Semestre, house organ del Collegio di MIlano

12
semestre 2 12 Anno IV, n. 6 – Febbraio 2013 – Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – 70%-DCB Milano E la società di cui, probabilmente, si parla di più negli ultimi anni. Per come sta pene- trando nel nostro modo di lavorare e nel nostro tempo libero. Per il suo business, in espansione. Per le querelle che sempre più spesso la oppon- gono ad altri grandi operatori economici, parti- colarmente quelli old economy, come gli edito- ri, o anche agli Stati, per ragioni di interpretazio- ne della normativa fiscale o dei diritti civili. Google, da motore di ricerca che era, sta sempre più diventando una filosofia, un sistema omni- comprensivo, un criterio del tutto nuovo di in- tendere il mondo. E visto che c’è un italiano ai piani alti di Moun- tain View, la sede californiana della compagnia, non lontana dalla Stanford University che ha vi- sto fiorire il talento dei fondatori, Sergey Brin e Larry Page, e che quell’italiano dirige la compa- gnia in Europa, è stato naturale invitarlo al Col- legio. Intervista a Giancarlo Lombardi L a sua "testimonianza" è quella che ha regi- strato il gradimento più alto nelle valuta- zioni, rigorosamente anonime, che vengono somministrate agli alunni dopo ogni incontro. Giancarlo Lombardi, 75 anni, tra i fondatori del Collegio di Milano e presidente sin dalla sua nascita, ne sorride ma si capisce che non ne è stupito per niente. “Forse perché ho una grande simpatia del- l’uomo”, risponde se gli chiedete come se lo spieghi, “una posizione antropologica, che im- plica rispetto per le persone e per le loro idee, e un’attenzione per la loro crescita personale, professionale e umana. E poi...” E poi, Presidente? C’entra con la mia storia: le realtà più importanti della mia vita sono state la mia famiglia e gli scout. Non un diversivo, lo scoutismo, non un’at- tività fra le tante ma una realtà importante, per me, in termini educativi. E mi lasci aggiungere...” Prego... poi c’è un sentimento che mi arrogo e cioè il senso della giustizia per gli altri più che per me stesso. Nell’ingiustizia, infatti, metto la pe- nalizzazione delle nuove generazioni. Tutto ciò che le vecchie generazioni fanno, mortifi- cando le nuove, è una forma di ingiustizia. Presidente, un altro anno per il Collegio. Un anno diverso dagli altri perché immerso in una crisi che non ha precedenti. Quali resta- no gli obiettivi di questa istituzione? Diventa molto importante, per il Collegio, ri- uscire da una parte a consolidarsi, consolidare una realtà visto che l’evoluzione del contesto economico può mettere in difficoltà chiun- que, e rendere poco attenti a sviluppare dis- corsi nuovi, e a perdere di vivacità. Come si allontana un rischio simile? La garanzia maggiore a che ciò non avvenga è data dagli studenti stessi che, per loro natura, so- no diversi, cambiano, sono vivaci e interessanti e portano la spinta al cambiamento. Il risultato più importante del 2012 è che il Collegio esiste e funzioni bene, perché questa è la sua libertà. Da che cosa lo capisce? Per esempio dal fatto che, nell’ultimo seme- stre, abbiamo avuto un numero di domande che è stato il più alto nella storia del Collegio. FEDELI A SE STESSI PER CONSOLIDARSI IN QUESTA CRISI segue a pag 3 segue a pag 4 Carlo D’Asaro Biondo, vi racconto le mie ventiquattro monete a Google di Giampaolo Cerri segue a pag. 2 L a cosa più importante nella mia vita è stata quella di frequentare scuole di qualità, di fare esperien - ze anche inusuali, di conoscere persone e organizzazioni straordinarie e d’aver avuto la fortuna e il privilegio di guidare persone che hanno dato molto alle organizzazioni di cui ero responsabile e di con- seguenza anche a me. È facile montarsi la testa quando si ha successo ma, quando una persona si trova al vertice di una società, in realtà rappresenta la sommatoria di quello che fanno altre persone. L’uni- versità a Stanford è stata decisiva. Era ed è il punto di riferimento in tanti campi. È grazie a Stanford che si è sviluppata la Silicon Valley, che rappresenta il concentrato più straordina- rio di imprenditorialità, di intelligenza, di conoscenza e anche di ricchezza. Essere leader cioè costruttori di futuro Al Collegio, il 28 novembre scorso, testimonianza del Ceo di Intesa S.Paolo, Tommaso Enrico Cucchiani, fra lezioni di vita e alta strategia di impresa. Da Stanford a Via Monte di Pietà passando per Allianz. Come capire la performance osservando una partita di basket Enrico Tommaso Cucchiani 5 INAUGURAZIONE De Benedetti METTERSI IN GIOCO 6 PROGRAMMA CULTURALE BILANCIO I SEMESTRE 7 OPEN LESSON/1 Tremonti COSÌ VEDO LA CRISI Martone L’EQUITÀ POSSIBILE 9 PROGETTI QUELLI DELLE START-UP VERDI 10 PROGETTI SPEDIZIONE O.A.S.I.S. 12 OPEN LESSON/2 Angelo Petroni ETICA E P. A. 7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 1

description

Numero unico 2012

Transcript of Semestre, house organ del Collegio di MIlano

Page 1: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

semestre 212

Anno IV, n. 6 – Febbraio 2013 – Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – 70%-DCB Milano

Ela società di cui, probabilmente, si parla dipiù negli ultimi anni. Per come sta pene-

trando nel nostro modo di lavorare e nel nostrotempo libero. Per il suo business, in espansione.Per le querelle che sempre più spesso la oppon-gono ad altri grandi operatori economici, parti-colarmente quelli old economy, come gli edito-ri, o anche agli Stati, per ragioni di interpretazio-ne della normativa fiscale o dei diritti civili.Google, da motore di ricerca che era, sta semprepiù diventando una filosofia, un sistema omni-comprensivo, un criterio del tutto nuovo di in-tendere il mondo. E visto che c’è un italiano ai piani alti di Moun-tain View, la sede californiana della compagnia,non lontana dalla Stanford University che ha vi-sto fiorire il talento dei fondatori, Sergey Brin eLarry Page, e che quell’italiano dirige la compa-gnia in Europa, è stato naturale invitarlo al Col-legio.

Intervista a Giancarlo Lombardi

La sua "testimonianza" è quella che ha regi-strato il gradimento più alto nelle valuta-

zioni, rigorosamente anonime, che vengonosomministrate agli alunni dopo ogni incontro.

Giancarlo Lombardi, 75 anni, tra i fondatoridel Collegio di Milano e presidente sin dallasua nascita, ne sorride ma si capisce che nonne è stupito per niente.“Forse perché ho una grande simpatia del-l’uomo”, risponde se gli chiedete come se lospieghi, “una posizione antropologica, che im-plica rispetto per le persone e per le loro idee,e un’attenzione per la loro crescita personale,professionale e umana. E poi...”

E poi, Presidente?C’entra con la mia storia: le realtà più importantidella mia vita sono state la mia famiglia e gliscout. Non un diversivo, lo scoutismo, non un’at-tività fra le tante ma una realtà importante, perme, in termini educativi. E mi lasci aggiungere...”

Prego... poi c’è un sentimento che mi arrogo e cioè ilsenso della giustizia per gli altri più che perme stesso. Nell’ingiustizia, infatti, metto la pe-nalizzazione delle nuove generazioni. Tuttociò che le vecchie generazioni fanno, mortifi-cando le nuove, è una forma di ingiustizia.

Presidente, un altro anno per il Collegio. Unanno diverso dagli altri perché immerso inuna crisi che non ha precedenti. Quali resta-no gli obiettivi di questa istituzione?Diventa molto importante, per il Collegio, ri-uscire da una parte a consolidarsi, consolidareuna realtà visto che l’evoluzione del contestoeconomico può mettere in difficoltà chiun-que, e rendere poco attenti a sviluppare dis-corsi nuovi, e a perdere di vivacità.

Come si allontana un rischio simile?La garanzia maggiore a che ciò non avvenga èdata dagli studenti stessi che, per loro natura, so-no diversi, cambiano, sono vivaci e interessanti eportano la spinta al cambiamento. Il risultato piùimportante del 2012 è che il Collegio esiste efunzioni bene, perché questa è la sua libertà.

Da che cosa lo capisce?Per esempio dal fatto che, nell’ultimo seme-stre, abbiamo avuto un numero di domandeche è stato il più alto nella storia del Collegio.

FEDELI A SE STESSIPER CONSOLIDARSIIN QUESTA CRISI

segue a pag 3 segue a pag 4

Carlo D’Asaro Biondo, vi racconto le mie ventiquattro monete a Googledi Giampaolo Cerri

segue a pag. 2

La cosa più importante nella mia vita è stata quella di frequentare scuole di qualità, di fare esperien-ze anche inusuali, di conoscere persone e organizzazioni straordinarie e d’aver avuto la fortuna e il

privilegio di guidare persone che hanno dato molto alle organizzazioni di cui ero responsabile e di con-seguenza anche a me. È facile montarsi la testa quando si ha successo ma, quando una persona si trovaal vertice di una società, in realtà rappresenta la sommatoria di quello che fanno altre persone. L’uni-versità a Stanford è stata decisiva. Era ed è il punto di riferimento in tanti campi. È grazie a Stanford che si è sviluppata la Silicon Valley, che rappresenta il concentrato più straordina-rio di imprenditorialità, di intelligenza, di conoscenza e anche di ricchezza.

Essere leader cioècostruttori di futuroAl Collegio, il 28 novembre scorso, testimonianza del Ceo di Intesa S.Paolo,Tommaso Enrico Cucchiani, fra lezioni di vita e alta strategia di impresa.Da Stanford a Via Monte di Pietà passando per Allianz. Come capire la performance osservando una partita di basket

Enrico Tommaso Cucchiani

5INAUGURAZIONEDe BenedettiMETTERSI IN GIOCO

6PROGRAMMA CULTURALEBILANCIO I SEMESTRE

7OPEN LESSON/1TremontiCOSÌ VEDO LA CRISI

MartoneL’EQUITÀ POSSIBILE

9PROGETTIQUELLI DELLE START-UP VERDI

10PROGETTISPEDIZIONE O.A.S.I.S.

12OPEN LESSON/2Angelo PetroniETICA E P. A.

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 1

Page 2: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

C’è un’idea di studio che cambia, rispetto alpassato? Un’idea più seria?Può darsi, ma non penso che la motivazioneprincipale sia frequentare il nostro ProgrammaCulturale. Poi lo scoprono, l’apprezzano e loseguono. No, la motivazione principale è la ri-cerca di un ambiente stimolante e, in qualchemodo, che permetta una identità. È un proble-ma di tutti, dei giovani in particolare: in unasocietà dispersiva, trovare un ambiente raccol-to e identificato e sicuramente di qualità è l’e-lemento principale. Ed è la maggiore ricchezzadel Collegio: 100 e passa studenti che frequen-tano facoltà diverse, che sono persone di qua-lità e che passano il tempo assieme, questa è laricchezza maggiore.

Per Milano, che cosa è il Collegio?Due fatti. Pur essendo il Collegio rivolto a stu-denti anche di altre regioni (compreso il 15%che viene dall’Estero), abbiamo cercato di se-gnare di più la nostra presenza a Milano, fa-cendoci carico di alcuni problemi e vedendo didare un contributo.Sono due realtà importanti, Expo College e ilMaster Milano per lo Stato. Poi ovviamente cisono le singole iniziative, come per esempio lamostra dei disegni di Mirò che è stata apprez-zata da moltissimi milanesi.

Andiamo per ordine: Expo College.Abbiamo messo a disposizione la competenzaa gestire dei college, non analoghi al nostroperché non c’è valutazione del merito comequi, però resta pur sempre una gestione diqualità rivolta a studenti stranieri e ricercatoriche arrivano a Milano per l’Expo. Stiamo met-tendo a fuoco la prosecuzione del progetto esperiamo che ci sia un’attenzione e un’interlo-cuzione delle forze amministrative che ci per-metta di valorizzare l’iniziativa.

Uno sforzo che il Collegio ha fatto con risor-se proprie: una delle poche iniziative di que-sto genere in vista di Expo 2015.Certo e questo aveva ipotesi di previsione chenon si sono realizzate e va detto. Dato che esi-ste un certo budget per Expo, bisogna avere lavoglia di fare. Si era ipotizzato di arrivare a 500

posti entro il 2015, arriveremo presto a 250con le nuove strutture.

Poi c’è il Master.Nasce da una riflessione molto condivisa, eapprofondita, sulla necessità per il nostroPaese di persone di qualità per le amministra-zioni pubbliche, locali e nazionali. Siamo ca-duti in un momento non facile: il master com-porta un costo di partecipazione e, d’altraparte, implica che ci siano enti disponibili al-l’assunzione. Nel mezzo di questa crisi, duevariabili difficili. Sia per la disponibilità eco-nomica di studenti e famiglie, sia per il bloc-co delle assunzioni, di fatto o di diritto, inmolte amministrazioni.

Come si pensa di uscirne?Speriamo che questi due limiti possano esse-re in parte superati e stiamo studiando la pos-sibilità di una formulazione diversa, con unamaggiore flessibilità che possa permettere lafrequenza a persone già inserite nelle ammini-strazioni. Resta il valore di una iniziativa cheattesta la sensibilità della Fondazione e untentativo di risposta a un bisogno reale.Più in generale che cosa ha da dire ai giovaniitaliani l’esperienza matura di un collegio dimerito come questo?La questione di una formazione di personeche hanno attitudine allo studio più degli al-tri, o per volontà o per carattere intrinseco, èriconosciuta da molti centrale se non priorita-ria. Purtroppo nel nostro Paese non corri-sponde uno sforzo economico e organizzativoadeguato. Abbiamo ottime università che fannoun eccellente lavoro, così come la scuola italia-na è meno malmessa di quanto si dica per meri-to di molti insegnanti che si impegnano congrande dedizione. Resta il fatto, però, che l’at-tenzione politica su questo tema è modesta, co-me modesto è il contributo economico. E non sipuò negare che, senza risorse, sia ben difficilefare qualcosa di importante.

