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ISSN 1122-0147 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ARBITRATO Pubblicazione trimestrale Anno XXVII - N. 2/2017 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) RIVISTA DELL’ARBITRATO diretta da Antonio Briguglio - Giorgio De Nova - Andrea Giardina

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ISSN 1122-0147

ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

Pubblicazione trimestraleAnno XXVII - N. 2/2017Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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Antonio Briguglio - Giorgio De Nova - Andrea Giardina

INDICE

DOTTRINA

“L’arbitrato societario”Convegno A.I.A. - Rivista dell’ArbitratoRoma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2 dicembre 2016

Relazioni:

DIEGO CORAPI, La provincia dell’arbitrato societario nel diritto compa-rato ............................................................................................................. 213

PAOLO MONTALENTI, Arbitrato societario e materie compromettibili .......... 231LAURA SALVANESCHI, La costituzione dell’organo arbitrale e il procedi-

mento nell’arbitrato societario italiano .................................................. 245FERRUCCIO AULETTA, Le decisioni cautelari e di merito degli arbitri nel-

l’arbitrato societario italiano (per un ripensamento del potere disospensione dell’efficacia della delibera impugnata: art. 35, c. 5. d.lgs.n. 5/2003) ................................................................................................... 271

IGNACIO ARROYO, El arbitraje en el derecho societario español ................. 283MASSIMO V. BENEDETTELLI, Sull’arbitrato societario “internazionale”........ 299

Interventi programmati:

STEFANO A. CERRATO, Dalle « società » alle « organizzazioni collettive »:una possibile traiettoria evolutiva dell’« arbitrato societario »? ......... 327

FILIPPO CORSINI, Arbitrato e società che fanno ricorso al mercato delcapitale di rischio: problemi e prospettive............................................. 333

VALENTINA ALLOTTI, L’arbitrato societario nella prospettiva delle imprese. 345

GIURISPRUDENZA ORDINARIA

I) Italiana

Sentenze annotate:

Cass., Sez. VI, 24 ottobre 2016, n. 21422, con nota di E. ZUCCONI GALLI

FONSECA, Note sulla nullità della clausola compromissoria statutariacon nomina binaria e sulla sua opponibilità all’usufruttuario ........... 353

III

Cass., Sez. Un., 7 dicembre 2016, n. 25045, con nota di P. LICCI, Il ritornoal futuro delle Sezioni Unite sulla natura e sul regime impugnatoriodella ordinanza di liquidazione del compenso agli arbitrie Postilla (Sui denari delle parti e degli arbitri, sulla natura dell’ar-bitrato e sui feticci) di A. BRIGUGLIO ..................................................... 367

RASSEGNE E COMMENTI

ANDREA CARLEVARIS, Il Regolamento di arbitrato CCI del 2017: proceduraaccelerata e altre modifiche ..................................................................... 387

PIETRO MEINERI, Il riconoscimento dei lodi annullati: l’emergere di ungiudizio di compatibilità tra l’ordinamento nazionale e la sentenzaestera di vacatur........................................................................................ 407

LUCILLA GALANTI, Arbitrato sugli investimenti e forme processuali delconsenso..................................................................................................... 425

DOCUMENTI E NOTIZIE

Il nuovo Regolamento di arbitrato della Camera di CommercioInternazionale ........................................................................................... 449

IV

“Arbitrato societario”

Convegno A.I.A. - Rivista dell’ArbitratoRoma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2 dicembre 2016 (*)

Relazioni

La provincia dell’arbitrato societarionel diritto comparato (**)

DIEGO CORAPI (***)

1. L’arbitrato nella risoluzione di controversie societarie. — 2. L’arbitrato socie-tario “provincia autonoma” nella mappa degli arbitrati. — 3. Carattere istituzio-nale dell’arbitrato societario.— 4. Ambito dell’arbitrato societario: arbitrabilitàsoggettiva e oggettiva.— 5. Carattere nazionale delle norme sull’arbitrato socie-tario. — 6. Considerazioni comparatistiche sulle normative dell’arbitrato societa-rio. — 7. Normative negli ordinamenti di civil law.— 8. Normative negli ordina-menti di common law. — 9. Rilievi conclusivi.

1. Anche nella risoluzione di controversie di natura societaria trovadiffusione l’arbitrato.

Anche in questo caso sono apprezzati quegli aspetti vantaggiosi che ilprocedimento arbitrale può presentare in confronto al contenzioso da-vanti ai giudici ordinari: non solo maggiore fiducia nell’organo giudicantescelto dalle parti e maggiore sua specializzazione e competenza, durata delprocedimento non necessariamente più breve, ma più certa e definibile

(*) Si pubblicano qui di seguito le relazioni e gli interventi programmati nei testi chegli autori hanno fatto pervenire alla Rivista.

(**) Questo scritto è destinato al Liber Amicorum Pietro Rescigno in occasione delsuo 90esimo compleanno.

(***) Professore emerito nell’Università di Roma Sapienza.

DOTTRINA

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dalle parti, istruttoria meno formale più sostanziale, maggiore stabilitàdella decisione, possibile non assoluta ma almeno maggiore riservatezza.

Oltre che per questi aspetti propri dell’arbitrato in generale, ragionedella scelta è anche quella che il ricorso all’arbitrato risulta metodocongeniale alla risoluzione delle controversie relative a contratti di durata,come quelli societari, nei quali le parti cercano una definizione che tengaconto della continuità del loro rapporto per il passato e spesso anche peril futuro.

2. L’arbitrato societario presenta però una sua caratteristica che lofa definire “speciale” rispetto ad arbitrati relativi ad altri rapporti didurata.

Per questa caratteristica l’arbitrato societario si distingue anche daglialtri tipi di arbitrati speciali, quali quelli in materia di lavori pubblici, o dirapporti di lavoro o di sport (1). L’arbitrato societario, non è specialeratione materiae, ma perché, diversamente da quanto accade in tutti glialtri casi, riguarda un rapporto che, pur avendo origine e natura contrat-tuale, assume, in virtù del suo carattere organizzativo, un rilievo istituzio-nale.

L’arbitrato societario è una “provincia” autonoma nella mappa ge-nerale degli arbitrati.

L’arbitrato societario non concerne controversie relative a rapporticontrattuali di scambio che pongano reciproci diritti ed obblighi tra leparti, concerne invece controversie relative a rapporti che pur nascendoda un contratto, ovvero da un atto di autonomia, che significativamentepuò anche non essere contratto, ma soltanto atto unilaterale (come nellasocietà costituita da un unico socio), hanno per oggetto lo svolgimento diuna attività per un fine comune e postulano pertanto la predisposizione diregole organizzative di tale attività.

Nelle società, infatti, l’elemento contrattuale o comunque negoziale(quando si tratta di società unipersonali) costituisce la base su cui si fondal’altro elemento in esse presente, quello dell’organizzazione. Le societànascono, invero, per lo svolgimento di una attività e, quindi, comportanola creazione di una organizzazione di tale attività.

Anche quando l’arbitrato societario si svolge, come sovente accade,tra una pluralità di parti (la società, uno o più soci in posizioni contrap-poste, gli amministratori), non può essere considerato alla stessa streguadegli altri casi di arbitrato con molteplicità di parti, nei quali resta fermoche i rapporti tra di esse costituiscono reciproci diritti ed obblighi e la sola

(1) Sugli arbitrati speciali il vol, III Parte VI - Approfondimenti del Disegno sistematicodell’arbitrato di C. PUNZI, 2ª ed., Padova, 2012, e ivi a p. 153 segg. l’arbitrato societario (con ladenominazione arbitrato commerciale) a cura di C. Corrado.

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questione specifica che si pone è di trovare una regola che consenta la loropartecipazione paritetica alla nomina degli arbitri (2).

In particolare l’arbitrato societario, dovendo adeguare la sua disci-plina al carattere istituzionale delle società, si distingue nettamente dal-l’arbitrato relativo a controversie insorgenti in relazione a rapporti c.d.parasociali, che nascono da contratti aventi come fine l’esercizio concordee coordinato di diritti di socio, ma restano nell’ambito di rapporti con-trattuali sinallagmatici e nei quali il pur indispensabile coordinamentodelle reciproche prestazioni può eventualmente creare soltanto una orga-nizzazione (un comitato) senza rilievo istituzionale (3). Diverso è l’arbi-trato societario anche da quegli arbitrati previsti in altri rapporti, che puravendo carattere associativo e comunione di scopo, non pongono in essereuna organizzazione ovvero in cui, quando questa è posta in essere, non hacomunque rilievo istituzionale, quali i diversi modelli in cui può calarsi unaccordo di joint venture ovvero una associazione temporanea di im-prese (4).

In sostanza, l’arbitrato, che è uno strumento che nasce dal contrattoe vive nel contratto ed è esso stesso espressione dell’autonomia contrat-tuale, quando riguarda le società deve adeguarsi a regole che, pur na-scendo anch’esse dall’autonomia privata, sono espressione di un’organiz-zazione e hanno valenza istituzionale. Queste regole non sono clausole diun contratto, sono regole di un ordinamento ed hanno una constitutionaldimension (5).

(2) L’art. 816 quater c.p.c. introdotto con la riforma dell’arbitrato del 2006 ha definito nelnostro ordinamento la questione della nomina degli arbitri negli arbitrati con pluralità di parti.La questione era da tempo dibattuta: già nel 1991 l’Institute of International Business Law andPractice pubblicava un dossier con le Views from international arbitration specialists sul MultiParty arbitration.

(3) I patti parasociali già definiti da GIORGIO OPPO nella sua classica opera Contrattiparasociali, Milano, 1942 e riconsiderati poi, proprio per distinguerli dalle clausole statutarie,nel mio Gli statuti delle società per azioni, Milano, 1971, 180, hanno trovato riconoscimentonell’art. 2341 bis cod. civ., che ne definisce i contenuti e il limite di durata.

(4) Su questi modelli contrattuali rinvio ai miei scritti, Joint ventures e associazionitemporanee di imprese, in Dizionari del diritto privato promossi da Natalino Irti. Dirittocommerciale a cura di Nicolò Abriani, Milano, 2011 e Le associazioni temporanee di imprese,Milano, 1983. Diversa può essere, invece, la natura dell’arbitrato nei consorzi, a seconda chesiano soltanto interni o svolgano anche attività nei confronti di terzi. In questo secondo casol’organizzazione consortile assume rilevanza istituzionale e può comportare quindi una rego-lamentazione dell’arbitrato analoga a quella dell’arbitrato societario. Sui consorzi, da ultimo, G.MOSCO, Consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Commentario delCodice Civile e codici collegati Scialoja - Branca - Galgano, L. V. Del Lavoro, artt. 2602-2620,Bologna, 2017.

(5) Il termine è corrente nel diritto societario anglosassone. Sulla company’s constitutione sulla necessità di un careful drafting del procedimento arbitrale per adeguarlo alle sue esigenzesi veda infra al para. 8. La diversa struttura dei rapporti interni alle società in forza del lorocarattere istituzionale ha trovato recente conferma nella nostra giurisprudenza con la sentenzaCass. S.U. 20 gennaio 2017, n. 1545, in Foro it., 2017, I, 891 con nota di G. NICCOLINI, che hasancito che “amministratore o consiglio di amministrazione di una s.p.a. sono ad essa legati daun rapporto di tipo societario” che si realizza attraverso “l’immedesimazione organica tra la

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Perciò, con un po’ di arguzia arbitrato e società sono definiti “strangebedfellows” (6) ovvero, potremmo dire in italiano, una coppia difficile daassortire.

3. In effetti la specialità dell’arbitrato societario nasce dalla neces-sità che questo procedimento sia in grado di condurre ad una definizionesoddisfacente e non diversa da quella che si può ottenere dai giudiciordinari, delle controversie che, a prescindere da chi ne sia parte, hannocomunque rilievo per tutti i soggetti interessati all’organizzazione e all’at-tività di una società.

Di qui una prima conseguenza: quella che l’arbitrato nelle societàdeve anch’esso assumere caratteri istituzionali. Perché la decisione degliarbitri possa incidere sulla validità ed efficacia di rapporti che coinvolgonol’istituzione, anche il procedimento arbitrale deve essere regolato conmodalità che, come quei rapporti, abbiano anche esse carattere istituzio-nale.

Da un punto di vista formale, il fondamento dell’arbitrato non può inquesto caso non risiedere in una norma dello stesso ordinamento socie-tario ovvero equiparata a quelle dell’ordinamento societario.

Solo l’inserimento dell’arbitrato nel contesto dell’ordinamento chegoverna le società consente che con l’arbitrato si possano definire contro-versie che non solo coinvolgono le parti del procedimento, ma hannoriflesso sull’attività e sull’organizzazione della società.

In definitiva l’arbitrato si qualifica come societario e viene ad essoapplicata una speciale disciplina che incide sul rapporto sociale in tutta lasua valenza, solo in quanto la clausola compromissoria sia parte dell’or-dinamento societario, sia cioè una clausola statutaria (7).

persona fisica e l’ente”. Sul punto anche Cass. 11 febbraio 2016, n. 2759, in Giur. it., 2016, 1648con nota di G. VARRASI; Arb. Unico Bologna 5 marzo 2013, in questa Rivista, 2014, 853 con notadi L. SALVANESCHI. Il tema dei rapporti tra contratto e istituzione nelle società, che è centralenegli studi della c.d. “scuola romana” del diritto commerciale (ovvero del Maestro GiuseppeFerri e degli allievi, tra cui Paolo Ferro-Luzzi, Carlo Angelici e io stesso), è stato oggetto di unaripresa di considerazione e dialogo nella dottrina italiana più recente, soprattutto per laricostruzione della rilevanza organizzativa delle situazioni soggettive endosocietarie. Riferi-menti al dialogo tra Carlo Angelici, Francesco Denozza, Mario Libertini e Marco S. Spolidorosi trovano nel mio Appunti in tema di arbitrato societario, in Riv. dir. comm., 2015, I, 1, inrelazione all’impatto che il tema ha sulla definizione dei limiti oggettivi dell’arbitrato societario.

(6) Così D. DE GROOT, Arbitration and Company Law: an Introduction, in EuropeanCompany Law, vol. 12, issue 3, June, 2015.

(7) L’art. 34 del d.lg. n. 5/2013 che disciplina l’arbitrato societario nel nostro ordina-mento fa riferimento non agli statuti, ma agli atti costitutivi. La distinzione non è rilevante,tuttavia poiché, il linguaggio del legislatore della riforma societaria ha costantemente prestatoattenzione alla distinzione tra i due documenti della costituzione societaria, è da presumersi cheil preciso riferimento agli atti costitutivi sia stato effettuato per ricomprendere tutte le societàcommerciali, che, anche se di carattere personale, prevedono se non uno statuto, un attocostitutivo (art. 2295 cod. civ.) e per escludere così la società semplice per cui è invece previstoche nasca da un “contratto sociale” (art. 2251 cod. civ.).

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Il carattere non solo contrattuale, ma anche istituzionale dell’arbi-trato in questa materia richiede in definitiva una regolamentazione dellemodalità che sono necessarie perché possa essere efficacemente impie-gato.

Questo carattere non solo contrattuale ma anche istituzionale dell’ar-bitrato societario si riflette, invero, nella necessità di prevedere unadisciplina speciale per ciò che attiene: al carattere vincolante della clausolacompromissoria per la società, per i soci e per tutti coloro che hanno unacarica istituzionale della società; ai criteri per assicurare che la nominadegli arbitri avvenga in modo condiviso dalle parti; al carattere vincolanteper la società, per i soci e per i terzi delle statuizioni del lodo.

Nel nostro ordinamento l’esigenza di questa disciplina speciale è statasoddisfatta con l’introduzione delle norme, gli artt. 34-37 del già richia-mato d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 sulla definizione del procedimento inmateria di diritto societario, che sono rimaste in vigore anche dopol’abrogazione di tutte le altre che nello stesso provvedimento legislativo siriferivano a tale processo e che costituiscono una disciplina completa e ingran parte inderogabile delle diverse questioni poste dall’arbitrato socie-tario.

4. L’esigenza di un corretto e funzionale svolgimento dell’arbitratosocietario si traduce nella diversa configurazione che assume in questocaso la definizione del suo ambito ovvero della sua arbitrabilità soggettivae oggettiva.

Dal punto di vista dell’ambito soggettivo, invero, l’incidenza checontroversie eventualmente insorte hanno nei rapporti della società contutti gli interessati rende necessario regolare la possibilità di un lorocoinvolgimento nel procedimento arbitrale. Non solo quindi a tutti i soci,agli amministratori e in generale a tutti gli interessati alle vicende socie-tarie (i c.d. stakeholders) deve essere assicurata la possibilità di venire aconoscenza dell’instaurazione di un procedimento arbitrale societario, maad essi deve essere assicurata anche la facoltà di intervenire nel procedi-mento.

Dal punto di vista dell’ambito oggettivo, in linea di principio tutte lecontroversie relative a diritti derivanti dal rapporto societario sono daconsiderare deferibili all’arbitrato.

L’art. 34 del d.lg. n. 5/2003, invero, sancisce che la devoluzione adarbitri può riguardare le controversie che abbiano ad oggetto diritti“disponibili” relativi al rapporto sociale.

È stato cancellato dunque il limite della “intransigibilità” della con-troversia, che del resto, con la riforma dell’arbitrato in generale effettuatanel 2006 è stato successivamente cancellato anche dalla definizione diarbitrabilità oggettiva di cui all’art. 806 c.p.c..

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Non sembra che l’indicazione della “disponibilità” dei diritti valga alimitare il campo di applicazione dell’arbitrato societario in misura diversada quanto questo non sia limitato dall’analoga precisazione di cui all’art.806 c.p.c..

Con il riconoscimento pieno della natura giurisdizionale dell’arbi-trato, affermata dalla riforma del 2006 e sancita ora dalla giurisprudenzapiù autorevole (8), si può definitivamente ritenere: anzitutto, che nelnostro ordinamento siano arbitrabili le controversie relative a tutti irapporti patrimoniali (senza dubbio tutti disponibili) tranne le controver-sie per cui l’arbitrato sia espressamente escluso per legge; e, in secondoluogo, che la stessa completa arbitrabilità oggettiva sia riconosciuta ancheper l’arbitrato societario.

Qualche riluttanza a considerare la nozione di “disponibilità” deidiritti relativi al rapporto societario del tutto equivalente a quella del lorocarattere patrimoniale sussiste però ancora in giurisprudenza e in dottrinae si è, invero, tradotta in una interpretazione che ritiene “indisponibili” ic.d. diritti dei soci relativi a questioni che toccherebbero alcune normedell’ordinamento societario imperative e inderogabili, quali quelle ma, unpo’ curiosamente, sembrerebbe soltanto quelle dirette a garantire lachiarezza e la precisione del bilancio (9).

Come già da diversi studi rilevato, questa interpretazione, che rischiadi diventare tralatizia, non appare corretta, perché non tiene conto che idiritti dei partecipanti alla società che, secondo essa, anche se patrimonialisarebbero però indisponibili, sono in realtà soltanto situazioni soggettiveche riflettono norme di legge o statutarie e la indisponibilità che discendedal carattere imperativo e inderogabile delle norme di cui sono il riflessonon riguarda dunque le modalità della loro considerazione nelle delibereche devono in conformità ad esse essere prese.

La delibera non va a toccare una norma dell’ordinamento societario,sia essa di legge o statutaria, sia essa derogabile o inderogabile. La validitào invalidità di una delibera riguarda al contrario proprio e soltanto la suaconformità o non conformità a quella norma dell’ordinamento societario.Tutte le nome di legge e anche quelle statutarie devono essere rispettatedalle delibere che su di esse si basano (10).

(8) Cass. S.U. ord. n. 24153 dell’8 ottobre 2013. Cass. 7 aprile 2015, n. 6909; Cass. 26maggio 2014, n. 11634. Sul punto il mio Appunti, cit.

(9) Così da ultimo le ordinanze Cass. 10 giugno 2014, n. 13031; Cass. 24 ottobre 2014, n.22715; Cass. 10 settembre 2015, n. 17950, in Giur. Comm., 2016, II, 741 con nota di F. CORSI.

(10) Così, il mio Appunti, cit. e con efficacia Francesco Corsi nella breve ma icastica notacitata. Non sono però del tutto d’accordo con la ulteriore sua considerazione, secondo cui ild.lgs. 5/2003 avrebbe inteso configurare una giurisdizione endosocietaria, valida soltanto aglieffetti interni. Se da un lato è certamente vero che i terzi interessati conservano il diritto diimpugnativa ex art. 2379 cod. civ. di fronte al giudice ordinario, è però altresì vero che se invecela controversia viene intentata dai soci davanti ad un tribunale arbitrale, l’eventuale lodo avràgli effetti di una sentenza non solo nei confronti della società e dei soci, ma anche dei terzi

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5. La necessità di una regolamentazione specifica delle questioni chepone l’impiego dell’arbitrato societario viene percepita in tutti i sistemigiuridici.

Una considerazione comparatistica delle diverse soluzioni che siincontrano nei diversi sistemi offre notevole materia di riflessione.

Va in primo luogo rilevato che, a differenza degli arbitrati in materiacontrattuale, le regole relative all’arbitrato societario non possono averecarattere internazionale o transnazionale.

La società è un’istituzione creata e riconosciuta nell’ambito dell’or-dinamento di un determinato paese.

Il rilievo, solo apparentemente banale, è fondamentale. La Corte diGiustizia lo ha così riaffermato: “Diversamente dalle persone fisiche, lesocietà sono enti creati da un ordinamento giuridico e, allo stato attuale deldiritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale. Esse esistonosolo in forza delle diverse legislazioni nazionali che ne disciplinano costi-tuzione e funzionamento” (11). Si può anche ricordare il più risalentedictum del Chief Justice Marshall: “corporation is an artificial being,intangible and existing only in contemplation of law. Being the merecreature of law, it possesses only those properties which the charters of itscreation confers to it” (12).

Anche l’arbitrato, pertanto, se vuole essere strumento di soluzione dicontroversie inerenti a rapporti regolati dalle norme dell’istituzione so-cietaria deve rispettare queste norme che ne impongono termini e condi-zioni di efficacia e — come si è rilevato — deve anche esso essere fondatosu una clausola dello stesso ordinamento societario.

La sede dell’arbitrato societario può essere anche posta in un paesediverso da quello dell’ordinamento nel quale la società è stata costituita eda cui viene regolata, gli arbitri possono essere anche cittadini di paesidiversi, il procedimento può essere anche regolato da regole processualidiverse da quelle dell’ordinamento di cui la società fa parte, resta tuttaviache le regole di fondo, che riguardano l’organizzazione della società equindi la struttura dei diritti ed obblighi ad essa relativi, non possonoessere altro che quelle che governano l’istituzione societaria così comecreata e riconosciuta in determinato ordinamento.

Non solo quindi non è concepibile in questa materia un arbitratointernazionale, soprattutto nella versione floating cara alla dottrina e

interessati, cui del resto proprio perciò è riconosciuto dall’art. 35 del d.lgs. n. 5/2003 il diritto diintervenire nel procedimento arbitrale.

(11) CGCE causa 81/87 sentenza 7 settembre 1988 Daily Mail. Da allora la situazione ècambiata solo per quanto riguarda l’affermazione relativa al diritto comunitario, nel quale èstata introdotta con regolamento la disciplina di una società per azioni europea. Anche inquesto caso, tuttavia, si tratta di un ente creato da un determinato ordinamento giuridico, e cheesiste solo in forza della legislazione di questo ordinamento.

(12) Trustees of Dartmouth College v. Woodward, 4 Wheat 518, 636 (1814).

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giurisprudenza francesi, ma anche appare difficile l’evoluzione e la appli-cazione di principi e regole elaborati nell’ambito della c.d. lex mercatoria.

Anche per l’arbitrato societario vale la circostanza che l’ingresso el’applicazione in un determinato ordinamento di regole spontaneamenteelaborate in un contesto internazionale non può avvenire per sola volontàdelle parti, ma deve passare attraverso la loro recezione formale e l’in-quadramento nel contesto delle regole che governano l’istituzione socie-taria in quell’ordinamento.

Non c’è, insomma, rispetto alle società tassativamente tipizzate perlegge, la facoltà di introdurre nuovi tipi e la introduzione di nuove regoledeve avvenire attraverso un processo di recezione formale ovvero, se sitratta di regole relative a norme disponibili, attraverso l’accertamentodella loro compatibilità con quelle imperative che caratterizzano il tipo disocietà.

Di conseguenza, la disciplina dell’arbitrato societario può esseresoltanto disciplina dell’ordinamento di cui la società fa parte.

6. Ad una considerazione comparatistica della normativa dell’arbi-trato societario nei diversi sistemi giuridici, appare immediatamente comein alcuni sistemi si sia lasciata all’evoluzione della prassi statutaria e dellagiurisprudenza la individuazione e la soluzione delle questioni che ponel’impiego dell’arbitrato in questa materia, mentre solo in pochi altrisistemi si sia intervenuti in via legislativa dettando alcune norme perrisolvere le questioni più difficili della convivenza tra arbitrato e statutosocietario.

Solo in Italia, poi, si è dettata una disciplina che ha maggiore com-pletezza.

Una ulteriore distinzione che appare ad una considerazione compa-ratistica della materia è quella tra la disciplina che si incontra nei paesi ditradizione romanistica ovvero di civil law e quelli di common law.

7. Nell’ambito dei paesi di civil law si possono trovare ordinamentinei quali le difficoltà poste dal carattere istituzionale che assume l’arbi-trato in materia societaria vengono considerate insormontabili così daescluderne la ammissibilità.

In Olanda una decisione dello Hoge Raad del 10 novembre 2006 hasancito che le dispute relative alla validità delle delibere assemblearirientrano nella giurisdizione esclusiva dei tribunali ordinari e non possonoessere devolute in arbitrato.

La Corte ha motivato facendo riferimento alla circostanza che unasentenza sulla validità o invalidità di una delibera di assemblea societariaè efficace erga omnes ovvero “een jeder” e, pertanto, non può essere opera

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di arbitri che giudicano di controversie relative a contratti validi solo trale parti.

Il principio per cui l’arbitrato non può avere efficacia vincolante neiconfronti di terzi rimasti estranei al procedimento è considerato di ordinepubblico (public policy).

In materia viene, da altro punto di vista, richiamato anche l’art. 1020comma 3 del codice di procedura civile olandese secondo cui il compro-messo in arbitri non può servire a determinare conseguenze giuridicherelative a ciò di cui le parti non possono liberamente disporre.

Il limite che incontra l’arbitrato societario in definitiva sembra essererelativo sia all’arbitrabilità soggettiva, sia anche all’arbitrabilità ogget-tiva (13).

In altri paesi dell’area di civil law, invece, l’arbitrabilità delle contro-versie societarie viene discussa soprattutto in relazione all’arbitrabilitàsoggettiva, essendo pacifico che le controversie societarie riguardanosempre diritti patrimoniali disponibili. Si sottolinea, invero, la difficoltà dipoter considerare vincolanti le decisioni arbitrali non solo per le parti delprocedimento arbitrale, ma per la società e i componenti dei suoi organiche non siano stati parte del procedimento e, in generale, per tutti gliinteressati (non solo i soci e gli amministratori, ma più in generale i c.d.stakeholders).

Così in Austria, dopo che a seguito di una riforma della disciplinadell’arbitrato (che è basata sulla legge modello UNCITRAL) l’art. 582ZPO ha riconosciuto l’arbitrabilità di qualsiasi pretesa che riguardi inte-ressi di carattere economico patrimoniale (nonché anche quelli di carat-tere non patrimoniale, ma comunque transigibili), la giurisprudenza haaffermato che è possibile sottoporre ad arbitrato le controversie societariea condizione che tutti i soci possano essere messi in condizione di parte-cipare fin dall’inizio al procedimento (14).

In Belgio la nuova legge del 24 giugno 2013 sull’arbitrato che hariformato la Parte 6 del Codice giudiziario sull’arbitrato (basandosi an-ch’essa largamente sulla legge modello UNCITRAL) sancisce anch’essal’arbitrabilità di qualsiasi pretesa di carattere patrimoniale (nonché diquelle non patrimoniali che siano comunque transigibili). La giurispru-denza belga ha così ritenuto arbitrabili controversie relative all’esclusionedi un socio di società cooperativa, ovvero anche quelle relative alloscioglimento e liquidazione di una società, mentre per quanto attienel’arbitrabilità di controversie interne all’istituzione societaria si rinven-

(13) H. DEMOL VAN OTTERLOO, Arbitration and Company Law in the Netherlands, inEuropean Company Law., cit.

(14) Così la decisione dell’OBH (Suprema Corte austriaca) del 29 giugno 2006 in RdWn. 588 2006. Per altri riferimenti C. Liebscher, Arbitration and Company Law in Austria, inEuropean Company Law, cit.

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gono solo sporadiche sentenze che hanno affermato la arbitrabilità diquestioni relative all’impugnativa di delibere assembleari.

Si ritiene poi che l’arbitrato sia vincolante per tutti i soci, per lasocietà e per i componenti dei suoi organi quando la clausola compromis-soria sia inserita nello statuto sociale. Si considera invero che con l’in-gresso nella società come socio ovvero con l’accettazione di una caricasociale vengano accettate tutte le clausole statutarie, ivi inclusa la clausolacompromissoria (15).

In Francia, muovendo dal generale riconoscimento dell’arbitrabilitàdi ogni genere di controversia ad esclusione di quelle relative allo stato ecapacità delle persone, al diritto di famiglia, a rapporti con enti pubblici ea questioni di ordine pubblico (art. 2060 CPC), la giurisprudenza haammesso in alcuni casi la arbitrabilità delle impugnative di deliberesocietarie.

L’articolo L721-3 inserito nel Code de Commerce con ordinanza 8giugno 2006, modificata con ordinanza 27 giugno 2013 nel confermarel’arbitrabilità delle controversie in materia commerciale, altresì confermal’arbitrabilità di quelle relative alle società commerciali.

Sulla base di alcune decisioni della Cour d’Appel di Parigi, si èsostenuta in dottrina l’arbitrabilità di controversie relative all’impugnativadi delibere assembleari (16). La Cour de Cassation con decisione 9 aprile2002 n. 98 ha deciso per l’arbitrabilità di azioni di nullità della società e,più recentemente la Cour d’Appel di Parigi il 20 gennaio 2015 ha ritenutoarbitrabili questioni relative allo scioglimento di una società, a condizioneperò che tutte le parti interessate e la stessa società potessero partecipareal procedimento.

Anche in Francia, dunque, in assenza di una specifica normativa, lasoluzione della questione dell’arbitrabilità in materia è affidata allo svi-luppo giurisprudenziale e anche in Francia la questione da risolvere èquella dell’arbitrabilità soggettiva.

La stessa linea ma con sviluppi più completi è stata seguita inGermania. Il punto di partenza è stato anche in questo paese il riconosci-mento, sancito dal §1030 ZPO, che (i) qualsiasi azione secondo il diritto diproprietà può essere oggetto di un arbitrato e (ii) qualsiasi pretesa dicarattere non patrimoniale può essere sottoposta ad arbitrato a condizioneche sia transigibile. Pur muovendo da questa ampia nozione di arbitrabi-lità oggettiva, la giurisprudenza tedesca è rimasta per lungo tempo ferma

(15) Così la sentenza 28 febbraio 2013 del Tribunale di Commercio di Deudermonde, inT.R.V. 2013, 266 con nota di S. Sobrie. Per altri riferimenti D. VAN GERVEN, Arbitration andCompany Law in Belgium, in European Company Law, cit.

(16) D. COHEN, Arbitrage et société, LGDJ, 1993, 124. Per altri riferimenti T.A. BARBANT,M. DESPLATS, S. SALEM, Arbitration and Company Law in France, in European Company Law,cit.

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nel negare l’arbitrabilità di controversie societarie da un punto di vistasoggettivo. Il BGH nel 1996 ha escluso che l’impugnazione di delibereassembleari di società per azioni o di società a responsabilità limitatapotesse essere oggetto di un arbitrato. Solo molto dopo la legge interve-nuta nel 1998 che ha riformato il capitolo 10 del ZPO relativo all’arbitrato,la Corte Suprema Federale con una sentenza del 2009 è andata dicontrario avviso e ha deciso per l’arbitrabilità delle controversie relativeall’organizzazione delle società (17).

Tuttavia, tenendo conto delle obiezioni che si erano fino ad allorafrapposte a questa decisione, la Corte ha anche sottoposto il riconosci-mento dell’arbitrabilità ad alcuni presupposti, in particolare alla presenzadi una regolamentazione del procedimento arbitrale che assicuri un livellominimo di partecipazione e di possibilità di intervento a tutti i soggetti chesiano interessati all’esito del procedimento.

Più specificamente il BGH ha statuito che un procedimento arbitralein materia societaria in alternativa al giudizio ordinario è ammissibile acondizione che: (i) il compromesso sia oggetto di una clausola statutariaovvero di un separato accordo stipulato dai soci all’unanimità e dallasocietà; (ii) ogni azionista e ogni componente degli organi societari siainformato dell’inizio del procedimento arbitrale e del suo svolgimento cosìda essere in grado di intervenire; (iii) ogni azionista sia messo in grado dipartecipare alla scelta e nomina degli arbitri, ovvero in alternativa, lascelta sia rimessa ad una istituzione terza neutrale (si ammette comunqueche qualora siano coinvolti nel procedimento un certo numero di azionistiquali parte ricorrente ovvero quali parte resistente, gli azionisti di unaparte possano esprimersi a maggioranza sulla scelta dell’arbitro); (iv) siaccerti che tutte le controversie relative alla stessa delibera assemblearesiano deferite allo stesso tribunale arbitrale.

A seguito di questa decisione del BGH, l’Istituto tedesco per l’arbi-trato (DIS) ha redatto una clausola compromissoria modello da inserirenegli statuti societari. Secondo questa clausola tutte le controversie traazionisti ovvero tra società e azionisti relative a questioni societariesaranno decise secondo il regolamento del DIS (DIS-SchO) e dalleDIS-Supplementary Rules for Corporate Law Disputes O9 (Dis-SR-COLD).

Queste ultime disciplinano dettagliatamente la partecipazione deiterzi interessati, la loro informazione, la riunione degli eventuali diversiprocedimenti arbitrali con uguale oggetto, la costituzione dei Tribunaliarbitrali e l’efficacia erga omnes del lodo.

(17) BGH Urteil vom 6 april 2009. AZ.II ZR 255/08 in Juristen Zeitung 64 Jahrg n. 15/16,pp. 794-799 con nota di M. Habersack.

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Si ritiene che il richiamo di queste regole renda la clausola compro-missoria statutaria e i conseguenti procedimenti arbitrali pienamentelegittimi (18).

Questa evoluzione del diritto tedesco si segnala, in definitiva, peressere riuscita a disciplinare l’arbitrato societario con un intervento rego-lamentare sviluppatosi su piani diversi: dall’affermazione legislativa diprincipio alle pronunce giurisprudenziali nel merito e alla regolamenta-zione di soft law che le ha dettagliatamente attuate.

In alcuni (pochi) altri paesi della tradizione di civil law, oltre all’Italia,la soluzione delle questioni poste dall’arbitrato societario è invece avve-nuta attraverso un intervento del legislatore se non completo, certamentepuntuale rispetto alla questione dell’arbitrabilità oggettiva e soggettiva inmateria.

In Spagna con gli articoli 11 bis e ter della ley 11/2011 si sonointrodotte norme interpretative alla legge che disciplina l’arbitrato, mi-rando a superare alcune delle questioni più controverse in materia diarbitrato societario: si è stabilito che la clausola compromissoria possaessere introdotta negli statuti societari solo con una delibera presa con unamaggioranza di due terzi del capitale sociale; che gli arbitri debbano esserenominati da una istituzione arbitrale terza; che il lodo debba essere iscrittonel Registro Mercantile (19).

In Brasile un recente intervento con legge n. 13.129 del 26 maggio2015, modificando la precedente legge sull’arbitrato del 1996, ha regola-mentato alcuni aspetti nodali dell’arbitrato societario (che già era statoespressamente ammesso per le società anonime dall’art. 109 para. 3 dellalegge n. 6.401 del 15 dicembre 1976 che regola queste ultime). In partico-lare, per definire la questione dell’arbitrabilità soggettiva si è introdotto intale legge un nuovo art. 136-A con cui si è sancito che l’introduzione diuna clausola arbitrale nello statuto societario può essere deliberata amaggioranza dai soci, ma che in tal caso i soci dissenzienti possonorecedere dalla società (20).

In Svezia il cap. 7, art. 54 della legge sulle società di capitali prevedela possibilità di introdurre negli statuti societari una clausola arbitrale perle controversie tra società, amministratori e soci.

(18) F. ROTH, Arbitration and Company Law in Germany, in European Company Law,cit.

(19) M.P. PERALES VISCASILLAS, La reforma de la Ley de Arbitraje (Ley 11/2011 de 20 deMayo), in Revista de arbitraje comercial y de inversiones 2011, vol. 3, 667.

(20) G. BONATO, La riforma brasiliana dell’arbitrato, in questa Rivista, 2017, 39; A.BRIGUGLIO, Prospettive d’indagine e spunti comparatistici considerando la “legge sull’arbitrato”brasiliana anche dopo la novella del 2015, in questa Rivista, 2016, 33. Va comunque rammentatoche in Brasile, all’opposto di quanto previsto dalla norma italiana (art. 34 d.lgs. n. 5/2003), laclausola compromissoria è obbligatoria per le società che intendono quotarsi alla Borsa Valori.Sull’illogicità del divieto italiano si vedano i miei Appunti, cit.. Sulle difficoltà della clausolacompromissoria nelle public corporations statunitensi si veda infra para. 8.

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In Finlandia, la nuova normativa nelle società di capitali entrata invigore con la legge n. 624 del 2006, prevede all’art. 24.3 che una clausolaarbitrale nello statuto di una società sarà vincolante per i soci, gli ammi-nistratori, i componenti dell’organo di controllo. Di fronte al rilievo che lecontroversie relative a rapporti societari possono avere rilevanza anchenei confronti di terzi, la giurisprudenza ha ritenuto che in linea di principiociò non escluda la loro arbitrabilità, ma comporti solo la necessità diintrodurre temperamenti che consentano di superare ogni difficoltà (21).

In Russia, il cui ordinamento giuridico (specialmente dopo la fine delsistema sovietico) è fondato sui concetti e nozioni della civil law, con ledue leggi federali del 29 dicembre 2015 di riforma dell’arbitrato si èintrodotta una disciplina che ha superato le decisioni giudiziali finoracontrarie alla ammissibilità dell’arbitrato societario. Il principio generaleè che sono arbitrabili tutte le controversie che possano essere oggetto diricorso ai tribunali ordinari e in materia societaria tutte le controversie,eccetto quelle espressamente escluse che riguardano società c.d. “strate-giche” ovvero relative a procedure di offerte pubbliche d’acquisto e diriacquisto di azioni. Si statuisce, poi, che il procedimento arbitrale dovràsvolgersi secondo regolamenti di istituzioni arbitrali, che prevedano interalia regole per gli arbitrati con pluralità di parti, per l’informazione di tuttigli interessati, per il loro intervento, per la riunione di procedimenti aventilo stesso oggetto e altre materie (tra cui anche la possibilità di esperire unaclass action in arbitrato). È chiara l’influenza che sulla redazione di questeregole hanno avuto le DIS-Supplementary Rules tedesche (22).

8. Passando ora a considerare come si pongono le fondamentaliquestioni dell’arbitrato societario nei paesi della tradizione di commonlaw, si può notare che, pur partendo da presupposti analoghi a quelli degliordinamenti di civil law, le nozioni di contract e in particolare di c.d. privityof contract sono intese in modo più restrittivo e rigoroso rispetto a comesono intese dalle corrispondenti norme della civil law, e che la nozione dicompany (ovvero corporation) è prevalentemente considerata come fic-tion di carattere giuridico-formale.

Le soluzioni cui approdano i due ordinamenti maggiormente rappre-sentativi di questa tradizione risultano però in buona misura differenti.

L’ordinamento inglese e quello degli Stati Uniti, in virtù della richia-mata comune tradizione in materia di contratto e di persona giuridica e ingenerale per l’impostazione propria della common law a ricostruire le

(21) Sulle norme vigenti in Svezia e Finlandia, L.A. MISTELIS, Arbitrability: International& Comparative Perspectives, Kluwer, 2009, 282; K. LÖF & A. STEEN, Arbitration and CompanyLaw in Sweden, in European Company Law, cit.

(22) A. YADYKIN, M.C. MEKAT, N. RUBINS, The Russian Arbitration Reform, in Arb. Int.,2016, 641.

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regole giuridiche in funzione della rilevanza dell’azione, rectius del rime-dio che consentono (“remedies precede law”), sono senza dubbio entrambiportati a definire l’arbitrabilità delle questioni societarie con riferimentosoprattutto ai rimedi risarcitori cui il procedimento arbitrale così comequello davanti alle Corti ordinarie dovrebbe dare riconoscimento.

Nel diritto inglese, a seguito dell’Arbitration Act del 1966 e della suaapplicazione, ancorché non siano previste norme che espressamente con-sentano che particolari tipi di controversie societarie siano devolute inarbitrato, si è tuttavia ritenuto che questa mancanza non sia preclusivadella sua ammissibilità.

Dopo la decisione fondamentale della Supreme Court nel FulhamFootball Club Case e la susseguente decisione della High Court nelLondon Steamship Owners Case (23) si è confermato che in base alprimato che nel diritto inglese è riconosciuto al contratto come espres-sione dell’autonomia delle parti, non vi è ragione per non ammettere cheanche le controversie tra le parti di una società siano arbitrabili.

Si sono però definiti quali siano i limiti di questa arbitrabilità. Unlimite è costituito dalla eventuale presenza di una public policy che rendanecessaria la trattazione della controversia davanti ad un giudice ordinario(l’esempio è quello di una controversia societaria che involga profili dicarattere penalistico).

Altri due limiti sono più interessanti perché discendono dalla conce-zione propria del rapporto societario come agreement e dei remedies cuipuò dar luogo. Una questione societaria non è dunque arbitrabile quandoi remedies che sollevandola si vogliono ottenere hanno un impatto sudiritti dei terzi (nel caso Fulham Football Club si ritenne che la questionedella responsabilità degli amministratori fosse arbitrabile, in quanto il suoesame non coinvolgeva materie di carattere istituzionale, quali lo sciogli-mento della società o altri provvedimenti relativi all’attività societaria).

Questa posizione del diritto inglese è erede della tradizionale impo-stazione secondo cui gli atti della società e dei suoi rappresentanti sonofrutto di decisioni dei soci (a maggioranza) e che quindi ogni rimedio dicarattere demolitorio, volto cioè ad eliminare l’irregolarità a riportare sulterreno della legittimità gli atti societari attraverso il loro annullamento,dichiarazione di nullità, etc. non ha rilevanza concreta, essendo semprerimessa ai componenti della società la decisione in proposito (è la regoladel caso Foss v. Harbottle [1843] 2 Haare 461, che respinse la richiesta diannullamento di una delibera assembleare per violazione delle regole sullasua votazione sul presupposto che la approvazione, modifica o cancella-zione delle delibere era nella disponibilità dei soci che avrebbero sempre

(23) Fulham Football Club Case (1987) Ltd. v. Richards, [2012] 1 All. ER (Com). 1148;London Steamship Owners’ Mutual Insurance Association Ltd. v. Kingdom of Spain, ThePrestige (No. 2) [2013] EWHC 3188.

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potuto a maggioranza correggerla). Il rimedio anche in quel caso avrebbedovuto essere una sanzione per l’eventuale responsabilità dell’illegitti-mità.

In conclusione con questi limiti posti dalla considerazione che ilremedy in arbitrato è soltanto di carattere risarcitorio, si può intendere ildictum del diritto inglese secondo cui “a dispute between members of acompany or between shareholders and the board about alleged breaches ofthe articles of association or a shareholders’ agreement is an essentiallycontractual dispute which does not necessarily impairs the rights of creditorsor impinge in any statutory safeguards imposed for the benefit of thirdparties” (24).

Si cerca così di mantenere il carattere contrattuale dell’arbitratoanche in presenza di una valenza costituzionale delle regole delle società.

Per una più precisa definizione di questa situazione da più parti siauspica che si introducano nel diritto delle companies norme che, pren-dendo esempio dalla normativa degli Stati Uniti, confermino che laclausola arbitrale può essere introdotta con voto a maggioranza nella“constitution” di una società, che il tribunale arbitrale ha gli stessi poteridel giudice ordinario anche rispetto alle azioni di classe e che la decisionedegli arbitri ha efficacia di res judicata (25).

Negli Stati Uniti, in cui per l’appunto queste regole sono presenti,l’impostazione culturale di fondo non è, però, diversa da quella tradizio-nale della common law che privilegia i rimedi risarcitori rispetto a quellidemolitori.

Diversa però è l’evoluzione che, guidata soprattutto dalla giurispru-denza, in quel paese ha avuto luogo portando alla elaborazione delleregole basilari per l’arbitrato societario.

Il riconoscimento che le intra-corporate disputes possono essere de-volute in arbitrato è avvenuto senza difficoltà da quando con il FederalArbitration Act (FAA) del 1925, sradicando la vecchia ostilità dellacommon law, si è sancito espressamente che “arbitration agreements are asenforceable as other contracts”, si è riconosciuto che l’arbitrato può essereprevisto negli statuti delle corporations.

Difficoltà invece si sono per lungo tempo registrate sulla sua ammis-sibilità delle public corporations, nelle società che fanno appello al pub-blico risparmio.

Per superare queste difficoltà, la dottrina del nexus of contracts si è

(24) Così nel Fulham Football case sopra citato.(25) J. LEE, Intra-Corporate Dispute Arbitration and Minority Shareholder Protection: A

Corporate Governance Perspective (February 23, 2015) available at SSRN https//:ssrn.com/abstract=2736981.

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prestata per dare un fondamento all’arbitrabilità delle controversie intra-corporate anche nelle public corporations (26).

Lo sviluppo, a parte i legittimi dubbi che in generale solleva la teoriacontractarian, è interessante perché ci mostra che anche in un ordina-mento di common law le questioni fondamentali dell’impiego dell’arbi-trato nel campo societario si pongono nel contesto del rapporto tracontratto e istituzione.

Nonostante il divieto dell’inserimento di clausole statutarie sancitedall’art. 115 della Delaware Corporation Law, il diritto degli altri Stati eil diritto federale riconoscono la loro ammissibilità (27).

Si assiste anzi al tentativo di farsi scudo della presenza di clausolecompromissorie per evitare la class action con il semplice escamotage diprevedere espressamente nella clausola che questa azione non è ricom-presa tra quelle che si possano devolvere in arbitrato (28).

La possibilità di affidare anche al singolo partecipante alla societàl’azione a tutela degli interessi collettivi che questa può vulnerare con lasua azione, l’attribuzione cioè del derivative suit all’azionista singolo,consente di adeguare il principio secondo cui gli obblighi di procederelegittimamente all’attività societaria sorgono nei confronti dei soci utisinguli, ma della società nel suo insieme al riconoscimento che la viola-zione di tali obblighi può essere fatta valere anche dal singolo socio.

9. Dallo sguardo gettato sulla accoglienza riservata all’arbitratosocietario in diversi ordinamenti di civil law e di common law, possonotrarsi, credo, alcuni interessanti rilievi.

(26) Non è un caso che lo studioso che per primo elaborò la teoria contractarian, J.Coffee, Shareholders versus Managers: the Stain in the Corporate Web, in 85 (1) Michigan LawReview 1-109 (1986) sia stato anche uno dei primi a mettere in correlazione l’uso dell’arbitratocon le azioni a tutela dei soci investitori nelle public companies (J. COFFEE, No Exit? Opting Out,the Contractual Theory of the Corporation and the Special Case of Remedies, in 53 Brooklyn L.Rev. 919 (1988). Mostrando maggiore convinzione nella possibilità di rendere arbitrabili lecontroversie delle public corporations, pur riconoscendo che in confronto al successo dell’ar-bitrato nelle private corporations, il suo impiego nelle public corporations sarebbe rimastoeccezionale, R. Shell, Arbitration and Corporate Governance, in 67 N.C.L.REV. 517 (1989) hasostenuto che la privatized alternative offerta dall’arbitrato è possibile a condizione che delprocedimento sia data adeguata informazione agli azionisti.

(27) CH.A. RAVANIDES, Arbitration Clauses in Public Company Charters: An Expansionof ADR Elysian Fields or a Descent into Hades?, in The American Review of Int. Arbitration(ARIA) 18 no. 4, 371-459 (2009). L’introduzione di clausole arbitrali nella public corporation hacomportato una notevole concorrenza nei confronti dell’ordinamento del Delaware (il cuisistema giudiziale, come è noto, è particolarmente corporation friendly). Sul punto la nota 19maggio 2017 di L.H. LO SUCKI, Delaware’s Fall: the Arbitration By-Laws Scenario, in UCLASchool of Law,. Law & Economics Research Paper Series. Research Paper no. 17-10 (forthco-ming in Delaware’s Dominance in Corporate Law, Cambridge Univ. Press, 2018).

(28) La Corte Suprema, con una discussa decisione 200-US n. 12-133, Amex v. ItalianColors Restaurant del 20 giugno 2013 ha ritenuto legittima la clausola arbitrale di una publiccompany ancorché escludesse espressamente la possibilità di una class action. Sul punto Ch. A.RAVANIDES, Arbitration Clauses, cit. e il mio Appunti, cit., nota 19.

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In primis appare confermato che in tutti gli ordinamenti considerati sisia consapevoli della necessità che le regole del procedimento arbitrale, diorigine contrattuale e miranti a risolvere controversie relative a rapportischiettamente contrattuali, per essere poste in base di procedimenti rela-tivi a rapporti societari debbano essere adeguate al carattere istituzionaledi questi.

In tutti gli ordinamenti considerati l’arbitrato societario quando èammesso è perciò una “provincia” autonoma rispetto agli altri arbitratiordinari o speciali.

Si è visto poi come più specificatamente le regolamentazioni dell’ar-bitrato societario siano soprattutto volte a risolvere la questione dellaarbitrabilità soggettiva. Occorre assicurare cioè che la scelta dell’arbitratosia coerente con le regole dell’istituzione societaria, che al suo procedi-mento possano partecipare tutti gli interessati e che il lodo sia vincolanteper la società per i soci e per tutti i terzi coinvolti nell’attività dell’istitu-zione societaria.

Solo gli ordinamenti che, prendendo atto della necessità di questoadeguamento, hanno introdotto le regole opportune a realizzarlo sonoriusciti a dare spazio all’arbitrato societario.

In proposito appare interessante notare come seguendo percorsidiversi in Germania e in Italia si sia giunti a risultati equivalenti.

Nel nostro paese è stato con il consapevole e coerente interventolegislativo che le questioni dell’arbitrato societario hanno trovato solu-zione e, per assicurare tali risultati, le norme introdotte sono state protettecon la sanzione della nullità in caso di violazione (29). In Germania è statol’intervento della giurisprudenza che ha indirizzato verso analoghe solu-zioni concrete.

Interessante è, poi, che la questione più difficile da risolvere sia statao sia tuttora nei diversi ordinamenti considerati quella dell’arbitrabilitàsoggettiva, mentre minori difficoltà sembrano essersi presentate per ladefinizione dell’arbitrabilità oggettiva.

In tutti gli ordinamenti considerati non è dubbio, invero, che oggettodi arbitrato possa essere qualsiasi controversia intra-societaria, a tutteessendo riconosciuto carattere patrimoniale.

Sorprende dunque come nel nostro ordinamento, mentre l’interventolegislativo ha definito in modo più completo e più puntuale di quanto siregistri negli altri ordinamenti tutti gli aspetti relativi all’arbitrabilitàsoggettiva delle controversie in materia societaria, ci si attardi ancora adefinire i limiti della loro arbitrabilità oggettiva in stridente contrasto conil riconoscimento della natura giurisdizionale dell’arbitrato e degli effetti

(29) L’arbitrato societario è stato, invero, acutamente definito arbitrato “da legge”: così,immediatamente dopo l’entrata in vigore delle norme ad esso relative, A. BRIGUGLIO, Arbitratiobbligatori e arbitrati “da legge”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 81.

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di sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria attribuita al lodo. Comel’esperienza comparativa conferma, sembra giunto il momento di ricono-scere la piena arbitrabilità di tutte le controversie societarie (30).

(30) Seguendo così l’intuizione di E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim.dir. proc. civ., 2003, 521. Da ultimo nello stesso senso L. SALVANESCHI, Arbitrato, in Commentariodel codice di procedura civile a cura di Sergio Chiarloni, L.IV - Dei procedimenti speciali, sub art.806, Bologna, 2014, 17 ss.

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Arbitrato societario e materie compromettibili

PAOLO MONTALENTI (*)

1. Il nuovo arbitrato societario nel contesto della riforma dell’arbitrato di dirittocomune — 2. Le controversie compromettibili: un’opzione sistematica. — 3. Lecontroversie compromettibili: i diritti relativi al rapporto sociale. Patti parasocialie cessione di azioni e quote. — 4. I diritti disponibili: profili generali. — 5.L’arbitrabilità dei diritti disponibili in materia societaria: lo stato dell’arte. — 6. Lacasistica: l’impugnativa della delibera di bilancio. — 7. Altri casi. — 8. Quasi unaconclusione.

1. 1.1. Il diritto societario — come ripetutamente si afferma — èterreno elettivo per la giustizia arbitrale (1). Ricordava Pier Giusto Jaeger,in un pregevole scritto in materia di arbitrato e società commerciali, che ilCode de commerce del 1807 aveva previsto l’obbligatorietà dell’arbitratoper le controversie tra soci e società relative a società commerciali (2). Lanorma fu successivamente soppressa, ma testimonia dell’intuizione anti-cipatrice della legislazione napoleonica circa la funzionalità dell’istitutoper la soluzione di liti societarie, in misura forse ancora più intensa che inaltri settori.

(*) Professore ordinario nell’Università di Torino.(1) Mi permetto di segnalare in argomento, alcuni miei precedenti scritti: P. MONTALENTI,

La riforma dell’arbitrato: primi appunti, in Giur. it., 2007, 501 ss.; ID., L’arbitrato riformato e il“nuovo” arbitrato societario: appunti, in L’impatto della riforma societaria sulle clausole statu-tarie relative alla risoluzione dei conflitti, IV volume dell’Osservatorio di Diritto societario diMilano, Milano, 2010, 83 ss. Per una più ampia disamina dei profili relativi alla riformadell’arbitrato di diritto comune mi permetto di rinviare al mio Il nuovo arbitrato societario nelcontesto della riforma dell’arbitrato di diritto comune, in AA.VV., L’arbitrato. Profili di dirittosostanziale e di diritto processuale, a cura di Alpa e Vigoriti, parte VII, Profili speciali, Cap. I,Giur. sist. civ. e comm., Torino, 2013, 995 ss.; ID., L’arbitrato societario: appunti, in Riv. Trim.Dir. e Proc. Civ., 2013, 1275 ss.

(2) Così P.G. JAEGER, Appunti sull’arbitrato e le società commerciali, in Giur. comm.,1990, I, 219 e nota 1. Ebbi modo di segnalare l’interessante precedente storico da lui richiamatoin uno scritto ormai risalente: Arbitrato e società commerciali, in P. MONTALENTI, Personagiuridica, gruppi di società, Corporate governance, Padova, 1999, 257.

Sul tema, cruciale in materia di arbitrato societario, della validità delle clausole “vecchiostile”, vedi sin d’ora, anche per la tempestività dei rilievi critici, G. DE NOVA, Controversiesocietarie: arbitrato societario o arbitrato di diritto comune?, in Contratti, 2004, 847 ss.

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L’arbitrato, in materia commerciale e quindi, a fortiori, in materiasocietaria, assume un ruolo rafforzato di strumento alternativo alla giu-stizia togata, per la celerità delle decisioni, per la “competenza” deigiudici, scelti tra esperti del settore o addirittura tra esperti della materia;per l’“indipendenza” degli arbitri, che riposa — o dovrebbe riposare — sudi una solida cultura e deontologia arbitrale; per la “riservatezza” delprocedimento e della decisione.

Il legislatore della riforma societaria ha certamente inteso rafforzare,sotto molteplici profili, l’istituto, allo scopo di corroborarne la funzione distrumento alternativo di risoluzione delle controversie, in un ambito incui, come si è detto, le peculiarità dell’arbitrato trovano un terrenoelettivo di apprezzamento.

Vedremo, tuttavia, che il disegno del legislatore è rimasto, per qual-che verso, incompiuto.

1.2. Il d.lgs. n. 5 del 2003, ha innovato la materia dell’arbitratosocietario, con una “riforma pilota”, quasi un “laboratorio anticipatore”nel quale il legislatore ha sperimentato soluzioni innovative poi in granparte estese, con il d.lgs. n. 40 del 2006, all’arbitrato di diritto comune.

Ampliamento delle controversie compromettibili, vincolatività raffor-zata della clausola e delle statuizioni del lodo, poteri cautelari degli arbitri,intervento dei terzi: queste le novità salienti.

Più precisamente, tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra isoci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili sono compromet-tibili in arbitrato (art. 34, comma 1º, d.lgs. n. 5 del 2003) e, se lo statuto loprevede espressamente, anche le controversie promosse da o contro am-ministratori, liquidatori e sindaci (art. 34, comma 4º, d.lgs. n. 5 del 2003).

Sono espressamente ricomprese le questioni di validità delle delibe-razioni assembleari, ma in tal caso gli arbitri devono decidere secondodiritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’art. 829, comma 2º (oracomma 3º), c.p.c. (art. 36, comma 1º).

L’efficacia dell’arbitrato è rafforzata. « La clausola è vincolante per lasocietà e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto dellacontroversia » (art. 34, comma 3º, d.lgs. n. 5 del 2003). « Le statuizioni dellodo — dispone l’art. 35, comma 4º, — sono vincolanti per la società ».

I poteri degli arbitri risultano significativamente accresciuti.L’art. 35, comma 5º, d.lgs. n. 5 del 2003, contiene una disposizione

fortemente innovativa: « agli arbitri compete il potere di disporre (...) lasospensione dell’efficacia della delibera »; si statuisce però che la sospen-sione viene disposta « con ordinanza non reclamabile »: considerata l’im-portanza del provvedimento cautelare in materia di deliberazioni assem-bleari, si è introdotto quasi un anomalo “procedimento sommario”.

Risolvendo poi una questione controversa il legislatore della riforma

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ha stabilito che « la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di unacontroversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art.669-quinquies c.p.c. » (art. 35, comma 5º, d.lgs. n. 5 del 2003).

Il nuovo arbitrato societario può trovare applicazione in tutte lesocietà commerciali, purché non facciano ricorso al mercato di capitale dirischio.

Per l’introduzione o la soppressione della clausola è necessaria lamaggioranza dei due terzi del capitale sociale ed è riconosciuto, ad assentie dissenzienti, il diritto di recesso (art. 34, comma 6º, d.lgs. n. 5 del 2003).

È previsto l’intervento di terzi ex art. 105 c.p.c. e di altri soci (art. 35,comma 2º, d.lgs. n. 5 del 2003). La domanda della società e nei confrontidella società è soggetta al deposito presso il registro delle imprese ed èaccessibile ai soci (art. 35, comma 1º, d.lgs. n. 5 del 2003).

Infine si è introdotto un istituto — il c.d. arbitrato gestionale (art. 38,d.lgs. n. 5 del 2003) — che rappresenta un unicum nel panorama interna-zionale.

Una disciplina, dunque, fortemente innovativa diretta a favorire losviluppo dell’arbitrato.

Vi è tuttavia un punto nella nuova disciplina dell’arbitrato societarioin cui si annida una grave incertezza, che rischia di minare l’obiettivo,dichiarato, di snellire la lentezza della giustizia togata in materia d’im-presa: l’art. 34, comma 2º, d. lgs. n. 5 del 2003 stabilisce infatti che, a « penadi nullità », la clausola compromissoria deve prevedere la nomina di tuttigli arbitri da parte di un soggetto esterno.

La questione ha creato, come ho illustrato ampiamente in altrasede (3), un contrasto aperto in giurisprudenza, nonché in dottrina, meri-tevole, come ho anche recentemente suggerito (4), di essere risolto legi-slativamente.

In questo senso parrebbe orientata la “Commissione Alpa” (5) chepare ipotizzare non già la soluzione del c.d. “doppio binario” bensìl’affidamento della nomina, in caso di clausola non conforme, al Presi-dente del Tribunale (delle Imprese, dunque); soluzione che, tuttavia, nonelimina, come invece sarebbe opportuno, ogni incertezza interpretativa, inquanto, per come è scritta, la norma parrebbe riferita non all’ipotesi di

(3) P. MONTALENTI, L’arbitrato societario: appunti, cit.; ID., Audizione del prof. avv. PaoloMontalenti alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati (Roma, 23 giugno 2015), inGiur. arb., 1/2016, 146 ss.

(4) Audizione del prof. avv. Paolo Montalenti alla Commissione Giustizia della Cameradei Deputati, cit.

(5) Si tratta della “Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organicadisciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo allamediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato”, presieduta da Guido Alpa che haconcluso i suoi lavori il 18 gennaio 2017.

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nomina binaria ma al caso di previsione di nomina eteronoma conomissione dell’indicazione del soggetto terzo prescelto (6).

1.3. Il percorso riformatore è proseguito con il d.lgs. 2 febbraio 2006,n. 40 (in attuazione della delega di cui all’art. 1, comma 2º, l. 14 maggio2005, n. 80), che ha portato a compimento una complessa e articolatariforma dell’arbitrato di diritto comune (7), con disposizioni che si appli-cano a tutti i procedimenti arbitrali, anche societari, nei quali la domandasia stata proposta dopo il 1º marzo 2006.

Le linee direttrici della riforma possono essere così schematizzate: a)razionalizzazione e rafforzamento dell’istituto; b) estensione dell’ambitodi applicazione dell’arbitrato; c) riduzione di eccessivi formalismi tipicidella previgente disciplina; d) rafforzamento dei poteri degli arbitri; e)semplificazione o chiarimento di diversi profili procedimentali, anche allaluce dei problemi interpretativi e delle soluzioni adottate nella pratica; f)previsione di regole analitiche in tema di responsabilità degli arbitri.

È in questo quadro sistematico — segnato da un fil rouge che uniscel’arbitrato ordinario all’arbitrato societario — che la disciplina dell’arbi-trato societario deve collocarsi.

2. 2.1. Il tema delle materie compromettibili in arbitrato societarioassume — a mio parere — un ruolo sistematico di centrale rilievo nellaricostruzione interpretativa dell’istituto.

In termini generali la linea direttrice comune agli interventi legislativiin materia di arbitrato può individuarsi nella progressiva omologazionealla giustizia togata: si pensi all’equiparazione degli effetti del lodo aglieffetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria (art. 824-bis,c.p.c.); nell’arbitrato societario, al carattere vincolante della clausola per lasocietà e tutti i soci (art. 34, comma 3º, d.lgs. 5/2003), al potere cautelaredi sospensione dell’efficacia della delibera (art. 35, comma 5º, d.lgs.5/2003), all’intervento di terzi (art. 35, comma 2º, d.lgs. cit. e art. 820c.p.c.).

Tuttavia il pregiudizio che ha circondato a lungo l’arbitrato — intermini di “giustizia minore” — è un formante non del tutto espunto bensì“carsicamente” riemergente: penso, ad esempio, alla mancata abrogazione

(6) Vedi sul punto, esattamente, L. SALVANESCHI, La costituzione dell’organo arbitrale eil procedimento nell’arbitrato societario italiano, relazione al Convegno AIA su L’arbitratosocietario, Roma, 2 dicembre 2016, in questo fascicolo, nonché, ID., Sulla “Proposta in materiadi arbitrato per le controversie tra soci ovvero tra i soci e la società”, in Giur. arb., in corso distampa, che, giustamente, suggerisce una più appropriata formulazione.

(7) Per una meditata valutazione della riforma e dell’attuale — ma ancora eccessiva-mente frammentato — panorama normativo in materia di arbitrato, si legga S. LA CHINA,L’arbitrato: tutto tranquillo dopo la riforma?, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 507 ss.; C. PUNZI,Luci ed ombre nella riforma dell’arbitrato, ivi, 2007, 395 ss.

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dell’arbitrato irrituale, diffusamente — ed erroneamente — ritenuto, nellaprassi corrente e non qualificata, come procedura più snella, meno for-malizzata, più souple — è stato scritto (8) — anziché caratterizzata dallodo-contratto.

È un pregiudizio che non corrisponde alla volontà del legislatoreperché contrasta con l’obiettivo del riformatore di aumentare l’efficaciaoperativa dell’istituto.

2.2. La linea di policy legislativa, qui sinteticamente illustrata, deveindirizzare l’interprete verso un’interpretazione “estensiva” delle re-gole (9), se pure, come si dirà, con le dovute cautele, al fine di noncontrastare il triplice obiettivo del legislatore di rafforzare l’istituto, disussumere la procedura arbitrale in un sistema autosufficiente e di ren-derne meno incerta e più chiaramente individuabile l’area di operatività.

Sotto quest’ultimo profilo il tema delle controversie compromettibiliin arbitrato societario è paradigmatico, nel senso che l’esclusione dimaterie rilevanti — tema classico: la deliberazione di bilancio — rischia didepotenziare impropriamente lo strumento e di creare incertezze opera-zionali che contrastano nettamente anche con l’esigenza di tutela dell’af-fidamento degli operatori.

L’area di arbitrabilità delle controversie è disegnata da multipliconfini:

(i) controversie tra soci o tra soci e società...;(ii) ... aventi ad oggetto diritti relativi al rapporto sociale;(iii) ... diritti che siano disponibili;

inoltre:(iv) controversie promosse contro amministratori, liquidatori e

sindaci ovvero nei loro confronti;ed infine:

(v) validità di deliberazioni assembleari.In sintesi i problemi interpretativi sono essenzialmente due:

(i) quali diritti siano « relativi al rapporto sociale »;(ii) quali siano i « diritti disponibili ».

3. (10) 3.1. La prima questione riguarda i patti parasociali.Un’interpretazione rigorosamente formale condurrebbe a ritenere

che, trattandosi di accordi estranei o esterni al rapporto sociale, con

(8) Così E. ZUCCONI GALLI FONSECA, sub art. 806 c.p.c., in AA.VV., Arbitrato, Commen-tario diretto da F. Carpi, 3ª ed., Bologna, 2016, 79 ss.

(9) È l’impostazione proposta anche da D. CORAPI, Appunti in tema di arbitrato societa-rio, in Riv. dir. comm., 2015, 1 ss.

(10) In linea generale si veda E. ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in Arbitratispeciali, Commentario diretto da F. Carpi, 2ª ed., Bologna, 2016, 81 ss. e ID., Recenti sviluppinella giurisprudenza dell’arbitrato societario in Giur. comm., 2011, II, 231.

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efficacia meramente inter socios, i patti parasociali dovrebbero esseresempre esclusi dall’area di operatività della clausola arbitrale statutaria: èl’opinione che parrebbe maggioritaria (11). Ma non convince (12).

In primo luogo si deve osservare che la riforma del diritto societario,e prima ancora il Testo Unico della Finanza, hanno espressamente disci-plinato i patti parasociali, in particolare sotto il profilo della loro incidenzasul governo dell’impresa — dal voto all’influenza dominante (art. 2341-bis,cod. civ.; art. 122, comma 5º, T.U.F.) — e quindi in relazione a questioniconcernenti la “statica” e la “dinamica” del rapporto sociale.

La causa genetica del patto è pur sempre da individuarsi, comeinsegnò Giorgio Oppo, nel contratto di società.

Inoltre l’espressione « relativi al rapporto sociale » è testualmente piùampia, come è stato osservato (13), rispetto alla dizione dell’art. 2949, c.c.in tema di prescrizione dei diritti « che derivano » dal rapporto sociale (14).

Ritengo pertanto che, in linea di principio, salvo quanto ora precisato,le questioni relative a quanto disciplinato nei patti parasociali sianosuscettibili di essere ricompresi nell’ambito di applicazione della clausolaarbitrale statutaria.

Tuttavia con alcune, precise, distinzioni.(i) Se i patti parasociali — si pensi ad accordi preassembleari sul

voto — sono inseriti in statuto la materia sarà senz’altro arbitrabile (15).(ii) Vero è però che il carattere tipizzante del patto — l’essere

“relativo” al rapporto sociale — deve condurre, a mio parere, a ritenerericompresi nell’ambito di applicazione della clausola statutaria anche ipatti separati ai quali l’estensione sia espressamente prevista dalla clausola.

(iii) In ragione del collegamento funzionale tra patto e contratto sipotrebbe anche sostenere che debba estendersi l’operatività della clausolaarbitrale statutaria ai patti separati qualora essa non ne escluda espressa-

(11) E. F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 532; F.CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. it., 2003, 1290; CHIARLONI,Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato societario e sulla natura del lodo, in Riv. trim.dir. proc. civ., 2004, 133; G. CABRAS, I principi dell’arbitrato e l’arbitrato societario, in www.dir-comm.it, par. 4; G. DE NOVA, Controversie societarie: arbitrato societario o arbitrato di dirittocomune?, in Contratti, 2004, 848; E. DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, Bologna, 2013, 129;contra, L. COLANTUONI, in ID., et. al., I procedimenti (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), Milano, 2003,438; dubitativo R. SALI, L’arbitrato per le nuove società. Dodici (piccoli) nodi applicativi equalche proposta, in Giur. it., 2005, 442 ss., il quale esclude però che la clausola compromissoriastatutaria comprenda i patti parasociali.

(12) In questo senso anche E. ZUCCONI GALLI FONSECA, op. ult. cit., 82.(13) Da S.A. CERRATO, La clausola compromissoria nelle società. Profili sostanziali.,

Torino, 2012, 58.(14) In argomento vedi ora, anche per la comparazione tra i due istituti, R. RIVARO, La

prescrizione nel diritto societario, in corso di stampa.(15) Così anche R. COSTI, I patti parasociali e il collegamento negoziale, in Giur. comm.,

2004, I, 200.

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mente l’estensione e quando, di là dalla collocazione extra-statutaria, ilrapporto regolato debba tuttavia intendersi come sociale.

La tesi non è priva di fondamento sistematico. Ed infatti è statoesattamente posto in luce (16) come, in linea di principio non è sempre lacollocazione formale che può condurre alla qualificazione della clausolacome sociale o parasociale.

Tuttavia ritengo che la opinabilità “fisiologica” del concetto di “rela-zione” (con il rapporto sociale) debba condurre ad una risposta nega-tiva (17). È vero che adducere inconveniens non est solvere argumentumma, in realtà, il principio di linearità esegetica e di prevenzione delconflitto ben può considerarsi un fondamento ermeneutico, per cui parepiù razionale ed efficiente ritenere che, qualora l’estensione ai pattiparasociali non sia espressamente prevista dalla clausola, « l’operativitàampliata » della stessa non opera.

(iv) La clausola arbitrale statutaria non si estende ai patti paraso-ciali in tre ipotesi: (a) qualora l’estensione ai patti parasociali non siaespressamente prevista; (b) in ogni caso, qualora si tratti di patto conclusoin parte tra soci in parte con soggetti terzi; (c) qualora il patto parasocialecontenga un’autonoma clausola arbitrale. In quest’ultimo caso — si devesottolineare — si applicherà il regime arbitrale di diritto comune e non ladisciplina dell’arbitrato societario.

3.2. Ritengo che, pur in presenza di alcune voci giurisprudenzialicontrarie (18), l’interpretazione estensiva possa, anche con riferimento allacessione di quote o di azioni, essere accolta, tuttavia nei limiti e quindi neimedesimi termini in cui si è proposta in relazione ai patti parasociali.

Più precisamente la clausola arbitrale statutaria non si applica aicontratti di cessione di azioni o quote (a) qualora l’estensione non siaprevista; (b) qualora il contratto sia concluso con soggetti terzi; (c) qualorail contratto contenga un’autonoma clausola arbitrale, dunque di dirittocomune.

(16) Vedi sul punto, per tutti, C. ANGELICI, La società per azioni. Principi e problemi, inTratt. dir. civ. e comm., già diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, continuato da P.Schlesinger, Milano, 2012, 251.

(17) In questo senso E. ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., che però ammette l’estensionesia pure in casi eccezionali. Confermo quindi l’opinione espressa in L’arbitrato societario:appunti, cit.

(18) Cfr., ad esempio, Cass., 31 marzo 2014, n. 7501, in Giur. it., 2014, 1134 ss., con notadi L. BOGGIO, Trasferimento della quota del socio accomandatario e limiti oggettivi della clausolaarbitrale statutaria, con riguardo ad un preliminare di compravendita peraltro di quota diaccomandatario e quindi di vicenda che comporta la modifica del contratto sociale, per cui ladecisione è oggettivamente opinabile conf. Trib. Milano, 3 agosto 2015, in Ilsocietario.it, 2015,23 dicembre. F. GENNARI, L’arbitrato societario, in Galgano F. (diretto da), Tratt. dir. comm. dir.pubb. ec., Padova, 2009, 80 ritiene opportuno distinguere caso per caso, ritenendo, ad esempio,arbitrabile in forza di clausola statutaria le controversie in tema di prelazione o gradimento, edinvece estranea la lite in cui la parte sostenga di non aver mai assunto la posizione di socio.

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La tesi prospettata potrebbe esporsi alla critica secondo cui perquesta via la qualificazione della materia dei patti parasociali e dellacessione della partecipazione sociale siccome relativa al rapporto socialeoppure invece come estranea ad esso è affidata (sia pure con limitazioni)all’autonomia privata e ciò non sarebbe ammissibile.

Ritengo che la critica non colga nel segno. Per due ragioni.Anzitutto la prevalenza tipologica della relazione con il rapporto

sociale oppure invece del carattere intersoggettivo della controversia nonè scolpita invariabilmente e astrattamente nella “natura” degli accordi mapuò variare in ragione del loro concreto atteggiarsi; per questo motivo laqualificazione affidata all’autonomia delle parti pare ammissibile; e unospunto è offerto da un’attenta giurisprudenza che, se pur obiter, hariconosciuto la facoltà delle parti ad attribuire la competenza al giudicearbitrale (19).

Inoltre, ove si accolga la tesi secondo cui in caso di clausola chepreveda la nomina ancien régime dell’organo arbitrale la “sanzione” nonè la nullità bensì l’inefficacia, con l’applicazione della disciplina dell’arbi-trato di diritto comune (20) oppure, la nullità parziale con le medesimeconseguenze (21) oppure ancora, nell’ipotesi di attuazione della riformaproposta dalla Commissione Alpa, se interpretabile in termini di nominasostitutiva da parte del Presidente del Tribunale (22), la soluzione quiaccolta troverebbe un’ulteriore conferma.

Un’ultima precisazione: si deve comunque chiarire, come è statoesattamente sottolineato (23), e come sopra si è sostenuto, che ove il pattoparasociale o il negozio di cessione di quote coinvolgano terzi non soci, laclausola non potrà operare a meno che non ci si trovi di fronte ad ipotesidi estensione soggettiva del patto compromissorio, come nel caso delcontratto a favore di terzo.

4. In tema di indisponibilità — sotto un profilo sistematico generale— alcuni punti fermi possono ritenersi oggi consolidati.

Superata l’equazione indisponibilità/intransigibilità, non può distin-guersi tra incompromettibilità piena e incompromettibilità attenuata (24).

L’arbitrato può vertere sia su diritti sia su singole questioni (25).

(19) Cfr. Trib. Milano, 17 febbraio 2015, n. 2162, in www.giurisprudenzadelleimprese.it.(20) Ho sostenuto questa tesi già nell’immediata entrata in vigore della norma. In

argomento si veda ora ampiamente S.A. CERRATO, La clausola compromissoria nelle società, cit.,130 ss.

(21) Così F.P. LUISO, Artt. 34-36 d.lgs. 5/2003, in Il nuovo processo societario, a cura diF.P. Luiso, Torino, 2006, 576 ss.

(22) Ma sulla incertezza interpretativa che suscita la proposta della Commissione Alpavedi supra § 1.2. e nota 6.

(23) Da E. ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 85.(24) S. LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, 4ª ed., Milano, 2011, 45.(25) E. ZUCCONI GALLI FONSECA, op. cit., 20.

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L’indisponibilità non coincide con l’inderogabilità delle norme (26).Non si deve confondere indisponibilità oggettiva con la carenza di

legittimazione a disporre del diritto (27), tema particolarmente rilevante inmateria di delibere assembleari in cui la disponibilità del diritto di tran-sigere l’azione di responsabilità o di sostituire la delibera nulla in capoall’assemblea e non all’ente-società non può considerarsi argomento attoa fondare l’indisponibilità del diritto, trattandosi di mera regola procedu-rale di imputazione, ininfluente sulla natura del diritto.

5. La legge delega aveva assegnato ampio mandato al legislatoredelegato per superare il limite della disponibilità dei diritti come barrieraalla compromettibilità.

Ma il legislatore delegato non si è spinto oltre quella soglia: l’art. 34,d.lgs. n. 5 del 2003, fissa il confine nell’ambito dei « diritti disponibilirelativi al rapporto sociale ».

Disposizione che oggi si coordina con la norma relativa all’arbitrato didiritto comune; l’art. 806 c.p.c. esclude l’arbitrabilità delle controversieche abbiano per oggetto « diritti indisponibili ».

L’art. 34, comma 5º, d.lgs. n. 5 del 2003, precisa poi che non sonocompromettibili « le controversie nelle quali la legge preveda l’interventoobbligatorio del pubblico ministero ».

Apparentemente la questione parrebbe semplificata dalla previsione,di cui all’art. 36, comma 1º, d.lgs. n. 5 del 2003, secondo cui, pur con ilvincolo della decisione secondo diritto e del lodo impugnabile, il giudizioarbitrale può avere ad oggetto la « validità delle delibere assembleari ».

Ma i problemi rimangono in realtà apertissimi in quanto, anche inrelazione alle delibere assembleari, è controverso se l’oggetto della deli-bera sia del tutto irrilevante ai fini della compromettibilità; e l’opinioneprevalente è in senso contrario.

Sul tema generale della disponibilità le opinioni rimangono forte-mente articolate tra chi (a) sostiene la compromettibilità anche di contro-versie non transigibili (28) — salvo quelle con intervento obbligatorio del

(26) C. PUNZI, Ancora sulla delega in tema di arbitrato: riaffermazione della naturaprivatistica dell’istituto, in Riv. dir. proc., 2005, 968.

(27) Contra E. F. RICCI, La delega sull’arbitrato, in Riv. dir. proc., 2005, 957 e ID., Profililiberali della nuova disciplina dell’arbitrato, in AA.VV., Libertà e vincoli nella recente evoluzionedell’arbitrato, Milano, 2006, 27, che avrebbe auspicato, de iure condendo, un richiamo allapatrimonialità, piuttosto che alla disponibilità del diritto, in linea con la sua concezionedell’arbitrato come scelta di un giudice, piuttosto che di un intero strumento di soluzione delleliti; conf. RUOSI, in L. P. COMOGLIO e ROM. VACCARELLA (a cura di), Codice di procedura civileipertestuale, Torino, 2006, 3040.

(28) Art. 2436, comma 4º, c. c.: mancata iscrizione modifiche statutarie; art. 2446, 2ºcomma, c. c.: riduzione del capitale ad opera del giudice; art. 2487, comma 4º: revoca delliquidatore.

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Pubblico Ministero (29) —, chi (b) estende l’ambito a tutte le controversieriguardanti gli organi sociali anche ove i diritti siano indisponibili (30), chi(c) — con riferimento alle deliberazioni — sostiene la compromettibilitàgeneralizzata (31) e chi invece (d) ripropone — con gli adattamenti allanuova disciplina sostanziale — la tesi (già avanzata da Andrioli) dellacompromettibilità delle controversie relative a delibere — oggi anchenulle — salvo quelle relative all’illiceità dell’oggetto (32).

Ma anche nel quadro dei principi generali, su cui, peraltro, come si èvisto, le tesi non sono affatto unanimi, le singole questioni concreterimangono aperte.

Le questioni più controverse riguardano: (i) le delibere nulle diapprovazione del bilancio; (ii) lo scioglimento della società; (iii) la nullitàdella società.

6. In materia di bilancio la Suprema Corte (33) aveva fornito, siapure obiter, uno spunto verso il superamento del tradizionale orienta-mento negativo della compromettibilità, ma in relazione ad un caso in cuil’inveridicità del bilancio era questione incidentale, oggi conoscibile, siapure senza effetto di giudicato (art. 36, comma 1º, d.lgs. n. 5 del 2003). Inuna più recente pronuncia la S.C. si è invece espressa per l’incompromet-tibilità (34).

Sul punto è vero che, come molti hanno osservato, il criterio discre-tivo non può più essere fondato sulla distinzione tra nullità e annullabi-lità (35); ma permane, tuttavia, per una nutrita giurisprudenza, il limite deidiritti di terzi (36).

Anche la giurisprudenza arbitrale nota ha assunto, con un lodo

(29) E. FAZZALARI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in questa Rivista, 2002,443 ss., spec. 444; C. CONSOLO, Sul “campo” dissodato della compromettibilità in arbitri, in questaRivista, 2003, 243 ss., spec. 255 s.

(30) E.F. RICCI, Il nuovo arbitrato societario, cit., 521.(31) F. B. LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, 710.(32) F. CARPI, Profili dell’arbitrato in materia di società, in questa Rivista, 2003, 419; S.

CHIARLONI; Appunti, cit., 131.(33) Cass., 23 febbraio 2005, n. 3772, in Soc., 2006, 637 ss.(34) Così Cass. 30 ottobre 2012, n. 18671.(35) Da ultimo, R. COSTI, Arbitrato societario e impugnativa delle delibere di bilancio, in

Riv. trim. dir. e proc. civ., numero speciale, La disponibilità della tutela giurisdizionale (cin-quant’anni dopo), suppl. al Fascicolo 1, 2011, 129 ss., ove riferimenti. Vedi però, Trib. Prato, 19marzo 2009, in Società, 2010, 194 ss.; Trib. Napoli, 6 luglio 2010, in Società, 2011, 335 ss., e Trib.Napoli, 31 gennaio 2011, ined.

(36) Trib. Milano, 10 dicembre 2010, anche in Società, 2011, 715 ss. Nel senso dell’arbi-trabilità si veda invece Trib. Milano, 22 febbraio 2011, in questa Rivista, 2011, 291 ss.; Trib.Milano, 22 aprile 2011, in Società, 2011, 858 ss.; Trib. Milano, 10 novembre 2011, in Giur. it.,2012, 2069 ss.; in precedenza, v. già Trib. Napoli, 8 marzo 2010, in Società, 2010, 1510 ss.; Trib.Tolmezzo, 14 maggio 2009, ined.

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autorevole, ancorché non recentissimo (37), un atteggiamento cauto, di-stinguendo però tra impugnativa per « alterazione della struttura delbilancio », ritenuta non arbitrabile, e impugnativa per « difetto di infor-mazione che non incide sulla struttura del bilancio » che è stata inveceritenuta suscettibile di rientrare nella competenza del Tribunale arbitrale.

La distinzione, pur raffinata, non convince, per la difficoltà di distin-guere rigorosamente i due profili, spesso strettamente intrecciati con unaconseguente grave incertezza applicativa.

Aperture si colgono anche nella giurisprudenza di merito più attenta.Il Tribunale di Milano ha recentemente ritenuto che « si deve poi osser-vare come oggetto della azione sia una delibera, che è atto di per sésoggetto alla volontà delle parti: ne discende che la controversia sullaapprovazione del bilancio riguarda un atto disponibile, se è vero, come èvero, che i soci possono approvare o non approvare il bilancio lorosottoposto e nel bilancio, come nella sua approvazione, si uniscono valorie criteri univocamente necessitati secondo legge ad aspetti lasciati allavolontà delle parti, quali ad esempio la rapidità degli ammortamenti, gliaccantonamenti, entro certi limiti anche la valutazione degli assets e delleriserve, la destinazione degli utili. Risulta pertanto non condivisibilel’affermazione che solo perché vi siano taluni principi inderogabili posti inmateria di bilancio qualsiasi delibera che di questo tratti sia esclusa dalnovero di quelle compromettibili. È d’altronde la stessa Cassazione nellasentenza 23 febbraio 2005, n. 3772 che, nel nuovo regime, osserva come“l’area dell’indisponibilità sia più ristretta di quella degli interessi generi-camente superindividuali”, con il che non risulta sufficiente, per escluderela compromettibilità in arbitri, riconoscere — come dovuto — al bilanciouna funzione di tutela della collettività, per la sicurezza dei traffici ovveroper la certezza della garanzia patrimoniale della società debitrice » (38).

Ma la più recente giurisprudenza di Cassazione ha nuovamenteristretto l’area di arbitrabilità statuendo essere « non compromettibili inarbitri le controversie che hanno ad oggetto l’accertamento della viola-zione delle norme inderogabili dirette a garantire la chiarezza e precisionedel bilancio (39) »: una soluzione opinabile. Come ha osservato arguta-mente Francesco Corsi nel titolo della nota di commento: “Arbitratosocietario: è davvero impossibile lavare in famiglia i panni sporchi delbilancio?”. In realtà non in famiglia ma in una sede di giustizia optimojure.

(37) Si tratta del Lodo “Grande Stevens” del 25 novembre 2008, ora pubblicato in Giur.arb., 2016, 61 ss.

(38) Cfr. Trib. Milano, 13 maggio 2013, n. 6710, in www.giurisprudenzadelleimprese.it.(39) Così Cass., 10 giugno 2014, (ord.), n. 13031, ined.; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22715,

(ord.), ined.; Cass., 10 settembre 2015, n. 17950, (ord.), in Giur. comm., 2016, II, 737 ss. con notadi F. CORSI.

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La questione rimane dunque gravata di incertezza: ma l’arbitrabilitàriconosciuta delle delibere, la disponibilità del diritto di impugnativa, lanatura relativa della nullità a me paiono solidi argomenti a sostegno dellatesi dell’arbitrabilità (40).

7. In materia di non arbitrabilità dello scioglimento della società (41)e sulla — discutibilissima — tesi dell’incompromettibilità della revoca diamministratore di società di persone (42) la giurisprudenza non offrenuove aperture.

Può dirsi invece superato l’orientamento che confondeva la materiadella responsabilità dell’amministratore di società azionaria — semprearbitrabile — con la causa dell’addebito (irregolarità del bilancio) (43).

Numerose sono le controversie che ancora non sono ritenute, se purcon voci di dissenso (44), arbitrabili: si pensi alla nullità della società; allariduzione obbligatoria del capitale sociale; all’aumento di capitale. Èquindi auspicabile che nel solco tracciato dalla riforma dell’arbitrato didiritto comune, netto verso l’equiparazione tra arbitrato e giudizio togato,il jus condendum conduca all’arbitrabilità di tutte le controversie societa-rie, ad eccezione di quelle con l’intervento obbligatorio del PubblicoMinistero.

8. Permane, in ultima analisi, la sensazione che nel nostro ordina-mento, nonostante un processo progressivo, ma incompleto, di emancipa-zione dell’arbitrato da strumento eccezionale e derogatorio di giustizia adistituto equiparabile alla giurisdizione togata — si pensi all’equiparazionedel lodo alla sentenza (art. 824-bis c.p.c.) e alla priorità dell’arbitratorituale rispetto all’arbitrato irrituale (arg. ex art. 808-ter c.p.c.) — per-manga una non residuale diffidenza, quasi che l’arbitrato fosse “figlio di undio minore”: la “teologica ripulsa” di cui parlava Salvatore Satta.

Considerata la già vigente estensione della efficacia della clausola diarbitrato societario, la previsione della chiamata di terzo, la se pur parzialeestensione delle materie compromettibili, sarebbe opportuno, come si èdetto, un intervento legislativo che risolva il problema della clausolaancien régime, estenda l’arbitrato societario a tutte le società, dichiari

(40) Ma contra, ancora recentemente, S.A. CERRATO, La clausola per arbitrato societarioin Italia: questioni ancora aperte, in Giur. it., 2014, 1527, che nega la disponibilità del diritto purammettendo “l’arretramento della tutela invalidatoria”.

(41) Trib. Ravenna, 3 febbraio 2006, in Giur. it., 2006, 1875 ss.(42) Trib. Belluno, 26 ottobre 2005, ivi, 1639 ss.(43) Vedi ora Trib. Milano, 25 giugno 2005 e Trib. Bologna, 25 maggio 2005, ivi, 1639 ss.;

tuttavia, in senso contrario, a quanto è dato comprendere, Cass., 12 settembre 2011, n. 18600,in Banca Dati Leggi d’Italia e in Corr. giur., 2012, 365.

(44) Si veda, anche per i riferimenti, E. DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, in Strumentidel diritto. Diritto commerciale, diretto da G. Cottino, Bologna, 2013, 41 ss.

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compromettibili tutte le controversie societarie, ad esclusione delle liti incui sia previsto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero: con ilrisultato di chiarificazione e di certezza per gli operatori e di maggioreconseguente efficienza della giustizia.

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La costituzione dell’organo arbitralee il procedimento nell’arbitrato societario italiano

LAURA SALVANESCHI (*)

1. L’unico modello di clausola compromissoria statutaria per arbitrato ritualeinterno è quello previsto dall’art. 34 d. lgs n. 5/2003. — 2. La clausola statutaria chedisciplini un arbitrato estero — 3. La clausola statutaria che disciplini un arbitratoirrituale. — 4. La possibile integrazione delle disposizioni sull’arbitrato societariocon le norme ordinarie in materia di arbitrato. In particolare l’integrazione con leprevisioni dell’art. 809 cod. proc. civ. — 5. La nomina sostitutiva a frontedell’inerzia del terzo designato e l’integrazione con le previsioni dell’art. 810 cod.proc. civ. — 6. La domanda di arbitrato e la richiesta di nomina dell’organoarbitrale: forma, tempo e pubblicità — 7. L’intervento e la chiamata in causa diterzi. — 8. Le questioni pregiudiziali.

1. Tramontata il via definitiva la suggestione che il nostro ordina-mento preveda, accanto all’arbitrato societario di cui agli articoli 34 s. d.lgs. n. 5/2003, un arbitrato societario di diritto comune che abbia la suafonte in una clausola compromissoria statutaria, è oggi convinzione con-solidata che quella regolata dall’art. 34 del richiamato decreto societariosia l’unica e imperativa clausola compromissoria che gli atti costitutividelle società possono prevedere per la devoluzione ad arbitri delle con-troversie sociali, così come definite dallo stesso art. 34 d. lgs. n. 5/2003.

Da tempo la Cassazione ha risolto infatti il non lieve disorientamentodella giurisprudenza di merito chiarendo che la norma di cui all’art. 34 èimpositiva di una forma necessaria ed esclusiva di clausola compromisso-ria in ambito societario, comminando la nullità della convenzione diarbitrato che non preveda che il potere di nomina degli arbitri abbia fonteeteronoma. È quindi escluso che gli statuti delle società possano preve-dere clausole compromissorie redatte ai sensi delle norme di dirittocomune che disciplinano l’arbitrato ed è altrettanto escluso che unaclausola compromissoria nulla in quanto formulata in violazione del

(*) Professore ordinario nella Università Statale di Milano.

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requisito della nomina eteronoma degli arbitri imposto dall’art. 34 d. lgs.n. 5/2003 possa convertirsi in una clausola valida che introduce un arbi-trato regolato dalle norme generali del codice di rito. La Cassazione èormai ferma nel rigetto della tesi del doppio binario e basa correttamentetale convinzione sul principio di ordine pubblico dell’imparzialità delladecisione. In un contesto potenzialmente plurilaterale, qual è per defini-zione l’arbitrato societario, la nomina dell’intero collegio arbitrale daparte di un soggetto terzo è infatti presidio del carattere paritario di ogninomina, perché pone ognuna delle parti originarie, oppure sopravvenuteper via di intervento, in posizione di uguaglianza rispetto alla designazionedegli arbitri.

Lo stato attuale della giurisprudenza, con riferimento alla nominadegli arbitri societari, consente dunque di lasciare sullo sfondo il tema deldoppio binario e di richiamare oggi solo in via riassuntiva le ragioni che findall’emanazione del decreto societario mi hanno indotto a ritenere che ilmodello di cui all’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 costituisca l’unico tipo possibiledi arbitrato rituale societario italiano che si fonda su una clausola com-promissoria statutaria.

Punto centrale della scelta legislativa di privare le parti del potere dinominare un arbitro fiduciario è la caratteristica della clausola compro-missoria statutaria di regolare le liti di un intero gruppo sociale e nonquelle dei soci come singoli (1). La convenzione di arbitrato inseritanell’atto costitutivo o nello statuto di una società non è destinata adisciplinare una lite individuale, quanto piuttosto controversie che appar-tengono al gruppo sociale organizzato in quanto tale. Ed è questa laragione per cui l’art. 34 d.lgs. n. 5/2003 impone modalità di formazionedell’organo arbitrale di derivazione terza, in quanto tali capaci di soddi-sfare sempre e comunque le esigenze di un arbitrato potenzialmenteplurilaterale. Anche nelle ipotesi in cui l’arbitrato nasce come bilaterale,infatti, la platea dei possibili contendenti è estesa dall’art. 35 d. lgs. n.5/2003 al gruppo dei soci e anche a terzi estranei che vogliano partecipareal giudizio arbitrale per via di intervento volontario.

La norma che regola la nomina degli arbitri societari pone quindi lesue basi sul principio di ordine pubblico che impone l’uguaglianza di tuttele parti nella nomina del collegio arbitrale ed è conformata in modo taleda garantire comunque, attraverso il sistema di nomina eteronoma del-l’organo arbitrale, l’uguaglianza delle parti nella sua formazione qualun-que sia o divenga la sua struttura soggettiva. Proprio per questo illegislatore ha sancito la nullità delle clausole compromissorie statutariedifformi dal modello legale, con conseguente reviviscenza del potere

(1) Per la lucida dimostrazione di questo assunto cfr. E.F. RICCI, Il nuovo arbitratosocietario, in Riv. trim. dir. proc., 2003, 217 e seg.

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decisorio del giudice statuale. Questa è la conclusione oggi pienamentecondivisa dalla Cassazione (2), che, correttamente, non lascia spazio al-cuno a nomine fiduciarie.

2. Partendo dunque dall’idea che la clausola compromissoria statu-taria sia solo quella e proprio quella prevista dall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003,vorrei soffermarmi sui problemi rimasti un po’ in ombra in materia dinomina degli arbitri societari, oscurati dalla centralità che per anni haavuto il tema della unicità o duplicità del sistema. Tuttavia, prima diarrivare all’esame di profili che sono in qualche modo di dettaglio, pur sedotati di importanza per gli aspetti di funzionamento del sistema, vorreioccuparmi di due questioni che in qualche modo riguardano ancoral’unicità o meno dell’arbitrato da clausola compromissoria statutaria, purin una prospettiva maggiormente di nicchia. Si tratta infatti di capire se ilmodello unitario imposto dalla legge riguardi il solo arbitrato societariorituale italiano, con esclusione quindi sia dell’arbitrato estero, sia dell’ar-bitrato irrituale.

I due problemi, in qualche modo legati tra loro, hanno tratti distintivimarcati e vanno quindi trattati separatamente. Il primo dei due è digrande interesse teorico, anche se, in concreto, è noto un solo caso di suaespressa decisione nell’ambito di un procedimento amministrato dallaICC (3). La questione di fondo è se una clausola compromissoria inseritanello statuto di una società italiana possa devolvere le liti sociali adarbitrato avente sede in uno Stato diverso. Si tratta insomma di rispondereal quesito se nella struttura degli articoli 34-36 d.lgs. n. 5/2003 sia impli-citamente delineata anche l’obbligatorietà della sede dell’arbitrato interritorio domestico, fermo restando, ovviamente, che la sede di cui sidiscute è quella dell’arbitrato e non quella della società.

Delineato così il tema di indagine, a me pare che la risposta debbaessere negativa. La clausola statutaria, oppure le parti nella successivadeterminazione delle regole dell’arbitrato, possono infatti fissare la sededell’arbitrato all’estero, senza incontrare divieti di sorta. Ciò deriva inprimo luogo dalle norme di legge: il decreto societario non contienealcuna disposizione che riguardi la sede dell’arbitrato e dal silenzio non èdato inferire alcuna regola che imponga di porre la sede dell’arbitrato inItalia. In materia la norma riferimento è allora, per l’arbitrato societariocome per l’arbitrato di diritto comune, l’art. 4, c. 2, l. 218/1995, che

(2) Cfr. anche per ulteriori indicazioni le mie note Nullità delle clausole compromissoriecontrastanti con l’art. 34 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, in Riv. dir. proc., 2012, 772 e seg. e Clausolecompromissorie statutarie di diritto comune: una specie che stenta a raggiungere la dovutaestinzione, in Riv. dir. proc., 2008, 548 e seg., nonché il volume Arbitrato, Commentario delCodice di procedura civile a cura di S. Chiarloni, 2013, sub art. 808, 123 e seg.

(3) Il lodo non è edito e non è quindi possibile dar conto in modo più compiuto del suocontenuto.

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prevede espressamente che la giurisdizione italiana possa essere conven-zionalmente derogata a favore di un arbitro estero se la deroga è provataper iscritto e la causa verte su diritti disponibili. Né vi sono ragioni perritenere che la richiamata disposizione subisca una deroga in materiasocietaria.

È vero che la rubrica dell’art. 35 d.lgs. n. 5/2003 intitola le normeprocedurali che regolano l’arbitrato societario come “disciplina inderoga-bile del procedimento arbitrale”, ma tale disciplina è riferita all’arbitratosocietario domestico e nulla dice in relazione all’ipotesi in cui la sededell’arbitrato sia posta all’estero, con collegamento quindi dell’arbitrato aun diverso ordinamento giuridico. La situazione che si viene a creare inquesto caso è del tutto analoga a quella che si verifica con riferimentoall’arbitrato di diritto comune, dove regole pacificamente inderogabiliquando l’arbitrato ha sede in Italia vengono disapplicate dalla scelta diuna sede estera per l’arbitrato, collegando così il procedimento a un altroordinamento giuridico, senza che vi siano in proposito restrizioni diversee ulteriori rispetto a quelle che impedirebbero il riconoscimento del lodoqualora si voglia ottenere il risultato della sua circolazione. Per esempli-ficare, anche l’art. 829 cod. proc. civ., come l’art. 35 d. lgs. n. 5/2003, ènorma inderogabile di diritto interno con cui ogni lodo nazionale ritualead hoc si deve confrontare, eppure, quando la sede dell’arbitrato vieneposta all’estero, nessuno dubita che questa norma ceda il passo al sistemadi impugnazione dell’ordinamento cui le parti o gli arbitri hanno collegatol’arbitrato ponendo altrove la sua sede. La verità è dunque che l’art. 35 d.lgs. n. 5/2003, esattamente come l’art. 829 cod. proc. civ. (4), detta unadisciplina inderogabile per il procedimento arbitrale rituale soggetto allalex arbitri interna, quello cioè la cui sede venga fissata nell’ambito terri-toriale dello Stato, ma entrambe le norme non escludono affatto che ladisciplina imperativa dalle stesse delineata ceda il passo ad altra disciplinaquando l’arbitrato ha sede all’estero ed è quindi collegato con la lex arbitridell’ordinamento prescelto.

La finalità del legislatore italiano nell’emanare una normativa speci-fica concernente l’arbitrato societario era dichiaratamente quella di pro-muoverne la cultura, anche favorendo l’incremento dei casi di arbitratointernazionale con sede in Italia. Proprio con questo scopo è stata creatauna disciplina innovativa rispetto a quella ordinaria (5) che al momentodella sua emanazione anticipava per certi aspetti soluzioni poi divenuteregole di diritto comune con la successiva riforma del 2006. Favorire

(4) Inutile rimarcare, perché è di tutta evidenza, che la rubrica dell’art. 35 d. lgs. n. 5/2003non rende più inderogabile la disciplina normativa contenuta nel corpo della disposizione diquanto lo sia quella contenuta nel corpo dell’art. 829 cod. proc. civ., anche in assenza di unamedesima specificazione in rubrica.

(5) Cfr. la Relazione al d.lgs. n. 5/2003.

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l’incremento degli arbitrati con sede in Italia attraverso l’introduzione dinorme interne ritenute più funzionali al contesto societario non significaperò volontà del legislatore di restringere all’interno dei confini nazionalil’arbitrato promosso da o contro società italiane. Una deroga in tal sensoall’art. 4 della nostra legge generale di diritto internazionale privato, cheandrebbe a detrimento proprio di quella cultura dell’arbitrato societarioche si voleva dichiaratamente favorire, avrebbe infatti richiesto specificaindicazione e motivazione. Non si capisce altrimenti perché in questospecifico caso il principio di tendenziale fungibilità delle giurisdizioni chemuove gli ordinamenti moderni dovrebbe cedere il passo al gusto, per ilvero un po’ retrogrado, di agire solo entro confini domestici. È inveceproprio lo scopo di favorire l’arbitrato in materia societaria, alla base deldecreto che ha creato un nuovo modello di arbitrato speciale, che deveportare a riconoscere che anche in questa materia non vi è alcunacompressione della normale libertà degli operatori nazionali di collegarel’arbitrato con un diverso ordinamento giuridico e di dirigersi verso unarbitrato estero.

Nulla vieta dunque che un arbitrato societario che nasce da clausolacompromissoria statutaria abbia la propria sede all’estero, così come nullavieta che soggetti domiciliati in Italia scelgano per la definizione delle loroliti un arbitrato con sede in territorio estero. La regola applicabile inmateria è in entrambi i casi quella dettata dall’art. 4, c. 2, l. 218/1995, chenon è derogata in materia di arbitrato societario e consente quindi anchein quest’ambito la scelta di un arbitrato estero.

Piuttosto, una volta ammessa la possibilità che la sede dell’arbitratosocietario non stia all’interno dei confini nazionali, bisogna capire sequesto può avvenire senza limite alcuno, oppure se il decreto n. 5/2003contenga comunque norme di carattere inderogabile. E, posta in questitermini la questione, a me sembra che il nucleo imprescindibile delladisciplina in esame resti comunque nella disposizione dell’art. 34, d. lgs. n.5/2003 laddove stabilisce che la clausola statutaria deve conferire “in ognicaso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggettoestraneo alla società”. La clausola compromissoria è infatti a tutti glieffetti un negozio che, pur disponendo del diritto delle parti di agiredavanti al giudice statuale, ha natura sostanziale ed è quindi regolato dallalegge nazionale, che in questo caso pone una regola di validità dellaconvenzione di arbitrato consistente nella necessaria designazione di unsoggetto terzo estraneo alla società che nomini l’intero organo arbitrale,regola quest’ultima imperativa e non derogabile neppure nel caso in cui lasede dell’arbitrato sia posta all’estero. Al contrario, gli articoli 35 e 36 d.ldg. n. 5/2003 non prescrivono regole di validità della clausola compro-missoria statutaria, ma dettano una disciplina di natura processuale im-perativa per l’arbitrato societario che abbia sede in Italia. Proprio perquesto e in ragione della loro natura, si tratta di regole che disciplinano il

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solo arbitrato domestico e che non troveranno applicazione quando lasede dell’arbitrato sia all’estero, con collegamento del giudizio a unadiversa lex arbitri.

