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PLS 2016-2017, laboratorio pilota: “Estrazione e caratterizzazione del DNA” 1 Denominazione "Estrazione e caratterizzazione del DNA" Liceo scientifico "G. Veronese M. Marconi" di Chioggia, Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Padova Compito - prodotto Produzione di un protocollo di estrazione di DNA utile ai fini di una sua successiva caratterizzazione con tecniche spettrofotometriche, con l'utilizzo di molecole intercalanti specifiche del DNA caratterizzate da variazione delle proprietà di assorbimento e di emissione a seguito dell’interazione marcatore – DNA. Tipologia di progetto Laboratorio PNLS - Chimica Situazione "stimolo" Siamo sicuri che sia DNA? Quanto ce n'è? Oggi molti libri di testo riportano protocolli semplificati per l'estrazione del DNA e si moltiplicano i siti nella rete che propongono esperienze di estrazione, dalle più "casalinghe" ma poco precise, alle più "professionali " ma che utilizzano reattivi e strumentazioni troppo costosi per una scuola o di difficile utilizzo per le norme sulla sicurezza e sul rischio chimico. Si tratta, inoltre, molto spesso di protocolli semplificati e che spesso non funzionano bene. La stragrande maggioranza di questi si ferma alla produzione di una matassa incolore e gelatinosa che si dichiare essere DNA. Fermarsi a questo stadio e pretendere che gli studenti credano che quello che vedono è proprio DNA si configura più come un "atto di fede", dogmatico e antiscientifico, che come un'indagine scientifica in grado di formare menti scientifiche aperte e critiche. Il protocollo, messo a punto, nasce da una ricerca bibliografica tesa a proporre strumenti e materiali facilmente reperibili e a costi contenuti e sostenibili per la scuola; e su una riflessione, condivisa con i partner universitari, su quali aspetti sperimentali e teorici possano essere proposti a studenti liceali in grado di soddisfare la domanda. Finalità generale (risultati attesi in termini di miglioramento) Messa a punto di un percorso sperimentale in grado di provocare interrogativi stimolanti, senza risposte preconfezionate, e produrre congetture rigorose dal punto di vista scientifico, all'interno del quadro teorico in questione. Competenze mirate Dimostrare e comprendere come un'indagine scientifica parte sempre da un problema, da una domanda dotata di senso, alla cui risposta si approda attraverso fasi critiche alternate, di elaborazione teorica e pratica sperimentale, che dialogano tra loro e che si implementano sinergicamente. Utenti destinatari 25 Alunni della classe V D liceo delle scienze applicate Prerequisiti Conoscenze generali di biochimica; composizione chimica e struttura del DNA; interazione tra radiazione elettromagnetica e materia (assorbimento ed emissione); interazioni chimiche tra molecole. Fase di applicazione 2° periodo dell’anno scolastico (febbraio – maggio) Sequenza fasi 1. Fase preliminare: lezioni teoriche e attività di laboratorio con tecniche di spettrofotometria (colorimetria delle proteine). 2. Fase di estrazione del DNA (laboratorio di chimica della scuola). 3. Fase centrale del laboratorio PLS: lezione teorica - pratica con i docenti universitari (4 ore). 4. Fase di rielaborazione, sistemazione dei dati sperimentali e generalizzazione. Metodologia Lezioni teoriche con esperti Lavoro di gruppo e individuale Attività laboratoriale e di ricerca Risorse umane interne e esterne Docenti universitari: prof. Danilo Pedron - Dipartimento di Scienze Chimiche prof. Giuseppe Zagotto - Dipartimento del Farmaco, Università di Padova Docente interno alla scuola: prof.ssa Roberta Predonzan Strumenti di documentazione Software di scrittura testi Materiali didattici forniti dai docenti Strumenti di verifica Relazione sul percorso laboratoriale stesa dagli studenti organizzati in gruppi cooperativi Valutazione Valutazione dei prodotti sulla base di criteri predefiniti (correttezza scientifica, efficacia argomentativa)

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PLS 2016-2017, laboratorio pilota: “Estrazione e caratterizzazione del DNA”

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Denominazione "Estrazione e caratterizzazione del DNA" Liceo scientifico "G. Veronese M. Marconi" di Chioggia, Dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Padova

Compito - prodotto

Produzione di un protocollo di estrazione di DNA utile ai fini di una sua successiva caratterizzazione con tecniche spettrofotometriche, con l'utilizzo di molecole intercalanti specifiche del DNA caratterizzate da variazione delle proprietà di assorbimento e di emissione a seguito dell’interazione marcatore – DNA.

Tipologia di progetto Laboratorio PNLS - Chimica

Situazione "stimolo" Siamo sicuri che sia DNA? Quanto ce n'è?

