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ISSN 1122-0147 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ARBITRATO Pubblicazione trimestrale Anno XX - N. 3/2010 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) RIVISTA DELL’ARBITRATO © Copyright - Giuffrè Editore

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ISSN 1122-0147

ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

Pubblicazione trimestraleAnno XX - N. 3/2010Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATOPubblicazione trimestraleAnno XX - N. 3/2010Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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INDICE

DOTTRINA

LAURA SALVANESCHI, Le domande di arbitrato anomale e i loro effetti ...... 415PIERO BERNARDINI, Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri in Ita-

lia ........................................................................................................ 429ANDREA ATTERITANO, Anti-suit injunctions in ambito arbitrale: provvedi-

menti illeciti o semplicemente odiosi? ............................................... 441

GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) Italiana

Sentenze annotate:

Cass. Sez. un. 6 settembre 2010, n. 19047, con nota di C. SANTINI, Rego-lamento di competenza avverso la pronuncia del giudice sullaexceptio compromissi e procedimenti pendenti ................................. 463

Trib. Genova 2 novembre 2009, con nota di M. PIAZZA, Sull’applicabilitaall’arbitrato irrituale societario derivante da clausola statutariadella normativa speciale prevista dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 . 481

II) Straniera

Sentenze annotate:

Germania - Bundersgerichtshof 5 febbraio 2009, con nota di E. D’ALES-SANDRO, Ancora sui rapporti tra arbitrato, Convenzione di Bruxellesdel 1968 e Reg. n. 44/2001, alla luce delle ultime proposte di mo-difica .................................................................................................... 493

RASSEGNE E COMMENTI

FRANCESCO CAMPIONE, Il punto sull’arbitrato sportivo ................................ 509

DOCUMENTI E NOTIZIE

La riforma francese dell’arbitrato ............................................................. 533

III

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Proposte di modifica del Regolamento (CE) 44/2001 e arbitrato [AndreaAtteritano] ........................................................................................... 547

La scomparsa di Edoardo Ricci [Laura Salvaneschi] ............................... 561

IV

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DOTTRINA

Le domande di arbitrato anomalee i loro effetti

LAURA SALVANESCHI (*)

1. Domande arbitrali a struttura anomala. — 2. La domanda di arbitrato am-ministrato e le previsioni di alcuni regolamenti arbitrali. — 3. La pendenzadella domanda di arbitrato amministrato. — 4. La domanda di arbitrato am-ministrato e le formalita da compiersi entro un dato termine. — 5. Gli altrieffetti della domanda di arbitrato amministrato. — 6. La domanda di arbitratosocietario.

1. Per domande di arbitrato anomale intendo, ai fini di questoscritto, le domande di arbitrato che, per legge o sulla base di un Re-golamento arbitrale, introducono il giudizio arbitrale seguendo unoschema diverso da quello delineato dal legislatore con riferimentoall’arbitrato ad hoc.

E ormai materia risalente nel tempo l’equiparazione, avvenutacon Legge n. 25/1994 e sul punto non modificata dalla piu recentenovellazione della disciplina dell’arbitrato, tra domanda di arbitratoe domanda giudiziale con riferimento alla capacita della prima diprodurre quegli stessi effetti sostanziali e processuali che sono tipicidell’atto introduttivo del giudizio ordinario, o almeno quelli espres-samente regolati dalla legge. La produzione degli effetti in questionee stata tuttavia collegata dal legislatore alla formulazione di un attopiu complesso di quello, piu essenziale, ancor oggi regolato dall’art.810 c.p.c., che, per dare avvio al procedimento arbitrale, richiede lasemplice notifica di un atto scritto contenente la designazione del-l’arbitro di parte e l’invito alla controparte a designare il proprio. Ladomanda di arbitrato capace di essere trascritta e di incidere sulla

(*) Professore ordinario nell’Universita Statale di Milano.

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prescrizione ai sensi di legge, nonche di salvaguardare l’efficacia diuna misura cautelare, deve infatti essere redatta secondo uno schemaformale tipico che richiede la compresenza di tre requisiti: la dichia-razione della parte istante della propria intenzione di promuovere ilprocedimento arbitrale; la proposizione della domanda e la nominadegli arbitri, per quanto quest’ultima attivita spetti alla parte.

Tanta acqua e passata da allora sotto i ponti e nell’ultimo de-cennio si e andato sempre piu affermando l’uso di introdurre il giu-dizio arbitrale con « Domanda di arbitrato », con un atto cioe che,pur non essendo l’omologo dell’atto di citazione (1), contiene tutta-via l’esplicazione dell’oggetto del giudizio e delle sue ragioni; esempre meno utilizzato invece lo scarno « Atto di nomina di arbi-tro », col quale si procedeva un tempo a iniziare l’arbitrato sullascorta delle sole indicazioni essenziali contenute nell’art. 810 c.p.c.Probabilmente le modifiche che si notano nella prassi dipendonodalla consapevolezza che solo a un atto che contenga sufficienti in-dicazioni del tema del contendere e riconnessa la produzione deglieffetti regolati dalla legge, la cui verificazione deve altrimenti atten-dere momenti successivi dell’iter procedimentale di cui si componel’arbitrato.

Se tutto cio appare in larga parte acquisito con riferimento al-l’arbitrato ad hoc, le problematiche degli effetti delle domande di ar-bitrato che abbiano forma anomala e non rispettino lo schema raffor-zato precedentemente descritto sono invece meno analizzate. Esi-stono infatti domande di arbitrato il cui modello strutturale e infor-mato a canoni diversi da quelli allora indicati dal legislatore del 1994la cui disciplina non appare immediatamente riconducibile a quellatipica allora introdotta. Mi riferisco, in particolare, ad almeno due ti-pologie di domande arbitrali che, pur tra loro profondamente diverse,sono accomunate dalla caratteristica di discostarsi strutturalmentedalla domanda qualificata di arbitrato precedentemente descritta (2).

(1) Cfr. Cass. 19 febbraio 2003, n. 1972 per la quale « In tema di giudizio arbitrale,l’atto introduttivo del relativo procedimento puo ritenersi soggetto alle disposizioni di cui al-l’art. 163 c.p.c. — dettate in tema di citazione dinanzi al giudice ordinario — soltanto nel-l’ipotesi in cui le parti o gli arbitri abbiano disposto che il procedimento stesso si svolga se-condo la disciplina del processo ordinario, sicche, in mancanza di regole procedimentalistabilite dalle parti o dagli arbitri a pena di nullita, puo denunciarsi l’invalidita del lodosoltanto se la formulazione dei quesiti, oggetto di giudizio, sia stata effettuata senza rispet-tare il principio del contraddittorio ».

(2) Mantengo la denominazione che alla domanda in questione ho dato successiva-

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La prima di esse e la domanda arbitrale introduttiva di un procedi-mento amministrato, qualora il Regolamento che la disciplina pre-veda che essa vada depositata presso una Istituzione prima di essereresa nota alla controparte; la seconda e la domanda di arbitrato concui inizia il giudizio arbitrale societario che, salvato dalla recentemannaia che ha abrogato il parallelo rito davanti al giudice ordina-rio, continua a prescrivere una forma introduttiva del giudizio arbi-trale che si compone sia di un atto notificato alla controparte secondolo schema tipico degli artt. 806 s. c.p.c., che di un diverso atto, ri-volto invece al soggetto terzo appositamente preposto alla nominadegli arbitri, idoneo a stimolare la formazione del collegio.

In entrambi i casi siamo di fronte a domande arbitrali che si di-scostano dal modello disciplinato dal codice di rito e rispetto allequali non vi e, almeno in genere, una specifica disciplina relativa allemodalita di produzione degli effetti sostanziali e processuali che nederivano. Nonostante cio, almeno quando si tratti di forme di arbi-trato rituale, non puo negarsi a queste domande atipiche la capacitadi produrre quegli stessi effetti che sono connessi all’atto introduttivodi un arbitrato ad hoc quando sia dotato dei tre specifici requisitiformali precedentemente richiamati. Infatti, le norme che ricolleganoanche alla domanda di arbitrato specifici effetti tipici di quella giu-diziale non si riferiscono al solo arbitrato disciplinato dagli artt. 806ss. c.p.c., ma a tutte le ipotesi in cui la controversia sia oggetto dicompromesso o di clausola compromissoria. Non per niente, lenorme in questione non sono contenute nel titolo VIII del libroquarto del codice di procedura civile, ma nelle disposizioni generaliche disciplinano ogni singolo effetto della domanda che il legislatoreha voluto estendere al procedimento arbitrale (3).

Se deve allora ritenersi pacifico che anche le domande introdut-tive di arbitrati amministrati, salvo specifiche disposizioni regola-mentari, e quelle volte ad iniziare un arbitrato societario, se dotate diparticolari caratteristiche formali, siano capaci di produrre gli effettisostanziali e processuali regolati dalla legge, e necessario individuarequando e come gli effetti in questione si producano.

mente alla introduzione della Legge n. 25/1994, con riferimento alla domanda di arbitratoproduttiva di effetti specifici regolati dalla legge stessa, con modificazione delle norme so-stanziali e processuali di riferimento. Cfr. per riferimenti piu specifici il mio scritto, La do-manda di arbitrato, in Riv. dir. proc., 1995, 645 s.

(3) E cioe negli artt. 669-octies c.p.c., 2652, 2653, 2690, 2691, 2943 e 2945 c.c.

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2. Venendo agli atti introduttivi degli arbitrati amministratisecondo un Regolamento che preveda come forma propulsiva delprocedimento il deposito della domanda presso un’Istituzione arbi-trale, in luogo della notificazione alla controparte, va rilevato che sitratta di un fenomeno non certo marginale, ma, anzi, della preponde-ranza delle situazioni regolamentate.

Si pensi, per fare riferimento alla piu nota forma di arbitratoamministrato a livello internazionale, all’art. 4 del Regolamentodella ICC che dispone che « Chiunque desideri ricorrere all’arbitratodisciplinato dal presente Regolamento deve indirizzare la propriadomanda di arbitrato (la “domanda”) al Segretariato, che notifica al-l’attore e al convenuto l’avvenuta ricezione della domanda e la datadi tale ricezione ». Solo dopo aver ricevuto tale domanda, la cui datadi ricezione da parte del Segretariato « costituisce a tutti gli effetti ladata d’inizio del procedimento arbitrale » e dopo averne notificato ilpredetto avviso di ricevimento, il Segretariato provvede ad inviarecopia alla controparte, assieme ai documenti depositati. Si trattaquindi di un sistema regolamentare che disciplina esplicitamente ladata di inizio del procedimento arbitrale a tutti gli effetti connessicon tale inizio, ricollegandola alla ricezione della domanda da partedell’organo a cio preposto, con previsione esplicita di conoscenzadella domanda arbitrale da parte del convenuto solo successiva-mente.

In modo simile a quello ora descritto, anche il RegolamentoSvizzero d’arbitrato internazionale unificato, adottato nel gennaio2006 al fine di ridurre ad unita i precedenti plurimi Regolamentidelle singole Camere elvetiche, dispone all’art. 3 che « La parte cheinizia l’arbitrato deposita una richiesta d’arbitrato presso le Ca-mere ». Anche in questo caso si considera che il procedimento abbia« inizio alla data in cui le Camere ricevono la richiesta di arbitrato »,mentre il convenuto ha notizia della pendenza del procedimento adopera delle Camere stesse, tenute a trasmettergli immediatamenteuna copia della richiesta d’arbitrato e dei documenti ivi allegati.

Sul piano interno, il Regolamento della Camera arbitrale nazio-nale e internazionale di Milano, nella sua ultima formulazione in vi-gore dal 1o gennaio 2010, contiene una disciplina maggiormentecomplessa. Nella sostanza, infatti, anche il Regolamento in questioneprevede al suo art. 9 che la domanda di arbitrato sia depositatapresso la Segreteria Generale e che sia poi la stessa Segreteria, neltermine di cinque giorni lavorativi dalla data del deposito, a trasmet-

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tere la domanda di arbitrato al convenuto. Evidentemente pero, an-che in considerazione delle problematiche che sono ora oggetto diriflessione, il Regolamento in questione aggiunge tuttavia che « L’at-tore puo anche trasmettere direttamente la domanda di arbitrato alconvenuto, fermo restando il deposito della domanda stessa presso laSegreteria Generale, che ne cura in ogni caso la trasmissione al finedella decorrenza dei termini regolamentari ».

Un sistema parzialmente diverso e quello adottato nei suoi Re-golamenti dall’AIA, ove e previsto che la domanda di arbitrato, coni documenti ad essa allegati, venga trasmessa dalla parte istante siaalla Segreteria che direttamente alla controparte, mentre non vi e al-cuna specificazione in ordine al momento della produzione degli ef-fetti dell’atto introduttivo.

Si tratta, evidentemente, di un coacervo di discipline su cui oc-corre fare qualche riflessione al fine di individuare quale sia il mo-mento, oppure i plurimi momenti, da cui decorrono i singoli effettidella domanda arbitrale, laddove ovviamente non vi siano disposi-zioni regolamentari specifiche.

3. La convinzione ormai generalizzata (4) che la pendenza diun arbitrato ad hoc si determini con la notificazione alla contropartedella domanda dotata dei crismi formali introdotti nel 1994 non eevidentemente applicabile in modo automatico all’arbitrato ammini-strato. Infatti, il sommario esame effettuato di alcuni Regolamentiarbitrali chiarisce che l’avvio del procedimento puo, in questo caso,essere regolato in modo non solo diverso da quello proprio dell’ar-bitrato ad hoc, ma anche in modo eterogeneo. Inutile dire che, inogni caso, ove la pendenza del procedimento sia disciplinata da ap-posite norme regolamentari e a queste ultime che occorre fare riferi-mento, posto che le parti hanno in proposito effettuato una scelta.Quindi, laddove il Regolamento arbitrale sancisca espressamente ildecorso della pendenza della lite fin dal momento della ricezionedella domanda da parte della Istituzione, come fanno i Regolamentiprecedentemente richiamati della ICC e delle Camere svizzere, la

(4) Cfr. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino, 2010, 97; BORGHESI, subart. 1, 25 e 26 Legge 5 gennaio 1994, n. 25, in Arbitrato, a cura di F. Carpi, Bologna, 2007,312. s.. In giurisprudenza cfr. tra tante Cass. 25 luglio 2002, n. 10922; Cass. 28 maggio 2003,n. 8532; Cass. 12 dicembre 2003, n. 19025.

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norma regolamentare si sovrappone in quanto tale ad ogni altra pos-sibile considerazione.

Quando pero non vi sia alcuna norma regolamentare che disci-plini il momento di pendenza dell’arbitrato, per una sua determina-zione si apre l’alternativa, tipica dei giudizi ordinari caratterizzati dauna fase iniziale che prevede il deposito dell’atto introduttivo primadella sua notifica, di ricondurre la pendenza stessa alla ricezione adopera dell’organo competente della domanda di arbitrato, oppure allaavvenuta conoscenza della domanda in questione da parte del con-venuto.

A risolvere il quesito non puo valere una soluzione astratta.Con riferimento ad un modello arbitrale la cui fase introduttiva sicompone di elementi complessi, in cui gli oneri delle parti si intrec-ciano con quelli dell’Istituzione, non puo infatti essere messo indubbio che con il deposito del ricorso si instauri per lo meno la fasecostitutiva dell’arbitrato amministrato, poiche dal deposito dell’attointroduttivo presso l’Istituzione sorge il dovere degli organi a ciopreposti di farsi carico dell’espletamento degli oneri regolamentariche conseguono alla ricezione dell’atto con cui la parte promuovel’arbitrato. Tuttavia, alla conoscenza dell’atto introduttivo da partedel convenuto non puo sicuramente togliersi ogni rilevanza, ma as-sumera specifica importanza a seconda dell’effetto che si vogliaprendere in considerazione.

Dovra allora in primo luogo escludersi ogni rilievo alla ricercadel momento di pendenza di un procedimento arbitrale amministratoai fini e per gli effetti della litispendenza, intesa nel senso patologicodi pendenza contemporanea di due giudizi uguali di cui all’art. 39c.p.c. Non e infatti possibile che quando l’arbitrato e presieduto dalcontrollo di una Istituzione, cui deve comunque pervenire la do-manda introduttiva del giudizio arbitrale, si verifichi la situazione dilitispendenza richiamata, che presuppone per definizione la possibi-lita di presentazione della domanda a almeno due organi diversi. Difronte ad un unico organismo che amministra l’arbitrato lo stesso at-tore non sara infatti mai indotto a radicare due volte la stessa azionealla ricerca del risultato migliore e, se lo facesse, la Camera ricon-durrebbe comunque il procedimento ad unita prima della formazionedel collegio arbitrale; allo stesso modo, qualora fossero le due particontendenti a depositare autonomi atti introduttivi uguali e contrari,la circostanza che vi sia un unico organismo che regolamenta la pro-cedura consentira in ogni caso di far sı che i due arbitri nominati

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dalle parti divengano componenti di un unico collegio arbitrale,senza che vi sia alcuna duplicazione dell’azione.

La data di pendenza di un procedimento arbitrale amministratorileva allora solo con riferimento ad altri fenomeni, diversi da quellodella prevenzione. Si pensi ad esempio all’ipotesi in cui in assenzadi specifiche disposizioni regolamentari, le parti recepissero nel pattoarbitrale (5) norme tipiche dell’arbitrato ad hoc come l’art. 819-ter,ult. comma, c.p.c., o altre disposizioni che presuppongono per la loroapplicazione l’individuazione del momento di pendenza dell’arbi-trato. Con riferimento a queste situazioni — che in relazione all’ar-bitrato ad hoc credo vadano risolte nel senso di conferire alla noti-fica della domanda qualificata di arbitrato la capacita di generare lapendenza della lite — la normale dicotomia tra deposito della do-manda presso l’Istituzione e sua successiva notifica, che caratterizzain genere l’arbitrato amministrato, puo creare piu di un dubbio. L’art.819-ter c.p.c. tende infatti a realizzare nei rapporti tra arbitri e giu-dice il principio c.d. del doppio binario, al fine di evitare interferenzetra i due giudizi ribadisce inoltre il principio della signoria degli ar-bitri in tema di valutazione del loro potere decisorio. E in questaprospettiva dunque che la norma da ultimo richiamata consente ilsindacato del giudice ordinario sulla validita e sull’efficacia dellaconvenzione di arbitrato solo fino a quando il relativo procedimentonon sia iniziato, momento dal quale la competenza degli arbitri inmateria diviene sovrana. Se un tale problema dovesse porsi con rife-rimento all’arbitrato amministrato, sarei propensa a ritenere che l’ap-plicazione di una regola quale quella prevista dall’art. 819-ter, ult.comma, c.p.c. in questa sede, debba portare a ritenere preclusal’azione giudiziale avente ad oggetto la validita o l’efficacia dellaconvenzione di arbitrato fin dal momento del deposito della domandaintroduttiva del procedimento davanti alla Istituzione che ne presiedel’andamento. E in questo momento infatti che si mette in moto ilmeccanismo che attribuisce agli arbitri il potere di decidere su quellache e la fonte del loro potere di decidere la lite ed e a questo mo-mento quindi che deve essere ricollegata la preclusione a iniziareun’azione giurisdizionale avente ad oggetto una questione la cui de-cisione spetta ora solo al costituendo collegio arbitrale.

(5) Capace comunque di prevalere sulle disposizioni regolamentari ai sensi dell’art.832, comma 2, c.p.c.

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4. La fattispecie dotata di maggior criticita e tuttavia quella incui la proposizione della domanda di arbitrato sia funzionale anchealla salvezza di un termine, come puo accadere quando vi sia unprovvedimento cautelare concesso ante causam e il giudizio di me-rito sia deferito ad arbitrato amministrato. Quando il compito propul-sivo dello scambio delle memorie iniziali sia lasciato all’Istituzionepreposta alla regolamentazione dell’arbitrato, previo deposito pressola Segreteria della stessa dell’atto introduttivo ad opera della parteche intende promuovere l’arbitrato e evidente che sfugge al poteredella parte il controllo del momento in cui l’atto iniziale del giudizioviene notificato o comunicato alla controparte e sfugge con questoalla parte stessa anche la possibilita di ogni controllo sul rispetto deltermine per l’inizio del giudizio di merito di cui all’art. 669-octiesc.p.c.

La scarna giurisprudenza edita e orientata nel senso che nel ter-mine per l’inizio del giudizio di merito e essenziale la notifica delladomanda di arbitrato amministrato alla controparte (6), con conse-guente declaratoria di inefficacia della misura cautelare ottenuta antecausam quando la domanda stessa sia stata solo depositata, pressol’Istituzione, pur secondo le indicazioni del Regolamento prescelto.Questa soluzione non puo essere condivisa, in quanto quando e ingioco la perdita di un termine non puo valere altro principio chequello per cui la decadenza consegue al compimento delle attivitavolitive della parte che rientrano nella sua sfera di controllo (7), men-tre la decadenza stessa non puo derivare da elementi quali la notifica,quando la sua data costituisca una variabile dipendente dall’Istitu-zione e non dall’attivita della parte onerata del rispetto del terminein questione.

Ove il Regolamento arbitrale preveda espressamente che l’ini-zio del procedimento e ricollegato al deposito della domanda intro-

(6) Cfr. Trib Milano, 13 marzo 1997, n. 2865, in Corr. giur., 1998, 819, con notaadesiva di G. AVINO.

(7) E noto che tale soluzione e quella da tempo invalsa con riferimento al rispettodel termine perentorio per i giudizi di impugnazione che iniziano con ricorso per i quali cfr.Cass., Sez. un. 29 luglio 1996, n. 6841; Cass. 8 maggio 2003, n. 7032; Cass. 17 maggio2002, n. 7219; Cass. 18 giugno 2001, n. 8248 con riferimento al rito del lavoro; Cass. 13 set-tembre 2002, n. 13423 con riferimento ai procedimenti di separazione e divorzio. Allo stessomodo il solo deposito del ricorso e stato ritenuto idoneo al rispetto del termine annuale di cuiall’art. 1168 c.c., cfr. Cass. 3 aprile 2003, n. 5154. In tema di rapporto tra tutela cautelare eprocedimento di merito iniziato con ricorso Cfr. Pretura Saluzzo, 4 marzo 1996, in Giur. it.,1997, I, 2, c. 186 con nota di E. DALMOTTO.

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duttiva presso l’organo preposto non vi e dunque ragione per disco-starsi dalla regola per cui, esaurendosi gli oneri della parte con taledeposito, l’inizio del procedimento arbitrale, che si determina contale deposito, vale anche a salvaguardare il rispetto del termine di cuiall’art. 669-octies, comma 5, c.p.c. La domanda di arbitrato deposi-tata ha infatti tutti i requisiti necessari per ritenere la causa di meritoiniziata, posto che contiene in genere gli elementi tipici della do-manda giudiziale, il suo deposito e di per se indice dell’intenzione didare vita al procedimento arbitrale e contiene anche la nomina del-l’arbitro designato dalla parte qualora questa attivita competa allaparte stessa. Il deposito presso l’organo preposto dall’Istituzione aricevere l’atto in questione da quindi impulso al procedimento, men-tre a mancare e il solo provvedimento di notifica che non competealla parte, ma a un organo terzo il cui ritardo non puo essere impu-tato alle parti.

Ove il Regolamento arbitrale non ricolleghi invece espressa-mente al deposito della domanda introduttiva l’effetto dell’inizio delgiudizio arbitrale, la stessa soluzione puo apparire meno immediata,ma la sua validita resta ancorata al principio per cui una decadenzaposta a carico di una parte non puo derivare dal compimento di for-malita che non competono alla parte, ma a un terzo. Quando l’ordi-namento richiede che un determinato atto sia compiuto entro un datotermine, la finalita che viene perseguita non e la conoscenza delcompimento dell’atto stesso ad opera della controparte, ma lo svol-gimento in termini delle attivita che competono a chi e onerato dellatempestiva attuazione del comportamento richiesto, come dimostranon solo la richiamata elaborazione giurisprudenziale concernente latempestivita delle impugnazioni che vanno proposte con ricorso, maanche la nota presa di posizione della Consulta in tema di notifica-zioni (8), ove l’attivita di cui viene onerato il notificante nei terminiprescritti a pena di decadenza e esclusivamente quella che e rimessaal suo controllo, a prescindere dalla conoscenza che nello stesso ter-mine ne abbia la controparte.

Solo ove il Regolamento arbitrale preveda la notifica della do-manda introduttiva ad opera della parte, la soluzione dovra esseremodificata, posto che in questo caso la notifica stessa diventa uno

(8) Cfr. Corte cost. 26 novembre 2002, n. 477, preceduta, con identica ratio da Cortecost. 3 marzo 1994, n. 69. Sulla stessa linea di recente Cass. 13 gennaio 2010, n. 539.

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degli elementi della fattispecie ricompresi nelle attivita che compe-tono alla parte che promuove il procedimento arbitrale.

5. Quanto invece agli altri effetti che la legge ricollega allaproposizione della domanda di arbitrato e in primo luogo a quelli cheriguardano l’interruzione della prescrizione e la sua sospensione finoalla definitiva chiusura del giudizio, la logica non puo invece che es-sere diversa. In questo caso infatti l’effetto che si vuole perseguire siproduce per definizione nel momento della presa di conoscenza dellacontroparte dell’atto col quale viene affermato il diritto di chi ne etitolare. Il mero deposito della domanda di arbitrato presso l’Istitu-zione non puo essere quindi atto idoneo all’interruzione della pre-scrizione nemmeno laddove vi sia un Regolamento che disponeespressamente che il deposito stesso costituisce a tutti gli effetti datadi inizio del procedimento. Tra gli effetti indicati non vi puo essereinfatti quello della interruzione della prescrizione che ben puo rea-lizzarsi anche in modi diversi dalla notificazione di una domandagiudiziale o arbitrale, quali sono i semplici atti di costituzione inmora, ma che presuppone sempre l’intervenuta conoscenza dell’attostesso ad opera della controparte. In questi casi il deposito costituiradunque data di inizio del procedimento, ma ai fini dell’interruzionedella prescrizione bisognera attendere l’intervenuta comunicazionedella domanda arbitrale alla parte convenuta, anche con un mezzodiverso dalla notificazione (9).

Quanto all’effetto interruttivo permanente di cui all’art. 2945c.c., una volta interrotta la prescrizione attraverso la conoscenza cheil convenuto abbia avuto della domanda di arbitrato secondo leforme regolamentari previste nella fattispecie, essa rimarra sicura-mente interrotta sino al momento in cui il lodo che definisce il giu-dizio non sia piu impugnabile, in applicazione della norma che re-gola l’effetto in questione.

Quanto poi alla trascrizione, e difficile immaginare che questoeffetto tipico anche della domanda arbitrale possa prodursi in assenzadi notificazione. Di cio ci si avvale se solo si riflette sulla circostanzache il non modificato art. 2658, comma 2, c.c. prescrive che per latrascrizione di una domanda giudiziale e necessario presentare al

(9) Nello stesso senso SALETTI, La domanda di arbitrato e i suoi effetti, in questa Ri-vista, 2002, 665 s.

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conservatore copia autentica del documento che la contiene, munitodella relazione di notifica alla controparte. Anche qualora il Regola-mento preveda forme di comunicazione della domanda di arbitratodiverse dalla notificazione, esigenze burocratiche finiscono quindicon il rendere necessaria questa formalita quando si vuole ottenereche alla domanda di arbitrato amministrato sia ricollegato anche lospecifico effetto in questione.

6. Problemi non dissimili a quelli esaminati pone poi la se-conda domanda arbitrale dotata di forme anomale indicata in aper-tura: la domanda cioe che da ingresso ad un arbitrato societario.

In questo caso e lo schema formale della domanda di arbitratoa presentare una struttura diversa da quella tipica dell’arbitrato rego-lato dagli artt. 806 ss. c.p.c., perche gli elementi formali che caratte-rizzano l’atto introduttivo del procedimento sono ripartiti tra due attidistinti: la domanda di arbitrato e l’atto con cui chi promuove il pro-cedimento deve sollecitare la nomina degli arbitri al soggetto estra-neo alla societa cui e conferito dal patto compromissorio il potere inquestione. In questo caso non viene dunque in gioco la scansione tranotifica e deposito dell’atto — posto che la disposizione dell’art. 35D.Lgs. n. 5/2003 che prescrive il deposito della domanda presso ilregistro delle imprese ha funzioni di pubblicita e non e certo mo-mento determinativo ne della pendenza dell’arbitrato, ne della pro-duzione di altri effetti se non quelli specificamente connessi conl’onere stesso di pubblicita — ma la scissione in due atti diversi deirequisiti che compongono la domanda di arbitrato.

Le norme che regolano l’arbitrato societario non contengonoalcuna disciplina esplicita ne relativa alla forma dei due atti in que-stione, ne la loro consecuzione temporale. Nessuna menzione vi epoi del momento in cui si producono gli effetti sostanziali e proces-suali della domanda ora in discussione.

Quanto al primo profilo, la domanda di arbitrato societario, purconnotata da un regime di liberta di forma, non potra che presentarele caratteristiche tipiche della domanda arbitrale qualificata, dato chein questa materia la nomina degli arbitri e riservata a un soggettoterzo e non vi e spazio quindi per un atto conformato secondo loschema dell’art. 810 c.p.c. Ovviamente pero, poiche la nomina degliarbitri non spetta mai alle parti, nell’atto di accesso all’arbitrato so-cietario manchera sempre ogni indicazione relativa alla nomina, la

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cui richiesta dovra essere rivolta specificamente al soggetto desi-gnato, con un atto che, non avendo vincoli di forma, potra assumerela forma piu idonea in relazione al tipo di autorita cui la richiestastessa e rivolta. Cosı potra trattarsi di un’istanza o di un ricorso, manulla vieta che la richiesta di nomina sia apposta in calce alla do-manda e che l’unico atto sia notificato sia alla controparte che all’au-torita preposta alla nomina degli arbitri. Quello che conta e insommache alla fine vi sia una domanda di arbitrato notificata alla contro-parte, cui si sommi una richiesta, rivolta al terzo preposto alla no-mina degli arbitri, di procedere alla nomina stessa.

Domanda di arbitrato e richiesta di nomina degli arbitri devonoessere tendenzialmente atti coevi. Tuttavia, se una priorita deve es-sere data ad un’attivita rispetto all’altra, credo che la formulazione enotificazione della domanda di arbitrato debba precedere la richiestadi nomina degli arbitri. Cio perche in questo modo si rende possibileal soggetto chiamato alla nomina degli arbitri di tenere conto dellecaratteristiche dell’arbitrato in funzione della nomina stessa. Un’in-versione delle due attivita, da compiersi comunque in tempi ravvici-nati, non potra comportare pero invalidita alcuna, posto che la stessanon e desumibile dal sistema.

Con riferimento agli effetti della domanda di arbitrato societa-rio questi ultimi potranno dirsi verificati con la notificazione allacontroparte della domanda e con il compimento delle attivita neces-sarie alla richiesta all’autorita terza preposta alla nomina degli arbi-tri di procedere alla nomina stessa. I tempi per il procedimento dinomina, sfuggendo alla disponibilita delle parti, non potranno inveceincidere sulla produzione degli effetti in questione, per i quali saradunque sufficiente la notifica della domanda e il deposito dell’appo-sita istanza davanti all’autorita terza prevista nella clausola compro-missoria, a prescindere dal momento successivo in cui la nominastessa verra effettuata.

The Author examines the topic of « anomalous » requests for arbitration andtheir relevant effects, intended as those requests which differ from the request forad hoc arbitrations, both in respect with their content and the effects arising there-from.

The consolidated praxis to commencing ad hoc arbitral proceedings by serv-ing the counterparty with a request that includes explanation of the subject matterand the legal basis for the claim — rather than by mean of an act of appointmentunder article 810 of the Italian Code of Civil Procedure — does not suit either the

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case of administered arbitrations or the request for company arbitration under ar-ticle 35 of Legislative Decree no. 5 of 2003. Also, in such cases, it usually lacks aspecific regulation of the request’s substantive and procedural effects.

Regarding administered arbitrations, the Author recalls that arbitration rulesoften provide for the filing of the request with the secretariat of the institution ei-ther as the only formality for introducing the arbitration or as the first act that pre-cedes the service of the request upon the counterparty. The Author addresses sepa-rately the single effects of the request for arbitration — lis pendens, relations be-tween arbitration and court proceedings, preservation of the interim order issuedante causam, interruption of the limitation period and registration of the claim intoa public registry offıce — proposing a different solution for each case.

As to the request for company arbitration, the Author stresses that in thiscase the mechanism does not provide for the filing and the service, since the filingrequired solely fulfills a function of public disclosure. Rather two different acts arerequired, i.e. the request for arbitration and the act to be addressed to the thirdsubject or authority that is deputed to appointing the arbitrator. Hence, the effectsof the request are produced at the time when both the service of the request uponthe counterparty and the communication to such appointing subject are performed,whilst the proceeding for the appointment is irrelevant being not dependent on theparties’ conduct.

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Riconoscimento ed esecuzionedei lodi stranieri in Italia

PIERO BERNARDINI (*)

1. Il procedimento arbitrale si e concluso con la notifica alleparti della decisione dell’arbitro. In Italia si parla di lodo (1). Con lanotifica del lodo, l’arbitro ha esaurito i suoi poteri (functus offıcio).

E nella stessa essenza dell’arbitrato internazionale che il lodosia considerato come atto che risolve in via definitiva la controversiainsorta tra le parti e che, quindi, ad esso debba essere data spontaneaesecuzione ad opera della parte soccombente. Vari regolamenti di ar-bitrato adottati dalle parti sanciscono la vincolativita del lodo per leparti (2). Alcuni, tra i piu diffusi, prevedono anche la rinuncia delleparti ai mezzi di ricorso contro il lodo nella misura in cui tale rinun-cia sia disponibile (3). Di fatto, molte delle decisioni arbitrali inter-nazionali sono spontaneamente eseguite, anche se per l’arbitratocommerciale i dati a questo riguardo emergono solo la dove e solle-citato l’intervento del giudice statale con la domanda di annulla-mento o di riconoscimento ed esecuzione del lodo.

In presenza del rifiuto della parte soccombente di adeguarsi alladecisione dell’arbitro internazionale la situazione che si origina e to-talmente nella competenza dei giudici nazionali e nella sfera di ap-

(*) Presidente della Associazione Italiana per l’Arbitrato. Il testo e la rielaborazionedi un intervento al Convegno della Camera Arbitrale di Milano del 1o luglio 2010 su « L’ar-bitrato internazionale in Italia: tendenze ed opportunita ».

(1) La legge italiana di ratifica della Convenzione di New York del 1958 del 19 gen-naio 1968 n. 62 traduce « arbitral awards » con « sentenze arbitrali ».

(2) « All awards shall be made in writing and shall be final and binding on the par-ties » (Uncitral revised Arbitration Rules, art. 34(2)); « Every award shall be binding on theparties... » (Regolamento di arbitrato CCI, art. 28(6)); « All awards shall be final and bin-ding on the parties » (LCIA Arbitration Rules, art. 26(9)); (idem, Arbitration Rules dell’Isti-tuto arbitrale di Stoccolma, art.40).

(3) E il caso del Regolamento di arbitrato CCI (art. 28(6)) e di quello della LCIA(art. 26(9)).

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plicazione degli ordinamenti giuridici nazionali, incluse le conven-zioni internazionali recepite da tali ordinamenti.

2. Due distinti problemi si pongono nella fase post-arbitrale:a) quello del riconoscimento e dell’esecuzione della decisione

arbitrale nei confronti della parte soccombente che non vi abbia datospontanea attuazione, con l’intervento del giudice per iniziativa del-l’altra parte sia come scelta del momento che del luogo dove aggre-dire i beni della parte soccombente;

b) quello del ricorso contro la decisione dell’arbitro, al fine dirimuoverne validita ed effetti, nell’iniziativa della parte soccombenteanche se non e da escludere un interesse dell’altra parte ad attivareun ricorso in annullamento al fine di conseguire, in un successivo ar-bitrato, un diverso e piu favorevole riconoscimento dei propri diritti.

Esiste un collegamento tra le due situazioni in quanto, anche sel’autorita chiamata a giudicare di un ricorso in annullamento di unlodo internazionale e, normalmente, quella di uno Stato (quello dellasede dell’arbitrato) diverso da quello del giudice del riconoscimentoe della esecuzione, i motivi alla base del ricorso in annullamento equelli che fondano l’opposizione al riconoscimento e alla esecuzionepossono coincidere, come prevede la legge Modello dell’Uncitral (4)(ma cosı non e nel sistema processuale italiano). Mentre le sentenzearbitrali straniere possono essere eseguite nel territorio di un deter-minato Stato anche se in un altro Stato l’esecuzione e stata rifiutata,salvo limitate eccezioni (5) esse non sono suscettibili di riconosci-mento ed esecuzione se annullate da un giudice dello Stato di origi-ne (6). Questi principi valgono anche per l’ordinamento italiano, con-siderato che, come vedremo, i motivi di rifiuto del riconoscimento edella esecuzione di un lodo straniero previsti dal codice di procedura

(4) Si vedano gli artt. 34(2) quanto ai motivi di annullamento e 36(1) quanto ai mo-tivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione.

(5) Per le quali, con particolare riferimento agli ordinamenti francese e statunitense,si rinvia a BERNARDINI, L’arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali, 2008,238 ss. Per un successivo diverso orientamento negli Stati Uniti si veda la decisione dellaCorte di Appello (District of Colombia) del 25 maggio 2007 nel caso TermoRio S.A. E.S.P.(Colombia) and Leaseco Group LLC (US) v. Electranta S.P. (Colombia) and others, Year-book, 2008, 955.

(6) Vale la pena di rilevare come mentre per la Convenzione di New York in questocaso riconoscimento e esecuzione « may be refused » (art. V(1), il che fa supporre un poterediscrezionale del giudice), per l’art. 840 c.p.c. riconoscimento ed esecuzione « sono rifiu-tati ».

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civile (artt. 839-840) coincidono con quelli disciplinati dalla Con-venzione di New York del 1985 (7).

3. Il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi stranieri in Italiasono regolati in pratica dalle disposizioni della Convenzione di NewYork. Il primo problema attiene alla qualificazione della decisionearbitrale come straniera in quanto, come e noto, la Convenzione diNew York si applica solo alle sentenze arbitrali straniere.

Per il sistema italiano e straniera la decisione resa fuori delterritorio nazionale del giudice adito per il riconoscimento e l’esecu-zione e, per converso, e nazionale quella resa in tale territorio, inten-dendosi per luogo dove la decisione e resa quello della sede dell’ar-bitrato. Questo criterio di identificazione della nazionalita di una de-cisione arbitrale e ormai largamente accolto dai sistemi giuridici na-zionali, e recepito dalla Legge Modello dell’Uncitral (8) ed e con-forme alla Convenzione di New York. L’art. I(1) della Convenzionedichiara applicabili le sue disposizioni al riconoscimento ed esecu-zione di « awards made in the territory of a State other than theState where the recognition and enforcement of such awards aresought ».

La stessa Convenzione, dando atto degli orientamenti all’epocaprevalenti in varie legislazioni nazionali relativamente alla naziona-lita della decisione arbitrale, ha previsto l’applicabilita delle suenorme altresı alle sentenze arbitrali « not considered as domesticawards in the State where their recognition and enforcement aresought » (art. I(1)). E il caso di un arbitrato con sede in Italia ma re-golato da una procedura priva dei requisiti minimi per il conferi-mento di efficacia esecutoria diretta in Italia, ipotesi in ordine allaquale, allo stato, non vi e riscontro nella giurisprudenza italiana.

4. Per essere riconosciuto ed eseguito in Italia il lodo stra-niero deve essere fornito di efficacia obbligatoria nell’ordinamentod’origine, essere cioe « binding » secondo quanto prevede la Con-

(7) Salva l’applicabilita delle disposizioni di convenzioni bilaterali e multilaterali dicui l’Italia sia parte ove prevedano condizioni piu favorevoli per il riconoscimento e l’esecu-zione di lodi provenienti da altro Stato contraente.

(8) Legge Modello, art. 34, in relazione agli artt. 6 e 1(2)).

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venzione. (9) Non avrebbe quindi rilievo la distinzione, propria del-l’ordinamento italiano, tra lodi rituali e irrituali stante il carattere ob-bligatorio e vincolante per le parti anche di questi ultimi. Non sem-bra peraltro che ci si possa accontentare di un’efficacia meramente« contrattuale » del lodo (10) estero (quale e quella che promana daun arbitrato irrituale) in quanto, per essere eseguibile in Italia, il lododeve comunque avere un’efficacia tale da renderlo potenzialmentesuscettibile di esecuzione anche nell’ordinamento di provenienza.

5. Quanto alla procedura relativa al riconoscimento ed alla ese-cuzione dei lodi stranieri in Italia, il principio fondamentale e postodall’art. III della Convenzione: « Each Contracting State shall reco-gnize arbitral awards as binding and enforce them in accordance withthe rules of procedure of the territory where the award is relied upon ».Si riconosce pertanto la competenza della lex fori quanto al regimeprocedurale applicabile, assimilandosi la sentenza arbitrale straniera aquella nazionale quanto alle condizioni e agli oneri, anche di natura fi-scale, previsti per il riconoscimento e l’esecuzione. In applicazione diquesto principio, con notevole ritardo rispetto alla data di entrata in vi-gore della Convenzione nel proprio ordinamento (1o maggio 1969),l’Italia ha adeguato la normativa interna al dettato dell’art. III dellaConvenzione con due articoli inseriti nel codice di procedura civiledalla legge di riforma dell’arbitrato del 1994 (artt. 839-840, tuttora invigore dopo la riforma dell’arbitrato del 2006). Vale la pena di ricor-dare come, all’atto della ratifica della Convenzione, l’Italia non ha po-sto alcuna delle riserve previste dall’art. I(3) della Convenzione, rela-tive l’una alla condizione di reciprocita e l’altra al carattere commer-ciale (secondo la legge nazionale) della relazione, contrattuale o non,da cui origina la controversia.

I due articoli del c.p.c. che si sono richiamati prevedono unprocedimento di riconoscimento e di esecuzione dei lodi stranieri chesi sviluppa in due fasi.

6. In una prima fase, regolata dall’art. 839, la parte interessataa far valere in Italia il lodo straniero propone ricorso al Presidente

(9) Convenzione di New York, art. III: « Each Contracting State shall recognise ar-bitral awards as binding... ».

(10) Il codice di procedura civile parla di « lodo contrattuale » (art. 808-ter, comma 2).

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della Corte di appello nella cui circoscrizione risiede l’altra parte o,se questa non ha in Italia la sua residenza, al Presidente della Cortedi appello di Roma. La parte ricorrente dovra produrre il lodo e laconvenzione arbitrale in originale o in copia conforme, in una con latraduzione certificata conforme se tali documenti non sono in linguaitaliana. La produzione, in originale o in copia autenticata della con-venzione arbitrale contestualmente alla presentazione della domandadi delibazione costituisce un vero e proprio presupposto processualeche deve sussistere al momento dell’introduzione del processo (11). IlPresidente della Corte di appello, accertata la regolarita formale dellodo, ne dichiara l’efficacia in Italia, tranne il caso in cui rilevi chela controversia non poteva formare oggetto di compromesso o il lodocontenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico (12).

Il procedimento si svolge in questa fase in assenza dell’altraparte, il decreto presidenziale che accoglie o nega la richiesta di ri-conoscimento ed esecuzione essendo emesso ex parte (inaudita al-tera parte). Poiche in base all’art. 111 della Costituzione tutti i prov-vedimenti giurisdizionali debbono essere motivati, si ritiene che an-che il decreto presidenziale debba essere motivato, sia pure somma-riamente (13). Il decreto che accoglie il ricorso ha natura essenzial-mente dichiarativa e non attribuisce quindi al lodo straniero efficaciaesecutiva. Questa si otterra a seguito del vittorioso giudizio di oppo-sizione promosso dall’altra parte o per l’inutile decorso del termineper l’opposizione.

7. La seconda fase, eventuale, del procedimento, disciplinatadall’art. 840, inizia con l’opposizione al decreto presidenziale, pro-posta con citazione dalla parte interessata dinanzi alla stessa Corte diappello il cui Presidente ha emanato il decreto, entro 30 giorni dallacomunicazione (in caso di rigetto) o dalla notifica (in caso di acco-

(11) Cass. 23 luglio 2009 n. 17291, Microware S.r.l. in liquid c. Indicıa DiagnosticsS.A.; Cass. 8 ottobre 2008 n. 24856, Globtrade Italiana S.r.l. c. East Point Trading Ltd.

(12) Vale la pena di rilevare che la Convenzione di New York parla di contrarieta al-l’ordine pubblico non del lodo, come prevedono gli artt. 839-840 c.p.c., ma del suo ricono-scimento ed esecuzione: « the recognition and enforcement of the award would be contraryto the public policy of that country » (art. V(2)(b)).

(13) BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO, FAZZALARI, MARENGO, La nuova disciplina dell’arbitrato- Commentario, 1994, 282; BIAVATI, Arbitrato (diretto da CARPI), 2008, 899; TAMPERI, Com-mentario breve al diritto dell’arbitrato nazionale e internazionale (diretto da BENEDETTELLI,CONSOLO e RADICATI DI BROZOLO), 2010, 1026.

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glimento) del decreto presidenziale. In questa fase il contradditorio epieno, la parte contro la quale e invocato il lodo (sia in caso di op-posizione di questa al decreto di accoglimento che di opposizionedell’altra parte al decreto di rigetto) dovendo provare l’esistenza diuno o piu dei motivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzionedi cui all’art. 840, comma 3 (14). Anche in questa fase, il rifiuto delriconoscimento e dell’esecuzione puo essere disposto d’ufficio dallaCorte di appello ove questa accerti che la controversia non potevaformare oggetto di compromesso o il lodo contenga disposizionicontrarie all’ordine pubblico (15). La decisione della Corte di appelloe pronunciata con sentenza, contro la quale e ammesso ricorso allaCorte di cassazione.

8. La tassativita e il carattere di stretta interpretazione deimotivi di rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione, stante il fa-vore per il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi stranieri propriodella Convenzione di New York (16), comportano che il controlloesercitato dal giudice adito e limitato ai vizi concernenti la validitadella convenzione arbitrale e la regolarita del procedimento e dellodo, con l’esclusione di qualsiasi riesame nel merito del lodo.

Su ciascuno dei motivi di rifiuto del riconoscimento e dellaesecuzione si e formata in Italia una giurisprudenza, in parte acces-sibile a livello internazionale nei volumi annuali dello Yearbook,dell’ICCA. (17)

Emerge da questa giurisprudenza, come dato costante, il decisofavore dei giudici italiani per l’arbitrato e per l’efficacia a fini esecu-tivi del lodo arbitrale straniero, salvo evidentemente il caso in cui ilprocedimento o la decisione arbitrale risulti affetto da gravi vizi.

La maggior parte delle decisioni, anche della Corte di Cassa-

(14) Questi motivi sono gli stessi previsti all’art. V (1) della Convenzione di NewYork, salvo alcune piu liberali formulazioni.

(15) Art. 840, ult. comma, conforme all’art. V(2) della Convezione di New York.(16) Questi principi sono stati affermati in modo conforme dalla giurisprudenza di

vari Stati, soprattutto con riguardo al motivo di rifiuto relativo all’ordine pubblico. Secondola decisione della Corte statunitense nel caso Parsons Whittemore Overseas Co. Inc. v. So-ciete Generale de l’Industrie de Papier, Yearbook, 1976, 205, « The general pro-enforcementbias informing the Convention and explaining its suppression of the Geneva Conventionpoints toward a narrow reading of the public policy defense ». Si veda anche POUDRET - BES-SON, Droit compare de l’arbitrage international, 2002, par. 902.

(17) Di seguito Yearbook, alla voce « Court Decisions on the New York Convention1958 ».

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zione, hanno confermato l’efficacia del lodo straniero a fini esecutivi,negando validita ai diversi motivi addotti dalla parte opponente.

9. E questo il caso in cui l’opponente aveva fatto valere comemotivo di rifiuto dell’esecuzione l’assenza della forma scritta dellaconvenzione arbitrale. Il rinvio dell’art. 840, comma 3, n. 1 (con-forme all’art. V(1)(a) della Convenzione) alla validita della conven-zione arbitrale secondo la legge della sede dell’arbitrato ha consen-tito alla Corte di Cassazione di confermare, nella maggior parte deicasi, l’infondatezza di questa eccezione (18). Con altra decisione laSuprema Corte ha cassato la sentenza della Corte d’appello di Na-poli che aveva revocato il decreto presidenziale con cui era stata di-chiarata l’efficacia del lodo straniero ritenendo valida, contraria-mente alla Corte di appello, la convenzione arbitrale conclusa con unmezzo di trasmissione a distanza quale il telefax, ove ne sia accer-tata la effettiva provenienza dalla parte (circostanza ritenuta nellaspecie indubbia) (19). Anche l’eccezione tratta dall’asserita mancanzanel rappresentante del potere di concludere la convenzione arbitralein quanto atto di straordinaria amministrazione e stata respinta sul-l’assunto che, per la legge italiana (applicabile al caso), la clausolacompromissoria inserita in un contratto commerciale e atto di ordi-naria amministrazione (20). Rileva per questo motivo di rifiuto del ri-conoscimento e dell’esecuzione l’orientamento della Cassazione se-condo cui l’invalidita formale della convenzione arbitrale puo essereeccepita solo nel corso del giudizio arbitrale o in sede di ricorso perannullamento del lodo, e cio in quanto l’art. 840 sul punto non rin-

(18) Cass. 20 gennaio 1977 n. 272, Ditta Nosengo e Morando c. Ditta Bohne Frie-drich & Co. Import-Export, in Riv. dir. inter. priv. e proc., 1978, 341; Yearbook, 1979, 279(l’applicabilita della legge tedesca ha consentito di richiamare la regola di tale legge secondocui la forma scritta non e richiesta per la convenzione arbitrale nei rapporti tra commer-cianti); Cass. 15 aprile 1980 n. 2448: Fall. Soc. Lanificio Banci c. Soc. Bobbie Brooks Inc.,in Foro it., 1980, I, 2164; Yearbook, 1981, 233 (l’applicabilita della legge statunitense hapermesso di concludere per la validita della convenzione arbitrale in quanto conclusa in con-formita di tale legge).