Né può dirsi che le regole procedurali poste dagli articoli 35 e 36 d.lgs. n. 5/2003 poggino su un fondamento di ordine pubblico processuale,per questa ragione inderogabile o capace di precludere il successivoriconoscimento del lodo nel nostro Paese. Come correttamente ricordatodal lodo arbitrale in materia precedentemente richiamato, l’autonomiadelle parti nella redazione della convenzione di arbitrato incontra limitiinvalicabili di ordine pubblico processuale, quali sono il principio delcontraddittorio, le regole che impongono la parità delle parti e l’impar-zialità e l’indipendenza dell’organo giudicante, nonché, più in generale, iprincipi che presiedono ai canoni del giusto processo, ma nessuno di questiprincipi viene meno per il solo fatto che si prescelga una lex arbitri diversada quella italiana, salvo che, ovviamente, l’arbitrato non venga ancorato aun ordinamento giuridico le cui regole procedurali comprimono in modoindebito proprio i predetti principi fondamentali. La disciplina contenutanegli articoli 35 e 36 del decreto societario, seppure fortemente innovativasoprattutto al momento della sua entrata in vigore, non contiene a mioavviso norme di ordine pubblico, neppure in punto di impugnazione, postoche lo stesso sistema nazionale è andato con la riforma del 2006 forte-mente virando verso la regola della restrizione dell’impugnazione legataalla violazione di norme di diritto, così favorendo la stabilità del lodo.

La conclusione è quindi quella che, mentre la norma dell’art. 34 d. lgs.n. 5/2003 è imperativa e regola l’unica forma possibile di arbitrato socie-tario laddove impone a pena di nullità della convenzione di arbitrato chel’intero organo arbitrale sia nominato da un soggetto terzo estraneo allasocietà, una volta rispettata la forma necessaria della convenzione diarbitrato, le disposizioni processuali contenute nelle altre norme deldecreto societario possono invece essere derogate attraverso la scelta diuna lex arbitri diversa, purché rispettosa di quei canoni fondamentali,recepiti in particolare dalla convenzione di New York, che a livellosovranazionale disciplinano il riconoscimento dei lodi arbitrali.

3. Quello dell’arbitrato irrituale è un problema nevralgico delladisciplina dell’arbitrato societario e la clausola compromissoria statutariacon cui si prescelga un arbitrato a modalità irrituale, accanto ai numerosisostenitori, incontra anche voci contrarie perché convinte che questomodello di arbitrato possa riguardare le liti sociali solo se devolute agliarbitri per il tramite di un compromesso.

Personalmente sono sempre stata e resto dell’idea che la clausolacompromissoria statutaria per arbitrato irrituale sia pienamente ammissi-bile. Lo penso, prima di tutto, perché il legislatore proprio nel decreto

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societario ha posto un indice inequivoco circa la possibilità per le parti didevolvere con clausola compromissoria la lite sociale ad arbitrato irrituale.Infatti l’art. 35. c. 5, d. lgs. n. 5/2003 prevede che “La devoluzione inarbitrato, anche non rituale di una controversia non preclude il ricorso allatutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies c.p.c.”. Ora, non c’è dubbioche con questa norma, anteriore al riconoscimento esplicito che la tutelacautelare può accedere per regola comune anche all’arbitrato irrituale, siintendesse esprimere proprio il principio indicato, da lì a poco generaliz-zato dalla riforma dell’art. 669 quinquies cod. proc. civ., ma sarebbedavvero singolare se la prima affermazione legislativa del principio stessofosse stata introdotta in un testo legislativo che precludesse invece la sceltaper l’arbitrato irrituale. Così come sarebbe singolare che un decreto chedisciplina il solo arbitrato che trova la sua fonte in una clausola compro-missoria statutaria, qual è quello societario che pacificamente non ri-guarda il compromesso, contenesse poi una disposizione applicabile alsolo compromesso.

La verità è dunque un’altra e cioè che il legislatore, nel regolare lamateria dell’arbitrato che trova la sua fonte in una clausola compromis-soria statutaria, ha disposto che la tutela cautelare non è preclusa anchequando la controversia sia devoluta ad arbitrato irrituale con la clausolacompromissoria stessa, ciò che significa aver sancito con chiarezza chel’arbitrato che nasce da clausola compromissoria statutaria può avereanche modalità irrituale. Le norme di legge hanno spesso un significatoambivalente, ma il dettato dell’art. 35 d. lgs. n. 5/2003 è invece per questaparte chiaro e non è quindi possibile sostenere che una clausola statutariache preveda un arbitrato irrituale sia nulla o inammissibile. Da taleinvalidità nascerebbe infatti la devoluzione della lite al giudice ordinarioe, a fronte della chiara volontà compromissoria espressa dalle parti, l’art.35, c. 5, d. lgs. n. 5/2003 finirebbe con l’essere norma ingannatoria, controogni interpretazione basata sulla buona fede. Pur non essendo una fautricedell’arbitrato irrituale neppure con riferimento al modello di diritto co-mune, credo dunque che, in questo campo come in quello, la scelta sialasciata alle parti e che solo una norma di legge potrebbe modificare lasituazione.

Alla generale validità e ammissibilità di clausole compromissoriestatutarie per arbitrato irrituale porta poi la considerazione che i patticompromissori con cui venga prescelta questa modalità arbitrale sonoconsentiti in via generale dal nostro ordinamento giuridico e oggi anchepienamente accreditati a livello positivo dal dettato dell’art. 808 ter cod.proc. civ. Non vi sono quindi validi argomenti giuridici capaci di limitarel’autonomia dei soci rispetto all’arbitrato irrituale più di quanto avvengaper tutte le altre materie, rispetto alle quali tali clausole sono liberamenteconsentite in quanto meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico(art. 1322, c. 2, cod. civ.). In assenza di un divieto, insomma, l’autonomia

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privata in campo societario non può essere più limitata di quanto lo siausualmente e il decreto societario non solo non pone alcun divieto inquesta materia, ma, al contrario e come si è visto, conferma, attraversouna indicazione espressa contenuta nell’art. 35 d. lgs. n. 5/2003, la pienaammissibilità dell’arbitrato irrituale societario.

Quella che precede è anche l’opinione consolidata della Cassazione,che si è espressa in proposito in più di un’occasione statuendo che leclausole statutarie formulate ai sensi dell’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 possonoprevedere anche un arbitrato irrituale. Emblematica in proposito è lapronuncia della Cassazione 17 febbraio 2014, n. 3665, ove la Corte,chiamata a valutare la validità di una clausola compromissoria statutariache prevedeva espressamente un arbitrato irrituale, deferendo poi alleparti la nomina degli arbitri, non si è limitata a ribadire il proprioorientamento, ormai pacifico, nel senso della nullità di una clausola cosìcostruita perché non si adegua alla regola prevista dall’art. 34 “nonpotendosi accettare la tesi del ‘doppio binario’, per cui essa si convertirebbeda clausola per arbitrato endosocietario in clausola per arbitrato di dirittocomune, atteso che l’art. 34 commina la nullità per garantire il principio diordine pubblico dell’imparzialità della decisione”, ma è andata ben oltre.La Cassazione ha infatti chiarito che “Il richiamo a detto orientamento,peraltro, non esaurisce l’esame della fattispecie, che impone la valutazionedi specifici, ulteriori profili .... Ed in particolare, si pone la questione se lanullità di cui al D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34 per le clausole che nonconferiscono il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo allasocietà, riguardi le sole clausole che prevedono un arbitrato rituale e nonanche quello irrituale, come presente nella specie, per l’espressa qualifica-zione della Corte del merito. Al riguardo, si deve rilevare che l’orientamentodel tutto maggioritario di questa Corte è nel senso che detta nullità riguardasia le clausole per arbitrato rituale che irrituale”. Più chiara di così, dunque,la Cassazione non poteva essere (6): l’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 che prescriveche nell’arbitrato societario gli arbitri devono essere tutti nominati da unsoggetto terzo estraneo alla società si applica sia alle clausole compromis-sorie statutarie per arbitrato rituale che a quelle per arbitrato irrituale, la

(6) In precedenza, nello stesso senso si erano espresse con chiarezza Cass. 9 dicembre2010, n. 24867 che aveva affermato che “... le società hanno la libertà di scegliere, per la soluzionedelle controversie, la via arbitrale anziché quella giurisdizionale. Nel primo caso, tuttavia, devonoconformarsi alla previsione del D.Lgs. del 2003, art. 34 e segg. evidenziando la espressadeclaratoria di inderogabilità delle relative previsioni procedurali, contenute nella intitolazionedell’art. 35 della stessa legge. La disposizione dell’art. 34 si riferisce anche alla clausola compro-missoria per arbitrato irrituale”; e anche Cass. 4 giugno 2010, n. 13664. Quest’ultima pronuncia,infatti, pur concludendo, con orientamento minoritario, che in caso di arbitrato irrituale non siapplicherebbe la disposizione dell’art. 34 concernente la nomina eteronoma degli arbitri, haanch’essa ritenuto che l’arbitrato irrituale è “consentito nelle controversie societarie, in forza delrichiamo all’arbitrato non rituale contemplato nell’art. 35, comma 5 del decreto citato”.

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cui piena validità quando sono conformi al dettato normativo dell’art. 34è quindi pienamente riconosciuta.

Il principio che si ricava dalla richiamata giurisprudenza di Cassa-zione è quindi quello per cui vi è un divieto di stipulare clausole compro-missorie che, in difformità dal modello di cui all’art. 34 d.lgs. n. 5/2003, nonconferiscano a un soggetto terzo il potere di nomina degli arbitri, siaquando le stesse abbiano natura rituale sia quando abbiano natura irri-tuale, con conseguente piena legittimazione delle stesse. Nello stessosenso è poi orientata la dottrina maggioritaria che ritiene del tuttoammissibile l’inserimento nell’ambito degli statuti societari di una clausolacompromissoria per arbitrato irrituale (7).

Né la circostanza che ci sono disposizioni del decreto societarioapplicabili al solo arbitrato rituale, quali il sistema di impugnazione per

(7) Cfr. F.P. LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, 705 e seg. ovel’Autore, dopo aver rilevato che l’art. 35 d. lgs. n. 5/2003 fa riferimento all’arbitrato “anche nonrituale”, afferma espressamente che “la devoluzione in arbitrato (evidentemente anche irrituale)di tali controversie [quelle di cui al precedente art. 34] attribuisce agli arbitri il potere di disporrela sospensione dell’efficacia della delibera...” (così a p. 723); E.F. RICCI, Il nuovo arbitratosocietario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 518 e seg., che chiarisce che “basta una norma [l’art.35 comma 5, d.lgs. n. 5/2003] a far comprendere che l’istituto è stato tenuto presente dal legislatoredelegato” e avanza l’idea che le clausole statutarie per arbitrato irrituale non possano avere adoggetto la validità delle delibere assembleari, ma che “ciò non impedisce, tuttavia che taliclausole compromissorie siano soggette alla disciplina prevista dalle nuove norme, sia per quantoconcerne il loro inserimento negli atti costitutivi, sia per quanto concerne il loro contenuto e leregole da prevedere circa la nomina degli arbitri” (così a p. 538); M. BOVE, sub art. 808 ter, in Lanuova disciplina dell’arbitrato a cura di MENCHINI, Padova, 2010, 99-100, per il quale “le societàben possono contemplare nei propri statuti clausole che rinviino esplicitamente ad un arbitratolibero per la soluzione di controversie insorgenti tra i soci o tra i soci e la società attinenti a dirittidisponibili relativi al rapporto sociale, salvo che si tratti di impugnative di delibere assembleari”e che “... riconoscere che l’arbitrato libero sia un fenomeno negoziale e non giurisdizionale, com’èinvece l’arbitrato rituale, non implica necessariamente che la disciplina speciale societaria possaessere applicata solo a questo e non a quello” e ciò per concludere espressamente che ladisciplina di cui all’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 è applicabile anche alle clausole statutarie perarbitrato irrituale; GABRIELLI, Clausola compromissoria e statuti speciali, in Riv. dir. civ., 2004, II;87, per il quale “Il riconoscimento dell’inseribilità negli statuti sociali di clausole compromissorieriguarda... indubbiamente tanto le clausole che prevedono lo svolgimento di un arbitrato ritualequanto quelle che prevedono lo svolgimento di un arbitrato libero”; F. DANOVI, L’arbitrato nellariforma del diritto processuale societario, in www.judicium.it, per il quale “anche l’arbitrato nelleliti societarie può essere ricondotto alle categorie classiche e segnatamente in primo luogo alladicotomia tra il modello rituale e quello libero. La conferma della perdurante compresenza anchenel settore societario della summa divisio formale in tema di arbitrato è data dall’art. 35, 6ºcomma, d. lgs. n. 5/2003”; C. CORRADO, L’arbitrato commerciale, in Disegno sistematico dell’ar-bitrato, a cura di PUNZI, v. III, 2ª ed. pag. 158, che, quanto alla possibilità di un arbitrato irritualeda clausola statutaria, afferma che “Si è fatto notare in proposito che l’art. 35 d.lgs. n. 5/2003 faespressa menzione dell’arbitrato irrituale... E alla luce di tale constatazione viene quindi affermatala soluzione positiva ....”. Sul punto sia consentito anche il rinvio al mio volume Arbitrato, cit.sub art. 808 ter, 185 s. Contra cfr. invece P. BIAVATI, Il procedimento nell’arbitrato societario, inRiv. dir. proc., 2003, 27 e seg. che avanza la proposta, già richiamata nel testo, di leggere ilriferimento dell’art. 35 all’arbitrato societario da compromesso e non a quello da clausolacompromissoria statutaria. Va però ancora una volta rilevato che questa lettura si scontra conla constatazione, del tutto pacifica, che la normativa di cui agli art. 34 s. d. lgs. n. 5/2003 nonriguarda il compromesso, ma solo la clausola compromissoria statutaria.

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nullità regolato dall’art. 36, c. 1, d. lgs. n. 5/2003, modifica la conclusioneraggiunta. La validità della clausola compromissoria statutaria che disci-plini un arbitrato irrituale non ne rimane infatti inficiata, dovendosiprocedere a una applicazione selettiva delle disposizioni in questione. Conriferimento al sistema di impugnazione, ad esempio, mentre l’arbitratoirrituale societario andrà coordinato col sistema generale delle impugna-zioni di questo tipo di arbitrato, la disciplina di impugnazione delledelibere assembleari potrà determinare tutt’al più esclusivamente l’inap-plicabilità nel caso concreto della convenzione di arbitrato a modalitàirrituale, con esclusione dell’impugnativa delle delibere assembleari dallasfera oggettiva di efficacia della clausola compromissoria in questione (8).

Quanto chiarito in questo paragrafo e nel precedente indica che ilmodello di clausola compromissoria statutaria necessario ed esclusivoimposto dalla legge riguarda ogni forma di arbitrato laddove commina lanullità della convenzione di arbitrato che non preveda che il potere dinomina degli arbitri abbia fonte eteronoma. Superato questo tema, cheattiene strettamente alla validità della convenzione di arbitrato, le altreregole poste dal decreto societario si caratterizzano invece come normeprocessuali, che dettano una disciplina imperativa per l’arbitrato societa-rio rituale che abbia sede in Italia, mentre non rappresentano uno schemaobbligato sia per gli arbitrati che, in ragione della loro sede, sono collegatia un altro ordinamento giuridico, sia per gli arbitrati a modalità irrituale.

Tutto ciò non toglie che il crisma di modello unico di arbitratosocietario che nasce da clausola compromissoria statutaria sia e rimanga inogni caso corretto. Il conferimento del potere di nomina degli arbitri segueinfatti sempre un solo modello, quello cioè che prescrive in ogni caso lanomina eteronoma per ogni forma e modalità di arbitrato che trovi la suafonte in una clausola compromissoria statutaria. In ogni caso rimane poivero che la clausola compromissoria per arbitrato rituale societario in-terno, oltre a essere valida solo se costruita secondo il modello impostodall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003, segue di necessità anche lo schema procedi-mentale prescritto dagli articoli 35 e 36 del medesimo decreto, senza che

(8) Si avrebbe cioè un fenomeno analogo a quello che si aveva prima della riforma del2006 con riferimento alle clausole compromissorie binarie erroneamente utilizzate in contestimultilaterali, ove una consolidata giurisprudenza faceva applicazione di un principio generale diconservazione, chiarendo che si trattava di clausola compromissoria non nulla, ma semplice-mente inapplicabile al caso concreto quando le parti non si fossero raggruppate spontanea-mente in due poli di interesse, rimanendo invece perfettamente valida e applicabile nel casoconcreto nell’ipotesi di raggruppamento (Cfr. per prima Cass., 15 marzo 1983, n. 1900.Successivamente la stessa nozione è stata ripresa da Cass., 15 aprile 1988, n. 2983; Cass. 30maggio 1997, n. 4831; Cass. 9 dicembre 2000, n. 15941; Cass., 26 giugno 2007, n. 14788 e, daultimo, Cass., 20 gennaio 2014, n. 1090). Se si dovesse aderire all’idea che le controversie relativeall’impugnativa di delibere assembleari non possano essere decise con lodo contrattuale, nederiverebbe quindi, allo stesso modo, non certo l’invalidità della clausola compromissoria perarbitrato irrituale, ma la sola sua inapplicabilità per le ipotesi di lite riguardante l’impugnazionedi una delibera assembleare, con piena validità e applicabilità della stessa in tutti gli altri casi.

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sia possibile un affiancamento di questo modello con le regole comuni dicui agli art. 806 seg. cod. proc. civ.

4. Superati questi temi centrali, occorre tornare alla nomina degliarbitri e ai profili trascurati dall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 con riferimento aquesto tema. Il dettato normativo contenuto nel decreto societario èinfatti estremamente parco di indicazioni in materia, quasi che l’imposi-zione di una fonte eteronoma assorbisse e rendesse di dettaglio ogni altraindicazione. Oltre a questa centrale previsione la norma si limita infattisolo a chiarire che la convenzione di arbitrato deve prevedere il numeroe le modalità di nomina degli arbitri, senza peraltro estendere a questaprescrizione la sanzione di nullità, che è specificamente riferita solo alconferimento del potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneoalla società. L’art. 34 disciplina poi le conseguenze della possibile inerziadel soggetto designato, chiarendo che il potere sostitutivo di nomina èattribuito al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sedelegale, in parziale disallineamento con la disciplina generale dell’art. 810cod. proc. civ. che conferisce invece lo stesso potere al presidente deltribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato, oppure, qualora lasede non sia ancora determinata, al presidente del tribunale del luogo oveè stata stipulata la convenzione di arbitrato. Nulla è previsto invece inrelazione alle modalità e ai tempi della nomina sostitutiva e lo stessosilenzio accompagna le modalità di richiesta della nomina stessa, sia in viainiziale che per l’ipotesi di possibile mancato adempimento del soggettoterzo designato.

Il quesito che si pone in via immediata è dunque se questa scarnadisciplina normativa possa o debba essere integrata con le previsionigenerali del codice di rito che regolano l’arbitrato, oppure quali ne sianole diverse fonti integrative. Un tempo esisteva in proposito una rispostapositiva, perché l’art. 1, c. 4, d. lgs. n. 5/2003 prevedeva che per quanto nondiversamente disciplinato dal decreto societario, si dovessero applicare ledisposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili. Questadisposizione è stata però abrogata insieme con tutta la parte restante deldecreto, ad eccezione proprio delle norme che disciplinano l’arbitrato, chesono rimaste in vigore, pur private, probabilmente per disattenzione, dellachiosa integrativa iniziale che riguardava anche questo capo dell’intero. Èvenuta così a mancare la cerniera che legava la scarna disciplina positivadegli art. 34 e seg. del d. lgs. n. 5/2003 alle norme generali che disciplinanol’arbitrato, lasciando sul punto un evidente vuoto normativo. Probabil-mente si tratta oggi di una lacuna destinata a essere colmata, perché tuttele istanze di nuova riforma della disciplina dell’arbitrato sono nel senso diaccorpare le norme sull’arbitrato societario rimaste in vigore al codice dirito. Nessuno dubita infatti che l’arbitrato societario sia un modello di

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arbitrato rituale, pur speciale perché dotato di tratti distintivi moltoparticolari, in quanto tale partecipe tuttavia della natura tipica dell’arbi-trato.

Tra le chiare indicazioni del passato e le proposte già edite per ilfuturo (9), credo dunque che nel presente la linea integrativa della disci-plina speciale possa essere cercata nelle disposizioni del codice di proce-dura civile che regolano l’arbitrato, applicabili laddove la disciplina spe-ciale lasci una lacuna, sempre che si tratti di applicazione compatibile coni tratti di specialità tipici dell’arbitrato societario.

Così ragionando riterrei integrabile la mancata indicazione del nu-mero degli arbitri con la disciplina dettata dall’art. 809, c. 1 e 3, cod. proc.civ., posto che la regola della disparità è nel nostro ordinamento normaimperativa posta a presidio della possibilità di pervenire sempre a unadecisione e l’indicazione di un collegio di tre arbitri laddove non vi siaindicazione di parte è regola sicuramente compatibile con l’arbitratosocietario. Allo stesso modo, applicherei in questo contesto anche ilmeccanismo suppletivo regolato dalla legge per il caso di indicazione di unnumero pari di arbitri; tuttavia riterrei che l’integrazione dell’ulteriorearbitro necessario a garantire la disparità del collegio debba essere dispo-sta non dal presidente del tribunale designato dall’art. 809 cod. proc. civ.,ma dalla medesima autorità di nomina prescelta dalle parti nella conven-zione di arbitrato. L’autorità in questione è infatti, da un lato, il soggettomeglio in grado di garantire una integrazione del collegio che sia bilan-ciata con le altre nomine che devono essere effettuate e, dall’altro,l’autorità cui le parti hanno convenuto di deferire la nomina degli arbitri,cui fa riferimento lo stesso art. 809, c. 3, cod. proc. civ. laddove prevedeche al presidente del tribunale sia demanda la nomina integrativa solo peril caso in cui le parti non abbiano diversamente convenuto. Allo stessomodo e per il medesimo motivo il terzo indicato dalle parti prevarrà sulpresidente del tribunale quando si tratti di nominare tre arbitri a riempi-mento della lacuna lasciata dalla convenzione di arbitrato sul numerodegli arbitri di cui all’ultima parte dell’ultimo comma dell’art. 809 cod.proc. civ.

Più delicata mi sembra invece la situazione in cui le parti, purmanifestando la loro volontà compromissoria attraverso la stipulazionedella convenzione di arbitrato statutaria, non abbiano indicato alcunsoggetto terzo designandolo alla nomina. In questo caso si tratta di capirese può ugualmente utilizzarsi la norma suppletiva dell’art. 809, c. 3, cod.proc. civ., che consente al presidente del tribunale di surrogarsi alle parti

(9) Mi riferisco in particolare alla recente proposta della Commissione Alpa, sulla quale,con riferimento al punto specifico in discussione rinvio a quanto da me scritto in Sulla “Propostain materia di arbitrato per le controversie tra soci ovvero tra i soci e la società”, in corso dipubblicazione su Giurisprudenza arbitrale.

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provvedendo alla nomina dell’intero collegio arbitrale, oppure debbaoperare la sanzione di nullità prevista dall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003. Inproposito, poiché la ratio della disposizione che prevede la nomina ete-ronoma non è quella di sanzionare la mancata indicazione del soggettoterzo competente per la nomina, ma quella, ben diversa, di garantire chesia sempre un soggetto terzo estraneo alla società a nominare integral-mente l’organo arbitrale, credo che la soluzione preferibile debba esserequella conservativa. La finalità di evitare che le parti siano protagonistedella scelta degli arbitri è infatti pienamente rispettata anche qualora siail presidente del tribunale a provvedervi e credo allora che la volontàcompromissoria espressa dalle parti debba essere rispettata (10), posto chel’art. 809 cod. proc. civ. offre una soluzione integrativa che rispetta lospirito della disposizione sull’arbitrato societario. D’altro canto, se le partiavessero voluto designare un terzo, o se ancora trovassero un accordo inproposito, la loro scelta sarebbe prevalsa o prevarrebbe e non vi sarebbeintervento alcuno del presidente del tribunale, la cui opera sostitutiva èstata prevista da una lontana riforma dell’art. 809 cod. proc. civ. propriocon l’intento di salvaguardare la scelta delle parti per l’arbitrato invece chesancire la nullità della clausola compromissoria, com’era nel sistemaoriginario. In proposito sarà però necessaria una integrazione tra normaspeciale e norma generale, perché il soggetto chiamato a effettuare lanomina dovrà essere il presidente del tribunale del luogo in cui la societàha la sede legale, in quanto specificamente prescelto per questo ruolo infunzione sostitutiva dall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 e non l’autorità giudiziariadel luogo indicato dagli articoli 809-810 cod. proc. civ.

Non vedo ostacoli normativi all’indicazione di una pluralità di terzicui affidare la nomina dei componenti del collegio arbitrale, in modo taleche la scelta di ognuno di essi ricada su una diversa autorità di nomina.Temo però che inserire nella clausola statutaria una modalità di nominaripartita tra diversi soggetti, privi le parti della possibilità di fruire di quelbilanciamento che un solo soggetto terzo, serio e accreditato, normal-mente opera tenendo conto delle diverse caratteristiche soggettive ecompetenze che possono formare nell’insieme un collegio equilibrato. Purcomprendendo le ragioni di una tale ripartizione, prevalentemente legateall’esigenza di evitare ogni potenziale influenza di un’unica autorità sul

(10) Nello stesso senso F.P. LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc.,2003, 705 e seg., in particolare p. 717, per il quale “... le disposizioni generali in materia diarbitrato (e quindi anche l’art. 810 c.p.c.) sono applicabili all’arbitrato societario, ove la disciplinagenerale non provveda in proposito... la ratio della disposizione [art. 34] è quella di sottrarre alleparti il potere di nomina, e non anche quella di imporre che la clausola individui il soggetto chedeve procedere alla nomina. In altri termini, è nulla la clausola che conferisca il potere di nominaalle parti, e non quella che non indichi il terzo che deve provvedere, in quanto, in tal caso, inapplicazione dell’art. 810 c.p.c., la nomina proviene necessariamente da un terzo, quale è ilPresidente del Tribunale”.

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collegio designato, sono quindi maggiormente favorevole, da un punto divista operativo, a una scelta unitaria ben ponderata che garantisca alcontempo serietà ed equidistanza nella nomina e il bilanciamento dellevarie competenze e personalità dei diversi arbitri che solo uno sguardod’insieme è in grado di fornire.

Le caratteristiche del procedimento, sempre aperto all’ingresso deiterzi ai sensi dell’art. 35 d. lgs. n. 5/2003, mi portano poi a ritenere che ilterzo designato debba essere libero nella scelta e non possa essere condi-zionato dalla predisposizione di liste di arbitri formate dalle parti all’in-terno delle quali operare le proprie scelte (11). Il tentativo di recupero diuna forma di fiduciarietà insita nella modalità di nomina indicata, non èinfatti in linea con le linee guida del sistema dell’arbitrato societario,palesemente orientate a non porre le parti originarie dell’arbitrato inposizione di favore nella composizione del collegio rispetto a successivisoggetti intervenuti, che, nell’ipotesi in esame, rimarrebbero estranei allacomposizione delle predette liste e privati quindi di quell’uguaglianza cheè la base del sistema di nomina eteronoma.

5. Non è dubbio che il soggetto estraneo alla società cui demandarela nomina degli arbitri possa essere qualunque soggetto, da un’autoritàistituzionale, a un’autorità giudiziaria fino all’indicazione di un soggettoanche privo di particolari cariche, purché dotato del requisito di estraneitàrispetto alla società. Solo con riferimento all’ipotesi in cui il soggettodesignato non provveda è prevista invece la nomina sostitutiva ad opera diun soggetto specifico, individuato pur sempre in maniera organica nelpresidente del tribunale del luogo in cui la società ha sede legale. Inproposito, come già segnalato, la norma non differisce da quella del codicedi rito e solleva problemi analoghi a quelli posti dall’art. 810 cod. proc. civ.in relazione alla competenza delineata e alla sua derogabilità (12). Unicadifferenza è quella già ricordata della scelta di un organo giudiziariolocalizzato diversamente da quello della sede dell’arbitrato, cui è deman-data invece la correlativa funzione nell’ambito di operatività dell’art. 810cod. proc. civ e individuato nel presidente del tribunale del luogo ove hasede la società.

In proposito, per inquadrare correttamente la scelta di quest’ultimogiudice, va sottolineato che il legislatore societario, pur avendo imposto ildeposito della domanda di arbitrato proposta da o nei confronti dellasocietà presso il registro delle imprese del luogo ove ha sede la società,non ha poi concentrato presso il medesimo giudice tutte le competenze

(11) Così invece E. ZUCCONI GALLI FONSECA, in Arbitrati speciali, Commentario diretto daF. CARPI, 2ª ed., sub art. 34, 124

(12) Al cui commento quindi rinvierei per sinteticità. Cfr. L. SALVANESCHI, Arbitrato, cit.,sub art. 810, 231 e seg.

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giudiziali che ruotano attorno all’arbitrato societario. Al presidente deltribunale del luogo ove la società ha la sede legale è stato infatti deman-dato il solo compito di nominare gli arbitri qualora il terzo designato nonvi provveda, ma tutte le altre funzioni giurisdizionali connesse con l’arbi-trato, tra cui in primo luogo la competenza per l’impugnazione, sonorimaste collegate con il giudice del luogo ove ha sede l’arbitrato, la cuideterminazione è rimasta del tutto libera (13). Ciò dimostra che con ladisposizione dell’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 il legislatore non ha manifestatol’intento di creare un giudice capace di assistere l’arbitrato di gruppo intutti gli aspetti giurisdizionali coessenziali allo stesso, legando questogiudice alla sede della società. Il che fa pensare che la nomina sostitutivadegli arbitri non sia funzione demandata al presidente del tribunale delluogo ove ha sede la società per ragioni imprescindibili connesse con lacreazione di un giudice ad hoc e non vi sono quindi ragioni per ritenereche la scelta stessa sia esclusiva e non derogabile dalla volontà delle parti.Anche in questo contesto varrà dunque la regola, pacificamente ricono-sciuta operante con riferimento all’art. 810 cod. proc. civ., per cui lemodalità di nomina degli arbitri, alle stesse demandate anche dall’art. 34d. lgs. n. 5/2003, possono riguardare anche la designazione del soggettochiamato alla nomina sostitutiva, che potrà essere anche il presidente diuna camera arbitrale o di altra istituzione, e anche un giudice di gradodiverso da quello indicato, come il presidente della corte d’appello (14) secosì sia previsto dalla convenzione di arbitrato.

Tuttavia, poiché il procedimento di nomina sostitutiva di cui all’art. 34d. lgs. n. 5/2003 ha natura del tutto analoga a quello regolato dall’art. 810cod. proc. civ., riportato in prevalenza alla giurisdizione volontaria (15), leregole dell’art. 28 cod. proc. civ. che rendono la competenza per territorioinderogabile faranno sì che quando la convenzione di arbitrato sia silente

(13) Sulla sede tornerò infra.(14) La disponibilità dell’art. 34 sul punto mi sembra insomma del tutto analoga a quella

dell’art. 810 cod. proc. civ., rispetto al quale la conclusione richiamata nel testo è da molticondivisa. Cfr. A. BRIGUGLIO, La nuova disciplina dell’arbitrato, in Commentario a cura diBRIGUGLIO, FAZZALARI, MARENGO, sub art. 810, 35; ID., Inderogabilità della competenza territo-riale ex art. 810, in questa Rivista, 1993, 422 e seg.; G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato,5ª ed., 93.

(15) Cfr. M.F. GHIRGA, Legge 5 gennaio 1994, n. 25, Le nuove leggi civili commentate, subart. 810, 480; C. GIOVANNUCCI ORLANDI, Arbitrato, in Comm. diretto da CARPI, 2ª ed, sub art. 810,217, che rileva come tale qualificazione non sia sufficiente a risolvere i dubbi applicativi chesorgono in relazione alla norma; BERGAMINI, in Comm. alle riforme del processo civile, a cura diA. BRIGUGLIO-B. CAPPONI, sub art. 810, 591. Contra C. CECCHELLA, La nuova disciplina dell’ar-bitrato, in Comm. a cura di S. MENCHINI, sub artt. 809-813, 131 e seg. per il quale il provvedi-mento in questione sarebbe un provvedimento costitutivo emesso in sostituzione della volontàdelle parti simile a quello ottenibile ex art. 2932 cod. civ. e fondato su un inadempimentocontrattuale, con la conseguenza che esso necessiterebbe di un accertamento dell’esistenza delcontratto di arbitrato e dell’inadempimento ad esso. In giurisprudenza, per la natura divolontaria giurisdizione del procedimento in questione cfr. tra altre Cass., sez. I, 21 luglio 2010,n. 17114; Cass. Sez. III, 19 gennaio 2006, n. 1017; Cass. 6 giugno 2003, n. 9143.

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sul punto, oppure quando le parti orientino la loro scelta sull’autoritàgiudiziaria, l’organo officiato non potrà che essere il giudice del luogo ovela società ha la sede legale, come previsto dall’art. 34 d. lgs. n. 5/2003.

La scarna disciplina del decreto societario in tema di nomina degliarbitri può e deve dunque essere integrata anche con le disposizionidell’art. 810 cod. proc. civ., laddove le parti non abbiano disposto altri-menti e le regole di riferimento siano compatibili con la struttura delparticolare arbitrato di gruppo creato in materia. Non è allora difficilerimarcare che, mentre la disciplina dei primi due commi della norma, chesono emblema della nomina binaria, va lasciata a regolare il solo arbitratodi diritto comune, le disposizioni dei commi successivi ben possonooperare con funzione integrativa anche nell’arbitrato societario. Lo stessoart. 810 cod. proc. civ. pone infatti al suo ultimo comma una regola deltutto in sintonia con le disposizioni proprie dell’arbitrato societario, lad-dove dispone che qualora la convenzione di arbitrato abbia affidato lanomina di uno o più arbitri all’autorità giudiziaria o a un terzo, siapplicano le disposizioni dei commi precedenti. Il rinvio per il caso in cuila nomina degli arbitri sia comunque affidata a un terzo è quindi in primoluogo al procedimento di nomina sostitutiva che, ormai ben delineatodalla prassi, può fornire i tasselli mancanti nella disciplina specifica del-l’arbitrato societario.

Così il procedimento volto a colmare l’inerzia del terzo designatoandrà iniziato anche in ambito societario con ricorso e avrà come presup-posto l’invito rivolto allo stesso terzo a effettuare la nomina e la suamancata attivazione. Quanto al termine, quello di venti giorni è previstoanche nella struttura dell’art. 810 cod. proc. civ. quale presupposto diaccessibilità al procedimento di nomina sostitutiva per il caso di inerziadella controparte nella nomina del proprio arbitro e può essere esteso aldiverso caso della mancata nomina da parte del terzo designato solo comedato indicativo, considerato che si tratta di termine disponibile e privo diperentorietà anche nella normativa ordinaria. Il termine stesso può quindifornire un criterio di congruità di massima da adattarsi al singolo casoconcreto, a seconda del terzo indicato dalla convenzione di arbitrato qualesoggetto incaricato della nomina. Al terzo stesso dovrà essere rivoltol’invito alla nomina, che potrà anche essere accompagnato da un terminecongruo definito; questa istanza non sarà tuttavia riconducibile a unadiffida ad adempiere, posto che tra le parti e il terzo designato non vi è unrapporto contrattuale passibile di risoluzione.

Recepirei poi nella disciplina del procedimento di nomina sostitutivaanche le indicazioni che si ricavano dalle elaborazioni sull’art. 810 cod.proc. civ. in tema di contraddittorio e di audizione delle parti, che èlasciata dal legislatore dell’arbitrato ordinario al prudente apprezzamentodell’organo chiamato a effettuare la nomina, per quanto sia, soprattutto inalcuni casi, decisamente opportuna. Credo poi applicabile anche alla

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nomina sostitutiva che avvenga ex art. 34 d. lgs. n. 3/2006 il pur limitatosindacato sulla convenzione di arbitrato cui si riferisce il terzo commadell’art. 810 cod. proc. civ., nonché l’orientamento ormai favorevole alreclamo, esperibile sia avverso il rigetto dell’istanza di nomina, sia avversoil suo accoglimento (16).

6. L’introduzione del giudizio arbitrale si discosta necessariamentedagli schemi ordinari proprio in ragione della regola posta dall’art. 34 d.lgs. n. 5/3003 che fa sì che la domanda di arbitrato non possa contenere lanomina degli arbitri, che è quindi demandata a un diverso atto indirizzatoal terzo a ciò designato dalla clausola compromissoria. Acquisito da tempoche la domanda di arbitrato può avere effetti del tutto analoghi a quellagiudiziale, si tratta dunque di capire in quale momento tali effetti siproducono, posta proprio la scomposizione dell’atto introduttivo in duecomponenti indirizzate a soggetti diversi.

Va subito detto che la forma di pubblicità prevista dall’art. 35, c. 1, d.lgs. n. 5/2003, che prevede che la domanda di arbitrato proposta dallasocietà o nei suoi confronti sia depositata presso il registro delle impresee sia accessibile ai soci non entra in relazione col tema della produzionedegli effetti della domanda stessa, che sono legati dalle norme generaliintrodotte dalla riforma del 1994 ad altri momenti tipici. Nonostante ildecreto societario nulla dica in ordine alla forma dell’atto introduttivo delprocedimento e ai suoi effetti, la disciplina è comunque ricavabile da altredisposizioni, dettate in generale per ogni specie di arbitrato. La domandadi arbitrato societario ha infatti indiscutibilmente la stessa capacità diprodurre gli effetti sostanziali che sono connessi all’atto introduttivo di ungiudizio e di un arbitrato ad hoc, purché siano compresenti i tre specificirequisiti formali indicati da diverse norme di legge, consistenti nelladichiarazione della parte della propria intenzione di promuovere il pro-cedimento arbitrale, nella proposizione della domanda e, per quantospetta alla parte, nella nomina degli arbitri (17). Non è dubbio infatti chele norme che ricollegano anche alla domanda di arbitrato specifici effettitipici dell’atto introduttivo del giudizio davanti al giudice dello Stato nonsi riferiscono al solo arbitrato disciplinato dagli artt. 806 e seg. cod. proc.civ., ma a tutte le ipotesi in cui la controversia sia oggetto di compromesso

(16) Su tutti questi aspetti sia ancora consentito il rinvio alla più specifica trattazionecontenuta nel volume Arbitrato cit., sub art. 810, 236 e seg.

(17) Cfr. art. 2943, c. 4, cod. civ.; 2945, c. 4, cod. civ.; 2653, c. 2, cod. civ.; art. 669 octies,c. 5, cod. civ. A questi effetti si aggiunge quello della pendenza della lite che una consolidatagiurisprudenza riporta da tempo alla notificazione della domanda. Anche su questi temi e perulteriori indicazioni il volume Arbitrato, cit., sub art. 810, 242 e seg.

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o di clausola compromissoria, il che è proprio anche dell’arbitrato chetrova la sua fonte in una clausola compromissoria statutaria (18).

Quanto alla forma della domanda di arbitrato, la stessa è connotatada un regime di libertà, ma, soprattutto ai fini della realizzazione deglieffetti sostanziali e processuali prima richiamati, dovrà presentare lecaratteristiche tipiche tratteggiate dalle norme di legge, ad eccezione dellanomina degli arbitri che non spetta mai alle parti. La richiesta di nominadovrà invece essere rivolta specificamente al soggetto designato, con unatto che, non avendo vincoli di forma, potrà assumere quella più idonea inrelazione al tipo di autorità cui la richiesta deve essere rivolta. Così potràtrattarsi di un’istanza o di un ricorso, ma nulla vieta che la richiesta dinomina sia apposta in calce alla domanda di arbitrato e che l’unico atto sianotificato sia alla controparte che all’autorità preposta alla nomina degliarbitri. Quello che conta è insomma che alla fine vi sia una domanda diarbitrato notificata alla controparte, cui si sommi una richiesta al terzopreposto alla nomina degli arbitri di procedere alla nomina.

Domanda e richiesta di nomina dovrebbero essere tendenzialmenteatti coevi, tuttavia, se una priorità dovesse essere data a un’attività rispettoall’altra, credo che la formulazione e notificazione della domanda diarbitrato debba precedere la richiesta di nomina degli arbitri. Ciò perchéin questo modo si rende possibile al soggetto chiamato alla nomina tenereconto delle caratteristiche specifiche dell’arbitrato ai fini di valutare qualisiano i soggetti meglio adatti ad espletare il mandato. Un’inversione delledue attività, da compiersi comunque in tempi ravvicinati, non potràcomportare però invalidità alcuna, posto che la stessa non è desumibile dalsistema.

Gli effetti della domanda di arbitrato societario potranno dirsi veri-ficati con la notificazione alla controparte della domanda di arbitrato e conil compimento delle attività necessarie alla richiesta all’autorità terzapreposta alla nomina degli arbitri di procedere alla nomina stessa. I tempiper il procedimento di nomina sfuggono infatti alla disponibilità delle partie non potranno quindi incidere sulla produzione degli effetti in questione,per i quali sarà dunque sufficiente la notifica della domanda e il depositodell’apposita istanza davanti all’autorità terza prescelta dalle parti nellaconvenzione di arbitrato.

7. Istituto del tutto caratteristico dell’arbitrato societario di cui al d.lgs. n. 5/2003 è quello che riguarda l’“intervento di terzi a norma dell’art.105 del codice di procedura civile nonché l’intervento di altri soci a norma

(18) Non per niente le norme in questione non sono contenute nel titolo VIII del libroquarto del codice di procedura civile, ma nelle disposizioni generali che disciplinano ognisingolo effetto della domanda introduttiva del giudizio.

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degli articoli 106 e 107 dello stesso codice”. Questa disposizione è davveroinnovativa rispetto al sistema tradizionale dell’arbitrato, posto che l’in-gresso del terzo in arbitrato è sempre stato osteggiato da teorici e pratici,con poche, anche se rilevanti, eccezioni (19), e ciò sulla base della consi-derazione che l’arbitrato si fonda sul consenso delle parti manifestatoattraverso la sottoscrizione del patto compromissorio (20).

La natura dell’arbitrato basata su una scelta individuale, oltre alledifficoltà che l’intervento di terzo crea sul tema della formazione delcollegio arbitrale, ove rimane imperativa la regola di parità delle partinella nomina del collegio, sono insomma lo schermo abituale del rifiutodell’apertura dell’arbitrato all’intervento del terzo in corso di causa. E,non per nulla, l’ammissione di questo strumento da parte del legislatoresocietario si è coniugata con la disciplina imperativa di cui all’art. 34 d. lgs.n. 5/2003 che impone il sistema eteronomo di nomina degli arbitri, facendosì che nessuna delle parti originarie possa cooperare nella nomina delcollegio, in modo tale che anche nessuno dei terzi intervenienti, nono-stante la caratteristica temporale dell’intervento che avviene di necessitàa giudizio iniziato e dopo la formazione del collegio, possa subire untrattamento diseguale nella nomina degli arbitri. Quanto invece al temadel consenso e del vincolo pattizio, quest’ultimo, in caso di chiamata incausa “di altri soci a norma degli articoli 106 e 107 dello stesso codice”, èa ben guardare già risolto a monte proprio dalla stessa convenzione diarbitrato su cui si basa l’arbitrato in esame, contenuta in un contrattoassociativo rispetto al quale tutti i soci hanno concorso a stipulare laclausola compromissoria (21). Quanto invece all’intervento volontario disoggetti che sono veri e propri terzi rispetto non solo al procedimentoarbitrale, ma anche al patto compromissorio, è ovvio che il terzo cheintervenga in giudizio ai sensi dell’art. 105, c. 1, cod. proc. civ. non potràche portare in giudizio un proprio diritto compreso nei limiti di efficaciadella clausola statutaria (22), perché se così non fosse sarebbe necessaria laformazione del consenso di tutti i contendenti per portare nel giudizioarbitrale una questione estranea al patto compromissorio. Quando invecel’intervento abbia carattere adesivo dipendente si potrà avere in astrattola situazione di chi interviene anche qualora la posizione sostanziale chelega il terzo alle parti originarie non sia ricompresa nel perimetro di

(19) Cfr. E.F. RICCI, Il lodo rituale di fronte ai terzi, in Riv. dir. proc., 1989, 655 e seg.; E.FAZZALARI, Le difese del terzo rispetto al lodo rituale, in questa Rivista, 1992, 613 e seg.

(20) Cfr. G. TARZIA, L’intervento di terzi nell’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2004,349 e seg.

(21) Vero è che l’efficacia soggettiva della clausola statutaria è estesa per legge anche aisoci la cui qualità è oggetto di controversia e, per comune interpretazione, anche ai socisopravvenuti, ma si tratta pur sempre di soggetti che hanno dato, oppure danno, il loro consensoal patto associativo.

(22) Cfr. F.P. LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, 705 e seg.

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efficacia del patto arbitrale. Si fa in proposito l’esempio del possibileintervento adesivo dei creditori di una delle parti (23), oppure si puòipotizzare l’intervento della società assicuratrice nell’ambito di un’azionedi responsabilità di amministratori e sindaci.

Di grosso spessore problematico è l’argomento della chiamata incausa ex art. 107, c. 2, cod. proc. civ., che avviene sul presupposto dellacomunione di causa tra i terzi chiamati e le parti, per motivi non dinecessità, ma di mera opportunità. Poiché nel processo ordinario allamancata chiamata sono connesse conseguenze normative di un certospessore, si discute se ai medesimi risultati si debba pervenire anche conriferimento all’arbitrato. In proposito a me sembra che, se il richiamoall’art. 107 cod. proc. civ. operato dall’art. 35 d. lgs. n. 5/2003 deve avereun senso, esso non possa essere tale da fare solo sì che gli arbitri debbanoordinare la chiamata, ma le parti rimangano poi libere di effettuarla omeno, senza che a ciò sia connessa alcuna conseguenza (24). Penso inveceche nel sistema dell’arbitrato societario se gli arbitri hanno richiesto lapresenza di un terzo è perché, nella logica di gruppo che è allo stessopropria, è opportuno che l’efficacia del lodo sia estesa al terzo chiamato eche quindi le parti debbano essere effettivamente onerate della suachiamata, pena l’improcedibilità dell’arbitrato e la sua chiusura con pro-nuncia meramente processuale di non potersi procedere.

Venendo ai profili procedimentali dell’intervento, l’art. 35 d. lgs. n.5/2003 si limita a disciplinare il termine per l’intervento in causa, indivi-duandolo nella prima udienza di trattazione. Poiché l’ingresso di terzi inarbitrato, potendo essere esperito da soggetti che portano nel processoveri e propri diritti, allarga il tema del contendere, si è in questo modocontemperata la sua ammissibilità con l’esigenza di tutela del contraddit-torio delle altre parti consentendo l’intervento solo in un arco temporaleben delimitato. Nel fare ciò si è però scordato che la struttura deforma-lizzata del procedimento arbitrale non conosce una prima udienza ditrattazione in senso tecnico, il che porta a pensare che il riferimento debbaessere inteso non all’udienza di costituzione del collegio, che serve ingenere per fissare il calendario del procedimento, ma a una udienzasuccessiva in cui il collegio cominci a occuparsi della materia del conten-dere (25). Potrà essere poi regola di buon andamento del procedimentoarbitrale quella della determinazione specifica da parte degli arbitri del-l’udienza che determina il maturare della preclusione in questione, nel-l’ambito dei loro poteri di regolamentazione del procedimento. Pur in

(23) Cfr. F.P. LUISO, Appunti sull’arbitrato, cit., loc. cit.; M. BOVE, L’arbitrato nellecontroversie societarie, in www.judicium.it, 12.

(24) Così invece M. BOVE, L’arbitrato nelle controversie cit., 12, nonché P. BIAVATI,Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, cit., sub art. 35, 157.

(25) Cfr. P. BIAVATI, Arbitrato societario, cit., 156.

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assenza di indicazione normativa, mi sembra che la stessa disciplina debbapoi estendersi a tutte le ipotesi di chiamata in causa, la cui ratio e le cuiconseguenze sono del tutto analoghe.

Di qualche complessità teorica è in materia di intervento la disposi-zione dell’art. 35, c. 2, d. lgs. n. 5/2003 laddove dispone che in caso diintervento o di chiamata in causa “Si applica l’art. 820, secondo comma,del codice di procedura civile”. L’art. 820 cod. proc. civ. è stato infattiprofondamente modificato dalla riforma del 2006 e il testo dell’originariosecondo comma è stato trasfuso con modifiche nell’attuale quarto commadella disposizione, che prevede una serie di casi di proroga di centottantagiorni per la pronuncia del lodo, che operano “per non più di una voltanell’ambito di ciascuno di essi”, ma sono tutti derogabili qualora le partidispongano diversamente. Come avvenuto anche per altre disposizioni, illegislatore della riforma dell’arbitrato ordinario del 2006 ha dimenticato dioperare un raccordo tra le norme riformate e quelle dell’arbitrato socie-tario, così che non è oggi facile capire quale significato attribuire all’indi-cazione richiamata ancora contenuta nel corpo normativo dell’art. 35, c. 2,d. lgs. n. 5/2003.

In materia sono state proposte due interpretazioni, entrambe plausi-bili. Da una parte si sostiene infatti che il rinvio dell’art. 35 d. lgs. n. 5/2003all’art. 820, c. 2, cod. proc. civ., vada oggi letto come rinvio al c. 4 commadella norma in questione, sommandosi il prolungamento speciale a quelloprevisto dalla norma di diritto comune. Il termine dovrà quindi, secondoquesta lettura, ritenersi prorogabile di centottanta giorni, per non più diuna volta, nell’ambito di ciascuna delle fattispecie previste. Così, in caso diintervento o chiamata del terzo nell’arbitrato societario il termine saràprorogato di centottanta giorni per una sola volta quale che sia il numerodegli intervenienti o dei chiamati, anche in caso di più interventi ochiamate nel giudizio arbitrale e tale possibile prolungamento andrà acumularsi con quello delle altre ipotesi previste dal c. 4 dell’art. 820 cod.proc. civ. (26). Dall’altra parte si ritiene invece, con dichiarato intento disemplificazione, che il rinvio vada inteso al vecchio testo dell’art. 820, c. 2,cod. proc. civ., conservando ai soli arbitri di diritto speciale il potere diprorogare per una sola volta il termine per non più di centottanta giorni,esclusivamente in presenza dei presupposti dettati dall’art. 35 del decretosocietario (27).

La differenza tra le due prospettive è marcata, perché la prima rendeautomatica quella proroga che per la seconda rimane discrezionale; laprima cumula questa ipotesi speciale di proroga del termine a quelle

(26) È questa la lettura di P. BIAVATI, Arbitrati speciali, Commentario diretto da CARPI,Bologna, 2008, 129.

(27) È questa la lettura di F. AULETTA, La nuova disciplina dell’arbitrato, in Comm. a curadi S. MENCHINI, sub art. 820, 391.

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ordinarie, mentre la seconda non ammette il cumulo; la prima porta adapplicare il termine fisso di centottanta giorni alla proroga societaria,laddove la seconda consente in materia una valutazione discrezionaledegli arbitri entro il limite massimo di centottanta giorni.

Dare una soluzione a un quesito che nasce da un errore del legislatoredel 2006 non è facile. A me sembra che, poiché la disciplina dell’arbitratosocietario è integrabile con quella dell’arbitrato ordinario, in relazione agliaspetti non regolati sia corretto pensare che l’ipotesi speciale di prorogadel termine per la pronuncia del lodo regolata dall’art. 35 d. lgs. n. 5/2203possa essere integrata da quelle previste dall’art. 820 cod. proc. civ. e vadaa cumularsi con le stesse, a prescindere che si tratti di quelle regolate dal3º o dal 4º comma dell’attuale art. 820 cod. proc. civ. Mi è più difficile poicapire se il caso speciale di proroga in questione vada trattato comeproroga lasciata alla discrezionalità dell’organo arbitrale sia per quantoriguarda la sua disposizione che per quanto attiene alla sua misura —com’era la proroga immaginata dal legislatore societario attraverso ilriferimento all’art. 820, 2º comma, cod. proc. civ. vecchio testo — oppurese le nuove modalità di proroga si impongano anche in questa situazione,reagendo sul modello originario e comportando che la stessa sia automa-tica, ma possa essere esclusa dalla volontà delle parti e sia poi predeter-minata nel tempo oggi stabilito dalla legge.

Posta la ratio della disciplina in esame, che era ed è sicuramentequella di favorire gli arbitri a fronte del complicarsi soggettivo e oggettivodella lite, riterrei in proposito corretto pensare che le parti non possanoincidere sulla proroga dovuta all’intervento o alla chiamata di terzi nel-l’arbitrato societario, come d’altra parte non lo potevano fare ai sensidell’art. 820, 2º comma, vecchio testo cod. proc. civ. In questo sensol’ipotesi di proroga in questione mi sembra più vicina a quelle oggipreviste dal 3º comma dell’attuale art. 820 cod. proc. civ. che a quelleregolate dal suo 4º comma, cui non si riferisce l’inciso per il quale le stessesi applicano solo “Se le parti non hanno disposto diversamente”. Poiché gliarbitri societari devono subire l’intervento o la chiamata del terzo e, adifferenza di quelli ordinari, non li possono rifiutare (28), mi sembracorretto pensare che la proroga del termine per la pronuncia del lodo siail dovuto compenso rispetto alla complicazione della materia del conten-dere che gli stessi sono tenuti a consentire (29). Anche il limite temporalemi sembrerebbe poi, per coerenza, dover essere discrezionale, col tetto

(28) Come avviene invece ex art. 816 quinquies nell’arbitrato ordinario, ove è richiestoanche il consenso degli arbitri.

(29) Analogamente F. AULETTA, La nuova disciplina dell’arbitrato, in Comm. a cura di S.MENCHINI, sub art. 820, 391 per il quale il potere degli arbitri di interdire l’ampliamentosoggettivo della lite ex art 816 quinquies cod. proc. civ., tiene luogo del potere di proroga deltermine nella disciplina dell’arbitrato societario.

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massimo dei centottanta giorni previsto dalla vecchia norma e posto oggiquale termine automatico dalla nuova.

Per concludere sul punto, le due prospettive precedentemente indi-cate mi sembra debbano essere in qualche modo fuse tra di loro perrendere coerente la disposizione speciale con la sua ratio originaria e conil suo essere norma speciale integrabile dalla disciplina ordinaria per leipotesi non regolate. Così, nella sostanza, la proroga societaria concorreràcon quelle ordinarie e si cumulerà con le stesse, ma manterrà le suecaratteristiche di non poter essere esclusa dalle parti e di non avere untermine predeterminato, come del resto avviene per le nuove ipotesi diproroga regolate oggi dal 3º comma dell’art. 820 cod. proc. civ., con ladifferenza di avere però un tetto massimo in quei centottanta giorni cheora formano la base delle ipotesi dei casi di proroga automatica.

8. Infine qualche considerazione merita la disposizione ancora con-tenuta nell’art. 35, c. 2, d. lgs. n. 5/2003, laddove chiarisce che nelprocedimento arbitrale societario “non si applica l’art. 819, primo comma,del codice di procedura civile”, disposizione quest’ultima completata conla regola contenuta nel successivo art. 36, c. 1 che sancisce che gli arbitridevono sempre decidere secondo diritto e con lodo impugnabile anche anorma dell’art. 829, c. 2, cod. proc. civ. quando abbiano conosciuto diquestioni non compromettibili.

La disposizione al momento della sua entrata in vigore aveva lafunzione chiara di consentire agli arbitri societari la cognizione in viaincidentale di tutte le questioni pregiudiziali che sorgevano nel procedi-mento, a prescindere dalla loro compromettibilità, contro il generaledivieto allora contenuto nell’art. 819 cod. proc. civ.

La sostanziale modifica dell’art. 819 cod. proc. civ. operata dal legi-slatore del 2006 ha comportato però il superamento del problema. Lacircostanza che la riforma del 2006 non abbia portato con sé anche ildovuto coordinamento del nuovo art. 819 cod. proc. civ. con l’art. 35, c. 3,d. lgs. n. 5/2003 è grave e pone oggi un problema esegetico letteralmentedi non scarsa portata. Infatti, a chi legga le due disposizioni senza cono-scerne la storia e la ratio, può venire del tutto istintivo pensare che, nonapplicandosi in ambito societario l’art. 819, c. 1, cod. proc. civ., gli arbitrisocietari non possano risolvere “senza autorità di giudicato tutte le que-stioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono sumaterie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato”, con laconseguenza di precludere loro la cognizione incidentale di qualunquequestione pregiudiziale di merito. Tuttavia, che questa non possa essere lalettura corretta del coordinamento tra le due disposizioni lo si evincedall’inciso contenuto nell’ultima parte del c. 1 dell’art. 819 cod. proc. civ.,che risulterebbe, in questa prospettiva, parimenti non applicabile. Que-

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st’ultimo inciso fa salvo, rispetto alla regola generale, il caso in cui lepredette questioni debbano essere decise con efficacia di giudicato: disap-plicandosi quindi, ai sensi dell’art. 35, c. 3, d. lgs. n. 5/2003, l’intero c. 1dell’art. 819 cod. proc. civ., si arriverebbe all’assurdo di consentire agliarbitri societari di risolvere in via incidentale le sole questioni che devonoessere decise con efficacia di giudicato per legge, il che non può rispec-chiare all’evidenza quello che era il pensiero del legislatore.

Poiché si deve sicuramente escludere una lettura del coordinamentotra le due disposizioni che precluderebbe agli arbitri societari di conoscerein via incidentale della veridicità del bilancio — qualora a tale questionedovessero ingiustamente riservarsi le stigmate della inarbitrabilità (30) —ma consentirebbe loro di conoscere per tale via di una questione di stato,ove mai la stessa sorgesse nell’ambito di questo tipo di giudizio (31), risultaevidente che il coordinamento tra l’art. 35, c. 3, del decreto societario e ilnuovo art. 819 cod. proc. civ. debba essere ricercato attraverso altresoluzioni ed in particolare ritenendo che la prima parte dell’art. 35, c. 3, d.lgs. n. 5/2003 sia stata implicitamente abrogata con l’introduzione delnuovo testo dell’art. 819 cod. proc. civ. (32). Così la pregiudizialità nell’ar-bitrato societario rimane oggi regolata nello stesso modo di quella ordi-naria, potendo gli arbitri conoscere di ogni questione pregiudiziale in viaincidentale, anche se eventualmente non arbitrabile, con l’eccezione diquelle che non possono essere deferite ad arbitri e devono essere decisecon efficacia di giudicato per legge. A queste ultime è invece riservata,esattamente come per l’arbitrato ordinario, la disciplina dell’art. 819 bis, c.1, n. 2, cod. proc. civ. (33), con la conseguenza che anche il giudizioarbitrale societario va oggi sospeso nel solo caso in cui insorga unaquestione pregiudiziale che non possa essere oggetto di convenzione diarbitrato e per legge debba essere decisa con autorità di giudicato (34).

Ciò vale però per le sole questioni rispetto alla quali in via eccezionaleè imposta per legge dall’art. 34 cod. proc. civ. la decisione con efficaciapiena — e quindi, nella sostanza, per le sole questioni di stato e per laquerela di falso. Del tutto diversa deve essere invece, come già chiarito, la

(30) Cfr. L. SALVANESCHI, Impugnativa in via arbitrale della delibera di impugnazione delbilancio, in questa Rivista, 2010, 59 e seg.

(31) Il caso rischia di essere più che altro di scuola, ma si potrebbe pensare a una litesocietaria in cui l’erede del socio pretenda dei diritti sociali che gli competano in tale sua qualità,ove sorga quale pregiudiziale una questione di stato che incida sull’effettività della dedottaqualità di erede.

(32) Cfr. P. BIAVATI, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a cura di F. CARPI, Bologna2008, 130 e seg. per il quale l’inciso in questione non avrebbe più operatività giuridica distintada quella di diritto comune, per cui “Gli arbitri societari applicano ora, come gli arbitri di dirittocomune, l’attuale art. 819, il cui significato è sostanzialmente identico a quello che l’art. 35 siproponeva, escludendo l’applicazione del previgente art. 819, comma 1”.

(33) Così specificamente P. BIAVATI, Arbitrato societario, cit., 131.(34) Per una diversa lettura Cfr. P.L. NELA, Le recenti riforme del processo civile, in

Comm. a cura di S. CHIARLONI, sub art. 819, 1792.

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soluzione per le questioni pregiudiziali che riguardino gli interessi dellacollettività sociale e non quelli dei singoli soci. Queste ultime, erronea-mente ritenute da alcuni non arbitrabili, possono invece essere decise inogni caso dagli arbitri societari in via meramente incidentale. Esse infattinon solo sono pienamente arbitrabili, ma, anche se da alcuni erronea-mente confinate tra le questioni non compromettibili, non sono tra quelleper cui è prevista per legge la decisione con autorità di giudicato, col chesi supera ogni possibile dubbio circa la loro capacità di essere oggetto divalutazione almeno incidentale da parte degli arbitri.

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Le decisioni cautelari e di meritodegli arbitri nell’arbitrato societario italiano(per un ripensamento del potere di sospensionedell’efficacia della delibera impugnata:art. 35, c. 5, d.lgs. n. 5/2003)

FERRUCCIO AULETTA (*)

1. Arbitrato societario vs “risoluzione di contrasti sulla gestione di società”. — 2.Decisioni cautelari e di merito. — 2.1. Decisioni di rito o di merito. — 2.2.Decisioni cautelari e non. — 3. Carattere non necessariamente cautelare delpotere di cui all’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003. — 4. Una ricostruzionealternativa. — 5. Conseguenze e conclusioni.

1. Prima di tutto conviene perimetrare il campo dell’indagine perescludere da questa l’istituto della “risoluzione di contrasti sulla gestione disocietà” di cui all’art. 37 d.lgs. n. 5/2003: pregiudiziale ragione di tanto stanel diverso ambito oggettivo dell’arbitrato, e di quello societario inparticolare (artt. 806 c.p.c. e 34 d.lgs. n. 5/2003), e nella natura di solo attoe non anche di procedimento che la determinazione del terzo, quandoagente da risolutore di “contrasti sulla gestione”, rivela (1).

In breve: unico oggetto di questa analisi sopra l’arbitrato societarioitaliano è il fenomeno regolato in via principale (sebbene non esclusiva)dagli artt. 34-36 d.lgs. n. 5/2003 (2).

2. Per procedere oltre soccorre immediatamente il bisogno di unadefinizione delle unità elementari della ricerca, e perciò è necessario

(*) Professore ordinario nella Università di Napoli “Federico II”.(1) Rinvio, se consentito, alle ragioni che ho illustrato altrove: La risoluzione di contrasti

sulla gestione di srl (ovvero l’amministrazione de consilio), in Riv. dir. comm., 2013, I, 371.(2) Ho affrontato già i temi posti da queste norme in alcuni lavori precedenti, nei quali

si trovano anticipazioni di alcune delle tesi difese ancora qui: Dell’arbitrato, in SASSANI (a curadi), La riforma delle società. Il processo, Torino, 2003, 327 ss.; con A. ZOPPINI, Niente riserveesclusive tra rito civile e arbitrato, in Sole 24 ore, 8 settembre 2005, 29.

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rispondere all’interrogativo che già dal titolo deriva: quando di unadecisione degli arbitri è predicabile la natura cautelare o di merito?

Nel discorso seguente i due temi rimarranno intrecciati ripetuta-mente, né essi risultano veramente separabili, ma per evitare la loroconfusione occorre muovere da definizioni — possibilmente condivise —di ciascuno degli elementi nella sua identità minima ed essenziale.

2.1. Non paiono ricorrenti ragioni di specialità dell’arbitrato socie-tario italiano per ricusare al suo riguardo le affermazioni valide in dirittoprocessuale comune sulla coppia rito-merito, tanto meno quelle più re-centi e autorevoli: “l’ascrizione al rito o al merito di una questione nondipende da un’immutabile natura delle cose [...], bensì dalle diverse fun-zioni che la questione può assumere anche in ciascuna fase di uno stessogiudizio. Infatti nella prospettiva del giudizio la stessa distinzione tra normasostanziale e norma processuale è solo relativa: norma sostanziale essendoquella che funge da criterio di giudizio, da regola di inferenza esibita agaranzia dell’argomentazione che ascrive determinate conseguenze giuridi-che a un fatto; norma processuale quella che regola l’attività del giudice edelle parti nel processo. Sicché una stessa norma giuridica può venire indiscussione ora come regola di un’attività processuale, ora come criterio digiudizio” (3).

Sulla base di tale assunto le S.U. hanno potuto sciogliere i seguentinodi: a) se il lodo sia immediatamente impugnabile anche quando decidaquestioni pregiudiziali o preliminari ovvero soltanto quando decida nelmerito di una domanda; b) se la questione di validità della convenzionearbitrale, che fonda il potere decisorio degli arbitri, sia di merito, benché“sol mediatamente incidente sul bene della vita rivendicato dalla domanda”,o sia — invece — di rito.

Le questioni hanno trovato risoluzione — rispettivamente — nelsenso che: aa) “Lodo che decide parzialmente il merito della controversia,immediatamente impugnabile a norma dell’art. 827 c.p.c., comma 3, è siaquello di condanna generica ex art. 278 c.p.c. sia quello che decide una oalcune delle domande proposte senza definire l’intero giudizio, non essendoimmediatamente impugnabili i lodi che decidono questioni pregiudiziali opreliminari”; bb) “Non v’è dubbio pertanto che nel giudizio arbitrale è unaquestione pregiudiziale di rito (anche) quella concernente l’esistenza o lavalidità della convenzione giustificativa della potestas iudicandi degli arbi-tri”. “Nel giudizio arbitrale la questione dell’invalidità, come dell’inesi-stenza, della clausola compromissoria è funzionale all’accertamento di unerror in procedendo che vizia una decisione giurisdizionale, qual è il lodo”.

(3) Sez. un. 18 novembre 2016, n. 23463 (Pres. Rordorf, est. Nappi; PM Salvato - concl.diff).

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Sembra, dunque, poter muovere di qui alla volta della qualificazionedi una decisione come di rito o di merito, e indirizzarsi poi verso laparimenti necessaria verifica in ordine alla possibilità di predicare o menodi una decisione il carattere cautelare.

2.2. La capacità di decisione nel merito si presenta regolarmentescindibile dalla capacità di decisione cautelare, massimamente quando laprima è riservata agli arbitri (artt. 669-quinquies, 818 c.p.c.) (4): pur con leeccezioni riferite a singoli plessi giurisdizionali alcune delle cui prassi piùrisalenti hanno guidato la rispettiva codificazione processuale in terminireattivi (i riferimenti corrono agli artt.15 CPA (5) e 20 CGC (6)), quello discindibilità può ben assurgere al rango di principio regolatore quando nonanche informatore della materia. Basti al riguardo considerarne le appli-cazioni che la giurisdizione ordinaria ne fa al massimo grado della scaladell’ordine pubblico processuale, cioè nel processo penale (7) o nel pro-cesso per la dichiarazione di fallimento (8); applicazione, del resto, ripro-dotta espressamente nel sistema di diritto internazionale privato.

La legge n. 218/95, art. 10, prescrive infatti che “in materia cautelare,la giurisdizione italiana sussiste quando il provvedimento deve essereeseguito in Italia o quando il giudice italiano ha giurisdizione nel merito”.E il Reg. UE n. 1215/2012, art. 35, conferma che “i provvedimentiprovvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possonoessere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente

(4) Osserva VERDE, Diritto processuale civile4, 3, Bologna, 2015, 220, che “il giudiceinvestito del merito è competente a decidere sulla istanza cautelare proposta in corso di causa(ex art. 669 quater) anche quando sia eccepita la sua incompetenza sul merito o comunque nedubiti”; contra SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano5, Milano, 2015, 655.

(5) “2. In ogni caso il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulladomanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, nondecide sulla stessa”.

(6) “2. Il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla eventuale richiestadi misure cautelari”.

(7) “Art. 291. (Procedimento applicativo) 1. Le misure sono disposte su richiesta delpubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda.2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono lecondizioni e sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’articolo274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propriaincompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell’articolo 27”.

(8) “Art. 9-bis. (Disposizioni in materia di incompetenza). Il provvedimento che dichiaral’incompetenza è trasmesso in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone condecreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede iltribunale che dichiara la propria incompetenza. Il tribunale dichiarato competente, entro ventigiorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensidell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura falli-mentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore. Restano salvi gli effettidegli atti precedentemente compiuti”. Sulle origini di questa norma sia consentito rinviare almio studio: Appunti sul “fallimento dichiarato da tribunale incompetente” nel disegno di legge n.1243 presentato al senato della repubblica dal ministro della giustizia, in Riv. esecuzione forzata,2003, 117.

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regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudicedi un altro Stato membro”.

Scindibilità dal giudizio di merito a parte, è poi anche un altro il trattoriconoscibile nella potestà cautelare, che si ricava soprattutto (ma nonsoltanto, come proverebbe già il criterio di radicamento sub art. 10 l. n.218/95, cit.) dall’art. 669 duodecies c.p.c., nonché — in genere — dallanormativa propria di attuazione, esecuzione od ottemperanza dei provve-dimenti cautelari. In sintesi, l’attitudine alla coercibilità si presenta comeun essentiale del provvedimento cautelare (9).

In prima approssimazione, allora, né la materia cautelare può darsicome “sempre” immanente alla giurisdizione di merito né risolversi inenunciati meramente dichiarativi e in quanto tali autosatisfattivi: su questebasi conviene, allora, promuovere la transizione della ricerca verso la tesidi approdo.

3. È pressoché indiscussa l’interpretazione dell’art. 818 c.p.c. — “Gliarbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari,salva diversa disposizione di legge” — per cui sarebbe l’art. 35, comma 5,d.lgs. n. 5/2003 proprio una (quando non l’unica) disposizione di legge aimportare deroga al generale divieto di provvedimenti cautelari concedi-bili dagli arbitri (10). Come noto, infatti, “La devoluzione in arbitrato,anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutelacautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del codice di proceduracivile”, “ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione inarbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleariagli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza nonreclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera”.

Sennonché, alla luce delle interlocutorie conclusioni di cui sopra,appare legittimo interrogarsi sulla irrefutabilità dell’affermazione che fadell’art. 35, comma 5, cit. e dell’arbitrato societario ivi governato il luogodi eccezionale ammissibilità del potere cautelare degli arbitri (11).

(9) Sulla “impossibilità di scindere il processo di cognizione da quello di esecuzione” inambito cautelare cfr. DELLE DONNE, L’attuazione delle misure cautelari, Roma, 2012, 22 ss.;SASSANI, op. cit., 672, scrive però che “se la necessità di attuazione è di norma riscontrabile nellatutela cautelare, non si può essere d’accordo però con chi vede in tale necessità un carattereineliminabile del concetto stesso di cautela”. Il riferimento, tra gli altri, va a LUISO, Dirittoprocessuale civile8, IV, Milano, 2015, 240, secondo cui “l’attuabilità del provvedimento cautelareè quindi intrinseca alla tutela cautelare [...] perché [...] il provvedimento cautelare non puòmodificare il diritto sostanziale”.

(10) Per tutti, v. DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, Bologna, 2013, 261 ss.(11) In effetti, la sola previsione certamente annessa alla materia cautelare sta lì dove è

sancita l’inalienabilità della protezione cautelare in presenza di arbitrato eventualmente irri-tuale, pro tempore rimanendo ancora dubbio che la convenzione per arbitrato soltanto contrat-tuale potesse tollerare l’ingresso dell’A.G. nella vicenda contenziosa per assicurarne la preven-zione da pericula in mora: sul punto, v. DALMOTTO, op. cit., 262 s.

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Ora, se è vero che l’autore di una decisione cautelare (fors’anche inragione dell’effettività propria della giurisdizione cautelare) deve poteressere (anche) altro da quello della decisione di merito, e che soltanto perle decisioni di merito l’accertamento dichiarativo può divenirne contenuto(necessario e) sufficiente (arg. ex art. 2909 c.c.), appare più esposta aldubbio l’ipotesi che a proposito del “potere di disporre, con ordinanza nonreclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera” — cioè di un attomeramente dichiarativo, peculiare ad arbitri privati e inerente sempre ecomunque alla “devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggettola validità di delibere assembleari” — possa dirsi come di un provvedi-mento invariabilmente cautelare.

Può rimanere, in altri termini, anche estranea alla materia stessa deldivieto dell’art. 818 c.p.c., “provvedimenti cautelari”, una misura che,senza alcuna possibilità di replicarne esattamente la disciplina pressol’ordine giudiziario (dove invero il provvedimento di sospensione dell’ef-ficacia della delibera impugnata che pure fosse adottato ex art. 700 c.p.c.incontrerebbe uno statuto differente già per la pluralità di gradi accessi-bili), risulti così tanto connessa al- (e dichiaratamente inscindibile dal-) lacapacità di decisione nel merito della controversia sopra l’oggetto devo-luto ai giudici privati, oltre che intimamente priva di ogni attitudine allacoercibilità.

Insomma, l’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003, non è per forza quella“disposizione di legge” la cui “salv[ezz]a” è ammessa dallo stesso art. 818c.p.c., ma il potere che vi si esprime sembra piuttosto, per opzionelegislativa non oltremodo disponibile, contenuto come il meno nel piùdella corrispondente capacità di decisione di merito, e si manifesta nor-malmente in forma di giudizio interinale: una manifestazione di capacitàindissolubilmente inerente (12) al giudizio di merito (e fino a quandoquest’ultimo penda (13)).

(12) CASTAGNA, On the inherent and implied powers of international commercial arbitraltribunals, Tesi di laurea per l’a.a. 2014-2015 dell’Università commerciale L. Bocconi, il cuiautore è stato insignito — nel corso del medesimo convegno in cui è stata svolta la presenterelazione — del premio Luigi Minoli. A pag. 24 vi si legge: “We can finally infer that ininternational commercial arbitration, the inherent power of arbitrators is one that is a perma-nent attribute or quality, a characteristic or essential element of it and belonging to the intrinsicnature of the same, deriving from their office, position or status as arbitrators defined by thefundamental basis for the regulatory framework of the arbitral process. This implies thatinherent powers in general are not necessarily the same in nature, extension and quality in everyjurisdiction. It also shows that there might be a number of different sources of inherent powers,and that parties can grant inherent powers expressly, impliedly, or in any other way themandatory provisions of the arbitration law provide for. Inherent powers can also be granteddepending on the criteria by which the mandatory provisions of the arbitration law at the seathave to be interpreted by the competent courts. It also follows that each level of the hierarchycan only limit inherent powers if this possibility has been granted by the “superior level”. In fact,it follows that the lex arbitri may grant the arbitral tribunal procedural discretion that the partiescannot deny to the arbitrators. We could conclude at this stage that inherent powers can be a

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Il potere cautelare, di contro, presenta più spesso l’aspetto di unmezzo al fine nei riguardi del potere di decisione nel merito, di regolarappresenta — cioè — altro, pur nella sua costante e inalienabile essen-zialità alla complessiva funzione di tutela che il sistema giustiziale deveapprestare; ed è proprio in quanto altro — e non già inerente al medesimopotere di decisione di merito — che tale potere ulteriore rimane bisognosodi espressa attribuzione legislativa. E l’alterità della materia cautelare stapure a rendere autonomo e potenzialmente autosufficiente (com’è evi-dente soprattutto nei casi di strumentalità attenuata del provvedimentocautelare rispetto alle compiute forme della giurisdizione di merito)l’esercizio del potere che vi si implica, il quale — in circostanze siffatte —non riuscirebbe comunque a presentarsi quale meno nel più dell’unicopotere olim confidato allo stesso giudice per esaurirsi con la decisione dimerito.

4. Si impone, adesso, il tentativo, da operare in guisa di provacontraria per la tenuta della conclusione appena rassegnata, di riqualifi-care in una plausibile maniera alternativa (relativamente a quanto unani-memente ritenuto sin qui) il “potere di disporre, con ordinanza nonreclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera” dedotta comeoggetto di arbitrato.

Conviene premettere allo sviluppo dell’argomento alcune notazionisull’art. 816-bis, ult. comma, c.p.c.: “Su tutte le questioni che si presentanonel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere conlodo non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta adeposito”. In particolare, deve osservarsi come, in arbitrato, la natura delle“questioni che si presentano nel corso del procedimento” risulti senz’altrodiversa da quella delle questioni sulle quali, davanti al giudice ordinario,è data possibilità di sentenza non definitiva ex art. 187, 2º e 3º comma,c.p.c.: soluzione invero riservata non per ogni questione ma “solo quandola decisione di essa può definire il giudizio”. Al contrario, dunque, inarbitrato, “tutte le questioni” ammettono l’alternativa, con sequela dieffetti propri di ciascuna definizione, tra “lodo non definitivo” e “ordi-nanza revocabile”.

Si tratta, in fondo, dell’ammissibilità in via di principio di una cogni-zione allo stato degli atti, come si desume dalla costante fungibilitàdell’ordinanza revocabile col lodo non definitivo, e sembra quasi evocata

type of implied power, or something else other than implied depending on the national law andpractices of the seat of arbitration”.

(13) Seguo qui la definizione che di interinale trovo, per es., in VERDE, Diritto processualecivile4, 2, cit., 52, 338.

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una delle molteplici fattispecie di sentenze interlocutorie del c.p.c. del1865 (14).

In astratto, volendosi applicare alla figura di specie — vale a dire allasospensione dell’efficacia della delibera nel corso del giudizio (e finquando in corso) — l’opzione per la pronuncia di lodo interlocutorio, gliarbitri finirebbero soltanto per privare sé stessi del potere ulteriore direvoca del provvedimento: potere che invece deve continuare a risiederein loro per la univoca scelta legislativa in favore dell’“ordinanza nonreclamabile”. Tuttavia, quanto alla prima, virtuale opzione (che sarebbepossibile unicamente in difetto della cogente disciplina ad hoc), si tratte-rebbe di un modello di provvedimento interinale tutt’altro che sconosciutoal sistema di tutela dei diritti, come prova, per es., l’art. 423, 3º comma,c.p.c., secondo cui l’ordinanza provvisionale di condanna del datore dilavoro rimane sì revocabile, ma non prima che lo stesso giudice abbiaanche pronunciato “la sentenza che decide la causa”, così realizzando lafattispecie autenticamente interinale del provvedimento destinato a sta-bilità ad diem.

Se ne può inferire che, quanto al potere di cui è in atto qui l’esame,stante la forma assegnata al provvedimento che “dispo[n]e, con ordinanzanon reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera” e l’insoppri-mibile inerenza alla capacità dei medesimi arbitri di decidere la causa nelmerito, un’unica specialità — rispetto al diritto comune dell’arbitrato —residua nella previsione dell’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003: quella diescludere il lodo non definitivo altrimenti ammissibile ex art. 816-bis, ult.comma, sulla specifica questione, vale a dire di escludere al riguardo latipologia di provvedimenti cui appartiene “il lodo che risolve alcune delle

(14) In particolare, si vedano: PESCATORE, Sposizione compendiosa della procedura civilee criminale, I, Torino, 1864, 69 ss., il quale differenzia le sentenze che decidono una questionein definitive o interlocutorie secondo che definiscano o meno il giudizio. In particolare, poi, conriferimento alle sentenze interlocutorie, opera una suddivisione in tre specie: “Alcune, se nonsciolgono definitivamente la questione di merito, la toccano però in qualche modo: e questediciamo interlocutorie in specie (stricto sensu); altre non toccano in nessun punto la questionedi merito e decidono un semplice punto di procedura, e furono dette sentenze preparatorie;altre infine statuiscono sopra una questione che ha un interesse reale (non un interesse disemplice procedura) senza toccare tuttavia la questione di merito, e queste sentenze si possonochiamare incidenti”. Infine, divide ulteriormente le sentenze interlocutorie (stricto sensu) in tre:quelle che “statuiscono sopra domande di provvedimenti interinali”; quelle che “statuisconosull’ammissibilità od inammissibilità delle prove offerte”; “quelle che mandano a procedersi piùampiamente in causa secondo determinate considerazioni”. Invece, MATTIROLO, Trattato didiritto giudiziario civile5, IV, Torino, 1902, 16 ss. suddivide le sentenze interlocutorie in quattrospecie: interlocutorie stricto sensu, provvisionali, preparatorie, incidentali. E definisce: interlo-cutorie stricto sensu “quelle, che, sebbene non risolvano definitivamente la questione di merito,pure la toccano direttamente in qualche punto, e perciò possono pregiudicarla”, e provvisionaliquelle che “statuiscono sopra domande incidentali di provvedimenti interinali o conservatori,chiesti da una parte e contrastati dall’altra”. Anche CHIOVENDA, Principi di diritto processualecivile, Napoli, rist. 1965, 802 ss., definisce provvisionali, quelle che “provvedono su domande dimisure cautelari o provvisorie”.

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questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale” (e perciò “impugnabilesolo unitamente al lodo definitivo”: art. 827, 2º comma).

Questa forma di tutela verbis, non bisognosa di alcuna attuazione rema che va ben oltre il pur “enorme valore sociale della prognosi favorevoleall’accoglimento” (15), la sua riconducibilità alla categoria di “questioni chesi presentano nel corso del procedimento” ex art. 816-bis, ult. comma, el’inerenza deliberata dalla legge al medesimo potere dato agli arbitri perla decisione di merito rimandano all’art. 17 Legge modello Uncitral(Power of arbitral tribunal to order interim measures “(1) Unless otherwiseagreed by the parties, the arbitral tribunal may, at the request of a party,grant interim measures. (2) An interim measure is any temporary measure,whether in the form of an award or in another form, by which, at any timeprior to the issuance of the award by which the dispute is finally decided, thearbitral tribunal orders a party to: (a) Maintain or restore the status quopending determination of the dispute; (b) Take action that would prevent, orrefrain from taking action that is likely to cause, current or imminent harmor prejudice to the arbitral process itself; (c) Provide a means of preservingassets out of which a subsequent award may be satisfied; or (d) Preserveevidence that may be relevant and material to the resolution of the dispute”).

La questione risolta dall’ordinanza revocabile quanto irreclamabile,in sostanza, va limitata alla disciplina normativa da assicurare al rapportolitigioso pendente lite (arbitrale) e la relativa decisione dell’arbitro vatendenzialmente ascritta al tipo interinale e non necessariamente caute-lare.

Né si può escludere per via della soluzione proposta che rimangacomunque inibito il vero e proprio potere cautelare del Giudice ordinario(pur coincidente quoad effectuum). La soluzione (che risulta accolta anchetra le proposte della Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi diorganica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione,con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita eall’arbitrato, presieduta da G. Alpa), infatti, milita logicamente — inquanto la reciproca alienità non consente pregiudiziali detrazioni di ambitiapplicativi di uno verso l’altro — nel senso del concorso dei diversi poteri;sicché, ad ammettere la permanenza del potere cautelare del giudice (senon altro) in base al criterio della regolare (in sede arbitrale: art. 669-quinquies c.p.c.) scindibilità della giurisdizione di merito da quella caute-lare, se ne deve poi consentire l’esercizio in presenza dei relativi presup-posti: presupposti di cui, segnatamente, all’art. 700 c.p.c., onde si puòpervenire all’omologo effetto di sospensione dell’efficacia della delibera

(15) SASSANI, op. cit., 672, nota 27.

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impugnata in presenza della condizione di residualità anche soltantoprocessuale (16).

In sintesi, la materia autenticamente cautelare ha una componentedichiarativa e una componente coercitiva coessenziali e, allo stato, agliarbitri può essere data solo per legge la corrispondente capacità; viceversa,non potrebbe essere mai data loro la capacità di emettere ordini cheriassumono nella sola coercizione tutto il loro valore (privi cioè di ognicomponente dichiarativa, come ad esempio sarebbe quello dell’art. 816-ter, 3º comma) (17). Quando, però, si tratta dell’esercizio di poteri la cuicomponente è interamente dichiarativa, qual è appunto quello di risolu-zione interinale di una questione che inerisce senza variazioni possibiliall’oggetto del giudizio, allora non occorre alcuna previsione additivadella legge, tant’è che questa interviene nella specie al solo scopo direndere indisponibile alle parti tale inerenza oltre che per escludere formedi esercizio consuntive del potere stesso, cioè non continuamente rever-sibili (quale sarebbe quella assicurata per la via del lodo non definitivo).Non c’è insomma altra materia né altro potere da eccitare che già nonappartenga agli arbitri in vista della decisione di merito.

5. Le conseguenze ultime del così riconfigurato potere degli arbitridi sospensione della efficacia della delibera impugnata a norma dell’art.35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003 possono essere quindi tratte, sol che risultiprecisato che:

a) il carattere interamente dichiarativo della pronuncia si riscon-tra vuoi in caso di annullabilità vuoi in caso di nullità della delibe-ra dedotta in giudizio (18) (azioni comunque di impugnativa nego-

(16) Cfr. DALMOTTO, op.cit., 276. Naturalmente, l’inerenza del potere di sospensione alladotazione inalienabile di potestas judicandi degli arbitri fa sì che, nel corso effettivo delprocedimento arbitrale, non si dia regolarmente occasione di surrogare l’eventuale inerzia degliarbitri da parte dell’A.G., per il cui intervento farebbe difetto la condizione di sussidiarietà delprovvedimento d’urgenza. Si legga Trib. Napoli, 6 febbraio 2012, in Società, 2012, 563, con notadi Izzo, e in Giur. merito, 2012, 1320, con nota di D’AGOSTINO: “In una prospettiva costituzio-nalmente orientata, anche in presenza di clausola compromissoria statutaria, sussiste la com-petenza dell’autorità giudiziaria in ordine all’istanza di sospensione dell’efficacia della deliberaassembleare fintanto che l’organo arbitrale, pur investito della controversia, non si sia costituitoe non sia concretamente in grado di operare”. E anche Trib. Napoli, 25 novembre 2014, inSocietà, 2016, 84, con nota di ZUCCONI GALLI FONSECA: “Poiché la competenza a decidere la causadi merito va attribuita all’arbitro previsto dallo statuto del consorzio, allo stesso è devolutol’esame della richiesta cautelare di sospensione della delibera avversata”.

(17) Cfr. anche Considerando n. 25 Reg. UE n. 1215/2012, secondo cui “provvedimentiche non hanno natura cautelare [sono] quelli che ordinano l’audizione di un teste”.

(18) Sulla incompetenza degli arbitri al riguardo, secondo la giurisprudenza, si v. peròCass., sez. VI, 13 ottobre 2016, n. 20674: “Non è compromettibile in arbitri la controversiaavente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società perdifetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione; invero, nonostante la previsione di terminidi decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette agarantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tuteladell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al

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ziale (19)): unico comportamento peculiarmente esigibile riguarderebbe inogni caso il regime pubblicitario del provvedimento in quanto tale,segnatamente l’ordinanza (solo se) di accoglimento in base all’art. 35, c.5-bis (20); ma si tratta non già di un residuale effetto conformativo dellamisura inibitoria dell’efficacia della delibera da attuare re, quanto esoltanto di una prescrizione pubblicitaria (omologa ad altra stabilita per illodo, anche se di rigetto, quindi di un atto incapace per contenuto diesigere qualsivoglia adaequatio intellectus et rei) totalmente aliena daglieffetti, interamente dichiarativi e tutti già prodottisi verbis senz’altro;

b) in realtà, si conferma mancante ogni effetto conformativo disorta o ammennicolo esecutivo che dir si voglia (21): gli artt. 2377 (22) e2434-bis (23) c.c., per esempio, rimandano all’“annullamento della delibe-razione”, peraltro sotto la responsabilità degli amministratori che — utisinguli — nemmeno sono parte in causa, l’adozione dei “conseguentiprovvedimenti”, e così — in particolare — soltanto “il bilancio dell’eser-cizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità [...] tiene conto delleragioni di questa”;

c) in aggiunta, dovrebbe tendenzialmente escludersi anche il carat-tere anticipatorio proprio dei provvedimenti cautelari a strumentalitàattenuata, self-standing: l’art. 1137 c.c. (24), infatti, stabilisce oggi che ilprovvedimento per sospendere l’esecuzione della deliberazione assem-bleare nel condominio degli edifici (in un contesto caratterizzato, al pari diquello in analisi, dalla soggezione dell’azione a termini di decadenza) èdiverso “[d]agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effettidella sentenza di merito”. Sicché, all’estremo della sintesi, può dirsi che, sela loro corrispondenza qualitativa è da escludere, per quella quantitativapuò esservi al massimo rapporto di continenza tra sospensione dell’effi-cacia e altri provvedimenti idonei ad anticipare gli effetti della sentenza dimerito: separando idealmente impugnativa dell’atto e disciplina del rap-

termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano inrapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente,trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili”.

(19) Cfr. PAGNI, Le azioni di impugnativa negoziale, Milano, 1998.(20) “I dispositivi dell’ordinanza di sospensione e del lodo che decide sull’impugnazione

devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese”.(21) Cfr. IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile,

Milano, 2010, 323 ss., che discorre anche di “generica attività attuativa”.(22) “L’annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli

amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguentiprovvedimenti sotto la propria responsabilità”.

(23) “Il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata l’invalidità di cui alcomma precedente tiene conto delle ragioni di questa”.

(24) “L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa dimerito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione delladeliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle normedi cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, con l’esclusione dell’articolo 669-octies, sestocomma, del codice di procedura civile”.

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porto (25), che costituiscono l’indissociabile oggetto dell’azione di merito,è come se la dichiarazione di sospensione si arrestasse sempre alla faserescindente, di per sé mancando di ogni attitudine a governare la relazionesocietaria quando non più sub judice, e dunque incapace di sopravvivereal procedimento orientato appunto a dettare proprio la regola finale diquesta (26).

Allora, e in definitiva, ferma l’irreclamabilità, il regime dell’ordinanzadi sospensione dell’efficacia della delibera non è mutuabile dall’art. 669-decies c.p.c. (che si riferisce ai soli provvedimenti cautelari) (27), né dal-l’art. 177 (che si riferisce alle sole questioni risolte con ordinanza delgiudice istruttore, e però nel contesto peculiare all’ordinario processocivile che separa questione da questione e non presenta una disciplinacomune a “tutte”), né dall’art. 423 c.p.c., per quanto detto supra (oltre cheper l’intima connessione della misura con la protezione del solo lavoratoresubordinato), ma dall’art. 816-bis, ult. comma: si tratta di ordinanzarevocabile ma che origina dal medesimo potere confidato in via definitiva,dunque naturalmente disponibile dagli arbitri in ogni momento, inesauri-bile fino alla pronuncia del lodo ed esercitabile in ogni senso. L’eserciziodel potere che vi si sostanzia non si presenta perciò condizionato neces-sariamente dall’applicazione della regola di giudizio imposta all’A.G. anorma dell’art. 2378, 4º c., c.c. (28), cioè “valutando comparativamente ilpregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subi-rebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione”, cono senza una “garanzia per l’eventuale risarcimento dei danni” a carico dellasola parte promotrice dell’impugnazione.

La riconosciuta natura interinale e non per forza cautelare (29), oltrea escludere che la sospensione dell’efficacia della delibera abbia darispondere sempre ed esclusivamente ai citati presupposti cautelari (chedunque si palesano quale nucleo duro e irriducibile ma attorno al qualepossono addensarsi regole di giudizio ulteriori, anche di conio convenzio-nale privato), determina altresì che: non abbisognando di autorizzazionelegislativa ad hoc, sarebbe stata praticabile sub Julio soltanto una priva-zione negoziale espressa nei confronti degli arbitri del relativo inherent

(25) È il titolo della monografia di SASSANI, il cui sottotitolo è Contributo allo studio dellatutela dichiarativa nel processo civile e amministrativo, Padova, 1989.

(26) Contra DALMOTTO, op. cit., 273, secondo cui “se dunque, dopo che sia stata emanatal’ordinanza inibitoria, tutte le parti rinunciano all’arbitrato, [...], il provvedimento sospensivonon perde la propria efficacia”.

(27) Contra DALMOTTO, op. cit., 272.(28) Contra DALMOTTO, op. cit., 270.(29) L’infrazione al provvedimento non risulta punibile a norma dell’art. 388 c.p., ad

avviso di chi scrive, per ragioni che prescindono dal carattere della misura, se cautelare o meno;invero, la comminazione penale appare ridotta comunque al solo “provvedimento del giudicecivile”, che per i principi del diritto punitivo non può tollerare integrazioni di senso tali daincludere l’arbitro privato: contra DALMOTTO, op. cit., 266 s.

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power (30) mentre questo è ora indisponibile dalle parti stante — oltre larubrica normativa: “Disciplina inderogabile del procedimento arbitrale” —l’avverbio “sempre” che connota il relativo riconoscimento ope legis,ancorché il suo esercizio possa ancora condursi by consent (il tema dellafissità del procedimento al quale appartiene il potere de quo nulla diceriguardo al contenuto del provvedimento nel quale il potere semprespettante si attua). Invero, mai si tratterebbe — al riguardo della merasospensione dell’efficacia della delibera impugnata — di venir disponendodell’effetto proprio di invalidità che ai privati rimane certo inibito per viadi autonomia negoziale diretta (31).

Infine, nemmeno sussiste disparità di trattamento per difetto di re-clamabilità trattandosi di provvedimento ex ante non omologabile a quellocautelare pur quando, eventualmente, di corrispondente effetto, e ciòsenza neppure necessità di impegnarsi a dirimere ancora la questionesopra la riserva (se monopolistica o meno) fatta agli arbitri del potere disospensione dell’efficacia di cui trattasi.

(30) CASTAGNA, op. cit., 55: “It is contention of Gary B. Born, that unless prohibited byparties in the arbitration agreement or mandatory laws, arbitrators have an inherent power toissue any interim measure deemed necessary, even outside the categories provided by theapplicable law or the arbitral institution. This inherent power, in particular, must be presumed”.

(31) RICCI, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2003, 522: “Èassolutamente indisponibile la controversia avente ad oggetto la nullità delle delibere; e soloparzialmente disponibile è la controversia relativa all’annullamento delle delibere medesime:giacché il titolare del diritto di impugnativa può rinunciare al suo esercizio, ma non è possibilegiungere all’annullamento mediante una composizione negoziale tra costui e la società. Lapossibilità di dedurre in arbitrato controversie relative all’impugnativa di delibere assembleari,dunque, implica la possibilità di ottenere dagli arbitri quella dichiarazione di nullità e quell’an-nullamento, che non potrebbero essere ottenuti mediante un negozio stipulato tra le parti dellalite”.

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El arbitraje en el derecho societario español

IGNACIO ARROYO (*)

Sumario: 1. Introducción. — 2. Fuentes legales. — 3. La cuestión terminológica. —4. Ámbito subjetivo: a) sociedades de capital; b) socios fundadores; c) administra-dores; d) socios futuros; e) la propia condición de socio. — 5. Ámbito objetivo. —6. Examen de algunos casos fallados por la jurisprudencia: a) Liquidación delhaber social; b) El régimen de responsabilidad; c) Aplicación expansiva delarbitraje: d) Impugnación de acuerdos sociales; e) Extralimitación de competen-cia; f) Extensión de la cláusula arbitral; g) Cuestiones sociales y personales delsocio; h) Acuerdo de disolución; i) Conflictos entre socios. — 7. Requisitosformales. Arbitraje institucional. — 8. Sigue. La inscripción y la publicidadregistral. — 9. Otros efectos no previstos legalmente. El derecho de separación yel arbitraje de equidad. — 10. Algunas consideraciones de lege ferenda. Elproyectado Código Mercantil.

1. Mis primeras palabras son de agradecimiento, no para cumplircon un deber protocolario de cortesía o buena educación. Agradecimientoa los organizadores del Congreso, la Associazione Italiana per l’Arbitratoy al Profesor Diego Corapi, por la oportunidad que tengo de aprender.Los profesores universitarios sabemos que cuando preparamos una lec-ción, dictamos una conferencia o preparamos algùn escrito para su publi-cación somos los primeros en aprender. Porque si no se aprende en esetrámite, nada nuevo se enseña, y el docente fracasa en su función. Graciaspor tanto por esta nueva oportunidad de aprender, hoy sobre el arbitrajeen este contexto internacional.

La segunda reflexión introductoria entra directamente en materia yhace referencia a la legitimidad del arbitraje. Me interesa destacar que lainstitución arbitral goza de una doble legitimidad, superior diría a lafunción jurisdiccional. Porque el arbitraje además de estar reconocido enla ley, es aceptado voluntariamente por las partes litigantes, circunstanciaque no sucede siempre en la justicia ordinaria. Nadie puede obligar a otro

(*) Professore ordinario di Derecho mercantil nella Università Autónoma di Barce-lona.

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a dirimir diferencias o controversias ante un árbitro si no existe un pactode someterlas al procedimiento arbitral. Esa situación, presidida por lavoluntad, por el pacto y el acuerdo, no existe normalmente en las deman-das ante la jurisdicción. El demandado no acude voluntariamente alproceso, sino obligado por la ley.

En conclusión, el arbitraje es legal porque así lo reconoce el ordena-miento jurídico y, además, porque las partes se someten a él voluntaria-mente, con independencia de ser un arbitraje ad hoc o institucional. Enambos casos existe la cláusula arbitral o el pacto compromisorio al que seaccede voluntariamente. El arbitraje es siempre querido por las partes, lajusticia ordinaria no.

2. El arbitraje en el derecho societario español está regulado en laLey de Arbitraje de 23 de diciembre de 2003, con las modificacionesintroducidas por la Ley de reforma de la Ley de Arbitraje de 2003 y delarbitraje institucional en la Administración General del Estado, de 20 demayo de 2011, precisamente para introducir ciertas modificaciones en elarbitraje societario (1).

(1) Ley 60/2003, de 23 de diciembre, de Arbitraje, (BOE nº 309, de 26 de diciembre de2003), con las modificaciones introducidas por la Ley 11/2011, de 20 de mayo, de reforma de laLey 60/2003, de 23 de diciembre, de Arbitraje y del arbitraje institucional en la AdministraciónGeneral del estado (BOE nº 121, de 21 de mayo de 2011).

Con la Ley 60/2003, se deroga la Ley 36/1988, de 5 de diciembre de Arbitraje. Laevolución de la legislación española reciente sobre el arbitraje se resume en dos etapas. Laprimera constituida por la contenida en la primera orgánica y completa sobre el Arbitraje deLey de 1988. Y la segunda la introducida por la nueva Ley de 2003, reformada parcialmente enel año 2011.

El panorama legislativo completo vigente sobre Arbitraje en España se compone de sietenormas principales: tres consideradas fundamentales, y otras cuatro complementarias. Y son lassiguientes:

Por un lado, las denominadas fundamentales: a) La Ley 60/2003, de 22 de diciembre, deArbitraje (BOE nº 309, de 26 de diciembre de 2003) que contiene 46 artículos. b) La Ley11/2011, de 20 de mayo, de reforma de la Ley 60/2003, de 23 de diciembre, de Arbitraje, y deregulación del arbitraje institucional de la Administración General del Estado (BOE nº 121, de21 de mayo de 2011). c) La Ley Orgánica 5/2011, de 20 de mayo, complementaria a la Ley11/2011, de 20 de mayo, de reforma de la Ley 60/2003, de 23 de diciembre, de Arbitraje, y deregulación del arbitraje de la Administración Institucional del Estado para la modificación dela Orgánica 6/1985, de 1 de julio, del Poder Judicial (BOE nº 121, de 21 de mayo de 2011).

Por otro lado, las denominadas normas complementaria son las siguientes: a) Conveniosobre reconocimiento y ejecución de sentencias arbitrales extranjeras, hecho en Nueva York el10 de junio de 1958 (Instrumento de adhesión de 29 de abril de 1977 (BOE nº 164, de 11 de juliode 1977; corrección de errores en BOE nº 249, de 17 de octubre de 1986); b) Convenio Europeosobre Arbitraje Comercial Internacional, hecho en Ginebra el 21 de abril de 1961 (Instrumentode ratificación de 5 de marzo de 1975 (BOE nº 238, de 4 de octubre de 1975); c) Convenio sobrearreglo de diferencias relativas a inversiones entre Estados y nacionales de otros Estados, hechoen Washington el 18 de marzo de 1965 (Instrumento de ratificación de 20 de junio de 1994 (BOEnº 219, de 13 de setiembre de 1994). D) Ley Modelo de las Comisión de Naciones Unidas parael Derecho mercantil Internacional (CNUDMI) sobre arbitraje comercial internacional, de 21de junio de 1985 (Documento de Naciones Unidas A/40/17, Anexo 1).

Cfr. Los textos y una amplia nota introductoria en ARROYO, Ignacio, Ley de Arbitraje ynormativa complementaria, Madrid (Editorial Tecnos), 2011.

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Art. 11 bis. Arbitraje estatutario. — 1. Las sociedades de capitalpodrán someter a arbitraje los conflictos que en ellas se planeen. - 2. Laintroducción en los estatutos sociales de una cláusula de sumisión alarbitraje requerirá el voto favorable de, al menos, dos tercios de los votoscorrespondientes a las acciones o a las participaciones sociales en que sedivida el capital. - 3. Los estatutos sociales podrán establecer que laimpugnación de los acuerdos sociales por los socios o administradoresquede sometida a la decisión de uno o varios árbitros, encomendándose laadministración del arbitraje y la designación de los árbitros a una institu-ción arbitral.

Art. 11 ter. Anulación por laudo de acuerdos societarios inscribibles.— 1. El laudo que declare la nulidad de un acuerdo inscribible habrá deinscribirse en el Registro Mercantil. El Boletín Oficial del Registro Mer-cantil publicará un extracto. - 2. En el caso de que el acuerdo impugnadoestuviese inscrito en el Registro Mercantil, el laudo determinará, además, lacancelación de su inscripción, así como la de los asientos posteriores queresulten contradictorios con ella.

Ambos preceptos serán objeto de nuestro análisis a la luz de laevolución de la jurisprudencia (2) y de ciertas opiniones doctrinales (3).

Por otra parte, también en la Ley de Sociedades de Capital de 2010,

(2) SSAP de Madrid de 26 de mayo de 2000, 5 de diciembre 2000, 12 de marzo de 2001y 6 de octubre de 2010, que no hacen sino recoger la doctrina de la STS de 18 de abril de 1998sobre el orden pùblico como límite de la arbitrabilidad intrasocietaria pero entendido comoorden pùblico constitucional y no orden pùblico ordinario: “no puede entenderse bajo ningùnconcepto, el orden pùblico como excluyente del arbitraje, si este no se entiende vinculado a laConstitución”. Ya la STS nº 355/1998, de 18 de abril de 1998, declaró válido el sometimiento alprocedimiento arbitral la impugnación de los acuerdo sociales e incluso a un arbitraje deequidad. Veáse también la STS de 30 de noviembre de 2001; STS de 9 de julio de 2007; STSJde Andalucía nº 4/2012, de 9 de marzo de 2012 declarando válido el nombramiento de árbitropor el juez supliendo la ausencia de la cláusula arbitral de los estatutos sociales STS nº 886/2004,de 15 de setiembre de 2004, aceptando someter al arbitraje la acción de responsabilidad deladministrador. SAP Murcia, Sección 5ª, nº 229/2011, de 27 setiembre de 2011, declara la validezdel arbitraje que dilucida una impugnación de los acuerdos sociales por no existir esa limitaciónen la redacción de la cláusula arbitral estatutaria. STSJ Cataluña, Sección 1ª, nº 67/2013, de 28de noviembre de 2013, aplicando la Ley de 2003 resuelve la validez del arbitraje nombrando lainstitución arbitral institucional cuando los estatutos no designan exactamente la instituciónarbitral. La deficiencia es suplida por el juzgado nombrando una institucional arbitral deldomicilio social. STSJ Madrid, Sección 1ª, nº 17/2015, de 17 de febrero de 2015, desestima elrecurso de anulación del laudo al entender que no hubo extralimitación ni plus petitio en ellaudo en donde el laudo condena a votar a favor de la reducción del capital social.

