Riassunto Giovanni Filoramo - Cos e La Religione Docx

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GIOVANNI FILORAMO – Che cos’è la religione Capitolo primo – La religione e le sfide della postmodernità 1. La religione nell’epoca della globalizzazione Uscita dal ghetto della privatizzazione la religione è ritornata ad essere un fattore d’importanza pubblica e di rilevanza sociale. L’Europa cristiana si scopre ogni giorno più popolata da di milioni di immigrati di fede islamica (islam europeo); cresce così l’interesse dei mass media anche verso tradizione relgiose diverse da quella cristiana, come buddhismo, induismo e variegate forme di religiosità alternativa. In epoca moderna la religione ha perduto importanza politica e pubblica per trasformarsi in un fenomeno essenzialmente privato (fenomeno del passato). Un primo elemento che incide profondamente sulla situazione religiosa attuale è dato dunque del peso crescente, dei moderni mezzi di comunicazione: la rete. La globalizzazione finisce per incidere in modo determinante non solo sulla collocazione della religiosità individuale e privata ma anche sulla strutturazione e centralità. In modo parallelo alle trasformazioni della religiosità individuale, anche le religioni tradizionali hanno avuto conosciuto un mutamento profondo, tornando ad essere fattori significativi della sfera pubblica. La religione globalizzata è una religione che tende a realizzare una dialettica tra il particolarismo costitutivo della sua identità e l’universalismo connaturato alla sua tematizzazione del “campo globale”. La religione globalizzata ricostruita da Robertson valorizza non la dimensione verticale dell’approfondimento interiore dell’unità, ma la dimensione orizzontale del coordinamento esteriore della molteplicità. SINCRETISMO = indica il complesso di fenomeni e concezioni costituite dall’incontro e dalla fusione di forme religiose differenti. In modo non poi tanto paradossale, le religioni si verrebbero a trovare alla testa di un movimento mondiale centrifugo, che procede in controtendenza rispetto alla spinta centripeta e omogeneizzante propria dei processi di globalizzazione economica. 2. Identità e religione

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GIOVANNI FILORAMO Che cos la religioneCapitolo primo La religione e le sfide della postmodernit1. La religione nellepoca della globalizzazioneUscita dal ghetto della privatizzazione la religione ritornata ad essere un fattore dimportanza pubblica e di rilevanza sociale.LEuropa cristiana si scopre ogni giorno pi popolata da di milioni di immigrati di fede islamica (islam europeo); cresce cos linteresse dei mass media anche verso tradizione relgiose diverse da quella cristiana, come buddhismo, induismo e variegate forme di religiosit alternativa.In epoca moderna la religione ha perduto importanza politica e pubblica per trasformarsi in un fenomeno essenzialmente privato (fenomeno del passato).Un primo elemento che incide profondamente sulla situazione religiosa attuale dato dunque del peso crescente, dei moderni mezzi di comunicazione: la rete.La globalizzazione finisce per incidere in modo determinante non solo sulla collocazione della religiosit individuale e privata ma anche sulla strutturazione e centralit. In modo parallelo alle trasformazioni della religiosit individuale, anche le religioni tradizionali hanno avuto conosciuto un mutamento profondo, tornando ad essere fattori significativi della sfera pubblica. La religione globalizzata una religione che tende a realizzare una dialettica tra il particolarismo costitutivo della sua identit e luniversalismo connaturato alla sua tematizzazione del campo globale. La religione globalizzata ricostruita da Robertson valorizza non la dimensione verticale dellapprofondimento interiore dellunit, ma la dimensione orizzontale del coordinamento esteriore della molteplicit.SINCRETISMO = indica il complesso di fenomeni e concezioni costituite dallincontro e dalla fusione di forme religiose differenti.In modo non poi tanto paradossale, le religioni si verrebbero a trovare alla testa di un movimento mondiale centrifugo, che procede in controtendenza rispetto alla spinta centripeta e omogeneizzante propria dei processi di globalizzazione economica.2. Identit e religioneLe conseguenze dei processi di globalizzazione sul campo religioso mettono radicalmente in crisi non solo le identit culturali, ma anche le identit religiose.Ci sono due tipi di identit, una essenzialista e fissista e una dinamico e costruttivista.I processi di globalizzazione In questo mondo dove le identit si mescola e dove tutto si globalizza, come osservato da Ryszard Kapuscinski: la gente ha paura di essere inglobata, spogliata, ridotta ad assumere lo stesso passo, le stesse facce, lo stesso modo di guardare e parlare degli altri. Dal religioso per tradizione si passati al religioso per scelta.In quanto prodotti storici le religioni sono realt dinamiche, la cui identit in continuaridefinizione e rinegoziazione.ESCATOLOGIA = la riflessione che si interroga sul destino ultimo dellessere umano e delluniverso.Lidentit muta continuamente, frutto di processi e pratiche sociali di potere e conflittuali, su di un continuum possibile parlare di identit.3. Il pluralismo religiosoUn altro fattore che contribuisce in modo decisivo a mettere in crisi le tradizionali identit religiose il pluralismo religioso. Parlare del pluralismo religioso come di un fenomeno tipico della modernit pu risultare deviante. Ci che caratterizza, piuttosto, il pluralismo religioso moderno il suo peculiare individualismo, e precisamente il fatto che, come conseguenza dei valori individuali di libert religiosa, la religione diventata un fatto di scelta personale, sempre meno legata alla nascita.Nel nuovo scenario religioso creato dalla modernit la religione non pi un destino, ma una scelta. Diventano la scelta dei consumatori e il loro consumo, legati al prodotto che maggiormente interessa e non pi la conservazione di una fede tradizionale.SECOLARIZZAZIONE: un processo che induce ad agire e a pensare in modo sperimentale e utilitaristico, mai sacrale e trascendente.La secolarizzazione stata un fenomeno essenzialmente europeo.

4. La crisi dello stato laicoIl quadro giuridico delle regolazioni tra Stato e religione stato in genere determinato da rapporti di tipo concordatario, in virt dei quali alle religioni non veniva riconosciuto uno statuto di rilevanza pubblica, dal momento che lo Stato laico si poneva come garante della libert religiosa dei suoi cittadini. Uno Stato democratico non pu assumere il punto di vista esclusivo di una parte etica o religiosa, pena il dissolvimento della sua natura pluralistica e laica.Le attuali tensioni fra religione e politica sono lespressione dei limiti stessi della modernit. La religione dipende ormai da una metafisica della soggettivit, da una semplice preoccupazione di costruzione di s in questo mondo.Il pluralismo pone il problema della religione civile.5. I pericoli del pluralismo religiosoIn certi paesi di tradizione cattolica dove vigeva un regime laico tradizionale di separazione tra Stato e Chiesa, oggi sta emergendo una forma apparentemente nuova di collaborazione. Ci che riporta le religioni in primo piano il loro stesso indietreggiare.Nuova agora creata da Internet: la rete. La realt virtuale provoca il rischio di far perdere punti di orientamento. Inoltre, ne risulta pericolosamente incoraggiato un latente narcisismo tipico dellindividualismo contemporaneo. Il pluralismo religioso ha come caratteristica essenziale quella di mettere radicalmente in discussione le identit tradizionali.6. Postmodernit e studio delle religioniC una critica radicale al moderno concetto di religione, considerato, in questa prospettiva decostruttivista e postcoloniale, come lo strumento concettuale, falsamente reificato, che ha accompagnato lopera missionaria e conquistatrice dellepoca coloniale , e che si rivelerebbe, di conseguenza, inappropriato in una societ globalizzata e multiculturale come quella in cui viviamo.

Capitolo secondo Alle origini delle Scienze delle religioni1. La religione come realt antropologica stata la modernit con la sua ragione critica a partorire la concezione di religione come essenza universale.2. Leredit degli antichiLe Storie di Erodoto costituiscono una sorta di prologo della futura Storia delle religioni.Ognuno si rappresenta gli dei a propria immagine e somiglianza (teoria antropologica e psicologica della proiezione antropomorfica).Secondo Prodico luomo delle et pi antiche avrebbe iniziato ad onorare come dei il nutrimento e quanto necessario alla vita, per terminare nel culto dei loro inventori, cos come era avvenuto agli Egizi per il Nilo.Per Democrito di Abdera gli dei della mitologia altro non sono che immagini della fantasia.Per Evemesto di Messina gli dei nullaltro erano se non figure di sovrani guerrieri benefattori, divinizzati, o dopo la loro morte dal popolo benefici compiuti o gi durante la loro vita.Leredit che Roma lascia al mondo moderno, anche grazie alla mediazione cristiana, in parte diversa: rilievo della centralit del dato politico proprio della religione romana.3. Una storia naturale della religioneIl problema della vera religione non trova una soluzione sul piano del confronto storico e fattuale, ma su quello teologico e filosofico.Lafitau: la critica del pensiero mitico.4. Religione e religioni: la svolta romanticaHerder in Sulle diverse religioni aveva sostenuto la tesi secondo cui i canoni dottrinali delle religioni, al pari dei sistemi filosofici elaborati dallumanit nel corso della sua storia, dovevano essere classificati non pi sotto il profilo, teologico e speculativo, della coppia verita/errore, bens semplicemente come opinioni umane, nate sul terreno di peculiari esigenze nazionali e culturali. Ne conseguiva lesigenza di una storia delle religioni.Per la mente romantica, lInfinito presente non soltanto in ogni forma e in ogni particella del finito ma in ogni periodo e in ogni epoca della storia.5. La Comparative Religion e le origini della religioneLa Storia comparata delle religioni sorge e si afferma nella seconda met dellOttocento.Quali sono le origini della religione? Presupposto comune delle differenti teorie evoluzionistiche che calcano la scena culturale di quel periodo unipotetica unit psichica dellumanit.La Comparative Religion pare dominata dallesigenza, prima e pi che di comparare forme religiose alte appartenenti alle religioni storiche, di individuare le forme elementari a partire dalle quali si sviluppano le varie religioni. Tutte le religioni sono nate dagli stessi germi semplici e primitivi, ristracciare questi germi divenne lo scopo della Comparative Religion.Allinizio del secolo vi fu un mutamento profondo che, mettendo in discussione in modo radicale il modello evoluzionistico, doveva in breve portare allemergere di un modo diverso dinterpretare il fatto religioso. Importante fu il contributo che le nuove scienze umane, dalla psicologia alla sociologia, recarono allinterpretazione dei fatti religiosi.6. Scienze umane e relgione: il caso della psicologia e della sociologiaSe si voleva veramente comprendere i fenomeni religiosi, occorreva abbandonare la superficie del racconto storico, per immergersi negli abissi dellinconscio o esplorare quei fondali dove agivano le funzioni sociali che la religione svolge nei pi diversi tipi di societ, grazie anche ai recenti successi dellantropologia interpretante di antropologi come Clifford Geertz. Durkheim: anti-intellettualismo, che doveva portarlo a sottolineare la dimensione essenzialmente emozionale della religione; Freud: attenzione per il mondo pulsionale dellinconscio; James: attenzione alla forza pratica della vita religiosa; Weber: sforzo di costruire una sociologia che abbia al suo centro lindividualismo e i suoi interessi, e non la societ.Interpretare la religione diventa la via regia per comprendere la propria posizione nela societ in divenire continuo tipica della modernit.La psicologia della religione sorta negli Stati Uniti verso la fine dellOttocento.James H. Leuba: la vita religiosa era una provincia della scienza come ogni altra parte della vita psichica e, in quanto tale, poteva, anzi doveva diventare oggetto di analisi scientifica.Se il metodo jamesiano rimasto dominante nella tradizione americana (e non solo americana) anche per la sua flessibilit, per il pluralismo che lo anima, ma forse soprattutto per quellattenzione alle dinamiche inconsce che porteranno non a caso lo psicologo americano, negli ultimi anni della sua vita, a guardare con interesse alla psicologia dinamica freudiana.Sigmund Freud: la religione appare ai suoi occhi come un appagamento di desideri ancestrali, cos radicati da giustificare la sua forza e perdisistenza e, nel contempo, la sua capacit di sfuggire alle verifiche della scienza. In Azioni ossessive e pratiche religiose (1907), Freud stabilisce unanalogia tra meccanismo della nevrosi ossessica e pratica religiosa. Freud ha aperto la strada a una studio delle credenze e delle pratiche religiose.Jung: al primato della ragione freudiana, fredda e spassionata analizzatrice delle profondit dellinconscio, Jung contrappone il primato dellintuizione e della fantasia (Psicologia analitica). La sua opera una sorta di storia delle religione sub specie psychologica.Per quanto concerne invece la sociologia della religione, i pionieri della sociologia, da Saint-Simon a Comte in Francia a Spencer in Inghilterra, hanno iniziato a costruire il nuovo edificio disciplinare spinti dallassillo di un problema fondamentale: definire i caratteri e stabilire i confini della moderna societ industriale, che stava sorgendo sulle rovine delle societ di ancien rgime spazzate via dalle rivoluzioni.Sul finire dellOttocento Durkheim fonda la scuola sociologica francese. Per Durkheim la religione sacrificio, che si consuma in diverse forme rituali e che rende possibile il trascendimento degli egoismi individuali. Lindividuo, che in Durkheim occupa un posto periferico, ritorna al centro della riflessione sociologica nel pensiero di Weber. In opposizione alla tradizione sociologica francese, Weber riscopre limportanza della decisione individuale e la funzione fondamentale dellinteresse del singolo.