(19) Cass. 14 giugno 2007 n. 13916, Rudston Products (Int) Ltd. c. Conceria F.lliBuongiorno S.p.a.

(20) Cass. 23 aprile 1997 n. 10229, Dalmine S.p.a. c. M.&M. Sheet Metal FormingMachinery AG, in questa Rivista, 1998, 41; Yearbook, 1999, 709.

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via all’art. II della Convenzione di New York che pone il requisitodella forma scritta (21).

10. Quanto al motivo di rifiuto del riconoscimento e dellaesecuzione fondato sulla pretesa violazione del diritto di difesa (eart. 840, comma 3, n. 2, conforme all’art. V(1)(b) della Conven-zione), per il rilievo che i termini temporali concessi dall’arbitro fos-sero stati eccessivamente ridotti, la conferma dell’esecutivita dellodo e stata fondata dalla Suprema Corte ora sulla constatazionedella congruita dei termini ai fini dell’esercizio del diritto di dife-sa (22) ora sull’assenza di prova che tali termini avessero effettiva-mente reso impossibile alla parte di fare valere le proprie ragio-ni (23).

11. Con riguardo all’eccesso dai limiti della convenzione ar-bitrale (art. 840, comma 3, n. 3, corrispondente all’art. V(1)(c) dellaConvenzione), alcune sentenze di corte d’appello hanno confermatola possibilita di riconoscimento ed esecuzione del lodo straniero ladove abbia deciso in modo definitivo una parte soltanto delle do-mande proposte dalle parti, stabilendo che l’impugnabilita del lodonon definitivo solo unitamente al lodo definitivo non vale per il lodostraniero e che, comunque, la stessa non e piu prescritta dalla Legge5 gennaio 1994 n. 25 (24).

12. In tema di composizione del tribunale arbitrale o di pro-cedura arbitrale non conforme alla volonta delle parti o alla legge del

(21) Cass. 8 agosto 1990 n. 7995, Soc. Vento c. Soc. Edelmas; Cass. 13 luglio 1988n. 4592 Meneghetti c. Topfer Co. GmbH.

(22) Cass. 7 ottobre 1980 n. 5378, Casillo c. Getreide Import Gesellschaft, in Giust.civ., 1981, I, 2330; Cass. 27 giugno 1983 n. 4399, Tortora c. Tolimar S.A., in Riv. dir int.priv. proc., 1984, 571; Yearbook, 1985, 470; Cass. 23 aprile 1997 n. 10229, cit. nota 16; Cass.30 maggio 2006 n. 12873, Industrie Tecnofrigo Dell’Orto c. PS Profil Epitoipazi Kereske-delmi SS Szolgatato KFT, Yearbook, 2007, 406.

(23) Cass. 21 gennaio 2000, n. 671, Conceria de Maio Giuseppe & Fratelli S.n.c. c.Interskins Ltd., in Riv. dir. marit., 2002, 1241 (nota PIOTTO); Yearbook, 2002, 492; Cass. 8aprile 2004 n. 6947, Vigel S.p.a. c. China National Machine Tool Corp., in Riv. dir. int. priv.proc., 2005, 107; Yearbook, 2006, 802.

(24) App. Milano, 27 gennaio 1995, Neumann & Co. AG c. Brianza Plastica S.p.a.,in Riv. dir. int. priv. proc., 1995, 742 (con nota di VISMARA); Cass. 7 giugno 1995 n. 6426,Wtb Thosti Baswas Bankiengesellshaft c. Soc. Coop. Costruire.

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luogo dell’arbitrato (art. 840, comma 3, n. 4, conforme all’art.V(1)(d) della Convenzione), alcune sentenze della Corte di Cassa-zione sono di particolare interesse. Con una di queste la Corte ha ac-colto il motivo di rifiuto dell’esecuzione fondato sul difetto di moti-vazione del lodo straniero, affermando in via preliminare che tale di-fetto non contrasta con l’ordine pubblico italiano visto che la Con-venzione di Ginevra del 1961, ratificata dall’Italia, ammette che lamotivazione possa essere esclusa per concorde volonta delle parti.Peraltro, poiche nel caso di specie una parte aveva richiesto inudienza che il lodo fosse motivato, la procedura non era stata con-forme alla volonta delle parti, e cio anche se l’arbitrato si era svoltoa Londra, cioe in una sede dove, all’epoca, le regole di proceduranon richiedevano la motivazione del lodo (25). Con altra sentenzasono stati dati riconoscimento ed efficacia esecutiva ad un lodo resoa Londra da due arbitri soltanto, in contrasto con la convenzione ar-bitrale che prevedeva un collegio di tre arbitri, cio in quanto nel si-stema inglese dell’arbitrato l’intervento del terzo arbitro (superarbi-tro o umpire) e solo eventuale. Pertanto, il lodo era valido secondola legge di procedura del luogo dove era stato reso (26). Con altra de-cisione la Suprema Corte ha rifiutato il riconoscimento del lodo resoa Pechino rilevando come sia la costituzione del collegio arbitraleche lo svolgimento davanti a questo del procedimento non fosserostati rispondenti alla convenzione arbitrale (27).

13. In applicazione dell’art. 840, comma 3, n. 5, secondo cui(conformemente all’art. V(1)(e) della Convenzione) non puo accor-darsi l’esecuzione del lodo straniero se questo non e ancora divenutovincolante tra le parti o sia stato annullato o sospeso dal giudicecompetente, la Suprema Corte ha respinto un ricorso in opposizionefondato sull’assunto che un lodo straniero puo essere delibato in Ita-lia solo in quanto divenuto definitivo o, se impugnato, in quanto ilgravame sia stato rigettato. La Corte ha infatti affermato che noncompete al giudice della delibazione di accertare la sussistenza del

(25) Cass. 8 febbraio 1982 n. 722, F.lli Damiano S.n.c. c. August Toepfer & Co.GmbH, in Riv. dir. marit., 1982, 644; Riv. dir. int., 1983, 470.

(26) Cass. 15 dicembre 1982 n. 6915, Soc. Rocco c. Federal Commerce and Naviga-tion Ltd, in Foro it., 1983, I 2200; Yearbook, 1984, 418.

(27) Cass. 7 febbraio 2001 n. 1732, Tema Frugoli S.p.a. c. Hubel Space Quarry In-dustry Co. Ltd.

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requisito della definitivita del lodo in assenza di prova al riguardo daparte del ricorrente in opposizione (28).

14. Su uno dei motivi di rifiuto del riconoscimento e dellaesecuzione vale la pena di soffermarsi, in ragione del particolare in-teresse per l’arbitrato internazionale. Ci riferiamo al motivo secondocui riconoscimento ed esecuzione del lodo arbitrale straniero sonorifiutati dal Presidente o dalla Corte di appello, anche d’ufficio, oveil lodo contenga disposizioni contrarie all’ordine pubblico, evidente-mente del giudice dell’esecuzione dato che a tale giudice non e ri-chiesto di preoccuparsi dell’ordine pubblico di altri Stati.

Come e noto, l’ordinamento italiano distingue tra ordine pub-blico interno, dato dalla somma delle norme imperative (29) e ope-rante come limite all’autonomia privata, e ordine pubblico interna-zionale. L’ordine pubblico richiamato dagli artt. 839 e 840 c.p.c. el’ordine pubblico internazionale dato il carattere transnazionale delrapporto che ha dato origine alla controversia deferita in arbitra-to (30). Secondo la Corte di Cassazione, nell’ordinamento italianol’ordine pubblico internazionale risulta « formato da quell’insieme diprincipi, desumibili dalla Carta costituzionale o, comunque, pur nontrovando in essa collocazione, fondanti l’intero assetto dell’ordina-mento, tali da caratterizzare l’ordinamento in un determinato mo-mento storico e da formare il cardine della struttura etica, sociale edeconomica della comunita nazionale » (31). Si tratta quindi di unaconcezione nazionale, non transnazionale, dell’ordine pubblico, su-scettibile di modifica nel tempo con il mutare delle condizioni etiche,sociali ed economiche della societa. Oltre alle norme costituziona-li (32), rilevano per il contenuto dell’ordine pubblico internazionaleitaliano i principi fondamentali dell’Unione Europea, quali quelli inmateria di concorrenza (33). Altro principio fissato dalla Corte diCassazione e quello secondo cui il contrasto con l’ordine pubblico

(28) Cass. 10 novembre 1992 n. 12093, Le Swie Horny Steel Enterprise Co. Ltd c.Guardian Shipping Corp.

(29) Cass. 6 dicembre 2002 n. 17349, Soc. Finleader c. Soc. Grant Thornton; Cass.26 novembre 2004 n. 22332; Cass. 23 febbraio 2006 n. 4040; Cass. 4 maggio 2007 n. 10215.

(30) App. Milano, 4 dicembre 1992, Allsop Automatic Inc c. Tecnoski S.n.c., Year-book, 1997, 725.

(31) Cass. 28 dicembre 2006 n. 27592, R.c. M., in Riv. dir. int., 2007, 886 ss.(32) Cass. 6 dicembre 2002 n. 17349, cit. alla nota 29.(33) App. Firenze, 21 marzo 2006.

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internazionale deve essere valutato con riguardo non alla motiva-zione del lodo ma alla sua parte dispositiva (34), cio che rileva es-sendo « gli effetti concreti che deriverebbero in Italia dal riconosci-mento e dall’attuazione di quella decisione » (35). Cio, in quanto eimpedito al giudice dell’esecuzione il riesame del merito, cioe deglielementi di fatto e di diritto posti a base della decisione dell’arbitro,cui potrebbe condurre l’esame della motivazione del lodo.

Recentemente, la Cassazione ha ritenuto in contrasto con l’or-dine pubblico internazionale la condanna ai « punitive damages », ti-pica del sistema statunitense, dato che nell’ordinamento italiano« alla responsabilita civile e assegnato il compito precipuo di restau-rare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione » enon gia una funzione punitiva o sanzionatoria (36).

15. Questa rapida rassegna della giurisprudenza in materia diriconoscimento ed esecuzione di lodi stranieri conferma che la giu-stizia italiana collabora ormai da tempo alla piu piena circolazionedelle decisioni arbitrali internazionali, alla stessa stregua di quella dialtri paesi da tempo impegnati nel sostegno dell’arbitrato commer-ciale internazionale.

The Author examines the topic of recognition and enforcement of foreign ar-bitral awards within the Italian legal system, by addressing both some practicaland interpretative issues arising from the 1958 New York Convention, such as thenotion of foreign arbitral award or its binding character, as well as issues concern-ing the proceedings for enforcement provided for by articles 839 and 840 of theItalian Code of Civil Procedure.

Particular attention is drawn to the analysis of the single grounds for refus-ing enforcement along with a review of recent case law, both Italian and foreign,that would be capable of showing the commitment of Italian courts throughout theyears to ensuring the largest possible recognition of awards rendered abroad.

(34) Cass. 8 aprile 2004 n. 6947, cit. nota 23.(35) Cass. 28 maggio 2004 n. 10378, Vitalini c. Vesel; Cass. 25 luglio 2006 n. 16978.(36) Cass. 19 gennaio 2007 n. 1183, Parrot c. Soc Fimez.

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Anti-suit injunctions in ambito arbitrale:provvedimenti illeciti o semplicemente odiosi? (*)

ANDREA ATTERITANO (**)

1. Premessa. — 2. L’esperienza delle anti-suit injunctions negli ordinamentidi common law maggiormente rappresentativi: cenni. — 3. Il problema dellacompatibilita delle anti-suit injunctions con la Convenzione di New York del1958. — 4. L’incompatibilita delle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbi-trato col Regolamento (CE) 44/2001: l’iter seguito dalla Corte di Giustizia.— 5. Considerazioni conclusive: l’odiosita delle anti-suit injunctions.

1. L’arbitrato si regge sulla comune volonta dei litiganti, il piudelle volte espressa in una clausola compromissoria inserita in uncontratto volto a concretizzare il comune interesse delle parti: l’inte-resse di ottenere un profitto. Spesso, dunque, quando le parti scel-gono la via dell’arbitrato, i loro rapporti sono buoni e l’ipotesi di unacontroversia sembra remota. Ma quando la clausola compromissoriaesprime i suoi effetti, il rapporto tra le parti e gia incrinato, e puo ac-cadere che anche la scelta dell’arbitrato sia oggetto di contestazione:la parte chiamata in causa contesta la validita o l’efficacia della clau-sola compromissoria, a volte non provvede alla nomina del proprioarbitro onde evitare l’avvio del procedimento, e l’arbitrato necessitadi un sostegno esterno per poter continuare. Un sostegno che in certicasi puo essere efficacemente offerto in seno agli arbitrati ammini-strati, ma che in altri necessita dell’intervento dell’autorita giudizia-ria. E in questo contesto che alcuni giudici di common law interven-gono con l’adozione delle c.d. anti-suit injunctions, provvedimenti dicarattere inibitorio che impongono specifici obblighi di non facere

(*) Il presente saggio costituisce la rielaborazione, alla luce delle Risoluzioni delParlamento europeo e della Commissione relative alla proposta di revisione del Regolamento(CE) 44/2001 (vedile infra nella rubrica Documenti e notizie, di un precedente scritto apparsonegli Studi offerti a G. Verde).

(**) Assegnista di Ricerca nella Universita LUISS Guido Carli.

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alla parte che ne e destinataria e che il piu delle volte, anche se nonsempre, garantiscono l’effettivita dell’arbitrato: l’effettivita di quellacomune volonta dei litiganti, successivamente messa in discussioneper ragioni di convenienza.

Le anti-suit injunctions sono strumenti estremamente invasiviattraverso i quali il giudice ordina alla parte a cui sono rivolte di noncompiere determinate attivita in un altro processo, spesso in corso oda celebrarsi in un altro Stato. Il piu delle volte, si ordina alla partedi non proseguire o non iniziare un processo all’estero (1), ovvero dinon compiere in tale processo determinate attivita processuali (comel’esibizione di documenti) (2), ma l’ordine puo anche essere quello dinon chiedere il riconoscimento o l’esecuzione nello Stato di unasentenza straniera (3). Si tratta quindi di provvedimenti che nasconoal fine di garantire una efficace gestione dei rapporti transnazionalitra giudici di diversa nazionalita, una gestione che, tuttavia, percome si dira in seguito, sembra poco rispettosa dell’autonomia e del-l’indipendenza dei giudici stranieri. Specie dei giudici di civil lawche non disponendo di un simile potere, subiscono gli effetti indirettidelle anti-suit injunctions adottate dai colleghi di common law.

In ambito arbitrale, le anti-suit injunctions sono state impiegate,in particolare dalle corti inglesi e statunitensi (ma anche canadesi eaustraliane) (4), con l’intento di sostenere l’arbitrato. Nella maggiorparte dei casi, i giudici hanno inteso rendere effettiva la scelta arbi-trale a suo tempo fatta dalle parti, ordinando alla parte recalcitrantedi non iniziare ovvero di non proseguire un processo statale all’este-ro (5). In sostanza, in presenza di una clausola compromissoria, i

(1) L’injunction puo essere quindi anche preventiva. In arg. SHERIDAN, Injunctions inGeneral, Chichester, 1994; FENTIMAN, Antisuit Injunctions, in Current Legal Issues in Inter-national Commercial Litigation, Singapore, 1997, 44 ss.; DICEY, MORRIS, COLLINS, Conflicts ofLaws, XIV ed., London, 2006, 500 ss.; CHESHIRE, NORTH, FAWCETT, Private International Law,XIV ed., London, 2008, 455 ss. Sulle anti-suit injunctions in generale, per la dottrina italiana,v. LUPOI M.A., Conflitti transnazionali di giurisdizione, Milano, 2002, II, 861 ss.

(2) Queen’s Bench Division, 27 gennaio 1983, c. X AG v. A Bank, in All ER, 1983,2, 464.

(3) Si tende invece a escludere l’uso di anti-suit injunctions per impedire il ricono-scimento e l’esecuzione di una sentenza straniera in un foro diverso da quello nazionale.

(4) Sul fenomeno delle anti-suit injunctions in Canada, v. BLACK, The Antisuit Injun-ction Comes to Canada, in Queen’s L. J.,1988, 119 ss. Per l’Australia, v. MASON, CRAWFORD,The Cross-Vesting Scheme, in Austr. L. J., 1988, 343 ss.

(5) Si tratta di un caso estremamente complesso anche in considerazione del numerodi procedimenti instaurato. Karaha e Pertamina avevano concluso due contratti contenenticlausola compromissoria per arbitrato avente sede in Svizzera. Insorta la controversia, si

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giudici hanno imposto alla parte che tentava di liberarsi dal vincoloarbitrale, di non adire un foro statale piu propenso a dichiarare l’in-validita della clausola compromissoria, ovvero in grado di procederenel merito, per la contumacia della parte convenuta. Ma non e inquesto contesto che si esaurisce la spendibilita delle anti-suit injun-ctions rispetto all’arbitrato. Nel caso Karaha, per esempio, i giudiciUSA sono intervenuti a sostegno del lodo, di cui era stato chiestol’enforcement negli Stati Uniti, ordinando alla parte soccombente dinon proseguire il giudizio di nullita instaurato dinnanzi ai giudici diGiacarta. La decisione della District Court e stata poi annullata inappello, ma il caso mostra come le anti-suit injunctions possano es-sere usate non soltanto a sostegno della procedura, ma anche dellasentenza arbitrale. In ogni caso, il fine e quello di rendere effettiva lascelta dell’arbitrato.

Diversamente, non e finalizzata a sostenere l’arbitrato, l’ado-zione di una anti-arbitration injunction, con cui il giudice ordina allaparte di non procedere nell’arbitrato ovvero all’esecuzione del lodo.Non si tratta di un caso di scuola, ma di casi concreti che hanno de-clinato il fenomeno delle anti-suit injuntions in un modo del tuttonuovo, e con l’intento di boicottare l’arbitrato. Proprio nel caso Ka-raha, i giudici indonesiani hanno ordinato alla parte vittoriosa di de-sistere dal procedimento di enforcement iniziato negli Stati Uniti,tentando di evitare il concreto soddisfacimento del suo credito (6).

Alla luce di tali premesse, e evidente che la prassi delle anti-suit injunctions in ambito arbitrale e ampia e variegata. Non e certointenzione di chi scrive esaminare nel dettaglio i casi in cui tali

svolge l’arbitrato, Karaha risulta vittoriosa e Pertamina propone, invano, l’impugnazione pernullita in Svizzera. Il lodo diventa definitivo e Karaha ne chiede l’esecuzione in vari Paesi,tra cui gli USA. Pertamina, compagnia indonesiana, chiede l’annullamento del lodo ai giu-dici di Giacarta, oltre all’adozione di una anti-arbitration injunction che impedisca a Karahal’enforcement del lodo all’estero. Karaha al contempo chiede ai giudici USA la concessionedi una anti-suit injunction nei confronti di Pertamina, per inibirle di continuare il giudizio dinullita dinnanzi ai giudici indonesiani. L’anti-suit injunction viene concessa e l’adozioneconfermata in appello. Anni a seguire, Pertamina inizia un nuovo procedimento per frode neiconfronti di Karaha, questa volta nelle Isole Cayman (ove Karaha e incorporata). Karahachiede ancora una volta l’adozione di una nuova anti-suit injunction nei confronti di Perta-mina e in relazione al nuovo processo. Il provvedimento viene concesso e confermato in ap-pello, mentre la Supreme Court rigetta la richiesta di certiorari avanzata dal Second Circuit.

(6) Se ne da conto anche nella sentenza di appello del Second Circuit relativa al casoKaraha Bodas Co., L.L.C. v. Perusahaan Pertambangan Minyak Dan Gas Bumi Negara, 313F.3d 70 (2nd Cir. 2002). In arg. RUBINS, The Enforcement and Annulment of International Ar-bitration Awards in Indonesia, in Am. U. Int’l Rev., 2005, 359 ss. (spec. 389-398).

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provvedimenti possono essere adottati, visto che si tratta di un feno-meno tipico di ordinamenti di common law. Ma poiche e innegabileche gli effetti di tali provvedimenti si fanno sentire anche in altri or-dinamenti, occorre interrogarsi sulla loro compatibilita con gli obbli-ghi internazionali assunti dagli Stati. A tal fine, tuttavia, una breveanalisi su come si atteggia il potere del giudice nella concessionedelle anti-suit injunctions, quanto meno nei sistemi giudiziari mag-giormente rappresentativi, sembra essere indispensabile.

2. Per molto tempo le corti inglesi hanno negato l’adozione dianti-suit injunctions rispetto a processi stranieri, poiche l’adozione ditali provvedimenti avrebbe determinato un’ingerenza indebita nel-l’esercizio del potere giurisdizionale sovrano dei giudici di altri Stati.Esigenze di comity ne impedivano l’adozione (7).

Un cambiamento di rotta a 180 gradi si e registrato dapprimanelle corti di equity (8), e il nuovo orientamento si e poi diffuso tratutte le corti anglosassoni. Le esigenze di comity venivano superatein virtu della natura personale dell’injunction, che essendo rivoltaalla parte, e non al giudice straniero, non poteva considerarsi lesivadel potere giurisdizionale di quest’ultimo. L’adozione di anti-suitinjunctions e pertanto divenuta, con il tempo, una prassi consolidata,e in estrema sintesi i giudici inglesi tendono a concederle in tre si-tuazioni:

1) allorquando l’Inghilterra risulta essere il foro piu appropriatoper la soluzione della controversia e il processo straniero e vessato-rio e oppressivo nei confronti del convenuto;

2) se l’avvio del processo straniero e espressione di una con-dotta unconscionable dell’attore;

3) allorquando il processo straniero viene intentato in viola-zione di un diritto contrattuale delle parti, cioe in violazione di unacomune volonta negoziale che esclude la celebrazione del processoin quel foro.

In riferimento all’arbitrato, il caso che viene in considerazione epalesemente quello indicato sub 3). E infatti, in presenza di una clau-sola compromissoria, e evidente che le parti hanno rinunciato al loro

(7) V. MC CLEAN, Jurisdiction and Judicial Discretion, in ICLQ, 1969, 935 ss.(8) Il primo caso di anti-suit injunction risale al 1821, Bushby v. Munday, in Madd.,

1821, 5, 287 ss.

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diritto di adire le corti statali, in favore di un meccanismo di giustiziaprivata. Ed e evidente che qualsiasi azione intentata davanti a un giu-dice dello Stato, di qualunque nazionalita esso sia, e una violazione diquella comune volonta negoziale cristallizzata nella convenzione arbi-trale. La concessione dell’anti-suit injunction mira quindi a rendere ef-fettiva tale volonta, e le corti inglesi si sentono piu libere di inibireeventuali processi stranieri. In tali casi, infatti, la lesione delle preroga-tive sovrane che i giudici stranieri esercitano per conto dello Stato incui sono incardinati e legata alla necessita di tutelare giudizialmente undiritto contrattuale delle parti ed e, pertanto, considerata meno invasiva.Ciononostante, le corti anglosassoni tendono a concedere il provvedi-mento solo se la sede dell’arbitrato e in Inghilterra, sul presupposto cheil radicamento dell’arbitrato nello Stato crea un forte collegamento trala procedura arbitrale e il proprio sistema giuridico. In altre parole, ilgiudice inglese ritiene di avere in questo caso un titolo di giurisdizioneprimario su tutti i procedimenti connessi all’arbitrato.

Quanto agli Stati Uniti, invece, l’adozione di anti-suit injunctionsa sostegno dell’arbitrato e subordinata alla presenza di alcune condi-zioni, che tuttavia cambiano a seconda dei circuiti aditi: alcuni (nellospecifico il secondo, il terzo, il sesto, l’ottavo e il District of Columbia)seguono quello che viene detto il « conservative approach »), gli altri(cioe il quinto, il settimo e il nono) il c.d. « liberal approach ». Invero,tutte le corti USA sono concordi nel ritenere che le anti-suit injunctionspossano essere concesse solo se il processo straniero che viene inibitosi svolge (o si svolgerebbe) tra le stesse parti dell’arbitrato, e solo se lequestioni affrontate in ambo i procedimenti, arbitrale l’uno giudiziariol’altro, sono identiche ovvero in un rapporto di pregiudizialita-dipendenza. In certi casi la parte che rifiutava l’arbitrato ha tentato dievitare l’adozione di anti-suit injunctions statunitensi, citando dinnanzial giudice straniero, non la controparte arbitrale, ma una societa con-trollata o controllante. Tuttavia, in virtu dei criteri di collegamento so-stanziale elaborati nella giurisprudenza USA, il tentativo si e rivelatoinfruttuoso (9).

Ora, al di la della sussistenza di questi due presupposti impre-

(9) Nel caso Paramedics Electromedicina Comercial, Ltda (Technimed) v. GE Medi-cal System Information Technologies, Technimed cerco di evitare l’anti-suit injunction USAsostenendo che il processo pendente in Brasile non era stato intentato nei confronti della GEMedical ma della GE Brazil. L’argomentazione e stata respinta sia dalla District Court ofNew York sia dal Second Circuit. V. Paramedics Electromedicina Comercial, Ltda (Techni-med) v. GE Medical System Information Technologies, 369 F.3d 645, at 650 (2d Cir. 2004).

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scindibili, le valutazioni dei giudici nel decidere se concedere omeno l’injunction variano in base all’approccio adottato: seguendo il« liberal approach » (10), il provvedimento viene concesso sel’azione intentata all’estero viene ritenuta « gratuitously duplica-tive ». Cio si verifica allorche la prosecuzione del processo straniero:a) frustra una policy del foro USA; b) e vessatoria e oppressiva peril convenuto: c) minaccia la jurisdiction in rem o quasi in rem delforo statunitense; d) pregiudica altre equitable considerations; e)comporta ritardi, inconvenienze o spese inutili. Diversamente, se-guendo il « conservative approach » (11), la concessione dell’injunc-tion e possibile solo se a) serve a proteggere la giurisdizione in remo quasi in rem del giudice USA; ovvero se b) serve a impedire unaimportante public policy del foro, e cioe se si ritiene che il giudicestraniero possa applicare una normativa diversa e in deroga a unanormativa di ordine pubblico statunitense.

E evidente che adottando l’approccio liberale in ambito arbi-trale, l’adozione delle anti-suit injunctions e piu semplice, poiche sipuo far leva sulla necessita di tutelare la policy pro arbitratoespressa dagli USA nel FAA e con la ratifica della Convenzione diNew York. Tuttavia, anche le corti che hanno adottato l’approccio li-berale hanno mostrato, in ambito arbitrale, un approccio piu rispet-toso per le esigenze di comity connesse alla adozione delle anti-suitinjunctions. E cio anche in virtu del fatto che la policy di favore perl’arbitrato si dovrebbe imporre a tutti i giudici stranieri incardinati inPaesi membri della Convenzione di New York. Alcuni Autori hannoperfino sostenuto che in ambito arbitrale la distinzione tra approccioliberale e conservativo e puramente nominale e non sostanziale (12).Ma al di la di tale considerazione, cio che e certo e che la partecipa-zione di moltissimi Stati alla Convenzione di New York garantiscemaggiormente la scelta dell’arbitrato fatta dalle parti e rende super-fluo, in gran parte dei casi, l’intervento invasivo delle anti-suit injun-ctions.

Ciononostante, sebbene le anti-suit injunctions siano adottate

(10) L’orientamento e stato inaugurato dal Fifth Circuit col caso Zapata Off-ShoreCo. V. M/B Bremen (In re Unterweser Reederei Gmbh) 428 F.2d 888 (5th Cir. 1970).

(11) L’orientamento e stato inaugurato dal District of Columbia col caso Laker Ai-rways Ltd. v. Sabena, Belgian World Airlines 731 F.2d 909 (D.C. Cir. 1984).

(12) V. SWANSON, Antisuit Injunctions in Support of International Arbitration, in Tul.L. Rev., 2006, 395 ss. Dello stesso avviso la District Court dell’Illinois nel caso Affymax, Inc.v. Johnson & Johnson, 420 F. Supp. 2d 876 (N.D. Ill. 2006).

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con estrema cautela in ambito arbitrale, esse restano una realta con-solidata. Occorre quindi interrogarsi sul se la loro concessione ledao meno gli obblighi internazionali assunti dagli Stati.

3. La Convenzione di New York, come e noto, mira a renderepiu agevole la circolazione internazionale dei lodi arbitrali oltre chel’attuazione degli accordi arbitrali. Il giudice di uno Stato membro etenuto a declinare la propria competenza a giudicare su una contro-versia, se essa rientra nell’ambito di applicazione di un accordo diarbitrato, a meno che questo non sia invalido o inefficace. E tenutoanche a garantire il riconoscimento e l’enforcement del lodo reso al-l’estero, a meno che non si riscontri la sussistenza di uno dei motiviostativi previsti dall’art. V della Convenzione. Ovviamente, per pro-cedere in tal senso, il giudice necessita di giurisdizione, e il poteregiurisdizionale gli viene conferito proprio dalla Convenzione di NewYork (13).

In pratica, tutti i giudici degli Stati membri della Convenzionehanno il potere di pronunciarsi sulla validita di un accordo compro-missorio e tutti i giudici hanno l’obbligo di declinare la cognizionedella controversia, se l’accordo risulta valido ed efficace. Ugual-mente, tutti i giudici hanno il potere di riconoscere ed eseguire nelproprio Stato il lodo straniero di cui viene chiesto il riconoscimentoo l’enforcement, e tutti hanno il dovere di farlo se non sussistono imotivi ostativi tassativamente fissati dalla Convenzione. Tale obbligocorrisponde al diritto delle parti che, accettando l’arbitrato, hanno ri-nunciato all’azione giudiziaria.

Ebbene, sicuramente la Convenzione di New York nulla dice inmerito all’adozione di anti-suit injunctions da parte dei giudici degliStati membri ed e piu in generale silente sulla questione delle misurecautelari. Cio implica che un provvedimento del tipo non puo circo-lare a livello internazionale sulla base della Convenzione, ma nonvuol dire che la sua adozione sia necessariamente a essa conforme.Nel gia citato caso Karaha, ad esempio, nella richiesta d’intervento,

(13) Parte della giurisprudenza USA ha negato che la Convenzione di New Yorkpossa essa fonte della giurisdizione internazionale del giudice nazionale, quanto meno ratio-nae personae. Su tale giurisprudenza e per una critica alla stessa, sia consentito il rinvio adATTERITANO, La « jurisdiction » del giudice statale nei procedimenti di « enforcement » deilodi arbitrali stranieri disciplinati dalla Convenzione di New York del 1958, in RDIPP, 2007,115 ss.

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come amicus curiae, fatta dalla Repubblica di Indonesia (14), si so-stiene che l’adozione di un’anti-suit injunction da parte del giudiceUSA, finalizzata a inibire il giudizio di nullita del lodo in uno Statoestero, violerebbe la Convenzione. Cio in quanto il giudice dell’en-forcement eccederebbe i limiti di potere giurisdizionale garantitidalla Convenzione medesima (15). La tesi sembrerebbe essere aval-lata da autorevole dottrina (16).

In realta, un simile ragionamento mi convince poco. E vero chel’adozione di una anti-suit injunction necessita di una copertura giu-risdizionale che indubbiamente non e data dalla Convenzione di NewYork. Ma nulla esclude che il giudice possa rinvenire tale coperturanella propria legge statale. Del resto, se cosı non fosse, l’adozione diqualsiasi misura cautelare sarebbe in violazione della Convenzionedi New York, il che e evidentemente un assurdo. Inoltre, non si ca-pisce quale diritto degli altri Stati membri violerebbe la concessionedell’injunction: le corti vincolate alla Convenzione hanno il potere-dovere di pronunciarsi sulla validita di un patto arbitrale o su una ri-chiesta di enforcement del lodo, ma non per questo sono titolari diun diritto in tal senso. Il diritto che corrisponde a tale obbligo equello della parte che chiede e pretende l’effettivita dell’arbitrato.Ergo, la concessione dell’injunction non lede alcuna situazione giu-ridica soggettiva attiva in capo allo Stato membro della Conven-zione.

(14) L’intervento della Repubblica di Indonesia riguardava l’instaurando procedi-mento davanti alla Supreme Court relativo alla richiesta del certiorari avanzata dal SecondCircuit, dopo l’adozione dell’injunction contro Pertamina e il nuovo processo avviato nelleIsole Cayman (v. sub nota 5). Il 23 giugno 2008, la richiesta di certiorari veniva rigettatatravolgendo, cosı, anche la richiesta indonesiana di intervento — Pertamina (Persero), fkaPerusahaan Pertambangan Minyak Dan Gas Bumi Negara v. Karaha Bodas Co. L.L.C., 128S.Ct. 2958 (S. Ct. 2008).

(15) Si legge, infatti, nella richiesta d’intervento della Repubblica di Indonesia:« (t)he District Court went further — further than the New York Convention and U.S. law al-lows — when it issued the permanent anti-suit injunction against Pertamina... By overstep-ping its limited jurisdictional authority under the Convention... the District Court impingedon the jurisdiction of the Cayman Islands court to decide Pertamina’s claims... In doing so,the District Court asserted authority not contemplated by the New York Convention ». Punto10 della richiesta d’intervento della Repubblica di Indonesia. La si veda su 2007 WL4350777 (U.S.).

(16) Congiuntamente alla richiesta di intervento, la Repubblica di Indonesia, secondoquanto si legge nella richiesta stessa, avrebbe depositato, a sostegno della sua tesi, due parerilegali del Professor Albert Jan van den Berg e Michael Reisman, notoriamente autorevolicommentatori della Convenzione di New York del 1958. Osservazioni critiche sulla presuntaincompatibilita delle anti-suit injunctions con la Convenzione di New York sono espresse daGAJA, Convenzione di New York sull’arbitrato e anti-suit injunctions, in RDI, 2009, 503 ss.

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E vero pero, che l’illecito internazionale si consuma anche inviolazione di un obbligo convenzionale cui corrisponde un dirittodell’individuo, sia esso persona fisica o giuridica. Ma il diritto delleparti all’arbitrato e maggiormente garantito in presenza di un’injun-ction che inibisca il ricorso alle autorita statali. Sicche, di incompa-tibilita con la Convenzione di New York si potrebbe, caso mai, par-lare solo per le c.d. anti-arbitration injunctions.

Sembrerebbe, pertanto, che la Convenzione di New York nonvieti l’adozione di anti-suit injunctions a tutela dell’arbitrato, e cheanzi le stesse contribuiscano al conseguimento del suo scopo. Unasimile conclusione, pero, sebbene mi sembri l’unica possibile, pre-senta una serie di punti oscuri.

Innanzi tutto, perche la stessa tipologia di provvedimento puoessere considerata compatibile o incompatibile con la Convenzione aseconda del suo contenuto? E ancora, perche mai un giudice puo er-gersi a interprete privilegiato di un patto arbitrale o della stessa Con-venzione di New York, allorche si tratti di dare esecuzione a un lodostraniero? Perche il giudizio di una corte inglese dovrebbe prevaleresu quello di una corte francese? Sı, d’accordo, l’anti-suit injunctione un provvedimento rivolto alla persona, non al giudice, ma si puodire che per questo la sua adozione non lede l’esercizio del poteregiurisdizionale del giudice straniero di pronunciarsi sulla validita delpatto compromissorio? E come dire che c’e democrazia nei Paesi incui si vota ma, per legge, esiste un partito unico! Non dimentichia-moci che la parte che non si adegua all’anti-suit injunction rischia laconfisca dei beni e, in alcuni casi, e a certe condizioni, perfino l’ar-resto! Il che puo significare il tracollo economico della societa, ov-vero la privazione di mezzi di sostentamento, e perfino della libertapersonale, per la persona fisica (17). Si puo allora dire, con onesta,che l’anti-suit injunction, poiche rivolta alla parte anziche al giudice,non lede il potere giurisdizionale di quest’ultimo? Solo un approccioestremamente formalistico potrebbe giustificare tale affermazione, etutto sommato della scarsa fondatezza del ragionamento sono consa-pevoli pure le corti di common law: i giudici USA, infatti, adottanotali provvedimenti con estrema cautela; quelli inglesi, dopo avere ri-fiutato per molto tempo (come si diceva) l’idea della loro spendibi-lita nei rapporti con giurisdizioni straniere, tendono a concederli solo

(17) Sulle sanzioni in cui incorre la parte inadempiente all’anti-suit injunction v. ladottrina citata sub nota 1.

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se la sede dell’arbitrato e in Inghilterra. E quindi sul presuppostoche, in questo caso, essi abbiano maggiore titolo a pronunciarsi. Maqual e lo strumento internazionale che garantisce un simile titoloprivilegiato di giurisdizione? Certo non la Convenzione di NewYork, e in ambito arbitrale non vedo altri strumenti idonei. Non solo.Non e mica detto che la corte dello Stato sede sia sempre la piu ade-guata a valutare la validita del patto arbitrale. A tale conclusione, avolte preconcetta, si giunge per il tramite dell’art. V, para. 1, lett. a)della Convenzione che individua la legge regolatrice dell’accordocompromissorio nella legge dello Stato sede dell’arbitrato. E non v’edubbio che, in tal caso, il giudice dello Stato sede ha piu dimesti-chezza con la propria legge nazionale. Non dimentichiamoci, pero,che la legge dello Stato sede non si applica se le parti hanno sceltouna diversa legge di autonomia. E in ogni caso, essa non trova ap-plicazione per le questioni di validita relative alla capacita e al po-tere di compromettere delle parti, per le quali si fa riferimento allaloro legge personale (18) (quasi mai coincidente con quella delloStato sede). Ancora, per i requisiti formali, la sua applicazione eesclusa ex art. II della Convenzione di New York, considerata ormaiuna norma materiale direttamente applicabile da qualsiasi giudice. Per-tanto, perfino il tentativo di giustificare l’adozione dell’injunction fa-cendo leva sul concetto di sede dell’arbitrato non e sempre efficace.

Infine, anche su un piano formalistico, la giustificazione dellanatura personale della anti-suit injunction mi pare poco convincente.Perche formalismo per formalismo, allora bisogna considerare chel’esercizio della giurisdizione civile, specie in ambito commerciale,e possibile solo su impulso di parte e non anche d’ufficio. Privaredunque la parte della liberta piena di adire il giudice significa farevenire meno un presupposto processuale indispensabile per l’eserci-zio della giurisdizione. D’accordo, come si diceva prima, cio noncomporta la lesione del diritto del giudice, ma incide o no sulla re-ciproca fiducia che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra corti di Stati

(18) Sulla legge regolatrice dell’accordo arbitrale, in base alla Convenzione di NewYork, v. LEW, The Law Applicable to the Form and Substance of the Arbitration Clause, inVAN DEN BERG (ed. by), Improving the Effıciency of Arbitration Agreements and Awards: 40Years of Application of the New York Convention, ICCA Congress 9, The Hague-London-Bo-ston, 1999, 114 ss.; BLESSING, The law Applicable to the Arbitration Clause and Arbitrability,in VAN DEN BERG (ed. by), loc. ult. cit., 168 ss.; ATTERITANO, L’enforcement delle sentenze ar-bitrali del commercio internazionale - Il principio del rispetto della volonta delle parti, Mi-lano, 2009, 158 ss.

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appartenenti a una medesima Convenzione come quella di NewYork? Incide o no, su quel riparto di giurisdizione compiuto dallaConvenzione di New York che ha garantito a tutti i giudici il poteredi verificare la validita di un accordo arbitrale e che viene limitatosolo a uno di essi per un intervento a gamba tesa di un solo giudice?Puo incidere o no sulle relazioni tra Stati?

Tutto sommato, a me pare che ammettere le cc.dd. anti-suitinjunctions a tutela dell’arbitrato crei una certa sperequazione tra igiudici che non e giustificata dalla Convenzione di New York e checrea anche una forte diseguaglianza tra le parti dell’arbitrato. E in-fatti, l’efficacia dell’anti-suit injunction presuppone la presenza dellaparte a cui e rivolta, ovvero dei suoi beni, nel territorio dello Stato.Sicche, per alcuni soggetti, e per gli arbitrati di cui sono parte, laloro adozione sarebbe totalmente indifferente. Mentre per altri, po-trebbe generare conseguenze catastrofiche.

Ciononostante, per quanto odioso possa essere considerato lostrumento in questione, non mi sento di dire che la sua concessioneviola gli obblighi derivanti dalla Convenzione di New York. Anzi, suun piano di stretto diritto, mi sentirei di dire che essa e piuttosto in-differente alla concessione di tali provvedimenti. Non mi sembra, in-fatti, che se ne possa affermare l’incompatibilita sul presupposto chela Convenzione non conferisca il relativo potere giurisdizionale aigiudici: e cio perche tale potere puo essere rinvenuto nella legge sta-tale. Non mi pare neanche che se ne possa affermare l’incompatibi-lita per il pregiudizio del c.d. effetto utile: si e visto che, nella mag-gioranza dei casi, l’anti-suit injunction aiuta l’arbitrato, in piena sin-tonia con il pro enforcement bias della Convenzione. Non mi pare,neppure, che l’incompatibilita si possa trarre dalla violazione delrapporto fiduciario che lega i giudici dei vari Stati membri: e cio inquanto, tale rapporto fiduciario deve essere concepito piu su unpiano di buone relazioni internazionali, che su un piano di stretto di-ritto, diversamente da quanto accade in ambito europeo. Ed infatti,se in base al Regolamento 44/2001, la giurisdizione del giudice delmerito non puo essere contestata in sede di esecuzione della sen-tenza, se non nei casi di giurisdizione inderogabile o speciale (19)

(19) In arg., BERAUDO, Le reglement (CE) du Conseil du 22 decembre 2000 concer-nant la competence judiciaire, la reconnaissance et l’execution des decisions en matiere ci-vile et commerciale, in JDI, 2001, 1035 ss.; SALERNO, Giurisdizione ed effıcacia delle deci-sioni straniere nel regolamento (CE) n. 44/2001, III ed., Padova, 2006, 320 ss.

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(dovendosi considerare vincolante la valutazione compiuta dal primogiudice), non accade la stessa cosa nell’ambito della Convenzione diNew York: ex art. V, para. 1, lett. a), la giurisdizione arbitrale puoessere contestata dal giudice dell’enforcement sempre e comunque,anche se sulla validita della convenzione arbitrale si e pronunciato ilgiudice straniero in sede di exceptio compromissi.

In conclusione, quindi, non mi pare che la Convenzione di NewYork vieti l’adozione di anti-suit injunctions a sostegno dell’arbi-trato. E tutto sommato il provvedimento puo persino essere garanti-sta della volonta delle parti di arbitrare. E vero, pero, che una certaodiosita caratterizza tali provvedimenti, per la sottesa e autoprocla-mata supremazia di un giudice rispetto ad altri, e per la disugua-glianza che inevitabilmente crea tra le parti. La loro efficacia di-pende, infatti, dalla presenza della parte destinataria e dei suoi beninel territorio dello Stato, ergo chi si trova in queste condizioni devetemerne l’adozione. Gli altri possono dormire sonni tranquilli!

4. Se sulla questione della compatibilita delle anti-suit injun-ctions con la Convenzione di New York non abbiamo, tutto som-mato, dei pronunciamenti chiari e idonei a mettere un punto fermoal problema, rispetto alla loro incompatibilita con la normativa euro-pea non si possono nutrire piu dubbi: la Corte di Giustizia, con lasentenza West Tankers (20), ha espresso a chiare lettere che la loroadozione viola il Regolamento 44/2001.

Nel caso di specie la Corte ha dovuto affrontare due ordini diquestioni:

a) l’applicabilita del Reg. 44/2001 alle anti-suit injunctionsadottate a sostegno dell’arbitrato;

b) la loro compatibilita con il Reg. 44/2001.Il problema della compatibilita delle anti-suit injunctions con la

normativa regolamentare si era posto dapprima per le injunctionsadottate dai giudici inglesi a sostegno dei propri processi statali,

(20) ECJ (grande sezione), 10 febbraio 2009, Allianz S.p.a. e Generali AssicurazioniGenerali S.p.a. v. West Tankers Inc. La si veda pubblicata, con nota di D’ALESSANDRO, LaCorte di giustizia dichiara le anti-suit injunctions a tutela dell’arbitrato inglese incompati-bili con il sistema del Reg. 44/2001, in questa Rivista, 2009, 67 ss.; con nota di MUIR WATT,in RCDIPriv., 2009, 379 ss.; WINKLER M.M., West Tankers: la Corte di Giustizia confermal’inammissibilita delle anti-suit injunctions anche in un ambito escluso dall’applicazione delRegolamento Bruxelles I, in DCI, 2008, 735 ss. FENTIMAN, Arbitration and Antisuit Injunc-tions in Europe, in The Cambridge L. J., 2009, 278 ss.

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quindi non in ambito arbitrale. La Corte ne aveva dichiarato l’incom-patibilita. Il percorso e iniziato nel 1991, con il noto caso OverseasUnion (21). In tale sentenza la Corte, seppure in riferimento all’art.21 della Convenzione di Bruxelles del 1968 (di cui il Regolamento44/2001 e il sostituto), ha affermato che, in caso di litispendenza co-munitaria, e il giudice adito per primo a doversi pronunciare sullacompetenza, mentre il giudice adito per secondo ha l’obbligo di so-spendere il procedimento instaurato innanzi ad esso. Unica eccezionee il caso in cui il giudice successivamente adito sia titolare di unacompetenza inderogabile ex art. 16 della Convenzione di Bruxelles,cui corrisponde, nella sostanza, l’attuale art. 22 del Regolamen-to (22).

Grazie a quest’eccezione, si e pensato bene di interrogare laCorte di Giustizia sulla possibilita per il giudice adito per secondo dievitare la sospensione del processo, ove la sua competenza sia fon-data su un accordo tra le parti, e quindi ex art. 17 della Convenzionedi Bruxelles. Nel caso Gasser (23), la Corte ha risolto in senso nega-tivo la questione, nonostante le diverse conclusioni dell’Avvocatogenerale (24), mediante una interpretazione sistematica della Conven-zione.

In entrambe le sentenze, la Corte ha inteso tutelare il principiodella reciproca fiducia tra le corti degli Stati membri. Sia la Conven-zione di Bruxelles che il Regolamento hanno fatto proprio il princi-pio del mero ordine cronologico, per cui, in caso di litispendenza,decide il giudice adito per primo, e cio in quanto tutti i giudici eu-

(21) ECJ (grande sezione), 27 giugno 1991, Overseas Union Ins. Ltd. et al. v. NewHampshire Ins. Co. La si veda pubblicata con nota di GAUDEMET-TALLON, in RCDIPriv., 1991,769 ss. In arg. BRIGGS, The Brussels Convention, in YEL, 1991, 521 ss.; DI BLASE, Connes-sione e litispendenza nella Convenzione di Bruxelles, Padova, 1993, 125 ss.; HARTLEY, Con-vention on Jurisdiction and the Enforcement of Judgments in Civil and Commercial Matters,in Europ. L. R., 1992, 75 ss.

(22) Si veda il dispositivo della sentenza e le motivazioni addotte dalla ECJ nei para.19 ss.

(23) ECJ (grande sezione), 9 dicembre 2003. La si veda pubblicata con nota di MUIR

WATT, in RCDIPriv., 2004, 459 ss. In arg., ANDREWS, Abuse of process and obstructive tac-tics under the Brussels jurisdictional system: Unresolved problems for the European autho-rities. Erich Gasser GmbH v. MISAT S.r.l. Case C-116/02 (9 December 2003) and Turner v.Grovit Case C-159/02 (27 April 2004), in Zeitschrift fur Gemeinschaftsprivatrecht, 2005, 8ss.; HARTLEY, The Modern Approach to Private International Law. International Litigationand Transactions from a Common Law Perspective, in RdC, 2006, 9 ss. (spec. 177 ss.).

(24) Conclusioni dell’Avvocato Generale PH. LEGER, 9 settembre 2003, in Raccolta,2003, I-14696 ss.

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ropei possono adeguatamente interpretare la Convenzione. In consi-derazione di cio, il criterio dell’ordine cronologico non puo esserederogato neanche se la giurisdizione del giudice successivamenteadito si fonda su un accordo tra le parti: il fatto che la proroga sia insuo favore non significa, infatti, che lo stesso abbia piu autorita apronunciarsi. Derogare al principio del mero ordine cronologico fa-rebbe venire meno la reciproca fiducia tra autorita giudiziarie su cuila Convenzione (e il Regolamento) si fonda.

