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r a 6 2 I D E A S P I R I T U A L I S ·T A Stralci stenografici. Lezione n. 362 de 1 1 4 1 2 57 Mi sapreste dire che cosa è u mandorla? Mi direte che è un frutto secco o che è il seme del mdorlo; è giusto. Chi di voi non ha visto una mandorla? Tutti avete avuto l'oc- casione di vederla fresca e di vederla secca. La mandorla è un frutto molto interessante . Noi comincio a yederlo avvol- to nel suo mallo verde; gli. toglio questo manto e vediamo un durissimo guscio che bisoa schiacciare per romperlo;qua do lo abbiamo rotto, non siamo ancora alla fi ne del nostro voro, perchè dentro il guscio c'è la mandorla aolta da una sottile amissima pellicola che bisogna togliere. Questo è il lavoro da compiere per mangiare ùna m dorla. Se, però, da u mandorla voglio ricave il mandor- lo, il lavoro non è finito ancora. Perchè? Perchè la mdorla non ha import za ai fini d.ell 1 albero; per 1 1 alhero è impor· - tante il minuscolo angolino c he ne c tituisce il "germe flo- rigeno". Platone diceva: noi siamo delle pite celesti "Il seme del mandorlo è il simbolo dell'essere umano. Affinchè da una mandorla nasca un mandorlo è necessio che tutto ciò che aoe il germe fl origeno sia consumato, corroso, distr utto. L'anima umana è la mandorla, perchè essa contiene in sè il germe florigeno di Dio. Ritorniamo al concetto di Platone: zichè dire noi s io delle piante celesti, io di - rei che sio 11 11 di piante celesti e che germineremo, na- sceremo, radicheremo e femo ftti nel gidino ineffabile dello spirito, perchè in noi è la tura di questo giardino. In tutti i tempi, dagli aspetti più grossolani del- la religione agli aspetti più sottili della teogonia, gli uo- mini si posero il problema dell'anima perchè a pFiori, l'uomo riconobbe in sè una entità nettente diversific ata e diffe - renziata dalla sua stessa fisicità; vide sè , al tempo stesso,. come un frutto ed un ortatore di frutti .• Tornio all'esempio della mandorla; gli uomini nei primordi non poterono giungere di colpo alla concezione di questo germe divino, .cioè alla divina essenza e alla divina natura, ma videro gradualmente i vi strati ed i vi avvol- gmenti che, c ontempo raneen te, d ifendevano e d ostacolavano questo germe divino. Noi possio vedere il mallo verde come il corpo fi si co e la vita fisica; il duro guscio, che bisogna rompere - er aprire, come il coro assionale ; l'amara pellicola, che avvolge la mandorla stessa, come la personalità. Quando abbia mo tolto anche la pellicola che avvolge la mandorla, noi ab : biamo il coro della mandorla, cioè l'anima; ma non abbiamo ancora la natura essenziale dell'anima che è il germe divino. Esso fiorità e farà ftti solente qudo tutti gli iolu- cri che lo proteggono ed ostacolano sarno disttti; quin -

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r a 6 2 I D E A S P I R I T U A L I S ·T A

Stralci stenografici. Lezione n. 362 de 1 1 4 • 1 2 • 57

Mi sapreste dire che cosa è una mandorla? Mi direte che è un frutto secco o che è il seme del mandorlo; è giusto. Chi di voi non ha visto una mandorla? Tutti avete avuto l'oc­casione di vederla fresca e di vederla secca. La mandorla è un frutto molto int eressante . Noi cominciamo a yederlo avvol­to nel suo mallo verde; gli. togliamo questo manto e vediamo un durissimo guscio che bisogri.a schiacciare per romperlo;quaE: do lo abbiamo rotto, non siamo ancora alla fine del nostro 1§ voro, perchè dentro il guscio c'è la mandorla avvolta da una sottile amarissima pellicola che bisogna togliere.

Questo è il lavoro da compiere per mangiare ùna man dorla. Se, però, da una mandorla vogliamo ricavare il mandor­lo, il lavoro non è finito ancora. Perchè? Perchè la mandorla non ha importanza ai fini d.ell 1 albero; per 1 1 alhero è impor· -tante il minuscolo angolino c he ne cce ti tuisce il "germe flo­rigeno". Platone diceva: noi siamo delle piante celesti • • • "Il seme del mandorlo è il simbolo dell'essere umano. Affinchè da una mandorla nasca un mandorlo è necessario che tutto ciò che avvolge il germe fl origeno sia consumato, corroso, distrutto.

