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Impresa: attività economica messa in atto dall’imprenditore. Azienda: complesso di mezzi tecnici, infrastrutture e risorse umane, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio. Impianto industriale: Componente di un sistema o organizzazione più complessa che persegue obiettivi economici, tra cui quello di ottenere in output beni (merci o servizi) di maggior valore delle materie prime o semilavorati in input. O Complesso di mezzi di qualsiasi specie regolati secondo norme di buona tecnica, al fine di trasformare materie prime ed energia con processi di qualunque tipo ottenendo prodotti di prevista utilità attraverso il principio economico di “massimo fine con il minimo mezzo”. Catena del valore: strumento per analizzare la posizione competitiva di un’azienda. Prevede di disaggregare l’azienda nelle sue attività strategicamente rilevanti per comprendere l’andamento dei costi ed il potenziale di differenziazione. Produttività: rapporto fra output ed input; Efficienza (efficiency): rapporto tra le risorse utilizzate e quelle teoricamente necessarie per ottenere un determinato output; Efficacia (effectiveness): rapporto fra la produzione effettiva e quella pianificata avendo fissato gli input del sistema. Prestazioni tecniche dei sistemi produttivi: esterne: sono indici misurabili direttamente dal cliente e dal vertice aziendale (livello del servizio, qualità del prodotto, ecc.); interne: sono indici che dipendono dai vincoli a cui è sottoposto il sistema a causa di scelte progettuali e gestionali (potenzialità, utilizzo dei fattori produttivi, ecc.). L’ingegnere impiantista ha come obiettivo realizzare una produzione specificata in termini di tipo, quantità, prezzo, tempi di consegna del prodotto in modo coerente con gli obiettivi di natura economica dell’organizzazione in cui l’impianto è inserito. Criteri di decisione: Economici: o Risultato di esercizio (o economico in senso stretto): basato sui costi di impianto, sui costi e sui risparmi di esercizio previsti; o Rendimento dei capitali (finanziario): basato sui flussi finanziari nel tempo (risultato di lungo periodo), utilizzato per calcolare la redditività degli investimenti di singoli interventi o complessivi dell’impianto; Tecnici: parametri o indici tecnici di efficienza/efficacia (quantificabili); Altra natura: tengono conto di elementi quantificabili e non, basati su affidabilità e sicurezza dell’impianto, flessibilità, qualità, ecc. Tipologie di strutture organizzative: Per funzioni: le attività funzionali simili sono raggruppate sotto dirigenti che a loro volta riportano ad una direzione centrale; Divisionale: le attività sono raggruppate in funzione di specifici progetti; Matriciale: in una stessa riga si forma un gruppo con diverse competenze, mentre sulla stessa colonna ci sono le attività dello stesso tipo in un determinato ambito funzionale.

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Impresa: attività economica messa in atto dall’imprenditore.

Azienda: complesso di mezzi tecnici, infrastrutture e risorse umane, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio.

Impianto industriale:

Componente di un sistema o organizzazione più complessa che persegue obiettivi economici, tra cui quello di

ottenere in output beni (merci o servizi) di maggior valore delle materie prime o semilavorati in input. O

Complesso di mezzi di qualsiasi specie regolati secondo norme di buona tecnica, al fine di trasformare materie

prime ed energia con processi di qualunque tipo ottenendo prodotti di prevista utilità attraverso il principio

economico di “massimo fine con il minimo mezzo”.

Catena del valore: strumento per

analizzare la posizione competitiva

di un’azienda. Prevede di

disaggregare l’azienda nelle sue

attività strategicamente rilevanti

per comprendere l’andamento dei

costi ed il potenziale di

differenziazione.

Produttività: rapporto fra output ed input;

Efficienza (efficiency): rapporto tra le risorse utilizzate e quelle teoricamente necessarie per ottenere un

determinato output;

Efficacia (effectiveness): rapporto fra la produzione effettiva e quella pianificata avendo fissato gli input del sistema.

Prestazioni tecniche dei sistemi produttivi:

esterne: sono indici misurabili direttamente dal cliente e dal vertice aziendale (livello del servizio, qualità

del prodotto, ecc.);

interne: sono indici che dipendono dai vincoli a cui è sottoposto il sistema a causa di scelte progettuali e

gestionali (potenzialità, utilizzo dei fattori produttivi, ecc.).

L’ingegnere impiantista ha come obiettivo realizzare una produzione specificata in termini di tipo, quantità, prezzo,

tempi di consegna del prodotto in modo coerente con gli obiettivi di natura economica dell’organizzazione in cui

l’impianto è inserito.

Criteri di decisione:

Economici:

o Risultato di esercizio (o economico in senso stretto): basato sui costi di impianto, sui costi e sui

risparmi di esercizio previsti;

o Rendimento dei capitali (finanziario): basato sui flussi finanziari nel tempo (risultato di lungo

periodo), utilizzato per calcolare la redditività degli investimenti di singoli interventi o complessivi

dell’impianto;

Tecnici: parametri o indici tecnici di efficienza/efficacia (quantificabili);

Altra natura: tengono conto di elementi quantificabili e non, basati su affidabilità e sicurezza dell’impianto,

flessibilità, qualità, ecc.

Tipologie di strutture organizzative:

Per funzioni: le attività funzionali simili sono raggruppate sotto dirigenti che a loro volta riportano ad una

direzione centrale;

Divisionale: le attività sono raggruppate in funzione di specifici progetti;

Matriciale: in una stessa riga si forma un gruppo con diverse competenze, mentre sulla stessa colonna ci

sono le attività dello stesso tipo in un determinato ambito funzionale.

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Classificazione delle industrie per:

Dimensioni: piccola, media o grande industria a seconda di numero di addetti, entità degli investimenti,

fatturato annuo. Il livello di tali parametri varia in base a grado di meccanizzazione/automazione e settore

di appartenenza;

Grado di integrazione: a integrazione verticale (estensione verso monte o verso valle delle lavorazioni con

vantaggi su VA, rispetto tempi, qualità) o orizzontale (incremento del volume di produzione acquisendo

commesse dello stesso prodotto o di prodotti simili da più fornitori con vantaggi su specializzazione,

saturazione e ammortamento impianti);

Ampiezza del ciclo produttivo: a ciclo chiuso o integrale (da materia prima a prodotto finito), a ciclo aperto

(di base o di estrazione, raffinatrici o di elaborazione, completive), complementari (producono parti per

montaggi) o sussidiarie (forniscono servizi come la manutenzione);

Diagramma tecnologico: monolinea, sintetiche o convergenti, analitiche o divergenti, a cicli misti;

Rapporto capitale/lavoro: ad alta densità di capitale (capital intensive) o a bassa intensità di capitale

(labour intensive). L’automazione porta ad un incremento notevole di tale rapporto.