Ebbene, partendo da queste considerazioni, non e stato difficileper la Corte affermare l’incompatibilita delle anti-suit injuctions asostegno dei processi nazionali con la Convenzione di Bruxelles (equindi anche con il Reg. 44/2001). Nel caso Turner (25), in cui iprovvedimenti in esame sono stati dichiarati appunto incompatibilicon la normativa europea, la Corte e partita proprio dal principio direciproca fiducia e dalla considerazione che tutti i giudici hanno lamedesima autorita di pronunciarsi sulle questioni di competenza giu-risdizionale: la concessione di tali provvedimenti implica inevitabil-mente l’impossibilita per la corte straniera di pronunciarsi e denotauna scarsa fiducia nella corretta interpretazione che della normativapattizia puo essere data anche dal giudice di un altro Strato membro.Tale dato di fatto non viene meno nemmeno se si considera la naturapersonale dell’injunction, circostanza questa qualificata come irrile-vante dalla Corte (26).

E allora, se le anti-suit injunctions sono incompatibili con laConvenzione di Bruxelles del 1968, e quindi con il Reg. 44/2001,una volta stabilito che il Regolamento trova applicazione anche perle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, l’incompatibilitanon puo non valere anche per loro.

Ebbene, il problema della applicabilita del Regolamento alleinjuctions di supporto all’arbitrato si pone per l’esclusione di que-st’ultimo dall’ambito di applicazione della normativa regolamenta-re (27). Ma sulla ampiezza di tale esclusione occorre intendersi. Sulpunto ci si era interrogati gia in vigenza della Convenzione di Bru-xelles, e in sede di negoziazione della convenzione per l’adesione di

(25) ECJ, 27 aprile 2004, Turner v. Grovit et al.. La si veda pubblicata con nota diMUIR-WATT. in RCDIPriv., 2004, 659 ss. V. anche ANDREWS, Abuse of process, cit.; HARTLEY,The Modern Approach, cit., 174 ss.; MERLIN, Le anti-suit injunctions e la loro incompatibilitacon il sistema processuale comunitario, in CG, 2005, 14 ss.

(26) V. punto 28 della sentenza della ECJ.(27) Art. 1, par. 2 lett. d).

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Regno Unito, Irlanda e Danimarca, si sono formate due scuole dipensiero: una, sostenuta dal Regno Unito, escludeva l’applicazionedella Convenzione anche per le procedure giudiziarie di sostegno al-l’arbitrato (es. nomina e revoca degli arbitri, determinazione dellasede, proroga del termine per la deliberazione del lodo, giudizi inci-dentali su questioni di carattere pregiudiziale non arbitrabili) (28);l’altra, sostenuta dalle originarie Parti contraenti, limitava la portatadi tale esclusione alle sole domande giudiziali aventi direttamente adoggetto un procedimento arbitrale (29).

Nella sentenza sul caso Marc Rich (30), la Corte di Giustizia hasostanzialmente sposato il secondo orientamento indicato, confer-mando tale posizione con il caso Van Uden (31). La Corte ha in pra-tica stabilito che non rientrano nell’ambito di applicazione dellaConvenzione di Bruxelles solo quei procedimenti giudiziari chehanno l’arbitrato come oggetto principale, e non anche i procedi-menti che presuppongono una valutazione esclusivamente inciden-tale sull’accordo compromissorio: nei due casi previamente citati,quindi, sono stati considerati disciplinati dalla Convenzione, sia iprocedimenti di nomina giudiziaria degli arbitri sia quelli relativi allaconcessione di misure cautelari.

In sintesi, e il petitum l’elemento da prendere in considerazioneper stabilire se un procedimento giudiziario connesso all’arbitrato

(28) SI veda la Relazione sulla convenzione relativa all’adesione del Regno di Da-nimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla conven-zione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle de-cisioni in materia civile e commerciale, dovuta a SCHLOSSER, in G.U.C.E., C 59, 5 marzo1979, 71 ss.

(29) Sull’argomento v. GAJA, Arbitrato e procedimento giudiziario in Stati diversidopo la sentenza della Corte di giustizia nella causa « Marc Rich c. Italimpianti », in que-sta Rivista, 1992, 417 ss.; HARTLEY, The Scope of the Convention: Proceedings for the Ap-pointment of an Arbitrator, in Europ. L. R., 1991, 529 ss.

(30) ECJ, 25 luglio 1991, Marc Rich v. Societa Italiana Impianti. La si veda pubbli-cata con nota di HASCHER, D. in Rev. Arb., 1991, 697 ss.; con nota di MAYER, in RCDIPriv.,1993, 316 ss. Sulla questione, oltre agli A. citati nella nota precedente, v. MONACO R., Com-petence arbitrale et competence selon la Convention communautaire de 1968, in Etudes dedroit international en l’honneur de Pierre Lalive (Ed. Helbing & Lichtenhahn - Bale/Fran-cfort-sur-le-Main), 1993, 587 ss.; RUBINO SAMMARTANO, L’arbitrato e la Convenzione di Bru-xelles del 1968, in FP, 1991, 431-432.

(31) ECJ, 17 novembre 1998, Van Uden Maritime BV v. KG in Firma Deco-Line. Lasi veda pubblicata con nota di NORMAND J., in RCDIPriv., 1999, 353 ss.; con nota di GAUDE-MET-TALLON H., in Rev. Arb., 1999, 152 ss. In arg. CONSOLO, Van Uden e Mietz: un’evitabileBabele, in CG, 2002, 30 ss.; PETTINATO, Provvedimenti provvisori ed arbitrato nella Conven-zione di Bruxelles del 1968, in questa Rivista, 1999, 324 ss.

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rientri o meno nell’ambito di applicazione del Reg. 44/2001, da in-tendersi pero, come spiega la Corte nel caso Van Uden, come la na-tura del diritto di cui si chiede la tutela giudiziaria (32).

Partendo da tale discrimen, la Corte ha, a mio avviso corretta-mente, escluso l’applicabilita del Reg. 44/2001 alle anti-suit injunc-tions adottate a sostegno dell’arbitrato. Al contrario, parte della dot-trina ritiene che se la Corte si fosse soffermata sulla domanda dellaparte che chiede l’anti-suit injunction, avrebbe rilevato che oggettoimmediato del provvedimento richiesto non e l’arbitrato, bensı l’ot-tenimento di un divieto di iniziare un processo statale all’estero. Per-tanto, in linea di continuita con il caso Van Uden, l’applicabilita delReg. 44/2001 non sarebbe stata messa in discussione (33).

Il ragionamento e avvincente e ben articolato, ma a me sembrache il criterio della domanda sia stato adottato nel caso Van Udennon in riferimento al tipo di misura richiesta, ma in riferimento allanatura del diritto sotteso alla domanda. In quel caso, si chiedeva unamisura cautelare volta a garantire una situazione giuridica soggettivasostanziale, quindi strettamente connessa al merito, non all’arbitratoin se. Se si parla, invece, di anti-suit injunctions, il diritto che si pre-tende tutelare e il diritto all’arbitrato, quindi un diritto strettamenteconnesso alla procedura (arbitrale), e non al merito (34). Di conse-guenza, non mi sembra in contrasto col precedente Van Uden, il fattoche la Corte abbia negato l’applicabilita del Reg. 44/2001 alle anti-suit injunctions di sostegno all’arbitrato. Anzi, le due sentenze misembrano sorrette da una comune ratio.

Il fatto, pero, che il Reg. 44/2001 non si applichi alle anti-suitinjunctions di supporto all’arbitrato non ha impedito alla Corte diGiustizia di dichiarare che la loro adozione viola, comunque, la nor-mativa regolamentare. Esse, infatti, come affermato dalla Corte nelcitato caso West Tankers, pregiudicano il c.d. effetto utile del Rego-lamento, ossia impediscono « la realizzazione degli obiettivi di uni-ficazione delle norme sui conflitti di competenza in materia civile e

(32) V. punto 33 della sentenza, dove si richiama la sentenza della ECJ del 26 marzo1992, Reichert e Kockler, in Raccolta, I-2149, punto 32.

(33) MARONGIU BUONAIUTI F., Emanazione di Provvedimenti inibitori a sostegno dellacompetenza arbitrale e reciproca fiducia tra i sistemi giurisdizionali degli Stati membri del-l’Unione Europea, in questa Rivista, 2009, 245 ss.

(34) In tal senso anche LUPOI M.A., Antisuit Injunctions e arbitrato: l’esperienza in-glese, in questa Rivista, 2006, 441 ss. (spec. 461).

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commerciale e la libera circolazione delle decisioni in questa stessamateria » (35).

Il caso analizzato dalla Corte nasceva da un evento dannosooccorso in esecuzione di un contratto di noleggio di una nave adibitaal trasporto di idrocarburi. La nave, di cui la West Tankers Inc. eraarmatrice, al momento dello sbarco presso il porto di Siracusa, avevaurtato contro una banchina della Erg Petroli S.p.a., la quale era an-che noleggiatrice della nave. Surrogatesi nei diritti di credito dellaErg, le compagnie assicuratrici Allianz S.p.a. e Assicurazioni Gene-rali S.p.a. agivano in regresso, ex art. 1916 c.c., nei confronti dellaWest Tankers, davanti al Tribunale di Siracusa. Costituitasi in giudi-zio, la West Tankers eccepiva la carenza di giurisdizione del giudiceitaliano per la presenza della clausola compromissoria nel contrattodi noleggio, ma allo stesso tempo chiedeva alla High Court l’ado-zione di una anti-suit injunction a sostegno della procedura arbitrale,avente sede in Inghilterra. Il provvedimento veniva concesso ma ladecisione veniva impugnata dalle compagnie assicuratrici dinnanzialla House of Lords (36), la quale sollevava questione pregiudizialedavanti alla Corte di Giustizia.

Ebbene, la controversia in cui e sorta la questione pregiudizialerientra a pieno titolo tra quelle disciplinate dal Reg. 44/2001. Cio si-gnifica che l’adozione di un’anti-suit injunction impedirebbe al Tri-bunale di Siracusa di verificare la validita della convenzione arbi-trale, ottenendosi cosı un duplice risultato: l’applicazione del Rego-lamento verrebbe boicottata in quanto al Tribunale di Siracusa sa-rebbe impedita la possibilita di verificare la propria competenza inbase alla normativa regolamentare; la fiducia reciproca tra autoritagiudiziarie sarebbe compromessa in quanto i giudici inglesi manife-sterebbero scarsa fiducia nei giudici italiani e nella loro capacita divalutare la sussistenza o meno della competenza arbitrale. In uncolpo solo, verrebbero compromessi il principio dell’effetto utiledella normativa regolamentare e il principio di reciproca fiducia.

E per queste ragioni che la Corte di Giustizia ha dichiaratol’incompatibilita con la normativa europea delle anti-suit injunctionsa tutela dell’arbitrato. Se e possibile tradurre liberamente, e in ma-niera ancora piu netta, l’orientamento della Corte, e l’odiosita del

(35) V. punto 24 della sentenza della ECJ.(36) Per una disamina dei fatti e dei passaggi processuali che hanno portato la que-

stione davanti alla ECJ, v. la sentenza West Tankers ai punti 9-18.

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provvedimento, inutilmente invasivo e lesivo dell’autonomia e del-l’indipendenza dei giudici stranieri, a renderlo del tutto incompati-bile col sistema europeo, un sistema fortemente caratterizzato e pie-namente ispirato al principio della reciproca fiducia.

Le corti inglesi si sono da subito adeguate all’insegnamentodella ECJ. Nel caso National Co. V. Endesa generacion SA, i giudicidi appello, in presenza di una pronuncia preliminare dei colleghispagnoli sulla invalidita della clausola arbitrale invocata da parteconvenuta, non solo hanno negato l’anti-suit injunction richiesta, mahanno perfino affermato che la pronuncia spagnola sulla clausolacompromissoria e automaticamente riconosciuta nell’ordinamentoinglese, in virtu del Reg. 44/2001. Cio sul presupposto che, trattan-dosi di una pronuncia preliminare di un piu ampio processo di me-rito disciplinato dalla normativa regolamentare, il Regolamento sa-rebbe a essa applicabile.

Mi pare quindi evidente che, a questo punto, non vi sono piudubbi circa l’incompatibilita delle anti-suit injunctions con il Reg.44/2001.

5. Francamente non riesco proprio a capire perche un giudice,monocratico o collegiale che sia, inglese o americano, russo o cineseche sia, possa pretendere di impedire o ostacolare l’esercizio del po-tere giurisdizionale che compete a un giudice di diversa nazionalita.Soprattutto se tale interferenza e ammessa alla stregua del solo di-ritto nazionale e non sia prevista da uno strumento internazionalecondiviso. Se, infatti, fosse una convenzione internazionale a confe-rire un titolo speciale di giurisdizione a un determinato giudice; sefosse un regolamento comunitario a permettere a un giudice di bloc-care l’esercizio della giurisdizione di una corte di un altro Stato; seci fosse un protocollo d’intesa a consentire la prevalenza del giudi-zio di un giudice su quello di un giudice straniero, allora potrei ca-pire. L’adozione delle anti-suit injunctions sarebbe giustificata dauna comune volonta degli Stati che, a seguito di accurate valutazioni,hanno ritenuto di poterle considerare opportune a determinate condi-zioni. Ma se, invece, un giudice vanta questo diritto sulla base dellasua legge nazionale, o se, peggio ancora, questo diritto se lo crea dase, attraverso l’evoluzione della prassi giurisprudenziale, beh allorail discorso cambia.

In questo caso si assiste a un’invasione di campo che e since-

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ramente inaccettabile. Si possono trovare tutte le giustificazioni pos-sibili. Si puo dire che il provvedimento e rivolto alla persona e nonal giudice; si puo dire che l’adozione del provvedimento e giustifi-cata da una maggiore vicinanza della controversia con il sistemagiudiziario in cui e incardinato quel giudice; si puo dire che consen-tire l’adozione di anti-suit injunctions e di ausilio all’arbitrato, ma ilrisultato finale non cambia: il giudice impone il proprio giudizio adun collega straniero! A parte l’odiosita di un simile atteggiamento,l’adozione delle anti-suit injunction puo essere considerata illecita?

La Corte di Giustizia ha ritenuto che tali provvedimenti, seadottati a sostegno di un arbitrato, violano il Reg. 44/2001. Taleconclusione non e stata raggiunta per l’applicabilita della disciplinaregolamentare ai provvedimenti di cui trattasi, che anzi sono consi-derati esclusi quando adottati a tutela di una procedura arbitrale. Taleconclusione e stata raggiunta per l’odiosita che li contraddistingue,un’odiosita che mette in discussione il principio della reciproca fidu-cia che caratterizza il Regolamento e che impedisce al Regolamentodi ottenere lo scopo per cui e stato adottato. E la violazione del prin-cipio di reciproca fiducia e dell’effetto utile a provocarne l’incompa-tibilita con la normativa europea, una normativa che a stretto rigorenon sarebbe loro applicabile.

Cosı come non e a loro applicabile la Convenzione di NewYork del 1958. E allora, e possibile affermare che anche rispetto allaConvenzione di New York i principi di reciproca fiducia e dell’ef-fetto utile sono pregiudicati dalla adozione delle anti-suit injunction?La Corte di Giustizia sembra esserne convinta, secondo quantoemerge da un obiter dictum della sentenza West Tankers. Ma taleconclusione non mi pare persuasiva.

Innanzi tutto, e evidente che la Corte ha utilizzato l’argomentoa sostegno della sua tesi senza volere prendere effettivamente posi-zione sulla questione. E cio anche perche la Corte non ha alcun ti-tolo a pronunciarsi sulla interpretazione della Convenzione di NewYork. Secondariamente, non vedo come la concessione di anti-suitinjunctions possa pregiudicare l’effetto utile della Convenzione e ilprincipio di reciproca fiducia.

L’anti-suit injunction a sostegno dell’arbitrato mira comunquea garantire l’effettivita del diritto di arbitrare delle parti, e tutto som-mato e in piena sintonia con lo scopo della Convenzione. Parlare dicompromissione del principio dell’effetto utile mi pare fuori luogo,salvo che non si parli di anti-arbitration injunction. In riferimento,

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invece, alla presunta compromissione del principio della reciprocafiducia, anche in considerazione di quanto detto, a me non sembrache questo principio abbia nell’ambito della Convenzione di NewYork la stessa valenza che assume in ambito europeo. E del resto nonpotrebbe essere diversamente, data la grande quantita di Stati che nesono parte. E se tale principio non assume una valenza di stretto di-ritto, come si puo dire che la sua violazione comporta l’antigiuridi-cita del comportamento che lo lede?

In conclusione, a me pare che allo stato attuale un giudice in-glese non puo adottare una anti-suit injunction a sostegno dell’arbi-trato rispetto a un processo italiano o francese, ma puo farlo rispettoa un processo russo o cinese. Cio in quanto, se il Reg. 44/2001 glieloproibisce nei rapporti tra giurisdizione di Paesi dell’UE, la Conven-zione di New York non esprime analogo divieto. Cio non vuol direche l’odiosita del provvedimento venga meno. L’odiosita resta e do-vrebbe essere superata, ma ci sono solo due strade per seguirla: o lecorti statali che possono adottare anti-suit injunctions si autolimitanoo uno strumento internazionale condiviso individua i giudici e i cri-teri di concessione delle stesse. In materia arbitrale, tutto sommato,sarebbe preferibile, ma di difficile concretizzazione, la seconda op-zione: lo strumento in se, infatti, puo essere un ausilio importante perl’arbitrato e, con l’adozione di uno strumento condiviso, la sua in-trinseca odiosita verrebbe meno. Al contrario, senza uno strumentocondiviso, il rischio e quello di aprire la corsa a chi arriva prima adadottare l’anti-suit injunction, con conseguenze negative perfino perl’effettivita dell’arbitrato. E si badi che non si tratta del rischio pa-ventato da una Sibilla: tra le argomentazioni a sostegno dell’adotta-bilita delle anti-suit injunctions da parte dei giudici inglesi, la Houseof Lords ha affermato, davanti alla Corte di Giustizia, che consentirle« contribuirebbe alla competitivita della Comunita europea rispettoai centri mondiali di arbitrato quali New York, le Bermuda e Singa-pore ». Il rischio di una specie di lotta senza quartiere tra giudici sa-rebbe quindi concreto.

The Author examines the topic of anti-suit injunctions used in support of ar-bitration and assesses their compatibility both with the 1958 New York Conventionand the Council Regulation (EC) no. 44 of 2001.

The Author deems that anti-suit injunctions when adopted in support and notto detriment of arbitration are not forbidden by the conventional law, being even

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capable to foster the international circulation of awards and arbitration agree-ments.

Conversely, Regulation (EC) no. 44 prevents the use of such injunctionssince they cast doubts on the principles of comity and mutual trust among courts,on which the same Regulation is based.

In the Author’s view anti-suit injunctions are a loathsome instrument, be-cause invasive and based upon a self-proclaimed superiority of a certain State’scourt upon the court of another State. Nevertheless, at the same time they makesure that effectiveness of arbitration — and the respect of the parties’ consent —are guaranteed, reason for which the Author suggests a legislative intervention in-troducing a proper alternative mean able to achieve, even if in another way, suchresult.

The proposal of a reform of the Brussels I Regulation goes — in the Author’sopinion — in the right direction.

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GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) ITALIANA

Sentenze annotate

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un. civ., ordinanza 6 settembre 2010, n. 19047 —CARBONE Pres.; SALME Est.; MARTONE P.M. (conf.) — Deloitte Consulting S.p.a.(avv.ti Alfonsi, Spolidoro, Venerando) c. Euweb Initiatives S.r.l. (avv. Sirena);Illy Caffe S.p.a. (avv.ti Molteni, Zucchinali, Trifiro).

Arbitrato - Arbitrato rituale - Sentenza del giudice sulla eccezione di conven-zione di arbitrato - Impugnazione - Regolamento di competenza - Art.819-ter c.p.c. - Disciplina transitoria ex art. 27 comma 4 D.Lgs. n. 40/2006- Momento determinante per l’entrata in vigore - Proposizione della do-manda di arbitrato - Retroattivita - Esclusione.

Il momento determinante per l’applicazione della nuova disciplina di cui al-l’art. 819-ter c.p.c. non e ne l’inizio del procedimento davanti al giudice, ne quelloin cui e pubblicata la sentenza, ma quello in cui la domanda di arbitrato e stataproposta. Ne consegue che, come espressamente previsto dal D.Lgs. n. 40/2006,art. 27, comma 4, il regolamento di competenza e ammissibile soltanto nei con-fronti di sentenze pronunciate con riferimento a procedimenti arbitrali iniziati dopoil 2 marzo 2006.

CENNI DI FATTO. — Due societa stipulano tra loro alcuni contratti di appalto perl’installazione di sistemi informatici, nei quali e inserita una clausola per arbitratorituale. La ditta appaltatrice ha a sua volta sottoscritto due contratti di subappaltodel 94% dei lavori con una terza societa, anche in tale sede prevedendo clausolacompromissoria. La committente, lamentando l’inadempimento della controparte,in data 15 maggio 2005 promuove azione giudiziaria di risarcimento danni; la so-cieta appaltatrice convenuta e la subappaltatrice chiamata in manleva sollevano ec-cezione di patto compromissorio. Medio tempore queste ultime, nel novembre2005, instaurano due processi arbitrali, regolarmente conclusisi con il deposito deilodi a marzo e maggio 2007.

Con sentenza non definitiva del 12 giugno 2007 il tribunale adito, ritenuto chela clausola binaria invocata non possa applicarsi « nella specie in cui si contrappo-nevano tre parti con interessi autonomi anche se interdipendenti », dichiara la pro-

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pria competenza. Avverso tale pronuncia la convenuta propone regolamento dicompetenza, sostenendo in via preliminare l’ammissibilita del mezzo anche in or-dine a vicende innescatesi in epoca antecedente il 2 marzo 2006, data di entrata invigore del nuovo art. 819-ter c.p.c. e argomentando nel merito l’applicabilita dellaclausola arbitrale. La subappaltatrice aderisce al proposto regolamento di compe-tenza.

Il procedimento viene rimesso alle Sezioni unite su istanza della societa ricor-rente ex art. 376 comma 2 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis).2. Il regolamento di competenza e inammissibile.Come e noto, con la sentenza di queste Sezioni unite n. 527/2000, che la ri-

corrente ha dichiarato di ben conoscere, si e affermato che anche nell’arbitrato ri-tuale la pronunzia ha natura di atto di autonomia privata e correlativamente il com-promesso si configura quale deroga alla giurisdizione; pertanto, il contrasto sulladeferibilita agli arbitri di una controversia costituisce questione di merito, in quantoinerente alla validita del compromesso o della clausola compromissoria. Tale affer-mazione e stata costantemente condivisa dalla giurisprudenza successiva (salvo ini-ziali dissensi, ben presto superati: Cass. n. 6710/2001, 12175/2000), anche conespresso riferimento al regolamento di competenza ritenuto pacificamente inammis-sibile (ex multis: Cass. nn. 11315, 2524, 20351, 9760 del 2005; 14234 e 13516/2004, 4478, 2501, 6165 e 12855/2003).

La ricorrente sostiene, tuttavia, che nella specie dovrebbe trovare applicazionela nuova regola affermata dall’art. 819-ter c.p.c., introdotto con il D.Lgs. n. 40/2006, art. 22, secondo la quale « La sentenza, con la quale il giudice afferma o negala propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, e impugnabile anorma degli artt. 42 e 43 » sia perche si tratterebbe di norma interpretativa sia per-che, comunque, sussisterebbe un’eadem ratio che ne giustificherebbe l’applicazioneanalogica.

La tesa della ricorrente non e fondata.2.1. Deve escludersi, innanzi tutto, che possa riconoscersi alla nuova norma

natura interpretativa e quindi efficacia retroattiva.Secondo la giurisprudenza costituzionale (tra le piu recenti v. Corte cost. n.

170/2008, 400/2007, 409/2005, 168/2004, 291/2003, 29 e 374 del 2002, 525 e 292/2000), seguita anche da questa Corte (sent. n. 677/2008, 4070/2004, 12605/2002,8539/2000, 12386/2000), pur non essendo richiesto che sia effettivamente insortoun contrasto giurisprudenziale, per poter ritenere la natura interpretativa di unanorma di legge, e pur sempre necessario che esista un’obbiettiva incertezza nell’ap-plicazione del dato normativo e un obbiettivo dubbio ermeneutico e che la nuovanorma sia diretta a chiarire il contenuto di norme preesistenti ovvero ad escludereo ad enucleare uno dei significati tra quelli plausibilmente ascrivibili alle normestesse, purche la scelta imposta rientri tra le possibili varianti di senso del testo in-terpretato e sia compatibile con la sua formulazione. La discrezionalita del legisla-tore, peraltro, oltre a richiedere la sussistenza dei presupposti indicati, incontra, co-munque, dei limiti, anche al di fuori della materia penale, identificati: a) nella sal-vaguardia dei principi generali di ragionevolezza e di eguaglianza; b) nella tuteladell’affidamento legittimamente posto sulla sicurezza giuridica e cioe sulla certezzadell’ordinamento giuridico, specialmente in materia processuale; c) nel rispetto

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della funzione giudiziaria (con il conseguente divieto di intervenire sugli effetti delgiudicato e sulle fattispecie sub judice) (Corte cost. n. 170/2008, cit., 416/1999,111/1998, 211/1997, 311/1995, 397/1994).

Ora, come si e rilevato, sull’affermazione che la deferibilita agli arbitri di unacontroversia costituisca questione di merito e non di rito si e formato un costantee pacifico orientamento di questa corte che si e tradotto in un vero e proprio dirittovivente a fronte del quale sono stati sollevati dubbi soltanto da una parte della dot-trina, senza pero che tali dubbi possano assumere carattere oggettivo e siano ido-nei a creare un’oggettiva situazione di incertezza applicativa. Sussisterebbe inoltrel’esigenza di tutelare l’affidamento legittimamente posto sulla stabilita dell’orienta-mento giurisprudenziale di cui si e detto.

2.2. E, comunque, decisivo rilevare che la questione di diritto intertemporalee espressamente risolta dal D.Lgs. n. 40/2006, art. 27, comma 4, il quale disponeche « Le disposizioni degli artt. 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimentiarbitrali, nei quali la domanda di arbitrato e stata proposta successivamente alladata di entrata in vigore del presente decreto ».

Non ha pregio, pertanto neppure la tesi, avanzata in via subordinata, che in-voca l’applicazione analogica della nuova disciplina anche per il passato perchenon esiste alcuna lacuna normativa da colmare.

E vero, tuttavia che in ordine all’applicazione della norma transitoria nell’am-bito della giurisprudenza della Corte si sono formati tre orientamenti e che sussistela necessita di risolvere il contrasto cosı insorto.

Un primo orientamento (Cass. n. 16995 e 18761/2007, 12814/2008) richiamadirettamente la lettera del D.Lgs. n. 40/2006, art. 27, comma 4, affermando che ilnuovo testo dell’art. 819-ter c.p.c, non ha portata retroattiva e si applica soltanto aiprocedimenti arbitrali nei quali la domanda sia stata proposta successivamente al 2marzo 2006, data di entrata in vigore della nuova disciplina.

L’ordinanza n. 12814/2008 precisa che a tale conclusione deve prevenirsi nonsolo sulla base della lettera della norma transitoria, ma anche perche il nuovo art.819-ter si riferisce alle « convenzioni di arbitrato » che formano oggetto dellanuova disciplina dettata con l’art. 20 dello stesso decreto legislativo, e pertanto ri-guardano pattuizioni sottoscritte dopo il 2 marzo 2006 e perche, inoltre, la nuovadisciplina detta regole processuali sui tempi e sui modi di proposizione dell’ecce-zione di competenza arbitrale che non puo che riferirsi a situazioni processuali in-sorte dopo tale data.

In altro orientamento (Cass. n. 13128/2007 e piu diffusamente n. 21926 e587/2009) invece ritiene che momento determinante per l’applicazione della nuovadisciplina non sia quello in cui e proposta la domanda di arbitrato, ma quello diinizio del giudizio davanti al giudice ordinario in cui la questione della deferibilitadella controversia agli arbitri si pone. La diversa tegola affermata con l’art. 27,comma 4, ritenuta « strana », avrebbe ad oggetto solo i procedimenti arbitrali,mentre i problemi che sorgono nell’ambito dei procedimenti davanti al giudice or-dinario dovrebbero essere risolti sulla base dell’art. 5 c.p.c.. A ritenere il contrariola nuova disciplina avrebbe efficacia retroattiva.

Un terzo orientamento (Cass. n. 26990/2007) ritiene rilevante, ai fini dell’ap-plicazione della nuova disciplina, la data di pubblicazione della sentenza del giu-dice ordinario che risolve la questione di competenza.

2.3. Le Sezioni unite ritengono che debba essere seguito il primo orienta-

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mento e che pertanto, come espressamente previsto dal D.Lgs. n. 40/2006, art. 27,comma 4, il regolamento di competenza sia ammissibile soltanto nei confronti disentenze pronunciate con riferimento a procedimenti arbitrali iniziati dopo il 2marzo 2006.

La lettera della disposizione, infatti, e inequivoca e rappresenta un limite in-valicabile in sede di interpretazione.

Certamente la soluzione legislativa e opinabile perche impone un’unica solu-zione rispetto a situazioni tra loro diverse e per le quali l’art. 819-ter detta una plu-ralita di regole, una sola delle quali riguarda direttamente i procedimenti arbitrali ecioe quella con la quale si dispone che la competenza degli arbitri non e esclusadalla pendenza della stessa causa davanti al giudice o dalla connessione tra la con-troversia ad essi deferita e una causa pendente davanti al giudice. Tuttavia il legi-slatore, nella sua discrezionalita, ha seguito la soluzione di far dipendere anchel’applicazione della nuova disciplina dei procedimenti ordinari da una circostanzache attiene a vicende relative al procedimento arbitrale e non e possibile in sede in-terpretativa correggere un’impostazione rispetto alla quale neppure si pongonodubbi di legittimita costituzionale, posto che l’eventuale applicazione retroattivanon incontrerebbe alcun limite inderogabile.

Ne il significato univoco della disposizione puo essere obliterato in ossequioal principio della garanzia della ragionevole durata dei giudizi, affermato con ilnuovo art. 111 Cost., principio che certamente costituisce uno dei cardini interpre-tativi delle norme processuali ma che non autorizza l’interprete a ignorare la volun-tas legis. Tra l’altro la problematica di cui le Sezioni unite sono state chiamate adoccuparsi ha una limitata portata temporale che non potrebbe giustificare una cosıgrave forzatura del dettato normativo.

Ne deriva che momento determinante per l’applicazione della nuova disci-plina non e ne l’inizio del procedimento davanti al giudice, ne quello in cui e de-positata la sentenza, ma quello in cui la domanda di arbitrato e stata proposta.

I contrari orientamenti che attribuiscono rilievo agli altri momenti processualifiniscono per rendere inutile la norma di cui al D.Lgs. n. 40/2006, art. 27, comma4, perche fanno dipendere la soluzione non dalla regola affermata con tale normama da principi diversi, quali quello di cui all’art. 5 c.p.c., peraltro in una situazionenormativa in cui puo anche dubitarsi che l’art. 22 del citato decreto legislativo, af-fermi un nuovo criterio di competenza in senso stretto, posto che la stessa normaesclude l’applicazione di principi essenziali della disciplina della competenza,come quelli desumibili dagli artt. 44, 45, 48 e 50 c.p.c.

L’unico problema che residua riguarda l’ipotesi in cui la sentenza del giudiceabbia risolto una questione di deferibilita della controversia agli arbitri, ma nessunprocedimento arbitrale sia ancora iniziato, ne prima ne dopo il 2 marzo 2006. Eevidente che in tal caso, ma solo in tal caso, non potrebbe trovare applicazione laspeciale norma transitoria dettata con il comma 4 dell’articolo, ma i principi gene-rali della perpetuatio jurisdictionis e tempus regit actus.

In conclusione, poiche nella specie le domande di arbitrato sono state propo-ste prima del 2 marzo 2006 il regolamento di competenza e inammissibile.

L’esistenza di un obbiettivo contrasto all’interno della giurisprudenza dellaCorte giustifica la compensazione delle spese.

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Regolamento di competenza avverso la pronuncia del giudice sullaexceptio compromissi e procedimenti pendenti.

1. Con l’ordinanza n. 19047/2010, resa a Sezioni unite (1), la Corte dicassazione affronta e risolve due questioni di diritto intertemporale, logica-mente complementari, relative alla esperibilita del regolamento di competenzaavverso il provvedimento giurisdizionale (2) che affermi o neghi la compe-tenza del giudice in relazione ad una convenzione di arbitrato (art. 819-terc.p.c.).; rimedio che, come noto, e stato introdotto con previsione normativaespressa dal D.Lgs. n. 40/2006 (art. 22), in vigore dal 2 marzo 2006.

Sotto un primo profilo, la S.C. risolve definitivamente in senso nega-tivo la questione della potenziale retroattivita dell’art. 819-ter c.p.c. In se-condo luogo, dirime il contrasto insorto in ordine alla c.d. « Disciplinatransitoria » di cui all’art. 27 comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006 (3) ed in par-ticolare in ordine all’individuazione del quid cui ancorare la sopravvenuta

(1) Nella pronuncia in commento resta sullo sfondo la questione concreta della pra-ticabilita della via arbitrale in presenza di una pluralita di clausole binarie « intrecciate » inquanto separatamente previste in contratti collegati. Si vedano sul tema: LICCI, La pluralitadi parti nel procedimento arbitrale: le soluzioni del passato, i problemi del presente, in que-sta Rivista, 2009, 381 ss.; LIPARI, Pluralita di parti, commento all’art. 816-quater, in Com-mentario alla riforma del codice di procedura civile a cura di BRIGUGLIO - CAPPONI, Vol. III,Tomo II, 2009, 728 ss.; LUISO, Controversie societarie, clausola binaria e ruolo delle camerearbitrali nelle controversie con pluralita di parti, su www.judicium.it; LUISO, Pluralita diclausole compromissorie e unitarieta del processo arbitrale, in questa Rivista, 2007, 601 ss.

(2) Dopo iniziali ipotesi circa l’applicabilita anche al rapporto tra arbitro e giudicedelle innovazioni di cui alla Legge n. 69/2009 in tema di forma della decisione sulla compe-tenza (DEMARCHI, Questioni pregiudiziali di rito, condanna alle spese e consulenza tecnicanella miniriforma del processo civile, in www.ilcaso.it, 11), successive ricostruzioni e leprime pronunce giurisprudenziali che e dato rintracciare optano decisamente per il manteni-mento della qualificazione di sentenza, sulla scorta — fondamentalmente — della non pienaassimilabilita della questione circa la potestas judicandi arbitrale ad una questione di compe-tenza in senso tecnico. Cfr. in tal senso anche DANOVI, La nuova disciplina dell’incompetenza,in Riv. dir. proc., 2009, 1352; BOVE, Giurisdizione e competenza nella recente riforma delprocesso civile (legge 18 giugno 2009 n. 69), su www.judicium.it e in Riv. dir. proc., 2009,1312-1313. In giurisprudenza, Trib. Lamezia Terme, sent. 22 giugno 2010, su www.ilcaso.it;Trib. Varese, sent. 16 giugno 2010, su www.tribunale.varese.it.

(3) Il comma 4 dell’art. 27 recita: « Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato e stata propostasuccessivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto ». Nonostante la termino-logia legale, trattasi non tanto di disciplina transitoria (per tale intendendosi una regolamen-tazione specifica delle fattispecie comprese nel periodo intermedio tra il pieno vigore di unadisciplina e di quella sopravvenuta), bensı di norma di diritto intertemporale (deputata ad in-dividuare volta per volta, in caso di successione di leggi nel tempo, le norme applicabili dellavecchia e della nuova disciplina). Su tale distinzione: CAPPONI, La legge processuale civile eil tempo del processo, in Giust. proc. civ., 2008, 637 e su www.judicium.it; CAPONI, Tempusregit processum. Un appunto sull’effıcacia delle norme processuali nel tempo, in Riv. dir.proc., 2006, 449 ss.; RESCIGNO, voce Disposizione, IV) disposizioni transitorie, in Enc. dir.,1964, vol. XIII, 219 s. spec. 233.

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applicabilita dell’art. 819-ter c.p.c. ai procedimenti giurisdizionali e arbi-trali in corso. A tal proposito, detta una soluzione unica (cioe non differen-ziata a seconda del « canale » interessato) e conclusiva: l’applicazione dellanorma de qua ai giudizi in corso dipende dal momento — anteriore o po-steriore al 2 marzo 2006 — in cui la domanda di arbitrato e stata proposta.

2. Per trattare la prima questione, inerente la applicabilita « retroat-tiva » del rimedio di cui all’art. 819-ter c.p.c., va sottolineato un dato tem-porale essenziale: trattavasi nella specie di una sentenza non definitiva sulla« competenza » resa in un processo instaurato in data anteriore all’entratain vigore dell’art. 819-ter c.p.c. e svoltosi parallelamente ad un arbitrato,anch’esso avviato prima.

A sostegno dell’ammissibilita del regolamento di competenza, le partiimpugnanti invocavano l’applicazione retroattiva dell’art. 819-ter c.p.c., oper via diretta, attraverso la qualificazione di esso come norma interpreta-tiva, o quanto meno per via analogica, sulla scorta di una eadem ratio chetra l’altro avrebbe implicato il recupero di un indirizzo seguito fino al 2000— e poi drasticamente abbandonato — che equiparava l’exceptio compro-missi ad una questione di competenza per territorio derogabile (4). Le Se-zioni unite superano entrambe le prospettazioni della tesi delle societa ri-correnti. In primo luogo, si chiarisce che alla nuova regola impugnatoria,stabilita dall’art. 819-ter c.p.c., non puo esser riconosciuta una natura inter-pretativa, per l’immediata constatazione che non v’era, prima del 2 marzo2006, alcuna oggettiva situazione di incertezza applicativa. L’orientamentopacifico della S.C. era sempre rimasto quello, inaugurato con Cass., Sez.un. n. 527/2000, che una volta affermata la natura « privata » dell’arbitrato,aveva qualificato la questione della deferibilita ad arbitri di una controver-sia come questione di merito, in quanto implicante un’indagine sulla esi-stenza, validita, efficacia ed estensione della clausola compromissoria o delcompromesso. La conseguenza sul tema che qui interessa era la costanteesclusione dell’ammissibilita del regolamento di competenza (5).

(4) Si vedano: VERDE, L’arbitrato e la giurisdizione ordinaria, in Diritto dell’arbi-trato rituale, a cura di G. VERDE, 2000, 12 ss.; Cass. 8 febbraio 1999, n. 1079, in Foro it.,2000, I, 2307 ss., con nota di DE SANTIS, In tema di rapporti tra giudice ordinario ed arbi-tri; ACONE, Arbitrato e competenza, in questa Rivista, 1996, 239 ss.; VACCARELLA, Questionidi litispendenza e competenza nei rapporti tra arbitri e A.G.O., in Giust. civ., 1991, I, 269.

(5) La giurisprudenza ante riforma era compatta nel ritenere la natura di merito dellaquestione della sussistenza o meno di un potere arbitrale di decidere la controversia, esclu-dendone la riconducibilita alle piu classiche questioni di rito (giurisdizione e competenza).L’indirizzo si radicava sulla svolta operata da Cass., Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527, in que-sta Rivista, 2000, 669 ss., con nota di FAZZALARI, Una svolta attesa in ordine alla « natura »dell’arbitrato, che aveva negato su tali basi l’esperibilita del regolamento di giurisdizione.Successive pronunce avevano poi espressamente escluso anche l’ammissibilita del regola-

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Se questa soluzione era indubbia prima del 2 marzo 2006, tanto da at-testarsi come vero e proprio « diritto vivente », secondo la Corte non solonon vi sarebbe stata la necessita, in sede di riforma, di un intervento inter-pretativo del legislatore, ma lo stesso sarebbe stato indebito ed eccedenterispetto ai limiti di un corretto esercizio della discrezionalita legislativa. LaCorte richiama a tal proposito i precedenti della Corte costituzionale inmateria di interpretazione autentica, operazione tanto piu delicata nella mi-sura in cui, per la sua potenziale retroattivita, e suscettibile di incidere suaffidamenti gia maturati incolpevolmente e legittimamente consolidatisi (6).

Inoltre la S.C. rifiuta di riconoscere nel caso di specie l’ammissibilitadel regolamento in via « analogica ». L’indirizzo ante riforma non e rite-nuto — cioe — meritevole di un ripensamento postumo, come invocatodalle societa ricorrenti. Anzi, la Corte sembra tra le pieghe ribadire la cor-rettezza sostanziale di un’impostazione superata per volonta di legge, manon revocabile in dubbio quanto al contesto normativo previgente.

Da queste considerazioni discende linearmente che l’art. 819-ter,comma 1, secondo inciso, c.p.c. non abbia portata interpretativa e nonpossa esplicare alcun effetto (neppure indiretto) per il periodo anteriore allasua vigenza; del resto, deve ritenersi che tale disposizione fosse una espli-cita innovazione della riforma, e come tale e stata percepita (nel bene e nelmale) fin dai primi commenti (7).

mento di competenza: Cass., Sez. un., ord. 25 giugno 2002, n. 9289, in questa Rivista, 2002,511 ss., con nota di BRIGUGLIO, Le Sezioni unite ed il regime della eccezione fondata su ac-cordo compromissorio e in Giust. civ. 2003, 1, 713 ss. con nota di PUNZI, Natura dell’arbi-trato e regolamento di competenza; TOTA, Ancora sulla natura dell’eccezione di compro-messo (e sull’ammissibilita del regolamento di competenza avverso la sentenza del giudiceordinario che pronunci su di essa), su www.judicium.it.

(6) La Corte costituzionale ha dettato i requisiti per affermare la legittimita di unanorma interpretativa, ritenendo necessario 1) un preesistente ed obiettivo dubbio ermeneuticoo applicativo che giustifichi in termini di ragionevolezza l’intervento chiarificatore del legi-slatore; 2) la riconducibilita dell’interpretazione prescelta all’orizzonte di senso della formu-lazione normativa precedente; 3) il rispetto dei principi generali di ragionevolezza, ugua-glianza, certezza e affidamento nonche delle funzioni costituzionalmente riservate al poteregiudiziario: cfr. Corte cost. n. 170/2008 e la giurisprudenza ivi richiamata. E anche vero pe-raltro che la giurisprudenza costituzionale, soprattutto in passato, aveva piu volte affermatoche il legislatore puo adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni legisla-tive non solo quando sussista una situazione di incertezza nell’applicazione del diritto o visiano contrasti giurisprudenziali, ma anche in presenza di un indirizzo « concorde o quasiconcorde » della Corte di cassazione, purche quello « imposto » sia un significato ascrivibilealla norma anteriore (v., in particolare, sentenza n. 402/1993; nonche le sentenze n. 311/1995e n. 397/1994 e l’ordinanza n. 480/1992).

(7) E ricorrente nei diversi commenti la considerazione che l’art. 819-ter abbia in-trodotto una novita (legata all’opportunita di mettere a disposizione delle parti del processouno strumento diretto ad ottenere immediatamente dalla Corte di cassazione un accertamentodefinitivo e vincolante sulla validita ed interpretazione della convenzione di arbitrato: cosıRUFFINI, Art. 819-ter: Rapporti tra arbitri e autorita giudiziaria, in La nuova disciplina del-

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In secondo luogo, con argomentazione ad abundantiam — ma inrealta decisiva — la Corte recide ogni appiglio della tesi dell’ammissibilitadel regolamento di competenza avanzata dalle ricorrenti, facendo richiamoall’art. 27 comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006, che detta una « Disciplina tran-sitoria » (8) apposita per le modifiche introdotte al codice di procedura ci-vile dagli artt. 21, 22, 23, 24 e 25 del decreto medesimo, stabilendo che « lenuove disposizioni si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la do-manda di arbitrato e stata proposta successivamente alla data di entrata invigore del presente decreto ». E per l’appunto l’art. 819-ter c.p.c. e statointrodotto dall’art. 22 del D.Lgs. n. 40/2006, entrato in vigore il 2 marzo2006.

La conseguenza che la S.C. ne trae, in ordine alla questione di dirittointertemporale sull’ammissibilita del regolamento avverso la pronuncia delgiudice che decide sulla exceptio compromissi, e che se la controversia si eradicata (in sede giurisdizionale o in sede arbitrale) prima di tale data (an-corche processo e arbitrato si siano svolti a cavallo e conclusi dopo) nonv’e lacuna normativa da colmare per via interpretativa. La nuova disciplinadi cui all’art. 819-ter c.p.c. si applica solo per il futuro, mentre per il pas-sato si gioca ancora con le vecchie regole: se l’eccezione poneva una que-stione non di giurisdizione o di competenza, ma sostanzialmente di merito,l’impugnazione esperibile avverso la decisione era l’appello.

Sia consentito a questo punto fare un’osservazione parentetica, che ciintrodurra alla seconda questione oggetto della pronuncia in commento. Aprima vista, potrebbe sembrare che la presenza di una specifica norma di

l’arbitrato, a cura di MENCHINI, 2010, 365), contemporaneamente segnando pero un « ritornoal passato », ossia all’orientamento « tradizionale » che prima del 2000 aveva sempre equi-parato l’eccezione di patto compromissorio all’eccezione di incompetenza per territorio de-rogabile: BOVE, Ancora sui rapporti tra arbitro e giudice statale, su www.judicium.it e inquesta Rivista, 2007, 360; CAPPONI, Rapporti tra arbitro e autorita giudiziaria secondo ilnuovo art. 819-ter c.p.c., su www.judicium.it e ID., Art. 819-ter, Rapporti tra arbitro e auto-rita giudiziaria, in Commentario alla riforma del codice di procedura civile a cura di BRIGU-GLIO - CAPPONI, Vol. III, Tomo II, 2009, 879. L’ord. Cass. n. 587/2009 e ancor piu netta: laformulazione dell’art. 819-ter « esprimendo una soluzione del tutto contraria a quella costi-tuente il “diritto vivente” per come ricostruito dalle Sezioni unite attraverso l’interpretazionedel tessuto normativo previgente ha introdotto norme del tutto nuove ». V’e peraltro anchechi (COREA, Questioni di diritto intertemporale nei rapporti tra arbitro e giudice, in questaRivista, 2009, 480; VERDE, in questa Rivista, 2006, 413 ss.) ipotizza che il legislatore abbiavoluto meramente confermare l’orientamento tradizionale, divenuto minoritario ma mai to-talmente scomparso, ricreando ex post una sorta di continuita nella natura di questione (latosensu) di competenza, cosı da imporre, in via interpretativa, di considerare in tale prospettivai rapporti tra arbitri e giudice anche per il periodo intermedio tra il revirement del 2000 e laNovella del 2006.

(8) Per un commento in generale si rinvia a PETRILLO, Entrata in vigore delle nuovediscipline sul giudizio di cassazione e sull’arbitrato, in Commentario alla riforma del codicedi procedura civile a cura di BRIGUGLIO - CAPPONI, vol. III Tomo II, 2009, 1087 ss.

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diritto intertemporale offra una soluzione tanto ovvia e cristallina, da ren-dere superfluo il ragionamento, svolto in prima battuta dalla Corte, circal’impossibilita di attribuire significato interpretativo, con connessa portataretroattiva, all’art. 819-ter c.p.c. E si potrebbe pensare che in fondo, se esi-ste una norma che espressamente dispone l’applicabilita dell’art. 819-terc.p.c. solo per il futuro, la questione di diritto intertemporale, che la Corteha appena risolto, non aveva nemmeno ragione di porsi.

Per vero, invece, il problema aveva ragione di porsi eccome, visto chenella vicenda in esame, dipanatasi a cavallo della riforma, il discrimine trail « prima » e il « dopo » non era poi cosı ben delineato dalla norma tran-sitoria come potrebbe a prima vista apparire. L’art. 27 comma 4, difatti, fariferimento all’applicabilita delle nuove norme, tra le quali l’art. 819-terc.p.c., ai « procedimenti arbitrali » avviati dopo il 2 marzo 2006. Quid ju-ris, invece, per il versante giurisdizionale? a quale referente agganciarel’entrata in vigore delle nuove norme, ed in particolare di quella (art. 819-ter, comma. 1, secondo inciso) che introduce l’impugnabilita con regola-mento di competenza delle sentenze rese a fronte della exceptio compro-missi? L’operativita dell’art. 819-ter c.p.c. limitata « al futuro » resta in-certa finche non si individua il quid che ne determina l’entrata in vigore: elo stesso rilevante per gli arbitrati? oppure un quid autonomo e specificodella via giurisdizionale, da identificare alternativamente nella domandagiudiziale ovvero nell’emanazione della sentenza?

E a causa di tale incertezza che la Corte ha scelto in prima battuta diescludere che l’art. 819-ter c.p.c. potesse applicarsi al periodo anteriore al2 marzo 2006 « per virtu propria »; poi ha comunque fatto tabula rasa delproblema, dichiarando l’applicabilita alla fattispecie concreta (e dunque atutti i procedimenti anche giurisdizionali) dell’art. 27, comma 4 del D.Lgs.n. 40/2006. In altri termini, il momento discriminante per l’applicazionedell’art. 819-ter, tanto agli arbitrati quanto ai processi, e la proposizionedella domanda di arbitrato.

