Primo numero Zibaldone
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LICEO CLASSICO MARIOTTI Marzo 2013
Lo Zibaldone
Lo Zibaldone
Che dire, Siamo tornati. Sull'onda delle rivoluzioni che in appena tre mesi hanno irrimediabil-
mente segnato la storia d'Italia, anche noi del Mariotti abbiamo deciso di scendere in campo,
schierando però questa volta dalla nostra parte un fedele compagno, che ha tutta l'aria di vo-
lerla fare anche lui un bel po' di storia ex nunc...ebbene si signori, lo Zibaldone è tornato e
come si suol dire più forte di prima. Quando mi è stato chiesto di scrivere quest'articolo, all'i-
nizio ero decisamente preoccupato. Perché affidarlo ad un ginnasiale, la cui conoscenza del
nostro beneamato giornale è pressoché nulla? Semplice, perché non c'è nulla da sapere. La
storia dello Zibaldone riparte da zero.
Speciale settimana flessibile
2012/2013
Nuntio vobis gaudium magnum
Habemus Zibaldonem!
E a scriverla sarete voi. Non saremo noi a
infliggervi un format standardizzato e bo-
rioso che non risponde ai vostri voleri. Lo
Zibaldone sarà come un enorme tela bian-
ca che voi sarete liberi di dipingere, sugge-
rendoci i colori che più rispondono alle vo-
stre corde interiori e contribuendo con la
vostra partecipazione attiva. Attenti alle
nuove forme di comunicazione abbiamo
inoltre deciso di ridurre le copie cartacee a
vantaggio del formato PDF e del formato
Ebook che saranno disponibili su internet
così da rendere lo Zibaldone piacevole ed
immediato come una chat su Facebook.
Mi auguro che lo Zibaldone diventi un vo-
stro compagno e , ci auguriamo, un piace-
vole ricordo per gli anni a venire. Lo Zibal-
done deve essere e sarà prima di tutto un
mezzo di condivisione e riconoscimento,
quel qualcosa che ci renderà fieri del no-
stro istituto e ci farà appartenere tutti ad
un'unica grande famiglia, quella del Liceo
Ginnasio Statale Annibale Mariotti.
Un affettuoso saluto
Giovanni Ciocca
L’esperienza della settimana flessibile ha sicuramente fatto di-
scutere e, come ogni evento fuori dalla “ordinaria amministrazio-
ne”, ha avuto i suoi fautori e detrattori, ed è dunque arrivato il
momento di trarre un bilancio. Abbiamo deciso quindi di raccon-
tarla dall’interno, abbiamo frequentato i vari corsi proposti da
insegnanti e studenti e vi riportiamo il nostro punto di vista, talvol-
ta semplicemente cronistico, talvolta esprimendo un parere sog-
gettivo per offrire spunti di discussione. Tra i vari corsi abbiamo
scelto quelli più attuali e che offrivano però argomenti interessan-
ti e non limitati al quotidiano. Leggerete di legalità, educazione
civica, Aldo Capitini, Woody Allen, Marcel Proust, Pier Paolo Pasoli-
ni, democrazia, filosofia, amore, bugie, internet, social networks,
volontariato, costituzione, chiesa, video-inchieste, alcool, bulimia,
omofobia, pace, anni di piombo e giornata della memoria. Argo-
menti apparentemente buttati là, senza un ordine preciso, ma
accomunati dalla capacità di far nascere dentro un dubbio, quel
dubbio che divide fra certezze ed incertezze l’animo di qualsiasi
essere umano e che non può essere ignorato. Non abbiamo la
pretesa di spingere alla discussione, ma sicuramente chi leggerà
sul serio le prossime pagine, capirà che eventi come la settimana
flessibile non sono autoreferenziali e mera perdita di tempo, ma
alternativa validissima alle lezioni poiché essa stessa lezione.
Dopotutto ritengo che l’obiettivo della scuola sia questo, checché
ne dicano alcuni, non ricezione passiva di informazioni, ma scintil-
la iniziale per mettersi in gioco ed aprire la mente. Anche
l’argomento che a noi pare più lontano, se trattato con termini
adatti, potrà smuovere le giuste corde e farci interagire.
Francesco Branda
Lo Zibaldone in breve...
Lo Zibaldone, pagina 2 Settimana flessibile
Tra le molteplici tematiche che ci sono state proposte durante la settimana flessibile 2013, si è parlato –in dia-
logo aperto con il relatore Don Fausto Sciurpa, anche ex professore di Filosofia del liceo- della Legalità, durante
il corso “Educare alla legalità: per una società matura e responsabile”, tenuto dai docenti di Religione Liucci e
Neve, nella giornata di venerdì.
Educare alla legalità: è proprio il caso di parlarne, in un momento in cui la convivenza civile, nel nostro Paese,
sembra essere minata da lungo tempo – basti pensare a quella stagione degli anni ’90 chiamata “Mani pulite”-
dalla corruzione, dai privilegi di esponenti della politica, dell'economia e delle istituzioni e dalla quotidiana poli-
tica del più forte, di chi arriva prima e –talvolta- purtroppo anche del più violento. Ma è il caso di parlarne anche
per un altro motivo: perché, se non proprio oggi, domani - quando saremo a contatto con una realtà fatta di pro-
blemi che adesso si riflettono più piccoli nella realtà circoscritta del mondo scolastico- di certo toccherà a noi, il
compito di educare l’altro e di educare noi stessi. E questo può avvenire solo per mezzo del rispetto di tutte le
norme –diritti e doveri del cittadino- che sono state stabilite per noi, per il nostro benessere e per una conviven-
za civile; ma anche per mezzo del confronto aperto, con una società che deve aprirsi sempre di più
all’accoglienza e al rispetto dell’altro e a tutti quei valori che oggi sembrano essere messi in crisi
dall’evoluzione e dal rinnovamento del tessuto sociale del nostro Paese. E quando qualcuno chiede se le leggi,
in effetti, non siano una limitazione della nostra libertà, c’è chi risponde che la libertà non può esistere senza
leggi, perché l’unico limite della libertà è l’inizio di quella altrui; la libertà, da soli, non esiste, perché noi non
siamo delle isole, e –ognuno consapevole o in viaggio verso la consapevolezza della propria identità- siamo già
uniti, si spera, in un cammino di crescita culturale e morale, per andare in contro ad un futuro, nel quale
“Legalità” non sarà più un concetto astratto, come spesso oggi ci appare, ma una realtà reale e tangibile.
Giulia Scialpi
“Ragazzi, cos’è per voi la legalità?”
L’enorme vantaggio di vivere in
una Repubblica Democratica, la
fortuna di avere una forma di go-
verno in cui la legge è superiore a
ogni uomo, l’importanza di essere
tutti “titolari di una porzione di so-
vranità”, l’innovazione di una carta
costituzionale che ci garantisce tali
diritti.
Ci ricorda tutto questo il professor
Mauro Volpi, con la preziosa parte-
cipazione del Procuratore della
Repubblica di Perugia Giacomo
Fumu, in un incontro in due punta-
te (4 ore complessive) nell’ambito
della Settimana Flessibile; ed è
sorprendente quanto questa istitu-
zione scolastica rivoluzionaria e
per nulla scontata riesca a essere
così varia utile ed interessante
grazie alla partecipazione di stu-
denti, esterni e docenti.
Questo corso raggiunge in pieno il
suo obiettivo nel sensibilizzare i
giovani e introdurli o comunque
informarli di quel mondo da molti
(ahimè) conosciuto solo superfi-
cialmente che la Magistratura. In
Italia (come all’estero) questo
organo rappresenta il potere Giudi-
ziario, il terzo potere, e questo si
sa… quello che molte persone i-
gnorano è la sua assoluta indipen-
denza dagli altri due poteri –
Legislativo ed Esecutivo- e che
questa è assoluta di fatto solo in
Italia, grazie alla nostra carta costi-
tuzionale innovativa e da questi
punti di vista rivoluzionaria. Grazie
poi al decisivo apporto del Procura-
tore Fumu i partecipanti sono stati
edotti del funzionamento della
straordinaria macchina che è il si-
stema giudiziario italiano, per mez-
zo anche di paragoni con sistemi
esteri, e resi consapevoli dei loro
diritti, doveri (morali e civici) come
cittadini d’Italia e del Mondo.
