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Lingua e Traduzione nella Pubblicità 1 SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003) Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO (Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA “LINGUA E TRADUZIONE NELLA PUBBLICITÁ” RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri prof.ssa Maria Nocito prof.ssa Tamara Centurioni prof.ssa Claudia Piemonte CANDIDATA: Noemi Sugoni ANNO ACCADEMICO 2011/12

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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma

TESI DI DIPLOMA DI

MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla

classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE IN

SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA “LINGUA E TRADUZIONE NELLA PUBBLICITÁ” RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri prof.ssa Maria Nocito prof.ssa Tamara Centurioni prof.ssa Claudia Piemonte CANDIDATA: Noemi Sugoni ANNO ACCADEMICO 2011/12

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SOMMARIO SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI ...................1

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle .......................................................................................... 1

CANDIDATA:..................................................................................................... 1 ANNO ACCADEMICO 2011/12 ........................................................................ 1

PREMESSA ..............................................................................................3 INTRODUZIONE .....................................................................................4 1. LA STORIA DELLA PUBBLICITÀ ...................................................6

1.1 Le origini della pubblicità .................................................................................. 6 1.2 L’Ottocento ........................................................................................................ 7 1.3 L’epoca d’oro del manifesto .............................................................................. 8 1.4 Breve storia della pubblicità in Inghilterra....................................................... 12 1.5 Breve storia della pubblicità in Italia ............................................................... 14 1.6 Breve storia della pubblicità in Spagna............................................................ 16

2. LA PUBBLICITÀ: ASPETTI SOCIOLOGICI E PSICOLOGICI.....18 3. IL LINGUAGGIO DELLA PUBBLICITÀ ........................................24

3.1 Il quadrato semiotico di Floch.......................................................................... 31 3.2 Caratteristiche del linguaggio pubblicitario ..................................................... 33

4. ANALISI SEMIOTICA DELL’ANNUNCIO PUBBLICITARIO.....39 4.1 Il segno pubblicitario........................................................................................ 41 4.2 Le immagini ..................................................................................................... 44 4.3 L’enunciazione................................................................................................. 44 4.4 Narrazioni......................................................................................................... 48

5. TRADUZIONE DI TESTI PUBBLICITARI: ASPETTI INTERCULTURALI...............................................................................49 6. IL CONTESTO INTERNAZIONALE: LOCALIZZAZIONE O GLOBALIZZAZIONE?..........................................................................52

6.1 Mancata verifica del Brand Name.................................................................... 62 6.2 Mancata verifica di traduzione e compatibilità dello slogan ........................... 63 6.3 Mancata verifica e compatibilità del nome del prodotto.................................. 65

CONCLUSIONE.....................................................................................69 BIBLIOGRAFIA.....................................................................................70

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PREMESSA

L’idea di realizzare questo lavoro di ricerca sulla traduzione e il linguaggio

nell’ambito pubblicitario nasce da un interesse nell’analizzare il linguaggio

pubblicitario in tutte le sue forme: dalle componenti psicologiche e persuasive a

quelle più prettamente linguistiche e semiotiche. La pubblicità è ogni giorno più

presente nelle nostre vite: la troviamo in televisione, in radio, nei giornali, nel web, al

cinema, sugli autobus, nelle affissioni per la strada: quotidianamente nel nostro

mondo si è quindi sommersi da messaggi pubblicitari.

“Forse non sarà la vera arte del nostro tempo; ma certamente la pubblicità è uno dei

principali motori dell’economia e un potere ricchissimo che condiziona la vita di tutti

i mezzi di comunicazione di massa. Ed è anche il più diffuso e il più capillare canale

di comunicazione , quello che impone al mondo, con la forza delle idee e soprattutto

dei grandi numeri, immagini, parole, pensieri, gusti, oltre che merci e prodotti.

Insomma la pubblicità è uno strumento estetico e ideologico di massa, il serbatoio a

cui attingiamo il nostro modo di guardare le cose, di scoprire il bello, di divertirci.”1

Questo lavoro si propone di studiare e approfondire gli aspetti linguistici, traduttivi e

interculturali dei messaggi pubblicitari attuali e del passato tradotti in inglese,

italiano e spagnolo, dimostrando l’impossibilità di tradurre lo stesso messaggio in

un’altra lingua, senza riadattare il testo tenendo in considerazione il Paese, la cultura

e la società del destinatario; mettendosi quindi in contrasto con questa tendenza ad

una globalizzazione linguistica che è sempre più diffusa nei testi, favorendo invece

una localizzazione a livello traduttivo.

Il lavoro attraversa vari temi: partendo dalle origini della pubblicità, passa ad

un’analisi semiotica del linguaggio e dei messaggi pubblicitari, fino ad arrivare ad

una serie di esempi forniti da pubblicità con grandi errori di traduzione, commessi sia

nel presente che nel passato a causa di un’ignoranza di fondo rispetto alla cultura,

1 Ugo Volli. La Semiotica della Pubblcità. GLF Editori LaTerza. 2003

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alla società e alla tradizione linguistica del Paese a cui è destinato il testo e di fatto

saltando la fase di riadattamento del testo stesso.

INTRODUZIONE

“La pubblicità è inevitabilmente una forza economica potente in qualsiasi società

industriale complessa nella quale la capacità produttiva sia superiore all’effettiva

domanda del consumatore.

Ma la pubblicità è qualcosa di più di una forza economica, ha anche una profonda

influenza sulla cultura, sui valori e sulla qualità della vita”

Leo Bogart, 1990

«La pubblicità nel nostro mondo supera ormai l’arte e la moda non solo per

diffusione e per ricchezza di mezzi e di canali, ma anche per velocità. Per quanto

tumultuose siano le mode dell’arte, per quanto frequenti siano le sfilate degli stilisti

e le oscillazioni del gusto segnate dai mezzi di comunicazione, da tempo la

pubblicità è diventata ancora più mobile, più capricciosa o più capace di seguire le

sottili sfumature dell’umore collettivo, comunque percorsa da ondate di

cambiamento continue e apparentemente inarrestabili. Se una corrente artistica dura

qualche anno e una stagione di moda vive per una stagione sola, la vita di uno spot,

di una campagna di affissioni o di annunci sui giornali ormai si misura in settimane,

se non in giorni. Sono settimane molto intense in cui lo stesso messaggio viene

martellato migliaia di volte fra le trasmissioni televisive, campeggia su tutti i muri,

risuona alla radio e riempie le pagine dei giornali. Impossibile non vederlo. Ma poi la

pubblicità si consuma, vittima di una saturazione degli spettatori, e i pubblicitari

devono cercare qualcos’altro.

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Insomma, la pubblicità cambia in fretta, e il suo movimento non è immotivato né

resta senza conseguenze su chi la guarda. Difficile dire se uno spot o un annuncio sui

giornali serva davvero a vendere quel dato whisky o proprio quella merendina. Certo

però, che il modello di famiglia contenuto implicitamente nella pubblicità del

detersivo, l’estetica della casa lustra che serve a vantare la qualità di una cera, la

bellezza algida di una modella che indossa certe calze, in definitiva la dimensione

estetica e antropologica del racconto pubblicitario, hanno avuto una grandissima

influenza, fino ad invadere la nostra vita sociale.

Le immagini che ci portiamo dentro della bellezza, il gusto del paesaggio che

coltiviamo, i corpi che amiamo, le emozioni che cerchiamo di vivere ci vengono più

dalla pubblicità che da qualunque altra fonte: più che dall’arte e dalla religione, ma

anche molto più che dai mezzi di comunicazione di massa, dal cinema, dalla

televisione o dai giornali.2»

Ma partiamo dalle origini di questo fenomeno straordinario che è riuscito in qualche

decennio, a cambiare i nostri gusti e ad influenzare le nostre vite.

2 UGO VOLLI. La semiotica della pubblicità. GLF Editori LaTerza. 2003

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1. LA STORIA DELLA PUBBLICITÀ

1.1 Le origini della pubblicità

Si possono riscontrare esempi di una prima tipologia di pubblicità con i primi

mercati nelle piazze, dove la forma di pubblicità più usata era quella verbale, la

merce si pubblicizzava a voce, come succede spesso ancora oggi. La merce si mette

in vendita nelle piazze sin dall’antichità. Ci sono anche esempi di vere e proprie

insegne pubblicitarie, come ad esempio nell’antica Pompei, dove l’entrata dei negozi

era delimitata da due pilastri sormontati da insegne. La merce sin dalle sue prime

origini ha avuto bisogno di comunicare, di farsi desiderare.

Tra il XV e il XVI secolo, nell’era del Rinascimento, grazie allo sviluppo dei traffici

commerciali internazionali, diventa necessario rendere note le proprietà di un certo

prodotto; nasce così la figura del mercante imprenditore che vende le sue merci sui

mercati internazionali in quantità decisamente maggiore rispetto all’artigiano. Così,

grazie anche ai progressi della navigazione, sul mercato fanno la loro comparsa beni

di lusso e prodotti esotici. Progressivamente, aumentando la produzione dei prodotti,

c’è la necessità di vendere anche all’estero, dov’è però necessario che il prodotto

possa essere identificato per provenienza e caratteristiche, che venga distinto dagli

altri attraverso la “marca”.

Una svolta decisiva nell’evoluzione della pubblicità, è la comparsa del primo media

di massa in assoluto: la stampa. Nel Seicento in Europa si diffondono le Gazzette,

destinate ad un pubblico d’elite. Presto compaiono anche i primi annunci pubblicitari

che verso la fine del Settecento diventano a pagamento. Compaiono infatti piccoli

annunci, inserzioni, annunci per vendita di libri o prodotti che, inizialmente gratuiti,

diventano a pagamento. La pubblicità occupava già al tempo in modo stabile la

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quarta pagina dei quotidiani, rimasta poi sinonimo di pubblicità fino alla seconda

guerra mondiale, anche se con pochi lettori, dato l’alto tasso di analfabetismo.

Nell’Ottocento nascono le prime concessionarie di pubblicità, ed è proprio agli inizi

del secolo che la rèclame incontra il suo più importante supporto, che la

accompagnerà per tutto il secolo e fino agli inizi del Novecento; inizia di fatto ad

utilizzare il manifesto per la pubblicità, dando vita ad una nuova forma di

espressione, tra arte e pubblicità.

Inizialmente il manifesto, nato nel XV secolo, era utilizzato prettamente per rendere

pubblici avvisi ufficiali da parte del potere politico, fatta eccezione per William

Caxton , che utilizzò il manifesto per promuovere le cure termali a Salisbury nel

1477; questo fu il primo esempio di manifesto commerciale.

Nei primi anni dell’Ottocento gli editori, per pubblicizzare i propri romanzi,

diventano i maggiori investitori in questo campo, facendosi illustrare le locandine dai

principali artisti dell’epoca e tappezzando per la prima volta i muri di Parigi e Londra

di manifesti in bianco e nero.

1.2 L’Ottocento L’Ottocento è il secolo del progresso, nel campo delle tecnologia, della

comunicazione e della produzione materiale.

La seconda metà dell’Ottocento offre le basi economiche, storiche e culturali per la

nascita della pubblicità moderna. La grande quantità di merce generata dallo

sviluppo industriale aveva bisogno di essere mostrata e fatta conoscere ai potenziali

acquirenti, per lo più membri dell’alta borghesia. Ovviamente una produzione di

massa porta ad una vendita di massa, e quindi ad un enorme mercato che offre un’

infinita varietà di prodotti. Il consumatore ha quindi bisogno di punti di riferimento

per orientarsi tra le varie offerte; la marca diventa inevitabilmente il collegamento tra

chi produce e chi acquista e la pubblicità fornisce una conoscenza virtuale del

prodotto prima di averlo incontrato.

Con la nascita e il moltiplicarsi delle metropoli, nascono anche le gallerie

commerciali, i grandi magazzini e gli spazi dedicati al commercio.Tutto ciò porta ad

un nuovo modello di vita e di consumo che si espande dalle metropoli alla periferia

grazie alle riviste illustrate, alla pubblicità e alle grandi esposizioni universali, come

quella di Parigi nel 1798 (la prima esposizione nazionale dell’industria) o quella di

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Londra nel 1851, la prima Esposizione Universale. Tramite questi nuovi mezzi da

Parigi, Londra e Berlino si irradiano la moda, il gusto e le tendenze dell’epoca in

tutta Europa.

1.3 L’epoca d’oro del manifesto Come già accennato, nei primi anni dell’Ottocento compaiono i primi manifesti, per

lo più in bianco e nero e con una prevalenza del testo scritto.

Nella seconda metà dell’Ottocento, viene invece sfruttata la cromolitografia, che

permette di stampare a colori. Gli artisti dell’epoca, attratti da questo nuovo mezzo di

guadagno, si dedicano a disegnare i soggetti dei manifesti, più che altro per la

popolarità che regalava loro la comparsa del proprio nome sui muri delle metropoli.

Al manifesto ricorrono teatri e cabaret, opere liriche e circhi equestri.

La forma in cui il manifesto si presentava nelle città ottocentesche era sintetica,

essenziale, immediata. Questo perché i flussi del traffico non permettevano ai

passanti di focalizzarsi a lungo su ciò che era esposto.

L’artista è senza dubbio il protagonista assoluto di questo tipo di pubblicità, che

vuole rappresentare soprattutto lo stile di vita dell’alta borghesia dell’epoca, che si

trova nei teatri, nei cafè, che ascolta i primi fonografi, che guida le prime automobili.

In Francia vengono prodotti i primi manifesti di rilievo da artisti noti a livello

internazionale come Jules Chéret (1836-1932), innovatore nello stile e nella tecnica

della litografia, considerato il padre del manifesto moderno, poiché riesce a creare

una sintesi visiva tra immagine e testo. Egli esercitò una forte influenza sugli artisti

del tempo, dimostrando che il manifesto, per sua propria natura, rendeva possibile

esprimere le proprie idee in modo diretto e sincero, andando a creare una specie di

tachigrafia visiva. Realizzò più di mille manifesti e trovò un luogo nuovo dove

esporre le proprie opere: la strada.

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Anche Henri de Toulouse Lautrec (1864-1901) realizzò diversi manifesti

pubblicitari, anche se in numero inferiore rispetto a Chéret a causa della sua breve

vita. Egli seguì la linea di Chéret, ma il suo stile era diverso: Lautrec utilizzava toni

caricaturali e comici nel rappresentare i personaggi dei suoi manifesti. Lo scenario

che Chéret voleva mostrare era il passato, quello di Lautrec continuava ad essere il

presente. Gli elementi presenti nell’opera del primo vogliono compiacere, essere

gradevoli, quelli del secondo inquietano. Tolouse Lautrec esercitò una grande

influenza sugli artisti dei manifesti del XX secolo e l’impatto della sua opera

influenzò pittori come Pablo Picasso. I suoi manifesti più celebri rimangono quelli

che realizzò per il Moulin Rouge e per altri cabaret di Parigi.

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Anche il padre dell’Art Nouveau, Alphonse Marie Mucha (1860-1936), celebre

illustratore, diede il suo contributo

realizzando manifesti pubblicitari in linea con

il suo stile prettamente decorativo.

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1.4 Breve storia della pubblicità in Inghilterra

La valorizzazione economica degli spazi pubblicitari ebbe inizio nel XVII secolo,

estendendosi fino al XVIII secolo, specialmente in Inghilterra. Nel corso del XVIII

secolo, si marca il passaggio dell’annuncio da una funzione di semplice aiuto

sussidiario per il commercio, ad una funzione di atto di commercio vero e proprio

nelle agenzie di notizie.

Questo passaggio è segnato dal momento in cui l’annuncio pubblicitario implica un

guadagno tramite lo sfruttamento dell’attività editoriale. L’editore, infatti, non conta

più unicamente sui guadagni tramite la vendita o l’abbonamento al proprio giornale,

il suo potenziale economico aumenta grazie alla vendita di spazi pubblicitari

all’interno del suo prodotto.

La pubblicità è già nel XVIII secolo, un’attività di offerta e di domanda, di compra-

vendita di spazi pubblicitari, con una ricerca sempre maggiore di efficienza

nell’informazione persuasiva a fini commerciali. Di fatto, nel XVIII secolo, solo nel

Regno Unito si può parlare di una vera e propria pubblicità commerciale. Nel 1702

nasce in Inghilterra il Daily Courent, di Samuel Backley, il primo quotidiano inglese

che segna l’inizio del giornalismo moderno. Il fatto che il Daily Courent esca

quotidianamente è senza dubbio un grande impulso nel processo di

commercializzazione degli spazi pubblicitari. La dinamica commerciale di una

pubblicazione quotidiana rende ancora più necessaria e indispensabile la pubblicità.

Con il passare degli anni, in Inghilterra l’attività di inserzione degli annunci crebbe

tanto che nel 1712 il governo britannico impose un’imposta sugli annunci

pubblicitari. Di conseguenza gli investimenti diminuirono sostanzialmente.

Nel 1730 fece la sua comparsa il Daily Advertiser, che offriva spazi pubblicitari tra

notizie di carattere politico, commerciale e di natura sociale. In questo modo,

chiunque volesse pubblicare il proprio annuncio, non doveva far altro che pagare una

piccola tariffa. Grazie all’ Advertiser, la stampa britannica poté superare la crisi

scaturita dall’imposta del governo; il valore della pubblicità all’interno dei quotidiani

fu dimostrato, e gli stessi annunci aumentarono nonostante la tariffa, poiché gli

imprenditori si resero conto che ne valeva la pena.

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Nel 1785, John Walter fondò il Daily Universal Register (il futuro Times). Walter

non aveva l’intenzione di farlo diventare un quotidiano di informazione

commerciale, tuttavia fece uso della pubblicità sin dal principio.

Già negli ultimi anni del XVIII secolo, gli annunci pubblicitari in Inghilterra

costituivano la principale fonte di guadagno; nel 1853 venne ritirata l’imposta sulla

pubblicità.

L’Inghilterra è il primo Paese in cui, nel 1812, aprono le prime agenzie pubblicitarie

e William Tyler è considerato il primo agente pubblicitario. Il compito dei primi

agenti pubblicitari inglesi era informarsi sui quotidiani presenti nelle diverse città

inglesi e canalizzare la pubblicità di Londra verso le diverse pubblicazioni di

provincia. Questo succedeva già nel 1786.

Altro personaggio importante nel quadro dello sviluppo della pubblicità è James

White che, nel 1800, iniziò non solo a comprare spazi, ma a redigere annunci

pubblicitari. Egli fu il predecessore del copywriter e questa nuova figura diventò

fissa e necessaria all’interno delle agenzie verso la fine del XIX secolo.

Nel 1829 a Londra c’erano tre agenzie: Newton & Company, Baker & Company e

Lawson & Barker. Dalla metà del XIX secolo, inizia la commercializzazione e la

gestione degli spazi pubblicitari all’estero. Nel 1850, ottenere uno spazio

pubblicitario era molto difficile, a causa della “guerra” in corso tra gli attacchini. Gli

agenti pubblicitari Willing & Partington riuscirono a porvi fine comprando spazi e

diritti in determinati luoghi. Poco a poco gli attacchini scomparvero e nacquero le

Advertiser Stations: gli agenti pubblicitari affittavano spazi nelle stazioni e lungo il

percorso dei treni, gettando le basi per la pubblicità outdoor intesa nel suo concetto

attuale.

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1.5 Breve storia della pubblicità in Italia

Alla fine dell’Ottocento, con diversi anni di ritardo rispetto all’Inghilterra, in Italia

compaiono le prime inserzioni sulle ultime pagine dei giornali, all’interno dei primi

tram a cavallo. Nasce anche la prima concessionaria di pubblicità, fondata dal

farmacista Attilio Manzoni nel 1863, attiva ancora oggi.

Verso la metà del Novecento cominciano ad operare i cartellonisti. Il prodotto

tuttavia, raramente viene posto in primo piano nei manifesti, perché ad essere

pubblicizzato è, come in Francia, lo stile di vita della borghesia, nei cafè, nei teatri o

alle corse dei cavalli.

Con Leonetto Cappiello (1875-1942) il manifesto conosce il suo periodo di massimo

splendore in Italia. Cappiello, artista livornese, opera soprattutto in Francia; egli è,

infatti, erede della tradizione francese e inventore del personaggio idea, come “il

cameriere arrampicato sul lampione” creato per la Bitter Campari nel 1921.

Marcello Dudovich (1878-1962), altro

importantissimo cartellonista italiano,

realizzò quasi tutti i manifesti della

Rinascente, rappresentando nei suoi

lavori la bella vita dei primi del

Novecento: le corse dei cavalli, gli abiti

eleganti, i raduni mondani. Nel corso

della sua carriera diede vita a più di 600

manifesti pubblicitari di ogni genere,

influenzato dalle correnti artistiche

dell’epoca: i Preraffaelliti, il Liberty e

lo Jügendstil tedesco.

Negli anni Venti nascono le prime

agenzie pubblicitarie, che vengono però soffocate dalla grande crisi del 1929 e, di

fatto, gli unici uffici organizzati in questo settore rimangono le concessionarie di

pubblicità.

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Nel 1926, con la nascita della SIPRA (Società Italiana Pubblicità Radiofonica

Anonima) e, successivamente, della pubblicità radiofonica, le aziende inserzioniste

cominciano a sponsorizzare i programmi, dando così un nuovo impulso all’uso della

parola, messa in secondo piano rispetto al manifesto.

Negli anni Trenta la pubblicità subisce una battuta di arresto a livello culturale,

fortemente condizionata dal regime fascista. Il regime comincia infatti a sfruttare la

pubblicità per sostenere i prodotti nazionali, avviando una politica di autarchia.

Boccasile (1901-1952) può essere considerato il cartellonista più rappresentativo

degli anni Trenta, creatore della “signorina grandi firme”; la sua fama è tuttavia

oscurata a causa della

realizzazione di diversi

manifesti per la propaganda

fascista. Egli si distingue dagli

altri artisti dell’epoca poiché

la realtà che egli rappresenta

nei manifesti che produce non

è quella dell’alta borghesia,

bensì quella del popolo: non

più donne alte, snelle e

sofisticate, ma popolari e dalle

forme abbondanti.