L'anima umana è la mandorla, perchè essa contiene in sè il germe florigeno di Dio. Ritorniamo al concetto di Platone: anzichè dire noi s iamo delle piante celesti, io di -rei che siamo 11� 11 di piante celesti e che germineremo, na­sceremo, radicheremo e faremo frutti nel giardino ineffabile dello spirito, perchè in noi è la natura di questo giardino.

In tutti i tempi, dagli aspetti più grossolani del­la religione agli aspetti più sottili della teogonia, gli uo­mini si posero il problema dell'anima perchè a pFiori, l'uomo riconobbe in sè una entità nettamente diversificata e diffe -renziata dalla sua stessa fisicità; vide sè , al tempo stesso,. come un frutto ed un :portatore di frutti .•

Torniamo all'esempio della mandorla; gli uomini nei primordi non poterono giungere di colpo alla concezione di questo germe divino, .cioè alla divina essenza e alla divina natura, ma videro gradualmente i vari strati ed i vari avvol­gi,menti che, contemporaneamente, difendevano e d ostacolavano questo germe divino.

Noi possiamo vedere il mallo verde come il corpo fi si co e la vita fisica; il duro guscio, che bisogna rompere

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:per aprire, come il cor:po :passionale ; l'amara pellicola, che avvolge la mandorla stessa, come la personalità. Quando abbia mo tolto anche la pellicola che avvolge la mandorla, noi ab : biamo il cor:po della mandorla, cioè l'anima; ma non abbiamo ancora la natura essenziale dell'anima che è il germe divino. Esso fiorità e farà frutti solamente quando tutti gli involu­cri che lo proteggono ed ostacolano saranno distrutti; quin -

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·�·- .. �. . . ·- . . . . . di, prima d ev ' es'se:re t olto il c orp o fis:Lc o · ( inailo ) ; il c orpo passi o nal e (gusc i o ) ; la p ersGnal ità (pelli c o l a amarissima ) e i nfi ne d ovrà essere consumato e di strutto il c orp o viv e nt e d e l l ' anima, c io è la natur a m entaie dell'anima, aff inchè i l g� m e div�no p ossa fi o rire e fare frutti .

. . . N e i pr e c e d enti i nc ontri , vi h o parlat o lungamente

della· m e nt e e v e l ' ho fat t a c onsi derar e in tut t a la sua pot e!! za ed il su o sp l e ndor e ; essa c ost i tuis c e la c arne viv ente d e l 1 1 .anima, per chè nQil n e . ·.è l a natur a essenzi al e ; BnCh I essa d O -vrà essere c onsumat a, di strutt a, anni chi lita , p er chè p ossa fio rir e e sbo c c iare il g erme Q.ivi n o. e perchè le pi antè c e lesti p ossano v erame nte r al_legrar e il g iar dino d.

i Di o . A .sec onda dei vari gradi. e stat i d e lla cui tura umana, a sec ond a d elle vari e p ossib ili tà è. speci fic azi o ni d e l r i travament o c oscienzual e u­mano, le div erse r e l i gi oni, c osì c ome i di versi sist emi t e ol� gi c i o c osmogonic i , v enivano a fissare un par ti c olare asp et to d e ll ' anima e su que sto partic o lar e aspet to venivano a c ostruì r e dei c ompli c ati si s·temi . Ona, qu esto lav ori o non è cessat o, c onti nua, e ogni re li gione, ogni· pop ol o ha d e ll'anima una par_ ti c olare. int er pr e tazi o ne e ne studia un partic olare aspe tto •

A noi int eressa di sapere fon d ament almente, nel l a su a :qatura ed essenz·a, c he c osa è · 1 1 ariima . L ' anima è i l vaso .cont ene nt e. i l pri nci pi o e ssenz i ale di v i t a e questo vaso. si t rova i n me z zo ad un farragi nos o e complic ato imb allaggi o .