Grande apprezzamento è stato e-
splicitato dall’uditorio che si è di-
mostrato attento, interessato e,
tramite una attiva partecipazione,
desideroso di acquistare conoscen-
za, coscienza e libertà perché co-
me scrisse Gaber “Libertà è Parte-
cipazione.”
Luigi Leone Chiapparino
MAURO VOLPI: Politica, problemi del consenso e confini posti dalla costituzione
Don Fausto Sciurpa tenta di educare i giovani ad una nuova sensibilità
Settimana flessibile
La Settimana dell’Arte e della Creatività (al secolo Setti-
mana Flessibile) rappresenta, oltre che un mezzo per
esprimersi, per conoscersi, per affermarsi e tutto som-
mato per divertirsi costruttivamente, anche un perfetto
ponte per mettere in contatto la sponda della scuola,
dell’istruzione teorica e la sponda delle testimonianze e
della vita reale, permettendo di sensibilizzare i giovani
riguardo a problemi reali e creando le basi per una so-
cietà futura meno cinica e più consapevole.
Ne è un lampante esempio il progetto “I CARE: per vin-
cere l’indifferenza” che ha visto impegnate quattro as-
sociazioni benefiche, le tre maggiori delle quali inqua-
drate nel contesto della Chiesa Cattolica, per mettere a
parte gli studenti dell’attività svolta dal mondo del vo-
lontariato. Volontariato inteso sia come servire alle
mense dei senzatetto, organizzare raccolte di indumen-
ti e generi di prima necessità (che si può spingere al
limite delle missioni umanitarie all’estero), sia come
allestire una stazione radiofonica per giovani, tenere
aperto uno sportello per informare i più vulnerabili dei
loro diritti, stabilire un rapporto umano con una perso-
na bisognosa. Un’esperienza, insomma, che può far
crescere, maturare e migliorare chi la fa.
Le tre associazioni, Caritas, Perugia Volontaria-
to,UNITALSI, e la quarta più piccola Umbraradio
Young sono esempi che ben rappresentano
l’ampiezza di questo grande ventaglio di iniziative e
progetti che questi enti, a fianco di altri più intercul-
turali, laici ed internazionali come Emergency, Medi-
ci senza Frontiere, Croce e Mezza Luna Rossa Inter-
nazionale, portano avanti con impegno, passione ed
energia.
Luigi Leone Chiapparino
I CARE: per vincere l’indifferenza
Quanto è laica al nostra costituzione? Quanto i dogmi della Chiesa di Roma influenzano la politica dell'Italia? Come nel mondo di oggi
teologia e democrazia coesistono?
Queste le domande che sono state poste al filosofo Mario Martini,invitato dall'istituto ad illustrare ad una classe di liceali le dinamiche
che hanno caratterizzato nei tempi passati,e caratterizzano tuttora,il delicato rapporto tra l'autorità statale e quella religiosa. Un rap-
porto antico,spiega il prof.Martini, che,almeno nel nostro caso,vede i sui albori con l'editto di Milano del 313d.C. e la proclamazione
del cristianesimo come religione di stato,che proseguirà per tutto il medioevo (basti ricordare il Dictatus Papae del 1075,documento
che affermava la superiorità pontificia su ogni altro potere temporale) ma che entrerà in crisi con il Rinascimento,la Riforma protestan-
te di Lutero e quella scientifica di Galileo e Copernico dando origine ad un vero e proprio conflitto Trono-Altare che vede da una parte il
volere e gli insegnamenti pontifici e dall'altro il potere temporale dei sovrani europei non più uniti sotto un'unica fede cristiana.
Ma cosa dice la nostra costituzione a proposito?Lo stato italiano,ci illustra il professor Martini,chiarisce i rapporti con le Religioni negli
articoli 7,8 e 19 della nostra costituzione,che chiariscono il Principio di Laicità dello Stato dichiarando bilateralmente con la Chiesa
cattolica che la legge religiosa non ha a che fare con la legge civile.
Molte ed interessanti domande sono sorte da questo affascinante quadro politico-teologico,che hanno dimostrato la preparazione e la
volontà di confrontarsi dei ragazzi su questo argomento complicato e spesso insidioso. Cos'è l'obiezione di coscienza?Cosa la religione
può dare alla politica?Quali i punti d'attrito più insidiosi tra Chiesa e Stato?Come la Chiesa limita la ricerca scientifica in Italia?
Sono state solo alcuni degli spunti di riflessione e delle domande che gli studenti si sono posti ed a cui il prof.Martini ha risposto in
maniera completa ed esaustiva,citando i pensieri di teologi e filosofi ben noti,tra cui Habermas (di cui sono stati trattati i famosi tre
punti per la corretta convivenza stato-Chiesa) che hanno permesso di arricchire il dibattito. Doveroso anche il chiarimento del profes-
sore sul significato del termine laico, termine che non va associato ad ideali irreligiosi e nemmeno atei,ma piuttosto,a detta del profes-
sore,il termine va inteso come “un atteggiamento,un modo di pensare ed essere,che porta a combattere per la libertà di ogni individu-
o”.
Incontro ben pensato,di incontestabile rilevanza,ulteriormente arricchito dalla presenza del professor Martini che da filosofo e creden-
te,ha esposto la dinamica dei fatti in maniera neutra,rendendo il discorso accessibile e comprensibile anche ai ragazzi più giovani.
Giovanni Ciocca
Stato e Chiesa: una difficile coesistenza
Lo Zibaldone, pagina 3
Dall ’ antica alleanza trono-altare alla politica moderna
Diventare volontario per accorgersi dell'altro
Lo Zibaldone, Pagina 4
Questa è l’annosa questione riguardo alla quale i ra-
gazzi partecipanti alla conferenza del 21 Gennaio in-
detta da “Libera” sono stati chiamati a dare la loro
opinione.
Libera è un'associazione fondata nel 1995 da Don
Luigi Ciotti, e che ha come scopo la lotta contro ogni
forma di mafia. Una delle modalità in cui opera è la
collaborazione con le scuole, attraverso incontri e pro-
getti atti all'informazione e alla sensibilizzazione degli
studenti. Libera è suddivisa in presidi, i quali hanno
sede in diverse città; il presidio che risiede a Perugia è
dedicato a Giuseppe Rechichi, un professore di mate-
matica ucciso per errore, da una pallottola vagante, il
4 marzo 1987. Il tema dell'incontro svoltosi il 21 gen-
naio 2013 a Perugia, in collaborazione con l'ufficio
scolastico regionale, presso l'istituto A. Capitini, è l'e-
ducazione alla legalità, sviluppato con interventi di
ospiti esterni e lavori realizzati da alunni e professori.
Per introdurre l'argomento è stato visualizzato un vide-
o di Don Luigi Ciotti: “La legealità dobbiamo essere
tutti noi,(…) è responsabilità, (... ) quei progetti che
libera fa in collaborazione con le scuole (…) è la nostra
costituzione che è il più formidabile dei testi antima-
fia” afferma il fondatore di Libera (alla trasmissione
“Vieni via con me”, presentata da Fazio e Saviano), e
sono proprio questi i punti focali affrontati nel corso
della mattinata. Il primo lavoro presentato è quello
dell'istituto Leonardi di Spoleto, incentrato sulla ricer-
ca del lavoro; i ragazzi hanno affrontato la problemati-
ca attraverso la lettura degli articoli della Costituzione
a riguardo (il primo e il quarto) e citazioni di filosofi
quali Simone Weil e Hegel, e di scrittori come Borges.
Hanno inoltre analizzato dati statistici secondo i quali
è elevatissimo il dato di disoccupazione dei giovani
laureati italiani; loro stessi, per essere ben informati e
preparati, hanno frequentato incontri sulle corrette
modalità per la ricerca del lavoro.
