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ISSN 1122-0147 ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ARBITRATO Pubblicazione trimestrale Anno XX - N. 2/2010 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE) RIVISTA DELL’ARBITRATO © Copyright - Giuffrè Editore

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  • ISSN 1122-0147

    ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATO

    Pubblicazione trimestraleAnno XX - N. 2/2010Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

    RIVISTADELL’ARBITRATO

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  • ASSOCIAZIONEITALIANAPER L’ARBITRATOPubblicazione trimestraleAnno XX - N. 2/2010Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in a.p.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 1, DCB (VARESE)

    RIVISTADELL’ARBITRATO

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  • INDICE

    DOTTRINA

    FRANCESCO P. LUISO, L’articolo 824-bis c.p.c. ............................................. 235

    LAURA BERGAMINI, Ricusazione giudiziale e ricusazione « amministrata »dell’arbitro .......................................................................................... 251

    MARCO GRADI, L’intervento volontario e la chiamata in causa dei terzi nelprocesso arbitrale ............................................................................... 283

    GIURISPRUDENZA ORDINARIA

    I) Italiana

    Sentenze annotate:

    Cass. 26 maggio 2010, n, 12866, con nota di E. D’ALESSANDRO, Ancorauna volta reputata manifestamente infondata la questione di legitti-mità costituzionale della disciplina transitoria dettata dalla Leggen. 25/1994 ........................................................................................... 315

    Trib. Paola 16 gennaio 2010, con nota di C. CORBI, L’intramontabile fa-scino della c.d. « teoria unitaria » e l’ambiguità dell’arbitrato irri-tuale o libero ....................................................................................... 325

    II) Straniera

    Sentenze annotate:

    Regno Unito - High Court of Justice, Queen’s Bench Commercial Divi-sion 26 novembre 2008, con nota di R. TUCCILLO, La Section 21 del-l’Arbitration Act del 1996: un nuovo ruolo per l’umpire? ............... 343

    Stati Uniti - Court of Appeals, Second Circuit 14 gennaio 2010, con notadi A. CARLEVARIS, La correzione del lodo: potere insindacabile degliarbitri di accertarne i presupposti? ................................................... 363

    III

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  • GIURISPRUDENZA ARBITRALE

    I) Italiana

    Lodi annotati:

    Coll. arb. 2 settembre 2009 (Milano), con nota di E. OCCHIPINTI, La giu-risprudenza arbitrale esclude la vessatorietà della clausola d’arbi-trato irrituale ...................................................................................... 375

    RASSEGNE E COMMENTI

    LAURENT GOUIFFÈS - CHRISTIAN DI MAURO, I meccanismi di soluzione dellecontroversie nel quadro del Trattato sulla Carta dell’Energia ........ 387

    DOCUMENTI E NOTIZIE

    Notizie libri [Francesco P. Luiso] ............................................................... 413

    IV

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  • DOTTRINA

    L’articolo 824-bis c.p.c. (*)

    FRANCESCO P. LUISO (**)

    1. Ambito dell’indagine. — 2. Il lodo come atto privato. — 3. Lo « ius su-perveniens ». — 4. Il rapporto giuridico fondamentale. — 5. I diritti dipen-denti. — 6. I terzi « interessati ». — 7. I terzi « indifferenti ». — 8. Sentenza,lodo e contratto. — 9. L’invalidità del lodo e la contrarietà all’ordine pub-blico.

    1. La riforma del 2006, com’è noto, ha disciplinato gli effettidel lodo mediante il nuovo art. 824-bis c.p.c., in base al quale« salvo quanto disposto dall’articolo 825, il lodo ha dalla data dellasua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dal-l’autorità giudiziaria ». Questa norma ha sostituito la previgente di-sposizione, contenuta nell’art. 823, ultimo comma, c.p.c., secondo laquale « il lodo ha efficacia vincolante tra le parti dalla data della suaultima sottoscrizione ».

    Una prima lettura dell’art. 824-bis c.p.c. dovrebbe condurrepianamente a ritenere che — a parte l’efficacia esecutiva (1) — sottotutti gli altri profili la sentenza ed il lodo abbiano uguali effetti. Pur-tuttavia tale equiparazione continua da più parti ad essere contestatain ragione della « natura » del lodo (2), più specificamente in ragione

    (*) Il presente lavoro è dedicato a Giovanni Verde, con il rammarico che non siastato pronto in tempo per poter essere inserito nella raccolta di Studi a Lui offerti.

    (**) Professore ordinario nell’Università di Pisa.(1) Che in realtà non è un effetto proprio e tipico della sentenza: v. infra, § 7.(2) MONTESANO, Le tutele giurisdizionali dei diritti, Torino, 1994, 46; PUNZI, « Effıca-

    cia di sentenza » del lodo, in questa Rivista, 2005, 829 ss., 836; ID., Ancora sulla delega intema di arbitrato: riaffermazione della natura privatistica dell’istituto, in Riv. dir. proc.,2005, 970, 976; ID., Luci e ombre sulla riforma dell’arbitrato, in Riv. trim. dir. proc. civ.,2007, 430 ss.; ID., Relazioni fra l’arbitrato e le altre forme non giurisdizionali di soluzione

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  • del fatto che gli effetti dello stesso non si fondano sul potere autori-tativo dello Stato (il c.d. imperium), ma sul consenso degli interes-sati. Oltre a ciò, ma sicuramente in posizione subordinata rispetto aiprofili sistematici, si adducono alcune disposizioni che differenzie-rebbero ancora gli effetti del lodo e gli effetti della sentenza (3).

    Per affrontare in modo ordinato la questione occorre, dopo averpreliminarmente verificato se la premessa circa la natura del lodo ècorretta, stabilire se questa diversa « natura » del lodo rispetto allasentenza, e quindi la diversità del potere esercitato dagli arbitri ri-spetto a quello esercitato dal giudice, giustifica in via sistematica unalettura correttiva dell’art. 824-bis c.p.c.

    L’analisi deve essere compiuta prendendo come punto di riferi-mento da un lato il lodo non più soggetto all’impugnazione per nul-lità e dall’altro la sentenza non più soggetta alle impugnazioni ordi-narie, cioè passata in giudicato formale, nelle seguenti direzioni:

    a) in ordine al contenuto:1) con riferimento in senso proprio al suo contenuto, cioè a

    ciò che esso dispone;2) con riferimento ai suoi limiti oggettivi, per stabilire se il

    lodo produce gli stessi effetti della sentenza da un lato rispetto alrapporto fondamentale, e dall’altro rispetto ai diritti dipendenti daquello oggetto di decisione;

    3) con riferimenti ai suoi limiti soggettivi, per stabilire se illodo produce gli stessi effetti della sentenza da un lato rispetto aiterzi titolari di diritti dipendenti, e dall’altro rispetto ai terzi c.d. in-differenti;

    b) in ordine alla sua validità, per stabilire se il lodo possa es-sere contestato in ragione della sua « ingiustizia » in misura diversada quella cui è soggetta la sentenza (ovviamente passata in giudicatoformale).

    Non tratteremo, invece, delle questioni attinenti a quelle dispo-sizioni, da cui si evincerebbe una non perfetta parificazione degli ef-fetti del lodo a quelli della sentenza. A mio avviso, si tratta infatti di

    delle liti, in questa Rivista, 2003, 395 ss.; RUFFINI, Patto compromissorio, in questa Rivista,2005, 722.

    (3) Su cui v. PUNZI, « Effıcacia di sentenza », 838; ID., Ancora sulla delega, cit., 978;ID., Luci e ombre, cit., 432; CARPI, Effıcacia del lodo (art. 824-bis c.p.c.) in Arbitrato, direttoda CARPI, Bologna, 2007, 594 ss.

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  • profili non decisivi (4), e comunque indifferenti rispetto al problemasistematico oggetto del presente studio.

    2. Quanto all’esame preliminare. A me sembra incontestabileche il lodo non sia atto disciplinato dal diritto pubblico, e quindi nonsia espressione di un potere autoritativo. La qualificazione dell’atti-vità arbitrale come attività « giurisdizionale » può essere accettatasolo in senso contenutistico: in quella stessa direzione, quindi, bat-tuta dalla Corte costituzionale nella sentenza 28 novembre 2001 n.376 la quale — com’è noto — ebbe a definire l’arbitrato come « unprocedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civileper l’applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini dellarisoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio edi imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria. Sottol’aspetto considerato, il giudizio arbitrale non si differenzia da quelloche si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, anche perquanto riguarda la ricerca e l’interpretazione delle norme applicabilialla fattispecie ».

    In questo senso si può aderire a quella parte della dottrina cheparla appunto di giurisdizione « privata » (5): laddove l’aggettivorende palese che l’attività arbitrale non può in alcun modo esserefatta rientrare nell’art. 102 Cost., che appunto riserva la funzionegiurisdizionale alla magistratura. Ciò non significa, ovviamente, chei medesimi risultati i quali — se prodotti in via autoritativa, attra-verso il diritto pubblico — sono riservati alla magistratura non pos-sano dalla legge essere attribuiti anche ad attività non autoritative.Del resto, il significato dell’art. 102 Cost. sta proprio in ciò che, setaluni effetti sono prodotti in via autoritativa, essi sono affidati allamagistratura; ma questo ovviamente non impedisce che gli stessi ef-

    (4) Si consideri, infatti, che a fronte di norme che differenziano il lodo rispetto allasentenza, ve ne sono altre — in primis l’art. 819, comma 2, c.p.c. — che attribuiscono al lodol’efficacia di giudicato. Di recente, poi, l’art. 112 del D.Lgs. n. 104/2010 (Codice del pro-cesso amministrativo), a proposito dei lodi arbitrali, prevede espressamente che può essereproposta l’azione di ottemperanza per ottenere l’attuazione dei lodi arbitrali esecutivi dive-nuti inoppugnabili « al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica ammini-strazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato ».

    (5) VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino, 2010, 163 e fondamental-mente BOVE, La giustizia privata, Padova, 2009, 7, 30 ss.

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  • fetti possano essere prodotti anche in via non autoritativa: ed in talcaso non avrebbe senso la riserva dell’art. 102 Cost. (6).

    Appurato dunque che l’attività degli arbitri ha natura privati-stica, e che il lodo vincola le parti non perché agli arbitri sia attri-buito un potere autoritativo, e dunque necessariamente pubblicistico,resta da vedere se questa diversità del potere esercitato impedisca allegislatore di attribuire al lodo gli stessi effetti della sentenza.

    3. Iniziando, secondo l’ordine sopra indicato, dal contenutodel lodo, mi pare indubitabile che esso — come qualunque atto riso-lutivo di una controversia — operi determinando in modo vincolantei comportamenti leciti e doverosi che i destinatari degli effetti dellodo stesso possono e debbono tenere con riferimento ad un benedella vita protetto (7). Occorre ora verificare quale sia la resistenza ditali regole di condotta ad uno ius superveniens, ivi comprendendoanche le sentenze della Corte costituzionale che dichiarano l’illegit-timità della normativa sostanziale che disciplinava il rapporto primadella pronuncia del lodo (8).

