Riassunti Diritto Inter Nazi on Ale Tanzi

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ATTILA TANZI INTRODUZIONE AL DIRITTO INTERNAZIONALE CONTEMPORANEO SECONDA EDIZIONE CEDAM PREMESSA Il diritto internazionale viene qui presentato nelle sue molteplici dimensioni. In particolare: a) come uno degli strumenti di gestione del mutamento in modo da salvaguardare i livelli minimi di stabilit e prevedibilit dei rapporti giuridici internazionali; b) come linguaggio finalizzato al raggiungimento dell'accordo, o come catalizzatore del disaccordo pacifico; c) come una delle chiavi di lettura della realt internazionale contemporanea. PARTE PRIMA IL DIRITTO NELLA SOCIETA' INTERNAZIONALE 1 INTRODUZIONE 1.1. Sul diritto internazionale e le sue configurazioni Se ci chiedessimo cosa sia il diritto internazionale nella sua configurazione moderna si potrebbe indicare che esso stato tradizionalmente inteso dalla sua nascita (intorno al '600) come l'insieme delle regole giuridiche che riguardano i rapporti tra gli Stati e tra questi e le organizzazioni intergovernative. Va tuttavia osservato che la maggior parte delle regole internazionali di condotta operano all'interno degli Stati, nel senso che riguardano i rapporti tra gli Stati (i loro organi lgs, giudiziari, esecutivi), da un lato, e le persone fisiche o giuridiche che si trovano sul loro territorio, o che cmq sono sottoposte alla loro giurisd, dall'altro. Tradizionalmente tali rapporti riguardavano l'individuo come cittadino all'estero, nell'ambito di quel corpo del diritto internazionale relativo appunto al trattamento degli stranieri. Analoghe regole si sono formate a tutela degli organi stranieri, con particolare riguardo ai capi di Stato, ai ministri e agli agenti diplomatici. Ci che accomuna le due tipologie di regole il carattere bilaterale del loro funzionamento, in quanto basate sullo stretto principio della reciprocit. A partire dai primi del '900, la rilevanza dell'individuo per il diritto internazionale ha lentamente iniziato a svincolarsi dalla sola configurazione di straniero per comprendere, dapprima, l'individuo in quanto parte di una minoranza nazionale, poi, in quanto persona umana, indipendentemente dal rapporto di cittadinanza = si cos aggiunta alla categoria delle regole sul trattamento degli stranieri quella sui diritti dell'uomo. Secondo il pensiero della Scuola americana di New Haven, invece, il diritto internazionale non sarebbe un insieme di regole, bens un processo normativo senza soluzione di continuit, costituito dal succedersi delle delle decisioni normative delle forze prevalenti della comunit internazionale (Rosalyn Higgins: diritto internazionale processo continuo di decisioni autoritative). Il linguaggio e i concetti della scuola di Yale, alieni dagli insegnamenti ricevuti nelle facolt giuridiche dell'Europa continentale, sono seguiti da un ampio numero di

attuali e futuri operatori del diritto internazionale, non solo di cittadinanza americana, con i quali molti dei nostri studenti di oggi si troveranno a interagire e dialogare sulla scena internazionale domani. In concreto, cmq, la distanza tra i due orientamenti dipender da quanto dinamica, o rigida, la visione relativa alle modalit giuridico-formali del ricambio delle regole. Se anche non dovessimo trovare una definizione unanimemente condivisa, di fatto, l'esistenza del diritto internazionale viene regolarmente riconosciuta: evitando, dunque, di affrontare qui in modo sistematico l'evoluzione storica del pensiero giuridico circa l'esistenza del diritto internazionale ed il suo fondamento, sar sufficiente, ai nostri fini, constatare nella realt sociale internazionale il generale riconoscimento dell'esistenza di un quadro concettuale e pratico entro il quale si svolge la dialettica per la formazione, la trasformazione, il ricambio, l'accertamento e l'esecuzione di regole di comportamento tra Stati ritenute di natura giuridica. Si tratter quindi di un'introduzione alle regole internazionali primariamente di tipo strutturale e procedurale, di organizzazione, e sulla produzione, mentre i contenuti delle regole di condotta, cd materiali o sostanziali che ne sono il risultato emergeranno a scopo esemplificativo con riferimento ad alcuni settori del diritto internazionale, in particolare dei diritti dell'uomo, del trattamento dei cittadini e degli organi stranieri, del divieto dell'uso della forza, del diritto del mare e dell'ambiente. 1.1.1. ... in prospettiva storica Avendo definito in prima approssimazione il diritto internazionale nella sua configurazione moderna come l'insieme delle regole che si rivolgono ai rapporti fra gli Stati, la sua nascita va ricondotta all'epoca della nascita degli Stati nazionali, comunemente identificata con la fine della Guerra dei Trent'Anni, sancita dalla Pace di Westfalia del 1648. Il significato simbolico di questo evento quello di segnare la fine di una distribuzione gerarchica del potere, quindi anche della potest regolamentare, che trovasse il suo vertice nell'Impero o nel Papato. In alternativa a tale prospettiva verticistica, si cos consolidato uno scenario di distribuzione del potere tra una pluralit di aggregati umani la cui sovranit nazionale non ammetteva autorit ad essi superiore. Gli Stati europei si sono poi forniti di un bagaglio assai limitato di regole giuridiche, basate sulla reciprocit, che assicurassero un regime di libera concorrenza politica, militare ed economica. Il cd modello westfaliano della comunit internazionale non una teoria delle relazioni internazionali, ma una espressione indicativa di una situazione di fatto di distribuzione pluralistica del potere sulla scena internazionale o, meglio, europea, in una prospettiva eurocentrica del diritto internazionale. Su tale impianto storicopolitico fattuale si sviluppato il diritto internazionale moderno, basato sul principio della sovrana eguaglianza formale degli Stati e dotato delle caratteristiche di orizzontalit, o bilateralit, e scarsa istituzionalizzazione. Ci non ha costituito la realizzazione di un modello teorico politico e giuridico superiore ad altri, per quanto preferibile rispetto ad un modello monocratico, bens il risultato della combinazione delle forze della Storia. Per quanto riguarda il diritto internazionale dell'epoca pre-moderna, indicativo di regolamentazione giuridica di un rapporto internazionale di tipo paritario pre-

westfaliano , a titolo di es, il Trattato di Kadesh del 1278 aC tra il Faraone d'Egitto Ramessese II e il re degli Ittiti Hattusili II. Si pu poi arrivare a sostenere che lo stesso Impero romano abbia prodotto un modello di diritto internazionale, egemonico e gerarchizzato che si imposto alla pluralit dei popoli e delle comunit da esso conquistati. Quando possibile militarmente, economicamente e organizzativamente, le regole costitutive degli Stati europei e dell'ordinamento internazionale, cos concepito in chiave eurocentrica, vennero imposti nel corso del tempo ai popoli extra-europei, spesso con la forza, nel processo plurisecolare di colonizzazione, oppure imponendo il cd regime delle capitolazioni. Gli Stati Uniti si avvalsero presto degli stessi principi europei del diritto internazionale per esercitare un ruolo egemonico in America latina e intrattenere rapporti con i Paesi europei. L'omogeneit di valori e modelli di comportamento tra le potenze europee che hanno costruito il diritto internazionale moderno nel corso do oltre tre secoli e che ha presieduto a quella che possiamo definire come una cavalleresca conflittualit tra le stesse potenze in tema economico, politico e militare, si infranta durante la Prima Guerra Mondiale con la rivoluzione russa del 1917. Quest'ultima, infatti, ha introdotto non solo una nuova forma di governo nazionale, ma un modello, che la Russia sovietica intendeva esportare su scala mondiale, di rapporti economici che negavano il diritto di propriet privata ed il libero commercio tra privati, infrangendo uno dei pilastri fondamentali su cui si era sviluppata la societ internazionale e le relative regolamentazioni giuridiche sino ad allora. Tale fase di rottura dei contenuti delle regole della societ internazionale venne poi ulteriormente alimentata dall'avvento dei regimi nazifascisti. Proprio durante lo svolgimento del secondo conflitto mondiale, dall'alleanza angloamericana contro il nazifascismo, cui si era associata per difesa pure l'URSS, emerse la visione di un nuovo ordine internazionale di tipo universalistico basato sul principio della legalit e dell'eguaglianza sovrana degli Stati. Le linee fondanti di tale visione, suggellata da Roosevelt e Churchill nell'agosto 1941 nella Carta Atlantica, si articolavano: a) sul divieto dell'uso della forza; b) sulla protezione e promozione dei diritti dell'uomo e c) sulla liberalizzazione degli scambi commerciali e la protezione degli investimenti stranieri. Il modello westfaliano si aggiornava, cos, con l'introduzione del divieto dell'uso della forza e con il proseguimento del faticoso tentativo, iniziato nel 1919 con la Societ delle Nazioni, di istituzionalizzare la gestione sovranazionale della funzione di polizia internazionale. Questa stessa visione venne poi codificata nella Carte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1945 dai 51 Stati fondatori. Con l'avvento della Guerra Fredda si pu dire che tale modello eurocentrico sia stato sostanzialmente imposto sulla scena mondiale dai Paesi occidentali e dai loro alleati, che detenevano inizialmente una larga maggioranza nell'Assemblea ONU. Con la decolonizzazione degli anni '60 (appoggiata dall'URSS) scatur una situazione nella quale lo schieramento dei Paesi del blocco comunista e del Terzo Mondo imposero a quello dei Paesi occidentali una sorta di processo di rinegoziazione del diritto internazionale, al fine di trascrivere il diritto consuetudinario = pluralit di convenzioni di codificazione, per esigenze soprattutto di retorica ideologica-politica.