Dopo l’intervento del giornalista di RaiNews24 Pino
Finocchiaro, che ha incentrato il suo discorso sulla
corruzione e che ha ricordato a tutti, citando Alberto
Sordi, l’importanza di saper ragionare e di saper espri-
mere dissenso verso fenomeni di stampo mafioso ri-
cordando persone eroiche che ne ebbero il coraggio
quali Nino di Matteo e Franco Sebastio, l'istituto tecni-
co-tecnologico A. Volta di Perugia, ha presentato un
approfondimento sulla scorretta pratica della racco-
mandazione, dal titolo “Clientelismo, cattiva abitudi-
ne?”. A seguire, il liceo scientifico G. Galilei presenta
la sua ricerca sul rapporto tra mafia e lo smaltimento
dei rifiuti, “La chimica e le ecomafie” facendo presen-
te che in Umbria questo problema sussiste, ma il nu-
mero di cittadini che ne è al corrente è di bassezza
sconcertante.
“Diritti umani nel mondo classico – Una lezione per la
modernità”, così titola la presentazione del liceo clas-
sico A. Mariotti (classi IIE e IIIE): la clientela, la demo-
crazia e il senso della legalità sono infatti temi affron-
tati da molti autori già in età classica (Seneca, Teren-
zio, Pericicle) e nell'Illuminismo (Roussau e Voltaire).
Ma è soprattutto sorprendente il confronto del Discor-
so di Pericle agli Ateniesi (tratto da “La guerra del Pe-
loponneso” di Tucidide) con la Costituzione Italiana
che dimostra che l’unico modo per evitare che un cit-
tadino diventi cliente è affidarsi alle leggi, orali o scrit-
te, che tutelano i diritti e sanciscono i doveri di questo.
Chiudono l'incontro l'intervento del procuratore della
Repubblica, Antonella Duchini, coordinatrice del di-
stretto provinciale antimafia, che sostiene che “la le-
galità è il rispetto di tutte le regole, scritte e non scrit-
te, che si manifesta compiendo pienamente la
‘professione’ del cittadino”; e la lettura di una lettera
scritta da un’alunna sull’importanza di non arrendersi
di fronte a poteri che sembrano troppo grandi da com-
battere, insieme con un video tributo a Mariangela
Melato, attrice venuta a mancare di recente che ha
portato in scena il dramma di Medea, donna simbolo
delle milioni di madri costrette a vivere una vita di mi-
seria private dei propri figli.
Martina Tomassini
Istruzione e diritti: cittadini o clienti? MAD SOCIETY Settimana flessibile
Per il martedì della settimana flessibile ci è stato proposto un cor-
so sulla crisi economica di cui si sente tanto parlare. La professo-
ressa Ballarani ha cominciato con un salto nell'Ottocento, quando
il capitalismo esce vittorioso dalla sfida contro il comunismo, ap-
portando nella società un forte pensiero liberale. Dopo la crisi del
'29 l'economia risorge, caratterizzata da una grande speranza per
l'avvenire e dal pensiero di Keynes, così negli anni '60 e '70 ha
luogo il boom economico. Ma questa situazione di benessere porta
anche alla crescita del debito pubblico (che oggi in Italia ammonta
al 127% del PIL), per risanarlo lo Stato abbassa le imposte e alza
le tasse: la domanda cala, iniziano i licenziamenti e prende piede
la crisi. la situazione si aggrava quando iniziano le speculazioni in
Borsa, che portano all'arricchimento di pochi e alla tassazione dei
risparmiatori. Uno dei più grandi problemi causati dalla crisi, oltre
ad un'altissima disoccupazione, è infatti una distribuzione ingiusta
della ricchezza. Il pensiero comune emerso da questo incontro è
che alla base della crisi vi è una degenerazione del liberalismo e
per porvi rimedio è necessaria la costituzione di un quadro norma-
tivo che rispetti ed esalti la libertà individuale, ma entro certi limiti
affinchè non venga violata la libertà altrui, e un momento di decre-
scita consapevole che permetta la fondazione di basi per una nuo-
va economia e una nuova crescita.
Martina Meniconi
Dorotea Frattegiani
Vi racconto la crisi in due parole
L’Utopia di una nuova cittadinanza per la pace vemmo fare, perché questa possa diventare una realtà tangibi-
le, è provare, anche solo per un attimo, ad allargare i nostri
orizzonti, ad immaginare che il nostro paese –così come la
nostra religione, le nostre tradizioni e la nostra cultura- non è
una realtà unica ed assoluta, nel mondo. Questa è la storia di
Ladis Kumar, nativo indiano ma cittadino del mondo, che deci-
de di trasferirsi in Italia per costruire - dal nulla, se non dalla
voglia di cambiare- un futuro diverso, pur non conoscendo la
nostra lingua. Dopo la laurea in teologia viene assunto da una
società informatica e fa il giro dell’Italia. Per lui vent’anni fa, e
appena arrivato, era sicuramente impensabile immaginare che
sarebbe diventato direttore dell’Associazione Cristiana Lavora-
tori Italiani. Ma è l’esempio vivente di come non bisogna mai
sentirsi fuori posto, è l’esempio di quanto non sia così impossi-
bile –con grande forza di volontà- una nuova cittadinanza, che
superi le barriere geo-politiche e culturali. Ma questa è anche la
storia di Don Elio Bromuri, da sempre attivo nel confronto ecu-
menico con altre culture e religioni. Insegnante di Storia e Filo-
sofia, Teologo, direttore del centro di accoglienza per i giovani
di Perugia dal 1965, confrontatosi spesso con Aldo Capitini,
ritiene che la multiculturalità sia stata per Perugia una preroga-
tiva decennale, nonostante l’evidente difficoltà nell’integrare gli
stranieri in gruppi sociali già formati e solidi (e molto spesso
ostili nei loro confronti). Per cui, una cittadinanza per la pace è
davvero un’utopia, una realtà che non avrà mai luogo? Dipende
da noi, che abbiamo il compito di combattere il qualunquismo
etico, religioso e politico, nonché il fondamentalismo, ed accet-
tare che la nostra cultura non è un criterio di giudizio esclusivo
per tutta l’umanità; solo così potremo vivere nell’uguaglianza
ed appianare i conflitti, restituendo un futuro pacifico
all’umanità.
Francesco Branda
Lorenzo Fiorese
La "Fondazione Centro Studi Aldo Capitini”
ha sede nella biblioteca di San Matteo,
via Monte Ripido (Perugia), tale biblioteca è
aperta al pubblico secondo gli orari:
martedì 9-13, mercoledì 9-13/ 14:30-18:30,
Giovedì 9-13/ 14:30-18:30, venerdì 9-13.
Per ulteriori informazioni:
0755773560.
“Utopia, un nuova cittadinanza per la pace” è stato un corso
tenuto -per le giornate di lunedì, martedì, mercoledì e venerdì
della settimana flessibile 2013- dai professori Liucci, Giulietti e
Salatto, i quali ci hanno presentato ogni giorno ospiti diversi, con
il fine di sensibilizzare noi studenti ad un rapporto civile e più
rispettoso nei confronti di altre etnie o, più semplicemente, da
chi è “diverso” da noi, nell’ambito delle iniziative intraprese per
la candidatura di Perugia-Assisi 2019, città della cultura. Martedì
è stata la volta del prof. Claudio Francescaglia, il quale -come
presidente della "Fondazione Centro Studi Aldo Capitini”- ci ha
esposto il pensiero del filosofo pacifista perugino. “Il problema
della cittadinanza è un problema politico-sociale attuale; essere
cittadino del mondo è un diritto naturale che gli uomini hanno da
quando nascono, che dovrebbe essere riconosciuto automatica-
mente, senza la mediazioni di leggi” spiega il prof. Francescaglia,
ed è qui che si inserisce la teoria della nonviolenza di Capitini. La
nonviolenza non è soltanto una condizione mentale di rispetto,
non è solo qualcosa di teorico, al riparo della quale possiamo
tenerci lontani dai conflitti sociali dei nostri tempi, ma è intesa
come dinamismo e intervento diretto sulla realtà, nonché come
attenzione ed affetto per ogni singolo essere con il quale intera-
giamo, e perciò anche le rivoluzioni e i cambiamenti devono es-
sere fatti nel nome del rispetto. Su questa stessa linea di pensie-
ro, il prof. Francescaglia ci ha lasciato un’esortazione: “Si deve
fare una rivoluzione, non violenta, tramite atti religiosi (…) La
rivoluzione deve partire dal basso; infatti il popolo deve poter
stabilire le leggi e poter far parte delle istituzioni. Bisogna perciò
ripristinare la democrazia italiana, purificandola dalla violenza.