Nonostante le difficoltà

economiche che l’industria

pubblicitaria dovette

affrontare nel secondo

dopoguerra, negli anni

cinquanta nacquero le prime associazioni di categoria e, qualche anno più tardi,

arrivarono in Italia le agenzie americane.

Il passaggio da pubblicità d’artista a pubblicità professionale e televisiva è segnato

dall’opera di Armando Testa. Grafico, pittore e pubblicitario, nel 1946 apre uno

studio che, nel 1956, diventa un’agenzia pubblicitaria. Per “Carosello” crea una serie

personaggi che, anche se nati negli anni Sessanta, sono sopravvissuti fino ad oggi o

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fino a qualche anno fa; come Carmencita, creata per la Lavazza, la Bionda della

Peroni, Pippo per la Lines o il pianeta Papilla per la Philco.

Negli anni Cinquanta le aziende non possono ignorare l’importanza che la pubblicità

ha assunto in Italia e così cominciano ad instaurarsi sul territorio filiali delle grandi

agenzie americane e inglesi.

1.6 Breve storia della pubblicità in Spagna

In Spagna, nel 1718 la Gaceta de Madrid pubblica una lista di 22 prodotti con il loro

prezzo e il loro valore. Questo può essere considerato il primo esempio di pubblicità

presente nel Paese; senza dubbio, non ci sono indizi di annunci pubblicitari come

fonte di guadagno per la stampa in Spagna, almeno fino al XIX secolo. Gli annunci

infatti venivano pubblicati gratuitamente come conseguenza dei privilegi reali.

Lo sviluppo delle agenzie pubblicitarie va infatti di pari passo con quello

commerciale giornalistico (quando i giornali consideravano essenziale investire

nella pubblicità per il proprio sviluppo).

La prima agenzia pubblicitaria, La Publicidad Universal, fece la sua comparsa a

Madrid nel 1859. L’obbiettivo di questo gruppo di quotidiani regionali era quello di

attirare campagne pubblicitarie a diffusione nazionale. La tariffa comprendeva

quattro blocchi di inserzioni, se si inserivano annunci in un maggior numero di

quotidiani, il prezzo diminuiva.

Nel 1859 nasce La Correspondencia de España, la rivista più letta in Spagna nella

metà del XIX secolo. È una rivista molto moderna per la sua epoca e sin dal

principio ha diverse pagine dedicate alla pubblicità. Il fondatore della rivista, il

Marchese di Santamar, si rese subito conto che le entrate assicurate dalla pubblicità

erano di fondamentale importanza per le agenzie di informazione. La

Correspondencia de España fu il primo giornale spagnolo a commercializzare

direttamente e in modo sistematico gli spazi pubblicitari.

Nel 1870 nasce una nuova agenzia, la Roldòs y Cìa, più simile alle agenzie moderne.

Essa svolge due tipi di attività:

• affitta uno spazio, e lo utilizza per pubblicare annunci pubblicitari

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• colloca gli annunci sui giornali scelti dai clienti, e per questo servizio

prendeva il 15% sul prezzo dell’inserzione.

Nel 1874 anche La Gaceta de Madrid arriva a considerare la pubblicità come un

fatto economico di sfruttamento commerciale e stabilisce una serie di condizioni per

lavorare con la pubblicità.

Nel 1880 in Spagna nasce un’associazione di inserzionisti; i giornali interessati

potevano unirsi a questa associazione, nata per tutelare l’interesse degli inserzionisti

di fronte alle elevate tariffe imposte loro da alcuni giornali con il pretesto di una

elevata diffusione. Nel mondo della pubblicità appare così per la prima volta una

certa concorrenza.

L’aumento della concorrenza pubblicitaria portò il Marchese di Santana, fondatore

de La Correspondencia de España, ad affittare la quarta pagina del giornale ad un’

impresa nata nel 1881 la Sociedad General de Anuncios de España, fondata da

Adolfo Calzado con un capitale sociale di tre milioni di pesetas. Egli affittò la quarta

pagina de La Correspondencia per un periodo di quindici anni, pagando per questo

1000 franchi al giorno. Questo era l’unico giornale che riusciva a guadagnare con gli

annunci pubblicitari in quel momento.

Dopo la Sociedad General, nacquero altre imprese per la gestione e la contrattazione

di spazi pubblicitari concreti e con il passare del tempo, tutti i più importanti e

influenti quotidiani di Spagna riportavano annunci pubblicitari gestiti da queste

imprese.

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2. LA PUBBLICITÀ: ASPETTI SOCIOLOGICI E PSICOLOGICI

Studiando la storia della pubblicità è interessante e necessario capire come

quest’ultima sia riuscita a diventare parte integrante della cultura che domina oggi.

Comprendere questo, può aiutare a capire l’evoluzione che, durante il XX secolo, la

pubblicità ha sperimentato nella sua continua ricerca di una maggior efficacia e di

migliori messaggi.

Negli ultimi anni del XIX secolo, la creazione dei messaggi pubblicitari era affidata

all’intuizione di colui che ideava il messaggio. In seguito, l’attenzione si sposta sul

consumatore, in quanto elemento fondamentale, e su come attrarre la sua attenzione.

Il processo di creazione del messaggio pubblicitario può essere riassunto nella sigla

AIDA, ossia: Attention (Attrazione), Interest (Interesse), Desire (Desiderio), Action

(Azione). Questa è la base dei testi messaggi presenti su manifesti e quotidiani dei

primi anni del XX secolo.

L’AIDA, ideato da Elmo Lewis nel 1898 studiando il processo pubblicitario al

livello di comportamento, rappresenta uno dei primi modelli ideati per implementare

una campagna pubblicitaria e analizza le quattro fasi che il consumatore attraversa e

che lo portano a decidere di acquistare un determinato prodotto:

• ATTRAZIONE: attirare l’attenzione del consumatore

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• INTERESSE: sollevare l’interesse del consumatore focalizzandosi e

dimostrando benefici e vantaggi del prodotto (invece di mostrare le sue

caratteristiche, come nella pubblicità tradizionale)

• DESIDERIO: convincere i clienti che desiderano il prodotto o il servizio e

che questo soddisferà le loro necessità

• AZIONE: portare i consumatori ad agire e acquistare

La psicologia della pubblicità nasce con il cambio di secolo e il suo sviluppo sarà

direttamente collegato con quello della psicologia industriale o d’impresa, con la

nascita della società della comunicazione e con la necessità di conoscere e

comprendere il comportamento del consumatore.

Questo primo collegamento tra psicologia industriale e psicologia della pubblicità si

crea quando la psicologia, in quanto scienza empirica, muoveva i suoi primi passi.

Il modello AIDA continuerà ad essere punto di riferimento e ad ispirare molti test

realizzati per controllare l’efficacia pubblicitaria degli annunci. Oggi il modello di

Lewis è ritenuto eccessivamente semplice e abbastanza ingenuo, in particolare

l’ultimo punto, l’Azione, poiché al giorno d’oggi una pubblicità può evocare il

desiderio, convincere che il prodotto sia una soluzione valida e desiderabile,

stimolare quindi una propensione all’acquisto, ma non può certo portare direttamente

all’acquisto.

Nel 1940 fu adottata dalle agenzie pubblicitarie una variazione del modello AIDA.

Rosser Reeves, della Ted Bates & Company, idea infatti la formula dell’ USP

(Unique Selling Proposition), una delle migliori proposte al mondo a livello

pubblicitario. Questa formula utilizza il concetto di potere di convinzione e

persuasione dell’annuncio in base all’argomento di vendita utilizzato. Cerca di

identificare una caratteristica unica nel prodotto e la collega alle menti dei

consumatori con il nome della marca.

La USP si basa sulla concezione nazionale della personalità umana indotta alla

ricerca di un beneficio concreto nel momento dell’acquisto materiale. La pubblicità

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deve quindi cercare un messaggio unico che offra benefici al consumatore, basato su

caratteristiche concrete.

Le peculiarità di questo messaggio unico, per coloro che seguono questo modello,

sono tre:

• E necessario che contenga una promessa facile da ricordare;

• Il messaggio deve inglobare un concetto unico che deve provenire o dalle

qualità del prodotto o da un argomento secondo il quale non si debbano

utilizzare altri prodotti simili;

• Il messaggio deve basarsi su una ragione convincente e verosimile.

Questa formula viene utilizzata ancora oggi, non solo nell’ambito pubblicitario, ma

anche nella propaganda politica.

Come reazione a questi modelli di Istintivismo, nacque il Comportamentismo,

modello “basato sull'assunto che il comportamento esplicito dell’uomo sia l'unica

unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia, in quanto direttamente

osservabile dallo studioso.”

Le nuove esigenze di mercato, unite alla convinzione che la decisione nell’acquisto

non fosse totalmente razionale, facilitarono l’influenza che Pavlov e Watson, ideatori

del Comportamentismo, ebbero nell’ambito della tecnica pubblicitaria. L’obbiettivo

di questo modello è cercare di creare, attraverso la ricezione di frasi e immagini, una

motivazione incosciente che condizioni in modo riflesso la scelta del consumatore.

Le impostazioni comportamentiste sottolineano come l’efficacia pubblicitaria stia

nello stimolare necessità che provochino impulsi, offrendo al recettore il prodotto in

quanto incentivo adeguato per la soddisfazione di tale necessità. Si spiega così il

comportamento dei consumatori, scoprendo le loro abitudini di condotta, creando un

prodotto che tende a soddisfare le esigenze della gente.

A questa tendenza comportamentista seguirono diverse critiche, soprattutto per la

passività e l’inerzia che questa provocava nel pubblico. Come segno di rifiuto al

Comportamentismo, nasce la ricerca motivazionale: il Comportamentismo nega

all’individuo altre proprie capacità, come quella di porsi delle domande, nega il

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21

raziocinio, la capacità critica. La ricerca motivazionale si propone di scoprire in base

a quali parametri e motivazioni la gente faccia le proprie scelte, servendosi di metodi

atti a raggiungere la parte inconscia o subconscia della mente umana, poiché le

preferenze generalmente sono determinate da fattori di cui l’individuo non è

consapevole.

Se applicata alla tecnica pubblicitaria, segue tre tappe:

• Si sviluppano tecniche di ricerca del consumatore

• Le ricerche servono per individuare motivazioni o freni che possano indurre o

dissuadere dall’acquisto

• In base alle conclusioni cui si è giunti, si crea il messaggio pubblicitario

Il decennio degli anni 50 fu quello che vide la più ampia diffusione di questa

psicologia. Nel 1957 il direttore delle ricerche del Chicago Tribune, Pierre Martinau,

lanciò una nuova forma di creazione del messaggio pubblicitario, basandosi sui dati

riportati proprio dalla ricerca motivazionale sulla creazione di immagine del

prodotto. Si passò per questo a profonde ragioni psicologiche, secondo le quali la

maggior parte delle volte la gente non acquista un determinato prodotto per le sue

caratteristiche, ma piuttosto per ciò che quel prodotto significa per lei. L’immagine

che si dà di un prodotto è molto più difficile da imitare rispetto agli elementi che lo

compongono. In questo caso, l’obbiettivo della pubblicità che si crea non è quello di

far risaltare la superiorità di un prodotto rispetto agli altri, bensì quello di far provare

al consumatore un sentimento legato al prodotto, che glielo faccia ricordare; ciò che

si sta vendendo è l’immagine del prodotto, e per associazione di idee, il prodotto

stesso.

I sostenitori di questa tecnica di vendita sostengono che il testo che accompagna

l’annuncio abbia scarsa efficacia per quanto numerose siano le qualità che esso mette

in evidenza, affermando che spesso invece questa argomentazione scritta condiziona

l’individuo, che arriva a respingere il contenuto del testo. Nella ricerca

motivazionale, i simboli visuali sono un eccellente mezzo di comunicazione di

messaggi pubblicitari. I simboli visuali provocano un impatto maggiore rispetto ai

ragionamenti.

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22

L’atto dell’ acquisto è, come tutti i comportamenti umani, una forma di auto-

espressione atta a comunicare agli altri il proprio modo di essere. L’oggetto di

acquisto sarà quindi qualcosa in cui il consumatore vede i simboli che soddisfano i

propri moventi e che si identifica con l’idea che egli ha di se stesso.

Tutti i prodotti commerciali possono essere esempi di come la “lealtà” del

consumatore verso la marca abbia molto più valore rispetto alle qualità e le

caratteristiche proprie del prodotto stesso.

Questo succede perché la pubblicità è capace di creare stereotipi di riferimento

collettivi e incoscienti che ognuno mantiene individualmente. Si crede siano propri,

ma sono collettivamente generati dalla pubblicità. Così una marca è semplicemente

un punto di riferimento collettivo, artificialmente creato per aiutare a giudicare gli

oggetti, sui quali noi basiamo le nostre azioni sociali individuali.

Il gruppo sociale di riferimento che la pubblicità suppone non esiste, poiché la

pubblicità è qualcosa di artificiale, inesistente, immaginario. Le marche non

contraddistinguono i prodotti, bensì i consumatori dello stesso. Essi tuttavia non

esistono come insieme, come nucleo; c’è un’ abolizione delle classi sociali davanti a

nuovi schemi di divisione sociale: le marche e i prodotti.

Gli individui vengono organizzati, ordinati e classificati, mentre credono di essere

assolutamente liberi nelle loro scelte. Questa classificazione non si realizza in

funzione di ciò che gli individui sono oggettivamente, ma i base alle marche. È un

gruppo sociale di riferimento immaginario, che immaginariamente soddisfa i desideri

dei consumatori. La pubblicità distorce e priva della realtà, alterando così anche la

cognizione delle cose. L’identità sociale si trasforma in marca; il processo di

identificazione sociale si realizza attraverso le marche e non dipende più dalle classi

sociali. Le classi sociali ormai non esistono, sono nascoste sotto la maschera della

marca. Le marche sono quindi nuove forme di classificazione, mediazione e

ordinamento degli individui.

Resta tuttavia difficile, sia a livello sociale che commerciale, misurare gli effetti della

pubblicità. Essa può avere target diversi ed ottenere quindi risultati diversi; si

possono distinguere tre categorie di obbiettivi:

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23

• Obbiettivi cognitivi: informare il target, sviluppare consapevolezza e

attenzione;

• Obbiettivi emotivo/attitudinali: suscitare emozioni creando atteggiamenti

favorevoli verso il prodotto;

• Obbiettivi comportamentali: acquisto, passaparola, collaborazione.

A seconda degli obbiettivi si può valutare la maggiore o minore efficacia di una

campagna o annuncio pubblicitario. Gli effetti di una campagna possono essere

suddivisi in:

• Effetti cognitivi: conoscenza e memorizzazione del prodotto o della marca;

• Effetti comportamentali: acquisto, passaparola, collaborazione

Senza dubbio la pubblicità è stata fin da subito motivo di grande interesse per

psicologi e ricercatori. Uno dei primi psicologi ad interessarsi e a lavorare nella

pubblicità fu Harlow Stearns Gale (1862-1945), influente ricercatore della

psicologia della pubblicità dell’era pubblicitaria chiamata “Età Moderna” dal

pioniere della ricerca pubblicitaria Daniel Starch. Gale era stato uno dei primi 30

studenti americani laureati a recarsi in Germania alla fine del 1800 per studiare

psicologia presso l’università di Lipsia. Al suo ritorno negli Stati Uniti nel 1895, a

Gale fu affidato il laboratorio di psicologia sperimentale presso l’Università del

Minnesota, dove egli istituì nel 1900 un programma di esperimenti e indagini sugli

effetti psicologici della pubblicità. Anche se la sua capacità d’innovazione rispetto al

suo tempo è riconosciuta e indiscussa, i risultati raggiunti da Gale sono poco

conosciuti oggi, nonostante la loro centralità nell’ambito degli studi contemporanei

degli effetti della pubblicità e della persuasione.

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24

3. IL LINGUAGGIO DELLA PUBBLICITÀ

Il linguaggio pubblicitario è caratterizzato da una grande varietà; questo perché è, o

dovrebbe essere, compreso dalla maggior parte dei consumatori. Analizzando il

linguaggio pubblicitario, non si possono non prendere in considerazione le sei

funzioni del linguaggio individuate nel 1966 da Roman Jakobson (1896-1982),

linguista e semiologo russo, considerato uno dei principali iniziatori della scuola del

formalismo e dello strutturalismo. A lui si deve lo studio della teoria della

comunicazione linguistica.

La sua teoria più nota, quella delle sei funzioni comunicative associate alla

dimensione dei processi comunicativi, propone la suddivisione delle funzioni del

linguaggio in:

• Funzione referenziale, informativa o denotativa (attenzione centrata sul

contesto)

• Funzione espressiva emotiva (attenzione centrata sull’emittente)

• Funzione fàtica o di contatto (per stabilire, mantenere o interrompere il

contatto con un’altra persona)

• Funzione conativa, interattiva o persuasiva (focus sul destinatario)

• Funzione poetica (influisce sulla forma dell’atto comunicativo)

• Funzione metalinguistica (utilizzata dalla lingua per riflettere sulla lingua

stessa)

Il discorso pubblicitario può essere analizzato applicando tale classificazione alla

pubblicità, poiché, con maggiore o minore frequenza, esso ricopre tutte le funzioni

della lingua. Ogni pubblicità contiene almeno in potenza tutti i fattori della

comunicazione e ne comprende anche tutte le funzioni; lo stesso Jakobson afferma:

“In ogni messaggio possono coesistere e sovrapporsi tutte queste sei funzioni, o

comunque molte di esse, anche se generalmente una soltanto diventa predominante

nella struttura gerarchica che viene a formarsi e sulla quale si fonda l’unicità di

ciascun messaggio”.

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25

La funzione emotiva della lingua è sicuramente una delle più presenti nell’ambito

del linguaggio pubblicitario e riguarda la capacità che ogni emittente ha di esprimere

se stesso, le sue emozioni, i suoi sentimenti, la sua identità nel messaggio. La

pubblicità, infatti, anche se nata con funzioni prettamente informative, con il tempo

ha dato più spazio alla funzione persuasiva della sua natura, ricorrendo sempre più

spesso a fattori emozionali. Non è raro che nelle pubblicità si trovino elementi

emozionali, più che informativi, che si induca a scegliere un determinato prodotto

perché quello è il modo migliore di agire, che vengano mostrati modelli di

comportamento da seguire. A questo proposito Calabrese (1975) afferma che “tale

funzione si esprime per lo più attraverso le interiezioni e le frasi esclamative. In

pubblicità tutto ciò è pienamente realizzato attraverso frasi che manifestano lo

stupore, la meraviglia per le doti e le prestazioni di un prodotto”.

La funzione persuasiva o conativa della lingua, forse la più importante nell’ambito

del linguaggio pubblicitario, è quella per cui si cercano degli effetti sull’emittente, gli

si danno ordini, consigli, utilizzando l’imperativo per indurre ad acquistare o a

servirsi di un determinato servizio (si pensi allo slogan della Coca-Cola “Bevi Coca-

Cola” o a quello della Vodafone “Passa a Vodafone!”). Questa funzione appare

spesso però mascherata sotto le altre funzioni.

Paradossalmente, la pubblicità si serve raramente della funzione referenziale o

informativa. Certo, il messaggio dà informazioni sul prodotto che vuole

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26

promuovere, esponendo il nome della marca o la sua immagine, tuttavia a prevalere è

il carattere persuasivo. Il messaggio non si presenta quasi mai come pura e semplice

informazione. Negli ultimi tempi, tuttavia, con il proliferare di servizi e prodotti

tecnologici, questa funzione sembra aver ripreso credito, con messaggi che intendono

mostrare caratteristiche reali del prodotto, discriminanti nella scelta. Secondo Reboul

(1985) “è normale che molti slogan si presentino sotto una forma referenziale,

limitandosi ad annunciare un prodotto e a elencarne i vantaggi; uno slogan tanto

meglio assolve la sua funzione incitativa quanto meno essa appare nella sua

struttura grammaticale, contenendosi ad informare e spiegare, lasciando

(apparentemente) al destinatario la libertà di concludere e di decidere”.3

Altra funzione decisamente prevalente nei messaggi pubblicitari è quella estetica o

poetica, dove l’attenzione è incentrata sulla forma del messaggio. Essa riguarda

l’organizzazione interna del messaggio, il modo in cui esso è realizzato; Jakobson la

chiama così perché la considera dominante in poesia e in generale nell’arte, dove il

messaggio comunicherebbe soprattutto con la sua forma.

Secondo Eco (1972) “insieme alla componente emotiva quella estetica è la più

importante. L’uso della figura retorica ha innanzitutto finalità estetiche. Vige nella

pubblicità il precetto barocco per cui è del poeta il fin la meraviglia”.4 È infatti il

valore estetico dell’immagine retorica a rendere persuasiva e memorabile la

comunicazione. Anche Sabatini (1968) si sofferma in modo particolare su questa

funzione, sottolineando come la pubblicità, per attirare l’attenzione di un pubblico

generalmente distratto, utilizza spesso come modello la letteratura. Secondo Sabatini

la pubblicità ricalca i moduli espressivi e ritmici della poesia italiana contemporanea

da autori come Ungaretti o Quasimodo alle tecniche del futurismo.5

A volte un messaggio pubblicitario sembra voler suscitare emozioni svolgendo

invece una funzione fàtica o di contatto. Essa ricorre ad elementi emotivi poiché,

non essendo voluta o richiesta dai suoi destinatari, vuole in questo modo attrarre lo

spettatore, creando un contatto coinvolgendolo emotivamente. Essa è quindi una

3 O. REBOUL, Le slogan, Edition Complexe, Bruxelles 1975. 4 U. ECO, Estetica e teoria dell’informazione, Milano, Bompiani 1972 5 F. SABATINI, Il messaggio pubblicitario da slogan a prosa-poesia in «Il Ponte», 1968

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27

funzione essenziale del discorso pubblicitario, poiché è proprio lo slogan a

richiamare l’attenzione, ad imporre il messaggio sul prodotto stesso, per suscitare

l’interesse del pubblico, sommerso ogni giorno da un’infinita mole di messaggi

pubblicitari. Prendiamo ad esempio l’azienda Apple, con il suo slogan “Think

Different”, essa vuole far intendere di non essere solo un’azienda che vende oggetti

elettronici, ma vere e proprie innovazioni.

