Sarcofago di Sidone, detto “di Alessandro”, fine IV sec. a...

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Testa di Atena, Terracotta dipinta, inizi del V sec.a. C. Olimpia, Museo Kore in marmo, fine VI sec. a. C., Atene, Museo dell’Acropoli

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Testa di Atena,

Terracotta dipinta,

inizi del V sec.a. C.

Olimpia, Museo

Kore in marmo, fine VI sec. a. C., Atene, Museo

dell’Acropoli

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Sarcofago di Sidone, detto “di Alessandro”, fine IV sec. a. C., Istanbul, Museo Archeologico

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Lastra di rivestimento del tempio di Atena a Siracusa con figura di Gorgone, 550-570 a. C., Siracusa, Museo

Archeologico Nazionale

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Vecchio Pescatore, detto “Seneca Morente”,

marmi, copia romana di un originale

ellenistico, Paris, Louvre

Minerva d’Orsay, alabastro e

marmo bianco, restauri del XVIII sec.,

Roma prima metà II d. C.,

Paris, Louvre

N. Cordier, Il Moro, 1600 ca., marmi e bronzo,

Versailles, Musée National

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Giovanni Pisano, Crocifisso, 1300 ca., Chiesa di San Nicola

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Donatello, Crocifisso, 1412 ca., legno policromo, Firenze, Santa Croce

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Donatello, Busto di Niccolò da Uzzano, terracotta policroma, 1432 ca. Firenze, Museo Nazionale del Bargello

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Donatello, Madonna col bambino, terracotta con intarsi in vetro, Parigi, Musée du Louvre

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Luca della Robbia, Madonna col bambino,

1450-60, Terracotta invetriata policroma,

Firenze, Museo di San Marco

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Giovanni Volpato, Centrotavola, particolare, 1786-1802

Biscuit, Bassano del Grappa, Museo Civico

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J. J. Winckelmann, Storia dell’Arte degli Antichi, 1764

Il colore contribuisce alla bellezza, ma non è la bellezza stessa, piuttosto la esalta in generale insieme alle sue

forme. […] Poiché però il colore bianco è quello che respinge la maggior parte dei raggi luminosi rendendosi

così più percettibile, un bel corpo sarà anche tanto più bello quanto più è bianco, anzi quando è nudo

sembrerà perciò più grande di quanto lo sia in realtà; vediamo anche che le figure da poco modellate nel

gesso si presentano più grandi delle statue che le hanno ispirate. Un negro potrebbe dirsi bello quando la

fisionomia del suo volto è bella, e un viaggiatore garantisce che una frequenza quotidiana con i negri toglie

ciò che è disgustoso nel loro colore e manifesta ciò che in loro è bello; allo stesso modo il colore del metallo

e del basalto nero o verdastro non danneggia la bellezza delle teste antiche. La bella testa femminile in

quest’ultimo tipo di pietra nella villa Albani non sembrerebbe più bella in marmo bianco; la testa di Scipione

il Vecchio nel palazzo Rospigliosi, in un basalto più scuro, è più bella delle altre sue tre teste in marmo. Le

suddette teste con altre statue in marmo neo, otterranno l’approvazione anche da parte dei profani che li

reputino statue. Si manifesta quindi in noi una conoscenza del bello anche quando esso si presenta sotto

un’insolita veste e con uno tra i colori sgradevoli della natura: la bellezza è quindi diversa dal piacere.

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Apollo del Belvedere,

copia romana di un originale

greco forse del II

sec. a. C., Musei Vaticani

Sir Joshua Reynolds,

Il principe Omai, 1776,

Coll. Privata

inglese

“Guardate il veloce indiano che insegue a piedi

un cervo: quanto rapidi divengono i suoi umori,

come agili e veloci divengono i suoi nervi e i

suoi muscoli, e come tutta la struttura del suo corpo

diviene leggera. Così Omero rappresenta i suoi eroi

e caratterizza il suo Achille soprattutto con

la velocità dei suoi piedi. I corpi acquistavano

grazie a questi esercizi quel grande e virile

contorno che gli artisti greci diedero alle loro statue,

contorno senza rigonfiamenti e superflua

pinguedine.”