7. La svolta fenomenologica e la fondazione di una Scienza della religione comprendenteWilhelm Dilthey afferma, di contro alle scienze della natura, lautonomia di quelle che egli propose di definire scienze dello spirito. Si venne affermando in vari pensatori una concezione idealistica della religione. La storia di una religione altro non che la realizzazione della sua particolare idea o forma vitale.Il nuovo edificio disciplinare si doveva articolare su tre piani: la base empirica; il piano sistematico della comparazione; comprensione della religione.La Religionswissenschaft di Wach del 1924 costituisce un manifesto programmatico altamente indicativo di un modo diverso di studiare scientificamente la religione (nasce la concezione dellhomo religiosus). Dietro lideologia dellhomo religiosus non difficile cogliere unesigenza di autonomia assoluta della religione, che fu posta per la prima volta in modo chiaro da Otto (la religione comincia con se stessa).Capitolo terzo Intermezzo teorico1. Il paradosso della religioneWilhelm Bousset, esegeta, filologo e teologo, tra Ottocento e Novecento, contribuisce a un rinnovamento profondo degli studi delle origini cristiane.Ci che si vuole denominare religione costituisce un aspetto della vita fondamentale per la comprensione delluomo e dei rapporti culturali e sociali che legano gli individui tra di loro. La religione ritiene di gettare le sue radici in qualcosa, o qualcuno, che trascende la dimensione umana, ponendosi insieme come il suo fondamento. I sistemi religiosi si presentano come la radice del pensare e dellagire. Le religioni continuano a palesare una gamma amplissima di possibilit espressive.Religione soltanto una creazione dello studioso, che ne avrebbe fatto in sostanza un uso ideologico e politico.2. Dalla religio romana alle Nuove Religioni: cenni di storia di un termine controversoIl termine religio ha due spiegazioni etimologiche, contrastranti ma anche complementari: da un lato sottolineavano un aspetto oggettivo (insieme dei rapporti stabiliti, mediante il culto, con gli dei); dallaltro, quello soggettivo (osservazione scrupolosa di queste pratiche).Cicerone definisce la religio come la cura e il timore o venerazione di una qualche natura superiore, denominata divina, comunque il termine latino non conosce il carattere astratto e complessivo del nostro religione.Con lavvento del cristianesimo, religio, designa non una realt istituzionale e un sistema culturale, ma un fenomeno interiore: ladorazione del vero Dio. Il significato oggettivo e istituzionale del termine si affermato nel corso del Seicento, sullo sfondo dei contrasti confessionali e delle guerre non a caso soprannominate di religione. soltanto tra Settecento e Ottocento, per, ad opera in particolare di alcuni filosofi tedeschi (Kant, Hegel e Feuerbach), che il termine acquista quelluniversalit e quellastrattezza, che stanno alla base del nostro uso.3. Definire la religioneI differenti volti dellesperienza religioso sono espressione di unesperienza sui generis.Uno studio critico dei fenomeni religiosi deve essere in grado di rispettare lautonomia relativa della religione. Una definizione della religione dovrebbe avere una carattere stipulativo o arbitrario, e dovrebbe tener conto del fatto che in genere i fenomeni religiosi presuppongono una relazione triangolare tra un dato teologico o ideologico, un dato pratico o rituale e la base sociale delle credenze e delle pratiche. Sono naturalmente possibili varie definizioni, riconducibili in sostanza a due tipi: autodefinizioni; eterodefinizioni.Pi resistenti alla corrosione del tempo paiono essere le definizioni di tipo sostantivo.Il problema della definizione della religione rimanda in questo modo al problema dei metodi e delle teorie interpretative: queste possono e debbono variare, ma senza una teoria interpretativa in grado di render conto della complessit delloggetto, lo studio scientifico della religione, comunque si decida poi di definirla, rischia di arenarsi ancor prima di cominciare.4. Il Sacro4.1 - Le originiLa scoperta del sacro come categoria interpretativa dei fenomeni religiosi costituisce lesito di un processo complesso, che accompagna la storia culturale dellOttocento.Vi sono due tradizioni interpretative: la prima tipica della Germania e tradisce la sua matrice protestante nel suo spiccato individualismo, che la porta a sottolineare, nel sacro, il carattere soggettivo di esperienza vissuta; la seconta rintracciabile soprattutto in Francia. Essa concerne un progetto di civilt, solidale nei confronti delle nuove interpretazioni che verranno date, fino al costituirsi della III Repubblica, del concetto rousseauiano di religione civile. Questa tradizione si segnala perch, in polemica pi o meno aperta sia con lindividualismo protestante e il suo intimismo fideistico sia con quello utilitaristico che riduceva lagire al calcolo e allinteresse del singolo, trascurando il problema dellordine e relegando la religione nel campo dellillusione, tende a sottolineare la particolare realt, che si dispiega nella forza integratrice, di coesione sociale, svolta dalla pratica religiosa.LAmore sacro, che era stato tipico del Medioevo cristiano il compito che ora Comte assegna alla sua religione dellumanit. In questa tradizione sociologica, la riflessione sul sacro ha dunque, come prototipo e modello, il cattolicesimo contemporaneo.Accanto a queste due tradizioni se ne viene costituendo una terza, legata alle fortune della nascente antropologia culturale e, della Comparative Religion; essa ha nellInghilterra vittoriana il suo punto di riferimento privilegiato. In questa tradizione vengono messi a ferro e fuoco due importanti aspetti della successiva interpretazione del sacro: la sia ambivalenza e la sua progressiva identificazione con il mana.Il sacro di Robertson Smith un sacro ambivalente, un supernatural power, che pu contagiare chi vi si accosti senza aver rispettato le opportune prescizioni, ma anche una potenza positiva, che si manifesta nei vari aspetti della natura e del cosmo (unenergia).Il sacro, da una qualit delle cose di trasforma in una sostanza.MANA: un potere e uninfluenza non fisici, ma in una certa misura soprannaturali. Si manifesta, tuttavia, nella forza fisica o in ogni forma di potere o eccellenza che un uomo possegga. Questo mana non fissato ad alcunch, ma pu essere trasmesso ad ogni cosa.4.2 Il problema semanticoQualunque riflessione sul dato linguistico soggiacente alla categoria di sacro deve evitare due rischi. Il primo quello di pensare di poter stabilire il significato del termine; il secondo pericolo consiste nel pensare di poter individuare il significato del sacro prescindendo dalla complessit o addirittura dallesistenza stessa del dato semantico. Molte tradizioni religiose, pur conoscendo forme simboliche sacrali, mancano di un autolignaggio che lo definisca.LATINO: Sacer, sanctus radice indoeuropera: sakSacer/Profanus-Sanctus/Sine SanctioneGRECO: Hagios, hieros radice: hagEBRAICO: Qadosh, herem radice: hrm ARABO: Haram, halalIl termine sacer ha anche un senso peggiorativo; gi in latino sacer possiede un significato ambivalente: esso rimanda a qualcosa che insieme venerato e sinistro, percepito nel contempo come santo e maledetto.LATINO: Sanctus Fr: Saint It, Es: SantoGOTICO: Hails En: Holy D, Ned: Heilig Sw: HeligANTICO ISLANDESE, ANTICO ALTO-TEDESCO: HeilLATINO: Sacer (Sacratus) Fr: (con)sacr It: Sacro Es: (con)sagrado En: SacredANTICA RADICE: Weik D: Geweiht Ned: Gewijd4.3 Linterpretazione del sacro in Durkheim e nella scuola sociologica franceseSecondo la definizione della religione formulata da Durkheim, tutte le credenze religiose presuppongono una classificazione delle cose reali o ideali che si rappresentano gli uomini in due classi o in due generi opposti, definiti generalmente con due termini distinti tradotti abbastanza bene dalle designazioni di sacro e profano. La divisione del mondo in due domini che comprendono luno tutto ci che sacro, e laltro tutto ci che profano, il carattere distintivo del pensiero religioso.Il qadosh ebraico, il tapu e il mana polinesiani sono equivalenti funzionali del sacer; ne consegue che la nozione di sacro universale, anzi questa idea diventa condizione stessa del pensiero religioso. Oltre ad essere un fenomeno universale, il sacro possiede, per Durkheim, un carattere di assolutezza e irridicibilit. Il sacro infatti una rappresentazione collettiva, e in quanto tale, una categoria che classifica e ordina il reale. Da un lato loggetto diviene il simbolo del sacro, dallaltro questi simboli mutano col mutare della societ. In quanto fatto sociale, poi, il sacro indivisibile e contagioso.Durkheim ha sottolineato con vigore il carattere emozionale dellesperienza del sacro: il sentimento del sacro ha la sua verit nel suo provarsi.Secondo la terminologia del Collegio: lindividuo trascende se stesso e si identifica in una collettivit pi ampia. Il nucleo centrale della nozione del sacro propria del Collegio la sua ambiguit o ambivalenza, e cio il suo essere insieme puro e impuro.Il sacro il fondamento della vita religiosa, che in questo senso si presenta come linsieme dei rapporti tra luomo e il sacro: mentre le credenze li espongono e li garantiscono, i riti perseguono lo scopo di assicurarli praticamente.4.4 Lontologia del sacroIl vescovo luterano Nathan Sderblom pubblicava sulla Encyclopaedia of Religion and Ethics di Hastings un articolo fondamentale sul sacro. Holiness the great word in religion, pi essenziale della nozione di Dio. Infatti, osservava lo studioso svedese, mentre la vera religione, come ad esempio il bhuddismo, pu sussistere senza un concetto di divinit, non vi alcuna autentica religione senza la distinzione tra sacro e profano. Egli inaugurava un altro filone interpretativo in cui a partire, come in Durkheim, dalla constatazione che il sacro era una sostanza, una realt di validit universale, il problema delle sue origini veniva risolto presupponendone la dimensione ontologica. Chi dar compiuta espressione teorica allesigenza di una fondazione ontologica del sacro sar Otto, in particolare con Das Heilige del 1917.Secondo Otto il sacro possiede una caratteristica fondamentale: prima di tutto e soprattutto unesperienza di natura interiore che ha in qualche modo in s i contenuti del suo esperire. La storia delle religioni, per Otto, si trasforma in una storia del sacro, delle sue manifestazioni e del suo sviluppo ideale. Pare legittimo affermare che ormai il sacro, sostanzializzato e assurto a valore fondante della religione, ha in certo senso preso il posto del Dio personale delle religioni abramitiche.Per lo storico delle religioni rumeno Mircea Eliade, il sacro un dato strutturale della coscienza umana, che storicamente manifestano le ierofanie, guidate da una peculiare dialettica secondo la quale la particolare realt del sacro si manifesta, e non pu non manifestarsi, nella profanit degli oggetti pi diversi, senza che per questi oggetti la possano esaurire.4.5 La diaspora del