Riassunti Dioguardi

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FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA UNIVERSITA’ DI CHIETI SINTESI DI SEMEIOTICA E METODOLOGIA MEDICA con riferimento iconografico sul testo di N. Dioguardi, G.P. Sanna. Moderni aspetti di Semeiotica Medica Società Editrice Universo (IV Ed., 2002) A cura del Prof. Fabio Capani

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FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIAUNIVERSITA’ DI CHIETI

SINTESI DI

SEMEIOTICA E METODOLOGIA MEDICA

con riferimento iconografico sul testo di

N. Dioguardi, G.P. Sanna. Moderni aspetti di Semeiotica Medica

Società Editrice Universo(IV Ed., 2002)

A cura del Prof. Fabio Capani

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Indice

Introduzione pag. 2L'anamnesi ” 4

SEGNI E SINTOMIDolore “ 6Anoressia, nausea, vomito, rigurgito “ 14aritmie “ 16Coma “ 22Disfagia “ 25Dispnea “ 26Febbre e distermie “ 27Dita a bacchetta di tamburo “ 31Edema “ 32Shock “ 34Sincope “ 35

SEMEIOTICA DEGLI APPARATISemeiotica dell'apparato respiratorio e del mediastino “ 37Semeiotica dell'apparato cardiaco “ 47Semeiotica dei vasi arteriosi “ 59Semeiotica dei vasi venosi “ 62Semeiotica dell'apparato digerente “ 63Semeiotica del sistema nervoso “ 67

VERIFICA DELL’APPRENDIMENTONorme per l’esame computerizzato “ 84Questionario “ 85

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INTRODUZIONE AL CORSO DI SEMEIOTICA EMETODOLOGIA MEDICA

La semeiotica medica studia i segni ed i sintomi che permettono di iniziare l’iter che conduce alla formulazione della diagnosi clinica di malattia. Essa fornisce anche la metodologia per assemblare insieme segni e sintomi e formulare un ventaglio di possibilità (diagnosi di malattia più probabile e diagnosi differenziale fra le malattie che, come quasi sempre avviene, condividono sintomi e segni comuni).

Il metodo per giungere alla diagnosi è, quindi, quello di approcciare il paziente, dapprima ascoltandolo per raccogliere ed organizzare i sintomi (anamnesi), poi visitandolo per raccogliere i segni (esame obiettivo) e formulare, in base alla propria conoscenza delle malattie, (studiate nelle patologie sistematiche) un elenco di possibilità diagnostiche che condividano i sintomi ed i segni riscontrati (diagnosi differenziale).

Questo procedimento, però, nel nostro corso, non può che essere rudimentale perché, nell’attuale ordinamento didattico, l’insegnamento della semeiotica fa parte delle materie pre-cliniche, e, come tale, si rivolge a studenti che non conoscono ancora la nosografia delle malattie. Per questo motivo il corso, oltre che a definire correttamente i segni ed i sintomi più importanti, non può che dare i rudimenti metodologici che verranno poi ripresi ed affinati nello studio delle patologie sistematiche, per essere poi definitivamente messi in pratica nei corsi di medicina interna e di chirurgia generale. Il corso ha il compito di preparare l’allievo al linguaggio ed al ragionamento usato dal medico. Per la prima volta egli sente parlare in “linguaggio clinico” che è tipico del modo di pensare del clinico, abituato di frequente a rimanere nell’incertezza diagnostica. Ad esempio si sentirà definire una malattia a patogenesi “essenziale” o “idiopatica” termini utilizzati per indicare che la patogenesi è sconosciuta, mentre al contrario una malattia è “secondaria a…” quando la patogenesi dipende da processi noti. Lo studente che ha assimilato bene i concetti che fanno parte del corpo dottrinale, sarà in seguito facilitato a recepire con una certa facilità lo studio delle patologie sistematiche, perché ha imparato a conoscere il linguaggio ed il ragionamento adoperato dalla clinica.

Durante l’assimilazione dei concetti deve essere sempre chiaro nella mente dello studente che essi serviranno quando, affrontando lo studio delle malattie (patologie sistematiche), sapranno ritrovarli e avranno modo di inserirli in un contesto più organico.

Il corso è stato preparato con meticolosità, non solo nella selezione degli argomenti ritenuti fondamentali, ma anche nel modo con cui essi sono stati esposti, privilegiando la semplicità e la chiarezza.

Gli argomenti sono stati rivisti dai colleghi che insegnano le varie discipline della patologia sistematica, per ottenere una “cerniera” con gli insegnamenti successivi.

Una viva raccomandazione è quella di utilizzare l’internato obbligatorio per mettere subito in pratica i concetti appresi nel corso, in particolare durante la raccolta e la stesura dell’anamnesi e l’esecuzione dell’esame obiettivo, vera e propria palestra

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per lo studente, che gli permetterà di familiarizzare sia con le difficoltà di estrarre dal racconto del paziente gli elementi utili e tradurli in terminologia clinica, sia con le difficoltà nel rilievo dei segni. Si ricordi che la raccolta corretta dell’anamnesi e l’esecuzione di un accurato esame obiettivo costituiscono i passi fondamentali necessari per formulare in seguito la diagnosi e la diagnosi differenziale delle malattie che condividono i segni ed i sintomi. La raccolta dell’anamnesi, non solo dal paziente, ma anche dai suoi familiari, prevede capacità che si possono acquisire solo con l’esperienza. Il linguaggio del paziente è semplice, spesso lacunoso, che può sviare dai processi morbosi più importanti di cui è affetto. I sintomi dovranno essere accuratamente rilevati e tradotti in linguaggio clinico. Il successivo studio delle patologie sistematiche sarà meglio compreso dopo aver imparato a visitare correttamente il paziente.

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L’ANAMNESI

L’anamnesi rappresenta quasi sempre il primo passo che apre l’incontro fra medico e paziente. I vecchi clinici riferivano cha “la diagnosi accurata deriva da un’anamnesi meticolosa” oppure che “la diagnosi si basa soprattutto sull’anamnesi”. Nonostante il vertiginoso progresso tecnologico, è difficile oggi contestare la validità di queste asserzioni per cui l’anamnesi rimane tuttora un caposaldo della visita al paziente. Gran parte della cultura medica oggi disponibile è basata sui preziosi patrimoni rappresentati dalle cartelle cliniche ospedaliere. La raccolta di una corretta anamnesi rimane, quindi, un documento di enorme importanza per lo studio dell’insorgenza della varie forme morbose. L’anamnesi vede la sua più completa espressione istituzionale nella cartella clinica dei degenti nelle divisioni ospedaliere, ma dovrebbe essere altrettanto adeguatamente raccolta da qualunque medico al di fuori del contesto ospedaliero.

L’estensore di ogni anamnesi deve essere conscio del fatto che, oltre a compilare un documento che servirà per la cura del paziente, sta trasmettendo ai posteri un documento che può contenere notizie di grande importanza.

L’esperienza ha consigliato di ordinarla in settori, per renderne più semplice la consultazione. I settori hanno fondamentalmente un ordine cronologico e vengono divisi come segue:

1) anamnesi familiare2) anamnesi personale fisiologica3) anamnesi personale patologica remota4) anamnesi personale patologica prossima

Anamnesi familiare. In essa vengono riportati gli eventi patologici più importanti di cui hanno sofferto i componenti del nucleo familiare: il padre, la madre, fratelli e sorelle. In caso di patologie con particolare familiarità patologica, l’esplorazione si estende anche ai collaterali. Vengono indagate in particolare la presenza di particolari patologie ereditarie frequenti, quali neoplasie, ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardio-vasculopatie ecc. e, in caso di decesso, le cause attribuite alla morte. (esempio: padre iperteso, deceduto a 62 anni per ictus cerebrale. Madre vivente ed apparentemente sana. Due fratelli ed una sorella in apparente buona salute).Anamnesi personale fisiologica. Contiene lo sviluppo delle tappe dell’accrescimento. Va particolarmente estesa nei pazienti giovani, in cui è più probabile che la patologia in atto possa essere ricollegata ad eventi durante l’accrescimento, mentre riveste scarso significato nelle persone anziane. Si inizia dal parto, specificando il mese di vita intrauterina (se disponibile) in cui è avvenuto il parto, ed il tipo (es.: nato a termine da parto eutocico (parto fisiologico), oppure parto distocico (non regolare, con applicazione di forcipe), oppure da parto per taglio cesareo. Si prosegue con lo sviluppo nei primi anni mediante la registrazione di eventuali ritardi nella deambulazione, dentizione, fonazione (spesso abbreviati in D.D.F.). In caso di normalità si riporta “DDF in epoca fisiologica”. Si prosegue poi

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con la scolarità, per evidenziare eventuali ritardi di sviluppo psichico. Molto importanti sono le abitudini di vita, riferite in particolare:

- al fumo, di cui è bene riportare gli anni e il numero di sigarette, - all’alcool di cui è bene specificare tipo di bevande alcoliche (vino, birra,

liquori) e quantità.- all’attività fisica (vita sedentaria, attività fisica modesta o discreta)

Nel sesso femminile vengono registrati inoltre:- l’epoca di comparsa del ciclo mestruale, il ritmo, la quantità e la durata del

flusso,- il numero delle gravidanze con l’esito (eventuale presenza di aborti),- l’epoca della menopausa.

Anamnesi personale patologica remota. Contiene tutti i processi morbosi sofferti dal paziente prima dell’episodio morboso che conduce il paziente a rivolgersi al medico. Devono essere descritti in modo sintetico se trattasi di episodi cui segue una guarigione (esempio: tra le comuni malattie esantematiche ricorda il morbillo a 8 anni e la varicella a 13 anni. E’ stato appendicectomizzato a 23 anni). Se, viceversa, si tratta di malattie di una certa importanza o malattie croniche, quindi inguaribili, è bene essere più circostanziati entrando nei particolari. Se il paziente è stato sottoposto ad esami, è necessario farsi consegnare in visione la relativa documentazione, che dovrà essere restituita. Se inoltre sono stati effettuati precedenti ricoveri ed il paziente è stato così diligente da conservare fotocopie di cartelle cliniche o semplici referti di dimissione contenenti la/le diagnosi e gli esami eseguiti, si ha a disposizione una documentazione di grande importanza per ricostruire gli eventi morbosi nei dettagli e riportarli in anamnesi. In caso di mancanza di documentazione di ricoveri, è sempre bene riportare l’indisponibilità della documentazione affinché rimanga traccia dello sforzo eseguito dall’estensore dell’anamnesi per la ricostruzione della storia clinica.Anamnesi personale patologica prossima. Contiene la storia che il paziente racconta e che lo porta a rivolgersi al medico. Essa deve essere dettagliata perché permette di conoscere bene l’insorgenza (o il riacutizzarsi) dell’evento morboso. La presenza e la tipologia di segni, come ad esempio la febbre, deve essere riportata con accuratezza, cercando di descrivere bene la tipologia e la cronologia sull’insorgenza di altri sintomi e segni. Deve essere riportata con correttezza di dettagli l’eventuale terapia che il paziente assumeva (in caso di presenza di patologia cronica) o che ha assunto nei giorni immediatamente precedenti l’inizio (o il riacutizzarsi) della malattia. Questo aspetto è di particolare importanza in quanto sono numerosi gli effetti collaterali dei farmaci. Devono pertanto essere riportati i nomi dei medicinali e la corretta posologia (per es. Enapren compresse da 20 mg, 1 cp al mattino).

E’ da tener presente inoltre che la cartella clinica è un documento che ha valore legale, e, come tale, deve essere compilato con grande accortezza, a cominciare dall’anamnesi. E’ per questo motivo che vengono spesso utilizzate frasi del tipo “il paziente riferisce che…”, “la moglie ha riferito che…”, il fratello Giovanni riferisce che…”, trattandosi di notizie che possono anche non essere necessariamente corrette e che potrebbero essere sottoposte a successiva verifica.

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IL DOLORE

DOLORE SOMATICO E VISCERALEPresentano caratteristiche diverse che possono aiutare nel loro riconoscimento.

Dolore somatico: proviene da strutture innervate da nervi somatici (cute, muscoli, articolazioni ecc.) e dai nervi frenici.Dolore viscerale: proviene da strutture innervate da fibre viscerali, sia di tipo simpatico che parasimpatico.I due tipi di dolore non sono nettamente differenziabili, ma la conoscenza delle diversità fra i due tipi, evidenziate nella tabella, può aiutare ad orientarsi nel loro riconoscimento.

Caratteristiche dolore somatico dolore visceraleSede superficiale profondaLocalizzazione ben localizzabile mal localizzabileDimensione bidimensionale tridimensionaleQualità trafittivo, puntorio sordo, ottuso, compressivoPostura varia con la posizione desiderio di “piegarsi in due”Distribuzione corrisponde alla sede

dell’impulso algogenosi proietta anteriormente sulla linea mediana

Riflessi rigidità muscolare riflessa estensione del riflesso viscerale a visceri contigui

La proiezione del dolore in periferia segue la legge metamerica: il nervo viscerale ed il nervo somatico che condividono lo stesso metamero di ingresso, condividono grossolanamente lo stesso territorio doloroso (pag. 82).

Come già detto, nonostante le differenze fra i due tipi di dolore, non è sempre agevole distinguere un dolore somatico da un dolore viscerale per il modo con cui la sensazione algogena viene elaborata dalla corteccia cerebrale e proiettata in periferia. Tale modalità non permette una distinzione netta fra le aree interessate. Se ad esempio vi è una lesione del nervo somatico che interessa la porzione cutanea dell’area precordiale, dove è presente il dolore, può non essere sempre netta la sensazione della superficialità del dolore, e la sua bidimensionalità, per cui dovrà sempre essere sospettata la sua possibile origine viscerale (cuore, aorta ecc.). Questo è il motivo per cui, di fronte a un dolore precordiale, nel quale non è possibile riconoscere una origine somatica certa (per es. la presenza di vescicole di herpes zooster), è sempre bene eseguire un ECG per escludere una cardiopatia ischemica, soprattutto se il soggetto non è più giovane.

Vi è un’altra peculiarità da sottolineare: vi sono alcuni casi in cui un metamero veda l’ingresso di un nervo viscerale proveniente da un organo piuttosto lontano dall’area superficiale innervata dal corrispondente nervo somatico. Questa caratteristica permetterà di comprendere alcune condizioni nelle quali vi è una dissociazione fra territorio di competenza somatica e viscerale. Ad esempio il dolore cardiaco è veicolato dai nervi cardiaci, alcuni dei quali afferiscono a metameri

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toracici, ma altri a metameri cervicali (fig. pag. 65). Si comprende così come un dolore evocato da un infarto cardiaco possa essere percepito anche (o addirittura esclusivamente) a livello mandibolare per cui il soggetto è portato a pensare ad un problema odontoiatrico(fig. pag. 67). Un altro esempio è rappresentato dal dolore frenico: i nervi frenici, che innervano le due cupole diaframmatiche, entrano nei metameri cervicali C3-C (pag. 61) per cui una lesione di una delle 2 cupole diaframmatiche da una sintomatologia dolorosa che viene proiettata in alto (regione acromiale e margine anteriore del trapezio), luogo lontano dalla sede anatomica del diaframma.

CEFALEESi dividono in 2 grandi gruppi:

da causa non nota (cefalee primitive o essenziali o idiopatiche) da causa nota (cefalee secondarie)

La diagnosi di cefalea primitiva è sempre una diagnosi di esclusione da una forma secondaria.Cefalee primitive.La cefalea primitiva è molto frequente e colpisce circa il 15% della popolazione generale. Si riconoscono 3 forme1. Emicrania (frequenza elevata)2. Cefalea a grappolo (Cluster headache) (la meno frequente delle 3)3. Cefalea muscolo-tensiva (frequenza elevata)Emicrania: dolore prevalentemente diurno, accessionale, ricorrente, pulsante, della durata da alcune ore a 1-2 giorni, localizzato in un terzo dei casi ad una metà del cranio (emi-crania), più frequente nel sesso femminile, dovuta a vasodilatazione delle arterie (cefalea vasomotoria) (fig. pag.42).

Spesso è preceduta, o anche accompagnata, da un “aura”, cioè da disturbi sensoriali il più delle volte di tipo visivo (scotomi scintillanti, fosfeni, riduzione fugace del campo visivo, emianopsie), acustico (acufeni), olfattivo (disosmie, iperosmie). Si divide in: emicrania classica se preceduta da aura

emicrania comune se l’aura è assenteemicrania sine emicrania se vi è solo l’aura, non seguita da emicrania

Cefalea a grappolo (Cluster headache): il termine “grappolo” definisce uno spazio di tempo in cui si raggruppano i singoli attacchi, i quali sono caratterizzati da dolori, più frequenti nel sesso maschile, prevalentemente notturni, non pulsanti, di breve durata (30-90 m’), ad insorgenza e scomparsa generalmente improvvise, di intensità elevata, in zona retro-oculare o periorbitaria, raramente al collo o al braccio, monolaterali e sempre dallo stesso lato. La durata del grappolo oscilla da 3-6 giorni a settimane, e gli attacchi si verificano spesso alla stessa ora. A differenza dell’emicrania, coesistono spesso fenomeni vegetativi locali come arrossamento congiuntivale, lacrimazione, congestione nasale, seguita da rinorrea, fotofobia. Patogenesi: probabile vasodilatazione arteriosa.

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Cefalea muscolo-tensiva è sostenuta da tensione dei muscoli del collo e della testa, episodica o cronica, non pulsante, generalmente di intensità lieve o media (spesso non impedisce le normali attività).

Cefalee secondarieDa lesioni intracraniche

Da processi occupanti spazio (tumori cerebrali, ematomi sottodurali) (possibili segni focali e/o da ipertensione endocranica)

Da alterazioni meningee (emorragie subaracnoidee, meningiti)(presenza di rigidità nucale)

Da lesioni extracranichedell’occhio (glaucoma, uveite, cheratite)dei seni paranasali (sinusite frontale, mascellare, etmoidale (fig. pag. 49)dell’orecchio (otiti medie, mastoiditi)dei denti (fig. pag. 50)

Di tipo nevralgicoIl dolore è fra i più acuti, fugacissimo (pochi secondi), violento, fulminanteIl più tipico e frequente è la nevralgia del trigemino, che interessa quasi sempre solo la branca mascellare o la mandibolare, mentre risparmia la branca oftalmica

Da patologie di interesse internisticoDa stati infettivi (batterici o virali)Da farmaci (nitrati)Da arterite temporale di HortonDa alterazioni del rachide cervicale.

DOLORE TORACICODolore somatico: pleura parietale e mediastinica (T1-T12), pleura diaframmatica periferica (nervi spinali T8-T12) e cupola diaframmatica (n. frenici C3-C5); il dolore è superficiale, ben localizzato ed influenzato dai movimenti respiratori e dai colpi di tosse. Cause di dolore toracico somatico: nevralgie intercostali, herpes zooster, fratture, pleurodinie virali, spondiloartrosi, mediastinitiDolore viscerale: cuore, pericardio, grossi vasi, esofago; il dolore è retrosternale, profondo, mal localizzabile.Cause di dolore toracico viscerale: Infarto miocardico, angina pectoris, pericardite, lesioni aortiche (es. aneurisma), embolia polmonare (distensione arteria polmonare), lesini dell’esofago.Strutture indolori: la parte periferica dell’albero bronchiale (polmone), pleura viscerale (che ricopre il polmone)Dolore diaframmatico con componente frenica (somatico): per processi morbosi provenienti dalla periferia del diaframma (T8-T12) (fig. pag. 60) o dalla cupola diaframmatica (C3-C5) (fig. pag. 61); - versante toracico, (pleuriti, pericarditi)

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- versante addominale (per interessamento dei legamenti epatici e della capsula glissoniana del fegato da parte di periepatiti, ascessi subfrenici, neoplasie del fondo gastrico, ernia dello jatus)

- Il dolore proveniente dalla parte periferica del diaframma si localizza alla parte inferiore del torace mentre quello proveniente dalla cupola viene riferito al collo e alla spalla (fig. pag 80) perché il nervo frenico, dopo il percorso toracico, affiora a livello del collo, nella fascia sovraclavicolare, davanti allo scaleno.

- Il dolore si accentua con il respiro, con la tosse ed è accompagnato spesso da singhiozzo.

Dolore pleurico (somatico) per lesioni pleuriche primitive o secondarie a lesioni polmonari (polmoniti, infarto, tumori, pneumotorace ecc)Precordialgie: dolore localizzato sulla parte anteriore del torace sulla linea mediana, al di dietro dello sterno (fig. pag. 68).Precordialgie di origine cardiaca: angina pectoris, infarto miocardico, pericardite acutaPrecordialgie di origine non cardiaca: aorta (aneurisma), polmoni (tumori, pleurite, mediastinite), arteria polmonare (embolia polmonare), esofago (spasmo, diverticolo, tumore, ulcera), sistema osteo-neuro-muscolare del rachide (sindromi da compressione delle radici spinali da osteofitosi, mialgie ecc)Dolore cardiaco: Le fibre nervose cardiache trasmettono gli stimoli algogeni ai gangli toracici T1-T4 e cervicali C3-C8 (fig. pag. 65). Per tale motivo il dolore cardiaco può essere riferito, oltre che sulla zona precordiale (fig. pag. 68), più frequentemente retrosternale, anche al lato ulnare del braccio e avambraccio, quasi sempre sinistro (C8-T1) (fig. pag. 66), ed alla mandibola (C3) per le connessione con il trigemino, oltre alla regione posteriore del torace (fig. pag. 67). Da sottolineare la possibilità che il dolore può anche non essere recepito (infarti muti, in particolare nel diabetico).

DOLORE ADDOMINALEDolore somatico: peritoneo parietale, parte periferica del diaframma, mesentere, mesocolon, piccolo omento (fig. pag. 72) (nervi spinali T5-L1) e nervi frenici per la parte superiore del diaframma (fig. pag. 80).Dolore viscerale: stomaco, intestino, fegato, vie biliari, rene, ureteri, utero, vescica.Vie simpatiche. Dai plessi viscerali di Auerbach e Meissner (fig. pag.79) si dipartono le fibre viscerali che convogliano gli impulsi verso i plessi celiaci, ipogastrici e pelvici (pag. 74)e da questi, nei gangli celiaco, mesenterico superiore ed inferiore (fig. pag. 76). Da questi si dipartono i nervi splancnici grande, medio e piccolo) che conducono gli impulsi nei gangli toracici paravertebrali e quindi nel midollo.Vie vagali. Dallo stomaco le fibre decorrono verso l’alto nei 2 nervi vaghi anteriore e posteriore che poi divengono destro e sinistro nei gangli giugulare e nodoso (fig pag 77). Lo somaco possiede anche l’innervazione simpatica.Strutture indolori: peritoneo viscerale, grande omento, milzaConsiderazioni con rilevanti riflessi clinici:

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- Proiezione mediana o laterale del dolore viscerale. Gli organi addominali (stomaco duodeno, tenue, colon, appendice, colecisti e vie biliari, pancreas) hanno una innervazione bilaterale. Rene ed ureteri viceversa sono innervati separatamente. Per tali motivi il dolore viscerale dei primi si proietta sulla linea mediana, mentre per il dolore del rene ed ureteri viene rispettata la monolateralità. Quando il dolore viscerale è puro e l’innervazione dell’organo è bilaterale è possibile schematizzare grossolanamente tre zone mediane (fig. pag. 84) nelle quali ipotizzare l’organo di provenienza: per la zona A: stomaco, duodeno, colecisti, pancreas; per la zona B: pancreas, tenue, valvola ileo-cecale, appendice; per la zona C: colon ascendente, trasverso e discendente, sigma, retto, vescica, utero, ovaio. Ciò indica che per uno stesso dolore esistono necessariamente numerose ipotesi patogenetiche, che danno ragione del vecchio aforisma “l’addome è la tomba del medico”.

- Sommazione del dolore viscerale e somatico . Se l’organo addominale coinvolge nel processo patologico anche il peritoneo, (mesentere, mesocolon, piccolo omento) che ha una innervazione somatica, (fig. pag. 60) il dolore acquista anche le caratteristiche del dolore somatico: Esso diviene più localizzabile, trafittivo, puntorio, compare la contrattura muscolare riflessa (riflesso viscero-motore di “difesa” addominale), che prende il nome di “peritonismo”. Quando il fenomeno si estende a tutto l’addome con compromissione del peritoneo parietale, si configura il cosiddetto addome “a tavola”.

- Proiezione del dolore somatico in sede diversa . Il caso più frequente è rappresentato dalla posizione della parte distale dell’appendice in zone distanti dalla sede di origine: la necrosi dell’apice di un’appendice posizionata in alto, che contrae rapporti di contiguità con il fegato o con lo stomaco, e che coinvolge anche il peritoneo, evoca dolori in sede epatica, lontani dalla origine anatomica dell’organo.

- Dolore modesto in situazioni cliniche rilevanti . La mancata innervazione del grande omento può creare una dissociazione fra intensità del dolore e importanza del quadro patologico. Un’appendice coperta dal grande omento può giungere alla perforazione nonostante una scarsa sintomatologia dolorosa.

- Dolore addominale in affezioni toraciche: numerose affezioni della pleura e del miocardio possono dare dolori a prevalente proiezione addominale

Dolore diaframmatico con componente frenica. (vedi stesso argomento del dolore toracico) Dolore esofageo. si avverte spesso sotto forma di bruciore (pirosi) per il frequente rigurgito acido gastrico attraverso il cardias e si localizza nella parte mediana corrispondente grossolanamente a T4-T5 per lesioni del 3° superiore, T6 per il 3° medio e T7-T8 per il 3° inferiore (figg. pag. 82 e 88). I processi morbosi più frequenti sono lo spasmo esofageo, lo spasmo cardiale, l’ernia dello jatus, l’esofagite e i tumori. Si accompagna di frequente a deglutizione dolorosa (odinofagia) Dolore gastrico: è variabile a seconda del processo morboso (spasmo, ulcera, tumore, gastrite erosiva, stenosi del piloro). Le fibre entrano nei metameri da T6 a T10 (fig. pag. 82).

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- Il dolore da spasmo è a crisi (da contrattura muscolare liscia) e la durata è molto variabile.

- Il dolore da ulcera è più frequente al cambio delle stagioni (primavera ed autunno), della durata di 15-30 giorni, prevalentemente diurno, e in rapporto ai pasti (compare dopo 2-4 ore dal pasto e recede con l’assunzione di cibo per cui è stato definito come dolore “da fame”). In caso di perforazione insorgono i sintomi del peritonismo.

Dolore pancreatico: I processi morbosi più frequenti sono le pancreatiti acute in tutte le varietà, che danno un dolore particolarmente intenso, continuo, insopportabile (dramma pancreatico), spesso accompagnato a shock. Le fibre entrano nei metameri da T5 a T11. Il dolore è localizzato in regione epigastrica e periombelicale ed è tipicamente irradiato a sbarra posteriormente (fig. pag. 98). Può esservi compartecipazione diaframmatica. Dolore epatico: E’ spesso di tipo gravativo (senso di peso), diffuso a tutta l’area epatica sia anteriormente che posteriormente e può comparire anche dopo una corsa, soprattutto in soggetti non allenati. E’ un dolore somatico che fa capo:- al nervo frenico destro per la porzione centrale della capsula di Glisson, con la

tipica irradiazione (dolore frenico)- ai nervi intercostali T6-T9 per la porzione periferica (fig. pag. 82). I processi morbosi più frequenti sono: - fegato da stasi nello scompenso cardiaco destro- epatite acuta nella sua fase iniziale- periepatiteDolore della colecisti e delle vie biliari: E’ a tipo di colica con intervalli in cui è presente un senso di tensione. Mentre l’innervazione viscerale (n. splancnico) è bilaterale, quella somatica, che interessa il peritoneo che ricopre le vie biliari, ed i legamenti epato-duodenali, è solo destra. Ciò fa comprendere come la localizzazione del dolore a destra è chiara solo quando il processo morboso si propaga alla componente somatica del dolore (sierosa peritoneale)I processi morbosi più frequenti sono:- spasmi o distensione acuta da ostruzione del deflusso- colecistite acuta da litiasi- calcolosi ostruente i dotti /cistico, coledoco)Dolenzie possono essere provocate anche a seguito di processi patologici non gravi: una colelitiasi, (asintomatica per tutta la vita nella metà dei casi), un polipo o la semplice bile spessa, possono produrre irritazione della mucosa ed essere responsabili di spasmi riflessi.Un particolare segno, caratteristico di processi acuti è il segno di Murphy: nel corso di un atto respiratorio profondo l’evocazione di dolore produce un blocco dell’escursione respiratoria.Dolore splenico: deriva dalla partecipazione al processo morboso del peritoneo parietale o del peduncolo vascolare della milza, in quanto sia l’organo splenico, sia il peritoneo viscerale che lo avvolge, sia il grande omento non sono dotati di recettori algogeni.

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Il peritoneo parietale contiguo alla milza viene innervato da radici T9-T11 (fig. pag. 82), per cui il dolore è localizzato nell’ipocondrio sinistro e, in caso di compartecipazione della cupola diaframmatica sinistra, anche di tipo frenico.I processi morbosi più frequenti sono:- infarto splenico- perisplenite- rottura della milza- congestione splenicaDolore renale: è un tipico dolore viscerale, senza componente somatica, molto intenso, di tipo continuo, localizzato nella regione lombare, non irradiato. I metameri di ingresso corrispondono a T10-T12.I processi morbosi più frequenti sono:- ascesso renale e/o perirenale- infarto renale- rottura del rene- litiasi renale (è descritto nel dolore pielo-ureterale)Dolore pielo-ureterale: sempre monolaterale, molto intenso, a tipo colica, con periodi anche molto lunghi, tali da simulare un dolore continuo. E’ irradiato al fianco corrispondente e poi anteriormente ed in basso fino al testicolo (pelvi renale, calici ed ureteri condividono l’innervazione metamerica con il testicolo, avendo quest’ultimo subito durante lo sviluppo la migrazione verso il basso). I metameri di ingresso sono da T10 a L1. (fig. pag. 82 e pag. 114).I processi morbosi più frequenti sono:- litiasi pielo-ureterale- pielitiConcomitano spesso febbre di tipo settico, nausea, vomito, ematuria.

