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ISSN 1122-0147 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ARBITRATO Pubblicazione trimestrale Anno XXII - N. 4/2012 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) RIVISTA DELL’ARBITRATO diretta da Antonio Briguglio - Giorgio De Nova - Andrea Giardina © Copyright - Giuffrè Editore

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ISSN 1122-0147

ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

Pubblicazione trimestraleAnno XXII - N. 4/2012Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATOPubblicazione trimestraleAnno XXII - N. 4/2012Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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INDICE

DOTTRINA

« L’arbitrato e i terzi »Convegno celebrativo per il Ventennale della Rivista dell’ArbitratoRoma, Accademia dei Lincei, 2 dicembre 2011

Relazione ed interventi:

PIERO BERNARDINI, Intervento di apertura .................................................... 755

NICOLA PICARDI, Vent’anni di Rivista dell’Arbitrato nel ricordo di ElioFazzalari ............................................................................................. 759

PIETRO RESCIGNO, I terzi e la convenzione arbitrale - Intervento introdut-tivo ....................................................................................................... 771

GIORGIO DE NOVA, I terzi e la convenzione arbitrale ................................. 777

PAOLO MICHELE PATOCCHI - PAOLO MARZOLINI, I terzi ed il procedimento ar-bitrale nella prospettiva internazionale ............................................. 783

FRANCOIS PERRET, I terzi e il lodo arbitrale ................................................. 799

FRANCESCO PAOLO LUISO, I terzi e il lodo arbitrale ..................................... 805

STEFANO AZZALI, Intervento alla Tavola rotonda « Transparency vs Confi-dentiality: la riservatezza dell’arbitrato e i diritti di informazionedei terzi » ............................................................................................ 819

GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) Italiana

Sentenze annotate:

Cass. 8 marzo 2011, n. 5510, con nota di F. CAMPIONE, Sul regime dellasentenza che afferma o nega la competenza del giudice in relazionea controversia compromessa in arbitri. Spunti sul rapporto tra ar-bitro e giudice ..................................................................................... 825

Cass. 16 giugno 2011, n. 13231, con nota di G. BIAGIONI, La Corte diCassazione torna ad occuparsi del richiamo della clausola compro-missoria per relationem imperfectam ................................................ 835

III

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Cass. Sez. Un. 31 luglio 2012, n. 13620, con nota di R. TISCINI, Ordinanzadi liquidazione del compenso agli arbitri, ricorso per cassazione edincensurabilita del vizio logico di motivazione, tra Sezioni Unite eriforme legislative ............................................................................... 847

Trib. Modena 25 ottobre 2011, con nota di A. PIERGROSSI - M. DE SANTIS,Ancora una netta presa di posizione a favore dell’arbitrabilita dellaimpugnativa della delibera di approvazione del bilancio, ma non afavore dell’arbitrato societario .......................................................... 871

Trib. Catania 21 giugno 2012, con nota di M. FORNACIARI, Conservazionedegli effetti dell’atto introduttivo anche nei rapporti fra giudice earbitro: sollevata la questione di legittimita costituzionale dell’art.819-ter, comma 2, c.p.c. ..................................................................... 891

II) Straniera

Sentenze annotate:

Francia - Tribunale des Conflits 17 maggio 2010, con nota di R.T. TRE-VES, Arbitrabilita e riparto di giurisdizione nei « contratti ammini-strativi » .............................................................................................. 905

Stati Uniti - District Court New York, 16 giugno 2011, con nota di F. PIE-TRANGELI, Presupposti della personal jurisdiction e anti-suit injunc-tion a sostegno dell’arbitrato in una recente sentenza di una cortefederale dello Stato di New York ....................................................... 937

RASSEGNE E COMMENTI

SIMONA CAPORUSSO, Impugnazione parziale del lodo rituale e principio diconsumazione della impugnazione ..................................................... 961

ALESSANDRO CIOFFI, Sull’arbitrato amministrativo: interesse pubblico econservazione degli effetti del contratto di appalto nullo. Una com-parazione con il Droit administratif .................................................. 979

ELENA OCCHIPINTI, Sull’obbligo di partecipazione alla mediazione ............ 987MARCO MARINARO, La designazione del mediatore tra legislazione e prassi

ministeriale .......................................................................................... 1007

DOCUMENTI E NOTIZIE

Ricordo di Pieter Sanders (1912-2012) [P.B.] ........................................... 1025La cross examination in arbitrato: i Seminari di CAM e AIA (Milano, 15

maggio 2012 e Roma, 16 maggio 2012) ........................................... 1027

IV

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DOTTRINA

« L’arbitrato e i terzi »Convegno celebrativo per il Ventennaledella Rivista dell’Arbitrato.Roma, Accademia dei Lincei, 2 dicembre 2011 (*)

Relazioni ed interventi:

Intervento di apertura

PIERO BERNARDINI (**)

Ringrazio l’Accademia dei Lincei a nome dell’AssociazioneItaliana per l’Arbitrato per l’ospitalita che ci ha voluto offrire in unasede cosı prestigiosa e il Professor Rescigno per il Suo caloroso in-dirizzo di saluto per conto dell’Accademia.

Il Convegno odierno vuole ricordare il Ventennale della Rivistadell’Arbitrato e la figura e l’opera del Professor Elio Fazzalari chedella Rivista e stato direttore sino alla sua scomparsa il 1o luglio2010. La presenza del figlio di Fazzalari, Avv. Francesco, da a que-sto ricordo un particolare significato.

Nell’inaugurare nel 1991 il primo numero della Rivista dell’Ar-bitrato Fazzalari ne indicava gli obiettivi: un periodico curato dagiuristi e rivolto specialmente — anche se non soltanto, a giuristi,teorici e pratici — volto a privilegiare i profili istituzionali dell’arbi-trato, la migliore conoscenza della sua struttura e funzione giuridica,

(*) Si pubblicano qui di seguito, secondo l’ordine dei lavori del Convegno, le rela-zioni e gli interventi svolti nel corso del medesimo, nei testi che alcuni degli Autori hannofatto pervenire alla Rivista. Per un compiuto resoconto del Convegno v. il precedente fasci-colo 1/2012, 259 s.

(**) Presidente dell’A.I.A.

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destinato, nello stesso tempo, a fornire a tutti i fruitori dell’arbitratoinformazioni utili a favorirne l’impiego.

In questi venti anni di vita la Rivista e rimasta fedele a questoimpegno programmatico, contribuendo alla diffusione della culturadell’arbitrato anche oltre i confini nazionali in quanto conosciuta edapprezzata anche in altri Paesi.

Questo stesso impegno aveva contrassegnato, sin dalla sua na-scita nel 1961, la Rassegna dell’arbitrato, di cui la Rivista racco-glieva la successione trent’anni dopo, grazie soprattutto all’ampiospettro delle sue informazioni sullo sviluppo dell’arbitrato in Italiaed all’estero, cui molto spesso si aggiungevano significativi contri-buti dottrinali.

Curata dall’Associazione Italiana per l’Arbitrato, come anche laprecedente Rassegna dell’arbitrato, la Rivista si e avvalsa in questasua lunga vita del contributo infaticabile del Segretario Generaledell’Associazione e suo direttore responsabile, dottor Mauro Fer-rante.

Il tema che abbiamo scelto per questa celebrazione, l’arbitratoe i terzi, sarebbe piaciuto a Fazzalari. Questi si era dichiarato favo-revole all’intervento del terzo in arbitrato in numerosi scritti, a par-tire da un articolo pubblicato nel 1992 dalla Rivista dell’arbitrato epoi nel commento alla legge di riforma dell’arbitrato del 1994. Latesi di Fazzalari superava la concezione secondo cui, stante la naturacontrattuale dell’arbitrato, il terzo puo intervenire solo se parte dellaconvenzione di arbitrato, per ritenere invece ammissibile tale inter-vento in determinati casi, anche a prescindere da tale condizione esenza bisogno dell’accordo delle parti originarie della convenzionearbitrale. Cio, anzitutto in ragione dell’equiparazione del lodo allasentenza del giudice in virtu dell’omologazione (ex art. 825, comma3). Ma anche, aggiungeva Fazzalari, perche quando si verta in arbi-trato rituale il processo arbitrale si svolge, quanto al terzo, come sefosse un processo innanzi al giudice, rispetto al cui esito il terzo hadiritto di tutelarsi mediante la propria partecipazione.

Ne potrebbero le parti del processo arbitrale sottrarsi al con-traddittorio con il terzo opponendogli che l’arbitrato e affar loroquando con l’arbitrato rituale esse si sono messe in grado di perve-nire all’equipollente di una sentenza giurisdizionale.

La tesi di Fazzalari, avversata da parte della dottrina, ha trovatoparziale accoglimento in Italia nel D.Lgs. n. 5/2003 relativo all’arbi-trato in materia societaria, il cui art. 35 disciplina l’intervento del

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terzo in questo tipo di arbitrato, nonche nella legge di riforma del2006 (art. 816-quinquies) che ha ammesso l’intervento volontario ola chiamata in arbitrato del terzo con il consenso delle parti e degliarbitri nonche quello ad adiuvandum del terzo che vi abbia un pro-prio interesse e quello del litisconsorte necessario anche senza l’ac-cordo delle parti e il consenso degli arbitri.

A maggior ragione la tesi di Fazzalari e valida attualmente datoche la riforma del 2006 ha equiparato, quanto agli effetti, il lodo allasentenza dell’autorita giudiziaria a prescindere dall’omologazione(art. 824-bis). Altre normative nazionali, quale quella olandese del1986 e quella belga del 1998, disciplinano l’intervento del terzo inarbitrato. Ma e soprattutto in vari regolamenti di arbitrato, recepitidalle parti nella loro convenzione arbitrale, che troviamo disciplinatol’intervento del terzo nel procedimento arbitrale, chiaro segno di unalinea di tendenza degli operatori commerciali favorevole a tale inter-vento Cosı e nel Regolamento della London Court of InternationalArbitration del 1998, in quello delle Camere svizzere del 2006, inquello della Camera arbitrale di Milano del 2010 e, da ultimo, nellarevisione del Regolamento arbitrale della CCI in vigore dal 1o gen-naio 2012.

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Vent’anni di Rivista dell’Arbitratonel ricordo di Elio Fazzalari

NICOLA PICARDI (*)

1. Premessa. — 2. Preistoria: la costituzione dell’AIA e la Rassegna dell’ar-bitrato. — 3. All’origine della Rivista dell’Arbitrato: la cultura dell’arbitrato.— 4. L’etica dell’arbitrato. — 5. L’arbitrato nell’eta della globalizzazione. —6. La riforma dell’arbitrato nell’ordinamento italiano. — 7. Conclusioni.

1. Ringrazio l’Accademia dei Lincei e l’Associazione Italianadell’arbitrato per il gradito invito ad introdurre questo convegno, as-segnandomi il tema Vent’anni di Rivista dell’Arbitrato nel ricordodel mio maestro Elio Fazzalari.

Affinche la relazione non si risolva in una mera narrazione cro-nologica di studi e contributi, mi sembra che sia necessario tentaredi inquadrare il tema dell’evoluzione storica non solo dell’arbitratoquale modello per la giusta risoluzione delle controversie civili, maanche della cultura dell’arbitrato, inteso sia come scienza, sia comeesperienza largamente vissuta, soprattutto nei nostri tempi.

Ma la trattazione storiografica dei contributi su questi temi,condensati in una rivista relativamente giovane, ci impone di risalirealla sua preistoria. Consentitemi, a questo proposito, di rivolgere unsincero ringraziamento — per le notizie fornitemi, quanto alla prei-storia della Rivista dell’Arbitrato — al dott. Mauro Ferrante, indi-menticabile Segretario generale dell’Associazione Italiana per l’Ar-bitrato (AIA), nonche alla Prof. Maria Beatrice Deli, attuale Segre-tario generale, e la sua valida equipe, per la documentazione reperita.Quanto alla storia della rivista qui in esame, il mio piu vivo ringra-ziamento non puo non andare al collega Prof. Antonio Briguglio che— per venti anni — e stato il piu stretto collaboratore di Elio Faz-zalari nella direzione della Rivista.

(*) Professore emerito nella Universita di Roma « La Sapienza ».

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2. Innanzitutto, va ricordato che la Rivista dell’arbitrato estata preceduta dalla Rassegna dell’arbitrato, Bollettino dell’Asso-ciazione Italiana per l’Arbitrato; il cui numero 1 venne pubblicatonell’agosto del 1961. La Rassegna, all’epoca, era diretta dal Profes-sore (1) Antonio Segni, nella qualita di Presidente dell’AIA (ma, al-l’epoca, Ministro degli Affari Esteri), dall’on. Pietro Campilli, vicePresidente dell’AIA (ma, all’epoca, Presidente del Consiglio Nazio-nale dell’Economia e del Lavoro), nonche dal Prof. Eugenio Minolicivilprocessualista dell’Universita di Modena ed Amministratore De-legato dell’Aja, che fungeva anche da Direttore operativo della Ras-segna.

La presenza di tre direttori, diretta emanazione dell’AIA, ciporta ad un ulteriore regressione. L’Associazione Italiana dell’Arbi-trato era stata, a sua volta, costituita il 16 ottobre 1958 (2) dal Prof.Antonio Segni, all’epoca vice presidente del Consiglio dei Ministridel gabinetto Fanfani, ed altri 36 soci fondatori, fra i quali docentiuniversitari, quali Mauro Cappelletti ed Eugenio Minoli, e grandiimprese, quale la FIAT (3) e l’IRI (4). Il Prof. Antonio Segni assunsela carica di Presidente dell’AIA e in virtu dei poteri a lui conferiti,con saggio bilanciamento fra rappresentanti della cultura giuridica edell’imprenditoria, nomino quali membri del Comitato Reggente, daun lato, i Prof.ri Francesco Santoro Passarelli ed Eugenio Minoli,nonche, dall’altro, i Prof.ri Vittorio Valletta e Giulio Vuccino, rispet-tivamente rappresentanti della FIAT e della IBM Italia. L’art. 2 delloStatuto stabilı che l’AIA si prefigge lo scopo di promuovere lo svi-luppo e l’efficiente impegno dell’arbitrato e di altri strumenti di pre-venzione e composizione di vertenze e controversie, anche mediantel’adeguamento della normativa nazionale e internazionale.

A tale scopo l’AIA si munı della Rassegna dell’Arbitrato che,pur presentata come « modesto bollettino » (5) stampato in econo-

(1) Parlo di Professore, e non di Presidente, per due ordini di motivi. Innanzitutto,perche Antonio Segni e stato, dal 1955, il mio professore di diritto processuale civile nel-l’Universita « La Sapienza » di Roma, anche se, nel corso dell’anno accademico, divennePresidente del Consiglio dei Ministri e, per tale motivo, fu costretto a limitare il numero dellesue lezioni, validamente sostituito dai suoi assistenti soprattutto Elio Fazzalari e Luigi Mon-tesano. In secondo luogo, perche ricordo a me stesso, il risalente aforisma: i Presidenti e iMinistri passano, i Professori restano.

(2) Con atto Notaio Intersimarie di Roma Rep. 33525.(3) Rappresentata dal Prof. Vittorio Valletta.(4) Rappresentata da Fausto Calabria.(5) Come dichiarato nella stessa Presentazione (in Rassegna dell’arbitrato n. 1, ago-

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mia, ha costituito un punto di riferimento per i cultori e i pratici del-l’arbitrato fornendo loro un ampio spettro di informazioni (6), allequali si sono aggiunte, non di rado, contributi dottrinari significativi.Fra l’altro, la Rassegna ha rappresentato una delle palestre utilizzatedal direttore Eugenio Minoli per la sua appassionata opera a favoredell’adesione dell’Italia alle Convenzioni di New York del 1958, peril riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, diGinevra del 1961, sull’arbitrato commerciale internazionale e diWashington del 1965, che ha istituito il tribunale arbitrale ICSID,Convenzioni che costituiscono oggi la « Magna Carta » dell’arbitratointernazionale o, forse meglio, trasnazionale. Ma su questo aspettomi limito a rinviare al recentissimo Convegno organizzato dall’AIAin ricordo di Eugenio Minoli (7).

3. Dopo trenta anni, il quinto presidente dell’AIA Prof. Giu-seppe Guarino (8) ritenne, pero, giunto il momento di un salto diqualita: dalla Rassegna alla Rivista, da una pubblicazione in econo-mia ad una pubblicazione curata da una Casa Editrice che potesseassicurare una distribuzione anche internazionale: la Casa ed. Giuf-fre. Nel 1991 nacque cosı la Rivista dell’arbitrato (d’ora in poiR.A.), affidata alla direzione unica di Elio Fazzalari.

Il primo fascicolo della R.A. si e giovato di due importanti

sto 1961). Alla presentazione seguı la pubblicazione di un documento, all’epoca, di partico-lare attualita: il testo della Convenzione di Ginevra, che era stato firmato il 21 aprile 1961,e la relativa relazione.

(6) Carattere specialistico, anche se dedicato ad un settore rilevante, era la rivistaArbitrati ed Appalti diretta dal Prof. Eugenio Cannada Bartoli e dagli Avv.ti Cervati e Sel-vaggi.

(7) Cfr. Atti del Convegno AIA dell’8 aprile 2011 in ricordo di Eugenio Minoli sultema « Globalita del commercio internazionale e varieta degli strumenti di arbitrato edADR » (in corso di pubblicazione). Alcuni saggi possono gia leggersi nella Rivista dell’Ar-bitrato (R.A.) 2011 (cfr. PICARDI, Eugenio Minoli nel centenario della nascita, 713 ss.; ID., Igrandi modelli socio culturali per la giusta risoluzione delle controversie civili internazio-nali e nazionali, 365 ss.).

(8) Ad Antonio Segni (1958-1962), successe, infatti, Pietro Campilli (1963-1974) e,successivamente, Renato Lombardi (1975-1982); Pasquale Chiomenti (1982-1987); GiuseppeGuarino (1987-1997, successivamente nominato Presidente onorario); Natalino Irti (1997-2000); Antonio Maccanico (2000-2011) e, da tale data, Piero Bernardini.

Presidenti della Corte di Arbitrato sono stati, a loro volta, Enrico Redenti (1961-1962); Luigi Oggioni (1963-1972); Antonino Papaldo (1972-1993); Riccardo Monaco (1993-2000); Giuseppe Mirabelli (2000-2005) e, da tale data, Cesare Mirabelli.

La carica di Segretari Generali e stata attribuita, infine, a Giancarlo Moro Visconti(1958-1963); Mauro Ferrante (1964-2011) e, da tale data, a Maria Beatrice Deli.

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studi introduttivi, dovuti, rispettivamente, a Elio Fazzalari e a PietroRescigno. Nel primo, dal titolo La cultura dell’arbitrato, (9) Fazza-lari, oltre a disegnare il modello della nuova rivista, ne indica gliscopi: la « ricognizione dei fondamenti dell’arbitrato e della sua col-locazione nell’esperienza giuridica », anche per « fornire informa-zioni utili a tutti i possibili fruitori dell’arbitrato » (pp. 2 e 3). Se-condo Fazzalari, sia sul piano logico che su quello storico, l’arbitratonon e soltanto il dictum dell’arbitro ma anche, e soprattutto, l’iter at-traverso il quale l’arbitro conosce e giudica, per cui « l’arbitro —egli scrive — e processo o non e » (p. 4). Conseguentemente, Faz-zalari colloca il fenomeno in esame « su di un piano astatuale » (p.5). In altri termini, l’arbitrato « non volteggia... per l’aere, ne ha bi-sogno, per esistere, di planare in un ordinamento statuale. Vi plana,in epilogo, sol quando i fruitori dell’arbitrato avvertono il bisognodella forza dello Stato » (p. 7).

Da parte sua, Pietro Rescigno (10) rileva che anche lo studiosodi diritto privato puo « contribuire, per la sua parte, alla cultura del-l’arbitrato, concorrendo a formarla e diffonderla » (p. 13). L’arbitratosi inserisce nel capitolo dell’autonomia negoziale: la pronuncia del-l’arbitro basta, di per se, come sua causa efficiente. In questa pro-spettiva, Rescigno chiarisce che il giusprivatista e indotto « a svalu-tare (e suggerisce anzi di abbandonare) l’antica contrapposizione traarbitrato rituale e arbitrato libero » (p. 16). Il che il legislatore si eben guardato dal fare, disciplinando, anzi, compiutamente l’arbitratoirrituale con l’art. 808-ter e trasformandolo, cosı, da arbitrato atipicoin arbitrato tipico.

A partire dal saggio di Rescigno, la Rivista ha successivamenteospitato tutta una serie di importanti contributi in ordine alle proble-matiche civilistiche dell’arbitrato. Basti qui ricordare lo studio sucompromesso e clausola compromissoria di Natalino Irti (11), che di-verra il sesto presidente dell’AIA, nonche i saggi di Giulio Alpa sul-l’accordo compromissorio nei contratti con i consumatori (12) e lo

(9) FAZZALARI, La cultura dell’arbitrato, in questa Rivista, 1991, 1 ss.(10) RESCIGNO, Arbitrato e autonomia contrattuale, in questa Rivista, 1991, 13 ss.(11) IRTI, Compromesso e clausola compromissoria nella nuova legge sull’arbitrato,

in questa Rivista, 1994, 651 ss.(12) ALPA, La clausola arbitrale nei contratti dei consumatori, ivi, 1997, 657 ss.; ID.,

Le clausole arbitrali nei contratti dei consumatori, ivi, 2006, 619 ss., nonche MARENGO,Clausola compromissoria e contratti dei consumatori, ivi, 2006, 57 ss.

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scritto di Giorgio De Nova ancora su arbitrato e autonomia priva-ta (13).

Tornando al primo fascicolo, va anche sottolineato che in essosono stati pubblicati anche articoli dei nuovi direttori (14) e dell’at-tuale presidente dell’AIA (15), circostanze queste che sembranopreannunciare che la gestione della Rivista proseguira nel segnodella continuita.

4. Il 18 giugno 1991, il primo numero di questa Rivista vennepoi presentato all’UNIDROIT dai Proff. Arangio Ruiz, Conso e Fal-zea; in particolare Angelo Falzea svolse uno stimolante interventosull’etica dell’arbitrato, tema che verra ripreso e sviluppato da ElioFazzalari in apertura del secondo anno della Rivista (16) ove chiari-sce che l’etica, o se si preferisce la deontologia, dell’arbitrato e unaparte essenziale della cultura dell’arbitrato. Ogni attivita delle parti edegli arbitri « e ordinata da valori etici, taluni canonizzati da norme,altri no (e, tuttavia, vitali per il retto svolgimento dell’esperienza) ».Egli quindi tratta della terzieta dell’arbitro che essa — nei diversiordinamenti — viene tutelata, disgiuntamente o congiuntamente, condiversi meccanismi, quali la possibilita di ricusare l’arbitro, l’impu-gnazione del lodo e/o l’obbligo imposto all’arbitro di dichiararequalsiasi situazione di incompatibilita, il c.d. duty to disclose (p. 3).presidiato. Si tratta di tentativi di « giuridificare » la deontologia del-l’arbitro, che, come tali, non sono comunque esaurienti. Alla base delpensiero di Fazzalari vi e la convinzione che l’agire dell’arbitro se-condo le previsioni normative e legittimita; l’agire dell’arbitro se-condo giustizia e etica. Ma non e la legal ethics del mondo anglo-sassone, oggi di moda, si tratta — a mio modo di vedere — di unritorno alla tradizione romano-canonica (17): « non ambire alla caricadi giudice, se non hai il coraggio di togliere l’ingiustizia, perche ti

(13) DE NOVA, Disciplina legale dell’arbitrato e autonomia privata, ivi, 2006, 423 ss.(14) Cfr. BRIGUGLIO, La riforma dell’arbitrato del 1983: soluzioni giurisprudenziali

ed implicazioni sistematiche, in questa Rivista, 1991, 185 ss. e GIARDINA, Continenza e con-nessione di cause fra arbitrato e giudice ordinario, ivi, 141 ss.

(15) BERNARDINI, Nuovo Regolamento Arbitrale della Camera di Commercio Interna-zionale: problemi di diritto transitorio, ivi, 131 ss.

(16) FAZZALARI, L’etica dell’arbitrato, in questa Rivista, 1992, 1 ss.(17) DALLA TORRE, Deontologia degli operatori dei tribunali ecclesiastici nel volume

dello stesso A. Sviluppi storici della deontologia forense (in corso di pubblicazione) pp.14 ss.

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lascerai influenzare dal potente, e sara questa una macchia alla tuaintegrita » (18). Si tratta di una tradizione che ha prolungamenti esviluppi anche nell’epoca moderna. Mi permetto ricordare a mestesso il napoletano Giuseppe Aurelio Di Gennaro che, in una suacelebre opera del XVIII secolo (19), sosteneva ancora che, non nellasola legge scritta, ma « in quella, che non e scritta, e la potentissimaRagione dell’Equita ».

Fazzalari passa, poi, a trattare la questione piu problematica:l’imparzialita dell’arbitro di parte. Egli conclude affermando che,quale sia il presidio dell’imparzialita, l’arbitro di parte « deve, nonmeno del giudice, essere ed apparire imparziale » (p. 4).

Al saggio di Fazzalari si ricollega la grande attenzione dellaRivista al tema della imparzialita dell’arbitro. Diversi sono stati gliscritti in proposito: oltre ad un ulteriore saggio di Elio Fazzalari (20),si ricordino i contributi di Michele Taruffo (21), di Claudio Conso-lo (22), ma anche, da ultimi, gli scritti di giovani (23) e giovanissimistudiosi (24).

5. Non e facile sintetizzare la ricchezza dei contributi pubbli-cati nel corso del ventennio in questa Rivista. Con l’approssimazioneinevitabile nel tratteggiare ogni panorama sommario e chiedendopreliminarmente scusa per le inevitabili omissioni e/o approssima-zioni, comincerei col constatare che — in attuazione del programmadisegnato da Fazzalari — un notevole rilievo e stato dato agli studistorici (25) e comparatistici (26), anche e soprattutto, con l’apporto di

(18) Ecclesiaste 7, 6.(19) DE GENNARO Dalle viziose maniere del difendere le cause nel foro, Napoli, 1748,

ristampa Bologna, 1978.(20) FAZZALARI, Ancora sulla imparzialita dell’arbitro, in questa Rivista, 1998, 1 ss.(21) TARUFFO, Note sull’imparzialita dell’arbitro di parte, ivi, 1997, 481 ss.(22) CONSOLO, La ricusazione dell’arbitro, ivi, 1998, 17 ss.; ID., Elasticita convenzio-

nale della disciplina della imparzialita dell’arbitro e nuovo art. 836 c.p.c., ivi, 2000, 437 ss.;ID., Arbitri di parte non neutrali?, ivi, 2001, 9 ss. e ID., Imparzialita degli arbitri. Ricusa-zione, ivi, 2005, 717 ss.

(23) PANZAROLA, Intorno ai rimedi per denunziare la parzialita dell’arbitro, ivi, 2010,671 ss.

(24) BERGAMINI, Ricusazione giudiziale e ricusazione « amministrata » dell’arbitro,ivi, 2010, 251 ss.

(25) Cfr. soprattutto MARRONE, Sull’arbitrato privato nell’esperienza giuridica ro-mana, ivi, 1996, 1 ss.; CIPRIANI, Le sentenze di Mortara sull’arbitrato, ivi, 1992, 651 ss.

(26) Cfr., per tutti, BROGGINI, I provvedimenti cautelari nell’arbitrato internazionale:

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un numero considerevole di autorevoli studiosi stranieri: da SergeiLebedev di Mosca (27) a Carlos Barbosa Moreira di Rio de Janei-ro (28); da Walter Habscheid di Zurigo (29) ad Enrique Vescovi diBuenos Aires (30).

Ma non si tratta soltanto di apporti meramente culturali. Fina-lita della Rivista, del resto, e anche quello di fornire — come si edetto — elementi utili agli operatori pratici. In quest’ottica, nellaR.A. e stato ampiamente trattato l’arbitrato internazionale o com-merciale internazionale o transazionale (31), dedicando, fra l’altro,grande attenzione all’arbitrato ICSID, regolato dalla citata Conven-zione di Washington del 1965, con frequenti ed approfondite anno-tazioni di decisioni, articoli e rassegne di giurisprudenza. Non menoapprofondita sono stati, poi, i rapporti fra ordinamento europeo edarbitrato (32).

All’inizio del nuovo millennio, Elio Fazzalari — sulla basedelle esperienze maturate nei primi dieci anni di direzione della Ri-vista — ha ritenuto di dover tracciare un primo consuntivo (33). Egliconstata che « la cultura dell’arbitrato e certo progredita » (p. 228)ma che, man mano, sono emersi problemi nuovi. Anticipando i no-

analogie e differenze delle soluzioni italiane e svizzere, ivi, 1991, 487 ss.; ALPA, La dualitadell’arbitrato in diritto comparato, ivi, 1991, 655 ss.; RECCHIA, Riforme legislative stranieresull’arbitrato, I, II e III, ivi, 1991, rispettivamente pp. 175 ss., 395 ss. e 663 ss.; ID., La nuovalegge sull’arbitrato e le esperienze straniere, ivi, 1994, 23 ss.; VIGORITI, La decisione arbi-trale come precedente, ivi, 1996, 33 ss., nonche, da ultimo, LUPOI, “Antisuit injunctions” earbitrato: l’esperienza inglese, ivi, 2006, 441 ss.

(27) LEBEDEV, Russia: New Laws on International Arbitration, ivi, 1993, 589 ss.(28) BARBOSA MOREIRA, La nuova legge brasiliana sull’arbitrato, ivi, 1997, 1 ss.(29) HABSCHEID, L’arbitrato internazionale in Svizzera e in Germania, ivi, 1994, 47

ss.; ID., Il nuovo diritto dell’arbitrato in Germania, ivi, 1998, 175 ss.(30) VESCOVI, El arbitraje. Un enfoque latinoamericano y del Mercosur, ivi, 1999,

199 ss.(31) Cfr., per tutti, GIARDINA, L’arbitrato internazionale, ivi, 1992, 21 ss. e LATTANZI,

Arbitrato commerciale internazionale ed impugnativa per nullita, ivi, 1991, 128 ss. Quantoall’arbitrato internazionale fra Stati v. SPERDUTI, Etude sur l’intervention dans le proces in-ternational, ivi, 1992, 407 ss.

(32) Ad iniziare dagli scritti di MONACO, Convenzione europea e arbitrato, ivi, 1991,116 ss. e di GAJA, Arbitrato e procedimento giudiziario in Stati diversi dopo la sentenza dellaCorte di giustizia nella causa Marc Rich c. Italimpianti, ivi, 1992, 417 ss. Ma successiva-mente cfr., su questi temi, BIAVATI, Pregiudiziale comunitaria e arbitrato, ivi, 1995, 421 ss.;PUNZI, Diritto comunitario e diritto nazionale dell’arbitrato, ivi, 2000, 235 ss.; RADICATI DI

BRONZOLO, Arbitro, diritto alla concorrenza, diritto comunitario e regole di procedura nazio-nali, ivi, 1999, 665 ss. e ID., L’arbitrato e la proposta di revisione del Regolamento Bruxel-les I, ivi, 2011, n. 3.

(33) FAZZALARI, L’arbitrato nell’era della « mondializzazione », ivi, 2000, 227 ss.

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stri giorni, egli sostiene che i mercati (Fazzalari preferisce parlare di« ceto mercantile ») sono ormai divenuti protagonisti della « mondia-lizzazione » o, se si preferisce, della globalizzazione (34). Ma i mer-cati operano su due piani: quello degli ordinamenti statuali e quellodell’« autonomia astatuale », cioe con regole di condotta, « a pre-scindere dal consenso dello Stato e, talora, persino in contrasto conle leggi del medesimo » (35). Si tratta di regole operanti nel territoriodi uno o piu Stati, donde la loro trasnazionalita.

Nel contesto della globalizzazione non puo non emergere l’ar-bitrato — sia esso il domestico che l’internazionale — anche « qualestrumento idoneo al consolidamento e all’attuazioni delle regolemercantili » (p. 230). Comunque, in presenza di controversie sogget-tivamente e/o oggettivamente transazionali, gli operatori economiciutilizzano per lo piu l’arbitrato commerciale internazionale, che esi-bisce un connotato « astatuale ». Il notevole incremento di questaforma di arbitrato — nota Fazzalari — non comporta, peraltro, defi-nitiva rinuncia, da parte degli operatori, all’arbitrato domestico.Quanto meno in sede di exequatur, il lodo avra bisogno dell’inter-vento dello Stato.

6. Una larga parte delle oltre sedicimila pagine della Rivistafinora pubblicate e rappresentata da pregevoli contributi ai molte-plici, complessi profili della disciplina dell’arbitrato nel nostro ordi-namento. Nell’impossibilita di esaminarli tutti in una relazione intro-duttiva, mi limitero ad accennare unicamente agli scritti dedicati allariforma dell’arbitrato.

Nel 1991 era ancora vivo ed aperto il dibattito sulla mininovelladel 1983 e, in particolare, era ancora attuale il problema della « ef-ficacia vincolante » e l’impugnabilita del lodo non omologato. Gianel primo fascicolo della Rivista Antonio Briguglio pubblico un’am-pia ed articolata relazione sul tema (36). Seguirono tre autorevoli ap-

(34) In tema cfr., per tutti, FERRARESE, Mercati e globalizzazione. Gli incerti camminidel diritto, in Pol. dir., 1998, 407 ss. ed ID., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e di-ritti fra Stati e mercati, Bologna, 2000.

(35) FAZZALARI, op. ult. cit., 228.(36) BRIGUGLIO, La riforma dell’arbitrato del 1983: soluzioni giurisprudenziali ed

implicazioni sistematiche, ivi, 1991, 185 ss. alla quale va aggiunta la nota di MARENGO, « Ef-ficacia vincolante » del lodo ex art. 823 c.p.c. e mancata omologazione per decorso del ter-mine, ivi, 1991, 97 ss.

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profondimenti (37). Alla fine del 1991, poi, Fazzalari, Giardina, Mi-rabelli e Recchia presenteranno sulla rivista il progetto governativo,elaborato con la collaborazione dell’AIA (38), progetto che porteraalla riforma organica del 1994.

Alla riforma del 1994, la rivista dedichera, poi, una particolareattenzione. La stessa annata 1994 verra aperta da un ampio studiointroduttivo del direttore (39). Seguirono tutta una serie di contributi,nello stesso anno ed in quelli successivi (40).

Successivamente, gia nel 2002 Elio Fazzalari inizio a scanda-gliare il problema dell’arbitrato nel quadro della riforma del dirittosocietario (41). Una volta emanato il D.Lgs. n. 5/2003, la R.A. ospito,poi, diversi rilevanti studi sull’arbitrato societario (42).

Particolare attenzione e stata, infine, riservata alla riforma del-l’arbitrato del 2006. La rivista ha destinato a questo argomento unintero fascicolo (43), pubblicando una serie di saggi nel seguente or-dine. Il primo saggio, dovuto alla penna del direttore, riguarda la

(37) GARBAGNATI, In tema di effıcacia negoziale di un lodo rituale non omologato, ivi,1991, 235 ss.; FAZZALARI, Effıcacia del lodo rituale non omologato, ivi, 1991, 481 ss. e MON-TELEONE, Ancora sull’effıcacia del lodo rituale, ivi, 1991, 719 ss.

(38) FAZZALARI, GIARDINA, MIRABELLI e RECCHIA, Il progetto governativo di riformadell’arbitrato, ivi, 1991, 897 ss., seguito dalla relazione e dal disegno di legge alle pp. 915 ss.

(39) FAZZALARI, La riforma dell’arbitrato, ivi, 1994, 1 ss., ma sulla storia della no-vella cfr. gia La legge di riforma dell’arbitrato, ivi, 1993, 725 ss.

(40) Cfr. RECCHIA, La nuova legge sull’arbitrato e le esperienze straniere, ivi, 1994,23 ss.; MIRABELLI, La capacita a compromettere in arbitri, ivi, 1994, 215 ss.; MONTESANO, Suilodi parziali di merito, ivi, 1994, 247 ss.; GIARDINA, La Legge n. 25 del 1994 e l’arbitratointernazionale, ivi, 1994, 257 ss.; GAJA, Sulle norme applicabili al merito secondo la nuovadisciplina dell’arbitrato internazionale, ivi, 1994, 433 ss.; IRTI, Compromesso e clausolacompromissoria, ivi, cit., 651 ss.; CARPI, Il procedimento nell’arbitrato riformato, ivi, 1994,659 ss.; LUISO, Le impugnazioni del lodo dopo la riforma, ivi, 1995, 13 ss.; CALIFANO, Il si-stema d’impugnazione dei lodi non definitivi nella nuova disciplina dell’arbitrato, ivi, 1995,36 ss.; SASSANI, L’opposizione di terzo al lodo arbitrale, ivi, 1995, 199 ss.; CECCHELLA, Il pro-cesso arbitrale, ivi, 1995, 213 ss.; LA CHINA, L’arbitrato e la riforma del sistema italiano didiritto internazionale privato, ivi, 1995, 629 ss.; RUFFINI, L’intervento nel giudizio arbitrale,ivi, 1995, 647 ss.; GAJA, L’arbitrato in materia internazionale tra la Legge n. 25/1994 e lariforma del diritto internazionale privato, ivi, 1996, 487 ss.; RASCIO, « Immodificabilita » dellodo rituale ed effıcacia esecutiva, ivi, 1997, 275 ss.; MARENGO, Lo svolgimento del processonell’arbitrato, ivi, 1997, 299 ss.; VERDE, La posizione dell’arbitro dopo la riforma, ivi, 1997,469 ss.; BRIGUGLIO, Il lodo rituale all’estero dopo la riforma del 1994, ivi, 1997, 683 ss.

(41) FAZZALARI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, ivi, 2002, 443 ss.(42) BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, ivi, 2003, 27 ss.; MARONGIU

BONAIUTI, L’arbitrabilita delle controversie nella riforma del diritto societario, tra arbitratointerno e arbitrato internazionale, ivi, 2003, 51 ss.; GIARDINA, L’ambito di applicazione dellanuova disciplina dell’arbitrato societario, ivi, 2003, 233 ss. e CARPI, Profili dell’arbitrato inmateria di societa, ivi, 2003, 411 ss.

(43) Ci si riferisce al fascicolo 4 del 2005, ma pubblicato nel 2006.

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questione di legittimita costituzionale dell’art. 824-bis c.p.c. (44); ilsecondo, di Giovanni Verde, concerne l’arbitrato irrituale (45); ilterzo, a firma di Antonio Briguglio, l’arbitrato internazionale (46).Seguono otto studi concernenti singoli aspetti dell’arbitrato ritua-le (47).

7. In definitiva, la Rivista dell’arbitrato ha avuto nel Profes-sore Elio Fazzalari — suo ideatore, fondatore e direttore — l’inequi-vocabile punto di riferimento. Egli ha dissodato un terreno, all’ori-gine, ancora poco esplorato, ha suscitato dibattiti, ha sostenuto ricer-che proprie ed altrui. Questo foglio e oggi il piu autorevole stru-mento editoriale del settore; ha assunto una dimensione internazio-nale e, nella classificazione tassonomica delle riviste, gli e stata rico-nosciuta — per usare una espressione alla moda — la triplice A.

Elio Fazzalari e riuscito a formare una comunita di studi sul-l’arbitrato. Ha avanzato circondato da colleghi ed allievi. Sono oggisoprattutto i giovani che cominciano ad interrogarsi in ordine ai pro-blemi che egli ha posto. Parafrasando liberamente George Duby (48),direi: Elio Fazzalari si e fermato; la ricerca sull’arbitrato continua.

Ai nuovi direttori Elio lascia, quindi, uno strumento editoriale,geloso del suo passato, ma proiettato verso il futuro. Soprattutto aloro: buon lavoro!

The origins of the Rivista dell’arbitrato go back to August 1961 when issuenumber 1 of the journal, then Rassegna dell’arbitrato, came out. The author tracesthe history of the Rivista over its life of more than 50 years and, in particular, paystribute to the contribution of Elio Fazzalari who was at its helm for the last 20 ofthose years.

It is not possible to summarise in a few words the article dedicated to ElioFazzalari without doing injustice to it, so we have instead provided a free Englishtranslation of the concluding paragraph 7 of the article:

“Professor Fazzalari was the creator, founder and director of the Rivista and

(44) FAZZALARI, Questione di legittimita costituzionale, ivi, 2005, 661 ss.(45) VERDE, Arbitrato irrituale, ivi, 665 ss.(46) BRIGUGLIO, La dimensione transazionale dell’arbitrato, ivi, 679 ss.(47) RUFFINI, Patto compromissorio, 711 ss.; CONSOLO, Imparzialita degli arbitri. Ri-

cusazione, cit., 727 ss.; AULETTA, Arbitri e responsabilita civile, 745 ss.; LUISO, Rapporti fraarbitro e giudice, 773 ss.; MARENGO, Processo arbitrale, 793 ss.; PUNZI, « Effıcacia di sen-tenza » del lodo, 819 ss. e BOVE, Arbitro nelle controversie di lavoro, 879 ss.

(48) DUBY, L’histoire continue, Ed. Odile Jacob, 1991.

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was its unequivocal reference point. He pioneered the field, provoking wide-spreadand in-depth debate and actively carrying out his own research and encouragingthat of others. The Rivista is today the most authoritative journal in its sector andhas also taken on international dimensions, receiving — to use an expression whichis in vogue — a triple A rating.

Elio Fazzalari succeeded in drawing together a community of arbitrationscholars. He has left us an authoritative and precious editorial resource, which isboth jealous of its past and projected towards its future. Above all, to its new edi-tors, our best wishes: buon lavoro!”.

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I terzi e la convenzione arbitrale -Intervento introduttivo

PIETRO RESCIGNO (*)

Nella prima delle tre sessioni in cui e stata distribuita la tratta-zione del tema « Arbitrato e terzi » (con riguardo alla convenzione,al procedimento, al lodo) vengono in evidenza le concezioni chedell’arbitrato la dottrina privatistica prospetta con apprezzabile coe-renza, mediante concetti e strumenti che le sono abituali, anzi fami-liari. Sul primo tema, come e agevole comprendere, il giusprivatistapuo inserirsi per svolgere qualche breve riflessione; talune elemen-tari considerazioni erano in parte consegnate allo scritto che la bene-volenza di Picardi ha ricordato e che apparve nel primo numero dellaRivista: un motivo ulteriore di particolare, commosso ricordo dellalontana stagione che ci vide collaboratori del periodico a fianco diElio Fazzalari.

I momenti del procedimento e del lodo sono fasi successive allamanifestazione di autonomia negoziale racchiusa nella convenzione.Su gli esiti dell’autonomia privata che ha dato vita alla proceduras’imprime il sigillo dell’autorita dello Stato, attraverso meccanismiquali l’omologazione, il deposito e tutti gli strumenti di cui i vari si-stemi positivi in concreto si avvalgono. Sul procedimento e sul lodovisti come risultato finale dell’attivita privata, quindi rivestita del-l’autorita della sentenza, e in specie su intervento di terzi e opposi-zione alla pronuncia — se ne e fatta menzione nel disegno tracciatodall’intervento iniziale di Piero Bernardini — ci intratterranno i re-latori delle due sessioni successive. La prima parte, riguardante laconvenzione, ci riporta al tema classico, consueto per l’elaborazionedel privatista, dell’autonomia negoziale.

Anche il compromettere per arbitri controversie, e cioe que-stioni insorte nell’ambito di diritti disponibili (di cui i privati in con-

(*) Professore emerito nella Universita di Roma « La Sapienza ».

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creto anche attraverso l’arbitrato dispongono), riconduce al tema del-l’autonomia contrattuale, o meglio negoziale se vogliamo usare untermine che ci ricorda come non e soltanto il contratto a confluirenella serie infinita degli atti che costituiscono l’esperienza del dirittovivente. Autonomia negoziale significa innanzitutto cio che e rias-sunto nella norma positiva (art. 1322 c.c.) che all’autonomia contrat-tuale si riferisce, dove vengono individuate, delle tante forme in cuiessa si esplica, la liberta del contenuto e la liberta dei tipi. Gia la li-berta dei tipi testualmente enunciata e tema che interessa lo studiosodell’arbitrato; se ne faceva spesso menzione con riguardo all’arbi-trato irrituale, oggi assurto a una sorta di dignita propria del “tipo”legislativo, dopo essere stato gia in passato un “tipo” socialmente ri-levante.

Anche la liberta di compromettere, come dicevo, va compresanella nozione ampia dell’autonomia, secondo il significato propriodell’espressione. La norma citata e la sola in cui, sia pure nel titoloe non anche nel testo (e dunque estraneo al contenuto precettivo, perchi ritiene puramente descrittiva l’epigrafe di una disposizione legi-slativa), il termine “autonomia” ricorre, parola d’altro canto destinataad arricchirsi col rinvio ad altri fondamentali aspetti della liberta ne-goziale dei privati — la forma, gli elementi accidentali, la combina-zione di piu contratti, la stessa compromettibilita per arbitri di que-stioni su diritti disponibili —, al di la del ristretto significato nelquale la intende, se alla rubrica della norma ci si ferma, il nostro le-gislatore. Ma il vero senso dell’autonomia, che traduce poi in con-cetto giuridico cio che letteralmente la parola esprime, deve cogliersiin un’altra norma, quella che con formula enfatica dichiara che « ilcontratto ha forza di legge tra le parti » (art. 1372).

L’enunciato per certo puo servire se nell’ordinamento dei pri-vati e nelle singole regole che i privati si danno attraverso gli speci-fici contratti conclusi nella vita di relazione si e inclini a delineare lacomplessa realta che ne risulta nella prospettiva della pluralita degliordinamenti giuridici. Il senso preciso e puntuale, tecnicamente e ri-gorosamente discendente dalla previsione normativa, e tuttavia piusemplice: per il contratto, in ragione della forza di legge tra le parti,si esprime il principio della immunita delle sfere dei terzi rispettoalla regola contrattuale.

Il contratto non puo toccare le sfere giuridiche altrui, ne procu-randone un accrescimento, ne con l’intento di realizzarne una dimi-nuzione. Quindi il sistema richiede, rispetto al contratto che tocchi la

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sfera giuridica di terzi, una necessaria attivita del terzo, a volte di ri-fiuto dell’atto invasivo (si pensi, coma a figure esemplari, alla rinun-cia al legato o alla remissione del debito ricusata dall’obbligato), al-tre volte attivita positive quali l’approvazione mediante meccanismicome la ratifica (si pensi all’attivita del falso rappresentante), o unaesplicita accettazione (come dell’eletto nel contratto per persona danominare), o una dichiarazione di voler profittare (ed e lo schema delcontratto a favore di terzo). Sono nozioni elementari, ma convieneinsistere sul senso autentico della forza di legge che il contratto di-spiega, da tradurre nel principio di relativita della regola contrattualeper cio che concerne la sfera dei terzi.

Il discorso che ci interessa rispetto all’arbitrato riguarda le fi-gure in cui puo non aversi coincidenza tra i soggetti della conven-zione e i soggetti del procedimento arbitrale. Di questi istituti avevotentato un breve inventario nel mio saggio; in uno scambio di opi-nioni che la cortesia di Giorgio De Nova mi ha accordato ho trovatoconferma che a quelle figure egli dedichera il suo esame in una re-lazione che sara tecnicamente elaborata, e non limitata ad un elencodisordinato come il mio attuale. Nelle figure menzionate si verificauna vicenda modificativa del rapporto nato dal contratto: attraversoun meccanismo sostitutivo divengono soggetti del rapporto personediverse dai soggetti della stipulazione da cui il rapporto e derivato. Ilsistema consente, e in sede interpretativa deve assecondarsi, il pas-saggio della clausola compromissoria in una sfera giuridica altrui.

Siamo dunque in presenza di ipotesi di stipulazione tra deter-minati soggetti, ma con efficacia eventuale per terzi. La mancanza dieffetto per il terzo, e di una efficacia divisata dalle parti della stipu-lazione, riconduce la regola negoziale nell’ambito suo naturale del-l’efficacia per gli stipulanti: cosı nel contratto per persona da nomi-nare se non vi era una precedente investitura data dal terzo o la suasuccessiva accettazione. La norma, col parlare di parti originarie, usaun termine criticabile, perche non vi e una vicenda di tipo successo-rio in favore del soggetto eletto, se l’elezione si verifica con positivaefficacia.

Accanto al contratto a favore di terzo, che produce effetto trapromittente e stipulante se il terzo non dichiara di voler profittare,alla ratifica dell’attivita rappresentativa senza potere, al contratto proeligenda persona, conviene menzionare altresı la cessione del con-tratto, una vicenda modificativa che tocca nel suo complesso la po-sizione derivante dal contratto con prestazioni corrispettive non an-

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cora eseguite: anche per essa va ribadita la convinzione che la clau-sola compromissoria si trasferisca col contratto a cui accede.

L’elaborazione di dottrina e giurisprudenza ha staccato, del re-sto, la clausola, riconoscendole piena indipendenza dal contesto incui si inserisce e quindi attribuendole l’autonomia funzionale che neassicura una validita che persiste al di la delle vicende che toccanol’intero contratto a cui inerisce, mentre dal punto di vista strutturaleessa continua a far corpo con il contratto in cui e inserita. Mi sem-bra che si possa istituire un’analogia — pur se le aree sono diversee distanti — con le disposizioni testamentarie: il linguaggio del co-dice civile insiste su una considerazione analitica dei singoli fram-menti in cui si risolve il testamento, ma le disposizioni poi riflui-scono nel disegno generale dell’atto, soprattutto con riguardo anorme specifiche. Si pensi all’indagine circa l’erroneita o l’illiceitadel motivo, ricerca che non puo essere ristretta alla singola clausolae deve invece ricostruire sentimenti, desideri, aspettative consegnateal complessivo disegno dell’intera volonta testamentaria.

Altri temi suscita il discorso dell’arbitrato e dei terzi con ri-guardo al momento della convenzione: temi ancora piu impegnativie per i quali la propensione a una risposta negativa o perplessa trovagiustificazione. Si consideri la possibilita che la clausola compromis-soria stipulata nel contratto della societa madre, o holding in sensotecnico, o di una societa del gruppo sia invocata da o contro un’al-tra societa del gruppo. Cio significa riprodurre su un terreno partico-lare il tema della forma e della realta della persona giuridica, e cioedi una scoperta degli interessi sostanziali che sono al di la delloschermo dell’ente, e quindi di un uso dell’arbitrato al di la della sferadei soggetti della stipulazione sulla base del principio di apparenzache ha una controversa storia per cio che riguarda i principi generalidell’ordinamento giuridico, nell’ambito dei quali si e spesso inclini acollocarla.

Il tema che da ultimo va segnalato dal privatista, in un elencoche rimane incompleto, e il contratto aperto, secondo una terminolo-gia che ancora una volta e consegnata dal legislatore all’epigrafe in-vece che al contenuto precettivo della norma. E il contratto in cui eelemento naturale la possibilita di successive adesioni, cosı verifi-candosi una partecipazione al rapporto arricchito rispetto all’origina-ria stipulazione. Che la clausola compromissoria, soprattutto per cioche riguarda la soluzione delle dispute interne o dei conflitti d’inte-ressi tra socio e gruppo, sia affidata a un meccanismo di tipo arbi-

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trale, e che questo s’imponga senza necessita di una specifica ade-sione o conferma, e tesi da approvare, in primo luogo per una ra-gione che attiene al tipo e alla finalita dei contratti in parola, e cioela necessita che chi aderisce a un gruppo e quindi fara parte dellaformazione collettiva venga trattato nella stessa maniera degli altri.Percio, se regola per tutti coloro che vi appartengono e la soluzionearbitrale dei conflitti, questa non puo essere contraddetta, ne si puochiedere una specifica adesione da chi, attraverso l’ingresso nel con-tratto aperto, ha inteso far parte del gruppo.

Credo siano questi, ora soltanto accennati, i temi che il privati-sta e indotto a ripensare circa l’arbitrato e i terzi; nelle relazioni diDe Nova e Mayer riceveranno una trattazione all’altezza del rilievoteorico e pratico che rivestono.

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I terzi e la convenzione arbitrale

GIORGIO DE NOVA (*)

1. Due premesse. — 2. La soluzione convenzionale. — 3. La verifica dellaeffettiva ricorrenza dello schema. — 4. In conclusione.

1. La prima premessa e la seguente.Chi si occupa del tema a me affidato, lo denomina in vario

modo. Alcuni parlano di « limiti soggettivi della convenzione arbi-trale », altri parlano di « trasmissione della clausola arbitrale » (o di« trasferimento », o di « circolazione »), altri di « estensione a terzidella convenzione arbitrale », altri ancora di « joining non signato-ries ».

Sotto i vari nomi si nascondono almeno tre problemi distinti:primo quesito e se la convenzione arbitrale con A vincoli B o inveceC (dunque un problema di identificazione), secondo quesito e se laconvenzione arbitrale tra A e B veda ora come parte non piu B, bensıC (dunque un problema di sostituzione); terzo quesito e se la con-venzione tra A e B veda come parte, oltre a B, anche C (dunque unproblema di addizione).

La seconda premessa riguarda il modo con cui il tema suoleessere affrontato a casa nostra.

Sul presupposto che la questione debba essere risolta sulla basedel diritto italiano, quale legge applicabile al contratto cui accede laconvenzione di arbitrato, il tema suole essere affrontato nei terminiche seguono.

Per un verso si muove dalla struttura del contratto cui accede laconvenzione di arbitrato, o dal tipo di vicenda che lo riguarda. E cosıci si chiede se la convenzione di arbitrato vincola il terzo beneficia-rio nel contratto a favore di terzo, se l’electus si sostituisce nella

(*) Professore ordinario nella Universita Statale di Milano.

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convenzione arbitrale alla parte che ha stipulato il contratto per per-sona da nominare, se il cessionario del contratto sia vincolato allaconvenzione di arbitrato.

Per altro verso, chiarito che l’autonomia della convenzione diarbitrato (intesa come autonoma valutazione della sua validita) etema estraneo alla discussione, si da preminente rilevanza da talunialla accessorieta della convenzione arbitrale, da altri alla necessitache la convenzione di arbitrato sia retta da una specifica volonta.

Nell’un caso come nell’altro si ragiona per schemi, deducendola soluzione o dalla natura del contratto o dalla natura della conven-zione di arbitrato.

A me pare opportuno affrontare il tema in altro modo.

2. Vediamo cosa potrebbero fare le parti, se affrontasseroapertamente il problema.

Se B vuole cedere a C un contratto che ha stipulato con A,contratto cui accede una convenzione arbitrale, potrebbe cedere ilcontratto, e non invece la convenzione arbitrale?

La mia risposta e affermativa.B presenta C ad A, gli dice che C intende rendersi cessionario

del contratto, ma non ama gli arbitrati.A puo dire: allora non se ne fa nulla, ci vuole il mio consenso

e non se ne fa nulla.Ma puo dire: va bene, la convenzione arbitrale continua a rego-

lare le controversie relative al periodo in cui mia controparte seistato tu A, e invece per le controversie relative al rapporto con C, adecidere sara il giudice ordinario.

Cosı come si puo avere una cessione parziale di un contratto,certo si puo avere una cessione del contratto e non della convenzionearbitrale.

La espressa soluzione convenzionale del problema puo dare in-dicazioni anche nel silenzio delle parti.

3. Seconda considerazione e che, prima di dedurre dalla pre-senza di un dato schema contrattuale la conseguenza in tema di vin-colativita della convenzione di arbitrato, occorre verificare con atten-zione se davvero si sia in presenza di quello schema.

Considerazione che puo apparire troppo ovvia, ma forse uncaso di specie puo giustificarla.

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Tra i contratti che piu spesso danno vita ad arbitrato, perche diregola contengono una convenzione di arbitrato, e di frequente fannosorgere controversie, vi e certo il contratto di cessione di partecipa-zioni sociali qualificate, il c.d. Sale and Purchase Agreement, o SPA.

L’SPA prevede una sequenza: tra l’SPA medesimo, in cui il Sel-ler e il Buyer concordano le regole del gioco, e il Closing, momentoin cui si trasferiscono le partecipazioni e si paga, in tutto o in parte,il prezzo. Fasi distinte, e spesso fasi distanti nel tempo anche dimesi, perche prima del Closing occorre che si verifichino determi-nate circostanze.

Bene, non di rado nell’SPA si prevede che il Buyer possa desi-gnare una propria controllata (spesso, una societa che sara costituitaallo scopo prima del Closing) quale acquirente delle partecipazioninella Target.

Supponiamo che cosı sia, e che il Buyer, dopo aver sottoscrittol’SPA e la relativa clausola compromissoria, costituisca la Societa fi-glia e la designi per il Closing, che il Closing abbia luogo, e che nel-l’atto di Closing si richiami la clausola compromissoria dell’SPA.

Accade che la Societa figlia non paghi il prezzo residuo, cheera previsto dovesse essere pagato dopo il Closing.

Si pone il problema se il Seller possa promuovere l’arbitratonon solo nei confronti della Societa figlia, ma anche della Societamadre.

Se si dovesse qualificare la vicenda descritta come contratto perpersona da nominare si dovrebbe ragionare come segue: la Societafiglia (l’eletto) diventa titolare dei diritti e degli obblighi diretta-mente in virtu del contratto (1) ed a lui fa capo direttamente anche laclausola compromissoria dell’SPA (2) (sicche il richiamo dell’atto diclosing sottoscritto dalla Societa figlia e superfluo). Se la dichiara-zione di nomina e fatta validamente nel termine e l’eletto (la societafiglia) la parte e non vi e spazio per lo stipulante (la societa ma-dre) (3).

(1) RESCIGNO, Arbitrato e autonomia contrattuale, in questa Rivista, 1991, 29.(2) BENATTI, Sulla circolazione della clausola compromissoria, in Riv. dir. priv.,

1999, 16.(3) Consacra questo principio la nostra Corte di Cassazione, che statuisce: « nel

contratto per persona da nominare, soltanto a seguito dell’esercizio del potere di nomina ilterzo subentra nel contratto e, prendendo il posto della parte originaria, acquista i diritti edassume gli obblighi correlativi nei rapporti con l’altro contraente, con effetto retroattivo, do-

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Ma vi e da chiedersi se la qualificazione della vicenda in ter-mini di contratto per persona da nominare — e dunque la conclu-sione, ai fini che qui interessano, che soltanto la Societa figlia e le-gittimata passiva nell’arbitrato promosso dal Seller — sia corretta.

Vi e da chiedersi cioe, se, con la designazione della Societa fi-glia per il closing, la societa madre esce di scena.

In alcuni contratti di SPA il problema viene espressamente af-frontato, e si precisa da un lato che « the Buyer may designate oneor more Person(s) to become a Party to this Agreement and to pur-chase and pay for the Shares », e dall’altro che « the Buyer will bejointly and severally liable with any Person(s) designated pursuantto Section 2.4 in respect of the punctual and exact performance bysuch Person(s) of the duties and obligations arising under or in con-nection with this Agreement ».

Qui la volonta delle parti di evitare che la Societa madre escadi scena e evidente: sul piano dell’arbitrato sara necessario soltantoprevedere che Societa madre e Societa figlia costituiscono un’unicaparte.

Nel silenzio del contratto, deve rendere avvertito l’interprete lacircostanza che l’SPA e un contratto costituito sulla base dei principidella common law, anche se ad esso si applica il diritto italiano, eche « nei sistemi di common law non e stata elaborata una figuraimmediatamente corrispondente al contratto per persona da nomi-nare conosciuto nel diritto italiano » (4). E se si considera la casi-stica che riguarda l’agent che stipula un contratto per un undisclosedprincipal anche a seguito dell’identificazione di quest’ultimo l’agentpotra essere tenuto in solido con il principal (5).

Ci troviamo qui di fronte ai problemi che pone un contrattopensato sulla base del diritto anglo americano, cui si applica tuttaviail diritto italiano: prima di sovrapporre gli schemi propri del nostrodiritto (pur se costituisce la legge applicabile), e concludere nelsenso della sostituzione della Societa figlia alla Societa madre (odella identificazione della parte ab origine nella Societa figlia), e nondell’addizione, occorre cautela.

vendo, quindi, considerarsi fin dall’origine unica parte contraente contrapposta al promit-tente » (Cass. civ., Sez. II, 30 ottobre 2009, n. 23066).

(4) GRAZIADEI, Contratto per persona da nominare in diritto comparato, in Dig. civ.,IV, 269.

(5) GRAZIADEI, op. cit.

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4. Nell’esaminare il problema occorre innanzitutto verificarese esso sia stato affrontato dalle parti, e se non lo e stato in modoespresso, verificare se si possa accertare una volonta implicita delleparti nel senso della sostituzione o piuttosto della addizione.

The author deals with the complex issue of the possible extension of an ar-bitration clause to third parties who were not signatories to the underlying agree-ment.

The issue can give rise to different possible legal solutions depending on thefacts: the identification of the actual parties to an agreement, the possible substi-tution of a party to an agreement, the possible addition of a party to an agreement.

Under Italian law, the structure of the agreement containing an arbitrationclause is critical to establishing the binding effect of the arbitration clause on athird party. To cite an example, an agreement entered into in favour of a third partyis eloquent and the author analyses the Share Purchase Agreement (SPA) in com-pany acquisitions. An SPA often provides that, upon closing, the buyer may causeanother party, such as a fully-owned subsidiary to be set up in the country of thetarget, to acquire the shares. In this situation, an issue arises as to whether the ori-ginal buyer will remain bound by the arbitration clause when, at closing, the sub-sidiary proceeds with the purchase of the shares. If the parties do not expressly orimplicitly clarify the position in the agreement, then different results may arise indifferent jurisdictions as to the binding effect of the arbitration clause: under An-glo-American law, the subsidiary would normally be added as a party, whereas inItalian law, absent the parties’ express or implied intention, there will be the sub-stitution of the original buyer with the subsidiary. This will give rise to uncertaintyas to whether the arbitration clause is binding on both the original buyer and thesubsidiary or only on one of them, in the event of any dispute subsequently arising.

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I terzi ed il procedimento arbitralenella prospettiva internazionale

PAOLO MICHELE PATOCCHI (*) - PAOLO MARZOLINI (**)

I. Premessa: oggetto dell’articolo, definizione dei terzi rispetto al procedi-mento arbitrale. — II. L’intervento e la chiamata del terzo nelle leggi arbi-trali. — III. L’intervento e la chiamata del terzo nei regolamenti arbitrali. —IV. Alcuni problemi legati alla costituzione del tribunale arbitrale in caso diintervento o chiamata del terzo. — V. Conclusioni.

I. 1. Il contenuto del presente scritto e confinato alla tratta-zione dei temi di natura processuale afferenti alla partecipazione deiterzi al procedimento arbitrale. Non verranno pertanto in questa sedeanalizzati quegli aspetti che invece piu prettamente attengano a va-lutazioni di carattere strettamente contrattuale quali, ad esempio, letecniche utilizzate dalla giurisprudenza e dalla dottrina non italianeai fini di delimitare i confini ratione personae della convenzione ar-bitrale (1).

2. Si procedera pertanto a concentrare l’analisi, da una parte,sulle disposizioni in tema di partecipazione al giudizio arbitrale adopera dei terzi contenute in alcune leggi arbitrali estere e, dall’altraparte, su norme aventi il medesimo oggetto contenute in regolamentid’arbitrato quali il Regolamento CCI nella propria versione recente-

(*) Avvocato del foro di Ginevra.(**) Avvocato del foro di Pavia e Ginevra.(1) L’esclusione delle questioni cc.dd. contrattuali porta poi anche ad escludere il

tema ampiamente dibattuto in ambito internazionale sia in sede giurisprudenziale che dottri-nale dell’applicazione della convenzione d’arbitrato a soggetti che non siano parte del con-tratto contenente la convenzione d’arbitrato medesima e che, ciononostante, siano stati coin-volti nel giudizio in ragione dei titoli piu vari quali la qualita di controllante rispetto ad unaparte firmataria dell’accordo arbitrale, il ruolo avuto nella trattativa che ha preceduto la sti-pula del contratto di cui e causa ovvero il ruolo giocato nell’adempimento o inadempimentodel contratto medesimo, ecc. Tali sono casi per i quali il diritto svizzero a buon titolo puodirsi discostarsi sensibilmente da quello italiano, avendo, almeno in linea di principio, un ap-proccio maggiormente possibilista.

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mente riformata in vigore dal 1o gennaio 2012, il Regolamento UN-CITRAL (versione 2010), il Regolamento svizzero in vigore dal 1o

giugno 2012, il Regolamento della Camera Arbitrale di Milano (ver-sione 2010) e, infine, il Regolamento della London Court of Interna-tional Arbitration (« LCIA ») (versione 1998).

3. Da un punto di vista processuale, il terzo e qualunque sog-getto — sia esso persona fisica o giuridica — che non sia parte del-l’arbitrato in qualita di attore ovvero convenuto nel momento in cuiil procedimento arbitrale abbia inizio (2). A tale riguardo, e innega-bile che spetti principalmente a parte attrice delimitare i confini delgiudizio citando nell’atto introduttivo del medesimo giudizio queisoggetti nei cui confronti essa intenda promuovere le proprie ragionie rivolgere le proprie domande. Tradizionalmente dunque e l’attoreil soggetto deputato ad attribuire in prima istanza la qualifica di parte

(2) Vedasi gia il commentario di POUDRET sub art. 28 del Concordato intercantonalesvizzero del 1969, in POUDRET - LALIVE - REYMOND, Le droit de l’arbitrage interne et interna-tional en Suisse, Losanna, 1989, 151 paragrafo 1.1, secondo il quale le norme sull’interventovolontario e la chiamata del terzo non sarebbero applicabili al caso di pluralita di parti in ge-nerale e al litisconsorzio in particolare, ma invece lo sarebbero a tutti i casi in cui un terzodiventi parte, come ad esempio nel caso di sostituzione in virtu di un accordo, ad esclusionetuttavia del caso di successione (si veda DTF 102 Ia 574, c. 8.a.) in quanto non ci sarebbein tal caso vero e proprio mutamento di una parte.

In caso di litisconsorzio necessario allorquando non tutti i litisconsorti siano parti delgiudizio, il diritto svizzero prescrive che l’azione vada respinta nel merito (JEANDIN sub art.70 c.p.c. svizzero, in BOHNET - HALDY - JEANDIN - SCHWEIZER - TAPPY, Code de procedure ci-vile commente, Basilea, 2011, 232 paragrafo 18; HOHL, Procedure civile, Tome I, p. 108 pa-ragrafo 507; RUGGLE sub art. 70 c.p.c. svizzero, in SPUHLER - TENCHIO - INFANGER (curatori),Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, Basilea, 2010, 394 paragrafo 21,395 paragrafo 23) poiche l’assenza di un litisconsorte necessario priva gli altri della facoltadi agire. La pronuncia ora menzionata, tuttavia, non sara suscettibile di avere efficacia di giu-dicato (RUGGLE sub art. 70 c.p.c. svizzero, in SPUHLER - TENCHIO - INFANGER (curatori), BaslerKommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, Basilea, 2010, 394 paragrafo 21, 395 para-grafo 23) e dunque essa non fara ostacolo alla eventuale reintroduzione della azione questavolta con la partecipazione dei litisconsorti. Secondo la dottrina svizzera maggioritaria nonsussisterebbe alcun potere in capo al giudice per l’integrazione del contraddittorio avverso glieventuali litisconsorti pretermessi una volta che l’azione sia stata introdotta (contra TREZZINI

sub art. 70 c.p.c. svizzero, in COCCHI - TREZZINI - BERNASCONI, Commentario al Codice di di-ritto processuale civile svizzero, Lugano, 2011, 265-266, il quale peraltro parla di (mera)inammissibilita dell’azione, nel caso in cui il contraddittorio non sia stato instaurato nei con-fronti di tutte le parti necessarie del giudizio).

In diritto italiano l’approccio e differente in quanto e, in linea di principio, ammessoche un giudizio possa essere introdotto senza la presenza di tutte le parti « necessarie ». Unodei metodi per rimediare a tale vizio processuale in corso di causa e, tra gli altri, propriol’intervento ovvero la chiamata del litisconsorte necessario pretermesso (si veda in meritol’art. 816-quinquies, comma 2 c.p.c. italiano, il quale fa espresso riferimento al fatto chel’intervento del litisconsorte necessario e « sempre ammesso »).

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(del processo) ad altri soggetti; alla luce di questo presupposto i terzisaranno appunto tutti coloro che non siano stati individuati come« parti » dall’attore stesso nel momento dell’instaurazione del proce-dimento arbitrale.

4. Cio detto, e pur vero che sono note in procedura civile unapluralita di forme di intervento ovvero chiamate in causa; in questasede, tuttavia, ci si riferira esclusivamente a quelle situazioni nellequali il terzo interveniente intenda svolgere domande nei confrontidelle parti originarie dell’arbitrato ovvero casi nei quali queste ul-time intendano ottenere la partecipazione del terzo in quanto inten-zionate a svolgere domande nei confronti di questi. Sono pertantoescluse dall’odierna trattazione forme di intervento ad adiuvandumquali l’intervento adesivo dipendente di cui all’art. 105 c.p.c. italianonelle quali il terzo si limiti a sostenere le ragioni di una delle partidel processo senza peraltro svolgere domande autonome.

5. In ragione di quanto appena detto, va infine precisato che ilpresente scritto non trattera di quei casi per i quali siano, sin dalprincipio del giudizio, coinvolte una pluralita di parti in qualita diattori ovvero di convenuti (tali casi sono, ad esempio, disciplinatidall’art. 816-quater c.p.c. italiano). Situazioni, quelle appena de-scritte, che evidentemente esulano dal tema oggetto di trattazione.

II. (3) (4) 6. L’intervento e la chiamata del terzo sono oggettodi disposizioni legislative in Italia (5), in Svizzera (6) (ove una norma

(3) Intervention in inglese.(4) Joinder in inglese.(5) Art. 816-quinquies c.p.c. italiano.(6) Art. 376, comma 3, c.p.c. svizzero il quale statuisce che: « [l]’intervention et

l’appel en cause d’un tiers doivent etre prevus par une convention d’arbitrage entre le tierset les parties en litige [...] »; tale formulazione, se presa alla lettera, e piuttosto infelice inquanto maggiormente restrittiva di quella utilizzata dall’art. 28 dell’ormai abrogato Concor-dato intercantonale il quale disciplinava l’arbitrato nazionale prima dell’entrata in vigore delcodice di procedura civile federale. L’art. 28 ora menzionato infatti disponeva che « [l]’inter-vention et l’appel en cause d’un tiers ne peuvent resulter que d’une convention d’arbitrageentre le tiers et les parties en litige ». Il testo in lingua tedesca dell’art. 376, comma 3 qui inparola poi prevede testualmente che l’esistenza di una convenzione d’arbitrato tra il terzo ele parti originarie del giudizio sia da considerare semplicemente come un requisito dell’in-tervento del terzo stesso (« die Intervention und der Beitritt [...] setzen eine Schieds-vereinbarung [...] voraus ») e dunque pare esprimere la volonta del legislatore in maniera piuadeguata. Alcuni commentatori di lingua francese, esigendo che la convenzione d’arbitrato« preveda » l’intervento o la chiamata del terzo, non prestano sufficiente attenzione al tenoredella disposizione in lingua tedesca e italiana (si veda, ad esempio, SCHWEIZER sub art. 376

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espressa in tema di arbitrato nazionale e contenuta nel Codice diprocedura civile federale in vigore dal 1o gennaio 2011), in Olan-da (7) e in Belgio (8). Non esistono di contro disposizioni che trattinodi intervento e chiamata dei terzi nella Legge modello UNCITRALe in quegli ordinamenti che, pur recependo tale normativa, non ab-biano ritenuto di colmare la detta lacuna (si veda, ad esempio, lalegge tedesca).

7. I requisiti legali. — Le leggi passate in rassegna che ammet-tono l’intervento e la chiamata del terzo pongono, in sostanza, trecondizioni affinche la detta partecipazione all’arbitrato possa valida-mente compiersi.

8. Innanzitutto e necessario che sussista un’istanza ad opera delsoggetto interveniente ovvero che una delle parti originarie presentiuna richiesta finalizzata a chiamare in causa un terzo; secondaria-mente, sara necessario un accordo tra le parti originarie e il terzononche (eventualmente) anche del tribunale arbitrale; infine sara ne-cessario che sia rispettato il principio del contraddittorio tra le parti(da intendersi qui come le parti originarie del giudizio) e i terzi.

9. Non si ritiene in questa sede di soffermarsi particolarmentesul primo dei requisiti sopra enunciati ossia la necessaria presenza diun’istanza del terzo interveniente ovvero la richiesta di una parteoriginaria affinche il terzo diventi a tutti gli effetti parte del giudizio,in quanto tale aspetto non pare presentare particolari risvolti proble-matici (9). Parimenti non si approfondira l’ultimo requisito sopraenunciato ossia la necessita che il contraddittorio tra le parti e i terzivenga scrupolosamente osservato e cio non solo una volta che ilterzo sia divenuto a tutti gli effetti parte del procedimento, ma anchedurante quella fase nella quale occorra determinare se il terzo sia de-

c.p.c. svizzero, in BOHNET - HALDY - JEANDIN - SCHWEIZER - TAPPY, Code de procedure civilecommente, Basilea, 2011, 1449). Per un’esegesi della lettera e dello spirito della legge vedasiHABEGGER, sub art. 376 c.p.c. svizzero, in SPUHLER - TENCHIO - INFANGER (curatori), BaslerKommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, Basilea, 2010, 1878 paragrafi 32-35.

(7) Art. 1045 Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering (1986).(8) Art. 1696-bis del Code judiciaire belge (1967).(9) Ovviamente una questione di grande importanza e quella relativa ai contenuti che

istanze quali quelle sopra richiamate debbano presentare. Le norme della lex arbitri e, in as-senza di norme imperative in merito, le disposizioni contenute nel regolamento arbitrale ap-plicabile (in caso di arbitrati amministrati) possono senz’altro offrire indicazioni a riguardo.Si ritiene, ad ogni buon conto, che incomba sulla parte che ritenga di richiedere l’interventodi un terzo nonche sul terzo che esprima la volonta di intervenire in un procedimento ini-ziato l’onere quanto meno di enunciare le ragioni a sostegno delle proprie istanze nonche dirassegnare le relative conclusioni.

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stinato ad assumere il ruolo di « parte » dell’arbitrato. Il rispetto delprincipio del contraddittorio infatti costituisce un cardine del proce-dimento arbitrale, ma le modalita attraverso le quali tale principio econcretamente fatto osservare riguardano soluzioni adottate di voltain volta dai tribunali arbitrali; soluzioni che esulano dai temi chequesto scritto si propone di trattare.

10. Viceversa, valutazioni piu approfondite merita il requisitodella sussistenza del consenso alla partecipazione del terzo (nelleforme dell’intervento ovvero della chiamata) ad opera delle parti delgiudizio, del terzo medesimo nonche, se del caso, degli arbitri.

11. Il consenso degli arbitri. — Partendo dal presupposto delconsenso degli arbitri, occorre sin da subito affermare come tale re-quisito trovi il proprio fondamento nella natura contrattuale del rap-porto che lega gli arbitri stessi alle parti del giudizio (10).

12. A tale proposito l’art. 1696-bis del Code judiciaire belga ri-chiede, con statuizione espressa, che il consenso del tribunale siaunanime. A tale riguardo ci si potrebbe domandare quale formadebba assumere tale espressione unanime di consenso, ossia se, adesempio, la sottoscrizione ad opera degli arbitri dell’ordinanza chedisponga l’intervento ovvero la chiamata sia da reputarsi sufficiente(come appare senz’altro preferibile), ovvero se sia invece necessariala sottoscrizione di un atto ad hoc con il quale gli arbitri accettinoexpressis verbis l’estensione ratione personae del proprio mandato adecidere della controversia portata alla loro cognizione.

13. Per quanto riguarda la Svizzera, la necessita del consensoalla partecipazione del terzo ad opera degli arbitri era gia stata am-messa dalla dottrina pronunciatasi sul Concordato intercantonale del1969 (11). Il nuovo Codice di procedura civile svizzero applicabileall’arbitrato nazionale richiede espressamente il consenso del tribu-nale arbitrale e si pone dunque in piena continuita con la soluzionefatta propria dal diritto previgente (12).

(10) Per la Svizzera, si veda POUDRET sub art. 28 del Concordato intercantonale sviz-zero del 1969, in POUDRET - LALIVE - REYMOND, Le droit de l’arbitrage interne et internatio-nal en Suisse, Losanna, 1989, 154 paragrafo 2.3.

(11) Si veda POUDRET, sub art. 28 del Concordato intercantonale svizzero del 1969,in POUDRET - LALIVE - REYMOND, Le droit de l’arbitrage interne et international en Suisse, Lo-sanna, 1989, 154 paragrafo 2.3.

(12) Si veda HABEGGER, sub art. 376 c.p.c. svizzero, in SPUHLER - TENCHIO - INFANGER

(curatori), Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, Basilea, 2010, 1878 pa-ragrafi 32-33.

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14. L’art. 1045 del codice di procedura civile olandese noncontempla una disciplina difforme quanto alla necessita del consensodel tribunale arbitrale, in quanto tale norma si riferisce alla « auto-rizzazione » degli arbitri (13) alle varie forme di partecipazione delterzo. In quest’ottica dunque tale « autorizzazione » fa proprio il re-quisito del consenso espresso dagli arbitri.

15. L’accordo delle parti riguardo alla partecipazione del terzoquale parte. — E ora giunto il momento di discutere dell’ulteriorerequisito che e dato riscontrare nelle leggi nazionali analizzate ai finidel presente scritto, ossia il consenso che deve essere prestato dalleparti originarie e dal terzo, sia esso interveniente ovvero chiamato incausa. Tale consenso e espressamente richiesto dalla legge belga, daquella olandese nonche da quella svizzera (con riferimento all’arbi-trato nazionale, come si vedra). In via preliminare, e opportuno pre-cisare che le forme attraverso le quali tale consenso puo essereespresso sono diverse. Innanzitutto, si puo ritenere che un accordo dimassima esista nel caso in cui le parti originarie del giudizio e ilterzo siano legate da una convenzione arbitrale; cio ovviamentefunge, da un lato, da presunzione di volonta delle parti di tale ac-cordo affinche le controversie tra le medesime insorte siano risoltenell’ambito di un unico giudizio e, dall’altro lato, da fondamentodella competenza degli arbitri a decidere di tali controversie. Altraforma di consenso e quella che, ad esempio, intervenga nell’ambitodel processo indipendentemente da una previgente convenzione arbi-trale (si veda il paragrafo 34 infra).

16. L’accordo tra le parti originarie e il terzo e richiesto dall’art.1696-bis del Code judiciaire belga, il quale precisa infatti comedebba esistere una convenzione d’arbitrato tra il terzo e le parti ori-ginarie medesime.

17. Il diritto olandese si scosta da quello belga in quanto l’esi-genza del consenso — comunque sempre presente — viene enun-ciata attraverso la necessita che il terzo interveniente (ovvero il terzochiamato) debba aderire per iscritto alla convenzione d’arbitrato (14).

18. Per il diritto svizzero il consenso del terzo — risultante dauna o piu convenzioni d’arbitrato — e stato considerato un requisitoper l’intervento e la chiamata sin dal Concordato intercantonale del

(13) Art. 1045 del Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering (1986).(14) Art. 1045 del Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering (1986).

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1969 (15); tale requisito e stato successivamente confermato dal Co-dice di procedura civile federale (in tema di arbitrato nazionale) (16).

19. Il capitolo XII della Legge di diritto internazionale privatodel 1987 (« LDIP ») che disciplina l’arbitrato internazionale, invece,non contiene norme in tema di intervento e chiamata; pur tuttavia,una buona parte della dottrina ritiene che il consenso (cosı come de-finito al paragrafo 15 supra) sia da considerarsi come un requisitoessenziale; in cio non frapponendo dunque distinzioni rilevanti tra ladisciplina dell’arbitrato nazionale e internazionale (17). Per amor dicompletezza e bene comunque ricordare l’opinione di alcuni com-mentatori i quali ritengono che l’art. 376, comma 3 c.p.c. svizzero —che richiede il consenso delle parti e del terzo in materia di arbitratonazionale — non sia applicabile in sede internazionale con la conse-guenza che non sussisterebbe quindi l’esigenza di un consenso(espresso nelle forme di una preesistente convenzione di arbitrato)delle parti originarie e del terzo in materia internazionale (18). Gliautori che danno voce a quest’ultima opinione a ben vedere tuttaviaintroducono una distinzione, peraltro propria del diritto processualesvizzero, tra intervento adesivo (intervention accessoire; Neben-intervention) e semplice denuncia della lite (denonciation d’instance;einfache Streitverkundung), da un lato, e intervento principale (inter-vention principale; Hauptintervention) e chiamata in causa (appel encause; Streitverkundungsklage) dall’altro lato. Mentre l’assenza diun previo consenso sarebbe ammissibile al fine di dar corso alleforme partecipative al giudizio riconducibili alla prima categoria oramenzionata (ossia la categoria che rinvia a casi nei quali il terzo nonsvolga domande ovvero sia egli stesso destinatario di domandesvolte nei propri confronti dalle parti originarie); il consenso rimar-

(15) Si veda POUDRET, sub art. 28 del Concordato intercantonale svizzero, in POUDRET

- LALIVE - REYMOND, Le droit de l’arbitrage interne et international en Suisse, Losanna, 1989,154 paragrafo 2.2.

(16) HABEGGER, sub art. 376 c.p.c. svizzero, in SPUHLER - TENCHIO - INFANGER (cura-tori), Basler Kommentar, Schweizerische Zivilprozessordnung, Basilea, 2010, 1878 paragrafi32-33.

(17) POUDRET - BESSON, Comparative Law of International Arbitration, 2a ed., Lon-dra-Zurigo, 2007, 200, i quali ritengono (giustamente per chi scrive) che il principio iscrittonell’art. 28 del Concordato — norma che, come abbiamo detto, non si scosta dall’odiernodettato dell’art. 376, comma 3 c.p.c. svizzero — sia applicabile in materia internazionale; cfr.anche RUEDE - HADENFELDT, Schweizerisches Schiedsgerichtsrecht, 2a ed., Zurigo, 1993, 256.

(18) BERGER - KELLERHALS, International and Domestic Arbitration in Switzerland, 2a

ed., Londra-Berna, 2010, 146-147 paragrafo 517.

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rebbe necessario nei casi riconducibili alla seconda categoria di cuisopra ossia quando l’intervento e la chiamata siano “pieni” nel sensoche il terzo svolga o sia il destinatario di domande (19).

20. A parere di chi scrive questa distinzione appare artificiosa edifficilmente comprensibile in un ambito che non sia propriamentesvizzero (20). Il diritto svizzero dell’arbitrato internazionale e rettodal principio consensualistico, che non e smentito da alcuna normacontenuta nella LDIP. Il silenzio del legislatore in materia di inter-vento e chiamata del terzo e semplicemente dettato dalla volonta difavorire un sistema di norme conciso e confinato ad aspetti assoluta-mente necessari; se l’arbitrato vede il proprio fondamento in un con-tratto, pare difficilmente comprensibile accettare che quanto valgaper le parti originarie del giudizio possa cessare di avere valenza peril terzo. Il dibattito del quale ora s’e dato conto peraltro non assumeuna rilevanza concreta solo per arbitrati ad hoc aventi la propria sedein Svizzera, ma anche ai fini dell’interpretazione del dettato dell’art.4, comma 2 del Regolamento svizzero del quale si dira in seguito (sivedano i paragrafi 31 ss. infra).

III. (21) (22) 21. Quando si parli del modo in cui vengono di-sciplinati l’intervento e la chiamata del terzo nei regolamenti arbitralia livello internazionale, non puo non riscontrarsi in via preliminarecome esista una fondamentale diffidenza nei confronti dell’inter-vento, non disciplinato dal Regolamento CCI (versione 2012), daquello della LCIA (versione 1998) e dal Regolamento UNCITRAL

(19) BERGER - KELLERHALS, International and Domestic Arbitration in Switzerland, 2a

ed., Londra-Berna, 2010, 147 paragrafo 518.(20) Vedasi p. es. COCCHI sub art. 376 c.p.c. svizzero, in COCCHI - TREZZINI - BERNA-

SCONI, Commentario al Codice di diritto processuale civile svizzero, Lugano, 2011, 1529, ilquale conclude che « anche l’intervento adesivo e la semplice denuncia della lite dovrebberosottostare alle stesse condizioni di ammissibilita ».

(21) Il Regolamento della Camera Arbitrale di Milano (versione 2010) disciplinal’intervento volontario del terzo nel proprio art. 22, comma 5; il Regolamento svizzero (ver-sione 2004) al proprio art. 4, comma 2. Il Regolamento CCI (versione 2012), il RegolamentoUNCITRAL (versione 2010), il Regolamento della LCIA (versione 1998) non prevedono al-cuna disposizione a riguardo.

(22) Joinder in inglese, vedasi l’art. 7 del Regolamento CCI (versione 2012), l’art.17, comma 5o del Regolamento UNCITRAL (versione 2010), l’art. 22, comma 5 del Rego-lamento della Camera Arbitrale di Milano (versione 2010), l’art. 4, comma 2 del Regola-mento svizzero (versioni 2004 e 2012) e l’art. 22, comma 1 lit. h del Regolamento LCIA(versione 1998).

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(versione 2010); tali regolamenti invece regolano, anche con uncerto dettaglio, la chiamata del terzo.

22. Regolamento CCI (versione 2012). — Come appena ricor-dato, il Regolamento CCI (versione 2012) disciplina la chiamata delterzo (« joinder ») all’art. 7. Tale norma costituisce una novita ri-spetto al previgente testo del 1998. Cio detto, occorre tuttavia preci-sare che, pur nel silenzio regolamentare, la prassi della Corte Inter-nazionale d’Arbitrato della CCI ammetteva la chiamata del terzo inpresenza dei seguenti presupposti (23):

i) che il terzo avesse firmato la convenzione d’arbitrato in forzadella quale parte attrice aveva promosso l’arbitrato;

ii) che parte convenuta avesse svolto una domanda (c.d. cross-claim) contro il terzo, e, infine,

iii) che la chiamata del terzo fosse stata richiesta prima dellaconferma degli arbitri.

23. Il nuovo art. 7 del Regolamento CCI (versione 2012), inbuona sostanza, codifica, pur con alcune precisazioni, la prassi pre-cedentemente in vigore (24). Ad opinione di chi scrive, i punti salientidella norma in parola possono essere riassunti come segue.

24. Innanzitutto, la parte che desideri chiamare un terzo in ar-bitrato deve depositare un atto specifico, denominato, Request forJoinder (art. 7, comma 1, prima frase), il quale deve contenere le in-formazioni che l’art. 4 richiede per la Request for Arbitration. Inparticolare, la Request for Joinder dovra far menzione dei contratti edelle convenzioni arbitrali sui quali la chiamata si fondi (art. 7,comma 2). Il nuovo Regolamento CCI peraltro chiarisce e amplia laprassi precedente laddove viene espressamente ammesso come ancheparte attrice abbia la facolta di chiamare in causa un terzo, ad esem-pio, laddove tale necessita insorga in ragione delle eventuali do-mande riconvenzionali contenute nel primo atto difensivo depositatoda parte convenuta (art. 7, comma 1, prima frase).

(23) WHITESELL - SILVA ROMERO, Multiparty and Multicontract Arbitration: RecentICC Experience, in Complex Arbitrations Perspectives on their Procedural Implications,Special Supplement - ICC International Court of Arbitration Bulletin, Parigi, 2003, 10 ss.;HANOTIAU, Complex Arbitrations Multiparty, Multicontract, Multi-Issue and Class Actions,L’Aia, 2005, 171-175 paragrafi 378-390; DERAINS - SCHWARTZ, A Guide to the ICC Rules onArbitration, 2a ed., L’Aia, 2005, 71-72; BUHLER - WEBSTER, Handbook of ICC Arbitration, 2a

ed., Londra, 2008, 74-75.(24) Si veda anche VOSER, Overview of the Most Important Changes in the Revised

ICC Arbitration Rules, in Boll. ASA, 4/2011, 783 ss., 792.

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25. In secondo luogo, l’istanza per la chiamata del terzo dovraesser presentata, in ogni caso, prima della nomina o la conferma diun arbitro (ossia del primo arbitro nominato o confermato); il Rego-lamento CCI tuttavia prevede che la chiamata possa aver luogo an-che una volta spirato questo termine in costanza di un accordo tra laparti originarie e il terzo (art. 7, comma 1, quarta frase).

26. In terzo luogo, ai fini del pieno rispetto del principio delcontraddittorio, il terzo e invitato a depositare la propria risposta allaRequest for Joinder; a tale atto del terzo si applicano per analogia ledisposizioni dettate in tema di risposta alla richiesta di arbitrato delconvenuto (art. 7, comma 4).

27. In quarto luogo, la parte richiedente dovra farsi carico delpagamento del medesimo emolumento iniziale applicabile alla ri-chiesta d’arbitrato (art. 7, comma 3).

28. Infine le disposizioni relative all’esame dell’esistenza primafacie di una convenzione d’arbitrato (art. 6, dal comma 3 al 7) sonoapplicabili per analogia al caso di chiamata del terzo. Il Regolamentoinoltre contiene norme specifiche espressamente dedicate ai casi diarbitrato con pluralita di parti, di chiamata di un terzo ovvero di do-mande fondate su una pluralita di contratti (art. 6, comma 4, (i) e(ii)). Quando infatti la Corte Internazionale d’Arbitrato sia chiamataa pronunciarsi sull’esistenza prima facie di una convenzione d’arbi-trato, essa verifichera che tale clausola vincoli sempre prima facietutte le parti. Nel caso particolare poi in cui vi sia una pluralita dicontratti e il terzo sia, per ipotesi di ragionamento, chiamato in forzadi una clausola d’arbitrato diversa da quella che vincoli parte attricee parte convenuta, la Corte verifichera che le clausole arbitrali inquestione siano compatibili e che sussista un accordo tra le parti af-finche tutte le domande siano oggetto di decisione nell’ambito di ununico arbitrato.

29. Regolamento UNCITRAL (versione 2010). — Come il Re-golamento CCI anche il Regolamento UNCITRAL (versione 2010)non contiene disposizioni sull’intervento del terzo. Pur tuttavia, nonva dimenticato come tale regolamento possa sempre essere modifi-cato per il tramite dell’accordo delle parti (art. 1, comma 1); non epertanto a priori possibile escludere che le parti si accordino al finedi prevedere tale possibilita. L’ampio margine d’azione lasciato al-l’autonomia della volonta delle parti trae, come noto, le proprie ori-

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gini nel fatto che il Regolamento UNCITRAL non e un regolamentoistituzionale in senso proprio (25).

30. L’art. 17, comma 5 del Regolamento UNCITRAL poi disci-plina la chiamata del terzo stabilendo quale presupposto necessario atal scopo, oltre alla richiesta di una parte, che il terzo sia vincolatonon da « una » convenzione d’arbitrato, ma « dalla » convenzioned’arbitrato tra le parti. L’arbitro puo comunque rifiutare la partecipa-zione del terzo laddove cio possa recare pregiudizio a una delle parti.

31. Regolamento svizzero (versione 2012). — Il Regolamentosvizzero del 2012, come la versione originaria del 2004, e fondatosul Regolamento UNCITRAL nella versione del 1976 pur con alcunemodifiche dettate dal fatto che, da un lato, il Regolamento svizzeroe sottoposto alla gestione da parte della Swiss Chambers’ ArbitrationInstitution, la cui amministrazione spetta alla Corte di arbitrato edalla Segreteria e, dall’altro lato, che il Regolamento svizzero appor-tava sin dalla prima versione del 2004 alcuni ammodernamenti al te-sto del Regolamento UNCITRAL che tenevano conto degli sviluppie tendenze della prassi arbitrale. L’art. 4, comma 2, del Regolamentosvizzero e diretta espressione di quest’ultimo obiettivo. La disposi-zione ora menzionata recita come segue:

« Se uno o piu terzi chiedono di partecipare ad un procedi-mento arbitrale pendente secondo il presente Regolamento oppure seuna parte di un procedimento arbitrale secondo il presente Regola-mento intende chiedere la partecipazione di uno o piu terzi, il tribu-nale arbitrale, sentite tutte le parti, terzo o terzi ivi compresi, decidein merito alla richiesta, tenendo conto di tutte le circostanze checonsidera rilevanti ».

32. L’art. 4, comma 2 non enuncia espressamente ne il requi-sito dell’esistenza di un accordo delle parti (o di una convenzione diarbitrato) ne quello dell’accordo degli arbitri; la norma semplice-mente prevede che il tribunale arbitrale, sentite le parti e il terzo econsiderate tutte le circostanze ritenute rilevanti, decida sull’inter-vento o la chiamata del terzo.

33. Il fatto che il requisito dell’accordo delle parti e quello de-gli arbitri non siano menzionati ha portato alcuni commentatori a so-

(25) WEBSTER sub art. 1 Regolamento UNCITRAL, Handbook of UNCITRAL Arbi-tration, Londra, 2010, 48 paragrafo 1-96; PATOCCHI - NIEDERMAIER sub art. 1 RegolamentoUNCITRAL, in SCHUTZE (curatore), Institutionelle Schiedsgerichtsbarkeit, 2a ed., Colonia,2011, 730 paragrafo 22.

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stenere che il Regolamento svizzero non porrebbe particolari esi-genze al riguardo (26). Va detto che tale opinione risente ancora diquella distinzione di cui si diceva sopra tra ipotesi partecipative checomportino il fatto che il terzo sia destinatario di domande svoltedalle parti originarie ovvero sia promotore di domande avverso que-ste ultime. Come si e detto al paragrafo 20 supra, questa opinionenon pare condivisibile in quanto mal si addice alla portata interna-zionale che un regolamento, quale appunto e quello svizzero, deveavere.

34. Come ricordato al paragrafo 15 supra, quando si parla diconsenso occorre tenere a mente che esso puo riferirsi almeno a dueipotesi. Da un canto, l’accordo delle parti (originarie e terzo) allapartecipazione di quest’ultimo puo essere inteso come un accordoespresso in (o risultante da) una o piu convenzioni arbitrali che vin-colino tutti i soggetti ora menzionati. D’altro canto, l’accordo delleparti potrebbe anche essere interpretato come un requisito indipen-dente rispetto all’esistenza di una convenzione d’arbitrato tra le partie il terzo. Si tratterebbe in sostanza di un accordo processuale rag-giunto al fine di consentire la partecipazione del terzo stesso al giu-dizio.

35. Nella misura in cui si sostenga che la norma in esame nonrichieda il consenso delle parti, cio appare corretto ove ci si riferiscaall’accordo delle parti come l’accettazione fatta alla richiesta di in-tervento ovvero di chiamata di un terzo.

36. Laddove invece si ritenesse che il Regolamento svizzeronon richieda una convenzione d’arbitrato tra le parti e il terzo, taleinterpretazione non parrebbe condivisibile.

37. Infine, una parte della dottrina considera che il mero rinvio

(26) BERGER - KELLERHALS, International and Domestic Arbitration in Switzerland, 2a

ed., Londra-Berna, 2010, 146-147 paragrafo 517, nota a pie pagina 373.Per BRUNNER, The Swiss Rules of International Arbitration: An Overview for Prospec-

tive Users, in SchiedsVZ, 2010, 243 ss., 251, non sussistono i requisiti dell’accordo delle partie nemmeno dell’esistenza di convenzioni d’arbitrato identiche. Conclude tuttavia questo au-tore che i poteri dell’arbitro sarebbero piu limitati di quanto suggerisca la lettera della dispo-sizione poiche l’arbitro non disporra la partecipazione di un terzo se questi non abbia accon-sentito « in some form »; le parti originarie dovrebbero quindi rimettersi interamente alla de-cisione del terzo che potrebbe prestare il proprio consenso. Nello stesso senso GEISINGER,How to Work With the Swiss Rules - The Arbitrator’s View, in FUEG (curatore), The Swiss Ru-les of International Arbitration — Five Years of Experience, 2009, 39 e LORCHER, The SwissRules of International Arbitration Seen From Abroad, in FUEG (curatore), The Swiss Rules ofInternational Arbitration - Five Years of Experience, 2009, 70.

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al Regolamento svizzero possa di per se esprimere una sorta di ac-cordo anticipato all’intervento ovvero alla chiamata del terzo (c.d.« implied consent ») (27). Tale opinione sarebbe forse condivisibile sela lettera del Regolamento svizzero in relazione alla possibilita di in-tervento o chiamata del terzo senza specifico consenso delle parti edel terzo medesimo fosse chiara ed esplicita, tanto da poter costituirerinuncia al consenso per effetto di un rinvio al Regolamento; taletuttavia non e il caso, e non lo e soprattutto per quanto riguarda ilterzo in assenza in una convenzione arbitrale tra questo e le partioriginarie del giudizio (28). La lettera del Regolamento svizzero nonconferisce all’arbitro il potere di autorizzare l’intervento ovvero lachiamata di un terzo in assenza di una convenzione d’arbitrato chevincoli quest’ultimo. Da questo punto di vista, pertanto, la tesi del-l’accordo implicito delle parti pare quindi fondarsi su una vera epropria petizione di principio (29).

38. Il Regolamento di procedura del Tribunale arbitrale dellosport (TAS) (2012). — L’art. R41.4, comma 1o del Regolamento diprocedura del Tribunale arbitrale dello sport con sede a Losanna (30)permette tanto l’intervento quanto la chiamata del terzo in presenzadei seguenti presupposti: che il terzo sia vincolato dalla convenzionearbitrale ovvero che le altre parti e il terzo stesso acconsentano per

(27) LEW - MISTELIS - KROLL, Comparative International Commercial Arbitration,L’Aia, 2003, 390 paragrafo 16.42, ai quali si rifanno (senza discussione critica) anche i com-mentatori del regolamento svizzero, GILLIERON - PITTET, sub art. 4 in ZUBERBUHLER - MULLER -HABEGGER (curatori), Swiss Rules of International Arbitration, Commentary, Zurigo-Basilea-Ginevra, 2005, 41.

(28) Il MEIER, Einbezug Dritter vor internationalen Schiedsgerichten, Zurigo, 2007,107 rileva quanto sopra sottolineando la « formulazione molto aperta » della disposizione inesame (« sehr offene Formulierung von Art. 4 Ziff. Schweiz. SchO »); benche eufemistico neltono, il rilievo mette il dito nella piaga, anche se apparentemente frainteso da alcuni autori,cfr. WEHRLI, The Swiss Rules and the Revision of the UNCITRAL Arbitration Rules, in FUEG

(curatore), The Swiss Rules of International Arbitration - Five Years of Experience, 2009, 89nota 32.

(29) Si tratta di una teoria che ripete peraltro in modo acritico un’interpretazione of-ferta da altri per far luce sull’art. 22, comma 1, lit. h del regolamento della LCIA, vedasiTURNER - MOHTASHAMI, A Guide to the LCIA Rules, Oxford, 2009, 149 paragrafo 6.49 ss. IlMEIER, Einbezug Dritter vor internationalen Schiedsgerichten, Zurigo, 2007, 105-108 ben ri-conosce la difficolta nell’ipotesi in cui il terzo non sia vincolato da una convenzione arbitralecon le parti, e non ammette che l’art. 4, 2 comma del Regolamento svizzero possa essere intal caso opposto ad un terzo, come non ammette, con ragione, che la formulazione dell’art.4, 2 comma del Regolamento svizzero possa permettere al terzo di intervenire in un arbitratotra le parti vincolate dalla convenzione arbitrale senza l’accordo di queste.

(30) Art. S1, comma 3, dello Statuto degli organi per la risoluzione delle controver-sie in materia di sport.

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iscritto a detta partecipazione. E stato osservato come tale soluzionesia non solo in linea con l’opinione prevalente in tema di partecipa-zione del terzo in materia d’arbitrato internazionale, ma sia anche dadefinirsi « soddisfacente » (31).

39. Il Regolamento della Camera Arbitrale di Milano (2010).— L’art. 22, comma 5 del Regolamento della Camera Arbitrale diMilano non enuncia i requisiti della partecipazione del terzo tranneil fatto che quest’ultimo debba presentare un’istanza a tal fine. I re-quisiti sono quelli posti dall’art. 816-quinquies c.p.c. italiano nelcaso in cui l’arbitrato abbia la propria sede in Italia. Tale non e tut-tavia necessariamente sempre il caso considerato l’art. 4, comma 1che apre alla possibilita che il Regolamento trovi applicazione ancheper arbitrati aventi la propria sede al di fuori del territorio italiano,nel quale caso i requisiti dell’intervento saranno disciplinati dalla lexarbitri del paese in cui l’arbitrato abbia la propria sede.

40. Il Regolamento LCIA (1998). — Il Regolamento LCIA (ver-sione 1998) disciplina la chiamata del terzo all’art. 22, comma 1 lit.h. Il tribunale ha il potere di chiamare un terzo su istanza di parte,sentite le parti, a condizione che il terzo dichiari il proprio consensoper iscritto.