Oggi molti libri di testo riportano protocolli semplificati per l'estrazione del DNA e si moltiplicano i siti nella rete che propongono esperienze di estrazione, dalle più "casalinghe" ma poco precise, alle più "professionali " ma che utilizzano reattivi e strumentazioni troppo costosi per una scuola o di difficile utilizzo per le norme sulla sicurezza e sul rischio chimico. Si tratta, inoltre, molto spesso di protocolli semplificati e che spesso non funzionano bene. La stragrande maggioranza di questi si ferma alla produzione di una matassa incolore e gelatinosa che si dichiare essere DNA. Fermarsi a questo stadio e pretendere che gli studenti credano che quello che vedono è proprio DNA si configura più come un "atto di fede", dogmatico e antiscientifico, che come un'indagine scientifica in grado di formare menti scientifiche aperte e critiche. Il protocollo, messo a punto, nasce da una ricerca bibliografica tesa a proporre strumenti e materiali facilmente reperibili e a costi contenuti e sostenibili per la scuola; e su una riflessione, condivisa con i partner universitari, su quali aspetti sperimentali e teorici possano essere proposti a studenti liceali in grado di soddisfare la domanda.

Finalità generale (risultati attesi in termini di miglioramento)

Messa a punto di un percorso sperimentale in grado di provocare interrogativi stimolanti, senza risposte preconfezionate, e produrre congetture rigorose dal punto di vista scientifico, all'interno del quadro teorico in questione.

Competenze mirate Dimostrare e comprendere come un'indagine scientifica parte sempre da un problema, da una domanda dotata di senso, alla cui risposta si approda attraverso fasi critiche alternate, di elaborazione teorica e pratica sperimentale, che dialogano tra loro e che si implementano sinergicamente.

Utenti destinatari 25 Alunni della classe V D liceo delle scienze applicate

Prerequisiti Conoscenze generali di biochimica;

composizione chimica e struttura del DNA;

interazione tra radiazione elettromagnetica e materia (assorbimento ed emissione);

interazioni chimiche tra molecole.

Fase di applicazione 2° periodo dell’anno scolastico (febbraio – maggio)

Sequenza fasi 1. Fase preliminare: lezioni teoriche e attività di laboratorio con tecniche di spettrofotometria (colorimetria delle proteine).

2. Fase di estrazione del DNA (laboratorio di chimica della scuola). 3. Fase centrale del laboratorio PLS: lezione teorica - pratica con i docenti

universitari (4 ore). 4. Fase di rielaborazione, sistemazione dei dati sperimentali e generalizzazione.

Metodologia Lezioni teoriche con esperti Lavoro di gruppo e individuale Attività laboratoriale e di ricerca

Risorse umane interne e esterne Docenti universitari:

prof. Danilo Pedron - Dipartimento di Scienze Chimiche

prof. Giuseppe Zagotto - Dipartimento del Farmaco, Università di Padova Docente interno alla scuola: prof.ssa Roberta Predonzan

Strumenti di documentazione Software di scrittura testi Materiali didattici forniti dai docenti

Strumenti di verifica Relazione sul percorso laboratoriale stesa dagli studenti organizzati in gruppi cooperativi

Valutazione Valutazione dei prodotti sulla base di criteri predefiniti (correttezza scientifica, efficacia argomentativa)

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Costi Le azioni del piano PNLS sono finanziate con fondi MIUR gestiti da Dipartimento di Chimica dell'Università di Padova, attraverso la stipula di una convenzione con la scuola.

PROTOCOLLO DI ESTRAZIONE DNA Obiettivi:

1. estrarre DNA da tessuto vegetale tramite protocollo messo a punto dalla classe; 2. caratterizzare il DNA quantitativamente e qualitativamente, tramite metodo spettrofotometrico.

Fonte: Il protocollo propone come fonte materiale vegetale: il kiwi, un frutto per gruppo di studenti Requisiti teorici

DNA

L'acido desossirbonucleico (in sigla DNA) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. Dal punto di vista chimico, il DNA è un polimero organico costituito da monomeri chiamati nucleotidi. Tutti i nucleotidi sono costituiti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il deossiribosio (zucchero pentoso) e una base azotata che si lega al deossiribosio con legame N-glicosidico. Le basi azotate che possono essere utilizzate nella formazione dei nucleotidi da incorporare nella molecola di DNA sono quattro: adenina, guanina, citosina e timina mentre nell'RNA, al posto della timina, è presente l'uracile. Il DNA può essere più correttamente definito come una doppia catena polinucleotidica (A,T,C,G), antiparallela, orientata, complementare, spiralizzata, informazionale. L'ordine nella disposizione sequenziale dei nucleotidi costituisce l'informazione genetica, la quale è tradotta con il codice genetico negli amminoacidi corrispondenti. La sequenza amminoacidica prodotta, detta polipeptide, forma le proteine. Negli eucarioti, il DNA si complessa all'interno del nucleo in strutture chiamate cromosomi. Negli altri organismi, privi di nucleo, esso può essere organizzato in cromosomi o meno (nei batteri è presente un'unica molecola di DNA circolare a doppia catena, mentre i virus possono avere genomi a DNA oppure ad RNA). All'interno dei cromosomi, le proteine della cromatina come gli istoni, le coesine e le condensine, organizzano il DNA e lo avvolgono in strutture ordinate. Queste strutture guidano l'interazione tra il codice genetico e le proteine responsabili della trascrizione, contribuendo al controllo della trascrizione genica.

