Per.corsi aprile 2016

36
PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI LA MIA RADIO TV — p. 8 — p. 33 APRILE 2016 PERIODICO DELLA SOCIETÀ COOPERATIVA PER LA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA DI LINGUA ITALIANA SPECIALE SERVIZIO PUBBLICO “OSSERVÀTI PER FORTUNA” DIETRO AL MICROFONO LE VOSTRE OPINIONI SUI PROGRAMMI CORSI FUORI — p. 26 PER.CORSI COMUNI — p. 20 © RSI RSI ALLO SPECCHIO — p.9

description

Periodico trimestrale della Società cooperativa per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana

Transcript of Per.corsi aprile 2016

Page 1: Per.corsi aprile 2016

PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI LA MIA RADIO TV

— p. 8 — p. 33

APRILE 2016

PERIODICO DELLA SOCIETÀ COOPERATIVA PER LA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA DI LINGUA ITALIANA

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICO

“OSSERVÀTI PER FORTUNA”

DIETRO AL MICROFONO

LE VOSTRE OPINIONI SUI PROGRAMMI

CORSI FUORI

— p. 26

PER.CORSI COMUNI

— p. 20

© RSI

RSI ALLO SPECCHIO— p.9

Page 2: Per.corsi aprile 2016

REDAZIONE Chiara Sulmoni CONTATTI [email protected] tel.: +41 91 803 65 09 / 60 17 fax.: +41 91 803 95 79 casella postale, Via Canevascini 7, 6903 Lugano www.corsi-rsi.ch PROGETTO GRAFICO Jannuzzi Smith IMMAGINI Loreta Daulte David Schnell STAMPA Tipografia Stucchi SA, Mendrisio

INDICE IMPRESSUM

MOMENTI DECISIVI PER IL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTVdall’introduzione al Rapporto di attività CORSI 2015

P er le società regionali della SRG SSR, e quindi per la CORSI, si prospettano anni di grande impegno. Consideriamo infatti sia innanzitutto nostro com-

pito agire a tutto campo per far conoscere la tematica del servizio pubblico in tutti i suoi aspetti. I politici chiamati a prendere le decisioni sul futuro del servizio pubblico devono conoscere a fondo le conseguenze degli scenari ipotizzabili, anche perché i valori in gioco non sono prin-cipalmente d’ordine economico. E la popolazione tutta dovrà essere in grado di valutare le conseguenze di queste decisioni sul piano politico, perché il futuro del servizio pubblico non venga valutato in ordine all’entità del canone, ma in termini di contributo all’indipendenza del nostro paese, di libertà, di coesione e d’integrazione, di cultura, di esercizio sostanziale della democrazia. Nel contesto del dibattito che precede la votazione sul canone prevista nel 2018, il ruolo delle società regionali sarà tanto più credibile e efficace, quanto maggiore sarà la capacità dei loro organi (il Consiglio regionale, il Comitato del Consiglio regionale e il Consiglio del pubblico) di agire

con profonda convinzione della necessità di un servizio pubblico radiotelevisivo ben radicato. Esse dovranno co-munque operare senza preconcetti ideologici nell’esercitare tutte le loro competenze e, soprattutto, nel dare voce alle aspettative della società civile (che, ancora una volta, non devono essere soppesate in base agli indici di gradimento bensì in relazione alle missioni prioritarie del servizio pub-blico e al rispetto della concessione). La CORSI è componente della SRG SSR e la sua vocazione naturale non può che essere quella di promuovere l’esi-stenza in Svizzera di un servizio pubblico radiotelevisivo forte (e quindi anche capace di farsi garante di un modello federalistico improntato alla solidarietà fra le culture), di-fendendo l’Azienda dai rischi di una deriva prettamente commerciale del mercato della comunicazione. Questa di-fesa deve però passare parimenti attraverso un coraggioso e costruttivo richiamo all’azienda a mantenere centrali nella sua offerta, pur attenta all’attrattività dei programmi, i postulati irrinunciabili del servizio pubblico.

Luigi Pedrazzini, presidente CORSI

ALCUNE VOCI DI NUOVI MEMBRI CORSI (CP E CR) 3

IL CASO DEL MEDIATORE 7 SPECIALE SERVIZIO PUBBLICO 9 LA RSI ALLO SPECCHIO DELLE OPINIONI DEI CITTADINI DELLA SVIZZERA ITALIANA CO:RSI — LA PAROLA AL DIRETTORE 12 OPINIONE PUBBLICA E OPINIONE PUBBLICATA

PANORAMA SVIZZERO 14 IL SERVIZIO PUBBLICO IN DISCUSSIONE

LA POSTA IN GIOCO 17 LARA FILIPPINI E MATTHIAS BIZZARRO A CONFRONTO

CORSI DIETRO LE QUINTE 20 “OSSERVÀTI PER FORTUNA” APPROFONDIMENTO SUGLI ESTERI

DIETRO AL MICROFONO — IL LIBRO 26

SORRY, WE ARE OPEN! — GLI ARCHIVI RSI 31

LA MIA RADIOTV — PABLO NADIR YANNICK GIANINAZZI 33

CORSI IN BUCALETTERE — SCRIVE ANDREA LEONI 35 “IL MOMENTO DI AVERE CORAGGIO È ADESSO”

Page 3: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI NOTIZIE DAGLI ORGANI E DAL CONSIGLIO DEL PUBBLICO 3

PEPITA VERA CONFORTI, MANNOIn questi anni è stato importante partecipare attivamente in qualità di presidente della Commissione per le pari opportunità tra i sessi alle sedute assembleari della CORSI, così come coinvolgere il CP nel Premio Ermiza, premio istituito nel 2011 per promuo-vere le pari opportunità nei media ra-dio e tv, dopo che il Progetto mondiale di monitoraggio dei media (GMMP 2010) aveva rilanciato la problematica. È evidente che nel CP mi piacerebbe continuare a portare l’attenzione sulla rappresentanza (o meglio dire la sotto-rappresentanza) femminile nei media e su come vengono veicolate da questi le immagini di donne e uomini. Un altro tema che ho a cuore è l’integrazione della Svizzera italiana nella realtà na-zionale. Penso non sia sempre salutare per la nostra regione la sovrapposizione dell’unità aziendale RSI con la realtà cantonale di lingua italiana. Cono-sciamo solo sporadicamente quello che avviene negli altri Cantoni svizzeri e la comprensione dei nostri cugini d’ol-tralpe è spesso ridotta a degli stereotipi.

MARINA MELI, ARBEDO Ho un dottorato in biologia e da vent’anni lavoro nell’ambito della ri-cerca scientifica a Zurigo. Quotidia-namente confrontata con il mondo accademico-scientifico e con la realtà culturale e le abitudini d’Oltralpe, la RSI ha sempre rappresentato per me in questi anni un legame e filo condut-tore con il mondo culturale, politico e d’attualità della Svizzera italiana, da cui provengo. Considero il mio mandato come membro del Consi-glio del pubblico della CORSI come un’opportunità per ampliare le mie conoscenze e miei orizzonti e nel con-tempo scoprire come si sviluppano i programmi radiotelevisivi. Auspico di poter contribuire, assieme ai miei col-leghi, a mantenere alto lo standard che ha caratterizzato finora le trasmissioni RSI mettendo a disposizione le mie conoscenze scientifiche, esperienze personali e sensibilità.

FLAVIO BERETTA, MENDRISIOÈ molto importante, in un momento particolarmente difficile per l’azienda RSI, il ruolo che svolgerà, forse sa-rebbe meglio scrivere che dovrebbe svolgere la CORSI nei suoi due con-sessi. Il Consiglio del pubblico, per le sue approfondite analisi dei vari pro-grammi televisivi o radiofonici, per i suggerimenti che potrebbe dare, ri-mane un ideale collegamento con il pubblico, di qualsiasi estrazione cultu-rale esso sia. Di conseguenza svolgerà, secondo il mio modesto parere un ruolo molto importante nei prossimi anni. Per questo, forte anche della mia quarantennale esperienza televisiva ho accettato questa nuova sfida, certo di poter dare, pur nel limite delle mie capacità, un significativo apporto nello svolgere questo ruolo di analisi e sug-gerimento che, come anticipato dovrà avere sempre maggiore spazio, in un contesto sicuramente non facile.

IL 1° GENNAIO 2016 SI È APERTA UNA NUOVA LEGISLATURA PER IL CONSIGLIO REGIONALE (CR) E IL CONSIGLIO DEL PUBBLICO (CP) DELLA CORSI. I membri eletti dai soci in occasione dell’assemblea generale resteranno in carica per i prossimi quattro anni (cioè fino al 2019). Di seguito, abbiamo raccolto e vi proponiamo le dichiarazioni di inizio mandato di alcuni nuovi volti di questi due organismi.

Page 4: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI NOTIZIE DAGLI ORGANI E DAL CONSIGLIO DEL PUBBLICO 4

RAFFAELLA ADOBATI BONDOLFI, COIRA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEL PUBBLICO 2016-2019Ho iniziato questo nuovo mandato con lo spirito di chi ha voglia di contribuire a garantire programmi di qualità e ama credere di poterlo fare con un dialogo dell’ascolto e del confronto aperto, critico e indipendente. Penso che in questo momento sia importante fermarsi a riflettere su quale modello di servizio pubblico vogliamo per la nostra radiote-levisione. Dopo 8 anni di Consiglio del pubblico posso dire che questo osservatorio è una bella opportunità di scambio fra chi fruisce dei programmi e chi i programmi li realizza e mi piace che in Consiglio del pubblico ci sia spazio per voci e visioni diverse. Spero che questa possibilità di avere uno sguardo critico del pubblico sui programmi possa essere apprezzata ed utilizzata appieno. Quello che mi aspetto è che ci sia pure la voglia di valutare e sperimentare nuove ipotesi di lavoro per un servizio pubblico che accanto alla qualità sappia proporre anche creatività e innovazione.

IL CONSIGLIO DEL PUBBLICO (CP)

I l CP rappresenta ascoltatori, spettatori e internauti di lingua italiana. In altre parole, il pubblico che segue la RSI. Conta 17 membri, di cui almeno 2 rappre-

sentanti del Grigioni italiano: 11 eletti dall’assemblea, 2 designati dal CR, 4 cooptati dallo stesso CP. Si riunisce mensilmente per valutare e discutere i programmi andati in onda sui canali e le reti della nostra radiotv e costituisce al suo interno ogni anno alcuni gruppi di lavoro incaricati di esaminare trasmissioni specifiche del palinsesto RSI. Le critiche e i suggerimenti del CP confluiscono nel Rapporto annuale d’attività della CORSI a disposizione del pubblico. Il CP nomina anche un mediatore incaricato di vagliare i reclami degli utenti nei confronti dei programmi e più in generale, dell’offerta editoriale della RSI.

IL CP CONTA MOLTO SULLE SEGNALAZIONI DEL PUBBLICO CHE È CHIAMATO A RAPPRESENTARE. POTETE MANDARCI LE VOSTRE OPINIONI SU QUELLO CHE LEGGETE, ASCOLTATE O VEDETE ALLA RSI ATTRAVERSO IL PORTALE PUBBLICORSI.CH (AVETE 1’000 BATTUTE A DISPOSIZIONE) OPPURE PARTECIPARE AI NOSTRI SONDAGGI MENSILI SUL SITO WEB WWW.CORSI-RSI.CH. NON PERDETE QUESTA OCCASIONE DI FARCI SAPERE COSA PENSATE!

Page 5: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI NOTIZIE DAGLI ORGANI E DAL CONSIGLIO DEL PUBBLICO 5

IL CONSIGLIO REGIONALE (CR)

I l CR si compone di 25 membri, di cui almeno 2 rap-presentanti del Grigioni italiano: 20 eletti dall’assem-blea generale, 4 designati dal Consiglio di Stato del

Cantone Ticino, 1 designato dal Cantone dei Grigioni. Si riunisce in seduta plenaria almeno 2 volte l’anno. In termini generali, ha il compito di promuovere e approfondire la riflessione sul ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo e di allargare la base dei soci della CORSI (approvando le nuove iscrizioni). Più nel dettaglio, i suoi 3 gruppi di lavoro interni si occupano rispettivamente di proporre un certo numero di eventi con il pubblico, di analizzare i concetti di programma e di esaminare la qualità delle proposte edi-toriali della RSI. Le loro valutazioni si possono leggere sul Rapporto annuale d’attività CORSI.

GIORGIO KRÜSI, ITTIGEN In quanto ticinese attivo nella comu-nicazione e nella Capitale federale, mi ritrovo nel CR quale ideale ‘braccio allungato’ italofono Oltralpe. Con spirito attento seguo da vicino il di-battito sul plurilinguismo e sull’ita-lianità confederali. Nella gigantesca opera di sensibilizzazione a favore della cultura e delle lingue della Sviz-zera italiana, la RSI riveste un ruolo fondamentale. Con il suo mandato pubblico non le spetta però solo un contributo per l’intesa fra le differenti regioni del Paese, ma anche, nell’im-mediatezza dell’attualità, la rappre-sentazione di un quadro completo di quanto succede nei quattro angoli della Svizzera (talvolta tanto lontana). Pertanto, nonostante l’ormai modesto ruolo affidato alla CORSI ed ai suoi organi, spero di poter contribuire a questa nobile missione, con una RSI sempre più attenta a quanto avviene e ci condiziona (non solo) in Svizzera, sempre più considerata dagli spettatori e ascoltatori ticinesi, grigionesi, della Svizzera interna ed esteri.