IV. 41. Uno dei problemi tipici legati all’intervento e la chia-mata del terzo attiene alla inevitabile compressione dei diritti di que-st’ultimo rispetto alla costituzione del tribunale arbitrale (32). E in-fatti chiaro come il terzo, una volta che esso sia diventato a tutti glieffetti parte del giudizio successivamente alla nomina dei compo-nenti del tribunale arbitrale, risulti privato del proprio diritto fonda-mentale di nominare un arbitro ovvero, in ogni caso, di parteciparealla scelta del tribunale che dovra giudicare della causa.

42. Al fine di ovviare a cio alcuni regolamenti come il Regola-

(31) KAUFMANN - KOHLER - BARTSCH, The Ordinary Arbitration Procedure of the Courtof Arbitration for Sport, in BLACKSHAW - SIEKMANN - SOEK (curatori), The Court of Arbitrationfor Sport 1984-2004, L’Aia, 2006, 69-98, 96 e la nota 117.

(32) BORN, International Commercial Arbitration, vol. II, Alphen aan den Rijn 2009,2071; POUDRET - BESSON, Comparative Law of International Arbitration, 2a ed., Londra-Zu-rigo, 2007, 197 paragrafi 239, 201 ss. e 242 ss.; VOSER - MEIER, Joinder of Parties or the Needto (Sometimes) Be Ineffıcient, in KLAUSEGGER - KLEIN - KREMSLEHNER - PETSCHE - PITKOWITZ -POWER - WELSER - ZEILER (curatori), Austrian Arbitration Yearbook 2008, Vienna, 2008, 118;BLACKABY - PARTASIDES con REDFERN - HUNTER, Redfern and Hunter on International Arbitra-tion, 5a ed., New York 2009, 106 paragrafo 2.54.

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mento CCI (versione 2012) hanno espressamente previsto che lachiamata del terzo debba necessariamente intervenire prima che l’at-tivita di costituzione del tribunale arbitrale abbia avuto inizio (siveda il paragrafo 25 supra).

43. In diritto svizzero, quando l’intervento ovvero la chiamatadel terzo siano ammessi, si ritiene che il terzo stesso abbia accettatoil tribunale arbitrale nella composizione che questi abbia al momentodell’intervento o della chiamata (33). Lo stesso principio vale nel-l’ambito dell’art. 4, comma 2 del Regolamento svizzero.

44. Rimettendo la decisione sulla partecipazione del terzo altribunale arbitrale anziche a un organo di una istituzione arbitrale, ladisposizione da ultimo ricordata sembra tuttavia presumere che iltribunale sia stato costituito anteriormente al momento nel quale ilterzo dovrebbe intervenire nell’arbitrato.

45. Quando tuttavia il terzo svolga la propria richiesta primadella costituzione del tribunale ovvero quando in ipotesi il convenutorichieda la partecipazione del terzo mediante chiamata contenuta nelproprio primo atto difensivo, sorge il quesito se il terzo, anziche do-ver accettare un tribunale costituito da parte attrice e parte convenutasole, non abbia anche il diritto di partecipare alla formazione dell’or-gano giudicante, e se in tal caso non vada applicata analogicamentela disposizione dell’art. 8 del Regolamento svizzero dettata in temadi arbitrato con pluralita di parti. Tale soluzione pare a chi scrivepreferibile in quanto permetterebbe il rispetto anche del diritto delterzo a contribuire alla nomina dell’arbitro o degli arbitri.

V. 46. L’analisi delle leggi nazionali e dei regolamenti arbi-trali svolta nei paragrafi che precedono ha offerto lo spunto per de-terminare quale importanza ancora rivesta il consenso, declinatonelle sue varie forme, ai fini di permettere l’intervento ovvero lachiamata dei terzi in arbitrato. In questo senso, i presupposti per taliforme partecipative al giudizio non possono prescindere da un’ana-lisi preliminare che abbia come obiettivo quello di determinare lacompetenza del tribunale nei confronti di tali soggetti inizialmenteestranei al procedimento. Si ritiene che le leggi nazionali e i regola-menti passati in rassegna confermino tale approccio che deve per-

(33) POUDRET - BESSON, Comparative Law of International Arbitration, 2a ed., Lon-dra-Zurigo, 2007, 200.

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tanto essere considerato come sempre cogente nel panorama dell’ar-bitrato internazionale contemporaneo.

This contribution deals with joinder and intervention of third parties in in-ternational arbitration proceedings by analysing the laws of arbitration of severalcountries as well as some international arbitration rules. The authors reach theconclusion that consent (in the form of either a pre-existing arbitration agreementor an ad hoc agreement reached between the original parties to the proceedingsand third parties) is still to be regarded as a fundamental principle governing theadmissibility of joinder and intervention of third parties in pending arbitrationproceedings.

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I terzi e il lodo arbitrale

FRANCOIS PERRET (*)

Trattero il tema dei terzi e il lodo arbitrale sotto il profilo deldiritto svizzero del arbitrato internazionale. Come Voi sapete, inSvizzera l’arbitrato internazionale e regolato dal capitolo 12 dellalegge federale sul diritto internazionale privato, che trova applica-zione se almeno una delle parti ha il suo domicilio o la sua sede fuoridella Svizzera al momento della conclusione della convenzione arbi-trale. A tenore del art. 190 § 1 di questa legge, il lodo arbitrale, unavolta reso, e definitivo. Esso acquisisce l’effetto della res iudicata insenso positivo, cio che significa che non puo essere l’oggetto di unmezzo di ricorso ordinario per cui diviene immediatamente esecutivosenza bisogno di una procedura d’exequatur. Su questo punto, il di-ritto svizzero dell’arbitrato si distingue da altre leggi, quale la leggeitaliana o quella francese. Il lodo una volta definitivo acquisisce an-che gli effetti della res iudicata, in senso negativo, in quanto impe-disce alle parti di portare la stessa controversia davanti ad un altrotribunale. Dunque, il lodo arbitrale, come una sentenza del giudicestatale, ha soltanto un effetto inter partes e i soggetti che sono rima-sti estranei al processo sono dei terzi e questo vale anche se questisoggetti sono parti della clausola compromissoria. Vedremo piuavanti qualche eccezione a questo principio. Per ora, basta ricordareche l’effetto inter partes del lodo arbitrale puo condurre a una con-trarieta di decisioni, una constatazione che non e nell’interesse diuna buona e sana giustizia. Illustrero il mio discorso con un esem-pio: una banca concede un prestito di 100.00 franchi a due persone,le quali rispondono in solido del rimborso del prestito per quoteuguali fra loro. Questo prestito non essendo rimborsato, la banca, perragioni sue, chiama in giudizio solamente uno dei debitori, il debi-tore n. 1, e ottiene dal tribunale competente il rimborso dell’intero

(*) Professore emerito nella Università di Ginevra.

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ammontare del prestito. In conformita alle regole sulla solidarieta, ildebitore n. 1 potra far valere contro il debitore n. 2 l’azione di re-gresso e cosı pretendere di essere rimborsato pro quota dell’ammon-tare che ha dovuto pagare alla banca (1). Ora, va notato che poiche ildebitore n. 2 e un terzo rispetto alla procedura fra la banca e il de-bitore n. 1, la decisione di condanna di questo debitore, avendo uneffetto solo inter partes, non dovrebbe avere alcuna influenza sul se-condo processo dov’e in causa il diritto di regresso che il debitore n.1 fara valere nei confronti del debitore n. 2. Se questa azione vienerespinta mentre nel primo processo la domanda della banca e stataammessa, avremmo due decisioni contrastanti tra loro, il che non edel tutto soddisfacente. Tuttavia, le regole della procedura civile di-sciplinano alcuni istituti volti ad evitare questa contrarieta di deci-sioni. Mi riferisco all’istituto della chiamata in causa, detto ancheintervento coatto, e a quello della denuncia della lite. Nel primocaso, la chiamata in causa del debitore n. 2 da parte del debitore n.1, se ammessa, fara del debitore n. 2 una nuova parte della procedurafra la banca e il debitore n. 1; ne risulta che allo scopo dell’azione diregresso, il debitore n. 2 avra la posizione di convenuto per cuil’azione per il rimborso del prestito e l’azione di regresso sarannodecise nello stesso processo; in questa procedura, il debitore n. 1 faravalere la sua pretesa di regresso con delle conclusioni condizionaliperche in virtu del art. 148 § 2 del Codice svizzero delle obbliga-zioni, la nascita di tale diritto e condizionata alla esecuzione dellasentenza di condanna pronunciata nei confronti di questo debito-re (2). Invece, con la denuncia della lite, il debitore n. 2 e soltanto ri-chiesto dal debitore n. 1 di intervenire nella procedura dove si di-scute il rimborso del prestito per sostenere la sua posizione che, peripotesi, intenda negare la validita del prestito. Se il debitore n. 2 ac-cetta questo invito, egli partecipera alla procedura fra la banca e ildebitore n. 1 ma non diverra una vera parte di questa procedura, —si parla di una parte accessoria —, perche ne la banca ne il debitoren. 1 hanno preso delle conclusioni nei sui confronti. Poiche il debi-tore n. 2 non ha la qualita di parte in senso proprio nel processo frala banca e il debitore n. 1, una condanna di questo debitore a rim-borsare il prestito non avra nei confronti del debitore n. 2 l’effetto

(1) Vedi per il diritto svizzero l’art. 148 § 2 del Codice delle Obbligazioni.(2) Vedi in quel senso la sentenza del Tribunale Federale del 19 dicembre 2003 pub-

blicata nella Semaine Judiciaire, 2004, I, 472.

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della res iudicata; tuttavia questa sentenza sara opponibile al debi-tore n. 2 nell’ambito del secondo processo che abbia per oggetto laquestione del diritto di regresso, il che vuol dire che il giudice delsecondo processo non potra mettersi in opposizione con la motiva-zione della prima sentenza che, per ipotesi, avra confermato la pienavalidita del contratto di prestito. E vero che il terzo denunciato, cioeil debitore n. 2, puo rifiutare di partecipare al processo fra la bancae il debitore n. 1. In questo caso, la dottrina svizzera considera che,nonostante questo rifiuto, una decisione a favore della banca saranon di meno opponibile al debitore n. 2 nella seconda proceduraperche a lui e stata offerta la possibilita di partecipare alla primaprocedura ma tale offerta non e stata accolta. A questo riguardo, ladottrina svizzera considera che il comportamento del debitore n. 2 econtrario al principio della buona fede che vale anche nel dirittoprocessuale (3): e per analogia ci si puo riferire alla dottrina anglo-sassone dell’estoppel. L’unico modo a disposizione del debitore n. 2per evitare l’opponibilita della decisione a favore della banca e di farvalere che il debitore n. 1 in questa procedura si e difeso male, peresempio perche non ha sollevato l’eccezione di prescrizione. Ora ve-diamo se gli istituti di cui se e parlato valgono anche in arbitrato;anche se la legge svizzera sul diritto internazionale privato non dicenulla a questo riguardo, questa lacuna e stata colmata dall’art. 4 § 2del regolamento svizzero sull’arbitrato internazionale e dall’art. 7 § 1del nuovo regolamento CCI che entrera in vigore nel anno 2012.Sembra, ma questo merita di essere verificato, che l’art. 7 § 1 delnuovo regolamento CCI si riferisca soltanto alla chiamata in causa.Per cio che concerne l’art. 4 § 2 del regolamento di arbitrato sviz-zero, la situazione e meno chiara. E vero che il Codice di proceduracivile svizzero prevede al suo art. 78 l’istituto della denuncia dellalite e al suo art. 81 la chiamata in causa; tuttavia, il regolamentosvizzero e stato pubblicato qualche anno prima dell’entrata in vigoredi questo codice e, a quell’epoca, la procedura era materia del dirittocantonale. Ora, i cantoni svizzero-tedeschi conoscevano soltantol’istituto della denuncia della lite mentre quelli della Svizzera Ro-manda sotto l’influenza della legge processuale francese, avevanoadottato l’istituto della chiamata in causa (4). Questo spiega la diver-

(3) Vedi in quel senso: GULDENER, Schweizerisches Zivilprozessrecht, 313.(4) A questo proposito, si nota che la Svizzera aveva usufruito della possibilita of-

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genza di opinioni fra gli autori che hanno commentato l’art. 4 § 1 delregolamento di arbitrato svizzero. Per Philippe Gillieron e Luc Pit-tet (5), due autori di tradizione della Svizzera francese, l’istituto pre-visto da questa norma sarebbe la chiamata in causa, il che esigerebbeche la clausola arbitrale sia applicabile anche al terzo perche unavolta ammessa la chiamata in causa egli diviene parte dell’arbitrato.Invece Bernhard Berger e Franz Kellerhals (6), che rappresentano lacorrente di dottrina svizzero-tedesca, considerano che l’art. 4 § 1 delregolamento si riferisce soltanto alla denuncia della lite e dunquenegano che la clausola compromissoria stipulata nel contratto debbaestendersi al terzo denunciato e questo per il motivo che egli non euna vera parte della procedura arbitrale. A questo proposito, va no-tato che l’art. 376 § 3 del Codice di procedura civile svizzero appli-cabile in materia del arbitrato interno parla soltanto della chiamata incausa e dunque richiede l’esistenza di una clausola compromissoriafra la parte chiamata in causa e le altre parti. Si nota ancora che inmateria del arbitrato internazionale, le parti possono prevedere nellaclausola arbitrale di sottoporre le loro controversie alle norme dellaparte 3 di questo codice che regola l’arbitrato interno e dunque alpredetto articolo. In tal caso, la divergenza di opinioni sulla portatadel art. 4 § 1 del Regolamento svizzero non dovrebbe piu esistere.

Veniamo ora alle eccezioni al principio dell’effetto relativodella res iudicata. Nella maggior parte dei casi, una sentenza delgiudice statale, e questo vale anche per il lodo arbitrale, ha un effettomeramente dichiarativo, nel senso che la decisione non va oltre l’ac-certamento dell’esistenza o dell’inesistenza di un rapporto giuridico.Ma ci sono dei casi in cui una tale decisione crea, annulla o modi-fica un tale rapporto e dunque si impone a parti non coinvolte nellaprocedura le quali come gia detto, sono dei terzi. Tali decisioni si in-contrano frequentemente nel campo del diritto di famiglia, una ma-teria che non e arbitrabile. Nel diritto commerciale, questa categoria

ferta dal articolo V del Protocolo n. 1 della Convenzione di Lugano di fare una riserva ri-spetto all’applicazione sul suo territorio dell’art. 6 § 2 di detta Convenzione. Infatti, quandosi e negoziato la Convenzione, i rappresentanti della Svizzera essendo tutti originari dellaparte della Svizzera tedesca, avevano fatto valere che la chiamata in causa era un istitutosconosciuto dalle leggi processuali cantonali, un’affermazione che non teneva conto del di-ritto di procedura dei cantoni della Svizzera francese. Dopo l’entrata in vigore del CodiceCivile di Procedura, la Svizzera ha rinunciato a questa riserva (vedi sull’argomento: BUCHER,Commentaire romand: la Convention de Lugano, art. 6, § 19, 1865).

(5) Commentary on the Swiss Rules of International Arbitration, art. 4, § 14, 41.(6) International and Domestic Arbitration in Switzerland, nota 373, 147.

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di decisioni e piu rara. Si puo tuttavia pensare all’azione di annulla-mento di una decisione dell’assemblea generale di una societa perazioni che, almeno nel nostro ordinamento giuridico, e arbitrabile edunque puo essere proposta davanti a un collegio arbitrale se lo sta-tuto della societa contiene une clausola compromissoria che vincolala societa e i suoi azionisti. Benche di regola l’azione sara introdottada uno o piu azionisti, non di meno un lodo arbitrale che annulli ladecisione dell’assemblea generale, avra efficacia nei confronti di tuttigli azionisti in ragione dell’effetto costitutivo di questo lodo (7).Prima di chiudere il discorso, trattero ancora della questione dell’an-nullamento di un diritto di proprieta industriale, per esempio un bre-vetto, che sia stato oggetto di un contratto di licenza. Nel caso in cuiil licenziatario non paghi le royalties dovute, la controversia fra luie il titolare del brevetto sara portata davanti ad un collegio arbitralese il contratto contiene una clausola arbitrale. Nella sua difesa, il li-cenziatario potra far valere la nullita del brevetto per difetto di no-vita o di attivita inventiva. Questa azione, ove accolta, condurra allanullita della licenza per impossibilita del suo oggetto. Nel vostro or-dinamento giuridico, questo e possibile solo per via di eccezione,cioe incidenter tantum, e non con una domanda riconvenzionalevolta a far valere la nullita del brevetto. L’eccezione, se accolta dalcollegio arbitrale, apparira soltanto nella motivazione del lodo dimodo che la validita del brevetto non sara messa in discussione. Ilcontrario interviene se la nullita viene pronunciata dal collegio arbi-trale a seguito di una domanda riconvenzionale, poiche una tale de-cisione esulerebbe dai poteri del collegio; infatti, nel diritto italiano,in tutte le controversie che riguardano la validita di un diritto di pro-prieta industriale e possibile l’intervento del pubblico ministero, ilquale e per di piu titolare di un autonomo potere di iniziativa, e perquesta ragione non sono arbitrabili (8). Non e il caso del diritto sviz-zero che ammette questa arbitrabilita sul fondamento dell’art. 170§ 1 della legge sul diritto internazionale privato che prevede che puoessere oggetto di arbitrato qualsiasi pretesa patrimoniale e questovale indubbiamente per un brevetto. Dunque, se e in causa un bre-vetto svizzero o la frazione svizzera di un brevetto europeo, il dispo-

(7) Vedi in quel senso: BERGER - KELLERHALS, op cit., 432.(8) E proprio sul ruolo del P.M. che la giurisprudenza fonda il divieto per gli arbitri

di decidere su questioni relative alla validita di un diritto di proprieta industriale: Cass., 19maggio 1989, n. 2406, in Giust. civ., 1989, I, 2605.

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sitivo di un lodo arbitrale che dichiara nullo il titolo di proprieta in-dustriale avra un effetto erga omnes (9) cosicche i terzi, e in partico-lare i concorrenti, potranno utilizzare liberamente le conoscenze tec-niche esposte nel brevetto durante il procedimento attinente al suorilascio. A questo proposito, si nota ancora che a seguito della deci-sione di nullita del brevetto lo stesso sara cancellato dal registrosvizzero dei brevetti e dei marchi. Il fatto che la controversia ha peroggetto un brevetto straniero, ad esempio un brevetto italiano o lafrazione italiana di un brevetto europeo, non cambia il carattere pa-trimoniale della pretesa che rimane arbitrabile. Tuttavia, se il colle-gio arbitrale pronuncia la nullita di questo titolo, il suo lodo non po-tra essere riconosciuto o ricevere esecuzione in Italia in virtu dell’ar-ticolo V.2. a) della Convenzione di New York che prevede che il ri-conoscimento e l’esecuzione del lodo arbitrale possono essere rifiu-tati se, secondo la legge del paese dove il riconoscimento e l’esecu-zione sono richiesti la controversia non era arbitrabile.

The author considers the topic of third parties and arbitral awards under theSwiss law governing international arbitration. Under this law, an international ar-bitral award is definitive and becomes res judicata in both its positive and negativesenses. No exequatur procedure is required. Both a court judgment and an arbitralaward normally have effects which are limited to the parties to the judgment /award. However, there are some exceptions to this rule which are considered in thearticle, for example, an order annulling a resolution of a shareholders meeting oran order declaring a patent to be null and void (under Swiss law).

The author also considers the effect of third party notices under Swiss pro-cedural law and under the Swiss arbitration rules, and also makes reference to thenew article 7 in the 2012 ICC Arbitration Rules.

The article evaluates the difference in interpretation of Swiss law on thirdparty notices in arbitration between Swiss German commentators and SwissFrench commentators. However, the differences of opinion on article 4.1 of theSwiss rules appear now to have been overcome.

(9) Vedi in quel senso PERRET, L’arbitrabilite des contentieux en matiere de brevetsd’invention, in Autour de l’arbitrage, Melanges offerts a Claude Reymond, 231-232.

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I terzi e il lodo arbitrale

FRANCESCO P. LUISO (*)

1. Efficacia e opponibilita del lodo ai terzi. — 2. I terzi con titolo posteriorealla pronuncia del lodo. — 3. I terzi con titolo anteriore alla pronuncia dellodo ma posteriore alla proposizione della domanda di arbitrato. — 4. I terzicon titolo anteriore alla proposizione della domanda di arbitrato. — 5. Irre-troattivita degli effetti del lodo. — 6. Sentenza, lodo e contratto di fronte aiterzi.

1. Il lodo arbitrale ed i terzi: un argomento seducente in cuiconfluiscono teoria generale e diritto positivo (1), e che quindi uni-sce questioni sempre attuali (l’ambito soggettivo ed oggettivo di ef-ficacia della sentenza e del lodo) con questioni suscettibili di esserediversamente risolte sulla base di scelte, piu o meno contingenti, dellegislatore.

Iniziamo intanto a circoscrivere il campo dell’indagine, indivi-duando: a) chi puo definirsi terzo rispetto al lodo; b) di quali effettidel lodo si intende tener conto; e c) soprattutto quali sono i terzi, neicui confronti ci si chiede se il lodo possa produrre effetti.

Iniziando dalla prima precisazione — chi e terzo rispetto allodo? — la risposta e facile: si tratta di chi non ha assunto la qualitadi parte in senso processuale nel procedimento arbitrale che ha por-tato alla pronuncia del lodo, dei cui effetti si tratta. E pacifico, infatti,che qui e rilevante esclusivamente l’aver o meno assunto la qualitadi soggetto, cui si imputano gli effetti degli atti processuali compiu-

(*) Professore ordinario nella Universita di Pisa.(1) Lo sottolineava anni addietro RICCI, Il lodo rituale di fronte ai terzi, in questa Ri-

vista, 1989, 657, in particolare con riferimento (op. cit., 662 ss.) alla trascrizione della do-manda di arbitrato, all’epoca non prevista. Vedremo fra poco (infra, § 3) che la (in)applica-bilita all’arbitrato del § 265 ZPO costituisce, nella dottrina tedesca, argomento per escludereche il successore litependente sia vincolato agli effetti del lodo.

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ti (2). Sicche il rappresentato non e terzo rispetto al lodo, mentre eterza la parte in senso sostanziale — il destinatario degli effetti dimerito del lodo — ove eccezionalmente, in virtu di una sostituzioneprocessuale, non sia parte necessaria nel processo arbitrale (3).

Con riferimento, poi, agli effetti del lodo di cui intendiamo oc-cuparci, e opportuno escludere quelli esecutivi (4). E cio per una du-plice ragione. In primo luogo, perche l’efficacia esecutiva non e uneffetto proprio del lodo, come di nessun altro atto cui la legge attri-buisca la qualita di titolo esecutivo. Anche la sentenza — checche nepensi il giudice amministrativo (5) e parte della dottrina (6) — non enaturaliter esecutiva, ma lo e perche l’art. 474 c.p.c. cosı stabilisce,accomunandola ad una congerie di altri atti, di natura ed effetti asso-lutamente eterogenei. In secondo luogo, perche l’efficacia del titoloesecutivo verso terzi, proprio perche si tratta di un effetto esterno edisomogeneo rispetto agli effetti tipici dell’atto cui la legge conferi-sce (anche) efficacia di titolo esecutivo, pone problemi del tutto di-versi da quelli posti dall’efficacia verso i terzi degli effetti tipici del-l’atto in questione (7). Nel nostro caso, interessano gli effetti del lodocome atto di accertamento: in sostanza, dunque, quelli previsti dal-l’art. 2909 c.c.

L’indagine cosı si circoscrive: si trattera di verificare se equando il lodo produce, in relazione a chi non e stato parte nel rela-tivo procedimento, gli effetti di accertamento propri della sentenza.Ora, perche cio possa accadere, occorre evidentemente — terza pre-cisazione — che quanto stabilisce il lodo sia rilevante per il terzo,cioe costituisca un elemento che incide su un diritto o un obbligo delterzo. Nei confronti dei terzi indifferenti, per i quali cioe niente cam-bia qualunque sia il contenuto del lodo, non ha senso in linea diprincipio porsi il problema.

Tuttavia, fra l’efficacia vincolante e l’indifferenza si ha una si-

(2) BOSCH, Rechtskraft und Rechtshangigkeit im Schiedsverfahren, Tubinga, 1991,122.

(3) Si pensi, ad es., alla posizione del debitore rispetto agli arbitrati condotti da o neiconfronti del curatore nei processi concorsuali in cui si verifica uno spossessamento.

(4) Nello stesso senso RICCI, Il lodo rituale, cit., 657 ss.(5) TAR Lazio 12 aprile 2011 n. 3202, in questa Rivista, 2011, 99 con nota di CORBI,

La mediazione civile e i sospetti di illegittimita costituzionale per eccesso di delega.(6) CAVALLINI, L’arbitrato rituale, Milano, 2009, 23, 25, 28 (ove si qualifica come

effetto « imperativo » della sentenza, oltre alla esecutivita, anche la trascrivibilita dellastessa).

(7) V., se vuoi, LUISO, L’esecuzione « ultra partes », Milano, 1984, 7 ss.

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tuazione intermedia, che la dottrina francese definisce di opponibili-ta (8), e che trova la sua principale manifestazione nella opposizionedi terzo ordinaria. Poiche l’art. 831 c.p.c. prevede che il lodo e sog-getto ad opposizione di terzo nei casi previsti dall’art. 404 c.p.c., ilterzo — non vincolato al contenuto del lodo e tuttavia da esso pre-giudicato — ha l’onere di far valere il suo diritto attraverso questostrumento (9).

Ha quindi ragione quella dottrina (10), che afferma irrilevante,in relazione al problema oggetto della presente indagine, la impugna-bilita del lodo con l’opposizione di terzo. Solo che questa (corretta)osservazione va limitata all’opposizione di terzo ordinaria, previstadal primo comma dell’art. 404 c.p.c., e non gia a quella c.d. revoca-toria, prevista nel secondo comma dello stesso articolo. I terzi indi-viduati in quest’ultima norma — creditori ed aventi causa: e si trat-tera appunto di stabilire chi sono questi aventi causa — sono vice-versa soggetti, nei cui confronti il lodo produce effetti vincolanti,tant’e che essi, per liberarsi da tale vincolo, devono dimostrare cheil lodo e frutto di dolo o collusione ai loro danni (11).

2. Una volta determinati i confini del settore da indagare, econcentrando cosı l’attenzione sui terzi, titolari di un diritto o un ob-bligo dipendenti da quanto deciso nel lodo — e quindi rispetto alquale diritto o obbligo e rilevante cio che e stato deciso — e neces-sario distinguere a seconda che la situazione dipendente sia sortaprima dell’inizio del processo arbitrale, oppure nel corso dellostesso, ovvero ancora dopo la pronuncia del lodo. Ed e opportunoiniziare dall’ipotesi piu semplice: quella in cui la situazione del terzosorge dopo la pronuncia del lodo. E il lodo vincolante nei confrontidi costoro?

Si potrebbe essere tentati di risolvere la questione attraverso unragionamento fondato sul tenore letterale dell’art. 824-bis c.p.c. e

(8) GOUTAL, L’arbitrage et les tiers, in Rev. Arb., 1988, 451 ss.; MAYER, in nota aduna discutibile decisione della Cassazione francese (Cour de Cassation 23 gennaio 2007) inRev. Arb., 2007, 771.

(9) GOUTAL, L’arbitrage et les tiers, cit., 452.(10) PUNZI, « Effıcacia di sentenza » del lodo, in questa Rivista, 2005, 835; CONSOLO,

Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Torino, 2010, 162; RUFFINI, Il giudizio arbitralecon pluralita di parti, in Studi in onore di Luigi Montesano, I, Padova, 1997, 680-681.

(11) Conf. D’ALESSANDRO, Riflessioni sull’effıcacia del lodo arbitrale rituale alla lucedell’art. 824-bis c.p.c., in questa Rivista, 2007, 547.

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2909 c.c.: se il lodo ha gli effetti della sentenza pronunciata dall’au-torita giudiziaria e se questa sentenza fa stato fra le parti, gli eredi egli aventi causa, si potrebbe concludere che, dunque, anche il lodo,come la sentenza, e vincolante per gli eredi e gli aventi causa con ti-tolo posteriore alla pronuncia del lodo stesso.

Senonche l’argomentazione sarebbe semplicistica (12): da unlato, infatti, la lettera della norma non e decisiva (13); dall’altro, oc-corre fare i conti con alcune obiezioni, che sono state avanzate percircoscrivere gli effetti del lodo rispetto a quelli della sentenza.

Queste obiezioni possono essere sostanzialmente espresse comesegue: il lodo e un atto privato, che si fonda non sul potere autorita-tivo dello Stato, ma sulla convenzione di arbitrato (14). Ergo, chi none vincolato dalla convenzione di arbitrato non puo neppure esserevincolato dal lodo (15).

L’argomento apparentemente e persuasivo: il potere autoritativodello Stato e astrattamente in grado di giustificare atti che producanoeffetti nei confronti anche nei confronti di terzi; il lodo, in quantoatto non autoritativo, non ha questa possibilita.

Ma per appurare se l’argomento, al di la della apparente persua-sivita, e veramente fondato, occorre indagare in due direzioni: per unverso, occorre verificare se l’essere vincolati alla convenzione di ar-

(12) Conf. D’ALESSANDRO, Riflessioni, cit., 545.(13) Difatti, e inversamente, nonostante il § 1055 della ZPO dichiari che il lodo ha

gli effetti di una sentenza giurisdizionale passata in giudicato fra le parti, la dottrina non du-bita che esso possa avere effetti anche verso i terzi (salvo, beninteso, stabilire poi in qualiipotesi cio accada). SCHWAB-WALTER, Schiedsgerichtsbarkeit, Monaco, 2005, 189, affermanoicasticamente che la dizione del § 1055 ZPO « ist zu eng ».

(14) Sulla rilevanza di tale elemento in relazione al problema dei limiti soggettivi diefficacia del lodo v. SCHLOSSER, in STEIN-JONAS, Kommentar zur ZPO, 22a, Tubinga, 2002, sub§ 1055, 572.

(15) In questo senso v. gia GALDI, in Commentario del codice di procedura civile delRegno d’Italia, I, Napoli, 1887, 152; PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit., 834.

Alla caratteristica di atto « privato » (e quindi non autoritativo) del lodo, al fine ditrarne conseguenze sull’ambito di efficacia soggettiva dello stesso, fa riferimento abbondantedottrina. Ad es., CONSOLO, Spiegazioni, cit., 162, afferma che il lodo ha « piena efficacia diaccertamento giurisdizionale (art. 824-bis c.p.c.), seppur forse ancora circoscritta qui alleparti, loro eredi e aventi causa (una efficacia vincolante del giudicato arbitrale ultra partes,posta la matrice privata del giudice arbitrale, non sembra tuttora potersi ammettere) »: ma sulpunto v. anche infra, nota 32. In arg. v. anche LA CHINA, L’arbitrato, Milano, 2001, 211-212;RUFFINI, Il giudizio arbitrale, cit., 680; BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, Na-poli, 2005, 163; BARBIERI - BELLA, Il nuovo diritto dell’arbitrato, Padova, 2007, 274; NELA, inLe recenti riforme del processo civile a cura di CHIARLONI, Bologna, 2007, 1848; CARPI, inArbitrato, a cura di CARPI, Bologna, 2007, 596; AULETTA, Art. 824-bis, in La nuova disciplinadell’arbitrato a cura di MENCHINI, Padova, 2010, 424 ss.; CAVALLINI, L’arbitrato rituale, cit., 162.

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bitrato e elemento sufficiente per essere vincolati anche al lodo, qua-lora si sia terzi rispetto a quest’ultimo. Di per se, infatti, l’efficaciadella convenzione di arbitrato giustifica l’assunzione della qualita diparte nel processo arbitrale; e, se cio non e accaduto, non sembrabastare l’efficacia della convenzione di arbitrato per giustificare l’ef-ficacia del lodo.

Per altro verso, e fondamentalmente, occorre verificare se l’ef-ficacia prevista dall’art. 2909 c.c. sia per davvero esclusiva di un attoautoritativo come la sentenza (16), oppure possa riconoscersi anchead atti non autoritativi.

Orbene, la ragione per la quale l’erede e l’avente causa con ti-tolo posteriore alla sentenza e vincolato agli effetti di questa non stain una sua particolare efficacia, ma in cio che per gli eredi e gliaventi causa e rilevante la situazione pregiudiziale, oggetto della de-cisione, cosı come essa e al momento in cui sorge la loro situazionedipendente (17). Sicche non e necessario che l’assetto della situazionepregiudiziale sia stato dato da un provvedimento autoritativo: nientecambia, quand’anche tale assetto discenda da un contratto. Di conse-guenza anche il lodo ha effetti nei confronti degli eredi e degli aventicausa con titolo posteriore alla pronuncia dello stesso (18).

Resta da chiedersi se l’erede e l’avente causa possano in qual-che modo contestare il lodo. Sulla base dell’art. 831 c.p.c., mi pareindubbio che, ove sussistano motivi di revocazione, questa possa es-sere proposta da costoro.

Analogamente, se l’erede legittimario ritiene che il lodo siafrutto di collusione ai suoi danni, in quanto nasconde una donazionelesiva della sua legittima, egli potra sicuramente proporre opposi-zione di terzo revocatoria.

3. Veniamo ora ai terzi, con titolo antecedente alla pronunciadel lodo, ma posteriore alla proposizione della domanda arbitra-le (19). In questo caso il dato normativo sembra esplicito: per un

(16) Come afferma PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit., 833.(17) Conf. RICCI, Il lodo rituale, cit., 665, 672; SCHLOSSER, Kommentar zur ZPO, cit.,

522-523.(18) Cosı GALGANO, Il lodo arbitrale vale, dunque, come sentenza, in Contratto e im-

presa, 2006, 297-298. Cosı anche la dottrina tedesca: SCHLOSSER, Kommentar zur ZPO, cit.,523; SCHWAB-WALTER, Schiedsgerichtsbarkeit, cit., 189.

(19) E indubbio che il momento rilevante e la proposizione (e, se necessario, la tra-

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verso l’art. 816-quinquies, ultimo comma, dispone icasticamente che« si applica l’articolo 111 », il cui ultimo comma stabilisce che lasentenza (e dunque nel nostro caso il lodo) « spiega sempre i suoieffetti anche contro il successore a titolo particolare » (20); per altroverso gli artt. 2652 e 2653 c.c., al loro ultimo comma, prevedono latrascrivibilita della domanda di arbitrato in tutti i casi nei quali e tra-scrivibile la domanda giudiziale (21).

Tuttavia e opportuno valutare sistematicamente la previsionenormativa, per verificare se la natura non autoritativa del lodo giu-stifica l’efficacia dello stesso nei confronti di terzi. Si potrebbe pen-sare di far fronte alla carenza di potere dell’arbitro nei confronti delsuccessore nel diritto controverso esigendo che quest’ultimo sia vin-colato alla convenzione di arbitrato (22). Ma si tratta di una soluzioneinsufficiente, e comunque non necessaria (23).

La soggezione del terzo alla convenzione di arbitrato non e, in-fatti, sufficiente, in quanto l’efficacia della convenzione di arbitratoconsente di coinvolgere il terzo nel processo arbitrale, ma non giu-stifica certo la vincolativita, nei suoi confronti, di un lodo pronun-ciato senza che egli sia stato chiamato a partecipare al processo.Dunque non basta richiedere che il successore nel diritto controversosia vincolato alla convenzione di arbitrato: occorre anche pretendereche egli sia chiamato a partecipare al processo arbitrale. In tal caso,peraltro, si avrebbe un’efficacia immediata (24) del lodo nei suoi con-

scrizione) della domanda: v. in tal senso Cass., 25 luglio 2002 n. 10922, in Foro it., 2002, I,2919, la quale ha fatto applicazione dell’art. 111 c.p.c. al processo arbitrale ancor prima chetale applicabilita fosse espressamente prevista dalla legge.

(20) Si rilevi, dunque, la diversa disciplina del diritto positivo italiano rispetto, ades., a quello tedesco, ove la inapplicabilita del § 265 ZPO all’arbitrato, cui consegue chel’avente causa non e vincolato all’attivita processuale del dante causa (BOSCH, Rechtskraft,cit., 141), costituisce la ragione per la quale la dottrina maggioritaria esclude che il succes-sore litependente sia vincolato al lodo: BOSCH, Rechtskraft, cit., 125 ss., spec. 137; SCHLOS-SER, Kommentar zur ZPO, cit., 573; SCHWAB-WALTER, Schiedsgerichtsbarkeit, cit., 189.

(21) E quindi caduto l’ostacolo che, con riferimento alla successione nel diritto con-troverso, impediva l’equiparazione del lodo alla sentenza: RICCI, Il lodo rituale, cit., 662 ss.In arg. v. ora CORBI, La trascrizione della domanda arbitrale, in questa Rivista, 2010, 729 ss.

(22) CAVALLINI, L’arbitrato rituale, cit., 109-110.(23) Conf. MURONI, La pendenza del giudizio arbitrale, Torino, 2008, 230 ss.;

D’ALESSANDRO, Riflessioni, cit., 546, che giustamente nota come l’art. 816-quinquies c.p.c.non distingue a seconda che la convenzione di arbitrato sia o meno efficace nei confronti delsuccessore nel diritto controverso.

(24) Con il termine « immediata » vogliamo qui connotare che il lodo esplichera ef-ficacia nei confronti del successore nel diritto controverso come parte, e non come terzo. Ri-mane ovviamente impregiudicata la vexata quaestio relativa alla natura diretta o riflessa de-

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fronti, avendo egli assunto la qualita di parte in senso processua-le (25): quanto a dire, dunque, che — in palese contrasto con laesplicita previsione normativa — nell’arbitrato l’art. 111 c.p.c. nonsi applicherebbe (26).

Ma l’efficacia della convenzione di arbitrato nei confronti delsuccessore nel diritto controverso non e neppure necessaria per giu-stificare la sua soggezione al lodo. Si consideri, infatti, che rilevanteper il terzo e la realta sostanziale, cosı come determinata dal lodo frale parti originarie: ebbene, il lodo non pregiudica il successore neldiritto controverso piu di quanto lo avrebbe pregiudicato un con-tratto, che fosse stato stipulato nella stessa data in cui e stata propo-sta la domanda di arbitrato, e con il quale le parti abbiano dato ailoro rapporti lo stesso assetto che dara il lodo.

Non vi sono differenze neppure dal punto di vista della cono-scibilita, da parte del successore, rispettivamente della domanda diarbitrato e dell’accordo delle parti: quando per l’opponibilita ai terzisono richieste forme di pubblicita, queste valgono tanto per la do-manda di arbitrato quanto per il contratto; quando, invece, e suffi-ciente una data certa, questa e necessaria sia per il contratto che perla domanda di arbitrato.

Facciamo un esempio. Tizio propone domanda arbitrale neiconfronti di Caio per ottenere il pagamento di un credito che vantanei confronti di quest’ultimo. Nel corso del processo Tizio cede ilcredito a Sempronio. Il lodo rigetta la domanda di Tizio. Semproniosubisce dal lodo un pregiudizio non maggiore di quello che avrebbesubito se Tizio, nella stessa data in cui ha proposto la domanda diarbitrato, avesse ceduto il credito a Mevio, o avesse compiuto un al-tro atto dispositivo avente ad oggetto il credito stesso, ad es. una re-missione del debito (purche ovviamente avente data certa).

Analogamente, se Tizio propone contro Caio domanda arbitralerivolta ad ottenere la risoluzione del contratto con il quale ha trasfe-rito a B la proprieta di un bene immobile, e durante il processo ar-bitrale Caio vende il bene a Sempronio, quest’ultimo e pregiudicatodal lodo come lo sarebbe stato da una risoluzione consensuale del

gli effetti della decisione nei confronti del successore nel diritto controverso, sia egli o menointervenuto nel processo. Con riferimento al lodo, si v. CORBI, La trascrizione, cit., 739 ss.;MURONI, La pendenza, cit., 257 ss.

(25) Conf. BOSCH, Rechtskraft, cit., 129.(26) Cosı, infatti, FAZZALARI, L’arbitrato, Torino, 1997, 87.

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contratto, trascritta nella stessa data in cui e stata trascritta la do-manda di arbitrato.

Del resto, non sono sconosciute fattispecie nelle quali le partipossono convenzionalmente « prenotare », con efficacia verso i terzi,gli effetti di un futuro accordo. Nell’ipotesi disciplinata dall’art.2645-bis c.c., la trascrizione del preliminare consente al contrattodefinitivo di prevalere sugli acquisti venuti ad esistenza medio tem-pore, nel periodo cioe intercorrente fra la trascrizione del preliminaree la trascrizione del definitivo. Non vi e alcunche di strano, dunque,in cio che la « prenotazione », attraverso la domanda, di un futuroatto non autoritativo come il lodo possa rendere quest’ultimo oppo-nibile agli aventi causa litependente.

Dunque, per vincolare il successore nel diritto controverso aglieffetti del lodo, non vi e alcuna necessita di fondare lo stesso su unpotere specifico degli arbitri nei suoi confronti: e sufficiente a tal fineil potere negoziale che il dante causa ha nel momento in cui e pro-posta la domanda di arbitrato.

4. Il profilo certamente piu delicato del problema che stiamoesaminando riguarda l’efficacia del lodo nei confronti dei terzi contitolo anteriore alla proposizione della domanda di arbitrato. In rela-zione a questa fattispecie, non vi sono norme apposite — come delresto non vi sono neppure per la sentenza. Esistono solo alcune di-sposizioni speciali (come l’art. 1595, ult. comma, c.c.), che, peraltro,vedremo rivestire un significato sistematico importante.

La dottrina, in linea di principio e salvo poche ma significativeprecisazioni, ricollega alla natura privata del lodo la inettitudine aprodurre effetti nei confronti dei terzi con titolo anteriore alla liti-spendenza arbitrale. Il contratto non produce effetti rispetto ai terzi— si dice — ed identica regola, in virtu della natura « privata » (i.e.,non autoritativa) della decisione arbitrale, vale per il lodo.

Non e il caso qui di verificare se sia corretto sostenere che lasentenza vincola i terzi piu del lodo. In linea di principio, lo abbiamogia notato, e certamente vero che la sentenza, in quanto atto autori-tativo, e in grado di produrre nei confronti del terzi effetti piu ampidel lodo, che e atto non autoritativo (27). Tuttavia, a questa astratta

(27) V., se vuoi, indicazioni in LUISO, L’articolo 824-bis c.p.c., in questa Rivista,2010, 244 ss.

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potenzialita puo non seguire una concreta efficacia della sentenza neiconfronti dei terzi, qualora cio sia imposto dal rispetto del principiodel contraddittorio e del diritto di difesa.

Limitiamoci dunque a verificare — sul presupposto della naturanon autoritativa del lodo — se e quando esso sia in grado di vinco-lare i terzi, titolari di diritti o obblighi sorti antecedentemente alla li-tispendenza arbitrale. In questa direzione, non e sufficiente richia-mare l’art. 1372, comma 2, c.c. per dedurne che solo nell’ipotesi dicui all’art. 1411 c.c. (contratto a favore di terzi) il contratto puoavere effetti per i terzi (28). Il dato letterale, lo abbiamo gia consta-tato in piu occasioni, va preso cum grano salis.

Punto di partenza del ragionamento e la constatazione che illodo, dal momento in cui acquista efficacia, da al rapporto gia con-troverso una disciplina che, da quel momento in poi, si sovrapponein tutto e per tutto al precedente assetto di diritto sostanziale inter-corrente fra le parti. Ora, se per regola di diritto sostanziale la situa-zione del terzo si deve conformare al modo di essere della situazionepregiudiziale, sicche ogni modificazione di quest’ultima si ripercuotesu quella dipendente, non vi e dubbio che il lodo e in grado di pro-durre effetti nei confronti del terzo — come del resto lo e un con-tratto che stipulino i titolari della situazione pregiudiziale (29).

Si prenda ad esempio l’art. 1595 c.c., il cui ultimo comma pre-vede che « la nullita o la risoluzione del contratto di locazione ha ef-fetto anche nei confronti del subconduttore, e la sentenza pronun-ciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui ». Risultaevidente che il legislatore costruisce la posizione del subconduttorenei confronti del locatore principale (non nei confronti del subloca-tore!) come conformata dalla persistenza del rapporto di locazioneprincipale: se quest’ultimo cessa, viene meno anche il diritto delsubconduttore verso il locatore principale.

Le variazioni relative al rapporto principale si ripercuotonodunque sul rapporto dipendente qualunque sia la causa della varia-zione in oggetto: non e pertanto corretto sostenere che solo la sen-

(28) Cosı RICCI, Ancora sulla natura e sugli effetti del lodo arbitrale, in Sull’arbi-trato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, 712.

(29) ZUCCONI GALLI FONSECA, Pregiudizialita e rinvio, Bologna, 2011, 219 ss. defini-sce questa tipologia di pregiudizialita come da rinvio mobile, in contrapposizione alla pre-giudizialita da rinvio fisso.

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tenza e opponibile al subconduttore (30), perche viceversa lo e ancheil contratto (31). Dunque anche il lodo e idoneo a produrre effetti neiconfronti dei terzi con titolo antecedente alla litispendenza arbitrale,quante volte la loro situazione sia permanentemente dipendente daquella oggetto del lodo (32).

Solo che in questi casi solo in senso molto lato si puo parlaredi « effetti del lodo », poiche gli effetti in questione in verita hannoradici nel diritto sostanziale: e la modificazione del diritto sostanzialeche rileva, tant’e che e indifferente l’atto che la produce (33).

5. A conferma di quanto appena osservato, si puo rilevare chegli effetti in questione sono essenzialmente irretroattivi (34). Proprioin ragione del loro modo di prodursi, nei confronti del terzo le mo-dificazioni della realta sostanziale si verificano — qualunque sia lafonte di tali modificazioni — dal momento in cui si completa la fat-tispecie dell’atto o fatto che genera l’effetto.

In virtu di tale atto o fatto, fra le parti diviene vigente un certoassetto di diritto sostanziale: da quel momento in poi la situazionedel terzo si assesta su quella delle parti, salva ovviamente l’utilizza-zione degli strumenti che l’ordinamento predispone a sua tutela(azione revocatoria, opposizione di terzo revocatoria, azione di simu-lazione, ecc.).

Ma per la tranche temporale antecedente al verificarsi dell’ef-fetto fra le parti, che si e riflesso in pregiudizio del terzo, l’atto chelo ha prodotto — quand’anche sia retroattivo fra le parti — non lo enei confronti del terzo. La situazione del terzo rimane ovviamente

(30) Cosı RICCI, Ancora sulla natura, cit., 712.(31) GIOVE, in Commentario del codice civile diretto da GABRIELLI, sub art. 1595, To-

rino, 2011, 326. In giurisprudenza, da ultimo, Corte cost. 21 gennaio 1988 n. 60, in Giur,cost. 1988, I, 172; Cass., 18 settembre 2008 n. 23853.

(32) Questa sembra (o sembrava) essere anche l’opinione di CONSOLO il quale, ne Leimpugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2008, 376, cosı integrava il brano sopra ri-portato alla nota 15: « ... posta la matrice privata del giudizio arbitrale (e salvi i casi in cuianche un negozio vincolerebbe taluni terzi perche titolari di rapporti permanentemente dipen-denti dal modo di essere di quello principale) non sembra tuttora potersi ammettere ». Sulpunto v. anche FAZZALARI, L’arbitrato, cit., 87, 93.

(33) MAYER, in Rev. Arb., 2007, 771: « L’opposabilite d’un jugement aux tiers aexactement la meme nature que celle d’un contrat, pour la bonne raison que ce qui est enrealite opposable, c’est la situation juridique cree ou constatee, quelle qu’en soit la source ».

(34) Per un maggior approfondimento v., se vuoi, LUISO, Irretroattivita degli effettiriflessi, in Studi in onore di Enrico Allorio, Milano, 1989, 374 ss., spec. 381 ss.

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dipendente, sul piano sostanziale, da quella delle parti: ma se una diqueste volesse avvalersi nei confronti del terzo della retroattivita chel’atto ha inter partes, il terzo potrebbe eccepire che, per quanto ri-guarda il periodo antecedente al prodursi degli effetti dell’atto inquestione, le cose stavano diversamente.

Facciamo un esempio. Tizio e Caio stipulano un contratto dilocazione, e Caio stipula un contratto di sublocazione con Sempro-nio. Se fra Tizio e Caio viene ad esistenza un atto che produce interpartes la caducazione retroattiva (in senso lato) del rapporto di loca-zione principale, dal momento in cui questo atto diviene efficaceSempronio non ha un piu un diritto opponibile a Tizio. Ma se Tiziochiede a Sempronio il risarcimento dei danni per l’abusiva occupa-zione del bene a causa dell’inesistenza ab origine o della caduca-zione retroattiva del rapporto di locazione principale, e pretende divincolare Sempronio all’atto in questione, Sempronio puo obiettareche — per il futuro — egli e tenuto a riconoscere che il suo dirittodi subconduttore non esiste piu ma che — per il passato — occorreverificare nel suo contraddittorio la effettiva sussistenza della ragioneche ha portato alla caducazione retroattiva del rapporto di locazioneprincipale.

La irretroattivita nei confronti del terzo dell’atto — di qualun-que atto: contratto, sentenza, lodo — retroattivo fra le parti spiegadunque perche, nei casi di pregiudizialita istantanea (35), l’atto nonpuo mai avere effetti nei confronti del terzo: perche esso disponesolo per il futuro in una situazione nella quale la modificazione deldiritto del dante causa e, dal punto di vista sostanziale, irrilevante neiconfronti del terzo.

Ne avrebbe senso introdurre distinzioni fra le varie categorie diatti, differenziando ad es. il contratto dalla sentenza: perche, per leragioni che andremo a vedere subito, nei confronti del terzo la sen-tenza non e piu attendibile del contratto.

6. Resta quest’ultimo punto da esaminare. Le conclusioni cheabbiamo sopra raggiunto devono in qualche guisa essere modificatein relazione alle ipotesi in cui le parti abbiano previsto la decisioneequitativa della controversia? Piu in generale, il fatto che il contratto

(35) O di rinvio fisso, per utilizzare la terminologia di ZUCCONI GALLI FONSECA, Pre-giudizialita e rinvio, cit., loc. cit.

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costituisca l’esercizio di un potere dispositivo delle parti, il lodo co-stituisca una decisione da parte di un soggetto cui il potere di deci-dere e stato conferito dalla volonta delle parti, e la sentenza costitui-sca una decisione da parte di un soggetto che esercita un potere au-toritativo, obbliga a porre dei distinguo alle varie situazioni sopraesaminate?

Il problema nasce perche, sia da un punto di vista generale (36)sia con specifico riferimento al lodo equitativo (37), si afferma chealtro e l’accertamento del giudice e dell’arbitro rispetto all’atto di-spositivo delle parti; altro e un lodo che accerti la situazione sostan-ziale preesistente rispetto ad un lodo che invece si fondi su un po-tere dispositivo degli arbitri.

Iniziamo intanto a chiarire che il termine « accertamento » eambiguo, perche con esso si puo indicare sia l’operazione di accer-tare un quid preesistente, in senso quindi descrittivo (l’accertamentostorico, per intenderci) sia la fissazione di un quid, in senso quindiprescrittivo (38). L’accertamento prescrittivo e proprio di tutti gli attiidonei a risolvere la controversia, qualunque sia il metodo con cui sene determina il contenuto: l’accertamento della realta giuridica pree-sistente per il giudice e l’arbitro, la valutazione di convenienza per ilcontratto. L’accertamento del sein e dunque tipico degli strumentieteronomi di risoluzione della controversia; l’accertamento del sollene invece proprio di tutti gli strumenti risolutivi della controversia,perche indispensabile appunto al fine di dare quelle regole concretedi condotta che, sovrapponendosi alla normativa generale e astratta,sono in grado di superare il contrasto.

Ma il punto decisivo e un altro: nei confronti dei terzi, la sen-tenza non ha maggior attendibilita del lodo (39) o del negozio. Per chinon ha avuto modo di esercitare il suo diritto di difesa, non fa alcunadifferenza che la decisione provenga da un giudice pubblico o da ungiudice privato; non fa alcuna differenza che l’atto, che pone le re-gole di condotta concrete, si fondi su un accertamento (descrittivo) osu una valutazione negoziale di convenienza. Come gia affermava ladottrina francese centocinquanta anni fa, se la parte non puo pregiu-

(36) V. da ultimo BOVE, La conciliazione nel sistema dei mezzi di risoluzione dellecontroversie civili, in www.judicium.it, §§ 2-4.

(37) In arg. v. RICCI, Il lodo rituale, cit., 659 ss.(38) FORNACIARI, Lineamenti di una teoria generale dell’accertamento giuridico, To-

rino, 2002, 78 ss.(39) BOSCH, Rechtskraft, cit., 127 ss.

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dicare il terzo « en contractant », non puo pregiudicarlo nemmeno« en plaidant » (40).

Il problema, in realta, si puo porre solo per i terzi aventi causalitependente. Infatti, come abbiamo gia visto: a) i terzi, con titolosuccessivo alla formazione dell’atto, devono accettare la situazionecosı com’e stata conformata dall’atto in questione, ed e indifferenteche si tratti di sentenza, lodo o contratto; b) i terzi, con titolo ante-riore all’inizio del processo, se sono pregiudicati, lo sono in egualmisura (ma non retroattivamente) da qualunque atto che produca frale parti un effetto sostanziale rilevante per la loro situazione.

Resta, come dicevamo, il problema dei terzi con titolo poste-riore alla domanda ma anteriore alla decisione. Come ha sottolineatola dottrina tedesca, qui occorre che l’avente causa sia vincolato allaattivita processuale del dante causa: il che non accade in Germania,in quanto si ritiene non applicabile all’arbitrato il § 265 ZPO. Normache, inoltre, differisce fondamentalmente dal nostro art. 111 c.p.c.,perche, se non vi e il consenso della controparte, permette al succes-sore nel diritto controverso di intervenire nel processo non comeparte principale, ma solo in via adesiva dipendente (41).

Ben diversa e la situazione delineata dall’art. 816-quinquies,ult. comma, c.p.c., che rende applicabile al processo arbitrale l’art.111 c.p.c., e dunque per un verso vincola il successore all’attivitaprocessuale del dante causa, ma per altro verso gli consente di inter-venire volontariamente (e di essere chiamato in causa) come parteprincipale: con l’intervento o la chiamata in causa si realizza un li-tisconsorzio processuale, il che impedisce alla parte originaria dicompiere atti processuali dispositivi senza l’adesione del successo-re (42).

Dunque, ha ragione quella dottrina (43) che nega qualunque ri-levanza al fatto che il lodo sia pronunciato secondo equita. Infatti, sela decisione equitativa e prevista nella convenzione di arbitrato, ilsuccessore nel diritto controverso non puo che subirla, posto cheessa e anteriore al suo titolo. Se, invece, il potere/dovere di decidere

(40) MARCADE, Explication du Code Napoleon, Parigi, 1859, V, 182.(41) Una soluzione analoga era sostenuta da CHIOVENDA, Istituzioni di diritto proces-

suale civile, II, 1, Napoli, 1934, 475, sulla falsariga della ZPO, quando nel nostro sistemamancava una norma sulla successione nel diritto controverso.

(42) Con riferimento alla confessione, v. Cass., 1o aprile 2003 n. 4904, in Giur. it.,2004, 276.

(43) RICCI, Il lodo rituale, cit., 661.

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equitativamente e attribuito agli arbitri nel corso del processo arbi-trale, partecipando allo stesso il successore puo impedire che cio ac-cada senza il suo consenso. Cosı come, intervenendo, puo evitareche la decisione arbitrale possa fondarsi su atti processuali disposi-tivi delle parti originarie.

E poi sempre possibile, per il successore nel diritto controverso,sia o meno intervenuto nel processo arbitrale, utilizzare l’impugna-zione per nullita avverso il lodo.

This article deals with the issue of the possible effects of an arbitral awardon third parties. Firstly, the author considers that the third parties who have an in-terest in an arbitral award are those who have substantive rights which are depen-dant on the subject matter of the award. On the other hand, questions regardingthe enforceability of an arbitral award against third parties are expressly excludedfrom examination.

Having thereby defined the ambit of his review, the author then distinguishesbetween those third parties who have substantive rights which have arisen prior tothe presentation of a request for arbitration from those who have rights which ariseeither during the course of an arbitration or after the issue of the arbitral award.

In relation to all three categories of third parties, the author draws the con-clusion that there are no differences between an arbitral award and a judgment.The inexistence of any decisional power of the arbitrator over third parties and theprivate nature of an arbitral award are irrelevant, in that the issue is determinedexclusively by application of the substantive rules of law.

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Intervento alla Tavola rotonda« Transparency vs Confidentiality:la riservatezza dell’arbitratoe i diritti di informazione dei terzi »

STEFANO AZZALI (*)

Le istituzioni arbitrali, siano esse private, come l’AssociazioneItaliana per l’Arbitrato o l’International Chamber of Commerce, opubbliche, come la Camera Arbitrale di Milano, solitamente non silimitano ad offrire un servizio di amministrazione dei procedimenti,ma perseguono anche l’obiettivo di diffondere la cultura dell’arbi-trato, cosı da garantire un sempre piu ampio utilizzo di tale stru-mento.

L’istituzione arbitrale, al fine di favorire il ricorso all’arbitrato,ha certamente un interesse a rendere maggiormente accessibili laprassi ed i lodi arbitrali. Interesse che, ovviamente, non puo ritenersisuperiore a quello delle parti di mantenere strettamente riservate econfidenziali tutte le informazioni collegate al procedimento arbi-trale.

La Camera Arbitrale di Milano, nel perseguire tale obiettivo dicarattere generale, non puo quindi prescindere dalla tutela degli in-teressi particolari dei propri utilizzatori, come appunto quello alla ri-servatezza.

La vera difficolta e la ricerca di un equilibrio fra questi due(non facilmente conciliabili ma, come vedremo, nemmeno incompa-tibili) interessi.

E bene in primo luogo rammentare che, essendo l’arbitratoespressione dell’autonomia negoziale delle parti, la riservatezza puoessere dalle parti stesse disciplinata espressamente, efficacemente edin modo dettagliato in una clausola (la c.d. confidentiality clause)

(*) Segretario Generale della Camera Arbitrale di Milano.

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analoga a quella che frequentemente viene inserita nei contratti dijoint venture, di fusione e acquisizione ecc.

E quindi evidente che le parti, nel determinare autonomamentele regole del gioco del procedimento arbitrale, possono includere unimpegno reciproco alla riservatezza, sancendone lo scopo, traccian-done i limiti oggettivi, soggettivi e temporali, prevedendo eventualieccezioni e definendo le conseguenze in caso di sua violazione.

Tale risultato puo essere ovviamente raggiunto anche indiretta-mente, facendo espresso riferimento ad un regolamento arbitrale pre-costituito contenente un obbligo di riservatezza in capo ai soggetticoinvolti nel procedimento. In questo caso alle parti si apre un am-pio ventaglio di ipotesi: il tema della riservatezza e infatti discipli-nato dai regolamenti arbitrali delle principali istituzioni in modospesso differente.

In entrambi i casi, il diritto delle parti alla riservatezza e incon-testabile e senza dubbio da proteggere, essendo stato dalle stesseespressamente concordato (in modo diretto o indiretto, per relatio-nem).

Ma cosa accade se le parti non hanno disciplinato tale aspetto?Possiamo ritenere che la riservatezza rappresenti una caratteristicaconnaturata all’arbitrato, implicita nella originaria scelta delle parti afavore di questo istituto? E, in caso positivo, fino a che punto essapuo essere sacrificata di fronte all’interesse generale di diffusionedell’arbitrato?

E innegabile che una maggiore pubblicita ed un piu ampio ac-cesso all’istituto arbitrale puo produrre una serie di vantaggi per gliutilizzatori dell’arbitrato.

Mettere a disposizione del pubblico le decisioni rese da arbitricompetenti ed esperti della materia offrirebbe alle imprese utili infor-mazioni nella fase di negoziazione dei contratti, consentendo loro dievitare, ad esempio, previsioni contrattuali sanzionate, in altri proce-dimenti, dagli arbitri, riducendo cosı i « costi di transazione ».

La conoscenza di una qualificata giurisprudenza arbitrale, an-corche non vincolante, fornirebbe inoltre agli arbitri chiamati a deci-dere fattispecie analoghe, utili indicazioni, contribuendo a ridurre ilrischio di decisioni contrastanti (se non addirittura contraddittorie).

Una maggiore prevedibilita circa le conseguenze di condottescorrette, sanzionate da collegi arbitrali, dovrebbe poi disincentivarele parti a porre in essere simili comportamenti.

Per non parlare dell’utilita di poter conoscere e valutare, attra-

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verso i loro lodi, la competenza e la qualita degli arbitri chiamati adecidere la controversia.

Maggior trasparenza che indurrebbe gli stessi arbitri a tenerecondotte piu virtuose, riducendo forse l’inserimento nei lodi arbitralidi opinioni dissenzienti (talvolta motivate piu dal desiderio di com-piacere la parte che dalla necessita di difendere, in modo disinteres-sato, un proprio convincimento in punto di diritto...).

Infine, in termini generali, un piu ampio accesso ai lodi arbitralicontribuirebbe a migliorare l’immagine stessa dell’istituto arbitrale,spesso circondato da una aura di scarsa trasparenza ed opacita che siritiene possa nascondere chissa quali nefandezze, accordi sottobanco,intese fraudolente. L’immagine dell’arbitrato senza dubbio ne guada-gnerebbe.

D’altro canto, osservando se e come la riservatezza trovi unfondamento normativo, ci rendiamo conto che tale interesse non ri-ceve adeguata considerazione da parte delle legislazioni nazionali,alcune delle quali completamente silenti sul punto, mentre altre, purenunciando il principio, non offrono una reale ed adeguata disciplina.

In Italia, ad esempio, non vi sono specifiche norme che sanci-scano l’osservanza di un obbligo di confidenzialita in arbitrato, cosıcome in Inghilterra. In Norvegia invece si nega espressamente chel’arbitrato sia riservato. Altre legislazioni (come l’Australia e laNuova Zelanda) ammettono o enunciano l’esistenza di un principiodi riservatezza, senza tuttavia fornire una disciplina dettagliata.

A questa mancanza legislativa — e, laddove presente, di suauniformita — non sopperiscono i regolamenti arbitrali ne tanto menola giurisprudenza dei tribunali ordinari e degli arbitri, che fornisconosul punto decisioni ed interpretazioni spesso discordanti.

In estrema sintesi, possiamo affermare che gli interessi legati adun corretto bilanciamento tra pubblicita e riservatezza non trovanoadeguata tutela nelle legislazioni nazionali, nei regolamenti arbitralio presso i tribunali ordinari.

E quindi difficile sostenere che la riservatezza e un principiocardine dell’arbitrato: pur essendo ritenuto tale, non sembra infattiesistano (almeno in Italia) elementi giuridicamente rilevanti su cuibasare tale principio. Ecco che, nonostante l’opinione diffusa se-condo cui l’arbitrato debba svolgersi sotto le insegne del « principiodi riservatezza », nel nostro ordinamento non sembra possibile anco-rare una simile affermazione ad un principio giuridico di fondo.

Assumendo questa prospettiva, la riservatezza si mostra a no-

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stro avviso per quel che e: un assunto, una convenzione cui ci siadegua per prudenza, opinio iuris.

Tutti assumono che l’arbitrato sia riservato, lo ritengono taleper prudenza, spesso nel timore di subire eventuali azioni in caso disua violazione. Atteggiamento talvolta tenuto dagli stessi arbitri, al-cuni dei quali preferiscono che il loro operato all’interno del colle-gio resti discretamente noto solo allo stesso.

Noi riteniamo che l’interesse alla riservatezza, da un lato, e allatrasparenza, dall’altro, siano solo apparentemente inconciliabili e chepossano coesistere, soprattutto in arbitrato amministrato. L’istitu-zione arbitrale e, forse, il soggetto piu idoneo a contemperare l’esi-genza privata, delle parti, di non vedere divulgate notizie relative al-l’arbitrato e quella, diciamo « pubblica », di tutti i soggetti interes-sati, ad avere accesso ai precedenti arbitrali.

L’istituzione puo, inoltre, svolgere un ruolo decisivo nella dif-fusione di un dato a nostro avviso fondamentale: quello relativo alledecisioni assunte in ordine alla conferma degli arbitri o alle ricusa-zioni proposte nei loro confronti.

Cerchiamo di assolvere a tale delicato compito con i commi 1e 2 dell’art. 8 del Regolamento della Camera Arbitrale di Milano, ilquale, da un lato, riconosce massima estensione soggettiva all’ob-bligo di riservatezza, dall’altro garantisce ampia divulgazione deilodi che, opportunamente anonimizzati, possono essere utilizzati aifini scientifici, perfino senza il consenso esplicito delle parti. L’arti-colo citato prevede, infatti, un meccanismo di default, grazie al qualele parti, richiamando il Regolamento, manifestano implicitamente ilconsenso alla pubblicazione del lodo.

Quanto alle modalita con cui concretamente procedere alla ano-nimizzazione, grazie ad un lavoro coordinato da Alberto Malatesta eRinaldo Sali, insieme all’Universita di Castellanza - LIUC, la Ca-mera ha redatto delle apposite Linee Guida (disponibili sul sito dellaCamera Arbitrale di Milano).

Agli occhi di esperti operatori dette Linee non apportano, forse,alcuna particolare innovazione, ma per molti « non addetti ai lavori »esse possono rappresentare un importante contributo, mettendo a di-sposizione di chiunque voglia avvalersene dei criteri validi per l’ano-nimizzazione di lodi ad hoc o amministrati da altre istituzioni.

La Camera ha assunto sul punto una posizione netta, optandoper la pubblicazione di tutti i lodi che presentino elementi di inte-resse, opportunamente anonimizzati secondo le Linee Guida di cui

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sopra. Si e poi deciso di conservare l’identita degli arbitri, in mododa rendere noto il nome di chi ha prodotto la sentenza arbitrale og-getto di diffusione.

Come accennato, vi e un ulteriore dato che e nostra intenzionerendere visibile, in ragione della sua importanza e dei riflessi che puoavere nella diffusione di una corretta cultura arbitrale. Si tratta dellevalutazioni che il Consiglio Arbitrale della Camera di Milano com-pie in merito all’indipendenza e all’imparzialita degli arbitri, nell’as-sumere i provvedimenti in ordine alle loro conferme e alle ricusa-zioni contro gli stessi eventualmente proposte.

In questo caso, si rende necessaria una totale anonimizzazione,poiche l’obiettivo non e certo quello di esporre personalmente l’ar-bitro non confermato per accertate incompatibilita; si vuole, piutto-sto, delineare e rendere pubblico l’esito della valutazione compiutadal Consiglio, mostrando la fattispecie oggetto di pronuncia, cosı chepossa fornire utili indicazioni a chi, da lı in avanti, e chiamato aconferire un incarico ad arbitro o ad accettarlo.

In punto di conferma degli arbitri, negli anni la Camera ha rac-colto una propria prassi, dalla quale emergono una serie di circo-stanze analoghe, su cui il Consiglio si e ripetutamente pronunciato,ad esempio emanando, pressoche nella totalita dei casi, un provvedi-mento di non conferma.

Crediamo che, se questa casistica di situazioni di conflitto —cosı ripetute da poter ormai essere considerate « tipiche » — fosseaccessibile agli operatori, si avrebbe una netta riduzione di casi si-milari, a tutto vantaggio della speditezza dei procedimenti.

Si pensi al caso, ormai di scuola, della nomina ad arbitro con-ferita al socio di studio: la parte eviterebbe di incaricare un soggettoche versi in una simile condizione di incompatibilita, poiche avrebbecontezza che, in ogni caso analogo, il Consiglio ha proceduto allanon conferma dell’arbitro in questione. Poter prevedere, con unacerta dose di certezza, la non conferma di un arbitro che si aveva in-tenzione di designare, evita alla parte il rischio di consumare unadelle due possibilita di designazione offerte dal Regolamento dellaCamera Arbitrale di Milano, contribuendo cosı ad una riduzione deicosti e dei tempi del procedimento.

Come anticipato, la Camera ha gia raccolto una discreta casi-stica, di prossima pubblicazione, articolata secondo le varie catego-rie di relazioni: arbitro-arbitro, arbitro-avvocato, arbitro-parte, arbi-tro-oggetto della controversia, ecc.

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E nostra convinzione che la pubblicazione in forma anonimadei lodi, unitamente alla divulgazione della casistica in questione,rappresenti uno tra gli strumenti piu validi per conseguire gli obiet-tivi di cui in premessa: incrementare la diffusione della cultura arbi-trale e, conseguentemente, la fruibilita dell’arbitrato.

Written by the Secretary-General of the Chamber of Arbitration of Milan,this article explores the competing principles of transparency and confidentiality incommercial arbitration. The interests of the parties to an arbitration are usually infavour of confidentiality, whereas arbitral institutions, and the arbitration commu-nity as a whole, also have a strong interest in spreading the understanding and useof arbitration, thereby promoting both a domestic and international “arbitrationculture”.

It is important to find a balance between these two interests. Even in caseswhere the parties to an arbitration have not expressly agreed to confidentiality,such a requirement is often considered implicit in the original choice of the par-ties. However, an obligation of confidentiality is not uniform across legal systemsor arbitral institutions and, in some countries, such an obligation does not exist atall. Accordingly, confidentiality cannot be considered a cardinal principle of arbi-tration as such.

The Chamber of Arbitration of Milan has drafted a set of guidelines, availa-ble on its website, for the purposes of the publication of awards in anonymous formand is actively pursuing the publication of its awards. The Chamber considers thisto be one of the most useful and effective methods of spreading and promoting anarbitration culture.

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GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) ITALIANA

Sentenze annotate

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI civ.; ord. 8 marzo 2011, n. 5510; BATTIMIELLO

Pres.; CURZIO Est.; B.M. (avv. Rizzo) c. Cavallotto Gianfranco e LorenzoS.n.c. (avv.ti Bruno e Ponzio).

Compromesso e arbitrato - Competenza - Rapporti tra arbitri e giudici ordi-nari - Art. 819-ter c.p.c. novellato.

Regolamento necessario di competenza - Applicabilita - Condizioni.

Ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., cosı come novellato dall’art. 22 del D.Lgs. n.40/2006, la sentenza del giudice di merito affermativa o negatoria della propriacompetenza sulla convenzione di arbitrato e impugnabile con regolamento di com-petenza, necessario o facoltativo (art. 42 e 43 c.p.c.) a seconda che sia stata de-cisa solo la questione di competenza, ovvero questa insieme col merito.

Il provvedimento con cui il giudice declina la propria competenza a causadella presenza di una clausola compromissoria e impugnabile con il solo regola-mento necessario di competenza ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c.

CENNI DI FATTO. — Un soggetto conviene in giudizio una societa assicuratricein qualita di suo subagente sino al recesso per asserita giusta causa, chiedendo ilricalcolo delle provvigioni percepite e altre indennita derivanti dalla mancanza del-l’addebito contestatogli, oltre al risarcimento del danno in ragione del discreditosubito. Parte convenuta eccepisce l’improponibilita della domanda e l’incompe-tenza del giudice adito, facendo valere la convenzione arbitrale prevista nel con-tratto di subagenzia. Il Tribunale dichiara l’improcedibilita della domanda per es-sere la controversia devoluta alla cognizione arbitrale. Viene proposto appello, ilquale e dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale in applicazione dell’art.819-ter.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Rilevato che in sede di relazione si era espostoquanto segue:

« B.M. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Torino,pubblicata il 9 dicembre 2009, che ha dichiarato inammissibile il suo appello.

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Il B. aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Alba la S.n.c. GianFranco e C.L., esponendo di essere stato suo subagente sino al recesso per asseritagiusta causa, consistente nell’attivita concorrenziale. Sosteneva di aver percepitoprovvigioni in misura inferiore al dovuto e ne chiedeva il ricalcolo. Sosteneva chenon aveva svolto alcuna attivita concorrenziale e chiedeva di conseguenza il paga-mento delle seguenti indennita: sostitutiva del preavviso, di scioglimento del con-tratto e suppletiva di clientela. Sosteneva infine di essere stato screditato e chiedevail risarcimento del relativo danno.

La convenuta si costituiva eccependo l’improponibilita della domanda o l’in-competenza del giudice adito a causa della convenzione di arbitrato prevista dalcontratto di sub-agenzia stipulato inter partes.

Il Tribunale dichiarava l’improcedibilita per essere la controversia devolutaalla cognizione di un collegio arbitrale.

Il B. proponeva appello sul punto.La Corte lo ha dichiarato inammissibile in quanto alla controversia in esame

si applica, ratione temporis la nuova disciplina dell’art. 819-ter c.p.c., con la con-seguenza che la sentenza di primo grado avrebbe dovuto essere impugnata con re-golamento di competenza e non con appello.

Il B. ricorre per cassazione denunziando, con motivo unico, violazione e falsaapplicazione degli artt. 819-ter, 42 e 43 c.p.c., contraddittorieta della motivazione.

La tesi del ricorrente e che il nuovo testo dell’art. 819-ter, pacificamente ap-plicabile ratione temporis alla controversia in esame, consente il regolamento dicompetenza, ma cio non comporta che la parte debba avvalersi necessariamente edin via esclusiva di tale mezzo di impugnazione. In altre parole laddove prima erapossibile solo l’appello, e oggi possibile anche il regolamento di competenza, macio non esclude che si possa proporre appello.

La tesi non e condivisibile.Il provvedimento impugnato ha deciso solo sulla questione della devoluzione

della controversia al collegio arbitrale.Alla controversia si applica l’art. 819-ter, nella nuova versione introdotta dal

D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 22 (Cass. civ. ord., Sez. II, 20 dicembre 2007,n. 26990: E ammissibile, ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., cosı come novellato dalD.Lgs. n. 40/2006, art. 22, l’istanza di regolamento di competenza proposta avversola sentenza — pronunziata e pubblicata in data successiva al 2 marzo 2006, e cioedopo l’entrata in vigore del citato decreto legislativo — declinatoria della compe-tenza in relazione ad una clausola compromissoria).

L’art. 819-ter c.p.c., novellato sancisce: ... La sentenza, con la quale il giudiceafferma o nega la propria competenza in relazione ad una convenzione d’arbitrato,e impugnabile a norma degli artt. 42 e 43.

La prima delle norme richiamate disciplina il regolamento necessario di com-petenza e prevede che quando e stata decisa solo la questione di competenza,l’unica impugnazione possibile e il regolamento di competenza. L’art. 43, al con-trario, sı occupa del caso in cui la pronuncia sulla competenza sia stata emanata in-sieme col merito, prevedendo che in questo caso e possibile regolamento di com-petenza o impugnazione nei modi ordinari. Il regolamento e facoltativo.

11 caso in esame rientra nella prima ipotesi, regolata dal combinato dispostodegli artt. 819-ter e 42 c.p.c.

Pertanto, l’unico mezzo di impugnazione e il regolamento di competenza ».

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Rilevato che non sono state depositate memorie.Ritenuto che non sussistono motivi per discostarsi da quanto osservato in sede

di relazione, onde il ricorso deve essere rigettato con le conseguenza di legge inordine alle spese.

Sul regime della sentenza che afferma o nega la competenza del giudicein relazione a una controversia compromessa in arbitri. Spunti sulrapporto tra arbitro e giudice.

1. La decisione della Corte Suprema che si annota interviene sul se-condo periodo del comma primo dell’art. 819-ter c.p.c., ossia la disposi-zione che stabilisce che « la sentenza, con la quale il giudice afferma o negala propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, e impu-gnabile a norma degli articoli 42 e 43 ».

Siamo quindi nell’ambito dei rapporti tra arbitri e autorita giudiziaria,ed in particolare della tematica del regime della sentenza emessa dal giu-dice togato dinanzi al quale e sollevata una exceptio compromissi per arbi-trato rituale.

Com’e noto sul punto, al principio del nuovo millennio, si e registratauna svolta giurisprudenziale (in un contesto di vuoto normativo) a seguitodello storico intervento della Sezioni unite con la sentenza n. 527/2000 (1).In tale arresto il giudice della nomofilachia affermo che la convenzione,mediante la quale le parti compromettono in arbitri una controversia, e unatto di autonomia negoziale di deroga alla giurisdizione, sicche la pronun-cia del giudice, di fronte al quale venga eccepita la sussistenza di un pattoarbitrale sulla medesima controversia, ha natura di merito e non gia di rito(come del resto l’eccezione stessa), avendo ad oggetto la validita, efficaciao interpretazione della convenzione d’arbitrato; con la conseguenza che talesentenza e impugnabile mediante gli ordinari mezzi, in primis con l’ap-pello, e non gia con il regolamento di competenza.

In precedenza, al contrario, per la giurisprudenza il regime dell’excep-tio compromissi era omologabile a quello di una eccezione di incompetenzaterritoriale semplice (2), mentre piu variegato era il panorama delle opinioniin dottrina (3).

(1) Cass., Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527, in Giust. civ., 2001, I, 761, con nota diMONTELEONE; in Corr. giur., 2001, 51, con note di RUFFINI e MARINELLI; in Giur. it., 2001, 1107,con nota di CANALE.

(2) Cfr., ex multis, Cass., 24 marzo 1999, n. 2775, in Rep. Foro it., 1999, voce Ar-bitrato, n. 146; Cass., Sez. un., 28 novembre 1996, n. 10617, in Rep. Foro it., 1996, voceCompetenza civile, n. 142.

(3) Per l’exceptio compromissi come eccezione di incompetenza territoriale deroga-bile, cfr. ACONE, Arbitrato e competenza, in questa Rivista, 1996, 239 ss.; come eccezione di

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2. Con la nuova disciplina dell’arbitrato, partorita dalla riforma dicui al D.Lgs. n. 40/2006, e stato radicalmente mutato l’art. 819-ter e sonostate ivi inserite norme specifiche (in particolare nei periodi secondo e terzodel comma 1 della disposizione) in materia di exceptio compromissi per ar-bitrato rituale: essa deve essere inserita a pena di decadenza nella comparsadi risposta ritualmente depositata, e la sentenza del giudice che intervengasulla propria potestas iudicandi in relazione ad una convenzione di arbitratoe impugnabile ai sensi dell’art. 42 c.p.c. (cioe mediante regolamento neces-sario di competenza, quando la pronuncia verta soltanto sulla competenza,affermandola — e qui si avrebbe una sentenza non definitiva — ovvero ne-gandola) e dell’art. 43 c.p.c. (ossia con regolamento facoltativo, quandocon la sentenza sia deciso anche il merito della causa, necessariamente af-fermandosi la competenza del giudice).

E su quest’ultimo aspetto che interviene specificamente l’ordinanzadella Suprema Corte oggetto di questi brevi note.

Infatti la Cassazione, dinanzi ad un ricorso avverso una declaratoria diinammissibilita dell’appello, proposto contro una sentenza di incompetenzain ragione dell’esistenza di una (valida) convenzione di arbitrato, ha riba-dito l’inammissibilita dell’impugnazione, attesa l’infondatezza delle ragionidel ricorrente, il quale sosteneva che sulla base del nuovo art. 819-terl’esperimento del regolamento di competenza costituisce soltanto una pos-sibilita, da affiancarsi a quella dell’appello. Cio in quanto il secondo pe-riodo del comma 1 di tale articolo e chiaro nel prevedere che l’unica viapercorribile contro la sentenza, che pronuncia sull’eccezione di compro-messo al fine di stabilire esclusivamente la sussistenza o insussistenza dellapotestas iudicandi del giudice adito, e quella del regolamento di compe-tenza.

In effetti, a leggere la disposizione di cui all’art. 819-ter, comma 1,secondo periodo, vien fatto di pensare che l’affermazione del SupremoCollegio sia scontata.

Ad avviso di chi scrive, occorre fare chiarezza su piu fronti.

incompetenza per materia sulla base della volonta dei paciscenti, cfr. CONSOLO, Spiegazionidi diritto processuale civile, Padova, 2004, II, 171; come eccezione di difetto di giurisdizionecfr. FAZZALARI, L’arbitrato, Torino, 1997, 42 ss.; LUISO, Diritto processuale civile, Milano,2000, IV, 319; BOVE, Arbitrato e litispendenza, in questa Rivista, 1998, 506ss.; come ecce-zione di rinuncia alla cognizione ordinaria cfr. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processualecivile, I, ristampa, Napoli, 1960, 70; come eccezione d’inammissibilita cfr. MONTELEONE, Di-ritto processuale civile, Padova, 2000, 828; E. RICCI, L’arbitrato di fronte alla litispendenzagiudiziaria, in Riv. dir. proc., 2000, 500 ss.; come eccezione d’improcedibilita cfr. REDENTI,Compromesso (dir. proc. civ.), in Noviss. Dig. it., III, Torino, 1959, 786 ss.; come eccezionedi carenza di interesse ad agire cfr. TOMBARI, Natura e regime giuridico dell’eccezione dicompromesso, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 416 ss.; come eccezione di merito cfr. MON-TESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1994, 53; PUNZI, Disegno sistematico del-l’aritrato, Padova, 2000, I, 142 ss.

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3. Innanzitutto e necessario soffermarsi, sia pur brevemente, sul con-troverso profilo della disciplina transitoria ex D.Lgs. n. 40/2006.

L’art. 819-ter c.p.c. e stato introdotto dall’art. 22 del succitato decreto.L’art. 27, comma 4, del medesimo si occupa della normativa transitoria, estabilisce che una serie di norme, tra le quali l’art. 22, si applicano ai pro-cedimenti arbitrali nei quali la domanda e proposta successivamente all’en-trata in vigore del decreto stesso, ossia dopo il 2 marzo 2006.

Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale della natura di meritodell’eccezione di compromesso, che fino alla riforma era sicuramente daconsiderarsi ampiamente consolidado, si e letta la disposizione di cui al-l’art. 27, comma 4, del D.Lgs. n. 40/2006 come norma a carattere interpre-tativo e ad applicazione retroattiva, quasi che il legislatore del 2006 volesseespressamente sconfessare la tesi giurisprudenziale che ha visto la luce conla pronuncia a sezioni unite del 2000.

Invero, in giurisprudenza sul punto si erano formati tre orientamenti.Secondo una prima impostazione, l’art. 819-ter si applicava, merce

una interpretazione strettamente letterale della norma transitoria, ai proce-dimenti arbitrali instaurati dopo il 2 marzo 2006 (4). Inoltre, si aggiungevache tale articolo del codice riferiva la eccezione di incompetenza del giu-dice alla sussistenza di una convenzione d’arbitrato, espressione nuova nelpanorama codicistico dell’arbitrato, declinandosi in precedenza l’accordocompromissorio nelle due forme del compromesso e della clausola compro-missoria. Ebbene, tale riferimento doveva ricollegarsi alla disposizione dicui all’art. 20 del D.Lgs. n. 40/2006, che regolamenta il nuovo capo I, ti-tolo VIII, del libro IV del codice di rito, nominato per l’appunto « DellaConvenzione di Arbitrato », sicche l’art. 819-ter si sarebbe applicato aiprocedimenti arbitrali instaurati sulla base di un accordo di arbitrato pat-tuito dopo l’entrata in vigore del decreto del 2006 (5).

Un secondo orientamento (6) riteneva invece che l’art. 819-ter si ap-plicasse ai processi giurisdizionali avviati dopo il 2 marzo 2006, onde ri-sultava necessario guardare non gia alla domanda di arbitrato sibbene alladomanda giudiziale. Cio in quanto l’art. 22 del decreto del 2006, a diffe-renza delle altre norme richiamate dall’art. 27, comma 4, non si occupa inalcun modo del procedimento arbitrale, ma soltanto di quello giurisdizio-nale. Di guisa che il criterio generale di riferimento era dato dall’art. 5c.p.c., dunque l’art. 819-ter vale(va) come mutamento dello stato di dirittoche sussiste(va) al momento della proposizione della domanda (giudiziale)ai fini della determinazione della competenza (giurisdizionale). Se si fosse

(4) Cass., 2 agosto 2007, n. 16995, in Giust. civ. Mass., 2007, 9.(5) Cass., 20 maggio 2008, n. 12814, in questa Rivista, 2009, 3, 465; ivi, 2, 465 (solo

in massima) con nota di COREA.(6) Cass., 15 ottobre 2009, n. 21926, in Red. Giust. civ. Mass., 2009, 10.

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ritenuto il contrario, si sarebbe dovuto concludere nel senso della retroatti-vita della nuova disciplina.

Infine, secondo un terzo orientamento (7), per l’individuazione dellanormativa applicabile, occorreva tenere come punto di riferimento la datadi pubblicazione della sentenza sulla competenza: la pubblicazione succes-siva al 2 marzo 2006 avrebbe comportato l’applicazione del nuovo art.819-ter c.p.c.

In tale incerto panorama giurisprudenziale, sono finalmente interve-nute nel 2010 le Sezioni unite (8), le quali hanno propugnato il primoorientamento teste descritto: la nuova disciplina dell’arbitrato, quindi anchel’art. 819-ter, si applica ai procedimenti arbitrali avviati dopo il 2 marzo2006. Solo allorche (la questione relativa al) l’exceptio compromissi vengasollevata e decisa quando ancora non sia stata proposta domanda di arbi-trato, eccezionalmente, tornano operative le regole generali della perpetua-tio jurisdictionis e del tempus regit actum, le quali peraltro, quando il giu-dizio sia instaurato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40/2006 — semale non intendiamo il ragionamento delle Sezioni unite — essendo fuorigioco la norma transitoria di cui all’art. 27, comma 4 del citato decreto,fanno riferimento ad uno stato normativo corrispondente al diritto viventeche sul tema della natura dell’eccezione di compromesso si era formatofino alla riforma: l’exceptio compromissi e eccezione di merito e cosı lasentenza che su di essa decide.

Ma nella ordinanza in commento la S.C. aderisce ad una delle tesiscartate dalle Sezioni unite, ossia a quella in base alla quale il momento pervalutare l’applicabilita del nuovo art. 819-ter rispetto alle sentenze che ab-biano pronunciato sulla eccezione di patto compromissorio e dato dallapubblicazione della sentenza stessa.

Nel caso specifico, l’eccezione di patto compromissorio e stata solle-vata in assenza di un parallelo procedimento arbitrale, sicche il criterio diriferimento, volendo aderire all’indirizzo propugnato dalle Sezioni unite,doveva per forza essere quello della situazione normativa vigente al mo-mento della proposizione della domanda giudiziale.

Ed invero, nulla quaestio se l’avvio del processo giurisdizionale estato successivo al 2 marzo 2006, poiche in tal caso, cosı come se si ritieneche debba essere la pubblicazione della sentenza il momento da collocaresuccessivamente a tale data, risulta sempre applicabile l’art. 819-ter. Ma se,invece, la proposizione della domanda giudiziale e stata anteriore al 2marzo 2006, allora, sulla base del ragionamento delle Sezioni unite, il ri-

(7) Cass., 20 dicembre 2007, n. 26990; in questo senso anche Trib. Pisa, 9 gennaio2009, in questa Rivista, 2011, 73 ss., con nota di ROMANO.

(8) Cass., Sez. un., 6 settembre 2010, n. 19047, in Giust. civ. Mass., 2009, 9, 1213.

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medio contro la sentenza che ha deciso dell’exceptio compromissi dovevaessere quello dell’appello.

4. C’e poi da rilevare, nella ordinanza qui annotata, che la Cassa-zione non entra affatto nel cuore della controversa tematica dei rapporti ar-bitro-giudice. Si limita, per cosı dire, a registrare l’applicazione di un re-gime processuale in luogo di un altro nei confronti della sentenza emessasulla potestas iudicandi in ragione di una convenzione di arbitrato.

L’arresto delle Sezioni unite piu volte richiamato, al contrario, ricordacome a seguito dell’indirizzo inaugurato dalla sentenza n. 527/2000 si siaformato un vero e proprio diritto vivente, in base al quale l’exceptio com-promissi ha (o meglio, aveva) natura di merito. Onde appare chiaro che, insiffatto contesto ermeneutico, i rapporti arbitro-giudici non sono (rectius,non erano) riconducibili allo schema della competenza.

Diritto vivente (probabilmente) superato dalla norma di cui al nuovoart. 819-ter, ma solo per i giudizi (ordinari e) arbitrali instaurati a far datadal 2 marzo 2006.

Sennonche le medesime Sezioni unite, nel tentativo di giustificarel’opzione interpretativa prescelta circa la portata della normativa transito-ria, hanno tenuto a sottolineare che, se non si intende come momento di ri-ferimento per l’applicazione del nuovo art. 819-ter la proposizione delladomanda di arbitrato, si finisce col dare rilievo al principio di cui all’art. 5c.p.c. Ma, d’altro canto, non pare che il legislatore abbia voluto inserire unnuovo criterio di competenza in senso stretto, atteso che lo stesso art. 819-ter, al comma 2, esclude l’applicazione ai rapporti arbitro-giudice di normeessenziali alla disciplina della competenza, quali gli artt. 44, 45, 48 e 50c.p.c.

Sembra allora che per le Sezioni unite, ad onta della nuova disciplinae del chiaro dettato del secondo periodo del comma 1 dell’art. 819-ter, ilrapporto arbitro-giudice continua a non essere ascrivibile allo schema dellacompetenza in senso tecnico.

5. Sul punto da ultimo toccato, l’ordinanza in commento non prendeposizione. Del resto si trattava semplicemente di valutare se fosse ammis-sibile o meno l’appello proposto contro la sentenza declinatoria della com-petenza in ragione di una convenzione d’arbitrato. Ed in tale prospettiva, laSuprema Corte ha con decisione affermato che, avverso una sentenza disiffatto contenuto, e proponibile esclusivamente il regolamento di compe-tenza.

Cio pero (ancora) non basta per concludere nel senso che la nuova di-sciplina dell’arbitrato ha inteso ricondurre i rapporti arbitro-giudice nel-l’ambito della competenza in senso stretto. Da questo punto di vista infatti,a parte le riflessioni delle Sezioni unite gia analizzate, puo valere l’autore-

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vole obiezione secondo la quale la previsione del regolamento di compe-tenza contro la sentenza che decide della potestas iudicandi in caso di ec-cezione di compromesso non e decisiva, atteso che il legislatore puo benis-simo stabilire che tale mezzo d’impugnazione venga utilizzato fuori dal suoraggio applicativo originario (9); in questo senso un esempio e dato dal re-gime dell’ordinanza di sospensione ex art. 295 c.p.c. (10).

6. Volendo concludere, ad avviso di chi scrive il tema dei rapportitra arbitri e giudici e destinato a rimanere controverso, anche a seguito dellaordinanza in commento, che invero e ferma nello stabilire che la sentenzaemessa ex art. 819-ter, comma 1, secondo periodo, e impugnabile solo conregolamento di competenza (se su di essa soltanto interviene). Ma cio — siripete — evidentemente non basta per concludere nel senso che finalmenteil Giudice della nomofilachia ha ricondotto le relazioni tra arbitri e giudiciall’ambito della competenza in senso stretto.

A parte la gia segnalata « neutralita » della previsione del regolamentodi competenza, in questo senso non deve trarre in inganno neanche la pre-visione di cui al terzo periodo del comma 1 dell’art. 819-ter, la quale di-sciplina, dal punto di vista « dinamico », l’exceptio compromissi alla stessamaniera di un’eccezione d’incompetenza ex art. 38, comma 1, c.p.c.: essadeve essere proposta a pena di decadenza nella comparsa di risposta ritual-mente depositata nel termine previsto dall’art. 167 c.p.c.

Invero, la sussistenza di una valida convenzione di arbitrato, almenoper una parte della dottrina, determina un difetto assoluto di giurisdizione,onde non ha nemmeno luogo la valutazione dell’eventuale riparto di com-petenza, fermandosi l’indagine ad uno stadio logicamente antecedente (11).E pero anche vero che, ad ogni modo, si introduce per tale via una que-stione di rito (12), sicche sarebbero da superare le titubanze che pare averespresso, a causa della « solidita » del diritto vivente formatosi a seguitodella sentenza n. 527/2000, la Suprema Corte a sezioni unite nel 2010.

Ma ci sono diversi altri indici (normativi) sintomatici del fatto che laregolamentazione dei rapporti tra arbitri e autorita giudiziaria non ha comeschema di riferimento quello della competenza.

Infatti, ai sensi della prima parte del comma 1 dell’art. 819-ter, « lacompetenza degli arbitri non e esclusa dalla pendenza della stessa causadavanti al giudice, ne dalla connessione tra la controversia ad essi deferitaed una causa pendente davanti al giudice ». Pertanto non trovano applica-

(9) LUISO, Rapporti tra arbitro e giudice, in AA.VV., La riforma della disciplinadell’arbitrato, a cura di FAZZALARI, Milano, 2006, 124; RUFFINI, Sub art. 819-ter, in AA.VV.,La nuova disciplina dell’arbitrato, a cura di MENCHINI, Milano, 2010, 372.

(10) LUISO, Diritto processuale civile, Milano, 2011, V, 161.(11) LUISO, op. ult. cit., 160.(12) Lo rileva sempre LUISO, op. ult. cit., 161.

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zione meccanismi quali quello della litispendenza in senso stretto e dellemodifiche alla competenza per ragioni di connessione.

Inoltre, come gia segnalato, il comma 2 della norma in questioneesclude l’applicazione degli artt. 44, 45, 48 e 50 c.p.c. In particolare, l’ino-perativita della translatio iudicii in caso di sentenza declinatoria della po-testas iudicandi giurisdizionale in favore degli arbitri, cosı come in caso dilodo affermativo della competenza del giudice, rappresenta un elemento dideficit di estrema importanza, essendo tale istituto fondamentale per lapiena applicazione delle norme sulla competenza (13).

Ancora, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 819-ter, il quale disponeche « in pendenza del procedimento arbitrale non possono essere propostedomande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidita o inefficacia della conven-zione di arbitrato », si ricava a contrario che siffatta domanda e proponi-bile quando gia non penda il processo arbitrale, con la conseguenza che intale sede giurisdizionale potra essere emessa una sentenza il cui contenutovincola il giudice o l’arbitro eventualmente aditi successivamente per risol-vere la controversia oggetto di patto compromissorio.

Last but not least, non va poi trascurato che l’art. 819-ter si esprimein termini di « (...) sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la pro-pria competenza (...) », laddove con la riforma del processo civile interve-nuta con la Legge 19 giugno 2009 n. 69 si e previsto che le questioni dicompetenza vengano sempre decise con ordinanza (14).

Insomma, in un quadro come quello dei rapporti arbitro-giudice, ca-ratterizzato ancora da incertezza, pare che l’idea piu plausibile sia quellasecondo la quale l’exceptio compromissi e bensı eccezione di rito ma nondi competenza.

FRANCESCO CAMPIONE

(13) Occorre peraltro segnalare che con ordinanza di rimessione del 21 giugno 2012,il Tribunale di Catania ha sollevato dinanzi alla Consulta una questione di legittimita costi-tuzionale dell’art. 819-ter nella parte in cui non prevede l’applicazione, nei rapporti tra arbi-trato e processo giurisdizionale, dell’art. 50 c.p.c.

(14) Per una piu approfondita ricostruzione dei rilievi espressi in questi ultimi capo-versi, cfr. RUFFINI, op. cit., 372 ss.

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CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civile; sentenza 16 giugno 2011, n. 13231; CAR-NEVALE Pres., CAMPANILE Est., ZENO P.M. (concl. parz. conf.); Del Medico diGiovina Giuliana del Medico S.a.s. (avv.ti Meneghini e Clary) c. IberproteinS.L. (avv.ti Sperati e Ridolfi).

Riconoscimento di sentenza arbitrale straniera - Convenzione di New York del10 giugno 1958 - Clausola compromissoria - Forma scritta - Art. II - Art.833 c.p.c. - Condizioni generali di contratto - Relatio imperfecta - Suffi-cienza.

Ai sensi dell’abrogato art. 833, comma 2, c.p.c. e dell’art. II della Conven-zione di New York del 10 giugno 1958 e valida quanto alla forma la clausola com-promissoria contenuta in condizioni generali di contratto, che siano state richia-mate dalle parti in maniera complessiva senza menzionare espressamente la clau-sola stessa (c.d. relatio imperfecta).

CENNI DI FATTO. — La Del Medico di Giovina Giuliana Del Medico S.a.s. pro-pone opposizione al decreto 17 settembre 2002 del Presidente della Corte d’Ap-pello di Bari, con cui, su ricorso della Iberprotein S.L., era stato dichiarato efficacein Italia un lodo emesso tra le parti in un arbitrato amministrato dalla Grain andFeed Trade Association e relativo a un contratto concluso mediante formulario pre-disposto dalla medesima associazione. La Societa italiana deduce, in particolare, lamancata approvazione della clausola compromissoria, contenuta nelle condizionigenerali di contratto della Societa opposta, e comunque la sua invalidita per la con-trarieta all’art. II della Convenzione di New York del 10 giugno 1958.

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 1098 del 2 dicembre 2004,respinge tuttavia l’opposizione. La Societa italiana propone quindi ricorso per cas-sazione, lamentando la violazione dell’art. II della Convenzione di New York inconnessione con l’art. 840 c.p.c. e omessa, insufficiente o contraddittoria motiva-zione in ordine all’approvazione della clausola compromissoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis). — 2.3. Deve in primo luogo evidenziarsicome la decisione impugnata abbia in maniera adeguata richiamato e valutato ladisposizione contenuta nell’art. 833 c.p.c., introdotto con la Legge 5 gennaio 1994,n. 25, che, anche ad avviso della migliore dottrina, ha riproposto una disciplina giadesumibile da una corretta lettura della convenzione di New York. Ed invero il ri-chiamato art. 833 c.p.c., al secondo comma, dispone: « E valida la clausola com-promissoria contenuta in condizioni generali che siano recepite in un accordoscritto delle parti, purche le parti abbiano avuto conoscenza della clausola o avreb-bero dovuto conoscerla usando l’ordinaria diligenza ». Tale disposizione si collocanel solco di un’evoluzione intesa a superare, nel settore del commercio internazio-nale, difficolta di ordine formalistico, indicando, nell’ambito di un evidente favorper l’arbitrato internazionale, una chiara scelta per la c.d. relatio imperfecta, nel-l’ambito del contrasto in precedenza delineatosi in merito al riferimento per rela-tionem alla clausola compromissoria.

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Come e stato gia puntualizzato da questa Corte, tale evoluzione non trovaostacolo nella normativa convenzionale, perche l’art. 2 della Convenzione di NewYork, 10 giugno 1958, ratificata con Legge n. 62/1968, nel precisare che « per con-venzione scritta si intende una clausola compromissoria inserita in un contratto oun compromesso, firmato dalle parti o contenuto in uno scambio di lettere o di te-legrammi », offre una definizione cosı ampia della convenzione scritta, da risultaredel tutto compatibile anche con l’ipotesi di rinvio imperfetto in esame (Cass., 16novembre 2000, n. 14860).

Ne consegue che il richiamo per relationem imperfectam utilizzato dalle partinel contratto commerciale in questione e idoneo a configurare una valida clausolacompromissoria, tanto piu che l’ignoranza del contenuto del contratto tipo non ri-sulta neppure dedotta dalla ricorrente.

Benvero, come emerge dalla decisione impugnata, la Del Medico « non hasostenuto di non conoscere, o di non aver avuto la possibilita di conoscere i formu-lari GAFTA », che del resto, secondo una valutazione del giudice del merito nonsindacabile in questa sede, avrebbe dovuto in ogni caso conoscere, essendo « ope-ratore commerciale professionale aduso ai rapporti commerciali internazionali dovevigono, per applicazione costante ed uniforme, le regole della Grain And Feed As-sociation GAFTA ».

2.4. Altro aspetto, che non risulta adeguatamente censurato, e che assume de-cisiva rilevanza, riguarda l’affermazione, contenuta nell’impugnata decisione, se-condo cui, dovendosi il contratto considerare stipulato secondo la legge inglese, laclausola compromissoria, come emerge dal lodo londinese, doveva intendersi, allastregua di tale normativa, approvata fra le parti. A tale proposito la ricorrente si elimitata ad eccepire che anche lo Stato britannico ha aderito alla Convenzione diNew York, ma non ha in alcun modo contraddetto tale ratio decidendi in manieraspecifica, sicuramente dotata di autonomia, tanto piu che lo stesso art. 5 della con-venzione stessa prevede, fra l’altro, che il riconoscimento o l’esecuzione del lodopossano essere negati quando la « convenzione non e valida, secondo la legge allaquale le parti l’hanno sottoposta o, in mancanza d’una indicazione a tale riguardo,secondo la legge del paese dove la sentenza e stata emessa ».

2.5. Tanto premesso, deve constatarsi come non vi sia alcuna contraddizionefra l’affermazione della conoscenza o della conoscibilita della clausola compromis-soria da parte della Del Medico, e l’attribuzione alla medesima di una « strategiadifensiva basata sul disconoscimento della clausola arbitrale », non solo percheviene in considerazione l’attribuzione di due condotte riferite a momenti diversi edevidentemente ispirati a finalita diverse. In particolare, la richiamata « strategia di-fensiva » viene — nell’impugnata decisione — evocata in relazione alla scelta dellasocieta Del Medico di non difendersi, sebbene da un carteggio acquisito risultasseche « fosse ben a conoscenza della costituzione del collegio arbitrale », laddove iltermine « disconoscimento » assume un significato ampio e non necessariamentecoincidente con la difesa inerente alla mancata accettazione per iscritto della men-zionata clausola.