    Il punto è fondamentale, perché talora si individua una diffe-renza specifica fra sentenza e contratto in ciò, che solo la prima re-siste allo ius superveniens mentre il secondo no. Dunque — si po-trebbe concludere — se il lodo ha efficacia non di sentenza sibbenedi contratto, la decisione arbitrale che abbia fatto applicazione di unanorma dichiarata incostituzionale (ovvero di una norma successiva-mente modificata dal legislatore con effetti retroattivi) dovrebbe per-dere effetti, e la controversia potrebbe essere sottoposta ad una nuova

    (6) Contrariamente a quanto affermato da parte della dottrina (v. per tutti FAZZALARI,Questione di legittimità costituzionale, in questa Rivista, 2005, 662 ss.; ID., Arbitrato (dir.proc. civ.), in Enc. dir., Annali II, 1, Milano, 2008, 48; MONTESANO, Le tutele giurisdizionali,cit., 47; RUFFINI, in Libertà e vincoli nella recente evoluzione dell’arbitrato, Milano, 2006,62-63), dunque, l’art. 102 Cost. riserva alla giurisdizione non già la produzione di determi-nati effetti, ma solo uno degli strumenti (quello autoritativo) per la produzione degli effettistessi. Nel senso del testo RICCI, Ancora sulla natura e sugli effetti del lodo arbitrale, in Studiofferti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, 709.

    (7) MENCHINI, Sull’attitudine al giudicato sostanziale del lodo non più impugnabilenon assistito dalla omologa giudiziaria, in questa Rivista, 1998, 777-778.

    (8) Questo è il punto centrale da esaminare. Gli altri profili, individuati dalla dottrinaper differenziare l’efficacia del lodo da quella della sentenza (MENCHINI, La natura e la disci-plina dell’eccezione con la quale è fatta valere l’effıcacia di un (precedente) lodo non impu-gnabile, in questa Rivista, 2002, 294-298), costituiscono solo profili collaterali o dipendentida quello individuato, salvo per quanto attiene all’efficacia riflessa, su cui v. infra il § 5.

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  • decisione, che tenesse conto dello ius superveniens; mentre ciò nonaccadrebbe se la stessa decisione fosse stata presa in sede giurisdi-zionale (9).

    Senonché, sono le stesse premesse a dover essere poste in di-scussione. Non vi è dubbio, infatti, che il contratto in genere non re-sista allo ius superveniens: ma a contraria conclusione si deve giun-gere se non di un qualunque contratto si tratta, sibbene di un con-tratto che ha come causa (10) la risoluzione della controversia (11). Èpacifico, infatti, in giurisprudenza che lo ius superveniens trova osta-colo in egual misura vuoi nella transazione vuoi nella sentenza (12).Ed anche il legislatore, quando disciplina l’efficacia di una normaretroattiva, accomuna costantemente la transazione alla sentenza (13).

    È singolare che l’argomento relativo alla resistenza della tran-sazione allo ius superveniens sia assente dalle più recenti trattazio-ni (14), mentre era oggetto di esame nella dottrina più antica. Già indiritto romano si affermava che la legge retroattiva opera su tutti irapporti giuridici, exceptis illis causis, quas aut iudicialis sententiaaut transactio terminavit (15). Anche in dottrina l’egual regime delle

    (9) Cosı̀ infatti RUFFINI, « Effıcacia di sentenza » del lodo arbitrale ed impugnazioneincidentale per nullità, in questa Rivista, 2000, 470; ma in senso diverso v. ID., Arbitri, di-ritto e costituzione (riflessioni a margine della sentenza della Corte costituzionale, 28 novem-bre 2001, n. 376, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 272 ss.. Solo apparentemente nello stessosenso MONTESANO, Questioni incidentali nel giudizio arbitrale e sospensioni di processi, inRiv. dir. proc., 2000, 6, il quale giunge a tale conclusione perché nega agli arbitri la possibi-lità di sollevare la questione di legittimità costituzionale (nonché di disapplicare la norma in-costituzionale): possibilità, com’è noto, riconosciuta poi dalla Corte costituzionale con lasentenza citata nel § 2; sul punto v. BRIGUGLIO, La pregiudizialità costituzionale nell’arbitratorituale e la effıcacia del lodo, in questa Rivista, 2000, 658.

    (10) O, se si vuole, come scopo: GITTI, La transazione, in I contratti di composizionedelle liti, Torino, 2005, 86.

    (11) Lo nota un’acuta dottrina: D’ALESSANDRO, Riflessioni sull’effıcacia del lodo ar-bitrale rituale alla luce dell’art. 824-bis c.p.c., in questa Rivista, 2007, 533 nota 7 (ed inCommentario alle riforme del processo civile a cura di BRIGUGLIO e CAPPONI, III, 2, Padova,2009, 964 nota 7).

    (12) Cass. 17 gennaio 2001 n. 576; Cons. Stato, Sez. VI, 18 ottobre 1993 n. 728;Cass. 4 luglio 1992 n. 8174; Cass. 23 marzo 1991 n. 3270, in Giur. it., 1992, I, 1, 1139; Cass.10 giugno 1988 n. 3956, in Arch. loc., 1989, 78.

    (13) V., ad es., l’art. 53 della Legge 3 maggio 1982 n. 203 e l’art. 37 del D.P.R. 26aprile 1986 n. 131.

    (14) Si v. ad es., GITTI, La transazione, cit. (il quale pure, nel determinare gli effettidella transazione, applica gli stessi criteri che si utilizzano per la sentenza: op. cit., 197 ss.).

    (15) Nov. 19, pr. Si v. anche il ben noto D.XXXVIII.17.1.12, secondo il quale « quaeiudicata, transacta, finitave sunt, rata maneant », che peraltro è meno significativo perchéaccomuna ipotesi — giudicato e transazione — in cui lo ius superveniens non trova applica-

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  • transazioni e delle sentenze rispetto allo ius superveniens trovava af-fermazione (16). La dottrina più recente ha peraltro chiarito, in ma-niera a me pare assolutamente convincente, che la transazione operarecidendo il « nesso di condizionalità fra fattispecie concreta ed ef-fetto giuridico previsto dalla norma astratta di legge », sostituendoconseguentemente quest’ultimo con il precetto dell’autonomia priva-ta (17).

    Non è affatto vero, dunque, che « ad essa [la giurisdizione] sol-tanto compete quella forza, la forza del giudicato, idonea ad esaurireogni potestà di giudizio su quello specifico frammento di vita e atroncare in modo irreversibile e ad ogni effetto il nesso fra la fatti-specie concreta e quella astratta » (18). Abbiamo appena visto che lostesso risultato è attinto anche dalla transazione: con il che è confer-mato che non la forza, sibbene il contenuto dell’atto, determinatodalla funzione dello stesso (19), produce l’effetto in questione (20).

    Dunque, l’attribuzione al lodo della natura privata, e la qualifi-cazione in termini privatistici del potere esercitato dagli arbitri nonconsente di fondare alcuna differenza, sotto questo profilo, fra lodo esentenza: ed anzi consente di mettere un primo tassello volto a giu-stificare l’equiparazione, sotto il primo dei profili che qui interes-sano, fra (contenuto del)la sentenza e (contenuto de) il contratto cherisolve la controversia. Equiparazione che — lo anticipiamo — co-stituirà il fil rouge del presente lavoro.

    Dal punto di vista del contenuto dell’atto, deve quindi essererivalutato quanto già affermato da L. 20 C. de transact. 2.4 (21), dal-l’art. 2052 del code Napoléon (22) e dall’art. 1772 del nostro previ-

    zione perché viene reciso il nesso fra fattispecie concreta e norma, da altre ipotesi, in cui lanorma sopravvenuta non trova applicazione perché sussiste un fatto che osta all’applicazionedella stessa (ad es., prescrizione, usucapione, estinzione per non uso etc.).

    (16) SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, VII, Torino, 1896, 516-520; CAM-MEO, L’interpretazione autentica, in Giur. it., 1907, IV, 348-349; GIANTURCO, Sistema di dirittocivile italiano, I, Napoli, 1909, 115; BUTERA, Transazione, in Dig. it. XXIII, 1, Torino, 1916,1750; ID., Delle transazioni, Torino, 1933, 319-320.

    (17) CAPONI, L’effıcacia del giudicato civile nel tempo, Milano, 1991, 188. In giuri-sprudenza, da ultimo, Cass. 6 agosto 2010, n. 18359.

    (18) Cosı̀ PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit., 832.(19) CAPONI, L’effıcacia, cit., 194.(20) Sul punto v. anche BRIGUGLIO, La pregiudizialità costituzionale, cit., 659 ss.(21) Secondo il quale non minorem auctoritatem transactionum quam rerum iudica-

    tarum esse recta ratione placuit.(22) Secondo il quale les transactions ont, entre les parties, l’autorité de la chose

    jugée en dernier ressort.

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  • gente c.c. (23). In verità, se la cosa giudicata sostanziale viene defi-nita come « la legge del caso concreto » che « si sostituisce in tuttoe per tutto, rendendola irrilevante, alla fonte normativa del rapportoche essa regola » (24), non è chi non veda come la stessa definizionesi attagli anche alla transazione e più in generale al contratto risolu-tivo di una controversia. Come è dimostrato dal fatto che quanto sta-tuito nella sentenza e quanto convenuto nel contratto finalizzato allarisoluzione di una controversia operano esattamente nella stessa ma-niera e sono sottoposti alla medesima disciplina.

    E solo un errore di prospettiva può negare che alla transazionesia ricollegata la cosa giudicata sostanziale, contestando « il dogmadell’immutabilità della transazione » (25), quando l’immutabilità at-tiene non al contenuto, ma all’invalidità e quindi al regime giuridicodell’atto: semmai, dunque, al giudicato formale e non a quello so-stanziale (26). Ora, è evidente — o, almeno, a me cosı̀ pare — che lapossibilità di far valere l’invalidità dell’atto in tempi e modi diversinon incide affatto sul contenuto dell’atto stesso: cosı̀ come la stabi-lità della sentenza derivante dall’art. 161, comma 1, c.p.c. niente haa che vedere con il contenuto della stessa che — finché la sentenzaed il contratto sono validi — è perfettamente coincidente con quellodel contratto che, come la sentenza ed il lodo, sia finalizzato alla ri-soluzione di una controversia.

    La conclusione mi sembra palese: non vi è alcun ostacolo siste-matico ad attribuire al lodo, sotto il profilo esaminato dei rapporticon lo ius superveniens, un contenuto coincidente con quello dellasentenza, poiché anche il contratto finalizzato alla risoluzione di unacontroversia ha contenuto coincidente con quello della sentenza. Edunque la natura privatistica-contrattuale del lodo non rileva sottoquesto profilo.

    (23) Secondo il quale le transazioni hanno fra le parti l’autorità di una sentenza ir-revocabile.

    (24) Sono parole di MONTESANO, Le tutele giurisdizionali, cit., 268-269: ma nella so-stanza si tratta di definizione pacifica.

    (25) Cosı̀ il titolo del § 1 del lavoro di GITTI, La transazione, cit.(26) V. sul punto LAURENT, Principii di diritto civile, I ed., XXVIII, 290-291, il quale

    afferma che l’eccezione di transazione coincide con l’eccezione di cosa giudicata, ma rico-nosce che le transazioni possono essere impugnate come ogni contratto, mentre le sentenzepassate in forza di cosa giudicata non sono riformabili. Dov’è evidente — e sul punto ritor-neremo in seguito — la differenza fra la cosa giudicata sostanziale e la cosa giudicata for-male; fra il contenuto della sentenza ed il suo regime giuridico.