Va altres considerato come lo sviluppo di elementi innovativi del contenuto del diritto internazionale, verso la tutela di interessi collettivi della Comunit Internazionale nel suo insieme, sia stato promosso in quegli anni principalmente dall'azione diplomatica degli schieramenti socialista e del Terzo Mondo, trovando tuttavia la sua base nella stessa Carta ONU e il consenso degli stessi Paesi occidentali. Peraltro, a fronte del significativo sviluppo di regole materiali a tutela di interessi generali della societ internazionale, si rileva uno sviluppo assai limitato di regole di organizzazione che prevedano meccanismi oggettivi e obbligatori di accertamento delle prime, e ancor pi limitato in tema di attuazione coercitiva delle stesse. Il contrasto avente rilievo giuridico-internazionale tra i due blocchi riguardava i rapporti economici e la regolamentazione giuridica internazionale degli stessi. Le delegazioni dei Paesi del Terzo Mondo cercarono di instaurare un cd nuovo ordine economico internazionale: questo avrebbe dovuto essere fondato sulla priorit del principio della sovranit permanente degli Stati sulle proprie risorse naturali e del diritto per gli Stati di regolamentare autonomamente le attivit economiche sul proprio territorio, senza eccezione per le attivit economiche di soggetti stranieri, comprese le multinazionali. Tali istanze hanno portato ad una frattura decisiva fra i due blocchi: in sostanza il braccio di ferro tra Nord e Sud (sostenuto, quest'ultimo, strategicamente e ideologicamente dai Paesi comunisti) aveva per oggetto la pretesa e l'aspettativa del Sud del Mondo di elaborare un regime regolamentare internazionale che mettesse fine ad un apparato di regole giuridiche che legittimassero la continuazione, anche in epoca post-coloniale, dello sfruttamento economico delle proprie risorse dai Paesi del Nord attraverso le loro imprese private nazionali e multinazionali, in termini ritenuti vessatori. Il nodo cruciale riguardava la intangibilit della propriet privata e, pi in generale, dei diritti economici di privati stranieri: a fronte del disconoscimento di tale consuetudine, le risoluzioni in questione avevano introdotto la liceit di misure statali privative di diritti economici stranieri, adottate adducendo l'esercizio dell'autodeterminazione economica e della sovranit permanente sulle proprie risorse naturali (previsione poi di un indennizzo, di gran lunga inferiore al tradizionale risarcimento). Con la caduta del Muro di Berlino (1989), la posizione di numerosi Paesi in via di sviluppo mutata, trasformandosi in un atteggiamento concorrenziale nell'attrarre investimenti stranieri, creando un ambiente regolamentare e fiscale a questi favorevole, al fine di incoraggiare i reinvestimenti dei profitti delle societ straniere maturati sul proprio territorio, a beneficio del proprio sviluppo infrastrutturale ed economico. 1.1.2. ... nella prospettiva evolutiva contemporanea Dopo il crollo dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est, si assistito ad un progressivo processo di omogeneizzazione, di omologazione su scala globale delle diversit su di un unico modello economico, quello liberista, e su di un unico modello politico-istituzionale, quello delle democrazie occidentali. Analoga omogeneizzazione sembrava configurarsi negli stessi anni pure sotto il

profilo degli strumenti per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale: il caso dell'invasione del Kuwait, cui l'ONU diede una risposta coercitiva all'unanimit (non successivamente nelle crisi di Somalia, Ruanda, ExIugoslavia e Kosovo). Presto sono per ricomparsi evidenti squilibri sulla scena internazionale e sostanziali divergenze di interesse tra i diversi attori, governativi e non, e, in particolare, tra molti di essi e la superpotenza americana: si pensi, ad es, alla crescente conflittualit islamica, anche in chiave anti-occidentale. La conquista del potere governativo da parte di movimenti integralisti riporta la dialettica e la conflittualit internazionale in un alveo interstatale, rispetto al quale il diritto internazionale e i suoi soggetti governativi si trovano meglio equipaggiati rispetto alle azioni di organizzazioni non governative quali Al-Qaeda. Le proporzioni drammatiche dell'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 e l'obiettivo di contenere e contrastare il fenomeno del terrorismo ha consentito un provvisorio compattamento del Consiglio di Sicurezza nel fornire approvazione e sostegno, seppure in termini non indiscussi, all'azione militare americana in Afghanistan. Come noto, lo strappo pi significativo, in direzione di un rinnovato unilateralismo americano, avvenuto con l'attacco angloamericano all'Irak, senza l'autorizzazione del Consiglio di sicurezza: ci ha accentuato la tensione transatlantica tra una buona parte dei Paesi europei e gli Stati Uniti, e, naturalmente, la conflittualit tra questi ultimi (e i loro alleati europei) e larga parte del mondo islamico. Gli argomenti di autolegittimazione morale contra legem utilizzati dagli Stati Uniti a giustificazione dell'attacco e occupazione dell'Irak, potranno essere usati in futuro da altre potenze a sostegno di proprie pretese antagonistiche, se non egemoniche, sia di tipo strategico-militare che economico, finanziario e commerciale. Uno degli aspetti positivi, in termini del tutto relativi, dei costi evidenti dell'operazione irachena sembra essere stato quello di indurre il Governo americano ad una percezione della propria forza in termini di significativo ridimensionamento rispetto al momento dell'attacco nel marzo del 2003. Conseguentemente, vi stato un progressivo riavvicinamento della politica estera americana alla strada multilaterale e della legalit condivisa: si pensi, ad es, alla ricerca di legittimazione da parte dell'ONU della gestione postbellica in Irak o all'azione diplomatica americana seguita all'attentato del Primo Ministro libanese, nel 2005, i cui sospetti autori sono legati all'apparato governativo siriano (Iran e Siria sono Stati definiti canaglia dagli americani). Va altres osservato che il Presidente Bush, al dibattito generale della sessione del 2005 dell'Assemblea generale dell'ONU , nei toni e nelle indicazioni programmatiche, quello maggiormente a favore dell'Organizzazione di tutti quelli precedenti: in particolare, Bush ha indirettamente cercato di smantellare la tesi per cui l'America contemporanea stia tentando di smantellare l'impalcatura dei principi della Carta Atlantica voluta da Churchill e Roosevelt nel 1941. Vi peraltro l'ipotesi, seriamente considerata da studiosi e osservatori, secondo cui gli Stati Uniti potrebbero perseguire una sostituzione meramente cosmetica di una forma di egemonismo unilateralistico con un metodo che stato definito di egemonismo multilateralistico. Si tratterebbe di un uso formale delle istituzioni

multilaterali per realizzare i propri disegni unilateralistici, cercando nella sostanza di aggirare un genuino processo decisionale collettivo. Un es di tale approccio si ritrova nei metodi di pressione utilizzati proprio nel 2003 dalla delegazione americana all'ONU nel vano tentavi di ottenere la maggioranza necessaria all'autorizzazione del Consiglio di sicurezza all'attacco in Irak. L'ONU, indipendentemente dal funzionamento dei suoi poteri coercitivi, e in ragione della universalit della sua composizione e delle materie oggetto delle sue competenze, appare come foro principale nel quale cercare di ritrovare per il diritto internazionale la sua funzione di linguaggio condiviso non solo e non tanto tra rappresentanti di Stati tradizionalmente intesi, ma tra rappresentanti di diverse civilt etnico-religiose. L'apertura di un tavolo per il dialogo diplomatico-interculturale appare oggi indispensabile alla luce del fatto che, in termini inopinatamente vicini alle previsioni del Professor Huntington di oltre dieci anni fa, la conflittualit internazionale, abbandonati i binari della contrapposizione ideologico-strategica EstOvest e Nord-Sud tra capitalismo e comunismo, stia imboccando il canale della contrapposizione tra civilt e culture religiose. Si tratta ormai di una conflittualit che comprende e supera il tradizionale antagonismo tra Stati: affinch il diritto internazionale possa nuovamente tornare a svolgere quel ruolo di vocabolario di idee comune alle diverse componenti della societ internazionale e se si vuole genuinamente evitare, o contenere, il ripetersi delle violenze della Storia, il momento per i diversi protagonisti sulla scena internazionale di riprendere ad usare quel vocabolario, spesso ignorato negli ultimi anni, ed eventualmente di aggiornarlo in termini condivisi. A questo proposito, assume speciale rilievo la proposta di costituire un tavolo negoziale per il dialogo tra culture e religioni, presentata informalmente dal Cardinale Renato Martino, il quale, a titolo di modello di riferimento approssimativo, ricordava la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (oggi OCSE). A fronte dell'attuale scenario internazionale si potrebbe considerare la istituzione di un foro negoziale, ad un tempo interstatale e interreligioso, da costituirsi su di una o pi sedi itineranti, come fu per la CSCE (oggi OCSE), oppure la convocazione di una sessione speciale dell'Assemblea generale che potrebbe decidere la reiterazione a cadenze regolari negli anni successivi del dialogo nella medesima sede su singole aree tematiche. A tal fine, sicura priorit potrebbe avere un negoziato finalizzato alla elaborazione in termini multiculturali di un codice di condotta nel quale compiere una rivisitazione condivisa di alcuni diritti fondamentali dell'uomo, quali la libert religiosa e di espressione, o la tutela delle minoranze, attraverso l'elaborazione di criteri di interpretazione e applicazione degli stessi diritti e di altri diritti fondamentali. 1.1.3. Diritto internazionale e diritto internazionale privato Il diritto internazionale non va confuso con il cd diritto internazionale privato, anche se spesso gli studiosi e gli operatori nell'ambito del primo lo sono anche del secondo. Ogni ordinamento giuridico nazionale ha le proprie regole di diritto internazionale privato (si pensi, ad es, alla l n 218/1995), cd di conflitto o di rinvio, aventi natura strumentale. Esse, infatti, servono al giudice nazionale, investito di una controversia

civile che abbia carattere di estraneit (o internazionalit) rispetto al proprio ordinamento, un criterio per individuare la legge materiale, straniera o interna, da applicare alla controversia stessa (analogamente, le regole di diritto internazionale privato processuale sono quelle, anch'esse di carattere interno, che determinano la giurisd del giudice nazionale competente a conoscere e decidere di controversie aventi carattere di estraneit). Il carattere di estraneit della fattispecie dedotta in giudizio davanti al giudice nazionale pu consistere nella cittadinanza straniera o nella localizzazione estera dello stabilimento delle parti, nel fatto che il contratto oggetto della lite sia stato concluso all'estero, che all'estero sia stata eseguita la prestazione caratteristica del contratto stesso, oppure che sempre all'estero sia stata posta in essere l'attivit da cui scaturito un danno in un'azione di risarcimento per illecito extracontrattuale. La distinzione tra diritto internazionale e diritto internazionale privato non smentita dal fatto che gli stati concludano convenzioni internazionali finalizzate a uniformare le rispettive norme interne di conflitto o sulla competenza giurisd dei propri giudici rispetto a fattispecie dotate di carattere di estraneit. Su tali aspetti va segnalata l'attuale tendenza tra i Paesi Membri dell'UE alla cd comunitarizzazione del diritto internazionale privato e processuale, ossia all'adozione di atti comunitari volti ad uniformare il cd spazio giuridico comunitario. Questo fenomeno si basa sul conferimento all'UE, a partire dal Trattato di Amsterdam entrato in vigore nel 1999, della potest normativa in materia di diritto internazionale privato e processuale, tradizionalmente riservata ai parlamenti nazionali e, come accennato, all'azione intergovernativa mediante l'adozione di convenzioni internazionali. 1.2. Chi usa e deve conoscere il diritto internazionale Se ci chiedessimo chi usi e quindi debba conoscere i meccanismi di formazione e applicazione del diritto internazionale, quest'ultimo verrebbe in rilievo principalmente come l'insieme di quelle regole che i rappresentanti governativi elaborano nel perseguimento della politica estera dello Stato che rappresentano nell'esercizio di funzioni di tipo diplomatico. Da ormai qualche decennio, l'accresciuta interdipendenza a livello globale dei fenomeni sociali, economici, scientifici e ambientali conferisce rilevanza internazionale a numerose materie tradizionalmente di rilevanza puramente interna = ne deriva un crescente coinvolgimento in attivit di tipo internazionalistico da parte di funzionari di Amministrazioni diverse da quella degli Affari Esteri, come quella dell'ambiente, finanze, giustizia, salute, trasporti, o persino dell'interno. Tale coinvolgimento si verifica tanto nella negoziazione di regole giuridiche internazionali quanto nell'attivit di adempimento ed attuazione delle regole stesse. Sia sotto il profilo della formazione che dell'applicazione delle regole internazionali, oltre ai funzionari dell'apparato esecutivo, bisogna tenere in dovuto conto il ruolo dei parlamenti nazionali nel controllo della politica estera relativa ad assunzione e osservanza di obblighi giuridici internazionali. Analogo ruolo di controllo viene svolto in modo crescente dalla societ civile, con particolare riferimento alle organizzazioni non governative. La diffusione dei rapporti internazionali tra privati, specialmente di natura