2.6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della DelMedico al pagamento, in favore della controparte, delle spese processuali, che si li-quidano come in dispositivo.

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La Corte di cassazione torna ad occuparsi del richiamo della clausolacompromissoria per relationem imperfectam.

1. La sentenza in epigrafe si segnala per il fatto che la Corte di cas-sazione, nel corso di un giudizio di opposizione alla dichiarazione di ese-cutivita di un lodo inglese in Italia, torna a pronunciarsi, non senza alcunielementi di incertezza e dopo oltre dieci anni dalla prima pronuncia di talsegno, nel senso dell’ammissibilita del richiamo delle clausole compromis-sorie per relationem imperfectam (1).

Infatti, nel caso di specie, a sostegno dell’opposizione, la societa ri-corrente affermava, da un lato, di non aver mai approvato la clausola com-promissoria contenuta in un formulario GAFTA (2) e, dall’altro, che essafosse invalida per la mancanza di un richiamo espresso nel contratto prin-cipale. La Corte d’Appello di Bari aveva respinto tali censure fondandosisu due argomenti apparentemente distinti: secondo la legge inglese, cui ilcontratto principale era soggetto, la clausola compromissoria doveva con-siderarsi approvata in quanto inserita nel formulario; dall’art. 833, comma2, c.p.c., come modificato dalla Legge 5 gennaio 1994, n. 25 (3), discen-deva inoltre la validita della clausola stessa, in quanto la parte avrebbe do-vuto conoscerla secondo l’ordinaria diligenza.

I giudici di legittimita hanno sostanzialmente avallato tale percorsomotivazionale: esaminando contestualmente le due censure, essi hanno pre-cisato che la ricorrente non aveva specificamente censurato la ratio deci-dendi fondata sull’avvenuta approvazione della clausola in base alla leggeinglese e riconosciuto al contempo l’ammissibilita di un richiamo per rela-tionem imperfectam.

2. La sentenza in commento sembra dunque confermare, nel conte-sto di una procedura diretta alla dichiarazione di esecutivita di un lodostraniero, l’avvenuto superamento dell’indirizzo che riteneva insufficiente

(1) Sul tema, v., per una ricostruzione della progressiva evoluzione della giurispru-denza italiana, LOPEZ DE GONZALO, Continuita e discontinuita nella giurisprudenza in tema diclausole compromissorie stipulate « per relationem », in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2001,921 ss.

(2) La Grain and Feed Trade Association, che riunisce le imprese operanti nel set-tore del commercio internazionale di cereali e mangimi, predispone contratti-tipo soggettialla legge inglese, che contengono ordinariamente una clausola arbitrale, senza peraltro de-signare una specifica legge regolatrice di quest’ultima.

(3) Sul carattere innovativo della disposizione, diretta appunto a superare l’orienta-mento tradizionalmente restrittivo della giurisprudenza italiana che riteneva inammissibile lac.d. relatio imperfecta, e sul parallelismo con l’art. 17 della Convenzione di Bruxelles del 27settembre 1968, v. FRIGO, Art. 24 sub Art. 833, in Nuove leggi civ. comm., 1995, 563 ss., inspecie p. 567 s.

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una relatio imperfecta alla clausola compromissoria, secondo quanto laCorte di cassazione aveva affermato per oltre trent’anni sino al 2000.

In realta, com’e gia stato notato, tale indirizzo si era formato in dataantecedente all’entrata in vigore della Convenzione di New York per l’Ita-lia e con riferimento all’applicazione dell’art. 2 c.p.c. rispetto alla derogaconvenzionale alla giurisdizione (4). Ma esso e stato riproposto, sul presup-posto di una continuita interpretativa tra quest’ultima disposizione e l’art.II della Convenzione (5), anche negli anni successivi nonostante qualchevoce dissonante nella giurisprudenza di merito (6).

Occorre anzitutto considerare che ha avuto certamente una notevolerilevanza nella formazione di tale orientamento la circostanza che la Cortedi cassazione abbia avuto occasione di pronunciarsi sul punto esclusiva-mente in casi in cui era stata sollevata l’exceptio compromissi e dovevadunque accertarsi l’eventuale intervenuta deroga alla giurisdizione italiana(mentre non risulta che, prima della sentenza in commento, la giurispru-denza di legittimita avesse mai esaminato il tema della relatio imperfectain controversie relative alla circolazione di lodi esteri). Ora, in simili fatti-specie i giudici nazionali sono inevitabilmente indotti ad esaminare il temadella validita della clausola compromissoria con maggior rigore, come di-mostra anche la giurisprudenza recente (7); e cio ancor piu si comprendeove si consideri che, prima dell’entrata in vigore della Convenzione di NewYork per l’Italia, la deroga alla giurisdizione doveva essere valutata sullabase dell’art. 2 c.p.c., che l’ammetteva solo in termini assai limitati. In par-ticolare, come e stato rilevato, tale orientamento faceva perno su due argo-menti tra loro complementari: il carattere eccezionale della deroga alla giu-risdizione, con conseguente interpretazione restrittiva delle norme che la

(4) Sul punto, piu ampiamente LOPEZ DE GONZALO, Continuita e discontinuita, cit.,922 ss.

(5) Tale continuita interpretativa si trova espressamente affermata in Cass., 13 di-cembre 1971, n. 3620, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1972, 563 ss.

(6) Cosı, App. Venezia, 26 gennaio 1983, in Dir. mar., 1984, 326, esaminando uncaso del tutto analogo a quello oggetto della sentenza in commento, ritenne che secondo lalegge inglese la clausola compromissoria, presente in un contratto-tipo GAFTA richiamatodalle parti, doveva ritenersi approvata poiche il richiamo ad un formulario implicava accet-tazione di tutte le clausole ivi contenute, e che, anche in ragione di alcune peculiarita del casodi specie, tanto era sufficiente a integrare la forma scritta prevista dall’art. II della Conven-zione di New York.

(7) Nell’unico caso in cui tra il 2000 e il 2011 il problema della relatio imperfectae venuto in discussione dinanzi alle Sezioni unite della Corte di cassazione, esso riguardavaun caso di deroga alla giurisdizione ed e stato risolto secondo l’orientamento tradizionale: cfr.Cass., 19 maggio 2009, n. 11529, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2010, 443 ss. (con alcuniincongrui richiami ad altri precedenti).

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permettessero, e la necessita di assicurare l’effettivita del consenso delleparti alla clausola compromissoria (8).

Questo non deve tuttavia far dimenticare che in materia di circola-zione dei lodi esteri sussistono esigenze di segno molto diverso, le qualiavrebbero potuto sin dall’inizio suggerire una lettura diversa del requisitodella forma scritta, dovendo le cause di non riconoscimento ed esecuzioneessere interpretate normalmente in termini restrittivi (9); ma di tale consi-derazione non vi e traccia nella sentenza in commento.

Al contrario, essa si limita a riportare l’isolato precedente della sen-tenza n. 14860/2000 della Corte di cassazione (10), con la quale per laprima volta, anche alla luce delle critiche della dottrina (11), e stata consi-derata formalmente valida una clausola compromissoria nonostante essafosse stata richiamata nella forma della relatio imperfecta. Tale decisioneaveva giustificato il mutamento di indirizzo in ragione dell’evoluzione deltessuto normativo, facendo in apparenza applicazione dell’art. 833, comma2, c.p.c. e richiamando gli sviluppi intervenuti nell’interpretazione dell’art.17 della Convenzione di Bruxelles (12) ma aveva anche propugnato un’in-terpretazione ampia del requisito della forma scritta previsto dall’art. IIdella Convenzione di New York, restando tuttavia finora senza seguito sottoquesto profilo nella giurisprudenza di legittimita.

3. Ora, sebbene possa senz’altro condividersi la conclusione rag-giunta dalla Corte di cassazione, la motivazione della sentenza in com-mento, cosı come sinteticamente descritta, non appare del tutto persuasiva.

(8) Cosı, LOPEZ DE GONZALO, Continuita e discontinuita, cit., 931. L’enfasi sull’effet-tivita del consenso trova ulteriore conferma in quell’orientamento giurisprudenziale cheesclude che la validita della clausola compromissoria possa essere messa in discussione dachi abbia proposto la domanda di arbitrato: su di esso v. ATTERITANO, Art. 808 c.p.c., in Com-mentario alle riforme del processo civile. Vol. III - Tomo II: Arbitrato, a cura di BRIGUGLIO eCAPPONI, Padova, 2009, 507 ss., in specie p. 511.

(9) Per tutti, REDFERN, HUNTER, Law and Practice of International Arbitration, Lon-don, 2004, 443 ss.

(10) Pubblicata in Riv. dir. internaz. priv. proc., 2001, 693 ss.(11) V., in particolare, pur su posizioni parzialmente diverse, LUZZATTO, International

Commercial Arbitration and the Municipal Law of States, in Recueil des Cours, 1977, IV, 13ss., in specie p. 41; BRIGUGLIO, L’arbitrato estero, Padova, 1999, 137.

(12) In particolare, la Corte di cassazione richiama la pronuncia della Corte di giu-stizia in cui era stato ritenuto che, con riferimento a una clausola di proroga della giurisdi-zione inserita in un modello prestampato non sottoscritto dalle parti ma da esse richiamato,l’art. 17 dovesse considerarsi rispettato ove tale prassi fosse conforme a un uso del commer-cio internazionale (sent. 16 marzo 1999, causa C-159/97, Trasporti Castelletti, in Racc.,1999, I-1597 ss.). La sentenza faceva seguito all’intervenuta modifica dell’art. 17 ad operadella Convenzione di San Sebastian del 26 maggio 1989, che aveva attenuato i requisiti for-mali richiesti per la proroga di competenza. Sul tema, v. in generale QUEIROLO, Gli accordisulla competenza giurisdizionale, Padova, 2000, 171 ss.

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Problematica appare anzitutto la posizione assunta prima dalla Corted’appello di Bari e poi dalla Corte di cassazione in ordine al tema dellalegge regolatrice della validita formale, laddove e stato ritenuto diretta-mente operante rispetto al caso di specie l’art. 833, comma 2, c.p.c. ita-liano.

Tale affermazione, peraltro non supportata da specifici riferimenti ar-gomentativi nella sentenza in commento, non sembra tener conto del cor-retto inquadramento del problema sul piano delle fonti. Infatti, la abrogatadisciplina dell’arbitrato internazionale introdotta con la Legge 5 gennaio1994, n. 25, aveva un campo di applicazione delimitato dall’art. 832c.p.c. (13); in particolare, l’art. 833 c.p.c. era disposizione diretta a discipli-nare la validita formale della clausola compromissoria ai fini degli arbitratiinternazionali soggetti alla legge italiana (14), come veniva d’altronde fattopalese dal riferimento al requisito dell’approvazione specifica ai sensi degliartt. 1341 e 1342 c.c. italiano (15), ritenuto del tutto incompatibile con l’ar-bitrato estero (16). Al contrario, l’art. 833 c.p.c. non era in linea di principiodestinato ad operare nelle controversie in materia di riconoscimento edesecuzione dei lodi arbitrali stranieri, in quanto soggette alla Convenzionedi New York: rispetto a tali controversie, la validita formale — non presain considerazione quale motivo ostativo dall’art. 840 c.p.c. — risulta infattiregolata direttamente dall’art. II della Convenzione (17), salvo che altre

(13) Su tale disciplina v., in generale, GIARDINA, La Legge n. 25 del 1994; l’arbitratointernazionale, in questa Rivista, 1995, 257 ss.; LUZZATTO, L’arbitrato internazionale e i lodistranieri nella nuova disciplina legislativa italiana, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1994,57 ss.

(14) In sostanza, la disposizione era applicabile nell’ambito dei procedimenti arbitralicon carattere di internazionalita ai sensi dell’art. 832 c.p.c. quando la legge italiana fosse lalex arbitri, e nell’eventuale giudizio di impugnazione del lodo italiano emesso all’esito deimedesimi procedimenti. Essa non avrebbe invece neppure trovato applicazione nell’ambitodei giudizi in cui le corti italiane fossero chiamate a valutare una exceptio compromissi, do-vendo questa essere esaminata semmai alla stregua dell’art. 4, comma 2, della Legge 31maggio 1995, n. 218: in tal senso, GAJA, L’arbitrato in materia internazionale tra la Leggen. 25/1994 e la riforma del diritto internazionale privato, in questa Rivista, 1996, 487 ss., inspecie p. 496. In giurisprudenza, Trib. Palmi, 9 luglio 1998, in Giur. it., 1999, 1212 s.

(15) Sul problema dell’applicabilita dell’art. 1341 c.c. rispetto a un arbitrato interna-zionale, anche in relazione ai limiti del giudizio di legittimita, v. Cass., 4 maggio 2000, n.5578, con nota di BRIGUGLIO, in questa Rivista, 2001, 453 ss. Secondo ATTERITANO, Art. 808c.p.c., cit., 511 s., la riforma del 2006 avrebbe reso nuovamente applicabili all’arbitrato in-ternazionale gli artt. 1341 e 1342 c.c.

(16) V. BRIGUGLIO, L’accordo compromissorio e il lodo estero fra la Convenzione diNew York e le recenti novita legislative italiane, in Giust. civ., 1997, 467 ss., in specie p. 472,anche con riferimenti di giurisprudenza.

(17) In tal senso, v. anche ATTERITANO, Arbitrato estero, in Dig. disc. priv., Sez. civ.(Aggiornamento 3), Torino, 2007, 78 ss., in specie p. 86; MOURRE, La convenzione arbitrale,in BENEDETTELLI, RADICATI DI BROZOLO, CONSOLO, Commentario breve al diritto dell’arbitrato,Padova, 2010, 599; POUDRET, BESSON, Comparative Law of International Arbitration, London,

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convenzioni internazionali o la lex fori non contengano disposizioni piu fa-vorevoli (18), ma questo non sembra essere il caso dell’art. 833, comma 2,c.p.c. (19).

E chiaro che, in considerazione della circostanza che sia l’art. II dellaConvenzione di New York sia l’art. 833 c.p.c. regolavano il medesimo og-getto, ossia la forma della clausola compromissoria, potevano giustificarsiinterferenze tra le due disposizioni sul piano interpretativo (20); ma i loroambiti di applicazione restavano cio nondimeno distinti (21).

2007, 152, e, apparentemente, REDFERN, HUNTER, Law and Practice of International Arbitra-tion, cit., 111. Nel senso che l’art. II della Convenzione di New York non sarebbe destinatoad applicarsi in sede di riconoscimento di un lodo estero, dovendo in tale sede il giudice ve-rificare la validita formale della convenzione arbitrale sulla base della legge indicata dall’art.V, par. 1, lett. a, cfr. BRIGUGLIO, L’arbitrato estero, cit., 128 ss. V. anche, per una posizionesimile, LOPEZ DE GONZALO, Continuita e discontinuita, cit., 925, nota 10. La giurisprudenzaitaliana e in materia oscillante: talvolta e stata negata la rilevanza dell’art. II in sede di rico-noscimento di lodo estero (Cass., 15 aprile 1980, n. 2448, in Foro it., 1980, I, c. 2164 ss.)ed e stato addirittura affermato che la invalidita formale della convenzione arbitrale non po-trebbe esser fatta valere come causa di opposizione al riconoscimento (Cass., 8 agosto 1990,n. 7795, in Riv. dir. internaz., 1991, 352 ss.); l’indirizzo prevalente sembra peraltro nel sensodi applicare l’art. II anche in sede di riconoscimento ed esecuzione di lodi esteri, in ragionedell’espresso richiamo a tale disposizione nel successivo art. V (Cass., 28 marzo 1991, n.3362, in questa Rivista, 1992, 47 ss.; 2 marzo 1996, n. 1649, ibidem, 1997, 717 ss.). Nelsenso che l’art. II sarebbe comunque una norma materiale uniforme, destinata dunque ad in-tegrare gli ordinamenti nazionali, prevalendo su eventuali norme nazionali piu rigorose, v.anche App. Genova, 3 febbraio 1990, in questa Rivista, 1991, 781 ss.

(18) Cfr. art. VII, par. 1, della Convenzione di New York: « The provisions of thepresent Convention shall not affect the validity of multilateral or bilateral agreements concer-ning the recognition and enforcement of arbitral awards entered into by the Contracting Sta-tes nor deprive any interested party of any right he may have to avail himself of an arbitralaward in the manner and to the extent allowed by the law or the treaties of the country wheresuch award is sought to be relied upon ». Quest’ultimo riferimento dovrebbe indurre ad ap-plicare, in nome del favor arbitrati, la legge dello Stato ove viene chiesto il riconoscimentoo la dichiarazione di esecutivita del lodo, ma tale riferimento potrebbe comprendere anche leeventuali norme di conflitto presenti in quell’ordinamento: cosı, POUDRET, BESSON, Compara-tive Law of International Arbitration, cit., 832. Nel senso che l’art. VII riguarderebbe le di-sposizioni piu favorevoli della legge regolatrice della convenzione arbitrale, v. ATTERITANO,Arbitrato estero, cit., 83.

(19) D’altra parte, anche a voler ritenere che una norma possa esser considerata piufavorevole all’arbitrato nei termini di cui all’art. VII della Convenzione, pur non essendo di-rettamente rilevante, all’interno dell’ordinamento nazionale, ai fini del riconoscimento e del-l’esecuzione dei lodi stranieri, risulta dalla stessa sentenza in commento che, ad avviso dellaCorte di cassazione, il rinvio per relationem imperfectam e considerato ammissibile sullabase della stessa Convenzione di New York e che dunque l’art. 833, comma 2, c.p.c. non po-teva considerarsi norma piu favorevole all’arbitrato rispetto a quella convenzionale.

(20) Per un ragionamento analogo con riguardo ai rapporti tra l’art. 833 c.p.c. e l’art.4, comma 2, della Legge 31 maggio 1995 n. 218 in tema di deroga alla giurisdizione per ar-bitrato estero, v. GAJA, L’arbitrato internazionale, cit., 496.

(21) E opinione comune che l’art. II della Convenzione di New York si applichi an-che laddove un tribunale nazionale debba valutare una exceptio compromissi (nel senso che

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4. Non puo dunque non stupire la scelta della Corte di cassazione diritenere de plano l’art. 833, comma 2, c.p.c. rilevante in un procedimentodi opposizione all’esecuzione di un lodo arbitrale straniero, collocandol’applicazione di tale norma su un piano di sostanziale parallelismo conl’art. II della Convenzione di New York. Peraltro, anche nell’altro prece-dente di legittimita favorevole al richiamo della clausola compromissoriaper relationem imperfectam veniva egualmente utilizzato in via direttal’abrogato art. 833, comma 2, c.p.c. unitamente all’art. II della Conven-zione di New York (22).

Tuttavia, mentre il richiamo diretto a tale disposizione determinaun’evidente confusione sul piano delle fonti, puo semmai condividersi laconsiderazione che l’introduzione del citato art. 833, comma 2, c.p.c. harappresentato una significativa cesura per l’ordinamento italiano, impli-cando l’espressa scelta del legislatore per un regime piu flessibile dellaforma delle clausole compromissorie negli arbitrati con elementi di estra-neita. Infatti, nel momento in cui detta disposizione riteneva sufficiente unarelatio imperfecta alla clausola compromissoria per l’arbitrato internazio-nale soggetto alla legge italiana, tale istituto appariva astrattamente accet-tabile anche in relazione ad un arbitrato estero, non potendosi piu prefigu-rare una lesione di valori rilevanti per l’ordinamento nel riconoscimento diuna clausola compromissoria richiamata per relationem imperfectam (o dellodo straniero basato su di essa).

D’altra parte, tale evoluzione era corroborata da altri sviluppi norma-tivi, come l’intervenuta modifica dell’art. 17 della Convenzione di Bruxel-les del 27 settembre 1968, anche alla luce della successiva interpretazionedella Corte di giustizia, e — occorre aggiungere — l’art. 4, comma 2, dellaLegge 31 maggio 1995, n. 218 (23).

Pertanto, il mutamento di indirizzo della giurisprudenza di legittimitapuo dirsi sotto questo profilo coerente con le decisioni piu risalenti, in

essa prevarrebbe sempre sull’art. 4, comma 2, della Legge 31 maggio 1995 n. 218, v. Cass.,19 maggio 2009, n. 11529, cit.; contra, GAJA, L’arbitrato internazionale, cit., 495; DE CRI-STOFARO, Art. 2, in Codice di procedura civile commentato, a cura di LUISO e CONSOLO, Mi-lano, 2007, 171 s.); e invece normalmente escluso che tale disposizione trovi applicazionedinanzi agli arbitri ovvero in sede di impugnazione del lodo davanti ai giudici dello Statodella sede dell’arbitrato (MOURRE, La convenzione arbitrale, cit., 600, anche per riferimentibibliografici e giurisprudenziali).

(22) Anzi, nella citata sentenza 16 novembre 2000, n. 14860, pur trattandosi nel casodi specie di valutare una eccezione di compromesso e dunque la possibile deroga alla giuri-sdizione italiana, non veniva neppure richiamato l’art. 4, comma 2, della Legge 31 maggio1995 n. 218.

(23) Sulla rilevanza di tale disposizione e della ordinanza n. 428/2000 della Cortecostituzionale, che ne aveva negato l’illegittimita costituzionale, v. LOPEZ DE GONZALO, Con-tinuita e discontinuita, cit., 927 ss.; cfr. anche, sulle conseguenze sistemiche della citata pro-nuncia della Corte costituzionale, SALERNO, Deroga alla giurisdizione e Costituzione, in Riv.dir. internaz., 2001, 33 ss.

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quanto, venuto meno il principio dell’eccezionalita della deroga alla giuri-sdizione in nome delle esigenze del commercio internazionale, la Corte dicassazione perviene a giustificare anche un’interpretazione meno rigorosadei requisiti formali della clausola compromissoria.

Per questa stessa ragione, la sentenza in commento si rivela — cosıcome il citato precedente del 2000 — non completamente soddisfacente.Infatti, essa fa in sostanza dipendere l’ammissibilita del rinvio alla clausolacompromissoria per relationem imperfectam dalle innovazioni normativeriguardanti l’ordinamento italiano e viene cosı a condizionare in modo de-cisivo l’interpretazione dell’art. II della Convenzione di New York all’evo-luzione del diritto interno. Infatti, come detto, all’indomani dell’entrata invigore della Convenzione, la presenza della rigorosa disposizione dell’art.2 c.p.c. aveva indotto la Corte di cassazione a ritenere che i requisiti for-mali indicati nell’art. II fossero restrittivi come quelli della norma del co-dice di rito, mentre oggi viene propugnata un’interpretazione ampia delmedesimo art. II, pur rimasto in se immutato. Ma in questa maniera, evi-dentemente, la sentenza in commento non ha tenuto nella giusta considera-zione l’obbligo di interpretazione e applicazione uniforme delle conven-zioni internazionali (ormai derivante anche dall’art. 117 Cost.), la cui por-tata non puo essere definita fondandosi in maniera decisiva sul modo d’es-sere del diritto interno (24).

Al contrario, la questione dell’ammissibilita di un richiamo della clau-sola compromissoria per relationem imperfectam dovrebbe essere valutata,nei procedimenti rientranti nell’ambito di applicazione della Convenzionedi New York, sulla base della sola interpretazione dell’art. II della stessa.Peraltro, la sentenza in commento non chiarisce neppure in qual modo siapossibile fondare l’ammissibilita della relatio perfecta sull’interpretazionedell’art. II della Convenzione di New York, limitandosi all’affermazioneche da tale norma si ricava una nozione talmente ampia di « forma scritta »da includervi anche il generico richiamo a condizioni generali di contrattocontenenti clausole arbitrali. Ma evidentemente, anche alla luce della va-rieta di orientamenti emersi nella giurisprudenza straniera applicativa del-l’art. II della Convenzione di New York (25), sarebbe stato necessario che i

(24) Sull’interpretazione uniforme delle convenzioni internazionali, v., in generale,BARIATTI, L’interpretazione delle convenzioni internazionali di diritto uniforme, Padova,1986; GIARDINA, Le convenzioni internazionali di diritto uniforme nell’ordinamento interno,in Riv. dir. internaz., 1993, 701 ss.

(25) Non e qui naturalmente possibile dar conto compiutamente di tali orientamenti:ci si limita pertanto a rinviare a LOPEZ DE GONZALO, Continuita e discontinuita, cit., 933 ss.;a MOURRE, La convenzione arbitrale, cit., 604 ss., e, per la giurisprudenza anglosassone re-lativa alla c.d. incorporation by reference, HOSKING, Non-Signatories and International Arbi-tration in the United States: the Quest for Consent, in International Arbitration, 2004, 289ss., in specie p. 291 s.

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giudici di legittimita chiarissero in modo piu preciso le ragioni della nuovainterpretazione della disposizione

5. Merita peraltro di essere evidenziato un ulteriore aspetto dellasentenza in commento, in quanto esso mostra, sotto altro profilo, il persi-stente collegamento dell’indirizzo interpretativo ora prescelto dalla Su-prema Corte con le sue decisioni piu risalenti.

Infatti, la decisione della Suprema Corte pare sovrapporre tra loro idue profili, entrambi messi in discussione dalla Societa opponente, dell’esi-stenza e della validita formale della clausola compromissoria, che vengonoaffrontati in maniera contestuale sull’assunto che l’avvenuta approvazionedella clausola stessa possa rilevare per stabilirne la validita formale. Alcontrario, ci pare che, sul piano generale, il problema della validita formalepresupponga risolto in senso positivo quello dell’esistenza del consensodelle parti in ordine alla convenzione arbitrale, ma conservi rispetto ad essoun carattere autonomo. In altre parole, solo se su una clausola arbitrale estato raggiunto il consenso delle parti, si potra porre la questione della suavalidita formale, ovvero della conformita alla legge del modo in cui taleconsenso e stato espresso. Allo stesso tempo, l’avvenuta approvazione dellaclausola compromissoria ad opera di entrambe le parti non potra di per seescludere che tale clausola risulti formalmente invalida, ad esempio,quando l’approvazione sia avvenuta in forma orale (26) o per comporta-menti concludenti (27).

La necessaria autonomia tra l’esistenza del consenso in ordine allaclausola compromissoria e la validita formale della stessa emerge peraltroanche dalla circostanza che rispetto a questi due profili la legge regolatricedev’essere designata in maniera diversa nell’ambito di applicazione dellaConvenzione di New York (28), dal momento che l’esistenza del consensocostituisce questione rilevante ai fini della validita materiale della clausolaarbitrale, da determinarsi ai sensi della legge richiamata dall’art. V, n. 1,lett. a), della Convenzione (29).

(26) Una simile possibilita e ovviamente esclusa dal requisito della forma scritta sta-bilito dall’art. II della Convenzione di New York: sul punto, v. MOURRE, La convenzione ar-bitrale, cit., 601, anche per ulteriori riferimenti. Per una datata decisione tedesca che ammet-teva la validita di una clausola proposta in forma orale e accettata per iscritto da una solaparte, v. LATTANZI, L’impugnativa per nullita nell’arbitrato commerciale internazionale, Mi-lano, 1989, 130 ss.

(27) Cfr. Cass., 25 gennaio 1991, n. 749, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1992, 322ss.; 28 ottobre 1993, n. 10704, in Riv. dir. internaz. priv. proc., 1994, 631 ss.

(28) Non puo esservi dubbio sul fatto che la causa decisa dalla sentenza in commentorientrasse ratione materiae nella Convenzione di New York, trattandosi di opposizione alladichiarazione di esecutivita di un lodo straniero.

(29) Peraltro, nel caso di specie la Corte d’Appello aveva ritenuto avvenuta l’appro-

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Cio nondimeno, nel riesaminare il tema della relatio imperfecta, lasentenza in commento ha utilizzato il criterio della conoscenza o della co-noscibilita della clausola compromissoria contenuta in condizioni generalidi contratto, ricavando tale riferimento dal citato art. 833, comma 2, c.p.c.;infatti, questa disposizione condizionava espressamente la validita formaledella clausola compromissoria alla circostanza che la clausola stessa fosseconosciuta, o conoscibile con l’ordinaria diligenza, dalle parti (30).

Nella misura in cui siffatta indicazione rimanda alla tradizionale esi-genza di salvaguardare l’effettivita del consenso dei contraenti alla clausolacompromissoria, tale criterio non appare persuasivo.

Infatti, ad avviso di chi scrive, questo richiamo alla conoscenza o co-noscibilita della clausola compromissoria, per un verso, ancora la validitaformale ad un elemento di difficile riscontro, quale lo stato psicologico deicontraenti, rendendone complesso l’accertamento (31); per altro verso, sem-bra confondere la formazione del consenso sulla clausola compromissoria

vazione della clausola compromissoria sulla base della legge inglese in quanto legge regola-trice del contratto principale, seguendo il diffuso orientamento che tende a far coincidere lalegge regolatrice della clausola arbitrale con la lex contractus ove questa sia designata dalleparti, assumendo che la scelta della legge applicabile al merito debba riguardare anche laclausola arbitrale stessa. La Corte di cassazione si e limitata sul punto all’affermazione chequesta ratio decidendi non era stata investita dai motivi di ricorso. Si puo peraltro inciden-talmente rilevare che la presunzione di coincidenza tra la legge applicabile al contratto prin-cipale e quella applicabile alla convenzione arbitrale non convince, sia perche l’automatismonell’individuazione della legge applicabile giunge a sacrificare eccessivamente il principiodell’autonomia della convenzione arbitrale rispetto al contratto cui essa accede (in tal senso,anche POUDRET, BESSON, Comparative Law of International Arbitration, London, 2007, 258)sia perche un’eventuale scelta implicita della legge regolatrice della convenzione arbitrale,lungi dal fondarsi sulla mera esistenza del collegamento negoziale col contratto principale,presupporrebbe comunque ulteriori indici, desumibili dal concreto contenuto della conven-zione arbitrale o del contratto principale, ovvero dalla condotta delle parti (sul tema piu ge-nerale delle modalita della scelta implicita della legge applicabile ai contratti, pur sulla basedi strumenti non applicabili ai compromessi e alle clausole compromissorie, v. VILLANI, LaConvenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, Bari, 1997, 65 ss.; GARDELLA, Art.3 (I), in Regolamento CE n. 593/2008 del Parlamento e del Consiglio del 17 giugno 2008sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (« Roma I ») - Commentario, a cura diSALERNO e FRANZINA, in Nuove leggi civ. comm., 2009, 611 ss., in specie p. 626 ss.).

(30) Nel senso che in questo modo la norma individuasse come suoi destinatari glioperatori del commercio internazionale che conoscono gli usi vigenti nel settore, v. FRIGO,Art. 24 sub art. 833, cit., 568. La norma riprendeva peraltro spunti gia emersi, oltre che nellagiurisprudenza francese, in dottrina: v. gia MIRABELLI, Clausole compromissorie per relatio-nem e arbitrato commerciale internazionale, in questa Rass. arb., 1977, 57 ss.; LA CHINA,Variazioni sul tema della clausola compromissoria stipulata per relationem, in Dir. mar.,1984, 327 ss.

(31) Tale accertamento e peraltro normalmente condotto sulla base di mere presun-zioni, tenendo conto in particolare dell’appartenenza dell’impresa a un certo settore commer-ciale e della conseguente conoscibilita da parte della stessa degli usi commerciali vigenti: cfr.Cass., 16 novembre 2000, n. 14860, cit.

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con la forma in cui tale consenso deve essere manifestato. Infatti, la cono-scenza/conoscibilita della clausola compromissoria inserita in condizionigenerali di contratto incide sull’esistenza del consenso (che, come detto,rientra nell’ambito di applicazione della legge regolatrice della conven-zione arbitrale): se tale clausola non era conosciuta/conoscibile ai con-traenti, non potra che fare difetto il consenso alla sua conclusione primaancora che la validita formale della stessa.

Sarebbe dunque auspicabile che per il futuro la giurisprudenza di le-gittimita abbandonasse tale criterio — d’altronde non piu presente sul pianodel diritto positivo — ai fini dell’interpretazione dell’art. II della Conven-zione di New York: sotto questo profilo, la disposizione sembra d’altrondecompatibile, come da tempo suggerito dalla dottrina sopra menzionata, conuna lettura che consideri come « forma scritta » la manifestazione del con-senso espressa in un atto sottoscritto dalle parti, che richiami un altro testoscritto contenente la clausola compromissoria.

GIACOMO BIAGIONI

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CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni unite civili; sentenza 31 luglio 2012, n. 13620;PREDEN Pres., MAZZACANE, Est.; Compagnia delle Costruzioni S.r.l. c. C.E.,P.M., G.S.

Corte di cassazione - Pronuncia a Sezioni unite - Uniformita della giurispru-denza - Mutamenti della giurisprudenza - Regola dello stare decicis.

Arbitri - Diritti e compenso - Determinazione rimessa al presidente del tribu-nale ex art. 814 c.p.c. (nella versione anteriore al D.Lgs. n. 40/2006) - Ri-corribilita per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. - Esclusione.

Esistono nell’ordinamento italiano limiti oggettivi alla modificazione degliorientamenti giurisprudenziali del giudice di legittimita, in virtu della regola dellostare decisis, la quale — pur non esistendo nel sistema processuale — costituiscetuttavia un valore o, comunque, una direttiva di tendenza, allo scopo di assicurareun suffıciente grado di stabilita agli indirizzi interpretativi formatisi su norme che(come l’art. 814 c.p.c.), presentano dei margini di opinabilita, nonche nelle ipotesiin cui una diversa interpretazione di una norma di legge rispetto a quella prece-dentemente affermatasi non ha ragione di essere allorche entrambe siano compa-tibili con la lettera della legge, essendo da preferire l’interpretazione sulla cui basesi e formata una certa stabilita di applicazione (rilievo tanto piu pertinente in ma-teria di interpretazione di norme processuali).

E inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimentodi liquidazione dei compensi agli arbitri reso dal presidente del tribunale ai sensidell’art. 814 c.p.c. (nel regime anteriore alla novella di cui al D.Lgs. n. 40/2006).

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis). — Gli avvocati C.E., P.M. e G. S., pro-nunciato in data 19 maggio 2005 il lodo con il quale avevano definito quali com-ponenti del Collegio Arbitrale la controversia insorta tra la S.r.l. Paradiso delloStretto e la S.r.l. Compagnia Costruzioni, dopo aver comunicato alle parti il sud-detto lodo e l’ordinanza del 25 settembre 2003 con la quale avevano quantificato ilproprio onorario in complessivi € 120.000, 00, chiedevano al Presidente del Tribu-nale di Messina la liquidazione dei propri compensi nella predetta misura.

Si costituiva in giudizio la societa Compagnia Costruzioni assumendo che ilcompenso avrebbe dovuto essere liquidato nella minor somma prevista in base alletariffe approvate con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585.

La societa Paradiso dello Stretto restava contumace.Il Presidente del Tribunale di Messina con ordinanza del 9 agosto 2005 liqui-

dava il compenso nella misura richiesta ponendolo in solido a carico delle due sud-dette societa.

Avverso tale ordinanza la societa Compagnia Costruzioni ha proposto un ri-corso articolato in due motivi cui il C., il P. ed il G. hanno resistito con controri-corso; la societa Paradiso dello Stretto non ha svolto attivita difensiva in questasede.

La seconda sezione di questa Corte con ordinanza dell’11 agosto 2011 ha ri-messo il ricorso al Primo Presidente ai fini dell’eventuale rimessione alle Sezioniunite, sollecitando un ripensamento del convincimento espresso dalle stesse Sezioniunite con la sentenza del 3 luglio 2009 n. 15586 secondo cui l’ordinanza con la

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quale il Presidente del Tribunale decide sulla domanda da parte di ciascun compo-nente del Collegio Arbitrale di determinazione del compenso ai sensi dell’art. 814c.p.c., comma 2, secondo la formulazione previgente alla novella di cui al D.Lgs.2 febbraio 2006, n. 40, e priva della vocazione al giudicato e, dunque, insuscetti-bile di impugnazione con ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111Cost.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — La sopra menzionata ordinanza della seconda se-zione civile di questa Corte, a sostegno della prospettata opportunita di una rime-ditazione della questione sopra enunciata, evidenzia la perplessita suscitata dal pas-saggio argomentativo della sentenza delle Sezioni unite gia richiamata con cui si efatto ricorso all’art. 1339 c.c., in ordine all’inserzione automatica di clausole, edall’art. 1349 c.c., in tema di determinazione dell’oggetto del contratto; invero bendiverso e il meccanismo individuato dal codice civile che consente alle parti di ri-volgersi al Tribunale per ottenere la determinazione della prestazione che non siastata effettuata dal terzo cui esse avevano deferito tale compito in contratto, men-tre nel dispositivo previsto dall’art. 814 c.p.c. tale potere e sottratto alle parti, esono gli arbitri, in caso di non accettazione della determinazione del proprio com-penso, a rivolgersi al Presidente del Tribunale per ottenere un suo provvedimento;in tal caso quindi non si profilerebbe un intervento del giudice su richiesta direttadelle parti contraenti al fine di conseguire un arbitraggio, ma si tratterebbe dell’ini-ziativa del terzo (l’arbitro), quale parte contrapposta al litigante che ha stipulato ilcompromesso arbitrale, per conseguire il pagamento di una prestazione propria.

Secondo l’ordinanza di rimessione, inoltre, prova della natura contenziosadella determinazione quantitativa affidata all’organo giurisdizionale si desumerebbeanche da un’intima contraddizione della sentenza delle Sezioni unite, che in un in-ciso finale lascia aperta agli arbitri la strada alternativa del ricorso all’ordinariogiudizio di cognizione per ottenere il medesimo risultato: invero in tal modo si am-mette che la determinazione del compenso per gli arbitri sia ancora sottomessa al-l’intervento giurisdizionale, pur se esercitato nelle forme snelle del procedimentospeciale e con i conseguenti rimedi, riconducibili al ricorso straordinario per cassa-zione, che e invece stato negato dalla pronuncia delle Sezioni unite, e a conforto diquesta seconda ipotesi ricostruttiva si pone la palese configurabilita del contrasto diinteressi tra gli arbitri e le parti nei confronti delle quali viene sancito l’obbligo dipagamento con la relativa quantificazione.

L’ordinanza suddetta inoltre rileva che la natura giurisdizionale del procedi-mento non puo essere negata per il fatto che sia stato prospettato un piu agile pro-cedimento per ottenere la decisione, atteso che la previsione normativa dell’obbligodi « sentire le parti » e coerente con un procedimento giurisdizionale sommario, fi-nalizzato all’accertamento del diritto al compenso, con contraddittorio semplificato.

Sotto ulteriore profilo l’ordinanza menzionata evidenzia l’ampiezza dell’ac-certamento sollecitato, posto che la statuizione richiesta al Presidente del Tribunalenon puo limitarsi alla determinazione quantitativa, lasciando aperte le questioni re-lative alla spettanza del diritto; infatti il Presidente del Tribunale deve in ogni casocompiere almeno una verifica minima per stabilire se i soggetti che gli si rivolgonosiano stati nominati arbitri e se abbiano prestato l’opera, essendo inconcepibile unobbligo di emettere il provvedimento a fronte di una richiesta di sedicenti arbitrinon assistita da documentazione; del resto e concettualmente di difficile configura-

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zione un procedimento ex art. 814 c.p.c. che sia applicabile solo in assenza di con-testazioni sull’an debeatur, essendo invece la mancata accettazione da parte deicontendenti l’unico limite alla facolta degli arbitri di adire il giudice posto dall’art.814 c.p.c.

Infine l’ordinanza suddetta assume che la natura non contenziosa del procedi-mento ex art. 814 c.p.c. prospettata dalle Sezioni unite si porrebbe in contrasto conla necessita di difesa tecnica delle parti.

La richiamata sentenza delle Sezioni unite di questa Corte, nell’esaminare laquestione dell’ammissibilita del ricorso ex art. 111 Cost. avverso l’ordinanza adot-tata dal Presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 814 c.p.c., comma 2 nella formu-lazione antecedente alla entrata in vigore della nuova disciplina introdotta dalD.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha preso le mosse dalla individuazione della finalitae, quindi, della natura del procedimento in oggetto, dovendosi accertare se esso ri-guardi l’accertamento di un diritto di credito ovvero la sola liquidazione del suoammontare; in tale contesto, premesso che gli arbitri sono parte di un contratto conil quale le controparti attribuiscono loro, che l’accettano, l’incarico di risolvere unavertenza insorta tra le stesse, ha evidenziato la peculiarita della convenzione, nellaquale frequentemente le parti, attesa la difficile prevedibilita dell’impegno in ter-mini di attivita personale e collegiale necessarie alla risoluzione della vertenza, nonpossono stabilire e non stabiliscono, in via preventiva all’atto della stipulazione,non tanto l’oggetto dell’obbligazione dei conferenti (che sono la remunerazionedell’attivita degli arbitri ed il rimborso delle spese u sostenute), ma piuttosto la lorodeterminazione quantitativa o i criteri per effettuarla, eventualmente anche tramitedeferimento ad un terzo ex art. 1349 c.c., comma 1; orbene in vista di tale frequenteevenienza il legislatore, onde fornire agli arbitri un’agevole alternativa di sollecitoaccertamento del quantum debeatur a fronte dell’ordinario giudizio ex art. 2233c.c., comma 1 altrimenti esperibile, ha previsto, nel primo periodo dell’art. 814c.p.c., comma 2, che gli arbitri, una volta compiuto l’incarico, possano redigere unatto contenente le proprie pretese di rimborsi e compensi, rispettivamente per speseed onorari, e, quindi, sottoporlo alle controparti; tale iniziativa risulta configuratadalla norma quale proposta che, lasciando i destinatari liberi d’accettarla o meno,non e per essi vincolante, onde, nell’ipotesi di mancata accettazione, non producealcun effetto; in tal caso il secondo periodo dell’art. 814 c.p.c., comma 2, prevedeche l’ammontare delle spese e dell’onorario sia determinato dal Presidente del Tri-bunale, con cio sostanzialmente predisponendo una clausola che automaticamentesi inserisce nel contratto di arbitrato ex art. 1349 c.c.

La suddetta sentenza delle Sezioni unite di questa stessa Corte ha a tal puntorilevato che una interpretazione non solo letterale ma anche sistematica di tale nor-mativa regolatrice del procedimento in esame evidenzia come lo stesso risulti dun-que finalizzato non all’accertamento del diritto soggettivo al rimborso delle speseed alla percezione degli onorari — gia riconosciuto ex lege e comunque non con-testato — bensı alla sola determinazione quantitativa, da parte del Presidente delTribunale, dell’entita economica delle pretese fatte valere dagli arbitri; l’attivita ditale organo risulta pertanto non di natura giurisdizionale contenziosa, bensı di na-tura essenzialmente privatistica, svolta nell’ambito di un procedimento di giurisdi-zione non contenziosa, all’esito del quale e espressa, conseguentemente, una mani-festazione di volonta priva della vocazione al giudicato, in quanto con essa ne siincide su diritti soggettivi ne viene risolto un conflitto tra le parti; sotto un primo

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profilo, infatti, deve tenersi presente che oggetto della decisione rimessa al Presi-dente del Tribunale non e l’accertamento del diritto degli arbitri a percepire il com-penso, bensı il semplice interesse di essi alla mera determinazione dell’entita pecu-niaria di tale diritto; sotto il secondo profilo e rilevante osservare che il Presidentedel Tribunale potrebbe essere direttamente adito dagli arbitri con la sola istanza dideterminazione e senza previo esperimento del tentativo d’accordo con le contro-parti; pertanto il Presidente del Tribunale non e affatto condizionato dall’eventualepredisposizione della parcella predisposta dagli arbitri, i termini della quale pos-sono nella decisione rimessagli trovare confermala anche variazioni in melius ov-vero in pejus.

La sentenza in esame ha quindi ritenuto che il provvedimento presidenziale inoggetto non riveste un carattere decisorio, ma ha funzione sostitutiva di un’attivitanegoziale omessa dalle parti.

Sotto ulteriore profilo, attinente al rito, la pronuncia in oggetto ha affermatoche il procedimento disciplinato dall’art. 814 c.p.c. si discosta, al pari di altri nu-merosi procedimenti camerali non contenziosi, dalle regole formati del processo,non prevedendo la suddetta norma la costituzione di un formale contraddittorio trale parti, ma solo la partecipazione degli interessati « per essere sentiti », ne sussi-stendo tra costoro un litisconsorzio necessario, attesa la natura solidale dell’obbli-gazione da parte del debitore e la parziarieta della stessa da parte del creditore.

In definitiva la sentenza menzionata ha escluso la ricorribilita in cassazione exart. 111 Cost. dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 814 c.p.c., vertendosi in temadi determinazione stragiudiziale integrativa della volonta delle parti, ad opera delterzo arbitratore, dell’entita economica, non predeterminata contrattualmente, diuna prestazione contrattuale gia resa, e non di provvedimenti giurisdizionali deci-sori e definitivi, mentre il titolo di formazione stragiudiziale ex art. 814 c.p.c. puoessere utilmente contestato, con tutte le garanzie della giurisdizione, mediante leopposizioni all’esecuzione.

Sulla base di tali premesse deve ritenersi che la suddetta sentenza di questastessa Corte a sostegno dei convincimento maturato ha offerto una serie di appro-fondite argomentazioni articolate su diversi profili di lettura dell’art. 814 c.p.c.,nella formulazione antecedente alla novella introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006,n. 40, di ordine sia letterale sia sistematico, affrontando i vari aspetti di diritto pro-cessuale ed anche sostanziale che l’esame della norma in oggetto sollecita all’in-terprete.

A fronte di tale pronuncia occorre riconoscere che l’opportunita di una rime-ditazione della questione in ordine alla ricorribilita o meno ex art. 111 della Costi-tuzione dell’ordinanza del Presidente del Tribunale emessa ai sensi dell’art. 814c.p.c., segnalata dall’ordinanza di rimessione della seconda sezione civile di questaCorte, e sostenuta da una pluralita di meditati rilievi che ripercorrono in manieracritica tutti i principali passaggi della pronuncia menzionata e che sono certamentedegni di attenta disamina.

Nondimeno il Collegio ritiene di dover confermare l’orientamento espressocon la pronuncia del 3 luglio 2009 n. 15586 per un diverso ordine di considera-zioni, attinenti all’esigenza di assicurare un sufficiente grado di stabilita agli indi-rizzi giurisprudenziali formatisi riguardo alla interpretazione di norme che, comel’art. 814 c.p.c., presentano in proposito dei margini di opinabilita.

Invero, benche non esista nel nostro sistema processuale una norma che im-

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ponga la regola dello stare decisis, essa tuttavia costituisce un valore o, comunque,una direttiva di tendenza immanente all’ordinamento, in base alla quale non ci sipuo discostare da una interpretazione del giudice di legittimita, investito istituzio-nalmente della funzione nomofilattica, senza delle forti ed apprezzabili ragioni giu-stificative.

In tale ottica occorre rilevare che una diversa interpretazione giurisprudenzialedi una norma di legge rispetto a quella precedentemente affermatasi non ha ragionedi essere allorche entrambe siano compatibili, come nella fattispecie, con la letteradella legge, essendo da preferire l’interpretazione sulla cui base si e formata unacerta stabilita di applicazione.

Tale rilievo appare tanto piu pertinente in materia di interpretazione di normeprocessuali, come appunto nella fattispecie, dove l’esigenza di un adeguato gradodi certezza si manifesta con maggiore evidenza, non potendo l’utente del serviziogiustizia essere esposto al rischio di frequenti modifiche degli indirizzi giurispru-denziali con evidenti gravi ripercussioni sulla effettiva tutela dei propri diritti purgarantita dall’art. 24 Cost.; in tal senso deve pure considerarsi che la sentenza diquesta Corte in ordine alla quale e stata sollecitata una nuova riflessione e statapronunciata in epoca piuttosto recente.

Infine deve ritenersi che, come affermato anche di recente, la regola dellostare decisis e stata valorizzata anche dalla novella di cui alla Legge 18 giugno2009, n. 69 che, nell’introdurre nell’ordinamento l’art. 360-bis c.p.c. (che sanciscel’inammissibilita del ricorso quando il provvedimento impugnato ha deciso le que-stioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame deimotivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa), haaccentuato maggiormente l’esigenza di non cambiare l’interpretazione della leggein difetto di apprezzabili fattori di novita (Cass., Sez. un. 5 maggio 2011 n. 9847),in una prospettiva di limitazione dell’accesso al giudizio di legittimita coerente conl’esercizio della funzione nomofilattica; e appena il caso di rilevare che il richiamoa tale ultima disposizione, non applicabile nel presente giudizio ratione temporis,viene valorizzato soltanto per evidenziare un ulteriore elemento di riscontro nell’or-dinamento al principio sopra affermato sulla sussistenza di limiti oggettivi alla mo-dificazione degli orientamenti giurisprudenziali del giudice di legittimita.

Pertanto, ritenendosi di dover confermare per ragioni esposte il convincimentoespresso con la pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte del 3 luglio 2009 n.15586, deve dichiararsi l’inammissibilita del ricorso.

Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese digiudizio, avuto riguardo alla circostanza che il ricorso in oggetto e stato propostoin epoca antecedente alla menzionata sentenza di questa Corte che ha ritenutol’inammissibilita del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. avversol’ordinanza del Presidente del Tribunale emessa ai sensi dell’art. 814 c.p.c. —(Omissis).

Ordinanza di liquidazione del compenso agli arbitri, ricorso per cassa-zione ed incensurabilita del vizio logico della motivazione, tra Se-zioni unite e riforme legislative.

1. Tristemente si conclude (per il momento) la vicenda interpretativache ha visto protagonista l’art. 814 c.p.c. negli ultimi anni. E si conclude

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con una absolutio ab instantia da parte della Corte di cassazione, la qualerinuncia ad esaminare profili che, seppure « noti », avrebbero meritato unapiu consapevole riflessione.

Questi in breve i termini della questione.Con due pronunce gemelle del 3 agosto 2009 (la n. 15586 (1) e la n.

15592), le Sezioni unite dichiarano che il procedimento dell’art. 814 c.p.c.(nella formulazione anteriore alla riforma del D.Lgs. n. 40/2006) per la li-quidazione del compenso agli arbitri svolge una funzione giurisdizionalenon contenziosa, concludendosi con una ordinanza di natura essenzialmenteprivatistica, percio carente di vocazione al giudicato ed insuscettibile di ri-corso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.

Successivamente, la Seconda sezione della Corte di cassazione (ordi-nanza n. 17209, dell’11 agosto 2011) (2) rimette il ricorso al Primo Presi-dente per l’eventuale ritorno alle Sezioni unite, sollecitandone un ripensa-mento sul tema.

Le Sezioni unite — con la sentenza in epigrafe — confermano l’orien-tamento gia condiviso, seppure per il diverso ordine di considerazioni « at-tinenti all’esigenza di assicurare un sufficiente grado di stabilita agli indi-rizzi giurisprudenziali formatisi riguardo all’interpretazione di norme che,come l’art. 814 c.p.c., presentano in proposito margini di opinabilita ».

Nonostante l’approfondita — e pienamente condivisibile — motiva-zione sviluppata nell’ordinanza di rimessione dell’11 agosto 2011, le Se-zioni unite si astengono dal pronunciarsi sulla questione gia decisa in tempirecenti, invocando lo stare decisis, il quale — ancorche non riconosciutonel nostro sistema per regola vigente — « tuttavia costituisce un valore o,comunque, una direttiva di tendenza immanente all’ordinamento in basealla quale non ci si puo discostare da una interpretazione del giudice di le-gittimita, investito istituzionalmente della funzione nomofilattica, senzadelle forti ed apprezzabili ragioni giustificative ».

Diverse ragioni non ci consentono di condividere la decisione, ragioniche oscillano dal ruolo della Corte di cassazione, al modo di intendere edassicurare rebus sic stantibus la tutela dei diritti (3).

(1) In questa Rivista, 2009, 687, con nota di TISCINI; Riv. dir. proc., 2010, 487, connota di CORRADO; Corr. merito, 2009, 1100, con nota di TRAVAGLINO; Giust. civ., 2010, I, 1714;Foro it., 2009, I, 3340; Corr. giur., 2009, 1038.

(2) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209.(3) In queste brevi considerazioni si oscillera tra profili interpretativi attinenti al giu-

dizio di legittimita e la questione specifica di natura e funzioni del procedimento dell’art. 814c.p.c., problema quest’ultimo su cui v. gia, si vis, TISCINI, Nuovi voli pindarici della giuri-sprudenza di legittimita per porre un argine all’accesso: e insindacabile il provvedimento diliquidazione del compenso agli arbitri emesso dal presidente del tribunale ai sensi dell’art.814 c.p.c., in questa Rivista, 2009, 692 ss. a commento di Cass. n. 15586/2009.

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2. Affermano le Sezioni unite di non poter tornare sulla questione(gia decisa) del procedimento per la liquidazione del compenso agli arbitri,non potendosi il giudice di legittimita — chiamato ad assicurare « nomofi-lachia » — discostare da una interpretazione condivisa « senza forti ed ap-prezzabili ragioni giustificative ». Sicche, « una diversa interpretazione giu-risprudenziale di una norma di legge rispetto a quella precedentemente af-fermatasi non ha ragione di essere allorche entrambe siano compatibili,come nella fattispecie, con la lettera della legge, essendo da preferire l’in-terpretazione sulla cui base si e formata una certa stabilita di applica-zione ».

Rilievo questo che si impone vieppiu con riferimento alle norme pro-cessuali « non potendo l’utente del servizio giustizia essere esposto al ri-schio di frequenti modifiche degli indirizzi giurisprudenziali, con evidentigravi ripercussioni sulla effettiva tutela dei propri diritti pur garantita dal-l’art. 24 Cost. » (non e percio consentita una nuova riflessione sulla que-stione, essendosi su di essa pronunciate le Sezioni unite « in epoca piutto-sto recente »).

La necessita di valorizzare il principio dello stare decisis anche nelnostro ordinamento sarebbe poi evidenziata dall’introduzione dell’art. 360-bis c.p.c. (4), il quale « ha accentuato l’esigenza di non cambiare l’interpre-tazione della legge in difetto di apprezzabili fattori di novita (Cass., Sez.un., 5 maggio 2011 n. 9847), in una prospettiva di limitazione dell’accessoal giudizio di legittimita coerente con l’esercizio della funzione nomofilat-tica » (5).

Volendo sintetizzare il pensiero del giudicante, esso puo riassumersinel principio immanente secondo cui, rendendosi fittiziamente vincolante ilprecedente giurisprudenziale (di legittimita), sono impedite inversioni dirotta su questioni su cui la Corte ebbe a pronunciarsi. Cio allo scopo di as-sicurare stabilita al sistema dando certezza all’operatore del diritto circasoluzioni interpretative che pur sempre risultino compatibili con la letteradella legge.

Lo scetticismo verso siffatta conclusione e rilevabile sotto piu profili.Cominciamo col dire che essa confligge con il meccanismo di recente

introduzione che contempla un vincolo delle Sezioni semplici al precedentedelle Sezioni unite (innovazione di cui da tempo si discuteva, che gia era

(4) Introduzione avvenuta con Legge n. 69/2009.(5) Chiarisce la sentenza che il richiamo all’art. 360-bis c.p.c. « non applicabile al

presente giudizio ratione temporis, viene valorizzato soltanto per evidenziare un ulterioreelemento di riscontro nell’ordinamento al principio sopra affermato sulla sussistenza di limitioggettivi alla modificazione degli orientamenti giurisprudenziali del giudice di legittimita ».

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stata oggetto di taluni progetti di riforma (6), e che con il D.Lgs. n. 40/2006diviene legge vigente (7)).

Ai sensi dell’art. 374, comma 3, c.p.c. « se la sezione semplice ritienedi non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, ri-mette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricor-so » (8). In prossimita della sua entrata in vigore, la disposizione non hamancato di sollecitare le critiche della dottrina (9) proprio per il sospettoche si trattasse di meccanismo capace di introdurre nel nostro ordinamentoun sistema di « precedente vincolante » (sul tipo dello stare decisis) finoraignoto ed incompatibile con la soggezione del giudice solo alla legge (art.101 Cost.) (10). Critica, questa, presto superata dall’osservazione — condi-

(6) Analoga proposta era contenuta nel c.d. progetto Vaccarella. V. sul tema (anchecon riferimento ai precedenti progetti di riforma), LUISO, Il vincolo delle sezioni semplici alprecedente delle sezioni unite, in Giur. it., 2003, 817 ss. spec. 820; TARUFFO, Una riformadella Cassazione civile?, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 755; PROTO PISANI, Crisi della cas-sazione: la (non piu rinviabile) necessita di scelta, in Foro it., 2007, V, 122.

(7) Secondo taluno (PROTO PISANI, Su alcuni problemi organizzativi della Corte diCassazione: contrasti di giurisprudenza e tecniche di redazione del ricorso, in Foro it., 1988,V, 28; RORDORF, Stare decisis: osservazioni sul valore del precedente giudiziario nell’ordina-mento italiano, in Foro it., 2006, I, 279 ss., spec. 282 ss., spec. 284), pure il regime previ-gente conduceva verso un meccanismo analogo a quello poi codificato: si riteneva che anchein precedenza le Sezioni semplici avessero l’obbligo di conformarsi al precedente delle Se-zioni unite, di talche, ove non avessero ottemperato, avrebbero dovuto avvalersi del potere-dovere di rimettere d’ufficio il ricorso a queste ultime. Fonte normativa dell’obbligo era, ol-tre allo stesso art. 374, comma 3, c.p.c., l’art. 65 ord. giud.

(8) Ratio della norma e evitare i frequenti contrasti tra Sezioni semplici e Sezioniunite, non gia imponendo un potere conformativo delle Sezioni unite sulle Sezioni semplici,bensı individuando una dinamica procedimentale volta ad evitare inutili oscillazioni interpre-tative, quando non funzionali alla effettiva uniformazione della giurisprudenza. Cosı LUISO, Ilvincolo delle sezioni semplici, cit., 822; PRESTIPINO, Il nuovo ruolo delle Sezioni unite, in Ilnuovo giudizio di cassazione, a cura di IANNIRUBERTO - MORCAVALLO, Milano, 2007, 37 ss.spec., 61. La disposizione in qualche modo muta il rapporto tra Sezioni semplici e Sezioniunite: non si tratta piu di una mera « assegnazione » alle une o alle altre (cioe di una dispo-sizione organizzativa tra le sezioni), bensı di una vera e propria regola di « competenza » —di natura processuale — che attribuisce maggior peso alla pronuncia delle Sezioni unite (edun vincolo di quelle semplici alla decisione delle prime).

(9) Vi e stato chi ha individuato una sorta di « vincolo negativo », una forma di de-bole regola dello « stare decisis », quale decisa novita nel nostro ordinamento in cui il pre-cedente ha una valenza meramente persuasiva: RORDORF, Stare decisis: osservazioni sul va-lore , cit., 279; AMOROSO, Commento all’art. 374, in Commentario alle riforme del processocivile, a cura di BRIGUGLIO e CAPPONI, Padova, 2009, vol. III/1, 195 ss., spec. 205. Il sospettoera tanto piu forte nel progetto provvisorio della norma, mentre l’approvazione del testo de-finitivo ha eliminato buona parte dei dubbi. Per una ricostruzione dell’evoluzione legislativadella norma, v. CAPORUSSO, Commento all’art. 374, in La riforma del giudizio di cassazione,a cura di CIPRIANI, Padova, 2009, 236.

(10) E stato piuttosto diffuso in effetti il sospetto che la disposizione in esame fossein contrasto con il vincolo del giudice soltanto alla legge. Cfr. CHIARLONI, Prime riflessioni surecenti proposte di riforma del giudizio di cassazione, in Giur. it., 2003, 817 ss., spec. 818;

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visibile — secondo cui il meccanismo di rimessione alle Sezioni unite suiniziativa delle Sezioni semplici (che vogliano discostarsi dal precedentedelle prime) sarebbe volto a creare un vincolo di carattere processuale (11),ma non ad incidere sul contenuto sostanziale della decisione rispetto a cuitanto la giurisprudenza di legittimita, quanto quella di merito conservanopiena autonomia.

A ben vedere, la lettura che offrono oggi le Sezioni unite circa il po-tere nomofilattico di guidare la giurisprudenza altera il meccanismo del-l’art. 374, comma 3, c.p.c. ed esalta quei sospetti che infondatamente eranostati ventilati intorno alla piu genuina lettura della norma. Cosı facendo, il« vincolo » solo processuale delle Sezioni semplici al precedente delle Se-zioni unite si estende alla soluzione nel merito delle singole questioni pro-spettate (assumendo percio connotati sostanziali), in modo tale da vincolarela giurisprudenza alla stregua di qualsiasi fonte normativa.

L’art. 374, comma 3, c.p.c. in altri termini va riletto nel senso che ilmeccanismo — in base al quale la Sezione semplice, ritenendo di non con-dividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite, rimetta a que-ste ultime la decisione del ricorso — non puo funzionare quando la que-stione verte sull’alternativa tra due opzioni interpretative entrambe compa-tibili con il testo della norma, soluzioni rispetto alle quali le Sezioni unitehanno gia espresso preferenze (12) in epoca « piuttosto recente ». Si trattaquindi di riformulare la norma nel seguente modo: « se la Sezione sempliceritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioniunite, rimette a queste ultime con ordinanza motivata la decisione del ri-corso, in tutti i casi, tranne:

ID., Prime riflessioni sulla delega per la riforma del procedimenti in Cassazione, in Rass. for.,2005, 901 ss., spec. 906; CARRATTA, La riforma del giudizio in cassazione, in Riv. trim. dir.proc. civ., 2006, 1105 ss., spec. 1119; DE CRISTOFARO, L’edificazione della Corte suprema trarisolutezza e « timidezze » del legislatore delegato, in Corr. giur., 2005, 1763; CONSOLO, De-leghe processuali e partecipazione alla riforma della Cassazione e dell’arbitrato, ivi, 2005,1189 ss., spec. 1193; ID., Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 366; TOM-MASEO, La riforma del ricorso per cassazione: quali i costi della nuova nomofilachia?, inGiur. it., 2003, 826 ss., spec. 827. Analogo sospetto e stato espresso nel parere dell’Assem-blea generale della Suprema Corte di cassazione del 21 luglio 2005 (che poi nella sostanzaha confermato il contenuto della disposizione). Contra, SASSANI, Il nuovo giudizio di cassa-zione, in Riv. dir. proc., 2006, 216 ss., spec. 238; LUISO - SASSANI, La riforma del processocivile, Milano, 2006, 82; TEDOLDI, La nuova disciplina del procedimento di cassazione: ese-gesi e spunti, in Giur. it., 2006, 2002 ss., spec. 2011; MONTELEONE, Il nuovo volto della Cas-sazione civile, in Riv. dir. proc., 2006, 943 ss., spec. 951; AMOROSO, Commento, cit., 214.

(11) LUISO, op. cit., 822; SASSANI, op. cit., 234; LUISO - SASSANI, La riforma, cit., 81;PRESTIPINO, Il nuovo ruolo delle Sezioni unite, cit., 60. Parla di vincolo « interpretativo »AMOROSO, Commento, cit., 207.

(12) Nel caso dell’art. 814 c.p.c., dal momento che entrambe le soluzioni interpreta-tive sono compatibili con il testo della norma considerata, e dal momento che la Corte dicassazione si e gia espressa a favore di una di esse, non puo ammettersi una reinterpretazionea favore dell’altra.

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a) quando sono prospettate due alternative interpretazioni della mede-sima norma entrambe compatibili con il testo di legge e la Corte ha giaaderito ad una di esse (enunciando il principio che la Sezione semplicepunta a rimuovere);

b) quando il principio di diritto e stato enunciato dalla Corte in tempi“piuttosto recenti” ».

Se l’obiettivo della Corte di cassazione — nell’offrire siffatta letturainterpretativa — e quello di assicurare “stabilita di applicazione” alla legge(soprattutto processuale), si puo sin da ora dubitare che il risultato saraconseguito.

Il profilo sub a) esprime in effetti una contraddizione in termini. L’in-tervento delle Sezioni unite si impone proprio in presenza di una questionefacilmente risolvibile in due modi entrambi compatibili con il testo dilegge. Se cio non fosse, potrebbe escludersi il contrasto di giurisprudenza,essendo difficile pensare ad un contrasto intorno a due opzioni interpreta-tive solo una delle quali compatibile con il dato testuale (a meno di non ri-tenere che la giurisprudenza — come in effetti sta accadendo — aderisca asoluzioni interpretative talmente estravaganti da rivelarsi incompatibili conil testo di legge!). In altre parole, mancando due soluzioni alternative com-patibili con il dato testuale delle disposizioni da interpretare, verrebbe apriori ad escludersi l’esigenza di una rimessione alle Sezioni unite (la fat-tispecie sarebbe al di fuori dell’art. 374, comma 3, c.p.c.).

Quanto al profilo sub b), non da « certezza » una linea interpretativache imponga di distinguere la giurisprudenza « piuttosto recente » da quellache recente non e, consentendo la rimessione dalle Sezioni semplici alleSezioni unite solo nel secondo caso ed escludendola nel primo.

In effetti, quella di tre anni anteriore (come nella specie) puo dirsi« giurisprudenza piuttosto recente » ma non e certo delineabile a priori —secondo categorie precostituite — la linea di confine tra la giurisprudenza« meno » e quella « piu » recente (linea di confine, peraltro, da misurarediversamente a seconda della materia trattata, essendo variabile l’intensitae frequenza dei mutamenti giurisprudenziali in ciascuna di esse). Il chevieppiu crea incertezza se si considera che si tratta di linea funzionale alladefinizione del campo di applicazione di uno strumento nato quale mecca-nismo esclusivamente processuale (cosı la primigenia versione dell’art.374, comma 3, c.p.c.).

Il nuovo schema interpretativo imposto intorno al potere delle Sezionisemplici di rimettere la questione alle Sezioni unite e percio lungi dall’of-frire certezza... proprio quella certezza del diritto che la sentenza in esameinvoca (forse pretestuosamente).

In sintesi, sul punto. Il meccanismo dell’art. 374, comma 3, c.p.c,

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pensato per uniformare la giurisprudenza (13), secondo le Sezioni unite etroppo stretto e non consente di raggiungere l’obiettivo: esso — al contra-rio — rischia di procurare incertezza ed instabilita nella giurisprudenza eva percio disapplicato ogni qualvolta le Sezioni unite si siano gia pronun-ciate sulla questione (in epoca recente). Sicche, il precedente delle Sezioniunite — che costituisce il presupposto per l’applicazione della norma —secondo la lettura che oggi propone la sentenza in commento, si rivela illimite di applicazione della stessa, non potendo essa operare (non potendola Sezione semplice rimettere la questione alle Sezioni unite), ogni qual-volta vi sia un precedente pronuncia sul tema gia resa dalle stesse Sezioniunite.

3. La sentenza invoca — seppure in obiter dictum — l’art. 360-bisc.p.c. a conferma del fatto che quest’ultimo istituto (passato alla storiacome c.d. « filtro » in cassazione (14)) « ha accentuato maggiormente l’esi-genza di non cambiare l’interpretazione della legge in difetto di apprezza-bili fattori di novita ».

Il contesto e ben diverso: quello dell’art. 360-bis c.p.c. e strumentoche vale quale monito per le parti, inducendole a desistere dal costruire ri-corsi palesemente infondati (15). Nel caso in esame invece l’esigenza di

(13) Alla luce dell’art. 374, comma 3, c.p.c. si puo distinguere il ruolo delle Sezioniunite e delle Sezioni semplici: alle prime spetta il compito di far evolvere la giurisprudenza,alle seconde quello di stimolare questa evoluzione, fornendo alle Sezioni unite, attraversol’ordinanza di rimessione, le ragioni che rendono opportuno il ripensamento (LUISO, op. lococit.).

(14) La dottrina sul tema e vastissima. Senza alcuna pretesa di completezza, v. BRI-GUGLIO, Commento all’art. 360-bis, in Commentario alle riforme del processo civile, a curadi BRIGUGLIO e CAPPONI, cit., 50 ss.; MENCHINI, Commento sub art. 360-bis, in BALENA, CAPONI,CHIZZINI, MENCHINI, La riforma della giustizia civile, cit., 110 ss.; GENOVESE, Ricorso per cas-sazione, in Nuovo processo civile, Il civilista, Milano, 2009, 48; CONSOLO, Una buona « no-vella » al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360-bis e 614-bis) va ben al di la dellasola dimensione processuale, in Corr. giur., 2009, 737 ss.; CONSOLO - DE CRISTOFARO, Codicedi procedura civile commentato. La riforma del 2009, Milano, 2009, 234 ss.; CARRATTA, Il« filtro » al ricorso in cassazione fra dubbi di costituzionalita e salvaguardia del controllo dilegittimita, in Giur. it., 2009, 1563 ss.; BOVE, in BOVE - SANTI, Il nuovo processo civile tramodifiche attuate e riforme in atto, Matelica, 2009, 66; SASSANI - TISCINI, Commento all’art.360-bis, in Commentario alla riforma del codice di procedura civile, a cura di SALETTI e SAS-SANI, Torino, 2009, 155 ss.; REALI, Commento all’art. 360-bis, in La riforma del giudizio dicassazione, cit., 117 ss.; BALENA, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile, in Giustoproc. civ., 2009, 749 ss., spec. 790; RAITI, Brevi note sul « filtro » in Cassazione secondo lalegge di riforma al codice di rito civile 18 giugno 2009, n. 69, in Riv. dir. proc., 2009, 1601ss., spec. 1603.

(15) Prevale la lettura della norma nel senso che si tratta di una ipotesi di infonda-tezza seppure vestita dei panni dell’inammissibilita. In questo senso la prima giurisprudenza,secondo cui « L’art. 360-bis c.p.c., introdotto dall’art. 47 l. 18 giugno 2009 n. 69, va inter-pretato nel senso che il ricorso deve essere rigettato, perche manifestamente infondato, e non

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stabilizzare la giurisprudenza e un obiettivo che si impone alle Sezionisemplici, e dunque una regola applicabile internamente alla stessa Corte dicassazione. Si tratta di un monito proveniente dalle Sezioni unite e desti-nato alle Sezioni semplici, nel senso di indurre queste ultime ad astenersidal sollevare questioni gia decise in assenza di valide ragioni di novita (unasorta di « filtro » voluto dalla Corte ed applicato a se medesima). Con laprecisazione che la qualificazione in termini di « novita » della questione odelle opzioni interpretative su di essa prospettate e rimessa all’insindacabilevalutazione delle Sezioni unite abilitate ad ammettere o negare nuove lineeper la giurisprudenza senza controllo alcuno nonche libere da ogni parame-tro valutativo (16).

Cio e sintomo di una precarieta degli equilibri internamente alla CorteSuprema. Si stanno facendo strada strumenti di self restraint che la Corteimpone a se stessa, i quali impediscono la duttilita delle questioni e la loromobilita all’interno dell’Organo. Prevalgono meccanismi che, allo scopo diimpedire il flusso dei ricorsi, irrigidiscono talune linee interpretative asse-ritamente dominanti, favorendo cosı indirettamente un precoce « invecchia-mento » della giurisprudenza. La capacita delle Sezioni semplici di solle-vare questioni interpretative su cui le Sezioni unite avevano gia avuto mododi pronunciarsi era da leggere quale strumento idoneo ad assicurare il giu-sto equilibrio tra l’autorevolezza delle pronunce dell’organo Supremo nellasua massima composizione e l’esigenza di dare voce a nuove e diverseprospettazioni provenienti dal basso.

Ci si puo chiedere cosa rimarra di quella impostazione ora che, primadi sollevare nuovamente la questione, le Sezioni semplici dovranno fare iconti con il nuovo « filtro » che la Corte ha imposto a se stessa.

4. A voler trovare una ragione nella decisione in commento, si po-trebbe dire che effettivamente non e sintomo di « stabilita » della giurispru-denza il fatto che le Sezioni unite siano chiamate a pronunciarsi sulla me-desima questione gia decisa pochi anni prima. Il che potrebbe provocareuno squilibrio nella stessa giurisprudenza, nullificando il contributo inter-pretativo offerto in tempi recenti.

Tutto sta a vedere se nel caso di specie le cose stiano veramente cosı.Ci sembra al contrario che l’intervento delle Sezioni unite del 2009 (17) siastato lungi dall’assicurare chiarezza sulla questione di natura e funzione del

dichiarato inammissibile, se, al momento in cui la Corte pronuncia, la derisione di merito sipresenta conforme alla propria giurisprudenza e il ricorso non prospetta argomenti per mo-dificarla (Cass., Sez. un., 6 settembre 2010, n. 19051, in Giust. civ., 2011, I, 403, con notadi TERRUSI; Foro it., 2010, I, 3333, con nota di SCARSELLI; in in Giust. proc. civ., 2010, connota di LUISO).

(16) V. anche le considerazioni svolte supra § precedente.(17) Supra § 1.

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procedimento per la liquidazione del compenso agli arbitri ex art. 814 c.p.c.ed anzi che esso abbia ulteriormente alterato equilibri precari.

Vi era in effetti un limitato contrasto interpretativo nella precedentegiurisprudenza (sia di merito, sia di legittimita) e nella dottrina intorno allaqualificazione del procedimento dell’art. 814 c.p.c. (18): oscillavano le opi-nioni tra il ritenerlo rito giurisdizionale contenzioso (19) (da concludere conordinanza ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.), ovvero divolontaria giurisdizione, non contenzioso (20) (la cui pronuncia inidonea algiudicato non e quindi impugnabile).

Tuttavia, prevaleva nettamente soprattutto nella giurisprudenza la so-luzione che attribuiva carattere contenzioso al procedimento dell’art. 814c.p.c., e che percio apriva (per chi ne avesse interesse) le porte del ricorsostraordinario ex art. 111, comma 7, Cost. (21)

Di contro, le Sezioni unite nel 2009 hanno aderito alla soluzione mi-noritaria e con cio, non solo hanno privato le parti di un apposito strumentodi doglianza (cosı alterando un equilibrio che — seppure instabile — con-traddistingueva il regime previgente), ma anche hanno introdotto un ulte-riore elemento di incertezza privilegiando l’opzione interpretativa all’epocarecessiva.

Quella del 2009 e stata decisione — criticabile e criticata (22) — chein astratto avrebbe dovuto uniformare la giurisprudenza, ma che in concreto

(18) Altre erano (e sono) le piu dibattute questioni interpretative che ruotano intornoall’art. 814 c.p.c.: ad esempio, quelle relative al rapporto tra il procedimento in esame el’impugnazione del lodo, all’oggetto della cognizione, al profilo soggettivo ecc.

(19) CECCHELLA, L’arbitrato, Torino, 1991, 130 ss., spec. 132; LANFRANCHI, Liquida-zione delle spese e dell’onorario degli arbitri e tutela giurisdizionale dei diritti, in Giur. it.,1983, 1102 ss.; GARBAGNATI, Sull’ordinanza di liquidazione dell’onorario agli arbitri, in Giur.it., 1968, I, 1, 763.

(20) LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, Milano, 2004, 75; VECCHIONE,Determinazione delle spese e dell’onorario degli arbitri e « ius postulandi », in Giur. it.,1968, 356.

(21) Cosı tra le tante, Cass., 4 giugno 2008, n. 14799, in questa Rivista, 2008, 361,con nota di VACCARELLA; Cass., 26 maggio 2004, n. 10141, in Foro it., 2005, I, 782, con notadi CAPONI; Cass., 15 aprile 2003, n. 5950, in Arch. civ., 2004, 227; Cass., 2 marzo 2001, n.3035, in Giust. civ., 2001, I, 1523; Cass., 6 maggio 1998, n. 4548, in questa Rivista, 1998,701, con nota di GROSSI; Cass., 29 novembre 1996, n. 10660.

(22) Per lo piu critici risultano i commenti di dottrina sulla pronuncia citata (COR-RADO, Sul procedimento ex art. 814 c.p.c. di liquidazione degli onorari degli arbitri, in Riv.dir. proc., 2010, 492 ss., spec., 494; VIGORITI, La « frequente evenienza »: problemi del con-tenzioso sui compensi degli arbitri, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 597; TISCINI, Nuovivoli, cit., 692), o comunque dubbiosi circa la sua tenuta per il futuro (PUNZI, Disegno siste-matico dell’arbitrato, Padova, vol. I, 2012, 624 ss.). In senso favorevole invece, MENCHINI, Ilprocedimento dell’art. 814 c.p.c. di liquidazione del compenso agli arbitri dopo la sentenzan. 15586 delle sezioni unite, in Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010,519 ss., spec. 527. Sembra accettare la nuova linea interpretativa, ma con qualche correzione,VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino, 2010, 92.

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non ha conseguito i risultati sperati. Seppure le pronunce a seguire hannoin linea generale confermato l’indirizzo (23) inaugurato da Cass. n. 15586/2009, non mancano nell’esperienza successiva decisioni di segno contrario.Cosı ad esempio, TAR Napoli Campania, Sez. IV, 12 luglio 2011, n.3732 (24), che non esita a riconoscere efficacia di giudicato al provvedi-mento di liquidazione del compenso agli arbitri ex art. 814 c.p.c., ancorcheal diverso scopo di aprire avverso quel giudicato le porte dell’ottemperan-za (25).

Non si puo dire quindi che sul tema vi fosse una « stabile applica-zione » dell’art. 814 c.p.c., nel senso privilegiato dalle Sezioni unite, tale

(23) Cass., 4 marzo 2011, n. 5264; Cass., 28 aprile 2010, n. 10221; Trib. Prato, 22marzo 2011, in Foro it., 2011, I, 2555.

(24) In Foro amm. - Tar, 2011, 2451. Questa la massima: « L’ordinanza ex art. 814c.p.c. non reclamata (e, come tale, idonea a definire la controversia relativamente al com-penso degli arbitri tra le parti del lodo e gli arbitri stessi), ha autorita di res iudicata ai finidella proposizione del ricorso per ottemperanza di cui all’art. 37, l. TAR ed all’art. 27 n. 4),t.u. Cons. St. (ora art. 112 comma 2 lett. c, D.Lgs. n. 104/2010), non essendo condizionatadalle vicende riguardanti la validita e l’effıcacia esecutiva del lodo stesso, in quanto il di-ritto dell’arbitro di ricevere il pagamento dell’onorario sorge per il fatto di avere effettiva-mente espletato l’incarico, senza che, nella sommaria procedura di liquidazione apprestatadall’art. 814 c.p.c., sia consentita al Presidente del Tribunale alcuna indagine sulla validitadel compromesso e del lodo e sulla regolarita della nomina degli arbitri (materie compresenella previsione dell’art. 829 c.p.c. e riservate alla cognizione del giudice dell’impugnazioneindicato dal precedente art. 828) ».

(25) L’esigenza di riconoscere autorita di cosa giudicata a provvedimenti suscettibilidi esecuzione mediante ottemperanza risiede, nel processo amministrativo, nella regola (giavigente ed) oggi consacrata nell’art. 112 lett. c) c.p.a. secondo cui sono suscettibili di esecu-zione mediante ottemperanza, oltre alle sentenze passate in giudicato, anche « gli altri prov-vedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario », rispetto ai quali l’azione di ottempe-ranza ha lo scopo di « ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazionedi conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato ». E evidente dunque che inquesto contesto, l’accezione di « giudicato » ha funzione diversa ed ulteriore rispetto a quellanota al processo civile; il che tuttavia non toglie valore alla tendenza — fortemente avvertitanella giurisdizione amministrativa — di riconoscere stabilita a provvedimenti del giudice ci-vile pure resi in forma diversa dalla sentenza e connotati da decisorieta. Un fenomeno ana-logo a quello qui in esame riguarda ad esempio l’ordinanza di assegnazione del credito exart. 553 c.p.c. (citata in motivazione dal TAR Napoli Campania, Sez. IV, 12 luglio 2011, n.3732, cit. unitamente al decreto ingiuntivo non opposto), sulla quale e di recente intervenutal’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato conformandosi alla soluzione privilegiata per ilprovvedimento reso ex art. 814 c.p.c. A componimento di un precedente contrasto affermainfatti Cons. Stato, Ad. Plen., 10 aprile 2012, n. 2, in Riv. dir. proc., 2012, in corso di pub-blicazione con nota di TISCINI; Corr. merito, 2012, 629, con nota di STORTO; Riv. esec. forz.,2012, 312 con nota di DELLE DONNE, che « l’ordinanza di assegnazione del credito resa aisensi dell’art. 553 c.p.c. nell’ambito di un processo di espropriazione presso terzi, emessa neiconfronti di una pubblica amministrazione o soggetto ad essa equiparato ai sensi del cod.proc. amm., avendo portata decisoria (dell’esistenza e ammontare del credito e della suaspettanza al creditore esecutante) e attitudine al giudicato, una volta divenuta definitiva, perdecorso dei termini di impugnazione, e suscettibile di esecuzione mediante giudizio di ottem-peranza ».

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che un ulteriore intervento delle stesse Sezioni unite si sarebbe rivelato de-stabilizzante. Piuttosto, si sarebbe potuto sperare il contrario: tornando allasoluzione piu garantista per le parti (quella che riconosce intorno al com-penso un vero e proprio « diritto » da far valere in sede contenziosa) si sa-rebbe ricostruita la stabilita che dopo il 2009 era parsa vacillare.

5. Si e gia avuto modo in altra sede di rappresentare i profili di cri-ticita che mostra la pronuncia delle Sezioni unite n. 15586/2009 (26). Su diessi non si tornera.

Un breve cenno pero merita la questione (di cui le Sezioni uniteavrebbero dovuto occuparsi principaliter) della liquidazione del compensoagli arbitri e della qualificazione del relativo procedimento. Negare carat-tere contenzioso ad una procedura pensata per risolvere i (circoscritti manon percio irrilevanti) conflitti intorno alla determinazione del quantum diprestazioni professionali significa abdicare alla tutela dei diritti in casi incui e quanto mai evidente la presenza di un « diritto » da tutelare (al paga-mento di un corrispettivo per l’opera prestata).

Che sia questione di diritti soggettivi quella che ruota intorno allaquantificazione del compenso agli arbitri e quanto dimostra la storia del ri-corso straordinario in cassazione (27) (presupposti di ammissibilita, ambitodi applicazione) (28).

Si ha difficolta a dubitare che la « lite » tra Tizio arbitro che domanda100 e Caio parte che contesta quell’importo sia di « volontaria giurisdi-zione »; ne a tale conclusione puo giungersi per il solo fatto che in questocaso (cosı vuole astrattamente il procedimento dell’art. 814 c.p.c., seppurele dinamiche concrete screditano l’assunto (29)) si discute del quantum senzadubitare dell’an della prestazione. Per non dire che la linea di confine tra l’unae l’altra questione e tutt’altro che netta (la quantificazione oscilla tra 0 e l’in-finito, mentre lo 0 ruota anche intorno all’an della debenza).

Di tutto cio e conferma la cristallina ordinanza di rimessione (30). Leragioni poste a fondamento dell’esigenza di attribuire carattere contenziosoalla procedura dell’art. 814 c.p.c. (con le dovute conseguenze in punto di

(26) TISCINI, Nuovi voli pindarici della giurisprudenza di legittimita per porre un ar-gine all’accesso, cit., 692.

(27) Su cui sia consentito rinviare a TISCINI, Il ricorso straordinario in cassazione,Torino, 2005, passim.

(28) Basti ricordare che la granitica giurisprudenza formatasi intorno alla nozione dic.d. sentenza in senso sostanziale (inaugurata con Cass., Sez. un., 30 luglio 1953 n. 2593, inGiur. it., 1954, I, 1, 453, con nota di AZZOLINA; in Foro it., 1953, I, 1248; in Giur. compl.cass. civ., 1953, VI bim., 205, con note di BIANCHI D’ESPINOSA e MOGIARDO) nasce proprio sucontroversia avente ad oggetto la liquidazione di compensi, in particolari di quelli spettantiad avvocati e procuratori, secondo il procedimento della Legge n. 794/1942.

(29) V. infra testo e note.(30) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.

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ricorribilita per cassazione del relativo provvedimento) possono cosı sinte-tizzarsi (31):

a) il procedimento dell’art. 814 c.p.c. non e inquadrabile tra gli « attiintegrativi della volonta negoziale » ex art. 1349 c.c. espressa nel contrattod’arbitrato (32) per il solo fatto che, mentre il meccanismo dell’art. 1349c.c. attribuisce alle parti la facolta di rivolgersi al tribunale per ottenere ladeterminazione della prestazione non effettuata dal terzo a cui era stato de-mandato il relativo compito nel contratto, nella disciplina dell’art. 814c.p.c. « tale potere e sottratto alle parti e sono gli arbitri, in caso di non ac-cettazione della determinazione del proprio compenso, a rivolgersi al pre-sidente del tribunale per ottenere un suo provvedimento » (33). Si tratta inaltri termini di un procedimento in cui l’intervento giurisdizionale non as-solve alla funzione di conseguire un « arbitraggio », perche l’iniziativa giu-diziale e assunta da un soggetto (l’arbitro) che e parte contrapposta al liti-gante che ha stipulato il compromesso arbitrale per conseguire una presta-zione propria (34);

b) la contenziosita del procedimento trova conferma nel fatto che essosi colloca quale alternativa ad un diverso (e piu ampio) procedimento ordi-nario (o speciale) (35) che le parti possono attivare per ottenere la determi-nazione del quantum contestualmente all’accertamento della sussistenza deldiritto al compenso (36);

c) a sostegno del carattere contenzioso del procedimento milita il con-tenuto dell’accertamento che svolge il giudice, per come esso opera in con-creto: non finalizzato solo alla quantificazione numerica del credito dell’ar-bitro (37), bensı sovente destinato ad accertare anche la sussistenza di pre-

(31) Secondo lo schema prediletto dall’ordinanza di rimessione (Cass., 11 agosto2011, n. 17209, cit.).

(32) Cosı invece Cass., 3 luglio 2009, n. 15586, cit., in adesione alla c.d. tesi con-trattualistica.

(33) In questo senso l’ordinanza di rimessione, Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.(34) Cosı Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit., riprodotta dalla motivazione della

decisione in commento pur senza prendere posizione sul tema.(35) E pacifico che la liquidazione del compenso non avvenga in via esclusiva con il

procedimento dell’art. 814 c.p.c., bensı che quest’ultimo possa concorrere, tanto con un or-dinario giudizio cognitivo, quanto con il procedimento monitorio o altro procedimento spe-ciale (ad esempio il sommario di cognizione dell’art. 702-bis c.p.c.: MENCHINI, Il procedi-mento dell’art. 814 c.p.c., cit., 524). Cfr. sul tema, CECCHELLA, Commento all’art. 814, in Lanuova disciplina dell’arbitrato, a cura di MENCHINI, Padova, 2010, 156 ss., spec. 161; PUNZI,Disegno sistematico, cit., 624; GIOVANNUCCI ORLANDI, Commento all’art. 814, in Arbitrato,Commentario diretto da CARPI, Bologna, 2008, 271 ss.; VIGORITI, Regole e tendenze in temadi liquidazione degli onorari degli arbitri, in Giur. it., 1998, 518 ss., spec. 520.

(36) In questo senso Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit. Per alcune considerazionisul punto, sia consentito rinviare a TISCINI, Nuovi voli pindarici, cit., 703.

(37) Vi e chi ritiene che il presidente del tribunale possa conoscere della fattispecierelativa al diritto al compenso in tutti i suoi elementi costitutivi (l’adempimento di un valido

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supposti della prestazione dai quali e ragionevolmente difficile pensare cheil tribunale adito ex art. 814 c.p.c. possa prescindere (38). D’altra parte, purelimitando l’ambito dell’accertamento giudiziale alla sola quantificazionedel credito, nulla impedisce di riconoscere al procedimento carattere con-tenzioso, ben potendo il giudice circoscrivere l’indagine alla questionequantitativa, ma accompagnando la decisione con la stabilizzazione deglieffetti (39);

d) ne il carattere contenzioso del procedimento puo essere negato inragione delle forme semplificate che lo contraddistinguono: e frequente ainostri giorni che la giurisdizione contenziosa sia calata in modelli somma-ri (40), i quali non percio vanno privati della funzione di risolvere una con-troversia tra parti contrapposte (41);

e) alla medesima conclusione conduce poi il confronto con analoghiprocedimenti per la liquidazione di altre prestazioni professionali (non ul-timo quello per i diritti ed onorari di avvocato); procedimenti ai quali la

ed efficace mandato) o modificativi, impeditivi, estintivi, della responsabilita per colpa graveo dolo degli arbitri, del danno provocato alle controparti, ancorche conosciuto incidentertantum: cosı CECCHELLA, Commento all’art. 814, cit., 160. Contra GARBAGNATI, Sull’ordinanzadi liquidazione dell’onorario agli arbitri, cit., 763, secondo cui il procedimento sarebbe uti-lizzabile solo nei casi in cui sia indiscusso l’an della prestazione (nel qual caso quest’ultimaandrebbe dirottata in un giudizio ordinario). Sulle difficili questioni intorno alla delimitazionedell’oggetto della cognizione del giudice nel procedimento dell’art. 814 c.p.c., nel rapportotra an e quantum della prestazione v. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., 628;CORRADO, Sul procedimento, cit., 496. Dubita che nel procedimento dell’art. 814 c.p.c. il giu-dice si possa astenere dall’accertare anche l’an della prestazione, VERDE, Lineamenti di dirittodell’arbitrato, cit., 92 secondo cui il giudice non si limita ad emanare un parere vincolantesul quantum debeatur, ma emana un provvedimento esecutivo; sicche « se e vero che eglinon esamina come la prestazione e stata effettuata, e anche vero che deve accertare che lastessa e stata resa e cio fa in quanto devono essergli prodotti la convenzione d’arbitrato edil lodo ». Si tratta quindi di un caso limite in cui si puo sostenere che il provvedimento none decisorio soltanto perche, comunque, non e idoneo a definire in maniera irretrattabile ilrapporto tra le parti e gli arbitri. VIGORITI, La « frequente evenienza », cit., 598, rileva comenel proporre ricorso gli arbitri devono dare prova dei fatti costitutivi del diritto vantati, men-tre i resistenti possono (debbono, a pena di acquiescenza) contestare l’an e quindi allegare irelativi fatti ostativi. La giurisprudenza prevalente non ammette in linea di principio capacitadi accertamento al presidente diversa dalla quantificazione del compenso, pur senza negarecarattere decisorio all’indagine sul quantum (Cass., 25 maggio 2004, n. 10141, cit.; Cass., 17settembre 2002, n. 13607; Cass., 25 maggio 2000, n. 6937; Cass., 26 novembre 1999, n.13174, in Foro it., 2000, I, 326; Cass., 27 maggio 1987, n. 4722; Cass., 3 luglio 1968, n.2217, in Giust. civ., 1968, 87, con osservazioni di VACCARELLA), ma nella sostanza non e fa-cilmente delineabile il confine dell’accertamento giudiziale nell’ipotesi considerata.

(38) Anche sul punto, Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.(39) Questa era peraltro l’impostazione della giurisprudenza decisamente dominante

prima dell’intervento delle Sezioni unite del 2009 (v. le pronunce citate supra nota 21).(40) Si ritiene tradizionalmente che a tale procedimento vada assicurata la garanzia

del contradittorio (Cass., 25 novembre 1993, n. 11664, in questa Rivista, 1994, 281; Cass., 5agosto 1988, n. 4847, in Nuova giur. civ., comm., 1989, 333).

(41) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.

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giurisprudenza e stabile nel riconoscere carattere contenzioso e nei quali epercio consentito l’accesso in cassazione. La situazione non puo dirsi di-versa nell’arbitrato la cui vocazione « privatistica » (se quest’ultima si vo-glia far prediligere a quella giurisdizionale) a nulla rileva quando si discutedi somme dovute ad un professionista per la propria prestazione (42);

f) la scelta per la natura non giurisdizionale del procedimento inesame contraddice quella — attualmente dominante (43) — di imporvi ladifesa tecnica (44);

g) non vale invocare la prospettiva deflazionistica che la Corte perse-gue da tempo: precludendo la strada del sindacato in Cassazione del prov-vedimento reso ex art. 814 c.p.c, il lavoro della Corte sarebbe non del tuttobandito, ma solo posticipato, restando possibile giungervi o per le vie delgiudizio cognitivo eventualmente instaurato in alternativa a quello dell’art.814 c.p.c., ovvero in sede di opposizione esecutiva, la quale (una volta ri-conosciuta natura non contenziosa al procedimento dell’art. 814 c.p.c. e ca-rattere di titolo esecutivo instabile al provvedimento che ne e conclusione)non sarebbe vincolata da alcuna efficacia preclusiva, alla stregua di quantoavviene per i titoli esecutivi stragiudiziali (45).

6. Le Sezioni unite tacciono su un profilo evidenziato dall’ordinanzadi rimessione. Nella sua nuova formulazione (dopo le modifiche apportatedal D.Lgs. n. 40/2006), l’art. 814, comma 3, c.p.c. contempla la reclamabi-lita del provvedimento che contiene la liquidazione del compenso.

In proposito, osservava l’ordinanza di rimessione come questa novitalegislativa rendeva « ancor piu propizia l’occasione per una rimeditazionedella questione. Anche l’ordinanza emessa sul reclamo potrebbe essere in-fatti oggetto di ricorso straordinario », sicche un nuovo intervento delle Se-zioni unite avrebbe potuto (e dovuto) costituire la giusta occasione per« interrogarsi in termini generali sulla ricorribilita dei provvedimenti resi exart. 814 c.p.c. » (46).

(42) Anche sotto questo profilo, ci troviamo in un momento esterno al contratto checontiene la clausola compromissoria, perche concernente i diritti degli arbitri e non delle parti(in questo senso Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.).

(43) La necessita dell’assistenza tecnica e da sempre avvertita: v. Cass., 29 marzo2006, n. 7128, in Foro it., 2006, I, 2776; Cass., 21 gennaio 2004, n. 900; Cass, 27 luglio1990, n. 7602, in questa Rivista, 1992, 92; Cass., 5 agosto 1988, n. 4847, cit.; Cass., 27 mag-gio 1987, n. 4722. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO - FAZZALARI - MARENGO, La nuova disciplina del-l’arbitrato, Milano, 1994, 84; VIGORITI, Regole, cit., 520; contra SATTA, Commentario al co-dice di procedura civile, Milano, 1959-1962, IV, 2, 267. Essa e poi confermata dall’inter-vento delle Sezioni unite del 2009.

(44) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit.(45) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, cit. Anche sul punto sia consentito rinviare a

TISCINI, op. cit., 705.(46) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209 cit.

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Sulla possibilita che fosse ammesso il ricorso straordinario avversol’ordinanza resa in sede di reclamo ex art. 814 c.p.c. (47) gia avevamoespresso talune perplessita (48) dopo l’intervento di Cass. n. 15586/2009.Negando carattere decisorio al provvedimento di prima istanza, e difficileritenere ricorribile quello pronunciato sul reclamo che con il precedentecondivide la natura (non contenziosa).

Il persistente silenzio della Corte sul punto induce a confermare quelleperplessita. Se veramente si fosse voluta aprire la strada all’impugnabilitain cassazione dell’ordinanza resa sul reclamo, si sarebbe data risposta in talsenso alle sollecitazioni dell’ordinanza di rimessione. Di contro, il disinte-resse della pronuncia in commento sul tema induce a pensare che, una voltaconfermata la inammissibilita del ricorso straordinario avverso il provvedi-mento di liquidazione del compenso agli arbitri ex art. 814 c.p.c., nessunadiversa sorte spettera a quello reso sul reclamo; provvedimento che in ognicaso aggiunge una garanzia in piu nel meccanismo, assicurando un secondocontrollo sulla decisione di prime cure.

Si impone a questo punto una ultima considerazione intorno al nuovotesto dell’art. 814, comma 3, c.p.c. Stando al dato letterale della norma,« l’ordinanza [di determinazione del compenso resa dal presidente del tri-bunale ai sensi del comma 2] e titolo esecutivo contro le parti ed e soggettaa reclamo a norma dell’art. 825 quarto comma ». Nonostante il testo delladisposizione possa lasciare intendere che la reclamabilita sia legata e di-penda dalla qualificazione del provvedimento come « titolo esecutivo »

(47) Soluzione questa che all’indomani dell’entrata in vigore del novellato art. 814ultimo comma c.p.c. apparve prevalere in dottrina (LUISO - SASSANI, La riforma del processocivile, cit., 278; CECCHELLA Commento all’art. 814, cit., 160; ODORISIO, Prime osservazionisulla nuova disciplina dell’arbitrato, in Riv. dir. proc., 2006, 256; MARULLO DI CONDOJANNI,Commento all’art. 814, in Commentario alle riforme del processo civile, a cura di BRIGUGLIO

e CAPPONI, vol. III, 2, cit., 653-654; NELA, in Le recenti riforme del processo civile, Commen-tario diretto da CHIARLONI, Bologna II, 2007, 1697; VIGORITI, Regole, cit., 519), in quanto inlinea con l’opinione — all’epoca dominante — che riconosceva carattere decisorio al prov-vedimento di liquidazione del compenso reso dal presidente del tribunale e quindi che neammetteva l’impugnabilita in Cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. In ogni caso, si e op-portunamente osservato come la soluzione intorno alla impugnabilita in cassazione dell’ordi-nanza resa in sede di reclamo e destinata a riprodurre quella gia adottata (ante riforma)quanto alla impugnabilita del provvedimento del presidente del tribunale (PUNZI, Disegno si-stematico, cit., 618; MENCHINI, Il procedimento dell’art. 814 c.p.c., cit., 522; ODORISIO, op. cit.,526).

(48) TISCINI, op. cit., 706. In effetti in quella sede avevamo prospettato una possibilelettura della norma la quale — pure confermando il carattere non contenzioso del procedi-mento e del provvedimento di liquidazione del compenso agli arbitri — avrebbe aperto ciononostante le porte del ricorso straordinario avverso la decisione resa in sede di reclamo.Lettura in base alla quale, una volta proposto reclamo, quest’ultimo avrebbe potuto trasfor-mare la situazione sostanziale dedotta in giudizio da non contenziosa in contenziosa, con laconseguenza di ritenere ricorribile ex art. 111, comma 7, Cost. il provvedimento conclusivodel reclamo. Lettura, questa, che alla luce dei fatti, di certo non potra avere la meglio.

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(che sia quindi reclamabile la sola ordinanza che contenga un quantum evalga percio quale titolo per l’esecuzione forzata), e senz’altro preferibileestendere il reclamo non solo all’ordinanza che abbia contenuto condanna-torio, ma anche a quella di qualsiasi altro contenuto, pure solo processuale.Ipotizziamo ad esempio l’ordinanza con cui il presidente tribunale si di-chiara incompetente (49), ovvero che chiude il procedimento per qualsiasi ra-gione di rito, o che nega nel merito il compenso (50). Stando al tenore letteraledell’art. 814 c.p.c. in queste ipotesi il reclamo non avrebbe spazio, essendoesso da collegare ai casi in cui l’ordinanza vale come titolo esecutivo.

Tuttavia, una volta negato il controllo di cassazione, e bene offrire lalettura piu ampia del comma 3 art. 814 c.p.c., estendendo il reclamo adogni provvedimento reso sull’istanza ex art. 814 c.p.c. quale che ne sia ilcontenuto (soluzione peraltro confermata dal richiamo generico che l’art.814, comma 3, c.p.c. fa all’art. 825, comma 4, c.p.c. il quale a sua voltaammette il reclamo, tanto avverso il decreto che « concede » l’esecutorietadel lodo, quanto contro quello che la « nega ») (51).

7. Il problema della impugnabilita in cassazione dei provvedimentiresi ex art. 814 c.p.c. (sia quello di prime cure, nella versione ante riformadel 2006, sia quello reso sul reclamo, dopo le modifiche apportate allanorma) assume una coloritura diversa alla luce del nuovo testo dell’art. 360n. 5 comma c.p.c., come modificato dalla recentissima Legge n. 134/2012.La disposizione novellata limita il controllo della motivazione in Cassa-zione all’« omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e statooggetto di discussione tra le parti » (52); il che incide sul sindacato relativoalla logicita della motivazione.

(49) Non essendo la relativa domanda proposta al tribunale nel cui circondario e lasede dell’arbitrato ex art. 810 c.p.c.

(50) Si e detto che il provvedimento del presidente del tribunale dovrebbe contenerela sola liquidazione del quantum ma non si puo escludere che esso si estenda a un sindacatocirca l’effettiva sussistenza del diritto al compenso.

(51) Anche sotto questo profilo l’art. 825 c.p.c. e frutto della novella del 2006, che— a chiarimento di un precedente dubbio interpretativo — rende palese la reclamabilita nonsolo del provvedimento concessivo, ma anche di quello che nega l’exequatur.