Ed è un compito che spetta a tutti, a tutti noi”.
Nella giornata di mercoledì, abbiamo ascoltato due storie, che
sono state, per noi, prova diretta di come, a volte, una nuova
cittadinanza per la pace non sia solo un’utopia; quello che do-
Lo Zibaldone, Pagina 5 Settimana flessibile MAD SOCIETY
Lo Zibaldone, Pagina 6
Stand Up! Don't stand for homophobic bullying!
Fin dall’infanzia uno dei numerosi valo-
ri morali che i nostri genitori ci insegna-
no è l’importanza del “sentimento”, ma
soprattutto il rispetto. Quest’ultimo è
una delle più grandi forme di amore
che l’uomo è capace di dimostrare
verso un altro essere vivente, qualun-
qu e es s o s ia . I r a g a z z i d i
“Arcigay” (associazione italiana a favo-
re dell’omosessualità) hanno messo in
chiaro perfettamente, con il corso so-
stenuto durante la settimana flessibile,
avente come referente Roberto Mala-
spina(IIIB), come questo principio base
della convivenza comune venga sem-
pre meno, soprattutto in alcuni contesti
sociali: i sentimenti sono qualcosa di
sublimato, assolutamente naturali,
verso qualsiasi sesso, ma questi spes-
so sono considerati “una colpa” poiché
non rispecchiano le aspettative che la
società ripone nei confronti di ognuno
di noi, in base al proprio sesso biologi-
co. La società in cui viviamo esalta
l’eterosessualità e (anche se non espli-
citamente) ci impone il nostro orienta-
mento sessuale e tutto ciò che si di-
stanzia dell’eterosessualità viene ste-
reotipato e discriminato nella maggior
parte dei casi. Condizionando così la
nostra psiche la società non fa altro
che creare persone chiuse mentalmen-
te le quali si basano su stereotipi e si
rifiutano di aprirsi a nuove linee di pen-
siero.
Chi giudica spesso non ha grandi com-
petenze, la sua è solamente
l’oppressione psicologica, verbale e
persino fisica, in alcuni casi estremi, in
modo tale da sentirsi più forte. Il con-
fronto e l’informazione possono demoli-
re questi tipi di comportamento: inte-
grare nuove conoscenze fa si che quel-
la di base possa mutare positivamente.
Pur vero è che siamo tutti differenti
l’uno dall’altro ma sono proprio queste
differenze che ci accomunano: nessun
essere umano merita di essere giudica-
to in base al proprio orientamento ses-
suale (o “bussola” come l’hanno defini-
ta i ragazzi dell’associazione) e gli omo-
sessuali hanno il dovere di rivendicare
il diritto di esprimere il loro amore ver-
so una persona, di qualunque sesso
essa sia. Duramente questa associa-
zione sta combattendo, per far si che la
gente non soffra più e non si senta in
colpa per un sentimento naturale come
l’amore, il quale dovrebbe essere libero
e non giudicato, e per evitare che tra-
gedie come quella avvenuta Roma non
si ripeta mai più: un ragazzo di quindici
anni (ormai ricordato come “il ragazzo
dai pantaloni rosa”) si è suicidato, spin-
to dai continui gesti di bullismo da par-
te dei compagni di classe, poiché ave-
va l’abitudine di portare indumenti di
colore rosa. Cercare di essere ciò che
si è veramente non è una colpa,
l’omofobia non è una paura ma una
malattia che nuoce gravemente alla
società. Fortunatamente questa è cura-
bile: ricordiamoci di essere uomini e
non “gay”, “lesbiche” ed “etero”.
Giulia Fabbretti
“Se non ti mobiliti per difendere i diritti di qualcuno che in quel momento ne è privato, quando poi
intaccheranno i tuoi, nessuno si muoverà per te. E ti ritroverai solo.” (Harvey Milk)
L’essere coscienti di ciò che accade intorno a noi è uno degli elementi fondamentali per affermare di essere vera-
mente parte integrante della società, ma spesso tendiamo a chiuderci nel nostro mondo ignorando ciò che ci cir-
conda. In questo modo trascorriamo la maggior parte della nostra esistenza: facendo finta che “qualcosa” non ci
riguardi. Questo ci hanno voluto far capire le referenti del corso “young and smart: why not?” attraverso la visione
del film “persepolis”. Quest’ultimo è il racconto della vita di una piccola bambina iraniana Marjane, la quale fin da
piccola si vede catapultata nel mondo degli adulti a causa di continue rivolte e guerre (soprattutto a causa dei con-
flitti Iran-Iraq) e a differenza di altri bambini cresce con una consapevolezza: lei non sarà mai libera. Crescendo
Marjane si renderà conto di non trovare nessun luogo nel mondo adatto a lei ed anche se proverà ad allontanarsi
dal suo paese natio, un senso di malessere non l’abbandonerà mai. Quando deciderà di tornare nella madre pa-
tria, dopo un lungo soggiorno a Vienna, si accorgerà che il regime dittatoriale che attanaglia la città, è veramente
insostenibile per una’anima libera come la sua e dopo molti avvenimenti prenderà la decisione di partire per la
Francia. Attraverso gli occhi puri di una bambina come Marjane vediamo e comprendiamo come le speranze di
cambiamento della gente furono infrante lentamente quando presero il potere i fondamentalisti islamici: diventia-
mo partecipi di una storia che non ci appartiene ma che dovrebbe starci molto a cuore. Così ci avviciniamo ad una
cultura estranea alla nostra e cerchiamo di capire la sofferenza di un popolo che non ha fatto altro che abbassare
la testa per molti anni. I temi tratti sono molto profondi, lo testimoniano i dialoghi, anche se l’intero film è
d’animazione, forse per cercare di sdrammatizzare un poco. Sicuramente il fine ultimo del film stesso è una sensi-
bilizzazione generale riguardo il tema della guerra e della libertà, tanto agognata dalla protagonista. "Persepolis" ci
insegna che dietro ogni scelta c’è la complessità di un’esistenza, perché non è facile affrontare il proprio passato,
le proprie radici, il proprio Paese. Un film davvero delicato ed originale, che strega letteralmente.
Giulia Fabbretti
Young and Smart: WHY NOT?
Settimana flessibile MAD SOCIETY
Lo Zibaldone, Pagina 7
Tanti erano gli iscritti al corso dedicato al toccante ricordo
della Shoah, il purtroppo celebre genocidio del popolo ebreo
che ebbe luogo a metà degli anni 40 del novecento negli al-
trettanti tristemente celebri campi di concentramento. E pro-
prio il racconto delle ragazze che hanno visitato i campi di
Auschwitz e Birkenau (rinominato anche Auschwitz 2), ha reso
così tanto interessati tutti i giovani ragazzi che, in qualche
modo, si sono sentiti parte dell’avventura che le due giovani
hanno affrontato: 26 ore di viaggio, l’arrivo a Cracovia, e la
successiva visita ai due noti campi di concentramento. Rac-
conti su come, nel periodo dello smistamento di ebrei nei
campi di concentramento, gesti come il buttare del pane dal
tram abbiano salvato vite, città murate abbiano fisicamente la
libertà dell’essere umano e sull’assoggettamento del popolo
ebreo da parte di quello tedesco, hanno toccato il cuore degli
studenti per circa due ore. Troppo poco per descrivere un ge-
nocidio del genere. Perché non solo si è cercato di minare lo
spirito di un popolo, o anche solo di un essere umano,
ma la vera e propria dignità dell’uomo è stata sepolta.
Auschwitz ora è diventato un museo: le palazzine che
“ospitavano” i prigionieri ora sono diventati il luogo do-
ve scarpe, pentole, capelli, valige, sono riposti come la
testimonianza materiale di ciò che è avvenuto.