Classificazione degli impianti industriali:

Classificazione dei sistemi di produzione: secondo un diagramma a tre assi con il modo di rispondere alla

domanda (y), il modo di realizzare il volume di produzione (x) e il modo di realizzare il prodotto (z).

Classificazione dei processi produttivi: secondo una matrice prodotto-processo che confronta le

caratteristiche dei prodotti e la tipologia dei flussi produttivi.

Flessibilità: capacità di rispondere ai cambiamenti dell’ambiente esterno, esercitando su di esso un ruolo attivo.

Comprende la capacità di riassortire un’ampia gamma di prodotti, industrializzarne di nuovi, modificare il piano di

produzione ed il volume da produrre. La versatilità comprende invece riconfigurabilità e convertibilità.

Studio di fattibilità

Lo studio di fattibilità ha l’obiettivo di analizzare le esigenze tecniche ed economiche connesse allo sviluppo di un nuovo progetto e di individuare una o più soluzioni tecnologiche e/o organizzative, valutando così la fattibilità dell’investimento. Da tale studio deriva la redazione del business plan. Le fasi di tale studio sono: 1) definizione del piano strategico dell’iniziativa: comprende la definizione dell’idea imprenditoriale (elementi distintivi e/o innovativi), della forma societaria (di individui o di capitale) e della compagine sociale (soci di capitale, tecnologici, commerciali); 2) studio del mercato e del prodotto: comprende l’analisi del sistema competitivo, l’analisi della domanda (ossia la previsione dell’entità della domanda da produrre e della sua variazione nel tempo in base alla valutazione del mercato di sbocco, effettuata tramite raccolta di opinioni, correlazione ed estrapolazione) e il processo di formazione del prezzo, e determina gli input per l’analisi tecnica; 3) analisi tecnica-progettuale: per un impianto industriale consiste nello studio del prodotto, nella scelta tecnologica del processo produttivo, nel dimensionamento di massima e nella localizzazione dell’impianto (su cui incidono costi di costruzione, caratteristiche del mercato - concentrato o distribuito, prossimità alle fonti di riferimento, impatto ambientale, manodopera, programmazione nazionale e/o regionale, ecc.); 4) analisi economico-finanziaria.

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Classificazione dei rischi d’impresa

Rischi tecnologici: collegati alla tecnologia utilizzata nell’applicazione;

Rischi organizzativi: legati all’impatto che il progetto può avere sull’organizzazione;

Rischi finanziari: generati dall’indisponibilità di risorse finanziarie;

Rischi legislativi: generati dal mancato adempimento a norme di legge;

Rischi di mercato: il bene è prodotto grazie ad investimenti in determinati fattori produttivi, c’è incertezza

sulle vendite e sui ricavi ottenibili. Per tutelarsi si contrattano con le imprese di distribuzione impegni di

assorbimento del prodotto a condizioni prefissate;

Rischi di esercizio: il bene non è ancora stato realizzato, c’è incertezza sul prezzo dei fattori produttivi e/o

sul livello di produttività. Per tutelarsi si ricorre a clausole di revisione del prezzo di vendita in modo da

proporzionare il futuro ricavo con l’andamento dei costi.

Tipologie di mercato

Concorrenziale: perfetta informazione, compratori e venditori piccoli e indipendenti, non esistono barriere

all’entrata, esiste la possibilità di movimento dei capitali da un settore all’altro;

Concorrenziale imperfetto: compratori e venditori piccoli ed indipendenti;

Oligopolistico: esistono poche imprese in grado di produrre o vendere un bene su un mercato e ciascuna

impresa è in grado di modificare la curva di offerta e quindi il prezzo di equilibrio.

Gestione della domanda:

ha lo scopo di coordinare e controllare tutte le fonti di domanda in modo da permettere un uso efficiente del

sistema produttivo ed una puntuale consegna del prodotto. I sistemi di previsione della domanda si basano su

processi e tecniche di previsione di variabili che supportano la presa di decisione. Il metodo di previsione viene

scelto in base a forma e intervallo della previsione, disponibilità dei dati, precisione richiesta, caratteristica del

processo da analizzare, costo di sviluppo, installazione ed esercizio della funzione aziendale, ecc., e può essere

qualitativo (stime soggettive o panel di esperti), quantitativo (secondo modelli di serie temporali, modelli casuali o

simulazioni) o combinato.

I costi di produzione si classificano in base a:

potenzialità produttiva (a predefinito livello della produzione): o COSTI FISSI: indipendenti dal livello di produzione (acquisto e mantenimento impianti, spese

generali di amministrazione, ecc.); o COSTI VARIABILI: dipendenti dal livello di produzione variabile nel tempo (materie prime, energia,

ecc.). Aumentano al crescere del livello produttivo.

tempo: o i COSTI DI INSTALLAZIONE rappresentano la somma degli esborsi da effettuare in modo da poter

disporre dell’impianto all’avvio. È necessario operare una stima a priori per poter conoscere i finanziamenti necessari e per predisporre un piano di ammortamento nell’analisi di convenienza economica (comprendono costi di ingegneria, di acquisizione di terreno, immobili e materiali, costi di montaggio, interessi passivi, ecc.);

o i COSTI DI ESERCIZIO rappresentano la somma dei costi da sostenere in un certo periodo di tempo per gestire in modo funzionale l’impianto e comprendono il costo di produzione o del servizio (costituito da costi variabili e fissi) e il costo di inefficienza del servizio o di mancanza (che corrisponde al mancato introito conseguente al non efficiente funzionamento dell’impianto - ridotta o mancata produzione).

Obiettivi dell’impresa: aggiungere maggior valore alle materie prime in ingresso in modo da ottenere profitto al

netto dei costi di produzione e massimizzare il profitto rispetto al livello dei fattori impiegati nella produzione

tramite la funzione produzione, che correla la quantità di prodotto con le quantità dei fattori di produzione

impiegate (Xi): q = f(X1, …, Xn).