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28

La Nokia invece non si promuove come l’azienda che produce telefonini, ma come

quella che è in grado di far unire le persone “Connecting People”.

L’italiana Benetton non vende semplici vestiti, ma un modo diverso di concepire la

convivenza tra i popoli.

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29

Raramente il messaggio pubblicitario svolge una funzione metalinguistica, che

definisce il codice in uso e dunque, implicitamente, i rapporti fra gli interlocutori. Ci

sono esempi di annunci pubblicitari in cui il messaggio si riferisce a se stesso o alla

pubblicità; in questi casi, la funzione metalinguistica si dimostra molto funzionale

per rendere riconoscibile un prodotto originale rispetto ad una sua imitazione.

Si può quindi concludere che non esiste una funzione prevalente nell’ambito del

discorso pubblicitario, anche se si riconosce che l’unica funzione sempre presente nei

messaggi sia ovviamente quella conativa, che induce il destinatario ad acquistare o a

servirsi di un determinato prodotto o servizio. Non esiste una comunicazione

puramente fàtica, o puramente referenziale, puramente poetica ecc. Per poter

raggiungere con efficacia uno di questi scopi, devono essere perseguiti in certa

misura anche gli altri. Le funzioni del linguaggio possono quindi essere compresenti

e manifestarsi a tutti i livelli.

Esistono tre ordini di codificazione con i quali qualsiasi messaggio pubblicitario può

essere messo in relazione dal punto di vista linguistico, essi sono:

• La lingua nazionale (es. l’italiano, l’inglese, lo spagnolo)

• Il sottocodice tipico di un ambito tecnico

• Il codice della teoria retorica della persuasione

Perseguendo lo scopo di persuadere il suo destinatario, il linguaggio pubblicitario fa

uso di due strategie secondarie:

• Il coinvolgimento del lettore, ottenuto grazie all’utilizzo della funzione

conativa della lingua

• L’esaltazione del prodotto, ottenuto grazie alla funzione estetica o poetica

della lingua, mettendo quindi in risalto i colori o utilizzando una musica di

sottofondo particolarmente coinvolgente e interessante

Al fine di catturare l’attenzione del suo destinatario, la pubblicità assorbe i linguaggi

e i mezzi espressivi più svariati, per raggiungere un range più ampio di pubblico.

Questa molteplicità di mezzi si manifesta attraverso l’utilizzo di più segni – parole,

immagini, numeri –, l ’utilizzo e l’appropriazione di parole provenienti da lingue

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

30

straniere, l’uso dei più svariati registri, da quello colloquiale a quelli più ricercati,

come quello medico o scientifico.

Spesso la pubblicità, per promuovere le innovazioni e attirare l’attenzione arriva

anche trasgredire le norme linguistiche; lo dimostrano la diffusione di altri termini,

come i tecnicismi, che appartengono a campi specializzati, o il suo ricorso ad un vero

e proprio ‘fantalinguaggio’, creato e sfruttato per perseguire il più alto livello di

intensità espressiva e di suggestione psicologica. Esso travalica o forza al massimo le

possibilità formali della lingua. Il pubblicitario infatti gioca con le parole, le

desemantizza .

Uno degli obbiettivi principali del linguaggio pubblicitario è ovviamente quello di

stabilire una comunicazione rapida ed efficace, attraverso un messaggio di lunghezza

limitata (per evitare di annoiare il destinatario) e conciso, e attraverso la ripetizione

del messaggio stesso per fare in modo che esso si fissi nella sua mente.

Un messaggio da solo non è, infatti, sufficiente; la ripetizione del discorso, che

risulta così irritante per il destinatario, rientra nella fisiologia e non nella patologia di

una comunicazione imposta come quella pubblicitaria, la quale mira a raggiungere e

attirare l’interesse anche di coloro i quali non cercherebbero spontaneamente

l’informazione contenuta nel messaggio, o ritengono di conoscerla già. La ripetizione

del messaggio è comune a tutte le strategie pubblicitarie ed è intesa a superare gli

effetti di percezione e memorizzazione selettiva dell’utente, oltre alla dispersione del

pubblico, a seconda dei suoi interessi.

Ma proprio perché tale ripetizione induce fastidio e stanchezza, è necessario un

rapido tasso di mutamento dei messaggi, che d’altra parte è provocato anche solo dal

confronto con la concorrenza. Ci può essere un rinnovamento del messaggio

all’interno di una stessa strategia, oppure i messaggi possono costituire nuovi episodi

di una storia seriale o di una saga, come in certe serie pubblicitarie che hanno avuto e

continuano ad avere grande successo in Italia (si pensi al paradiso della Lavazza o

alle serie di compagnie telefoniche come Vodafone, Tim o Wind).

Questi cambiamenti sono necessari, e devono essere realizzati di frequente, per non

stancare il consumatore e fare in modo che non perda interesse.

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31

3.1 Il quadrato semiotico di Floch

Grazie a questa continua variazione, la pubblicità sembra riempire ogni posizione

discorsiva possibile, dall’ironico al patetico, dal futurismo sintattico al linguaggio più

tradizionale. Per cercare di comprendere le possibili alternative e di classificarle, in

situazioni del genere risulta utile costruire delle tipologie.

Il più noto tentativo di elaborare una tipologia di valorizzazioni pubblicitarie è

dovuto a Jean Marie Floch (1947-2001), che nel 1992 contrappose quattro grandi

categorie di valorizzazione, a seconda che l’assiologia pubblicitaria fosse costruita

partendo dall’utilità dell’oggetto (valorizzazione pratica), dal suo senso sociale

(valorizzazione utopica), dalla capacità di attrarre la simpatia e il divertimento del

destinatario (valorizzazione ludica) o dalla convenienza economica (valorizzazione

critica). La classificazione di Floch parte da un’opposizione, basilare, che

contrappone valori d’uso e valori di base.

I valori d’uso danno luogo alla pubblicità pratica, cioè quella che si incentra

razionalmente su ciò che il prodotto sa fare; i valori di base, invece, si orientano

verso la pubblicità utopica o mitica, cioè verso i desideri fondamentali condizionati

dagli stili di vita dell’acquirente. La pubblicità non di base o critica, valorizza gli

aspetti razionalmente connessi all’acquisto, quindi soprattutto il prezzo e il rapporto

prezzo/qualità; la pubblicità non d’uso, o ludica, valorizza il rapporto gradevole e

divertente costruito dal testo pubblicitario stesso.

Lo schema di Floch classifica gli stili di valorizzazione pubblicitaria, ossia i modi in

cui un testo pubblicitario può cercare di assegnare valore semiotico al proprio

oggetto. Qui di seguito è rappresentato un esempio grafico del quadrato semantico.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

32

Vale la pena notare che le valorizzazioni contenute nel lato orizzontale alto si

riferiscono a qualità proposte per l’oggetto in sé, mentre quelle in basso riguardano

più la sua comunicazione (tra cui il prezzo); le valorizzazione di sinistra sono relative

a proprietà reali, mentre quelle di destra si riferiscono più a qualità immateriali o

intangibili.

Bisogna considerare inoltre che, sebbene la natura del quadrato semiotico sia

oppositiva, essa non esclude mescolanze; non è infatti impossibile vedere una

valorizzazione critica che sia anche pratica, oppure utopica e ludica.

Ciò che emerge dallo schema è una classificazione che in molti casi consente di

differenziare e contrapporre diverse strategie testuali di pubblicità dello stesso

oggetto merceologico, o di verificarne le eventuali affinità.6

6 U. VOLLI. Op. cit.

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33

3.2 Caratteristiche del linguaggio pubblicitario

Esistono certe tendenze o linee generali che possono essere considerati caratteristiche

nei testi pubblicitari. Ancora una volta, si parte dal fatto che un messaggio

pubblicitario deve, prima di tutto, essere persuasivo. Secondo Kurt Spang, la

strategia più utilizzata è quella di entusiasmare e allettare il destinatario attraverso

l’elogio dei propri prodotti. Vengono presentati solo gli aspetti più positivi per

manipolare il pubblico. Ferraz Martinez individua due linee persuasive pubblicitarie:

il coinvolgimento dei destinatari e l’esaltazione e la ponderazione del prodotto.7

Dato che il messaggio deve essere persuasivo ed efficace, esso si caratterizza per le

seguenti tendenze:

- L’economia della lingua: la brevità è infatti tipica nei testi

pubblicitari in generale e negli slogan in particolare. L’annuncio non

deve stancare il destinatario, così cerca di attirare e mantenere vivo

l’interesse. Per questo i suoi emittenti cercano sempre di elaborare un

testo non particolarmente esteso, che porti più informazioni possibili,

per ottenere la massima efficacia. Si tratta di dare più informazioni

con poche parole. Spesso si tratta di limitare il messaggio linguistico

al solo nome della marca e di lasciare che siano le immagini a fornire

le informazioni necessarie. Questa strategia viene applicata soprattutto

per le marche commerciali più rinomate. Per quanto riguarda la

diluizione del testo, si tende ad eliminare le categorie grammaticali

secondarie, non necessarie per la comprensione del messaggio; si

tratta soprattutto di articoli, alcuni pronomi, verbi, preposizioni e

congiunzioni.

- La semplicità: il messaggio è semplice da capire, si ricorda

facilmente ed è fondamentale che i destinatari riconoscano

rapidamente il prodotto

- La creatività e l’innovazione: gli emittenti fanno tutto il possibile

per mettere in rilievo il proprio prodotto e perché esso si distingua

dagli altri presenti sul mercato. Utilizzano quindi ogni tipo di

7 FERRAZ MARTINEZ. El lenguaje de la publicidad. Madrid: Arco Libros S.L. 1995

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

34

innovazioni che, a volte, vanno al di là delle norme linguistiche. “La

pubblicità assorbe e fa suoi i più eterogenei linguaggi e mezzi

espressivi nel tentativo di conquistare i suoi destinatari con ogni tipo

di arma”.8

- La ripetizione: l’importante è che il messaggio venga registrato e si

fissi in modo indelebile nella mente del destinatario. In alcuni

annunci, le informazioni ritenute particolarmente importanti

dall’emittente vengono ripetute più volte; si posso trovare, ad

esempio, prima nell’intestazione e ripetersi poi anche più avanti nel

corpo del testo. L’elemento che viene ripetuto più spesso è senza

dubbio il nome del prodotto o della marca.

- La persuasione: secondo la tradizione retorica classica, si possono

seguire due strade principali per ottenere la persuasione: la

commozione del pubblico, basata sulla manipolazione dei suoi

sentimenti, e il suo convincimento, che fa leva su argomentazioni più

o meno razionali. Si può cercare così di coinvolgere emotivamente un

destinatario, ad esempio vantando la freschezza, la saggezza, la

simpatia dell’oratore, lavorando dunque sulla definizione

dell’enunciatore in termini di competenza; oppure eccitando le

passioni che già dominano il pubblico, l’enunciatario collettivo.

Esistono così due posizioni tipicamente semiotiche che caratterizzano

buona parte dei testi pubblicitari usati normalmente: quelli che

partono dalla riaffermazione dei valori della marca, e cercano quindi

di stabilire una competenza di un enunciatore che può anche essere

virtuale, come ad esempio i marchi; e quelli che invece si muovono

sull’asse fra piacere e desiderio, che animerebbe il compratore.

Avendo citato la retorica, si può dire che spesso il discorso

pubblicitario si avvale di tecniche non dissimili da quelle codificate da

questa antica arte. Si trovano in pubblicità ragionamenti

frequentemente approssimativi (entitemi), luoghi comuni (topoi),

8 FERRAZ MARTINEZ. El lenguaje de la publicidad. Madrid. Arco Libros S.L. 1995

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

35

figure retoriche dell’espressione (allitterazioni, rime ecc.) e del

contenuto (litoti, iperboli, metafore, antonomasie).

Le caratteristiche del linguaggio pubblicitario qui presentate valgono soprattutto per

lo slogan pubblicitario, essendo questo un testo che deve essere efficace e deve

richiamare l’attenzione degli utenti a prima vista. È una formula breve, un elemento

più appariscente ed espressivo dell’annuncio, dove si concentra ciò che di più

importante si vuole trasmettere del prodotto. Si ritiene che l’efficacia di uno slogan si

basi sull’equilibrio tra forma e contenuto. “lo slogan è una forma grammaticale che si

può ripetere, che fa piacere ripetere, per la sua brevità, per la sua semplicità, per la

sua concisione e la sua bellezza”.9 Per arricchire lo slogan o l’intero testo

pubblicitario servono alcune risorse estetiche, ad esempio il ritmo, le figure retoriche,

la rima, elementi che facilitano la memorizzazione e incitano alla ripetizione.

Una caratteristica del linguaggio pubblicitario che si sta con il tempo rendendo

sempre più presente nei messaggi e negli slogan sono i forestierismi, la presenza

quindi di termini o espressioni provenienti da lingue straniere.

La lingua che predomina sotto questo punto di vista è sicuramente l’inglese, sempre

più presente in slogan o messaggi pubblicitari; spesso l’utilizzo dell’inglese ha il fine

di trasmettere affidabilità e professionalità, caratteristiche spesso collegate alla

cultura dei Paesi anglosassoni. Oggi, circa il 75% della pubblicità a livello mondiale

è in lingua inglese.

L’utilizzo di forestierismi può essere indotto per stimolare la curiosità dell’utente,

che magari non ha molta familiarità con la lingua straniera e indurlo quindi a leggere

o ascoltare l’intero messaggio pubblicitario per capirci qualcosa in più, oppure per

dare un senso di esoticità e genuinità al prodotto.

La pubblicità costituisce quindi anche un mezzo per l’adozione di parole straniere.

La globalizzazione e i mercati internazionali favoriscono sempre di più la tendenza

ad utilizzare parole originali provenienti da altri Paesi. A queste cause si possono

aggiungere anche una maggior comodità e l’economia pubblicitaria, poiché il

9 JUAN REY. Publicidad y Sociedad. Un viaje de ida y vuelta. COMUNICACION SOCIAL EDICIONES Y PUBLICACIONES. 2008

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

36

forestierismo nella maggior parte dei casi veicola meglio e più brevemente il

contenuto.

Oltre a forestierismi inglesi, non è raro trovare slogan e messaggi che contengono

parole in francese che, a differenza dell’inglese (che nella maggior parte dei casi

simboleggia la tecnologia) è molto usato nell’ambito della pubblicità cosmetica;

questo perché il francese evoca moda, eleganza e prestigio. Si pensi ad esempio alle

pubblicità dei profumi: quasi tutte le case, francesi e non, che producono profumi

ricorrono all’uso del francese.

Frequente nei messaggi è anche l’uso di tecnicismi e pseudo-tecnicismi. Nei testi

pubblicitari l’utilizzo di questo tipo di gergo serve a risvegliare la fiducia del

consumatore; per questo gli emittenti si servono sempre più spesso di termini

tecnico-scientifici per dare all’annuncio un carattere scientifico. Spesso si trovano

tecnicismi anche in settori non tecnologici; lo scopo è quello di trasmettere un senso

di rarità e preziosità del prodotto e far sì così che il consumatore si senta,

implicitamente, un intenditore. I termini e le espressioni tecnico-scientifiche vengono

utilizzate spesso dell’ambito della cosmesi, volendo alludere alla precedente ricerca

scientifica, evocando il progresso, la modernità, e suscitando l’impressione che

l’effetto sia garantito, poiché risultato di una ricerca. Per evocare queste sensazioni

gli emittenti utilizzano parole altamente settoriali, il cui significato è oscuro alla

maggior parte degli utenti che però si sente rassicurata e incuriosita dalla novità.

Molte delle parole utilizzate, inoltre, sembrano voci di terminologia, ma non lo sono

affatto; vengono utilizzate, per l’appunto, per risvegliare l’interesse ed accrescere il

prestigio del prodotto. I tecnicismi nella pubblicità offrono una condizione ibrida tra

denotazione e connotazione e, giacché referenziali, nella maggior parte dei casi,

evocano la sensazione che il prestigioso prodotto che si sta acquistando sia il

risultato di una rigorosa e profonda ricerca.

In questo modo, quando l’utente riconosce alcuni dei termini tecnici utilizzati

nell’annuncio, si ottiene l’effetto di farlo sentire un esperto, poiché condivide la

conoscenza con gli scienziati.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Una delle caratteristiche principali del linguaggio pubblicitario è la presenza di frasi

brevi ed incisive, di larga risonanza come gli slogan, i proverbi, i motti e i detti.

Lo slogan, dal gaelico sluagh-ghairm, originariamente significava “urlo di guerra” –

slaugh (nemico), ghairm (urlo) – ed era un’espressione usata dai clan scozzesi. Nel

XVIII secolo, aveva il valore di “parola d’ordine” di un partito o di una causa,

indicando quindi le battute della propaganda politica e soprattutto della pubblicità.

Oggi, lo slogan è utilizzato per richiamare alla mente il nome e le caratteristiche di

un prodotto, deve sintetizzare concetti e suoni e deve essere in grado di esercitare la

maggiore penetrazione psichica nel destinatario. È utilizzato su manifesti, volantini,

insegne e, se è ben studiato, provoca un effetto virale e difficilmente dimenticabile,

come ad esempio “Impossibile is nothing” della Adidas, oppure “I’m lovin’ it” di

McDonald’s.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Nonostante il fatto che gli slogan nel tempo abbiano di fatto in parte oscurato la loro

presenza nei messaggi pubblicitari, i proverbi sono stati fortemente utilizzati dalla

lingua pubblicitaria sin dal primo messaggio pubblicitario, databile, per quanto

riguarda la lingua italiana, agli inizi del XIX secolo. Il rapporto osmotico fra questi

due mezzi di comunicazione e di persuasione, anzi, per meglio dire di comunicazione

finalizzata alla persuasione, ha prodotto spesso buoni frutti, arricchendo la lingua

italiana di neologismi, di modi espressivi, spesso in conflitto con le regole

grammaticali, ma che ci hanno restituito una lingua viva e dinamica.10

La parafrasi è uno dei modi in cui si manifesta l’interattività tra proverbi e pubblicità;

un proverbio può essere infatti modificato, per rafforzare il messaggio pubblicitario.

Ad esempio il proverbio “Donne al volante, pericolo costante”, denigratorio nei

confronti delle donne che guidano, è stato sfruttato per una campagna promozionale

di una Società di Assicurazioni Auto “Donne al volante ... premio calante” a

sottolineare la maggiore prudenza delle donne alla guida di auto, con conseguente

riduzione del premio assicurativo da loro pagato.

“Chi tardi arriva male alloggia” capovolto in “Chi tardi arriva ... risparmia” dalla

pubblicità di una società che vende in internet pacchetti vacanze Last minute.11

10 ANTONIO MURABITO, I proverbi nella pubblicità. 2007 11 MARIO MEDICI, La parola pubblicitaria, Venezia, Marsilio, 1988

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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I motti e i detti sono frasi spesso scherzose con cui si definiscono le caratteristiche

di abitanti di diverse regioni o città. Sono spesso usati negli spot pubblicitari perché

divertenti e perché possono provocare nel destinatario di quella determinata regione

o città un certo senso di appartenenza e invogliarlo, quindi, ad ascoltare l’annuncio in

onda.

4. ANALISI SEMIOTICA DELL’ANNUNCIO PUBBLICITARIO

L’annuncio pubblicitario è ciò che effettivamente viene comunicato del lavoro

pubblicitario e si manifesta come messaggio. È solo al momento della sua percezione

concreta che il messaggio si realizza davvero: nell’audience.

Bisogna però aggiungere che tale percezione non è interamente cosciente, non

coincide con ciò che il destinatario crede di aver ricevuto, o con ciò che egli crede

abbia detto. La maggior parte della comunicazione che riceviamo e produciamo non

è interamente cosciente, perché troppo ricca e ripetitiva; è ovunque intorno a noi, per

questo la percezione e il ricordo dei messaggi mediatici sono selettivi, e gli stimoli

non vengono classificati uno ad uno, ma per gruppi. Poiché non vediamo le persone

ma la folla, la pubblicità e non l’annuncio, la maggior parte della comunicazione è,

di fatto, tecnicamente subliminale.

I testi e gli annunci pubblicitari sono molto più complicati di come possono apparire,

si basano su livelli sintattici e semantici profondi non espliciti e non percepiti nella

ricezione. I testi si basano sempre su conoscenze previe del destinatario, sono ricchi

di lacune che saranno colmate dalla sua collaborazione. Il testo comprende quasi

sempre il marchio e l’immagine del prodotto (packshot) e a volte può riportare anche

certi colori caratteristici o il lettering. I diversi supporti tendono in genere a

coesistere e a trasmettere lo stesso contenuto pubblicitario. L’interazione tra

pubblicità e immagine può essere bidirezionale: i vari elementi visivi che

costituiscono l’immagine del prodotto o della marca invadono sempre il testo

pubblicitario.

È per questo motivo che un’analisi grammaticale semplice e generale del testo

pubblicitario sarebbe improduttiva. La pubblicità utilizza per i suoi spot e i suoi

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40

annunci un linguaggio tratto da quello del cinema, della televisione, dei video (in

particolar modo dei videoclip), mentre gli annunci stampa e le affissioni prendono in

prestito i codici delle stampe e della fotografia.

Spesso questi linguaggi tratti dalla comunicazione generale sono variati e spinti ai

loro limiti comunicativi sull’onda di potenti fenomeni di moda. Tuttavia spesso

queste innovazioni non resistono molto tempo, o perché finiscono per entrare nel

codice banalizzandosi e non costituendo più un elemento di novità, o perché i testi

pubblicitari finiscono per tornare ad una semplice comprensibilità così da poter

essere compresi facilmente da tutti.

