. Jeff utilizzamezzi tecnologicamente avanzati, appunto iThunderbirds, pilotati dai suoi cinque figli:Scott (Thunderbird 1), Virgil (Thunderbird 2),Alan (Thunderbird 3), Gordon (Thunderbird4) e John (Thunderbird 5). L’organizzazione,nata dopo che Tracy perse la moglie Lucille inun tragico incidente, ha sede in un’impreci-sata isola del Pacifico. Ad aiutare l’ex astro-nauta ad approntare i mezzi di soccorso ilgenio dell’elettronica Brains. Spesso peròl’organizzazione si trova anche a dover fare iconti con incidenti causati da sabotaggio. Uninnominato nemico dell’organizzazione, manoto nella serie come “The Hood”, di tantoin tanto provoca incidenti allo scopo di farvenire allo scoperto i Thunderbirds e spiarli o,addirittura, rubarli. Ma a sua volta The Hoode ad altri nemici dell’organizzazione, sonobraccati e controllati dall’agente dell’International Rescue a Londra, un acerta“lady Penelope Creighton-Ward”, regina deljet-set internazionale con il prezioso aiutodel suo ficcanasissimo autista/maggiordomoAloysius “Nosey” Parker. I due vanno in girosu una Rolls Royce rosa shocking chiamataFAB 1, equipaggiata con gadget in stileJames Bond e su uno yacht chiamato FAB 2nei casi in cui ci si sposti via mare.

FINZIONI16Virgil, Gordon e Brains

MARIO ETTESPAZIALI MADE I UK

a cura di Romano Funaioli

F THU DERBIRDS

Veicoli Thunderbirds

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17FINZIONI

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Teso a remunerativo mercato statunitense, la famiglia Tracy si è basa-ta su un concetto simile alla serie tv Bonanza con il padre Jeff Tracy,con un aspetto simile a Lorne Greene. I figli di Jeff Tracy sono statinominati dopo che i primi 5 astronauti americani andarono nello spa-zio attraverso il progetto spaziale Mercury: Scott Carpenter, VirgilGrissom, Alan Shepard, Gordon Cooper e John Glenn. Le visualizza-zioni dei personaggi sono state gestite da Sylvia Anderson e le mario-nette sono state create dal “Capo Burattinaio Christine Glanville” eil suo team. Per dare a Scott e Virgil l’impressione di esse-re più alti rispetto agli altri membri della sua fami-glia sono state fabbricate marionette con unostretto girovita. Questa tecnica è stata utilizzataanche per il nemico dell’organizzazione “TheHood”, a cui hanno applicato grandi mani euna grossa testa per dare l’impressione diessere più potente. I pupazzi sono statitutti realizzati per un terzo a gran-dezza naturale (circa 56 centimetridi altezza). L’aspetto di Scott èbasato su Sean Connery, il volto diAlan Tracy è stato modellato sull’attore Robert Reed. Brains si pensasia stato modellato su Anthony Perkins. Dinotevole rilievo il meccanismo elettronico di sincronizzazione labialeprogettato da Gerry, in cui sono stati avviati i movimenti della boccadel personaggio, dalla riproduzione del dialogo pre-registrato finoall’invio di un impulso elettrico dalla sala di controllo al cavo di col-legamento lungo tutto il portale dei burattinai. I caratteri di LadyPenelope e Parker sono stati progettati per soddisfare la concezionedegli Stati Uniti sulla società di classe inglese, quindi con accenti easpetto esagerati. Quando si è modellato il viso per Lady Penelope, èstato sviluppato un Penny look basato su un modello per una pubbli-cità di shampoo. Il Personaggio di Parker invece si èbasato su un barman del pub locale frequentato dalteam di produzione. Arthur, il barista,aveva precedentemente lavorato peril “Servizio di sua Maestà” e par-lava con un accen-to che ha per-messo l’usog r a t u i t o

della lettera” H “. Lady Penelopeera un James Bond al femmini-le, il suo motto di famiglia eraessere “Pericolo, eleganza,fascino e mortale”. Ciò coin-cide con la produzione diun film di 007 al tempostesso della

proie-zione di

Thunderbirds. Laserie Thunderbirds ha

beneficiato di rinasciteperiodiche nel tempo inquanto, così come suc-cessivamente, ha ispirato

programmi televisivi e spotpubblicitari, produzioni teatrali, film e merchandising. Le

repliche della serie sono tuttora trasmesse dalla BCC nel RegnoUnito. Naturalmente Thunderbirds è molto popolare anche inGiappone che vide per la prima volta la serie nel 1966 sul canaleNHK. Dall’sola deserta misteriosa nel sud del Pacifico, l’organizzazio-ne di volontariato con la tecnologiaaltamente avanzata per salvare viteumane in tutto il mondo “StrikesAgain!” ovvero... colpisce ancora!