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Produttività marginale qmi di un fattore di produzione: incremento di produzione conseguente all’aumento di una unità aggiuntiva, mantenendo costante i livelli degli altri fattori. Vale la legge degli andamenti decrescenti, che presuppone un rapporto tecnico fra input ed output, dimostrabile solo empiricamente. In pratica, in un sistema produttivo, ad ogni apporto di un fattore qualsiasi (terra, lavoro, capitale, macchine, ecc.) non corrisponde un incremento di produzione proporzionalmente crescente: se il livello di un fattore aumenta in quantità incrementali uguali, a parità di livello degli altri fattori la produzione aumenterà fino ad un certo limite e ciascun elemento sarà più piccolo del precedente. Di solitosi ipotizza che la legge entri in funzione solo quando l’input variabile supera una determinata soglia. Ad esempio, l’aumento dei lavoratori ad una catena di montaggio consente certamente un aumento proporzionale della produzione, ma solo fino a quando l’intero sistema non incomincia a soffrire di distinzioni dovute alla logistica o all’organizzazione del lavoro, proprio a causa del suo ingrandirsi (com’è stato dimostrato anche nei grandi impianti industriali, per i quali è stato necessario creare varie sezioni, per quanto coordinate). È infatti certo che una grande organizzazione produttiva ha la possibilità di eliminare gran parte delle diseconomie dovute alle piccole dimensioni (ricorso a massicce forniture sul mercato internazionale giocando sui prezzi, concentrazione dell’amministrazione, applicazione di costosi metodi scientifici) ma proprio a causa delle dimensioni esiste una soglia oltre la quale tali diseconomie prendono il sopravvento, rientrando nella legge dei rendimenti decrescenti. Potenzialità ottimale degli impianti

Ipotesi di mercato concorrenziale (prezzo del prodotto P costante) con produzione completamente venduta.

L’obiettivo è la determinazione della combinazione ottimale di Xi che massimizza il profitto U, assegnato il volume

di produzione q: RICAVI R = Pq = pf(X1, …, Xn), UTILE U = R – (C1X1 + … + CnXn) con Ci = costi unitari per singolo fattore

di produzione. La condizione di massimo profitto si ha per Pdf/dXi = Ci, i = 1, …, n.

Diagramma costo-volume

Costo marginale (cm): incremento subito dal costo quando la produzione aumenta di

un’unità per assegnato volume di produzione;

Costo medio (Cmedio): il costo unitario corrispondente ad un determinato livello di

produzione (Cmedio = C/q = tg);

L’obiettivo è valutare la redditività dell’attività dell’investimento nella fase finale

dello studio di fattibilità, ossia ricercare il Break Even Point (BEP), corrispondente alla

quantità prodotta qp, per la quale si ha: U = 0 R = C P = Cmedio: per q < qp si è in

perdita, mentre per q > qp si ha profitto.

Il raggiungimento del BEP nel più breve tempo possibile è un obiettivo fondamentale in

quanto garantisce maggiore stabilità e robustezza rispetto agli imprevisti. Si definisce

elasticità il complemento ad uno del rapporto tra volume di break even e volume di vendita previsto. All’inizio

conviene avere elasticità alta per tutelarsi dalle incertezze nella previsione, mentre a regime conviene avere valori

dell’elasticità costanti per distribuire il rischio lungo l’intero periodo.

Sul diagramma si possono individuare:

- Punto di pareggio: q = qp U = 0 (c = p) - Punto di massimo utile unitario: q = q* u = umax (c = cmin = cm) - Punto di massimo utile: q = qopt U = Umax (cm = p)

Margine di contribuzione: Mc = R – Cv = U + Cp Margine di contribuzione unitario: mc = dMc/dq = d(R – Cv)/dq = d(pq – cmq)/dq = p - cm = 0 (perché cm = p), dove: R = pq = ricavi, cm = costo marginale, cv = cmq = costi variabili, cf = costi fissi, U = utile. Il margine di contribuzione consente di determinare il punto di pareggio (Mc = Cf) e di valutare la convenienza di

produzioni alternative e di produzioni marginali (dove l’obiettivo è la saturazione della capacità produttiva).

Se q < q* il costo marginale è minore di quello unitario si può aumentare la produzione con una diminuzione del

costo unitario; se q = q* il costo marginale eguaglia quello unitario, la diminuzione del costo unitario è minima; se q

> q* si ha un rapido aumento del costo marginale. La capacità produttiva dell’impianto è stata saturata. Per

incrementare la capacità produttiva si deve intervenire cambiando i livelli dei fattori di produzione.

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Investimenti industriali:

- di sostituzione: di beni strumentali usurati con altri identici;

- di produttività: incremento di produttività grazie all’acquisizione di tecnologia innovativa, o al

miglioramento dell’ambiente di lavoro;

- iniziali o di espansione: creazione o aumento di capacità produttiva dovuta ad un aumento della domanda

e a mezzi di produzione inadeguati.

Principali scelte d’investimento: stabilire l’accessibilità di un progetto rispetto a valori standard prefissati,

comparare progetti alternativi e stabilire una lista di priorità tra più proposte indipendenti. Per poter analizzare le

conseguenze del singolo progetto di investimento, si considerano le variazioni rispetto alla condizione attuale.

Piano di ammortamento: processo di ripartizione di spese passate che non altera il risultato economico di lungo periodo dell’impresa. Definire un piano di ammortamento significa determinare la vita utile del bene, il suo valore residuo e il criterio di ripartizione delle quote di ammortamento (ad annualità costanti, a tasso costante sul valore residuo, secondo stima del valore residuo, proporzionale alla produzione o a competitività costante). Ammortamento contabile: consiste nelle quote destinate alla ricostruzione contabile del bene; Ammortamento economico: consiste nelle quote destinate alla ripartizione del valore iniziale del bene su tutti i periodi di esercizio tenendo conto dell’interesse (si considera la vita prevista definita come il valore più piccolo tra la vita fisica, quella utile e quella possibile); Ammortamento finanziario: consiste nel piano per la graduale estinzione di un debito contratto e, a differenza di quello economico, da luogo a flussi reali di denaro in uscita. Tipologie piani di ammortamento: V0 = valore iniziale del bene; Vr = valore residuo dopo n anni; n = vita prevista (anni); i = interesse; r = i + 1.

A rata costante:

Anno (j) Rata (S) Interessi (Ij) Quota capitale (qj) Somma quote q

1… ( )

( ) (

( ) ). ( ( )). . ( ) ∑

.

A quota costante:

Anno (j) Quota capitale (q) Debito residuo fine anno (Vj) Interessi (Ij) Rata (Sj)

1…

. . . .

A percentuale costante sul valore residuo:

Anno (j) Valore residuo fine anno (Vj) Quota capitale (qj) Interessi (Ij) Rata (Sj)

1… ( ) . . ( )

.

Cash flow

Un investimento industriale consiste nell’immobilizzo di denaro in beni strumentali. Può essere tradotto in una

serie di entrate ed uscite di denaro (cash flow – Fk) in determinati istanti di tempo: Fk = Ek – Uk = Rk – Ck – Uk, dove:

Rk = ricavi nel k-esimo periodo, Ck = costi totali nel k-esimo periodo (a meno della voce relativa all’ammortamento e

considerando le imposte), Uk = uscite nel k-esimo periodo.