commerciale, aumentata significativamente dopo al caduta del Muro di Berlino, ha accresciuto l'esigenza di conoscere e utilizzare il diritto internazionale pubblico da parte degli operatori privati e dei loro consulenti = ci alla luce del fatto che, per quanto si sia scritto nella saggistica politologica e giuridica circa il presunto declino della sovranit statale con l'avvento della globalizzazione, le scelte dei governi nazionali incidono tutt'oggi sensibilmente sui privati e sulla loro vita di relazione, sia a livello nazionale che internazionale. A titolo di es, chi opera o intende operare con partner commerciali residenti in Paesi attualmente o potenzialmente oggetto di embargo commerciale da parte di singoli Governi, o su delibera del Consiglio di sicurezza dell'ONU, al fine di compiere adeguate scelte commerciali strategiche si vorr avvalere della consulenza di chi potr indicare le probabilit di adozione o revoca delle sanzioni. Da ultimo, debbono conoscere il diritto internazionale anche i giornalisti, sia della carta stampata che televisivi, nonostante la scarsa attenzione, nel nostro Paese, al diritto e alle relazioni internazionali. 1.3. Affinit e differenze tra ordinamento internazionale e ordinamenti interni In questa Introduzione si mira quantomeno ad attenuare la tendenza a collegare al limitato grado di istituzionalizzazione dell'ordinamento internazionale, non solo un basso tasso di giuridicit delle regole internazionali, ma anche la presunzione della loro scarsa funzionalit e utilizzabilit, particolarmente rispetto agli ordinamenti giuridici interni. E' inevitabile rilevare un basso tasso di giuridicit strutturale nell'ordinamento internazionale in ragione del noto fatto che in quest'ultimo, diversamente dagli ordinamenti nazionali, le funzioni di produzione, accertamento ed esecuzione forzata del diritto non vengono di regola esercitate in termini istituzionalmente organizzati e sovraordinati rispetto ai soggetti dell'ordinamento. In primo luogo, manca nella societ internazionale un foro lgs di natura rappresentativa; in secondo luogo, la funzione giudiziale internazionale non ha natura obbligatoria, ma pu essere attivata solo con il consenso di tutte le parti della controversia; in terzo luogo, non vi sono organi di polizia internazionale indipendenti dagli Stati che possano esercitare funzioni coercitive o sanzionatorie. Per quanto concerne, invece, i punti in comune, questi emergeranno nelle sezioni successive di questa Parte I, facilitando il futuro operatore di diritto, sia interno che internazionale, nel formarsi una visione realistica del proprio ruolo professionale. 1.4. Indicazioni programmatiche e di metodo Non si vuole qui presentare una concezione del diritto internazionale, ancor meno del suo fondamento, se non altro per il fatto di condividere la tesi della dimostrazione empirica della esistenza dell'ordinamento giuridico internazionale e della sua evoluzione. Le tre Parti del volume che seguiranno a questa Parte I, contenente affermazioni di principio, saranno dedicate alle tre funzioni fondamentali dell'ordinamento giuridico: formazione, accertamento ed esecuzione forzata del diritto. Tale analisi cercher di seguire il pi possibile un approccio induttivo.

2 DIRITTO E CONTESTO SOCIALE 2.1. La politica del diritto L'indicazione principale che si vuole formulare qui riguarda l'importanza dell'osservazione del concreto funzionamento del diritto internazionale in termini comparati rispetto agli ordinamenti interni. Va premesso che il tipo di osservazione qui suggerito prescinde dall'ottica giuridicocentrica della realt sociale, assai diffusa tra i giuristi. Secondo tale approccio, quando un atto o un fatto del reale sono contemplati o disciplinati da una regola giuridica, un fenomeno ad essi attinente che non rientra direttamente nell'astratta valutazione della regola in questione non rilevante ai fini dell'applicazione e, quindi, del funzionamento della regola stessa. Se pure dovessimo porci all'interno di un'ottica primariamente giuridica dell'osservazione della realt, ci richiameremmo a un approccio che segua l'esortazione del Professo Antonio Cassese, secondo cui occorre esaminare le norme giuridiche non come un'astratta e quasi metafisica cristallizzazione di interessi metastorici, ma come il punto di approdo di specifici interessi di specifici enti, in una determinata situazione storica. Lady Higgins: il rapporto tra diritto e politica essenziale ed inevitabile. Lo studio del diritto internazionale che qui si suggerisce dovr rivolgersi al funzionamento del fenomeno giuridico nel contesto dei rispettivi sistemi sociali tenendo conto delle realt sociali, politiche ed economiche esistenti al loro interno in una prospettiva principalmente storica. 2.2. Studio del diritto e altre scienze sociali Alla luce delle esigenze da ultimo esposte, un adeguato studio del diritto internazionale, non meno che delle altre discipline giuridiche, dovr seguire un approccio multidisciplinare o, cmq, tenere conto delle conoscenze di altre scienze sociali. A corollario di quanto esposto nel precedente par, la Professoressa AnneMarie Slaughter sostiene che il diritto internazionale e la politica internazionale coabitano lo stesso spazio concettuale. Insieme comprendono le regole e la realt del sistema internazionale, una costruzione intellettuale che giuristi, scienziati politici e attori politici adottano per descrivere il mondo che studiano e cercano di manipolare. Come hanno riconosciuto un gruppo illustre di internazionalisti ed un numero sempre crescente di scienziati politici, ha poco senso studiarne l'uno trascurando l'altro. Nel pensiero giuridico moderno la concezione storico-sociale del diritto non si limita a individuare nella societ l'origine del diritto, ma prevede altres che il fenomeno giuridico possa essere rilevato esclusivamente nell'osservazione della societ. 2.3. Il contesto sociale di riferimento del diritto internazionale Per quanto attiene al contesto sociale di riferimento per uno studio del diritto internazionale del tipo qui suggerito, sar opportuno tenere conto della dimensione macrosociale separatamente da quella microsociale della societ internazionale, pur considerando che le due dimensioni si rapportano senza soluzione di continuit e che in molti casi si sovrappongono. Si intende qui per dimensione macrosociale quella

che si caratterizza nei rapporti tra i singoli soggetti e la collettivit del corpo sociale cui essi appartengono, o soggetti che cmq la rappresentano, mentre per dimensione microsociale s'intende quella che si identifica nei rapporti tra i singoli soggetti o gruppi di essi. In astratto e a titolo di es, nei rapporti contemplati da reogle di diritto amministrativo e penale, la dimensione macro-sociale sar prevalente. Inversamente, nei rapporti di rilevanza civilistica prevarr la dimensione micro-sociale. 3 LE REGOLE GIURIDICHE TRA NORMATIVITA' E TERMINI DI RIFERIMENTO DI INTERAZIONI SOCIALI Per dare seguito coerente alle premesse esposte nelle sezioni precedenti, non si potr omettere il suggerimento di attenuare alcuni preconcetti diffusi nello studio del diritto in generale. Il primo di questi stato gi individuato sopra nella cd visione giuridicocentrica della realt. In primo luogo, si intende per tale visione, applicabile indistintamente allo studio e all'interpretazione di istituti di diritto privato, pubblico, penale o internazionale, quella per cui irrilevante ogni fenomeno che, pur attinente ad un atto o fatto contemplato da una regola giuridica, non sia direttamente contemplato esso stesso dalla regola in questione o da altra regola appartenente all'ordinamento. In secondo luogo, seguendo lo stesso approccio, se un fatto della realt, la cd fattispecie, che abbia natura controversa rientra nella sfera di applicazione di una o pi regole giuridiche, esso deve essere valutato e risolto assolutamente ed esclusivamente in base ai precetti contenuti nella regola o nelle regole in questione. Di qui l'importanza, secondo tale orientamento, della sanzione come strumento coattivo di garanzia di efficacia della regola giuridica. Secondo l'approccio qui criticato, se una fattispecie astrattamente contemplata da una regola giuridica si evolve in modo diverso dai precetti previsti da questa, tale fattispecie verrebbe valutata esclusivamente in termini di violazione, o cmq di disapplicazione della regola stessa, quando in realt tale ipotesi potrebbe incidere, invece, sullo svolgimento della situazione in parola per l'uso negoziale che della regola viene fatto dai soggetti interessati. Dalla figura della transazione, relativa all'ordinamento interno, si pu ricavare, ad es, la considerazione che, anche se le situazioni e i comportamenti si evolvono discostandosi dai precetti giuridici rilevanti previsti in astratto, ci non significa che la regola giuridica che li contiene non sia stata utilizzata. A titolo esemplificativo, si pu ipotizzare una soluzione transattiva relativa ad un diritto di credito = tale soluzione potr essere stata raggiunta in base ad una serie di valutazioni esterne a quelle previste dalle regole rilevanti del codice civile, dal contratto e/o altro titolo di credito. In ogni caso, ci che pi conta che, qualunque sia il risultato della transazione, l'esistenza del titolo di credito tutelato dalla regola giuridica avr costituto un elemento di riferimento della trattativa, insieme ad altre valutazioni di natura metagiuridica. In tal caso, si pu certamente dire che non vi sia stata osservanza della regola, ma ci non ha significato che quest'ultima non sia stata utilizzata e che essa non abbia avuto una qualche efficacia; ci anche solo nel costituire il punto di