Due sono i requisiti fondamentali che ogni testo pubblicitario deve avere: salienza

percettiva e comprensibilità. Quello della percezione, e quindi, della funzione

fàtica della comunicazione, è il primo livello nella concorrenza dei messaggi

pubblicitari. Per illustrare questo punto è necessario rifarsi alle definizioni

fondamentali del rapporto di comunicazione già esaminate nel capitolo precedente;

se si esamina un messaggio in generale, si potranno in esso distinguere certi fattori,

che si possono elencare attraverso lo schema creato da Jakobson:

2. CONTATTO (CANALE)

3. MESSAGGIO

1. EMITTENTE 4. CODICE 6. DESTINATARIO

5. CONTESTO (CONTENUTO)

Oltre all’emittente, al destinatario e al messaggio, in ogni testo ha grande importanza

il codice, ossia il sistema delle regole che presiede alla sua forma e alla sua capacità

di produrre senso.

Il contatto è quel canale che permette all’emittente di unirsi, materialmente o

virtualmente, alla sua audience; e senza dubbio parte essenziale del funzionamento di

ogni testo è il riferimento a cose o pensieri, reali o possibili.

Questo insieme di contenuti è chiamato contesto. Ognuno di questi fattori

corrisponde ad una delle funzioni linguistiche di Jakobson.

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41

La necessità di essere notati fa sì che praticamente non esista messaggio pubblicitario

senza immagini; per la stessa ragione vengono utilizzate musiche, vengono affissi

manifesti più grandi, si alza il volume dei jingle, si accentuano i colori degli annunci

a stampa. Sono tutti meccanismi che agiscono per esaltare l’impatto percettivo nei

testi.

La comprensibilità riguarda invece la funzione metalinguistica di un testo

pubblicitario, quella che regola la comunicazione del codice impiegato nel

messaggio, e la funzione poetica, che riguarda l’elaborazione creativa di un testo

indipendentemente dalla sua capacità di significare. Quanto più la funzione poetica è

presente nel messaggio, rendendolo quindi originale e sorprendente, tanto più è a

rischio la sua comprensibilità. Quanto più un messaggio rispetta le regole

grammaticali consuete per il suo mezzo, tanto più sarà facilmente comprensibile,

sebbene a rischio di banalità e noia.

Per analizzare il funzionamento del testo pubblicitario, occorre prestare attenzione a

diversi livelli di analisi: il segno pubblicitario, dell’enunciazione, delle strutture

narrative e delle immagini.

4.1 Il segno pubblicitario

La prima funzione di un testo pubblicitario è quella segnica, ossia la capacità di

rimandare, per mezzo della sua presenza fisica (il significante), a qualcosa d’altro (il

significato).

In quanto significativi, capaci cioè di dire altro e di più rispetto alla loro semplice

presenza, tutti i testi hanno natura segnica. Specialmente nell’ambito delle pubblicità

di moda e di profumi, si trovano spesso testi così poco articolati narrativamente da

poter essere trattati come semplici segni.

Dalla definizione di segno si può intendere che si tratti di qualche cosa che sta per la

marca o il prodotto che pubblicizza; ad esempio il coccodrillo usato dalla Lacoste, o

la tigre della Esso, il grafismo curvo come un apostrofo, ma sistemato sul piano

orizzontale in maniera da apparire ascendente, che è simbolo da sempre della Nike

oppure anche la semplice immagine di una ragazza sdraiata su un prato può costituire

il centro significante dell’annuncio di uno yogurt.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

42

Spesso accade che l’immagine utilizzata nel messaggio raffiguri l’atto del consumo e

le sue (quasi sempre) felici conseguenze. In molti altri casi, il segno è individuabile

anche senza un rifermento alla dimensione narrativa; si pensi ad esempio alla mela

morsa simbolo della Macintosh, alla stella della Mercedes o al cowboy della

Marlboro. In questi casi la dimensione segnica ha una sua propria autonomia.

Nei segni pubblicitari, vincolati soprattutto dall’efficacia, vi è una continua ricerca

di buona motivazione, una forma che aiuti ad identificare il prodotto o la marca e che

soprattutto contribuisca a valorizzarli. Certe qualità, più o meno astratte, che si

vogliono attribuire al prodotto vengono in questo modo figurativizzate nel segno

pubblicitario, estensione del procedimento della connotazione. La connotazione è

estremamente importante per ogni discorso persuasivo, è quindi spesso usata per

suggerire dei significati, senza però dirli esplicitamente. Risulta quindi chiara

l’essenzialità della connotazione nella pubblicità e nella propaganda.

Il discorso pubblicitario utilizza l’intero segno connotativo per richiamare il prodotto

o la marca. Si incontra dunque una sorta di doppia connotazione, in cui un certo

significante è usato per unire un valore a una merce o una marca:

3.segno pubblicitario

2.segno connotativo

1.segno denotativo

Quanto più sono numerose le caratteristiche in comune fra il livello 1 e il livello 3,

tanto più facile risulta saldare in un segno ciò che viene effettivamente percepito in

una comunicazione e trasformarlo nel rapporto “ideologico” che si vuole stabilire.

significante 3

(segno connotativo)

significato 3

(merce o marca)

significante 2

(segno denotativo)

significato 2

(valore)

significante 1

(grafismi, parole)

significato 1

(oggetto)

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Il segno pubblicitario si realizza quando riesce a saldare il livello 1 con il livello 3

grazie ad una certa qualità del messaggio, “costruito in maniera tale da essere fornito

di per sé di una sorta di sex appeal”.12

È qui che si innesca il circuito seduttivo. La seduzione può essere considerata una

comunicazione attiva, “capace di mobilitare sul piano passionale il destinatario nei

confronti dell’emittente”.13 La comunicazione seduttiva risulta fortemente ricorsiva:

messaggio

emittente destinatario

contatto

Essa resta così un’emittente che intende trasmettere un messaggio ad un destinatario

realizzando un contatto; ma il messaggio consiste per lo più nel contatto stesso,

finalizzato a mettere in luce l’emittente con cui il destinatario è a sua volta invitato a

entrare in contatto. La promessa implicita contenuta nel messaggio è che, entrando in

contatto con l’emittente, l’utente potrà assimilarsi, diventare simile ad esso, avere la

sua stessa capacità di contatto e seduzione. Quel che è decisivo è, quindi, la forma

del messaggio, che deve rispecchiare i valori espressivi dell’emittente in maniera

abbastanza evidente da imporre il contatto.

Ricapitolando, l’emittente attua una comunicazione fortemente espressiva,

esponendo le sue caratteristiche come valori; propone al destinatario un messaggio

omogeneo di tali valori, caratterizzato da una forte visibilità (funzione fàtica). Il

contenuto del messaggio è una narrazione, che presenta un mondo possibile in cui i

valori in questione sono condivisi, al quale il destinatario è invitato ad unirsi, ad

assimilarsi. Per farlo, basta che egli acquisti il prodotto in questione.

12 VOLLI, 1997 13 UGO VOLLI, Op. cit.

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4.2 Le immagini

Per ragioni di interesse e per catturare più facilmente l’attenzione, praticamente tutti i

testi pubblicitari contengono immagini.

Si tratta di solito di testi sintetici, che comprendono parti scritte o verbali.

L’immagine ha un’importanza fondamentale, poiché spesso non si tratta solamente

di mostrare il prodotto, ma anche di renderne visibile il valore. Il principio per cui

l’organizzazione dell’espressione è in relazione di corrispondenza con quella dei

contenuti, è fondamentale in pubblicità. Un testo pubblicitario valido induce

attraverso le immagini nel suo destinatario certe posizioni di senso, come allegria,

serenità, animo.

Questo livello elementare della forma dell’espressione è detto plastico. Nel plastico

si possono riconoscere tre gruppi di categorie: quelle topologiche, che riguardano la

distribuzione nello spazio delle figure sul testo, quelle eidetiche, relative ai contorni e

alle linee, quelle cromatiche, che riguardano la presenza dei colori sulla superficie, la

qualità, l’intensità, la saturazione. L’applicazione concreta delle varie categorie

dell’immagine produce in essa formati plastici, dei complessi percettivi che in

un’immagine possono essere interpretati come capaci di veicolare un senso: un

occhio, un sole ecc.

Il livello figurativo è quel livello dove si svolge il senso delle immagini, dove entra

in gioco la conoscenza visiva che ciascuno ha del mondo secondo modelli stereotipi.

Sul piano plastico si realizzano invece le relazioni semisimboliche, molto importanti

per il funzionamento dei segni pubblicitari. A questo livello vengono analizzati i

marchi e le scritte che compaiono nelle immagini pubblicitarie.

4.3 L’enunciazione

L’enunciazione ha la funzione di analizzare il ruolo del testo pubblicitario all’interno

della comunicazione. L’analisi dell’enunciazione tiene conto del modo in cui il

rapporto comunicativo viene riflesso, simulato o deformato nei i testi.

Attraverso il fenomeno dell’oggettivazione, i testi si allontanano dall’enunciatore e

allo stesso tempo anche dall’enunciatario, esistono indipendentemente da chi li ha

prodotti e da colui cui sono indirizzati. Nel momento stesso in cui una certa

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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intenzione comunicativa si realizza in un testo in cui l’esigenza di comunicare un

prodotto da parte di un’azienda dà luogo a una pubblicità, questa diventa realmente

pubblica, sfuggendo al controllo dei suoi produttori, può essere fraintesa, copiata,

ignorata, adorata o respinta.

Per rappresentare l’enunciatore i testi si servono di vari dispositivi, dalla parola

<<io>> alla firma, allo sguardo in camera delle immagini fotografiche o televisive.

Questo fenomeno che collega il testo al fruitore è chiamato embrayage, che

condiziona fortemente la capacità che i testi hanno di produrre effetti di realtà,

passionali ecc. La marca su un prodotto, la firma su una lettera, sono altri esempi del

lavoro che si può fare nei testi per legarli all’emittente.

La semiotica ha ritrovato nei testi dei simulacri della comunicazione. È ad esempio il

caso della coppia destinante-destinatario individuata nello schema attanziale di

Greimas nel 1974; di quella autore-modello-lettore, modello dell’analisi di Eco

(1979). Ne viene fuori uno schema che non vale solo per la comunicazione letteraria,

ma anche per fenomeni come la conduzione di un telegiornale o il funzionamento di

una pubblicità:

E1 ���� [E2 ���� (E3 ���� D3) ���� D2] ���� D1

L’emittente empirico E1 si fa rappresentare da un emittente delegato E2, e lo stesso

accade con il destinatario (es. una società E1 presentata sotto forma di una marca E2

cerca di identificare il suo target D2 che non coincide con gli acquirenti reali del

prodotto e neppure con gli spettatori dello spot D1). Il loro rapporto può essere

rappresentato da comunicatori funzionali di diverso ordine.

Lo schema più completo di questo complesso campo è quello proposto da Bettetini

nel 1984:

SET SO SEO SA SER LM SEM

SET: soggetto empirico trasmittente

SER: soggetto empirico ricevente

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SEM: soggetto enunciatore modello costituito dal destinatario nel suo impatto e nel

suo lavoro con la superficie significante del testo (ad es. una certa immagine di quel

che è la marca)

SO: Soggetto enunciatore come appare nella trasmissione spot.

SEO: soggetto dell’enunciato di cui si parla (es. spot)

SA:soggetto enunciatario (es. compratore rappresentato).

LM: lettore modello

L’approccio semiotico dunque consiste nel sottolineare l’autonomia del testo e il

carattere simulacrale dei soggetti che compaiono nella comunicazione.

Il lettore modello è una strategia testuale nella quale l’autore tiene conto di ciò che

egli vorrebbe i suoi lettori fossero, sapessero, credessero, volessero. Bisogna però

riconoscere che il lettore modello non coincide con il target della pubblicità; non è

affatto una fotografia di coloro che riceveranno il messaggio e neppure di coloro che

l’emittente vorrebbe come riceventi.

In pubblicità il dispositivo tipico di rappresentazione dell’enunciatore è fortemente

ridondante e spesso il simulacro dell’enunciatore pubblicitario non corrisponde alla

realtà economica e giuridica dell’enunciatore reale. Accade spesso che la marca sia

un dispositivo comunicativo, creato perché il testo e il prodotto siano attribuiti a un

certo enunciatore.

La maggior parte dei testi pubblicitari spesso figuratizza il proprio destinatario,

contenendo la rappresentazione di un personaggio nel quale l’utente sia indotto a

riconoscersi; poiché la rappresentazione dei testi pubblicitari è retta da un

atteggiamento generale di euforia, il protagonista del messaggio sarà in genere più

bello, giovane, felice, ricco delle sue controparti reali. La sua figuratizzazione sarà

sempre idealizzata ed eufemistica, anche se alcuni dati fondamentali come il sesso, la

cittadinanza, l’età, il suo modo di porsi rispetto la società, saranno spesso conservati

in qualche modo, per far si che l’identificazione possa scattare facilmente.

Il sistema di relazioni in cui è inserito il personaggio (la famiglia, la coppia, il gruppo

di lavoro ecc.) è fondamentale nel processo di identificazione.

Esso permette infatti più di una identificazione rispetto allo stesso testo.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

47

Il personaggio rappresentato non è esterno al suo lettore: le sue vicissitudini, la sua

angoscia iniziale che si risolve grazie all’uso del prodotto pubblicizzato, sono

rappresentate in maniera tale da essere contagiose per lo spettatore/consumatore, che

ci si identifica perfettamente. In questo modo il racconto pubblicitario non è una

narrazione qualsiasi, bensì un esempio che riguarda i suoi lettori.

Un meccanismo fondamentale per una tale attività di sutura è quello del desiderio

mimetico: il piacere come soddisfazione di un desiderio ottenibile attraverso la

merce, la sanzione finale della narrazione. Un desiderio che si proietta sul desiderio

altrui, un “desiderio di desiderio”, che si può presentare sia in forma speculare

(desiderare di essere desiderati), o in forma mimetica (desiderare ciò che è desiderato

da altri, proprio perché lo è). Il personaggio viene costruito come doppio del

destinatario proprio per suscitare in lui tale desiderio. L’aspetto contagioso di piacere

e desiderio in pubblicità permette a queste figure di superare la barriera

dell’enunciazione.

Il meccanismo vivo dell’identificazione è costituito da diversi fattori:

1. Ogni immagine prevede un certo uso materiale che implica una collocazione;

si inserisce quindi in un determinato sistema materiale guardante/guardato,

tenendo conto di ciò che a livello visivo avviene in questa relazione, sia in

senso prospettico(il punto di vista dell’osservatore verso l’osservato, il modo

come il ricevente fruisce dell’immagine proposta), sia in senso culturale

(vista dall’alto come superiorità, dal basso come inferiorità, in primo piano

come familiarità, con tutti i rinvii agli stereotipi dei ruoli/status sociali).

2. La maggior parte delle immagini è concepita e costruita in maniera tale da

riferirsi ad un osservatore che sia sì esterno al testo, ma virtualmente inserito

nel suo spazio. Anche questa determinazione spaziale rinvia a ruoli sociali;

l’inquadratura dal basso che si trova in certi spot di prodotti dolciari,

implicano uno sguardo infantile, così come l’inquadratura di un auto

dall’interno intende rivolgersi a qualcuno che è già nel ruolo del proprietario.

3. I personaggi posso guardare verso lo spazio virtuale che sta per

l’enunciatario, perfino parlargli; essi possono apparire soggetti di uno

sguardo, portatori di un sistema guardante/guardato. L’enunciatario può

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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apparire come ciò che è guardato da uno dei personaggi, o uno di essi può

mirare il suo sguardo, guardare per lui.

4.4 Narrazioni

Il testo pubblicitario presenta una natura prevalentemente narrativa. Per individuare i

meccanismi costitutivi della narrazione nell’annuncio e comprendere se questi

meccanismi consentano di intendere meglio il testo in questione, è necessario

considerare lo schema narrativo canonico, ricostruito dalla semiotica generativa da

Algirdas Julien Greimas (Tula, 9 marzo 1917 – Parigi, 27 febbraio 1992):

struttura sintagmatica del racconto

(manipolazione)

Contratto Sanzione

Competenza Performanza

Ogni tipo di racconto consiste in una certa azione (la performanza), che congiunge il

soggetto che la compie con ciò che per lui rappresenta il valore. Ma perché fra tutte

sia proprio quella cosa ad essere scelta come oggetto di valore, c’è bisogno di un

contratto in cui il soggetto si impegna ad ottenerla, di fronte a se stesso o ad un altro

destinante.

La fase dell’acquisizione di una competenza può essere cognitiva o pragmatica.

La sanzione è la conclusione del contratto, e costituisce una fase a parte; è necessaria

perché nel contratto vi possono essere fraintendimenti, si possono frapporre degli

usurpatori o dei calunniatori.

Le forme narrative sono notevolmente diversificate. Tra le più tipiche:

• contratto-sanzione: la marca, propone in maniera esplicita un contratto al

cliente. Raramente però, propone se stessa come ciò che fa venire l’azione. In

testi come questo, il prodotto viene offerto come soggetto passivo del

contratto, impegnando con ciò il cliente nella sua funzione di destinante.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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• competenza: spesso accade che l’annuncio non serva a stabilire le principali

proprietà del prodotto, piuttosto la competenza, in particolare della marca.

Ad esempio, si mostra che essa conosce cosa serve al consumatore, oppure

che è diffusa. Un’altra soluzione è la rivendicazione di competenza da parte

di un autore, uno stilista, un produttore, il quale “firma” il prodotto,

garantendolo.

• sanzione pura: spesso accade che quel che viene esibito nel testo

pubblicitario, sia semplicemente la soddisfazione del consumatore, la quale

spesso si esprime sotto la forma dell’acquisto. Non si mostra tanto la capacità

del prodotto di compiere la propria performance, quanto la soddisfazione del

consumatore al momento del consumo del prodotto.

5. TRADUZIONE DI TESTI PUBBLICITARI: ASPETTI INTERCULTURALI

La globalizzazione delle economie e le società commerciali hanno portato nel tempo

ad una intensificazione di comunicazione con consumatori di lingue e culture

diverse.

Nel quadro delle strategie di marketing internazionale, la pubblicità gioca un ruolo

fondamentale. Deve risolvere un dilemma che si può riassumere nella seguente

domanda: Come si può vendere un prodotto standardizzato per i consumatori locali e

diversi?

La pubblicità internazionale consiste nell'utilizzare la stessa strategia di

comunicazione in tutti i paesi interessati. Il vantaggio di questo approccio risiede

principalmente nelle economie di scala generate a causa della standardizzazione della

campagna. Sono state procurate numerose argomentazioni, sia teoriche che pratiche,

per giustificare l’internazionalizzazione di alcune campagne pubblicitarie di prodotti.

Tra le più frequenti:

• la standardizzazione dei comportamenti dei consumatori in molti Paesi (prova

tangibile dell’omogeneizzazione culturale in atto)

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

50

• l’emergere di categorie di consumatori simili a livello internazionale (nuovi

mercati transazionali)

• l’introduzione di temi e icone internazionali grazie alle reti televisive e alla

musica pop (come star del cinema e top model)

A tutto questo, si potrebbe aggiungere la scarsa quantità di idee brillanti nel campo

della comunicazione; diventa semplice così capire perché la stragrande maggioranza

delle compagnie tende a questo tipo di strategia standardizzata.

Ma è anche ovvio, d’altro canto, che i rischi di una standardizzazione forzata non

sono affatto trascurabili. La rilevanza e l’influenza della cultura locale sono ancora

oggi di grande importanza in molti Paesi del mondo, inclusa l’Europa occidentale. È

quindi molto rischioso non adattare la comunicazione in alcuni mercati locali, in

particolar modo in Paesi dove la cultura locale è un elemento ancora molto presente.

Di fronte ad un potenziale fallimento, la tendenza alla localizzazione sta

gradualmente guadagnando terreno. Nel campo della pubblicità, la localizzazione di

campagne pubblicitarie internazionali consiste nell’adattare la comunicazione delle

compagnie alla specificità del contesto locale dei Paesi ospitanti destinatari della

campagna. Questo contesto locale potrebbe essere diviso in diverse componenti alle

quali il traduttore localizzatore deve fare molta attenzione:

• la componente socio-culturale: questa componente è legata alle caratteristiche

principali della cultura e della società che ospita la campagna. Essa include le

particolarità locali derivanti dalla religione, i costumi, le abitudini sociali e

commerciali, le regole di comportamento e le norme etiche.

• la componente politico-legale: essa include le particolarità locali derivanti dal

sistema politico, la fase di apertura al mondo, le restrizioni imposte sulla

pubblicità e i regolamenti relativi alle informazioni e ad alcuni prodotti (come

ad esempio gli alcolici o il tabacco).

La localizzazione delle campagne pubblicitarie consiste nell’adattare la strategia

comunicativa dell’impresa proprio a questi parametri.

Ovviamente, la rilevanza e l’influenza di questi parametri varia sicuramente a

seconda delle regioni o dei Paesi, ma sottovalutarle potrebbe portare al fallimento

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

51

della campagna. È quindi per questo motivo che il traduttore svolge un ruolo

essenziale nell’adattamento della campagna di comunicazione. Oltre al ruolo di

traduttore linguistico in senso stretto, il suo compito è assicurarsi che le limitazioni

socio-culturali vengano prese in considerazione.

La questione che è al centro della comunicazione multilingue in questa epoca

globalizzata, consiste nel gestire le differenze culturali tra i diversi Paesi che

ospitano un’unica campagna pubblicitaria.

Sono coinvolte in questo processo diverse parti, con punti di vista divergenti che, in

particolare, riguardano la questione culturale.

Per prima cosa ci sono gli sponsor degli annunci, coloro che producono beni e

servizi. Gli sponsor difendono un approccio offensivo con una concezione della

cultura molto particolare, precisando quanto segue: la cultura è “globale”, è

americana e globale, basata su icone internazionali e messaggi standard.