NATALIA FERRARA MICOCCI, STABIO Quella odierna è definita ‘Medienge-sellschaft’; una società dei media, che non si limitano a ‘raccontare’ il mondo in cui viviamo. La comunicazione di massa, e quella elettronica più di ogni altra, è come l’acqua dentro la quale nuota la vita collettiva. Ne determina trasparenza e temperatura. La diffu-sione dei social media trasforma la società stessa in un media. Nel CR e nel CP cerco di capire meglio proprio questi meccanismi, tenendo ben pre-sente che per gli italofoni in Svizzera la RSI è il media di maggior rilievo. Non solo il nostro ‘servizio pubblico’ anche il nostro più importante ‘spazio pubblico’. Il risalto politico della RSI è proporzionale a questo fatto. Oggi più di ieri, è richiesto da chi opera all’in-terno un senso di responsabilità che sia all’altezza anche della criticità del momento. Per chi è all’esterno la vo-lontà di capire prima che di criticare. Il prezzo della libertà (e non solo d’e-spressione) è che nessuno chiuda gli occhi o guardi dall’altra parte.

FRANÇOISE GEHRING, MENDRISIO Perché essermi messa a disposizione della CORSI? Sostanzialmente perché informazione e servizio pubblico sono beni comuni. E quindi, come ogni bene comune, non sono solo da tute-lare, ma anche da promuovere, tanto più che l’informazione e la libertà di informazione sono preziose per la democrazia. È pure importante man-tenere un legame dialettico e costrut-tivo sia con coloro che fanno informa-zione, sia con coloro che la utilizzano. Ritengo inoltre che occorra migliorare nettamente la presenza delle donne a livello di informazione e di posti di responsabilità operativi. Il programma di monitoraggio sui media ha messo di nuovo il dito nella piaga: nelle re-dazioni 3 persone su 4 sono uomini; il 97% delle notizie veicola un’immagine tradizionale della donna, nel 75% dei casi sono gli uomini ad essere menzio-nati. La parità di genere è purtroppo ancora lontana.

Page 6: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI NOTIZIE DAGLI ORGANI E DAL CONSIGLIO DEL PUBBLICO 6

NELLO BROGGINI, ASCONA Mi si chiede con quale animo inizio la mia attività nel CR della CORSI: con l’interesse curioso di conoscere la mac-china mediatica per eccellenza. Non solo conoscerne gli aspetti organizza-tivi e gestionali, che risultano quanto mai complessi e pianificati, quanto le dinamiche di relazione umana fra chi lavora e vive della RSI, da cui nasce ciò che per il pubblico è la Radio e la Tele. Dal mio interesse nasce poi la volontà di essere concretamente par-tecipe con una mia visione della RSI: custode della specificità e della qualità. Una RSI che trasmette i valori culturali della italianità, ben radicata nella realtà svizzero-italiana e con un forte con-tatto popolare cittadino e periferico, senza però essere sopraffatta dal pic-colo e provincialismo. Una RSI votata a distinguersi con programmi di qua-lità, incisivi anche se garbati (cito i soliti Falò, Giardino di Albert, programmi culturali de La2, programmi RSI e TSI a partecipazione del pubblico ecc..), che capisce che queste scelte sono il suo forte e le deve coltivare. Non fare scelte o mettersi in concorrenza con ben più potenti reti estere in programmi di gio-chi più o meno insulsi, creerebbe una disaffezione avvilente se non mortale. Quindi......al lavoro.

GERMANO MATTEI, CAVERGNODa anni partecipo alle assemblee della CORSI portando il mio contributo quale abitante e operatore nelle regioni periferiche e di montagna: presenza e attenzione della RSI a queste regioni; istituzione di un servizio specifico di vicinanza al territorio delle nostre Valli sulla falsariga della trasmissione Il Grigione italiano; formazione alla conoscenza del territorio e della sto-ria locale dei vari operatori, animatori e giornalisti; giusta dizione di nomi di luogo e dialettali troppo volentieri storpiati; attenzione alle problematiche dei bambini e dei giovani; privilegiare giornalmente notizie positive a fronte di troppe negatività che caratterizza il vis-suto quotidiano. Queste alcune temati-che che ho amato proporre rendendomi conto che infine era un esercizio ‘simpa-tico’, atto a marcare presenza rivendica-tiva, ma poi con relativi pochi sbocchi pratici. A dire il vero mi sembrava di essere un po’ un tormentone fuori coro, proponendo tematiche anche da taluni condivise, tuttavia proposte a un gre-mio con connotazione molto politiciz-zato, con sensibilità e orientazione di prevalente cultura cittadina e urbana. Con stupore ho preso atto della de-cisione dell’ultima assemblea CORSI di eleggermi nel Consiglio regionale. Forse l’iniziativa di sensibilizzazione dell’opinione pubblica a mezzo del Movimento di MontagnaViva ha dato il suo contributo a questa inaspettata elezione che non nego ho apprezzato. Nel Consiglio regionale cercherò di proporre le tematiche che ho menzio-nato e che mi occupano da sempre. In tutti i casi una maggiore attenzione al vasto territorio periferico e montano, sia esso dal lato culturale, antropico e naturale, senza dimenticare la preva-lenza della presenza umana, che è ne-cessaria per garantire il futuro di queste ampie aree della Svizzera italiana. Sarà solo un sogno una sede tematica RSI in una delle nostre Valli?

CORRADO BARENCO, BELLINZONA Dopo quasi 30 anni di lavoro alla RSI mi è sembrato ragionevole impe-gnarmi per fare in modo che la stessa RSI possa continuare a svolgere quel ruolo di servizio pubblico fondamen-tale per la vita democratica del nostro paese. In questo contesto sarà impor-tante mantenere un contatto con il pubblico per poter affrontare in modo positivo le sfide del futuro in un con-testo che sarà sempre più caratteriz-zato dalla concorrenza dei mezzi di comunicazione privati e da un clima politico che spesso e volentieri si pone in modo critico a difesa di interessi di parte e non della collettività. Lavorare per la RSI significa anche difendere il suo ruolo importante di datore di lavoro in una realtà economica già molto precarizzata: tutto questo non è scontato poiché l’ottenimento delle risorse necessarie è messo in dubbio dalle forze conservatrici e la chiave di ripartizione delle stesse risorse da anni è sottoposto a pressioni che mettono in pericolo quella condivisione neces-saria per garantire la convivenza delle diverse culture del paese.

Page 7: Per.corsi aprile 2016

7RUBRICA PER.CORSI COMUNI ISTITUZIONALI NOTIZIE DAGLI ORGANI: IL MEDIATORE

E tempo di bilancio dell’attività del mediatore per la RSI per il 2015, oggetto di relativo rapporto all’at-tenzione del Consiglio del pubblico, dal quale l’or-

gano di mediazione è nominato per un mandato quadrien-nale. Il mediatore entra in materia a proposito di reclami a lui indirizzati, i quali configurano anche una condizione preliminare in vista di un eventuale ricorso presso l’Autorità indipendente di ricorso in materia radiotelevisiva (Airr). È bene ricordare che l’organo di mediazione non ha po-tere decisionale, ma la sua competenza si limita alla fa-coltà di proporre alle parti una conciliazione, redigere un rapporto in mancanza di quest’ultima, formulare eventuali raccomandazioni alla RSI. Nei suoi rapporti, il mediatore verifica se il reclamo identifica una in-frazione ai sensi degli ar-ticoli della Legge federale, per esempio a proposito del principio di oggettività. Non è nemmeno compito del mediatore valutare una trasmissione in base a criteri di qualità tecnica e contenu-tistica, compito che spetta, nell’ordinamento della CORSI, al Consiglio del pubblico.

Sarà utile anche dire che la modifica alla Legge fe-derale sulla radiotelevisione, approvata dal popolo nel mese di giugno dello scorso anno e peraltro non ancora in vigore, prevede un mutamento importante nelle disposizioni che determinano l’attività del mediatore. L’articolo 5 allarga la possibilità di ricorso presso l’Airr (e di reclamo agli organi di mediazione regionali, anche se lo Statuto CORSI già la prevedeva) anche alle pagine In-

ternet e comunque non solo ai programmi diffusi attraverso i canali tradizionali della radio e della televisione.

I reclami entrati nel 2015 sono tredici, tra i quali otto riguardavano trasmissioni televisive, quattro trasmis-sioni radiofoniche, una un servizio né radiofonico né tele-visivo (v. qui sopra). Tra i casi più interessanti, uno concer-neva un servizio del settimanale «Falò» riguardante una fabbrica della Svizzera italiana. Se da una parte il servizio

avrebbe fornito una visione parzialmente impropria in merito alla tossicità delle sue emissioni, d’altro canto il dibattito seguente in stu-dio avrebbe contribuito a controbilanciare una visione evidentemente soggettiva, permettendo all’ascoltatore di formarsi una sua opinione sul tema trattato.

In un altro caso, il mediatore ha richiamato la possibilità dell’espressione di un parere personale del gior-nalista, che, a condizione di essere riconoscibile come tale, può essere senz’altro accolto in una trasmissione informativa. Si trattava di un servizio del Radiogiornale dedicato all’aumento delle lezioni private nella Sviz-zera romanda, nel quale la mancata indicazione di dati e di informazioni precise e una parte invece molto ab-bondante dedicata alle con-siderazioni del giornalista,

dichiarate anche da uno stile molto colloquiale e per scelta vicino all’ascoltatore, gli hanno conferito le caratteristiche del tutto particolari della divagazione personale, del servizio di fondo. Contro quella trasmissione il reclamante ha poi inoltrato ricorso all’Airr.

di STEFANO VASSERE, SUPPLENTE MEDIATORE RSI

UN ANNO IN SINTESI

La rubrica del mediatore RSI propone di volta in volta un caso di reclamo di particolare interesse. Questa volta parliamo di….

Page 8: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOa cura di Chiara Sulmoni, segretariato CORSI

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 8

Page 9: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 9

LA RSI ALLO SPECCHIO DELLE OPINIONI DEI CITTADINI DELLA SVIZZERA ITALIANA

tende ad essersi opposto alla modifica. Chi ha meno fiducia nel Consiglio federale e si ritiene meno soddisfatto dall’of-ferta radiotelevisiva della RSI tende a collocarsi fra i contrari della riforma. L’indagine svolta nella Svizzera italiana mo-stra inoltre che chi non segue mai né i canali televisivi né i canali radio della RSI ha respinto a larga maggioranza la modifica legislativa (rispettivamente con il 71,7% e il 62,2% di No). Al di là del voto, le valutazioni verso la RSI e il ser-vizio pubblico emerse dall’inchiesta mostrano tendenze in chiaro-scuro. Da un lato, la fiducia nelle televisioni e radio pubbliche RSI appare maggiore di quella nei confronti della stampa, dei giornalisti in generale, nonché delle televisioni e radio private. Il ¾ degli interpellati considera l’offerta ra-diotelevisiva della RSI abbastanza o molto adeguata, quasi 9 su 10 condividono abbastanza o molto l’opinione secondo

cui “i programmi d’infor-mazione sono equilibrati e permettono di farsi un’idea chiara dell’attualità”, men-tre l’83,6% concorda, abba-stanza o molto, con l’affer-

mazione per cui “nell’informazione, i giornalisti della RSI dimostrano oggettività ed equilibrio”. Se l’84,1%

ritiene che “la Svizzera italiana ha diritto, come le altre due regioni linguistiche a due canali tv e tre canali radio”, l’82,5% concorda con l’opinione “bisogna tutelare e difen-dere la RSI come secondo datore di lavoro più importante della Svizzera italiana”. Dall’altro, non mancano elementi di criticità: il 67,6% si dice abbastanza o molto d’accordo con l’opinione secondo cui “la politica è spesso presentata in modo tendenzioso”; il 72,2% tende inoltre a ritenere che “l’informazione lasci troppo spazio all’internazionale e non pone abbastanza l’accento sui fatti locali”; una forte mino-ranza (46,8%) ritiene inoltre che “la RSI dispone di troppe risorse economiche che non sa gestire e sfruttare”, mentre il 52,3% degli intervistati si dice abbastanza o molto d’accordo con l’opinione per cui “i giornalisti e in generale i dipendenti della RSI godono di troppi privilegi”. Infine, più del 76% dei rispondenti ritiene che la RSI debba “migliorare il contatto con il pubblico della Svizzera italiana”.