partenza per la definizione di una nuova regola nell'accordo di transazione. Nello studio del diritto internazionale non si pu prescindere dal sottolineare l'esiguit del numero dei soggetti del suo ordinamento (circa duecento Stati) e l'inevitabile interdipendenza tra gli stessi, a livello globale, o regionale, quale fattore di incidenza sulla gran parte dei rapporti contemplati da regole giuridiche. In sostanza, nella societ internazionale del tipo descritto, avendo questa l'esigenza di dotarsi di un sistema di regole di comportamento non inferiore a quello delle societ statali, come avviene in quest'ultime in ambito prevalentemente micro-sociale, tali norme potranno costituire un termine di riferimento, o addirittura un semplice linguaggio, di interazione sociale, anche se tali interazioni si evolveranno in modo diverso da quanto previsto dai precetti in esse contenuti. 4 RELATIVITA' E DIALETTICA DELLE INTERPRETAZIONI DELLE REGOLE GIURIDICHE 4.1. La certezza del diritto Un'altra impostazione strettamente legata all'approccio giuridicocentrico di cui sopra che pare utile attenuare al fine di raggiungere una comprensione del fenomeno giuridico, particolarmente quello internazionale, pi aderente alla realt nella quale esso opera, quella per cui il diritto debba essere studiato per essere interpretato e fatto interpretare ed applicare dal giudice, in modo assolutamente univoco ed oggettivo. L'assunto sul quale si fonda l'impostazione sopra prospettata che qui si intende attenuare quello secondo cui tra gli elementi costitutivi di un ordinamento giuridico si dovrebbero annoverare assolutezza, oggettivit, univocit e, quindi, certezza del diritto. Tale concezione si coniuga con quella per cui l'unica applicazione autenticamente garante di coerenza sistematica dell'ordinamento giuridico sarebbe quella fornita dal giudice. Va da s che, sulla base di simile assunto, in assenza di un sistema giudiziario obbligatorio universale nell'ordinamento internazionale, si verrebbe ad aggiungere una ulteriore tessera nel mosaico della tesi della pretesa scarsa giuridicit, inefficacia, incertezza e, quindi, scarsa utilit del diritto internazionale, in contrasto con la presunta certezza ed effettivit degli ordinamenti interni. 4.2. Le interpretazioni degli interessati nella gestione negoziale delle controversie E' abbastanza scontato che tale concezione del diritto e della sua applicabilit univoca e oggettiva male si adatti, come abbiamo gi visto, a quelle situazioni in cui la regola giuridica viene utilizzata dai soggetti cui si indirizza semplicemente come uno tra pi termini di riferimento nelle interazioni tra di essi. E' indicativa la rilevanza nei testi di diritto internazionale del tema della soluzione negoziale delle controversie, come vero e proprio istituto di diritto, al primo posto tra i mezzi di soluzione pacifica delle controversie all'art 33 della Carta ONU (non altrettanto avviene nei testi di diritto interno, specialmente nei Paesi di cultura giuridica continentale). Va altres tenuto conto che l'interpretazione della regola pu variare anche nell'ambito di una stessa parte, quando si tratta di un attore complesso, come uno Stato o una

persona giuridica di diritto interno. Tali divergenze saranno oggetto di mediazione tra le componenti del soggetto interessato al fine dell'adozione di una scelta strategica di rilevanza giuridica. A livello governativo si pu pensare alla dialettica, ad es, tra Ministeri degli Affari Esteri, Difesa e Presidenza del Consiglio, analogamente a quella che si pu riscontrare in un'azienda tra amministratore delegato, direzione commerciale e direzione finanziaria. Diversit interpretative potranno dipendere anche in relazione ai diversi contesti in cui l'interpretazione viene fatta valere; vi poi da considerare l'ipotesi in cui deliberatamente la regola non viene fatta valere, pur quando essa contempli una tutela degli interessi del soggetto che vi rinuncia, per vantaggi alternativi (caso della petroliera Haven, vedi nota 127 pag 52). Tutto ci accade nella vita di relazione che si svolge all'interno degli Stati come in quella internazionale. A questo proposito, si rilevato che in ambedue gli ordinamenti la dimensione extragiudiziale convive accanto a quella giudiziale. NB: non si pu trascurare il fatto che in ambedue gli ordinamenti la dimensione extragiudiziale del diritto possa occasionalmente prevalere anche rispetto a situazioni astrattamente sottoponibili al regime di giurisd obbligatoria. 4.3. Relativit e imprevedibilit dell'applicazione giudiziale del diritto Il problema della relativit delle interpretazioni della regola, e quindi, in larga misura, della regola stessa, si presenta anche in relazione all'interpretazione ed applicazione giudiziale. Ci, nel senso che anche l'applicazione da parte del giudice difficilmente pu essere assolutamente oggettiva e quindi perfettamente prevedibile. Simile considerazione vale principalmente in relazione al caso in cui la regola controversa sia caratterizzata da ampi margini di generalit e imprecisione, spesso frutto del compromesso tra i divergenti interessi implicati nel processo originario di produzione della norma stessa. Non si pu negare che ci sia pi frequente nell'ordinamento internazionale e, in misura minore, negli ordinamenti di common law, in relazione alle norme consuetudinarie caratterizzate dall'indeterminatezza insita nel carattere non scritto delle stesse. Ma anche la regola chiara nell'ordinamento interno, in ragione della sua caratteristica generalit ed astrattezza, quando confrontata con le complessit sottostanti la fattispecie controversa, pone spesso il giudice nella condizione di dovere compiere una scelta tra interpretazioni della regola tra loro confliggenti anche se tutte razionalmente sostenibili. Questo comporta inevitabilmente una funzione in parte lgs del giudice e, quindi, un elemento di imprevedibilit del suo operato. A tale conclusione era approdato, dopo una lunga esperienza di giudice della Corte internazionale di giustizia, Sir Hersch Lauterpatch, il quale, seppure ispirato ad una concezione formale ed oggettivistica del diritto, giunto a sostenere che la necessit di una scelta tra pretese giuridiche confliggenti essenziale nell'esercizio della funzione giudiziaria, sia all'interno dello Stato, sia nella sfera internazionale, aggiungendo che altrettanto vale per la necessit, talvolta, di completare o sviluppare il diritto in una maniera prossima ad un processo legislativo-giudiziario, o comunque tendente a crearne l'impressione. D'altro canto, un fenomeno riscontrabile anche nei repertori di giuri degli

ordinamenti interni, di civil law quanto di common law, che la stessa regola giuridica riceva interpretazioni diverse relativamente a fattispecie analoghe, anche quando il testo della regola relativamente preciso. 4.4. Relativit intertemporale del diritto Alla relativit delle regole giuridiche in una prospettiva contemporanea (sincronica) in base a diversi interessi, ideologie e civilt giuridiche, si aggiunge naturalmente quella in prospettiva storica (diacronica) in ragione delle evidenti evoluzioni e involuzioni nel tempo delle percezioni dei valori e degli interessi sociali che stavano alla base della originaria formazione delle regole in questione. Da quanto sopra emerge che i cd principi della certezza del diritto e della prevedibilit delle soluzioni giuridiche relative ai rapporti sociali contemplati dal diritto non sono e non possono essere elementi essenziali dell'ordinamento giuridico, ma costituiscono finalit, in termini di aspirazioni, essenziali dell'ordinamento, sia interno che internazionale. Il perseguimento di tali fini un processo costante e dialettico caratterizzato dalle inevitabili contraddizioni del divenire della societ e, quindi, del diritto. 5 SUL PROCESSO DI FORMAZIONE DELLE REGOLE Il procedimento di formazione delle regole costituisce un momento di mediazione tra forze sociali e rappresentanti di interessi divergenti, tanto negli ordinamenti interni quanto in quello internazionale. Quanto pi disomogenei saranno gli interessi che vorranno essere tutelati nella elaborazione della regola giuridica, tanto pi, anche nell'ordinamento interno, le leggi esistenti saranno considerate insoddisfacenti da un settore della societ, o da pi, per motivi opposti; simili conflittualit assumono nell'ordinamento internazionale margini di maggiore incertezza in ragione dell'assenza di un sistema generalizzato di giurisd obbligatoria. 6 SULL'EFFETTIVITA' DELLE REGOLE TRA OSSERVANZA SPONTANEA E ADEMPIMENTO FORZATO 6.1. Sanzione e giuridicit delle regole La giuridicit delle regole giuridiche dipenderebbe fondamentalmente dall'esistenza nell'ordinamento al quale esse appartengono di strumenti giuridici che garantiscano con efficacia l'esecuzione forzata delle regole stesse e la repressione dei soggetti che le hanno violate (teoria istituzionale). E' innegabile che le regole giuridiche siano generalmente sostenute da apparati sanzionatori previsti dai rispettivi ordinamenti. Tuttavia, sarebbe errato sostenere che la regola giuridica operi efficacemente venendo rispettata esclusivamente in ragione dell'esistenza e del funzionamento di meccanismi sanzionatori. Altrettanto errato sarebbe considerare che la sanzione, attuale o prospettiva, che pu condurre all'osservanza della regola materiale sia esclusivamente quella prevista da norme

giuridiche. Muovendo dalle considerazioni formulate nelle sezioni precedenti, per cui la formazione delle regola giuridica sempre il risultato di un processo di mediazione politica o sociale tra interessi e valori compositi e concorrenti, l'indicatore principale, per quanto non esclusivo, dell'effettivit di un sistema di regole giuridiche costituito dal tasso di osservanza spontanea delle stesse. Nell'ordinamento internazionale l'adempimento spontaneo del diritto fortemente alimentato dalla coincidenza tra i soggetti destinatari del diritto e quelli che hanno partecipato alla sua formazione attraverso la stipulazione di trattati o partecipando al processo di creazione di una consuetudine. 6.2. La sanzione sociale Nei casi in cui la regola giuridica rifletta in modo adeguato i valori o gli interessi omogeneamente diffusi nell'ambito sociale che la esprime, oppure il cd idem sentire delle parti del rapporto contrattuale sottostante, l'osservanza spontanea opera sotto almeno un duplice aspetto. Da un lato, essa opera in modo ovvio e diretto per il soggetto che continua a condividere i valori e gli interessi tutelati dalla regola giuridica. Dall'altro, l'osservanza spontanea operer in modo indiretto per quel soggetto che, pur attratto dalla violazione della regola, se ne astenga per evitare gli svantaggi di natura metagiuridica che potrebbero derivare dalla violazione: il caso della sanzione sociale, che pu sfociare in forme di emarginazione, o penalizzazione. Simile considerazione fondamentale con riguardo al diritto internazionale: La politica estera ci ciascuno Stato dipende essenzialmente dalla sua credibilit, cio dal soddisfare l'aspettativa che esso si atterr alle consuetudini e agli obblighi internazionali (Henkin). La disapprovazione, pur non sanando il momento di patologia giuridica, pu ribadire l'efficacia sociale, e quindi giuridica, della regola violata. Se la scarsa o mancata reazione sociale in alcuni casi rivela un elemento di erosione dell'efficacia giuridica della regola violata, in altri casi tale eventualit pu fornire un vero e proprio impulso al processo di ricambio della regola stessa. 7 CENNI CONLUSIVI: v pagg 63-65 PARTE SECONDA LA FORMAZIONE E LA TRASFORMAZIONE INTERNAZIONALE