sacroIn un celebre articolo del 1977 il sociologo David Bell si poneva un interrogativo che avrebbe dominato i successivi studi sulla situazione socioreligiosa contemporanea: stiamo assistendo a un ritorno del sacro? Secondo Ferrarotti non il caso di parlare di ritorno del sacro per il semplice fatto che in realt non si mai eclissato. Si era semplicemente presentato sotto mentite spoglie. Ma noto che ci che profondo ama la maschera.La pervasivit del sacro, la sua capacit di metamorfosi, quel suo aspetto a prima vista parassitario che lo porta a vivere alle spalle dei fenomeni pi diversi, ricordano la cultura del simulacro e del bricolage tipica del postmoderno.Il sacro costituisce una delle modalit possibili per dare ordine e coerenza ai significati socialemente condivisi, ad esempio la sacralizzazione della politica.5. Le sfide della comparazioneSoltanto la comparazione costituisce la mediazione necessaria tra ldentit dei concetti e la diversit dei dati, quella mediazione che, in altri termini, mentre rende identico ci che non lo permette, nel contempo, di trovare quel punto comune che fonda le differenze. Vi pu essere una comparazione: intraculturale (che confronta civilt che hanno avuto contatti documentati); interculturale (pi problematica, che prescinde da questi contatti; morfologica (tesa a mettere in luce determinate forme culturali); genetica.Per le Scienze delle religioni lattivit del comparare vitale. Vi una distinzione di fondo secondo Borgeaud (1986): comparazione di tipo euristico (utilizzata dallo specialista per spiegare meglio quel dettaglio che la documentazione in suo possesso non gli permette di interpretare in modo adeguato); comparazione di tipo ermeneutico (per la sua stessa natura solleva problemi pi generali, che travalicano il campo dellindagine storica, aprendo scenari affascinanti quanto inquietanti).6. Decostruire la religione: linduismoI modi in cui oggi le Scienze delle religioni designano non solo la religione in generale, ma le differenti religioni in particolare sono il risultato di un lungo e complesso processo storico, in conseguenza del quale, a partire dal cristianesimo, il sapere religioso ha progressivamente cercato di classificare e denominare quelle specie particolari, costituite dalle altre tradizioni religiose, fatte conoscere da missioni e conquiste coloniali da un lato, da decifrazioni di scritture e scoperte di nuovi testi dallaltro. Un caso esemplare di questo processo fornito dallinduismo.Chi autorizzato a parlare di religione? Linsider (luomo religioso in nome della propria fede) o loutsider (losservatore esterno in nome della laicit irrinunciabile della ricerca)? Negli Stati Uniti vi il politically correct, secondo cui soltanto il simile conosce il simile.Un elemento essenziale della prospettiva di Scienze delle religioni che qui si difende proprio il rifiuto di una prospettiva politically correct, tipica dei cultural studies, secondo la quale il soggetto che studia una religione in particolare e una cultura in generale deve avere la giusta origine, politica, identit sessuale e, perch no, razza. Questa posizione agli antipodi del metodo che dovrebbe essere proprio dello studio scientifico della religione. Il fondamento di questo tipo di studio la comune umanit, non la comune cultura. Lo studioso deve ricercare una posizione oggettiva.Induismo, al pari delle altre denominazioni inventate dalle moderne Scienze delle religioni, risponde allesigenza insostituibile di ogni spiegazione scientifica di comprendere. La definizione di induismo mira proprio a cercare quellidentico, quella colla, se si preferisce, che tiene insieme in una costruzione possibilmente armonica e proporzionata fatti di per s a prima vista diversissimi ed eterogenei, oltre a quegli atteggiamenti e a quelle idee che animano questo corpo particolare.Capitolo quarto Le Scienze delle religioni oggi1. Linvenzione delle Scienze delle religioniOccorrer attendere la seconda met dellOttocento per vedere affermarsi lespressione Scienze delle religioni. Vi furono due espressioni che allora simposero nei due paesi leader in questo settore di studi, la Francia e la Germania: Sciences religieuses e Religionswissenschaft. Tre sono le caratteristiche fondamentali che contraddistiguono le Scienze religiose in Francia: strutturale; laica; congiunturale.Vi era in oltre un violento anticlericarismo.Nazioni come la Francia e la Germania cercavano di affermare la propria supremazia intellettuale, propagandando e imponendo il proprio modello di scienza.Mentre in Francia simponeva un concetto di Scienze religiose, che si fondava essenzialmente su un rigoroso sapere positivo storico-filologico, in Germania, sulla base di una tradizione culturale profondamente diversa, doveva affermarsi un concetto diverso di Scienza della religione o Religionswissenschaft, ermeneuticamente orientato, che influenzer in modo decisivo il modo di intendere il campo disciplinare delle Scienze delle religioni. Ancora oggi, quando si discute dello statuto epistemologico delle Scienze delle religioni, molto dipende dal modo in cui sintende il termine scienza.Tra fine Ottocento e inizio Novecento, si venuto progressivamente formando un complesso edificio, che comprende attualmente tre livelli dindagine: indagine storico-filologica; metodo comparativo; Methodenstreit contemporanea.La religione un oggetto dindagine al pari di altri, non il suo scopo, e che la spiegazione scientifica non esaurisce il problema del senso. Trasformazioni nel periodo postbellico nel campo degli studi storici hanno influenzato profondamente lo studio del fenomeno religioso per superare la divisione tra storia e scienze umane.Ci fu anche una crescente influenza degli studi antropologici anche nello studio della religione. Proprio la necessit del confronto disciplinare ha acuito la necessit della riflessione teorica su nodi vitali come la spiegazione, la comparazione, il rapporto tra dato storico e dato strutturale, infine, lattenzione assegnata ai codici linguistici anche nello studio dei simbolismi rituali.2. Un campo disciplinare2.1 La psicologia della religione e lo studio dellesperienza religiosaSorta negli Stati Uniti alla fine dellOttocento come disciplina che mirava ad applicare il metodo psicologico allo studio del vissuto psichico della religione, dopo un inizio promettente, la psicologia della religione ha conosciuto un lungo periodo di crisi, dovuto a fattori diversi, tra i quali merita ricordare lavvento del metodo psicoanalitico, che con pionieri quali Freud e Jung concentr su di s ben presto il meglio dello studio psicologico della religione, ma soprattutto il tentativo, fallito, di considerare la psicologia della relgione non come un ramo della pi generale psicologia, con la quale condivideva metodi e scopi, ma di una scienza della religione ermeneuticamente orientata.In passato a dominare il campo vi erano in sostanza due orientamenti alternativi: uno di tipo pi scientifico; uno proprio della psicologia umanistica,Oggi si assiste, in linea col pluralismo metodologico dominante, alla compresenza di una pluralit di punti di vista.I problemi che oggi la psicologia della religione deve affrontare sono, in sostanza, gli stessi delle altre scienze umane che intendano indagare la religione, dallantropologia alla sociologia. La psicologia della religione, soprattutto nella sua variante psicoanalitica, ha a lungo incontrato lostracismo delle istituzioni ecclesiastiche, in particolare in Italia.2.2 La sociologia della religioneLa sociologia della religione non nata come un ramo particolare delle Scienze delle religioni, ma dalla sociologia generale, di cui condivide dunque presupposti, metodi e obbiettivi.I sociologi della religione guardano alla religione prima di tutto come a unistituzione, un insieme stabile di norme, valori, status, ruoli, gruppi e organizzazioni, che si sviluppano a partire da bisogni sociali fondamentali con i quali interagiscono. Lo scopo quello di indagare lintreccio tra le strutture sociali e i comportamenti religiosi.Durkheim e Weber, convinti che, pur da punti di vista differenti la religione costituisse una funzione significativa della societ e della vita pubblica, i processi secolarizzanti e le connesse teorie hanno portato allemergere di prospettive profondamente diverse. questo il caso di una sociologia fenomenologicamente orientata, come quella di Berger e Luckmann, interessata ad indagare il fondamento sacro dellindividualismo moderno; altres il caso delle teorie funzionalistiche tese a cogliere le vere cause e cio le funzioni latenti.Quali sono oggi gli oggetti preferiti di indagine da parte della sociologia della religione? Lelenco va dai nuovi movimenti religiosi ai radicalismi religiosi, in particolare i fondamentalismi. Proprio questi ultimi sono testimoni di un rinnovato interesse per un intreccio, quello religione e politica. Un altro oggetto al centro dellattenzione della sociologia delle religioni negli ultimi anni sono i sincretismi e in generale la parte recitata dalla religione nella costituzione di forme di ibridazione e meticciato culturare (es. Brasile).La soggettivizzazione indotta dallindividualismo religioso ha contribuito a valorizzare la dimensione pragmatica del vissuto religioso, assurto a fattore di autoregolamentazione anche allinterno di tradizioni religiose profondamente istituzionalizzate come il cattolicesimo, dando luogo sempre pi a forme di religiosit autonome dai riferimenti istituzionali.2.3 Religione e cultura: lantropologia delle religioniDopo la fase ottocentesca in cui, con pionieri come Tylor e Frazer, lo studio in prospettiva antropologica delle religioni dei cosiddetti primitivi era stato dominato da interrogativi sullorigine e levoluzione, vi furono i contributi importanti tra le due guerre, portati dallantropologia sociale britannica con studiosi come Malinowski e Evans-Pritchard, e miranti ad indagare, sullo sfondo del funzionalismo sociologico durkheimiano, le funzioni che la relgione svolge in rapporto alle differenti istituzioni e pratiche sociali. Lindagine postbellica ha cercato di approfondire la natura stessa della religione attraverso lanalisi del simbolismo relgioso e lo studio del processo rituale. In questa direzione vanno i contributi pi significativi di Geertz, di Victor Turner, di Mary Douglas. Gli studi strutturalisti sul mito di Levy-Strauss e degli antropologi sociali, come Leach, hanno cercato di integrare la prospettiva strutturalista nella lora analisi dei sistemi simbolici.Il rituale tratto distintivo della religione. La logica del processo rituale analizzata da Victor Turner, Robert Hertz e Arnold Van Gennep. Il rituale inteso come attivit simbolica, sviluppa concezioni, presenta in modo simbolico idee, non segno dellemozione che lo veicola, ma il suo simbolo. su questo sfondo che si colloca linterpretazione di Geertz. Geertz ha sottolineato limportanza della religione non in quanto rispecchia lordine sociale, ma in quanto lo crea.Gli antropologi delle religioni hanno teso ad