SINDROMI DOLOROSE RADICOLARISono caratterizzate da dolore che si proietta prevalentemente agli arti superiori

ed inferiori, sulla superficie innervata dal nervo corrispondente al metamero sede del processo morboso.

Vengono trattate le proiezioni dolorose delle più tipiche sindromi dolorose radicolari, che, a causa della peculiare proiezione del dolore, offrono al medico la possibilità di un facile orientamento sul metamero interessato, sul quale focalizzare le indagini.

La particolare mobilità del tratto cervicale e lombare del rachide spiegano perché la maggioranza delle sindromi dolorose radicolari si presentano in queste sedi del rachide.

Il processo morboso che coinvolge la radice del nervo (da cui i termini di sindromi radicolari o radicolalgie) comprimendo il punto di emergenza dal rachide può essere di vari tipi, fra cui i più comuni sono- processi osteofitici (di apposizione ossea) - la protrusione del nucleo polposo del disco intervertebrale (ernia del disco)

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- lo scivolamento di una vertebra su quella sottostante con riduzione del foro intervertebrale (fig. pag. 116).

Oltre al dolore, che è di tipo somatico, ben localizzabile e piuttosto intenso, la sindrome nervosa compressiva produce: intorpidimento, formicolio, ipotonia dei muscoli corrispondenti e diminuzione o abolizione dei riflessi dei muscoli corrispondenti.Sindrome della sesta radice cervicale (fig. pag. 117)Sindrome della settima radice cervicale (fig. pag. 118)Sindrome della ottava radice cervicale (fig. pag. 119)Sindrome dello scaleno anteriore (ottava cervicale - prima toracica (fig. pag. 120)Sindrome della quarta radice lombare (fig. pag. 121)Sindrome della quinta radice lombare (fig. pag. 122)Sindrome della prima radice sacrale (fig. pag. 123)Sindrome della seconda radice sacrale (fig. pag. 124)

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ANORESSIA – NAUSEA – VOMITO – RIGURGITO

ANORESSIA – NAUSEA – VOMITO Anoressia: mancanza di desiderio di assumere ciboNausea: sensazione di disgusto per i cibiVomito: emissione forzata di cibo dalla bocca, accompagnato a contrazioni addominali e diaframmatiche, spesso preceduto da nausea. Nel conato di vomito manca l’emissione di cibo, per mancato rilasciamento del cardias.

Sintomatologia frequentissima, ascrivibile alle più varie cause, che impegna il medico nella ricerca di associazioni con altri sintomi e segni per formulare una diagnosi corretta. Cause: · viscerali

· tossiche· centrali· otovestibolari

Cause viscerali: - tutte le flogosi acute dell’apparato digerente, fegato, pancreas e peritoneo.- ostruzione intestinale- scompenso cardiaco con fegato da stasi- gravidanzaCause tossiche:- malattie febbrili- insufficienza epatica, renale, surrenalica, chetoacidosi diabeticaCause centrali:- aumento della pressione intracranica - eventi emotivi acuti (paura, dolore ecc)In caso di aumento della pressione intracranica (emorragie cerebrali, tumori, contusioni ecc.) il vomito può non essere preceduto da nausea ed è improvviso, “a getto”. Cause otovestibolari Mal di mare, mal d’auto (cinetopatie)

Tipi di vomito: acquoso o mucoso (succo gastrico), alimentare, biliare, emorragico (= ematemesi), fecaloide (da occlusione intestinale)

RIGURGITO: emissione di materiale alimentare non digerito, prodotto da una violenta contrazione antiperistaltica della parete gastrica, senza le tipiche contrazioni addominali e diaframmatiche che accompagnano il vomito. Se il materiale è acido viene detto rigurgito acido. Cause di rigurgito sono:· ernia dello jatus esofageo· stenosi cicatriziali dell’esofago· diverticoli esofagei

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A volte il reflusso gastro-esofageo (da disfunzione dello sfintere esofageo inferiore, che produce frequentemente una esofagite da reflusso, responsabile di un dolore urente epigastrico e/o retrosternale, detto pirosi), può dare rigurgito.

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ARITMIE

Rappresentano un disordine del normale ritmo cardiaco e possono essere diagnosticate con la palpazione dei polsi, con l’ascoltazione del cuore o con le due metodiche utilizzate contemporaneamente. Solo raramente vi può essere la cosiddetta “dissociazione polso-cuore”, condizione in cui all’ascoltazione di un battito non segue la percezione dell’onda sfigmica al polso a causa dell’inefficienza contrattile del ventricolo sinistro.

Le più importanti aritmie sono le seguenti:aritmia sinusale fasica;extrasistoli (o battiti ectopici prematuri) atriali, nodali e ventricolari;tachicardie parossistiche sopraventricolari o ventricolari;fibrillazione e flutter atriali e ventricolari;blocchi atrio-ventricolari.

Non sono invece da considerarsi a rigore disturbi del ritmo le alterazioni della frequenza del ritmo cardiaco (tachicardie e bradicardie sinusali).

Tachicardia sinusale: aumento della frequenza del pace-maker del nodo seno-atriale al di sopra dei 100 battiti/min. (fig. pag. 173). Le cause più frequenti sono: lo sforzo fisico, la febbre, l’ipertiroidismo, l’ansia, lo scompenso cardiaco.

Bradicardia sinusale: (fig. pag. 173) diminuzione della frequenza al di sotto dei 60 battiti/min. Le cause più frequenti sono l’allenamento o le manovre di stimolazione vagale (massaggio del seno carotideo, compressione dei bulbi oculari, manovra di valsalva o torchio addominale eseguibile mediante espirazione forzata a glottide chiusa).

Aritmia sinusale fasica: è fisiologica ed è caratterizzata dall’influenza del tono simpatico e vagale che è ritmato dalle fasi del respiro; si ha un aumento della frequenza cardiaca durante l’ispirazione per la prevalenza del simpatico ed una sua diminuzione durante la espirazione, per la prevalenza del vago (fig. pag. 173). E’ particolarmente accentuata nella giovane età e si attenua con il progredire degli anni. Viene abolita in caso di alterazioni del sistema nervoso vegetativo, come avviene, ad esempio, nei soggetti diabetici da molti anni e con scarso controllo metabolico (neuropatie vegetativa)

Extrasistoli o battiti ectopici prematuri atriali e nodali. Quando sono isolati sono facilmente rilevabili al polso perché risulta netta la sensazione di rottura del ritmo. La diagnosi corretta è possibile all’ECG dove si rileva una normalità del QRS ed una onda P diversa da quella sinusale (fig. pag. 173). La pausa che segue non è compensatoria perché il pace-maker sinusale viene “scaricato” dal battito ectopico ed il ritmo riprende normalmente. (fig. sottostante).

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La sintomatologia è assente o si può avvertire “il salto di un battito”. Dal punto di vista clinico, queste forme sono spesso benigne e non espressione di processi patologici.

Extrasistoli o battiti ectopici prematuri ventricolari. Come per gli atriali e nodali, è molto facile il loro riconoscimento al polso. L’ECG mostra: un tipico allargamento del QRS, una scomparsa dell’onda P (perché l’attivazione inizia dal ventricolo e la sua eventuale presenza segue il QRS (fig. pag. 174)) e la pausa è compensatoria, perché il pace-maker sinusale non viene influenzato. In questo caso la pausa è più lunga del caso precedente perché, nonostante il pace-maker atriale dia l’impulso elettrico, questo non è seguito dalla contrazione meccanica, perché trova il miocardio sia atriale che ventricolare in periodo refrattario (fig. sottostante).

Di frequente riscontro nei cardiopatici cronici è il “bigeminismo extrasistolico” caratterizzato da un alternarsi di un battito normale ed uno prematuro. (fig. pag. 174). Al contrario delle forme atriali e nodali, essi sono spesso espressioni di processi patologici di diversa entità. Una particolarità clinicamente molto importante è rappresentata dal fenomeno “R su T”. Esso è in relazione al momento di insorgenza dell’impulso ectopico nei confronti della fase di ripolarizzazione cardiaca (Fig. sottostante).

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Questa presenta dei momenti refrattari e dei momenti di grande vulnerabilità. La caduta dell’impulso nella fase di vulnerabilità può innescare una fibrillazione ventricolare, che può anche esitare in morte improvvisa. (fig 5 a pag 165).

Tachicardia parossistica sopraventricolare. E’ molto comune e fastidiosa, ma non è quasi mai espressione di cardiopatie importanti. Insorge e recede improvvisamente e questo elemento permette una diagnosi di sospetto. La sintomatologia è caratterizzata da una sensazione di tachicardia, senso di stanchezza e, raramente, senso di mancamento. Spesso, per la sua brevità, non permette altro che una diagnosi di sospetto perché spesso sfugge alla rilevazione ECGrafica, (fig. pag. 174) non sempre disponibile all’atto dell’insorgenza. La diagnosi è spesso possibile mediante monitoraggio dinamico Holter, che a volte può rilevare sequenze talmente brevi (successione di poche sistoli di tachicardia parossistica) da non essere neanche sintomatiche. La frequenza cardiaca è variabile e se inferiore a 130/min deve essere posta la diagnosi differenziale nei confronti di una tachicardia sinusale. Ciò è possibile mediante le manovre vagali (vedi bradicardia sinusale), in quanto la risposta alle manovre segue la legge del tutto o nulla, mentre la tachicardia sinusale presenta una risposta graduale. La terapia delle forme che non recedono alle manovre vagali è farmacologica o chirurgica (ablazione trans-catetere con energia a radiofrequenza).

Tachicardia parossistica ventricolare. Al contrario della precedente, è espressioni di grave sofferenza cardiaca e può essere seguite da flutter e fibrillazione ventricolare e dare, quindi, morte improvvisa. Un paziente in tachicardia ventricolare è considerato in grave pericolo, le contrazioni ventricolari hanno una frequenza compresa fra 100 e 180 battiti/min e presentano all’ECG una morfologia diversa dal normale QRS (fig. pag 174).

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Flutter atriale. E’ caratterizzato da una frequenza elevata di contrazioni atriali (frequenza fra 200 e 370/min). Non tutti gli impulsi elettrici atriali sono condotti ai ventricoli: la conduzione può essere fissa o variabile (2:1, 3:1, 4:1 a seconda che vi sia rispettivamente una contrazione ventricolare ogni 2,3 o 4 contrazioni atriali). Se è fissa (ad esempio sempre 2:1 o sempre 3:1), allora al polso o all’ascoltazione cardiaca non si noterà alcuna aritmia. Se, al contrario, la conduzione è continuamente variabile, si percepirà un’aritmia. All’ECG l’attività atriale si evidenzia con i caratteristici “denti di sega” (fig. pag. 173). Le manovre vagali possono agire sulla conduzione atrio-ventricolare e trasformare una conduzione 2:1 in una 3:1 o più. La terapia del flutter atriale è di tipo farmacologico o elettrico (cardioversione o ablazione transcatetere).

Fibrillazione atriale. E’ un’aritmia molto frequente (0,4% della popolazione generale, il 3% della popolazione con età>60 anni) ed è caratterizzata da una rapidissima successione di contrazioni atriali (onde fig. pag. 173), superiore a quella del flutter atriale. In pratica l’atrio, sottoposto ad un fine tremolio, non svolge più alcuna funzione emodinamica e diviene ricettacolo di coaguli (che possono essere diagnosticati con l’ecografia trans-esofagea). I problemi clinici che insorgono nei pazienti che sviluppano una fibrillazione atriale cronica sono principalmente correlati all’aumento degli eventi trombo-embolici nei distretti arteriosi, in particolare cerebrali, con esito in trombosi cerebrale (ictus cerebri). I riflessi emodinamici della fibrillazione atriale sulla funzione sistolica del ventricolo sinistro sono modesti o inesistenti.

Per i suddetti motivi alla diagnosi sospetta di fibrillazione atriale, confermata con ECG segue ogni tentativo di ripristinare il ritmo sinusale, che sono tanto più efficaci, quanto più precoce è la diagnosi. Questo è il motivo per cui oggi si tende a fare ogni possibile tentativo per porre una diagnosi precoce. La sintomatologia è muta. La diagnosi è quasi sempre fatta in occasione di una visita medica a seguito della rilevazione di un’aritmia, al polso o all’ascoltazione cardiaca. L’aritmia è completa, tanto che è stato anticamente coniato il termine di “anarchia cordis”. Tale aritmia è dovuta al passaggio di solo alcuni dei numerosissimi impulsi atriali, ed in modo totalmente imprevedibile e caotico. Dal momento che non vi è nessun’altra aritmia così caratteristica, la diagnosi è agevole, purchè si esegua con accuratezza l’esame del polso e l’ascoltazione cardiaca. La terapia si avvale di cardioversione farmacologica e di terapia anti-coagulante.

Flutter ventricolare e fibrillazione ventricolare. Sono aritmie molto gravi che spesso esitano nel decesso. Mentre nel flutter l’attività ventricolare è regolare sia come frequenza che come morfologia delle onde (fig. pag. 175), la fibrillazione ventricolare è caratterizzata da una attività ventricolare caotica con onde assolutamente irregolari (fig. pag. 175). Inoltre, dal punto di vista emodinamico, la fibrillazione ventricolare è assolutamente inefficace (come avviene per l’atrio durante la fibrillazione atriale), per cui ha lo stesso effetto dell’arresto cardiaco. La presenza di fibrillazione ventricolare è possibile solo se, durante il suo innesco, si sta

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eseguendo un tracciato ECGrafico. Infatti, dal punto di vista clinico, non è possibile distinguere un arresto cardiaco da una fibrillazione ventricolare, essendo entrambe caratterizzate da assenza di polso e di toni cardiaci all’ascoltazione.

Blocchi Atrio-ventricolari (BAV). La diagnosi è possibile solo ECGraficamente, anche se, in alcuni di essi, può essere fortemente sospettata per le aritmie che inducono.

Blocco AV di I° grado. La diagnosi è possibile solo mediante ECG che mette in evidenza il ritardo della conduzione dall’atrio al ventricolo. Il tratto PQ (o PR se non esiste la Q), che esprime detto tempo di conduzione, è aumentato e supera i 20 centesimi di secondo. Nel tracciato a velocità standard ogni quadratino è pari a 4 centesimi di secondo, per cui la diagnosi viene posta quando tra l’inizio della P e quello del QRS vi è una distanza superiore a 5 quadratini (fig. pag. 176).

Blocco AV di II° grado. Si distinguono due tipi: 1) Nel tipo I di Mobitz con periodismo di Luciani-Wenckebach, si assiste ad un

progressivo allungamento del PQ (o PR) finché una P non è più seguita dal QRS, dopo di che il ciclo riprende (fig. pag. 176). L’osservazione del polso o l’ascoltazione del cuore mette in evidenza che, dopo un certo numero di sistoli ritmiche, vi è il salto di una sistole.

2) Nel tipo II di Mobitz si assiste, rimanendo il PQ normale, ad un blocco della conduzione atrio-ventricolare che, se avviene ogni 2 sistoli regolari, sarà 2:1, se ogni 3, 3:1 e così via (fig. pag. 176). Anche in questo caso l’osservazione del polso o l’ascoltazione del cuore mette in evidenza che, dopo un certo numero di sistoli ritmiche, vi è il salto di una sistole.

Blocco AV di III° grado o blocco completo. Il sospetto diagnostico deriva dalla rilevazione di una bradicardia, dovuta al ritmo idioventricolare, emergente dal ventricolo che si sostituisce al pace-maker sinusale, essendo completamente bloccata la via di conduzione atrio-ventricolare. La localizzazione ventricolare del nuovo pace-maker può essere alta (hissiana) o bassa. Nel primo caso la bradicardia sarà modesta (di circa 50/min), ed il soggetto sarà asintomatico mentre nel secondo caso sarà più marcata (di circa 30/min) e possono insorgere sensazioni di mancamento, fino alla sincope. L’ECG metterà in evidenza la completa dissociazione fra le onde P e i complessi QRS. Le prime avranno una frequenza normale, mentre i secondi mostreranno una bradicardia. Si documenterà la perdita completa dei rapporti temporali fra onde P e QRS (fig. pag. 176)

L’insorgenza di un blocco di III° grado può avvenire in modo asintomatico se il nuovo pace-maker ventricolare è rapido nella sua funzione vicariante; se al contrario vi è un minimo ritardo si può avere da una sensazione di mancamento fino alla sincope, o, in casi rari, la morte improvvisa. Questi episodi prendono il nome di “Sindrome di Morgagni-Adams-Stokes” o più semplicemente “sindrome di MAS”. La perdita di coscienza avviene dopo 7-17 secondi dall’inizio

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dell’asistolia e, se l’asistolia permane, dopo 20-45 secondi compaiono le convulsioni (che si distinguono da quelle epilettiche, generalmente precedute da aura).Ogni sindrome lipotimica o sincopale, insorgente improvvisamente in persone anziane in pieno benessere, deve sempre far sospettare una possibile sindrome di MAS e mettere in pratica gli accorgimenti del caso (ECG, Holter).

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COMA

Stato di sopore profondo con perdita della coscienza, parziale (stato semicomatoso) o totale (stato comatoso), della motilità volontaria e della sensibilità. Permangono le funzioni vegetative in modo più o meno completo.

Dal momento che è sempre molto difficile orientarsi, soprattutto se non vi sono notizie anamnestiche, è di notevole importanza clinica utilizzare una classificazione che permette un primo rapido orientamento:1) coma con rigidità nucale2) coma con segni neurologici focali3) coma senza rigidità nucale e senza segni neurologici focali

Coma con rigidità nucale. Questo segno indica una irritazione meningea e le cause più frequenti sono l’emorragia subaracnoidea (causa vascolare), e la meningite o meningo-encefalite (causa infettiva).

Coma con segni neurologici focali: la presenza di essi (vedi semeiotica del sistema nervoso) fa orientare verso una eziologia cerebrale di tipo vascolare (trombosi, emorragia, embolia) o verso altre cause (traumi, tumore, ascesso ecc.).

Coma senza rigidità nucale e senza segni neurologici focali. Sono diversi a seconda della eziologia e si distinguono in metabolici (uremico, epatico, diabetico, ipoglicemico, da insufficienza surenale e mixedematoso) e tossici (ipercapnico, da alcool, da oppio e derivati (morfina ecc.), da barbiturici, da ossido di carbonio.

Comi metabolici.Coma uremico. Rappresenta la fase terminale cui vanno incontro tutti i soggetti affetti da insufficienza renale che colpisca entrambe i reni e che non possono essere trattati con emodialisi o dialisi peritoneale. La diagnosi clinica si basa sulla presenza del tipico alito urinoso e la conferma di laboratorio sull’aumento dell’azotemia e della creatininemia. La conoscenza anamnestica di nefropatie è della massima importanza. L’ ipertensione arteriosa è frequente in numerose nefropatie.

Coma epatico. Rappresenta la fase terminale cui vanno incontro tutti i soggetti affetti da insufficienza epatica. La diagnosi clinica si basa sul caratteristico “foetor hepaticus” e eventuale presenza di segni di epatopatia (ittero o subittero, ascite, circoli collaterali ecc.), e dalla conferma di laboratorio con il dosaggio dell’ammoniemia. La conoscenza anamnestica di epatopatie è della massima importanza.

Coma diabetico. E’ necessario distinguere:un tipo più frequente, caratterizzato dalla presenza di chetoacidosi (coma diabetico chetoacidosico) nel quale la diagnosi clinica si basa sul caratteristico alito acetonico e

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la conferma di laboratorio evidenzia una iperglicemia compresa fra 200 e 500 mg/dl, e l’esame delle urine la presenza di acetone e di glucosio;ed un tipo molto raro (coma diabetico iperosmolare) nel quale è assente la chetoacidosi, ma la glicemia è molto elevata (può arrivare fino a 2.000 mg/dl) e rappresenta la causa dell’iperosmolarità, Le urine contengono soltanto glicosuria ma non chetonuria.La conoscenza anamnestica della presenza di diabete mellito è della massima importanza.

Coma ipoglicemico. Nella grande maggioranza dei casi colpisce soggetti diabetici sia in trattamento con ipoglicemizzanti orali che con insulina. Il motivo è legato alla non adeguata capacità del soggetto a gestire l’alimentazione (contenuto di glicidi, orari dei pasti ecc.) con l’assunzione del farmaco. La diagnosi clinica si basa sulla sudorazione profusa e la conferma di laboratorio su valori di glicemia inferiori a 50 mg/dl.

Coma da insufficienza surrenale. E’ molto raro e può avvenire in soggetti affetti da morbo di Addison non diagnosticato.

Coma mixedematoso. E’ molto raro e può avvenire in soggetti affetti da ipotiroidismo primitivo non diagnosticato.

Comi tossici.Coma ipercapnico. La diagnosi si basa sulla presenza di cianosi, particolarmente visibile al volto e sul letto ungueale. La conferma di laboratorio si effettua sulla emo-gas-analisi (EGA) che documenta una acidosi respiratoria. La conoscenza anamnestica della presenza di malattie polmonari croniche è della massima importanza.

Coma etilico. La diagnosi si basa sul tipico odore di alcool nell’alito e sulla conferma nel dosaggio del medesimo nel sangue o nell’aria espirata.

Coma da oppio e derivati. Il sospetto deriva dalla presenza di stigmate di tossico-dipendenza; la diagnosi di laboratorio sul dosaggio della morfinuria.

Coma da barbiturici e psicofarmaci. La diagnosi è difficile se non si possiedono notizie anamnestiche ed il laboratorio può confermare la presenza di psicofarmaci.

Coma da ossido di carbonio. La diagnosi si basa sull’aspetto rosso congesto del viso e sull’anamnesi di permanenza in ambienti saturi di ossido di carbonio (riscaldamento con bracieri o stufe con cattivo tiraggio, scarico di gas in abitacoli di veicoli a scopo suicida ecc).

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Classificazione in stadi. E’ utile per diagnosticare il grado di compromissione della coscienza. Si divide in 4 stadi:Stadio I (precoma): il paziente presenta ancora una reattività a stimoli di una certa intensità. Può riscontrarsi un accenno a movimenti del capo e/o degli arti a seguito di stimoli acustici (per es. quando lo si chiama per nome) o dolorosi (gesti di difesa, retrazione). Generalmente il paziente non riconosce persone o oggetti, non risponde a domande, non esegue ordini elementari. Già in questo stadio vi è la perdita del controllo degli sfinteri, per cui è necessaria l’applicazione di catetere vescicale non solo per evitare il globo vescicale da anuria ma anche per avere il controllo della diuresi, parametro di fondamentale importanza per la gestione clinica dello stato comatoso. Il riflesso della deglutizione è ancora presente. Il tono muscolare è ancora conservato.Stadio II (coma propriamente detto). In questo stadio è perduta la reattività agli stimoli presente nello stadio precedente, ma sono ancora conservati i riflessi pupillare e corneale ed il respiro può ancora essere regolare o già presentare delle modificazioni. Il tono muscolare è diminuito.Stadio III (coma profondo). I riflessi pupillare e corneale sono assenti ed il tono muscolare è abolito, talvolta interrotto da ipertonia da decerebrazione; i riflessi osteo-tendinei sono aboliti e può comparire il segno di Babinski. Le funzioni vegetative sono alterate: il respiro presenta irregolarità e la temperatura può modificarsi (ipertermia o ipotermia).Stadio IV (coma “depassé”). Le funzioni vegetative sono assenti e la vita è possibile grazie alle moderne tecniche di respirazione assistita.

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DISFAGIA

La disfagia è caratterizzata da una difficoltà alla deglutizionePuò essere dovuta a Ostacolo meccanico con occlusione che può essere presente - all’interno dell’esofago (corpo estraneo, tumore, stenosi congenita o cicatriziale) - da compressione “ab estrinseco”, cioè da tumefazioni che comprimano l’esofago

dall’esterno, ostacolando la normale progressione del bolo alimentare (aneurisma dell’aorta, voluminose masse linfoghiandolari ecc.)

Cause nervose senza occlusione- da spasmo del cardias- di natura isterica (“bolo isterico”)

DISORDINI DELLA MOTILITA’ INTESTINALE (Stipsi e diarrea)Stipsi: defecazione poco frequente con espulsione di feci di consistenza aumentata, dovuta a rallentamento del transito intestinale. Nella massima parte dei casi la stipsi è da imputare a mancata educazione alla regolarità della defecazione ed è particolarmente legata a stati ansiosi. Un’altra importante causa è la carenza di fibre alimentari nei soggetti che non utilizzano frutta e verdura nell’alimentazione quotidiana. E’ inoltre presente nei soggetti con particolare torpidità della peristalsi intestinale ed infine può essere dovuta ad alcuni farmaci. Fra le malattie in cui è particolarmente presente vi è l’ipotiroidismo, oltre a malattie che colpiscono l’intestino (megacolon ecc)Diarrea: defecazione molto frequente con espulsione di feci non formate. Quando la peristalsi è molto vivace il fenomeno è intenso sia come frequenza di scariche, sia come consistenza delle feci che possono assumere il carattere acquoso ed in questi casi vi è frequentemente dolore colico. La diarrea può assumere caratteri di urgenza, soprattutto nei bambini, per la disidratazione che può produrre in breve tempo. Si distingue - una forma acuta in relazione a processi patologici acuti (di tipo infettivo, tossico,

emotivo)- una forma cronica da cause diverse (in malattie intestinali di tipo infettivo e non

infettivo, come la colite ulcerosa, nell’ipertiroidismo, in forme psichiche nelle quali si realizza il cosiddetto “colon irritabile”)

DISPEPSIADefinizione piuttosto complessa perché formata da un insieme di sintomi:

senso di “peso” o di “vuoto” in regione epigastrica (che può essere anche dolenzia), con anoressia, nausea, flatulenza e disordini intestinali.

La dispepsia è comune a numerose patologie non solo dello stomaco-duodeno (che sono le più frequenti), ma anche del fegato, pancreas e intestino.

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DISPNEA

E’ caratterizzata da senso di respirazione difficoltosa. Un intenso esercizio fisico eseguito da un soggetto sano porta ad un aumento della frequenza delle escursioni respiratorie (18-20 al min. in condizioni di tranquillità), ma se non vi è la senzasione sgradevole di difficoltà, viene definita polipnea o iperpnea. E’ quindi la sensazione di difficoltà (che può essere percepita anche da un soggetto sano a seguito di esercizio particolarmente intenso) che fa porre diagnosi di dispnea.

Può essere dovuta a cause cardiache, polmonari, metaboliche, psicogene.Dispnea cardiaca. E’ dovuta: a insufficienza ventricolare sinistra, con vari gradi:- ortopnea: dispnea che compare solo in posizione supina (uno dei primi segni dello

scompenso cardiaco è la necessità di dormire con più di un cuscino),- Dispnea da sforzo, per sforzi progressivamente minori,- Dispnea parossistica notturna, che ha la caratteristica di comparire di notte

all’improvviso, - Edema polmonare acuto, dramma respiratorio acuto ed improvviso, dovuto a

scompenso ventricolare sinistro, gravato da mortalità. Si ha una trasudazione di liquido dai capillari polmonari nel lume bronchiale, inondazione delle vie aeree e espettorazione di liquido schiumoso, a volte roseo o striato di sangue.

a insufficienza ventricolare destra a seguito quasi sempre di cardiopatia polmonare cronica scompensata, molto più raramente a cardiopatia valvolare tricuspidalizzata.Dispnea polmonare; dovuta:- a patologie ostruttive (soprattutto asma bronchiale) - a patologie restrittive (che riducono la superficie del parenchima polmonare

funzionante come una cifoscoliosi (che riduce la volumetria della gabbia toracica e la dinamica respiratoria), una resezione polmonare o una fibrosi polmonare (residuo cicatriziale di forme infiammatorie, per es. tubercolari),

- a patologie interstiziali (fibrosi polmonare idiopatica, carcinomatosi, sarcoidosi ecc)

- a patologie che alterano il rapporto ventilazione/perfusione come avviene nell’infarto polmonare.

Dispnea dismetabolica; dovuta a cause diverse quali anemia (per riduzione del pigmento ematico), o all’acidosi metabolica come nella chetoacidosi diabetica, dove la iperventilazione è compensatoria per eliminare la CO2 e ristabilire un pH fisiologico.Dispnea psicogena. Reazioni ansiose. Vi è alcalosi respiratoria.

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FEBBRE

Detta anche iperpiressia o ipertermia, rappresenta un segno di grande importanza clinica che indica una reazione dell’organismo ad una noxa patogena. Si considera 37 gradi il limite al di sopra del quale è giustificato porre diagnosi di febbre.

Dal punto di vista clinico, quando si deve inquadrare una febbre, si utilizza il criterio epidemiologico della frequenza e, se non si trovano cause contingenti (per es. un colpo di calore in estate), si considerano i seguenti raggruppamenti:

· febbre dovuta ad una causa infettiva (batteri, virus);· febbre dovuta ad un processo disreattivo (reazioni allergico-iperergiche,

malattie del collageno ecc);· febbre dovuta ad un processo neoplastico.

L’osservazione dell’andamento febbrile è molto importante non solo quando questo è spontaneo, ma anche e soprattutto quando si opera con misure terapeutiche che possono influenzare il processo morboso. Dal momento che la febbre, essendo espressione di numerosissime condizioni patologiche, presenta spesso difficili inquadramenti eziologici, l’attenta osservazione del suo andamento in relazione ad altri segni e sintomi, o in relazione a provvedimenti terapeutici, diviene della massima importanza.

In base alla curva termica nel tempo, è possibile definire alcuni andamenti, che permettono un orientamento clinico di tipo generale.

Febbre continua: nell’arco delle 24 ore la temperatura si mantiene costantemente elevata e le oscillazioni non superano un grado. Si suole indicare la polmonite o il secondo settenario del tifo come paradigmi di questo tipo di febbre, ma esso è presente in numerosissime situazioni cliniche.