3. Con la soluzione appena esposta, la S.C. a Sez. Unite dirime ilcontrasto insorto in ordine alla portata applicativa della « disciplina transi-toria » dettata dall’art. 27 del D.Lgs. n. 40/2006. La precedente giurispru-denza della Cassazione, difatti, pur concorde nel negare la retroattivita del-l’art. 819-ter c.p.c. (9), era venuta frastagliandosi in tre orientamenti cheproponevano altrettante indicazioni del quid discriminante per la sua en-trata in vigore in relazione ai processi giurisdizionali, sulla base di pre-

(9) V’e da notare infatti che tutte e tre le impostazioni affermatesi prima della sen-tenza in commento tendono a precisare la non retroattivita dell’art. 819-ter c.p.c. in conse-guenza della soluzione proposta, imputando anzi tale « vizio » alla avversa impostazionevolta per volta criticata.

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messe teoriche difformi non solo in ordine — come ovvio — all’esegesidella lettera dell’art. 27 comma 4 citato, ma soprattutto in ordine allaattuale natura della questione inerente il rapporto tra arbitro e giudice sta-tale.

Le due tesi scartate dalle Sezioni unite (il secondo e il terzo orienta-mento riepilogati nell’ordinanza) partono da un presupposto comune, in ciocontrapponendosi alla ricostruzione data dalla decisione in commento: lanorma espressa di diritto intertemporale di cui all’art. 27 comma 4 delD.Lgs. n. 40/2006, contemplando letteralmente i « procedimenti arbitrali »si riferisce evidentemente al solo versante arbitrale della questione postadall’esistenza di una convenzione di arbitrato; quanto accade nel versantegiurisdizionale deve essere gestito con soluzioni proprie a tale settore, rica-vate dai principi generali del diritto processuale. Piu in generale, delle mol-teplici disposizioni che compongono il tessuto dell’art. 819-ter c.p.c., soloquelle dedicate all’arbitrato trovano una apposta disciplina intertemporale;e non sarebbe lecito alcun tentativo di applicazione analogica della normatransitoria anche al settore giurisdizionale, sia perche le norme di dirittotransitorio devono soggiacere ad un’interpretazione restrittiva, sia perche(ubi lex voluix, dixit) l’omesso riferimento ai procedimenti giurisdizionalialtro non potrebbe significare, se non che il legislatore non ha voluto rego-lamentare in maniera specifica tale ambito. Allora, tutti i problemi inerentil’efficacia della nuova norma riguardo ai procedimenti pendenti dinanzi aigiudici, in mancanza di disciplina intertemporale apposita, restano de planorisolvibili in base ai principi generali.

Da questo comune punto di partenza, i due orientamenti in esamegiungono a conclusioni pratiche differenti, orientate in radice dalla diversaqualificazione data al nuovo regime dell’exceptio compromissi, quale risul-tante dalla Novella.

Secondo un indirizzo (10) il problema di diritto intertemporale dell’im-pugnabilita per regolamento di competenza delle sentenze rese a seguitodell’exceptio compromissi deve esser risolto mediante il riferimento al prin-cipio di perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. Tale soluzione e ri-cavata come logico corollario di una precisa opzione interpretativa in or-dine all’atteggiarsi del rapporto tra giudici e arbitri a seguito della riformadel 2006: il secondo e il terzo inciso del comma 1 dell’art. 819-ter, seppurnon delineano un rapporto suscettibile di essere ricondotto a tutti gli effettinel modello del riparto di competenze, tuttavia, almeno nella prospettivadel giudice che decide sull’esistenza o meno di un potere degli arbitri, pon-gono ex novo (quanto al regime e agli effetti) una questione di competenza

(10) L’orientamento in parola, inaugurato gia dalla ord. n. 13128 del 5 giugno 2007,e stato compiutamente sviluppato da Cass. ord. n. 21926 del 29 agosto 2008 e n. 587 del 14gennaio 2009.

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per territorio derogabile (11). Si puo dunque apprezzare una netta differenzarispetto al contesto anteriore alla novella, nella vigenza del quale si era for-mato un compatto indirizzo giurisprudenziale, divenuto « diritto vivente »,che aveva affermato la natura di merito della questione della sussistenza omeno di un potere arbitrale di decidere la controversia.

Dall’innovazione apportata con il D.Lgs. n. 40/2006 discende un’im-portante conseguenza: se oggi la deferibilita o meno ad arbitri di una con-troversia si e trasformata in questione di competenza in senso tecnico, al-lora l’art. 819-ter c.p.c. integra un « mutamento della legge regolatricedella disciplina della competenza »; evento che, ai sensi dell’art. 5 c.p.c.,non puo aver rilevanza nei giudizi pendenti, nei quali la competenza si siaoriginariamente radicata in base al quadro normativo previgente. Se cosı e,l’art. 819-ter c.p.c., che non ha ex se portata retroattiva e per il quale il le-gislatore non ha introdotto alcun regime transitorio speciale in deroga al-l’art. 5 c.p.c., iniziera ad applicarsi solo ai processi instaurati dopo la suaentrata in vigore: il momento discriminante sara in altri termini la proposi-zione della domanda giudiziale a far data dal 3 marzo 2006. Solo in taligiudizi, pertanto, la sentenza resa in ordine alla competenza arbitrale saraimpugnabile con regolamento di competenza; per i giudizi promossi in dataanteriore e gia pendenti, restera applicabile il precedente regime, sia in ter-mini di qualificazione e di disciplina della exceptio compromissi, sia in ter-mini di impugnabilita della relativa decisione.

L’altro orientamento respinto dalla Cassazione, facendo leva sul mu-tamento del mezzo di impugnazione esperibile, enuncia una diversa regola:nei processi pendenti e correttamente impugnata con regolamento di com-petenza la sentenza declinatoria o affermativa della competenza giudizialepubblicata in data successiva al 2 marzo 2006. La regola in parola ha tro-vato accoglimento, a quanto consta, solo in Cass., ord. n. 26990 del 20 di-cembre 2007, la quale peraltro, come piu volte ribadito nelle decisioni suc-cessive in chiave critica, non offriva alcun corredo motivazionale della so-luzione prescelta in ordine al problema di diritto intertemporale. Si puo tut-tavia ricostruire in via « induttiva » il percorso logico-argomentativo impie-gato per pervenire ad una tale conclusione.

(11) Sono sostanzialmente due gli indizi della trasformazione della questione della« competenza arbitrale » in questione di competenza in senso tecnico o, almeno (e come parepiu plausibile), in una questione inerente la potestas judicandi su una certa controversia, che,dal punto di vista del giudice, e sostanzialmente assimilabile ad una questione di competenzaper territorio derogabile: 1) il regime processuale: come per l’eccezione di incompetenza ter-ritoriale semplice, la esistenza di una convenzione di arbitrato deve essere eccepita, a pena didecadenza, nella comparsa di risposta (art. 819-ter c.p.c. terzo inciso); 2) lo strumento impu-gnatorio: avverso la decisione dell’autorita giudiziaria sulla sussistenza o insussistenza dellacompetenza arbitrale si ammette il regolamento di competenza ex artt. 42 e 43 c.p.c. (art.819-ter secondo inciso).

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Innanzitutto, l’orientamento in parola condivide con quello primaesposto la premessa della irrilevanza, rispetto alla sede giurisdizionale,delle disposizioni dettate dall’art. 27 del D.Lgs. n. 40/2006, con la conse-guente necessita di attingere ai principi generali del diritto processuale. Adifferenza del precedente, tuttavia, si esclude che a seguito della riforma irapporti tra arbitri e giudice siano da ricondurre ad una questione di com-petenza in senso tecnico (12). Si valorizza invece la circostanza che l’art.819-ter, comma 1, secondo inciso, c.p.c. ha individuato un nuovo mezzo diimpugnazione per la sentenza con la quale il giudice afferma o nega la pro-pria competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato; di conse-guenza devono trovare applicazione i principi generali della successionedelle leggi processuali nel tempo ed in particolare il principio di applica-zione immediata e non retroattiva delle norme processuali sopravvenute,salvi restando gli atti (e i relativi effetti) prodotti alla stregua della leggeprevigente (tempus regit actum) (13). Ne discende che l’art. 819-ter c.p.c.dovrebbe potersi applicare (consentendo la proposizione del regolamento dicompetenza) alle decisioni intervenute dopo il 2 marzo 2006, a prescinderedalla data di instaurazione del relativo processo (14).

(12) La dottrina maggioritaria tende ad escludere che i rapporti tra arbitro e giudicepossano essere inquadrati nel paradigma della competenza. Anche la sentenza in commentoesprime dubbi in ordine alla qualificazione come criterio di competenza in senso tecnico, os-servando che la nuova disciplina (cfr. 819-ter comma 2) esclude espressamente l’estensionealla materia de qua di alcuni istituti e regole coessenziali alla disciplina della competenza,quali quelli desumibili dagli artt. 44, 45, 48 e 50. Inoltre, il regolamento di competenza eammissibile solo avverso la pronuncia del giudice ordinario, e non avverso il lodo declina-torio o dichiarativo della competenza degli arbitri; e esclusa la possibilita di translatio judi-cii dal giudice incompetente agli arbitri e viceversa; la stessa proponibilita dinanzi al giudiceordinario di un’autonoma azione di accertamento della mera invalidita o inefficacia dellaconvenzione di arbitrato, senza che sia dedotta anche la controversia oggetto della conven-zione, rivela come la questione sia diversa da una mera questione di competenza; e a ben ve-dere, anche la fisionomia del regolamento di competenza e assolutamente peculiare, perchedel regolamento e fatta salva soltanto la forma dell’impugnazione ed il giudice competentea conoscerne; tanto che nulla sarebbe cambiato se il legislatore avesse previsto uno strumentodi controllo diverso: CAPPONI, Art. 819-ter, op. cit., 879. In questo senso anche LUISO, Rap-porti fra arbitro e giudice, in questa Rivista, 2005, 785 ss. Per tutte le considerazioni sue-sposte si vedano anche: RUFFINI, Art. 819-ter, cit., 365 ss.; BOVE, Ancora sui rapporti tra ar-bitro e giudice statale, cit., 360 ss.; CAPPONI, Arbitrato e giurisdizione, su www.judicium.it.

(13) In tema: FAZZALARI, Effıcacia della legge processuale nel tempo, in Riv. trim dir.proc. civ., 1989, 890; CAPPONI, La legge processuale civile e il tempo del processo, cit., 637;CAPONI, Tempus regit processum, cit., 449 ss.

(14) A questa prospettiva aderisce COREA, Questioni di diritto intertemporale, cit.,478 ss.: « sempreche il legislatore non disponga altrimenti, se la nuova norma modifica ilregime di impugnabilita di una sentenza, e alla data (di pubblicazione) di quest’ultima chesi deve far riferimento per verificare se si debba applicare il nuovo piuttosto che il vecchioregime: ove tale data si collochi in epoca successiva all’entrata in vigore della nuova leggesara quest’ultima a regolare le modalita della proposizione dell’impugnazione ». In senso

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4. Secondo la pronuncia in commento, l’art. 27 comma 4 del D.Lgs.n. 40/2006 si applica a tutte le vicende interessate da domande di arbitratoproposte dopo il 2 marzo 2006; in altri termini, il regolamento di compe-tenza e ammissibile soltanto nei confronti di sentenze pronunciate in paral-lelo a procedimenti arbitrali iniziati dopo il 2 marzo 2006.

Con tale affermazione, le Sezioni unite si collocano nel solco di quelfilone giurisprudenziale inaugurato con le ordinanze n. 16995 e n. 18761/2007 e definito nelle sue linee essenziali dall’ordinanza n. 12814/2008, chefa leva su due argomenti testuali: innanzitutto, l’inequivocabile lettera dellanorma transitoria fissa senza distinguo un preciso referente temporale perl’entrata in vigore dell’art. 22 del D.Lgs. n. 40/2006, che ha introdotto l’art.819-ter c.p.c.; ad ulteriore sostegno, il riferimento che fa l’art. 819-terc.p.c., comma 1 secondo e terzo inciso, alle eccezioni di incompetenza delgiudice (e alle relative pronunce) « in ragione di una convenzione di arbi-trato », con impiego dunque di una terminologia introdotta con la riformadel 2006, rivelerebbe l’intento di designare clausole o patti stipulati in dataposteriore al 2 marzo 2006.

Le Sezioni unite confermano tale lettura, confortandola con una seriedi considerazioni volte a giustificare una scelta interpretativa che — si ri-conosce tra le righe — e la piu giusta tra quelle ipotizzabili, ancorche nonsia pienamente soddisfacente in termini di opportunita, corretta in terminiastratti e risolutiva in termini pratici (difatti, vedremo, vi e almeno un casoin cui la soluzione non funziona; la Corte si fa carico del problema e ne of-fre difatti una « di scorta »).

contrario, va ricordata la notazione critica contenuta in Cass. ord. n. 587 del 14 gennaio 2009,la quale, nel negare che il problema di diritto intertemporale sia circoscrivibile al semplicemutamento del mezzo di impugnazione esperibile, precisa che sul punto il principio tempusregit actum « non e nemmeno richiamato correttamente, posto che la sua pura applicazionecomporterebbe che tutte le impugnazioni comunque proposte dopo l’entrata in vigore del de-creto legislativo debbano esserlo con il mezzo introdotto da esso, mentre l’applicazione dellanorma nuova sul mezzo di impugnazione esperibile solo ai provvedimenti pronunciati dopodi essa sarebbe, in realta, espressione di un principio derogatorio di quello tempus regit ac-tum rispetto a quelli pronunciati prima e per cui penda il termine per impugnare ». Per laverita (si veda CAPONI, Tempus regit processum, cit., 449 ss. spec. 455.), vi e una varianteinterpretativa della regola tempus regit actum che predica il rispetto degli effetti giuridiciastratti (poteri/doveri) sorti alla stregua della norma anteriore: cosicche la norma sopravve-nuta che rende ammissibile un’impugnazione non potrebbe operare per sentenze gia rese, eper le quali penda ancora il termine di impugnazione, in quanto « il nuovo effetto previstodalla norma posteriore (potere di impugnare) non si sostituisce all’effetto disposto dallanorma anteriore (inammissibilita dell’impugnazione) ». In tal senso anche Corte cost., sent.n. 53/2008: « in caso di successione di leggi e in mancanza di una disciplina transitoria, ilregime di impugnabilita dei provvedimenti giurisdizionali va desunto dalla normativa vigentequando essi sono venuti a giuridica esistenza (come osservato dalla giurisprudenza di legit-timita: Cass., 12 maggio 2000, n. 6099, e 20 settembre 2006, n. 20414) ». Cfr., da ultimo,Cass., ord. n. 20324 del 27 settembre 2010.

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La Corte osserva che nell’incertezza deve prevalere il dato letteraledell’art. 27 comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006, che aggancia l’entrata in vi-gore della norma che introduce l’art. 819-ter c.p.c., e dunque dell’intero art.819-ter in tutti i suoi profili e contenuti, alla proposizione della domandadi arbitrato. Soluzione della quale la Corte stessa ammette l’opinabilita, peril fatto di prevedere una regola indifferenziata per problematiche difformiposte da una norma dai molteplici contenuti; e tuttavia soluzione inequi-voca, che il legislatore ha prescelto nella sua discrezionalita e che non puoessere messa in discussione in sede interpretativa ne con riferimento a con-siderazioni di opportunita, ne con riguardo al principio di irretroattivita, nein ossequio al principio di ragionevole durata del processo. Tutte le obie-zioni impostate su tali argomenti di fondo, quand’anche condivisibili in li-nea di principio, non sarebbero insomma sufficienti « ad autorizzare l’in-terprete ad ignorare la voluntas legis », a « giustificare una cosı grave for-zatura del dettato normativo » come quella implicata dalle avverse tesi, chericercano nella prospettiva giurisdizionale una soluzione contrastante con ildato letterale dell’art. 27 comma 4 e tale da obliterarlo.

E interessante notare che la tesi accolta parte dalla premessa della ir-retroattivita dell’art. 819-ter c.p.c. ed in particolare della introdotta esperi-bilita del regolamento di competenza; premessa che come gia detto e, condiverse declinazioni, comune a tutte le impostazioni. Le Sez. unite ribadi-scono in astratto tale principio, anche se poi affermano che l’eventuale ap-plicazione retroattiva dell’art. 819-ter (si badi: non per virtu propria, ma pereffetto dell’art. 27 del D.Lgs. n. 40/2006) non incontrerebbe alcun limiteinderogabile di natura costituzionale (15). Per vero, una delle maggiori e piupenetranti critiche cui si espone la tesi fatta propria dalla S.C. e proprioquella che, vedendo il problema dalla prospettiva giurisdizionale, nota chela nuova regolamentazione dovrebbe intervenire nei processi pendenti indipendenza dalla circostanza extraprocessuale — tutto sommato casuale —che vi sia stata la concomitanza con un procedimento arbitrale iniziatodopo il 2 marzo 2006. Ma — precisa la Corte — quello appena descritto el’esito di una scelta legislativa certo non perfetta, ma neppure, in fondo,sovvertibile o aggiustabile in sede interpretativa.

Si comprende infine che in quest’ottica la risposta data al problemadella qualificazione della vera natura della eccezione di convenzione di ar-bitrato e molto meno determinante che per le altre due tesi. Tuttavia le Se-zioni unite, correggendo alcune affermazioni dei precedenti che avevano

(15) Nella sent. Corte cost. n. 397/1994 si legge che il principio di irretroattivita delleleggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto con riguardo alla materiapenale (art. 25 Cost.), sebbene esso mantenga per le altre materie valore di principio gene-rale (ex art. 11, comma 1, delle disposizioni preliminari del codice civile) cui il legislatoredeve in via preferenziale attenersi, pur non essendo ad esso vincolato in termini assoluti.Sulla stessa linea, ex plurimis, le sentenze n. 374/2002 e n. 376/2004.

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sviluppato l’orientamento poi accolto (16), si preoccupano di precisare cheresta assai dubbio che la riforma abbia introdotto un criterio di competenzain senso stretto, pur avendo sicuramente determinato il superamento dellapregressa qualificazione in termini di questione di merito.

5. Costretta dal vincolo testuale, « limite invalicabile in sede di in-terpretazione », la Corte si muove sul filo di una soluzione dichiaratamenteproblematica. Residuano cosı — al di la delle critiche direttamente afferentila tesi accolta — un caso applicativo « esorbitante » e una serie di dubbiinerenti la portata sistematica della lettura dell’art. 27 comma 4 del D.Lgs,n. 40/2006 offerta dalle Sezioni unite.

Intanto, come gia si accennava, la regola di diritto intertemporaleenunciata dalle Sezioni unite non funziona in un caso, che la Corte espres-samente prende in considerazione per fornire una soluzione per cosı diresuccedanea: l’ipotesi in cui la sentenza abbia risolto una questione di defe-ribilita della controversia agli arbitri, ma nessun procedimento arbitrale siaancora iniziato, ne prima ne dopo il 2 marzo 2006. In tal caso, mancandoil referente temporale individuato dall’art. 27 comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006, la norma speciale transitoria non potra operare. Ritornano allora ne-cessariamente in campo i principi generali del diritto processuale, che laCorte cita come equiordinati ed interscambiabili: il principio della perpe-tuatio jurisdictionis ed il principio tempus regit actum. Va detto peraltroche questa alternativa, offerta in extremis e per un’ipotesi eccettiva che ap-pare non cosı remota, non convince non tanto perche « obbligata », maperche ambigua, visto che differenti impostazioni di fondo e differenti esitisi ricollegano alla opzione per l’uno o l’altro dei principi. Nel merito, poi,l’ipotetico ricorso al principio di perpetuatio si rivelerebbe incoerente conle premesse sulle quali la Corte ha costruito il proprio ragionamento. Se ladeferibilita agli arbitri di una controversia non era questione di competenzaprima della riforma e, in senso stretto, non lo e divenuta neppure a seguitodella riforma; se a ben vedere si tratta non di una modificazione del conte-nuto o dell’estensione della potestas decidendi, ma di un nuovo regime dirilevazione e di impugnazione della relativa questione; se, quindi, l’intro-duzione del regolamento di competenza e stata una scelta legislativa oppor-tuna, ma non necessitata dalla natura della questione che ne e oggetto; setutto cio e vero, l’art. 5 c.p.c. e fuori gioco. Si applica allora la regola ge-nerale di diritto intertemporale per il caso di introduzione di un nuovomezzo di impugnazione: il regime di impugnabilita dei provvedimenti va

(16) L’ord. Cass. n. 12814 del 20 maggio 2008 in un passaggio riconosceva « l’at-tuale riconduzione della questione relativa al rapporto tra arbitri e autorita giudiziaria al-l’istituto della competenza giurisdizionale », per escluderne la portata retroattiva.

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desunto dalla disciplina vigente « quando essi sono venuti a giuridica esi-stenza » (17), ossia dalla data di pubblicazione.

Venendo ai dubbi che residuano sul piano interpretativo, innanzituttopare poco plausibile ritenere — come adombra l’ordinanza — che in con-seguenza della duplice prospettiva attribuita all’art. 27 comma 4 del D.Lgs.n. 40/2006 (che non disciplinerebbe solo i giudizi arbitrali avviati dopo il2 marzo 2006, ma anche tutte le vicende ove si sovrappongano un arbitratoed un processo giurisdizionale) anche le nuove disposizioni che regolanoaspetti dei procedimenti ordinari contenute negli articoli da 809 a 832 c.p.c.vengano a dipendere da una circostanza che attiene esclusivamente al pro-cesso arbitrale. Inoltre si apre tutto un panorama di questioni di piu ampioraggio che scaturiscono dal rigido ossequio — secondo la Corte necessitato— alla lettera dell’art. 27 comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006.

V’e da chiedersi infatti se il vincolo testuale arrivi fino ad impedirequelle esegesi « correttive » della disciplina transitoria, che la dottrina haavanzato per risolvere alcuni delicati nodi interpretativi sull’entrata in vi-gore delle nuove disposizioni nei procedimenti in corso. Si vuol far riferi-mento, in particolare, alla questione dell’impugnazione del lodo arbitraleper error in judicando de jure, che il nuovo art 829 comma 3 c.p.c. limitaai soli casi in cui le parti ne abbiano espressamente previsto l’esperibilita

(17) Cosı Corte cost., sent. n. 53/2008; Cass. n. 20414/2006; n. 5342/2009; n. 9940/2009; n. 20324/2010. Tali pronunce sono state rese in ordine alle alterne vicende che hannointeressato l’art. 616 c.p.c., ultimo periodo, tra la Legge 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14,comma 1, che qualificava « non impugnabile » la sentenza che definisce l’opposizione al-l’esecuzione e la novella di cui alla Legge n. 69/2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009, cheha soppresso tale ultimo inciso. Quanto al regime transitorio di quest’ultima, l’art. 58, comma2, ha stabilito che ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della leggesuddetta si applica l’art. 616 c.p.c., come modificato dalla legge stessa, e dunque il ripristi-nato regime del doppio grado di impugnazione. La regola espressa di diritto intertemporaleconferma la soluzione gia avanzata con le decisioni citate, che nel ritenere immediatamenteapplicabile il nuovo regime impugnatorio, facevano salva pero la permanenza del preesistenteregime per le sentenze gia pubblicate al momento dell’entrata in vigore della novella, se-condo la piu corretta interpretazione del principio tempus regit actum; in tal senso CAPPONI,La Consulta e il nuovo art. 616 c.p.c., su www.judicium.it e in Riv. es. forz., 2008, 571 ss.;ID., Sull’appellabilita delle sentenze definitive di opposizioni di merito ex artt. 615 e 619c.p.c., pubblicate anteriormente al 1o marzo 2006, su www.judicium.it e in Riv. es. forz.,2006, 849 ss. Va precisato che la soluzione prescelta non interferisce con il diverso problemadell’eventuale ricorso al principio desumibile dall’art. 5 c.p.c., in caso di successione di leggiche comporti la sopravvenuta non compromettibilita della controversia (sostenuto da CAPPONI,Il divieto di arbitrato in tema di controversie relative ad opere pubbliche comprese in pro-grammi di ricostruzione di territori colpiti da calamita naturali tra potestas judicandi degliarbitri e perpetuatio jurisdictionis, su www.judicium.it; criticato invece da IZZO, Di sopravve-nuta incompromettibilita, sopravvenuta compromettibilita e ancora una volta sopravvenutaincompromettibilita, su www.judicium.it e in questa Rivista, 2007, 50 ss.), dovendosi dar ri-salto, nel caso che ci interessa, al profilo della sopravvenuta esperibilita di un mezzo di im-pugnazione, prima inammissibile.

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nella convenzione di arbitrato. Se la norma transitoria di cui all’art. 27comma 4 del D.Lgs. n. 40/2006 deve essere interpretata letteralmente, vainderogabilmente assunta come referente temporale la domanda di arbi-trato, indipendentemente dalla data di stipulazione della relativa conven-zione. La conseguenza obbligata e che anche nelle ipotesi di patti compro-missori stipulati prima del 2 marzo 2006 resterebbe preclusa l’impugna-zione del lodo per violazione delle regole di diritto qualora le parti (che nelmomento della stipulazione confidavano nel vecchio testo dell’art. 829,comma 2 c.p.c.) non l’avessero espressamente prevista. E chiaro pero comeuna soluzione del genere sia inaccettabile sotto molteplici profili, anche dirilevanza costituzionale (18).

CHIARA SANTINI

(18) Sulle problematiche di diritto intertemporale poste dall’entrata in vigore dell’art.829 comma 3 c.p.c. si veda: NELA, Contro l’applicazione dell’art. 829, comma 3o, c.p.c. alleconvenzioni arbitrali concluse prima della riforma, in Riv. dir. proc. 2009, 919 ss.: l’Autorerileva la contrarieta dell’esito interpretativo descritto nel testo non solo alla ratio comples-siva della disciplina transitoria del D.Lgs. n. 40/2006, non solo ai principi della successionedelle leggi processuali nel tempo, ma soprattutto ai valori costituzionali. Si realizzerebbe neifatti una efficacia retroattiva della norma, contrastante con la Costituzione sotto il profilodella ragionevolezza, e si avrebbe una ingiustificata compressione del diritto delle parti allatutela giurisdizionale. Concorde sul punto PETRILLO, Entrata in vigore, cit., 1092 ss. Tali Au-tori hanno proposto di correggere in via interpretativa il disposto legale, adottando una solu-zione non solo piu ragionevole, ma anche costituzionalmente orientata, che e quella di inten-dere l’art. 27 comma 4 nel senso che le disposizioni introdotte con l’art. 24 sull’impugna-zione del lodo si applichino solo qualora il procedimento arbitrale scaturisca da convenzionidi arbitrato stipulate nella vigenza della nuova disciplina (cioe dal 3 marzo 2006).

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TRIBUNALE DI GENOVA, sentenza 2 novembre 2009 — COLELLA Est. — TermexS.p.a. (avv. De Gregori) c. Bertamino Paolo (avv.ti Magioncalda e MussoPiantella).

Giudizio civile - Eccezione di estinzione - Eccezione di compromesso per arbi-trato irrituale - Deliberazione della sentenza - Ordine e gradazione dellequestioni - Pregiudizialita logica dell’eccezione di compromesso rispetto aquella di estinzione.

Arbitrato irrituale societario - Clausola compromissoria statutaria - Sindacidella societa - Opponibilita della clausola compromissoria - Sussiste.

In sede di deliberazione della sentenza l’eccezione di clausola compromisso-ria per arbitrato irrituale, siccome attinente alla verifica della competenza dell’Au-torita Giudiziaria, va decisa prima dell’eccezione di estinzione del processo.

L’art. 34, comma 4 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 secondo il quale laclausola compromissoria inserita nello statuto o nell’atto costitutivo delle societae vincolante anche per gli amministratori, liquidatori e sindaci a seguito dell’ac-cettazione dell’incarico, si applica anche alle clausole compromissorie per arbi-trato irrituale in quanto l’art. 34 non fa alcuna distinzione tra arbitrato rituale edirrituale.

CENNI DI FATTO. — Il sindaco di una societa per azioni agisce in via monitoriacontro la societa stessa per il pagamento del compenso; l’intimata propone opposi-zione eccependo in via preliminare l’esistenza di una clausola compromissoria perarbitrato irrituale. Costituendosi il sindaco eccepisce a sua volta l’estinzione delgiudizio di opposizione in quanto la societa opponente aveva iscritto a ruolo lacausa oltre il termine di cinque giorni previsto dall’art. 3, comma 1, D.Lgs. 17gennaio 2003 n. 5 cosı come dimidiato automaticamente ope legis per tutti i pro-cessi di opposizione a decreto ingiuntivo. Il tribunale di Genova affronta per primala questione della « competenza » e dichiara l’opponibilita della clausola compro-missoria al sindaco. Cio in quanto il disposto dell’art. 34, comma 4, del decreto le-gislativo citato si applica anche all’arbitrato irrituale.

Il Tribunale afferma assorbite le altre questioni, ed in particolare quella rela-tiva all’estinzione del giudizio di opposizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Va in via preliminare verificata la competenza del-l’Autorita procedente.

Parte convenuta in opposizione ha eccepito a sua volta che la clausola di cuiall’ars 25 dello Statuto in forza della quale viene deferita ad arbitro irrituale diequita ogni controversia promossa dagli organi sociali nei confronti della societa,non sarebbe opponibile al rag. Bertamino in quanto non avrebbe mai accettato al-cuna deroga alla competenza dell’Autorita Giudiziaria e, comunque, tale possibilitadi deroga, disciplinata dall’art. 34 comma 4 del D.Lgs. n. 5/2003, sarebbe previstasolo per l’arbitrato rituale come regolato dagli artt. 34 ss. decreto legislativo cit. enon per quello irrituale, non disciplinato dal decreto legislativo medesimo.

Va ricordato subito che ai sensi dell’art. 34 comma 4 decreto legislativo cit.,la clausola compromissoria e vincolante per Amministratori e sindaci a seguito del-

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l’accettazione dell’incarico: sul punto va richiamato il comma 4 del suddetto art.25 dello Statuto, il quale prevede a chiare lettere che l’arbitro decidera in via irri-tuale secondo equita e che sono soggette a tale disciplina anche le controversiepromosse da Amministratori, Liquidatori e Sindaci ovvero quelle promosse nei loroconfronti, che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale.

Orbene, l’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 non fa alcuna distinzione, per la mate-ria societaria, tra arbitrato rituale ed irrituale. Inoltre, che sia ammissibile in mate-ria societaria l’arbitrato irrituale, si desume anche dall’art 35 comma 5 che, a suavolta, prevede l’ammissibilita di arbitrato irrituale nelle controversie soggette al ritosocietario, laddove stabilisce che la devoluzione in arbitrato, anche irrituale, di unacontroversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare di cui all’art. 669-quinquies c.p.c.

Infine, al successivo art. 36 decreto legislativo cit., il legislatore si limita aprecisare che gli arbitri possono decidere secondo diritto o equita, ma non che nonsia ammissibile l’arbitrato irrituale.

La stessa giurisprudenza riconosce pacificamente la legittimita dell’arbitratoirrituale in materia societaria (cfr. Trib. Bari, 3 novembre 2008; Trib. Campobasso31 ottobre 2007; App. Torino 4 aprile 2007; App. Torino 29 marzo 2007).

Va pertanto dichiarata l’incompetenza di questo Tribunale per essere compe-tente l’Arbitro. Cio esime dall’affrontare le altre eccezioni ed il merito della causa.

Parte attrice in opposizione, in quanto soccombente, si condanna alla rifusionedelle spese di lite, liquidate cosı come in dispositivo, in favore di parte convenutain opposizione.

Sull’applicabilita all’arbitrato irrituale societario derivante da clausolacompromissoria statutaria della normativa speciale prevista dalD.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5.

1. Il caso esaminato dal tribunale di Genova ripropone all’attenzionedegli operatori del diritto la questione dell’applicabilita all’arbitrato irri-tuale societario derivante da clausola compromissoria statutaria (1) dellanormativa speciale dettata dagli articoli da 34 a 36 del D.Lgs. 17 gennaio2003 n. 5. Tale disciplina, come noto, a differenza delle norme sul processosocietario (di cognizione, cautelare e in camera di consiglio) non e stataabrogata dalla Legge 18 giugno 2009 n. 69 ed e tuttora in vigore.

(1) La disciplina speciale prevista dagli articoli da 34 a 36 del D.Lgs. 5 gennaio2003 n. 5 si applica alle controversie societarie oggetto di clausola compromissoria inseritanello statuto o nell’atto costitutivo. Da notare che mentre la riforma del diritto societario so-stanziale ha interessato solo le societa di capitali e le cooperative, le norme in materia di ar-bitrato societario si applicano a tutte le societa commerciali e quindi anche alle societa dipersone con l’unica esclusione delle societa semplici. Anche per le societa commerciali re-stano, inoltre, escluse dall’ambito della disciplina in esame le controversie devolute in arbi-trato mediante compromesso o mediante clausola compromissoria inserita nei patti paraso-ciali o in un contratto di cessione di partecipazioni sociali.

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La fattispecie sottoposta al giudice ligure era alquanto lineare: un sin-daco di una societa per azioni aveva agito in via monitoria nei confrontidella societa stessa per il pagamento del proprio compenso; ricevuta la no-tifica del decreto ingiuntivo l’intimata aveva proposto opposizione ecce-pendo in via preliminare l’esistenza di una clausola compromissoria per ar-bitrato irrituale e contestando, nel merito, l’effettivo svolgimento da partedel professionista dell’attivita di sindaco. Durante la fase di trattazionescritta il sindaco aveva eccepito, in via pregiudiziale, l’estinzione del giu-dizio di opposizione in quanto la societa opponente aveva iscritto a ruolola causa oltre il termine di cinque giorni previsto dall’art. 3, comma 1,D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 cosı come dimidiato automaticamente ope le-gis per tutti i processi di opposizione a decreto ingiuntivo dall’art. 2,comma 3, D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5. Il tribunale di Genova ha affron-tato per prima la questione della « competenza », ritenendo, con evidenteerrore, che essa precedesse sul piano logico « le altre eccezioni [cioe quellarelativa all’estinzione del processo] ed il merito della causa ».

In realta secondo giurisprudenza consolidata l’eccezione con la qualesi deduca l’esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato irritualenon ha natura processuale ma sostanziale e introduce una questione preli-minare di merito (2).

Infatti l’arbitrato libero comporta l’opzione delle parti a favore di unarisoluzione negoziale e non giurisdizionale della controversia (si veda l’art.808-ter c.p.c. che definisce il lodo irrituale come « determinazione contrat-tuale ») e il giudice avanti al quale e sollevata la questione e chiamato a ri-solvere una questione di merito cioe l’esistenza della clausola compromis-soria (che resta un contratto a se stante anche quando inserita nel contesto

(2) Cass. civ., Sez. III, 14 aprile 2000, n. 4845: « L’eccezione con la quale si deducal’esistenza (o si discuta dell’ampiezza) di una clausola compromissoria per arbitrato irritualenon pone una questione di competenza dell’autorita giudiziaria (come nel diverso caso diclausola compromissoria per arbitrato rituale), ma contesta la proponibilita della domanda peravere i contraenti scelto la risoluzione negoziale della controversia rinunziando alla tutelagiurisdizionale; la suddetta eccezione non ha pertanto natura processuale ma sostanziale e in-troduce una questione preliminare di merito in relazione all’esistenza o meno della suddettarinuncia... ». Cass. civ., Sez. III, 12 ottobre 1998, n. 10086: « L’eccezione di arbitrato irri-tuale, che non e vincolata ai limiti dell’eccezione d’incompetenza, ma puo essere fatta valerein ogni momento del giudizio, dev’essere proposta sempre secondo le regole proprie delleeccezioni di natura sostanziale ». Cass. civ., Sez. II, 10 aprile 1990, n. 2987: « La sentenzacon la quale il giudice dichiari l’improponibilita della domanda per essere stata la controver-sia deferita, in forza di clausola compromissoria, ad arbitrato irrituale, e impugnabile conl’appello e non con il regolamento di competenza — il quale pertanto dichiarato inammissi-bile — poiche gli arbitri irrituali sono chiamati a comporre la controversia sul piano nego-ziale e tutte le contestazioni sull’efficacia, l’operativita e l’interpretazione della clausolacompromissoria danno luogo non gia ad una questione di competenze ma a questioni di me-rito ed, in particolare, di interesse ad agire ».

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di una diversa pattuizione) (3) e la rinuncia delle parti alla giurisdizione inessa contenuta.

Cosı stando le cose ai sensi dell’art. 276, comma 2 c.p.c. la sentenzaavrebbe dovuto affrontare per prima l’eccezione di estinzione, che ha carat-tere pregiudiziale, rispetto a quella di arbitrato irrituale, che e un’eccezionedi merito.

2. Esaminando, invece, per prima la questione dell’opponibilita alsindaco della societa opponente della clausola compromissoria statutaria iltribunale ha declinato la propria competenza rilevando da un lato la « am-missibilita dell’arbitrato irrituale nelle controversie soggette al rito societa-rio » e dall’altro lato osservando, in maniera alquanto semplicistica e so-stanzialmente inavvertita della problematica sottostante coinvolta, che« l’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 non fa alcuna distinzione, per la materiasocietaria tra arbitrato rituale ed irrituale ».

Nella fattispecie la clausola compromissoria era contenuta nello sta-tuto della societa opponente ed aveva ad oggetto, come rileva la sentenza,un arbitrato irrituale e di equita. Sotto la previgente disciplina cio avrebbecondotto de plano a far ritenere la clausola compromissoria statutaria resinter alios acta (in quanto deliberata e voluta solo dai soci) e ad escludernel’opponibilita al sindaco che non e parte del contratto sociale. Oggi la que-stione va esaminata alla luce del disposto dell’art. 34 comma 4 D.Lgs. 17gennaio 2003 n. 5 (4) secondo il quale la clausola compromissoria e vinco-lante anche per amministratori, liquidatori e sindaci « a seguito dell’accet-tazione dell’incarico ».

Sotto questo profilo la vera questione che il tribunale ligure era chia-mato a risolvere era quella della portata applicativa del suddetto art. 34,comma 4 e, in particolare, della sua estensione anche all’arbitrato liberosocietario perche solo l’eventuale risposta positiva a tale quesito avrebbeconsentito di approdare alla conclusione dell’opponibilita della clausola

(3) Cass. civ., Sez. I, 26 giugno 1992, n. 8028: « La clausola non e un patto acces-sorio del contratto nel quale e inserita, ma ha propria individualita ed autonomia, nettamentedistinta da quella del contratto cui accede; da cio consegue per un verso, che ad essa non siestendono le cause di invalidita del negozio sostanziale, per altro verso, che rientrano nellasua sfera di operativita anche le controversie che insorgono dopo la cessazione del contratto,quando siano dipendenti da fatti pregressi ». Conformi in dottrina FAZZALARI, L’arbitrato, To-rino, 1997, 34 e in senso conforme MIRABELLI e GIACOBBE: Diritto dell’arbitrato, Napoli,1994, 20; SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, Milano, 1982: « In definitiva si puo concludere che ilnegozio in questione non ha della clausola che il nome dell’apparenza. In realta e un auten-tico e autonomo negozio giuridico ».

(4) L’art. 34 quarto comma del D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 prevede che: « Gli atticostitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da am-ministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito del-l’accettazione dell’incarico, e vincolante per costoro ».

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compromissoria ad un soggetto che pur ricoprendo il ruolo di organo dicontrollo della societa restava nondimeno estraneo al contratto sociale. Lasentenza risolve la questione in modo piuttosto sbrigativo affermando che« l’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 non fa alcuna distinzione, per la materiasocietaria tra arbitrato rituale ed irrituale ». A prescindere dal fatto che ilmero scrutinio letterale di una norma non sempre e sufficiente a farne com-prendere il reale significato, il tribunale non si e reso conto che in realta eraproprio la lettera dell’art. 35 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 a fornire unprimo, evidente e letterale conforto alla conclusione che la disciplina spe-ciale dell’arbitrato societario si riferisce solo all’arbitrato rituale.

Il fatto stesso che il Legislatore abbia ritenuto necessario precisare,all’art. 35, comma 5, D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, che il ricorso alla tutelacautelare e assicurato anche per l’arbitrato irrituale e un chiaro indizio, conragionamento a contrario, che le altre norme sono dettate solo per l’arbi-trato rituale (5). In altre parole proprio la constatazione che la disciplinaspeciale dell’arbitrato societario si riferisce all’arbitrato rituale ha costrettoil Legislatore a precisare che l’accesso alla tutela cautelare e consentito an-che in caso di arbitrato irrituale laddove tale espressa previsione sarebbestata del tutto superflua se le norme da 34 a 36 del D.Lgs. 17 gennaio 2003n. 5 gia si fossero riferite ad entrambi i tipi di arbitrato (6). Il tribunale diGenova ha, quindi, frainteso il senso dell’estensione fatta dall’art. 35,comma 5 all’arbitrato libero la quale nonche smentire conferma che la di-sciplina dell’arbitrato societario disciplinato dal D.Lgs. 17 gennaio 2003 n.5 e dettata solo per l’arbitrato rituale.

3. Sotto il profilo sistematico anche la lettura complessiva dellenorme in materia di arbitrato societario conferma che con esse il Legisla-tore ha inteso disciplinare una figura speciale di arbitrato rituale. L’appa-rente mancanza di distinzione tra arbitrato libero e rituale che si ricava

(5) L’art. 35, comma 5 del D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 prevede che: « La devolu-zione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutelacautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se la clau-sola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto lavalidita di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordi-nanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera ».

(6) In questo senso LUISO, in Commento agli artt. 34, 35, 36 in Il nuovo processo so-cietario, a cura di LUISO, Torino, 2006, 556-557 secondo il quale le nuove norme in materiadi arbitrato societario disciplinano una figura speciale di arbitrato rituale in quanto il riferi-mento operato dall’art. 35, comma 5, D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 all’arbitrato irrituale di-mostra che quando il Legislatore ha inteso riferirsi ad esso lo ha fatto espressamente. In giu-risprudenza Trib. Genova, 7 marzo 2005 in Corriere del merito, 2005, 7, 759: « Con la ri-forma del diritto societario e stato previsto un nuovo modello di arbitrato rituale endosocie-tario che si e aggiunto, senza sostituirlo, all’arbitrato di diritto comune disciplinato dal co-dice di rito ».

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dalla lettura degli artt. 34, 35 e 36 non ha impedito alla dottrina di rilevare,soprattutto a seguito dell’introduzione della novella di cui al D.Lgs. 2 feb-braio 2006 n. 40, l’incompatibilita tra la disciplina dettata dalle norme inparola e l’arbitrato irrituale. E stato, infatti, osservato che: « per il fattostesso che il Legislatore ora definisca il lodo irrituale una “determinazionecontrattuale”, applicare la disciplina dell’arbitrato endosocietario all’arbi-trato irrituale e divenuto oltremodo difficile. L’arbitrato endosocietario,com’e noto, ha fra le proprie caratteristiche di fondo il superamento dellecaratteristiche negoziali dell’arbitrato tradizionale, sicche la divaricazionefra arbitrato endosocietario ed arbitrato irrituale si e accentuata sino ad ap-parire quale vera e propria incompatibilita » (7).

Fin dall’emanazione della disciplina speciale sull’arbitrato societarioparte della dottrina aveva negato l’applicabilita all’arbitrato irrituale del-l’art. 35 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 dal momento che esso prevedeva in-derogabilmente che il procedimento si concludesse con un lodo impugna-bile con la querela nullitatis di cui all’art. 829 c.p.c. e con le impugnazionistraordinarie di cui all’art. 831 c.p.c. (8). A seguito della novella di cui alD.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 la dottrina ha, poi, sollevato ulteriori perples-sita anche sull’applicabilita all’arbitrato libero dell’art. 35, comma 2,D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 che disciplina l’intervento di terzi nel giudi-zio arbitrale (9).

Va, poi, considerato che gli adempimenti pubblicitari previsti per ladomanda di arbitrato (art. 35, comma 1) e per l’ordinanza e il lodo che de-cidono sulla impugnazione della delibera dell’assemblea (art. 35, comma5-bis) ictu oculi sono in contrasto con la riservatezza che da sempre carat-terizza l’arbitrato irrituale e che spesso costituisce la ragione principale percui le parti optano per questa forma di risoluzione delle controversie (10).

(7) Cosı NELA in Il nuovo processo societario, commentario a cura di S. CHIARLONI,II ed., Bologna, 2008, 1252. A tale considerazione sistematica l’Autore, che modifica il con-trario convincimento cui aveva aderito prima della novella del 2006, aggiunge, alla nota 114,le ulteriori osservazioni che « un arbitrato irrituale nel quale si dovrebbe depositare la do-manda, l’eventuale ordinanza che decide la sospensione e il lodo relativo all’impugnativadella delibera, non sarebbe caratterizzato da quella riservatezza che spesso rappresenta il mo-tivo preponderante per cui le parti scelgono la strada dell’arbitrato irrituale ».

(8) BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, in questa Rivista, 2003, 46.(9) NELA in Il nuovo processo societario, cit., 1253: « la recente riforma dell’arbi-

trato di diritto comune, con il nuovo art. 816-quinquies c.p.c. sottopone l’intervento o lachiamata nel giudizio arbitrale di terzi a determinati limiti e l’ammette liberamente soltantoper il caso di intervento adesivo dipendente o di intervento del litisconsorte necessario. Se ladisciplina dell’intervento prevista, invece, nell’art. 35, comma 2 fosse applicabile all’arbitratoirrituale endosocietario, tale tipo di arbitrato godrebbe di regole sulla partecipazione di terzial giudizio piu liberali di quelle previste per l’arbitrato rituale di diritto comune. Cio costi-tuirebbe una grave anomalia sistematica, anche secondo il comune sentire in materia ».

(10) Cosı NELA in Il nuovo processo societario, cit., 1252, nota 114: « un arbitrato

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Senz’altro, pero, il punto piu rilevante dell’incompatibilita tra arbi-trato irrituale e disciplina speciale e quello relativo alle controversie aventiad oggetto l’impugnativa di delibere assembleari. Al riguardo l’art. 36 delD.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 prevede che nonostante eventuale diversa di-sposizione della clausola compromissoria, in materia di validita delle deli-bere assembleari gli arbitri devono sempre decidere secondo diritto conlodo impugnabile ai sensi dell’art. 829, comma 2 c.p.c. (11). Il richiamo, aseguito della novella di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, e oggi da in-tendersi all’art. 829, comma 3 c.p.c. il quale consente l’impugnazione pernullita del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito dellacontroversia quando espressamente prevista dalle parti o dalla legge. Dun-que per effetto del combinato disposto dell’art. 36 D.Lgs. 17 gennaio 2003n. 5 e dell’art. 829, comma 3 c.p.c. le controversie in materia di validitadelle delibere assembleari possono essere decise solo con lodo impugnabileper nullita per violazione delle norme di diritto relative al merito della con-troversia e soggetto a revocazione ex art. 831 c.p.c.

Cio conduce ad escludere che le clausole compromissorie per arbitratoirrituale possano avere ad oggetto controversie relative alla validita delledelibere assembleari atteso che la decisione degli arbitri irrituali non e im-pugnabile per nullita ma e annullabile nei casi previsti dall’art. 808-ter,comma 2, c.p.c. il quale, oltre tutto, non annovera, nel catalogo dei motividi annullamento, la violazione delle norme di diritto relative al merito dellacontroversia (12). Se si considera che uno dei principali motivi che hanno

irrituale nel quale si dovrebbe depositare la domanda, l’eventuale ordinanza che decide la so-spensione e il lodo relativo all’impugnativa della delibera, non sarebbe caratterizzato daquella riservatezza che spesso rappresenta il motivo preponderante per cui le parti scelgonola strada dell’arbitrato irrituale ».

(11) L’art. 36 del D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 prevede che: « Anche se la clausolacompromissoria autorizza gli arbitri a decidere secondo equita ovvero con lodo non impu-gnabile, gli arbitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a normadell’art. 829, comma 2, del c.p.c. quando per decidere abbiano conosciuto di questioni noncompromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validita di delibereassembleari ».

(12) E.F. RICCI Il nuovo arbitrato societario in Riv. trim. dir. proc., 2003, 538: « leclausole compromissorie per arbitrato irrituale non possono avere ad oggetto ne le controver-sie relative alla validita di delibere assembleari ne altre controversie insuscettibili di compo-sizione negoziale tra le parti ». Conforme M. BOVE, L’arbitrato societario tra disciplina spe-ciale e (nuova) disciplina di diritto comune, in Riv. dir. proc., 2008, 953: « mediante questotipo di arbitrato [scilicet— irrituale] non si possono risolvere le liti relative ad impugnativedi delibere assembleari posto che il chiaro dettato dell’art. 36 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5esige per questo genere di controversie non solo che il lodo sia pronunciato secondo diritto,ma anche che esso sia del tipo rituale. Cio, a mio parere, emerge dalla necessita che al soc-combente venga lasciata aperta la via dell’impugnazione di cui agli artt. 828-829 c.p.c. la-mentando l’error in judicando in jure, via certamente diversa da quella dell’impugnazionedel lodo negozio a causa della nullita ai sensi dell’art. 1418 c.c.per contrarieta a norme im-

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spinto il Legislatore a dettare una disciplina speciale per gli arbitrati socie-tari va ricercato nella volonta di risolvere i precedenti contrasti sull’arbitra-bilita delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di delibere as-sembleari (13) ci si avvede che l’esclusione dell’arbitrato irrituale dall’am-bito di applicazione dell’art. 36 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 implical’esclusione dello stesso dalla ratio legis della disciplina speciale dell’arbi-trato societario.