STSJ Valencia nº 13/2015, de 5 de mayo de 2013, declara válida la cláusula arbitral quevincula a la cláusula arbitral a las sociedades del grupo, sociedades filiales vinculadas a lasociedad matriz donde si existe la cláusula arbitral. El Tribunal entiende que no existelimitación subjetiva que impida seguir el procedimiento arbitral frente a todas ellas, aunque nohayan firmado la cláusula arbitral.

AJ Mercantil nº 6 de Madrid de 11 de enero de 2016, el Auto del Juzgado declara válidoel laudo arbitral donde se resuelven cuestiones de carácter personal y carácter social que afectanal socio contra la sociedad, haciendo por tanto extensivo el objeto del arbitraje: no haylimitación objetiva por ese concepto.

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se contiene un precepto contiene un precepto que hace referencia a lafacultad de los liquidadores para concertar arbitrajes, cuando en procesosde liquidación, así convenga al interés social (4).

Art. 379. Poder de representación. — 3. Los liquidadores podráncomparecer en juicio en representación de la sociedad y concertar transac-ciones y arbitrajes cuando así convenga al interés social.

La redacción anterior suscitaba ciertas dudas sobre la validez de lacláusula arbitral introducida en los estatutos sociales, que tras la reformase han despejado afirmativamente. Nadie contesta en la actualidad lavalidez del pacto estatutario donde los socios someten sus diferencias alarbitraje, si bien existen ciertas condiciones o limitaciones, como luego severá.

La cláusula societaria era contestada en su validez porque los acuer-dos de la junta de socios, presuntamente nulos, no los anulables, y siendoobjeto de impugnación, por uno o varios socios, debían tramitarse en unproceso judicial especial y obligatorio, el regulado en la propia ley desociedad de capitales y, por tanto, ante la autoridad judicial. Ahora lacuestión se ha resuelto afirmativamente en favor de la arbitrabilidad.

En efecto, hasta la citada reforma del año 2011 la jurisprudencia y unsector relevante de la doctrina se pronunciaron contra el arbitraje comomedio de resolver los conflictos societarios. El Tribunal Supremo tuvo

STSJ del País Vasco nº 9/2015, de 30 de setiembre de 2015, declara válida la cláusulaarbitral de sumisión de todas las cuestiones societarias, sin que el acuerdo de disolución puedaser excluido del arbitraje.

(3) MERINO MERCHAN, J.F.: “Configuración del arbitraje intrasocietario en la Ley 11/2011”, Revista Jurídica de Castilla y León, nº 29, enero 2013, pp. 1 a 37. ISSN 2254-3805;OLIVENCIA RUIZ, M.: “Una contradicción de los Revolucionarios de 1868: la regulación delarbitraje”, Comunicación presentada al Pleno de Académicos de Nùmeros de la Real Academiade Jurisprudencia y Legislación (RAJL), el 19 de enero de 2009 e IDEM., “Artículo 11 bis.Arbitraje Estatutario”, en www.cuatrecasas.com, págs. 8-9, bufetecuatrecasas; RODRIGUEZ RO-BLERO, Impugnación de acuerdos sociales y abitraje, Barcelona, Editorial Bosch, 2010, p. 205 yss.; muñoz planas, J.M.: “Algunos problemas del arbitraje en materia de sociedades mercanti-les”, en Estudios de Derecho Mercantil en homenaje al profesor Rodrigo Uría, Madrid (EditorialCivitas), 1978; VICENTE-ALMAZAN, “La reforma de la ley de arbitraje: aspectos notariales yregistrales”, Revista El Notario del Siglo XXI, 2011, julio y agosto, nº 38, p. 21; CALZADA LOPEZ,Sonia: “El arbitraje societario”, en Boletín de la Facultad de Derecho, 2003, nº 21; “Reflexionesen torno a la evolución del arbitraje en sociedades mercantiles. Crónica de un problemaresuelto”, Revista de Derecho Patrimonial, Universidad Pablo de Olavide, nº 25, 2010; PERALES

VISCASILLAS, Pilar: “El arbitraje societario”, en Estudios sobre el futuro Código mercantil,Estudios homenaje al profesor Rafael Illescas Ortiz, Madrid, Universidad Carlos III, 2015, p. 764y ss.; BARRILERO Y ASOCIADOS (Bufete): “El arbitraje estatutario: La arbitrabilidad de lasmaterias societarias”, Revista Jurídica Arbitraje, Mediación y otros sistemas de resoluciónextrajudicial de conflictos, abril 2014, COMISION PARA EL ESTUDIO DEL ARBITRAJE SOCIETARIO

(CEAS), Informe sobre el arbitraje societario en España, Incluyendo modelo arbitral tipo yartículo modelo para el reglamento de cortes arbitrales, www.clubarbitraje.com.; SÁNCHEZ SOLE,Sergio, ”El Arbitraje Estatutario”, en Economist & Jurist, nùm. 194, 2015, pág. 60.

(4) Real Decreto Legislativo 1/2010, de 2 de julio, por el que se aprueba el TextoRefundido de la Ley de Sociedades de Capital (BOE nº 161, de 3 de julio de 2010; de correcciónde errores en BOE nº 210, de 30 de agosto).

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ocasión de pronunciarse sobre la nulidad al calor de los recursos decasación donde se discutía la validez de la cláusula de los estatutos desociedades mercantiles que imponía el arbitraje como medio de soluciónde los conflictos intrasocietarios. En este sentido cabe recordar las SSTSSde 15 de octubre de 1956, 27 de enero de 1968 y 15 de septiembre de 1971.

La segunda objeción que el texto anterior de la ley planteaba eraconsecuencia de una discusión, doctrinal y judicial, sobre la interpretaciónde la norma referida a la obligación o no de ser el arbitraje societarionecesariamente un arbitraje institucional; es decir, arbitraje administradopor una institución. Para un sector doctrinal, la ley prohibía confiar elarbitraje de las sociedades a una persona física, o incluso a un colegioarbitral ad hoc. Solo un ente, una persona jurídica con estructura, com-petencia, reglamento propio o por referencia y medios para administrar elprocedimiento era la ùnica posibilidad para las sociedades mercantiles desometer las diferencias al procedimiento arbitral.

A nuestro juicio, la duda se ha despejado con la reforma de 2011, sibien se abren otras dudas de interpretación, como luego se verá.

3. La legislación española vigente sitùa correctamente el debate delarbitraje societario, tema y título de este Congreso, cuando utiliza laexpresión arbitraje estatutario, precisamente al rotular el precepto queregula el arbitraje en las sociedades de capital (5).

Con el término estatutario y no societario ya pone de manifiesto laprimera limitación y, por tanto, el alcance de la solución arbitral en elmarco de las sociedades pues se trata de una cláusula estatutaria.

Significa en otras palabras que la voluntad social se reviste de laformalidad y régimen jurídico comùn a los estatutos sociales. Es decir,competencia reserva a la junta de socios; exigencia de mayorías reforzadaspara su introducción, modificación o extinción; protección especial de lasminorías; limitación del arbitraje a cuestiones intrasocietarias; requisitosespeciales de publicidad y registro, por citar algunas relevantes (6).

4. Entrando ya en la interpretación del precepto hay que resolver elproblema de quienes son los sujetos sociales; rectius, las sociedades quepueden acceder al arbitraje.

a) Aunque la ley menciona literalmente “las sociedades de capital”entendemos que no debe limitarse exclusivamente a las sociedades querespondan a esa tipología. En nuestro derecho la sociedad colectiva, lasociedad en comandita o comanditaria simple son sociedades personalis-tas, que se diferencian de las denominadas sociedades de capital; esto es,

(5) Vid, el reproducido art. 11 bis. Arbitraje estatutario.(6) Vid. Arts. 199, 200 y 201 Ley Sociedades de Capital RDLTR 1/2010.

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la comanditaria por acciones, la sociedad de responsabilidad limitada y lasociedad anónima, incluyendo, obviamente, en este ùltimo tipo social susmodalidades de sociedad nueva empresa, sociedad anónima europea ysociedades anónimas cotizadas (7).

En todo caso, todas son sociedades mercantiles.Cuestión distinta es el requisito exigido para introducir el pacto

estatutario. Entendemos que en las personalistas deberá exigirse la una-nimidad, congruente con el criterio seguido en el art. 129 del Código deComercio y el art. 212 del Reglamento del Registro Mercantil, en materiade modificación de los estatutos sociales.

La doctrina parece consolidarse legalmente de aprobarse el anun-ciado Código Mercantil. El art. 413-20 del Anteproyecto de Ley delCódigo Mercantil dispone la validez y su adopción exige el consentimientode todos los socios.

Expresamente hay que incluir a las sociedades cooperativas, al mar-gen de la discusión sobre su naturaleza jurídica, si pueden ser consideradassociedades mercantiles, aunque ciertamente no son sociedades de capi-tal (8).

En todo caso, la validez está fuera de discusión para los conflictosentre las cooperativas y sus miembros pues la sumisión al arbitraje estabacontemplada por el proprio legislador, ex Art. 163.1.b) de la Ley deCooperativas de 2 de abril de 1987.

Cuestión distinta es que el régimen especial del art. 11 bis y 11 ter seaplique directamente a las sociedades de capital, y solo a las demássociedades cuando la analogía permita colmar sus lagunas.

La segunda cuestión que plantea el ámbito subjetivo se refiere a laeficacia o vinculación de la cláusula estatutaria sobre los socios, presenteso futuros.

(7) Vid. Sociedad Nueva Empresa: arts. 434 a 454. Sociedad Anónima Europea: arts. 455a 494. Sociedades Anónimas Cotizadas: arts. 495 a 541 y ss.

En otros ordenamientos no se admite el arbitraje societario en las sociedades que acudenal mercado de valores. Tal es el caso de la ley italiana (Ley 366/2001 y D. Legislativo 5/2003).

En el derecho alemán se va lejos al no permitir el pacto arbitral en las sociedad anónimas(GmbH) y solo en las limitadas, segùn la sentencia del más alto tribunal (BGH) de 29 de marzode 1996.

(8) El problema se ha planteado entre nosotros al haber sido las sociedades cooperativasobjeto de regulación por leyes aprobadas en las distintas Comunidades Autónomas, lo que nodeja de ser sorprendente cuando la Constitución Española establece que la legislación mercantiles competencia exclusiva del Estado central, y por tanto excluido del ámbito competencial delas Comunidades Autónomas. Desde esa perspectiva se ha planteado un falso problema sobreel carácter mercantil o no de la sociedad cooperativa. La sociedad cooperativa es mercantilporque todas ellas tienen por objeto una actividad empresarial, al margen que su estructura ydistribución del poder en los distintos órganos sociales se reparta entre los dos elementos de laproducción el capital y el trabajo, frente a las sociedades de capital puras (SA y SL) donde elcapital es el ùnico elemento de atribución del poder: el capital se divide en acciones y/ oparticipaciones sociales. Cfr. ARROYO, Ignacio: Legislación de Sociedades Cooperativas, Pró-logo, Edición y Notas, Madrid (Editorial Tecnos), 2001.

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b) No hace falta advertir que los socios fundadores están obligadospor haber sido ellos mismos los redactores del pacto cuando la cláusula seincluyó en la escritura fundacional. Lo mismo puede decirse de los sociosque votaron a favor de la reforma estatutaria, que introduce el pacto en unmomento posterior de la vida social. A la idéntica conclusión se ha dellegar en el supuesto de los socios disidentes, los que votaron contra elacuerdo social que introduce la cláusula, siempre obviamente que laaprobación sea válida por cumplir los requisitos de convocatoria y vota-ción reforzada.

Existen tres supuestos especiales donde puede ser objeto de discusiónla vinculación del pacto arbitral estatutario. Me refiero a los administra-dores, a los socios futuros y a los propios socios que cuestionan, precisa-mente su condición de socios.

c) Respecto de los administradores la solución es afirmativa: que-dan vinculados. Precisamente cuando se plantea una reclamación contralos propios administradores por haber incurrido en un presunto supuestode responsabilidad, tanto si la acción se ejerce por la propia sociedad(sería contra los administradores anteriores, ya cesados en virtud delpropio acuerdo de la junta que adopta ejercer la acción de responsabili-dad) como si se trata de una acción individual de responsabilidad, ejercidapor unos o varios socios, o bien por terceros perjudicados (9). La eficaciade la cláusula deriva de la aceptación del cargo, que impone el deber decumplir la ley y los estatutos, norma esta que rige el funcionamiento de lasociedad. De hecho, uno de los supuestos de responsabilidad del admi-nistrador es la violación de los estatutos sociales (10). Cuestión distinta esque en el momento de aceptación del cargo el administrador excluya lavoluntad de aceptar el pacto sobre arbitraje. En tal supuesto, la reservadebe figurar inscrita en el Registro mercantil para que surta efectos frentea socios y terceros.

d) El segundo grupo especial de sujetos vinculados o no por lacláusula estatutaria son los socios futuros. Aquellos que se incorporan a lasociedad cuando el pacto ya existe, y por tanto no votaron a favor delacuerdo.

La solución hay que resolverla en atención a los principios registralesque rigen en nuestro derecho (11). Concretamente, los principios de buena

(9) Vid. Capítulo V La Responsabilidad de los Administradores. Art. 236. Presupuestosy extensión subjetiva de la responsabilidad. — 1. Los administradores responderán ... por actosu omisiones contrarios a la ley, o a los estatutos sociales o por los realizados incumpliendo losdeberes inherentes al desempeño del cargo, siempre y cuando haya intervenido dolo o culpa.

(10) La Resolución de la Dirección General de Registros y del Notariado (RDGRN) de19 de febrero de 1998 así lo ha declarado.

(11) Código de Comercio, arts. 16 a 24, redactados conforma a la Ley 19/1989, de 25 dejulio, de reforma parcial y adaptación de la legislación mercantil a as Directivas de laComunidad Económica Europea (CE) en materia de sociedades (BOE nº 178, de 27 de julio).

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fe o fe pùblica y oponibilidad o publicidad material segùn los cuales, porun lado la buena fe registral significa conocimiento o los asientos delregistro no perjudicaran a terceros de buena fe adquiridos conforme aDerecho; y por otro lado, la publicidad material significa que los actossujetos a inscripción e inscritos solo son oponibles a terceros de buena fedesde su publicación en el Boletín oficial del Registro Mercantil. Dicho deotro modo, lo inscrito y publicado es conocido por todos y nadie puedealegar ignorancia o buena fe, y en consecuencia, escapar a sus efectos (12).

e) El otro supuesto, más discutible, se refiere a los socios queplantean el litigio sobre su propia condición. Basta pensar, por ejemplo, encasos de exclusión por impago de los dividendos pasivos. La arbitrabilidadse convierte en una cuestión preliminar y afecta a la propia competenciadel árbitro. De acuerdo con el principio arbitral, competenz competenz, alárbitro corresponde decidir sobre su propia competencia y consecuente-mente decidirá si el socio que plantea el conflicto sobre su propia condi-ción está o no vinculado con el pacto estatutario. Posteriormente el árbitrodecidirá a favor o en contra de esa condición, pero nada obsta que a losefectos procedimentales declare vinculado por el arbitraje y luego declarela no condición de socio y por tanto excluido del arbitraje. No haycontradicción entre ambas decisiones pues se producen en dos planosdistintos. El preliminar es presunción de procedibilidad y el segundo esresolución del conflicto, pronunciándose sobre el fondo. Primero el árbitrode pronuncia sobre una cuestión de forma o procedimiento y después,sobre la cuestión de fondo.

5. Por ámbito objetivo entendemos las materias o cuestiones quepueden ser sometidas a arbitraje societario. La dicción legal dice literal-mente “los conflictos que en ellas se planteen”. ¿Significa eso que no haylimitación alguna “ratione materia”? ¿Cualquier cuestión o discrepanciaintrasocietaria está sometida a arbitraje? ¿Qué debe entenderse porintrasocietaria?

Entendemos que la expresión debe interpretarse en su sentido másamplio, sin limitación. Y ese ha sido el criterio seguido por tribunales dejusticia. Los jueces y tribunales españoles han aplicado la ley de formaabierta y liberal, haciendo bueno el principio “si los socios y las sociedadesoptaron por el arbitraje aplíquese el arbitraje, la justicia ordinaria no debeser una limitación al arbitraje estatutario”.

Entendemos que cualquier acuerdo social adoptado por la junta desocios o por los administradores, sin exclusión, está incluido. Léase,

Y Reglamento del Registro Mercantil de 19 de julio de 1996 (BOE nº 184, de 31 de julio) arts.1 a 12.

(12) Art. 8. Fe pùblica y Art. 9. Oponibilidad.

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aumento o reducción de capital, disolución, nombramiento y cese deadministradores, exclusión de socios, acción social de responsabilidad deadministradores, aprobación de las cuentas, fusión, absorción o segrega-ción, reclamación de dividendos pasivos de la sociedad frente al socio, oviceversa, reclamación de dividendos activos o cuotas de liquidación delsocio frente a la sociedad, nombramiento de liquidadores, modificación delos estatutos sociales como cambio del objeto social, aprobación deacciones sin voto, etc.

No vemos razón alguna para excluir algùn acuerdo social. El funda-mento está en distinguir, como ha hecho nuestra jurisprudencia, entrecuestiones de orden pùblico ordinario y de naturaleza constitucional. Lalimitación deriva de la noción de materia o cuestión indisponible; o dichode otro modo, de lo que se considera en la terminología arbitral, cuestióno materia inadbitrable: no puede ser sometida a arbitraje porque es unacuestión indisponible para las partes.

Pongamos dos ejemplos extremos. La junta aprueba la exclusión delderecho de voto, sin introducir las garantías especiales de las acciones sinvoto. Se adopta un acuerdo estatutario en cuya virtud será el órgano deadministración y no la junta el competente para la aprobación de lascuentas anuales. Obviamente ambos acuerdos son nulos de pleno derechopor violación directa de la ley. Significa eso que la cuestión de su validez,articulada en torno a una acción de impugnación del acuerdo socialadoptado, queda excluido (objetivamente) del arbitraje. La respuesta esno. El árbitro es competente para decir sobre una cuestión de ius cogens.Cuestión distinta es que llegado el caso, si el laudo confirma la validez,desestimando la demanda de impugnación, aparte de cometer una trope-lía, el laudo podrá ser impugnado ante la jurisdicción ordinaria y el juezdeclarará la nulidad, dejándolo sin efecto, al margen de la posible respon-sabilidad del árbitro por dolo, culpa o negligencia (13).

6. Llegados a este punto conviene analizar algunas sentencias de losjuzgados y tribunales españoles que, como decimos, son favorables alarbitraje.

a) Liquidación del haber social. La STS de 30 de noviembre de2001 afirma sin ambages que la liquidación social y consiguiente repartodel haber social o cuota de liquidación resultante entre los socios es

(13) En apoyo de esta tesis vid. SSAP de Madrid de 26 de mayo de 2000, 5 de diciembre2000, 12 de marzo de 2001 y 6 de octubre de 2010, que no hacen sino recoger la doctrina de laSTS de 18 de abril de 1998 sobre el orden pùblico como límite de la arbitrabilidad intrasocietariapero entendido como orden pùblico constitucional y no orden pùblico ordinario: “no puedeentenderse bajo ningùn concepto, el orden pùblico como excluyente del arbitraje, si este no seentiende vinculado a la Constitución”.

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materia disponible y por tanto sujeta al procedimiento arbitral, si asíconsta la sumisión al arbitraje en los estatutos sociales.

b) El régimen de responsabilidad del administrador es cuestiónregulada por ley y de forma imperativa. Los estatutos no pueden modificarel régimen legal en favor del administrador, por ejemplo, exonerando deresponsabilidad al administrador que ha violado los estatutos sociales o haactuado contra el interés social. Ello no significa que llegado el caso, elsujeto legitimado para ejercer la acción de responsabilidad pueda versesorprendido por una excepción declinatoria alegada por el administradoren contra de la jurisdicción arbitral. En tal caso, el juez debe declinar sujurisdicción y competencia y abstenerse de enjuiciar el caso, pues estásometido al arbitraje.

La Sentencia del Tribunal Supremo (STS) nº 886/2004, de 15 desetiembre de 2004, ha declarado válida la cláusula estatutaria de someteral arbitraje la acción de responsabilidad del administrador.

c) Aplicación expansiva del arbitraje. De mayor interés en pruebade la actitud liberal y favorable al arbitraje por parte de los tribunalesespañoles es la Sentencia del Tribunal Superior de Justicia de Andalucíanº 4/2012, de 9 de marzo de 2012, declarando válido el nombramiento deárbitro por el juez supliendo la ausencia de la cláusula arbitral de losestatutos sociales.

En la misma dirección se sitùa la Sentencia del Tribunal Superior deJusticia de Cataluña, Sección 1ª, nº 67/2013, de 28 de noviembre de 2013.Aplicando la Ley de 2003 resuelve la validez del arbitraje, nombrando lainstitución arbitral institucional cuando los estatutos no designan exacta-mente la institución arbitral. La deficiencia es suplida por el juzgadonombrando una institucional arbitral del domicilio social. La sociedadtenía su domicilio en Girona y la cláusula arbitral no designaba lainstitucional administradora del arbitraje. Se limitaba a remitir los con-flictos intrasocietarios al arbitraje con renuncia de la propia jurisdicción.Se interpuso la demanda arbitral ante el Tribunal Arbitral de Barcelona,y contestada por el demandado al entender nula la cláusula porque noconcretaba que institución arbitral en concreto era el competente y no sepodía someter al Tribunal Arbitral de Barcelona. El Tribunal entendió,primero, que la cláusula era válida y la ausencia de designación puede sersuplida por las partes o por el juzgado, y en segundo lugar, sentenció quela elección de Barcelona no era válida sino que debía corresponder a unainstitución arbitral con residencia en el mismo domicilio de la sociedad, enel caso Girona y no Barcelona.

d) Impugnación de acuerdos sociales. La Sentencia de la AudienciaProvincial de Murcia, Sección 5ª, nº 229/2011, de 27 setiembre de 2011,declara la validez del arbitraje que dilucida una impugnación de losacuerdos sociales por no existir esa limitación en la redacción de lacláusula arbitral estatutaria. Criterio amplio de interpretación que permite

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incluir cualquier acuerdo social objeto de impugnación. Debe estar some-tido al arbitraje pues esa fue la voluntad de los socios al introducir el pactoestatutario arbitral.

e) Extralimitación de competencia. Tampoco opera como criteriolimitador del arbitraje las facultades del propio árbitro en el ejercicio desu función, resolviendo sobre cuestiones conexas. Así la Sentencia delTribunal Superior de Justicia de Madrid, Sección 1ª, nº 17/2015, de 17 defebrero de 2015, desestima el recurso de anulación del laudo al entenderque no hubo extralimitación ni plus petitio en el laudo que condena a votara favor de la reducción del capital social.

f) Extensión de la cláusula arbitral. La Sentencia del TribunalSuperior de Justicia de Valencia nº 13/2015, de 5 de mayo de 2013, declaraválida y vinculante la cláusula arbitral a las sociedades del grupo. Todaslas sociedades filiales ligadas a la sociedad matriz cuyo estatuto contienela cláusula estatutaria, están vinculadas al procedimiento arbitral paradirimir sus diferencias entre ellas y con la sociedad matriz, y ello a pesarque en sus respectivos estatutos (los de las filiales) no figura la cláusulaarbitral. El Tribunal entiende que no existe limitación subjetiva queimpida seguir el procedimiento arbitral frente a todas ellas, aunque nohayan firmado la cláusula arbitral de la sociedad matriz.

g) Cuestiones sociales y personales del socio. El Auto del Juzgadode lo Mercantil nº 6 de Madrid, de 11 de enero de 2016, declara válido ellaudo arbitral donde se resuelven cuestiones de carácter personal y decarácter social que afectan al socio contra la sociedad, haciendo por tantoextensivo el objeto del arbitraje. Las reclamaciones formuladas por lademandante encuentran su legitimación en la cualidad de socio y en losintereses personales y colectivos de su condición de socio, todas las cualessin distinción están amparadas por el convenio arbitral estatutario exami-nado. No hay limitación objetiva por ese concepto.

h) Acuerdo de disolución. Expresamente se ha declarado válido elsometimiento al procedimiento arbitral del acuerdo de disolución de lasociedad. La Sentencia del Tribunal Superior de Justicia del País Vasco, nº9/2015, de 30 de setiembre de 2015, declara válida la cláusula arbitral desumisión de todas las cuestiones societarias, sin que el acuerdo de diso-lución pueda ser excluido del arbitraje

i) Conflictos entre socios. Cuestión discutible puede ser la plante-ada entre socios. En el arbitraje ninguna de las partes involucra a lasociedad como parte litigante pero la cuestión tiene repercusión societa-ria. No me consta que la cuestión se haya planteado por el momento en lostribunales de justicia y por tanto no conocemos el criterio de la jurispru-dencia. Refiero un caso sucedido en mi propia experiencia como árbitro.De modo más concreto el litigio enfrentaba a dos socios porque, segùn elactor, el socio demandado había incumplido algunas condiciones esencia-les del contrato de compraventa de acciones, y reclamaba la devolución de

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los títulos más la indemnización daños y perjuicios. Entre otros capítulosde resarcimiento reclamaba como vendedor, el pago de los dividendospagados por la sociedad al comprador desde que se perfeccionó la ventade las acciones.

La duda descansa en si la cláusula estatutaria en favor del arbitraje decuestiones intrasocietarias, como rezaba textualmente, incluía también lasrelaciones entre socios, no ajenas completamente a la sociedad.

No consideramos incluida la controversia sobre incumplimientos con-tractuales de relaciones completamente ajenas a la sociedad; por ejemplo,presunto incumplimiento del contrato de alquiler de local de un negocioajeno a las actividades sociales pero concertando entre dos sociedadescuando ambas tienen (casualmente) la condición de socios en otra socie-dad. En este caso, extraído de mi propia experiencia profesional, deneguémi propia competencia y con ello la aplicación del procedimiento arbitral.

7. Hemos visto como el art. 11 bis y 11 ter establece una serie derequisitos formales o condiciones que debe cumplir la cláusula estatutaria.

La más relevante por novedosa es la necesidad de encomendar elarbitraje a una institución. A primera vista parece que no cabe el arbitrajesocietario ad hoc no institucional.

Varias dudas plantea la interpretación.La primera se refiere a la validez del arbitraje de equidad. La

respuesta es clara: depende del reglamento de la institución administra-dora del arbitraje. Si el reglamento ofrece esa opción y deja al criterio delas partes la elección, no vemos reparos a su validez. Con mayor razónsostenemos el mismo criterio si la propia institución puede decidir el tipode arbitraje, de Derecho o de equidad.

Otra cuestión se refiere al papel que desempeña la institución admi-nistradora del arbitraje, si debe administrar la totalidad del procedimientoo se puede limitar a nombrar el árbitro, unipersonal o colegiado, dejandoel resto, reglamento, etc. a los propios árbitros, o a las partes. No hay dudaque el arbitraje institucional se exige como requisito esencial tanto paranombrar como para administrar la totalidad del procedimiento. Por tanto,es válida la cláusula estatutaria que refiere la institución arbitral solo parael nombramiento del árbitro o de los árbitros. Lo dice explícitamente elart. 11 bis.2.

La ratio del precepto descansa en la protección de las minorías en elámbito del derecho societario. Cuanta más autonomía tengan los estatutospara diseñar el arbitraje, mayor es el poder de la mayoría frente a laminoría, pues la cláusula la aprueba la mayoría, aunque sea mayoríareforzada del capital social: “el voto favorable, de al menos, dos tercios delos votos correspondientes a las acciones o a las participaciones en que sedivide el capital social.” Al confiar el nombramiento de los árbitros o

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incluso la administración, el poder de la mayoría se aleja con la interpo-sición de un tercero, en principio independiente por ser un ente especia-lizado en materia arbitral y ajeno a la sociedad.

La exigencia del voto favorable de dos tercios es de carácter mínimoe inderogable pudiendo, en cambio, aumentar ese porcentaje por víaestatutaria.

8. Del requisito de ser el arbitraje societario un pacto estatutario sededuce la obligación de estar inscrito en el Registro Mercantil, por lodemás es condición necesaria de los estatutos sociales.

Correlativamente a la inscripción registral es la publicación automá-tica en el Boletín Oficial del Registro Mercantil, al igual que las demáscláusulas estatutarias.

El sentido de la norma hay que ponerlo en relación con la cuestión yatratada de la eficacia del pacto arbitral en relación a los sujetos obligados;léase, órganos sociales, socios presentes y futuros y terceros.

El citado art. 11 ter. 2 dispone que el laudo que declare la nulidad deun acuerdo inscribible habrá de inscribirse en el Registro Mercantil y elBORM publicará un extracto, disposición sobre la que huelga todocomentario.

También establece que cuando el acuerdo impugnado estuviese ins-crito en el Registro Mercantil, el laudo determinará, además, la cancela-ción de su inscripción, así como la de los asientos posteriores que resultencontradictorios con ella.

El precepto es una consecuencia de la aplicación de los principiosregistrales que despliegan su eficacia en su integridad; a saber, principio dehoja personal, titulación pùblica, legalidad, legitimación, fe pùblica, opo-nibilidad, prioridad, tracto sucesivo y publicidad formal (Arts. 3º a 12 delReglamento del Registro Mercantil).

9. La praxis del arbitraje societario ha planteado dos problemas noprevistos legalmente.

Por una parte, la ley guarda silencio sobre el posible derecho deseparación del socio disidente cuando el pacto estatutario se produce envirtud de una modificación estatutaria. A estos efectos, el art. 347 LSCsobre causas estatutarias de separación dispone que los estatutos podrándisponer otras causas de separación distintas a las previstas legalmente.En ese caso determinarán el modo en que deberá acreditarse la existenciade la causa, la forma de ejercitar el derecho de separación y el plazo de suejercicio.

Que claro, por consiguiente, que los estatutos pueden reconocer elderecho de separación en caso de introducción de una modificación

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estatutaria que incorpore el arbitraje como medio de solución de contro-versias. Mas la duda existe cuando no se está prevista esa posibilidad.

La dificultad de su admisión descansa en la idea contraria al derechode separación, no querido por el legislador, porque supone una disminu-ción patrimonial en la medida que la separación implica la liquidación dela cuota del socio que la ejerce. Por eso la ley tasa los supuestos legales deseparación y exige un pacto claro estatutario para su ampliación.

Por otro lado, sin embargo, en favor de su admisión subyace la nocióndel derecho a la tutela judicial en la medida que suponga una disminucióno renuncia de derechos mínimos e irrenunciables: el derecho a acudir a lostribunales de justicia para resolver las controversias. No obstante, con-viene recordar lo expuesto en la introducción acerca de la doble legitimi-dad del arbitraje: con el arbitraje no se renuncia a resolver las controver-sias por vía legal y pacífica sino a resolverlas mediante la jurisdicciónestatal, al optar por la jurisdicción arbitral alternativa. El laudo, recorde-mos, tiene los mismos efectos que una sentencia.

Analizada la misma cuestión del lado societario, habrá que despejarpreviamente si el pacto estatutario significa la renuncia de derechosesenciales del socio, en cuyo exige su consentimiento, condición en cambiono exigida legalmente para la adopción del acuerdo de modificaciónestatutaria que introduce la cláusula arbitral. Se exige el voto de al menosdos tercios de los votos correspondientes a las acciones o participacionessociales en que se divida el capital. Es decir, ni unanimidad ni votaciónespecial y separada para impedir que quede vinculado el disidente.

La segunda duda planteada ante el silencio legal es la validez delarbitraje societario en equidad. Nada hay en la letra, ya hemos dicho queguarda silencio, ni en el espíritu del legislador que impida a las sociedadessometer sus controversias a un arbitraje de equidad y no de derecho,puyes ambos son igualmente válidos y admitidos por la ley. Cuestióndistinta es si sometida la controversia a una determinada instituciónarbitral, requisito obligatorio, las partes pueden imponer el arbitraje deequidad cuando no está contemplada esa posibilidad en el reglamento dela institución arbitral.

Entendemos que la respuesta es negativa porque la remisión alarbitraje administrado o institucional es en bloque, a la institución nomi-nadora y a su reglamento.

No obstante, existen dos vías para superar el problema. Por un lado,que la cláusula remita a la institución arbitral ùnicamente para la desig-nación de árbitros, en tal caso las partes, puede completar el resto,incluyendo naturalmente el reglamento arbitral donde se opte por elarbitraje de equidad.

La segunda posibilidad es que el propio reglamento de la instituciónpermita la elección entre arbitraje de derecho y arbitraje de equidad,artículo por lo demás no infrecuente en los reglamentos arbitrales.

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Aunque no existe jurisprudencia sobre el particular, conviene recor-dar que la citada STS 18/03/1998 declaró válida el pacto estatutario envirtud del cual la sociedad anónima en cuestión sometía sus controversiasintrasocietarias al arbitraje de equidad (14).

10. Para terminar conviene reproducir el art. 213, 20 del Antepro-yecto de Código Mercantil referido precisamente al arbitraje societario.

De su lectura destacamos cuatro cuestiones que interesan en estetrabajo.

a) La primera, ya citada, es el reconocimiento del pacto estatutarioa todas las sociedades mercantiles, incluyendo las personalistas, si bien,como quedó dicho la introducción de la cláusula en estas personalistasexige el consentimiento de todos los socios. Por tanto, la protección nopuede ser mayor pues reconoce al disidente un derecho de veto. Para lasade capital se mantiene el criterio vigente del voto favorable de los dostercios de las acciones o participaciones sociales en que se divida el capital.

b) La segunda es la exclusión de las sociedades cotizadas. En elAnteproyecto ha triunfado, por el momento, la tesis de la desprotecciónde los minoritarios o consumidores, pequeños ahorradores, que veríanmermadas sus posibilidades de impugnación al entender que el arbitraje eseconómicamente más costoso que la jurisdicción estatal.

En nuestra opinión el argumento no es plenamente convincente. Pordos motivos. Por una parte, porque si bien es cierto que el acceso a lajusticia es gratuito, salvo las tasas judiciales; y, además, se reconoce elbeneficio de pobreza a quien carezca de recursos. No es menos cierto queel beneficio de pobreza se sitùa en umbrales muy bajos, lejos quizás de lamedia del inversor en sociedades cotizadas. A mayor abundamiento, lajusticia ordinaria tiene costes importantes para el perdedor, si hay con-dena en costas. Y si el pleito agota as tres instancias, el coste económicoresulta disuasorio (15).

En segundo y principal motivo es la posibilidad de superar la aparentecontradicción entre tutela judicial y coste desproporcionado del procedi-miento arbitral. La solución consiste en admitir el arbitraje institucionalpero los gastos serán siempre a cargo de la sociedad cotizada, salvonaturalmente casos de demandas planteadas con fraude procesal o evi-dente mala fe del socio recurrente.

(14) En el mismo sentido, las STS 776/2007, de 9 de julio de 2007; Sentencia AudienciaProvincial de Guipùzcoa 2038/2008, de 4 de febrero; Sentencia del Tribunal Superior deAndalucía 4/2012, de 9 de marzo de 2012. Sentencia del Tribunal Superior de Justicia deValencia nº 2/2012, de 12 de enero de 2012.

(15) Vid. ARROYO, Ignacio y RUEDA, Alejo: “Limitación de la responsabilidad de lostransportistas y otras cuestiones de naturaleza procesal, Comentarios a la STS de 9 de julio de2015”, en Anuario de Derecho Marítimo, 2016, vol. XXXIII, pp. 51 a 95.

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c) La tercera observación se refiere a la necesidad de someter lascontroversias a un arbitraje de Derecho, lo que parece excluir el arbitrajede equidad. Da la impresión que le legislador confía más en el arbitrajesometido al Derecho que el sometido al bonus et equo de un colegioarbitral.

d) La ùltima consideración es relativa a la definición de las con-troversias societarias. El tema tratado del objeto del presupuesto o limi-tación objetiva del arbitraje estatutario.

El Anteproyecto sigue un doble criterio. Por un lado, enumera lassiguientes: “las controversias o conflictos que se susciten en la interpreta-ción y aplicación de las normas en ellos contenidas, las impugnaciones delos acuerdos sociales por socios o administradores, el ejercicio de la acciónsocial de responsabilidad contra los administradores o liquidadores oquienes hubieren ostentado cualquiera de estas condiciones”. La enume-ración es extensa y ya despeja toda sobre la arbitrabilidad de algunascontroversias como la acción social de responsabilidad, aunque silencia laacción individual contra los administradores o liquidadores. Por otro lado,incluye una cláusula de cierre (omnibus rule) con la fórmula “cualesquieraotros conflictos de naturaleza societaria”. En conclusión, el problema serádeterminar el alcance y significado del término naturaleza societaria.

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Sull’arbitrato societario “internazionale”

MASSIMO V. BENEDETTELLI (*)

I. Il potenziale collegamento dell’arbitrato societario con una pluralità di ordina-menti ed il conseguente concorso, e possibile conflitto, di fonti. — II. Il coordi-namento delle fonti nella diversa prospettiva delle parti, del giudice statale edell’arbitro internazionale. — III. Il possibile equilibrio tra autonomia societariae autonomia compromissoria assicurato da una norma di conflitto che dia preva-lenza alle valutazioni dell’ordinamento della lex societatis. — IV. La localizzazioneall’estero della sede dell’arbitrato societario. — V. L’applicazione della disciplinadell’arbitrato societario per la soluzione di controversie interessanti una società didiritto straniero.

I. Il procedimento speciale di arbitrato per la soluzione di contro-versie relative al rapporto sociale insorte tra i soci di una società commer-ciale, o tra i soci e la società, o tra i soci, la società e suoi amministratori,liquidatori e sindaci, di cui agli artt. 34-36 del decreto legislativo 17gennaio 2003, n. 5 (qui di seguito, l’“arbitrato societario”) (1) può risultare

(*) Professore ordinario nella Università di Bari “Aldo Moro”.(1) Una definizione convenzionale di arbitrato societario sembra necessaria. Per quanto

riguarda il diritto interno, è questione ancora aperta quella di individuare nei confronti di qualicontroversie il procedimento speciale di cui al d. lgs. n. 5/2003 trova applicazione (si puòdiscutere, ad esempio, se esso riguardi anche controversie relative agli aspetti retributivi delrapporto di lavoro tra amministratore e società, come potrebbe desumersi dalla recentepronunzia della Corte di Cass., S.U., 20 gennaio 2017, n. 1545, o controversie tra soci relative adun patto parasociale). In una prospettiva di diritto comparato, gli ordinamenti stranieripotrebbero non conoscere l’istituto, e cioè potrebbero assoggettare le controversie cui si rivolgeil d. lgs. n. 5/2003 al diritto comune dell’arbitrato, ovvero potrebbero prevedere anch’essidiscipline speciali ma aventi un ambito di applicazione diverso da quello disegnato dal nostrolegislatore (per una rassegna della diversa posizione degli ordinamenti austriaco, belga, inglese,francese, tedesco, olandese e svedese v. i vari interventi in Eur. Company Law, 2015, 125; sullagiurisprudenza statunitense che ammette l’arbitrabilità di controversie relative a derivate actionspromosse da soci nei confronti di amministratori, e per ulteriori riferimenti alla letteraturad’oltreoceano, v. criticamente A.M. LIPTON, Manufactured Consent: The Problem of ArbitrationClauses in Corporate Charters and Bylaws, in 104 Georgetown L. J., 2016, 583; l’arbitratosocietario trova disciplina in Spagna agli artt. 11-bis e 11-ter della l. 23 dicembre 2003, n. 60, edin Russia per effetto di modifiche al codice di procedura civile apportate con l. 29 dicembre2015, n. 382-FZ e n. 409-FZ, mentre è ammesso in linea di principio in Brasile all’art. 109, par.3, della l. 15 dicembre 1976, n. 6.404, come modificata dalla l. 31 ottobre 2001, n. 10.303).

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collegato ad ordinamenti diversi da quello italiano, o comunque dareluogo all’applicazione di regole diverse da quelle di diritto interno, e pervarie ragioni (2).

Innanzitutto, elementi di internazionalità possono caratterizzare lasituazione o il rapporto rispetto al quale è insorta lite. In un contesto dicrescente integrazione dei mercati, circolazione dei capitali e movimentodei fattori della produzione sono infatti immaginabili, e possono darsi inconcreto, fattispecie in cui lo Stato ai sensi della cui legge è organizzata lasocietà (3) è diverso dallo Stato, o dagli Stati: (i) in cui la società vedelocalizzati la sede amministrativa, la sede “reale” (in ipotesi diversa daquella amministrativa formale) (4), una o più delle proprie sedi seconda-rie, l’“oggetto principale” della propria attività d’impresa, il proprio“centro degli interessi principali” quale debitore in stato di insolvenza (5);(ii) ai sensi della cui legge sono organizzati i soci o le loro holding dicontrollo, quando questi soggetti siano persone giuridiche; (iii) in cuihanno domicilio o residenza i soci persone fisiche o i membri degli organisociali; (iv) nel cui mercato regolamentato sono quotati azioni o altri titoliemessi dalla società; (v) alla cui legge i soci abbiano assoggettato un pattoparasociale interessante la società.

Oltre che dalla natura transfrontaliera del rapporto litigioso, cherileverà prevalentemente (6) ai fini della individuazione della legge appli-cabile al merito, l’internazionalità dell’arbitrato societario può poi scatu-rire da elementi più strettamente legati alla sua funzione di procedimento

(2) Il tema dell’arbitrato societario con elementi di internazionalità è stato sinora pocostudiato in dottrina: v. tuttavia A. GIARDINA, L’ambito di applicazione della nuova disciplinadell’arbitrato societario, in questa Rivista, 2003, 233, 239 s., per il quale l’analisi andrebbeeffettuata sulla base non di opzioni teoriche di fondo, ma di un’esegesi della disciplina di cui agliartt. 34 e ss. del d. lgs. n. 5/2003, ciò che porterebbe a concludere che questa “si applica quandodue condizioni sono contemporaneamente presenti: la società ha la sua sede legale in Italia el’arbitrato ha sede in Italia”; per uno spunto in cui si anticipavano le tesi svolte in questoarticolo, v. anche M.V. BENEDETTELLI, Profili di diritto internazionale privato ed europeo dellesocietà, in Riv. dir. soc., 2015, 35, 64.

(3) Dunque la legge italiana, non essendovi dubbi che il legislatore abbia dettato ladisciplina di cui al d.lgs n. 5/2003 sul presupposto che questa trovi applicazione con riguardo asocietà di diritto italiano. Ciò non toglie, per le ragioni di cui si dirà infra, sub V, che siateoricamente concepibile l’applicazione di tale disciplina quale lex processus ad una società didiritto straniero, ove consentito dalla sua legge regolatrice.

(4) Sulle diverse nozioni di “sede” della società, e sulla diversa funzione che tale istitutopuò svolgere, anche come criterio di giurisdizione o di collegamento, v. M.V. BENEDETTELLI, Sultrasferimento della sede sociale all’estero, in Riv. soc., 2010, 1251, 1252.

(5) Come noto, si tratta del criterio utilizzato in seno all’Unione Europea per allocare lacompetenza giurisdizionale ed individuare la legge applicabile nella disciplina delle insolvenzetransfrontaliere: cfr. il Reg. (UE) n. 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza, in Gazz. Uff. U.E., L 141, 2015, 19, inparticolare gli artt. 3, par. 1, e 7.

(6) Ma non solo: cfr. l’art. 18 del già citato Reg. (UE) n. 2015/848, per il quale gli effettidi una procedura d’insolvenza su un procedimento arbitrale pendente relativo a un bene o a undiritto facente parte della massa fallimentare di un debitore sono disciplinati esclusivamentedalla legge dello Stato membro in cui ha sede l’arbitrato.

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per la soluzione giudiziale di una controversia da parte di un organo“privato”. Lo Stato della legge di incorporazione della società potrebbeinfatti essere diverso dallo Stato, o dagli Stati: (i) in cui ha sede l’arbi-trato (7); (ii) alla cui legge le parti hanno assoggettato la convenzionearbitrale (8); (iii) la cui legge le parti hanno scelto per regolare il proce-dimento arbitrale (9); (iv) in cui ha sede l’istituzione arbitrale chiamata adamministrare l’arbitrato; (v) al cui apparato coercitivo una parte si rivolgeper dare esecuzione al lodo.

In un senso meno tecnico e più sociologico, l’arbitrato societario puòinfine essere considerato internazionale quando per volontà delle parti, o,più probabilmente, per effetto di scelte dei loro consulenti/difensori esoprattutto dei componenti del collegio arbitrale, il procedimento vengagestito in conformità alle prassi ed alle consuetudini sviluppatesi in quelparticolare settore della comunità internazionale degli affari cui, appunto,è affidata la soluzione delle controversie per mezzo di arbitrati (10). Purnon costituendo necessariamente espressione di un ordinamento auto-nomo ed originario (11), tali prassi e consuetudini danno comunque ori-gine a regole che possono cumularsi con quelle poste da fonti di dirittostatale per la disciplina della giustizia arbitrale.

Il collegamento dell’arbitrato societario con ordinamenti stranieri, o ilsuo svolgersi in seno alla comunità internazionale dell’arbitrato, rende

(7) In realtà, è controverso se un arbitrato societario interessante una società di dirittoitaliano possa avere sede all’estero, questione alla quale, per le ragioni di cui si dirà infra, subIV, sembra possibile dare una risposta in linea di principio positiva.

(8) Il principio per cui la convenzione arbitrale è negozio distinto rispetto al contratto dacui origina la lite sottoposta ad arbitrato rende astrattamente possibile che questa sia assogget-tata ad una legge scelta delle parti; nella prassi, tuttavia, tale optio legis di solito manca, ed allorasi discute se la convenzione arbitrale debba ritenersi disciplinata dalla legge dello Stato dellasede dell’arbitrato ovvero dalla legge regolatrice del contratto litigioso: cfr. A. MOURRE, Laconvenzione arbitrale, in M.V. BENEDETTELLI, C. CONSOLO, L.G. RADICATI DI BROZOLO (a cura di),Commentario breve al diritto dell’arbitrato nazionale ed internazionale, Padova, 2010, 573, 593ss., G. BORN, International Commercial Arbitration, Alphen aan den Rijn, 2014 (II ed.), I, 473.

(9) Come noto, normalmente la lex arbitri (vale a dire, la legge dello Stato della sededell’arbitrato, e cioè dell’ordinamento in seno al quale l’arbitrato si svolge come fenomenogiuridico) e la lex processus (vale a dire, la legge che regola l’arbitrato come procedimento)coincidono. Si ritiene, tuttavia, che nell’esercizio dei loro poteri di autonomia le parti possanoprevedere che l’arbitrato con sede in un dato Stato sia regolato dalla legge processuale di unaltro Stato (cfr. A. GARDELLA, La sede dell’arbitrato, in M.V. BENEDETTELLI, C. CONSOLO, L.G.RADICATI DI BROZOLO, Commentario breve, cit., 683, 691, G. BORN, International CommercialArbitration, cit., II, 1958), e la prassi indica che ciò talora accade con riguardo a specifici aspettidella procedura, quando p.e. si vuole consentire il ricorso a particolari misure istruttorie ocautelari previste da una data legislazione statale. Per le ragioni di cui si dirà infra, sub IV e V,per le sue peculiarità l’arbitrato societario offre esempi in cui questa scissione tra lex arbitri elex processus potrebbe giustificarsi.

(10) L’esistenza di tali prassi e consuetudini è un dato di fatto, confermato da alcunecodificazioni elaborate da organizzazioni di settore (come le Guidelines della International BarAssociation) e dalla circostanza che le regole così codificate trovano frequente applicazione,rappresentando una sorta di lex communis arbitralis.

(11) Come pure sostenuto in dottrina: cfr. E. GALLIARD, Aspects philosophique du droitde l’arbitrage international, in Recueil des cours, vol. 329, 2008, 49.

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dunque possibile che nella sua disciplina il diritto italiano si trovi aconcorrere con fonti di diritto straniero, o regole risultanti dalle prassi econsuetudini di cui si è appena detto. Questo concorso potrebbe darsi difronte alle corti, italiane o straniere, che, a seconda degli elementi diinternazionalità volta a volta in rilievo, abbiano giurisdizione su azionivolte a dare garanzia alla volontà compromissoria espressa con l’inseri-mento nell’atto costitutivo/statuto della clausola di cui all’art. 34 d. lgs. n.5/2003 ed ai lodi che possono essere pronunziati su tale fondamento, odebbano decidere su eccezioni d’arbitrato fondate su clausole di talgenere. Il concorso di fonti potrebbe anche interessare i tribunali arbitraliquando questi, in attuazione di una clausola compromissoria per arbitratosocietario, siano chiamati ad accertare la propria competenza, determi-nare le regole del procedimento, decidere il merito della causa.

Le questioni che nell’esercizio dei propri poteri corti e tribunaliarbitrali potrebbero dover risolvere in applicazione di leggi di Stati diversisono numerose. Ovviamente, quando siano corti italiane a giudicare sucontroversie in materia societaria riguardanti società di diritto italianosarà il diritto italiano a stabilire quale lex fori se la giurisdizione statalepossa essere validamente derogata a favore di un arbitrato, nonchéverosimilmente ad applicarsi al merito della causa. Altre leggi potrebberonondimeno venire in rilievo.

Per esemplificare, la legge dello Stato della sede dell’arbitrato po-trebbe rilevare per: (i) valutare l’arbitrabilità della controversia, al fine diaccertare se i giudici di tale Stato abbiano titolo per cooperare allaattuazione del negozio compromissorio sotto i profili della costituzione deltribunale arbitrale, della istruzione della causa, della concessione di mi-sure cautelari (12); (ii) disciplinare il procedimento, anche con riguardo adaspetti, di evidente rilievo per l’arbitrato societario, quali l’intervento,volontario o coattivo, di terzi, la riunione di procedimenti connessi, lalitispendenza; (iii) determinare gli effetti del lodo, ivi inclusi gli effetti,diretti o riflessi, che il lodo può spiegare su soggetti che non hannopartecipato al procedimento; (iv) stabilire i mezzi di cui le parti inarbitrato, o anche terzi che eventualmente subiscano gli effetti del lodo,possono avvalersi per impugnare il lodo, nonché i motivi che giustificanoil suo annullamento, ivi inclusi il difetto di arbitrabilità ed il contrasto conprincipi di ordine pubblico, sostanziale o processuale.

La legge regolatrice della convenzione arbitrale, scelta dalle parti o

(12) Non si può escludere che il diritto internazionale privato dello Stato straniero in cuiha sede l’arbitrato attribuisca allo stesso giurisdizione su controversie societarie interessantisocietà di diritto italiano, p.e. quando queste vi abbiano localizzato la sede amministrativa o unasede secondaria (cfr. M.V. BENEDETTELLI, Profili di diritto internazionale privato ed europeo dellesocietà, cit., 71): in tal caso l’arbitrabilità andrebbe accertata anche per verificare se dal puntodi vista di tale ordinamento la giurisdizione statale possa essere oggetto di deroga.

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individuata attraverso criteri obbiettivi di collegamento (13), potrebbeentrare in gioco dal canto suo al fine di: (i) determinare esistenza, validitàed efficacia della convenzione arbitrale stessa; (ii) valutare l’arbitrabilitàdella controversia sotto il distinto profilo della validità del negozio; (iii)stabilire se e a che condizioni la convenzione arbitrale possa essere“estesa” a soggetti diversi da quelli che l’hanno originariamente pattuita indifetto di un loro espresso consenso (p.e., ai soci che acquisiscano unapartecipazione sociale in una società il cui atto costitutivo/statuto giàcontenga una clausola compromissoria, o ai membri di organi sociali cheall’atto dell’accettazione dell’incarico o della stipulazione del relativocontratto non dichiarino di accettare l’arbitrato, o ai soci in relazione acontroversie originate da un patto parasociale).

Quanto alla legge applicabile al merito della controversia sottopostaad arbitrato, il diritto societario italiano potrebbe concorrere con normestraniere (i) di diritto societario, quando la società abbia stabilito signifi-cativi collegamenti con il sistema economico-sociale di un altro Stato, (ii)di diritto concorsuale, quando la società sia stata assoggettata ad unaprocedura di insolvenza straniera, (iii) di diritto dei mercati finanziari,quando la società abbia raccolto capitali all’estero o altrimenti operato inun mercato regolamentato straniero, (iv) di diritto contrattuale, quando inuna controversia tra soci entri in rilievo un patto parasociale o quando inuna controversia tra società/soci e membri di organi amministrativi entri inrilievo il contratto che disciplina il relativo rapporto.

Ancora, la legge dello Stato in cui ha sede l’istituzione che amministral’arbitrato potrebbe determinare la disciplina del rapporto contrattualeintercorrente tra le parti e l’istituzione medesima. E quando poi si volessedare esecuzione al lodo arbitrale pronunziato all’esito di un arbitrato exart. 34 e ss. d. lgs. n. 5/2003, troverebbe ovviamente applicazione la leggedello Stato richiesto, la quale potrebbe condizionarne il riconoscimento,tra l’altro: (i) ad una propria valutazione quanto alla arbitrabilità dellacontroversia; (ii) alla circostanza che il soggetto nei confronti della qualeil lodo viene azionato sia stato messo in grado di partecipare al relativoprocedimento arbitrale; (iii) al rispetto del proprio ordine pubblico, so-stanziale e processuale.

Queste leggi potrebbero concorrere nella disciplina di una medesimaquestione (p.e., l’arbitrabilità, i requisiti per la valida costituzione deltribunale arbitrale, il procedimento, la validità e gli effetti del lodo).Inoltre, esse potrebbero porre norme imperative, e così operare comelimite a quei poteri di autonomia e di organizzazione del procedimentoche nell’ambito dell’arbitrato internazionale le legislazioni contempora-nee di solito riconoscono alle parti ed agli arbitri, e quindi anche alla

(13) V. supra, n. 8.

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possibilità per parti ed arbitri di fare ricorso a prassi e consuetudini (inpunto di istruzione della causa, di accertamento della indipendenza edimparzialità degli arbitri, di deontologia dei difensori, di determinazionedella legge applicabile) proprie della comunità internazionale dell’arbi-trato.

Tutto ciò crea un problema di coordinamento tra fonti, consuetoquando entrano in rilievo fattispecie con elementi di estraneità rispetto alforo, a causa del conflitto di valutazioni che si dà quando organi diversihanno competenza per decidere una medesima questione e leggi o regolediverse possono trovare a tal fine applicazione.

Si potrebbe obiettare che il problema non si pone a priori, o comun-que si riduce notevolmente nelle sue dimensioni, per la triplice ragioneche (i) l’arbitrato societario non può che avere sede in Italia, (ii) laconvenzione arbitrale che lo prevede non può che essere un negozioregolato dal diritto italiano, e (iii) la disciplina del procedimento di cui agliartt. 34 e ss. del d. lgs n. 5/2003 è composta tutta da norme inderogabili.Come si dirà in seguito, nessuna di queste affermazioni è condivisibilenella sua assolutezza. Tuttavia, quand’anche si trattasse di affermazionicorrette, il rischio di conflitti di leggi o di giurisdizioni resterebbe.

Non è infatti detto che le valutazioni dell’ordinamento italiano inpunto siano poi condivise dagli ordinamenti stranieri e dai tribunaliarbitrali interessati da una data procedura di arbitrato societario interna-zionale. In particolare, un tribunale arbitrale avente sede all’estero po-trebbe ritenersi competente a decidere la controversia, anche quando unacorte italiana si fosse già pronunciata nel senso della sua non arbitrabilitào della invalidità della convenzione arbitrale, potrebbe organizzare ilprocedimento sulla base di quanto disposto dalla lex arbitri straniera e deipoteri attribuitigli dalle parti, anche discostandosi dal modello di cui al d.lgs. n. 5/2003, e potrebbe pronunciare un lodo in ipotesi valido nell’or-dinamento della sede e riconoscibile in altri ordinamenti stranieri. Sonoinfatti immaginabili situazioni in cui le parti non hanno alcun interesse ache il lodo trovi esecuzione in Italia (ciò potrebbe avvenire, ad esempio,quando la controversia insorga tra soci o tra soci e amministratori, abbiaper oggetto domande risarcitorie, ed i beni aggredibili in caso di inadem-pimento del lodo siano localizzati all’estero). Peraltro, ove tale interessesussista (ad esempio, quando venga domandato l’annullamento di unadelibera sociale) ed una parte intenda quindi dare esecuzione al lodo neiconfronti della società, la sede estera dell’arbitrato e la non conformità delprocedimento a quanto disposto dal d.lgs. n. 5/2003 potrebbero impedirneil riconoscimento solo a condizione di ritenere che tali circostanze faccianoscattare uno dei motivi di rifiuto tassativamente indicati dall’art. V dellaConvention on the Recognition and Enforcement of Foreign ArbitralAwards di New York del 1958.

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Queste considerazioni indicano, più in generale, che sarebbe erratostudiare i problemi sollevati dall’arbitrato societario con elementi diinternazionalità in una prospettiva esclusivamente domestica, focalizzan-dosi cioè solo sul modo in cui gli stessi verrebbero affrontati e risolti dallecorti interne in applicazione delle norme italiane di diritto internazionaleprivato (quali poste dalla l. 31 maggio 1995, n. 218 o da strumentiinternazionali come la menzionata Convenzione di New York), o datribunali arbitrali che si ritenessero vincolati ad applicare tali norme nellasoluzione di questioni conflittuali (14). L’arbitrato internazionale, per de-finizione, è un fenomeno che coinvolge più ordinamenti e la cui disciplinain ciascuna fattispecie concreta viene a essere determinata da scelte odecisioni di diverse categorie di soggetti (le parti, il tribunale arbitrale, lecorti degli Stati eventualmente adite in azioni relative alla convenzionearbitrale o al lodo). E ciascuno di tali soggetti affronta la questione delcoordinamento delle fonti su presupposti e con finalità diverse, che èopportuno individuare preliminarmente se si vuole dare una soluzioneragionata ai problemi posti dall’arbitrato societario internazionale.

II. L’arbitrato societario trova fondamento in due atti di autonomianegoziale: l’atto costitutivo (o lo statuto) di una società commerciale didiritto italiano e la clausola compromissoria che devolve in arbitrato lasoluzione di determinate categorie di controversie interessanti, diretta-mente o indirettamente, la società medesima. Si tratta di due atti diautonomia distinti, anche se ovviamente tra loro collegati, con i quali situtelano interessi diversi. L’autonomia societaria, infatti, consente aiprivati di avvalersi di modelli organizzativi predisposti dal legislatore perlo svolgimento dell’attività di impresa collettiva, mentre l’autonomiacompromissoria permette loro di sottrarre determinate controversie allacognizione delle corti statali altrimenti competenti per deferirle ad un“giudizio privato”.

Gli ordinamenti moderni riconoscono in entrambi i casi ampi poteriall’autonomia privata che può modificare o integrare la disciplina postadal legislatore, salvo il rispetto di suoi profili imperativi posti a salvaguar-dia di interessi lato sensu pubblicistici. Ciò vale per le regole di organiz-zazione delle società commerciali, che i soci possono adattare alle proprieesigenze deviando dal modello legislativo finché non vengano pregiudicatistakeholders (soci di minoranza, creditori, investitori, lavoratori dipen-denti, ecc.) che la legge ritiene meritevoli di protezione con norme,appunto, inderogabili. Ciò vale anche per il procedimento arbitrale, che leparti (e gli arbitri) possono regolare come ritengono più opportuno,

(14) Ciò che, come si dirà tra breve, non è affatto detto accada nel contesto di unarbitrato internazionale: v. infra, sub III.

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purché coerentemente con la sua funzione di strumento per la soluzione“giudiziale” delle liti, e dunque nel rispetto di alcuni principi indisponibili(in primis, il contraddittorio) che giustificano l’equiparazione del lodo allasentenza. L’autonomia privata, peraltro, viene tutelata anche sotto ilparticolare aspetto, rilevante per il tema in esame, di consentire alle partidi scegliere sia l’organo competente a decidere sulle loro controversie (pereffetto di deroghe alla giurisdizione di un dato Stato, proroghe di giuri-sdizione a favore di un altro Stato, convenzioni arbitrali, anche perarbitrato estero), sia la legge, o le regole, applicabili al merito e, nel casodell’arbitrato, al procedimento. In materia societaria si assiste da tempo alfenomeno del c.d. “market of corporate laws” che vede gli operatorieconomici dar luogo ad arbitraggi tra i diversi diritti societari (come anchetra i diversi diritti fallimentari o dei mercati finanziari), mentre in materiaarbitrale il sistema risultante dalla Convenzione di New York e dallelegislazioni d’arbitrato in vigore nella maggior parte degli Stati consente aiprivati di localizzare la sede dell’arbitrato nell’ordinamento da esse pre-scelto e di ottenere il riconoscimento del lodo su scala planetaria.

Ciò significa che il concorso di fonti nella disciplina dell’arbitratosocietario può, innanzitutto, derivare da manifestazioni di volontà delleparti, riflesse in accordi o in atti processuali. È da presumere (ed è unapresunzione legittima nella comunità degli affari) che le parti, e i loroconsulenti, effettuino le proprie scelte in modo razionale, e quindi chequeste siano guidate dalla protezione degli interessi materiali volta a voltaperseguiti. In tal senso le parti non si pongono un problema di coordina-mento delle fonti, ma piuttosto sfruttano per quanto possibile il loroconcorso per dar luogo a pratiche (necessariamente “egoistiche”) di forume law shopping. Come ormai da tempo rilevato (15), il forum e lawshopping è un inevitabile portato della “globalizzazione”, non necessaria-mente finalizzato al perseguimento di obbiettivi illeciti. Si daranno certocasi in cui esso avviene con finalità di frode alla legge, quando l’unicoobbiettivo è quello di eludere l’applicazione di norme imperative “forti”(di ordine pubblico o di applicazione necessaria) (16) di una data legisla-zione societaria o d’arbitrato. Ma esso potrà anche mirare alla tutela diinteressi del tutto leciti, quali sono, in particolare, quelli che di solito

(15) Cfr. W. BRATTON, J. MCCAHERY, S. PICCIOTTO, C. SCOTT (ed.), International Regula-tory Competition and Coordination, Oxford, 1996, A. ZOPPINI (a cura di), La concorrenza traordinamenti giuridici, Roma-Bari, 2004, F. FERRARI (a cura di), Forum shopping in the Interna-tional Commercial Arbitration Context, Munich, 2013.

(16) Come noto, gli ordinamenti moderni ammettono che in fattispecie con elementi diinternazionalità le proprie norme imperative c.d. “semplici”, e cioè le norme imperative chesono inderogabili dalla autonomia privata ma non sono anche, appunto, norme di applicazionenecessaria o espressione di principi fondamentali appartenenti all’ordine pubblico c.d. interna-zionale del foro, possano essere disapplicate per dar luogo all’applicazione di un diritto(difforme) straniero.

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motivano le parti quando “internazionalizzano” l’arbitrato (“terzietà”dell’ordinamento in cui ha sede l’arbitrato rispetto alle parti in lite,applicazione di una “migliore” lex arbitri, efficienza e neutralità dell’isti-tuzione arbitrale). Su tali premesse, l’arbitrato societario potrebbe essereinternazionalizzato, e dar vita a lodi “utili” in quanto riconoscibili inordinamenti stranieri, anche in situazioni in cui l’ordinamento italianoritenesse invalida la convenzione arbitrale e/o non riconoscibile il lodo.

Diversa è ovviamente la prospettiva in cui si pongono le corti stataliquando si confrontano con una fattispecie che presenta elementi diinternazionalità e che dà quindi luogo ad un potenziale concorso di fonti.Lo Stato ha un interesse proprio ad evitare che il concorso di fonti diaorigine a conflitti di leggi o di giurisdizioni e ciò a tutela sia di valorigenerali, come usa dire, di giustizia internazionalprivatistica (assicurarecertezza e prevedibilità quanto alla disciplina applicabile, evitare il con-trasto di giudicati), sia di valori particolari (quali, p.e., quelli che sotten-dono le norme imperative di diritto societario e la cui protezione potrebbeessere compromessa dalle ricordate pratiche di forum e law shopping). Lostrumento utilizzato a tal fine è il diritto internazionale privato che, comenoto, vincola le corti, le quali non possono che applicare la disciplinaconflittuale del foro. Tale disciplina peraltro varia da Stato a Stato, salval’eventuale armonizzazione risultante da accordi internazionali.

Per quanto riguarda l’ordinamento italiano il coordinamento dellefonti in materia di arbitrato societario si realizza innanzitutto attraversol’art. 25 della l. n. 218/1995 che, nella ricostruzione a nostro avviso piùcorretta (17), attribuisce all’ordinamento dello Stato ai sensi della cui leggela società è venuta ad esistenza una competenza tendenzialmente esclusivaa disciplinare il fenomeno societario, tutelando per quanto possibilel’integrità del suo “statuto”, e cioè quel diritto speciale, derogatorio deldiritto generale delle obbligazioni, che ne regola l’organizzazione internae la responsabilità verso i terzi ed in cui, di fatto, si sostanzia la lexsocietatis. Ciò comporta, da un lato, che il diritto societario italiano troveràapplicazione nei confronti di società costituite dall’ordinamento interno,in linea di principio anche quando si sia in presenza di elementi diestraneità, a condizione ovviamente che tale diritto “voglia” applicarsi (ecioè, per dirla più tecnicamente, che l’ordinamento qualifichi una dataquestione come questione, appunto, di diritto societario anziché di dirittodei contratti, processuale, ecc.); dall’altro, che le corti italiane dovranno“riconoscere” società costituite da un ordinamento straniero per il solofatto storico della loro intervenuta creazione, applicando il diritto socie-

(17) Per le ragioni esposte in M.V. BENEDETTELLI, La legge regolatrice delle personegiuridiche dopo la riforma del diritto internazionale privato, in Riv. soc., 1997, 39; v. ora inadesione, G.P. ROMANO, L’unilateralismo nel diritto internazionale privato moderno, Zurich-Basel-Geneva, 2014, 558 ss.

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tario dello Stato di incorporazione, anche qui prescindendo in linea diprincipio (18) dal fatto che la fattispecie presenta collegamenti con altriordinamenti (incluso l’ordinamento italiano), e sempre che tale dirittoqualifichi la questione sub judice come questione di diritto societario.Questo modello di coordinamento tra ordinamento italiano e ordinamentistranieri risulta peraltro conforme ai principi formulati dalla Corte digiustizia con la giurisprudenza che ha attribuito ai beneficiari della libertàdi stabilimento il diritto alla c.d. “mobilità societaria” (19): il che, per leragioni di cui si dirà in seguito, può avere rilevanza con riguardo allacircolazione all’interno dell’Unione Europea di lodi pronunziati all’esitodi un arbitrato societario internazionale.

Le corti italiane chiamate a decidere su una convenzione arbitrale perarbitrato societario internazionale o sul lodo che ne consegue dovrannopoi dare applicazione alla già ricordata Convenzione di New York, cheimpegna gli Stati contraenti a dare garanzia a convenzioni arbitrali stipu-late per iscritto e su materie arbitrabili, salvo il caso in cui queste siano“null and void, inoperative or incapable of being performed”, e a lodipronunciati all’estero, salvo che non ricorra uno dei motivi che la Con-venzione tassativamente elenca come possibile fondamento per il diniegodi riconoscimento. Inoltre, per quanto non disciplinato dalla Convenzionedi New York (20), opererà l’art. 4, comma 2, della l. n. 218/1995 nella partein cui consente di derogare alla giurisdizione italiana a favore di unarbitrato estero alla sola condizione che la deroga sia provata per iscrittoe che la causa verta su diritti disponibili. Non ci sembra invece rilevi l’art.

(18) Ciò legittima una interpretazione restrittiva della disposizione dell’art. 25, primocomma, l. n. 218/1995 che consente l’applicazione del diritto societario italiano a societàcostituite ai sensi della legge di un altro Stato quando queste abbiano in Italia la sedeamministrativa o il proprio oggetto principale: cfr. M.V. BENEDETTELLI, La legge regolatrice, cit.,87 ss. L’esistenza di tali criteri di collegamento tra una società straniera e l’ordinamento italianonon dovrebbe quindi essere sufficiente per rendere applicabili a tali enti le norme sull’arbitratosocietario: come si dirà qui di seguito sub V, spetta infatti alla lex societatis straniera stabilire sele controversie societarie sono o meno arbitrabili e se le parti possono deferirle ad un arbitratocon sede all’estero, e quindi anche se l’arbitrato possa svolgersi secondo la disciplina di cui agliartt. 34-36 del d. lgs. n. 5/2003, ovvero quella di diritto comune degli artt. 806 c.p.c.

(19) Si tratta, come noto, delle sentenze della Corte di giustizia 9 marzo 1999, C-212/97,Centros, Raccolta, 1999, I-1484, 5 novembre 2002, C-208/00, Überseering, ibid., 2002, I-9919, 30settembre 2003, C-167/01, Inspire Art, ibid., 2003, I-10155, 7 luglio 2005, C-411/03, SEVICSystems, ibid., 2005, I-10825, 16 dicembre 2008, C-210/06, Cartesio, ibid., 2008, I-9641, 29novembre 2011, C-371/10, National Grid, ibid., 2011, I, 12273, 12 luglio 2012, C-378/10, VALE,in www.eur-lex.europa.eu, sulle quali v. M.V. BENEDETTELLI, Five Lay Commandments For theEuropean Private International Law of Companies, in Yearbook of Private International Law,2015-2016, 209, 234 ss.

(20) L’Italia ha adattato il proprio ordinamento agli impegni assunti sul piano interna-zionale con la Convenzione di New York ricorrendo alla tecnica del c.d. “ordine di esecuzione”,con la conseguenza che nelle materie regolate da tale trattato il diritto interno non opera, salvoche non detti disposizioni più favorevoli alla circolazione del lodo, come tali prevalenti sullenorme uniformi secondo quanto consentito dall’art. VII della Convenzione stessa.

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24, n. 2 del Regolamento europeo n. 1215/2912 c.d. “Bruxelles I-bis” (21)ai sensi del quale le corti dello Stato in cui la società ha sede (vale a dire,dello Stato ai sensi della cui legge la società è costituita (22)) hannogiurisdizione esclusiva sulle controversie in punto di validità, nullità oscioglimento di una società e di validità delle decisioni dei suoi organi,trattandosi di norma che preclude proroghe a favore di corti straniere manulla dice sul deferimento delle controversie stesse ad arbitrato (23).

Quanto al tribunale arbitrale, la prospettiva che questo adotterà nelcoordinare le diverse fonti potenzialmente applicabili sarà ancora diversa.Come spesso si dice, l’arbitro internazionale non ha un “foro”, nonessendo organo di alcuno Stato (neanche dello Stato in cui ha sedel’arbitrato) ed agendo quale privato che presta ad altri privati un servizioin esecuzione di accordi contrattuali. Ciò non significa però che l’arbitrointernazionale, nello svolgimento del suo mandato, non si trovi a doveraffrontare questioni di conflitto di leggi: significa solo che questi non saràvincolato da un’unica, e predeterminata, legislazione di diritto internazio-nale privato e dovrà quindi preliminarmente individuare il metodo con cuidare alle stesse soluzione (24).

La prassi sviluppatasi nella comunità internazionale dell’arbitratoevidenzia che i tribunali arbitrali fanno a tal fine ricorso a metodi diversicon cui si dà rilevanza ad una o più legislazioni statali di diritto interna-zionale privato, ovvero si individua la legge regolatrice “direttamente”,vale a dire senza l’“intermediazione” di una norma statale di conflitto (25).Quest’ultimo metodo viene talora preferito in quanto assicura flessibilità,ed una maggiore giustizia del caso concreto, soprattutto allorché gliordinamenti potenzialmente rilevanti per la disciplina di una data fatti-specie sono numerosi, i rispettivi sistemi di diritto internazionale privatodanno soluzioni opposte, o comunque tra loro non coordinate, ed ilprivilegiare l’una o l’altra conduce ad esiti che le parti potrebbero nonaver previsto all’atto della stipulazione della convenzione arbitrale e delcontratto su cui è insorta lite. Un equivoco frequente, tuttavia, è quello diritenere che con il metodo della “via diretta” gli arbitri possono sceglierela lex causae con assoluta discrezionalità ed evitando il ragionamento

(21) Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzionedelle decisioni in materia civile e commerciale, in Gazz. Uff. U.E, L 351, 2012, 1 ss.

(22) Cfr. M.V. BENEDETTELLI, Criteri di giurisdizione in materia societaria e diritto comu-nitario, in Riv. dir. int. priv. proc., 2002, 879, 912 s.

(23) Cfr. P. SCHLOSSER, Report on the Association of the Kingdom of Denmark, Irelandand the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland to the Convention on jurisdictionand the enforcement of judgments in civil and commercial matters and to the Protocol on itsinterpretation by the Court of Justice, in Gazz. Uff. C.E., n. C 59, 1971, § 63 (a).

(24) Cfr. G. BORN, International Commercial Arbitration, cit., II, 1536 ss.(25) Cfr. A. MALATESTA, Il diritto applicabile al merito della controversia, in M.V.

BENEDETTELLI, C. CONSOLO, L.G. RADICATI DI BROZOLO, Commentario breve, cit., 833, 843 s.

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conflittuale che le corti statali svolgono in applicazione del diritto inter-nazionale privato del foro. Ovviamente non è così, per lo meno quando siritenga che l’arbitro svolge una funzione “giudiziale” e che deve quindidecidere sulla base di sillogismi giuridici e motivando: se ciò è vero ingenerale, è tanto più vero quando l’arbitro è chiamato a risolvere unaquestione preliminare importante come quella della individuazione dellalegge (o regola) applicabile.

Con riguardo ad arbitrati aventi ad oggetto questioni di diritto socie-tario in fattispecie caratterizzate da elementi di internazionalità, e dunqueanche con riguardo ad un arbitrato societario ex artt. 34-36 del d. lgs. n.5/2003 che presenti tale caratteristica, ci sembra che il tribunale arbitraledebba mirare a contemperare al meglio l’autonomia societaria, che siesprime con la scelta dei soci di organizzare l’attività di impresa collettivautilizzando un dato “tipo” societario, e l’autonomia compromissoria, chesi esprime assoggettando le relative controversie ad un arbitrato svolgen-tesi secondo quanto concordato nella convenzione arbitrale.

Per le ragioni di cui si dirà qui di seguito, a nostro avviso taleequilibrio tra autonomia societaria e autonomia compromissoria puòmeglio raggiungersi quando il tribunale arbitrale utilizzi il metodo della“via diretta” e risolva le varie questioni conflittuali che possono sorgerenella individuazione del diritto applicabile (sia alla procedura lato sensuche al merito) in base ad una norma che dia prevalenza alle valutazionidell’ordinamento ai sensi della cui legge è costituita la società volta a voltain questione.

III. Come si notava, decidendo di costituire una società commer-ciale in conformità alla legge di un determinato Stato, o di acquistare unapartecipazione in una società già costituita ai sensi di tale legge, i socimanifestano la volontà di avvalersi del modello organizzativo (rectius, diuno dei modelli, considerata la pluralità di “tipi” societari che si rinvienenei diritti societari contemporanei) che tale ordinamento offre ai privatiper svolgere l’attività d’impresa in forma collettiva. Tale modello sicompone sia di norme dispositive sia di norme imperative e, una voltascelto, va utilizzato “per come esso è” e “nel suo insieme”, nel duplicesenso, da un lato, che i privati potranno modificarlo o integrarlo soltantoper quanto esso stesso consente, dall’altro, che lo Stato che ha “creato” lasocietà avrà titolo e legittimazione per negare validità a negozi o atti chemirino ad oltrepassare i limiti così posti ai poteri di autonomia.

Il legislatore può regolare il contenzioso interessante società commer-ciali sulla base della disciplina di diritto comune applicabile al contenziosocivile o commerciale, oppure può porre norme speciali. Tali normespeciali, ove esistenti, concorrono anch’esse ad individuare il modelloorganizzativo di cui è espressione il tipo societario in rilievo, e con

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riguardo ad un aspetto fondamentale come la soluzione delle controversie.Esse vanno quindi qualificate come norme di diritto societario, più che didiritto processuale, e, se imperative, devono essere rispettate per leragioni di cui si è appena detto.

Con la stipulazione di una convenzione arbitrale le parti sottraggonola cognizione di determinate controversie alle corti dello Stato cheavrebbe sulle stesse giurisdizione per attribuirla a dei “giudici privati”. Lafunzione degli arbitri, infatti non è quella di decidere tout court, ma didecidere giudicando, dunque: sulla base di sillogismi giuridici, e cioèapplicando regole a fatti; attraverso un procedimento conforme ai criteridell’“equo processo”, e cioè in cui siano garantiti la terzietà dell’organogiudicante, il contraddittorio e l’eguaglianza delle parti; e con un provve-dimento che “faccia stato” tra le parti, acquisendo la forza della cosagiudicata e potendo costituire titolo per l’esecuzione forzata in caso dimancato adempimento. Così intesa, l’autonomia compromissoria nonvive, né può vivere, di forza propria, ma trova fondamento in ordinamentistatali: in particolare, l’ordinamento dello Stato della sede dell’arbitrato,al quale la maggior parte delle legislazioni contemporanee attribuisconogiurisdizione per quanto concerne l’assistenza alla costituzione ed alfunzionamento del tribunale arbitrale ed il controllo sulla validità dellodo, e gli ordinamenti degli Stati in cui le parti hanno interesse a che illodo trovi riconoscimento ed esecuzione. Tali ordinamenti, nel daregaranzia alla autonomia compromissoria (dunque, alle convenzioni arbi-trali che ne sono espressione ed ai lodi che ne costituiscono il frutto)possono porre alla stessa limiti e condizioni.

L’ordinamento dello Stato di incorporazione della società, in seno alquale si svolge l’autonomia societaria, può non coincidere con l’ordina-mento o gli ordinamenti in cui si svolge l’autonomia compromissoria,dunque l’ordinamento dello Stato della sede dell’arbitrato e gli ordina-menti, possibilmente diversi, in cui il lodo trova esecuzione. Questi, comegià si notava, potrebbero disciplinare diversamente questioni quali l’arbi-trabilità delle controversie societarie, i requisiti di validità delle relativeconvenzioni arbitrali, il procedimento, i requisiti di validità del lodo ed isuoi effetti, i mezzi di impugnazione, le condizioni per il riconoscimentodel lodo. Tale diversità di disciplina potrebbe darsi sia sul piano delladisciplina materiale, sia su quello, logicamente precedente, della disciplinadi conflitto (a cominciare dalla questione preliminare della qualificazione).Ed il tribunale arbitrale dovrebbe stabilire come tali fonti possano esserecoordinate, anche in considerazione del fatto che la loro operatività inultima istanza deriva da due negozi, l’atto costitutivo/statuto e la conven-zione arbitrale, che vincolano ed esprimono la volontà dei medesimisoggetti, i soci.

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Come già rilevato in altra sede (26), a noi sembra che il migliorequilibrio tra autonomia compromissoria e autonomia societaria possaessere assicurato qualora il tribunale arbitrale realizzi il coordinamento trale diverse fonti in presenza privilegiando le valutazioni dall’ordinamentodello Stato di incorporazione della società. Il tribunale arbitrale dovrebbecioè innanzitutto verificare se quest’ordinamento disciplina la questione inrilievo qua lege societatis, e cioè dettando norme all’interno del propriodiritto societario. In caso tale verifica desse esito positivo, tali normedovrebbero essere applicate, prevalendo su quelle eventualmente difformidegli altri ordinamenti in concorso (27). Nel caso opposto, di “silenzio” deldiritto societario sul punto, si riespanderebbe, per così dire, la competenzadegli altri ordinamenti che l’autonomia privata ha reso rilevanti, vale adire l’ordinamento dello Stato della sede dell’arbitrato e gli ordinamentidegli Stati in cui le parti hanno interesse a che il lodo venga eseguito.

Militano a favore del ricorso a questa norma di conflitto, applicata daparte del tribunale arbitrale per voie directe, diverse considerazioni. In-nanzitutto, vi saranno casi in cui la questione su cui è insorta controversia(l’invalidità di una delibera sociale, l’inefficacia nei confronti della societàdi un atto di trasferimento di una partecipazione sociale, la responsabilitàdi un amministratore nei confronti della società) testimonia dell’interessedelle parti a che il provvedimento richiesto sia opponibile innanzitutto allasocietà, e quindi il loro interesse a che il lodo sia riconosciuto ed eseguitoprincipalmente (se non esclusivamente) nello Stato di incorporazione.Dando prevalenza alle valutazioni di tale Stato nella disciplina dell’arbi-trato (ove, lo ripetiamo, questo detti regole in materia all’interno dellapropria lex societatis) il tribunale arbitrale non farebbe altro che adem-piere al proprio dovere, implicito nel mandato conferito dalle parti se nonespressamente sancito da una regola ad esso applicabile (28), di farequanto possibile per rendere una decisione “utile” perché valida edeseguibile negli ordinamenti in cui le parti hanno un interesse attuale a chequesta venga eseguita. Così facendo, infatti, il tribunale arbitrale elimine-rebbe, o ridurrebbe, il rischio che al lodo venga negato riconoscimentonello Stato di incorporazione in base ad uno dei motivi previsti dallaConvenzione di New York (verosimilmente: la non arbitrabilità; il con-trasto con l’ordine pubblico, materiale o processuale; forse anche l’impos-sibilità per la parte nei confronti della quale il lodo viene invocato di far

(26) M.V. BENEDETTELLI, Patti parasociali ed arbitrato estero: sul possibile equilibrio traautonomia societaria ed autonomia compromissoria, di prossima pubblicazione in Riv. soc.,2017, n. 4.

(27) Ciò potrebbe avere anche effetti positivi sulla circolazione del lodo, giacché rende-rebbe irrilevanti le valutazioni in punto di arbitrabilità delle controversie societarie dello Statodella sede e dello Stato cui sia richiesto il riconoscimento, in ipotesi diversi dallo Stato della lexsocietatis.

(28) Cfr. l’art. 41 del Regolamento d’arbitrato dell’International Chamber of Commerce.

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valere le proprie difese, quando la società non sia stata messa in grado diintervenire in un procedimento arbitrale pendente tra soci nonostante undiritto in tal senso le fosse garantito dalla lex societatis) (29).

In altri casi potrebbe invece essere evidente che l’“internazionalizza-zione” dell’arbitrato (e quindi la localizzazione della sua sede in uno Statodiverso dallo Stato di incorporazione, la scelta di una lex processusstraniera, il ricorso alle corti di un altro Stato ancora per dare esecuzioneal lodo) è intervenuta con finalità di frode alla lex societatis, e cioè pereludere norme imperative che questa detta a protezione di varie categoriedi soggetti (creditori, soci di minoranza, investitori, lavoratori dipendenti,ecc.) interessati dall’agire sociale e dal regime speciale (in punto diresponsabilità patrimoniale, rappresentanza organica, ecc.) di cui soci eamministratori beneficiano. Anche se gli arbitri, come già si diceva, nonsono organi di alcuno Stato e non sono quindi tenuti a cooperare allaattuazione delle policies sottese a questa o quella legislazione statale, èdifficile immaginare che essi possano accettare di cooperare a che lagiustizia arbitrale venga utilizzata per finalità fraudolente, tanto piùquando la frode si svolge a danno di una legge che gli stessi soggetti hannoliberamente scelto, quando hanno costituito la società o acquistato unapartecipazione nella stessa, e sulla base della quale hanno sollecitatol’affidamento dei terzi.

Più in generale, nella maggior parte delle legislazioni contemporaneeil diritto societario si presenta come diritto speciale rispetto al diritto delleobbligazioni nonché, ove contenga regole ad hoc sulla soluzione dellecontroversie, rispetto al diritto processuale, sui quali prevale in virtù,appunto, della propria specialità. Il fatto che questa caratteristica deldiritto societario sarà verosimilmente condivisa dall’ordinamento delloStato della sede dell’arbitrato o dello Stato di esecuzione del lodo, inipotesi diversi dall’ordinamento dello Stato di incorporazione della so-cietà, dovrebbe dare ulteriore legittimazione al ricorso da parte deitribunali arbitrali alla norma di conflitto qui in esame.

Infine, la soluzione qui proposta potrebbe essere considerata uncorollario del già ricordato diritto alla “mobilità societaria” che la Corte digiustizia deriva dalla libertà di stabilimento, e come tale imporsi neirapporti tra gli Stati membri dell’Unione Europea, incidendo sulla circo-lazione nello spazio giuridico comunitario di lodi su controversie inmateria societaria.

Come noto, l’assenza di strumenti europei di armonizzazione deldiritto dell’arbitrato (30) non ha impedito che la Corte di giustizia, in

(29) Cfr. rispettivamente, gli artt. V(2)(b), V(2)(a) e V(1)(b).(30) La recente riforma della disciplina uniforme sulla circolazione delle sentenze in

materia civile e commerciale di cui al Reg. “Bruxelles I bis”, cit., in particolare i nuoviconsiderando n. 12 e l’art. 73(2) introdotti al fine di chiarire la portata della disposizione che

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applicazione del consolidato principio che impegna gli Stati membri agarantire comunque l’effet utile del diritto europeo, affermasse l’obbligoper le corti nazionali di utilizzare lo strumento dell’ordine pubblico(interpretato anche molto estensivamente) al fine di negare riconosci-mento a lodi che si pongano in conflitto con interessi e valori essenziali delprocesso integrativo (31). La “mobilità societaria” rientra tra tali interessie valori essenziali, trovando origine in una norma di diritto primario, l’art.49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, ed essendoun’articolazione della libertà di stabilimento, dunque di una delle libertàche l’ordinamento della Unione ritiene fondamentali per la creazione edil buon funzionamento del mercato unico. Correttamente intesa, essa dàvita ad un “mercato europeo dei diritti societari” in cui non si tutelasoltanto la “domanda”, e cioè il diritto degli operatori di scegliere tra idiversi tipi societari elaborati dai legislatori nazionali quello ritenuto piùcongeniale alle proprie esigenze, ma anche l’“offerta”, e cioè il diritto deilegislatori nazionali di definire il contenuto di tali tipi societari nell’eser-cizio dei propri poteri sovrani (salvi, ovviamente, i limiti posti da strumenticomunitari di armonizzazione). La Corte di giustizia, infatti, ha affermatol’obbligo per ciascuno Stato membro di “riconoscere” le società costituiteai sensi della legge di un altro Stato membro (32), chiarendo che ciò nonsignifica solo attribuire ad esse personalità giuridica, ma anche cooperareaffinché all’interno del foro venga data garanzia ed attuazione al dirittosocietario straniero che della società definisce il modello organizzativo edunque l’identità (33).

Se ciò vale in generale, vale anche quando lo Stato membro ai sensidella cui legge è organizzata la società detti all’interno del proprio dirittosocietario regole sulla soluzione delle controversie societarie. Un lodopronunziato all’esito di un procedimento arbitrale che si fosse svolto inconformità con la lex arbitri, o con la legge dello Stato membro al qualevenga richiesto di dare esecuzione al lodo, ma in contrasto con norme

esclude l’arbitrato da tale disciplina, testimoniano la volontà del legislatore europeo di astenersida qualsiasi intervento in materia arbitrale, lasciando che la circolazione intracomunitaria deilodi resti disciplinata dalla Convenzione di New York e dai diritti nazionali non armonizzati (cfr.P. BERTOLI, Diritto europeo dell’arbitrato internazionale, Milano, 2015, 17 ss.). Che questoself-restraint delle istituzioni di Bruxelles sia poi effettivamente funzionale a favorire l’arbitratointernazionale, e coerente con la costruzione di uno “spazio giuridico europeo” (in particolare,con quanto disposto dagli artt. 67, par. 4, e 81, par. 2, lit. c) e g) del Trattato sul funzionamentodell’Unione Europea) è tutt’altro discorso: v., criticamente, M.V. BENEDETTELLI, The EuropeanConvention on Human Rights and Arbitration: The EU Perspective, in F. FERRARI (a cura di),The Impact of EU Law on International Commercial Arbitration, New York, 2017, 479, 497 ss.

(31) Cfr. Corte di giustizia, sentenze 1 giugno 1999, C-126/97, Eco Swiss China Time Ltd.c. Benetton International NV, in Raccolta, 1999, I, 3055, § 41, 26 ottobre 2006, C-168/05, MostazaClaro, ibid,, 2006, I, 10421, §§ 33-39, 6 ottobre 2009, C-40/08, Asturcom Telecomunicaçiones SLc. Rodrìguez, ibid,, 2009, I, 9759, §§ 32-53.

(32) Cfr. M.V. BENEDETTELLI, Five Lay Commandments, cit., 246 ss.(33) Ibid., 239.

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imperative poste dalla lex societatis dello Stato membro di incorporazione(p.e., in punto di arbitrabilità, procedimento arbitrale, validità ed effettidel lodo) potrebbe confliggere con il predetto obbligo, con la conseguenzache gli Stati membri potrebbero essere perciò tenuti a negare ad essoriconoscimento per contrasto con l’ordine pubblico (europeo).

La norma di conflitto qui in discorso, per cui le diverse fonti poten-zialmente applicabili ad un arbitrato internazionale in materia societariavanno coordinate privilegiando le valutazioni dall’ordinamento delloStato di incorporazione della società, consente peraltro di dare risposta adue questioni che possono porsi con riguardo al procedimento arbitrale dicui al d. lgs. n. 5/2003. La prima, già emersa in un caso concreto (34), è setale arbitrato possa avere sede all’estero. La seconda, senz’altro a primavista più “accademica”, è se la disciplina di cui al d. lgs. n. 5/2003 possatrovare applicazione con riguardo a controversie interessanti società didiritto straniero.

IV. Può la clausola compromissoria inserita nell’atto costitutivo onello statuto di una società di diritto italiano prevedere che le controversieinsorte tra i soci, o tra i soci e la società, o tra i soci, la società e suoiamministratori, liquidatori e sindaci, siano deferite ad un arbitrato che sisvolga secondo il procedimento speciale di cui agli artt. 34-36 del d.lgs. n.5/2003 ma che abbia sede all’estero?

Il quesito potrebbe a prima vista sembrare ozioso, considerato che piùdisposizioni del d.lgs. n. 5/2003 indicano inequivocabilmente come illegislatore sottintenda che l’arbitrato lì regolato abbia sede in Italia (35). In

(34) Nel corso di un intervento svolto alla conferenza in cui è stata tenuta la relazione dacui origina questo scritto è stata data notizia di un lodo parziale che ha rigettato una eccezionedi difetto di giurisdizione sollevata appunto sul rilievo della invalidità della clausola compro-missoria dello statuto di una società per azioni di diritto italiano nella parte in cui deferiva lecontroversie tra soci e società ad un arbitrato con sede all’estero (per l’esattezza, si trattava diun arbitrato amministrato dalla International Chamber of Commerce e con sede in Ginevra).

(35) Cfr. i riferimenti degli artt. 35 e 36 d. lgs. n. 5/2003 agli artt. 105, 106, 107, 819, 829,831 e 838 c.p.c. L’espressione “sede dell’arbitrato” è ambigua. Come si desume dal combinatodisposto degli artt. 810, comma 3, 816, 839 e 840 c.p.c., e 4, comma 2, l. n. 218/1995 e dallaletteratura di commento (v., anche per altri riferimenti, L. SALVANESCHI, Dell’arbitrato - Art.806-840, in Commentario del codice di procedura civile, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 2014,369 ss.) tale espressione può essere utilizzata sia come fictio juris per individuare sinteticamentel’ordinamento, interno o straniero, in seno al quale l’arbitrato si svolge come fenomenogiuridico, e dunque con funzione di criterio di giurisdizione e di criterio di collegamento, siacome criterio di competenza territoriale per individuare quale corte italiana abbia titolo apronunziarsi in relazione a procedimenti relativi ad un arbitrato che per volontà delle parti, oeventualmente per decisione degli arbitri o di una istituzione arbitrale, sia assoggettato allagiurisdizione del foro ed alla lex arbitri italiana (in tal senso, contrariamente a quanto ritenutoda alcuni autori, la determinazione della sede ex art. 816 c.p.c. opera solo a questo secondo fine,sul presupposto che sia stata già risolta positivamente la questione preliminare della naturadomestica dell’arbitrato, e della conseguente applicazione della disciplina di cui agli artt.806-832 c.p.c.). Ovviamente, parlando di arbitrato societario con sede all’estero qui si usa iltermine nella prima di tali due accezioni.

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realtà, è tecnica legislativa alquanto comune quella di disciplinare unadata fattispecie sul presupposto che essa non presenti alcun elemento diestraneità rispetto al foro, per poi lasciare alle norme di diritto interna-zionale privato, ed all’interprete, il compito di stabilire se e in che misuratale disciplina si applichi qualora la fattispecie risulti collegata ad altriordinamenti. Per esemplificare, anche prima della emanazione del decretolegislativo 30 maggio 2008, n. 108 sulle fusioni transfrontaliere tra societàdi capitali nessuno dubitava che l’operazione di cui agli artt. 2501 e ss. c.c.potesse coinvolgere anche società di diritto straniero e che il vero pro-blema fosse piuttosto quello di chiarire quale di tali disposizioni, scritteavendo a mente una fusione interna, trovasse in tale particolare ipotesiapplicazione, e in che forma (36).

Il quesito ha dunque ragione di essere posto, e va risolto alla lucedella disciplina internazionalprivatistica rilevante in materia, disciplinache, come già si diceva, va ricavata dalla Convenzione di New York e dagliartt. 4, comma 2, e 25 della l. n. 218/1995. Queste disposizioni integrano,per così dire, “dall’esterno” le disposizioni di cui agli artt. 34-36 del d. lgs.n. 5/2003, concorrendo a determinarne l’ambito di applicazione. Dal lorocombinato disposto si desume che l’ordinamento italiano tutela conven-zioni per arbitrato estero quando queste siano pattuite per iscritto edabbiano per oggetto controversie arbitrabili, riconosce i lodi stranieripronunciati sulla loro base a meno che non sussistano determinate circo-stanze (tra le quali, in particolare, l’invalidità della convenzione arbitrale,la non arbitrabilità della controversia, il contrasto del lodo con l’ordinepubblico del foro), attribuisce allo Stato di incorporazione della società(dunque a se stesso quando si tratti di società di diritto italiano) lacompetenza tendenzialmente esclusiva a definire il modello organizzativodell’ente, modello che può anche contemplare regole ad hoc sul conten-zioso societario, ivi incluse regole che ne escludano l’arbitrabilità, laammettano, o la ammettano ma solo a particolari condizioni.

Così impostato, il quesito della localizzabilità all’estero della sede diun arbitrato societario potrebbe avere una facile risposta, ed una rispostapositiva. Infatti, con l’art. 34, comma primo, del d. lgs. n. 5/2003 il nostrolegislatore mostra di ritenere, in linea di principio (37), arbitrabili lecontroversie riconducibili alle categorie di liti nello stesso elencate, eprevede che la convenzione arbitrale debba avere forma scritta trattandosi

(36) Cfr. M.V. BENEDETTELLI, Le fusioni transfrontaliere, in P. ABBADESSA, G.P. PORTALE

(a cura di), Il nuovo diritto delle società, Torino, 2007, IV, 367.(37) In realtà, com’è noto, la Corte di Cassazione continua ad affermare la non arbitra-

bilità di controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di delibere di approvazione di bilancioper violazione dei principi di cui all’art. 2423 ss. c.c. sul rilievo che tale disciplina tutelerebbe gliinteressi non solo dei soci ma anche dei terzi (Cass. 28 agosto 2015, n. 17283, Cass. 10 giugno2014, n. 13031, Cass. 23 febbraio 2005, n. 3772; contra Trib. Milano, 3 giugno 2010, in Corr. giur.,2011, 1139).

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di clausola contenuta in un documento (l’atto costitutivo o lo statuto).Accertato dunque che nelle valutazioni dell’ordinamento italiano (com-petente ex art. 25 della l. n. 218/1995 in quanto ordinamento di incorpo-razione della società) i requisiti posti dall’art. II della Convenzione di NewYork, e dall’art. 4, comma 2, della l. n. 218/1995, sono tutti rispettati, e chequindi la deroga alla giurisdizione delle corti italiane a favore di unarbitrato estero è valida, il problema diverrebbe piuttosto quello, diverso,di verificare se vi sia qualche disposizione della procedura speciale diarbitrato ex artt. 34-36 del d. lgs. n. 5/2003 la cui violazione, in ipotesiconseguente all’applicazione della lex arbitri dello Stato della sede, possapoi far scattare uno dei motivi che ai sensi dell’art. V della Convenzionedi New York legittimano il rifiuto di riconoscimento di un lodo straniero.

A questo proposito è stato sostenuto (38) che l’unica disposizionerilevante in tal senso, e quindi da rispettare se si vuole un lodo eseguibilein Italia, sarebbe quella contenuta nell’art. 34, comma 2, nella parte in cuisanziona di nullità la clausola compromissoria quando il potere di nomi-nare tutti i componenti del collegio arbitrale non venga dalla stessaattribuito ad un “soggetto estraneo alla società”: le altre norme del d. lgs.n. 5/2003 che disciplinano l’arbitrato societario (dunque, quelle di cui agliartt. 35 e 36) riguarderebbero tutte il procedimento, e sarebbero perciò, apriori ed indipendentemente dalla loro imperatività, non applicabili ad unarbitrato estero, il quale non potrebbe che svolgersi secondo la lex arbitridell’ordinamento in cui ha sede.

Questa tesi muove da un presupposto metodologico corretto e deltutto condivisibile. Di fronte a fattispecie caratterizzate da elementi diestraneità rispetto al foro, l’interprete deve chiedersi se il diritto internotrova o meno applicazione, e a tal fine deve preliminarmente qualificare laquestione volta a volta in rilievo. Per quanto qui interessa, l’interpretedeve quindi accertare se la disciplina di questo o quell’aspetto dell’arbi-trato societario internazionale attiene al diritto societario (italiano) opiuttosto al diritto dell’arbitrato, al diritto processuale, al diritto deicontratti, giacché ove tali diritti appartenessero a Stati stranieri (lo Statodella sede dell’arbitrato, lo Stato della legge regolatrice della procedura, loStato della legge regolatrice della convenzione arbitrale) l’applicazionedel d. lgs. n. 5/2003 resterebbe in linea di principio esclusa.

La tesi, tuttavia, non convince, e per varie ragioni. In primo luogo,essa sembra dare per scontato che la convenzione arbitrale per arbitratosocietario sia retta dal diritto italiano, e che quindi la richiamata disposi-zione sulle modalità di nomina dei membri del tribunale arbitrale troviapplicazione qua lege contractus. A prima vista ciò può apparire ovvio,

(38) Lo ha fatto, con i consueti acume ed eleganza argomentativa, Laura Salvaneschi nelcorso della conferenza.

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trattandosi di una clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivoo statuto di una società di diritto italiano. Non si vede però perché anchein questa materia non debba valere il principio, riflesso nell’art. 808,comma secondo, c.p.c. e da tempo consolidato nella prassi dell’arbitratointernazionale, per cui la clausola compromissoria va considerata negoziodistinto e autonomo rispetto al contratto cui accede. Questo principiogenerale, applicato alla materia societaria, dovrebbe permettere ai soci discegliere una legge straniera quale legge regolatrice della convenzionearbitrale. Peraltro, come già si diceva, quando la convenzione arbitrale èsilente quanto alla individuazione della propria legge regolatrice ed ilcontratto litigioso è retto dalla legge di uno Stato diverso da quello in cuiha sede l’arbitrato, si discute se essa debba presumersi disciplinata dallalex contractus o dalla lex arbitri: se la prima alternativa condurrebbe aldiritto italiano, la seconda renderebbe, di nuovo, applicabile la leggestraniera dello Stato della sede.

In secondo luogo, non è detto che il legislatore abbia dettato ladisposizione dell’art. 34, comma 2, in commento sull’assunto che la clau-sola compromissoria sia disciplinata dal diritto italiano, e non piuttosto suldiverso assunto (che, come si diceva, sottende tutta la disciplina dell’ar-bitrato societario) che l’arbitrato abbia sede in Italia (39): infatti, le regolesulle modalità di costituzione del tribunale arbitrale rientrano, di solito,nell’ambito di applicazione della lex arbitri ed incidono sulla validità delnegozio compromissorio solo indirettamente, quando il conflitto con la lexarbitri ne rende impossibile l’esecuzione o ne richiede l’integrazione o laconversione. Qualora fosse vera la seconda ipotesi, e cioè che la disposi-zione dell’art. 34, comma 2, opera sul presupposto che la sede dell’arbi-trato sia in Italia, per coerenza con le sue stesse premesse metodologichela tesi in esame dovrebbe condurre a ritenere che localizzando la sedeall’estero la disposizione di cui all’art. 34, comma 2, non troverebbe toutcourt applicazione, per le stesse ragioni per cui non troverebbero appli-cazione le norme imperative sul procedimento arbitrale di cui ai successiviartt. 35 e 36. Ciò vorrebbe però dire che ricorrendo ad un arbitrato esteroi soci potrebbero rendere la disciplina speciale dell’arbitrato societario dicui agli artt. 34-36 del d. lgs. n. 5/2003 quasi integralmente inapplica-bile (40), e che l’unico mezzo di cui l’ordinamento italiano disporrebbe per

(39) Una conferma a favore di questa seconda ricostruzione potrebbe trovarsi nellostesso art. 34, comma 2, quando prevede che se il soggetto estraneo alla società non provvedealla nomina la stessa può essere richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la societàha la sede legale. Quest’ultima disposizione, infatti, pone un criterio di competenza territoriale,e, come indica l’art. 810, comma 3, c.p.c. per quanto riguarda la simile disposizione dettatadall’art. 810, comma 2, c.p.c. per l’arbitrato di diritto comune, tale criterio opera sul presuppostoche l’ordinamento italiano abbia giurisdizione in quanto l’arbitrato ha sede in Italia.

(40) Ed infatti a questa conclusione giunge A. GIARDINA, L’ambito di applicazione, cit.,240.

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tutelare gli interessi sottesi alle norme imperative di cui tale disciplinapure si compone resterebbe quello del controllo del lodo straniero all’attodel suo riconoscimento, un controllo che avverrebbe ex post e nei limiti diquanto consentito dall’art. V, par. 2, (b) della Convenzione di New York.

