PROGETTO PERSONA - Armando Editore

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Stefania Guerra Lisi PROGETTO PERSONA MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi Ambiti di applicazione pedagogico-terapeutici ARMANDO EDITORE

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Stefania Guerra Lisi

PROGETTO PERSONA

MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi

Ambiti di applicazione pedagogico-terapeutici

ARMANDO EDITORE

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Sommario

Prefazione 11lucio lombardo radice

Introduzione 15Progetto Persona 17Una formazione interprofessionale globale 22Obiettivi metodologici della GdL 32La globalità dei Linguaggi: paradigma di una disciplina 36gino stefani

Portatore di handicap o di cultura? 47Le memorie del corpo 50Il “Corpo Sentito”: psicomotricità nella Globalità dei Linguaggi 57

Parte Prima

Ambiti di applicazione pedagogico-terapeutici 67nella MusicArTerapia GdL

Preparazione della coppia e assistenza al parto 67margherita soattin

Un grembo sociale per un grembo materno 76ilaria ciofi

Meraviglia – Dedizione – Gratitudine alla vita 80Imprinting prenatali e identità musicale 86Improvvisazione musicale sugli stili prenatali. 95Gruppo del Conservatorio di Torino (1994)

Parte seconda

Aspettare un bambino: dalla coppia al grembo sociale 100Predisporre alla pace. La com-prensione dell’altro oltre le differenze 100Prevenzione per il “cucciolo d’uomo” 103L’ascolto pedagogico-terapeutico 106

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La famiglia e le sicurezze del bambino 107L’Università della Famiglia 112Il progetto educativo tra famiglia, nido e scuola 113

Parte terza

Asilo Nido/Scuola dell’Infanzia/Scuola Primaria 116Asilo Nido: un’esperienza metodologica nella GdL 116Ascolto del lattante 128Dalla Mater alle Materie: le riflessologie bocca-mano-mente 129Il processo ri-cognitivo 137Integrazione Intercultura Interdisciplina nella GdL 146Crescita e apprendimento nella “scuola di tutti”: 157 CIM e A.U.R.A.P. di Perugia carla brutti, rita parlani

Essere, fare, far fare 165cinzia guandalini, roberta manzali

Autismo e apprendimento nel gruppo 171anna cuscini

Da seme a frutto, da Pinocchio al Mago di Oz 173Scolarizzazione dei bambini zingari nell’età dell’obbligo 176in ambito espressivo creativo

Parte quarta

Scuola Secondaria ed extrascuola 203Crescita: sessualità, sensualità ed handicap 203Integrazione oltre la scuola dell’obbligo 209L’A.N.I.S. Associazione Nazionale Integrazione Sociale 220laura rubrianti, anna comunale

Una psicomotricità “Globale” 231giuliano giaimis

Ortovita 233L’Integrazione Uomo-Natura negli “Orti Plurisensoriali” nella GdL 234

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Parte quinta

Centri di riabilitazione/integrazione 237Progetto Persona al “Don Guanella” maschile di Roma 237Piacere: a ciascuno il suo 246L’alleanza terapeutica dei metodi: un caso clinico 248maria assunta giusti, paola ciabatti

Storia di Dora, la bambina del treno 249Homo – Tono – Fono – Simbolicus 262MusicArTerapia nella GdL con i gravi 268Stereotipie vocali: una ricerca-azione 268Progetto O.D.A. Un modello di riabilitazione per adulti gravi 273 giampaolo la malfa, graziano parrini, marcella barducci

Viaggio nel ritardo mentale 276giampaolo la malfa

Progetto Dinamico Evolutivo Per “Persona W.”: 279soliloquio interiore ascoltato da S. Guerra LisiDall’emergenza alla qualità: “Casa Verde” di S. Miniato (PI) 281moreno cerrai, alberto giani

Identità multiple 285giovanna serazzi nicodano

Progetto Persona alla “Fondazione Stefani” di Noventa V. (VI) 290alessandro balzan, franca brun

Teatr’Integrazione nella GdL AS.SO.FA. di Piacenza 303lucia bianchini

Parte sesta

Servizi sociosanitari e psichiatrici 310Art RiBel: un’arte che apre i cancelli 310Dappertutto… anche da noi con l’Art RiBel 315Da autista ad artista all’Accademia Belle Arti Venezia 323m. giuffredi, s. guerra lisi

Dall’assistenza alla qualità della vita. “Villa Maria” di Lenzima (TN) 329m.c. bolner

L’Istituto Medico Educativo (IME) di Pesaro 339

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G. “Fog Man”. Ho visto emergere l’Arte dalla nebbia della follia 344Ri-uscire dal manicomio. I “signori” di Collegno 353giovanni de grandi

Protagonisti del Cambiamento. Coop. Soc. “Il Sogno di una cosa” 370Collegno (TO) guido bodda

Dall’Ospedale Psichiatrico all’identità etnoculturale. Esperienze 376 a Reggio Calabriamario lo cascio

Il Corpo nell’handicap psichico. Un contributo psicanalitico alla GdL 388pier giorgio curti

Parte settima

Tossicodipendenza, Alzheimer, risvegli dal coma 396Il rischio di devianza 396bianca maria dappiè

Laboratorio “Musica e Droga” ad Assisi 399Un approccio alla tossicodipendenza 403ombretta de carlo

Globalità dei Linguaggi all’Istituto Penale per i Minori di Nisida 407maurizio di gennaro, giulia biancardi

L’albero della vita. E i frutti della vecchiaia 412Si può fare. Progetto Persona a Villa Marcella 417Il corpo con amore e non rancore 419Il coma: approccio fenomenologico e MusicArTerapia. 424Ricerca Sperimentale con convenzione tra UPMAT e Casa di Cura “Villa Verde” di Lecce. Supervisione di S. Guerra Lisi pasquale verrienti, rita cappello, fabio falco, franco massari

Per-Sona. Vocalità autotelica nella GdL 433tyna maria casalini

Corpo-Mente 438

Bibliografia 439

Scheda Progetto Persona 444

Scheda di osservazione 447

Ringraziamenti 461

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A mia figlia Elvira che nel suo autismo

mi ha insegnato a comunicare

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Prefazionelucio lombardo radice*1

La dedica del libro nel quale Stefania Guerra Lisi espone le sue esperienze e le sue riflessioni sulla comunicazione non verbale e/o preverbale, rivela la motivazione prima di quella che è ormai quasi da più decenni il motivo centrale della sua attività: la riabilita zione, il reinserimento degli handicappati sensoriali, motori e psichici.

Il suo background culturale e professionale sono il Disegno e la Storia dell’Arte: Stefania Guerra Lisi ne ha saputo fare un centro di irra diazione delle idee e delle tecniche che ha dovuto inventare per co-municare con chi non riesce, o non vuole, uscire da sé. Dalla “Plastica e Disegno” che insegna presso la Scuola Magistrale Statale “Mon-tessori” di Roma, eccola estendere interessi e capacità alle Attività Espressive in generale, lavorando anche alla Scuola Magistrale “Orto-frenica Montesano”, all’Istituto Superiore “Modis” per la specializza-zione degli insegnanti di sostegno alla integrazione degli handicappati.

L’Espressione Corporea diviene, nell’ambito della GdL, il momen-to centrale: Stefania Guerra Lisi insegna psicomotricità all’Istituto di Ortofonologia di Roma, mentre conduce Seminari su “Percezione e Associazione sinestesica” presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Animazione e Drammatizzazione non verbali vengono sperimenta-te da Stefania Guerra Lisi nei Centri Ricreativi Estivi del Comune di Roma, nel Collettivo “G” per il Teatro di Roma, in alcune scuole

* Matematico, Università di Roma (=). La sua Prefazione figurava in S. Guerra Lisi, Co-municazione ed Espressione nella Globalità dei linguaggi, Roma, Il Ventaglio, 1980, ma la considero attuale e pertinente al presente volume.

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materne, elementari e medie. Tutte queste esperienze, ed altre molte e varie – ricordiamo solo gli Itinerari organizzati con Anna Dell’Agata alla Galleria Nazionale dì Arte Moderna – sono però costantemen-te accompagnati da un forte impegno di ricerca teorica: ci limitiamo a ricordare il Seminario del 1978 presso la Cattedra di Filosofia del Linguaggio della Facoltà di Filosofia di Roma, per dare una idea del livello di tale impegno.

Anche se la motivazione prima, e dichiarata, di Stefania Guerra Lisi è l’intelligente amore per la sua figliola autistica, che l’ha portata a cercare e inventare nuove vie di comunicazione, tuttavia l’autrice di questo libro non resta davvero entro i limiti che rinchiudono la straor-dinaria vita di “Anna dei miracoli”, che riuscì a far entrare nel mon-do della comunicazione interumana la piccola Helen Keller, la quale, quando le venne affidata, era chiusa nella triplice oscurità della cecità, della sordità e del mutismo. Senza dubbio, la motivazione iniziale di Anna e di Stefania è singolarmente affine: trovare una via a due sensi di comunicazione-espressione con una creatura con la quale può sem-brare impossibile entrare in rapporto.

Mentre, però, la grande, geniale scoperta di Anna – l’alfabeto del tatto – ha un valore solo per Helen, e per i rarissimi casi di mutismo-sordità-cecità uguali al suo, la via della comunicazione corporea e sensibile, “globale”, che Stefania all’inizio è andata co struendo per una creatura umana, si rivela via via sempre di più un aspetto, un mo-mento, una dimensione – anzi un complesso di dimensioni – della identificazione di sé nell’altro e coll’altro e per l’altro di ogni essere umano in qualunque ambito della Cura: dal Concepimento agli “altri attraversamenti di soglia”.

Dal “diverso” al “normale”, dal “caso eccezionale” a “tutti”. Il cammino lungo il quale Stefania Guerra Lisi ha avanzato, e con-

tinua ad avanzare, è assai simile, per questo verso, ad alcune grandi espe rienze di pedagogia teorica e pratica dell’ultimo secolo. Le pro-poste di Maria Montessori di nuovi “materiali”, e le sue teorie sul-lo svi luppo psico-motorio dei cuccioli d’uomo nei loro primi anni di vita, hanno tratto origine dalle esperienze medico-psicologiche fatte sui “casi speciali” di Montesano. E la grande “trovata” di Jean Piaget fu ben quella di utilizzare con bambini normali le tecniche di inter-rogatorio usate dagli psichiatri con i malati di mente.

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Infatti, anche per il bambino “normale” nella scuola “normale” c’è troppo spesso la «frustrazione dei linguaggi innati dell’uomo». Più in generale, andando al di là della scuola, viviamo in «una società verba-lizzata, che non educa l’Essere-Corpo» come invece propone la GdL.

Chi scrive questa nota introduttiva è, per sua natura e/o forma-zione, un “verbale”: un uomo che pone al centro del suo interesse l’educazione della mente e che, persino nell’attività ludica, privilegia il giocattolo più grande, che è – come spiega Chaplin – Calvero alla ragazza malata che si annoia – il cervello pensante. Ma, anche se i due libri che ho forse scritto con più gusto hanno come titoli le frasi sopra sottolineate, voglio non essere unilaterale, e rivolgo grande attenzione a quella primaria “esigenza umana” (così la chiama l’autrice) che è la ricerca di comunicazione in tutte le sue forme, e non soltanto per la via “mentale”, che ha come suoi strumenti parole e scrittura.

«A scuola con il corpo», si è detto, in polemica con il verbalismo dell’istruzione.