I l lav o r o d ell ' .asc esi è pro pri o que l lo d ella gradu� le eliminazi one d e ll'imballaggi o , f ac end o ben at t en zi on e a non incrinare, guastare e r omp er e i l vaso, perchè c i ò signifi cherebb e·corromper e i l germe divino e d impedirne il suo fi o·-. rire . Ec c o per c hè i n tut t e le r e l i gi o ni abbiano due pi ani : l o exoteri .co. e e s o t er;i..c o . I , l pi ?:no esoteri c o c onsta. dei :pre c e tti e dei c onsigli ; l' exoteri c o c onst a d e gli ins egnamenti o c culti e d e ll e riv el a.zi oni e n on si pu ò giungere a· qu est o se non pas sand o.per qu ell o, c osì c ome n on si pu ò giunger e al la mand orla s e non passand o p er il mal l o d ella mand orla stessa ; la r e al i � Z?-zi o ne de ll a c onosc en za i nt eri or e i mpli c a l a re ali z zazi one d e lla c onosc enza est er i or e ; la possibilità di p er c e zi one del­la "vit a di vi na i nter i or e " impli c a la nec essi tà d e l la c om:pr e n si one de lla vita· uman a i n tut to i l v asto e c omple sso pi ano dei rapp orti di r ela zio ne . C ome ho pi ù vo l t e de t to , nei r ap -porti di r elazi one non e sis t e un uni c o " i o " ma ne e sist ono moltepli ci; .per chè l'i o di un u om o, quale padr e, non è più l o i o di qu ell o st esso u omo qua l e f i gl i o, mari t o, am ioo e fratel l o c i o è in o gni rapporto, i n ogni r el azi one c ol n ostr o pr os -simo, noi ci tr oviam o ad una mut a zi one d el l a nostra r e al e es­senz a e natura,. per c ui nessuno conos c e 1 ' altr o t o t alment e ma sol o c o nosc e. dell' altro ·1 1 asp e t t o ch e l ' altro a lui d ev e dimo strare .

C apisc o c he, forse, vi c ompli c o le i d e e, i nve ce d i chi arirle; ma, p o c o p er volta, arriverete a c o mpr en der e . S e voi , rifle t t e nd o sui rapp orti s o ciali, vi rend e t e c ont o di quest a di ff er en zi azi o ne.d el l ' i o, arriver e t e a c omprend ere qu el

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la grande verità che è "la relatività dell'io stesso ", perchè l'io non è nep pure il mallo che avvolge la mandorla, caso mai sarà il picciolo che lega la mandorla al ramo del,l' e,lbero.

Noi diamo tanta importanza a questo benedetto io e dimentichiamo che non esiste un io assoluto, ma solo un "io relativo " perchè · 11 Io assoluto non esiste ma è ed è percepibi le soltanto nei piani superiori della mente e nei pian i inef­fabili dello spirito; l'Io assoluto contemporane amente è fi -glio e padre, sposo e fratel lo, amico ed avversario e sempre presenta un unico identico volto .

Se noi ci rendiamo co nto della relatività dell'io nei nostri rapporti sociali e nei nostri rapporti esterni di relazione, ci sarà abbastanza facile di renderci conto anche di a ltri rapporti, d i questo nostro io relat ivo perchè noi a� biamo relazione con il mondo ma anche con Dio e, mentre del mondo, vediamo l' aspetto esterno, di Dio vediamo invece sola­me nte l'aspetto interno e non l'esteriorità, infatti quando Dante giunge alla beatificante visione dice: "All'alta fanta­sia qui mancò possa " cioè non v'è più nulla di descri ttibile, di percepibile, di immaginabi le, di concepibile; è l 1ineffabi lità.

L •uomo può avere cosci enza d ell 'interiorità di Dio co me Dio l'ha dell'interiorità dell'uomo; ma questo rapporto avviene solo nel fuoco centrale dell'essere umano, cioè nel germe divino, nell'unico principio veramente indistruttibile e immutaòile che però può g'erminare o non germinare; affinchè germini, noi dobbiamo distruggere tutto· ciò · che lo protegge, e lo' 6s tacola; affinchè' non germini, n on abbiamo che da. rendere più solidi que sti ostacoli e, purtroppo, è più facile render­li solidi! Questa vuol essere una sorta di prolusione perchè, nel corso di q ueste lezioni, dovrò parlare molto dell'anima , come è vista da·questa, quella e quell'altra, religione e do­vrò necessariamente :Parlare dell'anima nei riguardi dell·a col pa (cioè dell'erro re, della deviazione) e della purificazio ne o purgazione. In tutte le religi oni, eosì come è comune il concetto dell'anima, è anche comune il .concetto di un premio e di un castigo da incontrarsi proprio nella regione dell'ani

' ' -ma, cioe nello stato post-mortale.