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We can makeyour dreamscome true!

Balliamo?Lei mi ha detto sì, io ho spento la luce. L'ho abbracciata e ho iniziato amuovermi lentamente.Non c’era musica, quella sera no. C’era solo la voglia di stringersi, comeun abbraccio dei film di una volta. Una scena da sogno. Dopo poco misono svegliato!Stavo sognando ma sembrava proprio reale. Ancora lei, ancora una voltatorna a trovarmi nei pensieri notturni. Mi alzo dal letto. Clic. Accendo laluce della mia stanza e vado verso il mio salotto. Pochi metri quadri epochi mobili incastrati alla perfezione. Prendo una sigaretta dal pacchet-to semirotto. L’ultima, domani finalmente smetterò… È la speranza chemi accompagna ogni sera. Ho iniziato a fumare un anno fa e non mi è maipiaciuto. Accendo la finestra e apro la sigaretta (forse il contrario, sbagliosempre i verbi). Mi appoggio alla finestra aperta, faccio un tiro di unaCamel morbida. Guardo al di fuori della mia casa. Finestre. Una, due, tre,quattro… tante finestre. Più di trenta, poco distanti da me e molto affa-scinanti. Ogni finestra una storia. Una vita. Luci, ombre e un palazzo chenon dorme mai. Una cucina con la luce accesa mostra dei ragazzi chebrindano, fumano e giocano a carte. Non sento le loro risate ma percepi-sco il loro divertimento. Probabilmente stanno ascoltando un po’ di musi-ca… una musica allegra, retrò, di quelle che non si ascoltano più, di quel-le che ti fanno sorridere e ti fanno venir voglia di tornare indietro neltempo. Il tempo indietro non torna ma i sorrisi sono un buon rimedio gra-tuito alla nostalgia.Faccio un altro tiro, il fumo sale in alto e il mio sguardo lo segue.Tapparelle aperte e una luce che illumina una stanza. Una signora anzia-na, dai capelli bianchi e dall’andatura stanca si avvicina al tavolo di unacucina. Sopra alla tovaglia rossa lei osserva qualcosa. Parla. Non c’è nes-suno però parla. Prende quel qualcosa… è una foto. La tiene in mano epoi la bacia. Poi la posa, prende un’altra foto, la tiene in mano e poi labacia. Poi la posa. Prende un'altra foto e la tiene in mano per qualchesecondo in più… poi la bacia… e poi più niente. Riprende la sua anda-tura e spegne la luce. Clic. Buona notte alla signora dai capelli bianchi conun passato che non tornerà più.…La sigaretta sta per finire, mi rimane il tempo per l’ultima finestra. Anchequesta sera scelgo lei, come quasi ogni sera da un anno a questa parte. Elei anche questa sera ha scelto me, come quasi ogni sera da un anno aquesta parte. È lì che mi osserva e io ricambio. Ci sorridiamo. In mododistante è come se ci amassimo. Non ci siamo mai parlati, ci guardiamoin silenzio e il tempo sembra sospeso. La sogno spesso. Non sono mai riu-scito a dirle una parola; lei non ha mai voluto dirmi una parola. La suasigaretta è appena accesa, la mia mi regala ancora un tiro. Lei mi sorrideancora, alza una mano e mi saluta, io ricambio in modo automatico. Lasua mano continua a muoversi ma il suo gesto ora ha un altro significa-to: è un invito. Mi sta chiedendo di andare da lei. Io continuo a sorrideree con discrezione mi autoinfliggo un pestone su un piede per controllarese sono sveglio. Ahi! Sono sveglio! Dimentico il dolore e inizio a fare amente il conto dei piani al di sotto della sua stanza. Lei è al quarto piano,lato cortile, nome da donna. È un anno che aspetto questo momento;spengo la sigaretta e mi volto. Faccio per andare, non so cosa accadrà…spero solo che da domani potrò smettere di fumare. Clic.