«A scuola colle mani, non con il solo cervello», ama ripetere il fi-sico Giulio Cortini, coordinatore del Raggruppamento Didattico della Facoltà di Scienze della Università di Roma. Mate matico di profes-sione quale sono, benché di tendenza astratta, ho seguito con interes-se esperimenti di conquista dello spazio geometrico (dello “schema spaziale” esterno) per mezzo della “postura” e della attività in quello spazio nostro, che è il nostro corpo, fatti in alcune scuole elementari italiane, ed esposti da Ida Sacchetti nel suo libro Prima elementare pubblicato nel 1977.

L’autrice ci offre una consistente bibliografia che comprende reso-conti di esperienze e ricerche consimili, che accompagnano nella GdL la crescita umana. Mi permetto di aggiungere Il bambino e lo spazio – il ruolo del corpo, di Liliane Lurçat che fu già collaboratrice di Henri Wallon, libro ricco di esperienze e riflessioni sulla «proiezione dello schema corporeo che è alla base dell’identificazione spaziale e dell’o-rientamento nello spazio».

Dico però in tutta sincerità che, in questo campo di ricerche e di sperimentazione recente sì, ma pur già ricco di opere, le esperienze e le idee di Stefania Guerra Lisi mi sembrano portare elementi nuovi. Innanzitutto, un punto di vista, diciamo pure una filosofia, originale. Così, per limitarci al paragone con il libro francese poco prima citato,

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noto una consonanza sulla dialettica oggetto-soggetto, sulla formazio-ne di uno schema corporeo e sulla proiezione di esso sul Gegenstand, su ciò che ti sta di contro; ma non posso non sottolineare, come fa René Thom nella Prefazione a Liliane Lurçat, che lo schema spaziale esterno organizzato dalla proiezione dello schema corporeo rimane il classico spazio geometrico dei movimenti rigidi (traslazioni, rotazio-ni, simmetrie).

Diversa invece, ricca, multidimensionale, la concezione filosofica che Stefania Guerra Lisi ha dello spazio come “spazio sensibile”, e non soltanto “metrico”.

È uno spazio di movimenti, di colori, di suoni, di odori, di buio, e di luce, interno ed esterno, di tono muscolare e di percorsi-traccia, di inconsce associazioni sinestesiche.

La fantasia espressiva di Stefania Guerra Lisi è straordinaria. Le testimonianze qui riportate, in campo preventivo, educativo, riabilita-tivo e terapeutico, illuminano, ma non riescono a rendere pienamente l’autrice al lavoro, il suo comunicare con gli altri, come può testimo-niare chi al lavoro l’ha vista. La straordinaria intensità dell’autrice si trasforma talvolta in una “mistica” della comunicazione tramite il corpo e i sensi tutti; i frequenti riferimenti allo Steiner (che del resto piaceva a Franz Kafka!) mi sembrano un indizio in questo senso. Nel tempo stesso, è anche un libro rigorosamente razionale, che scopre scientificamente molte nuove dimensioni dello spazio umano: una scoperta, lo ripeto, importante per tutti coloro che si dedicano allo svi-luppo dell’essere, al suo inserimento nel mondo esterno degli oggetti e nel mondo interno degli uomini.

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Introduzione

Questo libro, alla sua terza ristampa aggiornata, vuol essere il com-pendio di una ricerca-azione di più di 45 anni di operatività pedago-gica, formativa, terapeutica nella Globalità dei Linguaggi (GdL) che ha coinvolto, oltre a migliaia di persone, varie Istituzioni ed Enti edu-cativi e socio-sanitari. Consideriamo questo come testo di base per la Form’Azione in GdL.

Il nostro punto di partenza e obiettivo politico è stato lo slogan, formulato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “From cure to care”, dal curare all’aver cura: un processo, questo, dove si evidenzia la continuità pedagogico-terapeutica delle cure sociali rivolte precisa-mente non alle malattie fisiche o psichiche, ma all’Uomo.

Qui infatti il modello operativo-sanitario “malattia-terapia-guari-gione”, cede il passo a una visione della Persona come soggetto di particolare attenzione, aiuto, sostegno. La condizione psicofisica uma-na non è più qualificata secondo la dicotomia riduttiva salute-norma e malattia-devianza o eccezione da ricondurre alla norma; la “malattia” è, come la “salute”, una «esperienza attiva e soggettiva della persona» (Ongaro-Basaglia, 1978), una risorsa.

Queste riflessioni sono fondamentali in quanto il modello fondato sulla sequenza “malattia-cura-guarigione”, pur avendo la sua validità nel campo della medicina fisica, si rivela insufficiente, se non inutile, ad affrontare quadri di compromissione neuro-psichica o di situazioni in età adulta, in quanto le alterazioni si presentano, il più delle volte, come irreversibili.

In questi casi la prospettiva medica orientata a vincere la malattia e ad eliminarne i sintomi, è fallimentare. Infatti, o si dichiara l’inutilità di passare alla seconda fase della sequenza (cura) in quanto la diagnosi

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è definitiva e la prognosi non favorevole (prevale così la rassegnazio-ne), oppure si intraprende una cura interminabile, che dura tutta la vita del portatore di handicap, o finché prevale il senso di frustrazione e di inutilità che induce i genitori a sclerotizzare la loro routine esistenzia-le e gli operatori ad abbandonare il campo.

E non di rado questo “curare senza guarire” non è soltanto un para-dosso, diventa una parodia.

Aver cura dell’Essere Umano significa, evidentemente, realizzare uno sfondo che favorisca il suo sviluppo, riconoscendo l’insondabilità dei potenziali umani, la vicarietà che in essi si rivela proprio nell’e-mergenza, l’inalienabile patrimonio genetico funzionale alla comuni-cazione e all’espressione della Persona nella sua individualità come primo diritto da difendere.

Per questo il campo di azione della Ricerca-Azione della GdL, va – come dimostrano le testimonianze operative riportate in questo testo – dalla preparazione al parto alle cure primarie dei bambini, alla politica degli asili nido, della scuola, alle strutture sociali ludiche, ricreative, riabilitative, terapeutiche, per garantire, anche in caso di grave han-dicap, l’Integrazione, primo requisito e obiettivo di qualunque inter-vento sociale e terapeutico. Perché solo nello scambio delle differenze l’Identità ha la possibilità e l’occasione di manifestarsi e di evolvere.

In questo senso il “Progetto Persona” abbraccia gli obiettivi dell’E-ducazione e della rieducazione, della Prevenzione e della Riabilitazio-ne, il mantenimento e la qualità della vita.

Penso che per questo la formazione nella GdL è la premessa a qualun-que professione e operatività sociale – insegnante, educatore, animatore, tecnico della riabilitazione, terapeuta – considerando non la parcellizza-zione e la conflittualità dei ruoli e degli interventi, ma la loro necessaria continuità. E per questo la prospettiva GdL interpella e coinvolge anche le famiglie e le stesse Persone con problemi, mirando a una coscientiz-zazione in ciascuna dei propri talenti di comunicazione ed espressione, e soprattutto del naturale destino di crescita e maturazione transpersonale.

Questo è così evidente nel costante cambiamento fisico della per-sona da sembrarci impossibile che tanto spesso – per il pregiudizio di diagnosi irreversibili – non venga riconosciuto in crescita sul piano psichico, dimenticando che il vivere affina, in ciascun essere vivente, l’arte di vivere, nonostante tutto.

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Progetto Persona

“Progetto Persona”: è la ricerca-sperimentazione nella GdL, con-dotta in varie realtà italiane ed europee di accoglienza, educazione, ri-abilitazione e cura, partendo da una formazione di base che coinvolge le varie figure dell’équipe in un processo di programmazione e super-visione finalizzato a realizzare programmi individualizzati, concordati con i genitori.

Programmi sviluppati, è importante dirlo, anche in casi di persone per i quali era prevista solo assistenza, sussistenza, e contenimento passivizzante in caso di crisi etero/o autolesioniste.

Tanti di questi handicappati hanno registrato da subito alla nascita, o man mano che crescevano, la caduta più o meno disperata e progres-siva delle aspettative diagnostiche, della riabilitazione, e persino delle persone affettivamente più legate, fino a perdere questi legami, fino a spezzare questo filo di attesa: se nessuno si attende più nulla, io stesso non attendo più gli altri, non mi tendo più verso gli altri.

Il destino di Eco non riamata da Narciso (la bella immagine di sé), è disperdersi ecolalicamente in frammenti di evocazioni degli altri, di into-nazioni più o meno care, ma comunque emotive, senza più emozionarsi, resi esseri fatti di pietra risuonante. Riallacciare questo feeling emo-to-nico-fonico, ridar loro polpa muscolare senziente, attraverso l’esperien-za combinata di voce-tatto-gesto, restituendo musicalità imprescindibile dalle emozioni di attesa, riuscita psicofisica, di incentivazione, di appro-vazione, rinascita, riconoscimento, plauso, con escalation ritmico-catar-tica, è ridare dignità umana all’attore, che riconquista la “persona” come veicolo della sua interiorità espressa, in modo da riattivare la funzione del “per-suonare” o meglio per risuonare, ritrovando la cassa di risonanza così importante per qualunque strumento musicale per produrre il proprio specifico sound in infinite colorazioni timbriche, emozioni che diventano tono muscolare e fonazione nello straordinario strumento del Corpo.

Uno strumento che pure contiene questa gamma sonora infinita, può rimanere in un angolo con tutti questi potenziali, vibrando ad ogni piccolo spostamento d’aria in attesa di qualcuno che lo faccia convi-brare. Non possiamo né suonare né risuonare da soli, abbiamo tutti bisogno di appassionati musicisti che sviluppino virtuosamente gli in-finiti potenziali che abbiamo.

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Il destino umano, come di ogni altra forma della natura, è la comunicazione che sviluppa la musicalità implicita nella nostra costituzione relazionale che è sincronica, sintonica, sinfonica, dal grembo materno al grembo sociale. Nei casi di estremo ri-fugio in risonanza di sé è necessaria la terapia, la cura, il ri-guardo che è anche venerazione dell’uomo che ha fede nell’uo-mo come divina ed inestinguibile forza vitale, in evoluzione nell’Arte di Vivere.

Il Progetto Persona investe non solo le attività terapeutico-riabili-tative, ma il miglioramento della qualità di vita degli ospiti nell’intera giornata. Si tratta – ed è stato il lavoro più grande in questi anni – di trasformare un’assistenza che prevedeva al massimo, oltre il control-lo e l’accudimento igienico, momenti di animazione, più o meno se-guiti dai gravi chiusi in rituali autistici o in autolesionismo, o privi di richieste o di collaborazione, trasformare questa situazione in una programmazione individualizzata secondo il metodo della GdL come Progetto Persona.

Questa è stata la conquista di base per attivare un interesse che progressivamente ha coinvolto tutto il personale, e che attualmente, nell’intento di sviluppare sempre di più l’Identità nella storia-memoria delle Persone, tendendo a coinvolgere sempre anche le famiglie. Nel Progetto Persona si passa quindi storicamente non solo dall’assistenza allo sviluppo dell’avviluppo, in cui credere per ristabilire aspettative evolutive, ma anche, rispetto alle famiglie, dalla delega alla collabo-razione per un miglioramento della Persona, delle sue facoltà espres-sive, sulle quali non c’era più investimento.