DEL

DIRITTO

1 INTRODUZIONE: L'ASSENZA DI UN LEGISLATORE INTERNAZIONALE Nel suo lento e difficoltoso processo di istituzionalizzazione, la Comunit Internazionale degli Stati non ha, ad oggi, prodotto un organo permanente di funzione lgs (l'Assemblea generale delle Nazioni Unite solo indirettamente foro di elaborazione di regole internazionali), a competenza generale e di tipo rappresentativo della Comunit stessa, che sia dotato del potere di adottare regole giuridiche obbligatorie per tutti i soggetti dell'ordinamento (nel nostro caso si tratta principalmente degli Stati), secondo la regola della maggioranza tipica del diritto assembleare degli ordinamenti interni. Come vedremo tra poco, infatti, il

procedimento di formazione delle regole di diritto internazionale scaturisce dalla partecipazione di tutti i soggetti destinatari delle stesse, diretta, nel caso degli accordi internazionali o indiretta, nel caso della consuetudine. Neanche l'Assemblea generale dell'ONU, dunque, ha il potere di adottare atti che vincolino, in quanto tali, la generalit dei membri in essa rappresentati, tipico della funzione lgs. Con riferimento alla consuetudine, va evidenziato che gli atti tipici dell'Assemblea generale sono costituiti da risoluzioni che, in quanto tali, non hanno valore giuridicamente vincolante, ma natura di semplici raccomandazioni, ai sensi dell'art 10 della Carta ONU. Tali risoluzioni, tenendo conto, caso per caso, delle maggioranze attraverso le quali sono state adottate, possono essere indicative della cd opinio iuris sive necessitatis: si tratterebbe del convincimento degli Stati che hanno contribuito all'adozione della risoluzione che una determinata condotta o certi principi raccomandati siano giuridicamente obbligatori, o che sia necessario che lo divengano. Essendo la opinio iuris ritenuta a tutt'oggi uno dei due elementi costitutivi della consuetudine, insieme alla prassi internazionale, l'adozione di una risoluzione dell'Assemblea che non sia accompagnata da una diffusa pratica degli Stati conforme ai contenuti della stessa risoluzione non pu essere considerata dimostrativa, tantomeno costitutiva, di una consuetudine internazionale. Ci contraddice la discussa tesi della cd consuetudine istantanea, Neppure sotto il profilo del diritto dei trattati l'Assemblea pu essere ricondotta ad un ruolo lgs di tipo parlamentare e anche in questa prospettiva determinante la natura di raccomandazione degli atti tipici dell'Assemblea stessa. Ci esclude la possibilit che il processo di adozione di una risoluzione venga assimilato alla conclusione di un trattato internazionale. E' stata prospettata in dottrina l'ipotesi che una delibera dell'Assemblea vincoli gli Stati che hanno espresso voto favorevole, alla stregua di un trattato in forma semplificata. Si tratterebbe di accordi che entrerebbero in vigore con la sola manifestazione di volont ad obbligarsi da parte dei rappresentanti governativi, in assenza di una autorizzazione o ratifica parlamentare. NB: indipendentemente dalle condizioni di ammissibilit e validit di questa pratica, va cmq negata la presunzione che i rappresentanti governativi in Assemblea esprimano la volont dei propri governi ad impegnarsi a rispettare i contenuti di una risoluzione alla stregua di un trattato internazionale. In primo luogo, a tale conclusione conduce proprio il semplice valore di raccomandazione delle risoluzioni in discorso; quando poi i governi intendono sottoscrivere un testo internazionale in forma di trattato internazionale, indipendentemente dalla ratifica parlamentare, essi conferiscono espressamente ai propri rappresentanti pieni poteri a tal fine, il che non accade certo nell'ipotesi in questione. Inoltre, e questo pare l'argomento principale, la prassi degli Stati dimostra che essi non si ritengano, e che non ritengano gli altri Stati, vincolati ad una risoluzione dell'Assemblea alla stregua di un trattato internazionale per il solo fatto di avere votato a favore della sua adozione. Esclusa, quindi, l'esistenza di un organo internazionale che svolga la funzione di lgs sovraordinato ai soggetti dell'ordinamento, passiamo ora alle procedure tradizionali di

formazione delle regole di diritto internazionale: la consuetudine e i trattati. 2 LA SOCIETA' CONSENSUALISMO INTERNAZIONALE TRA UNIVERSALISMO E

2.1. L'art 38 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia Si soliti iniziare una trattazione manualistica delle fonti del diritto internazionale facendo riferimento all'art 38 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia annesso alla Carta delle Nazioni Unite. Esso, infatti, enuncia le fonti delle regole giuridiche applicabili dalla Corte nell'esercizio della propria attivit giurisd. Non ci sottraiamo a questa regola, sebbene sar presto chiaro il tentativo di distaccarsene per i motivi che verranno pi avanti spiegati. 1. La Corte, la cui funzione decidere secondo il diritto internazionale delle controversie ad essa sottoposte, applicher: a) le convenzioni internazionali, sia generali che particolari, che stabiliscono regole espressamente riconosciute dagli Stati in lite; b) la consuetudine internazionale, come prova di una prassi generale accettata come diritto; c) i principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni civili; d) le decisioni giudiziarie e gli insegnamenti degli autori pi qualificati delle varie nazioni, come strumenti sussidiari per l'accertamento delle regole di diritto. 2. Questa disposizione non pregiudica il potere della Corte di decidere un caso ex aequo et bono, se le parti si accordano in tal senso. La disposizione in esame pu aiutare a individuare i procedimenti di formazione delle regole giuridiche internazionali e a comprendere il diverso ruolo delle cd fonti formali ed i mezzi sussidiari di accertamento delle regole giuridiche internazionali in generale, non solo, quindi, in un procedimento davanti alla Corte internazionale di giustizia. Le fonti formali possono essere definite come quei procedimenti giuridicoistituzionali attraverso cui le regole internazionali acquistano validit e forza giuridica. Le convenzioni, la consuetudine e i principi generali di diritto (una categoria della consuetudine) costituiscono le fonti formali del diritto internazionale. Per quanto concerne i mezzi sussidiari si pensi ai precedenti giuri e delle dottrina. La disposizione in esame, per quanto possa rappresentare una delle conquiste del processo di istituzionalizzazione del diritto internazionale, non rende cmq la complessit e diversit dei rapporti tra consuetudine e trattati. 2.2. Il diritto consuetudinario tradizionale Dall'epoca della configurazione seicentesca del diritto internazionale moderno, caratterizzato dalla nascita degli Stati nazionali, sino agli inizi del Novecento, la fonte principale delle regole giuridiche internazionali stata la consuetudine. Ci trova la sua spiegazione principale nella sostanziale omogeneit dei valori sociali, politici e, quindi, giuridici degli Stati europei. Questi, pur tra conflitti di interessi e conflitti militari, hanno gestito le relazioni internazionali per oltre tre secoli elaborando le regole ad essi applicabili secondo principi di fondo condivisi. Ci ha portato ad una

trasposizione a livello internazionale dello ius publicum europaeum. Questo alto grado di omogeneit prevalente per secoli ispirata a valori giuridici europei ha consentito che l'ordinamento internazionale fosse costituito da una serie di regole giuridiche materiali di natura non scritta generalmente condivise. Si tratta, peraltro, di un numero limitato di regole consuetudinarie dal contenuto assai poco dettagliato e sostanzialmente basato sul principio della reciprocit, sebbene applicabili alla generalit degli Stati. E' questo il caso delle regole sul trattamento degli organi stranieri, con particolare riguardo agli agenti diplomatici, di quelle sul trattamento dei cittadini e delle societ straniere, e di quelle che costituiscono il cd diritto bellico, relativo alla condotta delle ostilit. A tali aree di diritto materiale si aggiungo regole, o principi generali, di carattere strumentale o interpretativo, che regolano la formazione, validit e interpretazione delle regole materiali. Si tratta di principi generalmente di derivazione romanistica, quali i principi pacta sunt servanda, della buona fede o della proporzionalit. Le tradizionali regole materiali del diritto internazionale sopra indicate tutelano interessi perfettamente simmetrici tra gli Stati. E' solo naturale, quindi, che l'elemento della reciprocit di fatto (aspettativa di un comportamento reciproco), inteso come elemento metagiuridico, abbia costituito il catalizzatore principale del processo di formazione delle regole consuetudinarie in questione, quantomeno nella fase iniziale. Attraverso la legittima aspettativa di comportamenti reciproci, il ripetersi di simili comportamenti e la consapevolezza condivisa dell'utilit e necessit che tali comportamenti divengano giuridicamente obbligatori si formano le regole giuridiche consuetudinarie. In tale prospettiva, la reciprocit a fronte della violazione di una aspettativa giuridicamente fondata sulla consuetudine si configurer come rappresaglia, o contromisura specifica (uso o regola di cortesia ritorsione). La prevalenza per secoli del diritto consuetudinario sino ai primi del '900, frutto della omogeneit sociale e di cultura giuridica delle forze prevalenti della comunit internazionale dell'epoca, si accompagnata a una relativa fiducia negli strumenti giudiziali per la soluzione di controversie internazionali, basati sul consenso delle parti, e quindi di natura arbitrale. Tale fiducia si spiega in ragione del fatto che la cultura giuridica dei componenti del tribunale arbitrale era di regola omognea a quella di ambedue le parti in lite. INCISO: la gran parte delle regole consuetudinarie di portata generale operano nel caso concreto in termini bilaterali. 2.3. Il diritto pattizio tra funzione integrativa e alternativa rispetto al diritto consuetudinario Le regole consuetudinarie, per la loro natura non scritta, tendono ad avere contenuto generale e scarsamente definito, in molti casi addirittura vago: ci ha determinato una diffusa esigenza di consolidamento, chiarificazione e specificazione del diritto non scritto di portata generale che si concretizzata nella conclusione di trattati in tal senso, prevalentemente a livello bilaterale. Con l'evoluzione tecnologica e l'ampliamento delle tematiche rilevanti nella vita di relazione internazionale, la rete di trattati internazionali si estesa; va, inoltre,