Parte della dottrina muovendo dal presupposto che l’art. 36 D.Lgs. 17gennaio 2003 n. 5 costituisca « il perno dell’intera normazione » che bilan-cia l’estensione delle controversie arbitrabili con l’introduzione di elementiparagiurisdizionali che rendono l’arbitrato societario equivalente sul pianofunzionale al giudizio avanti al giudice ordinario (14), e giunta alla conclu-sione che in materia societaria « non e possibile un arbitrato irrituale daclausola compromissoria statutaria (idonea a generare soltanto un arbitratodi diritto, governato da norme inderogabili di procedimento) ma e certa-mente possibile un arbitrato irrituale in materia societaria, derivante dacompromesso o da clausola compromissoria atipica » (15). Quindi secondola tesi in commento il riferimento all’arbitrato libero, contenuto nell’art. 35,comma 5, D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, starebbe a significare che in casodi arbitrato in materia societaria si potra sempre e in ogni caso chiedere latutela cautelare al giudice ordinario qualunque sia la fonte del potere degliarbitri (clausola compromissoria statutaria per arbitrato rituale ovvero com-promesso, che potra anche prevedere un arbitrato libero) (16).

4. Altra parte della dottrina rilevato che l’art. 35, comma 5, D.Lgs.17 gennaio 2003 n. 5 prevede espressamente la possibilita di un arbitratolibero in materia societaria ritiene che esso, sia che derivi da compromesso

perative ». Si veda anche ZUCCONI GALLI FONSECA in Arbitrati speciali, commentario a cura diF. CARPI, Bologna, 2008, 112: « se ci si cala nei profili endosocietari si scopre che, dal raf-fronto fra il modello rituale ed irrituale, emergono alcuni contrasti difficilmente sanabili: adesempio, la garanzia di impugnazione per violazione di norme anche non inderogabili san-cita dall’art. 36 confligge con l’immunita del lodo irrituale rispetto alla legge ».

(13) BOVE, L’arbitrato societario cit., 934.(14) BIAVATI, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, Bologna, 2008, 143 secondo

il quale « il legislatore del 2003 ha cercato di bilanciare l’estensione dell’arbitrato a materieche lo jus receptum considerava non compromettibili mediante l’introduzione di forti ele-menti paragiurisdizionali, tali da rendere il giudizio arbitrale piu possibile equivalente sulpiano funzionale a quello davanti al giudice ordinario ».

(15) BIAVATI, Arbitrato societario cit., 143 che gia si era espresso nello stesso sensoin BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, cit., 47.

(16) Ritengono inammissibile l’arbitrato irrituale da clausola compromissoria statu-taria in materia societaria anche CARPI, Profili dell’arbitrato in materia di societa, in questaRivista, 2003, 411 ss.; CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. it.,2003, 1297; CONSOLO, Deleghe processuali e partecipazione alla riforma della Cassazione edell’arbitrato, in Corr. giur., 2005, 1189.

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o, ove la si ritenga ammissibile, da clausola statutaria, debba essere disci-plinato da quelle norme speciali dell’arbitrato societario che non sono in-compatibili con l’arbitrato irrituale (17). Posto in questi termini recessivi ilproblema si concentra pressoche interamente sull’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio2003 n. 5 e sulla applicabilita, diretta o analogica, all’arbitrato irritualedelle norme da esso dettate in materia di clausola compromissoria statuta-ria sia sotto il profilo del suo inserimento negli atti costitutivi sia sotto ilprofilo del suo contenuto con particolare riguardo alla modalita di nominadegli arbitri (18).

Autorevole dottrina ritiene che anche le clausole compromissorie sta-tutarie per arbitrato irrituale siano « sottoposte alla disciplina prevista dallenuove norme, per quanto concerne il loro contenuto e le regole da preve-dere circa la nomina degli arbitri (ivi compresa quella che affida tale no-mina a soggetto estraneo alla compagine sociale) » (19). Altri Autori am-mettono, ancor piu restrittivamente, la possibilita di « prendere a prestitotalune regole dal gemello rituale per il caso di vicende omologhe » (20) percolmare eventuali « lacune di gestione » dell’arbitrato libero tramite un’ap-plicazione analogica dell’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 limitata: a) aldivieto di clausole compromissorie statutarie per arbitrato libero nelle so-cieta che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (art. 34, comma1); b) al meccanismo di nomina degli arbitri (art. 34, comma 2); c) al di-

(17) Tesi respinta da BIAVATI, Arbitrato societario, cit., 134 nota 62: « non e neppurepossibile affermare che esista un arbitrato irrituale da clausola compromissoria a cui si appli-cherebbero solo talune delle regole di cui al D.Lgs. n. 5/2003: infatti il procedimento arbi-trale societario e retto da un unico blocco di norme inderogabili, non separabili e non scin-dibili ».

(18) PICARONI, Limiti soggettivi all’applicazione dell’arbitrato societario, eccezionedi compromesso e compatibilita con l’arbitrato rituale, in Le societa, 2008, 768 osserva giu-stamente come ridotto in questi angusti termini, l’intervento del Legislatore in materia di ar-bitrato irrituale sarebbe poco comprensibile e come sia preferibile « tentare di capovolgere laprospettiva e prendere atto che il legislatore, prima nell’ambito societario, poi con il piu re-cente intervento sull’arbitrato di diritto comune, attraverso la configurazione dell’arbitrato ri-tuale come modulo procedimentale “giurisdizionalizzato”, ha operato nella direzione dellanetta distinzione tra i due istituti e, percio stesso, ha posto le basi per il superamento dellateoria unitaria ».

(19) E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, cit., 538. Conforme BOVE, L’arbitratosocietario, cit., 954 il quale osserva che la norma che prevede la nomina degli arbitri da partedi un terzo « e stata dettata per il fatto che frequentemente le liti societarie assumono un ca-rattere soggettivamente od oggettivamente complicato » e poiche la ratio della norma equello di superare questa complessita che e comune ad entrambi i tipi di arbitrato non si vedela ragione per negarne l’applicabilita ad ogni tipo di arbitrato.

(20) DELLA PIETRA, La clausola compromissoria, in Il nuovo diritto delle societa, Li-ber Amicorum Gian Franco Campobasso, Torino, 2006, 252. Nello stesso sembrerebbe an-che LUISO, in Commento agli artt. 34, 35, 36, cit., 556-557 secondo il quale le norme delladisciplina speciale sarebbero « idonee a fornire elementi relativi a profili generali dell’arbi-trato sia rituale sia irrituale ».

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ritto di recesso a seguito dell’introduzione della clausola compromissoriaper i soci assenti o dissenzienti (art. 34, comma 6).

Peraltro e proprio sul versante dell’applicabilita dell’art. 34 D.Lgs. 17gennaio 2003 n. 5, in particolare del secondo comma che prescrive la no-mina degli arbitri da parte di un soggetto estraneo alla societa, che si sonoregistrate le uniche pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato ex pro-fesso il tema qui trattato e che hanno escluso la nullita delle clausole com-promissorie che omettevano di demandare la nomine degli arbitri liberi asoggetti estranei alla societa proprio sul rilievo della non applicabilita del-l’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 alle clausole compromissorie per ar-bitrato irrituale (21).

In ogni caso, per tornare alla fattispecie decisa dal tribunale di Ge-nova, anche coloro che ammettono un’applicazione parziale, diretta o ana-logica, della disciplina speciale societaria all’arbitrato libero escludono,poi, l’art. 34, comma 4, D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 dal novero dellenorme applicabili. Cio vuoi perche si dubita radicalmente della legittimitacostituzionale della norma (22) vuoi perche si esclude che vi sia al riguardo

(21) Trib. Biella, 28 febbraio 2005 in Giur. it., 2006, 1, 101, nota di NELA: « Lanuova disciplina dell’arbitrato societario, contenuta agli artt. 34, 35 e 36 D.Lgs. n. 5/2003,non si occupa dell’arbitrato irrituale (salvo l’accenno contenuto all’art. 35, comma 5), ma in-troduce e disciplina una speciale forma di arbitrato rituale ». App. Torino, 4 aprile 2007, inGiur. it., 2007 2240 secondo la quale alla clausola compromissoria per arbitrato irrituale nonsi applica l’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003 perche detta norma: « riguarda invero esclusivamentel’arbitrato rituale... e non anche l’arbitrato libero; cio si desume dall’art. 35 comma 2 D.Lgs.n. 5/2003; il detto comma, infatti, facendo riferimento al “procedimento arbitrale promossoa seguito della clausola compromissoria di cui all’art. 34” detta disposizioni che presuppon-gono un arbitrato rituale ed incompatibili con l’arbitrato libero (basti pensare al riferimentoad una “udienza di trattazione” e alle ivi previste modalita di intervento in causa di terzi, aisensi degli artt. 105, 106, 107 c.p.c., il quale implica una struttura contenziosa del procedi-mento; la cosa risulta ancor piu chiaramente dal comma successivo, il quale, ponendosi concontinuita di discorso nel trattare l’arbitrato di cui all’art. 34, fa riferimento a specifichenorme del c.p.c. dettate per l’arbitrato rituale, tra cui l’impugnazione per nullita ex art. 829c.p.c., chiaramente compatibili con il solo arbitrato rituale (come desumibile anche, “a con-trario”, dalla necessita di espressa previsione normativa per estendere all’arbitrato libero laspecifica disposizione dettata in tema di provvedimenti cautelari, come da comma 5 dell’art.35) ». App. Torino, 29 marzo 2007 in Giur. it., 2007, 10, 2237: « E valida la clausola com-promissoria introdotta “ex novo” nello statuto di una societa (nella specie: di persone) e nonconforme all’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (la clausola prevedeva un arbitrato irritualee stabiliva che i tre arbitri fossero nominati uno per ciascuno dei due contendenti ed il terzodai primi due ovvero, in mancanza di accordo, dal Presidente del Tribunale) ». Contra Trib.Pordenone, 19 luglio 2005 consultabile in www.judicium.it. che ha ritenuto, senza pero mo-tivare sul punto, applicabile all’arbitrato libero l’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5.

(22) BOVE, L’arbitrato societario, cit., 2008, 939 secondo il quale: « secondo i prin-cipi generali la convenzione di arbitrato puo valere solo fra coloro che l’hanno sottoscritta,ne la via arbitrale puo essere imposta, direttamente o indirettamente, ad un soggetto che nonl’abbia scelta consapevolmente... Se nel caso concreto non emergono indizi sulla consapevo-lezza... non credo che possa salvarsi la disciplina speciale costruendo una presunzione di vo-

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una lacuna normativa da colmare in via analogica (23) vuoi, infine, per laritenuta natura eccezionale dell’art. 34, comma 4, D.Lgs. 17 gennaio 2003n. 5 (24). Alla luce di quanto sopra pare lecito affermare che, contrariamentea quanto ritenuto dal giudice ligure, la clausola compromissoria statutariaper arbitrato libero, anche ove se ne ammettesse la validita, non puo essereconsiderata opponibile agli amministratori, sindaci o liquidatori della so-cieta quale automatica conseguenza dell’accettazione da parte loro dell’in-carico.

MASSIMO PIAZZA

lonta in capo all’amministratore, liquidatore o sindaco che abbia accettato l’incarico. Quisiamo di fronte ad un arbitrato imposto e quindi siamo di fronte ad una violazione dell’art.24 comma 1 Cost. considerando che non e lasciata alcuna possibilita di declinare la via ar-bitrale ». Nello stesso senso F.P. LUISO, in Commento agli artt. 34, 35, 36, cit., 571-572.

(23) DELLA PIETRA, La clausola compromissoria, cit., 253.(24) Cosı NELA, in Il nuovo processo societario, cit., 1194: « la nuova norma... si tra-

duce nella deroga al principio fissato dall’art. 808 c.p.c. secondo cui la clausola compromis-soria deve essere resa per iscritto. E ben vero che oggi prevale in giurisprudenza la tesi se-condo cui detto principio e rispettato allorche l’accettazione della clausola avvenga attraversouna dichiarazione scritta, la quale richiami la pattuizione in cui la clausola e stata posta manel caso ipotizzato difetta proprio quest’ultima ».

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I) STRANIERA

Sentenze annotate

BUNDESGERICHTSHOF, Beschluss 5 febbraio 2009-IXZB 89/06 — A c. B.

Arbitrato - Sentenza che ordina un provvedimento conservativo a tutela dicredito accertato da lodo arbitrale - Richiesta di exequatur - Convenzionedi Bruxelles del 1968 - Applicabilita.

La sentenza straniera che abbia ordinato la costituzione di una garanzia ban-caria a tutela di un credito, la cui esistenza sia stata incontrovertibilmente accer-tata con lodo arbitrale non e per cio solo esclusa dall’ambito di applicazione dellaConvenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconosci-mento e l’esecuzione delle sentenze straniere.

CENNI DI FATTO. — A viene condannata con sentenza dell’Arrondissementsre-chtsbank di Rotterdam a costituire una garanzia bancaria presso una banca olandesemunita di buona reputazione per un importo pari all’ammontare di un credito van-tato nei suoi confronti da B. L’esistenza di tale credito e stata incontrovertibilmenteaccertata da un lodo arbitrale. A deve inoltre pagare una somma a titolo di penaleper ogni giorno di ritardo nella costituzione della garanzia. Il provvedimento vienedichiarato esecutivo in Germania dal Landgericht di Monaco di Baviera in confor-mita a quanto disposto dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenzagiurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giurisdizionali pro-venienti da altro Stato membro. L’Oberlandesgericht di Monaco, dinanzi a cuiviene impugnato tale provvedimento, revoca l’exequatur in quanto si tratterebbe diun dictum in materia arbitrale come tale escluso dall’ambito di applicazione dellaConvenzione, ai sensi dell’art. 1, n. 4 Conv. Tale provvedimento e impugnato da Bdinanzi al Bundesgerichtshof.

I. — 1 Mit Urteil der Arrondissementsrechtsbank Rotterdam vom 4. Okto-ber 2001 (Aktenzeichen: 125645/ KG ZA 99-1313) wurde die Antragsgegnerinverurteilt, innerhalb von zwei Werktagen nach Zustellung dieses Urteils als Sicher-heit fur die Bezahlung der Forderung der Antragstellerin, wie diese im Endurteildes Schiedsgerichts vom 1. Oktober 1993 festgesetzt worden ist, die jedoch am 27.September 2001 NLG 730. 211, 52 betragt, von einer gut beleumundeten nieder-landischen Bank eine Bankgarantie in dieser Hohe zu leisten. Verbunden war diesmit der Androhung eines an die Klagerin zu zahlenden Zwangsgeldes in Hohe von

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NLG 5. 000 fur jeden Tag, den die Beklagte damit in Verzug ist, und zwar bis zueinem Betrag von maximal NLG 1 Million. Die Antragsgegnerin wurde weiter ver-urteilt, die Kosten dieses summarischen Verfahrens zu tragen, die auf Seiten derKlagerin mit NLG 587, 35 an Auslagen und mit NLG 3. 000 an Honorar fur dieProzessbevollmachtigten veranschlagt wurden.

2 Auf Antrag der Rechtsbeschwerdefuhrerin hat der Vorsitzende einer Zivil-kammer des Landgerichts angeordnet, dass das Urteil mit der Vollstreckungsklauselzu versehen ist.

3 Auf die hiergegen eingelegte sofortige Beschwerde hat das Oberlandesge-richt den Beschluss des Landgerichts aufgehoben und den Antrag auf Vollstreck-barerklarung zuruckgewiesen.

4 Mit der Rechtsbeschwerde verfolgt die Antragstellerin ihren Antrag aufVollstreckbarerklarung weiter.

II. — 5 Das gemaß § 15 Abs. 1 AVAG, § 574 Abs. 1 Satz 1 Nr. 1 ZPO statt-hafte Rechtsmittel ist zulassig, § 574 Abs. 2 Nr. 2 ZPO, weil die Entscheidung desBeschwerdegerichts von der Rechtsprechung des Europaischen Gerichtshofs ab-weicht. Die Rechtsbeschwerde ist auch im Ubrigen zulassig, insbesondere form-und fristgerecht eingelegt und begrundet worden, § 15 Abs. 2 und 3, § 16 AVAG,§ 575 Abs. 2 bis 4 ZPO.

6 Die Rechtsbeschwerde ist auch begrundet. Entgegen der Auffassung desBeschwerdegerichts ist auf die beantragte Vollstreckbarerklarung das BrusselerEWG-Ubereinkommen uber die gerichtliche Zustandigkeit und die Vollstreckunggerichtlicher Entscheidungen in Zivil- und Handelssachen (EuGVU) anwendbar.

7 1. Das Beschwerdegericht hat zutreffend gesehen, dass sich die Moglich-keit der Vollstreckbarerklarung des Urteils des Rotterdamer Gerichts, das vom 4.Oktober 2001 stammt, nicht nach der Verordnung (EG) Nr. 44/ 2001 des Rates uberdie gerichtliche Zustandigkeit und die Anerkennung und Vollstreckung von Ent-scheidungen in Zivil- und Handelssachen — im Folgenden: EuGV-VO — vom 22.Dezember 2000 (Amtsblatt EG 2001 Nr. L 12 S. 1) richtet. Diese Verordnung istgemaß ihrem Art. 76 erst am 1. Marz 2002 in Kraft getreten. Gemaß Art. 66, 68EuGVVO ist deshalb auf den Streitfall das zuvor geltende EuGVU anzuwenden.

8 2. Das Beschwerdegericht hat jedoch zu Unrecht angenommen, dass nachArt. 1 Abs. 2 Nr. 4 EuGVU dieses Abkommen fur den vorliegenden Fall nichtgelte. Nach dieser Bestimmung ist dieses Ubereinkommen nicht anwendbar auf dieSchiedsgerichtsbarkeit.

9 Das Beschwerdegericht hat gemeint, der Begriff der Schieds-gerichtsbarkeit sei weit auszulegen; darunter fielen auch Gerichtsentscheidungen,die Schiedsspruche in sich einschlossen. Dies sei hier der Fall, weil das Urteil desRotterdamer Gerichts das Endurteil des Schiedsgerichts vom 1. Oktober 1993 insich mit aufnehme. Dies ergebe sich sowohl aus dem Tenor dieser Entscheidungwie auch aus den Entscheidungsgrunden. Diese Beurteilung halt rechtlicher Pru-fung nicht stand.

10 a) Richtig ist allerdings der Ausgangspunkt des Beschwerdegerichts.Art. 1 Abs. 2 Nr. 4 EuGVU ist — nicht anders als nunmehr Art. 1 Abs. 2

Buchst. d EuGVVO — weit auszulegen. Von der Ausnahmeregelung werden allestaatsgerichtlichen Verfahren erfasst, die einem Schiedsverfahren dienen, einSchiedsgericht unterstutzen oder seine Funktionsfahigkeit herstellen sollen. So

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greift die Ausnahme ein, wenn Gegenstand des Rechtsstreits die Wirksamkeit oderUnwirksamkeit eines Schiedsvertrages ist, wenn ein Schiedsurteil fur vollstreckbarerklart oder wenn es aufgehoben werden soll (vgl. Thomas/ Putzo/ Hußtege, ZPO29. Aufl. Art. 1 EuGVVO Rn. 9; Zoller/ Geimer, ZPO 27. Aufl. Art. 1 EuGVVORn. 43; mit kritischer Bewertung Schlosser, EU-Zivilprozessrecht, 2. Aufl. Art. 1Rn. 23; Kropholler, Europaisches Zivilprozessrecht 8. Aufl. Art. 1 Rn. 41 ff; Rau-scher/ Mankowski, Europaisches Zivilprozessrecht 2. Aufl. Art. 1 Brussel I-VO Rn.27 ff; Geimer/ Schutze, Europaisches Zivilverfahrensrecht 2. Aufl. Art. 1 Rn. 150ff).

11 Das EuGVU ist insbesondere dann nicht anwendbar, wenn Schiedsrich-ter ernannt oder abberufen werden sollen, selbst wenn das Bestehen oder die Gul-tigkeit einer Schiedsvereinbarung nur eine Vorfrage des Rechtsstreits ist (EuGH,Urt. v. 25. Juli 1991 Rs C 190/ 89, NJW 1993, 189, 190).

12 Zum Umfang des Ausschlusses der Schiedsgerichtsbarkeit gibt der Be-richt Schlosser folgende Erlauterungen: « Das EuGVU bezieht sich nicht auf ge-richtliche Verfahren, die einem Schiedsverfahren dienen sollen, wie etwa Verfahrenzur Ernennung oder Abberufung von Schiedsrichtern. ... Dieses (gemeint: dasEuGVU) bezieht sich auch nicht auf Verfahren und Entscheidungen uber Antrageauf Aufhebung, Anderung, Anerkennung und Vollstreckung von Schiedsspruchen.Das gilt auch fur Gerichtsentscheidungen, die Schiedsspruche in sich inkorporieren.... » (Schlosser Bericht Nr. 64 und 65; abgedruckt Amtsblatt Europaische Gemein-schaften 1979 Nr. C 59 S. 71, 93; hierauf Bezug nehmend auch EuGH, Urt. v. 17.November 1998 Rs C 391/ 95, EuZW 1999, 413, 415 Rn. 32).

13 b) Bei dem Urteil des Rotterdamer Gerichts handelt es sich entgegen derAuffassung des Beschwerdegerichts aber nicht um ein Urteil, das das Urteil einesSchiedsgerichts in diesem Sinne unterstutzte, seinen Inhalt fur vollstreckbar er-klarte oder das Schiedsurteil seinem Inhalt nach inkorporierte. Das Urteil lasst dasvon ihm in Bezug genommene Schiedsurteil vollig unberuhrt. Es leitet vielmehraus dem den Rechtsbeziehungen zwischen den Parteien zugrunde liegenden Vertrageine Verpflichtung der Antragsgegnerin ab, auf erstes Ersuchen der AntragstellerinSicherheitsleistung fur ihre vertraglichen Verpflichtungen zu erbringen (Urteil Nr.4. 2. 1 Abs. 3). Die vom Schiedsgericht ausgesprochene Verpflichtung wird wederauf Richtigkeit uberpruft noch in das Urteil einbezogen. Lediglich im Hinblick aufden Umstand, dass die Zahlung der Antragsgegnerin bisher ausgeblieben ist undeine Vollstreckung des Schiedsspruchs in Deutschland moglicherweise noch vieleJahre dauern konne, wurde die Erbringung einer Sicherheitsleistung in einem sum-marischen Verfahren angeordnet.

14 Die Entscheidung des Schiedsurteils soll mit dem hier in Frage stehen-den Urteil des Rotterdamer Gerichts weder vollstreckt noch fur vollstreckbar erklartwerden. Auch grundet das Urteil den zu sichernden Anspruch nicht auf die Unan-fechtbarkeit jenes Schiedsspruchs. Dieser wird vielmehr nur in Bezug genommenzur naheren Bezeichnung der materiellen Forderung, fur die Sicherheit geleistetwerden soll. Der Anspruch auf Sicherheitsleistung wird selbstandig aus dem zu-grunde liegenden Vertrag abgeleitet.

15 c) Von der Regelung des Art. 1 Abs. 2 Nr. 4 EuGVU werden nicht er-fasst einstweilige Maßnahmen, die lediglich der Sicherung eines Anspruchs dienen,nicht aber der Durchfuhrung des Schiedsverfahrens oder der Vollstreckung desSchiedsurteils (Thomas/ Putzo/ Hußtege, aaO Art. 1 Rn. 9 a. E.; Zoller/ Geimer,

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aaO Art. 1 EuGVVO Rn. 45 a. E.; Geimer in Geimer/ Schutze, aaO Art. 1 Rn. 164;Rauscher/ Mankowski, aaO Art. 1 Brussel I-VO Rn. 28b; OLG Munchen — 25 W1067/ 00, OLG-Report 2000, 266, 267).

16 Dies ergibt sich entgegen der Auffassung des Beschwerdegerichts insbe-sondere auch aus dem Urteil des Europaischen Gerichtshofs vom 17. November1998 (aaO S. 415; vgl. auch Urt. v. 27. April 1999 — Rs C 99/ 96, EuZW 1999,727, 729 f). Danach sind einstweilige Maßnahmen grundsatzlich nicht auf dieDurchfuhrung eines Schiedsverfahrens gerichtet; sie werden vielmehr parallel zueinem solchen Verfahren angeordnet. Gegenstand einer solchen Maßnahme ist nichtdie Schiedsgerichtsbarkeit, sondern die Sicherung der Anspruche. Daher bestimmtsich die Anwendung des Ubereinkommens auf eine einstweilige Maßnahme nichtnach deren Rechtsnatur, sondern nach derjenigen der durch sie gesicherten Anspru-che (vgl. auch OLG Munchen aaO).

17 Bei den gesicherten Anspruchen handelt es sich um zivilgerichtliche An-spruche nach Art. 1 Abs. 1 Satz 1 EuGVU. Entgegen der Auffassung desBeschwerdegerichts geht es nicht um die Sicherung des Anspruchs aus einem be-reits unanfechtbar gewordenen Schiedsspruch, sondern um die Sicherung derDurchsetzung des materiell-rechtlichen Anspruchs, der daneben allerdings Gegen-stand des schiedsgerichtlichen Verfahrens war. Auf die Vollstreckbarerklarung undKlauselerteilung ist deshalb das Ubereinkommen anwendbar.

18 3. Da das Beschwerdegericht die Anwendbarkeit des EuGVU zu Unrechtverneint hat, ist die angefochtene Entscheidung aufzuheben und die Sache zur er-neuten Entscheidung zuruckzuverweisen. Das Beschwerdegericht wird nunmehr zuprufen haben, ob die Voraussetzungen fur eine Vollstreckbarerklarung nach demUbereinkommen vorliegen.

Ancora sui rapporti tra arbitrato, Convenzione di Bruxelles del 1968 eReg. n. 44/2001, alla luce delle ultime proposte di modifica.

1. Con la pronuncia in epigrafe, il giudice di legittimita tedesco (diseguito: BGH) affronta il delicato tema dei rapporti tra arbitrato e Conven-zione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, il riconosci-mento e l’esecuzione delle sentenze nello spazio giudiziario europeo, vi-gente all’epoca dei fatti ma attualmente sostituita dal Reg. n. 44/2001.

Come noto, l’art. 1, par. 2, lett. d della Convenzione di Bruxelles del1968 — senza soluzione di continuita rispetto a quanto attualmente con-templato dal Reg. n. 44/2001 — esclude(va) l’arbitrato dal campo di appli-cazione del regolamento. Poiche nel passaggio dal testo convenzionale aquello regolamentare la normativa presa ad esame dal BGH e rimasta in-variata, nel proseguo di questa nota affronteremo l’argomento riferendocialle disposizioni oggi vigenti ossia al Reg. n. 44/2001.

Nella vicenda che ha condotto all’emanazione della decisione che quisi commenta si trattava di stabilire se una sentenza che ingiungeva al debi-tore di costituire una garanzia bancaria a tutela di un credito accertato come

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esistente da un lodo arbitrale fosse, per tale motivo, da escludere dal regimecircolatorio semplificato di cui al Reg. n. 44/2001 (1).

Sulla portata applicativa della clausola di esclusione di cui all’art. 1,par. 2, lett. d) Reg. n. 44/2001 non vi e infatti chiarezza, che anzi, nell’am-bito della dottrina e della giurisprudenza nazionale, si contendono il campodue differenti letture (2), essendo certo soltanto che la normativa europeanon si applica al riconoscimento ed all’esecuzione dei lodi arbitrali, cosıcome ai fini dell’individuazione del giudice munito di potestas judicandiper le controversie relative all’arbitrato quale, ad esempio, l’impugnazionedel lodo (3).

Secondo i fautori dell’interpretazione ampia della clausola di esclusio-ne (4) sarebbero da comprendere entro la sfera di operativita dell’art. 1, par.

(1) Nessun dubbio, infatti, sussiste in ordine al fatto che i provvedimenti che dispon-gono misure provvisorie siano idonei a circolare nello spazio giudiziario europeo secondo ilregime semplificato di cui al Reg. n. 44/2001 ed, in precedenza, di cui alla Convenzione diBruxelles del 1968. In proposito si veda per tutti MERLIN, Le misure provvisorie e cautelari nellospazio giudiziario europeo, in Riv. dir. proc., 2002, 759 ss., spec. 764, testo e nota n. 10 nonche,in giurisprudenza, OLG Munchen, 5 aprile 2000, 25 W1067/00 (banca dati LexisNexis Recht).

(2) Come gia avemmo modo di segnalare in D’ALESSANDRO, La Corte di giustizia di-chiara le anti-suit injunctions a tutela dell’arbitrato incompatibili con il sistema del Reg. n.44/2001, in questa Rivista, 2009, 74 ss., spec. 77 ss.

(3) Cosı, testualmente, si esprime la Relazione Jenard esplicativa della Convenzionedi Bruxelles del 1968, in POCAR, La Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione e l’esecu-zione delle sentenze, III ed., Milano, 1995, 369 ss., spec. 381. A pag. 382 della Relazione Je-nard si aggiunge che l’esclusione riguarderebbe a « maggior ragione » il riconoscimentodelle decisioni pronunciate all’esito dei giudizi intentati dinanzi al giudice statale ai fini del-l’ottenimento dell’annullamento del lodo. Nel medesimo senso si e successivamente pronun-ciata la Relazione Evrigenis e Kerameus, in POCAR, op. cit., 535 ss., spec. 547, punto 35 manon anche la Relazione Schlosser, in POCAR, op. cit., 447 ss., spec. 467, punto 65, ove e stataposta in essere una puntualizzazione che chi scrive condivide. Vi si afferma, cioe, che nelcaso in cui l’azione di annullamento del lodo venga accolta, occorre distinguere: A) se il lodoe annullato in sede di impugnativa e l’autorita giurisdizionale provvede ella stessa al compi-mento della fase rescissoria, allora la normativa europea sara pienamente applicabile trattan-dosi di decisione giurisdizionale in materia civile e commerciale, idonea ad integrare gliestremi dell’(allora) art. 26 Conv.; B) diverso il caso in cui la fase rescissoria sia posta inessere in sede in sede arbitrale. In tale eventualita a circolare sara una decisione arbitrale, ne-cessariamente al di fuori del regime della Convenzione di Bruxelles ed, attualmente, del Reg.n. 44/2001. Lo stesso dovrebbe dirsi, secondo la Relazione Schlosser « per le decisioni giu-diziarie in cui vengano incorporati lodi arbitrali, tecnica di riconoscimento abituale nel Re-gno Unito ».

(4) English Court of Appeal, Civil Division, 2 dicembre 2004, Through TransportMutual Insurance Association (Eurasia) Ltd v. New India Assurance Co Ltd [2005] 1 Lloyd’sRep. 67; High Court of Justice, Queen’s Bench Division, Commercial Court, 16 novembre2000, Navigation Maritime Bulgare v. Rustal Trading Ltd [2002] 2 Lloyd’s Rep. 16. L’inter-pretazione e stata condivisa, in dottrina, da DICEY, MORRIS & COLINS, The Conflict of Laws, I,London, 2007, spec. 746 ss.; POUDRET, Conflits entre juridictions etatiques en matiere d’ar-bitrage international ou les lacunes des Conventions de Bruxelles et Lugano, in Festschrift

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2, lett. d) Reg. n. 44/2001 tutti i procedimenti giurisdizionali collegati, an-che latamente, all’arbitrato, quale potrebbe essere, ad esempio, un provve-dimento cautelare finalizzato a tutelare un diritto dedotto sub arbitri.

L’interpretazione restrittiva (5), invece, riconduce all’esclusione sol-tanto i procedimenti statali finalizzati al funzionamento della procedura ar-bitrale come, ad esempio, la richiesta al giudice statale della nomina di unarbitro ovvero della sua revoca (6) o anche il giudizio avente quale esclu-sivo oggetto l’accertamento della validita della convenzione arbitrale (7).

Coloro i quali condividono questa lettura sottolineano che l’ipotesi incui il giudice nazionale tratti, solo incidentalmente, in sede di valutazionedella sussistenza della propria competenza giurisdizionale (e non gia in viaprincipale, quale oggetto della controversia) della esistenza, validita ed ef-ficacia di un accordo compromissorio rientra, viceversa, nell’ambito di ap-plicazione della normativa europea (8).

fur Otto Sandrock zum 70. Geburtstag, Heidelberg, 2000, 761 ss., spec. 766 e, recentemente,anche SCHLOSSER, Anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato internazionale (trad. it. diMARINELLI), in Int’1 Lis, 2007, 96 ss., spec. 98 ss., andato di diverso avviso rispetto a quantoprecedentemente sostenuto in The 1968 Brussels Convention and Arbitration, in ArbitrationInternational, 1991, 227 ss., spec. 231-232. Questa stessa lettura fu peraltro suggerita dalGoverno italiano nelle osservazioni scritte presentate dinanzi alla Corte di giustizia nellacausa March Rich (per i cui riferimenti: infra, nota 9).

(5) Condivisa da KROPHOLLER, Europaisches Zivilprozessrecht, 5 Auflage, Frankfurtam Main, 2005, 88-89; DUTTA, HEINZ, Prozessfuhrungsverbote im englischen und europai-schen Zivilverfahrensrecht, in ZEuP, 2005, 428 ss., spec. 460; MANKOWSKY, in RAUSCHER, Eu-ropaisches Zivilprozeßrecht, 2 Auflage, Munchen, 2006, 99 ed, in giurisprudenza, da OLGMunchen, Beschluss 5 aprile 2010 - 25W1067/00 (banca dati LexisNexis Recht).

(6) Come chiarito dalle Relazioni esplicative della Convenzione di Bruxelles del1968. Si vedano difatti la Relazione Schlosser, in POCAR, op. cit., 467, punto 62 e la Rela-zione Evrigenis e Kerameus, in POCAR, op. cit., 535 ss., spec. 547, punto 35.

(7) Su questo secondo profilo v. per tutti HESS, PFEIFFER, SCHLOSSER, The Brussels I-Regulation (EC) No 44/2001. The Heidelberg Report on the Application of Regulation Brus-sels I in 25 Member States, Munchen, 2008, 34-35 ed, in giurisprudenza, Cour d’appel deParis, 15 giugno 2006, in Rev. arb., 2007, 87 ss. con nota di BOLLEE, la quale ha negato cheuna decisione italiana avente ad oggetto l’accertamento dell’invalidita di un accordo compro-missorio potesse circolare in Francia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 1968.

(8) Conf. Relazione Schlosser, in POCAR, op. cit., 467, punto 62; Relazione Evrige-nis e Kerameus, in POCAR, op. cit., 547, punto 35. Si veda, tuttavia, la diversa opinione diAUDIT, Arbitration and the Brussels Convention, in Arbitration International, 1993, 1 ss. cuiadde GAUDEMET TALLON, Competence et execution des jugements en Europe, Paris, 2010, 43-44, i quali suggeriscono che la normativa europea debba essere viceversa dichiarata inappli-cabile tutte le volte in cui sia eccepita la sussistenza di una convenzione di arbitrato da re-putare esistente prima facie. Una simile lettura e evidentemente finalizzata a garantire l’ap-plicazione, anche all’interno dello spazio giudiziario europeo, della regola di matrice francesedi cui all’art. 1458 NCPC (dal 1o marzo 2011: art. 1448 NCPC) in forza della quale soltantol’arbitro e non anche il giudice statale e il soggetto naturalmente deputato a decidere sullasussistenza di un valido accordo compromissorio. In proposito, se vuoi, D’ALESSANDRO, LaCorte di giustizia dichiara le anti-suit injunctions a tutela dell’arbitrato, cit., 86 nota 38. La

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L’organo giurisdizionale cui spetta la funzione di nomofilachia del di-ritto dell’Unione europea, ossia la Corte di giustizia, per ben tre volte estata chiamata a chiarire la portata dell’art. 1, n. 2, lett. d) Convenzione diBruxelles del 1968 (attualmente: Reg. n. 44/2001) optando, in linea diprincipio, a favore della lettura restrittiva.

In primis, con la pronuncia March Rich (9) i giudici del Kirchberg eb-bero ad affermare che, se la ragione dell’esclusione dell’arbitrato dall’am-bito di applicazione dell’(allora) Convenzione di Bruxelles del 1968 era daravvisare nella sussistenza della Convenzione di New York del 1958, laquale, nella misura in cui disciplina la circolazione degli accordi compro-missori, si impone ai giudici statali, allora cio significa che si e « intesoescludere l’arbitrato in quanto materia nel suo complesso, comprese leazioni intentate dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati » (10).

In tale contesto, si osservo altresı che « Per stabilire se una contro-versia rientri nell’ambito di applicazione della convenzione, deve esserepreso in considerazione il solo oggetto (principale, N.d.A.) di tale contro-versia. Se, in virtu del suo oggetto, come la designazione di un arbitro, unacontroversia e esclusa dall’ambito di applicazione della convenzione, l’esi-stenza di una questione preliminare, su cui il giudice deve pronunciarsi perrisolvere tale controversia, non puo, indipendentemente dal contenuto ditale questione, giustificare l’applicazione della convenzione » (11).

Se ne dedusse che l’art. 1, n. 2, lett. d) Conv. Bruxelles deve essereinterpretato « nel senso che l’esclusione..., si estende ad una controversia

soluzione suggerita dalla Relazione Schlosser non sembrerebbe creare problemi all’internodel nostro ordinamento, almeno nel caso in cui si reputi che l’accertamento posto in esseredall’autorita giurisdizionale onde accogliere o rigettare l’eccezione di patto compromissorioabbia una valenza limitata al giudizio in corso, come del resto sostenuto dalla dottrina mag-gioritaria. Piu complessa appare, invece, la situazione qualora si ritenga che tale accerta-mento sia idoneo a produrre un’efficacia extraprocessuale vincolante anche in sede arbitrale(come ritiene, ad esempio, LUISO, Rapporti fra arbitro e giudice, in questa Rivista, 2005, 773ss., spec. 790 ss.). Siffatto capo di pronuncia, difatti, non parrebbe suscettibile di circolare aisensi del Reg. 44/2001, proprio in forza del disposto di cui all’art. 1, n. 2, lett. d) Reg. 44/2001 e della costante convinzione per cui le pronunce aventi ad oggetto l’accertamento ex-traprocessuale della validita dell’accordo compromissorio esorbitano dall’ambito di applica-zione della indicata normativa. Su tali aspetti v. anche quanto si dira nel testo al § 3.

(9) Corte di giustizia, sentenza 25 luglio 1991, in causa C-190/89, March Rich & Co.c. Societa italiana Impianti p.a., in questa Rivista, 1992, 111 con nota di MONACO, Conven-zione di Bruxelles ed arbitrato ed in Rev. arb., 1991, 695 con nota senza titolo di HASCHER.Ad ulteriore commento si vedano GAIA, Arbitrato e procedimento a giudiziario in Stati di-versi dopo la sentenza della Corte di giustizia nella causa March Rich c. Italimpianti, inquesta Rivista, 1992, 417 ss.; GAUDEMET TALLON, Competence et execution des jugements enEurope, Paris, 2010, spec. 43 ss.; HAAS, Der Ausschluß der Schiedsgerichtsbarkeit vom An-wendungsbereich des EuGVU, in IPRax, 1992, 292 ss.; WEIGAND, Die internationale Schieds-gerichtsbarkeit und das EuGVU, in EuZW, 1992, 529 ss.

(10) Ivi, punto 18 della motivazione.(11) Ivi, punto 26 della motivazione.

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pendente dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato che abbia adoggetto la designazione di un arbitro, anche se detta controversia sollevala questione preliminare dell’esistenza o della validita di una clausolacompromissoria ».

Nel caso di specie, si trattava in effetti di risolvere una questione con-creta concernente la sussumibilita sotto la disciplina comunitaria del proce-dimento di nomina di un arbitro da parte dell’autorita giurisdizionale sta-tale.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Darmon aveva peraltro cer-cato di contrastare una lettura oltremodo restrittiva dell’art. 1, par. 1, lett.d), Convenzione di Bruxelles del 1968, a mente della quale la normativaeuropea non si applicherebbe ai soli procedimenti di riconoscimento edesecuzione dei lodi arbitrali (12). Infatti, osservava Darmon « se l’art. 1, se-condo comma, della convenzione enumera ai nn. 1 (stato delle persone...),2 (fallimento...), 3 (previdenza sociale...) materie che pur essendo soggetteai giudici sono tuttavia escluse dalla convenzione, e logico che il n. 4, allafine della stessa norma, riguardi allo stesso modo le controversie sottopo-ste ai giudici degli Stati. Se l’esclusione dell’arbitrato avesse la portatameramente dichiarativa che le attribuiscono la SII ed il sig. Schlosser —vale a dire quella di ricordare qualcosa di evidente, cioe che una conven-zione sulla competenza dei giudici e sul riconoscimento e l’esecuzione delledecisioni giudiziarie non si applica ai procedimenti arbitrali ed al ricono-scimento ed all’esecuzione dei lodi arbitrali — la ratio della disposizionesarebbe allora assai poco coerente » (13).

In una seconda pronuncia, emessa all’esito della causa Van Uden (14)la Corte di giustizia dichiaro che per stabilire se i provvedimenti provvisoricollegati all’arbitrato siano da considerare materia esclusa dalla normativaeuropea, occorre avere riguardo alla natura dei diritti che essi mirano a tu-telare. Se il diritto e compreso entro l’ambito di applicazione dell’(allora)Convenzione di Bruxelles, oggi Reg. n. 44/2001, anche il provvedimentoprovvisorio lo sara e dunque potra circolare in forza di un regime sempli-ficato all’interno dello spazio giudiziario comune.

Ne deriva — come esplicitato dal BGH nella decisione che qui si

(12) Conclusioni dell’avv. generale Darmon presentate il 19 febbraio 1991, nellacausa C-190/89, March Rich & co., punto 53.

(13) Ivi, punto 55.(14) Corte di giustizia, sentenza 17 novembre 1998, in causa C-391/95, Van Uden

Maritime BV c. Kommanditgesellschaft in Firma Deco-Line, spec. punto 33 della motiva-zione, commentata da PETTINATO, Provvedimenti provvisori ed arbitrato nella Convenzione diBruxelles del 1968, in questa Rivista, 1999, 324 ss.: da CONSOLO, Van Uden e Mietz: un’ine-vitabile Babele, in Int’l Lis, 2002, 30 ss. (ora anche in CONSOLO, DE CRISTOFARO, Il dirittoprocessuale internazionale visto da Int’1 Lis dal 2002 ad oggi, cit., 73 ss.); da GAUDEMET

TALLON, in Rev. arb., 1999, 152 ss.

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commenta — che sono da includere nella sfera applicativa del Reg. n. 44/2001 le controversie in cui la questione concernente la validita di un ac-cordo arbitrale assuma carattere meramente incidentale (Vorfrage), sia cioeponderata dal giudice al solo fine di determinare se sussiste la propria com-petenza giurisdizionale.

Da ultimo, nella sentenza West Tankers (15), la Corte del Lussem-burgo, facendo applicazione del metodo di valutazione enunciato nella pro-nuncia Van Uden, ossia prendendo a riferimento la natura del diritto che ilprocedimento mira a tutelare, ha concluso nel senso che un procedimentodi anti-suit injunction finalizzato a tutelare una procedura arbitrale esorbitadall’ambito di applicazione del Reg. n. 44/2001 (16). L’opzione a favoredella lettura restrittiva delle materie escluse dal regolamento e stata tuttaviaalquanto mitigata dal richiamo all’effetto utile del diritto comunitario. Talerichiamo ha difatti condotto la Corte del Lussemburgo a reputare la misurade qua contrastante con i principi del Reg. n. 44/2001 e, segnatamente, conil principio per cui ciascun giudice europeo deve poter valutare liberamentela sussistenza della propria giurisdizione (17). Lo stesso risultato cui si sa-rebbe giunti interpretando in senso ampio l’art. 1, par. 2, lett. d), Reg. n.44/2001.

Questo il contesto in cui si colloca la pronuncia in epigrafe.

2. Con il dictum che qui si commenta, il BGH — come gia avevafatto prima di lui (l’impugnato dictum del)l’Oberlandesgericht di Monacodi Baviera — ha aderito alla tesi per cui sarebbero da considerare materieescluse dalla Convenzione di Bruxelles del 1968 ed, attualmente, dal Reg.

(15) Corte di giustizia, 10 febbraio 2009, causa C-185/07, Allianz S.p.a., GeneraliAssicurazioni S.p.a. c. West Tankers, in questa Rivista, 2009, 74 con nostra nota ed altresıcommentata da ARENAS GARCIA, La inclusion progresiva del arbitraje en el Reglamento 44/2001: de Van Uden a West Tankers y sus consecuencias, in Arbitraje, 2009, 401 ss.; WINK-LER, West Tankers: la Corte di Giustizia conferma l’inammissibilita delle anti-suit injunctionsanche in un ambito escluso dall’applicazione del Regolamento Bruxelles I, in Dir. comm. int.,2008, 735 ss.; FENTIMAN, Arbitration and Antisuit Injunctions in Europe, in The CambridgeLaw Journal, 2009, 278 ss.; BOLLEE, in Rev. arb., 2009, 413 ss.; ILLMER, Anti-suit injunctionszur Durchsetzung von Schiedsvereinbarungen in Europa - der letzte Vorhang ist gefallen, inIPRax, 2010, 312 ss.; REQUEJO ISIDRO, West Tankers: otra vez no a las antisuit injunctions, inArbitraje, 2009, 429 ss.

(16) Ivi, punto 23 della motivazione. Sul punto v. anche ARENAS GARCIA, La inclu-sion progresiva, cit., spec. 412.

(17) Non sembra, pertanto, aver riportato fedelmente le argomentazioni espressedalla Corte di giustizia nella pronuncia West Tankers, GAUDEMET TALLON, cit., Competence etexecution, 44 la quale afferma che, ad avviso dei giudici del Kirchberg, la fattispecie de qua« tombe dans le champ d’application du reglement et donc... que l’injonction anti-suit estimpossible ». L’A., peraltro, prosegue sostenendo che una simile « inclusione » configge conla regola della competence-competence pacificamente accolta in arbitrato internazionale (ol-tre che all’interno dell’ordinamento francese: supra nota 8).

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n. 44/2001, soltanto i procedimenti giurisdizionali finalizzati a garantire losvolgimento della procedura arbitrale, oltre a quelli concernenti la validitadell’accordo arbitrale o l’esecuzione del lodo (la cui esclusione dall’ambitoapplicativo della normativa europea abbiamo visto essere pacifica).

Tuttavia, mentre l’Oberlandesgericht di Monaco di Baviera aveva ri-tenuto di dover includere tra i provvedimenti esclusi dalla circolazione« comunitaria » anche quello, di natura verosimilmente cautelare, finaliz-zato alla costituzione di una garanzia presso una banca olandese a tutela diun diritto di credito accertato come esistente da un lodo arbitrale, il BGHha ragionevolmente respinto tale prospettiva.

La Corte di legittimita tedesca ha fatto correttamente notare che ilprovvedimento cautelare in questione non era volto a garantire lo svolgi-mento della procedura arbitrale ma era piuttosto un procedimento auto-nomo finalizzato a tutelare un diritto di credito (rectius, la fruttuosita dellasua escussione); diritto che, in quanto tale, rientrava pienamente nella ma-teria civile e commerciale di cui al Reg. n. 44/2001 secondo i criteri dettatidalla giurisprudenza Van Uden. Ragion per cui, il dictum olandese potevaessere munito di exequatur e circolare in via semplificata nello spazio giu-diziario europeo ai sensi del menzionato regolamento e, prima ancora, aisensi della Convenzione di Bruxelles del 1968 (18).

Secondo i giudici tedeschi, non e idonea a confutare l’assunto la cir-costanza per cui si trattava di un credito, la cui esistenza era stata accertatacon un lodo arbitrale.

Infatti — stando a quanto risulta dalla motivazione della pronunciadel BGH — il provvedimento olandese non faceva menzione della sentenzaarbitrale e neppure ne aveva recepito il contenuto dichiarativo. Ma se purecosı fosse stato, il dictum giurisdizionale avrebbe potuto egualmente circo-lare ai sensi del Reg. n. 44/2001, non sostanziandosi in un award mergedinto judgment che la Relazione Schlosser aveva escluso dal regime circo-latorio della Convenzione di Bruxelles del 1968, in quanto tecnica anglo-sassone di riconoscimento dei lodi (19).

La soluzione adottata dal BGH sembra conseguentemente in linea conla giurisprudenza della Corte di giustizia e con l’attuale tenore del Reg. n.44/2001.

3. Cio posto, non possono pero considerarsi esaurite le considera-zioni concernenti i rapporti tra arbitrato e Reg. n. 44/2001. Difatti, comeosservato dal Report sul Reg. n. 44/2001 (20) — la cui redazione, come

(18) In senso conforme, come ricordato anche dalla pronuncia in epigrafe; OLGMunchen, 5 aprile 2000, 25 W 1067/00 (banca dati LexisNexis Recht).

(19) Supra, nota 3.(20) HESS, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., spec. 33 ss.

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noto, era finalizzata ad un’eventuale modifica del regolamento medesimo— e come testimonia la vicenda processuale che ha condotto all’emana-zione della pronuncia in epigrafe, l’attuale disciplina delle relazioni tra ar-bitrato e Reg. n. 44/2001 non risulta pienamente soddisfacente.