C’è da sottolineare – possiamo ormai testimoniarlo – che anche l’handicappato più grave risponde con un miglioramento della co-municazione. Lo vediamo nella sua riconquista di piccole autono-mie nella motivazione dell’esplorazione plurisensoriale, e poi nel compiacimento delle proprie tracce espressive, vocali, psicomotorie, plastico-grafico-cromatiche-musicali nelle proposte di MusicArTe-rapia e drammatizzazione in fiabe proiettive. Proposte realizzate se-condo la filosofia e il metodo della GdL, e presentate al territorio in

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un’integrazione didatticamente partecipata con le scuole e con gli altri servizi sociali.

La Persona è il prender Corpo dello Spirito-Essenza, che ha sussi-stenza nella realtà fisiognomica unica e riconoscibile, e mi piace dire rappresentabile-ripresentabile all’altro, al mondo, oltre lo spazio e il tempo nella memoria.

L’esistere è allora un persistere, un sussistere di quella creazione globale che solo Mnemosine, la Memoria, madre di tutte le Muse-Ar-ti, può realizzare, e che è la sintesi di forma-suono-movimento come sound della Persona. Questa condensazione emo-tonico-fonica è la storia dell’individuo, la sua esistenza che è attraversamento soggetti-vo di fasi di crescita, come passaggi dalla possibilità geneticamente predisposta per la realizzazione dei potenziali umani. Non solo allora lo Spirito che prende corpo-forma, ma vale soprattutto il processo di conformazione come risultato dello scambio comunicativo con l’am-biente sociale. La Persona è suscitata dall’appello vitale alla testi-monianza con il proprio vissuto, in quanto in con-formazione con la società e con la storia. La personalità è l’insieme delle caratteristiche individuali in sintonia-sincronia-sinfonia con gli altri esseri viventi e con il mondo esterno. L’Essere si attua come Sé quando si trova in re-lazione spirituale con gli altri, come sostiene Freud, costituendo così il valore morale della propria individualità, e universalità, nell’ottica di C.G. Jung.

L’iter evolutivo della persona si svolge attraverso fasi di sviluppo graduali, che si organizzano attorno alle caratteristiche fisico-psico-logico-affettive e storico-sociali-etico-morali dell’individuo. Niente può essere anticipato nello sviluppo dell’avviluppo; si conosce la vita e si costruisce la personalità a poco a poco, poiché le trasformazioni bio-psicologiche si manifestano lentamente secondo specifici compiti evolutivi che caratterizzano i diversi periodi dell’esistenza. Ma come nelle fasi dello scarabocchio la linea retta non può essere espressa pri-ma dei grafo-gomitoli, questi possono permanere nelle fasi successive in continua rielaborazione. Come dire: gli stati primari permangono nello sviluppo perché la Persona possa elaborarli. Nell’ottica della GdL, come in caso di bisogno non si possono scindere questi stati nell’espressione, così la regressione è tentativo di rielaborazione, ten-dente a riassumere dalle radici la forza evolutiva.

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Questa visione permette all’educatore-terapeuta di reinnescare l’orientamento dell’Essere con proposte adeguate, che rimettano in gioco secondo la progressione naturale lo sviluppo della persona: non considerando né la gravità dell’handicap né la vecchiaia preclusioni a questo processo che spesso si riattiva anche dopo anni di blocco, dimostrando così un’attesa dell’ambiente-occasione favorevole.

Secondo la sua teoria sulle fasi dello sviluppo della persona nell’arco dell’esistenza, nell’opera Stati della vita C.G. Jung conside-ra la saggezza dell’anziano come un ritorno verso l’inconscio e verso le immagini innate, simboliche, più antiche dell’umanità. Per questo maestro gli archetipi consistono in modelli di comportamento comuni a tutti gli uomini, perché sono parte dell’inconscio collettivo che com-prende l’esperienza dell’intera umanità.

È questo il patrimonio psicofisico che ci permette, di fronte a qualsiasi processo di emarginazione sociale, di disintegrazione fino al coma, di reintegrarci: reintegrarci nell’umanità, se non è possi-bile nel mondo circostante, in un tempo altro se non è possibile nel nostro tempo.

Gli stati alterati di coscienza, come i vari sensorismi-rituali, corri-spondono probabilmente a stati altri dell’Essere, ontogeneticamente inscritti e psicofisicamente riattraversabili. Questi stati sono nicchie in cui la Persona può riassociare convenientemente il suo comporta-mento con le più personali connessioni sinestesiche che lo riporta-no a quelle impressioni. Se non posso integrarmi in questo contesto esterno, ce n’è sempre uno interno nel quale sopravvivere in atte-sa, come una lumaca che al sopraggiungere del gelo si rifugia nella profondità del grembo terrestre. Come per sopravvivere abbiamo in-teriorizzato nel sangue l’energia calorica dell’ambiente, per poterla spendere nell’attraversarlo, così abbiamo interiorizzato le sicurezze del grembo materno per rifugiarci in esso nell’emergenza ambientale, per poterlo riattraversare e simbolicamente avere una prospettiva di rinascita possibile.

Senza dubbio una delle specialità della psiche umana è proprio la capacità di ricordare, riconoscere, ricreare atmosfere oltre il razionale senso di realtà, alterando i sensi stessi e riconducendoli – forse – a inusitate onto-funzioni che rendono l’uomo plurispeciale.

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In quest’ottica si muove la ricerca della GdL: nel dar senso ai comportamenti insensati e nell’osservazione delle reazioni alle proposte psico-sensomotorie che cercano di corrispondere ai cosiddetti regressivi livelli di partenza, per ricondurli alla suc-cessione naturale secondo una estetica psicofisiologica impli-cita nelle qualità materiche, cromatiche, sonore, che vengono proposte.

Il rispetto della Persona consiste quindi non solo nel rispettare la sua unicità, ma anche la sua universalità, considerando inalienabile il progetto evolutivo che porta in sé, strettamente connesso a quello di chi lo facilita terapeuticamente.

Il Progetto Persona si attua contemporaneamente nei soggetti ai quali è destinato e nell’ambiente che lo favorisce, perché realizza non solo l’uomo, ma l’umanità che continua a vivere in lui, ai confini della vita e oltre la vita, nella memoria e nell’attesa. Si aspetta un Essere Umano; un essere umano va sempre aspettato!

Se cadono le aspettative della famiglia, della scuola, della terapia, della società, si genera la più grande sofferenza dell’Essere, che ciono-nostante trova in sé, nei propri rituali, la forza vitale più grande: quella di aspettare la maturazione dell’ambiente.

Sentiamoci aspettati da quelli che sembrano non guardarci, non ascoltarci, non seguirci, non reagire… Le testimonianze che qui ripor-tiamo ci dimostrano che le Persone erano in ascolto psicofisico in tutti i sensi, che ci sono per lo più sconosciuti e che solo attraverso Loro possiamo riscoprire. C’è una morbosa ribellione nell’essere umano alla ineluttabilità delle forze della natura, della malattia, e della morte, una incapacità di rassegnazione. È come dire che l’azione dei segni, delle catastrofi, delle sofferenze, della morte non riescono a convin-cerlo, forse proprio perché percepisce in sé l’insondabile reattività psicofisica.

È credendo in questo che abbiamo potuto realizzare in contesti così diversi, dalla preparazione al parto ai risvegli dal coma, il Progetto Persona.

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Una formazione interprofessionale globale

La formazione del MusicArTerapeuta (MAT) nella GdL (GdL), come professionalità che garantisca l’approccio pedagogico-terapeu-tico ai bisogni, in interazione con altre figure professionali o con la cultura basilare di ciascuna di esse (educatore è anche il Neurologo, lo Psicoterapeuta, il Terapista), va intesa come facilitante il vissuto totale della Persona in ogni momento della sua vita, valorizzato perché occasione di crescita di autonomia.

La formazione è necessariamente imperniata sulla comunicazione, anche la più complessa (con soggetti anche gravi, in regressione, con difficoltà espressive) e come naturale prevenzione al disadattamento, all’aggravarsi dell’handicap.

In questo senso la GdL va intesa come modalità relazionale che favorisce l’espressione con tutti i linguaggi verbali e non verbali: in una panoramica che mette a fuoco l’aspetto pedagogico-terapeutico delle arti.

Per parlare di linguaggi espressivi, sia da sviluppare che da deco-dificare, è indispensabile parlare di percezione e di associazioni sine-stesico-sensoriali, e quindi del nucleo della capacità simbolica umana, implicita nella Corporeità.

Il Corpo è sede infatti di memorie ancestrali, di memorie onto-filo-geneticamente vissute nello sviluppo psicofisico, di imprinting emotonici. Nel Corpo sono quindi psico-fisicamente inscritte l’univer-salità dell’alfabeto antropologico comunicativo, e la soggettività delle preferenze sensoriali sulle quali si impernia lo stile di ogni Persona.

Nella formazione del MusicArTerapeuta, che in qualunque isti-tuzione dovrebbe tutelare il rispetto e lo sviluppo della personalità, è fondamentale la considerazione di due Valori, che permettono meto-dologicamente di dar senso anche ai comportamenti “insensati”, quali messaggi, e di sviluppare i Potenziali Umani che emergono attraverso la “MusicArTerapia nella GdL”.

Con “methodos” ho inteso definire metaforicamente, il cammino da percorrere con creativa plasticità secondo le simboliche asperità del terreno, le condizioni climatiche ed altre variabili imprevedibili, ma soprattutto con la percezione dei propri arti specifici, quindi come ve-rifica dei propri limiti e superamento degli stessi, nell’accomodamento

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alla realtà. L’esempio più semplice è immaginare di dover raggiungere la cima di una montagna come animali diversi (insetti, stambecchi, uc-celli, elefanti…); alcuni sceglieranno le sporgenze minimali dei mu-schi con piccole pause ravvicinate a micromovimenti veloci (ragni, farfalle…); altri sceglieranno quelle più grandi delle rocce (antilopi e lepri…); altri le chiome degli alberi (uccelli); altri dovranno addirittu-ra predisporsi progressivamente sentieri (elefanti…).

L’importante è la ricerca con capacità di modifica di sé e dell’am-biente ad ogni passo, e non perdere di vista l’obiettivo. Tutto questo si traduce (in campo psico-pedagogico-terapeutico) in capacità di os-servazione dei comportamenti psico-senso-motori e programmazio-ne dinamica, per raggiungere due obiettivi convergenti e inscindibili, verso la cima della montagna: la riconquista di fiducia nel piacere (nonostante memorie traumatiche più o meno consce) riattivando l’a-scolto sensoriale, e lo sviluppo della personalità, nell’individuazione e compiacimento della propria identità, attraverso quello delle proprie tracce espressive, che indica il soggettivo diverticulum iter trasversum “via più breve, agevole, spedita”.

In pratica il metodo è il modo più economico per raggiungere un fine, è fatto di regole facili, evita sforzi inutili. Agire con metodo si-gnifica essere previdenti contro lo smarrimento totale, di fronte agli imprevisti del percorso.

«Il metodo è essenzialmente un modo per combattere l’aleatorietà, una strategia per ridurre il gioco del caso misurando e classificando ciò che resterebbe altrimenti nel campo dell’approssimazione. Il me-todo infine diventa stile» (Gilles-Gaston Granger, Enciclopedia Ei-naudi, voce “Metodo” volume 9, Torino, Einaudi, 1977).

Lo stile è sempre espressione di personale creatività applicativa.L’applicazione pratica del metodo prevede, infatti, non una serie di sti-

molazioni multisensoriali in una qualunque successione, ma una fede nel-le facoltà comunicative latenti e nelle risposte possibili qualunque siano le modalità espressive, che permette di aspettare le risposte riconoscendo nelle differenze delle stesse il gusto e lo stile personale di ciascuno.