I FATTIIl 14 giugno 2015 il popolo svizzero è stato chiamato alle urne per accettare o rifiutare una modifica alla Legge radiotv che prevede l’estensione dell’obbligo di pagare il canone a tutti i cittadini. La modifica, accettata di stretta misura con il 50,1% di voti favorevoli, è stata proposta perché con le nuove tecnologie, tutti possono seguire i programmi radiotv anche su Internet. Il Ticino e il Grigioni italiano hanno rifiutato l’estensione del canone. Il voto è stato interpretato da molti come un segnale di protesta nei confronti della Radiotelevi-sione svizzera di lingua italiana. La CORSI e la RSI hanno allora incaricato l’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna di approfondire le ragioni del voto e di raccogliere le opinioni sulla SSR/RSI presso un campione di pubblico nella Svizzera italiana. L’indagine, realizzata tramite un que-stionario spedito a 1'790 cit-tadini ticinesi e del Grigioni italiano, si è svolta nel corso del mese di settembre 2015. I risultati dello studio sono stati presentati e resi pubblici martedì 1 marzo 2016 alla sede della TV a Comano, e si possono consultare sul sito internet della CORSI. Sui prossimi numeri di per.corsi, proporremo degli estratti dallo studio e un breve approfondimento.

LA SINTESI Secondo l’inchiesta, le tendenze emerse nella Svizzera ita-liana sono in parte simili a quelle identificate dall’analisi VOX sul piano nazionale. Fra le motivazioni addotte dai sostenitori della modifica ha prevalso il principio secondo cui “ognuno deve pagare (il canone), perché ognuno può utilizzare la RTV”. Tra gli oppositori alla riforma, nella Svizzera italiana è prevalso l’orientamento secondo cui “non tutti utilizzano la RTV, quindi non tutti devono pagare”, più di quanto rilevato dall’analisi VOX nazionale (41% vs 32%). I votanti vicini alla Lega e all’UDC tendono ad avere rifiu-tato la modifica della legge RTV, mentre i votanti vicini al PLR e al PPD, e in misura ancora maggiore al PS e ai Verdi, l’hanno sostenuta. Chi si colloca a destra o nel centro-destra

LA FIDUCIA NELLE TELEVISIONI E RADIO PUBBLICHE RSI APPARE MAGGIORE DI QUELLA NEI CONFRONTI DELLA STAMPA, DEI GIORNALISTI IN GENERALE, NONCHÉ DELLE TELEVISIONI E RADIO PRIVATE

Page 10: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 10

ALCUNE CITAZIONI PER MEGLIO CAPIRE LE MOTIVAZIONI DEL NO

Non tutti utilizzano la RTV, quindi non tutti devono pagare• “Non trovo giusto imporre la tassa a tutti indipen-

dentemente dall’uso.”• “Il canone va pagato da chi riceve effettivamente il

servizio.”Canone troppo elevato, non diminuirà certamente• “Il canone è troppo caro, soprattutto in conside-

razione della scarsa qualità RSI. Si paga un canone alto e solo i partiti controllano la RSI (CORSI).”

• “Temo un aumento futuro indiscriminato del ca-none che ritengo già ora troppo elevato.”

Critiche della SSR/RSI (in generale o in particolare)• “Devono funzionare con i loro mezzi come qualsiasi

azienda.”• “In segno di protesta. I media dovrebbero offrire

informazioni e programmi oggettivi e non di parte.”

( estratti dallo studio UNIL )

ALCUNE CITAZIONI PER MEGLIO CAPIRE LE MOTIVAZIONI DEL SÌ

Adattamento al presente, nuovi media• “È giusto che tutti paghino perché l’informazione

è veicolata oltre la TV e la radio.”• “Con le nuove tecnologie tutti hanno accesso ai

servizi radio e televisione. Per evitare che i furbi ne approfittino, meglio pagare tutti uguale.”

Creare l’equità• “Vivo in una regione periferica e allora mi garantisce

parità di trattamento con i centri urbani.”• “Per una questione di equità, non è credibile che al

giorno d’oggi, con le nuove tecnologie, non si usi né radio né televisione.”

Sistema uniforme e semplificato• “La revisione era necessaria e ideale per gestire il tutto.”• “Il nuovo sistema semplifica l’incasso del canone TV

e radio. Ogni tanto bisogna dare fiducia al governo federale. Votando no tutto il lavoro sulla revisione sarebbe stato nullo.”

Garantire e rafforzare il servizio pubblico• “Gli incassi del canone sono volti a sostenere la SSR

e il suo servizio pubblico. È giusto che tutti paghino, purché il canone non aumenti gravando troppo su cittadini e imprese.”

Page 11: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 11

Direttore, il dato è passato inosservato, ma lo studio realizzato dall’Università di Losanna che sonda le opinioni di un campione di cittadini della Svizzera italiana nei confronti della RSI e dei suoi programmi, ha rilevato come la fiducia nelle televisioni e radio pubbliche RSI appaia maggiore di quella riposta nella stampa e nelle televisioni e radio private. Cosa ne pensa?Su questo aspetto il sondaggio ha posto male le do-

mande, anche se è comprensibile, visto che l’obiettivo era tastare il polso dei cittadini specificamente sulla RSI dopo la votazione (negativa in Ticino) per il nuovo canone radiotele-visivo. Perché posto male? Perché per la RSI – giustamente – è stata fatta la domanda specifica: quanta fiducia (da 0 a 6) ha nella televisione e radio pubbliche (RSI)? Per gli altri media, invece, sono state poste domande generali, senza fare riferimento alle singole testate, messe tutte in un unico calderone. Così è stato chiesto quanta fiducia (sempre da 0 a 6) ha il cittadino genericamente nelle televisioni e radio private (ce ne sono diverse in Ticino: sia locali, sia estere) e quanta ne ha nella stampa in generale. La stampa comprende tutti i giornali che possono essere letti in Ticino, tutte le radio, tutte le tv, tutti i siti online. Non è stato chiesto, ad esempio, quanta fiducia si ha singolarmente nel Corriere del Ticino o nel Giornale del Popolo o nella Regione o nel 20minuti, o in TeleTicino o in Radio 3i o Radio Fiume Ticino, o in Canale 5 o Italia1 o Retequattro, eccetera. Il grado di fiducia nelle singole testate può essere anche molto diverso: e penso che lo sia per davvero. Direi quindi che i dati – ripeto, comprensibilmente e giustamente concentrati sulla RSI, che è la committente del sondaggio realizzato dall’Istituto di studi politici dell’Università di Losanna – non permettono di fare analisi e valutazioni puntuali su ciò che sta al di fuori della RSI. Possiamo solo annotare che la stampa in generale ha un voto medio di fiducia (68,6% dei cittadini interpellati per il sondaggio), i giornalisti in generale pure (66,4%). Coloro che esprimono sfiducia o, all’estremo opposto, fiducia elevata sono esigue minoranze. Visti i tempi che corrono, per la stampa in generale sembra un risultato perlomeno discreto.

Prof. Mazzoleni, i contrari al canone e alcuni or-gani di stampa hanno sottolineato e continuano a sostenere - rifacendosi allo studio UNIL - che il voto negativo dello scorso giugno è stato dovuto ad una disaffezione verso la RSI. È un’interpre-tazione corretta?Se consideriamo le motivazioni fornite dai partecipanti

al sondaggio, l’opposizione alla riforma del canone Radio/TV del 14 giugno 2015 nella Svizzera italiana, e in Ticino in particolare, si spiega prevalentemente con un rifiuto del pagamento di un canone ritenuto iniquo: più del 60% degli oppositori avanza motivi economici. Circa il 20%, quindi una minoranza di chi ha votato contro la riforma, ha invece di-chiarato di averlo fatto perché critico verso la RSI. Non si può quindi affermare che la modifica sul canone è stata respinta perché una maggioranza dei cittadini è critica verso la RSI.

In generale, si può dire che i cittadini della Sviz-zera italiana siano insoddisfatti della RSI?Dalle risposte al sondaggio realizzato nel settembre

2015, emergono tre modi di intendere la RSI: come servizio pubblico, come offerta radio-tv e come azienda. Sulle do-mande relative al servizio pubblico, come istituzione federa-lista che promuove la lingua e la cultura italofone- il sostegno è alto e diffuso fra i cittadini ticinesi e del Grigioni italiano. Si constata pure un’elevata e diffusa soddisfazione nei confronti dei programmi radio-tv, con alcuni punti critici: ad esempio la richiesta di una maggiore attenzione agli aspetti locali. Rispetto all’azienda, in modo particolare sulla gestione delle risorse, la critica invece è più diffusa, anche se una parte signi-ficativa degli interpellati non ha saputo esprimere un’opinione precisa in merito.

Fino a che punto l’appartenenza a fazioni politi-che condiziona la percezione del servizio pubblico nella Svizzera italiana?A livello svizzero, con il sondaggio Vox, nella Svizzera

italiana, con la nostra inchiesta, abbiamo visto che il voto del 14 giugno è stato segnato in modo rilevante dalle appar-tenenze politiche. Che lo si voglia o no, quello del canone radiotv è un tema politicizzato. Occorre però capire come il dibattito sul servizio pubblico che si annuncia a breve potrà essere letto come una questione che divide il centro-destra dal centro-sinistra. Nulla è scontato, anche perché abbiamo rilevato che una parte dei cittadini non ha ancora un’opinione chiara su alcune questioni significative, comprese quelle legate al funzionamento delle aziende di servizio pubblico.

Vi proponiamo di seguito alcuni estratti da un’intervista rilasciata da OSCAR MAZZOLENI, direttore dell’Osservatorio sulla vita politica regionale dell’Università di Losanna e coordinatore della ricerca. Il testo completo può essere letto sul sito internet della CORSI, www.corsi-rsi.ch.

L’inchiesta realizzata dall’Università di Losanna chiama indirettamente in causa anche i giornali della Svizzera italiana, che negli ultimi mesi non hanno risparmiato critiche nei confronti della RSI. Abbiamo quindi posto una domanda a FABIO PONTIGGIA, direttore del Corriere del Ticino.

Page 12: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA CO:RSI 12

U no dei concetti più diffusi e nel contempo fuor-vianti è quello di opinione pubblica. Per opinione pubblica s’intende generalmente l’insieme (anzi

il tentativo di sintesi) delle varie opinioni manifestate/do-minanti in un determinato periodo dalla popolazione (o da gruppi ben definiti di popolazione) a proposito di un dato tema. Tuttavia esistono e si cristallizzano, nella so-cietà, opinioni diverse e divergenti, che i loro sostenitori manifestano nelle sedi più disparate: i media, la tribuna politica, le manifestazioni di piazza, oggi sempre di più anche i social media).

La somma delle opinioni individuali (o di gruppo) pubblicizzate attraverso questi canali (e quindi visibili) spesso determina delle distorsioni rispetto alla situazione reale. L’opinione “pubblicata” si sovrappone rumorosa-mente all’opinione pubblica non perché rispecchi il sentire

di una maggioranza, ma perché si è fatta sentire con gli strumenti della comunicazione, garantendosi visibilità e sfruttando l’effetto cassa di risonanza.

La forzatura e la distorsione del processo sta nel fatto che in tutto questo non vengono presi in considerazione coloro – e sono la stragrande maggioranza – che non si pronunciano pubblicamente, che stanno zitti, che si limitano ad osservare, ma che pure hanno un giudizio.

Prendiamo il caso della SSR e della RSI. Sarei sciocco e cieco se scrivessi che tutto va bene, che l’Azienda (che ho il privilegio di guidare in uno dei frangenti più delicati della sua storia) non ha problemi, che le recenti decisioni - umana-mente difficili - che, insieme al Comitato direttivo, ho dovuto prendere non hanno lasciato tracce. Tuttavia, da quando ho assunto la Direzione, poco meno di due anni or sono (il 1°giu-gno 2014), la discrepanza tra opinione pubblica e opinione

OPINIONE PUBBLICA E OPINIONE PUBBLICATA

di MAURIZIO CANETTA, DIRETTORE RSI

Page 13: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA CO:RSI 13

L’OPINIONE “PUBBLICATA” SI SOVRAPPONE RUMOROSAMENTE ALL’OPINIONE PUBBLICA NON PERCHÉ RISPECCHI IL SENTIRE DI UNA MAGGIORANZA, MA PERCHÉ SI È FATTA SENTIRE CON GLI STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE, GARANTENDOSI VISIBILITÀ E SFRUTTANDO L’EFFETTO CASSA DI RISONANZA

pubblicata è stata una costante. La votazione del 14 giugno 2015 sulla revisione parziale della Legge RTV – che contem-pla l’introduzione del canone generalizzato – ha solo segnato un’ulteriore accelerazione. Il fatto incontestabile che il Can-ton Ticino, insieme ad altri 19, abbia detto di no, ha fornito agli “avversari” della SSR e della RSI un’occasione d’oro per rafforzare il cannoneggiamento concentrico contro il Servizio pubblico radiotelevisivo e contro la RSI.

Questo bombardamento, condotto da fronti e am-bienti disparati che, su altri temi, hanno poco o nulla in co-mune, trova ospitalità sulle pagine di giornali e portali online, che conducono le proprie battaglia in nome degli interessi di chi lo sostiene e finanzia. Moltiplicandone la visibilità, essi conducono proprio alla situazione da cui sono partito: da un lato, una tesi ripresa nei media diventa opinione pubblicata, dall’altro la stessa tesi, ripetuta a martello, si insinua sempre più profondamente nell’opinione pubblica, le si sovrappone, la condiziona, la altera. A furia di leggere che la RSI è “di sini-stra, fatta da dirigenti e giornalisti poco competenti (scelti dai Partiti in un’ottica di spartizione del potere), per di più stra-pagati con il canone più alto d’Europa, al quale è impos-sibile sfuggire”, il cittadino che non ha sempre tempo e strumenti per farsi un’idea autonoma, si convince che qualcosa di vero deve pur esserci: l’opinione pubblicata

- il cliché - condiziona l’opinione pubblica e diventa Vangelo.Combattere contro questa distorsione è difficilissimo.