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  • 4. Altra divergenza fra sentenza e lodo è talvolta individuatain ciò che la sentenza e non il lodo produrrebbero un accertamentorelativo all’esistenza ed alla qualificazione del rapporto giuridicofondamentale (27).

    Non è il caso, ovviamente, di discutere in questa sede se siacorretto o meno affermare che il giudicato si estende al rapporto giu-ridico fondamentale secondo la tecnica del c.d. antecedente logiconecessario. Diamo per scontato che cosı̀ accada, e chiediamoci se ciòsia conseguenza della natura pubblicistico-autoritativa della sen-tenza, che il lodo non ha.

    Ora, la ragion d’essere dell’efficacia della sentenza sul rapportofondamentale è correttamente individuata nella necessità di garantireche — laddove fra i più effetti dello stesso rapporto vi sia una strettainterdipendenza, come accade nei rapporti sinallagmatici — la sta-tuizione relativa ad un effetto si coordini con le successive statui-zioni relative agli altri effetti del medesimo rapporto (28). Sicché, ovead es., a Tizio sia riconosciuto verso Caio un credito per il paga-mento di un canone di locazione, e Caio successivamente avanzi unapretesa relativa alla durata legale dello stesso rapporto, Tizio nonpossa opporre che non di locazione si tratta ma di comodato.

    Chiediamoci dunque quali conseguenze avrebbe un accordo fraTizio e Caio, con il quale — a seguito di una controversia sorta fragli stessi — Caio si impegnasse a pagare una certa somma a titolo dicanoni di locazione: mi pare indubitabile che l’accordo in questionesia idoneo a qualificare il rapporto, in relazione al quale il pagamentoviene effettuato, come rapporto di locazione. Al pari di quanto sopravisto, sarebbe assurdo che Tizio, dopo aver ricevuto ed accettato ilpagamento a titolo di canone di locazione, sostenesse poi che inrealtà il rapporto deve essere qualificato come comodato.

    Se, dunque, il fondamento dell’estensione degli effetti dellasentenza al rapporto fondamentale sta in ciò, che una volta determi-nata una certa disciplina di uno degli effetti del rapporto, anche ladisciplina degli altri effetti si deve coordinare a quello che è statooggetto di decisione, mi sembra indubitabile che, quando le parti di-

    (27) ODORISIO, Prime osservazioni sulla nuova disciplina dell’arbitrato, in Riv. dir.proc., 2006, 268; AULETTA, Art. 824-bis, in La nuova disciplina dell’arbitrato a cura di MEN-CHINI, Padova, 2010, 427. Contra BOVE, La giustizia privata, cit., 166.

    (28) V. fondamentalmente MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano,1987, 109 ss.

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  • sciplinano negozialmente uno degli effetti del rapporto, anche gli al-tri effetti si coordinano alla disciplina del primo.

    Pertanto, pure sotto questo profilo nessuna differenza vi è fra lasentenza ed il contratto finalizzato alla risoluzione di una controver-sia; nessuna rilevanza ha, dunque, la natura privatistica-consensualedel lodo per giustificare una sua diversa efficacia rispetto alla sen-tenza, poiché l’effetto è ricollegabile non al tipo di potere esercitato,ma ancora una volta al contenuto dell’atto.

    5. Discorso analogo deve essere fatto per quelle opinioni, chenegano che il lodo faccia stato « ad ogni effetto », e dunque producaeffetti (riflessi) vincolanti sui diritti dipendenti (29). Si ipotizza, dun-que, che il lodo, che condanna Tizio a pagare una certa somma aCaio, non sarebbe vincolante, laddove fra Tizio e Caio successiva-mente sorgesse controversia sugli interessi, in ordine all’esistenzadel credito principale.

    Chiediamoci dunque: se fra Tizio e Caio si stipula una transa-zione, in virtù della quale Tizio si impegna a pagare a Caio una certasomma, e successivamente sorge controversia sugli interessi, si potràcontestare l’esistenza del credito principale? La risposta mi sembrachiaramente negativa: ne consegue che nessun rilievo ha l’attribu-zione al lodo della natura privatistica-consensuale, poiché nessunadifferenza vi è sotto questo profilo fra sentenza e contratto, e dunquenessuna differenza vi è fra lodo e sentenza. Ancora una volta non èil tipo di potere esercitato (ed in virtù del quale tale atto è vincolante)che produce l’effetto riflesso, ma il contenuto dell’atto.

    In verità — tirando le fila di quanto detto in questo paragrafo enel paragrafo precedente — se, come abbiamo visto, il contratto fi-nalizzato alla risoluzione della controversia e la sentenza operanonello stesso modo, sostituendo (o sovrapponendo) (30) una regola di

    (29) PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit., 833-834, il quale afferma che l’art. 2909c.c. collega il fare stato ad ogni effetto solo alla sentenza. Ma l’art. 2909 c.c., nell’affermareche l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto, inalcun modo riserva alla sola sentenza una tale efficacia.

    Parte della dottrina nega invece che il lodo abbia effetti riflessi sui diritti dipendentinon perché esso sia atto non autoritativo, ma perché esso non applica il diritto oggettivo alcaso concreto, sicché gli effetti riflessi sono negati anche alla sentenza che decide in viaequitativa (e che pure è atto autoritativo): MONTESANO, Le tutele giurisdizionali, cit., 273-276.

    (30) È chiaro, nell’alternativa, il riferimento ai due diversi modi con cui può operare

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  • condotta concreta alla disciplina generale ed astratta, anche in rela-zione agli effetti sul rapporto pregiudiziale e sui diritti dipendentinon vi può essere diversità fra i due strumenti. L’efficacia vincolantesul rapporto pregiudiziale e sui diritti dipendenti, infatti, non derivadal tipo di atto che la produce, ma dal contenuto dello stesso: è ilcontenuto dell’atto che, operando la sostituzione (o la sovrapposi-zione), fa sı̀ che quanto determinato dall’atto costituisca l’unicarealtà rilevante fra le parti. Sicché, quando successivamente si di-scute fra le parti di tale realtà — e non importa che se ne discuta atitolo principale, o come presupposto rilevante con riferimento ad undiverso bene della vita — essa sola può essere presa in considerazio-ne (31).

    6. Uno dei punti più delicati e problematici del problema chestiamo affrontando riguarda indubbiamente gli effetti del lodo neiconfronti dei terzi (32): ma, come vedremo fra poco, esso è un veroe proprio trompe l’œil.

    Iniziamo dal profilo più importante: l’efficacia verso i terzi, ti-tolari di situazioni sostanziali dipendenti da quella decisa. Non vi èdubbio, sotto questo profilo, che il potere autoritativo, su cui si fondala giurisdizione e che rende vincolante quanto statuito nella sentenza,è potenzialmente in grado di rendere la sentenza vincolante ergaomnes, poiché appunto è un potere che prescinde dal consenso deidestinatari. Viceversa, non vi è egualmente dubbio che il contratto,in quanto fondato sul consenso, non è in grado di produrre effetti nei

    la cosa giudicata sostanziale, e che trovano corrispondenza nella teoria sostanziale e nellateoria processuale del giudicato.

    (31) Questa considerazione consente di superare anche le obiezioni che, contro l’ef-ficacia riflessa del lodo sui diritti dipendenti, sono state tratte dai limiti dell’accordo compro-missorio (PUNZI, « Effıcacia di sentenza », 833-834). Infatti, che il diritto dipendente sia omeno ricompreso nella convenzione di arbitrato rileva solo per stabilire a chi spetta deciderela controversia sul diritto dipendente, e non già per escludere che la decisione sul rapportopregiudiziale sia vincolante quando essa sia opera di un soggetto diverso da quello che ha ilpotere di decidere sulla controversia relativa al diritto dipendente. Altrimenti si dovrebberoconcludere che, decisa in sede giurisdizionale la controversia relativa al diritto pregiudiziale,nella controversia sul diritto dipendente deferita in arbitrato la precedente decisione non ab-bia efficacia.

    (32) Che parte della dottrina nega: PUNZI, « Effıcacia di sentenza », 834; CONSOLO, Leimpugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2008, 376; AULETTA, Art. 824-bis, cit., 425ss.; RUFFINI, Il giudizio arbitrale con pluralità di parti, in Studi in onore di Montesano, Pa-dova, 1997, I, 680. Ma v. sul punto BOCCAGNA, L’impugnazione per nullità del lodo, Napoli,2005, 162 ss. testo e nota 19.

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  • confronti di coloro che tale consenso non abbiano manifestato. Sic-ché, con riferimento al lodo, vuoi la necessaria volontarietà dell’ar-bitrato vuoi la natura privatistico-consensuale del lodo non permet-tono di estendere gli effetti del lodo se non a coloro che alla via ar-bitrale abbiano consentito in via diretta o indiretta.

    Senonché, alla astratta, potenziale illimitatezza soggettiva delpotere giurisdizionale pongono un limite, costituzionalmente neces-sario, le norme che garantiscono il principio del contraddittorio ed ildiritto di difesa. Pertanto, se anche è vero che in potenza tutti i tito-lari di diritti dipendenti sono vincolati alla sentenza emessa interalios sul rapporto pregiudiziale; se, dunque, è possibile che, inastratto, attraverso la giurisdizione trovi realizzazione il principiodella absolute Wirkung der relative Feststellung (33); tuttavia il ne-cessario rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di di-fesa impedisce che ciò accada: donde anche la sentenza trova dei li-miti soggettivi ai suoi effetti, pur potenzialmente illimitati.

    Se andiamo più in dettaglio, vediamo che i terzi, titolari di di-ritti ed obblighi dipendenti da quello oggetto della decisione, si deb-bono dividere in due categorie: quelli con titolo posteriore e quellicon titolo anteriore alla litispendenza.

    Rispetto ai primi, il combinato disposto degli artt. 111, comma4, c.p.c. e 2909 c.c. prevede che la decisione inter alios sia per essivincolante: e la giustificazione sta nel fatto che in tali (come in altri)casi la tutela del diritto di azione della parte vittoriosa, di cui alprimo comma dell’art. 24 Cost., prevale sul diritto di difesa del-l’avente causa della parte soccombente, di cui al secondo commadell’art. 24 Cost.

    In relazione a costoro, l’art. 816-quinquies, ult. comma, c.p.c.,nell’affermare che all’arbitrato « si applica l’articolo 111 », nonchéle disposizioni che prevedono la trascrivibilità della domanda propo-sta in sede arbitrale al pari di quella proposta in sede giurisdizionale(artt. 2652 e 2653 c.c.), equiparano in tutto e per tutto gli effetti dellodo arbitrale e quelli della sentenza nei confronti dei terzi titolari didiritti ed obblighi dipendenti da quello oggetto di decisione, ogniqual volta il titolo degli stessi sia posteriore alla proposizione delladomanda.

    (33) Come magistralmente illustrato da MENDELSSOHN BARTHOLDY, Grenzen der Re-chtskraft, Lipsia, 1900, 509 ss.; da ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935,87 ss.; e da FABBRINI, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo, Milano, 1964, 102 ss.