Effettivamente, l’esclusione dell’arbitrato dall’ambito di operativitadel Reg. n. 44/2001, unita all’applicazione della regola, piu volte richia-mata dalla Corte di giustizia nelle proprie pronunce interpretative, per cuiciascuna autorita giurisdizionale deve poter valutare autonomamente la sus-sistenza della propria competenza giurisdizionale, finisce per lasciare prividi regole uniformi i seguenti aspetti:

a) circolazione delle decisioni giurisdizionali concernenti la mera va-lidita della convenzione di arbitrato;

b) competenza ad emanare le misure giurisdizionali che consentono losvolgimento della procedura arbitrale;

c) riconoscibilita ed esecutivita delle sentenze statali emesse nono-stante la sussistenza di un valido patto compromissorio;

d) rapporti tra procedimento arbitrale pendente e giudicato prove-niente da altro Stato membro avente il medesimo oggetto;

e) rapporti tra lodo arbitrale e giudicato proveniente da altro Statomembro di tenore contrastante.

Tuttavia, dalla lettura del Report si evince che, nonostante le indicatelacune, la maggioranza degli Stati membri si e dimostrata contraria alla to-tale abrogazione dell’art. 1, par. 1, lett. d) Reg. n. 44/2001 (21).

Nel tentativo di realizzare un coordinamento tra il principio secondocui ciascun giudice dello spazio giudiziario europeo deve poter autonoma-mente verificare la sussistenza della propria competenza giurisdizionale e laregola, accolta dagli ordinamenti di matrice francese, della competence-competence, il Report suggeriva, per il futuro, di inserire nel corpo dell’art.27 del Reg. n. 44/2001 una disposizione in virtu della quale il giudice diuno Stato membro avrebbe avuto facolta di sospendere il procedimento inpresenza di un’eccezione di patto compromissorio, nel caso in cui unacausa avente ad oggetto l’esistenza o la validita della convenzione arbitralefosse stata pendente dinanzi all’autorita giurisdizionale dello Stato membrodella sede dell’arbitrato (22).

La proposta pareva pero inidonea a raggiungere lo scopo che si pre-figgeva: in primo luogo, essa non si conformava alla regola della compe-

(21) HESS, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., spec. 32. Dei medesimi Autori v. Arbitrage etdroit communautaire: faut-il maintenir l’exclusion de l’arbitrage du champ d’application duReglement 44/2001?, in La Gazette du Palais, numero del 28 marzo 2008, 88, 5 ss. e Lespropositions du rapport Heidelberg concernant l’application de « Brussel I » a l’arbitrage -una reponse a l’editorial de Serge Lazareff, ivi, numero del 15 ottobre 2008, 289-290, 26 ss.

(22) HESS, PFEIFFER, SCHLOSSER, op. cit., 40.

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tence-competence, in quanto sarebbe stato comunque un giudice statale avalutare la validita o l’efficacia dell’accordo compromissorio.

In secondo luogo, posto che la decisione concernente la validita ol’efficacia della convenzione di arbitrato (allo stato attuale) esorbita dal-l’ambito di applicazione del Reg. n. 44/2001 e la sua circolazione va dun-que soggetta alla disciplina di diritto comune, non era affatto assicurato chel’ordinamento di incardinazione del giudizio in cui era stato eccepito ilpatto compromissorio fosse disposto a riconoscere il dictum provenientedallo Stato della sede dell’arbitrato. Questa e probabilmente la ragione percui la proposta contemplava una sospensione facoltativa e non gia obbliga-toria del giudizio pendente dinanzi all’autorita statale: si voleva, cioe, evi-tare di disporre una quiescenza inutile tutte le volte in cui una simile rice-zione non potesse avere luogo.

Verosimilmente a causa di queste difficolta, la proposta del Report none stata recepita dalla risoluzione del Parlamento europeo concernente laproposta di modifica del Reg. n. 44/2001 (23).

Al punto 10 della risoluzione si legge infatti che il parlamento e « delparere che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d) del regolamento debba chia-rire che non solo i procedimenti arbitrali, ma anche i procedimenti giudi-ziari che decidono della validita o della misura della competenza arbitralein via principale o incidentale o pregiudiziale siano esclusi dal campo diapplicazione del regolamento; ritiene altresı che sarebbe opportuno aggiun-gere un paragrafo all’articolo 31 che preveda che una sentenza non vengariconosciuta qualora, nel pronunciare la propria decisione, il giudice delloStato membro di origine abbia ignorato, nel decidere una questione relativaalla validita o alla portata di una clausola compromissoria, una norma dellalegge in materia di arbitrato dello Stato membro in cui si chiede l’esecu-zione, a meno che la sentenza di quello Stato membro produca lo stesso ri-sultato che si sarebbe ottenuto se fosse stata applicata la legge in materia diarbitrato dello Stato membro in cui si chiede l’esecuzione ».

Con tutta probabilita il primo suggerimento di modifica tende adesprimere expressis verbis cio che gia la giurisprudenza della Corte di giu-stizia aveva chiarito, ossia che l’esclusione di cui all’art. 1, par. 1, lett. d)Reg. n. 44/2001 non riguarda soltanto il procedimento arbitrale — rectiusil riconoscimento e l’esecuzione del lodo — ma coinvolge pure i giudizi(ovvero i procedimenti di volontaria giurisdizione) pendenti dinanzi al giu-dice statale e finalizzati a consentire lo svolgimento dell’arbitrato: ad esem-pio, quelli concernenti la validita o l’efficacia di un patto arbitrale o anchela nomina o la sostituzione di un arbitro.

(23) Risoluzione del Parlamento europeo approvata il 7 settembre 2010, A7-0219/2010 consultabile all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2010-0304+0+DOC+XML+VO//IT&language=IT.

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La risoluzione, tuttavia, prosegue affermando che sarebbero da esclu-dere dall’ambito di applicazione del Reg. n. 44/2001 anche le controversiein cui la questione concernente la validita della convenzione di arbitrato siastata esaminata e risolta « in via incidentale o pregiudiziale ».

Questo aspetto suscita incertezze interpretative poiche non e chiaro sesi intendano escludere dall’ambito di applicazione del Reg. n. 44/2001 an-che i capi di pronuncia sulla validita ed efficacia del lodo arbitrale che sianoconseguenza di un accertamento incidentale, i.e. che siano stati emessi al-l’esito di un processo originariamente vertente in materia civile o commer-ciale e divenuto in itinere oggettivamente cumulato (con la domanda ri-guardante la validita o l’efficacia della convenzione arbitrale), ovvero se sisia voluto piu latamente suggerire di escludere dall’ambito di applicazionedella normativa europea e, dunque, dal suo regime circolatorio semplificatoqualunque procedimento in materia civile o commerciale in cui sia statasollevata un’eccezione di patto compromissorio poi esaminata (ed eviden-temente rigettata); anche se, nello Stato in cui il giudizio fu instaurato, taleaccertamento ha una valenza limitata al giudizio in corso. L’ultima letturaavrebbe l’effetto di sottrarre un numero ben maggiore di controversie dal-l’ambito di applicazione del Reg. n. 44/2001, affidandole, in caso di rigettodell’eccezione di patto compromissorio, alla disciplina di diritto comune.

Il testo della risoluzione, che distingue tra valutazione dell’accordocompromissorio compiuta in via incidentale e valutazione compiuta in viapregiudiziale (24) sembrerebbe deporre a favore dell’interpretazione piulata.

L’argomento sistematico, viceversa, pare militare per l’opposta let-tura: infatti, intanto ha un senso inserire una modifica all’art. 31 Reg. n.44/2001 come indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo, in quantole sentenze provenienti da altri Stati membri emesse all’esito di un proce-dimento in cui sia stata esaminata e rigettata un’eccezione di patto compro-missorio (a condizione che in quell’ordinamento tale accertamento assumauna mera valenza endoprocessuale) siano idonee a circolare ai sensi delReg. n. 44/2001 e, pertanto, da espungere dalle materie escluse dall’ambitoapplicativo dell’art. 1, par. 1, lett. d).

In conclusione, sembra che neppure la risoluzione del Parlamento eu-ropeo riesca a sbrogliare la complessa matassa dei rapporti tra arbitrato eReg. n. 44/2001.

Anziche porre i presupposti per la creazione di ulteriori incertezze ap-plicative, la risoluzione avrebbe potuto approfittare dell’occasione per fare

(24) La distinzione e presente anche nella versione francese (« a titre principal ouincident ou a titre prejudiciel »), tedesca (« im Rahmen einer Neben-oder Vorabfrage um dieWirksamkeit oder den Umfang einer Schiedsgerichtszustandigkeit geht ») ed inglese (« as aprincipal issue or as an incidental or preliminary question »).

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chiarezza su almeno un aspetto riguardo al quale la Corte di giustizia nonsi e ancora pronunciata e sul quale le tre Relazioni alla Convenzione diBruxelles non hanno assunto una posizione uniforme (25): la inclusione omeno entro la sfera di applicazione della normativa europea della decisionedi annullamento del lodo arbitrale.

Si fa riferimento, in particolare, all’ipotesi in cui l’autorita giurisdizio-nale, oltre alla fase rescindente, ponga in essere anche quella rescissoria,essendo viceversa evidente che esorbita dall’ambito di applicazione delReg. n. 44/2001 la circolazione del lodo emesso all’esito della fase rescis-soria svoltasi dinanzi agli arbitri.

Per dissipare i dubbi su questo aspetto sarebbe stato sufficiente mani-festare espressa preferenza per la soluzione contenuta nella RelazioneSchlosser, favorevole alla circolazione della decisione emessa dall’autoritagiurisdizionale in sede rescissoria ai sensi del Reg. n. 44/2001, in quanto« pronuncia giurisdizionale in materia civile o commerciale ».

4. Da ultimo, a cercare di disciplinare i rapporti tra arbitrato e re-gime semplificato di circolazione delle sentenze, e stata la proposta di Re-golamento del Parlamento europeo e del Consiglio COM (2010) 748/2 (26).

La proposta, al suo art. 29, riprende i suggerimenti del Report ten-tando di conciliarli con la regola della competence-competence. Il par. 4 delmedesimo articolo stabilisce, infatti, che « Qualora la sede dell’arbitratoconcordata o designata si trovi in uno Stato membro, il giudice di un altroStato membro la cui incompetenza sia eccepita in base ad una convenzionearbitrale sospende il procedimento non appena il giudice dello Stato mem-bro in cui si trova la sede dell’arbitrato o il tribunale arbitrale sia stato in-vestito di un procedimento diretto ad accertare, in via principale o inciden-tale, l’esistenza, la validita o l’efficacia della convenzione arbitrale ».

Ove sia stata accertata l’esistenza, la validita e l’efficacia della con-venzione arbitrale, il giudice che sospese il processo dinanzi a lui pendentesi dichiarera incompetente.

Altresı, ai sensi dell’art. 33, par. 3 della proposta « il tribunale arbi-trale s’intende adito quando una parte ha nominato un arbitro o ha chiestoil sostegno di un’istituzione, di un’autorita o di un giudice per la costitu-zione del tribunale arbitrale ».

Le previsioni appena illustrate, le quali — come risulta dalla Rela-zione di accompagnamento — introducono una fattispecie di sospensioneobbligatoria del giudizio, appaiono prima facie idonee a superare le per-plessita manifestate avverso il testo del Report.

(25) Come abbiamo indicato supra, nota 3.(26) Della quale si e potuto tener conto solo in sede di correzione delle bozze.

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Invero, la circolazione delle pronunce statali o arbitrali concernenti lavalidita dell’accordo compromissorio continuerebbe anche in futuro a nonavvenire secondo il regime di Bruxelles. Tuttavia, l’aver attribuito rilevanzaa tali dicta nel contesto dell’art. 29 come motivo ostativo della prosecu-zione di un processo nazionale, dovrebbe essere circostanza idonea a pre-venire la formazione di sentenze statali concernenti la medesima controver-sia dedotta in arbitri.

ELENA D’ALESSANDRO

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RASSEGNE E COMMENTI

Il punto sull’arbitrato sportivo

FRANCESCO CAMPIONE

1. Sulla natura del vincolo di giustizia.

La Suprema Corte con sentenza del 27 settembre 2006, n. 21005 (1),ha ribadito che il vincolo di giustizia (nel caso di specie l’art. 24 dello Sta-tuto FIGC) integra « una clausola compromissoria fondata sul consensodelle parti, che, aderendo in piena autonomia agli statuti federali, appro-vano anche la soggezione agli organi interni di giustizia. La legittimita ditale vincolo deriva anche dal D.L. n. 220/2003, convertito con modifica-zioni nella Legge n. 280/2003, il quale, all’art. 2, comma 2, prevede l’oneredi adire gli organi di giustizia sportiva nelle materie di esclusiva compe-tenza dell’ordinamento sportivo e cioe quelle aventi ad oggetto l’applica-zione e l’osservanza delle norme regolamentari, organizzative e statutariedell’ordinamento sportivo, nonche i comportamenti rilevanti sul piano di-sciplinare e le relative sanzioni; mentre subordina al previo esaurimentodei gradi di giustizia sportiva il ricorso a quella statuale nelle materie adessa riservate » (al G.O. le controversie patrimoniali sui diritti soggettivi,al G.A. quelle relative agli altri provvedimenti federali o del CONI e deisuoi organi). Inoltre e fatta salva, dalla suddetta legge, l’applicabilita dieventuali clausole compromissorie inserite negli statuti o nei regolamentidelle federazioni o del CONI, nonche quelle previste ai sensi dell’art. 4,comma 5, Legge n. 91/1981.

Anche la giurisprudenza amministrativa (2) ha confermato la lettura inbase alla quale il vincolo di giustizia rappresenta una clausola compromis-soria, precisando peraltro che essa puo operare solo con riferimento a que-stioni tecnico-sportive oppure a diritti disponibili (ossia le controversie pa-trimoniali relative a diritti soggettivi). Del resto questo orientamento gia datempo risultava consolidato non solo nella giurisprudenza ma anche nella

(1) In Corr. giur., 2007, 1108 ss.(2) Per es. Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2006, n. 527, in Massima redazionale,

2006; in Foro it., Rep., 2006, voce Sport, n. 51.

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dottrina (3). In particolare, mettendo da parte l’ambito delle controversietecniche (che poco interessano nell’ottica dell’analisi della giustizia spor-tiva nel suo emergere nell’ordinamento statuale), l’impostazione prevalentee sempre stata quella che riconosceva la natura di clausola compromissoriaal vincolo di giustizia con riferimento alle controversie economiche intra-associati, mentre si riportavano al piano del diritto pubblico le liti federa-zione-affiliato o tesserato, come ad esempio quelle sul piano disciplinare.

2. Sulla legittimita del vincolo di giustizia.

Con ordinanza 21 aprile 2005, n. 2244, Sez. III-ter, il TAR del Lazioha accolto il ricorso presentato dal Cosenza 1914 contro i provvedimenticon i quali gli organi di giustizia della FIGC gli avevano inflitto sanzionidisciplinari (penalizzazione di alcuni punti in classifica, una multa e l’inter-dizione di un anno del legale rappresentante). Tali sanzioni erano la conse-guenza della violazione del vincolo di giustizia, maturata nel momento incui la societa aveva previamente adito il TAR Lazio per vedersi riconoscereil titolo a partecipare al campionato di serie C1. In detta ordinanza il giu-dice amministrativo ha considerato il vincolo di giustizia atto presuppostodei provvedimenti sanzionatori illegittimi, quindi ha ravvisato anche in re-lazione ad esso la difformita dai parametri normativi sovraordinati. Parame-tri che, ovviamente, sono la legge e la Costituzione. In particolare la Leggen. 280/2003 consente di far valere i diritti nati nell’ordinamento sportivoanche davanti ai giudici dello Stato; la carta fondamentale predispone il si-stema di tutela nei confronti degli atti della P.A. (artt. 103 e 113) e, soprat-tutto, pone il diritto alla tutela giurisdizionale come inviolabile (art. 24). Intale contesto, dunque, una norma federale che prevede sanzioni per chi sirivolge direttamente ai giudici dello Stato senza aver previamente adito gliorgani giurisdizionali della federazione deve essere ritenuta illegittima.

Invero, come si e accennato, il vincolo di giustizia viene letto in duemodi. Nel caso del Cosenza 1914 la controversia era insorta nei confrontidella federazione, in relazione prima al potere di quest’ultima di ammetterele societa ai campionati (da qui il ricorso preventivo al TAR Lazio che hacagionato la violazione del vincolo di giustizia), e poi con riferimento allesanzioni disciplinari. Si tratta quindi di questioni che tanto la Legge n. 280/2003, tanto la giurisprudenza, riconducono al piano del diritto amministra-tivo, nel senso che in tali settori si ritiene che le federazioni agiscano comeorgani del CONI nell’esercizio di un potere amministrativo. In questo casoquindi non ha senso analizzare i problemi sull’illegittimita del vincolo di

(3) LUISO, La giustizia sportiva, Milano, 1975; SANINO, L’arbitrato sportivo in Italia,in Riv. dir. sport., 1993, 352 ss.; PERSICHELLI, Le materie arbitrabili all’interno della compe-tenza della giurisdizione sportiva, in questa Rivista, 1996, 702 ss.

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giustizia, poiche nella nostra prospettiva interessa l’altra lettura di tale re-gola federale, cioe quella in base alla quale essa costituisce una clausolacompromissoria.

Ora, a prescindere dalla circostanza che la giurisprudenza il piu dellevolte usa il termine clausola compromissoria anche quando si tratti di con-troversie con la federazione, e solo con riferimento alle controversie eco-nomiche (oltreche a quelle tecnico-sportive) tra affiliati che si puo parlaredi compromettibilita in arbitri. In tale ambito, con riferimento al problemadella legittimita del vincolo di giustizia, va segnalata la gia menzionatasentenza n. 21005/2006 della Suprema Corte, che per l’appunto si muovenell’ottica dei rapporti privatistici. La Cassazione, in particolare, ha ritenutoche:

— l’art. 24 (in base all’articolato di quel periodo) dello statuto FIGC,che prevede in via regolamentare l’incondizionato impegno dei soggetti af-filiati ad accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti edecisioni adottati dalla federazioni e dai suoi organi, anche per cio che at-tiene alle controversie di carattere economico su diritti soggettivi, prescin-dendo dall’accettazione specifica della clausola arbitrale;

— l’art. 5, ult. comma, Legge 16 febbraio 1942, n. 426, laddove pre-vede che « le federazioni sportive nazionali stabiliscono, con regolamentiinterni, approvati dal presidente del comitato olimpico nazionale, le normetecniche ed amministrative per il loro funzionamento e le norme sportiveper l’esercizio dello sport controllato »;

— gli artt. 4, comma 5, 12 e 14 Legge n. 91/1981 ove si ritenga chesiano la scaturigine della facolta di prevedere il vincolo di giustizia;

— l’art. 10 della medesima legge laddove, prevedendo come obbliga-toria l’affiliazione alla federazione per l’esercizio dell’attivita sportiva pro-fessionistica, imporrebbe il rispetto del vincolo arbitrale e la conseguenterinuncia alla tutela giurisdizionale,

in relazione all’inviolabilita del diritto di azione e di difesa sancitodall’art. 24 Cost. e al principio del monopolio statale della giurisdizione exart. 102 Cost., diano luogo ad una questione di legittimita costituzionalemanifestamente infondata.

La Corte Suprema ha premesso che il fondamento dell’autonomiadell’ordinamento sportivo va ravvisato nell’art. 18 Cost. (liberta di associa-zione) e nell’art. 2 (riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e delleformazioni sociali ove si svolge la personalita del singolo) ed ha affermatoche il vincolo di giustizia non comporta rinuncia a qualunque tutela, poi-che l’ordinamento realizza il sistema dell’arbitrato ex art. 806 ss. c.p.c. chee l’espressione dell’autonomia privata costituzionalmente garantita (si vedaCorte cost., n. 127/1977). L’istituto arbitrale non contrasta col principio diunicita e statualita della giurisdizione (si veda anche Corte cost., n. 488/1991). Il giudice delle leggi aveva infatti gia messo in evidenza che solo leparti, sempre che non si tratti di diritti fondamentali, possono scegliere la

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via dell’arbitrato in alternativa alla giurisdizione statuale, tale scelta es-sendo una modalita di esercizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

3. Sulla tipologia delle controversie arbitrabili nel diritto sportivo.

Il Consiglio di Stato, su questo punto, ha confermato, con la gia citatasentenza n. 527/2006 della VI Sezione, l’orientamento tradizionale in baseal quale il vincolo di giustizia (inteso come clausola compromissoria) puooperare nell’ambito delle contoversie di mera rilevanza sportiva, ovveroladdove sia consentito anche dall’ordinamento statale e cioe rispetto ai di-ritti disponibili. Non puo valere quindi con riferimento agli interessi legit-timi che, ad avviso del supremo giudice amministrativo, a causa del lorocollegamento con l’interesse pubblico e in virtu dei principi sanciti dall’art.113 Cost., non possono formare oggetto di rinunzia, preventiva, generale etemporalmente illimitata, dalla tutela giurisdizionale.

La questione qui ricordata va segnalata anche alla luce della gia ricor-data Legge n. 280/2003 (di conversione del D.L. n. 220/2003) che, nel ri-disciplinare la giustizia sportiva e i suoi rapporti con la giurisdizione sta-tale, ha delineato tre tipi di controversie (quelle di rilevanza solo sportiva,quelle patrimoniali di competenza del G.O. e quelle riservate alla giurisdi-zione esclusiva del G.A., che generalmente hanno ad oggetto atti delle fe-derazioni ovvero del CONI), facendo salva peraltro l’applicabilita di even-tuali clausole compromissorie inserite nelle normative federali (o delCONI) e nei contratti di lavoro sportivo ai sensi della Legge n. 91/1981.

4. Sulla natura dell’arbitrato sportivo.

Si puo premettere che, quando si parla di arbitrato sportivo, ci si rife-risce alle procedure di risoluzione delle controversie (prevalentemente eco-nomiche) che sorgono, in ragione dell’attivita agonistica, tra gli affiliati otesserati ad una federazione. In particolare, ci si riferisce alle procedure chefanno capo a organi di giustizia istituiti in via permanente presso le fede-razioni ovvero a collegi arbitrali, bensı previsti e disciplinati dalle normefederali (statuti e regolamenti), ma non permanenti.

Infatti, muovendoci nell’analisi del sistema di giustizia sportiva dal-l’angolo visuale dell’ordinamento statale, occorre rilevare che i meccanismigiurisdizionali delle federazioni, a prescindere dal fatto che la tutela sia im-partita da organi specifici ovvero da collegi arbitrali, emergono nell’ordina-mento generale come arbitrati. Invero, in base alla disciplina risultante da-gli statuti e dai regolamenti interni e per cio che attiene alle controversieeconomiche (che interessano in questa sede), le federazioni normalmenteprevedono la competenza degli organi di giustizia permanenti, mentre aicollegi arbitrali assegnano una competenza residuale.

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Inoltre, con la Legge n. 91/1981, all’art. 4, comma 5, e stata previstala possibilita di inserire, nel contratto di lavoro tra lo sportivo e la societa,una clausola compromissoria relativa alle controversie concernenti l’attua-zione del contratto stesso. Questo significa che per le controversie di lavorosportivo e possibile instaurare arbitrati ad hoc, ossia costituiti per l’occa-sione dalle parti della controversia. In dottrina (4) tuttavia si e rilevato chenella prassi e piu frequente che, con riferimento a quello che e definitol’arbitrato di lavoro sportivo, la controversia venga devoluta alla cogni-zione dei collegi arbitrali previsti dalle norme federali (normalmente sonogli stessi accordi collettivi, raggiunti in seno alle associazioni di categoriaoperanti nelle federazioni, che prevedono tale devoluzione. Peraltro, per cioche attiene al settore del calcio, gli accordi collettivi vigenti contemplanol’istituzione di collegi arbitrali, formati secondo criteri prestabiliti, con sedea Milano quando sono coinvolti soggetti di serie A o B, oppure a Firenzeper i soggetti di serie C, ora chiamata lega pro. Il rito e disciplinato da unregolamento arbitrale concordato e recepito dalle intese collettive. La de-voluzione e prevista da clausole compromissorie inserite nel testo del con-tratto tipo, anch’esso preparato dalle associazioni interessate).

Con riferimento alla natura dell’arbitrato sportivo come sopra deli-neato, molto si e discusso nel corso degli anni. L’orientamento che alla fineha prevalso e che da diverso tempo possiamo definire consolidato e quelloche ritiene tale modello di arbitrato irrituale.

L’irritualita si deduce dalla circostanza che l’arbitrato sportivo e, ge-neralmente, disciplinato dai regolamenti di procedura previsti dalle federa-zioni stesse, secondo uno schema che si discosta da quello previsto dagliartt. 806 ss c.p.c. per cio che attiene all’arbitrato rituale. Del resto, le pre-visioni regolamentari interne alle federazioni, in relazione al deposito dellodo (e al regime che ne consegue), che rappresenta l’elemento piu rile-vante ai fini della distinzione tra arbitrato rituale e irrituale, stabilisconocostantemente che questo avvenga presso le federazioni stesse anzichepresso il tribunale nella cui circoscrizione si e svolto l’arbitrato. Accettandouna clausola compromissoria che prevede un arbitrato il cui lodo venga poidepositato presso la federazione, le parti danno un chiaro segnale nel sensodi voler mantenere quella decisione arbitrale sul piano dell’autonomia ne-goziale (5). A favore dell’irritualita si era gia pronunciata la Cassazione conla sentenza n. 2889/1990 (6) in tema di arbitrato del lavoro sportivo, inquanto questo si risolve con una pronunzia emessa in unica istanza secondoequita e qualificata come definitiva e non impugnabile.

(4) LUISO, Ancora intorno agli arbitrati sportivi, in questa Rivista, 1991, 270 ss.(5) In questo senso VECCHIO, L’arbitrato nel diritto sportivo, in L’arbitrato, a cura di

CECCHELLA, Milano, 2005, 597 ss.(6) Cass., Sez. lav., 6 aprile 1990, n. 2889, in questa Rivista, 1991, 267 ss.

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Inoltre molto spesso gli stessi regolamenti federali richiedono chel’arbitrato si svolga « senza formalita di procedura ».

Piu avanti, con riferimento all’arbitrato disciplinato dallo statuto e dalregolamento della FIP, la Suprema Corte con sentenza n. 12728/1999 (7) haconfermato il carattere libero del procedimento arbitrale, in quanto da unlato i tre componenti del collegio assumono, nel periodo di svolgimentodelle loro funzioni, la qualifica di dirigenti della Federazione, con conse-guente soggezione ai poteri disciplinari della stessa; da altro lato perche ilprocedimento arbitrale si svolge davanti agli organi della FIP, iniziando conla proposizione della domanda ed un primo contraddittorio avanti al Con-siglio Federale, cui segue la valutazione di ammissibilita della domandastessa da parte della suddetta commissione e la nomina del presidente delcollegio arbitrale (da scegliersi in un elenco tenuto dal Consiglio) e, quindi,una fase istruttoria e decisoria dinanzi al collegio arbitrale, di guisa che illodo risulta imputabile al concorso di una pluralita di organi della Federa-zione, la cui azione si svolge all’interno del particolare ordinamento spor-tivo della medesima.

Di recente, ancora con riferimento all’arbitrato del lavoro sportivo(del calcio), ha ribadito il carattere dell’irritualita la sentenza del Tribunaledi Milano del 28 febbraio 2006, n. 736 (8) che ha rilevato come, in appli-cazione della Legge n. 91/1981 le rappresentanze collettive (FIGC e AIC)hanno stipulato un Accordo Collettivo che, all’art. 25, rimette a un collegioarbitrale « la soluzione di tutte le controversie concernenti l’attuazione delcontratto ». Per il giudice milanese cio rende evidente la natura negozialedell’arbitrato.

Infine, e opportuno ricordare ancora una volta la sentenza n. 21005/2006 della Cassazione che, trattando della clausola compromissoria ex art.24 dello statuto FIGC, ha specificato che l’arbitrato da essa integrato hanatura irrituale.

Quanto detto rappresenta l’orientamento consolidato circa la naturadell’arbitrato sportivo, con la doverosa precisazione che, per cio che attieneall’arbitrato del lavoro, laddove le parti nel contratto prevedano una clau-sola compromissoria che comporta la costituzione di un arbitrato ad hoc,per valutarne la natura sara necessario riferirsi ai normali criteri d’interpre-tazione della volonta negoziale.

5. Sul rapporto con la giurisdizione statale.

Si riscontrano decisioni che toccano anche il tema del rapporto tral’arbitrato (sportivo, in questo caso) e la giurisdizione statale, piu precisa-

(7) Cass. 17 novembre 1999, n. 12728, in Riv. dir. sport., 2000, 661 ss.(8) In Giur. it., 2007, 961 ss.

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mente sulla possibilita o meno, avendo optato per la soluzione arbitrale, diadire il giudice dello Stato (in particolare il G.O.) per la tutela di diritti dicui si discuta in ragione del rapporto sportivo. Il problema appare tanto piudelicato con riferimento alle controversie nascenti dal contratto di lavorosportivo ex Legge n. 91/1981.

L’impostazione generale e quella secondo cui l’arbitrato puo esseresolo volontario. Per legittimare l’arbitrato sportivo allora si deve ritenereche esso sia sempre volontario, in ragione del consenso alla clausola com-promissoria prevista dalle norme federali espresso al momento dell’affilia-zione o del tesseramento alla federazione.

In tema di arbitrato del lavoro va considerato che le procedure arbi-trali irrituali possono essere di due tipi: da un lato quella ex art. 5, comma1, Legge n. 533/1973, dall’altro quella disciplinata nel c.p.c. agli artt. 412-ter e quater. In questi casi e stabilito che deve essere fatta salva la facoltaper le parti di adire il G.O. Tale facolta si esaurisce con il compimento diatti con essa incompatibili. Tutto cio e messo in evidenza dalla sentenza delTribunale di Milano n. 736/2006 (gia ricordata e che vedremo anche ad al-tri fini), la quale ha rilevato che le parti in lite (un calciatore e la societa diappartenenza) si erano costituite nel processo arbitrale, con cio palesandol’intenzione di rinunciare alla giurisdizione.

Inoltre, gli statuti federali vietano di ricorrere ai giudici statali controle decisioni degli organi di giustizia sportiva. Questa norma, vista dagli oc-chi dello Stato, deve ritenersi illegittima, e deve valere, cosı come enun-ciato dalla Cassazione con sentenza n. 11751/2003 (9) il principio in baseal quale la clausola compromissoria (e quindi l’arbitrato sportivo) deverappresentare una volontaria alternativa al G.O., non gia una rinuncia asso-luta alla giurisdizione, che al contrario puo successivamente sindacare lavalidita del lodo irrituale ed, eventualmente, annullarlo.

6. Sugli effetti processuali della clausola compromissoria per arbitratosportivo.

Su questo punto la giurisprudenza ha confermato l’orientamento or-mai consolidato da circa nove anni (dalla sentenza n. 527/2000 delle Se-zioni unite) (10), e cioe quello in base al quale l’eccezione di convenzionedi arbitrato, rituale come irrituale, introduce una questione di merito.

Di questo avviso e la Cassazione che, con la ordinanza del 20 maggio2008, n. 12814 (11), ha affermato che, se la domanda arbitrale e fatta primadel 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore dell’art. 819-ter, che prevede,

(9) Cass., Sez. lav., 1o agosto 2003, n. 11751, in Mass. Giur. it., 2003.(10) In questa Rivista, 2001, 704 ss.(11) In Mass., 2008.

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contro la sentenza che decide sull’eccezione di patto compromissorio perarbitrato rituale, l’esperibilita dello strumento ex artt. 42 e 43 c.p.c.), il re-golamento di competenza non e ammissibile, in quanto la questione che siprofila e comunque di merito.

In precedenza l’orientamento maggioritario andava nel senso chel’esistenza della clausola compromissoria per arbitrato sportivo (irrituale)rappresentava, nell’eventualita di un’azione esperita dinanzi al G.O., un’ec-cezione di merito che comportava, una volta rilevata, l’improponibilitadella domanda per via della volontaria rinuncia alla giurisdizione. L’impro-ponibilita era dichiarata con sentenza soggetta ai normali mezzi d’impugna-zione. Per esempio Cass. n. 3420/1998 (12) aderiva alla tesi dell’impropo-nibilita della domanda al giudice, aggiungendo peraltro che la clausolacompromissoria ex art. 4, comma 5, Legge n. 91/1981 « esplica i suoi ef-fetti solo tra le parti stipulanti e non puo quindi precludere al terzo l’ac-certamento del proprio credito nei confronti dello sportivo professionistanel procedimento instaurato ai sensi dell’art. 548 c.p.c., in contraddittoriocon le suddette parti ».

Per converso, una clausola compromissoria per arbitrato rituale inte-grava un’eccezione di rito che introduceva una questione di competenza.Quindi, nel caso di un’azione dinanzi al G.O., avverso la sentenza che de-cideva sull’eccezione di clausola compromissoria per arbitrato rituale eraesperibile il regolamento di competenza. In questo senso statuiva la Cassa-zione con la sentenza del 18 dicembre 1990, n. 12002 (13).

Invero, parevano di diverso avviso le Sezioni unite nella sentenza del21 luglio 1998 n. 7132 (14) laddove, dopo aver spiegato che le norme digiustizia sportiva non deroga(va)no alla giurisdizione ordinaria sotto il pro-filo dell’istituzione di un giudice speciale ne sotto quello dell’introduzionedi ricorsi amministrativi pregiudiziali all’azione davanti al G.O., avevanoritenuto che tutt’al piu esse potessero introdurre una questione di compe-tenza, se si riteneva che rimettessero le controversie ad un giudizio arbi-trale, come tale non proponibile in sede di regolamento di giurisdizione.Con tale arresto la Suprema Corte non aveva distinto tra arbitrato rituale eirrituale in punto di regime dell’exceptio compromissi.

Infine, con la ordinanza delle Sezioni unite n. 6423 dell’11 marzo2008 (15), e stata confermata l’inammissibilita del regolamento di giurisdi-zione (poiche, appunto, non si tratta di questione di giurisdizione) nell’am-bito di una controversia tra atleta e societa sportiva pendente dinanzi alG.O., in presenza di una clausola compromissoria che attribuisce la com-

(12) In Mass. Giur. it., 1998.(13) In Foro it., Rep., 1990, voce Sport, 23.(14) In Mass. Giur. it., 1998.(15) In Mass., 2008.

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petenza ad un organo di giustizia sportiva (si tratta qui, come sappiamo, diun arbitrato irrituale).

7. Sull’applicabilita delle disposizioni di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c.

Circa la questione, un tempo dibatutta, realtiva all’applicabilita allaclausola compromissoria che istituisce l’arbitrato sportivo degli artt. 1341 e1342 c.c., la Suprema Corte ha confermato l’orientamento che gia avevaespresso chiaramente con la sentenza n. 4351/1993 (16) e, ancora prima,con la sentenza n. 1367/1985 (17).

L’art. 1341 c.c., rubricato « condizioni generali di contratto », stabili-sce, al comma 1, che « le condizioni generali di contratto predisposte dauno dei contraenti sono effıcaci nei confronti dell’altro, se al momentodella conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovutoconoscerle usando l’ordinaria diligenza ». Prosegue il comma 2 dicendoche « in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvateper iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha pre-disposte (...), ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente (...) clausolecompromissorie o deroghe alla competenza dell’autorita giudiziaria ».

L’art. 1342, rubricato « contratto concluso mediante moduli o formu-lari » prevede al comma 1 che « nei contratti conclusi mediante la sotto-scrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in manierauniforme determinati rapporti contrattuali, le clausola aggiunte al moduloo al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualorasiano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancel-late ». Il comma 2 stabilisce l’applicabilita a tale fattispecie dell’art. 1341,comma 2, c.c.

Come accennato, la Cassazione, con la gia ricordata sentenza n.11751/2003, ha ribadito che ai fini della validita della clausola compromis-soria (nel caso di specie, in tema di arbitrato del lavoro sportivo) « non ri-leva la mancanza di una specifica sottoscrizione di essa, giacche l’effıcaciadi detta clausola compromissoria non deriva dall’attuazione di condizionigenerali di contratto predisposte da una delle parti, ma dall’adesione dientrambi i contraenti all’organizzazione sportiva e alla conseguente appli-cazione dei vincoli che ne nascono ». In sostanza, quindi, la clausola com-promissoria vincola i soggetti dell’ordinamento sportivo anche in caso dimancata specifica approvazione scritta, in virtu della semplice adesione al-l’organizzazione sportiva. Nel caso di specie, sulla scorta del principiopoc’anzi illustrato, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di meritoche aveva ritenuto valido il lodo irrituale emesso dal collegio arbitrale pre-

(16) In Riv. dir. sport., 1993, 484.(17) In Foro it., Rep., 1985, voce Arbitrato, n. 68.

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visto dagli artt. 59 e 60 dello statuto FISG e dall’art. 189 del regolamentoorganico della federazione stessa, nell’ambito di una controversia promossanei confronti una societa di hockey.

8. Su alcune problematiche relative all’arbitrato del lavoro nel mondodel calcio.

Recentemente alcuni giudici di merito, tra cui il Tribunale di Milanosopra richiamato, si sono occupati di specifiche questioni sorte in seno aprocessi arbitrali relativi a controversie di lavoro calcistiche.

Il giudice milanese e intervenuto in materia di vizi del lodo e di im-pugnazione. In particolare, la parte ricorrente (una societa calcistica) avevaimpugnato il lodo irrituale, tra l’altro, poiche lamentava la violazione dinorme imperative procedimentali, usando come paradigma l’arbitrato disci-plinato dagli artt. 412-ter e quater c.p.c. (valevoli per gli arbitrati del lavoroprevisti da accordi collettivi come quello di cui si discute), con riferimentoal deposito delle motivazioni in epoca successiva a quella del deposito deldispositivo. Il Tribunale lombardo ha rilevato che nel caso di specie laprima norma regolatrice che viene in gioco e l’art. 8 del Regolamento ar-bitrale, il quale invero consente che la motivazione del lodo sia depositatasuccessivamente a quella del dispositivo. D’altro canto non e parso al giu-dice che la momentanea ignoranza dei motivi potesse pregiudicare, comeritenuto dal ricorrente, l’esperimento di una completa impugnazione dellodo, « giacche questa poteva essere avanzata con riserva d’integrazioneconseguente al deposito e alla conoscenza delle motivazioni ».

La suddetta sentenza si e occupata anche del problema relativo alladecorrenza dei termini per la pronuncia del lodo. La situazione era la se-guente: premesso che il Regolamento arbitrale prevede due tipi di procedi-mento, uno ordinario, ed uno d’urgenza, quest’ultimo utilizzabile quando ladurata del procedimento ordinario potrebbe causare alla parte un irrepara-bile pregiudizio, il calciatore ricorrente aveva chiesto la procedura accele-rata. Il Collegio ne aveva ritenuti insussistenti i presupposti, dando cosı di-sposizioni per il passaggio al rito ordinario. Al Tribunale allora e statochiesto di accertare che il dies a quo per la pronuncia del lodo decorrevadalla data della seduta in cui si valutava l’urgenza, per poter cosı dichiararela nullita del lodo stesso perche emesso successivamente all’esito dellaprocedura ordinaria. Il termine per la pronuncia del lodo e, ai sensi dell’art.8 reg. arb., di 15 giorni dalla riunione ex art. 5 reg. arb., cioe la riunione didiscussione e trattazione, nonche dell’eventuale istruzione probatoria.

Il giudice milanese ha respinto la domanda della ricorrente, e quindineanche sotto questo profilo ha considerato il lodo invalido, in quanto, nelcaso di specie, il Collegio, nella prima seduta, si era limitato a esaminarela sussistenza delle condizioni per la procedura d’urgenza ed esse erano

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state escluse convocando una nuova seduta per la trattazione in via ordina-ria. Il termine andava quindi calcolato a partire dalla nuova riunione. Indottrina (18) si e inoltre sostenuto che analoga soluzione andrebbe adottataanche se nella riunione, volta ad accertare i presupposti per la procedurad’urgenza, si espletasse attivita di cognizione, finanche istruttoria. Questoperche da un lato il regolamento non vieta tale attivita nella riunione pre-liminare ed anzi, dispone che in sede d’urgenza il collegio operi con lestesse modalita previste per il rito ordinario; da altro lato perche un even-tuale lodo emesso dopo 15 giorni dalla riunione preliminare rischierebbe diconsegnare una decisione poco affidabile in punto di diritto, giungendosiperaltro alla sostanziale abolizione del rito ordinario, dal momento che tuttisarebbero incoraggiati a percorrere la strada piu rapida per forzare i tempidi decisione del Collegio.

La situazione appena prospettata e stata oggetto di una sentenza delTribunale di Firenze del 7 febbraio 2007 (19). Qui la controversia coinvol-geva una societa ed un calciatore operanti nella serie C. In questo caso, tut-tavia, il giudice toscano, dinanzi all’impugnativa della decisione presa dalCollegio, ha dichiarato la nullita del lodo per essere stato emesso tardiva-mente. Ossia, il Tribunale fiorentino ha ritenuto che, dal momento che allariunione volta all’accertamento dei presupposti per adottare la procedurad’urgenza e stata riscontrata l’insussistenza di questi ed altresı e stata ten-tata la conciliazione nonche effettuata la precisazione delle conclusioni dimerito, il dies a quo rispetto al quale calcolare i 15 giorni fosse quello dellariunione stessa, anziche, come nella sentenza precedentemente analizzata,quello della nuova riunione fissata nell’ambito della procedura ordinaria.Ha poi argomentato tale decisione aggiungendo che nell’arbitrato non e ap-plicabile l’art. 189, ult. comma, c.p.c., che impone di precisare le conclu-sioni di merito anche nella discussione sulle preliminari. In dottrina si ecriticato questo passaggio in quanto, essendo l’art. 189 c.p.c. espressione diun principio generale, in assenza di una disposizione che chiaramente neimpedisca l’applicazione all’arbitrato esso deve ritenersi pienamente ope-rante in tale procedura arbitrale dinanzi al Collegio (20).

9. Sulle problematiche relative al procedimento dinanzi alla Camera diconciliazione e arbitrato del CONI: sul rapporto con la giurisdizionestatale (in particolare amministrativa).

In qualita di premessa alla seguente analisi occorre richiamare ancora

(18) VIGORITI, L’impugnazione dei lodi nel lavoro sportivo, in Giur. it., 2007, 961 ss.(19) In questa Rivista, 2007, 415 ss.(20) VALERINI, L’arbitrato di lavoro sportivo e un vero arbitrato?, in questa Rivista,

2007, 415 ss.

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una volta, adesso peraltro un po’ piu analiticamente, il D.L. n. 220/2003conv. con modif. nella Legge n. 280/2003, recante disposizioni urgenti inmateria di giustizia sportiva.

All’art. 1, comma 2, tale legge, dopo aver affermato al comma 1 ilprincipio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, prevede che i rapportitra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolatiin base, appunto, al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza perl’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettiveconnesse con l’ordinamento sportivo. L’art. 2 delinea quindi le controver-sie devolute alla giurisdizione dell’ordinamento sportivo. In particolare, ilcomma 1 indica al punto a) le controversie relative a « l’osservanza e l’ap-plicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordina-mento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il cor-retto svolgimento delle attivita sportive »; al punto b) le liti relative a « icomportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applica-zione delle relative sanzioni disciplinari sportive ». Da segnalare inoltre cheil D.L. n. 220/2003 prevedeva anche un punto c) e un punto d) tuttavia nonriprodotti in sede di conversione. In particolare, alla lettera c) venivano in-dicate le controversie relative ai provvedimenti di ammissione e affiliazionealla federazione, mentre alla lettera d) erano riportate le controversie rela-tive all’organizzazione e lo svolgimento di attivita agonistiche non pro-grammate ed a programma limitato e l’ammissione alle stesse delle squa-dre e degli atleti.

Il comma 1 del successivo art. 3 prevede che, una volta che sianoesauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione delG.O. sui rapporti patrimoniali tra affiliati e tesserati (societa e atleti), ognialtra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni nonriservata (ai sensi dell’art. 2) agli organi di giustizia sportiva, e devoluta alG.A. in sede di giurisdizione esclusiva. Fa salvo poi quanto eventualmentestabilito dalle clausole compromissorie inserite negli statuti o nei regola-menti del CONI e delle federazioni, nonche quelle inserite nei contratti dicui all’art. 4, comma 5, Legge n. 91/1981 di cui gia ci siamo occupati.

Per cio che interessa in questa sede si segnala, infine, che il comma 2dell’art. 3 assegna la competenza di primo grado (finanche per le eventualimisure cautelari), nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A. excomma 1, al TAR Lazio.

Pochi anni prima dell’emanazione del D.L. n. 220/2003, verso lo spi-rare dell’anno 2000, e stato approvato il nuovo Statuto del CONI, che haprevisto, all’art. 12, l’introduzione della Camera di Conciliazione e Arbi-trato per lo Sport. Essa e competente a pronunciarsi in via definitiva sullecontroversie che contrappongono una federazione sportiva nazionale o unadisciplina associata o un ente di promozione ai soggetti ad essi affiliati, tes-serati o licenziati, a condizione che siano previamente esauriti i gradi in-terni di giustizia federale ovvero si tratti di decisioni non soggette a impu-

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gnazione entro la federazione, con esclusione delle controversie di naturatecnico-disciplinare che abbiano cagionato l’irrogazione di sanzioni nonsuperiori a centoventi giorni, nonche di quelle relative alle violazioni dellenorme antidoping. Sono inoltre escluse dalla competenza della Camera lecontroversie tra affiliati, tesserati e licenziati per le quali siano istituiti ap-positi procedimenti arbitrali nell’ambito delle federazioni. S’intuisce cherientrano nella competenza della Camera le impugnazioni contro le deci-sioni di ultima istanza degli organi di giustizia sportiva in materia latosensu disciplinare (tra cui vanno annoverati, ad esempio, anche i provvedi-menti di non ammissione ai campionati). Si tratta in sostanza delle classi-che controversie in cui vengono a trovarsi contrapposti la societa o l’atletae la federazione di appartenenza, e che peraltro non vengono previamentedecise da veri e propri arbitrati.

Ora, i problemi maggiori si pongono con riferimento ai rapporti tra lagiurisdizione sportiva e la giurisdizione esclusiva amministrativa sulle con-troversie circa le quali e competente la Camera arbitrale e che assumonorilevanza per l’ordinamento statale.

Si ha che: ai sensi dell’art. 12 dello Statuto del CONI la Camera ar-bitrale puo decidere sulle controversie disciplinari tra federazione e affiliati;ai sensi dell’art. 2 Legge n. 280/2003 le controversie disciplinari sono ap-pannaggio della giustizia sportiva. Che c’entra il G.A.?

Innanzitutto va segnalato che la mancata riproduzione, in sede di con-versione del D.L. n. 220/2003, delle lettera c) e d) dell’art. 2, porta a con-cludere sulla riconducibilita alla giurisdizione amministrativa delle relativecontroversie (tra cui e possibile ricomprendere quelle relative all’ammis-sione ai campionati). In piu la Legge n. 280/2003 fa salvi i casi di rilevanzaper l’ordinamento statale delle situazioni giuridiche di cui si discuta in ra-gione del rapporto sportivo, ed assegna poi, in via residuale, alla giurisdi-zione esclusiva del G.A. le controversie su altri atti del CONI e delle fede-razioni.

Su questi profili (ma anche su altri che si vedranno) i giudici ammi-nistrativi, aditi proprio in virtu di ricorsi contro decisioni emesse dalla Ca-mera arbitrale (che e posta come organo di chiusura del sistema di giusti-zia sportiva e di raccordo con l’ordinamento statale), sono intervenuti indiverse circostanze, ultimamente soprattutto nell’ambito del c.d. « scandalocalciopoli ».

Il settore piu problematico veniva ad essere costituito da quello dellecontroversie disciplinari.

Mettendo insieme la norma che assegna le controversie disciplinari aigiudici sportivi con la norma che fa salva la rilevanza a livello statale dellesituazioni sostanziali coinvolte, la giurisprudenza amministrativa ha propu-gnato un’interpretazione in base alla quale non tutte le sanzioni disciplinarihanno una mera rilevanza sportiva.