La RSI – in stretta collaborazione con la CORSI – ha voluto vederci chiaro ed ha deciso, subito dopo la votazione di giugno, di commissionare uno studio scientifico all’Osserva-torio della vita politica regionale dell’Università di Losanna diretto dal prof. Oscar Mazzoleni. Lo studio, effettuato nel mese di settembre 2015, presentato il 1° marzo scorso e consultabile all’indirizzo http://www.rsi.ch/la-rsi/comu-nicati/Lo-studio-integrale-6966188.html/binary/Lo%20studio%20integrale è stato condotto sulla base di un questio-nario inviato a 1’790 cittadini ticinesi e del Grigioni italiano, scelti con criteri scientifici di rappresentatività. Coloro che hanno risposto e che si sono espressi sono dunque uno specchio attendibile della popolazione svizzero italiana e certamente rappresentano la cosiddetta opinione pubblica più dell’articolo di un singolo politico, di un singolo quo-tidiano, di un singolo domenicale, più del post strillato da un singolo portale.

Che cosa ci dice allora questo studio, in particolare sulla lettura, avanzata subito dopo il 14 giugno, secondo cui il no ticinese è stato uno schiaffo alla RSI e alla sua of-ferta di programma? Ci dice che, al contrario, 9 interpellati su 10 definiscono i programmi d’informazione “equilibrati”

e tali da permettere al cittadino di “farsi un’idea chiara dell’attualità”. L’83.6% ha dichiarato che “i giornalisti della RSI dimostrano oggettività ed equilibrio”, anche se i 2/3 ritengono che “la politica è spesso presentata in modo

“tendenzioso”. Naturalmente su questo aggettivo i soliti noti si sono scatenati. Anche qui la lettura è duplice: da un lato è statuita la tendenziosità dei protagonisti, dall’altro quella di chi la presenta. Come sempre, una realtà com-plessa diventa semplice nella opinione pubblicata.

Più in generale, oltre il 75% del campione definisce l’offerta RSI “adeguata” e oltre il 90% testimonia da “ab-bastanza” a “molta” fiducia nella RSI.

A questo punto chiedo: se fosse vero tutto ciò che dal lunedì alla domenica i media locali scrivono, sarebbe mai stato possibile un risultato come quello emerso dall’inda-gine dell’Università di Losanna? Difficilmente, a meno che non si voglia mettere in dubbio anche il rigore accademico degli specialisti che l’hanno condotta.

E allora? Allora torniamo da dove eravamo par-titi: anche quando si parla di RSI, un conto è quanto

viene strumentalmente scritto proprio per diven-tare opinione pubblicata e forzatura dell’opinione pubblica (“un’Azienda in difficoltà, lacerata e divisa al suo interno, staccata dal mondo reale, che ha defini-

tivamente perso la sintonia e il sostegno del proprio pubblico, che produce e trasmette programmi che non

interessano nessuno” ecc ecc). Un altro – diverso se non diametralmente opposto – quanto davvero la cosiddetta gente pensa di noi e del nostro lavoro.

Dove sta la allora verità? Qual è la fotografia che me-glio rappresenta la RSI di inizio 2016? Secondo me, ancora una volta, nel mezzo: anche la RSI – come tutta la Sviz-zera italiana - ha vissuto momenti più facili; anche la RSI non può considerarsi un’isola avulsa dal resto del mondo, dall’economia, dal mercato; anche la RSI - a cominciare dal sottoscritto e dai suoi vertici - commette degli errori, ma sa anche ammetterli e, soprattutto (lo stiamo facendo), lavorare insieme per superare le difficoltà e guardare oltre. Nell’interesse non solo delle collaboratrici e dei collabora-tori, ma soprattutto della Svizzera italiana che con un ridi-mensionamento sostanziale del Servizio pubblico ha solo da perdere: in termini di offerta (chi altri sarebbe, per esempio, in grado di offrire il grande sport dal vivo, che in Paesi vicini si paga profumatamente? Oppure l’informazione e la cultura che per i privati sarebbero affari in perdita?), ma soprattutto in termini di coesione, di Federalismo, di appartenenza: in una parola, di dignità.

Page 14: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 14

PANORAMA SVIZZEROIL SERVIZIO PUBBLICO IN DISCUSSIONE

Sorice nella loro pubblicazione Pluralismo Democrazia Me-dia. Il servizio pubblico in Europa (2014).

In primo luogo una ragione d’essere storica e di or-dine tecnico: originariamente la scarsità delle frequenze di-sponibili giustificava il monopolio di trasmissione da parte dello Stato che era chiamato a garantire che tutti cittadini avessero accesso al servizio radio-televisivo. Questa moti-vazione perde oggi rilevanza, dato che la digitalizzazione e lo sviluppo di Internet hanno portato a una moltiplicazione dei canali e delle piattaforme di trasmissione e ricezione (digitale terrestre, satellite, cavo, iptv).

Una seconda ragione è la funzione culturale e educativa. In Svizzera la legge federale sulla radiote-levisione (LRTV) afferma che “la SSR deve contribu-

ire allo sviluppo culturale e al rafforzamento dei valori culturali del Paese nonché alla promozione della cultura

svizzera […] all’educazione del pubblico […] e all’intrat-tenimento”.

Una terza funzione attribuita al servizio pubblico è di tipo politico e riguarda la promozione del pluralismo, della partecipazione democratica. In Svizzera secondo la LRTV (Legge RadioTV) alla SSR è attribuito un ruolo importante per la democrazia dato che deve contribuire alla “libera formazione delle opinioni del pubblico me-diante un’informazione completa, diversificata e corretta, in particolare sulla realtà politica, economica e sociale”. Per quanto riguarda il pluralismo si sottolinea che la SSR deve “promuovere la comprensione, la coesione e lo scambio fra le regioni del Paese, le comunità linguistiche, le culture e i gruppi sociali e tenere conto delle particolarità del Paese e dei bisogni dei Cantoni”. Queste ultime due funzioni sono al centro del dibattito tra chi sostiene che abbiano ancora un valore forte per giustificare la posizione domi-nante del servizio pubblico e chi invece sostiene che non

I l servizio pubblico è un’istituzione tipicamente euro-pea che però oggi, in diversi Paesi, è sotto pressione a causa di cambiamenti tecnologici, sociali ed economici.

Ad esempio, il servizio pubblico per antonomasia, la BBC inglese, è oggi messo in discussione e subisce le pressioni del Governo che vorrebbe ridimensionare le sue funzioni. Da questo punto di vista il dibattito sulle funzioni e il ruolo del servizio pubblico in Svizzera si inserisce in un discorso di respiro europeo che solleva questioni come: c’è ancora bisogno di un servizio radiotelevisivo pubblico? Per rispondere a quali bisogni? Per svolgere quali funzioni? E per soddisfare i desideri e gli interessi di quali cittadini?

In Svizzera, a gen-naio 2016, è stata confer-mata la raccolta di più di 100.000 firme a sostegno dell’iniziativa popolare “Sì all’abolizione del canone ra-diotelevisivo “, lanciata dal comitato “No Billag”, per cui la confederazione “non potrà più riscuotere canoni […] né sovvenzionare alcuna emittente radiofonica o televisiva o, in tempo di pace, gestire emittenti radiofoniche o televisive proprie”. A giugno 2015, con una stretta maggioranza (50,08%) i cittadini svizzeri avevano dato il loro consenso al passaggio da un sistema basato sul possesso di un apparec-chio a un canone generalizzato per le economie domestiche e le imprese, con un abbassamento previsto da 460.- a circa 400.- franchi (a partire dal 2018). La votazione di giugno e la prevista votazione per l’abolizione del canone, tra il 2018 e 2019, riportano senza dubbio il ruolo e le funzioni del servizio pubblico al centro del dibattito.

Per capire meglio le diverse posizioni in campo in Svizzera, rispetto a questo tema, è utile ricordare le princi-pali ragioni d’essere del Servizio Pubblico come sintetizzate nel 2012 dal professor Giuseppe Richeri e poi approfondite in uno studio comparativo sui diversi modelli di servizio pubblico in Europa a cura di Emiliana De Blasio e Michele

a cura di dr. ELEONORA BENECCHI e dr. BENEDETTA PRARIO, Istituto Media e Giornalismo,

Università della Svizzera italiana

IL SERVIZIO PUBBLICO È UN’ISTITUZIONE TIPICAMENTE EUROPEA CHE PERÒ OGGI, IN DIVERSI PAESI, È SOTTO PRESSIONE A CAUSA DI CAMBIAMENTI TECNOLOGICI, SOCIALI ED ECONOMICI

Page 15: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 15

• sono messe in discussione le forme di finanziamento sia la pubblicità sia il canone o altre forme di “pre-lievo” spesso vissute come vessatorie e non giustifi-cate alla luce del prodotto offerto.

Queste posizioni sono an-che sostenute in uno studio dell’Università di San Gallo, secondo cui in Svizzera la posizione dominante sul mercato mediatico della

SSR si estende anche ai mercati dei fornitori e della produzione (tecnica, creativa), comportando una ridu-

zione delle capacità innovative nel settore radiotelevisivo svizzero. Inoltre le sovrapposizioni sia a livello delle tra-smissioni d’informazione che, soprattutto, a livello dell’in-trattenimento, limitano e rendono più difficile lo sviluppo delle emittenti private.

Della stessa opinione anche l’organizzazione “Stampa Svizzera” che nasce con l’obiettivo di tutelare gli interessi delle aziende dei media privati in Svizzera. In un comunicato del giugno 2015 l’organizzazione ag-giunge anche che l’espansione della SSR online “distorce la concorrenza e restringe il mercato […] fa concorrenza con piattaforme informative gratuite ai portali privati che finanziano le loro piattaforme con abbonamenti online e con la pubblicità e che devono trasformare i giornali tra-dizionali in offerte online”.

Tuttavia uno studio svolto dall’Università di Zurigo (2011) sottolinea che oltre il 90% dei contenuti online della SSR “rispetta ampiamente le condizioni fissate nella concessione dell’emittente”.

LA TERZA VIA COLLABORATIVA

Il servizio pubblico e gli operatori privati, si muovono oggi in un mer-cato sempre più internazio-nalizzato. Lo confermano i dati divulgati dalla SSR, ma

anche studi privati come quello realizzato dalla fonda-zione Avenir Suisse, think tank di dichiarata ispirazione

liberale e favorevole all’economia di mercato. Per Avenir Suisse la risposta a questi cambiamenti del mercato è una radicale riforma del sostegno statale ai media che farebbe della SSR un fornitore pubblico di contenuti mediali nelle lingue nazionali finanziati esclusivamente dal canone e utilizzabili gratuitamente dai media privati.

La SSR sottolinea però che, proprio in questa situa-zione di mercato, imporre nuove restrizioni normative o finanziarie alla SSR non farebbe altro che rafforzare ulte-

necessariamente queste funzioni debbano essere affidate esclusivamente alla radiotelevisione pubblica.

Cerchiamo ora di illustrare le principali posizioni diverse, e fin opposte, nei confronti del servizio pubblico e delle sue forme di finanziamento in un ambito mediale sem-pre più in trasformazione.

UN SERVIZIO PUBBLICO FORTE

A favore di un servi-zio pubblico forte si sono schierati il sindacato dei mass media e la commissione fe-derale dei media (COFEM). In particolare, la COFEM analizza le sfide a cui anche i media del servizio pubblico devono far fronte a seguito delle trasformazioni digitali. Punto di partenza di tutte le sue riflessioni è la necessità di offrire una pluralità di contenuti mediatici di qualità, prodotti e diffusi il più possibile in modo indipendente. L’obiettivo della radiotelevisione dovrebbe essere quello di garantire un servizio informativo necessario in termini di politica statale e democratica, anche tenendo conto del fatto che la radiotelevisione riveste un ruolo importante nella coesione e nell’integrazione dell’intera popolazione svizzera in rapporto all’estero. Date queste premesse, se-condo la COFEM, senza offerte del servizio pubblico, la solida struttura mediatica per la formazione dell’opinione politica sarebbe a rischio, pericolo a cui la Svizzera non dovrebbe esporsi.

Tuttavia gli esperti della Commissione federale dei me-dia incoraggiano anche la SSR a “collaborare più strettamente con le aziende private al fine di fornire un contributo maggiore allo sviluppo del settore creativo nell’ambito delle comunica-zioni audiovisive e di rafforzare il mercato dei media”.