Febbre remittente: le oscillazioni nelle 24 ore superano il grado, ma la temperatura non dovrebbe scendere al di sotto di 37°C (come nel 3° settenario del tifo non sottoposto a terapia). Questo criterio in pratica non è sempre seguito e si parla di febbre remittente anche quando si registrano nello stesso giorno periodi di apiressia.

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Febbre remittente

Febbre intermittente: accessi febbrili separati da giorni di completa apiressia come avviene classicamente nella malaria, in occasione del ciclo vitale del parassita. Se la febbre si manifesta a giorni alterni, prende il nome di terzana (perché ritorna il terzo giorno), se invece vi sono due giorni di apiressia, viene chiamata quartana (perché ritorna il quarto giorno).

Febbre ondulante: l’andamento osservato nel corso di alcuni giorni è di tipo ondulatorio ed è presente nella brucellosi non trattata o nel linfogranuloma maligno.

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Febbricola: la febbre non supera di solito i 37,5 °C ed è frequentemente caratterizzata da lunghi periodi, come avviene per es. in alcune forme di tubercolosi, o anche nell’ipertiroidismo.

Febbre di tipo settico: è caratterizzata da improvviso senso di freddo intenso con brivido, cui segue febbre elevata che dura alcune ore, seguita poi da defervescenza con profusa sudorazione. E’ presente in caso di infezioni delle vie urinarie o biliari o in presenza di ascessi purulenti, che danno improvvise gittate setticemiche.

E’ necessario osservare come la febbre precede, accompagna o segue altre manifestazioni come, ad esempio, nel caso della scarlattina

o della leptospirosi ittero-emorragica.

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IPPOCRATISMO DIGITALICODITA A BACCHETTA DI TAMBURO

E’ un non raro segno che si riscontra osservando le dita delle mani e dei piedi, che appaioni ingrossate alle estremità, proprio come l’stremità di una bacchetta di tamburo (Fig. pag 233). La forma bilaterale è la più diffusa e deve far pensare in particolare a:- malattie croniche dell’apparato respiratorio (broncopatie croniche ostruttive,

bronchiectasie, fibrosi interstiziale)- malattie cardiache (gravi malattie congenite, endocarditi)- raramente sono presenti in malattie di altri apparati.

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EDEMA

L’edema è una raccolta di liquido interstiziale in quantità abnorme e diviene clinicamente visibile quando raggiunge proporzioni di una certa entità. Dal punto di vista clinico è una spia preziosa, e spesso del tutto iniziale, di importanti e frequenti processi morbosi quali lo scompenso cardiaco, la cirrosi epatica, la glomerulonefrosi.

Per tali motivi il medico non deve mai sottovalutare la presenza di stati edematosi, soprattutto se diffusi e simmetrici, e, anzi, deve ricercarli spontaneamente durante la visita medica in persone anziane, nelle quali è particolarmente frequente la patologia da scompenso cardiaco.

Innanzitutto è bene definire come si rileva l’edema. Il paziente riferisce di aver notato un gonfiore. Sta al medico verificare se il gonfiore è imputabile ad aumento di fluido interstiziale. La manovra da eseguire è quella della digitopressione, con l’accuratezza si eseguirla possibilmente su un piatto osseo (la tibia se l’edema è localizzato alla gamba, la regione ossea del sacro se l’edema è presente nella regione sacrale e così via). L’impronta che rimane dopo aver affondato il dito prende il nome di “fenomeno della fovea”, (fig a pag. 199) dovuto alla dislocazione temporanea del liquido nei tessuti vicini. La mancanza di tale fenomeno fa escludere la presenza di edema (frequentemente i soggetti obesi riferiscono di gonfiore diffuso o variamente localizzato e possono indurre il medico in errore, errore che si evita se si utilizza il fenomeno della fovea)

Una volta posta diagnosi di edema è necessario valutare se si tratta di:· generalizzato e simmetrico· localizzato ed asimmetrico

L’edema generalizzato e simmetrico compare di frequente nelle regioni declivi (regioni sacrali o arti inferiori), bilateralmente. Questo indica che il processo che l’ha condizionato è sistemico e non locale. La patologia più frequentemente coinvolta è uno scompenso cardiaco, anche in soggetti che non presentano altri segni dello scompenso come la dispnea da sforzo e il turgore delle vene giugulari. Il ritorno venoso è ostacolato dal deficit di pompa e il conseguente aumento della pressione idrostatica nel territorio capillare, soprattutto nelle parti più declivi e più lontani dal cuore, induce la trasudazione di liquido interstiziale.

Secondo in ordine di frequenza è un problema cronico di fegato (soprattutto cirrosi epatica) che induca una ridotta produzione di albumina da parte della cellula epatica. La riduzione di albumina provoca riduzione della pressione oncotica e trasudazione di liquido interstiziale. L’edema può essere il primo segno che induce il paziente a ricorrere al medico, il quale potrebbe essere indotto, soprattutto se non vi sono altri sintomi, a sottovalutare questo segno.

Una terza possibilità è data da una glomerulonefrosi, malattia renale caratterizzata, tra le altre, da una perdita urinaria di grandi quantità di albumina, con conseguente riduzione della pressione oncotica.

L’ edema localizzato ed asimmetrico riconosce quasi sempre patologie circoscritte al territorio colpito ed in particolare:

Processi di stasi:

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- edema conseguente ad asportazione di linfonodi a seguito di invasione neoplastica (es.: edema di un arto superiore a seguito di asportazione dei linfonodi ascellari dopo mastectomia e svuotamento del cavo ascellare invaso da metastasi di carcinoma della mammella)

- edema conseguente a ostruzione del ritorno venoso da parte di processi morbosi che comprimono vene di grosso calibro (compressione ab estrinseco) o di trombosi venose che producano una riduzione o una interruzione del flusso ematico.

Processi infiammatori:- processi artritici di varia natura, dove la componente edematosa sia

prevalente su quella infiammatoria- punture di insetti

Processi allergici localizzati in particolari zone.

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SHOCK

Lo shock è una sindrome di insufficienza circolatoria acuta con ipotensione arteriosa associata a sintomi e segni di ridotta perfusione di vari organi. Dal punto di vista clinico l’evoluzione è fra le più diverse: può essere fugace (come nelle forme lievi di shock neurogeno da spavento) come anche portare alla morte.I segni e sintomi più importanti sono:· la caduta della pressione arteriosa sistolica al di sotto di 90 mmHg se il soggetto non è iperteso (tale limite viene portato a 110 se il soggetto è iperteso). L’esistenza di alcuni soggetti in perfetta buona salute ma costituzionalmente ipotesi, con valori pressori sistolici inferiori a 90 mm Hg, deve far comprendere come la sola ipotensione arteriosa non sia sufficiente per porre diagnosi di shock. Occorre che essa sia necessariamente associata ad altri segni di ridotta perfusione periferica perché si possa diagnosticare di shock;· la riduzione della diuresi al di sotto di 30/ml ora (oliguria), determinata dopo aver posizionato un catetere vescicale, manovra di grande importanza perché serve sia per monitorizzare la diuresi, sia per impedire la possibile ritenzione di urina (per blocco della minzione). L’oliguria o, in casi gravi, l’anuria, è dovuta alla ridotta perfusione renale. Si ricordi come le arteriole del glomerulo siano fisiologicamente predisposte a mantenere una adeguata pressione di filtrazione renale quando la pressione sistemica si riduce entro certi limiti. Se l’oliguria o l’anuria non si sblocca rapidamente, si può avere grave sofferenza dei tubuli fino alla necrosi tubulare e può insorgere insufficienza renale acuta, con rapido aumento dell’azotemia e creatininemia. Se non viene instaurata una pronta terapia, l’evoluzione futura, nel caso non sopraggiunga la morte, potrà essere verso l’insufficienza renale cronica.· disturbi da ridotta irrorazione cerebrale con ansietà, agitazione, confusione mentale, sonnolenza e persino aggressività.· diminuzione della temperatura cutanea (per riduzione dell’irrorazione) con senso di freddo.· tachicardia compensatoria.· Nei casi gravi e prolungati si ha una ipossiema arteriosa ed acidosi metabolica da aumento di lattato.

Dal punto di vista patogenetico lo shock riconosce quattro tipi di forme: cardiogeno, ipovolemico, settico e neurogeno.Shock cardiogeno: può essere dovuto a deficit contrattile del miocardio (come può avvenire per es. nell’infarto cardiaco o nella grave miocardite con insufficienza cardiaca) ed in questo caso è detto primario. Se invece è dovuto a condizioni che non permettono un normale riempimento diastolico del ventricolo sinistro (come nel caso di tamponamento cardiaco da pericardite essudativa, o embolia polmonare oppure in caso di gravi aritmie tipo fibrillazione ventricolare), è detto secondario. Shock ipovolemico. Si instaura quando si ha perdita di sangue (shock emorragico) o di liquidi (da diarrea profusa, da ustioni, da vomito ripetuto).

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Shock settico. Si instaura in corso di gravi processi settici, nei quali la produzione di endotossine batteriche agisce diminuendo le resistenze periferiche e inducendo quindi ipotensione.Shock neurogeno. Stimoli psichici intensi (paura, dolore, ma anche gioia intensa) possono innescare una stimolazione vagale che è caratterizzata da bradicardia e ipotensione.

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SINCOPE

E’ una improvvisa perdita di coscienza transitoria associata ad una incapacità a mantenere il tono posturale. Si differenza dalla LIPOTIMIA che, pur condividendone l’eziopatogenesi, NON giunge alla perdita di coscienza ma è caratterizzata dai sintomi vegetativi che preludono ad essa quali senso di mancamento, sudorazione, pallore. Quando la perdita di coscienza è immediata il soggetto non riesce a mettere in atto meccanismi per evitare cadute con conseguenti traumi (ed in questo caso si impone la diagnosi differenziale con la crisi epilettica). La diagnosi di queste forme è a volte ardua e i casi che rimangono non diagnosticati, nonostante la moderna tecnologia, sono la maggioranza. L’esposizione segue un criterio epidemiologico di frequenza e le classifica come segue:

Sincopi vasodepressiveSincopi cardiacheSincopi neurologicheSincopi metabolicheSincopi situazionali

Sincopi vasodepressive (o vago-vasali o vaso-vagali). E’ la forma clinica più frequente e corrisponde al comune “svenimento”, dovuto a forti perturbazioni psichiche (paura, dolore ecc.) che innescano una sindrome vagale. Si distingue:

una fase pre-sincopale, caratterizzata da pallore, sudorazione, nausea, annebbiamento della vista, ipotensione arteriosa e bradicardia;

una fase sincopale, caratterizzata dalla perdita totale, ma transitoria, della coscienza;

una fase post-sincopale nella quale si ha la progressiva scomparsa dei sintomi della prima fase.

In soggetti particolarmente sensibili, manovre vagali (vedi aritmie) accidentali che stimolino il vago possono dare la sincope (sindrome da “barbiere” caratterizzata da sincope a seguito di stimolazione dell’area cutanea sovrastante il glomo carotideo).

Sincopi cardiache da gettata cardiaca inadeguata:sincope in corso di infarto miocardico“Sindrome di Morgagni-Adams-Stokes” (vedi Aritmie, BAV III grado)sincope da stenosi aortica, da mixoma atriale, da trombo atriale a palla.

Sincopi neurologicheSincope da vasculopatia occlusiva cerebrale. La occlusione del territorio

carotideo o di quello vertebro-basilare, su base arteriosclerotica, avviene di solito gradualmente e si manifesta principalmente con emiparesi e disartria nel primo caso, con vertigini e diplopia nel secondo. L’occlusione però può avvenire anche in modo clinicamente acuto ed esordire con una sincope. A questo proposito è bene sottolineare che un massaggio del seno carotideo, eseguito a scopo terapeutico in un

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soggetto con stato preocclusivo della carotide, può indurre occlusione completa transitoria e scatenare una sincope che potrebbe erroneamente essere addebitata alla stimolazione vagale. Ciò induce a usare cautela nelle persone anziane, in cui il rischio di lesioni arteriosclerotiche è molto elevato. Le sincopi da vasculopatia occlusiva vengono denominate in gergo anglo-sassone “drop attack”.

Sincope da ipotensione ortostatica. Quando il passaggio dall’orto- al clinostatismo non è rapidamente seguito dai fenomeni di adattamento emodinamico (rapida costrizione arteriolare, tachicardia, secrezione di catecolamine ecc.) si ha una fase pre-sincopale, caratterizzata da ipotensione arteriosa e riduzione acuta della irrorazione cerebrale, (ma talmente acuta da non avere il tempo da dare quei sintomi, incontrati nello shock, quali ansietà, agitazione, confusione mentale, sonnolenza e persino aggressività) ed una

fase sincopale con improvvisa perdita di coscienza, che, quindi, giunge quasi sempre senza preavviso.

La sincope da ipotensione ortostatica si può avere con maggior frequenza:- in soggetti che mantengono a lungo la posizione eretta, senza muoversi

(soldati sull’attenti, specie sotto il sole in estate);- in soggetti allettati per molto tempo, nei quali i riflessi posturali sono rimasti

inattivi per lungo tempo;- in soggetti con alterazioni del sistema nervoso vegetativo (come i diabetici

rimasti per lungo tempo scompensati);- in soggetti ipertesi sottoposti a terapia antipertensiva con farmaci che

agiscono sul il sistema nervoso vegetativo.Si noti come in questo tipo di sincope manchino spesso i sintomi premonitori e

spesso il soggetto, quando esce dallo stato di incoscienza, ricorda solo ciò che stava facendo prima dell’evento.Sincopi metabolicheSincope da ipoglicemia. Vedi coma ipoglicemico.Sincope da iperpnea (da alcalosi metabolica). Può colpire soggetti che, per situazioni particolarmente ansiose, iperventilano producendo un aumento del pH. Sincopi situazionali. Sono così denominate perché scatenate da particolari situazioni quali accessi prolungati di tosse, la minzione, la defecazione. La più frequente è quella che avviene in soggetti bronchitici cronici con insufficienza respiratoria dopo un prolungato accesso di tosse (vertigine laringea). L’interruzione della regolare dinamica respiratoria a causa della tosse produce un’ipossia acuta che si sovrappone ad uno stato di ipossia cronica presente in questi soggetti, e che determina l’insorgenza di uno stato vertinoso e successiva perdita di coscienza.

Epidemiologia: nella maggior parte dei casi (35%) gli episodi sincopali rimangono indiagnosticati e questo sottolinea la frequente difficoltà di giungere ad una corretta definizione diagnostica, anche dopo aver eseguito tutti gli esami del caso. Fra gli episodi nei quali è possibile porre una diagnosi con una ragionevole certezza, le forme più frequenti risultano essere le sincopi vaso-depressive (30%), seguite dalle sincopi cardiache (19%), neurologiche (11%) e dovute ad altre cause (5%).

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APPARATO RESPIRATORIO

LINEE DI RIFERIMENTOTorace: visione anteriore (Fig. pag 251). Le linee più importanti sono:- verticali: la linea medio-sternale (centrale), la margino-sternale o para-sternale

(sul margine dello sterno) e la emiclaveare (per il punto medio della clavicola)- orizzontali: angolo-sternale (passante dall’angolo fra manubrio e corpo dello

sterno) e xifo-sternale (passante dalla giunzione xifo-sternale)- Tali linee demarcano le regioni bilateralmente: sovraclaveari, sottoclaveari,

mammarie e ipocondriache.Torace: visione laterale (Fig. a pag. 252). Le linee più importanti sono:- solo verticali: ascellare anteriore, media e posterioreTorace: visione posteriore (Fig pag 253) Le linee più importanti sono:- verticali: linea vertebrale (centrale) e linea angolo-scapolare (passante per l’angolo

della scapola)- orizzontali: linea soprascapolare (passante per il margine più alto della scapola),

linea della spina della scapola (pasante per il processo spinoso scapolare), linea dell’angolo inferiore sella scapola (passante per il margine più basso della scapola).

- Tali linee demarcano le regioni bilateralmente: sovrascapolari, scapolari (sovraspinosa e sottospinosa), sottoscapolare o dorsale.

ANATOMIA TOPOGRAFICA DI SUPERFICIE. E’ importante conoscere le proiezioni dei lobi polmonari sulla superficie toracica per rendere agevole la localizzazione dei processi morbosi attraverso l’osservazione dei radiogrammi del torace. La fig a pag 249 localizza la proiezione sul radiogramma anteriore (in alto) e posteriore (in basso) la sede dei lobi polmonari destri (anteriore, medio e posteriore) e sinistri (anteriore e posteriore) e dei relativi segmenti.

ANGOLO DEL LOUIS. E’ la giunzione sporgente fra manubrio e corpo dello sterno (Fig. pag 254). Permette di conoscere con esattezza la localizzazione della seconda costa. Questo punto di repere viene utilizzato quando è necessario localizzare con esattezza gli spazi intercostali. Il secondo spazio intercostale è quello situato subito al di sotto della seconda costa.

SEMEIOLOGIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO.- Ispezione- Palpazione- Percussione- Ascoltazione

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ISPEZIONE. - Alterazioni della morfologia della gabbia toracica: le più importanti sono

caratterizzate da deviazioni del rachide, soprattutto in senso latero-laterale (scoliosi), per patologia della colonna dello sterno (pectus excavatum)

- Alterazioni della dinamica respiratoria : - asimmetria della dinamica respiratoria per processi patologici pleuro-

parenchimali monolaterali, in atto o pregressi- riduzione simmetrica delle escursioni respiratorie negli enfisematosi

- Alterazioni della cute : - edema a mantellina nelle sindromi mediastiniche- circoli collaterali- eventuali cicatrici da pregressi interventi chirurgici

PALPAZIONE.Immediata, per rilevare:- il grado delle espansioni respiratorie sia degli apici che delle basi polmonari (Fig

pag 259)- eventuali pulsazioni, per es. le pulsazioni aortiche al giugulo;- la presenza di sfregamenti pleurici (Fig pag 258, 4), (pleuriti secche, esiti

cicatriziali si pleuriti siero-fibrinose);

Mediata, per rilevare, attraverso la vibrazione vocale indotta dalla pronuncia della parola “trentatrè”, la sua propagazione e la sua diffusione sulla superficie della cassa toracica, in particolare nella regione dorsale: il cosiddetto “fremito vocale tattile” o FVT. Esso si percepisce con il margine ulnare della mano, (fig a pag 257), esplorando bilateralmente tutto l’ambito polmonare. Questa manovra è di fondamentale importanza nella semeiotica del torace e, se ben eseguita, permette di apprezzare modificazioni sia in senso rafforzativo che diminutivo (Fig pag 258).

Nel primo caso (Fig pag 258, 1), si percepisce un rinforzo della trasmissione, prodotto da un addensamento parenchimale, il quale, privato del suo fisiologico contenuto aereo, produce un aumento di trasmissione delle vibrazioni e quindi un rinforzo del FVT. E’ il caso di un addensamento infiammatorio (polmonite, broncopolmonite) oppure di una ostruzione di un bronco di grosso calibro da parte di un tumore o di un grosso tappo di muco che produce la mancanza di aerazione del parenchima polmonare tributario e progressivo riassorbimento dell’aria (atelettasia).

Nel secondo caso (Fig pag 258, 2, 3), si percepisce una riduzione della trasmissione, fino alla sua scomparsa, in quanto i foglietti pleurici non sono più a contatto l’uno dell’altro, essendosi avuta l’interposizione di - liquido, nel caso di versamento pleurico (sia di tipo infiammatorio ed allora si

porrà diagnosi di pleurite, sia di tipo trasudatizio ed allora interverranno le cause esposte nel capitolo dell’edema generalizzato);

- aria, nel caso si abbia un pneumotorace.

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PERCUSSIONE.La percussione del torace è un modo molto efficace per rilevare il contenuto

del parenchima polmonare e del cavo pleurico. In un’era altamente tecnologica come l’attuale, viene spesso omessa quando si ha la possibilità di eseguire un radiogramma del torace, che evidenzia con dettaglio modificazioni più fini di quelle che possano essere rilevate con la percussione, ma rimane una tecnica molto valida per la semplicità di esecuzione e per rilevare modificazioni rapide di processi patologici quali un versamento pleurico o un addensamento polmonare. E’ quindi una tecnica che va imparata ed utilizzata in modo completo.

La percussione del torace di un soggetto sano evoca un suono caratteristico, che prende il nome di suono chiaro polmonare. L’aumento del contenuto aereo (per es. grave enfisema polmonare) produce un suono iperchiaro o iperfonetico, (in caso di pneumotorace il suono iperchiaro assume un timbro timpanico evocato dalla grande quantità di aria), mentre la sua diminuzione (addensamento polmonare infiammatorio o atelettasico, versamento pleurico) evoca un suono ipofonetico, fino al suono ottuso. Esso è detto anche suono di coscia, essendo simile al suono evocato da una grossa massa muscolare compatta.

L’intensità della percussione permette di esplorare profondità differenti: maggiore è l’intensità, più profonda è l’esplorazione. Strati superficiali sono esplorati con percussioni di modesta intensità.

Il dito plessore che percuote è di solito il dito medio della mano destra (Fig pag 265), piegato ad angolo retto e con fulcro sul polso, mentre il dito plessimetro è generalmente il dito medio della mano sinistra (l’unica parte della mano che aderisce con una certa pressione sulla parete toracica).

La percussione viene eseguita ponendo il dito plessimetro negli spazi intercostali, (fig pag 266) e non sulla costa, in modo che il cono di evocazione del suono sia piuttosto profondo. Normalmente si segue una percussione bilaterale degli stessi livelli, procedendo dall’alto verso il basso, in modo da percepire immediatamente una eventuale differenza del suono proveniente da un lato, rispetto al lato opposto. Gli apici polmonari vengono esplorati secondo la tecnica esposta nella fig di pag 267, avvalendosi anche della percussione diretta della clavicola.

Uno degli aspetti molto importanti della percussione della parte posteriore del torace è la valutazione della espansibilità delle basi (Fig in basso di pag 266). Quando si è giunti alle basi polmonari dove si evidenzia una trasformazione del suono chiaro in suono ottuso, si invita il paziente a inspirare profondamente: ripercuotendo, la zona ottusa si ritrasforma in suono chiaro evidenziando la normale escursione delle basi.

Nella percussione anteriore è necessario tener conto della fig pag 268 (in alto) per conoscere i limiti della percussione toracica.

ASCOLTAZIONEL’ascoltazione del polmone sano permette di ascoltare il cosiddetto murmure

vescicolare, (Fig pag 272) dovuto alle vibrazioni evocate dal passaggio dell’aria dai bronchioli negli alveoli e viceversa. La componente inspiratoria del respiro, essendo

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attivamente provocata dalla contrazione dei muscoli respiratori che espandono la cassa toracica è più rapida e si ode meglio, mentre la componente respiratoria, essendo passiva, è più lenta ed evoca un suono di intensità minore.

Soffio bronchiale o respiro bronchiale. E’ il tipico rumore aspro che si ascolta appoggiando il fonendoscopio sulla trachea. Non è udibile all’ascoltazione del torace perché normalmente è coperto dal murmure vescicolare. Quando quest’ultimo è abolito, ad es. per un processo di addensamento polmonare (flogistico o atelettasico) il murmure vescicolare è abolito per cui si ascolta il soffio bronchiale. La sua comparsa quindi è dovuta alla scomparsa del murmure vescicolare.

RUMORI POLMONARI. Si dividono in due gruppi differenti per sviluppo fisiopatologico: rumori secchi e rumori umidi. A parte, perché non interessano direttamente il parenchima polmonare, vi sono gli sfregamenti pleurici.Rumori secchi: sono dovuti a stenosi delle vie respiratorie, quasi sempre in relazione a broncocostrizione (contrazione della muscolatura liscia bronchiale), che vede nell’asma bronchiale la sua più tipica espressione. A seconda del calibro del bronco che evoca il rumore esso avrà una tonalità differente: grave se il bronco è di grosso calibro (ronco), progressivamente meno grave se il calibro è minore (gemito), fino a tonalità elevate (fischio, sibilo) se il calibro è piccolo.Rumori umidi: sono dovuti alla presenza di liquido, quasi sempre di tipo mucoso, che tappezza, in quantità sovrafisiologiche, l’albero respiratorio. Durante le fasi del respiro il flusso d’aria sia in inspirazione che in espirazione produce la formazione continua di bolle che si rompono e danno i tipici scoppiettii. Essi prendono il nome di rantoli e, a seconda del calibro dei bronchi, vengono chiamati rantoli a grosse bolle, a medie bolle o a piccole bolle. Quando i bronchioli hanno un calibro molto piccolo, i rantoli sono molto fini e prendono il nome di rantoli crepitanti.

Molti processi morbosi sono caratterizzati dalla coesistenza di rumori secchi e rumori umidi. Questo avviene perché i meccanismi della bronco-ostruzione e della bronco-secrezione sono innescati dagli stessi fattori irritanti. Ciò spiega perché non è frequente ascoltare solo rumori secchi (ronchi, gemiti, fischi, sibili), come avviene nelle prime fasi di un attacco asmatico puro, o solo rumori umidi (come avviene nella maggior parte degli edemi polmonari). Nella maggior parte dei casi, soprattutto in bronchitici cronici, i rumori secchi si ascoltano associati ai rumori umidi. E’ importante comunque distinguerli accuratamente, in quanto le due componenti necessitano di trattamenti farmacologici differenti.Sfregamenti. Quando un processo pleuritico siero-fibrinoso o purulento non esita in guarigione con “restitutio ad integrum”, residuano superfici pleuriche rugose (esiti cicatriziali del processo infiammatorio). Durante gli atti respiratori i foglietti pleurici, parietale e viscerale, evocano con la loro rugosità, dei rumori che prendono il nome di sfregamenti. Se le rugosità sono importanti ed estese, gli sfregamenti potranno essere palpati con la mano a piatto sulla zona interessata.

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DIAGNOSI SEMEIOLOGICA DI ALCUNI QUADRI CLINICIDa quanto si è detto, la semeiotica dell’apparato respiratorio è di grande aiuto

nella diagnosi di complessi quadri clinici. Vengono qui riportati i più importanti quadri clinici nei quali le manovre semeiologiche sono molto efficaci.Addensamento polmonare (flogistico: polmonite, grosso focolaio bronco-polmonare; o non flogistico: atelettasia da ostruzione di un grosso bronco ecc. (Fig. pag 285).- Palpazione: aumento del FVT. - Percussione: suono ipofonetico o completamente ottuso (dipende dalla grandezza

dell’addensamento). - Ascoltazione: lontano soffio bronchiale per scomparsa del murmure vescicolare.

Versamento pleurico (flogistico: pleurite; neoplastico: versamento pleurico neoplastico; non flogistico da cause diverse (vedi edema) (Fig a pag 286). - Ispezione: asimmetria durante gli atti del respiro, in quanto l’emitorace colpito si

espande di meno.- Palpazione: scomparsa del FVT e diminuita espansione dell’emitorace sede del

versamento. - Percussione: suono ipofonetico o completamente ottuso (dipende dalla grandezza

del versamento); a causa della particolare disposizione del liquido nel cavo pleurico, è possibile, a paziente seduto, demarcare nella parte posteriore del torace una linea (di Damoiseau-Ellis) (fig. pag. 286) corrispondente al margine superiore del versamento che appare obliqua ed a convessità verso l’alto. Tale linea delimita, insieme con la linea vertebrale centrale, 2 triangoli, uno nello stesso lato (di Garland), a base superiore, a suono iperfonetico, ed uno dal lato opposto (di Grocco), a base inferiore, ipofonetico.

- Ascoltazione: lontano soffio bronchiale per scomparsa del murmure vescicolare. In caso di pleurite densa (siero-fibrinosa, purulenta) si possono percepire sfregamenti.

Pneumotorace. Presenza di aria nello spazio pleurico (fig pag. 290). - Palpazione: scomparsa del FVT- Percussione: suono iperchiaro, iperfonetico con timbro timpanico.- Ascoltazione: soffio anforicoDa quanto esposto si comprende chiaramente come le corrette manovre semeiologiche possano essere di grande aiuto per la diagnosi rapida, e quindi per il corretto trattamento di frequenti evenienze (in particolare sono frequenti i versamenti e gli addensamenti).,

Embolia polmonare. (fig pag. 292). Si realizza un infarto unico o multipli del polmone, a causa di emboli (quasi sempre coaguli), provenienti dal distretto venoso periferico, a seguito di patologia venosa (tromboflebiti, ecc.), periodi di allettamento forzato, interventi chirurgici, soprattutto nell’addome e di tipo ortopedico ecc).

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- Ispezione: dolore toracico da interessamento pleurico dell’area emorragica, dispnea e cianosi in relazione all’entità del parenchima polmonare sottratto dal processo infartuale, emoftoe, tosse.

- La palpazione, percussione e ascoltazione danno reperti sovrapponibili all’addensamento polmonare, se l’area infartuata è unica e di una certa grandezza. Se, al contrario gli infarti sono multipli e di piccole dimensioni, i reperti semeiologici sono sfumati.

In casi di embolia massiva si ha l’ostruzione dell’arteria polmonare e ed il quadro è rapidamente mortale (cuor polmonare acuto).