J. J. Winckelmann, Gedanken, 1755

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Antonio Canova, Ebe, 1816-17, Forlì,

Pinacoteca Comunale

“I suoi nemici gli hanno rimproverato di aver utilizzato dei mezzi

artificiali e qualche risorsa di ciarlatanesimo per far acquistare ai

suoi marmi un colore più armonioso, e conferire più morbidezza

alle sue carni. Il più potente charme di cui abbia fatto uso era il

segreto del suo cesello; dei suoi altri mezzi, non faceva mai

Mistero. Si sa che per prestare alle sue opere recenti questa tinta

favorevole dell’antichità egli impiegava un encausto si cui ha

rivestito alcune delle sue statue. Si pensa che l’Apollo, la Venere,

l’Antinoo antico hanno ricevuto un tempo una preparazione:

vari scrittori tra cui Plinio, ci hanno assicurato che Prassitele

affidava a Nicia la cura di conferire alle sue opere un’unità di

colore più piacevole e dolce. Fidia ha impiegato l’avorio e l’oro:

chi ha mai pensato di accusarlo di ciò?”

H. de Latouche, Oeuvre de Canova, Paris 1825, p. 18.

“L’abitudine d’introdurre sia dei colori che delle materie

diverse nelle statue, è un’abitudine favorita nell’antichità”

A. C. Quatremère de Quincy, Beaux-Arts, in “Moniteur

Universel”, 1808

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A. Canova, Ebe, 1800-5, San Pietroburgo,

Ermitange

Spirar qui ogni pupilla crede

E la gonna investir che frettolosa

Si spiega ondeggiando e indietro riede;

E natura, onde legge ebbe ogni cosa

Che pietra e moto in un congiunti vede

Per un istante sì riman petrosa

I. Pindemonte

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A. Canova, Maddalena Penitente,

1809, San Pietroburgo, Ermitage

Lettera di Saverio Scrofani Siciliano ad

Ennio Quirino Visconti sopra la

Maddalena, statua del cav. Antonio

Canova, Parigi 1809

Secondo Scrofani la Maddalena è colta

"in quel passaggio ch'è tra la vita e la

morte”: "che se gli occhi languidi,

l'estremità delle dita, e un certo

movimento sparso per tutto il corpo, non

indicassero albergare

tuttavia in essa un leggero

alito di vita, la credereste estinta".

“Da ciò cresce l'ansia e conseguentemente

la pietosa dilettanza in chi l'osserva” -

“ Quale ingegno proporzionato a sì

grande artifizio non fu dunque quello di

questo artefice, nello scegliere per la sua

statua quel momento dell'azione che sì

maravigliosamente contrasta tra il corpo,

e lo spirito, tra il morale ed il fisico,

tra la bellezza ed il dolore!Azione che

tenendo il mezzo tra le due enunziate,

anzi che disgustevole ammirarsi come

in freddo cadavere, eccita un grato

commovimento, né passeggiero ma

continuo; avvegnaché sebbene osservisi

la Maddalena gemente pe' rimorsi

delle sue colpe, non però vedesi disperata

del perdono”

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Fasi della tecnica esecutiva canoviana:

I) Schizzi (disegni)

II)Bozzetti in terracotta

III)Modello in creta della stessa grandezza della

statua finale

IV) Traduzione in gesso del modello in creta

V)Traduzione in marmo: 1) sbozzatura

2) “esecuzione sublime”

3) patinatura del marmo

con cera o acqua di rota

Fasi realizzate

da Canova

Fasi eseguite

dai collaboratori

Fasi realizzate

da Canova

“invenzione” e “disposizione”

Adesione ai dati sensoriali ed

emotivi

Immediatezza dell’ispirazione

III) Idealizzazione

IV) Fase prettamente

tecnica

V.1) Fase tecnica

V.2) Ulteriore

sublimazione

V.3)“Patina” di natura

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“L’ultima mano…forma il più

interessante dell’arte e

precisamente ciò che spinge l’opera

al suo più squisito perfezionamento,

segnando l’ultima linea

impercettibile che in questa estrema

superficie sublimamente nasconde

il più alto magistero, e dopo la

bontà del concetto forma la vera

eccellenza del lavoro”

L. Cicognara, Storia della scultura,

1817

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A. Canova, Amore e Psiche,1793-4, Paris, Musée du Louvre

A. Canova, Due figure avvinghiate, Venezia, Museo Correr

“Il bozzetto dà le cose nel senso, la statua

le dà come sono nel pensiero; ma per

Canova…nulla può essere nel pensiero che

prima non sia stato nel senso”

C. G. Argan, L’arte moderna, 1970.

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Frontespizio del Jupiter Olympien di A. C. Quatremère de Quincy, 1814, incisione acquarellata, Paris, Bibliothèque

Nationale de France

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A. C. Quatremère de Quincy, Jupiter

Olympien, 1814

Appena la passione delle scoperte nel

campo dell’antichità divenne la mia

preferita e dominante, mi fu impossibile,

come ho detto, non cercare, nel più grande

numero delle sculture in marmo, altro che

le opere della statuaria o scultura in

bronzo, che aveva goduto di una così

grande importanza nei bei giorni dell’arte

greca.