Nella formazione di educatori ed operatori sociosanitari ciò signi-fica non solo vivere prima con la propria corporeità e consapevolezza di preferenze sensoriali, ma soprattutto scoprire la quantità di inven-zioni diverse che la messa in gioco corporea suscita, adeguando anche

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psicologicamente comportamenti che rimarrebbero sclerotizzati senza le occasioni, come avviene nei casi patologici aggravati dall’appiatti-mento emotivo-esistenziale per mancanza di stimoli (specialmente se istituzionalizzati).

Dopo aver cercato di spiegare la progressiva esigenza, secondo questa angolazione, di definire metodo un percorso di consapevolezza maturata nell’applicazione pratica, mi sembra indispensabile spiegare anche la definizione da me scelta con molta riflessione, “GdL”, per mettere a fuoco la differenza con pluralità, molteplicità, trans e inter-disciplinarità dei linguaggi, tutte implicite in essa, ma non esaustive.

La “globalità” è immagine sferica, che permette di unificare i vari punti da prendere in considerazione per una relazione costante con un nucleo centrale, che è la sinestesia: la capacità innata e involontaria di associare le immagini di tutti i sensi e quindi di tutti i linguaggi espres-sivi ad essi connessi, nella stimolazione anche di uno solo.

Ciò è fondamentale per ristabilire un contatto comunicativo con chi non può o non vuole più comunicare, ma che suo malgrado co-munica con la propria corporeità, con il suo modo di stare al mondo, di scegliere strategie inconsce di sopravvivenza secondo personalis-sime scelte, sia pure nei sensorismi e stereotipie, che come vedremo sono espressioni di straordinaria, creativa specificità. Infatti il Corpo-Traccia è tale, in un accomodamento esistenziale, comunque avvenuto anche nei più gravi casi di disadattamento, poiché l’Essere per vivere ha messo a punto quella che secondo questa filosofia è considerata la sua Arte di Vivere.

Questo permette di osservare la diversità con i relativi comporta-menti, non in senso negativo immaginandone la correzione o l’elimi-nazione o l’impossibilità più o meno di lasciare a farlo (come spesso avviene secondo punti di vista riabilitativi, specialmente con gravi adulti), ma in chiave positiva come tracce espresse delle preferenze sensoriali (ritmi, melodie, timbri, qualità e quantità tattili, olfattive, gustative, sinestesiche). Considerando l’attitudine sinestesica implici-ta nell’essere umano si può partire da questa preferenza espressa in-consciamente, trasponendola in altri linguaggi, creando così una quan-tità di rispecchiamenti del mondo interno con l’esterno; per esempio: il ritmo di dondolamento può essere accompagnato da proiezioni di colore messe a fuoco nell’appoggio e sfocate nell’oscillazione, con la

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voce modulata affettivamente, così con la qualità degli accarezzamenti anche con ventilazioni lievi di stoffe leggere (con casi di iper-tatto o di paura dei contatti). Questi avvolgimenti dell’ambiente, che in maniera indiretta accompagnano l’essere più isolato restituendogli continuità e corrispondenza senza coercizione, possono progressivamente evolve-re in immersioni tattili nelle materie, dalle più affini all’avvolgimento prenatale (per es.: dall’acqua agli invischiamenti lievi), aumentando le pressioni-impressioni con materie sempre più dense (colori digitali, manipolazioni di stoffe plastiche sonore intorno al corpo…). Questa progressione di presa di contatto (anche nel caso più grave di auti-smo) tramite il corpo sensoriale diviene applicazione metodologica, se prende in considerazione la globalità sensoriale implicita nel tatto, come senso primario di comunicazione prenatale, proprio per questo vicariante e non vicariabile anche dopo la nascita.

Il compendio dell’Essere è affidato alle memorie dei sensi; e in questo risveglio delle corporeità in uno stato di contenimento affet-tivo con l’altro, anche quelle traumatiche vengono bilanciate a poco a poco da nuovi vissuti positivi: perché sentire l’educatore-terapeuta coinvolto nelle proprie reazioni e fiducioso della possibile rimessa in gioco, determina un coraggio esplorativo che si era negato in rituali ossessivi, ogni volta bloccati sul ciglio dell’esperienza senza variazio-ni, proprio perché inconsce metafore congelate.

La metamorfosi viene così percepita come possibile dall’Essere senziente, perché archetipo base dell’esistenza: dal mondo degli sta-ti materici a quello degli stati psichici. Non a caso nell’applicazione metodologica è prevista sempre, nella scelta delle materie, non solo la sequenza trasformativa da aeriforme a liquido a magmatico in solidi-ficazione (gioco della farina-creta-carte…), ma anche la distruzione di ciò che è indurito, che dura, nel gioco infinito dell’errore creativo. Questo porta a rovesciare contenuti trasformando macchie in emer-sione di forme fantastiche, frammenti di bicchieri-vasi… distrutti in modo catartico, in ricomposizioni su sfondi-ambienti valorizzanti.

Qualunque comportamento aggressivo, se integrato in un am-biente valorizzante, diventa la prima parola di un dialogo: il grido in consonanza con altre grida che si compongono in risposta corale alla specifica intonazione e timbro, il pugno o lo strappo in giochi di la-cerazione di carte colorate con pugni o strappi facendole risaltare su

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sfondi o valorizzandoli con registrazione sonora. Può rendere l’idea di come la creatività immaginifica può risolvere la sofferenza umana la scena del film Miracolo a Milano di V. De Sica, in cui il bambino, solo con la nonna morente, gioca con la colata del latte in ebollizione disponendo soldatini sulla fluente strada bianca che va espandendosi sul pavimento, trasformando la disgrazia in gioco e sopravvivendo così all’angoscia, per quella capacità sinestesico-associativa che per-mette all’Uomo, persino nella follia, d’essere l’animale più capace di sopravvivenza per adattamento simbolico-trasformativo.

Il corpo è allora stratificazione d’immagini sensoriali che, se se ne offre l’occasione.

si riagganciano alla realtà, al presente, ricontestualizzando la Per-sona e offrendole la possibilità di possederle come tracce esternate, anziché esserne posseduta. In questo senso vedo la continuità scam-bievole, tra educazione e prevenzione, tra GdL e artiterapia, anche se, secondo il mio punto di vista, i modi di esprimersi con i cosiddetti pa-radigmi specifici, si scopre che hanno subito una progressiva schizo-frenia, se rivisitati dall’origine dell’espressione umana; dal bambino, alle varie culture.

L’espressione come atto totale dell’Essere è oscurata dalla prete-stuosa ostentazione specialistica dei linguaggi, che genera storicamen-te delimitazione di poteri, emarginazione, svalutazione, virtuosismo, oblio dell’innata globalità così chiara all’inizio e così culturalmente alienata ormai, da ipotizzare che un Uomo possa per esempio danzare senza disegnare e plasmare (sé e lo spazio) e chiaroscurare e risuo-nare, contemporaneamente. Manca una coscienza del Corpo sentito, rispetto al corpo solo agito, che è implicita nell’inevitabile associazio-ne sinestesica ma anche nella propriocezione, nella riflessologia emo-tonica che ci fa convibrare involontariamente, non solo con tutto ciò che, sempre per vibrazione, attiva i nostri sensi (colore, suono, parole, forme, movimento…), ma anche con le idee che generano vibrazioni, emos-azioni interne.

Le Arti, nel metodo applicato della GdL, vengono perciò intese come articolazioni possibili del Sé, proprio etimologicamente, come l’estrema espressione dei movimenti più profondi dell’Essere. Posso affermare, dopo oltre quarant’anni di ricerca-sperimentazione pedago-gico-terapeutica, che far muovere un uomo significa non considerare

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arti solo le braccia e gambe ma anche lo sguardo, il pensiero, e la pa-rola e le tracce nei vari linguaggi, estensioni dello stesso.

L’evoluzione della specie consiste nell’ampliamento di questa possibilità di spostamento attraverso gli arti e le Arti, per un potere sullo spazio e sul tempo sempre più grande, fino ad andare oltre i con-fini della presenza o esistenza fisica, con la possibilità di lasciare segni della mente: scrittura, poesia, pittura, architettura, oggetti segnati dalla qualità-quantità d’uso e soprattutto progetti, immagini, azioni.

Pensando questo si comprende meglio che è poca cosa (anche se ritenuta miracolosa) far muovere braccia e gambe o lingua o mano, per ammaestrare a parlare o scrivere o suonare…, se non significa far muovere la volontà e l’immaginazione come “estrema estremità dell’Essere”. Il vissuto con gli handicappati più gravi con questa fede nei loro potenziali sommersi, spesso ostinatamente celati, mi ha inse-gnato che per far muovere bisogna prima “commuovere”, riscattare una possibile comunicazione affettiva che restituisca la possibilità di convibrare nello sforzo, nella fiducia, nella paura, nell’ansia, nella ca-pacità di decidere… “Commuovere” non è un gioco di parole troppo suggestivo, è riavere quella partecipazione di Sé attraverso le aspet-tative sull’altro, che fanno piangere entrambi di gioia quando c’è un superamento.

Non credo che possano esserci altri veri premi o frustrazioni, per-ché il condizionamento a ricompensa o frustate implica una perdita progressiva di efficacia e quindi un aumento di dosi fino ad assuefa-zione-indifferenza. Mentre il superamento dei limiti ogni volta rin-nova questo piacere fondamentale che è il compiacimento di Sé, così importante per l’essere che percepisce di percepire e più ancora di essere percepibile, e quindi di avere continuità nell’altro.

Tutta questa capacità di sentire oltre qualunque handicap, disadat-tamento ecc. proprio come risorsa umana geneticamente predisposta, inestinguibile e sempre in attesa di risveglio espressivo, è etimologi-camente implicita nella parola aistheticos: educare è attivare l’estetica fisiologica umana.

Su questa consapevolezza s’imperniano sia l’Arte di Vivere anche nelle strategie di sopravvivenza patologiche, che l’Arte Pedagogico-Terapeutica. L’artista, Educatore psicopedagogico, deve saper sentire (proprio come propone la Nuova Estetica) che l’Essere, la più sensibile

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delle materie «agisce come formante prima ancora di essere forma […], e che niente si può fare senza inventare il modo di fare, fino a dire che “l’intera vita spirituale è arte”» (L. Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Milano, Bompiani, 1954).

Queste parole di Pareyson mi sono indispensabili per far capire in qual modo MusicArTerapia e GdL concorrono alla messa in gioco della Persona.

Vanno nella pratica individuati, in un’osservazione dei comporta-menti psicosensoriali, con chiavi di lettura metodologiche nella GdL: la globalità; lo sviluppo differenziato-gerarchico dei sensi; la loro pos-sibile vicarietà; la sinestesia; l’estensione del corpo nel senso haptic; le tappe evolutive psico-senso-motorie nello sviluppo della deambula-zione, della mano, del linguaggio; la mappa tattile e bioenergetica del corpo; i poli e le funzioni di scarica dell’energia; il linguaggio emo-tonico da individuare in tutti gli altri nell’espressione, compreso il verbale, attraverso quello che io definisco emo-tono-fono-simbolìsmo, che implica la riflessologia bocca-mano-mente.