L’educazione rimane un caposaldo...Nel suo primo programma di contrazione dicosti, per rispondere alle necessità del bilan-cio, il presidente americano, Barack Obama,ha tagliato tutte le voci, salvo la formazione el’educazione. E questa è la linea che caratte-rizza anche altri Paesi.

Da noi invece...Da noi è stata la voce più tagliata. Ora, è ve-ro che è un capitolo grosso, e che nello stessoesistono, ancora oggi, sprechi rilevanti chepotrebbero essere corretti. Però non può es-sere ridotto l’insieme, cioè eventuali recuperidovrebbero restare in questa voce di bilancio.

Torniamo al bilancio dell’anno: Michele Sal-vati ha lasciato la presidenza del Comitatoscientifico dopo tre mandati.La collaborazione con Michele, in questi an-ni, è stata una bella esperienza per me perso-nalmente e per il Collegio. Il professor Salva-ti è un uomo di grande qualità come lo è Sal-vatore Carrubba, che ha preso il suo postonel Comitato, come lo era il compianto Gui-do Martinotti, che l’aveva preceduto.

Che tipo di uomo e di intellettuale è Salvati?Un forte intellettuale, con un forte interessepolitico e che ha una grande simpatia per il

mondo giovanile, cioè è ricco di umanità. L’hoconosciuto sui banchi del Parlamento, lui de-putato dei Ds io della Margherita. Abbiamofatto battaglie insieme, pur avendo formazionidiverse, lui marxista io cattolica, ma i valoriche ci hanno unito ci hanno permesso di supe-rare ogni divergenza. Salvati ci ha aiutato, divolta in volta, a fare scelte giuste e importanti.Essendo diventato presidente de Il Mulino, luiche è anche docente universitario ed editoria-lista apprezzato, non aveva più tempo a dispo-sizione. Nel Pantheon del Collegio, lui c’è già.

E a Salvatore Carrubba, che ne ha raccoltol’eredità, cosa augura?Era ed è espressione del liberalismo italianodi cui incarna i valori. Ho iniziato a collabo-rare con lui quando ero presidente del Sole 24Ore e lo nominai direttore del quotidiano do-po Gianni Locatelli e abbiamo lavorato mol-to bene insieme, con grande stima da partemia. Di nuovo, come Salvati, unisce l’interes-se di alto profilo, di giornalista in questo ca-so, all’interesse politico che ha dimostrato fa-cendo l’assessore alla Cultura a Milano, conla prima giunta di Gabriele Albertini, ed es-sendosi sempre occupato anche di politicacon grande equilibrio e con grande chiarezzadi comportamento. Era già membro del Co-mitato scientifico e la sua presidenza sarà cer-tamente motivo di prestigio per il Collegio.

È significativo che questo luogo sia spessol’incrocio di culture diverse? C’è un imprin-ting in questo senso?Credo che questo sia vero. È fondamentalenella scelta degli uomini e fondamentale nellacollaborazione. Sono i valori di riferimentoimportanti che soggiacciono alle stesse for-mazioni culturali. Oggi una persona intellettualmente rigorosa,rispettosa della democrazia e della libertà, at-tenta agli altri, cioè attenta al problema dellaconvivenza e della solidarietà, ha valori chepossono essere coniugati, cioè tradotti in azio-ne politica ed educativa diversa, ma largamen-te prevalenti. Qui però nessuno ha una culturafrazionistica, cioè di contrapposizione, di par-te, che in politica è così diffusa. Questa è unaricchezza importante per il Collegio, che ri-specchia anche la diversità del corpo studente-sco stesso.

Dove vorrebbe vedere il Collegio fra un po’ ditempo?Da una parte che il Collegio mantenga semprequesto livello di qualità ma diventando più in-cidente nella realtà cittadina, universitaria enon. Lo stiamo facendo, con uno sforzo notevole:stiamo per iniziare un ampliamento per ulte-riori 55 posti, senza tradire la finalità del Col-legio, senza tradire la propria missione statuta-ria, cioè senza impoverire la qualità. L’altroobiettivo: arrivare a una normalità di gestioneeconomica che non ci obblighi a una ricerca dirisorse spasmodica. Una grande ricchezza,perché il fatto che il Collegio stia in piedi, conl’aiuto dello Stato, con le rette degli studenti econ il forte contributo di molte aziende chesottoscrivono borse di studio. Ma questo costafatica, non lo nego. E poi ho un altro deside-rio...

Quale?Il consolidamento dell’Associazione Alumni,ancora un po’ precaria. Ci sono ragioni ogget-tive: per fortuna i nostri allievi trovano lavoromolto presto e anche fuori dall’Italia, sonoquindi molto impegnati, hanno poco tempo adisposizione. Ormai però sono già molti quelliche sono usciti e quindi ci auguriamo che l’As-sociazione possa valersi del contributo di piùpersone.

segue da pag 1

L’INTERVISTALombardi: bilancio 2012 e prospettive. Da Michele Salvati a Salvatore Carrubba

semestre2

in una societàdispersiva,

trovare unambiente raccolto e identificato e sicuramente di qualità è l’elementoprincipale

Milanese, classe 1937, laureato in Ingegneria elettronica al Politecnico di Milano nel 1960,Giancarlo Lombardi ha attraversato da protagonista un pezzo di storia del nostro Paese e nonsolo. Anzi, la sua formazione umana comincia forse nell’anno, successivo alla laurea, che tra-scorrerà in Ciad in una Missione cattolica potendo collaborare anche con Albert Schweitzer. Dopo aver lavorato alla Olivetti General Electric nell’ambito del calcolo elettronico, è passatoalla Filatura di Grignasco, azienda che il padre, manager, aveva rilevato. Azienda che ha con-dotto da presidente e amministratore delegato. Un impegno, quello imprenditoriale, alternatoa quello associativo industriale che l’ha portato a essere responsabile di Confindustria Educa-tion, presidente di Federtessile, del ll Sole 24 Ore, vice Presidente del Banco Lariano, e consi-gliere di Bocconi, Cattolica, Luiss e recentemente della Statale di Milano.Terzo grande impegno di Lombardi, cui non è mai venuto meno neppure quando gli altri duesi facevano pressanti, è sempre stato quello sociale e per i giovani nell’Associazione guide escout cattolici italiani-Agesci, che ha presieduto dal 1976 al 1982. Un impegno che in qualchemodo l’ha condotto, dal 1995 al 1996, a essere ministro della Pubblica Istruzione e, dall’apri-le 1996 al maggio 2003, deputato. Oggi, oltre alla presidenza della Fondazione Collegio delle università milanesi, è consigliere diamministrazione di varie società, fra cui il Touring Club. Cavaliere del Lavoro, Lombardi è stato insignito anche del titolo di Cavaliere di Gran Croce almerito della Repubblica.

Giancarlo Lombardi

Qui nessuno ha una culturafrazionistica,

di contrapposizione,di parte, che in politica è cosìdiffusa.

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 2

Page 3: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

Un giorno ho fatto l’autostop e sono andato a vi-sitare Berkeley. Ho avuto un passaggio da unfurgoncino in cui c’erano quattro hippies e uncane e mentre mi davano il passaggio ridevanocome dei pazzi perché, dicevano, la mattina ave-vano dato una zolletta di Lsd al cane. Ero ungiovane bravo ragazzo milanese ed ero un po’preoccupato. Poi ho visitato l’università di Ber-keley e, il giorno dopo, sono andato a Stanford.Quando sono entrato nel vialone che porta all’u-niversità, Palm Drive, sono rimasto colpito dallabellezza del luogo: le colline dietro, le palme, ilparco, e quando ho imboccato quel viale in quelmomento ho deciso che avrei studiato lì. Non sa-pevo cosa fossero i ranking, secondo i qualiStanford era in testa, ero andato lì per curiosità.Quando poi si trattò di far domanda per andarealla business school, presentai l’application aquattro università: Harvard, Wharton, Colum-bia e Stanford. Mi rispose Harvard. E quella fuun’altra esperienza straordinaria. Dopo di chefeci un’esperienza di lavoro: prima in una multi-nazionale americana, una farmaceutica, poi lavo-rai in banca negli USA, poi tornai in Italia per-ché mi ero detto che se non rientravo dopo treanni non l’avrei fatto più e perché, come italianoe come europeo, ritenevo d’aver acquisito unvantaggio competitivo. Iniziò la mia carriera inMcKinsey e, in seguito, feci varie cose: il capo diuna multinazionale del lusso, del private equityper conto mio, per entrare poi in assicurazione,la filiale italiana di Allianz. Lo feci per una ragione molto semplice, era unacosa che non avevo mai fatto. L’assicurazione è un mondo piuttosto chiuso e ionon ne sapevo assolutamente niente. E furonotalmente “folli” da assumermi come direttoregenerale con una serie di responsabilità nell’areatecnica-assicurativa in cui quindi viene richiestauna conoscenza specifica nel commerciale e nel-la gestione operativa. Dopo un anno e mezzo di-venni amministratore delegato e poi anche pres-idente. Quella compagnia, anno dopo anno, hamigliorato la performance, arrivò ad averne unadel 20-30% superiore alle altre concorrentid’Europa e divenne la società più performanteall’interno del gruppo a dell’intero mercato assi-curativo europeo. Dopo di che Allianz mi chiamò in Germania,per guidare il primo vero programma di trasfor-mazione di questo gruppo mondiale. L’annosuccessivo, entrai nel consiglio degli amministra-tori delegati che hanno le responsabilità delgruppo. Ora vado fast forward all’anno scorso.Un anno fa, di questi tempi nacque il governoMonti e l’amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, fu chiamato a fareparte del governo. Questa cosa successe di mer-coledì, mentre stavo tornando da Monaco.Quando atterrai mi trovai nella segreteria telefo-nica la chiamata da Intesa Sanpaolo. Andai al-l’incontro, suggerii una serie di persone chepotevano prendere il posto dell’ex-ceo e mi dis-

sero: “Guardi, noi vogliamo che sia lei”. Risposiche non era fa,cile perché stavo facendo un altromestiere, ero all’estero, avevo un impegno mora-le a rimanere almeno due anni, non mi ero maioccupato di banca. Per farla breve, sono andatolì. La mia storia, tutto quello che avevo fatto,aveva sempre migliorato la performance di tuttele aziende in modo significativo. Le avevo por-tate sempre ad essere le best in class, best per-former nei loro mercati. Ed è quello che sto cer-cando di fare anche adesso. C’è chi è ossessiona-to con le procedure e la pianificazione della car-riera. In Germania, per esempio, è una convin-zione diffusa. Come se la vita fosse pianificabile.Ma non lo è. Ci sono tali e tanti eventi! Se unomatematicamente cerca di modellizzare la suavita, capisce che nulla è pianificabile. La vita èunpredictable. Non ci sono procedure. L’unicoconsiglio che mi sento di poter dare è che biso-gna fare molto bene quello che si fa. Secondo voiPietro Scott Jovane (amministratore delegato diRcs, ndr) stava pianificando di andare in Rcs? Velo dico io: no. Il fatto di pianificare le cose impli-ca un aspetto positivo, perché si sviluppa l’atten-zione, la determinazione, il livello di ambizione,però bisogna essere consapevoli che le cose nel-la vita vanno in altri modi. Si pensi a quante va-riabili interagiscono. La probabilità che il risul-tato sia quello a cui si ispira a priori è inesistente.L’importante è “programmarsi dentro”, ovverofortificarsi dentro. Ciò che deve essere incrolla-bile è la motivazione a migliorarsi, a superare sestessi. Le persone non si rendono conto delle lo-ro potenzialità. Anche fisiche, intendo. Faremolto bene vuol dire essere eccellenti, outstand-ing, avere qualche cosa che ci differenzia in mo-do unico, sia che si studi, sia che si lavori. La co-sa importante è eccedere le aspettative di chi tiosserva, avere l’iniziativa, il drive che ti punta acercare l’eccellenza. L’energia ce l’abbiamo tutti.La cosa vera è che si deve scoprire la motivazio-ne. Dopo di che se uno ha questo tipo di atteg-giamento le opportunità capitano, ma non con lasincronia con cui uno si aspetta; quando ti arri-vano, devi saperle cogliere. Quelli che in azien-da sono ossessionati dalla mossa successiva sonoquelli che magari per un po’ vanno anche beneperché ci hanno pensato talmente tanto che trepassi in fila riescono a farli, ma prima o poi si fer-mano. Perché? Perché consumano le loro ener-gie a pensare al prossimo lavoro. Il segreto dellavita è sempre quello di essere concentrati suquello che ti succede adesso. Faccio un esempiosportivo. Sono appassionato di basket. Un mododi leggere questo sport è la statistica: quanti rim-balzi, quanti canestri, le percentuali di tiro, lepalle perse e così via. Allora voi pensate ai pro-fessionisti della Nba. Immaginate di essere ungiocatore che è in scadenza di contratto. Quan-do sei lì, che hai la palla in mano, è facile esserepresi dall’ansia e dire: se la butto dentro segno eaumento la mia media partita, la mia percentualedi tiro e faccio vincere la squadra. Se va fuori