Non è invenzione della chiesa cattolica o della chi� sa cristiana riformata il concetto dell'infern o e del paradi­so, così come il purgatorio non è invenzione del cardinale Bellarmino. Nello stesso tempo in cui gli uomini ebbero la percezioné del l'anima, ebbero del pari quella della possibili tà d;L sofferenza e di gioia dell'anima stessa ed ebbero anche la percezione di non essere giunti ancora a realizzare lo se� po per cu i furono creati, cioè il germogliare dello spirito.

Infatti, se il corpo passionale· non :può essere spez zato, il germe divino .non potrà mai fiorire e far frutti: ec:

co la dannazione eterna; se il corpo passionale può essere spezzato, il germe divino fiori rà e farà frutti: ecco l'eter-

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na ri c ompens a, l ' e terna b eati tudi ne; la purgazi one è nel tra­vagli o' è nel lungo op erare dall 1 e s tern o all 1 i nt erno . Que s ti tre s t ati., :pos s iam o c antarli c o n Dant e , temerli c on la d o nne t ta ana:lfàb et a·, c omplic arli c o n i l bis antinis mo d egli gnos ti : c i , ma non p os s iamo mutare que s ti tre s tati che s on o la r e altà d ell ' anima ; r e altà che adomb rat a in leggend e , in mi ti e d i n f avole, è l ' uni c a p e r c e ttibi l e d ell ' intelletto ..

La distruzi o ne d el c o rp o fis ic o è fatal e per tutti gli u omini e d è il primo pas s o c he au t omati cament e, i ndipen -dentement e da qualsias i riv e l azi o ne e d a qu als i as i c onos cimeE t o d e gli s 'tati s piritual i , l ' anima inc ontra d:L pe r s e s t essa . L ' avventura d e l l a morte fis i ca è la pri ma let t e ra d e ll ' alfabe to che 11.anima i mpara a leggere . S i è nati e cres c iu ti - s i pu ò di re - nell'o rror e più o m e n o c onf e s s ·at o o i nc onf e s s at o della m orte f i s i c a e, s i di reb11e ,

. c h e sol o 1 1 u om o n e ha. c o

sc i enza . L'animal e non ha p aura ; p e r i s t int o, d ifend e la sua vi ta s ino all ' ultimo respiro ; la lepre non fugg e p e r chè ha paura del c ane ; fugge perchè è l ' uni c a sua p os sibi lità di s al v e z za, ma s i ri s erva· la dis p erata Te s i s t enz a,

L a fuga della l epre davant i al c ane.non è la s te s s a c os a d ella fuga d ell ' u omo di front e all ' as s as s i no ; l a lepre ha c os c ie n z a della zanna , d ella s off ere nza ; ha c o s ci enza an -c es trale del male c h e deve pati re ma non ha c os c i enz a d ella morte9 difatti, l ' animale che vi ene a mor t e p er natural e d e -orepi te zza, mu ore nobi lmen t e e digni t os ament e, c ome non muore purtropp o l ' u omo . Qu e s ta paura d e .lla mor .te, che è èaratt e ri -s ti ca dell ' u omo, non è ances t rale nel l ' uomo s t es s o, p erchè l o u omo primi g e nit o moriv a c ome l ' ani male ; è una paura ch e l ' u omo ha acqui s t at o in s egui t o quando molt e gene razi o ni d ' u omi ni m� rir ono, l ' u om o acquis t ò la paura d ella morte, la paura dell o s tat o oscuro al quale è avvi ato; p er ò , s enz a qu e s t a paura e s enza l ' avve ntura d ella morte , l ' u omo non perv errebbe mai al­la rivelaz i o ne di s e s t es s o . Vi s o no - c ome h o gi à detto - due t empi: gli u omini impararono a t em ere la mort e , qu ando impar.§: r ono la c ont inuità d ella vi t a; può s emb rare parad os s al e , ma è c o sì . Quand o l ' u omo c omprese che non tut t o moriva , s ol o allo­ra ebbe :paura d el la morte , :paura di vers a da qu ella degli ani ­mali , una :paura i nc o ercibi le , una p aura che f a s c orrere bri .­vidi ghi c ci a t i nella s chi ena del più c oraggi os o ; una. paura che è i nuti l e v ole r neg ar e ! Da che c o s a nas c e ques ta pau ra prec og s ci a? C ' è chi dic e : dalla paura di t rovars i s ol o ; no , perchè l ' u omo anela alla s o litudi ne ; d al la s ens o ri e tà? No , per chè la sua vita non è ne lla s ens ori e tà , e la s ens o rie tà s te s s a d e l l o u omo è qualc os a d i non s tre t t ament e le gat o ai s e ns i f i s i c i .