Una simile conclusione potrebbe legittimare reazioni giurispruden-ziali di aprioristico “rigetto” dell’arbitrato societario con sede all’estero(possibili attraverso lo strumento della violazione dell’ordine pubblico,materiale o procedurale, interpretato estensivamente) e finirebbe quindi,paradossalmente, per impedire ai soci di internazionalizzare la soluzionedelle controversie societarie interessanti società di diritto italiano, nono-stante tale internazionalizzazione possa essere voluta, come si notava, perfini del tutto leciti e conformi alle prassi della comunità internazionaledegli affari.

Una risposta diversa, e più “moderata”, al quesito della localizzazioneall’estero della sede dell’arbitrato societario è tuttavia possibile.

A questo fine ci sembra necessario partire da una duplice constata-zione, ben chiara alla giurisprudenza di legittimità. Da un lato, la norma-tiva di cui agli artt. 34-36 d. lgs. n. 5/2003 “è stata pacificamente dettata persuperare le difficoltà applicative e i contrasti giurisprudenziali riguardantil’applicazione dell’arbitrato alla materia societaria” (41), dunque in primoluogo per risolvere la questione del se le controversie societarie siano toutcourt arbitrabili (42). Dall’altro, nell’affrontare questo problema il legisla-tore, interpretando in modo estensivo la delega ricevuta, non si è limitatoa disciplinare la convenzione arbitrale derogando al disposto degli artt.806 e 808 c.p.c., ma con gli artt. 35 e 36 ha ritenuto di dover intervenireanche sulla “disciplina dinamica” del procedimento (43), sì che se “lesocietà hanno la libertà di scegliere, per la soluzione delle controversie, lavia arbitrale anziché quella giurisdizionale”, nel primo caso “devonoconformarsi alla previsione del d. lgs. del 2003, art. 34 e segg.”, comeevidenzia l’“espressa declaratoria di inderogabilità delle relative previsioniprocedurali contenuta nella intitolazione dell’art. 35” (44). Con questeparole la Suprema Corte sottolinea come tutte le disposizioni imperativedella disciplina dell’arbitrato societario (dunque, non solo quella di cuiall’art. 34, comma 2, ma anche quelle di cui agli artt. 34, comma 6, 35 e 36),prima ancora di riguardare clausola compromissoria, procedimento emezzi di impugnazione del lodo, costituiscono innanzitutto condizioni indifetto delle quali la deroga alla competenza giurisdizionale delle corti

(41) Cass. 20 settembre 2012, n. 15833, 10 ottobre 2012, n. 17920, 10 ottobre 2012, n.17287.

(42) Che fosse questa la principale questione aperta in materia prima della riforma di cuial d. lgs. n. 5/2003 è riconosciuto da A. GIARDINA, L’ambito di applicazione, cit., 233 s., overiferimenti a dottrina e giurisprudenza.

(43) Cass. 20 luglio 2011, n. 15892.(44) Cass. 9 dicembre 2010, n. 24867 (enfasi aggiunta).

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italiane non è valida, dunque condizioni di arbitrabilità delle controversiesocietarie (45).

Ne consegue che una convenzione arbitrale che si ponesse in contra-sto con una qualsiasi di tali disposizioni imperative, vuoi direttamente invirtù di quanto vi è espressamente pattuito, vuoi indirettamente per ilrinvio che la stessa fa a norme di diritto straniero, sarebbe per l’ordina-mento italiano inidonea a produrre il suo effetto tipico di sottrazione dellacontroversia alla cognizione delle corti interne, dunque “null and void” aisensi dell’art. II, par. 3, della Convenzione di New York. Ne consegueanche che un lodo pronunziato sulla base della stessa sarebbe nullo aisensi dell’art. 829, comma 1, n. 1) c.p.c. se la sede dell’arbitrato è in Italia,e non riconoscibile in Italia ai sensi dell’art. V, par. 2, (a) della Conven-zione di New York se la sede dell’arbitrato è all’estero. Peraltro, ove siaccolga la proposta più su avanzata quanto al coordinamento delle fontipotenzialmente concorrenti nella disciplina di un arbitrato societariointernazionale, ad una stessa conclusione di invalidità della convenzionearbitrale, e di lack of jurisdiction, dovrebbe giungere un tribunale arbitraleinternazionale, chiamato a far prevalere le valutazioni della lex societatisitaliana su quelle di leggi straniere, applicabili a titolo di lex arbitri o di lexcontractus, che in ipotesi dovessero ritenere la controversia arbitrabile.

Si potrebbe ritenere che questa tesi porti con sé come corollario che

(45) Si potrebbe obiettare che l’arbitrabilità attiene esclusivamente all’oggetto dellacontroversia, che il d. lgs. n. 5/2003 affronta tale questione con le sole disposizioni di cui all’art.34, comma 1, 4 e 5, e che le altre disposizioni di cui si compone la disciplina dell’arbitratosocietario riguardano piuttosto le condizioni di validità della convenzione arbitrale qualenegozio giuridico ed il procedimento. Questa obiezione non considera che alla secca alternativaarbitrabilità/non arbitrabilità il legislatore può preferire una soluzione intermedia che è quella,appunto, di riconoscere ai privati il potere di sottrarre determinate materie alla cognizione dellecorti statali per deferirle in arbitrato alla condizione che questo però si svolga secondo modalitàidonee a tutelare specifiche esigenze poste del contenzioso su tali materie. Che la ratio dei profiliimperativi della disciplina dell’arbitrato societario sia questa trova conferma nei passi dellesentenze della Corte di Cassazione più su citati, ma soprattutto risulta evidente ove si consideriche le norme sulla modalità di costituzione del tribunale arbitrale, sull’intervento, sulladecisione secondo diritto, sui mezzi di impugnazione riflettono esigenze non tanto di “giustiziaprocessuale”, ma piuttosto di “giustizia sostanziale” legate alle peculiarità del fenomenosocietario. L’“arbitrabilità condizionata” è peraltro istituto noto ad alcune legislazioni cheammettono il ricorso all’arbitrato con riguardo a particolari categorie di liti a condizione che lasede dell’arbitrato sia nel foro: cfr. l’art. 46, par. 6, del Reg. (UE) n. 600/2014 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 sui mercati degli strumenti finanziari e che modificail regolamento (UE) n. 648/2012, in Gazz. uff. UE, L 173, 2014, 84, che ammette l’arbitrabilitàdi controversie interessanti imprese di Stati terzi che offrono servizi o svolgono attività diinvestimento sul mercato unico a condizione che la sede dell’arbitrato sia in uno Stato membrodell’UE; v. anche la novella del codice di procedura civile russo di cui alle leggi 29 dicembre2015, No. 382-FZ e 29 dicembre 2015, No. 409-FZ che ammette l’arbitrabilità di controversie inmateria societaria a condizione che la sede dell’arbitrato sia in Russia (secondo quanto riportatoda D. ANDREEV, Russian Laws on the Offensive: Cross-Border Effect of the New ArbitrationRegime for Corporate Disputes, in Kluwer Arbitration Blog, 12 dicembre 2016 (http://kluwerar-bitrationblog.com/2016/12/12/russian-laws-on-the-offensive-cross-border-effect-of-the-new-arbi-tration-regime-for-corporate-disputes/).

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l’arbitrato societario debba necessariamente avere sede in Italia. Non ècosì, e per due ragioni.

Innanzitutto, può ben darsi il caso che la legislazione d’arbitratostraniera richiamata con la localizzazione della sede dell’arbitrato al-l’estero sia compatibile con quanto imperativamente prescritto dagli artt.34-36 del d. lgs. n. 5/2003. Si tratterrà allora di verificare caso per caso setale compatibilità sussista o meno, tenendo presente che la diversità didisciplina non si traduce sempre e necessariamente in un conflitto di leggi:per riprendere una terminologia di origine statunitense, si ha un “falseconflict” quando due norme possono essere applicate cumulativamente,eventualmente per effetto di adattamenti, senza che vengano compro-messe le finalità da ciascuna di esse perseguite.

A questo fine va superato l’equivoco di ritenere che le disposizioniimperative sull’arbitrato societario del d. lgs. n. 5/2003 operino anche nelsenso di prevedere la giurisdizione esclusiva delle corti italiane sullerelative azioni, e l’applicazione necessaria delle norme processuali ita-liane, quale condizione di arbitrabilità: una simile lettura contrasterebbecon il favor che l’ordinamento italiano mostra verso l’arbitrato interna-zionale, e con il potere che gli artt. II della Convenzione di New York e4, comma 2, della l. n. 218/1995, attribuiscono ai privati di localizzareall’estero la sede dell’arbitrato rendendo così applicabile una lex arbitristraniera. Interpretando il d. lgs. n. 5/2003 alla luce di queste ultimenorme, come impone di fare la “presunzione di conformità” del dirittointerno con gli impegni assunti dall’Italia sul piano internazionale, si dovràquindi ritenere che: (i) nel prevedere che nel caso in cui il terzo soggettoestraneo alla società non provveda alla nomina degli arbitri questa vadarichiesta al Presidente del tribunale in cui la società ha la sua sede legale,l’art. 34, comma 2, pone un mero criterio di competenza territoriale sulpresupposto che l’arbitrato abbia sede in Italia, così come è su talepresupposto che l’art. 35, comma 3, rinviando all’art. 831 c.p.c., attribuiscecompetenza alla corte d’appello per giudicare su impugnazioni del lodoper revocazione o opposizione di terzo (46); (ii) gli artt. 35, comma 3, e 36,nella parte in cui esigono che il lodo sia impugnabile per nullità per imotivi di cui ai comma 1 e 3 dell’art. 829 c.p.c., per revocazione nei casi dicui all’art. 395, nn. 1), 2), 3) e 6) c.p.c. e per opposizione di terzo nei casidi cui all’art. 404 c.p.c., dovranno ritenersi rispettati quando la legislazionedello Stato straniero sede dell’arbitrato offra rimedi equipollenti pernatura e fondamento, anche se non esattamente coincidenti per disciplina,a quelli previsti dal nostro codice di rito; (iii) similmente, la previsionedell’art. 35, comma 2, sull’intervento dei terzi e dei soci sarà soddisfatta

(46) Ciò risulta palese dalla stessa formulazione del terzo comma dell’art. 831 c.p.c. nellaparte in cui si riferisce alla corte d’appello nel cui distretto si trova la sede dell’arbitrato.

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quanto la lex arbitri lo consenta, sia pure con termini e forme diversi daquelli di diritto interno che troverebbero applicazione ove l’arbitratosocietario avesse sede in Italia.

In secondo luogo, quando la legislazione dello Stato straniero in cuiha sede l’arbitrato risulti prima facie incompatibile con le disposizioniimperative del d. lgs. n. 5/2003, l’operatore giuridico dovrà comunque farequanto possibile per risolvere la possibile “tensione” tra autonomia com-promissoria e autonomia societaria cui dà origine la scelta a favore di unarbitrato straniero fatta dai soci all’atto della redazione della convenzionearbitrale: lo impone sia il favor verso l’arbitrato internazionale di cui si èdetto, sia anche il comune criterio ermeneutico ut magis valeat quampereat, per il quale dei negozi giuridici vanno preferite quelle interpreta-zioni che consentono agli stessi di produrre effetti.

A questo fine, una prima soluzione potrebbe essere data dal ritenereche le esigenze alla cui tutela sono funzionali le disposizioni imperativedegli artt. 34-36 del d. lgs. n. 5/2003 sussistono solo quando la controversiamette in gioco regole di organizzazione della società (p.e., perché attienealla validità di una delibera assembleare o all’inefficacia nei confronti dellasocietà di un atto di trasferimento di azioni) e non anche quando essa haper oggetto meri rapporti interindividuali delle parti in lite (p.e., preteserisarcitorie di un socio nei confronti di un altro socio per violazione di pattidi prelazione o della società nei confronti di un amministratore perviolazione di patti di non concorrenza). Questa soluzione, che ben po-trebbe giustificarsi alla luce di quella che è la ratio sottesa a tali norme,sembrerebbe preclusa dalle motivazioni con le quali con giurisprudenzacostante (47) la Corte di Cassazione ha sinora nettamente rigettato lateoria del c.d. “doppio binario”, e cioè la teoria per la quale i socipotrebbero scegliere di deferire le controversie di cui all’art. 34, comma 1e 4, ad un arbitrato di diritto comune ex artt. 806 e ss. c.p.c., sia purrinunziando a godere di certi effetti peculiari dell’arbitrato ex d. lgs. n.5/2003 (in primis, l’opponibilità del lodo alla società quando questa non siaparte del procedimento). Ci si può tuttavia chiedere se la Suprema Cortenon potrebbe raggiungere conclusioni diverse qualora la fattispecie pre-sentasse elementi di internazionalità, posto che sinora la teoria del “dop-pio binario” è stata invocata sempre in relazione ad arbitrati domestici,rispetto ai quali non valgono le considerazioni di favor verso l’arbitratointernazionale di cui si è più su detto.

Inoltre, la clausola compromissoria andrebbe interpretata presu-

(47) Oltre alle sentenze richiamate supra, alle note 41, 43 e 44. v. Cass. 24 ottobre 2016,n. 21422, 7 ottobre 2016, n. 20106, 28 luglio 2015, n. 15842, 28 luglio 2015, n. 15841, 17 febbraio2014, n. 3665, 13 ottobre 2011, n. 21202.

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mendo (48) che per garantirne l’effet utile i soci si siano avvalsi di tutti ipoteri di autonomia loro concessi dallo Stato straniero della sede eabbiano quindi voluto derogare a tutte le disposizioni non imperative dellalex arbitri che siano in contrasto con il d. lgs. n. 5/2003: nella maggior partedelle legislazioni moderne d’arbitrato si riconosce infatti ai privati ampiaautonomia nel “modellare” il procedimento secondo le proprie esigenze,e tale autonomia potrebbe essere utilizzata per superare apparenti conflittitra lex arbitri (49) e disposizioni imperative del d. lgs. n. 5/2003. Dunque: (i)il silenzio della clausola compromissoria quanto a numero e modalità dinomina degli arbitri, in una situazione in cui la lex arbitri preveda comeregola suppletiva per la formazione del tribunale arbitrale quella classicadel meccanismo “binario” (50), andrà interpretato come volontà dei soci diconferire i relativi poteri alla appointing authority dello Stato stranierodella sede; (ii) qualora la lex arbitri salvaguardi la confidenzialità delprocedimento arbitrale, si dovrà ritenere che le parti abbiano rinunziato atale garanzia per quanto necessario a rendere possibile il deposito pressoil registro delle imprese della domanda d’arbitrato, e di ordinanze o lodirelativi alla impugnazione di delibere assembleari, sì da conformarsi aquanto previsto dall’art. 35, comma 1 e 5-bis; (iii) quando la lex arbitriammetta l’intervento di terzi a condizione che vi sia il consenso delle partiin lite e/o del tribunale arbitrale, tale consenso si dovrà presumere siastato concesso, a seconda dei casi, al momento della stipulazione dell’attocostitutivo o dell’acquisto della partecipazione sociale, dell’accettazionedel mandato ad agire come organo della società, dell’accettazione dell’in-carico di arbitro; (iv) qualora la lex arbitri preveda che, in assenza di unaccordo tra le parti sul diritto che governa il merito della controversia,spetti al tribunale arbitrale individuare la legge, o le regole di diritto,applicabili, ovvero consenta al tribunale arbitrale di giudicare ex aequo et

(48) Si tratterebbe, ovviamente, di una presunzione relativa: il testo della convenzionearbitrale, o documentazione relativa alla negoziazione dell’atto costitutivo o alla adozione delladelibera assembleare che ne ha previsto l’inserimento in statuto, potrebbero infatti indicare chedeterminanti per la decisione delle parti di ricorrere alla giustizia arbitrale siano stati proprioquei profili della lex arbitri straniera (p.e., in punto di non impugnabilità del lodo) checontrastano con disposizioni imperative del d. lgs. n. 5/2003.

(49) Lo stesso potrebbe valere per superare eventuali apparenti conflitti tra il d. lgs. n.5/2003 e regole di arbitrato amministrato richiamate nella clausola compromissoria (a condi-zione che la relativa istituzione arbitrale consideri le stesse derogabili dalle parti): in tal senso,p.e., si potrebbe affermare la compatibilità tra l’art. 34, comma 2, nella parte in cui prevede chetutti gli arbitri debbano essere nominati da soggetto estraneo alla società, e l’art. 12 delRegolamento d’arbitrato della I.C.C., nella parte in cui attribuisce a ciascuna parte il potere dinomina di un membro del tribunale arbitrale.

(50) Vale a dire, il meccanismo, contemplato dall’art. 11, par. 3, della Legge modelloUncitral e comune a molte legislazioni d’arbitrato, per cui ciascuna delle parti in lite nomina unarbitro e gli arbitri così designati nominano il terzo arbitro, salvo il ricorso ad una appointingauthority indipendente quando la costituzione del tribunale arbitrale non possa aver luogo, perinazione o impossibilità di raggiungere un accordo delle parti o degli arbitri entro terminipredefiniti.

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bono se autorizzato dalle parti, al fine di soddisfare la prescrizione dell’art.36 la clausola compromissoria (anche se silente quanto al diritto applica-bile, o anche se contenente l’autorizzazione ad un arbitrato di equità)andrà interpretata come attributiva del mandato di decidere comunque inapplicazione del diritto (societario) italiano quando il tribunale arbitralesia chiamato a conoscere incidentalmente di questioni non comprometti-bili o quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibereassembleari; (v) quanto alla disposizione di cui agli artt. 35, comma 3, e 36,comma 1, per cui il lodo deve essere sempre impugnabile per i motivi dicui all’art. 829, comma 1, c.p.c. e per errore di diritto ai sensi dell’art. 829,comma 3, c.p.c. nelle ipotesi contemplate dall’art. 36, d. lgs. n. 5/2003, edeve essere sempre soggetto a revocazione straordinaria e opposizione diterzo, si dovrà distinguere tra (a) il caso in cui la lex arbitri preveda rimedieguali, o anche solo equipollenti, perché allora per quanto già osservato ladisposizione dovrà ritenersi rispettata, e (b) il caso in cui la lex arbitri nonli preveda, dovendosi allora piuttosto accertare se la lex arbitri ammettederoghe alla competenza delle proprie corti con riguardo ad azioni aventiad oggetto il controllo su validità ed effetti del lodo (51) e se la clausolacompromissoria possa essere interpretata (sempre al fine di farne salva perquanto possibile l’efficacia) come contenente una proroga di giurisdizionea favore delle corti italiane per conoscere di impugnazioni ex art. 829 c.p.c.o ex art. 831 c.p.c. (52)

V. Emanata nel contesto della riforma del diritto societario di cuialla l. 3 ottobre 2001, n. 366, la disciplina di cui agli artt. 34-36 del d. lgs.n. 5/2003 si applica a società commerciali di diritto italiano (diverse daquelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio nel senso di cuiall’art. 2325-bis c.c.) (53), dunque non assume per definizione rilievo con

(51) Questa possibilità dovrebbe darsi in tutti quegli ordinamenti che riconoscono alleparti la facoltà di rinunziare, in tutto o in parte, ai mezzi di impugnazione del lodo: cfr. A.HENKE, Gli accordi delle parti in materia di impugnazione del lodo arbitrale, in Dir. comm. int.,2013, 951.

(52) Tale proroga, invero inusuale, non sembra teoricamente inconcepibile, posto che aisensi dell’art. 4, comma 1, della l. n. 218/1995 per attribuire giurisdizione alle corti italiane chene difettino in base ai normali criteri è sufficiente che le parti l’abbiano convenzionalmenteaccettata e che tale accettazione sia provata per iscritto.

(53) Il riferimento all’art. 2325-bis c.c. (disposizione che individua un sottotipo di societàdi diritto italiano) indica che il divieto di ricorso all’arbitrato societario costituisce una regola dilex societatis anziché una regola di lex mercatus. Come tale, essa dovrebbe valere per società didiritto italiano i cui strumenti finanziari siano trattati su un mercato regolamentato, indipen-dentemente dal fatto che la legge regolatrice del mercato sia italiana o straniera, e non dovrebbevalere per società di diritto straniero, anche quando queste siano quotate su un mercatoregolamentato italiano. Questa ricostruzione ha come conseguenza, da un lato, che società didiritto italiano non potranno fare appello al pubblico risparmio su mercati regolamentatistranieri, come il Novo Mercado organizzato e gestito dal Bovespa brasiliano, che invecerichiedono l’assoggettamento ad arbitrato delle controversie societarie, dall’altro che la tuteladegli investori retail attivi sul mercato dei capitali italiano, alla quale il divieto è funzionale,

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riguardo a società di diritto straniero, anche quando queste abbianosignificativi collegamenti con l’Italia avendovi stabilito la sede ammini-strativa o l’oggetto principale della propria attività (54). Nondimeno, ci sipuò chiedere se tale disciplina, intesa come espressione di un rito arbitralespeciale che dà risposta ad alcuni peculiari problemi del contenziosoavente per oggetto controversie societarie, non sia utilizzabile anche daparte di società di diritto straniero.

Anche alla luce di quanto più su osservato sul ruolo preminente daattribuire in questa materia alle valutazioni dello Stato di incorporazionedella società, il presupposto perché i soci possano scegliere di richiamarenell’atto costitutivo o nello statuto gli artt. 34-36 del d. lgs. n. 5/2003 edeventualmente localizzare in Italia la sede dell’arbitrato, è che la lexsocietatis ai sensi della quale la società esiste ed opera non solo consideritali controversie arbitrabili, ma soprattutto ammetta questa operazione,senz’altro ardita e inusuale, di law e/o forum shopping, e comunque noncontenga disposizioni inconciliabili con la disciplina di cui agli artt. 34-36d.lgs. n. 5/2003.

In realtà, in molti ordinamenti contemporanei mancano disposizioniespresse sull’arbitrato in materia societaria, il che porta dottrina e giuri-sprudenza ad interrogarsi non tanto sulla sua ammissibilità in astratto,quanto sul se e come alcune caratteristiche tipiche della “giustizia privata”possano conciliarsi con alcune caratteristiche altrettanto tipiche del feno-meno corporativo e del contenzioso interessante rapporti sociali. Adesempio, in Germania il Bundesgericthshof, nel silenzio del legislatore, hapretorianamente ammesso l’arbitrabilità di controversie sulla validità didelibere assembleari a condizione che la convenzione arbitrale sia conte-nuta nello statuto o in un accordo a latere stipulato anche dalla società, chetutti i soci siano informati dell’esistenza della controversia e possanopartecipare alla nomina del tribunale arbitrale, che a tutti i soci sia data lafacoltà di intervenire nel procedimento arbitrale e che sia assicurata laconcentrazione in tale procedimento di tutte le azioni aventi un medesimo

potrebbe non essere adeguatamente assicurata. Discorso diverso è che, come rilevato in unrecente studio pubblicato dall’Assonime ad esito dei lavori di un gruppo di studio (v. V. ALLOTTI

(a cura di), Arbitrato e società - Problemi e prospettive dell’arbitrato societario, disponibile inhttp://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/note__studi_assonime_n._9_del_2015.pdf),il “secco” divieto di ricorso all’arbitrato per le società quotate sia una misura eccessiva, potendoben immaginarsi misure che consentono di risolvere i problemi posti dal contenzioso interes-sante società con capitale diffuso (accesso alla giustizia per impecunious shareholders, coordi-namento e gestione di mass claims, ecc.) anche nell’ambito di procedimenti arbitrali.

(54) Sono questi i due criteri di collegamento utilizzati dall’art. 25, comma primo, l. n.218/1995 per rendere applicabili a società di diritto straniero certe disposizioni di dirittosocietario italiano: come si diceva, secondo la ricostruzione che sembra preferibile (cfr. M.V.BENEDETTELLI, La legge regolatrice delle persone giuridiche, cit., 89) di tale norma va data unainterpretazione restrittiva nel senso di ritenere che le disposizioni richiamate siano solo quelleposte da norme di applicazione necessaria relative alla amministrazione e all’attività commer-ciale delle società, tra le quali non sembrano riconducibili quelle sulla gestione del contenzioso.

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oggetto (55). Come noto, tali posizioni hanno trovato riscontro in un attodi una istituzione arbitrale, la Deutsche Institution für Schiedsgerichtsbar-keit (“DIS”), che ha appunto adottato un regolamento di arbitrato ad hocper le controversie societarie (56), regolamento che nelle intenzioni deisuoi redattori dovrebbe soddisfare quanto richiesto dalla suprema cortetedesca per considerare la convenzione arbitrale valida ed il lodo esegui-bile. Non si vede perché la legge italiana sull’arbitrato societario nonpotrebbe svolgere una stessa funzione di supplenza, e colmare eventualivuoti di regolazione dell’ordinamento dello Stato straniero di incorpora-zione, posto che per la maggior parte delle legislazioni contemporanee (i)la convenzione arbitrale è negozio distinto dal contratto o rapportolitigioso cui afferisce, (ii) le parti hanno ampia autonomia nello sceglierela sede dell’arbitrato e quindi la lex arbitri applicabile alla procedura, (iii)tale autonomia può anche tradursi nel richiamo, in tutto o in parte, dellalex processus di uno Stato diverso dallo Stato della sede dell’arbitrato edallo Stato della lex causae applicabile al merito della lite.

(55) BGH, sentenza 6 aprile 2009, n. II ZR 255/08. Una posizione simile è stata presadalla Corte Suprema austriaca con sentenza del 22 ottobre 2010, n. 7 Ob 103/10p nella quale siè ammessa l’arbitrabilità delle controversie societarie, in generale, alla condizione che tutti i sociabbiano accettato la competenza arbitrale e che a tutti i soci, e alla società, sia data la facoltàdi intervenire nel procedimento arbitrale nei casi in cui il provvedimento richiesto producaeffetti sulla società o quando si versi in una situazione di litisconsorzio necessario.

(56) Il regolamento è rinvenibile in http://www.disarb.org/en/16/rules/dis-supplementary-rules-for-corporate-law-disputes-09-srcold-id15. Per un commento v. C. BORRIS, Collective Ar-bitration: The European experience - Germany and the DIS Supplementary Rules for CorporateLaw Disputes (DIS-SRCoLD), in B. HANOTIAU, E.A. SCHWARTZ (ed.) Class and Group Actionsin Arbitration, 2016, Paris, 80.

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Interventi programmati

Dalle « società » alle « organizzazioni collettive »:una possibile traiettoria evolutivadell’« arbitrato societario »?

STEFANO A. CERRATO (*)

1. Premessa. — 2. Le prospettive di riforma. — 3. Diritto societario e arbitratoirrituale: dialogo possibile? — 4. Rafforzare l’arbitrato societario come strumentodi governo delle liti « di gruppo ». — 5. Il compromesso per arbitrato societario.— 6. Un superamento selettivo della « indisponibilità » in materia societaria? —7. Verso un « arbitrato per le organizzazioni collettive ».

1. Da qualche tempo ormai il legislatore ha adottato un modusoperandi che rispecchia il metodo della sperimentazione proprio dellescienze dure: di un istituto si inizia a dare una definizione e a dettarneun’embrionale disciplina, magari circoscritta ad un settore specifico;quindi si verifica « sul campo » l’applicazione della norma, si studiano idifetti, si introducono a poco a poco disposizioni correttive e se il « mo-dello » appare convincente ed efficiente lo si conferma e magari genera-lizza.

Esempi recenti — di successo o meno — non mancano: dall’azione diresponsabilità promossa dalla minoranza al « rito » societario, fino alle piùrecenti disposizioni sui contratti di rete, oggetto di ben sette modifiche insoli quattro anni. Non a caso vi è chi ha parlato di un « laboratorioavanzato » ove vengono « sperimentate soluzioni innovative ».

Anche l’arbitrato societario introdotto nel 2003 ha vissuto la mede-sima « parabola »: non poche soluzioni innovative sono state trasfuse nelcodice di procedura in occasione della riforma generale dell’arbitrato nel2006.

Ora è nuovamente tempo di riforme: nei mesi scorsi il Ministero della

(*) Professore associato nell’Università di Torino.

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Giustizia ha nominato una Commissione « per l’elaborazione di ipotesi diorganica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione,con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita eall’arbitrato » ed il termine dei lavori è previsto per gennaio 2017.

2. È probabile che, in materia di arbitrato societario, la Commis-sione si limiti ad un maquillage delle disposizioni vigenti, sia per coordi-narle con le norme codicistiche vigenti sia per supplire ad alcune lacune edaporie del testo originario.

Sarebbe però auspicabile che venissero prese in esame anche alcuneopzioni innovative che bene si inscriverebbero nel naturale processoevolutivo avviato in materia dal decennio passato.

In sintesi, mi sembra che si possano segnalare le seguenti:a) Il ruolo dell’arbitrato irrituale nel diritto societario;b) Il problema della « pubblicità » della procedura;c) L’arbitrato societario da compromesso;d) La vexata quaestio della disponibilità dei diritti;e) L’estensione dell’arbitrato societario ad altri « codici organizza-

tivi ».In relazione ai primi quattro punti ci si limiterà a qualche considera-

zione, essendo anche, in parte, temi di altri interventi qui pubblicati. Ci sisoffermerà invece sul quinto per qualche considerazione ulteriore.

3. L’arbitrato irrituale viene evocato, ma solo incidentalmente, nel-l’art. 35 a proposito della tutela cautelare; è però dubbio se sia possibilel’arbitrato irrituale societario atteso il carattere « inderogabile » delladisciplina procedurale, con particolare riferimento alle disposizioni rela-tive all’impugnazione del lodo (l’art. 829, invero, non si applica in pre-senza di lodo irrituale: art. 808 ter). La Cassazione, invece, ha rispostopositivamente ancorché se ne sia occupata soltanto con riferimento altema della (in)validità delle clausole binarie. Sarebbe opportuno unintervento chiarificatore.

4. L’art. 35 prevede che la domanda di arbitrato, quando propostadalla società o in suo confronto, sia depositata presso il registro delleimprese e sia accessibile ai soci.

Oggi questo obbligo non è assistito da alcuna sanzione, il che lo rendepraticamente inefficace, mentre rappresenta un presidio essenziale digaranzia del meccanismo della « giustizia di gruppo »: la Commissionepotrebbe ipotizzare un’apposita causa di sospensione della procedura indifetto di pubblicità.

La stessa regola potrebbe valere per l’ordinanza di sospensionedell’efficacia della delibera impugnata.

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5. La disciplina vigente opera soltanto con riferimento alle clausolecompromissorie statutarie.

Ciò non preclude, dunque, di ricorrere a compromesso per le mede-sime liti ma è questione dibattuta se siano o meno applicabili le regoleprocedurali speciali dell’arbitrato societario. Sul punto non paiono esserviostacoli insormontabili: anzi, le regole procedurali della « giustizia digruppo » sono egualmente utili anche in caso di arbitrato da compro-messo.

6. L’art. 34 sancisce la compromettibilità in arbitrato (societario)delle liti aventi ad oggetto « diritti disponibili relativi al rapporto sociale »,ma la delimitazione del concetto di « disponibilità » ha generato un estesocontenzioso.

Senza giungere ad una apertura alla compromettibilità di tutte le litisocietarie, la Commissione potrebbe pensare di chiarire con un’elenca-zione esemplificativa le materie arbitrabili ed eliminare il riferimento alconcetto di « disponibilità », fermo restando il divieto di arbitrato quandoè obbligatorio l’intervento del pubblico ministero e quando non si discutadi diritti soggettivi (procedimenti di volontaria giurisdizione).

7. Oggi l’arbitrato societario include solo le società (di persone, dicapitali, cooperative) ma non altri fenomeni imprenditoriali collettivi chepresentano caratteri affini ed esigenze similari: pensiamo ai consorzi(quando iscritti nel registro delle imprese), alle reti di imprese dotate disoggettività giuridica; alla società europea ed alla società cooperativaeuropea.

Non è necessario entrare nel dettaglio: regole di introduzione erimozione della clausola, meccanismi di nomina degli arbitri, disposizionidi procedura, possono facilmente essere estesi anche a queste formecollettive di impresa.

Probabilmente, per la società europea e la società cooperativa euro-pea aventi sede in Italia (finora nessuna, peraltro) il problema non si ponegià oggi, atteso che i relativi regolamenti comunitari dichiarano applicabilile disposizioni della società per azioni e della società cooperativa di dirittoitaliano (artt. 9 ss. reg. 2157/2001 e art. 8 reg. 1435/2003).

Più articolato il discorso per consorzi e contratti di rete.Innanzitutto, è noto che essi possono assumere sia forma meramente

« contrattuale » (rete-contratto, consorzio interno) sia forma personificata(rete-soggetto, consorzio con attività esterna). Ora, nel primo caso nonparrebbero esservi ragioni per applicare il regime speciale dell’arbitratosocietario, atteso che siamo di fronte ad un fenomeno latamente ricondu-cibile al caso dei contratti plurilaterali, dunque governabile secondo leordinarie regole generali codicistiche (artt. 806 ss.). Di contro, quando rete

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e consorzio acquistino la personalità giuridica, con conseguente « nascita »di una organizzazione corporativa e di un « ente » autonomo, si ripropon-gono mutatis mutandis le stesse esigenze che hanno giustificato l’introdu-zione degli artt. 34 ss. d.lgs. 5/2003.

La forte assimilazione al fenomeno societario giustificherebbe age-volmente un’estensione, che non incontrerebbe neppure particolari diffi-coltà, essendo sufficiente un rinvio con la clausola di compatibilità (cosìche i riferimenti ai « soci » siano automaticamente intesi a « consorziati »e « retisti », etc.).

A questo punto, volendo ragionare facendo ancora un passo più in là,viene quasi naturale domandarsi perché non si possa tramutare questadisciplina (magari spostandola anche nel codice di procedura civile) in un« arbitrato per le organizzazioni collettive », cioè applicabile a qualsiasifenomeno di stampo corporativo, che persegua o meno scopo di lucro.

D’altronde — per riprendere la suggestiva immagine di GerardoSantini — lo scopo lucrativo è ormai da tempo tramontato e nel buio diquesta « notte » il diritto dell’impresa ha proliferato in modo promiscuo(si pensi all’impresa sociale ex d.lgs. 155/2006 e ancora alla recente societàbenefit, l. 208/2015). Distinguere ancora fra società ed altri enti giuridicicollettivi (pensiamo alle associazioni, ma anche alle fondazioni) rischia diessere un artificioso esercizio teorico.

Certo, giunti a questo punto non si può far a meno di sentirsi ancorainsoddisfatti.

L’obiettivo del legislatore del 2003 era ambizioso: governare le litiinterne ai fenomeni corporativi con regole rispondenti alle peculiarità delcodice organizzativo. Si pensi — una su tutte — alla regola che rendevincolante il lodo anche per la società, ancorché non abbia preso parte algiudizio arbitrale.

Siamo però rimasti a metà del guado.Invero, il legislatore del 2003 si è fatto carico solo dell’aspetto

« sociale » del fenomeno, trascurando (volutamente o meno) il profilo« parasociale » che assai spesso nella pratica degli affari è strettamenteinterconnesso con il primo.

È pacifico, invero, che le regole speciali qui in esame non si applichinoagli arbitrati fondati su clausole contenute nei patti parasociali poichéquesto è un contratto fra (tutti o alcuni) alcuni soci al di fuori dellanormale logica sociale. Però spesso accade che le liti siano « trasversali »,cioè trovino fondamento sia in previsioni dello statuto, sia del patto (sipensi ad una lite su una prelazione), e assai spesso succede che si debbanoattivare più arbitrati perché le rispettive clausole in statuto e in pattoprevedono diversi sistemi di nomina degli arbitri, diverse regole di pro-cedura, diverse conseguenze per i lodi.

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Credo che, se si vuole efficacemente favorire l’arbitrato nelle società,non si possa trascurare questo tema; disporre, con adeguate cautele, cheanche ai patti parasociali si applichino le regole dell’arbitrato societariorappresenterebbe la classica « chiusura del cerchio » del sistema di tutelaalternativo alla giurisdizione togata.

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Arbitrato e società che fanno ricorso al mercatodel capitale di rischio: problemi e prospettive

FILIPPO CORSINI (*)

1. Premessa; il divieto di arbitrato contenuto nell’art. 34, 1º comma, d.lgs. n.5/2003.— 2. La portata soggettiva del divieto; nozione di “società che fanno ricorso almercato del capitale di rischio”. — 3. La portata oggettiva del divieto. — 4. Le ragionisu cui il divieto si fonda; considerazioni critiche. — 5. Prospettive di riforma.

1. L’art. 34, 1º comma, d.lgs. n. 5/2003 dispone che gli atti costitutividelle società — “ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato delcapitale di rischio a norma dell’art. 2325-bis del codice civile” — possonoprevedere, mediante clausole compromissorie, la devoluzione in arbitridelle controversie aventi ad oggetto diritti disponibili derivanti dal rapportosociale (1).

Si tratta di un vero e proprio divieto di utilizzare lo strumento arbitraleper decidere le controversie derivanti dagli statuti di società “aperte”. Taledivieto, che prescinde dalla disponibilità o meno del diritto oggetto della lite,rientra nella portata dell’art. 806, 1º comma, ultima parte, c.p.c. e rende larelativa materia non compromettibile (2). Di conseguenza, qualora, mal-

(*) Professore associato nella Università di Modena e Reggio Emilia.(1) Sull’esclusione della possibilità che gli statuti delle società che ricorrono al mercato del

capitale di rischio contengano clausole compromissorie v., tra gli altri, ZUCCONI GALLI FONSECA,Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a cura di Carpi, Bologna, 2016, 105-106; CORAPI, Appuntiin tema di arbitrato societario, in Riv. dir. comm., 2015, II, 15 ss.; DALMOTTO, L’arbitrato nelle società,Bologna, 2013, 65 ss.; CERRATO, La clausola compromissoria nelle società - Profili sostanziali,Torino, 2013, 17-18; SANGIOVANNI, Arbitrato societario, società di capitali e categorie d’investitori,in questa Rivista, 2007, 320 ss.; DELLA PIETRA, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società, diretto daAbbadessa e Portale, Torino, 2006, 243; SOLDATI, Le clausole compromissorie nelle società com-merciali, Milano, 2005, 17-18; CHIARLONI, Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato socie-tario e sulla natura del lodo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 126-127; ARIETA-DE SANTIS, Dirittoprocessuale societario, Padova, 2004, 603-604; GABRIELLI, Clausole compromissorie e statuti sociali,in Riv. dir. civ., 2004, II, 85-86; LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003,706-707; RUFFINI, La riforma dell’arbitrato societario, in Corr. giur., 2003, 1527-1528; CORSINI,L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. it., 2003, 1285 ss.

(2) Per precisione, si deve rilevare che l’art. 806 c.p.c., nella sua versione attuale, sia statointrodotto dal d.lgs. n. 40/2006, quindi successivamente all’art. 34 d.lgs. n. 5/2003.

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grado il disposto di cui all’art. 34, 1º comma, d.lgs. n. 5/2003, lo statuto di unasocietà che fa ricorso al mercato del capitale di rischio contenga una clausolacompromissoria ed in forza di questa venga avviato un arbitrato, non siapplicherà la preclusione di cui all’art. 817, 1º comma, secondo periodo,c.p.c. ed il relativo lodo sarà sempre impugnabile, senza limiti di tempo (3).

Scopo delle presenti riflessioni è quello di chiarire quale sia la portata— soggettiva ed oggettiva — del divieto de quo e di vagliare le ragioni sottesealla scelta di escludere la possibilità di ricorrere alla giustizia arbitrale perrisolvere le controversie rivenienti dagli statuti delle società che ricorronoal mercato del capitale di rischio; infine, anche sulla base di alcune espe-rienze straniere, valuteremo se, in una prospettiva de iure condendo, non siaopportuno rimeditare la questione e giungere all’abrogazione del divieto.

2. Ai sensi dell’art. 2325-bis c.c., le società “che fanno ricorso almercato del capitale di rischio” sono quelle le cui azioni sono quotate inmercati regolamentati, oppure diffuse fra il pubblico in maniera rilevante.Dal punto di vista tipologico, tali società sono, come è ovvio, essenzial-mente le società per azioni. Non è escluso, però, che sussistano societàcooperative emittenti azioni, aventi le caratteristiche di cui all’art. 2325-bisc.c.: anche in questo caso si applica il divieto di arbitrato.

I mercati regolamentati sono tutti i mercati nei quali le azioni possonoessere compravendute, sotto l’organizzazione, gestione e supervisione diuna società per azioni terza. Con riferimento al contesto italiano, il gestoredel mercato deve essere istituito ai sensi dell’art. 61 t.u.f. (4). Mercati re-golamentati sono tutti quelli amministrati da Borsa Italiana S.p.a., nei lorovari segmenti; quindi, prima di tutto, il Mercato Telematico Azionario, maanche l’AIM (rivolto alle piccole-medie società, con alto potenziale di cre-scita) ed il MIV (rivolto ai cosiddetti veicoli di investimento quali, tra glialtri, investment company e SPAC-Special Purpose Acquisition Companies).

Per identificare quali siano le società con azioni diffuse tra il pubblicoin misura rilevante, è necessario applicare i parametri contenuti nell’art. 2

(3) Sull’impugnazione di un lodo reso su materia non arbitrabile v., tra gli altri, SERRA,L’impugnazione per nullità del lodo rituale, Napoli, 2016, 332 ss.; SALVANESCHI, Arbitrato, Art.806-840 in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Chiarloni, Bologna, 2014, 845;PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, 2ª ed., Padova, 2012, vol. 2, 498 e 535-536; CONSOLO, Leimpugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2012, 546; MARINUCCI, L’impugnazione del lodoarbitrale dopo la riforma, Milano, 2009, 67 ss.

(4) In particolare il gestore deve: (a) predisporre le strutture, fornire i servizi del mercatoe determinare i corrispettivi a esso dovuti; (b) adottare tutti gli atti necessari per il buon fun-zionamento del mercato e predisporre dispositivi e procedure efficaci per il controllo del rispettodel regolamento degli scambi, nonché per prevenire e identificare eventuali abusi di mercato; (c)disporre l’ammissione, l’esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatoridalle negoziazioni; (d) comunicare alla Consob le violazioni del regolamento del mercato, se-gnalando le iniziative assunte; (e) provvedere agli altri compiti a essa eventualmente affidati dallaConsob. Sui mercati regolamentati e sul loro funzionamento v. COSTI, Il mercato mobiliare, 9ª ed.,Torino, 2014, 225 ss.

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bis deliberazione Consob 14 maggio 1999, n. 11971. Si considerano tali sol-tanto le società che, nel contempo: (a) abbiano un numero di azionisti (di-versi dai soci di controllo) superiore a cinquecento, i quali detengano com-plessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5%; e (b)non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata, ex art.2435‑bis, 1º comma, c.c. (5). Ai sensi dell’art. 108, deliberazione Consob, n.11971/1999, le società si considerano emittenti strumenti finanziari diffusi,a decorrere dall’inizio dell’esercizio sociale successivo a quello nel corso delquale si sono verificate dette condizioni, fino alla chiusura dell’eserciziosociale in cui è stato accertato il loro venir meno; la Consob pubblica, concadenza semestrale, un elenco contenente i nominativi delle società conazioni diffuse tra il pubblico in maniera rilevante (6).

Si deve ritenere che, qualora sia avviato un arbitrato in forza di unaclausola compromissoria statutaria di una società “chiusa”, il lodo emessoad esito del procedimento sia valido, quand’anche — nel frattempo — lasocietà sia divenuta una società “aperta”, perché è stata inclusa nell’elencopubblicato dalla Consob, o è stata quotata in borsa. Ciò in forza degli effetticonservativi della domanda di arbitrato ed in applicazione di un principioanalogo a quello della perpetuatio iurisdictionis (7). Ovviamente, però, qua-lora la società divenga in modo sopravvenuto “aperta”, non potranno piùessere avviati nuovi procedimenti arbitrali ai sensi della clausola compro-missoria statutaria, che riprenderà a spiegare i propri effetti se, e quando,la società ritorni “chiusa” (8).

(5) L’art. 2 bis deliberazione Consob 14 maggio 1999, n. 11971 precisa altresì che tali limitisi considerano superati soltanto se le azioni, alternativamente: (i) abbiano costituito oggetto diun’offerta al pubblico di sottoscrizione e vendita, o corrispettivo di un’offerta pubblica di scambio;ovvero (ii) abbiano costituito oggetto di un collocamento, in qualsiasi forma realizzato, ancherivolto a soli investitori qualificati; (iii) siano, o siano state, negoziate su sistemi multilaterali dinegoziazione con il consenso dell’emittente o del socio di controllo, ovvero siano state ammessealla negoziazione su mercati regolamentati e successivamente siano state oggetto di revoca; ovvero(iv) siano emesse da banche e siano acquistate, o sottoscritte, presso le loro sedi o dipendenze.Per altro, il 3º comma chiarisce che non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azionisono soggette a limiti legali alla circolazione, riguardanti anche l’esercizio dei diritti aventi con-tenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attivitànon lucrative di utilità sociale, o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio.

(6) Al fine di fornire un’idea dei confini del fenomeno, le società — ulteriori rispetto aquelle quotate — con azioni diffuse tra il pubblico in materia rilevante erano sessantaquattro al29 luglio 2016.

(7) V. ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a cura di Carpi,cit., 106; MONTALENTI, L’arbitrato societario: appunti, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2013, 1284; CARPI,Profili dell’arbitrato in materia di società, in questa Rivista, 2003, 416.

(8) Non pare invece che la clausola compromissoria, non presente nello statuto quando lasocietà è “chiusa” ed approvata dopo che la società diviene “aperta”, possa acquistare efficacia,qualora la società cessi di ricorrere al mercato del capitale di rischio, stante la radicale invaliditàdella convenzione arbitrale. V. RUFFINI, La riforma dell’arbitrato societario, cit., 1528. BOVE, Lagiustizia privata, III ed., Milano-Padova, 2015, 323-324 ritiene che, pur essendo ogni soluzioneopinabile, la clausola è invalida, qualora sia inerita nello statuto di una società “aperta”, senzaavere alcuna possibilità di divenire efficace se, in un momento successivo, diviene “chiusa”.

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L’art. 2325-bis c.c. compie un chiaro riferimento alle sole “azioni” quo-tate in mercati regolamentati: ciò comporta che ben possano contenere unaconvenzione arbitrale gli statuti di quelle società che, pur non avendo azioniquotate o diffuse tra il pubblico, emettano strumenti finanziari diversi daazioni (come obbligazioni, od altri titoli di debito), quotati su mercati re-golamentati (ad esempio sui mercati MOT ed ExtraMOT gestiti da BorsaItaliana S.p.a.) (9).

Con riferimento alla portata soggettiva del divieto di inserire conven-zioni arbitrali negli statuti delle società che ricorrono al mercato del capitaledi rischio, è opportuno compiere un’ultima precisazione: la proibizione siapplica soltanto se, e nella misura in cui, la società sia regolata dalla leggeitaliana, indipendentemente dalla circostanza che le azioni siano quotate sumercati regolamentati italiani od esteri (10). Il divieto non si applica invecealle società straniere quotate in Italia, poiché, a nostro avviso, esso non haforza di ordine pubblico, né integra una norma di applicazione necessaria.Resta ovviamente nella discrezione della società che gestisce il mercatoprevedere nel proprio regolamento, ai sensi dell’art. 62 t.u.f., un divieto diquotazione per le società straniere i cui statuti contengano clausole com-promissorie.

3. Costituisce un esercizio di scarso interesse quello di passare inrassegna le diverse tipologie di controversie che possono derivare daglistatuti delle società “aperte”, per chiedersi se alcune di esse siano com-promettibili: la portata del divieto, infatti, è onnicomprensiva. Piuttosto,sempre da una prospettiva di tipo oggettivo, più interessante è domandarsise il divieto si applichi a tutte le differenti tipologie di arbitrato, osolamente ad alcune di esse.

Siamo dell’avviso che gli statuti delle società che ricorrono al mercatodel capitale di rischio non possano contenere clausole compromissorie perarbitrato rituale, né per arbitrato irrituale (11). L’art. 34 d.lgs. n. 5/2003,infatti, deve considerarsi applicabile ad entrambi i modelli di arbitrato, comeripetutamente statuito dalla Suprema Corte, sia pure con riferimento altema della nomina degli arbitri (12). Né sussiste ragione di domandarsi se sia

(9) Irrilevante, quindi, è la circostanza che l’art. 2 bis deliberazione Consob 14 maggio 1999,n. 11971, preveda che sono emittenti obbligazioni diffusi fra il pubblico in misura rilevante, gliemittenti italiani di obbligazioni di valore nominale complessivamente non inferiore a cinquemilioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a cinquecento.

(10) In argomento v. BENEDETTELLI, La legge regolatrice delle persone giuridiche dopo lariforma del diritto internazionale privato, in Riv. società, 1997, 39 ss.

(11) Conformi BOGGIO, Quale disciplina per l’arbitrato irrituale statutario?, in Riv. dir. soc.,2007, fasc. 4, 66. Sulla distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale v., ex multis, PUNZI, Disegnosistematico dell’arbitrato, cit., vol. I, 217 e segg.; BIAVATI, Il nuovo art. 808 ter c.p.c. sull’arbitratoirrituale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 1159 e segg.

(12) Cfr. Cass, 28 ottobre 2015, n. 22008, in Giur. it., 2016, 663, con nota di DALMOTTO; Cass.,28 luglio 2015, n. 15841, in Rep. foro it., 2015, voce Società (procedimenti), n. 8; Cass., 17 febbraio

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permesso inserire negli statuti delle società che ricorrono al mercato delcapitale di rischio clausole compromissorie cosiddette “di diritto co-mune” (13), dal momento che, dopo le iniziali incertezze, è ormai divenutopacifico che l’unica tipologia di arbitrato ammessa per risolvere le liti sta-tutarie è quella disciplinata dagli artt. 34 ss. d.lgs. n. 5/2003 (14).

Il divieto ha una portata talmente netta e perentoria, che neppure èpossibile includere negli statuti una clausola compromissoria per arbitratoestero (15); la prescrizione normativa attiene ad un profilo organizzativoed inderogabile relativo al contenuto degli statuti delle società “aperte”,che non deve essere sovrapposto al diverso problema rappresentato dallalegge regolatrice del procedimento arbitrale. A ciò si aggiunga che,qualora fosse permesso ricorrere all’arbitrato estero, diverrebbe estrema-mente agevole eludere la portata precettiva della norma, frustrandonequella che, come vedremo, ne costituisce — quantomeno secondo l’opi-nione più diffusa — la ratio, ossia quella di protezione nei confronti deipiccoli risparmiatori. Se, per superare il divieto di legge, fosse possibileprevedere una clausola compromissoria, fissando all’estero la sede dell’ar-bitrato, costoro vedrebbero aggravarsi le possibilità di agire per la tuteladei propri diritti (16).

Più complesso è valutare se le controversie derivanti da statuti di societàche ricorrono al mercato del capitale di rischio possano essere decise daarbitri in forza di un compromesso. La risposta, a nostro credere, deve essere

2014, n. 3665, in Rep. foro it., 2014, Arbitrato, n. 95. In senso contrario — ed a quanto consta isolatotra la giurisprudenza di legittimità — Cass., 4 giugno 2010, n. 13664, in Giur. it., 2011, 2623 (m),con nota di DALMOTTO, esclude l’arbitrato irrituale dalla portata dell’art. 34 d.lgs. n. 5/2003, sullabase del solo rilievo della natura di determinazione contrattuale del lodo irrituale. Così anche, trala giurisprudenza di merito, App. Napoli, 27 gennaio 2011, in Giur. comm., 2011, II, 1080, con notadi CERRATO.

(13) Sul punto v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a curadi Carpi, cit., 77, la quale esclude che gli statuti delle società aperte possano contenere clausolecompromissorie di diritto comune. Così anche DELLA PIETRA, op. cit., 243; SALI, L’arbitrato perle nuove società. Dodici (piccoli) nodi applicativi e qualche proposta, in Giur. it., 2005, 446;DANOVI, L’arbitrato nella riforma del diritto processuale societario, in Dir. e giur., 2004, 571.Prima dell’intervento della Cassazione, favorevoli alla possibilità di inserire clausole perarbitrato di diritto comune negli statuti di società che ricorrono al mercato del capitale di rischiov. ARIETA-DE SANTIS, Diritto processuale societario, cit., 604.

(14) Cfr. soprattutto le prime pronunce: Cass., 20 luglio 2011, n. 15892, in Riv. dir. proc.,2012, 765, con nota di SALVANESCHI; Cass., 13 ottobre 2011, n. 21202, in Società, 2012, 211, connota di SOLDATI; Cass., 9 dicembre 2010, n. 24867, in Riv. not., 2011, 647. In argomento v.ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario: la cassazione respinge la tesi del « oppio binario »,in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2011, 629 ss. e PAGNI, Arbitrato societario e arbitrato di dirittocomune in materia societaria dopo l’intervento della Cass. n. 24867/2010, in Società, 2011, 450 ss.

(15) Sui rapporti tra artt. 34 ss. D.lgs. n. 5/2003 ed arbitrato estero v. GIARDINA, L’ambitodi applicazione della nuova disciplina dell’arbitrato societario, in questa Rivista, 2003, 233 ss.

(16) Sull’arbitrato estero in materia societaria v. BENEDETTELLI, Sull’arbitrato societario“internazionale”, in questa Rivista, 2017, 299 ss. In generale sull’argomento v. BIAVATI, Arbitratointernazionale, in Arbitrati speciali, a cura di Carpi, cit., 577 ss.; BRIGUGLIO, L’arbitrato estero - Ilsistema delle convenzioni internazionali, Padova, 1999, passim.

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positiva (17). Innanzitutto, l’eccezione contenuta nell’art. 34 d.lgs. n. 5/2003costituisce una prescrizione, appunto, eccezionale, come tale insuscettibiledi applicazione analogica ex art. 14 disp. prel. c.c. a casi diversi da quellitassativamente indicati: nell’ipotesi di compromesso, dunque, vige il prin-cipio della generale arbitrabilità delle liti statutarie, con l’unico tradizionalelimite della disponibilità del diritto controverso. In secondo luogo, difet-terebbe la ratio sottesa all’art. 34 d.lgs. n. 5/2003 che, come si è appenaaccennato e meglio si vedrà nel successivo paragrafo, è essenzialmentequella di tutelare i piccoli risparmiatori. Non si ravvisa ragione alcuna perla quale si dovrebbe vietare ad un azionista di minoranza di sottoscriverevolontariamente con la società un compromesso, per deferire ad arbitri, adesempio, l’impugnazione di una delibera assembleare; ovviamente, però, unsimile arbitrato sarebbe di diritto comune e quindi gli artt. 35 e 36 d.lgs. n.5/2003 sarebbero inapplicabili.

4. L’esclusione della possibilità che gli statuti delle società chericorrono al mercato del capitale di rischio contengano clausole compro-missorie non era contemplata dalla l. 3 ottobre 2001, n. 366, recante la“Delega al Governo per la riforma del diritto societario”. L’art. 12, 3ºcomma, l. n. 366/2001, infatti, autorizzava il Governo solamente a sceglierese impiegare lo strumento arbitrale in relazione a tutte le controversiesocietarie, ovvero solo ad alcune di esse, e non anche se utilizzarlo peralcuni tipi di società e non per altri (18).

La giustificazione dell’esclusione non può essere rinvenuta nell’art. 4,1º comma, l. n. 366/2001, il quale richiede che le regole da applicare allesocietà che ricorrono al capitale di rischio siano connotate da un maggioregrado di imperatività. Anche tralasciando la circostanza che tale regola siriferisce unicamente alle norme sostanziali da adottare secondo i principienucleati dal medesimo art. 4 l. n. 366/2001, bisogna rilevare come l’impe-ratività di una disposizione non interferisca con la possibilità di ricorrere aclausole compromissorie. L’imperatività, se mai, attiene al giudizio degliarbitri, escludendo il loro potere di derogare le norme dotate di tale ca-rattere.

(17) Conformi ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a cura diCarpi, cit., 106; BOGGIO, Quale disciplina per l’arbitrato irrituale statutario?, cit., 66-67; RUFFINI, Lariforma dell’arbitrato societario, cit., 1528.

(18) A suo tempo abbiamo sostenuto come, proprio per la violazione della delega, siaincostituzionale l’esclusione della possibilità che gli statuti delle società che ricorrono al mercatodi capitale di rischio contengano clausole compromissorie. V. CORSINI, L’arbitrato nella riformadel diritto societario, cit., 1290-1291. Cfr. anche BERNARDINI, in AA.VV., Conciliazione ed arbitratonelle controversie societarie, Atti del convegno tenutosi a Roma il 7 novembre 2002, Roma, 2003,22. In senso contrario v. RUFFINI, Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, in Riv. trim. dir.proc. civ., 2004, 496-497; CHIARLONI, Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato societario,cit., 126.

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La scelta governativa è motivata, secondo l’opinione dominante, dal-l’esigenza di tutelare un azionariato diffuso, che non potrebbe esprimereuna scelta ragionata e consapevole di rinuncia alla giurisdizione ordinaria;in particolare, si vuole evitare che i piccoli risparmiatori, divenuti soci di unasocietà “aperta” senza verosimilmente conoscerne lo statuto, possano ve-dere compresso il loro diritto di azione in quanto i costi dell’arbitrato ri-schiano di essere spropositati in rapporto al valore del loro investimento; essisarebbero così disincentivati a tutelare i loro diritti (19).

Questo argomentare, a nostro avviso, si presta ad un duplice ordine diobiezioni: teoriche e pratiche.

Dal punto di vista teorico, il problema in esame non può essere acco-stato ad altri casi in cui sussiste uno squilibrio di potere fra le parti di unnegozio giuridico: pensiamo, ad esempio, alla peculiare disciplina della clau-sola compromissoria nei contratti con i consumatori od in quelli di la-voro (20).

Il rapporto soci/società non è assimilabile a quello consumatore/professionista, come ben testimonia il fatto che le premesse della direttivan. 93/13/CEE escludano espressamente dal suo ambito di applicazione lacostituzione di società e lo statuto (21). Neppure sussistono similitudini conil contratto di lavoro, dove, per tutelare il dipendente, parte debole delrapporto, l’arbitrato è ammesso solo quando ricorrono talune condi-zioni (22). L’azionista, infatti, per solito non è un lavoratore della società e,quand’anche lo fosse (pensiamo a quanto può accadere in seguito allasottoscrizione di titoli da parte del dipendente, nell’ambito di un piano distock option), il rapporto così instaurato sarebbe comunque ulteriore ediverso rispetto a quello di lavoro. Si deve altresì rammentare che ilrapporto fra i soci e la società è originato da un negozio associativo apertoe pertanto le clausole di uno statuto non costituiscono condizioni generalidi contratto, da approvare specificamente per iscritto (art. 1341 c.c.) (23).

(19) In questo senso v., sia pure con varietà di toni, i seguenti autori, i quali approvano lascelta legislativa: VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, 4ª ed., Torino, 2015, 59; DALMOTTO,L’arbitrato nelle società, cit., 67-68; NELA, in AA.VV., Il nuovo processo societario, diretto aChiarloni, 2ª ed., 2008, 1192; ARIETA-DE SANTIS, Diritto processuale societario, cit., 603; CERRATO,La clausola compromissoria nelle società, cit., 18; RUFFINI, Il nuovo arbitrato per le controversiesocietarie, cit., 497; ZOPPINI, I “diritti disponibili relativi al rapporto sociale” nel nuovo arbitratosocietario, in Riv. dir. soc., 2004, 1182; CARPI, Profili dell’arbitrato in materia di società, in questaRivista, 2003, 416; LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, cit., 707; CHIARLONI, Appunti sulle con-troversie deducibili in arbitrato societario, cit., 126-127.

(20) In particolare DALMOTTO, op. loc. cit., e CHIARLONI, op. loc. cit., evidenziano le affinitàche vi sarebbero tra consumatore e risparmiatore, socio di una società che ricorre al mercato delcapitale di rischio.

(21) Si veda in particolare il “considerando” n. 10 della Direttiva 93/13/CEE del Consiglio,del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

(22) Sull’arbitrato in materia di lavoro v. BORGHESI, Arbitrato per le controversie di lavoro,in Arbitrati speciali, a cura di Carpi, cit., 3 ss.

(23) Cfr. Cass., 9 aprile 1993, n. 4351, in Rep. foro it., 1993, voce Arbitrato, n. 75; Cass., 7ottobre 1991, n. 10444, in Giur. it., 1992, I, 1, 1072; Cass., 18 febbraio 1985, n. 1367, in Società, 1985,

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Non ci pare quindi che — a livello concettuale — possa essere fonda-tamente istituito un parallelismo tra soci di minoranza/risparmiatori/piccoliinvestitori e consumatori, o comunque parti deboli di un rapporto giuridico.

Dal punto di vista empirico, deve essere sottolineato che i titolari diquantità esigue di azioni per solito sono disinteressati ad avviare contro-versie sulla base dello statuto di una società “aperta”, prefiggendosi esclu-sivamente di massimizzare il valore del loro investimento, cogliendo il mo-mento più opportuno per smobilizzarlo. Né sussiste il rischio che gliinvestitori possano essere singolarmente convenuti in arbitrato dalla so-cietà, o da altri soci; ricordiamo infatti che le azioni quotate devono essereinteramente liberate (non è ipotizzabile, quindi, una controversia per ot-tenere il versamento dei conferimenti ancora dovuti) e che gli statuti dellesocietà che ricorrono al mercato del capitale di rischio non possono con-tenere clausole di prelazione o gradimento (parimenti, allora, non può nem-meno nascere una lite per l’eventuale violazione da parte del socio di taliclausole).

Tutt’al più l’esperienza dimostra che il risparmiatore agisce giudizial-mente quando, verificandosi uno dei cosiddetti “grandi scandali del mercatofinanziario”, si procede in sede penale nei confronti degli organi della società“aperta”. In questo ambito, per tutelare i propri diritti l’investitore si co-stituisce come parte civile, perché trattasi di uno strumento semplice edeconomico, che non parrebbe precluso dall’eventuale esistenza di una con-venzione arbitrale statutaria (ferma restando, ovviamente, la necessità divalutarne in concreto il contenuto). La parte danneggiata chiede infatti ilristoro di un danno diretto al proprio patrimonio, ad esempio cagionato dauna condotta che integra gli estremi del reato di falso in prospetto o di falsecomunicazioni sociali. Il risparmiatore non esercita certo un’azione di re-sponsabilità a vantaggio del patrimonio sociale (24); anzi, la società è spessocitata come responsabile civile.

Per altro, nelle rarissime ipotesi in cui gli investitori siano interessati anon esercitare un mero ruolo passivo (come, ad esempio, può accadere peri fondi di investimento e per altri soggetti istituzionali), essi, prima di de-cidere se acquistare le azioni di una società quotata, possono esaminare ilprospetto informativo e lo statuto della società, valutando così in via pre-ventiva le conseguenze dell’esistenza della clausola compromissoria e pon-derando i vantaggi e gli svantaggi dell’operazione.

Qualora poi il risparmiatore si pentisse dell’investimento fatto, po-

951. In dottrina, tra gli altri, v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali,a cura di Carpi, cit., 110; RUFFINI, Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, in Riv. trim. dir.proc. civ., 2004, 515; BOVE, L’arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ., 2003, 481; RUFFINI,La riforma dell’arbitrato societario, cit., 1531.

(24) Tutt’al più, in una prospettiva civilistica, si potrebbero rinvenire similitudini conl’azione individuale del socio o del terzo ex art. 2395 c.c.

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trebbe comunque smobilizzarlo assai rapidamente, a differenza di quantoavviene nelle società non quotate, ove il trasferimento della partecipazionenon è affatto immediato, ma può risultare problematico. Anche tralasciandole società di persone (in cui la quota è virtualmente incedibile, salvi i casidi morte, recesso od esclusione (25)), o non tenendo conto delle clausolestatutarie che possono significativamente limitare la circolazione delleazioni o delle quote, è infatti arduo rinvenire un soggetto interessato a com-prare una partecipazione di minoranza in una società che non ricorre almercato del capitale di rischio. Paradossalmente, pare allora più “perico-losa” una clausola arbitrale inserita nello statuto di una società non quotata,che non in quello di una società “aperta”. Nel primo caso, infatti, la par-tecipazione non è agevolmente trasferibile, non esiste un prospetto infor-mativo ed il socio può essere anche convenuto in arbitrato.

5. La scelta operata dal d.lgs. n. 5/2003, oltre a non apparire piena-mente giustificata per le ragioni dianzi illustrate, suscita rammarico perchéil ricorso all’arbitrato potrebbe rappresentare un efficiente strumento perrisolvere le controversie derivanti dagli statuti di società “aperte”, soprat-tutto grazie alla sua maggiore rapidità rispetto al processo di cognizione,la quale potrebbe evitare che il trascinarsi della situazione di incertezzaconnessa alla lite possa ripercuotersi negativamente sulla quotazione deititoli.

Certamente, qualora si volesse abrogare il divieto di inserire clausolecompromissorie negli statuti delle società che ricorrono al mercato del ca-pitale di rischio, vi dovrebbero essere aspetti da ben calibrare, in conside-razione del frazionamento del capitale, tipico di tali società. Se è vero che— da un lato — la marcata spersonalizzazione che si rinviene in questesocietà non può essere ritenuta in contrasto con il rapporto, di caratteretradizionalmente fiduciario, che intercorre tra gli arbitri e le parti (26) —dall’altro lato — è innegabile che, dal punto di vista procedimentale, sidovrebbe considerare la possibilità, quantomeno teorica, che all’arbitratopartecipi un numero elevato di soci; si dovrebbero quindi introdurre mec-canismi per regolamentare in modo efficiente il diritto di intervento, scon-giurando ripercussioni negative sull’efficienza del giudizio.

Ci pare però che, in un’ottica di bilanciamento degli interessi, i vantaggi

(25) Al di fuori di questi casi, infatti, è necessario il consenso degli altri soci, ovvero lapresenza nell’atto costitutivo di un’apposita clausola; cfr. GHIDINI, voce “Società semplice”, inEncicl. giur., Roma, 1993, XXIX, 33.

(26) Lo stesso art. 34, 2º comma, d.lgs. n. 5/2003, infatti, prevede che tutti i membri delcollegio debbano essere sempre nominati da un soggetto estraneo all’organizzazione sociale;neppure nelle società non quotate vi è quindi un legame personale tra i compromettenti e gliarbitri, proprio per garantire — giustamente — la massima indipendenza di questi ultimi.

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siano nettamente superiori ai lati negativi (27) e quindi, in una prospettivade iure condendo, sarebbe opportuno permettere il ricorso all’arbitrato(specie se amministrato (28)), per risolvere le controversie derivanti daglistatuti delle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio.

Questa soluzione sarebbe anche coerente con il panorama internazio-nale, in cui sempre più frequentemente si assiste all’utilizzo dello strumentoarbitrale per decidere controversie derivanti dagli statuti di società quotate.

Negli Stati Uniti, ad esempio, dopo un’iniziale cautela (29), vi è oggi unasignificativa apertura ed in recenti pronunce si è riconosciuta la validità edopponibilità di una clausola compromissoria contenuta negli statuti di so-cietà statunitensi che ricorrono al mercato del capitale di rischio (30). Le cortidi New York hanno altresì ritenuto valida la clausola compromissoria con-tenuta nello statuto di una società brasiliana, quotata negli Stati Uniti ed inBrasile (31). Addirittura in quest’ultimo Stato, il regolamento per la quo-tazione delle società alla borsa di San Paolo nel settore del “Nuovo Mercato”prescrive che lo statuto debba contenere una clausola compromissoria (32).

Anche in Europa si registrano aperture verso la possibilità che le societàquotate inseriscano clausole compromissorie nei loro statuti, benché ad ogginon si tratti ancora di un fenomeno diffuso, ma senz’altro in espansione; adesempio, una delle società europee a maggiore capitalizzazione, quotatanelle borse di Londra, Amsterdam e New York contiene un’articolata clau-sola compromissoria nello statuto, che prevede un arbitrato amministratodalla ICC — International Chamber of Commerce (33).

A livello legislativo, tranne nel caso della Russia (34), a quanto constanon sussistono espressi divieti di inserire clausole arbitrali negli statuti di

(27) Sono favorevoli ad un’abrogazione del divieto de quo, sia pure con diversi toni, SAL-VANESCHI, Arbitrato, Art. 806-840, cit., 40-41; CORAPI, Appunti in tema di arbitrato societario, cit.,15 ss.; SANGIOVANNI, Arbitrato societario, società di capitali e categorie d’investitori, cit., 320 ss.;SANGIOVANNI, L’arbitrato societario nel diritto tedesco. Una comparazione con il diritto italiano(nota a Bundesgerichtshof 19 luglio 2004), in Società, 2006, 773; CORSINI, L’arbitrato nella riformadel diritto societario, cit., 1291.

(28) Sull’arbitrato amministrato e sulle sue caratteristiche che lo fanno preferire rispettoall’arbitrato ad hoc, v. SALVANESCHI, Arbitrato, Art. 806-840, cit., 954 ss.; AZZALI, in AA.VV.,Commentario breve al diritto dell’arbitrato nazionale ed internazionale, Padova, 2010, 369 ss.

(29) In argomento v. HERZFELD, Prudent Anticipation? The Arbitration of Public CompanyShareholder Disputes, in Arb. int., 2008, 297 ss.; HANSMANN, Extraterriorial Courts for CorporateLaw, in Yale law school faculty scholarship series, 2005, Paper 3, 31 ss.

(30) Cfr., anche per riferimenti, LIPTON, Manufactured Consent: The Problem of ArbitrationClauses in Corporate Charters and Bylaws, in Geor. law journ., 2016, 583 ss.

(31) Cfr. In re Petrobras Sec. Litig., 2015 U.S. Dist. LEXIS 99322, Fed. Sec. L. Rep. (CCH)P98,587 (S.D.N.Y. July 30, 2015).

(32) Cfr. RAVANIDES, Arbitration Clauses in Public Company Charters: an expansion of theAdr Elysian Fields or a Descent into Hades?, in Am. rev. int. arbitr., 2007, 437 ss.

(33) Cfr. l’art. 138 dello statuto di Royal Dutch Shell p.l.c., che si può leggerein http://www.shell.com/investors/environmental-social-and-governance/corporate-governance/articles-of-association.html.

(34) La legge russa sull’arbitrato internazionale, come recentemente modificata in data 29dicembre 2015, all’art. 7, 8º comma, dispone che non possono contenere convenzioni arbitrali gli

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società quotate (35). Se poi si seguisse l’esempio della Svezia, verrebbe anchemeno il problema dell’“accesso all’arbitrato” da parte dei piccoli rispar-miatori, che, come si è rilevato, costituisce una delle principali ragioni persolito utilizzate al fine di giustificare l’esistenza del divieto. La legge svedesesulle società del 2005 al Capitolo 7, paragrafi 54-60, infatti, da un lato per-mette — espressamente — che gli statuti di società quotate contenganoclausole compromissorie e, dall’altro, dispone che la società sia — in lineadi principio — responsabile per il pagamento degli onorari agli arbitri, salvala possibilità che, ove ricorra una giusta causa, gli arbitri possano ordinareil rimborso dei costi alla società (36).

I tempi sembrano quindi maturi per il superamento dell’eccezione dicui all’art. 34, 1º comma, d.lgs. n. 5/2003, tantopiù se si pensa che anche lepiù recenti tendenze domestiche di riforma si pongono dichiaratamentenell’ottica di permettere l’utilizzo dello strumento arbitrale in settori in cuiesso è tradizionalmente escluso, come quello dei rapporti tra consumatorie professionisti (37).

statuti di società quotate, o che hanno più di mille soci con diritto di voto. Una traduzione in inglesedi tale legge si può leggere su http://arbitrations.ru/en/dispute-resolution/arbitration-in-russia.php.

(35) Per quanto riguarda la Spagna, si veda ARROJO, El arbitraje en el derecho societarioespañol, in questa Rivista, 2017, 283 ss.

(36) In generale sull’arbitrato societario svedese v. LÖF-STEEN, Arbitration and CompanyLaw in Sweden, in Europ. company law, 3, 2015, 166 ss.

(37) Si vedano le Proposte normative e note illustrative presentate in data 18 gennaio2017 dalla Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi organica disciplina e riformadegli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla ne-goziazione assistita e all’arbitrato, presieduta dal Prof. Avv. Guido Alpa (www. http://www-.mondoadr.it/cms/wp-content/uploads/TESTO-FINALE-Commissione-ALPA.pdf.). In partico-lare tali proposte — pur confermando il divieto di utilizzo dello strumento arbitrale per deciderele controversie derivanti dallo statuto di società che ricorrono al mercato del capitale di rischio(cfr. il testo dell’art. 832 bis c.p.c., del quale viene suggerita l’adozione) — auspicano l’assaiopportuna introduzione di un nuovo art. 33, 2º comma, lettera t) d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206,che escluda la vessatorietà della clausola compromissoria nei contratti tra consumatore eprofessionista, a condizione che l’arbitrato sia amministrato, di diritto e si concluda con un lodosempre impugnabile per violazione delle norme di diritto applicabili al merito della controver-sia. Si prevedono anche alcuni condivisibili interventi per rivitalizzare l’istituto arbitrale inmateria di lavoro.

Si deve altresì rammentare che, in data 10 marzo 2016, è stato approvato dalla Camera deiDeputati il disegno di legge n. 2953, recante “Delega al Governo recante disposizioni perl’efficienza del processo civile”, il quale prevede all’art.1, 2º comma, lettera e) di “riordinare ledisposizioni dell’arbitrato in materia societaria mediante: l’estensione dei tipi di società chepossono ricorrervi sempreché iscritte nel registro delle imprese....”. Sembra quindi che ilGoverno possa essere delegato all’abrogazione del divieto di arbitrato per le società chericorrono al mercato del capitale di rischio.

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L’arbitrato societario nella prospettiva delle imprese

VALENTINA ALLOTTI (*)

1. La disciplina sull’arbitrato societario è stata introdotta in Italianel 2003, nell’ambito della riforma organica delle società di capitali.

La riforma del diritto delle società aveva l’obiettivo di adeguarel’ordinamento italiano ai sistemi più avanzati di regole societarie e direnderlo competitivo, soprattutto all’interno dell’Unione Europea, in unquadro di crescente concorrenza tra ordinamenti giuridici. Tra i capisaldidella riforma, vi era il riconoscimento di una più ampia capacità disposi-tiva degli statuti e una maggiore autonomia negoziale, ad esempio inmateria di scelta dei modelli di organizzazione e controllo o di definizionedella struttura finanziaria, entrambe volte a consentire un maggiore gradodi flessibilità delle società e favorire la competitività dell’ordinamentoitaliano rispetto ai modelli societari previsti dagli altri ordinamenti.

Vi era altresì la consapevolezza che qualsiasi intervento legislativovolto a innovare la disciplina sostanziale in materia societaria dovesseessere accompagnato dall’adozione di adeguati strumenti processuali ido-nei ad assicurarne l’effettiva attuazione. Di qui la previsione del c.d. “ritosocietario” per la risoluzione delle controversie in materia societaria,bancaria e finanziaria, accompagnato dall’introduzione di forme di riso-luzione delle controversie alternative al ricorso alla giustizia ordinaria,quali la conciliazione, l’arbitrato societario e l’arbitraggio gestionale,istituti accomunati dal fatto di essere strumenti per la risoluzione deiconflitti che possono sorgere nelle società, alternativi alla giustizia ordi-naria e fondati sull’autonomia privata (1).

Lo scopo dell’introduzione di questi modelli processuali ed extrapro-cessuali era dunque quello di assicurare effettività alla disciplina sostan-

(*) Dirigente Assonime, Area Mercato dei Capitali e Società Quotate.(1) Dell’impianto normativo processuale disegnato dal d.lgs. n. 5 del 2003 sono rimaste in

vigore le sole norme relative all’arbitrato societario (artt. 34-36) e all’arbitraggio gestionale (art.37), mentre le norme sulla conciliazione (artt. 38-40) sono state abrogate e ricondotte nell’ambitodella disciplina generale sulla mediazione civile e commerciale dal d.lgs. n. 28 del 2010 (Art. 23,d.lgs. n. 28 del 2010.). La disciplina sul “rito societario” è stata completamente abrogata.

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ziale garantendo quelle esigenze di certezza e di celerità nella soluzionedelle controversie proprie del mondo delle imprese, sul presupposto che lacompetitività del sistema non dipende solo dalle soluzioni di dirittosostanziale adottate in materia societaria, ma anche dalle disposizioniprocessuali volte a garantirne l’effettività.

In questa prospettiva, l’Assonime e l’AIA hanno svolto, nel corso del2016, una riflessione congiunta sull’arbitrato societario per individuare lepotenzialità di questo strumento ma anche i problemi posti dalla disciplinavigente, proponendo soluzioni, anche in vista di possibili riforme, che nepromuovano la diffusione quale strumento efficiente per la risoluzionedelle controversie che riguardano le imprese ed il mercato.

I principali risultati di questa riflessione, svolta nell’ambito di unGruppo di Lavoro (2) appositamente costituito, sono condensati nel Notee Studi Assonime n. 5 del 2017 “L’arbitrato societario nella prospettivadelle imprese” (3), nel quale si individuano alcune linee di intervento,operative e normative, per la valorizzazione dello strumento.

Lo studio si articola in quattro parti: nella prima si è svolta una brevericognizione della disciplina italiana sull’arbitrato societario per metternein luce i punti di forza e quelli di debolezza; nella seconda vengonodescritti i dati relativi all’effettivo uso dell’arbitrato societario, raccolti conla collaborazione di Infocamere sulla base delle domande di arbitratodepositate presso il registro delle imprese; nella terza parte sono illustratesinteticamente le problematiche di diritto internazionale privato che sor-gono quando la controversia societaria presenta elementi di estraneitàrispetto all’ordinamento italiano e vengono richiamate alcune tra le prin-cipali esperienze straniere in materia di arbitrato societario; nell’ultimaparte vengono formulate considerazioni e proposte per promuovere ladiffusione dell’arbitrato societario.

2. Il punto di partenza della riflessione è stata una valutazionecomplessiva della disciplina italiana sull’arbitrato societario, che tenesseconto anche dell’effettiva utilizzazione dello strumento e dell’esperienzacomparata in materia.

Con la disciplina speciale introdotta nel 2003 sono state affrontatealcune problematiche tipiche dell’arbitrato societario che rendevano in-certo l’utilizzo dello strumento: (i) quelle relative all’introduzione, modi-fica o soppressione nello statuto di società di una clausola compromissoria,richiedendo una delibera dell’assemblea a maggioranza qualificata pari a

(2) Gruppo di Lavoro costituito dall’AIA e dall’ASSONIME cui hanno partecipato:Valentina Allotti, Massimo Benedettelli , Filippo Corsini, Maria Beatrice Deli e Mario StellaRichter.

(3) “L’arbitrato societario nella prospettiva delle imprese”, Note e Studi n. 5 del 2017;http://www.assonime.it/attività-editoriale/studi/Pagine/noteestudi5-2017.espx.

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due terzi del capitale sociale; (ii) quella dell’efficacia di tale clausola neiconfronti della società e di tutti i soci, nonché nei confronti dei titolaridegli organi di amministrazione e controllo e dei liquidatori, se previstodalla clausola e per effetto dell’accettazione dell’incarico; (iii) quella dellacompromettibilità delle controversie in materia societaria, che è limitata aisoli diritti disponibili relativi al rapporto sociale; (iv) quelle relative allanomina degli arbitri, dove l’autonomia privata viene limitata, poiché per lanomina è competente, a pena di nullità della clausola, un soggetto estra-neo rispetto alla società, al fine di rafforzare la terzietà dell’organodecidente; (v) quella dell’efficacia vincolante del lodo nei confronti dellasocietà e dei soci; (vi) quella della conoscibilità del procedimento per glialtri soci attraverso la previsione dell’obbligo di deposito della domanda diarbitrato presso il registro delle imprese. Sono state inoltre previstedisposizioni volte a incoraggiare il ricorso allo strumento, ad esempioattribuendo agli arbitri il potere di sospendere l’efficacia della deliberasocietaria impugnata e regolando l’intervento di terzi e di altri soci nelprocedimento arbitrale.

Le soluzioni adottate riflettono le peculiarità dell’arbitrato societario,che è una forma di giustizia del “gruppo sociale” e che trova fondamentoin una clausola compromissoria statutaria che è regola organizzativa alpari delle altre clausole previste nello statuto.

Nel complesso le soluzioni introdotte dal legislatore del 2003 possonoessere valutate positivamente, anche se sono rimasti profili di incertezza elimiti operativi che sarebbe opportuno affrontare in sede normativa. Inparticolare, la questione dell’arbitrabilità delle controversie societarie,soprattutto delle impugnazioni delle delibere assembleari è ancora apertae controversa, tanto in giurisprudenza quanto in dottrina. Altra questioneaperta è quella dell’applicabilità della disciplina sull’arbitrato societario inpresenza di elementi di internazionalità, come ad esempio nel caso diclausola arbitrale statutaria per arbitrato con sede all’estero. Infine, an-drebbe riconsiderato il divieto di arbitrato societario per le società chefanno ricorso al mercato del capitale di rischio, introdotto dal legislatoredelegato ma sul quale la legge delega non prevedeva nulla.

3. Per valutare l’effettiva diffusione e utilizzazione dello strumento,è stata svolta, con la collaborazione di Infocamere, un’indagine sul nu-mero di domande di arbitrato depositate presso il registro delle impresedall’entrata in vigore del d.lgs. 5 del 2003 fino al luglio 2016 (4).

(4) L’indagine ha indagato: (i) quante società, e di quale tipo, abbiano fatto ricorso al-l’arbitrato societario; (ii) la loro collocazione geografica e il settore di attività; (iii) la formulazionedella clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto. Ai fini dell’elabo-razione del Note e Studi, si è deciso di concentrare l’analisi sulle sole società per azioni (escludendoanche le società cooperative per azioni), che rappresentano un campione più circoscritto e quindi

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È emerso che sono state depositate 1597 domande di arbitrato rela-tive ad altrettante società (5). La quantità appare esigua, anche se occorreconsiderare che al numero delle domande di arbitrato depositate presso ilregistro delle imprese non corrisponde necessariamente il numero dellesocietà che hanno previsto una clausola compromissoria nello statuto.Potrebbero infatti esserci società che hanno previsto la clausola, ma chenon vi hanno fatto ricorso, o perché non sono sorte controversie, o perchéle controversie sorte non rientravano nell’ambito di applicazione dellaclausola stessa. È anche possibile che non tutte le domande di arbitratosiano state effettivamente depositate presso il registro delle imprese,tenuto conto che l’obbligo di deposito della domanda di arbitrato non èaccompagnato dalla previsione di una sanzione specifica. Tuttavia, ilconfronto con il volume del contenzioso commerciale ordinario lasciaimmaginare che il numero di domande di arbitrato societario sia comun-que molto inferiore rispetto a quello del contenzioso societario ordinarioe che quindi ci sia spazio per un maggiore utilizzo dello strumento.

A questo proposito appare opportuno richiamare l’importanza dellacorretta formulazione della clausola compromissoria statutaria non soloper evitare difficoltà o incertezze in sede applicativa ma anche per definirel’ambito delle controversie da far decidere agli arbitri (6).

4. È stata poi svolta una (seppur sintetica e non esaustiva) ricogni-zione dell’esperienza straniera in materia di arbitrato societario. In parti-colare, sono stati considerati quei paesi che, come la Spagna o il Brasile,si sono dotati di una legislazione specifica sull’arbitrato societario. Si fainoltre presente che in Svezia, disposizioni in materia di arbitrato socie-tario sono contenute nella legislazione relativa alle società e che inPortogallo è stato presentato, nella prima metà del 2016, un progetto dilegge in materia. A questi paesi si è aggiunta recentemente la Russia, conuna legge federale, entrata in vigore il 1º febbraio 2017. Ulteriori spunti diriflessione sono stati poi tratti da alcuni riscontri preliminari sull’espe-rienza di paesi che invece non hanno un regime speciale, in particolare laFrancia, la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Questa ricognizionesi è concentra su cinque profili: (i) l’arbitrabilità soggettiva, e cioè l’ambito

più facilmente analizzabile in tempi brevi. Inoltre, la società per azioni appare costituire il modelloprivilegiato per le imprese ad alto potenziale di crescita e per quelle interessate a rivolgersi almercato del capitale di rischio, anche in vista di una possibile quotazione. È, dunque, rispetto aqueste società che si possono meglio valutare le potenzialità dell’arbitrato societario, nell’otticadella competitività dell’ordinamento e dell’interesse per gli investitori esteri.

(5) La maggior parte delle domande di arbitrato è stata depositata da società per azioni,società a responsabilità limitata, società in accomandita semplice e società in nome collettivo,per un totale di 1322 società. Più precisamente 442 sono relative a s.n.c., 422 sono relative a s.r.l.,363 sono relative a s.a.s., e 95 sono relative a s.p.a.

(6) Cfr. “L’arbitrato societario nella prospettiva delle imprese”, Note e Studi n. 5 del 2017,16 e ss.

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soggettivo di applicazione dell’arbitrato societario; (ii) l’arbitrabilità og-gettiva, e cioè l’individuazione delle controversie societarie compromet-tibili; (iii) le modalità di previsione della clausola arbitrale statutaria; (iv)il meccanismo di nomina degli arbitri e altri profili procedurali; (v)l’esigenza di trasparenza del procedimento e del lodo.

Infine, sono stati presi in considerazione alcuni lavori svolti in senoall’OCSE sul ruolo che l’arbitrato può svolgere per rafforzare la corporategovernance delle società, anche quotate. Sul tema dell’arbitrato societariol’OCSE ha organizzato due incontri: il primo, insieme all’UNCITRAL,svoltosi nel 2003 a Vienna e il secondo, nel 2006, a Stoccolma (7). Inoltre,le discussioni sull’effettività dell’enforcement e sulla necessità di predi-sporre meccanismi efficienti di soluzione delle controversie in materiasocietaria sono state affrontate diffusamente anche nell’ambito delleRegional Corporate Governance Roundtables che l’OCSE organizza invarie parti del mondo. Nell’ambito di questi incontri, sono state raccolte leinsoddisfazioni e le incertezze degli investitori nei confronti dei meccani-smi giudiziali di enforcement, tanto da far emergere una preferenza perl’arbitrato come metodo alternativo più efficiente in termini di tempi ecosti, imparziale e discrezionale, rispetto al procedimento ordinario incorte.

5. Dall’analisi svolta emerge che il modello di arbitrato societariodelineato dalla disciplina italiana presenta notevoli profili di interesse eriveste una posizione peculiare nel panorama internazionale. La previ-sione nel nostro ordinamento di un regime speciale per l’arbitrato inmateria societaria potrebbe dunque rappresentare un elemento di com-petitività del sistema: esso offre un’opzione alternativa alla giustiziaordinaria, ancora percepita come un ostacolo agli investimenti, soprattuttoesteri, e una migliore conoscibilità delle regole applicabili.

Ci sono però alcuni profili sui quali appare opportuno sollecitare un

(7) Nell’incontro svoltosi nel 2003, è stata riconosciuta la specificità delle controversieendosocietarie. In quella sede, veniva analizzata la diversa diffusione dell’arbitrato come mezzoper la soluzione di controversie endosocietarie in diverse giurisdizioni, e venivano riconosciuti imaggiori ostacoli che incontra l’arbitrato inerente società con titoli quotati rispetto a quello re-lativo a società cosiddette chiuse; ciononostante, si registrava una tendenza crescente all’utilizzodell’arbitrato come mezzo di soluzione anche delle controversie tra società quotate e i loro soci,a dispetto delle difficoltà legali, di policy e pratiche che esso solleva. Successivamente, nel marzo2006, l’OCSE, insieme con lo Stockholm Centre for Commercial Law, avviava un programma,coinvolgendo numerosi esperti appartenenti sia al settore pubblico sia a quello privato ed or-ganizzazioni internazionali non governative, al fine di valutare i costi necessari per orientare ilegislatori di paesi non appartenenti all’OCSE a strutturare le riforme necessarie per disciplinarenei rispettivi paesi l’arbitrato endosocietario per le società quotate e dettare le direttive praticheper la protezione dei diritti degli azionisti. Un’analoga iniziativa, però in materia di mediazione,è stata svolta dal Global Corporate Governance Forum su cui si veda Mediating Corporate Go-vernance Conflicts and Disputes, by Erich M. Runesson and Marie Laurence Guy, Global Cor-porate Governance Forum - IFC International Finance Corporation 2007.

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intervento del legislatore per migliorare l’impianto normativo, anche inconsiderazione del disegno di legge di modifica del processo civile al-l’esame del Senato e delle proposte recentemente formulate dalla Com-missione sulle ADR costituita dal Ministero della Giustizia.

In primo luogo, occorre risolvere le incertezze che ancora perman-gono circa l’arbitrabilità delle controversie in materia societaria. A questoproposito, sarebbe auspicabile riconoscere la compromettibilità di tutte lecontroversie relative al rapporto sociale, indipendentemente dal riferi-mento alla disponibilità del diritto controverso (che assume un significatodiverso nel contesto societario) escludendo le sole controversie in cui èprevisto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero.

Ancora, sarebbe opportuno chiarire, a livello normativo, alcune que-stioni relative ai profili internazionali dell’arbitrato societario, quali adesempio la possibilità per le parti di prevedere nella clausola compromis-soria inserita nello statuto di una società di diritto italiano che la sededell’arbitrato sia localizzata al di fuori del territorio nazionale; la possibi-lità di assoggettare la procedura arbitrale ai regolamenti di istituzioniarbitrali straniere; la possibilità per le società di diritto italiano di preve-dere l’arbitrato quando siano quotate su mercati regolamentati stranieri,che consentono, o addirittura impongono, il ricorso all’arbitrato societarioe viceversa; la possibilità per società di diritto straniero, i cui statutiprevedano l’arbitrato societario, di quotarsi su un mercato regolamentatoitaliano; la possibilità che società di diritto straniero possano fare ricorsoalla disciplina italiana dell’arbitrato societario.

Infine, andrebbe valutata, l’opportunità di eliminare il divieto diarbitrato per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio,consentendo così a tutte le società di poter optare per la soluzionearbitrale delle controversie endosocietarie. Sarebbe, in questo modo,rimessa alla compagine azionaria delle società quotate la scelta se ritenerela soluzione arbitrale più efficiente, e dunque preferibile, rispetto alricorso alla giustizia ordinaria.

Una soluzione di apertura per le società quotate appare auspicabileanche alla luce delle esperienze straniere che già consentono questa solu-zione (è il caso del Brasile, della Spagna, della Svezia; la Russia è l’unicopaese a prevedere un divieto di arbitrato per le società quotate), ma anchedegli orientamenti dell’OCSE in materia, che hanno evidenziato l’impor-tanza dell’arbitrato, con riferimento tanto alle società chiuse quanto allesocietà aperte, come veicolo per rafforzare la tutela degli azionisti e inco-raggiare gli investitori esteri, soprattutto nei mercati emergenti.

Tra quelle straniere, particolarmente interessante è l’esperienza bra-siliana, dove la previsione di una clausola arbitrale statutaria è requisitonecessario per la quotazione nel segmento “Novo Mercado” della Borsa diSan Paolo, segmento caratterizzato da requisiti di corporate governancepiù stringenti. La Borsa di San Paolo ha istituito una Camera Arbitrale

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incaricata di amministrare i procedimenti di arbitrato societario relativialle società quotate. In questa direzione, si segnala anche un recenteintervento del CEO del Nasdaq che, nel delineare alcune misure diintervento — anche di medio termine — per la modernizzazione dellaregolamentazione dei mercati finanziari, si sofferma sul tema della litiga-tion e suggerisce di consentire espressamente la previsione di clausolecompromissorie negli statuti delle società quotate (8).

6. Più in generale, e riprendendo gli spunti suggeriti dall’OCSE,appare importante promuovere un passaggio per così dire “culturale”rispetto all’arbitrato societario: i meccanismi statutari di risoluzione dellecontroversie dovrebbero essere considerati e valutati come strumenti perdefinire un assetto organizzativo e di governance coerente e funzionale perl’impresa. Nei propri Principi di Corporate Governance, infatti, l’OCSEpone particolare enfasi nel sottolineare l’importanza dei meccanismi dienforcement, necessari a garantire l’effettività delle regole di correttogoverno societario che i princìpi intendono promuovere (9).

In questa prospettiva, si possono allora già cogliere spazi operativi perla previsione di clausole arbitrali statutarie da parte di società che pur nonfacendo ricorso al mercato dei capitali di rischio (e quindi non soggette aldivieto di arbitrato societario), sono aperte agli investimenti, anche stra-nieri. Un esempio potrebbe essere quello delle società a forte potenzialedi crescita, come le start-up, che fanno affidamento sulla presenza diinvestitori professionali, tipicamente fondi di private equity o di venturecapital per crescere. Per l’investitore può trattarsi di un investimentorischioso, dove il successo dell’iniziativa è legata fortemente alle capacitàe alla persona dell’imprenditore, e non facilmente liquidabile. Per l’inve-stitore è quindi importante costruire accordi statutari e parasociali che gliconsentano di mantenere un certo grado di controllo sull’impresa, adesempio attraverso le regole sulla composizione del consiglio d’ammini-strazione o riservandosi il diritto di approvare determinate operazioni. Inquesto contesto, allora, la previsione di meccanismi che consentano lasoluzione rapida ed efficiente di eventuali controversie e conflitti attra-verso il ricorso a meccanismi alternativi alla giustizia ordinaria potrebbesvolgere un ruolo importante.

(8) https://corpgov.law.harvard.edu/2017/05/18/the-promise-of-market-reform-reigniting-americas-economic-engine/.

(9) G20/OCSE Principles of Corporate Governance: http://www.OCSE-ilibrary.org/doc-server/download/2615021e.pdf?expires=1480500749&id=id&accname=guest&checksum=7F078271FFF58C58DD0C4207CE851F42.

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I) ITALIANA

Sentenze annotate

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI civile, ordinanza 24 ottobre 2016, n. 21422;DOGLIOTTI Pres.; MERCOLINO Est.; Tito Neri (avv.ti Vaccari e Cusò) ed altri c. TitoNeri Bagni Fiume s.a.s.

Arbitrato societario - Clausola compromissoria - Nullità per criteri di nominadifformi da quelli previsti dalla legge (ammessa) - Opponibilità della clausolacompromissoria statutaria nei riguardi dell’usufruttuario (assorbita) - Art. 34d.lgs. n. 5 del 2003.

La previsione di modalità di nomina diverse da quella prevista dall’art. 34d.lgs. n. 5 del 2003 comporta la nullità del patto arbitrale, anche se stipulato primadella legge citata (nella specie le parti avevano previsto la designazione dell’arbitrosu loro accordo e solo in subordine su ricorso al Presidente del Tribunale).

Resta pertanto assorbita la censura in ordine all’opponibilità della clausolacompromissoria statutaria nei confronti dell’usufruttuario di quote sociali.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — 1. Preliminarmente, va confermata l’ammissibi-lità del regolamento di competenza, in quanto avente ad oggetto una sentenza conla quale, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, è stata dichiarata la nullitàdel decreto opposto esclusivamente per incompetenza del giudice che lo haemesso: tale decisione implica infatti una statuizione non già sul merito, masoltanto sulla competenza, rispetto alla quale la dichiarazione di nullità nonrappresenta una mera conseguenza, ma un effetto necessario (cfr. Cass.. Sez. 1, 17luglio 2006, n. 16193; 11 giugno 2002, n. 8327; Cass., Sez. 3, 5 agosto 2004, n. 15022).

2. In ordine alla qualificazione dell’arbitrato, anch’essa essenziale ai finidell’ammissibilità del regolamento, notoriamente non riferibile all’arbitrato irri-tuale, si rileva poi che la disciplina dettata dall’art. 13 dello statuto della TNBFdepone inequivocabilmente in favore della natura rituale dell’arbitrato, in quanto,definendo testualmente come « giudizio » la decisione dell’arbitro ed attribuen-

(*) Nel presente fascicolo le rubriche di Giurisprudenza appaiono in dimensione ridottaa causa dello spazio occupato dalla pubblicazione delle relazioni ed interventi congressuali nellaprecedente rubrica Dottrina.

GIURISPRUDENZA ORDINARIA (*)

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dogli il potere di disporre delle spese processuali, allude chiaramente ad unprocedimento di natura contenziosa, escludendo quindi la possibilità di ricono-scere all’attività in questione una portata meramente negoziale; nessun rilievopossono assumere, in contrario, la qualificazione dell’arbitro come amichevolecompositore, il riconoscimento del potere di decidere secondo equità e la previ-sione dell’inappellabilità del lodo, nonché la dispensa dall’osservanza di formalitàdi procedura, trattandosi di disposizioni non incompatibili con la natura ritualedell’arbitrato, avuto riguardo alla disciplina dettata dagli artt. 816-bis e 822 cod.proc. civ. (cfr. Cass., Sez. 1, 4 giugno 2001, n. 7520; 3 maggio 2000, n. 5505; 1febbraio 1999, n. 833). È pur vero che il più recente orientamento di questa Cortetende a negare di volta in volta la rilevanza di ciascuna delle predette caratteri-stiche, ritenendo decisiva, ai fini della natura rituale dell’arbitrato, la volontà delleparti di pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre glieffetti di cui all’art. 825 cod. proc. civ., anziché di affidare all’arbitro la soluzionedella controversia mediante un negozio di accertamento riconducibile alla lorovolontà (cfr. Cass., Sez. 1, 2 dicembre 2015. n. 24558; 31 ottobre 2013, n. 24552):deve ritenersi tuttavia superato, alla stregua della disciplina introdotta del D.Lgs.2 febbraio 2006, n. 40, e segnatamente dell’art. 808-ter cod. proc. civ., il criteriointerpretativo che, in presenza di dubbi, assegnava la preferenza alla naturairrituale dell’arbitrato, dovendosi riconoscere anche a quest’ultimo una portataeccezionale rispetto alla giurisdizione statale, non meno che all’arbitrato rituale, ilquale, per converso, offre maggiori garanzie quanto all’efficacia esecutiva del lodo,al regime delle impugnazioni ed alla possibilità per il giudice di concedere lasospensiva (cfr. Cass., Sez. 1, 7 aprile 2015. n. 6909; 21 novembre 2013. n. 26135.

3. Con il primo motivo d’impugnazione, i ricorrenti censurano la sentenzaimpugnata per aver omesso di rilevare d’ufficio la nullità della clausola compro-missoria, rilevando che la stessa, nella parte in cui rimette alle parti la nominadell’arbitro, si pone in contrasto con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 34, comma2, immediatamente applicabile alle società di persone, e riguardante anche leclausole compromissorie stipulate in epoca anteriore alla sua entrata in vigore.

3.1. Il motivo è fondato.Nel prevedere il deferimento al giudizio di un arbitro amichevole composi-

tore di tutte le controversie che insorgano tra i soci, o tra i soci e la società, l’art.13 dello statuto della TNBF dispone infatti che lo stesso dev’essere scelto dicomune accordo fra le parti, o, in caso di disaccordo, dal Presidente del Tribunaledi Livorno ad istanza della parte più diligente, in tal modo attribuendo alle stesseparti, in via principale, il potere di nomina, e configurando il ricorso all’autoritàgiudiziaria come una facoltà meramente subordinata, destinata ad operare sol-tanto nel caso in cui le parti non riescano a raggiungere un consenso sulladesignazione. Tale disciplina si pone palesemente in contrasto con il dettato delD.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, comma 2, ai sensi del quale, indipendentemente dalnumero e dalle modalità di nomina, il potere di designazione degli arbitri dev’es-sere conferito, a pena di nullità, ad un soggetto estraneo alla società, e nel caso incui questo ultimo non provveda può essere esercitato dal presidente del tribunaledel luogo in cui la società ha la sua sede legale, su richiesta delle parti.

Non resta pertanto che rilevare la nullità della clausola compromissoria, perviolazione dell’art. 34, comma 2, cit., non assumendo alcun rilievo, a tal fine, lacircostanza che tale clausola risalga ad epoca anteriore a quella dell’entrata in

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vigore della predetta disposizione, essendo contenuta nello statuto di una societàcostituita con atto del 16 aprile 1996: questa Corte ha infatti affermato chel’entrata in vigore del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, comma 2, nella parte in cuidispone che il potere di nomina di tutti gli arbitri dev’essere necessariamenteconferito ad un terzo estraneo alla società, ha comportato la nullità sopravvenutadelle clausole compromissorie, anche per arbitrato irrituale, contenute negli statutidi società (ivi comprese quelle di persone), ove le stesse attribuissero il predettopotere in via principale alle parti e solo in caso di disaccordo al presidente deltribunale su ricorso della parte più diligente, e non siano state oggetto di adegua-mento entro i termini di cui agli artt. 223-bis e 223-duodecies cod. civ. Non puòinfatti accettarsi la tesi del « doppio binario », secondo cui l’arbitrato previsto dallepredette clausole si convertirebbe da arbitrato endosocietario in arbitrato di dirittocomune, dal momento che la nullità comminata dall’art. 34 è volta garantire ilprincipio di ordine pubblico dell’imparzialità della decisione (cfr. Cass., Sez. 1, 28luglio 2015, n. 15841; 17 febbraio 2014, n. 3665; Cass., Sez. 6, 10 ottobre 2012, n.17287).

4. La sentenza impugnata va dunque annullata, restando assorbito il se-condo motivo d’impugnazione, con cui i ricorrenti hanno censurato l’affermataapplicabilità della clausola compromissoria anche al diritto fatto valere con ilricorso per decreto ingiuntivo, sostenendo che la costituzione di usufrutto sullequote di una società di persone non comporta l’acquisto della qualità di socio daparte dell’usufruttuario, ed il conseguente assoggettamento dello stesso all’arbi-trato previsto dallo statuto della società.

5. L’esclusione della competenza arbitrale impone peraltro di verificare lafondatezza dell’eccezione d’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano,sollevata dai ricorrenti in sede di opposizione, ed accompagnata dall’indicazionedel giudice competente nel Tribunale di Livorno, in qualità di foro del luogo in cuiha sede la TNBF ed in cui è sorta e deve eseguirsi l’obbligazione posta afondamento della domanda avanzata nel procedimento monitorio, non trovandoapplicazione nella specie l’art. 1182 cod. civ., in quanto, ai sensi dello statutosociale, il pagamento degli utili deve aver luogo presso la sede della società.

Il regolamento di competenza investe infatti questa Corte del potere d’indi-viduare definitivamente il giudice competente, onde evitare che la sua designa-zione possa essere ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessacontroversia, e le consente pertanto di estendere i propri poteri d’indagine e divalutazione, anche in fatto, ad ogni elemento utile acquisito fino a quel momentoal processo, senza incontrare limiti nel contenuto della sentenza impugnata e nelledifese delle parti, nonché di esaminare questioni di fatto non contestate nelgiudizio di merito e che non abbiano costituito oggetto del ricorso per regolamentodi competenza (cfr. Cass., Sez. 6, 27 novembre 2014, n. 25232; Cass., Sez. 1, 7febbraio 2006, n. 2591; Cass., Sez. 3, 29 settembre 2004, n. 19591).