succede esattamente il contrario. Allora, quandouno è preso dall’ansia aumenta la probabilitàche la palla, invece di entrare nel canestro, vadasull’anello o fuori. Bene, il giocatore vincente èquello che, quando ha la palla in mano, guardache cosa c’è, se c’è un compagno libero passa alcompagno libero, se invece è libero lui, si con-centra sul canestro e pensa solo a quello. Quan-do si è lì, bisogna essere concentrati su una cosasola, buttarla dentro, essere presenti in quel mo-mento. Se uno è la sommatoria di una serie di“concentrazioni assolute” in quello che succedein quel momento, riesce ad avere una perform-ance migliore e nel frattempo riesce anche a farealtre cose che sono diverse e non programmabili.Se io penso a me, sono andato a lavorare nel set-tore dei beni di lusso e avevo una formazioneche era l’esatto contrario, non sapevo assoluta-mente niente. Sono andato a lavorare in assicu-razione e non avevo mai visto una polizza e dopopochi anni divenni l’esperto – ero consideratol’esperto – ma non perché sapessi più degli altri,mi ero fatto questa reputazione perché ero piùperformante e le mie organizzazioni erano le piùperformanti. In banca, più o meno, succede lastessa cosa. Una grossa parte dello sforzo di cre-scere è quello di crescere dentro, di acquisire laserenità interiore e di fare in modo che tutte leenergie siano disponibili per quello che devi fa-re. Come lo yoga e la meditazione. Svuotare latesta perché, più la svuoti e più sei in grado di es-sere concentrato, di riempirla e di essere perfor-mante. Le decisioni più importanti non le pren-diamo noi. Dove nasciamo, da quale famiglia,con quale intelligenza, in quale Paese, con qualidoti complementari rispetto all’intelligenza,queste sono tutte cose che non sono merito no-stro. Essere fortunato non vuol dire nascere ric-co. Ho perso mio padre a 18 anni, ero povero incanna. Avevo un piccolo gruzzoletto, che mi erastato dato in azioni. I miei studi me li sono fi-nanziati con borse di studio. Fortunato vuol direnascere con quello che ti serve potenzialmenteper aver successo, poi sta a te farlo. Se hai ques-ta fortuna, devi essere consapevole di essere indebito con la società, devi assicurarti di ritorna-re una parte di questa fortuna ai tuoi consimili,ed è questo che spinge me ad impegnarmi in al-cune cose per esempio nell’education, nella cor-porate social responsibility. Nelle aziende che hogestito, ho sempre dato quasi il 100% in borsedi studio, in sostegno ai giovani. La cosa miglioreè investire sui giovani, sul futuro di un Paese, sulfuturo di una generazione. La mia generazione èstata di un egoismo spaventoso: ha creato ungrossissimo debito pubblico, ha consumato unaquantità di risorse, di energie impensabile e cosìvia. Se magari ci ricordiamo che, invece di cer-car di prendere e di consumare, possiamo dareanche qualche cosa e costruire per il futuro aiu-tando i nostri giovani, credo che sia una cosapositiva. Posso chiedervi, chi è un leader? Descrivetemi le

sue qualità. Secondo voi leader si nasce o si di-venta? Che differenza tra c’è tra leader e manag-er? Chi pensa di essere un leader? La miglior de-finizione che abbia sentito sul manager rispetto aquella di leader l’ho sentita da Shimon Perez:“Un manager è una persona che gestisce qual-cosa che esiste. Un leader è chi costruisce il fu-turo superando ostacoli e resistenza al cambia-mento”. In qualsiasi organizzazione c’è unmanager. Per definizione in ogni organizzazioneche deve gestire quello che c’è, quello che devefirmare, c’è sempre. I leader sono pochi. Nontutte le organizzazioni ne hanno uno. Non bastaessere capo di un’azienda, che si chiami ammin-istratore delegato, direttore generale, per essere leader. E leader non si nasce. La leadership nonpuò essere insegnata ma tutti possono imparar-la. La dote più essenziale per crescere comeleader è la capacità di introspezione, guardaredentro se stessi, scoprirsi dentro, scoprire i pro-pri fantasmi le proprie ansie. Il giocatore di ba-sket, quando tira, magari in allenamento, è bra-vissimo: gli vanno dentro tutte. In partita maga-ri non riesce, perché, come accennavo prima, hail fantasma della statistica e quindi del giudizio.Guardarsi dentro non è un esercizio facile. Ci ri-escono meglio le persone che sono vicine a noi,come i famigliari, gli amici, i colleghi. Se voichiedete, in facoltà o al lavoro, molto spesso sco-prirete che la loro percezione di voi stessi è mol-to diversa da quella che voi avete. La leadershipè una cosa che si acquisisce con l’esperienza.Sapete perché i comandanti di Boeing 747 o diAirbus 380 non sono dei giovani con i riflessipronti? Spesso hanno gli occhiali e hanno unacerta età, perché devono avere 30-40 mila ore divolo. Hanno esperienza, hanno visto tante situa-zioni. Esperienza deriva dal latino ex periculo.Fino quando uno non ha maturato l’esperienzadel pericolo, non può essere un leader e questoè fondamentale. La leadership è una cosa strana.Se uno diventa bravo a tennis, negli anni ci saràun decadimento, i riflessi non saranno più pron-ti, i muscoli meno rispondenti, il fiato si farà cor-to, e così via. Però la tecnica no, la tecnica rima-ne dentro. Invece il leader, nel momento in cuiperde la capacità dell’introspezione, la capacitàdi ascoltare gli altri, la capacità di cogliere i se-gnali deboli, è allora che rischia di commetteregli errori più gravi. Dunque la leadership è unacosa che si può imparare ma che richiede un ap-prendimento continuo. L’applicazione della me-desima determinazione a guardare dentro sestessi, a cercare di capire in che cosa si sbaglia.Sino alla fine. Potrei definire la mia attività pro-fessionale ma anche la mia passione come ge-stione del cambiamento e ossessione per la per-formance. “Gestione del cambiamento” vuol di-re che uno ha la convinzione che tutto possa es-sere migliorabile. Sono convinto che in qualsiasiazienda al mondo, anche nella più performante,

segue da pag 1

TESTIMONIANZE/1Enrico Cucchiani

3semestre

to italiano e tra le più grandi banche a livello europeo. Precedentemente è stato membro delConsiglio di Gestione di Allianz SE. Attualmente è membro del Comitato Esecutivo e dell’In-ternational Advisory Council dell’Università Bocconi; nell’Advisory Council della GraduateBusiness School dell’Università di Stanford.È membro del Comitato Esecutivo della Trilateral Commission e dell’Aspen Institute Italia.Dopo il dottorato in economia con lode all’Università Bocconi di Milano, ha conseguito l’M-BA a Stanford, dove si è distinto come Fulbright Fellow e ha svolto attività di ricerca pressol’Università di Harvard.

Enrico Tommaso Cucchiani

segue a pag 12

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 3

E consigliere delegato e Chief Executive Officer di Intesa Sanpaolo, il primo player del merca-

Page 4: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

Lui, Carlo D’Asaro Biondo, 49 anni, romano,una laurea in Economia presa alla Sapienza, s’èpresentato in via S.Vigilio 10, mercoledì 21 no-vembre, nel più perfetto understatement, ve-stendo abiti comodi, con un approccio del tut-to informale, chiedendo che gli alunni gli des-sero del tu. Accompagnato dalla moglie, unabella signora bionda, francese.Ne è scaturita una testimonianza appassionata,col mega-dirigente che non s’è sottratto a nes-suna domanda, neppure a quelle scomode, suidossier del momento, dal fisco al diritto d’au-tore, per le quali ha chiesto riservatezza all’u-ditorio.Prima, raccontando la sua carriera in Francia,nella grande consulenza di Kpmg, poi in Ameri-can on line, in Unisys, quindi, dopo un brevepassaggio al mondo editoriale di Lagardere, l’in-gresso nella compagnia dal marchio variopinto.Ed è nel mondo Google che ha accompagnatochi lo ascoltava. A cominciare dalla grande di-visione strutturale della compagnia, fra “quel50% dell’azienda costituito da ingegneri chedei soldi, dei ricavi cioè, se ne fregano”. Si tratta, di chi deve sviluppare prodotti chesiano usati dagli utenti finali “e la cosa su cuiognuno di loro viene valutato è se il suo pro-dotto viene usato”. Complessivamente, haspiegato D’Asaro Biondo, “a fronte di 40 mi-liardi di dollari ricavati, 15 sono investiti nellosviluppo”.L’altro 50% di chi lavora in Google è compo-sto da persone, che vanno a cercare ricavi, a fa-re partnership, o gestiscono il marketing:“Fanno cioè quello che può servire affinchéquesti prodotti vengano utilizzati e adottati”,ha detto, chiarendo che clienti sono le imprese

“che con noi possono fare pubblicità e tantealtre cose e il nostro mestiere è rendere il webutile per loro”. Quindi si è trattato di focalizzare invece il pro-prio lavoro, la descrizione è divenuta articola-ta. “È diviso in più parti”, ha detto, “la primaè vendere la pubblicità, e si capisce da sola. Laseconda è gestire le persone, perché da noi,quando vai a trovare un cliente che ti parla delsuo desiderio di vendere un prodotto, gli devicercare il mercato, gli devi definire un approc-cio, gli serve cioè gente che abbia competenzanella consulenza”. Perché un cliente può chie-dere d’essere aiutato a gestire il marchio e apresentarlo; “quindi lì è un lavoro più tradizio-nale di branding”. La terza parte, ha prosegui-to il manager, “è rappresentare l’azienda: an-dare in giro a parlare con i Governi, con lastampa e, in generale, con chi è interessato aquesto ecosistema e alle conseguenze checrea”. La quarta, “è definire una strategia”.Il passaggio appunto alla strategia di businessdella casa californiana è stato breve. Con unosguardo al passato: “Quando Google ha co-minciato”, ha esordito D’Asaro Biondo, “nonsapeva fare i soldi”. E la cosa non preoccupa-va neppure troppo i due dottorandi di Stan-ford: “Si partiva da un principio: se si crea unprodotto che è in mano a tantissime persone,prima o poi, un modo per far soldi si troverà”,ha confermato. Ragionamento “bellissimo maanche molto rischioso”, considerando che pa-recchie aziende che hanno avuto la stessa in-tuizione poi non hanno trovato come fare i sol-di. Finché un giorno l’idea “si è accesa”, a EricSchmidt, il Ceo chiamato dai fondatori e aglistessi Brin e Page: “Vendere le parole”.E da allora, a Mountain View fanno soldi “inquesto modo, per tutte le parole che potete im-maginare, in tutti i Paesi del mondo, per ognisettore”. Con meccanismi di remunerazioneequi, ha spiegato, in grado di non uccidere ilmercato e salvaguardando la clientela visto chechi fa pubblicità scorrette o infedeli viene pe-nalizzato ed escluso.Ricavi, ha spiegato D’Asaro Biondo, arrivanopoi dalle gestione dell’inventory cioè le pubbli-cità di siti web “per la quale abbiamo creatopiattaforme tecnologiche per vendere l’adver-tising”, con You Tube, e quindi sul settore del-la telefonia mobile, “dove non facciamo ricavidirettamente con Android, che forniamo gra-tis, ma guadagniamo sull’utilizzo dei nostrisoftware sugli smartphone, quando c’è il no-stro sistema operativo”. Per l’Europa, si opera dalla sede in Irlanda,che occupa quasi 3mila persone. “Molti sonoragazzi che escono dall’università, è una speciedi Babele dove ci sono persone che vengonodal mondo intero e che poi lavorano, da lì, perciascun Paese: 70 persone che lavorano per l’I-talia, altre per la Francia, altre ancora per laGermania, ecc.”. Quanti stanno a Dublino, ri-spondono al telefono alle piccole medie impre-se che cercano di comprare sulle nostre piatta-forme, le aiutano, rispondono ai loro quesitima fanno anche le cosiddette outbound call,“cioè li possono anche chiamare”, ha spiegatoil manager, “quando vedono che utilizzano iprodotti e si rendono conto che ci sono alcunesituazioni per le quali, nell’interesse del clien-te, è utile contattarlo”. In ciascun Paese ci sono strutture locali cheservono le 200-300 più grandi aziende nazio-nali, andandone a trovare il management e aiu-tandolo a definire e a ottimizzare le campagne

pubblicitarie, rispondendo ai problemi i piùdiversi. “Vendere con queste formule”, ha ammessoD’Asaro Biondo, “ti permette di vendere ‘al ri-sultato’. E quando a sera torni a casa, puoi diredi aver venduto qualcosa che è possibile quan-tificare”.Si tratta di una formula con cui Google è in gra-do di creare “una forte confluenza di interessi”,perché il cliente paga solo per quello che harealmente utilizzato. “Il nostro interesse”, ha chiarito il Ceo d’Euro-pa, “non è che quello compri molto oggi e poismetta domani, ma che si trovi la formula percui guadagna, in modo che tutti i giorni conti-nui a comprare”. Una situazione che, ha spiegato il dirigente, hadeterminato una situazione particolare: “Oggiuna piccola media impresa, anche di 15 perso-ne, può vendere all’estero, con un sito web,usando questo tipo di cose e competere qualchevolta anche con grandissime aziende”. Insom-ma, con Google si afferma la democrazia del-l’intrapresa. “Grazie a Google”, ha rivendicatoD’Asaro Biondo, “non è più la dimensione solaa contare, per crescere e svilupparsi. Molte coseche erano a costo fisso, come creare uffici, orga-nizzare forza vendita, oggi diventano a costo va-riabile, vale a dire io, imprenditore, comproquello che mi serve”. E a costo variabile diven-ta anche la tecnologia, con il cloud computing. Un principio che valeva solo per il marketing,quelli di Mountain View, cioè di Dublino, lostanno esportando. “È la cultura di Google”,dice il manager abbandonando più volte il diva-no della caffetteria, sede tradizionale delle Testi-monianze, per combattere il mal di schiena.Dettaglio anche questo un po’ in stile Google,in quanto luogo di lavoro descritto come “age-rarchico”, libero e creativo. Fama questa che haspinto inevitabilmente molti alunni a chiederelumi. E il Ceo non ha certo glissato, ma ha vo-luto separare il vero dal leggendario. “Da noi sicrea pressione positiva”, ha detto, “per il fattoche le persone, in azienda, stanno bene, e attra-verso una gerarchia molto diretta, che consentadi andare avanti, piuttosto che con il terrore”.Un approccio costituito da una serie di senti-menti positivi, che portano le persone “a lavora-re per rispetto dell’azienda, per soddisfazione,per amore di quello che fai o anche, per esem-pio, per il fatto che da noi si mangi gratis”.Quanto alla gerarchia, comunque, non è veroche a Google non ci sia ma, ha spiegato D’Asa-ro Biondo, “le decisioni vengono prese sempredi più sulla base di informazione e di dati ma-neggiati dai giovani, cioè da chi è sulle campa-gne, sul lavoro, ecc”. Ovvero conta l’operativitàe la conoscenza diretta dei problemi più chel’autorità. “Quando va presa una decisione suuna proposta da fare a qualche cliente, magarisullo sviluppo di un nuovo prodotto, moltospesso sono i giovani a fare le analisi migliori,siano essi ingegneri o commerciali. E chi è nellaposizione di dover prendere decisioni tieneconto di tutto ciò. Non siamo gerarchici nelsenso”, ha proseguito, “che le decisioni cercanodi essere spostate sempre di più vicino al terri-torio”. Non è leggenda, invece, l’informalità che do-mina tutto: vero che non si va in giro in giac-ca e cravatta, vero che ci si veste un po’ libe-ramente, vero che c’è una certa atmosfera.“Però devo essere onesto”, ha aggiunto, “danoi se il nostro capo mondiale prende una di-rezione, se si è deciso che si fa questo e non