interpretare il significato culturale del simbolismo religioso incastonato nei rituali considerandolo come un modo particolare di comunicazione e decodificandolo in funzione dei vari elementi socioculturali che essi veicolerebbero.Una caratteristica fondamentale che lantropologia delle religioni ha avuto sin dalle sue origini quella della fondamentale unit della natura umana.2.4 Nuovi orientamentiLo sviluppo delle Sciences religieuses stato il prodotto della divisione e della frammentazione di una scienza teologica cristiana, che aveva come missione di enunciare il senso globale di una societ alla luce di una particolare teologia della storia, come per prima tra i Padri aveva insegnato Agostino.Le discussioni divampate intorno al preambolo del trattato costituzionale stabilito dalla Convenzione europea sulla necessit o meno di menzionare esplicitamente in questo testo fondativo le origini cristiane dellEuropa o, per altro verso, le polemiche che hanno accompagnato in vari paesi europei la questione del chador, il cosiddetto velo islamico, hanno indirettamente messo in evidenza limportanza crescente di una disciplina giuridica ancora ai primi passi, ma destinata a un futuro promettente anche in prospettiva di Scienze delle religioni: il diritto comparato delle religioni (rapporto tra religione e diritto).In epoca moderna e con lavvento della secolarizzazione, lo studio dei diritti delle religioni e delle loro leggi sacre diventa essenziale per comprendere le domande di libert e di autonomia provenienti dalle differenti comunit religiose, per riproporsi oggi in modo drammatico sullo sfondo dei mutamenti indotti dalla globalizzazione nei confronti dello Stato laico.Ogni tradizione giuridica ha sue proprie leggi sacre e si muove in funzione di peculiari concezioni religiose (diritto canonico cattolico, sunnita islamico, rabbinico). In genere, i diritti religiosi si distinguono da quelli secolari, tipici della modernit, perch, mentre questi ultimi sono basati sulla volont degli uomini e mirano ad assicurare il benessere della societ, i primi sono fondati, nel caso dei tre monoteismi di nostro interesse, sulla volont divina e mirano a in primo luogo a realizzare il progetto salvifico che Dio ha per lumanit. Questa prima importante distinzione si riflette sul sistema delle fonti del diritto. Al vertice dei sistemi giuridici religiosi sta il diritto divino, che ha come fondamento infondato: la sovranit di Dio. Mentre i diritti secolari sono inevitabilmente sottomessi al cambiamento corrosivo della storia, dal momento che la loro sopravvivenza dipende dalla capacit di adattarsi ai mutamenti socioculturali, i diritti religiosi sono posti di fronte alla sfida di un mutamento immutabile, di un mutamento cio che, pur concedendo qualcosa ai cambiamenti, preservi intatto il suo fondamento sacro.Tra i tanti meriti e motivi di interesse che lo studio comparato dei diritti religiosi del cattolicesimo, dellebraismo e dellislam sunnita rivela, uno merita in particolare di essere sottolineato: il rapporto tra diritto sacro e democrazia. Dei tre diritti sacri, quello canonico il pi disponibile ad assumere le tecniche che sono proprie dei diritti secolari:La maggiore permeabilit tra diritto canonico e diritti secolari ha giovato allo sviluppo dei regimi democratici, la maggiore resistenza di altri diritti alla secolarizzazione ha rallentato questo processo.3. Il rapporto con la filosofia della religione e la teologiaLa filosofia della religione procede in genere in modo deduttivo e assiologico alla ricerca della vera natura della religione; la teologia, in quanto riflessione razionale del credente sulla propria fede, subordina la propria riflessione a un oggetto religioso definito normativamente. Oggi si fronteggiano due approcci, ben esemplificati dalle Introduzioni di Ravera (1995) e Fabris (1996): unimpostazione ermeneutica; unimpostazione neo-critica.Ci che oggi accomuna le differenti Scienze delle religioni non soltanto o tanto un orientamento scientifico, quanto piuttosto la ricerca di un metalinguaggio comune che permetta la costruzione di modelli e teorie in grado di individuare, descrivere e, se possibile, interpretare quelloggetto sfuggente e proteiforme che la religione.Il rapporto con la teologia in generale e con la teologia delle religioni in particolare pi delicato e complesso. Particolarmente vivace anche oggi in Germania. Il problema dei rapporti tra teologia, storia delle religioni e Religionswissenschaft ha rappresentato in epoca moderna in Germania un nodo culturale di grande rilevanza, che getta la sua ombra fino ai nostri giorni, a differenza di quanto avvenuto in quei paesi, come la Francia e lItalia, dove le facolt teologiche in genere cattoliche, non pi di stato, hanno costituito spesso mondi a parte isolati dal pi generale dibattito culturale.Il punto di vista teologico costituisce il punto di vista interno del credente.Accanto ad una fiorente teologia delle religioni, sono nel contempo cresciuti gli studi missionologici e si sono moltiplicate le iniziative di dialogo interreligioso.Secondo un modello proposto da Sundermeier, rispettoso dellautonomia di studio scientifico e studio teologico, si rifiuta di credere in una loro incomunicabilit anzi cerca di far interagire punto di vista esterno dello scienziato della religione e punto di vista interno del credente.4. C un futuro per le Scienze delle religioni?La critica postmoderna allindividualismo ha avuto come effetto di favorire uno studio delle religioni che si faccia carico di una prospettiva globale e sia di genere, postcoloniale, multiculturale, critico e autoriflessivo.Lo studio delle religioni si trova oggi a dover affrontare la sfida di un episteme contemporanea, tipica del cosiddetto postmoderno, che ha coinciso con la critica dei postulati del metodo scientifico tradizionale in opera nello studio della religione nel corso del Novecento. La consapevolezza che un monoteismo culturale, quello dellOccidente illuministico e cristiano, volge al tramonto, sostituito dallaffermarsi di una visione politeistica pi duttile e sfumata, sempre pronta a rimettersi in questione. Ad esempio la filosofia del linguaggio e le formulazioni teoriche del buddismo, mettono in radicale discussione alcuni capisaldi del sapere occidentale e delle scienze umane confutando ad esempio il concetto di universali e dellunicit della ragione umana.La religione una realt complessa, dalla storia millenaria, sottomessa, per un verso, alle leggi evolutive delle culture umane, per un altro, retta da logiche interne autonome, non riducibili a pure funzioni.Capitolo quinto Tipi di religione1. La classificazione delle religioniLesigenza di classificare le religioni in base a criteri formali o a categorie costituisce uno degli aspetti fondamentali del rapporto tra religione e religioni e uno dei compiti pi impellenti dello studio scientifico delle religioni. Il problema della classificazione si riconduce al problema del rapporto tra storia delle religioni e storia universale; il problema emerge in tutta la sua chiarezza nel contrasto tra Schleiermacher e Hegel. Nel primo caso, la storia la storia religiosa universale dellumanit non altro che realizzazione ideale di unessenza della religione, nel secondo caso si assistito alla determinazione di differenti principi che variavano col mutare del pi generale quadro culturale.Nella seconda met dellOttocento con Mller e Tiele, spicca il ricorso al principio linguistico come criterio di organizzazione, classificazione e sviluppo della storia religiosa universale. Alle religioni naturali, le quali vedono il mondo dominato da forze sovrannaturali controllabili con la magia, succedono le religioni etiche, frutto di una rivelazione profetica, di una riforma cosciente ad opera di figure carismatiche, i cosiddetti fondatori, di una vera e propria rivoluzione etica consegnata al messaggio salvifico rivelato attraverso i suoi profeti da un nuovo tipo di divinit. Ci che distingueva i due tipi di religione era il concetto di divinit: teoantropica; teocratica.Oggi, sotto letichetta di religione di salvezza, si tende a comprendere due gruppi di religione, il primo presente nel Vicino Oriente, il secondo in India. In questo primo gruppo, ci che si intende per salvezza ha luogo nella dimensione del tempo, che o si estende in questo mondo o continua in uno nuovo o pu iniziare in modo nuovo, attraverso un salvatore; nel secondo gruppo, la salvezza ha luogo nelluniverso che pu configurarsi in forme diverse a seconda che a prevalere sia una concezione immanente o trascendente della divinit. La funzione salvifica ora svolta dal singolo individuo. Anche le concezioni escatologiche differiscono. Mentre nel secondo gruppo, caratterizzato dalla dottrina della reincarnazione, laspirazione tendenzialmente anti- o metaindividuale di ricongiungersi con lAssoluto, nel primo gruppo il destino finale prevede la continuit della persona o in ogni caso del principio spirituale identificante il singolo.Vi sono altre tipologie, il caso della distinzione tra religioni etniche e fondate (la categoria delle religioni storiche, che comprenderebbero in sostanza la tradizione giudaico-cristiana e le religioni da essa influenzata, in contrasto con la religioni mitiche).Per ovviare a queste difficolt c chi propone di affidarsi a un criterio neutrale, puramente geografico, distinguendo semplicemente tra tradizione occidentali e tradizioni orientali.2. Concezioni pluralistiche del divino: i politeismiVi stato chi, come Tylor, il fondatore dellantropologia culturale ha sostenuto che la credenza in un Dio personale il risultato e il punto di arivo di un complesso processo evolutivo.Vi stato poi chi come lo scozzese Lang ha sostenuto che una credenza in un Essere supremo caratteristica gi delle popolazioni ritenute pi primitive. Su questo sfondo, sono poi intervenuti vari studiosi, tra cui Wilhelm Schimdt, con la sua teoria di un monoteismo primordiale, e Pezzattoni, sostenendo in particolare che il monoteismo esclusivista non un dato originario della storia delle religioni, ma presuppone un contesto politeistico ed il frutto di una vera e propria rivoluzione religiosa. Questo dibattito ha caratterizzato la prima met del Novecento.A differenza dei pantheon strutturati di tipo politeistico, le cui divinit, in genere in un numero contenuto, hanno caratteri ben precisi, i pantheon delle popolazioni tribali sono in genere scarsamente strutturati. Vi comunque un Essere supremo. Secondo unanalisi compartiva del Pezzattoni, un tratto distintivo di questo tipo di divinit uranica lonnicienza. Un altro tratto distintivo dellEssere supremo la sua dimensione sessuata. Essa si pu manifestare secondo tre modalit: della coppia primordiale; della dimensione androgina; della Grande Madre.Il politeismo fa la sua apparizione in genere nelle culture pi avanzate, contraddistinte da forme statuali e della scrittura. I politeismi antichi sono essenzialmente politeismi politici.Anche se gli dei che formano un pantheon di tipo politeistico