SINDROMI OSTRUTTIVE POLMONARI CRONICHEE’ possibile, sotto il profilo patogenetico, dividere le sindromi ostruttive in due gruppi, anche se nella pratica clinica, queste forme sono molto spesso associate fra loro e iniziano in modo subdolo.1) Le bronchiti croniche ostruttive2) L’enfisema ostruttivo(Fig pag. 297)

TIPO ENFISEMATOSO (Tipo A) TIPO BRONCHITICO (Tipo B)tipo PP (pink puffer = sbuffatore roseo) tipo BB (blue boater = aringa blu)colorito roseo colorito cianoticoipossia senza ipercapnia ipossia con ipercapniaassenza di storia di scompenso cardiaco destro storia di scomp. cardiaco destroascoltazione: rumori secchi ascoltazione: rumori umidi (prev.)Rx torace: campi ipertrasparenti senza cardio- Rx torace: disegno vasale ispessito

megalia con cardiomegalia

VOLUMI POLMONARI STATICI E DINAMICI (Fig. pag 298)- VC = Volume corrente, di circa 500 ml in un soggetto adulto sano; corrisponde al

volume di aria inspirato ed espirato durante la respirazione normale.- VRI = Volume di riserva inspiratoria, di circa 2,5-3 litri; volume che si può ancora

inspirare in modo forzato quando si è al culmine di una fase inspiratoria normale.- VRE = Volume di riserva espiratoria, di circa 1 litro; volume che si può ancora

espirare in modo forzato quando si è al culmine di una fase espiratoria normale.- VR = Volume residuo, di circa 1,5 litri; corrisponde al volume d’aria che

comunque rimane nel polmone al termine di una espirazione forzata.- CPT = Capacità polmonare totale, di circa 6 litri, composta dalla somma di tutti i

volumi precedenti, e corrisponde a tutta l’aria presente nei polmoni al termine di una ispirazione forzata.

- CFR = Capacità funzionale residua, di circa 2,5 litri, composta dalla somma di VRE+VR.

- Capacità vitale , di circa 4,5 litri, composta da tutti i volumi con esclusione del volume residuo, e corrisponde alla massima capacità di aria mobilizzabile per gli scambi gassosi, detta perciò vitale.

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- VEMS , volume respiratorio massimo in 1 secondo. E’ un importantissimo indice dinamico che valuta la presenza ed il grado di ostruzione bronchiale. E’ detto in gergo anglosassone FEV1 (Forced Expiratory Volume). Si valuta invitando il soggetto a compiere una rapidissima espirazione forzata dopo una inspirazione forzata (quindi l’intera capacità vitale) in un apparecchio in grado di disegnare e quantificare la dinamica della espirazione. Un individuo senza broncostruzione è in grado di eliminare entro un secondo il 75% della intera capacità vitale, mentre un individuo ostruito ne eliminerà una percentuale inferiore, proporzionale al grado di ostruzione. Tale percentuale prende il nome di indice di Tiffenau e viene riportato in fig a pag. 299.

TOSSE. Violenta esplosione espiratoria, a glottide parzialmente occlusa che ha lo scopo di proteggere l’albero bronchiale dall’ingresso di sostanze estranee e di espellere secrezioni patologiche formatesi all’interno dell’albero bronchiale.Tonalita’. Il tono può assumere caratteristiche che possono aiutare ad orientarsi.Tosse rauca, tipica della laringite; convulsiva (numerosi e rapidi colpi di tosse seguiti da una ispirazione rumorosa) tipica della pertosse, ma presente anche nei gravi bronchitici cronici con ipersecrezione bronchiale; bitonale, come anche la voce (grave ed acuta) da paralisi del ricorrente; fioca nei pazienti gravi, con scarsa possibilità di escursioni respiratorie.Produttività. Tosse secca, senza espettorato, (da irritazione bronchiale a seguito di stimoli di varia natura: infiammatori, neoplastici, chimici – fumo, gas irritanti – termici – aria molto calda o molto fredda) produttiva, con espettorato.Carattere temporale. A carattere parossistico, o permanente.Segni accompagnatori. Dolore, dispnea, emoftoe (emissione di sangue), vomica (emissione di espettorato talmente abbondante da simulare il vomito).

EMOFTOE. Espettorazione con la tosse di sangue proveniente dalle vie respiratorie al di sotto della laringe. Vanno quindi escluse le emorragie provenienti dal naso, bocca, faringe e dall’apparato gastro-intestinale (ematemesi).Le cause possono essere suddivise inCause polmonari (tubercolosi, infarto polmonare, polmoniti ecc)Cause bronchiali (tumori polmonari, bronchiti croniche, bronchiectasie)Cause cardiache (stenosi mitralica)

MEDIASTINO (Fig. pag 306)Spazio centrale del torace compreso fra i 2 polmoni, delimitato anteriormente dallo sterno, posteriormente dalla colonna vertebrale, lateralmente dalle pleure mediastiniche, in basso dal diaframma., in alto con il collo. E’ diviso in 3 logge mediastiniche: anteriore, media e posteriore, a loro volta divise in piani: superiore, medio ed inferiore.

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La loggia mediastinica anteriore corrisponde allo spazio retrosternale e contiene parte dei grossi vasi (cava superiore, aorta, il dotto toracico), organi quali il timo e la trachea e alcuni nervi (vago, frenico, laringeo, ricorrente)La loggia mediastinica media contiene parte dell’arco aortico e la trachea con la sua biforcazione nei 2 bronchi principali.La loggia mediastinica posteriore (Fig. pag. 308) è situata dietro la trachea e contiene l’aorta discendente, i nervi vaghi, e splancnici, l’esofago, il dotto toracico.I linfonodi (Fig. pag 309) sono diffusi in tutto il mediastino e, in condizioni normali, hanno la grandezza di una lenticchia e consistenza parenchimatosa. L’interessamento dei linfonodi da parte di processi patologici sia infiammatori che neoplastici, aumentandone notevolmente sia le dimensioni che la consistenza, rappresenta uno degli aspetti più tipici delle sindromi mediastiniche, realizzando compressioni sugli organi viciniori.

SPOSTAMENTI DEL MEDIASTINONon essendo ancorato a strutture fisse, il mediastino risente di processi patologici degli organi dai quali è circondato, in particolar modo dei polmoni e colonna vertebrale. La fig a pag 313 indica le cause principali delle modificazioni che il mediastino subisce (sbandieramenti): una cifoscoliosi del rachide dorsale produce una grave deformazione della gabbia toracica e quindi del mediastino. Una atelettasia polmonare, prodotta da una occlusione di un bronco di grosso calibro indurrà riassorbimento di aria nel parenchima polmonare tributario, per cui si avrà riduzione del volume polmonare. Tale riduzione produrrà un dislocamento del mediastino che sarà attratto verso lo spazio atelettasico, volumetricamente più ridotto. Al contrario, un versamento pleurico ( o una ernia dello stomaco) produrrà il fenomeno opposto, in quanto si viene ad aggiungere volume che farà sbandierare il mediastino dalla parte opposta.

SINDROMI MEDIASTINICHESegni funzionali. Possono essere variamente presenti. Dolore (profondo, retrosternale), dispnea (da compressione delle vie respiratorie). Tosse (da stimolazione bronchiale), disfonia e voce bitonale (da compressione del nervo ricorrente), disfagia (da compressione dell’esofago).Segni fisici. Arteriosi: fremiti, soffi. Venosi: sindrome della cava superiore. Possono essere presenti in forma variamente associata:- dilatazione delle vene del collo,- circoli venosi ectasici superficiali - cianosi localizzata alla testa, al collo, alla regione superiore del torace, che si

aggrava sotto sforzo o sotto i colpi di tosse,- edema della faccia, del collo, della parte superiore del torace e degli arti superiori

(edema a mantelina).Nervosi: (possono essere variamente associati)

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- nervo ricorrente: paralisi della corda vocale con voce bitonale- nervo frenico: paralisi di un emidiaframma (relaxatio diafragmatica)- simpatico cervicale: sindrome di Claude- Bernard-Horner (da compressione della

catena gangliare e conseguente paralisi) caratterizzata da restringimento della rima palpebrale, enoftalmo e miosi (Fig. pag 316). Se vi è anche compressione del plesso brachiale (con fenomeni paralitici e atrofici all’arto superiore) si realizza la sindrome di Pancoast.

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Per la corretta interpretazione dei circoli collaterali venosi che si possono ritrovare sul tronco, si faccia riferimento alla figura centrale di pag. 318. Il soggetto normale, che non presenta circoli collaterali, ha una circolazione venosa superficiale che, partendo dall’ombelico, è diretta in senso periferico, sia in alto che in basso. L’ostruzione della cava superiore produce circoli collaterali solo al di sopra della regione ombelicale; inoltre, a seconda che l’ostruzione abbia sede al di sopra o al di sotto dello sbocco della vena azygos, può essere di direzione diversa e precisamente verso l’alto nel primo caso e verso il basso nel secondo caso.

SINTOMATOLOGIA PREVALENTE NELLE SINDROMI MEDIASTINICHESindrome mediastinica anteriore- superiore: compressione tracheale (dispnea) e compressione della cava superiore- media: idem con dolore precordiale- inferiore: interessamento pleurico-pericardicoSindrome mediastinica media: predominano la dispnea e la disfoniaSindrome mediastinica posteriore: - superiore sindrome di Claude-Bernard-Horner o sindrome di Pancoastmedia ed inferiore: disfagia, sintomi neurologici da interessamento vertebrale.

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SEMEIOTICA CARDIACA

ISPEZIONE E PALPAZIONEItto della punta. Le pulsazioni cardiache possono essere visibili sul torace nel

soggetto di sesso maschile, non obeso. Le Fig a pag. 333 mettono in evidenza l’area dove si evidenzia l’itto della punta nel soggetto sano, nel soggetto con ipertrofia ventricolare destra e sinistra (sia senza che con dilatazione ventricolare).

Nel soggetto sano l’itto della punta è visibile come un breve movimento sulla parete toracica in corrispondenza della punta del cuore (Fig. a pag 340 a sinistra), 8 cm a sinistra dalla linea medio-sternale, e corrisponde alla sistole ventricolare. E’ dovuto all’urto della parete ventricolare antero-settale. Si accentua nelle condizioni di ipercinesia miocardica (febbre, ipertiroidismo, anemia ecc.).

Nel soggetto con ipertrofia ventricolare destra si ha una rotazione del cuore per cui il ventricolo destro si anteriorizza (fig. a pag 332 a dx) e l’itto della punta, dovuto alla parete anteriore del ventricolo destro, si estende sul margine sinistro dello sterno (impulso parasternale sinistro fig pag 333 B); è inoltre visibile una pulsazione epigastrica.

Nel soggetto con ipertrofia ventricolare sinistra la pulsazione dell’itto della punta, a causa della rotazione del cuore per cui il ventricolo sinistro si anteriorizza, viene causata dalla parete antero-laterale del ventricolo sinistro ed è visibile in una zona più ampia e più spostata a sinistra rispetto al soggetto sano (fig pag 333 C). Quando vi è anche dilatazione del ventricolo sinistro l’itto appare ancora più ampio e più spostato a sinistra (fig pag 333 D).

La fig. a pag 334 mostra la proiezione dell’ombra cardiaca in proiezione antero-posteriore. E’ bene memorizzare la sede delle diverse cavità del cuore e della loro proiezione sul profilo destro e sinistro in modo da poter interpretare correttamente le alterazioni volumetriche, quando si osserverà un radiogramma in proiezione antero-posteriore. Ciò è di notevole aiuto nello studio delle alterazioni volumetriche del cuore. (vedere anche Fig. pag 345, in alto)

Il profilo cardiaco sinistro è formato da 3 archi: - superiore, corrispondente all’arco dell’aorta, - medio corrispondente in alto all’arteria polmonare ed in basso all’atrio

sinistro,- inferiore, corrispondente al ventricolo sinistro.

Il profilo cardiaco destro corrisponde in alto alla vena cava superiore ed in basso all’atrio destro.

La fig. a pag. 335 in alto mostra la corretta posizione della mano destra posta a piatto sulla zona inferiore dello sterno per palpare l’itto quando è presente una ipertrofia ventricolare destra. La fig. in basso (pag. 335) mostra la corretta palpazione di un itto normale o in corso di ipertrofia ventricolare sinistra ottenuta con i polpastrelli dell’indice e del medio posti all’apice del cuore.

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PERCUSSIONEPermette di delimitare l’area di ottusità dell’aia cardiaca. La metodica è la

stessa descritta nella percussione del torace ma il dito plessimetro, invece di essere posto parallelamente agli spazi intercostali, va posto parallelamente al margine cardiaco. La direzione della percussione va dall’esterno verso l’interno. La fig a pag. 339 mostra in A la delimitazione dell’apice, in B la delimitazione del margine sinistro, in C quella del margine destro, in D la linea di ottusità epatica con l’angolo epato-cardiaco. Le distanze in centimetri dei margini cardiaci destro e sinistro dalla linea medio-sternale sono mostrati nella fig. a pag. 340 a destra.

Si distingue inoltre (Fig. a pag 341 in alto):- un’area di ottusità assoluta, che corrisponde alla parte centrale, dove il

cuore è a contatto con la parete toracica e che si evoca con una percussione leggera,

- un’area di ottusità relativa, che corrisponde alla parte più periferica, dove vi è l’interposizione di tessuto polmonare, e si evoca con una percussione lievemente maggiore (medio-leggera)

La percussione cardiaca è importante in caso di cardiomegalia, quando non si hanno a disposizione strumenti (radiogrammi, ecocardiogrammi) capaci di fornirci dettagli indispensabili per la diagnosi e che sono urgenti per prendere delle decisioni. Uno degli esempi clinici più importanti è caratterizzato dal versamento pericardico acuto in corso di pericarditi essudative. Il liquido nel sacco pericardico si dispone in modo diverso a seconda della posizione che assume il tronco (Figure a pag. 342 in alto) per cui l’area di ottusità cardiaca, che, con il tronco in posizione eretta, assume un aspetto triangolare con base in basso ed apice in alto, diviene globosa quando il paziente giace supino. Il quadro clinico del paziente affetto da pericardite essudativa, se il versamento è cospicuo, è piuttosto grave: il paziente è seduto, con il tronco in avanti per respirare meglio e ridurre l’oppressione precordiale, presenta dispnea, cianosi, turgore delle vene giugulari, fegato da stasi con epatomegalia dolente. I toni cardiaci sono appena udibili. In casi estremi si può avere morte per “tamponamento cardiaco”, essendo il liquido incompressibile. L’ecocardiografia è l’indagine di elezione per la diagnosi e la quantificazione del liquido.

La mancata guarigione con “restitutio ad integrum” del sacco pericardico da esito alla cosiddetta pericardite cronica adesiva, un quadro clinico oggi piuttosto raro, caratterizzato da una saldatura fibrosa dei due foglietti pericardici. Il cuore è così circondato da una cotenna inestensibile (cuore a corazza), con grave compromissione della sua cinesi. E’ anche possibile che la cotenna fibrosa contragga aderenze con il mediastino circostante, realizzando la cosiddetta mediastino-pericardite o “morbo di Pick” che realizza un quadro clinico simile alla cirrosi epatica (fig. pag 514 e 515).

ASCOLTAZIONEE’ necessario distinguere due tipi di rumori: i toni ed i soffi.

- I toni sono dovuti a eventi fisiologici (contrazione muscolare, chiusura di valvole) che possono andare incontro a particolari modificazioni in caso di eventi patologici.

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- I soffi sono prodotti da vortici cui il sangue è sottoposto in particolari condizioni.

Le fig a pag. 350 mostrano bene le condizioni in cui si generano i soffi:1) Alta velocità : in condizioni di ipercinesia (sforzi fisici, anemia,

ipertiroidismo ecc), il flusso ematico nel cuore e nelle arterie di discreto calibro non è più silenzioso ma genera un soffio, dovuto all’alta velocità del sangue.

1) Stenosi : l’ostacolo prodotto da un restringimento improvviso del calibro dell’arteria o di una valvola cardiaca produce un soffio dovuto al moto vorticoso che viene impresso al sangue.

2) Ectasia: L’improvviso aumento del calibro di un vaso (per es.: un aneurisma) produce anch’esso uno stato vorticoso che genera un soffio.

3) Stenosi-ectasia : è la coesistenza dei due ultimi aspetti descritti.

FOCOLAI DI ASCOLTAZIONE CARDIACAE’ necessario conoscere esattamente la topografia delle sedi che

corrispondono ai focolai clinici di ascoltazione delle quattro valvole cardiache. Queste sedi non sempre corrispondono alle sedi anatomiche. La fig. a pag 352 mostra la differenza fra focolaio anatomico e focolaio clinico di ascoltazione nelle varie aree. Si vede chiaramente che, mentre le sedi anatomiche sono molto vicine fra loro, le sedi di ascoltazione clinica sono abbastanza divergenti e precisamente:

Area mitralica: punta del cuore,Area tricuspidalica: IV° spazio intercostale, ai lati dello sterno,Area aortica: II° spazio intercostale destro, sulla margino-sternale o para-

sternale,Area polmonare: II-III° spazio intercostale, sulla margino-sternale, o para-

sternale sinistra.Lo studio della propagazione dei soffi nelle aree limitrofe a quelle

sovradescritte ha permesso di disegnare una mappa (Fig. a pag. 354), valevole solo per un cuore di dimensioni normali, che mostra la sede dei rumori aortici in rosso, polmonari in azzurro, mitralici in arancione e tricuspidalici in verde.

COMPONENTI DEI TONI CARDIACIE’ bene innanzitutto definire che i tempi dell’ascoltazione cardiaca si dividono

in 2 parti: la fase sistolica, compresa fra il I° ed il II° tono e la fase diastolica, compresa fra il II° ed il I° tono.

La fig. a pag. 361 mostra i vari componenti dei toni cardiaci in un soggetto sano. Si osservi bene nella figura l’intervallo di tempo che separa i vari toni. I toni perfettamente udibili sono il I° ed il II° tono. Essi delimitano temporalmente la fase sistolica.

I° tono. E’ formato due componenti: la più importante è dovuta al rumore indotto dalla chiusura della valvola mitralica e tricuspidale quando i ventricoli iniziano a contrarsi inducendo un aumento di pressione al loro interno; altre vibrazioni sono date dalla componente muscolare e dalla eiezione del sangue nei grossi vasi.

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II° tono. E’ dato dalla chiusura delle valvole semilunari, aortica e polmonare.

Sono invece difficilmente udibili: un III° tono, dovuto alle vibrazioni evocate dal riempimento rapido dei ventricoli ed un IV° tono, dovuto alla contrazione atriale. Il III° ed il IV° fanno parte della fase diastolica.

III° tono. La brusca distensione ventricolare, provocata dall’ingresso del sangue ad elevata pressione, produce il III° tono che, quando diviene ben udibile, è sempre patologico. Diviene netto quando il cuore si scompensa e si sviluppa il cosiddetto ritmo a 3 tempi o “ritmo di galoppo” (Fig. a pag. 391). Per tale motivo, diagnosticare un ritmo di galoppo significa far diagnosi di una compromissione funzionale del cuore di una certa gravità.

IV° tono. Udibile in rari casi, è espressione della contrazione atriale quando la pressione telediastolica ventricolare è aumentata e l’atrio deve contrarsi con forza per superarla. E’ anch’esso, come il precedente, spia di uno scompenso cardiaco, e prende il nome di “ritmo di galoppo atriale” che, quando si somma con il precedente, realizza il cosiddetto “ritmo quadruplo” o “ritmo di locomotiva” o “galoppo di sommazione”.

Nota pratica di grande importanza per la corretta identificazione del I° e II° tono: All’ascoltazione di un cuore in condizioni di riposo è agevole identifcare il I° ed il II° tono in virtù del diverso intervallo di tempo fra piccola e grande pausa. Quando viceversa vi è una tachicardia, a causa della riduzione temporale della grande pausa, i toni tendono a divenire equidistanti e diviene impossibile identificare il I° ed il II° tono senza prendere contemporaneamente il polso. L’onda sfigmica, infatti, permetterà l’identificazione dei toni in quanto essa cade sempre dopo il I° tono (equivalente alla sistole ventricolare) e subito prima del II° tono.

SDOPPIAMENTI DEL II° TONO Il II° tono fisiologico è dato dalla chiusura delle due valvole semilunari. In

condizioni patologiche vi può essere anche un’altra genesi: uno schiocco di apertura di valvole che, in condizioni normali, non evocano eventi acustici. Viceversa, in condizioni patologiche particolari, possono evocare toni. Gli esempi più frequenti sono dati dalla valvola mitrale e dalla semilunare aortica.

Sdoppiamenti del secondo tono dovuti a chiusura delle valvole semilunari. Quando lo sdoppiamento del II° tono è evocato dalla chiusura delle valvole

semilunari, esso può essere fisiologico e patologico. La fig. a pag 369 mostra come in realtà la chiusura della valvola semilunare aortica (istogramma rosso) preceda fisiologicamente la chiusura della valvola semilunare polmonare. L’intervallo è più accentuato durante la fase inspiratoria (0,04 secondi) rispetto alla fase espiratoria (0,02). L’intervallo è talmente modesto che è difficilmente percepibile.

Vi sono però situazioni patologiche nelle quali tali differenze fisiologiche possono accentuarsi e divenire udibili. Le situazioni cliniche di una certa frequenza sono rappresentate dal blocco di branca destro; molto rari sono viceversa i difetti del setto interatriale e dalla stenosi polmonare.

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I blocchi di branca sono disturbi della conduzione elettrica dello stimolo dovuti a un blocco nel passaggio dello stimolo al di sotto della biforcazione del tessuto di conduzione, laddove i due fasci si distribuiscono ai due ventricoli. Il blocco di conduzione dell’impulso ad un ventricolo produce un ritardo nella contrazione dello stesso per cui nel blocco di branca destro (penultima riga nella figura) si ha un notevole ritardo del tono di chiusura della valvola semilunare polmonare e tale ritardo è percepibile all’ascoltazione. Viceversa nel blocco di branca sinistro è presente una inversione di quel che accade in condizioni fisiologiche, (avviene prima la chiusura della valvola semilunare polmonare e poi quella aortica), ma all’ascoltazione non si percepisce alcuno sdoppiamento in quanto l’intervallo fa i due eventi acustici è troppo modesto.

Per quanto riguarda i difetti del setto interatriale e la stenosi polmonare i reperti di accompagnamento sono talmente evidenti da far passare in secondo piano lo sdoppiamento del II° tono.

Sdoppiamenti del secondo tono dovuti ad apertura delle valvole atrio-ventricolari.Schiocco di apertura della mitrale. Questo evento si ha nella stenosi mitralica, e

si ascolta nell’area mitralica. La fig. a pag. 376 mostra chiaramente come i lembi valvolari della mitrale, saldati fra loro dal processo endocarditico, abbiano un atteggiamento ad imbuto durante la sistole, in quanto schiacciati dalla pressione del ventricolo, mentre assumano un atteggiamento di rigonfiamento durante il risucchio della diastole. E’ proprio questo brusco cambiamento di forma, unito all’apertura dei lembi valvolari sclerotici che evoca lo schiocco di apertura. E’ evidente che, in caso di valvole rigide e non più flessibili, lo schiocco di apertura può attenuarsi o scomparire. I movimenti respiratori, a differenza della chiusura delle semilunari, non modificano l’intervallo dello sdoppiamento del II° tono. E’ bene sin d’ora guardare la fig a pag. 456, per memorizzare l’evento nel contesto dei rumori evocati in corso di stenosi mitralica.

Schiocco di apertura della tricuspide. Si ascolta in corso di stenosi tricuspidalica, vizio valvolare piuttosto raro. Ha la stessa genesi della precedente e si ascolta nell’area tricuspidalica.

SDOPPIAMENTO DEL I° TONOE’ raro ma non è mai fisiologico. Può aversi nei blocchi di branca o nelle

stenosi delle valvole semilunari (aortica e polmonare)Schiocchi di apertura delle semilunari. Hanno la stessa dinamica di quanto

descritto per gli schiocchi di apertura della mitrale e della tricuspide. L’area di ascoltazione è quella corrispondente alla valvola colpita e vengono chiamati suoni o click di eiezione protosistolici, in quanto si evidenziano nella prima fase della sistole.

RUMORI SISTOLICI DA EIEZIONE

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Click meso-tele-sistolico da prolasso della mitrale. Il prolasso della mitrale è una degenerazione mixomatosa della valvola mitrale, con protrusione delle cuspidi all’interno dell’atrio. E’ presente nel 5% della popolazione adulta, colpisce prevalentemente il sesso femminile, soprattutto i soggetti longilinei, e, a volte, coesiste con altre malattie del connettivo. Può colpire entrambe i lembi valvolari, ma è più frequentemente colpito il lembo posteriore della mitrale. Alla chiusura della valvola, i lembi colpiti, che risultano più lunghi, protrudono nell’atrio sinistro. Nei casi in cui l’ascoltazione cardiaca è positiva si può udire il click nell’ultima parte della sistole ed anche la presenza di un soffio telesistolico.

SFREGAMENTI PERICARDICISi producono a causa dell’attrito fra il pericardio viscerale e quello parietale

quando la loro superficie è divenuta sede di stratificazioni flogistiche fibrinose, che, successivamente, se non adeguatamente trattate, possono organizzarsi in fibrosi. Maggiore è la rugosità dei foglietti pericardici, maggiore sarà l’intensità dello sfregamento, che può essere percepito, come fremito, anche con il palmo della mano appoggiata a piatto sull’area precordiale. Le caratteristiche che distinguono uno sfregamento da un soffio sono le seguenti: la rugosità del suono, la mancanza di una sede elettiva di ascoltazione corrispondente ai focolai clinici valvolari, la mancanza di propagazione e la spostabilità di sede in rapporto alle varie posizioni assunte dal paziente. Anche se gli sfregamenti esprimono un processo flogistico che può essere stato già superato, la loro presenza non esclude la presenza di versamento liquido in altre sedi del pericardio.

SOFFI CARDIACI

PATOLOGICI- SISTOLICI

- da eiezione - da rigurgito

- DIASTOLICI- da eiezione

- da rigurgito- SISTO-DIASTOLICI- CONTINUI

NON PATOLOGICI

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DENOMINAZIONE DEI SOFFILa fig. a pag. 411 illustra la denominazione dei soffi in relazione alla loro

localizzazione: il prefisso proto-, meso- e tele- serve per denominare rispettivamente la localizzazione nella prima fase, fase intermedia e terminale del periodo sistolico (compreso fra il I° ed il II° tono) o diastolico (compreso fra il II° ed il I° tono).

Laddove invece il soffio interviene in tutto il periodo, sistolico o diastolico, si utilizza il prefisso olo- o pan-. Se infine il soffio abbraccia entrambe i periodi, sistolico e diastolico, prende il nome di soffio continuo.

Inoltre la dinamica del soffio può essere diversa: - In crescendo e decrescendo (soffi a diamante, da eiezione

ventricolare, come nella stenosi aortica o nella stenosi polmonare); - In decrescendo-crescendo (meso-telediastolico, come nella stenosi

mitralica)- In decrescendo da rigurgito (come nell’insufficienza aortica).

INTENSITA’ DEI SOFFIPer classificare l’intensità dei soffi si utilizza una scala convenzionale,

accettata dalla comunità scientifica.Grado 1: molto lieve; si ode solo se vi è massima concentrazione,Grado 2: si ode senza sforzo,Grado 3: fra grado 2 e 4,Grado 4: moderatamente intenso; è associato a fremito (palpazione) se non vi è

obesità o enfisema,Grado 5: intenso; si ode anche con il margine del fonendoscopio,Grado 6: molto intenso; si ode anche allontanando il fonendoscopio dalla

parete toracica.

QUALITA’ DEI SOFFIVengono utilizzati vari aggettivi quali: rude, aspro, sibilante, dolce musicale,

pigolante. Dipende dalla struttura che evoca le vibrazioni. I soffi ad elevata frequenza sono evocati da strutture sottili, quali corde tendinee, muscoli papillari, veli valvolari ecc.

CAUSE DEI SOFFI SISTOLICI DA EIEZIONE (fig. pag. 418)Il sangue progredisce in avanti (flusso anterogrado) attraverso gli osti valvolari

aortici e polmonari che, a causa di modificazioni patologiche, evocano soffi.Vi sono 3 possibilità:

- stenosi valvolare o sottovalvolare (aortica o polmonare)- flusso elevato attraverso valvole normali (es.: stress, anemia,

ipertiroidismo)- dilatazione post-valvolare (es.: ectasia aortica in soggetti anziani)- combinazione delle precedenti.

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Page 56: Riassunti Dioguardi

CAUSE DEI SOFFI SISTOLICI DA RIGURGITOIl sangue ritorna parzialmente indietro (flusso retrogrado) attraverso gli osti

valvolari atrio-ventricolari che, a causa di modificazioni patologiche, evocano soffi.Vi sono 3 possibilità:

- rigurgito mitralico (insufficienza mitralica)- pervietà del setto interventricolare- rigurgito tricuspidalico (insufficienza tricuspidalica)

VIZI VALVOLARIInizia qui la trattazione dei vizi valvolari, per i quali si pone l’attenzione in

particolare sui segni e sintomi che permettono la diagnosi. Per amor di chiarezza si descrivono soltanto i quadri puri: solo stenosi o solo insufficienza delle varie valvole, in modo da delineare correttamente i quadri clinici. L’osservazione clinica però presenta, con discreta frequenza, vizi valvolari doppi (es.: steno-insufficienza mitralica oppure steno-insufficienza aortica) e, inoltre, fra di loro combinati (es.: vizio mitro-aortico). E’ evidente che tali quadri divengono complessi e i segni e sintomi, appartenenti alle singole valvulopatie, si embricano fra di loro. D’altra parte ciò che viene richiesto al medico di medicina generale è una conoscenza dei segni e sintomi, così come viene qui esposta, in modo che il loro rilievo induca il medico ad un approfondimento specialistico.

STENOSI AORTICA

Ve ne sono di 4 tipi (fig. pag 426): sopravalvolare (in giallo), valvolare (in arancio), sottovalvolare membranosa congenita (in azzurro) e sottovalvolare muscolare (stenosi subaortica ipertrofica idiopatica o cardiomiopatia ostruttiva) (in rosso).