quello, siamo più rigorosi dell’esercito svizzero,si va avanti per quella strada in modo moltochiaro”.E non è mito neppure che ad ingegneri e svi-luppatori venga lasciata la libertà di gestirsi il20% del loro proprio tempo di lavoro su pro-getti liberamente scelti. “Da questa modalitàsono nate molte applicazioni, da Gmail ad An-droid”, ha enumerato D’Asaro Biondo. Così ènato il potentissimo Google Maps, sistema dicartografia, topografia, geolocalizzazione:“Quando è uscito nessuno aveva capito chepoteva far soldi e ora è una fonte di ricavi spa-ventosa”.Un dialogo senza filtri quello del manager.Anche se quando ha detto che la mamma delmotore di ricerca non sa cosa farà tra tre an-ni, qualcuno in sala ho sorriso come dinnanzia un ordine di scuderia: “La gente ci guarda”,ha confermato lui, leggendo lo sconcerto neivolti di qualche interlocutore, “pensano cheraccontiamo balle. Ma è così: n-o-n l-o s-a-p-p-i-a-m-o”, ha scandito. Rilanciando subito:“Andate a trovare Mark Zukerberg (il fonda-tore di Facebook, ndr), chiedetegli se lui pen-sava di creare il social network che ha creatooggi. Non credo”. Per poi spiegare che “cer-to gli ingegneri hanno alcune idee che stannosviluppando ma non sanno quale funzionerà.Perché nel mondo della tecnologia, e questa èuna grande lezione che ho imparato, bisognasempre essere pronti a reagire sulla base diquello che si vede con i clienti”. E la famosamacchina che si guida da sola fa parte di quel-la sperimentazione, ha ammesso.Accommiatandosi, questo romano dall’ariasimpatica e dai modi diretti, che dopo tanti an-ni di Francia, infila inevitabilmente qualchefrancesismo o italianizza qualche “mot fran-çais”, ha regalato a chi lo ha ascoltato la suepersonale filosofia di vita che chiama “delleventiquattro monete”, quante sono le ore del-la giornata. “Le ventiquattro monete le devispendere bene”, ha spiegato all’uditorio, “se lofai solo per lavorare, a lungo termine non ce lafai. È necessario trovare gli equilibri attraversoi quali uno si gestisce la sua giornata, le propriecose”. E oggi, in Google, l'equilibrio “tra mo-nete spese a soffrire e monete spese a far coseche mi soddisfano è positivo”.

semestre4

segue da pag 1

TESTIMONIANZE/2Un top manager italiano a Google.Il mondo visto da Mountain View

Romano, classe 1965, Carlo D’Asaro Biondo, è presidente Seemea (Europa meridionale eorientale, Medio Oriente e Africa) di Google. Dopo una laurea in Economia alla Sapienza di Roma, è entrato nel mondo della revisione e del-la consulenza in Kpmg Francia, passando poi Unisys e in American On Line, sempre Oltralpe,seguendone lo sviluppo.Passato quindi, nel 2007, alla casa editrice Lagardere come Ceo for International Operations,due anni più tardi era in Google.

Carlo D’Asaro Biondo

Quando vapresa una

decisione su unaproposta da fare a qualche cliente,molto spesso sono i giovani a fare le analisi migliori

perché da noi,quando vai

a trovare un clienteche ti parla del suo desiderio di vendere unprodotto, gli devicercare il mercato,gli devi definire un approccio, gli serve cioègente che abbiacompetenza nellaconsulenza

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 4

Page 5: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

“Generazione perduta?” era un titolo chea Carlo De Benedetti, industriale, fi-

nanziere, editore, era piaciuto da subito quandoGiancarlo Lombardi, Presidente del Collegio,glielo aveva proposto per la sua prolusione all’i-naugurazione dell’anno accademico. Innanzi-tutto perché, quando l’idea era arrivata, l’edito-re stava ultimando la revisione del suo Mettersiin gioco (Einaudi), che era proprio idealmenterivolto ai giovani di questo Paese.Il presidente della Cir, l’Ingegnere secondo lecronache politiche ed economiche degli ultimi 40anni, intervenendo sabato 6 ottobre alla cerimo-nia dell’anno del Collegio è infatti riandato spes-so ai molti aspetti biografici contenuti in quel la-voro, parlando agli studenti ma anche ai moltipresenti, c’erano gli assessori milanesi Bruno Ta-bacci e Cristina Tajani, c’era la moglie del sinda-co Giuliano Pisapia, Cinzia Sasso, agli alumni, emolti docenti e rappresentati dei soci.Un racconto che poi si è sviluppato, senza ritro-sie e senza infingimenti quando la parola è anda-ta agli studenti, che hanno incalzato De Bene-detti su tanti temi, anche legati al suo passato diindustriale, toccando la politica e il tema spino-so delle primarie di coalizione di centrosinistrache si sarebbero disputate in capo a due mesi ela cui campagna era da poco cominciata.Partendo dalla crisi, violenta, che attanaglia que-sto Paese come buona parte del mondo, chel’Ingegnere ha assicurato, nel corso del suo in-tervento, continuare anche per il 2013. “Ridico-lo parlare di ripresa per l’anno prossimo”, hadetto a un collegiale, “stimo che avremo un Pilnegativo del 3%”.Per poi spiegare come l’avvento della globaliz-zazione, negli ultimi tre decenni, abbia cambia-to profondamente il quadro. “Lo shift versoOriente, per i minori costi della manodoperaera evidente”, ha detto a uno studente che lo in-terrogava sulla epopea di Omnitel, compagniatelefonica italiana, creata da De Benedetti, mapoi ceduta a Vodafone, e in particolare la sepa-razione da Olivetti, cioè dividere i cellulari daipc, che a Ivrea, erano stati tra i primi a produr-re. “Me ne resi conto nel ‘93”, ha raccontato,“fummo la prima azienda europea a lanciare ipc e la prima a uscirne. Nessun concorrentecontinentale di allora è sopravvissuto: da Bull a

Nixdorf a Siemens. E poi anche gli americani diIbm avrebbero fatto lo stesso con i cinesi di Le-novo”. Quella storia aziendale, che fu “in solicinque anni, la maggior creazione di valore neldopoguerra” era segnata. Anche se, ha dettorabbiosamente, l’Ingegnere, “Olivetti era sanis-sima quando è stata venduta, malgrado ci siaancora in giro qualche fascista che va a dire ilcontrario”.Semmai i problemi arrivarono quando, RobertoColaninno, “amico e collaboratore”, cui l’avevaceduta, volle usarla per scalare Telecom malgra-do lui, l’Ingegnere, avesse “dato un parere nega-tivo”. Mossa, ha detto De Benedetti, che “erastata l’inizio della distruzione di Telecom”, ra-gion per cui “parlare di fallimento dell’Olivetti èparlare di una cosa fuori dalla realtà”.

INAUGURAZIONE/1De Benedetti, studenti ora mettetevi in gioco

fummo laprima azienda

europea a lanciarei pc e la prima a uscirne. Nessunconcorrentecontinentale di allora èsopravvissuto: da Bull a Nixdorf a Siemens.

INAUGURAZIONE/2Blanco: entro il 2013 la prima pietra della nuovaala da 55 posti

Un nuovo edificio da 55 camere singole peril Collegio di Milano: ospiterà altrettanti

studenti eccellenti e richiederà complessivi 4milioni di investimento.

Lo ha annunciato Stefano Blanco, DirettoreGenerale, il 6 ottobre scorso, durante la ceri-monia di inaugurazione dell’anno accademicodel collegio di merito. Malgrado la crisi il Collegio di Milano accele-ra sulla strada dell’internazionalizzazione, delmerito e dell’eccellenza, fedele al propriomandato statutario. “La congiuntura ci spingea essere sempre più efficienti ma senza arretra-re sulla nostra missione formativa” ha spiega-to Blanco, che ha ricordato anche la difficilesituazione dei pagamenti ministeriali, “che or-mai procedono a 365 giorni”.Il cantiere dell’ampliamento vedrà la posa del-la prima pietra nel corso del 2013 e la costru-zione si innesterà all’edificio attuale disegnatoda Marco Zanuso, secondo il progetto dellostudio milanese PiùArch, vincitore di un con-corso di idee.La nuova ala del Collegio, finanziata in granparte dal Ministero dell’Università e dalla stes-sa Fondazione Collegio delle università mila-nesi, sarà ultimata entro il 2015, e costruitacon i più moderni criteri di ecosostenibilità(“impatto zero”) e con soluzioni tecnologica-mente avanzate.La Fondazione conferma il suo ruolo di sup-porto alla città universitaria milanese: oltreagli attuali 120 posti della struttura di S.Vigi-lio, da due anni ha aperto i battenti il primoExpo College, nel quartiere milanese di Bag-gio, che ospita 70 studenti e ricercatori stra-nieri, mentre altri edifici seguiranno, con l’o-biettivo di realizzare, per il 2015, una rete distrutture che possa accogliere 500 fra studentie giovani attirati a Milano per l’Esposizioneuniversale.

Blanco ha anche ricordato l’impegno dellaFondazione per rafforzare il Programma cul-turale, per il quale si prevede la concessione dicrediti formativi universitari: “Le convenzionisono state approntate e sono in corso di sotto-scrizione da parte di tutti gli atenei milanesi”.

5semestre

FONDAZIONEComitato scientifico: Carrubba succede a Salvati per la presidenza

Giornalista, scrittore, attuale presidentedell’Accademia di Brera, Salvatore Car-

rubba è stato nominato Presidente del Comi-tato Scientifico il 20 settembre scorso. A far-lo sono stati, unanimemente, i nuovi membridell’organismo insediatosi per il triennio2012-2014 nella stessa giornata. Catanese, classe 1951, già direttore del Il Sole24 Ore, della Fondazione Luigi Einaudi e as-sessore alla Cultura e Musei del Comune diMilano, Carrubba prende il posto di MicheleSalvati che era in carica dal 2005.

“Saluto con grande piacere la nomina di Sal-vatore Carrubba”, ha detto Giancarlo Lom-bardi, Presidente della Fondazione Collegiodelle università milanesi, “e colgo questa oc-casione per ringraziare, con sentita amicizia,il professor Michele Salvati che, in questi an-ni, ha dato prestigio al nostro Collegio ed èstato per tutti maestro di impegno civile e diattenzione ai problemi dei giovani. La nostragratitudine è sincera e profonda”.

Del Comitato Scientifico fanno parte, indi-cati dai rettori dei rispettivi atenei, i profes-sori Mario Anolli (Università Cattolica delS.Cuore), Maristella Botticini (UniversitàBocconi), Bruno Dente (Politecnico), Fa-

rizio Conca (Università Statale), Mario Negri(Iulm), Ruggero Pardi (Università San Raf-faele) e Pietro Redondi (Università MilanoBicocca).

Nominati dal Presidente Lombardi, fannoparte dell’organismo anche Rosellina Ar-

into, editore; Antonio Colombo , direttoregenerale di Assolombarda; Federico Montel-li, dirigente di Camera di Commercio Milanoe i docenti universitari Laura Boella (Univer-sità Statale), Fabio Corno (Università MilanoBicocca), Pippo Ranci Ortigosa (UniversitàCattolica del S.Cuore), Michele Salvati (Uni-versità Statale di Milano), Paolo Trivellato(Università Milano Bicocca).

Completano il quadro il neopresidente Car-rubba e il Direttore Generale della Fon-dazione, Stefano Blanco.

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 5

b

ch

Page 6: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

semestre6

PROGRAMMA CULTURALEDal Corno d’Africa al nostro Mezzogiornopassando per le meraviglie di Arduino

Una lampada intelligente, capace di avvisarecon un segnale a intermittenza se la luce

della stanza sia scarsa e lo studio in quelle con-dizioni possa dare problemi di vista.

È uno dei progetti che gli studenti del Collegiohanno realizzato col laboratorio “How to be amaker”, ovvero come essere costruttori, in cuisono andati alla scoperta della tecnologia Ar-duino, un sistema di software aperto creato dal-l’italiano Massimo Banzi, per realizzare con sen-sori e altri micro controller qualsiasi tipo dimacchina o applicazione.

Con pochi euro e un pc a disposizione si possonoinventare piccole o grandi applicazioni di picco-la o grande utilità. È il caso di una scatola dicaramelle che si apre sfiorandola appena, ma chesi serra per alcune ore dopo troppi prelievi didolciumi. O di un sistema che avvisa con un seg-nale luminoso se la temperatura della stanza èsalita troppo e non è salubre studiare in quellecondizioni: dispositivo che i creatori hanno volu-to chiamare, in omaggio a un noto spot tv diqualche anno fa, “Antoniofacccaldo”. Persino unsistema di sensori, applicato al più tipico calciobalilla, col quale si possano all’istante, e via mail,ricercare compagni per una scatenata partita.

I lavori sono stati presentati a tutta la comunitàdel Collegio nella serata finale del ProgrammaCulturale 2012-2013, primo semestre, il 30 gen-naio scorso. Ogni team ha mostrato un video es-plicativo e spesso anche la costruzione.

Curiosità: il papà di Arduino, Banzi appunto,che ora vive lavora a Lugano ma che era stato alCollegio per una lezione del laboratorio, ha ri-lanciato su Twitter, le foto e commenti che in di-retta erano stati fatti nella serata delle presen-tazione. Nella stessa serata è stato presentato ilproject work realizzato da un altro team di alun-ni per la società energetica Edison, membro del-la Fondazione, che ha proposto agli studenti unprogetto particolarmente ambizioso e “sfidante”nell’ottica della gestione consumi che il gruppoha affrontato col piglio dei consulenti d’aziendanavigati, ma con la passione tipica dei neofiti. Unprogetto che, anche a detta di chi ne ha svolto iltutorato, è stato apprezzato dall’azienda com-mittente a cui è stato presentato in una lunga earticolata esposizione.Workshop e laboratori si sono inseriti, come ètradizione, in un programma piuttosto articolatodi corsi.Come il forum che ha focalizzato un teatrogeopolitico forse oggi dimenticato ma che è sta-to al centro più volte di emergenze umanitariegravissime e conflitti cruenti e poco noti. Stiamoparlando del Corno d’Africa, forum svolto in-teramente in inglese dal professor UoldelulChelati Dirar, docente di Relazioni internazion-ali all’Università di Macerata.Con Milano è un’opera d’arte, gli alunni hannoinvece potuto guardare con un occhio diverso lacittà che lì ospita. Guidati da Marco Romano,emerito di Urbanistica dell’ateneo di Genova enoto esperto di Estetica della città. E si è trattatodi uno sguardo vero: il forum ha infatti previstosette itinerari all’interno dei quali sono stati os-servati specifici “oggetti architettonico-urbanisti-ci”: monumenti, palazzi, chiese, ma anchequartieri, edifici pubblici, vie e piazze, che sonostati occasione di approfondimento e, per alcunidi loro, di analisi dettagliate e visite sul posto.