Ho parlato di un alt r o ec orp o che d ev e e s s ere s p e z z a I -t o ; i l c orp o pas s i o nal e, ebbe ne l ' avventura d ella mort e fis i c a op era i l t entativo d i r ompe re i l c or p o pas s i onal e, cioè i l gu s ci o animi c o, e d è qu e s to c orp o pas s i onal e che ha paura , e che comunic a l a paura al c orp o f i s i c o e che irradia di qu e s t a pa� ra la m en t e c onc r e t a. S e l ' u om o non aves s e c os ci en za d ella m orte, s e non moris s e cos c i en tem e nt e , s e il suo c orp o fis i c o

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non venis s e di s trutt o, come viene d i s trut t o; s e non es i s tes se per l'u omo l'avventura della morte, non esi s terebbe la perce­zi o ne della conti nuità della v i t a.

Que s to è i l primo as pet t o, ma l ogicamente vi è i l 's ec ond o: c'è l a m orte de l s ingo l o individu o e quella dell a

s pecie. Il s ingol o indivi du o può effettivament e realiz zare la m orte anche rimanendo vivi ; real i z zare, ci oè, quell o s tat o mi s tico di cui parla Giovanni della Croce; "Vedere, non ved.en -d o; udire, non udendo • • • " ques ta p os s i bilità di pre-morte è molt o comune ai mi s tici ed è ampi amente praticat a d agli j ogi, perchè tutti gli es erci z i jogi tend ono preci s amente al rallen t amento de i vincoli c orp orei,· i n m od o d a permet tere all'anima di entrare e .d i uscire dalla carne, valend osi, quand o ne è f�ori, della sens o rietà, che non è le gat a s tre t tamen te al pi� no :puramente organico; cioè di una vis t a che non è dell'occhi o; di un udito che non è dell'o recchi o; s ens ori e tà che può es se­re verifi cata nell.' es teriori zzazi one de lla s ens ori 'età di . qùal ,che s ogget to; cos a effettuata sperimentalmen te anch e dal ma go di Napoli.

, · L o s t at o naturale d el l'uomo è quell o di aver :paura

d el la morte e non bis ogna verg ognars ene, è nel la natura delle cose; è l ogi co che la carne tema la sua dis organi z zazi one ed è altrettant o l ogic o che la men te deve convincere la carne che male non s arà mai per lei p erchè, con la morte, l'organi­s m o è finit o ; ciò che non è i n paoe e non è fini t a è l'anima, quella non mu ore.

L o gic amente, co lui che si aggrappa ai s acramenti in punto di m orte, e s s endos ene beffato i n v it a, ,quel l o mu ore con p aura. La m orte de ll'u omo c o sciente deve es s ere s empre una m ort� s aggi a, ci oè molt o coraggi o s a e molto persuas iva. L'u o­m o deve cioè. convincere la sua carne che ess a non ha nulla da temere, perchè e ffettivamente la. carne ( il corpo fi sic o ), non ha nulla da temere i n qua nt o eh e l'avventura d ella morte per il corp o fi s ic o è i ne s is tente, inf'atti non mu ore il corpo, ma s ol o ces s a la v it a organi z zat a; il corpo, nel la sua cos titu -zi one at omica e moleco lare, viv e. Ciò che fu chi amato vit a non è i l c omple s s o del corp o, ma è i l comple s s o della vos tra organi zzazi one •

Del res t o, tutti i gi orni morite perchè, fra l'al -tro, anche i gl obuli r o s s i mu oi o no e s i ri fabbricano: alla morte ces s a l' organi z zaz i one del comples s o organico. Quand o ces s erà la v it a di ques t o comple s s o, ces s erà pure que s ta con­t i nua m ort e. Ric orderet e que s t e c o s e i n punto di morte ?Vi di­co c he le ricorderet e! La persuas i one d ell'eternità - come ve­dremo nella s econ da part e - non è così conf ort ante.c ome ere -dete e pens ate; fors e, s e non ci fos s e la terribi le persuas i o ne d ell ' eterni tà, gli es s eri umani avrebbero men o paura del:

l a m orte: morirebbero come gl i animali, s erenament e e di gni -t os ament e.