Non credo che diversamente si possa parlare di educare con le arti, poiché mancherebbe la base per una programmazione dinamica, fatta non per X, ma con X, riattivandogli il “presentimento di Sé” captato come rispecchiamento nell’ambiente affettivo-pedagogico-terapeutico. Questo sarebbe così un contenitore stimolante alla reazione come meta-morfosi accompagnata dalle modalità comunicative isomorfe evocanti la simbiosi primaria. L’Educatore deve attivare un rapporto di sintonia, sincronia, sinfonia, simpatia che restituiscono all’essere quell’accordo con l’ambiente spesso alienato, perduto, negato, in modo da re-inne-scare uno stato armonico. La pedagogia quindi è arte (non con l’arte) se esplora le leggi dell’Energia, della Materia (nel nostro caso dell’Uomo-Globale) che prevedono e suggeriscono la “Form-azione”.

L’intenzione formativa sorge solo quando si adotta la materia (si prende in carico l’Uomo) la cui natura impone l’adeguata manipola-zione, adeguata creatività dell’educatore.

La materia (come l’handicap) resiste più per suggerire ed evocare che per impedire ed ostacolare. Questo spesso fa sì che soggetti refrat-tari, non collaboranti, vengano invece abbandonati mentre nell’atto in cui ciò diventa materia di arte (Terapia) si trasformano le resisten-ze in spunti e feconde occasioni di metamorfosi. L’artista-educatore

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prolunga, sviluppa, fa emergere valorizzandole, le tendenze del sog-getto. In termini più musicoterapici si potrebbe dire di realizzare la musicalità dell’Essere, armonizzandolo psicopedagogicamente.

Laddove non si realizza la simbiosi d’intenzione formativa fra ar-tista e materia (fra terapeuta educatore e uomo-pathos), la statua resta blocco di marmo e il quadro superficie colorata.

Un’altra riflessione estetico-pedagogica oggi fondamentale nell’at-to riabilitativo è che «la forma è insieme fisica e spirituale perché se la materia formata è fisica, il modo di formarla è spirituale». Quando cioè la materia è l’Uomo già devono coincidere il suo spirito e quello dell’artista educatore, per questo processo di spiritualizzazione che è metamorfosi positiva dell’impedimento, dell’handicap, dello svantag-gio, in scoperte della possibile peculiare realizzazione.

Continuando il discorso, lasciarsi ispirare dal soggetto come dalla materia (sempre con quella cultura della “globalità” che fa cogliere riflessologie e bisogni) e adeguare dialogando con il suo linguaggio il processo di artistica Forma-Azione, prevede poi la trasposizione di quel linguaggio negli altri, arricchendo così progressivamente le pos-sibilità espressive.

Credo che oggi questo sia indispensabile come progetto pedagogi-co di prevenzione sociale, proprio in un momento storico di fusione di culture diverse. L’incomprensione dei propri codici diversi può rendere handicappato anche chi non lo è: soprattutto, il disadattamento, fenome-no già allarmante, può dilagare a causa di un aumento di “confusione” e non di fusione comunicativa, possibile solo nel riscatto di una comu-nicazione nel linguaggio universale emo-tonico del corpo e nella consa-pevolezza delle sue tracce espressive, tutte significative se si prendono in considerazione i parametri dell’espressione: Spazio-Tempo-Intensità.

La comparazione delle tracce espressive nel metodo della GdL se-condo i tre parametri dell’espressione musicale della Persona (Spazio, Tempo, Intensità), permette la ricostruzione di un profilo indicativo delle preferenze spontanee e quindi dei bisogni così espressi, anche se non detti. In questo senso coincidono nel momento espressivo la co-municazione e la realizzazione della natura umana secondo un princi-pio di piacere, come gusto personale di vivere, che se rinforzato dalle risposte esterne innesca la ricerca di corrispondenza, l’ascolto, l’ine-vitabile scambio di stili come arricchimento con motivazioni affettive.

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Spesso l’uomo, non trovando rispecchiamenti di sé, impoverisce le sue modalità espressive, che anziché metamorfosarsi, diventano ri-petitive chiudendolo nel suo mondo. Perdere il senso, diventare “in-sensato”, è quindi perdere il “senso comunicativo” e poiché la comu-nicazione prevede un destinatario, è evidente che la perdita riguarda non solo il disadattato o handicappato ma anche il mondo esterno, che non a caso definisce i suoi comportamenti “insensati”.

Per questo mi sembra fondamentale la ricerca di un senso comune che definisco “aestheticos” in quanto convalidante la qualità umana che si accentua in caso di precarietà esistenziale: la capacità di sentire. L’Arte è continuità fra coscienza individuale e universale, in virtù di questa inestinguibile sensibilità oltre le differenze, che è latenza spiri-tuale in formazione.

Non a caso la cancellazione dell’uomo (come è sempre avvenuto e purtroppo spesso tuttora avviene in manicomio o istituti…) è nell’af-fermazione della non esistenza o impossibilità della sua vita spirituale, definendolo in uno stato vegetativo, nonostante dimostri con l’ottusità irriducibile (priva di freni inibitori negli handicappati gravi), di “pre-ferire” alcune musiche, odori, sapori, dondolamenti, sofisticati senso-rismi, a dispetto del suo preteso assente senso estetico, così come ri-corda, riconosce, affetti, persone, umori, intenzioni…, a dispetto della sua pretesa mancanza di spiritualità.

Sempre pensando ad una cultura di base nella società di tutti, s’in-dividua la necessità non solo di favorire lo sviluppo di ciascuno ri-spettandone la personalità, ma anche di dare strumenti cognitivi che permettano la fruizione della cultura contemporanea a tutti.

La “formatività” dell’intera vita umana e la profonda umanità dell’arte sono una garanzia non solo dell’accessibilità dei fatti artistici e delle loro possibilità d’essere compresi da ogni uomo, ma anche del posto centrale che occupa l’arte nell’esperienza umana, incarnan-do nella sua massima evidenza il concetto di riuscita. Tutta la vita dell’uomo per il suo intrinseco esercizio di formatività la preannun-zia, presagisce, prepara. Mi colpisce l’applicabilità di queste parole di una filosofia estetica, nell’osservazione dei comportamenti di handi-cappati che vivono fuori del tempo in massima concentrazione su un capello o un oggetto o in funamboliche attività motorie di equilibrio, raggiungendo abilità straordinarie, proprio perché con tutto se stessi

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nell’azione inventiva, instancabilmente sfidano la precarietà per ten-tativi. Afferrare per es. un cucchiaio per uno spastico è tutto questo; la perseveranza, l’annullamento dell’ansia temporale, la soddisfazione di riuscita sono paragonabili solo a quelle dell’artista in continuo ac-comodamento con le materie espressive e del bambino piccolo, che sta acquisendo competenze attraverso un esperire che non è sostituibile da nessun insegnamento adulto. Ciò che li accomuna è la ricerca del piacere umano più grande: la sensazione di potere sulla realtà, attra-verso il gioco esistenziale.

Se riflettiamo sul grave senso d’impotenza che genera il sostituirci all’altro o il preordinargli l’azione (pensando addirittura di aiutarlo), capiamo che la vera educazione, rieducazione, riabilitazione è amplia-re le possibilità di messa in gioco della Persona. Utilizzo questo modo di dire perché credo che soprattutto si deve far perdere il senso pato-logico, medicale, ansioso, doveroso, coercitivo, nell’apprendere come prevenzione che vede prioritario il piacere ludico, specialmente ove sia stato alienato.

È infatti la riconquista del desiderio di misurazione di sé, indispen-sabile e molto più complessa di qualunque tecnica riabilitativa, che deve investire l’Educatore di responsabilità sensibile all’altro, nell’osserva-zione e considerazione delle sue reazioni. In MusicArTerapia e psico-motricità è fondamentale questa illuminata capacità di aderire ai sugge-rimenti dati dai comportamenti dei soggetti con inusitate materie sonore, tattili, olfattive… in un esercizio intuitivo costante, nella trasposizione di ogni linguaggio negli altri, in modo da ampliare la sperimentazio-ne dinamica di sé. Evidentemente tutto questo contrasta con qualunque preoccupazione tecnica, addestrativa e soprattutto con l’idea di modelli prestabiliti da raggiungere… in definitiva con le “aspettative definite”.

La formatività che rende artisti l’educatore e l’handicappato, arte-fice del suo processo di crescita esperienziale, è ricerca dell’inaspetta-to e parte dalla convinzione che ci sono insospettabili capacità latenti anche e proprio nell’uomo più compromesso, e in attesa di manife-starsi, se aumentano le adeguate occasioni comunicativo-espressive. In realtà il riequilibrio terapeutico dell’essere è così naturale, che si potrebbe definire il talismano magico, di cui la natura stessa ha munito l’animale più dotato per compiacersi di sé attraverso le proprie tracce: una naturale autoterapia di rispecchiamento.

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«L’arte prolunga la natura in quanto la natura stessa è arte…una solidarietà tra il potere formante della natura e l’umana attività forma-tiva» (L. Pareyson, op. cit.).

Nelle “tecniche educative psicomotorie”, l’importante è quindi la valorizzazione dell’espressione implicita nella forma che involonta-riamente dichiara di sé comunicando: dalla corporeità-sagoma agli atteggiamenti e comportamenti spazio-temporali, una traccia vivente che evolve in tracce, dai linguaggi non verbali al verbale.

Obiettivi metodologici della GdL

La GdL si può interpretare come un “viaggio psico-fisico” alla ri-scoperta dell’Uomo. Essa si basa quindi su una filosofia delle “risorse umane” implicita in proposte metodologiche a struttura aperta da tra-sformare in un ascolto costante dei bisogni e delle risposte psicocor-poree in soggetti anche gravemente handicappati.

Questa ricerca ha presupposti culturali interdisciplinari che riela-borano esperienze di studio e sperimentazione in campo educativo e riabilitativo, dimostrando la possibilità di lettura dell’uomo anche in casi di totale crisi comunicativa. È affascinante scoprire che ciò è pos-sibile, secondo una rete di involontarie riflessologie emo-tonico-foni-che rilevate nell’osservazione e – per una decodifica del “linguaggio del corpo”, inteso come universale “mezzo di comunicazione” umana, geneticamente predisposto a questo, oltre le differenze e le emergenze, e soprattutto oltre la consapevolezza di ciò.

La GdL è volta al recupero nell’educazione e nella rieducazione di principi derivanti da questi presupposti e alla loro messa in atto, in una concezione che privilegiando il corpo, con la propria saggezza naturale, intende valorizzarlo al massimo con stimolazioni di tipo af-fettivo-mentali, in vista di uno sviluppo dell’Io centrato su una cultura interdisciplinare implicita nella corporeità.

L’obiettivo è arrivare a un miglioramento dell’Essere Persona, qualunque sia l’handicap. Questo approccio deve tendere perciò ai se-guenti obiettivi particolari:

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1. Recupero della dimensione corporea e della globalità dell’indivi-duo, considerando tutte le sue possibilità espressive (soprattutto quelle spontanee e involontarie), eliminando quindi la preoccupa-zione di non poter capire i gravi;

2. centralità della comunicazione, presupposto dell’apprendimento e della riabilitazione;

3. favorire la riconquista del piacere di rapportarsi alla realtà, motiva-zione alla vita, favorendo un accomodamento esperienziale ad essa per la conquista di sicurezza ed autonomia.

È metodologicamente fondamentale nel Progetto Persona la risco-perta della storia “psico-corporea” di ciascuno dal concepimento in poi, che ci rende allo stesso tempo uguali e diversi attraverso le memorie im-presse fisicamente e psichicamente in noi. Queste memorie incancella-bili nell’inconscio costituiscono un imprinting che è alla base di arche-tipi universali, perché tutti siamo stati contenuti nel grembo materno.