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Cosı, il TAR Lazio, sez III-ter, con ordinanza del 22 agosto 2006, n.4666 (21), ha affermato che la sanzione dell’inibizione per cinque anni non-che di un’ingente ammenda, inflitte ad un ex dirigente di una societa dicalcio per la commissione di un illecito sportivo, assume rilevanza anche aldi fuori dell’ordinamento sportivo sia in quanto pregiudizievole della per-sonalita del soggetto, sia in quanto egli potrebbe essere chiamato a rispon-dere a titolo risarcitorio alla societa (che e quotata in borsa) ed agli azioni-sti; TAR Lazio, Sez. III-ter, 22 agosto 2006, con la sentenza n. 7331 (22),ha riconosciuto la rilevanza esterna di una penalizzazione di dodici punti inclassifica da scontarsi nella stagione sportiva successiva. Tale sanzione, de-terminando l’esclusione di un’associazione sportiva dalla graduatoria dellesocieta ripescabili in un campionato nazionale e la conseguente retroces-sione in un campionato regionale, risultava idonea ad incidere sullo statusdell’associazione in termini di onorabilita, oltreche, ovviamente, econo-mici; TAR Lazio, Sez. III-ter, 14 dicembre 2005, con la sentenza n. 13616,ha ritenuto rilevante per l’ordinamento della Repubblica la squalifica di unatleta per la durata di un anno, che, data l’entita, rischiava di incidere inmodo rilevante sullo status di tesserato, con un impedimento notevole del-l’attivita agonistica che avrebbe potuto avere riflessi sulla sua immagine esulla sua carriera sportiva; la sentenza del TAR Lazio, Sez. III-ter, del 19aprile 2005, n. 2801 (23), ha individuato la non mera rilevanza sportivanella sospensione da qualsiasi attivita agonistica per quattro mesi, inflitta adun calciatore professionista per la violazione delle norme antidoping, uni-tamente ad una multa ed all’ulteriore sottoposizione a controlli senza preav-viso per la durata di quattro mesi decorrenti dal termine della squalifica, inragione della valenza anche in termini economici della sospensione e delcontenuto patrimoniale della multa; la rilevanza extrasportiva e stata affer-mata anche da TAR Lazio, Sez. III-ter, 21 giugno 2007, n. 5645 (24), conriferimento alla penalizzazione di alcuni punti in classifica inflitti ad unasocieta di calcio; da ultimo, lo stesso ragionamento espresso nell’ordinanza4666/06 (ossia con riferimento all’ex dirigente cui e stata comminata l’ini-bizione e l’ammenda) e stata confermata nella sentenza n. 2472/2008, sem-pre del TAR Lazio, Sez. III-ter, del 19 marzo 2008 (25).

Per contro, va segnalato che il Cons. giust. amm. sic., con decisionedell’8 novembre 2007, n. 1048 (26), ha sostenuto la totale « irrilevanza perl’ordinamento statale di ogni applicazione di norme regolamentari o di san-

(21) In Corr. giur., 2007, 1112.(22) In Foro amm.-Tar, 2006, 2562 e 2967 per esteso.(23) In Foro amm.-Tar, 2005, 1095.(24) In Foro it., 2007, III, 473 ss.(25) In Foro it., 2008, III, 599 ss.(26) In Foro it., 2008, III, 134.

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zioni disciplinari sportive, quali che ne siano le relative conseguenze indi-rette », tra cui anche quelle patrimoniali. Si e trattato tuttavia di un episo-dio isolato di dissenting opinion sul punto.

L’approccio della giurisprudenza circa la rilevanza esterna delle san-zioni disciplinari si e rivelato visibilmente empirico. In dottrina (27), del re-sto, si e messo in evidenza come la giurisprudenza amministrativa abbiaassunto un atteggiamento invasivo in materia, sostenendo praticamente l’in-cidenza extrasportiva di qualunque sanzione disciplinare. Si e allora propo-sta l’elaborazione di un criterio piu concreto che riesca a contemperare me-glio le posizioni soggettive e le esigenze di autonomia dell’ordinamentosportivo, per esempio quello del grave pregiudizio, in mancanza del qualela sanzione irrogata, al termine di ben tre procedimenti sportivi, resta nellasfera del privato.

Per cio che attiene alle controversie relative ai provvedimenti federaliche decidono sull’ammissione ai campionati, si puo ricordare, tra le altre,la sentenza del Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2004, n. 5025 (28), che argo-mentando anche sulla base della mancata riproduzione nella Legge n. 280/2003, in sede di conversione, delle lettere c) e d) dell’art. 2 D.L. n. 220/2003, ha affermato la loro riconducibilita alla giurisdizione del G.A.

10. (Segue): sulla c.d. pregiudizialita sportiva.

Sempre nell’intento di chiarire sui rapporti tra giurisdizione sportiva egiurisdizione statale, e possibile ricordare che la Legge n. 280/2003 ha pre-visto la c.d. pregiudizialita sportiva, ossia la necessita, anche in riferimentoa controversie di rilevanza extrasportiva, di adire gli organi federali e in-fine la Camera arbitrale del CONI, prima di rivolgersi al giudice statale.

Questo concetto viene sviluppato ulteriormente dai giudici ammini-strativi. Ad esempio, TAR Lazio, Sez. III-ter, con la sentenza del 23 dicem-bre 2005, n. 14813 (29), dopo aver ricordato che un ricorso al G.A. e inam-missibile laddove non risultino esperiti i rimedi interni all’ordinamentosportivo e quindi non venga attivata la procedura dinanzi alla Camera arbi-trale del CONI, ha sostenuto che la decisione di quest’ultima rappresental’ultimo grado della giustizia sportiva e costituisce cosı una condizione diprocedibilita ai fini del processo dinanzi al G.A. Sulla stessa linea si col-loca TAR Lazio, sez III-ter, 7 aprile 2005, n. 2571 (30).

(27) VIGORITI, Giustizia disciplinare e giudice amministrativo, in Corr. giur., 2007,1124.

(28) In Foro amm.-C.d.S., 2005, 1218 ss.(29) In Giur. it., 2006, 1756 ss.; in Foro it., Rep., 2005, voce Sport, n. 71.(30) In Giorn. dir. amm., 2005, 670; in Foro it., Rep., 2005, voce Sport, n. 95.

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Ancora prima la medesima sezione del TAR Lazio, con decisione del30 luglio 2004, n. 7550 (31), aveva dichiarato inammissibile la domanda diaccertamento del diritto all’iscrizione al torneo di calcio di serie B di unasocieta sportiva, perche per la presentazione della stessa risultava necessa-rio il previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva.

Peraltro gia in precedenza aveva statuito in questo senso il supremoconsesso amministrativo, con la decisione della VI Sezione, n. 3917, del 15giugno 2004 (32). Piu avanti il Consiglio di Stato (Sez. VI) e tornato sulpunto, con la sentenza del 19 giugno 2006, n. 3559 (33), confermando chela preventiva impugnazione della decisione federale presso la Camera arbi-trale costituisce una condizione di procedibilita, spiegando inoltre che taleregola, basata sull’esigenza di contemperare i principi sulla tutela giurisdi-zionale con quelli sull’autonomia dell’ordinamento sportivo, ha caratteregenerale, in quanto tali principi concernono anche le norme che regolano leconseguenze della mancata iscrizione di una societa al campionato.

11. (Segue): sulle situazioni giuridiche coinvolte.

Una volta stabilito che nel mondo dello sport nascono controversie sucui puo decidere la Camera arbitrale e che possono essere oggetto di ri-corso al G.A., diviene interessante capire quali siano le situazioni giuridi-che di cui si discute nelle liti disciplinari cosı come in quelle relative al-l’ammissione ai campionati. L’importanza del discorso emerge soprattuttoalla luce dell’art. 6 Legge n. 205/2000 sul processo amministrativo, checonsente l’arbitrato nelle controversie di cui e parte una P.A. che abbianoad oggetto diritti soggettivi, anche quando siano devolute alla giurisdizioneesclusiva del G.A. (dove appunto il giudice amministrativo puo conosceredegli interessi legittimi e dei diritti soggettivi). Tale legge, quindi, confermala non arbitrabilita delle controversie relative a interessi legittimi.

La Legge n. 280/2003 assegna espressamente le controversie di rile-vanza statale nascenti da atti del CONI o delle federazioni alla giurisdi-zione esclusiva del G.A., implicitamente ammettendo che in tali casi nonsempre e agevole distinguere tra diritti soggettivi ed interessi legittimi.

Ora, la giurisprudenza amministrativa, con particolare riferimento allecontroversie relative ai provvedimenti di non ammissione ai campionati(nel calcio, soprattutto), ha precisato che le situazioni sostanziali che ven-gono in gioco sono interessi legittimi e non gia diritti soggettivi. Cosı, adesempio, il gia riportato Cons. Stato n. 5025/2004, ha respinto, nel caso di

(31) In Foro it., Rep., 2005, voce Sport, n. 63.(32) Dal n. 3909 al n. 3925 tutte conformi al n. 3878, in Foro amm.-C.d.S., 2004,

1804.(33) In Foro it., Rep. 2006, voce Sport, n. 62.

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specie, un’eccezione di difetto di giurisdizione del G.A. presentata dalCONI (si discuteva, per l’appunto, di un provvedimento federale che nonammetteva una societa di calcio al campionato). Il supremo consesso am-ministrativo ha motivato tale reiezione ricordando la sua precedente giuri-sprudenza in materia di attivita (e natura) delle federazioni le quali, pursorgendo come soggetti privati (associazioni non riconosciute), in determi-nate circostanze e in presenza di alcuni presupposti divengono organi delCONI e partecipano alla natura pubblica di questo. In particolare, l’ele-mento discriminante tra dimensione privatistica e dimensione pubblicisticadelle federazioni e dato dal tipo di attivita svolta: se si tratta di applicazionedi norme che attengono alla vita interna della federazione ed ai rapporti trasocieta e tra queste e gli sportivi, esse operano come associazioni di dirittoprivato; se invece si tratta di attivita finalizzata alla realizzazione di inte-ressi istituzionali e fondamentali dell’attivita sportiva, devono essere con-siderate organi del CONI (sul punto i giudici di Palazzo Spada hanno ri-chiamato Cass., Sez. III, 5 aprile 1993 n. 4063 (34); Cass., Sez. un., 26 ot-tobre 1989, n. 4399 (35); Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 1995, n.1050 (36)).

Il Consiglio di Stato ha proseguito affermando che, nel secondo casoappena visto, gli atti posti in essere dalle federazioni sono esplicazione diun potere pubblico e sono soggetti alla giurisdizione del G.A. in quanto in-cidano su interessi legittimi. Tra questi atti vanno inclusi anche i provvedi-menti di non ammissione di una societa ad un determinato campionato,poiche essi vengono adottati in applicazione di norme che perseguono fi-nalita di pubblico interesse, quali il controllo della gestione economico-fi-nanziaria delle leghe e delle societa delegato dal CONI alla federazione. Hasottolineato poi che tale inquadramento e confermato dalla disciplina risul-tante dal D.Lgs. n. 242/1999 sul riordino del CONI. Ancora, ha rilevato(come gia s’e visto) che la soppressione, in sede di conversione, delle let-tere c) e d) dell’art. 2, comma 1, D.L. n. 220/2003, costituisce chiaro se-gnale della volonta del legislatore di non considerare indifferenti per l’or-dinamento statale controversie inerenti l’affiliazione delle societa alle fede-razioni e l’ammissione ai campionati, trattandosi di provvedimenti di naturaamministrativa in cui le federazioni esercitano poteri di carattere pubblici-stico in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CONI.

Piu esplicita e stata la medesima sezione del supremo consesso (Cons.Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2006, n. 527) qualche anno piu avanti, quandoha affermato che nell’ambito dell’iscrizione ad un campionato non vi e di-ritto soggettivo all’ammissione. Piu precisamente, un provvedimento di non

(34) In Foro it., 1994, I, 136.(35) In Foro it., 1990, I, 899.(36) In Foro amm., 1995, 1934.

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ammissione riveste i caratteri della discrezionalita ed e fondato su regolediscrezionali. Esso non attiene alla sfera dell’organizzazione interna e,quindi, rilevante solo per l’ordinamento sportivo, sibbene a quella della di-screzionalita amministrativa della FIGC, rispetto alla quale la posizionegiuridica della societa si configura come interesse legittimo. Ancora, nonsussiste un diritto soggettivo all’ammissione al campionato perche, nel di-sporre in tal senso, la FIGC fa applicazione di regole volte a raggiungereinteressi pubblici rilevanti nel mondo sportivo, come l’ordinato svolgi-mento delle attivita agonistiche e la solidita economico-finanziaria dellesocieta. Un provvedimento di non ammissione, quindi, quando non si fondisulla carenza del c.d. « titolo sportivo », non puo non essere assoggettato alregime degli atti amministrativi, con la conseguente impugnabilita dinanzial G.A.

Meno chiara e la posizione della giurisprudenza amministrativa circala natura della situazione giuridica soggettiva lesa da un provvedimento di-sciplinare rilevante per l’ordinamento statale.

Dalle decisioni emesse dai giudici amministrativi sulle questioni disci-plinari nell’ambito di « calciopoli », ma non solo, e emersa la tendenza aritenere coinvolti, nelle concrete situazioni in cui il G.A. si e trovato a de-cidere, sempre interessi legittimi. Cio lo si intuisce dai rilievi fatti a propo-sito del lodo della Camera arbitrale in cui si e detto che, sostanzialmente,esso non e altro che un provvedimento amministrativo perche la posizionegiuridica su cui decide ha natura d’interesse legittimo (che, si sa, non e ar-bitrabile). In questo senso, ad esempio, ha statuito TAR Lazio n. 5645/2007.

12. (Segue): sulla natura del lodo della Camera di Conciliazione e Arbi-trato.

L’iter logico delle questioni ci ha condotti alla conclusione vista pre-cedentemente, e cioe che il lodo emesso dalla Camera arbitrale in realta eun provvedimento amministrativo, circa il quale diviene legittimo un pienosindacato del G.A.

Invero, soprattutto nei primi anni di lavoro della Camera, la questionenon era cosı chiara e scontata.

Da un lato, infatti, va comunque tenuto presente il dato letterale con-tenuto nella normativa sportiva, che parla di arbitrato e di lodo (rituale, pe-raltro, secondo la prima versione dell’art. 7, comma 7, del regolamento ar-bitrale della Camera).

Da altro lato poi, va considerata la giurisprudenza di segno contrarioall’impostazione, per cosı dire, strettamente amministrativa. Cosı, ad esem-

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pio, TAR Lazio Sez. III-ter, 1o aprile 2004, n. 2987 (37) ha ritenuto che ladecisione dell’arbitro unico presso la Camera di conciliazione e arbitratoper lo sport del CONI fosse qualificabile come lodo arbitrale rituale. Adavviso del G.A. si tratterebbe di un normale arbitrato alternativo alla giuri-sdizione statale e non obbligatorio, in quanto qualificato come facoltativodall’art. 12, comma 5, dello statuto del CONI. Nel caso di specie la con-troversia era relativa alla mancata ammissione al campionato di serie C/1per l’anno agonistico 2003/2004 del Cosenza.

L’appello nei confronti della decisione del TAR e stato deciso dal giacitato Cons. Stato n. 5025/2004, il quale, pur avendo confermato la deci-sione di prime cure, sul punto relativo alla natura del lodo se ne e disco-stato. I giudici di Palazzo Spada hanno innanzitutto sostenuto che, ai sensidella normativa risultante dallo statuto del CONI nonche dalle carte fede-rali (ad es. art. 27 statuto FIGC), emerge che « i gradi della giustizia spor-tiva non si esauriscono con i ricorsi interni federali, ma comprendono an-che l’ulteriore ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato (...) ». Il ri-corso alla Camera costituisce quindi l’ultimo grado della giustizia sportivada adire obbligatoriamente, non gia in via facoltativa. Tale ricostruzione,allora, per il Consiglio di Stato, risulta contrastante con una lettura delladecisione della Camera in termini di lodo arbitrale alternativo alla giurisdi-zione statale. Lodo che, invece, integrerebbe « una decisione emessa dalsupremo organo della giustizia sportiva sulla base di principi e garanzietipiche del giudizio arbitrale, ma che resta soggetta agli ordinari strumentidi tutela giurisdizionale per le fattispecie non riservate all’ordinamentosportivo ».

Su questo discorso dell’obbligatorieta del giudizio della Camera arbi-trale, sono stati formulati dei rilievi critici. Si e detto (38), in particolare, chela facoltativita dell’arbitrato riconosciuta da TAR n. 2987/2004 non e talein quanto presuppone una istanza di parte (che e scontata), quanto perchemanca un’imposizione legislativa che precluda l’accesso al giudice statale(peraltro siffatta norma sarebbe incostituzionale). Per altro verso, l’obbliga-torieta riscontrata da Cons. Stato n. 5025/2004 e la stessa che sussiste inqualsiasi arbitrato: un’obbligatorieta di origine contrattuale.

Il supremo consesso ha poi messo in evidenzia un ulteriore profilo, ecioe che, richiamando inoltre l’orientamento consolidato sul punto, nellecontroversie cagionate da provvedimenti di non ammissione ai campionatisono configurabili, per le ragioni gia viste, posizioni di interesse legittimo.Il Consiglio di Stato ha concluso, sul punto, affermando che la decisione

(37) In Massima redazionale, 2005; in Foro it., Rep., 2005, voce Sport, n. 64-67.(38) FERRARA, L’ordinamento sportivo e l’ordinamento statale si imparruccano di

fronte alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, in Foro amm.-C.d.S., 2004,1241.

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della Camera arbitrale « non costituisce un vero e proprio lodo arbitrale,ma rappresenta la decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, aventequindi il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo, bencheemesso con le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale ».

In realta, successivamente, in almeno un’altra occasione il TAR Lazioha dissentito dal Consiglio di Stato (39).

Nel frattempo (2004) veniva modificata la norma del regolamento ar-bitrale che prevedeva la natura rituale del lodo emessa dalla Camera, stabi-lendo espressamente che al contrario l’arbitrato ivi svolto aveva natura ir-rituale, salvo diversa volonta espressa dalle parti.

Ebbene, TAR Lazio da ultimo citato ha sostenuto, in particolare, chela decisione della Camera arbitrale e un lodo irrituale, perche e lo stessostatuto del CONI che lo dice, in quanto espressamente parla di organo ar-bitrale da costituirsi nel rispetto dei principi di terzieta, autonomia ed indi-pendenza di giudizio, e non gia di organo amministrativo. Ha poi fatto pre-sente che, per potersi parlare di provvedimento amministrativo, dovrebbeesserci un soggetto pubblico cui riferire, appunto, il lodo-provvedimento,circostanza che invece non sussiste.

In dottrina (40) e stata messa in dubbio la natura arbitrale della proce-dura in quanto sembrerebbe risultare mancante proprio il requisito dellaterzieta dell’organo giudicante, ossia l’equidistanza dalle parti in causa. Leperplessita derivano dal fatto che il regolamento della Camera (art. 11,comma 4) prevede che gli arbitri possono essere nominati esclusivamentetra i componenti del Consiglio di Presidenza e dell’Elenco di esperti in ma-teria giuridica e sportiva, entrambi nominati dal Consiglio Nazionale delCONI su proposta della Giunta Nazionale; ma tale sistema alla fine conse-gna ad una parte, nella individuazione del giudicante, un peso maggiore ri-spetto all’altra. Ed in effetti viene evidenziato che, tanto la Giunta quantoil Consiglio Nazionale del CONI, sono costituiti prevalentemente dai pre-sidenti delle federazioni e solo per il 30% circa da atleti e tecnici, con laconseguenza che le federazioni stesse possono assumere un ruolo determi-nante nella nomina sia dei componenti fissi della Camera sia dei membridell’Elenco di esperti.

I giudici di Palazzo Spada, con la gia citata sentenza n. 527/2006 (cheha respinto l’appello a TAR n. 2571/2005), hanno ribadito invece il loroorientamento. Piu precisamente hanno messo in evidenza la necessita di af-fermare la natura amministrativa del giudizio della Camera del CONI, chepure si svolge « in forma arbitrale », in quanto la posizione giuridica azio-nata assume, essenzialmente, i connotati dell’interesse legittimo.

(39) TAR Lazio, sez III-ter, 7 aprile 2005, n. 2571, cit.(40) BATTAGLIA, La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport istituita presso

il CONI, in questa Rivista, 2004, 615 ss.

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Questo e l’indirizzo che ha prevalso e che e stato confermato, succes-sivamente, anche dal TAR Lazio, ad esempio con la gia ricordata sentenzan. 5645/2007, e piu recentemente con la sentenza 5 giugno 2008 n.5492 (41). Per quanto riguarda il supremo consesso, l’orientamento e statoribadito, ancora una volta, con Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2007, n.268 (42) il quale, in particolare, ha sottolineato che l’indicazione del rego-lamento della Camera in termini di arbitrato rituale ovvero irrituale e irri-levante ai fini della qualificazione del lodo come provvedimento ammini-strativo, mentre vale per indicare le norme da applicare alla procedura.

Indubbiamente quello della natura del lodo della Camera del CONI eun argomento di contrasto non indifferente tra l’impostazione privatisticadella Suprema Corte (ampiamente analizzata) e quella pubblicistica deigiudici di Palazzo Spada. Con riferimento, nello specifico, alle controversiedisciplinari, in dottrina (43) si e cercato di proporre un’opzione interpreta-tiva per superare tale « impasse », ritenendo che davanti al G.A. non vengaimpugnato il lodo irrituale in se, ma gli atti federali che incorporano il con-tenuto del lodo stesso, che diverrebbe « la premessa » ottenuta attraversoun procedimento para-arbitrale per la pronuncia di un conforme provvedi-mento amministrativo. Dal momento che il lodo non costituisce un atto dinatura negoziale, non sarebbe data nessuna azione impugnatoria presso untribunale civile di primo grado; esso servirebbe solo a forgiare, attraversola struttura procedimentale arbitrale, il giudizio che viene recepito poi nelprovvedimento amministrativo. D’altro canto, dallo stesso autore e stato al-tresı ravvisato che tale impostazione non soddisfa (e il contrasto continua),se non altro perche esistono norme (come l’art. 27, comma 4, statuto FIGC)che sanciscono il diritto di agire presso i competenti organi giurisdizionali— e sembrerebbe proprio davanti al G.O. — per impugnare i lodi arbitrali.

13. (Segue): sui profili relativi all’impugnazione del lodo.

Tar Lazio n. 2987/2004, dopo aver sostenuto la natura arbitrale (cioedi lodo rituale) della decisione della Camera, e intervenuta su altri aspetti.Dal momento che ha ritenuto la decisione della Camera arbitrale un lodorituale, ha rilevato che la relativa impugnazione dinanzi al G.A. (il Tar) puoavvenire, ai sensi dell’art. 827, comma 1, c.p.c, oltreche per revocazione odopposizione di terzo, nei soli casi di nullita indicati dall’art. 829 c.p.c. Ilgiudizio di appello che nasce dall’impugnazione non abilita il G.A. a riesa-minare, in ogni caso, la decisione arbitrale nel merito, ma consente il mo-

(41) TAR Lazio, Sez. III-ter, 5 giugno 2008, n. 5492, in Foro it., 2008, III, 598 ss.(42) In Massima redazionale, 2007; in Foro it., Rep., 2007, voce Sport, n. 67.(43) CONSOLO, Due Corti e la giustizia sportiva del calcio fra arbitrato e atto ammi-

nistrativo e, piu ancora, tra pubblico e privato, in Corr. giur., 2007, 1113 ss.

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mento rescindente, volto ad accertare se sussistano o meno le cause di nul-lita previste dalla disposizione citata. Soltanto dopo che si sia conclusaquesta fase (con l’annullamento del lodo) e possibile, ai sensi dell’art. 830c.p.c., il riesame nel merito della pronuncia del collegio arbitrale, che rea-lizza quindi il momento rescissorio. Inoltre — ha aggiunto il TAR Lazio —la regola della specifica formulazione dei motivi opera anche nel giudiziod’impugnazione per nullita del lodo emesso dalla Camera, in quanto essoha natura rescindente, unitamente alla circostanza per cui solo l’osservanzadella suddetta regola puo consentire al giudice dell’impugnazione ed allaparte convenuta di appurare l’esatta corrispondenza ai casi di nullita con-templati dall’art. 829 c.p.c. delle contestazioni formulate. E visto quantoappena considerato, nell’ambito del giudizio di nullita, sia il riesame delmerito in fase rescindente ad opera del G.A., sia la sostituzione della mo-tivazione del lodo con quella resa dallo stesso giudice, devono essere con-siderati illegittimi.

Cons. Stato n. 5025/2004, attribuendo al lodo natura di provvedi-mento amministrativo, ha negato l’applicazione della regola ex art. 829c.p.c., trattandosi invece il lodo di atto pienamente sindacabile dal G.A. Haaggiunto, quindi, che non e possibile l’applicazione analogica della disci-plina sul rapporto tra impugnazione del dispositivo di una sentenza delTAR e successiva omessa impugnazione delle motivazioni. Nel caso dispecie, tra l’altro, la FIGC aveva eccepito l’inammissibilita del ricorso delCosenza poiche proposto solo contro il dispositivo del lodo, senza che ve-nisse esteso con motivi aggiunti alle motivazioni. Il supremo consesso am-ministrativo ha ritenuto che il successivo deposito delle motivazioni con-sentisse, ma non imponesse, al Cosenza di presentare motivi aggiunti, inquanto le questioni affrontate dall’arbitro erano state tutte trattate nel ri-corso presentato dalla societa. Non e stata individuata, quindi, alcuna ra-gione di inammissibilita del ricorso.

Come abbiamo visto, dopo la modifica al regolamento della Cameradel CONI, il TAR Lazio n. 2571/2005 ha riconosciuto alla decisione came-rale natura di lodo irrituale. Coerentemente, ha sostenuto la sua impugna-bilita (sembrerebbe dianzi al G.O.) per incapacita delle parti o degli arbitri,per errore sostanziale, violenza, dolo o eccesso di potere con riferimento ailimiti del mandato ricevuto. Peraltro — ad avviso del TAR — da tale ri-lievo non deriverebbe necessariamente un assoluto difetto di giurisdizioneper il G.A., poiche il diritto positivo stabilisce le modalita attraverso lequali possono sindacarsi i provvedimenti dell’ordinamento sportivo cheproducono effetti rilevanti anche per l’ordinamento statale. Risulta quindipossibile impugnare dinanzi al G.A. il provvedimento originario adottatodalle federazioni e dal CONI, nel caso in cui non sia condivisa la decisionearbitrale.

Cons. Stato n. 527/2006, in punto di motivazione, ha affermato che« la natura amministrativa della decisione della Camera di Conciliazione

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e Arbitrato per lo Sport non comporta l’ammissibilita dell’impugnativa deiprovvedimenti camerali per vizi propri (che non deve ritenersi ammissibileal di fuori della deduzione di un autonomo interesse strumentale alla rin-novazione del giudizio camerale) ». Ha quindi ricordato l’orientamento« per cui non sussiste l’interesse a proporre un gravame in sede giurisdi-zionale avverso il provvedimento che ha dichiarato inammissibile il ricorsogerarchico, allorquando nel ricorso presentato al giudice amministrativosiano proposti anche motivi contro l’originario provvedimento della P.A.(...) pertanto vanno dichiarate inammissibili le censure proposte contro ledecisioni della Camera di Conciliazione per vizi propri di tali provvedi-menti, avendo il Cosenza gravato i provvedimento sottostanti emessi dallaFIGC la cui contestazione, in ipotesi di accoglimento, sarebbe integral-mente satisfattiva dell’interesse azionato, mentre in ipotesi di reiezione,renderebbe inutile la rinnovazione del giudizio camerale ».

Tar Lazio n. 5645/2007, coerentemente con la natura amministrativadel lodo arbitrale, ha ritenuto inammissibili le censure relative a vizi pro-cedimentali non previamente dedotti in sede amministrativo-arbitrale. Cioin quanto l’art. 2 della Legge n. 280/2003 ha previsto che gli atti delle fe-derazioni possono essere impugnati in sede giurisdizionale solo dopo lapreventiva impugnazione presso la Camera arbitrale.

Il problema dell’impugnazione del lodo arbitrale della Camera e sicu-ramente uno dei piu spinosi in questa materia, e si connette indubbiamentealle difficolta nascenti dalla mancanza di indicazioni legislative per cio cheattiene all’impugnazione del lodo nell’arbitrato amministrativo.

In dottrina le posizioni sono molteplici. Per rimanere in tema di arbi-trato del CONI, va segnalata l’opinione (44) per cui la decisione emessadalla camera arbitrale e un vero e proprio lodo irrituale che, in sede d’im-pugnazione, e oggi assoggettabile ad un controllo per motivi tipici ai sensidell’art. 808-ter c.p.c. dinanzi al « giudice competente », che ben puo es-sere anche il G.A., senza peraltro che a questi sia automaticamente devo-luto il potere di decidere la controversia nel merito. Anche altro autore (45)ha riconosciuto che in particolari materie il giudizio sui « lodi-liberi ne-gozi » attiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva. Per contro, un’al-tra opinione (46) va nel senso che deve essere garantito avverso il lodo ir-rituale della Camera il ricorso al giudice civile, definendo peraltro le ideedella giurisprudenza amministrativa sulla natura del lodo del CONI « scelteermeneutiche discutibilissime ». Viene sostenuto, infatti, che avanti al G.A.devono essere impugnati gli atti federali, non gia il lodo.

(44) AULETTA, Un modello per la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, inquesta Rivista, 2007, 145 ss.

(45) CONSOLO, Due Corti, cit., 1114.(46) V. VIGORITI, Giustizia disciplinare, cit., 1123.

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14. (Segue): sulla legittimazione passiva nel giudizio d’impugnazione.

Tar Lazio n. 5492/2008 si e limitato a negare la legittimazione passivadel CONI poiche ad esso non sono imputabili gli atti che vengono impu-gnati dinanzi al G.A. in siffatte ipotesi di contenzioso. Invero, l’art. 12 dellostatuto del CONI letteralmente configura la Camera come organo non am-ministrativo ma arbitrale, rispettoso dei principi di autonomia indipendenzae terzieta. Inoltre l’art. 20 del relativo regolamento precisa che « il lodo eimputabile esclusivamente all’organo arbitrale. In nessun caso puo essereconsiderato atto della Camera o del CONI ».

Tar Lazio n. 5645/2007 ha sviluppato una riflessione piu ampia, chesi riallaccia peraltro a quanto gia sottolineato nel 2006 dal supremo colle-gio amministrativo. Ha affermato, cioe, che la configurazione in termini diprovvedimento amministrativo del lodo del collegio arbitrale, non comportal’inammissibilita del ricorso giurisdizionale per la mancata evocazione ingiudizio della Camera arbitrale oppure del collegio. Ed infatti, ancorche ilregolamento della Camera disponga che il lodo e imputabile esclusiva-mente al giudice-arbitro (unico oppure collegiale) e che non puo essereconsiderato atto della Camera o del CONI, cio non puo valere a configu-rare detto organo come autorita resistente (in quanto occorrerebbe, per ilG.A., un’autorizzazione legislativa atta a conferire una potesta pubblicisticaallo scopo). Analogamente a Cons. Stato n. 527/2006, la sentenza in com-mento ha argomentato con riferimento alla disciplina dei ricorsi gerarchici.Ossia, ha ricordato che, per pacifica giurisprudenza, quando a seguito di unricorso gerarchico (specialmente se confermativo del provvedimento impu-gnato) viene richiesta la tutela al giudice, si determinano effetti devolutiviche consentono a quest’ultimo di pronunciarsi non solo sulla decisione ge-rarchica, ma altresı di sindacare il provvedimento sottostante (con la con-seguente carenza d’interesse alla contestazione dei vizi propri della deci-sione camerale di cui s’e detto), considerando cosı legittimo contraddittorel’autorita che ha emanato il provvedimento impugnato (cioe, nel caso dispecie, la FIGC) e non quella che ha emesso la decisione giustiziale.

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DOCUMENTI E NOTIZIE

La riforma francese dell’arbitrato

Si pubblica qui di seguito il testo dell’ultima riforma della disciplina francesedell’arbitrato, intervenuta con Decret n. 2011/48 del 13 gennaio 2011.

A tale importante novita la Rivista dedichera nei prossimi fascicoli adeguatocommento.

Article 1

Les articles 1508 a 1519 du code de procedure civile deviennent respective-ment les articles 1570 a 1582.

Article 2

Le livre IV du code de procedure civile est redige comme suit:

LIVRE IVL’ARBITRAGE

TITRE Ier

L’ARBITRAGE INTERNE

Chapitre Ier

La convention d’arbitrage

Art. 1442. — La convention d’arbitrage prend la forme d’une clause compro-missoire ou d’un compromis.

La clause compromissoire est la convention par laquelle les parties a un ouplusieurs contrats s’engagent a soumettre a l’arbitrage les litiges qui pourraient naı-tre relativement a ce ou a ces contrats.

Le compromis est la convention par laquelle les parties a un litige ne soumet-tent celui-ci a l’arbitrage.

Art. 1443. — A peine de nullite, la convention d’arbitrage est ecrite. Elle peutresulter d’un echange d’ecrits ou d’un document auquel il est fait reference dans laconvention principale.

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Art. 1444. — La convention d’arbitrage designe, le cas echeant par referencea un reglement d’arbitrage, le ou les arbitres, ou prevoit les modalites de leur de-signation.A defaut, il est procede conformement aux dispositions des articles 1451a 1454.

Art. 1445. — A peine de nullite, le compromis determine l’objet du litige.Art. 1446. — Les parties peuvent compromettre meme au cours d’une ins-

tance deja engagee devant une juridiction.Art. 1447. — La convention d’arbitrage est independante du contrat auquel

elle se rapporte. Elle n’est pas affectee par l’inefficacite de celui-ci.Lorsqu’elle est nulle, la clause compromissoire est reputee non ecrite.Art. 1448. — Lorsqu’un litige relevant d’une convention d’arbitrage est porte

devant une juridiction de l’Etat, celle-ci se declare incompetente sauf si le tribunalarbitral n’est pas encore saisi et si la convention d’arbitrage est manifestement nulleou manifestement inapplicable.

La juridiction de l’Etat ne peut relever d’office son incompetence.Toute stipulation contraire au present article est reputee non ecrite.Art. 1449. — L’existence d’une convention d’arbitrage ne fait pas obstacle,

tant que le tribunal arbitral n’est pas constitue, a ce qu’une partie saisisse une juri-diction de l’Etat aux fins d’obtenir une mesure d’instruction ou une mesure provi-soire ou conservatoire.

Sous reserve des dispositions regissant les saisies conservatoires et les suretesjudiciaires, la demande est portee devant le president du tribunal de grande instanceou de commerce, qui statue sur les mesures d’instruction dans les conditions pre-vues a l’article 145 et, en cas d’urgence, sur les mesures provisoires ou conserva-toires sollicitees par les parties a la convention d’arbitrage.

Chapitre IILe tribunal arbitral

Art. 1450. — La mission d’arbitre ne peut etre exercee que par une personnephysique jouissant du plein exercice de ses droits.

Si la convention d’arbitrage designe une personne morale, celle-ci ne disposeque du pouvoir d’organiser l’arbitrage.

Art. 1451. — Le tribunal arbitral est compose d’un ou de plusieurs arbitres ennombre impair.

Il est complete si la convention d’arbitrage prevoit la designation d’arbitres ennombre pair.

Si les parties ne s’accordent pas sur la designation d’un arbitre complemen-taire, le tribunal arbitral est complete dans un delai d’un mois a compter de l’ac-ceptation de leur designation par les arbitres choisis ou, a defaut, par le juge d’ap-pui mentionne a l’article 1459.

Art. 1452. — En l’absence d’accord des parties sur les modalites de designa-tion du ou des arbitres:

1o En cas d’arbitrage par un arbitre unique, si les parties ne s’accordent passur le choix de l’arbitre, celui-ci est designe par la personne chargee d’organiserl’arbitrage ou, a defaut, par le juge d’appui;

2o En cas d’arbitrage par trois arbitres, chaque partie en choisit un et les deux

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arbitres ainsi choisis designent le troisieme; si une partie ne choisit pas d’arbitredans un delai d’un mois a compter de la reception de la demande qui lui en est faitepar l’autre partie ou si les deux arbitres ne s’accordent pas sur le choix du troisiemedans un delai d’un mois a compter de l’acceptation de leur designation, la personnechargee d’organiser l’arbitrage ou, a defaut, le juge d’appui procede a cette desi-gnation.

Art. 1453. — Lorsque le litige oppose plus de deux parties et que celles-ci nes’accordent pas sur les modalites de constitution du tribunal arbitral, la personnechargee d’organiser l’arbitrage ou, a defaut, le juge d’appui, designe le ou les arbi-tres.

Art. 1454. — Tout autre differend lie a la constitution du tribunal arbitral estregle, faute d’accord des parties, par la personne chargee d’organiser l’arbitrage ou,a defaut, tranche par le juge d’appui.

Art. 1455. — Si la convention d’arbitrage est manifestement nulle ou mani-festement inapplicable, le juge d’appui declare n’y avoir lieu a designation.

Art. 1456. — Le tribunal arbitral est constitue lorsque le ou les arbitres ontaccepte la mission qui leur est confiee.A cette date, il est saisi du litige.

Il appartient a l’arbitre, avant d’accepter sa mission, de reveler toute circons-tance susceptible d’affecter son independance ou son impartialite. Il lui est egale-ment fait obligation de reveler sans delai toute circonstance de meme nature quipourrait naıtre apres l’acceptation de sa mission.

En cas de differend sur le maintien de l’arbitre, la difficulte est reglee par lapersonne chargee d’organiser l’arbitrage ou, a defaut, tranchee par le juge d’appui,saisi dans le mois qui suit la revelation ou la decouverte du fait litigieux.

Art. 1457. — Il appartient a l’arbitre de poursuivre sa mission jusqu’au termede celle-ci a moins qu’il justifie d’un empechement ou d’une cause legitime d’abs-tention ou de demission.

En cas de differend sur la realite du motif invoque, la difficulte est reglee parla personne chargee d’organiser l’arbitrage ou, a defaut, tranchee par le juge d’ap-pui saisi dans le mois qui suit l’empechement, l’abstention ou la demission.

Art. 1458. — L’arbitre ne peut etre revoque que du consentement unanime desparties.A defaut d’unanimite, il est procede conformement aux dispositions du der-nier alinea de l’article 1456.

Art. 1459. — Le juge d’appui competent est le president du tribunal de grandeinstance.

Toutefois, si la convention d’arbitrage le prevoit expressement, le president dutribunal de commerce est competent pour connaıtre des demandes formees en ap-plication des articles 1451 a 1454. Dans ce cas, il peut faire application de l’arti-cle 1455.

Le juge territorialement competent est celui designe par la convention d’arbi-trage ou, a defaut, celui dans le ressort duquel le siege du tribunal arbitral a ete fixe.En l’absence de toute stipulation de la convention d’arbitrage, le juge territoriale-ment competent est celui du lieu ou demeure le ou l’un des defendeurs a l’incidentou, si le defendeur ne demeure pas en France, du lieu ou demeure le demandeur.

Art. 1460. — Le juge d’appui est saisi soit par une partie, soit par le tribunalarbitral ou l’un de ses membres.

La demande est formee, instruite et jugee comme en matiere de refere.Le juge d’appui statue par ordonnance non susceptible de recours. Toutefois,

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cette ordonnance peut etre frappee d’appel lorsque le juge declare n’y avoir lieu adesignation pour une des causes prevues a l’article 1455.

Art. 1461. — Sous reserve des dispositions du premier alinea de l’article1456, toute stipulation contraire aux regles edictees au present chapitre est reputeenon ecrite.

Chapitre IIIL’instance arbitrale

Art. 1462. — Le litige est soumis au tribunal arbitral soit conjointement parles parties, soit par la partie la plus diligente.

Art. 1463. — Si la convention d’arbitrage ne fixe pas de delai, la duree de lamission du tribunal arbitral est limitee a six mois a compter de sa saisine.

Le delai legal ou conventionnel peut etre proroge par accord des parties ou, adefaut, par le juge d’appui.

Art. 1464. — A moins que les parties n’en soient convenues autrement, le tri-bunal arbitral determine la procedure arbitrale sans etre tenu de suivre les reglesetablies pour les tribunaux etatiques.

Toutefois, sont toujours applicables les principes directeurs du proces enoncesaux articles 4 a 10, au premier alinea de l’article 11, aux deuxieme et troisieme ali-neas de l’article 12 et aux articles 13 a 21, 23 et 23-1.

Les parties et les arbitres agissent avec celerite et loyaute dans la conduite dela procedure.

Sous reserve des obligations legales et a moins que les parties n’en disposentautrement, la procedure arbitrale est soumise au principe de confidentialite.

Art. 1465. — Le tribunal arbitral est seul competent pour statuer sur lescontestations relatives a son pouvoir juridictionnel.

Art. 1466. — La partie qui, en connaissance de cause et sans motif legitime,s’abstient d’invoquer en temps utile une irregularite devant le tribunal arbitral estreputee avoir renonce a s’en prevaloir.

Art. 1467. — Le tribunal arbitral procede aux actes d’instruction necessairesa moins que les parties ne l’autorisent a commettre l’un de ses membres.

Le tribunal arbitral peut entendre toute personne. Cette audition a lieu sansprestation de serment.

Si une partie detient un element de preuve, le tribunal arbitral peut lui enjoin-dre de le produire selon les modalites qu’il determine et au besoin a peine d’as-treinte.

Art. 1468. — Le tribunal arbitral peut ordonner aux parties, dans les condi-tions qu’il determine et au besoin a peine d’astreinte, toute mesure conservatoireou provisoire qu’il juge opportune. Toutefois, la juridiction de l’Etat est seule com-petente pour ordonner des saisies conservatoires et suretes judiciaires.

Le tribunal arbitral peut modifier ou completer la mesure provisoire ouconservatoire qu’il a ordonnee.

Art. 1469. — Si une partie a l’instance arbitrale entend faire etat d’un acteauthentique ou sous seing prive auquel elle n’a pas ete partie ou d’une piece dete-nue par un tiers, elle peut, sur invitation du tribunal arbitral, faire assigner ce tiers

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devant le president du tribunal de grande instance aux fins d’obtenir la delivranced’une expedition ou la production de l’acte ou de la piece.

La competence territoriale du president du tribunal de grande instance est de-terminee conformement aux articles 42 a 48.

La demande est formee, instruite et jugee comme en matiere de refere.Le president, s’il estime la demande fondee, ordonne la delivrance ou la pro-

duction de l’acte ou de la piece, en original, en copie ou en extrait, selon le cas,dans les conditions et sous les garanties qu’il fixe, au besoin a peine d’astreinte.

Cette decision n’est pas executoire de plein droit.Elle est susceptible d’appel dans un delai de quinze jours suivant la significa-

tion de la decision.Art. 1470. — Sauf stipulation contraire, le tribunal arbitral a le pouvoir de

trancher l’incident de verification d’ecriture ou de faux conformement aux disposi-tions des articles 287 a 294 et de l’article 299.

En cas d’inscription de faux incident, il est fait application de l’article 313.Art. 1471. — L’interruption de l’instance est regie par les dispositions des ar-

ticles 369 a 372.Art. 1472. — Le tribunal arbitral peut, s’il y a lieu, surseoir a statuer. Cette

decision suspend le cours de l’instance pour le temps ou jusqu’a la survenance del’evenement qu’elle determine.

Le tribunal arbitral peut, suivant les circonstances, revoquer le sursis ou enabreger le delai.

Art. 1473. — Sauf stipulation contraire, l’instance arbitrale est egalement sus-pendue en cas de deces, d’empechement, d’abstention, de demission, de recusationou de revocation d’un arbitre jusqu’a l’acceptation de sa mission par l’arbitre de-signe en remplacement.

Le nouvel arbitre est designe suivant les modalites convenues entre les partiesou, a defaut, suivant celles qui ont preside a la designation de l’arbitre qu’il rem-place.

Art. 1474. — L’interruption ou la suspension de l’instance ne dessaisit pas letribunal arbitral.

Le tribunal arbitral peut inviter les parties a lui faire part de leurs initiativesen vue de reprendre l’instance ou de mettre un terme aux causes d’interruption oude suspension. En cas de carence des parties, il peut mettre fin a l’instance.

Art. 1475. — L’instance reprend son cours en l’etat ou elle se trouvait au mo-ment ou elle a ete interrompue ou suspendue lorsque les causes de son interruptionou de sa suspension cessent d’exister.

Au moment de la reprise de l’instance et par exception a l’article 1463, le tri-bunal arbitral peut decider que le delai de l’instance sera proroge pour une dureequi n’excede pas six mois.

Art. 1476. — Le tribunal arbitral fixe la date a laquelle le delibere sera pro-nonce.

Au cours du delibere, aucune demande ne peut etre formee, aucun moyensouleve et aucune piece produite, si ce n’est a la demande du tribunal arbitral.

Art. 1477. — L’expiration du delai d’arbitrage entraıne la fin de l’instance ar-bitrale.

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Chapitre IVLa sentence arbitrale

Art. 1478. — Le tribunal arbitral tranche le litige conformement aux regles dedroit, a moins que les parties lui aient confie la mission de statuer en amiable com-position.

Art. 1479. — Les deliberations du tribunal arbitral sont secretes.Art. 1480. — La sentence arbitrale est rendue a la majorite des voix.Elle est signee par tous les arbitres.Si une minorite d’entre eux refuse de la signer, la sentence en fait mention et

celle-ci produit le meme effet que si elle avait ete signee par tous les arbitres.Art. 1481. — La sentence arbitrale contient l’indication:1o Des nom, prenoms ou denomination des parties ainsi que de leur domicile

ou siege social;2o Le cas echeant, du nom des avocats ou de toute personne ayant represente

ou assiste les parties;3o Du nom des arbitres qui l’ont rendue;4o De sa date;5o Du lieu ou la sentence a ete rendue.Art. 1482. — La sentence arbitrale expose succinctement les pretentions res-

pectives des parties et leurs moyens.Elle est motivee.Art. 1483. — Les dispositions de l’article 1480, celles de l’article 1481 rela-

tives au nom des arbitres et a la date de la sentence et celles de l’article 1482concernant la motivation de la sentence sont prescrites a peine de nullite de celle-ci.

Toutefois, l’omission ou l’inexactitude d’une mention destinee a etablir la re-gularite de la sentence ne peut entraıner la nullite de celle-ci s’il est etabli, par lespieces de la procedure ou par tout autre moyen, que les prescriptions legales ontete, en fait, observees.

Art. 1484. — La sentence arbitrale a, des qu’elle est rendue, l’autorite de lachose jugee relativement a la contestation qu’elle tranche.

Elle peut etre assortie de l’execution provisoire.Elle est notifiee par voie de signification a moins que les parties en convien-

nent autrement.Art. 1485. — La sentence dessaisit le tribunal arbitral de la contestation

qu’elle tranche.Toutefois, a la demande d’une partie, le tribunal arbitral peut interpreter la

sentence, reparer les erreurs et omissions materielles qui l’affectent ou la comple-ter lorsqu’il a omis de statuer sur un chef de demande. Il statue apres avoir entendules parties ou celles-ci appelees.

Si le tribunal arbitral ne peut etre a nouveau reuni et si les parties ne peuvents’accorder pour le reconstituer, ce pouvoir appartient a la juridiction qui eut etecompetente a defaut d’arbitrage.

Art. 1486. — Les demandes formees en application du deuxieme alinea del’article 1485 sont presentees dans un delai de trois mois a compter de la notifica-tion de la sentence.

Sauf convention contraire, la sentence rectificative ou completee est rendue

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dans un delai de trois mois a compter de la saisine du tribunal arbitral. Ce delaipeut etre proroge conformement au second alinea de l’article 1463.

La sentence rectificative ou completee est notifiee dans les memes formes quela sentence initiale.

Chapitre VL’exequatur

Art. 1487. — La sentence arbitrale n’est susceptible d’execution forcee qu’envertu d’une ordonnance d’exequatur emanant du tribunal de grande instance dansle ressort duquel cette sentence a ete rendue.

La procedure relative a la demande d’exequatur n’est pas contradictoire.La requete est deposee par la partie la plus diligente au greffe de la juridiction

accompagnee de l’original de la sentence et d’un exemplaire de la convention d’ar-bitrage ou de leurs copies reunissant les conditions requises pour leur authenticite.

L’exequatur est appose sur l’original ou, si celui-ci n’est pas produit, sur lacopie de la sentence arbitrale repondant aux conditions prevues a l’alinea prece-dent.

Art. 1488. — L’exequatur ne peut etre accorde si la sentence est manifeste-ment contraire a l’ordre public.

L’ordonnance qui refuse l’exequatur est motivee.

Chapitre VILes voies de recours

Section 1L’appel

Art. 1489. — La sentence n’est pas susceptible d’appel sauf volonte contrairedes parties.

Art. 1490. — L’appel tend a la reformation ou a l’annulation de la sentence.La cour statue en droit ou en amiable composition dans les limites de la mis-

sion du tribunal arbitral.

Section 2Le recours en annulation

Art. 1491. — La sentence peut toujours faire l’objet d’un recours en annula-tion a moins que la voie de l’appel soit ouverte conformement a l’accord des par-ties.

Toute stipulation contraire est reputee non ecrite.Art. 1492. — Le recours en annulation n’est ouvert que si:1o Le tribunal arbitral s’est declare a tort competent ou incompetent ou2o Le tribunal arbitral a ete irregulierement constitue ou

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3o Le tribunal arbitral a statue sans se conformer a la mission qui lui avait eteconfiee ou

4o Le principe de la contradiction n’a pas ete respecte ou5o La sentence est contraire a l’ordre public ou6o La sentence n’est pas motivee ou n’indique pas la date a laquelle elle a ete

rendue ou le nom du ou des arbitres qui l’ont rendue ou ne comporte pas la ou lessignatures requises ou n’a pas ete rendue a la majorite des voix.

Art. 1493. — Lorsque la juridiction annule la sentence arbitrale, elle statue surle fond dans les limites de la mission de l’arbitre, sauf volonte contraire des par-ties.

Section 3Dispositions communes a l’appel

et au recours en annulation

Art. 1494. — L’appel et le recours en annulation sont portes devant la courd’appel dans le ressort de laquelle la sentence a ete rendue.