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  • Per quanto riguarda i terzi titolari di diritti ed obblighi con ti-tolo anteriore alla litispendenza, la loro posizione in linea di princi-pio è di immunità dagli effetti della sentenza inter alios, poiché inquesto caso non vi è alcuna ragione per privilegiare il diritto diazione della parte vittoriosa la quale — se avesse voluto una sen-tenza efficace anche verso un avente causa, il cui titolo era già esi-stente quando egli ha proposto la domanda — ben avrebbe potutoestendergli il contraddittorio, avvertendolo della pendenza del pro-cesso e facendogli assumere il ruolo di parte.

    Sicché — ma qui non è ovviamente possibile dilungarsi sull’ar-gomento (34) — gli unici casi nei quali è giustificato che una sen-tenza produca effetti nei confronti di terzi, qualora il titolo da cui na-scono i loro diritti o gli obblighi sia antecedente alla proposizionedella domanda, si hanno quando è lo stesso diritto sostanziale a co-struire la posizione di costoro come esposta alle modifiche della si-tuazione pregiudiziale, da qualunque fonte esse siano prodotte, edunque tanto dalla sentenza pronunciata nei confronti delle parti delrapporto pregiudiziale, quanto dal contratto da esse stipulato e chequel rapporto pregiudiziale abbia ad oggetto (35).

    Se cosı̀ è — ed a mio avviso non può essere che cosı̀, perchéaltrimenti il diritto di difesa del terzo osta all’esplicarsi nei suoi con-fronti dell’efficacia della sentenza, che pure è potenzialmente illimi-tata — ne deriva che ancora una volta fra lodo e sentenza non vipossono essere differenze, perché in realtà non vi sono differenze frasentenza e contratto (36).

    7. Se i terzi in questione non sono i titolari di situazioni di-pendenti da quella decisa, ma i terzi che, in quanto « esercenti fun-

    (34) Sia consentito rinviare a quanto esposto in LUISO, Principio del contraddittorioed effıcacia della sentenza verso terzi, Milano, 1981, 84 ss.

    (35) Non è quindi fondata l’affermazione di RICCI, Ancora sulla natura, cit., 712, ilquale ritiene che — nella fattispecie descritta dall’art. 1595, comma 3, c.c. — solo la sen-tenza, e non il contratto, potrebbe produrre effetti sfavorevoli per il subconduttore. In realtà,è proprio perché il rapporto di locazione principale può venir meno anche in virtù di un ne-gozio che si giustifica l’efficacia verso il subconduttore della sentenza che produca lo stessorisultato.

    (36) Del resto, che una qualche efficacia verso i terzi il lodo la debba esplicare si ri-cava senza ombra di dubbio dall’art. 831 c.p.c., laddove si prevede che il terzo possa pro-porre opposizione di terzo revocatoria nei confronti del lodo: MENCHINI, Sull’attitudine algiudicato, cit., 779. Non è quindi corretta l’opinione di LA CHINA, L’arbitrato, Milano, 2007,212, secondo il quale i terzi possono subire dal lodo solo pregiudizi « di fatto ».

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  • zioni pubbliche » (37), sono indifferenti, la situazione a mio avvisonon cambia.

    Infatti: l’attribuzione dell’efficacia esecutiva non necessaria-mente avviene « per il tramite di una pubblica potestà » (38), poichél’art. 474 c.p.c. — che, si noti, attribuisce efficacia esecutiva anchealle sentenze, parificandole, quindi, a tutti gli altri titoli esecutivi —prevede che abbiano efficacia esecutiva anche atti che autoritativinon sono. Sicché l’exequatur del lodo è frutto di una scelta di oppor-tunità del legislatore, non già di una necessità costituzionale (39).

    Con riferimento, invece, ai conservatori di pubblici registri, ladiversa disciplina della sentenza e del lodo si fonda sulla qualità diatto pubblico della prima e di scrittura privata non autenticata delsecondo. Ma non sembra che tale diversità possa incidere sull’art.824-bis c.p.c., e specificamente che la mancanza di trascrivibilità dellodo non munito di exequatur determini una deminutio degli effettidi cui a detta norma, posto che sotto questo profilo la sentenza è pa-rificata ad un atto notarile che è sı̀ atto pubblico, ma non certo fruttodi imperium!

    8. Volendo concludere questa prima parte dell’indagine, dedi-cata al raffronto fra gli effetti del lodo e quelli della sentenza dalpunto di vista del loro contenuto, mi sembra che si possa concludereche ha ragione quella dottrina, che insiste nella natura privatistico-consensuale del lodo e nega che esso possa essere ascritto all’attivitàgiurisdizionale, e quindi avere natura pubblicistico-autoritativa. Tut-tavia, tale dottrina non può essere seguita laddove ritiene che, inconseguenza della sua natura autoritativa, la sentenza possa avereeffetti maggiori di quelli del lodo, poiché, in realtà, la sentenza nonha effetti maggiori di un contratto che abbia risolto la stessa contro-versia: né in ordine alla « tenuta » rispetto allo ius superveniens, né

    (37) AULETTA, Art. 824-bis, cit., 427(38) AULETTA, Art. 824-bis, cit., 428. Conf. LA CHINA, L’arbitrato, cit., 211; VITALE,

    Deposito del lodo (art. 825 c.p.c.), in Commentario alle riforme del processo civile a cura diBRIGUGLIO e CAPPONI, III, 2, Padova, 2009, 983; ID., L’ottemperanza al giudicato arbitrale, inStudi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, 886.

    (39) Conf. RICCI, 700, il quale a ragione afferma che l’esecutività « finisce per essereun carattere solo esteriore dell’istituto, se si considera che essa può spettare anche ad attimeramente privati ».

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  • in ordine ai rapporti pregiudiziali o dipendenti da quello oggetto didecisione, né nei confronti dei terzi (40).

    Ma se un atto non autoritativo quale il contratto — non un qua-lunque contratto, si badi bene: bensı̀ un contratto che abbia comecausa (o come scopo) la risoluzione della controversia — ha i mede-simi effetti della sentenza, allora anche il lodo, pur essendo un attoprivato e non pubblico, può avere gli stessi effetti della sentenza. Edunque la conferma di quella che è la lettura piana ed immediatadell’art. 824-bis c.p.c. non si ha elevando il lodo ad piano « supe-riore » rispetto alla sua natura privata, ma constatando che la diffe-renza fra contratto, arbitrato e giurisdizione sta nei rispettivi presup-posti e disciplina, ma non nel risultato, che è perfettamente equiva-lente. Si tratta, in definitiva, di vie alternative che conducono allamedesima meta.

    9. Affrontiamo ora l’altro profilo dell’indagine: dopo averescluso che, in ordine al suo contenuto, gli effetti del lodo diverganonecessariamente da quelli della sentenza in ragione del suo fondamentoprivatistico-consensuale, vediamo ora se il lodo possa essere contestatoin ragione della sua « ingiustizia » in misura diversa da quella cui èsoggetta la sentenza (ovviamente passata in giudicato formale).

    Da questo punto di vista è facile constatare che i mezzi di im-pugnazione utilizzabili avverso il lodo non impugnato sono gli stessiche possono essere utilizzati avverso la sentenza passata in giudicatoformale. Sicché la questione potrebbe dirsi presto chiusa, se nonfosse che sotto taluni profili quella dottrina la quale, affermando(correttamente) la natura privata del lodo, ritiene (non correttamente)che gli effetti del lodo non possano essere equivalenti a quelli dellasentenza, avanza delle esigenze sistematiche che non possono esserefacilmente disattese.

    Intendo riferirmi all’affermazione secondo cui il lodo, qualemanifestazione dell’autonomia privata, non può non incontrare i li-miti di questa con riferimento alla disponibilità dei diritti ed al ri-spetto delle norme inderogabili di ordine pubblico (41).

    (40) Non si capisce, dunque, in cosa si manifesti la peculiare « irretrattabilità e in-controvertibilità » della sentenza, affermata da PUNZI, « Effıcacia di sentenza », 836; ID., An-cora sulla delega, cit., 980; ID., Relazioni fra l’arbitrato, cit., 397.

    (41) PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit., 831; ID., Ancora sulla delega, cit., 968, 970,976; ID., Luci e ombre, cit., 433; ID., Relazioni fra l’arbitrato, cit., 399.

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  • Relativamente alla disponibilità dei diritti in verità il problemanon si pone, poiché in materia di diritti indisponibili il lodo è radi-calmente nullo/inesistente, ed improduttivo di effetti ancorché nonimpugnato. In altri termini, la invalidità del lodo perché pronunciatoin materia di diritti indisponibili si sottrae all’onere dell’impugna-zione, e può essere rilevata — come la sentenza c.d. inesistente —in ogni tempo, luogo e da parte di chiunque. Tale constatazione mo-stra che l’assenza di un rimedio analogo a quello previsto dall’art.397 c.p.c., talvolta lamentata in dottrina (42), in realtà non è fondata,posto che l’art. 397 c.p.c. riguarda appunto controversie relative adiritti indisponibili (43).

    Rimane, ed è un problema di non poco conto, quello del lodocontenente disposizioni contra legem, che — se contenute in unatransazione o in un altro contratto risolutivo della controversia —darebbero luogo a nullità dello stesso, rilevabile anche di ufficio inogni momento ed in ogni luogo.

    Ora, com’è noto, nell’arbitrato la questione in esame viene inrilievo sotto il profilo della contrarietà all’ordine pubblico, che non ènecessariamente un profilo di « ingiustizia » della sentenza (44) nécoincide con la violazione di norme inderogabili (45), e che costitui-sce unicamente motivo di impugnazione del lodo. Sicché, si deveconcludere, ove il lodo non sia impugnato, la contrarietà all’ordinepubblico perde rilevanza (46).

    La conseguenza dell’aver dato rilievo alla contrarietà all’ordinepubblico unicamente come motivo di impugnazione del lodo, desti-nata quindi a perdere rilevanza se il lodo non è impugnato, non è dicerto illogica, ed è stata avallata anche dalla Corte di giustizia nellaben nota decisione Benetton - Eco Swiss (47).

    (42) RUFFINI, « Effıcacia di sentenza », cit., 470; PUNZI, « Effıcacia di sentenza », cit.,832, 841; ID., Ancora sulla delega, cit., 979; ID., Luci e ombre, cit., 433.

    (43) CARPI, Effıcacia del lodo, cit., 599.(44) Ciò accade quando la corretta applicazione della normativa sostanziale

    « esterna », cui è sottoposto il rapporto, determina conseguenze inaccettabili per l’ordina-mento in cui il lodo è chiamato a produrre i suoi effetti.

    (45) Poiché non ogni violazione di norma inderogabile determina contrarietà all’or-dine pubblico, ma solo quella che produca conseguenze contrarie all’ordine pubblico: sulpunto v. MENCHINI, Impugnazioni del lodo « rituale », in questa Rivista, 2005, 864.

    (46) MENCHINI, Impugnazioni del lodo, cit., 861.(47) Corte giust. CE, 1o giugno 1999, C-126/1997, in questa Rivista, 2000, 235.

    Nello stesso senso si v. anche Corte giust. CE, 6 ottobre 2009, C-40/08 Asturcom.