5.1. Tanto premesso, si rileva che, avendo la domanda ad oggetto il paga-mento di una somma di denaro, trovano applicazione, oltre al foro generale dellepersone giuridiche, coincidente con il Tribunale di Livorno, in quanto in tale cittàha sede la società opponente, i fori alternativi previsti dall’art. 20 cod. proc. civ.: traquesti ultimi, il foro del luogo dove è sorta l’obbligazione dev’essere anch’essoindividuato nel Tribunale di Livorno, dovendosi presumere che l’approvazione delrendiconto, dalla quale dipende nelle società di persone il diritto del socio a

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percepire gli utili (cfr. Cass., Sez. 1, 31 dicembre 2013, n. 28806; 17 febbraio 1996,n. 1240), abbia avuto luogo presso la sede della medesima società; quanto inveceal foro del luogo in cui l’obbligazione dev’essere eseguita, lo stesso non può essereindividuato nel Tribunale di Livorno, non risultando dagli atti che, come hasostenuto la TNBF nell’atto di citazione, lo statuto sociale indicasse la sede dellasocietà come luogo di pagamento degli utili, e trovando pertanto applicazione laregola generale dettata dall’art. 1182, terzo comma, cod. civ., secondo cui larelativa obbligazione, avente ad oggetto una somma di denaro determinata edesigibile, deve essere adempiuta presso il domicilio del creditore, nella specieidentificabile in Milano, dove ha sede la TNH (cfr. Cass., Sez. 6, 6 novembre 2012,n. 19150).

4. La sentenza impugnata va pertanto annullata, in accoglimento del ri-corso, con la conseguente dichiarazione della competenza del Tribunale di Milano,Sezione specializzata in materia d’impresa, al quale la causa va rimessa anche perla liquidazione delle spese relative alla presente fase.

Note sulla nullità della clausola compromissoria statutaria con nominabinaria e sulla sua opponibilità all’usufruttuario.

1. L’usufruttuario di una quota sociale chiede alla società il paga-mento degli utili con ricorso per ingiunzione e la società si opponeeccependo la sussistenza di una clausola arbitrale statutaria.

Il giudice del merito accoglie l’eccezione, ma la sentenza vieneimpugnata con regolamento di competenza (1) ed annullata dalla Cassa-zione, che stabilisce la nullità della convenzione arbitrale, per via delmancato adeguamento alle modalità di nomina degli arbitri impostedall’art. 34 d.lgs. n. 5 del 2003, intervenuto successivamente alla stipula.

La clausola prevedeva infatti la nomina dell’unico arbitro su accordodelle parti e, solo in subordine, con ricorso al Presidente del Tribunale,sicché, secondo i giudici di legittimità, essa contraddice al dettato dell’art.34, che impone il deferimento ad un terzo designatore estraneo al grupposociale a pena di nullità dell’intera convenzione arbitrale.

(1) La sentenza preliminarmente afferma la regolarità dello strumento impugnatorio,assumendo che la natura dell’arbitrato sia rituale e motivando sulle espressioni letteralicontenute nella clausola (uso del termine “giudizio”, attribuzione agli arbitri del potere diregolare le spese processuali, mentre non varrebbe in contrario il riferimento all’amichevolecomposizione, o all’inappellabilità del lodo, o ancora alla dispensa da formalità procedurali).Ritengo però che nessuno di questi riferimenti sia rilevante, dopo la novella del 2007, peracclarare la natura dell’arbitrato: esso sarà sempre rituale (come del resto riconosce la stessasentenza), a prescindere dalle espressioni usate, a meno che le parti non menzionino la parola“irrituale” (come riterrei, anche se l’art. 808-ter c.p.c. non lo afferma) o l’espressione “deter-minazione contrattuale” (affermata invece dall’art. 808-ter cit.). È poi appena il caso di precisareche il riferimento alle spese processuali non è in alcun modo indicativo della volontà rituale odirrituale perché l’arbitrato irrituale (cfr. si vis, Diritto dell’arbitrato, Bologna, 2016, 473 ss.) è unprocesso e implica necessariamente la regolazione delle relative spese.

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Né, aggiunge la Corte, può soccorrere, in contrario, la data di stipu-lazione del contratto sociale, avvenuta precedentemente alla novella, inquanto quest’ultima ha comportato la nullità sopravvenuta di tutte leclausole statutarie non adeguate nei termini previsti dal diritto transitorio.

È infine da escludere che operi il c.d. doppio binario, cioè la conver-sione del modello speciale societario in quello ordinario (come pure erastato sostenuto da una parte della dottrina e della giurisprudenza, neiprimi tempi in cui il problema si era posto), “dal momento che la nullitàcomminata dall’art. 34 è volta a garantire il principio di ordine pubblicodell’imparzialità della decisione”.

L’annullamento comporta l’assorbimento della questione di opponi-bilità della convenzione arbitrale nei riguardi dell’usufruttuario.

2. Qualche riflessione è d’uopo sulla questione della nullità dellaclausola statutaria per nomina binaria, già peraltro ampiamente trattatanella letteratura dell’ultimo decennio.

Condivido, come ho già avuto occasione di rilevare (2), sia l’assuntocirca la nullità sopravvenuta della clausola statutaria non adeguata aitermini dell’art. 34 d.lgs. n. 5 del 2003, sia l’impossibilità di applicare ilmodello ordinario di arbitrato dell’art. 806 ss., secondo la tesi denominatadel “doppio binario” (3).

Con riguardo al primo profilo, infatti, a prescindere dai dubbi circal’ammissibilità di una nullità sopravvenuta del negozio (4), la convenzione

(2) Si vis, per approfondimenti, Modelli arbitrali e controversie societarie, in Riv. trim. dir.e proc. civ., 2006, 516 ss.; sul punto GENNARI, L’arbitrato societario, in Tratt. di dir. comm. e didir. pubb. dell’economia, dir. da Galgano, Padova, 2009, 18 ss.; DALMOTTO, L’arbitrato nellesocietà, Bologna, 2013, 26; CORSINI, La nullità della clausola compromissoria statutaria el’esclusività del nuovo arbitrato societario, in Giur. comm., 2005, 82 ss.; DANOVI, L’arbitrato nellariforma del diritto processuale societario, in Dir. e giur., 2004, 561 ss.; BIANCHINI, Osservazioni intema di (in)validità delle clausole compromissorie non adeguate alla nuova disciplina nell’arbi-trato c.d. « endo-societario », in Giur. comm., 2006, 410 ss.

(3) Su cui, anche per ulteriori citazioni, CERRATO, La clausola compromissoria nellesocietà. Profili sostanziali, Torino, 2012, 138 ss. proprio con riguardo alle clausole compromis-sorie preesistenti; VERDE, in Diritto dell’arbitrato, a cura di Verde, Torino, 2015, 59; MONTALENTI,L’arbitrato societario: appunti, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2013, 1282; NELA, in Il nuovoprocesso societario, a cura di Chiarloni, Bologna, 2004, 933 ss.; MOTTO, Esperienze del nuovoarbitrato societario, in questa Rivista, 2006, 573; AULETTA, La nullità della clausola compromis-soria a norma dell’art. 34 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5: a proposito di recenti (dis)orientamenti delnotariato, in questa Rivista, 2004, 361; ZOPPINI, I « diritti disponibili relativi al rapporto sociale »nel nuovo arbitrato societario, in Riv. soc., 2005, 1173; STESURI, Gli arbitrati societari, Torino,2007, p. 146; GUIDOTTI, L’arbitrato di diritto comune in materia societaria, in Riv. trim. dir. e proc.civ., 2010, 675 ss. In giur., fra le altre, Trib. Genova, 7 marzo 2005, in Giur. comm., 2006, II, 508,e in Corr. mer., 2005, 759 ss.; App. Torino, 4 agosto 2006, in Giur. it., 2007, 398, con nota diCERRATO; Trib. Bologna, 25 maggio 2005, in Giur. comm., 2006, II, 509, con nota di CERRATO ein Giur. it., 2006, 1640, con nota di RESTANO.

(4) CERRATO, La clausola compromissoria nelle società. Profili sostanziali, cit., 154.

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arbitrale, che è contratto di durata (5), diviene quanto meno inefficace;resterebbe comunque colpito da nullità l’atto di nomina dell’arbitro ed ilconseguente contratto d’arbitrato fra parti ed arbitri, sulla base del canonetempus regit actum.

Né, trattandosi nella specie di società di persone, può farsi leva sullanorma transitoria dell’art. 41 d.lgs. n. 5 del 2003 (6) ove si ritenga la suaapplicazione limitata alle società di capitali.

Con riguardo al secondo profilo, oltre al fatto che il dato letteraledella norma non solo non offre alcun appiglio convincente a favore dellalegittimità di una clausola statutaria a nomina binaria, bensì la escluderecisamente (7), la tesi del “doppio binario” implica incertezze insanabili,a tacer d’altro in ordine alla stessa individuazione del modello scelto dalleparti (8).

Vero è che il modello speciale integra il modello ordinario (9), al finedi adattarlo alle caratteristiche peculiari del contenzioso societario, per cuidovrà essere preferita l’interpretazione che maggiormente armonizza idue modelli (come emerge fra l’altro dalla proposta di modifica effettuata,nell’anno in corso, dalla Commissione presieduta dal prof. GuidoAlpa (10)).

Ciò posto, sposterei l’attenzione su due diversi profili, che i giudicinon esaminano approfonditamente.

In primo luogo, ci si deve domandare se la previsione suppletiva diricorso al Presidente del Tribunale, solo nel caso in cui non sia raggiuntol’accordo delle parti sul nome dell’arbitro, valga a salvare la clausola dallascure della nullità.

La Cassazione lo esclude facendo ricorso al principio di imparzialità,

(5) Cfr. GABELLINI, Arbitrato societario: due questioni ancora aperte, in Riv. trim. dir. eproc. civ., 2010, 1445 ss.,

(6) Cfr. amplius in Arbitrati speciali, a cura di Carpi, Bologna, 2016, 190.(7) Cass., 9 dicembre 2010, n. 24867, in Giur. it., 2011, 2623 ss., con nota di DALMOTTO ed

ivi, p. 2309, la nota di BOGGIO; cfr. anche i commenti di CORSI, Clausola compromissoriastatutaria, inequivocità della disposizione e responsabilità del notaio rogante, in Riv. not., 2011,900 ss. e di CERRATO, Arbitrato societario, clausola non conforme e “doppio binario”, in Giur.comm., 2011, 1084 ss.; Cass.,13 ottobre 2011, n. 21202, in Giur. it., 2012, 2034 ss., con nota diSGOBBO, in Le soc., 2012, 213 ss., con nota di SOLDATI; Cass., 20 luglio 2011, n. 15892, in Riv. dir.proc., 2012, 772 ss., con nota di SALVANESCHI.

(8) Infatti, è legittimo porre in dubbio la sufficienza della previsione di una nominabinaria, per trarre la volontà di recepire il modello ordinario.

(9) Sul confronto fra i due modelli, PAGNI, Arbitrato societario e arbitrato di dirittocomune in materia societaria dopo l’intervento della cassazione, in Le soc., 2011, 450 ss.

(10) Cfr. le “Proposte normative e note illustrative” della Commissione di studio “perl’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionaliz-zazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato”; inprecedenza, AULETTA, in L’impatto della riforma societaria sulle clausole statutarie relative allarisoluzione dei conflitti, a cura di Auletta, Cerrato, Ermolli, Montalenti, Salafia, Sali, Milano2010, 116.

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a tutela del quale la norma sarebbe dettata (11), ma l’affermazione provatroppo, dato che nessuno dubita che anche nell’arbitrato ordinario, puressendo lecita la nomina ex parte, valga lo stesso principio.

Direi piuttosto che l’imposizione della nomina da parte di un terzoestraneo alla società si fonda sull’esigenza di rispetto dell’equidistanza deltribunale arbitrale rispetto alle parti (indirettamente espressione dellaloro imparzialità), e trova la propria giustificazione nell’altro rischio didispute societarie a pluralità di parti, nell’ampiezza con la quale è con-cesso l’intervento del terzo, coatto (nel caso di terzo compromittente) evolontario (12), nonché nell’usuale appartenenza dei contendenti allostesso gruppo (13).

Nell’arbitrato ordinario ciascuno di questi profili è affrontato e (più omeno) risolto dalla legge, ma, poiché non sempre la soluzione si rivelasoddisfacente (si pensi all’art. 816-quater sull’arbitrato con pluralità diparti), si preferisce ricorrere ad una modalità di designazione che tagli inradice ogni complicazione.

Ciò detto, occorre però spiegare come mai il legislatore abbia sentitol’esigenza di stabilire che le parti debbono indicare le “modalità dinomina” degli arbitri, quando subito dopo le stabilisce lui stesso.

Volendo valorizzare l’inciso (senza confinarlo alla riduttiva scelta delterzo designatore), potrebbe esservi una qual certa apertura a modalità dinomina che rispettino il criterio eterodeterminato ma ad un tempo per-mettano un maggiore apporto delle parti: ad esempio, la previsione di listecondivise dalle quali il terzo possa trarre il nominativo dell’arbitro.

A me pare però che la previsione di un intervento solo suppletivo delterzo vada oltre gli esempi appena fatti e si scontri con l’inciso “in ogni caso”,contenuto nell’art. 34 cit. a proposito della modalità eterodeterminata. Sareidunque per escludere la legittimità di una siffatta previsione (14).

Ciò detto, occorre domandarsi se siano operativi i meccanismi disanatoria dell’art. 1419 c.c. (15).

L’inserzione automatica della disciplina di legge di cui al comma

(11) Nello stesso senso Cass., 9 dicembre 2010, n. 24867, cit.(12) Anche nell’arbitrato ordinario, infatti, è possibile l’intervento volontario del terzo,

che, secondo la tesi che condivido, accetta il collegio arbitrale già costituito; mentre, a mioavviso, è lecito l’intervento ad istanza di parte del terzo compromittente, ma in questo casooccorrerà permettere al terzo di intervenire sulla nomina già effettuata (cfr. amplius, Dirittodell’arbitrato, cit., 338 ss.). La previsione societaria evita l’impasse.

(13) Sicché vi è maggior rischio che criteri di nomina diversi dall’intervento di un terzoesterno non assicurino l’equidistanza dalle parti (penso, ad esempio, all’arbitrato sportivo).

(14) App. Torino, 4 agosto 2006, in Giur. it., 2007, 398, con nota di CERRATO; diff. Trib.Milano, 22 settembre 2006, in Giur. it., 2007, 398, con nota di CERRATO (seppur con clausola ditenore differente).

(15) La stessa Cass., 9 dicembre 2010, n. 24867, cit., parla di “nullità parziale assoluta”,benché non affronti funditus la questione, essendo piuttosto concentrata sulla responsabilità delnotaio.

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2º (16) sembra da escludere, data l’assenza di una previsione normativa suuna specifica modalità di nomina che vada a sostituire quella viziata (17).

Più agevole mi pare il ricorso al comma 1º della norma citata (18), chesalva il negozio quando la clausola nulla non sia “essenziale”.

Infatti, ad essere colpita dalla nullità è l’attribuzione della nominadegli arbitri all’accordo delle parti, mentre la previsione residuale circal’intervento del Presidente del Tribunale permette di esprimere un atten-dibile giudizio di “non essenzialità” della modalità primaria di designa-zione (19), nell’economia del programma arbitrale voluto dalle parti ed inconsiderazione del principio di conservazione del negozio.

3. Vengo ora alla questione di opponibilità del patto compromisso-rio statutario nei riguardi dell’usufruttuario di quote sociali: benché laCorte si sia astenuta dal giudicare, ritenendola assorbita, vale la penatornare sulla questione, rimasta irrisolta dopo la legge sull’arbitrato so-cietario, prendendo spunto dalle considerazioni del Tribunale di Mi-lano (20) con la sentenza poi annullata dalla Cassazione.

I giudici di merito ragionano in termini squisitamente oggettivi:poiché si discute del diritto del socio a percepire gli utili dalla società, nonrileva che detto diritto sia fatto valere dall’usufruttuario.

L’assunto non è nuovo: anche con riguardo ad altri casi di opponibi-lità della convenzione arbitrale verso terzi si è tentato di ragionare intermini di “disputa” oggettiva e non di “consenso” soggettivo (21).

Tuttavia, ancora una volta il ragionamento prova troppo: anche nellasolidarietà, l’elemento oggettivo è lo stesso, ma la convenzione arbitralestipulata dal condebitore non si estende all’altro (22).

Occorre dunque un’autonoma dimostrazione dell’estensione del vin-colo compromissorio dall’un soggetto all’altro. Non si dimentichi, infatti,che l’ampliamento dei soggetti vincolati dal patto compromissorio erode ildiritto di azione (giudiziale) di cui all’art. 24 cost. e necessita di un

(16) Esegesi avanzata da LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003,717; conf. DALMOTTO, in Il nuovo processo societario, cit., 1100 e ID., L’arbitrato nelle società, cit.,184.

(17) Fra le altre App. Torino, 4 agosto 2006, cit. loc. cit. Non mi pare che possa supplirel’art. 809 c.p.c., perché l’art. 1419, comma 2º, cit., mira a prevenire la nullità e non formapertanto un vuoto da riempire con una norma di chiusura quale è l’art. 809 cit.

(18) BOVE, L’arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ., 2003, II, 489; ID., Lagiustizia privata, Padova, 2015, 342; GABRIELLI, Clausole compromissorie e statuti sociali, in Riv.dir. civ., 2004, 90.

(19) In tal senso Trib. Milano, 22 settembre 2006, cit., a cui aderisce (pur con qualchedubbio) l’annotatore CERRATO.

(20) Trib. Milano, 12 giugno 2015, si può leggere in www.giurisprudenzadelleimprese.it.(21) BREKOULAKIS, Research paper, presentato in occasione della School of International

Arbitration 30th Anniversary Conference “The Evolution and Future of International Arbitration:The Next 30 Years”, si può ascoltare in http://www.law.qmul.ac.uk/events/items/126692.html.

(22) Cfr., si vis, La convenzione arbitrale rituale rispetto ai terzi, Bologna, 2004, 638 ss.

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fondamento normativo chiaro, che si fondi su un corretto bilanciamentodei valori espressi dalla legge fondamentale.

Ora, secondo il mio parere, non v’è luogo a coincidenza di diritti,quando la titolarità è differente (23).

L’esempio più calzante è costituito dalla successione: a differenza deidiritti unici con pluralità di parti o dei casi di legittimazione straordinariaad agire, non vi è identità di diritto tra dante causa e avente causa, anchese l’elemento oggettivo è coincidente (24).

Secondo l’impostazione che preferisco, infatti, — e che si poggia sulcollegamento sostanziale fra fattispecie ed effetto —, il diritto del succes-sore è dipendente da quello del dante causa, secondo una relazione dicontinenza di fattispecie (25).

La peculiarità sta nel fatto che, quando l’oggetto è totalmente coin-cidente, la relazione di continenza è particolarmente estesa e ciò hariflessi, ad esempio, sull’opponibilità dell’accertamento del diritto deldante causa nei riguardi dell’avente causa (26).

Anche l’acquisto costitutivo (27), tipico dell’usufrutto, si inquadranello schema testé detto (28): la differenza sta nel fatto che, oltre ai

(23) Mi permetto di rinviare al mio Pregiudizialità e rinvio, Bologna, 2014, 229 ss.(24) Cfr. le lucide osservazioni di CARNELUTTI, Appunti sulla successione nella lite, in Riv.

dir. proc. civ., 1932, I, 9; altresì ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, rist. Padova, 1992,135 ss.

(25) Vale a dire, all’interno della fattispecie dell’usufrutto vi è il fatto-diritto proprietà (enon viceversa).

(26) In altri termini, non soltanto l’accertamento è opponibile, ma all’avente causa èlasciato un margine di difesa ridotto, assorbendo il diritto del dante causa gran parte dellafattispecie.

(27) Nella dottrina processualistica, l’ipotesi è presa in esame specialmente ai finidell’applicazione dell’art. 111 c.p.c., nonché dei limiti soggettivi del giudicato. PROTO PISANI,Opposizione di terzo ordinaria: art. 404, 1º comma c.p.c., Napoli, 1965, cit., 152 ss., osserva chesi tratta di due rapporti autonomi e diversi, escludendo dunque il richiamo all’art. 111 c.p.c. Afavore, v. invece ANDRIOLI, Comm. al c.p.c., II, Napoli, 1956, 314 che non esclude l’autonomiadell’usufrutto, ma osserva che “la base genetica del jus in re aliena è nella proprietà”; ALLORIO,La cosa giudicata, cit., p. 198 nota 15, parla di acquisto a titolo derivativo (cfr. sulla questioneanche DE MARINI, La successione nel diritto controverso, Roma, 1953, 63 ss.; PICARDI, Latrascrizione delle domande giudiziali, Milano, 1968, 335 ss.). La questione dell’opponibilità dellasentenza riguardante il diritto reale pregiudiziale è tormentata, in dottrina: seppur con diverseimpostazioni rispetto a quella accolta nel testo, per l’opponibilità della sentenza CHIOVENDA,Principii di diritto processuale civile: le azioni, il processo di cognizione, Napoli, 1928, 1012;PROTO PISANI, Opposizione, cit., 148 ss.; diff., parla di nesso di pregiudizialità “istantaneo” LUISO,Principio del contraddittorio ed efficacia della sentenza verso terzi, Milano, 1981, 120 (cfr. ancheWACH, in Zur Lehre von der Rechtskraft: drei Rechtsgutachten, Leipzig, 1899, 10, con riguardoal rapporto fra proprietà e pegno), sicché l’accertamento non potrebbe operare. Ho giàosservato (Pregiudizialità e rinvio, cit., 117 ss.) che l’assunto non mi convince: la prospettivalogico-formale della continenza di fattispecie, infatti, annulla il rilievo temporale del nesso dipregiudizialità, perché rileva pur sempre la questione di opponibilità dell’accertamento conriferimento al momento in cui quel nesso sussiste. Dunque, è mia convinzione che l’accerta-mento positivo o negativo della proprietà esplichi i suoi effetti anche sull’usufruttuario,ancorché non intervenuto nel processo.

(28) CERRATO, La clausola compromissoria nelle società, cit., 91 fa rientrare l’usufruttua-rio nella categoria degli “aventi causa da soci in virtù di successione a titolo particolare” e

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soggetti, anche gli elementi oggettivi non combaciano perfettamente.Questo comporta che non vi sia perdita del diritto in capo al dante causa,per ciò solo del sorgere del diritto in capo all’avente causa (29).

Ciononostante, vi è un elemento che accomuna le due ipotesi consi-derate: come per la successione oggettivamente coincidente, anche nelrapporto proprietà-usufrutto il proprietario viene privato della proprialegittimazione ad agire ed a disporre, seppur proporzionalmente all’am-bito di operatività dell’usufrutto (30).

Ora, poiché nella successione oggettivamente coincidente (31), è pro-prio la perdita di legittimazione a giustificare l’opponibilità del pattocompromissorio al dante causa, la medesima soluzione va adottata ancheper quanto riguarda l’acquisto costitutivo.

Infatti, la regola della legittimazione ad agire, che conferisce al solo(affermato) titolare del diritto il potere di tutelarsi in giudizio, testimoniache l’azione, pur rimanendo autonoma ed astratta, si trasferisce con ildiritto sostanziale.

Il patto compromissorio costituisce in capo alla parte poteri proces-suali (che ho riassunto altrove nell’accezione “diritto di azione arbitrale”),che impediscono l’esercizio dei poteri scaturenti dall’azione giudiziale,sicché alla parte che firma una convenzione arbitrale spettano, da quelmomento, solo i primi. In pratica, da questo momento in poi, il dirittosostanziale viene tutelato attraverso l’arbitrato e non per il tramite delprocesso statuale.

Quando vi è trasferimento di diritti, il dante causa perde la legittima-zione a disporre e non può più esercitare i poteri costituiti con il pattocompromissorio, che tale legittimazione presuppongono. Allo stessotempo, l’avente causa non può esercitare il diritto di azione, inibito con ilpatto compromissorio e tanto basta perché, a fronte della perdita deipoteri arbitrali in capo al dante causa, si verifichi l’acquisto dei medesimida parte dell’avente causa.

Analogo ragionamento va svolto con riguardo al rapporto fra nudoproprietario e usufruttuario. Il nudo proprietario perde la legittimazione adisporre dei diritti che nascono in capo all’usufruttuario e non può,pertanto, più tutelarli né in giudizio, né in arbitrato; giocoforza, il diritto

deduce da ciò l’opponibilità della clausola statutaria (107 s.). Esclude invece che l’usufruttorientri nella categoria della successione, DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, cit., 111, purgiungendo alla condivisibile soluzione dell’opponibilità.

(29) Inteso in senso lato: per efficaci argomenti REDENTI, Breve storia semantica di “causain giudizio”, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961, 1000 ss. Insomma, rispetto alla successione conoggetto coincidente, vi è comunanza di categoria e la differenza è, per così dire, quantitativa.

(30) LUISO, op. cit., 205.(31) Approfondimenti in La convenzione arbitrale rituale rispetto ai terzi, cit., 408 ss., a

cui rinvio anche per le questioni, cui ha dato adito una giurisprudenza di Cassazione, di(in)opponibilità della convenzione arbitrale nell’ipotesi di cessione del credito (440 ss.).

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di tutela in via arbitrale si costituisce in capo all’usufruttuario, perchél’azione gli è inibita per via della stipula del patto compromissorio.

Si potrebbe obiettare che, a differenza della successione in sensoproprio, il diritto costituito in capo all’usufruttuario non è quello stesso dicui era titolare il proprietario prima della costituzione dell’usufrutto.L’assunto non ha pregio, secondo la mia ricostruzione, per il motivoopposto a quello che concepisce la relazione fra usufrutto e proprietà intermini di trasferimento dei diritti. Come ho già detto, infatti, sia lasuccessione oggettivamente coincidente, sia l’acquisto costitutivo noncomportano il trasferimento di uno stesso diritto da un soggetto all’altro,ma si caratterizzano per una relazione di pregiudizialità-dipendenza fradiritti diversi.

4. Concludo, venendo al caso di specie.Con riguardo all’usufruttuario di quote sociali, il dato normativo su

cui ragionare è la previsione di cui all’art. 34 d. lgs. n. 5 del 2003, nellaparte in cui prevede che la convenzione arbitrale statutaria si estende atutti i soci, presenti e futuri. Non v’è dunque espressa considerazionedell’usufruttuario e, d’altro canto, l’estensione a quest’ultimo della quali-fica di socio è fortemente contestata (32).

Va peraltro evidenziata una più ampia considerazione.La specialità del modello arbitrale trova la propria ragione nelle

peculiarità delle dispute all’interno di un gruppo organizzato (33): a frontedell’esigenza di uno strumento uniforme di soluzione delle liti, al fine dievitare disarmonie in contesti superindividuali (come sono, ad esempio, ledecisioni dei soci), vi è la necessità di garantire l’imparzialità del giudi-cante, di regolare un processo ad alto rischio multi-parti, di tutelare tuttigli interessi in gioco, anche dei terzi.

Occorre dunque una tecnica processale in grado di soddisfare tuttequeste esigenze.

Il problema si pone, mutatis mutandis, in un’altra tipologia di arbi-trato endo-gruppo, quello sportivo, con riguardo al quale il bisogno diuniformità è particolarmente sentito, anche al costo di valutare con unminor grado di rigore la sussistenza di un libero consenso da parte di chientra nel gruppo (34).

Ora, se si prende in esame l’art. 34 d.lgs. n. 5 del 2003, ci si avvede chel’esigenza di garantire uno strumento di soluzione delle liti valido per tuttiprevale su un’esegesi restrittiva del riscontro di un consenso espresso. Sipensi agli organi di governo che, per il solo fatto di accettare l’incarico,

(32) In senso negativo, cfr. ad esempio Trib. Biella, 23 ottobre 1999, in Dejure.(33) Cfr. GENNARI, op. cit., 92.(34) Si v. se si vuole il mio Arbitrato dello sport: una better alternative, in corso di

pubblicazione su Riv. dir. sport.

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vengono vincolati all’arbitrato, o ai soci che, pur dissentendo dall’intro-duzione di una clausola arbitrale nello statuto, vi sono obbligati salvo ilrecesso.

L’idea che sta alla base è la seguente: se un soggetto vuole partecipareal gruppo deve sottostare alle sue regole e, pertanto, per rifiutare l’arbi-trato l’unica via è uscire dalla società.

A me pare che, pur nel silenzio della legge, si debba ragionare inquesti termini anche con riguardo all’usufruttuario, che partecipa a tuttigli effetti all’organizzazione societaria, pur non assumendo formalmentela qualifica di socio. Non v’è dubbio infatti che l’usufrutto trapiantato nelmondo dell’impresa perda la sua caratterizzazione di godimento dellastatica proprietà immobiliare per inserirsi in una dinamica dimensioneproduttiva (35). Non deve sorprendere, quindi, che alcuni profili (36), qualequello che sto affrontando, non possano essere risolti facendo riferimentoalla disciplina tradizionale dell’usus, bensì debbano essere affrontati dalladiversa prospettiva della legge del gruppo.

In questo senso, può essere valorizzata un’esegesi più ampia deltermine “soci” utilizzato dall’art. 34 cit. (37).

Ciò posto, (almeno limitatamente ai casi in cui vi è acquisto ecorrispondente perdita di legittimazione (38)) vi è l’ulteriore argomento dicui ho detto nel paragrafo precedente.

(35) È la giusta riflessione di Francesco Corsi, riportata da Bencini e Bucelli nellapresentazione dell’incontro L’usufrutto nelle società, in Le società, 2016, 929; v. poi BUCELLI,Usufrutto di quote societarie e diritto di voto, ivi, 957.

(36) Sull’utilità di fare comunque riferimento alla disciplina civilistica, POLETTI, Deca-denza o metamorfosi dell’usufrutto? Spunti per una riflessione, in Le società, 2016, 930 ss., spec.934.

(37) In tal senso anche DALMOTTO, L’arbitrato nelle società, cit., 111.(38) Mi riferisco al problema posto dall’ultimo comma dell’art. 2352 c.c., quando attri-

buisce una legittimazione disgiunta ed autonoma (non congiunta, ZANARONE, in Il c.c. Com-mentario, sub art. 2471-bis, a cura di Busnelli, Milano, 2010, 728 ss. ed ivi citt.) sui dirittiamministrativi diversi dal diritto di voto, sia al nudo proprietario sia all’usufruttuario. Sull’am-bito applicativo della disposizione si discute in letteratura: per Trib. Roma, 27 aprile 2011, inDejure, ad esempio, sono a legittimazione disgiunta l’azione di responsabilità dell’amministra-tore e la sua revoca (v. anche la rassegna DELLE VERGINI, L’usufrutto nell’aula di giustizia, in Lesocietà, 2016, 953 ss.). Ad ogni modo, molti interpreti, condivisibilmente, avvertono l’opportu-nità di restringere al massimo questa categoria, per via delle incertezze che desta l’esercizioconcorrente; cfr. ad es. RACUGNO, Sulla legittimazione dell’azionista nudo proprietario a pro-porre denunzia ex art. 2409 c.c., in Riv. dir. comm., 2013, 442-444, in nota a Trib. Cagliari, 24novembre 2011, secondo cui, quando nel trasferimento costitutivo è specificato che sonodevoluti all’usufruttuario “tutti i diritti e gli obblighi inerenti le quote cedute”, all’usufruttuariosoltanto spetterebbe il potere ex art. 2409 c.c. Il problema è ancor più sentito nelle s.r.l.(LUCIANO, Usufrutto di partecipazioni sociali ed esercizio dei diritti amministrativi nelle società dicapitali, in Giur. comm., 2015, I, 199 ss. con riguardo ai poteri gestori; POLI, in Il nuovo dirittodelle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005, 1890 ss.). Volendo trarre dagli argomentida me sostenuti nel par. 2 del testo coerenti conseguenze, non v’è luogo qui a perdita dilegittimazione, sicché non può sostenersi l’opponibilità della clausola arbitrale per questa via:rimane però l’argomento generale della “legge del gruppo”.

364

Infatti, ai sensi dell’art. 2352 c.c. (39) (cfr. anche l’art. 2471-bis, conriguardo alle s.r.l. (40)), il diritto di voto è attribuito all’usufruttuario (41),cui spetta, conseguentemente, il diritto di intervenire in assemblea (comesi desume dall’art. 2370 c.c.) (42). Dovrebbe conseguire, coerentemente(ma non pacificamente (43)), l’attribuzione all’usufruttuario del diritto diimpugnare le delibere assembleari della società (44) e di tutti i diritti“simili, connessi e derivati” (45).

Parimenti, dal combinato disposto degli artt. 981 e 2791 c.c., lalegittimazione sui diritti patrimoniali (46) nei confronti della società variconosciuta all’usufruttuario.

Nella specie, si trattava della rivendica dei utili, su cui dunquel’usufruttuario aveva legittimazione esclusiva.

Perciò, quando la clausola compromissoria contenuta nello statutodella società copre la lite in questione, è giocoforza ritenere che l’usufrut-tuario sia tenuto all’arbitrato, dato che il venir meno della legittimazionein capo al nudo proprietario impedisce a quest’ultimo di esercitare i poteriderivanti dalla scelta arbitrale, né è possibile per l’usufruttuario, divenutolegittimato, tutelare i propri diritti con l’azione statuale, perché il suoesercizio è stato bloccato dalla presenza di una clausola compromissoriastatutaria.

ELENA ZUCCONI GALLI FONSECA

(39) Su cui POLI, in Il nuovo diritto delle società, cit., 216 ss.(40) Cfr. ZANARONE, in Il c.c. Commentario, sub art. 2471-bis, cit., 720 ss.(41) WEIGMANN, Adattamento dell’usufrutto all’impresa commerciale, in Le Società, 2016,

940 ss. con il focus sulle società di persone e s.r.l.; SCARPA, Titoli nominativi, in Il c.c.Commentario, a cura di Busnelli, Milano, 2016, 487 ss.

(42) VISENTINI, voce Azioni di società, in Enc. dir., Milano, IV, 1959, 982 ss. che estendealtresì al diritto di ispezionare il libro delle adunanze dell’assemblea, al diritto di esaminare ilbilancio e al diritto di denuncia al collegio sindacale, nonché di denuncia al tribunale.

(43) Cfr. per la legittimazione disgiunta ai sensi dell’art. 2352, ult. comma, LA ROCCA,Usufrutto di quota di s.r.l. e diritto di impugnare la decisione sociale annullabile, in Le soc., 2010,1319 ed ivi ulteriori citt.; ASSOCIAZIONE PREITE, in, Il diritto delle società, a cura di Olivieri, Presti,Vella, Bologna, 2006, 103; BUCELLI, Usufrutto di quote societarie e diritto di voto, cit., 957 ss.,spec. 964, giustamente richiama l’attenzione sulla necessità di individuare regolazioni e controllireciproci (cfr., sull’abuso dell’usufruttuario, BENCINI, L’abuso dell’usufruttuario nel diritto com-merciale, in Le società, 2016, p. 946 ss.); su questi aspetti anche MILLEPEZZI, Impugnazione didelibere societarie: casi dubbi di legittimazione dei soci, in Il Nuovo diritto delle società, 2016, 43ss.

(44) VISINTINI, op. loc. citt.; Cass., 19 giugno 2005, n. 13169, in Dejure; Trib. Palermo, 12marzo 2010, n. 1991, in Le società, 2010, 1314, con nota di LA ROCCA cit. supra; per lalegittimazione concorrente Trib. Milano, 10 aprile 1989, in Giur. it., 1989, I, 2, 725, con riguardoalla nullità sollevabile da chiunque vi abbia interesse (ma in tal caso, a mio avviso, il socio agiscecome “terzo”, rispetto al diritto fatto valere dall’usufruttuario: in altri termini, acquista unanuova legittimazione come terzo interessato).

(45) SCARPA, op. cit., 488.(46) Cfr. VISINTINI, op. loc. citt.; BUCELLI, Usufrutto di quote societarie e diritto di voto, cit.,

958, nota 9.

365

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Unite civili, sentenza 7 dicembre 2016, n. 25045;CANZIO Pres.; RAGONESI Est.; IACOVIELLO P.M. (diff.); Todini Costruzioni GeneraliS.p.A. (avv.ti F. Iannotta, G. Iannotta) c. Altarea sca, Altarea Italia S.r.l. (avv.tiFioravanti, Ruffino); F.P., L.M., V.S. (avv. Frisina).

Arbitrato - Arbitri - Diritto al compenso - Determinazione rimessa al Presidentedel tribunale in base all’art. 814 c.p.c. - Natura del procedimento - Reclamo- Natura dell’ordinanza emessa in sede di reclamo - Funzione giurisdizionalecontenziosa - Provvedimento decisorio e definitivo - Conseguenze - Ricorsostraordinario per cassazione ex art. 111 co. 7 cost. - Ammissibilità.

Alla luce della compiuta giurisdizionalizzazione dell’arbitrato operata dald.lgs. n. 40 del 2006, deve ritenersi ammissibile il ricorso straordinario per cassa-zione avverso l’ordinanza resa dalla corte di appello, in sede di reclamo, contro ilprovvedimento del presidente del tribunale di determinazione del compenso degliarbitri ex art. 814 c.p.c. come riformato dal d.lgs. citato, atteso che quell’ordinanzaha natura giurisdizionale a tutti gli effetti, ed è caratterizzata dai requisiti didecisorietà e definitività, incidendo sul diritto soggettivo al compenso con efficacia digiudicato senza che ne sia possibile la modifica o revoca attraverso l’esperimento dialcun altro rimedio giurisdizionale.

CENNI DI FATTO. — La Corte d’Appello di Roma, con ordinanza depositata il10.9.12, ha parzialmente accolto il reclamo, ex art. 814 c.p.c., comma 3, e art. 825c.p.c., avverso il decreto di liquidazione delle competenze arbitrali compiuta dalPresidente del Tribunale della stessa città, riducendo la somma liquidata dal primoin favore degli arbitri L.M., V.S. e F.P. e posta a carico solidale delle parti delgiudizio arbitrale ripartita tra di esse nella misura di 2/3 a carico della T. C.Generali SpA e di 1/3 a carico di A. sca, società di diritto francese, e A. Italia srl,con compensazione delle spese del procedimento.

La Corte territoriale ha affermato, in particolare, che l’abrogazione delletariffe forensi, ad opera del D.L. n. 1 del 2012, in attesa del decreto attuativo ex art.9 detto Decreto, non impediva di servirsi di quelle, come strumento equitativo pervalutare l’adeguatezza del compenso liquidato agli arbitri, ancor più perché questiformavano un collegio misto, e senza che potesse rilevare, in quella sede, l’asseritainesistenza o nullità dell’attività arbitrale.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la società T. C.Generali SpA, con due mezzi articolati sulla premessa di una rimeditazione, daparte di questa Corte, dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost.

MOTIVI DELLA DECISIONE. — (Omissis). 3. La prima questione da esaminareè quella sollevata dai controricorrenti arbitri concernente l’ammissibilità o menodel ricorso straordinario per cassazione avverso il provvedimento di liquidazionedel compenso agli arbitri.

Si rammenta a questo proposito che queste Sezioni Unite (Sez. U., 03/07/2009, nn. 15586 e 15592) hanno in un primo momento ritenuto che il procedimentodi cui all’art. 814 c.p.c. (nella formulazione anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006)previsto per la liquidazione del compenso agli arbitri svolge “una funzione

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giurisdizionale non contenziosa” che si conclude con una ordinanza di naturaessenzialmente privatistica, perciò carente di vocazione al giudicato ed insuscet-tibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7.

Tale orientamento è stato confermato successivamente da Sez. U., 31/07/2012,n. 13620, seppure con un diverso ordine di considerazioni, “attinenti all’esigenza diassicurare un sufficiente grado di stabilità agli indirizzi giurisprudenziali formatisiriguardo all’interpretazione di norme che, come l’art. 814 c.p.c., presentano inproposito margini di opinabilità”.

Tale orientamento interpretativo richiede una necessaria rivisitazione allaluce della intervenuta modifica della disciplina normativa in materia di arbitratocome introdotta dalla novella di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, con particolareriferimento agli artt. 814 e 825 c.p.c. apparendo ormai superato il tradizionaleenunciato secondo cui l’arbitrato è sempre atto di autonomia privata.

Invero le stesse Sezioni Unite (Cass. Sez. U. 25/10/2013, n. 24153) hannorecentemente affermato, in materia di arbitrato estero e in via più generale —attraverso una rivisitazione della natura stessa dell’istituto —, la compiuta giuri-sdizionalizzazione dell’arbitrato a seguito della novella recata dal D.Lgs. n. 40 del2006, operando un consapevole “overruling” dei profili processuali. A tale propo-sito è stato altresì successivamente affermato che “l’attività degli arbitri rituali,anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio1994, n. 25 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale esostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una contro-versia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione dicompetenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizio-nale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali,ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questionedi giurisdizione” (Cass. Sez. U. 06/11/2014, n. 23675).

Queste Sezioni Unite ritengono di doversi conformare al più recente orien-tamento espresso dalle appena citate sentenze che trova il proprio fondamentosulle disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n 40, da cui si desume con ognievidenza la natura giurisdizionale dell’arbitrato.

Il provvedimento, dunque, della Corte d’appello di Roma che ha accoltoparzialmente il reclamo avverso il provvedimento di liquidazione delle compe-tenze arbitrali effettuato dal presidente del tribunale di Roma deve ritenersi a tuttigli effetti un provvedimento giurisdizionale.

Ciò posto, al fine di esaminarne la ricorribilità con il ricorso straordinario percassazione ex art. 111 Cost., occorre valutare se ricorrono i due requisiti delladecisorietà e della definitività. Come è noto i caratteri di definitività e decisorietàdel provvedimento (al di là della forma adottata di ordinanza o decreto) checomportano l’efficacia di giudicato, si ravvisano quando la decisione incide susituazioni soggettive di natura sostanziale, senza che ne sia possibile la revoca o lamodifica attraverso l’esperimento di alcun altro rimedio giurisdizionale. Nel casodi specie, oggetto della controversia è la determinazione del compenso per losvolgimento di una attività quale quella di arbitri svolta da professionisti qualificatiche va necessariamente qualificata come professionale.

Non pare pertanto seriamente contestabile che il riconoscimento e la deter-minazione di un compenso per l’attività svolta investa una controversia su dirittisoggettivi.

368

A tale proposito è appena il caso di rammentare analoghi procedimenti perla liquidazione di altre prestazioni professionali riguardo ai quali la giurisprudenzaè costante nel riconoscerne carattere contenzioso e per i quali è perciò consentitol’accesso in cassazione.

In primo luogo, il procedimento in esame può confrontarsi con lo specialeprocedimento camerale di tipo sommario previsto per la liquidazione dei diritti edegli onorari degli avvocati, che viene pacificamente considerato contenziosoperché incidente su diritti soggettivi di credito dei professionisti, con la conse-guenza che il regime delle impugnazioni segue il criterio della prevalenza dellanatura sostanziale del provvedimento sulla forma, consentendo l’impugnazionevuoi con il mezzo dell’appello, vuoi con quello del ricorso straordinario incassazione (Cass. Sez. un. 182/1999; Cass. 960/09; Cass. 1666/12; Cass. 4002/16).

In secondo luogo, può paragonarsi al procedimento di opposizione al decretodi liquidazione dei compensi degli ausiliari del giudice, avverso il quale è ritenutoammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, in virtùdel rinvio al procedimento speciale per la liquidazione degli onorari di avvocato(Cass. 24959/11).

Infine, può rapportarsi con i procedimenti di liquidazione dei compensi inmateria fallimentare. In tale ambito, infatti, si ritiene pacificamente impugnabilecon ricorso straordinario il decreto del tribunale emesso in sede di reclamo avversoil provvedimento del giudice delegato di liquidazione dei compensi al difensoredella procedura ovvero al consulente, in quanto connotato da un carattere defi-nitivo (non essendo soggetto ad ulteriore impugnazione) e da un effetto decisorioincidendo su diritti soggettivi (Cass. 7782/07; Cass. 15941/07; Cass. 13482/02; Cass.16136/11).

Nel caso di specie, inoltre, non appare possibile alcun riferimento alladisciplina di cui agli artt. 1339 e 1349 c.c. che concernono l’integrazione dellavolontà negoziale delle parti da parte del terzo cui queste abbiano conferito talecompito. L’art. 814 c.p.c. prevede infatti una disciplina del tutto diversa in quantonel caso di specie è una delle parti che determina l’ammontare del compensodovuto e non già un terzo.

Ciò del resto corrisponde al principio secondo cui è il professionista chedetermina la propria parcella che deve essergli corrisposta dai propri clienti oassistiti salvo poi, in caso di mancata accettazione da parte di questi ultimi, esauritigli eventuali procedimenti interni ai vari ordini professionali, ricorrere al giudiceper la determinazione.

Nessun atto di carattere negoziale interviene quindi nella fattispecie in esamenon sussistendo alcun preventivo accordo tra le parti del rapporto in tal senso.

Sotto un ulteriore profilo non appare a tale proposito contestabile che le partie gli arbitri possano direttamente ricorrere per la determinazione del compensodegli arbitri ad un ordinario processo di cognizione o ad un procedimentomonitorio. Da ciò deve necessariamente concludersi che il procedimento specialeprevisto dall’art. 814 c.p.c., quale via alternativa al processo ordinario, necessaria-mente effettua un accertamento che coinvolge diritti avendone la medesimanatura giurisdizionale.

Tale natura del resto non potrebbe essere negata in ragione delle formesemplificate che lo contraddistinguono, poiché l’utilizzo di procedimenti sommarinon esclude la loro funzione di risolvere una controversia tra parti contrapposte.

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Quanto alla definitività, questa attiene come è noto alla mancanza di diversirimedi impugnatori e nel caso di specie deve ritenersi che, una volta conclusosi ilprocedimento di reclamo innanzi alla Corte d’appello, nessuna ulteriore impugna-zione sia possibile se non il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

A ciò non osta la circostanza che, come in precedenza osservato, sussiste pergli arbitri la possibilità di sottoporre la medesima controversia in sede di giudizioordinario in quanto tale facoltà non esclude che, se gli arbitri optano per il diversoprocedimento sommario di liquidazione da parte del presidente del tribunale conpossibilità di successivo reclamo innanzi alla Corte d’appello, questo secondoprocedimento rivesta anch’esso carattere giurisdizionale.

Il rapporto tra i due procedimenti giudiziari resta in tal modo regolato dalprincipio del giudicato per cui, una volta formatosi quest’ultimo in uno dei duegiudizi, resta preclusa all’altro la possibilità di emanare pronuncia sulla stessacontroversia.

(Omissis).

Il ritorno al futuro delle Sezioni Unite sulla natura e sul regime impugna-torio dell’ordinanza di liquidazione del compenso degli arbitri.

1. Le Sezioni unite della Corte di cassazione tornano ancora unavolta ad occuparsi della ricorribilità ex art. 111 comma 7 cost. dell’ordi-nanza di liquidazione giudiziale del compenso degli arbitri. Stavolta peròintervengono con riferimento alla impugnabilità tramite ricorso straordi-nario del provvedimento di reclamo ex art. 814 c.p.c. comma 3, introdottodopo il d. lgs. 40/2006.

La previsione di uno strumento di impugnazione dell’ordinanza diliquidazione e la giurisdizionalizzazione dell’arbitrato realizzata con lariforma del 2006 (1), e confermata nell’interpretazione datane dalla giuri-sprudenza di legittimità, impongono alle Sezioni Unite una rivisitazionedell’ormai consolidato orientamento volto ad escludere la ricorribilità incassazione dell’ordinanza ex art. 814 c.p.c.

La Corte, stravolgendo l’interpretazione inaugurata nel 2009 (2) eseguita fino ad ora con rare eccezioni (3), ripensa alla natura del procedi-mento sommario di liquidazione del compenso degli arbitri e, conforme-mente a quella che è rimasta la posizione prevalente in corrispondentiambiti di altre materie come, ad esempio, la liquidazione del compensodegli avvocati, giunge alla conclusione di attribuirle natura giurisdizionale

(1) Su cui v. infra.(2) V. Cass. 3 luglio 2009, n. 15586, in questa Rivista, 2009, 692 ss., con nota di TISCINI; in

Riv. Dir. Proc., 2010, 487 ss., con nota di CORRADI; in Corriere del Merito, 2009, 1100 con notadi TRAVAGLINO.

(3) Tar Campania, 12 luglio 2011, n. 3732 che afferma la natura giurisdizionale delprocedimento di liquidazione del compenso degli arbitri. V. anche l’invito ad un ripensamentosul tema da parte di Cass. 11 agosto 2011, n. 17209.

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contenziosa, ammettendo — quale effetto di tale nuovo inquadramento —la possibilità del ricorso straordinario avverso il provvedimento di reclamonon più altrimenti impugnabile (4).

Non si tratta della prima pronuncia della Suprema Corte sotto l’egidadella disciplina introdotta nel 2006 (5). Il giudice di legittimità, seguendo leorme dei precedenti delle Sezioni unite aveva continuato, nonostante laprevisione del reclamo, a confermare la natura non contenziosa delprocedimento e ad escludere perciò il ricorso ex art. 111 co. 7 cost. (6).

2. Affermano le Sezioni unite, con la sentenza in commento (7),quanto si palesi necessaria una rivisitazione dell’orientamento interpreta-tivo finora adottato — ritenuto superato anche alla stregua del venir menodella teoria negoziale dell’arbitrato — sulla questione del procedimento diliquidazione del compenso agli arbitri, alla luce della disciplina normativain materia di arbitrato introdotta dalla novella di cui al d. lgs. 2 febbraio2006, n. 40 e, segnatamente, agli artt. 814 e 825 c.p.c.

Proposto ricorso straordinario in cassazione contro l’ordinanza dellaCorte d’appello di Roma con la quale era stato parzialmente accolto ilreclamo avverso il provvedimento del Presidente del tribunale di liquida-zione delle competenze arbitrali, la prima sezione della Suprema Corte siè trovata preliminarmente a dover esaminare la questione dell’ammissi-bilità del ricorso ex art. 111 co. 7 cost., visto l’automatico adeguamentogiurisprudenziale al precedente delle Sezioni unite del 2009.

In particolare, nell’ordinanza interlocutoria (8) si osserva come il

(4) Condivide senza riserve la decisione delle Sezioni Unite, TISCINI, È (nuovamente)contenzioso e censurabile in cassazione il procedimento di liquidazione del compenso degliarbitri, in Giust. proc. civ., 2017, par. 5, in corso di pubblicazione.

(5) Con il d. lgs. 40/2006 l’art. 814 c.p.c. è stato riformato con la previsione dellapossibilità di reclamo avverso l’ordinanza di liquidazione del compenso arbitrale, a normadell’art. 825 c.p.c. Sul testo riformato dell’art. 814 c.p.c., senza pretesa di completezza, v.GIOVANNUCCI ORLANDI, Commento sub art. 814, in AA.VV., Arbitrato, a cura di Carpi, 272, ss.;NELA, Commento sub art. 814, in AA.VV., Le recenti riforme del processo civile, diretto daChiarloni, II, Bologna, 2007, 1694; CECCHELLA, Commento sub art. 814 c.p.c., in La nuovadisciplina dell’arbitrato, a cura di Menchini, Padova, 2010, 1235; RUFFINI, RAVIDÀ, Commentosub art. 814 c.p.c., in Commentario breve al diritto dell’arbitrato nazionale ed internazionale, acura di Benedettelli, Consolo, Radicati di Brozolo, Padova, 2010, 146 ss.; ODORISIO, Primeosservazioni sulla nuova disciplina dell’arbitrato, in Riv. dir. proc., 2006, 256; MARULLO DI

CONDOJANNI, Commento sub art. 814 c.p.c., in Commentario alle riforme del processo civile, acura di Briguglio, Capponi, Padova, 2009, 653 ss.; RUFFINI, Commento sub art. 814 c.p.c., inCodice di procedura civile, diretto da CONSOLO, Milano, 2013, 1671 ss.

(6) Vd. Cass. 25 febbraio 2015, n. 3812, in Foro it., Rep. 2015, voce Arbitrato, n. 86; Cass.7 luglio 2014, n. 15458, in Foro it. Le banche dati, archivio, Cassazione civile; 8 febbraio 2013,n. 3069, id., Rep. 2013, voce Arbitrato, n. 112.

(7) Per un primo commento alla sentenza v. CANALE, Compenso degli arbitri e ricorso percassazione - Il ritorno a ragionevolezza delle Sezioni unite: il provvedimento di liquidazione delcompenso agli arbitri ha natura decisoria e definitiva ed è pertanto ricorribile per cassazione, inGiur. It., 2017, 727 ss.

(8) Cass. 8 marzo 2016, n. 4517.

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predetto passato intervento delle Sezioni unite avesse attribuito funzionegiurisdizionale non contenziosa al procedimento di cui all’art. 814 c.p.c.per la liquidazione giudiziale del compenso arbitrale — nella formulazioneanteriore alla riforma del 2006 — atteso che esso si conclude con unaordinanza di natura essenzialmente privatistica e quindi inidonea allaformazione del giudicato e perciò insuscettibile di ricorso per cassazione,ex art. 111 cost., comma 7. Ripercorrendo l’evoluzione giurisprudenzialesul tema, la seconda sezione richiama inoltre l’ultimo intervento delleSezioni unite sull’art. 814 c.p.c. e, segnatamente, ricorda che nel 2011 laseconda sezione della Cassazione (9), prendendo le distanze dal prece-dente delle Sezioni unite, non condividendone i principi ivi enunciati,aveva rimesso gli atti al Primo presidente ex art. 374 c.p.c., sollecitando unripensamento sul tema, anche alla luce delle novità normative introdottecon la riforma del 2006 (10) in punto di reclamabilità dell’ordinanza diliquidazione del compenso degli arbitri.

Nonostante la condivisibile motivazione della sezione semplice, leSezioni unite — con la sentenza n. 13620 del 2012 (11) — confermavanol’orientamento già espresso nel 2009 seppure fondandosi su motivazioniche nulla avevano a che vedere con il ragionamento sotteso al diniegodella ricorribilità per cassazione dell’ordinanza ex art. 814 c.p.c. Ed invero,la Corte dichiarava inammissibile il ricorso ex art. 111, comma 7, cost. persoddisfare la necessità di garantire un “sufficiente grado di stabilità agliindirizzi giurisprudenziali formatisi riguardo all’interpretazione di normeche, come l’articolo 814 c.p.c., presentano in proposito margini di opina-bilità”, sostenendo perciò che senza delle forti ed apprezzabili ragionigiustificative non è possibile discostarsi da una interpretazione del giudicedi legittimità, investito istituzionalmente della funzione nomofilattica. Vi èpiù se la diversa interpretazione della norma di legge invocata risultiparimenti compatibile con quella precedentemente affermata dalla Cas-sazione, essendo aprioristicamente da preferire l’interpretazione più sta-bile (12).

(9) Cass., 11 agosto 2011, n. 17209, in Foro it., 2011, 2631.(10) Novità normative non applicabili ratione temporis alla fattispecie controversa pen-

dente innanzi alla Corte ma comunque idonee a rendere “propizia l’occasione per unarimeditazione della questione”, giacché la seconda sezione riteneva che anche l’ordinanza resasul reclamo avrebbe potuto essere oggetto di ricorso straordinario.

(11) Cass. 31 luglio 2012, n. 13620, in questa Rivista, 2012, 847 ss. e in www.judicium.it connota di TISCINI; in Corr. Merito, 2013, 287, con nota di TRAVAGLINO.

(12) Osservava Cass. 31 luglio 2012, n. 13620 che “Tale rilievo appare tanto più perti-nente in materia di interpretazione di norme processuali, come appunto nella fattispecie, dovel’esigenza di un adeguato grado di certezza si manifesta con maggiore evidenza, non potendol’utente del servizio giustizia essere esposto al rischio di frequenti modifiche degli indirizzigiurisprudenziali con evidenti gravi ripercussioni sulla effettiva tutela dei propri diritti purgarantita dall’art. 24 Cost.; in tal senso deve pure considerarsi che la sentenza di questa Cortein ordine alla quale è stata sollecitata una nuova riflessione è stata pronunciata in epocapiuttosto recente”.

372

Per le Sezioni unite del 2011, in altre parole, il meccanismo previstodall’art. 374, comma 3 c.p.c., in forza del quale la sezione semplice dellaCorte può rimettere la decisione del ricorso alle Sezioni unite tutte le voltenelle quali non condivida il principio di diritto enunciato da queste ultime,non può trovare applicazione se sulla stessa questione controversa vi siagià stata una recente pronuncia delle Sezioni unite, seppure la soluzioneofferta non sia condivisa dalle sezioni semplici. Il che in pratica equivalea mortificare ed annullare la portata applicativa della norma (13).

Restava perciò invariata l’interpretazione dell’art. 814 c.p.c., confer-mandosi l’intangibilità del precedente giurisprudenziale che attribuiva alprocedimento di liquidazione del compenso arbitrale funzione non giuri-sdizionale e conseguentemente considerava non impugnabile il provvedi-mento del giudice reso sulla questione.

Senonché, dopo un periodo di stabile applicazione dell’interpreta-zione delle Sezioni unite, la prima sezione (14) decide di rimettere gli attial Primo presidente per valutare l’eventuale assegnazione alle Sezioniunite civili, stavolta per la soluzione della questione di massima di parti-colare importanza, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 2, ult. parte,bypassando così il problema della non condivisione del principio di dirittoin precedenza enunciato (ex art. 374, comma 3 c.p.c.) (15), motivando adogni buon conto le ragioni per cui apparirebbe necessario un ripensa-mento sulla questione (16). Stando all’ordinanza interlocutoria, perciò, laquestione di massima sottoposta all’esame di legittimità appare oggi diparticolare importanza in ragione delle novità normative introdotte con il

(13) Sul punto v. anche per riferimenti bibliografici sulla portata dell’art. 374, comma 3c.p.c., TISCINI, Ordinanza di liquidazione del compenso degli arbitri, ricorso per cassazione edincensurabilità del vizio logico della motivazione, tra Sezioni unite e riforme legislative, in questaRivista, 2012, 857, secondo cui “il precedente delle Sezioni unite — che costituisce il presup-posto per l’applicazione della norma (...) si rivela il limite di applicazione della stessa”. D’altraparte, il vincolo che le Sezioni semplici hanno di seguire il precedente delle Sezioni unite hacarattere meramente processuale, non essendo obbligate a seguire ogni scelta già assunta inpassato se con essa non concordano. Sono invece tenute a manifestare il loro dissenso in unaordinanza che investa della questione le Sezioni unite. V. LUISO, Il vincolo delle Sezioni semplicial precedente delle Sezioni unite, in Giur. It., 2003, 821; CAPORUSSO, Commento all’art. 374 c.p.c.,in La riforma del giudizio di cassazione, Padova, 2009, 238, 239.

(14) Ordinanza 8 marzo 2016, n. 4517 cit.(15) Ai sensi dell’art. 374 c.p.c. sono tre le ipotesi in cui può aversi la pronuncia a Sezioni

unite: a) quando si debbano decidere questioni di giurisdizione, b) quando il primo presidenteravvisi che la questione di diritto sia già stata decisa in senso difforme dalle Sezioni semplici oquando individui una questione di massima di particolare importanza; c) quando la sezionesemplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite.

(16) La prima sezione da una parte afferma che nel rinnovato ambito sistematico, dovutoalla nuova lettura data dalla giurisprudenza di legittimità alla più generale natura del procedi-mento arbitrale rituale, risulta un evidente interesse al ripensamento dei punti critici giàsegnalati dall’ordinanza di rimessione della terza sezione civile del 2011 (elencando peraltro leragioni per cui tale ripensamento appare opportuno, in ossequio a quanto previsto dall’art. 374,comma 3 c.p.c.); dall’altra decide di rimettere gli atti al Primo presidente per valutare laquestione di massima di particolare importanza, ai sensi dell’art. 374 comma 2 ultima parte c.p.c.

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d. lgs. 40/2006 e in virtù del mutato orientamento della Corte sulla naturadell’arbitrato rituale.

3. Quale che sia la tecnica utilizzata dalla Sezione semplice perottenere una pronuncia ex art. 374 c.p.c., di fatto giunge alle Sezioni unitela questione dell’ammissibilità del ricorso straordinario del provvedi-mento di reclamo ex art. 814 comma 3 c.p.c. (17).

La Corte ripercorre l’orientamento giurisprudenziale sulla natura delprocedimento di liquidazione del compenso degli arbitri a partire dallesentenze delle Sezioni unite del 3 luglio 2009 nn. 15586 e 15592 le quali, incontrotendenza rispetto a quella che sembrava essere la consolidatagiurisprudenza di legittimità quanto all’ammissibilità del ricorso straordi-nario in cassazione avverso tutti i provvedimenti contenenti liquidazionedi onorari e spese di avvocati, arbitri e ausiliari, avevano affermato lanatura negoziale del procedimento de quo.

Fino ad allora la posizione della Corte si era dimostrata stabile nelritenere che il provvedimento del presidente del tribunale ex art. 814 c.p.c.avesse natura decisoria e definitiva e perciò fosse ricorribile ex art. 111 co.7 cost. (18). Si tratta infatti di un provvedimento che incide sul diritto degliarbitri al compenso, determinandone la quantificazione.

Tuttavia la Cassazione, non paga dell’orientamento appena riferito,nel 2009 prima e nel 2012 poi, raffigura nuovamente natura, effetti e modidi impugnazione dell’ordinanza resa sull’onorario arbitrale, inquadrandola determinazione adottata dal presidente del tribunale ex art. 814 c.p.c.come un atto integrativo della volontà negoziale. Secondo tale imposta-zione, il giudice si limiterebbe a stabilire l’ammontare del compenso degliarbitri ovvero a quantificare un diritto già maturato e perciò non contro-verso. Tanto imporrebbe di incasellare il procedimento ex art. 814 c.p.c.nell’alveo della giurisdizione non contenziosa che non può mettere capoperciò a decisioni su diritti (da cui a sua volta deriva la non ricorribilità incassazione della relativa determinazione giudiziale).

Tale impostazione non è tuttavia condivisa dalla pronuncia in com-mento che giunge ad ammettere la ricorribilità in cassazione dell’ordi-nanza resa a seguito del reclamo ex art. 814 comma 3 c.p.c.

Ciò che piacevolmente meraviglia è che, nell’ammettere la ricorribi-lità in cassazione ex art. 111 co. 7 Cost avverso la novità, ovvero l’ordi-

(17) Si tratta del primo provvedimento delle Sezioni unite riferibile direttamente all’or-dinanza di reclamo avverso il provvedimento di liquidazione ma il terzo — in meno di undecennio — sulla natura (contenziosa o negoziale) del procedimento per la determinazione delcompenso dell’arbitro ai sensi dell’art. 814 c.p.c.

(18) V. TISCINI, Il ricorso straordinario in Cassazione, Torino, 2005, 382, spec. nota 25 peri riferimenti giurisprudenziali in tema si ammissibilità del ricorso straordinario avverso ilprovvedimento di liquidazione del compenso degli arbitri. V. anche CECCHELLA, Commento subart. 814 c.p.c., La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., 133.

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nanza resa a seguito del reclamo, finora non previsto e quindi nonammesso, la Corte abbia colto l’occasione per rivisitare più in generale lapropria posizione sulla natura del procedimento di liquidazione del com-penso arbitrale (19).

Ed invero, le Sezioni unite riconoscono natura di provvedimentogiurisdizionale all’ordinanza di determinazione di spese e onorari dell’ar-bitro. Per fare questo smontano passo passo il precedente giurispruden-ziale sotto più profili, finendo per attribuire al provvedimento reso aseguito del reclamo ex art. 814 comma 3 c.p.c. le caratteristiche delladecisiorietà e definitività idonee ad aprire la strada del ricorso straordi-nario in cassazione.

Con riferimento alla definitività, l’art. 814 c.p.c., dopo aver previsto lareclamabilità dell’ordinanza di liquidazione giudiziale delle spese e del-l’onorario dell’arbitro, non prevede alcun ulteriore mezzo di impugna-zione per la decisione resa sul reclamo. Inoltre si tratta di un provvedi-mento non più revocabile o modificabile (20) né altrimentiriesaminabile (21). Una volta resa la decisione sul reclamo, la questione delcompenso arbitrale non sarà più valutabile da alcun altro giudice (22).

Oggetto del procedimento ex art. 814 c.p.c. è la liquidazione delcompenso degli arbitri (23), non anche l’accertamento dell’esistenza deldiritto di credito (24). Solo con riferimento al secondo profilo, ovvero

(19) D’altra parte, come osserva TISCINI, È (nuovamente), cit., par. 2, quello sullaimpugnabilità in cassazione dell’ordinanza resa in sede di reclamo è un quesito “la cui rispostasi annida nella natura che voglia assegnarsi al procedimento in sé”.

(20) Cfr. RUFFINI, Commento sub art. 814 c.p.c., cit., 1680. V. di recente, App. Potenza, 21marzo 2016, in Foro It., 2016, 2234, con nota di D’ALESSANDRO.

(21) Sul concetto di definitività intesa non solo come mancata previsione di uno stru-mento di impugnazione ma anche come impossibilità di sottoporre la medesima situazionesostanziale all’esame di un altro giudice, anche senza necessità di impugnazione v. TISCINI, Ilricorso straordinario, cit., 123 ss., spec. 155.

(22) Quanto alle questioni sollevabili attraverso il reclamo, nell’ordinanza interlocutoria,Cass. 8 marzo 2016, n. 4517, cit., si legge che, “nonostante il testo della disposizione possalasciare intendere che la reclamabilità sia legata e dipenda solo dalla qualificazione delprovvedimento come “titolo esecutivo” (che sia quindi reclamabile la sola ordinanza checontenga un quantum e valga perciò quale titolo per l’esecuzione forzata), appare più correttointendere l’estensione di questo tipo di reclamo non solo all’ordinanza di prime cure che abbiacontenuto condannatorio, ma anche a quella avente un contenuto processuale, come adesempio quella con cui il presidente tribunale si dichiari incompetente o chiuda il procedimentoper qualsiasi ragione di rito o che neghi nel merito il diritto al compenso”.

(23) Sul punto v. Cass. 27 luglio 1990, n. 7602, in questa Rivista, 1992, 92, secondo cui lasommarietà del procedimento, la competenza funzionale del Presidente del tribunale, la formadi ordinanza del provvedimento conclusivo, si giustificano con la limitatezza dell’oggetto delgiudizio stesso, ovvero di un procedimento volto solo all’accertamento del quantum. TISCINI, È(nuovamente) contenzioso, cit., par. 7, ritiene però che, una volta acclarata la natura contenziosadel procedimento ex art. 814 c.p.c., sarebbe una conseguenza naturale quella di attribuire adesso la funzione di conoscere e decidere non solo dei profili quantitativi del diritto al compenso,ma anche di quelli relativi alla sua esistenza.

(24) Così BOVE, La responsabilità degli arbitri, in questa Rivista, 2014, 278; ID., Lagiustizia privata, Padova, 2013, 101. Sul punto, GARBAGNATI, Sull’ordinanza di liquidazionedell’onorario degli arbitri, in Giur. It, 1968, I, 763, precisa che il procedimento speciale sarebbe

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all’an della pretesa, sarà eventualmente possibile investire un ulterioregiudice della questione (25) (ad esempio in sede di opposizione all’esecu-

utilizzabile solo quando l’an del diritto risulti incontestabile. Per CECCHELLA, Commento, cit.,160, il procedimento consente al giudice di conoscere incidenter tantum di tutte le questionirelative all’esistenza del diritto e, diversamente argomentando, ovvero escludendo una cogni-zione pur sommaria dell’intera fattispecie, si finirebbe per produrre una disparità di trattamentotra le parti; così ID., L’arbitrato, Torino, 2005, 132. Conseguenza dell’autonomia attribuita algiudizio sul compenso arbitrale rispetto al giudizio sull’an è ravvisabile nella totale indipen-denza tra il giudizio ex art. 814 c.p.c. e l’eventuale giudizio di impugnazione per nullità. Edinvero, gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all’onorario, indipendentementedall’esito delle impugnazioni e quindi dalla verifica della bontà del loro operato. Cfr. BRIGUGLIO,Commento sub art. 814, in Codice di procedura civile commentato, a cura di Vaccarella, Verde,Torino, IV, 1997, 841; VERDE, Gli arbitri, in Diritto dell’arbitrato, a cura di VERDE, Torino, 2005,142 In giurisprudenza v. Cass. 7 settembre 2012, n. 15053, in Foro it., Rep., 2012, voceProcedimento civile, n. 241 sulla non necessità della sospensione del giudizio ex art. 814 c.p.c. perla pendenza del giudizio di impugnazione, non essendo il giudizio sul quantum del compensocondizionabile da profili di invalidità del lodo o di responsabilità dell’arbitro. Secondo talecondivisibile impostazione — che nega la possibilità di sospensione — il presidente del tribunaleadito con il ricorso ex art. 814 c.p.c. si limita a valutare l’opera prestata dall’arbitro solo al finedi determinarne il compenso, dovendosi astenere, anche in via incidentale, dal verificare lavalidità della convenzione arbitrale, quella del lodo arbitrale, la regolare nomina dell’arbitro;tutte attività che devono invece essere svolte dal giudice investito dell’eventuale impugnazioneper nullità; Cass. 28 aprile 2010, n. 10221, in Foro it., Rep., 2010, voce Arbitrato, n. 109; Cass. 14aprile 2006, n. 8872, in Foro it., Rep., 2006, voce Arbitrato, n. 163; Cass. 26 novembre 1999, n.13174, in Foro it., 2000, I, 326. Contra T. Sondrio, 6 ottobre 2006, in questa Rivista, 2007, 613,con nota di SANTAGADA.

(25) Analogamente a quanto avviene con riferimento alla procedura per la liquidazionedel compenso degli avvocati ove è previsto che il rito sommario sia utilizzabile solo per lequestioni relative alla determinazione del quantum mentre per ciò che attiene all’esistenza deldiritto dovrà essere utilizzato il rito ordinario, con tutte le conseguenze che ne derivano anchein ordine all’appellabilità della relativa decisione. Ed invero, l’art. 14 del d. lgs. 150/2011regolante lo speciale procedimento per la liquidazione degli onorari spettanti agli avvocati perle prestazioni giudiziali, stabilisce l’inappellabilità dell’ordinanza che definisce il giudiziorelativo al quantum, per cui ogni volta che l’ordinanza statuisce sull’an del compenso essadiviene impugnabile con l’appello. Così Cass. 5 ottobre 2015, n. 19873, in Foro it., Rep. 2015,voce Avvocato, n. 183. Tuttavia, più di recente, Cass. 8 marzo 2017, n. 5843, in www.judicium.it,con nota di FANELLI, ha stabilito che il rito speciale previsto per la determinazione del compensodell’avvocato possa essere utilizzato anche in relazione all’accertamento dell’esistenza deldiritto a spese e onorari. Ciò in ragione del fatto che per i procedimenti sommari “obbligatori”disciplinati dal d. lgs. n. 150/2011, il controllo di compatibilità della singola lite con le forme delrito sommario di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c. non è rimesso alla valutazione discrezionale delgiudice, ma è compiuto dal legislatore a monte in base alla natura della controversia. Taleinterpretazione, secondo quest’ultima pronuncia della Corte, avrebbe il vantaggio di garantireuna maggiore economia processuale e sarebbe conforme al principio di c.d. conservazione degliatti processuali, impedendo la declaratoria d’inammissibilità del procedimento consentendo,per converso, il mutamento del rito nel caso di erronea scelta compiuta dal soggetto agente (v.anche Cass. 29 febbraio 2016, n. 4002, in Foro it., 2016, I, 1712, con nota di CEA). Tuttavia, cisembra che tale scelta ermeneutica non sia propriamente conforme alla ratio della normagiacché, quanto all’ambito di applicazione del procedimento ex art. 14 d. lgs. 150/2011, laRelazione illustrativa al decreto chiarisce che l’oggetto del processo resta limitato al quantumdel compenso, non potendo estendersi anche ai presupposti del diritto agli onorari. Inoltre, cosìragionando, si finirebbe per escludere l’appellabilità delle decisioni rese sull’an del diritto, inlinea con quanto previsto per i procedimenti ex art. 14 d. lgs. cit. Sul punto v. TISCINI, Commentosub art. 14, in La semplificazione dei riti civili, a cura di Sassani, Tiscini, Roma, 133. In tema,dopo la pronuncia della Cassazione del 2016, v. VACCARELLA, BRIGUGLIO, I riti utilizzabili perrichiedere giudizialmente la liquidazione del compenso all’avvocato, in www.judicium.it; BALENA,Il procedimento per la liquidazione degli onorari di avvocato: istruzioni per il nuovo uso, in Gius.

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zione fondata sull’ordinanza presidenziale) (26). Invece, in relazione alquantum, una volta resa la decisione sul reclamo, ogni ulteriore questionesarà preclusa dal provvedimento finale, facendo esso stato tra le parti (27).Ne deriva quindi il carattere definitivo della relativa decisione.

4. La Corte riconosce all’ordinanza ex art. 814 comma 3 c.p.c. lacaratteristica della decisiorietà, attribuendo al provvedimento giudizialenatura giurisdizionale.

Si tratta infatti di una decisione che non è tesa ad integrare la volontàdelle parti grazie all’intervento di un terzo cui esse abbiano conferitomandato bensì di una determinazione su un diritto che viene riconosciutoe quantificato dal giudice. In altri termini, è un provvedimento decisorio sudiritti.

D’altronde, il fatto che il procedimento in esame verta esclusivamentesul quantum dovuto agli arbitri, non esclude che si controverta di dirittisoggettivi dal momento che la quantificazione della prestazione professio-nale non è questione di minore dignità, sotto il profilo decisorio, rispettoa quella sul tema dei presupposti per l’attribuzione del diritto al com-penso. Non a caso, è proprio sul terreno delle controversie tese alladeterminazione del quantum debeatur che si è sviluppata la giurisprudenzasul ricorso straordinario in cassazione con riferimento al procedimento perla liquidazione del compenso degli avvocati. Il che significa riconoscereanche ai giudizi tesi alla mera quantificazione della prestazione naturagiurisdizionale contenziosa (28). La decisiorietà, infatti, è da ricondursi allapossibilità di produrre una utilitas (29) per chi richiede tutela, utilità che ècertamente percepibile attraverso il procedimento ex art. 814 c.p.c.

D’altra parte, non era sostenibile l’idea che il giudice fungesse da

proc. civ., 2017, 1 ss.; TISCINI, È (nuovamente), cit., par. 5, la quale osserva come l’opzioneinterpretativa volta ad estendere la cognizione del giudice investito con lo speciale ritosommario anche sull’an del diritto possa rivelarsi utile dal momento che è in concreto difficilescindere i due profli della contestazione.

(26) V. infra.(27) Contra MENCHINI, Il procedimento dell’art. 814 c.p.c. di liquidazione del compenso

degli arbitri dopo la sentenza n. 15586 delle Sezioni unite, in AA.VV., Sull’arbitrato. Studi offertia Giovanni Verde, Napoli, 2010, 527, secondo cui l’ordinanza del presidente del tribunale nonha efficacia vincolante neppure in ordine alle questioni che hanno costituito il thema deciden-dum, sicché in un separato giudizio (opposizione all’esecuzione, azione di ripetizione di indebitoo di risarcimento danni) saranno ammesse contestazioni concernenti sia l’an che il quantum deldiritto al compenso. In particolare per l’A. alle parti sarà consentito “a) far valere eventualiinvalidità del procedimento, ossia le nullità processuali in ordine alle quali non opera ilmeccanismo contemplato dall’art. 161 c.p.c.; b) dedurre circostanze e fatti non dedotti nelprocesso di fronte al presidente del tribunale, seppure già esistenti; c) riproporre questioni didiritto e di fatto che pure erano già state sottoposte all’esame del giudice”.

(28) Così TISCINI, Ordinanza di liquidazione del compenso, cit., 861 ss. V. ivi anche per iriferimenti alla prima giurisprudenza formatasi sul ricorso straordinario in cassazione sullequestioni relative alla liquidazione del compenso degli avvocati.

(29) TISCINI, I provvedimenti decisori senza accertamento, Torino, 2009, 32-34.

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arbitratore destinato a individuare un elemento mancante dell’accordonegoziale, ai sensi dell’art. 1349 comma 1, ultima parte c.c. (30). Talenorma postula che l’autorità giudiziaria intervenga in funzione di arbitra-tore quando il terzo sia rimasto inerte, il che, applicato al caso di specie,dovrebbe ricondurre l’arbitro alla figura terza chiamata ad indicare unelemento del contratto. Ma così non è.

Nell’ipotesi del procedimento giudiziale dell’art. 814 c.p.c. l’arbitronon è terzo ma è parte litigante e men che meno può dirsi che sia inertegiacché è proprio lui che attiva il giudizio per ottenere la determinazionedel proprio compenso dopo aver liquidato ex se spese ed onorari nonaccettati dalle parti (31). Ed invero, il procedimento ex art. 814 c.p.c.rappresenta uno speciale rito volto a consentire agli arbitri di ottenere ilriconoscimento di un credito liquido ed esigibile atteso che, in mancanzadell’intervento del Presidente del tribunale, la liquidazione eseguita dal-l’arbitro stesso non ha efficacia vincolante per le parti.

L’arbitro ha la possibilità di provvedere da sé alla liquidazione dellespese e dell’onorario. Tale liquidazione però assume il mero valore diproposta dal momento che, in mancanza di accettazione, essa non divienevincolante per le parti del procedimento arbitrale. Per l’arbitro, a quelpunto, sarà possibile agire attraverso lo speciale procedimento sommariodell’art. 814 c.p.c. per ottenere un provvedimento del giudice utile aconsentirgli di ottenere un titolo esecutivo per un credito determinato nelsuo ammontare e reso così esigibile per il creditore.

Nel giudizio volto alla liquidazione del compenso arbitrale perciòentra in gioco una lite che vede come parti contrapposte i litiganti delprocedimento arbitrale e l’arbitro che ha prestato la propria opera.

Il procedimento reca con sé una serie di indici che conducono aritenerlo contenzioso.

In primo luogo, come supra evidenziato, il giudizio ha ad oggetto ildiritto dell’arbitro alla determinazione del proprio compenso, diritto che— come si è detto — non ha minore dignità rispetto a quello sull’esistenzadel diritto stesso.

Inoltre, si ritiene che, in mancanza di espressa disposizione di leggeche deroghi al principio generale dell’obbligatorietà del patrocinio legalestabilito dagli art. 82 e 83 c.p.c., nel procedimento di liquidazione dellespese e degli onorari previsti dall’art. 814 c.p.c. gli arbitri debbono stare in

(30) In tale senso invece si è espressa la Corte di cassazione nel 2009 e nel 2012, aderendoalla c.d. teoria contrattualistica dell’arbitrato. In dottrina v. VECCHIONE, L’arbitrato nel sistemaprocessuale civile, Milano, 1971, 465 ss.

(31) Di diverso avviso MENCHINI, Il procedimento dell’art. 814 c.p.c., cit., 527, secondo cui,limitando il procedimento alla sola determinazione quantitativa del compenso, l’attività com-piuta dal giudice è raffigurabile al pari di quella di un arbitratore.

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giudizio con il ministero di un difensore (32). Il che avvalorerebbe, ancorauna volta, il carattere contenzioso della procedura.

Il procedimento ex art. 814 c.p.c. ha poi natura sommaria semplificatae si pone come alternativa alla via ordinaria, non rappresentando l’unicaforma di tutela prevista per ottenere il diritto alla determinazione delcompenso.

L’arbitro che intenda agire per ottenere la quantificazione del propriodiritto e, conseguentemente, un titolo esecutivo per garantirsi il soddisfa-cimento delle proprie pretese, può scegliere tra il rito semplificato dell’art.814 c.p.c. (che avrà ad oggetto solo il quantum della pretesa (33)), il ritoordinario, nel quale potrà far confluire anche tutte le questioni relativeall’an del diritto, ed anche quelle sull’eventuale responsabilità dell’arbitroche, ai sensi dell’art. 813 ter c.p.c., se accertata, comporta la non debenzao la riduzione del compenso. Potrà inoltre servirsi del procedimentomonitorio o, ancora, del procedimento sommario di cognizione dell’art.702 bis c.p.c. (34).

Non si vede perciò come possa una decisione su uno stesso dirittoassumere o meno valenza decisioria in base al procedimento scelto (35).

Né può la sommarizzazione del rito essere espressione della nondecisorietà su diritti, dovendosi accedere all’idea che il nostro ordina-mento ammette modelli di tutela sommaria con funzione giurisdizionaledecisoria (36). In altre parole, il procedimento camerale qui si pone comealternativa alla cognizione piena e rappresenta una facoltà del richiedentetutela, il quale compie una scelta in favore di un risultato giurisdizionaleimmediato.

In ultima battuta, la Corte, con il provvedimento in commento, indica,tra le ragioni a sostegno della giurisdizionalizzazione del rito in esame,l’esistenza di analoghi procedimenti di liquidazione di prestazioni profes-sionali, rispetto ai quali si è sempre avuta la tendenza a riconoscerne lanatura contenziosa, con conseguente possibilità di ricorso straordinario incassazione avverso la relativa decisione.

In particolare, le Sezioni unite raffrontano il procedimento dell’art.814 c.p.c. con quello previsto per la liquidazione dei diritti e degli onoraridegli avvocati, la cui decisione è riconosciuta come incidente su diritti

(32) Cass. 27 luglio 1990, n. 7602, cit.; Cass. 21 gennaio 2004, n. 900, in Gius, 2004, 2351;Cass. 29 marzo 2006, n. 7128, in Foro It., 2006, 10, 1, 2776.

(33) V. supra.(34) V. TISCINI, Ordinanza di liquidazione, cit., 862, spec. nota 35., anche per i riferimenti

bibliografici ivi contenuti.(35) Sul punto v. TISCINI, È (nuovamente), cit., par. 4, secondo la quale l’alternatività tra

riti ne giustifica il carattere contezioso, dal momento che, se è contenzioso il processo acognizione piena, non meno può esserlo quello speciale sommario, sebbene con le diversità diforme e accertamento che lo caratterizza.

(36) Cfr. TISCINI, I provvedimenti decisori, cit., 65 e 231; ID., Il ricorso straordinario, 405ss.

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soggettivi di credito dei professionisti, anche quando riguardante esclusi-vamente il quantum del compenso (37), “con la conseguenza che il regimedelle impugnazioni segue il criterio della prevalenza della natura sostan-ziale del provvedimento sulla forma, consentendo l’impugnazione vuoicon il mezzo dell’appello, vuoi con quello del ricorso straordinario incassazione” (38) (39). Analogo discorso vale per i provvedimenti di liqui-dazione del compenso degli ausiliari del giudice (40), rispetto ai quali èritenuto ammissibile il ricorso straordinario per cassazione (41), stante laprevista non appellabilità dell’ordinanza.

5. L’esigenza di rivisitare la posizione di chiusura verso l’ammissi-bilità del ricorso straordinario in cassazione contro il provvedimento exart. 814 c.p.c. posa, per la sentenza in commento, sul mutamento norma-tivo e giurisprudenziale medio tempore intervenuto che ha condotto alsuperamento dell’enunciato secondo cui “l’arbitrato è sempre atto diautonomia privata”.

In particolare, la Corte invoca, a supporto della predetta necessità dirivisitare l’orientamento consolidato sul punto, la modifica di due norme

(37) V. quanto già rilevato supra nota 22.(38) La Corte richiama a supporto delle proprie argomentazioni Cass., sez. un., 23 marzo

1999, n. 182, in Giust. civ., 1999, I, 3337; Cass. 16 gennaio 2009, n. 960; Cass. 3 febbraio 2012, n.1666; Cass. 29 febbraio 2016, n. 4002, cit.

(39) Giova ricordare che lo speciale procedimento per la liquidazione del compenso degliavvocati è oggi regolato dall’art. 14 d. lgs. 150/2011, norma che esclude espressamente l’appel-labilità dell’ordinanza conclusiva del giudizio. Resta sempre salva la possibilità per l’avvocato diagire, oltre che con le forme sommarie del procedimento de quo, anche con il ricorso peringiunzione.

(40) Procedimento regolato dall’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così comemodificato dal d. lgs. 150/2011. A seguito dell’entrata in vigore del decreto sulla semplificazionedei riti, al procedimento di opposizione al decreto di pagamento emesso a favore dell’ausiliariodel magistrato si applica l’art. 15 d. lgs. 150/2011, sicché anch’esso è regolato dal rito sommariodi cognizione. In argomento v. FARINA, Commento sub art. 15, in La semplificazione dei riti, cit.,139 ss. Quanto al termine per la proposizione dell’opposizione, la Corte di cassazione ha direcente affermato che esso debba essere quello stabilito dall’art. 702 quater c.p.c., stante ilrichiamo al modello sommario di cognizione, sicché detto termine è pari a trenta giorni,decorrenti dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (Così ex plurimis, Cass. 21febbraio 2017, n. 4423, in CED Cass., 2017).

(41) Cass. 29 gennaio 2007 n. 1887, in Giust. civ., 2008, I, 211; Cass. 14 febbraio 2011 n.3633, in Foro it., Rep., 2011, voce Cassazione civile, n. 96 e 25 novembre 2011 n. 24959, ibid.,voce Ausiliari del giudice, n. 4; Cass. 10 dicembre 2012, n. 22490, in Foro It., 2013, 2, 1, 484.Giova però evidenziare che la giurisprudenza tesa ad ammettere il ricorso straordinario incassazione avverso l’ordinanza conclusiva del giudizio di opposizione a decreto di pagamento dispese di giustizia, sosteneva tale opzione in virtù del rinvio che il d.P.R. 115/2002 faceva alprocedimento per la liquidazione degli onorari di avvocato (così come affermano anche leSezioni unite con la sentenza in commento).Tale rinvio oggi però non opera più dopo la riformaattuata con il d. lgs. 150/2011. Tuttavia, riconoscendo all’ordinanza in questione i caratteri delladecisorietà e definitività, la ricorribilità in Cassazione ex art. 111 co. 7 cost. dovrebbe sempreessere garantita. Così FARINA, Commento, cit., 152. D’altronde, la funzione del ricorso straor-dinario è quella di superare la non impugnabilità dell’ordinanza. Così TISCINI, Il ricorsostraordinario, cit., 391, secondo cui “motivo dell’impugnazione è la questione — di fatto — sullaquantificazione del compenso”.

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del codice di procedura civile: l’art. 814 e l’art. 825 c.p.c entramberesponsabili, a dire delle Sezioni unite, del processo di giurisdizionalizza-zione dell’arbitrato.

L’art. 825 c.p.c., prima della riforma del 2006 stabiliva che il lodopotesse acquisire l’efficacia esecutiva dopo il suo deposito nella cancelleriadel tribunale competente a concedere l’exequatur mentre, prima di talemomento, non avesse efficacia di sentenza ma solo di contratto. Dopol’intervento del legislatore del 2006, il deposito del lodo, ai sensi dell’art.825 c.p.c., ha assunto la funzione di conferire allo stesso solo il predicatodell’esecutività, godendo già dalla sua ultima sottoscrizione dell’efficaciadella sentenza, quanto agli effetti di accertamento e agli effetti costitutivi.L’art. 825 c.p.c. va infatti letto insieme al nuovo art. 824 bis c.p.c., normache prevede che sia attribuito al lodo arbitrale, fin dalla sua ultimasottoscrizione, l’efficacia della sentenza, effetto questo originariamentericondotto — prima della riforma del 1994 — alla decisione arbitralemunita dell’exequatur giudiziale. Tale novità, unitamente alla previsionecontenuta nell’art. 819 ter che regola i rapporti tra arbitro e giudice intermini di competenza (sebbene l’attuale disciplina sia tutt’altro che certanel disegnare i rapporti tra arbitro e giudice effettivamente ispirata alregime della competenza) (42), avrebbe indotto a riconoscere alla giustiziaarbitrale una funzione sostitutiva della giustizia pubblica poiché mutua dalprocesso alcuni meccanismi che consentono che il lodo possa acquisire unaefficacia analoga a quelle del dictum del giudice statale (43). Con ciòrivoluzionando il pensiero, cui fedelmente la giurisprudenza si era atte-nuta dopo Cass. n. 527/2000 (44), sulla natura negoziale dell’arbitratorituale.

(42) V. in tal senso CAPPONI, sub art. 819 ter, in Commentario alle riforme del processocivile, III, 2, a cura di Briguglio, Capponi, Padova, 2009, 873 ss. Sui rapporti tra arbitro e giudicev. amplius DELLE DONNE, Commento sub art. 819 ter c.p.c., in Commentario del codice diprocedura civile, diretto da Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, Milano, 2014, 583 ss.

(43) Così si è espressa C. cost., 19.7.2013, n. 223, accogliendo l’istanza relativa all’inco-stituzionalità dell’art. 819 ter, co. 2, c.p.c., nella parte in cui non rende applicabile all’arbitratola translatio iudicii così come disciplinata dall’art. 50 c.p.c. Sulla pronuncia della Consulta v. icommenti di BOVE, BRIGUGLIO, MENCHINI, SASSANI, in questa Rivista, 2014, 88 ss.; CONSOLO, Ilrapporto arbitri-giudici ricondotto, e giustamente, a questione di competenza con piena translatiofra giurisdizione pubblica e privata e viceversa, in Corr. giur., 2013, 1107; D’ALESSANDRO,Finalmente! La Corte costituzionale sancisce la salvezza degli effetti sostanziali e processuali delladomanda introduttiva nei rapporti tra arbitro e giudice, in Foro it., 2013, ACONE, “Translatioiudicii” tra giudice ed arbitro: una decisione necessariamente incompiuta o volutamente pilate-sca?, ivi; FRASCA, Corte cost. n. 223 del 2013 e art. 819 ter c.p.c.: una dichiarazione diincostituzionalità veramente necessaria?, ivi; BIANCHI, Translatio iudicii tra giudice statuale edarbitri?, in www.judicium.it.

(44) Cass., 3 agosto 2000, n. 527 (pubblicata in Corr. giur., 2001, 51, con note di RUFFINI,MARINELLI; in Giust. civ., 2001, I, 761, con nota di MONTELEONE; in questa Rivista, 2000, 699, connota di FAZZALARI; in Riv. dir. Proc., 2001, 254, con nota di RICCI; in Giur. it., 2001, 1107, connota di CANALE), ha segnato una inversione di tendenza, affermando la natura sostanzialmenteunitaria della decisione arbitrale « quale atto riconducibile, in ogni caso, all’autonomia nego-ziale e alla sua legittimazione a derogare alla giurisdizione, per ottenere una privata decisionedella lite, basata non sullo ius imperii, ma solo sul consenso delle parti ». Il lodo ha assunto così

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Alle novità normative hanno fatto seguito anche le Sezioni unite dellaCorte di cassazione che, con ordinanza 24153/2013 (45), hanno rivoluzio-nato il pensiero sulla natura dell’arbitrato rituale.

In particolare, la Corte di legittimità ha rilevato che la normativaintrodotta con le riforme del 1994 e 2006 contiene sufficienti indicisistematici per riconoscere natura giurisdizionale al lodo arbitrale. Tra taliindici la Corte individua la proponibilità dell’impugnazione non più su-bordinata al decreto di esecutorietà del lodo; l’assimilazione della do-manda arbitrale a quella giudiziale quanto agli effetti sulla prescrizione esulla trascrizione; l’applicabilità dell’art. 111 c.p.c. in tema di successionea titolo particolare nel diritto controverso; la possibilità prevista dall’art.819 bis c.p.c. di rimettere alla Corte costituzionale una questione dilegittimità costituzionale; l’art. 824 bis c.p.c. che equipara gli effetti dellodo a quelli della sentenza.

Dal quadro normativo giurisprudenziale e normativo appena eviden-ziato, sembrerebbe perciò raggiunto un punto di approdo intorno all’an-nosa questione della natura dell’arbitrato che, come riconosce la pronun-cia in commento, è di tipo giurisdizionale (46).

6. Le Sezioni unite oggi richiamano a supporto della propria tesi, equale mezzo utile al fine di riconoscere natura decisoria al provvedimentodi liquidazione giudiziale del compenso degli arbitri, le modifiche appor-tate dalla riforma del 2006 all’art. 814 c.p.c. e, segnatamente, la possibilitàche l’ordinanza de qua sia assoggettata a reclamo.

Parrebbe perciò intuirsi dal ragionamento della Corte che la previ-sione di uno strumento di impugnazione della determinazione giudizialedel compenso conferisca alla stessa natura decisoria, finora non rinveni-bile, consentendo, quale effetto di tale nuovo inquadramento, la possibi-

natura di atto di autonomia privata e, correlativamente, il compromesso si è configurato qualederoga alla giurisdizione. Sicché ogni eventuale contrasto circa la deferibilità della lite ad arbitricostituiva questione di merito e non di giurisdizione in quanto inerente alla validità dellaconvenzione arbitrale. Conseguenze dell’affermata natura negoziale del lodo era l’impossibilitàdi percorrere la strada del regolamento di competenza per il caso di arbitrato interno e, perl’ipotesi di arbitrato estero, quella del regolamento di giurisdizione.

(45) Cass., sez. un. 25 ottobre 2013, n. 24153 in Corr. giur., 2014, 84 con nota di VERDE,e in Nuova Giur. Civ., 2014, 169 con nota di GIUSSANI.

(46) Tuttavia, osserva TISCINI, È (nuovamente) censurabile, cit. par. 6, come il riconosci-mento della natura giurisdizionale dell’arbitrato non possa condizionare la valutazione circa lacontenziosità della decisione ex art. 814 c.p.c., trattandosi di due profili distinti e scollegati. L’A.evidenzia infatti come “natura e struttura di ogni subprocedimento vivono di vita propria e nonvalgono quale precipitato di natura e struttura del contesto in cui si pongono; sicché, esigenzesopravvenute di coordinamento della decisione intorno all’art. 814 c.p.c. con il nuovo indirizzoattributivo di carattere giurisdizionale all’arbitrato in sé, a ben vedere, in nessun modo sonoravvisabili, né degne di valere quale argomento principe per ulteriori interventi nomofilattici”.

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lità di ricorso straordinario in cassazione avverso l’ordinanza finale (47).Eppure, ferma restando la bontà del fine, non ci pare che il mezzo in ségiustifichi il mutamento giurisprudenziale.

Ed invero, il mancato riconoscimento dell’accesso in cassazione po-sava, prima dell’entrata in vigore della novella del 2006, sulla tesi contrat-tualistica del procedimento in esame che veniva inquadrato nell’ambitodella giurisdizione non contenziosa in quanto non decisoria e di merocompletamento della volontà delle parti già contenuta nella convenzionedi arbitrato (48).

Intervenuta la riforma dell’art. 814 c.p.c. con la previsione del re-clamo, la questione non è mutata, quanto alla natura del procedimento,avendo tanto la prima fase quanto quella successiva di riesame dell’ordi-nanza di liquidazione del compenso identica natura. Si è meramenterinviato il problema dell’accesso in cassazione (49), dal momento che lanorma tace quanto all’ammissibilità del ricorso alla Suprema Corte.

Ecco allora che, in mancanza di una previsione sul punto, la stessaposizione — seppur criticabile — sposata per l’ordinanza resa dal Presi-dente del tribunale si sarebbe potuta adottare anche per l’ordinanza direclamo. Delle due l’una: se il procedimento di liquidazione del compensonon ha natura contenziosa allora non è ricorribile ex art. 111 Cost. comma7 né l’ordinanza reclamabile né quella resa ex art. 814 comma 3 c.p.c. (50).

Vi è più che, sotto l’egida della vecchia disciplina, aprire all’impugna-zione in Cassazione dell’ordinanza di prime cure si rivelava necessario peroffrire un rimedio altrimenti non previsto dal legislatore. Negare qualsiasiforma di riesame, invece, significava escludere la tutela di situazioni sog-gettive di diritto, ragion per cui, per ovviare a tale lacuna, la giurisprudenzadi legittimità ha, fino al 2009, ammesso il ricorso straordinario in cassazione.Tale carenza normativa si sarebbe potuta colmare comunque attraverso laprevisione di un rimedio in grado di soddisfare la tutela dei diritti, rimediorinvenibile in uno strumento di impugnazione capace di consentire anche

(47) V. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, cit., 84., secondo cui l’introduzione delreclamo avverso l’ordinanza ex art. 814 c.p.c. conferma la possibilità di utilizzare il ricorsostraordinario in cassazione come mezzo d’impugnazione avverso la decisione finale sullaliquidazione del compenso arbitrale.

(48) V. supra.(49) Così TISCINI, Nuovi voli pindarici della giurisprudenza di legittimità per porre un

argine all’accesso: è insindacabile il provvedimento di liquidazione del compenso agli arbitriemesso dal Presidente del tribunale ai sensi dell’art. 814 c.p.c., in questa Rivista, 2009, 706.

(50) Sebbene, come è stato osservato da TISCINI, op. loc. cit., la non decisorietà dell’or-dinanza presidenziale di prime cure non determina in automatico la non ricorribilità ex art. 111co. 7 Cost. dell’ordinanza resa in sede di reclamo. Ed invero, nota l’A. come la Suprema Cortenon manchi di riconoscere, soprattutto nell’ambito delle procedure concorsuali, di « riteneretalora che il provvedimento del giudice delegato reclamabile ex art. 26 l. fall. sia privo dicarattere decisorio. La proposizione del reclamo però trasforma la situazione dedotta in giudizioda non contenziosa in contenziosa, con la conseguenza che la decisione resa in sede di reclamoè a sua volta impugnabile ex art. 111 comma 7 cost. ».

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un controllo di merito della decisione di prime cure. Rimedio che, forse, sisarebbe potuto riconoscere nel reclamo ex art. 814 comma 3 c.p.c. (51).

In altri termini, l’esigenza di aprire la strada del ricorso straordinarioper cassazione si sarebbe dovuta avvertire molto di più anteriormenteall’introduzione del reclamo per l’ordinanza di liquidazione del compensoarbitrale di prime cure piuttosto che oggi nei confronti dell’ordinanza resadopo il procedimento ex art. 814 comma 3 c.p.c., trattandosi comunque diun provvedimento — quello oggi riconosciuto dalle Sezioni unite comepassibile di ricorso ex art. 111 co. 7 cost. — già emesso in un giudizio diriesame (peraltro nel merito) della questione (52).

Non può non notarsi perciò che le ragioni poste a base della decisionesarebbero state altrettanto (se non più) valide prima dell’introduzione delnuovo art. 814 c.p.c. (53), benché oggi questo cambio di rotta delle Sezioniunite non possa comunque che accogliersi con favore. D’altronde, megliotardi che mai (54).

PAOLA LICCI

Postilla(Sui denari delle parti e degli arbitri, sulla natura dell’arbitrato,

e sui feticci)

La pregevole sentenza delle Sezioni Unite, in modo doverosamentesintetico e, in modo analitico, la pur’essa pregevole annotazione di PaolaLicci ripercorrono l’ondivago cammino della Cassazione (condito perfino— Sez. Unite n. 13620/2012 — di un non condivisibile, ma comprensibilee istruttivo, episodio di sostanziale rifiuto dell’ostacolo per ragioni con-nesse all’incubo dell’overruling) fino all’esito attuale, che è quello dellaricorribilità per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. della ordinanza exart. 814 c.p.c. Esito più che giusto, perché se vi sono di mezzo i denari (ele tasche) delle parti e degli arbitri e se una pronuncia del giudice dello

(51) D’altronde (come osserva TISCINI, È (nuovamente) contenzioso, cit., par. 2) il ricorsostraordinario in cassazione avverso il provvedimento di prime cure non si dimostrava piena-mente satisfattivo dell’interesse delle parti dal momento che si palesava più utile un doppiocontrollo di merito in luogo di quello di sola legittimità.

(52) Sui limiti dell’impugnazione dell’ordinanza sulla liquidazione del compenso arbi-trale con ricorso straordinario in cassazione v. TISCINI, Il ricorso straordinario, cit., 386.

(53) La Corte invece oggi indica la modifica dell’art. 814 c.p.c. come una delle ragioni chespingono ad una rivisitazione dell’orientamento giurisprudenziale sulla questione della naturadel procedimento di liquidazione giudiziale del compenso arbitrale e sulla ricorribilità incassazione del relativo provvedimento.

(54) Ci si augura peraltro che la linea interpretativa oggi adottata dalle Sezioni unitepossa assumere la funzione di precedente vincolante dotato di forte stabilità. Così TISCINI, È(nuovamente) censurabile, cit., par. 5.

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Stato decide (senza ulteriore possibilità impugnatoria) circa l’allocazionedi quei denari alla stregua del rapporto contrattuale che lega parti edarbitri, occorre davvero il re dei sofisti per negare a quella pronuncia iconnotati canonici che la rendono oggetto di ricorso straordinario.

Mi interessa però, qui, il metodo.Le Sezioni Unite, nel motivare la soluzione corretta, rendono preli-

minarmente omaggio ed anzi si appigliano come fondamento primo delragionamento alle “disposizioni del d. lgs. 2 febbraio 2002, n. 40 [la nota epiù recente novella organica sull’arbitrato] da cui si desume con ognievidenza la natura giurisdizionale dell’arbitrato”, che le medesime SezioniUnite hanno negli ultimi tempi, in altri contesti e ad altri scopi solutori,conclamato.

Solo che in quegli altri contesti la cosa poteva avere un qualche senso.Qui no. Cosa c’entrano la “natura dell’arbitrato” (o se si vuole anche glieffetti del prodotto arbitrale nonché l’art. 824 bis c.p.c. e le disposizioniconnesse) con la ricorribilità per cassazione della ordinanza ex art. 814?

Per dire che quella ordinanza decide su un diritto soggettivo (e sulcontenuto di esso) scaturente dal contratto parti-arbitri, e per scartare —si confida definitivamente — la pregressa bizzarra tesi della “funzionegiurisdizionale non contenziosa” siccome solo integrativa dell’autonomiaprivata che il giudice eserciterebbe ex art. 814, non occorre certo affer-mare che gli arbitri, sulla base di quel contratto (e della correlata conven-zione arbitrale), sono a loro volta chiamati a esercitare una funzionegiurisdizionale.

Se sulla base di quel contratto gli arbitri fossero chiamati a ripararelavandini (funzione, come ognun vede, eminentemente privata) le cosenon cambierebbero e la pronuncia giudiziale che decidesse sul lorocompenso e non fosse altrimenti impugnabile sarebbe sicuramente ricor-ribile per cassazione.

Con il rispetto sempre dovuto alla Suprema Corte, confido che si trattidi una veniale superfetazione e che il feticcio della “natura giurisdizio-nale” dell’arbitrato non cominci a creare guasti interpretativi ed applica-tivi specularmente analoghi a quelli che, nel primo decennio del nuovomillennio, ha creato il feticcio della “natura privata”.