La fig. a pag 422 evidenzia un caso di stenosi valvolare: a sinistra (A) la saldatura dei lembi valvolari aortici (da parte del processo endocarditico, con restringimento dell’apertura valvolare). A destra (B) è visibile il tipo di soffio (mesosistolico, da eiezione, a diamante), udibile sul focolaio aortico che si irradia lungo la direttice vasi del collo-base del cuore, evocato dal passaggio del sangue attraverso la valvola aortica stenotica (C). La pressione arteriosa sistemica (D) è diminuita e ciò è percepibile attraverso un polso arterioso piccolo. La Fig. pag 423 mostra con maggiori dettagli:

- il polso tardo con salita e discesa lenta,- il click di eiezione aortica (schiocco di apertura delle semilunari),- il soffio mesosistolico che si ascolta, oltre che sul focolaio aortico, anche

sul punto di Erb (3° spazio intercostale sinistro, sulla margino-sternale) all’apice del cuore e sui vasi del collo,

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Page 57: Riassunti Dioguardi

STENOSI POLMONARELa Fig a pag 429 evidenzia la stenosi polmonare, la presenza di un soffio

sistolico (la cui intensità è proporzionale al grado di stenosi) udibile sul focolaio di ascoltazione della polmonare (2° spazio intercostale sinistro, sulla margino-sternale), lo sdoppiamento del II° tono (vedi anche Fig pag 369).

INSUFFICIENZA MITRALICALa mancata chiusura completa della valvola mitrale produce, durante la sistole

ventricolare, oltre al fisiologico passaggio di sangue dal ventricolo nell’aorta, anche un rigurgito di sangue nell’atrio sinistro, la cui entità è tanto maggiore quanto maggiore è l’incontinenza valvolare. La fig. 2 di pag. 437 mostra il soffio olosistolico, con andamento a plateau.Le cause di insufficienza mitralica sono molteplici:

- endocardite reumatica o batterica (processo endocarditico con alterazioni e retrazione dei lembi valvolari),

- rottura di una o più corde tendinee (fig. pag 445); tale evenienza può essere determinata da lesioni ischemiche o batteriche,

- da disfunzione o rottura dei muscoli papillari; essi, con la loro contrazione durante la sistole ventricolare, accorciano l’apparato muscolo-tendineo e impediscono un prolasso dei lembi mitralici nell’atrio (Fig a pag. 448 in alto). Una loro disfunzione per infarto di un muscolo papillare (fig. al centro), o per dilatazione del ventricolo sinistro (Fig. in basso), produce insufficienza mitralica e rigurgito sistolico in atrio sinistro.

INSUFFICIENZA TRICUSPIDALICAE’ raro che avvenga per alterazione “endocarditica” della tricuspide. Nella

maggior parte dei casi, l’insufficienza tricuspidalica è il risultato:- di uno sfiancamento del ventricolo destro secondario a cardiopatia

polmonare cronica o- a seguito di una valvulopatia mitralica scompensata, che, dopo aver

impegnato per un certo tempo il circolo polmonare, con una anamnesi positiva per numerosi edemi polmonari, si “tricuspidalizza”. Tale tricuspidalizzazione avviene per lo scompenso del ventricolo destro e induce una riduzione o scomparsa del numero degli episodi di edema polmonare, (che si possono realizzare solo se il ventricolo destro riesce a far fronte alla ipertensione venosa polmonare, indotta dalla stenosi mitralica). Oggi, con la riduzione drastica del reumatismo articolare acuto associato alla frequente correzione chirurgica della valvulopatia mitralica, questi quadri non sono così frequenti come un tempo.

Come si può comprendere, i pazienti affetti da insufficienza tricuspidalica sono quasi sempre in condizioni cliniche piuttosto precarie.I segni acustici della insufficienza tricuspidalica sono:

- soffio olosistolico da rigurgito che si ascolta sul focolaio della tricuspide,

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- sdoppiamento del II° tono per precoce chiusura della semilunare polmonare.Sono presenti, inoltre, a causa della trasmissione delle pressioni intratriali:

- un ingorgo delle vene giugulari, le quali appaiono turgide e presentano una pulsazione sincrona con il polso,

- una epatomegalia dolente con una pulsazione epatica, (percepibile ponendo le due mani a piatto sulla cute addominale corrispondente alla superficie epatica, anch’essa sincrona con il polso.

La fig. di pagina 452 mostra come le variazione pressorie, che si sviluppano nel ventricolo destro, vengono trasmesse sia alle vene giugulari che al fegato, rivelando il caratteristico polso giugulare e il polso epatico.

STENOSI MITRALICASi realizza per fusione dei lembi valvolari, Questa valvulopatia impegna nelle

prime fasi il sistema venoso polmonare che, mediante un ipertono compensatorio, tenta di forzare la progressione del sangue attraverso l’ostio mitralico stenotico. Quando la stenosi raggiunge una certa entità, la riduzione della gittata cardiaca conferisce al paziente una caratteristica “facies mitralica”, (colorito cianotico al volto e soprattutto alle gote). Il paziente presenta dispnea, dapprima da sforzo poi anche a riposo ed episodi di edema polmonare. Successivamente, quando il ventricolo destro, impegnato a far fronte all’aumento della pressione venosa polmonare, inizia a scompensarsi, gli edemi polmonari tendono a scomparire, ma le condizioni del paziente si aggravano, in quanto lo scompenso cardiaco è totale.I segni acustici, udibili sul focolaio mitralico, sono i seguenti:

- accentuazione del I° tono, per schiocco di chiusura della mitrale, - sdoppiamento del II° tono per schiocco di apertura della mitrale,- soffio o rullio meso-diastolico da eiezione, perché il flusso è anterogrado,- modesto soffio proto-diastolico (o presistolico), dovuto alla contrazione

atriale, non udibile quindi in presenza di fibrillazione atriale.Sul focolaio di ascoltazione della polmonare, quando, a causa dell’ipertensione

venosa polmonare, si realizza un’ipertrofia ed una dilatazione del ventricolo destro, si può udire un soffio diastolico (di Graham Steell), accompagnato da un aumento del II° tono, da violenta chiusura delle semilunari.

Riassumendo, la storia che racconta un soggetto affetto da stenosi mitralica è dapprima una storia di dispnea, prima da sforzo, poi anche a riposo, che diviene sempre più grave, fino a sviluppare episodi di edema polmonare, con emoftoe. Successivamente, dopo la tricuspidalizzazione, compaiono i segni dello scompenso destro (vene giugulari turgide, fegato da stasi, edemi agli arti inferiori).

STENOSI DELLA TRICUSPIDEE’ una valvulopatia piuttosto rara e spesso coesiste in soggetti con

valvulopatia mitralica. La caratteristica è l’assenza di sintomi polmonari (dispnea da sforzo, a riposo, edemi polmonari) e la presenza dei segni e sintomi dello scompenso destro (vene giugulari turgide, fegato da stasi, edemi agli arti inferiori).

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Sull’area tricuspidalica si ascolta un rullio diastolico con un rinforzo presistolico da contrazione atriale (che scompare in caso di fibrillazione atriale) ed un II° tono sdoppiato per lo schiocco di apertura della tricuspide.

INSUFFICIENZA AORTICAAlla diagnosi di questa valvulopatia si giunge frequentemente dopo aver

diagnosticato una pressione arteriosa caratterizzata da un aumento della “pressione differenziale”. Si realizza un’abnorme aumento della sistolica (> di 150 mmHg) cui si associa un’abnorme diminuzione della diastolica (< 70 mmHg). Questa caratteristica pressoria, che si riscontra anche nella persistenza del dotto arterioso di Botallo o quando è presente una fistola artero-venosa periferica (purchè abbia un grado di shunt ematico piuttosto significativo), è in relazione al fatto che il reflusso diastolico di una certa quantità di sangue dall’aorta al ventricolo sinistro, (o attraverso il dotto arterioso di Botallo rimasto pervio, o attraverso una fistola artero-venosa periferica) produce un collasso diastolico delle arterie. L’ipertensione sistolica è dovuta alla maggior quantità di sangue (alla quota fisiologica si aggiunge la quota refluita attraverso la valvola insufficiente) espulsa dal ventricolo sinistro.

La Fig a pag 464 mostra a sinistra il rigurgito di sangue dall’aorta al ventricolo sinistro che avviene in fase diastolica. La fig. a destra sintetizza i segni e sintomi:

- soffio diastolico in decrescento (da rigurgito) che inizia subito dopo il II° tono, si ode bene sul punto di Erb (para-sternale sinistra al 3° spazio intercostale), ma anche sul focolaio aortico (para-sternale destra al 2° spazio intercostale),

- soffio meso-diastolico con accentuazione presistolica (di Austin Flint) alla punta, dovuto al lembo anteriore della valvola mitrale preso fra due flussi di sangue: quello fisiologico dovuto al sangue proveniente dall’atrio sinistro e quello patologico che rigurgita dall’aorta;

- il polso scoccante con rapida ascesa e rapida discesa, meglio visibile nella fig. di pag. 468 in basso, dove è possibile osservare la parte discendente del polso sfigmico, caratterizzata da una rapidissima discesa e dalla scomparsa dell’onda dicrota (l’onda è dovuta alla chiusura delle semilunari). Il polso prende il nome di “polso celere” per le caratteristiche di celerità sia nella ascesa che nella discesa, e si percepisce come un colpo secco (polso di Corrigan o “a martello ad acqua”);

- l’elevata pressione differenziale si ripercuote anche sui capillari: premendo un vetrino contro le labbra o premendo lievemente sul letto ungueale delle dita si assiste ad un alternarsi di un arrossamento ed un impallidimento, sincrono con il polso (“polso capillare di Quinke”).

INSUFFICIENZA POLMONAREPuò essere congenita o acquisita. E’ udibile un soffio diastolico in decrescendo

sul focolaio di ascoltazione della valvola.

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Page 60: Riassunti Dioguardi

SOFFIO CONTINUOE’ un soffio che persiste senza interruzione sia in sistole che in diastole ed e’

tipico di shunt tra vasi. Le condizioni in cui si ode sono: la pervietà del dotto arterioso di botallo, soffio tiroideo nell’ipertiroidismo, fistole arterovenose.

SOFFI CARDIACI NON PATOLOGICIStudi condotti nell’infanzia dimostrano che un ragazzo su due può essere

portatore di un soffio innocente che può persistere per anni o scomparire. Tutti i soffi ritenuti innocenti debbono essere indagati con opportune indagini (in particolare ecocardiografia), per escludere o confermare la loro innocenza.

SOFFI RELATIVISono causati dalla dilatazione delle camere cardiache e non sono dovuti a

valvulopatie. Esempi sono:- il soffio olosistolico puntale da insufficienza mitralica a seguito di

dilatazione del ventricolo sinistro, frequenti in soggetti affetti da ipertensione arteriosa di lunga data ;

- il soffio olosistolico margino-sternale sinistro da insufficienza tricuspidalica secondaria a dilatazione del ventricolo destro, frequenti in soggetti affetti da cardiopatia polmonare cronica scompensata.

I soffi relativi, a differenza dei soffi organici, possono scomparire a seguito di trattamenti terapeutici in grado di ridurre la dilatazione delle camere interessate.

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Page 61: Riassunti Dioguardi

SEMEIOLOGIA DEI VASI ARTERIOSIISPEZIONE

E’ rivolta allo stato della cute e degli annessi cutanei, che, in caso di insufficiente irrorazione, presentano, in particolare nelle parti più distali, modificazioni del trofismo (pallore, riduzione della temperatura, secchezza della cute, atrofia muscolare, caduta dei peli, ulcerazioni, gangrena). I territori più frequentemente colpiti sono gli arti inferiori, in particolare il piede.

PALPAZIONEPermette di apprezzare l’onda sfigmica che la sistole ventricolare trasmette

alle arterie. Le sedi più agevoli sono quelle che presentano una certa superficialità dell’arteria ed un piano osseo sottostante, sul quale esercitare una compressione per rilevarne le impressioni. Il polso radiale presenta le due caratteristiche e rappresenta la sede privilegiata per la valutazione dell’attività cardiaca. Inoltre, a ragione della sua importanza, l’esame del polso radiale solitamente precede qualsiasi manovra semeiologica sul paziente, e si accompagna alla raccolta ispettiva delle prime rilevazioni generali (decubito ecc.). La sede dell’arteria radiale è quella immediatamente prossimale all’articolazione radio-carpica; la palpazione viene eseguita con 3 polpastrelli (indice, medio ed anulare) della mano destra se si palpa l’arteria sinistra e viceversa. Per la valutazione corretta della frequenza cardiaca, si attende qualche minuto per lasciar spegnere il transitorio aumento della frequenza, indotto dalla preoccupazione del paziente all’inizio della visita.

CARATTERI DEL POLSO ARTERIOSOFrequenza (polso frequente, raro) e ritmo (ritmico, aritmico) (vedi aritmie).Volume. In relazione alla forza di contrazione miocardica, alla gittata cardiaca, alla pressione arteriosa: ampio (da sforzo fisico, emozioni) o, al contrario, piccolo (post-emorragico), fino al polso filiforme (nello shock).Celerità. In relazione alla velocità di ascesa e di discesa: celere (polso scoccante nell’insufficienza aortica, anche nell’ipertiroidismo di grado elevato), tardo (vedi stenosi aortica). Simmetria. Per volume: isosfimici, anisosfigmici; per sincronia: sincroni, asincroni. Il polso anisosfigmico permette il sospetto diagnostico di una occlusione parziale a carico di una delle arterie del lato in cui si percepisce la riduzione di ampiezza. Alternanza. Nell’insufficienza ventricolare sinistra è possibile percepire variazioni dell’ampiezza da una pulsazione all’altra (fig. a pag 603), per variazioni della forza di contrazione miocardica, pur rimanendo il ritmo inalterato. Il polso si definisce alternante e si distingue dal polso bigemino da bigeminismo extrasistolico (nel quale il battito prematuro può avere una minore forza di contrazione) in quanto quest’ultimo è aritmico (vedi aritmie).

SEDI DI RILEVAMENTO DEI POLSI ARTERIOSIOltre al polso radiale, vi sono numerose altre sedi dove rilevare le pulsazioni

arteriose. Esse non devono essere tralasciate nell’esecuzione dell’esame obiettivo

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Page 62: Riassunti Dioguardi

generale, in quanto possono fornire elementi preziosi per la diagnosi precoce di arteriopatie.

Le sedi più importanti sono: le arterie carotidi, le brachiali, le femorali, le arterie poplitee, le tibiali posteriori e le poplitee. Le fig a pag 594 e 595 mostrano le manovre corrette per la loro palpazione.

ASCOLTAZIONEPermette la diagnosi di stenosi arteriose, attraverso l’ascoltazione di un soffio

evocato dal passaggio del flusso ematico nella sede stenotica.Rilevazione della pressione arteriosa mediante i toni di Korotkoff.

L’ascoltazione permette inoltre di valutare con grande accuratezza la pressione arteriosa, parametro clinico di enorme importanza, utilizzando lo sfigmomanometro di Riva-Rocci. Esso rimane oggi l’apparecchio di riferimento per la sua precisione e affidabilità e su di esso vengono tarati gli altri apparecchi non a mercurio.

In un manicotto di gomma, inserito in un bracciale, posizionato intorno al braccio in modo da lasciare libera la piega del gomito, viene insufflata dell’aria. La grandezza del bracciale per un individuo adulto non obeso è di 12-13 cm x 35 cm, grandezza che viene ridotta per l’età pediatrica o aumentata in caso di obesità. La pressione che viene ad esercitarsi all’interno del manicotto viene trasmessa, attraverso un tubo, ad un manometro a mercurio, in grado di registrare il livello pressorio su una scala graduata da 0 a 300 mmHg. La tecnica è ben rappresentata nella fig a pag 611. Il braccio, in posizione distesa, viene posizionato all’altezza del cuore. La testa del fonendoscopio viene situata alla piega del gomito per l’ascolto dei toni di Korotkoff, mentre la mano palpa l’arteria radiale. Quando la pressione dell’aria insufflata nel manicotto supera quella dell’arteria omerale, quest’ultima collabisce completamente e si blocca il flusso del sangue. Inducendo una lenta deflazione del manicotto, nel momento in cui la pressione eguaglia e, subito dopo, si riduce rispetto a quella presente nell’arteria, inizia il passaggio del sangue solo in fase sistolica, che si associa al primo tono di Korotkoff, e alla contemporanea percezione del polso radiale. Tale livello segna la pressione sistolica. Continuando la deflazione del manicotto si ascoltano gli impulsi sistolici, dapprima ad intensità crescente, poi decrescente, fino al punto in cui essi non si odono più. La loro scomparsa (V° tono di Korotkoff), e non il loro attutimento, segna il livello della pressione diastolica, che nei soggetti ipertesi è oggi divenuto un parametro di importanza pari o superiore a quello sistolico. La misura della pressione arteriosa ai due lati permette di individuare, quando i valori non sono uguali, alterazioni arteriose (restringimenti, stenosi) a carico del territorio arterioso dove si rilevano valori significativamente minori.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si definisce iperteso un soggetto che presenta, senza terapia anti-ipertensiva, valori > di 140/90. E’ però fortemente raccomandato che i valori siano inferiori a 130/85 in quanto studi epidemiologici hanno dimostrato che il rischio di complicanze vascolari (in particolare vasculopatie cerebrali e miocardiche) è aumentato anche al di sopra di

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Page 63: Riassunti Dioguardi

130/85. Per tale motivo i valori sistolici compresi fra 130 e 139 e diastolici fra 85 e 89 mmHg, vengono considerati “normali-elevati”.

SOFFI VASCOLARI.Possono essere di due tipi: trasmessi o autoctoni.

I soffi trasmessi derivano generalmente da vizi valvolari cardiaci (il soffio sistolico della stenosi aortica si trasmette alle arterie carotidi).I soffi autoctoni derivano da alterazioni insite delle arterie e sono in relazione a:- aneurismi, cioè dilatazioni sacculari della parete arteriosa;- stenosi arteriose generalmente a seguito di placche arteriosclerotiche;- fistole arterovenose.Le sedi di ascoltazione sono: le arterie carotidi, le arterie vertebrali, la aorta addominale in tutta la sua lunghezza, le arterie renali, le arterie femorali. Le figure a pagina 616 mostrano la sede corretta per la ascoltazione delle arterie del collo.La disponibilità di sofisticate tecniche per la esplorazione del flusso arterioso (eco-doppler) permette di confermare o escludere una patologia delle arterie.

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SEMEIOLOGIA DEI VASI VENOSIISPEZIONE L’ispezione del sistema venoso permette di rilevare la presenza di:- distensioni venose , segno di aumento della pressione venosa. Essa può essere

indice di stasi, da ostacolato ritorno venoso, come avviene osservando le vene giugulari nello scompenso cardiaco destro; in questo caso il turgore sarà accompagnato da pulsazione sincrona con il polso, a causa della trasmissione della pressione atrio-ventricolare destra in un soggetto tricuspidalizzato (vedi insuff. tricuspidale). Il turgore giugulare viene aumentato mediante compressione della area epatica (reflusso epato-giugulare)

- ectasie venose non pulsanti (varici). - circoli collaterali (fig. pag 676) (porta-cava, cava-cava, da occlusione della cava

superiore, da trombosi venosa con edema nel territorio a valle)

PALPAZIONELa palpazione consente di seguire il decorso di una vena, palparne la consistenza (in caso di trombizzazione si evidenzia un “cordone” di consistenza aumentata) e di stabilire la direzione della corrente sanguigna. Quest’ultima metodoca è bene espressa nella figura di pagina 656. E si utilizza in particolare quando i reticoli venosi sono particolarmente evidenti (fig pag 676 e 680).

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Page 65: Riassunti Dioguardi

SEMEIOTICA DELL’APPARATO DIGERENTE

ANATOMIA DI SUPERFICIE DELL’ADDOMEparte anteriore: corrisponde all’area sottostante il diaframma. Si considerano linee verticali ed orizzontali che formano importanti riferimenti per la anatomia topografica di superficie.Le linee verticali sono due (pag. 663 figura a sinistra):- linea mediana o linea alba o linea xifo-pubica,- linea paracentrale situata a metà tra la linea mediana e quella che passa per la

spina iliaca anteriore superiore. Nell’emiaddome destro l’intersezione fra detta linea e l’arcata costale avviene al livello della IX cartilagine costale e identifica il “punto paracentrale” che corrisponde al fondo della colecisti.

Le linee orizzontali sono quattro (pag. 663 figura a destra):- linea xifo-sternale, che attraversa il punto xifo-sternale,- linea transpilorica, situata a metà tra l’apice della sinfisi pubica e la fossetta

giugulare del manubrio dello sterno. Identifica nel suo punto medio il corpo della prima vertebra lombare, il piloro, la flessura duodeno-digiunale, l’asse celiaco e le arterie renali

- linea ombelicale trasversa che, in soggetti non obesi, identifica nel suo punto medio, la quarta vertebra lombare,

- la linea transtubercolare situata a metà tra la linea transpilorica e quella della sinfisi pubica. Attraversa i due tubercoli iliaci e, nel suo punto medio, identifica la quinta vertebra lombare.

-QUADRANTI E REGIONI ADDOMINALI

L’addome può essere diviso in quattro regioni (delimitate da due linee) o in nove regioni (delimitate da quattro linee).Suddivisione in quattro regioni o quadranti: la linea verticale corrisponde alla linea mediana, la linea orizzontale corrisponde alla linea ombelicale. La denominazione dei quadranti (fig. pag. 665) è la seguente: addome superiore destro, superiore sinistro, inferiore destro e inferiore sinistro. La distribuzione degli organi è la seguente: - quadrante superiore destro: fegato, colecisti, duodeno, testa del pancreas, rene

destro, flessura epatica del colon;- quadrante superiore sinistro: stomaco, milza, rene sinistro, corpo e coda del

pancreas, flessura splenica del colon;- quadrante inferiore destro: intestino ceco, appendice, tuba e ovaio destro; - quadrante inferiore sinistro: sigma, tuba e ovaio sinistro; - strutture mediane: vescica, utero.Suddivisione in nove regioni (fig. in basso pag 666)Le due linee orizzontali sono rappresentate dalla transpilorica e transtubercolare (fig. pag 664) mentre le linee verticali sono le paracentrali, destra e sinistra. La denominazione delle nove regioni è la seguente:- fascia superiore: ipocondrio destro, epigastrio, ipocondrio sinistro;- fascia media: fianco destro, mesogastrio o zona periombelicale, fianco sinistro;

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Page 66: Riassunti Dioguardi

- fascia inferiore: fossa iliaca destra, ipogastrio, fossa iliaca sinistra.

ISPEZIONEValutare:- la presenza di cicatrici da pregressi interventi chirurgici, e qualsiasi altro tipo di

modificazioni della cute,- se vi sono prominenze asimmetriche (fig pag 675)- se l’addome è globoso, (fig pag 675) l’eventuale presenza di meteorismo, di

versamento ascitico (addome svasato ai lati, batraciano, cioè simile a quello della rana), con cicatrice ombelicale pianeggiante, o addirittura, estroflessa, presenza di circoli collaterali tipo “caput medusae” - fig pag 676), oppure la globosità fa parte di uno stato di obesità generalizzato o prevalentemente addominale (cicatrice ombelicale introflessa). L’addome globoso deve far sempre sospettare la presenza di una eventuale occlusione intestinale (fig pag 678 e 679).

PALPAZIONEPuò essere superficiale o profonda, si esegue con la mano a piatto sull’addome, esplorando i vari settori e si prefigge due obbiettivi:- localizzare dolori spontanei o provocati- localizzare gli organi addominali esplorabili e svelare la presenza di eventuali

masse abnormi.Non sempre la palpazione dell’addome è agevole in quanto soggetti

particolarmente sensibili possono opporre una certa resistenza mediante la contrazione dei muscoli addominali. Per questi motivi l’addome può definirsi trattabile o poco trattabile.Palpazione del fegato. La fig. a pag. 668 (in alto a sin) mostra la proiezione del fegato sulla parete anteriore, mentre la fig a pag 682 rivela la corretta palpazione bimanuale. Un fegato di grandezza fisiologica può essere palpato nel suo margine inferiore solo se si invita il paziente a compiere una profonda inspirazione che determina la discesa del viscere. Questa manovra permettere di percepire la consistenza, oltre alla presenza di eventuali irregolarità. Un fegato di consistenza normale (che si definisce “parenchimatosa”) può sfuggire alla palpazione, mentre l’aumento della consistenza (parametro clinico di grande importanza) si percepisce agevolmente. E’ bene seguire il margine inferiore in tutta la sua estensione, fino al confine sinistro. In caso di epatomegalia si usa definire il suo grado utilizzando le “dita trasverse” dall’arcata costale (fig pag 734). Le condizioni cliniche più frequenti in grado di dare epatomegalia di consistenza aumentata sono le epatopatie croniche in evoluzione cirrogena. Palpazione della milza. La fig. a pag. 668 (in basso a dx) mostra la proiezione della milza sulla parete anteriore. Date le dimensioni fisiologiche dell’organo piuttosto ridotte, è difficile la sua palpazione che si esegue, in modo bimanuale, come mostrato nelle fig a pag 683. Viceversa la palpazione assume un grande valore semeiologico nelle spenomegalie, potendo valutare la grandezza e la consistenza

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Page 67: Riassunti Dioguardi

dell’organo. La evenienza clinica più frequente per il riscontro di una splenomegalia di consistenza aumentata sono le epatopatie croniche in evoluzione cirrogena.

PERCUSSIONELa presenza di una discreta quantità di aria nelle anse addominali conferisce

alla percussione dell’addome un suono “timpanico”, in particolare sull’area di Traube, sede della proiezione della bolla gastrica (fig pag 687). La percussione si esegue a paziente supino, generalmente in modo “raggiato” partendo dall’ombelico e procedendo verso la periferia. Una ottusità diffusa deve far pensare alla presenza di liquido ascitico, in particolare se sono presenti i segni descritti all’ispezione (globosità, cicatrice ombelicale estroflessa ecc). Se il liquido è di modeste dimensioni esso si raccoglierà ai lati (fig pag 689 A) per cui è possibile trovare un timpanismo in regione para-ombelicale ed una ottusità periferica della quale è possibile demarcare il margine confinante con il timpanismo, grossolanamente rotondeggiante. Se il reperto non è netto si può far assumere al paziente un decubito (fig pag 689 B) sui fianchi, valutando, sempre con la percussione, lo spostamento dell’ottusità. Queste semplici manovre sono di grande importanza e permettono al medico, una volta posta la diagnosi di ascite, di eseguire una paracentesi esplorativa, senza ricorrere ad altre indagini strumentali. Nel caso invece il contenuto liquido è presente nelle anse intestinali, le manovre sovraesposte non permetteranno il dislocamento del liquido (fig pag 689 C,D).Delimitazione percussoria del fegato: La fig a pag 733 mostra come il margine superiore del fegato presenti un’area di ottusità relativa, corrispondente all’interposizione del polmone e situata a livello della quinta costa. Essa sconfina, 3-4 cm più in basso, verso l’area di ottusità assoluta, evocata dal compatto parenchima epatico sottostante. Per una valutazione globale della proiezione dell’organo sulla superficie cutanea, si faccia riferimento alle fig di pag 731 che evidenziano la morfologia di un fegato in un soggetto normotipo (con una altezza di circa 10 cm fra il margine superiore e quello inferiore e le modificazioni che subisce l’organo in relazione alla tipologia micro- o macrosplancnica del soggetto. Le 2 fig a sin di pag 732 mostrano la percussione della parte anteriore del torace sulla emiclaveare (massima altezza dell’ottusità di 10 cm) e della parete laterale sull’ascellare anteriore (massima altezza di 7 cm).Delimitazione percussoria della milza: la fig a pag 685 permette di comprendere come l’asse maggiore della milza sia grossolanamente parallelo alla decima costa, essendo il margine superiore situato a livello della nona costa e l’inferiore all’undicesima. Posto il paziente in decubito intermedio fra la posizione supina e il decubito laterale destro, una percussione debole (per evitare la risonanza timpanica dello stomaco e della flessura splenica del colon) dall’alto in basso sulle tre linee verticali (ascellare anteriore, media e posteriore) permetterà di valutare il margine superiore ed inferiore.

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ASCOLTAZIONESi possono ascoltare - borborigmi, gorgoglii dovuti all’attività peristaltica, che scompaiono in caso di

ileo paralitico- rumori vascolari, caratterizzati da soffi da stenosi (per es. di un’arteria renale o di

una arteria mesenterica) o da aneurismi dell’aorta addominale.

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Page 69: Riassunti Dioguardi

SEMEIOTICA NEUROLOGICA

Una buona conoscenza della semeiotica neurologica permette al medico di medicina generale di orientarsi in modo corretto nel labirinto delle forme morbose che si esprimono con segni e sintomi neurologici. Nella maggior parte dei casi essa si avvale di segni di facile esecuzione, ma di grande valore diagnostico, che permettono non solo di diagnosticare, ma anche di seguire nel tempo l’evoluzione dei fenomeni patologici. Inoltre la grande frequenza del coinvolgimento del sistema nervoso centrale da parte della patologia arteriosclerotica, soprattutto nella popolazione anziana, rende di fondamentale importanza la conoscenza dei segni più frequenti, per una diagnosi ed un trattamento precoce degli stati patologici.

RIFLESSI NERVOSILa loro evocazione è di grande importanza per definire la presenza ed il grado

della compromissione del sistema nervoso da parte di processi patologici. Vengono esplorati 3 settori: - il neurone afferente, centripeto, sensitivo, che conduce lo stimolo dalla periferia

(cute, mucosa, tendini) al centro,- il centro di riflessione, situato, a seconda dei riflessi, nel tronco encefalico o ai

vari livelli del midollo spinale,- il neurone efferente, centrifugo, motore, che conduce lo stimolo dal centro

all’organo effettore.Inoltre, l’evocazione dei riflessi permette di cogliere elementi indiretti sul grado di

controllo inibitorio esercitato dai centri nervosi corticali e, quindi, ottenere informazioni anche sullo stato funzionale dei centri nervosi corticali.