(52) Per un primo commento alla norma novellata, v. CONSOLO, Lusso o necessitanelle impugnazioni delle sentenze?, in www.judiicum.it; DE CRISTOFARO, Appello e cassazionealla prova dell’ennesima « riforma urgente »: quando i rimedi peggiorano il male (conside-razioni di prima lettura del d.l. n. 83/2012), in www.judicium.it, § 1; CAPONI, Contro il nuovofiltro in appello e per un filtro in cassazione nel processo civile, in www.judicium.it, § 7;BOVE, Giudizio di fatto della Corte di cassazione: riflessioni sul nuovo art. 360 n. 5 c.p.c., inwww.judicium.it; IMPAGNATIELLO, Crescita del Paese e funzionalita delle impugnazioni civili:note a prima lettura del d.l. 83/2012, in www.judicium.it, § 8; PANZAROLA, Commento all’art.360, in MARTINO, PANZAROLA, ABBAMONTE, ASPRELLA, FARINA, GIORDANO, MERONE, SANTAGADA,Semplificazione dei riti, nuovi riti speciali e modifiche alla disciplina delle impugnazioni inmateria civile dopo la riforma del mercato del lavoro e il decreto sviluppo, Torino, 2012, incorso di pubblicazione.

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Il tema meriterebbe un approfondimento che non puo trovare spazioin queste brevi considerazioni. Basti solo ricordare che la riforma (sicura-mente ispirata alla piu rigida prospettiva deflazionistica per il giudizio dicassazione) parrebbe volta a bandire il sindacato sulla (insufficienza e con-traddittorieta e quindi) logicita della motivazione; anche se — rievocandoun testo gia noto al c.p.c. del 1942 nella su formulazione originaria, primadella successiva novella del ’50 (53) — non si possono escludere letture piuelastiche del sindacato motivazionale, che in qualche modo (come gia av-venuto in passato) potrebbero far rientrare (per la finestra) il controllo(uscito dalla porta) sulla contraddittoriera dell’argomentazione giuridica.Tutto dipende dalla estrema discrezionalita della Corte nell’interpretarenorme che solo ad essa si impongo e rispetto alle quali non esistono con-fini certi se non quelli che essa stessa riconosce.

Certo e che l’esperienza degli ultimi anni conferma la volonta delGiudice Supremo di porre argini al controllo (talvolta invocando fantasioseletture della norma processuale ben poco compatibili con il testo di legge).Sicche, se prima — invariato l’art. 360 n. 5 c.p.c. — la Cassazione nonesitava ad offrire soluzioni interpretative volte a ridurre il carico di conten-zioso, e pensabile che una volta legittimato l’abbattimento del sindacatomotivazionale — alla luce del nuovo art. 360 n. 5 c.p.c. —, la conclusionepiu severa sara confermata dalla giurisprudenza di legittimita. Verosimil-mente, non esitera quindi la Corte di cassazione a brandire l’inammissibi-lita dei ricorsi per incensurabilita del vizio logico di motivazione.

In questo mutato contesto, occorrera tornare a riflettere sul ricorsostraordinario in cassazione e sulle sue funzioni. Rimedio nato per assicu-rare un’impugnazione laddove la legge processuale non la contempla (54), eben calato nei procedimenti per la liquidazione di compensi (agli arbitri,non meno che agli avvocati, o altri professionisti per l’opera prestata), pro-prio in questi ambiti si rivelera strumento inutile, in quanto incapace dicondurre ad un secondo controllo circa la determinazione e quantificazionedelle prestazioni.

Si tornera cosı alla vicenda che ha visto protagonista il rimedio del-l’art. 111, comma 7, Cost. nel periodo tra il 1992 ed il 2006. E del 1992 (55)la nota sentenza delle Sezioni unite che inibı il sindacato sulla logicita dellamotivazione reso in sede di ricorso straordinario (ammesso solo per « vio-

(53) Per una approfondita ricostruzione della vicenda storica che ha visto protagoni-sta l’art. 360 n. 5 c.p.c., v. BOVE, Giudizio di fatto della Corte di cassazione, cit. § 1 e 2; IM-PAGNATIELLO, Crescita del Paese, cit., § 8

(54) Sulle funzioni del ricorso straordinario, sia consentito rinviare a TISCINI, Il ri-corso straordinario in cassazione, cit., 373 ss.

(55) Cass., 16 maggio 1992, n. 5888, in Giust. civ., 1992, I, 1444; Foro it., 1992, I,1737, con nota di BARONE; Corr. giur., 1992, 751, con nota di MANDRIOLI; Giur. it., 1992, I,1, 1671 e ivi 1994, I, 1, 805, con nota di DE CRISTOFARO.

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lazione di legge »); sentenza che, se ex latere della giurisprudenza ebbe unseguito indiscusso, consolidandosi in maniera granitica quell’orientamento,non manco di destare le critiche della dottrina che rilevo da subito come lanuova immagine del controllo rendeva quel rimedio un’arma spuntata pro-prio nei contesti (56) per i quali era stato ideato (57). Negare il controllo sulvizio logico della motivazione significava infatti inibire ogni possibilita dicensura (indiretta, limitata che fosse) sui fatti di causa e dunque nullificarel’utilita di un rimedio pensato per sopperire alle lacune della legge proces-suale ogni qualvolta essa non contemplava un gravame di merito avverso ilprovvedimento considerato (58). L’inutilita del mezzo era evidente propriocon riferimento ai provvedimenti relativi alla liquidazione di compensi (59).

A quella situazione pose rimedio — provvisoriamente — la riformadel 2006, che, introducendo un nuovo ultimo comma all’art. 360 c.p.c., as-sicuro la piena equiparazione tra motivi di ricorso ordinario e motivi di ri-corso straordinario, cosı imponendo l’estensione del controllo motivazio-nale (anche per illogicita) in sede di ricorso straordinario (60).

Oggi, la Legge n. 134/2012 esclude che la contraddittorieta della mo-tivazione trovi spazio nel giudizio di legittimita (a meno che, come si edetto con qualche scetticismo, non sara la Corte a riespandere per via in-terpretativa i confini oggi ristretti del n. 5 art. 360 c.p.c.); e lo fa tanto peril ricorso ordinario quanto per quello straordinario (resta fermo ex art. 360ultimo comma c.p.c. che entrambi vadano equiparati quanto all’ambito deimotivi).

Torniamo allora al problema di cui si occupa la sentenza in com-mento. Le Sezioni unite confermano la linea interpretativa che nega l’ac-cesso al giudizio di legittimita avverso il provvedimento di liquidazione delcompenso agli arbitri ex art. 814 c.p.c. (nella versione ante D.Lgs. n. 40/2006); regola questa presumibilmente estendibile al provvedimento reso insede di reclamo (nel regime post D.Lgs. n. 40/2006). Una decisione non

(56) Cosı ad esempio in materia di liquidazione del compenso agli arbitri rituali, exart. 814 c.p.c.

(57) Per tutti, DE CRISTOFARO, Ricorso straordinario per cassazione e censure atti-nenti alla difettosa motivazione (del rapporto tra art. 360 n. 5 c.p.c. ed art. 111, comma 2,Cost.), in Giur. it., 1994, I, 1, 805.

(58) Si ricorda che la nozione di sentenza in senso sostanziale impugnabile ex art.111, comma 7, Cost. — quale provvedimento avente forma diversa dalla sentenza, ma adessa corrispondente per sostanza — ruota intorno al duplice requisito della decisorieta (atti-tudine a decidere o incidere su diritti con efficacia di giudicato) e della definitivita (mancanzanell’ordinamento di alcun altro rimedio lato sensu impugnatorio).

(59) Per queste considerazioni sia consentito rinviare a TISCINI, Il ricorso, cit., 292 ss.(60) Sulle novita della riforma del 2006 rispetto al ricorso straordinario, TISCINI, Gli

effetti della riforma del giudizio di cassazione sul ricorso straordinario ex art. 111, comma7, Cost., in Riv. dir. proc., 2008, 1597; ID., Il giudizio di cassazione riformato, in Giusto proc.civ., 2007, 523 ss.

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condivisibile per le ragioni di cui si e detto, ma forse innocua: quand’an-che ammesso, si tratterebbe comunque di rimedio inutile una volta sbarratala strada del controllo sul vizio logico della motivazione (61).

ROBERTA TISCINI

(61) Va chiarito che — ratione temporis — la riforma della Legge n. 134/2012 nonopera nel caso di specie esaminato dalla pronuncia in esame. Il problema si sarebbe inveceposto per gli analoghi casi a venire, se le Sezioni unite non avessero di netto eliminato il« problema » con la decisione esaminata.

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TRIBUNALE DI MODENA, Sez. I civile; sentenza 25 ottobre 2011; ROVATTI Pres.;DI PASQUALE Est.; M.A. c. Cogenergy S.p.a.

Arbitrato societario - Impugnativa di delibera assembleare di approvazionedel bilancio - Compromettibilita in arbitri - Sussistenza.

Arbitrato - Decisione sulla compromettibilita in arbitri - Natura della pronun-cia - Merito.

Sono compromettibili in arbitri le controversie in materia di impugnazionedelle delibere assembleari di approvazione del bilancio, anche laddove si deducaviolazione delle norme a presidio della verita, chiarezza e precisione del bilanciostesso.

Stabilire se una controversia appartenga alla cognizione del giudice ordina-rio o sia deferibile — ovvero sia stata correttamente deferita — agli arbitri costi-tuisce una questione di merito, restando conseguentemente esclusa l’applicazionedella disciplina processuale in materia di conflitti di competenza fra giudici.

CENNI DI FATTO. — M.A. propone impugnazione avverso le deliberazioni del-l’assemblea della societa X S.p.a., con le quali e stata approvata situazione patri-moniale che evidenziava come la societa si trovasse nelle condizioni di cui all’art.2447 c.c., ed e stato deliberato l’azzeramento del capitale sociale ed il successivoaumento a pagamento in denaro con sovrapprezzo.

L’attore lamenta che la situazione patrimoniale non e stata redatta con chia-rezza e non fornisce una rappresentazione veritiera e corretta delle condizioni pa-trimoniali e finanziarie della societa e del risultato economico di esercizio. L’attore,con separato ricorso, chiede, in via cautelare, la sospensione delle deliberazioniimpugnate, ai sensi dell’art. 2378 commi 3 e 4 c.c.

Il Presidente del Tribunale emette il provvedimento richiesto dal ricorrente,fissando l’udienza per la conferma o revoca della sospensione.

Si costituisce X S.p.a. eccependo in via pregiudiziale l’improcedibilita, o co-munque l’inammissibilita o nullita, del ricorso e/o del procedimento, per violazionedella clausola arbitrale contenuta nello Statuto S.p.a.

Con ordinanza successiva e revocato il provvedimento di sospensione e di-chiarata improponibile la domanda cautelare di sospensione.

Avverso tale ordinanza e proposto da M.A. reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis). — 1) L’art. 32 dello Statuto di X S.p.a.dispone che « Qualsiasi controversia che dovesse insorgere tra i soci e la societa e/ogli amministratori e/o i sindaci e/o i liquidatori ad eccezione delle controversie cheper legge non possono compromettersi e di quelle nelle quali la legge prevede l’in-tervento obbligatorio del pubblico ministero, saranno decise in via esclusiva permezzo di un arbitrato rituale di diritto... La devoluzione di arbitrato non precludeil ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quater del codice di proceduracivile, fatto salvo il potere degli arbitri di disporre la sospensione dell’efficaciadelle delibere assembleari secondo quanto previsto dall’art. 35, comma 5, D.Lgs.n. 5 del 17 gennaio 2003 ». (Omissis).

2) Si deve fare riferimento agli artt. 34 ss. del D.Lgs. n. 5/2003 — tuttora vi-

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genti — che hanno ridisegnato l’istituto dell’arbitrato nelle controverse societarie.L’art. 34, comma 1 D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, stabilisce che le clausole com-promissorie inserite negli statuti sociali possono « prevedere la devoluzione ad ar-bitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra soci ovvero tra soci esocieta che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale ».

Con riferimento alle impugnative delle delibere sociali, pero, deve tenersiconto della necessita di coordinare l’art. 34 con le previsioni degli artt. 35, comma5, e 36, comma 1, del medesimo decreto legislativo: il primo prevede che la devo-luzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorsoalla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quinquies del codice di procedura civile,ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di contro-versie aventi ad oggetto la validita di delibere assembleari agli arbitri competesempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamatile, la sospensione dell’ef-ficacia della delibera; il secondo, che « anche se la clausola compromissoria auto-rizza gli arbitri a decidere secondo equita ovvero con lodo non impugnabile, gli ar-bitri debbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma del-l’art. 829, comma 2, c.p.c., quando per decidere abbiano conosciuto di questioninon compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla vali-dita di delibere assembleari ».

3) Parte attrice fa riferimento a giurisprudenza non pertinente, perche relativaa controversie introdotte prima della entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003,n. 5. Nel vigore delle norme previgenti era prevalente, nella giurisprudenza di le-gittimita, la tesi che il problema non potesse essere risolto in astratto, ma solo conriferimento all’oggetto della deliberazione impugnata, riconoscendo o negando lacompromettibilita della controversia a seconda che esso coinvolgesse gli interessiindividuali dei singoli soci ovvero interessi di carattere piu generale, come quelliposti a tutela della societa o che concernono la violazione di norme poste a tuteladell’interesse collettivo dei soci o dei terzi. A tal fine, peraltro, si era precisato chel’area della indisponibilita doveva ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti danorme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamentosvincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali le norme dirette a garantire la chia-rezza e la precisione del bilancio di esercizio (v. per tutte Cass. civ., Sez. I, 23 feb-braio 2005, n. 3772).

4) Con la riforma del diritto societario la situazione e radicalmente mutata. Inprimo luogo il legislatore societario ha previsto la possibilita di deferire agli arbi-tri ogni ipotesi d’impugnativa di delibere assembleari.

La linea di confine tra liti arbitrabili e non arbitrabili e ora ancorata alla di-stinzione tra diritti disponibili e diritti indisponibili.

Si puo a tal fine ritenere — come fa anche parte ricorrente — che tra i variorientamenti affermatisi prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto socie-tario in relazione al profilo dell’indisponibilita dei diritti quale limite di arbitrabi-lita per le impugnazioni di delibere societarie in base al disposto dell’art. 806 c.p.c.,doveva ritenersi preferibile quello che, partendo dall’orientamento prevalente ba-sato sulla qualificazione, sociale o personale, dell’interesse fondante il potere diimpugnazione e quindi sulla distinzione tra azioni uti singulus e uti socius, ne ren-deva piu concreta la portata attraverso l’affermazione della disponibilita di tutte lecontroversie aventi ad oggetto delibere annullabili e dell’indisponibilita di tutte lecontroversie aventi ad oggetto delibere nulle.

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Tale opinione va esaminata — ed aggiornata — alla luce dell’attuale partico-lare regime dell’invalidita delle deliberazioni assembleari societarie.

Con la riforma del diritto societario sono state individuate rigorosamente leipotesi di nullita ed annullabilita delle delibere con l’esclusione della categoria del-l’inesistenza (artt. 2377 e 2379 c.c.).

Le citate disposizioni hanno esteso la possibilita di consolidamento per effettodell’omessa impugnazione alle ipotesi piu ricorrenti di delibere nulle (art. 2379c.c.). A cio si aggiunge la previsione generalizzata della conciliabilita delle causeaventi ad oggetto le impugnative di delibere (art. 2378, comma 4).

Condivide il Collegio l’opinione che, adattando al nuovo quadro normativol’orientamento tradizionale di riferimento dell’arbitrabilita al tipo di invalidita delladelibera, ritiene che tutte le impugnative di delibere sono ormai arbitrabili, ad ec-cezione di quelle riguardanti le nullita piu radicali, per cui il legislatore ha previ-sto un potere di impugnazione senza limiti di tempo (in tal senso Trib. Verona, Sez.IV, 7 novembre 2006, n. 3143, in Giur. merito, 2008, 2, 409 e Trib. Napoli, Sez.VII, 8 marzo 2010, quest’ultimo con specifico riferimento ai vizi riconducibili allacategoria della nullita prevista dall’art. 2379 c.c. e, in particolare, in materia di in-validita delle deliberazioni di approvazione del bilancio, anche laddove si deducala violazione delle nonne a presidio della verita, chiarezza e precisione del bilanciostesso; v. anche Trib. Belluno, 8 maggio 2008, in Giur. merito, 2008, 9, 2252).

Nel caso di specie l’impugnativa e diretta a far valere un vizio di nullita nonradicale e quindi, per quanto sopra detto, deve affermarsene l’arbitrabilita.

5) Si deve concludere che la controversia insorta tra le parti, avente ad oggettol’impugnativa delle delibere assembleari del 30 settembre 2010, e sottratta, dall’art.32 dello Statuto sociale, alla proponibilita davanti al giudice ordinario, essendo de-voluta al collegio arbitrale, cui spetterebbe, a norma dell’art. 35, comma 5, D.Lgs.17 gennaio 2003, n. 5, anche il potere di sospensione dell’efficacia delle delibereimpugnate. A tale rilievo consegue la pronuncia di improponibilita della domandadinanzi all’AGO, posto che, a partire da Cass., Sez. un., sentenza n. 527 del 3 ago-sto 2000, si e definitivamente chiarito che anche nell’arbitrato rituale — come inquello irrituale — la pronuncia ha natura di atto di autonomia privata e correlati-vamente il compromesso si configura quale patto di rinuncia all’azione giudiziariae alla giurisdizione dello Stato, con la conseguenza che lo stabilire se una contro-versia appartenga alla cognizione del giudice ordinario o sia deferibile — o siastata correttamente deferita — agli arbitri costituisce una questione di merito, re-stando conseguentemente esclusa l’applicazione delle regole di sistema dettate apresidio dei conflitti di competenza fra giudici.

6) Le spese di lite, comprese quelle della fase cautelare, seguono la soccom-benza e si liquidano come da dispositivo.

Non vi sono i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c. (gravi ed eccezionali ragioni)per disporre la richiesta compensazione delle spese di lite, posto che:

— l’orientamento favorevole alla compromettibilita in arbitri delle delibera-zioni societarie nel senso indicato in motivazione, e maggioritario nella giurispru-denza di merito piu recente (v. sentenze citate in motivazione);

— il Tribunale di Modena non aveva un precedente consolidato orientamentogiurisprudenziale in materia;

— l’attore, intervenuta la decisione nella fase cautelare, ha proceduto ad im-pugnare tale decisione ed ha poi coltivato la causa nel merito, pur avendo nel frat-

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tempo dato avvio ad un procedimento arbitrale avente identico oggetto, che risul-terebbe attualmente pendente in fase istruttoria. — (Omissis).

Ancora una netta presa di posizione a favore dell’arbitrabilita dellaimpugnativa della delibera di approvazione del bilancio, ma nona favore dell’arbitrato societario (*).

Con la pronuncia commentata il Tribunale di Modena prende una po-sizione netta nel dibattito giurisprudenziale sulla compromettibilita in arbi-tri delle azioni di impugnativa delle delibere di societa, con particolare ri-guardo a quelle di approvazione del bilancio, schierandosi a favore dellaloro generale arbitrabilita, anche laddove si deduca violazione delle normea presidio della verita, chiarezza e precisione del bilancio stesso. La pro-nuncia, confermando il dato normativo, ribadisce poi il potere degli arbitridi pronunciarsi sulla sospensione dell’efficacia della delibera assembleareaffermando, conseguentemente, l’improponibilita della domanda cautelaredi sospensione proposta dinanzi all’autorita giudiziaria. La decisione deltribunale emiliano consente altresı un cenno sulla natura della piu generalequestione della validita del patto compromissorio, configurandola stessacome questione « di merito », e non « di competenza », sul presuppostodella natura « privata » dell’arbitrato.

1. Anche il Tribunale di Modena (1) ha deciso di prendere una posi-zione netta sulla annosa questione della compromettibilita in arbitri delledelibere assembleari. La pronuncia in commento merita attenzione eplauso, per la chiarezza con cui afferma l’arbitrabilita tout court delle deli-bere assembleari. La decisione, infatti, riconosce tale principio senza im-porre distinzioni e/o criteri particolari, magari vaghi o empirici e forieri didubbi sotto il profilo della certezza del diritto e della fiducia in ordine al-l’effettivita dello strumento arbitrale, ma affermando sic et simpliciter unprincipio di generale arbitrabilita, col solo limite della disponibilita dei di-

(*) Questa nota e il risultato di un lavoro comune. Sono peraltro da attribuirsi ad Al-berto Piergrossi i parr. 2, 5 e 6 e a Michela De Santis i parr. 1, 3 e 4.

(1) Recentemente, hanno preso una netta posizione risolvendo in positivo la que-stione della compromettibilita in arbitri delle delibere assembleari: Trib. Milano, 3 giugno2010, in Corr. giur., 2011, 8, 1137 ss., con nota di SALVANESCHI, e in questa Rivista, 2011, 2,291 ss., con nota di MARINUCCI; Trib. Napoli, 8 marzo 2010, in Le Societa, 2012, 12, 1510ss., con nota di IZZO; Trib. Belluno, 8 maggio 2008, in Giur. merito, 2008, 9, 2252 ss., connota di DE SANTIS; Trib. Verona, 7 novembre 2006, in Giur. merito, 2008, 2, 409 ss., con notadi NARDELLI. Contra: Trib. Novara, 20 aprile 2010, n. 389, in LPlus; Trib. Prato, 19 marzo2009, n. 391, in Dir. & Giust., 2009. Questo e lo « stato dell’arte ».

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ritti sottesi, come del resto sostenuto dal diritto positivo (2). Tale principionon puo che essere accolto con favore da tutti coloro che credono nell’ar-bitrato come alternativa efficace al processo ordinario, specie nella materiasocietaria.

Il favor arbitrati della pronuncia, almeno sotto questo primo profilo, eevidente: quel favor arbitrati e quella volonta di promuovere la cultura del-l’arbitrato che aveva in mente lo stesso legislatore delegante della riforma dicui al D.Lgs. n. 5/2003 che, come e noto, oltre a modificare tutto il rito socie-tario, ha introdotto il c.d. « arbitrato societario » (3) con l’obiettivo primario dioffrire uno strumento di giustizia efficace nel particolare settore societario,dove l’arbitrato comune aveva mostrato tutti i suoi limiti applicativi (4), e concui, dunque, dovrebbero essere interpretate le norme ivi contenute.

(2) V. infra.(3) Le norme relative all’arbitrato societario di cui al D.Lgs. n. 5/2003 (riforma del

rito societario) sono tuttora vigenti, atteso che l’art. 54, comma 5, Legge 18 giugno 2009, n.69, ha abrogato il rito societario di cui al decreto limitatamente agli articoli da 1 a 33, 41,comma 1, e 42 lasciando in vigore le sole disposizioni concernenti gli istituti dell’arbitrato edella conciliazione stragiudiziale.

In dottrina, sull’arbitrato societario, si vedano: FAZZALARI, L’arbitrato nella riformadel diritto societario, in questa Rivista, 2002, 443 ss.; LUISO, Appunti sull’arbitrato societa-rio, in Riv. dir. proc., 2003, 705 ss.; ID., Commento agli artt. 34, 35, 36, in LUISO (a cura di),Il nuovo processo societario, Torino, 2006, 555 ss.; E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario,in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 517 ss.; BRIGUGLIO, Conciliazione e arbitrato nelle contro-versie societarie, in judicium.it; AULETTA, Commento agli artt. 34, 35, 36, 37, in SASSANI (acura di) La Riforma delle societa, Il Processo, Torino, 2003, 327 ss.; ID., La nullita dellaclausola compromissoria a norma dell’art. 34 D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5: a proposito direcenti (dis-)orientamenti del notariato, in questa Rivista, 2004, 361 ss.; BOVE, L’arbitratonelle controversie societarie, in Giust. civ., 2003, II, 477 ss.; CARPI, Profili dell’arbitrato inmateria di societa, in questa Rivista, 2003, 411 ss.; RUFFINI, Il nuovo arbitrato per le contro-versie societarie, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 495 ss.; ID., La riforma dell’arbitrato so-cietario, in Corr. giur., 2003, 1524 ss.; CHIARLONI, Appunti sulle controversie deducibili in ar-bitrato societario e sulla natura del lodo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 123 ss.; MICCO-LIS, Arbitrato e conciliazione nella riforma del processo societario, in judicium.it; ZUCCONI

GALLI FONSECA, La convenzione arbitrale nelle societa dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc.civ., 2003, 929 ss.; DANOVI, L’arbitrato nella riforma del diritto processuale societario, injudicium.it; CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. it., 2003, 1285ss.; SOLDATI, Le clausole compromissorie nelle societa commerciali, Milano, 2005; ROSIN,L’arbitrato nel diritto societario, in CECCHELLA (a cura di), L’arbitrato, Torino, 2005, 515 ss.

Per le prime applicazioni giurisprudenziali dell’arbitrato societario, si vedano: MOTTO,Esperienze del nuovo arbitrato societario, in questa Rivista, 2006, 563 ss.; ZUCCONI GALLI

FONSECA, L’arbitrato societario nell’applicazione della giurisprudenza, in Giur. comm., 2007,II, 935 ss.

(4) Traspare cio legge delega e dala Relazione al D.Lgs. n. 5/2003. Nella Relazione,consultabile sul sito www.judicium.it, si legge che il D.Lgs. n. 5/2003 contiene « numeroseopzioni di rango processuale... che appaiono assolutamente funzionali alla promozione del-l’arbitrato endo-societario » e che « e ragionevole confidare altresı nell’incremento del nu-mero di casi di arbitrato internazionale con sede in Italia ».

Come si vedra, e stata la giurisprudenza a restringere la possibilita di ricorrere all’ar-bitrato, affermando la non compromettibilita di tantissime controversie e creando incertezza.

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Il passaggio della sentenza su cui focalizzare l’attenzione e infattiproprio quello in cui si afferma che, dopo la riforma del diritto societariodel 2003, che « ha previsto la possibilita di deferire agli arbitri ogni (cor-sivo nostro) ipotesi d’impugnativa di delibere assembleari » (5), quindiadattando il dato normativo all’orientamento giurisprudenziale tradizionaledi riferimento dell’arbitrabilita, « tutte (corsivo nostro) le impugnative didelibere sono ormai arbitrabili ». Eccettuano « quelle riguardanti le nullitapiu radicali, per cui il legislatore ha previsto un potere di impugnazionesenza limiti di tempo ».

Cosı, i giudici modenesi finiscono con l’affermare l’arbitrabilita del-l’impugnativa di una delibera di approvazione del bilancio che l’attore as-seriva non fornisse una rappresentazione chiara, veritiera e corretta dellecondizioni patrimoniali e finanziarie della societa e del risultato economicodi esercizio.

Per i giudici modenesi, dette impugnative (di approvazione del bilan-cio) sono « disponibili » (6), « anche laddove si deduca violazione dellenorme a presidio della verita, chiarezza e precisione del bilancio stes-so » (7), poiche sono dirette a far valere un vizio di nullita per cui il legi-slatore ha comunque previsto la possibilita di sanatoria (anche) della nul-lita in caso di mancata impugnazione della delibera entro un determinatolimite di tempo. Ed e proprio da questo dato normativo che si puo trarre ladisponibilita del diritto oggetto dell’impugnazione, quindi la sua arbitrabi-lita.

Il ragionamento dei giudici modenesi e logico e lineare: se l’unico li-mite all’arbitrabilita di una controversia e la disponibilita del diritto che sifa valere, dimostrata la disponibilita del diritto, si puo concludere che lacontroversia e arbitrabile.

2. Il principio per cui l’unico limite all’arbitrabilita e la disponibilitadel diritto che si fa valere si ricava dal diritto positivo, e cioe (per l’arbi-trato societario) dal D.Lgs. n. 5/2003. Piu esattamente, si ricavano dal di-

La sentenza de qua sembra invece andare incontro alle reali intenzioni del legislatore dellariforma.

(5) Cfr. Cass. civ., Sez. I, 23 febbraio 2005, n. 3772, in Societa, 2006, 5, 637 ss., connota di SOLDATI, secondo cui « la possibilita di devolvere alla cognizione degli arbitri le con-troversie concernenti la validita delle delibere assembleari e oggi riconosciuta in modo espli-cito dal legislatore ». L’art. 35, comma 5, del D.Lgs. n. 5/2003, cosı come il successivo art.36, affermano inequivocabilmente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad og-getto la validita delle delibere assembleari. V. infra e nota 12.

(6) Consapevoli che il concetto di « disponibilita » attenga ai soli « diritti », verratalvolta ricondotto, per semplicita espositiva, all’« oggetto » dei cui diritti si discute. Risul-tera comunque virgolettato per l’imprecisione linguistico-giuridica che porta con se.

(7) Il Tribunale di Modena, in questo passaggio fondamentale, richiamano: Trib Na-poli, Sez. VII, 8 marzo 2010, cit., 1513.

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ritto positivo: sia l’arbitrabilita delle controversie aventi ad oggetto, speci-ficamente (8), la validita delibere assembleari (ex art. 35, comma 5 e ex art.36), sia il principio per cui l’unico limite al fine di stabilire se una contro-versia, piu in generale, societaria sia o non sia arbitrabile, e la disponibi-lita del diritto che ne costituisce l’oggetto (art. 34). Infatti, in base all’art.35, comma 5, « [...] se la clausola compromissoria consente la devoluzionein arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validita di delibere assem-bleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza nonreclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera » e in base all’art.36 « anche se la clausola compromissoria autorizza gli arbitri a decideresecondo equita ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitri debbono deci-dere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829,comma 2, del codice di procedura civile quando [...] quando l’oggetto delgiudizio sia costituito dalla validita di delibere assembleari ». Cosı, ai sensidell’art. 34 « gli atti costitutivi delle societa [...] possono [...] prevedere ladevoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgentitra i soci ovvero tra i soci e la societa che abbiano ad oggetto diritti dispo-nibili relativi al rapporto sociale ».

Al di la dell’interpretazione letterale delle prime due norme sopracci-tate con riguardo, specificamente, alle delibere assembleari (su cui torne-remo infra, andando oltre quella meramente letterale), quello della « dispo-nibilita dei diritti » di cui all’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003, e un principiogenerale del diritto dell’arbitrato, anche di quello comune (art. 806 c.p.c.),che trova applicazione « in ogni caso » e che mai dovrebbe essere contrattoin favore di altri principi di fonte giurisprudenziale, di incerta definizione eapplicazione: le parti possono far decidere da arbitri tutte le controversie tradi loro insorte purche abbiano ad oggetto diritti disponibili. La legge nonimpone ulteriori restrizioni in tema di compromettibilita in arbitri.

Il Tribunale di Modena, con la pronuncia commentata, ha dunque cor-rettamente confermato tale principio, e cioe che « la linea di confine tra litiarbitrabili e non arbitrabili e ora [dopo la riforma del diritto societario del2003] ancorata alla distinzione tra diritti disponibili e indisponibili », senzaimporre ulteriori restrittivi parametri/criteri di valutazione della compro-mettibilita che, semmai, avevano un senso prima dell’entrata in vigore della

(8) La materia delle impugnazioni delle delibere assembleari riceve, nell’ambitodelle norme sull’arbitrato societario, una disciplina a se (una « tutela rafforzata », v. infra),regolata dall’art. 36 D.Lgs. n. 5/2003. Cosı, efficacemente, SALVANESCHI, Impugnativa in viaarbitrale della delibera di approvazione del bilancio, in questa Rivista, 2010, 1, 59 ss., 64.Nello stesso senso, E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, cit., 521, il quale, tuttavia, deli-nea le liti aventi ad oggetto la validita delle delibere assembleari quale materia indisponibilee, ciononostante, arbitrabile ai sensi degli artt. 35 e 36 che, secondo l’Autore, deroghereb-bero al principio generale di disponibilita di cui all’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003. V. infra notaseguente.

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riforma del diritto societario, prima cioe che il legislatore, per tramite del-l’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003, estendesse alla materia societaria l’applica-zione del principio di « disponibilita dei diritti », quale unico limite all’ar-bitrabilita della lite societaria (9).

Peraltro le distinzioni introdotte dalla giurisprudenza per stabilire checosa, all’interno dell’insieme « controversie che hanno ad oggetto diritti di-sponibili », rientri nel sottoinsieme « controversie arbitrabili », hanno ulte-riormente creato confusione e incertezza in subiecta materia: si trattava didistinzioni basate su criteri talmente vaghi ed empirici, come quello « de-gli interessi in gioco », che finivano col rimettere alla discrezionalita dellecorti, le quali non hanno mai assunto un atteggiamento di particolare favorenei confronti dell’arbitrato societario (10), il discrimen della compromettibi-lita della lite, con conseguente incertezza e sfiducia circa l’effettivita dellostrumento arbitrale (11).

Cosı la giurisprudenza distingueva anzitutto a seconda del tipo di vi-zio denunciato, ritenendo compromettibili soltanto le impugnazioni per an-nullamento e non quelle per nullita (12), non tenendo conto del fatto che,

(9) Si afferma, a tal proposito, che il legislatore delegato non abbia sfruttato appienola possibilita conferitagli dalla delega (art. 12 Legge n. 266/2001) di prevedere che gli sta-tuti delle societa contenessero clausole compromissorie anche in deroga al limite di compro-mettibilita fissato dal codice di procedura civile. La delega consentiva, di fatto, l’assoggetta-bilita ad arbitrato societario anche di questioni attinenti a diritti indisponibili, tanto da susci-tare molte preoccupazioni tra i primi commentatori. Cfr. FAZZALARI, L’arbitrato nella riformadel diritto societario, cit., 444; RUFFINI, Arbitrato e disponibilita dei diritti nella legge delegaper la riforma del diritto societario, in Riv. dir. proc., 2002, 145 ss.; CRISCUOLO, L’opzionearbitrale nella delega per la riforma delle societa, in questa Rivista, 2002, 1, 42 ss.

Il legislatore delegato ha infatti preferito mantenere il limite della « disponibilita deidiritti » di cui all’art. 806 c.p.c. riportandolo nell’art. 34 D.Lgs. n. 5/2003. La maggior partedella dottrina afferma infatti che l’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 non abbia, di fatto, mutato ilregime della compromettibilita ed abbia, conseguentemente, lasciato aperti i problemi esege-tici circa la disponibilita, in concreto, delle singole controversie societari. Cosı, LUISO, Subart. 34, cit., 564; CARPI, Profili dell’arbitrato in materia di societa, cit., 420; efficacemente,CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, cit., 1288.

Un autorevole studioso dell’arbitrato e di contrario avviso. Nel sostenere la tesi che lecontroversie sulle deliberazioni assembleari sono sempre relative a materia indisponibile af-ferma che con la riforma del diritto societario « l’arbitrato fa vistoso ingresso nel campo dellecontroversie in materia non disponibile ». Cosı, E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, cit.,521.

(10) Cosı, Trib. Napoli, Sez. VII, ord., 8 marzo 2010, cit.(11) Cosı, CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, cit., 1287. In que-

sto senso, la prevalente dottrina. Tra gli altri cfr. ZUCCONI GALLI FONSECA, La convenzione ar-bitrale nelle societa dopo la riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 929-972, 930; CRI-SCUOLO, L’opzione arbitrale nella delega per la riforma delle societa, in questa Rivista, 2002,45 ss., 51.

(12) Cfr. Trib. Napoli, 25 ottobre 2006, in Giur. it., 2007, 1445; Trib. Milano, 7 feb-braio 2002 con riferimento specifico alla deliberazione di bilancio, ivi, 2002, 1014; Trib.Roma, 23 luglio 1984, in Le Societa, 1985, 492.

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come emerso dalla sentenza in commento, anche in relazione ai vizi delladelibera che ne comportano la nullita, il legislatore prevede meccanismi disanabilita che sono indici della disponibilita del diritto di impugnazione; insecondo luogo, a seconda della natura derogabile o inderogabile dellenorme applicabili alla fattispecie, ammettendo l’arbitrabilita nel primo casoe la non arbitrabilita nel secondo caso (13), ma non considerando che non esempre vero che la presenza di una norma inderogabile cela la tutela di unasituazione indisponibile (14); infine, a seconda dell’interesse coinvolto nellalite, affermando, come riportato anche dalla sentenza in commento, la com-promettibilita delle controversie che coinvolgevano gli interessi personalidei singoli soci e la non compromettibilita nell’ipotesi di interessi di carat-tere piu generale (15).

(13) Cass., 23 febbraio 2005, n. 3772, cit.., con nota di SOLDATI. Questa sentenza hain qualche modo tentato di superare il « criterio degli interessi », applicato dalla giurispru-denza maggioritaria (v. infra), mostrandone i limiti e affermando efficacemente che « l’areadell’indisponibilita e piu ristretta di quella degli interessi genericamente “superindividuali” eche, pertanto, la natura “sociale” o “collettiva” dell’interesse non po[ssa] valere ad escluderela deperibilita della controversia al giudizio degli arbitri, poiche la presenza di tale caratteredenota soltanto che l’interesse e sottratto alla volonta individuale dei singoli soci, ma nonimplica che eguale conseguenza si determini anche rispetto alla volonta “collettiva” espressadalla Societa (o da altro gruppo organizzato) secondo le regole della rispettiva organizzazioneinterna, la cui finalita e proprio quella di assicurare la realizzazione piu soddisfacente dell’in-teresse comune dei partecipanti ». Cosı finendo per affermare, meno efficacemente, che « per-che l’interesse possa essere qualificato come “indisponibile” e necessario che la sua prote-zione sia assicurata mediante la predisposizione di norme inderogabili, la cui violazione de-termina una reazione dell’ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte, come,ad esempio, nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilanciodi esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla ».Tale conclusione e stata adeguatamente criticata da GROPPOLI, L’incidenza dell’interesse so-ciale sull’arbitrabilita, in questa Rivista, 2006, 2, 297 ss., 305, la quale nota come la inde-rogabilita delle norme indica il « modo » della decisione mentre l’indisponibilita riguardal’oggetto del giudizio in relazione all’autonomia privata, sicche non sempre le norme inde-rogabili implicano l’indisponibilita dei diritti. V. infra e nota seguente.

(14) Cfr. ROSIN, L’arbitrato nel diritto societario, in CECCHELLA (a cura di), L’arbi-trato, Torino, 2005, 523, che fa riferimento, a titolo esemplificativo, alla normativa in mate-ria di divisione degli utili, materia che e inderogabile, ma da luogo ad una situazione sostan-ziale disponibile.

Sul fatto che inderogabilita (della normativa) e indisponibilita (del diritto) non sianodue concetti coincidenti, per tutti LUISO, Diritto processuale civile, IV, I processi speciali, 357ss.; VERDE, La convenzione di arbitrato, cit., 93 ss.; BERLINGUER, La compromettibilita per ar-bitri, I), cit., 62 ss., 81 ss.

(15) Tra molte, si vedano: Cass., 10 ottobre 1962, n. 2910, in Giust. civ., 1963, I,2962 ss.; Cass., 24 maggio 1965, n. 999, in Giust. civ., 1965, I, 1575 ss.; Cass., 18 febbraio1988, n. 1739, in Foro it., 1988, I, 3349 ss. e in Giust. civ., 1988, I, 1502 ss.; Cass., 6 luglio2000, n. 9022, in Dir. prat. soc., 2000, fasc. 21, 77 ss.; Cass., 30 marzo 1998, n. 3322, inMass. giur. it., 1998; Cass., 19 settembre 2000, n. 12412, in Giust. civ., 2001, 405 ss.; Cass.,21 dicembre 2000, n. 16056, in Mass. giur. it., 2000; Cass., 23 gennaio 2004, n. 1148, in So-cieta, 2004, 713 ss.; per la giurisprudenza di merito, tra le piu recenti, confronta: App. Roma,

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Quest’ultimo criterio, quello « degli interessi », e quello prevalente ingiurisprudenza nonostante sia quello che, piu degli atri, ha dato luogo a di-sfunzioni e incertezze: distinguere tra l’interesse personale del singolo so-cio e l’interesse della societa e dei terzi e, quasi sempre, impossibile. Ilcontratto di societa, come l’attivita sociale, trovano attuazione mediante lacontestuale e necessaria presenza dell’uno e dell’altro interesse. Distin-guerli, almeno da un punto di vista oggettivo, non e possibile. Dunque lavalutazione, necessariamente soggettiva, circa la definizione dell’interessein gioco, e rimessa alla discrezionalita del giudicante, con il conseguentevenir meno di quel minimo grado di certezza e prevedibilita circa la per-corribilita della strada arbitrale che e condizione essenziale perche l’arbi-trato possa effettivamente rappresentare un’alternativa alla giurisdizionestatale per la risoluzione delle controversie, e non una mera occasione perporre in essere condotte dilatorie e strumentali a danno della parte piu di-ligente.

Il Tribunale di Modena, nella spiegazione del sistema ante riforma —che correttamente da per comprendere fino in fondo l’elaborazione svilup-patasi post riforma e quindi per affermare come la situazione sia « radical-mente mutata », esprime una preferenza nei confronti del primo dei criterisopraccitati, ossia quello della annullabilita = arbitrabilita / nullita = nonarbitrabilita, perche in grado, meglio di altri, di individuare la linea di de-marcazione tra controversie arbitrabili e non arbitrabili.

Tuttavia, dopo la riforma del rito societario, il Tribunale afferma comenon vi sia piu spazio per distinzioni (nemmeno per la suddetta distinzione)e come il dato giurisprudenziale vada « aggiornato »: al fine di ammettereo negare la devoluzione in arbitrato della lite sulla validita della deliberaassembleare l’unico parametro e quello, generale, della connotazione —disponibile o indisponibile — del diritto in contesa. Non hanno rilievo al-tri indici quali il tipo di vizio, di nullita o annullabilita, di cui la delibera einficiata; la natura, derogabile o inderogabile, delle norme violate; infine, lanatura, individuale o collettiva, degli interessi in gioco.

3. Il Tribunale di Modena, alla luce della nuova disciplina dell’arbi-trato societario, afferma, senza possibilita di fraintendimenti, la disponibi-lita del diritto d’impugnazione con riguardo a tutte le delibere assembleari,anche di approvazione del bilancio, ad eccezione pero di quelle riguardanti

7 settembre 2006; Trib. Milano, 15 ottobre 2001, in Societa, 2002, 737 ss.; Trib. Arezzo, 2marzo 2004, in questa Rivista, 2005, 311 ss.; Trib. Belluno, 26 ottobre 2005; Trib. Milano,6 marzo 2003, in Giur. it., 2003, 1411 ss.; App. Firenze, 31 gennaio 2001, in questa Rivista,2002, 315 ss.; Trib. Milano 7 febbraio 2002, in Giur. it., 2002, 1014 ss.; Trib. Trani, 14 ot-tobre 1999, in Giur. mer., 2000, 1999 ss.

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le nullita piu radicali, cioe quelle per cui il legislatore ha previsto un poteredi impugnazione senza limiti di tempo.

Tale affermazione viene dalla constatazione che la riforma del dirittosocietario, oltre ad aver eliminato la categoria dell’inesistenza e individuatocon rigore le ipotesi di nullita e annullabilita delle delibere assembleari(artt. 2377 e 2379 c.c.), ha reso « disponibile » anche il vizio della nullita.Piu esattamente, il legislatore, nell’ottica di ridurre il piu possibile le situa-zioni di incertezza e di precarieta (16), ha introdotto una serie di disposi-zioni che, come osservato dalla sentenza in commento, hanno esteso la« possibilita di consolidamento [o sanatoria] per effetto dell’omessa impu-gnazione » alle ipotesi di delibere « nulle » (art. 2379, comma 1, c.c.) (17).

Tale circostanza, secondo il Tribunale di Modena, si riflette sulla na-tura del diritto del diritto di impugnazione nel senso della sua disponibilita,quindi arbitrabilita. Cio appare corretto: se i soci possono consolidare unbilancio illegittimo semplicemente non impugnando la relativa delibera diapprovazione, vuol dire che possono disporre del relativo diritto di impu-gnazione, quindi anche rimettere agli arbitri la valutazione dei criteri di ve-ridicita, chiarezza e correttezza che l’attore assume siano stati violati dalladelibera (18).

Il Tribunale ha seguito dunque questo ragionamento: anche volendo,tra i criteri di individuazione delle materie arbitrabili sviluppatesi in giuri-sprudenza ante riforma, preferire quello che fa leva sul tipo di invaliditadella delibera impugnata, la riforma del diritto societario intervenuta del2003 ha modificato il regime dell’invalidita delle delibere, nel senso di unasanabilita anche del vizio di nullita; dunque non si puo non concludere nelsenso della « disponibilita » e arbitrabilita anche del vizio di nullita. Se-guendo questo ragionamento, il Tribunale di Modena correttamente esclude

(16) Cfr. SPAGNUOLO, Sub art. 2377 c.c., in SANDULLI, SANTORO (a cura di), La riformadelle societa, Torino. 2003, 345; Associazione Preite, in OLIVIERI, PRESTI, VELLA (a cura di), Ilnuovo diritto delle societa, Bologna, 2003, 128.

(17) Sul fatto che la parte puo disporre del proprio diritto di impugnazione anche conriferimento al vizio di nullita, come lo puo fare con riferimento al vizio di annullabilita, SPA-GNUOLO, Sub art. 2379 c.c., in SANDULLI, SANTORO (a cura di), La riforma, cit., 376. Nellostesso senso, CORSINI, L’arbitrato nella riforma, cit., 1289; ZUCCONI GALLI FONSECA, Sub art.34, in CARPI (a cura di), Arbitrati speciali, commentario, Bologna, 2008, 77 ss.; CHIARLONI,Appunti sulle controversie, cit., 131.

(18) Cosı, SALVANESCHI, Dall’equazione « impugnazione di bilancio = mai compro-mettibile » all’equazione « impugnazione di bilancio = sempre compromettibile », in Corr.giur., 2011, 8, 1139 ss., 1140, la quale, efficacemente, commenta la sentenza del Tribunale diMilano del 3 giugno 2010 (nota 1), nella quale si legge: « la equazione delibera di “impu-gnazione di bilancio = mai compromettibile” e un equazione falsa », sentenza che, come af-ferma, l’Autrice e « non solo da condividere, ma anche da rileggere evidenziandone il nucleocentrale, che merita di essere depurato dalle apparenti limitazioni che scandiscono alcunipassaggi della motivazione ». Il Tribunale di Modena, con la sentenza qui commentata, e an-dato in questo senso.

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l’arbitrabilita delle impugnative di delibere riguardanti quei particolari vizidi nullita che, per la loro gravita, non sono passibili di sanatoria col decorsodel tempo: si tratta dell’ipotesi, di scuola, di deliberazioni che modificanol’oggetto sociale prevedendo attivita illecite o impossibili. Tutte le altre de-libere, ivi comprese quelle il cui oggetto e « illecito o impossibile », de-vono essere impugnate entro tre anni dalla loro iscrizione o deposito nelregistro delle imprese. Ragione per cui trattasi di materia « disponibile » earbitrabile.

Per quanto riguarda, piu specificamente, le delibere di approvazionedel bilancio, quando queste violino i principi di chiarezza, verita e corret-tezza, esse sono definite da dottrina e da giurisprudenza prevalenti comedelibere a oggetto (contenuto) illecito, quindi nulle (19). Esse rientrano dun-que nell’ipotesi di nullita di cui all’art. 2379, comma 1, prima parte, per cuie previsto un termine di impugnazione (ex art. 2434-bis c.c.) decorso ilquale la nullita e sanata, dunque trattasi di impugnativa « disponibile » earbitrabile (« anche laddove si deduca la violazione delle norme a presidiodella verita, chiarezza e precisione del bilancio stesso »).

La posizione del Tribunale di Modena sembra dunque essere quellaper cui, tutte le volte che si puo rinunciare all’impugnazione della delibera,i diritti coinvolti sono disponibili e la strada arbitrale percorribile (20).

I giudici emiliani, quale ulteriore ragione a sostegno della disponibi-

(19) E questa la conclusione cui perviene la dottrina prevalente (Colombo e succes-sivamente, fra gli altri, Balzarini, Bocchini, Di Sabato, Fortunato, Jaeger) e la giurisprudenzaormai consolidata. L’evoluzione di tale conclusione e illustrata da BOCCHINI, La « chiarezza »e la « precisione » dei bilanci delle societa... nell’evoluzione della dottrina e della giurispru-denza, in Riv. soc., 1972, 373 ss.; e, anche per riferimenti, COLOMBO, Il bilancio di eserciziodelle societa per azioni, in COLOMBO, PORTALE (diretto da), Trattato delle societa per azioni,Torino, 1994, 440.

(20) Cosı anche Trib. Milano, 3 giugno 2010, cit., con riferimento a una delibera cheaveva approvato il bilancio e determinato l’emolumento degli amministratori. Tuttavia il Tri-bunale di Milano, nel caso de quo, precisa che si trattava di un caso in il giudizio arbitrale« non rigurda[va] il generale obbligo di redazione del bilancio secondo il canone di verita,bensı la sola posizione del socio in ordine all’approvazione della delibera, in definitiva con-cernendo dunque il diritto del socio a non essere soggetto agli effetti della approvazione diun documento contabile incidente sulla configurazione della sua partecipazione sociale, id estriguardante un suo diritto patrimoniale, come tale per definizione disponibile ». Distingue, inalcuni passaggi della motivazione (in un certo senso trascurabili, rispetto al suo nucleo cen-trale, cosı SALVANESCHI, Dall’equazione, cit., 1139) tra vizi di informazione che sono « sicu-ramente disponibili » e vizi relativi a un difetto di chiarezza e precisione del bilancio, per iquali varrebbe invece un discorso « logicamente diverso ». Subito dopo riconosce che il voto« e per sua natura disponibile » e che « le determinazioni sul bilancio hanno spazi di discre-zionalita lecita in verita assai ampli » che « rappresentano altrettanti aspetti disponibili » (adesempio, la rapidita degli ammortamenti, gli accantonamenti, la destinazione degli utili).

Il Tribunale di Modena invece non fa questa ulteriore specificazione, affermando lagenerale arbitrabilita dell’impugnativa della delibera di approvazione di un bilancio diretta afar valere un vizio di nullita sanabile.

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lita del diritto di impugnazione delle delibere assembleari anche quandoqueste riguardino vizi di nullita, aggiungono che la riforma del diritto so-cietario ne ha ammesso espressamente la conciliabilita (art. 2378, comma4) (21).

Alla luce di quanto precede, il Tribunale ha correttamente concluso afavore della arbitrabilita delle delibere di approvazione del bilancio anchequando si deduca la violazione dei criteri di verita, chiarezza e precisione,come nel caso de quo.

A voler essere precisi, il Tribunale di Modena avrebbe potuto far usodi ulteriori argomentazioni a favore della « disponibilita » delle controver-sie de quibus, argomentazioni che altra giurisprudenza, specialmente quellamilanese, ha recentemente sostenuto (22). E cioe: che « il voto », mezzo at-traverso il quale esprimere consenso o dissenso rispetto a una decisione so-ciale, « e per sua natura disponibile »; che « i soci possono approvare o nonapprovare il bilancio di esercizio » e che « vi sono [...] nel bilancio deglispazi di discrezionalita che rappresentato altrettanti aspetti disponibili ».

Va poi ribadito che il fatto che vi siano norme inderogabili a presidiodella veridicita, correttezza e precisione dl bilancio, non vale ad escluderel’impugnativa della delibera di approvazione del bilancio dal novero dellecontroversie arbitrali. Si e accennato supra che a una normativa inderoga-bile non corrisponde sempre l’indisponibilita dei diritti disciplinati. L’inde-rogabilita di una norma implica semplicemente « il dovere degli arbitri diapplicare la norma di carattere inderogabile esattamente come lo fa il giu-dice » (23) e, piu in generale, che la materia da esse regolata sia assistita dauna« tutela rafforzata » che garantisca fino in fondo l’effettiva applicazionedel diritto. A cio ha pensato il legislatore del D.Lgs. n. 5/2003: ai sensi del-l’art. 36 D.Lgs. n. 5/2003, quando l’oggetto del giudizio arbitrale e costi-tuito dalla validita di delibere assembleari, gli arbitri devono decidere sem-pre secondo diritto, quindi applicare le norme inderogabili, e mai secondoequita — che potrebbe escludere l’applicazione di tali norme — e il lodo,

(21) Omette, il Tribunale di Modena, quale ulteriore argomento, che si ricava dallari-disegnata disciplina della validita delle deliberazioni assembleari, a favore della disponibi-lita, l’applicazione dell’art. 2377, comma 7, c.c. (che disciplina l’annullabilita) espressamenterichiamato dall’ultimo comma dell’art. 2379 (che disciplina i vizi di nullita), che ammette lapossibilita di transazione della lite affermando che « l’annullamento [quindi, visto il ri-chiamo, anche la nullita] della deliberazione non puo aver luogo, se la deliberazione impu-gnata e sostituita con altra presa in conformita della legge e dello statuto ». Cosı la lite puoessere composta « attraverso un accordo che puo avere un contenuto anche diverso dalla pro-nuncia che le parti potrebbero ottenere al giudice ». Cosı, SALVANESCHI, Dall’equazione, cit.1141.; CHIARLONI, Appunti sulle controversie, cit., 131.

Tale argomento e stato utilizzato da Trib. Milano, 3 giugno 2010, cit.(22) V. nota prec. e nota 18.(23) SALVANESCHI, Impugnativa in via arbitrale, cit., 68.

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contrariamente alla regola generale, puo essere impugnato per violazione dinorme di diritto.

Cosı, quand’anche la delibera riguardasse interessi collettivi, e non deisingoli soci (avendo, il legislatore del 2003, ben presente il consolidatoorientamento giurisprudenziale che affermava il « criterio degli interessi »),l’impugnativa e arbitrabile ma a quelle due precise condizioni cosı preve-dendo, in subiecta materia, quella che e stata correttamente definita una« tutela rafforzata » e piu garantista visto che l’arbitrato potrebbe coinvol-gere interessi di carattere generale (24).

4. In un contesto di contraddittoria e oscillante prassi giurispruden-ziale in punto di compromettibilita, il Tribunale di Modena afferma l’arbi-trabilita tout court delle controversie aventi ad oggetto le impugnative didelibere assembleari col solo limite (generale) della disponibilita dei dirittiad esse sottesi, con argomentazioni che meritano di essere rilette e condi-vise.

Tuttavia, nell’accogliere l’eccezione di arbitrato, il Tribunale sembrasvolgere una valutazione sulla natura dell’arbitrato che non appare coerenterispetto alla tesi estensiva, precedentemente sostenuta, sul possibile oggettodell’arbitrato: assumere che la natura « privata » dell’arbitrato escluda l’ap-plicazione delle norme in materia di competenza fra giudici e configurarela questione sulla compromettibilita ad arbitri come « questione di merito »,e non come « questione di competenza » non ci pare del tutto corretto.

Sebbene la Suprema Corte (25), richiamata dal Tribunale di Modenanel corpo della sentenza in commento, si sia pronunciata sul punto affer-mando la natura « privatistica » del procedimento arbitrale e la natura me-ramente « negoziale » del lodo arbitrale e, conseguentemente, determi-nando una radicale inversione di tendenza nella giurisprudenza in tema dirapporti tra arbitri e giudici statali (26), stupisce come al tribunale emiliano

(24) SALVANESCHI, Dall’equazione, cit., 1143. Nello stesso senso, LUISO, Appunti sul-l’arbitrato societario, cit, 709-710; MICCOLIS, Arbitrato e conciliazione nella riforma, cit.,par. 56.

(25) Cass. civ., Sez. un., 3 agosto 2000, n. 527, in Riv. dir. proc. civ., 2001, 254 ss.,con nota di E.F. RICCI; in Corr. giur., 2000, 51 ss., con nota di CONSOLO, RUFFINI, MARINELLI;in questa Rivista, 2000, 699 ss., con nota di FAZZALARI.

(26) Dalla natura negoziale del procedimento arbitrale, la Suprema Corte aveva trattola conclusione che gli arbitri non avevano una funzione giurisdizionale e che, di conse-guenza, lo stabilire se una controversia sia da attribuire al giudice togato o agli arbitri, nondava luogo a una questione di competenza ma ad una questione di merito, riguardante la va-lidita, efficacia e/o interpretazione della convenzione arbitrale. Cosı, affermando ancora con-seguentemente che: a) l’eccezione volta a far valere un patto compromissorio non e soggettaai limiti temporali previsti per l’eccezione di incompetenza (territoriale derogabile) (cosı:Cass. civ., Sez. I, 8 agosto 2001, n. 10925, in Foro it., 2001, I, 3079; Cass. civ., Sez. I, 30dicembre 2003, n. 19865, in Giur. it., 2004, 2054; Trib. Sciacca, 17 gennaio 2005, in questa

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sia sfuggita la riforma dell’arbitrato intervenuta con il D.Lgs. n. 40/2006successivamente alla pronuncia delle Sezioni unite, riforma che, nel modi-ficare il dato normativo, ha superato l’orientamento delle Sezioni unite efornito un’interpretazione autentica della quale non si puo non tener con-to (27). Oltre all’art. 824-bis c.p.c. che, sotto il profilo dell’efficacia, ponesullo stesso piano il lodo arbitrale e la sentenza pronunciata dall’autoritagiudiziaria, il legislatore del 2006 ha introdotto l’art. 819-ter (uno dei co-rollari dell’art. 824-bis c.p.c.) (28) che, in materia di « rapporti tra arbitri eautorita giudiziaria », ha in sostanza equiparato l’eccezione di arbitrato al-l’eccezione di incompetenza per territorio derogabile e la decisione relativaa una pronuncia sulla competenza (29), impugnabile, peraltro, mediante quelmezzo di impugnazione che e il regolamento di competenza, tipico delledecisioni sulla competenza, e non mediante la lunga strada dell’appello.

Consapevoli che l’intervento della riforma non ha posto fine alla que-stione e che la decisione in commento non e isolata (30), il Tribunale di

Rivista, 2006, 2, 337, con nota di PICOZZA; Cass. civ., Sez. I, 30 maggio 2007, n. 12684); b)la sentenza con cui il giudice statale si pronuncia sull’eccezione di arbitrato non e impugna-bile con regolamento di competenza (per tutte, Cass. civ., Sez. I, 4 giugno 2001, n. 7533, inCorr. giur., 2001, 11, 1448, con nota di CONSOLO, MURONI; Cass. civ., Sez. un., ord., 25 giu-gno 2002, n. 9289, in questa Rivista, 2002, 2, 512, con nota di BRIGUGLIO).

Il Tribunale di Modena, sul punto, nonostante la riforma intervenuta con D.Lgs. del 2febbraio 2006, n. 40 che ha invertito l’orientamento e nonostante il giudizio fosse stato in-staurato successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto, ha seguito questatendenza.

(27) Contra Cass. civ., Sez. un., 6 settembre 2010, n. 19047, in Corr. giur., 2011, 1,47 ss., con nota (critica) di CASTAGNOLA, CONSOLO, MARINUCCI, Sul dialogo (impossibile?) fraCassazione e dottrina, nella specie... sulla natura (mutevole) dell’arbitrato, in cui si affermache (massima) « non puo assegnarsi ad una nuova norma natura di interpretazione autenticacon efficacia retroattiva allorche essa disciplini una materia sulla quale si sia formato, dacirca sei anni, un costante orientamento della Corte di cassazione pur se contrastato da unaparte assai significativa della dottrina e dalla giurisprudenza precedente. Ai sensi della disci-plina transitoria (art. 27, comma 4, D.Lgs. n. 40/2006), il regolamento di competenza (ex art.819-ter c.p.c.) nei confronti di una sentenza del giudice togato, che affermi o neghi la pro-pria competenza a decidere nel merito in relazione ad una convenzione di arbitrato, e ammis-sibile solo con riferimento a giudizi statali paralleli rispetto a procedimenti arbitrali iniziatidopo il 2 marzo 2006 ».

Riteniamo di appoggiare in toto l’efficace commento alla sentenza sopramenzionato.In particolare quel passaggio in cui gli Autori, con riguardo all’art. 819-ter c.p.c. (ma che noici sentiamo di estendere anche all’art. 824-bis c.p.c.) affermano che pur consapevoli che « illinguaggio utilizzato dal legislatore non e da solo decisivo per enucleare la portata di unanorma; d’altra parte, non si puo giungere fino al punto di tout court escludere la plausibilitadelle interpretazioni che concordino da vicino con il tenore letterale della legge ».

(28) Cosı, CASTAGNOLA, CONSOLO, MARINUCCI, Sul dialogo (impossibile?), cit., 54.(29) Senza esitazione, VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino, 2006, 22.(30) Anche dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, l’equiparazione delle

questioni riguardanti la potestas iudicandi degli arbitri alle questioni di competenza e sol-tanto parziale, escludendo, il comma 2 dell’art. 819-ter c.p.c. l’applicabilita, nei rapporti tra

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Modena, nell’argomentare a favore della compromettibilita, aveva l’occa-sione di confermare il dato normativo dell’ultima riforma e « lasciarsi allespalle » (31) quell’orientamento giurisprudenziale che certo non ha giovatoallo strumento arbitrale. Cosı han fatto recentemente i giudici milanesi iquali, a fondamento dell’arbitrabilita dell’impugnativa di bilancio, hannoposto anche la piena alternativita del sistema arbitrale rispetto a quello deigiudici ordinari, nonche, conseguentemente, la conformita del lodo arbitraleai canoni della giustizia statale e la sua pari dignita rispetto alla sentenzapronunciata dal giudice togato (32).

Concludendo, il Tribunale di Modena, rispetto alla domanda giudi-ziale e all’eccezione (fondata) di arbitrato rituale sollevata da parte conve-nuta, avrebbe dovuto dichiarare l’improponibilita della domanda non nelmerito ma per assenza di uno dei presupposti processuali del processo or-dinario, e cioe per « incompetenza ».

Oltre alla presa di posizione in materia di compromettibilita dellecontroversie, una simile decisione dal punto di vista processuale avrebbecostituito un forte segnale di apertura dei giudici modenesi verso l’arbi-trato, quale autentica alternativa all’autorita giudiziaria, specialmente per larisoluzione delle liti societarie. Cosı, invece, seppur apprezzabile deve con-siderarsi l’interpretazione del Tribunale in materia di compromettibilita, lasentenza non convince fino in fondo laddove non riconosce la natura giu-

arbitrato e giudizio ordinario, regole corrispondenti agli artt. 44, 45, 48, 50 295 c.p.c. Si vedaBOCCAGNA, Sub art. 819-ter, in BENEDETTELLI, CONSOLO, RADICATI DI BROZOLO (a cura di), Com-mentario breve al diritto dell’arbitrato interno e internazionale, Padova, 2010, 279, per ilquale « di fronte ad una cosı significativa esclusione, si e fatta strada l’idea, secondo la qualela configurazione dei rapporti tra giudice e arbitro come rapporti di competenza riceverebbedalla disposizione piuttosto una smentita che non una conferma; con la conseguenza chel’interprete sarebbe libero di assumere una diversa, piu appropriata ricostruzione come pre-messa per la soluzione dei problemi posti dalla nuova disciplina ». L’Autore richiama: PUNZI,Luci ed ombre della riforma dell’arbitrato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 2, 411; BOVE,Ancora sui rapporti tra arbitro e giudice statale, su www.judicium.it, 2007, § 1.

In questo senso anche la sentenza in commento.(31) Cosı, SALVANESCHI, Dall’equazione, cit., 1140.(32) Cosı Trib. Milano, 3 giugno 2010, cit., in un encomiabile passaggio che merita

di essere riportato integralmente in cui si afferma che « milita in ogni caso a favore dellacompromettibilita anche il mutato inquadramento legislativo dell’arbitrato che non e piu unaalternativa “privata” di soluzione di liti, ma puo essere configurato come un sistema proces-suale alternativo: e in tal senso va considerata la (pur nominalistica) indicazione in tema di“competenza degli arbitri” di cui all’art. 819-ter c.p.c. e all’art. 817 c.p.c., nonche la piu ri-levante previsione (sempre contenuta nell’art. 819-ter c.p.c.) per la quale la sentenza del giu-dice che afferma la competenza dell’arbitro e impugnabile con regolamento di competenza,indicando cosı che si tratti di due sistemi processuali tra di loro contigui e non di rimedio“privato” contrapposto al rimedio pubblico tradizionale ». Altrettanto encomiabile il passag-gio in cui i giudici milanesi, con riguardo all’intervenuta riforma, affermano « oggi sicura-mente meno di ieri compromettere in arbitri puo significare transigere ».

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risdizionale dell’arbitrato (almeno di quello) societario (33). Infatti, anche aldi la delle considerazioni sopra svolte, che fanno riferimento alla normativacodicistica modificata dal D.Lgs. n. 40/2006 e che si inseriscono nellavexata quaestio sulla natura dell’arbitrato di diritto comune (34), altri ele-menti che depongono a favore della soluzione « giurisdizionale » si trovanoproprio nella disciplina dettata per il piu specifico arbitrato societario, cioedal D.Lgs. n. 5/2003: basti pensare al potere cautelare riconosciuto agli ar-bitri di sospendere l’efficacia della delibera assembleare impugnata (ex art.35, comma 5), all’ammissibilita di interventi in causa di terzi e di soci, an-che coatti (ex art. 35, comma 2) e all’efficacia ultra partes del lodo. Tuttecaratteristiche che contraddicono la tesi della natura contrattuale dell’arbi-trato societario (35).

Per quanto riguarda poi, piu nello specifico, le liti sulla validita delledelibere assembleari, l’imposizione agli arbitri di una decisione secondodiritto e la possibilita di un controllo illimitato sul lodo rappresentano unaulteriore conferma della natura « giurisdizionale » dell’arbitrato.

5. Merita un cenno la questione, affrontata tangenzialmente dal Tri-bunale, del potere cautelare degli arbitri di sospendere l’efficacia delle de-libere assembleari sottoposte al loro giudizio. Infatti, nel caso de quo l’at-tore, con separato ricorso all’autorita giudiziaria, aveva chiesto la sospen-sione della deliberazione impugnata ai sensi dell’art. 2378, commi 3 e 4c.c. Il Presidente del Tribunale ha concesso la sospensione e fissatol’udienza per la conferma, modifica o revoca del provvedimento. A quelpunto, la parte convenuta si e costituita e ha eccepito in via pregiudizialedi rito « l’improcedibilita, o comunque l’inammissibilita o nullita, del ri-corso e/o del procedimento per violazione della clausola arbitrale ». Conordinanza il Tribunale ha revocato il provvedimento di sospensione e hadichiarato « improponibile » la domanda cautelare. La motivazione delladecisione di cui all’ordinanza e contenuta nella sentenza qui commentata,laddove si dice che « spetterebbe, a norma dell’art. 35, comma 5 D.Lgs. 17gennaio 2003, n. 5, anche il potere di sospensione dell’efficacia delle deli-bere impugnate ». Avverso tale ordinanza e stato proposto reclamo, che ilTribunale ha respinto, questa volta, « per carenza del requisito del fumusdella domanda cautelare ».

Correttamente, dunque, il Tribunale di Modena rimette alla decisione

(33) Che sia « indubitabile » che l’arbitrato societario ha natura giurisdizionale,CHIARLONI, Appunti sulle controversie in arbitrato societario, cit., 134.

(34) Anche malgrado il contrario orientamento della Suprema Corte, la natura giuri-sdizionale del lodo di diritto comune e riconosciuta dalla dottrina maggioritaria. Si rinvia aCHIARLONI, Appunti sulle controversie in arbitrato societario, cit., 134, dove un ampio ri-chiamo di dottrina.

(35) E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, cit., 532.

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degli arbitri la sospensione della delibera. Infatti, ai sensi dell’art. 35,comma 5 del D.Lgs. n. 5/2003 « la devoluzione in arbitrato, anche non ri-tuale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare anorma dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile, ma se laclausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controver-sie aventi ad oggetto la validita di delibere assembleari [come in questocaso] agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza nonreclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera ». Il dato normativonon sembra lasciare spazio a dubbi.

Si legge peraltro nella motivazione della sentenza che l’attore, inter-venuta e impugnata la decisione nella fase cautelare, ha coltivato la causanel merito e, contemporaneamente, dato avvio a un procedimento arbitraleavente il medesimo oggetto. Pertanto, non si pone qui nemmeno il pro-blema di garantire fino in fondo il diritto alla cautela, id est dell’esclusivitao meno del potere cautelare degli arbitri (36).

Tuttavia riteniamo che, come si e verificato nel caso de quo e nono-stante la lettera dell’art. 35, comma 5, del D.Lgs. n. 5/2003, sia inevitabilel’intromissione « cautelare » del giudice prima della costituzione del tribu-nale arbitrale in tutti i casi di eccezionale e motivata urgenza: sull’istanzadi sospensione della delibera assembleare impugnata puo certamente prov-vedere inaudita altera parte il presidente del tribunale, con decreto moti-

(36) Esclusivita che deriverebbe dall’avverbio « sempre » di cui all’art. 35, comma5, D.Lgs. n. 5/2003. Infatti se non puo dubitarsi dell’esclusivita della competenza in capo al-l’arbitro gia investito della controversia sulla validita della delibera, non puo dirsi lo stessonel caso in cui il collegio arbitrale non si sia ancora costituito. Sul punto, sono maturate, siain dottrina che in giurisprudenza, due contrapposte interpretazioni. Una per cui il potere disospensione e sottratto al giudice statale « sempre » cosı da evitare decisioni contrastanti. Inquesto senso VACCARELLA, La riforma del processo societario: risposta ad un editoriale, inCorr. giur., 2003, 263; IANNICELLI, La contestata esclusivista del potere degli arbitri di so-spendere l’effıcacia di deliberazione assembleare di S.P.A., in Studi sull’arbitrato offerti aGiovanni Verde, 447. In giurisprudenza, Trib. Napoli, ord., 30 marzo 2005, in Foro it., 2006,I, 2246; Trib. Novara, ord., 12 aprile 2005, in Tot capita...? Un anno di applicazione delnuovo rito societario fra incertezze e ricerca di uniformita, in www.judicium.it; Trib. Cata-nia, 14, ottobre 2005, in Giur. it., 2006, 1475, con nota di CATALANO; Trib. Milano, 4 ottobre2005, in Giur. comm., 2006, II, 1128, con nota di CERRATO. Seguendo questa prima interpre-tazione, dunque, « la parte che abbia interesse ad ottenere prompte la misura cautelare sarachiamata [...] a sollecitare la formazione del collegio e la conseguente immediata pronunciadel provvedimento ». Cosı, DANOVI, L’arbitrato nella riforma del diritto processuale societa-rio, su www.judicium.it, § 14. Nello stesso sembra orientato CORSINI, L’arbitrato nella riformadel diritto societario, cit., 1298. Altra tesi, con l’obiettivo di garantire una piu ampia cautela,ha optato per una concorrenza di competenze distinguendo a seconda che il collegio arbitralesia o meno costituito. Cosı, LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, cit., 724-725; BOVE,L’arbitrato nelle controversie societarie, cit., 491; RUFFINI, Il nuovo arbitrato, cit., 529. Ingiurisprudenza, Trib. Milano, 20 settembre 2007, in Giur. it., 2008, 371; Trib. Agrigento, 4novembre 2004, in Giur. comm., 2007, II, 222, con nota di CAMELLINI. Cosı anche la sentenzain commento.

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vato contenente la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti da-vanti (non al giudice designato per la trattazione della causa di merito, ma)a se per la conferma, modifica o revoca del provvedimento. Cosı deve ri-costruirsi la normativa risultante dal combinato disposto dell’art. 2378,comma 3, c.c., dall’art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. e dagli artt. 24 e 35,comma 5, del D.Lgs. n. 5/2003 (37).

Di conseguenza il collegio arbitrale, poi costituitosi, si trovera a deci-dere l’impugnativa dopo che sul fumus della stessa si e gia pronunciato ilgiudice ordinario, anche (come qui) in sede di reclamo (38) e gli arbitri sa-ranno chiamati a pronunciarsi su un’istanza di sospensione gia inutilmentepresentata al tribunale.

Le interferenze, nella fase cautelare, tra arbitri e giudice ordinariosono dunque inevitabili, come ha dimostrato anche il caso sottoposto aigiudici di Modena.

6. Il Tribunale di Modena ritiene che non sussistano le gravi ed ec-cezionali ragioni che rappresentano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c. perdisporre la richiesta di compensazione delle spese di lite, sulla base di treargomentazioni: la prima, per cui esisterebbe un orientamento giurispruden-ziale maggioritario favorevole alla compromettibilita in arbitri delle delibe-razioni societarie; la seconda, per cui il Tribunale di Modena non aveva unprecedente consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di com-pensazione di spese ove ricorrano « gravi ed eccezionali ragioni » ai sensidel novellato art. 92 c.p.c.; la terza attiene alla condotta processuale di parteattrice la quale ha coltivato la causa di merito dinanzi all’autorita giudizia-ria ordinaria e, contemporaneamente, instaurato un procedimento arbitraleavente il medesimo oggetto, ponendo in essere dunque un comportamentoevidentemente contrario al principio di economia processuale.

Tali argomentazioni meritano di essere condivise. Anche se, relativa-mente alla prima, riteniamo che la decisione del Tribunale di Modena rap-presenti piu un auspicio — anche considerando la sentenza qui commen-tata — che il reale status quo. Che gli orientamenti giurisprudenziali inmateria di compromettibilita del giudizio sulla validita della delibera di ap-

(37) Cosı, RUFFINI, Il nuovo arbitrato, cit., 530.(38) La reclamabilita dell’ordinanza resa dal tribunale sull’istanza di sospensione e

incontestabile alla luce del combinato disposto dell’art. 2378 c.c. e dell’art. 24, commi 3 e 8,del D.Lgs. n. 5/2003. Cosı, RUFFINI, Il nuovo arbitrato, cit., 530. Da qui i dubbi di illegitti-mita costituzionale dell’art. 35, comma 3, del D.Lgs. n. 5/2003, laddove afferma la irrecla-mabilita dell’ordinanza di sospensione emessa dagli arbitri. Cfr. LUISO, Appunti sull’arbitratosocietario, cit., 1298; CONSOLO, Esercizi immanenti sul c.p.c.: metodi sistematici e penombre,in Corr. giur., 2002, 1544; mentre per BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, inquesta Rivista, 2003, 1, 27-50, 44 s., e opportuna al fine di evitare una « ulteriore complica-zione ed un appesantimento della procedura ».

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provazione del bilancio non siano (ancora) univoci e che vi sia molta con-fusione tra gli operatori del diritto, anche dopo l’entrata in vigore delD.Lgs. n. 5/2003, e del tutto evidente, come si e cercato di mettere in lucein queste pagine.

ALBERTO PIERGROSSI - MICHELA DE SANTIS

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TRIBUNALE DI CATANIA; ordinanza 21 giugno 2012; PUGLISI Pres.; FICHERA

Est.; R.A. (avv. Marina) c. R.I. S.r.l. (avv. Franchina).

Rapporti fra arbitrato e processo civile - Incompetenza del giudice o dell’ar-bitro adito - Riproposizione della domanda rispettivamente davanti al-l’arbitro o al giudice - Conservazione degli effetti dell’atto introduttivo -Esclusione - Questione di legittimita costituzionale - Rilevanza e non ma-nifesta infondatezza.

E rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24 e 111Cost., la questione di legittimita costituzionale dell’art. 819-ter, comma 2, c.p.c.,nella parte in cui prevede che nei rapporti fra arbitrato e processo non si applichil’art. 50 c.p.c.

CENNI DI FATTO. — La socia di una S.r.l. impugna davanti al Giudice ordinariouna delibera assembleare. La societa eccepisce l’improponibilita della domanda ela decadenza dall’azione in ragione della presenza, nello statuto sociale, di unaclausola compromissoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Rilevato che con atto di citazione notificato il 5 no-vembre 2010, R.A. ha impugnato la delibera dell’assemblea straordinaria dei socidella R.I. S.r.l., assunta il 5 maggio 2010 ed iscritta nel registro delle imprese ilsuccessivo 25 maggio 2010, con la quale sono state approvate talune manovre de-terminanti la riduzione e la contestuale ricostituzione del capitale sociale dellastessa;

che costituitasi in giudizio la R.I. S.r.l. ha eccepito l’improponibilita della do-manda e la decadenza dall’azione — in presenza di clausola compromissoria perarbitrato rituale in seno all’art. 36 dello statuto sociale —, concludendo nel meritoper l’integrale rigetto dell’impugnativa in quanto infondata in fatto e in diritto;

che respinto dal Giudice Istruttore ricorso cautelare avanzato dall’attrice tesoad ottenere la sospensione della delibera impugnata ex art. 2378 c.c., in ragionedell’esistenza della eccepita clausola compromissoria, il successivo reclamo propo-sto dalla medesima istante e stato rigettato dal Collegio;

che omessa ogni attivita istruttoria, la causa e stata posta in decisione al-l’udienza del 26 marzo 2012, sulle conclusioni come in atti formulate dalle parti;

ritenuto che il collegio valuta rilevante e non manifestamente infondata laquestione di legittimita costituzionalita dell’art. 819-ter, comma 2, c.p.c., sollevatain sede di precisazione delle conclusioni dalla difesa dell’odierna attrice, laddovesiffatta norma, nei rapporti tra arbitrato e processo civile, prevede espressamenteche non si applichi, fra le altre disposizioni del codice di rito, l’art. 50 c.p.c., a te-nore del quale quando la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato in-competente avviene nel termine fissato « il processo continua davanti al nuovogiudice »;

che, invero, l’applicazione di siffatta norma, introdotta per la prima volta nel-l’ordinamento processuale italiano dal codice di rito del ’40 e in origine previstaper regolare esclusivamente i rapporti di mera « competenza » tra giudici tutti ap-partenenti al complesso della giurisdizione ordinaria, determina che si esplichi la

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c.d. translatio iudicii, con l’effetto che occorre fare riferimento all’originario attointroduttivo al fine di verificare l’ammissibilita della domanda in relazione ai ter-mini di decadenza a cui la legge sottopone la proponibilita della stessa (tra le tante,Cass., 30 gennaio 1998, n. 974);

che, com’e noto, mutando il granitico orientamento manifestato in precedenzadalla S.C., le sezioni unite della Cassazione, con sentenza del 22 febbraio 2007, n.4109, considerato che il giusto processo non e diretto allo scopo di sfociare in unadecisione di mero rito, ma di rendere una pronuncia di merito stabilendo chi hatorto e chi ha ragione, in base a una lettura costituzionalmente orientata della di-sciplina della materia, hanno ritenuto che nell’ordinamento processuale oggi siastato dato ingresso al principio della translatio iudicii dal giudice ordinario al giu-dice speciale, e viceversa, anche in caso di pronuncia resa sulla « giurisdizione »nell’ambito cioe dei rapporti tra giudici appartenenti ad ordini diversi;

che, successivamente, con sentenza del 12 marzo 2007, n. 77, la Corte costi-tuzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 30 della Legge 6 dicembre 1971, n.1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali, nella parte in cui non pre-vede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta agiudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdi-zione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione;

che anche il Giudice delle Leggi, nella cennata pronuncia, ha avuto modo dievidenziare come il vigente codice di procedura civile, nel regolare questioni di rito— ed in particolare nella disciplina che all’individuazione del giudice competente— si ispira al principio per cui le disposizioni processuali non sono fine a se stesse,ma funzionali alla miglior qualita della decisione di merito, non sacrificando il di-ritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al « benedella vita » oggetto della loro contesa;

che il legislatore ordinario, preso atto dei descritti arresti giurisprudenziali, eintervenuto per re go la re i rapporti tra giudici appartenenti a diverse giurisdizioni,prima con l’art. 59 della Legge 18 giugno 2009, n. 69 e poi con l’art. 11 del D.Lgs.2 luglio 2010, n. 104, Codice del processo amministrativo, norme in forza dellequali oggi, nel caso in cui il giudice adito dichiari il proprio difetto di giurisdizione,se il processo e tempestivamente riproposto innanzi al giudice indicato nella pro-nuncia che declina la giurisdizione, « sono fatti salvi gli effetti sostanziali e proces-suali della domanda »;

che, allora, alla luce della descritta recente evoluzione del quadro giurispru-denziale e normativo, la norma qui sospettata di incostituzionalita, quale espres-sione del sistema delle c.d. vie parallele (che consente la contemporanea pendenzadella medesima lite sia innanzi al giudice ordinario che all’arbitro rituale), facendoespresso divieto di applicare il richiamato art. 50 c.p.c. nei rapporti tra giudici or-dinari e arbitri rituali, finisce tuttavia per mostrarsi in contrasto con gli artt. 3, 24e 111 Cost., poiche irragionevolmente e in plateale disarmonia con la vigente di-sciplina codicistica che regola i rapporti tra i giudici ordinari e tra questi ultimi equelli speciali, violando il diritto di difesa delle parti e i principi del giusto pro-cesso, determina in caso di pronuncia di diniego della competenza del giudice or-dinario adito in favore dell’arbitro, l’impossibilita di fare salvi gli effetti sostanzialie processuali dell’originaria domanda, proposta dall’attore davanti al giudice ordi-nario, nel giudizio arbitrale successivamente instaurato;

che in direzione contraria non pare oggi potersi sostenere — come mostra di

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ritenere, negli scritti difensivi finali, la difesa della societa convenuta — che oste-rebbe all’accoglimento della questione di legittimita costituzionale la natura dell’ar-bitrato quale atto di mera autonomia privata, configurandosi il compromesso qualederoga alla giurisdizione, restando la pronuncia che decide sulla deferibilita agli ar-bitri di una controversia, astretta nell’ambito delle questioni di merito e non di rito(cosı, a partire da Cass., Sez. un., 3 aprile 2000, n. 527; Cass., 3 settembre 2003,n. 12855; Cass., 21 luglio 2004, n. 13516; Cass., 8 febbraio 2005, n. 2524; Cass.,27 maggio 2005, n. 11315; Cass., 21 ottobre 2005, n. 20351);

che, invero, pure a ritenere il compromesso come atto di rinuncia alla giuri-sdizionale statale, rimane arduo rinvenire la ratio di un assetto normativo che, afronte della medesima domanda giudiziale spiccata originariamente innanzi ad ungiudice ordinario, faccia conseguire la perdita irrimediabile degli effetti sostanzialie processuali che discendono dalla ridetta domanda, nel caso in cui venga accertatoche la stessa si palesi come « improponibile » innanzi al giudice adito — poichedoveva essere promossa innanzi all’arbitro privato —, mentre escluda qualsivogliadecadenza sostanziale o processuale quando resti acclarato il difetto di competenzao di giurisdizione, in favore di altro giudice, rispettivamente, ordinario o speciale;

che, inoltre, pure dovendosi riconoscere la persistente problematicita del-l’esatta qualificazione dei rapporti fra la giurisdizione ordinaria e quella arbitrale,va evidenziato come gia il Giudice delle Leggi, nella nota pronuncia che ha rico-nosciuto all’arbitro il potere di sollevare in via incidentale questione di legittimitacostituzionale delle leggi, ha avuto modo di chiarire che il giudizio arbitrale non sidifferenzia da quello che si svolge davanti agli organi statuali della giurisdizione,trattandosi di un giudizio che e potenzialmente fungibile con quello degli organigiurisdizionali (cosı Corte cost. 28 novembre 2001, n. 376);

che, del resto, dopo la novella della disciplina dell’arbitrato introdotta dalD.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 — pacificamente applicabile ratione temporis allaodierna controversia —, alla luce del nuovo 819-ter, comma 1, c.p.c., a tenore delquale « La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenzain relazione a una convenzione d’arbitrato, e impugnabile a norma degli artt. 42e 43 », occorre prendere atto, alla stregua del c.d. diritto vivente formatosi in basealle piu recenti pronunce della Corte regolatrice, che il legislatore ha inteso inequi-vocabilmente ricondurre nell’ambito della « competenza » siffatti rapporti, avendoespressamente approntato come mezzo di reazione contro una pronuncia in uno ditali sensi, il regolamento di competenza, necessario o facoltativo, a seconda che lapronuncia al riguardo sia esclusiva oppure concorrente con una decisione su unaquestione di merito (cosı: Cass., 4 agosto 2011, n. 17019; Cass., 5 giugno 2011, n.5510; Cass., 26 novembre 2010, n. 24082; Cass., Sez. un., n. 6 settembre 2010, n.19047);

ritenuto che la questione di costituzionalita dell’art. 819-ter, c omma 2, c.p.c.prospettata dall’attrice e altresı rilevante, in quanto la pronuncia di incompetenzadel tribunale adito sull’impugnativa della delibera assunta dall’assemblea straordi-naria dei soci della R.I. S.r.l., ove non fossero fatti salvi gli effetti sostanziali e pro-cessuali della domanda in precedenza spiccata da R.A. innanzi al giudice ordina-rio, mediante il meccanismo offerto dall’art. 50 c.p.c., determinerebbe comunque ladecadenza dell’attrice (ex art. 2377, comma 6, c.c.) dal potere di impugnare la me-desima delibera innanzi all’arbitro unico designando.

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P.Q.M. — Visti gli artt. 1 Legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 1 e 23 Legge 11marzo 1953, n. 87.

Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24e 111 Cost., la questione di legittimita costituzionale dell’art. 819-ter, comma 2,c.p.c., nella parte in cui prevede che non si applichi l’art. 50 c.p.c. nei rapporti traarbitrato e processo.

Sospende il giudizio in corso.(Omissis).

Conservazione degli effetti dell’atto introduttivo anche nei rapporti fragiudice e arbitro: sollevata la questione di legittimita costituzio-nale dell’art. 819-ter, comma 2, c.p.c.

1. Eh sı, il Tribunale di Catania ha proprio ragione. Ben puo anzidirsi, con riferimento alla questione di legittimita costituzionale dell’art.819-ter, comma 2, c.p.c., che non tanto di non manifesta infondatezza sitratta, quanto piuttosto, in positivo, di manifesta fondatezza, e cio propriosulla base dei due precedenti invocati, vale a dire, da un lato l’ammissionedell’arbitro a sollevare questioni di costituzionalita (1), dall’altro l’esten-sione ai rapporti fra giudice ordinario e giudice amministrativo del princi-pio di conservazione degli effetti dell’atto introduttivo, previsto dal codiceper l’incompetenza (2).

(1) Com’e noto, tale ammissione, frutto dell’intervento della Corte costituzionale(sentenza 28 novembre 2001 n. 376, citata in motivazione; vedila ad es. in Foro it., 2002, I,1648, con osservazione di ROMBOLI, in Giur. it., 2002, 689, con nota di CANALE, Anche gli ar-bitri rituali possono sollevare la questione di legittimita costituzionale di una norma, inGiust. civ., 2001, I, 2883, con nota di VACCARELLA, Il coraggio della concretezza in una sto-rica decisione della Corte costituzionale, in Riv. dir. proc., 2002, 351, con nota di E.F. RICCI,La « funzione giudicante » degli arbitri e l’effıcacia del lodo (un grand arret della Corte co-stituzionale), in questa Rivista, 2001, 657, con nota di BRIGUGLIO, Merito e metodo nella pro-nuncia della Consulta che ammette gli arbitri rituali alla rimessione pregiudiziale costituzio-nale, in Corriere giur., 2002, 1009, con nota di FORNACIARI, Arbitrato come giudizio a quo:prospettive di una possibile ulteriore evoluzione), e stata poi implicitamente recepita dal le-gislatore con l’art. 819-bis c.p.c., nel testo risultante a seguito del D.Lgs. n. 40/2006.

(2) Com’e parimenti noto, tale estensione, frutto del duplice, pressoche contempora-neo, intervento, delle Sezioni unite della Cassazione (sentenza 22 febbraio 2007 n. 4109, ci-tata in motivazione; vedila ad es. in Foro it., 2007, I, 1010, con nota di ORIANI, E possibilela « translatio iudicii » nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale: divergenze econsonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, in Giur. it., 2007, 2253, con os-servazione di TURRONI, in Dir. proc. amm., 2007, 796, con nota di SIGISMONDI, Difetto di giu-risdizione e translatio iudicii) e della Corte costituzionale (sentenza 12 marzo 2007 n. 77, an-ch’essa citata in motivazione; vedila ad es. in Foro it., 2007, I, 1010, con nota di ORIANI, op.cit., in Giur. it., 2007, 2253, con osservazione cit. di TURRONI, in Giust. civ., 2007, I, 553, inDir. proc. amm., 2007, 796, con nota di SIGISMONDI, op. cit.), e stata poi espressamente rece-

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Su tale base, l’incostituzionalita della norma, piu che una possibilita,rappresenta in effetti una conseguenza pressoche obbligata. Infatti: ricono-sciuto per un verso che il processo arbitrale, in quanto « previsto e disci-plinato dal codice di procedura civile per l’applicazione obiettiva del dirittonel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le ga-ranzie di contraddittorio e di imparzialita tipiche della giurisdizione civileordinaria », « non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organistatali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l’interpre-tazione delle norme applicabili alla fattispecie » (3); esteso per altro versoanche al passaggio da una giurisdizione all’altra il principio della conser-vazione degli effetti dell’atto introduttivo; molto semplicemente non si vedeper quale ragione altrettanto non dovrebbe valere nei rapporti fra giudice earbitro.

Ciononostante, difficilmente, credo, l’incostituzionalita in questionepotra, almeno in quest’occasione, essere dichiarata. Non meno evidentedella sua sussistenza e infatti, a quanto mi pare, la sua irrilevanza per ilgiudizio a quo.

Ma andiamo con ordine.

2. Per quanto concerne la fondatezza della questione di costituzio-nalita, essa e invero talmente manifesta che, paradossalmente, risulta per-fino difficile illustrarla.

In sostanza, il punto e quello per il quale, una volta che, con l’espor-tazione del principio ai rapporti fra giudice ordinario e giudice amministra-tivo, e stato infranto il limite per il quale la conservazione degli effetti del-l’atto introduttivo operava solo all’interno del medesimo canale giurisdizio-nale, e evidente che cio deve valere in generale. Non solo cioe fra giudiceordinario e giudice amministrativo, ma con riferimento a qualunque altrapossibile alternativa, e dunque anche laddove entri in gioco l’arbitrato. Incontrario, occorrerebbe infatti dimostrare che questo presenta caratteristichetali da rendere il rapporto fra giudice (ordinario o amministrativo) e arbitrodifferente (n.b.: rilevantemente differente, vale a dire con riferimento ad unqualche profilo effettivamente e concretamente significativo ai fini in di-scorso) rispetto a quello fra giudice ordinario e giudice amministrativo (inrealta, la questione sarebbe, piu a monte, quella circa l’esistenza di un’ef-fettiva, rilevante, differenza fra il passaggio interno al medesimo canalegiurisdizionale e quello esterno; tale questione e stata pero gia risolta, nelsenso dell’inesistenza di tale differenza, nell’estendere ai rapporti fra giu-dice ordinario e giudice amministrativo il principio della conservazione de-

pita dal legislatore prima con l’art. 59 della Legge n. 69/2009 e poi con l’art. 11 del D.Lgs.n. 104/2010.

(3) Cosı Corte cost. 28 novembre 2001 n. 376, cit.

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gli effetti dell’atto introduttivo; allo stato, il problema relativo all’arbitratorisulta dunque semplificato, nei termini appena riferiti).

Tale dimostrazione (quella circa l’esistenza di una differenza fra ilrapporto giudice-arbitro e quello giudice ordinario-giudice amministrativo)non pare pero possibile. In particolare, non rileva, ritengo di poter affer-mare, il fatto che l’arbitrato non rappresenti esercizio della giurisdizione. Inrelazione al tema in esame, cio che conta, come giustamente rimarcato nel-l’ordinanza ed a suo tempo affermato dalla Corte costituzionale (4), e lafungibilita del giudizio arbitrale rispetto a quello davanti al giudice statale.Il fatto cioe che esso rappresenti una via equivalente a quest’ultimo; un ca-nale alternativo alla giustizia statuale, con caratteristiche ed effetti sostan-zialmente analoghi.

Alla luce di tale fungibilita, non risponderebbe dunque ad alcunacomprensibile ratio distinguere a seconda che in questione siano due canalientrambi giurisdizionali oppure uno giurisdizionale ed uno privato, ammet-tendo la conservazione degli effetti dell’atto introduttivo nel primo caso edescludendola invece nel secondo.

3. La piena e convinta adesione alla tesi dell’incostituzionalita del-l’art. 819-ter c.p.c. non significa peraltro che il commento dell’ordinanza inesame, per quanto concerne il merito del problema (a prescindere cioe dallaquestione circa la rilevanza della questione), sia destinato ad arrestarsi qui.

Per un verso l’ordinanza contiene infatti due affermazioni di dubbiacorrettezza e potenzialmente fuorvianti, in relazione alle quali si rendonodunque necessarie altrettante precisazioni. Per altro verso occorre poi sof-fermarsi sui piu esatti termini dell’incostituzionalita, vale in sostanza a diresul tenore di quella che dovrebbe essere la pronuncia della Corte costitu-zionale (a seguito dell’ordinanza in esame oppure — come appare piu pro-babile (5) — di una rinnovata sollevazione della questione in altra, piu per-tinente, sede). In ultimo, non si puo infine fare a meno di interrogarsi inmerito all’estensibilita o meno del principio della conservazione degli ef-fetti dell’atto introduttivo anche all’arbitrato irrituale.

Iniziando dal primo punto, in questione sono, come detto, due affer-mazioni. La prima, sia pure meramente incidentale, e quella secondo laquale l’inapplicabilita dell’art. 50 c.p.c., sancita dall’art. 891-ter, comma 2,c.p.c., sarebbe « espressione del sistema delle vie parallele », adottato dallegislatore per quanto concerne i rapporti fra giudizio davanti al giudicestatale e arbitrato. La seconda, piu decisa e sulla quale l’ordinanza fa delresto leva per avvalorare la tesi sostenuta, e quella secondo la quale, anchealla luce della riforma dell’arbitrato operata nel 2006, e segnatamente pro-

(4) Corte cost. 28 novembre 2001 n. 376, cit.(5) V. il § 6 testo e nota 15.

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prio del tenore dell’art. 819-ter c.p.c., i suddetti rapporti sarebbero da ri-condurre nell’ambito della competenza.

Ne la prima ne la seconda di tali affermazioni, come detto, appaionocorrette.

Quanto in particolare alla seconda, essa si scontra infatti con il dato,emergente dall’intero ordinamento, per il quale per competenza si intendela ripartizione del potere giurisdizionale interno ad un dato apparato giuri-sdizionale (giudici ordinari, giudici amministrativi, ecc.). Posto che gli ar-bitri, integrino o meno un giurisdizione, di certo sono estranei all’ammini-strazione statale della giustizia, non c’e dunque dubbio che il riferimentoalla competenza, utilizzato dalla legge per quanto concerne i rapporti con igiudici, e erroneo (6).

Cio detto, va peraltro chiarito che questo non inficia in alcun modo lafondatezza della questione di costituzionalita sollevata. Questa si regge in-fatti benissimo sulla base di quanto sopra illustrato, a prescindere dalla ri-conducibilita alla competenza dei rapporti fra giudice e arbitro.

Quanto poi alla prima affermazione — vale a dire quella secondo laquale l’inapplicabilita dell’art. 50 c.p.c. sarebbe « espressione del sistemadelle vie parallele » — essa contiene in effetti un fondo di verita, nel sensoche la non conservazione degli effetti dell’atto introduttivo concorre ad in-tegrare il quadro di reciproca estraneita dei due canali in questione (quellogiurisdizionale e quello arbitrale). Nondimeno, le due cose non sono inrealta necessariamente implicate. La reciproca estraneita fra giudizio sta-tuale ed arbitrato di per se non esclude infatti che, in caso di passaggio dal-l’uno all’altro gli effetti dell’atto introduttivo si conservino. Cio e del restodimostrato dal fatto che anche nei rapporti fra il giudizio davanti al giudiceordinario e quello davanti al giudice amministrativo non si da litispenden-za/continenza/connessione e nondimeno, a seguito degli interventi primadella Cassazione e della Corte costituzionale, e poi del legislatore, sopra ri-cordati (7), sono fatti salvi gli effetti dell’atto introduttivo.

Piu precisamente, tre, possibilmente concorrenti, sono gli aspetti coin-volti nella problematica in discorso: per un verso l’applicabilita degli isti-tuti di soluzione preventiva del conflitto, o comunque volti alla realizza-zione del simultaneus processus, appena richiamati (litispendenza/continen-za/connessione); per altro verso la vincolativita delle pronunce sulla spet-tanza della causa all’uno oppure all’altro canale emesse all’interno di unodi questi; per altro verso ancora la conservazione degli effetti dell’atto in-

(6) In tal senso v. ad es. CAPPONI, in Commentario alle riforme del processo civile,a cura di BRIGUGLIO e CAPPONI, III, 2, Arbitrato, Padova, 2009, 873 ss.; FORNACIARI, Natura, dirito o di merito, della questione circa l’attribuzione di una controversia ai giudici statali op-pure agli arbitri, in Corr. giur., 2003, 465 s.; PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, I2,Padova, 2012, 197 s. e 204 s.

(7) § 1 testo e note 1 e 2.

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troduttivo in caso di passaggio da un canale all’altro. Di tali tre aspetti,quello dal quale, propriamente parlando, effettivamente dipende la riscon-trabilita o meno di un sistema di vie parallele e evidentemente il primo.Non applicandosi gli istituti in questione, puo darsi infatti la contempora-nea, autonoma, pendenza di due processi sul medesimo oggetto, o su og-getti compenetrati o connessi, e possibilmente la pronuncia di due auto-nome decisioni di merito, che e cio che connota il suddetto sistema di vieparallele.

Non, sia chiaro, che la cosa possieda, di per se, un significato partico-lare. La questione e anzi, da un certo punto di vista, meramente terminolo-gica, ben potendosi convenzionalmente ritenere la presenza di un sistemadi vie parallele solo in presenza di tutti e tre gli aspetti in discorso. Quelloche conta e pero avere chiaro che questi non sono indissolubilmente legati,sı che la presenza dell’uno implichi necessariamente anche quella degli al-tri due. Al contrario, ben puo darsi che, pur non applicandosi gli istitutidella litispendenza/continenza/connessione, le pronunce sulla spettanzadella causa siano vincolanti (questo e precisamente cio che accade nei rap-porti fra giudice ordinario e giudice amministrativo). Cosı come puo ulte-riormente darsi che, pur non esistendo tale vincolo, si dia nondimeno laconservazione degli effetti dell’atto introduttivo.

In questione sono cioe tre aspetti, possibilmente concorrenti, ma di-stinti fra loro e tali dunque che le relative problematiche non risultano ne-cessariamente implicate. E conseguentemente importante — da qui la ne-cessita di soffermarsi sull’affermazione, pur incidentale, contenuta nell’or-dinanza — non solo, cio che e ovvio, evitare di sovrapporre o, peggio, diconfondere fra loro tali aspetti, ma anche semplicemente di istituire fra essi,magari inavvertitamente, collegamenti automatici.

Tutto questo fermo poi restando, com’e ovvio, il giudizio piu o menofavorevole sulle varie opzioni, vuoi isolatamente considerate, vuoi nellaloro combinazione, ed impregiudicati, per quanto in particolare concernel’art. 819-ter c.p.c., i numerosi problemi ingenerati dall’insipiente formula-zione della norma, ad un tempo lacunosa e contraddittoria (8).

4. Passando al secondo dei punti di cui sopra, vale a dire quello re-lativo ai termini dell’incostituzionalita, questa, per come sollevata, con-cerne l’art. 819-ter, comma 2, c.p.c., « nella parte in cui prevede che non siapplichi l’art. 50 c.p.c. nei rapporti tra arbitrato e processo ». Tale indica-

(8) Su tali problemi v. ad esempio BOVE, in BOVE - CECCHELLA, Il nuovo processo ci-vile, Milano, 2006, 78 ss.; CAPPONI, in Commentario, cit., 873 ss.; PUNZI, Disegno sistema-tico, cit., 192 ss.; LUISO, Rapporti fra arbitro e giudice, in questa Rivista, 2005, 773 ss.; RICCI,in Arbitrato, commentario diretto da CARPI

2, Bologna, 2008, 500 ss.; VERDE, Lineamenti didiritto dell’arbitrato3, Torino, 2010, 22 ss.

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zione, per quanto indubbiamente indotta dal tenore della norma, cheesclude appunto l’applicabilita, fra gli altri, dell’art. 50 c.p.c., non mi paretuttavia del tutto esatta.

Essa da un lato sottende infatti l’idea che l’incostituzionalita derive-rebbe dalla mancata applicabilita dell’art. 50 c.p.c. tout court, dall’altro im-plica che, una volta dichiarata, ne discenderebbe l’applicazione in toto ditale norma. Questo e pero per un verso ultroneo, per l’altro impossibile.

Per comprendere il senso di tali affermazioni, occorre considerare chel’art. 50 c.p.c. prevede la continuazione del processo, e dunque, implicita-mente, la conservazione degli effetti dell’atto introduttivo, in caso di rias-sunzione entro un dato termine (recentemente ridotto a tre mesi).

Ben si comprende dunque, mi pare, per quale ragione l’applicazionetout court di tale norma risulterebbe innanzitutto ultronea. Il problema, dalquale origina la questione di costituzionalita, non consiste infatti nella man-cata previsione della riassunzione anche nei rapporti fra giudice e arbitro,ma, piu semplicemente, nella mancata conservazione degli effetti dell’attointroduttivo; dopodiche il fatto che il passaggio da una sede all’altra av-venga tramite riassunzione oppure tramite riproposizione della domanda eun aspetto tecnico che non incide sulla tutela delle parti e che deve dunquerimanere fuori dall’intervento della Corte costituzionale.