Ho la sommessa sensazione (e non credo certo di essere il solo) chechi ha litigato e litiga sul nobile e vacuo tema della “natura dell’arbitrato”lo abbia fatto e lo faccia, al di là delle accese e contrapposte espressioni,ritenendo la identica realtà: l’arbitrato è l’arbitrato ecc., come la rosa diGertrude Stein; la funzione dello ius dicere affidata per volontà privataagli arbitri è indubbia e indiscutibile, e altrettanto lo è la scaturigioneprivata e negoziale del fondamento del loro potere. Oggi poi — attenuatema non sopite le liti teoriche — nessuno può seriamente dubitare dellaequipollenza effettuale fra lodo e sentenza e di quel che indirettamente eragionevolmente può derivarne (che non se ne potesse dubitare neanche

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fra il 1994 e il 2006 è stata ed è opinione di molti fra cui il sottoscritto, mapiù importante è ricordare che mai la Suprema Corte, nel suo periodo“privatistico” riguardo alla natura dell’arbitrato, ha negato specificamentequella equipollenza effettuale quanto al suo nucleo essenziale, propo-nendo invece in ben altri ambiti, sempre in nome della “natura privata”,nuovi profili solutori, in gran parte, poi, meritevolmente smentiti). Delpari, tuttavia, nessuno potrebbe seriamente dubitare che l’arbitrato ed ilgiudizio ordinario o che il lodo e la sentenza non sono la stessa cosa, conogni ragionevole conseguenza anche effettuale che da tale insuperabiledifferenza possa discendere.

Ferme queste banalità, occupiamoci (perché tanto vi è ancora eseriamente da indagare) degli effetti — uno per uno, norma per norma,esigenza concreta per esigenza concreta — e lasciamo stare i feticci; esoprattutto non invochiamoli a sproposito.

ANTONIO BRIGUGLIO

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Il Regolamento di arbitrato CCI del 2017:procedura accelerata e altre modifiche (*)

ANDREA CARLEVARIS

1. Introduzione. — Il 1 marzo 2017 è entrata in vigore una nuovaversione del Regolamento di arbitrato della Camera di commercio interna-zionale (“CCI”), che sostituisce quella in vigore dal 1 gennaio 2012. Lariforma ha avuto portata ben più limitata delle precedenti, rispetto alle qualiè intervenuta dopo un intervallo più breve (1) e a seguito di un processo direvisione assai più rapido (2).

La principale innovazione consiste nell’introduzione di un procedimentoaccelerato (“Expedited Procedure”) esperibile in controversie di valore eco-nomico limitato o su accordo dei compromittenti. A differenza delle Dispo-sizioni dell’arbitro d’urgenza (3), le norme in questione non presuppongonol’urgenza e non hanno natura cautelare o sommaria, ma disciplinano ungiudizio di merito semplificato in alcuni suoi aspetti (4).

(*) Il nuovo Regolamento, con le Appendici (tra le quali quella relativa alla Proce-dura accelerata), è pubblicato oltre nella rubrica Documenti e notizie.

(1) Le precedenti versioni del Regolamento si sono succedute con cadenza superiore aidieci anni: le più recenti versioni sono state adottate nel 1975, nel 1988, nel 1998 e nel 2012.

(2) Il processo di revisione è stato intrapreso su iniziativa della Corte internazionale diarbitrato (“Corte”), che ha presentato alla Commissione di arbitrato e ADR della CCI (“Com-missione”) il testo emendato nel settembre 2016. Il testo è stato in seguito approvato dal Comitatoesecutivo della CCI nell’ottobre 2016. A differenza che in precedenti occasioni, la Commissioneè stata consultata, ma non è stata invitata ad approvare il testo. Il processo di revisione che portòall’adozione del Regolamento del 2012 durò circa tre anni. La procedura di modifica del Rego-lamento è disciplinata dall’articolo 7 dello Statuto della Corte (Appendice I al Regolamento):“Ogni proposta della Corte di modifica del Regolamento è sottoposta alla Commissione di ar-bitrato e ADR prima di essere sottoposta al Comitato esecutivo della CCI per l’approvazione,salvo il potere della Corte di proporre modifiche o integrazioni delle disposizioni dell’articolo 3del Regolamento, o di ogni disposizione connessa del Regolamento, senza sottoporre tali propostealla Commissione, al fine di tenere conto degli sviluppi della tecnologia informatica”. In sensocritico sul “rather radical approach, adopted by the ICC within a short time-frame following alimited consultation process”, v. M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, The 2017 ICC Expedited Rules:From Softball to Hardball?, in Journal of International Arbitration, 2017, 130.

(3) Articolo 29 del Regolamento e Appendice V.(4) Per la rilevanza della distinzione, v. J. WANCYMER, Procedure and Evidence in

International Arbitration, Alphen aan den Rijn, 2012, 420-421; I. WELSER, C. CLAUSEGGER, Fast

RASSEGNE E COMMENTI

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È stato inoltre ridotto il termine per l’adozione dell’atto di missione (Termsof Reference) ed è stata rimossa la previsione che le decisioni dell’istituzionerelative alla costituzione del tribunale arbitrale non sono motivate (articolo11(4) del testo in vigore fino al 28 febbraio 2017). La riforma è completata daalcune modifiche minori di carattere non innovativo, intese a correggere am-biguità relative a disposizioni introdotte nel 2012, quali emerse nella prassiapplicativa, o discrepanze tra le diverse versioni linguistiche del testo.

2. La procedura accelerata. — L’introduzione di una procedura accele-rata nel Regolamento CCI segue analoghe iniziative intraprese da altreistituzioni, prima delle quali la Camera di commercio e dell’industria diGinevra (“CCIG”), il cui Regolamento, sin dal 1992, prevedeva una proce-dura accelerata esperibile su accordo delle parti (5). Con disposizioni quasiidentiche tra loro, i Regolamenti del Singapore International ArbitrationCentre (“SIAC”) e dell’Hong Kong International Arbitration Centre(“HKIAC”) prevedono che, prima della costituzione del tribunale arbitrale,una parte possa chiedere che l’arbitrato si svolga secondo l’“expedited proce-dure” quando il valore della controversia non ecceda una somma determinata,le parti siano d’accordo o in caso di “exceptional urgency” (6). In altri casi, siè proceduto attraverso l’adozione di regolamenti arbitrali distinti o comple-mentari: è il caso delle Rules for Expedited Arbitration dell’Arbitration Insti-tute della Stockholm Chamber of Commerce (“SCC”) (7), delle ExpeditedArbitration Rules della World Intellectual Property Organization (“WIPO”),delle Supplementary Rules for Expedited Proceedings della Deutsche Institu-tion für Schiedsgerichtsbarkeit (“DIS”) e della Small Claims Procedure dellaLondon Maritime Arbitrators Associaion (“LMAA”).

Track Arbitration: Just Fast or Something Different?, in Austrian Yearbook on InternationalArbitration, 2009, 260; C. BOOG, Swiss Rules of Internationl Arbitration - Time to Introduce anEmergency Arbitrator Procedure?, in ASA Bulletin, 2010, 473.

(5) Articolo 31 del Regolamento CCIG del 1992; v. P.-Y. TSCHANZ, The Chamber ofCommerce and Industry of Geneva’s Arbitration Rules and Their Expedited Procedures, inJournal of International Arbitration, 1993, 56. La previsione è successivamente passata, conmodificazioni, nel Regolamento svizzero: v. M. SCHERER, Acceleration of Arbitration Procee-dings. The Swiss Way: The Expedited Procedure under the Swiss Rules of International Arbi-tration, in SchiedsZV, 2005, 229 ss.; v. anche E. MÜLLER, Fast-Track Arbitration: Meeting theDemands of the New Millennium, in Journal of International Arbitration, 1998, 5 ss., anche perun confronto tra le diverse procedure accelerate disponibili all’epoca.

(6) Articolo 5 del Regolamento SIAC del 2016 e articolo 41 del Regolamento HKIAC;v. anche la Procedura accelerata di cui all’articolo 42 del Regolamento svizzero di arbitratointernazionale. I tre criteri sono alternativi, non cumulativi; v. J. SAVAGE, S. DUNBAR, SIACArbitration Rules, Rule 5, in L. MISTELIS (ed.), Coincise International Arbitration, Alphen aanden Rijn, 2016, 775; contra, nel senso che, oltre al limitato valore della controversia, la parte chechiede l’applicazione del procedimento accelerato debba dimostrare l’accordo delle altre partio l’urgenza, v. C. BOOG, J. RANEDA, The 2016 SIAC Rules: A State-of-the-Art Rules RevisionEnsuring an Even More Efficient Process, in ASA Bulletin, 2016, 509.

(7) V. Rules for Expedited Arbitration della SCC, in vigore dal 1 gennaio 2017. Ilregolamento è applicabile su accordo delle parti e prevede la pronuncia del lodo entro tre mesidalla trasmissione del fascicolo al tribunale arbitrale (articolo 43).

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L’introduzione di una procedura arbitrale rapida e semplificata esperibilein controversie di valore economico limitato era stata considerata dallaCommissione già in precedenti occasioni. L’ipotesi era stata tuttavia scartatain passato in considerazione della generale flessibilità del testo, che lo rende-rebbe adatto a disciplinare i più diversi tipi di procedimento, anche attraversoderoghe consentite e integrazioni delle parti destinate ad escludere talune fasiprocedurali o a ridurne i termini, senza bisogno di prevedere una disciplinaspecifica al riguardo. Sin dalla versione del 1998, infatti, il Regolamento CCIprevede la facoltà delle parti di ridurre i termini attraverso accordi ad hoc (8).Simili accordi sono tuttavia piuttosto rari nella prassi (9).

Invece di adottare regole specifiche, nel 2002 la Commissione avevaoptato per l’adozione di linee guida (10) e il Segretariato aveva pubblicato unaNote on Expedited ICC Arbitration Procedure per l’organizzazione di unaprocedura accelerata (11). Tali documenti contenevano principi successiva-mente ripresi nelle Techniques for Controlling Time and Costs in Arbitra-tion (12) e nell’Appendice IV al Regolamento del 2012 (13). In occasione di

(8) Prevede una procedura rapida di costituzione del tribunale arbitrale l’articolo 9A delRegolamento della London Court of International Arbitration (“LCIA”) (v. M. SCHERER, L.RICHMAN, R. GERBAY, Arbitrating under the 2014 LCIA Rules: A User’s Guide, Alphen aan denRijn, 2015, 136. Inoltre, in base all’articolo 22(1)(ii) del Regolmento LCIA, il tribunale arbitralepuò, su domanda di parte o di propria iniziativa, abbreviare o prorogare “any period of timeprescribed under the Arbitration Agreement, any other agreement of the parties or any ordermade by the Arbitral Tribunal”.

La prassi relativa ad arbitrati accelerati, o “fast-track”, in cui le parti, nella convenzionearbitrale o con accordo successivo, riducono la durata del procedimento o di alcune sue fasi, èrelativamente abbondante. Essa trova un fondamento nell’articolo 39 del Regolamento CCI: “1.Le parti possono convenire di ridurre i termini previsti nel Regolamento. Se concluso dopo lacostituzione del tribunale arbitrale, tale accordo è efficace solo se approvato da quest’ultimo. 2.La Corte può prorogare d’ufficio i termini modificati ai sensi dell’articolo 38(1) se lo ritienenecessario per consentire al tribunale arbitrale e alla Corte di adempiere alle proprie funzioniconformemente al Regolamento”. Per la prassi relativa a procedure fast-track (CCI e non) edesempi di clausole arbitrali, v. A. CARLEVARIS, L’accélération des procédures arbitrales, inL’arbitre international et l’urgence, Bruxelles, 2014, 159 ss.; B.G. DAVIS, Fast-Track Arbitrationand Fast-Tracking Your Arbitration, in Journal of International Arbitration, 1992, 43 ss.; B.G.DAVIS, P.J. NICKLES, H. SMIT, D.K. WATKISS, ICC Fast Track Arbitration: Different Perspectives,in ICC International Court of Arbitration Bulletin, 1992, 3 ss.; B. DAVIS, O. LAGACÉ M.VOLKOVITSCH, When Doctrines Meet: Fast Track Arbitration and the ICC Experience, in Journalof International Arbitration, 1993, 69 ss.; R. AKERMAN, Rules for Expedited Arbitration Proce-dure, in American Review of International Arbitration, 1995, 301 ss.; E. GAILLARD, Fast TrackArbitration and Beyond: Is There Emerging A Need for Speed in International CommercialArbitration?, in Liber Amicorum Michel Gaudet, Paris, 1998, 28 ss.

(9) La percentuale di clausole fast-track nell’arbitrato CCI oscilla tra l’1% e il 2%: v. A.CARLEVARIS, L’accélération, cit., 161 ss.

(10) Per riferimenti al dibattito relativo all’adozione di Guidelines for Arbitrating SmallClaims, v. L. BARRINGTON, ICC’s New Guidelines for Arbitrating “Small” Claims: A View fromBehind the Scenes in a Global Task Force, in Law Asia, maggio 2003, 10-11.

(11) V. ICC Court Bulletin, 2002, n. 1, 29.(12) V. il rapporto della Commissione Techniques for Controlling Time and Costs in

Arbitration, seconda edizione (2012), http://www.iccwbo.org e http://www.iccdrl.com.(13) Oltre all’Appendice IV, nel Regolamento del 2012 sono state introdotte nuove

disposizioni che prevedono l’obbligo di parti ed arbitri di condurre il procedimento in modo

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quest’ultima revisione, la Corte e la Commissione hanno tuttavia consideratoi tempi maturi per una scelta diversa (14).

La modifica consiste nell’introduzione di un nuova disposizione regola-mentare (articolo 30), relativa ai presupposti per l’applicazione delle nuoveregole e al loro rapporto con eventuali disposizioni incompatibili contenutenella convenzione arbitrale, e di una nuova appendice (Appendice VI) alRegolamento, che disciplina aspetti procedurali (“Regole sulla proceduraaccelerata”, congiuntamente all’articolo 30 denominate “Disposizioni sullaprocedura accelerata”, in prosieguo “Disposizioni”).

3. Segue: l’ambito di applicazione. — Le Disposizioni sono applicabiliautomaticamente a controversie di modesto valore economico, sul solo pre-supposto di un accordo compromissorio che faccia riferimento al Regola-mento, o in base all’accordo dei compromittenti (15).

La soglia economica per l’applicazione automatica è stata fissata a US$2,000,000, e potrebbe essere rivista in futuro senza necessità di una formalemodifica del Regolamento (16). Ai fini della determinazione del valore dellacontroversia, si tiene conto dell’ammontare delle domande di ogni parte, conesclusione delle pretese relative a interessi e costi del procedimento (17). Incaso di pretese non monetarie o non quantificate, le Disposizioni non sarannoin linea di principio applicabili, a meno che tali pretese non possano conside-rarsi come meramente accessorie a pretese pecuniarie di ammontare inferiorealla soglia, o tali da non rendere la controversia significativamente piùcomplessa. Benché astrattamente possibile in base al valore della controver-sia, l’applicazione delle Disposizioni può essere per accordo delle parti deltutto esclusa (“opt-out”) o limitata a controversie di valore inferiore allasoglia.

L’accordo delle parti (“opt-in”) costituisce un presupposto alternativoautonomo di applicazione delle Disposizioni e consente il ricorso alla proce-

rapido (articolo 22) e di convocare una o più riunioni di gestione del procedimento (artico-lo 24).

(14) Secondo lo studio pubblicato nel 2015 dalla School of International Arbitration,Centre for Commercial Law Studies della Queen Mary University, il 92% degli intervistati si èdichiarato favorevole all’introduzione di procedure accelerate nei regolamenti arbitrali.

(15) Articolo 30(2)(a).(16) Appendice VI, art. 1(2). Una modifica dell’Appendice non richiede revisione del

Regolamento. La soglia è fissata a S$ 6,000,000 (corrispondenti a circa US$ 4,300,000) nelRegolamento SIAC, a HKD 25,000,000 (corrispondenti a circa US$ 3,200,000) nel RegolamentoHKIAC e a CHF 1,000,000 (corrispondenti a circa US$ 1,000,000) nel Regolamento svizzero.Quando l’introduzione di una procedura accelerata fu discussa dalla Commissione per la primavolta nel 2002, le opinioni espresse circa la soglia adeguata alla definizione di small claimvariavano da US$ 5,000 a US$ 5,000,000: v. L. BARRINGTON, op. cit., 10-11.

(17) V. la Nota a parti e arbitri pubblicata sul sito della Corte (“Nota”), paragrafi 63 e 64.Il Regolamento incoraggia le parti ad indicare l’ammontare delle domande quantificate e, perquanto possibile, a fornire una stima delle pretese non monetarie: v. articoli 4(3), 5(5)(b), 7(2),7(4) e 8(2).

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dura accelerata per qualsiasi controversia, indipendentemente dal suo valore.L’accordo potrebbe anche avere il più limitato effetto di innalzare la soglia diapplicazione automatica di cui all’articolo 30(2)(a) (18). L’accordo di opt-inpotrebbe essere incorporato nella convenzione arbitrale o intervenire in unmomento successivo, anche ad arbitrato iniziato.

Vista la loro natura marcatamente innovativa, le Disposizioni sono ap-plicabili ratione temporis unicamente a procedimenti iniziati sulla base diconvenzioni arbitrali concluse successivamente alla loro entrata in vigore (19).La soluzione al riguardo, che costituisce un’eccezione al principio che ilprocedimento è sottoposto alla versione del Regolamento in vigore alla suadata d’inizio (20), è conforme a quella adottata in occasione dell’introduzionedelle Disposizioni sull’arbitro d’urgenza nel Regolamento del 2012 (21). Lalimitazione temporale rileva peraltro unicamente ai fini dell’applicazioneautomatica in base al valore della controversia, restando le parti libere diconvenire l’applicazione delle Disposizioni anche a controversie soggette aconvenzioni arbitrali concluse precedentemente. Lo stesso accordo di opt-inpotrebbe essere intervenuto prima dell’entrata in vigore delle Disposizioni,ferma restando l’applicazione di queste ultime unicamente a procedimentiiniziati a partire dal 1 marzo 2017, quando l’offerta dell’istituzione di ammi-nistrare arbitrati in base alle Disposizioni è diventata efficace.

Pur ricorrendone i presupposti astratti — l’esiguo valore delle domandeo l’accordo delle parti — l’istituzione conserva un residuo potere discrezionaledi escludere l’applicazione delle Disposizioni (22). Esse non sono infatti appli-cabili allorché “la Corte, su istanza di parte prima della costituzione deltribunale arbitrale o di sua iniziativa, ritiene che sia inappropriato nel caso

(18) Tre specifiche clausole modello aggiunte in calce al Regolamento prevedono rispet-tivamente l’esclusione delle Disposizioni (“Le Disposizioni sulla procedura accelerata nonsaranno applicabili”), la loro applicazione indipendentemente dal valore della controversia (“Leparti convengono, ai sensi dell’articolo 30(2)(b) del Regolamento di arbitrato della Camera diCommercio Internazionale, che le Regole sulla procedura accelerata si applichino indipenden-temente dal valore della controversia”) e l’innalzamento della soglia di cui all’articolo 30(2)(a)(“Le parti convengono, ai sensi dell’articolo 30(2)(b) del Regolamento di arbitrato dellaCamera di Commercio Internazionale, che si applichino le Regole sulla procedura accelerata, acondizione che il valore della controversia non ecceda US$ [specificare il valore] alla data dellacomunicazione indicata all’art. 1(3) delle Regole sulla procedura accelerata”).

(19) Articolo 30(3)(a).(20) Articolo 6(1), che fa salvo l’accordo delle parti per l’applicazione del Regolamento

in vigore alla data di conclusione della convenzione arbitrale.(21) Articolo 29(6)(a).(22) In generale, nel senso che le istituzioni arbitrali tendono a riservarsi il potere

discrezionale di decidere se le regole relative al procedimento accelerato debbano applicarsi, v.R. GERBAY, The Functions of Arbitral Institutions, Alphen aan den Rijn, 2016, 61-62. Ai sensidell’articolo 5(1) e 5(2) del Regolamento SIAC, una parte può “apply to the Registrar in writingfor the arbitral proceedings to be conducted in accordance with the Expedited Procedure”, el’istituzione è chiamata a decidere “after considering the views of the parties, that the arbitralproceedings shall be conducted in accordance with the Expedited Procedure”. Il Regolamentosvizzero (articolo 42(2)) prevede che la procedura accelerata sia applicabile a controversie il cuivalore sia inferiore alla soglia, “unless the Court decides otherwise”.

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specifico applicare le Disposizioni sulla procedura accelerata” (23). L’applica-zione di questa norma, da prevedersi rara, potrebbe rivelarsi utile nel caso incui la particolare rilevanza di pretese non monetarie delle parti o altrecaratteristiche delle controversia (24) suggeriscano il ricorso alla proceduraordinaria.

I presupposti di applicazione delle Disposizioni potrebbero essere con-troversi: non può escludersi, infatti, che le parti assumano posizioni divergenticirca l’esistenza di un accordo di opt-in o di opt-out, la data di conclusionedella convenzione arbitrale (particolarmente nel caso in cui il contratto siastato concluso precedentemente all’entrata in vigore delle Disposizioni, maabbia fatto oggetto di successive modifiche, la cui portata sia dibattuta) ol’effettivo ammontare delle rispettive pretese. Simili divergenze faranno og-getto di una decisione della Corte (25).

La determinazione circa l’applicabilità delle Disposizioni è effettuata dalSegretariato o, in caso di contestazione, dalla Corte successivamente allaricezione della risposta alla domanda di arbitrato (o alla scadenza del termineprevisto a questo fine) per tenere conto dell’ammontare di eventuali domandericonvenzionali o di commenti contenuti nella risposta, “o in qualsiasi altromomento successivo”: tale potrebbe essere la data di ricevimento dellarisposta a una chiamata in arbitrato ai sensi dell’articolo 7(4) del Regola-mento, la quale potrebbe essa stessa contenere domande tali da influire sulvalore della controversia. Inoltre, quando la Corte sia chiamata a pronunciarsisu eventuali eccezioni di competenza ex articolo 6(4), la determinazione saràdeferita a momento successivo a tale pronuncia, la quale potrebbe avere pereffetto l’esclusione di alcune pretese ed influire pertanto sul valore comples-sivo della controversia.

Oltre a poter decidere sin dall’inizio di escludere l’applicazione delleDisposizioni, la Corte può, su richiesta di una parte o di propria iniziativa,decidere di cessarne l’applicazione nel corso del procedimento, dopo averconsultato le parti e il tribunale arbitrale. Un aumento delle pretese delle partiin corso di arbitrato tale da eccedere la soglia di US$ 2,000,000 non determinadi per sé il passaggio alla procedura ordinaria. Tuttavia, un aumento signifi-cativo del valore monetario delle domande, così come la maggiore complessitàdella controversia (per esempio, a seguito dell’autorizzazione di nuove do-mande in base all’articolo 3(2) dell’Appendice VI) potrebbe suggerire alla

(23) Articolo 30(3)(c).(24) Un caso in cui la Corte potrebbe aderire a una domanda di esclusione delle

Disposizioni, o essa stessa decidere proprio motu di non applicarle è quello di arbitrato fondatosu trattati di protezione degli investimenti, vista la complessità e sensibilità di questo tipo diarbitrati, anche quando di valore economico limitato.

(25) Nel senso che simili divergenze “may lead to some uncertainty at the start of thearbitration, and become the cause of new delays prior to the constitution of the arbitraltribunal”, v. M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, op. cit., 127.

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Corte di adottare tale misura (26). In tal caso, il tribunale arbitrale rimarrànormalmente in carica, salva facoltà della Corte di ricostituirlo (27). In caso diricostituzione del tribunale arbitrale, quest’ultimo “decide, sentite le parti se,e in che misura, i precedenti atti del procedimento debbano essere ripe-tuti” (28). Il passaggio al procedimento ordinario comporta inoltre, in linea diprincipio, la necessità di adottare l’atto di missione (29), salva facoltà dirinuncia delle parti.

4. Segue: arbitrati relativi a pluralità di contratti e riunione di procedi-menti. — Problemi particolari si pongono riguardo all’applicazione delleDisposizioni ad arbitrati relativi a una pluralità di contratti (articolo 9 delRegolamento) e in caso di riunione di procedimenti (articolo 10).

L’articolo 6(4)(ii) del Regolamento prevede che, quando siano formulatedomande relative a più contratti ex articolo 9, e tali contratti contenganodiverse convenzioni arbitrali, l’arbitrato procede riguardo alle pretese rispettoalle quali la Corte sia soddisfatta che le convenzioni arbitrali possano esserecompatibili (30). La circostanza che le convenzioni arbitrali in questione sianosoggette a diverse versioni del Regolamento può considerarsi causa d’incom-patibilità e quindi costituire un ostacolo all’instaurazione di un arbitrato unicorelativo all’insieme delle pretese. Inoltre, sempre ai fini dell’articolo 6(4)(ii),l’applicabilità delle Disposizioni alle sole controversie relative a convenzioniarbitrali concluse successivamente alla loro entrata in vigore costituisce mo-tivo d’incompatibilità tra convenzioni arbitrali concluse prima e dopo il 1marzo 2017, indipendentemente dalla versione del Regolamento applicabile(quindi anche allorché il Regolamento 2017 sia applicabile a tutte le do-mande) (31).

(26) M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, op. cit., 128-129, secondo i quali la possibilità dimettere fine all’applicazione delle Disposizioni “will remain the great exception”.

(27) Articolo 1(4) dell’Appendice VI. La ricostituzione del tribunale arbitrale potrebbeconsistere nella sostituzione dell’arbitro unico con altro arbitro unico (in ipotesi, al fine dinominarne uno di maggiore esperienza) o nella sostituzione dell’arbitro unico con un collegiodi tre arbitri, con eventuale nomina dell’arbitro unico a presidente del tribunale arbitrale.

(28) Articolo 15(4).(29) Dal momento che, alla data della ricostituzione del tribunale arbitrale, il termine di

cui all’articolo 23(2) potrebbe essere già scaduto, la Corte potrebbe a tal fine fissare un nuovotermine di 30 giorni in applicazione della regola generale dell’articolo 5 dell’Appendice VI (“Inrelazione ad ogni questione riguardante la procedura accelerata non espressamente disciplinatain questa Appendice, la Corte e il tribunale arbitrale agiscono nello spirito del Regolamento edi questa Appendice”) e nello spirito dell’articolo 23(2).

(30) La seconda condizione, non rilevante ai nostri fini, è che la Corte constati prima facieche “tutte le parti all’arbitrato potrebbero aver convenuto che tali domande possono esseredecise in un singolo arbitrato”.

(31) Come già segnalato, la data d’inizio del procedimento determina la versione delRegolamento applicabile (articolo 6(1)). Tutti i procedimenti iniziati successivamente al 1marzo 2017 sono quindi soggetti al Regolamento 2017 (salvo che le parti non abbianoconvenuto altrimenti), con l’eccezione delle Disposizioni, applicabili o meno a seconda delladata di conclusione dell’accordo compromissorio.

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L’articolo 10 prevede che, in assenza di accordo di tutte le parti, la Cortepossa riunire due o più procedimenti arbitrali fondati su diverse convenzioniarbitrali solo se queste sono compatibili (32). Analogamente a quanto osser-vato a proposito di procedimenti relativi a pluralità di contratti, l’applicabilitàdelle Disposizioni solo ad alcuni dei procedimenti da riunire può considerarsicausa d’incompatibilità tale da impedire la riunione. Inoltre, la riunionepotrebbe determinare il superamento della soglia economica di applicazionedelle Disposizioni. Questa circostanza non avrà per conseguenza necessaria lacessazione dell’applicazione delle Disposizioni, ma potrebbe influire sulladecisione della Corte ex articolo 1(4) dell’Appendice VI, soprattutto se lariunione comporti un significativo aumento della complessità della controver-sia.

5. Segue: profili procedurali. — La procedura accelerata differisce daquella ordinaria sotto diversi profili. Alcuni di questi sono disciplinati nelleDisposizioni in modo vincolante, mentre per altri il Regolamento si limita adettare indicazioni di massima, rimettendosi alla valutazione del tribunalearbitrale per l’applicazione ai singoli casi di specie.

In primo luogo, il procedimento sarà sottoposto a un arbitro unico, chesarà nominato dalla Corte in mancanza di designazione congiunta delle partientro un termine assegnato dal Segretariato (33). Tale soluzione, esaminata inmaggior dettaglio nel prossimo paragrafo, prevale in via di principio sull’even-tuale diversa indicazione del numero di arbitri espressa nella convenzionearbitrale (34).

In secondo luogo, non è prevista l’adozione dell’atto di missione, diffi-cilmente compatibile con i ritmi serrati della procedura accelerata (35). Deveritenersi che le parti restino libere, con il consenso del tribunale arbitrale, diconvenire l’adozione di un documento avente funzione equivalente all’atto dimissione, che non sarà tuttavia sottoposto alla disciplina di cui all’articolo 23,e in particolare alla trasmissione alla Corte o all’approvazione di quest’ultimain assenza di sottoscrizione di alcuna delle parti ai sensi dell’articolo 23(2) e23(3). In assenza di atto di missione, il termine per la proposizione di nuovedomande coincide con la costituzione del tribunale arbitrale, sempre salvo ilpotere di quest’ultimo di autorizzare tali domande alla luce della loro naturae di ogni altra circostanza rilevante (36).

(32) Ulteriori condizioni, irrilevanti ai nostri fini, sono che (i) gli arbitrati siano tra lestesse parti e (ii) le controversie riguardino lo stesso rapporto giuridico.

(33) Articolo 2(2) dell’Appendice VI.(34) Articolo 2(1) dell’Appendice VI.(35) Articolo 3(1) dell’Appendice VI.(36) Articolo 3(2) dell’Appendice VI. Benché l’autorizzazione di nuove domande po-

trebbe rendere difficile il rispetto del termine per la pronuncia del lodo, contrariamente aquanto suggerito in M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, op. cit., 134, essa non è condizionata alricorrere di circostanze eccezionali.

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In terzo luogo, è previsto un termine di quindici giorni dalla trasmissionedel fascicolo al tribunale arbitrale per tenere la riunione di gestione delprocedimento. Tale termine è prorogabile dalla Corte su richiesta del tribu-nale arbitrale o d’ufficio (37). La data della riunione di gestione del procedi-mento è rilevante anche in quanto dies a quo del termine di sei mesi per lapronuncia del lodo, anch’esso prorogabile dalla Corte ai sensi dell’articolo31(2) del Regolamento (38).

Quanto alla gestione del procedimento arbitrale in senso stretto, altribunale arbitrale è riconosciuto il potere discrezionale di “adottare le misureprocedurali che ritiene opportune” (39). Come esempi di tali misure, si pre-vede la possibilità di escludere richieste di produzione di documenti o “dilimitare il numero, la lunghezza e l’oggetto delle memorie scritte e delle provetestimoniali scritte (sia dei testimoni in fatto sia degli esperti)”, e di deciderela controversia unicamente in base ai documenti prodotti dalle parti, senzanecessità di un’udienza e dell’escussione di testimoni ed esperti (40). A que-st’ultimo riguardo, le Disposizioni differiscono dall’articolo 25(6) del Regola-mento, che, in procedimenti ordinari, consente al tribunale arbitrale di deci-dere sulla sola base dei documenti a meno che una parte non richiedaun’udienza. In base alle Disposizioni, il tribunale arbitrale potrebbe decideredi non convocare un’udienza malgrado la richiesta di una parte. Benché nellageneralità degli ordinamenti il rispetto del diritto al contraddittorio nonpresuppone necessariamente la convocazione di un’udienza, prima di unasimile scelta il tribunale arbitrale dovrebbe considerare i relativi rischi nel-l’ordinamento della sede e in quello del possibile luogo di esecuzione del lodo.

Le Disposizioni fanno salve altre caratteristiche del procedimento ordi-nario, tra le quali la conferma o la nomina di ogni arbitro da parte della Corteo del Segretariato e l’esame del progetto di lodo da parte della Corte ai sensidell’articolo 34 del Regolamento, per il quale è tuttavia previsto un iter piùrapido (41) e la possibilità che l’esame sia condotto da un solo membro dellaCorte (42).

(37) Vista la brevità del termine, e per evitare la necessità di una formale proroga daparte della Corte, quest’ultima ha adottato una “decisione permanente” di proroga del termine,che sarà comunicata dal Segretariato ogniqualvolta la riunione di gestione del procedimentonon possa essere tenuta entro il termine.

(38) Articolo 4(1) dell’Appendice VI. Il termine include anche il processo di esame delprogetto di lodo ex articolo 34; la Nota prevede pertanto che il progetto di lodo debba esseretrasmesso al Segretariato entro cinque mesi dalla data della case-management conference perconsentirne l’esame da parte della Corte (paragrafo 92).

(39) Articolo 3(4).(40) Articolo 3(4) e 3(5) dell’Appendice VI. Prima di adottare tali misure, il tribunale

arbitrale è incoraggiato a consultare le parti. Allorché un’udienza deve tenersi, è espressamenteprevisto che essa si tenga per videoconferenza, telefono o attraverso simili mezzi di comunica-zione.

(41) La Nota prevede che i progetti di lodo siano esaminati dalla Corte “within three tofour weeks” dalla data di ricevimento da parte del Segretariato nei procedimenti ordinari, e “assoon as possible, and in any event no later than two to three weeks of receipt by the Secretariat”

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Come segnalato, il termine di sei mesi per rendere il lodo è soggetto aproroga da parte della Corte. Malgrado il riferimento, nella Nota, al poteredella Corte di concedere la proroga “only in limited and justified circumstan-ces” (43), la brevità del termine e la necessità di evitare che il lodo siapronunciato dopo la scadenza suggeriscono che la proroga sarà accordataregolarmente. Particolare enfasi è posta tuttavia sul rispetto del termineiniziale, come evidenziato dalla previsione del potere della Corte di ridurre glionorari degli arbitri in caso di ritardo nella trasmissione del progetto dilodo (44). Benché la questione non sia trattata in modo esplicito nel Regola-mento, infine, deve ritenersi esclusa, o limitata a circostanze eccezionali, lafacoltà di segmentazione (“bifurcation”) del procedimento, con trattazioneseparata di questioni preliminari e pronuncia di uno o più lodi parziali, cheappare incompatibile con il termine assai breve per la pronuncia del lodofinale (45).

6. Segue: la prevalenza delle Disposizioni sulla procedura accelerata e ilnumero di arbitri. — L’aspetto forse più interessante e senz’altro più contro-verso (46) delle Disposizioni riguarda la loro dichiarata prevalenza su even-tuali disposizioni contrarie contenute nella convenzione arbitrale (47). Delprincipio è fatta specifica applicazione in materia di numero di arbitri: come

nei procedimenti soggetti alle Disposizioni (paragrafi 99 e 100). Il mancato rispetto di questitermini, in assenza di circostanze eccezionali che sfuggano al controllo della Corte, comporta lariduzione della tassa amministrativa della CCI “by up to 20% depending on the length of thedelay”.

(42) V. articolo 4(6) dell’Appendice II e paragrafo 100 della Nota. In senso critico circaquesta possibilità (“Having the draft award scrutinized by a member of the ICC Court may affectthe quality of the decision-making process”), M.W. BÜHLER, P.R. HEITZMANN, op. cit, 121 ss.

(43) V. paragrafo 90 della Nota.(44) V. paragrafo 94 della Nota. Mentre nel procedimento ordinario la possibile ridu-

zione degli onorari degli arbitri è prevista in caso di ritardo nella trasmissione del progetto dilodo con riferimento al solo periodo successivo all’ultimo significativo atto procedurale (udienzao memoria scritta; v. paragrafo 88 della Nota), nella procedura accelerata è potenzialmentesanzionato qualsiasi ritardo accumulatosi nel corso del procedimento, dal momento che lariduzione degli onorari è possibile in ogni caso in cui il termine iniziale sia stato oggetto diproroga. Sono comunque fatti salvi circostanze eccezionali e fattori indipendenti dalla volontàdegli arbitri che abbiano giustificato il ritardo.

(45) M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, op. cit., 141 (“requests for bifurcation of theproceedings are unlikely to succeed when the EPP apply, and are in any event rare in ‘small’claim cases, except as regards jurisdictional issues”).

(46) “One cause of concern”, secondo G. MARCHISIO, Recent Solutions to Old Problems,A Look at the Expedited Procedure under the Newly Revised ICC Rules of Arbitration, in ICCDispute Resolution Bulletin, 2017(1), 78; v. anche L. NOWAK, N. GHIBRADZE, The ICC ExpeditedProcedure Rules - Strengthening the Court’s Power, in http://kluwerarbitrationblog.com/2016/12/13/reserved-for-13-december-the-icc-expedited-procedure-rules-strengthening-the-courts-powers:“This provision clearly limits party autonomy and, thus, poses a question whether the ICC Courtis being given too much power. Do the Expedited Procedure Rules quash one of the basicprinciples of international arbitration?”.

(47) Articolo 30(1) del Regolamento: “Accordandosi per l’arbitrato in base al Regola-mento, le parti concordano che il presente articolo 30 e le Regole sulla procedura acceleratacontenute nell’Appendice VI (in prosieguo, cumulativamente definite le “Disposizioni sulla

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accennato, alla Corte è infatti riconosciuto il potere di procedere alla nominadi un arbitro unico nonostante un’eventuale diversa previsione contenutanella convenzione arbitrale (48).

La ratio di queste norme, che trovano corrispondenza in disposizionianaloghe contenute in altri regolamenti arbitrali (49), consiste nell’evitare chele parti snaturino il procedimento accelerato escludendone i tratti caratteri-stici ispirati a celerità e snellezza procedurale. Vista la segnalata facoltà diconvenire l’adozione dell’atto di missione, o di un documento avente funzioneequivalente, e la generale flessibilità delle direttive procedurali contenutenell’articolo 3(4) e 3(5) dell’Appendice VI (“il tribunale arbitrale può...”), ilproblema si pone essenzialmente rispetto ad eventuali modifiche dei termini eappunto al numero degli arbitri. In ordine ad ogni altro aspetto, a dispettodell’articolo 30(1), deve infatti ritenersi che le previsioni della convenzionearbitrale siano di fatto destinate a prevalere.

La facoltà delle parti di prevedere, nella convenzione arbitrale, terminipiù lunghi di quelli prescritti dalle Disposizioni (quello di 15 giorni dallatrasmissione del fascicolo per lo svolgimento della riunione di gestione delprocedimento, e quello di sei mesi a partire da tale riunione per la pronunciadel lodo finale) deve in generale ritenersi inefficace alla luce dell’articolo30(1). Un accordo delle parti in tal senso sarà tuttavia rilevante ai fini delladecisione della Corte di estendere tali termini ai sensi degli articoli 3(3) e 4(1)dell’Appendice VI. La previsione di termini più brevi di quelli regolamentaririentrerebbe invece nell’ambito di applicazione dell’articolo 39, con conse-guente potere della Corte di prorogarli d’ufficio quando ciò sia consideratonecessario “per consentire al tribunale arbitrale e alla Corte di adempiere alleproprie funzioni conformemente al Regolamento” (50). La Corte potrebbequindi prorogare i termini ridotti qualora essi appaiano irrealistici alla lucedella complessità della controversia o di altre circostanze (51).

La nomina di un arbitro unico a dispetto del riferimento ad un collegio ditre arbitri nella convenzione arbitrale potrebbe dar luogo a dubbi circa lavalidità e l’eseguibilità del lodo alla luce dell’articolo V(1)(d) della Conven-zione di New York o di analoghe disposizioni che sanzionino la contrarietàdella composizione o costituzione del tribunale arbitrale all’accordo delleparti. Tali dubbi potrebbero ritenersi a fortiori giustificati in ordinamenti,

procedura accelerata”) prevalgono su qualsiasi disposizione contraria contenuta nella conven-zione arbitrale”.

(48) Articolo 2(1) dell’Appendice VI.(49) Articolo 5(3) del Regolamento SIAC, come modificato nel 2016: “By agreeing to

arbitration under the Rules, the parties agree that, where arbitral proceedings are conducted inaccordance with the Expedited Procedure under this Rule 5, the rules and procedures set forthin Rule 5(2) shall apply even in cases where the arbitration agreement contains contrary terms”.

(50) Articolo 39(2).(51) V. A. CARLEVARIS, L’accélération, cit., 167.

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come quello italiano, che, in caso di contrasto, espressamente prevedono laprevalenza dell’accordo compromissorio sul regolamento arbitrale (52). Lacontrarietà della costituzione dell’organo arbitrale all’accordo delle parti circail numero di arbitri, pur essendo raramente invocata, ha in alcune occasionidato luogo all’annullamento o al rifiuto di esecuzione del lodo (53). A tal fine,sarebbe necessario che l’obiezione fosse sollevata al momento della nominadell’arbitro unico, in caso contrario dovendo essa considerarsi preclusa (54).

Benché l’obbiettivo della nomina di un arbitro unico in procedimentiaccelerati sia comune a tutte le norme regolamentari, l’esigenza di rispettodell’autonomia delle parti in caso di diverso accordo ha suggerito soluzionidiverse in altri sistemi arbitrali. In taluni casi, l’accordo delle parti per untribunale composto da più arbitri esclude automaticamente l’applicazionedella procedura accelerata (55). In altri, l’istituzione tenterà di persuadere leparti a modificare l’accordo a favore di un arbitro unico, consentendo, indifetto, la conduzione del procedimento accelerato con il numero di arbitriscelto dalle parti (56). Altri testi, quali quello SIAC e CCI, tendono a farprevalere la previsione regolamentare favorevole all’arbitro unico, lasciandotuttavia all’istituzione arbitrale il potere di decidere altrimenti (57).

La High Court di Singapore ha recentemente esaminato l’impugnazionedi un lodo pronunciato da un arbitro unico nominato in base alle disposizionisulla procedura accelerata contenute nel Regolamento SIAC del 2010 adispetto della convenzione arbitrale, che prevedeva un tribunale arbitrale ditre membri. La corte ha rigettato l’impugnazione sul presupposto del riferi-mento dello stesso accordo compromissorio ad un regolamento arbitrale cheprevede la nomina di un arbitro unico in caso di procedimento accelerato (58).

(52) Articolo 832, c. 2, c.p.c.: “Nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzionedi arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato”.

(53) G.B. BORN, International Commercial Arbitration, Alphen aan den Rijn, 2014, 3572(e precedenti ivi indicati alla nota 909); v. anche S. JARVIN, Irregularity in the Composition of theArbitral Tribunal and the Procedure, in E. GAILLARD, D. DI PIETRO (eds.), Enforcement ofArbitration Agreements and International Arbitral Awards - The New York Convention inPractice, London, 2008, 729; F. GÉLINAS, Le contrôle de la sentence pour défaut de conformité dela procédure aux règles applicables: quelques questions, in S. GUILLEMARD (ed.), Mélanges enl’honneur du professeur Alain Prujiner, Montreal, 2011, 143.

(54) V., per esempio, P. NACIMIENTO, Article V(1)(d), in N.C. PORT ET AL. (eds.), Reco-gnition and Enforcement of Foreign Arbitral Awards: A Global Commentary on the New YorkConvention, The Hague, 2010, 289.

(55) V. articolo 75(2)(2) del Regolamento della Japan Commercial Arbitration Associa-tion.

(56) V. articolo 41(2)(b) del Regolamento HKIAC e articolo 42(2)(c) del Regolamentosvizzero.

(57) Articolo 5(2) del Regolamento SIAC.(58) V. AQZ v. ARA, [2015] SGHC 49, § 132: “A commercially sensible approach to

interpreting the parties’ arbitration agreement would be to recognise that the SIAC Presidentdoes have discretion to appoint a sole arbitrator. Otherwise, regardless of the complexity of thedispute or the quantum involved, a sole arbitrator can never be appointed to hear the disputenotwithstanding the incorporation of the SIAC Rules 2010 which provide for the tribunal to beconstituted by a sole arbitrator when the Expedited Procedure is invoked”; v. G.B. BORN, J.W.

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Come indicato, a differenza delle regole sull’Expedited Procedure del SIAC, leDisposizioni sono applicabili unicamente a controversie soggette a conven-zioni arbitrali concluse successivamente alla loro entrata in vigore. Pertanto, lamedesima conclusione circa la regolarità della nomina di un arbitro unicopotrebbe valere a fortiori, dal momento che deve presumersi che le partiabbiano avuto conoscenza del contenuto delle Disposizioni, ivi compresa laprevalenza del dettato regolamentare ai sensi dell’articolo 3(1) dell’Appen-dice VI (59). Può infatti ritenersi che, avendo preso conoscenza del testo delRegolamento, le parti abbiano accettato che l’accordo circa il numero diarbitri sia inefficace quando una delle circostanze previste per l’applicazionedel procedimento accelerato sia presente (60). Ciò vale, in particolare, per ilcaso di applicazione automatica in base al modesto valore della controversia,dal momento che l’accordo su un diverso numero di arbitri potrebbe non avertenuto specificamente conto di questa eventualità. La nomina di un arbitrounico a dispetto di una contraria indicazione in controversie di valore supe-riore sottoposte alle Disposizioni per effetto di opt-in appare invece piùproblematica, potendosi presumere che i compromittenti abbiano contem-plato la nomina di un collegio indipendentemente dal valore della controver-sia.

Rispetto al Regolamento SIAC, che prescrive la nomina di un arbitrounico e contempla una diversa soluzione come eccezione (61), le Disposizioninon impongono questa scelta (“La Corte può, nonostante qualsiasi previsionecontraria...”). La decisione dell’istituzione in caso di discordanza tra il testoregolamentare e la convenzione arbitrale dipenderà soprattutto dall’interpre-tazione dell’effettiva volontà dei compromittenti. Resta quindi salva la facoltàdell’istituzione di nominare un tribunale arbitrale composto da un numero diarbitri diverso da uno ogniqualvolta le parti confermino tale scelta dopol’insorgere della controversia, la loro effettiva volontà, come espressa nellaconvenzione arbitrale (62), possa essere interpretata in tal senso, o la nominadi un arbitro unico a dispetto di una diversa volontà espressamente manife-

LIM, AQZ v. ARA: Singapore High Court Upholds Award Made under SIAC ExpeditedProcedure, in http://kluwerarbitrationblog.com/2015/03/09/aqz-v-ara-singapore-high-court-uph-lods-award-made-under-siac-expedited-procedure; G. MARCHISIO, op. cit., 79.

(59) Un argomento contrario potrebbe tuttavia fondarsi sulla circostanza che l’espressae consapevole previsione di un numero di arbitri diverso da uno nonostante la conoscenza delledisposizioni sul procedimento accelerato indica un’intenzionale deroga alle stesse.

(60) V., con riferimento a precedenti versioni del Regolamento SIAC, G. SMITH, Com-mentary on the New Singapore International Arbitration Centre Rules, in Arbitration, 2010; A.CARLEVARIS, L’accélération, cit., 171.

(61) Articolo 5(2)(b) del Regolamento SIAC: “the case shall be referred to a solearbitrator, unless the President determines otherwise”.

(62) V. M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN, op. cit., 131-132, che suggeriscono il testo dellaclausola arbitrale che le parti possono adottare per confermare espressamente la scelta di uncollegio di tre arbitri anche in caso di applicazione delle Disposizioni.

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stata risulti di dubbia compatibilità con il diritto applicabile (l’ordinamentodella sede o quello del probabile luogo di esecuzione del lodo) (63).

7. Segue: i costi del procedimento. — Una diversa tariffa, che prevedeonorari per gli arbitri inferiori del 20% circa e diritti amministrativi equiva-lenti a quelli previsti dalla tariffa ordinaria, è applicabile ai procedimentisottoposti alle Disposizioni (64).

La ratio di questa distinzione è che, mentre la procedura davanti altribunale arbitrale è più concentrata e leggera (vista l’esclusione dell’atto dimissione, la tendenziale assenza di prove testimoniali e produzione documen-tale, e la possibile limitazione del numero, della lunghezza e dell’oggetto dellememorie), le funzioni amministrative dell’istituzione, quali l’esame prelimi-nare di eventuali obiezioni di competenza, la conferma o la nomina degliarbitri, l’esame del progetto di lodo e la gestione degli aspetti finanziari delprocedimento, sono invece sostanzialmente equivalenti a quelle di un proce-dimento ordinario (65).

La tariffa speciale è applicabile in ogni caso di applicazione delle Dispo-sizioni, indipendentemente dal presupposto (valore della controversia o ac-cordo delle parti).

A partire dal 1 gennaio 2017 è inoltre in vigore anche una nuova tariffaapplicabile ai procedimenti ordinari, la quale prevede onorari degli arbitri piùelevati per controvesie il cui valore sia inferiore alla soglia di applicazionedelle Disposizioni. L’effetto combinato di questa misura e dell’adozione diuna tariffa specifica e inferiore è un incentivo al ricorso alla proceduraaccelerata per gli small claims.

In base all’articolo 37(1), il Segretario Generale della Corte può fissareun anticipo provvisorio a carico della parte attrice a copertura dei costi dellafase iniziale del procedimento, che, nella procedura accelerata, corre fino allariunione di gestione del procedimento. Tale anticipo provvisorio sarà deter-minato con riferimento alla tariffa applicabile alla procedura accelerata allor-ché le domande, come quantificate nella domanda di arbitrato, abbiano valoreinferiore alla soglia di applicazione delle Disposizioni, e potrebbe essereaumentato nel caso in cui queste non risultassero successivamente applicabili.

(63) È da prevedersi che la questione discussa nel testo non darà frequentemente luogoa difficoltà, dal momento che i casi in cui il valore della controversia sia inferiore a US$2,000,000 sono già nella loro grande maggioranza (80% nel 2014, 81% nel 2015 e 75% nel 2016)sottoposti a un arbitro unico.

(64) V. Tariffa dei diritti amministrativi e degli onorari degli arbitri per la proceduraaccelerata, Appendice III al Regolamento. In senso critico circa la distinzione tra onorari degliarbitri e diritti amministrativi (“The wisdom of this approach is questionable, as the arbitratoracting under the EPP will be subject to many special efforts”), M. W. BÜHLER, P. R. HEITZMANN,op. cit., 143.

(65) Può anzi darsi la possibilità di interventi ulteriori dell’istituzione, come nel caso, giàsegnalato, in cui si renda necessaria una decisione circa l’applicazione delle Disposizioni.

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8. La riduzione del termine per l’adozione dell’atto di missione. — L’attodi missione, primo atto procedurale, costituisce uno dei tratti caratteristici delprocedimento di arbitrato CCI (66). Esclusa per la procedura accelerata, lanecessità di adottare l’atto di missione è stata confermata per i procedimentiCCI ordinari.

La funzione principale dell’atto consiste nel delimitare l’oggetto dellacontroversia e nel costituire un limite temporale all’introduzione di nuovedomande. Successivamente all’adozione dell’atto di missione, infatti, le partinon possono proporre nuove domande senza autorizzazione del tribunalearbitrale. In origine, l’atto assolveva anche alla funzione di compromessoarbitrale, particolarmente rilevante in ordinamenti che richiedessero unamanifestazione della volontà compromissoria successiva all’insorgere dellacontroversia, e costituiva un’utile occasione di discussione dell’organizzazionedella procedura arbitrale durante le sue fasi introduttive.

Queste funzioni sono oggi largamente superate dall’evoluzione del dirittoe della prassi dell’arbitrato. La generalità degli ordinamenti riconosce che unaconvenzione arbitrale conclusa precedentemente all’insorgere della contro-versia costituisce una base sufficiente della competenza degli arbitri. D’altraparte, la più recente prassi arbitrale internazionale offre a parti ed arbitri altreopportunità di confronto su questioni procedurali all’inizio del procedimento,quali la riunione di gestione del procedimento e la discussione del calendarioprocedurale (67). Infine, essendo adottato in una fase preliminare del proce-dimento, l’atto di missione sempre più raramente fornisce un’affidabile de-scrizione della materia del contendere e delle posizioni delle parti, chetendono ad evolvere successivamente alla sua adozione, anche attraversonuove domande autorizzate dal tribunale arbitrale.

L’obbiettivo di accelerare l’attivazione del procedimento nella sua faseiniziale ha suggerito di ridurre il termine a disposizione di arbitri e parti peradottare il documento da due mesi a trenta giorni (articolo 23(2)). Restaferma la prerogativa della Corte di prorogare il termine su richiesta deltribunale arbitrale o di propria iniziativa nel caso, che può prevedersi fre-quente in controversie di maggiore complessità, in cui tale termine si riveliinsufficiente.

9. La motivazione delle decisioni dell’istituzione. — Il Regolamento nonindica se le decisioni dell’istituzione relative all’amministrazione del procedi-

(66) Articolo 23 del Regolamento di arbitrato CCI.(67) Articolo 24: “1. Quando redige l’atto di missione, o appena possibile successiva-

mente, il tribunale arbitrale convoca una riunione di gestione del procedimento per consultarele parti sulle misure procedurali che possono essere adottate ai sensi dell’articolo 22(2). Talimisure possono comprendere una o più tecniche di gestione del procedimento descrittenell’Appendice IV. 2. Durante tale riunione o a seguito di essa, il tribunale arbitrale adotta ilcalendario del procedimento che intende seguire per lo svolgimento dell’arbitrato. Il calendariodel procedimento e ogni sua modifica vengono comunicati alla Corte e alle parti”.

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mento debbano essere motivate. In passato, facevano eccezione le decisionirelative alla conferma, nomina, ricusazione e sostituzione di arbitri, per lequali la motivazione era espressamente esclusa (articolo 11(4) del Regola-mento del 2012).

La legittimità di questa regola, tradizionalmente giustificata con riferi-mento alla natura meramente amministrativa di tali decisioni (peraltro co-mune alla generalità delle decisioni delle istituzioni arbitrali) e a considera-zioni pratiche (68), è stata confermata dalla giurisprudenza francese (69).

La diffusa tendenza verso una maggiore trasparenza dell’arbitrato hatuttavia dettato, negli ultimi anni, un’evoluzione della prassi, volta ad ammet-tere la comunicazione dei motivi per alcune decisioni dell’istituzione a talunecondizioni (70). In una prima fase di questa evoluzione, un rapporto dellaCommissione relativo ad arbitrati che coinvolgono stati ed entità pubblichepubblicato nel 2012 (“Rapporto”) ha contemplato la possibilità che, perarbitrati tra investitori e stati sottoposti al Regolamento CCI in base a untrattato bilaterale di promozione e protezione degli investimenti, il trattatopreveda la comunicazione delle motivazioni delle decisioni della Corterelative alla conferma, nomina, ricusazione e sostituzione di arbitri in derogaall’articolo 11(4) del Regolamento (71). Successivamente, nel 2014, la Corteha, in due occasioni, accettato di comunicare le ragioni della propria deci-sione sulla ricusazione di arbitri. I due casi in questione coinvolgevano entitàstatali, ma non nel quadro di un arbitrato d’investimento; essi non costitui-scono quindi una diretta applicazione del principio affermato nel Rapporto.Una volta ammessa la derogabilità dell’articolo 11(4), non c’erano ragioni dilimitarne la portata, escludendone arbitrati commerciali tra parti private. Èquanto la Nota ha previsto a partire da ottobre 2015, consentendo la

(68) Tali considerazioni attengono principalmente ai tempi necessari alla preparazione diuna motivazione per l’alto numero di decisioni di conferma, nomina, ricusazione o sostituzionedi arbitri assunte quotidianamente dall’istituzione.

(69) V. Tribunal de grande instance di Parigi, 19 dicembre 2012, Fairplus Holding et LaValaisanne c. CCI, in Les cahiers de l’arbitrage/The Paris Journal of International Arbitration,2013, 455 ss. Nel caso Société Opinter France c. Société Dacomex, 15 gennaio 1985, in Revue del’arbitrage, 1986, 87 ss., la Corte d’appello di Parigi ha rigettato il ricorso in annullamento di unlodo CCI pronunciato dopo che la Corte CCI aveva rigettato la ricusazione di uno degli arbitrisenza fornire motivazione. La decisione, confermata in termini analoghi dalla Corte di cassa-zione (7 ottobre 1987, in Revue de l’arbitrage, 1987, 479 ss.), ha affermato che l’obbligo dimotivazione riguarda i soli atti giurisdizionali e non anche gli atti amministrativi, quali ledecisioni delle istituzioni arbitrali sulla ricusazione di arbitri.

(70) V. A. CARLEVARIS, R. DIGÓN, Arbitrator Challenges under the ICC Rules andPractices, in ICC Dispute Resolution Bulletin, 2016(1), 10 ss.

(71) ICC Commission Report, States, State Entities and ICC Arbitration, § 21. Il testosuggerito nel Rapporto per i trattati bilaterali è il seguente: “The Parties agree that theInternational Court of Arbitration shall communicate the reasons for its decisions on thedisputed confirmation, non-confirmation, challenge, and replacement of arbitrators, in deroga-tion of Article 11(4) of the ICC Rules of Arbitration”.

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comunicazione dei motivi di alcune decisioni della Corte su accordo delleparti (72).

L’ultima fase di questa evoluzione consiste appunto nella modifica del-l’articolo 11(4), con la rimozione dell’ultima parte (“e le relative motivazioninon sono rese note”), che avrà l’effetto di consentire all’istituzione di comu-nicare i motivi della decisione in base a richieste unilaterali, indipendente-mente dal consenso di tutte le parti. Resta peraltro riservata la facoltàdell’istituzione di non accedere a una simile richiesta quando la lex arbitri oaltre circostanze lo sconsiglino.

La nuova prassi riguarda la comunicazione dei motivi dei provvedimentia parti ed arbitri, non la loro pubblicazione. Malgrado questa sua portatalimitata, tuttavia, l’innovazione contribuisce alla trasparenza dei criteri appli-cati dalla Corte nelle decisioni relative all’amministrazione della procedura.Inoltre, non è da escludersi che essa rappresenti un primo passo verso la futurapubblicazione delle decisioni.

10. Le modifiche minori. — In aggiunta alle principali modifiche de-scritte nei paragrafi precedenti, tre emendamenti minori sono stati adottati perrisolvere questioni interpretative relative a disposizioni introdotte con larevisione del 2012 e correggere una discrepanza rilevata in riferimento allaversione francese del Regolamento.

La prima di tali modifiche riguarda l’articolo 6(3) del Regolamento,relativo alla verifica preliminare della convenzione arbitrale in presenza diobiezioni relative alla competenza o in assenza di risposta alla domanda diarbitrato. La disposizione, come modificata nel 2012, rimette la decisione sullacompetenza direttamente al tribunale arbitrale, salvo che il Segretario Gene-rale decida di sottoporre la questione alla Corte affinché quest’ultima sipronunci in base all’articolo 6(4). La modifica in vigore da marzo 2017chiarisce che all’origine dell’applicazione dell’articolo 6(3) può essere un’obie-

(72) La Nota, come modificata a partire dal 15 ottobre 2015, prevedeva la comunicazionedei motivi su accordo delle parti per le decisioni relative a ricusazione e sostituzione di arbitrisu iniziativa della Corte, esame preliminare della convenzione arbitrale ex articolo 6(4) eriunione di procedimenti in base all’art. 10 del Regolamento (“Article 11(4) of the Rulesprovides that the Court shall not communicate the reasons for its decisions as to the appoin-tment, confirmation, challenge or replacement of an arbitrator. However, upon request of all theparties, the Court may communicate the reasons for (i) a decision made on the challenge of anarbitrator pursuant to Article 14 of the Rules, and (ii) a decision to initiate replacementproceedings and subsequently to replace an arbitrator pursuant to Article 15(2) of the Rules.The Court may also, upon request of all the parties, communicate the reasons for decisionspursuant to Articles 6(4) and 10 of the Rules”. Dopo l’introduzione di questa nuova prassi, laCorte ha acconsentito a comunicare i motivi delle proprie decisioni su domande di ricusazionedi arbitri in tre occasioni (in aggiunta ai due casi precedenti menzionati nel testo). Nessunadomanda di comunicazione dei motivi è stata ancora ricevuta relativamente alle altre categoriedi decisioni di cui alla Nota.

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zione sollevata non solo dalla parte “nei cui confronti è stata formulata unapretesa”, ma anche da quasiasi altra parte (“Se una delle parti nei cuiconfronti è stata formulata una pretesa non presenta una Risposta, o se unadelle parti solleva una o più eccezioni...”). La modifica, che non fa che rifletterela prassi in vigore, è applicabile, per esempio, in caso di chiamata di un terzoin arbitrato quando a sollevare eccezioni alla chiamata non sia il terzo, ma laparte attrice.

La seconda modifica minore riguarda il potere di nomina “diretta” degliarbitri da parte della Corte in procedimenti che coinvolgano parti pubbliche.È noto come la Corte normalmente proceda alla nomina degli arbitri sullabase di una proposta ricevuta da uno dei suoi comitati o gruppi nazionali (73).Tra le eccezioni introdotte nel 2012 a questa procedura c’è il caso in cui unao più delle parti sia uno stato o “sost[enga] di essere” un’entità pubblica(articolo 13(4)(i) del Regolamento in vigore fino a febbraio 2017). L’emen-damento (“o può essere considerata un’entità statale”) consente ora l’appli-cazione della norma anche nel caso in cui la natura pubblica di una parte siacontroversa e sia invocata non già dalla parte stessa, ma da un’altra parte.

Infine, mentre il testo inglese dell’articolo 36(2) fa decorrere il termineper presentare una domanda di correzione o interpretazione del lodo dalladata di “ricevimento” (“receipt”) di esso dalla parte istante, il testo francese siriferiva alla diversa nozione di “notificazione” (“notification”). I due testi sonostati allineati attraverso il riferimento, anche in quello francese, alla nozionedi “reception”.

11. Conclusioni. — La revisione del Regolamento di arbitrato CCIentrata in vigore il 1 marzo 2017 non presenta carattere marcatamenteinnovativo, salvo che per l’introduzione di una procedura accelerata applica-bile automaticamente a controvesie di valore economico limitato o su accordodelle parti. Nell’adottare Expedited Procedure Provisions, la CCI ha seguitol’esempio di altre istituzioni arbitrali, i cui testi regolamentari già prevedevanoanaloghi meccanismi.

Malgrado il recente progressivo e significativo aumento del valore mediodelle controversie devolute all’arbitrato CCI, cause il cui valore non eccedeUS$ 2,000,000 tuttora rappresentano una porzione rilevante dei casi ammini-strati dall’istituzione, pari a circa un terzo del totale (74). L’introduzione di unaspecifica procedura applicabile a tali arbitrati costituisce quindi un’innova-zione di grande importanza per una delle istituzioni arbitrali di maggiorenotorietà e prestigio a livello internazionale. Come per la procedura arbitraleordinaria, il Regolamento contiene indicazioni assai sommarie circa le moda-

(73) Articolo 13(3).(74) 32% degli arbitrati CCI registrati nel 2015 presentava un valore della controversia

pari o inferiore a US$ 2,000,000: v. il rapporto statistico 2015, in ICC Dispute ResolutionBulletin, 2016(1), 17.

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lità concrete di conduzione del procedimento, lasciando alle parti e al tribu-nale arbitrale ampia discrezionalità al riguardo. Sarà dunque la prassi arbitralea dare sostanza al generale obbiettivo di celerità che ispira le nuove disposi-zioni. Tale obbiettivo dovrà tuttavia conciliarsi con l’esigenza di rispetto deidiritti di difesa delle parti, che renderà la scelta della sede del procedimentoancor più importante.

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Il riconoscimento dei lodi annullati: l’emergere di un giudiziodi compatibilità tra l’ordinamento nazionale e la sentenzaestera di vacatur

PIETRO MEINERI

1. Introduzione. — La fase decisoria di un arbitrato culmina in un lodo,o sentenza arbitrale, che tradizionalmente può essere sottoposto a vari scrutiniin sede giurisdizionale. Le interferenze tra arbitrato e giudici nazionali apronoun tema vasto, che può essere affrontato sotto svariate prospettive. L’aspettoqui preso in esame si incentra sul potere di dichiarare invalido, o annullare, unlodo. È una facoltà che i diritti nazionali generalmente riconoscono in capoalle proprie corti, anche se ogni ordinamento processualistico declina questopotere in vari modi, disciplinandone presupposti e modalità con differenzetalvolta apprezzabili. Ciononostante, resta possibile riconoscere un minimocomune denominatore per questa facoltà dei giudici nazionali, che nelletrattazioni generali è tendenzialmente richiamata come vacatur, annulment oannullamento, a prescindere dalle denominazioni adottate dalle procedure deivari ordinamenti (1).

Il potere di annullare i lodi arbitrali è una tradizionale prerogativa deigiudici nazionali. Questo assunto, che un tempo nessuno avrebbe messo indiscussione, deve essere sottoposto a un vaglio attento. Non tanto perché si siasviluppato un self-restraint negli ordinamenti nazionali, volto a escludereforme di intervento tanto invasive nel contesto arbitrale (i passi in tal sensosono stati esitanti e di scarso successo). Piuttosto, perché si è sensibilmentediffusa una concezione innovativa sulla portata degli annullamenti intervenutia opera di giudici stranieri.

La novità è relativamente recente, e si è andata via via concretizzando neidecenni scorsi, anche se ha raggiunto una certa significatività e diffusioneinternazionale solo nei primi anni del Duemila. Questo “nuovo” approccio

(1) Sottolinea questa comunanza di fondo la recente trattazione di BRIGUGLIO, Il con-trollo giudiziale del lodo: male necessario, perno essenziale di ogni indagine comparatisticasull’arbitrato, e chiave di volta della collocazione dell’arbitrato nel sistema e nella concretaesperienza, in questa Rivista, 2016, 423 ss.

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(valuteremo infine quanto sia veramente innovativo, nelle premesse e negliesiti) si basa su un assunto semplice, ma di grande portata. Tradizionalmente,l’annullamento definitivo di un lodo, proferito da un giudice dell’ordinamentodella sede arbitrale, rappresentava la “morte giuridica” della sentenza arbi-trale. Oggi non è più necessariamente così. I casi noti, e talvolta celebri, in cuiun lodo annullato è stato riconosciuto da un ordinamento estero, ormai non sicontano più sulle dita di una mano. Al di là di un semplice dato numerico,sono due i grandi fattori di novità che tutti gli operatori devono apprezzare.Innanzitutto, un fenomeno che era, sino a dieci anni fa, tendenzialmentelimitato a un solo Paese (la Francia), ha progressivamente coinvolto molti altriordinamenti, anche di primaria importanza (gli Stati Uniti). Ma vi è unsecondo fattore, meno evidente ma ancora più significativo: si assiste alcrescente successo di un legal reasoning che consente di riconoscere lodiannullati anche in assenza di diritti nazionali eclettici (2). È il fenomeno che siè verificato soprattutto in Stati Uniti, Paesi Bassi e Inghilterra. Ciò detto, lamaggior parte degli ordinamenti non ha mai ammesso simili soluzioni, e siregistrano persino alcune eclatanti prese di posizione in aperta contrarietà,come si vedrà nel proseguo, trattando di una vicenda molto recente che haportato a conclusioni radicalmente opposte i tribunali di Stati Uniti e Lus-semburgo.

2. Le interpretazioni della Convenzione di New York. — Chi sostiene lariconoscibilità di un lodo estero annullato è solito ricercare un sostegnogiuridico nei testi delle convenzioni internazionali sull’arbitrato commerciale:in primis la diffusissima Convenzione di New York (3), ma anche la Conven-zione Europea di Ginevra del 1961 (4). In alternativa, si può argomentare sullabase di principi generali di diritto internazionale privato. Entrambi i sentieriportano, inevitabilmente, ad applicare il diritto nazionale. Il primo approccioritorna necessariamente a dialogare con i sistemi nazionali perché sono questiultimi ad attuare gli obblighi assunti dagli Stati in sede pattizia. Il secondo hail medesimo esito, dal momento che si appella a principi tradizionalmentediffusi in ogni sistema internazional-privatistico.

Il testo della Convenzione di New York, la pietra d’angolo dell’arbitrato

(2) La particolarità francese, come sarà meglio precisato di seguito, si fonda soprattuttosu una peculiarità del diritto interno, che non annovera l’annullamento del lodo estero tra imotivi di rifiuto del riconoscimento (tassativamente indicati all’art. 1502 n.c.p.c. francese). Sivedrà meglio in seguito come questa particolarità si concilia con il diritto internazionaleconvenzionale.

(3) United Nations Convention on the Recognition and Enforcement of Foreign ArbitralAwards (Convenzione di New York), New York, 8 giugno 1958, in www.uncitral.org (disponi-bile all’indirizzo http://www.uncitral.org/pdf/english/ texts/arbitration/NY-conv/XXII_1_e.pdf).

(4) European Convention on International Commercial Arbitration, Ginevra, 21 aprile1961, in www.treaties.un.org (disponibile all’indirizzo https://treaties.un.org/doc/Publication/M-TDSG/Volume%20II/Chapter%20XXII/XXII-2.en.pdf).

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internazionale odierno (5), non prevede espressamente la possibilità di rico-noscere i lodi esteri annullati, e anzi sembra escluderla. Infatti l’annullamentodel lodo è presente tra le circostanze tassativamente previste come idonee anegare l’exequatur di un lodo straniero (6). Ciononostante, si è cercato diarmonizzare il testo della convenzione con la possibilità di riconoscere i lodiannullati.

In primo luogo, si è sostenuto che l’art. V della Convenzione nonrappresenti un divieto di riconoscimento, ma sia una semplice deroga algenerale obbligo di riconoscere i lodi esteri (7). In altre parole, l’intervenutoannullamento presso la sede non impone, ma semplicemente consente ildiniego di exequatur. Chi propone questa interpretazione richiama spesso undato letterale: il verbo “may” utilizzato dalla versione inglese del trattato (8).Ma questo argomento presta il fianco a non poche obiezioni.

Innanzitutto, si consideri che la formulazione della versione francese (9)non presenta quell’accenno di discrezionalità che può discendere da una certalettura del testo inglese (e delle altre lingue ufficiali, come sostenuto in studidedicati (10)). In base alle regole interpretative dei trattati internazionalisiglati in più lingue (11), se emerge una difformità di significato non superabilecon i criteri interpretativi posti (12), occorre scegliere quel senso che meglioarmonizzi le due versioni (13). Pertanto, nel nostro caso, si aprono due ipotesi.Se si interpreta la formulazione francese in termini assolutamente perentori,andrebbe preferita la lettura in senso imperativo (in quanto è l’unica compa-tibile con ogni formulazione linguistica delle versioni ufficiali). Se invece si

(5) « ...the cornerstone of current international commercial arbitration », per usare lecelebri parole di VAN DER BERG, The New York Arbitration Convention of 1958. Towards aUniform Judicial Interpretation, L’Aja, 1981, 1.

(6) Art. V, Convenzione di New York.(7) Per una chiara e forte argomentazione in tal senso si veda BORN, International

Commercial Arbitration, L’Aia, 2014, 3638 ss.: «[I]t is clear that the Convention does nothing toprevent Contracting States from recognizing foreign awards, including awards that have beenannulled in the arbitral seat». L’autore, più che basarsi sull’interpretazione di particolaridisposizioni, valorizza l’impianto generale e lo scopo della Convenzione di New York, purrichiamando, a conferma della propria tesi, la presenza dell’art. VII.

(8) La formulazione inglese dell’art. V, co. 1, risulta essere: « Recognition and enforce-ment of the award may be refused, at the request of the party against whom it is invoked, only ifthat party furnishes to the competent authority where the recognition and enforcement is sought,proof that... ».

(9) La formulazione francese del medesimo art. V, co. 1, è invece: « La reconnaissanceet l’exécution de la sentence ne seront refusées, sur requête de la partie contre laquelle elle estinvoquée, que si cette partie fournit à l’autorité compétente du pays où la reconnaissance etl’exécution sont demandées la preuve ».

(10) Un attento studio sugli aspetti linguistici è quello condotto da PAULSSON, May orMust under the New York Convention, in Arb. Int., 1998, 227 ss. L’autore sottolinea come leversioni cinese, russa e spagnola del testo siano di fatto traducibili con il « may » inglese.

(11) Il riferimento primario è Vienna Convention on the law of treaties (Convenzione diVienna), 23 maggio 1969, in www.treaties.un.org (disponibile all’indirizzo https://treaties.un.org/doc/Publication/UNTS/Volume%201155/volume-1155-I-18232-English.pdf).

(12) Criteri delineati dagli artt. 31 e 32, Convenzione di Vienna.(13) Art. 33, co. 4, Convenzione di Vienna.

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conclude che anche il testo francese, usando sì il modo indicativo ma in unaformulazione negativa, non precluda un’interpretazione conforme a quella“possibilista” aperta dal « may » inglese, allora il dato linguistico non potrebberisolvere la questione.

Ciò detto, se si ammettesse un margine di discrezionalità sul riconosci-mento di un lodo annullato, sorgerebbero immediatamente due problemi.Innanzitutto determinare chi goda di tale facoltà di scelta: se spetti all’ordina-mento statale o al singolo giudice investito della questione. Inoltre, soprat-tutto ipotizzando una discrezionalità del singolo giudice, andrebbe constatatal’assenza di criteri atti a orientarlo, a meno di non cercarli al di fuori dellaconvenzione.

In definitiva, l’interpretazione qui discussa dell’art. V della Convenzionedi New York non convince appieno. Ammettendo che quel « may » sottendala possibilità che un lodo annullato sia riconosciuto, la disposizione va lettacome rivolta agli Stati, e non ai singoli giudici: sono gli Stati i sottoscrittoridella Convenzione e i destinatari degli obblighi di diritto internazionale. Inconcreto, questa lettura della previsione la rende un’anticipazione implicita diquanto discende dall’art. VII, contenente la cosiddetta more favourable rightprovision. Questo articolo stabilisce che le legislazioni nazionali possanoprevedere diritti ulteriori rispetto a quelli convenzionali, e quindi, si ritiene,discipline più favorevoli alla circolazione dei lodi arbitrali. Da una letturaunitaria dell’art. V e dell’art. VII emerge la seguente disciplina: i giudicinazionali devono negare l’exequatur a lodi esteri quando ricorre una circo-stanza ostativa (tra le quali è annoverato l’annullamento), salvo che lalegislazione nazionale preveda diversamente (per esempio, non annoverandol’annullamento tra le circostanze ostative). Ma quest’ultima eventualità derivapiù dal dettato dell’art. VII che da una interpretazione, discussa e discutibile,dell’art. V. Non ha senso forzare eccessivamente le previsioni di questoarticolo, dal momento che un altro, di poco successivo, sancisce espressamentequel regime che si voleva ricavare con un certo travaglio interpretativo (14).

Di recente si è sostenuto che anche un altro dato testuale della Conven-zione di New York consente di ammettere il riconoscimento di un lodoannullato. Si tratta dell’obbligo, richiesto in capo a chi si oppone all’exequaturai sensi dell’art. V, co. 1, di provare l’esistenza di una condizione ostativa. Nelcaso di lodo annullato, cioè, occorre produrre la sentenza straniera di vacatur.In proposito, si è detto che una sentenza particolarmente viziata, perchéottenuta con dolo o corruzione, non potrebbe essere considerata prova nellecorti dello Stato dove si vuole riconoscere il lodo, in forza di un suppostoprincipio generale. Pertanto, non sarà provata la presenza di una circostanzaostativa, e il lodo non solo potrà, ma dovrà essere riconosciuto. Questa lettura,

(14) In questo senso le sue previsioni sono state addirittura definite come “due faccedella stessa medaglia” (« ... sont donc les deux faces d’une même pièce ») da BOLLÉE, nota adApp. Amsterdam, 28 aprile 2009, Yukos Capital SARL v.OJSC Rosneft, in Rev. arb., 2009, 567.

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pur autorevolmente sostenuta, non convince appieno. Appare in realtà unmodo per far rientrare nell’operatività della convenzione principi generali chepure non sono espressamente richiamati. Ed è quantomeno curioso che la tesisia stata avanzata da autori che hanno apertamente criticato l’approcciosquisitamente internazional-privatistico alla questione, che illustreremo inseguito, viste le indubbie somiglianze nelle premesse e nei risultati (15).

Nel testo della Convenzione di New York, quindi, manca un chiaroriferimento alla possibilità di eseguire lodi stranieri annullati. Per quanto nonsi possa ricavare un divieto espresso in tal senso (non si dimentichi che loscopo della convenzione era quello di facilitare la circolazione internazionaledei lodi), alcuni indici sembrano deporre contro una simile evenienza (16), apartire da un’interpretazione che valorizzi i lavori preparatori (17). È peròpossibile ammettere il riconoscimento di un lodo annullato applicando unalegge nazionale che preveda questa eventualità, per il tramite di quella morefavourable right provision ex art. VII.

3. Le altre ricostruzioni interpretative. — La Convenzione Europea diGinevra del 1961, diversamente, contempla espressamente la possibilità cheun lodo annullato sia dichiarato esecutivo in un altro ordinamento. Questaconvenzione fa un passo ulteriore rispetto a quella newyorkese, introducendouna disciplina uniforme sull’annullamento dei lodi. L’art. IX presenta unelenco tassativo di motivi di vacatur (18), prevedendo che qualora il lodo siaannullato per cause non contemplate, esso dovrà ciononostante essere rico-nosciuto ed eseguito negli altri Stati. Si introduce, così, un discrimine trasentenze di annullamento con efficacia internazionale, e sentenze con efficaciameramente interna. La qualificazione nell’una o nell’altra categoria dipendedai motivi alla base del vacatur: se essi siano quelli tassativamente previstidalla Convenzione di Ginevra, oppure no.

La Convenzione di Ginevra è stata sottoscritta da numerosi Paesi euro-pei, e da alcuni altri extra-europei. Ma non raggiunge il livello di diffusionepressoché universale della Convenzione di New York. E poiché quest’ultimanon prevede nulla di simile a questo meccanismo di selezione ex art. IXConvenzione di Ginevra, basato sui motivi di vacatur, si dovrebbe concludereche, nel regime della Convenzione di New York, le sentenze di annullamentoabbiano efficacia internazionale indipendentemente dalle loro basi giuridiche.Questo assunto, tradizionalmente accettato, è oggi messo sempre più indiscussione. Abbiamo già accennato a quell’interpretazione dell’onere proba-

(15) Nei termini in cui è qui esposta, la teoria è stata formulata, in anni recenti, da VAN

DEN BERG, Should the Setting Aside of the Arbitral Award be Abolished?, cit., 281.(16) Come osserva BRIGUGLIO, Il controllo giudiziale del lodo, cit., 436.(17) Per la quale si rimanda, con specifico riferimento al tema qui esaminato, a SANDERS,

Quo Vadis Arbitration? Sixty Years of Arbitration Practice, L’Aja, 1999, 414 ss.(18) Elenco praticamente identico a quello presentato dalla Convenzione di New York,

in fatto di motivi di diniego dell’exequatur, all’art. V.

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torio ex art. V, volto a rendere ininfluenti sentenze viziate da dolo o corru-zione. Più ampiamente, la questione è stata affrontata applicando le regoleinternazional-privatistiche sul riconoscimento delle sentenze straniere. Comeè noto, l’efficacia in un dato ordinamento di decisioni a opera di giudicistranieri è subordinata a una serie di condizioni. E anche nelle legislazioni piùliberali è onnipresente una clausola di compatibilità tra i principi fondantidell’ordinamento giuridico statale e i “prodotti” di altri sistemi giuridici.Concetto richiamato con espressioni diverse (ordine pubblico, ordre public,public policies, solo per evocarne alcune), ma dai tratti tendenzialmenteuniformi, tali da rendere questo meccanismo di selezione operante in presso-ché tutti gli ordinamenti, a prescindere dagli obblighi convenzionali.

Si è pertanto sostenuto che una sentenza di vacatur che non rispetti irequisiti minimi per essere riconosciuta in un dato Paese non potrà impedireche sia ivi eseguito il lodo annullato (19). Il ragionamento è piuttosto semplice:se non riconoscibile dall’ordinamento in questione, la sentenza di annulla-mento sarà tamquam non esset.

Questo approccio incontra principalmente due ostacoli. Innanzitutto iltradizionale convincimento che il lodo, una volta annullato, sia un qualcosa diinesistente: ex nihilo nihil fit (20). In quest’ottica, il lodo annullato non po-trebbe essere riconosciuto, a prescindere da ogni valutazione sulla sentenzache lo invalida.

Altri hanno invece sostenuto che un simile meccanismo sia incompatibilecon la Convenzione di New York, la quale, come visto, non differenzia ivacatur sulla base dei motivi. Da questa considerazione si è dedotto che gliStati si siano obbligati a non riconoscere i lodi annullati, a prescindere daconsiderazioni ulteriori (21).

In realtà, non sembra affatto certo che la convenzione intendesse sancireun simile obbligo. Né, tantomeno, che volesse interferire con quel tradizionalevaglio di compatibilità tra sentenze straniere e ordine pubblico interno. Non

(19) Sono ormai innumerevoli gli autori che accettano questa ricostruzione. Si richia-mino, ex aliis: PARK, Duty and Discretion in International Arbitration, in Am. J. Int’l L., IV, 1999,813; SAMPLINER, Enforcement of Nullified Foreign Arbitral Awards-Chromalloy Revisited, in J.Int’L Arb., 1997, 161-62. Possibilista in tal senso, visto che la ritiene una delle possibiligiustificazioni all’esecuzione dei lodi annullati, è anche BORN, International Commercial Arbi-tration, cit., 3634 ss.

(20) Per una risalente ma autorevole esposizione del principio si rimanda all’opera diSANDERS, New York Convention on the Recognition and Enforcement of Foreign Arbitral Award,in Neth. Int’l L. Rev, 1959, 55.

(21) È questa, per esempio, la posizione di VAN DEN BERG (VAN DEN BERG, Should theSetting Aside of the Arbitral Award be Abolished?, cit., 279 ss.; VAN DER BERG, Enforcement ofArbitral Awards Annulled in Russia, cit., 187). Da notare che questo stesso autore ha propostoquella valorizzazione interpretativa del requisito probatorio ex art. V, co. 1, Convenzione diNew York, che conduce a esiti sostanzialmente identici tramite un percorso pressoché equiva-lente. L’unica differenza è che una teoria cerca un fondamento diretto del testo della Conven-zione, l’altra si rifà direttamente ai sistemi internazional-privatistici nazionale, pur predican-done, sul punto, la sostanziale uniformità.

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paiono quindi esserci argomenti sufficientemente forti per ritenere questomeccanismo incompatibile con la Convenzione di New York. Anzi, esso sipresenta come un utile correttivo per evitare conseguenze di plateale ingiu-stizia, cioè il consentire a sentenze particolarmente viziate di frustrare lavolontà compromissoria delle parti e il favor per la circolazione dei lodi.

Infine, a sostegno della possibilità di riconoscere un lodo annullato è statoaddotto un altro argomento, di natura prettamente teorica. Affonda le proprieradici nella concezione del c.d. floating arbitration: quella scuola di pensieroche vede l’arbitrato commerciale internazionale come un fenomeno total-mente slegato dagli ordinamenti statuali (22). Questa teorizzazione abbandonail concetto stesso di Stato sede, affermando che nessuna corte statale puòannullare un lodo; al massimo può negargli efficacia nell’ambito della propriagiurisdizione.

Va da sé che questa ricostruzione, finché resta mera teoria, ha ben pocheconseguenze. E pare smentita dal fatto che pressoché tutti gli ordinamentistatali prevedono mezzi di ricorso contro i lodi arbitrali scaturiti da procedi-menti tenutisi sul proprio territorio o ai sensi della propria legge, differen-ziandoli dai procedimenti per negare l’exequatur a lodi stranieri. Questaconcezione ha però ispirato alcune legislazioni. In Francia l’annullamento nonè più contemplato tra le circostanze ostative al riconoscimento di un lodoestero. Molti hanno visto in questa scelta un’adesione alla dottrina dell’a-nazionalità dell’arbitrato. Idea quanto meno discutibile, visto che la stessalegge francese continua a prevedere la possibilità di annullare i lodi emessi inFrancia! Esperimenti di vere e proprie leggi che sancivano l’estromissionedelle corti statale da ogni potestà di invalidare i lodi sono stati rari e non felici.Il Belgio riformò il proprio diritto arbitrale in tal senso, ma dopo pochi annireintrodusse la possibilità di impugnare i lodi, anche nell’arbitrato internazio-nale (23). A oggi, esaminando rilevanti ordinamenti europei, si ri-

(22) Senza voler essere esaustivi, si possono ricordare: CUTLER, Private Power and GlobalAuthority: Transnational Merchant Law in the Global Political Economy, Cambridge, 2003,passim; GAILLARD, Legal Theory of International Arbitration, L’Aja, 2008, passim; LASTENHOUSE,Why Setting Aside An Arbitral Award is not Enough to Remove it from the International Scene,in Int. Arb, 1999, 33-34.

(23) Il Belgio si dotò, negli anni ’80, di una legislazione molto innovativa, che recepiva leelaborazioni dottrinali in tema di delocalizzazione dell’arbitrato, ed escludeva la possibilità perle parti, se entrambe straniere, di impugnare i lodi innanzi alle corti statali (vecchia formula-zione dell’art. 1717 Code Judiciarie belge). Lo scopo era quello di accreditare il Paese come sedeappetibile per i procedimenti arbitrali. La riforma fu però un fallimento, che, all’opposto diquanto voluto, ridusse il numero di arbitrati internazionali con sede in Belgio. Il legislatoredecise pertanto di tornare parzialmente sui propri passi, e l’esclusione della competenza dellecorti belghe a udire cause di annullamento divenne subordinata all’esplicita scelta delle parti.L’attuale disciplina (art. 1718, Code Judiciarie belge) si basa quindi sul meccanismo dell’opt-out:le corti del Belgio sono competenti a decidere sull’annullamento salvo che le parti abbianodeciso diversamente nella clausola arbitrale o nel compromesso. Secondo alcuni autori, inrelazione a lodi provenienti da istituzioni arbitrali ritenute particolarmente affidabili, anche ildiritto della Malesia non prevede la competenza delle proprie corti a conoscere di azioni diannullamento (BORN, International Commercial Arbitration, cit., 3362). L’esempio belga è

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scontrano limiti all’impugnazione nella disciplina dell’arbitrato internazionaledi Svezia (24) e Svizzera (25).

Pur nella varietà di argomentazioni, si coglie un sostegno sempre piùsignificativo all’ipotesi che un lodo annullato sia comunque riconosciuto edichiarato esecutivo all’estero. Per quanto non vi sia un consenso generaliz-zato su quali siano le più fondate basi giuridiche per approdare a un simileesito, è di per sé significativo che la mera eventualità sia ormai accettata dauna componente significativa della riflessione giuridica. A queste apprezzabiliaperture della dottrina si affianca un numero crescente di pronunce giudiziali,in vari ordinamenti statali.

4. L’annullamento del lodo estero come tamquam non esset. — Deli-neate le soluzioni interpretative che sono state avanzate in materia, si vedacome i giudici hanno affrontato la questione della riconoscibilità di un lodovacato. Negli ultimi anni la tendenza a concedere l’exequatur ai lodi annullatisi è indubbiamente rafforzata. Non solo la Francia prosegue nella sua conso-lidata politica di eseguire lodi vacati, ma si sono verificate importanti aperture(e conferme) in altri ordinamenti.

Ciò detto, la situazione francese resta un unicum, sia per l’ormai notevole(in termini relativi) mole di precedenti, sia per le peculiarità del dirittointerno. Diversamente, sempre più ordinamenti, anche di notevole impor-tanza, stanno aprendo alla possibilità di riconoscere un lodo estero annullato,ma limitando questa eventualità a circostanze particolari e, teoricamente, dirara occorrenza. È il caso, soprattutto, di Stati Uniti, Paesi Bassi e Inghilterra.In molti altri ordinamenti, compreso quello italiano, non si è mai concessoexequatur a lodi annullati. Ma si vedrà, con l’esame della giurisprudenzastraniera, come alcune soluzioni interpretative sarebbero probabilmente com-patibili con la legge italiana. Pertanto, non è da escludere che, in un futuroprossimo, le corti nazionali possano seguire l’esempio.

In Francia la riconoscibilità dei lodi annullati è ormai sancita da giuri-sprudenza consolidata. Punto di svolta fu una riforma del codice di proceduracivile nei primi anni ’80, che espunse l’annullamento tra i motivi di rifiutodell’exequatur del lodo estero. Dalla constatazione di questa novità legislativa,che ne dovesse conseguire la riconoscibilità dei lodi stranieri vacati fu per

spesso citato da chi afferma la necessità di mantenere la competenza delle corti statali aconoscere dell’impugnazione dei lodi.

(24) L’art. 51 dello Swedish Arbitration Act consente alle parti di escludere ogni impu-gnazione per nullità (o limitarne i motivi) alle seguenti condizioni: (i) nessuna delle parti deveavere domicilio o sede d’affari in Svezia; (ii) la relazione intercorrente deve essere di naturacommerciale; e (iii) occorre l’accordo scritto che sancisca tale rinuncia a future impugnazioni.

(25) Similmente, l’art. 192 PILA consente alle parti di escludere ogni impugnazione pernullità (o limitarne i motivi) alle seguenti condizioni: (i) nessuna delle parti deve averedomicilio, residenza abituale o sede d’affari in Svizzera; e (ii) occorre l’accordo scritto chesancisca tale rinuncia (sia esso contenuto nella clausola arbitrale o sia sancito successivamente).

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la prima volta adombrato dalla Cassazione nel 1984, in Norsolor (26). Taleipotesi trovò concretizzazione negli anni ’90, con le sentenze Polish Line (27)e Hilmarton (28).

Quest’ultimo caso si è segnalato non solo per la complessa e rocambo-lesca vicenda sottostante, con un serrato scambio di sentenze incompatibili traFrancia e Svizzera (29), ma soprattutto per le motivazioni, che sono state lettecome un’aperta adesione alle tesi dottrinali del floating arbitration (30).L’orientamento della Cassazione manifestato nelle pronunce sopra richiamatesi è poi assestato anche tra le corti di merito (31).

La decisione che meglio consente di delineare lo stato dell’arte dell’ap-proccio francese alla questione è Putrabali, pronuncia della Cassazione del2007, culmine di un’intricata vicenda dipanatasi in più ordinamenti (32). Lamotivazione ricerca fondamento e legittimazione, oltre che nella legge fran-cese, in quella concezione del floating arbitration sopra richiamata. Si scriveche il lodo è « une décision de justice internationale », e in quanto tale noncollegato ad alcun ordinamento statale. Pertanto, nessuno Stato può arrogarsiil potere di annullare un lodo. Semplicemente, può decidere se conferirgli —o non conferirgli — efficacia esecutiva nell’ordinamento interno, senza chel’esito di questo giudizio si riverberi in altre giurisdizioni.

In Putrabali si adduce quindi un duplice fondamento: il diritto positivo —poiché l’art. 1502 n.c.p.c. francese non annovera il vacatur tra le cause ostativeal riconoscimento — e una particolare ricostruzione teorica dell’arbitrato.Proprio in forza di quest’ultimo argomento, Putrabali assurge a culmine delfilone francese, e porta a estreme conclusioni quanto già si era adombrato in

(26) Cour de Cassation, 9 ottobre 1984, Société Pablak Ticaret Limited Sirketi v. NorsolorS.A., in Rev. arb., 1985, 431 ss., con nota di B. GOLDMAN.

(27) Cour de Cassation, 10 marzo 1993, Société Polish Ocean Line v. Société Jolasry, inRev. Arb., 1993, 255 ss.

(28) Cour de Cassation, 23 marzo 1994, Société Hilmarton v. société OTV, in JDI, 1994,701 ss.

(29) Basti pensare che, in un certo momento, si arrivò alla paradossale situazione diavere riconosciuti in Francia il lodo originario (che era stato nel frattempo annullato inSvizzera), la sentenza svizzera di annullamento e persino (seppur provvisoriamente, condecisione non ancora in giudicato) il secondo lodo, proferito dal tribunale arbitrale a esitodell’intervenuto annullamento. Per risolvere queste patenti contraddizioni, occorse un secondointervento della Corte di Cassazione, che diede prevalenza al primo lodo, già riconosciuto inFrancia con efficacia di res judicata (Cour de Cassation, 10 giugno 1997, Societé OTV v. societéHilmarton, in ww.legifrance.gouv.fr, disponibile all’indirizzo http://www.legifrance.gouv.fr/affichJuriJudi.do?oldAction=rechExpJuriJudi&idTexte=JURITEXT000007035540).

(30) Su questa linea cfr. CLAY, L’arbitre, Parigi, 2001, 261; RACINE, Réflexions surl’autonomie de l’arbitrage commercial international, in Rev. arb., 2005, 305. Più scettico innanzia tale lettura il contributo, di qualche anno successivo, di BOLLÉE, nota a Cour de Cassation, 29giugno 2007, Putrabali, in RCDIP, 2008.

(31) Come evidenzano le conclusioni di App. Paris, 27 gennaio 1997, République arabed’Egypte v. Societé Chromalloy Aero Services, in Rev. Arb., 1997, 395 ss., con nota di FOUCHARD.Il medesimo lodo qui riconosciuto fu poi dichiarato esecutivo anche negli Stati Uniti (come sivedrà meglio in seguito).

(32) Cour de Cassation, 29 giugno 2007, Société PT Putrabali Adyamulia v. société RenaHolding et Société Mnogutia Est Epices, in RCDIP, 2008, 120 ss.

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precedenza, ma che mai era stato così chiaramente espresso (33). Poiché laFrancia è membro della Convenzione di New York, occorre testare la com-patibilità di queste conclusioni con gli obblighi da essa scaturenti. Compati-bilità che pare garantita dall’art. VII della convenzione, la c.d. more favoura-ble right provision. Pertanto, la prassi francese è generalmente ritenuta inlinea con gli obblighi convenzionali, anche da chi ne critica l’opportunità (34).

Gli assetti disegnati dalla giurisprudenza sono stati ulteriormente confer-mati da modifiche legislative. La riforma del codice di procedura civile del2011 ha reso inequivocabile l’intento di considerare come tassative le condi-zioni di diniego dell’exequatur previste dall’art. 1520 n.c.p.c. francese (35). Se aidue pilastri del diritto positivo e della giurisprudenza consolidata sommiamouna dottrina che appare, in apprezzabile misura, a favore della riconoscibilitàdei lodi annullati, e che spesso si spinge sino alle più radicali visioni diarbitrato de-nazionalizzato, si trae conferma della tuttora peculiare condi-zione della Francia rispetto al tema in esame.

5. Il giudizio di compatibilità sulla sentenza di annullamento. — Spo-stando l’attenzione sugli altri ordinamenti ove appare possibile ottenerel’exequatur di un lodo annullato, emergono subito due aspetti. Innanzituttouna radicale differenza rispetto alle soluzioni francesi. In questi ordinamentiil lodo annullato è di regola non riconoscibile: si segue quindi l’approcciotradizionale, al quale si deroga solo in circostanze particolari. In secondoluogo, come si diceva, queste giurisprudenze nazionali giungono alle mede-sime conclusioni applicando un metodo pressoché uniforme. Basti prenderecome riferimento Stati Uniti, Paesi Bassi e Inghilterra.

Negli Stati Uniti l’exequatur a un lodo estero annullato è stato ricono-sciuto in due soli casi, ma numerose altre sentenze hanno ammesso lapossibilità in linea teorica. A inaugurare la giurisprudenza pro-riconoscibilitàè stata la sentenza Chromalloy (36), che concesse l’esecutorietà a un lodoannullato in Egitto. Questa conclusione muoveva da un argomento testuale,ossia l’interpretazione in senso facoltativo dell’art. V, co. 1, della Convenzione

(33) Già in Hilmarton si era contestata la facoltà delle corti dello Stato sede di annullareun lodo, ma non si era giunti alla compiuta affermazione dell’a-statualità dell’arbitrato palesatain Putrabali.

(34) Per una disamina sul tema, nell’ottica del diritto francese, si rimanda a SERAGLINI-ORTSCHEIDT, Droit de l’arbitrage interne et international, Paris, 2013, 902. Per una critica sul pianodell’opportunità, ma una sostanziale conferma della fondatezza giuridica di questa interpreta-zione dei rapporti tra Convenzione di New York e diritti nazionali si veda VAN DEN BERG, Shouldthe Setting Aside of the Arbitral Award be Abolished?, cit., 281 ss.

(35) Mentre la formulazione precedente era ambigua, oggi il tenore testuale è tale da nonlasciare dubbi sul fatto che le condizioni ostative debbano considerarsi un numerus clausus. Inquesto elenco, come già visto, non compare l’annullamento del lodo estero a opera dell’or-dinamento di provenienza.

(36) District of Columbia District Court, 31 luglio 1996, Chromalloy Aeroservices v. ArabRepublic of Egypt, in www.newyorkconvention.org (disponibile a http://www.newyorkconvention1958.org/index.php?lvl=notice_display&id=1139).

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di New York (37). Ma vi era soprattutto un giudizio di merito sulla sentenzastraniera, che, proprio a causa della sua contrarietà a certi principi di giustizia,non poteva spiegare effetti negli Stati Uniti, e dunque non impediva l’exequa-tur del lodo arbitrale (38).

I principi espressi in Chromalloy furono ribaditi in casi successivi, oveperò, adottando la tecnica del distinguishing (39), il riconoscimento fu ne-gato (40). Anche se il principio di diritto era apparentemente ribadito, alcunigiunsero a ipotizzare un tacito overruling, come se Chromalloy fosse stataun’aberrazione da correggere. Soprattutto nella sentenza Termorio (41), l’os-sequio verso il precedente di Chromalloy apparve più di forma che disostanza. In motivazione fu persino riportato il tradizionale brocardo exnihilo nihil fit, quasi a dichiarare impossibile il riconoscimento di un lodoannullato nello Stato sede (42). In realtà, la corte ammise la possibilità che unlodo annullato fosse ciononostante riconosciuto, ma subordinò tale eventua-lità a un rigoroso controllo, a esito del quale doveva emergere un certo einsanabile contrasto tra la sentenza straniera e la public policy statunitense:nei termini in cui si esprime la corte, il vacatur deve risultare « repugnant tofundamental notions of what is decent and just in the State where enforcementis sough » (43).

Dopo anni di scetticismo sulla fondatezza e la persuasività di Chromalloy

(37) È generale consenso che questa interpretazione del testo della Convenzione di NewYork sia alla base della decisione in Chromalloy. Alcuni dissentono da questa lettura, come VAN

DER BERG, Enforcement of Arbitral Awards Annulled in Russia, cit., 197.(38) In particolare, si censura la sentenza egiziana per essere entrata nel merito della

controversia, invadendo la sfera di competenza riservata agli arbitri. Nell’ordinamento statu-nitense il merito arbitrale è sottoposto a sindacato giurisdizionale solo nei casi di manifestdisregard of the law. Poiché nel caso di specie non si riconobbe la sussistenza dei presupposti,la decisione fu ritenuta contraria all’ordine pubblico statunitense. Sul punto vedere: BORN -RUTLEDGE, International Civil Litigation in United States Courts, L’Aja, 2007 (4ª edizione), 1013ss.; OSTROWSKI -SHANY, Chromalloy: United States law and International Arbitration at theCrossroads, in N.Y.U. L. Rev., 1998, 1664 ss.

(39) Tramite questa tecnica, tipica del repertorio dei giudici di common law, si riaffermaun principio di diritto precedentemente sancito, ma si decide il caso in modo difforme,argomentando sulla differenza tra le circostanze concrete.

(40) Si veda, in particolare: U.S. Court of Appeals, 2th Circuit, 12 agosto 1999, BakerMarine Ltd v. Chevron Ltd, in www.openjurist.org (disponibile all’indirizzo http://openjurist.org/191/f3d/194/baker-marine-ltd-v-chevron-ltd-chevron-corp-inc-baker-marine-ltd); Southern NewYork District Court, 22 ottobre 1999, Martin Spier v. Calzaturificio Tecnica, in www.newyor-kconvention.org (disponibile all’indirizzo http://www.newyorkconvention1958.org/index.php?lvl=notice_display&id=1133).

(41) U.S. Court of Appeals, D.C. Circuit, 25 maggio 2007, Termorio SA v. Electranta SP,in www.blog.internationalpractice.org (disponibile a http://blog.internationalpractice.org/wpcon-tent/uploads/2011/07/TermoRio-S.A.-E.S.P.-v.-Electranta-S.P.-487-F.3d-928-935-36-D.C.-Cir.-2007.pdf).

(42) Proprio a causa di questa possibile lettura, la sentenza Termorio ha suscitatocommenti critici. BORN, International Commercial Arbitration, cit., 3633, definisce la sentenza« fundamentally mistaken ».

(43) U.S. Court of Appeals, D.C. Circuit, 25 maggio 2007, Termorio, cit.

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come precedente, nel caso Commisa (44) un tribunale statunitense ha nuova-mente deciso di riconoscere un lodo estero annullato. Significativamente, nel2016 tale esito è stato confermato in sede d’appello (45). E si è raggiunta unasimile decisione su basi molto simili a quelle poste da Chromalloy. La cortestatunitense ha ricostruito la vicenda nei seguenti termini. Il lodo arbitrale inquestione era stato annullato in Messico, applicando retroattivamente unadisposizione sulla non-arbitrabilità di certe controversie. Inoltre, erano de-corsi i termini per ricorrere a ogni altra tutela, giurisdizionale o amministra-tiva, con la conseguenza che il soggetto in questione lamentava un diniego digiustizia. Partendo da queste circostanze, la corte statunitense rilevò che lasentenza di vacatur straniera contrastava con « basic notions of justice », e nonmeritava di spiegare effetti nell’ordinamento statunitense, ove, al contrario, furiconosciuto come efficace il lodo arbitrale. La corte d’appello ribadì lacorrettezza del giudizio di prime cure, rilevando quattro chiari motivi dicontrasto tra sentenza messicana e public policy statunitense (46). Il criterio diCommisa è stato richiamato e applicato nel caso Thai-Lao Lignite (47): deci-sione che applica gli stessi principi di diritto, ma giunge all’esito opposto invirtù delle diverse circostanze di fatto (48).

Il caso Commisa impone, però, di richiamare l’orientamento contrario,ancora incontrastato in molti ordinamenti. È infatti recentissima una pronun-cia delle corti lussemburghesi (49) che ha negato l’exequatur al medesimo lodoannullato che l’ordinamento statunitense ha invece riconosciuto. Si assiste aun plateale contrasto tra due sistemi giudiziari, entrambi aditi per ottenere ilriconoscimento di un lodo annullato nello Stato sede, ma pervenuti a esitidivergenti. Tale risultato è ancora più eclatante se si considera che entrambi

(44) New York District Court, Southern District, 27 agosto 2013, Corporación Mexicanade Mantenimiento Integral (Commisa) v. Pemex-Exploración y Producción, in www.nysd.u-scourts.gov (disponibile a http://www.nysd.uscourts.gov/cases/show.php?db =special&id=323).

(45) U.S. Court of Appeals, 2th Circuit, 2 agosto 2016, Corporación Mexicana de Man-tenimiento Integral (Commisa) v. Pemex-Exploración y Producción, in www.nyiac.org (dispo-nibile all’indirizzo https://nyiac.org/nyiac-core/wp-content/uploads/2013/01/Commisa-v.-Pemex-.pdf).

(46) La motivazione ritenne, infatti, che la sentenza di vacatur messicana si presentassemanifestamente incompatibile con l’ordinamento statunitense per quanto deciso su quattroprofili: (i) modalità ed efficacia della rinuncia alla sovereign immunity; (ii) retroattività dellelegge e sue ricadute sulle aspettative delle parti contrattuali; (iii) negazione di qualsivoglia sedeper ottenere tutela dei propri diritti e (iv) espropriazioni governative prive di indennizzo.