Il forum incentrato su La questione meridionaleha invece rappresentato l’occasione per im-mergersi in uno dei grandi temi sociali e politi-ci che accompagnano questo Paese dalla suaunità. Con contributi storici, sociologici edeconomico-politici di studiosi che hanno fattodella questione del nostro Mezzogiorno un oriz-

zonte per studi e ricerche, come, tra gli altri, Car-lo Trigilia, dell’Università di Firenze, GuglielmoWolleb, dell’ateneo di Parma e Michele Salvati,della Statale di Milano e membro del comitatoscientifico del Collegio.L’area scientifica del Programma si è invece in-centrata su due temi che presentavano ancheforti caratteri di interdisciplinarietà.

Il corso di Catastrofi naturali, previsione, pre-venzione e percezione pubblica, tenuto da vul-canologi, geologi, oceanografi, analisti numericiha offerto a quanti lo hanno frequentato unosguardo di insieme sui grandi eventi naturali concui la civiltà moderna deve continuare a fare iconti, cercando il più possibile di ridurne ildrammatico impatto.

Si è andati dai terremoti e dalle loro origini, aicambiamenti climatici o di dissesto idrogeoligicoche sono legati ad altri fenomeni come frane e al-luvioni. Non è mancato neppure un approfondi-mento di Comunicazione ambientale che ha per-messo di focalizzare la percezione del rischionella pubblica opinione e il ruolo dei mass-me-dia in questo delicato terreno.Grande attualità anche per il corso Nanotecnolo-gie, dove la classe ha potuto comprendere la por-tata di una società nanotecnologica come quellache si va creando. Lezioni che hanno affrontatol’azione di queste scienze e tecnologie dell’infini-tamente piccolo sulla vita e l’organizzazione delquotidiano in molteplici settori: dalla medicina,alle biotecnologie, alle scienze dell’ambiente.Hanno completato il semestre, anche un busi-ness game sulle logiche del project management,il laboratorio di voce e ritmo tenuto dalla can-tautrice Mila Trani, il corso di lingua inglese re-alizzato con il British Council e l’Orto urbano,esperienza di coltivazione biologica guidata, cuiera stato dato inizio già nei semestri precedenti.Stavolta il collegiali-contadini hanno potuto rac-cogliere i frutti del proprio impegno bucolico:vari ortaggi che sono stati apprezzati da tutta lacomunità dopo essere stati cucinata dalla mensadel Collegio.

Con pochi euro e un pc

a disposizione si possonoinventare piccole o grandiapplicazioni di piccola ogrande utilità.

Il forum Cornod’Africa ha

focalizzato unteatro geopoliticoforse oggidimenticato ma che è stato al centro più voltedi emergenzeumanitariegravissime e conflitti cruenti e poco noti

Comunicazioneambientale

che ha permessodi focalizzare la percezione del rischio nellapubblica opinionee il ruolo dei mass-media

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 6

Page 7: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

7semestre

OPEN LESSON/1L’uscita di sicurezza del prof. Giulio.Tremonti racconta la crisi

C’è un’uscita di sicurezza per questa crisi?Il 5 giugno scorso gli studenti del Colle-

gio se lo sono potuti chiedere assieme a un te-stimone di eccezione, Giulio Tremonti, già Mi-nistro dell’Economia.

Tremonti, professore all’Università di Pavia,presidente dell’Aspen Institute, che due anniprima aveva inaugurato l’anno accademico, èvenuto a parlare di crisi partendo da una rifles-sione iniziata da tempo e che, pochi giorni pri-ma, era divenuta un libro di Rizzoli, intitolatoappunto Uscita di sicurezza.

L’ex ministro ha dato vita a un intervento piut-tosto appassionato, non privo di punte polemi-che, senza poi sottrarsi alle domande degli stu-denti, gli unici titolati a farne, benché l’incontrofosse aperto al pubblico. “Possiamo resistere al-la crisi grazie alla nostra industria manifatturie-ra e al nostro risparmio: solo che quando lo di-cevo io ero un ottimista, ora che lo dice il pro-fessor Mario Monti, è oggettivo”, ha esorditoTremonti, per poi riprendere la critica serrataalla globalizzazione intrapresa già con La paurae la speranza, altro lavoro di due anni prima,sempre col medesimo editore.

Un intervento iniziato proprio dall’obiezioneche gli è stata rivolta a più riprese nell’ultimoperiodo: e cioè perché non avesse lui, Tremon-ti, protagonista della vita politica degli ultimitre lustri, fatto qualcosa per impedire gli effet-ti della crisi, avendone intuite le ragioni.

“La stessa domanda potrebbe essere rivoltacon lo stesso fondamento al presidente BarackObama”, ha controdedotto, citando le lettere,i documenti, gli atti ufficiali in cui aveva mes-so nero su bianco i rischi e i pericoli di una cri-si “largamente peggiore di quella del 1929”.

Tremonti d’altra parte, già nel 2006, cioè dueanni prima dello scoppio della bolla dei mu-tui americani, dalle colonne del Corsera, ave-va fotografato esattamente cosa stava abbat-tendosi.

Così come, nei giorni in cui Lehman Brotherssaltava, scriveva a Christine Lagarde, ministroeuropeo delle finanze di turno, una ricetta sin-tetica che prevedeva una via d’uscita rapidaanche se non certo indolore: riscrittura delleregole finanziarie e contabili, uscita dalle bor-se dei titoli bancari per strapparli alle oscilla-

zioni, pool di fondi ovvero Eurobond, e attac-co deciso della speculazione.

E della necessità di “bloccare la finanza deri-vata”, ha riparlato anche rispondendo agli stu-denti del Collegio, aiutandosi con grafici chedocumentano, fra la metà degli anni ‘80 e dei‘10 del nuovo millennio, la crescita tumultuo-sa dei titoli derivati.

Un Tremonti che si è scagliato sulla tempisticascellerata, secondo i furori, ha detto, “di un’i-deologia mercatista”. “Dagli accordi Gatt nel1984”, ha ricordato, “alla nascita dell’Organiz-zazione mondiale del commercio, nel 1995, al-l’entrata della Cina, nel 2001, e poi degli altriPaesi asiatici, passano pochissimi anni”.

E sulle domande degli studenti, è venuto fuoriil Tremonti più polemico. “Lo sviluppo non sifa per decreto”, ha detto con riferimento alla si-tuazione italiana mentre, sollecitato, sul Mezzo-giorno ha spiegato che “l’Italia è un Paese dua-le, ciò che si può fare al Nord non va bene peril Sud”, aggiungendo che, per quest’ultimo, “civuole più Stato” come, per esempio, finirla con“le opere a gara, che diventano preda della bu-rocrazia infinita o della malavita e operare diret-tamente, come si faceva con l’Iri”, e dove rilan-cerebbe la sua Banca del Mezzogiorno.

Guardando al futuro del Paese, Tremonti hasegnalato un problema di “struttura giuridica,che rende impossibile ogni cosa”, ricordandod’aver predisposto la proposta di modifica co-stituzionale che “permetteva tutto ciò che nonfosse espressamente vietato”. L’Italia è ingessa-ta, ha detto facendo esempi desunti dalle cro-nache: dall’Ikea, venuta a produrre in Veneto,cui non si permette di aprire un superstore aTreviso, alla British Petroleum, fuggita daBrindisi, dove dopo 10 anni di iter ammini-strativi non è riuscita a costruire un rigassifica-tore: “È il segno che la nostra struttura pro-duttiva funziona, quella giuridica no”.

Lezione appassionata con citazione shakespea-riana finale, tratta dal Giulio Cesare del gran-de Bardo: “La colpa, caro Bruto, non è nellestelle, ma in noi stessi, se siamo schiavi”.

Un invito dichiarato a non essere schiavi dellelogiche che governano questo mondo: in cui lenazioni e i popoli contano sempre meno, e do-ve “la finanza sta sopra gli Stati”.

TESTIMONIANZE/3Michel, io viceministro e l’equità possibile

“Noi accettiamo il licenziamento di tantima non di un lavoratore solo. Perché

questo? Perché questo fa parte di un’ idea dioperaio di massa che era ancora legata al ’900,molto ugualitarista. Distinguere non va bene, sidiceva, perché gli operai sono tutti uguali”. Èandato dritto dentro le questioni che stannonell’agenda politica di questo Paese, MichelMartone, 38 anni, giuslavorista all’Università diTeramo, alla Luiss e alla Scuola superiore dellaPubblica Amministrazione, intervenuto al Col-legio per il ciclo “Testimonianze” il 15 ottobrescorso. Arrivava al Collegio di Milano preceduto dauna pessima fama, quella costruita dalla stampanazionale a causa di un battuta compresa male,quella dei giovani “sfigati” se non si laureanoper tempo.Quella boutade costò al giovane vice-ministrodel Lavoro un fuoco di fila di commenti duri etalvolta malevoli, sulla sua brillante carriera diprofessore universitario. E invece nelle due oree un quarto di dialogo serrato con gli studenti,Martone ha dato vita a una delle più belle testi-monianze del semestre, con tanti di quelli cheerano stati a sentire, intenti a chiedere, a con-frontarsi, a dire la loro anche nel prosieguo, tan-to che il commiato non finiva mai.Martone s’è posto con gli studenti del Collegiocosì come tratta, e tornerà a trattare visto chenon si è candidato alle prossime politiche, i suostudenti in facoltà: affabile e semplice. Il viceministro però non ha captato la benevo-lenza di alcuno. Ha raccontato com’è nato il suointeresse per la giurisprudenza, e poi per il di-ritto del lavoro, “mi sembrava, fra i tanti diritti,l’unico vicino alla storia, grande passione al Li-ceo”. Ma saranno le dinamiche del debito pub-blico e quelle previdenziali, che indirizzerannoi suoi interessi e la sua ricerca, anni dopo.La domanda che lo assillava, ha raccontato, eraquella sull’attitudine complessiva della politica,ma non solo, alla situazione dello Stato italiano:“Come può accadere che in uno Stato, in unPaese che ha il terzo debito pubblico mondiale,nessuno se ne preoccupi?”. Perché il Paese“che ha il primo debito pubblico del mondo,cioè l’America, ha anche il più forte esercito delmondo” e chiedere agli Stati Uniti di restituire isoldi è una cosa abbastanza complicata. E il se-condo “è il Giappone, che è una società per al-cuni versi simile alla nostra, ma che è la secon-da economia del mondo”.Una situazione che, ha ricordato, si incrociavacon le accelerazioni della globalizzazione, chearriverà a immettere nel mercato del lavoro in-ternazionale “40 milioni di persone all’anno”.Persone cioè pronte “a lavorare senza tutela,senza alcun tipo di diritto,a un livello di esisten-za basico, ad accettare salari bassi”. Fatti checambiano completamente la competizione in-ternazionale che, fino a pochi anni prima, nonesisteva neppure. “Noi italiani come faremo acompetere?”, si chiedeva il giovanissimo Mar-tone e la domanda è risuonata di nuovo, quellasera, nella caffetteria del Collegio.E poi il sistema previdenziale, sulla “insoste-nibilità della gobba pensionistica”, sull’ingiu-stizia del sistema retributivo, in cui la pensio-ne era calcolata sull’80% dell’ultima retribu-zione o della media dei salari degli ultimi anni,a fronte di chi va a riposo con quello contribu-tivo, nel quale si beneficiava in quiescenza so-lo di quanto si era effettivamente versato. Èl’attitudine tutta italiana, ha detto il vicemini-stro, “a scaricare la spesa, il peso, sui chi arri-va dopo”.

Una situazione, ha detto Martone, che richiedesoprattutto alle giovani generazioni una consa-pevolezza e un impegno: “L’unico senso è quel-lo di guardare i problemi che abbiamo davanti”,ha sottolineato, “guardarli in faccia e cercare diaffrontarli e confidare che mentre noi cerchiamodi affrontarli arrivi la cavalleria e sperare che lacavalleria sia giovane, forte e piena di entusia-smo come sembrate voi. Mi raccomando venitea darci una mano perché i problemi che dobbia-mo affrontare sono grandi e sono difficili”.Il viceministro ha difeso la riforma del Lavorodel Ministro Elsa Fornero perché, ha sottoli-neato, “cerca di migliorare la qualità dell’occu-pazione e di costruire un percorso che comincicon uno stage a ridosso della laurea, poi si tra-duca in un contratto di apprendistato sul qualele imprese non pagano i contributi e un incenti-vo sulla stabilizzazione per convertirlo in uncontratto di lavoro a tempo indeterminato”. Unprovvedimento, ha detto, che “cerca di riequili-brare le tutele tra insider e outsider, ridurrequella dell’articolo 18 mettendo un tetto” e cheinterviene “sugli ammortizzatori sociali, intro-ducendo l’Assicurazione sociale per l’impiego-Aspi che è un trattamento certo che va di 12mesi per i lavoratori giovani e 18 per gli altri”.Martone ha anche riconosciuto che “il percorsodi riforma non è finito. Le riforme hanno biso-gno di manutenzione soprattutto in un periododi crisi come quello attuale. La linea di tenden-za”, ha concluso, “deve essere quella di riequi-librare i diritti”. Perché, ha proseguito, “dob-biamo riequilibrare per far sì che il posto di la-voro vada ai giovani non a chi ce l’ha. O a chi èpiù anziano perché ha fatto carriera per anzia-nità. Ma a chi se lo merita. Solo se noi scommet-teremo su chi ha voglia di impegnarsi potremofar partire un circolo virtuoso. Oggi il circolo èrecessivo”.La riforma, ha aggiunto, è solo “l’inizio di unprocesso riformista e però il tema vero è chenon bastano le riforme per migliorare. Il postofisso non ve lo garantisce la legge, ve lo garanti-sce la capacità di fare bene un lavoro”.Una lunga testimonianza in cui il viceministronon ha risparmiato ricordi personali, comequando si scontrava col padre proprio sulla let-tura della società italiana di quegli anni, inco-sciente dell’ipoteca che, col debito, si andavacreando per le generazioni successive.“Io che sono nato nel 1941”, osservava Marto-ne senior, “ho conosciuto la fame, non ho avu-to tendenzialmente niente e mi sono dovuto co-struire tutto, mentre tu hai il telefonino, la mac-china, ogni ben di Dio, sei tranquillo e stai be-ne. Eppure stai a protestare, contro di me.”Nella parte aperta alle domande del pubblico,l’esponente del Governo Monti, non s’è ritrattoalle domande, tutt’altro. Ne è scaturito un dia-logo serrato, sempre più curioso da parte delpubblico e sempre più coinvolto da parte del vi-ceministro. Che ha descritto così il suo contri-buto all’Esecutivo: “È un lavoro difficile, è ungrande onore alla mia età poter servire il Paese.L’unica convinzione vera che mi son fatto inquesta situazione è che c’è bisogno di un nuovoimpegno e di una nuova consapevolezza da par-te delle nuove generazioni, ovvero di quelli cheverranno dopo di noi. Noi”, ha proseguito, “sia-mo gli apripista, siamo quelli che hanno subìtoin maniera più forte le conseguenze di questodebito, se riusciremo a fare qualcosa di buonosarà per dare a voi qualche opportunità in più”.A giudicare dall’applauso finale che ha accom-pagnato il suo commiato, l’hanno creduto inmolti.