Tutt’altro ambiente invece aleggia a Birkenau: le palaz-
zine ora infatti sono sostituite da vere e proprie stalle,
circondate da 5 forni crematori che bruciavano ognuno
quasi 5000 corpi al giorno. Racconti allucinanti su co-
me la vita dei prigionieri ebrei si trasformava nella vita
di bestie, calpestate nella dignità e nell’umanità, ha
fatto riflettere i ragazzi sulla propria vita e sul mantene-
re per sempre vivo un ricordo di una strage tanto gran-
de. Per non dimenticare.
Arianna Ceccarelli
Un treno per non dimenticare
La vera morte è l’oblio , questo il presupposto dello
spettacolo teatrale svoltosi nell’aula magna del liceo
Mariotti a cura del maestro Roberto Biselli direttore del
teatro di sacco di Perugia.
Una rappresentazione intensa e sentita della ballata di
Brecht “la crociata dei ragazzi” che oltre al fiore posato
sulla tomba delle vittime della follia nazista ha reso
questa memoria viva ai nostri giorni , reale , attuale,
incarnandola in un presente che guardando al passato
si illude che il pregiudizio alla base di quei tristi eventi
sia acqua passata , quando è invece presente
nell’animo umano e continua a rodere voracemente il
cuore dell’uomo moderno.
La rappresentazione teatrale si è manifestata in natu-
ralezza e semplicità espressiva , davvero credibile no-
nostante i mezzi utilizzati e per questo davvero teatra-
le , senza fronzoli e tecnicismi , pura rappresentazione.
La memoria sepolta dal nostro quieto e distratto vivere
è stata riesumata con la forza espressiva del teatro ,
che non necessita ,come la memoria , d’altro che
d’attenzione , che non cada nel vuoto ma che riviva in
noi , nelle nostre azioni quotidiane e nei nostri pensieri.
Per non dimenticare , per essere consapevoli , per ri-
spettarci , per non essere nazisti a nostra volta.
Lorenzo Fiorese
Poesia & Musica per la giornata della memoria
MEMORIAL Settimana flessibile
Lo Zibaldone, Pagina 8
“La malinconia te la portavi addosso come un profumo e la trage-
dia era l’unica situazione umana che tu capissi veramente. Se
una persona non era infelice, non ti interessava.” aveva scritto
Oriana Fallaci di Pier Paolo Pasolini, in quella lettera che gli fu
dedicata dopo il suo assassino (avvenuto nel novembre del
1975), in cui Pasolini ci veniva raccontato con i suoi lineamenti
fragili e pieni di grazia, da intellettuale sensibile, multiforme –egli
fu poeta, romanziere, regista ed insegnante- e controcorrente; di
certo fu proprio questo suo andare oltre gli stereotipi, contro il
pensiero dominante, questo suo essere al di sopra delle parti –
pur risultando iscritto al PCI, partito roccaforte di valori resisten-
ziali- in una società del secondo dopoguerra, ancora lacerata da
contrasti ideologici e ancora non del tutto intaccata e poi corrotta
dall’omologazione e dall’appiattimento sociale, scaturito dall’era
del consumismo, che fece di lui un intellettuale scomodo, nel
contesto politico e culturale del suo tempo.
Egli fu un intellettuale troppo lucido per essere incasellato dalle
mode, dalla società, da chi credeva di poter dare un nome alle
idee; di enorme grandezza e onestà intellettuale, egli assunse
spesso posizioni contraddittorie (basti pensare a “Il PCI ai giova-
ni”, poesia in cui egli affermò di aver appoggiato i poliziotti, duran-
te gli scontri del ’68 a Valle Giulia, tanto che concluse con “In
questi casi,/ ai poliziotti si danno i fiori, amici.”) e provocatorie,
infatti, Pasolini avrebbe dichiarato apertamente il suo orienta-
mento sessuale, sfidando, così, un’opinione pubblica troppo gret-
ta e costretta entro quelle, non ancora superate, ristrettezze
d’animo che avevano –politicamente- condotto l’Italia, per circa
un ventennio. Ma non solo; egli, infatti, credeva ancora – nono-
stante si fosse alla vigilia di quel consumismo che avrebbe atta-
nagliato la società fino ad oggi- nella libertà di pensiero,
d’espressione, nella libertà d’essere; e, in difesa di questa libertà
che è vita, egli si pose dichiaratamente contro l’omologazione
giovanile (si veda, ad esempio, Il discorso dei capelli, del 1973 )
e contro quel consumismo che rendeva l’Italia ciecamente
euforica e il sottoproletariato urbano – quello di cui Pasolini
aveva scritto, per esempio, in Ragazzi di vita (1955), restando
fedele anche al dialetto romanesco- desideroso di imitare la
borghesia. Egli parlò del miracolo economico degli anni ’60 e
della televisione -che sembrava lo strumento che avrebbe
permesso il riscatto del sottoproletariato dalla miseria, ma
che, in realtà, era musa populista dell’omologazione - come di
qualcosa di peggiore del centralismo fascista, che non solo
negava lo sviluppo intellettuale autonomo dell’individuo, ma
conduceva anche al degrado certo dei valori non ancora con-
taminati della gente semplice. Ma questa libertà ci viene ne-
gata anche oggi e, allo stesso modo, a lui è stata negata la
vita. E gli hanno calpestato e massacrato il cuore - in una
notte che Roma era troppo lontana e forse si sentiva il mare
da vicino - proprio a lui, che credeva in un popolo depositario
di buoni valori, proprio a lui, che il popolo lo aveva difeso da
chi voleva assimilarlo ai valori lontani della borghesia e che lo
aveva riportato con le parole di un neorealista, nonostante la
letteratura nazionalpopolare gramsciana e di chi aveva fatto
della cultura un patrimonio della sinistra, che voleva il riscatto
del proletariato. E forse Pasolini è morto ucciso da tutti, forse
sarà morto altre mille volte, mentre oggi la società mira tutta
ad essere piccola borghesia, che non ha più valori da rispetta-
re, se non quelli dettati da chi ancora ci vuole spettatori e non
protagonisti della vita, incapaci di pensare, omologati ad un
unico modo di sentire. Contro quel modo di non sentire che
Pasolini ha combattuto tutta la vita, da uomo. “…Mi maltratte-
rai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una
luce s’è spenta?” (Oriana Fallaci, Lettera a Pier Paolo Pasoli-
ni).
Giulia Scialpi
Pier Paolo Pasolini: un intellettuale scomodo nell’Italia del secondo dopoguerra
spenti, di ombre ormai abbandonate sull’asfalto. Erano i figli
di una generazione ancora fortemente divisa dai segni la-
sciati del secondo conflitto mondiale; era la generazione
divisa tra chi era rimasto fedele alla repubblica e chi “aveva
la Storia dalla propria parte”. Quella generazione di morti a
vent’anni è oggi testimone del fatto che morire per le pro-
prie idee, come se queste fossero condanne, è possibile;
forse perché scontrarsi e lottare per quello che ci sembra
giusto è proprio della natura umana, forse perché a volte il
dialogo non trova spazio e la violenza prende il sopravvento,
e finisce per soffocare. Oggi le piazze accolgono poche pro-
teste e non perché tutti gli ideali siano stati realizzati,
tutt’altro; ma avvolge i ragazzi una ovattata –e talvolta sof-
ferta- indifferenza e un senso di sfiducia, sintomo di una
generazione forse distratta dalle aspettative future, che
forse non saranno mai. Invece, i morti di quella generazione
-che ci credeva- tra i quali non esistono colpevoli e vittime,
giusti e più giusti, eroi e mostri, meritano di vivere e di esse-
re ricordati per almeno altri cent’anni, per farci riflettere sul
fatto che "morire di politica" è un’espressione molto taglien-
te ed incisiva, ma non è pura retorica. "Morire di politica" è
stato possibile e non dovrà più accadere, mai più.
Giulia Scialpi
"Mai più morire di politica, MAI PIÙ"; è la frase con la quale si è
concluso il corso intitolato "Gli anni di piombo", tenuto da Giulia
Lipari (IIIL), Maddalena Natali (IIIL) e Flaminia Costanzi (IB) nella
terza fascia della prima giornata della settimana flessibile 2013.