(47) New York District Court, Southern District, 6 febbraio 2014, Thai-Lao Lignite Co.Ltd. et al v. Government of the LAO People’s Democratic Republic, in www.cases-justia.com(disponibile a https://cases.justia.com/federal/district-courts/newyork/nysdce/1:2010cv05256/365294/316/0.pdf?ts=1391779296).

(48) Decisione da alcuni ritenuta sin troppo “deferente” verso la sentenza straniera cheaveva annullato in lodo. Cfr. RADICATI DI BROZOLO, I rimedi contro le interferenze statali conl’arbitrato internazionale, in questa Rivista, 2015, 4.

(49) App. Luxembourg, 27 aprile 2017, Pemex-Exploración y Producción v. CorporaciónMexicana de Mantenimiento Integral (Commisa), in www.globalarbitrationreview.com (accessi-bile agli abbonati).

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hanno argomentato invocando previsioni convenzionali identiche (50). Sonoperò state compiute diverse valutazioni, sia in fatto che in diritto. I giudicilussemburghesi hanno ritenuto che non fosse stato adeguatamente provatoche le vicende sottostanti al vacatur messicano fossero state così deplorabili eviziate dalla volontà di favorire l’impresa para-statale coinvolta (circostanzeche, invece, i giudici statunitensi avevano ritenuto sufficientemente dimostratedalla parte richiedente). Pertanto la sentenza conclude che, essendo statoprovato l’annullamento del lodo, difettava ogni possibilità di dichiararloesecutivo in Belgio. Si nega esplicitamente che l’art. V della Convenzione diNew York lasci discrezionalità sul riconoscimento di lodi annullati.

Ci si può chiedere cosa sarebbe avvenuto se la corte di Lussemburgoavesse ritenuto che la sentenza messicana fosse contraria all’orde public. Ma,dal tenore generale della decisione, sembra difficile sostenere che, anche in talcaso, i giudici sarebbero stati disposti a seguire gli esempi già illustrati, e altrisimili richiamati sotto. Manca un endorsement a quel test di conformità tra lasentenza di vacatur e l’ordinamento del foro dell’esecuzione che invece ricorrecon frequenza nella giurisprudenza statunitense. Da un’analisi complessiva diquest’ultima emerge un principio ormai consolidato: un lodo annullato èriconoscibile solo in circostanze eccezionali, cioè quando la sentenza stranierache lo annulla presenta elementi di forte contrasto con l’ordinamento giuri-dico statunitense. Di regola, gli organi giudiziari degli Stati Uniti si dichiaranorispettosi di quanto sancito da tribunali stranieri, in ossequio alla comityinternazionale. Ma in casi di particolare gravità, quando questa deferenzarischia di comportare quelle violazioni di « basic notions of justice » evocate daCommisa, si abbandona la comity, e si riconosce il lodo, ignorando quantostatuito da organi giudiziari stranieri. Non bisogna farsi ingannare dal ridottonumero di casi noti nei quali si è eseguito un lodo annullato: in molti altri,anche in quelle sentenze che più sembrano discostarsi dal filone inaugurato daChromalloy, si afferma la possibilità teorica che, in casi particolari, il lodostraniero possa essere riconosciuto negli Stati Uniti a dispetto dell’intervenutoannullamento.

Passando ai Paesi Bassi, il caso di riferimento è Yukos (51), nel qualel’Appello di Amsterdam scelse di riconoscere un lodo annullato in Russia. Igiudici olandesi pervennero a una tale decisione muovendosi su binari moltosimili a quelli seguiti dai colleghi d’oltreoceano. Come avvenuto nella giuri-sprudenza statunitense, si operò un vero e proprio controllo della sentenzarussa di vacatur. Già questo testimonia la lontananza dall’approccio francese,

(50) Infatti, anche se nei giudizi statunitensi si discuteva dell’applicabilità di disposizionidella Convenzione di Panama, la sua previsione sui motivi ostativi al riconoscimento dei lodiesteri è del tutto coincidente con quella di New York.

(51) App. Amsterdam, 28 aprile 2009, in Yukos Capital SARL v. OJSC Rosneft, inXXXIV Y. B. Comm. Arb., 703.

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per il quale l’annullamento è sempre e comunque irrilevante, qualunque sianostate le sue motivazioni.

In Yukos, invece, si condusse una valutazione sull’efficacia della sentenzarussa nell’ordinamento olandese, operando un controllo di compatibilità conla clausola di ordine pubblico, ossia con i principi fondanti del sistemagiuridico olandese. Sul punto, la corte fu persuasa dalla documentazioneprodotta da Yukos Capital, e si convinse della parzialità dell’autorità giudi-ziaria russa (52). Tale elemento fu ritenuto sufficiente a rendere incompatibilela sentenza con l’ordinamento interno, e quindi inefficace nei Paesi Bassi. Fucosì possibile riconoscere il lodo arbitrale, proprio perché, nella prospettivadel diritto olandese, la sua efficacia e validità non potevano essere pregiudi-cate da una sentenza straniera — questa sì — inefficace. L’operatività diquesto meccanismo ha trovato conferma nel successivo caso Maximov (53), nelquale si è ribadita la necessità di valutare l’efficacia internazionale dellasentenza di annullamento (54). Similmente a quanto constatato per gli StatiUniti, la giurisprudenza olandese sposta il focus dal lodo arbitrale alla sen-tenza straniera di vacatur, applicando a quest’ultima i criteri internazional-privatistici di efficacia delle decisioni di autorità giudiziarie straniere.

L’ultimo ordinamento da esaminare è quello inglese. Non si equivochi: aoggi non si conosce di lodi vacati che siano stati riconosciuti e dichiaratiesecutivi dai tribunali d’Inghilterra. Ma poiché quel che interessa è dimostrarecome esista una crescente tendenza a ritenere perlomeno possibile, in certicasi, l’exequatur di un lodo annullato, l’Inghilterra merita una particolareattenzione, poiché in varie circostanze i giudici di quell’ordinamento hannoammesso di essere disponibili, ricorrendo certe condizioni, a dare esecuzionea lodi esteri annullati.

Due le principali prese di posizione in tal senso. Innanzitutto una sen-tenza della High Court del 2014 (55), su profili derivati da quel caso Yukos dicui abbiamo evocato gli sviluppi nei Paesi Bassi. Con questa decisione, la corte

(52) In verità, gli elementi posti a sostegno di queste conclusioni non erano cosìinequivocabili, essendo in buona misura reports e articoli contenenti valutazioni generali sullapolitica russa e sul sistema giudiziario, non riferimenti a specifici vizi del processo culminato nelvacatur. In buona sostanza si assunse che il sistema giudiziario russo fosse parziale e influen-zabile dal potere politico, e da ciò si dedusse che anche la sentenza in questione era viziata. Nona caso, sul punto, si sono levate varie voci critiche, in particolare da parte di VAN DEN BERG.,Enforcement of Arbitral Awards Annulled in Russia, cit., 179 ss. A titolo di completezza, vadetto che il commentatore in questione fu autore di un parere pro veritate prodotto da Rosneftnel ricorso avverso la sentenza d’appello innanzi alla Cassazione olandese.

(53) App. Amsterdam, 18 settembre 2012, Maximov v. NLMK, in www.uk.practical-law.com (disponibile a http://uk.practicallaw.com/0-521-6702).

(54) Le scelte della giurisprudenza olandese, come è consueto in questo ambito, hannosuscitato sia plauso che critiche. Delle posizioni critiche si è già detto. Invece, tra i commentatorifavorevoli, si veda il panorama francese, in particolare: BOLLÉE, nota ad App. Amsterdam, 28aprile 2009, Yukos Capital SARL v. OJSC Rosneft, cit., 567 ss.

(55) High Court, 3 luglio 2014, Yukos Capital SARL v. OJSC Rosneft, in ww.bailii.org(disponibile all’indirizzo http://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2014/2188.html).

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si trovò a decidere sulla domanda di Yukos di vedersi corrisposti interessi inforza del ritardo della controparte nell’adempiere al pagamento della sommastabilita nel lodo. Ma quel che interessa in questa sede sono le riflessioni dellacorte sulla questione preliminare, e cioè sulla possibilità di riconoscere effi-cacia a un lodo straniero annullato. In proposito, la High Court ha chiara-mente sposato la ricostruzione giuridica riscontrata nelle sentenze statunitensie olandesi già esaminate. Il vacatur del lodo non lo rende inesistente: a dettadei giudici, il principio ex nihilo nihil fit non trova cittadinanza nel dirittoinglese. Piuttosto, il criterio atto a determinarsi in un senso o nell’altro risiedenell’applicazione delle regole internazional-privatistiche alla sentenza stra-niera di annullamento. L’annullamento del lodo è, di norma, idoneo a impe-dirne l’exequatur, giacché l’ordinamento inglese — come la maggior partedegli ordinamenti — mostra una generale deferenza verso i pronunciamentidegli organi giudiziari stranieri. Ma questa deferenza viene meno per lesentenze contrarie a principi fondamentali, alle public policies dell’ordina-mento in questione. La questione è così risolta: il lodo annullato non èinesistente, e può anzi essere riconosciuto in diritto inglese se si prova che lasentenza di annullamento offende « basic principles of honesty, natural justiceand domestic concepts of public policy » (56). Di assoluto rilievo è il principioaffermato. Quel controllo di compatibilità tra la sentenza straniera e i « basicprinciples of honesty, natural justice and domestic concepts of public policy »,riecheggia quasi alla lettera i criteri posti dal case law statunitense, in parti-colare il concetto di « basic notions of justice » evocato in Commisa. E, nellasostanza, coincide con quel controllo di rispetto dell’ordine pubblico internoapplicato dalla corte di Amsterdam in Yukos.

I principi delineati in Yukos sono stati, più di recente, ribaditi dalla stessaHigh Court in Malicorp (57). Anche in questo caso si è infine deciso di negareil riconoscimento al lodo in questione (58), poiché la sentenza straniera nonpresentava elementi sufficienti a renderla incompatibile con l’ordinamentoinglese. Pregio di Malicorp è quello di chiarire come non sia sufficiente che lasentenza straniera sia meramente errata, e tantomeno ritenere che le cortiinterne avrebbero raggiunto conclusioni diverse. Si richiede espressamenteche detta sentenza sia contraria a quei “basic principles of honesty, naturaljustice and domestic concepts of public policy” richiamati dalla High Court inYukos. Nel caso di specie, questi vizi non sussistevano, o meglio, la parte non

(56) Ibidem.(57) High Court, 19 febbraio 2015, Malicorp Ltd v. Government of the Arab Republic of

Egypt & Ors, in www.bailii.org (disponibile all’indirizzo http://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2015/361.html).

(58) Infatti nella motivazione si ritiene che il vacatur proferito in Egitto, Stato sede aisensi della disciplina della Convenzione di New York, non presentasse quei requisiti di fortecontrasto con l’ordinamento inglese e con una basilare nozione di giustizia necessari a consen-tire, eccezionalmente, il riconoscimento del lodo annullato.

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era riuscita a fornire prova adeguata, limitandosi a presentare un insufficiente« generalised, anectodal material ».

Queste due sentenze dimostrano l’adesione delle corti inglesi a quel legalreasoning più volte evocato, che comporta un vaglio di compatibilità tra lasentenza di annullamento proferita nello Stato di origine del lodo, e l’ordina-mento dello Stato ove detto lodo vorrebbe essere riconosciuto. Pertanto, nonsolo va riconosciuto che l’ordinamento inglese sia ormai pronto a riconoscerecerti lodi annullati — rectius, lodi annullati da sentenze straniere particolar-mente viziate — ma è altresì importante attestare come l’approccio inglese sicollochi in una linea di sostanziale continuità con quello riscontrato negli StatiUniti e nei Paesi Bassi.

6. Conclusioni e prospettive. — Il dibattito sulla possibilità di ricono-scere i lodi esteri annullati è, come si è visto, tutt’altro che sopito, e proseguecon grande vivacità. Il presente scritto, che si è concentrato sulle situazioni incui si è ammessa la riconoscibilità di un lodo annullato, non deve far dimen-ticare che la maggior parte degli ordinamenti statali non ha mai adombratotale possibilità, o sembra positivamente escluderla. Pertanto, non pare di certoimminente il conseguimento di un consensus generale su questo tema. Permettere qualche punto fermo su un tema ancora magmatico, è bene concen-trarsi sul metodo piuttosto che sulla soluzione.

Innanzitutto, ribadire la necessità di restare ancorati alle fonti, anchequando non intervengono espressamente in materia e impongono il ricorso acriteri interpretativi per trovare risposte alle sfide lanciate dalla prassi piùrecente. Infine, l’importanza di cogliere la dimensione globale del fenomeno,e intuire come le esperienze straniere, soprattutto giurisprudenziali, possanoesercitare un’apprezzabile influenza anche in altri ordinamenti. Le ragioni diquesta potenziale “contaminazione” sono evidenti, soprattutto perché lescelte legislative di fondo sono spesso simili, e quasi universalmente governateda quella Convenzione di New York il cui ruolo non va mai trascurato.

Con i caveat sopra posti, si può constatare l’emergere sempre più decisodi quel criterio che predica un vaglio di compatibilità tra l’ordinamento delforum executionis (lo Stato dove si chiede l’exequatur del lodo annullato) e lasentenza di vacatur (la decisione di annullamento a opera dei giudici dellasede dell’arbitrato). La giurisprudenza di ordinamenti di grande rilevanza perprestigio e di notevole peso nell’economia mondiale marcia in tale direzione,mentre l’esempio francese, per certi aspetti apripista, è rimasto un unicum acausa delle sue stesse particolarità, frutto di una legislazione peculiare e diricostruzioni teoriche forse troppo ambiziose. Ciò detto, molti ordinamentirestano ancora silenti sul tema, o rifiutano l’idea che un lodo annullatoall’estero sia passibile di efficacia interna. Una corte giudiziaria del Brasile ha,

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in anni vicini, mostrato assoluta deferenza al vacatur di un lodo intervenuto inArgentina, negando per questa ragione l’exequatur del lodo (59).

Come si è detto, nulla sembra impedire che nel prossimo futuro anche ungiudice italiano, trovandosi innanzi a un lodo estero annullato, arrivi aconvincersi che la sentenza straniera non meriti riconoscimento ai sensi deldiritto nazionale, e decida pertanto di concedere l’exequatur al lodo. Il quadronormativo italiano non pare precludere il ricorso ad argomenti quali quelliaddotti nelle motivazioni statunitensi, olandesi o inglesi sopra richiamate. Inapertura, ci si chiedeva in termini dubitativi se questo fenomeno possadavvero considerarsi “nuovo”. Pare piuttosto la ripresentazione, in forme econ esiti inediti, di un tradizionale e secolare principio di diritto internazionaleprivato. Si ribadisce infatti l’esistenza di una discrezionalità di ultima istanza,che ciascun ordinamento si riserva, nel giudicare se e come gli atti giudiziaristranieri possano dispiegare effetti nella propria giurisdizione. Ponendosi inquest’ottica, non appare così rivoluzionario che una sentenza straniera rite-nuta del tutto incompatibile con il proprio ordinamento sia infine valutatatamquat non esset. Ed ecco il meccanismo, intuitivo nelle sue premesse, checonsente di ritenere valido, riconoscibile ed eseguibile un lodo estero “annul-lato”.

In conclusione, più che frutto di un vagheggiare dei fautori dell’arbitratodenazionalizzato, l’intero fenomeno appare come l’ennesima manifestazionedel secolare sistema internazionale vestfaliano, ove gli Stati, superiores nonrecognosentes, appaiono determinati a esercitare un controllo ultimo suquanto proviene da altri ordinamenti, e lo concretizzano per il tramite deipropri giudici. Tale controllo, nel caso della sentenza straniera che annulla unlodo, è in teoria limitato a casi eccezionali e rari, ma in pratica assume contortidifficili da definire con esattezza, con esiti potenzialmente insindacabili.

(59) Brasilian Superior Court of Justice, EDF International S/A v. YPF S/A and EndesaLatinoamérica S/A, 15 dicembre 2015, 5.782-EX (disponibile all’indirizzo http://uk.practical-law.com/3-621-3697#null).

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Arbitrato sugli investimenti e forme processuali del consenso

LUCILLA GALANTI

1. Arbitrato sugli investimenti: le caratteristiche. — L’arbitrato sugliinvestimenti presenta un particolare interesse, sotto il profilo processuale, conriferimento alle modalità di manifestazione del consenso; nella prassi, infatti,si sono affermate forme peculiari, e per certi versi anomale, di conclusionedella convenzione arbitrale.

Prima di soffermarsi su questo specifico aspetto procedurale, meritatuttavia preliminarmente definire cosa si intende per arbitrato sugli investi-menti.

Si tratta di una nozione per nulla scontata: con tale terminologia ci siriferisce ad istituti eterogenei, che risulta difficile inquadrare all’interno diun’unica categoria processuale.

Lo stesso carattere autonomo di tale forma di arbitrato potrebbe esseremesso in dubbio di fronte a strumenti per certi versi analoghi. In particolare,in ragione delle controversie che mira a risolvere, rientranti nella più ampiamateria commerciale, l’arbitrato sugli investimenti si trova talvolta ad essereassimilato all’International Commercial Arbitration. Da quest’ultimo, e nono-stante se ne possano confondere le origini (1), l’Investment arbitration si èprogressivamente emancipato, tanto da potersi ritenere una tipologia diarbitrato limitrofa ma del tutto distinta (2).

(1) Per International Commercial Arbitration si intende l’arbitrato commerciale interna-zionale fondato sulla Convenzione di New York. Con tale locuzione si individua, in particolare,un arbitrato « tra soggetti privati (o tra soggetti privati da un lato e Stati esteri, organizzazioniinternazionali o entità statali agenti iure privatorum dall’altro) »: BENEDETTELLI - RADICATI DI

BROZOLO, L’Italia e l’arbitrato internazionale, in Corr. giur., 2011, 136 ss. La distinzione rispettoall’Investment arbitration, ad ogni modo, non è sempre netta, a maggior ragione se si considerache quest’ultimo può essere disciplinato dalle stesse regole dettate per l’arbitrato commerciale,in particolare l’UNCITRAL Model Law: LEVINE, Navigating the parallel universe of investor-State arbitrations under the UNCITRAL Rules, in Brown-Miles (edited by), Evolution ininvestment treaty law and arbitration, Cambridge, 2011, 372 ss.

(2) Tanto che, secondo taluno, l’arbitrato sugli investimenti « has little in common withcommercial Arbitration »: così SCHILL, Deference in Investment Treaty Arbitration: Re-concep-tualizing the Standard of Review, in Journal of International Dispute Settlement, 2012, 587-588.Mentre l’International Commercial Arbitration è finalizzato alla risoluzione di controversie

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L’elemento specifico, idoneo a consentire una trattazione in terminiunitari, riguarda la natura delle dispute che per il suo tramite si mira arisolvere: si tratta delle controversie nascenti da un investimento che insor-gono tra un investitore straniero e lo Stato ospite (3). Per ciò stesso, vi èsotteso un marcato interesse pubblicistico (4).

L’Investment arbitration si configura, altresì, come un arbitrato di carat-tere internazionale: sia le parti in causa — uno Stato e un investitore straniero— sia la materia del contendere presentano profili di transnazionalità (5).

Nell’accezione che se ne è data, la storia dell’Investment arbitration èrecente. La sua nascita si colloca verso la metà del XX secolo (6) e, inparticolare, viene fatta risalire al 1959, quando fu sottoscritto il primo Trattato

emergenti da transazioni commerciali che hanno alla base un interesse delle parti, l’arbitratosugli investimenti coinvolge altresì un interesse di natura pubblicistica: in tal senso, v. KAUF-MANN-KOHLER, Preface, in Rogers-Alford (edited by), The future of investment arbitration,Oxford, 2009, XIV. Sotto tale profilo, esso è « fundamentally different » dall’arbitrato commer-ciale internazionale, « despite the use in both proceedings of common principles and concepts »;non solo per il tipo di controversie, relative alla responsabilità internazionale dello Stato per laviolazione delle disposizioni di un trattato nei confronti dell’investitore straniero anziché alleobbligazioni contrattuali tra le parti nella propria capacità di diritto privato, ma anche per laprocedura, dal momento che solo rispetto all’arbitrato sugli investimenti ci sarebbe un realedistacco dalla legge statale particolare, connotandosi come una « supranational or a-nationalform of arbitration »: sul punto, v. DE BRANDABERE, Investment Treaty Arbitration as PublicInternational Law, Cambridge, 2014, 49-51.Vengono individuate, poi, una serie di ulterioridifferenze anche sotto il profilo processuale, riguardanti, innanzitutto, la legge applicabile,l’approccio alla giurisdizione, i criteri di scelta degli arbitri, nonché il carattere confidenziale, piùmarcato nell’arbitrato commerciale: sul punto, v. BÖCKSTIEGEL, Commercial and InvestmentArbitration: How Different are they Today? (Lalive Lecture 2012), in Arbitration International,2012, 578 ss., e, in part., 584 ss.; cfr. BORN-SHENKMAN, Confidentiality and Transparency inCommercial and Investor-State International Arbitration, in The future of investment arbitration,cit., 28, nonché LEVINE, Navigating the parallel universe, cit., 378.

(3) « Investment arbitration is a mechanism for settlement of disputes between statesand foreign investors »: così DEMIRKOL, Remedies in Investment Treaty Arbitration, in Journal ofInternational Dispute Settlement, 2015, 404; BARLETTA, In tema di arbitrato degli investimenti egiurisdizione dello Stato, in Europa dir. priv., 2015, 545. Sulle relative fonti, v. TANZI-CRISTIANI,International investment law and arbitration: an introductory casebook, Assago, 2013, 193 ss.

(4) Si tratterebbe, in particolare, dell’interesse dello Stato rispetto al proprio mercatodegli investimenti: v. MILLS, The public-private dualities of international investment law andarbitration, in Evolution in investment treaty law and arbitration, cit., 102 ss.; cfr. BERMAN,Evolution or revolution, ivi, 659.

(5) Si definisce internazionale l’arbitrato che presenti elementi di estraneità rispettoall’ordinamento: v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Diritto dell’arbitrato, Bologna, 2016, 62-63, ove simette in rilievo come, sul piano interno, sia adottato un criterio che fa riferimento alla residenzadelle parti in causa, mentre in diversi ordinamenti si consideri « lo svolgersi della vicendacommerciale all’estero, o più genericamente l’attinenza della controversia al commercio inter-nazionale, o ancora la volontà delle parti di applicare la normativa dell’arbitrato internazio-nale ». Oltre al criterio soggettivo, relativo alla nazionalità, residenza o domicilio delle parti, edoggettivo, relativo all’oggetto della controversia, infatti, viene in rilievo un criterio procedurale,sulla base del quale si considera la procedura applicata: v. RUBINO SAMMARTANO, Il dirittodell’arbitrato: disciplina comune e regimi speciali6, Padova, I, 2010, 209. Di conseguenza,l’arbitrato sugli investimenti si configura come un arbitrato internazionale sia laddove siaderisca ad una teoria soggettiva, incentrata sulle parti, sia che si consideri la prospettivaoggettiva, venendo in rilievo un investimento all’interno di un paese straniero.

(6) A partire dal 1950, infatti, un numero crescente di Stati ospite iniziò a fornire ilconsenso all’arbitrato all’interno dei contratti con gli investitori stranieri: DUGAN-WALLACE-

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bilaterale sugli investimenti (Bilateral Investment Treaty, nell’acronimo utiliz-zato, BIT) (7): all’interno di tali trattati, conclusi tra due Stati, viene delineatala disciplina dei rapporti in materia di investimenti tra gli Stati-parte e siprevede che le relative controversie siano devolute ad arbitrato.

L’affermazione di tale modello di tutela processuale ha rappresentatoun’evoluzione decisiva rispetto al sistema precedente: prima dello sviluppo deiBITs, infatti, l’investitore straniero che lamentasse una lesione ad opera delloStato ospite aveva a disposizione rimedi — quali il ricorso alla giustizia internaoppure la via diplomatica — considerati tendenzialmente insoddisfacenti (8).

L’attribuzione di tale categoria di controversie alla decisione di unorganismo imparziale ed astrattamente equidistante dalle parti in causa, oltreche specializzato (9), è stato ritenuto uno dei fattori decisivi per l’incrementodel livello degli investimenti stranieri tra Stati, determinando allo stessotempo un rapido proliferare dei BITs, che di tali investimenti iniziarono adessere ritenuti strumento di attrazione (10). Non a caso, l’arbitrato rappresenta

RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, New York, 2009, 46; BROWN-MILES, Introduction, inEvolution in investment treaty law and arbitration, cit., 3.

(7) Si afferma che il primo BIT sia stato quello concluso tra Germania e Pakistan; sitrattava del Treaty for the Promotion and the Protection of Investment, del 25 novembre 1959:v. DODGE, Investment Treaties between Developed States: The Dilemma of Dispute Resolution, inThe future of investment arbitration, cit., 165; JOUBIN BRET, BITs of the Last Decade: a TickingBomb for States?, ivi, 145; LABORDE, The Case for Host State Claims in Investment Arbitration,in Journal of International Dispute Settlement, 2010, 102; PAUWELYN, At the Edge of Chaos?Foreign Investment Law as A Complex Adaptive System, How It Emerged and How It Can BeReformed, in ICSID Review - Foreign Investment Law Journal, 2014, 372 ss.

(8) Così DE BRANDABERE, Investment Treaty Arbitration, cit., 19; cfr. HIRSCH, The Arbi-tration Mechanism of the International Centre for the Settlement of Investment Disputes,Dordrecht, 1993, 8. Sotto un primo profilo, l’apparato giurisdizionale interno allo Stato ospitepoteva essere (e spesso era) caratterizzato da un livello di garantismo inferiore a quello diprovenienza dell’investitore; d’altronde si deve considerare che, soprattutto in un primomomento storico, il flusso degli investimenti si dirigeva prevalentemente da Paesi più sviluppativerso Paesi in via di sviluppo, in cui il sistema giudiziario non sempre presentava i medesimistandards di garanzia. Sotto un secondo profilo, la tutela diplomatica restava affidata all’inizia-tiva discrezionale del Paese di origine dell’investitore, oltre ad essere vincolata al previoesaurimento dei rimedi domestici. Sul punto, v. DODGE, Investment Treaties, cit., 166; MAURO,voce Investimenti stranieri, in Enc. Dir., Annali, IV, Milano, 2011, 640.

(9) Tramite il ricorso all’arbitrato, infatti, è stato introdotto un sistema tendenzialmenteneutrale di risoluzione delle controversie e, inoltre, specificamente preposto alle controversie intale materia. Sul punto, v. HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 9; ROSE ACKERMAN-TOBIN,Do BITs Developing Countries?, in The future of investment arbitration, cit., 131; ROGERS-ALFORD, The Adequacy of Existing Rules for Investor-State Arbitraiton, ivi, 1; JOUBIN BRET, BITsof the Last Decade, cit., 273; LABORDE, The Case for Host State Claims, cit., 97-99.

(10) Proprio in quanto propulsori di tale nuova modalità di risoluzione delle controver-sie, i BITs, infatti, sono stati ritenuti un decisivo strumento di incremento degli investimentistranieri, consentendo il superamento di un elemento di diffidenza da parte degli investitori; sulpunto, v. DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 6 ss. Nel senso che ilrapporto tra BITs e foreign direct investments (FDI) sarebbe di dubbia attendibilità, v.BONNITCHA, Outline of a normative framework for evaluating interpretations of investment treatyprotections, in Evolution in investment treaty law and arbitration, cit., 131-132. Ad ogni modo,soprattutto negli anni Novanta, i BITs hanno avuto una crescita esponenziale, fino a condurrealla conclusione di oltre 2900 BITs (si v. i dati UNCTAD, http://unctad.org/en/PublicationsLi-brary/wir2017_en.pdf). Sul punto, v. JOUBIN BRET, BITs of the Last Decade, cit., 145; LABORDE,

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oggi lo strumento scelto in via maggioritaria per la risoluzione delle dispute intema di investimento (11), oltre che nei BITs, pure all’interno di accordi etrattati diversificati (12).

Nell’affermazione dell’arbitrato sugli investimenti ha avuto un ruolodecisivo l’istituzione del Centro ICSID (13), le cui regole, insieme a quelleUNCITRAL (14), rappresentano oggi la disciplina privilegiata a cui le singolefonti volta per volta rimandano al fine di dettare le regole applicabili (15).

The Case for Host State Claims, cit., 102; KAUFMANN-KOHLER, Preface, cit., XIII. Nel senso chepoi, « dalla metà degli anni ’90 al 2013 si registra una progressiva riduzione dei trattati bilateralidi investimento (BIT) siglati, ivi compresi quelli incorporanti una clausola compromissoria »,dovuta, oltre che « alla permanenza in vigore di quelli già siglati », anche al progressivo sviluppodi « accordi multilaterali di investimento, unioni doganali o comunque convenzioni più evolute,complesse e comprensive, come gli FTAs »: SABIA-TRECROCI, Ascesa e declino dell’« Investor-State Arbitration », fra contrasto alla corruzione internazionale, regolazione dei mercati e FreeTrade Agreements multilaterali, in questa Rivista, 2016, 165. Sulle critiche al sistema ISDS v., direcente, HENKE, La crisi del sistema ISDS e il progetto di una nuova corte internazionale, ovverodella fine dell’arbitrato in mateira di investimenti, in Dir. comm. internaz., 2017, 193 ss.

(11) In tal senso, v. BÖCKSTIEGEL, Commercial and Investment Arbitration, cit., 578.(12) Gli accordi internazionali sugli investimenti hanno dato origine a un « universo »

frammentario, privo di sistematicità: in tale materia vi è, infatti, una molteplicità di diversistrumenti in cui si prevede il ricorso all’arbitrato, come i MITs o IIs (Multilateral o InternationalInvestment Treaties), gli EIAs (Economic Integration Agreements), i FTAs (Free Trade Agree-ments), gli EPAs (Economic Partnership Agreements), seppure percentualmente modesti inrapporto ai BITs, rispetto ai quali il fenomeno viene maggiormente studiato: JOUBIN BRET, BITsof the Last Decade, cit., 146-148; MENAKER, What the Explosion of Investor-State ArbitrationsMay Portend for the Future of BITs, in The future of investment arbitration, cit., 164; ECHANDI,Bilateral Investment Treaties and Investment Provisions in Regional Trade Agreements, inYannaca Small (edited by), Arbitration under international investment agreements: a guide to thekey issues, New York, 2010, 8 ss.

(13) Il Centro ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes) è statoprevisto dalla Convention on the Settlement of Investment Disputes between States and Nationalsof Other States (anche detta Convenzione ICSID o Convenzione di Washington) entrata invigore nel 1966 sotto l’egida della World Bank, e sottoscritta da 161 Stati, tra cui l’Italia. LaConvenzione ICSID prevede una disciplina specifica per l’arbitrato sugli investimenti: ai sensidell’art. 25, infatti, nella giurisdizione del Centro rientrano le controversie che sorgono diret-tamente da un investimento, tra uno Stato contraente (o un’altra entità statale) e una personafisica o giuridica di nazionalità di un diverso Stato contraente, che le parti della controversiaacconsentano a sottoporre al Centro. Tra le regole ICSID si segnalano, in particolare, le Rulesof Procedure for the Institution of Conciliation and Arbitration Proceedings (c.d. InstitutionRules) e le Rules of Procedure for Arbitration Proceedings (c.d. Arbitration Rules), nonché leICSID Additional Facility Rules (relative a controversie — tra Stati e individui di Stati nonmembri ICSID, o che non sorgono direttamente da un investimento tra Stati e individui deiquali almeno uno sia membro ICSID — altrimenti al di fuori del perimetro di applicabilità dellaConvenzione). Sul tema, v. SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention: ACommentary2, Cambridge, 2009, 190 ss.; PARRA, The History of ICSID, Oxford, 2012, 10 ss.;BROCHES, The Convention on the Settlement of Investment Disputes between States and Nationalsof Other States, Recueil des cours, CXXXVI, 1972, II, 331 ss.; REED-PAULSSON-BLACKABY, Guideto ICSID Arbitration2, Alphen aan der Rijn, 2011, 3 ss.; ANTONIETTI, The 2006 Amendments tothe ICSID Rules and Regulations and the Additional Facility Rules, in ICSID Review-ForeignInvestment Law Journal, 2006, 427 ss. Le fonti ICSID si possono reperire sul sito https://icsid.worldbank.org.

(14) Diversamente dalla Convenzione ICSID, le regole UNCITRAL non sono statepreviste in via specifica per le controversie in tema di investimenti, ma per le dispute nascentidalle relazioni commerciali in senso ampio, e poi progressivamente applicate anche allarisoluzione delle investment disputes. La UNCITRAL Model Law, adottata nel 1985, infatti, ai

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In tempi più recenti, poi, oltre alle previsioni arbitrali contenute in trattatisettoriali (tra i quali deve segnalarsi, per importanza, l’Energy Charter Tre-aty) (16), il ricorso allo strumento arbitrale viene in rilievo anche all’interno dipiù generali trattati sul libero scambio nonché in accordi di carattere regionalead ampio spettro, come il CETA (Comprehensive Economic and TradeAgreement) e il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) (17).

sensi dell’art. 1, si applica « to international commercial arbitration, subject to any agreement inforce between this State and any other State or States »; si precisa che al termine « commercial »deve essere data un’interpretazione ampia, comprensiva di « matters arising from all relation-ships of a commercial nature, whether contractual or not », sottolineando che le relazioni dinatura commerciale riguardano anche gli investimenti. Sul tema, v. BROWN-MILES, Introduction,cit., 3; CARON-CAPLAN-PELLONPÄÄ, The UNCITRAL Arbitration Rules: A Commentary, Oxford,2006, 10-11; CROFT-KEE-WAINCYMER, A guide to the UNCITRAL arbitration rules, Cambridge,2013, 20 ss.; DORE, The UNCITRAL framework for arbitration in contemporary perspective,London, 1993, 15 ss.; SACERDOTI, Investment Arbitration Under ICSID and UNCITRAL Rules:Prerequisites, Applicable Law, Review of Awards, in ICSID Review - Foreign Investment LawJournal, 2004, 1 ss.; CROFT-KEE-WAINCYMER, A guide to the UNCITRAL, cit., 18; CARON-CAPLAN-PELLONPÄÄ, The UNCITRAL Arbitration Rules, cit., 19; BINDER, International CommercialArbitration and Conciliation in Uncitral Model Law Jurisdictions3, London, 2010, 85 ss. e 109 ss.;BERNARDINI, La revisione del Regolamento di arbitrato dell’UNICTRAL, in Dir. comm. int.,2010, 684 ss.; VIGORITI, La revisione delle Rules of Arbitration dell’Uncitral, in questa Rivista,575 ss. Per le relative fonti, si v. http://www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/arbitration/1985Model_arbitration.html.

(15) Le disposizioni a cui si fa maggior rinvio, all’interno delle previsioni arbitralicontenute all’interno di leggi domestiche o di trattati tra Stati, per la disciplina dell’Investmentarbitration sono infatti quelle ICSID e UNCITRAL. In tal senso, « [a] substantial majority ofinvestor-state arbitrations are conducted under either the ICSID Arbtiration Rules, the ICSIDAdditional Facilities Arbitration Rules, or the UNCITRAL Arbitration Rules »: BORN-SHENK-MAN, Confidentiality and Transparency, cit., p. 28; LEVINE, Navigating the parallel universe, cit.,374; SACERDOTI, Investment Arbitration Under ICSID and UNCITRAL Rules, cit., 1 ss.; VIGORITI,Problemi attuali dell’arbitrato sugli investimenti, in Contr. impr., 2011, 365 ss.

(16) All’ECT, sottoscritto nel 1994, partecipano, oltre che Stati, anche l’Euratom el’Unione Europea. L’arbitrato in materia di investimento e le relative forme del consenso sonopreviste dall’art. 26(3).

(17) I Free Trade Agreements (FTAs), come gli accordi regionali di carattere più ampio,« testimoniano che alle esigenze di promozione e di protezione degli investimenti, divenuteormai meno pressanti, si è unito l’obiettivo della liberalizzazione »: MAURO, voce Investimentistranieri, cit., 643. In tale ambito deve segnalarsi, seppure non riguardi gli Stati europei, ilNAFTA (North American Free Trade Agreement), entrato in vigore nel 1994 tra Stati Uniti,Canada e Messico, in cui gli investimenti sono disciplinati all’interno del Chapter 11. A livelloeuropeo, le più recenti applicazioni dell’offerta di arbitrato in tema di investimenti si rinven-gono all’interno di accordi internazionali sul libero scambio di carattere regionale, quali ilComprehensive Economic and Trade Agreement (CETA) e il Transatlantic Trade and Inve-stment Partnership (TTIP). Il CETA rappresenta un Accordo economico e commerciale globaletra l’Unione Europea e gli Stati membri da un lato, e il Canada dall’altro, il cui procedimentoper l’entrata in vigore ha visto di recente il proprio esito; infatti il 5 luglio 2016 la CommissioneEuropea ha proposto al Consiglio dell’Unione Europea la firma e la conclusione (la relativadocumentazione è reperibile in http://europa.eu/rapid/press-release_IP-16-2371_en.htm, mentreil testo emergente dalla proposta di decisione del Consiglio del 5 luglio 2016, COM(2016) 443final, è reperibile in http://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/IT/1-2016-443-IT-F1-1-ANNEX-1.PDF), mentre il 30 ottobre 2016 vi è stata la firma dell’Accordo (su cui, v.http://europa.eu/rapid/press-release_MEX-16-3588_en.htm) e il 15 febbraio 2017 è stato espressoil voto favorevole del Parlamento Europeo (v. europa-eu/rapid/press-release-IP-17-270.en.htm).Anche la proposta di accordo TTIP si configura come un accordo globale in materia dicommercio e investimento, in corso di negoziazione (per lo stato dei lavori, si v. ec.europa.eu/

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2. La proposta arbitrale come offerta al pubblico. — Alla luce dellapluralità di fonti che disciplinano l’arbitrato sugli investimenti, individuare imodelli processuali di manifestazione del consenso non può che fondarsi su untentativo di semplificazione (18). In particolare, prendendo a riferimento letipologie di dispute che possono sorgere rispetto a un investimento stranieroe le parti conseguentemente contrapposte nella relativa risoluzione, l’arbitratopuò svolgersi in due principali forme procedimentali (19).

Innanzitutto, possono venire in rilievo le controversie che derivanodirettamente dall’applicazione del trattato, da una sua violazione, o cheriguardano l’interpretazione dello stesso. In tal caso, l’arbitrato si svolge traStati — segnatamente, lo Stato di nazionalità dell’investitore che si affermaleso e quello ospite dell’investimento — dando origine ad un sistema diState-to-State dispute resolution; in particolare, esso trova la propria disciplinae, spesso, la stessa fonte del consenso, all’interno del trattato in cui èprevisto (20).

Nella forma prevalente, tuttavia, l’arbitrato viene instaurato da un inve-stitore straniero per risolvere le controversie emergenti dall’investimento neiconfronti dello Stato ospite (21); è questa seconda ipotesi che presenta gliaspetti di maggiore interesse processuale.

L’Investor-State Arbitration, infatti, è caratterizzato da modalità di con-clusione dell’accordo del tutto peculiari: lo Stato può vincolarsi all’arbitrato

trade/policy/in-forms/ttip/documents-and-events/ e, in particolare, il Report del 9 marzo 2017; iltesto emergente dalla EU’s proposal for Investment Protection and Resolution of InvestmentDisputes, pubblicata il 12 novembre 2015, è reperibile in trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/november/tradoc_153955.pdf). In entrambi gli accordi viene delineato un duplice sistema dirisoluzione delle controversie: uno generale, relativo alle dispute emergenti dall’interpretazioneo applicazione del trattato che si verifichino tra le Parti contraenti e che, dunque, si caratterizzacome sistema State-to-State dispute risolution, e un sistema specifico, relativo agli investimenti,che, invece, si configura come investor-State dispute settlement (ISDS). Inoltre, il sistema èimplementato da disposizioni che richiedono il previo esperimento di procedimenti di consul-tazione e mediazione amichevole. Sul punto v., di recente, GALLO, Portata, estensione e limiti delnuovo sistema di risoluzione delle controversie in materia di investimenti nei recenti accordi sullibero scambio dell’Unione Europea, in Dir. comm. internaz., 2016, 827 ss.

(18) Semplificazione attuata con precipuo riferimento all’arbitrato ICSID.(19) « Most bilateral investment treaties (BITs) provide for two forms of arbitration:

investors can bring arbitral claims against host states for alleged treaty violation adverselyaffecting their investment, and treaty parties can bring claims against each other concerning the‘interpretation andor application’ of the treaty »: TREVINO, State-to-State investment TreatyArbitration and the Interplay with Investor-State Arbitration Under the Same Treaty, in Journalof International Dispute Settlement, 2014, 200, ove si mette in rilievo come tale circostanza possadeterminare anche questioni legate alla duplicazione della tutela.

(20) Si tratta, in tale forma, di un meccanismo analogo al sistema pregresso di tuteladiplomatica tra Stati, in cui non si prevedeva un ruolo diretto del privato coinvolto nellacontroversia; il modello no direct claim, escludendo la possibilità di esperire in via diretta unrimedio da parte dell’investitore, non è particolarmente conveniente nell’ottica del privato:DODGE, Investment Treaties, cit., 167-168.

(21) Si rileva infatti che, nonostante la presenza di « interstate arbitration clauses »,l’arbitrato tra Stati è utilizzato in casi limitati: v. TREVINO, State-to-State investment TreatyArbitration, cit., 200 ss.

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non solo in via diretta nei confronti di un investitore, ma anche in unostrumento di carattere generale, manifestando il proprio consenso all’internodella legislazione domestica o di un trattato (22).

È stata la giurisprudenza arbitrale ICSID (23), dalla celebre pronunciaSouthern Pacific Properties (Middle East) Properties v. Arab Republic ofEgypt, ad affermare l’idoneità di una legge statale ad esprimere un taleconsenso (24). Allo stesso modo, come è stato sancito a partire dal caso Asian

(22) Come si vedrà, nell’investor-State arbitration, il consenso all’arbitrato dello Statoospite dell’investimento può essere previsto a tre diversi livelli: in un accordo tra le parti, nellalegislazione nazionale, oppure in un trattato concluso con lo Stato dell’investitore: sul punto, v.SCHREUER, Consent to Arbitration, in Muchlinski-Ortino-Schreuer (edited by), The OxfordHandbook of International Investment, Oxford, 2008, 831; cfr. HIRSCH, The Arbitration Mecha-nism, cit., 47. Sul punto, v. BERNARDINI, L’arbitrato nel commercio e negli investimenti interna-zionali2, Milano, 2008, 255 e 278 ss.; MOURRE, La convenzione arbitrale, in Comm. breve al dirittodell’arbitrato interno e internazionale, a cura di Benedettelli, Consolo, Radicati di Brozolo,Padova, 2010, 573 ss.; ZAMUNER, Gli effetti della denuncia della convenzione ICSID sul consensoall’arbitrato in materia di investimenti, in Dir. comm. internaz., 2017, 180 ss. Come messo inrilievo dalla giurisprudenza arbitrale, « [a]lthough the ICSID Convention does not preciselydefine the form in which consent to the Centre’s jurisdiction must be expressed, [...] it iswell-established that such consent can be given in advance of any dispute, and that consent maybe expressed in multiple forms »; in particolare, « a State can make a standing offer to arbitratein its domestic investment legislation, which an investor can accept by bringing the dispute toICSID », nonché all’interno di « agreements to arbitrate in investment contracts, or offers toarbitrate in bilateral (and multilateral) investment treaties »: v. PNG Sustainable DevelopmentProgram Ltd v. Independent State of Papua New Guinea, ICSID Case No. ARB/13/33, Award,5 maggio 2015, in icsid.worldbank.org.

(23) In particolare, verso la fine degli anni ’80, la giurisprudenza ICSID, discostandosi daiparadigmi processuali tradizionalmente invalsi, ha iniziato a ritenere valido il consenso anche semanifestato in tali forme atipiche: MAURO, voce Investimenti stranieri, cit., 632 ss.; allo stessomodo SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 206; PAULLSON,Arbitration without Privity, cit., 241. Sulla base di tale orientamento, peraltro, si è assistito altresìal proliferare delle controversie sottoposte ad arbitrato. Sul punto, v. DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 241; DE BRANDABERE, Investment Treaty Arbitration, cit.,25; BROWER-KUMAR, Investomercial Arbitration: Whence Cometh It? What Is It? Whither GoethIt?, in ICSID Review - Foreign Investment Law Journal, 2015, 44; POTESTÀ, Il consensoall’arbitrato ICSID contenuto in una legge nazionale dello Stato ospite dell’investimento, in Dir.comm. int., 2010, 379 ss.; DE BRANDABERE, Investment Treaty Arbitration, cit., 2 ss.; PARRA, TheDevelopment of the Regulations and Rules of the International Centre for Settlement of Inve-stment Disputes, in ICSID Review - Foreign Investment Law Journal, 2007, 612; LABORDE, TheCase for Host State Claims, cit., 102 ss. D’altra parte, anche in tale forma di accordo si è inpresenza di un consenso validamente espresso ai sensi dell’art. 25 della Convenzione; comespecificato dallo citato Report of the Executive Directors on the Convention, il consenso nondeve essere contenuto in un unico documento e, anzi, lo Stato ospite può offrire di sottoporrele dispute che sorgono da determinate tipologie di investimento alla giurisdizione del centroall’interno della sua stessa legislazione.

(24) Southern Pacific Properties (Middle East) Ltd. v. Arab Republic of Egypt, ICSID CaseNo. ARB/84/3, Decision on Jurisdiction, 14 aprile 1988, in icsid.worldbank.org. Nel caso di specie,l’attore aveva fondato la domanda sull’art. 8 della legge araba n. 43 del 1974, la quale prevedevail ricorso all’arbitrato ICSID in materia di investimenti. La Repubblica araba aveva sollevato unaquestione di giurisdizione, ritenendo che il consenso all’ICSID ivi contenuto non fosse sufficiente;tuttavia, il Tribunale rigettò la contestazione, così inaugurando la prassi per la quale il consensoalla giurisdizione ICSID può ben essere contenuto all’interno della legislazione domestica, senzarichiedere un’ulteriore manifestazione di consenso. Come messo in rilievo dalla giurisprudenzaarbitrale, « one method by which a state might give its consent in writing is in municipal investmentpromotion legislation »; dunque, « host State might in its investment promotion legislation offer

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agricultural Products Ltd v. Republic of Sri Lanka, il consenso dello Stato puòrinvenirsi all’interno di un trattato, bilaterale o multilaterale (25).

Cercare di trasporre le categorie dell’ordinamento interno per indivi-duare la natura del consenso così fornito può apparire un’operazione estre-mamente complessa, come la giurisprudenza arbitrale non manca rilevare (26).

to submit disputes arising out of certain classes of investments to the jurisdiction of the Centre,and the investor might give his consent by accepting the offer in writing »: così, v. Tidewater Inc.,Tidewater Investment Srl, Tidewater C.A., Twenty Grand Offshore L.l.c., Jackson Marine L.l.c.,Twenty Grand Marine Operators L.l.c., Zapata Gulf Marine Operators L.l.c. v. The BolivarianRepublic of Venezuela, ICSID Case No ARB/10/5, Decision on jurisdiction, 8 febbraio 2013, ivi.Si ritiene ormai pacifico che il consenso possa essere contenuto all’interno di una legge nazionale.Difatti, « [s]ome investment laws and investment protection treaties contain language expresslysubmitting disputes to mandatory arbitration, which permits a qualifying investor to initiate ar-bitration proceedings »: DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 223. Sulpunto, di recente, ex multis, v. Interocean Oil Development Company and Interocean Oil Explo-ration Company v. Federal Republic of Nigeria, ICSID Case No. ARB/13/20, Decision on Pre-liminary Objections, 29 ottobre 2014, ivi: « [t]he nature of the instrument per se (a national in-vestment statute) poses no obstacle to jurisdiction, as confirmed by a long tradition of persuasiveawards in this connection »; cfr. Interocean Oil Development Company and Interocean Oil Ex-ploration Company v. Federal Republic of Nigeria, ICSID Case No. ARB/13/20, Decision onPreliminary Objections, 29 ottobre 2014, ivi.

(25) Asian agricultural Products Ltd (AAPL) v. Republic of Sri Lanka, ICSID Case No.ARB/87/3, Award 21 giugno 1990, in icsid.worldbank.org. In tale controversia, qualificata daltribunale arbitrale come « the first instance in which the Centre has been seized by anarbitration request exclusively based on a treaty provision and not on implementation of a freelynegotiated arbitration agreement directly concluded between the Parties among whom thedispute has arisen », la proposizione della domanda arbitrale si era fondata sull’Agreementbetween the Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern-Ireland andthe Government of Sri Lanka for the Promotion and Protection of Investment del 13 fabbraio1980 (e, in particolare, sull’art. 8(1) del BIT, ai sensi del quale « Each contracting party herebyconsent to submit to the International Centre for the Settlment of Investment Disputes [...] anylegal disputes arising between that Contracting Party and national or company of the otherContracting Party concerning an investment of the latter in the territory of the former »). Nellagiurisprudenza arbitrale più recente relativa a casi in cui il consenso arbitrale dello Stato è statoespresso all’interno di un BIT, si v., ex multis, United Utilities (Tallinn) B.V. and AktsiaseltsTallinna Vesi v. Republic of Estonia, ICSID Case No. ARB/14/24, Decision, 12 maggio 2016;Corona Materials LLC v Dominican Republic, ICSID Case No. ARB(AF)/14/3, Award on theRespondent’s Expedited Preliminary Objections in accordance with article 10.2.5 of the DR-CAFTA, 31 maggio 2016; Teco Guatemala Holdings Llc. V. The Republic of Guatemala, ICSIDCase No. ARB/10/17, Award, 19 dicembre 2013, nonché nell’Annulment Proceedings, Decisionon Annulment, 5 aprile 2016; Grupo Francisco Hernando Contreras S.l. v. Républica de GuineaEcuatorial, Caso CIADI No. ARB(AF)/12/2, Laudo sebre Jurisdicción, 4 dicembre 2015; BearCreek Mining Corporation v. Republic of Peru, ICSID Case No. ARB/14/21, Procedural OrderNo. 2 Regarding Claimant’s Request for Provisional Measures, 19 aprile 2015; Hassan Awdi,Enterprise Business Consultants Inc and Alfa El Corporation v. Romania, ICSID Case No.ARB/10/13, Award, 2 marzo 2015; David Minnotte e Robert Lewis v. Republic of Poland, ICSIDCase No. ARB(AF)/10/1, Award, 16 maggio 2014; Metal-tech Ltd. V. Republic of Uzbekistan,ICSID Case No. ARB/10/3, Award, 4 ottobre 2013; Burimi srl and Eagle Games sh.a v. Republicof Albania, ICSID Case No. ARB/11/18, Award, 29 maggio 2013; Philip Morris Brands Sàrl,Philip Morris Products s.a., Abal Hermanos s.a., v. Oriental Republic of Uruguay, ICSID CaseNo. ARB/10/7, Decision on jurisdiction, 2 luglio 2013; Bosh International Inc and B&P LtdForeign Investments Enterprise v. Ukraine, ICSID Case No. ARB/08/11, Award, 25 ottobre2012; KilicÇ ĬnŞaat Ĭthalat Ĭhracat Sanayi Ticaret Anonim Şirketi v. Turkmenistan, ICSID CaseNo. ARB/10/1, Award, 2 luglio 2013, tutti reperibili in icsid.worldbank.org.

(26) In tal senso, l’accordo arbitrale « included in a contract » e quello risultantedall’« unilateral consent of the State, as expressed in an investment treaty » e dall’« investor’s

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In particolare, il consenso statale non può essere qualificato alla streguadi una clausola arbitrale unilaterale; quest’ultima, infatti, presuppone unaccordo già perfezionato tra le parti, delle quali, tuttavia, soltanto una si siavincolata (27). Al contrario, in questa prima fase, nell’arbitrato sugli investi-menti manca l’accordo: vi è un solo consenso, quello dello Stato, mentrel’investitore è un soggetto ancora identificato (anzi, identificabile) unicamentein astratto (28). Peraltro, la dazione del consenso da parte dello Stato nonprecede solo il verificarsi della controversia; al momento in cui lo Stato sivincola, non sussiste nemmeno il rapporto sostanziale — cioè, il contratto diinvestimento — dal quale la controversia potrà eventualmente insorgere (29).

In un intento definitorio, la manifestazione del consenso da parte delloStato si connota, piuttosto, come una proposta unilaterale di arbitrato (30).

La costruzione giuridica che viene richiamata è, infatti, quella dell’offertaal pubblico: lo Stato “offre” in via anticipata, rispetto a determinate categoriedi controversie, il proprio consenso a vincolarsi all’arbitrato, nei confronti diuna classe di investitori stranieri, i quali, a propria volta, acquisiscono lafacoltà di accettare (31).

subsequent invocation of that consent », « are two very different types of agreements ». « TheBIT is not a contract; it is a treaty concluded by two States, and consequently the arbitrationagreement concluded between one of the State parties and an investor of the other State partyis not an arbitration agreement concluded on the basis of privity of contract ». Anche se ci siriferisce alle clausole contenute nei trattati come « provisions containing the State parties’« standing offer » to arbitrate, this is in fact conceptually inaccurate and legally incorrect »,dovendosi piuttosto ravvisare « the State parties’ « consent » to arbitrate [...] as a unilateralundertaking vis-à-vis a class of foreign investors ». Così in İÇkale İsŞaat Limited Şirketi v.Turkmenistan, ICSID Case No. ARB/10/24, Award, 8 marzo 2016, in icsid.worldbank.org.

(27) La clausola arbitrale unilaterale « vincola una sola delle parti, lasciando l’altra liberadi adire o meno l’autorità giudiziaria », richiamandosi il contratto di opzione di cui all’art. 1331c.c.: v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Diritto dell’arbitrato, cit., 156-157. In tal senso, infatti, sidistingue tra negozio unilaterale che si configura come mera proposta e, invece, clausolacompromissoria irrevocabile (e dunque obbligatoria) per una sola delle parti: RUBINO SAMMAR-TANO, Il diritto dell’arbitrato, cit., 427. Sulla questione della validità della clausola unilaterale v.PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., p. 333, nt. 45; VECCHIONE, Sulla validità dellaclausola compromissoria unilaterale, in Giur. it., 1983, IV, 65; cfr. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato,Milano, 1982, 133 ss.

(28) In tal senso, l’offerta di consenso viene fatta « in general terms to foreign investorsor to certain categories of foreign investors »: SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 833.

(29) Si tratta di una « predispute submissions to arbitration »: DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 242; in realtà precedente non solo all’insorgere delconflitto, ma, potenzialmente, dello stesso investimento da cui esso potrà eventualmentesorgere. Si tratta di un fenomeno non sconosciuto al diritto interno; sulla possibilità di stipulareuna clausola compromissoria in un momento anteriore al contratto, v. ZUCCONI GALLI FONSECA,Sub art. 808 c.p.c., in Arbitrato, diretto da Carpi, Bologna, 2016, 174 ss.

(30) La costruzione dell’offerta pubblica, « che vale come proposta, con conclusione delcontratto compromissorio su accettazione o su inizio di esecuzione, attraverso la proposizionedella domanda di controparte », è messa in rilievo da ZUCCONI GALLI FONSECA, Diritto dell’ar-bitrato, cit., 156-157. Si è infatti in presenza di un’« unilateral offer » che acquisisce la vincola-tività dell’accordo una volta che l’investitore ha dato a propria volta il consenso: HIRSCH, TheArbitration Mechanism, cit., 52. Sul punto, v. DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-StateArbitration, cit., 221.

(31) « A legislative provision containing consent to arbitration is merely an offer by theState to investors », e, dunque per perfezionare l’accordo « that offer must be accepted by theinvestor »: SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 834; DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Inve-

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Tramite l’accettazione, la convenzione arbitrale si perfeziona in formaindiretta, e si parla al proposito di « arbitration without privity » (32).

3. Un accordo « anomalo »? Requisiti della proposta arbitrale. — Inpresenza di un tale accordo, concluso in forme per certi versi « anomale »,potrebbero emergere dubbi sull’effettiva consensualità dell’arbitrato: nell’ot-tica dello Stato, si configura come un arbitrato imposto (33)?

La domanda emerge dalla considerazione che, di fatto, la scelta dellostrumento arbitrale spetta all’investitore: il consenso statale può essere statomanifestato in un tempo risalente rispetto al verificarsi della controversia, enon rappresentare più una volontà effettiva in tale successivo momento;inoltre, si tratta di un consenso espresso in via generalizzata, per categorie diliti soltanto astrattamente identificate (34), mentre è l’investitore a decidere inconcreto se devolvere alla cognizione arbitrale la disputa che sia effettiva-mente insorta (35). L’« asimmetria » che si viene a determinare nel rapporto

stor-State Arbitration, cit., 221 ss., in cui si qualifica come « Binding Offer of Consent » da partedello Stato ospite, contenuta in una legge o in un trattato. Si tratta di una ricosturzione non deltutto esente da critiche. Sul punto si v. İÇkale İsŞaat Limited Şirketi v. Turkmenistan, ICSIDCase No. ARB/10/24, Award, 8 marzo 2016, cit., in cui si rileva che « the arbitration agreementconcluded between one of the State parties and an investor of the other State party is not anarbitration agreement concluded on the basis of privity of contract, that is, on the basis of an“offer” and “acceptance” ».

(32) Così PAULLSON, Arbitration without Privity, in ICSID Review - Foreign Investment LawJournal, 1995, 234. Anche n questo caso l’esito è un accordo, ma esso è raggiunto indirettamente:v. SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 190-191.

(33) Si parla a tal proposito di « mandatory arbitration »: DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., p. 223. Poiché con l’offerta si attribuisce il potere diaccettare, l’investitore ha un diritto unilaterale di instaurare il procedimento arbitrale; diconseguenza, una volontà attuale di concludere l’accordo per quella specifica controversia puòmancare da parte dello Stato. « Only investors may [...] determine the exact scope of thiscontract »; « [h]ost States, having made the offer, no longer may modify it for as long as thetreaty remains in force. Investors, conversely, could accept the offer for as little as a singledispute, in full, or anywhere in between »: LABORDE, The Case for Host State Claims, cit., p. 109.Questa prassi « denota una mancanza di equilibrio tra le parti: infatti, mentre l’investitore puòavviare la procedura senza la manifestazione di un consenso dello Stato ospite rispetto al casospecifico, lo Stato non può agire in assenza della sottoscrizione da parte dell’investitore diun’apposita clausola arbitrale »; lo Stato, dunque, « deve subire tale scelta »: così MAURO, voceInvestimenti stranieri, cit., 632 ss., ove si rileva come si tratti « di un arbitrato senza un previoaccordo delle parti ». Sul punto, v. anche AUDIT-FORTEAU, Investment Arbitration without BIT:Toward a Foreign Investment Customary Based Arbitration?, in Journal of International Arbi-tration, 2012, 585 ss., ove si rileva che « [o]ne can therefore legitimately ask whether this practicehas given rise to a new customary international rule according to which, in the field of foreigninvestment law, any State would be considered as consenting to arbitration before internationaltribunals in cases of disputes with any foreign investor, even if the defendant State did notexpressly consent to arbitration ».

(34) Lo Stato, infatti, presta un consenso generico, relativo ad « anticipated classes ofdisputes »: REED-PAULSSON-BLACKABY, Guide to ICSID Arbitration, cit., 35; DE BRANDABERE,Investment Treaty Arbitration, cit., 23, considerate « as a group »: VAN HARTEN, InvestmentTreaty arbitration and Public Law, Oxford, 2007, 63.

(35) In tal senso, spetta all’investitore la concreta scelta di quali controversie sottoporreall’arbitrato; oltre a poter decidere se ricorrere allo strumento arbitrale, infatti, l’investitore puòdelimitare il concreto ambito dell’offerta dello Stato: SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 834.

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tra l’investitore e lo Stato comporterebbe, quindi, una posizione di completasubalternità a svantaggio di quest’ultimo (36).

I timori di una consensualità “attenuata” sembrano accentuarsi di frontead alcune tendenze “espansive” della giurisprudenza arbitrale, che, in tempirecenti, è pervenuta a riconoscere la dazione di un idoneo consenso stataleanche in ipotesi dubbie.

Si collocano in tale orientamento i casi in cui il consenso all’arbitrato,seppure prestato dallo Stato all’interno di alcuni soltanto degli accordi inter-corsi con un investitore per disciplinare un determinato investimento, siaritenuto sufficiente a fondare la cognizione arbitrale rispetto al rapportocomplessivamente considerato, in ragione dell’unitarietà dell’operazione; ciòquand’anche non vi sia un legame diretto tra la controversia insorta e lospecifico accordo contenente il consenso (37).

Allo stesso modo, vengono in rilievo le ipotesi in cui il consenso delloStato venga fondato su una MFN (most favoured nation) clause, ossia unaclausola che consente di applicare, ai cittadini dello Stato-parte del trattato incui è contenuta, il miglior trattamento previsto in un diverso trattato conclusotra l’altro Stato-parte ed uno Stato terzo. Laddove applicata a questo ambito,la MFN clause viene a costituire il fondamento esclusivo del consenso. Sulla

(36) « This power to accept the offer to arbitrate, vested solely in the figure of the foreigninvestor, has introduced an asymmetry between host States and investors that has become thehallmark of investment arbitration »: LABORDE, The Case for Host State Claims, cit., p. 105. Lafacoltà di introdurre il procedimento arbitrale, infatti, spetta al solo investitore anche in presenzadi una clausola che conferisca ad entrambe le parti il potere di proporre la domanda arbitrale,laddove non vi sia la relativa accettazione. In certi casi la clausola rivolge l’offerta di consensoespressamente ed esclusivamente all’investitore; si parla di « Canadian clause ». In altre ipotesila previsione arbitrale attribuisce ad entrambe le parti della controversia, investitore e Stato ospite,il diritto di iniziare la procedura; si parla, al proposito, di « American clause ». Ciò nonostante,si mette in rilievo che l’offerta non è idonea a consentire allo Stato il ricorso alla procedura, laddoveil consenso non sia stato prestato dall’investitore; si tratta comunque di un’offerta, che richiedeaccettazione, ciò che confermerebbe, dunque, l’asimmetria dei BITs e, in generale, degli strumentiche prevedono il ricorso all’arbitrato sugli investimenti. Come mette in rilievo l’autore, non ècomunque del tutto escluso che, in presenza del consenso dell’investitore, possa essere anche loStato a proporre la domanda arbitrale; infatti, a fronte dell’« archetypal investment arbitrationdispute features », in cui la domanda arbitrale viene proposta dall’investitore, e a cui ci si riferiscecome al « Classic Paradigm of investment disputes », si può rinvenire anche un « Reverse Para-digm », in cui « it is the host State which, invoking treaty or contract provisions, or both, bringsclaims against an investor », seppure si tratti di una ristretta minoranza di casi, prossima ad appenal’1%: così ID., op. cit., 107 ss.

(37) SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 245: « Expres-sions of consent are not applied narrowly to the specific document in whih they appear but areread in the context of the parties’ overall relationship ». In altri casi, al medesimo risultatoestensivo si perviene sulla base del principio « of the unity of the investment operation ». Sulpunto, v. Tokios Tokelės v. Ukraine, ICSID Case No. ARB/02/18, Decision on Jurisdiction, 29aprile 2004: nel caso di specie il convenuto contestava la giurisdizione ritenendo che lacontroversia non derivasse direttamente da un investimento, ma il tribunale ha richiamato ilprincipio dell’« unity of an investment operation », in ragione del quale, in presenza diun’operazione unitaria, non è necessario che la giurisdizione si fondi specificamente su unaccordo. Sul punto, v. anche Cambodia Power Company and Kingdom of Cambodia v.Electricité du Cambodge, ICSID Case No. ARB/09/18, Decision on jurisdiction, 22 marzo 2011.

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base di tale clausola, infatti, un investitore potrebbe avvalersi dell’offerta diconsenso che lo Stato ospite abbia rivolto agli investitori di un diverso Stato,nonostante si tratti di un soggetto proveniente da uno Stato terzo rispetto altrattato in cui l’offerta è contenuta (38).

A parte questi casi-limite, in cui, di fatto, sembrerebbe rinvenirsi unamitigazione del principio di consensualità, la giurisprudenza arbitrale è piut-tosto rigorosa nell’accertamento della sussistenza di un consenso concreto.

Infatti, è un principio pacifico — e mai disconosciuto, quanto meno alivello astratto — quello che nell’investor-State arbitration l’accordo arbitralepossa dirsi validamente concluso soltanto se vi sia un consenso reciproca-mente prestato da entrambe le parti della controversia; ciò è messo chiara-mente in rilievo nella Convenzione ICSID, in cui si afferma che la giurisdi-zione è fondata sul consenso (39). La convenzione arbitrale, quand’anche

(38) Sul punto, v. Garanti Koza Llp v. Turkmenistan, ICSID Case No. ARB/11/20,Decision on the objection to jurisdiction for lack of consent, 3 luglio 2013. Nel caso di specie lagiurisdizione del tribunale arbitrale è stata ricavata in base ad una ricostruzione complessa.All’interno dell’U.K.-Turkmenistan BIT, su cui si fondava la domanda arbitrale, il Turkmeni-stan non aveva acconsentito all’arbitrato ICSID; tuttavia, aveva espresso tale consenso all’in-terno di un BIT con Stati terzi (in particolare, Switzerland-Turkmenistan BIT). L’attore harichiamato, dunque, la MFN clause prevista nell’U.K.-Turkmenistan BIT, fondando su di essail consenso del Turkmenistan, sulla base di quello prestato nel diverso BIT; tale ricostruzioneera stata contestata dal convenuto. Il tribunale si è trovato, dunque, a dover rispondere ad unadomanda fondamentale: « May Consent to ICSID Arbitration Be Provided Via an MFNClause? », e, in particolare, ha ritenuto di essere dotato di giurisdizione. Infatti, « whereTurkmenistan: (a) has expressly consented in the basic U.K.-Turkmenistan BIT to submitinvestment disputes with U.K. investors to international arbitration, (b) has provided in thesame BIT that U.K. investors and their investments will not be subjected to treatment lessfavorable than that accorded to investors of other States or their investments, (c) has expresslyprovided that the MFN treatment so accorded “shall apply” to the dispute resolution provisionof the BIT, and (d) has provided investors of third States, specifically Switzerland, with anunrestricted choice between ICSID Arbitration and UNCITRAL Arbitration, there is noreason why Turkmenistan’s consent to ICSID Arbitration in its BIT with Switzerland may notbe relied upon by a U.K. investor, if the provision for ICSID Arbitration or an unrestrictedchoice between ICSID Arbitration and UNCITRAL Arbitration provides treatment morefavorable to the investor than the treatment provided by the base treaty ». Contra, v. MenziesMiddle East and Africa S.A. et Aviation Handling Services International Ltd. V. République duSénégal, ICSID Case No ARB/15/21, sentence, 5 agosto 2016, in cui l’attore fondava la propriadomanda sull’art. 2 del Gats, contenente una MFN clause, rispetto ad alcuni BITs conclusi neiconfronti di Stati terzi (Paesi Bassi e Regno Unito), contrariamente a quello di originedell’attore (Lussemburgo). In questo caso il tribunale ha affermato che è prerogativa di unoStato quella di rifiutarsi di ottemperare ad un obbligo internazionale, eventualmente emergenteda una MFN clause, senza determinare un’estensione del consenso: « le Tribunal arbitral estimeque, même dans l’hypothèse où l’article II de l’AGCS s’appliquerait à l’arbitrage d’investisse-ment (ce qui n’a pas été démontré), il serait seulement de nature à créer une obligation pour lesEtats signataires d’offrir l’arbitrage dans le futur et ne représente pas un consentement àl’arbitrage ou à l’extension d’une offre d’arbitrage », concludendo che « Le Tribunal n’est pascompétent pour connaître des demandes ». Sull’applicazione delle MFN clauses in questoambito, v. anche SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 245 ss.

(39) Ciò è confermato dal citato Report of the Executive Directors on the Convention,dove si sottolinea che il consenso delle parti « is the cornerstone of the jurisdiction of theCentre ». Sul punto, v. HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 47; SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 190. « The consent of the parties is the basis of

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conclusa in via indiretta, tramite offerta di consenso e successiva accettazione,deve essere sempre il risultato di un accordo (40). Diventa, dunque, di estremarilevanza l’individuazione dei requisiti che consentano l’accertamento dellasussistenza di una offerta arbitrale effettiva.

Affinché possa riconoscersi un’offerta di consenso, suscettibile di accet-tazione da parte dell’investitore senza necessità di ulteriori conferme da partedello Stato, è necessario che quest’ultimo si sia vincolato all’utilizzo dell’ar-bitrato, preventivamente e unilateralmente, sulla base della libera manifesta-zione di una volontà attuale (41). È ritenuta valida, altresì, l’offerta di consensocondizionata; lo Stato, infatti, può apporre alla proposta condizioni, ma purelimiti e termini, per l’accettazione dell’investitore (42).

Come mette in rilievo la giurisprudenza arbitrale, è però indispensabileche il consenso sia espresso in modo inequivoco e in termini non ambigui (43).Ciò non significa che l’intento dello Stato debba trovarsi necessariamenteesplicitato in termini testuali; infatti, non si esclude che la valutazione dell’ef-fettività della proposta arbitrale possa emergere anche dal contesto in cui ècollocata, senza doversi limitare al tenore letterale della stessa (44). In que-

the jurisdiction of all international arbitration tribunals »: DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI,Investor-State Arbitration, cit., 219.

(40) In questo modo, « sono le parti stesse a far scattare, con la volontà espressa nel pattocompromissorio, l’obbligo di attenersi alla decisione altrui »: v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Laconvenzione arbitrale rituale rispetto ai terzi, Milano, 2004, 18.

(41) Deve trattarsi di ipotesi di « unequivocal consent to arbitration », in cui si prevedeche la parte « hereby consents », che le dispute « shall be submitted » o che « the foreigninvestor may submit »: SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 833 ss. e 850 ss.; SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 197 ss.; POTESTÀ, Il consenso all’ar-bitrato ICSID, cit., 383 ss.

(42) In particolare, l’offerta può essere subordinata a condizioni di carattere procedurale,come il previo esperimento di determinati procedimenti pre-arbitrali, volti alla risoluzioneamichevole della controversia (considerata una « common condition »), o anche l’esaurimentodei rimedi domestici, oppure, ancora, la scelta tra il ricorso a rimedi domestici e l’arbitratointernazionale (c.d. fork-in-the-road clause): SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 835 ss.;SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 237 ss. Sul « modified BITmodel » e il sistema « direct claims after exhaustion », v. anche DODGE, Investment Treaties, cit.,170. Tali limitazioni possono rinvenirsi espressamente all’interno della clausola arbitrale inseritanel trattato oppure emergere per rinvio ad altre disposizioni della legge o del trattato:DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 223.

(43) V., ex multis, Tidewater Inc., Tidewater Investment Srl, Tidewater C.A., TwentyGrand Offshore L.l.c., Jackson Marine L.l.c., Twenty Grand Marine Operators L.l.c., ZapataGulf Marine Operators L.l.c. v. The Bolivarian Republic of Venezuela, ICSID Case NoARB/10/5, Decision on jurisdiction, 8 febbraio 2013, in icsid.worldbank.org, in cui è stata esclusala presenza di una valida offerta di consenso; v. anche, nello stesso modo, in Opic KarimunCorporation v. Bolivarian Republic of Venezuela, ICSID Case No. ARB/10/14, Award, 28maggio 2013, ivi, in cui il consenso è stato ritenuto « ambiguous ».

(44) La valutazione dell’intero contesto, anche storico, in cui si è collocata la proposta,nonché dei lavori preparatori al testo in cui essa era collocata, v. Churchill Mining Plc v.Republic of Indonesia, ICSID Case No. ARB/12/14 and 12/40, Decision on Jurisdiction, 24febbraio 2014, in icsid.worldbank.org, nonché Tidewater Inc., Tidewater Investment Srl, Tide-water C.A., Twenty Grand Offshore L.l.c., Jackson Marine L.l.c., Twenty Grand MarineOperators L.l.c., Zapata Gulf Marine Operators L.l.c. v. The Bolivarian Republic of Venezuela,ICSID Case No ARB/10/5, Decision on jurisdiction, 8 febbraio 2013, ivi, in cui si è rilevato che

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st’ottica — quella cioè della ricerca di una volontà reale, seppur non letterale— potrebbero forse comprendersi anche le ipotesi di apparente attenuazionedel consenso di cui si è dato conto.

4. Accettazione e revoca dell’offerta di consenso. — A fronte dell’offertadi arbitrato, come si è detto, non è necessaria una nuova manifestazione divolontà da parte dello Stato: in quanto essa vale già, ad ogni effetto, comeproposta, al fine di concludere l’accordo arbitrale è sufficiente l’accettazionedell’investitore, che, ovviamente, rimane libero di ricorrere all’arbitrato o diprocedere in diverse modalità (45).

L’accettazione non deve rispondere a determinati requisiti di forma, epuò anche essere fornita implicitamente, per fatti concludenti, con la propo-sizione della domanda arbitrale da parte dell’investitore (46); è necessario,però, che sia rispettata una piena aderenza alla proposta.

In particolare, sotto il profilo temporale, l’accettazione deve intervenirefintanto che sia in vigore lo strumento (legge o trattato) in cui l’offerta delloStato è contenuta; tali limiti di vigenza rappresentano sempre un termineimplicito. Inoltre, devono essere rispettati gli eventuali termini finali espres-samente imposti dallo Stato, che potrebbe essersi vincolato per un periodo ditempo prestabilito (47).

Anche sotto il profilo contenutistico l’accettazione deve rispondere inte-gralmente a quanto previsto nell’offerta, dal momento che una convenzionearbitrale può essere validamente conclusa soltanto in presenza di un reciprocoscambio di consensi uniformi (48). In ragione di ciò, l’investitore può sotto-

« [t]he intention of a [...] State may be deduced not only from the text of the relevant clause, butalso from the context in which the clause is to be read, and an examination of evidenceregarding the circumstances of its preparation and the purposes intended to be served »; « TheTribunal finds itself largely in agreement with the general step-by-step approach to interpreta-tion of instruments of consent »; valutazione condotta « in good faith », e « having due regardto the intention of the State concerned », che consente di dedurre l’intenzione « from the text,but also from the context, the circumstances of its preparation and the purposes intended to beserved ». V. anche Opic Karimun Corporation v. Bolivarian Republic of Venezuela, ICSID CaseNo. ARB/10/14, Award, 28 maggio 2013, cit., in cui è stata esaminata l’intenzione dello Stato,prendendo in considerazione i lavori preparatori e i disegni di legge che hanno preceduto laversione finale.

(45) Il « binding effect », infatti, in ogni caso, riguarda solo lo Stato e non impone alcunaobbligazione a carico dell’investitore: v. HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 55; cfr.BROCHES, Bilateral Investment Protection Treaties and Arbitration of Investment Disputes, inSchultsz-Jan van den Berg (edited by), The Art of Arbitration: essays on international arbitra-tion, Liber amicorum Pieter Sanders, Deventer, 1982, 66 ss.

(46) Nel senso che l’accettazione può avvenire in qualsiasi forma, anche tramite ladomanda arbitrale, v. SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 831; cfr. SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 203; HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 55;BROWER-KUMAR, Investomercial Arbitration, cit., 44.

(47) SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 254.(48) Il consenso sussiste soltanto se (e nella misura in cui) offerta ed accettazione

coincidano: SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 230. « It is afundamental principle that an agreement is formed by offer and acceptance. But for an

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porre ad arbitrato solo quelle controversie che rientrino nell’ambito di appli-cazione della proposta (49); nulla, tuttavia, preclude all’investitore di restrin-gerlo, devolvendo alla cognizione arbitrale soltanto una, o alcune, tra lecontroversie insorte.

Allo stesso modo, l’accettazione deve rispettare le condizioni eventual-mente imposte dall’offerta; esse coinvolgono, per lo più, profili procedurali,richiedendo il previo esperimento di modalità amichevoli di risoluzione dellacontroversia alternative all’arbitrato, tramite negoziazione e mediazione, op-pure la sottoposizione alle corti interne. Laddove tali condizioni preliminarinon siano rispettate, si configura un difetto nella giurisdizione arbitrale (50),

agreement to result, there must be acceptance of the offer as made. It follows that an arbitrationagreement, such as would provide for the Centre to have jurisdiction under Article 25 of theICSID Convention, can only come into existence through a qualifying investor’s acceptance ofa host state’s standing offer as made (i.e., under its terms and conditions) »: KilicÇ ĬnŞaat ĬthalatĬhracat Sanayi Ticaret Anonim Şirketi v. Turkmenistan, ICSID Case No. ARB/10/1, Award, 2luglio 2013, cit.

(49) L’individuazione dei precisi limiti contenutistici dell’offerta di arbitrato può confi-gurarsi una questione estremamente delicata, tanto più in ipotesi di controversie complesse.Viene in rilievo, in particolare, il caso in cui l’investitore proponga diverse tipologie di domandedelle quali soltanto alcune siano ritenute comprese nell’offerta di consenso dello Stato. V., in talsenso, Emmis International Holding B.V., Emmis Radio Operating B.V. e Mem MagyarElectronic Media Kereskedelmi és szolgáltató Kft v. Hungary, ICSID Case No ARB/12/2,Decision on Respondent’s Objection under ICSID Arbitration Rule 41(5), 11 marzo 2013, inicsid.worldbank.org. Nel caso di specie, la domanda arbitrale riguardava diverse categorie dicontroversie: due relative all’espropriazione, pacificamente rientranti nell’ambito del trattato; laterza, invece, si configurava come una « Non-Expropriation claim », e sarebbe stata al di fuoridell’ambito dello stesso. In quanto per tali domande non vi era « prior consent », il convenutochiedeva che la controversia fosse « dismissed as manifestly without legal merit ». Una conte-stazione di questo tipo ha una rilevanza particolare: a fronte della proposizione di una domandaarbitrale rispetto alla quale non vi sia un consenso pregresso, infatti, si rende proponibile unapreliminary objection ai sensi della Rule 41 delle Arbitration Rules in quanto la controversia nonè considerata « within the jurisdiction of the Centre or not within its own competence thecompetence » oppure « manifestly without legal merit ». L’attore ha replicato alla contestazionepreliminare ritenendo che « Respondent’s contention that consent must have existed before thefiling of the Request for Arbitration is overly formalistic in this context, where Respondent hadalready consented to submit to arbitration certain claims and was invited to submit toarbitration the remaining claims ». Il tribunale ha rigettato l’obiezione preliminare in quantonon ritenne di ravvisare un difetto di legal merit. In un caso analogo, Accession MezzanineCapital L.P. e Danubius KereskeŐhÁz VagyonkezelŐ Zrt. V. Hungary, ICSID Case No.ARB/12/3, Decision on respondent’s Objection under Arbitration Rule 41(5), 16 gennaio 2013,ivi, la domanda arbitrale riguardava due distinte categorie di controversie: « ExpropriationClaims » e « Non-Expropriation Claims »; l’Ungheria presentò un’objection under Rule 41(5)delle ICSID Arbitration Rules ritenendo che il consenso espresso nel BIT non includesse leNon-Expropriation Claims. Anche in questo caso, a fronte della contestazione del convenuto,per il quale la domanda sarebbe stata « manifestly without legal merit », l’attore ha tuttaviaritenuto che « [n]othing prevented Respondent from agreeing to submit to arbitration thenon-expropriation claims asserted in the Amended Request for Arbitration and resolve — onceand for all — every single claim related to the breach of Respondent’s international obligationsunder the Treaty as well as customary international law », e che quindi l’obiezione preliminarenon potesse essere accolta.

(50) Sul punto, v. KilicÇ ĬnŞaat Ĭthalat Ĭhracat Sanayi Ticaret Anonim Şirketi v. Turkme-nistan, ICSID Case No. ARB/10/1, Award, 2 luglio 2013, cit., in cui viene in rilievo una« Conditional Offer to Arbitrate » e una « condition precedent to consent to arbitrate ». Nelcaso di specie, il BIT prevedeva « a multi-layered, sequential dispute resolution system

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seppure talvolta il vizio sia rappresentato come inammissibilità della domandaarbitrale proposta dall’investitore (51).

Una questione ancor più complessa riguarda la possibilità di revoca delconsenso prestato dallo Stato.

Da un punto di vista astratto, infatti, si ritiene che l’accettazione rappre-senti il limite di revocabilità della proposta: in quanto la manifestazione delconsenso diventa irrevocabile soltanto a fronte dell’intervenuta conclusione diun accordo, fintanto che non sia stata accettata da parte dell’investitore,l’offerta di consenso potrebbe essere ritirata. Una tale affermazione si fondasull’art. 25 della Convenzione ICSID, il quale sancisce che, quando le parti

providing for a sequence of separate dispute resolution procedures through which a dispute willescalate, if not resolved, in the former step ». Per il tribunale il mancato rispetto delle condizionia cui era sottoposta l’offerta di arbitrato avrebbe determinato la mancanza di giurisdizione dellostesso tribunale, anziché attenere all’ammissibilità della domanda: « the requirements set forthin Article VII.2 are to be treated as conditions ». Non si tratta, dunque, come era ritenutodall’attore, di « arbitral preconditions » che non hanno effetti sulla giurisdizione del tribunale,ma di una « conditional offer to arbitrate »: « when it accepted Respondent’s conditional offerto arbitrate disputes in connection with its investments before an ICSID Tribunal, in order forthe necessary consent/agreement in writing to result, the offer must have been accepted on thebasis of, and having regard to, the conditions explicitly set out in the BIT ». Anche in ÖmerDede e Serdar ElhÜseyni v. Romania, ICSID Case No. ARB/10/22, Award, 5 settembre 2013,ivi, le condizioni alla proposizione della domanda arbitrale sono state ritenute influenti sullagiurisdizione. Nel caso di specie, la domanda si fondava sul BIT concluso tra Turchia eRomania, che prevedeva il superamento di « several conditions before submitting their claimsto ICSID arbitration »; tuttavia, tale requisito non era stato soddisfatto, con conseguenteesclusione della giurisdizione.

(51) Nella giurisprudenza più recente, infatti, sta emergendo la tendenza a qualificare lapresenza di condizioni al consenso fornito dallo Stato non come un’offerta condizionata diarbitrato, la quale si perfezionerebbe soltanto a seguito dell’avvenuto rispetto delle condizioniimposte (ciò che si riverbera, appunto, sull’eventuale carenza di giurisdizione arbitrale), bensìcome un’offerta già di per sé perfezionata, ma in cui è condizionato il diritto di accettaredell’investitore (ciò che si ripercuote non sulla carenza di giurisdizione del tribunale, masull’eventuale inammissibilità della domanda). V., in tal senso, İÇkale İsŞaat Limited Şirketi v.Turkmenistan, ICSID Case No. ARB/10/24, Award, 8 marzo 2016, cit. Nel caso di specie venivain rilievo il Turkey-Turkmenistan BIT. Il convenuto aveva eccepito la carenza di giurisdizionedel Tribunale arbitrale in quanto l’attore non aveva soddisfatto il « domestic litigation requi-rement », ossia la procedura obbligatoria che richiedeva l’esperimento dei mezzi di risoluzionedella controversia domestici. Il tribunale ha escluso che, nel caso al suo vaglio, vi fosse « acondition to Turkmenistan’s offer to submit itself to the jurisdiction of an international tribunalto arbitrate investor-State »; « the domestic litigation requirement is not a condition to the Stateparties’ consent to arbitrate under the Treaty. The consent of the two State parties to arbitrate[...] is unconditional ». Nella prospettiva del tribunale, la clausola si limitava ad individuare laprocedura richiesta, con la conseguenza che « any objection raised [...] must be characterized asan objection to the admissibility of the claim rather than as an objection to the tribunal’sjurisdiction ». I requisiti procedurali che devono essere soddisfatti prima di ricorrere all’arbi-trato non possono essere considerati « as a “condition” to the State parties’ consent toarbitrate », in quanto non si tratta di « a “condition precedent” to the State parties’ consent toarbitrate »; il consenso dello Stato è già stato espresso, in modo « unconditional », all’interno delBIT. Il mancato rispetto di tali requisiti, dunque, non può inficiare il consenso già prestato: « itdoes not condition the State’s consent », « it only affects the investor’s right to invoke it ». Sulpunto, v. anche Philip Morris Brands Sàrl, Philip Morris Products s.a., Abal Hermanos s.a., v.Oriental Republic of Uruguay, cit., in cui si è escluso che la previsione all’interno del BIT di unacondizione che prevedeva un « six-month settlement attempt requirement » prima di iniziarel’arbitrato fosse idonea ad influire sulla giurisdizione arbitrale.

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hanno prestato il proprio consenso, esso non può essere revocato unilateral-mente (52); la norma viene intesa nel senso di impedire la revocabilità unila-terale del consenso solo quando entrambe le parti l’hanno già prestato (53).Tramite l’accettazione, infatti, si perviene ad un accordo che, astraendosi daisingoli consensi manifestati dalle parti, diventa insensibile alle eventualisuccessive vicende dello strumento generale (legge o trattato) in cui siacontenuta l’offerta dello Stato (54).

Di fatto, però, la revocabilità dell’offerta di arbitrato, soprattutto laddovecontenuta all’interno di un BIT, non appare così scontata nemmeno primadell’accettazione. In tale ipotesi, la revoca del consenso determinerebbe unamodifica delle condizioni previste dal trattato, ammissibile soltanto nelleforme eventualmente pattuite; in caso contrario, una revoca unilaterale po-trebbe determinare l’inottemperanza agli impegni precedentemente assuntinei confronti dell’altro Stato-parte e, dunque, la stessa violazione del trat-tato (55). Problematiche analoghe vengono in rilievo laddove il consenso siacontenuto in una legge domestica; in tal caso, la revoca del consenso, ammis-sibile sulla base di una semplice modifica o abrogazione della legge, puòdeterminare una lesione delle aspettative ingenerate nei soggetti che, frat-tanto, si siano indotti ad intraprendere investimenti nello Stato ospite (56). Lo

(52) Ai sensi dell’art. 25 della Convenzione ICSID « [w]hen the parties have given theirconsent, no party may withdraw its consent unilaterally ».

(53) « The irrevocability of consent operates only after the consent has been perfected.A mere offer of consent to ICSID’s jurisdiction may be withdrawn at any time unless, of course,it is irrevocable by its own terms »: SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Con-vention, cit., 254. Prima dell’accordo, il consenso può essere irrevocabile se espressamentequalificato come tale; ad ogni modo, poi, le parti possono consensualmente decidere direvocarlo anche a fronte del perfezionamento dell’accordo: v. HIRSCH, The Arbitration Mecha-nism, cit., 50 ss. Proprio in quanto solo a fronte dell’accettazione si afferma che l’offerta diconsenso diventi irrevocabile, si considera preferibile che tale accettazione intervenga quantoprima; l’autore, infatti, ritiene « wiser » accettare l’offerta in via anticipata. Il divieto di ritiro delconsenso unilaterale, inoltre, vale anche per i tentativi di revoca in via indiretta; si richiama intal senso la notificazione ex art. 25(4) Convenzione ICSID, con cui uno Stato può decidere dinon ritenere soggette ad arbitrato ICSID determinate controversie, su cui v. REED-PAULSSON-BLACKABY, Guide to ICSID Arbitration, cit., 38. Anche nell’ordinamento interno « chi haproposto un compromesso può prima dell’accettazione revocare la propria proposta »: AN-DRIOLI, Commento al codice di procedura civile, cit., 767.

(54) L’accordo, infatti « assumes a contractual existence independent of the legislativeinstrument that helped to bring it about »: SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSIDConvention, cit., 259.

(55) « Bilateral investment treaties (BITs) and multilateral international instrumentproviding for consent to ICSID’s jurisdiction [...] are more difficult to terminate or amend thannational legislation. Yet the fact remains that consent based on treaties is only perfected onceit is accepted by the investor »: SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Conven-tion, cit., 259.

(56) Si ritiene che uno Stato sia pienamente libero di modificare la propria legislazione,anche laddove contenga il consenso all’arbitrato: « [a] host State is free to change its investmentlegislation including the provision concerning consent to ICSID’s jurisdiction. An offer ofconsent contained in national legislation [...] that has not been taken up by the investor willlapse when the legislation is repealed »: SCHREUER-MALINTOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSIDConvention, cit., 259.

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stesso vale anche in presenza di una successione tra più strumenti generali,BITs o leggi (57); in difetto di norme transitorie, infatti, laddove lo strumentoda ultimo entrato in vigore preveda una manifestazione del consenso intermini progressivamente più restrittivi o, addirittura, pervenga ad escluderlo,potrebbe venirsi a creare un temporaneo vuoto di tutela per l’investitore chevoglia avvalersi dello strumento arbitrale.

A fronte di una pregressa offerta di consenso, l’eventuale ripensamentodello Stato appare sempre idoneo a determinare una modifica peggiorativa deltrattamento giuridico riservato agli investitori; come si è visto, tuttavia, perquesti ultimi, e salvo verificare l’applicabilità di diversi rimedi sul pianointernazionale, la soglia dell’affidamento meritevole di tutela viene superatasoltanto a fronte dell’accettazione dell’offerta arbitrale.

5. Forme ordinarie di conclusione della convenzione arbitrale e contrastotra diversi strumenti: un sistema difficile da ricomporre. — Laddove all’internodi una legge o di un trattato si preveda il ricorso all’arbitrato, ma lo Stato nonesprima un’effettiva intenzione di vincolarsi ex ante, non si è in presenza diun’offerta al pubblico, ma di clausole che richiamano lo strumento arbitrale adiversi fini.

Non vi è, innanzitutto, un’offerta di consenso, ma un consenso mera-mente apparente, nelle disposizioni in cui l’arbitrato venga semplicementeindividuato come una delle possibili modalità, oppure come la via preferen-ziale, per la risoluzione di determinate controversie. In tali casi manca unavolontà attuale da parte dello Stato né si determina un effetto devolutivo dellacognizione ad arbitri (58); si realizza, invece, uno scopo meramente informa-

(57) Un’ipotesi di successione tra diversi BITs è stata presa in considerazione in Ping AnLife Insurance Company of China, Limited and Png An Insurance (group) Company of China,Limited v. Kingdom of Belgium, ICSID Case No. ARB/12/29, Award, 30 aprile 2015, inicsid.world.bank.org. Nel caso di specie veniva in rilievo un primo BIT, entrato in vigore il 5ottobre 1986 (l’Agreement between the Government of the People’s Republic of China and theBelgium-Luxembourg Economic Union on the Encouragement and Reciprocal Protection ofInvestments), nella cui vigenza — nel corso del 2008 — si erano verificati i fatti che avevanooriginato la controversia, e uno successivo, entrato in vigore l’1 dicembre 2009. La domanda diarbitrato, che si era fondata sul secondo BIT, è stata ritenuta fuori dalla giurisdizione deltribunale arbitrale per ragioni di carattere temporale, in quanto l’« offer of consent to arbitra-tion » sarebbe stata limitata alle controversie successive all’entrata in vigore del BIT.

(58) Sul punto, v. PNG Sustainable Development Program Ltd v. Independent State ofPapua New Guinea, ICSID Case No. ARB/13/33, Award, 5 maggio 2015, cit., in cui si è ritenutoche la legge interna, il PNG Investment Disputes Convention Act del 1978 « does not grantconsent, but instead limits the cases in which future consent may be given. The function, and theonly function, of Section 2 of the IDCA is to narrow the category of disputes that may bereferred to ICSID to disputes ». Cfr. Tidewater Inc., Tidewater Investment Srl, Tidewater C.A.,Twenty Grand Offshore L.l.c., Jackson Marine L.l.c., Twenty Grand Marine Operators L.l.c.,Zapata Gulf Marine Operators L.l.c. v. The Bolivarian Republic of Venezuela, ICSID Case NoARB/10/5, Decision on jurisdiction, 8 febbraio 2013, cit. Nel caso di specie si poneva il problemase l’art. 22 della legge sugli investimenti Venezuelana fosse idoneo a costituire valida offerta diconsenso da parte dello Stato, ciò che, tuttavia, è stato escluso dal tribunale arbitrale: l’art. 22« does not operate so as to give the consent in writing of Venezuela to submit all investment

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tivo o promozionale (59). Di conseguenza, non sorge alcun obbligo in capo alloStato, nemmeno ad una successiva azione di consenso: un investitore nonpotrebbe avvalersi di una previsione siffatta al fine di ottenere una futuramanifestazione del consenso a sottoporre una controversia ad arbitri (60).

All’interno delle disposizioni di una legge o di un trattato, poi, può esserecontenuto un impegno a manifestare un consenso futuro (61).

Anche in questo caso manca una volontà attuale di vincolarsi allacognizione arbitrale e, dunque, non vi è un’offerta; si è, piuttosto, in presenzadi una promessa di consenso.

Di quest’ultima, comunque, non è esclusa una forma di vincolatività. Nederiva, infatti, l’obbligo ad una futura manifestazione del consenso: lo Stato siimpegna a prestare il proprio consenso all’utilizzo dell’arbitrato in relazionealle controversie che possano insorgere rispetto a determinati investimenti. Ilvincolo incombe sulla sola parte dalla quale proviene la promessa e, dunque,lo Stato. Al contrario, l’investitore resta assolutamente libero di ricorrereall’arbitrato, oppure di procedere diversamente (62).

Laddove l’investitore decida di avvalersi di una tale clausola, diversa-mente dall’ipotesi in cui vi sia un’offerta già perfezionata, sarà necessaria unanuova manifestazione di consenso da parte dello Stato; quest’ultimo, al fine diottemperare al proprio impegno, potrà addivenire ad un accordo arbitrale congli investitori che ne facciano richiesta, o limitarsi a sottostare alla giurisdi-zione arbitrale a fronte della proposizione di una domanda (63).

disputes with nationals of other ICSID Contracting States to the jurisdiction of the Centre ». V.anche Opic Karimun Corporation v. Bolivarian Republic of Venezuela, ICSID Case No.ARB/10/14, Award, 28 maggio 2013, ivi.

(59) Tali clausole non presentano un consenso già perfezionato, e non hanno l’effetto nédi obbligare alla sottoposizione di una controversia ad arbitrato, né di prestare in futuro un taleconsenso; si tratta di previsioni deboli, che possono avere una « moral force »: v. DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 237; cfr. HIRSCH, The ArbitrationMechanism, cit., 57; o esprimere una « sympathetic consideration of a request »: SCHREUER,Consent to Arbitration, cit., 836; cfr. POTESTÀ, Il consenso all’arbitrato ICSID contenuto in unalegge nazionale dello Stato ospite dell’investimento, in Dir. comm. int., 2010, 383. Si parla alproposito anche di « Australian clauses » quando « they do not contain an offer to arbitrate inthe first place », e, dunque, « there is nothing for the foreign investor to accept »: LABORDE, TheCase for Host State Claims, cit., 107.

(60) V. DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 223 ss.(61) V. SCHREUER, Consent to Arbitration, cit., 836; DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI,

Investor-State Arbitration, cit., 237.(62) V. DUGAN-WALLACE-RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 223 ss. Nella

giurisprudenza, v. Churchill Mining Plc v. Republic of Indonesia, ICSID Case No. ARB/12/14and 12/40, Decision on Jurisdiction, 24 febbraio 2014, cit., in cui viene in rilievo l’interpretazionedi una « shall assent » clause contenuta all’interno dell’UK-Indonesia BIT come mera « promiseto consent » oppure vera e propria « standing offer to arbitrate ». Ritenendo tale espressioneequivalente a quella « hereby consents » e simili, il tribunale ha concluso che vi fosse un’effet-tiva dazione anticipata del consenso.

(63) Tale modalità si configura come « Prospect of Future Consent »: SCHREUER-MALIN-TOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 200; cfr. SCHREUER, Consent to Arbitration,cit., p. 833; HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 56. Tale categoria è stata individuata inrelazione alle clausole contenenti espressioni come « shall consent » e simili, in cui il consenso

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Il mancato rispetto da parte dello Stato della propria promessa diconsenso — analogamente a quanto accade rispetto ad un’offerta di consensogià perfezionata — configura, a tutti gli effetti, un inadempimento. In parti-colare, se si tratta di una disposizione contenuta all’interno di un trattato(nella maggior parte dei casi, un BIT), la sua violazione costituisce unaviolazione del trattato stesso, a fronte della quale saranno esperibili i mezzi ditutela in esso previsti; in particolare, l’investitore straniero potrà rivolgersi alproprio Stato di provenienza (cioè, l’altro Stato-parte del BIT), al fine diottenere la protezione della situazione giuridica asseritamente lesa (64). L’in-dividuazione di un effetto sanzionatorio appare più problematica laddove lapromessa di consenso sia contenuta all’interno della legislazione domestica;anche in tale ipotesi, tuttavia, non sembra da escludere una forma di tutelatramite lo Stato di origine dell’investitore.

Nei casi in cui l’offerta di consenso non integra i requisiti di una propostaarbitrale, e non si presta, dunque, a qualificarsi come standing offer, lapossibilità di concludere un accordo in via indiretta, tramite successiva accet-tazione dell’investitore, è esclusa. Si deve dunque procedere nelle formeordinarie, avvalendosi delle tradizionali modalità di espressione del con-senso (65): sulla base di una convenzione arbitrale stipulata tra le parti dellacontroversia (insorta o insorgenda) (66). L’investor-State arbitration può infattifondarsi anche su un accordo di natura contrattuale, concluso direttamente trale parti, in modo non dissimile da quanto avviene nell’ordinamento in-terno (67). Tale accordo può configurarsi come compromesso arbitrale, ri-

non è contenuto all’interno del trattato, ma si pone l’impegno di prestarlo in futuro: DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 238. Pure in tale ipotesi si tratta didisposizioni che possono essere contenute all’interno dei BITs, di trattati, o di leggi nazionali.

(64) Il rifiuto a prestare il consenso, in quanto violazione del trattato, esporrebbe allatutela diplomatica o a eventuali previsioni State-to-State arbitration rispetto alla controparte deltrattato, cioè lo Stato di origine dell’investitore: DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-StateArbitration, cit., 238; v. anche HIRSCH, The Arbitration Mechanism, cit., 56; SCHREUER-MALIN-TOPPI-REINISCH-SINCLAIR, The ICSID Convention, cit., 209; SCHREUER, Consent to Arbitration, cit.,836.

(65) La modalità prevalente di ricorso all’investor-State Arbitration è stata per lungotempo quella fondata su un compromesso successivo all’insorgere della controversia o comun-que su una clausola contenuta in un accordo con lo Stato; prima dello sviluppo dei modernitrattati sugli investimenti, d’altra parte, si trattava dell’unica modalità possibile. Si tratta,comunque, di una modalità di difficile attuazione in concreto; infatti « [o]nce a dispute hasarisen, states are unlikely to voluntarily relinquish their sovereignty by submitting disputes toneutral, binding arbitration, preferring instead to resolve them in their own courts »: DUGAN-WALLACE- RUBINS-SABAHI, Investor-State Arbitration, cit., 225 e 243.

(66) Nella giurisprudenza, v., di recente, Pluspetrol Perù Corporation s.a., Pluspetrol Lote56 s.a., Hunt Oil Company of Perù, Sucursal del Perù, Sk Innovation Sucursal Peruana,Tecpetrol Bloque 56 S.a.c., Sonatrach Perù Corporation s.a.c., Repsol Exploración Perù Sucursaldel Perù, v. Perupetro S.a., Caso CIADI Nº ARB/12/28, Laudo, 21 maggio 2015, in icsid.worl-dbank.org.

(67) « Quando vogliono affidare la decisione di una controversia agli arbitri le particoncludono una convenzione, alla quale si dà nome di compromesso oppure di clausolacompromissoria, secondo che riguardi una lite jam nata (art. 807) oppure una lite nondum nata(art. 808); poiché se non è già sorta la lite, dev’essere almeno già costituito il rapporto, dal quale

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spetto a controversie già insorte, oppure come clausola compromissoria,contenuta nella convenzione con cui Stato e investitore straniero disciplinanoi propri rapporti relativi ad uno specifico investimento, e riferita alle contro-versie future che possano emergere da quest’ultimo.

Non è poi escluso che, nonostante la presenza di un’offerta di consensosuscettibile di accettazione all’interno di un BIT o di una legge domestica,Stato e investitore pervengano alla conclusione di un accordo diretto, che siponga, dunque, a valle di tale disciplina più generale.

L’atteggiarsi dei rapporti tra l’offerta di consenso rivolta alla generalitàdegli investitori e la convenzione di arbitrato conclusa con un singolo investi-tore, soprattutto laddove contengano previsioni discordi, appare di difficilericostruzione sulla base delle categorie note all’ordinamento interno (68).Nella giurisprudenza arbitrale si privilegia un approccio fattuale, senza rite-nere risolutivo il diverso rango, contrattuale o normativo, dello strumento incui è contenuta la previsione arbitrale, come, neppure, la posteriorità del BIT,della legge o della convenzione, escludendo la necessaria applicazione delprincipio posterior derogat priori (69); ciò che rileva è, piuttosto, la concretaanalisi dell’atteggiarsi della controversia.

può sorgere »: così CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano4, Roma, 1951, I, p.67. Sul piano interno, infatti, la convenzione arbitrale, che si configura come fattispecie unitariarientrante nella tipologia del contratto con comunione di scopo, è suddivisa nei tre « sottotipi »del compromesso — con cui le parti « scelgono l’arbitrato a lite già insorta » —, della clausolacompromissoria — con cui le parti « scelgono l’arbitrato per eventuali liti che dovessero sorgerein relazione ad un determinato rapporto contrattuale » —, e della convenzione arbitrale noncontrattuale: v. ZUCCONI GALLI FONSECA, Diritto dell’arbitrato, cit., 122 ss.

(68) La stretta interazione tra la dimensione del trattato in cui è contenuta l’offerta equella contrattuale dell’accettazione ha, infatti, determinato una serie di problematiche, soprat-tutto in ipotesi di conflitto tra tali previsioni. Ciò può verificarsi laddove, pure in presenza di unapregressa offerta arbitrale da parte dello Stato, le parti pervengano, comunque, alla conclusionedi un accordo. Si parla, in tali ipotesi, di « treaty-plus-contract arbitration », in cui « theClaimant invokes both treaty and contract provisions to propel its claims », determinando« critical interaction between these two legal instruments »: LABORDE, The Case for Host StateClaims, cit., p. 113. In ipotesi di discrepanza tra il contenuto dell’accordo e quello del trattato,ci si chiede quale sia lo strumento che deve prevalere. Si è prospettata la configurazionedell’accordo tra le parti come rinuncia alle previsioni del trattato, configurando l’accordo essostesso come accettazione dell’offerta oppure determinando la sua sostituzione; su tali questioniv. BERGAMINI, Treaty Claims v. Contract Claims di fronte ai tribunali ICSID, in Riv. arb., 2005,p. 184, in part. nota 27.