I bambini non hann o paura della mort e; inf'att i, i

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_b ambini non p os s o no t emerla per chè , la l oro natura e la l oro . e s s enz a , s on o immor tali .Voi direte c he non s i ren d o no c ont o

d e lla c ontinuità , ma d ov ete pens ar e che s ono l or o s tes si la c ontinuità . Il bambino , fin o a quat tr o o cinque anni , vive più nel mondo animic o ch e non in quello fisic o ; per consegueg za , le sue r e azi oni - che gli adulti giu dic ano ab normi - s o no l e reazio ni d e l m ond o devas cha nic o più ch e del mond o fisic o. Vi s o no bambini c he s i impuntano e fanno c apric ci t erribili , p er chè non vo gliono vedere una data p ers ona e gli adulti non c apisc ono perhè il bambino tratta male quel la p er s o na . Egli ha l e su e ottime r agio ni dì non v ed erla e di tratt arla mal e. S e gli adulti p ot e s s ero vederla come la vede il b ambino , agireb­b er o c ome lui . N o n si c ompra l ' amicizia del bambin o , c olmand o l o di d oni , c er c and o di d ivertirl o e parland o c on s trane par_Q

· · 1e e strani ac c ent i! S ov ente il b ambino d imos tra viva aff e zio ne più alla p ers o na d ecis a ed aus t era che· non a quel la molt o aff e ttiva , in quant o c h e la prima ha vibrazi oni animiche for ­mid aòili . I l· bambino vede oltre lo schermo e le sue reazioni non si p os s ono misurar e c o n l o s t es s o metrò di que lle d e gli a dulti . Talvolta, si v iene a s ap er e che il bambino ama la p er ­s ona d e cis a e d au$ter a , perchè in es s a è inec cepibile sia la moralità che la b ontà , c os e che non ris c on tra in al tra pers o­na che gli s i dimostra magari più af fet tu os a. Non è detto che il bambino abbia s empr e ragio ne ; anzi, non ha mai ragione p er chè è venut o in ques�o mondò" per vivere ques ta e s peri enza di

­

r elazi one e p er adat t arvis i ma s e l'adult o rie s ce a comprende re l o s tato reattiv o d el bambino s i a c c or gerà che non è c atti vo perchè fa i c apr ic ci, ma che s i rib ella e riprova un parti c olar e s tat o di c os e . ':i>:;,rnand o alla p aura d ella mor te , vedia­m o c h e al bambino ques ta paura viene incul c at a dagl i adu l ti· gradualme nte .

Difat ti , in una famiglia molt o apprens iv a , il bambi no cres c erà appr ensivo ; in u na f amiglia molt o serena , e gli cre s c erà s ereno . Nel bambino esis té invec e la paura del mor t o , del par e nt e defunto ; que s t o per r agioni anc es trali ed ambie n­t ali .

I l c adav er e- è tut ta una rete di ip osu oni c he vengono r e gis trati d a qualsiasi temperamento s ensibile e· nes suno è più s ens'i"f>il e de l fanc iull o ; ques ti ip os uoni l o s te s s o adult o li vinc e s ol o c on una c erta fàti c a e con grand e ragio namento. Vi s onq d el l e-persone d evotis s ime all ' ainmalato , c oraggiosis si me e pazientis s im e che fanno a lui qualsias i c ura e non vi è nulla del l1in fermo che fac cia l or o s chifo o ribr e z z o; pe -r ò qu e s t e perso ne , app ena s e ne t r ov ano il cad av ere nelle brac �

eia , c ambiano c omportament o , non entrano più in quel l a c ame -ra , p o t es s e c ontener e anche il c ad avere del padre o d e l fi glio . P er.eh�? E ' l ogic o ! P er ch è , attrav ers o il c adavGre , si ha la lib erazione delle 11stimuline" e quindi un y.ero e pr oprio b omb ardament o della s ensoriei:à e, in un s e c ondq tempo , si ha la lib erazio ne d ei c or pi animici , la quale tr'as cina s ec o una v era e pr opria dis c e s a agli inferi di ess eri simili-a l oro p er cui , nella camera dove qualcuno mu ore non pr G cis amente in