CLASSIFICAZIONE DEI PIU’ IMPORTANTI RIFLESSI

FISIOLOGICI- SUPERFICIALI O ESTEROCETTIVI

- Cutanei- Addominali- Cremasterico (nel sesso maschile)- Plantare

- Mucosi- Corneale- faringeo

- PROFONDI O PROPRIOCETTIVI- Tendinei

- Bicipitale- Tricipitale- Rotuleo- Achilleo

- Osteoperiostei

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- Radiale- Cubitale

PATOLOGICI- SUPERFICIALI O ESTEROCETTIVI

- Babinski

Importanti sono infine - il riflesso oculare - i riflessi sfinterici - il riflesso seno-carotideo- il riflesso oculo-cardiaco

RIFLESSI FISIOLOGICISUPERFICIALI O ESTEROCETTIVIRiflessi cutanei normali.

Riflessi addominali. A paziente supino e addome rilasciato si striscia la cute dell’addome con una punta e si ottiene una contrazione dei muscoli addominali nei settori superiori, medi ed inferiori, destro e sinistro.

Riflesso cremasterico. E’ possibile solo nel sesso maschile. Strisciando la cute della parte interna della coscia si ottiene la risalita del testicolo, per contrazione del muscolo cremasterico.

Riflesso plantare. Vedi BabinskiRiflessi mucosi normali.

Riflesso corneale. Sfiorando la cornea con l’estremità filiforme di un batuffolo di cotone o di garza, si ha la chiusura di entrambe le palpebre (ammiccamento). Neurone afferente è il trigemino (branca oftalmica), il neurone efferente è il nervo faciale (VII° paio). Se il riflesso è assente, ci si orienta verso una lesione del trigemino ed in questo caso, se il soggetto è vigile, non percepirà lo stimolo; se, viceversa, il riflesso induce un’ammiccamento solo nell’occhio controlaterale allo stimolo, ci si orienta verso una lesione del faciale e il paziente percepirà lo stimolo (ammenocchè non presenti anche una emianestesia).

Riflesso faringeo. Solleticando la mucosa faringea si ottiene una contrazione del faringe, fino ai conati di vomito.

RIFLESSI PROFONDI O PROPRIOCETTIVIRiflessi tendinei normali.

Riflesso bicipitale. (Fig. pag. 995 A). Ad arto lievemente piegato, si percuote alla piega del gomito il tendine del muscolo bicipite e si ottiene una contrazione del muscolo che provoca la rapida flessione dell’avambraccio sul braccio.

Riflesso tricipitale. (Fig. pag. 995 B). Percuotendo i tendini del tricipite al gomito, subito al di sopra dell’olecrano, si ottiene una contrazione del muscolo che produce un rapido movimento di estensione dell’avambraccio.

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Riflesso rotuleo. (Fig. pag. 995 C). A paziente seduto, con gambe ciondoloni, o a paziente supino, sollevando con una mano il ginocchio, si percuote il tendine del quadricipite subito al di sotto della rotula, e si ottiene un brusco movimento di estensione della gamba sulla coscia.

Riflesso achilleo. (Fig. pag. 995 D). Si pone il paziente in ginocchio sul bordo del letto, in modo che le gambe debordino da esso, (oppure, a paziente supino, tenendo con la mano il piede in leggera flessione) e si percuote il tendine di Achille, ottenendo una lieve estensione del piede sulla gamba. Riflessi osteoperiostei normali

Riflesso radiale. (Fig. pag. 997 in alto). Si percuote l’apofisi stiloide del radio con arto in posizione intermedia fra supinazione e pronazione e si ottiene una lieve flessione dell’avambraccio.

Riflesso cubitale. (Fig. pag. 997 in basso). Si percuote l’apofisi stiloide dell’ulna, con arto in posizione intermedia fra supinazione e pronazione, e si ottiene una lieve pronazione dell’avambraccio e della mano.

RIFLESSI PATOLOGICIRIFLESSI SUPERFICIALI O ESTEROCETTIVI

Segno o fenomeno di Babinski. E’ di grande importanza per svelare una lesione delle vie piramidali. Quando esso è assente, si parla di riflesso plantare normale che si evoca con un oggetto appuntito, a paziente supino, strisciando, dal basso verso l’alto, il margine esterno della pianta del piede e ottenendo la flessione delle dita (Fig. pag. 998 a). Se vi è una lesione delle vie piramidali, invece di ottenere una flessione, si ha una estensione dell’alluce (detta anche dorsiflessione) e, a volte, una apertura a ventaglio delle altre quattro dita (fenomeno di Dupré) (Fig. pag. 998 b).

Lo stesso fenomeno può evocarsi con le seguenti manovre, che possono essere eseguite da sole o associate alla precedente:- Segno di Oppenheim : (Fig. pag. 999 a sinistra) si fa scorrere con una certa

pressione il pollice e l’indice della mano destra dell’operatore sulla cresta tibiale dall’alto verso il basso.

- Segno di Gordon : (Fig. pag. 999 al centro) si stringono i muscoli gemelli.- Segno di Schaeffer : (Fig. pag. 999 a destra) si pizzica il tendine di Achille fra il

pollice e l’indice.

Elementi utili per una corretta interpretazione. L’evocazione del riflesso plantare normale va, in considerazione della diversa sensibilità individuale, da una quasi immobilità dell’arto stimolato alla flessione non solo delle dita del piede, ma anche del piede sulla gamba, gamba sulla coscia e coscia sul bacino. Queste risposte, che possono sembrare molto diverse fra loro, sono quindi da interpretarsi tutte come normali, e permettono all’operatore di adattare il livello di intensità della stimolazione alla sensibilità del paziente. Molta attenzione deve essere posta:- alla estensione (o dorsiflessione) dell’alluce che è il vero elemento patologico,

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- alla celerità con cui avviene tale estensione (rispetto alla risposta flessoria normale che è più lenta),

- al fatto che i muscoli della gamba non siano in stato di contrazione,- al fatto che una stimolazione intensa (o una stimolazione normale in individui

particolarmente sensibili) può far evocare una estensione dell’alluce che può essere interpretata erroneamente come patologica; è pertanto importante “tarare” l’intensità della stimolazione sul livello di sensibilità del paziente in esame.

- Il segno è presente quando l’arto è plegico per lesioni del primo motoneurone, ed è invece assente quando la plegia è dovuta al secondo motoneurone.

- Il segno si manifesta sempre dal lato leso, ma può anche essere presente dal lato sano, sebbene in modo meno evidente,

- in caso di risposte incerte è necessario ripetere più volte la manovra.

MODIFICAZIONI DEI RIFLESSIAl di fuori di particolari riflessi (Babinski) che evocano risposte vistosamente

differenti in condizioni fisiologiche o patologiche, nella maggior parte dei casi, in particolare se ci si riferisce ai riflessi tendinei o osteoperiostei, la differenza fra risposta normale e patologica consiste solo sull’intensità di evocazione. I riflessi saranno quindi normalmente eccitabili o presentare una risposta minore (riflessi ipoeccitabili o iporiflessia), nessuna risposta (abolizione dei riflessi o areflessia) o, al contrario, una risposta esagerata (riflessi ipereccitabili o iperriflessia). La differente risposta deve essere attentamente valutata nel contesto clinico in quanto preziose informazioni possono essere tratte per diagnosticare il livello della lesione nervosa. A causa del fisiologico stato inibitorio esercitato dal primo motoneurone sul secondo motoneurone (sede del centro effettore del riflesso), le lesioni corticali danno generalmente una disinibizione, e quindi una iperriflessia, mentre le lesioni midollari danno una iporiflessia fino all’abolizione dei riflessi. L’osservazione del tono muscolare può fornire ulteriori informazioni. Una lesione del primo motoneurone produce nell’arto leso un aumento del tono muscolare (paresi o paralisi spastica), viceversa una lesione del secondo motoneurone provoca una diminuzione o un’abolizione del tono (paralisi flaccida). Da notare che in presenza di estese e rapide lesioni cerebrali, coinvolgenti il primo motoneurone, si può avere nelle prime fasi una transitoria diminuzione o abolizione dei riflessi e del tono muscolare.

Riflesso oculare o pupillare. E’ stato fatto cenno in precedenza nel capitolo relativo al coma, che la presenza o l’assenza del riflesso pupillare è uno dei segni che permettono la classificazione del coma fra II° e III° stadio. L’arco diastaltico è dato dal nervo ottico (II° paio) come neurone afferente, il centro di riflessione è il nucleo di Edinger-Westphal dell’oculo-motore (III° paio) ed il neurone efferente è l’oculo-motore, che, provocando una costrizione dell’iride, produce miosi. Lo stimolo luminoso applicato ad una delle due pupille produce immediata miosi in entrambe le pupille. La miosi si ottiene anche con l’accomodazione e con la convergenza. Avvicinando all’occhio un oggetto si induce una accomodazione da vicino (riflesso miotico all’accomodazione) ed una convergenza dei globi oculari (riflesso miotico alla convergenza). La miosi viene indotta anche da uno stimolo parasimpatico. Infatti,

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per esplorare agevolmente il fondo dell’occhio, l’operatore deve indurre un blocco del parasimpatico con atropina, neutralizzando così il riflesso miotico alla luce che esplora la retina.

Il simpatico viceversa induce un aumento del diametro pupillare (midriasi). Il dolore, attivando il simpatico, induce midriasi (riflesso midriatico al dolore). Nella trattazione delle sindromi mediastiniche si è già fatto riferimento alla paralisi del simpatico cervicale che realizza la sindrome di Claude-Bernard-Horner (da compressione della catena gangliare e conseguente paralisi) caratterizzata da restringimento della rima palpebrale, enoftalmo e miosi (Fig. pag. 316).

E’ possibile che, a causa di processi patologici, il diametro ed i contorni delle due pupille non siano esattamente uguali. Si utilizzano i termini di - pupille isocoriche o anisocoriche se i diametri delle due pupille sono

rispettivamente uguali o diversi, - pupille isocicliche o anisocicliche se i contorni delle stesse sono rispettivamente

uguali o diversi.Segno di Argyll-Robertson. Dal momento che il riflesso alla luce segue vie

differenti dal riflesso all’accomodazione, è possibile avere una dissociazione fra le due risposte. Il segno è presente se, quando il paziente fissa un oggetto da vicino, si induce miosi, che non compare se si applica uno stimolo luminoso. Questa dissociazione può essere presente quando processi morbosi, soprattutto di natura luetica (tabe dorsale), abbiano colpito il mesencefalo.

Riflessi sfinterici: riflesso vescicale e anale. Sia la minzione che la defecazione sono riflessi spinali, con vie simpatiche che inibiscono le funzioni, e vie parasimpatiche che le facilitano. Tali riflessi tuttavia sono sottoposti alle influenze corticali che permettono il controllo volontario.

Riflesso della minzione: Vie simpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi ipogastrici, centro di riflessione a livello lombare L1-L4; funzione: la contrazione dello sfintere uretrale interno e l’inibizione del detrusore vescicale permettono il riempimento vescicale e inducono ritenzione; Vie parasimpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi splancnici, centro di riflessione a livello sacrale S2-S4; funzione: l’inibizione dello sfintere uretrale interno e la contrazione del detrusore vescicale permettono la minzione.

Riflesso della defecazione:Vie simpatiche: (afferenti ed efferenti) nervo ipogastrico, centro di riflessione a livello lombare (L1-L4); funzione: la contrazione dello sfintere anale interno ed il contemporaneo rilasciamento della muscolatura rettale permettono la ritenzione fecale.Vie parasimpatiche: (afferenti ed efferenti) nervi splancnici pelvici, centro di riflessione a livello sacrale S2-S4; funzione: un rilasciamento dello sfintere anale interno e la contemporanea contrazione della muscolatura rettale permettono la defecazione.Una lesione dei centri midollari (lesioni della cauda equina) producono ritenzione fecale, mentre una lesione al di sopra del midollo lombare produce incontinenza fecale.

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Riflesso del seno carotideo: (vedi sincope e manovre vagali nelle aritmie) Riflesso oculo-cardiaco: (la compressione dei bulbi oculari produce, attraverso

l’oculo-motore, III° paio) un’attivazione del tono parasimpatico (vedi manovre vagali nelle aritmie).

LE GRANDI SINDROMI NEUROLOGICHELa notevole frequenza della patologia arteriosclerotica cerebrale (cerebro-

vasculopatie) e della ipertensione arteriosa, uno dei più potenti fattori di rischio delle cerebro-vasculopatie, rende di grande rilevanza lo studio delle sindromi neurologiche, dovute nella maggior parte dei casi a questo tipo di patologia degenerativa. Una buona conoscenza dei principali segni e sintomi permette un loro riconoscimento precoce cui deve seguire un corretto trattamento terapeutico. Esse possono essere così schematizzate:· SINDROMI PIRAMIDALI - deficitaria- irritativa· SINDROMI ALTERNE- sindromi mesencefaliche- sindrome di Weber e varianti- sindromi pontine- sindromi bulbari· SINDROMI EXTRAPIRAMIDALI- le sindromi parkinsoniane- le coree, atetosi, emiballismo· SINDROMI CEREBELLARI· SINDROMI SENSITIVE MIDOLLARI· SINDROME MENINGEA· SINDROME VERTIGINOSA· SINDROMI TETANICHE

SINDROMI PIRAMIDALISono molto frequenti e si presentano con interessamento motorio, meno

frequentemente sensitivo. Il sistema piramidale è costituito da 2 ordini di neuroni: il I° moto-neurone o neurone centrale che origina dall’area motoria della corteccia cerebrale, antistante il solco centrale di Rolando (fig. pag. 1017 in alto e 1018), ed il II° motoneurone, che origina, per i nervi cranici, dai nuclei motori corrispondenti, per i nervi spinali dalle corna anteriori del midollo spinale.

I cilindrassi del I° motoneurone, provenienti dalla corteccia cerebrale, convergono nella capsula interna (Fig. pag. 1017 in basso e 1019). Nella figura si vede chiaramente come la rappresentazione dell’area motoria corticale mostra il cosiddetto “uomo rovesciato”, con grande rappresentatività per le strutture del capo e della parte superiore del tronco. La fig. a pag. 1025 (in basso a destra) mostra come le fibre destinate alla parte superiore del tronco si dispongono nel ginocchio della capsula interna, mentre quelle destinate alla parte inferiore sono disposte

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posteriormente. Le fibre decorrono quindi (Fig. pag. 1017 in basso) nel mesencefalo, ponte e bulbo, dove avviene l’incrociamento dei fasci nervosi (“decussatio”): l’80-90% di esse si incrocia e passa dalla parte opposta. Si formano quindi 2 fasci piramidali: il fascio piramidale diretto, contenente solo il 10-20% delle fibre, che continua, senza incrociarsi, nel cordone anteriore omolaterale del midollo; il fascio piramidale incrociato, contenente l’80-90% delle fibre, che, dopo l’incrocio, decorre nel cordone laterale del midollo del lato opposto. Entrambe i fasci terminano nelle corna anteriori del midollo, contraendo rapporti col il II° motoneurone. Quando il cilindrasse del II° motoneurone lascia il midollo e si immette nel nervo spinale, può decorrere con i nervi sensitivi.

Prima di descrivere le sindromi piramidali è bene definire i vari tipi di deficit motori che esse possono provocare:- paresi: deficit motorio parziale,- paralisi: deficit motorio totale,- monoparesi o monoplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ad un solo

arto (superiore o inferiore),- emiparesi o emiplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato all’arto

superiore ed inferiore di un solo lato (destro o sinistro),- paraparesi o paraplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ai due arti

superiori o ai due arti inferiori (se solo ai superiori può prendere il nome di diplegia),

- tetraparesi o tetraplegia: deficit motorio (parziale o totale) localizzato ai quattro arti (superiori ed inferiori).

SEDE DELLA LESIONE PIRAMIDALE E SEGNI/SINTOMI CORRISPONDENTILesioni corticali La fig. a pag. 1025 (in alto) mostra come una lesione corticale

nella zona pre-rolandica, situata al vertice, dove è localizzata l’area motoria per l’arto inferiore, produca una monoparesi o monoplegia localizzata all’arto inferiore controlaterale. Una lesione corticale localizzata in sede diversa produce un deficit motorio corrispondente al territorio di competenza, sempre controlaterale. In caso di lesioni vascolari, le arterie interessate sono diramazioni del circolo carotideo.

Lesioni capsulari (piuttosto frequenti). Se la lesione comprende tutta la capsula interna si ottiene una emiparesi o emiplegia (fig. a pag. 1025, in basso a sinistra). Una lesione parziale può dare danni parziali. In caso di lesioni vascolari, le arterie interessate sono diramazioni del circolo carotideo.

Lesioni del tronco (poco frequenti). Provocano le sindromi alterne. La fig. a pag. 1028 mostra le strutture del tronco encefalico: mesencefalo, ponte e bulbo, mentre la fig. a pag. 1029 mostra come la “decussatio” dei fasci piramidali dei nervi cranici avviene a livello più prossimale rispetto ai nervi spinali. Ciò spiega le cosiddette sindromi alterne che si evidenziano quando la lesione ha sede nel tronco. Infatti esse sono spesso caratterizzate da un deficit motorio dello stesso lato della lesione per i nervi cranici, mentre il deficit motorio è controlaterale per i nervi spinali.

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Vi sono alcuni stereotipi che prendono il nome degli Autori che li hanno descritti per la prima volta.

Fra le sindromi mesencefaliche ricordiamo la sindrome di Weber (lesione della zona in rosa della fig. pag. 1036), caratterizzata da paralisi dell’oculomotore (ptosi, midriasi, occhio deviato in basso e lateralmente) ed emiplegia controlaterale (Fig. pag. 1034); la sindrome di Parinaud, caratterizzata da paralisi coniugata dei movimenti oculari verticali (lesione della zona in giallo della fig. pag. 1036), la sindrome di Foville, caratterizzata da paralisi dei movimenti oculari coniugati laterali.

Fra le sindromi pontine ricordiamo la sindrome di Millard-Gubler, caratterizzata da paralisi del faciale dal lato della lesione e da emiplegia ed anestesia dal lato controlaterale (fig. pag. 1037), la sindrome di Foville- Millard-Gubler (fig. pag. 1038), in cui in aggiunta ai segni della precedente vi è paralisi dell’abducente e paralisi dello sguardo laterale.

Fra le sindromi bulbari ricordiamo la sindrome bulbare anteriore (fig. pag. 1040), caratterizzata da paralisi dell’ipoglosso (XII° paio) con lingua deviata dal lato leso mentre dal lato opposto vi è emiplegia ed emianestesia, e la sindrome bulbare posteriore (o sindrome di Wallemberg) caratterizzata dal lato della lesione da emianestesia al volto (da paralisi del trigemino), sindrome di Claude-Bernard Horner, segni cerebellari (atassia, vertigini, nistagmo) e paralisi del laringe e faringe (IX°, X° e XI° paio), dal lato opposto emiparesi e emianestesia termica e dolorifica.

Se la lesione è a livello della “decussatio” dei fasci piramidali (fig. pag. 1026), si può realizzare la cosiddetta “emiplegia crociata”: deficit dell’arto superiore dal lato della lesione e dell’arto inferiore controlaterale. In caso di lesioni vascolari, le arterie interessate sono le diramazioni del circolo vertebro-basilare.

EVOLUZIONE DELLE SINDROMI PIRAMIDALIL’evoluzione delle sindromi piramidali, quando di entità tale da lasciare esiti

permanenti, prevede una prima fase di tipo deficitario, seguita dopo 1-2 mesi, da una seconda fase di tipo disinibitorio, dominata da spasticità.

FASE FLACCIDA. La ricerca dei segni dipende dallo stato di coscienza del paziente. Si fa riferimento ad un paziente affetto da un interessamento motorio di un emisoma.Se è presente stato comatoso (che indica lesioni di notevole estensione, quasi sempre insorte improvvisamente, e, quindi, quasi sempre di genesi vascolare) è necessario andare alla ricerca dei segni focali (vedi classificazione del coma)1) deviazione coniugata degli occhi dal lato colpito da cui l’aforisma “il malato

guarda l’emisfero cerebrale leso”; tale segno guida a2) ricercare controlateralmente segni di emiplegia che, in un soggetto comatoso, sono

traditi da una maggiore ipotonia dei muscoli dell’arto superiore e dell’arto inferiore (il rilasciamento muscolare della coscia conferisce la falsa immagine di una coscia più voluminosa), una riduzione dei riflessi,

3) un segno importante, quando presente, è rappresentato dal “malato che fuma la pipa” quando, ad ogni atto espiratorio, vi è la fuoruscita di aria dalla commessura

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labiale dal lato emiplegico, a causa dell’ipotonia del muscolo orbicolare della bocca, innervato dal faciale.

Se il paziente è vigile, è possibile effettuare una ricerca molto più dettagliata dei segni.1) Deficit del faciale: ispettivamente si può notare il solco naso-genieno spianato dal

lato paretico. In caso negativo il paziente viene invitato a sorridere. La manovra evidenzia la presenza di asimmetrie nella rima orale. Indagini più fini consistono nell’invitare il paziente a soffiare o fischiare. Esse possono svelare più fini asimmetrie. Non sono presenti segni di compromissione del faciale superiore in quanto tale territorio riceve fibre anche dal lato controlaterale (fig. pag. 1116). In caso si tratti di pazienti che riferiscono solo segni di compromissione del faciale inferiore, eseguire sempre le manovre per discriminare se la compromissione è di tipo centrale (quindi dovuta a lesione cerebrale) o di tipo periferico (di natura extra-cranica, quasi sempre “a frigore”, da esposizione della guancia a infreddature, come succede a chi guida per ore con il finestrino abbassato). La discriminazione è molto semplice: si invita il paziente a chiudere gli occhi; se l’occhio del lato leso rimane aperto (lagoftalmo) (fig. pag. 1118) e il globo oculare devia verso l’alto (fenomeno di Bell), la genesi periferica della lesione è certa.

2) Presenza di disturbi del linguaggio (fino alla completa afasia) che accompagna le emiplegie destre nei destrimani, in quanto l’emisfero dominante è il sinistro, sede della lesione, mentre in una discreta percentuale dei mancini è presente nelle emiplegie dell’emisoma sinistro.

3) Deviazione della lingua dal lato leso, per prevalenza del muscolo genio-glosso sano.

4) Deficit dell’oculo-motore (III° paio) che provoca strabismo esterno, ptosi palpebrale e midriasi.

5) Deficit dell’abducente (VI° paio) che provoca strabismo interno.6) Deficit motorio dell’arto superiore, generalmente più interessato dell’arto

inferiore. Mano quasi sempre in pronazione. In caso di completa plegia è presente ipotonia muscolare, il paziente non è in grado di eseguire il minino movimento e l’arto sollevato cade pesantemente; in caso di paresi, facendo tendere le braccia orizzontalmente in avanti, il braccio del lato leso si abbassa progressivamente con le dita in semiflessione. Nei casi molto lievi e sfumati, si cerca di mettere in evidenza eventuali deficit con varie manovre (es.: valutando la forza durante la stretta delle mani dell’operatore ecc).

7) Deficit motorio dell’arto inferiore. Arto quasi sempre in rotazione esterna. In caso di completa plegia, è presente ipotonia muscolare ed il paziente non è in grado di eseguire il minino movimento. L’arto sollevato cade pesantemente. In caso di paresi la manovra di Mingazzini (fig. pag. 1021 in alto) e di Barrè (fig. pag. 1021 in basso) è positiva. Nei casi molto lievi e sfumati, si cerca di mettere in evidenza eventuali deficit con varie manovre (spingendo il ginocchio in basso, mentre si invita il paziente a sollevarlo o contrastando la flessione o la estensione del metatarso ecc)

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FASE SPASTICA. Inizia dopo 1-2 mesi dall’esordio dell’emiplegia. Mentre l’ispezione del volto generalmente non lascia intravedere segni particolari, per la scomparsa dei segni deficitari, i riflessi tendinei (rotuleo, bicipitale e tricipitale) sono esagerati mentre i cutanei sono conservati, diminuiti o aboliti.

SINDROMI EXTRAPIRAMIDALIIl sistema extrapiramidale è formato dalle seguenti strutture: corpo striato

(nucleo lenticolare e caudato), il globo pallido, il nucleo rosso e la sostanza nera.Delle sindromi extrapiramidali fanno parte: le sindromi parkinsoniane, le

coree, le atetosi, l’emiballismo, le mioclonie, le fascicolazioni e gli spasmi.La sindrome parkinsoniana è caratterizzata da:

- tremore a riposo (il segno più frequente), che diminuisce o scompare con i movimenti volontari, con scosse lente (4-6 al sec.); il pollice e l’indice si atteggiano “come per contar monete”.

- ipertono e rigidità muscolare, prevalente alla radice degli arti, presente con il movimento e che scompare a riposo. L’ipertono è responsabile del volto inespressivo (amimia del viso), del “fenomeno della ruota dentata” (quando si cerca di estendere il gomito, si provoca un movimento a scatti),

- bradicinesia ed acinesia: movimenti lenti, andatura difficoltosa, parola inceppata nella pronuncia di una frase, scrittura tremolante, piccola (micrografia)

- equilibrio incerto nella deambulazione, che perde la scioltezza, con tendenza a muoversi precipitosamente a piccoli passi.

Le sindromi coreiche sono caratterizzate da movimenti involontari, in particolare degli arti superiori, di grande ampiezza, disordinati, irregolari, privi di qualsiasi ritmo, che aumentano con l’emotività e cessano con il sonno. Si distinguono due forme: la corea di Sydenham, che colpisce i bambini ed ha una eziologia reumatica e la corea di Huntington, forma cronica degli adulti, ereditaria e che sfocia in progressiva demenza.

Nei rari casi in cui un insulto vascolare colpisca le strutture extrapiramidali, si può avere una corea (post-emiplegica), che diviene cronica.

Le atetosi sono caratterizzate da movimenti localizzati prevalentemente alle dita delle mani ed ai polsi (ma che possono interessare anche l’arto superiore), involontari, lenti, che scompaiono con il sonno, come tutte le ipercinesie extrapiramidali (fig. pag. 1046).

L’emiballismo è caratterizzato da movimenti violenti, che mimano l’atto di brandire un’arma o di scagliare una pietra, e che colpiscono una metà del corpo. Nel biballismo o paraballismo si ha il coinvolgimento generalizzato.

Le mioclonie sono caratterizzate da brusche scosse cloniche di un solo muscolo o di un gruppo di muscoli (arti, diaframma, laringe, faringe ecc), senza determinare movimento.

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Le fascicolazioni sono contrazioni spontanee di singole fibre muscolari, attivate a volte dalla percussione del muscolo, che si possono avere nella sclerosi laterale amiotrofica o nella poliomielite, e sono espressione di sofferenza del motoneurone.

Gli spasmi sono alterazioni spastiche del tono muscolare di gruppi muscolari (“torcicollo spastico” fig. pag. 1047).

SINDROMI CEREBELLARILe funzioni del cervelletto sono le seguenti:

- regolare il tono muscolare- coordinare i movimenti e l’equilibrio

Il deficit del tono muscolare viene evidenziato studiando la mobilità passiva agli arti superiori ed inferiori, che appaiono iperestensibili ed iperflessibili.La difficoltà a eseguire movimenti coordinati (atassia cerebellare) può essere indagata mediante prove semplici che svelano l’esagerazione dei movimenti e la mancanza di coordinamento.Prova della stazione eretta: il soggetto non riesce a mantenere la stazione eretta e tende a cadere. Il segno di Romberg consiste nel far tenere al paziente la posizione eretta a piedi uniti (tallone e punta). Il paziente atassico vacilla e perde l’equilibrio: può tendere a cadere in avanti (anteropulsione) indietro (retropulsione) di lato (lateropulsione destra o sinistra). La prova può essere sensibilizzata facendo porre i piedi uno davanti all’altro anziché uno accanto all’altro. La prova è positiva anche nelle lesioni midollari del cordone posteriore per mancanza della sensibilità propriocettiva proveniente da muscoli, tendini ed articolazioni.Prova della marcia: deambulazione a zig-zag, come può essere quella di un soggetto ubriaco.Prova indice-naso: (Fig. pag. 1052 A) il paziente viene invitato a estendere le braccia e, quindi, a toccarsi la punta del naso con l’indice delle due mani, alternativamente. Il dito tocca l’occhio o la guancia del lato opposto, indicando una esagerazione del movimento (dismetria o ipermetria). Prova calcagno-ginocchio: (Fig. pag. 1052 C) La stessa dismetria può essere messa in evidenza agli arti inferiori, invitando il paziente a toccarsi il ginocchio con il calcagno del piede opposto. Prova della estensione del tronco: (Fig. pag. 1053 A, B) se si invita il soggetto ad estendere il rachide indietro, il soggetto sano flette contemporaneamente gli arti inferiori per non spostare il baricentro e mantenere la posizione eretta. Il cerebellopatico non mette in atto questa accortezza, e tende a cadere all’indietro.Prove per svelare l’adiadococinesia: consiste in una serie di prove che indagano la coordinazione di movimenti complessi, quali abbottonarsi un indumento, toccare in rapida successione con il pollice i polpastrelli delle altre dita della stessa mano,

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eseguire rapidi movimenti (con entrambe le mani) di supinazione e pronazione delle stesse (Fig. pag. 1053 in basso). Prova del rimbalzo: (Fig. pag. 1054 ). Il soggetto è incapace a frenare il movimento di rimbalzo quando, invitato a flettere il suo avambraccio, bloccato dall’esaminatore, esso viene lasciato libero. Il soggetto sano è in grado di frenare, entro certi limiti, il rimbalzo dell’arto, il cerebellopatico urta il braccio con l’avambraccio.