Poi c’è il punto di vista dei comunicatori e dirigenti pubblicitari, i quali ritengono

che la comunicazione si applichi ad un pubblico particolare, visto come “target” e

noto come “target audience”. Per loro, la cultura è definita come la cultura di un

gruppo transnazionale di consumatori con stili di vita e abitudini di consumo simili.

Infine, c’è il punto di vista dei traduttori e localizzatori di annunci. Poiché

l’ elemento linguistico e quello culturale sono fortemente legati, i traduttori si

trovano, per principio, in una posizione di mediazione che permette loro di vedere il

problema da un punto di vista di interculturalità conciliante e flessibile.

La questione che si pone a questo punto per il traduttore è quindi: come trasmettere

un messaggio in due o più lingue diverse senza perderne lo spirito e l’identità?

La “gestione degli altri”, che è ciò su cui si basa la pubblicità internazionale, è una

grande sfida per il traduttore/localizzatore, a diversi livelli relativi alle diverse parti

del messaggio pubblicitario in questione. Vale a dire: l’immagine da un lato, il testo

dall’altro. All’interno di quest’ultimo, si possono riconoscere: il marchio, lo slogan o

la linea di cattura, e la didascalia. Ognuna di queste parti costituenti l’annuncio può

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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rivelarsi problematica quando viene trasferita da una lingua ad un’ altra. Ognuna

rispecchia un aspetto della questione culturale.

Per meglio intendere la rilevanza del problema, si dovrebbe pensare in termini

semiotici, ovvero: la cultura è incorporata in segni linguistici, plastici, grafici e

pittorici che costituiscono il messaggio. L’adattamento del contenuto e della forma

sono tipici esempi del problema culturale nel campo della pubblicità.

6. IL CONTESTO INTERNAZIONALE: LOCALIZZAZIONE O GLOBALIZZAZIONE?

Il primo esempio di pubblicità internazionale è quello che può essere chiamato

“adattamento grafico”. L’immagine di sfondo di una pubblicità può essere adattata

all’ambiente socio-culturale del Paese ospitante. Gli adattamenti dell’immagine

pubblicitaria possono essere divisi in due categorie:

• l’adattamento del significato correlato allo sfondo in diverse versioni

dell’annuncio

• l’adattamento del rapporto tra lo sfondo scelto e il prodotto in questione

Prendiamo ad esempio la pubblicità del profumo Tuscany di Estee Lauder.

L’immagine di fondo è stata adattata all’ambiente socioculturale del Paese

destinatario. Risulta particolarmente significativa la sostituzione di una tipica scena

di strada mediterranea con una tipica scena familiare italiana.

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Lo scopo di questo cambiamento è quello di adattare gli elementi semiotici

dell’iconografia originale all’immaginazione dei consumatori, in particolar modo

arabi, ai quali era destinata la pubblicità, per questo nella versione araba della

pubblicità ci sono scene di vita quotidiana molto comuni in quella società (i caffè, le

terrazze).

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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L’adattamento dell’immagine pubblicitaria si può dividere in due categorie: da una

parte, l’adattamento del significato relativo al contesto di fondo nelle diverse versioni

dell’annuncio; dall’altra l’adattamento della relazione tra il contesto scelto e il

prodotto in questione.

Per quanto riguarda l’iconografia, si riscontrano gli stessi elementi grafici sia nella

versione europea, sia in quella araba: la bottiglia del profumo si trova in fondo alla

pagina a destra, la donna protagonista della pubblicità si trova al centro

dell’immagine ed è in movimento e le comparse si raggruppano nella parte destra

dell’immagine. Possiamo quindi notare come, a livello iconografico, l’immagine sia

stata scattata dalla stessa angolatura in entrambe le versioni.

Per quanto riguarda il significato, questa stratificazione grafica rende gli elementi

nello sfondo, decisivi nel determinare il significato del messaggio pubblicitario.

Tuttavia, questi elementi sono completamente diversi nelle due versioni, il che porta

ad una variazione di senso nonostante l’apparente unità di percezione. Ad esempio,

nel caso dell’immagine destinata ad un mercato occidentale la donna protagonista

dell’annuncio è emancipata, in vespa e indossa dei pantaloni; nella versione per il

mercato arabo si nota subito la differenza: la donna passeggia a piedi e indossa una

gonna lunga. Questa unità è dovuta all’identità italiana del prodotto presente in

entrambe le versioni, mentre la differenza è dovuta all’aspetto con cui viene

presentata questa identità. In entrambi i casi, il marchio del profumo, chiaramente

menzionato in primo piano (Tuscany per donna) riflette l’identità del prodotto e

guida la lettura del messaggio pubblicitario.

Un esempio di “adattamento testuale”, che illustra, tra le altre cose, la dimensione

ideologica del messaggio pubblicitario, ci è offerto dalla pubblicità dei lussuosi

orologi Tissot, il cui testo (“siamo tutti cittadini del pianeta blu”) ha almeno quattro

differenti versioni (inglese, francese, arabo e polacco) ed è stata trasmessa

simultaneamente in quattro lingue diverse. L’esempio di questa pubblicità serve a

mostrare come il messaggio sia stato adattato dai traduttori alle reali restrizioni del

target di mercato.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Esaminiamo gli adattamenti in lingua araba. Questo adattamento testuale è

analizzabile su due livelli. Da una parte, con la traduzione dell’espressione “Pianeta

blu” delle altre lingue, in “la nostra madre, la Terra” in arabo, espressione più

idiomatica e con una maggiore carica emotiva. Dall’altra, con l’analisi delle parole

scelte a livello ideologico; infatti la parola “cittadino”, utilizzata nella traduzione

inglese, francese e polacca, in arabo diventa “abitante”. Questo per neutralizzare la

dimensione politica che è ancora molto presente in arabo perché si riferisce ad un

tipo di governo (il sistema repubblicano e democratico) raro nel mondo arabo. Il

carattere universalistico del messaggio originale non è quindi presente nella

traduzione poiché potrebbe irritare alcuni regimi nazionalistici.

Questi due esempi di localizzazione mostrano come si produca l’interazione tra la

traduzione propriamente detta e i fattori culturali del mercato destinatario del

messaggio all’interno della comunicazione commerciale.

Ci sono anche esempi di localizzazione che mostrano, allo stesso tempo, un

adattamento del testo e dell’immagine, oltre all’adattamento dell’interazione tra

segni linguistici e segni grafici nella pubblicità internazionale.

Prendiamo ad esempio la pubblicità del profumo Poême di Lancôme che ha riscosso

molto successo negli anni Novanta. Ci sono quattro versioni in quattro lingue

diverse: francese, inglese, portoghese e arabo. L'efficienza messaggio risiede nella

sua natura poetica, sia a livello di testo e immagine così come nel doppio significato

del discorso della donna (interpretata da Juliette Binoche) che intona in francese una

linea di poesia come uno slogan. Inutile insistere sulla difficoltà oggettiva e reale di

adattarsi ad un messaggio il cui significato, anche in francese è ancora ambiguo e

soggetto a diverse interpretazioni (Tu es le grand soleil qui me monte à la tête,

letteralmente: “Tu sei il sole che sorge nella mia mente”).

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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È da notare che nella versione inglese, questa linea è stata adattata come segue: "You

are the sea, you cradle the stars", e nella versione portoghese come segue: "Tu es O

sol que me escaladante a me cabeça".

Adattamento del testo + immagine + prassi = localizzazione

I sorprendenti adattamenti grafici che si trovano nello spot possono essere riassunti

in tre importanti punti:

• lavorare con la nudità adattandola alla cultura (non mostrando il seno della

modella)

• lo stile di scrittura (la calligrafia ondulata e colorata della protagonista dello

spot)

• il layout della linea di cattura (scrittura, dizione)

In questo modo, vediamo come la localizzazione dell’iconografia venga eseguita in

modo esaustivo, prendendo in considerazione tutti i possibili rischi caratteristici del

messaggio pubblicitario. Il testo non viene percepito solo come entità verbale, ma

anche come identità grafica facilmente rilevabile che il traduttore ha il compito di

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

57

trasmettere. Ormai non si tratta della marca, nel nome o dello slogan, l’espressione

visiva è tanto importante quanto quella verbale che si trova sotto di essa.

In questo modo, l’arte della traduzione e della localizzazione consiste nell’esprimere

al massimo la mimesi culturale senza perdere per questo l’identità del messaggio

originale.

Ci sono anche casi in cui il nome di una marca o di un prodotto viene

involontariamente (o volontariamente) cambiata e adattata al Paese destinatario a

causa di come è scritta.

Ad esempio l’azienda italiana di prodotti e servizi per bambini Chicco, presente in

Spagna da più di venticinque anni, nel Paese è conosciuta come Chico (bambino),

poiché in spagnolo “bambino” si scrive allo stesso modo ma con una ‘c’. In questo

caso, l’errore funziona, visto che in Spagna la parola Chicco non avrebbe avuto

senso o, comunque, non avrebbe fatto pensare a un bambino. Si può dire che, nel

caso di questa marca, si sia verificata una localizzazione involontaria del marchio.

Nel campo delle pubblicità di profumi, invece, quello della localizzazione è un

fenomeno praticamente inesistente. La lingua utilizzata è quasi sempre il francese e

nessuno spot o manifesto viene tradotto. Talvolta gli spot sono veri e propri

cortometraggi in francese. Questo accade per due motivi: sia perché la Francia è il

più grande produttore di profumi al mondo sin dal Settecento, sia perché l’idea del

profumo è spesso accostata a quella di seduzione, charme e classe e l’utilizzo del

francese negli spot sicuramente richiama questi tre elementi. Non è importante che il

pubblico capisca il significato dello slogan o ciò che viene detto nello spot, ciò che

importa è che l’utente si senta attratto dal prodotto e che pensi che possederlo potrà

renderlo più seducente e attraente.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

58

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

59

Spesso capita anche che il nome stesso del marchio straniero venga distorto e

pronunciato in modo sbagliato nella lingua di arrivo; che ci sia quindi un rapporto

“viziato” tra naming internazionale e pronuncia locale. Prendiamo ad esempio in

caso del dentifricio Colgate; in Italia, come anche in Germania e Spagna, il nome del

marchio viene erroneamente pronunciato esattamente come è scritto, a mettere in

circolo queste pronunce è stata la pubblicità stessa.

La stessa cosa accade con la marca Carefree.

Nel caso italiano, la scelta da parte dei pubblicitari di italianizzare la pronuncia di

questi brand americani è stata probabilmente indotta dalla risaputa ignoranza degli

italiani rispetto alle lingue straniere e dalla convinzione che italianizzare il nome del

prodotto lo avrebbe reso più accessibile . Nel caso della Carefree, però, questo

fenomeno ha portato ad una pronuncia buffa del nome e ad uno snaturamento del

concept di base del prodotto (senza pensieri), recuperato poi negli spot.

Oltre alle sue competenze tecniche e di formazione semiotica, il traduttore /

localizzatore del 21 ° secolo è un professionista della cultura in grado di decodificare

e codificare i segni culturali all'interno della comunicazione pubblicitaria. Il suo

ruolo è diventato sempre più importante in quanto, paradossalmente, la

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

60

globalizzazione ha esacerbato i sentimenti di identità locale in un'epoca

culturalmente globalizzata. Schematicamente, si può dire che egli si sia trasformato -

in un breve periodo di tempo - in un "esperto in comunicazione interculturale" poiché

è un esperto dei codici culturali che "vende". Questo è il valore aggiunto del suo

lavoro di traduttore che lo rende, oggi, un localizzatore.

I punti fondamentali che questo valore aggiunto deve esaudire perché si possa

padroneggiare la conoscenza “tecnica” della natura culturale sono i seguenti:

• L'adattamento di date e orari, pesi e misure, valute e indirizzi che spesso

variano a seconda dei Paesi e lingue.

• Il significato dei colori e la simbologia delle forme geometriche e

architettoniche che potrebbero a volte essere contraddittorie da una regione

all'altra.

• Gli stereotipi culturali e i cliché sociali in uso nelle società che ospitano il

messaggio pubblicitario (cioè la rappresentazione di sé e degli altri, le

preferenze etniche, le convinzioni religiose, lo spirito nazionale).

Tutti questi elementi culturali potrebbero svolgere un ruolo decisivo non solo nella

buona comprensione del messaggio pubblicitario, ma anche, e soprattutto, nel suo

successo sul mercato di destinazione. Un prodotto o un servizio può essere vissuto

come un prodotto locale nel suo Paese di origine e come prodotto estero negli altri

Paesi. L’attenzione alle differenze culturali è fondamentale; ad esempio, come spiega

Simon Anholt (fondatore dell’agenzia di pubblicità internazionale Cave Anholt

Jonason e autore del libro Another one bites the dust: making sense of International

advertising), “il colore bianco è tradizionalmente associato alla purezza in Occidente

e alla morte in Oriente. In Francia il gufo è un simbolo di saggezza, mentre in Italia è

associato alla sfortuna.”14 Si possono consumare gli stessi prodotti in diversi Paesi,

ma il consumo può avvenire in modi differenti e per differenti ragioni, per questo,

piuttosto che verificare se la traduzione sia o no conforme all’originale è importante

verificare se le emozioni provocate dall’annuncio possono essere vissute in modo

credibile nel loro legame con il prodotto o il servizio.

14 SIMON ANHOLT, “Another one bites the dust: making sense of International advertising” John Wiley & Sons Inc, 200

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

61

Dopo aver ignorato il "peso" delle culture locali, numerose multinazionali hanno

imparato la lezione a loro spese. I segni culturali possono essere una fonte di

problemi nella comunicazione commerciale, ma possono anche ottimizzare gli effetti

benefici soddisfacendo i desideri del consumatore locale di identificazione e di

complicità. In ogni caso, padroneggiare questi segni è un "know-how tecnico" che un

traduttore / localizzatore dovrebbe evidenziare e di cui dovrebbe poter beneficiare in

un mondo materialista dove tutto è negoziabile.

Per la creazione di uno slogan o una campagna pubblicitaria, le aziende mettono

all’opera un grande quantitativo di creativi, specialisti nel marketing, sociologi e

pubblicitari; portano avanti studi e analisi statistiche investendo milioni. Ciò a cui

però le grandi aziende non pensano è consultare un traduttore qualora decidano di

estendere la vendita dei propri prodotti all’estero, pensando che sia sufficiente

tradurre lo stesso slogan nella stessa lingua di arrivo.

Questo procura e ha già procurato in passato molti problemi alle suddette aziende,

facendo spesso fallire l’intera campagna pubblicitaria. “Un’adeguata analisi del

target, delle caratteristiche del prodotto, delle condizioni del mercato può sempre

portare ad individuare con precisione le strategie traduttive da applicare nella

localizzazione di un messaggio pubblicitario: strategie che determinano la maggiore

o minore aderenza all’originale, fino alla scelta di non tradurre o al paradosso di

tradurre nella stessa lingua fonte.”15

Qui di seguito vorrei presentare alcuni esempi di cattive traduzioni e mancanza di

verifiche sulla compatibilità e l’ adattamento di marchi, slogan e messaggi

pubblicitari.

15 ANDREA DI GREGORIO, “Marketing plurilingue: strategie traduttive e non-traduttive nella comunicazione al pubblico dei prodotti mass-market”, 2008

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62

6.1 Mancata verifica del Brand Name.

Il marchio Coca-Cola fu inizialmente presentato in Cina come “Ke-Kou-Ke-La”.

Una volta stampati i manifesti si resero conto che la frase in cinese voleva dire

“mordi il girino di cera” oppure “giovenca piena di

cera” a seconda del dialetto. In seguito, la società

esaminò i 40.000 caratteri della’alfabeto cinese

trovandone uno suonava simile, ossia “Ko-Kou-Ko-

Le”, che può essere approssimativamente tradotto

come “felicità in bocca”.

La rivista automobilistica svedese Fart (che in svedese vuol dire “rapido”) ha

sempre avuto molto successo in patria negli anni ’50 e ’60. Quando la sua espansione

la portò a coprire eventi internazionali e a tentare la diffusione sui mercati di lingua

inglese sempre con il nome Fart, la società si rese conto che una verifica di

compatibilità del nome del marchio in lingua inglese avrebbe evitato la successiva

caduta nel ridicolo della rivista presso un pubblico madrelingua inglese per il quale il

termine “fart” significa “peto”.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

63

6.2 Mancata verifica di traduzione e compatibilità dello slogan

Prendiamo ad esempio il celebre slogan della Pepsi “Come alive with Pepsi

Generation” (Vivi con la Generazione Pepsi). Questo slogan in Cina fu tradotto nella

metà degli anni ’90 in modo

letterale, senza che venisse svolta

alcuna ricerca, così lo slogan in

Cina divenne “la Generazione

Pepsi riporterà indietro i tuoi

antenati dal mondo dei morti”.

Il grande successo della

campagna pubblicitaria con lo

slogan “Got Milk?”

dell’associazione dei lattai degli

Stati Uniti, ha portato l’ente ad

organizzare la stessa campagna

pubblicitaria in Messico. Solo

dopo l’inizio della campagna e dopo l’affissioni di innumerevoli manifesti , la

pubblicazione sui periodici e la trasmissione di spot su stazioni televisive messicane,

l’associazione lattai USA fu avvertita del fatto che la traduzione per lo slogan della

campagna adottata in spagnolo “Tienes Leche?” per i messicani aveva piuttosto il

significato di “stai allattando?”.

L’azienda scandinava Electrolux utilizzò per la sua campagna di vendita americana

lo slogan “Nothing Sucks like an Electrolux” volendo chiaramente riferirsi alla

capacità di aspira mento del prodotto; peccato che per gli inglesi lo slogan volesse

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

64

dire “nulla fa schifo come un Electrolux”.

Quando l’American Airlines decise di promuovere i nuovi sedili in pelle della First

Class sul mercato messicano, tradusse lo slogan inglese “Fly in Leather”

letteralmente, trasformandolo in “Vuela en Cuero”, espressione che aveva una

sonorità pressoché identica a “Vuela en cueros”, ossia “Vola Nudo” in spagnolo.

La famosissima azienda produttrice di penne Parker Pen ha deciso di pubblicare un

nuovo tipo di penna a sfera in Messico e, cercando la traduzione letterale dello

slogan “It won’t leak in your pocket and embarrass you”, decise che la traduzione in

spagnolo sarebbe stata “No te embarazerà chorreàndose en tu bolsillo”, ossia, “Non

ti metterà incinta gocciolandoti in tasca”. In questi casi si tratta di una mancata

verifica di compatibilità della traduzione su un mercato geolinguistico diverso da

quello originario.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

65

6.3 Mancata verifica e compatibilità del nome del prodotto

Quando nell’aprile del 2009 la AVUS Performance ha lanciato la nuova macchina

“Audi RS6 White Power”, non ha controllato se la definizione “White Power”

potesse avere in inglese significati e implicazioni diverse; in questo caso,

specialmente negli Stati Uniti, l’espressione ha un significato fortemente razzista.

Ciò ha costretto la AVUS all’emissione di un comunicato di scuse.

Anche le immagini in traduzione possono causare confusione. L'azienda di detersivi

Tide ha voluto aggirare l'ostacolo della lingua, utilizzando solo cartelloni pubblicitari

in un certo numero di Paesi. La premessa di queste immagini era semplice: nel primo

fotogramma, una donna accigliata regge una camicia sporca. Il secondo fotogramma

mostra la donna mentre mette questa maglia in una lavatrice e la carica con un

detergente Tide. Infine, nel secondo frame mostra allegramente la camicia ora pulita.

Che cosa potrebbe andare male con questa campagna pubblicitaria? In questo caso, il

fatto che nei Paesi di lingua araba sia il testo che le immagini vengono lette da destra

verso sinistra; quindi di fatto in Arabia le immagini della campagna pubblicitaria

Tide sembrano indicare che il loro detersivo rende sporchi i vestiti.

Quando la Gerber, azienda statunitense di prodotti per la prima infanzia, iniziò ad

esportare i propri prodotti in Africa, utilizzò gli stessi

imballaggi utilizzati negli Stati Uniti, che mostravano

l’immagine di un bambino che sorride. Solo dopo

qualche tempo scoprirono di aver dato un nuovo

significato all’espressione “cibo per l’infanzia”

poichè in molti Paesi africani l’immagine

sull’etichetta mostra ciò che c’è dentro l’imballaggio,

dato che molta gente non sa leggere.

Ci sono però molti casi in cui lo slogan non

viene tradotto. Questa è una scelta che può

funzionare se si tiene in conto il target a cui la

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

66

comunicazione si rivolge e il prodotto che si vuole vendere.

Ad esempio, lo slogan utilizzato dalla marca di occhiali Carrera “Point of You” è

efficace e funziona anche se è in inglese perché il gioco di parole è semplice e può

essere colto sia da un utente che abbia anche solo un minimo di familiarità con la

lingua inglese, sia da un parlante inglese.

Non molto convincente risulta

invece lo slogan adottato dalla

Ferrari in cui la lingua inglese

vuole essere identificata come la

lingua del dinamismo. Nel

manifesto tutte le informazioni più

importanti sono in italiano, poiché

si sa che il target di riferimento

potrebbe non conoscere l’inglese,

mentre in inglese c’è solo la

headline: Pure Breed (Razza Pura).

Questo termine però non sembra

affatto inglese agli occhi di un

pubblico che ha familiarità con la

lingua, poiché in inglese per esprimere il concetto verrebbero usati termini come

purebred oppure pureblood.

Nel caso della pubblicità della Samsonite, il messaggio pubblicitario che compare

sulle riviste italiane è completamente in inglese. Questa scelta è motivata dal fatto

che si tratta di un prodotto già noto e che quindi non necessita di particolari elementi

d’informazione; inoltre il messaggio si rivolge a un target che, se non altro perché

viaggia molto, è probabile sappia l’inglese. Quindi in entrambi i casi non si rischia

una perdita, poiché il messaggio funziona anche per coloro che non conoscono la

lingua inglese dato che non informa sulle proprietà del prodotto.