Il DNA può avere più strutture:

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SPETTROSCOPIA UV

Le tecniche spettroscopiche sono basate sullo scambio di energia che si verifica fra l’energia radiante e la materia. In particolare, la spettrofotometria di assorbimento è interessata ai fenomeni di assorbimento delle radiazioni luminose della regione dello spettro elettromagnetico, appartenenti al campo del visibile (350 – 700 nm) e del vicino ultravioletto (200 – 350 nm). E' interessato anche l’UV lontano (10 – 200 nm), anche se in questo caso si opera sotto vuoto o in atmosfera di gas inerte, perché l’ossigeno atmosferico copre i segnali delle altre sostanze. L’assorbimento di questi tipi di radiazioni da parte delle molecole è in grado di produrre delle transizioni energetiche degli elettroni esterni delle molecole, sia impegnati che non impegnati in un legame. Questi elettroni possono essere di tipo sigma (σ), costituiti da una nube elettronica addensata lungo l'asse di unione dei nuclei degli atomi interessati al legame (i legami semplici sono di tipo σ); e di tipo pi-greco (π), costituiti da coppie di elettroni la cui maggior densità elettronica è situata al di fuori dell'asse di unione dei nuclei (come accade nei legami doppi o tripli). Gli elettroni π sono “meno legati” e sono perciò più facilmente eccitabili rispetto ai σ; per esempio per eccitare gli elettroni π dell'etilene occorre una quantità di energia corrispondente ad una radiazione di 180nm (vicino U.V.) contro i 120nm (lontano U.V.) della radiazione necessaria per eccitare gli elettroni σ. Se poi in una molecola sono presenti doppi legami coniugati, si verifica una delocalizzazione elettronica con conseguente diminuzione energetica tra un livello e l'altro: per effettuare transizioni occorreranno quindi radiazioni di minor energia, quali ad esempio quelle nel campo visibile. Di solito, perciò, sono gli elettroni delocalizzati a entrare in gioco, ad esempio quelli che partecipano al legame π nel doppio legame carbonio – carbonio, e quelli del doppietto libero dell’azoto e dell’ossigeno. Gli spettri nel visibile (che sono spettri a banda, giacché queste transizioni sono generalmente accompagnate a transizioni sia vibrazionali sia rotazionali, per cui gli assorbimenti sono costituiti da moltissime righe molto vicine tra loro, tanto da apparire un continuo, cioè una banda) sono quindi dovuti agli elettroni di legame π più o meno ampiamente delocalizzati. Tale delocalizzazione può essere estesa a tutta la molecola oppure può essere limitata a raggruppamenti particolari, separati fra di loro nella molecola da un insieme di legami completamente saturi che fungono da isolante e che quindi impediscono la delocalizzazione. Nel primo caso lo spettro di assorbimento è unico e difficilmente interpretabile secondo regole semplici; nel secondo caso, invece, può essere considerato come la somma di assorbimenti dovuti ai vari gruppi insaturi che sono chiamati “cromofori”. Si intende quindi per “cromoforo” un raggruppamento chimico insaturo responsabile di un assorbimento situato nella regione delle lunghezze d'onda comprese tra 180 e 1000 nm. I cromofori più semplici sono i gruppi etilenici, acetilenici, carbonilici, carbossilici, azoici, nitrici, nitrosi ecc. Per effettuare analisi qualitative si fa uso di raggi policromatici a spettro continuo, poi separati tramite monocromatori nelle varie componenti (radiazioni monocromatiche). In pratica le singole radiazioni monocromatiche di tale raggio si fanno passare, una alla volta, attraverso la sostanza in esame, la quale assorbirà in modo diverso, cioè con diversa intensità, le diverse radiazioni. Riportando perciò i valori registrati in un grafico lunghezza d'onda - assorbimento, si ottiene lo spettro di assorbimento della sostanza esaminata. Siccome ogni sostanza ha il suo spettro di assorbimento, l'esame di tali spettri permette di identificare una sostanza (per confronto diretto con campioni noti o tramite banche dati di spettri) o di controllarne il grado di purezza. Per eseguire analisi quantitative si fa uso di raggi monocromatici, cioè costituiti da radiazioni di una sola frequenza. In pratica, date le difficoltà di avere raggi dotati di questa proprietà, si impiegano fasci di radiazioni comprendenti una banda molto ristretta dello spettro, ossia fasci quasi monocromatici. Le determinazioni quantitative sono basate sul fatto che, quando una radiazione attraversa una soluzione, é assorbita più o meno intensamente a seconda della concentrazione; in altre parole l'assorbimento dipende dalla concentrazione. Disponendo quindi di strumenti in grado di misurare l'assorbimento si risale facilmente alla concentrazione della soluzione. Infatti, se si fa passare attraverso una soluzione a concentrazione incognita una radiazione monocromatica (cioè di una determinata λ) e di intensità I0, al di là della soluzione si troverà una radiazione di intensità I, che sarà minore di I0 se una parte della radiazione è stata assorbita dalla soluzione stessa, o uguale ad I0 se no si è verificato alcun assorbimento. Appositi dispositivi (i rivelatori) sono in grado di misurare l'intensità del flusso luminoso; in particolare vengono misurate:

• I0, intensità del flusso luminoso all'ingresso della cella con il campione • I, intensità del flusso luminoso all'uscita della cella con il campione

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La frazione di luce trasmessa, rispetto a quella incidente, si definisce TRASMITTANZA T, data da: T = I/I0

Questa grandezza esprime quale frazione della luce incidente ha attraversato il campione senza essere assorbita, e può assumere valori compresi tra 0 e 1, e tale rapporto è tanto più piccolo quanto maggiore è stato l’assorbimento.

(http://www.uniroma2.it/didattica/MA2/deposito/spettroscopia_UV.pdf)

FLUORESCENZA

I fenomeni di fotoluminescenza utilizzati a scopo analitico sono la fluorescenza e la diffusione. La fotoluminescenza è il processo attraverso cui una radiazione incidente su un campione provoca emissione di una radiazione da parte del campione stesso. Dal punto di vista della meccanica quantistica, questo fenomeno può essere spiegato considerando l'eccitazione ad uno stato energetico più alto, seguito dal ritorno allo stato precedente con conseguente emissione di un fotone. L’eccitazione luminosa può produrre fluorescenza e fosforescenza;

I materiali fluorescenti cessano di essere luminosi al cessare dello stimolo che ne determina la luminosità.

I materiali fosforescenti continuano a emettere la luce per un certo periodo dopo la fine dello stimolo. Che cosa succede alla luce che é stata assorbita da una molecola?

L’energia della radiazione assorbita da un oggetto qualsiasi viene generalmente dissipata sotto forma di calore. Alcune sostanze invece liberano parte dell’energia assorbita attraverso l’emissione di radiazione di un colore diverso da quella assorbita (fluorescenza). In particolare assorbono radiazioni nell'UV e riemettono nel visibile. Le proprietà fluorescenti di una sostanza diventano evidenti con l'utilizzo di una lampada di Wood. Il meccanismo della fluorescenza è il seguente: una radiazione incidente eccita gli atomi o le molecole della sostanza fluorescente, promuovendo un elettrone a un livello energetico meno legato, più energetico e quindi più “esterno”. Entro poche decine di nanosecondi, l’elettrone eccitato torna al livello precedente in due o più fasi, passando cioè per uno o più stati eccitati a energia intermedia. Tutti i decadimenti tranne uno sono, di solito non radiativi, mentre l’ultimo emette luce a lunghezza d’onda maggiore rispetto alla radiazione incidente (non necessariamente nello spettro visibile): questa luce è detta “fluorescenza”. http://physicsopenlab.org/2015/12/15/cose-la-fluorescenza/ Emissione di radiazione da parte di una molecola eccitata

Le molecole fluorescenti sono molecole con sistemi ad elevata

coniugazione, o con molti elettroni coniugati o strutture planari con anelli aromatici, come l'Etidio bromuro.

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GEL RED

GelRed è una molecola intercalante dell'acido nucleico impiegata nella biologia molecolare per l'elettroforesi su gel agarosio. GelRed è strutturalmente strettamente legato al bromuro di etidio e si compone di due subunità di etidio che sono colmate da un distanziatore lineare. Le molecole di tale gel hanno la capacità peculiare di “incastrarsi” tra le basi del DNA, per questo motivo esso viene evidenziato dalla spettrofotometria. Il suo fluoroforo e quindi le sue proprietà ottiche sono sostanzialmente identiche a quelle del bromuro di etidio. Quando esposto a luce ultravioletta, fluoresce con un colore arancione che fortemente si intensifica dopo il legame al DNA. La sostanza viene commercializzata come un'alternativa meno tossica e più sensibile al bromuro di etidio. Il Gel Red ha la caratteristica di riflettere la luce sulla fascia del rosso, dunque assorbe tutto il resto dello spettro.

Sostanze e reagenti, strumenti

Sostanze e reagenti Strumenti

Etanolo puro Bacchette di vetro, Pinzette e spatole, Cilindri graduati

Etanolo 70% Provette da centrifuga, tappi e portaprovette, Pipette e propipette, Pipette Pasteaur

Acqua distillata Tagliere e coltello, Mortaio e pestello, forchette o frullatore

Ghiaccio Centrifuga

GelRed™ Nucleic Acid Gel Stain, 10,000X in Water

Bagno termostatico, cristallizzatori

Sodio dodecil solfato Lampada UV con emissione a 365 nm

Cloruro di sodio

EDTA

Tris. HCl

Preparazione del Buffer di estrazione: Il Buffer di estrazione viene preparato il giorno precedente all'estrazione. Si prepara in una provetta sterile da 50 ml:

1 g di SDS in 20 mL di acqua distillata, si agita per facilitare la sua dissoluzione.