Ma non solo. Come detto, l’applicazione in toto dell’art. 50 c.p.c. ri-sulterebbe in realta piu in radice impossibile ed anche questo risulta, mipare, agevolmente comprensibile. Il punto e infatti che, a differenza diquanto accade per il passaggio interno alla giurisdizione ordinaria o aquella amministrativa, l’ordinamento non contempla alcuna disciplina dellariassunzione per i passaggi esterni. L’unico modo di reiterare la richiesta ditutela, in tali casi, non puo dunque essere se non la riproposizione della do-manda, nei modi e con le forme richiesti dal rito applicabile davanti al sog-getto (giudice o arbitro) adito in seconda battuta. Non per nulla, del resto,precisamente in tali termini e stato disciplinato, dai citati (9) artt. 59 Leggen. 69/2009 e 11 D.Lgs. n. 104/2010, il passaggio dal giudice ordinario algiudice amministrativo e viceversa.

Differentemente da come la questione e stata sollevata — e viceversain linea con l’intervento operato a suo tempo a proposito dei rapporti fragiudice ordinario e giudice amministrativo (10) — ritengo dunque che ladeclaratoria di incostituzionalita dovrebbe concernere non gia la mancataapplicabilita tout court dell’art. 50 c.p.c., bensı, la mancata previsione dellaconservazione degli effetti dell’atto introduttivo, laddove la domanda vengariproposta nel termine indicato da tale norma.

Questo e pero in definitiva irrilevante. Proprio alla luce dell’impossi-

(9) Note 1 e 2.(10) Cfr. Corte cost. 12 marzo 2007 n. 77, cit.

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bilita, della quale si e appena detto, quand’anche infatti la Corte costituzio-nale dovesse pronunciarsi nei medesimi termini dell’ordinanza di rimes-sione, in questione non potrebbe comunque mai essere la riassunzione delprocesso, dovendo viceversa giocoforza trattarsi della riproposizione delladomanda.

5. Chiarito questo e venendo al terzo dei punti precedentemente in-dicati, vale a dire quello relativo all’estensibilita o meno del principio dellaconservazione degli effetti dell’atto introduttivo all’arbitrato irrituale, sitratta indubbiamente della questione piu delicata e disputabile.

In verita, ad una prima impressione anche a questo proposito il di-scorso sembrerebbe, quantomeno nei suoi termini essenziali, abbastanzasemplice; nel senso che tutto sembrerebbe dipendere da come si intendal’arbitrato irrituale (11): laddove si ritenga che anche questo dia luogo ad unaccertamento, configurandosi dunque come un fenomeno omogeneo all’ar-bitrato rituale (e pertanto, quantomeno ai fini del problema in esame, algiudizio statuale) (12), e evidente che anche qui dovrebbe valere la conser-vazione degli effetti dell’atto introduttivo; laddove viceversa si ritenga cheesso abbia natura innovativa, distinguendosi dunque nettamente dall’arbi-trato rituale (e pertanto dal giudizio statuale) (13), la conservazione deglieffetti dovrebbe viceversa essere esclusa.

Per quanto in particolare concerne la seconda ipotesi (quanto allaprima, non mi pare vi sia necessita di dimostrazioni), che le cose stiano ef-fettivamente nel senso indicato sembrerebbe discendere da cio, che in taleottica la richiesta che viene rivolta all’arbitro ha un contenuto differente ri-spetto a quella che viene rivolta al giudice: mentre a quest’ultimo vienechiesto l’accertamento di un diritto, al primo viene invece chiesta la suacostituzione. Proprio in cio consiste infatti, nell’ottica in discorso, la con-

(11) A scanso di equivoci e bene precisare che, parlando di semplicita, s’intende farriferimento esclusivamente a cio che nella presente sede piu specificamente rileva, vale a direle ricadute dell’inquadramento dell’arbitrato sul problema della conservazione o meno deglieffetti dell’atto introduttivo. Tutt’altro discorso vale poi, com’e ovvio, per quanto concernetale inquadramento, che, in quanto problema preliminare, esula pero dallo specifico tema quiin esame.

(12) Questa a mio avviso la soluzione corretta (v. in proposito FORNACIARI, Linea-menti di una teoria generale dell’accertamento giuridico, Torino, 2002, 324 ss.; ID., Arbi-trato come giudizio a quo, cit., 1018; ID., Natura, di rito o di merito, della questione, cit.,469). In tal senso PUNZI, Disegno sistematico, cit., 217 ss.; SASSANI, L’arbitrato a modalitairrituale, in questa Rivista, 2007, 28 ss.; TOTA, in Commentario alle riforme del processo ci-vile, a cura di BRIGUGLIO e CAPPONI, III, 2, Arbitrato, Padova, 2009, 562.

(13) In tal senso BOVE, Note in tema di arbitrato libero, in Riv. dir. proc., 1999, inpart. 731 e ID., Art. 808 ter, in Nuove leggi civ. comm., 2007, in part. 1187, e in La nuovadisciplina dell’arbitrato. Commentario agli artt. 806-840 c.p.c. Aggiornato alla legge 18giugno 2009, n. 69, a cura di MENCHINI, Padova, 2010, in part. 78.

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venzione di arbitrato: nell’eliminazione del diritto in ipotesi scaturentedalla fattispecie sostanziale (quel diritto cioe, del quale, in assenza di con-venzione, si chiederebbe l’accertamento al giudice) e nella richiesta all’ar-bitro di costituirne uno nuovo, trovante il proprio titolo esclusivamentenella sua pronuncia (in tale ottica, il giudice, ove riscontri la presenza diuna convenzione di arbitrato, rigetta senz’altro la domanda nel merito: lasituazione originaria, quand’anche in ipotesi esistente, e comunque venutameno a seguito della convenzione e la nuova insorgera solo a seguito del-l’arbitrato). Data tale diversita, la possibilita di una conservazione di effettisembrerebbe dunque esclusa per definizione.

A meglio riflettere, qualche dubbio in proposito tuttavia insorge.Pur essendo indubitabile che, nell’ottica dell’innovativita dell’arbi-

trato, la situazione soggettiva della parte deriva dalla pronuncia dell’arbi-tro, cio non toglie infatti che tale pronuncia non e arbitraria. In particolare,non lo e in caso di arbitrato di diritto. In tal caso, essa rimane strettamentelegata alla verifica circa la sussistenza o meno di quella certa fattispecie, aicui effetti diretti le parti hanno bensı rinunciato, convenendo di rivolgersiall’arbitro, ma che nondimeno rimane determinante per il contenuto dellapronuncia.

Schematizzando, la situazione e cioe la seguente: data una fattispeciedel tipo a + b + c = x, le parti, convenendo di rivolgersi all’arbitro estin-guono x e chiedono all’arbitro che, ove riscontri la presenza di a, b e c, co-stituisca il diritto y; diritto peraltro del tutto analogo ad x, salva solo la di-versa fattispecie costitutiva, rappresentata non direttamente da a + b + c,bensı dalla pronuncia dell’arbitro. In questione sono dunque da un lato unoschema fatto → effetto, dall’altro uno schema fatto → pronuncia costitutiva→ effetto (14). A seconda che la controversia rientri o meno nella conven-zione di arbitrato operera, rispettivamente, il secondo oppure il primoschema. Cio non toglie pero che tanto in un caso quanto nell’altro la pro-nuncia finale, dichiarativa in un caso, costitutiva nell’altro, dipende comun-que dall’esistenza di a, b e c.

Alla luce di tale circostanza, siamo allora cosı sicuri che la differenzafra le due fattispecie, e dunque fra il contenuto della domanda nei due casi,sia realmente rilevante agli specifici fini della conservazione degli effettidell’atto introduttivo? Il quadro che, in concreto, si presenta e infatti que-sto: tizio vuole che venga riconosciuto che, essendosi verificati a, b e c, egliha un diritto con un certo contenuto; a seconda che operi o meno la con-venzione di arbitrato, in questione sara l’accertamento di tale diritto (incaso di inoperativita) oppure la sua costituzione (in caso di operativita); tale

(14) Per una piu completa illustrazione dei vari modelli di produzione di effetti giu-ridici si rinvia a FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, Torino, 1999,191 ss.

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differenza dipende pero appunto solo dall’operativita o meno della conven-zione di arbitrato e pertanto dal fatto che, per ottenere cio che vuole, laparte debba percorrere l’una o l’altra via, rivolgendosi al giudice oppure al-l’arbitro. Nella prospettiva per la quale, in generale, l’errore in tale scelta,e dunque la necessita di trasferire la propria richiesta da una sede all’altra,non travolge gli effetti dell’atto introduttivo, ha senso che questo non valgain ragione di una differenza di contenuto di tale richiesta, che dipendeesclusivamente dalla sede nella quale questa viene proposta? Detto piuchiaramente: se la ratio della salvezza degli effetti dell’atto introduttivoconsiste nel ritenere che cio che conta e la manifestazione di volonta dichiedere tutela, a prescindere dall’errore commesso nella scelta del canaledi tutela attivato, in nome di cosa dovrebbe ritenersi che tale ratio nonoperi laddove la domanda abbia bensı un contenuto differente nelle duesedi, ma tale differenza dipenda solo dal diverso meccanismo di produzionedell’effetto nelle due prospettive e non anche da una reale diversita del ri-sultato perseguito?

Laddove, come personalmente inclino a ritenere, tale interrogativo siadestinato a ricevere risposta negativa (nel senso cioe che non esistono va-lidi motivi per ritenere che la ratio della salvezza degli effetti dell’atto in-troduttivo debba ritenersi in questo caso inoperante), ecco allora che, ancheper l’arbitrato irrituale, la richiesta di tutela dovrebbe conservare effetti inogni caso, quale che sia l’opzione in merito alla natura, accertativa oppureinnovativa, dell’istituto.

6. Tutto quanto precede rischia peraltro di rimanere, quantomenoper il momento, meramente teorico, in quanto, come anticipato, la que-stione sollevata, pur fondatissima, risulta purtroppo irrilevante per il giudi-zio a quo.

La cosa e invero abbastanza evidente. Perche una questione di legit-timita costituzionale sia rilevante occorre infatti che essa investa unanorma, della quale il giudice dovrebbe fare applicazione. Nel caso di spe-cie questo pero non si verifica. Ai fini del rigetto in rito, in ragione dell’esi-stenza della convenzione arbitrale, l’art. 819-ter, comma 2, c.p.c. e la con-seguente inapplicabilita dell’art. 50 stesso codice non vengono infatti in al-cun modo in considerazione. Certo, la mancata salvezza degli effetti delladomanda implichera la decadenza dell’attrice dal potere di impugnare ladelibera. Questo e pero un problema che dovra essere affrontato non in sedegiudiziale, bensı davanti all’arbitro, una volta che, respinta la domanda daparte del giudice, la domanda verra riproposta davanti a lui. E infatti a talpunto che, in applicazione dell’art. 819-ter, comma 2, c.p.c., dovra dichia-rarsi la decadenza e che dunque diventera rilevante la legittimita costituzio-nale o meno di tale norma.

Salvo che la Corte costituzionale scelga di chiudere un occhio sulpunto, il problema e dunque destinato a rimanere.

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Il danno e peraltro di poco conto e si traduce in sostanza solo in unritardo. Si trattera infatti semplicemente di attendere che, riproposta la do-manda davanti all’arbitro, questi sollevi di nuovo la questione. Ne, al-l’uopo, si richiedera, da parte di tale soggetto, uno sforzo particolare: l’or-dinanza di rimessione alla Corte costituzionale e gia pronta e con « copia »e « incolla » il darle nuova veste e questione di minuti (15).

MICHELE FORNACIARI

(15) In alternativa, la questione potrebbe ovviamente essere sollevata anche dal giu-dice statale, laddove, in una vicenda speculare rispetto a quella qui presa in considerazione,fosse l’arbitro a ritenere la causa non di propria spettanza.

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II) STRANIERA

Sentenze annotate

FRANCIA - TRIBUNAL DES CONFLITS; decisione 17 maggio 2010; Institut na-tional de la sante et de la recherche medicale c. Fondation Letten F. Saugstad.

Il ricorso contro un lodo arbitrale reso in Francia, che mette in gioco gli in-teressi del commercio internazionale, anche se amministrativo secondo i criteri didiritto interno francese, va portato davanti alla corte d’appello del luogo in cui illodo e stato reso, in conformita con l’articolo 1505 del codice di procedura civile,atteso che detto ricorso non attenta contro il principio della divisione tra autoritaamministrativa e giudiziaria. Tuttavia ad una diversa conclusione potrebbe giun-gersi qualora il ricorso, diretto contro un lodo pronunciato nelle medesime condi-zioni, implicasse il controllo della conformita del lodo alle regole imperative di di-ritto pubblico francese relative all’occupazione della proprieta pubblica o relativea contratti pubblici di appalto e applicabili ai mercati pubblici, ai contratti dipartnership e ai contratti di delega di servizi pubblici.

CENNI DI FATTO. — L’Institut national de la recherche medicale (INSERM), unente pubblico francese, stipula con la Fondation Saugstad, una fondazione norve-gese, un contratto per un progetto per la costruzione di un centro di ricerca di neu-robiologia. Insorta lite fra le parti, INSERM conviene in giudizio la FondationSaugstad, per il pagamento della somma ancora dovuta, davanti al Tribunale di Pa-rigi (Tribunal de Grande Instance), il quale accoglie la domanda dell’attore.

La Corte d’Appello di Parigi riforma la decisione impugnata, dichiarando cheil Tribunale non aveva giurisdizione sulla controversia insorta tra le parti, poichequesta spettava ad un organo arbitrale in base alla clausola compromissoria pre-sente nel Protocole d’accord (il Contratto) sottoscritto dalle parti.

In forza di essa, dunque, il presidente del Tribunale di Parigi, su domanda diINSERM nomina un arbitro unico. Nel lodo, emanato il 4 maggio 2007, l’arbitrounico decide la lite insorta tra le parti, respingendo la domanda dell’attore e ordi-nandogli di restituire la somma precedentemente pagata dal convenuto, con gli in-teressi maturati.

Successivamente, INSERM impugna il lodo davanti alla Corte d’Appello Am-ministrativa di Marsiglia per ottenere l’annullamento di esso e un ordine rivolto allaFondation Saugstad di adempiere alle sue obbligazioni. Con ordinanza del 31 ago-sto 2007, il Presidente della Corte d’Appello Amministrativa di Marsiglia rimettela causa al Consiglio di Stato a norma dell’articolo R351-2 del codice di giustizia

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amministrativa. Contemporaneamente, INSERM promuove un giudizio di annulla-mento del medesimo lodo davanti alla Corte d’Appello di Parigi. La Corte d’Ap-pello, in data 13 novembre 2008, afferma la propria giurisdizione, sulla base del-l’art. 1505 c.p.c. francese, a conoscere dell’impugnazione del lodo, e respinge ladomanda dell’attore.

Il Consiglio di Stato con pronuncia del 31 luglio 2009 rimette il caso al Tri-bunal des Conflits, per la risoluzione dei gravi problemi di riparto di giurisdizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Vu l’expedition de la decision du 31 juillet 2009 parlaquelle le Conseil d’Etat statuant au contentieux, saisi de la requete de l’Institutnational de la sante et de la recherche medicale (INSERM) tendant, d’une part, al’annulation de la sentence arbitrale rendue le 4 mai 2007 par l’arbitre designe parle president du tribunal de grande instance de Paris dans le litige l’opposant a laFondation Letten F. Saugstad a la suite de la rupture par celle-ci du protocole d’ac-cord conclu entre eux et ayant pour objet la realisation et le financement d’un ba-timent destine a abriter un institut de recherche projete dans le cadre d’un pro-gramme scientifique commun, et, d’autre part, a la condamnation de la Fondationau paiement de la somme de 3.506.327, 40 euros, a renvoye au Tribunal, par ap-plication de l’article 35 du decret du 26 octobre 1849 modifie, le soin de decidersur la question de la competence;

[...] Considerant que le recours forme contre une sentence arbitrale rendue enFrance, sur le fondement d’une convention d’arbitrage, dans un litige ne de l’exe-cution ou de la rupture d’un contrat conclu entre une personne morale de droit pu-blic francaise et une personne de droit etranger, execute sur le territoire francais,mettant en jeu les interets du commerce international, fut—il administratif selon lescriteres du droit interne francais, est porte devant la cour d’appel dans le ressort delaquelle la sentence a ete rendue, conformement a l’article 1505 du code de proce-dure civile, ce recours ne portant pas atteinte au principe de la separation des auto-rites administratives et judiciaires; qu’il en va cependant autrement lorsque le re-cours, dirige contre une telle sentence intervenue dans les memes conditions, im-plique le controle de la conformite de la sentence aux regles imperatives du droitpublic francais relatives a l’occupation du domaine public ou a celles qui regissentla commande publique et applicables aux marches publics, aux contrats de parte-nariat et aux contrats de delegation de service public; que, ces contrats relevantd’un regime administratif d’ordre public, le recours contre une sentence arbitralerendue dans un litige ne de l’execution ou de la rupture d’un tel contrat releve dela competence du juge administratif;

Considerant que le protocole d’accord conclu entre l’INSERM, etablissementpublic national a caractere scientifique et technologique, et la fondation Letten F.Saugstad, association de droit prive norvegienne, dont l’objet est la construction enFrance d’un batiment destine a abriter un institut de recherche juridiquement etinstitutionnellement integre a l’INSERM et qui en prevoit le financement partiel parla fondation, met en jeu les interets du commerce international; que, des lors, le re-cours en annulation forme contre la sentence arbitrale rendue dans le litige oppo-sant les parties quant a l’execution et a la rupture de ce contrat, lequel n’entre pasau nombre de ceux relevant du regime administratif d’ordre public ci-dessus defini,releve de la competence de la juridiction judiciaire;

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DECIDE. — Article 1er: La juridiction judiciaire est competente pour connaıtredu recours en annulation forme par l’INSERM a l’encontre de la sentence arbitralerendue dans le litige qui l’oppose a la fondation Letten F. Saugstad ainsi que de lademande en paiement dirigee contre celle-ci.

Article 2: La presente decision sera notifiee au garde des sceaux, ministre dela justice et des libertes, qui est charge d’en assurer l’execution.

Arbitrabilita e riparto di giurisdizione nei « contratti amministrativi ».

1. La decisione qui commentata presenta un notevole interesse, enon solo perche essa consente una ricognizione del modo di essere sulpunto del sistema francese, ma anche perche tocca problemi che hanno su-scitato un dibattito non sopito nel nostro ordinamento. Essa infatti si inse-risce nel quadro di valutazione di un duplice problema: da una parte, dellaquestione dell’arbitrabilita di controversie che sorgono da « contratti ammi-nistrativi », ossia da contratti in cui una delle parti e lo Stato o un entepubblico; dall’altra del problema del riparto di giurisdizione tra giudice or-dinario e giudice amministrativo per conoscere dei ricorsi contro lodi ema-nati sulla base di clausole compromissorie o compromessi in controversiecoinvolgenti un ente pubblico.

Ebbene, nella sua decisione del 17 maggio 2010, il Tribunal des Con-flits decide che di norma e il giudice ordinario, e in particolare la Corte diappello, ad avere giurisdizione per conoscere delle impugnazioni di lodiemessi in seguito ad un arbitrato sorto da un contratto fra un ente pubblicofrancese e un ente privato straniero. In particolare il Tribunal des Conflitsstabilisce che, in base all’art. 1505 c.p.c. francese, la Corte d’appello deldistretto in cui e stato reso il lodo ha giurisdizione per conoscere del ricorsocontro il medesimo quando questo sia stato: i) emesso in Francia sulla basedi una clausola compromissoria; ii) in una controversia sorta dall’esecu-zione o dalla risoluzione di un contratto tra un ente pubblico francese e unapersona fisica o giuridica straniera; iii) eseguito sul territorio francese e chemette in gioco gli interessi del commercio internazionale; e cio anche se sitratta di un contratto amministrativo secondo i criteri della legge francese.

Il Tribunal des Conflits precisa pero che questa regola non e assoluta.Infatti, il giudice amministrativo avra giurisdizione per conoscere dell’im-pugnazione di lodi pronunciati nelle circostanze elencate sopra, allorche ilcontratto sia soggetto a un regime amministrativo di ordine pubblico. Cioavviene, in particolare, quando il ricorso implica « le controle de la confor-mite de la sentence aux regles imperatives du droit public francais relati-ves a l’occupation du domaine public ou a celles qui regissent la com-mande publique et applicables aux marches publics, aux contrats de parte-nariat et aux contrats de delegation de service public ».

La sentenza in esame era molto attesa ed e stata molto contestata. Lo

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scopo del presente commento sara quello di collocare la decisione del Tri-bunal des Conflits all’interno di questo duplice dibattito.

Prima dunque ci occuperemo del problema dell’arbitrabilita, analiz-zando le norme rilevanti del diritto francese, la giurisprudenza sviluppataal riguardo e, infine, l’impatto della decisione INSERM. Poi passeremo adanalizzare il problema del riparto di giurisdizione e prenderemo in consi-derazione le proposte e i suggerimenti formulati prima della decisione, ladecisione del Tribunale e infine le critiche e la reazione dei giuristi francesi.Concluderemo il nostro commento con un breve sguardo sull’Italia. Da unaparte, valuteremo l’ipotesi in cui una parte chieda in Italia il riconoscimentoe l’esecuzione di un lodo ottenuto in un arbitrato con sede all’estero in unacontroversia coinvolgente un ente pubblico e una parte privata. Dall’altraparte, valuteremo (assai brevemente) la questione del riparto di giurisdi-zione fra giudice ordinario e giudice amministrativo qualora si verificassein Italia un caso simile a quello in commento coinvolgente INSERM inFrancia. Anche l’Italia, infatti, e un paese fedele al riparto di giurisdizionefra giudice amministrativo e giudice ordinario.

2.1. In Francia, per quanto riguarda l’arbitrabilita delle controversieche insorgono da un « contratto amministrativo », la regola e molto chiarae semplice: i contratti amministrativi non sono arbitrabili; un ente pubblicoche stipula un contratto con un altro ente pubblico o con un privato non puorimettere ad arbitri la lite insorta, e non puo nemmeno prevedere una clau-sola compromissoria nel contratto.

Questa regola si trova a chiare lettere nell’art. 2060 c.c. francese, se-condo il quale: « On ne peut compromettre... sur les contestations interes-sant les collectivites publiques et les etablissement publics et plus genera-lement dans toutes les matieres qui interessent l’ordre public » (1). A que-sta norma bisogna aggiungere l’art. 2061 c.c. francese nella sua versioneanteriore alla riforma intervenuta con l’art. 126 della Legge n. 2001-420 del15 maggio 2001, il quale disponeva che: « La clause compromissoire estnulle s’il n’est dispose autrement par la loi ».

Tale divieto costituisce un principio generale del diritto pubblico fran-cese. E i motivi tradizionali per un simile divieto di rimettere ad arbitri

(1) La riforma francese del 2011 della legge sull’arbitrato, decret n. 2011-48 del 13gennaio 2011, non ha modificato questa norma. La riforma ha interessato le regole sull’arbi-trato contenute nel nuovo codice di procedura civile francese, non ha invece modificato leregole sull’arbitrato del codice civile. E opportuno sottolineare fin da subito che la riformadella legge dell’arbitrato non ha nemmeno interessato le regole del c.p.c. francese per quantoriguarda il giudice competente a conoscere del ricorso contro un lodo. Il c.p.c. francese in-dica, ancora, solamente la Corte d’appello del luogo dove il lodo e stato emesso come giu-dice competente. Nessuna menzione e fatta della possibile giurisdizione del giudice ammini-strativo. Si veda il nuovo art. 1519 c.p.c. francese.

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controversie nascenti da contratti stipulati da enti pubblici, sono che gli entipubblici non sono portatori di un proprio interesse privato, ma portano uninteresse pubblico e percio non possono essere liberi di scegliere di dero-gare alla giurisdizione dello Stato e decidere di affidare la risoluzione diuna controversia che li riguarda ad una forma di giustizia privata (2).

Il divieto per gli enti pubblici di rimettere ad arbitri le liti che possonoinsorgere dai loro contratti non e pero un divieto assoluto. E un divieto sta-bilito dalla legge e che quindi puo essere derogato dalla legge (3). Questoe dimostrato dalla presenza nel diritto francese di disposizioni particolariche concedono la possibilita di compromettere in arbitrato a specifici entipubblici (4). Inoltre, ad ulteriore conferma della derogabilita del divieto, vie l’introduzione di un secondo comma nell’art. 2060 c.c. francese, secondoil quale: « Toutefois, des categories d’etablissement publics a caractere in-dustriel et commercial peuvent etre autorisees par decret a compromet-tre » (5). Questo secondo comma ammette dunque che certi enti pubblici dicarattere industriale o commerciale possano essere autorizzati per decreto acompromettere.

Questa apertura deve tuttavia essere precisata alla luce dell’Avis delConseil d’Etat del 6 marzo 1986, nel caso Eurodisneyland (6). Secondo ilConseil d’Etat, il menzionato secondo comma dell’art. 2060 c.c. non auto-rizza gli enti pubblici, specificamente autorizzati per decreto, ad inserireuna clausola compromissoria nei loro contratti con enti privati o con altrienti pubblici. Esso implica semplicemente la possibilita di essere autoriz-zati a compromettere una lite gia sorta. In tale decisione del Conseil d’Etate dunque ancora presente l’idea forte che gli enti pubblici, in quanto por-tatori di un interesse generale, non possano derogare in modo vincolante euna volta per tutte alla giurisdizione ordinaria dello Stato. E dietro questaconcezione vi e anche quella che vede nell’arbitrato non una forma di giu-stizia alternativa ed equiparabile a quella dello Stato, ma una sorta di ac-cordo privato, corrispondente all’idea che la soluzione della controversiaper via di un arbitrato in realta non sia altro che una transazione, e che glienti pubblici non possano transigere, in quanto gli interessi di cui sono por-tatori non sono privati, ma pubblici.

(2) Questi motivi si trovano ben sintetizzati in GUYOMAR, Conclusions de Monsieurle commissaire du gouvernement, Tribunal des Conflits, 17 mai 2010, Inserm/Fondation Let-ten Saugstad, in Cahiers arb., 2010, 496, 497.

(3) Vedi GUYOMAR, Conclusions, cit., 497; anche AUDIT, Le nouveau regime de l’Ar-bitrage des Contrats Administratifs Internationaux, in Rev. arb., 2010, 263 ss.

(4) Vedi GUYOMAR, Conclusions, cit., 497 e tra le altre: Loi n. 82-1153 del 30 dicem-bre 1982, art. 25; Loi n. 90-568 del 2 luglio 1990, art. 28.

(5) Comma inserito dalla Loi n. 75-596, 9 luglio 1975.(6) Conseil d’Etat, Avis n. 339.710, del 6 marzo 1986, Eurodisneyland, Grand Avis

de Conseil d’Etat, n. 15, in http://www.conseil_etat.fr/fr/base_de_jurisprudence/; LABETOULLE,in Rev. arb., 1992, 398.

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2.2. Questa essendo in breve la situazione di diritto positivo, chevede un divieto generale e diverse deroghe introdotte da leggi speciali,dobbiamo ora passare ad analizzare la giurisprudenza che si e pronunciatasul problema in esame. Come spesso avviene, infatti, una soluzione chiaranella lettera della legge non risolve ogni problema del diritto vivente, tantoche sono stati i giudici sia ordinari che della giurisdizione amministrativa adare delle risposte concrete, sebbene a volte contraddittorie (7).

Uno dei problemi a cui la lettera della norma non risponde e se il di-vieto di rimettere ad arbitri le liti in cui una parte e un ente pubblico com-prende anche i casi di contratti internazionali, e dunque i casi in cui l’arbi-trato che ne deriverebbe sarebbe un arbitrato internazionale a norma del-l’art. 1492 c.p.c. francese (8).

Al riguardo la Cour de Cassation nel famoso caso Galakis (9) del1966 ha risposto che il divieto imposto dall’art. 2060 c.c. francese non ri-guarda casi internazionali. E dunque lo Stato o enti pubblici possono, se-condo questa giurisprudenza, compromettere ed inserire clausole compro-missorie in contratti che mettono in gioco interessi del commercio interna-zionale.

Il Conseil d’Etat, nella sua decisione del 1989 nel caso AREA (10),conferma il divieto per gli enti pubblici di inserire nei loro contratti clau-sole compromissorie e afferma la nullita di tali clausole per violazione del-l’art. 2061 c.c. francese. In tale caso si trattava di un contratto amministra-tivo interno, ossia in cui entrambe le parti erano francesi, e non erano coin-volti interessi del commercio internazionale.

Il Conseil d’Etat pero, nel suo famoso Avis Eurodisneyland del1986 (11), prende posizione (in modo diverso dalla Cour de Cassation) sullaquestione dell’arbitrabilita di contratti amministrativi internazionali. Nelcaso di specie si trattava di un contratto per la creazione del parco di diver-timenti Eurodisneyland a Marne-la-Vallee. Le parti del contratto erano, dauna parte, lo Stato Francese, la regione Ile-de-France e il dipartimento diVal-de-Marne e, dall’altra parte, la Societa Walt Disney Productions. Se-

(7) Per un punto della situazione sull’arbitrabilita dei contratti amministrativi vedi:LOQUIN, Retour depassione sur l’arret INSERM c/ Fondation Letten F. Saugstad, JDI, 2011,841 ss.; HANOTIAU, CAPRASSE, Arbitrability, Due Process, and Public Policy under Article Vof the New York Convention - Belgian and French Perspectives, Journal of International Ar-bitration 25(6), 2008, 721.

(8) Art. 1492 « Est international l’arbitrage qui met en cause des interest du com-merce international ». Dopo la riforma della legge dell’arbitrato francese del 2011 si vedal’art. 1504 c.p.c. dal medesimo tenore letterale.

(9) Cour de Cassation, 1re Chambre Civil, 2 maggio 1966, Tresor Public c/ Galakis,in Rev. arb., 1966, 575.

(10) Conseil d’Etat n. 79532, Section du Contentieux, 3 marzo 1989, A.R.E.A., in ht-tp://ariainternet.conseil_etat.fr

(11) Conseil d’Etat, 6 Mars 1986, Eurodisneyland, cit.; LABETOULLE, cit., 398.

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condo il Conseil d’Etat, quel contratto non poteva contenere una clausolacompromissoria, e qualora fosse stata inclusa sarebbe stata colpita da unanullita di ordine pubblico. Cio perche il contratto in questione « releve del’ordre juridique interne francais et n’entre dans le champ d’applicationd’aucune disposition legislative autorisant exceptionellement le recours ala clause compromissoire » (12). Quindi, secondo il Conseil d’Etat, un con-tratto amministrativo, benche internazionale, non puo contenere una clau-sola compromissoria. Questa conclusione e molto diversa dalla conclusionea cui era giunta la Cour de Cassation nel caso Galakis. E proprio questaradicale diversita di giurisprudenza tra giudice ordinario e giudice ammini-strativo sara una delle ragioni fatte valere dal Comite Francais de l’Arbi-trage (13) a favore della giurisdizione del giudice ordinario nel caso IN-SERM, come vedremo meglio piu avanti.

Il quadro che ne esce e tutt’altro che chiaro e soddisfacente. Da unaparte, risulta un principio assodato che nei contratti amministrativi interni evietato ricorrere ad arbitri, salvo diversa disposizione legislativa. D’altraparte, risulta meno chiaro il regime dei contratti internazionali amministra-tivi (14); secondo la giurisprudenza ordinaria, le liti che sorgono da questicontratti sono arbitrabili; secondo il Conseil d’Etat non lo sono.

Prima di passare ad analizzare gli effetti della decisione INSERM sulproblema sopra esposto, sara bene ricordare che nel 2007 il Groupe deTravail sur l’Arbitrage en matiere administrative (15) ha emesso un suorapport, conosciuto come Rapport Labetoulle, dal nome di colui che pre-siedeva il gruppo di lavoro. Il Rapport sostanzialmente prevede la possibi-lita di estendere l’arbitrabilita delle controversie nascenti da contratti am-ministrativi, permettendo agli enti pubblici di rimettere le liti sorte dai con-tratti in cui sono parti ad arbitri. La proposta contenuta nel Rapport non e

(12) LABETOULLE, op. cit., 399.(13) Avis du Comite Francais de l’Arbitrage dans l’affaire INSERM c/ Fondation

Letten F. Saugstad, in Rev. arb., 402 s. Il Comite Francais de l’Arbitrage e una associazionecreata nel 1953 secondo le norme della legge del 1o luglio 1901, l’associazione raggruppaprofessori di diritto, avvocati, magistrati e giuristi di impresa, tutti specialisti e pratici del-l’arbitrato in Francia.

(14) Vedi pero, NACIMIENTO sull’Art. V(1)(a) della Convenzione di New York, inKRONKE, NACIMIENTO, OTTO, PORT, Recognition and Enforcement of Foreign Arbitral Awards:A Global Commentary on the New York Convention, The Hague, 2010, 220, secondo la qualela possibilita per enti pubblici francesi di compromettere liti in cui sono coinvolti gli inte-ressi del commercio internazionale, come per esempio il caso di un contratto fra un entepubblico francese e una societa privata straniera, e ormai una regola giurisprudenziale asso-data francese. Nello stesso senso si veda: HANOTIAU, CAPRASSE, Arbitrability, cit., 724, 725.

(15) Rapport du Groupe de Travail sur l’Arbitrage en Matiere Administrative (13Mars 2007), in Rev. arb., 2007, 651 ss. La costituzione del Gruppo di Lavoro per una rifles-sione sulle ipotesi e le condizioni alle quali le persone giuridiche di diritto pubblico possonoricorrere ad arbitrato e stata demandata dal Ministro della Giustizia al Vice Presidente delConseil d’Etat, con lettera del 7 aprile 2006.

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stata ad oggi tradotta in una norma di diritto positivo. Ad ogni modo e in-dicativa di un’apertura verso l’arbitrabilita di controversie concernenti entipubblici, e soprattutto e sintomatico di un cambiamento di mentalita (16).

2.3. In questo quadro si inserisce la sentenza del Tribunal des Con-flits nel caso INSERM. Da esso emerge che il Tribunal des Conflits ricono-sce l’arbitrabilita delle liti sorte da contratti tra un ente pubblico francese eun ente straniero indipendentemente dal loro carattere amministrativo (17).In questo modo il Tribunal des Conflits sposa la giurisprudenza Galakis eammette la possibilita di introdurre una clausola compromissoria in, o dicompromettere una lite che sorge da, un contratto di diritto pubblico fran-cese, se questo mette in gioco gli interessi del commercio internazionale, edunque se si tratta di un contratto internazionale. In questo modo, si sfuggeal divieto dell’art. 2060 c.c. francese e si fa cadere in desuetudine le paroledel Conseil d’Etat nel caso Eurodisneyland (18).

3.1. Il problema di cui ci dobbiamo occupare ora si presenta unavolta che un lodo e stato emesso in un arbitrato che sorge da un contrattoamministrativo e una delle parti lo voglia impugnare. Il problema si ponein quei sistemi giuridici che prevedono al loro interno un riparto di giuri-sdizione fra giustizia amministrativa e giustizia ordinaria. In questi sistemi,il problema e quello di decidere davanti a quale fra questi due fori impu-gnare un lodo che sorge da una controversia su un contratto amministrativo.

(16) Va ugualmente menzionata la Convenzione europea sull’arbitrato commercialeinternazionale, fatta a Ginevra il 21 aprile 1961. All’art. II, tale Convenzione attribuisce ildiritto ad enti pubblici di stipulare validamente clausole compromissorie: « 1. In cases refer-red to in Article I, paragraph 1, of this Convention, legal persons considered by the lawwhich is applicable to them as “legal persons of public law” have the right to conclude va-lid arbitration agreements. 2. On signing, ratifying or acceding to this Convention any Stateshall be entitled to declare that it limits the above faculty to such conditions as may be sta-ted in its declaration ». L’art. I stabilisce l’ambito di applicazione della Convenzione. LaConvenzione e entrata in vigore il 7 gennaio 1964. La Francia ha firmato e ratificato taleConvenzione nel 1966. E indicativo dell’orientamento della Francia sulla possibilita per isuoi enti pubblici di stipulare clausole compromissorie con enti privati stranieri che la Fran-cia non abbia allegato alla sua ratifica nessuna dichiarazione limitando l’effetto del su ripor-tato art. II, pur essendo prevista dallo stesso articolo in esame tale possibilita. Ad ogni modotale Convenzione non si applica al caso di specie, in quanto la Norvegia, paese in cui a sedela Fondation Saugstad, non e parte alla Convenzione. Secondo l’art. I (1) della Convenzione:« This Convention shall apply: (a) to arbitration agreements concluded for the purpose ofsettling disputes arising from International trade between physical or legal persons having,when concluding the agreement, their habitual place of residence or their seat in differentContracting States; (b) to arbitral procedures and awards based on agreements referred toin paragraph 1(a) above ».

(17) AUDIT, Le nouveau regime, cit. p. 264 ss.(18) AUDIT, Le nouveau regime, cit. p. 264-266.

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Ci sarebbero diversi modi per porre il problema e per cercare di darerisposte. Noi ci occuperemo di analizzare la recente decisione del Tribunaldes Conflits nel caso INSERM. Prima di tutto esporremo le diverse visionie proposte del Comite Francais de l’Arbitrage e del Commissaire du gou-vernement; poi passeremo ad analizzare la decisione presa dal Tribunal desConflits; e concluderemo mostrando in breve le diverse opinioni sorte sullasentenza del Tribunal.

La decisione del Tribunal des Conflits e stata sollecitata dal Conseild’Etat (19), il quale si e trovato a dover decidere dell’impugnazione dellodo pronunciato il 4 maggio 2007. Come gia ricordato, INSERM infattiaveva impugnato il lodo sia davanti alla Corte d’Appello di Parigi, e dun-que davanti al giudice ordinario, sia davanti alla Corte Amministrativa diAppello di Marsiglia, ossia davanti al giudice amministrativo. Mentre laCorte d’Appello di Parigi (20) ha affermato di avere giurisdizione sulla basedell’art. 1505 c.p.c. francese (21) e ha respinto la domanda di annullamentodel lodo, il Conseil D’Etat (22) ha invece statuito che in questo caso deci-sioni sulla propria giurisdizione « soulevent des diffıcultes serieuses » edunque ha rimesso la decisione sulla giurisdizione al Tribunal des Confli-ts (23).

(19) Conseil d’Etat n. 309277, Section du Contentieux, 31 luglio 2009, INSERM, inhttp://arianeinternet.conseil_etat.fr.

(20) Cour d’Appel de Paris, 13 novembre 2008, in Rev. arb., 2009, 389 ss.; AUDIT,in Rev. arb., 392 ss.

(21) Art. 1505 c.p.c. francese (pre-riforma): « Le recours en annulation prevu a l’ar-ticle 1504 est porte devant la cour d’appel dans le ressort de laquelle la sentence a ete ren-due. Ce recours est recevable des le prononce de la sentence; il cesse de l’etre s’il n’a pasete exerce dans le mois de la signification de la sentence declaree executoire ». Si veda oggi,in seguito alla riforma della legge dell’arbitrato francese, l’Art. 1519, il quale prevede ancorala competenza della Corte d’Appello. Si veda anche l’art. 1504 c.p.c. francese (pre-riforma):« La sentence arbitrale rendue en France en matiere d’arbitrage international peut fairel’objet d’un recours en annulation dans les cas prevus a l’article 1502. L’ordonnance quiaccorde l’execution de cette sentence n’est susceptible d’aucun recours. Toutefois, le recoursen annulation emporte de plein droit, dans les limites de la saisine de la cour, recours con-tre l’ordonnance du juge de l’execution ou dessaisissement de ce juge. ». Oggi si veda l’Art.1520.

(22) AUDIT, Le nouveau regime, cit. p. 264; il ricorso contro il lodo e passato nellemani del Conseil d’Etat a seguito del rinvio a questo del caso, tramite ordinanza del 31 Ago-sto 2007, da parte del Presidente della Corte d’Appello Amministrativa di Marsiglia a normadell’art. R. 351-2 del codice di giustizia amministrativa.

(23) Il Tribunal des Conflits e un organo speciale avente il compito di dirimere con-flitti fra autorita amministrativa e giudiziaria e in particolare i conflitti di giurisdizione fragiudice amministravo e giudice ordinario. E stata prevista la sua esistenza per la prima voltanella Costituzione del 4 novembre 1848 all’art. 89, ed e stato istituito e regolato per la primavolta dalla Legge 4 febbraio 1850, e in seguito definitivamente dalla Legge 24 maggio 1872.Il Tribunal des Conflits, come previsto dalla legge del 1872, e composto da tre giudici delConseil d’Etat e da tre giudici della Corte di Cassazione, eletti per tre anni dai propri pari.

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3.2. Per decidere quale giudice abbia giurisdizione sull’impugna-zione di un lodo in un arbitrato che sorge da un contratto amministrativointernazionale sono state prospettate, nel giudizio di fronte al Tribunal desConflits, diverse strade argomentative e diversi metodi di analisi. Da unaparte, il Comite Francais de l’Arbitrage nel suo Avis (24) ha sostenuto unmetodo pratico, che tiene conto delle poste in gioco in una decisione sullagiurisdizione. D’altra parte il Commissaire du gouvernement, MattiasGuyomar (25), ha adottato una impostazione diversa, basata sui precedentidel Tribunal des Conflits e su un metodo di diritto internazionale privato,che vuole innanzitutto una ricerca della legge applicabile al contratto in cuie contenuta la clausola compromissoria.

3.2.1. Il Comite Francais de l’Arbitrage vede nella competence ju-diciaire (la giurisdizione del giudice ordinario) la soluzione migliore. Il suoragionamento ha come punto di inizio, come accennato sopra, le poste ingioco nel decidere quale giudice ha giurisdizione. Scegliere tra il giudiceamministrativo e il giudice ordinario ha un impatto sulla questione dell’ar-bitrabilita delle controversie che sorgono da contratti amministrativi e sulregime applicabile ai lodi internazionali. Per quanto riguarda il problemadell’arbitrabilita, come accennato nelle pagine precedenti, mentre la giuri-sprudenza della Cour de Cassation e incline ad ammettere l’arbitrabilita dicontroversie coinvolgenti un ente pubblico francese in caso di contratti in-ternazionali, la giurisprudenza del Conseil d’Etat e di opinione diversa e

A loro volta i sei membri eletti eleggono altri due membri dalle due giurisdizioni e due sup-plenti. Il Tribunal sara dunque composto da otto membri piu due supplenti. Il presidente delTribunal des Conflits e il Ministro della Giustizia. Il Tribunal des Conflits ha diverse compe-tenze. Ha il compito di risolvere i cosiddetti conflitti positivi, ossia i conflitti fra autorita am-ministrativa e autorita giudiziaria. Tali conflitti sorgono in seguito ad un eccesso di compe-tenza da parte di un giudice ordinario, che provoca una invasione della sfera di competenzadell’autorita amministrativa. Il Tribunal des Conflits si occupa anche dei casi di conflitti ne-gativi tra giurisdizioni. Un conflitto negativo sorge quando sia il giudice amministrativo cheil giudice ordinario si dichiarano incompetenti. In terzo luogo, il Tribunal e competente neicasi in cui l’errore nel merito di una decisione conduca a un diniego di giustizia. Infine, ecompetente a risolvere le questioni di competenza fra giudice amministrativo e giudice ordi-nario qualora determinare la competenza ponga delle « diffıculte serieuse ». Il caso INSERMrientra in questa ultima competenza del Tribunal des Conflits, il quale e stato adito dal Con-seil d’Etat a seguito di rinvio per « diffıculte serieuse ». Le competenze del Tribunal desConflits, e in particolare il rinvio in caso di « diffıculte serieuse », sono regolate dal decretodel 26 ottobre 1849 e successive modifiche, fra cui quelle apportate dal decreto del 25 luglio1960. Sul Tribunal des Conflits: PACTEAU, Contentieux administratif, 7ma ed., PUF, coll.« Droit Fondamental », 2005, 127 ss.; CORNU, J. FOYER, Procedure civile, PUF, coll. « The-mis », 1958, 117 ss.; P. GONOD, L. CADIET (eds.), Le Tribunal des Conflits, Bilan et perspec-tives, Dalloz, 2009; M.-A. LATOURNERIE, J. ARRIGHI DE CASANOVA, Vo « Tribunal des Conflits »,Rep. Dalloz Cont. Adm., febbraio 2002.

(24) Avis du Comite Francais de l’Arbitrage, cit. pp. 402, 403.(25) Vedi GUYOMAR, Conclusions, cit., 497.

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contraria. Ad avviso del Comite Francais de l’Arbitrage optare per la giu-risdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo potrebbeavere come conseguenza quella di decidere che le controversie in esamesono o non sono arbitrabili. Per quanto riguarda invece il problema del re-gime applicabile ai lodi internazionali, secondo il Comite Francais de l’Ar-bitrage decidere per la giurisdizione del giudice amministrativo avrebbecome conseguenza l’introduzione di un doppio regime dei lodi internazio-nali. Infatti, da una parte si avrebbe il regime applicabile a tutti i casi di ar-bitrato internazionale, come definito dagli artt. 1492 ss. c.p.c. francese (26).E secondo questo regime in base all’art. 1505 c.p.c. francese il giudicecompetente per le impugnazioni dei lodi internazionali e il giudice ordina-rio (27). D’altra parte si avrebbe il regime apposito per i contratti interna-zionali amministrativi, e in questi casi il giudice competente sarebbe il giu-dice amministrativo.

Una volta messi a fuoco les enjeux della decisione sulla giurisdizione,il Comite dichiara di vedere nella giurisdizione ordinaria la soluzione mi-gliore, e giustifica la sua scelta in diritto e per motivi di opportunita.

Per quanto riguarda i motivi in diritto, innanzitutto vi e la considera-zione che la competenza del giudice amministrativo non e di ordine pub-blico internazionale; inoltre, la competenza del giudice amministrativo euna scelta quasi sconosciuta in diritto comparato; e infine, perche sceglierela competenza del giudice amministrativo comporterebbe il rischio per laFrancia di violare i propri obblighi internazionali; in particolare, la possi-bilita del giudice amministrativo non solo di annullare il lodo, ma anche didecidere la controversia nel merito rischia di essere contrario alla Conven-zione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi in-ternazionali.

Per quanto riguarda i motivi di opportunita, il Comite afferma che sa-rebbe auspicabile optare per la giurisdizione del giudice ordinario, perchein questo modo si eviterebbe una dualita di regime nel diritto francese del-l’arbitrato internazionale, dualita che sarebbe altamente pregiudizievole inquanto avrebbe una serie di conseguenze negative, prima fra tutte quella diprobabili conflitti di giurisdizione nei casi in cui e difficile stabilire se sitratta o meno di contratti amministrativi internazionali. Inoltre, secondo ilComite, optare per il giudice ordinario assicura comunque il rispetto deiprincipi essenziali di diritto pubblico francese.

(26) Oggi, artt. 1504 ss. c.p.c.(27) In seguito alla riforma della legge dell’arbitrato francese, intervenuta con de-

creto n. 2011-48 del 13 gennaio 2011, l’articolo rilevante e l’art. 1519. Il contenuto di talearticolo resta ad ogni modo il medesimo. Il legislatore fa sempre riferimento esclusivamentealla Corte d’appello, e dunque al giudice ordinario.

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3.2.2. Dal proprio canto, il Commissaire du gouvernement da unarisposta al quesito scegliendo un metodo diverso, e non giunge a proporreuna scelta netta fra una giurisdizione o l’altra. M. Guyomar innanzituttocerca una risposta al quesito analizzando la giurisprudenza del Tribunal desConflits. In base a tale giurisprudenza sarebbe competente a conoscere delricorso contro un lodo quel giudice che sarebbe competente a conoscere delcontratto da cui e sorto l’arbitrato (28). Lo stesso principio andrebbe seguitoanche nel caso in cui il contratto che contiene la clausola compromissoriariveste carattere internazionale (29). Cio significa che se il contratto e uncontratto di diritto privato, secondo i criteri francesi, allora competente sarail giudice ordinario. Se invece si tratta di un contratto amministrativo, adesempio un contratto in cui una delle parti e un ente pubblico e in cui en-trano in gioco interessi pubblici, allora sara competente il giudice ammini-strativo.

Il Commissaire non si limita pero ad esporre e ad adeguarsi alla giu-risprudenza del Tribunal des Conflits. Tenendo conto delle particolarita delcaso di specie, ossia che siamo in presenza di un contratto non solo ammi-nistrativo, ma anche internazionale, espone un’altra teoria che si contrap-pone alla giurisprudenza del Tribunal.

Questa seconda via e quella scelta dalla Cour d’Appel de Paris (30)proprio nel caso INSERM, che una volta investita dell’impugnazione con-tro il lodo del 4 maggio 2007, ha ritenuto di avere giurisdizione per cono-scere della causa. Il ragionamento della Corte d’appello non parte da unaqualificazione del contratto, bensı da una qualificazione dell’arbitrato e dal-l’art. 1492 c.p.c. francese (31), il quale considera internazionale l’arbitratoche coinvolge gli interessi del commercio internazionale. Secondo la Corted’appello, l’arbitrato in questione rientra nella definizione del suddetto ar-ticolo, e dunque e assoggettato alla disciplina dell’arbitrato internazionale,compreso l’art. 1505 c.p.c. francese (32), secondo il quale e la corte d’ap-pello, e dunque il giudice ordinario, ad avere giurisdizione per conosceredel ricorso contro il lodo internazionale.

Ma M. Guyomar decide di non seguire alla lettera nessuna delle duestrade fin qui illustrate e propone invece una propria via, dopo aver analiz-zato un terzo metodo ispirato alla giurisprudenza del Conseil d’Etat e delTribunal des Conflits, la giurisprudenza Tegos-Issa (33). Secondo questa

(28) Tribunal des Conflits, 16 ottobre 2006, Caisse centrale de reassurance c/ Mu-tuelle des Architecte Francais, in http://www.legifrance.gouv.fr.

(29) Tribunal des Conflits, 19 maggio 1958, Societe Myrtoon Steamship, in Dalloz,Jur. 699 (1958).

(30) Cour d’Appel de Paris, 13 novembre 2008, cit.; AUDIT, cit., 392 ss.(31) Oggi art. 1504 c.p.c.(32) Oggi art. 1519 c.p.c.(33) Conseil d’Etat, Section, 19 novembre 1999, Tegos, in http://www.conseil_etat.

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giurisprudenza, il giudice amministrativo non e competente per conosceredi un contratto che non e in alcun modo retto dalla legge francese. Partendoda questa premessa, M. Guyomar espone il terzo metodo sopra menzionatoper decidere sulla giurisdizione. In base ad esso, bisogna innanzitutto indi-viduare la legge applicabile al contratto. Se tale legge e quella francese,sulla base dei criteri del diritto francese si stabilira se si tratta di un con-tratto di diritto privato oppure di un contratto amministrativo. Nel primocaso il giudice competente sara il giudice ordinario, nel secondo il giudiceamministrativo. Se invece non fosse applicabile al contratto la legge fran-cese, ma invece una legge straniera, allora non sarebbe mai competente ilgiudice amministrativo perche questo giudice ha una competenza per attri-buzione, e non applicandosi il diritto amministrativo francese, non vi e al-cuna legge che gli attribuisca la giurisdizione.

Dopo aver enunciato anche questo terzo metodo, pero, M. Guyomarenuncia la propria proposta per risolvere il problema. Tale proposta, purdifferenziandosene, tiene conto dei tre metodi sopra illustrati. Ad avviso delCommissaire non si puo aderire in pieno e senza riserve all’ultima via ana-lizzata, perche cio tradirebbe lo spirito dell’arbitrato internazionale, che stanella liberta delle parti e degli arbitri di decidere la legge applicabile alcontratto, e dunque nel fatto che « la sentence arbitrale ne trouve son fon-dement dans aucun ordre juridique etatique » (34). E proprio da questaconstatazione che M. Guyomar giunge alla sua soluzione. Poiche « la sen-tence arbitrale ne trouve son fondement dans aucun ordre juridique etati-que », allora il giudice amministrativo non e competente per conoscere deiricorsi contro il lodo, in quanto la sua competenza per attribuzione e subor-dinata all’applicazione alla lite del diritto francese. Competente e dunque ilgiudice ordinario. Ma questa regola, per cui e il giudice ordinario ad averegiurisdizione per conoscere del ricorso contro un lodo pronunciato in Fran-cia sulla base di una clausola compromissoria contenuta in un contratto fraun ente pubblico francese e un ente privato straniero e che mette in giocogli interessi del commercio internazionale, non e assoluta e deve prevedereuna eccezione. Esistono infatti regole imperative alle quali gli enti pubblicinon possono derogare e che vanno applicate in ogni caso. Queste normeimperative attraggono il lodo al diritto pubblico francese e « c’est en rai-son de cette aimantation de la sentence arbitrale au droit public francaisque le juge administratif retrouve sa competence d’attribution » (35).

Il risultato di questa via proposta da M. Guyomar e una giurisdizionecondivisa tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di arbi-

fr/fr/base_de_jurisprudence/; Tribunal des Conflits, 22 ottobre 2001, Mme Issa et Mme LeGouy c/ Lycee Jean Mermoz a Dakar et Agence pour l’enseignement du francais a l’etran-ger, in http://www.legifrance.gouv.fr.

(34) GUYOMAR, Conclusions, cit., 502.(35) GUYOMAR, Conclusions, cit., 507.

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trato internazionale. Nel caso di specie, infine, anche il Commissaire ritienedoversi preferire la giurisdizione del giudice ordinario, dato che il caso nonmette in discussione nessuna norma imperativa.

3.3. Passiamo ora ad analizzare la decisione del Tribunal des Con-flits (36). Il Tribunal ritiene che e il giudice ordinario ad avere giurisdizionesul ricorso contro un lodo francese emesso in un arbitrato che sorge da uncontratto fra un ente pubblico francese e un ente privato straniero che vaeseguito sul territorio francese e che coinvolge gli interessi del commerciointernazionale. Tale risultato viene giustificato sulla base dell’art. 1505c.p.c. francese (37) e il Tribunal specifica che a tale soluzione si giunge an-che, se secondo i criteri della legge francese, siamo di fronte ad un con-tratto amministrativo. Il Tribunal, pero, poi ammette un limitato numero dieccezioni, ossia di casi in cui il giudice amministrativo rimane competente,e sono i casi in cui bisogna verificare il rispetto da parte del lodo di certenorme imperative di diritto amministrativo francese.

Prima di analizzare le reazioni a tale decisione, si impongono deicommenti. E evidente, innanzitutto, la mancanza di una spiegazione e diuna argomentazione soddisfacente del risultato affermato dalla decisione. Evero che questa maniera laconica di pronunciarsi e tipica dei giudici fran-cesi, ma su una simile questione, e tenendo conto del dibattito e delle ar-gomentazioni articolate che erano state presentate alla vigilia della deci-sione, si sarebbe potuto offrire qualche cosa di piu. Notiamo infatti che nonviene minimamente preso in considerazione un ragionamento sulla qualifi-cazione giuridica del contratto. Il giudice non chiarisce se per risolvere lacontroversia sulla giurisdizione bisogna analizzare il contratto, oppure bi-sogna analizzare l’arbitrato.

La decisione sembra echeggiare la soluzione proposta dalla Corted’appello di Parigi nel medesimo caso, ma quindi il Tribunal sta optandoper una qualificazione dell’arbitrato come internazionale secondo la leggefrancese? Il Tribunal ha scelto di non analizzare quale e la legge applica-bile al contratto e di concentrarsi invece sulla qualificazione dell’arbitrato,eppure, nell’aprire una eccezione alla regola, parla di rispetto di norme im-perative del diritto pubblico francese (38). Dunque bisogna fare un’analisidel diritto applicabile al contratto per decidere quale giudice e competente?E possibile dire che il Tribunal abbraccia la soluzione del CommissaireGuyomar che vede il lodo in un arbitrato internazionale sganciato da qual-

(36) Per una panoramica chiara del regime applicabile ai contratti amministrativi in-ternazionali in Francia dopo la decisione del Tribunal des Conflits si veda: LOQUIN, Retourdepassione, cit., 852 ss.

(37) Si veda oggi l’art. 1519 c.p.c.(38) LOQUIN, Retour depassione, cit., p. 854 s.

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siasi ordinamento giuridico e per questo esclude la giurisdizione ammini-strativa?

A tutte queste domande il Tribunal non offre risposte. E invece apredubbi, che spiegano le reazioni critiche dei giuristi francesi.

3.4. La sentenza e stata in generale accolta in modo negativo daparte della dottrina, in cui si trovano commenti che fanno riferimento a« contorsioni bizantine » e al « masochismo francese » di cui la sentenzasarebbe testimonianza.

La maggiore perplessita sorge proprio dal non aver scelto in manieranetta una delle due giurisdizioni, e invece di aver trovato una soluzione chepiu che di equilibrio sembra solamente di compromesso (39). L’aver sceltodi riservare una porzione, per quanto piccola, della giurisdizione al giudiceamministrativo suscita il disappunto di molti per molte ragioni differenti.

Innanzitutto, in questo modo il regime dell’arbitrato internazionalenon e piu unitario, ma e ora diviso in due. Vi sara il regime regolato dalcodice di procedura civile francese agli artt. 1492 ss., che prevede e regolail ricorso contro il lodo davanti alla corte d’appello, e in piu vi sara un re-gime per i lodi che devono rispettare norme imperative di diritto pubblicofrancese. Questo regime sara diverso dal precedente se non altro perche ilgiudice ora competente per conoscere del ricorso e il Conseil d’Etat e nonpiu il giudice ordinario.

In secondo luogo, questa biforcazione di regime introduce anche unagrande incertezza, in quanto, da una parte il regime che il Conseil d’Etatdovra seguire per decidere del ricorso non e previsto in alcuna norma, edall’altra parte vi sara anche incertezza nel decidere quali casi spetterannoa quale giurisdizione. Ad avviso della dottrina e da prevedersi un forte con-tenzioso per stabilire se un contratto rientra nei casi nominati come eccezionedal Tribunal des Conflits oppure no; un contenzioso per stabilire quali normedi diritto pubblico vanno considerate imperative, e cosı via (40).

Un ulteriore problema sottolineato dalla dottrina e quello della possi-bile differenza di trattamento del ricorso che potra essere fatto dal giudiceordinario e dal giudice amministrativo. Differenza che deriva proprio dalladiversita fra le due giurisdizioni e dalla diversa concezione che questehanno dell’arbitrato. Il rischio che vede la dottrina e che il giudice ammi-

(39) GAILLARD, Masochisme Francais, le Tribunal des conflits torpille le droit fran-cais de l’arbitrage, in La Semaine Juridique, edition general, n. 21, 24 maggio 2010, 1096;CLAY, Les contorsions byzantines du Tribunal des conflits en matiere d’arbitrage, ibidem,1045 ss.; BENSUADE, KIRBY, Commentary, a view from Paris - June 2010, in Mealey’s Inter-national Arbitration Report, Vol. 25, n. 6, giugno 2010, 4 ss. In senso meno critico si vedainvece: LOQUIN, Retour depassione, cit., 860 s.

(40) BENSUADE, KIRBY, op. cit., 5.

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nistrativo possa indagare a fondo anche nel merito la controversia al mo-mento del ricorso contro il lodo (41).

Inoltre la decisione e stata criticata perche, se da una parte risponde alquesito su qual e il giudice competente per conoscere del ricorso contro unlodo internazionale, d’altra parte, pero, non risponde al quesito su quale eil c.d. « giudice d’appoggio » competente e nemmeno su quale dei due giu-dici e competente come giudice dell’exequatur.

Infine, si nota che il Tribunal des Conflits ha perso una occasione perscegliere chiaramente una via per decidere quale giudice ha giurisdizione.Il Tribunal infatti poteva scegliere fra una via che pone al centro il con-tratto, e dunque che determina la giurisdizione competente per conosceredel ricorso contro il lodo sulla base della qualificazione giuridica del con-tratto; e una via che pone al centro l’arbitrato e decide sulla giurisdizionesulla base della qualificazione dell’arbitrato come internazionale o me-no (42). Il Tribunal nell’optare per la sua decisione di compromesso ha peroevitato di scegliere sul punto e dunque ad oggi non vi e una chiara indica-zione di metodo.

Tutte le critiche contro la sentenza, hanno, infine, un denominatorecomune e di ordine pratico. Si teme che l’incertezza creata da questa divi-sione-condivisione di giurisdizione sia fortemente negativa per l’arbitratointernazionale francese spingendo gli operatori a non volere scegliere piula Francia, e principalmente Parigi, come luogo dell’arbitrato (43).

4.1. La questione posta all’attenzione del Tribunal des Conflits puoessere esaminata anche sotto un profilo differente, in riferimento cioe allaipotesi che venga richiesto in Italia il riconoscimento e l’esecuzione dellodo in questione.

Il lodo riguarda un ente pubblico francese e una fondazione privatanorvegese. La sede dell’arbitrato era a Parigi in Francia. Il riconoscimentoe l’esecuzione di questo lodo in Italia e regolato dalle norme della Conven-zione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione di lodi ar-bitrali stranieri (44). Tale Convenzione si applica infatti a lodi stranieri, os-sia a lodi resi fuori del territorio nazionale del giudice adito per il ricono-scimento e l’esecuzione (45).

(41) GAILLARD, Masochisme, cit., 1096.(42) CLAY, Les contorsions, cit., 1048.(43) GAILLARD, Masochisme, cit., 1096; CLAY, Les contorsions, cit., 1045 ss.(44) Tale Convenzione ha ricevuto piena ed intera esecuzione in Italia con Legge n.

62 del 19 gennaio 1968 ed e entrata in vigore in Italia il 1o maggio 1969. Anche la Franciae Parte alla Convenzione. In Francia la Convenzione di New York e entrata in vigore fin dal24 settembre 1959.

(45) Art. I (1) Convenzione di New York, 1958: « This Convention shall apply to therecognition and enforcement of arbitral awards made in the territory of a State other than

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L’art. III della Convenzione di New York stabilisce che la proceduraper il riconoscimento e l’esecuzione del lodo straniero sara stabilita dallalegislazione nazionale (46). In Italia tale procedura e regolata dagli articoli839 e 840 c.p.c.

Il giudice competente a norma dell’art. 839 c.p.c. per decidere del ri-conoscimento e dell’esecuzione del lodo tra INSERM e la Fondation Let-ten Saugstad sarebbe il presidente della corte d’appello di Roma, siccomenessuna delle due parti risiede in Italia. La natura pubblica di una delleparti non rileva ai fini della determinazione del giudice competente.

La procedura per il riconoscimento e l’esecuzione del lodo stabilitadagli artt. 839 e 840 c.p.c. si sviluppa in due fasi.

La prima fase, regolata dall’art. 839, si svolge inaudita altera parte.Ha inizio con ricorso proposto dalla parte interessata al presidente dellacorte d’appello di Roma. In questa fase il giudice dichiara con decreto l’ef-ficacia del lodo straniero dopo averne verificata la regolarita formale e sal-voche « ... 1) la controversia non potesse formare oggetto di compromessosecondo la legge italiana; 2) il lodo contenga disposizioni contrarie all’or-dine pubblico » (47).

La seconda fase, regolata dall’art. 840 c.p.c., e eventuale, e ha inizioqualora la parte che non desidera il riconoscimento o l’esecuzione del lodosi opponga al decreto del presidente della corte d’appello di Roma.

Entrambi gli articoli sono pienamente conformi con il dettato dellaConvenzione di New York e ne incarnano la ratio. La procedura da essidelineata e pensata al fine di favorire il riconoscimento e l’esecuzione dellodo arbitrale. La possibilita concessa al giudice, nella prima fase che sisvolge inaudita altera parte, di non dichiarare l’efficacia del lodo stranieroex offıcio per inarbitrabilita della controversia secondo il diritto italiano oper violazione dell’ordine pubblico italiano, non e in contrasto con la Con-venzione di New York (48).

Il primo comma dell’art. V della Convenzione prevede una serie di

the State where the recognition and enforcement of such awards are sought, and arising outof differences between persons, whether physical or legal. It shall also apply to arbitralawards not considered as domestic awards in the State where their recognition and enforce-ment are sought ». Vedi anche BERNARDINI, Riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieriin Italia, in questa Rivista, 2010, 429 ss.

(46) Art. III della Convenzione di New York: « Each Contracting State shall reco-gnize arbitral awards as binding and enforce them in accordance with the rules of procedureof the territory where the award is relied upon, under the conditions laid down in the fol-lowing articles. There shall not be imposed substantially more onerous conditions or higherfees or charges on the recognition or enforcement of arbitral awards to which this Conven-tion applies than are imposed on the recognition or enforcement of domestic arbitralawards. ».

(47) Art. 839(4) c.p.c.(48) BERNARDINI, Riconoscimento, cit., 429 ss.

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motivi che se opposti da una delle parti danno la possibilita al giudice didecidere di non riconoscere ne eseguire il lodo. Il secondo comma dell’art.V, invece, prevede due ipotesi in cui il giudice del riconoscimento e del-l’esecuzione puo decidere ex offıcio di non dare esecuzione al lodo. La pos-sibilita prevista dall’art. 839 c.p.c. costituisce una maniera di dare attua-zione a questo secondo comma. Secondo tale comma infatti: « Recognitionand enforcement of an arbitral award may also be refused if the competentauthority in the country where recognition and enforcement is sought findsthat: (a) the subject matter of the difference is not capable of settlement byan arbitration under the law of that country; or (b) The recognition or en-forcement of the award would be contrary to the public policy of thatcountry ».

4.2. A norma dell’art. 839 c.p.c. il giudice italiano dovra innanzi-tutto verificare se la controversia oggetto del lodo straniero potesse formareoggetto di compromesso secondo la legge italiana e se il lodo contenga di-sposizioni contrarie all’ordine pubblico. Tale valutazione verra effettuata aprescindere dall’opposizione di una parte al riconoscimento e alla esecu-zione del lodo.

L’arbitrabilita della controversia verra, dunque, valutata dal giudiceitaliano usando quale parametro la legge italiana e non la legge francese. Edunque possibile che la controversia che abbia formato oggetto del lodovalidamente secondo la legge francese, non sia pero compromettibile se-condo la legge italiana. Di conseguenza, un lodo eseguibile in Francia po-trebbe non essere eseguibile in Italia.

Il problema dell’arbitrabilita di controversie nascenti da contratti fraenti pubblici e parti private si pone in Italia in maniera diversa rispetto allaFrancia. Non esiste in Italia una disposizione legislativa che vieti in gene-rale agli enti pubblici di compromettere o di inserire una clausola compro-missoria in un loro contratto anche con una parte privata (49). Ma non perquesto si puo giungere alla conclusione frettolosa che allora tutti i contratticonclusi da pubbliche amministrazioni o da enti pubblici sono arbitrabili inItalia.

In Italia l’arbitrabilita non dipende dalla natura pubblica del soggettoche compromette, ma dalla natura della posizione giuridica in gioco. Per-cio, nel determinare l’arbitrabilita di controversie in cui una parte e un entepubblico, e necessario considerare la natura della posizione giuridica oggettodella controversia e non invece la natura pubblica di una delle parti (50).

(49) Si veda pero, in materia di lavori pubblici, l’art. 3(19) della Legge 24 dicembre2007 n. 244, su cui piu ampiamente sotto.

(50) RUBINO SAMMARTANO, Il diritto dell’arbitrato. Disciplina comune e regimi spe-ciali, Wolters Kluwer Italia, 2010, 221 ss.; Cass., Sez. un., 12 luglio 2005, n. 14545.

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Bisogna, dunque, considerare il fatto che una pubblica amministra-zione e in grado di far sorgere in capo al privato due diversi tipi di posi-zioni giuridiche: diritti soggettivi o interessi legittimi. E cio dipende dallaveste con la quale la pubblica amministrazione ha compiuto l’atto, se nellasua veste di pubblica autorita fara sorgere in capo all’altra parte una posi-zione soggettiva pari solamente all’interesse legittimo; se invece ha agito inuna veste privata, in capo all’altra parte potranno sorgere dei veri dirittisoggettivi (51).

Per stabilire l’arbitrabilita di controversie sorgenti da contratti con unente pubblico bisognera quindi innanzitutto stabilire se l’oggetto della contro-versia e un diritto soggettivo oppure un interesse legittimo (52), e poi stabilirese il diritto soggettivo o l’interesse legittimo in questione e arbitrabile (53).

Cercando degli elementi normativi a cui ancorare il problema, dob-biamo riferirci da una parte all’art. 806 c.p.c. italiano, che e la norma chestabilisce in via generale quali sono le controversie arbitrabili in Italia; ed’altra parte all’art. 6(2) della l. 21 luglio 2000 n. 205, recante disposizioniin materia di giustizia amministrativa, oggi divenuto art. 12 del D.Lgs. 2luglio 2010 n. 104, Codice del processo amministrativo.

A norma dell’art. 806(1) c.p.c.: « Le Parti possono far decidere daarbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto di-ritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge ». Da questo articolo sipuo dedurre a contrario, che allora le controversie arbitrabili sono tuttequelle che hanno per oggetto diritti disponibili. Da questa regola parte delladottrina e della giurisprudenza ha fatto discendere come corollario necessa-rio che dunque le controversie che hanno per oggetto interessi legittimi nonsono arbitrabili, in quanto l’interesse legittimo e una posizione soggettivadiversa dal diritto e si caratterizza per la sua indisponibilita (54) e quindi perla sua inarbitrabilita (55).

(51) RUBINO SAMMARTANO, Il diritto dell’arbitrato, cit., 222, 223.(52) Per un quadro generale sulle diverse opinioni riguardo all’arbitrabilita di contro-

versie amministrative e sull’evoluzione di tali opinioni, vedi Arbitrato nelle controversie am-ministrative, in BENEDETTELLI, RADICATI DI BROZOLO, CONSOLO (a cura di), Commentario breveal Diritto dell’Arbitrato Nazionale ed Internazionale, Padova, 2010, 511 ss.

(53) Per una discussione riguardo l’arbitrabilita di controversie riguardanti interessilegittimi, vedi Arbitrato nelle controversie amministrative, cit., 518-520.

(54) LUDOVICI, Le posizioni giuridiche di interesse legittimo possono considerarsi di-sponibili ai sensi dell’art. 1966 c.c. e quindi astrattamente compromettibili, in questa Rivi-sta, 2012, 151; Cass. Sez. un., 12 luglio 1995 n. 7643; Cons. Stato, 17 giugno 2003, n. 3447;vedi anche: Cass., Sez. un., 12 luglio 2005, n. 14545.

(55) L’inarbitrabilita di controversie riguardanti interessi legittimi viene sostenutaanche da una parte della dottrina che considera l’interesse legittimo una posizione giuridicadisponibile. Si sostiene, in questo caso, che la non compromettibilita deriva non dalla indi-sponibilita dell’interesse legittimo, bensı dalla indisponibilita del potere amministrativo, os-sia la situazione ad esso contrapposta. In questo senso si veda: CAIA, Arbitrati e modelli ar-

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Ma sorge un ulteriore problema che deriva dal riparto di giurisdizionein Italia tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

La regola fondamentale per stabilire la giurisdizione dei due diversigiudici si basa sulla diversa posizione giuridica in gioco e si trova gia nellanostra Costituzione all’art. 103. Le controversie che riguardano interessilegittimi rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, mentre lecontroversie che riguardano diritti soggettivi rientrano nella giurisdizionedel giudice ordinario. Fin qui non vi e nessun problema. Se questa fosse lasituazione, si potrebbe dire semplicemente, seguendo quella dottrina e giu-risprudenza indicata sopra, che tutte le controversie che sono di giurisdi-zione del giudice amministrativo non sono arbitrabili.

Pero la regola sul riparto di giurisdizione ha un’eccezione, gia previ-sta nello stesso art. 103 della Costituzione: il giudice amministrativo hagiurisdizione « in particolari materie indicate dalla legge, anche dei dirittisoggettivi ». Sorge allora una domanda. Nelle materie di giurisdizioneesclusiva del giudice amministrativo vi sono delle controversie che possonoessere arbitrabili? Almeno le controversie che riguardano diritti soggettivi?Per anni la risposta della giurisprudenza e di parte della dottrina e stata nelsenso che tutte le controversie insorte in materie rientranti nella giurisdizionedel giudice amministrativo non erano arbitrabili, ivi comprese le controversieriguardanti diritti soggettivi nelle materie di giurisdizione esclusiva (56).

Questa situazione paradossale, per cui controversie su diritti sogget-tivi, per il solo fatto di essere di giurisdizione del giudice amministrativo,venivano considerate non arbitrabili, fortunatamente e venuta meno defini-tivamente nel 2000. Con la Legge n. 205 del 2000 e stato introdotto l’art.6(2) il quale recita: « Le controversie concernenti diritti soggettivi devolutealla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte me-diante arbitrato rituale di diritto. » (57). Questa regola si trova ora all’art.

bitrali nel diritto amministrativo. I presupposti e le tendenze, Milano, 1989, 199; CAIA, inAA.VV., Arbitrato e pubblica amministrazione, Milano, 1999, 18; RUFFINI, in Codice di pro-cedura civile commentato, CONSOLO e LUISO (a cura di), III, Milano, 2001, 5678; DE LISE,L’arbitrato nel diritto amministrativo, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1990, 1196 ss.; TARLombardia, 6 novembre 2002, n. 4267; si veda anche DELSIGNORE, La compromettibilita inarbitrato nel diritto amministrativo, Milano, 2007, 119 ss.

(56) Vedi Cass. n. 7643/1995, cit.; Cass., 3 dicembre 1991, n. 12966, in questa Rivi-sta, 1992, 447 ss.; Cass., 10 dicembre 1993, n. 12166, in Foro it., 1994, I, 2472; Arbitratonelle controversie amministrative, cit., 511-513; CONSOLO, L’oscillante ruolo dell’arbitrato alcrescere della giurisdizione esclusiva e nelle controversie sulla pubblica amministrazione frasemi-obbligatorieta ed esigenze di piu salde garanzie, in AA.VV., Arbitrato e Pubblica Am-ministrazione, cit., 45; CAIA, Arbitrati e modelli arbitrali, cit., 199; DOMENICHELLI, Giurisdi-zione amministrativa e arbitrato, in Dir. proc. amm., 1996, 227 ss.; VERDE, Arbitrato e pub-blica amministrazione, in Dir. proc. amm., 1996, 215 ss.

(57) Su tale disposizione si veda: BARRELLA, Incompatibilita fra giurisdizione esclu-siva e arbitrato?, in questa Rivista, 2000, 203 ss.; ROMANO TASSONE, Giurisdizione ammini-

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12 del D.Lgs. n. 104/2010 di riordino del processo amministrativo. Questanorma ha avuto il merito di espandere l’area delle controversie arbitrabili atutte le controversie riguardanti diritti soggettivi, indipendentemente dallagiurisdizione di origine.

Da quanto detto sembra si possa trarre una regola generale per quantoriguarda l’arbitrabilita anche di controversie riguardanti enti pubblici: sonoarbitrabili tutte le controversie che hanno per oggetto diritti soggettivi di-sponibili.

Questa regola, ricavata dall’interpretazione del combinato dispostodell’art. 806 c.p.c. e dell’ora art. 12 del D.Lgs. n. 104/2010, non puo peroconsiderarsi una regola assoluta. Vi e infatti una parte della dottrina e dellagiurisprudenza che sostiene la possibile arbitrabilita anche degli interessilegittimi (58). Secondo i sostenitori di questa posizione, per stabilire se unacerta controversia e arbitrabile o meno, non bisogna limitarsi a guardarealla qualificazione della posizione giuridica messa in discussione, ma biso-gna valutare la disponibilita o meno di questa posizione giuridica (59). Il ri-ferimento ai « diritti » disponibili, operato dall’art. 806 c.p.c. e dall’art. 12del codice del processo amministrativo, e solo esemplificativo delle posi-zioni giuridiche arbitrabili e non esaustivo (60). L’accento va posto dunque

strativa e arbitrato, in questa Rivista, 2000, 259 ss.; ROMANO TASSONE, Giurisdizione ammi-nistrativa ed arbitrato nella Legge n. 205/2000, 627 ss.; ROMANO TASSONE, L’arbitrato, in Ilprocesso davanti al giudice amministrativo. Commento sistematico alla Legge n. 205/2000,SASSONI E VILLATA (a cura di), Torino, 2001, 398 ss.; VERDE, Ancora su arbitri e pubblica am-ministrazione (in occasione della l. 21 luglio 2000, n. 205, art. 6), in questa Rivista, 2000,389 ss.; ANTONIOLI, Arbitrato e giurisdizione esclusiva: luci e ombre in tema di ius superve-niens, in Foro amm.-C.d.S., 2006, 2, 405 ss.; ANTONIOLI, Arbitrato e giurisdizione esclusiva,Milano, 2004; ANTONIOLI, Arbitrato e giurisdizione amministrativa dopo la Legge n. 205 del2000, in Dir. proc. amm., 2002, 326 ss.; SANDULLI, Dopo la sentenza n. 500 del 1999 dellesezioni unite: appunti sulla tutela risarcitoria nei confronti della p.a. e sui suoi riflessi ri-spetto all’arbitrato, in questa Rivista, 2000, 65 ss.; GASPARINI CASARI, L’arbitrato nella l. 21luglio 2000 n. 205, in Dir. econ., 2001, 361 ss.; LUISO, Arbitrato e giurisdizione nelle contro-versie devolute al giudice amministrativo, in questa Rivista, 2001, 421 ss.; ZITO, La compro-mettibilita per arbitri con la pubblica amministrazione dopo la Legge n. 205/2000: problemie prospettive, in Dir. amm., 2001, 343 ss.; CONSOLO, L’oscillante ruolo dell’arbitrato, cit., 142ss.; ROSSI, Arbitrato ex art. 6 comma 2, Legge n. 205 del 2000, limiti oggettivi ed impugna-zione del lodo, in Foro amm.-C.d.S., 2004, 3, 882 ss.; CARDI, Modelli processuali arbitralinella giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2002, 314 ss.; GOISIS, Compromettibilitain arbitrato delle controversie in cui sia parte la pubblica amministrazione e art. 6, Legge n.205 del 2000, in Dir. proc. amm., 2005, 249 ss.

(58) LUDOVICI, Le posizioni giuridiche, cit., 127-157; GOISIS, La giustizia sportiva trafunzione amministrativa ed arbitrato, Milano, 2007, 287 s.; GOISIS, Compromettibilita in ar-bitri (e transigibilita) delle controversie relative all’esercizio del potere amministrativo, inDir. proc. amm., 2006, 243 ss.

(59) LUDOVICI, Le posizioni giuridiche, cit., 147.(60) LUBRANO, Arbitrato e pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione

come parte, in Studi in Onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, II, 492.

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sulla disponibilita della posizione giuridica e non tanto sulla qualificazionequale diritto o interesse legittimo.

Nel caso di controversie coinvolgenti enti pubblici, per determinare laloro arbitrabilita non bastera dunque individuare se la controversia mette ingioco diritti o interessi legittimi, ma bisognera valutare se la posizione giu-ridica discussa e o meno disponibile. Bisogna poi tenere in mente che pervalutare la disponibilita dell’interesse legittimo, e dunque la sua arbitrabi-lita, non bastera determinare la disponibilita dell’interesse legittimo in capoal destinatario di questa posizione giuridica, ma bisognera valutare anchela disponibilita del titolare del pubblico potere (61).

Infine, bisogna ricordare che lo stesso art. 806 c.p.c., oltre a stabilireche sono arbitrabili le controversie riguardanti diritti disponibili, dice anche« salvo espresso divieto di legge ». E per quanto riguarda gli enti pubblicivi e un espresso divieto di compromettere liti sorte e di prevedere clausolecompromissorie per certi casi specificamente indicati dalla legge. Questodivieto si trova all’art. 3(19) della Legge n. 244 del 2007: « e fatto divietoalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro con-tratti aventi ad oggetto lavori, forniture o servizi ovvero, relativamente aimedesimi contratti, di sottoscrivere compromessi. Le clausole compromis-sorie ovvero i compromessi comunque sottoscritti sono nulli e la loro sot-toscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilita era-riale per i responsabili dei relativi procedimenti » (62) (enfasi aggiunta).Dunque notiamo che in Italia vi sono certi contratti che ad ogni modo nonsono arbitrabili.

4.3. Fin qui l’arbitrabilita e stata discussa sulla base delle norme ita-liane come se l’ente pubblico in questione fosse un ente pubblico italiano.Bisogna ora considerare l’applicabilita delle norme italiane riportate sopraal caso in cui l’ente pubblico non sia italiano ma straniero. In altre parole,bisogna chiedersi quali siano le norme di diritto italiano necessarie per de-terminare se una controversia fra un ente pubblico straniero, francese nelcaso di specie, e una societa appartenente ad un altro stato sia arbitrabile.

La regola sull’arbitrabilita che sara applicabile al caso in esame equella secondo cui sono arbitrabili solo le controversie aventi per oggettouna posizione giuridica disponibile. Il giudice italiano dovra dunque valu-tare se la controversia fra l’ente pubblico in esame e la parte privata abbia

(61) LUDOVICI, Le posizioni giuridiche, cit., 157.(62) Art. 3(20) legge 244/2007: « Le disposizioni di cui al comma 19 si estendono

alle societa interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente dalle pubblicheamministrazioni di cui al medesimo comma, nonche agli enti pubblici economici ed alle so-cieta interamente possedute ovvero partecipate maggioritariamente da questi ultimi ».

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per oggetto una posizione giuridica disponibile. Nel caso di specie la con-troversia era sorta da un contratto e non riguardava posizioni giuridichequalificabili come interessi legittimi. Il giudice italiano non sarebbe tenutonel caso di specie, quindi, a valutare l’arbitrabilita di controversie riguar-danti interessi legittimi, ma dovra solamente valutare la disponibilita omeno dei diritti soggettivi coinvolti per stabilire l’arbitrabilita della contro-versia in questione.

Piu dubbia e l’applicabilita, per determinare l’arbitrabilita della con-troversia in questione, della norma di cui all’art. 3(19) della Legge n. 244/2007. Tale norma stabilisce, infatti, l’inarbitrabilita di certi contratti,quando a stipularli siano certe pubbliche amministrazioni di cui « ... all’art.1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165... ». Secondo tale comma:« Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni delloStato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzionieducative [...] e gli enti del Servizio sanitario nazionale ».

Dalla lettura combinata dei due articoli in esame si potrebbe giungerealla conclusione secondo la quale i contratti a cui si riferisce la legge 244/2007 sono inarbitrabili qualora a stipularli sia una amministrazione pub-blica italiana. Tale norma sembrerebbe creare una ipotesi di inarbitrabilitasoggettiva (63), ossia di incapacita delle pubbliche amministrazioni italianedi compromettere certi contratti (64).

(63) Sulla distinzione fra arbitrabilita oggettiva e arbitrabilita soggettiva si veda:BERNARDINI, The Problemof Arbitrability in General, in GAILLARD, DI PIETRO (eds.), Enforce-ment of Arbitration Agreements and International Arbitral Awards, United Kingdom, 2009,503 ss.; in generale su “arbitrabilita”: MISTELIS, BREKOULAKIS (eds.), Arbitrability: Internatio-nal and Comparative Perspectives, The Hague, 2009.

(64) E discussa la qualificazione del problema del potere di uno stato o di un entepubblico di compromettere come una questione di capacita o di arbitrabilita soggettiva. Ladiversa qualificazione sarebbe rilevante al momento del riconoscimento e dell’esecuzione dellodo secondo la Convenzione di New York. I sostenitori di tale distinzione tra arbitrabilitasoggettiva e capacita di compromettere ritengono che la Convenzione di New York all’arti-colo V(2)(a) si riferisca anche all’arbitrabilita soggettiva, mentre la capacita sarebbe ricom-presa solo nell’articolo V(1)(a). Seguendo tale teoria, il giudice dell’esecuzione dovrebbe ap-plicare la propria legge per stabilire l’arbitrabilita sia soggettiva che oggettiva a norma del-l’articolo V(2)(a), e invece applicare la legge applicabile alla parte per stabilire la capacita dicompromettere a norma dell’articolo V(1)(a). Fra coloro che distinguono fra arbitrabilitasoggettiva e capacita e qualificano la questione del potere degli enti pubblici di compromet-tere come una questione di arbitrabilita soggettiva, si veda: GAILLARD, SAVAGE, FouchardGaillard Goldman on International Commercial Arbitration, The Hague, 1999, 315 ss.; HA-NOTIAU, The Law Applicable to Arbitrability, in VAN DEN BERG (ed.), Improving the Effıciencyof Arbitration Agreements and Awards: 40 Years of Application of the New York Convention,in ICCA Congress Series, Vol. 9, Paris, 1998, 148 s.; HANOTIAU, What Law Governs the Is-sue of Arbitrability?, in Arbitration International, Vol. 12, 1996, 391 ss. Contra: POUDRET,BESSON, Comparative Law of International Arbitration, 2nd ed., London, 2007, 182 ss.;BLANC, Personnes publiques et arbitrage commercial international, in RDI, 1999, 235 ss.;MUSTILL, BOYD, Commercial Arbitration, London, 2001, 72; LALIVE, POUDRET, REYMOND, Le

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Se il giudice italiano dovesse cosı qualificare la norma italiana, talenorma non sarebbe applicabile per valutare il riconoscimento e l’esecuzionedi un lodo straniero. Tale norma non servirebbe piu a determinare l’arbitra-bilita di una certa controversia, ma la capacita di una certo soggetto di sot-toporre una certa controversia ad arbitri. E secondo la Convenzione di NewYork, mentre una controversia deve essere arbitrabile secondo la legge delpaese dell’esecuzione (65) (in questo caso l’Italia), secondo l’art. V(1)(a) lacapacita delle parti di sottoporre una controversia ad arbitri va valutata se-condo la legge applicabile alle parti. Il giudice dell’esecuzione dovra dun-que determinare quale legge e applicabile a ciascuna parte sulla base delproprio diritto internazionale privato (66). La legge applicabile sara proba-bilmente, nei paesi di civil law, quella della nazionalita della parte (67). Nelnostro caso dunque, la capacita di compromettere di un ente pubblico fran-cese sara valutata sulla base del diritto francese (68).

Droit de l’Arbitrage interne et international en Suisse, Lausanne, 1989, 311. Questi autoriqualificano la questione del potere degli enti pubblici di compromettere come una questionedi capacita e considerano inesistente e artificiale una distinzione fra arbitrabilita soggettiva ecapacita di compromettere.

(65) Art. V(2)(a) Convenzione di New York.(66) Vedi NACIMIENTO, in KRONKE, NACIMIENTO, OTTO, PORT, Recognition and Enforce-

ment, cit., 219-220.(67) NACIMIENTO, in KRONKE, NACIMIENTO, OTTO, PORT, Recognition and Enforcement,

cit., 219.(68) Il giudice italiano ha gia in precedenza seguito questo metodo, basato su una re-

gola di diritto internazionale privato, per determinare la legge applicabile, anche nel caso incui una parte sia un ente pubblico. In particolare, nel caso Gemanco, il giudice italiano hadichiarato la non eseguibilita di un lodo CCI emesso a Parigi in una controversia fra unaparte privata italiana (Gemanco) e due enti pubblici tunisini (SAEPA e SIAPE). In questocaso, i due enti pubblici tunisini si erano opposti al riconoscimento e alla esecuzione del lodoin Italia richiamandosi a una disposizione della propria legge nazionale che stabiliva l’inca-pacita di compromettere degli enti pubblici. La Corte d’Appello italiana ha dichiarato noneseguibile il lodo sulla base dell’art. V(1)(a) della Convenzione di New York per mancanzadi capacita di compromettere degli enti pubblici. Ed e arrivata a tale conclusione applicandoil diritto nazionale degli enti pubblici in questione. La Corte di Cassazione ha successiva-mente cassato tale decisione, ma senza mettere in discussione l’applicabilita agli enti pubblicidella loro legge nazionale per stabilire la loro capacita di compromettere. Corte d’Appello diBari, 2 novembre 1993, n. 4342, Societe Arabe des Engrais Phosphates et Azotes - SAEPAe Societe Industrielle d’Acide Phosphorique et d’Engrais - SIAPE v Gemanco S.r.l.; Corte diCassazione, 9 maggio 1996, n. 811, Societe Arabe des Engrais Phosphates et Azotes - SAEPAe Societe Industrielle d’Acide Phosphorique et d’Engrais - SIAPE v Gemanco S.r.l., entrambile decisioni in VAN DEN BERG (ed.), Yearbook Commercial Arbitration, The Hague, 1997,XXII, 737 ss. Va tuttavia sottolineato che, fuori dall’Italia, e considerato un principio gene-rale quello secondo il quale gli enti pubblici non possono contare sull’applicabilita del pro-prio diritto nazionale per stabilire la propria capacita di compromettere. Tale divieto derivadal principio secondo cui un ente pubblico, agendo quale parte in un arbitrato, non puo be-neficiare del proprio diritto nazionale per sfuggire alle proprie obbligazioni: KROLL, Recogni-tion and Enforcement of Awards, in BOKSTIEGEL, KROLL, NACIMIENTO, Arbitration in Germany:

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La norma di cui all’art. 3(19) della Legge n. 244/2007 non si applica,percio, per stabilire il riconoscimento e l’esecuzione del lodo straniero nelcaso in esame, in quanto tale norma non e un valido parametro per stabi-lire l’arbitrabilita di una controversia che coinvolge un ente pubblico stra-niero.

D’altra parte, si potrebbe argomentare che tale norma pone un princi-pio generale secondo il quale le controversie nascenti da contratti aventi adoggetto lavori, forniture o servizi non sono arbitrabili qualora tali contrattisiano stipulati da un ente pubblico, sia questo italiano o estero. Cosı inter-pretata, la norma sembra stabilire un principio di ordine pubblico. Qualorail lodo in esame avesse per oggetto la soluzione di una controversia aventeper oggetto uno dei summenzionati contratti, tale lodo potrebbe non esserericonosciuto ne eseguito in Italia per contrarieta all’ordine pubblico ita-liano.

4.4. Secondo l’art. 839 c.p.c., il giudice, per dare efficacia al lodostraniero, deve non solo verificare l’arbitrabilita della controversia secondoil diritto italiano, ma anche la non contrarieta del lodo all’ordine pubblicoitaliano.

In Italia si tende a distinguere fra ordine pubblico interno e ordinepubblico internazionale. Quello interno e dato dalla somma delle normeimperative e limita l’autonomia privata. L’ordine pubblico preso in consi-derazione dall’art. 839 c.p.c. e quello internazionale (69).

Il concetto di ordine pubblico internazionale non e fisso e definibileuna volta per tutte, ma e un concetto che evolve e muta nel tempo (70). Se-condo la Corte di Cassazione italiana, l’ordine pubblico internazionale e« formato da quell’insieme di principi, desumibili dalla Carta Costituzio-

The Model Law in Practice, Austin (et al.), 2007, 528; HAAS, Convention on the Recognitionand Enforcement of Foreign Arbitral Awards, New York, June 10, 1958, in WEIGAND, Practi-tioner’s Handbook on International Arbitration, 2002, Munchen, 399 ss.; BERGER, Internatio-nal Economic Arbitration, Deventer-Boston, 1993, 184 s.; REYMOND, La nouvelle loi Suisseet le droit de l’arbitrage international - Reflexions de droit compare, in Rev. arb., 1989, 397.Contra, si veda: POUDRET, BESSON, Comparative Law, cit., 192 ss.; secondo questi autori, nonsi puo affermare l’esistenza del suddetto principio generale, essendo che certe giurisdizioni,fra cui quella Italiana, quella Inglese e quella Belga, non hanno incorporato tale principionelle proprie leggi e non lo seguono in giurisprudenza.

(69) BERNARDINI, Riconoscimento ed esecuzione, cit., 429 ss.; MENCHINI, La nuova di-sciplina dell’arbitrato, Padova, 2010, 501; BRIGUGLIO, L’arbitrato estero: il sistema delleConvenzioni Internazionali, Padova, 1999, 229 ss.; ATTERITANO, L’enforcement delle sentenzearbitrali del commercio internazionale, Milano, 2009, 319 ss., 335 ss.; BOVE, Il riconoci-mento del lodo straniero tra Convenzione di New York e codice di procedura civile, in que-sta Rivista, 2006, 30; BERGAMINI, L’arbitrato estero (La ricezione dei lodi esteri), in CEC-CHELLA (a cura di), Torino, 2005, 363 ss.

(70) OTTO, ELWAN, in KRONKE, NACIMIENTO, OTTO, PORT, Recognition and Enforce-ment, cit., 367 s.; BERNARDINI, Riconoscimento ed esecuzione, cit., 429 ss.

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nale o, comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondanti l’interoassetto dell’ordinamento, tali da caratterizzare l’ordinamento in un deter-minato momento storico e da formare il cardine della struttura etica, so-ciale ed economica della comunita nazionale » (71).

Il lodo che risolve la controversia fra INSERM e la Fondation Saug-stad non sembra violare alcuna norma di ordine pubblico. L’unica normache si potrebbe considerare di ordine pubblico e quella contenuta all’art.3(19) della Legge n. 244/2007. Tale norma, come accennato sopra, po-trebbe essere letta come se ponesse un principio di ordine pubblico secondoil quale enti pubblici non possono compromettere controversie nascenti dacontratti aventi ad oggetto lavori, forniture o servizi.

E tuttavia difficile aderire all’idea di considerare di ordine pubblicotale divieto. L’Italia e anche essa parte, come la Francia, della ConvenzioneEuropea del 1961 sull’arbitrato commerciale internazionale. Tale Conven-zione prevede all’art. II il diritto degli enti pubblici di stipulare clausolecompromissorie, senza introdurre alcuna limitazione a tale diritto (72). Ilsecondo comma dell’art. II della Convenzione del 1961 prevede la possibi-lita per ciascuno Stato di limitare tale diritto per gli enti pubblici tramitedichiarazioni da depositare al momento della ratificazione o successiva-mente. L’Italia non ha depositato alcuna dichiarazione di questo genere.L’accettazione dell’Italia della Convenzione Europea e dunque del princi-pio secondo cui gli enti pubblici possono compromettere le loro controver-sie e fortemente in contrasto con il considerare una norma che limita lapossibilita degli enti pubblici italiani di compromettere quale stabilente unalimitazione di ordine pubblico internazionale.

4.5. Dopo aver analizzato la prima fase del procedimento di ricono-scimento ed esecuzione di un lodo straniero in Italia, stabilita dall’art. 839c.p.c., e la valutazione che deve essere compiuta dal giudice italiano, biso-gna ora passare a considerare la seconda fase, eventuale, del procedimento.

La seconda fase, regolata dall’art. 840 c.p.c., ha inizio solamente qua-lora una parte si opponga al decreto del presidente della corte d’appello cheda efficacia, o nega efficacia al lodo. Questa fase si sviluppa nel pieno con-traddittorio fra le parti.

L’art. 840 del c.p.c. in sostanza segue la struttura delineata dall’art. Vdella Convenzione di New York. Come tale articolo, anche l’art. 840 c.p.c.stabilisce le circostanze che ostano al riconoscimento e all’esecuzione di unlodo straniero. E come l’art. V della Convenzione di New York, queste cir-costanze si dividono fra una prima serie, che impedisce il riconoscimento el’esecuzione del lodo solamente se opposte e provate dalla parte che si op-

(71) Cass., 28 dicembre 2006, n. 27592, in Foro it., 2007, 6, I, 1789.(72) Si veda: ATTERITANO, L’enforcement, cit., 148 ss.

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pone al lodo; e una seconda serie di circostanze che possono invece essererilevate d’ufficio dal giudice.

Le circostanze della seconda serie, che quindi possono essere rilevated’ufficio, sono le stesse previste anche dall’art. 839 c.p.c., ossia la non ar-bitrabilita della controversia secondo il diritto italiano e la contrarieta al-l’ordine pubblico, sulle quali gia si e detto.

Si supponga, che sia la parte privata, nel nostro caso, ad aver chiestoil riconoscimento e l’esecuzione del lodo francese, e che il Presidente dellacorte d’appello di Roma abbia dato efficacia al lodo secondo l’art. 839c.p.c. Ora INSERM potrebbe decidere di opporsi al decreto che da effica-cia al lodo.

In tale quadro, INSERM potrebbe cercare di argomentare, a normadell’art. 840(3)(1) c.p.c. (73), il non riconoscimento e la non esecuzione dellodo per mancanza di capacita di compromettere ex art. 2060 c.c. francesee per invalidita della clausola compromissoria.

La capacita di una parte di compromettere deve essere valutata se-condo la legge applicabile a tale parte (74), ossia, nel caso in esame, lalegge francese. Anche la legge applicabile per valutare la validita dellaclausola compromissoria sara quella francese (75).

Per stabilire la capacita di compromettere di un ente pubblico franceseil giudice italiano dovra dunque interpretare le norme francesi e in partico-lare, nel caso in esame, l’art. 2060 c.c. francese. Il giudice italiano dovra,pero, tenere conto della giurisprudenza francese riguardante arbitrati inter-nazionali in cui una parte e un ente pubblico francese (76). Come detto so-

(73) Conforme all’art. V(1)(a) della Convenzione di New York.(74) Vedi VAN DEN BERG, The New York Arbitration Convention of 1958, Towards a

Uniform Judicial Interpretation, Deventer, 1981, 278. Per l’applicabilita della stessa normadi conflitto agli enti pubblici si veda: Corte d’Appello di Bari, 2 novembre 1993, n. 4342,cit.; Cass., 9 maggio 1996, n. 811, cit; POUDRET, BESSON, Comparative Law, cit., 191 ss.

(75) Vedi art. 840(3)(1) c.p.c. e art. V(1)(a) della Convenzione di New York.(76) Dal momento in cui la Convenzione di New York prevede casi in cui il giudice

dello stato di riconoscimento ed esecuzione deve applicare il diritto di un altro stato, quasisempre della sede dell’arbitrato, e possibile che vi siano casi di contrasto fra l’applicazionedel medesimo diritto da parte del giudice dell’esecuzione e del giudice della sede dell’arbi-trato. Tali contrasti sarebbero naturalmente da evitare e proprio per questo motivo il giudiceitaliano dovrebbe tenere conto anche della giurisprudenza francese sull’art. 2060 c.c. francesee non avventurarsi in un’interpretazione autonoma e forse letterale della norma che potrebbeportare a risultati contrastanti con la giurisprudenza francese. Il caso piu evidente di contra-sto fra giudice dell’esecuzione e giudice della sede dell’arbitrato nell’interpretazione dellalegge dello stato della sede dell’arbitrato e il caso Dallah. In tale caso, la sede dell’arbitratoera Parigi e la legge applicabile alla clausola compromissoria era la legge francese. Dopo chevenne reso il lodo arbitrale, i giudici inglesi vennero aditi per il riconoscimento e l’esecu-zione del lodo mentre i giudici francesi vennero aditi per l’annullamento del lodo. Appli-cando la legge francese, la Suprema Corte inglese rifiuto il riconoscimento e l’esecuzione dellodo per mancanza di giurisdizione del tribunale arbitrale; mentre la corte d’appello di Pa-

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pra, nonostante l’art. 2060 c.c. ponga una regola di principio per cui gli entipubblici non possono compromettere, la giurisprudenza ha stabilito la nonapplicabilita di tale regola alle dispute che coinvolgono gli interessi delcommercio internazionale. Il caso di specie verrebbe qualificato quale arbi-trato internazionale, e percio seguendo la giurisprudenza francese gia di-scussa sopra, il giudice italiano dovrebbe stabilire la capacita dell’entepubblico francese di stipulare una clausola compromissoria in un contrattocon una parte privata non francese. Inoltre, secondo autorevole dottrina « Astate or a state-owned company involved in arbitral proceedings may notinvoke its own municipal law to determine the question of subjective arbi-trability » (77).

Il giudice italiano non avrebbe dunque motivo di negare l’esecuzionedel lodo per mancanza di capacita di compromettere.

E poi molto difficile argomentare sulla base del diritto francese la nonvalidita della clausola compromissoria. Una volta l’art. 2061 c.c. francesesanciva la nullita della clausola compromissoria sottoscritta da un entepubblico francese. Sulla base di tale articolo sarebbe stato possibile tentaredi argomentare l’invalidita della clausola compromissoria. Ora pero questoarticolo e stato modificato e non sancisce piu la nullita della clausola com-promissoria per i casi in cui sia un ente pubblico a stipularla. Non sembradunque possibile dichiarare la clausola non valida per questo motivo e illodo dovrebbe percio essere riconosciuto ed eseguito in Italia.

5.1. Prima di concludere, e interessante cercare di individuare il re-gime che sarebbe applicabile in Italia a controversie nascenti da contrattifra un ente pubblico italiano e un ente privato straniero. Sopra si e gia di-scusso il problema dell’arbitrabilita. Individuando il regime applicabile aquesti arbitrati si giungera ad individuare anche quale giudice, ordinario oamministrativo, avrebbe giurisdizione sugli eventuali ricorsi.