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grazia di Dio o in :pace, non :precisamente con coraggio ,non ci troviamo solo alle prese con l'anima di quGl defunto ,ma con migliaia di anime simili a qu ella. Così, si crea vna vera e propria rete di· i:posuoni che :può provocare un vero collasso cardiaco o anche la in orte :per s 68.ri ca di adrenalina. Il bainbi no fugge per togliersi a quello stato di tormento e, ripeto , il bambino che ha paura de 11 'uomo morto, non b'.a paura dell' a;.... nimale morto. Anche l'animale t emo l'uomo morto e solo un grande affetto porta, soprattutto cani e cavalli, a vegliàrc il cadavere. Per esempio, l'elefante�fugge dal cadavere, sia pure del padrone. Vi dirò anche che si hanno due modi di de -viare le mandrie di elefanti: collocando sul loro senticr o un bambino in fasce, oppure uri cadavere; nell 1 uno come nell' al -tro caso, le mandrie non passeranno più su quel sentiero, me:Q_ ti·e che: esse rimarrebbero dol tutto indifferenti a qualsiasi essere vivente e vi passerebbero sopra.

RIFLESSION I SUL RISPETTO UMANO

In tutte le rel igioni, nella parte riservata ai pr� cotti ed ai consigli, tutti i maestri d' anime hanno s cmpre il loro angoluccio nanti-rispetto" umano. Avete mai r ii'lc'ttuto al perchè? Il rispetto umano dovrebbe essere qualcosa si bel­lo e di doveroso. Io rispetto l'uomo, rispetto u!nariamentc le opinioni degli altri' perchè t utto le religioni si scagliano contro questo ris petto umano? Perchè il risp'etto umano sarebbe ·meglio chiamarlo conformismo, i n quanto che si riduce al: "ri spetto ciò che gli altri rispettano di me"; ciòè io mi confar mo alla visuale degli altri. Quanto :più'in questo piano di conformismo l'in dividuo tende ad immedesimarsi nel l'opini one che altri hanno di lui, tanto più l'individuo viene a per·aere le facoltà di germogliare spiritualmente, perchè lui. è cos1 tutto negli altri, ma non è negli altri come può esserlo so­lo il saggio ed il maestro: è dogli altri e non negli altri.

Il rapporto che crea è proprio qu ello della mandor- · la che dice: io sono il picciolo cioè l'io apparente relativo. Dobbiamo imparare a comprendere che noi, individui, non siamo mai .. l'Individuo uno. Come noi ci vediamo, nessuno ci vede;per cia scuno noi siamo quello che gli conviene: al tiglio convie­ne la madre, all'amante conviene l'amato; allo sposo, la spo­sa; all'amico, l'amico ment re come.io essenziale siamo incom:!!, nicabili perchè ognUno può vedere solo ciò che è in' relazione con lui. Nel mondo esterno, il ra pporto è sempre solo di rel� zione e non mai di comunione. Nel piano di ogni giorno, ognu­no è ciò che l'altro vuole che sia. Difatti, per il figlio interes'sa a1 massimo il dolore della madre, ma il dolore di quella stessa donna, fuori dal 'r appor-=to ma terno, al figlio non interessa più;' pò'tranno essergli solo di disturbo per e -sempio i problemi sessuali d ella madre.

'èiò che è percepì to dagli altri è il picciolo; ciò che ci fa soffrire è la mandorla; l'esame di coscienz a è la

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mand orla ·che l·o f a e nori il :pie c iòl o . Noi , che s tiamo ora' fa­c endo que s t o es ame , n on s i am o i l :pìcc iòl o . I l :pi c ci òlo è s o l o 1 1 i o d i r elazi'o 'ne; è il mez z o d i e s t .. eri ori z zazi one ':Per il qua l e si ha la :p oss i bi lità di una vita s o c i al e , ma qu es ta· vi ta

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non è la Vi ta . C on la m or te si h a , g enera1ment e , i l dis t ac c o dcl :p i c c iòl o dal l a mand or la e ; t alv o lta , s i ha la c adut a. dal :pi c ci òl o d all ' alb er o.

I . S.