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:05 Pagina 7

Page 8: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

F ilosofia, etnografia narrativa, economia,archeoastronomia ma anche manageriali-

tà: le altre testimonianze del secondo semestre,hanno condotto gli allievi del Collegio a esplo-rare i percorsi della conoscenza per mano apersonaggi di assoluto rilievo.

E di esplorazione vera e propria si è trattato il29 settembre, testimonianza inaugurale del se-condo semestre, quando è toccato a Giulio Ma-gli, professore del Politecnico di Milano. Magli,uno dei pochi archeoastronomi, ha aperto la se-rie delle Testimonianze introducendo una pla-tea interessatissima di alunni al fascino di que-sta disciplina, all’incrocio fra l’architettura e laricerca astronomica ed archeologica, in quantostudia gli allineamenti degli astri nei progetti deigrandi monumenti di epoche lontane, dalle pi-ramidi di Giza al tempio di Machu Picchu, pas-sando per Stonehenge.

Con Fabio Rossello, Amministratore Delegato esocio azionista della Paglieri Spa, big della co-smesi italiana, il 3 ottobre si è invece passati adascoltare l’esperienza di chi opera nell’impresa eche deve misurarsi quotidianamente con il temadella competizione, della migliore valorizzazionedelle risorse umane, del merito. Tutti temi checonducono a un altro: la leadership.

Il 10 ottobre, le Testimonianze hanno seguitostrettamente la piega dell’attualità: con Alber-to Martinelli, docente di Politica Globale e Si-stemi Politici e di Governo alla Statale di Mila-

no, si è messa a fuoco l’imminente sfida eletto-rale per le presidenziali americane fra MittRomney, repubblicano, a contendere la CasaBianca all’uscente Barack Obama, democrati-co. Martinelli ha mostrato e commentato congli alunni uno dei confronti che i due politiciavevano realizzato alcune settimane prima ne-gli studi della Cnn.

Con Laura Boella, ordinario di Filosofia mora-le alla Statale di Milano, il 24 ottobre, si è in-vece parlato di etica. La studiosa, esperta diLuksas, Bloch e Simmel nonché profonda co-noscitrice di Hannah Arendt, è partita da unsuo recente lavoro, Il coraggio dell’etica (Raf-faello Cortina), per spaziare sulla percezionedi quello che è giusto o sbagliato, buono o cat-tivo, fin nella trama profonda della vita.

Un incontro impegnativo, in cui tra l’altro è in-tervenuto un giovane alumno del Collegio,Amos Badalin, dottorando proprio in Filoso-fia morale, ma nel quale molti hanno preso laparola – e non solo studenti della materia – perscandagliare il significato profondo di una pa-rola, etica appunto, spesso inflazionata negliultimi tempi, soprattutto quando utilizzata co-me aggettivo: la finanza è etica, così come ilcommercio e c’è sempre, o dovrebbe, un’eticadella politica.

Tema in qualche modo confinante con quellotrattato il 7 novembre da Massimo Calvi, ca-poredattore centrale del quotidiano Avvenire e

già responsabile della pagina economica dellostesso giornale.Calvi arrivava per svolgere una riflessione sul-la crisi che tratta ed ha trattato tutti i giorni permestiere e sulla quale ha scritto anche un sag-gio: Capire la crisi, edito da Rubettino.

Il giornalista è partito proprio facendo stramedella vulgata sulla crisi che, a suo dire, si fermasulla superficie dei problemi, riduce molto atechnicalities, circoscrive tutto a sigle spessoincomprensibili, dai credit default swap-cds iderivati all’origine dello scoppio di bolla del2008, allo spread assurto ad emblema di quel-la attuale del debito. Per capire la crisi, haspiegato Calvi, c’è da capire innanzitutto che èuna crisi di avidità, cioè di comportamentiumani, dei comportamenti di milioni di singo-li sommati assieme, tutti alla ricerca del rendi-mento speculativo, della maggior liquidità percomprare gli status symbol oltre alla casa, delrifiuto a riformare la previdenza per non im-piombare di un debito insostenibile le genera-zioni che verranno.

Luca Doninelli, scrittore e drammaturgo, ha in-vece parlato di una disciplina nuova, da lui inse-gnata in un corso alla Cattolica di Milano: etno-grafia narrativa, ovvero il racconto dei luoghi edi chi li popola attraverso la narrazione.

Doninelli s’è occupato di Milano, con un pro-getto collettivo (Milano è una cozza, Michettaaddio e Vacanze milane, tutti usciti per Guerini

e associati), più recentemente di Firenze, (Sal-viamo Firenze, Bompiani) e ha raccontato igrandi luoghi di culto in Cattedrali, edito daGarzanti. In una chiacchierata appassionata eappassionante, lo scrittore ha raccontato di sé edel suo modo di guardare (e raccontare) la real-tà, particolarmente quella, unica, delle città ches’è trovato ad amare: Milano, luogo d’elezione,dello studio e della realizzazione professionale;Firenze, terminale di affetti familiari (era proni-pote del pittore macchiaiolo Ottone Rosai).

INCONTRIDall’archoastronomia alle HRTutti i volti del secondo semestre

semestre8

Aperte dal presidente Giancarlo Lombardi, con un intervento molto apprezzato, le Testimo-nianze del I semestre, sono proseguite con la giornalista Rai, Tiziana Ferrario (intervistata dal-l’alumna Serenella Mattera), il manager Pietro Palella, direttore generale di StMicroelectro-nics, e la chimica Francesca Casadio che lavora all’Art Institute of Chicago. Quindi è stata lavolta di Marina Forquet Famiglietti, a capo delle risorse umane di Borsa Italiana, dei giornali-sti Anna Momigliano e Antonio Picasso (sulla drammatica situazione siriana) e dell’indologoGiuliano Boccali, intervenuto sulla “Condizione femminile in India”. Il ciclo è stato chiuso daun’appassionante testimonianza della giovane musicista pop Mila Trani.

I Semestre

Tiziana Ferrario (a destra) con Serenella Mattera, alumna Giuliano Boccali Laura Boella

Luca Doninelli

Fabio Rossello Massimo Calvi con Giampaolo Cerri

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:06 Pagina 8

Page 9: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

9semestre

CALL FOR SOLUTIONForest Skill, start-up verdi grazie a Collegio e Fondazione Accenture

Forest Skill è la call for solution lanciatanel 2012 dalla nostra Fondazione insieme

a Fondazione Italiana Accenture, con la colla-borazione scientifica dell’Università degliStudi di Milano Bicocca, l’Università degliStudi di Milano e la partnership di comunica-zione di FederlegnoArredo e della Fondazio-ne UniVerde.

L’iniziativa, che si è svolta con il patrociniodel Ministero dell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare, del Ministero per le Po-litiche Agricole e Forestali e la medaglia dirappresentanza del Presidente della Repub-blica Giorgio Napolitano, aveva l’obiettivo diidentificare soluzioni progettuali volte a valo-rizzare e sviluppare competenze e know-howper la creazione di nuove opportunità di lavo-ro attraverso l’uso intelligente del patrimonioboschivo italiano.

Le 85 proposte arrivate sono state seleziona-te da una duplice giuria di esperti che ne havalutato la rispondenza alle caratteristiche ri-chieste di innovazione e originalità, alta so-stenibilità ambientale, finalità educative e ri-caduta positiva sul sistema Paese, sia accre-scendo la funzione economica del bosco siamigliorando quella di fornitore di servizi.L’evento di premiazione tenutosi al Collegiodi Milano ha visto la presenza di ospiti qualiAlmir Ambeskovic, Vice Presidente GiovaniImprenditori di Assolombarda; Carlo An-dreis, Professore di Botanica Ambientale eApplicata dell’Università Statale di Milano;Andrea Barilotti, Capogruppo di E-Laser;Nicolò Giordano, Ufficio Relazioni con ilPubblico del Corpo Forestale dello Stato; Lo-renzo Menguzzato, Fondatore del Bosco deiPoeti; Alfonso Pecoraro Scanio, Presidentedi Fondazione UniVerde e Saverio SticchiDamiani, Vice Capo di Gabinetto del Mini-stero delle Politiche Agricole Alimentari eForestali.I relatori, introdotti dal Presidente Lombardie dal Presidente di Fondazione Italiana Ac-centure Diego Visconti, hanno discusso sultema “Creare occupazione sostenibile pun-tando sull’ambiente”, moderati da Paolo Mi-gliavacca, Amministratore Delegato di Vita.Sono stati presentati i 10 progetti finalisti esono stati premiati i due vincitori, destinataridi 30.000 € ciascuno, per realizzare la start-up del loro progetto.

I due progetti premiati sono stati: Multifun-zionalità della foresta integrata – Il recuperodell’Alta Val di Vara e FELCE – ForestazioneLocale per la Compensazione di CO2.

Multifunzionalità della foresta integrata è unprogetto che intende recuperare 20 ettari diterre abbandonate nell’alta Val di Vara, inprovincia di La Spezia, per creare opportuni-tà di crescita individuale e di lavoro, tramitela valorizzazione e la pulizia di diverse zone diforeste miste riparie, aree di interesse natura-listico e aree agricole oggi sopraffatte dal bo-sco, nell’ottica di un recupero della loro mul-tifunzionalità.

Capofila del progetto è Gabriella Cozzani, ori-ginaria di Vezzano Ligure (La Spezia), agrono-ma, che ha lavorato al fianco del suo teamcomposto da Serena Barbieri, Giovanni Ca-puozzo, Chiara Colla, Mariachiara Garbelli,Michele Nigro e Ilaria Pasquinelli. Ma il teamha attivato una collaborazione che prevede ilcoinvolgimento anche di organizzazioni e isti-tuzioni della zona, tra cui Associazione Eze-chiele36, Associazione I Ricostruttori, CaritasDiocesana e Comune di Maissana.

I lavori sono partiti con l’aiuto di un consu-lente e di un esperto di botanica, grazie alsupporto delle due Fondazioni, con la defini-

zione di un Business Plan che rispettasse icriteri di scalabilità, replicabilità e sostenibi-lità economica del progetto, caratteristichevolte a garantire la durata nel tempo e la pos-sibilità di riprodurre il modello in altri terri-tori che, come la Val di Vara, sono colpiti dalfenomeno del dissesto idrogeologico.

La fase operativa è partita con l’acquisto, gra-zie al premio in denaro che il team ligure si èaggiudicato, di alcuni strumenti e macchinarifondamentali per l’avvio delle attività. Da lì èiniziato il lavoro che procede a grandi passi edè in piena fase di implementazione, superandoanche diverse problematiche tecniche e buro-cratiche; passato l’inverno, in primavera si po-tranno apprezzare i risultati di tutto il lavorogià fatto finora dal team.

Anche per il progetto FELCE – ForestazioneLocale per la Compensazione di CO2, è giàpossibile apprezzare dei risultati visibili. Èstata infatti effettuata una prima piantuma-zione nel sink urbano, ovvero una forestaprotettiva che avrà il compito di assorbireCO2 e neutralizzarne le emissioni, nel terri-torio di Giussano. Per il battesimo dell’area èstato organizzato un convegno, sempre adopera dei promotori del progetto e di Rete-Clima®, l’ente no profit fondato da PaoloViganò, Andrea Pellegatta, Elisabetta Bran-

ca, Giacomo Magatti e Stefano Pontiggia,dal titolo “Carbon offset nazionale certifica-to”, con l’intento di promuovere la compen-sazione forestale di CO2 e le sue implicazio-ni anche nell’ambito di relazioni create conrealtà sia pubbliche sia private localizzate sulterritorio.

Il progetto che fin da subito si è distinto peril suo carattere innovativo e il forte impattoambientale, oltre che per la facilità di replica-bilità in diversi contesti territoriali, sarà av-viato alla certificazione di RINA, uno dei piùimportanti enti di certificazione nazionali,per la generazione di crediti di carbonio.

Questi crediti, una volta collocati sui merca-ti, saranno richiesti da aziende interessate al-la neutralizzazione delle emissioni di CO2delle proprie attività, in una logica di greenmarketing e di Corporate Social Responsibi-lity (CSR).

E questa è solo una delle applicazioni virtuo-se che questo progetto potrà avere sul terri-torio e che potrà essere replicato.

Auguriamo quindi a entrambi i team di con-tinuare a lavorare con successo come fatto fi-nora e insieme a Fondazione Italiana Accen-ture continueremo a seguirli.