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  • A mio avviso, tuttavia, sarebbe più opportuna (48) una disci-plina analoga a quella esistente in Francia e Germania, ove la con-trarietà all’ordine pubblico può essere rilevata di ufficio anche al difuori dell’impugnazione del lodo (49), poiché in effetti sembra incon-gruo che uno strumento che si fonda sull’autonomia privata, comel’arbitrato, possa produrre effetti contrari all’ordine pubblico senzache sia garantita l’esistenza di una sede, in cui tale contrarietà possaessere rilevata di ufficio.

    The Author examines article 824-bis of the Italian Code of Civil Procedure,acknowledging that the private and consensual nature of the award, which cannotbe ascribed to jurisdictional activity, and that neither can have a public-authorita-rian nature.

    The purpose of the essay is to examine whether such diversity is capable ornot of determining the conclusion whereby the effects of an award would be diffe-rent from those of a judgment.

    To this aim, the Author performs a comparative analysis of awards and ju-dgments which are no longer challengeable, by studying both their content (opera-tive, objective and subjective content) and their validity.

    As to the former, the Author concludes that the effects arising from an awardare as well as those arising from a judgment. Indeed, the award does not producefewer effects than those produced by a judgment, neither regarding its resistance tothe supervening law, nor with respect to rights or relations that are conditions ofor dependant from the rights in dispute, nor regarding third parties.

    Regarding the latter, the Author distinguishes between the case of an awardthat decided on a matter which could not be subject to arbitration and the case ofan award rendered contra legem. In the first case, there would be no differencesfrom judgments: the award in question, to be considered as inexistent, can be san-ctioned anytime by anyone. With reference to the second case, the Author acknow-ledges the existence of a gap, as in arbitration an award contra legem would beconsidered as in breach of public policy, ground that can only be raised whilstchallenging the award for nullity and nowhere else. The Author thus concludes byhighlighting the usefulness of provisions such as the ones contained in the Frenchand German systems, that allow the courts, also out of a proceedings for annul-ment, to contest the breach of public policy even by their own motion.

    (48) Conf. MENCHINI, Impugnazioni del lodo, cit., 861.(49) Sia consentito rinviare a LUISO, L’impugnazione del lodo di equità, in questa Ri-

    vista, 2002, 465.

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  • Ricusazione giudizialee ricusazione « amministrata » dell’arbitro

    LAURA BERGAMINI (*)

    1. Introduzione. — 2. I rapporti tra ricusazione amministrata e giudiziale. —3. Inderogabilità dello strumento giudiziale posto a tutela dell’imparzialitàdel giudicante. — 4. Imparzialità dell’arbitro. — 5. Il procedimento ex art.815 c.p.c. non è uno strumento di ordine pubblico. — 6. La ricusazione giu-diziale può essere sostituita da un equivalente meccanismo negoziale di ricu-sazione. — 7. L’accertamento della parzialità dell’arbitro è riservato al giu-dizio di impugnazione del lodo. — 8. Conclusioni.

    1. È opinione pacifica che le parti possano affidare ad un pri-vato il potere di rimuovere l’arbitro sospetto di parzialità. L’adozione— anche per rinvio ad un regolamento arbitrale — di un meccani-smo negoziale di ricusazione (in seguito, ricusazione convenzionaleo amministrata) non precluderebbe, però, secondo l’opinione ampia-mente condivisa, la ricusabilità dell’arbitro ex art. 815 c.p.c. (in se-guito, anche ricusazione giudiziale). Secondo l’opinione prevalente,infatti, l’ordinamento italiano risolverebbe i rapporti tra ricusazionegiudiziale e ricusazione amministrata secondo il modello delle vieparallele: i due meccanismi, diversi ma concorrenti nella tutela del-l’imparzialità dell’arbitro, potrebbero svolgersi parallelamente finoall’accoglimento dell’istanza in una delle due sedi (1). Tale regime,stante l’abrogazione degli artt. 832-838 c.p.c., sarebbe applicabile adogni procedura arbitrale con sede in Italia, anche se caratterizzata daprofili di internazionalità (2).

    (*) Dottore di ricerca nell’Università Luiss Guido Carli di Roma.(1) Per tutti, E.F. RICCI, Le rapport entre règles prévues par la loi et règlements des

    institutions arbitrales en matière de récusation des arbitres en droit italien: conflit ou con-ciliation?, in L’impartialité du juge et de l’arbitre, Etude de droit comparé sotto la direzionedi VAN COMPERNOLLE e TARZIA, Bruxelles, 2006, 263. Ma v. infra par. 2.

    (2) Per i margini di rilevanza della figura dell’arbitrato transnazionale nel regime

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  • Il regime italiano si distinguerebbe cosı̀ dalle soluzioni accoltein ordinamenti tradizionalmente considerati « arbitration frien-dly » (3). Si pensi, ad esempio, all’ordinamento francese, nel qualegiurisprudenza costante consente, nell’ambito di arbitrati internazio-nali, la deroga del procedimento di ricusazione giudiziale in favoredi meccanismi amministrati equivalenti (4). Si pensi all’analogo re-gime previsto dall’art. 180, comma 3, della Loi de Droit Internatio-nal Privé (LDIP) svizzera (5) e dalla Sez. 11 dell’Arbitration Act

    post riforma, BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, in questa Rivista, 2005,679, 685.

    (3) Una soluzione analoga sembra essere adottata, nonostante le critiche di partedella dottrina, dalla giurisprudenza olandese, Juge de provision, Trib. Rotterdam, 8 giugno2006, in Gaz. Pal., 21 marzo 2009, 57 s., con nota di INGEN - HOUSZ (secondo cui « vu lesdélais contraignants prévus audit article, rien ne permet de considérer que le législateur asouhaité laisser de la place à une “phase intermédiaire” obligatoire. En tout cas, dans laprésente affaire, le droit n’autorise pas à considérer que le non-aboutissement à ce stade dela procédure NAI doive conduire à l’irrecevabilité de la requête ou au report de la décisiondu juge au delà de celle du NAI. Ceci signifie qu’Exel a valablement pu engager la présenteprocédure indépendamment de l’achévement de la procédure devant le NAI »). La Commis-sione di riforma del diritto dell’arbitrato, presieduta dal Prof. Albert Van den Berg, ha pro-posto di disciplinare i rapporti fra ricusazione amministrata e giudiziale, introducendo, nel-l’art. 1035 del c.p.c., un nuovo comma, ai sensi del quale « Au cas où le tiers désigné par lesparties jugerait la demande de récusation irrecevable ou infondée, celle-ci ne peut plus êtresoumise au juge des provisions, sans préjudice du recours en annulation », INGEN - HOUSZ,ivi, 58.

    (4) TGI Paris, Etat du Dubai et société Dubai Drydocks c. Halcrow et F. Mc Wil-liams, in Rev. Arb., 1993, 455; TGI Paris, Republique de Guinée c. MM R. et O., 23 giugno1988, in Rev. Arb., 1988, 657; App. Paris, 15 maggio 1985, Raffıneries de pétrole d’Homs etde Banias c. Chambre de Commerce Internationale, in Rev. Arb., 1985, 141 (indirettamente).Benché unanime nel negare natura di ordine pubblico alla disposizione che consacra la ricu-sazione giudiziale dell’arbitro (art. 1463 NCPC), la dottrina è incerta su se tale rimedio possaessere sostituito dalla ricusazione amministrata nell’arbitrato domestico, ex pluribus, FOU-CHARD, La coopération du President du Tribunal de grande instance à l’arbitrage, in Rev.Arb., 1985, 17 s.; PLUYETTE, Le point de vue du juge, in Rev. Arb., 1990, 357; ROBERT, notaa TGI Paris, 15 gennaio 1988, in Rev. Arb., 1988, 323; contra, ex pluribus, METZGER, nota aApp. Paris, 15 maggio 1985, in Rev. Arb., 1986, 87. Il decreto n. 2011-48 del 13 gennaio2011 concernente la riforma del diritto dell’arbitrato (pubblicato quando questo articolo erain bozze) ha regolato espressamente la materia, prevedendo agli artt. 1454 e 1456 che lecontroversie relative alla costituzione del tribunale arbitrale e al « mantient de l’arbitre » de-vono essere definite « par la personne chargée d’organiser l’arbitrage ou, à défaut, tranchée[s]par le juge d’appui ».

    (5) Il concordato intercantonale sull’arbitrato (27 marzo 1969, RS 279, nel seguitoCIA), disciplina oggi applicabile solo alle procedure domestiche, esclude, invece, la deroga-bilità del meccanismo giudiziale di ricusazione qualificando di « impérati[f] » (art. 1, comma3, CIA) l’art. 21, comma 1 (« En cas de contestation, l’autorité judiciaire prévue à l’article3 statue sur la récusation »). Alla luce di tale norma, la giurisprudenza ha negato efficaciaagli accordi con cui le parti prevedano meccanismi convenzionali di ricusazione (BGE 111Ia 255, consid. 2 f), analogamente BGE 111 Ia 259 consid. 2a e 3a, disponibili sul sito in-

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  • svedese (SAA). Si pensi, altresı̀, al regime adottato dalla Legge Mo-dello Uncitral (e dalle legislazioni ad essa ispirate), nel quale i rap-porti tra ricusazione amministrata e giudiziale sono scanditi da unarigida sequenzialità temporale (6). Il rischio è, dunque, che il temadei rapporti fra ricusazione amministrata e giudiziale confermi l’im-pressione, talvolta espressa dagli operatori stranieri, che l’ordina-mento italiano non costituisca una sede in grado di rispondere alleesigenze dell’arbitrato internazionale.

    La tesi che questo articolo propone è che il dato normativo e lafunzione riservata, nel nostro ordinamento, alla ricusazione dell’ar-bitro suggeriscono una ricostruzione, diversa da quella dominante,coerente con le più sofisticate esperienze straniere ed adeguata nel-l’assicurare l’imparzialità dell’arbitro. In arbitrati con sede in Italia,le parti sembrerebbero, infatti, poter affidare la ricusazione dell’arbi-tro, in via esclusiva, ad un meccanismo negoziale equivalente alprocedimento ex art. 815 c.p.c. (accettato dagli arbitri). La tuteladell’imparzialità dell’arbitro sembrerebbe, invece, inderogabilmenteattuata attraverso la possibilità di suscitare l’accertamento e la deci-sione sul vizio, già valutato in sede di ricusazione giudiziale o am-ministrata, nel giudizio di impugnazione del lodo.

    2. Prima dell’intervento del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ladottrina maggioritaria riteneva che il procedimento di ricusazionegiudiziale potesse essere derogato in favore di un meccanismo con-venzionale soltanto in procedure arbitrali internazionali (7). Nelleprocedure domestiche le parti non avrebbero potuto né derogare ladisciplina posta dall’art. 815 c.p.c. (stante il divieto di processo con-

    ternet www.polyreg.ch), escludendo che essi possano avere l’effetto di precludere — defini-tivamente o temporaneamente — l’azionabilità del meccanismo legale. Il regime previstodall’art. 180, comma 3, fu introdotto in ragione delle severe critiche circa l’opportunità diadottare una simile disciplina nell’ambito di procedure internazionali (ex pluribus, FOUCHARD,Les institutions permanentes d’arbitrage devant le juge étatique (A propos d’une jurispru-dence récente), in Rev. Arb., 1987, 268).