Per decidere del regime applicabile la giurisprudenza della Corte diCassazione e del Consiglio di Stato oggi convengono nel ritenere che a tuttigli arbitrati si debba, di base, applicare il regime delineato dal codice di

rigi, applicando la stessa legge francese, rigetto la richiesta di annullamento del lodo, confer-mando la giurisdizione del tribunale arbitrale. Si veda: Dallah Real Estate and Tourism Hold-ing Co. v Ministry of Religious Affairs of the Government of Pakistan, 3 novembre 2010, UKSupreme Court, [2011] 1 AC; Cour d’Appel de Paris, 17 febbraio 2011, n. R/G/09/28533,Government of Pakistan - Ministry of Religious Affairs v Dallah Real Estate and TourismHolding Co.

(77) NACIMIENTO, in KRONKE, NACIMIENTO, OTTO, PORT, Recognition and Enforcement,cit., 220 (nota a piede pagina omessa); contra, POUDRET, BESSON, Comparative Law, cit. p.192 ss. Si vedano, inoltre, al rigurado, i riferimenti bibliografici inclusi sopra nella discus-sione su arbitrabilita e capacita di compromettere.

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procedura civile agli artt. 806 ss. (78). Individuare il regime applicabile adun certo arbitrato significa anche individuare il giudice competente che po-trebbe essere coinvolto in diversi momenti dell’arbitrato (79). L’arbitrato,infatti, potrebbe necessitare dell’appoggio di un giudice dello stato nel pro-cedimento di nomina degli arbitri, nel procedimento di ricusazione degliarbitri, nella determinazione del compenso degli arbitri, nella fase istrutto-ria, nell’emanare misure cautelari, nella fase di esecuzione del lodo e persentire le impugnazioni contro il lodo. Il codice civile individua il giudiceordinario quale giudice competente che assiste l’arbitrato (80). Di seguito cioccuperemo di individuare il giudice nazionale competente per conosceredell’impugnazione contro un lodo emesso in una controversia fra un entepubblico e un privato. In particolare analizzeremo il caso di ricorso controun lodo intervenuto in una controversia che, se non fosse stato scelto l’ar-bitrato, sarebbe stata devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice am-ministrativo.

La norma dell’art. 6(2) della Legge n. 205/2000 non ha come effettoquello di modificare il regime applicabile all’arbitrato. Il solo motivo percui senza una clausola compromissoria una controversia rientrerebbe nellagiurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non e sufficiente per sta-bilire un nuovo regime per gli arbitrati che ne derivano. E anche in caso diricorso contro il lodo in questo tipo di arbitrati si applicheranno gli articolidel codice di procedura civile. Avra dunque giurisdizione per conosceredell’eventuale ricorso il giudice ordinario, anche nelle controversie che al-trimenti spetterebbero alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrati-

(78) Per una disamina delle diverse opinioni sul regime applicabile agli arbitraticoinvolgenti un ente pubblico, vedi Arbitrato nelle controversie amministrative, cit., 522 ss.

(79) BLACKABY, PARTASIDES con REDFREN, HUNTER, Redfren and Hunter on Internatio-nal Arbitration, quinta ed., Oxford, 2009, 439 s.; MOSES, The Principles and Practice of In-ternational Commercial Arbitration, Cambridge, 2008, 84 s.; KERR, Arbitration and theCourts: The UNCITRAL Model Law, ICLQ, 1985, 1 ss.; DE VRIES, International CommercialArbitration: a Transnational View, in J. Int. Arb., 1984, 9 ss.

(80) I compiti affidati dal legislatore al giudice statale in appoggio all’arbitrato, adesempio i compiti di nomina degli arbitri, non pongono problemi di riparto di giurisdizione.Il giudice, in questi casi, infatti, non si occupa in alcuna forma dell’oggetto della lite e quindie indifferente quale giudice, quello ordinario o quello amministrativo, sia competente. Lascelta spettera al legislatore, e nel codice di procedura civile si e scelto il giudice ordinarioquale giudice d’appoggio. Si veda: AMADEI, L’arbitrato nel diritto amministrativo, in CEC-CHELLA (a cura di), L’arbitrato, Torino, 2005, 432. Diverso e il caso delle misure cautelari ri-chieste a un giudice nazionale durante un procedimento arbitrale. Da una parte, l’art. 818c.p.c. stabilisce che gli arbitri non possono emettere misure cautelari. Dall’altra parte, se-condo l’art. 619-quinquies c.p.c. « Se la controversia e oggetto di clausola compromissoriao e compromessa in arbitri anche non rituali o se e pendente il giudizio arbitrale, ladomanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito ». Dun-que, nel caso in cui pendesse un arbitrato in una materia che normalmente spetterebbe algiudice amministrativo, proprio il giudice amministrativo sara competente per conosceredelle misure cautelari. Si veda: LUISO, Arbitrato e giurisdizione, cit., 423.

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vo (81). In particolare competente, a norma dell’art. 828 c.p.c., sara « lacorte d’appello nel cui distretto e la sede dell’arbitrato ».

A tale conclusione si giunge perche l’art. 6(2) della Legge n. 205/2000« non detta specifiche disposizioni in ordine alla disciplina di rito applica-bile » e dunque « va necessariamente inserita nel contesto delineato dagliartt. 806 ss. c.p.c., salvi ovviamente i casi di modelli arbitrali specifici pre-visti da apposite normative. Ne consegue che l’impugnazione di lodi ritualipronunciati nell’ambito di controversie riconducibili alla sfera dell’art. 6,comma 2, della Legge n. 205/2000, cosı come quella di ogni lodo arbitralerituale, deve essere proposta dinanzi alla corte di appello nella cui circo-scrizione e la sede dell’arbitrato, ai sensi dell’art. 828 c.p.c., che costitui-sce l’unica disposizione diretta alla determinazione del giudice cui spettagiudicare su detta impugnazione » (82) (enfasi aggiunta). A tale conclusionegiunge il Consiglio di Stato e anche la Corte di Cassazione partendo dallapremessa per cui « l’arbitrato rituale non costituisce esercizio di funzionegiurisdizionale, e che conseguentemente il relativo procedimento non siconfigura in termini di affıdamento agli arbitri di una frazione di quellostesso potere giurisdizionale che la legge attribuisce al giudice dello Sta-to » (83). Ad avviso di tale giurisprudenza la decisione arbitrale e un atto dinatura privata e dunque non gode della stessa natura e degli stessi effettidella sentenza.

Tale premessa permette anche di respingere la diversa opinione delConsiglio di Stato espressa in una precedente sentenza (84). Secondo talediversa opinione, il ricorso contro un lodo dovrebbe essere visto come unsecondo grado di giudizio in una controversia. E, dunque, se invece di unasentenza di primo grado si ha un lodo, il ricorso/appello si dovrebbe eser-citare davanti al giudice che sarebbe stato competente qualora la controver-sia non si fosse portata in arbitrato (85). Tale tesi non viene seguita per i

(81) GOISIS, Compromettibilita, cit., 243 ss.; ROSSI, Arbitrato ex art. 6 comma 2, cit.,882 ss.; LUISO, Arbitrato e giurisdizione, cit., 421; ROMANO TASSONE, Lodo arbitrale ex art. 6,Legge n. 205 del 2000 e giudice dell’impugnazione, in Foro amm.-C.d.S., 2003, p. 2276 ss.;VERDE, Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, in Studi in Onore di Car-mine Punzi, Torino, 2008, II, 701 ss.; Cons. Stato, Sez. IV, 31 dicembre 2007, n. 6812; Cass.,Sez. un., 3 luglio 2006, n. 15204; Cass., Sez. un., 12 luglio 2005, n. 14545; Cass., Sez. un.,14 novembre 2005, n. 22903.

(82) Cons. Stato, Sez. IV, 31 dicembre 2007, n. 6812.(83) Cass., Sez. un., 3 luglio 2006, n. 15204 e 12 luglio 2005, n. 14545.(84) Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2003, n. 3655.(85) Vi e un altro orientamento che sostiene una divisione/condivisione di compe-

tenza fra giudice ordinario e giudice amministrativo. Secondo tale orientamento, il giudiceordinario, la corte d’appello, sarebbe competente solo per la fase rescindente della impugna-zione del lodo. Il giudice amministrativo sarebbe invece competente per l’eventuale fase re-scissoria. Si sostiene, infatti, che, qualora il lodo avesse per oggetto una lite che altrimentisarebbe stata di competenza del giudice amministrativo, il principio del giudice naturale im-

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motivi sopra esposti, e perche si argomenta che il ricorso contro un lodonon e un secondo grado di giudizio. Si argomenta che il giudice ordinario,in questo caso la corte d’appello, e il giudice naturale per conoscere del-l’impugnazione del lodo (86).

Tale regime dell’arbitrato, che vede nella giurisdizione ordinaria lagiurisdizione naturale per i casi di impugnazione, rimane lo stesso anchenel caso di arbitrati internazionali. Infatti, a seguito della riforma interve-nuta con D.Lgs. n. 40/2006, nel nostro ordinamento non esiste piu una so-stanziale differenza fra arbitrato interno e arbitrato internazionale. Sarasempre la Corte d’appello che avra dunque giurisdizione per conoscere delricorso contro un lodo internazionale anche in una materia che altrimentisarebbe del giudice amministrativo. E cio lo si puo dedurre dalla giurispru-denza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione sopraesposta.

5.2. Se possiamo essere d’accordo con il risultato a cui giunge talegiurisprudenza, ossia nello stabilire che il regime delineato dal codice diprocedura civile e l’unico regime vigente per ogni forma d’arbitrato e chedunque e sempre la corte d’appello ad essere il giudice naturale per le im-pugnazioni contro i lodi, non possiamo pero essere d’accordo con tutti ipassaggi del ragionamento.

In particolare non possiamo essere d’accordo con l’idea per cui il lodonon e parificabile alla sentenza di un giudice dello Stato. L’affermazionesembra non avere fondamento nel diritto. Alla luce della riforma dell’arbi-trato del 2006, il lodo in un arbitrato rituale tende sempre di piu ad essereassimilato ad una sentenza. E dimostrazione di cio e il nuovo art. 824-bisa norma del quale « ... il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizionegli effetti della sentenza pronunciata dall’autorita giudiziaria ». Questa as-similazione del lodo ad una sentenza, non vuole pero essere motivo per ri-baltare la giurisprudenza sopraesposta. Tale giurisprudenza ha infatti ilgrande vantaggio di offrire un regime unitario dell’arbitrato. E proprio que-sta unita di regime e alla base dei lamenti della dottrina francese in seguitoalla decisione INSERM. Non vi e motivo dunque di cambiare opinione.

Nell’affermare l’assimilazione del lodo alla sentenza non si vuole op-tare per quella giurisprudenza del Consiglio di Stato che vede nell’impu-gnazione contro un lodo un secondo grado di giudizio e non si vuole nem-meno optare per quell’orientamento che sostiene una divisione di giurisdi-zione fra giudice ordinario e giudice amministrativo a seconda dell’impu-

porrebbe il ritorno della lite alla cognizione proprio del giudice amministrativo. ANTONIOLI,Arbitrato e giurisdizione esclusiva: luci e ombre, cit., 405 ss.; CONSOLO, L’oscillante ruolodell’arbitrato, cit., 133; CONSOLO, La giurisdizione del giudice amministrativo si giustapponea quella del giudice « ordinario »e ne imita il processo, in Giust. civ., 2000, 536.

(86) ROMANO TASSONE, NATOLI, Arbitrato (diritto amministrativo), Il Diritto, Enc. IlSole 24 Ore, I, Milano, 2007, 573.

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gnazione, solo rescindente o anche rescissoria. La diversita di natura dellodo e della sentenza non e indispensabile per giungere ad affermare lagiurisdizione della corte d’appello per conoscere delle impugnazioni controi lodi. Al medesimo risultato si puo giungere semplicemente affermandoche quello delineato dagli artt. 806 ss. e un regime speciale che si applicaa tutti gli arbitrati, indipendentemente da quale giudice avrebbe avuto giu-risdizione qualora non si fosse iniziato un arbitrato.

6. In conclusione, notiamo che, se dal lato del riparto della giurisdi-zione, in Italia vige ancora un regime unitario dell’arbitrato che vede nelgiudice ordinario il giudice naturale a conoscere delle impugnazioni controi lodi, a differenza che in Francia; dal lato dell’arbitrabilita, in Italia vi sonoancora molti passi da compiere. Infatti, il dibattito sull’arbitrabilita dellecontroversie che riguardano interessi legittimi, rende complesso determi-nare con precisione l’arbitrabilita delle controversie che coinvolgono entipubblici. Per di piu, il divieto per gli enti pubblici di arbitrare controversieche sorgono da contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi, non fache complicare ulteriormente la situazione. Forse dunque l’Italia dovrebbeguardare di piu alla Francia per quanto riguarda le ragioni per estenderel’area delle controversie arbitrabili che riguardano interessi pubblici ed entipubblici, ma non cadere nella tentazione di dividere dal punto di vista dellagiurisdizione un regime dell’arbitrato che ad oggi si mantiene unitario.

RAYMUNDO TULLIO TREVES

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STATI UNITI - DISTRICT COURT, Southern District of New York; sentenza del16 giugno 2011; S.A. SCHEINDLIN, Giudice; Stolt Tankers B.V. v. Allianz Seguros,S.A. e ACE Seguradora S.A.

Clausola compromissoria contenuta in un Charter Party - Incorporazione dellaclausola compromissoria nella polizza di carico attraverso un riferimentoal Charter Party fatto con linguaggio inequivocabile - Conseguente appli-cabilita della clausola ai consegnatari della merce indicati nella polizza dicarico.

Non firmatari che agiscono in surroga di soggetti vincolati dalla clausola com-promissoria - Coincidenza dei loro diritti e obblighi con quelli dei soggettiai quali si surrogano - Conseguente applicabilita ai non firmatari che agi-scono in surroga della clausola compromissoria che vincola coloro aiquali si surrogano.

Corte federale dello Stato di New York - Legge dello Stato di New York - Do-manda avente ad oggetto un ordine di procedere con l’arbitrato e unaanti-suit injunction a sostegno dell’arbitrato - Convenuti vincolati da unaclausola compromissoria che prevede un arbitrato con sede a New York -Sussistenza della personal jurisdiction della Corte nei loro confronti conriferimento alle dette domande.

Corte federale dello Stato di New York - Domanda avente ad oggetto un or-dine di procedere con l’arbitrato e una anti-suit injunction a sostegno del-l’arbitrato - Fattispecie di pendenza di giudizio ordinario iniziato in Bra-sile dalle convenute sulla controversia - Rifiuto delle convenute stesse dipartecipare all’arbitrato - Presupposti dell’emanazione dell’ordine e dellaconcessione dell’anti-suit injunction - Sussistenza.

La clausola compromissoria contenuta nel Charter Party si applica ai conse-gnatari della merce indicati nella polizza di carico quando la polizza di carico ab-bia incorporato la detta clausola attraverso un riferimento al Charter Partyespresso in termini inequivocabili.

Dal momento che coloro che agiscono in surroga hanno gli stessi diritti e glistessi doveri di coloro ai quali si surrogano, ad essi si applica anche la clausolacompromissoria dalla quale questi ultimi siano vincolati.

Sussiste la personal jurisdiction di una corte federale dello Stato di New Yorkche applichi la legge dello Stato di New York sulla domanda di ordinare di proce-dere con l’arbitrato e di concedere una anti-suit injunction a favore dell’arbitratomedesimo, quando i convenuti siano vincolati da una clausola compromissoria cheprevede un arbitrato con sede a New York.

Sussistono i presupposti per ordinare di procedere con l’arbitrato e concedereuna anti-suit injunction a sostegno dell’arbitrato quando i convenuti, nonostante laclausola compromissoria, abbiano iniziato un giudizio all’estero con riferimentoalla controversia e si siano rifiutati di partecipare all’arbitrato.

CENNI DI FATTO. — Il 19 gennaio 2009 Stolt Tankers B.V. (proprietario del bat-tello) e Tricon Shipping, Inc. (noleggiatore) concludono un « voyage Charter

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Party », sulla base di un « ASBATANKVOY Charter Party form » modificato. Nel« Fixture Recap » (comunicazione tra le parti che abitualmente contiene gli ele-menti principali dell’accordo), Stolt e Tricon convengono sui seguenti punti: (a)applicazione del diritto statunitense, (b) arbitrato a New York, (c) utilizzo del for-mulario « Charter Party Asbatankvoy » come base per i loro accordi, (d) inseri-mento delle « Tricon Shipping Inc. Shipping Clauses » come parte integrante delCharter Party. La Parte II, clausola 24, del Formulario Asbakantvoy prevede che« any and all differences and disputes of whatsoever nature arising out of thisCharter shall be put to arbitration in the City of New York or in the City of Lon-don whichever place is specified in Part I of this charter ».

L’11 febbraio 2009, Tricon carica sul battello grandi quantita di soda caustica.Stolt rilascia tre polizze di carico, in due delle quali Klabin risulta come consegna-tario, mentre Suzano risulta consegnatario nella terza. Ciascuna delle polizze di ca-rico contiene la seguente clausola: « This shipment is carried under and pursuantto the terms of the Charter 01 19 2009 at Houston, Texas between STOLTTANKERS, BV and TRICON SHIPPING as Charterer, and all the terms whatsoe-ver of the said Charter, including the arbitration clause, except the rate and pay-ment of freight specified therein, apply to and govern the rights of the parties con-cerned in this shipment ».

All’arrivo in Brasile, i legali di Ace e Allianz, assicuratori di Klabin e Suzanoche agiscono in surroga, introducono una azione dinanzi ai Giudici brasiliani con-tro Stolt. Alla richiesta di Stolt di procedere con l’arbitrato a New York, le dettesocieta si rifiutano. Stolt ha conseguentemente richiesto alla Federal District Courtof the Southern District of New York che venisse ordinato ad Ace e Allianz di pro-cedere con l’arbitrato e che venisse emessa nei loro confronti una anti-suit injunc-tion con riferimento al giudizio iniziato in Brasile.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — Discussion.A. In Personam Jurisdiction.Respondents’ contention that an agreement to arbitrate in New York by the

insured does not confer jurisdiction over the insurer is without merit. As discussedbelow, the arbitration clause in the Fixture Recap specifies New York as the forumfor arbitration of any disputes arising out of the Charter Party. Because Klabin andSuzano are parties to the bills of lading, into which the New York arbitration clausewas incorporated by reference to the Charter Party using unmistakable language,they are bound by the arbitration clause. Because Klabin and Suzano have thus ef-fectively agreed to arbitrate any disputes arising out of the transaction in New York,they have consented to the jurisdiction of this Court.

Allianz and ACE are responding to this petition and litigation in Brazil againstStolt only in their roles as subrogees of Klabin and Suzano. As such, their rightsand obligations are no different from those of Klabin and Suzano. And becauseKlabin and Suzano, as subrogors, are parties to the bills of lading and to the arbi-tration clause, that clause also binds Allianz and Ace as subrogees.

Because Allianz and Ace are bound by the New York arbitration clause, thisCourt, which has the power to compel arbitration in accordance with the clause,may exercise jurisdiction over them. If any party to an arbitration could escape li-ability by avoiding jurisdiction through simply subrogating its rights to a thirdparty, it would render any arbitration clause meaningless, which surely would not

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comport with the intention of the parties. The insurers cannot escape their obliga-tions under one clause of the contract — the arbitration clause — while suing un-der a different one. Given these considerations, and given that Respondents standin the shoes of the insured, this Court clearly has personal jurisdiction over Respon-dents.

B. (Omissis).C. Petition to Compel Arbitration.(Omissis). The arbitration clause also applies to Respondents. The arbitration

clause is broad in scope. It does not specify that only some parties are bound by it,and is not restricted to any specific issues. The bills of lading, using « unmistak-able language », expressly incorporate « all the terms whatsoever of the said [As-batankvoy] Charter, including the arbitration clause. Because the arbitration clausein the Asbatankvoy Form was specifically incorporated by reference into each billof lading, it applies to the consignees specified on those bills of lading — Klabinand Suzano. As the subrogated insurers of Klabin and Suzano, the Respondents areequally bound to arbitrate. The Respondents « stand[...] in the shoes of the insured,and cannot escape the arbitration clause any more that the insured. Stolt’s motionto compel the Respondents to arbitrate is therefore granted.

D. Petition for an Anti-Suit Injunction.Petitioner also moves to enjoin Respondents’ litigation in Brazil.While this Court has the power to issue an anti-suit injunction, as noted ear-

lier it should only do so if « (A) the parties are the same in both matters, and (B)resolution of the case before the enjoining court is dispositive of the action to beenjoined ».

Respondents maintain that the parties in the Brazilian action are different fromthose in the action before this Court. Because in the Brazilian action Stolt Brazil,Stolt’s Brazilian affiliate, is named as a defendant. But because Stolt Brazil wasnamed as a defendant in the Brazilian action on the basis of its corporate relation-ship with Stolt, the China Trade « same party » requirement is satisfied.

With regard to the second threshold factor, although this Court will not deter-mine the outcome of the underlying dispute, an order by this Court compelling ar-bitration will result in a determination of the dispute in the arbitration. The resolu-tion of the case before this Court is therefore clearly dispositive of the Brazilianlitigation.

These threshold considerations having been met, this Court must address thefive China Trade factors. Several of these factors counsel in favor of enjoining theBrazilian action. First, permitting the Brazilian litigation to continue will frustratethe general federal policy of promoting arbitration. Second, the fact that the Brazil-ian court will not apply the principles of the Carriage of Goods by Sea Act« COGSA ») may result in widely disparate results in these two actions. Indeed, theprospect of a more favorable outcome under Brazilian law seems to be the motiva-tion behind Respondents’ effort to litigate in Brazil. This potential disparity, and therace to judgment that it could provoke, weigh in favor of an anti-suit injunction.Third, the equitable considerations involved, such as deterring forum shopping, alsocompel enjoining the foreign action. Fourth, it is likely that adjudication of thesame issues in two separate actions would result in inconvenience, inconsistency,and a possible race to judgment. As discussed above, given that COGSA will be

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applicable in the New York arbitration but not in the Brazilian action, the outcomescould be inconsistent. Moreover, because the witnesses and evidence in both ac-tions would likely be the same, there could be considerable inconvenience in shut-tling witnesses between the venues for these two actions. Furthermore, one of thepurposes of including a binding arbitration clause in a contract is to avoid exten-sive and expensive litigation. Forcing Stolt to pursue parallel litigation in Brazilwhile arbitrating the same issues in New York would likely impose unreasonableand unnecessary costs. Fifth, as both courts have in personam jurisdiction over theparties, there is no particular threat to this Court’s jurisdiction. However, given thatthe four other China Trade factors weigh in favor of an injunction, Stolt’s petitionto enjoin the Respondents’ action in Brazil is granted.

E. (Omissis).

CONCLUSION. — For the reasons set forth above, the petition to compel arbitra-tion, and to enjoin Respondents’ Brazilian action until the conclusion of arbitration,is granted. Petitioner’s request for imposition of costs and fees is denied.

Presupposti della personal jurisdiction e anti-suit injunction a sostegnodell’arbitrato in una recente sentenza di una corte federale delloStato di New York.

1. Nella sentenza in epigrafe (1), alla Federal District Court of theSouthern District of New York (2) era richiesto di decidere se sussistevanoo meno i requisiti per ordinare ai convenuti di procedere con un arbitratocon sede a New York e per concedere al ricorrente una anti-suit injunction,nei confronti dei convenuti stessi, con riferimento ad un giudizio iniziatoda questi in Brasile.

La Corte era inoltre preliminarmente tenuta ad accertare se sussistevala propria in personam jurisdiction nei confronti dei convenuti.

Nel presente commento attenzione sara dedicata soprattutto al criterioadottato dalla Corte al fine di decidere se concedere o meno l’anti-suitinjunction e alle conclusioni concrete cui essa perviene con riferimento alcaso in esame.

(1) La sentenza, da citarsi come Stolt Tankers BV v. Alliance Seguros, S.A. and ACESeguradora, S.A., 2011 WL 2436662 (S.D.N.Y. 2011), qui riportata per le parti rilevanti, puoessere consultata per intero, oltre che su Westlaw, su http://www.jenner.com/system/assets/as-sets/4286/original/stolt_tankers_v._Allianz.pdf?1319838805.

(2) Si tratta di una corte federale di primo grado facente capo al Secondo Circuito diCorte d’Appello degli Stati Uniti. Dal Secondo Circuito proviene la maggior parte della giu-risprudenza in materia di arbitrato, dal momento che di regola negli arbitrati commerciali in-ternazionali viene indicata proprio New York quale sede, anche in quanto lı si trova l’Ame-rican Arbitration Association.

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Non solo, infatti, i recenti sviluppi della giurisprudenza statunitenseper quanto riguarda la concessione di anti-suit injunctions destano in gene-rale curiosita per la mancanza di un univoco orientamento in materia, ma,per di piu, le conclusioni raggiunte nel caso concreto dalla Corte non sonodel tutto scontate e inducono a soffermarsi specificamente sulle peculiaritadelle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato.

Prima di affrontare i temi indicati occorrera, comunque, ricostruire iprincipali passaggi della vicenda alla base della sentenza.

2. Stolt Tankers B.V. (proprietario del battello) e Tricon Shipping,Inc. (noleggiatore) concludevano un « voyage Charter Party », sulla basedi un « ASBATANKVOY Charter Party form » modificato.

La Parte II, clausola 24, del Formulario Asbakantvoy prevede che« any and all differences and disputes of whatsoever nature arising out ofthis Charter shall be put to arbitration in the City of New York or in theCity of London whichever place is specified in Part I of this charter ». NelFixture Recap (comunicazione tra le parti che abitualmente contiene glielementi principali dell’accordo), Stolt e Tricon convenivano sui seguentipunti: a) applicazione del diritto statunitense, b) arbitrato a New York, c)utilizzo del formulario « Charter Party Asbatankvoy » come base per i loroaccordi, d) inserimento delle « Tricon Shipping, Inc. Shipping Clauses »come parte integrante del Charter Party.

Cosı era regolato il noleggio tra Stolt e Tricon quando quest’ultimocaricava sul battello grandi quantita di soda caustica, per le quali Stolt ri-lasciava tre polizze di carico (bills of lading), in due delle quali risultavacome consegnatario della merce Klabin, mentre in una terza risultava comeconsegnatario Suzano. Ciascuna delle polizze di carico conteneva la se-guente clausola: « This shipment is carried under and pursuant to the termsof the Charter 01 19 2009 at Houston, Texas between STOLT TANKERS,BV and TRICON SHIPPING as Charterer, and all the terms whatsoever ofthe said Charter, including arbitration clause, except the rate and paymentof freight specified therein, apply to and govern the rights of the partiesconcerned in this shipment ». Il Charter Party e la relativa clausola com-promissoria venivano, cioe, « incorporati » nelle polizze di carico.

Verificatisi danni alla merce, all’arrivo in Brasile i legali di Ace e Al-lianz, assicuratori di Klabin e Suzano che agivano in surroga avendo sod-disfatto i propri assicurati, introducevano una azione dinanzi ai Giudicibrasiliani contro Stolt. Alla richiesta di Stolt di procedere invece con l’ar-bitrato a New York, Ace e Allianz si rifiutavano di nominare il proprio ar-bitro, sostenendo di non essere firmatari della convenzione arbitrale.

In considerazione di cio Stolt richiedeva alla Federal District Courtdel Southern District of New York che venisse ordinato ad Ace e Allianz diprocedere con l’arbitrato e che venisse emessa nei confronti dei medesimi

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una anti-suit injunction perche non proseguissero il giudizio da loro stessiiniziato in Brasile.

3. Per decidere circa la sussistenza della personal jurisdiction (3) neiconfronti degli assicuratori convenuti, la Corte ha dovuto affrontare due di-stinte questioni.

La prima e rappresentata dall’applicabilita della clausola compromis-soria ai convenuti Ace e Allianz, i quali non l’avevano sottoscritta. Talequestione comporta, peraltro, a sua volta, l’esame di due distinte problema-tiche: quella della applicabilita della convenzione a Klabin e Suzano, con-segnatari della merce indicati nelle polizze di carico che avevano incorpo-rato il Charter Party e quella della applicabilita della convenzione arbitraleagli assicuratori Ace e Allianz, i quali, avendo soddisfatto gli assicuratiKlabin e Suzano, si erano surrogati nei loro diritti.

La seconda questione riguarda invece i criteri che la Corte ha posto abase dell’affermazione della propria personal jurisdiction in una azione asostegno dell’arbitrato nella quale le era stato chiesto di emettere una anti-suit injunction.

4. Partendo dalla prima questione, attinente l’incorporazione dellaclausola compromissoria in altro contratto non concluso tra le medesimeparti, la Corte osserva che, dal momento che Klabin e Suzano erano rispet-tivamente parti delle polizze di carico sottoscritte da Stolt, nelle quali laclausola compromissoria che indicava New York come sede dell’arbitrato

(3) Nell’ordinamento statunitense una corte federale ha giurisdizione sulla controver-sia quando sussiste nei confronti del convenuto la personal jurisdiction, il cui difetto puo es-sere rilevato solo su eccezione di parte. La personal jurisdiction delle corti federali con rife-rimento alle ipotesi di transnational litigation e disciplinata da una serie complessa di regole,in parte federali ed in parte provenienti dal singolo Stato dell’Unione nel quale siede la cortein questione, in parte nascenti dalla legge, in parte da trattati internazionali ed in parte dallaCommon Law, come chiarisce BERMANN, Transnational litigation in a nutshell, St. Paul (MN),2003, 4; in argomento vedi anche, piu ampiamente, BORN, RUTLEDGE, International Civil Li-tigation in United States Courts, Austin (TX), 2007, 75 ss.

In alternativa, una corte federale ha la giurisdizione quando sussista con riferimentoalla controversia la in rem jurisdiction, che e una forma di giurisdizione « sulla cosa » chepuo essere esercitata dalle corti di un determinato Stato quando la detta « cosa » si trovi nelloStato stesso e sia stata oggetto di sequestro; in argomento vedi, tra gli altri, TEITZ, Transna-tional Litigation, Charlottesville, Va., 1996, 43 ss.

In ogni caso, perche una corte federale abbia la giurisdizione su una controversia essadeve essere dotata anche della subject-matter jurisdiction, considerato che le corti federali, adifferenza delle corti statali, hanno giurisdizione limitatamente alle materie espressamentepreviste dalla legge; il difetto di subject-matter jurisdiction puo essere rilevato d’ufficio. Dalmomento che la questione della sussistenza della subject-matter jurisdiction non e affrontataespressamente nella sentenza, non ne tratteremo nel commento, rinviando in argomento aquanto chiarito in generale in BORN, RUTLEDGE, International Civil Litigation, cit., 7 ss.

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era stata incorporata attraverso un chiarissimo riferimento al Charter Party,essi erano vincolati dalla convenzione arbitrale pur non avendola sotto-scritta.

Si legge nella sentenza (4): che le clausole compromissorie contenutein un Charter Party sono state spesso interpretate dalla giurisprudenzacome « broad », ovvero come non necessariamente limitate alle controver-sie tra « owners » e « charterers » (5); che le corti federali del SecondoCircuito hanno da tempo ritenuto, come regola generale, che una clausolacompromissoria che non sia necessariamente limitata alle parti firmatariepuo essere incorporata attraverso il rinvio ad essa effettuato in un altro ac-cordo; che, in applicazione di questa regola, la clausola compromissoriacontenuta in un Charter Party e stata gia considerata vincolante dalla giu-risprudenza proprio per le parti di una polizza di carico (bill of lading), laquale ha incorporato detta clausola attraverso un richiamo preciso allostesso Charter Party (6), chiaramente identificato. Evidenzia, tuttavia, lastessa Corte che, per incorporare la clausola contenuta nel Charter Party,la giurisprudenza richiede che la polizza di carico utilizzi « unmistakablelanguage indicating that it is incorporated » (7).

Nella motivazione la Corte rileva che non solo nel caso di specie nellapolizza di carico era contenuto un espresso rinvio al Charter Party in que-stione, ma si rinviava anche espressamente alla clausola compromissoria ivicontenuta e tale rinvio veniva effettuato utilizzando un linguaggio inequi-vocabile. Conseguentemente, Klabin e Suzano, indicati nella polizza di ca-rico come consegnatari, dovevano ritenersi, alla luce dei principi di cui allarichiamata giurisprudenza, vincolati dalla detta clausola, da ritenersi incor-porata nella polizza stessa.

In effetti, la « theory » della « incorporation by reference » costitui-sce, secondo la giurisprudenza (8), una delle numerose « theories aris[ing]

(4) Si tratta della parte della sentenza che sintetizza la disciplina applicabile alle sin-gole questioni, non riportata e che precede quella riportata sopra.

(5) La Corte richiama, sul punto, Ibeto Petrolchemical Industries Limited v. M/TBeffen, 475 F.3d 56 (2d Cir. 2007); JLM Indus., Inc. v. Stolt-Nielsen SA, 387 F.3d 163 (2dCir. 2004).

(6) In tal senso Ibeto Petrolchemical Industries Limited v. M/T Beffen, 475 F.3d 56(2d Cir. 2007); Son Shipping Co., Inc. v. De Fosse & Tanghe et al., 199 F.2d 687 (2d Cir.1952), richiamate dalla Corte; vedi pero anche Novorossiyk Shipping Co. v. China PacificProp. Ins. Co., 2006 WL 3055964 (S.D.N.Y. 2006).

(7) Viene citata, a questo proposito, Continental Ins. Co. v. Polish S.S. Co., 346 F.3d281 (2d Cir. 2003).

(8) Ci riferiamo alla costante giurisprudenza delle corti federali del Secondo Cir-cuito, sulla quale vedi Thomson-CSF v. American Arbitration Association, 64 F.3d 773 (2dCir. 1995), ma anche, per quanto riguarda il Terzo Circuito, a Amkor Techology, Inc. v. Al-catel Bus. Sys., 278 F.Supp.2d 519 (E.D. Pa. 2003) e, con riferimento al Quinto Circuito, aHellenic Inv. Fund, Inc. v. Det Norske Veritas, Inc., 464 F.3d 514 (5th Cir. 2006).

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out of common law principles of contract and agency law » sulla base dellequali non firmatari possono essere vincolati alle convenzioni arbitrali al-trui (9). In particolare, come e stato rilevato, « under the incorporation byreference theory, a signatory to a preexisting contract may compel arbitra-tion against a non-signatory when the two parties entered into a new con-tract that incorporated the first contract by reference » (10).

E poi interessante osservare che ad analoga conclusione si giunge-rebbe ove fosse applicabile la legge italiana. Infatti, il requisito della formascritta richiesto dall’art. 808 c.p.c. per la validita formale della clausolacompromissoria e ritenuto senz’altro soddisfatto quando, come nella specie,la relatio ad un altro documento — nel quale la volonta compromissoria econtenuta — abbia le caratteristiche di una c.d. relatio perfecta in quantoviene fatto espresso riferimento alla clausola compromissoria (11).

5. La seconda questione risolta dalla Corte nell’affrontare l’ecce-zione di difetto di giurisdizione e quella dell’applicabilita della clausolaanche a Ace e Allianz, assicuratori che agivano surrogandosi nei diritti diKlabin e Suzano (12).

Si legge nella sentenza (13) che la giurisprudenza ha stabilito la regolagenerale secondo la quale « an insurer-subrogee stands in the shoes of its

(9) Thomson-CSF v. American Arbitration Association, 64 F.3d 773 (2d Cir. 1995);Hellenic Investment Fund, Inc. v. Det Norske Veritas, 464 F.3d 514 (5th Cir. 2006); vedi an-che, in argomento, HOSKING, Non-Signatories and International Arbitration in the US: theQuest for Consent, in Arbitration International, 2004, 290 ss., il quale individua numeroseipotesi di applicabilita della convenzione arbitrale ai non firmatari.

(10) HUI, Equitable Estoppel and the Compulsion of Arbitration, in 60 VanderbiltLaw Review, 721 (2007); vedi anche HOSKING, Non-Signatories, cit., 291, il quale rileva chein genere le corti trattano la questione « essentially as a factual matter »; LAMM, AQUA, De-fining the Party - Who Is a Proper Party in an International Arbitration before the AmericanArbitration Association and Other International Institutions?, in 34 George Washington In-ternational Law Review, 728 s. (2002-2003). Inoltre, secondo la giurisprudenza, un non fir-matario puo costringere all’arbitrato la parte di una convenzione arbitrale quando quest’ul-tima abbia sottoscritto un contratto separato con il non firmatario che incorpori la clausolacompromissoria esistente, Thomson-CSF v. American Arbitration Association, 64 F.3d 773(2d Cir. 1995).

(11) Vedi, per tutti, ATTERITANO, Commento all’art. 808 c.p.c., in BRIGUGLIO, CAPPONI

(a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, III, 2, Padova, 2009, 511; Com-mento all’art. 807 c.p.c., ivi, 502.

(12) Detta questione, che rientra nell’ambito delle problematiche concernenti l’am-bito soggettivo della clausola compromissoria, non va confusa con la differente questione deirapporti tra procedura arbitrale e terzi, sulla quale vedi, da ultimo, GIARDINA, L’interventionet l’attraction des tiers dans la procedure arbitrale, in questa Rivista, 2011, 557 ss.

(13) Si tratta della parte della sentenza che sintetizza la disciplina applicabile allesingole questioni, non riportata e che precede quella riportata sopra.

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insured » (14) e lo stesso assicuratore che agisce in surroga « succeeds towhatever rights or disabilities he may have in the matter » (15).

Sulla base di questa regola, che risulta effettivamente pacifica (16), lagiurisprudenza richiamata nella sentenza in commento ha ritenuto che nonvi fosse ragione per cui non dovesse essere data esecuzione anche ad unaclausola compromissoria nei confronti del surrogatario (17).

Il ragionamento si basa, in particolare, sul rilievo che quando un as-sicuratore marittimo ha pagato un risarcimento all’assicurato in relazionead un diritto nascente da un contratto, l’assicuratore diviene il beneficiariodi quest’ultimo diritto ed e legittimato a farlo valere nei confronti del ter-zo (18); pertanto, secondo la giurisprudenza, quando il diritto deriva da unapolizza di carico l’assicuratore diviene una delle parti contraenti della po-lizza di carico e « its right of recovery from the carrier of the goods is go-verned by the same terms as the insured’s right of recovery, i.e. by the billof lading » (19).

La Corte spiega poi che Ace e Allianz avevano iniziato il giudizio inBrasile e successivamente risposto nel giudizio negli Stati Uniti unicamentenella loro qualita di surrogatari di Klabin e Suzano. Ma se, in quanto tali,

(14) Al riguardo nella sentenza in commento vengono richiamate Gibbs v. HawaiianEugenia Corp., 966 F.2d 101 (2d Cir. 1992); Novorossiyk Shipping Co. v. China Pacific Prop.Ins. Co., 2006 WL 3055964 (S.D.N.Y. 2006).

(15) Sul punto e citata Lumbermans Mut. Cas. Co. v. Borden Co., 268 F.Supp. 303(S.D.N.Y. 1967).

(16) Vedi, al riguardo, Phoenix Ins. Co. of Brooklyn v. Eirie & Western Transp. Co.,117 U.S. 312 (1886); Federal Insurance Company v. Arthur Andersen & Co., 75 N.Y2d 366(1990); Great American Insurance Company v. United States of America, 575 F.2d 1031 (2dCir. 1978); Farrell Lines Incorporated v. Columbus Cello-Ply Corporation, 32 F.Supp.2d 118(S.D.N.Y. 1997).

(17) Cosı Lumbermans Mut. Cas. Co. v. Borden Co., 268 F.Supp. 303 (S.D.N.Y.1967), ove si fa riferimento alla circostanza che, benche non vi fosse alcun precedente chestabiliva specificamente che la convenzione arbitrale era applicabile a chi agiva in surroga,vi erano pero precedenti delle corti dello Stato di New York e dell’Ohio, che avevano legi-slazioni simili, nei quali clausole compromissorie erano state eseguite nei confronti di terziche reclamavano diritti derivanti dal contratto nel quale la clausola era contenuta; AmericanBureau of Shipping v. Tencara Shipyard s.p.a., 170 F.3d 349 (2d Cir. 1999); vedi anche, aproposito di una clausola di elezione del foro, Farrell Lines Incorporated v. Columbus Cel-lo-Ply Corporation, 32 F.Supp.2d 118 (S.D.N.Y. 1997). Secondo BORN, International Com-mercial Arbitration, I, Austin-Boston-Chicago-New York-The Netherlands, 2009, 1193, inprincipio la regola generale dovrebbe applicarsi anche alla clausola compromissoria. Tutta-via, tale Autore menziona che nel caso Valley Casework, Inc. v. Confort Construction, Inc.,76 Cal.App.4th 1013, la Court of Appeals (corte statale di secondo grado) del Quarto Di-stretto (California) sarebbe andata di contrario avviso. Sembra, pero, che tale decisione sifondi piuttosto sulle particolari caratteristiche del caso all’esame di quella corte.

(18) La sentenza in epigrafe richiama, sul punto, GILMORE AND BLACK, The Law ofAdmiralty, New York, 1975, 91 s.

(19) A questo proposito la sentenza in commento richiama Farrell Lines Incorpora-ted v. Columbus Cello-Ply Corporation, 32 F.Supp.2d 118 (S.D.N.Y. 1997).

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avevano fatto valere i diritti di Klabin e Suzano, anche i loro obblighi do-vevano essere gli stessi di questi. Da cui la conclusione che, essendo Kla-bin e Suzano vincolati dalla clausola compromissoria, detta clausola eravincolante anche per Ace e Allianz.

Anche su questo punto la Corte richiama, effettivamente, la giurispru-denza costante del Secondo Circuito, la quale evidenzia che se qualsiasiparte potesse sottrarsi alla propria responsabilita sottraendosi alla giurisdi-zione e cio semplicemente dando in surroga i propri diritti ad un terzo, sisvuoterebbe, cosı facendo, di significato la clausola compromissoria (20). LaCorte fa poi anche presente che gli assicuratori non possono sfuggire allaresponsabilita derivante da una clausola del contratto concluso dagli assi-curati — la clausola compromissoria appunto —, laddove convengono inaltro giudizio la controparte sulla base di un’altra clausola dello stesso con-tratto.

Del resto, come e stato rilevato (21), anche a livello comparato gli or-dinamenti sembrano convergere sulla trasferibilita della convenzione arbi-trale in caso di surrogazione, salvo il caso di disposizioni espresse in sensocontrario o di accordi compromissori stipulati intuitu personae (22). In par-ticolare, anche la dottrina e la giurisprudenza italiane, con riferimento agliarbitrati retti dalla legge italiana, ritengono che nelle ipotesi di surrogazionelegale si ha subentro automatico nel patto compromissorio del successorenel diritto di credito (23).

6. Venendo al criterio sul quale la Corte fonda la sua giurisdizionenel caso in esame, nella sentenza (24), a proposito della personal jurisdic-tion, la Corte riporta il principio giurisprudenziale, costantemente affermatodalle corti federali (di primo e secondo grado) del Secondo Circuito, se-condo il quale le clausole compromissorie che prevedono un arbitrato consede a New York conferiscono per « consenso » la personal jurisdictionnelle azioni a sostegno dell’arbitrato alle corti federali dello Stato di New

(20) Farrell Lines Incorporated v. Columbus Cello-Ply Corporation, 32 F.Supp.2d118 (S.D.N.Y. 1997).

(21) Vedi MOURRE, La convenzione arbitrale, in BENEDETTELLI, CONSOLO, RADICATI DI

BROZOLO, Commentario breve al diritto dell’arbitrato nazionale ed internazionale, Padova,2010, 608.

(22) Nello stesso senso vedi anche BORN, International Commercial Arbitration, cit.,1193; HANOTIAU, Consent to Arbitration: Do We Share a Common Vision?, in Arbitration In-ternational, 2011, 542; ad essi si rinvia anche per i necessari riferimenti a dottrina e giuri-sprudenza straniere.

(23) RUFFINI, Commento all’art. 806 c.p.c., in BENEDETTELLI, CONSOLO, RADICATI DI

BROZOLO, Commentario breve, cit., 18 ss., sp. 21; SALVANESCHI, L’arbitrato con pluralita diparti, Padova, 1999, 106 ss.

(24) Si tratta della parte della sentenza che sintetizza la disciplina applicabile allesingole questioni, non riportata e che precede quella riportata sopra.

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York che applichino la legge di detto Stato (25) nei confronti delle parti chele hanno sottoscritte (26). Dal momento, poi, che il diritto al risarcimentodell’assicuratore e regolato negli stessi termini del diritto dell’assicurato cuisi e surrogato, secondo la giurisprudenza l’assicuratore e anche vincolatodal consenso alla giurisdizione delle corti federali dello Stato di New Yorkprestato dall’assicurato (27).

Cio premesso, nella motivazione della sentenza la Corte si limita a ri-levare: che dal momento che Klabin e Suzano hanno concordato di sotto-porre le loro controversie ad arbitrato con sede in New York, essi hannoacconsentito alla giurisdizione della Corte stessa (28); che la clausola vin-cola anche Ace e Allianz in quanto agiscono in surroga; che, infine, essendoAce e Allianz vincolati dalla clausola, la Corte puo esercitare la giurisdi-zione nei loro confronti (29).

Il criterio di giurisdizione richiamato nella sentenza, applicato in ge-nerale nelle azioni a sostegno dell’arbitrato (30), ha costituito in effetti il

(25) La Federal Rule of Civil Procedure 4 (k) (1) (A) stabilisce che, quando il dirittodi azione non sorga da uno statuto federale, la personal jurisdiction sul non residente da partedi una corte federale che abbia la subject-matter jurisdiction con riferimento alla controver-sia sussiste sulla base dei criteri previsti dalla legge dello Stato nel quale siede la detta cortefederale. In altre parole, in mancanza di specifiche norme federali riguardanti l’azione inquestione, dal momento che non e stato adottato dal Congresso uno statuto federale a carat-tere generale, le corti federali « prendono in prestito » (borrow) i criteri di giurisdizione dellecorti statali dello Stato nel quale hanno sede e la giurisdizione delle corti federali risulta per-tanto disciplinata dalla legislazione statale. La legislazione statale disciplina sempre, adesempio, la personal jurisdiction sul convenuto nei casi in cui una corte federale abbia la su-bject-matter jurisdiction in ragione del mero fatto che una delle parti e uno straniero, KahnLucas Lancaster v. Lark International Ltd., 956 F.Supp. 1131 (S.D.N.Y. 1997); Agency Renta Car System, Inc. v. Grand Rent a Car Corporation, 98 F.3d 25 (2d Cir. 1996).

(26) Victory Transport Incorporated v. Comisaria General de Abastecimientos YTransportes, 336 F.2d 354 (2d Cir. 1964); Merryl Lynch, Pierce, Fenner & Smith Incorpora-ted v. Lecopulos, 553 F.2d 842 (2d Cir. 1977); American Bureau of Shipping v. Tencara Shi-pyard s.p.a., 170 F.3d 349 (2d Cir. 1999); Novorossiyk Shipping Co. v. China Pacific Prop.Ins. Co., 2006 WL 3055964 (S.D.N.Y. 2006). Va precisato che nell’ordinamento statunitenseperche le corti abbiano la personal jurisdiction con riferimento ad una azione in materia diarbitrato non e necessario che l’arbitrato abbia una connessione con gli Stati Uniti, KEHOE,Anti-Suit Injunctions in Aid of Arbitration, in J. Fellas (Ed.), International Arbitration 2010,New York, Practising Law Institute, vol. I, 140 s., (2010).

(27) Novorossiyk Shipping Co. v. China Pacific Prop. Ins. Co., 2006 WL 3055964(S.D.N.Y. 2006); American Bureau of Shipping v. Tencara Shipyard s.p.a., 170 F.3d 349 (2dCir. 1999); Farrell Lines Incorporated v. Columbus Cello-Ply Corporation, 32 F.Supp.2d 118(S.D.N.Y. 1997).

(28) La Corte cita, quale precedente, Victory Transport Incorporated v. ComisariaGeneral de Abastecimientos y Transportes, 336 F.2d 354 (2d Cir. 1964).

(29) E richiamata, a proposito di questa affermazione, Novorossiyk Shipping Co. v.China Pacific Prop. Ins. Co., 2006 WL 3055964 (S.D.N.Y. 2006).

(30) Vedi, da ultimo, Glencore Ltd. v. Degussa Enginereed Carbons L.P., 2012 WL223240 (S.D.N.Y. 2012), a proposito di una azione avente ad oggetto la richiesta del ricor-

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principale criterio sulla base del quale le corti federali (di primo e secondogrado) del Secondo Circuito hanno affermato la propria personal jurisdic-tion con riferimento alle richieste di anti-suit junctions a sostegno dell’ar-bitrato (31).

La particolarita di tale criterio rispetto al criterio dell’accettazionedella giurisdizione nella sua accezione ordinaria (32) e che per affermare lagiurisdizione di una corte viene utilizzato il consenso prestato alla giurisdi-zione degli arbitri.

Si tratta di un criterio di giurisdizione enunciato per la prima voltanegli anni ’30 dalla Court of Appeals (corte statale di secondo grado) delloStato di New York (33) con riferimento ad un caso nel quale la sede dell’ar-bitrato era stata fissata dalle parti a Londra. La New York Court of Appealsritenne che la corte inglese che aveva proceduto, in difetto di nomina daparte del convenuto, alla nomina dell’arbitro avesse la personal jurisdictionnel giudizio di nomina dell’arbitro, per cui il collegio arbitrale poteva rite-nersi regolarmente costituito. Tale conclusione veniva motivata sulla base

rente « to compel arbitration », ovvero di ordinare al convenuto di procedere con l’arbitrato.(31) Vedi, in tal senso, Amaprop Limited v. Indiabull Financial Services Limited,

2010 WL 1050988 (S.D.N.Y. 2010); Storm LLC v. Telenor Mobile Communications AS, 2006WL 3735657 (S.D.N.Y. 2006); Newbridge Acquisition I, L.L.C. v. Grupo Corvi, S.A. De D.V.,2003 WL 42007 (S.D.N.Y 2003); PepsiCo, Inc. v. Oficina Central De Asesoria y Ayuda Tec-nica, C.A., 945 F.Supp. 69 (S.D.N.Y. 1996); nel caso Empresa Generadora de ElectricidadItabo, S.A. v. Corporacion Dominicana de Empresas Electricas Estatales, 2005 WL 170508(S.D.N.Y. 2005) il principio in questione veniva ribadito anche se, come chiarito nella stessasentenza, poteva ritenersi sussistere la personal jurisdiction anche per altre ragioni. In altricasi di richiesta di anti-suit injunctions a sostegno di un arbitrato con sede a New York lecorti federali del Secondo Circuito non si pronunciavano sulla propria personal jurisdictionnon essendo stata sollevata la relativa eccezione dal convenuto, vedi Suchodolski Associates,Inc. v. Cardell Financial Corp., 2006 WL 10886 (S.D.N.Y. 2006, Order); Comverse, Inc. v.American Telecommunications, Inc. Chile, 2006 U.S. Dist. LEXIS 76791 (S.D.N.Y 2006);Smoothline Ltd and Greatsino Electronic Ltd v. North American Foreign Trading Corp., 2002WL 273301 (S.D.N.Y. 2002); Smith/Enron Cogeneration Limited Partnership, Inc., v. SmithCogeneration International, Inc., 198 F.3d 88 (2d Cir. 1999).

(32) Ci riferiamo al c.d. criterio del « consent » o del « waiver », secondo il quale lapersonal jurisdiction sussiste quando la parte abbia accettato espressamente la giurisdizione,esercitando una valida scelta del foro in favore delle corti dello Stato, oppure abbia con ilproprio comportamento quale attore accettato implicitamente la giurisdizione (c.d. « submis-sion to jurisdiction by conduct as a plaintiff »), oppure, ancora, abbia implicitamente accet-tato la giurisdizione con il proprio comportamento concludente come convenuto (c.d. « sub-mission to jurisdiction by conduct as a defendant »), oppure, infine, non abbia proposto tem-pestivamente in giudizio l’eccezione di difetto di giurisdizione. Vedi, in argomento, BORN,RUTLEDGE, International Civil Litigation, cit., 108 ss. Il criterio del consenso e stato posto abase della personal jurisdiction della Federal District Court del Southern District of NewYork in un caso in cui era stata richiesta una anti-suit injunction a sostegno dell’arbitrato inParamedics Electromedicina Comercial Ltda. v. Ge Medical Systems Information Technolo-gies, Inc., 2003 WL 23641529 (S.D.N.Y. 2003).

(33) Gilbert v. Burnstine, 255 N.Y. 348 (N.Y. 1931).

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della considerazione che il consenso all’arbitrato con sede a Londra, aisensi dell’Arbitration Act inglese, implicava l’accettazione implicita di« any rules or procedural machinery adopted by competent authority in aidof its provisions ».

Successivamente anche le corti federali dello Stato di New York,quando hanno applicato la legge del detto Stato, hanno fatto ricorso a talecriterio di giurisdizione nei confronti del convenuto, rilevato che « Byagreeing to arbitrate in New York, where the United States Arbitration Actmakes such agreements specifically enforceable, (...) [Editor’s note: the de-fendant] must be deemed to have consented to the jurisdiction of the courtthat could compel the arbitration proceeding in New York. To hold othe-rwise would be to render the arbitration clause a nullity » (34). Si legge, delresto, nel Civil Practice Law and Rules (CPLR) § 7501 dello Stato di NewYork: « A written agreement to submit any controversy thereafter arising orany existing controversy to arbitration... confers jurisdiction on the courtsof the state to enforce it and to enter judgment on the award ».

E, tuttavia, da rilevare che la presunzione di cui sopra non operaquando si evince dal contenuto della clausola compromissoria che non eraintenzione delle parti accettare la giurisdizione delle corti (35). La giurispru-denza ha poi precisato che, dal momento che la ratio di questo criterio digiurisdizione implica che una corte abbia la giurisdizione con riferimentoad azioni introdotte a sostegno dell’arbitrato, la giurisdizione di quella cortesu tale fondamento deve essere esclusa quando l’arbitrato non sia stato ini-ziato e l’attore non abbia introdotto l’azione « to compel arbitration » (36).

(34) Victory Transport Incorporated v. Comisaria General de Abastecimientos YTransportes, 336 F.2d 354 (2d Cir. 1964); Farr & Co. v. Cia. Intercontinental De Navega-cion De Cuba, S.A., 243 F.2d 342 (2d Cir. 1957). Vedi anche, successivamente, Hamilton LifeInsurance Company of New York v. Republic National Life Insurance Company, 408 F.2d 606(2d Cir. 1969) e American Bureau of Shipping v. Tencara Shipyard S.P.A., 170 F.3d 349 (2dCir. 1999). La base normativa sulla quale tale ricostruzione e stata fondata e il § 4 del capi-tolo I dello United States Federal Arbitration Act, il quale stabilisce la subject-matter juri-sdiction delle corti federali di primo grado relativamente all’azione « to compel arbitration ».Essendo previsto dal Federal Arbitration Act un « meccanismo » per garantire l’effettivitadella clausola compromissoria, essendo la detta normativa applicabile nello Stato di NewYork e dovendo pertanto ritenersi che il convenuto non poteva non essere a conoscenza dientrambe tali circostanze quando ha accettato che la sede dell’arbitrato fosse a New York, siritiene che debba presumersi che egli si sia volontariamente assoggettato alla personal juri-sdiction della Federal District Court dello Stato di New York competente per territorio.

(35) Tale conclusione, gia ricavabile dalla richiamata Farr & Co. v. Cia. Interconti-nental de Navegacion De Cuba, S.A., 243 F.2d 342 (2d Cir. 1957), e piu evidente nella suc-cessiva Reed & Martin, Inc. v. Westinghouse Electric Corporation, 439 F.2d 1268 (2d Cir.1971).

(36) Kahn Lucas Lancaster v. Lark International Ltd., 956 F.Supp. 1131 (S.D.N.Y.1997). In Philipp Brothers Division of Engel-Hard Minerals & Chemicals Corporation v. ElSalto, 487 F.Supp. 91 (S.D.N.Y. 1980), la corte federale di primo grado del Southern District

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Il detto criterio di giurisdizione e stato applicato anche dalle corti fe-derali di alcuni altri Stati (37).

In conclusione, si evince da quanto detto che anche su tale punto lasentenza in commento appare conforme ai precedenti.

7. Nella sentenza in epigrafe, la Corte, affermata la propria giurisdi-zione e accolta la richiesta di ordinare di procedere con l’arbitrato, consi-dera la richiesta di concedere una anti-suit injunction.

Occorre qui ricordare in generale che le anti-suit injunctions vengonodefinite dalla dottrina statunitense come « orders forbidding a party frominitiating or participating in judicial proceedings in foreign forums » (38) erappresentano una delle soluzioni che una corte puo adottare quando sianopendenti (o possano divenirlo) « parallel proceedings » (39) dinanzi ai giu-dici di due Paesi.

Esse possono essere concesse quando sia stata effettuata nel contrattouna scelta circa la giurisdizione, attraverso una clausola di elezione del foroo attraverso una clausola compromissoria, tanto che l’injunction viene ri-

of New York aveva affermato che, benche essa non ritenesse necessario che l’arbitrato fossestato iniziato, « it is arguable that jurisdiction found to exist in a Merrill Lynch type case mayevaporate if the plaintiff who has secured jurisdiction against the defendant because of theterms of an arbitration clause unduly delays initiating the arbitration process ».

(37) Vedi Unionmutual Stock Life Insurance Company of America v. Beneficial LifeInsurance Company, 774 F.2d 524 (1st Cir. 1985), ove il criterio in questione e stato appli-cato con riferimento ad un arbitrato con sede a Portland, nel Maine, cui era applicabile lalegge del Maine; ma vedi anche Insurance Corp. of Ireland, Ltd. v. Compagnie des Bauxitesde Guinee, 456 U.S. 694 (1982), ove la Corte Suprema degli Stati Uniti fa riferimento al fattoche corti inferiori hanno ritenuto che il consenso alla personal jurisdiction fosse implicitonella convenzione arbitrale.

(38) Vedi, per tutti, BORN, RUTLEDGE, International Civil Litigation, cit., 540, noncheBERMANN, The use of anti-suit injunctions in international litigation, in 28 Columbia Journalof Transnational Law, 589 ss. (1990). Le anti-suit injunctions delle quali qui si discute sonochiamate da alcuni anche « international anti-suit injunction » o « anti-foreign-suit injunc-tions » per distinguerle dalle c.d. « domestic anti-suit injunctions », che vengono inveceemesse per impedire che venga instaurato o proseguito un giudizio in un altro Stato del-l’Unione. Diffuse oggi in numerosi Paesi di Common Law, le anti-suit injunctions tendentiad impedire un giudizio all’estero erano note nel Regno Unito sin dal XIX secolo.

(39) Come evidenziato in BORN, RUTLEDGE, International Civil Litigation, cit., 522ss., non ci sono negli Stati Uniti norme a livello federale che si occupino dei parallel pro-ceedings e, di regola, neppure le legislazioni dei singoli Stati dell’Unione disciplinano talesituazione. Gli stessi Autori evidenziano altresı che, in mancanza di norme al riguardo, lecorti hanno alternativamente utilizzato differenti istituti per risolvere queste peculiari situa-zioni processuali e, precisamente: il meccanismo del forum non conveniens, la dottrina dellalis alibi pendens, le anti-suit injunctions e l’approccio secondo il quale le corti devono aste-nersi da qualsiasi intervento e lasciare che le due o piu azioni procedano verso la sentenza ela questione venga risolta sulla base dei principi che regolano la cosa giudicata. In argo-mento, vedi anche MCCAFFREY MAIN, Transnational Litigation in Comparative perspective.Theory and application, New York-Oxford, 2010, 63.

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chiesta proprio per proteggere tale scelta (40); tuttavia, non si tratta di unacondizione necessaria, potendo il provvedimento in questione essereemesso anche nel caso in cui la giurisdizione del giudice del foro sul me-rito della controversia derivi dalla legge.

Va poi ricordato che, per quanto si tratti di ordini diretti nei confrontidella parte e non del giudice straniero, le anti-suit injunctions influisconocomunque indirettamente sull’esercizio della giurisdizione da parte di que-st’ultimo (41), in quanto hanno quale finalita proprio quella di impedirel’avvio o la prosecuzione, ad opera della parte nei confronti della qualevengono emesse, del giudizio all’estero. Peraltro, la possibilita che il risul-tato perseguito venga raggiunto e piuttosto elevata, tenuto conto delle im-portanti conseguenze negative che puo comportare per la parte la viola-zione del divieto impostole (42).

Quanto sin qui detto vale in generale per tutte le anti-suit injunctions.Le anti-suit injunctions che vengono concesse al fine di impedire che

venga introdotto o proseguito un giudizio all’estero quando le parti abbianosottoscritto una clausola compromissoria (ovvero le anti-suit injunctions asostegno dell’arbitrato, oggetto del presente commento) (43) hanno tuttaviaanche loro particolari caratteristiche.

(40) Vedi, in argomento, BERMANN, The use of anti-suit, cit., 620 ss., il quale parla inquesto caso di « obligation based anti-suit injunctions ».

(41) BERMANN, Transnational litigation, cit., 111. Vedi, in giurisprudenza, tra le ul-time, In Re Vivendi Universal v. S.A. Securities Litigation, 2009 U.S. Dist. LEXIS 110283(S.D.N.Y. 2009); Laif X Sprl. v. Axtel, S.A. De C.V, 390 F.3d 194 (2d Cir. 2004); ParamedicsElectromedicina Comercial, Ltda v. Ge Medical Systems Information Technologies, Inc., 369F.3d 645 (2d Cir. 2004); Stonington Partners, Inc. v. Lernout & Hauspie Speech ProductsN.V., 310 F.3d 118 (3d Cir. 2002); Gau Shan Company Ltd v. Bankers Trust Company, 956F.2d 1349 (6th Cir. 1992); China Trade and Development Corporation v. M.V. Choong Yong,837 F.2d 33 (2d Cir. 1987); Laker Airways Limited v. Sabena, Belgian World Airlines, 731F.2d 909 (D.C. Cir. 1984).

(42) La parte che abbia violato una anti-suit injunction emessa nei suoi confrontipuo, infatti, essere accusata di « civil contempt of the Court » ed essere condannata ad unaammenda, anche di valore elevato, o, addirittura, puo esserne ordinato l’arresto; vedi al ri-guardo Paramedics Electromedicina Comercial, Ltda v. Ge Medical Systems Information Te-chnologies, Inc., 369 F.3d 645 (2d Cir. 2004). Va, tuttavia, evidenziato che esiste anche lapossibilita, per la parte nei cui confronti sia stata emessa una anti-suit injunction, di richie-dere una anti-anti-suit injunction; al riguardo si rinvia per approfondimenti a SCHNEIDER,Court Actions in Defence Against Anti-Suit Injunctions in International Arbitration, in IAISERIES ON INTERNATIONAL ARBITRATION n. 2, ANTI-SUIT INJUNCTIONS IN INTERNATIONAL ARBITRATION

(E. Gaillard ed., 2005), 41 ss.(43) Sulle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato nell’ordinamento statunitense

vedi, in particolare, PHULL, U.S. Anti-suit Injunctions in Support of International Arbitration:Five Questions American Courts Ask, in 28 Journal of International Arbitration, 21 s. (2011);KEHOE, Anti-Suit Injunctions, cit., 137 ss.; LAMM, HELLBECK, BRUBAKER, Anti-suit injunction inAid of International Arbitration: The American Approach, in International Arbitration LawReview, 115 ss. (2009); ALI, NESBITT, WESSEL, Anti-suit injunctions in support of internatio-nal arbitration in the United States and the United Kingdom, in 11 International Arbitration

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Esse si caratterizzano, in particolare, per il fatto che implicano « theintersection of two important U.S. policies », ovvero quella della « interna-tional comity », la quale suggerisce il rispetto per le leggi e le decisioni dialtre giurisdizioni, ma anche quella dello « United States’ strong bias in fa-vor of arbitration as a means of resolving international disputes » (44); ecio spiega il favore delle corti federali statunitensi per le anti-suit injunc-tions a sostegno dell’arbitrato.

Il « breach of arbitration agreement » rappresenta, peraltro, insieme al« breach of a choice of court agreement » uno dei tre casi nei quali anchel’Institut de Droit International, nella sua Risoluzione sul ricorso alla dottrinadel forum non conveniens e alle anti-suit injunctions adottata nella sessione diBruges del 2003, ha ritenuto ammissibili le anti-suit injunctions (45).

8. Nella prima parte della sentenza, dedicata a sintetizzare la disci-plina applicabile ai vari punti in discussione, la Corte ricorda che il poteredelle corti federali di emettere anti-suit injunctions nei confronti di personesoggette alla loro personal jurisdiction e pacificamente riconosciuto dallagiurisprudenza (46).

Law Review, 12 ss. (2008); FELLAS, Anti-Suit Injunctions in Aid of Arbitration, in J. Fellas(Ed.), International Arbitration 2007, New York, Practising Law Institute, 103 ss., (2007);BARCELO III, Anti-Foreign-Suit Injunctions to Enforce Arbitration Agreements, in Rovine(Ed.), Contemporary Issues in International Arbitration and Mediation: The Fordham Papers2007, Leiden-Boston, 2008, 107 ss.; SWANSON, Antisuit Injunctions in Support of Internatio-nal Arbitration, in 81 Tulane Law Review, 395 ss. (2006-2007); TAN, Enforcing InternationalArbitration Agreements in Federal Courts: Rethinking the Court’s Remedial Powers, in 47Virginia Journal of International Law, 545 ss. (2006-2007). Per una analisi comparata re-cente delle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato negli Stati Uniti, nel Regno Unitoed in alcuni altri Paesi europei vedi MOSIMANN, Anti-suit injunctions in international commer-cial arbitration, The Hague, 2010.

(44) SWANSON, Antisuit Injunctions, cit., 397.(45) Sulla Risoluzione vedi COLLINS, The Institut de droit international and anti-suit

injunctions, in AA.VV., Festschrift fur Erich Jayme, vol. I, Monaco di Baviera, 2004, 131 ss.(46) La Corte cita, a questo riguardo, Paramedics Electromedicina Comercial, Ltda

v. Ge Medical Systems Information Technologies, Inc., 369 F.3d 645 (2d Cir. 2004). Vedı peroanche Abbott Laboratories and Abbott Gmbh & Co. Kg v. Qiagen Gaithersburg, Inc., 2010U.S. Dist. LEXIS 37501 (N.D.Ill. 2010); Amaprop Limited v. Indiabull Financial ServicesLimited, 2010 WL 1050988 (S.D.N.Y. 2010); Zimnicki v. Neo-Neon International, Ltd., 2009WL 2392065 (N.D.Ill. 2009); Goss International Corporation v. Man Roland Druckmaschi-nen Aktiengesellschaft, 491 F.3d 355 (8th Cir. 2007); Affymax, Inc. v. Johnson & Johnson,420 F.Supp.2d 876 (N.D.Ill. 2006); Ibeto Petrochemical Industries, Ltd. v. « M/T Beffen »,412 F.Supp.2d 285 (S.D.N.Y. 2005); Empresa Generadora de Electricidad Itabo, S.A. v.Corporacion Dominicana de Empresas Electricas Estatales, 2005 WL 170508 (S.D.N.Y.2005); Quaak v. Klynveld Peat Marwick Goerdeler Bedrijfsrevisoren, 361 F.3d 11 (1st Cir.2004); Kaepa, Inc. v. Achilles Corporation, 76 F.3d 624 (5th Cir. 1996); Gau Shan CompanyLtd v. Bankers Trust Company, 956 F.2d 1349 (6th Cir. 1992); China Trade and DevelopmentCorporation v. M.V. Choong Yong, 837 F.2d 33 (2d Cir. 1987); United States of America v.

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La Corte fa inoltre presente che, sempre secondo la giurispruden-za (47), « principles of comity counsel that injunctions restraining foreignlitigation be used sparingly... and granted only with care and great re-straint » (48) e cio perche una anti-suit injunction « though directed at thelitigants, effectively restricts the jurisdiction of a court of a foreign sove-reign ».

Ancora, la Corte ricorda che le anti-suit injunctions vengono concessesolo a condizione che sussistano due requisiti preliminari: che i due giudiziin materia civile introdotti, o che vi sia il rischio che vengano introdotti,dinanzi ai giudici di diversi Paesi siano tra le stesse parti e abbiano lostesso oggetto; che la risoluzione del giudizio dinanzi alla corte cui erichiesta l’anti-suit injunction sia decisiva nel giudizio straniero per impe-dire il quale e richiesta l’anti-suit injunction medesima (49). Come e statorilevato, la necessita di soddisfare tali requisiti preliminari dimostra che,

Davis, 767 F.2d 1025 (2d Cir. 1985); Laker Airways Limited v. Sabena, Belgian World Air-lines, 731 F.2d 909 (D.C. Cir. 1984). In dottrina vedi BORN, RUTLEDGE, International Civil Li-tigation, cit., 540, nota 37; BERMANN, The use of anti-suit injunctions, cit., 604 ss.; KEHOE,Anti-Suit Injunctions, cit., 140 s.; FELLAS, Anti-Suit Injunctions, cit., 106; KERWIN, A Choiceof Law Approach for International Antisuit Injunctions, in 81 Texas Law Review, 927 (2002-2003); NAJARIAN, Granting comity its due: a proposal to revive comity-based approach totransnational antisuit injunctions, in 68 St. John’s Law Review, 961 (1994); MEESON, Com-parative Issues in Anti-suit Injunctions, in Davies (Ed.), Jurisdiction and Forum Selection inInternational Maritime Law: Essays in Honor of Robert Force, The Hague, 2005, 80; BAER,Injunctions against the Prosecution of Litigation Abroad: Towards a Transnational Ap-proach, in 37 Stanford. Law Review, 155 ss., spec. nota 2 (1984).

(47) Nella sentenza viene citata Laif X Sprl. v. Axtel, S.A. De C.V, 390 F.3d 194 (2dCir. 2004). Nello stesso senso vedi anche In Re Vivendi Universal v. S.A. Securities Litiga-tion, 2009 U.S. Dist. Lexis 110283 (S.D.N.Y. 2009); Ibeto Petrochemical Industries, Ltd. v.« M/T Beffen », 412 F.Supp.2d 285 (S.D.N.Y. 2005); Empresa Generadora de ElectricidadItabo, S.A. v. Corporacion Dominicana de Empresas Electricas Estatales, 2005 WL 170508(S.D.N.Y. 2005); Paramedics Electromedicina Comercial Ltda. v. Ge Medical Systems Infor-mation Technologies, Inc., 2003 WL 23641529 (S.D.N.Y. 2003); Quaak v. Klynveld PeatMarwick Goerdeler Bedrijfsrevisoren, 361 F.3d 11 (1st Cir. 2004); Newbridge Acquisition I,L.L.C. v. Grupo Corvi, S.A. De D.V., 2003 WL 42007 (S.D.N.Y. 2003); Gau Shan CompanyLtd v. Bankers Trust Company, 956 F.2d 1349 (6th Cir. 1992); China Trade and DevelopmentCorporation v. M.V. Choong Yong, 837 F.2d 33 (2d Cir. 1987).

(48) La comity e stata descritta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti come « the re-cognition which one nation allows within its territory to the legislative, executive or judicialacts of another nation, having due regard both to international duty and convenience, and tothe rights of its own citizens or of other persons who are under the protection of its laws »(Hilton v. Guyot, 159 U.S. 113 (1895)); in dottrina vedi, sull’argomento, tra gli altri, SWAN-SON, The Vexatiousness of a Vexation Rule: International Comity and Antisuit Injunctions, in30 George Washington Journal of International Law and Economics, 1 ss. (1996), nonche glialtri autori citati alla nota 3.

(49) La Corte, nella sentenza in commento, cita Paramedics Electromedicina Comer-cial, Ltda v. Ge Medical Systems Information Technologies, Inc., 369 F.3d 645 (2d Cir. 2004);China Trade and Development Corporation v. M.V. Choong Yong, 837 F.2d 33 (2d Cir. 1987).La giurisprudenza e comunque costante in argomento.

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con riferimento alle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, da unlato, le parti del giudizio straniero devono essere le stesse che sono vinco-late dalla convenzione arbitrale, dall’altro, la controversia oggetto del giu-dizio straniero deve poter essere risolta dall’arbitrato (50).

Infine, la Corte ricorda che, se questi due requisiti preliminari sussi-stono, per decidere se concedere o meno l’anti-suit injunction si devonoconsiderare i c.d. China Trade factors (51), ovvero: « (1) frustration of apolicy in the enjoining forum; (2) the foreign action would be vexatious; (3)a threat to the issuing court’s in rem or quasi in rem jurisdiction; (4) theproceedings in the other forum prejudice other equitable considerations; or(5) adjudication of the same issues in separate actions would result in de-lay, inconvenient, expense, inconsistency, or a race to judgment ».

Nella motivazione della sentenza, la Corte afferma, innanzi tutto, chesussistono i due requisiti preliminari.

Essa passa, quindi, ad esaminare il caso di specie sotto i cinque pro-fili di cui ai China Trade factors, ai quali la giurisprudenza del SecondoCircuito — di cui la Corte fa parte — fa riferimento per decidere se con-cedere o meno una anti-suit injunction.

Ritenuto che nel caso in esame sussistevano quattro dei China Tradefactors, la Corte accoglie la richiesta.

9. Ebbene, va evidenziato che in relazione ai criteri in applicazionedei quali si deve decidere se concedere o meno una anti-suit injunctionpersistono contrasti tra gli orientamenti dei vari circuiti delle Corti d’Ap-pello federali e sulla questione non si e ancora pronunciata la Corte Su-prema degli Stati Uniti (52).

In particolare, possono distinguersi, nella giurisprudenza, due orienta-menti (53): da un lato, il « liberal approach » (54), in applicazione del quale

(50) BORN, International Commercial Arbitration, cit., 1039.(51) Si tratta di condizioni che costituiscono il criterio applicato per decidere circa la

concessione di una anti-suit injunction nel noto caso China Trade and Development Corpo-ration v. M.V. Choong Yong, 837 F.2d 33 (2d Cir. 1987).

(52) Vedi, al riguardo, in generale, MCCAFFREY MAIN, Transnational Litigation, cit.,65; con specifico riferimento alle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, PHULL, U.S.Anti-suit Injunctions, cit., 28 ss.; KEHOE, Anti-Suit Injunctions, cit., 141 ss.; SWANSON, AntisuitInjunctions, cit., 413 ss.

(53) Va, tuttavia, evidenziato, che, secondo una parte della dottrina, il Primo Circuito(di regola ritenuto appartenente al conservative approach) ed il Secondo Circuito (di regolaritenuto appartenente al liberal approach) avrebbero in effetti dato luogo ad un indirizzo in-termedio, PHULL, U.S. Anti-suit Injunctions, cit., 28 ss.; ALI, NESBITT, WESSEL, Anti-suit injun-ctions, cit., 12 ss.

(54) Il liberal approach e seguito soprattutto dal Secondo, Quinto, Settimo e NonoCircuito.

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le corti si basano, nel decidere, sulla presenza o meno dei China Tradefactors (55), dall’altro, il « conservative approach » (56), che costituisce unorientamento piu restrittivo, secondo il quale una anti-suit injunction do-vrebbe invece essere concessa solo quando essa e necessaria per proteggerela giurisdizione dei giudici del foro, oppure quando e necessaria a preve-nire l’elusione di « forum court’s important public policies » (57).

Non e questa la sede per prendere posizione su quale dei due orienta-menti debba ritenersi preferibile, anche perche l’approccio delle corti fede-rali rimane comunque molto casistico e i criteri richiamati sembrano averesolo valore indicativo.

Cio che invece qui si vuole osservare e che l’unica caratteristica delcaso di specie evidenziata dalla Corte nella motivazione della sentenza chesembra rilevante ai fini del decidere se concedere o meno una anti-suitinjunction e rappresentata dal rischio di frustrare la « general federal po-licy » di promuovere l’arbitrato (58).

(55) La giurisprudenza ritiene che anche la presenza di uno solo dei China Tradefactors costituisca condizione sufficiente per concedere una anti-suit injunction, E. & J. GalloWinery v. Andina Licores S.A., 446 F.3d 984 (9th Cir. 2006); American Home AssuranceCompany v. The Insurance Corporation of Ireland Limited, 603 F.Supp. 636 (S.D.N.Y 1984).Vedi, tra le decisioni piu recenti che hanno seguito il liberal approach, Ibeto PetrolchemicalIndustries Limited v. M/T Beffen, 475 F.3d 56 (2d Cir. 2007); E. & J. Gallo Winery v. AndinaLicores S.A., 446 F.3d 984 (9th Cir. 2006); Suchodolski Associates, Inc. v. Cardell FinancialCorp., 2006 WL 10886 (S.D.N.Y. 2006, Order); Empresa Generadora de Electricidad Itabo,S.A. v. Corporacion Dominicana de Empresas Electricas Estatales, 2005 WL 170508(S.D.N.Y. 2005); SG Avipro Finance Ltd. v. Cameroon Airlines, 2005 WL 1353955 (S.D.N.Y.2005); Smoothline Ltd and Greatsino Electronic Ltd v. North American Foreign TradingCorp., 2002 WL 273301 (S.D.N.Y. 2002); Farrell Lines Incorporated v. Columbus Cello-Poly Corporation, 32 F.Supp.2d 118 (S.D.N.Y. 1997); Allendale Mutual Insurance Companyv. Bull Data Systems, Incorporated, 10 F.3d 425 (7th Cir. 1993); American Home AssuranceCompany v. The Insurance Corporation of Ireland Limited, 603 F.Supp. 636 (S.D.N.Y 1984);Garpeg, Limited v. United States of America, 583 F.Supp. 789 (S.D.N.Y. 1984); Seattle To-tems Hockey Club, Inc. v. The National Hockey League, 652 F.2d 852 (9th Cir. 1981). RilevaBERMANN, The use of anti-suit injunctions, cit., 595, che, secondo questo indirizzo, le corti fe-derali applicano alle (international) anti-suit injunctions gli stessi standards che applicanoalle domestic anti-suit injunctions.

(56) Tale orientamento e seguito soprattutto dal Primo, dal Terzo, dal Sesto e dall’Ot-tavo Circuito, nonche dal Circuito del Distretto di Columbia (D.C.).

(57) Vedi, quali applicazioni piu recenti di tale orientamento, Continental CasualtyCompany v. Axa Global Risks (Uk) Limited, 2010 WL 1268038 (W.D.Mo. 2010); Goss In-ternational Corporation v. Man Roland Druckmaschinen Aktiengesellschaft, 491 F.3d 355(8th Cir. 2007); Quaak v. Klynveld Peat Marwick Goerdeler Bedrijfsrevisoren, 361 F.3d 11,(1st Cir. 2004); Amkor Technology, Inc. v. Alcatel Business Systems, 278 F.Supp.2d 519(E.D.Pa. 2003); Stonington Partners, Inc. v. Lernout & Hauspie Speech Products N.V., 310F.3d 118 (3d Cir. 2002); Gau Shan Company Ltd v. Bankers Trust Company, 956 F.2d 1349(6th Cir. 1992); China Trade and Development Corporation v. M.V. Choong Yong, 837 F.2d33 (2d Cir. 1987).

(58) Si noti che, peraltro, un simile fattore sarebbe astrattamente sufficiente anche per

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Per il resto, gli altri elementi della fattispecie che vengono qualificatidalla Corte come inconvenienti che giustificherebbero nel caso consideratouna anti-suit injunction, ad avviso di chi scrive, in ragione della loro scarsagravita, altro non costituiscono che inconvenienti in effetti sempre presentiin ipotesi di parallel proceedings. La Corte, cioe, per quanto riguarda iprofili considerati dai China Trade factors, non ci sembra individui parti-colari caratteristiche del caso che consentano di affermare che in detto caso,a differenza che in altri, l’ingiunzione dovrebbe essere concessa. Ma, con-siderato che, secondo la giurisprudenza costante citata anche nella stessasentenza, le anti-suit injunctions dovrebbero essere concesse « sparingly »,inconvenienti che appaiono consueti in tutte le ipotesi di parallel procee-dings, non dovrebbero essere considerati rilevanti, a meno che non rive-stano una particolare gravita nel caso considerato.

Cio premesso, potrebbe sembrare che nel caso che interessa a giusti-ficare l’anti-suit injunction sia stata, in sostanza, solo la circostanza che lapendenza del giudizio in Brasile avrebbe potuto costituire di per se unaviolazione della public policy in favore dell’arbitrato. Del resto, alcunicommentatori della sentenza hanno sostenuto che, ove le corti federali delSecondo Circuito dovessero fare applicazione in futuro dei principi ivicontenuti, le anti-suit injunctions a favore dell’arbitrato sarebbero concessequasi come fosse una cosa naturale in vista della forte federal policy a fa-vore dell’arbitrato commerciale internazionale (59).

E, tuttavia, importante considerare che la dottrina (60) aveva gia evi-denziato che, per quanto riguarda le anti-suit injunctions a sostegno dell’ar-

ottenere una anti-suit injunction in applicazione del conservative approach, che considera re-quisito sufficiente la violazione di una federal public policy.

(59) Pro-Arbitration Foreign Anti-Suit Injunctions: An Overextension of US JudicialHegemony?, in http://arbblog.lexmarc.us./2011/06/pro-arbitration-foreign-anti-suit-injunctions-an-overextension-of-us-judicial-hegemony. COHEN SMUTNY, STEVENS, SDNY grantsmotion to compel arbitration in NY based on « clear intent » of parties, in http://arbitration.practicallaw.com/2-506-7070, affermano invece soltanto che la sentenza prova che le cortifederali, nell’affrontare la questione delle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, di-mostrano l’ampia applicazione della federal public policy in favore dell’arbitrato.

(60) Vedi, a questo proposito, FELLAS, Anti-Suit Injunctions, cit., 108 ss., il quale,esaminando i gia citati casi Laif v. Axtel e Paramedics v. GE Medical Systems rileva che lecorti federali del Secondo Circuito hanno tenuto conto della partecipazione (o, al contrario,del rifiuto di partecipare) all’arbitrato della parte che ha introdotto il giudizio all’estero; nellostesso senso KEHOE, Anti-Suit Injunctions, cit., 144 ss., il quale considera anche il caso IbetoPetrochemical Industries, Ltd. v. « M/T Beffen », deciso, come i due gia richiamati, dalle cortifederali del Secondo Circuito; vedi anche BORN, International Commercial Arbitration, cit.,1041. Secondo KEHOE, Anti-Suit Injunctions, cit., 148 s., il comportamento sopra richiamatodeve poi essere distinto dal comportamento tenuto con riferimento alla clausola compromis-soria nell’ipotesi in cui l’arbitrato non abbia avuto inizio, comportamento quest’ultimo alquale sarebbe attribuita una minore rilevanza dalla giurisprudenza ai fini del concedere omeno l’anti-suit injunction.

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bitrato, le corti federali (di primo e secondo grado) del Secondo Circuito,pur attribuendo molta rilevanza alla « federal policy in favor of arbitra-tion », ciononostante, nel decidere se concedere o meno l’anti-suit injunc-tion, tenevano conto anche della buona o mala fede della parte che avevaproposto il giudizio straniero. In concreto, cioe, il comportamento tenutodal convenuto con riferimento al procedimento arbitrale e, precisamente, ilfatto che egli abbia partecipato oppure si sia rifiutato di partecipare all’ar-bitrato, o abbia addirittura tentato di impedire l’arbitrato medesimo (61),sono elementi che hanno avuto una grande importanza per le corti federalidel Secondo Circuito nella decisione.

In altre parole, cio che emerge dalle piu recenti analisi della giurispru-denza delle corti federali del Secondo Circuito in materia di anti-suit injun-ctions in favore dell’arbitrato e che, benche vengano richiamati, anche abase delle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, i soliti criteri ge-nerali previsti dal liberal approach, in effetti le corti si basano essenzial-mente su criteri concreti riguardanti le sole anti-suit injunctions a sostegnodell’arbitrato, dettati, da un lato, dall’intenzione di favorire l’arbitrato, ma,dall’altro, anche dalla necessita di tutelare la parte che agisca secondobuona fede (62).

Ora, e interessante rilevare che nella specie i convenuti si erano rifiu-tati di partecipare all’arbitrato, motivo per il quale l’attore aveva chiestoalla Corte, sia di ordinare ai convenuti di procedere con l’arbitrato, sia diconcedere una anti-suit injunction per impedire che proseguissero il giudi-zio in Brasile. In questo contesto, la Corte ha ritenuto di accogliere la ri-chiesta della anti-suit injunction.

Per quanto, dunque, nella specie il comportamento tenuto dai conve-nuti non sia stato cosı ostile come in altri noti casi — nei quali, ad esem-pio, il convenuto aveva richiesto una anti-arbitration injunction al giudicestraniero (63), oppure nei quali aveva tenuto un comportamento fraudolen-to (64) dinanzi alla corte federale adita dalla controparte —, sembra che co-munque la mala fede dei convenuti stessi possa essere rinvenuta nel fatto

(61) Ad es. richiedendo una anti-arbitration injunction. Vedi, in dottrina, con riferi-mento a tale particolare tipo di ingiunzione, LEW, Anti-Suit Injunctions Issued by NationalCourts to Prevent Arbitration Proceedings, in IAI SERIES, cit., (E. Gaillard ed., 2005), 25 ss.;nella giurisprudenza, tra le altre, Chelsea Square Textiles, Inc. v. Bombay Dyeing And Manu-facturing Company, Ltd, 189 F.3d 289 (2d Cir. 1999).

(62) Vedi, per una analisi approfondita della materia, PHULL, U.S. Anti-suit Injunc-tions, cit., 30 ss.

(63) Ci riferiamo, ad esempio, al caso Amaprop Limited v. Indiabull Financial Ser-vices Limited, 2010 WL 1050988 (S.D.N.Y. 2010), nel quale la convenuta aveva chiesto edottenuto da una corte indiana una anti-arbitration injunction.

(64) Quale, ad esempio, quello di avere reso false dichiarazioni, cosı come e avve-nuto nel caso Amaprop Limited v. Indiabull Financial Services Limited, 2010 WL 1050988(S.D.N.Y. 2010).

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che essi si erano rifiutati di procedere alla nomina dell’arbitrato e, quindi,di partecipare all’arbitrato.

Sembra, quindi, che la sentenza, in realta, anche su questo punto, siuniformi ai precedenti in materia del Secondo Circuito. La critica che estata mossa alla Corte di essersi discostata dall’orientamento seguito in al-tri casi di anti-suit injunction a sostegno dell’arbitrato risulta pertanto privadi fondamento.

Inoltre, ad avviso di chi scrive, la decisione assunta puo essere condi-visa laddove il criterio seguito dal Secondo Circuito sembra tenere contodelle particolari esigenze della materia dell’arbitrato.

10. Infine, alcuni commentatori (65) della sentenza in epigrafe hannoosservato che l’ingiunzione non avrebbe dovuto essere concessa nel caso inesame, non avendo la corte straniera partecipato alla violazione della po-licy in favore dell’arbitrato. Piu specificamente, secondo alcuni, per conce-dere una anti-suit injunction le corti federali dovrebbero avere motivo dicredere o che sarebbe inutile per il ricorrente far valere la clausola arbitraledinanzi al giudice straniero (66), o che lo stesso ricorrente subirebbe unpregiudizio irreparabile nell’attesa della decisione del giudice stranierocirca la detta richiesta (67). In caso contrario, le corti federali dovrebberonegare l’ingiunzione e lasciare che sia il giudice straniero adito per primoa decidere sulla validita della convenzione arbitrale e a rinviare le parti agliarbitri ove ritenga la validita della convenzione stessa.

Ora, benche a fondamento di tale ragionamento venga invocato l’ob-bligo delle corti federali di rispettare la comity, tale ragionamento sembraricalcarne uno analogo svolto dalla Corte di giustizia dell’Unione europeanel noto caso West Tankers (68) a proposito di una pretesa contrarieta delle

(65) Vedi Pro-Arbitration Foreign Anti-Suit, cit.(66) Ad esempio perche il giudice straniero non e obbligato a rinviare le parti all’ar-

bitrato, non avendo ratificato la Convenzione di New York, oppure ha addirittura gia accoltola richiesta della controparte di una anti-arbitration injunction.

(67) Potrebbe essere ad esempio questo il caso in cui il giudizio dinanzi al giudicestraniero si prospetti come estremamente lungo. I commentatori si riferiscono al caso Ama-prop Limited v. Indiabull Financial Services Limited, 2010 WL 1050988 (S.D.N.Y. 2010), nelquale l’anti-suit injunction veniva concessa in quanto nel giudizio in India, che si prospet-tava peraltro estremamente lungo, era stata concessa una anti-arbitration injunction mentre,per di piu, la convenuta aveva falsamente dichiarato nel giudizio dinanzi alla Federal DistrictCourt del Southern District of New York di essere disposta ad iniziare l’arbitrato.

(68) Leggi la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 10 febbraio2009 con la quale e stata affermata l’incompatibilita delle anti-suit injunctions inglesi a so-stegno dell’arbitrato con il diritto dell’Unione Europea in questa Rivista, 2009, 67 ss., connota della D’ALESSANDRO, La Corte di giustizia dichiara le anti-suit injunctions a tutela del-l’arbitrato inglese incompatibili con il sistema del Reg. n. 44/2001.

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anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato all’art. II della Convenzionedi New York del 10 giugno 1958 (69).

Come e stato evidenziato da autorevole dottrina (70), la Corte di giu-stizia ha infatti sostenuto nella detta sentenza che le anti-suit injunctionsimpedirebbero al giudice che sarebbe competente per il merito in assenzadi una convenzione arbitrale di accertare la validita e l’efficacia della con-venzione arbitrale medesima. La Corte di giustizia ha affermato, cioe, pergiustificare la contrarieta dell’ingiunzione alla Convenzione di New York,che quest’ultima riconoscerebbe un diritto al giudice adito per primo a pro-nunciarsi sulla validita della convenzione arbitrale; benche in questo casoesso venga ricondotto alla comity, ci sembra che si tratti del medesimo pre-teso diritto del giudice adito per primo a pronunciarsi ad essere invocatodai detti commentatori della sentenza in epigrafe.

Ma, come ha rilevato la stessa autorevole dottrina sopra citata, « se evero che “nel sistema della Convenzione di New York nessuno Stato possarivendicare una competenza, esclusiva delle valutazioni altrui, a pronun-ciarsi sulla validita di una clausola compromissoria”... non ne segue che laConvenzione di New York intenda preservare per tutti i giudici che potreb-bero essere aditi per una causa di merito la liberta di dare la propria va-lutazione circa la convenzione arbitrale » (71).

La non contrarieta delle anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitratoalla Convenzione di New York e stata ampiamente ribadita in seguito an-che da altra parte della dottrina, italiana e straniera, con varieta di argomen-tazioni (72), tra le quali anche quella secondo cui le anti-suit injunctions

(69) Il quale recita precisamente « The court of a Contracting State, when seized ofan action in a matter in respect of which the parties have made an agreement within themeaning of this article, shall, at the request of one of the parties, refer the parties to arbi-tration, unless it finds that the said agreement is null and void, inoperative or incapable ofbeing performed ».

(70) GAJA, Convenzione di New York sull’arbitrato e anti-suit injunctions, in Riv. dir.internaz., 2009, 504 ss. Tale Autore ricorda, peraltro, che, come e stato osservato, « ai con-ditores della Convenzione poteva interessare solo di stabilire un generico effetto inibitoriorispetto all’esercizio della potestas iudicandi sul merito della controversia » (BRIGUGLIO, L’ar-bitrato estero. Il sistema delle convenzioni internazionali, Padova, 1999, 166).

(71) La citazione contenuta all’interno della frase e tratta da FUMAGALLI, Anti-suitinjunction e arbitrato: una tutela troppo invasiva, in questa Rivista, 2005, 583 ss., p. 594.

(72) ATTERITANO, Anti-suit injunctions in ambito arbitrale: provvedimenti illeciti osemplicemente odiosi?, in questa Rivista, 2010, 447 s.; PHULL, U.S. Anti-suit Injunctions, cit.,22 s.; MOSIMANN, Anti-suit injunctions, cit., 48; in senso contrario vedi, tuttavia, in prece-denza, FUMAGALLI, Anti-suit injunction, cit., 594; STACHER, You Don’t Want to Go There - An-tisuit Injunctions in International Commercial Arbitration, in 23 ASA Bulletin, 2005, 647;CLAVEL, Anti-suit injunctions et arbitrage, in Revue de l’arbtrage, 2001, 680. Vedi anche, suirapporti tra Convenzione di New York e anti-suit injunctions, Karaha Bodas Company,L.L.C. v. Perusahaan Pertambangan Minyak Das Gas Bumi Negara, 335 F.3d 357 (5th Cir.2003), nella quale la corte federale di secondo grado del Quinto Circuito, dopo avere pre-

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non sarebbero in contrasto con la Convenzione di New York semplicementeperche « they enforce, rather than breach, international arbitration agree-ments » (73).

Ora, appare difficile affermare che un diritto del giudice adito perprimo a pronunciarsi, per quanto non riconosciuto dal piu diffuso e impor-tante strumento internazionale in materia di arbitrato, quale e la Conven-zione di New York, dovrebbe comunque essere garantito per ragioni di co-mity.

Del resto, la dottrina statunitense ha pure efficacemente ricordato che« the enjoined party, if it invokes judicial proceedings does something thatit promised not to do » (74). Ed e proprio questa la differenza fondamentaletra le anti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato e quelle a sostegno dellacompetenza di giudici statali che giustifica il maggiore favore per le prime,e cioe il fatto che le parti si erano obbligate a non adire un giudice statale;ne consegue che un qualsiasi diritto a pronunciarsi dei giudici statali aditiin violazione di tale obbligo appare difficilmente configurabile (75).

11. In conclusione, la sentenza in commento, per quanto possa nonconvincere nell’ultima parte della motivazione, non sembra tuttavia critica-bile. La Corte, infatti, sostanzialmente aderisce alla condivisibile imposta-zione seguita dalle corti federali del Secondo Circuito con riferimento alleanti-suit injunctions a sostegno dell’arbitrato, la quale tiene conto dellaparticolare natura e funzione di tali provvedimenti, che giustifica ampia-mente un trattamento differenziato rispetto alle anti-suit injunctions a soste-gno della giurisdizione statale.

FRANCESCA PIETRANGELI

messo che e pacifico che normalmente rientri tra i poteri di una corte federale ingiungere apersone soggette alla sua giurisdizione di non perseguire azioni legali all’estero, ha affermatoche « there is nothing in the Convention or implementing legislation that expressly limits theinherent authority of a federal court to grant injunctive relief with respect to a party overwhom it has jurisdiction ».

(73) BORN, International Commercial Arbitration, cit., 1044.(74) BARCELO III, Anti-Foreign-Suit, cit., 108.(75) E vero che nel caso di specie i convenuti non avevano sottoscritto la clausola

compromissoria, ma, come si e visto, non potevano non sapere che detta clausola fosse perloro vincolante, tenuto conto dei principi affermati in materia da giurisprudenza costante.

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RASSEGNE E COMMENTI

Impugnazione parziale del lodo ritualee principio di consumazione dell’impugnazione (*)

SIMONA CAPORUSSO

1. Uno sguardo introduttivo.

Ad eccezione di qualche sporadica e lapidaria pronunzia (1), l’impu-gnazione parziale del lodo rituale e questione pressoche negletta nel pano-rama giurisprudenziale italiano. Difatti, anche quando se ne occupa, laCassazione si limita a compiere un rimando per relationem alle regole cheinformano i giudizi civili d’impugnazione, statuendo che anche nel caso diimpugnazione per nullita deve osservarsi la regola per la quale i motivi dicensura avverso il lodo arbitrale — oltre ad ottemperare al requisito dellaspecificita — debbono essere tutti esplicitati nell’atto introduttivo del giu-dizio e che, per conseguenza, il giudice non puo prenderne in esame di di-versi ed aggiunti (2). Quindi, pure per l’impugnazione ex art. 829 c.p.c. lasuprema Corte predica una preclusione praeter legem, atteso che, sebbene

(*) Quando questo articolo era in corso di stampa e apparsa la legge 7 agosto 2012,n. 134, che, rispetto ad un profilo qui trattato, ha modificato i requisiti di forma-contenutodell’atto introduttivo del giudizio di appello, tanto nel rito ordinario quanto in quello laburi-stico. Con questa novellazione il requisito della specificita dei motivi di appello ha assuntouna connotazione ancora piu rigida ed e stata altresı decretata l’inammissibilita dei motivi nelcaso in cui tale condizione difetti. Non potendo, per esigenze di stampa, modificare la partedello scritto ove la questione viene in rilievo, si rinvia, per una disamina piu dettagliata, aCAPORUSSO, Sub artt. 342 e 434 c.p.c., in AA.VV., Semplificazione dei procedimenti, nuovi ritispeciali e modifiche alla disciplina delle impugnazioni in materia civile dopo la riforma delmercato del lavoro e il decreto sviluppo, in corso di stampa per i tipi della Giappichelli.

(1) V. Cass., 15 settembre 2000, n. 12165, in Foro it., Rep. 2000, voce Arbitrato, n.226; Cass., 22 gennaio 1986, n. 398, id., Rep. 1986, voce cit., n. 94; Cass., 25 settembre1984, n. 4820, in Giur. it., 1986, I, 1, 306.

(2) La giurisprudenza di legittimita ritiene infatti che pure nel giudizio arbitralel’impugnante debba assolvere l’onere di specificita della formulazione dei motivi di gravame,sı da consentire al giudice e al convenuto di verificare se le critiche sollevate corrispondonoesattamente ai casi di impugnabilita stabiliti dall’art. 829 c.p.c. Sulla questione dei motivispecifici e dei motivi c.d. aggiunti, v. infra, § 4.

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in mancanza di espressa previsione, ritiene anche qui operante il divieto deic.d. motivi aggiunti.

E questo, come si sa, un divieto gemmato dal c.d. principio di consu-mazione dell’impugnazione, a sua volta desunto dall’interpretazione esten-siva degli artt. 358 e 387 c.p.c., dettati rispettivamente in tema di appelloe di cassazione, e a cui la prassi finisce con l’attribuire un margine di ope-rativita ben piu ampio rispetto a quello che sarebbe congruo ricavare daldato strettamente positivo (3): la giurisprudenza di legittimita, infatti, muo-vendo dalla premessa per la quale il “potere d’impugnazione” (4), una voltaesercitato, si “consuma” indipendentemente dal suo efficace svolgersi (5),ritiene che l’impugnante — principale o incidentale — debba specificare imotivi di gravame nel solo atto introduttivo del giudizio, giacche, in casocontrario, gli e preclusa la deduzione di motivi di censura ulteriori rispettoa quelli originari, sebbene il termine per impugnare non sia scaduto (6). Nerisulta cosı un sistema per il quale la proposizione di nuovi motivi e san-zionata con la declaratoria d’inammissibilita (7).

Sennonche, la formulazione letterale degli artt. 358 e 387 c.p.c. atte-sta che l’inverarsi della consumazione dell’impugnazione e subordinato non

(3) Utilizzandolo, per l’appunto, come fa notare BALENA, Istituzioni di diritto proces-suale civile2, Bari, 2012, II, 336, (anche) al fine di escludere l’integrazione dell’impugna-zione, sia pure nel termine di legge, attraverso la deduzione di nuovi motivi.

(4) Sull’assenza nel nostro sistema di qualsiasi riconoscimento, anche indiretto, di unvero e proprio « diritto d’impugnare », che percio induce, per forza di cose, a discorrere di(un ben piu debole) « potere d’impugnazione », v. le riflessioni di CIPRIANI, Diritti fondamen-tali dell’Unione europea e diritto d’impugnare, in Rass. dir. civ., 2004, spec. 982 ss.; ID.,Sentenze non definitive e diritto d’impugnare (a proposito dell’art. 827 c.p.c.), in questa Ri-vista, 1999, 236 ss.

(5) V. per tutte Cass., 5 giugno 2007, n. 13062, in Foro it., Rep. 2007, voce Impu-gnazioni civili, n. 23; Cass., 22 maggio 2007, n. 11870, ibid., voce cit., n. 25. In dottrina v.FABBRINI, L’opposizione ordinaria del terzo nel sistema dei mezzi d’impugnazione, Milano,1968, 276, nota 18, secondo cui, quale che sia l’esito del giudizio d’impugnazione, il potered’impugnazione e spendibile una sola volta, poiche la sua sorte e « legata indissolubilmentealla sorte del procedimento nel quale esso e stato esercitato »; VACCARELLA, Inattivita delleparti ed estinzione del processo di cognizione, Napoli, 1975, 230.