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:06 Pagina 9

Page 10: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

PROGETTIO.a.s.i.s., i Collegi di meritofanno rete archeologica

La rete dei Collegi di merito è anche questo,offrire a 4 studenti che arrivano da Milano,

Torino e Roma la possibilità di prendere partead una spedizione archeologica in Egitto.

Il Collegio di Milano si è fatto promotore dellapartecipazione dei ragazzi al Progetto O.A.S.I.S.(Old Agricultural Sites and Irrigation Systems)che ha effettuato nel gennaio 2013 la sua primaspedizione esplorativa nell’Oasi di Kharga (De-serto Occidentale Egiziano).

I due siti su cui il Progetto OASIS ha concentra-to la sua attenzione sono stati Umm al-Dabadibe Ain al-Lebekha, dove sopravvivono i resti didue antiche coltivazioni tardo-romane e degliacquedotti che le irrigavano.

Al fianco di un team scientifico composto daCorinna Rossi, Direttrice del Progetto, Archi-tetto ed Egittologa, un Botanico e Cartografo eun Idrologo provenienti questi ultimi dall’Uni-versità degli Studi di Napoli Federico II, i quat-tro studenti Francesca Bigi (Collegio di Milano),Nicoletta De Troia (Villa Nazareth, Roma),Giulia Gregnanin (Collegio di Milano) e PaoloViviani (Collegio Einaudi), selezionati tra i Col-legi di Merito legalmente riconosciuti, hanno se-guito la spedizione dal 3 al 15 gennaio 2013 trale sabbie del deserto.

Arrivati nell’Oasi di Kharga è stato allestito uncampo di tende a Umm al-Dabadib dove hannolavorato per quattro giorni; per i successivi tregiorni si sono spostati al Ain al-Lebekha.

Gli studenti hanno partecipato attivamente a tut-te le ricerche e le esplorazioni che sono state com-piute, e sono stati coinvolti in tutte le discussioniriguardanti l’interpretazione dei dati raccolti.

Sono state inoltre offerte loro una serie di lezio-ni sul campo, svolte in presenza dei resti archeo-logici: storia della regione, problematiche del si-to e natura del progetto; lezione sull’uso e lo stu-dio della ceramica in archeologia in presenza diun grande deposito di ceramica del II e IV seco-lo AD; lezione sulle tecniche di mummificazionee sui riti funerari, effettuata in presenza di restiumani ben conservati.

Non sono mancate lezioni anche su aspetti tec-nici quali il funzionamento degli acquedotti pergravità (qanat) e il loro ruolo nella discussionesull’origine dell’acqua e sulla composizione del-la roccia; una lezione di cartografia storica e ri-costruzione del paesaggio antico; di idrologia eprevenzione di catastrofi

Di fronte al tempio egizio di Hibis, la d.ssa Ros-si ha illustrato agli studenti alcuni elementi di re-ligione egizia inserendoli nel relativo contesto distoria antica egizia, così come presso il forte le-gionario di el-Deir è seguita una lezione sull’ar-chitettura militare romana del periodo imperia-le e del periodo tardo.

L’esplorazione delle coltivazioni di Umm al-Da-badib ha fornito ottimi risultati e permette digettare le basi per uno studio da organizzare inun arco temporale di altri 2 o 3 anni. È stata sta-bilita una datazione per le coltivazioni, studiatocome erano suddivise e come venivano irrigate.

È stato accertato che si è in presenza di un casopiù unico che raro di coltivazione romana conser-vata così com’era. La centuriazione, ovvero l’anti-ca divisione in appezzamenti, sopravvive in tantearee agricole dell’impero che non hanno mai ces-sato di essere coltivate. Attualmente non si cono-scono però altri casi in cui la stessa coltivazione edi resti archeologici ad essa associati siano soprav-vissuti a questo livello di conservazione.

I quattro ragazzi si sono appassionati all’argo-mento e hanno partecipato a tutte le discussionicon il team scientifico suggerendo soluzioni e in-terpretazioni valide e coerenti. Benché due di lo-ro non avessero mai avuto esperienza di cam-peggio, tutti hanno mostrato grande adattabilità,flessibilità, entusiasmo e soddisfazione per l’ini-ziativa.

Per Nicoletta De Troia e Paolo Viviani si pro-spetta un’applicazione immediata di questaesperienza: Nicoletta chiederà la tesi su un argo-mento inerente al periodo storico studiato, men-tre Paolo utilizzerà il patrimonio fotografico ac-cumulato in questa occasione per incrementarela sua attività di fotografo free-lance.

semestre10

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:06 Pagina 10

Page 11: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

11semestre

ESPERIENZEMasterizzandi alla scoperta dei segreti della P.A.Diario di Bianca Merzagora e Michele Ispano

GIORNO PRIMO Bianca MerzagoraPioggia, grigio, vento, pozzanghere: i nostricompagni di viaggio nel traffico romano del lu-nedì mattina, meta Palazzo Chigi. Metal detec-tor all’ingresso, auto blu, proprio loro, nel cor-tile interno, un comitato di ben quattro perso-ne ad attenderci e a guidarci per le stanze do-ve i ministri si riuniscono in conclave per dis-cutere le sorti del Paese. Non è faciledescrivere l’ammassarsi dei pensieri mentrepercorrevo quelle stanze, così dense di storia edi governi. Mi venivano in mente tra le tantecose le molteplici facce del potere, quelle chehanno reso grande il Nostro Paese e quelle chel’hanno portato alla guerra civile, una ad unaritratte con rigore storico in una delle sale cheabbiamo attraversato. Da Cavour fino a Berlu-sconi, passando pure per Mussolini (inaspetta-to vedere capeggiare il suo sguardo a pochicentimetri da quello di Moro). Nota di colore:il ritratto di Monti verrà appeso a fine manda-to. Non si può poi non citare la sala dove i mi-nistri si riuniscono, con il tavolo rotondo, gliarazzi che ritraggono la vita di Alessandro Ma-gno alle pareti, codici per ogni postazione, ri-gorosamente contrassegnata da un segnaposto.Altra nota interessante: proprio oggi, mentreera in corso la nostra visita, dei tecnici stavanoinformatizzando l’aula (nutro la speranza che icomputer fossero già presenti e si trattasse so-lo di un aggiornamento dei software). Poi lasala stampa, proprio quella dove abbiamo vi-sto commuoversi il ministro Fornero, sfondoazzurro e colonne a mo’ di tempio greco tut-t’intorno, enorme attraverso lo schermo televi-sivo ma minuscola nella realtà: più o meno 50sedie. Mentre i pensieri stavano ancora rincor-rendosi l’uno dietro l’altro, ci siamo trovati incima ad un’altra delle sedi della Presidenza delConsiglio, proprio accanto a Palazzo Chigi, suuna terrazza mozzafiato sopra ai tetti di Roma,poco dopo aver incontrato il direttore del di-partimento “Rapporti col Parlamento”; moltogentile e schietto, tanto da farsi trovare al no-stro arrivo con una sinfonia, forse di Mozart,ad allietare l’atmosfera del suo ufficio. Per oggi non era finita: il sole s’era riaffacciatoe noi, forti di una pasta cacio e pepe, siamo ap-prodati alla Funzione Pubblica, ricevuti dalministro Patroni Griffi in persona. Internazio-nalità della classe dirigente pubblica ed etica,questo il suo messaggio, pronunciato con pa-role professionali, gentili e accoglienti. Insom-ma, la P.A. di cui tutti vorremmo far parte.Il diluvio purtroppo in serata è ripreso, annac-quando le ballerine nuove e i capelli appenastirati ma non le risate della serata a Trasteve-re, momento di ilarità dopo una giornata diabiti ingessanti e scarpe scomode.Ora è presto, a differenza del Collegio di Mila-no qui entro le 23 bisogna rientrare. Ma saremopiù carichi per domani... domani infatti andre-mo... non vi tolgo la sorpresa! Buona notte!

GIORNO SECONDODi nuovo pioggia, grigio, scarpe annegate, ca-pelli arruffati dal vento e noi, ancora alle presecon il traffico romano, in direzione Ministerodegli Affari Esteri. L’impressione che si ha difronte all’architettura del palazzo della Farne-sina è sempre la stessa, sia che splenda il solesia che diluvi, cioè che si stia per fare ingressoin un libro orwelliano, in puro stile 1984.Squadrato, enorme, arcigno, bianco. Dovevaessere la sede del partito fascista, oggi ospitauno dei ministeri più prestigiosi ed ambiti da

noi giovani laureati. Nonostante il primo im-patto la Farnesina all’interno è molto acco-gliente, merito delle opere d’arte che popolanoi suoi corridoi, alcune a dire il vero moltoestrose, ma soprattutto merito delle personeche ci lavorano e che oggi ci hanno accolto.Tante note positive: una presentazione fatta dinumeri, cifre, grafici, cose con cui troppo spes-so non siamo abituati a confrontarci; moderni-tà ed apertura verso l’esterno, verso il mondo;vero sostegno alla tanto agognata crescita eco-nomica attraverso la promozione delle nostreimprese all’estero e l’attrazione di capitali inItalia. Un dato che mi ha stupita: a differenzadi moltissimi concorsi pubblici dove le donnestanno raggiungendo i primi posti in graduato-ria, il concorso diplomatico è ancora dominiomaschile... aggiungerei purtroppo. Altro datosignificativo: anche il MAE, sotto i colpi della

crisi, si trova costretto ad operare drastici tagli;a proposito ho notato che nessuno all’internodella P.A. riesce a vivere la spending review co-me un’opportunità per tagliare gli sprechi: asentire la dirigenza le strutture pubbliche sonogià ridotte all’osso... qualcuno non ci raccontatutta la verità, è evidente... chi? Mentre questipensieri prendevano forma, fischi acutissimi eboati, invadevano minacciosi la Farnesina inte-ra: già, una manifestazione sindacale, come afarci vedere un’altra dolorosa faccia della crisi.Crisi. Di crisi in effetti si occupa uno degli uf-fici più affascinanti e noti del MAE, l’Unità dicrisi, faro di speranza per tanti connazionaliche si trovano in situazioni di emergenza all’e-stero. Tanti orologi nella sala operativa dell’U-nità, ognuno per indicare i diversi fusi oraridelle capitali del mondo, ognuno a indicare iltrascorrere del tempo, anche del nostro traquelle mura, velocissimo davvero, tanto danon aver più neppure un attimo per ammirarele opere della collezione della Farnesina per-ché già un altro incontro istituzionale è alleporte e così, dopo un battibecco con un “cor-tese” taxista romano, ci siamo catapultati, ap-pena in tempo, alla Cassa Depositi e Prestiti,

dove il prof. Bassanini in persona ci ha illustra-to le funzioni di un istituto a me prima semisconosciuto ma che a quanto pare è un vero eproprio gioiellino nel panorama italiano. Unaltro tassello di Paese che contribuisce concre-tamente, su un fronte diverso rispetto al MAE,alla crescita dell’Italia. Gelato da Fassi, uno deicampioni italiani del gelato, serata in compa-gnia, ancora pioggia, un immancabile questio-nario di valutazione da compilare, la curiositàdi vedere cosa ci riserverà domani la P.A. ita-liana. Buona notte!

GIORNO TERZO Michele IspanoLa giornata comincia un poco più tardi delgiorno prima, e il risultato dell’ora di sonno inpiù è una grande reattività da parte di tutti.Nuovo appuntamento alla Presidenza delConsiglio, questa volta con il personale dell’uf-ficio di controllo interno. L’esperienza è moltocoinvolgente sia per l’ambiente (sala delle co-lonne) sia per la presenza di una ventina di di-rigenti, che si alternano tra loro nel corso del-la mattinata presentando la storia e le attivitàdel loro ufficio. Qualche relazione è molto tec-nica, altre più leggere, tutte oscillano tra la sferagiuridica e manageriale. A livello di contenuti, ipunti di contatto con la parte d’aula del Mastersono evidenti, soprattutto per quel che riguardail ruolo della valutazione individuale e organiz-zativa e della motivazione nelle PPAA: riuscia-mo a cogliere a perfezione il senso delle presen-tazioni anche nelle loro sfumature, e a interagi-re con i dirigenti parlando esattamente lo stessolinguaggio: ci si intende a meraviglia. Al di là deitemi dibattuti, sorgono spontanee alcune meta-domande: sembra proprio che abbiamo a chefare con dirigenti motivati e consapevoli delproprio lavoro e delle problematiche che la P.A.oggi si trova ad affrontare, insomma l’esatto op-posto del luogo comune della P.A. burocratizza-ta e ferma al palo. C’è qualcosa che non torna:non è che il campione è un po’ distorto? Forsesi è (giustamente) cercato di farci incontrarepersone che sono esempi di eccellenza e di“buon governo”, ma non rappresentativi del di-rigente “medio”. In generale, comunque, a pro-posito della necessità di un cambiamento radi-cale all’interno delle PPAA, tra innovazione tec-nologica e digitalizzazione, spending review etagli, cicli della performance e strumenti di va-lutazione individuale, l’impressione che mi sonofatto è che siamo sui blocchi di partenza: questanecessità di cambiamento sembra sia stata me-tabolizzata abbastanza bene dalla dirigenza,che oggi mastica facilmente questi argomentipur non possedendo sempre un quadro genera-le delle prospettive verso cui occorre muoversi.Il problema è che il grosso del lavoro, cioè tra-sformare questa consapevolezza dei dirigenti inmacchine organizzative, forse è ancora da fare.Altra considerazione: mi sorprende la diversapercezione che si ha guardando dal punto di vi-sta del cittadino o dal punto di vista della pub-blica amministrazione: il primo non ha idea del-la complessità del lavoro che la P.A. svolge, etende a basare i propri giudizi su quello che ve-de dal front-office; la P.A., invece, è ben consa-pevole delle proprie problematiche e comples-sità, ma spesso rimane troppo autoreferenzialeper capire cosa davvero fa la differenza agli oc-chi del cittadino. Ultimo spunto: tanto alla Pre-fettura di Milano quanto presso le istituzioni aRoma le persone con cui abbiamo parlato sonoun po’ col fiato corto e si lamentano della caren-za di personale e dei tagli, ma girando per gli

edifici c’è un numero spropositatamente alto diuscieri, addetti alla sorveglianza, custodi… for-se bisognerebbe rivedere un po’ il tutto, a parti-re dall’allocazione delle risorse.