La presenza di queste memorie ci rende particolarmente sensibili a certe stimolazioni intersensoriali o a certi stili espressivi che incon-sciamente si riassociano sinestesicamente alle esperienze primarie.

Per una migliore sistematizzazione degli interventi e per garantire agli stessi una maggiore continuità operativa, la GdL prevede la com-pilazione di Mappe-Schede di osservazione, particolarmente centra-te sull’analisi emo-tonico-fonica, sulle tracce espressive derivanti da questa e sulle preferenze sensoriali ed espressive compresi i sensori-smi e le stereotipie. La funzione di queste schede è di abilitare l’Ope-ratore a osservare i vari distretti corporei e le loro riflessologie. Nelle schede viene fatta una descrizione accurata del modo in cui il paziente si pone rispetto alla realtà sia fisicamente che psicologicamente; ven-gono annotati tutti i cambiamenti posturali che mano a mano si verifi-cano nella relazione. Nella compilazione della scheda di osservazione si deve tenere conto di alcuni criteri:

a) nell’osservazione di ogni singola parte l’operatore si renderà conto che il soggetto investe quella stessa parte del suo corpo con una particolare energia rispetto ad uno spazio sia interno emotivo (come il contesto si imprime in lui), che esterno a sé (come si esprime emo-tonico-fonicamente con il corpo e attraverso le sue tracce) ad un tem-po con cui si articola l’azione-reazione.

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I parametri di decodifica sono, come già accennato:– L’Intensità (intesa soprattutto come prendere corpo tonicamente

dell’emotività), – Lo Spazio (a cui dà vita l’espressione di sé: lo spazio apticamente

si restringe o si dilata secondo l’azione psicocorporea),– Il Tempo dell’azione, scandito dalla pulsazione ritmica della scari-

ca bioenergetica personale.

Viene così individuata “l’Identità Impressivo-Espressiva” in ter-mini musicali partendo dalla tonica per poter individuare il primo ap-proccio in un programma MusicArTerapeutico: perché la “Persona” riattivi il compiacimento espressivo sonoro c’è bisogno di questo pri-mo rispecchiamento che fa coincidere il mondo interno con quello esterno. La capacità del MusicArTerapeuta è la trasposizione di un lin-guaggio nell’altro, dando luogo così ad un dialogo emo-tonico-fonico e sonoro anche con chi vive ammutolito e inerte, considerando la Per-sona uno spartito musicale da leggere attraverso le sue tracce motorie, grafico-cromatiche, insomma “attraverso il Corpo”.

b) Si devono fissare dei tempi di verifica ben precisi entro i quali svolgere successive osservazioni, annotando eventuali variazioni ri-spetto alla osservazione precedente, visualizzandole sulla Mappa Cor-porea. In questo modo vengono coinvolti sia il paziente sia i genitori e l’équipe nell’evoluzione del soggetto.

c) Alla fine di ogni piccola parte di questo lavoro di osservazione colui che osserva dovrebbe chiedersi quali sono le cose che ha impa-rato, quali quelle in cui si è riconfermato, quali le eventuali difficoltà e se ci sono state reazioni emotive particolari, attivando così una pro-grammazione dinamica supervisionabile.

d) L’operatore può pensare ad altre strategie che può usare, oppure farsi osservare a sua volta da un collega per eventuali feed-back che possono essere utili per mettere in evidenza e in discussione la rela-zione stessa.

e) Pur prendendo in considerazione segmenti corporei, l’osser-vazione non deve per questo essere segmentata e frammentaria ma globale attraverso le riflessologie Corpo-Mano, Bocca-Mano-Mente e Emotonicità-Vocalità: è fondamentale cogliere la relazione esisten-te sia a livello corporeo tra le singole parti e il tutto, sia a livello

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affettivo tra il soggetto, il suo ambiente, gli altri componenti del gruppo e il suo operatore.

f) Le domande principali che si deve porre il MusicArTerapeuta nella GdL, nella parte di osservatore, riferita all’affettività, sono:– Con quale canale o modalità il soggetto mi sta comunicando e per-

ché, considerando le “buone ragioni” del suo Corpo-Storia? – Con quale intensità (scarica bioenergetica secondo il Corpo Tripar-

tito – bramosia, emozioni, scarica)?– Che cosa mi sta comunicando? – Cosa ricevo e quale è la mia reazione?– Quale canale o modalità scelgo io per comunicare con questa per-

sona e con quale intensità?– La comunicazione avviene? E se avviene quali sono i risultati visi-

bili? Quali le difficoltà maggiori? – Quali gli adattamenti, il linguaggio da utilizzare in uno spirito di

totale ricerca e osservazione? Questa scheda di osservazione deve essere considerata un tentativo

di sistemare e razionalizzare cose via via già osservate o che comun-que rientrano nella routine giornaliera e di coglierne i nessi dando perciò senso ai “comportamenti insensati”.

I punti a) e b) e la rappresentazione della Mappa Corporea si de-vono descrivere soltanto dopo avere completato l’osservazione. L’e-sercizio di osservazione è un lavoro vero e proprio e non una semplice prova mnemonica di compilazione di alcuni dati: infatti tutte le pro-poste di messa in gioco unisensoriale sono considerate “reattivi psico-senso-motori” da decodificare in modo comparato (sagoma, giochi con le varie materie, reazioni, tracce ecc.).

Le risposte potranno essere date solo dopo aver lavorato e osser-vato a lungo il soggetto ed essersi assicurati che un certo elemento persiste nel tempo e si ripete nelle varie prove, caratterizzando speci-ficamente quella persona.

Metodologicamente l’osservazione è costante e costituisce uno sti-molo alla “programmazione di ascolto dinamica”.

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La Globalità dei Linguaggi: paradigma di una disciplina

gino stefani*1

La Globalità dei Linguaggi (GdL) è una disciplina della comuni-cazione e dell’espressione con tutti i linguaggi. Più precisamente, una disciplina formativa nella comunicazione ed espressione e con finalità di ricerca, educazione, animazione, terapia.

In quanto disciplina la GdL è anzitutto un sapere, una scienza, una materia di studio, un campo dello scibile. In quanto disciplina forma-tiva della persona, comporta anche un essere in un certo modo, con una certa identità. Infine, in quanto formazione professionale, per le sue specifiche finalità operative, essa comprende anche un saper fare, è cioè arte e mestiere, abilità operativa, competenza tecnica e peda-gogica.

Il campo, l’oggetto specifico della disciplina è, precisamente, la comunicazione e l’espressione degli e tra gli esseri umani. “Con tutti i linguaggi” o “Globalità dei Linguaggi” significa anzitutto apertura e disponibilità a tutte le possibilità comunicative ed espressive, verbali o non verbali, senza previe esclusioni. Significa poi un positivo inte-resse, studio, uso e pratica di quanti più possibile mezzi, linguaggi, strumenti, a cominciare da quelli più fondamentali, comuni ed efficaci per la comunicazione umana, in particolare i linguaggi del corpo. In questo senso la GdL è una semiotica antropologica, bio-fisio-psicolo-gica e sociale, prima che una disciplina educativa o terapeutica.

Come ogni disciplina propriamente tale ha un suo paradigma che si può delineare seguendo il modello proposto da Th. Kuhn (La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi 1978).

Alla base sta un ordine di valori, su cui si innestano dei concetti e principi, che si sviluppano in modelli e teorie, a loro volta concretate operativamente in metodi dai quali finalmente risultano gli esemplari, le realizzazioni pratiche dimostrative dell’intero paradigma.

Quanto maggiore e più consapevole continuità e coerenza si trova tra i diversi livelli ovvero fasi del paradigma, tanto più la disciplina

* Musicologo, semiologo, DAMS di Bologna, Presidente Università Popolare MusicAr-Terapia (UPMAT).

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apparirà compatta, individuata e identificabile. Di riscontro, quanto più un singolo momento o aspetto (ad es. un concetto, una teoria, un procedimento di metodo ecc.) verrà estrapolato dal contesto del para-digma e considerato a sé stante, tanto meno si potrà dire che rappre-senti la disciplina. Quanto alla GdL, benché sia ancora in corso non solo l’elaborazione del modello ma lo sviluppo stesso della disciplina, tuttavia essa presenta una sufficiente consistenza e coerenza perché si possa costituirne un vero e proprio paradigma.

A completamento della formulazione proposta, Kuhn premette che, in realtà, una disciplina esiste di fatto, come socialmente ricono-sciuta, in quanto c’è una comunità di studiosi che la condivide, la sup-porta e anzi, normalmente, si accorda per costituirla. In questo senso la GdL – come è avvenuto e avviene per altre discipline, ad esempio la psicoanalisi e la psico sintesi – ha uno statuto speciale: la sua co-stituzione si deve, propriamente e in definitiva, a una singola persona che l’ha ideata: Stefania Guerra Lisi. La comunità che la condivide, la supporta, le dà consistenza sociale, è venuta dopo.

Vorrei qui abbozzare una sintesi della GdL come disciplina indi-candone, per ciascun livello dello schema del paradigma, alcuni fra i temi più significativi.

Valori

Sono le cose in cui si crede, per le quali ci si spende, e che nor-malmente stanno in profondo, spesso non dichiarate o addirittura in-consce. Idealmente, prerequisiti iniziali e condizioni costanti in chi si accosta alla disciplina, contenuti e obiettivi costantemente impli-citi e realizzati in tutto il percorso. In una disciplina fondata da una persona, è ragionevole cercare tali valori nella vita e nei comporta-menti concreti di questa persona, magari prima che nel suo pensiero e nei suoi discorsi.

Elenchiamone alcuni.La Vita come valore primo, assoluto, dal concepimento in poi,

in qualunque condizione psicofisica. E quindi, amore per la vita e gioia di vivere, che si manifesta con la meraviglia, la dedizione, la gratitudine.

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La fede nei potenziali umani. Fede nell’uomo, si può dire, preso non tanto individualmente quanto antropologicamente; un valore che implica una disposizione mentale e una disponibilità etica.

La diversità, l’originalità, l’arte, come emersioni insolite, singo-lari, eccezionali di potenziali umani. Il piacere, la bellezza come stati, esperienze, manifestazioni di ben-essere della realtà umana e cosmica: da vivere, riconoscere, promuovere in tutte le condizioni umane, nella convinzione che “la bellezza salverà il mondo”.

L’integrazione come sviluppo, crescita, compimento della perso-na e del gruppo umano. Comporta senso di appartenenza, conviven-za di tutti in condizione di parità, condivisione. Principio opposto e incompatibile con quello della “competizione” che governa la nostra società, e che è invece compatibile con vari paradigmi di educazione, riabilitazione, terapia. L’integrazione è educazione, animazione, e in moltissimi casi la più potente forma di terapia.

Nella conoscenza e ricerca: valori in affinità e sintonia con la com-plessità dell’oggetto, che è la comunicazione e l’espressione umana nel-la sua globalità. E dunque, profondità e spessore, immaginazione come pensiero creativo più che esattezza o precisione, nelle intuizioni e ipote-si; duttilità, più che rigore e ripetibilità, nelle procedure. Le competenze comuni (in particolare di conoscenza e di cura), innate o acquisite, da valorizzare contro le tendenze dominanti a svalutarle e reprimerle.