UN SERVIZIO PUBBLICO RIDIMENSIONATO A FAVORE DEI PRIVATILe critiche sollevate nei confronti del servizio pubblico possono essere sintetizzate come segue: • il servizio pubblico è rappresentato come una mac-

china al centro del sistema mediatico nazionale, di cui assorbe grandi risorse economiche a discapito delle imprese private che nell’opinione dei detrattori sono più efficienti e indipendenti da influenze politiche;

• usufruendo del canone oltre che di risorse derivate dalla pubblicità, il servizio pubblico godrebbe di un ingiustificato vantaggio competitivo producendo un effetto di distorsione sul mercato radiotelevisivo;

• i contenuti e i programmi del servizio pubblico sono ac-cusati talvolta di omologarsi a quelli del settore privato;

DAI CRITICI IL SERVIZIO PUBBLICO È VISTO COME UNA MACCHINA AL CENTRO DEL SISTEMA MEDIATICO NAZIONALE, DI CUI ASSORBE GRANDI RISORSE ECONOMICHE A DISCAPITO DELLE IMPRESE PRIVATE CHE NELL’OPINIONE DEI DETRATTORI SONO PIÙ EFFICIENTI E INDIPENDENTI DA INFLUENZE POLITICHE

SECONDO LA COFEM, SENZA OFFERTE DEL SERVIZIO PUBBLICO, LA SOLIDA STRUTTURA MEDIATICA PER LA FORMAZIONE DELL’OPINIONE POLITICA SAREBBE A RISCHIO, PERICOLO A CUI LA SVIZZERA NON DOVREBBE ESPORSI

Page 16: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 16

COMPLEMENTO DI INFORMAZIONE1. quando si parla di servizio pubblico forte

interessante e ricco di spunti il documento proposto da COFEM consultabile all’indirizzo http://www.emek.admin.ch/it/temi/servizio-pubblico/inizio/

2. quando si parla del ridimensionamento della SSRalcuni editori vedono una soluzione in un “sistema duale con eccezioni”, in cui la SSR sia finanziata esclusivamente dal canone, mentre la pubblicità sa-rebbe lasciata ai soli privati

3. quando si parla dell’offerta online SSResiste uno studio realizzato dall’Università di Zu-rigo che prova la conformità dei contenuti online della SSR rispetto alla concessione (http://www.news.admin.ch/NSBSubscriber/message/at-tachments/22272.pdf)

4. quando si parla di de Weck“Dallo smantellamento della SSR i primi a guada-gnarci sarebbero i suoi principali concorrenti inter-nazionali, ovvero i canali tedeschi, francesi e italiani, nonché i provider di contenuti audiovisivi quali You-Tube o Netflix, che vedrebbero crescere ancora più rapidamente la loro quota di mercato”

5. quando si parla delle proposte di collaborazione con i privati

le proposte di collaborazione della SSR per i privati: dalla messa a disposizione del materiale audiovisivo prodotto dalla SSR alla offerta di formazione pro-fessionalizzante per i colleghi privati, dalla condivi-sione delle tecnologie sviluppate da SSR con i privati (Hybrid broadcast broadband TV, Swiss TXT, player SSR) allo sviluppo comune di piattaforme e tecno-logie nuove

riormente la posizione sul mercato svizzero dei concorrenti internazionali, che dispongono di risorse considerevoli e di un margine di manovra illimitato.

La via di uscita sarebbe invece la cosiddetta “coo-petition”: una cooperazione limitata e inserita comunque nell’ambito di una vera competizione. Il concetto presup-pone che si lavori meglio se ci si completa a vicenda.

Lo sostiene anche Roger de Weck, direttore generale SSR e in un intervento del gennaio 2016 traduce questo concetto in una serie di proposte concrete di collaborazione da perfezionare con i partner interessati.

Come conclude de Weck “tutte le aziende del settore sono in una fase di riorganizzazione in cui devono reinven-tarsi e ritrovarsi. In questo contesto, la SSR non è certo il problema principale delle aziende mediatiche private: que-sto punto di vista è peraltro condiviso da numerosi editori. La SSR non è né il problema principale, né la soluzione a tutti i mali. Essa vuole contribuire, tramite collaborazioni eque, a rafforzare la piazza mediatica svizzera quadrilingue nei confronti della concorrenza internazionale”.

SECONDO DATI SSR “IN SVIZZERA SI RICEVONO ALL’INCIRCA 200 CANALI TELEVISIVI ESTERI, PARI A UNA QUOTA SUL MERCATO ELVETICO DI OLTRE IL 60%. SU UNA POPOLAZIONE DI 8 MILIONI DI PERSONE, 5 MILIONI CONSULTANO GIORNALMENTE GOOGLE E 3,4 MILIONI POSSIEDONO UN PROFILO FACEBOOK. LA NOSTRA PIAZZA MEDIATICA APPARE QUINDI ANCORA PIÙ GLOBALIZZATA DI QUELLA FINANZIARIA” (COMUNICATO, 23 OTTOBRE 2014)

Page 17: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 17

LA POSTA IN GIOCO

gno dell’anno scorso abbiamo votato sulla nostra radiote-levisione. Dire che la RSI ha ricevuto uno schiaffone dai ticinesi, è un eufemismo. Intendiamoci. Che la RSI vada difesa e tutelata quale realtà legata alla difesa del territorio e di una minoranza linguistica quale noi siamo, ci trova perfettamente d’accordo. Ma questo non ha nulla a che vedere con un canone esoso e con la Billag. Il punto cen-trale della questione, che ha spinto i GUDC CH e i GLR CH a portare avanti questa iniziativa, lo ribadiamo, è di natura economica e sociale.MB Lo spero. In effetti, per noi ticinesi accogliere questa

iniziativa sarebbe un vero autogol. Infatti, gli italofoni pagano meno del 4% delle tasse di ricezione, mentre la RSI riceve il 20.5% (oltre 200 milioni di fr.) dei fondi

ripartiti dalla SRG alle unità aziendali. Sostanzial-mente, quindi, il resto della Svizzera contribuisce in

modo solidale al costo di quello che è, di fatto, un baluardo culturale dell’italofonia in Svizzera, oltre che uno dei mag-giori datori di lavoro del Cantone.

Il direttore generale della società svizzera di radiotelevisione Roger de Weck ritiene che il dibattito nato degli ultimi mesi attorno alla RSI sia segno del profondo attaccamento della Svizzera italiana alla sua radiotv. È d’accordo?

LF Solo in parte, perché i dati di ascolto e la citata inizia-tiva del giugno 2015 ci raccontano un’altra storia. Credo si dibatta molto perché la gente è stanca di una radiotelevisione diventata feudo dei partiti, dove qualità e competenza sem-brano sempre più erose a favore di logiche anomale, legate a una gestione inaccettabile di un ente pubblico. Lei, prima, ha citato lo studio dell’UNI di Losanna. Bene. Da quello studio è emerso anche che quasi il settanta per

Abolizione del canone radiotv: una questione di visione politica o di puro risparmio nella borsa della spesa dei cittadini?

LF Le due questioni sono collegate. Chiedere ai cittadini di pagare 462 franchi di canone radiotelevisivo all’anno - che, mettiamolo bene in chiaro, sono un’enormità senza pari - è anche un atto politico che presuppone una visione del cittadino perennemente chiamato a foraggiare l’ente pubblico. Abolire questo obbligo, per un servizio peraltro non richiesto, è sia una scelta di natura politica, dietro la quale c’è una visione in cui primeggia la libertà dell’indivi-duo, sia una mossa concreta per dare alla gente l’oppor-tunità di risparmiare.MB Intendiamoci: quasi 460.- fr. all’anno di canone sono una voce importante nel bilancio di ogni famiglia e posso immaginare che dire sì alla sua abolizione possa essere tentante per molti, indi-pendentemente dalle visioni politiche che vi stanno dietro. Deve proprio essere così alto l’importo? Mi sembra una domanda pertinente. Ecco quindi che la discussione sull’a-bolizione del canone diventa uno stimolo benvenuto affin-ché si spieghi alla popolazione ed al pubblico la necessità di un servizio televisivo pubblico in un Paese multiculturale e multilinguistico come il nostro.

Da un recente studio sulle opinioni di ascolta-tori e spettatori della RSI realizzato dall’Uni-versità di Losanna emerge come più dell’82% dei cittadini della Svizzera italiana sia convinto che la RSI vada tutelata e difesa. L’iniziativa “No Billag” (per l’abolizione del ca-none) è destinata a fallire nella Svizzera italiana?

LF Direi il contrario. Forse qualcuno si è dimenticato di come sono andate le cose, in Ticino, quando nel giu-

LARA FILIPPINI, 33 anni, specialista in comunicazione d’impresa e marketing,

deputata al Gran Consiglio TI per ‘La Destra’

MATTHIAS BIZZARRO, 28 anni, avvocato, vicepresidente di GLRT e consigliere comunale a Ponte Capriasca

A dicembre 2015 sono state depositate a Berna le firme raccolte con l’iniziativa ‘No Billag’ che vuole abolire il canone radiotelevisivo. Sulla questione dovranno esprimersi i cittadini svizzeri fra il 2018 e il 2019. Le conseguenze del divieto di finanziamento pubblico a radio e TV che i proponenti mirano a iscrivere nella Costituzione, comporterebbe radicali cambiamenti per la SRG SSR e soprattutto per la RSI -che per produrre i propri programmi riceve più fondi di quelli versati dalla popolazione della Svizzera italiana attraverso il pagamento del canone- imponendo un ripensamento dell’offerta e del ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo. La campagna pro e contro il canone è aperta, e anche per.corsi proporrà regolarmente degli approfondimenti su un tema che tiene banco non solo in Svizzera ma in tutta Europa. In questo numero, incrociano gli sguardi

CHIEDERE AI CITTADINI DI PAGARE 462 FRANCHI DI CANONE RADIOTELEVISIVO ALL’ANNO È ANCHE UN ATTO POLITICO CHE PRESUPPONE UNA VISIONE DEL CITTADINO PERENNEMENTE CHIAMATO A FORAGGIARE L’ENTE PUBBLICO (LARA FILIPPINI)

Page 18: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 18

un mondo dei media ticinese degno di questo nome. Il potere della concorrenza mediatica italiana sarebbe tale per cui difficilmente qualcuno sarebbe disposto a pagare per un’offerta locale completamente autofinanziata (offerta che, ad oggi, non esiste: anche le emittenti private infatti

beneficiano di una porzione del canone televisivo). Oggi come oggi, l’offerta tele-visiva e radiofonica della RSI contribuisce in modo importante a valorizzare la nostra lingua e cultura, e quindi il plurilinguismo

elvetico. È evidente che, senza il canone pubblico, ben difficilmente si vedrebbero, per fare un esempio,

commedie dialettali alla televisione: è probabile invece che l’unico dialetto parlato nelle televisioni (private) svizzere, sarebbe quello svizzero-tedesco.

È d’accordo che il servizio pubblico debba di-stinguersi per la qualità dei suoi programmi, e che produrre programmi di qualità ha un costo?

LF Questa domanda sembra dare per scontato che le televisioni pubbliche, senza questo canone, siano pronte a dispensare solo programmi spazzatura. Come già citato poc’anzi, in passato, si sono viste trasmissioni sia di intrat-tenimento, sia culturali che politiche di un certo livello e le risorse economiche erano nettamente inferiori ad oggi. Perché dare per scontato che non si possa fare anche oggi?MB Assolutamente sì. La SRG SSR si distingue proprio per programmi di qualità che costituiscono un vero ser-vizio pubblico ed un collant culturale che aiuta a tenere insieme un Paese in cui altrimenti le regioni linguistiche si

interesserebbe ancor meno l’una dell’altra. Certo, ci si può chiedere se sia proprio necessario finanziare tutta

la pletora di offerte contenutistiche proposte con quello che è il secondo canone più alto d’Europa.

Tuttavia, un altro aspetto connesso al servizio pubblico è anche più importante, in un sistema di democrazia semi-diretta come il nostro. Infatti, anche emittenti private pos-sono produrre programmi di qualità, su questo non vi sono dubbi. Tuttavia, nessuna di queste emittenti deve garantire un’informazione equilibrata ed oggettiva. Chiunque può criticare questo o quel programma informativo della RSI, succede anche a me dopo taluni servizi. La particolarità della radiotelevisione pubblica, tuttavia, sta nel fatto che vi sono chiare regolamentazioni che obbligano la radiotelevisione pubblica ad un’informazione corretta ed equilibrata (in par-ticolare prima di votazioni ed elezioni e a differenza degli organi di informazione privati, come ha stabilito una recente

cento dei ticinesi ritiene che la RSI sia politicamente faziosa. È un giudizio pesantissimo, senza appello, su cui anche Ro-ger de Weck sono sicura stia riflettendo seriamente. Anche lui sa che il mandato di servizio pubblico è l’unica giustifi-cazione per il canone. Ma se questo mandato viene disatteso a causa della faziosità, crolla tutto il castello di carte. MB Condivido: quando leggo le opinioni, a tratti anche molto accese, che si sono sviluppate in merito ai licenziamenti operati in seno alla RSI negli ultimi mesi, ho la netta impressione che tutti si sentano in diritto e in dovere di prendere posizione su quella che è considerata come un’azienda di tutti. Se è di tutti, però, è anche perché tutti contribuiamo al suo finanziamento.