di Daniele Aureli

SPERA ZA DI U UOMO I SO E

L ultimasigaretta

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U A STAR DIHOLLIWOODA 4 ZAMPE

a cura di Virginia Delmonte

RI TI TI FQuando l’originale di Rin Tin Tin

morì nel 1932 aveva 14 anni. Il Sig.Duncan, il proprietario del cane, lo

seppellì nel suo paese nel “Cimitero dei Ca-ni”. Il quadrupede fu una delle più grandistelle di Hollywood. Fortunatamente, il fi-glio del pastore tedesco era lì a prendere il

suo posto, e Rin Tin Tin Jr. recitò in una seriedi film popolari , spesso condividendo il sopran-nome del padre in “Rinty”.

Nel 1954, Rin Tin Tin IV recitò in una serie TV chia-mata “The Adventures of Rin Tin Tin”. Questa

serie venne trasmessa sullaTV americana fino al1959 (in Italia arrivò negli anni ‘60). Mammaricorda che lo guardava quando era una bam-bina. A lei piaceva perché amava i cani. Lepiacevano anche i cavalli, ma i suoi genitorinon potevano farle avere un cavallo e nep-pure un cane perchè in casa non si potevatenere, che a me non mi sembra giusto, manon ero ancora nata e così nessuno chieseil mio parere! Comunque, in questo showtelevisivo, c’era un ragazzo di nome Rusty,ed era un orfano, perché i suoi genitorierano stati uccisi dagli indiani, e Rin TinTin era il suo cane. Rusty era stato adot-tato da un’unità di cavalleria e vivevanotutti a Fort Apache in Arizona alla finedel 1800. Il Signor Lee Duncan, il pro-prietario originale di Rin Tin Tin, morìnel 1960, e una donna, di nomeJannettia Brodsgaard Propps, conti-nuò ad allevare i discendenti di Rintyin Texas e in seguito sua nipote,

Daphne Hereford, andò a farlo dopo lamorte di Mrs. Propps. Di Rin Tin Tin che

altro posso dire a distanza di tutti questianni... che fu un cane vero, vivo, con una grande carriera incinema e TV e padre di tanti cuccioli e uno in ogni genera-zione fu chiamato Rin Tin Tin.

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Uno dei più famosi protagonisti di Carosello, “l’Omi-no coi baffi” creato da Paul Campani per pubbliciz-zare una nota marca di caffettiere, andò in ondadal 1958 al 1968. Sicuramente la storia di una dellepiù felici combinazioni fra prodotto e fantasia nellastoria dell’imprenditoria italiana.

Paolo “Paul” Campani è stato uno dei più noti cartoonist nonchè regista,sceneggiatore e produttore cinematografico italiano. Fondatore dellaPaul Film rimane uno dei più grandi autori del cinema di animazionediventato popolare in Italia, ma anche all’estero, per i suoi famosissimi enumerosissimii personaggi di spot pubblicitari prodotti per Carosello, l’ir-ripetibile trasmissione della TV italiana che andò in onda per un venten-nio a partire dal 1957, prima sul Programma Nazionale e poi sulla Rete1 della RAI. Ma il personaggio più geniale di Campani, che tutti ricorde-ranno se cresciuti in quel periodo (ma anche no), è stato senza dubbiol’Omino coi baffi, flemmatico, sopra le righe, estraniato. L’idea singolaredi Campani fu quella di disegnare una bocca che prendeva la forma dellelettere che pronunciava, una vera trovata mai vista fino a quel momentoe anche dopo, da nessun’altra parte! Questo è talmente vero che fa porreuna domanda spontanea: il pubblico mediatico a cui si rivolgeva il perso-naggio venne chiaramente conquistato e migliaia di famiglie italiane

comprarono di buon grado l’economica e robusta caffettiera,ma... cosa gli rimase più impresso il prodotto

o lui? In seguito l’Omino coi baffi, divenneprotagonista anche di alcune storie afumetti che vennero affidate sempre alla

fantasia e alle matite di Campani e di moltialtri illustri suoi colleghi quali Scarpa,

Bottaro e Cimpellin. Paolo Campani, questo il suo vero nome,ha lasciato un segno indelebile nel panorama italiano dell’illustra-

zione, del fumetto e dell’animazione tanto che, il baffuto personaggio,diventò il vero e proprio tormentone ma anche il simbolo dell’Italia delboom economico. L’irrompenza dell’omino coi baffi sugli schermi televisi-vi rimane una vera e propria icona di un momento socio-economico irri-petibile che ha intrattenuto milioni di italiani. E per ribaltare una suafamosissima frase ” Sembra facile... fare l’omino coi baffi, ma saper dise-gnare un buon personaggio è un’arte che appartiene a pochi”.