GIORNO QUARTOExpeRAIence: la mattina comincia di buonora con un lungo viaggio in taxi verso gli studiRAI di Saxa Rubra. All’arrivo, veniamo cata-pultati nella cabina di regia della trasmissioneradiofonica Radio anch’io, che si sta svolgendoin diretta. Tema del giorno: economia e UE,tra progetti di Eurobond e rischi di uscita dal-l’Euro della Grecia. L’esperienza è decisamen-te istruttiva, sia per i contenuti della trasmis-sione sia, soprattutto, per l’opportunità di ve-dere all’opera la regia e gli apparati tecnici in-visibili a chi si limita ad ascoltare la radio. Tracanali del mixer che si aprono e si chiudono eaddetti al filtraggio di mail, telefonate ed sms,è una bella prova di gioco di squadra. Dopo lapausa caffè, si chiude la mattinata con un’inte-ressante lezione (per niente teorica) sulla co-municazione pubblica della P.A. tenuta daldott. Giovannetti. Rientrati nel centro di Ro-ma, il gruppo si disperde immediatamente perla lunga pausa pranzo, per poi ritrovarsi nelprimo pomeriggio davanti al Quirinale.

GIORNO QUINTO Bianca MerzagoraIl nostro tour nell’Olimpo della P.A. non pote-va che portarci anche a Palazzo Madama, al Se-nato della Repubblica. Passando per corridoirivestiti di velluti rossi e raffinati parquet abbia-mo varcato la soglia di un’aula a semicerchio,elegante, sui toni del verde, che ospita la Com-missione sanità. Lì abbiamo avuto il piacere el’onore di parlare con uno dei funzionari dellaCommissione Affari Costituzionali, uno deiconsessi più delicati del Senato e fucina di unariforma molto attesa. Il lavoro è febbrile, ci ri-vela il nostro interlocutore, e il personale tecni-co del Senato molto poco. Il colloquio si fa dif-ficile per orecchie non abituate al discorso giu-ridico, in particolare discutiamo sul ruolo delSenato e sulla necessità di differenziarlo percerti aspetti dalla Camera, sulla legge elettora-le, sulla razionalizzazione del parlamentarismo;vorremmo approfondire maggiormente ma lanostra tabella di marcia è serrata e il dott. Aqui-lanti in questi giorni è alle prese con un lavorociclopico così proseguiamo la nostra visita, sof-fermandoci qualche minuto nell’aula del Sena-to e proseguendo verso il MIUR, zona Traste-vere. Veniamo ricevuti dal capo di Gabinetto ela conversazione prosegue con una giovane di-rigente, appena 31 anni, allieva della SSPA,brillante e professionale, un esempio per tutti.Parla con franchezza, senza nascondere (menomale!!) i grandi cambiamenti che anche ilMIUR deve affrontare (tra i tanti ricordo l’uni-ficazione delle sue sedi, una a Trastevere e unaall’EUR!). Una foto di gruppo prima di uscire,attorniati dai ritratti dei grandi ministri dell’i-struzione. Ma a proposito di foto, la mattinataci ha visti anche posare tutti insieme davanti al-la macchina fotografica dell’ambasciatore Ma-tacotta. Eravamo in 13... numero poco gradito, così,per arrivare a 14, l’illustre fotografo ha aggiun-to una testa di marmo, dalle sembianze classi-che, tra me e la dott.ssa Bertuzzi. L’avventura istituzionale è terminata. Ora, pri-ma di rientrare a Milano, ci concediamo un po’di svago romano tra musei, storia, cavalli, lec-cornie varie e risate. Ciao Roma!!!

Mi venivano in mente tra

le tante cose le molteplici faccedel potere, quelleche hanno resogrande il NostroPaese e quelle che l’hanno portatoalla guerra civile

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:06 Pagina 11

Page 12: Semestre, house organ del Collegio di MIlano

Lezione d’eccezione per gli allievi del Masterper la Pubblica Amministrazione, ma aper-

ta alla cittadinanza, quella del 25 gennaio 2012.In cattedra, ma per l’occasione nell’auditoriumdel Collegio di Milano, Angelo Maria Petroni,56 anni, umbro di Montefalco (Pg), docente al-la Sapienza, consigliere di amministrazione Rai(dal 2003) e segretario generale dell’Aspen In-stitute.

Dopo un intervento su “L’etica della pubblicaamministrazione”, Petroni non s’è sottratto alledomande degli studenti, molte delle quali ver-tevano sulla radiotelevisione di Stato. Petroniha ammesso d’aver cambiato idea sulla privatiz-zazione della Rai: “Ricordo un botta e rispostasulla stampa col compianto Claudio De Mattéche era contrario”, ha ricordato, ma la tv pub-blica, ha aggiunto, la prevede “il modello socia-le europeo, come recita tra l’altro il Trattato diAmsterdam che, nel nono protocollo annesso,stabilisce che ogni Stato può dotarsi di un ser-vizio radiotelevisivo pubblico come eccezioneal libero mercato”.

Protocollo che, ha spiegato Petroni, individua“nella formazione della pubblica opinione perl’esercizio democratico” e nella “rappresenta-zione delle culture territoriali”, le ragioni di unasostanziale eccezione alla regola del libero mer-cato adottata da Bruxelles. E in Europa, ha ag-giunto, “non c’è un solo Paese dove il serviziopubblico non coincida con la proprietà statale”.

A rendere poi impossibile la privatizzazione diSaxa Rubra sarebbe il carico di addetti: “Quan-to può valere secondo lei?”, ha chiesto Petronia uno studente che gli aveva appena rivolto ladomanda. E la risposta l’ha data lui stesso:“Nemmeno un euro”, precisando che non sitrattava di “un giudizio negativo”, perché sipuò dire lo stesso “anche per il Duomo di Mi-lano. Come si fa a valutarlo?”.

Petroni ha poi proposto un confronto fra la Raie il servizio pubblico tedesco, sottolineando co-me, in Germania, la tv di Stato “ottenga il 95%del proprio budget dal canone, mentre la Raiarriva alla metà (7,8 miliardi di euro contro1,7), ha 40mila dipendenti contro i nostri 13mi-la e fa il 30% di share degli ascolti contro il no-stro 42%”, ha detto il consigliere.Dati che hanno lasciato spazio a una chiosa ve-nata di orgoglio aziendale: “Il prossimo che miviene a parlare di ‘carrozzone Rai’”, ha detto intono sarcastico Petroni, “gli darò questi nume-ri dell’European broadcasting union”.

Durante la lezione, trattando invece il temadella trasparenza nella pubblica amministra-zione, Petroni aveva già toccato il tema-Rai:“Il mio stipendio è pubblicato sul sito”, avevadetto, “ma quello che trovate, 200mila euro,non è aggiornato: per effetto della manovraTremonti è sceso a 120mila”.

SEMESTRALE DEL COLLEGIO DI MILANO

Direttore responsabile Cristina PencoRedazione Giampaolo Cerri, Giorgia Padovani, Martino Pillitteri, Corinna RossiProgetto grafico e impaginazione Beppe Re Fraschini e Laura Guffanti, ErgonarteFoto Alfredo Matacotta Cordella, Federico Tais,Paolo Viviani Stampato presso Arti Grafiche Fiorin spa Sesto Ulteriano - San Giuliano Milanese (MI)

Registrazione Tribunale di Milano N° 729 del 4 dicembre 2008

FONDAZIONE COLLEGIO DELLE UNIVERSITÀ MILANESIVia S. Vigilio 10 - 20142 MilanoTel. +39.02.87397000 - Fax [email protected] www.collegiodimilano.it

Presidente Giancarlo Lombardi

Vice Presidenti Alberto Meomartini, Giuseppe Cattaneo

Direttore Generale Stefano Blanco

Comitato Scientifico Salvatore Carrubba, Presidente

Mario Anolli, Rosellina Archinto, Laura Boella,Maristella Botticini, Antonio Colombo, FabrizioConca, Fabio Corno, Bruno Dente, FedericoMontelli, Mario Negri, Ruggero Pardi, PippoRanci, Pietro Redondi, Michele Salvati, PaoloTrivellato.

La Fondazione Collegio delle Università Mila-nesi è un’istituzione promossa dalle sette uni-versità cittadine e sostenuta da importanti entipubblici e privati.

Le attività della Fondazione sono volte alla diffu-sione e promozione della vita di college, allavalorizzazione della cultura del merito e all’in-ternazionalizzazione del sistema universitario;essa si propone inoltre come leva di incentiva-zione per la mobilità sociale e la cittadinanzaattiva.

La Fondazione Collegio delle Università Milane-si ha dato vita a diverse iniziative:

I il Collegio di Milano, un campus inter-univer-sitario d’eccellenza delle sette Università mi-lanesi;

I EXPO College, la prima International stu-dents’ accomodation a Milano;

I Il Master in Pubblica Amministrazione Milanoper lo Stato.

12

MEMBRI DELLA FONDAZIONE COLLEGIO DELLE UNIVERSITÀ MILANESI

semestre 212

Libera Università di Lingue e Comunicazione

OPEN LESSON/2Angelo Petroni: l’etica, la P.A. e un dialogo su Saxa Rubra

tutto può essere migliorato, non qualche cosa.Quello che importa è capire che cosa fa la diffe-renza; la mia fortuna, le skill che ho cercato disviluppare, sono incentrate sul capire rapida-mente cosa fa la differenza e come si fa la dif-ferenza. Questo è quello che mi ha fatto passarecon grande tranquillità da un settore all’altro.Credo di riuscire a capire in ciascuna situazione-e fino a ora mi è andata bene -quali siano i fat-tori chiave che fanno la differenza. Bisogna sa-per fare leva sulle persone, quindi vuol diresaper sviluppare una visione, farla condividereall’organizzazione e fare in modo che ognunonel suo ruolo sviluppi questa ossessione, per farela differenza e per la performance. Nella vita, laparte più rilevante dobbiamo dedicarla all’attivi-tà professionale: il grosso della vita lo passi al la-voro. Tanto vale capire che quello che si fa ha unsenso e riuscire a dare il meglio di sè. E se unoha una posizione di leadership, deve riuscire afare in modo che gli altri condividano una visio-ne. Se solo io ho una visione è del tutto irrile-vante, se invece è condiviso da tanti, diventeràuna realtà. “Dare un senso” vuol dire che un nu-mero sufficiente di persone si sentirà impegnatoin qualcosa che trascende se stessi. La gente nonlavora per i soldi, la nostra mente non è ossessio-nata: funziona in funzione di quello che noi sen-tiamo. Quello che faccio ha senso? Che livello disoddisfazione ho? Ho successo? Il successo èuna medicina straordinaria, è quello che ti aiutaa migliorarti sempre, a mettere l’asticella semprepiù in alto, avere sempre più soddisfazioni chenon devono essere personali ma devono essereriferite a un gruppo. Viviamo in una società mol-to competitiva e spesso si pensa, erroneamente,che il successo sia una cosa esclusiva. A livello diorganizzazione il successo è invece un concettoinclusivo. È come in una squadra. Si vince quan-do hai cinque giocatori ma è come se ce ne fos-sero sei. La generosità collettiva premia. Nel vo-stro curriculum cosa scriverete? Di essere partedi questo collegio. Essere parte di questo colle-gio è di per sè qualcosa che vi dà una collocazio-ne superiore agli altri, che gli altri non hanno. IlCollegio già vuol dire che non sei un fesso, chehai passato certi filtri meritocratici. Il tuo succes-so si riverbera su tutti gli altri, su quelli che ver-ranno anche dopo, così come voi beneficiate delsuccesso di quelli che sono stati qua prima. Inogni caso la cosa più pericolosa, per me, è pen-sare di essere più bravo degli altri. Sarebbe una

concessione al narcisismo pericolosa sotto ilprofilo etico ma anche sotto quello personale.Penso di aver avuto molta fortuna, fortuna diaver fatto esperienze che altri non hanno fatto,di aver conosciuto persone che mi hanno colpi-to, di aver imparato molto da persone straordi-narie in organizzazioni straordinarie e di averavuto il privilegio di aver guidato persone stra-ordinarie che hanno ottenuto risultati straordi-nari. Ne ho beneficiato di conseguenza. L’unicomerito che mi prendo è quello di essere una per-sona molto dedicata a quello che faccio. Lo fac-cio con impegno e passione, di non avere l’ansiadella performance personale ma l’ossessione del-la performance dell’organizzazione, la consapev-olezza che la performance la si ottiene solo graziealle persone e la capacità di riuscire a trasmette-re questo a un gran numero di persone. Riuscirea far condividere un sogno e far sentire tuttiparte di un grande successo. Mi dà grande sod-disfazione dare una chance alle persone, comepersone che non hanno mai fatto un certo tipolavoro. Cerco di capire le persone non per il lorocv, ma per le motivazioni che hanno, per quelloche sono. Ho preso le persone che altri evita-vano. Io stesso ho avuto un periodo nella vitache, se fossi stato in America, sarei stato un bor-derline, un dropout a rischio espulsione, nel sen-so che non facevo assolutamente niente. Mi potevo vergognare di me stesso, mi diverti-vo molto, i risultati erano pessimi, però ero si-curo che me la sarei cavata bene nella vita. Poi,da un giorno all’altro, ho cambiato atteggia-mento, mi sono laureato con la lode ecc., ecc.Che cosa sia scattato non lo so. Lo potrei direcon l’aiuto di uno psicoanalista, se mi mettessisu un divanetto. In sintesi potrei dire che si ètrattato di un processo di maturazione interno,nel senso che non sono stato ossessionato da unmodello, non sono cresciuto con l’idea di fare ilmanager, di fare l’amministratore delegato.Quando ero al liceo pensavo di fare una disci-plina scientifica, o ingegneria, o filosofia, poi hoscelto economia e non ho mai pensato alla miacarriera in termini di posizione, non ho maipensato di essere amministratore delegato. Og-gi sento di avere una responsabilità per le mi-gliaia di persone che lavorano per noi, per ilruolo che noi abbiamo nell’economia italiana,per il ruolo di leadership perché, se diciamo chefacciamo certe cose, abbiamo un certo impatto.Ed è questo il driver.

segue da pag 3

TESTIMONIANZE/1Enrico Cucchiani

7.VERSIONE OK.Semestre 1-13:Semestre1-A3/AA 21-02-2013 18:06 Pagina 12