“No Billag” significa no SSR e no RSI?LF E chi l’ha detto? “No Billag” è un no al monopolio detenuto dalla SRG SSR e dalla RSI che ricevono il 95,65 dei diritti televisivi. Monopolio, ha presente? È quella cosa contro cui tutti, a parole, si battono perché rappresenta un cappio al collo per i cittadini, impendendo la libera con-correnza, ma che, quando si parla di televisione pubblica, è cosa buona e giusta. “No Billag” è semplicemente un no al monopolio e un sì alla libertà.MB Iniziamo col dire che l’iniziativa “No Billag” non vuole purtroppo abolire solo la Billag: quella sì che sarebbe una bella idea, soprattutto con la recente revisione legislativa che di fatto ha tramutato in una tassa il canone televisivo (rendendo inutili gli antipatici investigatori della Billag). No, l’iniziativa “No Billag”, a dispetto del suo nome, in-tende proibire qualsiasi tipo di finanziamento pubblico a radio e televisione. Se pen-siamo che la SRG SSR si finanzia per due terzi tramite il canone, devo immaginare che una SSR senza canone sarebbe ben altra cosa rispetto a quella odierna. Probabilmente, guardando alla vicina pe-nisola, devo immaginare che sarebbe una SSR con molte più soubrette, cronaca nera e reality, ma con molti meno programmi formativi e di approfondimento (che sono i miei preferiti) quali Falò, Eco, Storie, Rundschau, ecc.

Come immagina il mondo dei media in una Svizzera senza servizio pubblico radiotelevisivo?

LF Lo immagino decisamente migliore, anche con uno sguardo al passato quando la qualità dei programmi era al primo posto e con un’offerta molto più ampia, pluralista, re-almente attenta alle diverse sensibilità dei cittadini e del Paese. MB Nel nostro Cantone temo che non vi sarebbe più

LA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA NON È AFFATTO L’ULTIMO BALUARDO DEL FEDERALISMO (LARA FILIPPINI)

DEVE PROPRIO ESSERE COSÌ ALTO L’IMPORTO? MI SEMBRA UNA DOMANDA PERTINENTE. ECCO QUINDI CHE LA DISCUSSIONE SULL’ABOLIZIONE DEL CANONE DIVENTA UNO STIMOLO AFFINCHÉ SI SPIEGHI ALLA POPOLAZIONE LA NECESSITÀ DI UN SERVIZIO TELEVISIVO PUBBLICO IN UN PAESE MULTICULTURALE E MULTILINGUISTICO COME IL NOSTRO (MATTHIAS BIZZARRO)

Page 19: Per.corsi aprile 2016

SPECIALE SERVIZIO PUBBLICOAPPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI 19

Si dice spesso che la radiotelevisione svizzera di servizio pubblico sia l’ultimo baluardo del fede-ralismo, perché offre programmi in quattro lin-gue favorendo così le minoranze. È d’accordo?

LF Non c’è che dire, detto così suona bene. Ma la radio-televisione svizzera non è affatto l’ultimo baluardo del fede-ralismo. Il federalismo si tutela in primo luogo garantendo ampia autonomia ai cantoni che, invece, da qualche tempo, la vedono erodere sempre di più. E si tutela facendosi paladini degli interessi nazionali davanti alle richieste di Bruxelles e della comunità internazionale verso le quali, invece, la SSR dimostra spesso spiccata simpatia.MB Si tratta di un pensiero che ho già espresso sopra ed in effetti sono d’accordissimo. Non è però solo l’offerta

in quattro lingue a favorire le minoranze. Trovo altret-tanto importante, infatti, l’attenzione che la radiotele-visione svizzera dedica, nelle

sue trasmissioni d’informazione, alle varie parti della Svizzera. Se non ci fosse una radiotelevisione pubblica

dubito infatti che si parlerebbe del Ticino nei telegiornali d’oltralpe, così come in Ticino ci sarebbe verosimilmente un maggiore orientamento informativo e culturale verso l’Italia.

sentenza del Tribunale federale). Ogni cittadino che sia in disaccordo con i contenuti di un programma può rivolgersi all’organo di mediazione radiotelevisivo ed in seguito adire l’autorità di ricorso indipendente. Si tratta di aspetti fonda-mentali che garantiscono alla popolazione l’informazione necessaria per l’esercizio dei propri diritti politici.

Quali programmi dovrebbe proporre il servizio pubblico secondo lei, e a cosa sarebbe disposta/o a rinunciare nell’offerta della RSI?

LF Programmi che rispecchino realmente il mandato pubblico, che rispettino il pluralismo delle opinioni, che tengano ferma la barra della correttezza e dell’onestà intel-lettuale, che abbiano considerazione per tutti i soggetti pre-senti sul territorio. Anche di coloro che non piacciono. A cosa rinuncerei? Alla faziosità. Sa, quella cosa a causa della quale la RSI, ad esempio, non ha dato la notizia degli stupri di Colonia di cui tutte le televisioni d’Europa hanno parlato sin da subito. MB Sarei senz’altro disposto a rinunciare agli svariati programmi sportivi che, si dice, costituiscano una delle voci di spesa più importanti nel bilancio della RSI. In effetti mi risulta che nel panorama europeo siano ben poche le televisioni pubbliche ad offrire gratuitamente questo tipo di prestazioni. Un punto di domanda occorre porlo anche da-vanti alle sempre più numerose (e molto costose) autopro-duzioni. Se servisse a riportare il canone a livelli accettabili (con una riduzione del 30-40% rispetto ad oggi) sarei ben disposto a rinunciare a (almeno parte di) questi due elementi.

SE NON CI FOSSE UNA RADIOTELEVISIONE PUBBLICA DUBITO CHE SI PARLEREBBE DEL TICINO NEI TELEGIORNALI D’OLTRALPE(MATTHIAS BIZZARRO)

Da sinistra: LaraFilippini foto © MatteoFieni —Matthias Bizzarro

Page 20: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 20

L informazione della RSI è costantemente sotto la lente d’ingrandimento del pubblico e dei media. In particolare quella riferita alla politica suscita dibattiti

e discussioni anche accese. A essere sulla graticola, per ciò che riguarda gli esteri, è in genere il tema caldo dei rapporti fra Svizzera e Europa. Negli ultimi mesi a suscitare scon-tento e sollevare interrogativi anche da parte del Consiglio del pubblico e del Comitato della CORSI, è stato il ritardo nella copertura televisiva degli attentati terroristici a Parigi e delle violenze che si sono consumate la notte del 31 di-cembre 2015 a Colonia. Le critiche si sono attutite dopo i fatti tragici di Bruxelles, che la RSI ha prontamente riferito e seguito su tutti i suoi canali. Tuttavia, questo incidente di percorso ha portato il CCR CORSI a chiedere alla RSI un ripristino dell’informazione notturna alla TV. Vi terremo informati sullo sviluppo della questione.

Nel frattempo in questo numero di per.corsi, vi proponiamo un incontro con le responsabili delle redazioni esteri dell’RG, del TG e del web. E se un recente sondaggio del Progetto Mondiale di Monitoraggio dei Media rileva come in Svizzera le giornaliste siano sempre meno e più dei due terzi di tutte le notizie siano redatte da uomini, a capo dell’attualità inter-nazionale al Radiogiornale, al Telegiornale e su RSI News ci sono invece tre donne. Ecco il loro sguardo incrociato sulla realtà degli esteri.

LUCIA MOTTINI (RADIOGIORNALE) VERENA SZABO (TG) ALESSANDRA SPATARO (RSINEWS)

“OSSERVÀTI PER FORTUNA” Uno sguardo sugli esteri alla RSI

a cura di CHIARA SULMONI, SEGRETARIATO CORSI

Al RADIOGIORNALE 6 capacità garantiscono la presenza esteri in redazione 7 giorni su 7 dalle 5 del mattino alle 22 di sera + 2,5 capacità nelle sedi di corrispondenza di Roma, Bruxelles e Washington. Il TELEGIORNALE non ha redazioni definite, quindi non ha una redazione esteri. I giornalisti si occupano di esteri / nazionale / regionale / culturale / scienza … indistintamente. Naturalmente si tiene conto delle preferenze di ogni redattore. Al WEB tutti devono essere in grado di coprire temi di esteri, economia, Svizzera, Svizzera italiana e per questo motivo anche in questo caso non c’è una redazione ad hoc per le notizie internazionali.

Page 21: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 21

Iniziamo dall’ultima osservazione. Visti i ri-sultati del monitoraggio, tre giornaliste a capo degli esteri sono un caso? Oppure la RSI è un’i-sola felice?

LM Credo che si tratti proprio di un caso. Compensato dal fatto che -ad esempio- al nazionale ci sono tre responsabili uomini.VS Personalmente non sono certa che un’isola felice sia ne-cessariamente un’isola popolata da sole donne. O in maggio-ranza da donne. Anzi, mi verrebbe da dire: come nel resto della società, penso che contino l’equilibrio fra i generi, la voglia di impegnarsi di ognuno e la capacità di fare squadra senza discri-minazioni. Gli Esteri alla RSI fortunatamente non sono un’i-sola, ma si iscrivono nell’ingranaggio dell’attualità. Tre donne ai comandi Esteri.. na und, chiederebbero i nostri colleghi germanofoni. Per quanto riguarda il Telegiornale, in redazione abbiamo 10 uomini e 13 donne; all’estero possiamo contare su 3 corrispondenti uomini e nessuna donna; in Svizzera su 7 uomini e 2 donne; fra i freelance che collaborano con noi in giro per il mondo abbiamo una proporzione simile fra donne e uomini. Queste sono le cifre. La mentalità di ognuno poi naturalmente è un’altra cosa. E qui sorge un altro dibattito.AS Sì a mio parere è un caso. Non credo che vi si-ano ruoli che possano es-sere meglio rappresentati all’interno di un’azienda a dipendenza del genere (lo auspico!). In RSI, i posti considerati chiave sono assunti sia da uomini sia da donne.

Un recente studio sulle opinioni del pubblico della Svizzera italiana realizzato dall’Università di Losanna (v. pag. 9 di questa pubblicazione), rileva come il 67.6% degli utenti ritenga spesso tendenziosa l’informazione politica alla RSI. An-che agli esteri vi sentite degli ‘osservati speciali’?

LM Ci sono sicuramente temi che suscitano più reazioni di altri: sono quelli intorno ai quali nel tempo si sono cristal-lizzati dei fronti ideologici. Ne cito due: Cuba-Stati Uniti e Israele-Palestina. Su questi argomenti riceviamo a volte delle prese di posizione di carattere diametralmente opposto. Il riavvicinamento tra L’Avana e Washington sembra però aver smorzato la verve polemica dei nostri ascoltatori. Un altro tema che trattiamo spesso e che in campo politico suscita grande dibattito, non sembra invece suscitare grandi reazioni da parte del pubblico: quello dei migranti. Eppure sono stati molti i reportage e i contributi che abbiamo proposto agli ascoltatori. Mi sembra un segno che stiamo facendo bene. VS Osservati per fortuna, mi verrebbe da dire con una battuta, pensando al TG. Intanto però al pubblico sondato mi sarebbe piaciuto chiedere come definisce il termine “in-

formazione politica” (decisioni dei parlamenti? Scelte go-vernative? Azioni e pensiero dei gruppi estremisti fuori dal potere? Presenza sindacale? Posizioni religiose? Vita quoti-diana? Iniziative della società civile?) e che cosa intende con l’aggettivo “tendenziosa” (schierata a prescindere? Schie-rata su chi? Su che cosa? Riflessiva? Con tessera di partito? Attività visibile sui social?). Per quanto riguarda gli Esteri TG, dal pubblico ricevo rarissimamente commenti su una parzialità percepita quando nelle nostre edizioni parliamo di politica estera (decisioni governative, dibattiti parlamen-tari, contestazioni della società civile…). Capita di tanto in tanto che chi ci guarda commenti la politica italiana. Ma si tratta per lo più di prese di posizione personali (pro o contro Renzi, pro o contro Berlusconi, pro o contro M5S) da parte di chi ci scrive e non di critiche nei confronti di come è stata trattata una determinata tematica al TG. AS Rispetto alla cronaca regionale, sicuramente gli esteri sono meno sotto osservazione. La regola rimane comunque la stessa per qualsiasi notizia venga riportata: equilibrio e pluralità di opinioni. Non ci si può permettere di appoggiare

teorie o correnti di pensiero. Gli esteri si basano molto sulle agenzie stampa, non potendo avere giornalisti in ogni angolo del mondo. Compito della redazione è, partendo dalla notizia, estenderla o completarla an-

che cercando informazioni su organi di stampa locali o contattando esperti.

Dal medesimo studio emerge che il 72.2% degli intervistati ritiene che alla RSI si parli troppo di attualità internazionale. Come reagite a questo dato e quali sono le vostre impressioni?

LM L’affermazione dello studio in realtà è più complessa - “L’informazione lascia troppo spazio all’internazionale e non pone abbastanza l’accento sui fatti locali”. Mette quindi in contrapposizione due tipi di informazione e lo fa in modo astratto. Credo invece che mai come oggi vi sia un’atten-zione viva per quello che succede fuori dai nostri confini e per varie ragioni. Ne cito due. Prima di tutto perché temi come quello dei migranti, del terrorismo, del lavoro, delle relazioni tra religione e stato - per dirne alcuni - travalicano le frontiere: quanto succede in Siria, in Tunisia o in Germa-nia, ci tocca eccome. In secondo luogo, perché internet, i social media, hanno divulgato e promosso – anche se spesso in modo disordinato e a volte addirittura paranoico (con le teorie complottistiche) – l’attualità estera. E credo che faccia parte del nostro ruolo di servizio pubblico, dare alle nuove generazioni gli strumenti per leggere e analizzare, le informazioni ricevute via Facebook e Twitter.