In un primo momento viene spontaneo chiedersi se sia davvero
possibile morire di passione, morire per le proprie idee, morire
per l'amore del bene comune, morire per un sentimento condivi-
so che anima i cuori, per qualcosa in cui ognuno dovrebbe trova-
re spazio e libertà di pensiero.
Sì, morire di politica è possibile e la Storia ce lo insegna; tra la
fine degli anni ‘60 e i primi anni ‘80, in quel decennio ricordato
come "gli anni di piombo", si è scritta una dolorosa pagina di
Storia che merita riflessione. È accaduto di morire di politica, a
ragazzi di poco più grandi di noi, che avevano come unica colpa
quella di lottare per ciò in cui credevano, giusto o sbagliato che
fosse, di colore nero o rosso, per la forza con la quale ribadivano
le proprie idee, per quella vita che fa brillare gli occhi e che si
riversava nelle piazze; in quelle stesse piazze e strade insangui-
nate d’Italia, in cui le ideologie, scontrandosi, valevano più della
vita e in cui si abbattevano giovani esistenze, come alberi cre-
sciuti male, sotto colpi violenti e troppo ciechi, troppo accecati
dall’odio reciproco, per rendersi conto della vita e dell’amore e
della passione che avevano animato quei corpi e quegli sguardi
Anni di piombo: come si moriva di politica
Virtute e canoscenza Settimana flessibile
Lo Zibaldone, Pagina 9
Giovedì, 24 Gennaio 2013
Oggi si è tenuto un dibattito sul sempre più diffuso fenomeno
dell’alcolismo giovanile. Il corso ha visto l’intervento di nume-
rosi studenti, forse interessati dall’argomento che li coinvolge
da vicino,che hanno avuto un acceso scambio di opinioni tra
di loro,evidenziando che i dati statistici che tutti i giorni la
televisione ci trasmette non sono affatto i soliti dati iperbolici
tipici dei mass media ma,un evidente e scottante realtà.
Come giustamente ha affermato Lorenzo Tesorini (brillante
studente del Liceo Classico e stesso ideatore del corso)
l’alcool è un mostro sempre presente nei luoghi frequentati
dai giovani d’oggi, e dal quale è molto difficile stare lontani,a
meno che non si sia pienamente consapevoli della sua peri-
colosità.
Quasi tutti i partecipanti al corso hanno affermato di aver
avuto il primo, vero incontro con l’alcool (tralasciando gli in-
nocui assaggi di spumante della sera di Capodanno quando
si avevano tre anni) intorno ai quattordici anni,abbassando
drasticamente la media di qualche anno fa, che si aggirava
intorno ai venti/venticinque anni. Tra i motivi che li spingono
a farlo, e questo fatto fa’ veramente paura, c’è proprio quello
di ubriacarsi e di liberarsi finalmente di quei freni inibitori che
ci rendono così insicuri in situazioni che hanno di bisogno di
audacia, e di fare quelle cose che da sobri non avrebbero
mai fatto.
Secondo i presenti l’aumento di leggi che vietino l’acquisto di
alcolici ai minori di diciotto anni non serve a nulla,anche per-
ché l’espediente per comprarli lo si trova ugualmente e di
certo anche i commercianti non collaborano ,infatti questi
spesso sono disinformati o per soddisfare l’interesse infran-
gono la legge,che sta’ proprio a tutelare le nostri giovani vite.
Per fortuna l’Italia non vanta percentuali stratosferiche di
morti per alcool o di alcolizzati, a differenza dei Paesi del
Nord o dell’America.
I ragazzi sono stati poi messi davanti al fatto che spesso i
postumi devastanti della sbronza dipendono dalla merce
scadente che affolla sempre più i bar e i locali delle nostre
città;sono sempre più le marche di vodka che al posto del
vero e proprio distillato di cereali mettono miscugli chimi-
ci,con conseguenze che vanno dal classico mal di testa o mal
di pancia che accumuna la maggior parte dei giovani la matti-
na dopo “la serata-sfascio”, all’alcolismo vero e proprio. Il
dibattito non è rimasto sempre su toni melodrammatici, anzi
ci sono stati anche dei momenti di divertimento, soprattutto
quando i ragazzi hanno raccontato le loro esperienze dopo
un po’ di drink, alcune delle quali erano veramente comiche.
La conclusione, però, alla quale siamo giunti insieme dopo
due ore è quello che l’alcool deve rappresentare un optional,
un accessorio nella nostra vita e soprattutto deve essere
preso con grande senso di responsabilità, quelle che ormai
alle nostra età ognuno deve assumersi.
Federica Latini
Carcalla o non carcalla?
Questo è il dilemma ..
L'ultimo corso della settimana flessibile è stato il
Caffè filosofico del professor Bastianelli, che verte-
va sul tema "amore, desiderio, voglia". Come prima
cosa, abbiamo esaminato l'etimologia della parola
"amore", che abbiamo scoperto corrispondere a
"desiderio", ed abbiamo cominciato proprio da que-
sto, distinguendo due tipi di desiderio: centripeto e
centrifugo. Il primo è un desiderio egoistico, mirato
all'annullamento e successivamente al rifiuto
dell'oggetto del desiderio, una voglia che, appena
appagata, si rivolge subito ad un altro oggetto; il
secondo è un desiderio che alimenta se stesso ri-
manendo quindi rivolto allo stesso oggetto in modo
duraturo. Per non rompere questo legame è neces-
sario essere uniti mantenendo al tempo stesso la
propria alterità,avendo di fronte due alternative: la
morte (del sentimento) o l'amore (che vive e si auto-
alimenta). L'amore infatti è desiderare una persona
nella sua integrità lasciandola libera di essere come
è, diversa da noi (in quanto non possiamo innamo-
rarci di noi stessi). Amare dunque è prendersi cura
dell'altro allo scopo di costruire, costruire qualcosa
che è altro, fuori da noi stessi: il frutto dell'amore.
Martina Meniconi
Dorotea Frattegiani
Ragionar d’Amore
Problemi e soluzioni dell'alcolismo giovanile
Virtute e canoscenza Settimana flessibile
Lo Zibaldone, Pagina
Chi l'avrebbe mai detto che nella su
massima opera letteraria, "La Divina
Commedia" , Dante avesse inserito
degli elementi che appartengono al
genere fantasy? Dario Rivarossa, au-
tore del libro "Dante era uno scrittore
fantasy" ci ha svelato una parte
dell'immortale poeta che davvero non
conoscevamo.L'incontro si è tenuto
giovedì 24, in prima fascia: Rivaros-
sa, dopo aver compiuto con noi un
excursus sulla natura del genere fan-
tasy, e averci spiegato come esso
non sia "moderno" ma abbia una sto-
ria che affonda le sue radici fin nel
Medioevo, ci ha illustrato figure ed
episodi della Commedia sotto una
luce completamente nuova. Oltre alla
selva oscura, che ci è apparsa non
più solo come l'allegoria cristiana del
peccato, ma come una sorta di
"cerchio magico" in cui il poeta si
sarebbe imbattuto trovandosi
totalmente cambiato, abbiamo
reinterpretato anche creature stori-
che: i diavoli dell'Inferno, ad esem-
pio. Tra loro infatti, è possibile i-
dentificarne alcuni che rimandano
agli elfi del folklore medievale,
piuttosto che a vere e proprio enti-
tà demoniache. Elfi, folletti.. ma
anche vampiri e lupi mannari!. Ri-
leggendo il dialogo tra Dante e San
Pietro nel Paradiso, ci accorgiamo
come il beato faccia riferimento ai
Papi, identificandoli con degli esse-
ri che "si preparano a bere il nostro
sangue". Il rapporto non esatta-
mente idilliaco tra Dante e il papa-
to dell'epoca non è certo un segre-
to, ma l'allusione ai vampiri è
sicuramente sorprendente. Per
non parlare del conte Ugolino,
che divora il cranio dell'Arcive-
scovo Ruggeri, e nel narrare la
sua storia a Dante, racconta di
come abbia trascorso la sua pri-
gionia a guardare la luna piena,
sognando di essere un lupo. Det-
tagli a cui nessuno di noi aveva
mai prestato la dovuta attenzio-
ne fin’ora, e solo Dario Rivaros-
sa, leggendo tra le righe di una
delle opere più importanti della
letteratura italiana, è riuscito a
dargli il giusto peso, offrendoci
una chiave di lettura davvero
originale. Flaminia Costanzi
Eleonora Paolotti
Dante, uno scrittore Fantasy?