tendono a conservare lantico rapporto con la natura e il cosmo sono ora subordinate ad esigenze sociali.3. I monoteismiIl tema dei monoteismi, delle loro diversit e dei rapporti oggi al centro dellattenzione. Gi con Hume, nella seconda met del Settecento, ma soprattutto con Nietzsche e Renan nellOttocento, si creata una tipica opposizione e alternanza tra Atene e Gerusalemme, tra neopagani e neobiblici, tra chi vede nel monoteismo semitico la causa del conformismo sociale, dellintolleranza, dellodio del corpo, della misoginia, della guerra in nome di Dio; e chi vi vede luniversale etico, lemergere dellidea di Legge al di sopra della natura, la separazione benefica tra temporale e spirituale, limporsi di una trascendenza personale e salvifica, la sola in grado di dare senso alla vite del singolo come delle nazioni.Il politeismo , nel suo accostamento e nella sua interpretazione di quel Grund che il divino, talora pi monoteista di quanto si sia disposti a credere, a sua volta il monoteismo sovente pi politeista di quanto si sia disposti ad ammettere, se vero, come vero, che lUno si rivela e si cerca nel molteplice, il quale, a sua volta, sempre presente nellUno.Vi saranno due principali linee interpretative che domineranno, fino ai nostri giorni, la ricerca sul monoteismo: il problema ad extra del rapporto con il politeismo; il problema ad intra delle relazioni con le altre fedi di tipo monoteistico.Nella seconda met del Seicento sono entrate in scena le due principali teorie interpretative del monoteismo: lidea che la fede monoteistica coincide con una capacit innata delluomo di credere in Dio; lidea che essa sia il portato di un processo storico.Da Comte a Spencer, il monoteismo, specie quello cristiano, costituisce il punto darrivo, e non di partenza, dellevoluzione religiosa.Che cos esattamente il monoteismo? Anche fedi a prima vista rigidamente monoteiste, come lebraismo o lislam, conoscono in realt al loro interno forme, come la qabbalah o la sh a, che, pur rimanendo entro un quadro monoteistico, hanno concepito il divino come realt che si manifesta attraverso una molteplicit di enti. Il monoteismo storicamente un sistema in equilibrio e in tensione. Dal punto di vista comparato, il caso dello zoroastrismo la conferma della difficolt di definire il monoteismo; lannuncio di Zarathustra contenuto nelle Gth ha un contenuto hanno un contenuto essenzialmente monoteistico o dualistico?Occorre sempre distinguere accuratamente tra una dottrina che pu proclamare lesistenza di un Dio unico e un sistema esplicativo che interpreta pratiche e vissuti di per s non monoteistico. Per distinguere e denominare queste situazioni intermedie si dovuto fare ricorso a nuove categorie interpretative. il caso dellenoteismo e della monolatria.In questi ultimi anni si proposto di distinguere tra monoteismo esclusivista e monoteismo inclusivista, in questo modo allargando lo spettro delle fedi di tipo monoteistico.3.1 - Il monoteismo inclusivistaForme di monoteismo inclusivista sono largamente attestate nellinduismo. Si conserva una pluralit di manifestazioni divine, il Dio supremo non un primus inter pares, come il dio supremo del pantheon politeistici, n, come nellenoteismo, la divinit somma momentanea di un singolo fedele, ma una divinit che esiste prima del mondo e degli altri dei, ponendosi come la fonte dellintero essere. Priva di inizio e incorruttibile, essa onnisciente e onnipotente, del tutto indipendente e autarchica.In India, un caso a parte costituito dal sikhismo. Con Gur Nnak (1469-1539), infatti, si sviluppa un modello di monoteismo indiano che sintetizza le tendenze monoteistiche sopra ricordate con il monoteismo personale ed etico portato in India dallislam. Caratteristica fondamentale che fa rientrare il sikhismo nella categoria dei monoteismi data dal fatto che le rivelazioni sono contenute nel libro sacro, il Granth, il maestro vivente, che viene installato in ogni luogo di culto e di preghiera ed fatto oggetto di adorazione nei templi, privi di immagini diverse.Anche il mondo religioso tardoantico ha conosciuto una forma di monoteismo inclusivista. La tendenza monoteistica del mondo religioso tardoantico si distingue proprio per il suo carattere inclusivista. In quanto tradizione spirituale radicata nellantico politeismo, la sua comprensione del divino iniziava con la molteplicit dei poteri divini per focalizzarsi su ununit divina primordiale e un principio finale di ordine e di valore per il cosmo sacro.3.2 - Alle origini del monoteismo esclusivistaOggi gli studiosi concordano nel ritenere che lemergere della fede monoteistica di tipo esclusivista sia lesito di un lungo e complesso processo storico, che ebbe come sua culla il Vicino Oriente antico e che ha come fonte principale a disposizione la Bibbia ebraica.Il profilo monoteistico emerge in tre ambiti: nessun altro al di fuori di lui; persecuzione messa in atto contro gli antichi dei; la pretesa di verit assoluta.La fede di tipo monoteistico si pone come tentativo di colmare lo iato che si era venuto creando, nelle societ statali fortemente gerarchizzate del Vicino Oriente, tra lindividuo e la divinit. I pantheon di tipo politeistico che la caratterizzano e che si formano in parallelo alla rivoluzione urbana, rispecchiano la complessit assunta da queste societ verticistiche, ma anche molto diversificate. Anzich essere ipostasi e giustificazione degli squilibri sociali e dei flussi ineguali delle risorse, la religione di tipo monoteistico diviene espressione di valori morali condivisi, punto di riferimento per la distinzione fra giusto e ingiusto, bene e male, vero e falso, offrendo al singolo la possibilit di mettersi direttamente in collegamento non pi con un divinit settoriale con cui possibile entrare in contatto in modo mediato grazie allattivit culturale e alle pratiche sacrificali controllate da apposite caste sacerdotali, ma con ununica divinit a vocazione universalista.3.3 - Il monoteismo come problema politicoLa storia dei monoteismi, compreso il monoteismo trinitario cristiano, anche la storia di un intreccio continuo tra sovranit dellunico Dio, e le sue forme di rappresentazione, e la sovranit di vari poteri che si sono configurati come suoi rappresentanti.Oggi le risorgenti spinte integralisti che e fondamentalistiche, che non sono certo specifiche del campo religioso islamico, ma secano i vari monoteismi, ripropongono in modo drammatico i rischi di esclusivismo e di conflitto sempre potenzialmente presenti in una fede troppo legata a pretese di signoria universale non disgiunte da esigenze di riscontro politico.3.4 Monoteismi a confrontoCon la corretta interpretazione del libro sacro, coloro che ne accettano e ne mettono in pratica le volont, fissata in una Legge sacra, formano la comunit di fedeli: una comunit religiosa in cui si entra attraverso dei riti particolari dingresso e che fornisce la nuova e vera identit del credente.I tre monoteismi abramitici esprimono pi compiutamente questo nodo teologico, ponendolo al centro del pensiero e della pratica religiosa.Lebraismo ha sottolineato limportanza decisiva del carattere personale di Dio, che si incontra nella relazione dialogica Io-Tu e che fornisce uno scopo etico per la vita (patto con gli Ebrei in quanto popolo eletto, che comunque non nega luniversalit di Dio).La peculiarit essenziale e distintiva del monoteismo cristiano la sua dimensione trinitaria, frutto di una complessa storia dogmatica, culminata nel credo niceno-costantinopoliano (381), comune alle tre grandi confessioni cristiane. Decisiva in questa dottrina lincarnazione di Dio nella persona di Ges il Cristo. Ebrei e mussulmani interpretano questa dottrina come un diteismo, che escluderebbe il cristianesimo da una pura fede monoteistica.Lislam rappresenta nel confronto la forma pi pura di monoteismo. Non a caso, esso ha fatto della dottrina dellunit e dellunicit di Dio lespressione centrale della fede. C una totale trascendenza e sovranit di Dio; per lislam Dio esercita la sia onnipotenza direttamente in ogni luogo. Questo Dio universale si rivelato allumanit in un messaggio salvifico particolare contenuto nel Corano.La comune eredit ha favorito pi il conflitto che il confronto pacifico. Senza voler negare la grande importanza del dialogo interreligioso, il problema di fondo che anche oggi domina il confronto tra i tre monoteismi quello della tolleranza e della convivenza.3.5 Monoteismi e violenzaLa prima fondamentale spinta che porta le religione monoteistiche verso la violenza la pretesa di possedere da sole la verit.Le differenze di genere che si riflettono nella concezione patriarcale del Dio monoteistico, sarebbe una causa fondamentale della violenza e dellintolleranza dei monoteismi abramitici.La guerra , per definizione, una violenza organizzata e coerente esercitata fra gruppo rivali costituiti e compatti.Lavvento, a partire dellOttocento, di movimenti pacifisti ispiratisi a concezioni religiose non deve far dimenticare il tragico paradosso in conseguenza del quale una ricerca della pace corre parallela allo scatenamento di conflitti messi in moto o comunque alimentati dalle fedi religiose di tipo monoteistico.La modernit ha inciso fortemente anche sulla natura dei tre monoteismi abramitici.4. Dio e il male: i dualismiSecondo Raveri: La tradizione orientale rigetta lidea, che invece comune ai pensatori cristiani, dellassoluta priorit del bene sul male, mettendo in luce linterdipendenza delle due valenze e perfino, in senso profondo, la loro unit, da un punto di vista ontologico ed essenziale il bene non pi forte del male: hanno la medesima natura di stati condizionati. Ne costituisce uneccezione a questaffermazione linduismo. Differente invece il modo in cui questo rapporto si imposto nella tradizioni di pensiero tipica dellOccidente.Paul Ricoeur ha proposto una mappa delle mitologie del male, articolata in quattro tipi fondamentali, che conserva intatta la sua validit: miti che vedono il male come forza caotica che di oppone alla creazione, perturbandone larmonia; miti che ne individuano lorigine in una misteriosa caduta; miti che lo concepiscono come fato tragico, destino inevitabile di trasgressione e perdizione, terribile ma glorioso; miti che lo connotano soprattutto come esilio, conseguenza o meno della caduta.Caratteristica del monoteismo biblico aver ricondotto a ununica causa, Dio, sia i mali del primo tipo sia quelli del secondo. in questorizzonte di trascendenza che viene a crearsi uno scarto, una distinzione nuova: quella di un male, naturale e morale, che si d nonostante e contro lassoluta bont dellunico Dio. In questo modo, sono gettate le basi di una forma particolare di teodicea.Famosa lequazione di Epicuro: La divinit o vuole abolire il male e non pu; o pu e non vuole; o non vuole n pu; o vuole e pu. Se vuole e non pu, dobbiamo ammettere che sia impotente, il che in contrasto con la nozione di divinit; se pu e non vuole, che sia invidiosa, il che ugualmente estraneo allessenza divina; se non vuole non pu, che sia