Concetti/Principi

Parole chiave ed enunciati, categorie (perlopiù “prototipiche”, non di rado metafore) e giudizi che spesso contengono in nuce (e a volte già esprimono) sviluppi teorici.

Potenziali umani, comuni a tutti gli esseri umani, inestinguibili in qualunque condizione fisiopsicologica e culturale. Bambino, Handi-cappato, Artista sono i soggetti in cui i potenziali umani si manife-stano di per sé con maggiore immediatezza ed evidenza, perché meno condizionati da culture o da interessi individuali.

Il corpo come sostanza e identità primaria dell’uomo, fondamento della comunanza degli esseri umani tra loro e con l’universo; afferma-zione in antitesi con le tendenze antiche e moderne che lo svalutano.

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Unità psicosomatica dell’essere umano: principio che informa co-stantemente tutti gli aspetti, conoscitivi e operativi, della GdL che in questo si discosta dalle discipline, pedagogiche e terapeutiche, centra-te unilateralmente sulla psiche o sul corpo.

“Arte di vivere” che “non s’impara, si sa”, perché fondata su una innata Sapienza del corpo, che ha inscritto in sé le leggi della cresci-ta. Arte governata dal Principio di Piacere, che assume compiutezza umana nel compiacimento, e nell’agire porta all’accomodamento (che non è “adattamento”). Questa innata arte di vivere si esprime, in si-tuazioni estreme, con tattiche di sopravvivenza come le stereotipie, i sensorismi, le “coreografie dell’utero”.

“Sviluppo dell’avviluppo”, dall’inarticolato all’articolato, è una legge della crescita organica, della continuità dell’evoluzione umana dalla vita prenatale alla morte, e forse oltre. La modalità tipica dell’e-voluzione è la trans-formazione, la metamorfosi.

Un principio correlativo e complementare è: là dove non può anda-re avanti, l’essere umano può ritornare indietro. Questo principio dà alla “regressione”, spesso vista solo come negatività, il senso positivo di “tattica di sopravvivenza”.

Grembo sociale, come naturale prolungamento del grembo mater-no. La GdL ha tra i suoi obiettivi fondamentali la formazione di tutti a svolgere questo ruolo, sviluppando le competenze primarie di cura di cui tutti siamo dotati per natura. In questo la GdL si oppone alla facile delega agli specialisti della cura, necessari ma non sufficienti.

La GdL ha anche un suo concetto di integrazione: come accomo-damento della persona nel grembo sociale, e di completezza raggiunta dal grembo sociale stesso.

Unità Uomo-Cosmo, che sviluppa empatia cosmica e induce a cer-care (con Bateson) la struttura che connette tra loro vari ordini diversi di realtà dell’universo.

Continuità espressione-arte. Fra arte con la minuscola e arte con la maiuscola, la differenza è di più/meno, non di sì/no. Questo dà fon-damento all’arte come terapia. Infatti esprimere i propri potenziali umani di comunicazione ed espressione – nelle arti come nell’arte di vivere – è sempre terapeutico: e quanto più, tanto meglio. In questo senso nell’ottica della GdL l’arte (musica, pittura, danza ecc.) è arte-terapia, ossia è terapeutica anzitutto per chi la fa.

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Animazione come risveglio di potenziali latenti, repressi o rimossi in persone, gruppi, collettività. In questo senso il progetto dell’anima-zione si sviluppa coerentemente da progetto educativo-terapeutico in progetto politico.

Cura globale, indissolubilmente affettivo-educativo-terapeutica, della persona come tale, come unità psico-corporea.

Valorizzare, non valutare, nel rispetto dei potenziali umani e della parità tra persone umane.

Possedere, non essere posseduti: si vuole così affermare la centra-lità di un Io unificatore della persona, la tendenza a una consapevolez-za profonda, la dignità della persona che non deve lasciarsi manipola-re da niente e da nessuno.

Teorie

Elaborazioni che sviluppano concetti e principi originali, o teorie esistenti congeniali all’orizzonte della GdL e ad esso adattata.

Archetipi cosmici

Energia e materia: la teoria tradizionale dei Quattro Elementi (Ac-qua, Aria, Terra, Fuoco) e delle loro metamorfosi, viene rivisitata di-ventando un modello di lettura comparata di andamenti tonici, com-portamenti espressivi, creazioni artistiche.

Forma: la “Morfogenesi dell’energia vitale” descrive in modo organico la storia della materia, l’evoluzione delle forme naturali e dell’essere umano, articolando il principio della “struttura che con-nette” e le leggi della formatività. Si tratta di processi-procedimenti costruttivi (simmetria radiale, simmetria bilaterale ecc.), modalità di-namiche (contenimento, pressione, stiramento ecc. ), “forme” (labirin-ti; sole-cupola, soffione, rosone ecc.).

Un altro modello naturalistico per una analoga lettura comparata è la simbologia dei colori, ispirata a quella di Goethe.

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Archetipi umani

La teoria degli Stili Prenatali collega, in un’ipotesi forte, ardita e originale la sequenza delle fasi della vita intrauterina a tanti compor-tamenti espressivi quotidiani, artistici e regressivi.

“Viaggio dell’eroe” è poi il travaglio della nascita assunto come modello con cui leggere la vita intera come una successione di vicen-de del ri-uscire, e come archetipo rintracciabile in molte espressioni umane, quotidiane e artistiche, dalla fiaba alle forme musicali.

Dalle memorie ancestrali del Corpo-storia la GdL elabora una Mappa corporea che mette in forma organica una serie di punti di “memorie del corpo”, ossia di sensibilità particolari utili a descrivere i diversi stati psicosensoriali e motori.

Un’altra teoria originale, è quella delle riflessologie mano-corpo, bocca-mano-mente che spiega lo scambio fra mondo interno e mondo esterno in una sequenza organica di processi di incorporazione, ela-borazione, assimilazione.

E una rielaborazione della teoria bioenergetica di W. Reich è il modello del Corpo tripartito, che riconduce ai processi di carica e scarica dell’energia vitale le esperienze musicali più comuni, radicate nel corpo (melodia, ritmo, sound) e insieme le modalità espressive di base della figurazione (linea, colore, plasmazione).

Un’estetica psicofisiologica sviluppa nella GdL i percorsi dal corpo al linguaggio, dallo schema corporeo al movimento (punto-linea-super-ficie), dal non verbale al verbale, dalle emozioni alla cognizione. In una formulazione più precisa, questa estetica si definisce come emo-tono-fonosimbolismo, di cui un capitolo è il corpo strumento musicale, che articola vocali e consonanti nelle emozioni. In questa teoria la sinestesia e le emozioni, che nelle psicologie correnti sono trattate separatamente, si trovano congiunte alla radice, nelle e-mozioni che nel corpo prenatale si imprimono ed esprimono in modo indissolubilmente intersensoriale.

Così intesa, la sinestesia come potenziale umano primario articola e fonda la vicarietà dei sensi, la globalità di tutti i linguaggi e della trasposizione dell’uno nell’altro. Di qui la concezione di una globalità delle arti e di una conseguente Artiterapia, dove musica, poesia, dan-za, pittura, scultura ecc. sono sentite e pensate in stretta interrelazione, a monte della separatezza culturale corrente.

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Metodi

Percorsi, modalità e stili operativi, strategie e tattiche…Nella conoscenza, pensiero metaforico e schemi immaginati-

vi: “pensiero del corpo”, complementare e alternativo al pensiero razionale dei concetti lineari e dei percorsi logici. È il modo di conoscenza più comune e quotidiano; in tante situazioni è spesso l’unico per entrare in una relazione profonda e autentica, per co-municare.

Ancora nella conoscenza, percorsi dalla globalità all’analisi, dall’inarticolato all’articolato, dal complesso al lineare, dall’espe-rienza alla teoria. Comprensione progressiva, secondo il principio “sviluppo dell’avviluppo”.

Il progetto di ricerca-azione più tipico della GdL è “dar senso ai comportamenti insensati”. Infatti, esso implica da un lato la fede nei potenziali umani (per cui tutto ha un senso), dall’altro l’impiego di tutte le risorse di comunicazione ed espressione.

La formazione-terapia collettiva e integrata è strategia che fa emergere i potenziali comuni; valorizza l’energia del gruppo, realizza già di per sé l’integrazione. È l’opposto del consueto rapporto indivi-duale, uno-a-uno, che regola il sostegno e la terapia.

Mettersi in gioco, in un corpo a corpo, è necessario per stabilire una comunicazione paritaria in qualunque condizione: primo passo nel prendersi cura di una persona. Questo approccio riduce sempre la difesa e l’aggressività dell’altro; perciò i suoi vantaggi annullano o compensano superando di gran lunga i possibili rischi. È l’atteggia-mento opposto e incompatibile con il distacco, la presa di distanza che caratterizza gli approcci dominanti nell’interazione educativo-terapeutica (dalla cattedra al camice bianco).

Uno stile ludico, giocoso: la gioia di vivere, l’ottimismo fondato sulla fiducia nei potenziali umani, la valorizzazione anche estetica di tutte le diversità, il compiacimento della crescita comune nell’inte-grazione portano a sdrammatizzare problemi e conflitti, a sciogliere nell’umorismo e nell’allegria le tensioni. La “risoterapia” è una com-ponente naturale della GdL.

Portare la gioia nel mondo della scuola e dell’handicap è una rivo-luzione che la GdL opera e propone a tutti.

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Un regime di libertà, di permessi che sciolgono doveri, obblighi e divieti, aprendo la porta alla libera autodeterminazione: permesso di essere se stessi, di accettarsi come si è, di valorizzare ogni propria parte, di stimarsi incondizionatamente. Un’altra rivoluzione, in linea con la precedente.

Tattiche operative comuni per la formazione e l’integrazione: fa-vole psico-corporee e drammatizzazione di miti, fiabe, racconti, temi; psicodramma; giochi psico-sensomotori, di manipolazione e pedipola-zione con tutte le materie; giochi simbolici; percorsi interdisciplinari.

Nella GdL come disciplina operativa, il “Progetto Persona” è cen-trale; è, si può dire, il metodo dei metodi, la sintesi della metodologia, che in qualunque progetto educativo-terapeutico assume la globalità della persona e organizza l’intera gestione della cura in tutta l’esten-sione del quotidiano.

Ne diamo qui una sintesi schematica, rinviando ai vari interventi precedenti sul tema in questo libro (e all’ampia descrizione già espo-sta in S. Guerra Lisi et al., Musicoterapia nella Globalità dei Linguag-gi, Roma, Borla, 1998, pp. 69-86).

1a fase: OsservazioneNell’osservazione (come poi nella verifica) si impiegano specifici

metodi di osservazione dei comportamenti psico-senso-motori come lettura delle tracce di un corpo-storia.

Strumenti per questa lettura sono la mappa bioenergetica del corpo con relativa scheda descrittiva dinamica, la mappa tattile, la mappa del corpo tripartito. È importante l’attenzione ai linguaggi preferen-ziali della persona.

2a fase: ProgrammazioneRiattivazione-sviluppo della personalità seguendo un percorso pro-

gressivo articolato sulle domande autoriflessive: Chi sono io? Come mi vedono gli altri? Cosa gli altri non sanno si me? Come vorrei essere?

3a fase: Verifica del percorso (non solo della persona ma anche dello sfondo)

Osservando l’evolversi espressivo-creativo, la comparazione delle tracce espressive e delle mappe corporee. In tutto il percorso, il rispetto,

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l’accettazione incondizionata dell’altro, porta a rispettarne e quindi ad aspettarne i tempi incondizionatamente. Questo esclude orari fram-mentati e rigorosi, e richiede un regime personale.