SDS (Sodio Dodecil Solfato: CH3(CH2)11OSO3Na è un surfattante cationico in grado di rompere i legami no-covalenti nelle proteine e dunque di denaturarle, facendo perdere loro la conformazione nativa. Inoltre, la componente anionica dell'SDS lega la catena peptidica (uno ione SDS ogni due residui aminoacidici). Questo conferisce una carica negativa alla proteina proporzionale alla sua massa (circa 1,4 g SDS/g proteina). Questa carica negativa è significativamente maggiore alla carica elettrica originale. La repulsione elettrostatica che si viene a creare dal legame dell'SDS causa la denaturazione della proteina ad una struttura filiforme

14 ml NaCl 5 M E' aggiunto per aumentare la forza ionica del tampone

2 ml EDTA 0,5 M a pH 8

EDTA (acido EtilenDiamminoTetraAcetico: C10H16N2O8) é un agente chelante in grado di immobilizzare i cationi bivalenti come Mg

++ e Ca

++ che sono

necessari per la stabilità della membrana e sono cofattori di enzimi ad attività DNAsica. In tal modo si garantisce l’indebolimento della membrana cellulare e la protezione del DNA da eventuali degradazioni enzimatiche (ricordiamo che una volta che il tessuto è stato distrutto nel mortaio, enzimi proteolitici come DNAsi, nucleasi si liberano in soluzione e potrebbero danneggiare il DNA che si vuole studiare

5 ml di Tris-HCl 1 M pH 8

Tris (idrossimetil)amminometano cloridrato C4H11NO3 HCl, è una base compatibile con proteine ed acidi nucleici. Ha lo scopo di mantenere il DNA deprotonato e solubile in acqua a pH leggermente basico (8.0)

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TE tampone per risospendere il DNA

Soluzione di TRIS - HCl 0,1 M, pH = 7 Si sciolgono 0,1 moli di TRIS in 800 mL di acqua deionizzata, si aggiunge HCL 1 M fino a pH = 7 e si porta a 1 L con acqua.

In generale, tutti i metodi di estrazione del DNA si basano su fasi essenzialmente simili, che possono essere così schematizzate: 1. Omogenizzazione del tessuto vegetale:

Se si usa il frutto del kiwi, utilizzare 80 g di polpa e schiacciarla con una forchetta all'interno di un contenitore. Il frutto deve essere maturo.

Se si usa il fegato di pollo, utilizzare 100 g, sminuzzare e omogeneizzare il tessuto.

2. Lisi cellulare

1. Si aggiunge 1 mL di buffer di estrazione per ogni grammo di tessuto, si pesta il tutto fino a ottenere un omogeneizzato liquido abbastanza denso

Il tampone di estrazione ha il compito di promuovere la lisi cellulare mediante la denaturazione delle proteine, l’immobilizzazione di queste ultime e dei carboidrati e il rilascio degli acidi nucleici in soluzione.

2. Si scalda a bagnomaria a 60 °C per 10 minuti esatti, mescolando delicatamente ogni tanto; e poi si raffredda per 5 minuti, agitando lentamente e in continuazione. Si versa il tutto in provette da centrifuga.

Questo trattamento consente di rompere le pareti e le membrane delle cellule. Il detergente forma dei complessi con i fosfolipidi e le proteine di membrana, provocandone la precipitazione. Inoltre, gli ioni sodio del sale schermano le cariche negative dei gruppi fosfato presenti nel DNA, facendoli associare. A 60°C, le DNAsi, gli enzimi che idrolizzano il DNA frammentandolo, sono parzialmente denaturate. Raffreddare la miscela evita che il DNAsi idrolizzi.

3. Si centrifuga a 4000 rpm per 10’ (a 4° C). Si ottiene così una separazione degli elementi contenuti nel campione.

4. Dopo la centrifugazione recuperare il surnatante, versandolo in una beuta o cilindro

Il surnatante (la fase liquida più in alto, color giallo paglierino) contiene gli acidi nucleici e viene facilmente recuperato e trasferito in una nuova provetta.

3 Precipitazione degli acidi nucleici

5. Al campione di surnatante si aggiunge alcool etilico puro freddo (- 20° C) per una quantità pari a 2/3 del volume di surnatante recuperato. L'alcool deve essere colato sul bordo della provetta. Si inverte la provetta 5-6 volte. A questo punto è possibile visualizzare, in controluce, la matassa di DNA genomico ed il pulviscolo di RNA.

La precipitazione avviene perché l’alcool, rispetto al DNA, è assai più affine all’acqua, per cui l’acqua che circonda il DNA mantenendolo in soluzione viene sequestrata dall’alcool ed il DNA, non più idratato e non essendo solubile in alcool, passa in fase solida, osservabile come un gel che si posiziona nella parte superiore del contenitore.