insieme impotente e invidiosa; se poi vuole e pu, la sola cosa che conviene alla sua essenza, da dove dunque provengono i mali e perch non li abolisce?. La conclusione cui perviene Epicuro che lesistenza del male la prova evidente che la divinit non si cura delle cose del mondo, vivendo in uneterna e imperturbata beatitudine; i mali del mondo, sottratti al dominio della provvidenza, continuano ad essere una conseguenza della spontaneit naturale.Paradossalmente soltanto lassoluta bont di Dio permette al male di esistere: se Dio non fosse tale, il male non sarebbe male.Nella tradizione teologica cristiana, sia nella sua versione orientale (Origene) sia occidentale (Agostino): il male non altro che assenza di bene (privatio boni).Il dualismo radicale di tipo zoroastriano, mentre depotenzia il Dio buono, lo libera da ogni responsabilit di fronte al problema dellesistenza del male radicale. Lo zoroastrismo ha fornito un tipo di risposta religiosa radicale al problema del male destinata a grande fortuna: quella offerta dei cosiddetti dualismi. I dualismi religiosi costituiscono un fenomeno di grande variet e di notevole complessit. Essi sono gi presenti a livello etnologico l dove in collaborazione-opposizione con lEssere supremo, compare, nellopera di creazione, il demiurgo imbroglione. Collaboratore antagonista del Creatore, egli il responsabile dei tentativi falliti di riorganizzazione del mondo in seguito ai quali una condizione di perfezione iniziale subisce una degradazione definitiva.Ci che accomuna il dualismo mazdaico, lo gnosticismo, il manicheismo e il catarismo medievale il fatto di costituire una protesta radicale contro il monoteismo proprio sul terreno della teodicea. Alle sue risposte tradizionali, in genere tese a privare di consistenza il male o a ricondurlo nella sfera etica dellagire umano, i dualismi oppongono lesistenza ontologica di un principio del male, antagonista di Dio. La risposta gnostica al problema del male, per un verso, si conservata nelle tradizioni dellesoterismo cristiano moderno, per un altro, presente anche nelle tradizioni cabbalistiche ebraiche e in particolare nella teoria luriana delle qelipoth o gusci e cio delle forze del male. Fedele al dettato biblico, questa tradizione dualistica fa coesistere il male con Dio come una sua ombra che la sconfigge non depotenziandola ma espellendola. Concezione drammatica ma anche ottimistica; drammatica, perch ora il male spinge le sue metastasi nellabisso divino; ma anche ottimistica, perch luomo, seguendo lesempio del Dio cabbalistico, invitato a riscoprire, attraverso la gnosi, la possibilit, propria della natura, di sconfiggerlo definitivamente.Capitolo sesto Funzioni della religione1. La costruzione dello spazio e del tempoNon deve stupire che spazio e tempo sacri siano modelli fondamentali nella vita religiosa e concetti essenziali nello studio culturale comparato dei mondi religiosi. Si tratta, infatti, di due delle forme pi visibili e diffuse in cui si eprime leperienza religiosa. Chiaramente distinte e opposte allo spazio e al tempo profani, esse sono due vie privilegiate attraverso cui i differenti sistemi religiosi entrano in contatto col sacro: uno spazio e un tempo propri, alimentati dal ricordo dei miti di fondazione e tenuti vivi dalle pratiche rituali collegate. Unaltra funzione fondamentale della religione consiste nel delimitare, definire e identificare la massa amorfa dello spazio sociale.1.1 - Luoghi sacriPer quanto riguarda la conquista dello spazio, un luogo sacro il punto dincontro tra luomo e il divino. Sono innumerevoli le forme che questi luoghi possono assumere, dalle forme pi diverse della natura (pietre, grotte, monti, fonti, alberi) a quelle pi diverse dellarchitettura (altari, tabernacoli, templi, santuari, chiese, sinagoghe, moschee, e cos via fino ai luoghi dei pellegrinaggi e a territori talmente vasti da coincidere col paese stesso).Ma che cosa fa s che un luogo, e non un altro, sia considerato sacro? E prima ancora, che cosa si deve intendere per sacro? Per un verso sacro quel luogo in cui si rivela il Sacro (il Sacro la potenza che fonda, per chi vi crede, la vera realt, opposta e distinta dalla realt profana), per un altro verso, secondo una prospettiva funzionalistica, Sacro diventa quel luogo che viene interpretato, da una determinata cultura, come tale. In questa seconda prospettiva un luogo sacro non di per s, perch possiede possiede particolari qualit fisiche ed estetiche, ma per le sue funzioni, in quanto viene interpretato e considerato tale da un determinato gruppo sociale. Pur divergendo su di un punto decisivo e cio sul modo dinterpretare la natura del Sacro, queste due interpretazioni possono essere considerate come i due volti di una stessa medaglia. Un luogo sacro presuppone comunque un orientamento religioso.Le funzioni principali dei luoghi sacri sono quattro: individuare un centro; costruire un luogo dincontro tra gli uomini e gli dei e tra gli stessi uomini; fornire un microcosmo terreno di quel regno; fissare un luogo dove la divinit possa continuare a fare sentire la propria presenza.Un luogo sacro , innanzitutto, un luogo delle origini.I luoghi sacri delle diverse religioni manifestano la pi grande variet di orientamenti. Ci che conta ancora una volta il valore simbolico attribuito al processo di orientamento. Lo stesso pu dirsi per unaltra caratteristica strutturale dei luoghi sacri: la loro funzione delimitativa. Delimitare un territorio sacro significa perimetrare i confini dellidentit, geografica, mitica, simbolica, della comunit che vi si identifica e ne conserva nella memoria le origini. La soglia diventa un tipico luogo di meditazione; essa separa mondo umano e mondo divino, nel contempo unificandoli e congiungendoli. Soltanto chi in grado di varcarla ha accesso alle acque di vita del santuario o al potere taumaturgico delle reliquie o agli effetti vivificanti della ierofania della potenza conservati nel luogo sacro.Un primo tipo di luoghi sacri sono i luoghi naturali, caratteristici delle cosiddette religioni indigene dei popoli privi di scrittura, come anche di molte tradizioni religiose antiche. Questi luoghi naturali hanno anche un profondo valore culturale. Questo tipo di luoghi sacri caratteristico di popolazioni sedentarie, in genere dedite allagricoltura. Le cose cambiano con le popolazioni nomadi che hanno un santuario portatile.Lemergere di strutture statali complesse e delle cosiddette citt-stato, ha favorito la nascita di forme relgiose profondamente diverse. Al mondo indifferenziato e spesso non facilmente localizzabile degli spiriti e allEssere supremo tipico delle religioni indigene succede ora un cosmo divino gerarchicamente ordinato di tipo politeistico. In corrispondenza con lemergere di forme di regalit sacra, anche gli dei supremi di questo pantheon, che regnano sulla natura, ma soprattutto governano, attraverso patti e sacrifici, il cosmo politico, vengono localizzati e onorati in luoghi sacri particolari: i templi, che ne costituiscono la residenza abituale. Il luogo sacro si burocratizza.Lemergere di religioni di tipo profetico destinato, in parallelo con lemergere di imperi universali e di credenze monoteistiche, a influire in modo decisivo sulla natura e la funzione dei luoghi sacri. Un aspetto fondamentale la loro spiritualizzazione. Il luogo sacro, infatti, pu essere anche un luogo della mente, un luogo spirituale, in quanto tale liberato da tutti i fardelli e i pericoli della materialit.1.2 - Il tempo sacro: la festaMentre le tradizioni monotestiche hanno in genere intrepretato il tempo come una creazione divina, altre tradizioni non monoteitiche hanno riflettuto in modo diverso il rapporto tra divinit e tempo (es. induismo).Se si vuol comprendere la logica che guida la costruzione del tempo sacro e vederlo concretamente in opera, forse lesempio migliore da prendere in esame quello offerto dalla festa. La festa il tempo per eccellenza, il tempo distinto dallinsieme della durata in quanto particolarmente potente. La festa portatrice di una temporalit particolare, che trascende le propriet del nostro tempo fisico; una temporalit in grado di violare lomogeneit e la non ripetitivit. La festa dunque il diverso temporale, la ricerca di unalterit, di una differenza.Come distinguere una festa religiosa da una festa politica o da una festa che comunque religiosa non ? Le dinamiche della secolarizzazione hanno inciso profondamente non solo sul processo festivo, ma anche sul nostro stesso modo di intenderlo e di interpretarlo.La concezione tradizionale della festa che discoprono le Scienze delle religioni profondamente diversa. Essa emerge con particolare evidenza nelle pratiche festive delle popolazioni indigene. La festa un dono degli dei; essa proviene da un altro mondo, da un altro tempo, appunto con lo scopo di gettare un ponte, grazie alla mediazione divina, con questo mondo e con questo tempo. La festa cos, per un verso, intimamente collegata con il tempo del mito, per un altro, celebrazione rituale. Essa un evento collettivo, nel senso che il soggetto della festa una comunit che si ritrova e celebra nel contempo se stessa.Proprio per la sua importanza, la festa esige una sorta di preparazione, di iniziazione, di sacrificio. Nel contempo, essa presenta tratti ludici: canti, danze, gioia. Un ulteriore tratto distintivo della festa tradizionale dato dalla necessit dellaccumulo, dello scambio di doni, di eccesso, di una dilapidazione dei beni cio che ha per scopo una sorta di rigenerazione della comunit attraverso un consumo disinteressato.Quali sono i cambiamenti pi significativi che il tempo sacro della festa conosce in una religione di salvezza? Queste religioni hanno conservato, almeno inizialmente, un legame con le feste legate ai cicli stagionali, anche se le hanno rilette e riplasmate in funzione dei loro scopi particolari. Religione etnica, linduismo, non conosce festivit legate allazione di un fondatore; come insegna la storia del Natale cristiano, centrale diventa, in queste religioni di salvezza, la celebrazione del fondatore e della sua vita, dallorigine alla morte. Essenziale diventa, di conseguenza, la costruzione di un proprio calendario festivo.Il variare della cronologia nel buddhismo, che si oppone alla (relativa) fissit dellanno liturgico cristiano, oltre che il coesistere di elementi solari e lunari, si spiega in primo luogo per la capacit del buddhismo di coesistere con altre culture e altre fedi, fino a celebrare feste di altre religioni come il Natale cristiano. La cronologia delle feste ruota in genere intorno alla celebrazione dei momenti fondamentali della vita del fondatore, n un caso che in determinate circostanze si tenda a far coincidere, per festeggiarle con ununica ricorrenza, le date della nascita, dellilluminazione e della morte.2. La comunit religiosa: ingresso ed espulsionePossono esserci due tipi di fenomeni: come la religione accompagna lingresso in una comunit, liniziazione; come la relgione pu sancirne luscita, lespulsione.