MA O E COSI FACILEFARE BE E LE COSE..

di Jozi Sante

Sembra facile

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57025 piombino (li) - Via Ombrone 14 zona Industriale tel. 0565.276195tel. mario fiaschi: 346.0339406 - tel maurizio fiaschi: 348.4209732

Demolizioni e soccorso stradale

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Conversazione con l Astrologa

Durante il corso dell’estate è venuta a trovarcila nostra amica astrologa Lianella Livaldi, che sitrovava in vacanza qui a Piombino dove viveancora sua madre insieme a pochi ma importan-ti amici. Siamo andati tutti insieme una sera aprendere un aperitivo e durante l’incontro èvenuta l’idea spontanea di rivolgerle alcunedomande in maniera informale. E mentre tenta-vamo di recuperare l’ultima fetta di limoneincanstrata nel fondo del bicchiere di quello cheera un analcolico, sono venute fuori questedomande...

Che cosa pensa la gente dell’astrologia?Dipende, ci sono persone che tutti i giorni ascoltano la tv o la radio egli oroscopi giornalieri,per cui l’astrologia è solo un gioco di società.Mentre poi ci sono persone già preparate che sanno cosa è l’astrolo-gia psicologica e condividono la materia.Ti sei mai trovata in momenti scoraggianti per ilmotivo che fai questo lavoro?No perché questo lavoro per me è una vocazione, che faccio congrande piacere, amore e professionalità.Credi che in Germania sia più facile praticare latua professione?Sì perché in Germania c’è una preparazione diversa, cioè tante per-sone si intendono di psicologia e anche di discipline dell’anima. Percui in genere quando mi consultano vengono già con domande inte-ressanti, che hanno una certa maturità psicologica.Che studi hai fatto per diventare astrologa?Io sono autodidatta, perché ai tempi che ho iniziato io a studiareastrologia nel 1978 non c’erano gli istituti che ci sono adesso. Hopreso lezioni private da un’astrologa che faceva questa professioneda molto tempo. Poi mi sono preparata per l’esame dell’albo profes-sionale.Come ti sei avvicinata all’astrologia?Mi ci sono avvicinata per coincidenza. Il primo impatto con l ‘astrolo-gia l’ho avuto quando una mia amica per i diciotto anni mi regalò unlibro sul segno dell’acquario. Lì riscontrai varie parti della mia perso-nalità ed iniziai ad appassionarmi a questa disciplina. Poi quandoandai per la prima volta in Germania un’astrologa mi chiese di farmil’oroscopo e rimasi strabiliata. Da lì le proposi di insegnarmi a fare glioroscopi, e studiammo per dieci anni insieme.Che persona credi di essere?Io credo di essere una persona abbastanza con i piedi per terra (cosache non si pensa di un astrologo). Io sono una che si documenta suqualsiasi argomento o materia, e solo dopo essere soddisfatta appli-

co ciò che ho appreso, sia nella vita che nel lavoro.Perché hai deciso di andare a vivere in Germania?Perché in primis ho conosciuto il mio attuale marito che è tedesco. Poiin quel periodo frequentavo la scuola di corrispondenza estera. Così,finita la scuola diplomandomi, decisi di restare in Germania perchémi ero trovata molto bene.Credi che questa professione andrà a sparire oandrà ad aumentare?Non credo che sparirà.Credo che adesso stia passando un periodo unpo’ difficile, per il fatto che tanta gente non sa cosa sia l’astrologiaseria.Bene Lianella, grazie per questa conversazioneGrazie a voi e nell’occasione vorrei ringraziare tutti quei lettori diGraffio che seguono la mia rubrica con tanta passione.

Ointervista di Greta Panicucci

25OCCASIONI

CARI LETTORINEL PROSSIMO NUMEROVI PARLERÒ DI PLUTONE.

CIAO E A PRESTO!

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al Pinguinoal Pinguinoè già Natale!è già Natale!

Piazza Costituzione, 12 Piombino (LI) 0565.226439

Bar/Gelateria

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