(69) Di recente, sul punto, si v. Getma International, NCT Necotrans, Getma InternationaInvestissements & NCT Infrastructure & Logistique v. La République de Guinée, Affaire CIRDINo. ARB/11/29, Decision sur la Compétence, 29 dicembre 2012, cit. Nel caso di specie ilconvenuto contestava la sussistenza della giurisdizione arbitrale per la presenza di un accordoche avrebbe introdotto una giurisdizione esclusiva. Il consenso era contenuto in distintistrumenti: il Code des investissements de la République de Guinée, che, a fronte della previsionedell’arbitrato ICSID, faceva salva per le parti la possibilità di concludere un « accord con-traire », e una Convention de concession intercorsa tra le parti, al cui interno era prevista unaclausola compromissoria che, secondo la prospettazione del convenuto, sarebbe stato configu-rabile come accordo contrario ai sensi della norma, escludendo la competenza ICSID. Talecontestazione è stata tuttavia respinta dal tribunale arbitrale: « le Tribunal rejette l’argumen-tation de la Défenderesse que Getma International aurait irrévocablement choisi le TribunalCCJA comme tribunal seul compétent en le saisissant en premier lieu [...]. L’irrévocabilité du

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La questione è stata esaminata, in particolare, in relazione alle disposi-zioni contrastanti contenute in un BIT e in una convenzione contrattuale. Lagiurisprudenza arbitrale non ha considerato sempre preminente l’offerta diconsenso prevista nel BIT; anzi, in un approccio casistico, si è ritenuto che, inpresenza di una controversia di origine « contrattuale », la disciplina indivi-duata nel singolo accordo intercorso tra lo Stato e l’investitore, se nonespressamente derogata, può prevalere anche rispetto alle previsioni — inteoria, generali e sovraordinate — contenute all’interno di un BIT (70).

choix entre les deux juridictions impliquerait par ailleurs que la compétence des deux tribunaux(OHADA et CIRDI) soit mutuellement exclusive ».

(70) SGS Société Générale de Surveillance S.A. v. Republic of the Philippines, ICSID CaseNº ARB/02/6, Decision of the Tribunale on Objections to Jurisdiction, 29 gennaio 2004, cit. Nelcaso di specie venivano in rilievo distinti strumenti: il consenso all’arbitrato ICSID che leFilippine avevano manifestato all’interno del BIT, su cui l’attore aveva fondato la propriadomanda, e una disposizione contenuta in un accordo intercorso tra le parti, l’art. 12 del CISSAgreement, che era stato richiamato dal convenuto, e che, in ipotesi di controversie emergentidall’accordo (« contractual disputes ») prevedeva il ricorso alle corti domestiche in accordo alleleggi delle Filippine. Le Filippine contestavano la giurisdizione del tribunale ICSID in consi-derazione della circostanza che la controversia sottoposta dovesse ritenersi una contracutaldispute e che nessuna previsione del BIT contenesse « an intention to override the provisions ofthe contract ». La domanda che si pone il tribunale è la seguente: « Is the exclusive jurisdictionclause overridden by the BIT or the ICSID Convention? ». In ragione del principio « generaliaspecialibus non derogant », si è escluso che la giurisdizione esclusiva prevista dal contratto fossestata superata dalle previsioni del BIT: « It is not to be presumed that such a general provisionhas the effect of overriding specific provisions of particular contracts, freely negotiated betweenthe parties. Inoltre, non si è ritenuto di poter dare applicazione alla massima lex posteriorderogat priori, ritenendo che nel BIT non vi fosse « textual basis ». In conclusione, il Tribunaleha ritenuto id essere dotato di giurisdizione, affermando che la previsione contrattuale riguar-dasse l’ammissibilità della domanda, ma non potesse privare il Tribunale della giurisdizione chegli era attribuita dal trattato: « [t]he jurisdiction of the Tribunal is determined by the combi-nation of the BIT and the ICSID Convention [...]. Thus the question is not whether the Tribunalhas jurisdiction: unless otherwise expressly provided, treaty jurisdiction is not abrogated bycontract ». Sul punto, v. anche SGS Société Générale de Surveillance S.A. v. Islamic Republic ofPakistan, ICSID Case No. ARB/01/13, Decision of the Tribunal on Objection to Jurisdiction, 6agosto 2003, cit. Nel caso di specie, oltre allo Swiss-Pakistan BIT, che prevedeva l’arbitratoICSID per le controversie sugli investimenti, vi era un accordo sottoscritto tra le parti, il PSIAgreement, che prevedeva un diverso meccanismo di risoluzione delle controversie contrattuali.Il problema che il tribunale si trova ad affrontare è quello di valutare se la previsione del BITprevalesse rispetto all’accordo intercorso tra le parti e, di conseguenza, se il tribunale arbitralepotesse decidere sulla base dell’arbitrato ICSID le « contract claims » oltre che le « BITclaims ». Come rileva il tribunale, « [t]he question is more fundamental: How does the parties’contractually established dispute settlement mechanism relate to a general offer made byPakistan to arbitrate disputes arising under a BIT that entered into force after the PSIAgreement? Does the prior contractual dispute settlement mechanism take priority over theBIT for some or all of the disputes between the parties, or does the BIT take priority over thePSI Agreement’s mechanism for some or all of the disputes between the parties? ». Laconclusione è stata quella di escludere la giurisdizione « with respect to claims submitted bySGS and based on alleged breaches of the PSI Agreement which do not also constitute oramount to breaches of the substantive standards of the BIT ». Il BIT, infatti, considerava lecontroversie in materia di investimenti senza tuttavia prendere in considerazione la basegiuridica (contratto o trattato) della stessa; di conseguenza, si è ritenuto che non vi fosse alcunadisposizione del BIT « that can be read as vesting this Tribunal with jurisdiction over claimsresting ex hypothesi exclusively on contract » e che la disposizione contenuta nell’accordo fosse« a valid forum selection clause so far as concerns the Claimant’s contract claims which do not

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Come si vede, si tratta di tematiche estremamente complicate: quellodell’arbitrato sugli investimenti costituisce un sistema complesso, fondato suuna pluralità di interessi tra loro in equilibrio, tra i quali la giurisprudenzaarbitrale, in un atteggiamento prudenziale, è impegnata in una continuaricerca di bilanciamento.

Tali “equilibrismi”, di cui, seppur brevemente, si è dato conto, finisconoper coinvolgere lo stesso principio cardine, quello della consensualità, che,seppur talvolta possa apparire tangenzialmente leso, non viene però mai postoseriamente in discussione.

also amount to BIT claims, and it is a clause that this Tribunal should respect ». Sul punto, v.,di recente, MAURO, Conflitti di competenza e coordinamento tra fori nel diritto internazionaledegli investimenti: contract claims v. treaty claims, in Dir. comm. internaz., 2016, 725 ss.

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Il nuovo Regolamento di arbitrato della Camera di CommercioInternazionale

Si pubblica qui di seguito il nuovo Regolamento di arbitrato della CCI, invigore dal 1º marzo 2017 (*), di seguito le Appendici: I) Statuto della Corteinternazionale di arbitrato; II) Regolamento interno della Corte internazionaledi arbitrato; III) Spese e onorari dell’arbitrato; IV) Tecniche di gestione delprocedimento; V) Regole dell’arbitro d’urgenza; VI) Regole sulla proceduraaccelerata.

Regolamento di arbitrato della Camera di Commercio Internazionale

DISPOSIZIONI INTRODUTTIVE

Articolo 1Corte Internazionale di Arbitrato

1. La Corte Internazionale di Arbitrato (la “Corte”) della Camera diCommercio Internazionale (la “CCI”) è l’organo arbitrale indipendente dellaCCI. Lo Statuto della Corte è contenuto nell’Appendice I.

2. La Corte non risolve essa stessa le controversie. Essa amministra lasoluzione delle controversie da parte di tribunali arbitrali in conformità delRegolamento di arbitrato della CCI (il “Regolamento”). La Corte è l’unicoorgano autorizzato ad amministrare arbitrati in base al Regolamento, com-presi l’esame e l’approvazione dei lodi resi in conformità con il Regolamento.Essa adotta il proprio regolamento interno, che è contenuto nell’Appendice II(il “Regolamento interno”).

3. Il Presidente della Corte (il “Presidente”), oppure, in sua assenza o susua richiesta, uno dei Vicepresidenti, può adottare decisioni urgenti per contodella Corte, a condizione che la Corte ne sia informata alla prima riunionesuccessiva.

(*) Al nuovo Regolamento è dedicato il saggio di A. CARLERAVIS pubblicato in questofascicolo, nella rubrica Rassegne e commenti.

DOCUMENTI E NOTIZIE

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4. In conformità del Regolamento interno, la Corte può delegare ad unoo più comitati composti da propri membri il potere di assumere determinatedecisioni, a condizione che la Corte ne sia informata alla prima riunionesuccessiva.

5. La Corte è assistita nella sua attività dal Segretariato della Corte (il“Segretariato”) sotto la direzione del suo Segretario Generale (il “SegretarioGenerale”).

Articolo 2Definizioni

Nel Regolamento:(i) “tribunale arbitrale” indica uno o più arbitri;(ii) “attore” indica uno o più attori, “convenuto” indica uno o più

convenuti, e “parte chiamata in arbitrato” indica una o più parti chiamate inarbitrato;

(iii) “parte” o “parti” indica attori, convenuti o parti chiamate inarbitrato;

(iv) “domanda” o “domande” indica ogni domanda di una parte neiconfronti di un’altra;

(v) “lodo” indica, inter alia, un lodo interlocutorio, parziale o finale.

Articolo 3Notificazioni o comunicazioni scritte; termini

1. Tutte le memorie e le altre comunicazioni scritte delle parti, comepure tutti i documenti ad esse allegati, devono essere prodotti in tantiesemplari quante sono le parti, più una per ciascun arbitro e una per ilSegretariato. Una copia di ogni notificazione o comunicazione del tribunalearbitrale alle parti deve essere inviata al Segretariato.

2. Tutte le notificazioni e comunicazioni del Segretariato e del tribunalearbitrale devono essere effettuate all’ultimo indirizzo della parte destinatariao del suo rappresentante, comunicato dalla stessa o dall’altra parte. Talenotificazione o comunicazione può essere effettuata mediante consegna con-tro ricevuta, lettera raccomandata, corriere, email od ogni altro mezzo ditelecomunicazione che fornisca prova dell’avvenuta trasmissione.

3. Una notificazione o comunicazione si considera eseguita alla data incui è stata ricevuta dalla parte destinataria o dal suo rappresentante, o sarebbestata ricevuta se eseguita in conformità con l’articolo 3(2).

4. I termini previsti o disposti in conformità del Regolamento decor-rono dal giorno successivo a quello in cui una notificazione o comunicazionesi considera eseguita ai sensi dell’articolo 3(3). Quando il giorno successivo atale data è un giorno festivo o non lavorativo nello Stato in cui la notificazioneo comunicazione si considera eseguita, il termine decorre dal primo giornolavorativo successivo. Le festività ufficiali e i giorni non lavorativi sono inclusinel computo del termine. Se l’ultimo giorno del termine è una festività

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ufficiale o un giorno non lavorativo nello Stato nel quale la notificazione ocomunicazione si considera eseguita, il termine scade alla fine del primogiorno lavorativo successivo.

INIZIO DELL’ARBITRATO

Articolo 4Domanda di arbitrato

1. Una parte che intenda ricorrere all’arbitrato in base al Regolamentodeve presentare una domanda di arbitrato (la “Domanda”) al Segretariatopresso uno qualsiasi degli uffici indicati nel Regolamento interno. Il Segreta-riato notifica all’attore e al convenuto l’avvenuto ricevimento della Domandae la data di tale ricevimento.

2. La data alla quale la Domanda è ricevuta dal Segretariato è consi-derata a tutti gli effetti la data d’inizio del procedimento arbitrale.

3. La Domanda contiene le seguenti informazioni:a) la denominazione completa, la descrizione, l’indirizzo e gli altri

recapiti di ciascuna delle parti;b) il nome completo, l’indirizzo e gli altri recapiti della persona o delle

persone che rappresentano l’attore nell’arbitrato;c) una descrizione della natura e delle circostanze della controversia

all’origine delle domande e sulla base delle quali le domande sono formulate;d) le conclusioni e l’ammontare delle domande quantificate e, nella

misura del possibile, una stima del valore monetario delle altre domande;e) gli accordi rilevanti, e in particolare la convenzione arbitrale o le

convenzioni arbitrali;f) nel caso in cui le domande siano formulate sulla base di più di una

convenzione arbitrale, l’indicazione della convenzione arbitrale in base allaquale ogni domanda è formulata;

g) ogni precisazione rilevante e ogni osservazione o proposta riguardoal numero degli arbitri e alla loro scelta ai sensi degli articoli 12 e 13, nonchéla designazione di un arbitro ove richiesta da tali disposizioni;

h) ogni precisazione rilevante e ogni osservazione o proposta riguardoalla sede dell’arbitrato, alle regole di diritto applicabili e alla lingua dell’ar-bitrato.

Con la Domanda l’attore può presentare ogni altro documento o infor-mazione che consideri opportuno o che possa contribuire all’efficace risolu-zione della controversia.

4. L’attore:a) trasmette la Domanda nel numero di copie previsto all’articolo 3(1) eb) effettua il pagamento dei diritti di registrazione previsti dall’Appen-

dice III (“Spese e onorari dell’arbitrato”) in vigore alla data in cui laDomanda è presentata.

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Se l’attore non ottempera a tali adempimenti, il Segretariato può fissareun termine entro cui l’attore deve ottemperare. In difetto, il procedimentoviene interrotto, salvo il diritto dell’attore di formulare le medesime domandesuccessivamente con un’altra Domanda.

5. Una volta che dispone del numero sufficiente di copie e che è statoeffettuato il pagamento dell’anticipo sui diritti amministrativi, il Segretariatotrasmette una copia della Domanda e dei documenti ad essa allegati alconvenuto per la risposta alla Domanda.

Articolo 5Risposta alla Domanda; domande riconvenzionali

1. Entro 30 giorni dal ricevimento della Domanda da parte del Segre-tariato, il convenuto trasmette una Risposta (la “Risposta”) contenente leseguenti informazioni:

a) la sua denominazione completa e descrizione, l’indirizzo e gli altrirecapiti;

b) il nome completo, l’indirizzo e gli altri recapiti della persona o dellepersone che rappresentano il convenuto nell’arbitrato;

c) i suoi commenti circa la natura e le circostanze della controversiaall’origine delle domande e sulla base delle quali le domande sono formulate;

d) la sua risposta alle conclusioni dell’attore;e) ogni osservazione o proposta riguardo al numero degli arbitri e alla

loro scelta alla luce delle proposte dell’attore e in base agli articoli 12 e 13,nonché la designazione di un arbitro ove richiesta da tali disposizioni;

f) ogni osservazione o proposta riguardo alla sede dell’arbitrato, alleregole di diritto applicabili e alla lingua dell’arbitrato.

Con la Risposta il convenuto può presentare ogni altro documento oinformazione che consideri opportuno o che possa contribuire all’efficacerisoluzione della controversia.

2. Il Segretariato può accordare al convenuto una proroga del termineper la Risposta, a condizione che la richiesta di proroga contenga osservazionio proposte del convenuto riguardo al numero degli arbitri e alla loro scelta e,ove richiesto dagli articoli 12 e 13, la designazione di un arbitro. In difetto, laCorte procede in conformità con il Regolamento.

3. La Risposta è trasmessa al Segretariato nel numero di copie previstoall’articolo 3(1).

4. Il Segretariato trasmette la Risposta e i documenti ad essa allegati atutte le altre parti.

5. Eventuali domande riconvenzionali del convenuto sono presentatecon la Risposta e contengono:

a) una descrizione della natura e delle circostanze della controversiaall’origine delle domande riconvenzionali e sulla base delle quali sono formu-late le domande riconvenzionali;

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b) le conclusioni e l’ammontare delle domande riconvenzionali quanti-ficate e, nella misura del possibile, una stima del valore monetario delle altredomande riconvenzionali;

c) gli accordi rilevanti, e in particolare la convenzione arbitrale o leconvenzioni arbitrali; e

d) qualora le domande riconvenzionali siano formulate sulla base di piùdi una convenzione arbitrale, l’indicazione della convenzione arbitrale in basealla quale ciascuna domanda riconvenzionale è formulata.

Con le domande riconvenzionali, il convenuto può presentare ogni altrodocumento o informazione che consideri opportuno o che possa contribuireall’efficace risoluzione della controversia.

6. Entro 30 giorni dalla data di ricevimento delle domande riconven-zionali trasmesse dal Segretariato, l’attore trasmette una replica alle domandericonvenzionali. Prima di trasmettere il fascicolo al tribunale arbitrale, ilSegretariato può accordare all’attore una proroga del termine per la trasmis-sione della replica.

Articolo 6Effetti della convenzione arbitrale

1. Quando le parti hanno convenuto di ricorrere all’arbitrato in base alRegolamento, si presume che esse abbiano per ciò stesso fatto riferimento alRegolamento in vigore alla data d’inizio dell’arbitrato, a meno che nonabbiano concordato di fare riferimento al Regolamento in vigore alla data diconclusione della convenzione arbitrale.

2. Accordandosi per l’arbitrato in base al Regolamento, le parti accet-tano che l’arbitrato sia amministrato dalla Corte.

3. Se una delle parti nei cui confronti è stata formulata una pretesa nonpresenta una Risposta, o se una delle parti solleva una o più eccezioni riguardoall’esistenza, alla validità o all’ambito di applicazione della convenzionearbitrale o riguardo alla possibilità che tutte le domande sollevate nell’arbi-trato siano decise in un singolo arbitrato, l’arbitrato procede ed ogni questionerelativa alla giurisdizione o alla possibilità che le domande siano decise inquell’arbitrato è decisa direttamente dal tribunale arbitrale, salvo che ilSegretario Generale rimetta la questione alla Corte affinché questa assumauna decisione ai sensi dell’articolo 6(4).

4. In tutti i casi rimessi alla Corte in base all’articolo 6(3), la Cortedecide se e in che misura l’arbitrato può procedere. L’arbitrato procede se enella misura in cui la Corte constata prima facie la possibilità dell’esistenza diuna convenzione arbitrale che richiama il Regolamento. In particolare:

(i) quando vi sono più di due parti, l’arbitrato procede tra le parti,comprese eventuali parti chiamate in arbitrato ai sensi dell’articolo 7, neiconfronti delle quali la Corte constati prima facie la possibilità dell’esistenza

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di una convenzione arbitrale che richiama il Regolamento e che le vincolatutte; e

(ii) quando sono formulate domande ai sensi dell’articolo 9 sulla basedi più di una convenzione arbitrale, l’arbitrato procede riguardo alle domanderispetto alle quali la Corte constati prima facie che (a) le convenzioni arbitraliin base alle quali tali domande sono formulate potrebbero essere compatibili,e (b) tutte le parti all’arbitrato potrebbero aver convenuto che tali domandepossono essere decise in un singolo arbitrato.

La decisione della Corte ai sensi dell’articolo 6(4) non pregiudica l’am-missibilità o il merito dell’eccezione o delle eccezioni delle parti.

5. Con riferimento a tutte le questioni decise dalla Corte ai sensidell’articolo 6(4), ad eccezione di quelle che riguardano parti o domanderispetto alle quali la Corte decide che l’arbitrato non può procedere, ladecisione circa la competenza del tribunale arbitrale spetta allo stesso tribu-nale arbitrale.

6. Una volta notificata alle parti, la decisione della Corte ai sensidell’articolo 6(4), secondo cui l’arbitrato non può procedere rispetto a tutte oad alcune delle parti, non pregiudica il diritto delle parti di rivolgersi aqualsiasi giudice competente per chiedere se, e rispetto a quali tra esse, esistauna convenzione arbitrale vincolante.

7. Quando la Corte decide ai sensi dell’articolo 6(4) che l’arbitrato nonpuò procedere rispetto ad alcuna delle domande, tale decisione non impediscead una parte di ripresentare la medesima domanda successivamente in unaltro procedimento.

8. Se una parte rifiuta o si astiene dal partecipare all’arbitrato o aqualsiasi fase dello stesso, l’arbitrato procede nonostante tale rifiuto o asten-sione.

9. Salvo diverso accordo, la competenza del tribunale arbitrale nonviene meno per effetto di eccezioni di inesistenza o invalidità del contratto,purché la validità della convenzione arbitrale venga accertata dal tribunalearbitrale. Il tribunale arbitrale è competente a pronunciarsi sui diritti delleparti e a decidere delle loro domande ed eccezioni anche in caso di inesistenzao invalidità del contratto.

PLURALITÀ DI PARTI, PLURALITÀ DI CONTRATTIE RIUNIONE

Articolo 7Chiamata in arbitrato di altre parti

1. Una parte che intenda chiamare in arbitrato un’altra parte presentaal Segretariato la propria domanda di arbitrato nei confronti di tale altra parte(la “Chiamata in arbitrato”). La data alla quale la Chiamata in arbitrato èricevuta dal Segretariato è considerata, a tutti gli effetti, la data d’iniziodell’arbitrato nei confronti della parte chiamata in arbitrato. La Chiamata in

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arbitrato è soggetta alle disposizioni degli articoli 6(3)–6(7) e 9. Dopo laconferma o la nomina di un arbitro, non è più possibile la Chiamata inarbitrato di altre parti, salvo diverso accordo di tutte le parti, compresa quellachiamata in arbitrato. Il Segretariato può accordare un termine per la presen-tazione di una Chiamata in arbitrato.

2. La Chiamata in arbitrato contiene le seguenti informazioni:a) il numero di riferimento dell’arbitrato pendente;b) la denominazione completa, la descrizione, l’indirizzo e gli altri reca-

piti di ciascuna delle parti, compresa la parte chiamata in arbitrato; ec) le informazioni indicate all’articolo 4(3), lettere c), d), e) ed f).La parte che formula la Chiamata in arbitrato può produrre con essa i

documenti e le informazioni che consideri opportuni o che possano contri-buire all’efficace risoluzione della controversia.

3. Le disposizioni degli articoli 4(4) e 4(5) sono applicabili, mutatismutandis, alla Chiamata in arbitrato.

4. La parte chiamata in arbitrato trasmette una Risposta ai sensi,mutatis mutandis, degli articoli 5(1)–5(4). La parte chiamata in arbitrato puòformulare domande nei confronti di ogni altra parte ai sensi dell’articolo 8.

Articolo 8Domande tra parti plurime

1. In un arbitrato con pluralità di parti, le domande possono essereproposte da ogni parte nei confronti di ogni altra parte in conformità degliarticoli 6(3)–6(7) e 9 e a condizione che non vengano formulate domandenuove dopo la sottoscrizione dell’atto di missione o la sua approvazione daparte della Corte senza l’autorizzazione del tribunale arbitrale ai sensi del-l’articolo 23(4).

2. Ogni parte che formula una domanda ai sensi dell’articolo 8(1)fornisce le informazioni indicate all’articolo 4(3), lettere c), d), e) ed f).

3. Prima che il Segretariato trasmetta il fascicolo al tribunale arbitrale aisensi dell’articolo 16, ad ogni domanda formulata si applicano, mutatis mu-tandis, le disposizioni degli articoli 4(4), lettera a), 4(5), 5(1), ad eccezionedelle lettere a), b), e) ed f), 5(2), 5(3) e 5(4). Successivamente alla trasmissionedel fascicolo al tribunale arbitrale, quest’ultimo determina la procedura per laformulazione delle domande.

Articolo 9Pluralità di contratti

Le domande derivanti da, o relative a, contratti diversi possono essereformulate in un unico arbitrato secondo le disposizioni degli articoli 6(3)–6(7)e 23(4), anche se formulate in base a una o più convenzioni arbitrali cherichiamino il Regolamento.

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Articolo 10Riunione di arbitrati

Su istanza di parte la Corte può riunire in un unico arbitrato due o piùarbitrati pendenti ai sensi del Regolamento se:

a) le parti hanno acconsentito alla riunione; ob) tutte le domande formulate negli arbitrati si basano sulla medesima

convenzione arbitrale; oc) nel caso in cui le domande formulate negli arbitrati si basino su più

di una convenzione arbitrale, gli arbitrati siano tra le stesse parti, le contro-versie dedotte in arbitrato riguardino lo stesso rapporto giuridico e la Corteconsideri le convenzioni arbitrali compatibili.

Nel decidere sulla riunione, la Corte può tener conto di ogni circostanzache consideri rilevante, compreso il fatto che uno o più arbitri siano staticonfermati o nominati in più di un arbitrato e, in caso affermativo, se gli stessio altri arbitri siano stati confermati o nominati.

In caso di riunione, gli arbitrati sono riuniti nell’arbitrato iniziato perprimo, salvo diverso accordo delle parti.

IL TRIBUNALE ARBITRALE

Articolo 11Disposizioni generali

1. Ciascun arbitro deve essere e rimanere imparziale e indipendentedalle parti coinvolte nell’arbitrato.

2. Prima della sua nomina o conferma, l’arbitro proposto sottoscriveuna dichiarazione di accettazione, disponibilità, imparzialità e indipendenza.Egli comunica per iscritto al Segretariato i fatti o le circostanze che potreb-bero mettere in dubbio la sua indipendenza agli occhi delle parti e ognicircostanza che potrebbe ingenerare ragionevoli dubbi in merito alla suaimparzialità. Il Segretariato comunica per iscritto tali informazioni alle parti eaccorda loro un termine per eventuali commenti.

3. L’arbitro comunica immediatamente per iscritto al Segretariato e alleparti ogni fatto o circostanza di natura analoga a quelle menzionate all’arti-colo 11(2) che si verifichi nel corso dell’arbitrato e che riguardi la suaimparzialità o indipendenza.

4. Le decisioni della Corte in merito alla nomina, conferma, ricusazionee sostituzione di un arbitro sono definitive.

5. Accettando la nomina, gli arbitri si impegnano a svolgere le propriefunzioni nel rispetto del Regolamento.

6. Salvo diverso accordo delle parti, il tribunale arbitrale viene costi-tuito ai sensi degli articoli 12 e 13.

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Articolo 12Costituzione del tribunale arbitrale

Numero degli arbitri1. Le controversie sono risolte da un arbitro unico o da tre arbitri.2. In assenza di accordo delle parti sul numero di arbitri, la Corte

nomina un arbitro unico, salvo che non consideri la controversia tale darichiedere la nomina di tre arbitri. In questo caso, l’attore designa un arbitroentro 15 giorni dal ricevimento della notificazione della decisione della Cortee il convenuto designa un arbitro entro 15 giorni dal ricevimento dellanotificazione della designazione dell’attore. Se una parte non provvede alladesignazione di un arbitro, la nomina è effettuata dalla Corte.

Arbitro unico3. Quando le parti hanno convenuto che la controversia sia risolta da un

arbitro unico, esse possono designarlo di comune accordo, salva confermadella Corte. In assenza di designazione dell’arbitro unico ad opera delle partientro 30 giorni dalla data in cui la Domanda è stata ricevuta dall’altra parte,o entro l’eventuale ulteriore termine accordato dal Segretariato, l’arbitrounico è nominato dalla Corte.

Tre arbitri4. Quando le parti hanno convenuto che la controversia sia risolta da tre

arbitri, ciascuna parte designa, rispettivamente nella Domanda e nella Rispo-sta, un arbitro, salva conferma della Corte. Se una parte non provvede alladesignazione di un arbitro, la nomina è effettuata dalla Corte.

5. Quando la soluzione della controversia viene deferita a tre arbitri, ilterzo, che assume la presidenza del tribunale arbitrale, è nominato dallaCorte, salvo che le parti abbiano convenuto una diversa procedura di nomina,nel qual caso la designazione è soggetta a conferma ai sensi dell’articolo 13. Setale procedura non conduce alla designazione entro 30 giorni dalla confermao dalla nomina dei co-arbitri, o entro l’eventuale diverso termine convenutodalle parti o stabilito dalla Corte, il terzo arbitro è nominato dalla Corte.

6. In presenza di più attori o di più convenuti, e quando la soluzionedella controversia viene deferita a tre arbitri, gli attori congiuntamente, e iconvenuti congiuntamente, designano un arbitro, salva conferma ai sensidell’articolo 13.

7. Se una parte è stata chiamata in arbitrato, e quando la soluzione dellacontroversia viene deferita a tre arbitri, la parte chiamata in arbitrato puòdesignare un arbitro congiuntamente con l’attore (o gli attori), o con ilconvenuto (o i convenuti), salva conferma ai sensi dell’articolo 13.

8. In assenza di designazione congiunta ai sensi degli articoli 12(6) o12(7), e quando tutte le parti non si accordino sulle modalità di costituzionedel tribunale arbitrale, la Corte può nominare tutti i membri del tribunalearbitrale e sceglie uno di essi quale presidente. In tal caso, la Corte è libera di

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scegliere qualsiasi persona essa reputi idonea a svolgere le funzioni di arbitro,applicando l’articolo 13 qualora lo ritenga opportuno.

Articolo 13Nomina e conferma degli arbitri

1. Nel confermare o nominare gli arbitri, la Corte tiene conto della loronazionalità e residenza e degli altri rapporti con gli Stati di cui le parti o glialtri arbitri hanno la nazionalità, nonché della disponibilità e della capacitàdegli arbitri di condurre un arbitrato conformemente al Regolamento. Lostesso si applica quando il Segretario Generale conferma gli arbitri ai sensidell’articolo 13(2).

2. Il Segretario Generale può confermare co-arbitri, arbitri unici epresidenti dei tribunali arbitrali designati dalle parti o in base a loro particolariaccordi, a condizione che la dichiarazione da essi trasmessa non contengariserve in merito all’imparzialità e all’indipendenza, o che una dichiarazioned’imparzialità e indipendenza con riserve non abbia dato luogo a contesta-zioni. La conferma viene comunicata alla Corte alla prima riunione successiva.Se il Segretario Generale ritiene che un co-arbitro, un arbitro unico o ilpresidente di un tribunale arbitrale non debba essere confermato, la questioneè rimessa alla Corte.

3. Quando la nomina di un arbitro spetta alla Corte, essa vi procede suproposta del Comitato nazionale o Gruppo della CCI che ritiene appropriato.Se la Corte non accetta la proposta ricevuta, o se il Comitato nazionale oGruppo non formula la proposta nel termine assegnato dalla Corte, questapuò reiterare la richiesta, chiedere una proposta ad un altro Comitato nazio-nale o Gruppo che ritiene appropriato, ovvero nominare direttamente chiun-que reputi idoneo.

4. La Corte può anche nominare direttamente come arbitro chiunquereputi idoneo se:

a) una o più delle parti è uno Stato o può essere considerata un’entitàstatale;

b) la Corte ritiene opportuno nominare un arbitro di uno Stato oterritorio in cui non vi sia un Comitato nazionale o Gruppo; o

c) il Presidente attesta alla Corte la presenza di circostanze che, a suoparere, rendono necessaria ed opportuna una nomina diretta.

5. L’arbitro unico o il presidente del tribunale arbitrale deve averenazionalità diversa da quella delle parti. Tuttavia, se le circostanze lo consi-gliano ed in assenza di eccezioni delle parti nel termine assegnato dalla Corte,l’arbitro unico o il presidente del tribunale arbitrale può avere la medesimanazionalità di una delle parti.

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Articolo 14Ricusazione degli arbitri

1. La ricusazione di un arbitro per difetto d’imparzialità o d’indipen-denza o per altri motivi si propone inviando al Segretariato un’istanza scritta,in cui siano specificati i fatti e le circostanze su cui si fonda la ricusazione.

2. La domanda deve essere inoltrata, a pena di decadenza, entro 30giorni dalla data di ricevimento dalla parte ricusante della notificazione dellanomina o della conferma dell’arbitro, ovvero entro 30 giorni dalla data in cuila parte è venuta a conoscenza dei fatti e delle circostanze su cui si fonda laricusazione, se tale data è successiva a quella del ricevimento di tale notifica-zione.

3. La Corte decide dell’ammissibilità e contestualmente, se del caso, delmerito della ricusazione dopo che il Segretariato ha consentito all’arbitrointeressato, all’altra parte o parti, e ad ogni altro membro del tribunalearbitrale di presentare osservazioni scritte entro un congruo termine. Taliosservazioni vengono comunicate alle parti e agli arbitri.

Articolo 15Sostituzione degli arbitri

1. La sostituzione di un arbitro ha luogo in caso di morte, ovvero didimissioni, ricusazione o richiesta di tutte le parti accolte dalla Corte.

2. La sostituzione di un arbitro ha altresì luogo su iniziativa della Cortequando essa accerta che egli è impedito de jure o de facto dallo svolgere lefunzioni, ovvero non svolga le funzioni in conformità del Regolamento o entroi termini previsti.

3. Quando, sulla base delle informazioni pervenute alla sua attenzione,la Corte ritenga opportuno applicare l’articolo 15(2), essa assume una deci-sione dopo che l’arbitro interessato, le parti e gli eventuali altri arbitri hannoavuto l’opportunità di presentare le proprie osservazioni scritte entro uncongruo termine. Tali osservazioni vengono comunicate alle parti e agliarbitri.

4. Quando si debba procedere alla sostituzione di un arbitro, la Cortepuò decidere se seguire la procedura di designazione originaria. Una voltaricostituito, il tribunale arbitrale decide, sentite le parti, se, e in che misura, iprecedenti atti del procedimento debbano essere ripetuti davanti al tribunalearbitrale ricostituito.

5. In caso di morte o cessazione di un arbitro dalle funzioni ai sensi degliarticoli 15(1) o 15(2) successivamente alla chiusura del procedimento, invecedi sostituire l’arbitro, la Corte può decidere, se lo ritiene opportuno, che irimanenti arbitri proseguano l’arbitrato. Nell’assumere questa decisione, laCorte considera il parere degli altri arbitri e delle parti e ogni elemento cheritenga rilevante.

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IL PROCEDIMENTO ARBITRALE

Articolo 16Trasmissione del fascicolo al tribunale arbitrale

Il Segretariato trasmette il fascicolo al tribunale arbitrale non appenaquest’ultimo è stato costituito, a condizione che gli anticipi sui costi richiestia questo stadio siano stati versati.

Articolo 17Prova dei poteri di rappresentanza

In ogni momento successivo all’inizio dell’arbitrato, il tribunale arbitraleo il Segretariato possono chiedere ai rappresentanti delle parti prova dei loropoteri di rappresentanza.

Articolo 18La sede dell’arbitrato

1. La sede dell’arbitrato è stabilita dalla Corte, salvo accordo delle partial riguardo.

2. Il tribunale arbitrale può, sentite le parti e salvo loro diverso accordo,tenere udienze e incontri in qualunque luogo ritenga opportuno.

3. Il tribunale arbitrale può deliberare in ogni luogo ritenga opportuno.

Articolo 19Regole applicabili al procedimento

Il procedimento davanti al tribunale arbitrale è disciplinato dal Regola-mento e, nel silenzio dello stesso, dalle regole che le parti o, in difetto, iltribunale arbitrale, abbiano designato, riferendosi o meno alle regole diprocedura di una legge nazionale applicabile all’arbitrato.

Articolo 20Lingua dell’arbitrato

In assenza di accordo delle parti, il tribunale arbitrale stabilisce la linguao le lingue dell’arbitrato, tenendo conto di ogni circostanza rilevante, com-presa la lingua del contratto.

Articolo 21Regole di diritto applicabili

1. Le parti sono libere di pattuire le regole di diritto che il tribunalearbitrale deve applicare al merito della controversia. In assenza di accordo, iltribunale arbitrale applica le regole di diritto che ritiene appropriate.

2. Il tribunale arbitrale tiene conto delle eventuali disposizioni contrat-tuali convenute dalle parti e degli eventuali usi del commercio pertinenti.

3. Il tribunale arbitrale si pronuncia quale amichevole compositore o

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decide ex aequo et bono solo se le parti hanno convenuto di conferirgli talipoteri.

Articolo 22Svolgimento dell’arbitrato

1. Il tribunale arbitrale e le parti si adoperano affinché l’arbitrato siacondotto in maniera sollecita ed economicamente efficiente, tenuto contodella complessità e del valore della controversia.

2. Per assicurare un’efficiente gestione del procedimento, sentite leparti, il tribunale arbitrale può adottare le misure procedurali che ritieneopportune, purché non in contrasto con quanto convenuto dalle parti.

3. Il tribunale arbitrale può, su istanza di parte, pronunciare ordinanzerelative alla riservatezza del procedimento arbitrale o di ogni altro aspettoattinente all’arbitrato, e può adottare misure destinate alla protezione deisegreti commerciali e delle informazioni riservate.

4. In ogni caso, il tribunale arbitrale svolge le proprie funzioni in modoequo e imparziale e garantisce ad ogni parte una ragionevole opportunità diessere sentita.

5. Le parti si impegnano ad ottemperare alle ordinanze del tribunalearbitrale.

Articolo 23Atto di missione

1. Non appena ricevuto il fascicolo dal Segretariato, il tribunale arbi-trale redige, sulla base dei documenti o in presenza delle parti, e tenuto contodelle più recenti comunicazioni delle stesse, un documento che precisa itermini del proprio mandato. Questo documento contiene:

a) la denominazione completa, la descrizione, l’indirizzo e gli altrirecapiti di ciascuna parte e di ogni persona che rappresenta una partenell’arbitrato;

b) gli indirizzi ai quali possono essere effettuate le notificazioni ocomunicazioni nel corso dell’arbitrato;

c) un’esposizione sommaria delle domande rispettive delle parti edelle conclusioni di ciascuna parte, con l’indicazione dell’ammontare delledomande quantificate e, per quanto possibile, una stima del valore monetariodelle altre domande;

d) a meno che il tribunale arbitrale non lo consideri inopportuno,l’indicazione delle questioni controverse da risolvere;

e) il nome completo, l’indirizzo e gli altri recapiti di ciascuno degliarbitri;

f) la sede dell’arbitrato;g) indicazioni relative alle regole applicabili alla procedura e, ove del

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caso, il riferimento ai poteri conferiti al tribunale arbitrale di agire comeamichevole compositore o di decidere ex aequo et bono.

2. L’atto di missione è sottoscritto dalle parti e dal tribunale arbitrale.Entro 30 giorni dalla data in cui ha ricevuto il fascicolo, il tribunale arbitraletrasmette alla Corte l’atto di missione firmato da esso e dalle parti. La Cortepuò prorogare tale termine su richiesta motivata del tribunale arbitrale o, selo ritiene necessario, d’ufficio.

3. Se una delle parti rifiuta di partecipare alla redazione dell’atto dimissione o di firmarlo, esso viene presentato alla Corte per l’approvazione.Quando l’atto di missione è firmato ai sensi dell’articolo 23(2) o approvatodalla Corte, l’arbitrato prosegue.

4. Successivamente alla firma o all’approvazione dell’atto di missioneda parte della Corte, le parti non possono formulare nuove domande cheeccedano i limiti dell’atto di missione, salvo che siano a ciò autorizzate daltribunale arbitrale, il quale tiene conto della natura di tali nuove domande,dello stadio del procedimento e delle altre circostanze rilevanti.

Articolo 24Riunione di gestione del procedimento e calendario del procedimento

1. Quando redige l’atto di missione, o appena possibile successiva-mente, il tribunale arbitrale convoca una riunione di gestione del procedi-mento per consultare le parti sulle misure procedurali che possono essereadottate ai sensi dell’articolo 22(2). Tali misure possono comprendere una opiù tecniche di gestione del procedimento descritte nell’Appendice IV.

2. Durante tale riunione o a seguito di essa, il tribunale arbitrale adottail calendario del procedimento che intende seguire per lo svolgimento dell’ar-bitrato. Il calendario del procedimento e ogni sua modifica vengono comuni-cati alla Corte e alle parti.

3. Per assicurare la perdurante efficienza della gestione del procedi-mento, il tribunale arbitrale, sentite le parti in un’ulteriore riunione digestione dell’arbitrato o in altro modo, può adottare ulteriori misure proce-durali o modificare il calendario del procedimento.

4. Le riunioni di gestione del procedimento possono tenersi di persona,per videoconferenza, telefono o analoghi mezzi di comunicazione. In assenzadi accordo tra le parti, il tribunale arbitrale decide le modalità di svolgimentodella riunione. Il tribunale arbitrale può chiedere alle parti di presentareproposte per la gestione del procedimento prima di tale riunione e di parte-cipare ad ogni riunione di gestione del procedimento di persona o tramite unrappresentante interno.

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Articolo 25Istruzione della causa

1. Il tribunale arbitrale istruisce la causa nei termini più brevi con tuttii mezzi appropriati.

2. Dopo l’esame delle memorie scritte delle parti e di tutti i documentisu cui esse fanno affidamento, il tribunale arbitrale sente le parti personal-mente in contraddittorio se richiesto da una di esse, e, in difetto, può decidered’ufficio di sentirle.

3. Il tribunale arbitrale può decidere di sentire testimoni, esperti nomi-nati dalle parti od ogni altra persona, in presenza delle parti o in loro assenza,a condizione che esse siano state debitamente convocate.

4. Il tribunale arbitrale, sentite le parti, può nominare uno o più esperti,definirne il mandato e riceverne i rapporti. Su richiesta di una parte, inudienza le parti possono porre domande all’esperto nominato dal tribunalearbitrale.

5. In ogni momento durante il procedimento, il tribunale arbitrale puòchiedere alle parti di fornire prove ulteriori.

6. Il tribunale arbitrale può statuire in base ai soli documenti prodottidalle parti, salvo che una di esse richieda un’udienza.

Articolo 26Udienze

1. Quando deve tenersi un’udienza, il tribunale arbitrale convoca leparti con congruo preavviso a comparire nel giorno e luogo fissati.

2. Se una delle parti non si presenta senza valida giustificazione benchéregolarmente convocata, il tribunale arbitrale può decidere che l’udienza sitenga.

3. Il tribunale arbitrale disciplina lo svolgimento delle udienze, allequali le parti hanno diritto di essere presenti. Salvo consenso del tribunalearbitrale e delle parti, non sono ammesse alle udienze persone estranee alprocedimento.

4. Le parti possono comparire di persona o a mezzo di rappresentantiautorizzati. Inoltre, esse possono farsi assistere da consulenti.

Articolo 27Chiusura del procedimento e termini di deposito del progetto di lodo

Appena possibile successivamente all’ultimo tra l’udienza relativa allequestioni che devono essere decise con un lodo e il deposito delle ultimememorie autorizzate su tali questioni, il tribunale arbitrale:

a) dichiara chiuso il procedimento riguardo alle questioni da deciderecon il lodo; e

b) informa il Segretariato e le parti della data entro la quale prevede

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di depositare il progetto di lodo per l’esame della Corte ai sensi dell’articolo34.

Dopo la chiusura del procedimento non sono ammesse nuove memorie odichiarazioni, né possono essere prodotte nuove prove relative alle questionida decidere con il lodo, salva richiesta o autorizzazione del tribunale arbitrale.

Articolo 28Misure cautelari e provvisorie

1. Salvo diverso accordo tra le parti, non appena ricevuto il fascicolo, iltribunale arbitrale può, su istanza di parte, adottare ogni misura provvisoria ocautelare che ritenga opportuna. Il tribunale arbitrale può subordinare l’ado-zione di tali misure alla prestazione di un’idonea garanzia ad opera della parteistante. Tali misure sono adottate con ordinanza motivata, oppure con lodo,come il tribunale arbitrale ritiene opportuno.

2. Prima della trasmissione del fascicolo al tribunale arbitrale, e incircostanze appropriate anche successivamente, le parti possono chiedereall’autorità giudiziaria misure provvisorie e cautelari. La richiesta di talimisure a un’autorità giudiziaria o l’istanza d’esecuzione delle misure dispostedal tribunale arbitrale non è considerata violazione o rinuncia alla conven-zione arbitrale e non pregiudica i poteri del tribunale arbitrale al riguardo.Tali richieste e i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria devono esserenotificati senza indugio al Segretariato. Quest’ultimo ne informa il tribunalearbitrale.

Articolo 29L’arbitro d’urgenza

1. Una parte che necessiti misure cautelari o provvisorie che nonpossono essere differite fino alla costituzione di un tribunale arbitrale (“Mi-sure d’urgenza”) può chiedere tali misure in base alle Regole dell’arbitrod’urgenza di cui all’Appendice V. Tale istanza è ammessa solo se ricevuta dalSegretariato prima della trasmissione del fascicolo al tribunale arbitrale aisensi dell’articolo 16, anche se la parte istante ha già depositato la domandadi arbitrato.

2. La decisione dell’arbitro d’urgenza è resa in forma di ordinanza. Leparti si impegnano ad ottemperare alle ordinanze dell’arbitro d’urgenza.

3. L’ordinanza dell’arbitro d’urgenza non vincola il tribunale arbitraleriguardo ad ogni questione o controversia in essa decisa. Il tribunale arbitralepuò modificare, revocare o annullare l’ordinanza e ogni sua successiva modi-fica da parte dall’arbitro d’urgenza.

4. Il tribunale arbitrale decide su ogni richiesta o domanda delle partirelativa al procedimento davanti all’arbitro d’urgenza, compresa la riparti-zione dei costi di tale procedimento e ogni domanda derivante dall’ottempe-ranza o mancata ottemperanza all’ordinanza o in relazione ad essa.

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5. Gli articoli 29(1)–29(4) e le Regole dell’arbitro d’urgenza di cuiall’Appendice V (in prosieguo, cumulativamente definite le “Disposizionisull’arbitro d’urgenza”) sono applicabili solo nei confronti delle parti cheabbiano sottoscritto una convenzione arbitrale che fa riferimento al Regola-mento su cui si basa l’istanza o ai loro successori.

6. Le Disposizioni sull’arbitro d’urgenza non sono applicabili se:a) la convenzione arbitrale che fa riferimento al Regolamento è stata

conclusa prima del 1° gennaio 2012;b) le parti hanno convenuto di escludere le Disposizioni sull’arbitro

d’urgenza; oc) le parti hanno convenuto l’applicazione di un altro procedimento

pre-arbitrale che prevede la concessione di misure provvisorie, cautelari osimili.

7. Le Disposizioni sull’arbitro d’urgenza non sono considerate tali daimpedire a una parte di chiedere misure urgenti provvisorie o cautelari aun’autorità giudiziaria competente in ogni momento precedente un’istanza ditali misure, e in circostanze appropriate anche successivamente, in conformitàdel Regolamento. Un’istanza di tali misure a un’autorità giudiziaria compe-tente non è considerata violazione o rinuncia alla convenzione arbitrale. Taliistanze e i provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria devono esserenotificati senza indugio al Segretariato.

Articolo 30Procedura accelerata

1. Accordandosi per l’arbitrato in base al Regolamento, le parti con-cordano che il presente articolo 30 e le Regole sulla procedura acceleratacontenute nell’Appendice VI (in prosieguo, cumulativamente definite le “Di-sposizioni sulla procedura accelerata”) prevalgono su qualsiasi disposizionecontraria contenuta nella convenzione arbitrale.

2. Le Regole sulla procedura accelerata contenute nell’Appendice VI siapplicano quando:

a) il valore della controversia non eccede l’ammontare previsto all’ar-ticolo 1(2) dell’Appendice VI alla data della comunicazione indicata all’arti-colo 1(3) della medesima Appendice; o

b) le parti così concordano.3. Le Disposizioni sulla procedura accelerata non si applicano quando:

a) la convenzione arbitrale che fa riferimento al Regolamento è stataconclusa prima della data di entrata in vigore delle Disposizioni sulla proce-dura accelerata;

b) le parti hanno convenuto di escludere l’applicazione delle Disposi-zioni sulla procedura accelerata; o

c) la Corte, su istanza di parte prima della costituzione del tribunale

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arbitrale o di sua iniziativa, ritiene inappropriata l’applicazione delle Dispo-sizioni sulla procedura accelerata nel caso di specie.

LODI

Articolo 31Termine per emettere il lodo finale

1. Il termine per la pronuncia del lodo finale da parte del tribunalearbitrale è di sei mesi. Tale termine decorre dalla data dell’ultima sottoscri-zione del tribunale arbitrale o delle parti dell’atto di missione o, in caso diapplicazione dell’articolo 23(3), dalla data di notificazione da parte del Segre-tariato al tribunale arbitrale dell’approvazione dell’atto di missione da partedella Corte. La Corte può accordare un diverso termine sulla base delcalendario del procedimento di cui all’articolo 24(2).

2. La Corte può prorogare il termine su richiesta motivata del tribunalearbitrale o, se lo ritiene necessario, d’ufficio.

Articolo 32Pronuncia del lodo

1. In caso di pluralità di arbitri, il lodo è deliberato a maggioranza.Qualora non si formi una maggioranza, il presidente del tribunale arbitraledecide da solo.

2. Il lodo deve essere motivato.3. Il lodo si considera pronunciato alla sede dell’arbitrato alla data in

esso indicata.

Articolo 33Lodo su accordo delle parti

Se le parti raggiungono un componimento della lite dopo che il fascicoloè stato trasmesso al tribunale arbitrale ai sensi dell’articolo 16, su richiestadelle parti, il tribunale arbitrale, se vi acconsente, ne prende atto a mezzo diun lodo fondato su tale accordo.

Articolo 34Esame del lodo da parte della Corte

Prima di sottoscrivere il lodo, il tribunale arbitrale deve sottoporne il pro-getto alla Corte. Questa può prescrivere modifiche di forma e, salva la libertàdi decisione del tribunale arbitrale, può richiamare la sua attenzione su questioniinerenti al merito della controversia. Il lodo non può essere emesso dal tribunalearbitrale senza essere stato approvato, quanto alla forma, dalla Corte.

Articolo 35Notifica, deposito ed esecutività del lodo

1. Una volta pronunciato, il lodo è notificato alle parti dal Segretariato

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nel testo sottoscritto dal tribunale arbitrale, a condizione che i costi dell’ar-bitrato siano stati interamente versati alla CCI dalle parti o da una di esse.

2. Copie supplementari certificate come autentiche dal Segretario Ge-nerale sono rilasciate, in qualsiasi momento, esclusivamente alle parti che nefanno richiesta.

3. A fronte della notificazione effettuata ai sensi dell’articolo 35(1), leparti rinunciano ad ogni altra forma di notificazione o deposito da parte deltribunale arbitrale.

4. Un originale di ogni lodo pronunciato ai sensi del presente Regola-mento è depositato presso il Segretariato.

5. Il tribunale arbitrale e il Segretariato prestano la loro collaborazionealle parti per l’adempimento di ogni altra necessaria formalità.

6. Il lodo è vincolante per le parti. La sottoposizione della controversiaal Regolamento comporta per le parti l’impegno a dare prontamente esecu-zione al lodo e la presunzione che esse abbiano rinunciato a tutti i mezzi diimpugnazione cui possono validamente rinunciare.

Articolo 36Correzione ed interpretazione del lodo; rinvio del lodo

1. Il tribunale arbitrale può correggere d’ufficio gli errori materiali, dicalcolo o tipografici, e ogni altro errore di natura analoga contenuto nel lodo,a condizione che tale correzione sia sottoposta per approvazione alla Corteentro 30 giorni dalla data del lodo.

2. Ogni richiesta di una parte di correzione di un errore del tipo indicatoall’articolo 36(1) o di interpretazione del lodo deve essere presentata nelnumero di copie previsto all’articolo 3(1) al Segretariato entro 30 giorni dalricevimento del lodo dalla parte istante. Dopo la trasmissione della richiestaal tribunale arbitrale, questo accorda all’altra parte un termine breve, dinorma non superiore a 30 giorni, che decorre dal ricevimento di tale richiestadall’altra parte, per presentare commenti. Il tribunale arbitrale sottopone ladecisione sulla richiesta alla Corte in forma di progetto non oltre 30 giornidalla scadenza del termine per il ricevimento dei commenti dall’altra parte oentro il diverso termine eventualmente deciso dalla Corte.

3. La decisione di correzione o di interpretazione del lodo ha la formadi un addendum e costituisce parte integrante del lodo. Si applicano, mutatismutandis, le disposizioni degli articoli 32, 34 e 35.

4. Nel caso in cui un’autorità giudiziaria rinvii un lodo al tribunalearbitrale, le disposizioni degli articoli 32, 34, 35 e del presente articolo 36 siapplicano, mutatis mutandis, ad ogni addendum o lodo pronunciato a seguitodi tale rinvio. La Corte può adottare tutte le misure necessarie a consentire altribunale arbitrale di ottemperare ai termini del rinvio, e può determinare unanticipo a copertura degli onorari e spese supplementari del tribunale arbi-trale e dei diritti amministrativi supplementari della CCI.

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SPESE

Articolo 37Anticipo a copertura delle spese dell’arbitrato

1. Dopo il ricevimento della Domanda, il Segretario Generale puòchiedere all’attore di versare un anticipo provvisorio tale da coprire le spesedell’arbitrato

a) fino alla redazione dell’atto di missione; ob) quando si applicano le Disposizioni sulla procedura accelerata, fino

alla riunione di gestione del procedimento.Ogni anticipo provvisorio versato è considerato come pagamento parziale

da parte dell’attore di ogni anticipo sulle spese fissato dalla Corte ai sensi delpresente articolo 37.

2. Appena possibile, la Corte determina l’anticipo sulle spese in unimporto prevedibilmente sufficiente a coprire gli onorari e le spese degliarbitri e i diritti amministrativi della CCI relativi alle domande delle parti,salvo che siano state formulate domande ai sensi dell’articolo 7 o dell’articolo8, nel qual caso si applica l’articolo 37(4). L’anticipo sulle spese determinatodalla Corte ai sensi del presente articolo 37(2) è versato in parti egualidall’attore e dal convenuto.

3. Qualora il convenuto abbia formulato domande riconvenzionali aisensi dell’articolo 5 o in altro modo, la Corte può determinare anticipi separatisulle spese per le domande principali e per le domande riconvenzionali.Quando la Corte ha determinato anticipi separati, ciascuna parte è tenuta aversare l’anticipo relativo alle proprie domande.

4. Qualora siano formulate domande ai sensi dell’articolo 7 o 8, la Cortedetermina uno o più anticipi sulle spese che devono essere versati dalle partisecondo quanto da essa deciso. Quando la Corte abbia precedentementedeterminato un anticipo sulle spese ai sensi del presente articolo 37, taleanticipo viene sostituito dall’anticipo o dagli anticipi determinati ai sensi delpresente articolo 37(4), e l’ammontare di ogni anticipo precedentementeversato da qualsiasi parte è considerato come pagamento parziale della quotadi sua spettanza dell’anticipo o degli anticipi per le spese, come determinatoo determinati dalla Corte ai sensi del presente articolo 37(4).

5. L’ammontare di ogni anticipo sulle spese determinato dalla Corte aisensi del presente articolo 37 può essere ricalcolato in ogni momento nel corsodell’arbitrato. In ogni caso, ciascuna parte può effettuare il versamento dellaquota di anticipo sulle spese di un’altra parte, qualora questa non provveda aversare la quota di sua spettanza.

6. In caso di mancata corresponsione degli anticipi richiesti, il Segreta-rio Generale, sentito il tribunale arbitrale, può invitarlo a sospendere lapropria attività e può fissare un termine non inferiore a 15 giorni, decorsoinutilmente il quale le relative domande sono considerate ritirate. Se una parte

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intende opporsi a tale misura, deve presentare una richiesta entro il terminesuindicato affinché la questione sia decisa dalla Corte. La parte la cui do-manda è considerata ritirata può ripresentare la medesima domanda succes-sivamente in un altro procedimento.

7. Se una parte solleva un’eccezione di compensazione con riferimentoa qualsiasi domanda, tale eccezione viene considerata come una domandaseparata ai fini della determinazione dell’anticipo a copertura delle spesedell’arbitrato qualora essa richieda la valutazione di questioni ulteriori daparte del tribunale arbitrale.

Articolo 38Decisione sulle spese dell’arbitrato

1. Le spese dell’arbitrato comprendono gli onorari e le spese degliarbitri e i diritti amministrativi della CCI fissati dalla Corte conformementealle tariffe in vigore alla data d’inizio dell’arbitrato, come pure gli onorari e lespese degli esperti nominati dal tribunale arbitrale e le spese di difesa e le altrespese ragionevolmente sostenute dalle parti in relazione all’arbitrato.

2. Se lo ritiene necessario alla luce di circostanze eccezionali del caso dispecie, la Corte può determinare gli onorari degli arbitri in misura superioreo inferiore a quanto risulterebbe dall’applicazione della tariffa.

3. In qualsiasi momento durante il procedimento arbitrale il tribunalearbitrale può assumere decisioni in ordine a spese diverse da quelle chedevono essere determinate dalla Corte ed ordinarne il versamento.

4. Il lodo definitivo liquida le spese dell’arbitrato e decide a quale partene incomba il pagamento o in quale proporzione esse debbano essere ripartitetra le parti.

5. Nell’assumere decisioni in ordine alle spese, il tribunale arbitrale puòprendere in considerazione ogni circostanza che ritenga rilevante, compresa lamisura in cui ciascuna parte abbia condotto l’arbitrato in modo sollecito edeconomicamente efficiente.

6. In caso di ritiro di tutte le domande o di interruzione dell’arbitratoprima della pronuncia di un lodo finale, la Corte determina gli onorari e lespese degli arbitri e i diritti amministrativi della CCI. Se le parti non siaccordano sulla ripartizione delle spese dell’arbitrato o su altre questionirilevanti relative alle spese, tali questioni sono decise dal tribunale arbitrale.Se, al momento del ritiro, il tribunale arbitrale non è stato costituito, ciascunaparte può chiedere alla Corte di procedere alla costituzione del tribunalearbitrale ai sensi del Regolamento, affinché il tribunale arbitrale possa assu-mere le decisioni circa le spese.

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VARIE

Articolo 39Modifica dei termini

1. Le parti possono convenire di ridurre i termini previsti nel Regola-mento. Se concluso dopo la costituzione del tribunale arbitrale, tale accordo èefficace solo se approvato da quest’ultimo.

2. La Corte può prorogare d’ufficio i termini modificati ai sensi dell’ar-ticolo 39(1) se lo ritiene necessario per consentire al tribunale arbitrale e allaCorte di adempiere alle proprie funzioni conformemente al Regolamento.

Articolo 40Rinuncia a sollevare eccezioni

Una parte che partecipa all’arbitrato senza sollevare eccezioni circa lamancata osservanza di una qualsiasi disposizione del Regolamento, di qual-siasi altra regola applicabile al procedimento, di qualsiasi istruzione deltribunale arbitrale o di qualsiasi prescrizione contenuta nella convenzionearbitrale relativamente alla costituzione del tribunale arbitrale o allo svolgi-mento del procedimento, sarà ritenuta avere rinunciato a sollevare la relativaeccezione.

Articolo 41Limitazione di responsabilità

Gli arbitri, qualsiasi persona nominata dal tribunale arbitrale, l’arbitrod’urgenza, la Corte e i suoi membri, la CCI e i suoi dipendenti e i Comitatinazionali e Gruppi e i loro dipendenti e rappresentanti non sono responsabilinei confronti di chicchessia per atti od omissioni relativi a un arbitrato, salvonella misura in cui tale limitazione di responsabilità sia proibita dalla leggeapplicabile.

Articolo 42Regola generale

In relazione ad ogni questione non espressamente disciplinata dal Rego-lamento, la Corte e il tribunale arbitrale agiscono nello spirito del Regola-mento e si adoperano affinché il lodo sia suscettibile di esecuzione.

APPENDICE I – STATUTO DELLA CORTE INTERNAZIONALEDI ARBITRATO

Articolo 1Funzione

1. La funzione della Corte Internazionale di Arbitrato della Camera diCommercio Internazionale (la “Corte”) è di assicurare l’applicazione del

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Regolamento di arbitrato della Camera di Commercio Internazionale. Essadispone a tal fine di tutti i poteri necessari.

2. Quale organismo autonomo, essa svolge le sue funzioni in assolutaindipendenza dalla CCI e dai suoi organi.

3. I suoi membri sono indipendenti dai Comitati nazionali e Gruppidella CCI.

Articolo 2Composizione della Corte

La Corte è composta dal Presidente, dai Vicepresidenti, dai membri e daimembri supplenti (congiuntamente denominati membri). Nei suoi lavori èassistita dal suo Segretariato (Segretariato della Corte).

Articolo 3Nomina

1. Il Presidente è eletto dal Consiglio mondiale della CCI su raccoman-dazione del Comitato esecutivo della CCI.

2. Il Consiglio mondiale della CCI nomina i Vicepresidenti della Cortenell’ambito o al di fuori dei propri membri.

3. I membri della Corte sono nominati dal Consiglio mondiale dellaCCI su proposta dei Comitati nazionali o Gruppi, in ragione di un membro perciascun Comitato nazionale o Gruppo.

4. Su proposta del Presidente della Corte, il Consiglio mondiale puònominare membri supplenti.

5. La durata della carica di tutti i membri, compresi, ai fini del presenteparagrafo, il Presidente e i Vicepresidenti, è tre anni. Se uno dei membri nonpuò più esercitare le proprie funzioni, il Consiglio mondiale nomina unsuccessore per il resto della durata della carica. Su raccomandazione delComitato esecutivo, la durata della carica di un membro può essere estesaoltre tre anni per decisione del Consiglio mondiale.

Articolo 4Sessione plenaria della Corte

Le sessioni plenarie della Corte sono presiedute dal Presidente o, in suaassenza, da uno dei Vicepresidenti su sua designazione. La Corte deliberavalidamente se sono presenti almeno sei membri. Le decisioni sono prese amaggioranza. In caso di parità, prevale il voto del Presidente o del Vicepre-sidente.

Articolo 5Comitati

La Corte può istituire uno o più Comitati e stabilirne le funzioni el’organizzazione.

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Articolo 6Riservatezza

I lavori della Corte hanno carattere confidenziale, che deve essere rispet-tato da chiunque vi partecipi a qualunque titolo. La Corte disciplina lapartecipazione alle riunioni proprie e dei propri Comitati e l’accesso almateriale relativo al lavoro della Corte e del suo Segretariato.

Articolo 7Modifiche del Regolamento di arbitrato

Ogni proposta della Corte di modifica del Regolamento è sottoposta allaCommissione di arbitrato e ADR prima di essere sottoposta al ComitatoEsecutivo della CCI per l’approvazione, salvo il potere della Corte di pro-porre modifiche o integrazioni delle disposizioni dell’articolo 3 del Regola-mento, o di ogni disposizione connessa del Regolamento, senza sottoporre taliproposte alla Commissione, al fine di tenere conto degli sviluppi della tecno-logia informatica.

APPENDICE II – REGOLAMENTO INTERNODELLA CORTE INTERNAZIONALE DI ARBITRATO

Articolo 1Carattere confidenziale dei lavori della Corte Internazionale di Arbitrato

1. Ai fini della presente Appendice, per membri della Corte si inten-dono anche il Presidente e i Vicepresidenti della Corte.

2. Le sessioni plenarie della Corte e le riunioni di un Comitato sonoaperte solo ai suoi membri e al Segretariato.

3. Tuttavia, in circostanze eccezionali, il Presidente della Corte puòinvitare altre persone ad assistervi. Tali persone devono rispettare il carattereconfidenziale dei lavori della Corte.

4. I documenti sottoposti alla Corte o redatti da essa o dal Segretariatonel corso dei procedimenti davanti alla Corte sono comunicati solo ai membridella Corte, al Segretariato e alle persone autorizzate dal Presidente adassistere alle sessioni della Corte.

5. Il Presidente o il Segretario Generale della Corte può autorizzarericercatori che svolgano attività di carattere accademico a prendere cono-scenza di lodi e altri documenti di interesse generale, ad eccezione di memo-rie, note, comunicazioni e documenti prodotti dalle parti nel corso dei proce-dimenti arbitrali.

6. La concessione di tale autorizzazione è subordinata all’assunzione daparte del beneficiario dell’impegno a rispettare il carattere confidenziale deidocumenti messi a sua disposizione e ad astenersi dal pubblicare alcunchésulla base delle informazioni in essi contenute senza previa sottoposizione deltesto all’approvazione del Segretario Generale della Corte.

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7. Il Segretariato conserva negli archivi della Corte tutti i lodi, gli atti dimissione, le decisioni della Corte e copie della relativa corrispondenza delSegretariato relativi ai casi sottoposti ad arbitrato in base al Regolamento.

8. Tutti i documenti, le comunicazioni e la corrispondenza delle parti odegli arbitri possono essere distrutti, salvo che una parte o un arbitro chiedaper iscritto entro un termine fissato dal Segretariato la restituzione di talidocumenti, comunicazioni o corrispondenza. Tutti i costi e le spese relativi allarestituzione di tali documenti sono a carico della parte o dell’arbitro che l’hachiesta.

Articolo 2Partecipazione dei membri della Corte Internazionale

di Arbitrato ad arbitrati CCI

1. Il Presidente e i componenti del Segretariato della Corte non possonoassumere le funzioni di arbitro o di difensore in controversie sottoposte adarbitrati CCI.

2. I Vicepresidenti e gli altri membri della Corte non possono esserenominati arbitri dalla Corte. Tuttavia, essi possono essere designati a talifunzioni da una o più parti, o in base ad altra procedura convenuta dalle parti,salva conferma della Corte.

3. Qualora il Presidente, uno dei Vicepresidenti o un altro membrodella Corte o un componente del Segretariato sia coinvolto a qualsiasi titoloin procedimenti pendenti davanti alla Corte, egli deve informare il SegretarioGenerale della Corte non appena venga a conoscenza di tale circostanza.

4. La persona in questione deve assentarsi dalla riunione della Corteogniqualvolta il procedimento sia sottoposto alla trattazione della Corte edeve astenersi dal partecipare alle discussioni e alle decisioni della Corte.

5. La persona in questione non riceve documentazione o informazionirelative al procedimento.

Articolo 3Rapporti tra i membri della Corte e i Comitati nazionali

e Gruppi della CCI

1. I membri della Corte, in tale loro veste, sono indipendenti daiComitati nazionali o Gruppi della CCI che ne hanno proposto la nomina alConsiglio mondiale della CCI.

2. Essi sono inoltre tenuti a rispettare, nei confronti di tali Comitatinazionali o Gruppi, la confidenzialità di ogni informazione relativa a specifichecontroversie di cui siano venuti a conoscenza nella loro veste di membri dellaCorte, salvo che siano stati richiesti dal Presidente, da uno dei Vicepresidentiautorizzato dal Presidente, o dal Segretario Generale della Corte di comuni-care determinate informazioni ai rispettivi Comitati nazionali o Gruppi.

473

Articolo 4Comitato della Corte

1. In conformità alle disposizioni dell’articolo 1(4) del Regolamento edell’articolo 5 dell’Appendice I, la Corte istituisce un proprio Comitato.

2. Il Comitato è composto da un presidente ed almeno altri due membri.Il Presidente della Corte presiede il Comitato. In assenza del Presidente o susua richiesta, uno dei Vicepresidenti della Corte o, in circostanze eccezionali,un altro membro della Corte può presiedere il Comitato.

3. Gli altri due membri del Comitato sono nominati dalla Corte tra iVicepresidenti o gli altri membri della Corte. Ad ogni sessione plenaria, laCorte nomina i membri che partecipano alle riunioni del Comitato da tenersiprima della successiva sessione plenaria.

4. Il Comitato si riunisce su convocazione del suo presidente. Il quorumè di due membri.

5. (a) La Corte stabilisce quali decisioni possono essere assunte dalComitato.

(b) Le decisioni del Comitato sono assunte all’unanimità.(c) Qualora il Comitato non possa assumere una decisione o preferisca

astenersi, esso rinvia la questione alla successiva sessione plenaria, formu-lando i suggerimenti che ritenga appropriati.

(d) Le decisioni del Comitato sono comunicate alla Corte alla suasuccessiva sessione plenaria.

6. Ai fini delle procedure accelerate e ai sensi delle disposizioni di cuiall’articolo 1(4) del Regolamento e dell’articolo 5 dell’Appendice I, la Cortepuò eccezionalmente istituire un Comitato di un solo membro. Gli articoli4(2), 4(3), 4(4), 4(5), lettere b) e c), della presente Appendice II non sonoapplicabili.

Articolo 5Il Segretariato della Corte

1. In assenza del Segretario Generale o su sua richiesta, il SegretarioGenerale Aggiunto e/o il Consigliere Generale hanno il potere di sottoporrecasi alla Corte, confermare arbitri, rilasciare copie certificate come autentichedei lodi e chiedere il pagamento di anticipi provvisori, secondo quantoprevisto rispettivamente dagli articoli 6(3), 13(2), 35(2) e 37(1) del Regola-mento, nonché di assumere la misura di cui all’articolo 37(6).

2. Il Segretariato può, con l’approvazione della Corte, emettere note ealtri documenti per informazione delle parti e degli arbitri, o altrimentinecessari al corretto svolgimento dei procedimenti arbitrali.

3. Possono essere costituiti uffici del Segretariato al di fuori della sededella CCI. Il Segretariato mantiene una lista di uffici designati dal SegretarioGenerale. Le domande di arbitrato possono essere presentate a qualsiasiufficio del Segretariato e le funzioni del Segretariato in base al Regolamento

474

possono essere svolte da qualsiasi suo ufficio, secondo le istruzioni delSegretario Generale, del Segretario Generale Aggiunto o del ConsigliereGenerale.

Articolo 6Esame dei lodi

Quando esamina i progetti di lodo ai sensi dell’articolo 34 del Regola-mento, la Corte considera, nella misura possibile, le condizioni previste danorme imperative della sede dell’arbitrato.

APPENDICE III – SPESE E ONORARI DELL’ARBITRATO

Articolo 1Anticipo sulle spese

1. Ogni domanda di arbitrato presentata ai sensi del Regolamento deveessere accompagnata dal versamento di US$ 5,000 a titolo di diritti diregistrazione. Tale versamento non è rimborsabile ed è considerato come unpagamento parziale della quota dell’anticipo sulle spese gravanti sull’attore.

2. L’anticipo provvisorio determinato dal Segretario Generale ai sensidell’articolo 37(1) del Regolamento non eccede di norma la somma dei dirittiamministrativi della CCI, del minimo degli onorari degli arbitri (indicati nellatariffa qui di seguito contenuta) determinati in base al valore delle domandee delle prevedibili spese rimborsabili del tribunale arbitrale relativamente allaredazione dell’atto di missione. Se le pretese non sono quantificate, l’anticipoprovvisorio è determinato a discrezione del Segretario Generale. Il versa-mento dell’anticipo provvisorio da parte dell’attore è considerato come unpagamento parziale della quota su di esso gravante dell’anticipo sulle spesedeterminato dalla Corte.

3. In generale, il tribunale arbitrale, conformemente all’articolo 37(6)del Regolamento, procede solo relativamente alle domande principali oriconvenzionali rispetto alle quali l’anticipo sulle spese sia stato integralmenteversato.

4. L’anticipo sulle spese determinato dalla Corte ai sensi degli articoli37(2) o 37(4) del Regolamento comprende gli onorari dell’arbitro o degliarbitri (in prosieguo definiti “arbitro”), le eventuali spese dell’arbitro relativeall’arbitrato e i diritti amministrativi della CCI.

5. Ciascuna parte versa la propria quota dell’anticipo in contanti. Tut-tavia, se la quota di anticipo sulle spese di una parte eccede US$ 500,000 (la“Somma limite”), tale parte può presentare una garanzia bancaria a coperturadella somma eccedente la Somma limite. La Corte può modificare la Sommalimite in ogni momento a propria discrezione.

6. La Corte può autorizzare il pagamento rateale degli anticipi sullespese o della quota di esso gravante su una parte, secondo le condizioni che la

475

Corte ritenga appropriate, compreso il versamento di una somma aggiuntivaa titolo di diritti amministrativi della CCI.

7. Una parte che abbia già versato integralmente la propria quotadell’anticipo sulle spese determinato dalla Corte può versare la somma nonpagata dell’anticipo dovuto dalla parte inadempiente presentando una garan-zia bancaria ai sensi dell’articolo 37(5) del Regolamento.

8. Quando la Corte ha stabilito anticipi separati ai sensi dell’articolo37(3) del Regolamento, il Segretariato invita ciascuna parte a versare l’anti-cipo corrispondente alla propria domanda o alle proprie domande.

9. Quando, in conseguenza della determinazione di anticipi separati,l’anticipo separato relativo alla domanda di una delle parti eccede la metàdell’anticipo generale determinato precedentemente (rispetto alle stesse do-mande principali o riconvenzionali oggetto degli anticipi separati), può esserepresentata una garanzia bancaria a copertura della somma eccedente. Nel casoin cui l’ammontare dell’anticipo separato è successivamente aumentato, al-meno la metà dell’incremento deve essere versato in contanti.

10. Il Segretariato stabilisce le condizioni applicabili a tutte le garanziebancarie che le parti possono presentare ai sensi delle disposizioni precedenti.

11. Come previsto dall’articolo 37(5) del Regolamento, l’anticipo sullespese può essere rideterminato in ogni momento durante il procedimento, inparticolare per tenere conto di variazioni del valore della controversia e dellespese previste dell’arbitro, nonché di difficoltà o complessità emerse nel corsodel procedimento arbitrale.

12. Prima che una perizia disposta dal tribunale arbitrale possa avereinizio, le parti, o una di esse, devono versare un anticipo determinato daltribunale arbitrale in misura sufficiente a coprire gli onorari e le spese previstedell’esperto secondo la determinazione del tribunale arbitrale. Il tribunalearbitrale assicura il pagamento delle parti di tali onorari e spese.

13. Le somme versate a titolo di anticipi sui costi non produconointeressi per le parti o l’arbitro.

Articolo 2Costi e onorari

1. Salve le disposizioni dell’articolo 38(2) del Regolamento, la Cortedetermina gli onorari dell’arbitro in conformità alle tariffe qui di seguitocontenute o, quando il valore della controversia non è indicato, a sua discre-zione.

2. Nel determinare gli onorari dell’arbitro, la Corte tiene conto delladiligenza e dell’efficienza dell’arbitro, del tempo impiegato, della rapidità delprocedimento, della complessità della controversia e della tempestività nellapresentazione del progetto di lodo per pervenire ad una somma compresa neilimiti previsti dalla tariffa o, in circostanze eccezionali (articolo 38(2) delRegolamento), superiore o inferiore a tali limiti.

476

3. Quando un caso è sottoposto a più di un arbitro, la Corte può, a suadiscrezione, aumentare la somma complessiva relativa agli onorari fino a unmassimo che di norma non eccede il triplo della somma prevista per glionorari di un arbitro.

4. Gli onorari e le spese dell’arbitro sono determinati esclusivamentedalla Corte secondo quanto previsto dal Regolamento. Accordi separati suglionorari tra parti e arbitro sono contrari al Regolamento.

5. La Corte determina i diritti amministrativi della CCI per ogni arbi-trato conformemente alle tariffe qui di seguito contenute o, quando il valoredella controversia non è indicato, a sua discrezione. In circostanze eccezionali,la Corte può determinare i diritti amministrativi della CCI in una sommainferiore o superiore a quella risultante dalla tariffa, che tuttavia non eccededi norma il massimo indicato dalla tariffa.

6. In ogni momento durante l’arbitrato, la Corte può chiedere il paga-mento di una porzione dei diritti amministrativi della CCI corrispondente aservizi che sono già stati forniti dalla Corte e dal Segretariato.

7. La Corte può chiedere il pagamento di diritti amministrativi inaggiunta a quelli previsti nella tariffa come condizione per mantenere sospesoil procedimento arbitrale su richiesta delle parti, o di una di esse in assenza diobiezioni dell’altra.

8. Se un arbitrato si interrompe prima della pronuncia del lodo finale, laCorte determina gli onorari e le spese degli arbitri e i diritti amministratividella CCI a sua discrezione, tenendo conto dello stadio del procedimentoarbitrale e di ogni altra circostanza rilevante.

9. Ogni somma versata dalle parti a titolo di anticipo sulle spese cheecceda i costi dell’arbitrato determinati dalla Corte è rimborsata alle parti inragione delle somme versate.

10. In caso di richiesta ai sensi dell’articolo 36(2) del Regolamento o dirinvio ai sensi dell’articolo 36(4) del Regolamento, la Corte può fissare unanticipo a copertura degli onorari e delle spese ulteriori del tribunale arbitralee di ulteriori diritti amministrativi della CCI, e può condizionare la trasmis-sione di tale richiesta al tribunale arbitrale al previo versamento in contantialla CCI di tale anticipo. Al momento dell’approvazione della decisione deltribunale arbitrale, la Corte determina a sua discrezione i costi della procedurainstaurata in base a tale richiesta o rinvio, che comprendono eventuali onoraridell’arbitro e diritti amministrativi della CCI.

11. Il Segretariato può chiedere il versamento di diritti amministrativi inaggiunta a quelli previsti dalla tariffa per ogni spesa relativa a una richiesta aisensi dell’articolo 35(5) del Regolamento.

12. Quando un arbitrato è preceduto da un procedimento conforme-mente al Regolamento di mediazione della CCI, la metà dei diritti ammini-strativi della CCI versati per tale procedimento è considerata come unparziale pagamento dei diritti amministrativi della CCI per l’arbitrato.

477

13. Gli importi corrisposti all’arbitro non comprendono l’imposta sulvalore aggiunto (IVA) o altre tasse, oneri o imposte eventualmente dovutisugli onorari dell’arbitro. Le parti hanno l’onere di corrispondere tali tasse odoneri; tuttavia, il recupero di tali tasse od oneri riguarda unicamente ilrapporto tra l’arbitro e le parti.

14. I diritti amministrativi della CCI possono essere soggetti all’impostasul valore aggiunto (IVA) o a oneri di natura simile al tasso corrente.

Articolo 3Tariffe dei diritti amministrativi e degli onorari degli arbitri

1. La tariffa dei diritti amministrativi e degli onorari degli arbitri con-tenuta qui di seguito entra in vigore il 1° gennaio 2017 per tutti gli arbitratiiniziati in tale data o in data successiva, indipendentemente dalla versione delRegolamento applicabile.

2. Per calcolare i diritti amministrativi della CCI e gli onorari degliarbitri, le somme calcolate per ogni scaglione devono essere addizionate, salvoche, quando il valore della controversia ecceda US$ 500 milioni, una sommafissa di US$ 150,000 costituisce il totale dei diritti amministrativi della CCI.

3. La tariffa dei diritti amministrativi e degli onorari degli arbitri per laprocedura accelerata contenuta qui di seguito entra in vigore il 1° marzo 2017per tutti gli arbitrati iniziati in tale data o in data successiva indipendente-mente dalla versione del Regolamento applicabile a tali arbitrati. Se le partihanno concordato di adottare la procedura accelerata ai sensi dell’articolo30(2) lettera b), si applica la tariffa della procedura accelerata.

4. Tutti gli importi determinati dalla Corte o in applicazione di qualsi-voglia Appendice al Regolamento sono pagabili in US$, salvo che ciò siaproibito dalla legge o sia stabilito altrimenti dalla Corte, nel qual caso la CCIpuò applicare una diversa tariffa e disposizioni diverse relative agli onorari inun’altra valuta.

478

TARIFFA DEI DIRITTI AMMINISTRATIVI E DEGLI ONORARI DEGLI ARBITRI

A. Diritti amministrativiValore della controversia (in dollari USA) Diritti amministrativi *fino a 50,000 $5,000da 50,001 a 100,000 1.53%da 100,001 a 200,000 2.72%da 200,001 a 500,000 2.25%da 500,001 a 1,000,000 1.62%da 1,000,001 a 2,000,000 0.788%da 2,000,001 a 5,000,000 0.46%da 5,000,001 a 10,000,000 0.25%da 10,000,001 a 30,000,000 0.10%da 30,000,001 a 50,000,000 0.09%da 50,000,001 a 80,000,000 0.01%da 80,000,001 a 500,000,000 0.0123%oltre 500,000,000 $150,000* A fini meramente esemplificativi, la tavola alla pagina seguente indica i dirittiamministrativi espressi in US$ risultanti dal calcolo corretto.

B. Onorari degli arbitriValore della controversia(in dollari USA)

Onorari **

minimo massimofino a 50,000 $3,000 18.0200%da 50,001 a 100,000 2.6500% 13.5680%da 100,001 a 200,000 1.4310% 7.6850%da 200,001 a 500,000 1.3670% 6.8370%da 500,001 a 1,000,000 0.9540% 4.0280%da 1,000,001 a 2,000,000 0.6890% 3.6040%da 2,000,001 a 5,000,000 0.3750% 1.3910%da 5,000,001 a 10,000,000 0.1280% 0.9100%da 10,000,001 a 30,000,000 0.0640% 0.2410%da 30,000,001 a 50,000,000 0.0590% 0.2280%da 50,000,001 a 80,000,000 0.0330% 0.1570%da 80,000,001 a 100,000,000 0.0210% 0.1150%da 100,000,001 a 500,000,000 0.0110% 0.0580%oltre 500,000,000 0.0100% 0.0400%** A fini meramente esemplificativi, la tavola alla pagina seguente indica ilminimo e il massimo degli onorari espressi in US$ risultanti dal calcolo corretto.

479

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480

TARIFFA DEI DIRITTI AMMINISTRATIVI E DEGLI ONORARIDEGLI ARBITRI PER LA PROCEDURA ACCELERATAA. Diritti amministrativiValore dellacontroversia(in dollari USA)

Dirittiamministrativi (*)

fino a 50,000 $5,000da 50,001 a 100,000 1.53%da 100,001 a 200,000 2.72%da 200,001 a 500,000 2.25%da 500,001 a 1,000,000 1.62%da 1,000,001 a 2,000,000 0.788%da 2,000,001 a 5,000,000 0.46%da 5,000,001 a 10,000,000 0.25%da 10,000,001 a 30,000,000 0.10%da 30,000,001 a 50,000,000 0.09%da 50,000,001 a 80,000,000 0.01%da 80,000,001 a 500,000,000 0.0123%oltre 500,000,000 $150,000(*) A fini meramente esemplificativi, la tavola alla pagina seguente indica i dirittiamministrativi espressi in US$ risultanti dal calcolo corretto.

B. ONORARI DEGLI ARBITRI

Valore dellacontroveria(in dollariUSA)

Onorari (**)

Minimo Massimofino a 50,000 $2,400 14.4160%da 50,001 a 100,000 2.1200% 10.8544%da 100,001 a 200,000 1.1448% 6.1480%da 200,001 a 500,000 1.0936% 5.4696%da 500,001 a 1,000,000 0.7632% 3.2224%da 1,000,001 a 2,000,000 0.5512% 2.8832%da 2,000,001 a 5,000,000 0.3000% 1.1128%da 5,000,001 a 10,000,000 0.1024% 0.7280%da 10,000,001 a 30,000,000 0.0512% 0.1928%da 30,000,001 a 50,000,000 0.0472% 0.1824%da 50,000,001 a 80,000,000 0.0264% 0.1256%da 80,000,001 a 100,000,000 0.0168% 0.0920%da 100,000,001 a 500,000,000 0.0088% 0.0464%oltre 500,000,000 0.0080% 0.0320%(**) A fini meramente esemplificativi, la tavola alla pagina seguente indica gliscaglioni di onorari espressi in US$ risultanti dal calcolo corretto.

481

Val

ore

della

cont

rove

rsia

A.

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B.

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SA)

(in

dolla

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5,00

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14.4

160%

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da50

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000

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53%

della

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oltr

e50

,000

2,40

0+

2.12

00%

della

som

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oltr

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7,20

8+

10.8

544%

della

som

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oltr

e50

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0,00

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200,

000

5,76

5+

2.72

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aol

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100,

000

3,46

0+

1.14

48%

della

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oltr

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0,00

012

,635

+6.

1480

%de

llaso

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aol

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100,

000

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0,00

1a

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000

8,48

5+

2.25

%de

llaso

mm

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000

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1.09

36%

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,783

+5.

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aol

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000

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0,00

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1,00

0,00

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,235

+1.

62%

della

som

ma

oltr

e50

0,00

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886

+0.

7632

%de

llaso

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tre

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3.22

24%

della

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oltr

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0

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000,

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000

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0.78

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llaso

mm

aol

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1,00

0,00

011

,702

+0.

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%de

llaso

mm

aol

tre

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0,00

051

,304

+2.

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%de

llaso

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aol

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1,00

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0

da2,

000,

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000,

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0.46

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llaso

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2,00

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017

,214

+0.

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llaso

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2,00

0,00

080

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+1.

1128

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llaso

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aol

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2,00

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0

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000,

001

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15+

0.25

%de

llaso

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aol

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5,00

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026

,214

+0.

1024

%de

llaso

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aol

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llaso

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tre

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00,0

0031

,334

+0.

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llaso

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aol

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10,0

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della

som

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oltr

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,001

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llaso

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%de

llaso

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30,0

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24%

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,000

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llaso

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llaso

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482

APPENDICE IV - TECNICHE DI GESTIONE DEL PROCEDIMENTO

Qui di seguito vengono indicati esempi di tecniche di gestione delprocedimento utilizzabili dal tribunale arbitrale e dalle parti per controllare ladurata e i costi. Un opportuno controllo della durata e dei costi è importantein ogni arbitrato. In arbitrati di complessità limitata e di basso valore èparticolarmente importante assicurare che la durata e i costi siano proporzio-nati a quanto è in gioco nella controversia.

a) Scindere il procedimento o pronunciare uno o più lodi parziali suquestioni decisive, quando è realistico attendersi che ciò comporti una piùefficiente soluzione del caso.

b) Individuare questioni che possono essere risolte con l’accordo delleparti o dei loro periti.

c) Individuare questioni suscettibili di decisione sulla base dei soli docu-menti piuttosto che mediante prove orali o argomentazioni di diritto inudienza.

d) Produzione di prove documentali:(i) chiedere alle parti di produrre insieme alle proprie memorie le prove

su cui fanno affidamento.(ii) evitare richieste di produzione di documenti quando ciò pare oppor-

tuno per limitare la durata e i costi del procedimento.(iii) quando sono ritenute opportune richieste di produzione di docu-

menti, limitarle ai documenti o categorie di documenti rilevanti e determinantiper la soluzione del caso.

(iv) disporre termini ragionevoli per la produzione di documenti.(v) utilizzare una tabella relativa alla produzione di documenti per

facilitare la soluzione delle questioni ad essa relative.(e) Limitare la lunghezza e l’oggetto delle memorie scritte e delle prove

testimoniali scritte e orali (sia dei testimoni in fatto sia dei periti) in modo daevitare ripetizioni e concentrare l’attenzione sulle questioni decisive.

(f) Fare ricorso a conferenze telefoniche o videotelefoniche per udienzeprocedurali e di altro tipo quando la partecipazione di persona non è essen-ziale, e fare uso di tecniche informatiche che consentono la comunicazione inlinea tra le parti, il tribunale arbitrale e il Segretariato della Corte.

(g) Organizzare prima dell’udienza una riunione con il tribunale arbi-trale, durante la quale possono essere discusse e concordate misure relativeall’udienza e il tribunale arbitrale può indicare alle parti le questioni sullequali esso vorrebbe che le parti si concentrassero in udienza.

(h) Transazione della controversia:(i) Informare le parti che esse sono libere di transigere tutta o parte della

controversia attraverso negoziati od ogni altro metodo di risoluzione amiche-vole della controversia, quale, per esempio, la mediazione in base al Regola-mento di mediazione della CCI;

483

(ii) d’accordo con le parti, il tribunale arbitrale può adottare misureper facilitare la transazione della controversia, a condizione che ogni sforzo siafatto per assicurare che l’eventuale successivo lodo sia suscettibile di esecu-zione.

Ulteriori tecniche sono descritte nella pubblicazione della CCI intitolataControlling Time and Costs in Arbitration (Il controllo della durata e dei costiin arbitrato).

APPENDICE V - REGOLE DELL’ARBITRO D’URGENZA

Articolo 1Istanza di Misure d’urgenza

1. Una parte che desideri ricorrere a un arbitro d’urgenza ai sensidell’articolo 29 del Regolamento di arbitrato della CCI (il “Regolamento”)presenta un’Istanza di Misure d’urgenza (l’“Istanza”) al Segretariato pressouno degli uffici indicati nel Regolamento interno della Corte (nell’AppendiceII al Regolamento).

2. L’Istanza deve essere presentata in tante copie quante sono le parti,più una per l’arbitro d’urgenza e una per il Segretariato.

3. L’Istanza contiene le seguenti informazioni:a) la denominazione completa, la descrizione, l’indirizzo e gli altri reca-

piti di ciascuna delle parti;b) il nome completo, l’indirizzo e gli altri recapiti della persona o delle

persone che rappresentano la parte istante;c) una descrizione delle circostanze all’origine dell’Istanza e della sotto-

stante controversia deferita o da deferirsi ad arbitrato;d) l’indicazione delle Misure d’urgenza richieste;e) le ragioni per le quali la parte istante necessita misure urgenti o

conservative che non possono essere differite fino alla costituzione del tribu-nale arbitrale;

f) qualsiasi accordo rilevante e in particolare la convenzione arbitrale;g) qualsiasi accordo relativo alla sede dell’arbitrato, alle regole di diritto

applicabili e alla lingua dell’arbitrato;h) prova del pagamento della somma indicata all’articolo 7(1) di questa

Appendice; ei) l’eventuale domanda di arbitrato e ogni altra memoria relativa alla

controversia sottostante che siano state presentate al Segretariato dalle partidel procedimento davanti all’arbitro d’urgenza anteriormente all’Istanza.

L’Istanza può contenere altri documenti o informazioni che la parteistante consideri appropriati o che possano contribuire all’efficace esamedell’Istanza.

4. L’Istanza è redatta nella lingua dell’arbitrato, se questa è stata

484

concordata dalle parti, o, in assenza di un tale accordo, nella lingua dellaconvenzione arbitrale.

5. Qualora il Presidente della Corte (il “Presidente”) ritenga oppor-tuno, sulla base delle informazioni contenute nell’Istanza, che le Disposizionisull’arbitro d’urgenza si applichino con riferimento agli articoli 29(5) e 29(6)del Regolamento, il Segretariato trasmette copia dell’Istanza e dei documentiad essa allegati alla parte resistente. Qualora il Presidente ritenga opportunofare diversamente, il Segretariato informa le parti che il procedimento davantiall’arbitro d’urgenza non può avere luogo rispetto ad alcune o a tutte le parti,e trasmette loro copia dell’Istanza per informazione.

6. Il Presidente interrompe il procedimento davanti all’arbitro d’ur-genza se il Segretariato non riceve dalla parte istante una domanda diarbitrato entro 10 giorni dalla data di ricevimento dell’Istanza da parte delSegretariato, salvo che l’arbitro d’urgenza non stabilisca che è necessario untermine più lungo.

Articolo 2Nomina dell’arbitro d’urgenza; trasmissione del fascicolo

1. Il Presidente nomina un arbitro d’urgenza il più rapidamente possi-bile, di norma entro due giorni dal ricevimento dell’Istanza da parte delSegretariato.

2. Un arbitro d’urgenza non può essere nominato dopo che il fascicoloè stato trasmesso al tribunale arbitrale ai sensi dell’articolo 16 del Regola-mento. Un arbitro d’urgenza nominato prima di tale data rimane autorizzatoa pronunciare un’ordinanza entro il termine di cui all’articolo 6(4) di questaAppendice.

3. Una volta nominato l’arbitro d’urgenza, il Segretariato ne dà notiziaalle parti e trasmette il fascicolo all’arbitro d’urgenza. Successivamente, tuttele comunicazioni scritte delle parti sono presentate direttamente all’arbitrod’urgenza, con copia all’altra parte e al Segretariato. Una copia di ognicomunicazione scritta dell’arbitro d’urgenza alle parti è trasmessa al Segre-tariato.

4. Ciascun arbitro d’urgenza deve essere e rimanere imparziale e indi-pendente dalle parti coinvolte nella controversia.

5. Prima della nomina, un arbitro d’urgenza proposto sottoscrive unadichiarazione di accettazione, disponibilità, imparzialità e indipendenza. IlSegretariato trasmette una copia di tale dichiarazione alle parti.

6. Un arbitro d’urgenza non può assumere le funzioni di arbitro in alcunarbitrato relativo alla controversia all’origine dell’Istanza.

Articolo 3Ricusazione di un arbitro d’urgenza

1. La ricusazione di un arbitro d’urgenza deve essere presentata entro

485

tre giorni dalla data di ricevimento dalla parte ricusante della comunicazionedella nomina o dalla data in cui tale parte è venuta a conoscenza dei fatti edelle circostanze su cui si fonda la ricusazione, se tale data è successiva aquella di ricevimento della comunicazione.

2. La Corte decide sulla ricusazione dopo che il Segretariato ha con-sentito all’arbitro d’urgenza interessato e all’altra parte, o parti, di presentareosservazioni scritte entro un congruo termine.

Articolo 4Sede del procedimento davanti all’arbitro d’urgenza

1. Se le parti hanno concordato la sede dell’arbitrato, tale sede è la sededel procedimento davanti all’arbitro d’urgenza. In assenza di accordo, ilPresidente stabilisce la sede del procedimento davanti all’arbitro d’urgenza,salva la determinazione della sede dell’arbitrato ai sensi dell’articolo 18(1) delRegolamento.

2. Le riunioni con l’arbitro d’urgenza possono svolgersi di persona inqualsiasi luogo ritenuto opportuno dall’arbitro d’urgenza, oppure per video-conferenza, telefono o mediante analoghi mezzi di comunicazione.

Articolo 5Procedimento

1. L’arbitro d’urgenza fissa il calendario procedurale del procedimentodi fronte a sé il più rapidamente possibile, di norma entro due giorni daquando gli è trasmesso il fascicolo ai sensi dell’articolo 2(3) di questa Appen-dice.

2. L’arbitro d’urgenza conduce il procedimento nel modo che ritieneopportuno, avuto riguardo alla natura e all’urgenza dell’Istanza. In ogni caso,l’arbitro d’urgenza svolge le proprie funzioni in modo equo e imparziale egarantisce ad ogni parte una ragionevole opportunità di essere sentita.

Articolo 6Ordinanza

1. Conformemente all’articolo 29(2) del Regolamento, la decisionedell’arbitro d’urgenza è assunta in forma di ordinanza (l’“Ordinanza”).

2. Nell’Ordinanza, l’arbitro d’urgenza decide se l’Istanza è ammissibileai sensi dell’articolo 29(1) del Regolamento e se esso è competente a pronun-ciare Misure d’urgenza.

3. L’Ordinanza è pronunciata per iscritto ed è motivata. Essa è datatae sottoscritta dall’arbitro d’urgenza.

4. L’Ordinanza è pronunciata entro 15 giorni dalla trasmissione delfascicolo all’arbitro d’urgenza ai sensi dell’articolo 2(3) di questa Appendice.Il Presidente può prorogare questo termine su richiesta motivata dell’arbitrod’urgenza o, se lo ritiene necessario, d’ufficio.

486

5. Entro il termine di cui all’articolo 6(4) di questa Appendice, l’arbitrod’urgenza trasmette l’Ordinanza alle parti, con copia al Segretariato, me-diante uno dei mezzi di comunicazione permessi dall’articolo 3(2) del Rego-lamento che egli ritenga idoneo ad assicurarne il sollecito ricevimento.

6. L’Ordinanza cessa di essere vincolante per le parti quando:a) il Presidente interrompe il procedimento davanti all’arbitro d’ur-

genza ai sensi dell’articolo 1(6) di questa Appendice;b) la Corte accoglie la ricusazione dell’arbitro d’urgenza ai sensi

dell’articolo 3 di questa Appendice;c) il tribunale arbitrale pronuncia il lodo finale, salvo che lo stesso

tribunale arbitrale non decida altrimenti; od) tutte le domande sono ritirate o l’arbitrato è interrotto prima della

pronuncia del lodo finale.7. L’arbitro d’urgenza può subordinare l’Ordinanza alle condizioni che

ritenga appropriate, compresa la prestazione di adeguata garanzia.8. Su richiesta motivata di una parte formulata prima della trasmissione

del fascicolo al tribunale arbitrale ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento,l’arbitro d’urgenza può modificare, revocare o annullare l’Ordinanza.

Articolo 7Spese del procedimento davanti all’arbitro d’urgenza

1. La parte istante è tenuta a versare la somma di US$ 40,000, com-prensiva di US$ 10,000 per diritti amministrativi della CCI e US$ 30,000 peronorari e spese dell’arbitro d’urgenza. Nonostante l’articolo 1(5) di questaAppendice, l’Istanza non è notificata finché il pagamento di US$ 40,000 nonsia ricevuto dal Segretariato.

2. In ogni momento durante il procedimento davanti all’arbitro d’ur-genza, il Presidente può decidere di aumentare gli onorari dell’arbitro d’ur-genza o i diritti amministrativi della CCI per tenere conto, inter alia, dellanatura del caso e della natura e della quantità di lavoro svolto dall’arbitrod’urgenza, dalla Corte, dal Presidente e dal Segretariato. Se la parte che hapresentato l’Istanza non effettua il pagamento delle maggiori spese entro iltermine fissato dal Segretariato, l’Istanza si considera ritirata.

3. L’Ordinanza dell’arbitro d’urgenza liquida le spese del procedimentodavanti all’arbitro d’urgenza e decide su quale parte ne incomba il pagamentoo in quale proporzione esse debbano essere ripartite tra le parti.

4. Le spese del procedimento davanti all’arbitro d’urgenza compren-dono i diritti amministrativi della CCI, gli onorari e le spese dell’arbitrod’urgenza e le spese di difesa e le altre spese ragionevolmente sostenute dalleparti in relazione al procedimento davanti all’arbitro d’urgenza.

5. Qualora il procedimento davanti all’arbitro d’urgenza non abbialuogo ai sensi dell’articolo 1(5) di questa Appendice o sia altrimenti interrottoprima della pronuncia dell’Ordinanza, il Presidente determina l’eventuale

487

somma che deve essere rimborsata alla parte istante. Una somma di US$ 5,000per diritti amministrativi della CCI non è in ogni caso rimborsabile.

Articolo 8Regola generale

1. Il Presidente può decidere a sua discrezione tutte le questioni relativeall’amministrazione del procedimento davanti all’arbitro d’urgenza nonespressamente previste in questa Appendice.

2. In assenza del Presidente o su sua richiesta, uno dei Vicepresidentidella Corte può assumere decisioni in sua vece.

3. In relazione a tutte le questioni relative al procedimento davantiall’arbitro d’urgenza non espressamente disciplinate in questa Appendice, ilPresidente e l’arbitro d’urgenza agiscono nello spirito del Regolamento e diquesta Appendice.

APPENDICE VI - REGOLE SULLA PROCEDURA ACCELERATA

Articolo 1Applicazione delle Regole sulla procedura accelerata

1. Se l’articolo 30 del Regolamento di Arbitrato della CCI (“Regola-mento”) e la presente Appendice VI non dispongono diversamente, il Rego-lamento si applica agli arbitrati soggetti alle Regole sulla procedura accele-rata.

2. Il valore indicato all’articolo 30(2), lettera a), del Regolamento è US$2,000,000.

3. Al momento del ricevimento della Risposta ai sensi dell’articolo 5 delRegolamento, alla scadenza del termine per il deposito della Risposta o inqualsiasi momento successivo, e subordinatamente all’articolo 30(3) del Re-golamento, il Segretariato informa le parti che le Disposizioni sulla proceduraaccelerata si applicano al procedimento.

4. In ogni momento durante il procedimento arbitrale, la Corte, di suainiziativa o su istanza di parte, sentito il tribunale arbitrale e le parti, puòdecidere che le Disposizioni sulla procedura accelerata cessino di applicarsi alprocedimento. In questo caso, salvo che la Corte ritenga appropriato sostituiree/o ricostituire il tribunale arbitrale, il tribunale arbitrale rimane in carica.

Articolo 2Costituzione del tribunale arbitrale

1. La Corte può, nonostante qualsiasi previsione contraria della con-venzione arbitrale, nominare un arbitro unico.

2. Le parti possono nominare un arbitro unico nel termine previsto dalSegretariato. In mancanza di tale nomina, l’arbitro unico è nominato dallaCorte il più rapidamente possibile.

488

Articolo 3Procedimento

1. L’articolo 23 del Regolamento non si applica agli arbitrati soggettialle Regole sulla procedura accelerata.

2. Successivamente alla costituzione del tribunale arbitrale, le parti nonpossono formulare nuove domande, salvo che siano a ciò autorizzate daltribunale arbitrale, il quale tiene conto della natura di tali nuove domande,dello stadio del procedimento, delle implicazioni relative ai costi e delle altrecircostanze rilevanti.

3. La riunione di gestione del procedimento convocata ai sensi dell’ar-ticolo 24 del Regolamento si tiene entro 15 giorni dalla trasmissione delfascicolo al tribunale arbitrale. La Corte può prorogare tale termine surichiesta motivata del tribunale arbitrale o, se lo ritiene necessario, d’ufficio.

4. Il tribunale arbitrale può a sua discrezione adottare le misure proce-durali che ritiene opportune. In particolare, il tribunale arbitrale, sentite leparti, può decidere di non consentire richieste di produzione dei documenti odi limitare il numero, la lunghezza e l’oggetto delle memorie scritte e delleprove testimoniali scritte (sia dei testimoni in fatto sia degli esperti).

5. Il tribunale arbitrale può, sentite le parti, statuire in base ai solidocumenti prodotti dalle parti, senza udienza e senza esame di testimoni oesperti. Quando deve tenersi un’udienza, il tribunale arbitrale può condurlaper videoconferenza, telefono o analoghi mezzi di comunicazione.

Articolo 4Lodo

1. Il termine per la pronuncia del lodo finale da parte del tribunalearbitrale è di sei mesi dalla data della riunione di gestione del procedimento.La Corte può prorogare tale termine ai sensi dell’articolo 31(2) del Regola-mento.

2. Gli onorari del tribunale arbitrale sono determinati in conformità allatariffa dei diritti e degli onorari degli arbitri per la procedura accelerata di cuiall’Appendice III.

Articolo 5Regola generale

In relazione ad ogni questione riguardante la procedura accelerata nonespressamente disciplinata in questa Appendice, la Corte e il tribunale arbi-trale agiscono nello spirito del Regolamento e di questa Appendice.

489

comitato scientificoGUIDO ALPA - FERRUCCIO AULETTA - PIERO BERNARDINI - PAOLO BIAVATI - MAURO BOVE - FEDERICO CARPI - CLAUDIO CONSOLO - DIEGO CORAPI - GABRIELE CRESPI REGHIZZI - FABRIZIO CRISCUOLO - GIORGIO GAJA - FRANCESCO PAOLO LUISO - RICCARDO LUZZATTO - NICOLA PICARDI † - EUGENIO PICOZZA - CARMINE PUNZI - LUCA RADICATI DI BROZOLO - PIETRO RESCIGNO - GIORGIO SACERDOTI - LAURA SALVANESCHI - FERRUCCIO TOMMASEO - ROMANO VACCARELLA - GIOVANNI VERDE - VINCENZO VIGORITI - ATTILIO ZIMATORE.

già diretta da ELIO FAZZALARI.

direzione: ANTONIO BRIGUGLIO - GIORGIO DE NOVA - ANDREA GIARDINA.

MARIA BEATRICE DELI (direttore responsabile).

redazione

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Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 113 in data 2 marzo 1991R.O.C. n. 6569 (già RNS n. 23 vol. 1 foglio 177 del 2/7/1982)Direttore responsabile: Maria Beatrice Deli

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2017

ISSN 1122-0147

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Pubblicazione trimestraleAnno XXVII - N. 2/2017Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

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