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67

Nel 2006 la Tourism Australia, l’ente nazionale australiano per il turismo, promosse

una campagna pubblicitaria simpaticamente maleducata, che nel Regno Unito venne

addirittura censurata.

Lo slogan dello spot recitava “Where the Bloody Hell are You?”, studiato per

rendere lo stereotipo

dell’australiano rude e

schietto, pur nella sua

ospitalità. Nel Regno Unito

“Bloody Hell” è una

parolaccia, e per questo la

pubblicità venne censurata.

Negli altri Paesi non

anglofoni, veniva fornita una

postilla/traduzione dello slogan che poteva essere scambiata per una traduzione

molto edulcorata; infatti in Italia la pubblicità venne tradotta :”Cosa aspetti ad

arrivare?”, versione molto più leggera rispetto all’originale; per di più è improbabile

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

68

che gli italiani che conoscono l’espressione bloody hell la associno a un intercalare

tipicamente australiano come può fare chi è di madrelingua inglese. Anche in caso

della non-traduzione, il traduttore ha un ruolo importante per l’apporto che può dare

grazie alla sua particolare sensibilità sia verso la lingua di partenza che verso quella

di arrivo.

Nel caso della pubblicità della Volkswagen, si nota che la headline “Das Auto”è

sempre in tedesco e non viene mai tradotta. Questo accade perché è chiaro che in

questo caso la società tedesca vuole enfatizzare il fatto che il prodotto provenga dalla

Germania, uno dei più importanti produttori di auto al mondo, e sia quindi, sinonimo

di alta qualità oltre che stendardo di identità nazionale.

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69

CONCLUSIONE

In una situazione di globalizzazione di mercato come quella in cui ci troviamo oggi,

la decisione di tradurre o non tradurre un messaggio pubblicitario diventa strategica

da un punto di vista di marketing.

Il traduttore in questo campo ha un’importanza fondamentale, poiché da lui dipende

la riuscita della campagna, egli deve riuscire ad emozionare il destinatario del

messaggio trovando soluzioni che funzionino nella lingua di arrivo e non tradurre

alla lettera il messaggio originale, poiché, come si è visto, “la traduzione fedele non

esiste, i testi pubblicitari non devono essere tradotti, devono essere scritti. La

traduzione va bene per una poesia, dove il compito primario del traduttore è quello di

rispettare il testo originale”16.

Al contrario della letteratura, in pubblicità ciò che prevale è l’aspetto funzionale del

messaggio che viene trasmesso, ossia vendere il prodotto ed esaltare le sue

caratteristiche. Lo scopo è mantenere la funzione e non riprodurre la forma. Il

traduttore diventa così il punto d’incontro tra diverse culture.

16 SIMON ANHOLT, “Another one bites the dust: making sense of International advertising” John Wiley & Sons Inc, 2008

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

70

BIBLIOGRAFIA

Anholt S. (2008), Another one bites the dust: making sense of International

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Volli U. (2003), La Semiotica della Pubblicità, GLF Editori LaTerza

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

71

Sezione

lingua

inglese

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72

SUMMARY Preface .....................................................................................................73 Introduction .............................................................................................74 1. THE HISTORY OF ADVERTISING.................................................75

1.1 THE ORIGINS OF ADVERTISING............................................................... 75 1.2 THE GOLDEN AGE OF THE MANIFESTO................................................. 76 1.3 A BRIEF HISTORY OF ADVERTISING IN ENGLAND............................. 77

2. ADVERTISING: SOCIOLOGICAL AND PSYCHOLOGICAL ASPECTS ................................................................................................78 3. THE LANGUAGE OF ADVERTISING............................................80 4. THE TRANSLATION OF ADVERTISING TEXTS: INTERCULTURAL ASPECTS.........................................................83 5. THE INTERNATIONAL CONTEXT: GLOBALIZATION OR LOCALIZATION?..................................................................................85 CONCLUSIONS .....................................................................................89 BIBLIOGRAPHY ...................................................................................90

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

73

Preface The idea of this research of working on translation and language in advertising,

stems from an interest that I have in analyzing the language of advertising in all its

forms: from a psychological and persuasive point of view, to its more purely

linguistic and semiotic features.

Advertising is more and more present in our daily lives: we can find it on television,

on the radio, in newspapers, on the web, at the cinema, on buses, on billboards, in the

streets. Every day in our world we are inundated with advertising messages.

"It may not be the true art of our time, but certainly advertising is one of the main

engines of the economy and has a great power that affects all means of mass

communication. It is also the most common and the most widespread communication

media, that stands out in the world with the power of its ideas and especially with

large numbers, images, words, thoughts, tastes, as well as goods and products.

Advertising is therefore an aesthetic and ideological mass tool, the tank from which

we draw our way of looking at things, to discover beauty, to have fun. "

This thesis aims to study and to delve into the linguistic, translation and intercultural

aspects of advertising messages, of the present and the past, that have been translated

into English, Italian and Spanish, demonstrating the impossibility of translating the

same message into other languages, without having taken into account the country,

the culture and the consumer society, and therefore acting in contrast to this trend

towards a linguistic globalization that is becoming more widespread in advertising

texts, promoting instead localization at the translation level.

This script analyses various topics: from the origins of advertising, to a semiotic

analysis of the language of the advertising messages, concluding with a series of

examples taken from ads and commercials with serious translation mistakes

committed due to the translator’s ignorance of the culture, the society and the

linguistic tradition of the country to which the message was intended and without

having considered the stage of the text adaptation.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

74

Introduction

"Advertising is inevitably a powerful economic strength in any complex industrial

society in which the production’s capacity is higher than the actual consumer’s

demand.

But advertising is more than just an economic strength, it also has a profound

influence on the culture, values and the quality of life. "

Leo Bogart, 1990

"Advertising in our world now exceeds art and fashion not only for its development

and its number of channels and the media, but also for its rapid expansion. However

tumultuous the art trends may be, however frequent the designers’ fashion shows and

the changes in taste marked by the media may be, advertising has become more

mobile, more capricious and more able to follow the subtle nuances of the collective

mood, continuosly influenced by waves of a constant and seemingly unstoppable

change. If an artistic movement can last a few years and a fashion season lives for

one season only, the life of a commercial, a campaign of billboards or newspaper ads

is measured in weeks, if not days. These are very intense weeks in which the same

message is hammered thousands of times on television broadcasts, stands all over the

walls of the cities, can be heard on the radio and fills the pages of newspapers. It

can’t be missed. But then the ad is consumed, it becomes the victim of the saturation

of the viewers, and advertisers will have to try something else.

Therefore, advertising moves really fast, and its movement is not unmotivated and

has a great impact on the viewer. Hard to say if a commercial or an ad in newspapers

really aims to sell that particular whiskey or that snack. Certainly, the family model

implicitly contained in advertisements of detergents, the aesthetics of the perfectly

clean house used to praise the quality of a polish, the beauty of a model wearing a

pair of stockings, and ultimatley the aesthetic and anthropological dimension of the

advertising account, have had a great influence on people as they have begun to

invade our social life.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

75

The images of beauty that we carry with us, the taste of the landscape that we

cultivate, the bodies that we love, the emotions that we are trying to live, all these

elements impacted us more from advertising than from any other source: more than

art and religion, or means of mass communication, cinema, television or

newspapers.”

But let's start from the origins of this extraordinary phenomenon that has been able,

in just a few decades, to change our tastes and influence our lives.

1. THE HISTORY OF ADVERTISING

1.1 THE ORIGINS OF ADVERTISING

Examples of the first type of advertising can be found in the first square markets,

where the most widely used kind of advertising was verbal, the goods were

advertised by word of mouth as often happens today. Goods have been put up for

sale in the streets since ancient times. There are also examples of signs, such as in

Pompei, where the entrance of the shops was marked by two pillars surmounted by

banners. Since its earliest days goods needed to communicate and be coveted.

Between the 15th and the 16th centuries, in the Renaissance era, thanks to the

development of international commercial transport, it became necessary to convey

the properties of a certain product. For this reason, the figure of the merchant

entrepreneur, that sold his goods on the international market in amounts much larger

than the artisan, appeared. Then, thanks to progresses in navigation, luxury goods

and exotic products made their appearance on the market. With the gradual increase

of product production, came the inevitable need to sell abroad, where it was

important for the product to be identified by its origin and characteristics so that it

could be distinguished from other products through its "brand."

A crucial turning point in the evolution of advertising is the appearance of the very

first mass media: the press. The gazettes that began to spread all over Europe in the

17th century were intended for an elite audience. Soon afterwards the first ads

appeared and by the end of the 18th century a fee had to be paid for the ads. Short

ads, classified ads, ads for books or product sale appeared in magazines. Initially

these ads were free, but over time they had to be paid for. At the time advertising

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

76

already occupied the fourth page of newspapers. This particular page turned out to be

synonymous with advertising until the Second World War, although it had very few

readers given the high rate of illiteracy.

The first advertising agencies were created in the 19th century and it is at the

beginning of the century that advertising attains its most significant support that will

accompany it throughout the century up to the beginning of the 20th century. In fact,

agencies began to use posters for advertising, giving rise to a new way of expression

between art and advertising.

Initially the poster was created in the 15th century and was only used by politicians

to make public official announcements, with the exception of William Caxton, who

used posters to promote the spa treatments in Salisbury in 1477; this was the first

example of a poster commercial.

In the early 19th century in order to publicize their novels, publishers become the

biggest investors in this field, calling the greatest artists of the period to illustrate

their posters. For the first time the walls of Paris and London are papered with black

and white posters.

1.2 THE GOLDEN AGE OF THE MANIFESTO

As previously mentioned, the first posters appeared in the early 19th century, mostly

in black and white and with a prevalence of written text.

In the second half of the century printers start to use chromolithography, which

allowed them to print in color. The artists of the time, attracted by this new means of

gain, dedicated themselves to drawing the subjects of the advertising posters, as they

were mostly attracted by the popularity that the appearance of their names on the

walls of the metropolis could have given them. Theaters, cabarets, operas and

circuses resort to the poster.

The form in which the poster appeared in the nineteenth-century cities was brief,

essential and immediate. This was because the traffic flow made it impossible for the

passengers to focus at length on what was exposed.

The artist is undoubtedly the absolute protagonist of this type of advertising, which is

meant to mainly represent the lifestyle of the upper class of the time who frequented

theaters and cafes, listened to the first phonographs and drove the first cars.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

77

1.3 A BRIEF HISTORY OF ADVERTISING IN ENGLAND

The economic valorization of advertising spaces began to creep in during the 17th

century, extending until the 18th century, especially in England. The 18th century is

marked as the passage of the announcement from a simple function of auxiliary aid

for trade to the function of a real commercial act in news agencies.

This step is marked by the time an advertisement begins to imply a profit through the

exploitation of publishing business. The editor, in fact, does not rely only on profits

through the sale or subscription to his own newspaper, his economic potential

increases with the sale of advertising spaces within his paper.

In the 18th century, advertising had already become an offer and demand business of

buying and selling advertising spaces, with an increasing pursuit of effectiveness in

persuasive information for commercial purposes. As a matter of fact, it is only in the

UK that it is possible to speak of a real commercial advertising during this period.

The Daily Courent, a newspaper created by Samuel Backley, appeared in England in

1702. It is the first British newspaper that marks the beginning of modern journalism.

The fact that the Daily Courent came out daily was undoubtedly a big stimulus in the

process of advertising spaces for marketing. The business dynamics of a daily

publication made advertising even more necessary and essential.

Over the years, in England the business of ad insertions grew so much that in 1712

the British government imposed a tax on advertisements. Consequently, investments

decreased substantially.

The Daily Advertiser, which offered advertising spaces with political, commercial

and social news, appeared in 1730. In this way, if anyone wanted to publish an ad, all

he/she had to do was pay a small fee. Thanks to the Advertiser, the British press was

able to overcome the crisis caused by the tax imposed by the government; the value

of advertising in newspapers was demonstrated and the ads increased in spite of the

rate, as entrepreneurs realized that it was worth it.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

78

In 1785, John Walter founded the Daily Universal Register (that will later become

the Times). Walter did not intend to make it a paper of commercial information, still,

he used advertising from the beginning.

In England at the end of the 18th century advertisements were the main source of

profit; in 1853 the tax on advertising was withdrawn.

The UK is the first country where, in 1812, the first advertising agencies opened.

The task of the first British men to work in advertising was to be informed on the

newspapers in the various cities and to channel London’s advertisement to the

various publications of the province. That was back in 1786.

Another important figure in the development of advertising is James White, who in

1800, began not only to buy spaces, but to write ads. He was the predecessor of the

copywriter and by the end of the 19th century, this new figure became permanent

and necessary within the agencies.

In 1829 in London there were three agencies: Newton & Company, Baker &

Company, and Lawson & Barker. In the mid-nineteenth century began the marketing

and management of advertising spaces abroad. In 1850, getting an advertising space

was very difficult because of the "war" going on between the billposters. Advertising

agents Willing & Partington managed to put an end to this war by buying spaces and

rights in certain places. Gradually the billposters disappeared and the advertiser

stations appeared: advertising agents used to rent spaces in train stations and along

the route of the trains, laying in this way the foundations for outdoor advertising in

its current concept.

2. ADVERTISING: SOCIOLOGICAL AND PSYCHOLOGICAL ASPECTS

One thing that is interesting and important to understand while studying the history

of advertising is how it has managed to become a sweeping part of the culture that

dominates today. Understanding this can help to comprehend the evolution that

advertising has accomplished in its search for a better effectiveness and better ads

during the 20th century.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

79

By the end of the 19th century, the creation of advertising messages was entrusted to

the intuition of those who created the message. Then, the focus shifted to consumers

and to how they could attract their attention. The process of creating advertising

messages can be summed up in the acronym AIDA, namely: Attention, Interest,

Desire, Action. This is the basis of the advertising messages shown on posters and

newspapers during the first years of the twentieth century.

The AIDA concept, created by Elmo Lewis in 1898 while studying the advertising

process at the behavior level, is one of the first models designed to implement an

advertising campaign analyzing the four stages consumers go through which could

persuade them to buy a particular product:

• ATTENTION: to attract the consumer's attention

• INTEREST: to raise the interest of the consumer focusing on and demonstrating the

benefits and advantages of the product (instead of showing its features, as in

traditional advertising)

• DESIRE: to convince customers that they want the product or the service and that

this will meet their needs

• ACTION: to make consumers take action and buy the product.

The psychology of advertising came into being at the turn of the century. Its

development was closely linked to industrial or business psychology with the birth of

the communication society and the need to know and understand the consumer’s

behavior.

This first link between industrial and advertising psychology was created when

psychology, as an empirical science, took its first steps.

The AIDA model will continue to be a point of reference and to inspire many tests

carried out to control the advertisement effectiveness of the ads. Today, the Lewis

model is considered too simple and rather naive, especially when it comes to the last

point, that is the ACTION, because nowadays an advertisement may evoke desire or

convince the consumer that the product is a valid and desirable solution, thus

stimulating the propensity to buy, but it surely cannot lead to the direct purchase.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

80

In 1940 a variation of the AIDA model was adopted by advertising agencies. Rosser

Reeves of Ted Bates & Company created the USP formula (Unique Selling

Proposition), one of the best suggestions in the world of advertising. This formula

uses the concept of the power of conviction and persuasion of the ad, based on the

sale argument used. It tries to identify a unique feature of the product and connects it

to the minds of consumers through the brand name.

The USP formula is based on the national idea of the human personality which is

induced to search for a concrete benefit when purchasing products. Advertising must

therefore look for a unique message that offers benefits to the consumer and base it

on concrete features.

The three peculiarities of this unique message, for those who follow this model, are:

• It must contain an easy to remember promise.

• The message must incorporate a unique concept that has to come from the quality

of the product or from a topic according to which they should not use other similar

products.

• The message must be based on a convincing and believable reason.

This formula is still used today, not only in advertising, but in political ads as well.

3. THE LANGUAGE OF ADVERTISING

The language of advertising is characterized by a great variety; this is because it is,

or should be, understood by most consumers. When analyzing the language of

advertising we must consider the six functions of language identified in 1966 by

Roman Jakobson (1896-1982), Russian linguist and semiologist, considered one of

the main initiators of the school of formalism and structuralism. He was the first to

study and elaborate the theory of linguistic communication.

His best-known theory, that of the six communicative functions associated with the

dimension of the communication processes, put forward the division of the functions

of language in:

• the referential function (attention focused on the context)

• the expressive function (attention focused on the issuer)

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81

• the phatic function (to establish, maintain or break contact with another person)

• the conative function (the focus is on the destination)

• the poetic function (affects the structure of the communicative act)

• the metalingual function (used by the language to reflect on language itself).

The advertising issue can be analyzed by applying this classification to ads because it

covers all the functions of language which are more or less frequently used. Each

advertisement potentially contains at least all communication factors and it also

includes all its functions; as Jakobson declared: "In every message all these six

functions can coexist and overlap, or at least many of them can, although generally

only one of those becomes predominant within the hierarchical structure on which is

based the uniqueness of each message. "

The expressive function of language is certainly one of the most common in the

language of advertising, it applies to the ability that all issuers have to express

themselves, their emotions, their feelings, their identity in the message. In fact, even

if advertising was born with purely informative functions, over time it gave more

space to the persuasive function of its nature, increasingly resorting to emotional

factors. It is not rare to find emotional elements in ads rather than informative ones,

or to be induced to choose a product because it is the best solution. These features

are shown as models to follow. In this regard, Oscar Calabrese (1975) declared that

"This function is expressed mostly through interjections and exclamatory phrases. In

advertising all of this is fully realized through phrases that express the wonder, the

astonishment for the qualities and performances of a product. "

The conative function of language, which is probably the most important in the

language of advertising, aims to induce certain effects on the issuer, giving orders,

using the imperative to advise to buy or use a particular service (think of the Coca-

Cola slogan "Drink Coca-Cola"). This function, however, is often masked by other

functions.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

82

Paradoxically, advertising doesn’t always use the referential (or informative)

function. The message gives information about the product it wants to promote,

displaying the brand name or its image, but what really prevails is the persuasive

feature. The message does not appear as a simple piece of information. In recent

times, however, with the propagation of services and technology products, this

function seems to have taken credit, with messages that want to show the real

characteristics of the product, discriminating in the choice.

Another very prevalent function in ads is the poetic function, where the focus is on

the form of the message. It concerns the internal organization of the message, the

way it’s been created; Jakobson called it “poetic” because it’s dominant in poetry

and in art where the message communicates especially with its structure.

Sometimes an advertisement message seems to kindle emotions using a phatic

function. It resorts to emotional elements since it is not desired or required by its

recipients, its intention is to attract the viewer by creating contact involving him/her

emotionally. It is therefore an essential function of the advertising speech since the

slogan draws attention, imposes the message on the product itself, arouses the

interest of the public which is flooded every day by an endless amount of

advertisements. Let’s take for example the Apple Company; with its slogan "Think

Different" it wants to imply that it’s not just a company that sells electronic items,

but true innovations.

The Nokia Company with its slogan doesn’t promote itself as a company that

produces cellular phones, but as the company that can unite people: “Nokia:

Connecting People”.

The Italian Benetton Company doesn’t just sell simple clothes, but a different way of

conceiving coexistence among people.

Rarely does an advertisement message play a metalingual function, which defines the

current code and therefore, by implication, the relationship between the interlocutors.

There are examples of advertisements in which the message refers to itself or to the

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

83

advertisement, in that case, the metalingual function is very useful to set apart an

original product from an imitation.

We can therefore conclude saying that there isn’t a prevalent function in the

advertising speech, even though it’s clear that the only function which is always

present in messages is the conative one, that persuades the consumer to purchase or

use a product or a service. There is no purely phatic communication, or purely

referential or poetic communication. In order to effectively achieve one of these

purposes the other ones must also be pursued. The functions of language can then be

simultaneously present and manifest themselves at all levels of communication.

4. THE TRANSLATION OF ADVERTISING TEXTS: INTERCULTURAL ASPECTS

The globalization of the economies and commercial companies has led, over time, to

an intensification of communication with consumers of different languages and

cultures.

In the context of international marketing strategies, advertising plays a key role. It

has to solve a dilemma that can be summarized in the following question: How can

you sell a standardized and different product to local consumers?

The strategy of international advertising is to use the same communication strategy

in all the countries involved. The advantage of this approach resides mainly in the

scale economies generated by the standardization of the campaign. Several

arguments have been provided, both theoretical and practical, in order to justify the

internationalization of some advertising campaigns. Among the most common are:

• the standardization of consumer behavior in many countries (proof of cultural

homogenization in progress)

• the emergence of categories of similar customers at the international level (new

transactional markets)

• the introduction of international themes and icons due to television networks and

pop music (like movie stars and supermodels).

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

84

In addition to all this, one might add the small number of bright ideas in the

communication area. It's then easy to understand why the majority of companies

tend to apply this kind of standardized strategy.

It is also obvious that the risks of a forced standardization are by no means minor.

The importance and the influence of the local culture are still of great importance in

many countries around the world, including Western Europe. It is therefore very

risky not to adapt communication in some local markets, especially in countries

where the local culture is still an influent element.

Faced with a potential failure, the trend towards localization is gradually gaining

ground. In the field of advertising, the localization of international advertising

campaigns consists in adapting the companies’ communication to the specificity of

the local context of the host countries to which the campaign is aimed. This local

context can be divided into several components to which the translator and

localizator must pay attention to and they are as follows:

• the socio-cultural component: this component is linked to the main features of the

culture and society to which the campaign is aimed. It includes local particularities

deriving from religion, customs, social and commercial customs, rules of conduct

and ethical rules.

• the political-legal component: it includes local particularities deriving from the

political system, the stage of openness to the world, the restrictions imposed on

advertising and the regulations related to information and products (such as alcohol

or tobacco).

The localization of advertising campaigns consists in adapting the company’s

communication strategy to these parameters.