Lunedì 21 si è tenuto un grande corso sulla rappre-
sentanza studentesca presieduto da Michelangelo
Grilli, che ha invitato a intervenire insieme a lui due ex
-alunni del liceo: Tommaso Bori e Andrea Romizi, che
a fare i rappresentanti hanno cominciato a scuola (era
il '99 per Romizi e il 2006 per Bori) ed ora sono, tra le
altre cose, consiglieri comunali: "la politica non è un
mestiere", per loro. Nel consiglio comunale,
"parlamento" della nostra Perugia, la loro età risalta.
In questo "paese per vecchi", infatti, è ancora difficile
per i giovani entrare in politica, ma le cose stanno
cambiando: lo strumento elettivo delle primarie impor-
tato dall'America - ci spiegano i due - apre la strada
agli audaci, cioè coloro che rifiutano di asservirsi al
"big" di turno e tentano di imporsi come protagonisti
grazie al voto delle persone. Allo stesso modo i giovani
faticano a porsi nell'attenzione della politica, cosa che
- sottolineano - hanno loro stessi il compito di fare,
"senza aspettarsi soluzioni dall'alto", e lo potranno
fare solo "partecipando attivamente alla vita della
scuola, dell'università, della città" - (quello che, perchè
no, molti di noi fanno con la settimana dell' arte e del-
la creatività) - "conquistandosi sempre più spazio
all'interno delle istituzioni e dei giornali". E' solo così
che abbandoneremo una sfiducia che sembra conge-
nita nelle nuove generazioni, chiaramente non per
colpa nostra, ma di un intero contesto sociale, con la
definitiva presa di coscienza che "se la politica va ma-
le è perchè noi andiamo male" e non tanto il contrario.
Tanto più è importante occuparsi della collettività fin
da giovani, poiché facilmente "si manterrà anche dopo
cresciuti il proprio slancio ideale": si sarà "più puri",
perché non si è vista la politica "con secondi fini" - as-
senti nel contesto scolastico - ma "come impegno per
il bene comune". I due(di opposti partiti) si confronta-
no, stimolati dalle domande degli studenti, su temi
scottanti dell'attualità perugina, con una civiltà esem-
plare(che mai si vede in televisione), volti a trovare
una verità e non a imporre la propria, anche se a dire
il vero non la trovano. Grilli chiude con un "corso di
formazione" alla rappresentanza studentesca, da lui
scritto con l'intento di divulgare la conoscenza dei
mezzi che abbiamo per far valere i nostri diritti e il loro
funzionamento: "la rappr. stud. ha l'inestimabile valore
di abituarci ad esercitare la democrazia, ad essere
buoni cittadini prima che buoni studenti". La consape-
volezza di ciò è fondamentale per questo ed altri moti-
vi, ed egli auspica che un corso di questo genere sia
sempre più diffuso per la formazione di rappresentanti
e rappresentati consapevoli.
Samuele Brutti
Chi sei? E soprattutto chi mi rappresenti? La politica e i giovani visti da due consiglieri ex-mariottini
Virtute e canoscenza Settimana flessibile
Lo Zibaldone. Pagina 11
Martedì, 12.10. Uno scoppiettante
Lorenzo Tesorini rivela le moltepli-
ci vie del social network; un pro-
blema? dibattito per capirlo. NOTI-
FICA: il mondo virtuale rovina le
relazioni e gli incontri sociali, opi-
nione da molti condivisa. Non
smetteremo per questo di servirce-
ne, ma oggi la nostra pagina Face-
book proviamo a farla noi. Non è
forse confrontarsi insieme in una
stanza, infatti, ciò a cui più corri-
sponde una reale "richiesta d' ami-
cizia" e una "condivisione d' inte-
ressi"? E non è proprio con questo
linguaggio che la piazza virtuale ci
offre l' effimera illusione di contatti
reali?
Infinite domande potremmo porci
con altrettanto infinite risposte.
Molti fanno del social network una
dipendenza fra l' ingorda conqui-
sta del "mi piace" e il folle deside-
rio di infilarsi nelle vite degli altri
che non hanno molto di reale. Po-
chi non lo usano, eppure molti lo
criticano, in realtà non attaccando
altri che se stessi... fa solo parte
del gioco che può anche essere
divertente quando è solo utile stru-
mento per semplificare relazioni
reali. Può diventare però anche
pericoloso quando realtà e finzio-
ne non riescono più a distinguersi..
Non è voler fare del facile morali-
smo, che non ci compete,: chi più
chi meno tutti siamo un po' figli del
mondo virtuale. Ci piacerebbe pe-
rò che più spesso le barriere dello
schermo fossero sostituite da in-
contri come questo, semplicemen-
te perché tutto sarebbe molto più
facile!
Valeria Tugliani
Marco Flores
FB I LOVE YOU
Rivoluzione, termine che infonde
speranza, ma allo stesso tempo spa-
ventoso. Tutti la chiedono ma nessu-
no decide di attuarla effettivamente,
guardiamoci in faccia. E’ molto più
sicuro vivere in un mondo che altri
hanno già organizzato per noi, defini-
to, prestabilito, quadrato. Ma se un
giorno, guardando alla storia
dell’umanità, ci si presentasse agli
occhi un cerchio antico di 5000 an-
ni? E se scavando un po’ scoprissi-
mo che questo simbolo non è solo
un emblema artistico che rappresen-
ta lo yin e lo yang ma una visione
diversa della vita? E’ questo uno dei
tanti concetti che stanno a cuore al
filosofo Nicola Donti, e che ha espo-
sto nella sua lezione al corso
“Rivoluzione 2.0” tenuto da Silvia
Guerriero (ID). L’umanità sta affron-
tando una vera e propria rivoluzione,
è palpabile, è nell’aria. Ed il primo
sintomo evidente è riscontrabile in
giano a una velocità tale da essere
assimilata a quella delle reazioni tra
sinapsi: un uomo consapevole di ciò
ha il dominio di tutto ciò che lo cir-
conda, poiché colui che detiene in-
formazioni detiene anche il potere.
Sono un esempio lampante gli eventi
scatenanti la cosiddetta “primavera
araba”, divampati tramite i social
network, ed è altrettanto evidente la
chiusura cinese verso questi ultimi. È
quella “società dell’informazione”
teorizzata da tempo da sociologi ed
antropologi, una società dove la cul-
tura, ma anche il potere passano
attraverso l’informazione, attraverso
i dati che ogni giorni vengono tra-
smessi in tutto il mondo. Purtroppo
viviamo in un mondo in cui per alcuni
non conviene che tutti abbiano la
possibilità di informarsi ed aprire la
propria mente ad altre visuali, alcuni
sono costretti ad una vita delimitata,
chiusa. Introdurre un nuovo modo di
un ben definito campo: la comunica-
zione. Perché la parola, la comunica-
zione, ha il potere straordinario di
mettere in comune, creare ponti ed
unire le persone. In poco tempo sia-
mo passati dal trasmettere informa-
zioni tramite il web al trasmetterle al
web, mettendoci in comunicazione
con tutto e con tutti. La rete è diven-
tata da mezzo di comunicazione tra
singoli a mezzo di condivisione con
l’intero mondo, espandendo il raggio
d’azione all’intera umanità. Più volte
la nostra generazione è stata defini-
ta “tecnologica”. La tecnologia (non
definibile più solo come “computer”)
è ciò che ci ha permesso di creare la
più vasta, ma sopratutto la più velo-
ce, rete di comunicazione in tutto il
mondo fino ad ora: Internet. Ciò ha
letteralmente rivoluzionato il nostro
modo di fare cultura, e di comunica-
re. Oggigiorno le informazioni viag-
vedere le cose permetterebbe di va-
lutare altre possibilità, di rendersi
conto che non tutto è definibile e
definito. Inizieremo una nuova ricer-
ca con il fine ultimo di trovare la veri-
tà e di condividerla assieme al resto
del mondo. Così non ricaveremo solo
informazioni dal web ma immettere-
mo informazioni nel web e noi stessi
faremo parte della rivoluzione in cor-
so. Non bisogna certo avere paura
dei cambiamenti e di ciò che com-
portano quest’ultimi poiché “Quando
l’indigeno scopre che il suo feticcio
di legno non è Dio, non ha scoperto
che Dio non esiste, ma che non è di
legno, e inizia una nuova ricer-
ca.” [Lev Tolstoj]
Giulia Fabbretti
Francesco Branda
Rivoluzione 2.0 guerra e pace ormai si fanno via web, dove tutti possiamo partecipare I social network rovinano le
relazioni reali?