6. Si lascia precipitare a temperatura ambiente per 20 minuti.

7. Si centrifuga a 4000 rpm per 10’, si elimina il surnatante

8. Si lava il pellet di acidi nucleici (DNA e RNA) con 1 ml di etanolo a 70%, e si centrifuga ancora a 4000 rpm per 10’.

Tale lavaggio allontana i Sali.

9. Si elimina completamente il surnatante e si lascia asciugare il pellet a temperatura ambiente per 20 minuti per eliminare le tracce di etanolo.

Nel pellet è contenuto il DNA.

4 Solubilizzazione Nella provetta dove è presente il pellet aggiungere dosaggi crescenti di tampone TRIS ad 1 mL alla volta, tappare e agitare dolcemente fino a completa solubilizzazione del solido. A questo punto il materiale può essere conservato a +4 C per qualche settimana.

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5. Caratterizzazione di DNA estratto La caratterizzazione del DNA estratto si è basata su metodi spettroscopici di assorbimento ed emissione nell’UV – Visibile

1,2.

Test preliminari sono stati fatti su soluzioni acquose (NaCl 2·10-3

M; TRIS – HCl pH=7 10-2

M) di DNA di sperma di salmone della Sigma Aldrich, di seguito DNA–s

3.

In Fig. 1 è riportato lo spettro di assorbimento nella regione compresa fra 190 e 400 nm di una soluzione di DNA–s con concentrazione in peso (determinata per pesata) di 67 µg/ml. Per confronto sono anche riportati gli spettri di assorbimento di una soluzione acquosa di albumina di siero bovino (BSA) e di una soluzione acquosa di D–fruttosio. La banda di assorbimento del DNA collocata a 260 nm è caratteristica delle basi azotate che lo compongono, essa si differenzia abbastanza bene dall’assorbimento collocato attorno ai 280 nm tipico delle proteine e degli zuccheri come illustrato in Fig. 1.

Fig. 1. Spettri di assorbimento UV di soluzioni acquose dei DNA–s, BSA e D-fruttosio.

Il valore dell’assorbanza a 260 nm (A260) è utilizzato per stimare la concentrazione in peso di DNA

2,4, infatti per un cammino

ottico di 1 cm ad A260 = 1.0 corrispondono 50 µg/ml di DNA a doppia elica (dsDNA). Dal valore di A260 = 1.26 dello spettro del DNA riportato in Fig. 1 risulta una concentrazione di 63 µg/ml di d–DNA. Il rapporto A260/A280 è usato in letteratura per stimare la presenza di proteine come contaminanti

2,3, per rapporti compresi fra 1.7 e 1.9 la preparazione è ritenuta priva di contaminanti

significativi. Per lo spettro del DNA–s riportato in Fig. 1, il rapporto A260/A280 = 1.88 e ciò indica che il DNA commerciale è puro. Come si può vedere da Fig. 2 lo spettro di assorbimento del DNA estratto da kiwi, di seguito DNA–k, è fortemente influenzato da un fondo di diffusione risultante dalla torbidità della soluzione. Dopo filtraggio e sottrazione del fondo di diffusione lo spettro di assorbimento del DNA–k mostra una banda di assorbimento collocata a circa 260 nm con un valore di A260 = 0.66, cui corrisponderebbe una concentrazione di dsDNA pari a circa 33 µg/ml. Il rapporto A260/A280 = 1.9 e ciò indicherebbe che il DNA–k estratto è poco o nulla contaminato da proteine e zuccheri, ciò nonostante questi dati vanno presi con una certa cautela data la presenza di un elevato contributo di diffusione nello spettro di assorbimento misurato.

200 225 250 275 300 325 350 375 400

0,0

0,5

1,0

1,5

2,0

D-FRUTTOSIO 280 nm

BSA 278 nm

DNA 260 nm

Absorb

ance

Wavelength (nm)

DNA in tampone

BSA in tampone

D-FRUTTOSIO in tampone

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Fig. 2. Spettro di assorbimento di una soluzione di DNA–k in tampone.

Per la caratterizzazione e determinazione quantitativa del DNA, nel caso di interferenze sull’assorbimento UV – visibile, si usano tecniche di emissione che sfruttano la peculiarità di taluni coloranti

2, come l’Etidio bromuro

5,6 (EB) o il Gel Red

7, di

intercalare selettivamente fra le basi dell’elica del DNA con conseguente enorme amplificazione della loro emissione di fluorescenza.

Etidio bromuro (EB)

Gel Red

200 225 250 275 300 325 350 375 400

0

1

2

3

4

5

è sporco, ma comunque:

A(260)

= 0.66 allora C(DNA-ds)

= 33 g/ml

Absorb

ance

Wavelength (nm)

DNA estr. da kiwi

DNA estr. da kiwi, filtrato e sottratto fondo di diffusione

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Fig. 3. Spettri di assorbimento e di emissione di fluorescenza di EB in assenza e presenza di DNA–s.