SINDROMI SENSITIVE MIDOLLARILa sensibilità può essere di tipo superficiale o esterocettiva (cute), profonda o

propriocettiva (ossa, articolazioni, tendini e muscoli) ed enterocettiva (arterie e visceri)

Sensibilità esterocettiva. La fig. a pag. 1055, mostra i vari tipi di esterocettori e la loro dislocazione nella cute: sullo strato esterno di tipo tattile e dolorifico, nello strato intermedio di tipo termico, nello strato interno di tipo pressorio. L’esame delle sensibilità presuppone quindi una esplorazione con metodi diversi a seconda dei recettori esplorati. Per esplorare la sensibilità tattile si utilizzeranno oggetti morbidi (batuffolo di cotone, garza ecc), con i quali si sfiora la superficie cutanea esplorata. Per la sensibilità termica si utilizzeranno due provette da laboratorio contenenti rispettivamente acqua calda o fredda, e per la sensibilità dolorifica si utilizzerà uno spillo. Si invita il paziente a tenere gli occhi chiusi ed a riferire le sensazioni provate. Vengono identificate due diverse sensibilità esterocettive, le cui afferenze percorrono vie midollari diverse: - una sensibilità protopatica, di tipo diffuso, non differenziato, cui afferiscono

- le vie della sensibilità termica e dolorifica (il primo neurone termina nel corno anteriore, il secondo neurone si porta dal lato opposto del midollo, formando il fascio spino-talamico laterale)

- le vie della sensibilità tattile (il primo neurone termina nel corno anteriore, il secondo neurone si porta dal lato opposto del midollo formando il fascio spino-talamico anteriore)

- una sensibilità epicritica del tatto, di tipo fine, dotata di elevata capacità discriminatoria; le fibre del primo neurone risalgono i cordoni posteriori di Goll e Burdach; nel bulbo parte il secondo neurone e nel talamo il terzo.

-Sensibilità propriocettiva. Vi sono due tipi di sensazioni propriocettive:

coscienti ed incoscienti, con vie diverse di afferenza midollare. Le sensibilità propriocettive sono le seguenti:- sensibilità pressoria. Si esplora esercitando sul polpastrello di un dito una certa

pressione.- Sensibilità vibratoria o pallestesica. Si esplora (Fig. pag. 1065 in alto e in basso)

applicando la base di un diapason in vibrazione su una superficie cutanea sovrastante un piano osseo (sul dorso dell’alluce, sulla cresta tibiale, sulla rotula, sulle apofisi stiloidi del radio e dell’ulna, sulle apofisi spinose delle vertebre, ecc).

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E’ una prova di funzionalità dei fasci midollari posteriori e viene utilizzata in particolare quando si teme una lesione midollare.

- Sensibilità di posizione: si esplora mentre, con paziente ad occhi chiusi, si induce uno spostamento passivo di un segmento (l’alluce, il pollice, un arto ecc) e si invita il paziente a riferire la direzione dello spostamento (Fig. pag. 1065 a sinistra).

- Sensibilità stereognostica: ponendo in mano al paziente bendato un oggetto, lo si invita a descriverlo.

- Sensibilità discriminativa tattile esplora l’intervallo di due stimolazioni vicine contemporanee, attuate con un compasso. La fig. a pag. 1066 mostra la differenza fisiologica della sensibilità discriminatoria delle diverse zone (lingua, polpastrello, regione scapolare).

Sensibilità enterocettiva . Trasportano il dolore viscerale. Poiché le vie viscerali sono comuni a quelle sensitive somatiche vi è una proiezione del dolore viscerale in territori somatici (dolore riferito, fig. pag. 1061).

Le terminologie che si utilizzano nei disturbi della sensibilità (disestesie) sono le seguenti:

Iperestesia: accentuazione esagerata delle sensibilità.Parestesia: percezione alterata di tipo tattile (formicolio ecc.), termica (senso di

caldo, fino al bruciore, o freddo), dolorifica (punture di spillo ecc.) o propriocettiva (senso di pesantezza agli arti, sensazione di camminare sul cotone, senso di costrizione al torace o all’addome ecc.)

Anestesia, ipoestesia: perdita parziale (ipoestesia) o totale (anestesia) della sensibilità. Si distinguono vari tipi di anestesie:

· Un’anestesia totale che interessa la parte inferiore del tronco, bilateralmente, deve far pensare ad una lesione totale del midollo di tipo trasversale (forma molto rara, soprattutto se non traumatica). L’alternativa a questa forma è una polineurite (forma piuttosto frequente), dovuta a processi morbosi diversi (diabete, alcool, fumo, virus ecc.) ma che frequentemente si accompagna a parestesia.

· Un’anestesia termico-dolorifica che interessi un arto inferiore, associata ad una paralisi motoria dell’arto controlaterale con un’anestesia propriocettiva realizza la cosiddetta sindrome di Brown-Sequard da emilesione midollare (Fig. pag, 1074).

· Un’anestesia che interessi tutto il corpo deve far pensare ad una forma isterica.· Un’anestesia che interessi una piccola porzione monolaterale del corpo deve

essere indagata per capire se la lesione è localizzata a livello della radice spinale del nervo interessato (anestesia radicolare - Fig. pag. 1072) o colpisce un nervo lontano dalla sua emergenza spinale (anestesia tronculare). La distribuzione territoriale non è identica sia perché i nervi si suddividono nel loro percorso, sia perché i plessi nervosi possono modificare la distribuzione (Fig. a pag. 1071). Infatti, mentre la distribuzione territoriale del nervo alla radice è metamerica, quella tronculare è settoriale.

· Un’anestesia dissociata emerge quando processi patologici colpiscono il midollo:

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- se sono colpiti i cordoni posteriori del midollo (anestesia dissociata di tipo tabetico o sindrome dei cordoni posteriori) (Fig. pag. 1069 a sinistra) si ottiene una perdita della sensibilità propriocettiva (profonda) e tattile epicritica, ma rimane la sensibilità termico-dolorifica perché le vie nervose del dolore sono intatte (dolore folgorante dei tabetici, sia somatici che viscerali). Il paziente presenterà Romberg positivo (vedi sindrome cerebellare) e ariflessia rotulea ed achillea, per interruzione dell’arco riflesso. Questa sindrome è importante perché può insorgere, oltre che nella tabe dorsale (malattia luetica oggi molto rara) anche nell’anemia perniciosa (forma piuttosto frequente) e nelle forme posteriori della sclerosi a placche (forma meno frequente).

- Se è colpita la parte centrale della sostanza grigia del midollo (Fig. pag. 1069 a destra) (anestesia dissociata di tipo siringomielico o sindrome della commessura grigia), si ottiene la perdita della sensibilità termico-dolorifica (per interruzione delle fibre della sensibilità esterocettiva che incrociano la commessura grigia anteriore e formano i fasci spino-talamici anteriore e laterale del lato opposto), ma normale sensibilità propriocettiva profonda (per cui non vi è atassia).

SINDROME MENINGEAE’ caratterizzata dalla triade: cefalea, vomito cerebrale, contratture muscolari.

La cefalea è di tipo continuo, intensa, di tipo gravativo, che si accentua a seguito di stimoli tattili, luminosi, acustici. Il vomito è a getto, da ipertensione endocranica, non preceduto da nausea o conati. Le contratture muscolari sono caratteristiche e realizzano numerosi segni.- Il soggetto assume una posizione caratteristica: rannicchiato in decubito laterale,

con le gambe flesse sulle cosce e queste flesse sul bacino (Fig. pag. 1076 in alto).- I muscoli addominali sono contratti (addome a barca).- I muscoli della doccia vertebrale sono contratti, con incurvamento del corpo

all’indietro (presente anche nella sindrome tetanica).- Segno di Kernig: il paziente non riesce a mettersi seduto sul letto senza flettere le

ginocchia (Fig. pag. 1076 in basso). - Segno di Lasegue (presente anche nella sindrome sciatalgica): non si riesce a

sollevare l’arto inferiore in alto, in posizione estesa, come avviene nel soggetto normale (Fig. pag. 1077 in alto).

- Segno di Brudzinski (Fig- pag. 1077 intermedia): la flessione della testa provoca contemporaneamente flessione delle ginocchia.

- Rigidità nucale: la meningite, come anche l’emorragia subaracnoidea, producono una contrazione dei muscoli paravertebrali e degli estensori del collo, per cui la flessione del capo sul collo è impedita ed evoca dolore (Fig. pag. 1077 in basso).

- Alterazioni motorie: convulsioni, nistagmo, trisma, strabismo, anisocoria pupillare,

- Alterazioni sensitive: iperestesia, fotofobia, iperacusia.- Riflessi tendinei diminuiti o aboliti.

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Page 83: Riassunti Dioguardi

SINDROME VERTIGINOSAE’ caratterizzata da disorientamento soggettivo e obiettivo nello spazio. Viene

comunemente riferita come “giramento di testa”. Non deve però essere confusa con la sindrome lipotimica. E’ un sintomo di estrema frequenza, soprattutto nell’anziano ed è una delle cause più frequenti per cui viene chiamato il medico.

E’ frequentemente accompagnata da nausea, vomito, sudorazione, ipotensione, bradicardia. Le forme più importanti sono:- la vertigine rotatoria in cui il soggetto ha la sensazione che gli oggetti ruotino

intorno a sé (la più frequente),- la vertigine ondulatoria in cui la sensazione è quella del pavimento oscillante in

senso antero-posteriore o in senso laterale,- la vertigine sussultoria in cui la sensazione è quella di un movimento sussultorio

(come il movimento di un ascensore).Dal punto di vista ezio-patogenetico la sindrome vertiginosa può derivare:- da alterazioni del tronco encefalico (vertigine da causa centrale)- da alterazioni dell’organo dell’equilibrio (apparato oto-vestibolare) (vertigine da

causa periferica)- da turbe psicogene.Vertigini da causa centrale: le cause di gran lunga più frequenti sono dovute ad insufficienza vertebro-basilare. Seguono cause diverse quali tumori, sclerosi multipla, emicrania, epilessia e cause oculari.Insufficienza vertebro-basilare i nuclei vestibolari (Fig. pag. 1080) sono situati nel ponte e sono irrorati dalle arterie pontine, provenienti dall’arteria basilare e, quindi, dal circolo vertebrale. Una riduzione di flusso della circolazione vertebro-basilare può, quindi, realizzare una sindrome vertiginosa. E’ da notare che il passaggio della vertebrale nei fori trasversi da C6 a C2 (Fig. pag. 1081) può realizzare compressioni ab-estrinseco della medesima (a causa di movimenti del collo) a seguito di processi di artrosi cervicale, molto frequenti negli anziani. A questa possibilità, si aggiunge quella classica di occlusione da parte di placche arteriosclerotiche. Questo spiega la frequenza della sindrome vertiginosa da causa centrale nell’anziano.

Vi sono inoltre altre cause meno frequenti di insufficienza vertebro-basilare quali l’occlusione della succlavia (sindrome del furto della succlavia, sindrome dell’ipotensione ortostatica, vasculiti ecc).

Vertigine da causa periferica: sono di natura oto-vestibolare. Tutte le lesioni dell’apparato labirintico (di natura infiammatoria, vascolare, neoplastica) possono dare vertigini. Quando lo stato vertiginoso è accompagnato da acufeni e perdita dell’udito si realizza la cosiddetta sindrome di Ménière, caratterizzata da attacchi della durata di pochi minuti a ore, ad eziologia ignota.Vertigini da causa psicogena: stati ansiosi di una certa gravità, in particolare se associate ad iperventilazione, possono dare sindromi vertiginose.Si può abbozzare una serie di segni di qualche utilità per distinguere una sindrome vertiginosa da causa centrale o periferica:

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- orienta per una causa periferica: la presenza di acufeni, l’inizio improvviso, la breve durata, l’assenza di nistagmo, la presenza di patologia vestibolare.

- orienta per una causa centrale: l’assenza di acufeni, l’inizio subdolo, la lunga durata, la presenza di nistagmo, l’assenza di patologia vestibolare.

Il nistagmo è caratterizzato da un movimento oscillatorio degli occhi, a scosse in diverse direzioni (orizzontale, verticale, rotatorio). Può essere espressione di lesioni vestibolari o cerebellari.

LE SINDROMI TETANICHESono caratterizzate da spasmi dolorosi tonici dei muscoli, localizzati o diffusi,

per lo più simmetrici. Si distingue una crisi tetanica dalla tetania latente.La crisi tetanica è caratterizzata:

- da un’aura che apre la sintomatologia in cui è presente malessere generale, torpore psichico e parestesie agli arti,

- dagli spasmi tonico-clonici di vari gruppi muscolari fra cui:- i muscoli degli arti superiori ed inferiori che realizzano il cosiddetto spasmo

carpo-pedalico. Lo spasmo del carpo realizza la caratteristica “mano da ostetrico” (Fig. pag. 1086 a sinistra): il polso è flesso sul gomito, le articolazioni metacarpo-falangee sono lievemente flesse mentre le interfalangee sono estese, con il pollice addotto. Lo spasmo podalico dà l’inarcamento della superficie plantare dei piedi,

- i muscoli masticatori (trisma), - muscoli del viso (risus sardonicus), - i muscoli della nuca e del dorso (opistotono).

La tetania latente è dovuta alla diminuzione del calcio ionizzato nel sangue. Se lo spasmo carpo-pedalico non è presente, può essere slatentizzato con il segno di Trousseau (Fig. pag. 1086 a destra): si interrompe per 3 minuti il flusso sanguigno dell’arteria omerale mediante gonfiaggio del manicotto dello sfigmomanometro ad una pressione superiore alla sistolica. In caso di negatività della prova si può far seguire una iperventilazione con 30 atti respiratori per un minuto. L’alcalosi respiratoria indotta provocherà una riduzione del calcio ionizzato e faciliterà la comparsa dello spasmo.

TURBE DEL LINGUAGGIOSono denominate afasie e sono molto frequenti negli anziani e sono quasi

sempre espressione di cerebro-vasculopatie. Si distinguono due tipi di afasia, a secondo del territorio leso (Fig. pag. 1101):- afasia di percezione . Consiste nella mancata percezione delle parole udite, come

se si parlasse in lingua straniera. E’ dovuto a lesione del centro della percezione del linguaggio situato nell’area di Wernicke (parte posteriore del lobo temporale dell’emisfero sinistro nei destrimani). Quando si parla il paziente non reagisce perché non comprende.

- afasia di espressione . Consiste nell’incapacità di parlare pur con l’integrità dell’articolazione e della fonazione, mentre il soggetto comprende sia il

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Page 85: Riassunti Dioguardi

linguaggio parlato, sia il linguaggio scritto. E’ dovuto a lesione del centro del linguaggio articolato, situato nell’area di Broca, nel piede della terza circonvoluzione frontale. Quando si parla il paziente reagisce perché comprende, ma non si sa esprimere. E’ la forma più comune di turba del linguaggio, frequentemente associata a emiplegia destra nei destrimani.

Norme pratiche: se il paziente è afasico, si consiglia di far eseguire atti semplici, come “chiudi gli occhi” o “apri la bocca”. Se il paziente esegue si tratterà di una afasia di espressione, se non esegue, o risponde con frasi incongruenti, di una afasia di percezione (sordità verbale). In questo caso si pone una domanda scritta. Se continua a non comprendere, il paziente è affetto da cecità verbale o alessia. Possono essere associate altre alterazioni legate al linguaggio:- Acalculia: incapacità di fare calcoli- Agnosia: incapacità di riconoscere oggetti- Agrafia: incapacità di scrivere- Amnesia: perdita della memoria- Aprassia: incapacità di eseguire atti su ordine o su propria decisione.- Disartria: incapacità a pronunziare correttamente le parole per lesione di vari

settori (nervi cranici: VII° faciale, IX° glosso-faringeo, X° vago, XII° ipoglosso), cervelletto (coordinazione dei movimenti).

DISTURBI DELLA DEAMBULAZIONEVi sono alcuni disturbi di andatura che permettono di fare la diagnosi del tipo

di lesione che l’ha prodotta:- andatura falciante dell’emiplegico: quando il soggetto, dopo alcune settimane

all’evento, giunge nella fase spastica dell’emiplegia, l’arto colpito non riesce a flettersi per staccarsi dal suolo e rimane esteso. L’andatura è possibile solo con una circonduzione dell’arto leso (Fig. pag. 1126 in alto).

- Andatura affrettata o accelerata del parkinsoniano, a piccoli passi, “per correre dietro il proprio centro di gravità”.

- Andatura cerebellare: disordinata, incoordinata, a zig-zag, ora sui talloni, ora sulle punte.

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NORME PER LO SVOLGIMENTO E LA VERIFICADELL’ESAME AL COMPUTER

Le domande e le relative risposte di ogni disciplina compariranno in sequenza randomizzata. Ciò significa che, all’interno di ogni singola disciplina, la sequenza sia delle domande che delle risposte ad ogni domanda è diversa per ogni esame. Ciò permette una verifica dell’apprendimento molto più precisa e simula più realisticamente la realtà dei problemi clinici.

Valutazione degli errori.Supponiamo che una domanda presupponga le seguenti risposte esatte (e):

A (e)B C (e)D E (e)F Se la risposta è A,C,E = nessun erroreSe la risposta è A,B,C,D,E,F = 3 errori (B,D,F)Se non risponde a nessuna = 3 errori (A,C,E)Se la risposta è B,D,F = 6 errori (A,B,C,D,E,F)In altre parole vengono computati come errori non solo le risposte errate, ma anche le risposte mancate.

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Page 87: Riassunti Dioguardi

QUESTIONARIO DI SEMEIOTICA E METODOLOGIA MEDICA

IL DOLORE

1. Quali sono le caratteristiche del dolore somatico? È ben localizzabile (e)mal localizzabileÈ di tipo bidimensionale (e)È di tipo tridimensionaleCorrisponde alla sede dell’impulso algogeno (e)Si proietta anteriormente sulla linea medianaÈ di tipo trafittivo, puntorio (e)È di tipo sordo, ottuso, compressivoVaria con la posizione (e)Da un desiderio di “piegarsi in due”Da una rigidità muscolare riflessa (e)Si estende di riflesso a visceri contigui

2. Quali sono le caratteristiche del dolore viscerale?È ben localizzabilemal localizzabile (e)È di tipo bidimensionaleÈ di tipo tridimensionale (e)Corrisponde alla sede dell’impulso algogenoSi proietta anteriormente sulla linea mediana (e)È di tipo trafittivo, puntorioÈ di tipo sordo, ottuso, compressivo (e)Varia con la posizioneDa un desiderio di “piegarsi in due” (e)Da una rigidità muscolare riflessaSi estende di riflesso a visceri contigui (e)

3. E’ sempre possibile distinguere un dolore somatico da un dolore viscerale?Si No (e)

4. Il dolore evocato da una patologia cardiaca è di solito riferito:in regione dorsalein regione precordiale (e)in regione retrosternale (e)in regione addominale

5. Perché un dolore evocato da un infarto cardiaco può essere percepito anche (o addirittura esclusivamente) a livello mandibolare per cui si è portati a pensare in prima ipotesi ad un problema odontoiatrico?Perché alcuni nervi cardiaci, invece di afferire a metameri toracici, afferiscono a metameri cervicali, proiettando il dolore sul rispettivo territorio di competenza, in questo caso sul territorio C3 (e)Perché viene attivato un riflesso viscerale a visceri contigui

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Page 88: Riassunti Dioguardi

6. Perché un dolore evocato da un infarto cardiaco può essere percepito anche (o addirittura esclusivamente) all’arto superiore sinistro, dal lato ulnare, per cui si è portati a pensare in prima ipotesi ad un problema radicolitico?Perché alcuni nervi cardiaci, invece di afferire a metameri toracici, afferiscono a metameri cervicali, proiettando il dolore sul rispettivo territorio di competenza, in questo caso sul territorio C8-T1 (e)Perché viene attivato un riflesso viscerale a visceri contigui

7. Perché un processo patologico che interessa la cupola diaframmatica (sia sul versante toracico che su quello addominale) evoca un dolore in regione acromiale, sul margine anteriore del trapezio?Perché i nervi frenici, che innervano le due cupole diaframmatiche, entrano nei metameri cervicali. (e)Perché viene attivato un riflesso viscerale che coinvolge visceri contigui

8. Quale di queste forme di cefalea sono considerate forme primitive o essenziali o idiopatiche?Emicrania (e)Da meningiteCefalea a grappolo (Cluster headache) (e)Da sinusiteCefalea muscolo-tensiva (e)

9. In una delle forme di cefalea primitiva esiste spesso la presenza di disturbi sensoriali che possono precedere la cefalea e che prende il nome di “aura”, che il più delle volte è di tipo visivo, ma che può essere anche acustico oppure olfattivo. In quale delle seguenti forme è presente?Cefalea a grappolo (Cluster headache) Cefalea muscolo-tensiva Emicrania (e)

10. Una delle forme di cefalea primitiva è caratterizzata da improvvisi episodi dolorosi, di intensità elevata, soprattutto in zona retro-oculare o periorbitaria, monolaterali e che si ripetono quasi sempre dallo stesso lato. In quale delle seguenti forme è presente?Cefalea a grappolo (Cluster headache) (e)Cefalea muscolo-tensiva Emicrania

11. Una delle forme di cefalea primitiva è caratterizzata dalla caratteristica pulsante del dolore. In quale delle seguenti forme è presente?Cefalea a grappolo (Cluster headache) Cefalea muscolo-tensiva Emicrania (e)12. Quali dei seguenti organi toracici presenta una innervazione di tipo somatico?pleura parietale (e)cuoreesofagopleura mediastinica (e)pleura diaframmatica periferica (e)pericardiogrossi vasi

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Page 89: Riassunti Dioguardi

13. Quali dei seguenti organi toracici presenta una innervazione di tipo viscerale?cuore, (e)pleura parietale pleura mediastinica grossi vasi (e)pleura diaframmatica periferica pericardio (e)esofago (e)

14. Quali dei seguenti organi toracici non ha terminazioni nervose ed è quindi indolore?parte periferica dell’albero bronchiale (polmone) (e)grossi bronchipleura viscerale (e)pleura mediastinica

15. Quali dei seguenti organi addominali presenta una innervazione di tipo viscerale?intestino (e)peritoneo parietalestomaco (e)parte periferica del diaframmafegato (e)mesenterevie biliari (e)mesocolon, piccolo omento rene (e)parte superiore del diaframma utero (e)

16. Quali dei seguenti organi addominali presenta una innervazione di tipo somatico?stomacoperitoneo parietale (e)uteroparte periferica del diaframma (e)mesentere (e)intestinovie biliarimesocolon (e)piccolo omento (e)fegatoparte superiore del diaframma (e)rene 17. Quasi tutti gli organi addominali (stomaco, duodeno, tenue, colon, appendice, colecisti e vie biliari, pancreas) hanno una innervazione bilaterale per cui, quando il dolore è esclusivamente di tipo viscerale, esso si proietta sulla linea mediana. Quali sono i due organi che sono innervati solo monolateralmente, per cui anche il dolore rispetta la monolateralità?Rene (e)colonappendiceuretere (e)

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18. Perché si può verificare che l’infiammazione di una porzione di intestino possa giungere a perforazione senza dare una intensa sintomatologia dolorosa?Perché può essere a contatto con una struttura priva di terminazioni nervose (come il grande omento) (e)perché l’intestino non è dotato di innervazione viscerale

19. Perché è possibile che una necrosi dell’apice dell’appendice possa dare una sintomatologia dolorosa piuttosto lontana dalla sede anatomica dell’appendice?Perché l’apice dell’appendice può essere dislocato e può coinvolgere il peritoneo parietale (dolore somatico) in un punto lontano dalla sede di origine (e)perché l’appendice ha una innervazione bilaterale

ANORESSIA

20. La differenza fra vomito e rigurgito consiste:nel vomito vi è presenza di contrazioni addominali e diaframmatiche (e)nel rigurgito vi è presenza di contrazioni addominali e diaframmatiche

21. Il vomito improvviso, “a getto” può essere presente nelle seguenti condizioni:contusione cerebrale (e)gravidanzaemorragia cerebrale (e)gastrite

22. Se un paziente presenta vomito a causa delle patologie sottoelencate, quali di queste sono imputabili a cause viscerali?flogosi acute dell’apparato digerente, del fegato, del pancreas (e)malattie febbriliostruzione intestinale (e)insufficienza renalescompenso cardiaco con fegato da stasi (e)chetoacidosi diabetica

23. Se un paziente presenta vomito a causa delle patologie sottoelencate, quali di queste sono imputabili a cause tossiche?flogosi acute dell’apparato digerente, del fegato, del pancreasmalattie febbrili (e)ostruzione intestinaleinsufficienza renale (e)scompenso cardiaco con fegato da stasichetoacidosi diabetica (e)

24. Se un paziente presenta vomito a causa delle patologie sottoelencate, quali di queste sono imputabili a cause centrali?aumento della pressione intracranica (e)malattie febbrili eventi emotivi acuti (paura, dolore) (e)scompenso cardiaco con fegato da stasi

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Page 91: Riassunti Dioguardi

ARITMIE

25. Qual è il limite di frequenza cardiaca che permette di fare diagnosi di tachicardia?una frequenza di 90 battiti/minuna frequenza di 100 battiti/min (e)

26. In quale delle due condizioni si pone diagnosi di tachicardia?con una frequenza cardiaca maggiore di 90 battiti/minCon una frequenza cardiaca maggiore di 110 battiti/min (e)

27. Qual è il limite di frequenza cardiaca che permette di fare diagnosi di bradicardia?una frequenza di 60 battiti/min (e)una frequenza di 70 battiti/min

28. In quale delle due condizioni si pone diagnosi di bradicardia?con una frequenza cardiaca minore di 70 battiti/minCon una frequenza cardiaca minore di 50 battiti/min (e)

29. Quali delle seguenti condizioni possono dare tachicardia?lo sforzo fisico (e)uno stato di ipertensione endocranical’ipotiroidismol’allenamento allo sportle manovre di stimolazione vagalela febbre (e)l’ipertiroidismo (e)una condizione di tranquillità psico-fisical’ansia (e)lo scompenso cardiaco (e)

30. Quali delle seguenti condizioni possono dare bradicardia?l’allenamento (e)le manovre di stimolazione vagale (e)la febbrel’ipertiroidismouno stato di ipertensione endocranica (e)l’ansia

31. Quale delle seguenti affermazioni è vera nel caso di extrasistoli atriali o nodali?il pake-maker atriale viene “scaricato” e la pausa non è compensatoria (e)il pake-maker atriale non viene “scaricato” e la pausa è compensatoria il QRS non è slargato (e)il QRS è slargato

32. Quale delle seguenti affermazioni è vera nel caso di extrasistoli ventricolari?il pake-maker atriale viene “scaricato” e la pausa non è compensatoria il pake-maker atriale non viene “scaricato” e la pausa è compensatoria (e)il QRS non è slargato il QRS è slargato (e)

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Page 92: Riassunti Dioguardi

33. Le manovre vagali (massaggio del seno carotideo, compressione dei bulbi oculari, manovra di valsalva o torchio addominale eseguibile mediante espirazione forzata a glottide chiusa) danno:bradicardia (e)tachicardia

34. L’aritmia sinusale fasica è una aritmiafisiologica (e)patologica

35. Quali sono le extrasistoli (o battiti ectopici prematuri) più frequentemente legati a cardiopatie?atriali o nodaliventricolari (e)

36. Cosa si intende per “bigeminismo extrasistolico” ventricolare?la sequenza di un battito ectopico ed un battito normale (e)la sequenza di un battito ectopico e due battiti normali

37. La tachicardia parossistica sopraventricolare è caratterizzata dalle seguenti affermazioni:prognosi quasi sempre benigna (e)prognosi quasi sempre malignainsorge e recede bruscamente (e)insorge e recede gradualmentepuò essere sensibile alle manovre vagali (e)non può essere sensibile alle manovre vagali

38. Quando un impulso elettrico ectopico cade in un periodo corrispondente alla T nell’ECG (fenomeno R su T)esiste il pericolo di un innesco di una tachicardia o di una fibrillazione ventricolare (e)Non esiste il pericolo di un innesco di una tachicardia o di una fibrillazione ventricolare

39. Quale aritmia equivale emodinamicamente all’arresto cardiaco?Fibrillazione atrialeFibrillazione ventricolare (e)

40. Un flutter a conduzione fissa (2:1 o 3:1 o 4:1) da una frequenza cardiacaritmica (e)aritmica

41. Un flutter a conduzione variabile da una frequenza cardiacaritmicaaritmica (e)

42. Il sospetto di fibrillazione atriale durante la visita medica emerge dal riscontrodi una successione completamente aritmica dei battiti cardiaci (e)di una aritmia del tipo bigeminismo extrasistolico

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Page 93: Riassunti Dioguardi

43. La diagnosi di fibrillazione atriale è importante perché:si ha la formazione di coaguli nell’atrio sinistro con aumento del rischio di eventi trombo-embolici nei distretti arteriosi, in particolare cerebrali, con esito in trombosi cerebrale (ictus cerebri) (e)può dare uno scompenso ventricolare sinistro.