2.1 LiniziazioneIniziazione un termine derivato dal vocabolario sacrale latino (initium), dove indica la cerimonia mediante la quale si entra in unassociazione misterica, partecipando ai benefici e alla salvezza che da tale ingresso si ritiene derivino.Un distinzione fondamentale, che tiene conto dei processi di differenziazione sociale e del differente carattere che liniziatore pu assumere a seconda che essa abbia luogo in una societ pi o meno complessa e stratificata, individua due tipi di iniziazione: il primo tipo, proprio delle societ illetterate, un rito o un complesso di riti di integrazione sociale del singolo maschio o della singola femmina nella comunit degli adulti; il secondo tipo, che si ritrova anche nelle societ di ancien rgime, comprende i rituali che segnano lingresso del singolo, liberamente deciso, in una comunit ristretta di individui non fondata su classi det o su distinzioni naturali come il sesso, ma su motivi di ordine religioso, che perseguono uno scopo genericamente salvifico.

2.2 Riti di iniziazione tribaliSi pu essere iniziati ben prima dellet puberale come anche molti anni dopo che questo passaggio fisico ha avuto luogo. A differenza dei cosiddetti riti di passaggio che aiutano il singolo individuo a superare le situazioni di crisi fondamentali della vita dalla nascita alla morte, i riti di iniziazione svolgono una serie di funzioni essenziali, dal punto di vista sociopolitico e culturale, di ingresso nel gruppo degli adulti. Ha uno scopo genericamente politico: contribuire alla perpetuazione delle tradizioni secolari. Liniziazione svolge anche unimportante funzione di cinghia di trasmissione culturale.I riti di iniziazione operano in genere secondo quel meccanismo di separazione, che stato messo in luce da Van Gennep a proposito dei riti di passaggio e approfondito da Turner come momento fondante del processo iniziatico. Si tratta di una struttura tripartita: due condizioni o stati si oppongono, separati da una linea di confine invisibile e carica di un forte significato simbolico. Attraverso il suo simbolismo particolare, il rito dimostra che la maturit una condizione sociale, non semplicemente iuna condizione naturale legata alla crescita fisica.Caratteristica distintiva dei riti di iniziazione alla stato adulto il loro aspetto costrittivo, pena lesclusione dalla stessa societ degli adulti.I riti tribali di iniziazione allo stato adulto perseguono inoltre lo scopo di rinforzare le distinzioni sessuali, confermando la divisione sessuale del lavoro. Liniziazione fornisce una conferma del significato sociale e politico dei gruppi di una determinata societ e del loro collegamento con le distinzioni di genere.Liniziazione svolge la funzione centrale di inserire a pieno titolo liniziando nel gruppo sociale di appartenenza. In questo modo, il gruppo acquisisce un nuovo membro pronto a sposarsi e a farsi carico delle differenti responsabilit politiche e culturali che gli saranno assegnate a seconda della cultura in questione, dalla ricerca dei mezzi di produzione e sostentamento alla difesa del gruppo stesso.Un discorso a parte meritano le iniziazioni femminili, che sono oggi al centro di un rinnovato interesse. Anche le iniziazioni femminili sono un fatto culturale e sociale, e non naturale, legato ad esempio alla prima mestruazione. Unaltra differenza che colpisce data dal fatto che sovente le donne verrebbero iniziate da sole, di contro ai maschi, iniziati in gruppo. Lisolamento delliniziazione riflette lisolamento o la marginalit sociale che sovente contraddistingue, dal punto di vista dellautorit e del potere, anche la condizione della donna adulta. Secondo Lincoln (1981) esisterebbero quattro tipi di iniziazione femminile: rituali che comportano una mutilazione del corpo; rituali che comportano unidentificazione con uneroina mitica; rituali basati su di un viaggio cosmico compiuto con lo scopo di facilitare labbandono della vecchia identit e lassunzione della nuova; rituali fondati simbolicamente sul gioco degli opposti.

2.3 Iniziazione e societ segreteAlcuni popoli conoscono, accanto e in parallelo con la vera e propria iniziazione tribale, una forma di iniziazione pi esoterica, sia perch essa comunica agli iniziati contenuti che non devono essere svelati ai non iniziati sia perch il gruppo che cos si viene costituendo una sorta di societ nella societ, contraddistinto appunto dal possesso di una forma particolare di conoscenza.Laspetto socialmente pi rilevante di questo tipo di societ segreta e delliniziazione che la contraddistingue il suo carattere volontario e individuale. Ci che le contraddistingue talora un vero e proprio antagonismo con la societ esistente che si traduce in forme di opposizione politica, talora il tentativo di fornire forme alternative.2.4 Comunit religiose: riti dingresso e di espulsione questo il caso delle comunit legate allavvento di forme di religione di salvezza. La comunit specifica religiosa si caratterizza per il fatto di essere formata da individui, che scelgono deliberatamente di costituirla e di entrarvi secondo regole che non coincidono pi con i meccanismi tipici delle comunit tribali come i riti di iniziazione, in nome e in funzione di una esigenza salvifica.Le particolari porte attraverso cui il singolo entra o esce da una comunit consentono di mettere meglio a fuoco la costruzione-decostuzione dellidentit individuale anche da un punto di vista religioso, facendola interagire dialetticamente con lidentit del gruppo di appartenenza. Esse costituiscono quelle zone di frontiera dove il singolo riceve (o perde) una carta didentit in cui la dimensione religiosa recita una parte, che la tipologia sopra ricordata deve ora aiutarci a mettere meglio in luce.Mentre le religioni di salvezza sia di tipo mistico, sia di tipo profetico, sia in fine di tipo dualistico, presuppongono in genere pi o meno articolati rituali dingresso, le religioni di salvezza in cui la religione svolge essenzialmente compiti di legittimazione sociale non conoscono rituali dingresso. Parallelamente, questo tipo di tradizione religiosa non conosce forme di uscita dalla religione di appartenenza che coinciderebbero con luscita dalla stessa societ in cui si nati. Queste religioni non conoscono il fenomeno della conversione proprio delle religioni profetiche.Mentre i riti di iniziazione delle comunit naturali mirano a formare unidentit sociale, i riti dingresso delle comunit religiose volontarie puntano a fornire una nuova identit specificamente religiosa.Le religioni non di salvezza possiedono forme di espulsione messe in atto da differenti agenzie sociali a ci preposte, che corrispondono in negativo al fenomeno dei riti di passaggio alla vita sociale adulta. Esse possono andare dallallontanamento temporaneo fino alle forme estreme del bando e dellesilio. Anche allinterno della medesima tradizione relgiosa si potevano presentare forme assai diverse di allontanamento. Il primo livello pu essere definito semplicemente il livello dellesclusione, nei livelli pi avanzati di espulsione si realizza una vera e propria distruzione dellidentit personale. La funzione principale che queste forme di espulsione svolgevano: quella di salvaguardare i confini sacrali, coincidenti con i confini sociali della comunit.Le comunit religiose volontarie conoscono un duplice tipo di uscita: volontaria e soggettiva; oggettiva.Il peso che il crimine di apostasia pu avere in una comunit religiosa pu rivelarsi un indice prezioso per valutare il grado di solidit e di coerenza della sua stessa identit religiosa.3. Una comunit religiosa in viaggio: i pellegriniViaggio verso un luogo sacro, il pellegrinaggio un fenomeno presente in molte tradizioni religiose, in particolare nelle religioni a spinta universalistica. Ci che distingue il pellegrinaggio in quanto rito religioso da altre forme di rituali proprio lesperienza del viaggio. La parola stessa, di origine latina, nelle sue due forme di peregrinatio e peregrinus, in tutte le lingue volgari occidentali indica tanto latto quanto lattore, rimandando a quella peregrinatio ascetica, tipica del primo monachesimo, il pellegrino , dunque, lo straniero, agli altri e a se stesso. Compiendo una sorta di archeologia spirituale, scavando nel passato per rinnovare lesperienza originaria, il pellegrino compie un viaggio dal duplice volto: affrontare, per un verso, i pericoli di un lungo peregrinare in terre straniere prima di attingere alla meta agognata, per un altro, le prove che metto in crisi la sua esistenza interiore, plasmandola e trasformandola. Il pellegrinaggio nelle societ poco mobili di ancien rgime e, nelle religioni tradizionali, risultata decisiva nellesperienza individuale e collettiva dei fedeli. La metamorfosi metaforica che il pellegrinaggio in quanto viaggio sacro ha conosciuto l dove, anche per effetto di una critica spiritualizzante, presente a vario titolo nelle religioni universali, in conseguenza del rigetto o della reinterpretazione della dimensione rituale e istituzionale del viaggio, si trasformato nel viaggio interiore per antonomasia.Il viaggio del pellegrino non fine a se stesso. Il pellegrino infatti vissuto per la sua meta. Esso presenta la struttura tripartita dei riti di passaggio: fase di separazione; fase liminale; fase che coincide con il ritorno.A differenza, per, dei riti di passaggio, iscritti nella logica del conformismo socioculturale, egli compie questo rito non perch obbligato dalle leggi della comunit, ma in funzione di una scelta libera e volontaria.Fondamentali si rivelano le motivazioni che inducono il singolo a compiere questesperienza. Ne consegue la necessit di unadeguata preparazione, che spesso si traduce nella messa in atto programmata di rinunce e mortificazioni. Prepararsi in modo adeguato allincontro con il sacro, che costituisce il culmine del lungo e periglioso viaggio ed destinato in qualche modo a sacralizzare il pellegrinaggio stesso, nel contempo investendo e scaralizzando, secondo le proprie esigenze, le due grandi categorie esistenziali del tempo e dello spazio. Il pellegrinaggio inaugura una temporalit particolare articola in tre momenti: un prima, in cui si matura lattesa e ci si prepara allattuazione; un centro, il punto culminante del pellegrinaggio, in cui ha luogo lincontro con il sacro; un dopo, in cui, mentre si assimila lattimo in cui si consumato lincontro, ci si prepara al ritorno alla quotidianit.Anche lo spazio del pellegrinaggio sacralmente determinato. Esso coincide con lesistenza di luoghi sacri. Il luogo sacro diventa cos, per il pellegrino, il luogo del ritorno alla sorgente. Si errerebbe a sottolineare unicamente il volto sacrale del pellegrinaggio, dimenticandone la molteplicit di scopi e di funzioni, economiche politiche sociali, per non dire di quelle puramente ludiche spesso e volentieri in una situazione di tensione con listituzione. Spesso proprio il potere politico ha contribuito in modo decisivo alla fortuna di un determinato luogo sacro.I testi sacri delle varie tradizioni possono contribuire in modo determinante a costruire la geografia di un pellegrinaggio.In conclusione, il pellegrinaggio costituisce una realt complessa che per circolare esige la compresenza di due volti. Su di uno sono iscritti la peculiare