(6) Secondo l’insegnamento di CARNELUTTI, Istituzioni del processo civile italiano5,Roma, 1956, II, 162, ove si legge che ai motivi non specificamente indicati nell’atto d’appellonon possono aggiungersene di nuovi. Nel senso di ritenere preclusa la deduzione di ulteriorimotivi di doglianza v. anche SATTA, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1959-1962, II, 2, 172; GIUDICEANDREA, Le impugnazioni civili, Milano, 1952, I, 182, nota 2; VELLANI,Appello, voce dell’Enc. dir., Milano, 1958, II, 735; FAZZALARI, Ricorso per cassazione nel dirittoprocessuale civile, voce del Dig. disc. priv., Sez. civ., Torino, 1998, XVII, 598, spec. nota 84.

(7) Giurisprudenza consolidata. V., ex pluribus, Cass., Sez. un., 10 marzo 2005, n.5207, in Foro it., Rep. 2005, voce Cassazione civile, n. 39; Cass., 10 febbraio 2005, n. 2704,ibid., n. 34; Cass., 2 febbraio 2005, n. 2041, ibid., voce Appello civile, n. 20; Cass., Sez. un., 26luglio 2004, n. 13975, id., Rep. 2004, voce Avvocato, n. 180; Cass., Sez. un., 18 aprile 2003, n.6295, id., Rep. 2003, voce cit., n. 143; Cass., 17 aprile 2003, n. 6165, in Arch. civ., 2004, 230;Cass., Sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1732, Foro it., Rep. 2002, voce ult. cit., n. 153.

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gia all’esercizio del relativo potere, bensı alla declaratoria d’inammissibilita oimprocedibilita del gravame esperito; percio, in difetto di questa condizione,nulla osta a che il soccombente proponga una nuova impugnazione dellastessa specie, purche il termine non sia nel frattempo decorso (8). A fortiori,quindi, dovrebbe essere consentita una mera integrazione dell’impugnazione(di per se ammissibile) entro il termine di decadenza (9). Percio, i dubbi che lalettura estensiva del c.d. principio di consumazione dell’impugnazione, ormaicomunemente invalsa presso la giurisprudenza di legittimita, genera nell’am-bito del processo civile sembrano riproporsi in misura sostanzialmente ana-loga in sede arbitrale. Di qui l’opportunita di approfondire.

2. “Parte” o “capo” di lodo e consumazione dell’impugnazione.

Visto l’operare per analogia dell’art. 329, comma 2, nonche dell’art.336, comma 1, c.p.c. anche nel giudizio arbitrale (10), questione preliminareall’esame specifico del rapporto tra impugnazione parziale e principio diconsumazione e, peraltro, l’individuazione della “parte” o del “capo” dilodo, che, rispetto a quello impugnato, sia dotato di una propria autonomiaed indipendenza. Problema altamente vischioso, se solo si considera cheogni parte o capo di lodo — al pari di ogni parte o capo di sentenza —privo di vincoli di connessione con quello impugnato e idoneo in difetto dispecifica censura ad acquisire l’autorita di cosa giudicata (11); per conse-

(8) V. per tutti BALENA, Istituzioni, cit., II, 336.(9) Sul problema v., se vuoi, CAPORUSSO, La “consumazione” del potere d’impugna-

zione, Napoli, 2011, 202 ss., anche per le relative indicazioni bibliografiche.(10) V. Cass., 10 agosto 2007, n. 17631, in Foro it., Rep. 2007, voce Arbitrato, n.

190. In dottrina v. LUISO, Le impugnazioni dopo la riforma, in questa Rivista, 1995, 29; CON-SOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi3, Padova, 2012, 540; RUFFINI, La divisibilitadel lodo arbitrale, Padova, 1993, 283 ss.; BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo,Napoli, 2005, I, 132 ss. Secondo ZUCCONI GALLI FONSECA, in Arbitrato2, a cura di CARPI, Bolo-gna, 2007, 792, nell’arbitrato non vi sarebbe necessita di ricorrere ad una applicazione analogicadell’art. 336, comma 1, c.p.c., in quanto l’art. 830, comma 1, c.p.c. contiene « una regolamen-tazione specifica dell’effetto espansivo interno della sentenza emessa a seguito dell’impugnativaper nullita, salva[ndo] dalla scure della nullita le parti “scindibili” da quella annullata ».

(11) Questione pacifica. Come e stato infatti evidenziato, deve trattarsi di un provve-dimento che consti di una pluralita di capi non connessi, giacche altrimenti l’impugnazione,ancorche proposta soltanto avverso il capo principale, ha l’effetto di impedire il passaggio ingiudicato dei capi dipendenti da quello impugnato. Cfr. LIEBMAN, Manuale di diritto proces-suale civile4, Milano, rist. 1984, 270 s.; MINOLI, L’acquiescenza nel processo civile, Milano,1942, 405 ss. Peraltro, in senso specularmente opposto, gia REDENTI, Diritto processuale ci-vile2, Milano, 1954, II, 328, segnalava che l’accettazione di un capo della sentenza « escludeper riflesso l’impugnabilita anche di quegli altri che ne siano dipendenti o che ne costitui-scano un antecedente logico o procedurale necessario e senza colore autonomo ». In argo-mento v., inoltre, BONSIGNORI, L’effetto devolutivo nell’ambito dei capi connessi (effettoesterno), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 945, per il quale il concetto di “parte” di sentenza

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guenza, l’individuazione dell’una o dell’altro, in quanto perimetra l’oggettodel giudizio d’impugnazione, conforma (limitativamente) lo spettro del po-tere cognitivo del giudice ad quem. Senza contare che il problema risultaacuito da un art. 827, comma 2, c.p.c. nitido nell’escludere che i lodi c.d.non definitivi su questioni preliminari (di merito) o pregiudiziali (di rito)siano autonomamente impugnabili (12); percio, siccome tout se tient, laconcretizzazione del sintagma « capo di lodo » finisce per assumere spic-cato rilievo pratico.

Sulla scorta di queste premesse, ai fini dell’operativita dell’acquie-scenza parziale in relazione alla frazionabilita del lodo, sono due le solu-zioni astrattamente ipotizzabili.

Stando ad un primo indirizzo, la « frazione isolabile del contenutoimperativo del provvedimento » (13) e rappresentata dalla pronuncia su ognisingola questione (interna al capo di domanda) sulla quale si sono pronun-ziati gli arbitri nella risoluzione della controversia (14). In questa ottica, anulla rileva che la decisione della singola questione abbia assunto la formadell’ordinanza revocabile (impugnabile solo unitamente al lodo definitivo),piuttosto che quella del lodo non definitivo, dal momento che il soccom-bente ha in ogni caso il preciso onere di impugnare ogni singola pronunciaal fine di impedirne il passaggio in giudicato (15).

di cui all’art. 329, comma 2, c.p.c. necessita di essere definito secondo una duplice direttrice:negativa, sı da individuare quando al di fuori di una singola parte opera l’acquiescenza, e posi-tiva, sı da determinare quando si verifica una connessione di parti. Nello stesso senso, v. R. POLI,In tema di estensione dell’impugnazione alle parti di sentenza dipendenti, ivi, 2001, 707 ss.

In giurisprudenza v., ad es., Cass., 7 gennaio 2008, n. 33, in Foro it., Rep. 2008, voceImpugnazioni civili, n. 49, la quale esclude l’inverarsi dell’acquiescenza ex art. 329, comma 2,c.p.c. allorquando la parte impugnata sia sviluppo logico della parte non impugnata; Cass., 17aprile 2007, n. 9141, id., Rep. 2007, voce cit., n. 69; Cass., 27 settembre 2004, n. 19346, id.,Rep. 2004, voce cit., n. 69; Cass., 20 agosto 2003, n. 12267, id., Rep. 2003, voce cit., n. 83.

(12) Per la distinzione tra lodo parziale e lodo non definitivo, anche ai fini del rispet-tivo regime impugnatorio, v. CIPRIANI, Sentenze non definitive e diritto d’impugnare, cit.,spec. 248 ss.; MONTESANO, Sui lodi parziali di merito, in questa Rivista, 1994, 248 ss.; COMO-GLIO, Lodo parziale e lodo non definitivo dopo le ultime riforme, in Riv. dir. proc., 2009, spec.602 ss.; LUISO, Intorno agli effetti dei lodi non definitivi o parzialmente definitivi, in questaRivista, 1998, 592 ss.; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 526 s.; CALIFANO, Il si-stema d’impugnazione dei lodi non definitivi nella nuova disciplina dell’arbitrato, in questaRivista, 1995, spec. 38 ss.; ZUCCONI GALLI FONSECA, in Arbitrato, cit., spec. 655 ss.

(13) Secondo l’efficace definizione di CHIARLONI, L’impugnazione incidentale nel pro-cesso civile, Milano, 1969, 43 s.

(14) Cosı RUFFINI, La divisibilita del giudizio arbitrale, in questa Rivista, 1999, 443s., sul presupposto dell’autonomia delle singole questioni processuali e di merito ad esaurirel’oggetto di un provvedimento decisorio da parte degli arbitri. In argomento, sul problemarelativo alla soluzione delle questioni preliminari e sull’efficacia della relativa decisione, v.da ultimo DALFINO, Lodi non definitivi su questioni preliminari di merito, in Giusto proc. civ.,2010, spec. 1051 ss., anche per ulteriori riferimenti.

(15) Cfr. BOCCAGNA, sub art. 827, in La nuova disciplina dell’arbitrato, a cura di

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Secondo un’altra opinione, « l’unita minima impugnabile » (16) su-scettibile di gravame e data dalla decisione di singole cause; sicche ai finidell’impugnazione il relativo potere s’invera soltanto in presenza di unastatuizione su domanda: quindi, nell’ipotesi di cumulo di cause in un unicoarbitrato (17). In base a questa prospettiva, ogni parte o capo di lodo cheabbia statuito su una singola causa e destinato a divenire cosa giudicata invirtu dell’operare dell’art. 329, comma 2, c.p.c. ove non sia stato fattoespressamente oggetto di censura. Percio, come e stato precisato, la neces-sita di una specifica impugnazione per evitare il formarsi del giudicato suuna questione si manifesta soltanto quando la stessa sia stata decisa attra-verso un lodo non definitivo e non anche per il tramite di un’ordinanza re-vocabile (18).

Sennonche, indipendentemente da quale delle due menzionate rico-struzioni appaia piu confacente ad integrare l’esatta definizione di parte ocapo di lodo, quel che qui preme sottolineare e un altro aspetto, che pro-duce conseguenze dirette ed immediate sulla spendita del potere d’impu-gnazione da parte del soccombente. Difatti, la regola contenuta nell’art.329, comma 2, c.p.c. si traduce, di fatto, nell’onere di immediata e conte-stuale impugnazione di tutti i capi autonomi l’uno dall’altro di cui il prov-vedimento si compone; con l’effetto — meritevole d’una attenzione ancoramaggiore — che l’eventuale inosservanza di questa regola operativa viene(fatalmente) sanzionata con la perdita del potere d’impugnazione in rela-zione a tutti i capi che non siano stati inclusi nel primo gravame (19). An-che quando il termine per impugnare non e ancora decorso.

Con ogni probabilita, siffatta scelta trova la propria ragion d’esserenella circostanza che il legislatore ha inteso « porre un onere di immediataimpugnazione di tutti i capi di sentenza suscettibili di gravame ad operadella stessa parte, al fine di evitare il frazionamento in piu atti distinti diimpugnazione e in piu corrispondenti procedimenti dell’esercizio dei poteridi gravame in ordine ad un medesimo provvedimento giurisdizionale » (20).

MENCHINI, Padova, 2010, 453, il quale precisa che, in base a questa opinione, il lodo arbitralerisulta divisibile in tante parti quante sono le questioni sulle quali si e avuta pronunzia daparte degli arbitri.

(16) L’espressione e di A. ROMANO, Profili applicativi e dogmatici dei motivi specificidi impugnazione nel giudizio d’appello civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 1233 (cor-sivo nel testo).

(17) CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 540. Ritengono che l’espressione“parte del lodo” utilizzata dall’art. 830, comma 1, c.p.c. debba intendersi alla stregua di« capo di domanda » anche BALENA, Istituzioni, cit., III, 348; ZUCCONI GALLI FONSECA, in Ar-bitrato, cit., 792.

(18) Cfr. BOCCAGNA, sub art. 827, in La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., 453.(19) V. BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, cit., I, 135.(20) Cosı CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 61. Del resto, una generale

vocazione per assicurare che ad ogni procedimento giurisdizionale corrisponda un’unica im-

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Sembra percio ragionevole sostenere che la ratio sia tutta rinserrata nellospogliare l’impugnante del potere d’impugnazione ogniqualvolta costui loabbia esercitato parzialmente, sul presupposto che il giudizio si presenticome potenzialmente idoneo a chiudersi con una sentenza gia contenente ladeclaratoria « della regola di condotta che le parti dovranno reciprocamenteosservare in ordine al “bene della vita” oggetto della controversia » (21).Spiegazione, questa, che evidentemente tiene se, come d’altra parte sembraesatto, si muove dall’assunto che gli effetti (di accertamento o costitutivi)— ad eccezione, nel caso di lodo condannatorio, del « predicato della ese-cutivita », la cui attribuzione resta comunque legata all’exequatur (22) — daannettere al lodo rituale siano eguali (23) a quelli di una sentenza resa dalgiudice togato (24).

pugnazione emerge univocamente da alcuni passi della Relazione al Re sul codice di proce-dura civile del 1940. Nel § 25, in tema di sentenze definitive e sentenze parziali, si legge in-fatti che « lo scopo fondamentale che si e voluto raggiungere e stato questo: far sı che perogni grado del giudizio la impugnazione al giudice superiore non possa esser proposta cheuna sola volta, cioe contro la sentenza definitiva »; e nel § 30, relativo al sistema dei mezzid’impugnazione, si dice che una delle espressioni della tendenza alla limitazione delle impu-gnazioni consiste « nelle misure introdotte per garantire che tutte le impugnazioni proposteda piu parti contro la stessa sentenza siano sempre riunite in un solo processo (art. 331 e se-guenti) ».

(21) Cosı BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, cit., I, 136.(22) V. per tutti E.F. RICCI, La delega sull’arbitrato, in Riv. dir. proc., 2005, 954, da

cui e tratta la locuzione utilizzata nel testo; BRIGUGLIO, Osservazioni in tema di inammissibi-lita della impugnazione ex art. 828 c.p.c., economia processuale e vicende successive dellodo, in questa Rivista, 1993, 74.

(23) Sulla equiparazione, in seguito all’introduzione dell’art. 824-bis c.p.c. ad operadel D.Lgs. n. 40/2006, degli effetti prodotti dal lodo rituale a quella della sentenza civile, laletteratura e cospicua. V., senza pretesa di completezza, LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema el’esperienza4, Milano, 2011, 238 ss.; LUISO, Diritto processuale civile6, Milano, 2011, V, 177;BALENA, Istituzioni, cit., III, 338 s.; CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 520 ss.;CAPONI, « Natura » dell’arbitrato e controversie arbitrabili, in Sull’arbitrato. Studi offerti aGiovanni Verde, Napoli, 2010, 126 ss.; AULETTA, sub art. 824-bis, in La nuova disciplina del-l’arbitrato, cit., spec. 424, ove l’A. vaglia (anche) l’efficacia soggettiva del lodo nei confrontidei terzi; BOCCAGNA, sub art. 824-bis, in Codice di procedura civile commentato4, diretto daCONSOLO, Milano, 2010, III, 1967 ss.; MURONI, La pendenza del giudizio arbitrale, Torino,2008, 15. Per i riflessi, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo, prodotti dalla pari-ficazione dell’efficacia del lodo a quella della sentenza v. D’ALESSANDRO, Riflessioni sull’ef-ficacia del lodo arbitrale rituale alla luce dell’art. 824-bis c.p.c., in questa Rivista, 2007, 543ss. Per una analisi dell’efficacia del lodo rituale ante novella del 2006, v. BRIGUGLIO, La ri-forma dell’arbitrato (considerazioni per un primo bilancio), in Giust. civ., 1985, II, 416 ss.;RASCIO, in Diritto dell’arbitrato3, a cura di VERDE, Torino, 2005, 413 ss.

In senso parzialmente contrario alla piena identita fra gli effetti del lodo e quelli dellasentenza e PUNZI, Il processo civile. Sistema e problematiche, Torino, 2010, III, 241 ss., peril quale sarebbe contrario al fondamento negoziale dell’istituto dell’arbitrato riconoscere unairretrattabilita assoluta ex art. 2909 c.c. al comando contenuto nel lodo una volta che questonon sia piu soggetto all’impugnazione per nullita.

(24) V. BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, cit., I, 136, il quale ben evi-

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E tuttavia il rigore della regola contenuta nell’art. 329 c.p.c. gia sistempera, per opinione consolidata, nel caso di impugnazione con pluralitadi parti su cause scindibili ex art. 332 c.p.c., se e vero che l’art. 326, comma2, di rimando prevede che, in questo caso, l’impugnazione proposta av-verso una parte soltanto fa decorrere nei confronti dello stesso soccombenteil termine (breve) per proporla contro le altre parti: in buona sostanza pa-rificando, per l’impugnante, la notifica dell’impugnazione a quella dellasentenza (25). Pienamente condivisibile appare percio l’opinione per laquale si e in presenza di « una norma di favore » per l’impugnante, nellamisura in cui, derogando al rigore cui e informato l’art. 329, evita, nel casodi processi con pluralita di parti su cause scindibili, che l’impugnazioneparziale produca il passaggio in giudicato dei capi non impugnati (26). Perconseguenza, muovendo dal presupposto della piena compatibilita dell’art.326, comma 2, con le regole che governano l’impugnazione per nullita dellodo arbitrale (27), si puo percio ritenere che, nelle cause scindibili, tale im-pugnazione se proposta unicamente nei confronti di una parte non produceil risultato, per i capi non impugnati, di un loro passaggio in giudicato,quanto e piuttosto l’effetto — piu conveniente — di concedere allo stessosoccombente il termine breve, che nel caso del lodo corrisponde a novantagiorni dalla sua notificazione ex art. 828 c.p.c, per proporre l’impugnazioneavverso le parti pretermesse (28).

Allo stato attuale, pero, se si prescinde dall’eccezione di cui all’art.332 c.p.c. — che rappresenta, in realta, piu che una vera e propria derogaun meccanismo per garantire, sul piano processuale, l’unitarieta del giudi-zio di gravame, evitando che il processo si possa ramificare in sede d’im-pugnazione (29) — la regola di carattere generale che si delinea trasponendo

denzia come nel caso in cui non dovesse ritenersi che gli effetti del lodo arbitrale siano ana-loghi a quelli prodotti dalla sentenza civile « non vi sarebbe spazio per quella valutazione di“gia avvenuto raggiungimento dello scopo” del processo che sembra essere alla base anchedell’istituto in esame ».

(25) E cio « sul presupposto, evidentemente, che quest’ultima non sia gia avvenuta;che, altrimenti, il termine breve decorrerebbe da quella data ». Cosı BALENA, Istituzioni, cit.,II, 328.

(26) Cosı RASCIO, Sentenza non notificata e appello sottoscritto da procuratore « ex-tra districtum »: sul termine di riproposizione dell’impugnazione viziata, in Foro it., 1998, I,2954, da cui e tratta la frase nel testo. In un analogo ordine d’idee v. anche IMPAGNATIELLO,Conoscenza della sentenza e termine breve per impugnare, in Annali Fac. Economia Univ.Benevento, VIII, 2003, 189; ID., Ancora sulla decorrenza del termine breve per impugnare (esull’art. 326, cpv., c.p.c.), in Foro it., 2006, I, 243.

(27) V. per tutti ZUCCONI GALLI FONSECA, in Arbitrato, cit., 693.(28) Sul problema v. diffusamente SALVANESCHI, L’arbitrato con pluralita di parti,

Padova, 1999, 300.(29) Cosı VELLANI, Appunti sull’impugnazione incidentale tardiva, in Riv. trim. dir.

proc. civ., 1951, 977. Piu di recente, nello stesso senso v. LUISO, Diritto processuale civile,cit., II, 321 ss.; BALENA, Istituzioni, cit., II, 343.

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l’art. 329, comma 2, c.p.c. nel giudizio arbitrale e senz’altro quella per laquale « l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti [del lodo]non impugnate ».

Orbene, la perdita del potere d’impugnazione relativamente ai capinon inclusi nella prima impugnazione viene giustificata dalla giurispru-denza non soltanto invocando l’insegnamento carneluttiano sulla consun-zione dell’impugnazione, ma anche attraverso il richiamo ad un principio,di carattere generale, di non frazionabilita dell’impugnazione di cui l’art.329, comma 2, c.p.c. sarebbe espressione (30). Tuttavia, siffatta correlazionenon pare corretta sul piano sistematico: nonostante la giurisprudenza mo-stri sovente « tendenze espansive di molto incerta giustificazione » (31) neiriguardi del principio di consumazione, sı da sagomare nuove preclusioni,la lettera della legge e invece al riguardo assai univoca nello stabilire chesolo l’impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile non puo es-sere riproposta, ancorche non sia decorso il termine previsto dalla legge(artt. 358 e 387 c.p.c.). Di talche, l’intangibilita delle parti della sentenza(e, specularmente, del lodo) non espressamente contestate dalla parte soc-combente e non inscindibilmente connesse a quelle impugnate, lungi dalrappresentare un precipitato logico dell’inverarsi del principio di consuma-zione, deriva — piuttosto — dall’operare del meccanismo di cui all’art.329, comma 2, c.p.c., che sancisce per l’impugnante il preciso onere dipromuovere subito il riesame di tutti i capi di cui la decisione si compo-ne (32). Va da se che questo discorso regge sul presupposto che la soccom-benza abbia coinvolto contemporaneamente piu capi autonomi del provve-dimento e dunque piu parti tutte astrattamente passibili di censura; che, al-trimenti, verrebbe meno persino la condizione sulla quale si fonda lo stessoistituto dell’acquiescenza parziale, non potendo questa configurarsi, per di-fetto d’interesse ad impugnare, laddove il soccombente abbia scelto di nonimpugnare l’unico capo di sentenza a se sfavorevole (33).

(30) V. Cass., 6 dicembre 2001, n. 15442, in Foro it., Rep. 2001, voce Impugnazioni ci-vili, n. 51; Cass., 4 gennaio 2000, n. 23, id., Rep. 2000, voce Appello civile, n. 39; Cass., 6 ago-sto 1997, n. 7272, id., Rep. 1997, voce Impugnazioni civili, n. 114. V. anche infra, nota 43.

(31) Cosı, incisivamente, A. ROMANO, Recensione a CAPORUSSO, La “consumazione”del potere d’impugnazione, cit., in Giusto proc. civ., 2012, 308.

(32) Peraltro, come faceva notare CERINO CANOVA, Acquiescenza, voce dell’Enc. giur.Treccani, I, Roma, 1988, 1, lo scarto esistente tra acquiescenza e consumazione sta nel fattoche se nella prima fattispecie l’estinzione colpisce un potere non ancora esercitato, nella se-conda un potere gia esercitato in modo invalido o irrituale.

(33) V. PICCININNI, Acquiescenza ed accettazione della sentenza: due termini di unafalsa sinomia, in Studi in onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, III, 133 ss., il quale sotto-linea come non vi sia necessariamente una correlazione tra pluralita di capi autonomi dellasentenza ed acquiescenza parziale, giacche questa si configura solo quando il soccombenterinunzia ad impugnare uno o piu dei capi fra loro indipendenti. In questo caso puo infattiparlarsi di rinunzia parziale all’esercizio del potere d’impugnazione; viceversa, quando la

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Si aggiunga che nel caso di impugnazione parziale, la perdita del po-tere d’impugnazione rispetto a tutti i capi autonomi non ricompresi nelprimo gravame non ha nulla a che spartire con un invalido esercizio di talepotere, non sussistendo alcuna causa ostativa alla definizione (in merito)del giudizio. Si tratta, infatti, di ipotesi nelle quali il gravame proposto e inse perfettamente valido, quale espressione, per l’appunto, di un rituale ecorretto esercizio del potere d’impugnazione, e percio, ove accolto, assolu-tamente in grado di condurre alla riforma dei capi impugnati. Piu sempli-cemente, si e in presenza di una impugnazione circoscritta, per volonta delsoccombente, ad alcune soltanto delle parti della decisione a lui sfavore-voli: tant’e vero che l’effetto legale che scaturisce dall’impugnazione par-ziale e « l’accettazione (e dunque, virtualmente, il passaggio in giudicato)dei capi non toccati dall’impugnazione » (34). Quindi, per questa fattispecie,non sembra possa ravvisarsi alcuna forma di consumazione del potere d’im-pugnazione, ma soltanto una libera scelta dell’impugnante che decide di ac-cettare uno o piu capi che lo hanno mandato soccombente e che, in virtu ditale scelta, incorre in una preclusione nella misura in cui rinunzia ad eserci-tare un potere che gli e stato attribuito espressamente dall’ordinamento.

3. Impugnazione principale parziale e principio di consumazione.

Se quanto detto e corretto, deve peraltro notarsi che di una stringenteproblematicita si presenta pure il caso, distinto ma connesso al precedente,evocato dalla sequenza acquiescenza tacita qualificata/principio di consu-mazione/impugnazione incidentale tardiva. La questione assume una speci-fica rilevanza (anche) in questa sede se solo si tiene conto che le disposi-zioni dettate in tema di impugnazione incidentale (tanto tempestiva quantotardiva) sono pacificamente ritenute applicabili al lodo arbitrale dalla dot-trina (35) e dalla giurisprudenza di legittimita (36).

parte non impugna l’unico capo di sentenza a se sfavorevole dovrebbe configurarsi una ri-nunzia integrale all’esercizio del potere d’impugnazione e dunque « si verificherebbe piutto-sto una forma di acquiescenza totale, pur indirizzata su parte di sentenza ». In giurisprudenzav. Cass., 28 gennaio 2004, n. 1616, in Giust. civ., 2005, I, 3155.

(34) Cosı BALENA, Istituzioni, cit., II, 333.(35) Secondo l’opinione maggioritaria. Cosı: FAZZALARI, in BRIGUGLIO - FAZZALARI -

MARENGO, La nuova disciplina dell’arbitrato. Commentario, Milano, 1994, 200, il quale pre-cisa che avverso la pronunzia arbitrale sono ammesse anche le impugnazioni incidentali exart. 343 c.p.c.; TARZIA, in TARZIA - LUZZATTO - RICCI, Legge 5 gennaio 1994, n. 25, Padova,1995, 161; BALENA, Istituzioni, cit., III, 334; RUFFINI, « Effıcacia di sentenza » del lodo arbi-trale ed impugnazione incidentale per nullita, in questa Rivista, 2000, 465 ss.; ZUCCONI GALLI

FONSECA, in Arbitrato, cit., 700 s.; BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, cit., I,137 ss.

(36) V. Cass., 16 maggio 2000, n. 6291, in questa Rivista, 2000, 463, con nota di

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Premesso che la cennata sequenza e di stretto conio giurisprudenzia-le (37), una deroga al meccanismo disegnato dall’art. 329, comma 2, e pre-vista, come si sa, nell’art. 334, comma 1, c.p.c., che, in caso di soccom-benza ripartita, consente l’impugnazione incidentale tardiva anche rispettoa capi autonomi e distinti della pronunzia (38), tutte le volte che la parte(originariamente) acquiescente intenda replicare all’impugnazione dellacontroparte; quindi, anche quando nei suoi confronti la statuizione conte-nuta nei capi non impugnati e divenuta definitiva (39). Sennonche, e inte-ressante osservare che la giurisprudenza di legittimita in alcuni casi ha ap-plicato (ancora una volta) il principio di consumazione per inibire l’impu-gnazione incidentale tardiva alla parte che, pur avendo prestato acquie-scenza ad uno o piu capi della sentenza, ha poi visto venire meno il pre-supposto di siffatta scelta per effetto dell’iniziativa della parte avversaria. Ese, come correttamente si ritiene, almeno quanto agli effetti, sentenza e lodopari sono (40), non e un’eccezione (pretoria) di poco conto.

Difatti, sempre sul presupposto che l’art. 329, comma 2, sia espres-sione di un principio generale di non frazionabilita dell’impugnazione (41),la suprema Corte si e spinta sino al punto di affermare che l’impugnazione

RUFFINI, « Effıcacia di sentenza » del lodo arbitrale, cit.; Cass., 7 settembre 1993, n. 9382,ivi, 1994, 287, con nota di FUSILLO, Modi e termini per la proposizione dell’impugnazione in-cidentale per nullita del lodo arbitrale; Cass., 12 luglio 1990, n. 7214, in Foro it., Rep. 1990,voce Arbitrato, n. 102.

(37) Ed e un indirizzo inaugurato nella prima meta degli anni novanta da Cass., 13gennaio 1993, n. 343, in Foro it., Rep. 1993, voce Impugnazioni civili, n. 70, e che da alloranon ha piu conosciuto eccezioni. Prima di tale pronunzia, la suprema Corte aveva affermatol’ammissibilita dell’impugnazione incidentale tardiva ad opera dell’impugnante principalequando determinata dall’iniziativa dell’avversario, a condizione, naturalmente, che l’impu-gnazione principale non fosse stata gia dichiarata inammissibile o improcedibile: cosı Cass.,4 marzo 1991, n. 2227, in Riv. dir. proc., 1992, 657, con nota di M. LONGO, Puo l’appellatoimpugnare alcuni capi della sentenza e, successivamente, proporre un ulteriore gravame sualtri capi della medesima sentenza, attraverso l’appello incidentale? In argomento v. diffu-samente RUGGIERI, Il principio di consumazione dell’impugnazione: origine ed applicazioni,in Studi in onore di Carmine Punzi, cit., III, spec. 206 ss., ove ulteriori riferimenti. V. ancheinfra, nota 42.

(38) E ormai da tempo, infatti, che l’impugnazione incidentale tardiva e ammessasenza limiti di oggetto. In argomento v. amplius CHIZZINI, Ancora sui limiti di applicazioneincidentale tardiva: la decisione delle sezioni unite, in Giur. it., 1990, I, 1, 391 ss. In giuri-sprudenza v., fra le piu recenti, Cass., 25 maggio 2010, n. 12714, in Foro it., Rep. 2010, voceImpugnazioni civili, n. 68; Cass., 11 giugno 2008, n. 15483, id., Rep. 2008, voce cit., n. 78,la quale stabilisce che l’impugnazione incidentale tardiva e ammissibile indipendentementedal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse adimpugnare fosse preesistente.

(39) Sulla ratio dell’art. 334 c.p.c., nonche sui limiti operativi dell’istituto dell’im-pugnazione incidentale tardiva v., da ultima, GAMBINERI, Limitazioni alla impugnazione inci-dentale tardiva: nuova puntata, in Foro it., 2008, I, 3634 ss.

(40) V. supra, testo e nota 23.(41) V. supra, § 2.

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parziale comporta la consumazione del potere d’impugnare (una volta chesia stato validamente esercitato) e quindi non autorizza la parte ad esperireuna successiva impugnazione avverso un altro capo di sentenza. E cioneanche quando la controparte abbia proposto impugnazione incidentaleavverso quella determinata statuizione, giacche, in caso contrario, potrebbederivare una serie indeterminata di ricorsi incidentali tardivi.

Con il risultato, a seguire l’argomentare (tortuoso) della supremaCorte, che la proposizione dell’impugnazione preclude un secondo gravame(in forma incidentale) anche nel caso in cui dall’impugnazione notificatadalla controparte sia derivato un ampliamento dell’oggetto del giudizio,giacche il principio di consumazione non consente ne il reiterarsi dell’ini-ziativa impugnatoria (42), tanto meno, come prima visto, il suo frazionarsiin atti separati (43). Precisandosi, peraltro, che gli artt. 358 e 387 c.p.c. sonodisposizioni disciplinanti un’ipotesi differente, dal momento che, in pen-denza del termine, consentono (soltanto) la riproposizione dell’impugna-zione non ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e non permet-tono invece anche l’aggiunta di nuovi motivi con un atto successivo, nep-pure sotto forma di impugnazione incidentale (44).

Non v’e chi non veda, pero, come questa lettura estensiva del princi-pio di consumazione dell’impugnazione non sia condivisibile e rischi, ol-tretutto, di risolversi in una interpretazione contra legem nella misura in cuicontrasta in modo patente con l’art. 334, comma 1, c.p.c., a tenore del qualel’impugnazione incidentale tardiva e ammissibile anche se e decorso il ter-mine o la parte contro cui e rivolta l’impugnazione ha prestato acquie-scenza alla sentenza. Sia la ratio che la lettera dell’art. 334 c.p.c. sono, delresto, inequivocamente in questo senso.

Quanto alla ratio, non par dubbio, infatti, che l’impugnazione inciden-tale tardiva consenta alla parte, parzialmente soccombente ma tutto som-

(42) Cfr. Cass., 2 luglio 2007, n. 2309, in Foro it., Rep. 2007, voce Cassazione ci-vile, n. 50; Cass., 14 novembre 2006, n. 24219, id., Rep. 2006, voce Impugnazioni civili, n.9; Cass., 28 luglio 2005, n. 15813, id., 2006, I, 766; Cass., 13 dicembre 2003, n. 19105, id.,Rep. 2003, voce ult. cit., n. 136; Cass., 2 dicembre 2000, n. 15407, id., Rep. 2000, voce ult.cit., n. 138; Cass., 24 settembre 1999, n. 10513, id., Rep. 1999, voce ult. cit., n. 127. Di di-verso avviso la dottrina, propensa ad ammettere la proposizione dell’impugnazione inciden-tale tardiva ad opera dell’impugnante principale parzialmente acquiescente: v. ATTARDI, Sulgravame incidentale tardivo dell’impugnante principale, in Giur. it., 1965, I, 1, 775 s.;GRASSO, Le impugnazioni incidentali, Milano, 1973, 117; CARPI, Note sui limiti di applica-zione dell’impugnazione incidentale tardiva, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, 715 s.; RUG-GIERI, Il principio di consumazione dell’impugnazione, cit., III, 210 s.

(43) V. la giurisprudenza richiamata sub nota 30 a proposito del rapporto tra art. 329,comma 2, c.p.c. e principio di consumazione dell’impugnazione, cui adde Cass., 24 dicem-bre 2004, n. 23976, in Foro it., 2005, I, 3384; Cass., 5 maggio 1995, n. 4871, id., 1996, I,657.

(44) Cosı, in motivazione, Cass., 6 dicembre 2001, n. 15442, cit.; Cass., 9 luglio1996, n. 6235, in Arch. civ., 1996, 1365.

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mato disposta ad accettare uno o piu capi di sentenza, destinataria dell’al-trui impugnazione di impugnare anche dopo la scadenza dei termini: quasiuna sorta di rimessione in termini ex lege, ossia automatica, in tutti i casiin cui l’iniziativa impugnatoria sia presa dalla controparte (45). Tale istitutorisponde, come e pacifico in dottrina, proprio allo scopo di disincentivare« le parti ad impugnare (in modo da cautelarsi rispetto all’eventuale impu-gnazione di controparte) e quindi per premiare e promuovere l’atteggia-mento acquiescente verso le sentenze » (46). Sicche, qualsiasi tentativovolto ad annullare la finalita di favorire l’accettazione della sentenza e discoraggiare l’impugnazione in via principale (47), oltre a provocare il dele-terio effetto di determinare nei fatti « impugnazioni dettate esclusivamentedalla preoccupazione che sia un’altra parte ad impugnare, rimettendo in talmodo in discussione l’esito della causa » (48), non e in alcun modo condi-visibile, perche istituisce un limite che il legislatore non ha previsto (49).

Riguardo invece alla lettera, l’ammissibilita dell’impugnazione inci-dentale tardiva ad opera dell’impugnante principale parzialmente acquie-scente trova giustificazione in una trama espositiva che non si presta ad al-tre interpretazioni utili. L’art. 334, comma 1, c.p.c. dispone infatti che « leparti contro le quali e stata proposta impugnazione (...), possono proporreimpugnazione anche quando per esse e decorso il termine o hanno fatto ac-quiescenza alla sentenza », con cio riferendosi la norma a qualunque parte(e non soltanto ai soggetti passivi dell’impugnazione principale) contro cuie stata proposta impugnazione, tanto principale quanto incidentale (50).

Gia questo potrebbe bastare a testare l’incongruenza del ragionamentoinvalso nel costante motivare della Cassazione. Volendo pero, onde ancorpiu corroborare il palinsesto delle critiche, si puo aggiungere una ulterioreobiezione, cosı sintetizzabile. Per quanto concerne in maniera piu specifica

(45) CARPI, Note sui limiti di applicazione dell’impugnazione, cit., 715.(46) Cosı, per tutti, CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, Torino, 2010,

III, 277, il quale precisa che l’art. 334 c.p.c. per l’appunto appresta « soluzioni di “recupero”per la parte incline ad acquietarsi ».

(47) V., da ultimo, ODORISIO, Dichiarazione di improcedibilita dell’impugnazioneprincipale ed impugnazione incidentale tardiva, in Riv. dir. proc., 2009, 241 s., il quale notache, ove non si avesse l’art. 334, comma 1, c.p.c., il risultato sarebbe quello di una parte par-zialmente soccombente indotta ad impugnare comunque la sentenza, giacche da un lato econsapevole del fatto che la sua iniziativa « non rischia di suscitare la reazione della contro-parte che rimetta in discussione il capo di sentenza ad essa favorevole (...) »; dall’altro « co-munque, mettera in difficolta la controparte ». Che, « se vorra reagire dovra farlo entro untermine che potrebbe essere brevissimo ».

(48) BALENA, Istituzioni, cit., II, 357.(49) E che, oltretutto, appare ancora piu immotivato se si pone mente al fatto che la

stessa giurisprudenza di legittimita ha ormai cancellato (anche) i limiti di natura oggettivadell’impugnazione incidentale tardiva. V. supra, nota 38.

(50) Cfr. RUGGIERI, Il principio di consumazione dell’impugnazione, cit., III, 210, cuisi rinvia per ogni altro riferimento.

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il rapporto tra impugnazione incidentale tardiva e acquiescenza, la dottrinaha messo in evidenza che l’art. 334 c.p.c., cosı come e pacificamente rife-ribile all’acquiescenza totale, lo e anche a quella parziale di cui all’art. 329,comma 2, c.p.c., sulla base di due argomenti: l’assenza di una qualsiasi di-stinzione tra acquiescenza totale e parziale nel corpo dell’art. 334 ed il fattoche l’art. 329 non puo contemplare due fattispecie diverse quanto agli ef-fetti, giacche l’acquiescenza parziale e propriamente una species di acquie-scenza tacita risultante « da atti incompatibili con la volonta di avvalersidelle impugnazioni ammesse dalla legge » (51). Con il risultato, da un lato,che un’eventuale impugnazione parziale non puo non produrre lo stessotipo di vicenda (la perdita del potere d’impugnare avverso le parti dellasentenza non impugnate) che l’art. 329, comma 1, c.p.c. riallaccia all’ac-quiescenza espressa o tacita; dall’altro, che se il potere d’impugnare risorgenella fattispecie di cui all’art. 329, comma 1, non si vede per quale ragionenon dovrebbe avvenire lo stesso nella fattispecie di cui all’art. 329, comma2 (52). Se cosı e, pero, l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui l’art.334 c.p.c. non puo operare in riferimento all’acquiescenza parziale viene adifettare di qualsiasi persuasivita.

Obiettare che il principio di consumazione dell’impugnazione operacon riguardo a gravami della medesima specie e persino in caso di validoesercizio del potere d’impugnazione non avrebbe, peraltro, un gran senso.E facile infatti replicare che nelle ipotesi de quibus non e in discussione lapossibilita di far rivivere il potere d’impugnare che la parte aveva persoprestando acquiescenza alla sentenza, ma e in gioco il corretto svolgersi deldiritto alla difesa. E infatti indubitabile che in questo caso l’interesse adimpugnare e risorto (o nato) (53) proprio (e soltanto) dall’iniziativa dellacontroparte (54). Negare in questo caso la possibilita di impugnare a coluiche aveva inizialmente scelto di accettare quella decisione significa, in

(51) V., per tutti, GRASSO, Le impugnazioni incidentali, cit., 117.(52) Cosı ATTARDI, Sul gravame incidentale tardivo, cit., 775; CARPI, Note sui limiti

di applicazione dell’impugnazione, cit., 715 s.(53) L’interesse ad impugnare nasce se la soccombenza e virtuale; risorge se la soc-

combenza e reale. Per questa distinzione v. LUISO, Diritto processuale, cit., II, 342.(54) Cio e tanto piu vero se si considera che le Sezioni unite hanno mostrato di vo-

ler estendere i limiti soggettivi dell’impugnazione incidentale tardiva al di fuori delle ipotesidi inscindibilita ex art. 331 c.p.c., mostrando cosı di prediligere un approccio ricostruttivo ilpiu possibile organico al soddisfarsi del diritto alla difesa. Emblematica la vicenda dell’im-pugnazione incidentale tardiva “adesiva” del condebitore solidale, ammessa « tutte le volteche l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sen-tenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza »: cosı Cass., Sez. un.,27 novembre 2007, n. 24627, in Corriere giur., 2008, 1701, con nota di CONSOLO, Condebitosolidale fra artt. 332 e 334 c.p.c.: una collocazione sempre ardua (con tentazione di ritornoall’art. 471, comma 2, n. 3, c.p.c. 1865); in Giusto proc. civ., 2008, 437, con nota di BALENA,Cause scindibili e impugnazione incidentale tardiva. Contra, pero, Cass., 10 marzo 2008, n.6284, in Giust. civ., 2009, I, 2240.

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concreto, comprimere l’effettivita della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.),visto e considerato che e stato lo stesso legislatore processuale ad ammet-tere espressamente siffatta possibilita.

Di talche, per non cadere in una contraddizione logica (ancor primache giuridica), non si vede il motivo perche il lodo arbitrale dovrebbe rice-vere un diverso trattamento. Insomma, giacche l’estensione della disciplinadell’impugnazione incidentale tardiva vale anche per il lodo rituale, deveescludersi che possa qui operare il principio di consumazione allorquandol’interesse ad impugnare sia sorto dall’altrui impugnazione al solo fine diprecludere al soccombente l’esercizio di un proprio, legittimo diritto.

4. Motivi specifici e motivi c.d. aggiunti.

L’impugnazione per nullita ha sempre rappresentato, come e a tuttinoto, un rimedio (ordinario) sui generis per censurare un peculiare tipo diprovvedimento; tant’e che, appena entrato in vigore il c.p.c. del ’40, in dot-trina sono state proposte diverse chiavi di lettura riguardo alla natura diquesto giudizio (55). La novella del 2006, pur avendo affrancato, quanto allavalenza imperativa, il lodo dal provvedimento di exequatur e dunque puravendo, di riflesso, affrancato la proposizione dell’impugnazione per nullitadalla preventiva ricezione del lodo nel circuito dell’organizzazione giudi-ziaria statale (56), non e stata tuttavia risolutiva per il dibattito sulla naturadi questo rimedio (57), la cui disciplina processuale e, oltretutto, gravementelacunosa (58). Di qui una sua ricostruzione come un’impugnazione di se-

(55) Difatti, accanto a chi vi aveva scorto sorta di contaminatio tra appello, ricorsoper cassazione e azione nullita prevista dal c.p.c. del 1865 (cosı D’ONOFRIO, Commento al co-dice di procedura civile2, Torino, 1951, II, 416. In senso parzialmente conforme VECCHIONE,L’arbitrato nel sistema del processo civile, Milano, 1971, 620), vi era chi propendeva per unasua configurazione di appello avente carattere straordinario (CARNELUTTI, Istituzioni del nuovoprocesso civile italiano3, Roma, 1942, II, 574) o limitato (ANDRIOLI, Commento al codice diprocedura civile2, Napoli, 1947, III, 574; MICHELI, Sulla ammissibilita del ricorso per cassa-zione contro la sentenza che pronunzia sulla domanda di nullita della sentenza arbitrale, inGiur. Cass. civ., 1944, 368), chi per un giudizio limitato alla fase rescindente, senza dareluogo al rescissorio (REDENTI, Diritto processuale, cit., III, 481 s.) e chi, infine, per una sortadi procedimento di primo ed unico grado nel quale si cumulavano l’azione di annullamentodel lodo e l’azione di cognizione sul merito della controversia oggetto del compromesso(GARBAGNATI, In tema d’impugnazione per nullita del lodo arbitrale, in Riv. dir. proc., 1947,II, 260).

(56) V. CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 528.(57) Ancorche, argomentando dall’equiparazione degli effetti del lodo a quelli della

sentenza del giudice togato, a seguito della novella del 2006 non sembrano piu residuaredubbi per inquadrare tale rimedio tra le impugnazioni processuali. Cfr. CONSOLO, Le impugna-zioni delle sentenze, cit., 528; MARINUCCI, L’impugnazione del lodo dopo la riforma, Milano,2009, 4 ss., ove ulteriori indicazioni.

(58) V. BALENA, Istituzioni, cit., III, 347.

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condo grado a natura mista, mutuando i suoi tratti in parte dal ricorso percassazione ed in parte dall’appello (59).

Sennonche, l’attribuzione all’impugnazione per nullita del lodo arbi-trale di una funzione affine all’appello civile (60) — non potendosi negareche allo stato attuale tale rimedio, avendo perso del tutto l’originario carat-tere di azione di annullamento contrattuale, dia luogo ad un’impugnazionevera e propria, destinata a sfociare in una nuova decisione di merito e chevenga oggi impiegata per denunziare errores in procedendo ed errores iniudicando in iure (61) — se per un verso trascura le differenze concreta-mente sussistenti tra i due rimedi (62), per l’altro implica, quale necessariae logica conseguenza, che a questo rimedio debbano applicarsi, ovviamentenei limiti della compatibilita (63), le regole proprie che governano il giudi-zio d’appello (64).

(59) Essendo un’impugnazione sı a motivi limitati, ma che assomma in se fase re-scindente e fase rescissoria. Cfr. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile5, Napoli,rist. 2010, 773 s. V. inoltre CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze, cit., 528, per il qualel’analogia prevalente e con il ricorso per cassazione.

(60) In realta, su questo punto, la giurisprudenza e ondivaga. Vi sono, infatti, alcunepronunzie nelle quali la suprema Corte sembra essere orientata nel senso di una applicazionedella disciplina dell’appello (cfr., ad es., fra le piu recenti, Cass., 23 aprile 2008, n. 10576,in Foro it., Rep. 2008, voce Arbitrato n. 117; Cass., 21 settembre 2004, n. 18917, in questaRivista, 2005, 275); altre, viceversa, nelle quali da risalto alle divergenze esistenti fra giudi-zio d’appello ed impugnazione per nullita (v., ad es., Cass., 13 aprile 2005, n. 7702, ivi, 2006,309, con nota di G. SANTAGADA, Sulla legittimazione degli arbitri a proporre opposizione diterzo avverso la sentenza di annullamento del lodo tardivo; Cass., 1o luglio 2004, n. 12031,in Giust. civ., 2005, I, 3098).

(61) Cfr. BALENA, Istituzioni, cit., II, 343 s.(62) Differenze che, al contrario, paiono tutt’altro che trascurabili: basti pensare al

fatto che l’impugnazione per nullita e a critica vincolata; che non ammette la censurabilitadei giudizi di fatto; e che esclude una pronunzia sostitutiva allorquando l’annullamento dellodo sia avvenuto per le ipotesi di cui ai nn. 1), 2), 3), 4) e 10) dell’art. 829, comma 1, c.p.c.Sul punto v. ancora BALENA, Istituzioni, cit., II, 344.

(63) V. infatti VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato2, Torino, 2006, 163, il qualeritiene che quella contemplata dall’art. 829 c.p.c. sia « un’impugnazione processuale sui ge-neris da modellare secondo la disciplina dell’appello, la dove la stessa sia compatibile con lepeculiarita del rimedio o non sia espressamente derogata »; PUNZI, Il processo civile, cit., III,254 s.; ID., Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2000, II, 180, il quale, pur escludendoche l’impugnazione per nullita rivesta natura di giudizio di secondo grado, ritiene che deb-bano applicarsi le norme che regolano lo svolgimento del giudizio dinanzi al giudice adito e,dunque, indirettamente afferma l’applicabilita a tale rimedio di alcune regole che disciplinanol’appello.

(64) Come faceva notare gia ANDRIOLI, Commento al codice di procedura, cit., III,574, dall’equiparare l’impugnazione per nullita ad un’impugnazione processuale (appello li-mitato) discendono conseguenze pratiche di notevole spessore, in quanto, per ragioni di coe-renza, deve ritenersi applicabile all’impugnazione ex art. 829 c.p.c. una serie di disposizionipreviste in tema di appello, quali: l’art. 328, in tema di decorrenza dei termini contro gli eredidella parte defunta; gli artt. 331-335, in ordine all’integrazione del contraddittorio; l’art. 338,

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Prima fra tutte, quindi, la regola della specificita dei motivi d’impu-gnazione (65), cui l’ulteriore dogma del divieto dei motivi aggiunti fa dacorona (66). Peraltro, come e stato esattamente osservato, la sanzione cuisoggiace la mancata specificazione dei motivi nell’atto introduttivo del giu-dizio d’impugnazione per nullita — che e identica a quella prevista perl’impugnazione delle sentenze — rappresenta una delle (tante) spie dellavolonta del legislatore di configurare tale gravame in termini di vera e pro-pria impugnazione, piuttosto che in quelli di impugnativa negoziale (67).

Circa la prima questione, bisogna por mente al fatto che tutto originadall’art. 342 c.p.c. che, nell’indicare la forma che deve rivestire l’atto d’ap-pello, al comma 1 espressamente impone che la citazione contenga i motivispecifici dell’impugnazione. Si tratta di una disposizione che indubbia-mente presenta una marcata incidenza nel sistema processuale per via dellesue ricadute sul piano pratico, tenuto conto che l’idea largamente domi-nante in giurisprudenza e nel senso di ritenere l’art. 342 c.p.c. applicabileanche in sede cautelare (68), nonche, per l’appunto, nel giudizio arbitra-le (69).

relativo agli effetti dell’estinzione del giudizio d’impugnazione. Successivamente, nellostesso senso, v. FAZZALARI, in La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., 200 s.; PUNZI, Disegnosistematico, cit., II, 179; RUFFINI, L’intervento nel giudizio arbitrale, in questa Rivista, 1995,647 ss.; ID., Intervento principale del terzo nel giudizio di impugnazione per nullita dellasentenza arbitrale, in Giur. merito, 1992, 317 ss., per i quali deve ritenersi applicabile anchel’art. 344 c.p.c. sull’intervento del terzo. Inoltre, in relazione all’operare degli artt. 329,comma 2, e 336, comma 1, c.p.c. in sede arbitrale, v. supra, nota 10.

(65) Secondo SATTA, Commentario al codice di procedura, cit., IV, 2, 328, la neces-sita di specificare i motivi nell’atto d’impugnazione configura una regola di carattere gene-rale e, in quanto tale, applicabile a qualunque impugnazione.

(66) Con la sola eccezione dell’atto introduttivo del giudizio d’appello nel rito dellavoro. In tal caso, infatti, ove l’esecuzione venga iniziata prima della notificazione dellasentenza, e possibile proporre l’impugnazione immediata con riserva di enunciare i motivinel momento in cui verra depositata la sentenza di primo grado contenente la motivazione(art. 433, comma 2, c.p.c.). Sulla singolarita di tale istituto « del tutto nuovo alla prassi delnostro processo civile », finalizzato a consentire la proposizione dell’istanza di sospensioneai sensi dell’art. 431, comma 3, c.p.c., v. per tutti PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale,cit., 826 s. In giurisprudenza v. Cass., 16 novembre 1999, n. 12687, in Foro it., Rep. 1999,voce Lavoro e previdenza, n. 219; Cass., Sez. un., 13 dicembre 1993, n. 12261, id., Rep.1993, voce cit., n. 176.

(67) Cosı BOCCAGNA, L’impugnazione per nullita del lodo, cit., I, 60 ss.(68) Imponendo all’impugnante l’onere di specificare i motivi del reclamo, sı da de-

limitare il thema decidendum della nuova fase cautelare. Sul problema, v. RECCHIONI, Il pro-cedimento cautelare uniforme, in I procedimenti sommari e speciali, a cura di CHIARLONI eCONSOLO, Torino, 2005, II, 727 ss.

(69) V. Cass., 7 febbraio 2007, n. 2715, in Foro it., Rep. 2007, voce Arbitrato, n.186; Cass., 8 aprile 2004, n. 6931, id., 2005, I. 841; Cass., 8 luglio 1996, n. 6194, in questaRivista, 1996, 709, con nota di FORNACIARI, Brevi note sulla riserva di impugnazione di sen-tenza non definitiva e sui motivi di impugnazione del lodo arbitrale. A tal riguardo, lasuprema Corte ha precisato che, ai fini della specificita dei motivi, non e necessario che l’im-

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Cio nonostante, per quel che concerne in particolare l’atto introduttivodel giudizio d’impugnazione per nullita, non sembra sia sistematicamentecorretto operare un richiamo alle regole che disciplinano l’atto introduttivodel giudizio d’appello. Per la ragione che l’impugnazione per nullita eesperibile per motivi tipici e tassativi; sicche, non sembra vi sia alcuna ne-cessita di ricorrere ad una applicazione analogica dell’art. 342, comma 1,c.p.c., in quanto l’onere di illustrare i motivi per i quali si domanda l’an-nullamento, totale o parziale, del lodo, e gia in re ipsa; si tratta, cioe, di unonere gia insisto nella struttura stessa che il legislatore ha scelto di impri-mere a tale rimedio.

Ne consegue che, al fine di delimitare l’oggetto del giudizio, l’impu-gnante e comunque tenuto, a prescindere dal richiamo all’art. 342 c.p.c., aduna illustrazione puntuale e dettagliata delle censure che danno veste aisingoli motivi di gravame — come peraltro farebbe in caso di ricorso percassazione —, non potendo certamente limitarsi ad addurre una genericaingiustizia del lodo. Peraltro, come affermato dalla suprema Corte, nel giu-dizio ex art. 829 c.p.c. il requisito della specificita dei motivi deve essereinteso in senso rigoroso, in quanto l’impugnazione per nullita, per la suastessa struttura, puo essere avvicinata alla disciplina del ricorso per cassa-zione (70); di talche ogni richiamo all’onere di specificita appare ultroneo.

Spostando adesso l’attenzione sul divieto di proposizione dei motiviaggiunti, gia si e rammentato come questo divieto sia stato foggiato dallaprassi. E, in un contesto siffatto, sarebbe debole replicare che, analoga-mente a quanto si verifica per le altre impugnazioni ordinarie, manca quiuna disposizione che espressamente vieti la deduzione di nuovi motivi nelcorso del giudizio. Il punto cruciale e, infatti, un altro.

L’inammissibilita della deduzione di nuovi motivi si ricava, notoria-mente, da una lettura estensiva delle norme dettate in tema di consuma-zione dell’impugnazione (71). Tuttavia, sino a quando il termine per impu-gnare non e decorso l’impugnante non puo incorrere in alcuna preclusioneconiata dal c.d. diritto vivente; difatti, per espressa previsione di legge devericonoscersi forza preclusiva esclusivamente alla declaratoria giudizialed’inammissibilita o improcedibilita (artt. 358 e 387 c.p.c.), che peraltro

pugnazione contenga l’indicazione specifica delle disposizioni di legge che si assumono vio-late (cosı Cass., 16 giugno 1997, n. 5370, in Foro it., 1998, I, 567), ma e invece essenzialeche dal complesso dell’impugnazione risulti quale sia stata la norma (o regola giuridica) vio-lata dagli arbitri, anche se priva della sua (esatta) denominazione, ovvero il principio di di-ritto che si assume violato, il cui onere di identificazione compete a colui che impugna il lodoarbitrale (cosı Cass., 2 giugno 1999, n. 5358, id., Rep. 1999, voce cit., n. 221). Nello stessosenso, nella giurisprudenza di merito v. App. Napoli, 18 novembre 2003, in Giust. civ., 2004,I, 3156; App. Roma 24 giugno 1991, in questa Rivista, 1993, 477.

(70) V. Cass., 7 febbraio 2007, n. 2715, cit.; Cass., 23 dicembre 2004, n. 23900, inForo it., Rep. 2004, voce Arbitrato, n. 275.

(71) V. supra, § 1.

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opera, come e noto, indipendentemente dall’effettivo decorso del terminesancito dagli artt. 326 e 327 c.p.c.

In questa prospettiva, in assenza di una pronunzia d’irritualita del gra-vame esperito, non puo che essere il decorso del termine a rappresentare lasola causa ostativa alla deduzione di nuovi motivi di censura — chiara-mente ricompresi nella tassativa classificazione di legge — avverso il lodoarbitrale. Ogni altro argomento addotto per asseverare il divieto di motiviaggiunti non persuade (72).

5. Notazioni conclusive.

Chiosa finale.E vero, come si e prima visto, che l’impugnazione per nullita e figura

ancipite, cumulando tratti propri dell’appello e del ricorso per cassazio-ne (73) e, per conseguenza, sembra sistematicamente corretto che i motivid’impugnazione per nullita ottemperino al requisito della specificita.

E altrettanto vero, pero, che il divieto di deduzione di nuovi motivi,sia pure entro il termine di legge, oltre a costituire una preclusione dellaquale, nel codice di procedura civile, non v’e traccia, rappresenta una con-traddizione in termini: argomentando, infatti, proprio dal principio di con-sumazione, per il quale e pacificamente ammissibile la proposizione di unanuova impugnazione — contenente motivi, in tutto o in parte, diversi — insostituzione di quella che sia (o che si ritenga) viziata, sempreche il terminenon sia gia spirato, perche mai deve reputarsi viceversa inammissibile unamera integrazione dell’impugnazione, sempre in pendenza del termine, at-traverso la proposizione di ulteriori motivi?

Di talche, viene agevole concludere: perche insistere sull’efficienzaultrattiva di un principio che, a ben guardare, e soltanto una sovrastruttura?

(72) Per una piu ampia trattazione della questione, sia consentito il rinvio a CAPO-RUSSO, La “consumazione” del potere d’impugnazione, cit., 311 ss.

(73) E, per la verita, come ricorda VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, cit.,163, la giurisprudenza di legittimita « tende a ritenere che l’impugnazione per nullita non siaun’impugnazione in senso proprio e, quindi, un rimedio processuale, ma una sorta di impu-gnazione negoziale sui generis ».

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Sull’arbitrato amministrativo:interesse pubblico e conservazione degli effettidel contratto d’appalto nullo.Una comparazione con il Droit administratif (*)

ALESSANDRO CIOFFI

1. Oggetto dell’arbitrato e interesse pubblico: posizione del problema.

Nell’oggetto dell’arbitrato amministrativo puo entrare un caso partico-lare: il contratto nullo e la conservazione dei suoi effetti, per le esigenzedell’interesse pubblico. Questa combinazione esiste nell’ordinamento fran-cese e nella direttiva n. 66/2007 sugli appalti pubblici. Si presta alla com-parazione. Porta ad identificare meglio l’oggetto dell’arbitrato di dirittoamministrativo, immaginando una sua possibilita, estesa ad un tema classi-camente proibito: l’interesse. Segna infatti l’ingresso dell’interesse, pub-blico e individuale, nell’oggetto dell’arbitrato amministrativo. Rompe duedogmi. Il primo e la riserva dell’oggetto ai soli diritti soggettivi e il se-condo e quello della indisponibilita dell’interesse. In fondo l’indisponibilitae il vero tema sottinteso, risultato di una certa tradizione, italiana e fran-cese. Ma il caso che qui si configura porta a superare l’indisponibilita.

Il caso nasce in una sfera particolare: la nullita del contratto di appaltoe la possibilita di conservare l’efficacia di alcune sue parti, la riconoscibi-lita di alcuni effetti; il punto notevole e che la conservazione degli effettipuo ammettersi per una « esigenza imperativa che risponda a un interessegenerale ».

Da dove viene questa formula? E la regle imperative d’interet generaldel diritto francese e viene trascritta nella direttiva, nel 22 considerando enell’art. 2-quinquies. Quindi puo fare ingresso nel nostro ordinamento,giacche la matrice europea della norma autorizza la configurazione di unparticolare oggetto di arbitrato amministrativo, finendo per toccare anche ilcampo delle sanzioni alternative.

(*) E il testo, riveduto e ampliato, di un intervento al Convegno « Risoluzione extra-giudiziale delle controversie e appalti pubblici. La disciplina degli arbitrati, nel diritto in-terno e comunitario », organizzato a Bari dall’Universita degli Studi « Aldo Moro » il 24-25giugno 2011.

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Anticipiamo l’essenziale: la nullita di cui si parla nel 22 considerandoe nell’art. 2-quinquies della direttiva e data dalla mancanza del bando odella gara, per affidamento diretto; e la regola della « esigenza imperativaper interesse generale » figura come limite della nullita. In particolare, nel22 considerando si legge:

« ... gli Stati membri possono tuttavia consentire all’organo responsa-bile delle procedure di ricorso di non rimettere in discussione il contratto odi riconoscerne in parte o in toto gli effetti nel tempo quando, nelle circo-stanze eccezionali della fattispecie, cio sia reso necessario per rispettarealcune esigenze imperative legate ad un interesse generale. In tali casi do-vrebbero invece applicarsi sanzioni alternative. L’organo di ricorso indipen-dente dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore do-vrebbe esaminare tutti gli aspetti pertinenti per stabilire se esigenze impe-rative legate ad un interesse generale impongano che gli effetti del contrattosiano mantenuti ».

Nell’art. 2-quinquies, comma 3, si legge:« Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipen-

dente dall’amministrazione aggiudicatrice abbia la facolta di non conside-rare un contratto privo di effetti, sebbene lo stesso sia stato aggiudicato il-legittimamente per le ragioni di cui al paragrafo 1, se l’organo di ricorso,dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esi-genze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effettidel contratto siano mantenuti. In tal caso gli Stati membri prevedono in-vece l’applicazione di sanzioni alternative » (1).

(1) Oltre alle norme citate nel testo, e bene offrire il quadro normativo in cui matu-rano queste norme, il cui centro — la privazione di effetti del contratto senza gara — riuni-sce attorno a se alcuni considerando e le relative disposizioni della direttiva. Quanto ai con-siderando, conviene leggere quelli seguenti.

« (21) Nel prevedere che gli Stati membri fissino le norme atte a garantire che un ap-palto sia considerato privo di effetti si mira a far sı che i diritti e gli obblighi dei contraentiderivanti dal contratto cessino di essere esercitati ed eseguiti. Le conseguenze che derivanodalla privazione di effetti di un contratto dovrebbero essere determinate dal diritto nazionale.Pertanto il diritto nazionale puo, ad esempio, prevedere la soppressione con effetto retroat-tivo di tutti gli obblighi contrattuali (ex tunc) o viceversa limitare la portata della soppres-sione agli obblighi che rimangono da adempiere (ex nunc). Cio non dovrebbe condurre a unamancanza di forti sanzioni se gli obblighi derivanti da un contratto sono gia stati adempiutiinteramente o quasi interamente. In tali casi gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzionialternative che tengano conto in che misura il contratto rimane in vigore conformemente aldiritto nazionale. Il diritto nazionale dovra determinare inoltre le conseguenze riguardanti ilpossibile recupero delle somme eventualmente versate nonche ogni altra forma di possibilerestituzione, compresa la restituzione in valore qualora la restituzione in natura non sia pos-sibile.

(23) In casi eccezionali l’utilizzazione della procedura negoziata senza pubblicazionedi un bando di gara ai sensi dell’articolo 31 della direttiva 2004/18/CE o dell’articolo 40, pa-ragrafo 3, della direttiva 2004/17/CE e permessa immediatamente dopo l’annullamento del-

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2. Indisponibilita e disponibilita nel droit administratif.

Dunque la regola comunitaria configura un oggetto preciso: la possi-bilita di conservare l’efficacia del contratto nullo per un interesse generale.

l’appalto. Se in questi casi, per esigenze imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, irestanti obblighi contrattuali possono in tale fase essere rispettati soltanto dall’operatore eco-nomico al quale e stato aggiudicato il contratto, potrebbe essere giustificato invocare delleesigenze imperative.

(24) Per quanto concerne l’efficacia di un contratto, gli interessi economici possonoessere presi in considerazione quali esigenze imperative soltanto se in circostanze eccezio-nali la privazione di effetti conduce a conseguenze sproporzionate. Tuttavia, gli interessi eco-nomici legati direttamente all’appalto in questione non dovrebbero costituire un’esigenza im-perativa ».

Quanto invece alle disposizioni, conviene leggere i seguenti articoli.Art. 2-quinquies (Privazione di effetti). — « Gli Stati membri assicurano che un con-

tratto sia considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente dall’amministra-zione aggiudicatrice o che la sua privazione di effetti sia la conseguenza di una decisione didetto organo di ricorso nei casi seguenti:

a) se l’amministrazione aggiudicatrice ha aggiudicato un appalto senza previa pubbli-cazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea senza che cio sia consentitoa norma della direttiva2004/18/CE;

b) in caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 2, paragrafo 3, o del-l’articolo 2-bis, paragrafo 2, della presente direttiva qualora tale violazione abbia privatol’offerente che presenta ricorso della possibilita di avvalersi di mezzi di ricorso prima dellastipula del contratto quando tale violazione si aggiunge ad una violazione della direttiva2004/18/CE, se quest’ultima violazione ha influito sulle opportunita dell’offerente che pre-senta ricorso di ottenere l’appalto;

c) nei casi di cui all’articolo 2-ter, lettera c), secondo comma della presente direttivaqualora gli Stati membri abbiano previsto la deroga al termine sospensivo per appalti basatisu un accordo quadro e su un sistema dinamico di acquisizione.

2. Le conseguenze di un contratto considerato privo di effetti sono previste dal dirittonazionale. Pertanto, il diritto nazionale puo prevedere la soppressione con effetto retroattivodi tutti gli obblighi contrattuali o viceversa limitare la portata della soppressione di quegliobblighi che rimangono da adempiere. In quest’ultimo caso gli Stati membri prevedono l’ap-plicazione di altre sanzioni ai sensi dell’articolo 2-sexies, paragrafo 2.

3. Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’am-ministrazione aggiudicatrice abbia la facolta di non considerare un contratto privo di effetti,sebbene lo stesso sia stato aggiudicato illegittimamente per le ragioni di cui al paragrafo 1,se l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto diesigenze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effetti del contrattosiano mantenuti. In tal caso gli Stati membri prevedono invece l’applicazione di sanzioni al-ternative a norma dell’articolo 2-sexies, paragrafo 2. Per quanto concerne la produzione dieffetti del contratto, gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esi-genze imperative soltanto se in circostanze eccezionali la privazione di effetti conduce a con-seguenze sproporzionate. Tuttavia, gli interessi economici legati direttamente al contratto inquestione non costituiscono esigenze imperative legate ad un interesse generale. Gli interessieconomici legati direttamente al contratto comprendono, tra l’altro, i costi derivanti dal ri-tardo nell’esecuzione del contratto, i costi derivanti dalla necessita di indire una nuova pro-cedura di aggiudicazione, i costi derivanti dal cambio dell’operatore economico che esegueil contratto e i costi degli obblighi di legge risultanti dalla privazione degli effetti.

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In Francia si ammette l’arbitrato su questo tema. In questo modo si superaun limite antico: il divieto dell’arbitrato per le « persone giuridiche di di-ritto pubblico », espressione del principio di indisponibilita.

Secondo l’opinione tradizionale, il divieto di arbitrato amministrativoderiva dal divieto di indisponibilita dei diritti che il code civil impone allepersone giuridiche pubbliche nell’art. 2060:

« On ne peut compromettre... sur les contestations interessant les col-lectivites publiques et les etablissements publics et plus generalement danstoutes les matieres qui interessent l’ordre public.

Toutefois, des categories d’etablissements publics a caractere indu-striel et commercial peuvent etre autorisees par decret a compromettre ».

Il consiglio di Stato afferma, sempre secondo la tradizione, che quellodell’art. 2060 sia un principio generale del diritto amministrativo france-se (2). E la dottrina ritiene che quel principio abbia una ragione dogmatica:l’incapacita delle persone giuridiche di diritto pubblico (3).

Ma quel divieto e quel modo di vedere la capacita delle persone giu-ridiche pubbliche sembrano destinati ad essere superati. Nel sistema ita-liano si affaccia la stessa idea.

Anzitutto il sistema francese odierno mostra argomenti favorevoli al-l’arbitrato amministrativo (4). La Corte costituzionale riconosce che il prin-

Art. 2-sexies (Sanzioni alternative). — In caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo5, dell’articolo 2, paragrafo 3, o dell’articolo 2-bis, paragrafo 2, che non e contemplata dal-l’articolo 2-quinquies, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri prevedono la privazione di ef-fetti a norma dell’articolo 2 quinquies, paragrafi 1, 2 e 3, ovvero sanzioni alternative. GliStati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazioneaggiudicatrice decida, dopo aver valutato tutti gli aspetti pertinenti, se il contratto debba es-sere considerato privo di effetti o se debbano essere irrogate sanzioni alternative. Le sanzionialternative devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Dette sanzioni alternativesono: l’irrogazione di sanzioni pecuniarie all’amministrazione aggiudicatrice, oppure la ridu-zione della durata del contratto.

Gli Stati membri possono conferire all’organo di ricorso un’ampia discrezionalita alfine di tenere conto di tutti i fattori rilevanti, compresi la gravita della violazione, il compor-tamento dell’amministrazione aggiudicatrice e, nei casi di cui all’articolo 2-quinquies, para-grafo 2, la misura in cui il contratto resta in vigore.

La concessione del risarcimento danni non rappresenta una sanzione adeguata ai finidel presente paragrafo.

(2) V. Conseil d’Etat, avis 6 mars 1986 n. 339710.(3) Cfr. M. GUYOMAR, Conclusions sur Tribunal des conflicts, 17 mai 2010 n. 3754

- Institut national de la sante et de la recherche c. Fondation Letten F. Sausgstad, in Rev.Francaise de droit administratif, 2010, 959, 965, ove, nel riassumere l’opinione della dottrinadominante, scrive: « Et c’est precisement cette forme d’incpacite qui renvoie en realite al’absence, pur la personne publique, de libre disponibilite des droits, qui justifie la regle se-lon laquelle les personnes morales de droit public se voient, en principe, interdir d’avoir re-cours a l’arbitrage ».

(4) In dottrina v. la tesi, molto prudente, di P. DEVOLVE, Note, Tribunal des conflicts,17 mai 2010 n. 3754 - Institut national de la sante et de la recherche c. Fondation Letten F.

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cipio di indisponibilita dell’art. 2060 ha « valore legislativo e non costitu-zionale » (5). Puo essere derogato, non e assoluto (6).

In questo modo cambia anche la visione dogmatica sottostante al di-vieto, la considerazione della incapacita della persona giuridica pubblica.La dottrina riconosce che quel che conta e la situazione giuridica di basedell’amministrazione pubblica. Questa situazione non cambia, e sempresoggetta alle esigenze generali dell’interesse pubblico, anche nel contratto,anche quando l’amministrazione sia parte del contratto. Precisamente, cioavviene anche nell’appalto pubblico: qui si delinea una situazione sottopo-sta alle regole imperative d’interesse pubblico. Ed e, questa, una situazionedi soggezione « naturale »: le regole imperative « si impongono » alla per-sona giuridica pubblica per sua « qualite particuliere » (7).

Questa qualita particolare spiega il passo che porta all’arbitrato: quelleregole imperative « continuano ad imporsi », sia nel momento della esecu-zione del contratto d’appalto, sia nelle controversie successive, sia nell’ar-bitrato (8). Si dice chiaramente che la presenza di una clausola arbitrale nonsottrae il giudizio arbitrale all’applicazione delle regole imperative (9).

Essenzialmente, quelle regole sono principi. Secondo la corte costitu-zionale, le regole imperative d’interesse pubblico sono i principi di egua-glianza, di protezione della proprieta pubblica, di buon uso delle risorsepubbliche (10).

3. E nel sistema italiano.

La combinazione tra le esigenze imperative e l’autonomia, tra la nul-

Sausgstad, in Rev. Francaise de droit administratif, 2010, 971; mentre sembrano piu favore-voli e avanzate le tesi di M. GUYOMAR, Conclusions sur Tribunal des conflicts, 17 mai 2010n. 3754, ibidem, 959 ss.; di A. COURREGES, C. VEROT, L’arbitrage des litiges interessant lespersonnes publiques: quelques eclairages sur un rapport recemment remis au garde desSceaux, in Rev. Francaise de droit administratif, 2007, 489 ss.; ed infine di S. LEMAIRE, C.JARROSSON, L. RICHER, Pour un projet viable de reforme de l’arbitrage en droit administratif,in AJDA, Etudes., 2008, 617 ss.

(5) Conseil constitutionnel decision n. 2005 506 DC - 2 decembre 2004.(6) Cosı A. COURREGES, C. VEROT, L’arbitrage des litiges interessant les personnes

publiques..., cit., 490.(7) Cfr. M. GUYOMAR, Conclusions sur Tribunal des conflicts..., cit., 965: « Compte

tenu de leur qualite particuliere, les personnes publiques francaises ne peuvent s’evader durespect d’un certain nombre de regles imperatives... ».

(8) Cfr. M. GUYOMAR, Conclusions..., cit., 965: « Et c’est precisement parce qu’elless’imposent a la personne pubblique au stade du contrat qu’elles doivent continuer de s’im-poser a elles..., en aval pour la resolution du litige auquel ce contrat aura donne lieu ».

(9) Cfr. M. GUYOMAR, Conclusions..., cit., 965: « L’existence d’une clause compro-missoire puis le recours a l’arbitrage sont sans incidence sur l’imperieuse obligation pour lesparties, et donc pour l’arbitre, de respecter ces regles ».

(10) V. Conseil constitutionnel decision n. 2003-473 DC - 26 juin 2003; decision n.2008-567 DC - 24 juillet 2008.

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lita e la conservazione degli effetti, porta a definire un possibile oggetto diarbitrato. Soprattutto, porta a rivitalizzare gli effetti dell’appalto pubblico.Fra l’altro, conduce a salvare effetti nei quali senza dubbio possiamo vederediritti soggettivi ed obbligazioni, di matrice contrattuale.

Se poi, come in Francia, cambia anche la visione del limite degli ef-fetti, passando da ordine pubblico di protezione a « ordine pubblico di di-rezione », l’interesse pubblico, evocato per iscritto nella direttiva n. 66/2007, si puo combinare con i diritti soggettivi, disegnando un oggetto mi-sto e assicurando un effetto giuridico positivo.

Questa prospettiva si affaccia anche nella dottrina italiana, con cau-tela, ma in voci autorevoli. Segue iter ed argomenti molto simili a quellifrancesi. Si posa, pero, su di un’avversione consolidata. Nella dottrina ita-liana vale l’adagio classico della « indisponibilita » delle situazioni giuridi-che soggettive. Si riflette sino ad oggi, per esempio, in un autorevole com-mento all’art. 12 del nuovo codice del processo amministrativo. La dispo-sizione prevede l’arbitrato amministrativo solo per le controversie concer-nenti « diritti soggettivi »: nel commento si legge che devolvere in arbitratointeressi legittimi e « impossibile ». Il perche « affonda le proprie radicinell’indisponibilita di tali posizioni giuridiche soggettive e dell’interessepubblico ad esse ontologicamente connesso » (11).

Qui si sente tutta la tradizione, l’eco antica del carattere dell’interesse,interesse legittimo e interesse pubblico: l’inderogabilita e quindi l’indispo-nibilita; e la relazione, « ontologica », tra interesse individuale e interessepubblico (12). Questo carattere, svolto in una formula unica e concreta,porta a dire che « essendo indisponibili le posizioni dell’interesse legittimoe quelle relative all’esercizio del pubblico potere al quale le prime sono in-trinsecamente connesse, le relative controversie non possono essere devo-lute ad arbitri » (13).

E, questo, uno dei dogmi che fondano il diritto amministrativo, sullacui capacita vitale si potrebbe convenire.

Il punto e un altro ed e ben piu semplice: nell’arbitrato amministra-tivo non c’e disponibilita dell’interesse. Solo una parte della dottrina ita-liana ha saputo cogliere questo aspetto. Che e, in fondo, un angolo di tutto

(11) Per tutti v. G. GIOVANNINI, R. CAPONIGRO, Commnento all’art. 12 « Rapporti conl’arbitrato », in A. QUARANTA, V. LOPILATO (a cura di), Il processo amministrativo, Milano,2010, 164 ss.

(12) Si richiamano gli insegnamenti della dottrina classica, che da tempo ha messoin luce i nessi e i problemi dell’interesse e della situazione soggettiva, ed in fondo anche lepossibilita dell’arbitrato — v. P. DE LISE, L’arbitrato nel diritto amministrativo, in Riv. trim.dir. proc. civ., 1990, 1196; A. ROMANO TASSONE, Giurisdizione amministrativa ed arbitratonella l. 205/2000, in questa Rivista, 2000, 631.

(13) Cosı G. GIOVANNINI, R. CAPONIGRO, Commnento all’art. 12 « Rapporti con l’ar-bitrato »..., cit., 165.

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il tema, ma non puo sfuggire indagando la natura delle cose, cioe del giu-dizio arbitrale e dell’amministrazione ivi costituita. Quest’aspetto e statomesso in luce grazie ad autorevoli e isolati insegnamenti. In studi condottisulla natura del processo amministrativo, si e intuito, anzitutto, il quadromaggiore e la sua diversa luce, spendendo una serie di argomenti utili a su-perare il dogma: le giustificazioni contro l’arbitrato sono solo « tecniche »e « non insuperabili » (14); il quadro costituzionale da considerare e neutroo permissivo, sicche la protezione costituzionale del diritto di difesa puocomprendere il diritto di agire in arbitrato; infine, la riserva allo Stato dellagiurisdizione non e assoluta (15).

4. Superamento dell’indisponibilita e principi generali dell’ordinamento.

Ma non serve scomodare le categorie maggiori, il punto, s’e detto, emolto piu piccolo e differente. E, fondamentalmente, e questo: « nell’arbi-trato... non v’e alcun atto di disposizione » del bene della vita (16). L’unicacosa oggetto di disposizione e « l’azione » (17). Precisamente, deferendo lalite agli arbitri, si dispone dell’azione », scegliendo l’arbitro invece dellagiurisdizione statale. Nient’altro e, soprattutto, nessuna disposizione dellasituazione sostanziale. E, questo, un insegnamento chiaro, ma non avvertitoda tutti: « non v’e alcun atto di disposizione della posizione sostanzia-le » (18); e soprattutto « non si fanno o ricevono concessioni » (19). In que-st’ultima precisazione si trova la matrice di tutto: nel giudizio arbitrale nonc’e riduzione o eliminazione della situazione sostanziale. Il giudizio arbi-trale non e una transazione. Sembra questo l’errore — una falsa assimila-zione — su cui riposa la dottrina classica. E merito di un parte della dot-trina italiana aver dissipato questo equivoco.

In questa luce si apre una prospettiva diversa. La costruzione nuovapuo fondarsi sugli stessi argomenti identificati dalla dottrina francese. Es-senzialmente si tratta della efficacia dei principi e della non alterazionedelle posizioni soggetive nel giudizio. Questo aspetto e stato colto bene

(14) Cfr. VERDE, Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione, in questaRivista, 2007, 1 ss.

(15) Cfr. L.R. PERFETTI, Sull’arbitrato nelle controversie di cui sia parte l’ammini-strazione pubblica. La necessaria ricerca dei presupposti teorici e dei profili problematici, inquesta Rivista, 2009, 589 ss.

(16) Cosı L.R. PERFETTI, Sull’arbitrato nelle controversie di cui sia parte l’ammini-strazione pubblica..., cit., 620.

(17) V. L.R. PERFETTI, Sull’arbitrato nelle controversie di cui sia parte l’amministra-zione pubblica..., cit., 620.

(18) V. L.R. PERFETTI, Sull’arbitrato nelle controversie di cui sia parte l’amministra-zione pubblica..., cit., 620.

(19) V. L.R. PERFETTI, Sull’arbitrato nelle controversie di cui sia parte l’amministra-zione pubblica..., cit., 620.

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dalla nostra dottrina, in questi termini: nel giudizio arbitrale viene postauna controversia « che non e diversa » da quella configurabile nella giuri-sdizione; si tratta della medesima controversia (20). Ed e la stessa per unafondamentale ragione: riguarda una vicenda del potere oramai passata e,soprattutto, da valutarsi « secondo criteri predeterminati... quelli normal-mente adoperati dal giudice amministrativo » (21).

Dunque quello arbitrale e giudizio fondato sui « criteri normali ».Cosı oggettivato, questo giudizio osserva anzitutto i principi e per questonon cambia le posizioni. Soprattutto, non cambia il quid specifico della po-sizione: la devoluzione in arbitri non altera la situazione dell’amministra-zione pubblica. E questo accade perche e il principio generale, di garanziadell’interesse pubblico, che impedisce che quella posizione si alteri.

La dottrina francese ha colto da tempo questo aspetto, quando ricono-sce che l’esigenza imperativa d’interesse generale e assoluta e si applicacomunque all’amministrazione, che sia parte del contratto o che sia partedell’arbitrato.

In questa prospettiva, i risultati dell’arbitrato nel droit adimistratif tra-scendono il particolare e ci riguardano da vicino. L’interesse non e estra-neo all’oggetto dell’arbitrato, ma puo entrarvi, sotto forma di regola impe-rativa; l’autonomia contrattuale dell’amministrazione e una posizione chenaturalmente riceve la regola imperativa dell’interesse pubblico; l’arbitratonon implica il problema della disponibilita, e un semplice giudizio di dirittoamministrativo, che non si sottrae al diritto oggettivo e ai suoi principi; in-fine si delinea un risultato: cosı configurato, l’oggetto mette in fila e intrec-cia, in modo indissolubile, diritti e interessi; appare un oggetto misto.

Che il tutto sia ricevibile anche nel sistema italiano e cosa che la dot-trina ha ammesso nel particolare, quando percepisce che la indisponibilitadella situazione sostanziale non ha niente a che vedere con l’arbitrato, e cheil giudizio arbitrale e un normale giudizio.

Per fondare nel diritto positivo italiano questi argomenti, basterebbeaccettare una premessa: la situazione giuridica dell’amministrazione ita-liana non si altera, ne all’interno dell’arbitrato ne all’interno del contratto;anzi, resta una posizione giuridica che per natura riceve le esigenze dell’in-teresse pubblico, per effetto dei principi. La regola imperativa dell’interessegenerale non significa altro che questo. Altrimenti, ogni spostamento dimateria, di settore o sistema giuridico, dal diritto pubblico al diritto privato,dalla giurisdizione all’arbitrato, sarebbe sufficiente ad alterare la posizionedell’amministrazione pubblica. Altrimenti detto: l’ordinamento giuridico eunitario e i suoi principi valgono sempre. Potrebbe essere un punto di par-tenza.

(20) Cosı VERDE, Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione..., cit., 5.(21) Cosı VERDE, Nuove riflessioni su arbitrato e pubblica amministrazione..., cit., 5.

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Sull’obbligo di partecipazione alla mediazione (*)

ELENA OCCHIPINTI

1. Premessa.

Nonostante gli sforzi incentivanti compiuti dal nostro legislatore, iprimi dati statistici con proiezione nazionale diffusi dal Ministero dellaGiustizia relativamente al primo anno di vigenza della normativa sulla me-diazione rivelano un’alta percentuale di assenteismo della parte chiamata inmediazione. La ragione di tali defezioni e rinvenibile in una serie di circo-stanze, alcune delle quali riconducibili all’ancora ridotta dimestichezza deicittadini con gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, altrealla ritrosia manifestata verso il nuovo istituto dalla classe forense la quale,piu di ogni altra categoria di professionisti, e destinata ad assumere unruolo chiave nell’attuazione di questa disciplina.

Sotto il primo profilo, si registra cioe una sostanziale assenza in Italiadi una « cultura della mediazione »: non puo, infatti, negarsi il caratterespiccatamente innovativo dell’odierna disciplina della mediazione civile ecommerciale la quale, per la prima volta nel nostro paese, ha ottenuto unadisciplina generalizzata e rivolta a tutte le tipologie di controversie, purchevertenti su diritti disponibili.

Sotto il secondo profilo, non puo invece tacersi il dissapore, a cui hafatto seguito l’atteggiamento di inevitabile demotivazione, con cui gli av-vocati hanno accolto la nuova normativa atteso che, a fronte di un rigorosoe sanzionato obbligo di informativa a cui essi sono stati specificamente te-nuti, non si e parallelamente associata la previsione dell’assistenza obbliga-toria dell’avvocato nel corso della procedura di mediazione, sicche la pre-senza dell’avvocato in tale contesto sara soltanto eventuale e subordinataalla volonta dei soggetti in lite.

(*) Nelle more di pubblicazione del presente lavoro, la Corte costituzionale, a mezzodel proprio ufficio stampa, ha comunicato di aver dichiarato l’illegittimità costituzionale, pereccesso di delega legislativa, del D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 nella parte in cui ha previsto ilcarattere obbligatorio della mediazione. Occorre, dunque, far presente che tale pronuncia, almomento non ancora pubblicata e della quale non sono, pertanto, note le motivazioni, potràavere significativi riflessi su alcune delle tematiche affrontate nel presente scritto.

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Da parte sua il legislatore, pur mantenendo ferma la linea adottata neiconfronti della classe forense, ha provveduto ad emendare l’originaria nor-mativa potenziando ulteriormente gli aspetti volti a stimolarne l’utilizzo, alpunto da profilare un vero e proprio obbligo delle parti a collaborare allaprocedura di mediazione.

Ed e esattamente questo il tema che s’intende qui approfondire, par-tendo dall’esame del dato normativo e delle relative modifiche, prose-guendo con lo studio delle conseguenze scaturenti dalla mancata partecipa-zione alla procedura di mediazione e con la definizione dell’esimente del« giustificato motivo » che la legge pone quale limite allo sfavore per lacondotta inerte tenuta dalla parte durante la propedeutica fase della media-zione, fino all’individuazione dell’ampiezza del dovere di collaborazioneche e richiesto alle parti nel corso della procedura e del momento oltre ilquale tale obbligo non e piu esigibile.

L’attuale disciplina sulla mediazione contempla regole che, in mododel tutto peculiare per il nostro sistema processuale, hanno riflessi direttisul giudizio, e precisamente, da un lato, sull’attivita officiosa del giudicetenuto, ricorrendone i presupposti, a irrogare una vera e propria multa allaparte che non abbia ingiustificatamente collaborato alla pregressa e obbli-gatoria fase di mediazione, fino a condannare la parte vittoriosa, che nonha partecipato alla mediazione e che non ha accettato la proposta (eventual-mente) elaborata dal mediatore, alla rifusione delle spese processuali e diquelle di mediazione; dall’altro lato, sulla modalita di formazione del con-vincimento del giudice il quale, se lo riterra, potra dedurre argomenti diprova dalla condotta inerte tenuta dalla parte in mediazione.

Ma la circostanza della mancata partecipazione alla procedura conci-liativa comporta effetti anche sull’ufficio del mediatore al quale, se e veroche, in generale, la legge affida una procedura essenzialmente deformaliz-zata, nell’eventualita della mancata partecipazione di una delle parti, ecce-zionalmente, gli impone lo specifico adempimento di indicare nel verbaledi non raggiunto accordo la defezione della parte e cio, primariamente, perlasciare una traccia che — come appena sopra anticipato e come infra me-glio approfondito — sara spesa nel successivo processo affinche il giudicene possa dedurre argomenti di prova, ovvero ne fondi la sanzione a favoredelle casse dello Stato.

2. La mancata partecipazione e la deduzione di argomenti di prova.

L’art. 8, comma 5, del D.Lgs. n. 28/2010 individua la prima conse-guenza sfavorevole dell’ingiustificata mancata partecipazione della partealla procedura di mediazione, consistente nella possibilita che il giudicepossa desumere da tale contegno omissivo « argomenti di prova » valevoliai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c.

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Sul punto occorre evidenziare la particolarita di una tale previsionenormativa, laddove essa fa discendere da un comportamento extraproces-suale (la mancata partecipazione alla procedura di mediazione) conse-guenze di carattere prettamente processuale, quali sono — per l’appunto —la deduzione di argomenti di prova da parte del giudice istruttore dellacausa.

In realta, la straordinarieta di questa prescrizione appare mitigata dallagiurisprudenza che, nel tempo, si e formata sul secondo comma dell’art.116 c.p.c., al quale e stata attribuita un’interpretazione estensiva tale cheanche il contegno tenuto dalla parte al di fuori del processo e stato assuntoquale elemento idoneo a rafforzare il convincimento del giudice (1).

La giurisprudenza ha, pur tuttavia, precisato l’irrilevanza — nell’am-bito del nostro ordinamento processuale, dove la contumacia si qualificaquale ficta litis contestatio — di un comportamento meramente generico ela necessita di circoscrivere piuttosto una condotta « qualificata » dellaparte, da individuarsi volta per volta, sulla base del caso concreto ed in re-lazione ad un fatto specifico da provare. Se ne e, pertanto, dedotto che lamera contumacia del convenuto non solo non possa essere elevata a ele-mento di prova, spendibile contro di lui, ma che essa non costituisca nep-pure un comportamento da cui trarsi argomento concorrente per la valuta-zione degli elementi probatori gia acquisiti al processo, in quanto il conve-nuto che si astiene dal costituirsi in giudizio esercita un diritto garantitoglidalle norme del codice di rito e non incide sulla situazione di contestazionesorta dall’instaurazione del procedimento (2) e cio indipendentemente daqualsivoglia giustificazione legittimante la mancata costituzione in giudi-zio.

(1) Ad esempio, Cass., 10 giugno 1998, n. 5784 ha affermato che il comportamentoprocessuale ed extraprocessuale delle parti puo costituire argomento di prova e puo percioessere utilizzato come elemento di valutazione di risultanze probatorie gia acquisite e, nellaspecie, ha ritenuto utilizzabile come argomento di prova il comportamento extraprocessualeconsistente nell’aver chiesto il cosiddetto « patteggiamento » ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nelprocesso penale svoltosi per imputazioni corrispondenti agli addebiti mossi nel giudizio diresponsabilita in sede civile. Ancora, Cass., 14 settembre 1993, n. 9514 ha reputato ammis-sibile una deduzione della sussistenza di un requisito (nella fattispecie la qualifica di ex com-battente) anche dalla sola valutazione di un determinato comportamento extraprocessuale, ilquale puo assurgere anche ad unica e sufficiente fonte di prova. In senso analogo anche laprecedente Cass., 25 giugno 1985, n. 3800, secondo cui la mancata contestazione, da partedel datore di lavoro, dell’applicabilita al rapporto di lavoro con il dipendente del contrattocollettivo di categoria avvalorerebbe l’accertamento dell’ispettorato del lavoro circa la pra-tica applicazione di tale fonte da parte dello stesso datore di lavoro

(2) Cass., 9 dicembre 1994, 10554. Tuttavia, sul punto Trib. Roma, 9 febbraio 2009ha differentemente precisato con riferimento ad una controversia risarcitoria che, qualora larelativa domanda sia esaurientemente provata dai documenti offerti dall’attore, oltre che nel-l’an debeatur anche nel quantum, la circostanza che il convenuto non si sia costituito in giu-dizio e valutabile dal giudice quale argomento di prova ex art. 116 c.p.c.

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Le regole che la legge ha dettato in materia di procedura di media-zione appaiono, diversamente, volte a penalizzare la parte renitente, inmodo che la condotta inerte e non collaborativa della parte vale — sebbenenel piu ristretto campo dell’argomento di prova — quale ficta confessio.

La nozione processuale di argomento di prova maggioritariamente ac-creditata in dottrina (3) ne inquadra la portata nell’ambito di un mero stru-mento valutativo delle prove propriamente dette e assunte nel processo, co-sicche essa assolverebbe ad una mera funzione integrativa del convinci-mento del giudice e ausiliaria dell’attivita istruttoria canonicamente svolta.Conseguentemente, l’argomento di prova non costituirebbe elemento pro-batorio dotato di propria autosufficienza, qualificandosi piuttosto comecomponente suppletiva di risultanze istruttorie di per se insufficienti a for-mare il convincimento del giudice (4), il quale — avvalendosene — divienein grado di dichiarare esistenti e inesistenti le allegazioni fattuali dedottedalle parti.

Se questa e l’impostazione degli studiosi della materia, di contrarioavviso risulta la giurisprudenza, la quale in piu occasioni ha ribadito chel’argomento di prova puo costituire, esso stesso, una sufficiente fonte diprova, e non soltanto e semplicemente un elemento di valutazione diquanto gia acquisito al processo (5). Piu precisamente, tale conclusione siaddirebbe, in particolar modo, ai procedimenti caratterizzati da un piu im-mediato contatto tra le parti ed il giudice, ai processi volti alla formazionedi un giudizio secondo equita, ovvero quando la prova verta su rapportigiuridici di modesto valore o su pratiche piccolo-negoziali per le quali nonsi richiede, abitualmente, la presenza di testimoni o la formazione di provedocumentali precostituite (6).

E evidente come tale largheggiante impostazione della giurisprudenzamal si concili con la facolta che il comma 5 dell’art. 8 D.Lgs. n. 2/2010 ri-conosce al giudice di dedurre argomenti di prova dal comportamento noncollaborativo della parte alla mediazione. Sarebbe irragionevole ritenereche il giudice possa desumere da un comportamento omissivo, per di piutenutosi al di fuori del processo, elementi da se soli bastevoli per formare

(3) ANDRIOLI, Prova (diritto processuale civile), in Noviss. Digesto, XVI, Torino,1966, 260; LUISO, Diritto processuale civile. II. Il processo di cognizione, Varese, 2011, 79-80; RICCI, Le prove atipiche, Milano, 1999, 1056.

(4) Come precisato dalla giurisprudenza, l’art. 116 c.p.c. conferisce al giudice dimerito il potere discrezionale di trarre elementi di prova dal comportamento processuale delleparti ed il mancato uso di tale potere non e censurabile in sede di legittimita, neppure sottoil profilo del difetto di motivazione, allorche il giudice abbia deciso di non utilizzare tale ar-gomento sussidiario, avendo egli gia acquisito i necessari elementi di prova in base alle ri-sultanze dell’istruttoria (Cass., 5 dicembre 2011, n. 26088, in Giust. civ. Mass., 2011, 12,1736; Cass., 12 ottobre 2011, n. 20958, in Guida al diritto, 2012, 2, 58).

(5) Cass., 26 marzo 1997, n. 2700, in Giust. civ. Mass., 1997, 470.(6) Cass., 5 giugno 1991, n. 6344.

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il proprio convincimento in senso sfavorevole per la parte che non ha col-laborato alla mediazione, fino alla possibilita di dichiararlo soccombentesulla scorta di questo solo supporto (para-) istruttorio. E tale conclusioneappare ancor piu paradossale, laddove si tenga presente che il primo pe-riodo del comma 5 dell’art. 8, attesa l’assenza di un distinguo normativosul punto, si applica non solo alla mediazione obbligatoria, ma anche (an-cor piu arbitrariamente) a quella facoltativa (7).

Ecco che allora, specialmente nel contesto de quo, assai piu appro-priata si rivela la tesi della dottrina che, restrittivamente rispetto alla giuri-sprudenza, attribuisce alla deduzione dell’argomento di prova una valenzameramente ausiliaria e concorrente con i mezzi di prova stricto sensu in-tesi. In tal modo, gli esiti sfavorevoli che potrebbero ricadere sulla parteche non ha collaborato alla mediazione appariranno mitigati, per un verso,dalla possibilita di addurre un giustificato motivo legittimante l’assenza (dicui infra) e, per l’altro verso, dalla necessita che il giudice formi il proprioconvincimento all’esito di una valutazione complessiva di cio che e emersodall’istruttoria laddove l’argomento di prova, consistente nel non aver in-giustificatamente partecipato alla procedura di mediazione, potra semplice-mente concorrere a rafforzare l’intendimento che il giudice si e formatosulla base delle prove regolarmente dedotte e assunte nel processo (8).

3. La mancata partecipazione e la sanzione pecuniaria.

La Legge 14 settembre 2011, n. 148 ha introdotto un nuovo periodoal comma 5 dell’art. 8 D.Lgs. n. 28/2010, prevedendo una vera e propriamulta quale ulteriore forma di sanzione che, anche in questo caso, conse-gue all’ingiustificata mancata partecipazione alla procedura di mediazionema che, diversamente dall’ipotesi precedente, si applica solo alle ipotesi dimediazione disciplinata all’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 (9). Piu precisamente lalegge autorizza il giudice a condannare la parte che, sebbene costituitasi nelgiudizio (10), non ha pero cooperato alla precedente mediazione imposta

(7) Sul punto v. BOVE, La mancata comparizione innanzi al mediatore, in www.judi-cium.it, § 2.

(8) In tal senso, TISCINI, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, 300.(9) Il generico richiamo all’intera norma dell’art. 5 lascia intendere che la sanzione

trovi applicazione non soltanto alle ipotesi di mediazione obbligatoria di cui all’art. 5, comma1, ma anche a quelle di mediazione concordata e delegata dal giudice.

(10) La legge precisa che la sanzione de qua riguarda la sola parte « costituita » nelprocesso, che non ha partecipato alla mediazione, escludendosi a contrario che la parte ri-masta contumace anche nel processo possa esserne destinataria. La dottrina ha osservatol’inopportunita di un tale distinguo, posto che — specialmente nel nostro sistema proces-suale, che accorda un trattamento sostanzialmente favorevole alla contumacia — sarebbe ir-ragionevole penalizzare soltanto la parte che si e mostrata interessata alla lite, ma non alla

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dalla legge ed attivata dalla controparte e di tale condotta omissiva quellamedesima parte non ha fornito alcuna valida giustificazione.

Tale previsione pone una serie di interrogativi: in primo luogo, oc-corre capire — data la lacuna normativa — in quale momento del processoil giudice sia tenuto, ricorrendone i presupposti, ad irrogare la multa; in se-condo luogo, e opportuno stabilire un coordinamento tra questa sanzione equella precedentemente esaminata considerato che, per l’una, e prescritta algiudice la « facolta » di dedurre argomenti di prova e, per l’altra, gli e in-vece imposto il dovere di irrogare (« condanna ») la multa una volta veri-ficata l’insussistenza del giustificato motivo.

In relazione alla prima questione e opportuno, innanzitutto, dar contodei recentissimi interventi legislativi che hanno coinvolto la norma de qua.Il D.L. 22 dicembre 2011 n. 212 all’art. 12, comma 1, lett. b), aveva appor-tato una modifica all’art. 8, comma 5, secondo periodo, anteponendovil’ulteriore previsione che la sanzione in esame dovesse essere disposta dalgiudice con ordinanza non impugnabile pronunciata d’ufficio alla primaudienza di comparizione delle parti, ovvero all’udienza successiva di cuiall’art. 5, comma 1. Tale integrazione aveva creato subito qualche dubbiointerpretativo (11), inerente sia alla scelta di comminare la multa con ordi-nanza non impugnabile, sia alla necessita di farlo entro la prima udienza.Al momento ogni questione risulta sopita in quanto il ricordato art. 12 estato soppresso dalla Legge 17 febbraio 2012, n. 10 e l’attuale testo del se-condo periodo del comma 5 dell’art. 8 e ritornato all’originaria formula-zione introdotta dalla Legge 14 settembre 2011, n. 148 dove mancava al-cuna specificazione in merito al tipo di provvedimento e al momento entroil quale emetterlo.

Appropriata pare, quindi, la soluzione che renda possibile irrogare lamulta anche con la sentenza finale, in modo che all’esito dell’istruttoria ilgiudice potrebbe avere piu elementi per valutare la sussistenza o meno del-l’eventuale giustificato motivo dedotto in giudizio dalla parte che non ha inprecedenza collaborato alla mediazione (12).

mediazione (cosı BOVE, Le sanzioni per la mancata cooperazione alla mediazione, inwww.judicium.it, § 3). La limitazione della multa alla sola parte costituita — laddove essarealizzi una consapevole scelta legislativa — e probabile che trovi la sua ratio, al di fuori delprocesso e dei principi che lo governano, nella considerazione che la parte intenzionata a ri-solvere la propria controversia e tenuta ad esperire gli strumenti che la legge le pone a di-sposizione.

(11) Sul punto approfonditamente BOVE, Le sanzioni per la mancata cooperazionealla mediazione, in www.judicium.it, § 3.

(12) E comunque altresı prospettabile la possibilita che il giudice eroghi la sanzioneanche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronunciadel provvedimento che definisce il giudizio, cosı come ha operato il giudice che ha emessola citata ordinanza del Trib. Termini Imerese, 9 maggio 2012.

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Tale conclusione, tra l’altro, fornisce un argomento spendibile per lasoluzione del secondo profilo sopra anticipato, e cioe del coordinamento trale due sanzioni stabilite dalla legge.