    (6) V. infra par. 3.(7) V. autori nota successiva. Secondo una ricostruzione minoritaria, invece, le parti

    avrebbero potuto derogare il regime previsto dall’art. 815 c.p.c. anche in procedure domesti-che: l’art. 836 c.p.c. si sarebbe, infatti, limitato ad esplicitare un principio generale, non po-tendo la ricusabilità giudiziale dell’arbitro essere ricostruita come un valore essenziale e in-derogabile (GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub art. 815, Ricusazione degli arbitri, in Arbitrato a curadi CARPI, Bologna, 2006, 302; in giurisprudenza, Ord. Pres. Trib. Lucca, 20 luglio 2004, inCG, 2005).

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  • venzionale), né rinunciare all’istituto (tout court (8) o in favore di unmeccanismo di ricusazione amministrata (9)) perché posto a tutela diun diritto indisponibile (10), costituzionalmente garantito e di ordinepubblico (11), l’imparzialità dell’arbitro (12).

    Mentre, quindi, l’adozione — anche per rinvio ad un regola-mento amministrato (13) — di un meccanismo convenzionale di ricu-sazione avrebbe precluso, in caso di arbitrato internazionale, l’azio-nabilità del procedimento ex art. 815 c.p.c., nell’ambito di proceduredomestiche, essa avrebbe introdotto uno strumento privatistico afianco del rimedio giudiziale, determinando la (co)esistenza di duemeccanismi, non gerarchicamente coordinati, indipendenti (addirit-tura utilizzabili contemporaneamente) a garanzia dell’imparzialitàdell’arbitro. Il coordinamento fra i due meccanismi sarebbe avvenutosoltanto a seguito dell’accoglimento dell’istanza in una delle duesedi. Tale evenienza, infatti, estinguendo il rapporto tra arbitro eparti, avrebbe privato di oggetto l’istanza pendente (14).

    (8) Accordi contrari sarebbero nulli per contrasto con norma imperativa (E.F. RICCI,Le rapport entre règles prévues par la loi et reglèments des institutions arbitrales cit., 270;cfr. BRIGUGLIO - (FAZZALARI - MARENGO), Sub art. 815, in La nuova disciplina dell’arbitrato,cit., 99).

    (9) BRIGUGLIO - (FAZZALARI - MARENGO), Sub articolo 815, in La nuova disciplina del-l’arbitrato, cit., 99; CONSOLO, Elasticità convenzionale della disciplina della imparzialità del-l’arbitro e nuovo articolo 836, in questa Rivista, 2000, 437, 441; E.F. RICCI, Le rapport en-tre règles prévues par la loi et reglèments des institutions arbitrales, cit., 269 ss. Contra BIA-VATI, Sub articolo 836, in L’arbitrato a cura di Carpi, Bologna, 2001, 771, spec. 772-773;GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub articolo 815, Ricusazione degli arbitri, ivi, 215 s.

    (10) E.F. RICCI, Le rapport entre règles prévues par la loi et reglèments des institu-tions arbitrales, cit., 263.

    (11) ID., ivi, 266 s. Nega che la terzietà dell’arbitro — valore, diverso dall’imparzia-lità, tutelato dalla ricusazione — sia di ordine pubblico, GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub articolo815, Ricusazione degli arbitri, in Arbitrato, cit., 302.

    (12) Affermava che la ricusazione tendeva alla tutela dell’indipendenza e dell’impar-zialità del giudicante, Cass., 16 maggio 1998, n. 4924 (implicitamente, Cass., 25 giugno2005, n. 13701).

    (13) Contra E.F. RICCI, Note sull’arbitrato amministrato, RDPr, 2002, 17 secondo cuiil richiamo ad un regolamento arbitrale istitutivo di un meccanismo convenzionale di ricusa-zione non determinerebbe di per sé l’inapplicabilità dell’articolo 815 c.p.c. (essendo a talefine necessaria un’espressa statuizione delle parti).

    (14) CONSOLO, Elasticità convenzionale della disciplina della imparzialità dell’arbi-tro, cit., 441 ss. (secondo cui l’accoglimento dell’istanza in sede amministrata svolgerebbeeffetti in sede giudiziale soltanto una volta accettato dall’arbitro e la parte avversaria); E.F.RICCI, Le rapport entre règles prévues par la loi et reglèments des institutions, cit., 269 ss.Conferma dell’irrinunciabilità della ricusazione giudiziale, era anche tratta dall’ — affermata— eterogeneità dei rimedi negoziale e giudiziale. Mentre, infatti, la ricusazione amministrataopererebbe come revoca negoziale del mandato arbitrale, esercitata dalle parti congiunta-

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  • Tale ricostruzione si fondava, come noto, sul disposto dell’art.836 c.p.c. La norma era, infatti, interpretata nel senso di autorizzare,eccezionalmente, le parti a derogare (15) il meccanismo di cui all’art.815 c.p.c. (16) Dall’espresso riconoscimento della derogabilità dellaricusazione giudiziale in procedure internazionali, la dottrina rica-vava a contrario l’inderogabilità dell’istituto in arbitrati domesti-ci (17). Tale conclusione, si notava, sarebbe stata conforme sia alla

    mente per relationem alla valutazione del terzo sull’imparzialità dell’arbitro (CONSOLO, Ela-sticità convenzionale della disciplina della imparzialità dell’arbitro, cit., 442 (n. 5) e 443),la ricusazione giudiziale sarebbe un processo sommario di cognizione avente ad oggetto ildiritto della parte ad intrattenere un rapporto di buona fede con ogni componente del colle-gio arbitrale. Per una critica a tale ricostruzione, v. infra nota 26.

    (15) L’accordo avrebbe dovuto avere forma scritta (BONSIGNORI, L’arbitrato interna-zionale fra la Convenzione di Ginevra del 1961 e codice di rito, in questa Rivista, 1995, 388;CONSOLO, Elasticità convenzionale della disciplina della imparzialità dell’arbitro, 449; con-tra BRIGUGLIO, La nuova disciplina dell’arbitrato internazionale, cit., 101), ed intervenireprima dell’accettazione dell’incarico da parte dell’arbitro (CONSOLO, ibidem).

    (16) AULETTA, L’arbitrato internazionale, in Diritto dell’arbitrato rituale a cura di G.VERDE, 2005, 530. La dottrina era invece divisa su i) l’ammissibilità di accordi con cui le partirinunciassero preventivamente ad ogni meccanismo di ricusazione (AULETTA, ibidem; BRIGU-GLIO, in BRIGUGLIO FAZZALARI MARENGO, 250; BRIGUGLIO, La nuova disciplina dell’arbitrato in-ternazionale, cit., 101; FAZZALARI, La riforma dell’arbitrato, in questa Rivista, 1994, 18, n.20; contra, TARZIA, Assistenza e non interferenza giudiziaria nell’arbitrato internazionale, inquesta Rivista, 1996, 481; la rinunciabilità tout court al meccanismo non avrebbe creato pro-blemi di costituzionalità (integrità della tutela giurisdizionale) (AULETTA, L’arbitrato interna-zionale, cit., 530-531; BRIGUGLIO, La nuova disciplina dell’arbitrato internazionale, cit., 101),essendo la ricusazione un « mezzo preventivo » per « ovviare alla sospetta parzialità del giu-dicante » e residuando alle parti la possibilità di reagire a posteriori avverso la parzialità ef-fettiva dell’arbitro con il rimedio revocatorio, la — limitata — sindacabilità in sede di impu-gnazione per nullità per irregolare costituzione del tribunale (in quanto sbilanciata al mo-mento della nomina a favore di una delle parti) e per violazione del contraddittorio ex art.829, comma 1, n. 9 (contra DITTRICH, L’imparzialità dell’arbitro nell’arbitrato interno e in-ternazionale, in RDP, 1995, 166, n. 43); ii) la derogabilità della procedura di cui all’articolo815 c.p.c. (ammettevano la derogabilità dei motivi di ricusazione, ma non la modifica delleregole processuali del procedimento, come la competenza, AULETTA, L’arbitrato internazio-nale, cit., 531; BIAVATI, Sub art. 836, La ricusazione degli arbitri, in Arbitrato a cura diCarpi, Bologna, 2001, 771-772; CONSOLO, Elasticità convenzionale della disciplina dell’im-parzialità dell’arbitro, cit., 446; contra escludendo la derogabilità dei motivi di ricusazione,BRIGUGLIO, La nuova disciplina dell’arbitrato internazionale, cit., 101 (e, ciò per l’impossi-bilità che l’autonomia privata potesse, pur sulla base dell’articolo 836 c.p.c., « mettere fuorigioco la funzione giurisdizionale ordinaria prevista dall’articolo 815 c.p.c. »).

    (17) La previsione di una disciplina differenziata per arbitrati domestici e internazio-nali aveva suscitato dubbi sulla legittimità di tale disposizione alla luce degli artt. 111 e 3Cost. Sotto il primo profilo, si rilevava che l’art. 836 c.p.c. avrebbe consentito alle parti dirinunciare, in arbitrati nazionali, ad un bene indisponibile ed essenziale, costituzionalmentegarantito (art. 111 Cost.); sotto il secondo profilo, si notava che la disposizione differenziavairragionevolmente situazioni analoghe, dato che le procedure arbitrali internazionali erano

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  • ratio di garanzia sottesa all’istituto, che alla ontologica compatibilitàfra i meccanismi di ricusazione giudiziale e ricusazione amministra-ta (18).

    Il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 non ha né sancito né escluso laderogabilità dell’art. 815 c.p.c. (19). La riforma è intervenuta, però,sul quadro normativo di riferimento, abrogando l’art. 836 c.p.c. (20)ed introducendo l’art. 832, comma 5, c.p.c., secondo cui « il regola-mento può prevedere ulteriori casi di sostituzione e ricusazione de-gli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge ».

    Secondo la dottrina maggioritaria, tali interventi — l’abroga-zione dell’unica eccezione posta al principio di inderogabilità dellaricusazione giudiziale e la limitazione della derogabilità pattizia del-l’art. 815 c.p.c. all’ampliamento dei motivi di ricusazione (21) —avrebbero confermato (22) — ed esteso ad ogni arbitrato con sede inItalia — l’inderogabilità del rimedio ex art. 815 c.p.c. (23). Inoltre,

    procedure italiane al pari delle procedure domestiche (E.F. RICCI, Le rapport entre règles pré-vues par la loi et règlements des institutions arbitrales, cit., 266 ss.).

    (18) I due strumenti, infatti, pur provocando lo stesso effetto (la rimozione dell’arbi-tro), avrebbero operato in modi diversi e sulla base di presupposti potenzialmente diversi:l’autorità giudiziaria dovendo definire l’istanza di ricusazione sulla base della legge nazio-nale, l’istituzione arbitrale alla stregua del regolamento, E.F. RICCI, Le rapport entre règlesprévues par la loi et règlements des institutions arbitrales, cit., 269. La possibile coesistenzatra rimedio giudiziale e convenzionale di ricusazione, era inoltre confermata alla luce dellesoluzioni adottate in ordinamenti stranieri, ibidem, 273.