Obviously, the importance and influence of these parameters differs depending on

regions or countries, but underestimating them could lead to the failure of a

campaign. It is for this reason that the translator plays an essential role in the

adaptation of the communication campaign. In addition to the role of language

translator, the translator’s job also comprises ensuring that the socio-cultural

restrictions are taken into account.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

85

The main issue of multilingual communication in this globalized era is to manage

cultural differences between countries that host a single advertising campaign.

5. THE INTERNATIONAL CONTEXT: GLOBALIZATION OR LOCALIZATION?

The first example of international advertisement is what we call "graphic

adaptation". The background image of an advertisement can be adapted to the socio-

cultural environment of the hosting country. The adaptations of advertising images

can be divided into two categories:

• adaptation of the meaning related to the background in different versions of the ad

• adaptation of the relation between the chosen background and the product in

question.

Let’s take for example the advertisement of Estee Lauder’s Tuscany perfume. The

background image was adapted to the social and cultural environment of the

destination country. The replacement of a typical Mediterranean street scene with a

typical Italian family scene is particularly significant.

The purpose of this change is to adapt the semiotic elements of the original

iconography to the imagination of the consumers, particularly Arabs, to whom the ad

is targeted; this is why in the Arabic version of the advertisement there are scenes of

everyday life in cafes or on terraces that are very common in that society.

As for the iconography we can note the same graphical elements both in the

European and the Arab version: the perfume bottle is at the bottom of the page, to

the right; the woman protagonist of the ad is at the center of the picture and she

moves while speaking; the background actors are gathered on the right side of the

picture. We can see how, at an iconographic level, the image was taken from the

same angle in both versions.

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86

There are cases in which the name of a brand or a product is accidentally (or

intentionally) changed and adapted to the country of destination because of how it’s

written.

For example, the Italian company of products and services for children “Chicco” that

has been selling its items in Spain for more than twenty-five years, in the country it

is known as Chico (child) since in Spanish "child" is written in the same way but

with only one 'c' . In this case, the mistake works, as in Spain the word Chicco does

not make any sense, or at least Spanish people would not think of a child when they

hear the word. We can say that in the case of this brand there has been an unintended

localization of the brand.

To create a slogan or an advertising campaign, companies put a lot of copywriters,

marketing specialists, sociologists and publicists to work; they carry out studies and

statistical analysis investing millions. What large companies do not take into

account, however, is consulting a translator if they decide to extend the sale of their

products abroad, thinking that it’ll be sufficient to just translate the same slogan into

the source language.

This way of thinking has already led to a lot of problems in the past, often making

the entire campaign fail. "A suitable analysis of the target, of the characteristics of

the product and the market conditions, can always lead to pinpointing the translation

strategies that have to be applied in the advertisement message localization:

strategies that can determine the greater or lower adherence to the original, to the

ultimate decision of not having to translate at all or to the paradox of translating in

the same source language. "

I’d now like to present a few examples of bad ad translations due to a lack of checks

on compatibility, adaptation of the brand, slogans and advertising messages.

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87

Lack of checks on the brand name

Coca-Cola was initially introduced in China as "Ke-Ke-Kou-La". Once the posters

were printed they realized that that phrase in Chinese meant "bite the wax tadpole" or

"heifer filled with wax" depending on the dialect. As a result, the company examined

the 40,000 Chinese characters of the alphabet finding one solution that sounded

alike: "Ko-Kou-Ko-Le", which can be approximately translated as "happiness in the

mouth."

The Swedish car magazine Fart (which in Swedish means "quick"), was very famous

in the country in the ‘50s and ‘60s. When its expansion led it to cover international

events and try to expand on the English-speaking markets, using the word Fart, the

company realized that a compatibility check of the brand name in English would

have avoided the magazine to be met with ridicule with an English-speaking

audience for whom the word "fart" definitely doesn’t mean quick.

Lack of checks on a slogan’s translation and compatibility

Let’s take for example the famous Pepsi slogan "Come alive with Pepsi Generation."

In the mid-90s this slogan was translated literally into Chinese, without doing any

research so the slogan in Chinese became "the Pepsi Generation will bring your

ancestors back from the dead."

The great success of the American advertising campaign of the National Milk

Processor Board with the slogan "Got Milk?", led the association to organize the

same advertising campaign in Mexico. It was only after the campaign was launched,

after countless billboard posters were put up, after it was advertised in magazines and

following the transmission of commercials on Mexican television stations that the

association was informed that the translation of the campaign slogan adopted in

Spanish "Tienes Leche?" for Mexicans meant "are you breast-feeding?".

For its U.S. marketing campaign the Scandinavian company Electrolux used the

slogan: "Nothing Sucks like an Electrolux", as it evidently wanted to refer to the

aspiration skills of the product; unfortunately for Americans the slogan meant that

Electrolux items were unsatisfactory.

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88

When Parker Pen marketed a new type of ball-point pens in Mexico, the company

searched for a literal translation of the slogan "It will not leak in your pocket and

embarrass you", and decided that the Spanish translation would have been "No te

embarazerà chorreàndose en tu bolsillo", which in Spanish means: "It won’t leak in

your pocket and make you pregnant." In Spanish the verb “embarazar” means “to

make pregnant.”

In these cases there is a clear lack of check on the translation’s compatibility on a

geo-linguistic market that is different from the original one.

In 2006 Tourism Australia, the national agency for Australian tourism, promoted a

rude campaign that in the UK was even censored.

The slogan of the ad was "Where the Bloody Hell are You?", with the purpose to

relate to the stereotype of the rude and blunt, but also hospitable Australian. In the

United Kingdom "Bloody Hell" is a dirty word, so the advertising was censored. In

non-English-speaking countries the translation of the slogan was very subtle. For

example, in Italy the slogan was translated as: "What are you waiting for?", which is

a much more toned down version compared to the original.

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89

CONCLUSIONS

In a situation of market globalization as the one in which we live in today, the

decision to translate or not to translate an advertisement becomes strategic from a

marketing point of view.

The translator in this field is of fundamental importance since the success of the

campaign depends on him or her; the translator must be able to transform the

message of the recipient by finding solutions that can work in the target language and

mustn’t literally translate the original message because as we have seen, "a faithful

translation does not exist, an advertisement must not be translated, but written.

Translation is good for a poem, where the primary task of the translator is to respect

the original text. "

Unlike in literature, in advertising the functional aspect of the message that is

conveyed to sell the product and enhance its features is considered to be of

fundamental importance. The purpose is to preserve the function and not to

reproduce the structure. In this way the translator becomes the meeting point

between the different cultures.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

90

BIBLIOGRAPHY

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91

Sezione

lingua

spagnola

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SUMARIO

PREMISA................................................................................................93 INTRODUCCIÓN...................................................................................94 1. LA HISTORIA DE LA PUBLICIDAD ..............................................95

1.1 Los origines de la publicidad ........................................................................... 95 1.2 La edad de oro del manifesto ........................................................................... 96 1.3 Breve historia de la publicidad en España ....................................................... 97

2. PUBLICIDAD: ASPECTOS SOCIOLÓGICOS Y PSICOLÓGICOS.................................................................................................................99 3. EL LENGUAJE DE LA PUBLICIDAD...........................................101 4. TRADUCCIÓN DE TEXTOS PUBLICITARIOS: ASPECTOS INTERCULTURALES .........................................................................104 5. EL CONTEXTO INTERNACIONAL: ¿LOCALIZACIÓN O GLOBALIZACIÓN?.............................................................................106 CONCLUSIÓN .....................................................................................111 BIBLIOGRAFÍA...................................................................................112

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93

PREMISA

La idea de este trabajo de investigación sobre la traducción y el lenguaje en la

publicidad, se debe a mi interés en el análisis del lenguaje de la publicidad en todas

sus formas: desde las componentes psicológicas y las persuasivas hasta los aspectos

puramente lingüísticos y semióticos. La publicidad es cada vez más presente en

nuestras vidas: la encontramos en la televisión, en la radio, en los periódicos, en

Internet, en el cine, sobre los autobuses, y hasta en las fijaciónes publicitarias por las

calles. Todos los días en nuestro mundo estamos inundados con mensajes

publicitarios.

Puede ser que no sea la verdadera arte de nuestro tiempo, pero sin duda la publicidad

es uno de los principales motores de la riqueza y del poder que afecta la vida de

todos los medios de comunicación de masas. Es también el más común y el más

difundido medio de comunicación, lo que impone al mundo con el poder de las ideas

y sobre todo de los grandes números, imágenes, palabras, pensamientos, gustos, así

como las mercancía y los productos. En suma, la publicidad es una herramienta de

masas estética y ideológica, el tanque en el que nos sacamos nuestra forma de ver las

cosas, de descubrir la belleza, de divertirse.

Este trabajo tiene como objetivo el de estudiar e investigar sobre los aspectos

linguísticos, traductivos y interculturales de los mesajes publicitarios presentes y

pasados traducidos en Inglés, Italiano y Español, demostrando la imposibilidad de

traducir el mismo mensaje en un otro idioma, sin tener en cuenta el país, la cultura y

la sociedad del destinatario; poniéndose en contraposición con esta tendencia que

quiere una globalización del lenguaje que se está difundiendo en los textos,

favorecen en cambio una localización a nivel de traducción.

Este trabajo abarca diversos temas, desde los orígenes de la publicidad, hasta un

análisis semiótico del lenguaje y de los mensajes publicitarios, hasta llegar a una

serie de ejemplos de publicidades con graves errores de traducción cometidos en el

presente y en el pasado por causa de la ignorancia respecto a la cultura, la sociedad y

la tradición linguística del país al que está destinado el texto y, de hecho, por haber

saltado la fase de adaptación del mismo texto.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

94

INTRODUCCIÓN La publicidad es, inevitablemente, una poderosa fuerza económica de cualquier

compleja sociedad industrial en la que la capacidad de producción es superior a la

demanda real de los consumidores.

Pero la publicidad no solo tiene una grande fuerza económica, sino que también tiene

una profunda influencia en la cultura, los valores y la calidad de vida.

Leo Bogart 1990

La publicidad en nuestro mundo ya supera el arte y la moda no sólo por su difusión y

riqueza de medios y canales, sino que también por su velocidad. Por cuanto

tumultuosas sean las modas del arte, por cuanto frecuentes sean los desfiles de los

estilistas y los cambios en el gusto marcados por los medios de comunicación, la

publicidad ahora se ha puesto mucho más móvil, más caprichosa o más capaz de

seguir los sutiles matices de del estado de ánimo colectivo, sin embargo, cubierto por

olas de cambio constante y aparentemente imparable. Si un movimiento artístico

dura pocos años y una temporada de la moda vive una temporada solamente, la vida

de un espot, de una campaña de fijaciónes publicitarias o de anuncios en los

periódicos ahora se mide en semanas, si no días. Son semanas muy intensas en las

que se martilla el mismo mensaje miles de veces en la televisión, se encuentra en

todas las paredes, se escucha por la radio y llena las páginas de los periódicos. No se

puede evitar. Pero entonces la publicidad se consuma, víctima de una saturación de

los espectadores, y los anunciantes tienen que probar nuevas cosa.

En resumen, la publicidad está cambiando tan rápidamente, su movimiento no es

inmotivado y tiene grande impacto en el espectador. Es difícil decir si un espot o un

anuncio en los periódicos sirven realmente para vender aquel whisky en particular o

aquel bollo. Sin embargo, el modelo de familia implícitamente contenida en la

publicidad de un detergente, la estética de la casa reluciente que sirve para ensalzar

la calidad de la cera, la belleza de un modelo con unas medias, al final, la dimensión

estética y antropológica del cuento publicitario, tuvo una gran influencia, hasta

invadir nuestra vida social.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

95

Las imágenes que nos llevamos con nosotros de la belleza, el gusto del paisaje que

cultivamos, los cuerpos que nos gustan, las emociones que estamos tentando vivir,

nos proceden más de la publicidad que de cualquier otra fuente: no sólo del arte y de

la religión, sino que tambien y sobretodo de los medio de la comunicación de masas,

el cine, la televisión o los periódicos.»

Pero vamos a empezar desde el principio de este fenómeno extraordinario que ha

conseguido, en unas pocas décadas, cambiar nuestros gustos e influir en nuestras

vidas.

1. LA HISTORIA DE LA PUBLICIDAD

1.1 Los origines de la publicidad

Se pueden encontrar ejemplos de un primer tipo de publicidad en los primeros

mercados en las plazas, donde la forma más ampliamente utilizada de publicidad era

verbal, los productos eran anunciados por el boca a boca, como a menudo ocurre en

los mercados de nuestro tiempos. Las mercancías se ponen a la venta en las calles

desde los tiempos antiguos. También hay ejemplos de señales publicitarias, como en

Pompeya, donde la entrada de las tiendas se marcaba en dos pilares coronados por

banderas. Las mercancías desde sus primeros días, necesitó de la comunicación, de

ser deseada.

Entre los siglos XV y XVI, en la época del Renacimiento, gracias al desarrollo del

transporte comercial internacional se hace necesario dar a conocer las propiedades de

un determinado producto, por lo tanto, aparece la figura del emprendedor

comerciante que vende sus productos en el mercado internacional en cantidades

mucho más maiores que el artesano. Así, gracias a los avances en la navegación,

hacen su aparición en el mercado artículos de lujo y productos exóticos. Con el

progresivo aumento de la producción de productos, hay la necesidad de vender en el

extranjero, y es necesario que el producto sea identificado por su origen y

características, para distinguirlo de los otros a través de la "marca".

Un momento crucial en la evolución de la publicidad, es la aparición del primero

medio de comunicación en términos absolutos: la imprenta. En el siglo XVII en

Europa se difundió la Gaceta, destinada a un público de elíte. Pronto aparecen

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

96

también los primeros anuncios publicitarios que hacia el final del siglo XVIII se

tienen que pagar. Aparecen de hecho pequeños anuncios, anuncios, anuncios de

venta de libros o productos que inicialmente eran gratuitos y que luego se

convertieron en productos de pago. La publicidad ya ocupaba de una manera estable

la cuarta página de los periódicos, sinónimo de publicidad hasta la Segunda Guerra

Mundial, aunque con pocos lectores, dada la alta tasa de analfabetismo.

En el siglo XIX se crearon las primas agencias de publicidad, y es al principio del

siglo que la publicidad tiene su suporte más importante que la acompañará a lo largo

del siglo hasta los inicios del siglo XX; de hecho, comienza a utilizar el cartel para la

publicidad, dando lugar a una nueva forma de expresión, entre arte y publicidad.

Inicialmente, el cartel nació en el siglo XV, utilizado exclusivamente para hacer

comunicados públicos por del poder político, con la excepción de William Caxton, el

cual utilizó el cartel para promocionar los tratamientos de spa en Salisbury en 1477;

este fue el primer ejemplo de un cartel comercial.

En los inicios del siglo XIX, los editores para hacer publicidad de sus novelas se

convierten en los mayores inversores en este campo, llamando para illustrar los

carteles a los principales artistas de la época; por la primera vez las paredes de París

y Londres estan empapeladas por carteles en blanco y negro.

1.2 La edad de oro del manifesto

Como ya se ha mencionado, en los inicios del siglo XIX aparecen los primeros

carteles, la mayoría en blanco y negro y con una prevalencia del texto escrito.

En la segunda mitad del siglo XIX, se usa en reemplazo la cromolitografía, que

permite de imprimir en color. Los artistas de la época, atraídos por este nuevo medio

de ganancia, se dedicaban a dibujar los temas de los carteles, atraidos sobre todo por

la popularidad que les daba la aparición de su nombre en las paredes de las

metrópolis. Teatros y cabarets, óperas y circos desfrutan de los carteles .

La forma en la que el cartel apareció en las ciudades del siglo XIX era breve,

esencial y inmediata. Esto era debido a que el flujo de tráfico no permitiba a los

transeúntes de concentrarse durante un largo tiempo en lo que se exponía.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

97

El artista es sin duda el protagonista absoluto de este tipo de publicidad, que quiere

representar principalmente el estilo de vida de la clase alta de la época, que se

encuentra en teatros, cafés, escuchando los primeros fonógrafos, conducendo los

primeros automóviles.

En Francia, los primeros carteles fueron producidos por grandes artistas conocidos

internacionalmente como Jules Chéret (1836-1932), un innovador en el estilo y la

técnica de la litografía, considerado el padre del cartel moderno, puesto que es capaz

de crear una síntesis entre la imagen visual y el texto. Ejerció una gran influencia

sobre los artistas de la época, mostrando que el manifiesto, por su propia naturaleza,

permitía expresar sus ideas de una forma directa y honesta, va a crear una especie de

taquigrafía visual. Hizo más de un millar de carteles y encontró un nuevo lugar en el

que exponer sus obras: la calle.

Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901) hizo también una serie de carteles, aunque

menos de Cheret por causa de su corta vida. Siguió la línea de Cheret, pero su estilo

era diferente: Lautrec utilizaba caricaturas y tonos cómicos para representar a los

personajes de sus carteles. El escenario que Cheret quería mostrar era el pasado, lo

de Lautrec siguía siendo el presente. Los elementos presentes en la obra del primero

quieren agradar, ser agradable, los del segundo eran inquietantes. Tolouse Lautrec

tenía una gran influencia entre los artistas de los carteles del siglo XX y el impacto

de su obra influyó sobre pintores como Pablo Picasso. Sus carteles más famosos son

los que el ha hecho el Moulin Rouge y otros cabarets de París.

También el padre del Art Nouveau, Alphonse Marie Mucha (1860-1936), famoso

ilustrador, hizo su contribución a la creación de carteles en línea con su estilo

puramente decorativo.

1.3 Breve historia de la publicidad en España

En España, en 1718 la Gaceta de Madrid publicó una lista de 22 productos con su

precio y su valor. Esto puede ser considerado como el primer ejemplo de la

publicidad en el país; sin dudas, no hay indicios de los anuncios publicitarios como

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

98

fuente de ingresos para la prensa en España, al menos hasta el siglo XIX. Los

anuncios se publicaban de forma gratuita, como resultado de los privilegios reales.

El desarrollo de las agencias de publicidad va de la mano con el del periodismo

comercial (cuando los periódicos consideraban esencial invertir en publicidad para su

desarrollo).

La primera agencia de publicidad, La Publicidad Universal, apareció en Madrid en

1859. El objetivo de este grupo de diarios regionales era atraer campañas de

publicidad y difundirse a nivel nacional. La tarifa incluía cuatro bloques de anuncios,

si los anuncios se insertaban en un mayor número de periódicos, el precio era

inferior.

En 1859 aparece La Correspondencia de España, la revista más leída en España en la

segunda mitad del siglo XIX. Es una revista muy moderna para su época, y desde el

principio tiene varias páginas dedicadas a la publicidad. El fundador de la revista, el

Marqués de Santamar, se dio cuenta de que los ingresos por publicidad eran de suma

importancia para las agencias de noticias. La Correspondencia de España fue el

primer periódico español que comercializó directamente y de una manera sistemática

los espacios publicitarios.

En 1870 se fundaron una nueva agencia, la Roldós y Cía, más parecida a las agencias

modernas. Dispone de dos tipos de actividades:

• alquilar un espacio, y utilizarlo para publicar anuncios publicitarios

• colocar los anuncios en los periódicos elegidos por los clientes, y por este

servicio se cobró el 15% sobre el precio de la publicidad.

En 1874, La Gaceta de Madrid también viene a ver la publicidad como un hecho

económico de la explotación comercial y establece una serie de condiciones para

trabajar con la publicidad.

En 1880 en España nació una asociación de locutores; los periódicos interesados

pudieron unirse a esta asociación, creada para proteger el interés de los anunciantes

en frente a las altas tarifas que les imponen algunos periódicos con el pretexto de una

grande difusión. En el mundo de la publicidad apareció así por la primera vez algo de

competencia.

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El aumento de la competencia publicitaria obligó al Marqués de Santana, fundador

de La Correspondencia de España, a alquilar la cuarta página del periódico para una

empresa fundada en el 1881, la Sociedad General de Anuncios de España, fundada

por Adolfo Calzado con un capital social de tres millones de pesetas. Alquiló la

cuarta página de La Correspondencia por un período de quince años, pagando por

esto 1000 francos por día. Este fue el único periódico que podía ganar con los

anuncios publicitarios en ese momento.

Después de la Sociedad General, nacieron otras empresas para la gestión y la

negociación de espacios publicitarios concretos y, con el paso del tiempo, en todos

los más importantes y influyentes diarios de España aparecieron anuncios

administrados por estas empresas.

2. PUBLICIDAD: ASPECTOS SOCIOLÓGICOS Y PSICOLÓGICOS

El estudio de la historia de la publicidad es interesante e importante para entender

cómo se ha desarrollado para convertirse en una parte integral de la cultura que hoy

domina. Comprender esto puede ayudar a entender la evolución, durante el siglo XX,

que la publicidad ha experimentado en su búsqueda de una mayor eficiencia y

mejores mensajes.

En los últimos años del siglo XIX, la creación de mensajes publicitarios era

encargada a la intuición de quien ideaba el mensaje. Después, el enfoque cambia al

consumidor, como un elemento clave, y cómo atraer su atención. El proceso de

creación del mensaje publicitario se puede resumir en el acrónimo AIDA, es decir:

Atención, Interés, Deseo, Acción. Esta es la base de los mensajes de textos en los

carteles y los periódicos de principios del siglo XX.

El model AIDA, diseñado por Elmo Lewis en 1898, estudiando el proceso de

publicidad a nivel del comportamiento, es uno de los primeros modelos diseñados

para implementar una campaña de publicidad y analiza las cuatro etapas por las que

pasa el consumidor medio y que lo lleva a decidirse a comprar un producto en

particular :

• ATRACCIÓN: atraer la atención del consumidor

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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• INTERÉS: aumentar el interés del consumidor demostrando los beneficios y las

ventajas del producto (en lugar de mostrar sus características, como en la publicidad

tradicional)

• DESEO: convencer a los clientes que quieren el producto o servicio y que eso

responde a sus necesidades

• ACCIÓN: convencer a los consumidores para que actuen y compren

La psicología de la publicidad nace con el cambio de siglo y su desarrollo será

estrechamente conectado con el de la psicología industrial o de negocios, con el

nacimiento de la sociedad de la comunicación y la necesidad de conocer y

comprender el comportamiento de los consumidores.