Ces recours sont recevables des le prononce de la sentence. Ils cessent de l’e-tre s’ils n’ont pas ete exerces dans le mois de la notification de la sentence.

Art. 1495. — L’appel et le recours en annulation sont formes, instruits et ju-ges selon les regles relatives a la procedure en matiere contentieuse prevues auxarticles 900 a 930-1.

Art. 1496. — Le delai pour exercer l’appel ou le recours en annulation ainsique l’appel ou le recours exerce dans ce delai suspendent l’execution de la sentencearbitrale a moins qu’elle soit assortie de l’execution provisoire.

Art. 1497. — Le premier president statuant en refere ou, des qu’il est saisi, leconseiller de la mise en etat peut:

1o Lorsque la sentence est assortie de l’execution provisoire, arreter ou ame-nager son execution lorsqu’elle risque d’entraıner des consequences manifestementexcessives ou

2o Lorsque la sentence n’est pas assortie de l’execution provisoire, ordonnerl’execution provisoire de tout ou partie de cette sentence.

Art. 1498. — Lorsque la sentence est assortie de l’execution provisoire ouqu’il est fait application du 2o de l’article 1497, le premier president ou, des qu’ilest saisi, le conseiller de la mise en etat peut conferer l’exequatur a la sentence ar-bitrale.

Le rejet de l’appel ou du recours en annulation confere l’exequatur a la sen-tence arbitrale ou a celles de ses dispositions qui ne sont pas atteintes par la cen-sure de la cour.

Section 4Recours contre l’ordonnance statuant

sur la demande d’exequatur

Art. 1499. — L’ordonnance qui accorde l’exequatur n’est susceptible d’aucunrecours.

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Toutefois, l’appel ou le recours en annulation de la sentence emporte de pleindroit, dans les limites de la saisine de la cour, recours contre l’ordonnance du jugeayant statue sur l’exequatur ou dessaisissement de ce juge.

Art. 1500. — L’ordonnance qui refuse l’exequatur peut etre frappee d’appeldans le delai d’un mois a compter de sa signification.

Dans ce cas, la cour d’appel connaıt, a la demande d’une partie, de l’appel oudu recours en annulation forme a l’encontre de la sentence arbitrale, si le delai pourl’exercer n’est pas expire.

Section 5Autres voies de recours

Art. 1501. — La sentence arbitrale peut etre frappee de tierce opposition de-vant la juridiction qui eut ete competente a defaut d’arbitrage, sous reserve des dis-positions du premier alinea de l’article 588.

Art. 1502. — Le recours en revision est ouvert contre la sentence arbitraledans les cas prevus pour les jugements a l’article 595 et sous les conditions pre-vues aux articles 594, 596, 597 et 601 a 603.

Le recours est porte devant le tribunal arbitral.Toutefois, si le tribunal arbitral ne peut a nouveau etre reuni, le recours est

porte devant la cour d’appel qui eut ete competente pour connaıtre des autres re-cours contre la sentence.

Art. 1503. — La sentence arbitrale n’est pas susceptible d’opposition et depourvoi en cassation.

TITRE IIL’ARBITRAGE INTERNATIONAL

Art. 1504. — Est international l’arbitrage qui met en cause des interets ducommerce international.

Art. 1505. — En matiere d’arbitrage international, le juge d’appui de la pro-cedure arbitrale est, sauf clause contraire, le president du tribunal de grande ins-tance de Paris lorsque:

1o L’arbitrage se deroule en France ou2o Les parties sont convenues de soumettre l’arbitrage a la loi de procedure

francaise ou3o Les parties ont expressement donne competence aux juridictions etatiques

francaises pour connaıtre des differends relatifs a la procedure arbitrale ou4o L’une des parties est exposee a un risque de deni de justice.Art. 1506. — A moins que les parties en soient convenues autrement et sous

reserve des dispositions du present titre, s’appliquent a l’arbitrage international lesarticles:

1o 1446, 1447, 1448 (alineas 1 et 2) et 1449, relatifs a la convention d’arbi-trage;

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2o 1452 a 1458 et 1460, relatifs a la constitution du tribunal arbitral et a laprocedure applicable devant le juge d’appui;

3o 1462, 1463 (alinea 2), 1464 (alinea 3), 1465 a 1470 et 1472 relatifs a l’ins-tance arbitrale;

4o 1479, 1481, 1482, 1484 (alineas 1 et 2), 1485 (alineas 1 et 2) et 1486 re-latifs a la sentence arbitrale;

5o 1502 (alineas 1 et 2) et 1503 relatifs aux voies de recours autres que l’ap-pel et le recours en annulation.

Chapitre Ier

La convention d’arbitrage international

Art. 1507. — La convention d’arbitrage n’est soumise a aucune condition deforme.

Art. 1508. — La convention d’arbitrage peut, directement ou par reference aun reglement d’arbitrage ou a des regles de procedure, designer le ou les arbitresou prevoir les modalites de leur designation.

Chapitre IIL’instance et la sentence arbitrales

Art. 1509. — La convention d’arbitrage peut, directement ou par reference aun reglement d’arbitrage ou a des regles de procedure, regler la procedure a suivredans l’instance arbitrale.

Dans le silence de la convention d’arbitrage, le tribunal arbitral regle la pro-cedure autant qu’il est besoin, soit directement, soit par reference a un reglementd’arbitrage ou a des regles de procedure.

Art. 1510. — Quelle que soit la procedure choisie, le tribunal arbitral garan-tit l’egalite des parties et respecte le principe de la contradiction.

Art. 1511. — Le tribunal arbitral tranche le litige conformement aux regles dedroit que les parties ont choisies ou, a defaut, conformement a celles qu’il estimeappropriees.

Il tient compte, dans tous les cas, des usages du commerce.Art. 1512. — Le tribunal arbitral statue en amiable composition si les parties

lui ont confie cette mission.Art. 1513. — Dans le silence de la convention d’arbitrage, la sentence est

rendue a la majorite des voix. Elle est signee par tous les arbitres.Toutefois, si une minorite d’entre eux refuse de la signer, les autres en font

mention dans la sentence.A defaut de majorite, le president du tribunal arbitral statue seul. En cas de

refus de signature des autres arbitres, le president en fait mention dans la sentencequ’il signe alors seul.

La sentence rendue dans les conditions prevues a l’un ou l’autre des deux ali-neas precedents produit les memes effets que si elle avait ete signee par tous lesarbitres ou rendue a la majorite des voix.

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Chapitre IIILa reconnaissance et l’execution des sentences arbitrales

rendues a l’etranger ou en matiere d’arbitrage international

Art. 1514. — Les sentences arbitrales sont reconnues ou executees en Francesi leur existence est etablie par celui qui s’en prevaut et si cette reconnaissance oucette execution n’est pas manifestement contraire a l’ordre public international.

Art. 1515. — L’existence d’une sentence arbitrale est etablie par la produc-tion de l’original accompagne de la convention d’arbitrage ou des copies de cesdocuments reunissant les conditions requises pour leur authenticite.

Si ces documents ne sont pas rediges en langue francaise, la partie requeranteen produit une traduction. Elle peut etre invitee a produire une traduction etabliepar un traducteur inscrit sur une liste d’experts judiciaires ou par un traducteur ha-bilite a intervenir aupres des autorites judiciaires ou administratives d’un autre Etatmembre de l’Union europeenne, d’un Etat partie a l’accord sur l’Espace economi-que europeen ou de la Confederation suisse.

Art. 1516. — La sentence arbitrale n’est susceptible d’execution forcee qu’envertu d’une ordonnance d’exequatur emanant du tribunal de grande instance dansle ressort duquel elle ete rendue ou du tribunal de grande instance de Parislorsqu’elle a ete rendue a l’etranger.

La procedure relative a la demande d’exequatur n’est pas contradictoire.La requete est deposee par la partie la plus diligente au greffe de la juridiction

accompagnee de l’original de la sentence et d’un exemplaire de la convention d’ar-bitrage ou de leurs copies reunissant les conditions requises pour leur authenticite.

Art. 1517. — L’exequatur est appose sur l’original ou, si celui-ci n’est pasproduit, sur la copie de la sentence arbitrale repondant aux conditions prevues audernier alinea de l’article 1516.

Lorsque la sentence arbitrale n’est pas redigee en langue francaise, l’exequa-tur est egalement appose sur la traduction operee dans les conditions prevues al’article 1515.

L’ordonnance qui refuse d’accorder l’exequatur a la sentence arbitrale est mo-tivee.

Chapitre IVLes voies de recours

Section 1Sentences rendues en France

Art. 1518. — La sentence rendue en France en matiere d’arbitrage internatio-nal ne peut faire l’objet que d’un recours en annulation.

Art. 1519. — Le recours en annulation est porte devant la cour d’appel dansle ressort de laquelle la sentence a ete rendue.

Ce recours est recevable des le prononce de la sentence. Il cesse de l’etre s’iln’a pas ete exerce dans le mois de la notification de la sentence.

La notification est faite par voie de signification a moins que les parties enconviennent autrement.

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Art. 1520. — Le recours en annulation n’est ouvert que si:1o Le tribunal arbitral s’est declare a tort competent ou incompetent ou2o Le tribunal arbitral a ete irregulierement constitue ou3o Le tribunal arbitral a statue sans se conformer a la mission qui lui avait ete

confiee ou4o Le principe de la contradiction n’a pas ete respecte ou5o La reconnaissance ou l’execution de la sentence est contraire a l’ordre pu-

blic international.Art. 1521. — Le premier president ou, des qu’il est saisi, le conseiller de la

mise en etat peut conferer l’exequatur a la sentence.Art. 1522. — Par convention speciale, les parties peuvent a tout moment re-

noncer expressement au recours en annulation.Dans ce cas, elles peuvent toujours faire appel de l’ordonnance d’exequatur

pour l’un des motifs prevus a l’article 1520.L’appel est forme dans le delai d’un mois a compter de la notification de la

sentence revetue de l’exequatur. La notification est faite par voie de signification amoins que les parties en conviennent autrement.

Art. 1523. — La decision qui refuse la reconnaissance ou l’exequatur d’unesentence arbitrale internationale rendue en France est susceptible d’appel.

L’appel est forme dans le delai d’un mois a compter de la signification de ladecision.

Dans ce cas, la cour d’appel connaıt, a la demande d’une partie, du recours enannulation a l’encontre de la sentence a moins qu’elle ait renonce a celui-ci ou quele delai pour l’exercer soit expire.

Art. 1524. — L’ordonnance qui accorde l’exequatur n’est susceptible d’aucunrecours sauf dans le cas prevu au deuxieme alinea de l’article 1522.

Toutefois, le recours en annulation de la sentence emporte de plein droit, dansles limites de la saisine de la cour, recours contre l’ordonnance du juge ayant sta-tue sur l’exequatur ou dessaisissement de ce juge.

Section 2Sentences rendues a l’etranger

Art. 1525. — La decision qui statue sur une demande de reconnaissance oud’exequatur d’une sentence arbitrale rendue a l’etranger est susceptible d’appel.

L’appel est forme dans le delai d’un mois a compter de la signification de ladecision.

Les parties peuvent toutefois convenir d’un autre mode de notification lorsquel’appel est forme a l’encontre de la sentence revetue de l’exequatur.

La cour d’appel ne peut refuser la reconnaissance ou l’exequatur de la sen-tence arbitrale que dans les cas prevus a l’article 1520.

Section 3Dispositions communes aux sentences

rendues en France et a l’etranger

Art. 1526. — Le recours en annulation forme contre la sentence et l’appel del’ordonnance ayant accorde l’exequatur ne sont pas suspensifs.

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Toutefois, le premier president statuant en refere ou, des qu’il est saisi, leconseiller de la mise en etat peut arreter ou amenager l’execution de la sentence sicette execution est susceptible de leser gravement les droits de l’une des parties.

Art. 1527. — L’appel de l’ordonnance ayant statue sur l’exequatur et le re-cours en annulation de la sentence sont formes, instruits et juges selon les reglesrelatives a la procedure contentieuse prevues aux articles 900 a 930-1.

Le rejet de l’appel ou du recours en annulation confere l’exequatur a la sen-tence arbitrale ou a celles de ses dispositions qui ne sont pas atteintes par la cen-sure de la cour. »

Article 3

Les dispositions du present decret entrent en vigueur le premier jour du qua-trieme mois suivant celui de sa publication, sous reserve des dispositions suivan-tes:

1o Les dispositions des articles 1442 a 1445, 1489 et des 2o et 3o de l’article1505 du code de procedure civile s’appliquent lorsque la convention d’arbitrage aete conclue apres la date mentionnee au premier alinea;

2o Les dispositions des articles 1456 a 1458, 1486, 1502, 1513 et 1522 dumeme code s’appliquent lorsque le tribunal a ete constitue posterieurement a la datementionnee au premier alinea;

3o Les dispositions de l’article 1526 du meme code s’appliquent aux senten-ces arbitrales rendues apres la date mentionnee au premier alinea.

Article 4

Le present decret est applicable dans les ıles Wallis-et-Futuna.

Article 5

Le garde des sceaux, ministre de la justice et des libertes, et le ministre del’interieur, de l’outre-mer, des collectivites territoriales et de l’immigration sontcharges, chacun en ce qui le concerne, de l’execution du present decret, qui serapublie au Journal officiel de la Republique francaise.

Fait a Paris, le 13 janvier 2011.

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Proposte di modifica del Regolamento (CE) 44/2001 e arbi-trato

L’iter di riforma del Regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000,concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delledecisioni in materia civile e commerciale, ha avuto una forte accelerazione negliultimi mesi del 2010, grazie all’intervento del Parlamento e della CommissioneEuropea.

Il 7 settembre 2010, il Parlamento Europeo, su proposta del Committee onLegal Affairs (proposta del 23 giugno 2010), ha approvato una mozione sull’« im-plementation and review » del suddetto Regolamento, mentre la proposta di revi-sione della Commissione Europea e stata formalizzata il 14 dicembre 2010 (Propo-sal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on Jurisdic-tion and the Recognition and Enforcement of Judgments in Civil and CommercialMatter). Entrambi i documenti — di seguito riproposti per estratti — contengonoindicazioni significative in materia di arbitrato, allo stato notoriamente escluso dal-l’ambito di applicazione del Reg. 44/2001.

La questione dell’inclusione dell’arbitrato nell’ambito di applicazione del Re-golamento e stata oggetto di ampie discussioni in dottrina e in seno alle Istituzionieuropee, specie a seguito della pubblicazione, ad opera della stessa Commissione,del Libro Verde sulla revisione della disciplina comunitaria in materia di giurisdi-zione e riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere del 21 aprile 2009(COM(2009) 175 def.). In effetti, il tema presenta implicazioni di notevole rile-vanza e dall’esclusione dell’arbitrato dall’ambito di operativita della normativa re-golamentare, la giurisprudenza comunitaria ha tratto importanti conseguenze. Inestrema sintesi, la posizione degli autori puo essere sintetizzata in due filoni con-trapposti, uno dei quali favorevole alla revisione del Reg. 44/2001 e all’inclusionedell’arbitrato nel suo ambito operativo, l’altro, diametralmente opposto, contrario auna riforma in tal senso (per una sommaria descrizione delle diverse posizioni as-sunte in dottrina, v. VAGENHEIM, Should Arbitration Be Included in EC Regulation44/2001, ASA Bulletin, 2009, 588 ss. ed HESS - PFEIFFER - SCHLOSSER, The BrusselsI Regulation 44/2001. Application and Enforcement in the EU (National Reports),Munchen, 2008).

La posizione che sul tema e stata adottata dal Parlamento Europeo nella riso-luzione dello scorso settembre pare sposare in pieno, almeno in linea di principio,la posizione di coloro che si oppongono all’inclusione dell’arbitrato tra le materiedisciplinate dal Regolamento 44/2001, sul presupposto che « arbitration is sati-sfactorily dealt with by the 1958 New York Convention and the 1961 Geneva Con-vention on International Commercial Arbitration ». A scanso di equivoci, poi, la ri-soluzione parlamentare precisa che il Reg. 44/2001 non trova applicazione neanche

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rispetto ai procedimenti giudiziari volti ad accertare validita ed efficacia di clausolecompromissorie.

Diversa, invece, la posizione della Commissione Europea, che adotta una so-luzione di compromesso evidenziata gia nel Preambolo: in base al capoverso n. 11,la normativa regolamentare « does not apply to arbitration, save in the limited caseproivided for therein », precisandosi in seguito — capoverso n. 20 — che la stessanormativa « should... contain special rules aimed at avaoiding parallel proceedingsand abusive litigation tactics ». In conformita a tali premesse, la proposta di modi-fica dell’art. 1 del Regolamento prevede che l’esclusione dell’arbitrato dall’ambitodi applicazione del Regolamento — che pur rimane la regola generale — non siaassoluta, essendo derogata da quanto previsto dai successivi artt. 29 para. 4 e 33para. 3. Sicche, se per il Parlamento Europeo la disciplina comunitaria non do-vrebbe occuparsi neanche dei procedimenti giudiziari in cui, in via principale o in-cidentale, sia sollevata la presenza dell’accordo arbitrale, la proposta di modificaavanzata dalla Commissione va in una direzione opposta, imponendo al giudice disospendere il processo, « once the Court of the Member State where the seat of thearbitration is located or the arbitral tribunal have been sised of proceedings to de-termine, as their main object or as an incidental question, the existence, validity oreffects of that arbitration agreement ».

Andando piu nel dettaglio, il giudice statale — la cui giurisdizione sia conte-stata per la presenza di un accordo arbitrale — deve sospendere il processo, oveuna delle parti della controversia abbia dato esecuzione all’accordo compromisso-rio previamente sottoscritto con l’avvio del relativo procedimento ovvero abbiasollevato la questione della competenza arbitrale, in via principale o in via inciden-tale, davanti alla corte dello Stato sede dell’arbitrato. In altre parole, la Commis-sione parte dalla presunzione che gli arbitri e i giudici dello Stato sede dell’arbi-trato sono maggiormente « titolati » — rispetto a qualsiasi altra corte — ad affron-tare questioni concernenti la validita, l’efficacia e l’operativita dell’accordo arbi-trale. E partendo da questa premessa, impone al giudice di uno Stato diverso, la cuigiurisdizione sia contestata per la sussistenza del patto arbitrale, di sospendere ilprocesso, ove il « foro naturale » — ossia l’arbitro o il giudice dello Stato sede —sia stato adito da una delle parti. La sospensione del processo — precisa la Com-missione Europea nella relazione che accompagna la proposta di modifica — e ob-bligatoria. Si legge, infatti, nella suddetta relazione che la proposta di modifica delRegolamento « obliges a court seised of a dispute to stay proceedings if its juri-sdiction is contested on the basis of an arbitration agreement and an arbitral tri-bunal has been seised of the case or court proceedings relating to the arbitrationagreement have been commenced in the Member State of the seat of the arbitra-tion ». E tuttavia previsto dall’art. 29 para. 4, secondo capoverso, che il giudiceadito puo declinare la sua giurisdizione se le norme del suo ordinamento nazionalelo consentono. La declinatoria della giurisdizione — facoltativa dal punto di vistadella disciplina europea in pendenza del giudizio arbitrale o del giudizio instauratodinanzi al giudice dello Stato sede — diventa obbligatoria per tutti i giudici, e aprescindere da quanto in materia dispongono le norme della lex fori, nel momentoin cui il Tribunale arbitrale o il giudice dello Stato sede accerta la validita e ope-rativita del patto arbitrale dedotto in giudizio.

La proposta della Commissione Europea e chiaramente ispirata al favor arbi-trati. La mancanza di una norma in tal senso ha consentito in passato — e consente

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tutt’ora — alla parte che intende sottrarsi al vincolo arbitrale di adire il giudice sta-tale per la soluzione nel merito della lite e indirettamente deferire a quest’ultimol’accertamento della validita, efficacia e operativita dell’accordo arbitrale. Compor-tamento questo che, pur essendo perfettamente lecito nell’attuale contesto norma-tivo, comporta la duplicazione di procedimenti e il connesso rischio di pronuncecontrastanti sulla stessa controversia. L’opportunita di affrontare una tale disecono-mia, e tutelare al contempo la scelta arbitrale effettuata dalle parti, e stata avvertitada tutti gli operatori del diritto — giudici, istituzioni europee e dottrina —, che sulpunto hanno tuttavia offerto soluzioni divergenti.

I giudici inglesi, per esempio, hanno fatto ricorso allo strumento delle anti-suit injunctions, provvedimenti con cui il giudice inibisce alla parte che intendeboicottare l’arbitrato di adire il giudice di un altro Stato per la soluzione nel meritodella controversia. Il trend delle corti inglesi e stato, tuttavia, bocciato dalla Cortedi Giustizia europea, in considerazione del fatto che tali provvedimenti — con cuiun giudice di fatto inibisce al collega di un diverso Stato membro, ma egualmentecompetente, di pronunciarsi su una determinata questione — si contraddistinguonoper una intrinseca odiosita, posto che il foro che adotta l’injunction di fatto imponela propria decisione a un altro foro, pur in assenza di una norma che stabilisca laprevalenza della competenza del primo su quella del secondo. Per dirla in terminitecnici, l’anti-suit injunciton a sostegno dell’arbitrato, pur non rientrando l’arbitratotra le materie regolate dalla disciplina comunitaria, compromette la corretta opera-tivita dei titoli di giurisdizione dalla stessa previsti, e la Corte di Giustizia ne haimpedito l’adozione per garantire il c.d. « l’effetto utile » del Regolamento.

La Commissione Europea sembra condividere le preoccupazioni della Corte,tanto da proporre uno strumento correttivo diverso dalle anti-suit injunctions, la cuiintroduzione nell’ambito della normativa regolamentare e invece caldeggiata dalParlamento Europeo. La risoluzione parlamentare, infatti, pur partendo dal princi-pio secondo cui le procedure giudiziali aventi ad oggetto validita e operativita del-l’accordo arbitrale sono escluse dal Regolamento 44/2001, non ritiene che le anti-suit injunctions siano provvedimenti odiosi — lesivi dell’effetto utile e della reci-proca fiducia tra giudici europei — e suggerisce di ammetterne l’adozione.

Sul tema delle anti-suit injunctions le istituzioni europee sono quindi in apertocontrasto. Concordi sull’opportunita di garantire l’arbitrato ed evitare pratiche dila-torie che comportano la duplicazione di procedimenti, l’aumento dei costi per lagiustizia e per le parti, una maggiore incertezza del diritto e dell’effettivo soddisfa-cimento dei diritti per cui si chiede tutela, si dividono sugli strumenti piu idonei alraggiungimento dello scopo. Per Parlamento e giudici inglesi le anti-suit injunc-tions costituiscono lo strumento piu efficace, nonostante le preoccupazioni espresseal riguardo dalla Corte di Giustizia, ma personalmente ritengo piu soddisfacente lascelta fatta dalla Commissione. Le ragioni di cio sono illustrate nel saggio sulleAnti-suit injunctions pubblicato in questo fascicolo nella rubrica Dottrina. Ad essevanno gia aggiunti altri due argomenti.

Il fatto che la costituzione del Tribunale arbitrale implichi la sospensione delprocedimento giudiziario pendente di fronte al giudice la cui giurisdizione sia con-testata per effetto della convenzione arbitrale — e poi la declinatoria di giurisdi-zione se il Tribunale dichiara la propria competenza — va nel senso di rendere di-ritto positivo il principio, di ampia diffusione, della Kompetenz-Kompetenz. Il chenon puo che essere valutato positivamente, anche alla luce del fatto che l’eventuale

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errore dell’arbitro potrebbe essere comunque rilevato in sede di impugnazione pernullita. Inoltre, l’idea di conferire una « competenza privilegiata » — ma non esclu-siva — ai giudici dello Stato che e sede dell’arbitrato valorizza il criterio della« localizzazione geografica » dell’arbitrato, a discapito del criterio della legge pro-cessuale applicabile, criterio quest’ultimo caro alla cultura francese ma non condi-viso all’interno della comunita internazionale. Del resto, il criterio della sede e piurispettoso del principio della volonta delle parti su cui l’arbitrato si basa, come sot-tolinea la stessa Commissione nel dare la definizione del concetto di sede: « theseat selected by the parties or the seat designated by an arbitral tribunal, by anarbitral institution or by any other authority directly or indirectly chosen by theparties ».

Certo anche la scelta della Commissione presenta dei limiti, ma poiche sce-gliere significa perdere ed acquistare contemporaneamente, non poteva che esserealtrimenti (sulle criticita della proposta della Commissione, in parte non condiviseda chi scrive, v. LEANDRO, La proposta per la riforma del regolamento « BruxellesI » e l’arbitrato, in www.sidi-isil.org e per una panoramica generale sulla proposta,v. FRANZINA, La garanzia dell’osservanza delle regole sulla competenza giurisdizio-nale nella proposta di revisione del regolamento « Bruxelles I », ibidem). Ad esem-pio, il coordinamento tra le giurisdizioni di Stati membri diversi e la giurisdizionearbitrale opera nei limiti in cui la sede dell’arbitrato sia stata fissata dalle parti —o da chi per loro — nel territorio di uno Stato membro. Il che costituisce il presup-posto necessario perche operi la « competenza privilegiata » prevista dalla propostadi modifica del Regolamento. Una simile scelta si spiega forse in virtu di quella re-ciproca fiducia che caratterizza i rapporti tra le corti degli Stati europei e che na-sce dall’esistenza di uno spazio giudiziario unico, europeo, mancante, invece, neirapporti con giudici di altri Stati. In altre parole, il giudice consente che l’accerta-mento di validita ed efficacia della clausola compromissoria sia rimesso a un arbi-tro o ad un altro giudice, solo se questi ultimi sono vincolati dagli stessi criteri diriparto della giurisdizione internazionale cui egli stesso deve attenersi. Tuttavia, seun tale ragionamento ha senso quando a venire in considerazione e il difetto di giu-risdizione derivante dalla sussistenza della giurisdizione del giudice di un altroStato, non ha senso quando si discute di riparto della giurisdizione tra giudici sta-tali ed arbitri. In questo caso, infatti, il valore giuridico che occorre tutelare non ela reciproca fiducia tra corti o il corretto funzionamento di titoli di giurisdizionecomuni, bensı la volonta delle parti di compromettere per arbitri. E poiche la vo-lonta di arbitrare include la volonta di farlo in quel determinato Stato, garantirel’attuazione del principio della Kompetenz-Kompetenz e della « competenza privi-legiata » del giudice dello Stato della sede, a prescindere dalla localizzazione geo-grafica dell’arbitrato, sembrerebbe una via percorribile. La sua limitazione allospazio giudiziario europeo potrebbe essere giustificata solo da considerazioni diopportunita di politica legislativa (che in effetti sussistono). Su un piano tecnico,invece, cio che rischia di mettere fortemente in crisi il sistema di coordinamentomesso a punto dalla Commissione europea e la mancata indicazione nella clausolaarbitrale della sede dell’arbitrato, posto che in tal caso difetterebbe il presuppostonecessario della « competenza privilegiata » prevista. Infine, lo strumento di coor-dinamento proposto dalla Commissione non opera, per espressa previsione norma-tiva, nei casi in cui l’arbitrato riguardi contratti di consumo, assicurazione e lavorodipendente.

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Nonostante tali criticita, la proposta della Commissione sembra andare nellagiusta direzione, diversamente dalla risoluzione del Parlamento europeo, le cui in-dicazioni si spera non siano accolte se e quando il Regolamento sara revisionato. Ecio non solo per quanto riguarda la questione delle anti-suit injunctions. Desta, in-fatti, perplessita perfino maggiori la proposta di emendare la normativa europea conl’introduzione di una norma che consenta di non riconoscere la sentenza con cui ilgiudice straniero, statuendo sulla validita dell’accordo arbitrale, non abbia rispet-tato le norme di legge che in materia di arbitrato si applicano nello Stato dove echiesto il riconoscimento. Cio significa che se in Italia viene riconosciuta la vali-dita di un patto compromissorio — invalido secondo la legge francese — il giudicefrancese potrebbe non riconoscere la sentenza italiana. Tale proposta di emenda-mento non e in linea con la Convenzione di New York del 1958, pur richiamatadalla risoluzione parlamentare come normativa di riferimento dell’arbitrato. Il suoart. V, I par., lett. a) prevede criteri omogenei per l’individuazione della legge cheregola i profili di validita dell’accordo arbitrale. E posto che gli Stati europei sonoparte della Convenzione di New York, e che quindi la legge regolante il patto dicompromesso dovrebbe essere per tutti la stessa (tranne secondo alcuni per la com-promettibilita, da valutarsi in base alla lex fori), come e possibile consentire al giu-dice francese di negare il riconoscimento di una sentenza italiana non in linea conle norme francesi sulla validita dell’accordo arbitrale? Tale disconoscimento sem-bra partire dall’erroneo presupposto che sia la lex fori a disciplinare l’accordo diarbitrato. Ma e evidente che, alla luce della Convenzione di New York, non e cosı,posto che ai sensi del suo art. V(1) lett. a), la validita del patto arbitrale va accer-tata in base alla legge di autonomia scelta dalle parti ovvero, in mancanza, dellalegge dello Stato sede dell’arbitrato (sul punto sia consentito il rinvio ad ATTERI-TANO, Arbitrato estero, in DDPriv.).

Fortunatamente, una simile indicazione non compare nella proposta dellaCommissione che, invece, si preoccupa di precisare che la presenza del patto arbi-trale non inibisce la possibilita di chiedere la tutela cautelare al giudice competente.

Il contrasto tra le Istituzioni europee sul tema del coordinamento tra arbitratoe giurisdizioni statali appare oramai evidente e le anti-suit injunctions costituisconol’espressione di un nodo giuridico complesso di fondo che si spera possa essere ri-solto seguendo le orme della Commissione. [Andrea Atteritano]

European Commission proposal of 14 December 2010 for a Regulation of theEuropean Parliament and of the Council on jurisdiction and the recognitionand enforcement of judgments in civil and commercial matters

Explanatory memorandum

1. Context of the Proposal

1.1. General context

This proposal is a recasting of Council Regulation (EC) No 44/2001 of 22December 2001 on jurisdiction and the recognition and enforcement of judgmentsin civil and commercial matters (hereafter « Brussels I »).

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Regulation Brussels I is the matrix of civil judicial cooperation in the Euro-pean Union. It applies in a broad range of matters, covering not only contractualbut also delictual and proprietary claims. It identifies the most appropriate jurisdic-tion for solving a cross-border dispute and ensures the smooth recognition and en-forcement of judgments issued in another Member State. The Regulation replacedthe 1968 Brussels Convention which had been concluded between the then Mem-ber States and been successively amended to reflect the Union’s successive enlar-gements. It applies in all Member States, including, by way of a separate interna-tional agreement, to Denmark which has a special regime for judicial cooperationunder the Treaty on the Functioning of the European Union.

The Regulation entered into force in March 2002. Eight years afterwards, theCommission has reviewed its operation in practice and considered necessary amen-dments to the instrument.

1.2. Grounds for and objectives of the proposal

While the Regulation is overall considered to work successfully, the consul-tation of stakeholders and a number of legal and empirical studies commissionedby the Commission revealed a number of deficiencies in the current operation ofthe Regulation which should be remedied. Essentially, four main shortcomings canbe identified:

— The procedure for recognition and enforcement of a judgment in anotherMember State (« exequatur ») remains an obstacle to the free circulation of judg-ments which entails unnecessary costs and delays for the parties involved and de-ters companies and citizens from making full use of the internal market.

— Access to justice in the EU is overall unsatisfactory in disputes involvingdefendants from outside the EU. With some exceptions, the current Regulation onlyapplies where the defendant is domiciled inside the EU. Otherwise jurisdiction isgoverned by national law. The diversity of national law leads to unequal access tojustice for EU companies in transactions with partners from third countries: somecan easily litigate in the EU, others cannot, even in situations where no other courtguaranteeing a fair trial is competent. In addition, where national legislation doesnot grant access to court in disputes with parties outside the EU, the enforcementof mandatory EU law protecting e.g. consumers, employees or commercial agentsis not guaranteed.

— The efficiency of choice of court agreements needs to be improved. Cur-rently, the Regulation obliges the court designated by the parties in a choice ofcourt agreement to stay proceedings if another court has been seised first. This ruleenables litigants acting in bad faith to delay the resolution of the dispute in theagreed forum by first seizing a noncompetent court. This possibility creates addi-tional costs and delays and undermines the legal certainty and predictability of di-spute resolution which choice of court agreements should bring about.

— The interface between arbitration and litigation needs to be improved. Ar-bitration is excluded from the scope of the Regulation. However, by challenging anarbitration agreement before a court, a party may effectively undermine the arbitra-tion agreement and create a situation of inefficient parallel court proceedings whichmay lead to irreconcilable resolutions of the dispute. This leads to additional costs

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and delays, undermines the predictability of dispute resolution and creates incenti-ves for abusive litigation tactics.

A detailed analysis of the problems of the current system as well as the im-pacts of the different options considered for addressing them can be found in theImpact Assessment accompanying this proposal.

The overall objective of the revision is to further develop the European areaof justice by removing the remaining obstacles to the free movement of judicialdecisions in line with the principle of mutual recognition. The importance of thisaim has been emphasised by the European Council in its 2009 Stockholm Program-me1. More specifically, the proposal aims at facilitating cross-border litigation andthe free circulation of judgments in the European Union. The revision should alsocontribute to create the necessary legal environment for the European economy torecover.

2. Consultation and Impact Assessment

This proposal was preceded by an extensive consultation of the interested pu-blic, Member States, other institutions and experts on the existing problems of thecurrent system and possible solutions to it. On 21 April 2009, the Commissionadopted a report on the application of the Regulation and a Green Paper puttingforward suggestions for its review on which a total of 130 responses was received.The Commission took into account the results of several studies on different as-pects of the revision, notably a 2007 study on the practical application of the Re-gulation2 and a 2006 study on residual jurisdiction3. Empirical data on the impactof the different options for reform were collected by two further external studies.Two conferences on the revision were co-organised by the Commission in 20095and 20106. A meeting with national experts was held in July 2010. A separateexpert group was constituted on the issue of arbitration and three meetings wereheld in July, September and October 2010.

It results from the consultation process that views of stakeholders on the mainelements of the reform are as follows. With respect to the abolition of exequatur, alarge majority of stakeholders and all Member States supported the objective of afree movement of judgments within the European Union. There was also a generalsupport for the abolition of the exequatur procedure as a means to achieve thatobjective. A very large majority of stakeholders opined that the abolition of exe-quatur should be accompanied by safeguards, in particular to protect the rights ofdefence of the party against whom the enforcement is sought. Views differed on theextent of such safeguards and on the place where such safeguards should be avai-lable (Member State of enforcement or Member State of origin).

Specific concerns were expressed with respect to the abolition of the exequa-tur in defamation cases and in collective redress proceedings. With respect to theoperation of the Regulation in the international legal order, there was a generalopinion that multilateral negotiations at international level would constitute themost appropriate framework for regulation. Failing such framework, views diver-ged on the best way forward. While a number of stakeholders and Member Statessupported the extension of the jurisdiction rules to third State defendants, particu-larly with the aim of ensuring access to justice before the courts in Europe, most

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stakeholders thought that the recognition and enforcement of third State judgmentsshould be left to a multilateral framework which would ensure reciprocity at inter-national level. With respect to choice of court agreements, there was a large sup-port from stakeholders and Member States to improve the effectiveness of suchagreements. Among the various ways to achieve that objective, preference was ex-pressed for granting priority to the chosen court to decide on its jurisdiction. Sucha mechanism would largely accord with the system established in the 2005 HagueChoice of Court Agreements Convention, thus ensuring a coherent approach withinthe Union and at international level were the Union to decide to conclude the 2005Convention in the future. With respect to the interface between the Regulation andarbitration, while many stakeholders recognised the problem and supported futureaction, several arbitrators’ associations expressed concern on the impact of any re-gulation on the leading role of European arbitration centres at world-wide level.Views diverged on whether the best way forward, i.e. either to actively promote ar-bitration agreements by avoiding parallel proceedings and abusive litigation tacticsor to exclude arbitration more broadly from the scope of the Regulation. In anyevent, most stakeholders expressed general satisfaction with the operation of the1958 New York Convention which should not be undermined by any Union actionon the matter.

The Commission analysed the costs and benefits of the main aspects of theproposed reform in its Impact Assessment which accompanies this proposal.

3. Legal Elements of the Proposal

1.3. Summary of the proposed action

The proposed elements of the reform are as follows:...— Improvement of the interface between the Regulation and arbitration...The proposal includes a specific rule on the relation between arbitration and

court proceedings. It obliges a court seised of a dispute to stay proceedings if itsjurisdiction is contested on the basis of an arbitration agreement and an arbitral tri-bunal has been seised of the case or court proceedings relating to the arbitrationagreement have been commenced in the Member State of the seat of the arbitra-tion. This modification will enhance the effectiveness of arbitration agreements inEurope, prevent parallel court and arbitration proceedings, and eliminate the incen-tive for abusive litigation tactics.

...

1.5. Subsidiarity and Proportionality

... As concerns finally the interface with arbitration, Member States cannot bythemselves ensure that arbitration proceedings in their Member State are properlycoordinated with court proceedings going on in another Member State because the

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effect of national legislation is limited by the territoriality principle. Action at EUlevel is therefore necessary.

The impact assessment attached to this proposal demonstrates that the bene-fits of each of the proposed amendments outweigh their costs and the proposedmeasures are therefore proportionate.

The elimination of the possibilities of circumventing a choice of court or ar-bitration agreement reduces the risk of parallel proceedings, thereby improving thegeneral efficiency of justice and the freedom to conduct a business as referred to inArticle 16 of the Charter. Finally, nothing in this Regulation affects the fundamen-tal right of workers and employers, or their respective organisations, to negotiateand conclude collective agreements and, in cases of conflicts of interests, to takecollective action to defend their interests, including strike action, as referred to inArticle 28 of the Charter.

Proposal for a

COUNCIL REGULATION (EC) No 44/2001OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL

of 22 December 2000on jurisdiction and the recognition and enforcement

of judgments in civil and commercial matters(Recast)

The European Parliament and the Council of the European Union,Having regard to the Treaty establishing the European Community on the

Functioning of the European Union, and in particular Article 61(c) 67(4) and Arti-cle 67(1) 81(2)(a), (c), and (e) thereof,

Having regard to the proposal from the European Commission,After transmission of the draft legislative act to the national Parliaments,Having regard to the opinion of the European Parliament,Having regard to the opinion of the European Economic and Social Commit-

tee,Acting in accordance with the ordinary legislative procedure,Whereas:...(11) This Regulation does not apply to arbitration, save in the limited case

provided for therein. In particular, it does not apply to the form, existence, validityor effects of arbitration agreements, the powers of the arbitrators, the procedure be-fore arbitral tribunals, and the validity, annulment, and recognition and enforcementof arbitral awards.

...(20) The effectiveness of arbitration agreements should also be improved in

order to give full effect to the will of the parties. This should be the case, in parti-cular, where the agreed or designated seat of an arbitration is in a Member State.This Regulation should therefore contain special rules aimed at avoiding parallelproceedings and abusive litigation tactics in those circumstances. The seat of thearbitration should refer to the seat selected by the parties or the seat designated by

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an arbitral tribunal, by an arbitral institution or by any other authority directly orindirectly chosen by the parties.

....Have adopted this Regulation:

Chapter ISCOPE AND DEFINITIONS

Article 1

1. This Regulation shall apply in civil and commercial matters whatever thenature of the court or tribunal. It shall not extend, in particular, to revenue, customsor administrative matters.

2. This Regulation shall not apply to:(a) the status or legal capacity of natural persons, rights in property arising out

of a matrimonial relationship, wills and succession;(b) bankruptcy, proceedings relating to the winding-up of insolvent companies

or other legal persons, judicial arrangements, compositions and analogous procee-dings;

(c) social security;(d) arbitration, save as provided for in Articles 29, paragraph 4 and 33, para-

graph 3;(e) maintenance obligations arising from a family relationship, parentage,

marriage or affinity.3. In this Regulation, the term “Member State” shall mean Member States

with the exception of Denmark....

Section 910LIS PENDENS - RELATED ACTIONS

Article 29

...4. Where the agreed or designated seat of an arbitration is in a Member State,

the courts of another Member State whose jurisdiction is contested on the basis ofan arbitration agreement shall stay proceedings once the courts of the MemberState where the seat of the arbitration is located or the arbitral tribunal have beenseised of proceedings to determine, as their main object or as an incidental que-stion, the existence, validity or effects of that arbitration agreement.

This paragraph does not prevent the court whose jurisdiction is contested fromdeclining jurisdiction in the situation referred to above if its national law so pre-scribes.

Where the existence, validity or effects of the arbitration agreement are esta-blished, the court seised shall decline jurisdiction.

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This paragraph does not apply in disputes concerning matters referred to inSections 3, 4, and 5 of Chapter II.

...

Article 33

1. For the purposes of this Section, a court shall be deemed to be seised:1.(a) at the time when the document instituting the proceedings or an equiva-

lent document is lodged with the court, provided that the plaintiff has not subse-quently failed to take the steps he was required to take to have service effected onthe defendant, or

2.(b) if the document has to be served before being lodged with the court, atthe time when it is received by the authority responsible for service, provided thatthe plaintiff has not subsequently failed to take the steps he was required to take tohave the document lodged with the court.

The authority responsible for service referred to in point (b) shall be the firstauthority receiving the documents to be served.

2. The courts and authorities responsible for service referred to in paragraph1 shall note, as applicable, the date and time of lodging of the document institutingproceedings or of receipt of the documents to be served.

3. For the purposes of this Section, an arbitral tribunal is deemed to be seisedwhen a party has nominated an arbitrator or when a party has requested the supportof an institution, authority or a court for the tribunal’s constitution

...

Article 36

Application may be made to the courts of a Member State for such provisio-nal, including protective, measures as may be available under the law of that State,even if, under this Regulation, the courts of another Member State or an arbitraltribunal have jurisdiction as to the substance of the matter.

European Parliament resolution of 7 September 2010 on the implementationand review of Council Regulation (EC) No 44/2001 on jurisdiction and the re-cognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters

The European Parliament,— having regard to Article 81 of the Treaty on the Functioning of the Euro-

pean Union,— having regard to Council Regulation (EC) No 44/2001 on jurisdiction and

the recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters (he-reinafter « the Brussels I Regulation » or « the Regulation »),

— having regard to the Commission’s report on the application of that regu-lation,

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— having regard to the Commission’s Green Paper of 21 April 2009 on thereview of the Brussels I Regulation,

— having regard to the Heidelberg Report (JLS/2004/C4/03) on the applica-tion of the Brussels I Regulation in the Member States and the responses to theCommission’s Green Paper,

— having regard to its resolution of 25 November 2009 on the Communica-tion from the Commission to the European Parliament and the Council — An areaof freedom, security and justice serving the citizen — Stockholm programme, spe-cifically the sections « Greater access to civil justice for citizens and business » and« Building a European judicial culture »,

— having regard to the Union’s accession to the Hague Conference on pri-vate international law on 3 April 2007,

— having regard to the signature, on behalf of the Union, of the Hague Con-vention of 30 June 2005 on Choice of Court Agreements on 1 April 2009,

— having regard to the case law of the Court of Justice, in particular Gam-bazzi v. DaimlerChrysler Canada, the Lugano opinion, West Tankers, Gasser v.MISAT, Owusu v. Jackson, Shevill, Owens Bank v. Bracco, Denilauer, St PaulDairy Industries and Van Uden;

— having regard to the Brussels Convention of 27 September 1968 on juri-sdiction and the enforcement of judgments in civil and commercial matters, Regu-lation (EC) No 805/2004 of the European Parliament and of the Council of 21 April2004 creating a European Enforcement Order for uncontested claims, Regulation(EC) No 1896/2006 of the European Parliament and of the Council of 12 Decem-ber 2006 creating a European order for payment procedure, Regulation (EC) No861/2007 of the European Parliament and of the Council of 11 July 2007 esta-blishing a European Small Claims Procedure, Council Regulation (EC) No 4/2009of 18 December 2008 on jurisdiction, applicable law, recognition and enforcementof decisions and cooperation in matters relating to maintenance obligations andCouncil Regulation (EC) No 2201/2003 of 27 November 2003 concerning jurisdic-tion and the recognition and enforcement of judgments in matrimonial matters andthe matters of parental responsibility, repealing Regulation (EC) No 1347/2000,

— having regard to Regulation (EC) No 864/2007 of the European Parliamentand of the Council of 11 July 2007 on the law applicable to non-contractual obli-gations (Rome II),

— having regard to the opinion of the European Economic and Social Com-mittee of 16 December 2009,

— having regard to Rules 48 and 119(2) of its Rules of Procedure,— having regard to the report of the Committee on Legal Affairs,A. whereas Regulation No 44/2001, with its predecessor the Brussels Conven-

tion, is one of the most successful pieces of EU legislation; whereas it laid thefoundations for a European judicial area, has served citizens and business well bypromoting legal certainty and predictability of decisions through uniform Europeanrules — supplemented by a substantial body of case-law,— and avoiding parallelproceedings, and is used as a reference and a tool for other instruments,

B. whereas, notwithstanding this, it has been criticised following a number ofrulings of the Court of Justice and is in need of modernisation,

(omissis)

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I. whereas arbitration is satisfactorily dealt with by the 1958 New York Con-vention and the 1961 Geneva Convention on International Commercial Arbitration,to which all Member States are parties, and the exclusion of arbitration from thescope of the Regulation must remain in place,

J. whereas the rules of the New York Convention are minimum rules and thelaw of the Contracting States may be more favourable to arbitral competence andarbitration awards,

K. whereas, moreover, a rule providing that the courts of the Member State ofthe seat of the arbitration should have exclusive jurisdiction could give rise to con-siderable perturbations,

L. whereas it appears from the intense debate raised by the proposal to createan exclusive head of jurisdiction for court proceedings supporting arbitration in thecivil courts of the Member States that the Member States have not reached a com-mon position thereon and that it would be counterproductive, having regard toworld competition in this area, to try to force their hand,

M. whereas the various national procedural devices developed to protect arbi-tral jurisdiction (anti-suit injunctions so long as they are in conformity with freemovement of persons and fundamental rights, declaration of validity of an arbitra-tion clause, grant of damages for breach of an arbitration clause, the negative effectof the “Kompetenz-Kompetenz principle”, etc.) must continue to be available andthe effect of such procedures and the ensuing court decisions in the other MemberStates must be left to the law of those Member States as was the position prior tothe judgment in West Tankers,

(omissis)1. Encourages the Commission to review the interrelationship between the

different regulations addressing jurisdiction, enforcement and applicable law; con-siders that the general aim should be a legal framework which is consistently struc-tured and easily accessible; considers that for this purpose, the terminology in allsubject-matters and all the concepts and requirements for similar rules in all su-bject-matters should be unified and harmonised (e.g. lis pendens, jurisdiction clau-ses, etc.) and the final aim might be a comprehensive codification of private inter-national law;

(omissis)9. Strongly opposes the (even partial) abolition of the exclusion of arbitration

from the scope;10. Considers that Article 1(2)(d) of the Regulation should make it clear that

not only arbitration proceedings, but also judicial procedures ruling on the validityor extent of arbitral competence as a principal issue or as an incidental or prelimi-nary question, are excluded from the scope of the Regulation; further considers thata paragraph should be added to Article 31 providing that a judgment shall not berecognised if, in giving its decision, the court in the Member State of origin has, indeciding a question relating to the validity or extent of an arbitration clause, disre-garded a rule of the law of arbitration in the Member State in which enforcementis sought, unless the judgment of that Member State produces the same result as ifthe law of arbitration of the Member State in which enforcement is sought had beenapplied;

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11. Considers that this should also be clarified in a recital;(omissis)34. Instructs its President to forward this resolution to the Council and the

Commission.

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La scomparsa di Edoardo Ricci

Il 2010 ha privato il mondo dell’arbitrato e tutti coloro che di questo mondofanno parte di un grande Maestro, di una vera guida, di un caro amico: EdoardoFlavio Ricci, professore emerito di diritto processuale civile nell’Universita degliStudi di Milano.

La passione e l’entusiasmo con cui Edoardo Ricci ha portato avanti negli anni,attraverso le diverse riforme, l’idea che il lodo arbitrale abbia effetti uguali a quellidella sentenza di un giudice dello Stato sono stati uno dei motori dell’evoluzionedell’arbitrato in Italia ed e quindi anche al suo pensiero profondo e alla sua voceforte e chiara che dobbiamo cio che oggi e pienamente acquisito.

Studioso in primo luogo del processo civile e del diritto fallimentare, EdoardoRicci ha dedicato enorme e specifica attenzione anche all’arbitrato. Dall’opera mo-nografica « La prova nell’arbitrato rituale » ai numerosi saggi pubblicati sulle mag-giori riviste giuridiche ed anche su questa Rivista, Edoardo Ricci non ha mancatodi volgere il suo sguardo acuto anche all’arbitrato estero e all’arbitrato regolamen-tato.

Arbitro equilibrato, ma deciso, difensore sempre attento e preparato in proce-dure arbitrali di grande rilievo, Edoardo ha lasciato un’impronta indelebile in ognisettore e ruolo tipici del diritto dell’arbitrato e ancor piu ha lasciato un segno nelcuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo come uomo e comeamico. [Laura Salvaneschi]

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