PER DECIDERE COME E QUANDO COPRIRE, SE APRIRE L’ANTENNA OPPURE NO, PIÙ SEMPLICEMENTE SE RACCONTARE UNA STORIA DENTRO IL TELEGIORNALE CONTANO IL SUCCO DELLA NOTIZIA, LE CONFERME, LA VICINANZA CON LA REALTÀ SVIZZERA, LA GRAVITÀ DEI FATTI, L’IMPATTO SUL RESTO DEL MONDO, LA DISPONIBILITÀ DI IMMAGINI (VS)

Page 22: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 22

VS Il Telegiornale è una testata nazionale. In redazione lo diciamo, ce lo diciamo, per sicurezza ce lo ripetiamo e poi lo applichiamo. La priorità assoluta viene data quotidia-namente all’attualità nazionale. Le notizie regionali e quelle internazionali, così come lo sport, la scienza, la cultura o i temi di società trovano spazio in base a una valutazione il più possibile attenta, quotidiana e concordata. Il Telegiornale rimane anche il programma che deve raccontare il mondo al nostro pubblico. Non è naturalmente il compito né del Quotidiano né di Patti Chiari. Falò lo fa molto poco. I pro-grammi religiosi o il Giardino di Albert di tanto in tanto, in altro modo. Per il suo mandato, il Telegiornale deve fornire le NOTIZIE. E i criteri che si applicano per gli Esteri sono l’importanza della notizia in questione, le ripercussioni per la Svizzera, il potenziale impatto a livello mondiale (e svizzero, visto che stiamo nel mondo). Detto ciò, ci sono giorni in cui in Svizzera non succede nulla di spettacolare. E allora in redazione siamo d’accordo che va bene anche il reportage “di colore” o se preferite “di costume” che ci arriva da un villaggio svizzero sperduto o un servizio sugli orsi di Berna oppure ancora la storia dell’ultimo baby panda nato in Cina. Per inciso il pubblico forse non sa che la durata esatta dell’edizione principale del Telegiornale (fra i 27 e i 34 minuti) dipende anche da quanta pubblicità la RSI ri-esce ad incamerare per quel giorno.Più pubblicità = meno TG = probabilmente meno Esteri. Meno pubblicità = più TG = probabilmente più Esteri.AS Rispondo per quanto riguarda il sito web informa-zione. Da noi esiste una regola: dare spazio prima alla cronaca della Svizzera italiana, poi a quella nazionale e infine agli esteri. Credo che questa critica non sia pertinente almeno nel nostro settore. Ma pure a livello di azienda. Molto spesso i temi legati all’attualità internazionale, pure nei nostri ma-gazine di approfondimento, vengono filtrati attraverso gli occhi di svizzeri italiani o svizzeri, dando così una chiave di lettura aderente al nostro territorio e al nostro paese.

Nel giro di pochi mesi fra il 2015 e il 2016, la TV ha mancato la copertura tempestiva di due fatti di cronaca estera-attentati di Parigi e violenze di capodanno a Colonia-suscitando non poche cri-tiche. Dal punto di vista delle redazioni, come vi sentite di rispondere? E soprattutto, cosa dovrà aspettarsi il pubblico in caso di un nuovo, grave episodio legato al all’attualità internazionale? Esiste una sorta di concetto di crisi per le emer-genze nell’informazione?

LM Per quanto riguarda gli esteri radio, da tempo lavo-riamo sulle trasferte veloci in caso di avvenimenti improvvisi. Alle 6 del mattino del 14 novembre l’inviata radio decollava da Milano e prima delle 11 era in diretta da Parigi: era quanto potevamo fare. Abbiamo una procedura d’allerta che riguarda tutta l’info e che viene lanciata dai notiziaristi, i quali garan-tiscono una presenza 24 ore su 24 a Comano. Il fatto che l’animazione radio si trovi a Besso non facilita l’intervento immediato in studio. E poi certo: è anche una questione di riflessi: con il senno di poi, si poteva fare di più e prima. Ma ci stiamo lavorando. La reazione del 22 marzo – per gli attentati di Bruxelles - è stata comunque molto più rapida. VS Il concetto di crisi esisteva già prima di questi av-venimenti ed è stato affinato poi. Ma stiamo parlando di due situazioni completamente diverse, che hanno creato un acceso dibattito anzi due (ancora in corso) anche dentro la redazione. In occasione degli attentati di Parigi, i responsa-bili della RSI hanno deciso di non aprire l’antenna, ovvero di non fare un Telegiornale speciale la sera stessa ma di farne due il mattino seguente.

La risposta della redazione del TG si riassume con quanto è stato fatto: nume-rosi colleghi si sono messi a disposizione (già la sera de-gli attacchi) chi per partire per Parigi, chi per presentare un’edizione speciale del Te-legiornale, chi per produrla,

chi per confezionare i servizi. Il nostro freelance a Parigi è uscito immediatamente (a suo rischio e peri-

colo) ed è stato in giro tutta la notte a filmare e raccogliere testimonianze. Questo gli ha permesso di proporre dei ser-vizi ben costruiti per i Telegiornali del mattino. La nostra seconda freelance basata in Francia ha preso il primo treno dalla provincia in cui si trovava in vacanza ed è arrivata a Parigi in mattinata garantendoci così tutte le dirette video della giornata e dei giorni seguenti. Il nostro corrispondente a Ginevra è partito all’alba insieme ad un operatore video alla volta di Parigi; viaggio effettuato in auto nel timore di una chiusura immediata delle frontiere. Questo gli ha permesso di dare man forte al freelance parigino che malgrado lo stato d’allerta non poteva lavorare 24 ore su 24. Da parte mia, ho coordinato questi colleghi a distanza.Le critiche sono piovute. Ne ho parlato nel dettaglio con i miei colleghi responsabili degli Esteri a RTS e SRF. I ro-mandi non hanno fatto nessun Telegiornale speciale, né la sera né la mattina dopo, hanno seguito la nottata sul web e non hanno ricevuto nessuna critica. Gli svizzero tedeschi hanno fatto il loro consueto Telegiornale della Notte (quello che la RSI ha abolito) raccontando quanto si sapeva in quel momento e non hanno ricevuto nessuna critica. Alla RSI

TWITTER E FB SONO IMPORTANTISSIMI PER IL WEB CHE HA QUALE COMPITO DI RIPORTARE IMMEDIATAMENTE UNA NOTIZIA. I POLITICI SI SONO ABITUATI A USARE I SOCIAL, E SPESSO LE NOTIZIE VENGONO DATE PRIMA SU QUESTE PIATTAFORME CHE DALLE AGENZIE STAMPA. (...)IN CASO DI GRANDI EVENTI SONO UNA FONTE INESAURIBILE DI INFORMAZIONI, DA PRENDERE CHIARAMENTE SEMPRE DOPO LE NECESSARIE VERIFICHE (AS)

Page 23: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 23

la critiche sono piovute. La redazione del Telegiornale si è posta molte domande, fra cui una rimasta in sospeso: siamo forse nel mirino per questioni (locali) che vanno al di là dei fatti di Parigi?In occasione delle aggressioni di Capodanno a Colonia, Il Telegiornale ha in un primo tempo sottovalutato l’accaduto. Perché le informazioni raccolte erano frammentarie, perché la polizia tedesca non forniva nessuna conferma, perché i colleghi delle TV tedesche non avevano dettagli supple-mentari rispetto a noi, perché non c’era una sola immagine che raccontasse la nottata di violenza. In mancanza di con-ferme, il produttore di giornata ha espresso qualche dubbio sulla veridicità della notizia. Poi non appena la situazione ha iniziato a chiarirsi, il Telegiornale ha parlato dell’accaduto basandosi sulle informazioni confermate in suo possesso. Ed ha seguito gli sviluppi nei giorni seguenti. Anche qui, la RSI si è confrontata con la RTS: i colleghi romandi hanno agito esattamente come noi. Alla RSI le critiche sono piovute. Il Telegiornale ha ammesso pubblicamente il suo errore. Per la cronaca, la TV tedesca ha fatto altrettanto, la polizia tedesca pure. Anche in que-sta occasione, la redazione del Telegiornale si è posta seriamente la domanda: siamo forse nel mirino per questioni (locali) che vanno al di là dei fatti di Colonia? Nell’Est della Turchia, in Burundi sono in corso atti di genocidio, contro i curdi, con-tro i tutsi. Al Telegiornale finora ne abbiamo parlato poco. Perché non ci sono fonti indipendenti sul posto, perché mancano conferme, non ci sono immagini eppure nessun telespettatore reclama.. Idem per molte gravi violazioni dei diritti umani nella guerra in Siria. O per molte altre sto-rie ancora. I gravi episodi legati all’attualità internazionale vengono valutati singolarmente. Non esiste una griglia di valutazione con applicazione automatica di uno schema di produzione televisiva. Per decidere come e quando coprire, se mandare oppure no dei redattori sul posto, se lavorare con dei freelance, se aprire l’antenna oppure no, più sempli-cemente se raccontare o no una storia dentro il Telegiornale contano il succo della notizia, le conferme, la vicinanza con la realtà svizzera, la gravità dei fatti, la sicurezza del nostro personale in zone a rischio, l’impatto sul resto del mondo, la disponibilità di immagini. “C’è troppa attualità estera” non è la prima domanda che ci poniamo.Inoltre la redazione del TG si chiede di tanto in tanto: quanti avvenimenti esteri copriamo bene, giorno per giorno, senza ricevere nessun commento dall’esterno?AS Il sito web informazione ha riportato tempestiva-mente i fatti di Parigi del 13 novembre 2015 attuando una diretta no stop per tutta la notte, in collaborazione con

la radio. Anche per Colonia abbiamo riportato la notizia appena emersa dalle agenzie stampa. Soprattutto con i fatti di novembre ci siamo resi conto di come la collaborazione con la radio sia molto più facile e diretta ma, per il semplice fatto, che i mezzi usati sono molto più “snelli” di quelli che necessita la televisione. Rimane ancora difficile coordinare le tre redazioni, anche per la peculiarità del lavoro: il web può immediatamente mettere online testi, foto, video, tweet, la televisione ad esempio è più lenta.

In un comunicato stampa del 1 febbraio riferito a queste coperture ritardate, il Consiglio del pubblico ha dichiarato che si aspetta “una mag-giore convergenza e sensibilizzazione delle varie redazioni come pure un miglior coordinamento fra i livelli di competenza all’insegna dell’effi-cienza e della reattività”. Qual è il margine di miglioramento e come pensate sia realizzabile?

LM In parte ho già risposto. Aggiungo che coordinare va bene, ma poi bisogna appunto reagire. Ed è chiaro che

i vari media hanno tempi diversi: è più facile reagire velocemente per la radio - che è un mezzo leggero e attivo sulle 24 ore - che per la televisione dove il palin-sesto, gli studi, i mezzi sono più complessi.

VS Convergenza, sensibilizzazione, coordinamento, com-petenza, efficienza, reattività: la perfezione! Stiamo lavorando per voi. Slogan a parte, posso garantire che facciamo del no-stro meglio ogni giorno. Talvolta sbagliamo. Ce ne accor-giamo e anche il pubblico ce lo fa notare. Molto più spesso facciamo bene. Raramente il (Consiglio del) pubblico com-menta. Eppure si continua a lavorare. Anche con autocritica.AS In questo campo sicuramente ci sono margini di miglioramento, ma non facili da realizzare. Le redazioni dell’informazione (newsdesk, televisione, radio, approfondi-mento) rimangono ancora molto slegate. Pian piano stiamo cercando di costruire dei canali di scambio e di collabora-zione. Un esempio su tutti: in vista delle presidenziali statu-nitensi di novembre, per il web abbiamo previsto contributi ad hoc realizzati dai nostri corrispondenti a Washington per tv e radio. Il web collabora bene con la radio e forti sono gli scambi di informazioni soprattutto con le reda-zioni regionali. Più difficile invece per esempio far passare video realizzati dalla redazione web in televisione, perché girati con il telefonino. C’è magari ancora una concezione un po’ vecchia di come l’immagine debba passare in televi-sione. Allo stesso tempo, non sempre i servizi dei colleghi,

È CHIARO CHE TUTTI DOBBIAMO TIRARE LA CINGHIA. FACCIAMO DI PIÙ CON MENO. I TURNI SI SONO APPESANTITI, SELEZIONIAMO MAGGIORMENTE I PEZZI COMMISSIONATI AI COLLABORATORI ESTERNI. TUTTI DEVONO FARE UNO SFORZO. MA C’È ANCHE LA CONSAPEVOLEZZA CHE LA COPERTURA ESTERA È UN VALORE AGGIUNTO CHE SOLO UN SERVIZIO PUBBLICO PUÒ DARE (LM)

Page 24: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 24

quelli realizzati al di fuori del flusso di agenzie, vengono messi in evidenza sul sito.