    (19) ODORISIO, Prime osservazioni sulla nuova disciplina dell’arbitrato, in RDP,2006, 274; AZZALI, Arbitrato amministrato, in Codice degli arbitrati delle conciliazioni e dialtre ADR a cura di BUONFRATE e GIOVANNUCCI ORLANDI, Torino, 2006, 53; ZUCCONI GALLI FON-SECA, La nuova disciplina dell’arbitrato amministrato, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008,1006.

    (20) Criticano la scelta anche alla luce dell’indicazione contenuta nella delega diestendere la disciplina dell’arbitrato internazionale all’arbitrato interno, BOVE, La nuova di-sciplina dell’arbitrato, in BOVE - CECCHELLA, Il nuovo processo civile, Milano, 2006, 71; GIO-VANNUCCI ORLANDI, Sub art. 815, Ricusazione degli arbitri, in Arbitrato a cura di Carpi, Bo-logna, 2006, 301.

    (21) BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, cit., 685; BOVE, Lanuova disciplina dell’arbitrato, cit., 71. Contra BERNARDINI, Ancora una riforma dell’arbi-trato in Italia, cit., 235; GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub articolo 815, in Arbitrato, cit., 292. Ladisposizione sarebbe, infatti, applicabile anche alla ricusazione giudiziale in quanto riferitagenericamente all’arbitrato secondo regolamenti precostituiti, non specificamente all’arbitratoamministrato, contra, GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub articolo 815, in Arbitrato, cit., 302 (ritieneche l’art. 832, comma 5, consenta l’ampliamento dei motivi di ricusazione di fronte all’orga-nismo investito della ricusazione amministrata, non al presidente del tribunale).

    (22) Per tutti, CAPONI, Sub art. 832 c.p.c., in La riforma del diritto arbitrale, inNuove leggi civili commentate, 2007, 1426.

    (23) BOVE, La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., 71 (criticando l’irragionevolezza

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  • l’art. 832, comma 5, c.p.c., precludendo di fatto la rinuncia al mec-canismo giudiziale (attraverso la rinuncia a tutti i motivi tipici di ri-cusazione), avrebbe espresso l’intenzione del legislatore di autoriz-zare soltanto ampliamenti pattizi della garanzia di imparzialità degliarbitri. Una ratio questa compatibile soltanto con un sistema che af-fiancasse, e non già sostituisse, il meccanismo convenzionale al ri-medio ex art. 815 c.p.c. (24).

    Conferma dell’inammissibilità di una deroga alla ricusazionegiudiziale è, infine, ravvisata nella tassatività dei motivi di impugna-zione del lodo, ribadita dalla riforma: mancherebbe, infatti, nel no-stro ordinamento, il presupposto sul quale ordinamenti stranieri am-mettono la derogabilità dell’istituto in favore di un meccanismo con-venzionale (25).

    Un’autorevole, pur se minoritaria, dottrina propone, invece,che, nel quadro delineato dalla riforma, l’adozione di meccanismi diricusazione amministrata precluda — sostituisca — la procedura pre-vista dall’art. 815 c.p.c. (26) In questa direzione muoverebbero gli

    della scelta di chiudere possibilità aperte nel precedente regime); CAPONI, Sub articolo 832c.p.c., cit., 1426; ZUCCONI GALLI FONSECA, La nuova disciplina dell’arbitrato amministrato, inRiv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 993. BERNARDINI, Ancora una riforma dell’arbitrato in Ita-lia, cit., 235; BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, cit., 685 s.; CARRATTA,Sub art. 832, in Le recenti riforme del processo civile, in Commentario diretto a cura diCHIARLONI, Bologna, 2007, 1909-1910.

    (24) BIAVATI, Sub art. 832, in Arbitrato a cura di CARPI, 2007, 867, 871; BOVE, Lanuova disciplina dell’arbitrato, cit., 71; CORSINI, L’arbitrato secondo regolamenti precosti-tuiti, in questa Rivista, 2006, 310; MURONI, Sub art. 832, in Codice di procedura civile com-mentato a cura di CONSOLO e LUISO, vol. II, Milano, 2007, 6087.

    (25) ZUCCONI GALLI FONSECA, La nuova disciplina dell’arbitrato amministrato, cit.,993.

    (26) GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub art. 815, in Arbitrato cit., 301 s. (secondo cui l’espe-rimento del rimedio ex art. 815 c.p.c. in presenza di un accordo per arbitrato amministratocostituirebbe una violazione dell’impegno contrattualmente assunto di seguire le norme delregolamento; analogamente COPPO - AZZALI, Observations to the decision of England’s Courtof Appeal (Civil Division) rendered in 2000 in case [2000] EWCA Civ. 154, The “Saudi Ca-ble” case, in Stockholm Arbitration Report 2/2003, 109, 124); LUISO, Il nuovo articolo 832c.p.c., in questa Rivista, 2007, 3354 ss. (secondo cui l’art. 815 sarebbe derogabile sia se siricostruisse la ricusazione giudiziale come « giudizio autonomo di cognizione sul rapportocontrattuale volto ad ottenere in sede giurisdizionale il corretto adempimento delle obbliga-zioni di cui al patto compromissorio » (potendo il procedimento essere sostituito « con altro,avente la stessa funzione, anche se natura diversa »), sia inquadrandolo nell’ambito dellagiurisdizione volontaria); sembra ammettere la validità di una deroga convenzionale, se chia-ramente espressa dalle parti o nel regolamento, CARRATTA, Sub art. 832, in Le recenti riformedel processo civile, cit., 1910; v. anche CORSINI, Arbitrati amministrati, proprietà intellettualee questioni processuali, in AIDA, 2006, 206 s.; in giurisprudenza Trib. Milano, 3 ottobre2007, ined. citata da GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub art. 815, in Arbitrato cit., 302.

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  • stretti termini per l’esperimento della ricusazione giudiziale, la con-statazione che la previsione di un meccanismo legale di ricusazionecorrisponde ad una scelta politica legittima, ma non di ordine pub-blico (27), e la constatazione che l’unica e vera « decisione » sullaimparzialità dell’arbitro avviene in sede di impugnazione del lo-do (28).

    3. Come visto, l’affermazione dell’inderogabilità del procedi-mento ex art. 815 c.p.c. è spesso fondata sull’asserita natura di or-dine pubblico dell’istituto, configurato come strumento per la tuteladi un valore indisponibile, l’imparzialità, neutralità ed indipendenza,dell’arbitro. Tale equazione non sembra, però, convincente.

    Affermare che l’imparzialità dell’organo giudicante è valore diordine pubblico coessenziale all’arbitrato implica, infatti, soltanto,che irrinunciabile sia la sede cui il legislatore riserva l’accertamentodell’eventuale violazione del principio, i.e. il processo attraverso cuil’ordinamento evita che le parti possano essere vincolate da una de-cisione resa da un giudicante accertato parziale. In altri termini, con-siderare l’imparzialità/indipendenza dell’arbitro un valore essenzialedell’arbitrato implica che il legislatore debba, per esigenze di ordinepubblico, prevedere una sede giurisdizionale per accertare il vi-zio (29) (cui le parti non possono rinunciare a priori), non anche chetale sede sia la ricusazione giudiziale.

    (27) GIOVANNUCCI ORLANDI, Sub art. 815, in Arbitrato, cit., 302.(28) LUISO, Il nuovo articolo 832 c.p.c., cit., 355.(29) Appaiono, in questa prospettiva, peculiari le soluzioni adottate in Svezia e Bri-

    tish Colombia. La Sez. 11, comma 1, dell’Arbitration Act svedese del 1999 prevede chel’istanza di ricusazione possa, salva diversa volontà delle parti, essere presentata al tribunalearbitrale per uno dei motivi indicati nella sezione 8, e, in caso di rigetto, alle corti nazionaliche decidono con provvedimento inimpugnabile (Sez. 11, comma 2). L’Arbitration Act pre-vede, però, che le parti possano « agree that a motion as referred to in section 10, first pa-ragraph shall be conclusively determined by an arbitration institution » (accordo che deveessere chiaro e inequivoco, ma che può essere contenuto in una previsione del regolamentoarbitrale, OLDENSTAM, Observations to the decision by the Stockholm District Court renderedin 2004 in case Ä 860-04 and the decision by the Svea Court of Appeal rendered in 2004 incase Ä OA 4247-04, in Stockholm Arb. Rep. 2004(2), 336-337). Nell’ordinamento svedese,quindi, l’accordo delle parti per ricusazione amministrata può escludere la competenza dellecorti sulla ricusazione, riconoscendo alle istituzioni arbitrali, stabilite e operanti secondo sta-tuti validamente adottati, il potere di definire in maniera definitiva la ricusazione per i motivinormativamente previsti (OLDENSTAM, Observations, cit., 337). Il giudice, di fronte a cui siaimpugnata la decisione dell’istituzione, sia di rigetto che di accoglimento dell’istanza, suistanze di ricusazione fondate sulle circostanze indicate nella Sez. 8 SAA, dovrebbe, dunque,rigettare la domanda (MAGNUSSON - SHAUGHNESSY, The 2007 Arbitration Rules of the Arbitra-

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  • La sede da deputare in concreto all’accertamento della viola-zione, sembra poter essere liberamente individuata dal legislatorealla luce di interessi, talvolta contrapposti, ulteriori rispetto al valoredell’imparzialità (ad es., il preservare la fiducia delle parti nell’arbi-trato, il garantire l’efficacia, l’efficienza e la rapidità della procedura,il limitare possibili strumentalizzazioni dilatorie delle parti). Cosı̀, illegislatore potrebbe prevedere che l’accertamento della parzialitàdebba essere compiuto pendente arbitrato (in modo da permettere larapida sanzione del vizio attraverso la rimozione dell’arbitro); ov-vero al termine della procedura, convertendo l’eventuale parzialitàdell’arbitro in motivo di impugnazione del lodo (in modo da concen-trare la censura di tutti i vizi della procedura in un’unica sede); ov-vero, ancora, alternativamente nell’una o nell’altra sede, rimettendoalle parti la scelta dello strumento da utilizzare (l’accertamento com-piuto in una sede dovendo, però, vincolare il giudice successiva-mente investito) (30).

    Le esperienze straniere confermano questa ricostruzione. Cosı̀,alcuni legislatori riservano l’accertamento e la censura del vizio diparzialità all’annullamento del lodo, senza prevedere meccanismi diricusazione giudiziale dell’arbitro. Si pensi al Federal ArbitrationAct (FAA) statunitense che non permette di censurare il vizio di par-zialità nel corso della procedura, ma prevede che una « evident par-

    tion Institute of the Stockholm Chamber of Commerce, in Stockholm International Arbitra-tion Review 2006(3), 43, nota 3; in questo senso, Stockholm District Court, JSC Novoku-snetsk Aluminium Plant (Russia) v. Base Metal Trading S.A (Switzerland), 30 April 2004,caso Ä 860-04 (in ITA, www.kluwerarbitration.com), e Svea Court of Appeal, in StockholmArb. Rep. 2004(2), 329 con nota di OLDENSTAM). Nel caso in cui l’istanza di ricusazione fossefondata su motivi previsti dal regolamento ma non dalla legge (ad esempio, il difetto nell’ar-bitro delle qualità concordate dalle parti, v. art. 15 del regolamento SCC), il provvedimentonon godrebbe di definitività ex sez. 11, comma 3, SAA e potrebbe essere censurato in sededi impugnazione del lodo (Sez. 34 SAA, MAGNUSSON - SHAUGHNESSY, The 2007 ArbitrationRules of the Arbitration Institute of the Stockholm Chamber of Commerce, cit., 43, nota 4).L’International Commercial Arbitration Act adottato in British Colombia nel 1996, ha, in-vece, previsto che, qualora la procedura convenzionale di ricusazione non determini la rimo-zione dell’arbitro, la parte interessata possa richiedere alla Corte Suprema di decidere sullaricusazione, che potrà però rifiutare di pronunciarsi se « it is satisfied that, under the proce-dure agreed on by the parties, the party making the request had an opportunity to have thechallenge decided on by other than the arbitral tribunal » (art. 13, comma 5).