Ma ben presto la medesima inclinazione

mi condusse verso la ricerca di quell’altro

genere di scultura, di cui tutti i pezzi

antichi, sia quelli che restano, sia quelli

che si potranno scoprire, non sapranno mai

né restituirci, né farci sperare il benché

minimo equivalente. Parlo di quei grandi e

meravigliosi lavori di toreutica, di quelle

prodigiose opere della scultura

crisoelefantina, di quelle statue e colossi

composti dalla riunione dell’avorio e

dell’oro, e delle più ricche materie con le

quali un genio tutto particolare

d’imitazione s’era compiaciuto a formare

le immagini della Divinità. Non si saprebbero percorrere con Pausania

le contrade e le città della Grecia, senza

essere fermati continuamente da qualcuna

di queste meraviglie sconosciute ai nostri

occhi, e totalmente estranee al nostro

gusto. La scultura in marmo e in bronzo

non offre niente che possa farci supporre il

genere e l’effetto particolare di quest’altra

specie di scultura. Ci si era serviti di tutte

le materie preziose che offrisse la natura,

le sostanze più ricche erano state messe a

disposizione, le combinazioni più variate

di tutti i generi d’arte e d’ornamento

s’erano riunite sotto la mano sapiente dei

più grandi maestri per produrre, insieme ad

accessori degni,

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[

questi sorprendenti simulacri che

fecero la gloria dei santuari di

Atene, Argo, Epidauro, Olimpia

etc., e sembrano ancor oggi, tra le

descrizioni delle opere d’arte

antica, brillare su di essi, come

costellazioni luminose tra il popolo

delle stelle.

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Charles Garnier, Tempio di Giove Panellenico a Egina, sezione

Longitudinale restaurata, 1852-3, acquarello, Paris École Nationale

supérieure des beaux-arts

Pierre-Charles Simart, Athena Parthenos, 1855,

avorio, marmo, bronzo argentato e dorato,

Castello di Dampierre

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Nicolas Louis François Gosse, L’Esclavage affranchi

ou Liberté, Egalité, Fraternité, olio su tela, Beauvais,

Musée Départemental de l’OIse

Charles Cordier, Aimez-vous les unes les autres,

1867, marmo nero, giallo, bianco

Nel 1848 Cordier comincia a esporre busti di africani

27 aprile 1848 Abolizione della schiavitù in Francia

“Il mio genere aveva la novità di un soggetto nuovo, la rivolta contro la

schiavitù, l’antropologia alla sua nascita” C. Cordier, Memoires et notes écrites

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Affiche pubblicitario della

esibizione di Achantis al Jardin

Zoologique d’Acclimatation

a Parigi, 1895, Paris, Musée

de la Publicité

Ricostruzione di un villaggio africano all’Esposizione universale del 1889

a Parigi, fotografia, Paris, Archives Nationales

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J.P. Potteau, Kadour, 30 anni,

padre turco, madre sudanese

di Tombouctou, 1862, foto

stampata su carta albumina,

Paris, Musée du quai Branly

Seïd Enkess, 1847, gesso patinato, calco su natura,

Paris, Musée de l’homme

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Charles Cordier, Negro del Sudan, 1856, bronzo dorato

ossidato e marmo onice, Paris, Musée d’Orsay

“Perché il bello non è proprio di una razza privilegiata; ho

immesso nel mondo l’idea dell’ubiquità del bello. Ogni razza

ha una sua bellezza che differisce da quella delle altre razze.

Il più bel negro non è quello che ci assomiglia di più; non è

neppure colui che presenta al grado più alto i caratteri che

distinguono la sua razza dalla nostra. E’ colui che riunisce in

sé delle forme, dei tratti e una fisionomia in cui si

riflettono in equilibrio armonico, i caratteri essenziali, morali,

e intellettuali della razza etiopica” C. Cordier, 1862

“Utilizzavo il marmo di Paro, le onici …, gli smalti su rame,

l’argento, l’oro come i Greci e nel Medioevo” C. Cordier,

Memoires et notes écrites

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1827 Nasce a Cambrai

1844 Si trasferisce a Parigi

Frequenta l’École Royale spéciale du dessin

1846 Entra all’École des Beaux-Arts e nell’atelier di François Rude

1848 Conosce nell’atelier di Rude Seïd Enkess e ne fa un ritratto

Espone il ritratto di un nero del Dafour: Comincia la sua attività etnografica

1853 Espone le sue prime sculture policrome, una coppia di cinesi in smalto e bronzo, firmandosi “Cordier

sculpsit et pinxit”