44. La comparsa di una bradicardia, con un anamnesi di sensazioni di mancamento o di sincopi fugaci deve far pensare a:una sindrome di MAS (e)un BAV di I° gradoun BAV di II° grado

COMA

45. La presenza di rigidità nucale in un soggetto comatoso orienta la diagnosi versouna emorragia subaracnoidea (e)un’embolia cerebraleuna meningo-encefalite (e)una trombosi cerebrale

46. La presenza di segni neurologici focali in un soggetto comatoso orienta la diagnosi versoun coma da trombosi cerebrale (e)un coma diabeticoun coma da embolia cerebrale (e)un coma epaticoun coma da emorragia cerebrale (e)un coma ipercapnicoun coma da tumore cerebrale (e)un coma uremico

47. Un paziente comatoso presenta intatti i riflessi pupillari e corneali: a quali stadi di coma può appartenere?Stadio I (precoma) (e)Stadio II (coma propriamente detto) (e)Stadio III (coma profondo)Stadio IV (coma “depassé”)

48. Un paziente comatoso che non presenta più i riflessi pupillari e corneali: a quali stadi di coma può appartenere?Stadio I (precoma)Stadio II (coma propriamente detto)Stadio III (coma profondo) (e)Stadio IV (coma “depassé”) (e)

49. Un paziente comatoso presenta ancora una reattività a stimoli di una certa intensità. a quale stadio di coma appartiene?Stadio I (precoma) (e)Stadio II (coma propriamente detto)Stadio III (coma profondo) Stadio IV (coma “depassé”)

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Page 94: Riassunti Dioguardi

50. A partire da quale stadio vi è la perdita del controllo degli sfinteri?Stadio I (precoma) (e)Stadio II (coma propriamente detto)Stadio III (coma profondo) Stadio IV (coma “depassé”)

51. A partire da quale stadio è necessario posizionare un catetere vescicale?Stadio I (precoma) (e)Stadio II (coma propriamente detto)Stadio III (coma profondo) Stadio IV (coma “depassé”)

52. In un paziente comatoso, quali sono i segni che permettono la diagnosi di passaggio fra stadio II (coma propriamente detto) e stadio III (coma profondo)?il riflesso corneale (e)il tipo di respiroil riflesso della deglutizioneil riflesso pupillare (e)

53. La presenza di alito acetonico in un soggetto comatoso indica un coma:diabetico chetoacidosico (e)uremico

54. La presenza di alito urinoso in un soggetto comatoso indica un coma:diabetico chetoacidosico uremico (e)

55. La presenza di profusa sudorazione in un soggetto comatoso, orienta la diagnosi versoun coma diabetico chetoacidosicoun coma ipoglicemico (e)

56. La presenza di un colorito cianotico del volto in un soggetto comatoso, orienta la diagnosi versoun coma ipercapnico (e)un coma epatico

57. La presenza di colorito itterico della cute in un soggetto comatoso, orienta la diagnosi versoun coma ipercapnico un coma epatico (e)

DISORDINI DELLA MOTILITA’ INTESTINALE

58. Per disfagia si intende:una difficoltà alla respirazioneuna difficoltà alla deglutizione (e)una difficoltà alla fonazioneuna sensazione di peso allo stomaco

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Page 95: Riassunti Dioguardi

59. La disfagia può essere data da:affezioni del polmone (polmoniti, pleuriti, neoplasie)affezioni dell’esofago (esofagiti, corpi estranei, tumori, compressioni “ab estriseco”) (e)affezioni del laringe (laringiti, neoplasie)

60. La disfagia è sostenuta:solo da cause di natura organicaanche da cause di natura psicologica (e)

61. La stipsi è caratterizzata da:aumento della frequenza della defecazioneriduzione della frequenza della defecazione (e)aumento della consistenza delle feci (e)riduzione della consistenza delle feciaumento della peristalsi intestinaleriduzione della peristalsi intestinale (e)

62. La diarrea è caratterizzata da:aumento della frequenza della defecazione (e)riduzione della frequenza della defecazioneaumento della consistenza delle feciriduzione della consistenza delle feci (e)aumento della peristalsi intestinale (e)riduzione della peristalsi intestinale

63 La diarrea può riconoscere anche disturbi della funzionalità tiroidea. In particolare Può essere presente nell’ipotiroidismopuò essere presente nell’ipertiroidismo (e)

64. Il grado di importanza di una sindrome diarroica si misura:dal numero di scariche diarroiche registrate nelle 24 ore (e)dalla severità della disidratazione che produce (e)dalla sintomatologia dolorosa addominale che la accompagna

65. La stipsi può riconoscere anche disturbi della funzionalità tiroidea. In particolare Può essere presente nell’ipotiroidismo (e)può essere presente nell’ipertiroidismo

66. La stipsi può riconoscere anche relazioni con il tipo di alimentazione. In particolare:è legata ad una alimentazione povera di fibre (e)è legata ad una alimentazione ricca di fibre

67 I disordini della motilità intestinale:sono sempre dovuti a cause organichesono anche dovuti a stati ansiosi (e)

68. Per dispepsia si intendeuna difficoltà alla deglutizioneuna sensazione di peso e di vuoto in regione epigastrica (e)

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Page 96: Riassunti Dioguardi

DISPNEA69. La dispnea è caratterizzata da:un aumento della frequenza del respiro al di sopra di 18-20 atti respiratori al minutouna sensazione di respiro difficoltoso (e)

70. La polipnea (o iperpnea) è caratterizzata da:un aumento della frequenza del respiro al di sopra di 18-20 atti respiratori al minuto (e)una sensazione di respiro difficoltoso

71. Sono cause di dispnea cardiacainsufficienza ventricolare sinistra (e)grave stato ansiosoanemia gravechetoacidosi diabeticabroncopatie croniche ostruttive

72. Sono cause di dispnea polmonareinsufficienza ventricolare sinistragrave stato ansiosoanemia gravechetoacidosi diabeticabroncopatie croniche ostruttive (e)

73. Sono cause di dispnea metabolicainsufficienza ventricolare sinistragrave stato ansiosoanemia grave (e)chetoacidosi diabetica (e)broncopatie croniche ostruttive

74. Sono cause di dispnea psicogenainsufficienza ventricolare sinistragrave stato ansioso (e)anemia gravechetoacidosi diabeticabroncopatie croniche ostruttive

IPPOCRATISMO DIGITALICO

75. L’ippocratismo digitalico o “dita a bacchetta di tamburo” è caratterizzato da un aumento di volume delle estremità delle dita delle mani e dei piedi che si riscontra prevalentemente in soggetti affetti da: malattie croniche dell’apparato respiratorio (e)gravi malattie cardiache (congenite, endocarditi) (e)gravi malattie neurologiche

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Page 97: Riassunti Dioguardi

EDEMA76. Di fronte ad un edema generalizzato, quali sono le più importanti malattie che debbono essere indagate?Scompenso cardiaco (e)pancreatitecirrosi epatica (e)gastriteglomerulonefrosi (e)colite

77. Qual è la ragione fisiopatologica per cui si forma un edema generalizzato nello scompenso cardiaco?diminuzione della pressione oncotica per diminuita produzione epatica di albuminadiminuzione della pressione oncotica per aumento della perdita renale di albuminaaumento della pressione idrostatica (e)

78. Qual è la ragione fisiopatologica per cui si forma un edema generalizzato nella cirrosi epatica?diminuzione della pressione oncotica per diminuita produzione epatica di albumina (e)diminuzione della pressione oncotica per aumento della perdita renale di albuminaaumento della pressione idrostatica

79. Qual è la ragione fisiopatologica per cui si forma un edema generalizzato nella glomerulonefrosi?diminuzione della pressione oncotica per diminuita produzione epatica di albumina diminuzione della pressione oncotica per aumento della perdita renale di albumina (e)aumento della pressione idrostatica

SHOCK

80. E’ possibile diagnosticare uno shock in un soggetto colpito da malore i cui valori pressori sistolici siano superiori a 110 mm Hg?SiNo (e)

81. Quale tipo di shock riconosce nell’eziopatogenesi un deficit ventricolare sinistro?Shock cardiogeno (e)Shock neurogeno

82. Quale tipo di shock riconosce nell’eziopatogenesi una grave infezione?Shock ipovolemicoShock settico (e)

83. Quale tipo di shock riconosce nell’eziopatogenesi una violenta stimolazione vagale?Shock cardiogenoShock neurogeno (e)

84. Quale tipo di shock riconosce nell’eziopatogenesi una perdita di sangue o liquidi?Shock ipovolemico (e)Shock settico

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Page 98: Riassunti Dioguardi

85. Lo shock cardiogeno può essere primario o secondario. Indicate in quali delle seguenti condizioni si tratta di una forma primaria.tamponamento cardiaco in corso di pericardite essudativafibrillazione ventricolareinsufficienza cardiaca in corso di infarto del miocardio (e)insufficienza cardiaca in corso di grave miocardite (e)

86. Lo shock cardiogeno può essere primario o secondario. Indicate in quali delle seguenti condizioni si tratta di una forma secondaria.tamponamento cardiaco in corso di pericardite essudativa (e)fibrillazione ventricolare (e)insufficienza cardiaca in corso di infarto del miocardioinsufficienza cardiaca in corso di grave miocardite

87. Lo shock cardiogeno primario è catterizzato da:riduzione del riempimento ventricolare sinistroriduzione della forza di contrazione del ventricolo sinistro (e) 88. Lo shock cardiogeno secondario è catterizzato da:riduzione del riempimento ventricolare sinistro (e)riduzione della forza di contrazione del ventricolo sinistro

SINCOPE

89. Quale di queste affermazioni è vera?la sincope è caratterizzata da perdita di coscienza (e)la lipotimia è caratterizzata da perdita di coscienza la sincope è caratterizzata da mancanza di perdita di coscienza la lipotimia è caratterizzata da mancanza di perdita di coscienza (e)

90. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto che, in occasione di un prelievo di sangue, ha perduto i sensi e presenta bradicardia ed ipotensione areriosa?Sincope vaso-depressiva (e)Sincope cardiacaSincope neurologicaSincope metabolicasincope situazionale

91. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto diabetico trattato con insulina che viene trovato privo di sensi e in un bagno di sudore?Sincope vaso-depressivaSincope cardiacaSincope neurologicaSincope metabolica (e)sincope situazionale

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Page 99: Riassunti Dioguardi

92. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto che presenta un vivo dolore al precordio irradiato al braccio sinistro, dal lato ulnare?Sincope vaso-depressivaSincope cardiaca (e)Sincope neurologicaSincope metabolicasincope situazionale

93. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto che, notoriamente affetto da blocco atrio-ventricolare di II° grado, viene colpito da improvvisa perdita di coscienza con crisi di MAS?Sincope vaso-depressivaSincope cardiaca (e)Sincope neurologicaSincope metabolicasincope situazionale

94. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto che, notoriamente affetto da arteriosclerosi diffusa, con particolare riguardo alle arterie carotidi, viene colpito da improvvisa perdita di coscienza?Sincope vaso-depressivaSincope cardiacaSincope neurologica (e)Sincope metabolicasincope situazionale

95. Quale tipo di sincope può colpire un soggetto che, alzatosi presto al mattino, si reca in bagno per urinare e viene colto da improvvisa perdita di coscienza?Sincope vaso-depressivaSincope cardiacaSincope neurologicaSincope metabolicasincope situazionale (e)

96. Quale tipo di sincope si presenta con maggior frequenza, anche quando sono stati eseguiti tutte le indagini del caso?Sincope vaso-depressivaSincope di origine sconosciuta (e)Sincope cardiacaSincope neurologicaSincope metabolicasincope situazionale

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Page 100: Riassunti Dioguardi

SEMEIOTICA APP. RESPIRATORIO

97. L’angolo del Louis, giunzione fra manubrio e corpo dello sterno, identifica la localizzazione della:prima costaseconda costa (e)terza costaquarta costaquinta costa

98. Il Fremito Vocale Tattile è aumentato:nell’addensamento polmonare (e)nel versamento pleuriconell’atelettasia polmonare (e)nel pneumotorace

99. Il Fremito Vocale Tattile è ridotto o scomparso:nell’addensamento polmonarenel versamento pleurico (e)nell’atelettasia polmonare nel pneumotorace (e)

100. Il suono chiaro polmonare che si evidenzia alla percussione del torace è indice di:un polmone sano (e)bronchite cronicaasma bronchiale

101. Un suono iperchiaro o iperfonetico alla percussione del torace è indice diEnfisema polmonare (e)Addensamento polmonareAtelettasia polmonarePneumotorace (e)

102. Un suono ottuso o ipofonetico alla percussione del torace è indice diEnfisema polmonare Addensamento polmonare (e)Atelettasia polmonare (e)Pneumotorace

103. La percussione del torace va eseguitaSulle costeNegli spazi intercostali (e)

104. Per valutare la mobilità delle basi polmonari mediante la percussione si apprezza:un abbassamento del suono chiaro in fase espiratoria (e)un innalzamento del suono chiaro in fase inspiratoria (e)un abbassamento del suono chiaro in fase inspiratoriaun innalzamento del suono chiaro in fase espiratoria

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Page 101: Riassunti Dioguardi

105. Il murmure vescicolare che si apprezza all’ascoltazione del torace è indice di:bronchite cronicapolmone sano (e)asma bronchiale

106. I rumori polmonari secchi (ronchi, gemiti, fischi, sibili) si ascoltano, soprattutto in fase espiratoria:nella polmonitenell’asma bronchiale (e)nell’atelettasia polmonare

107. I rumori polmonari umidi (rantoli a grosse, medie e piccole bolle) si ascoltano Nell’enfisema polmonareNell’atelettasia polmonareNel pneumotoraceNell’ipersecrezione mucosa del bronchitico cronico (e)

108. Quali affermazioni sono esatte in caso di versamento pleurico?O Il Fremito Vocale Tattile è aumentatoO Il Fremito Vocale Tattile è scomparso (e)O La percussione evoca un suono ottuso (e)O La percussione evoca un suono iperfoneticoO All’ascoltazione vi è silenzio respiratorio (e)O All’ascoltazione vi sono rumori umidi

109. Quali affermazioni sono esatte in caso di addensamento polmonare parenchimale?O Il Fremito Vocale Tattile è aumentato (e)O Il Fremito Vocale Tattile è scomparso O La percussione evoca un suono ottuso (e)O La percussione evoca un suono iperfoneticoO All’ascoltazione vi è silenzio respiratorio (e)O All’ascoltazione vi sono rumori secchi

110. Quali affermazioni sono esatte in caso di pneumotorace?O Il Fremito Vocale Tattile è aumentato O Il Fremito Vocale Tattile è scomparso (e)O La percussione evoca un suono ottuso O La percussione evoca un suono iperfonetico (e)O All’ascoltazione vi è silenzio respiratorio (e)O All’ascoltazione vi sono rumori secchi

111. Il VEMS (volume respiratorio massimo in 1 sec) detto anche FEV1 (forced expiratory volume) si utilizza nella diagnosi delleBroncopneumopatie ostruttive (e)Broncopneumopatie restrittive

112. Un VEMS o FVE1 minore del 70% è:normalepatologico (e)

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Page 102: Riassunti Dioguardi

113. Un VEMS o FVE1 maggiore del 70% è:normale (e)patologico

SEMEIOTICA CARDIACA

114. Quali delle seguenti condizioni generano soffi dovuti ad alta velocità?Anemia (e)ipertiroidismo (e)stenosi di una arteria o di una valvola cardiacaaneurisma

115. Quale delle seguenti condizioni genera soffi dovuti a stenosi?anemiaipertiroidismostenosi di una arteria o di una valvola cardiaca (e)aneurisma

116. Quale delle seguenti condizioni genera soffi dovuti ad ectasia?anemiaipertiroidismostenosi di una arteria o di una valvola cardiacaaneurisma (e)

117. Dove è localizzato il focolaio di ascoltazione dell’aorta?II° spazio intercostale dx sulla margino-sternale (e)II°-III° spazio intercostale sn sulla margino-sternaleIV° spazio intercostale, ai lati dello sternoAlla punta del cuore

118. Dove è localizzato il focolaio di ascoltazione della polmonare?II° spazio intercostale dx sulla margino-sternale II°-III° spazio intercostale sn sulla margino-sternale (e)IV° spazio intercostale, ai lati dello sternoAlla punta del cuore

119. Dove è localizzato il focolaio di ascoltazione della tricuspide?II° spazio intercostale dx sulla margino-sternale II°-III° spazio intercostale sn sulla margino-sternaleIV° spazio intercostale, ai lati dello sterno (e)Alla punta del cuore

120. Dove è localizzato il focolaio di ascoltazione della mitrale?II° spazio intercostale dx sulla margino-sternale II°-III° spazio intercostale sn sulla margino-sternaleIV° spazio intercostale, ai lati dello sternoAlla punta del cuore (e)

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Page 103: Riassunti Dioguardi

121. Il I° tono (ascoltazione cardiaca) è dovuto prevalentemente alla:Apertura delle valvole atrio-ventricolari (mitrale e tricuspide)Chiusura delle valvole atrio-ventricolari (mitrale e tricuspide) (e)Apertura delle semilunari (aortica e polmonare)Chiusura delle semilunari (aortica e polmonare)

122. Il II° tono (ascoltazione cardiaca) è dovuto prevalentemente alla:Apertura delle valvole atrio-ventricolari (mitrale e tricuspide)Chiusura delle valvole atrio-ventricolari (mitrale e tricuspide)Apertura delle semilunari (aortica e polmonare)Chiusura delle semilunari (aortica e polmonare) (e)

123. Il polso sfigmico si situa:prima del I° tonodurante il I° tonotra il I° ed il II° tono (e)durante il II° tono

124. In quale condizione, durante l’ascoltazione cardiaca, si prende contemporaneamente il polso per identificare correttamente il I° ed il II° tono?Nella tachicardia (e)Nella bradicardia

125. Lo sdoppiamento del II° tono che si ode sui focolai della base (aortico e polmonare) può essere dovuto a:blocco di branca destra (e)difetti del setto interatriale (e)stenosi della polmonare (e)schiocco di apertura della mitrale in caso di stenosi mitralicaschiocco di apertura della tricuspide in caso di stenosi della tricuspide

126. Lo sdoppiamento del II° tono che si ode sui focolai delle valvole atrio-ventricolari può essere dovuto a:blocco di branca destra difetti del setto interatriale stenosi della polmonare schiocco di apertura della mitrale in caso di stenosi mitralica (e)schiocco di apertura della tricuspide in caso di stenosi della tricuspide (e)

127. Un soffio cardiaco viene denominato protosistolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tono (e)Nella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

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Page 104: Riassunti Dioguardi

128. Un soffio cardiaco viene denominato mesosistolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tono (e)Nella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

129. Un soffio cardiaco viene denominato telesistolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tono (e)Nella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

130. Un soffio cardiaco viene denominato olosistolico o pansistolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tono (e)Nell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

131. Un soffio cardiaco viene denominato protodiastolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tono (e)Nella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

132. Un soffio cardiaco viene denominato mesodiastolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tono (e)Nella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

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Page 105: Riassunti Dioguardi

133. Un soffio cardiaco viene denominato telediastolico o presistolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tono (e)Nell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono

134. Un soffio cardiaco viene denominato olodiastolico se è localizzatoNella prima fase tra il I° ed il II° tonoNella fase intermedia tra il I° ed il II° tonoNella fase terminale tra il I° ed il II° tonoNella prima fase tra il II° ed il I° tonoNella fase intermedia tra il II° ed il I° tonoNella fase terminale tra il II° ed il I° tonoNell’intero periodo fra il I° ed il II° tonoNell’intero periodo fra il II° ed il I° tono (e)

135. Un soffio sistolico da eiezione sul focolaio aortico può essere indice di:Stenosi aortica (e)Insufficienza aorticaStenosi mitralicaInsufficienza mitralica

136. Un soffio sistolico alla punta può essere indice di:Stenosi aorticaInsufficienza aorticaStenosi mitralicaInsufficienza mitralica (e)

137. Un soffio diastolico da rigurgito sul focolaio aortico può essere indice diStenosi aorticaInsufficienza aortica (e)Stenosi mitralicaInsufficienza mitralica

138. Un soffio diastolico alla punta può essere indice diStenosi aorticaInsufficienza aorticaStenosi mitralica (e)Insufficienza mitralica

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Page 106: Riassunti Dioguardi

SEMEIOTICA VASI ARTERIOSI E VENOSI

139. Il polso celere è caratterizzatoDa elevata frequenza (tachicardia)Da una rapida velocità di ascesa e di discesa (e)Si osserva nell’insufficienza aortica (e)Si osserva nella stenosi aortica

140. Il polso tardo è caratterizzatoDa bassa frequenza (bradicardia)Da una lenta velocità di ascesa e di discesa (e)Si osserva nell’insufficienza aorticaSi osserva nella stenosi aortica (e)

141. Il polso frequente è caratterizzatoDa elevata frequenza (tachicardia) (e)Da una rapida velocità di ascesa e di discesa Si osserva nell’insufficienza aortica Si osserva nella stenosi aortica

142. Il polso raro è caratterizzatoDa bassa frequenza (bradicardia) (e)Da una lenta velocità di ascesa e di discesa Si osserva nell’insufficienza aorticaSi osserva nella stenosi aortica

143. Il polso pedidio si apprezza sul dorso del piede:Fra il 1° ed il 2° metatarso (e)Fra il 2° ed il 3° metatarsoFra il 3° ed il 4° metatarsoFra il 4° ed il 5° metatarso

144. Il polso tibiale posteriore si apprezzaDietro il malleolo interno (e)Dietro il malleolo esternoDavanti al malleolo internoDavanti al malleolo esterno

145. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il soggetto iperteso è caratterizzato da valori pressori superiori a:140 mmHg di pressione sistolica (e)150 mmHg di pressione sistolica100 mmHg di pressione diastolica90 mmHg di pressione diastolica (e)

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Page 107: Riassunti Dioguardi

146. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i valori pressori raccomandati devono essere inferiori a 140 mmHg di pressione sistolica 130 mmHg di pressione sistolica (e) 90 mmHg di pressione diastolica85 mmHg di pressione diastolica (e)

147. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i valori pressori considerati normali–elevati sono compresi fra130 e 139 mmHg di pressione sistolica (e)140 e 149 mmHg di pressione sistolica85 e 89 mmHg di pressione diastolica (e)90 e 94 mmHg di pressione diastolica

SEMEIOTICA APPARATO DIGERENTE

148. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. L’epigastrio è situato:al centro della fascia superiore (e)al centro della fascia mediaal centro della fascia inferiore

149. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. L’ipogastrio è situato:al centro della fascia superiore al centro della fascia mediaal centro della fascia inferiore (e)

150. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. Il mesogastrio è situato:al centro della fascia superiore al centro della fascia media (e)al centro della fascia inferiore

151. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. I fianchi destro e sinistro sono situati:ai lati della fascia superiore ai lati della fascia media (e)ai lati della fascia inferiore

152. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. Gli ipocondri destro e sinistro sono situati:ai lati della fascia superiore (e) ai lati della fascia media ai lati della fascia inferiore

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Page 108: Riassunti Dioguardi

153. Le 2 linee orizzontali transpilorica e transtubercolare e le 2 linee verticali paracentrali destra e sinistra identificano 9 quadranti addominali. Le fosse iliache destra e sinistra sono situate:ai lati della fascia superiore ai lati della fascia media ai lati della fascia inferiore (e)

154. Un addome globoso è molto spesso indice di obesità. Quali sono i segni che fanno sospettare un versamento ascitico?Una cicatrice ombelicale pianeggiante o addirittura estroflessa (e)Una cicatrice ombelicale introflessaUn’addome svasato ai lati, di tipo batraciano (e)L’eventuale presenza di circoli venosi collaterali (e)

SEMEIOTICA NEUROLOGICA

155. Il fenomeno di Babinski è caratterizzato da:O estensione (o dorsiflessione dell’alluce) (e)O flessione dell’alluce

156. La presenza del fenomeno di Babinski indicaO una lesione midollareO una lesione piramidale (e)

157. In presenza di paralisi di un arto inferiore per una lesione midollare, il fenomeno di Babinski èPresenteAssente (e)

158. Una iperriflessia, un aumento del tono muscolare ed una paralisi spastica sono in genere presentiNelle lesioni corticali (e)Nelle lesioni midollari

159. Una areflessia, una riduzione del tono muscolare ed una paralisi flaccida sono in genere presenti Nelle lesioni corticaliNelle lesioni midollari (e)

160. Una paresi è caratterizzata da un deficit motorio parziale (e)da un deficit motorio totale

161. Una plegia o paralisi è caratterizzata da un deficit motorio parziale da un deficit motorio totale (e)

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Page 109: Riassunti Dioguardi

162. Una emiparesi/emiplegia è caratterizzata dalla riduzione/assenza motoria:di un solo artodi un arto superiore ed inferiore dello stesso lato (e)dei due arti superioridei due arti inferioridei quattro arti

163. Una monoparesi/monoplegia è caratterizzata dalla riduzione/assenza motoria:di un solo arto (e)Di un arto superiore ed inferiore dello stesso latoDei due arti superioriDei due arti inferioriDei quattro arti

164. Una diparesi/diplegia è caratterizzata dalla riduzione/assenza motoria:di un solo arto Di un arto superiore ed inferiore dello stesso lato Dei due arti superiori (e)Dei due arti inferioriDei quattro arti

165. Una paraparesi/paraplegia è caratterizzata dalla riduzione/assenza motoria:di un solo arto Di un arto superiore ed inferiore dello stesso lato Dei due arti superiori Dei due arti inferiori (e)Dei quattro arti

166. Una tetraparesi/tetraplegia è caratterizzata dalla riduzione/assenza motoria:di un solo arto Di un arto superiore ed inferiore dello stesso lato Dei due arti superiori Dei due arti inferiori Dei quattro arti (e)

167. Una emiplegia è provocata da lesioni cerebrali localizzate:Alla corteccia cerebrale dello stesso latoAlla corteccia cerebrale del lato oppostoAlla capsula interna del lato opposto (e)Alla capsula interna dello stesso latoAl tronco del lato oppostoAl tronco dello stesso lato

168. La sindrome di Weber è una sindrome mesencefalica caratterizzata da:Paralisi dell’oculomotore da un lato ed emiplegia dello stesso latoParalisi dell’oculomotore da un lato ed emiplegia del lato opposto (e)

169. L’evoluzione di una sindrome piramidale, di entità tale da lasciare esiti permanenti, prevede:una fase di tipo spastico seguita da una fase di tipo flaccidoUna fase di tipo flaccido seguita da una fase di tipo spastico (e)

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170. In un paziente affetto da coma cerebrale, la deviazione coniugata degli occhi a destra con segni di emiplegia sinistra fa porre diagnosi:Di lesione focale all’emisfero destro (e)Di lesione focale all’emisfero sinistro

171. In un paziente affetto da coma cerebrale, la deviazione coniugata degli occhi a sinistra con segni di emiplegia destra fa porre diagnosi:Di lesione focale all’emisfero destro Di lesione focale all’emisfero sinistro (e)

172. In un paziente affetto da coma cerebrale, la presenza del segno “fuma la pipa” da un lato indica l’interessamento del VII° paio dei nervi cranici. Il paziente può essere contemporaneamente plegico:Nello stesso lato (e)Nel lato opposto

173. In caso di paralisi del faciale, la diagnosi di paralisi di tipo periferico si basa:sull’interessamento contemporaneo dei movimenti delle palpebre e dell’occhio (e)sull’interessamento esclusivo del movimento dell’orbicolare della bocca

174. Sono segni diagnostici di una sindrome parkinsoniana:Tremore delle mani a riposo (e)Ipertono e rigidità muscolare (e)Volto amimico ed inespressivo (e)Disturbi della deambulazione e dell’equilibrio (e)Movimenti ampi, disordinati ed irregolari degli arti superiori

175. Sono segni diagnostici di una sindrome coreica: Tremore delle mani a riposo Ipertono e rigidità muscolare Volto amimico ed inespressivo Disturbi della deambulazione e dell’equilibrio Movimenti ampi, disordinati ed irregolari degli arti superiori (e)

176. In caso di paralisi del faciale, l’assenza di lagoftalmo e del fenomeno di Bell indica:O una lesione di tipo centrale (e)O una lesione di tipo periferico

177. Il segno di Romberg è positivo nel soggetto affetto da:paralisi del faccialepatologia del cervelletto (e)patologia dei cordoni posteriori del midollo (e)

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Page 111: Riassunti Dioguardi

178. Quali delle seguenti prove esplora la funzionalità del cervelletto?Prova della stazione eretta (e)Prova della marcia (e)Prova indice-naso (e)Prova di MingazziniProva calcagno-ginocchio (e)Prova di BarrèProva della estensione del tronco (e)Prova per svelare l’adiadococinesia (e)Prova del rimbalzo (e)

179. La sensibilità tattile si esplora utilizzando:un batuffolo di cotone o di garza (e)una provetta con acqua caldauna provetta con acqua freddauno spillo

180. La sensibilità termica si esplora utilizzando:un batuffolo di cotone o di garzauna provetta con acqua calda (e)una provetta con acqua fredda (e)uno spillo

181. La sensibilità dolorifica si esplora utilizzando:un batuffolo di cotone o di garzauna provetta con acqua caldauna provetta con acqua freddauno spillo (e)

182. Tra le prove che esplorano la sensibilità propriocettiva vi è quella che valuta la pallestesia o sensibilità vibratoria. Essa si esplora con:un diapason appoggiato su un piatto osseo (alluce, tibia, rotula) (e)uno spillo sottoposto a vibrazioneUna provetta con acqua caldaUna provetta con acqua fredda

183. La iperestesia consiste in una:accentuazione della sensibilità (e)diminuzione della sensibilitàalterazione della sensibilitàperdita della sensibilità

184. La anestesia consiste in una:accentuazione della sensibilitàdiminuzione della sensibilitàalterazione della sensibilitàperdita della sensibilità (e)

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Page 112: Riassunti Dioguardi

185. La parestesia consiste in una:accentuazione della sensibilitàdiminuzione della sensibilitàalterazione della sensibilità (e)perdita della sensibilità

186. La ipoestesia consiste in una:accentuazione della sensibilitàdiminuzione della sensibilità (e)alterazione della sensibilitàperdita della sensibilità

187. Sono sintomi riscontrabili della sindrome meningea:Segno di Kernig (e)Segno di Lasegue (e)Segno di BellSegno di Brudzinski (e)Rigidità nucale (e)Segno di BabinskiSegno di Mingazzini

188. Sono cause di una vertigine di tipo centrale:Insufficienza del circolo vertebro-basilare (e)Artrosi cervicale (e)Lesioni del labirintoStato ansioso

189. Sono cause di una vertigine di tipo periferico:Insufficienza del circolo vertebro-basilareArtrosi cervicaleLesioni del labirinto (e)Stato ansioso

190. Sono cause di una vertigine di tipo psicogeno:Insufficienza del circolo vertebro-basilareArtrosi cervicaleLesioni del labirintoStato ansioso (e)

191. L’afasia di percezione caratterizza il soggettoChe comprende le parole udite ed il linguaggio scritto ma non è in grado di rispondereChe non comprende le parole udite (e)

192. L’afasia di espressione caratterizza il soggettoChe comprende le parole udite ed il linguaggio scritto ma non è in grado di rispondere (e)Che non comprende le parole udite

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