    (30) Quest’ultima considerazione, tratta dall’efficacia di accertamento del vizio attri-buita per ipotesi all’intervento del giudice a tutela del valore dell’imparzialità, permette diescludere che il legislatore possa prevedere che il vizio possa essere verificato nell’una e nel-l’altra sede. Se, infatti, la valutazione del secondo giudice non fosse vincolata dalla valuta-zione effettuata dal primo giudice, il primo procedimento non potrebbe essere considerato unaccertamento del vizio.

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  • tiality [...] in the arbitrators », tempestivamente eccepita nella pro-cedura, sia motivo di annullamento del lodo (31). Si pensi, altresı̀,alla legge brasiliana n. 9307, del 23 settembre 1996, che, pur se ispi-rata alla Legge Modello Uncitral, non consacra alcun meccanismo diricusazione giudiziale dell’arbitro, permettendo di sollevare la cen-sura di parzialità rigettata dal tribunale arbitrale (o dal terzo incari-cato dalle parti) in sede di impugnazione del lodo (32) (art. 20,comma 2).

    Cosı̀, altri ordinamenti sembrano richiedere la tempestiva deci-sione, nel corso della procedura, delle contestazioni relative all’im-parzialità dell’arbitro, escludendone (tendenzialmente) (33) la rile-vanza in sede di impugnazione del lodo. Si pensi all’art. 1704,comma 5, del Code Judiciaire belga che espressamente esclude checause di ricusazione dell’arbitro possano giustificare l’impugnazionedel lodo ex art. 1704, comma 2, lett. f (irregolare composizione deltribunale arbitrale) (34). Si pensi alla Legge Modello Uncitral che

    (31) Si intende cosı̀ garantire la rapidità della procedura arbitrale contro manovre di-latorie delle parti, AIU Ins. Co. v. Am. Int’l Marine Agency, 2006 N.Y. Misc. LEXIS 2352,11-12 (N.Y. Misc. 2006).

    (32) « Não sendo acolhida a argüição, terá normal prosseguimento a arbitragem,sem prejuı́zo de vir a ser examinada a decisão pelo órgão do Poder Judiciário competente,quando da eventual propositura da demanda de que trata o art. 33 desta Lei ». Critica lascelta del legislatore, NEHRING NETTO, Brazil, in International Handbook on Commercial Ar-bitration, PAULSSON, Suppl. 51 (March 2008), 15. V Corte d’appello di Rio de Janeiro, 3aprile 2003, appeal no. 70005797774, in Revista de Arbitragem e Mediação, 2005, ValdoirVicente Sanchez v. Alcides Severino Milani. Analogamente nel vigore dell’Arbitration Actsvedese del 1929 (per il regime introdotto dalla riforma del 1996, v. supra nota 29), si rite-neva che le istanze di ricusazione fossero presentate al tribunale arbitrale. In caso di rigettodell’istanza (ovvero nel caso in cui il motivo di ricusazione fosse scoperto dopo la chiusuradel procedimento arbitrale), la disqualification dell’arbitro avrebbe giustificato l’impugna-zione del lodo (HOLMBÃCK - MANGÅRD, Sweden, in International Handbook on CommercialArbitration, PAULSSON (ed.), Suppl. 10 (June/1989), 7 (v. anche Sez. 21 Arbitration Act 1929« At the suit of a party an award shall be set aside by the court: [...] 3. if an arbitrator wasdisqualified or was not appointed in the proper manner »). Per le prospettive di riforma deldiritto olandese, v. supra, nota 3.

    (33) Dovendo poter essere sollevata in sede di annullamento la censura di parzialitàper i vizi integrati o conosciuti dalla parte quando lo strumento della ricusazione non fossepiù esperibile. Diversamente, art. 1704 Code Judiciaire, v. infra, nota 34, disposizione chetroverebbe spiegazione in una prospettiva di efficienza della procedura, KEUTGEN, L’indépen-dance et l’impartialité de l’arbitre en droit belge, in L’impartialité, cit., 278 ss. (che ritienenecessario de iure condito escludere anche l’annullabilità del lodo per violazione dell’ordinepubblico).

    (34) « Les causes de récusation et d’exclusion des prévues aux articles 1690 et 1692ne constituent pas de causes d’annulation au sens de l’alinéa 2, lettre f) du présent article,alors même qu’elles ne seraient connues qu’après le prononcé de la sentence ».

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  • sembra riservare la definizione delle censure di parzialità ad un mec-canismo di ricusazione bifasico (contestazione di fronte al tribunalearbitrale — od altro meccanismo previsto dalle parti — seguita, nelcaso di rigetto dell’istanza, dalla contestazione di fronte alle cortinazionali) (35). Sembra essere, infine, questo il regime applicato dallagiurisprudenza tedesca e austriaca, che, da una parte, affermano l’in-derogabilità della ricusazione giudiziale, e, dall’altra, rifiutano diconsentire l’impugnazione del lodo per motivi definibili, o definiti, intale sede (36).

    Se ricusazione giudiziale ed annullamento sono strumenti cui illegislatore può alternativamente riservare l’accertamento di una vio-lazione capace di pregiudicare la validità dell’arbitrato (37), si deve

    (35) Entrambe le soluzioni erano state lungamente discusse dal Working Group (Re-port of the Working Group on International Contract Practices on the work of its third ses-sion (A/CN.9/216) in Yearbook of the United Nations Commission on International TradeLaw, 1982, Vol. XIII, 293; Report of the Working Group on International Contract Practiceson the work of its fourth session (Vienna, 4-15 October 1982, (A/CN.9/232), in Yearbook ofthe United Nations Commission on International Trade Law, 1983, Vol. XIV, 39, par. 61;Report of the Working group on International Contract Practices on the work of its fifth ses-sion (New York, 22 February-4 March 1983, (A/CN.9/233), in Yearbook of the United Na-tions Commission on International Trade Law, 1983, Vol. XIV, 71, par. 107; Report of theWorking Group on the work of its seventh session (Vienna, 29 August-9 September 1983 (A/CN.9/245), in Yearbook of the United Nations Commission on International Trade Law,1984, Vol. XV, 177, par. 205; nel Report of the Working Group on the work of its sixth ses-sion (New York, 6-17 February 1984, (A/CN.9/246), in Yearbook of the United Nations Com-mission, 1984, Vol. XV, 194, http://www.uncitral.org/uncitral/en/commission/working_groups/2Contract_Practices.html. V. anche, Summary records for meetings on theUncitral Model law on international commercial arbitration, 313th meeting, 7 June 1985, inYearbook of the United Nations Commission on International Trade Law, 1985, Vol. XVI,432 s. e Summary records for meetings on the Uncitral Model law on international commer-cial arbitration, 314th meeting, 7 June 1985, in Yearbook of the United Nations Commissionon International Trade Law, 1985, Vol. XVI, 434 ss.) Il testo dell’art. 9 proposto alla quartasessione del Working Group consacrava l’alternativa fra le soluzioni: « If within [20] daysafter the challenge, the other party does not agree to the challenge and the challenged ar-bitrator does not withdraw [the decision on the challenge shall be made by the Authorityspecified in Article 17] [the challenging party may pursue his objections before a court onlyin an action for setting aside the award or any recourse against recognition and enforcementof the award] »); nella quinta sessione, fu chiarito che « the final text of the Model law shouldcontain only one of the alternatives » (Yearbook of the United Nations Commission on Inter-national Trade Law, 1983, Vol. XIV, 76). La scelta in favore della prima alternativa, nelcorso della sesta riunione, fu motivata sulla constatazione che essa risolveva l’indesiderabilesituazione di avere un arbitro ricusato in carica e evitava « waste of time and expenses » nelcaso in cui il challenge fosse in seguito accolto.

    (36) V. infra ntt. 38 e 39.(37) La scelta di selezionare la parzialità come vizio censurabile nel corso del pro-

    cedimento, diversamente dalle altre violazioni, potrebbe spiegarsi non soltanto per la parti-

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  • concludere che per ricostruire la ricusazione giudiziale come rimedioa tutela dell’imparzialità del giudicante, la sua disciplina deve con-sentire, contro il vizio, una tutela efficace, equivalente a quella chele parti potrebbero ottenere in sede di annullamento. A contrario,dunque, non dovrebbe potersi riconoscere alla ricusazione funzionedi tutela dell’imparzialità, se la disciplina del procedimento non con-sentisse di sanzionare fattispecie che dovrebbero determinare un’in-validità dell’arbitrato. Quando la ricusazione non fosse configurabilecome sede dell’accertamento della parzialità, tale accertamento do-vrebbe essere consentito, per esigenze di ordine pubblico, in altrasede (ad es. in sede di impugnazione del lodo).

    Ma si deve, altresı̀, concludere che può attribuirsi rilevanza diordine pubblico alla ricusabilità giudiziale dell’arbitro soltanto se laricusazione giudiziale sia la sede giurisdizionale cui è riservata ladecisione sull’eventuale parzialità. Quando ciò non sia, e l’accerta-mento del vizio sia riservato ad altro momento, non si vede perchéla ricusazione giudiziale non possa essere sostituita dalle parti con unmeccanismo equivalente. Cosı̀, nelle esperienze straniere, il procedi-mento di ricusazione giudiziale è considerato meccanismo di ordinepubblico in ordinamenti, come quello tedesco (38), austriaco (39), bel-ga (40), nei quali è precluso l’accertamento in sede di impugnazionedel lodo delle cause di ricusazione. Cosı̀, la ricusabilità giudizialedell’arbitro è ritenuta derogabile negli ordinamenti francese e sviz-zero, che consentono l’accertamento dell’imparzialità del giudicantein sede di annullamento.

    colare gravità del vizio — che mina la fiducia nel tribunale arbitrale — ma soprattutto nellapossibilità di sanare efficacemente il vizio attraverso la sostituzione dell’arbitro.

    (38) Gli accordi con cui le parti escludano l’intervento delle corti nazionali sonoinefficaci, NACIMIENTO - ABT, § 1036 - Challenge of an Arbitrator, in Arbitration in Germany:The Model Law in Practice, cit., 209.

    (39) SCHWARTZ - KONRAD, Article 16: Challenge of Arbitrators, in The Vienna Rules:A Commentary on International Arbitration in Austria, Kluwer, 2009, 374 s. (che confrontacon il regime anteriore).

    (40) Cour Appel Bruxelles, 21 giugno 2005, inedita citata da KEUTGEN (qualifica diordine pubblico il mecc