In Fig. 3 sono riportati gli spettri di assorbimento, misurati fra 200 e 800 nm, e di emissione di fluorescenza, misurati fra 500 ed 850 nm con λecc. = 332 nm, di una soluzione tampone contenete EB. Gli spettri in nero sono della soluzione contenete solo il colorante EB, mentre gli spettri in rosso sono quelli della stessa soluzione con l’aggiunta di un certo quantitativo di DNA–s. Come si può vedere dal confronto fra gli spettri di emissione la presenza del DNA comporta una notevole amplificazione, pari ad un fattore 10, dello spettro di fluorescenza dell’EB.

Fig. 4. Spettri di emissione di fluorescenza di EB in assenza e

presenza di DNA–s, e in presenza di possibili contaminanti.

L’amplificazione è collegata alla specificità dell’interazione del colorante con il DNA, come illustrato in Fig. 4, dove si vede chiaramente che si ha un’amplificazione significativa dell’emissione di fluorescenza solo in presenza di DNA, l’aumento dovuto alla presenza di proteine o zuccheri è infatti molto minore. Il colorante Gel Red, essenzialmente un dimero dell’EB, ha comportamento del tutto analogo, ma con un fattore di amplificazione molto maggiore, pari a 10

2.

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Fig. 5. Spettri di emissione di fluorescenza della soluzione di DNA–k per aggiunte successive del colorante Gel Red.

Fig. 6. Valori di picco della fluorescenza

del campione di DNA–k per aggiunte successive di Gel Red (punti blu) confrontati con i valori ottenuti per un campione di tampone (punti neri) a seguito della stessa aggiunta di Gel Red.

In Fig. 5 sono riportati gli spettri di emissione di fluorescenza di una soluzione di DNA–k con aggiunte tarate di Gel Red, come si può vedere dal confronto fra gli spettri, già alla prima aggiunta di 2 µl di Gel Red la fluorescenza aumenta di un fattore 100 rispetto a quella che si misura per un campione di solo tampone. In Fig. 6 sono riportati i valori dei massimi di fluorescenza per la soluzione di DNA–k in tampone e per il tampone a seguito delle aggiunte di Gel Red, dalla misura fatta risulta che sono sufficienti 6 µl di Gel Red per saturare tutto il DNA–k presente. Per la sua quantificazione è stato necessario creare una curava di taratura aggiungendo ad un campione di tampone contenete 6 µl di Gel Red quantità note di DNA–s, misurando via via gli spettri di emissione di fluorescenza, come illustrato in Fig. 7.

500 550 600 650 700 750 800 850

0

40000

80000

120000

160000

Inte

nsity (

a.u

.)

Wavelength (nm)

DNA estr. kiwi

tampone

DNA-k + 2 l GelRed

tampone + 2 l GelRed

DNA-k + 4 l GelRed

tampone + 4 l GelRed

DNA-k + 6 l GelRed

tampone + 6 l GelRed

DNA-k + 8 l GelRed

tampone + 8 l GelRed

DNA-k + 10 l GelRed

tampone + 10 l GelRed

0 2 4 6 8 10

0

40000

80000

120000

160000

6 l di GelRed saturano il DNA presente

Tampone

DNA estr. kiwi tipo B filtr.

Inte

nsity

l GelRed

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Fig. 7. Spettri di emissione di fluorescenza del

campione da 6 µl di Gel Red per aggiunte successive di quantità note di DNA–s.

In Fig. 8 sono riportati i valori dei massimi di emissione per aggiunte successive di DNA–s. L’andamento va chiaramente a saturazione per 16 – 18 µl di DNA–s aggiunto, ciò significa che per il campione di DNA – k si può ragionevolmente stimare una concentrazione di circa 50 µg/ml di dsDNA, maggiore di quella, pari a 33 µg/ml, stimata da misure di assorbimento a 260 nm.

Fig. 8. Valori dei massimi di emissione del

campione da 6 µl di Gel Red per aggiunte successive di quantità note di DNA–s.

La metodologia che sfrutta l’aumento dell’emissione di fluorescenza di coloranti marcatori specifici del DNA si presta bene anche per saggi qualitativi da farsi al momento dell’estrazione nei laboratori delle scuole con l’uso di lampade UV relativamente poco costose.

PLS 2016-2017, laboratorio pilota: “Estrazione e caratterizzazione del DNA”

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DNA–s marcato con EB confrontato con tampone, siero albumina (BSA) e D–fruttosio.

DNA–k marcato con Gel Red confrontato con il tampone.