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Indici di valutazioni degli investimenti

Il ROI è l’indice di redditività dell’investimento definito come: ROI = utile/totale capitale investito.

Il VAN (Valore Attuale Netto) è un indice di valutazione degli investimenti tramite cui si definisce il valore attuale di una serie attesa di flussi di cassa, sommandoli contabilmente e attualizzandoli sulla base del tasso di rendimento.

∑ ( )

( ) , con i = tasso di attualizzazione, n = vita utile del bene, F(t) = flusso finanziario al tempo t. Se si

ha: VAN > 0 l’investimento garantirà utilità economica. Il VAN considera il valore della moneta nel tempo, tiene conto dell’intera vita dell’investimento, fornisce un valore assoluto del risultato (concentrato al momento iniziale). Il TIR (Tasso Interno di Redditività) è un indice di redditività finanziaria di un flusso monetario che rappresenta il tasso composito annuale i0 per il quale è possibile ripagare i finanziamenti in un numero di anni pari alla vita prevista senza né utili né perdite. È definito come il tasso di attualizzazione che rende il VAN di una serie di flussi di

cassa pari a zero, posto che questo esista nell’intervallo (-1, +∞) e che sia unico: ∑ ( )

( )

.

Il PAY-BACK period, o periodo di recupero del capitale è l’intervallo di tempo τ necessario a recuperare il capitale investito. È la misura della rapidità con cui si riforma il capitale più che della convenienza economica: τ

∑ ( )

( ) .

La matrice dei pay-off è la matrice A=[Xij, i=1,…,m; j=1,…,n], dove i è l’indice relativo alle m alternative di decisione, j è l’indice relativo agli n stati del progetto e Xij è il pay-off relativo all’alternativa i-esima nel j-esimo stato. I criteri per la scelta dell’alternativa migliore sono:

Analisi di dominanza: si eliminano dalla matrice le alternative dominate e si propongono le rimanenti;

Maxmin: ciascuna alternativa viene rappresentata dal valore del pay off peggiore (caratteristica più debole) e si seleziona l’alternativa con il migliore tra tali valori (approccio pessimista);

Maxmax: ciascuna alternativa viene rappresentata dal valore del pay off migliore (caratteristica più forte) e si seleziona l’alternativa con il migliore tra tali valori (approccio ottimista);

Procedura di Hurwicz: corrisponde alla Maxmin per α=1 e alla Maxmax per α=0 (compromesso fra le due):

alternativa scelta = { [ ( ) ] };

Minmax Regret: per ciascuna alternativa si costruisce la matrice dei rammarichi che si ottiene fissando la strategia dell’ambiente e sottraendo il massimo risultato ottenibile a quelli corrispondenti a ciascuna alternativa;

Lagrange: il criterio presuppone che gli stati abbiano la stessa probabilità di verificarsi, per cui si sceglie l’alternativa con il valore medio massimo;

Bayes:

Fasi del Project Management

Planning: comprende identificazione di cliente e progetto, lo stabilire il prodotto/servizio finale, il dividere

l’organizzazione del progetto (OBS) e le attività principali (WBS);

Scheduling: comprende lo sviluppo di una WBS dettagliata, la stima dei tempi e la sequenza per le attività,

lo sviluppo dei tempi di inizio e fine di ogni attività, lo sviluppo di un budget e l’assegnazione delle persone

ad ogni attività. È effettuato tramite le tecniche PERT e CPM;

Control: comprende il monitoraggio di tempo, costi e performance, la comparazione fra reale e pianificato,

la valutazione delle alternative correttive e la realizzazione dell’appropriata azione correttiva. Si effettua

tramite analisi CSCS e analisi dell’earned value.

WORK BREAKDOWN STRUCTURE (WBS) È una struttura di suddivisione delle attività del progetto: 1) il progetto è decomposto in attività a diversi livelli; 2) tutte le attività di un livello inferiore dovranno essere contenute in un’attività di livello superiore; 3) la decomposizione si interrompe quando è possibile associare ad un’attività un budget, un tempo di svolgimento ed una responsabilità in modo univoco (WP - Work Package). La WBS può rappresentarsi tramite una matrice di righe e colonne in cui le righe sono le diverse attività operative necessarie a completare la fornitura (ABS – Activity Break-down Structure), mentre le colonne contengono le componenti elementari in cui viene scomposto il prodotto finale (PBS – Product Break-down Structure). Ogni elemento della matrice (WP) rappresenta l’insieme del singolo sottoprodotto elementare e della specifica attività operativa necessaria a realizzarlo.

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ORGANIZATION BREAKDOWN STRUCTURE (OBS) Evidenzia i soggetti coinvolti nel progetto. Incrociando WBS e OBS si ottiene una matrice (3D) che individua l’area organizzativa associata ad ogni WP (Cost Account - CA). PERT (Program Evaluation and Review Technique): serve per tenere sotto controllo le attività di un progetto utilizzando una rappresentazione reticolare che tiene conto della interdipendenza tra tutte le attività necessarie al completamento del progetto. Gestisce l’incertezza delle stime dei tempi ed è adatto a progetti non ripetitivi, e consente di stimare le probabilità di completare un progetto in determinate date. Per ciascuna attività si stimano tre durate: durata ottimistica (t0), durata più probabile (tm) e durata pessimistica (tp) e tramite queste se ne calcolano valore atteso = (t0 + 4tm + tp)/6 e varianza = (t0-tp)2/6. Per risolvere il PERT probabilistico si risolve innanzitutto il reticolo utilizzando il valore atteso delle durate delle attività, si calcolano quindi il valore atteso della durata del progetto E(Dp) (somma delle durate delle attività del percorso critico) e la varianza della durata del

progetto (Dp) (somma delle varianze delle attività del percorso critico se si suppone l’indipendenza stocastica delle attività), e si applica il teorema del limite centrale (per il quale la somma di k variabili casuali, comunque esse siano distribuite, se k è particolarmente grande si approssima d una gaussiana). In questo modo si trova la durata del