segnalata la spinta verso la diffusione di regole pattizie dettata dall'evoluzione dei rapporti internazionali da una prospettiva prevalentemente di coesistenza a una di cooperazione tra gli Stati. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, si consumata una ulteriore rottura della omogeneit dei valori eurocentrici della societ internazionale: tra gli anni '60 e '80 si prodotta una evoluzione antinomica della societ internazionale, da un lato, verso una conflittualit su scala globale anche in ordine ai contenuti delle regole fondamentali, dall'altro, verso la crescita di rapporti di cooperazione in ragione dell'incremento della interdipendenza. Ambedue questi aspetti dello sviluppo della societ internazionale hanno portato nel periodo che va dalla decolonizzazione alla caduta del Muro di Berlino a una prevalenza del diritto internazionale pattizio, sia bilaterale che multilaterale. 2.3.1. La codificazione progressiva del diritto internazionale Con particolare riferimento al diritto pattizio multilaterale, speciale rilevanza assumono le convenzioni di codificazione promosse nell'ambito ONU sulla base dell'art 13, par 1, della Carta. L'Assemblea incoraggia lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione (cmq, la distinzione tra codificazione e sviluppo progressivo del diritto non molto chiara, tanto che la stessa CDI ha affermato che essa poco attuabile e potrebbe essere eliminata in una revisione successiva dello Statuto). A tale scopo, essa ha istituito la Commissione di diritto internazionale (CDI), oggi composta da 34 giuristi di chiara fama internazionale, eletti dalla stessa Assemblea in modo da rappresentare, a titolo individuale e non governativo, le diverse culture giuridiche della Comunit internazionale. Sulla base del progetto definitivo della CDI (a volte dopo tantissimi anni), l'Assemblea pu decidere di negoziare e adottare il testo in forma di convenzione, o in forme diverse dalla convenzione, quali dichiarazioni, codici di condotta o regole modello, annessi ad una risoluzione (in quest'ultimo caso si tratta di strumenti giuridicamente non vincolanti, ma non necessariamente privi di rilevanza giuridica, come vedremo pi avanti, particolarmente in tema di soft law. Ancora oggi la convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati costituisce il punto di riferimento fondamentale per la rilevazione del diritto generale nella materia dei trattati. NB: la Commissione ha inevitabilmente proceduto sulla base di una concezione congiunta di codificazione e sviluppo progressivo. In altre parole, il proprio lavoro ha comportato l'elaborazione di strumenti multilaterali su questioni di interesse generale per tutti gli Stati. Questi strumenti hanno cercato, ad un tempo, sia di riflettere principi regolamentari generalmente accettati, sia di specificare nel dettaglio nuovi sviluppi laddove necessario. Per i rapporti tra convenzioni di codificazione e consuetudine v pagg 82-83, relativamente ad una causa sulla delimitazione della piattaforma continentale del Mare del Nord tra Danimarca e Paesi Bassi, da un lato, e Germania, dall'altro. In questa circostanza, la Corte ha elaborato tra differenti ipotesi attraverso cui una regola convenzionale possa essere obbligatoria per uno Stato terzo rispetto alla

convenzione che la contiene, in quanto coincidente con una regola consuetudinaria: a) quando la regola convenzionale ha svolto una funzione dichiaratoria e ricognitiva di una consuetudine preesistente; b) quando essa ha svolto una funzione di cristallizzazione di una consuetudine la cui formazione era in stato avanzato al momento dell'adozione del testo convenzionale; c) quando essa ha svolto una funzione di promozione e generatrice della formazione di una regola consuetudinaria, coagulando, successivamente all'adozione della convenzione che la contiene, opinio iuris e prassi ad essa conformi anche da parte di Stati non contraenti della Convenzione. Va ricordato, infine, che l'incremento del diritto convenzionale legato al fatto che tra gli anni '60 e '80 nell'Assemblea generale si svolto un vero e proprio braccio di ferro sulla revisione negoziale della gran parte delle regole internazionali consuetudinarie, promossa dalla maggioranza costituita dalle delegazioni dei Paesi socialisti e del Terzo Mondo nei confronti dei Paesi Occidentali. 2.3.2. La tesi della consuetudine come accordo tacito I Paesi socialisti e quelli in via di sviluppo cercavano di contestare regole e principi giuridici alla cui formazione essi non avevano partecipato e che riflettevano valori sociali e giuridici legati secondo loro a una visione capitalista e colonialista delle relazioni internazionali. Poich tali regole e principi erano di natura principalmente consuetudinaria, questi schieramenti avevano persino sostenuto una tesi che disconosceva la consuetudine come vera e propria fonte di regole giuridiche internazionali. Vi erano cmq numerose regole consuetudinarie fondamentali per quei Paesi, come le stesse regole sulla formazione ed efficacia dei trattati o sulle immunit diplomatiche. A sostegno logico-giuridico di un approccio selettivo alle regole consuetudinarie preesistenti, la teoria giuridica e diplomatica di quei Paesi ha introdotto una qualificazione al rigetto della consuetudine come fonte del diritto internazionale, riconducendola nell'ambito degli accordi, come accordo tacito. Il Professor Tunkin assimilava poi consuetudine e accordo attraverso la tesi secondo cui in ambedue i casi l'elemento costitutivo necessario sarebbe stato cmq il consenso degli Stati. 2.4. Recenti tendenze in tema di fonti Con l'avvento della perestoika promossa nell' ex Unione Sovietica da Gorbatchev e la caduta poi del Muro di Berlino, si verificata un'attenuazione delle divergenze nei rapporti Est-Ovest e Nord-Sud (specialmente nelle relazioni economiche), in coincidenza con una nuova visione, pi favorevole, del trattamento degli investimenti stranieri da parte dei PVS. Simile nuovo approccio si accompagnato a una prevalente tendenza alla mondializzazione dei principi dell'economia di mercato e della liberalizzazione del commercio internazionale. Secondo la prospettiva protezionistica di prima, dettata in larga parte da posizioni di ideologia politica, l'investimento straniero, specialmente quando aveva ad oggetto lo sfruttamento di risorse naturali di tipo petrolifero o minerario, veniva interpretato in termini predatori, nel senso del mancato

reinvestimento dei profitti nell'economia locale in progetti di medio-lungo termine. Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, la percezione dell'investimento straniero cambiata rilevando in quest'ultimo uno stimolo finanziario alla crescita dell'economia nazionale, in termini di infrastrutture, formazione della manodopera locale, know-how e tecnologia. In tale contesto gradualmente riemersa nella societ internazionale una rinnovata fiducia nel diritto consuetudinario e nella soluzione giurisd delle controversie tra Stati. Agli inizi degli anni '90 il rilancio del diritto internazionale, compreso quello consuetudinario, si alimentato della reazione compatta della comunit internazionale all'invasione del Kuwait da parte dell'Irak con l'autorizzazione all'uso della forza militare contro l'aggressore approvata dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, per la prima volta non paralizzato dai veti incrociati dei suoi membri permanenti del Consiglio (Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti) in una situazione di conflitto armato. Il passaggio dal bipolarismo ad un apparente multilateralismo, insieme all'omogeneit altrettanto apparente nelle concezioni relative ai rapporti economici internazionali in termini liberali, pareva inizialmente ridurre i problemi di sicurezza internazionale. Da qui la formazione di regole internazionali a tutela di interessi generali pi vicine sia ai cittadini che ai governi, particolarmente in tema di Diritti dell'Uomo e di tutela dell'ambiente. Significativo sviluppo nella tutela di interessi collettivi collegati al tema dei Diritti dell'Uomo si rinviene in questo periodo anche nel diritto penale internazionale, con la costituzione da parte del Consiglio di sicurezza nel 1993 del Tribunale per i crimini commessi nell'ex-Yugoslavia e la nascita della Corte penale internazionale prevista dallo Statuto di Roma del 1998, entrato in vigore con la sessantesima ratifica nel 2002. Nel 1993 il giurista americano Jonathan Charney annunciava dalle pagine dell'American Journal of international law una nuova stagione per lo sviluppo del diritto internazionale consuetudinario in termini oggettivistici, addirittura universalistici, nel senso di regole preposte alla tutela di interessi generali e indivisibili della comunit internazionale che vincolano tutti gli Stati, anche quelli che non hanno espressamente partecipato alla loro formazione con il proprio consenso. L'atteggiamento dello stesso Governo degli Stati Uniti nei riguardi del diritto internazionale ha, PERO', contribuito notevolmente ad attenuare i contenuti di tale affermazione!! Con riferimento alla formazione del diritto, si ricorda il persistere della resistenza americana alla ratifica della Convenzione ONU sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, nonch nei riguardi del Protocollo di Kyoto del 1997. Riguardo all'accertamento del diritto, sin dal 1985 il Governo americano ha ritirato la dichiarazione di accettazione unilaterale della giurisd della Corte internazionale di giustizia; analoga la posizione nei confronti dello Statuto di Roma (si pensi poi agli accordi bilaterali di esenzione, che prevedono l'obbligo dello Stato territoriale di non consegnare o in ogni altro modo trasferire i cittadini statunitensi presenti sul proprio territorio alla Corte penale internazionale senza il consenso dello Stato di cittadinanza).