1854 Domanda al ministro incaricato delle belle Arti di concedergli una missione in Algeria per studiare

“i differenti tipi umani”: ne porterà “una bella collezione di busti che susciteranno all’Esposizione Universale

un effetto pittoresco e interessante. Questa galleria sarà la prima che sia stata eseguita in Europa”

1856 aprile-ottobre: Missione in Algeria

1857 Espone al Salon 18 busti di cui 12 sono

studi di Algerini: per la prima volta associa

materiali diversi

1858 SI associa al fotografo Charles Marville per

creare un album fotografico delle sue sculture

1858 Aprile-Dicembre Missione in Grecia

1860 La galleria etnografica di Cordier viene esposta nel

quadro di un’esposizione di prodotti algerini al

Palazzo dell’Industria. La Galleria verrà esposta

l’anno seguente a Londra

1866 Missione in Egitto

1868 Seconda missione in Egitto

1890-1905 Algeri

Cordier ad Algeri 1905, foto, collezione

privata

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Charles Cordier, Negra delle Colonie, 1856,

Paris, Musée d’Orsay, Bronzo argentato

ossidato, bronzo dorato, marmo onice

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Charles Cordier, Ebrea d’Algeri, bronzo,

bronzo smaltato, doratura e marmo-onice,

Troyes, Musée des Beaux-Arts

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C. Cordier, Fanciulla dei dintorni di Roma, 1858, Marmo

dipinto, collezione privata

C. Cordier, Donna araba, 1862

Bronzo argentato e marmo-

onice, Fontainebleau,

Musée National du château

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François Guizot, Essai sur les limites qui séparent et les liens qui unissent les

Beaux-Arts, 1816

-Contro i pittori che imitano gli scultori

-seguace di Winckelmann per la scultura, colorista per la pittura: separazione delle

due arti.

-riflessione sulla specificità delle arti senza alcun fine gerarchico cfr. Invece De Piles

Guizot

« Da parecchi secoli, si è stabilita nella storia

dell’arte una separazione sempre più marcata di

poteri: ci sono dei soggetti che appartengono

alla pittura, altri alla musica, altri alla

letteratura. E’ per una fatalità dei periodi di

decadenza che oggi ogni arte manifesta il

desiderio di sconfinare nell’arte vicina e che i

pittori introducono delle gamme musicali nella

pittura, gli scultori del colore nella scultura, i

letterati dei mezzi plastici in letteratura, e altri

artisti, quelli i cui dobbiamo occuparci oggi,

una sorta di filosofia enciclopedica nella stessa

arte plastica ».

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Guizot

Nell’Ottocento: in Baudelaire,

Zola, Goncourt, Huysmans, Thoré

Scultura-tatto-disegno-antico

Pittura-vista-colore-moderno

Percezione della scultura come arte

che appartiene ormai al passato,

arte morta, idea autorizzata in

qualche modo dall’elogio funebre

dell’antico con cui si

conclude la Storia dell’Arte di

Winckelmann

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Baudelaire

Salon 1846

Visione negativa della scultura, non

solo quella del suo tempo ma in

generale: è un “art de Caraibes”,

un’arte primitiva.

Salon 1856

“Role divin de la sculpture”, in riferimento

a quella egizia, greca, Michelangelo fino al

Settecento.

Invece ai suoi tempi la scultura ha perso

questo ruolo “il fine divino è quasi sempre

misconosciuto, e il grazioso, il minuzioso,

sostituiti al grande con compiacimento”

“Arte singolare, che affonda nelle tenebre

del tempo, e che già nelle età primitive

prodiceva opere tali da destare poi lo

stupore dell’uomo moderno”.

Scultura come arte sublime e immemoriale, che ispira il

senso dell’immortalità

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XVII - La Beauté

Je suis belle, ô mortels! comme un rêve de

pierre,

Et mon sein, où chacun s'est meurtri tour à

tour,

Est fait pour inspirer au poète un amour

Eternel et muet ainsi que la matière.

Je trône dans l'azur comme un sphinx

incompris;

J'unis un cœur de neige à la blancheur des

cygnes;

Je hais le mouvement qui déplace les lignes,

Et jamais je ne pleure et jamais je ne ris.

Les poètes, devant mes grandes attitudes,

Que j'ai l'air d'emprunter aux plus fiers

monuments,

Consumeront leurs jours en d'austères études;

Car j'ai, pour fasciner ces dociles amants,

De purs miroirs qui font toutes choses plus

belles:

Mes yeux, mes larges yeux aux clartés

éternelles!

Baudelaire, Les fleurs du mal, 1857

Bellezza ideale come statua che

ispira eternità e senso di morte:

visione winckelmanniana della

scultura