progetto, che sarà una gaussiana se il n di attività è elevato: N[E(Dp), (Dp)]. CPM (Critical Path Method): consente di valutare le possibili alternative di esecuzione dei progetti ed i relativi costi, in base alle risorse disponibili. Consiste nel determinare il costo totale di esecuzione del progetto per diversi valori delle durate delle attività e permette una stima precisa (deterministica) dei tempi, a causa della natura ripetitiva dei progetti stessi. Le soluzioni di partenza possono essere quella a durata più lunga (“tutte le attività normali”) o quella a più alto costo (“tutte le attività urgenti”). Calcolate le due soluzioni, si cerca il piano a costo minimo compreso tra le due soluzioni estreme, calcolando il costo minimo in corrispondenza del tempo di urgenza e facendo svolgere le attività non critiche ad un ritmo più lento. Le fasi sono quindi: determinazione del cammino critico, determinazione della/delle attività critiche con costi di accelerazione minori, accelerazione di tali attività (anche simultaneamente) fin quando queste non possono essere più accelerate, non diviene critico un altro percorso o l’incremento di costi diretti è superiore alla riduzione dei costi specifici, e iterazione della procedura fintanto si ha convenienza. Slittamento libero: il lasso di tempo addizionale di cui può disporre una singola attività senza incidere sulle altre attività. Slittamento totale: lasso di tempo di cui può disporre l'intera catena di cui l'attività fa parte, senza andare ad influenzare la data di fine progetto Livellamento delle risorse: consiste nella verifica della reale disponibilità delle risorse per ciascun periodo nel quale le stesse verranno di fatto richieste durante la fase realizzativa. L’obiettivo è confrontare il profilo temporale effettivo dei fabbisogni con quello pianificato da strumenti di PM. La valutazione dell’avanzamento di progetto può essere effettuata in base a:

- Quantità fisiche realizzate: utilizzabile per attività un parametro sintetico di prestazione “fisico”; - Equivalente in ore uomo del lavoro eseguito: si ipotizza che la quantità di lavoro diretto speso sia

proporzionale alle quantità realizzate; - Ammontare di costi sostenuti: si valorizzano dal punto di vista monetario le risorse impiegate.

Analisi CSCS (Cost-Schedule-Control-System) Metodologia per il controllo integrato dei tempi e dei costi di progetto. Migliora gli approcci tradizionali basati sul confronto tra le cumulate dei costi effettivamente sostenuti e dei costi preventivati, considerando i valori cumulati dell’Earned Value (costi a preventivo del lavoro effettivamente eseguito). Analisi dell’Earned Value Tecnica che cerca di quantificare i costi e l’efficienza nelle fabbriche basandosi su alcuni parametri fondamentali, tra cui il PCI (che consente di fare previsioni sui costi complessivi dell’intero progetto) e lo SPI (che consente di fare previsioni sulla data di ultimazione del progetto). L’analisi degli scostamenti è il confronto tra i risultati effettivi del progetto e i risultati attesi: gli scostamenti più significativi sono quelli relativi a tempi e costi, che si rilevano e si controllano verificandone la tendenza ad intervalli regolari. Le variazioni di tali tendenze indicano se le prestazioni migliorano o peggiorano. L’earned value rappresenta quindi solo il valore guadagnato fino ad un determinato momento del progetto a fronte di un lavoro realmente eseguito. Con una serie di quantificazioni del lavoro svolto si determina il trend dei principali indicatori di prestazione per fare nuove previsioni di costi e di durate o per interpretare azioni correttive. Tale parametro fornisce un’indicazione oggettiva del lavoro realizzato sul progetto e si calcola sommando i costi previsti a budget per ogni attività conclusa; se un’attività è in corso le si può attribuire il valore 0 fino a quando non raggiunge il 50% del suo svolgimento e l’intero valore oltre il 50% di svolgimento.

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Principali caratteristiche di layout per prodotto e layout per processo e andamento del diagramma P-Q. Layout per prodotto (in linea, flow-line): le macchine (organizzate in stazioni di lavoro) sono disposte nel layout di stabilimento secondo la sequenza definita nel ciclo di lavorazione del prodotto e sono dedicate alla fabbricazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti; il flusso di produzione è lineare e uguale per tutti i prodotti e il trasferimento tra una stazione e l’altra può essere meccanizzato (“linea transfer”). Layout per processo (per reparti, job shop): è un sistema di fabbricazione organizzato per reparti progettati secondo il principio dell’affinità tecnologica, in cui i flussi sono estremamente intrecciati, la manodopera è spesso la risorsa critica (limitata) e i tempi di attesa possono essere molto elevati; ogni prodotto ha un proprio ciclo tecnologico (routing) che prevede il passaggio su più macchine (sono spesso presenti routing alternativi). Principali differenze fra i due layout: Layout per prodotto: minor costo totale dei trasporti di materiale, minor tempo complessivo di produzione, minori scorte di produzione, maggiori incentivi per aumentare la produttività, minor superficie di stabilimento richiesta per unità di prodotto, semplificazione del controllo della produzione. Layout per processo: minor duplicazione di macchinario e materiale, maggior flessibilità di produzione, controllo e supervisione più specializzati ed efficaci, maggior incentivi per i singoli volti ad aumentare la produttività, miglior controllo di processi particolarmente complessi, maggior possibilità di ovviare ad avarie del macchinario.

La curva P-Q si ottiene disponendo in ordine decrescente le quantità per ogni mix di produzione. Tale curva è approssimabile ad un’iperbole equilatera, e su tale diagramma è individuabile il volume critico di produzione, ossia la quantità di produzione Q a cui corrisponde il passaggio dalla lavorazione per reparti a quella in linea.

Layout di tipo cellulare (group technology) Le macchine sono disposte per omogeneità di prodotti lavorati in famiglie, costituite mediante l’applicazione di modelli group technology; non esistono scambi di flussi di materiale e/o risorse produttive fra cella e cella e una stessa linea può attuare cicli di lavorazione che richiedono l’uso delle stesse macchine ma secondo sequenze diverse; gli impianti sono solitamente disposti ad U in modo da ottimizzare il carico e lo scarico dei materiali. Group technology: linee flessibili di fabbricazione (FSM) o di assemblaggio (FAS) dedicate ad una famiglia di modelli simili - non ad un singolo modello - in modo da ottenere una potenzialità della linea adeguata ed economicamente conveniente; si opera una standardizzazione ed un raggruppamento di pezzi simili dal punto di vista tecnologico e morfologico. Fasi principali per l’applicazione: 1) razionalizzazione del progetto; 2) razionalizzazione del ciclo tecnologico; 3) razionalizzazione del processo di fabbricazione e del layout. Calcolo del numero di unità operative in un layout per reparti. Il numero di unità operative per ogni centro di lavoro si ottiene sommando i rapporti fra produzione richiesta per

ogni parte e capacità produttiva dell’unità operativa in esame: ∑

{ } = numero minimo teorico di unità

operative del centro di lavoro i-esimo, con: {Pj} = set dei prodotti lavorati sul centro di lavoro i-esimo, qj =

produzione del prodotto j-esimo {Pj}, CPi,j = capacità produttiva del centro di lavoro i-esimo relativamente al

prodotto j-esimo {Pj} (dipende dal tipo di lavorazione e dalle macchine caratteristiche del reparto). Trattandosi di unità operative, il risultato ottenuto deve essere approssimato all’intero superiore. Impianti di servizio Gli impianti di servizio sono sistemi di produzione e distribuzione di servizi che supportano il funzionamento degli impianti tecnologici senza partecipare direttamente alla realizzazione del processo produttivo (ad esempio l’impianto elettrico di illuminazione, quello di condizionamento, quello idrico, termico, ecc.). La loro classificazione può avvenire a seconda dell’entità servita (mezzi produttivi o persone), del tipo di servizio (alimentazione o scarico), della funzione svolta (impresa di produzione e distribuzione dell’energia, impresa di controllo delle condizioni ambientali di lavoro, impresa di trasporto di materiali solidi e liquidi o impresa di controllo delle interazioni con l’ambiente esterno). I parametri di prestazione di un impianto di servizio sono:

Efficienza come continuità di funzionamento o disponibilità: se un guasto determina un interruzione della produzione, la mancata produzione determina un costo di inefficienza o di mancanza (è da valutare la possibilità di investire in maggiore affidabilità per recuperare parte o tutti i costi di mancanza);

Inefficienza o indisponibilità: per errori in fase progettuale relativi alla scelta dei componenti o della configurazione impiantistica gli impianti non possono essere utilizzati con la capacità produttiva di targa.

Page 9: Riassunti impianti

Problemi nella progettazione: produzione in proprio o allacciamento all’esterno (per energia elettrica, rete idrica e trattamento delle acque reflue), centralizzazione (un unico generatore del servizio fornisce N utenze) o decentralizzazione (N generatori forniscono N utenze), dimensionamento della centrale-accumulatore e della rete di distribuzione, rispetto delle normative. I vantaggi della centralizzazione rispetto alla decentralizzazione sono maggiori economie di spazio, nei costi di produzione e negli elementi di riserva, minore potenzialità della centrale in presenza di domanda di servizio variabile e minori problemi di localizzazione della centrale in condizioni di sicurezza, ma a discapito di una minore flessibilità e disponibilità complessiva e di maggiori costi di distribuzione. Economie di scala con la centralizzazione

Definita la tipologia di impianto, il costo di un impianto con potenzialità P è pari a: (

)

, con:

C0 e P0 = costo/potenzialità impianto di riferimento, m = fattore di scala = 0,5 – 0,9. Le quote di ammortamento e gli interessi passivi si riducono con Ci, i costi di manutenzione sono generalmente proporzionali a Ci, il costo della manodopera cresce generalmente meno che proporzionalmente con Ci, il costo dell’energia si riduce in quanto sono migliori i rendimenti energetici di macchine ed impianti a maggiore potenzialità.

1. Domanda costante nel tempo: la centrale è costituita da una o più unità funzionanti in contemporanea con eventuali riserve e senza accumulo del servizio (la domanda è quasi stazionaria); la somma delle potenzialità delle unità della centrale deve essere pari alla potenzialità richiesta.

2. Domanda con punte di breve durata e costante in ampi intervalli: a. Se il servizio è accumulabile: una o più unità in grado di soddisfare la Pmedia, accumulatore; b. Se il servizio non è accumulabile: una o più unità in grado di soddisfare la Pbase o una o più unità in

grado di soddisfare la Pmax con modulazione on-off. 3. Domanda con variazione continua e casuale:

a. Se il servizio è accumulabile: una o più unità in grado di soddisfare la Pmedia, accumulatori di grandi capacità per soddisfare la variabilità della domanda;

b. Se il servizio non è accumulabile: una o più unità in grado di soddisfare la Pmax con eventuale modulazione della portata o copertura della Pmin con unità interna e allacciamento ad una fonte esterna.

Dimensionamento accumulatore-generatore L’accumulatore svolge sia una funzione di sicurezza (riserva di emergenza), sia di compensazione (carico di punta). Ipotesi: il generatore del servizio ha una potenzialità pari alla potenzialità media richiesta dalle utenze nel periodo T.

Potenzialità del generatore:

∫ ( )

. Capacità minima di accumulo: ∫ [ ( ) ]

[ ].

Centrali di generazione del servizio frazionata (A) e non frazionata (B) con unità di riserva. (A) Il frazionamento della centrale consiste nella suddivisione della potenzialità totale di un certo numero di unità (spesso uguali) inserendo eventualmente delle unità di riserva. I vantaggi derivano dalla presenza di unità di riserva di minore potenzialità rispetto alla configurazione non frazionata, dalla possibilità di modulare in modo discreto il ritmo di produzione del servizio al variare della domanda e dalla maggiore continuità di funzionamento (anche se a carico ridotto) nel caso di indisponibilità di qualche unità. Nel caso di centrale frazionata con un numero fissato r di unità di riserva, la configurazione di minimo costo di

impianto si ottiene per: { } [

] ∑ { }

( ) ∑

( ) , dove c0 = costo dell’unità di

potenzialità P0 richiesta, n-r = numero delle unità che congiuntamente forniscono P0, kmin = numero minimo di generatori nel funzionamento parzializzato, kmax<(n-r) = numero massimo di generatori nel funzionamento parzializzato [per k = (n-r) non vi è efficienza del servizio], P{j} = probabilità che funzionino j generatori, Ci(j) = costo dell’inefficienza in condizione di funzionamento parzializzato con j unità funzionanti, i = tasso di attualizzazione. (B) Nel caso invece di centrale non frazionata, la configurazione di minimo costo si ottiene nel modo seguente, ipotizzando che al variare del numero di unità della centrale le variazioni dei costi di esercizio siano trascurabili:

{ } [ ( )] ∑

( ) ., dove ci = costo di un componente, Ai = disponibilità di un

componente, ( ) ( ) = disponibilità del sistema, cm = costo di mancanza per unità di tempo, N =

numero di anni di vita utile dell’impianto e H = numero di ore di funzionamento annue.

Page 10: Riassunti impianti

Studio del lavoro Ha come obiettivi lo studio dell’esecuzione delle singole operazioni in modo da definire il modo più economico per eseguire un lavoro e la stima del tempo standard necessario. Comprende:

studio dei metodi: determinazione delle condizioni operative che minimizzino l’impiego dei fattori produttivi in modo economicamente conveniente, tramite standardizzazione delle attrezzature, delle procedure e delle condizioni di lavoro. Inoltre si determina il numero di ore standard in cui un operaio, in condizioni normali, può svolgere il lavoro stabilito e le azioni per incentivare l’operaio a raggiungere o superare la produzione standard. L’analisi dei metodi di lavoro dipende dal tipo di attività svolta (attraverso tutto il sistema produttivo, con operatore fermo in una postazione fissa o con operatore che interagisce con le macchine o con altri operatori) e dalle quantità da produrre (piccola, media o grande serie).

studio dei tempi: misura e controllo dell’impiego del fattore tempo tramite metodologie induttive (cronotecnica) o deduttive, come stima e confronto (per lavori su commessa), standard (per operazioni ripetitive) o MTM (per produzione in serie).