Per quanto riguarda l'attuazione coercitiva del diritto, nel maggio 1994 il Governo americano affossava le speranze rinate negli anni precedenti di una funzione di polizia internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite affermando: Quando i nostri interessi lo richiedono, gli Stati Uniti devono avere la volont e la capacit di combattere e vincere le guerre, unilateralmente se necessario. Le operazioni di pace ONU non possono rappresentare un'alternativa a questo principio. Col passare del tempo, gli atteggiamenti cumulativi di tipo unilateralistico americano hanno determinato un significativo stato di tensione tra Europa e Stati Uniti. Nel corso della seconda met degli anni '90 vi una crescente separazione delle rispettive visioni circa lo stesso concetto di legalit internazionale. Il Professor Fukuyama rilevava un contrasto di fondo tra Europa e Stati Uniti, proprio in ordine al preteso unilateralismo americano e a due diverse concezioni del diritto internazionale = due diverse concezioni del rapporto tra sovranit statale e internazionalismo, che in qualche misura riportano nella realt internazionale contemporanea l'antica dialettica tra concezioni sul fondamento del diritto internazionale, legate, le une, al primato della volont statale di tipo giuspositivistico e, le altre, ad un universalismo oggettivo di sapore giusnaturalistico. Il diritto e l'organizzazione internazionale non esistono indipendentemente da un accordo volontario tra stati-nazione sovrani; gli europei, al contrario, tendono a ritenere che la legittimit democratica derivi dalla volont di una comunit internazionale pi ampia di quella risultante da ciascuno stato-nazione. Tra il 2001 e il 2003, la percezione della propria forza da parte del Governo americano stata estremamente alta, coniugandosi in termini direttamente proporzionali con la percezione che il principio della legalit internazionale, e quindi della saldezza della teoria delle fonti del diritto internazionale, fosse sfavorevole ai propri interessi nazionali. Da qui un approccio unilateralistico rispetto alla formazione, trasformazione ed eventuale abrogazione del diritto internazionale, prima ancora che rispetto all'accertamento ed esecuzione forzata dello stesso!! Posizioni estreme = John Bolton, 2003, l'attuale rappresentante permanente degli Stati Uniti presso l'ONU: Le nostre azioni, adottate in conformit ai principi costituzionali, non richiedono un'ulteriore legittimazione esterna. Si tratta, quindi, di affermazioni che minano alle fondamenta le stesse fonti del diritto internazionale; lo stesso Bolton, d'altro canto, in altra sede ha sostanzialmente negato l'efficacia giuridica della consuetudine (altrettanto fa nei confronti dei trattati!!): L'idea che la vaga concezione di consuetudine possa vincolare gli Stati del mondo sembra presumere tacitamente che la Costituzione globale contenga una clausola di supremazia globale. Ma questo puramente un esercizio di falsa pubblicit. Ci che tende a differenziare rispetto alle citate posizioni del passato quella neoconservatrice americana degli ultimi anni riguarda due aspetti. Da un lato, mentre nella posizione sovietica terzomondista le norme materiali il cui ripudio giungeva fino alla contestazione della fonte consuetudinaria che le aveva prodotte riguardava le regole del diritto internazionale dell'economia, nel caso americano si tratta della norma fondante della legalit internazionale dal dopoguerra in poi, cio il divieto dell'uso della forza. Dall'altro, mentre i PVS contestavano la consuetudine come fonte autonoma di diritto, salvo reintrodurla in termini selettivi come accordo tacito, nel

caso americano, sempre secondo le voci pi estremistiche, si arriva a contestare ambedue le fonti della legalit internazionale con riferimento a tutte quelle regole internazionali che non ottengano il consenso statunitense. Un approccio giusvolontaristico tende a disconoscere la fonte consuetudinaria del diritto internazionale, a vantaggio di quella pattizia, fondata, appunto, sulla volont. Nel caso americano, come in tutti i precedenti di tendenze egemoniche o, cmq, di rifiuto della legalit in un certo momento storico, tale rifiuto si accompagna all'intento di introdurre una nuova legalit basata su nuovi contenuti ritenuti pi confacenti ai propri interessi nazionali. Semplificando, si rileva che, mentre la fase di disconoscimento della legalit esistente si basa su rivendicazioni di tipo ipervolontarista, secondo cui la semplice volont contraria a un determinato ordine giuridico, o a elementi di esso, ne dovrebbe determinare l'abrogazione, la fase affermativa di una nuova legalit si fonda su argomentazioni che si possono definire di tipo ipergiusnaturalistico. Secondo questo approccio, la pretesa nuova legalit si fonderebbe, non certo su regole prodotte attraverso fonti giuridiche disconosciute, bens su un fondamento di prestesa legittimazione etica. Charles Krauthammer: il nuovo unilateralismo definisce gli interessi americani ben oltre a quello dell'autodifesa. In particolare, identifica due altri principali interessi, entrambi di natura globale: estendere la pace promuovendo la democrazia e proteggere la pace agendo come elemento riequilibratore di ultima istanza. La stessa evoluzione della societ internazionale potrebbe cmq portare nei prossimi anni a una redistribuzione del potere sulla scena internazionale tra un numero maggiore di attori, con particolare riguardo a Cina e India. E' naturale che il pi forte possa ritenere sul breve termine di avere meno bisogno degli altri di regole che vincolino la sua libert d'azione, o di non averne alcuno. Eppure, sul medio-lungo termine, potrebbe servire proprio agli interessi del pi forte di oggi mantenere una soglia minima di legalit, condivisa nelle sedi multilaterali, nella prospettiva di una futura redistribuzione del potere internazionale e di una gestione pacifica del mutamento. 2.4.1. Coincidenze tra opposti: la retorica giusnaturalistica e quella giuspositivistica (argomenti basati sul diritto naturale vengono egualmente invocati tanto dai suoi sostenitori, quanto dai suoi oppositori, per la generalit e indeterminatezza dei suoi principi fondamentali) Dalle considerazioni finora svolte si pu desumere che quando la societ internazionale trova un assetto relativamente omogeneo tra i suoi membri la fonte consuetudinaria ha maggiore rilevanza, mentre nei periodi di maggiori divisioni prevale la fonte pattizia. Secondo un inquadramento teorico-dottrinale, la prima tendenza risponderebbe ad un approccio di tipo giusnaturalistico, mentre la seconda ad un approccio giuspositivistico-volontarista. Il riferimento ai due approcci dottrinali viene fatto con il solo scopo di familiarizzare il lettore con un linguaggio legato a concetti che, lungi dall'avere forza normativa, sono descrittivi di atteggiamenti seguiti dagli Stati nel corso delle diverse stagioni della Storia per dare fondamento alle proprie pretese circa l'esistenza o inesistenza di

determinate regole giuridiche e, naturalmente, circa il loro contenuto. Da un lato, la pretesa esistenza di regole corrispondenti al cd diritto naturale, in larga misura ispirato ai principi del diritto romano, conduce a una concezione di tipo oggettivistico e universalistico delle regole internazionali; ci nel senso che tali regole, in quanto naturali, vincolerebbero tutti i membri della societ internazionale, indipendentemente dall'esplicito consenso di ogni singolo soggetto dell'ordinamento. Dall'altro, il cd giuspositivsmo volontarista subordina l'esistenza e l'obbligatoriet di ogni regola giuridica alla volont dello Stato. L'approccio oggettivistico e quello volontaristico costituiscono anche una utile chiave di lettura del modo di essere dell'ordinamento internazionale in un dato periodo storico con riferimento al gradi di disponibilit degli Stati a sottoporre al giudice internazionale la soluzione delle controversie e quindi l'accertamento del diritto. Tenuto conto che la giurisd del giudice internazionale si fonda sempre sul consenso degli Stati, nell'esprimere tale consenso, essi manifestano implicitamente fiducia in un approccio al diritto internazionale che contiene elementi di tipo giusnaturalistico. Infatti, in tal caso, gli Stati si spogliano della loro prerogativa di interpretare unilateralmente il diritto, o di negoziare in termini volontaristici ogni possibile diversa interpretazione con le altre parti interessate, per rimettersi al giudizio di un terzo. Le due opposte tendenze in esame, che portano alla prevalenza ora della consuetudine ora dei trattati, tendono sempre pi a convivere (v pag 100) = Eduardo Jimnez De Archaga: Tale antitesi pu essere corretta nel sistema interno, dove legge e codici sono giustamente contrapposti al diritto consuetudinario, ma non tiene nell'ambito internazionale. Si riconosciuto da tempo, infatti, che regole di diritto formulate nel testo di un trattato possono allo stesso tempo costituire o diventare regole di diritto consuetudinario. Ci che va sottolineato che il processo di interazione tra le due fonti ha acquisito un'importanza sempre maggiore nel mondo contemporaneo (rapporto di interazione tra le due fonti che si svolge cmq in termini biunivoci). 3 FORMAZIONE DELLE CONSUETUDINI 3.1. Cenni introduttivi Si gi indicato in prima approssimazione come tradizionalmente si ritenga che le regole consuetudinarie si formino sulla base di comportamenti degli Stati ripetuti nel tempo con una certa regolarit (diuturnitas) e del convincimento da parte degli Stati stessi che tali comportamenti siano giuridicamente dovuti o che, in fase di formazione della regola, sia necessario che lo divengano (opinio iuris sive necessitatis). Per trovare conferma oggi di tale affermazione e per cercare di avere una idea concreta degli elementi costitutivi della consuetudine e di come tali elementi operano affinch si possa affermare che una determinata consuetudine si sia formata, ci riferiremo a titolo esemplificativo alla prassi internazionale, in particolare a quella giuri, come strumento illustrativo largamente imparziale la cui autorevolezza generalmente tenuta in massima considerazione e utilizzata dagli Stati anche in contesti stragiudiziali. Infatti, brani di sentenze internazionali relative a controversie tra Stati terzi vengono frequentemente invocati a sostegno dei propri interessi dai

rappresentanti governativi come autorevoli statuizioni del diritto nella corrispondenza diplomatica o nei dibattiti e negoziati bilaterali o multilaterali. Simile atteggiamento significativo, pur in assenza nel diritto internazionale del principio del precedente giuri, o dello stare decisis (che costituisce il fondamento giuridico della case law ed l'elemento fondamentale per la certezza del diritto, in un sistema di common law). Ci tanto pi vero in considerazione del fatto che, in base allo Statuto della Corte (art 59), le sentenze della Corte sono vincolanti esclusivamente per le parti della controversia con specifico riferimento all'oggetto della stessa. 3.2. Un caso di scuola in tema di uso della forza: la sentenza Nicaragua c. Stati Uniti La sentenza della Corte internazionale di giustizia del 1986 nella causa tra Nicaragua e Stati Uniti circa le attivit militari e paramilitari in e contro il Nicaragua costituisce un caso di scuola sotto diversi profili, in particolare per la individuazione degli elementi costitutivi della consuetudine. La specialit della sentenza relativa a questa controversia deriva principalmente dal fatto che in quel frangente la Corte fosse vincolata ad applicare esclusivamente il diritto consuetudinario in base alla dichiarazione unilaterale di accettazione della giurisd da parte degli Stati Uniti, di cui al 1946. In essa il Governo americano aveva dichiarato di accettare su base di reciprocit di essere citato in giudizio escludendo le controversie che richiedessero l'interpretazione o applicazione di trattati multilaterali, salvo il caso in cui tutti gli stati parti del trattato fossero anche parti della controversia. L'intento sottostante questa riserva sembra essere stato quello di sottrarre all'accertamento di un organo giudiziale controversie di portata politica, quali quelle che potessero scaturire dalla interpretazione del divieto dell'uso della forza, di cui all'art 2, par 4, della Carta ONU, che un trattato multilaterale. L'oggetto della controversia in esame era costituito proprio dal divieto dell'uso della forza e dal diritto di legittima difesa, ambedue disciplinati nella Carta ONU e in quella dell'Organizzazione degli Stati Americani, che ovviamente sono trattati multilaterali internazionali cui ambedue gli Stati litiganti erano e sono parti. Si trattava di valutare se il supporto nei riguardi della guerriglia antigovernativa in Nicaragua da parte degli Stati Uniti costituiva una violazione del divieto dell'uso della forza o del divieto di intervento e se, in caso positivo, tali comportamenti potessero essere giustificati come forme di legittima difesa collettiva nei riguardi dei Paesi limitrofi al Nicaragua, Honduras ed El Salvador. La Corte, dopo aver affermato la sua competenza giurisd, ha poi sviluppato una serie di dettagliate argomentazioni circa i requisiti tradizionali per ricostruire l'esistenza di una consuetudine. 3.2.1. In tema di prassi 183 - E' evidente che gli elementi del diritto internazionale consuetudinario dovranno essere ricercati primariamente nella prassi e nell'opinio iuris degli Stati, anche se le convenzioni multilaterali possono avere un ruolo importante nel rilevare e definire regole derivanti dalla consuetudine, o anche nello sviluppo di tali regole. 184 - La Corte rileva che vi sono elementi di prova nel senso di un considerevole