logica sacrale, le sue motivazioni, la sua ricerca di perdono e di mortificazioni, le relazioni, i rituali, laspirazione a mutamenti e trasformazioni. Sullaltro, i condizionamenti esterni di vario tipo che incidono sulla logica e sui fini del pellegrinaggio, contribuendo a definire il complesso profilo di sistema, di magnete culturale, in grado, con le sue reti simboliche, di guidare e dare senso al viaggio sacro del pellegrino.Il pellegrinaggio comincia nel momento in cui degli uomini consacrano un luogo particolare, compiendovi per devozione anche un breve viaggio. Sar solo con laffermarsi delle religioni universali che il pellegrinaggio assumer dei tratti istituzionali. Un caso a parte rappresentato dallinduismo: la capacit di Benares di condensare innumerevoli spazi sacri in una sola localit corre parallela allatteggiamento induista verso i testi sacri. Anche se nei testi sanscriti classici il pellegrinaggio stato avvertito come una pratica facile e popolare se confrontata al sacrificio centrale del fuoco, esso a recitato una parte importante come forza integratrice in un paese dalle infinite lingue e culture.Il pellegrinaggio buddhista rientra a pieno titolo nel caso di quelli prototipici che affondano le radici nellattivit del fondatore. Il Buddha prescrisse ai suoi seguaci quattro luoghi sacri di pellegrinaggio: dove egli era nato (Lumbini); dove aveva conseguito lilluminazione (Uruvela) dove aveva messo in moto la ruota del darmha (Isipata); dove aveva raggiunto in nirvna (Kusinara).Anche il pellegrinaggio islamico alla Mecca getta le sue radici nelle raccomandazioni del fondatore: E gli uomini debbono a Dio il pellegrinaggio alla Casa, quelli di loro che abbian la possibilit di fare quel viaggio. Esso costituisce, per il mussulmano, lultimo dei cinque pilastri; n vanno dimenticati altri pellegrinaggi non istituzionalizzati, come il culto sciita alle tombe dei dodici imam o come quello per le tombe, venerate nellislam sunnita, di marabutti famosi o di santi resi tali dal fervore popolare, oltre ai pellegrinaggi raccomandati alla tomba del Profeta a Medina.La secolarizzazione, che pur ha inciso profondamente nel tessuto sociale delle tradizioni religiose, sembra aver lasciato intatta la forza del pellegrinaggio, che non pare confinata nellambito delle pratiche religiose tradizionali: la cultura di massa, infatti, alimenta a sua volta il pellegrinaggio secolarizzato.4. Memoria e tradizione religiosaIn nessun altra zona dellantropologia religiosa gli effetti devastanti dei processi di secolarizzazione hanno inciso in modo cos profondo. Il deturpamento religioso tipico delle nostre societ trova il suo compimento nella generale situazione damnesia indotta, nelle societ tecnologicamente pi avanzate, della messa tra parentesi di ogni memoria che non sia immediata e funzionale alle esigenze di una societ delleffimero.Considerata da un punto di vista sociale una religione si presenta sotto laspetto di una memoria collettiva particolare. Il legame profondo tra memoria e tradizione religiosa, che rischia di rendere quasi impercettibile le linee di distinzione tra i due fenomeni, esige un qualche criterio di orientamento e ristabilimento di confini. Vi sono due tipi di memoria sacra: quella tra religioni etniche; quella tra religioni fondate.Questi sono due tipi fondamentali di religione, che hanno certamente dato origine a due tipi diversi di memoria sacra.Nelle societ tradizionali, scarsamente differenziate da un punto di vista sociale, la memoria sacra socialmente data; centrali diventano, di conseguenza, i processi di memorizzazione. Anche allinterno di societ tradizionali, il processo di anamnesi ha un risvolto pi propriamente individuale, dal momento che esso travalica la funzione collettiva paradigmatica sopra riportata.In che misura le cose cambiano con lavvento delle religioni storiche, legate al primato della scrittura e, pi in generale, a forme pi complesse di societ? Le religioni storiche travalicano ormai i confini sociali, culturali e religiosi proprio di quelle dei popoli nativi. Con queste religioni emerge un nuovo tipo di memoria, conseguenza non solo del ruolo centrale svolto da eccezionali individualit carismatiche come i profeti e inviati ritenuti i fondatori di queste tradizioni, ma anche del sorgere di un nuovo tipo di comunit, la comunit emozionale di fede, nella quale la memoria religiosa collettiva, lungi dallessere data nei suoi contenuti, diventa loggetto di un processo continuo di ricostruzione. Nel quadro di religioni che proclamano lassoluta trascendenza di un Dio personale, lesercizio della memoria acquista caratteri, funzioni, contenuti nuovi. Lanamnesi implica, da un lato, il ricordo di Dio, dallaltro, lemergere di un nuovo individualismo religioso. Si apre un capitolo fondamentale nel rapporto tra memoria e tradizione religiosa: quello legato alla sua funzione di identificazione.Molto importanti furono inoltre le modalit espressive tipiche della religiosit popolare mediate dalla memoria visiva (es. Biblia pauperum); queste sono una preziosa testimonianza del modo in cui le masse dei fedeli attraverso i secoli hanno cercato e si sono rappresentate un rapporto immediato e diretto con agenti divini protettori.In queste immagini si cela un aspetto significativo della memoria sacra: la sua capacit di vincere il tempo.La memoria costituisce una dimensione fondamentale della religione in quanto tradizione vivente. Funzione psicologica in s universale e priva di specifiche valenze religiose, altres indubbio che le differenti tradizioni religiose lhanno valorizzata con ricchezza di forme e di esiti. Garante di quel meccanismo di conservazione e trasmissione del patrimonio tradizionale che costituisce la spina dorsale di ogni organismo religioso, la memoria ha conosciuto metamorfosi e ridefinizioni. Da fattore di identit collettiva la memoria si progressivamente trasformata in memoria individuale. Capitolo settimo La violenza della religione: dai fondamentalismi al terrorismo religioso1. Violenza e religioneLa violenza del religioso oggi al centro dellattenzione, alimentata fino a non molti anni or sono da suicidi di massa che avevano contraddistinto la nuova religiosit. Questa peculiare violenza ha conosciuto una svolta radicale con l11 settembre e col moltiplicarsi dei focolai di conflitti etnici a sfondo religioso. Il radicalismo islamico ha riproposto la centralit di un fenomeno come il martirio: sacrificio cruento di un essere umano in cui il soggetto e oggetto del sacrificio coincidono, anche se occorre non confondere il martirio passivo, tipico della tradizione cristiana, con martirio offensivo, queste due forme della (auto)violenza religiosa hanno, tra altri, un fondamentale elemento in comune: il disprezzo per i valori mondani in nome di valori sovramondani per perseguire i quali ogni mezzo diventa legittimo.La violenza pare una componente ineliminabile del comportamento umano, non ci si dovr stupire che la religione, in quanto fenomeno antropologico, abbia intrecciato continuamente rapporti con le forme pi diverse di violenze. La violenza non sempre al servizio del Male; esiste, infatti, anche una violenza del Bene; la violenza contiene una ineliminabile ambiguit.Le tradizioni religiose si sono avvalse della violenza religiosa per molti motivi, riconducibili a tre tipi: nelle situazioni di radicalizzazione; in situazioni conflittuali e di crisi identitaria; nel caso dei conflitti armati.Il nesso violenza-religione continua a costituire un fattore presente anche nel mondo contemporaneo, che contro ogni teoria evoluzionistica, non appartiene a un passato della storia umana meno civile ed umanitario. In genere il problema investe prima di tutto la religione come realt istituzionale e sociale, chiamata a svolgere funzioni di legittimazione e sostegno della realt sociopolitica in cui essa si incarna o di cui essa espressione.Il diffondersi oggi di movimenti fondamentalisti, caratteristici prima di tutto dei monoteismi ripropone in modo drammatico questaspetto particolare del rapporto tra religione e politica. Mossi da un vigoroso senso di rifiuto della modernit vista come una minaccia mortale allintegrit della fede tradizionale, i fondamentalismi paiono per lo pi caratterizzati da un radicale dualismo nei confronti di un mondo esterno vissuto come una minaccia mortale alla saldezza della propria fede e del proprio sistema di valori. Ne consegue il pressante invito a ricorrere alle armi della parola, quando non alla parola delle armi, rivolto ai vari tipi di guerrieri di Dio per attaccare il nemico esterno a difesa del credente autentico e dei fondamenti della propria religione.2. Religioni e guerreIl Novecento ha conosciuto guerre spaventose, si trattato di guerre secolarizzate. In questi due ultimi decenni, di contro si sempre pi assistito al riemergere di conflitti etnoreligiosi. Le religioni entrano in guerra, quando diventano la lingua sacra dellidentit collettiva di un popolo o di un gruppo umano, che si sentono minacciati nella loro stessa sopravvivenza fisica o morale. La violenza delle guerre e dei conflitti promossi dai nazionalismi religiosi da un lato, dai fondamentalismi dallaltro, ha cos riproposto in modo drammatico la centralit del nesso guerra-religione.In quanto realt antropologica le religioni hanno continuamente intrecciato la loro storia con la storia delle guerre e dei conflitti. Ci non deve certo stupire, dal momento che nelle societ tradizionali la religione svolge principalmente la funzione di legittimare lordine politico.In quanto sistemi sociali che mantengono un rapporto con la trascendenza, le religioni si configurano come tradizioni che mirano a mantenere un rapporto privilegiato col sacro. E il sacro intimamente legato alla violenza. Proprio per questo, il conflitto e la guerra si iscrivono genericamente nel religioso. Secondo Caillois vi un legame intimo tra religione e guerra, riconducibile al sacro, un sacro inteso come potenza incontenibile, foriera di vita come di morte.Nelle societ tradizionali la guerra un fatto certo importante, ma anche normale. Al pari degli altri avvenimenti significativi della vita, anche la guerra investita di valori sacrali. Questo processo di sacralizzazione si realizza a tutti i livelli del suo svolgimento. Essa gode della protezione di divinit specifiche. Sul versante umano per quanto riguarda liniziazione e la professione del guerriero, la guerra ha con il mondo del sacro un rapporto privilegiato, che si accentua l dove si ha a che fare con societ in cui llite era appunto costituita da caste di guerrieri. Il combattimento stesso assume laspetto di un vero e proprio rito di iniziazione alla morte e ai premi dellaldil che la societ o il gruppo promettono ai suoi fedeli o, in caso di vittoria nei confronti del nemico, a una vita sociale rinnovata.Nelle societ antiche di tipo statale si viene a creare una vera e propria classe di divinit preposta alla guerra, come il greco Ares o la romana Bellona. Lelemento caratterizzante delle confraternite militari risiede nelle loro iniziazioni rituali, che perseguono lo scopo di costruire una paideia bellica incentrata intorno al furor. A questo processo assistono gli dei, che aiuteranno poi il guerriero sul camp