Virtute e canoscenza Settimana flessibile
Lo Zibaldone, Pagina 12
Cineforum Woody Allen
Una ventina di persone riunite in una piccola aula,
al buio, con Woody Allen che parla dell’amore at-
traverso uno schermo. Alcuni dormono beati, altri
ridacchiano a qualche battuta. E’ un esperimento
sociale, le parole che vengono dette nel film po-
trebbero cambiare la vita, ma è così bello dormire.
La storia delle sue disavventure con Annie Hall po-
trebbe essere una palestra di vita per tutti, le rela-
zioni viste dalla sua ottica sono sicuramente esa-
gerate, ma straordinariamente realistiche. I profon-
di drammi che a noi paiono adolescenziali in quan-
to è questa l’età che viviamo, si scoprono apparte-
nere anche dell’età adulta, le relazioni tra persone
di età molto differente sono all’ordine del giorno e,
quando volontarie, non sono per nulla da condan-
nare. Ma è l’espediente comico che permette di
riflettere e che sublima nel finale, che seppure
possa sembrare ottimistico lascia in bocca un sa-
pore acre, una sensazione di incompleto e di toc-
cante, una piccola puntura che colpisce nel profon-
do, nell’intimo. Lo spaccato newyorkese fa da
palcoscenico perfetto all’umorismo anti-razzista
e a sfondo sessuale, Allen si dimostra maestro
pittore di una realtà multiforme in una città in
evoluzione ma dal fascino immanente, quasi
statico ed immutabile. I personaggi dei suoi
film americani sono inizialmente stereotipati,
ma dimostrano una certa duttilità (evidente il
rovesciamento emotivo e narrativo in “Basta
che Funzioni”) che è riflesso della personalità
del regista, spesso contraddittoria. Per molti i
film di Allen rimarranno un passatempo da
prendere alla leggera, addirittura frivoli e noio-
si, ma per chi li lascia entrare nel proprio animo
possono causare profondi scossoni emotivi,
dubbi pericolosi; saremo noi troppo temerari a
lasciarglielo fare o sarete voi a voler rimanere
nel vostro comodo e più ordinario sonno?
Francesco Branda
Prima giornata dell' attesa settimana flessibile. Seconda fascia. La professoressa D' Alascio svela ad un vasto
pubblico di studenti le caratteristiche della piu' obiettiva e diretta forma d' informazione di massa, la video
inchiesta. Origine durante la guerra civile spagnola per la necessità di coinvolgere gruppi sempre più numero-
si, era forse la nascita del di gran lunga predominante giornalismo video-mediatico. Precetti fondamentali per
tale tipo di inchiesta: primo step, reperimento di fonti attendibili prima di ogni altra cosa; secondo step, per
ordine, non certo per importanza, perché è cio che la distingue da ogni altro tipo di giornalismo, la capacità
comunicativa dello stesso reporter. Attenzione però a non confondere quest'ultimo aspetto con banale talento
recitativo: il corso, accenna la professoressa,dovrebbe proprio insegnare a comprendere come, per produrre
una buona video inchiesta, siano necessarie tecniche ben precise. Solo il primo dei tre incontri ci si ripromette
di realizzare, con l' inventiva e l' impegno degli studenti un artigianale prodotto di video inchiesta per la fine
della settimana. Non potendo seguire il corso con continuità, possiamo solo sperare che l' interessante inizia-
tiva abbia prodotto i suoi frutti!
Valeria Tugliani
Marco Flores
Come si realizza una video-inchiesta
CIAK! Settimana flessibile
Lo Zibaldone, Pagina 13
Quante volte ci sarebbe piaciuto riuscire a leggere nell'espressione del nostro interlocutore la rabbia, la tristezza, la felicità simu-
lata o la semplice menzogna come il dottor Call Lightman della celeberrima serie a americana “Lie to me” (letteralmente “prova a
mentirmi”)? La risposta è scontata,ma apprenderlo non è tanto complesso come la serie tv d'oltre oceano ci vuole far crede-
re ,dice Sofia, referente per il corso sulle micro-espressioni facciali. Nato come hobby,è diventata poi con il tempo una vera e
propria passione, tanto da spingerla ad affrontare un corso su questo argomento,dove si propone di insegnare ad una classe di
51 volenterosi alunni i rudimenti della scienza che si cela dietro il saper riconoscere la verità nel volto di chi parla.
Primo ad aver intuito le basi di questa scienza all'apparenza illogica, ci spiega Sofia, fu il celebre biologo anglosassone Charles
Darwin, che durante i suoi mirabolanti viaggi in giro per il mondo, arrivò ad ipotizzare che certe espressioni e posture fossero
comuni a tutta la razza umana, teoria confermata in seguito da una serie di studi americani che riuscirono a catalogare e ad evi-
denziare le così dette “espressioni fondamentali” associate a gioia, tristezza, rabbia, disgusto, sorpresa (ecc...ecc...) e proprie di
ogni popolazione o etnia. Un corso dinamico e avvincente che ha subito fatto entrare tutti i partecipanti nel mondo della serie
“Lie to me” con interessanti ed accurate analisi di foto e fotogrammi i cui soggetti spaziavano dal mondo della politica a quello
dello sport passando per quello della nostra scuola. Interessante inoltre la parentesi riguardo alla gestualità nelle varie cultu-
re:essa infatti varia da popolo a popolo in base al contesto sociale, e spesso espressioni tra loro simili possono avere significati
diametralmente opposti che è bene conoscere per evitare di incappare in spiacevoli “qui pro quo”. Come ad esempio il pollice
verso l’alto a pugno chiuso,che mentre da noi simboleggia il procedere corretto e regolare delle cose, in Grecia è un insulto ed in
Giappone indica invece il numero 5. Ma la cosa che più colpisce affrontando questo corso è la opportunità di acquisire la consa-
pevolezza che un po’ tutti possiamo diventare dei dott.Lightman del linguaggio del volto e che con un certo esercizio possiamo
anche noi arrivare a degni livelli di conoscenza nel campo delle micro espressioni, come Sofia ci insegna.
Giovanni Ciocca
QUANDO SI DICE: "ANTI-SGAMO"
Incontri ravvicinati con la settimana flessibile
Come leggere nel pensiero di chi ci sta attorno a partire da un semplice sguardo...
Settimana flessibile Curiosita’
Lo Zibaldone, Pagina 13
L I C E O C L A S S I C O “ A. M A R I O T T I
Caporedattore: Rosa Algieri, II L
Redattori: Rosa Algieri, II L; Francesco Branda, III ; Samuele Brutti, III B;
Giulia Chiara, I F.
Hanno collaborato a questo numero: Giovanni Ciocca, Martina Tomassini,
Ilaria Moroni, Martina Meniconi, Dorotea Frattegiani, Arianna Ceccarelli,
Federica Latini, Flaminia Costanzi, Eleonora Paolotti, Valeria Tugliani,
Marco Flores, Sofia Angeloni, Laura Battaglini, Luigi Leone Chiapparino, Giulia
Fabbretti, Lorenzo Fiorese, Francesca Martinoli, Elisa Orrù, Sara Pacioselli,
Margherita Perri, Jan Reineke, Giulia Scialpi, Eugenio Trinati, Marianna Fatti,
Irene Fagioli,
Grafica: Elisa Orrù, I B; Jan Reineke III F.
E abbiamo anche lo stemma!
Ad opera di Luigi Leone Chiapparino
Siamo anche su Internet!
Ci potete leggere sul sito della scuola:
www.liceomariotti.it
e sul blog della scuola:
http://blogmariotti.blogspot.it/
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