Este primer vínculo entre la psicología industrial y la psicología de la publicidad se

crea cuando la psicología como una ciencia empírica, dio sus primeros pasos.

El modelo AIDA seguirá siendo un punto de referencia e inspira muchas pruebas

llevadas a cabo para monitorear la eficacia de los anuncios publicitarios. Hoy en día,

el modelo de Lewis se considera demasiado simple e ingenuo, sobre todo el último

punto, la Acción, porque hoy en día la publicidad puede sin duda evocar el deseo,

puede convencer de que el producto es válido y deseable, por tanto, estimular una

propensión a comprar, pero eso no puede conducir directamente a la compra.

En 1940 fue adoptada por las agencias de publicidad una variación del modelo

AIDA. Rosser Reeves de Ted Bates & Company, ídea la fórmula USP "(Unique

Selling Proposition – Propuesta Única de Venta), una de las mejores propuestas en el

mundo de la publicidad. Esta fórmula utiliza el concepto del poder de convicción y

persuasión del anuncio publicitario basado en el argumento utilizado. Trata

identificar una característica única en el producto y la relaciona con la mente de los

consumidores con el nombre de la marca.

La USP se basa en la concepción nacional de la personalidad humana inducida en

busca de un beneficio real en la compra de algo material. La publicidad, por tanto,

debe encontrar un mensaje único que ofrece beneficios a los consumidores, basado

en características concretas.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Las peculiaridades de este mensaje único, para los que siguen este modelo, son tres:

• Debe contener una promesa fácil de recordar;

• El mensaje debe incorporar un concepto único que llega o bien de la calidad del

producto o bien del argumento de que no hay que utilizar otros productos similares;

• El mensaje debe basarse en una razón convincente y creíble.

Esta fórmula se sigue utilizando hoy en día, no sólo en la publicidad, sino también en

anuncios políticos.

3. EL LENGUAJE DE LA PUBLICIDAD

El lenguaje de la publicidad se caracteriza por una gran variedad; esto porqué es, o

debería ser, entendida por la mayoría de los consumidores. Analizando el lenguaje de

la publicidad, no se pueden no considerar las seis funciones del lenguaje

identificados en 1966 por Roman Jakobson (1896-1982), lingüista y semiólogo ruso,

considerado uno de los principales iniciadores de la escuela del formalismo y el

estructuralismo. Él es responsable del estudio sobre la teoría de la comunicación

linguística.

Su mejor y más famosa teoría, la de las seis funciones de comunicación asociadas

con la dimensión del los procesos comunicativos, propone la división de las

funciones del lenguaje en:

• Función referencial o denotativa de la información (atención centrada en el

contexto)

• Función emotiva (atención centrada en el emisor)

• Función fática o de contacto (para establecer, mantener o romper el contacto con

otra persona)

• La función conativa o persuasiva (focus en el destinatario)

• Función poética (que afecta a la forma del acto comunicativo)

• Función metalingüística (utilizada por el lenguaje para reflexionar sobre el mismo

lenguaje)

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El mensaje publicitario puede ser analizado mediante la aplicación de esta

clasificación a la publicidad, puesto que, con mayor o menor frecuencia, cubre todas

las funciones del lenguaje. Cada anuncio contiene, por lo menos potencialmente,

todos los factores de la comunicación, y también incluye todas las funciones; el

mismo Jakobson dice: En cada mensaje pueden coexistir y superponerse todas estas

seis funciones, o al menos muchas de ellas, aunque por lo general sólo una se

convierte predominante en la estructura jerárquica que se forma y en que se basa la

singularidad de cada mensaje.

La función emotiva del lenguaje es sin duda una de las más presentes en el lenguaje

de la publicidad, se refiere a la capacidad que cada emisor tiene de expresar sus

emociones, sus sentimientos, su identidad en el mensaje. La publicidad, de hecho,

aunque nació con funciones puramente informativas, con el tiempo dio más espacio a

la función persuasiva de su naturaleza, recurriendo cada vez más a factores

emocionales. No es insólito que en los anuncios hay elementos emocionales, en lugar

de la información, y ser así inducidos a elegir un producto, ya que es el mejor curso

de acción, que se muestran modelos de conducta a seguir. En este sentido, Calabrese

(1975) afirmó que "esta función se expresa principalmente a través de las

interjecciones y frases exclamativas. En publicidad todo eso se realiza

completamente a través de frases que expresan el asombro, la maravilla por las

cualidades y el rendimiento de un producto. "

La función persuasiva o conativa del lenguaje, es tal vez la parte más importante de

la lengua de la publicidad, es la por la que se buscan efectos sobre el emisor, da

órdenes, consejos utilizando el imperativo para inducir a comprar o utilizar un

determinado servicio. A menudo esta función aparece enmascaradas por otras

funciones.

Irónicamente, la publicidad rara vez se sirve de la función referencial. Por supuesto,

el mensaje contiene información sobre el producto que desea promover, exponendo

la marca o la imagen. Sin embargo, lo que prevalece es el componente persuasivo. El

mensaje nunca aparece como información pura y simple. En los últimos tiempos, sin

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embargo, con la proliferación de servicios y productos tecnológicos, esta

característica parece haber tomado crédito, con mensajes que desean mostrar las

características reales del producto, que son discriminantes en la elección.

Otra función muy frecuente en los mensajes publicitarios es la función estética o

poética, donde la atención se centra en la forma del mensaje. Concierne a la

organización interna del mensaje, la manera en la que está hecho; Jakobson la llamó

así porque la considera dominante en la poesía y en general en el arte, donde el

mensaje comunicaría especialmente con su forma.

Según Eco (1972) junto con el componente emocional, el de la estética es el más

importante. La utilización de la figura retórica tiene fines sobre todos estéticos. En la

publicidad esta en vigor el precepto Barroco segun el cual es el fin del poeta, la

maravilla. De hecho, es el valor estético de la imagen retórica a poner persuasiva y

memorable la comunicación.

A veces, un mensaje publicitario parece despertar emociones, desarrollando en

cambio una función fática o de contacto. Se recurre a elementos emocionales, ya que

no está deseado o se requiere por sus receptores, su intención es atraer el espectador,

creando un contacto que lo involucra emocionalmente. Por tanto, es una función

esencial del discurso publicitario, ya que es el eslogan mismo que llama la atención,

que impone el mensaje sobre el producto, para despertar el interés del público

inundado cada día por una mole sin fin de anuncios. Tomemos por ejemplo la

compañía Apple, con su eslogan "Think Different", quiere dar a entender que no es

sólo una empresa que vende solo artículos electrónicos, más bien sím verdaderas

innovaciones.

La Nokia en cambio no se promueve como la compañía que fabrica los teléfonos

móviles, pero como una que es capaz de unir a la gente "Connecting People".

La italiana Benetton no vende simple ropa, sino una forma diferente de concebir la

convivencia entre los pueblos.

Rara vez la publicidad desempeña una función metalingüística, que define el código

en uso y, por tanto, implícitamente, las relaciónes entre los interlocutores. Hay

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ejemplos de anuncios en el que el mensaje se refiere a sí mismo o a la publicidad; en

estos casos, la función metalingüística demuestra ser muy útil para aclarar un

producto original de una imitación.

Se puede por lo tanto concluir que no hay una función principal en el discurso

publicitario, aunque se reconoce que la única función que siempre está presente en

los mensajes es obviamente la conativa, incitando al destinatario para que compre o

usar un producto o servicio. No hay comunicación puramente fática o puramente

referencial, puramente poética etc. Para conseguir con eficacia uno de estos fines,

deben llevarse a cabo, en cierta medida, también los otros. Las funciones de la

lengua pueden entonces estar simultáneamente presentes y manifestarse a todos los

niveles.

4. TRADUCCIÓN DE TEXTOS PUBLICITARIOS: ASPECTOS INTERCULTURALES

La globalización de las economías y las sociedades comerciales han dado lugar, a

través del tiempo, a una intensificación de la comunicación con consumidores de

diferentes idiomas y culturas.

En el contexto de las estrategias de commercialización internacional, la publicidad

juega una función clave. Debe resolver un dilema que se puede resumir en la

siguiente pregunta: ¿Cómo se puede vender un producto estandarizado a los

consumidores locales y diferente?

La publicidad internacional consiste en utilizar la misma estrategia de comunicación

en todos los países afectados. La ventaja de este enfoque reside principalmente en las

economías de escala generadas por la estandarización de las campañas. Se habian

proporcionado varios argumentos, tanto teóricos como prácticos, con el fin de

justificar la internacionalización de algunas campañas publicitarias de productos.

Entre los más comunes:

• la estandarización de los comportamientos de los consumidores en muchos países

(prueba de la homogeneización cultural en curso)

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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• la aparición de grupos de clientes similares a nivel internacional (nuevos mercados

transaccional)

• la introducción de temas e iconos internacionales gracias a la televisión y la música

pop (como las estrellas de cine y modelos)

A todo esto, se puede agregar la pequeña cantidad de ideas brillantes en el campo de

la comunicación; es fácil así entender porqué la gran mayoría de las empresas

tienden hacia este tipo de estrategia estandardizada.

Pero es evidente también, por otra parte, que los riesgos de una estandardización

forzada de ninguna manera son despreciables. La importancia y la influencia de la

cultura local son aún de gran importancia en muchos países del mundo, incluyendo

Europa Occidental. Por eso es muy arriesgado no adaptar la comunicación en

algunos mercados locales, especialmente en países donde la cultura local sigue

siendo un elemento muy presente.

Frente a un posiblefracaso, la tendencia hacia la localización está ganando terreno

poco a poco . En el campo de la publicidad, la localización de las campañas

internacionales de publicidad consiste en el adaptar la comunicación de las empresas

a la especificidad del contexto local de los países hospederos, objetivos de la

campaña. Este contexto local puede dividirse en varios componentes que el traductor

localizador tiene que considerar:

• El componente socio-cultural: este componente está relacionado con las

características principales de la cultura y la sociedad que hospeda la campaña.

Incluye las particularidades locales que surgen de la religión, las costumbres, las

costumbres sociales y comerciales, las reglas de conducta y las normas éticas.

• El componente político-legal: incluye las particularidades locales resultantes del

sistema político, cuanto el país es conectado con el mundo, las restricciones

impuestas a la publicidad y las regulaciones relativas a la información y algunos

productos (como el alcohol o el tabaco).

La localización de las campañas publicitarias consiste en el adaptar la estrategia de

comunicación de la empresa precisamente a estos parámetros.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Obviamente, la importancia y la influencia de estos parámetros varía dependiendo de

las regiones o países, pero subestimarlos podría llevar al fracaso de la campaña. Por

lo tanto, es por esta razón que el traductor desempeña un papel esencial en la

adaptación de la campaña de comunicación. Además de la función del traductor

lingőístico en el sentido estricto, su función es garantizar que las limitaciones socio-

culturales se tengan en cuenta.

5. EL CONTEXTO INTERNACIONAL: ¿LOCALIZACIÓN O GLOBALIZACIÓN?

El primer ejemplo de la publicidad internacional es lo que se llama "adaptación

gráfica". La imagen de fondo de un anuncio puede adaptarse al medioambiente

socio-cultural del país de acogida. Las adaptaciones de la imagen en la publicidad se

pueden dividir en dos categorías:

• Adaptación del significado relacionado con el fondo en diferentes versiones

anuncio

• Adaptación de la relación entre el fondo elegido y el producto en cuestión

Tomemos por ejemplo la publicidad del perfume Tuscany de Estee Lauder. La

imagen de fondo ha sido adaptada al ambiente social y cultural del país de destino.

Es especialmente significativo el reemplazo de una escena callejera típica

mediterránea con una escena familiar típica italiana.

El propósito de este cambio es lo de adaptar los elementos semioticos de la

iconografía original a la imaginación de los consumidores, particularmente los

árabes, a los cuales la publicidad estaba destinada, por esto en la versión araba de la

publicidad hay escenas de vida cotidiana que son muy comunes en aquella sociedad

(cafés, terrazas).

La adaptación de la imagen publicitaria se puede dividir en dos categorías: por un

lado, la adaptación del significado relativo al contexto en las diferentes versiones del

anuncio; de otro lado la adaptación de la relación entre el contexto elegido y el

producto en cuestión.

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En cuanto a la iconografía, hay los mismos elementos gráficos en la versión europea,

tanto como en la áraba: la botella de perfume se encuentra en la parte inferior a la

derecha de la página, la mujer protagonista de la publicidad está en el centro de la

imagen y es en movimiento, los figurantes se agrupan en la parte derecha de la

imagen. Así, podemos ver cómo, a nivel iconográfico, la imagen se tomó desde el

mismo ángulo en ambas versiones.

Un ejemplo de "adaptación textual", que ilustra, entre otras cosas, la dimensión

ideológica del mensaje publicitario, es la publicidad de los relojes Tissot, cuyo texto

("Todos somos ciudadanos del planeta azul") tiene por lo menos cuatro diferentes

versiones (Inglés, francés, árabe y polaca) y fue transmitido simultáneamente en

cuatro idiomas diferentes. El ejemplo de este tipo de publicidad sirve a mostrar cómo

el mensaje ha sido adaptado por los traductores a las reales restricciónes del

segmento de mercado.

Vamos a examinar las adaptaciones en la lengua árabe. Esta adaptación de texto

puede ser analizada considerando dos niveles. Por un lado, con la traducción de la

expresión "Planeta Azul" en los otros idiomas en "nuestra madre, la Tierra" en árabe,

una expresión más idiomática con una mayor fuerza emocional. Por otro lado, con el

análisis de las palabras seleccionadas a nivel ideológico; de hecho la palabra

"ciudadano" utilizada en la traducción en inglés, francés y polaco, en árabe se

convierte en "habitante". Esto es para neutralizar la dimensión política que todavía es

muy presente en los países arabes, porque se refiere a un tipo de gobierno (el sistema

republicano y democrático) poco común en el mundo árabe. El carácter universal del

mensaje original no es por tanto presente en la traducción, ya que puede molestar a

algunos regímenes nacionalistas.

Estos dos ejemplos de localización muestran cómo se produce la interacción entre la

traducción en sí y los factores culturales del mercado destinatario del mensaje en la

comunicación comercial.

También hay casos en los que el nombre de una marca o producto se cambia o adapta

accidentalmente (o intencionadamente) al país de destino según la forma en que está

escrito.

Lingua e Traduzione nella Pubblicità

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Por ejemplo, el fabricante italiano de productos y servicios para niños Chicco,

presente en España desde hace más de veinticinco años, en el país es conocido como

Chico, ya que en español "niño" se escribe de la misma manera pero con una 'c' . En

este caso, el error funciona, ya que en España la palabra Chicco no tiene sentido, o

por lo menos no hace pensar a un niño. Se puede decir que en el caso de esta marca,

se verificó una localización involuntaria de la marca.

En el campo de la publicidad de perfumes, sin embargo, la localización es un

fenómeno prácticamente inexistente. El lenguaje utilizado es casi siempre el francés

y ninguna publicidad o manifiesto se traduce. A veces las publicidades son

verdaderos cortometrajes en francés. Esto sucede por dos razones: tanto porque

Francia es el mayor productor de perfumes en el mundo desde el siglo XVIII, como

porque la idea de perfume a menudo es comparada con la de la seducción, encanto y

clase y el uso del francés en los anuncios seguramente llama a estos tres elementos.

No es importante que el público entienda el significado del eslogan o lo que se dice

en el anuncio, lo importante es que el usuario se sienta atraído por el producto y crea

que posederlo podrá ayudarlo a ser más atractivo y seductor.

Para crear un eslogan o una campaña de publicidad, las empresas contratan una gran

cantidad de creativos, especialistas en comercialización, sociólogos y publicitarios;

realizan estudios y análisis estadísticos invertendo millones de dolares. Pero lo a que

las grandes empresas no piensan es consultar a un traductor si deciden extender la

venta de sus productos en el exterior, pensando que es suficiente traducir el mismo

lema en el otro idioma.

Este error y ya procuró un montón de problemas en el pasado a estas empresas,

haciendo a menudo fracasar toda la campaña. "Un análisis adecuado del objectivo,

de las características del producto, de las condiciones del mercado, siempre puede

llevar a identificar las estrategias de traducción que se aplicarán en la localización de

un mensaje publicitario: estrategias que determinan la mayor o menor adherencia al

original, hasta la decisión de no traducir o a la paradoja de traducir en el mismo

idioma. "

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A continuación presento algunos ejemplos de malas traducciones y de falta de

controles sobre la compatibilidad y la adaptación de las marcas, lemas o anuncios.

Falta de verificación del nombre de la Marca.

La marca Coca-Cola se introdujo por primera vez en China como "Ke-Ke-Kou-La".

Una vez impresos los carteles se dieron cuenta que la frase en chino significaba

"muerde el renacuajo de cera" o "vaca llena de cera", dependiendo del dialecto.

Como resultado, la compañía examinó los 40.000 caracteres del alfabeto chino hasta

que encontraron uno que sonaba parecido, o sea: "Ko-kou-ko-le", que puede ser

traducido como "felicidad en la boca".

La revista automovilística sueca Fart (que en sueco significa "rápido") siempre tuvo

mucho éxito en el país en los años 50 y 60. Cuando su expansión le permitió de

partecipar a eventos internacionales y a buscar la propagación en los mercados de

habla inglés siempre con el nombre Fart, la compañía se dio cuenta de que una

comprobación de compatibilidad de la marca en Inglés evitaría la posterior caída en

el ridículo de la revista en una audiencia de habla Inglés para quien la palabra "fart"

significa "pedo".

Falta de verificación de traducción y compatibilidad del eslogan

Tomemos por ejemplo el famoso eslogan de Pepsi “Come alive with Pepsi

Generation” (Vivi con la Generación Pepsi). Este lema en los años 90 se tradujo en

China de manera literal, sin llevar a cabo ningún tipo de investigación, así el lema en

China se convirtió en “la Generación Pepsi resucitará tus antepasados .”

El gran éxito de la campaña publicitaria con el lema “Got Milk?” de la associación

de los lecheros de los Estados Unidos, hizo que la institución organizó la campaña

publicitaria en México también. Justo después del inicio de la campaña y después de

la fijación de innumerables carteles , la publicación en las revistas y la transmisión

de los comerciales en estaciones de televisión mexicanas, la asociación de lecheros

de los E.E.U.U. consideró que la traducción del eslogan de la campaña adoptado en

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español era: "Tienes Leche?" que para los mexicanos tenía el significado de "usted

está amamantando a un bebé?".

Cuando American Airlines decidió promover los nuevos asientos de cuero de la

primera clase en el mercado mexicano, tradujo el lema Inglés "Fly in Leather",

literalmente, convirtiéndolo en "Vuela en cuero", un término que tenía un sonido casi

idéntico a "Vuela en Cueros ".

El famoso fabricante de bolígrafos Parker Pen decidió publicar un nuevo tipo de

bolígrafo en México, y en busca de la traducción literal del slogan “It won’t leak in

your pocket and embarrass you” (No se escapará en el bolsillo y te avergonzará ),

decidió que la traducción al español sería “No te embarazerà chorreàndose en tu

bolsillo”. En estos casos se trata de una falta de verificación de la compatibilidad de

la traducción en un mercado geolinguistico diferente del original.

Falta de verificación de la compatibilidad del nombre del producto

Cuando en abril de 2009, el AVUS Performance ha lanzado el nuevo coche "Audi

RS6 White Power", no se ha comprobado si la definición de "White Power" podría

tener diferentes implicaciones y significados en inglés, en este caso, sobre todo en

los Estados Unidos, la expresión tiene un significado muy racista. Esto obligó a los

AVUS a la emisión de una declaración de disculpa.

En traducción también las imágenes pueden causar confusión. La empresa de

detergentes Tide quería eludir la barrera del idioma, utilizando sólo carteles en un

cierto número de países. La premisa de estas imágenes era simple: en el primer

cuadro, una mujer enojada muestra una camisa sucia. El segundo cuadro muestra a la

mujer poniendo esta camiseta en una lavadora de carga y con un detergente Tide. Por

último, en el tercer cuadro,la misma mujer muestra felizmente la camisa ahora

limpia. ¿Qué podría salir mal con esta campaña? En este caso, el hecho de que los

países de lengua árabe, tanto en el texto y las imágenes leen de derecha a izquierda;

entonces en Arabia las imágenes de la campaña publicitaria Tide parecen indicar que

el detergente Tide ensucia la ropa.

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Cuando Gerber, una empresa estadunidense de productos para la infancia comenzó a

exportar sus productos a Africa, usó el mismo embalaje utilizado en los Estados

Unidos, que mostraba una foto de un niño sonriente. Sólo después de un tiempo se

descubrió que le habían dado un nuevo significado a la “comida para bebés”, desde

que en muchos países africanos, la imagen de la etiqueta muestra lo que hay dentro

del envase, ya que muchas personas no saben leer .

CONCLUSIÓN

En una situación de globalización del mercado como en la que nos encontramos hoy

en día, la elección de traducir o no traducir un anuncio se convierte en una estratégia

desde el punto de vista de la comercialización.

El traductor en este campo es de una importancia fundamental, ya que de él depende

el éxito de la campaña, él tiene que emocionar el destinatario del mensaje

encontrando soluciones que funcionen en el idioma de destino y no traducir el

mensaje originalde manera literal, ya que, como se ha visto, la traducción fiel no

existe, un anuncio no debe ser traducido, tiene que ser escrito. La traducción es

buena para un poema, donde la principal tarea del traductor es la de respetar el texto

original.

A diferencia de la literatura, en la publicidad lo que prevalece es el aspecto funcional

del mensaje que se transmite, es decir, vender el producto y mejorar sus

características. El propósito es mantener la función y no reproducir la forma. El

traductor se convierte así en el punto de encuentro entre diferentes culturas.

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