Cronotecnica Fasi dell’esecuzione di un rilievo: raccolta e registrazione dei dati relativi ad operazione ed operaio, frazionamento delle operazioni in fasi e movimenti elementari così da eliminare le inefficienze, valutazione della velocità dell’operaio, misurazione e registrazione del tempo impiegato, determinazione delle maggiorazioni necessarie, calcolo del tempo standard, istruzione ed addestramento dell’operaio ad eseguire il lavoro secondo il metodo stabilito, controllo dell’esecuzione. Calcolo della durata di un’operazione Detti: TMa = tempo macchina in lavorazione automatica, TpM = tempo setup, TOMa = TOMa’ + TOMa’’ = tempo di attenzione dell’operatore, TOMf = TOMf’ + TOMf’’ = tempo di impegno dell’operatore a macchina ferma, tMm = tempo macchina in lavorazione manuale, N = numero di pezzi del lotto, μ = 0,75 - 0,85 = rendimento dell’operatore, α = 0,1 = coeff. relativo al tempo per bisogni fisiologici, si ha:

( )

⁄ .

Tempo attivo = TOMf + TOMa + TMm, tempo passivo = tempo minimo dell’operazione – tempo attivo minimo. Manutenzione: combinazione di tutte le azioni tecniche e amministrative, incluse le azioni di supervisione volte a mantenere o a riportare un’entità in uno stato in cui si possa eseguire la funzione richiesta. Tali attività possono essere esecutive, tecniche, gestionali o di tipo consultivo. Deve garantire la sicurezza di persone e cose e la sicurezza ambientale, mantenere strutture, macchine, impianti o attrezzature in grado di funzionare nelle condizioni stabilite, conservare il sistema (edificio-impianti) per l’intera vita utile, effettuare le attività richieste con la massima economicità. Finalità dell’ingegneria di manutenzione: garantire la continuità dei servizi (disponibilità) mantenendo l’affidabilità di partenza, conservare il grado di efficienza più elevato delle dotazioni del sistema in relazione alle loro caratteristiche intrinseche ed alle prestazioni iniziali, contenere i consumi energetici al più basso livello compatibile con la qualità del servizio richiesto, esercitare il controllo dei costi di esercizio e di manutenzione rispettando il budget predisposto allo scopo, mantenere nel tempo il valore proprio del sistema (edificio-impianti). Le 6 grandi perdite: perdite dovute a fermate (guasti all’impianto e set-up e aggiustamenti), perdite di velocità (microfermate e riduzioni di velocità), perdite per difettosità (difetti nel processo e riduzione della quantità prodotta). Relazioni Rendimento globale degli impianti = disponibilità x efficienza delle prestazioni x tasso di qualità dei prodotti, dove:

Disponibilità = (tempo disponibile – tempi di fermata)/(tempo disponibile);

Efficienza delle prestazioni = (tempo ciclo teorico x produzione totale)/(tempo di funzionamento);

Tasso di qualità dei prodotti = (produzione totale – produzione difettosa)/(produzione totale).

Page 11: Riassunti impianti

Classificazione delle politiche di manutenzione - Manutenzione a guasto: è una manutenzione di tipo occasionale che prevede l’intervento quando il guasto è avvenuto. Può essere di pronto intervento o programmata (differibile). - Manutenzione preventiva: è eseguita a intervalli predeterminati o in accordo a criteri prescritti. È volta a ridurre la probabilità di guasto o la degradazione del funzionamento di un’entità. Può essere: ciclica (periodica in base a cicli di utilizzo predeterminati) o predittiva (se effettuata a seguito dell’individuazione di un valore limite prefissato). - Manutenzione migliorativa: l’insieme delle azioni di miglioramento o di piccola modifica del sistema. - Manutenzione produttiva: l’insieme di azioni volte alla prevenzione, al miglioramento continuo e al trasferimento di funzioni manutentive elementari al conduttore del sistema tramite sistemi di diagnosi e raccolta dati sul campo. - Terotecnologia: combinazione di direzione, finanza e ingegneria applicate alle attrezzature per ottimizzare il ciclo di vita ad esse legato. - Manutenzione secondo condizione: particolare tipo di manutenzione preventiva che individua la necessità dell’azione manutentiva sulla base dello stato di salute attuale di un componente, valutato correlando una o più grandezze fisiche e/o chimiche allo stato del componente ed individuando un valore di soglia, relativamente a queste grandezze, oltre il quale (o al di sotto del quale) il componente ha una elevata probabilità di guastarsi. La differenza con quella predittiva consiste in un supporto di diagnostica precoce che consente di valutare la vita residua e che quindi permette di posticipare l’intervento preventivo riducendo il tempo di anticipazione rispetto la previsione di guasto.

Costi della manutenzione:

diretti: da sostenere per applicare una determinata politica di manutenzione ad un bene (manodopera, materiali e ricambi, attrezzature, costi generali di struttura, preparazione e programmazione lavori);

indotti: costo di indisponibilità del bene e mancata produzione, costo di immobilizzo scorte e del disservizio. Portano alla stesura del piano di manutenzione, con cui si programmano gli interventi individuati e si allocano le risorse necessarie. , dove:

∑ ( )

( ) e , con:

Ci = costo di inefficienza, H = ore di funzionamento, As = disponibilità del sistema, K = anni di esercizio, i = tasso di attualizzazione, Ce = costo di acquisto di ogni macchina, m = numero di macchine previste.