tasso di consenso tra le parti circa il contenuto del diritto internazionale consuetudinario relativo al divieto dell'uso della forza e di intervento. Questa convergenza di vedute non dispensa la Corte dall'esaminare il ruolo essenziale giocato dalla prassi generale. 186 - La Corte non ritiene che, affinch una regola possa essere considerata come consuetudinaria, la prassi corrispondente debba essersi posta in rigorosa conformit con la regola stessa. Allo scopo di dedurre l'esistenza di regole consuetudinarie, la Corte considera sufficiente che la condotta degli Stati sia, in generale, conforme a queste regole, e che esempi di comportamenti non conformi ad una data regola siano stati considerati generalmente come violazioni di quella regola, e non come riconoscimento di una nuova regola. Oltre alla reiterazione del principio generale per cui la consuetudine va ricercata nei due elementi costitutivi della prassi e della opinio iuris, la prima considerazione di carattere generale cui si presta il par 183 riguarda il rapporto tra consuetudine e trattati. In particolare, la Corte ha evidenziato come la prassi convenzionale, indipendentemente dal fatto che si tratti di convenzioni di codificazione, pu costituire un importante strumento per la rilevazione di consuetudini internazionali e per la definizione del loro contenuto. Si tratta di una indicazione solo apparentemente paradossale, poich la consuetudine, seppure diritto non scritto, si evince, di fatto, principalmente attraverso elementi di prassi, come quella convenzionale, di natura scritta. Ci trova conferma con riferimento ad altri tipi di elementi di prassi aventi natura scritta, come la prassi diplomatica, parlamentare o giuri nazionale e internazionale. Una seconda considerazione riguarda il fatto che la Corte non si accontenta di constatare una concorrenza di vedute, o addirittura l'accordo tra le parti in lite circa il contenuto di determinate regole ritenute di carattere consuetudinario, ci che rifletterebbe un approccio volontaristico alla consuetudine del tipo giuspositivistico di cui sopra. Essa, infatti, ritiene necessario potere accertare l'esistenza di una prassi che sia conforme a una determinata opinio iuris, sottolineando il requisito che si tratti della prassi della generalit degli Stati, e non solo di quelli in lite (da qui la conferma del rigetto della teoria cd della consuetudine istantanea). La terza considerazione riguarda i requisiti affinch il comportamento degli Stati possa costituire elemento adeguato alla formazione di una consuetudine internazionale, con riguardo al grado di conformit della prassi rispetto ai contenuti di una pretesa consuetudine, o cmq, alla opinio iuris circa la sua esistenza od opportunit della sua esistenza (opinio necessitatis). Nella sentenza Nicaragua c Stati Uniti, la Corte ha ribadito in termini ampi l'orientamento di flessibilit circa il requisito di uniformit della prassi. In sostanza, la Corte ha sostenuto che l'impatto negativo del comportamento di uno Stato difforme rispetto a una consuetudine, esistente o in corso di formazione, viene neutralizzato dalla manifestazione del convincimento giuridico, da parte di chi adotta il comportamento in questione, nel senso di ritenere di non violare la regola in parola, ma invocando una eccezione alla regola stessa. Un comportamento di fatto in violazione di una regola, MA accompagnato dalla invocazione di una eccezione costituisce una conferma della regola stessa piuttosto

che un suo indebolimento. In pratica, nel caso in questione, il divieto dell'uso della forza viene violato senza cmq comportare l'abrogazione o la trasformazione della regola stessa. CONCLUSIONE: una nuova norma non pu emergere senza prassi ed opinio iuris; ed una norma esistente non pu estinguersi senza che la larga maggioranza degli Stati agisca in modo contrario e rinneghi la opinio iuris precedente. 3.2.2. In tema di opinio iuris La Corte, dopo avere rilevato che ambedue le parti in lite riconoscevano il divieto dell'uso della forza contenuto nell'art 2, par 4, della Carta ONU, si indirizzata all'accertamento della natura consuetudinaria di tale divieto, rivolgendosi alla rilevazione in termini generali della opinio iuris in materia. 189 - Per quanto riguarda gli Stati Uniti in particolare, un'espressione di opinio iuris significativa pu essere rintracciata nell'accettazione da parte degli Stati Uniti del principio della proibizione dell'uso della forza contenuto nella dichiarazione sui principi che regolano le relazioni reciproche tra Stati partecipanti alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Helsinki, 1 agosto 1975), secondo cui gli Stati partecipanti si impegnano ad astenersi nelle proprie relazioni reciproche e nelle relazioni internazionali in genere dall'usare la forza . 193 - NB: Gli Stati rappresentati nell'Assemblea generale considerano l'eccezione al divieto della forza costituita dal diritto alle legittima difesa individuale o collettiva come parte del diritto internazionale consuetudinario. La prima considerazione generale che suscitano i parr 188 e 189 riguarda la rilevanza che la Corte attribuisce a strumenti internazionali in s giuridicamente non vincolanti, con particolare riguardo alle risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tali atti, particolarmente in una prospettiva cumulativa, possono costituire elementi evidenziatori di una consuetudine esistente o strumentali alla formazione di una nuova consuetudine, come espressione della opinio iuris degli Stati che hanno concorso alla loro adozione. Tale logica giuridica stata ribadita dalla Corte a pi riprese, ad es nel parere consultivo del 1996 sulla legalit della minaccia o dell'uso di armi nucleari: Le risoluzioni dell'Assemblea generale, sebbene non vincolanti, possono avere talvolta valore normativo. In certe circostanza, possono rappresentare un mezzo di prova importante per accertare l'esistenza di una regola o l'emergere di una certa opinio iuris. Per capire se ci vale per una specifica risoluzione, necessario guardare al suo contenuto e alle condizioni della sua adozione; anche necessario valutare se esiste un'opinio iuris circa il suo carattere normativo. La Corte nel caso specifico arrivata alla seguente conclusione: L'emergere quale lex lata di una norma consuetudinaria che proibisca specificatamente l'uso di armi nucleari ostacolato dalla tensione sempre presente tra una opinio iuris in via di formazione, da una parte, e la forte adesione alla prassi della deterrenza nucleare (consistente nella sistematica minaccia nucleare), dall'altra. La seconda considerazione generale che si pu formulare sulla base dei brani citati della sentenza in discorso che gli strumenti non vincolanti, oltre a poter indicare l'opinio iuris degli Stati circa l'essere o non essere di una determinata consuetudine,

possono costituire termine di riferimento per l'accertamento del contenuto di tale consuetudine. Particolare rilevanza assume il ricorso al testo della Dichiarazione sui principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati, annessa alla risoluzione 2625 dell'Assemblea generale, per determinare, nell'ambito del divieto dell'uso della forza, il divieto di forme meno gravi dell'atto di aggressione o dell'attacco armato. Sulla base di essa, la Corte giunta a determinare la natura consuetudinaria della legittima difesa individuale e collettiva, salvo negare alla luce dei fatti controversi il diritto di legittima difesa collettiva da parte degli USA a favore di El Salvador e Honduras. La terza considerazione riguarda la rilevanza di altre statuizioni autorevoli per la ricostruzione di una norma consuetudinaria: in particolare, la Corte si riferita ad un brano della CDI nel quale veniva indicato che il divieto dell'uso della forza ha valore di diritto imperativo (ius cogens), nel senso che tale regola consuetudinaria inderogabile per cui ogni trattato con essa incompatibile sarebbe nullo. Determinanti e molteplici, ad es, sono stati i riferimenti ai lavori della CDI nella sentenza del 1997 relativa alla causa concernente il Progetto Gabcikovo-Nagymaros sul Danubio tra Ungheria e Slovacchia, al fine di accertare una serie di consuetudini applicabili alla controversia, iniziata dall'Ungheria, adducendo che la realizzazione del progetto avrebbe causato un grave danno all'ambiente fluviale (v pag 119 e ss). In primo luogo, la Corte ha affrontato, rigettandolo, l'argomento avanzato dall'Ungheria secondo cui essa sarebbe stata legittimata a sospendere nel 1989 l'esecuzione dei lavori, e quindi di un trattato del 1977 (costruzione e gestione congiunta di un sistema di chiuse sul Danubio), in base al principio consuetudinario dello stato di necessit (facendo riferimento ad un commento della CDI sul principio in discorso). In secondo luogo, la Corte ha determinato che l'illiceit della deviazione unilaterale del corso del Danubio, effettuata dalla Cecoslovacchia in risposta all'abbandono dei lavori da parte ungherese, non potesse essere giustificata come atto di contromisura poich non erano stati rispettati i requisiti di liceit delle contromisure secondo i parametri contenuti nel progetto CDI di articoli sulla responsabilit internazionale degli Stati. In terzo luogo, la Corte ha ulteriormente fatto ricorso alle enunciazioni della CDI per giungere alla conclusione che il Trattato del 1977 fosse ancora in vigore nel 1997, per via della Convenzione ONU del 1978 sulla successione degli Stati rispetto ai trattati, attribuendo all'art 12 in questione natura consuetudinaria, dato che l'Ungheria non aveva ratificato la Convenzione stessa. Si potrebbe sostenere che la CDI sia portatrice della opinio iuris delle civilt giuridiche in essa rappresentate, assimilando i suoi lavori al ruolo attribuito dall'art 38 dello Statuto della Corte alla dottrina come elemento sussidiario nella determinazione delle regole giuridiche. 3.2.3. Considerazioni riepilogative attraverso un ulteriore caso di scuola in tema di diritti dell'uomo (v pag 121 e ss) Le indicazioni generali sinora emerse in tema di formazione delle consuetudini trovano conferma nella sentenza della United States Court of Appeals for the Second

Circuit del 1980, nella causa Filartiga c Pena-Irala, che costituisce una pietra miliare nella giuri statunitense in materia di tutela dei diritti dell'uomo. Il riferimento ai brani pi significativi di questa sentenza serve un duplice scopo: da un lato, quello di offrire l'occasione di applicare a titolo inte