Esemplari

Dopo i valori, i principi e concetti, le teorie, i metodi, nello schema del paradigma di Kuhn seguono gli esemplari, ossia esempi concreti che mostrano il senso e il funzionamento di una disciplina.

Fra gli esemplari della GdL vanno considerati i libri e i video, le scuole, i convegni, l’Art RiBel, infine le attività di educazione, anima-zione, cura di Stefania Guerra Lisi e dei molti operatori nella GdL.

Convegni

22° 2017 “Comunicare è vivere”21° 2016 “La Sinestesia: Struttura che connette Linguaggi e Com-

portamenti”20° 2015 “La MusicArTerapia nella GdL sul Territorio e nelle Isti-

tuzioni”19° 2014 “Pratiche e Metodi della MusicArTerapia nella GdL”18° 2013 “Art RiBel”17° 2012 “Stereotipie: Arte di vivere”16° 2011 “Creatività: Arte di vivere”15° 2010 “Dal Grembo materno al Grembo sociale”14° 2009 “…e il Corpo si fece Parola”13° 2008 “Integrazione / Intercultura / Interdisciplina”12° 2007 “Fermare la disumanizzazione”11° 2006 “Il corpo: luogo di segni”10° 2005 “MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi”9° 2004 “Autismo: Patologia, problema sociale, strategia di so-

pravvivenza?”8° 2003 “Contatto e Comunicazione”7° 2002 “Globalità dei Linguaggi e Cultura della Pace”6° 2001 “Arte e Follia”

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5° 2000 “MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi”4° 1999 “Valorizzare il quotidiano”3° 1998 “La Sinestesia: potenziali umani per l’arte di vivere”2° 1997 “L’integrazione: nuovo modello di sviluppo”1° 1996 “… in principio era il corpo”

Art RiBel

Fanno parte del Progetto Persona anche possibili mostre di Art RiBel che valorizzano le opere di artisti di varie età ed handicap, esposte con quelle di artisti noti in incognito e con quelle di bam-bini (dallo scarabocchio in poi). Poiché queste mostre sanciscono il valore della Spontaneità del Segno Creativo (fuori dai pregiudizi e del mercato), che unisce le tre identità (Bambino, Handicappato, Ar-tista), sono allestite anche in contesti artistici prestigiosi, compresa la Biennale di Venezia.

Mostre di Art RiBel (AR) dal 1997 si sono realizzate – esponendo in incognito, per superare qualsiasi pregiudizio, opere del Bambino, dell’Handicappato, dell’Artista – in tante città e diversi contesti a Ve-nezia, Galliate, Firenze, Napoli, Piacenza, Riccione, Lecce, Roma ecc. Da alcuni anni è anche attivo un Atelier di Art RiBel, guidato da S. Guerra Lisi.

Percorsi, contesti, identità

In questa sede ci sembra utile presentare la descrizione del paradig-ma GdL in un modo sistematico.

Tutto quanto esposto finora della disciplina è generale e comune. Ora, su questa base si innestano svariati percorsi, identità e ruoli

operativi.Se la GdL è una disciplina della comunicazione-espressione con

tutti i linguaggi, percorsi preferenziali particolari, specializzati si svi-luppano di volta in volta secondo il tipo di linguaggio o espressione o prevalente: motoria, grafica, cromatica, plastica, linguistica, musicale, teatrale ecc.

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La formazione e l’operatività nella GdL si specifica poi anche se-condo i contesti operativi: dai luoghi di assistenza al parto agli asili nido, alle scuole dell’infanzia e preadolescenza, ai contesti delle ope-ratività di sostegno, animazione sociale, riabilitazione (psicomotricità, logoterapia, fisioterapia, terapia occupazionale ecc.).

Una sintesi schematica del Paradigma della GdL:

Valori Amore per la Vita – Fede nei Potenziali Umani – Gioia di Vivere – Piacere – Bello – Condivisione – Integrazione.

Concetti/Principi

Unità psicofisica dell’essere umano – principio di piacere – parità – compiacimento – accomodamento – arte di vivere – vicarietà – memorie del corpo – dar senso ai comportamenti insensati – rispet-to – accettazione incondizionata dell’altro – valorizzare, non valu-tare – grembo sociale – energia del gruppo – congruenza – mettersi in gioco – corpo a corpo – la struttura che connette – empatia co-smica – logica metaforica – inarticolato/articolato.

TeorieMorfogenesi dell’energia vitale – emotonofonosimbolismo – sine-stesia – estetica psicofisiologica – quattro Elementi – simbologia dei colori – riflessologie – stili prenatali – mappa corporea bioener-getica – corpo tripartito – archetipi…

MetodiOsservazione dei comportamenti psicosensomotori – lettura delle tracce – Progetto Persona – formazione integrata – matching, pa-cing, leading – “giochi” di manipolazione e pedipolazione – favole psico-corporee e drammatizzazione di miti, fiabe, racconti, temi…

Percorsi Secondo il tipo di Espressione di volta in volta prevalente: grafica, cromatica, plastica, musicale, motoria, teatrale, linguistica…

ContestiOperativi

Maternità: preparazione al parto, postpartum e allattamento, asili nido, Scuole dell’Infanzia e preadolescenza – sostegno – anima-zione sociale – formazione artistica, musicale ecc. – riabilitazione (psicomotricità, logoterapia, terapia occupazionale…) – terapia handicap gravi…

Identità/Ruoli

Risultano coniugando Percorsi preferenziali con Contesti operati-vi: Educatore/Animatore, Tecnico della Riabilitazione, Psicomo-tricista, Logopedista, Terapista occupazionale, Artiterapeuta, Mu-sicoterapeuta, Ricercatore ecc.

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Portatore di handicap o di cultura?

Per presentare la GdL devo illustrare le riflessioni che mi hanno portato a denominare così una metodologia che è emersa gradualmen-te dalla ricerca delle risorse comunicative di bambini con problemi di espressione e non.

Cercando, spesso a livello intuitivo, di dare opportunità di comu-nicazione all’handicappato più grave privo o in rinuncia del linguag-gio verbale, mi sono resa conto delle infinite risorse non verbali, che rendono la corporeità messaggio esplicito anche dell’indicibile, per cui l’Essere è Parlante nella totalità dei comportamenti psico-senso-motori e delle tracce degli stessi.

Per tracce si intendono tutte le manifestazioni percepibili del tono emotivo che “prende corpo” nel tono muscolare, incapace di mentire o razionalizzare, e quindi espressione artistica dell’Essere e della sua arte di vivere, comunque e nonostante tutto. In questo senso, l’emoti-vità è la causa e i linguaggi espressivi sono gli effetti, unificati nell’e-lemento che permette a essi di assumere fisicità percepibile (rilevan-te): il tono muscolare.

Il corpo è chiaro-scuro, plastico-dinamico, è segno grafico nell’a-ria, o su di un foglio, è traccia sonora del movimento e questo su due versanti: interno ed esterno, poiché in un processo di propriocezione queste tracce, invisibili, agli occhi esterni, sono visibili all’interno; inudibili alle orecchie esterne sono la composizione musicale del vis-suto in parole toniche interiori.

La creatività è quindi implicita nella corporeità, in una trasduzione di “segni” organizzati in un codice personale di richiami percettivi, che spontaneamente evocano e confrontano le immagini di tutti i sensi simultaneamente. È sulla base di questo involontario e continuo flusso di immagini (attivo anche nell’handicappato più grave per via del suo corpo e della sua storia, che ne fa un individuo), che inevitabilmente mi sembra si debba parlare non di linguaggi preferenziali o alternati-vi… ma di “Globalità dei Linguaggi”, compreso quello onirico, che esprimono costantemente – anche in stati modificati di coscienza e nel sonno – lo spontaneo “flusso sinestesico”.

La metodologia psico-motoria della Globalità dei Linguaggi ha come obiettivo principale lo sviluppo della personalità latente,

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anche nell’handicappato più grave, a cui ricondurre tutti gli inter-venti di psicomotricità, artherapy, musicoterapia. Pertanto è fon-damentale la considerazione della persona fisica e della sua storia corporea-sensoriale, per indivi duarne la struttura psicologica e l’organizzazione dell’attenzione, della percezione, dell’attenzio-ne, del movimento, della memoria, del pensiero e dei linguaggi espressivi.

È pertanto dalle relazioni corpo-mente e individuo-ambiente, che si può favorire l’accomodamento esperienziale nelle realtà per la conquista di sicurezze e autonomia. Tutto questo nell’ottica di una vera considerazione della motivazione psichica, come elemento da riconquistare in soggetti con memorie traumatiche, che si con-nette ad un programma individualizzato di riabilitazione del piacere, in un miglioramento della qualità della vita di queste “persone”. Tale programma dinamico è centrato sull’osservazione somatopsi-chica dei soggetti e delle loro reazioni senso-motori a stimolazioni plurisensoriali. L’attuazione della metodologia della Globalità dei Linguaggi presuppone quindi la considerazione delle relazioni tra sfera psico-organica, senso-percettiva, comunicativo-relazionale, psico-motoria, al fine del superamento del disadattamento che, spe-cialmente in soggetti adulti istituzionalizzati, si aggiunge ed aggra-va l’handicap di partenza.

Ne consegue che il ruolo dell’educatore è:– osservare i comportamenti senso-motori e le strategie preferenziali

d’approccio alla realtà;– riconoscersi, in quanto educatore, come ambiente affettivo rassicu-

rante, che stimoli all’esplorazione plurisensoriale e all’espressione globale.

Gli elementi portanti di queste proposte metodologiche sono:

Mappa Corporea: corpo come strumento di conoscenza-comunicazio-ne-socializzazione.– Il Corpo Matrice di Segni;– mappa della sensibilità tattile;– mappa bioenergetica; – respirazione: ritmo interno;

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– il Corpo Tripartito: Melodia – Sound – Ritmo;– rilassamento, controllo del tono muscolare e della respirazione;– respirazione sonorizzata e suoni del corpo;– movimento-traccia (traccia motoria, plastica, grafico-cromatica,

sonora…);– il corpo-storia;– il corpo che cambia nel tempo;– capacità di costruire mediante l’impiego del corpo e mediante gli

oggetti.

Mappa della Mano– Tatto, senso primario della comunicazione;– manipolazione come occasione di scarica energetica e di riequili-

brio del tono muscolare;– scelta mirata secondo l’intensità tonico-muscolare di materiali di-

versi per consistenza, elasticità e caratteristiche tattili;– “concetti” relazionali fra adulti e bambini (mani tese, mani fretto-

lose, mani protettive, mani incoraggianti…).

Riflessologie Corpo-Mano; simmetria radiale del corpo e della mano: centro nel diaframma e nel palmo, appendici nelle dita e nel palmo;– Funzioni: estensione (apertura, disponibilità, ricerca); contrazione

(chiusura, difesa, assorbimento);– equilibrio psicofisico come plasticità delle due funzioni.

Bocca-Mano; polpastrelli-labbra; dita-denti; palmo-palato; pollice-lingua.Corpo-Mente: protensione-discriminazione; presa sulla realtà-appren-dimento; trasformazione-creativa assimilazione.

Linguaggio– Emo-Tono-Fono-Simbolismo musicale con riferimento al Corpo

Tripartito; – conoscenza del corpo come strumento sonoro;– i suoni dall’interno (battito cardiaco, respiro…) all’esterno del cor-

po (voce);– il suono come traccia;

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