Valutazione del costo di mancanza Ipotesi 1): la non disponibilità determina una riduzione della produzione con totale recupero dei costi variabili Cv. Ipotesi 2): il livello di efficienza As può essere recuperato, incrementando i costi fissi della porzione di impianto sotto analisi, della quantità Cf/α, con α = f(As). Utile U = ricavi R – costi C, dove C = Cf’ + Cv + Cineff [con Cf’= Cf(1+α), Cineff = (R-Cv)(1-A), Cf = costo fisso di esercizio dell’impianto senza la porzione di impianto sotto analisi] U = (R-Cv)A - Cf(1+α). Modelli di manutenzione preventiva Ipotesi: tasso di guasto dei componenti crescente, costo totale d’intervento di emergenza superiore al costo totale d’intervento preventivo, esistenza dei soli stati “funzionante” e “non funzionante”. Detti Cp = costo dell’intervento preventivo (comprende costo di organizzazione della manutenzione, costo della manodopera e costo dell’inefficienza per mancata produzione) e Ce = costo di emergenza (comprende costo di magazzino - allestimento e gestione, costo di manodopera e costo dell’inefficienza per mancata produzione), si ha:

Manutenzione ciclica a data costante: ( ) ( )

, dove H(t) = numero atteso di guasti all’interno

dell’intervallo fra due manutenzioni programmate e t = intervallo costante di tempo che definisce i momenti in cui si effettuano gli interventi; OBIETTIVO: risolvere l’equazione per ottenere l’intervallo ottimo capace di minimizzare i costi globali.

Manutenzione ciclica a periodo costante: ( ) ( ) [ ( )]

, dove R(t) = distribuzione di

affidabilità del componente, tp = periodo di intervento programmato e ∫ ( )

= Mean

Time Between Maintenance. OBIETTIVO: intervenire sulla minimizzazione di tp.

Page 12: Riassunti impianti

Studio dell’affidabilità di un impianto L’affidabilità R(t) di un componente o di un impianto è la probabilità che esso funzioni correttamente senza guasti per un tempo assegnato in predefinite condizioni ambientali: ( ) { } ( ), con T = tempo al guasto, ( ) { } = probabilità cumulata di guasto al tempo t. Il tasso di guasto h(t) indica il numero di guasti nell’unità di tempo considerata, ossia la probabilità corrispondente alla frazione della popolazione che si rompe nell’intervallo (t, t+dt), con riferimento ad una popolazione sana in t:

( ) { }

( ) ( )

( ) ( )

( ) (con ( )

( )

= densità di probabilità di guasto), da cui:

( ) , e posto R(0) = 1: ( ) [ ∫ ( )

] e ( ) ( ) [ ∫ ( )

].

Il tempo al guasto è un altro parametro di affidabilità applicabile a:

- sistemi non riparabili, per i quali si definisce il MTTF (mean time to failure): ∑

⁄ se sono disponibili

rilevazioni sperimentali del tempo al guasto o ( ) ∫ ( )

se è nota la f(t) ricavata da dati

sperimentali o da informazioni di letteratura. - sistemi riparabili (o bistabili), per i quali si definisce il MTBF (mean time between failure). Tipologia di guasti

Di natura casuale: tasso di guasto costante, la fdp del tempo al guasto è l’esponenziale negativa. Si ha:

( ) ( ) ( ) ( ) ;

Di natura non casuale: causati da fenomeni di degrado irreversibile, la loro entità dipende dal tempo di

funzionamento, la fdp può assumere forme differenti. Dati λ = parametro di scala e = parametro di forma:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

. Diagramma “a vasca da bagno”: mostra l’andamento tipico del tasso di guasto λ(t) dei componenti meccanici. Si possono individuate tre aree singolari della curva: l'area dei guasti precoci (o mortalità infantile, dove il tasso di guasto è decrescente con il tempo), l'area della vita fisica (dove il tasso di guasto si mantiene costante rispetto al tempo), e l'area delle usure generalizzate (o wear out, dove il tasso di guasto diviene crescente molto rapidamente proprio a causa delle usure). La conoscenza di questo schema, anche se di natura qualitativa, è di fondamentale importanza nella valutazione economica delle politiche di manutenzione. Criteri per l’analisi affidabilistica:

1. Utilizzare le informazioni che provengono per un lungo periodo di tempo da molte macchine uguali nelle stesse condizioni di funzionamento;

2. Utilizzare le informazioni che provengono dal funzionamento per un breve periodo di tempo di poche macchine. I dati possono fornire una stima del comportamento con un certo “grado di confidenza”;

3. Utilizzare la conoscenza dell’affidabilità dei componenti per fare previsioni sull’affidabilità dell’intera macchina.

Teoria dell’affidabilità Manutenibilità: l’attitudine del componente a migliorare il proprio stato a seguito di interventi tecnici di riparazione. Il tempo di riparazione varia a seconda della natura e dell’entità del guasto e delle risorse disponibili. Si definiscono: m(t) = tasso di riparazione in t, g(t) = densità di probabilità di riparazione, G(t) = probabilità di riparazione, MTTR (Mean Time To Repair) = tempo medio di riparazione. Disponibilità (A): rapporto fra il tempo di funzionamento corretto del componente ed il tempo totale in cui è richiesto il funzionamento. Se il ciclo funzionamento - riparazione - funzionamento si ripete (al limite all’infinito)

vale:

. Per i sistemi non riparabili la disponibilità coincide con l’affidabilità: A = MTTF.

Page 13: Riassunti impianti

Metodi per l’incremento della disponibilità

In fase di progettazione (disponibilità intrinseca) si può operare incrementando l’affidabilità dei singoli componenti o variando la configurazione impiantistica o migliorando la manutenibilità

In fase di gestione (disponibilità operativa) la manutenzione è in grado di ripristinare le condizioni di buon

funzionamento in un tempo medio che dipende dalle modalità operative:

, dove:

To = tempo medio operativo, Tr = tempi medi di attesa + riparazione + ripristino, Tp = tempo medio di manutenzione preventiva.

Configurazioni impiantistiche Dette Ri/Ai = affidabilità/disponibilità dell’i-esimo componente e Rs/As = affidabilità/disponibilità dell’intero sistema:

In parallelo. Ipotesi: un solo componente è in grado di assicurare il funzionamento dell’intero sistema. Il guasto del sistema è determinato dal non concomitante funzionamento di ciascun componente: ∏ ( )

e ∏ ( )

. Rs aumenta all’aumentare di n e con Ri, Rs è maggiore

della più grande fra le Ri, il beneficio conseguente all’aumento di n tende ad essere trascurabile in presenza di componenti ad altissima affidabilità, l’aumento di Rs risulta sensibile per bassi valori di Ri ed è tanto più grande quanto maggiore è n.

In serie. Ipotesi: indipendenza stocastica fra i guasti. Il guasto di uno qualsiasi dei suoi componenti determina il non funzionamento dell’intero sistema: ∏

e ∏

. Rs diminuisce

all’aumentare di n e con il ridursi di Ri; in presenza di componenti di diversi Ri, a parità di costo per unità di affidabilità, risulta più conveniente aumentare l’Rs migliorando la prestazione del componente a minore affidabilità, attraverso progetti di tipo progettuale o gestionale; a parità di numero di componenti, l’aumento di Rs è più sensibile per valori di Ri ≈ 1.