Fig. 9. Campioni contenenti eguali quantità di EB (foto di sinistra) e di Gel Red (foto di destra) irraggiati con una lampada UV da

laboratorio con λem. = 365 nm. Dalle foto riportate in Fig. 9 è evidente che anche a “vista”, per irraggiamento con radiazione UV (λecc. = 365 nm), solo i campioni contenenti DNA mostrano una chiara colorazione rosa – arancio, dovuta appunto all’aumento della fluorescenza del colorante aggiunto per interazione con il DNA. La foto di destra mostra come anche i campioni di DNA estratto da kiwi possano essere saggiati a “vista” con esito positivo. Altre caratterizzazioni possibili Durante questo primo anno di messa a punto del progetto “Estrazione e caratterizzazione del DNA” si è anche esplorata la possibilità di fare misure di potere ottico rotatorio

8,9 e di meltig–point

10,11 su soluzioni di DNA estratto.

In particolare per le misure di potere ottico rotatorio si è allestito un polarimetro appropriato equipaggiato con due sorgenti laser a 405 e 633 nm, i risultati ottenuti per il DNA–s, con cella da 20 cm di cammino ottico, sono promettenti e confrontabili con la letteratura

8,9. Per le misure di melting–point non si sono ottenuti risultati riproducibili, esse andranno migliorate

implementando un miglior controllo della temperatura del campione ed acquistando DNA con temperatura di melting certificata per mettere a punto l’esperimento. Ringraziamenti Si desidera ringraziare il Dott. Massimo Pavan, tecnico dei Laboratori Didattici di Chimica – Fisica del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova, per il suo prezioso contributo nella preparazione degli esperimenti di assorbimento ed emissione fatti sul DNA ed in particolare per le misure polarimetriche del potere ottico rotatorio di soluzioni concentrate di DNA. Bibliografia per la caratterizzazione 1) W. W. Parson, “Modern optical spectroscopy”, 2° ed. Springer, Berlin, 2015; 2) C. De Marco e C. Cini, “Principi di metodologia biochimica”, Piccin, Padova, 2009; 3) Sigma – Aldrich, catalog nr. 31149, CAS nr. 100403–24–5; per il product information sheet vedi file d1626.pdf del prodotto

con Catalog nr. D1626, CAS nr. 438545–06–3; 4) en.wikipedia.org, “Nucleic acid quantitation”; 5) M. V. Minasyants, “Investigation of differential absorption of DNA complexes with ligands”, Proceedings of the Yerevan

State University, Chemistry and Biology, 2014, nr. 1, pp. 51 – 57; 6) Zh. H. Mukhaelyan, A. P. Antonyan e M. v. Minasyants, “Investigation of acid denaturation of ethidium bromide complexes

with DNA”, Proceedings of the Yerevan State University, Chemistry and Biology, 2014, nr. 2, pp. 48 – 53; 7) Biotium, catalog nr. 41003, per il product information sheet vedi file PI–41002–41003.pdf; 8) G. L. Baker e M. E. Alden, “Optical rotation and the DNA helix–to–coil transition”, Journal of Chemical Education, 1974, Vol.

51, nr. 9, pp.591–592;

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9) S. Lewin e D. P. Munroe, “Application of the hydrophilic theory to collation of absorbance, meting temperature and optical rotation changes of salmons–perm DNA”, Biochimica et biophysica Acta (BBA) – Nucleic Acids and Protein Synthesis, 1966, Vol 114, Issue 3, pp. 637–639;

10) R. Steinert e B. Hudson, “The helix coil transition of DNA”, Journal of Chemical Education, 1973, Vol. 50, nr. 2, pp.129–130; 11) neptel.ac.in, “Lecture 7: Melting Temperature of DNA”. Bibliografia / sitografia per l'estrazione - PROTOCOLLO DI ESTRAZIONE DI DNA GENOMICO DA TESSUTO VEGETALE https://www.google.it/?gws_rd=ssl#q=protocollo+di+estrazione+di+dna+genomico+da+tessuto+vegetale&* - ESTRAZIONE DI DNA VEGETALE DA TESSUTO FOGLIARE FRESCO https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=371941 - MA è PROPRIO DNA? LINX MAGAZINE 01/2008 - 1. Lavorare con il DNA. 2010/11 - Unife - Scoprire il DNA - Science in School - ESTRAZIONE ACIDI NUCLEICI http://www.biotec.uniba.it/area_docenti/documenti_docente/materiali_didattici/147_lezione_7-_estrazione_ed_elettroforesi.pdf - LEZIONE acidi nucleici 2.ppt - Docenti.unina https://www.docenti.unina.it/downloadPub.do?tipoFile=md&id=457916 - SCIENZE IN LAB: estrazione di DNA da cellule animali http://scienzeinlab.blogspot.it/2015/05/estrazione-del-dna-da-cellule-animali.html - QUANTIZZAZIONE DEL DNA ED ELETTROFORESI https://www.unipi.it/index.php/offerta/.../2714_f32b6d1606f3b0e338ba4130a1d43c8 - QUANTIFICAZIONE DI ACIDI NUCLEICI MEDIANTE COLORANTI FLUORESCENTI http://www.unife.it/sveb/biotecnologie/insegnamenti/c-i-tecnologie-biochimiche-e-ricombinanti/modulo-tecnologie-molecolari-e-ricombinanti/lezione-2-aa-2016-2017