In presenza di una parte che non ha collaborato alla procedura di me-diazione, il giudice dovra sindacare la sussistenza di un giustificato motivolegittimante la mancata partecipazione. E inevitabile che tale accertamentovenga condotto dal giudice in sede istruttoria e che le relative risultanzesiano fruibili sia per irrogare la multa sia per — eventualmente e se rite-nuto opportuno dal giudice — trarne argomenti di prova utili all’accerta-mento dei fatti di cui e controversia. In altre parole, se il giudice ritieneimmotivata l’assenza alla procedura di mediazione, egli e tenuto a condan-nare la parte al pagamento della multa, commisurata al valore del contri-buto unificato della causa, ma non e affatto detto che, da tale accertata cir-costanza, egli ritenga di dover dedurre elementi probatori sfavorevoli allaparte, atteso che questi ultimi — nell’interpretazione di cui supra, da noipreferita — semplicemente soccorrono alla formazione del convincimentodel giudice il quale potrebbe, per un verso, ritenerli superflui rispetto adun’istruttoria gia completa, per l’altro verso, comunque reputarli inconfe-renti in relazione alle prove assunte al processo e nondimeno rivelatesi ca-renti per la ricostruzione storica dei fatti e, dunque, decidere in applica-zione delle generali regole sull’onere della prova.

4. I motivi giustificanti la mancata collaborazione alla procedura di me-diazione.

Misura salvifica da tali sconvenienti ricadute e la dimostrazione chela mancata collaborazione alla procedura di mediazione sia supportata daun’adeguata scusante — appunto il « giustificato motivo » di cui parla lalegge al comma 5 dell’art. 8 del D.Lgs. n. 28/2010 — rispetto al quale enecessario compiere uno sforzo interpretativo, volto a colmare di contenutouna locuzione « in bianco », e dunque bisognevole di empirico riempi-mento, tratto dalla casistica concreta e dal prudente apprezzamento che ilgiudice, di volta in volta, vorra adoperare.

Posto che, con specifico riferimento alla normativa de qua, il pano-rama giurisprudenziale appare ancora piuttosto scarno (13), a livello inter-

(13) Sul punto, Trib. Termini Imerese, 9 maggio 2012, la quale ha condivisibilmenteritenuto l’invalidita delle ragioni addotte dalla parte che non aveva aderito alla mediazione,e che aveva per iscritto motivato all’organismo di mediazione che tale scelta trovava la pro-pria giustificazione nell’« acclarata » ed « atavica » litigiosita tra le parti. La sussistenza diuna situazione di litigiosita tra le parti non puo, infatti, di per se sola giustificare il rifiuto dipartecipare al procedimento di mediazione, giacche tale procedimento e precipuamente voltoad attenuare la litigiosita, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali

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pretativo e dunque al momento possibile muoversi in due direzioni: l’una,volta a fornire una verosimile esemplificazione che appaia esegeticamenteipotizzabile sulla base dell’ancora immatura normativa di riferimento; l’al-tra, mirante ad individuare delle ipotesi che, seppur tratte da diversi conte-sti, appaiano pero ragionevolmente compatibili con la fattispecie delcomma 5 dell’art. 8 D.Lgs. n. 28/2010.

Seguendo la prima linea ermeneutica, e possibile immaginare, qualelegittima scusante, la circostanza che una parte abbia prescelto un organi-smo di mediazione diverso rispetto a quello concordato precedentementecon l’altra parte in una clausola di mediazione annessa ad una fattispeciecontrattuale dalle medesime parti stipulata (14).

Legittimo il rifiuto appare pure nel caso in cui la parte invitata nonintenda collaborare ad una procedura di mediazione attivata innanzi ad unorganismo dove e prevista l’assistenza obbligatoria dell’avvocato, manife-stando invece la propria disponibilita presso un diverso istituto di media-zione il cui regolamento non prevede alcun vincolo in tal senso (15).

Parimenti giustificata si prospetterebbe l’assenza anche qualora, nelsuccessivo giudizio, dovesse essere allegato e dimostrato un vizio afferenteal mezzo di comunicazione tale da aver impedito l’effettiva conoscenzadell’avvenuta convocazione alla procedura di mediazione (16).

Costituiranno, poi, impedimento legittimo alla partecipazione alla pro-cedura di mediazione tutte quelle circostanze, di salute, di famiglia o di la-

del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio e che prescindono dalla attribuzionedi torti e di ragioni, mirando al perseguimento di un armonico contemperamento dei contrap-posti interessi delle parti. Anche Trib. Palermo, sez. Bagheria, 20 luglio 2012, non ha rite-nuto legittima la giustificazione addotta dalla parte convenuta che non è comparsa in media-zione in ragione dell’« eta avanzata », atteso che — nel caso di specie — l’eta della parteinvitata non era tale da impedire la partecipazione presso un Organismo di mediazione, pe-raltro situato nelle vicinanze del luogo di « residenza ».

(14) In questo senso v. BOVE, La mancata comparizione innanzi al mediatore, cit.,§ 3. Si rammenta che le parti, ai sensi del comma 5 dell’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, prevede lapossibilita che il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente possano prevedere unaclausola di mediazione; in questa clausola potra essere altresı concordato l’organismo pressoil quale le parti s’impegneranno a rivolgersi in caso di controversia.

(15) Si ricorda, infatti, che il D.Lgs. n. 28/2010 non prescrive l’assistenza obbligato-ria dell’avvocato alla procedura di mediazione: i regolamenti dei singoli organismi possono,pero, introdurre tale specifica previsione, come generalmente avviene presso gli organismiistituiti dagli Ordini degli avvocati.

(16) Dal combinato disposto dell’art. 3, comma 3 e dell’art. 8, comma 1, secondoperiodo, risulta che, sebbene gli atti della procedura non soggiacciano a formalita precosti-tuite, la domanda di mediazione e la data del primo incontro devono essere comunicate conogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, eventualmente anche a cura della parteistante. Potrebbe dunque accadere che, innanzi al giudice, una parte contesti di non averavuto conoscenza della convocazione, e, pertanto, l’istante, contrariamente, sara onerato didimostrarne l’avvenuta acquisizione (cosı BOVE, La mancata comparizione innanzi al media-tore, cit., § 3).

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voro, che la parte potra attestare, con la precisazione che esse dovranno ri-velarsi idonee a giustificare l’assenza per tutta la durata che la legge pre-vede per lo svolgimento della procedura di mediazione, e dunque per al-meno quattro mesi.

Piu dubbio appare invece il caso, prospettato dai primi commentatoridella normativa in esame, relativo alla giustificata assenza della parte allaprocedura di mediazione in ragione di un’asserita « scomodita » dell’orga-nismo prescelto, in quanto distante dal luogo di residenza della parte invi-tata. A tale ipotesi sembra, infatti, sopperire il comma 3 dell’art. 16 delD.Lgs. n. 28/2010, dove e prescritto che nel regolamento devono esserepreviste le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismosicche, laddove quest’ultimo sia dotato di un’idonea strumentazione, laprocedura di mediazione potrebbe svolgersi anche tra le parti fisicamentedistanti e, dunque, la problematica de qua apparirebbe agilmente risolta. Inrealta, pero, anche questa soluzione potrebbe rivelarsi fallace, poiche unaparte, magari (legittimamente) non assistita da un avvocato, potrebbe nonpossedere, da parte propria, quanto necessario per attivare un collegamentotelematico con l’organismo prescelto dalla parte attivante la procedura dimediazione. La questione, quindi, necessiterebbe di una verifica da partedel giudice, volta a comprovare l’effettiva sussistenza, nel caso concreto,della « scomodita » dedotta dalla parte invitata.

Venendo alla seconda prospettiva sopra anticipata, che trae dalla giu-risprudenza a disposizione spunti esegetici adattabili con la normativa quiesaminata, e possibile menzionare una serie di pronunce dalle quali traspaiaun’indicazione in merito non soltanto alle ipotesi giudicate integranti un« giustificato motivo » dell’assenza, ma altresı alle dinamiche processualiche ad esso si ricollegano.

In tal senso si pone la pronuncia secondo cui la comunicazione fattadall’unico difensore di essere colpito da malattia, ove non sia accompa-gnata da idonea certificazione medica, non giustifica il rinvio dell’udienza,mancando in tal caso la prova del legittimo impedimento (17).

In sede di opposizione a sanzione amministrativa, la giurisprudenzaha affermato che, pur potendosi considerare, in linea di principio, che il le-gittimo impedimento a comparire dell’opponente o del suo procuratorepossa essere provato anche dopo l’ordinanza di convalida, occorre tuttaviadimostrare che tale impedimento sia stato improvviso, imprevedibile ed in-dipendente dalla volonta dell’opponente o del procuratore. Ne consegueche, non potendo ritenersi sufficiente il verificarsi del mero fatto impedi-tivo, in mancanza della relativa prova in ordine alla sua assolutezza, il giu-dice non puo che convalidare l’ordinanza-ingiunzione (18).

(17) Cass., 7 dicembre 2010, n. 24787, in Giust. civ. Mass., 2010, 12, 1576.(18) Cass., 26 marzo 2010, n. 7297, in Giust. civ. Mass., 2010, 3.

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Ancora, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente motivata la deci-sione di merito che aveva escluso il legittimo impedimento nel caso di« blocco », posto in essere da alcuni scioperanti, della strada che conducevaagli uffici giudiziari, in quanto la parte non aveva dato dimostrazione chedetti uffici non erano risultati altrimenti raggiungibili (19).

Infine, in tema di assenza di una delle parti al tentativo di concilia-zione nel procedimento di divorzio, ove non venga provata la sussistenzadi un grave motivo che giustifichi l’assenza del convenuto (malattia cheimpedisca alla parte di recarsi all’udienza, detenzione, emigrazione ecc.),deve considerarsi pienamente legittima la prosecuzione del processo di di-vorzio e compiutamente valida la pronuncia resa, nonostante il mancatoespletamento del tentativo di conciliazione (20).

Sebbene questa giurisprudenza si sia formata in relazione a condottetenute nel processo, essa individua una casistica dalla quale attingere ipo-tesi di giustificato motivo senz’altro valevoli anche per la mancata parteci-pazione alla procedura di mediazione. A cio aggiungasi l’altro aspetto chese ne ricava, relativo all’onere probatorio richiesto alla parte tenuta a giu-stificare la condotta omissiva e indispensabile al fine di permettere al giu-dice di valutare la legittimita della motivazione addotta.

Tale ultima notazione suggerisce l’esame di un’altra rilevante que-stione, inerente al tempo e al modo in cui la parte dovra fornire il giustifi-cato motivo della mancata partecipazione alla procedura di mediazione e,dato che la condotta omessa si riferisce ad un ambito stragiudiziale, si poneil problema di capire se la parte debba premurarsi, o meno, di fornirne ido-nea comunicazione gia all’organismo di mediazione innanzi al quale e statoinvitato.

Ebbene, e indubitabile che i riflessi ricollegati dalla legge alla mancatapartecipazione alla procedura di mediazione assumano rilievo giuridicosolo ed esclusivamente nel successivo processo, sede in cui il giudice e te-nuto a sindacare la sussistenza, o meno, della giustificazione dell’assenza.Differentemente, la comunicazione del motivo all’organismo puo costituireuna cautela di cui la parte puo ritenere opportuno di premurarsi in vistadelle « sanzioni » in cui potrebbe incorrere nel successivo processo, ma nonpuo certo per la medesima costituire un onere da assolvere nella fase stra-giudiziale. Anche laddove la giustificazione venga anticipatamente comuni-cata in sede di mediazione, alcuna valutazione — dotata di rilevanza giu-ridica — in ordine alla sua bonta, veridicita o plausibilita potrebbe esseresvolta dal mediatore o dall’organismo. Piu precisamente, il mediatore, difronte alla mancata partecipazione (benche comunicata e giustificata) dellaparte invitata non avra altro potere, se non quello di concludere la proce-

(19) Cass., 15 novembre 1999, n. 12628, in Giust. civ. Mass., 1999, 2249.(20) Cass., 7 novembre 1981, n. 5874, in Giust. civ., 1981, I, 2837.

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dura di mediazione (21) con un verbale di mancato accordo all’interno delquale, ai sensi dell’art. 11, comma 4, D.Lgs. n. 28/2010, dovra dar contodella mancata partecipazione della parte.

La legge non specifica che il mediatore debba indicare nel verbale lagiustificazione dell’assenza laddove essa venga comunicata; nondimeno, iregolamenti potrebbero prevedere un’indicazione in tal senso ovvero, inmancanza potrebbe essere la parte presente a richiederlo e non pare che al-cunche osti a tale specificazione da parte del mediatore, posto che rispettoalla comunicazione delle ragioni dell’assenza della parte che non ha ade-rito alla procedura alcun vincolo di riservatezza sarebbe prospettabile (22).

Nondimeno, al di la di tali ultimi accorgimenti, la partita verra giocatain sede processuale, dove il giudice di merito valutera la sussistenza omeno del legittimo impedimento della parte a non collaborare alla media-zione, conducendo un giudizio che terra conto di quanto dedotto dalle partie che, poiche vertente sui fatti, non sara censurabile in sede di legittimi-ta (23).

5. La proposta del mediatore in caso di mancata partecipazione di unadelle parti.

Al fine di incoraggiare il piu possibile la composizione stragiudizialedella lite, la legge prescrive all’art. 11, comma 1, secondo periodo, D.Lgs.

(21) Ricordiamo che il D.M. 6 luglio 2011 n. 145 ha aggiunto all’art. 7, comma 5,la lettera d), prevedendo che, nei casi di mediazione obbligatoria, il mediatore debba svol-gere l’incontro con la parte istante anche in mancanza di adesione della parte chiamata inmediazione, e la segreteria dell’organismo puo rilasciare attestato di conclusione del proce-dimento solo all’esito del verbale di mancata partecipazione della medesima parte chiamatae mancato accordo, formato dal mediatore ai sensi dell’art. 11, comma 4, D.Lgs. n. 28/2010.Rammentiamo, altresı, che tale disposizione e il frutto dei chiarimenti interpretativi fornitidal Ministero della Giustizia con la Circolare 4 aprile 2011 (e ribaditi anche in seguito conla Circolare 20 dicembre 2011), laddove si legge che la previsione, per talune materie, di unacondizione di procedibilita comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperitadinanzi al mediatore, il quale « potrebbe ragionare con l’unica parte presente sul ridimensio-namento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all’altra parte come propostadello stesso soggetto in lite e non del mediatore ».

(22) L’art. 9 D.Lgs. n. 28/2010 recita che chiunque presta la propria opera o il pro-prio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione e te-nuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisitedurante il procedimento medesimo. La (eventuale) comunicazione della volonta di non ade-rire e della relativa motivazione, da parte di chi e stato invitato alla mediazione e un’infor-mazione che non entra a far parte del procedimento di mediazione, e cio — per l’appunto —in ragione della mancata adesione della stessa parte che ha reso tale comunicazione.

(23) In tal senso, seppur in relazione al legittimo impedimento alla partecipazioneall’udienza: Cass., 15 marzo 2004, n. 5237, in Giust. civ. Mass., 2004, 3; Cass., 15 novem-bre 1999, n. 12628, in Giust. civ. Mass., 1999, 2249.

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n. 28/2010, unitamente all’art. 7, comma 1, lett. b), D.M. n. 180/2010, l’ul-teriore eventualita che il mediatore — qualora l’organismo di appartenenzalo preveda — possa formulare una proposta di accordo anche in mancanzadi una o piu parti alla procedura di mediazione. Trattandosi di una mera fa-colta, e auspicabile che il mediatore ne faccia un uso scrupoloso e limitatoai casi in cui egli abbia elementi davvero sufficienti per poter sottoporre alleparti un modello di accordo verosimilmente rispondente alle loro esigenze.

Solo un impiego oculato di tale facolta eventualmente attribuita almediatore potra sopire le diffidenze da piu parti nutrite verso questo possi-bile epilogo della procedura di mediazione, essenzialmente in ragione delfatto che le deteriori ricadute, ricollegate alla mancata accettazione dellaproposta de qua, trovano officiosa attuazione nel giudizio al di la di qual-sivoglia giustificazione (24).

E, infatti, l’art. 13 D.Lgs. n. 28/2010 prescrive che quando il conte-nuto della sentenza che definisce il giudizio coincide interamente conquello della proposta, il giudice « esclude » la ripetizione delle spese, rela-tive al giudizio e alla mediazione, sostenute dalla parte vincitrice che ha ri-fiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione dellastessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccom-bente relative allo stesso periodo, nonche al versamento all’entrata del bi-lancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al con-tributo unificato dovuto.

Ferme restando le regole degli artt. 92 e 96 c.p.c., la deroga al prin-cipio della soccombenza risulta, pertanto, automaticamente applicabile dalgiudice laddove egli riscontri positivamente il suddetto confronto ed indi-pendente dalle ragioni che hanno indotto le parti a non accettare la propo-

(24) Frequentemente i regolamenti di mediazione escludono la formulazione dellaproposta in contumacia di una delle parti. In tal senso si espresso il Consiglio Nazionale Fo-rense (CNF) nel modello di regolamento proposto per gli organismi di mediazione istituitipresso gli ordini degli avvocati, per i quali si e scelto di circoscrivere la predisposizione dellaproposta alla previa richiesta congiunta delle parti e ad una discrezionale valutazione del me-diatore che potra procedervi soltanto ove ravvisi elementi sufficienti in tal senso, con le uni-che eccezioni nei casi di liti in materia di responsabilita da circolazione di veicoli e natantie di responsabilita medica. In tali categorie di controversie — espone nella premessa il CNF— « attesa la maggior difficolta di individuare una soluzione fondata sulla soddisfazione de-gli interessi delle parti, e l’esigenza di stimolare la partecipazione del presunto danneggianteal procedimento si e ritenuto opportuno consentire la formulazione della proposta anche inpresenza della domanda di una sola parte e di mancata adesione al procedimento ». Piu ra-dicale la soluzione adottata dall’Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrici (ANIA)la quale, nelle « Linee guida per la gestione della mediazione a fini conciliativi in materiaassicurativa » a cui potranno aderire sia gli organismi di mediazione sia le compagnie assi-curative, ha radicalmente escluso che la proposta possa essere formulata in caso di mancatapartecipazione di una delle parti al procedimento, prescrivendo in tal caso che il mediatorerediga processo verbale un cui da atto della mancata partecipazione di una delle parti e in-dica le eventuali motivazioni (§ 6).

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sta del mediatore. La parte contumace in mediazione, quindi, potrebbe ve-dersi recapitata da parte dell’organismo una proposta scritta rispetto allaquale, ai sensi del comma 2 dell’art. 11 D.Lgs. n. 28/2010, essa dovra co-municare entro sette giorni l’accettazione o il rifiuto; l’eventuale silenzio eespressamente qualificato dalla legge come dissenso.

Piu attenuate conseguenze sono invece disposte quando la corrispon-denza tra i contenuti della sentenza e della proposta risulti meramente par-ziale: in tal caso, il giudice « puo » escludere la ripetizione delle spese so-stenute dalla parte vincitrice per l’indennita corrisposta al mediatore e peril compenso dovuto all’esperto ex art. 8, comma 4, D.Lgs. n. 28/2010. Adifferenza della precedente ipotesi, la comminazione della condanna allespese sara discrezionalmente valutata dal giudice solo ricorrendo gravi edeccezionali ragioni, che dovranno costituire oggetto di apposita argomenta-zione nella motivazione della sentenza.

In entrambi i casi, le conseguenze prospettate troveranno applicazioneindipendentemente dalle motivazioni spiegate dalla parte che ha espresso ilproprio rifiuto, giacche il D.Lgs. n. 28/2010 non subordina la condanna allespese della parte vittoriosa all’assenza di valide motivazione che ne suppor-tino la ragionevolezza.

Sul punto val la pena di evidenziare la peculiarita di questa scelta, cheappare in distonia sia con l’antesignana normativa in materia di concilia-zione delle controversie societarie di cui all’oggi abrogato D.Lgs. 17 gen-naio 2003 sia con la regole processuali in materia di condanna alle spese dicui all’art. 91 c.p.c., cosı come modificato dalla Legge 18 giugno 2009, n.69.

Anche l’art. 40 D.Lgs. n. 5/2003 disciplinava la possibilita che il me-diatore, qualora le parti non avessero raggiunto l’accordo, potesse conclu-dere la procedura di mediazione con una proposta, ma solo ed esclusiva-mente previa concorde richiesta delle parti. Il mediatore, inoltre, era tenutoa dare atto nel verbale delle reciproche posizioni delle parti rispetto allaproposta, ovvero delle condizioni alle quali ciascuna si fosse dimostrata di-sposta a conciliare. Il giudice del successivo processo avrebbe potuto trarrele proprie opportune deduzioni ai fini della decisione sulle spese sia dallamancata comparizione di una delle parti in mediazione, sia dalle posizioniassunte innanzi al conciliatore e, anche in forza di questa normativa, il giu-dice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il con-tenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, « poteva »escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vinci-tore che avesse rifiutata la conciliazione, e « poteva » anche condannarlo,in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente. Ildettato normativo appariva assai piu cauto di quello odierno, rimettendo algiudice ogni piu opportuna valutazione sulla condotta extra processuale te-nuta dalle parti, in ordine sia alla mancata partecipazione sia al rifiuto dellaproposta, contrariamente all’odierna soluzione che, con sterile automati-

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smo, opera una dispensa al principio della soccombenza in forza di unmeccanico e officioso confronto operato in contesti, per di piu, tra loromolto distanti. Si consideri, altresı, che nella conciliazione societaria il me-diatore era tenuto a formalizzare nel verbale di mancata conciliazione, ol-tre alla proposta, anche le dichiarazioni che le parti ne avevano svolto acorredo, sı da poter sottoporre al giudice un documento esaustivo sul qualefondare la decisione sulle spese. Differentemente, l’odierna regolamenta-zione della mediazione non prevede la verbalizzazione delle posizioni chele parti assumono rispetto alla proposta eventualmente espressa dal media-tore, con la conseguenza che il giudice avra a disposizione un esiguo ma-teriale sul quale erigere il proprio convincimento ai fini e per gli effetti deldisposto dell’art. 13 D.Lgs. n. 28/2010.

Parimenti discordante rispetto alla disciplina de qua risulta altresı lasoluzione di cui al comma 1 dell’art. 91 c.p.c., a tenore del quale il giudice,se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta con-ciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la pro-posta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazionedella proposta, operandosi, anche in tal caso, una scelta volta a valorizzareil sindacato del giudice che deve sondare, qualora vi siano, le motivazioniche hanno indotto una parte a rifiutare il componimento amichevole dellalite.

Diversamente, l’attuale disciplina della mediazione amministrata aisensi del D.Lgs. n. 28/2010 impone al giudice di applicare la regola dellacausalita nella condanna alle spese processuali della parte che ha dato causaad un processo rivelatosi in concreto inutile in quanto pervenuto ad una so-luzione di fatto coincidente con quella proposta dal mediatore, omettendoqualsivoglia sindacato sulla scelta tenuta dalla parte e considerando il ri-fiuto — sia tacito che espresso — in re ipsa ingiustificato.

6. L’ampiezza dell’obbligo di collaborazione alla procedura di media-zione.

Dalla disamina condotta traspare il chiaro intento legislativo di isti-tuire una sorta di obbligo giuridico alla partecipazione alla procedura dimediazione in tutti i casi in cui una parte vi faccia ricorso, e dunque nonsoltanto quando il tentativo di conciliazione e imposto (dalla legge, o dalleparti) quale preliminare adempimento al giudizio, ma anche quando esso escelto dalla parte quale alternativa, meramente volontaria, al processo giac-che, anche in tal caso, il disinteresse verso la procedura costituisce aspettonegativamente valutabile dal giudice a titolo di argomento di prova.

La legge, tuttavia, non qualifica l’ampiezza della condotta attiva ri-

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chiesta alle parti in mediazione esigendo, talvolta, l’« adesione » e, tal’al-tra, la « partecipazione » della parte alla procedura (25).

Se con il termine « adesione » il legislatore sembra alludere ad unapreventiva (26) e specifica manifestazione di volonta positiva di prenderparte alla procedura di mediazione, da cui sorge altresı il diritto all’inden-nita del mediatore ai sensi dell’art. 16, comma 10, D.M. n. 180/2010, menochiaro e il concetto di « partecipazione », che differentemente pare evocareun contegno di generica collaborazione alla procedura.

Posto che, anche in questo caso, l’indeterminata formulazione dellanorma sara oggetto dell’opportuna tipizzazione della giurisprudenza, in at-tesa di pronunce sul punto e possibile tentare una ricostruzione esegeticasulla base della normativa a disposizione muovendo in primis dalla ratiodell’odierna legislazione in tema di mediazione e dalla valorizzazione deiriflessi che quest’ultima instaura con il processo.

E ampiamente noto come l’opprimente esigenza deflattiva del conten-zioso giudiziale abbia dato origine ad una normativa volta a favorire il rag-giungimento di accordi stragiudiziali maturati all’esito della mediazioneamministrata; ed appare conseguentemente evidente come tale fine nonpossa prescindere da una fattiva collaborazione delle parti alla procedurastessa, sicche la principale necessita che si e posta e stata quella di incen-tivare, coartandola nei modi sopra ricordati, la presenza delle parti in me-diazione. Nondimeno tali imposizioni incontrano il limite di un istituto chee suscettibile di positiva conclusione solo ed esclusivamente per volontadelle parti le quali, seppur in taluni casi obbligate dalla legge ad avviare laprocedura di mediazione prima di ricorrere al giudice, possono pur tuttavialegittimamente rifiutare di pervenire ad un accordo sulla lite che le vedecoinvolte. Ma, al di la del risultato, all’ordinamento interessa che esse ab-biano condotto un tentativo serio e consapevole.

E proprio in tale conclusione s’innesta la necessita di definire il con-cetto di « partecipazione » alla procedura.

E possibile immaginare una serie di situazioni che riguardano la con-dotta tenuta sia dalla parte invitata in mediazione, sia dalla parte che l’haattivata.

a) La prima ipotesi e quella che la parte chiamata non aderisca(espressamente o tacitamente) alla procedura di mediazione: nel qual caso,ma solo se trattasi di una controversia a mediazione obbligatoria ex comma1 dell’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010, il mediatore dovra ugualmente tenere l’in-contro con la parte attivante cosı come previsto al comma 5, lett. d), art. 7

(25) Sul distinguo terminologico v. CAPONI, Adesione e partecipazione alla media-zione, in www.judicium.it.

(26) Generalmente i regolamenti prevedono che la parte invitata alla procedura dimediazione debba render nota la propria adesione alla procedura entro un tot di giorni primadell’incontro iniziale.

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D.M. n. 180/2010 e chiudere la procedura o con un verbale di mancataconciliazione specificandovi l’assenza della parte invitata ovvero, se il re-golamento lo prevede e se il mediatore lo riterra opportuno, formando pro-cesso verbale con l’indicazione della proposta. Per quanto concerne lespese di mediazione, il difetto di adesione della parte invitata ne compor-tera, per un verso, la mancata maturazione a carico di quest’ultima e, perl’altro verso, una significativa riduzione delle spese per la parte attivante,cosı come previsto dal comma 4, lett. e), art. 16 D.M. n. 180/2010 (27).L’omessa giustificazione dell’assenza si riflettera nel successivo processonei modi esaminati, esponendo quella parte alla multa, laddove si costitui-sca nel giudizio, ovvero allo sfavore con il quale il giudice potra valutareil suo comportamento inerte deducendo da esso argomenti di prova ai finidella formazione del proprio convincimento.

b) La seconda ipotesi contempla il caso che la parte invitata, pur ade-rendo alla mediazione nei modi e nei termini prescritti dal regolamentodell’organismo, non si presenti, pero, ne al primo incontro, ne ai successivi.

Le conseguenze che scaturiscono da tale situazione si confermanoanaloghe a quelle contemplate sub a), con l’unica eccezione del perfezio-namento del diritto all’indennita discendente all’avvenuta adesione (cfr. art.16, comma 11, D.M. n. 180/2010), ma con la conferma della riduzione dicui al comma 4, lett. e), art. 16 D.M. n. 180/2010, derivante dalla mancata« partecipazione » della parte che ha aderito alla procedura, ma che non sie presentata all’incontro.

E opportuno evidenziare che in tal caso, e differentemente da quelloprecedente, la condotta tenuta dalla parte (la quale, prima, aderisce ma, poi,non partecipa) assume connotati peculiari e passibile di un’opportuna e dif-ferenziata valutazione da parte del giudice, atteso che un conto e tout courtnon aderire seppur ingiustificatamente alla procedura, un altro e aderirvi epoi, in modo parimenti immotivato, non presentarsi all’incontro.

Quest’esemplificazione suggerisce anche un’altra considerazione inchiave problematica, dettata dalla prospettabilita, o meno, di una sorta diresponsabilita precontrattuale della parte che, accettando la procedura dimediazione, abbia creato nella controparte un’aspettativa, vanificatasi poicon l’arbitraria assenza alla procedura. L’art. 1337 c.c., nel disciplinare laresponsabilita precontrattuale, testualmente statuisce che « le parti, nellosvolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono com-portarsi secondo buona fede ». L’applicazione di tale norma alla fattispe-cie negoziale a formazione progressiva della mediazione sfociante nell’ac-cordo dipendera da una serie di fattori: in primo luogo, dal ritenere parifi-cabile la procedura mediativa ad una fase di svolgimento di trattative e

(27) Riduzione che, a seguito della modifica apportata dal D.M. 6 luglio 2011, n.145, prevede una spesa fissa di € 40,00 per il primo scaglione, e di € 50,00 per i successivi.

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l’accordo finale, che sovente presenta i caratteri di una vera e propria tran-sazione, ad un contratto; in secondo luogo, e risolto positivamente il primo,dalla dimostrazione della parte interessata del danno che le sarebbe conse-guito in seguito al comportamento contrario a buona fede tenuto dalla parteaderente ma non partecipante al procedimento. Sotto quest’ultimo aspetto,si rammenti la giurisprudenza formatasi sull’art. 1337 c.c., ad avviso dellaquale, perche possa ritenersi integrata la responsabilita precontrattuale, enecessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative sianogiunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui re-sponsabilita il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; chela controparte, cui si addebita la responsabilita, le interrompa senza un giu-stificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che in-voca la responsabilita, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragio-nevole affidamento sulla conclusione del contratto (28). In tema di oneredella prova, poi, qualora gli estremi del comportamento illecito siano inte-grati dal recesso ingiustificato di una parte (in un contesto connotato dal-l’affidamento dell’altra parte nella conclusione del contratto), grava non suchi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni dibuona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere didimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza po-stulati dalla norma (29).

E evidente come l’applicazione di tali principi alla fattispecie da cuisiamo partiti si riveli di estrema complessita, in quanto il comportamentodella parte che ha aderito alla mediazione, ma che poi non vi ha parteci-pato, difficilmente, attesa la fase ancora embrionale cui e pervenuta la trat-tativa (che, di fatto, non e neppure cominciata), potra aver ingenerato nel-l’altra parte un ragionevole affidamento sulla possibilita di concludere po-sitivamente (cioe con un accordo) il procedimento conciliativo. Parimentiarduo appare, poi, l’assolvimento dell’onere probatorio richiesto che, nelcaso concreto, dovrebbe riguardare la dimostrazione del danno conseguitodal non aver svolto la mediazione, verosimilmente consistente nell’averdovuto affrontare un processo (e le conseguenti spese), che poteva essereevitato con il raggiungimento di un accordo stragiudiziale della cui con-creta fattibilita la parte dovra fornire una prova che, con elevate probabi-lita, non potra che rivelarsi diabolica.

c) La parte chiamata in mediazione aderisce e partecipa al primo in-contro, ma non piu alle successive sedute.

Le ricadute di tale contegno della parte si discostano significativa-mente da quelle contemplate nelle due precedenti ipotesi. Innanzitutto, nonpuo ivi configurarsi una situazione di « mancata partecipazione » visto che

(28) Cass., 29 marzo 2007, n. 7768, in Giust. civ. Mass., 2007, 3.(29) Cass., Sez. III, 5 agosto 2004, n. 15040.

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la parte, fino ad un certo punto, ha dato un proprio contributo allo svolgi-mento della mediazione; secondariamente, e conseguentemente, l’abban-dono del tavolo di conciliazione non implica alcun obbligo giustificativoper la parte che non ritiene piu opportuno proseguire la trattativa; infine, ilmediatore non potra far altro che chiudere la procedura di mediazione conun verbale di mancato accordo in cui non dovra annotare alcunche in me-rito all’allontanamento in itinere dalla procedura. Le spese della media-zione seguiranno le regole dell’art. 16 D.M. n. 180/2010, applicandosi ilprincipio della solidarieta tra le parti, ma non la riduzione prevista alcomma 4, lett. e), art. 16 D.M. n. 180/2010 (che richiede, appunto, la man-cata partecipazione, che, in questo caso, pero vi e stata, seppur parzial-mente).

La qualificazione della condotta de qua esige il recupero dei principiin generale connotanti la procedura stragiudiziale di mediazione la quale,come supra ricordato, confluira nell’accordo solo se le parti lo vorranno. Ildissenso della parte al componimento della lite oltre che espresso, potra es-sere frutto anche di un comportamento concludente, e dunque incompati-bile con la volonta di pervenire ad un accordo, esattamente come avvienequalora essa decida di abbandonare in un certo momento la mediazione,non presentandosi ad un incontro.

Alcun spiraglio applicativo di una presunta responsabilita precontrat-tuale sarebbe poi prospettabile nell’ipotesi de qua, poiche la modalita diconduzione della procedura soggiace al rigoroso vincolo della riservatezzae dell’inutilizzabilita di quando ivi emerso nella sede processuale, cosıcome chiaramente prescritto agli artt. 9 e 10 D.Lgs. n. 28/2010. In lineaastratta, e dunque possibile paventare il rischio di una condotta contraria abuona fede, tenuta dalla parte che ha collaborato alla procedura, perfinogiungendo ad uno stadio avanzato della trattativa, e dunque ingenerandouna verosimile aspettativa della controparte al raggiungimento dell’ac-cordo. Rischio che, confrontato con la garanzia di una procedura coperta dasegretezza, negli intendimenti del legislatore europeo — che ne richiedeval’attuazione agli stati membri gia nella Direttiva 2008/52/CE (30) — appareevidentemente deteriore rispetto all’incentivo all’accordo che dovrebbe di-scendere dalla severa realizzazione di tale guarentigia.

d) Sebbene piu inverosimilmente immaginabile, un cenno puo esserein conclusione dedicato anche all’evenienza che la mancata partecipazionesia addebitabile alla parte che ha attivato la procedura di mediazione, laquale potrebbe presentare la domanda, ma poi non presentarsi al primo in-

(30) Il Considerando 23 della Direttiva 2008/52/CE puntualizza che « la riservatezzanei procedimenti di mediazione e importante e quindi la presente direttiva dovrebbe preve-dere un grado minimo di compatibilita delle norme di procedura civile relative alla manieradi proteggere la riservatezza della mediazione in un successivo procedimento giudiziario o diarbitrato in materia civile e commerciale ».

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contro, ovvero la quale dopo aver partecipato al primo incontro potrebberitenere di non collaborare oltre. Non pare che, in tali casi, si debba perve-nire a conclusioni differenti rispetto a quanto argomentato, rispettivamente,sub b) e sub c) (31), con l’unica precisazione che, nel caso sub b), sarebbeopportuno che il giudice attribuisse una valenza ancor piu severamente ne-gativa nella deduzione degli argomenti di prova al contegno di chi ha atti-vato la procedura, ma poi non ne ha ingiustificatamente coltivato lo svol-gimento.

7. Conclusioni.

Dalle riflessioni svolte, la problematica delle defezioni in mediazionecostituisce tematica d’interesse non soltanto per prospettare soluzioni ido-nee al funzionamento della procedura a fronte di una realta dove lo stru-mento conciliativo stenta ad affermarsi, tanto da registrarsi un considere-vole tasso di mancate adesioni e di mancate partecipazioni, ma altresı perstudiarne i rilevanti effetti processuali.

Le ricadute giudiziali sulle quali ci siamo soffermati evidenziano unfarraginoso dialogo tra i due ambiti, stragiudiziale e processuale, collegatidalla preliminarita del primo rispetto al secondo, ma ontologicamente di-stanti quanto a ratio e fondamenti, come confermato dal differente tratta-mento che, come ricordavamo all’inizio, la legge riserva alla mancata par-tecipazione della parte in mediazione rispetto alla contumacia della partenel processo, in quanto se la prima situazione e regolata in funzione del-l’ottimizzazione e della fruttuosita dello strumento conciliativo, la secondarisponde a logiche tipicamente processuali volte a garantire e sollecitarel’espletamento del diritto di difesa della parte rimasta contumace.

A fronte di tali considerazioni, la valutazione della condotta dellaparte in mediazione rappresenta, pertanto, un nuovo aspetto che il giudicee chiamato a sindacare, con esiti giurisprudenziali che costituiranno un au-spicabile e prezioso strumento interpretativo per una normativa di ancoramolto recente vigenza.

(31) L’ipotesi sub 1) non e infatti adattabile alla parte attivante la mediazione, attesoche essa « aderisce » alla mediazione nel momento in cui deposita la relativa domanda al-l’organismo.

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La designazione del mediatoretra legislazione e prassi ministeriale

MARCO MARINARO

1. Premessa.

Chi volesse avvicinarsi per la prima volta allo studio della mediazionedi controversie nell’ordinamento italiano sarebbe immediatamente indottoad immergersi nell’ampio dibattito suscitato dalla normativa sulla media-zione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commercialipreoccupato per lo piu di focalizzare l’attenzione sulle numerose problema-tiche tecnico-processuali derivanti dalla introduzione della condizione diprocedibilita alla domanda giudiziale in una estesa gamma di materie (1).

La copiosa produzione dottrinale (2) e la crescente attivita giurispru-denziale costringe in secondo piano l’approfondimento e la riflessione suquestioni estremamente rilevanti in grado di incidere profondamente sul“successo” della mediazione quale strumento di pacificazione sociale e percio stesso idoneo a ridurre il tasso di litigiosita, riequilibrando e rendendofisiologico l’accesso alla giurisdizione quale argine indispensabile edestremo alla civile convivenza.

(1) Il riferimento e chiaramente all’art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010 in base alquale « Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia dicondominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, como-dato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e na-tanti, da responsabilita medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altromezzo di pubblicita, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e tenuto preliminarmente aesperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimentodi conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedi-mento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia ban-caria e creditizia di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modi-ficazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione e condi-zione di procedibilita della domanda giudiziale... ».

(2) Resa oltremodo feconda dall’art. 18, comma 3, lett. a), D.M. n. 180/2010 che haprevisto che ai fini dell’accreditamento quale formatore teorico per i corsi di formazione deimediatori i requisiti di qualificazione consistono principalmente nell’« aver pubblicato al-meno tre contributi scientifici in materia di mediazione, conciliazione o risoluzione alterna-tiva delle controversie ».

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L’attenzione alla qualita della mediazione e, quindi, alla qualita deisoggetti operativamente coinvolti nei procedimenti conciliativi, secondoquanto previsto dalla normativa in vigore, suscita un limitato interesse, so-vente animato da contrapposte esigenze di affermare la centralita dell’unao dell’altra disciplina per l’individuazione del bagaglio di competenze ri-chieste al mediatore. Per cui, se da un lato si dibatte sulla necessita/utilitadi un mediatore “giurista”, dall’altro si discute sulla specializzazione giuri-dica che il mediatore “giurista” debba possedere, perche possa affrontarecon la richiesta competenza la funzione tra le parti.

Da questo dibattito non e rimasto estraneo il Ministero della Giustiziache mediante l’adozione di atti normativi e di prassi attuative e intervenutoin maniera decisa modificando profondamente anche gli equilibri che ori-ginariamente aveva contribuito ad approntare.

Al fine di proporre una riflessione su queste tematiche che costitui-scono il vero banco di prova del modello italiano di mediazione, occorreavviare una rapida ma puntuale ricognizione normativa che abbia qualepunto di vista principale la “designazione del mediatore”.

Invero se il mediatore e e deve essere colui il quale interagisce profi-cuamente con le parti al fine di agevolare anche proattivamente una solu-zione consensuale della lite insorta, quello della scelta del mediatore da de-signare per ciascuna controversia appare un tema centrale e qualificantedell’intero percorso, non soltanto procedimentale, apprestato dal legislato-re (3).

Individuare i meccanismi normativi che regolamentano la designa-zione del mediatore consentira di comprendere le scelte di fondo del legi-slatore rispetto al modello di mediazione che piu o meno silentemente edestinato ad affermarsi in Italia.

2. Le direttive del legislatore europeo (Direttiva n. 52/2008/CE).

Per cogliere appieno l’intero sistema normativo in materia occorreranecessariamente verificare quali siano le regole dettate nella direttiva euro-

(3) Sara utile ricordare che con riguardo alla “scelta” del magistrato che assumera levesti di “giudice” di una specifica controversia il presidio costituzionale di cui all’art. 25,comma 1, Cost. prevede che « Nessuno puo essere distolto dal giudice naturale precostituitoper legge ». Diversamente accade nell’arbitrato ove l’ordinamento consente che le parti pos-sano scegliere di comune accordo chi sara a decidere della loro controversia salvo in caso didisaccordo (per l’ipotesi di arbitro unico o del terzo arbitro per il collegio arbitrale) o dimancata nomina per l’arbitro di parte (in ipotesi di collegio di arbitri) ove tale scelta sara ri-messa ad altro soggetto secondo le indicazioni delle parti o secondo quanto previsto dall’art.810 c.p.c.

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pea dalla quale trae origine la disciplina attualmente vigente. Le norme diriferimento sono contenute negli artt. 3 e 4 della Direttiva n. 52/2008/CE.

L’art. 3 contiene le “Definizioni” di mediazione e di mediatore e dallalettura dello stesso emerge senza dubbi una prospettiva orientata ad un mo-dello di mediazione facilitativa ove le parti in mediazione perseguono« esse stesse » un possibile accordo con l’assistenza del mediatore (4).

Il mediatore e colui al quale « e chiesto di condurre la mediazione inmodo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denomi-nazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessatoe dalle modalita con cui e stato nominato o invitato a condurre la media-zione ».

Per cui non vi sono indicazioni circa i requisiti di accesso al ruolo delmediatore purche questi sia in grado di condurre la mediazione. Efficacia,imparzialita e competenza sono i requisiti di professionalita richiesti al me-diatore.

In base a quanto disposto poi dall’art. 4, comma 2, e sempre al fine digarantire una gestione efficace, competente ed imparziale della mediazionesi chiede agli Stati membri di incoraggiare la formazione iniziale e succes-siva dei mediatori (5).

E opportuno percio che il mediatore sia specificamente formato, ma echiaro che nessuna indicazione sulle modalita di nomina o invito a con-durre la mediazione viene prevista in sede di direttiva rimettendo cosı in-direttamente a ciascuno Stato membro la necessita di individuarne le mo-

(4) L’art. 3 e cosı formulato: « Ai fini della presente direttiva si applicano le seguentidefinizioni: a) per “mediazione” si intende un procedimento strutturato, indipendentementedalla denominazione, dove due o piu parti di una controversia tentano esse stesse, su basevolontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di unmediatore. Tale procedimento puo essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un or-gano giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro. Esso include la mediazionecondotta da un giudice che non e responsabile di alcun procedimento giudiziario concernentela controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionaleo dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questionenell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima; b) per “mediatore” si in-tende qualunque terzo cui e chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparzialee competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzonello Stato membro interessato e dalle modalita con cui e stato nominato o invitato a con-durre la mediazione ».

(5) Ai sensi dell’art. 4 della Direttiva 52/2008/CE: « 1. Gli Stati membri incorag-giano in qualsiasi modo da essi ritenuto appropriato l’elaborazione di codici volontari dicondotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazionenonche l’ottemperanza ai medesimi, cosı come qualunque altro efficace meccanismo di con-trollo della qualita riguardante la fornitura di servizi di mediazione.

2. Gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e successiva dei mediatoriallo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e com-petente in relazione alle parti ».

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dalita avendo quale obiettivo quello di garantire imparzialita (6), compe-tenza ed efficacia (7) della gestione « in relazione alle parti ».

Non e un caso che secondo il legislatore europeo il mediatore nondebba essere un “competente”, ma invece debba condurre/gestire con com-petenza la mediazione in relazione alle parti. Competenza nel condurre lamediazione in relazione alle parti non e specifica competenza nella materiaoggetto della lite, dovendosi prescindere dalla professione esercitata ed an-che dalle modalita con le quali e stato nominato o invitato a condurre lamediazione.

3. I princıpi e i criteri direttivi della legge delega (art. 60, Legge 18giugno 2009, n. 69).

L’attuazione della Direttiva n. 52/2008/CE e contenuta nella legge de-lega di cui all’art. 60 Legge n. 69/2009 ove sono fissati i princıpi e i criteridirettivi ai quali il governo si sarebbe dovuto attenere nell’emanare lanuova normativa in materia di mediazione di liti civili e commerciali.

Tra i princıpi e criteri direttivi alcun cenno e possibile rinvenire allemodalita di designazione del mediatore, ma il legislatore delegante oltre adaver fissato quali obblighi per il conciliatore (8) la imparzialita, neutralitaed indipendenza, si preoccupa di prevedere la possibilita per il conciliatore,

(6) Sul concetto di imparzialita occorre rilevare come il piu delle volte lo stessovenga utilizzato mediante una semplice trasposizione del linguaggio processuale sovrappo-nendo e proiettando l’attivita giurisdizionale su quella conciliativa. Invero « appartengono acampi linguistici profondamente diversi il giudice e il mediatore; il mediatore sta per defini-zione tra i contendenti in gioco. Questo ci porta a sbarazzarci fin dagli inizi della idea nonsoltanto sbagliata, ma controfinale della sua necessaria terzieta e imparzialita. Al giudice bi-sogna chiedere terzieta e imparzialita, perche deve dire l’ultima parola; al mediatore bisognachiedere altra sapienza e altra competenza, che e quella di immergersi tra i contendenti, devedimenticare il suo ruolo di parlante un meta-linguaggio, non deve dire qual e il significatodelle parole che stanno usando gli uni e gli altri, ma deve, diversamente dal giudice, esserequesto e quello, mentre il giudice deve essere ne questo, ne quello, e questo gli viene garan-tito dal rispetto della legge » (la riflessione e di E. RESTA, Neutralita ed imparzialita nellagestione dei conflitti, Relazione al convegno della CCIAA di Milano, 20 ottobre 2006).

(7) Sul concetto di “efficacia”, per meglio coglierne il significato, appare utile farericorso alla definizione in lingua inglese di cui all’art. 3, comma 1, lett. b): « “Mediator”means any third person who is asked to conduct a mediation in an effective, impartial andcompetent way », ove il termine “effective” ha il significato di “productive of or capable ofproducing a result”. Quindi “efficacia” nel senso di capacita di orientare la mediazioneall’accordo.

(8) Si rileva come la nella legge delega si discorra ancora di “conciliatore” in quantola scelta di transitare ad una denominazione piu aderente alla scelta europea (“mediatore”) econtenuta nel D.Lgs. n. 28/2010.

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« per le controversie in particolari materie », « di avvalersi di esperti,iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali » (9).

La norma appare di notevole interesse in quanto non soltanto nullaviene disposto circa la formazione e le competenze del conciliatore e tan-tomeno per le modalita della sua designazione, ma ritiene di dover indicareal legislatore delegato la necessita di prevedere la facolta di avvalersi diesperti. Da cio e possibile desumere a contrario che al conciliatore non do-vrebbero essere richieste competenze specialistiche relative all’oggettodella controversia. Se il conciliatore puo avvalersi di esperti non e possi-bile immaginare che lo stesso debba essere un competente della materia incontesa.

Questa impostazione che appare coerente con la direttiva europea di-segna per il conciliatore/mediatore un ruolo di “facilitatore” dell’accordo/conciliazione delle parti, attribuendo un rilievo del tutto secondario ai finidella scelta/designazione della formazione e dei requisiti di qualificazioneprofessionale di colui il quale e chiamato a svolgere l’attivita di conduzio-ne/gestione della mediazione. In tale prospettiva appare del tutto irrilevantela modalita di designazione purche sia assicurata l’imparzialita (indipen-denza e neutralita), e la capacita di condurre la mediazione in maniera ef-ficace (risultato) e competente (competenza da non ricondursi ad una spe-cificita tecnica e/o giuridica connessa all’oggetto della lite).

4. Le norme attuative approvate dal Governo (D.Lgs. 4 marzo 2010, n.28).

In questo contesto normativo di riferimento interviene il legislatoredelegato con l’adozione del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 al quale e affidatoil compito di regolamentare, seguendo i princıpi ed i criteri sopra indivi-duati, la designazione del mediatore ed anche i requisiti di professionalitae competenza oltre che per la formazione ai fini dell’accesso all’attivitaprofessionale ivi disciplinata.

Diverse sono le norme nel testo citato che offrono indicazioni al finedi verificare quale tipo di risposta e stata fornita rispetto alle esigenzeespresse sia nella direttiva europea sia nella legge delega.

(9) In base all’art. 60, comma 3, sono fissati tra gli altri i seguenti princıpi e criteridirettivi: a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggettocontroversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia; l) per le contro-versie in particolari materie, prevedere la facolta del conciliatore di avvalersi di esperti,iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti daidecreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli sta-biliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; r) prevedere, nel rispetto del codice deon-tologico, un regime di incompatibilita tale da garantire la neutralita, l’indipendenza e l’im-parzialita del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni ».

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Ed allora dall’art. 1 che contiene le definizioni si trae immediatamenteun approccio alla mediazione nel quale attraverso un procedimento bifasicosi consente al mediatore di formulare una proposta conciliativa qualora ilpercorso facilitativo non abbia dato l’esito sperato e cio chiaramente in unalogica dichiaratamente deflattiva dello strumento conciliativo (10).

Tuttavia, tale previsione non altera in alcun modo l’intero assetto or-dinamentale approntato per il mediatore e per la mediazione, che resta (enon poteva essere diversamente) attivita procedimentale orientata ad unpossibile accordo tra le parti per la soluzione negoziale della lite con l’au-silio di un terzo imparziale.

Ma la norma che piu delle altre appare utile all’analisi e contenutanell’art. 3, ove al primo comma si precisa che « al procedimento di media-zione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti », in talmodo rimettendo all’autoregolamentazione la disciplina degli aspetti orga-nizzativi ed endoprocedimentali della mediazione, mentre al comma 2, sifissa quale contenuto necessario per i regolamenti la garanzia della riserva-tezza oltre che « modalita di nomina del mediatore che ne assicurano l’im-parzialita e l’idoneita al corretto e sollecito espletamento dell’incarico ».

Tale ultima disposizione e passata quasi del tutto inosservata al-l’esame dei commentatori in quanto sembra essere quasi priva di contenutiper la genericita che la caratterizza. Tuttavia, oltre al ribadito richiamo allaimparzialita, per la prima volta emerge uno specifico riferimento alle « mo-dalita di nomina » del mediatore e tali modalita vengono strettamente le-gate (mediante il rinvio a norme regolamentari per loro natura eterogenee)alla « idoneita » del mediatore per il « corretto e sollecito espletamentodell’incarico ».

Il legislatore delegato insomma nel fissare le regole per la designa-

(10) Secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1: « Ai fini del presente decreto le-gislativo, si intende per: a) mediazione: l’attivita, comunque denominata, svolta da un terzoimparziale e finalizzata ad assistere due o piu soggetti sia nella ricerca di un accordo ami-chevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta perla risoluzione della stessa; b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmenteo collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di ren-dere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo; c) conciliazione:la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione ». Talenorma viene adottata dal Governo in attuazione dell’art. 60, comma 3, lett. p), Legge n. 69/2009 che consente di « prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processocorrisponda interamente al contenuto dell’accordo proposto in sede di procedimento di con-ciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore cheha rifiutato l’accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresı, enella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previ-sto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare ilvincitore al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’ar-ticolo 9 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese digiustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ».

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zione del mediatore si limita ad affidarne all’autonomia regolamentare laindividuazione purche le stesse siano in grado di assicurare la scelta di unmediatore imparziale ed idoneo. Il riferimento alla idoneita (specificata poiquale correttezza e sollecitudine) sembra rimarcare da un lato l’esigenza direndere flessibile questa fase procedimentale affidando a ciascun organismola fissazione di tali sub-regole di designazione e dall’altro a chiarire quantoil mediatore piu che un competente dell’oggetto della lite debba essere co-lui il quale sia in possesso delle qualita e capacita necessarie o richiestedalle parti per lo svolgimento dell’attivita di mediazione.

Il legislatore in questa formulazione, che appare coerente con l’interosistema adottato in sede delegata, non individua direttamente le qualita e lecompetenze del mediatore in quanto ritiene che una disciplina eccessiva-mente rigorosa e dettagliata avrebbe potuto mortificare la flessibilita dellamediazione anche nella fase cruciale della scelta del mediatore. Un irrigi-dimento eccessivo della fase selettiva o la scelta di meccanismi turnari cie-chi costituisce un grave rischio per la mediazione il cui successo e stretta-mente connesso con la capacita del procedimento di adattarsi in ogni suafase (anche quella preparatoria) alle esigenze delle parti e della loro con-troversia (e non viceversa come accade e come deve accadere in sede giu-risdizionale dove sono le regole processuali a conformare i comportamentie le istanze delle parti).

L’art. 8 poi fornisce ulteriori elementi di riflessione. Al comma 1 sichiarisce che « all’atto della presentazione della domanda di mediazione, ilresponsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontrotra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda... ». Vienequi fissata dal punto di vista formale la competenza alla designazione delmediatore e la stessa viene assegnata al responsabile dell’organismo checostituisce nella struttura organizzativa delineata dal legislatore il perno in-torno al quale ruota il corretto svolgimento dell’intero procedimento sindalla sua attivazione. Ruolo chiave al quale tuttavia non corrisponde unacaratterizzazione professionale che avrebbe consentito una idonea evolu-zione qualitativa per la mediazione. Affidare la competenza al responsabiledell’organismo sulla base delle regole fissate dal regolamento approvato dalMinistero della Giustizia, costituisce una scelta sicuramente opportuna edutile a costruire percorsi virtuosi, non senza rilevare che sarebbe stato au-spicabile affidare la responsabilita dell’organismo e quindi anche la desi-gnazione del mediatore a persona altamente qualificata e di esperienza nellamediazione (11).

(11) Una modifica normativa che incidesse su tale aspetto sarebbe sicuramente daapprovare in quanto risolverebbe una serie di problematiche gia emerse nella operativita de-gli organismi. Il responsabile dell’organismo costituisce una figura centrale e non puo essereaffidata alla buona volonta o al buon senso di colui il quale si trovi a rivestirla.

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Scelta quindi assolutamente da formularsi controversia per controver-sia, caso per caso, mediante l’esame della domanda di mediazione e sullabase del panel di mediatori disponibili, al fine di offrire sempre un servizioadeguato alle parti ed alla controversia.

D’altronde anche il comma 3 dell’art. 14 pone al centro del sistema ilresponsabile dell’organismo in relazione alla designazione del mediatoreaffidando allo stesso la decisione in ordine alla sua sostituzione qualora ri-chiesta dalle parti (12).

Ma a ribadire quanto gia rilevato in sede di legge delega si segnalanopoi l’ultima parte del comma 1 ed il comma 4 del gia citato art. 8 che nel-l’affidare al possibile intervento di un mediatore ausiliario o, in mancanza,di un esperto l’apporto di « specifiche competenze tecniche » rimarcano ilconfine tra la competenza specialistica circa l’oggetto della lite e l’idoneitadel mediatore all’assunzione del relativo ruolo nella stessa (13).

Sara utile precisare che anche l’intervento del mediatore ausiliario(che e in primo luogo un “mediatore”), o in mancanza dell’esperto, si col-loca senza fratture in un percorso coerente improntato sempre ad un possi-bile accordo. Il mediatore con l’eventuale apporto di altri mediatori (anche“ausiliari”) o di “esperti” (dei quali si auspica l’intervento in situazioni deltutto eccezionali e con la consapevole e condivisa scelta delle parti in fun-zione dell’accordo) « si adopera affinche le parti raggiungano un accordoamichevole di definizione della controversia » (art. 8, comma 3, D.Lgs. n.28/2010) e non ne muta prospettiva la possibilita offerta allo stesso di per-venire ad una proposta conciliativa da formalizzare secondo quanto previ-sto dall’art. 11 D.Lgs. n. 28/2010.

Anche gli obblighi di cui all’art. 14 e di cui all’art. 22 (in materia diantiriciclaggio) non incidono significativamente su quanto esposto, se nonper sottolineare l’esigenza che il mediatore sia dotato od acquisisca cono-scenze giuridiche di base idonee ad una corretta comprensione ed attua-zione del complesso sistema ordinamentale nel quale il legislatore ha col-locato la mediazione, soprattutto mediante la prescritta obbligatorieta pre-

(12) La norma prevede che « Su istanza di parte, il responsabile dell’organismoprovvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa com-petenza a decidere sull’istanza, quando la mediazione e svolta dal responsabile dell’organi-smo ». Ancor meglio sarebbe stato creare una regola di incompatibilita tra il ruolo di respon-sabile dell’organismo e quella di mediatore (presso il medesimo organismo) al fine di piu op-portunamente marcare la diversita di funzioni nella valorizzazione di entrambi per una me-diazione di qualita.

(13) L’ultima parte del comma 1 dell’art. 8 dispone che: « Nelle controversie che ri-chiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo puo nominare uno o piu mediatori au-siliari »; il comma 4 stabilisce che: « Quando non puo procedere ai sensi del comma 1, ul-timo periodo, il mediatore puo avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso itribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalita di calcoloe liquidazione dei compensi spettanti agli esperti ».

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ventiva in funzione deflattiva del contenzioso giudiziale. Ma tale aspetto illegislatore delegato lo affidava alla regolamentazione ministeriale cheavrebbe poi dovuto fissare le norme di dettaglio idonee a individuare le ca-ratteristiche di base del mediatore italiano.

Appare chiara dalla lettura delle norme primarie la scelta da parte dellegislatore di un sistema di designazione aperto e flessibile, orientato —nella scelta sostanzialmente affidata al responsabile dell’organismo ed inattuazione al regolamento di procedura — alla individuazione del media-tore piu adatto/idoneo alla specifica controversia.

La flessibilita che deve permeare l’attivita che si svolge in mediazionepostula l’impiego di sistemi di designazione che possano essere duttili,conformandosi alle scelte degli organismi che caso per caso possano cosıdiscernere, possibilmente con la partecipazione delle parti, il mediatore chemeglio si presta a quanto possa risultare utile alla soluzione consensualedella controversia.

Ed invero, quanto delineato dalla lettura delle norme di riferimentonon soltanto non esclude, ma presuppone la possibilita o meglio ancoral’opportunita che le parti possano intervenire attivamente nell’attivita didesignazione del mediatore. Cio significa che se da un canto la designa-zione e attribuzione del responsabile dell’organismo, e auspicabile — so-prattutto in un sistema culturalmente maturo per la mediazione — che leparti congiuntamente, ma non necessariamente contestualmente, contribui-scano alla individuazione del mediatore da nominare. Questo sistema ap-pare essere quello che meglio puo garantire qualita ed adeguatezza di sceltaper una mediazione che possa pervenire ad un risultato meritevole di ap-prezzamento (anche a prescindere dal raggiungimento dell’accordo pur per-seguito).

5. Il regolamento ministeriale nella versione originaria (D.M. 18 ottobre2010, n. 180).

Il decreto interministeriale attuativo del D.Lgs. n. 28/2010 viene adot-tato dopo alcuni mesi di vigenza di quest’ultimo, mesi nei quali era stataprevista la persistente vigenza dei precedenti regolamenti ministeriali rela-tivi alla conciliazione societaria (14).

In attuazione di quanto previsto dall’art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010 il nuovo regolamento ministeriale (D.M. 18 ottobre 2010 n. 180) fissaall’art. 4, comma 3, i requisiti professionali e di onorabilita dei mediatori

(14) Il riferimento e al D.M. 23 luglio 2004, n. 222 ed al D.M. 23 luglio 2004, n.223, rimasti vigenti sino al 4 novembre 2011.

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indicandoli tra i requisiti necessari perche gli organismi possano ottenerel’iscrizione nel registro ministeriale (15).

Al riguardo si segnala immediatamente il cambio di rotta effettuatodal Ministero rispetto a quanto indicato dalla previgente disciplina in ma-teria di conciliazione societaria.

Infatti, mentre nel sistema precedente l’accesso alle funzioni di con-ciliatore era riservato a laureati in materie giuridiche o economiche i qualipotevano partecipare ad un corso base per la specifica formazione della du-rata complessiva minima di quaranta ore (era altresı prevista la possibilitadi svolgere le funzioni di conciliatore anche per talune categorie di profes-sionisti in possesso di specifici requisiti professionali) (16), nel nuovo ordi-namento si apre a tutte le professioni, nel senso che si consente l’accessoal corso di formazione a tutti i laureati (anche in possesso di laurea trien-nale) ed a tutti gli iscritti presso ordini o collegi professionali (e quindi an-che privi di laurea) senza alcuna specifica limitazione.

Tale normativa, che ha aperto un ampio dibattito, di fatto disegna unprofilo del mediatore scientemente avulso da una specifica formazione giu-ridica. Ma anche la lettura di altre norme del regolamento ministeriale vi-gente concorre a delineare tale figura. Infatti, anche la previsione di media-tori “esperti” nella materia internazionale o in quella dei rapporti di con-sumo senza che tale qualificazione comporti preclusioni o preferenze exlege nell’accesso alle diverse procedure nelle materie specifiche (17), o an-

(15) Secondo quanto dispone la versione originaria dell’art. 4, comma 3: « Il respon-sabile verifica altresı: a) i requisiti di qualificazione dei mediatori, i quali devono possedereun titolo di studio non inferiore al diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in alter-nativa, devono essere iscritti a un ordine o collegio professionale; b) il possesso, da parte deimediatori, di una specifica formazione e di uno specifico aggiornamento almeno biennale,acquisiti presso gli enti di formazione in base all’articolo 18; c) il possesso, da parte dei me-diatori, dei seguenti requisiti di onorabilita: a. non avere riportato condanne definitive perdelitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b. non essere incorso nell’interdizioneperpetua o temporanea dai pubblici uffici; c. non essere stato sottoposto a misure di preven-zione o di sicurezza; d. non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento; d)la documentazione idonea a comprovare le conoscenze linguistiche necessarie, per i media-tori che intendono iscriversi negli elenchi di cui all’articolo 3, comma 3, parte i), sezione Be parte ii), sezione B ».

(16) Si tratta dei c.dd. conciliatori “di diritto”; infatti ai sensi dell’art. 4, comma 4,lett. a), D.M. 222/2004 era previsto che fossero sufficienti i seguenti requisiti di qualifica-zione professionale come alternativi al corso base di formazione: « professori universitari indiscipline economiche o giuridiche, o professionisti iscritti ad albi professionali nelle mede-sime materie con anzianita di iscrizione di almeno quindici anni, ovvero magistrati in quie-scenza ». Tale disposizione aveva suscitato un acceso dibattito prevalentemente critico che hapoi condotto all’attuale normativa nella quale chiunque intenda svolgere l’attivita di media-tore deve partecipare a specifici corsi formativi.

(17) Ci si riferisce alle sezioni previste nel registro ministeriale di cui all’art. 3,

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che la possibilita offerta ai regolamenti degli organismi di prevedere « laformazione di separati elenchi dei mediatori suddivisi per specializzazioniin materie giuridiche » (art. 7, comma 2, lett. d, D.M. n. 180/2010) non co-stituiscono di per se elementi idonei ad orientare in maniera rigida un si-stema di designazione che e comunque aperto e flessibile.

Particolarmente significativa alla luce di quanto esposto appare invecela disposizione che impone ai regolamenti di procedura degli organismil’inclusione di una norma che preveda « la possibilita di comune indica-zione del mediatore ad opera delle parti, ai fini della sua eventuale designa-zione da parte dell’organismo » (art. 7, comma 5, lett. c, D.M. n. 180/2010).

Questa norma che appare conforme con quanto indicato anche in sededi normativa primaria, rende coerente il sistema nel quale l’obiettivo prio-ritario additato dal legislatore e quello di individuare con la partecipazionedelle parti il mediatore che secondo quanto dalle stesse ritenuto opportunoed utile risponda anche a criteri di idoneita all’uopo fissati dall’organismo,ben consapevoli che una designazione effettuata seguendo simili percorsicostituisce evidentemente un significativo passo verso una “buona” media-zione ed un possibile accordo.

Ed allora il profilo professionale del mediatore italiano che si potevatrarre dal complesso sistema normativo nella sua fase originaria e cioeprima dell’intervento delle modifiche apportate al regolamento ministerialecon il D.M. n. 145/2011 e delle interpretazioni di cui alla circolare ministe-riale del 20 dicembre 2011, e il seguente:

— il mediatore e dotato di una istruzione di base e/o di una esperienzaprofessionale medio-alta (secondo quanto previsto nei requisiti di accessoal corso di formazione);

— il mediatore puo essere esperto e/o specializzato in determinatematerie (senza che vi siano preclusioni o preferenze ex lege nello svolgi-mento dell’attivita in base all’oggetto della lite);

— il mediatore svolge un percorso formativo di base e di aggiorna-mento multidisciplinare orientato alla conoscenza della normativa ed allemetodologie facilitative ed aggiudicative di negoziazione e mediazione,ecc. (18);

comma 3: « sezione B: elenco dei mediatori esperti nella materia internazionale; sezione C:elenco dei mediatori esperti nella materia dei rapporti di consumo ».

(18) Secondo quando indicato all’art. 18, comma 2, lett. f), D.M. n. 180/2010, costi-tuiscono oggetto del corso base di formazione per mediatore le seguenti materie: « normativanazionale, comunitaria e internazionale in materia di mediazione e conciliazione, metodolo-gia delle procedure facilitative e aggiudicative di negoziazione e di mediazione e relativetecniche di gestione del conflitto e di interazione comunicativa, anche con riferimento allamediazione demandata dal giudice, efficacia e operativita delle clausole contrattuali di me-

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— il mediatore puo essere designato dal responsabile dell’organismosu « comune indicazione » delle parti.

Appare utile rimarcare come anche in esito alla vigenza del regola-mento ministeriale nella sua originaria versione nessun collegamento risul-tava direttamente creato tra la designazione del mediatore e l’oggetto dellacontroversia da mediare in ordine alle competenze specialistiche del media-tore (si ricordi l’art. 8, commi 1 e 4, D.Lgs. n. 28/2010 che prevede il« mediatore ausiliario » e l’« esperto »).

6. Le “correzioni” al regolamento ministeriale (D.M. 25 agosto 2011, n.145).

In questo scenario normativo rispetto al quale l’acceso dibattito eaperto soprattutto in ordine ai requisiti di qualificazione professionale edalla specifica competenza del mediatore in relazione alla lite da mediare, sicollocano le numerose ordinanze di rimessione delle questioni di legittimitaalla Corte costituzionale, prima tra tutte quella del TAR Lazio di Roma (19)ed anche quella sollevata dal Tribunale di Palermo, Sez. Bagheria dinanzialla Corte di Giustizia dell’Unione europea (20).

diazione e conciliazione, forma, contenuto ed effetti della domanda di mediazione e dell’ac-cordo di conciliazione, compiti e responsabilita del mediatore ».

(19) TAR Lazio, Roma, ord. 18 aprile 2011, che previa sospensione del giudizio hadichiarato rilevanti e non manifestamente infondate: « in relazione agli artt. 24 e 77 dellaCostituzione, la questione di legittimita costituzionale dell’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010,comma 1, primo periodo (che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizioun’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previoesperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (che prevede che l’esperi-mento di mediazione e condizione di procedibilita della domanda giudiziale), terzo periodo(che dispone che l’improcedibilita deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dalgiudice) »; ed inoltre « in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di le-gittimita costituzionale dell’art. 16 del D.Lgs. n. 28/2010, comma 1, laddove dispone cheabilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il proce-dimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serieta ed effi-cienza ».

(20) Trib. Palermo, Sez. Bagheria, ord. 16 agosto 2011; il giudice, nel sospendere ilprocesso, ha chiesto alla Corte di giustizia se: 1) gli articoli 3 e 4 della direttiva 2008/52/CEsull’efficacia e competenza del mediatore possano interpretarsi nel senso di richiedere che ilmediatore sia dotato anche di competenze in campo giuridico e che la scelta del mediatoreda parte del responsabile dell’organismo debba avvenire in considerazione delle specificheconoscenze ed esperienze professionali in relazione alla materia oggetto di controversia; 2)se l’articolo 1 della direttiva 2008/52/CE possa interpretarsi nel senso di richiedere criteri dicompetenza territoriale degli organismi di mediazione che mirino a facilitare l’accesso allarisoluzione alternativa delle controversie ed a promuovere la composizione amichevole dellemedesime; 3) se l’articolo 1 della direttiva 2008/52/CE sull’equilibrata relazione tra media-zione e procedimento giudiziario, l’art. 3 lett. a), il considerando 10 ed il considerando 13della direttiva 2008/52/CE sull’assoluta centralita della volonta delle parti nella gestione del

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E nell’attesa delle conseguenti pronunce, il Ministero della Giustiziaha avviato un percorso di revisione del regolamento attuativo (D.M. n.180/2010) volto ad apportare “correttivi” che paiono indirizzati a risolverepreventivamente possibili rischi derivanti dalle censure sollevate con le or-dinanze di rimessione citate.

In questa logica viene varato il D.M. n. 145/2011 che interviene suuna serie di aspetti qualificanti della disciplina regolamentare. Con speci-fico riferimento al tema della designazione del mediatore, la norma da esa-minare viene introdotta mediante l’inserimento di un ulteriore contenutoobbligatorio per i regolamenti degli organismi. Infatti, viene previsto chetali regolamenti di procedura d’ora innanzi dovranno contenere « criteri in-derogabili (21) per l’assegnazione degli affari di mediazione predeterminatie rispettosi della specifica competenza professionale del mediatore desi-gnato, desunta anche dalla tipologia di laurea universitaria posseduta » (art.7, comma 5, lett. e, D.M. n. 180/2010) (22).

Gia ad una prima lettura e nelle more che intervenisse poi la prean-nunciata circolare interpretativa traspariva un profondo ripensamento in re-lazione al sistema di designazione quale delineato sino a quel momento.Appare evidente infatti che, pur adottando un approccio ermeneutico chepotesse preservare la coerenza sistematica dell’intero assetto normativo,l’orientamento ministeriale aveva radicalmente spostato il suo baricentro. IlD.M. n. 145/2011 con l’integrazione suindicata introduce (con un revire-ment rispetto al D.M. n. 180/2010) — probabilmente in contrasto con lanormativa primaria — il concetto di « specifica competenza professionale »ai fini della designazione del mediatore in tal modo collegando inderoga-bilmente, sia pur indirettamente, la professionalita posseduta dal mediatoreall’oggetto della lite.

La conseguenza e evidente in quanto si avvia un sistema rigido e pre-costituito per la designazione del mediatore, palesandosi una incoerenza al-l’interno del rinnovato testo del D.M. n. 180/2010 ed un potenziale contra-sto con il D.Lgs. n. 28/2010 da sciogliersi in base alla direttiva interpreta-tiva da assumersi circa la rigidita enunciata e derivante dalla nozione di

procedimento di mediazione e nella decisione relativa alla sua conclusione possano interpre-tarsi nel senso che, quando l’accordo amichevole e spontaneo non e raggiunto, il mediatorepossa formulare una proposta di conciliazione salvo che le parti non gli chiedano congiunta-mente di non farlo (poiche ritengono di dover porre fine al procedimento di mediazione).

(21) L’aggettivo « inderogabili » viene inserito senza specifiche motivazioni a se-guito delle indicazioni contenute nel prescritto parere reso dal Consiglio di Stato sul decreto(parere n. 2228 del 9 giugno 2011).

(22) Lettera aggiunta dall’art. 3, comma 1, lett. b), D.M. 6 luglio 2011, n. 145, a de-correre dal 26 agosto 2011, ai sensi di quanto disposto dall’art. 7, comma 1 del medesimoD.M. n. 145/2011.

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« specifica competenza professionale » da riempire di significato nel tenta-tivo estremo di renderla coerente con l’intero sistema sopra delineato.

Tentativo reso quasi immediatamente vano, in quanto il Ministerodella Giustizia e intervenuto nei mesi successivi all’entrata in vigore delD.M. n. 145/2012 con una circolare interpretativa (del 20 dicembre 2011)con la quale la nuova norma assume i tratti temuti che come si vedra ridi-segnano attraverso la prassi l’intero sistema di designazione e delle con-nesse “competenze” del mediatore in relazione alla specifica lite.

7. La circolare “interpretativa” del 20 dicembre 2011.

La circolare del Ministero della Giustizia del 20 dicembre 2011 costi-tuisce la terza e la piu ampia ed articolata circolare emanata in tema di me-diazione ed interviene con il dichiarato scopo « di dare specifica indica-zione su alcuni profili problematici inerenti la corretta interpretazione edapplicazione del D.I. n. 180/2010, cosı come corretto dal sopra citato D.I.n. 145/2011 ».

Da qui emerge cristallino non soltanto l’intento “correttivo” del D.M.n. 145/2011, ma anche la puntuale determinazione di evitare dubbi inter-pretativi sulle nuove norme introdotte.

Piu che di una correzione (lasciando da parte l’accezione migliorativache in genere appartiene al concetto di “correzione” e, sul quale, nel casodi specie, le opinioni possono chiaramente divergere) si tratta di un vero eproprio cambiamento di rotta da parte del Ministero e cio non soltanto sullatematica attuale oggetto di riflessione.

Ed invero, dalla lettura dell’ampio testo della circolare appare chiarala determinazione del Ministero di irrigidire al massimo il sistema di desi-gnazione del mediatore collegando indissolubilmente le sue conoscenzeprofessionali (che prescindono dalla esperienza e dalla formazione in ma-teria di mediazione) allo specifico oggetto della controversia per la qualesara chiamato a svolgere la funzione di mediatore.

Ripercorrendo i passaggi significativi proposti nella circolare« emerge come uno dei criteri fondamentali per la ripartizione degli affaridi mediazione debba essere quello, non solo della idoneita tecnica in mate-ria di mediazione, ma anche della specifica competenza professionale chedebba, quanto piu possibile, corrispondere alla natura della controversia in-sorta tra le parti » (23).

Non vi e alcun dubbio quindi che, mentre l’idoneita viene collegataalla capacita ed abilita tecnica del mediatore che costituisce il sostrato co-

(23) Circolare del Ministero della Giustizia, 20 dicembre 2011.

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mune a tutti mediatori (24), si introduce un concetto di “specificita” dellacompetenza professionale che deve “corrispondere” alla natura della con-troversia (25). E cio viene completato dalla precisazione che alla prescrittainderogabilita dei criteri segue che il regolamento di procedura dell’organi-smo debba fissare criteri « oggettivi » e « predeterminati » dando rilievoalla « competenza professionale » dei mediatori iscritti (26).

In questa prospettiva al responsabile dell’organismo viene affidato ilruolo di garante del rispetto dei criteri regolamentari (27) e « tra i criteri og-gettivi e predeterminati assume particolare rilievo la competenza professio-nale del mediatore, cioe il complesso delle specifiche conoscenze acquisitein relazione al percorso universitario svolto e, soprattutto, all’attivita pro-fessionale esercitata » (28).

I mediatori, secondo la prospettiva proposta nella circolare ministe-riale, devono essere suddivisi in “categorie” in relazione alle « specifichecompetenze dei medesimi » ed i criteri relativi al « grado di difficolta dellacontroversia » diviene secondario e subordinato a quello della « specificacompetenza professionale »; « fondamentale » diviene « il riferimento allaparticolare natura della causa » (29).

(24) Sembra quasi che tale base comune non possa essere diversificata in base allaformazione avanzata o alle specifiche esperienze maturate e che quindi non sia utile o rile-vante per poter selezionare adeguatamente i mediatori.

(25) Il problema affrontato dal Ministero non e quello di richiedere al mediatore uncomune linguaggio con le parti utile alla comprensione delle parti, dei loro interessi e dei lorobisogni, quanto quello di creare un legame indissolubile tra conoscenze specialistiche e ma-teria oggetto della controversia. Le abilita e le capacita del mediatore quale “tecnico” delconflitto sbiadiscono sino a svanire in una prospettiva di questo genere soprattutto per la ri-gidita imposta in sede interpretativa dalla circolare.

(26) Nella circolare si precisa che: « nel regolamento di procedura dell’organismodevono essere espressamente indicati i criteri per l’assegnazione; i suddetti criteri devono es-sere inderogabili; il che comporta che siano predeterminati ed oggettivi, nel senso che nonpuo rinviarsi ad un momento successivo la concreta determinazione, ma devono essere indi-cati ex ante ed in modo oggettivo e quindi valevoli come parametro di riferimento per po-tere, di volta in volta, procedere alla ripartizione degli incarichi tra i mediatori; gli stessi,inoltre, devono essere certi, per evitare che l’assegnazione sia del tutto arbitraria, priva di ef-fettiva giustificazione; deve darsi rilievo, nel regolamento, alla competenza professionale deimediatori iscritti ».

(27) La circolare puntualizza che « la ripartizione degli affari di mediazione all’in-terno di ciascun organismo costituisce per il responsabile un’attivita particolarmente delicatae significativa, in quanto deve essere rispettosa dei criteri oggettivi e predeterminati indicatinel regolamento i quali, a loro volta, devono tenere conto della competenza professionale diciascun mediatore ».

(28) Il Ministero ribadisce ulteriormente che « l’attivita professionale, in quanto tale,e un requisito da intendersi in modo distinto dalla capacita tecnica di sostenere il percorso dimediazione, in quanto quest’ultima implica conoscenza specifica degli strumenti che devonoessere attuati per condurre e svolgere adeguatamente il percorso di mediazione ».

(29) Secondo la circolare « e opportuno chiarire che ciascun organismo di media-

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Questi brevi rilievi lasciano trasparire come la circolare vada ben ol-tre il dettato del D.M. n. 145/2011 e le conseguenze di una simile interpre-tazione sono evidenti:

— la designazione diviene attivita rigidamente vincolata ai criteri og-gettivi, predeterminati e inderogabili contenuti nel regolamento (a sua voltavincolato a quanto prescritto dal decreto ministeriale e dalla circolare inter-pretativa);

— il mediatore e destinato a rimanere un professionista part-time inquanto vive delle altre professionalita essendo inscindibilmente ad esseconnesso (nessuna prospettiva a breve periodo si apre per i giovani profes-sionisti destinati a rimanere supplenti dei vuoti lasciati dai professionistidotati di maggiore anzianita ed esperienza professionale);

— si creano compartimenti stagni tra professionalita e la capacita edabilita tecnica e l’esperienza del mediatore (in mediazione) divengono cri-teri meramente sussidiari;

— si crea un collegamento diretto ed inscindibile tra la professiona-lita del mediatore e la natura della controversia.

Muta inevitabilmente il profilo medio del mediatore di controversieche diviene un professionista con anzianita medio-alta, con specifica com-petenza in una materia, che part-time si dedica alla mediazione; questisvolgera attivita di mediatore nella materia per la quale quotidianamentesvolge attivita “di parte”; dotato di una specifica formazione acquisita in uncorso base di cinquanta ore (aggiornamento biennale di diciotto ore e diuditorato (30) in venti procedimenti da svolgersi anche con mediatori menoesperti e nei casi di mancato accordo per mancata partecipazione).

Il ruolo del responsabile dell’organismo diviene di controllo e garan-zia di applicazione del regolamento, residuando allo stesso margini esigui

zione, per potere effettuare correttamente la ripartizione degli affari di mediazione, deve ne-cessariamente procedere, ex ante, ad una distinzione per categorie dei propri mediatori in re-lazione alle specifiche competenze professionali dei medesimi (dando concreta attuazionealla previsione di cui all’art. 7, comma 2 lett. d del D.M. n. 180/2010) » e, pertanto, « neidiversi regolamenti di procedura sarebbe opportuno che venisse espressamente indicato, pro-prio al fine di chiarire come avverra l’assegnazione degli incarichi tenendo conto della com-petenza professionale, quale ripartizione interna di competenza professionale e stata compiutatra i mediatori inseriti nel proprio elenco ». « Va ancora detto che il raggruppamento dei me-diatori per competenza non dovrebbe essere limitato alle materie giuridiche, ma a tutte le di-verse materie di competenza possibili (tecniche, umanistiche, mediche, e cosı via). Al di ladi questo primo, fondamentale criterio, devono intervenire altri criteri che tengono conto delgrado di difficolta della controversia, della esperienza del mediatore, della disponibilita delmedesimo, e cosı via. Fondamentale e, pertanto, il riferimento alla particolare natura dellacausa ».

(30) Il richiamo e all’art. 4, comma 3, lett. b), D.M. n. 180/2010 nella versione in-tegrata dal D.M. n. 145/2010 secondo quanto poi interpretato dalla circolare ministeriale del20 dicembre 2011; la norma citata introduce una anomala forma di tirocinio assistito perma-nente sulla cui utilita, per la sua particolare conformazione, appare necessario dubitare.

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di scelta (rispetto a mediatori con profili del tutto omogenei) ed il sistemadi designazione appare attualmente rigido e precostituito, orientato alla in-dividuazione predeterminata (dal regolamento) del mediatore piu espertorispetto alla natura della specifica controversia.

8. Il “cambio di rotta” del Ministero della Giustizia.

Dalla disamina della normativa e della sua evoluzione traspare conpalese evidenza un sistema di designazione del mediatore che, inizialmenteaperto e flessibile e sostanzialmente affidato nella gestione al responsabiledell’organismo (pur nella possibilita di avviare per gli organismi percorsi dispecializzazione sempre strettamente connessi all’attivita facilitativa dasvolgere in mediazione e, quindi, non necessariamente connessi alle speci-fiche competenze derivanti dal bagaglio professionale del mediatore in re-lazione all’oggetto della controversia da conciliare), si e trasformato repen-tinamente, e sull’onda delle contestazioni sollevate anche in sede giudizia-ria, in un sistema rigido e predeterminato nel quale il mediatore sembra es-sere diventato un mediatore “precostituito per... prassi ministeriale”.

Un irrigidimento che incidera profondamente sul percorso culturale eoperativo della via italiana alla mediazione in quanto il rischio principale eche dopo gli interventi “correttivi” e la circolare “interpretativa” la fun-zione del mediatore (che e divenuto obbligatoriamente un “competente”della materia oggetto di lite) sia sempre piu ritenuta contigua a quella di un“valutatore” (“aggiudicatore”), piuttosto che a quella di un “facilitatore”(secondo le indicazioni della direttiva europea, della legge-delega e del de-creto legislativo attuativo) (31).

Una silente quanto profonda rivisitazione dell’intero assetto che ri-schia di scardinarne obiettivi e funzioni nel disperato tentativo di deflazio-nare il carico della giustizia civile, perdendo di vista i significativi apportiche un sistema coerente di mediazione e in grado di offrire, incidendo su-gli aspetti sociali e culturali dell’approccio al conflitto.

Permane cosı il dubbio non soltanto della legittimita dell’interpreta-zione proposta dal Ministero circa la disposizione introdotta al comma 5,lett. e), dell’art. 7 del D.M. n. 180/2010, ma la compatibilita di quest’ul-

(31) L’idea di una mediazione decisamente valutativa (tanto da essere definita nellarelazione illustrativa allo schema di decreto legislativo come “aggiudicativa”) esce rinvigo-rita dal decreto “correttivo”. Collegare indissolubilmente la competenza tecnica o giuridicadel mediatore rispetto all’oggetto della lite ne esalta inevitabilmente le “potenzialita” valuta-tive (quasi a voler promuovere poi, in mancanza di accordo, una proposta conciliativa chepossa esaltare la stessa quale “progetto di sentenza” nella prospettiva di cui all’art. 13 D.Lgs.n. 28/2010).

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tima (soprattutto se intesa nella prospettiva ministeriale) con la normativaprimaria.

Il dibattito e aperto (32).L’auspicio e che una spinta cosı decisa verso un sistema tanto rigido

(nell’attesa di una rivisitazione di tali norme regolamentari attuative) possaindurre una piu estesa operativita di meccanismi procedimentali utili acoinvolgere le parti nella individuazione e, quindi, nella designazione delmediatore. Restando assolutamente priva di dubbio la circostanza che l’in-dicazione ad opera delle parti costituisce valutazione prioritaria ed assor-bente, dovendosi in tali casi prescindere ipso facto da ogni rigida indica-zione regolamentare circa le « specifiche competenze professionali »; crite-rio destinato a soccombere ineluttabilmente dinanzi alla chiara e consape-vole indicazione proposta dalle parti al responsabile dell’organismo chenon potra non tenerne adeguata considerazione.

(32) L’attenzione riservata alla problematica delle « specifiche competenze » del me-diatore sottrae spazi ed attenzione ad una piu approfondita riflessione sulla qualita della me-diazione e, quindi, del mediatore in quanto sembra risolvere in tale aspetto del tutto margi-nale (che rischia di divenire fuorviante in quanto appare assolutizzato) un tema estremamentecomplesso. Sul profilo del mediatore e interessante riportare alcune della qualita che dovreb-bero — secondo Howard Raiffa — caratterizzare un buon mediatore: la pazienza di Giobbe;la sincerita e l’ostinazione di un inglese; lo spirito di un irlandese; la resistenza fisica di unmaratoneta; l’abilita di gioco di un regista su un campo di foot-ball; l’astuzia di Machiavelli;la capacita di analisi psicologica di un buon psichiatra; la capacita di mantenere il segreto; ildorso di un rinoceronte; la saggezza di Salomone (“The art and science of negotiation”).

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DOCUMENTI E NOTIZIE

Ricordo di Pieters Sanders (1912-2012)

Avevamo appena espresso a Lui la nostra gioia per il felice traguardo deicento anni di vita che Pieter Sanders ci ha lasciato, il 27 settembre 2012, « peace-fully in his sleep, an elegant exit », come mi ha scritto la Sua assistente, Judy Free-dberg.

Del resto, tutta la vita professionale di Pieter Sanders e stata un modello dieleganza, di stile e di felice serenita che veniva trasmessa a tutti coloro che ave-vano occasione di incontrarLo.

Il Suo ruolo nello sviluppo dell’arbitrato commerciale internazionale a partiredal secondo dopoguerra e stato ineguagliabile. A Lui si deve in larga misura la for-mulazione della piu importante Convenzione internazionale in materia di arbitrato,quella di New York del 1958 sul riconoscimento e la esecuzione delle sentenze ar-bitrali straniere. A Lui, quale consulente all’epoca dell’UNCITRAL, si deve anchela preparazione del relativo Regolamento di arbitrato del 1976, assai presto larga-mente diffuso tra gli operatori commerciali internazionali per la sua chiarezza edessenzialita di previsioni.

Altre ancora le realizzazioni di Pieter Sanders. Cofondatore nel 1949 delNetherlands Arbitration Institute (NAI); cofondatore, nel 1961, insieme ad altrispecialisti dell’arbitrato riuniti a Ginevra per il negoziato della Convenzione euro-pea sull’arbitrato commerciale internazionale, dell’International Council for Com-merciai Arbitration (ICCA) di cui e stato a lungo il primo presidente; Generai Edi-tor per molti anni delle pubblicazioni ICCA: Yearbook Commerciai Arbitration eInternational Handbook of Commerciai Arbitration; redattore dell’Arbitration Actolandese del 1986.

Per tutti quelli che l’hanno conosciuto la Sua modestia e generosita — qualitarare, proprie delle persone di autentico valore — restano un modello di vita.

[Piero Bernardini]

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La cross examination in arbitrato:i Seminari di CAM e AIA(Milano, 15 maggio 2012 e Roma, 16 maggio 2012)

Nel dibattito internazionale in tema di arbitrato una questione spesso ricor-rente e se siano ammissibili nella procedura arbitrale (e con quali limiti) le tecni-che di cross examination. Su questo tema la Camera Arbitrale di Milano e l’AIAhanno tenuto nelle rispettive sedi di Milano e Roma il seminario formativo “Lacross examination in arbitrato”.

Considerando la liberta piuttosto ampia che l’art. 816-bis c.p.c. garantisce alleparti quanto alla determinazione delle norme che gli arbitri devono osservare nelprocedimento, l’istruzione probatoria viene disciplinata da una norma (art. 816-ter)piu dettagliata, che non intende pero, come rilevato nell’intervento della prof.ssaChiara Giovannucci Orlandi, limitare ma piuttosto aggiungere un esplicito sostegnoall’arbitrato da parte dell’ordinamento. Tale disposizione stabilisce, infatti, che gliarbitri possono assumere direttamente presso di se la testimonianza, ovvero delibe-rare di assumere la deposizione del testimone nella sua abitazione o nel suo ufficio,ove questi vi consenta. Inoltre gli arbitri “possono deliberare di assumere la depo-sizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termineche essi stabiliscono”.

Nel processo civile italiano l’assunzione delle prove orali avviene sulla basedei capitoli di prova presentati in precedenza dalle parti. Tale meccanismo non devenecessariamente essere applicato, ma puo rappresentare un buon aiuto per ottenereil massimo da una testimonianza, soprattutto considerando che l’arbitro puo esserepartecipativo, riformulando e interpretando le domande. Nel processo civile il giu-dice deve valutare precedentemente l’ammissibilita e la rilevanza della prova. Al-cune sentenze hanno evidenziato che i limiti in materia di ammissibilita della provasono posti nell’interesse e a tutela delle parti, e dunque solo queste ultime potreb-bero sollevare le relative eccezioni. Se quindi il procedimento logico e comune algiudice e all’arbitro, quest’ultimo, nel silenzio delle parti, non e certamente vinco-lato a priori dai limiti di ammissibilita delle prove, contenuti nel codice civile.

Un ulteriore problema delicato e quello della testimonianza della parte. Nelc.p.c. (art. 246) e sancita l’impossibilita di chiamare a testimoniare un soggetto cheavrebbe i requisiti per poter intervenire nel processo e quindi che potrebbe, anchesolo potenzialmente, assumere il ruolo di parte. Ascoltare la parte nell’arbitrato in-ternazionale e, peraltro, prassi consolidata anche in Italia. L’attenzione va dunquesemplicemente richiamata sul peso probatorio delle dichiarazioni della stessa almomento della decisione. Non vi sono dubbi, infatti, che al momento della valuta-zione delle prove gli arbitri possano e debbano esercitare pienamente il loro liberoconvincimento.

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Il Prof. Luigi Fumagalli, nel presentare il tema della prova testimoniale nel-l’arbitrato internazionale, ha preliminarmente richiamato le norme in materia diprocedura contenute nelle convenzioni internazionali di New York del 1958 e diGinevra del 1961, rilevando poi che un corpus di regole di particolare rilevanza aifini dell’escussione della prova testimoniale e anche rappresentato dalle Regole intema di assunzione della prova nell’arbitrato internazionale del 2010 dettate dall’In-ternational Bar Association (IBA Rules on the Taking of Evidence in InternationalArbitration). Le parti o il tribunale arbitrale possono decidere di adottare queste re-gole e renderle operanti all’interno del procedimento. Le IBA Rules pongono solu-zioni a molti dei problemi relativi all’assunzione della prova nell’arbitrato interna-zionale. Le IBA Rules indicano come deve essere strutturata l’assunzione del wit-ness statement e danno indicazioni generali circa l’ammissibilita delle prove orali,ferma restando la liberta del tribunale arbitrale in merito alla valutazione delle fontidi prova. Si osserva che nell’arbitrato internazionale si pongono minori limiti intema di ammissibilita dei mezzi di prova rispetto al processo ordinario italiano (sipensi alla testimonianza de relato). In conclusione, vanno ricordate le Regole UN-CITRAL del 1996 sulla organizzazione dei procedimenti arbitrali (UNCITRAL No-tes on Organizing Arbitral Proceedings), le quali non hanno carattere vincolante enon sono nemmeno idonee ad essere recepite dalle parti nel proprio accordo comele IBA Rules. Si tratta di regole di riferimento per le parti e per gli arbitri che ri-guardano la conduzione del procedimento arbitrale, che forniscono, tra le altrecose, indicazioni circa le modalita con cui devono essere redatti i witness statement.

Il tema dell’assunzione della prova testimoniale prima dell’udienza e stato af-frontato — dal punto di vista del legale — dall’avv. Domenico Di Pietro. Dal mo-mento che nell’arbitrato internazionale parti, arbitri e testimoni spesso provengonoda diverse parti del mondo, effettuare un’acquisizione delle prove testimoniali com-pleta dinnanzi al tribunale arbitrale puo rivelarsi molto dispendioso. Per questomotivo, nel rispetto della necessita di concedere alle parti una “fair opportunity todefend himself” e del principio del contraddittorio, si stanno diffondendo tecnichedi acquisizione della testimonianza che permettono di assumere la prova orale al difuori dell’udienza. Per gli avvocati che provengono da un sistema di civil law l’as-sunzione delle prove orali attraverso witness statements redatti al di fuori del-l’udienza e una prassi difficile da accettare e possono sussistere perplessita circa laveridicita di quanto contenuto in tali witness statements. Questo sistema di acqui-sizione delle prove puo essere efficace solo se durante l’udienza si sottopone ad uncontrollo il contenuto dei witness statements: questo controllo avviene attraverso lacross examination. L’introduzione nell’arbitrato internazionale delle tecniche pro-prie del sistema anglosassone implica la necessita da parte dei professionisti pro-venienti da sistemi di civil law di adeguarsi. La prova testimoniale non e una provanecessaria, ma lo diviene nel caso in cui non vi sia la possibilita di reperire unaprova documentale, che in tutti gli ordinamenti ha maggior valore. Vanno inoltrevalutate attentamente le caratteristiche personali del possibile testimone e i suoirapporti con la parte, considerando che potrebbero esserci aspetti personali o difatto che sono di ostacolo se non di impedimento all’assunzione della prova. Biso-gna poi prestare attenzione alla differenza intercorrente tra l’interview ed il c.d.coaching, cioe la preparazione del testimone, che non e permessa in nessun ordi-namento e comporta l’invalidamento della testimonianza. L’avvocato svolge un

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ruolo molto importante non solo nel corso della direct examination, che precede lacross, ma anche nella fase immediatamente successiva a quest’ultima, in quantol’esame del testimone da parte dell’avvocato puo aiutare a superare delle contrad-dizioni che sono emerse durante la cross examination.

Il punto di vista dell’arbitro nell’assunzione della prova testimoniale e statoillustrato dall’avv. Yves Derains. Secondo l’avv. Derains l’istruzione probatoria eda intendersi come uno spazio di liberta delle parti all’interno del procedimento ar-bitrale. Spesso le parti sono in disaccordo circa le modalita secondo le quali si devesvolgere l’istruzione probatoria e gli arbitri devono intervenire per favorire un ac-cordo in questo senso. Ciascuna parte nutre, riguardo al procedimento arbitrale,aspettative diverse a seconda che il sistema giuridico di provenienza sia di commonlaw o di civil law.

Tra i due sistemi cambia anche il concetto di testimone. Nel sistema di civillaw il testimone e colui che era presente al momento del fatto, che non conosce lavittima e che non ha rapporti con le parti. Nel sistema di common law il witness ecolui che conosce un determinato fatto e lo puo spiegare e puo avere rapporti conle parti. Si puo dire che nell’arbitrato internazionale e prevalso il concetto di wit-ness proprio del sistema di common law, perche si accetta la testimonianza di per-sone strettamente legate alle parti e addirittura la testimonianza delle parti stesse. Ilwitness statement puo essere redatto: a) dal testimone con o senza la supervisionedell’avvocato (quest’ultimo caso piu di rado), e b) dall’avvocato, il quale, dopo cheha svolto una conversazione approfondita con il teste, redige una bozza e la sotto-pone a quest’ultimo affinche svolga le sue osservazioni. Nell’arbitrato internazio-nale il witness statement non costituisce una prova in se, bensı la prova e cio cherisulta dal confronto tra il witness statement e la cross examination. Se il testimonenon accetta di partecipare e di “sopportare” la cross examination, la prova non esi-ste.

Quanto all’assunzione della prova testimoniale durante l’udienza, l’avv. Wil-liam B. Mc Gurn ha suggerito alcuni accorgimenti pratici che, se correttamente ap-plicati, potrebbero rendere piu proficua per l’avvocato la cross examination:

• Avere un’ottima conoscenza dei fatti;• Preparare domande chiare;• Non preparare le domande preventivamente perche cio puo impedire di

ascoltare bene il testimone. Talvolta gli spunti piu utili in cross examination emer-gono a sorpresa e bisogna avere la flessibilita mentale di saperli cogliere. Lo scripttende a non far concentrare su quanto viene detto;

• Non richiedere la traduzione simultanea se i testimoni non ne hanno effet-tivamente bisogno. Se il soggetto capisce l’inglese e si fa comunque ripetere la do-manda nella sua lingua ha il doppio del tempo per pensare ed elaborare la risposta;

• Non avere l’unico obiettivo di screditare il testimone;• Usare un tono di voce cordiale e cortese. L’aggressivita ha come principale

effetto quello di rendere giustificabile la reticenza del testimone;• Non umiliare i testimoni. Se non e aggredito, il testimone presumibilmente

non cerchera di sostenere l’insostenibile;• Rimanere cortesi e pazienti anche di fronte a testimoni che evidentemente

stanno dicendo il falso o sostengono cose palesemente inesatte;

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• Non avere paura delle obiezioni;• Evitare di porre domande la cui risposta potrebbe far trovare la propria parte

in una situazione peggiore della precedente;• Interrompere educatamente il testimone se risponde a una domanda diversa

da quella che si e fatta allo scopo di prendere tempo.Il punto di vista dell’arbitro nell’assunzione della prova testimoniale durante

l’udienza, e stato illustrato dal Presidente dell’International Court of ArbitrationICC, John Beechey. Si e rilevato come nella cross examination e fondamentale lapreparazione sui fatti di causa: contraddire un testimone su quanto ha appena detto,dimostrando una conoscenza piu approfondita su alcune questioni fattuali, puo ri-velarsi decisivo. In questo modo infatti e possibile dimostrare la non attendibilitadelle informazioni fornite dal testimone e di conseguenza dimostrare la credibilitadella propria tesi evidenziando le lacune della tesi avversaria. Inoltre nella crossexamination il tempo a disposizione e limitato e quindi e necessario concentrare lerisorse e sfruttare le chance a disposizione per arrivare al punto che interessa. An-che il problema linguistico va analizzato con cura: avere un traduttore puo essereutile per interrogare certi testimoni, ma la traduzione puo essere pericolosa percheda ai testimoni il tempo di riflettere e di rielaborare le risposte.

Quanto all’assunzione delle prove dopo l’udienza, l’avv. Teresa Giovannini hainnanzitutto ricordato che e nel potere del tribunale arbitrale richiedere ulteriorimezzi di prova oltre a quelli forniti dalle parti. Non e inusuale, ad esempio che ilwitness statement sia focalizzato su un documento che non e stato prodotto. Il Re-golamento di arbitrato della ICC prevede il potere del tribunale arbitrale di richie-dere mezzi di prova ulteriori all’articolo 25 comma 5 (“At any time during the pro-ceedings, the arbitral tribunal may summon any party to provide additional evi-dence”). Quindi gli arbitri possono esercitare questo potere anche successivamentealla conclusione dell’udienza.

Quanto alle modalita di assunzione delle prove si deve nuovamente distin-guere a seconda che si operi in un contesto di civil law o in un contesto di commonlaw. Fatto salvo il rispetto dei principi fondamentali, in civil law vige un approc-cio di tipo piu inquisitorio da parte del giudice in relazione all’identificazione delleissues of evidence, e inoltre, mentre nella tradizione anglosassone si consideral’udienza come il climax del processo, la tradizione civilistica riserva una maggioreimportanza alle prove documentali. E in ogni caso essenziale, ai fini del controllodei costi e per evitare un eccessivo allungamento del procedimento, che il tribunalearbitrale non ammetta mezzi di prova su fatti gia addotti dalle parti.

Altre questioni di rilievo sono quelle relative all’acquisizione della prova ealla valutazione delle prove addotte dalle parti. Tendenzialmente la normativa in-ternazionale e i regolamenti delle istituzioni arbitrali lasciano al tribunale la libertadi assumere le prove secondo le modalita che ritiene opportune (cosı il regolamentoCAM all’art. 25 comma 1 e il Regolamento ICC all’art. 25) cosı come lasciano altribunale arbitrale il potere di valutare liberamente le prove fornite dalle parti, salvoquelle che hanno efficacia di prova legale. Cio e previsto anche nelle menzionateIBA Rules on the Taking of Evidence in International Arbitration. Per quantoriguarda la valutazione della prova, ciascun ordinamento differisce circa la possibi-lita o meno, da parte del giudice, di valutare le prove secondo il proprio prudenteapprezzamento. Cio detto appare consigliabile per il tribunale arbitrale che la deli-berazione non avvenga immediatamente dopo l’udienza durante la quale e avvenuta

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l’assunzione delle prove, ma si rifletta su quanto e stato detto nel corso del-l’udienza, sulle testimonianze e sui mezzi di prova dedotti attendendo, quindi, ildeposito delle post-hearing briefs.

AIA - Centro Studi CAM

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