Come funziona nel concreto la convergenza, e con quali risultati, anche in termini di risparmio?

LM Il risparmio non è mai stato lo scopo della convergenza: lo diceva anche chi l’ha propugnata. Allo stato attuale, Verena e io condividiamo l’ufficio, un corrispondente a Bruxelles (che cerchiamo di non sfiancare, visto che servire due media con tempi così diversi – la radio più presente al mattino, la televisione sulla sera - significa a volte farsi in quattro), ci confrontiamo sulle trasferte previste e sulla pianificazione per evitare dimenticanze ma anche doppioni. In caso di assenza di un corrispondente, l’omologo dell’altro media dà una mano. VS La convergenza fra vettori e con le altre unità aziendali funziona molto bene quando i colleghi che ci lavorano sono adeguatamente formati, hanno i mezzi necessari, le redazioni si mettono d’accordo e si tiene conto delle esigenze dei vari tipi di pubblico. I risultati sono stati di qualità e il risparmio innegabile in moltissime situazioni come ad esempio la coper-tura della visita di Johan Schneider Amman in Iran, quando un redattore radio RSI ha garantito la copertura radio con reportage e dirette così come i duplex TG; per altro il TG ha diffuso servizi filmati grazie ai contributi forniti da SRF TV che aveva un inviato sul posto (pagato da SRF). Per l’info RSI abbiamo organizzato una trasferta multimediale in Ne-pal, ad un anno dal terremoto. La redattrice e il videomaker hanno fornito contributi al Quotidiano, al TG, alle Cronache regionali, agli RG e al web. Questo tipo di coperture neces-sita di molto più lavoro organizzativo e anche di una grande flessibilità da parte dei colleghi. Ma i risultati sono paganti. E supponiamo che il pubblico abbia apprezzato, visto che un anno fa c’era stato un formidabile slancio di solidarietà degli svizzero italiani nei confronti del Nepal. Ciò detto, radio TV e web rimangono dei vettori diversi, con esigenze diverse. Qualche esempio (emergenze a parte): un video girato con il telefonino va bene per il web, non va bene per il TG e quel pubblico che lo guarda su uno schermo gigante nel salotto di casa. Un’intervista registrata al telefono con l’alto commissario ONU per i rifugiati seduto nel suo ufficio a Ginevra va bene per la radio, non per il TG che ha bisogno delle immagini e quindi di un cameraman che filmi l’intervista. Fare televisione -non è un segreto per nessuno- costa. Co-sta di più che fare radio o fare web. Almeno fino al giorno in cui lo standard broadcast (con tanto di buona visione su uno schermo gigante) rimarrà in vigore.AS Come spiegato sopra esistono spazi per convergere, che permettono allo stesso tempo di fare alcuni risparmi. Nella concessione SSR viene messo nero su bianco che compito del sito RSI è quello di mettere in evidenza i ser-vizi realizzati da radio e tv. Sul nostro sito questo accade, permettendoci allo stesso tempo di risparmiare, in caso di

trasferte. L’idea di redattori trimediali a me piace, ma sono consapevole che nella nostra azienda non è ancora un punto di vista ampiamente condiviso.

In un momento di ristrettezze economiche, gli esteri sono penalizzati?

LM È chiaro che tutti dobbiamo tirare la cinghia. Fac-ciamo di più con meno. I turni si sono appesantiti, selezio-niamo maggiormente i pezzi commissionati ai collaboratori esterni. Tutti devono fare uno sforzo. Ma c’è anche la consapevolezza che la copertura estera è un valore aggiunto che solo un servizio pubblico può dare. VS Il pubblico vuole innanzitutto informazioni locali e na-zionali. Lo ha detto chiaramente nel sondaggio e lì si focalizza da sempre l’attenzione delle redazioni e la maggior parte del budget. Per gli esteri, il TG lavora essenzialmente con:• immagini fornite dall’Eurovisione (di cui la SSR è

membro, la SSR fornisce immagini, la SSR riceve immagini dalle altre TV pubbliche e dalle agenzie di stampa, per ora senza tagli sul budget);

• con i suoi 2 corrispondenti e mezzo (uno a Roma, uno a Washington e uno condiviso con la radio a Bruxelles, per ora senza tagli sul budget);

• con la sua rete di giornalisti indipendenti (freelance) sparsi in giro per il mondo. In quest’ultimo caso, il budget complessivo è stato costantemente ridotto all’incirca del 10 per cento all’anno negli ultimi 3 anni. Le tariffe per i professionisti esterni (non CCL) che lavorano in zona euro sono per altro state ridotte nel 2016 tenendo conto della forza del franco svizzero rispetto alla moneta europea.

AS Mi riallaccio a quanto risposto sopra. Per il web non in particolare: il budget che abbiamo a disposizione ci permette di dare ai nostri lettori prodotti pensati con linguaggio web; penso alla nostra serie dedicata alla Grecia un anno dopo la crisi, il nostro progetto sui migranti o quello che stiamo preparando per le Olimpiadi di Rio. Inoltre esiste pure il margine per alcune trasferte.

L’informazione, soprattutto quella internazio-nale, corre sui social. Che importanza rivestono per voi e per i vostri giornalisti Twitter e FB?

LM Qui entra in gioco il fattore generazionale oltre che la personalità del singolo giornalista. Ma è chiaro che in questo campo c’è molto da fare per dare visibilità al nostro lavoro. VS Per i giornalisti più giovani, i social media hanno assunto una grande importanza. Prima di tutto per loro stessi, per informarsi e avere notizie prima dei canali classici. Alla RSI, in termini di produzione info nostra, siamo parecchio in ritardo. AS Importantissimi per il web che ha quale compito di riportare immediatamente una notizia. Ogni redattore da noi deve o dovrebbe avere sempre aperto il suo profilo Twitter/

Page 25: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 25

Facebook. I politici si sono abituati a usare i social, e spesso le notizie vengono date prima su queste piattaforme che dalle agenzie stampa. Inoltre, in caso di grandi eventi sono una fonte inesauribile di informazioni, da prendere chiaramente sempre dopo le necessarie verifiche. Faccio un esempio su tutti: la sera degli attentati di Parigi, molte notizie, immagini, foto, testimonianze, prese di posizione di leader sono passate prima su Twitter che sui tradizionali mezzi stampa.

Gli esteri su una radiotv di servizio pubblico oppure su una catena allnews. C’è oggi davvero una differenza?

LM Sì, anche se la velocità e la brevità delle catene allnews un po’ ci hanno influenzato. E in parte è stato un bene, perché ci ha svecchiato, dato ritmo. Ma è fondamentale che non rincorriamo tutti le stesse notizie, gli stessi tagli. Dobbiamo cercare di uscire dai sentieri battuti, di avere uno sguardo svizzero e di confrontarci con la realtà, di andare sul terreno. Fare attualità internazionale stando seduti tutto l’anno alla scrivania, non va bene!VS C’è eccome. E per la televisione le differenze saltano all’occhio. Si riassumono con: • pubblico (chi ci guarda? Chi guarda i canali nel paese

in cui sta succedendo l’avvenimento? Chi guarda le nostre dirette speciali targate RSI?)

• risorse umane necessarie (quanti professionisti ser-vono per fare che cosa? Rispetto ore di riposo? Chi è costantemente di picchetto? Chi sostituisce il collega dopo quante ore?)

• budget a disposizione (quanto mi costa una linea du-plex per quante ore? Quanto un giornalista freelance mobilitato per quante ore? Quanto aprire uno studio per una diretta per quanto tempo?)

• qualità dei contributi (solo skype, smartphone? Qualità minima delle immagini? Vogliamo dei reportage? Chi li fa? In quanto tempo? Chi fa le analisi? Chi contatta quali esperti? Mini approfondimenti oppure no?)

La RSI TV oggi non ha né il mandato né i mezzi né la cultura per essere una all news 24 ore su 24. Quest’ultima sarebbe un’altra televisione, per cui ci vogliono una scelta di politica aziendale, il mandato, la motivazione, il pubblico che segue e le forze professionali che la producono. AS Sì, abissale.

A LUCIA MOTTINI ABBIAMO ANCHE CHIESTOLa radio è un mezzo di comunicazione più imme-diato e agile rispetto, ad esempio, alla TV. Possiamo affermare che quando si tratta di coprire un fatto di cronaca che richiede reazioni e collegamenti rapidi, partite avvantaggiati? Oppure ci sono dif-ficoltà di cui non teniamo conto come ascoltatori?

Non c’è dubbio che partiamo avvantaggiati rispetto alla TV – come detto, la radio è un mezzo agile. Poi però bisogna metterci tanti contenuti, suoni, emozioni. In tele-visione le immagini aiutano molto: a volte parlano da sole. In radio bisogna raccontare, spiegare, cercare interlocutori sempre nuovi: per noi, disporre di una ricca lista di contatti è fondamentale.

A VERENA SZABO ABBIAMO ANCHE CHIESTOIl TG propone regolarmente delle finestre di approfondimento con ospiti in studio su varie tematiche d’attualità. È raro però vedere volti nuovi. Come mai? Perché ci piacciono i valori sicuri. E verosimilmente

questi piacciono anche a una parte del pubblico. Un ospite conosciuto dalla redazione (e dal pubblico), con cui si è stabilito un legame professionale di fiducia, con cui scam-biamo regolarmente delle opinioni anche fuori dal TG, che conosce il tema di cui parla, che sa apparire in video, che conosce i tempi (aimé ridotti) del telegiornale è un ospite che può dare un “valore aggiunto”, aiutare a capire, susci-tare la discussione. Contattiamo regolarmente nuovi ospiti. Talvolta con successo, altre volte con il classico “rammarico da giorno dopo”. In questi casi di tanto in tanto decidiamo di registrare in anticipo (prima del TG) l’intervento dell’o-spite. Questo ci permette se necessario di ripetere le do-mande, di rifare tutta la registrazione, di precisare le nostre esigenze. Sono procedure che richiedono tatto, pazienza e tempo. Ci possono capitare delle ottime sorprese! Nuovi ospiti competenti, brillanti, efficaci. Ma non è sempre così.

A ALESSANDRA SPATARO ABBIAMO ANCHE CHIESTORispetto alla TV e alla radio, che arrivano agli ascoltatori e agli spettatori in modo diretto, l’informazione sul web va cercata. Su cosa pun-tate per attrarre il vostro pubblico, e con quali risultati? Quale valore aggiunto potete e volete offrire rispetto agli altri portali?

Credo che noi arriviamo in modo ancor più diretto rispetto a radio e TV. Ormai tutti si informano via computer o, meglio, via telefonino. Il web è, sempre più, la piattaforma numero uno dell’informazione, dove - come nel caso di RSI.ch - trovare tutto quanto prodotto dall’azienda. Il valore aggiunto? Varietà di contributi e soprattutto verifica delle notizie riportate in buon italiano. Da qualche mese inoltre siamo su FB, con un ottimo successo e grazie alla nostra App siamo in grado di fornire ai nostri utenti un servizio di push (aggiornamento tempestivo via messaggio di una notizia importante).

Page 26: Per.corsi aprile 2016

26

DIETRO AL MICROFONOIntellettuali italiani alla Radio svizzera (1930-1980)

RUBRICA “CORSI FUORI” APPUNTAMENTO CON IL MONDO CHE CI GUARDA E CHE CI PARLA

Page 27: Per.corsi aprile 2016

27

I l saggio scritto da Nelly Valsangiacomo, professoressa di Storia contemporanea all’Università di Losanna, racconta cinquant’anni di radio svizzera italiana. In questo libro

però i riflettori non sono puntati solo sul mezzo di comunica-zione, ma anche su alcune personalità di grande spessore che hanno frequentato gli studi di registrazione e i programmi.

La prof. Valsangiacomo ha infatti scandagliato gli archivi cartacei e audiovisivi della RSI - dove fra l’altro ha trovato anche materiale inedito - per ricostruire da un lato il ruolo della radio svizzera -radio di frontiera- nella realtà politica e culturale italiana dall’epoca del fascismo a quella del terrorismo; dall’altro, per tracciare lo sviluppo dei generi radiofonici, segnati anche dalla presenza e dall’influenza delle voci e del pensiero degli intellettuali italiani che a Lugano hanno trovato orecchie attente e microfoni aperti. Nel mo-mento in cui il servizio pubblico viene messo in discussione, non solo in Svizzera ma in tutta Europa, per.corsi vi propone una lettura che ne sottolinea la posizione storica e centrale per un territorio di confine e per la libertà d’espressione.

Prof. Valsangiacomo, iniziamo dall’aspetto pratico della sua ricerca. Cosa ha trovato nelle Teche della RSI? Ci sono stati ‘incontri’ inaspet-tati, o particolarmente emozionanti?Le teche della RSI sono una vera miniera per lo storico.

Va però detto che quando ho cominciato a lavorare a questo progetto, la maggior parte dei documenti non era digitaliz-zata e l’accesso ai documenti più complesso di quanto lo sia ora, per cui le difficoltà erano di diversa natura. Già entrare in possesso di un documento era pertanto particolarmente emozionante! E devo ringraziare i documentalisti e gli ar-chivisti che mi hanno molto aiutato per accedere ai suoni.

Il mio approccio non prevede di dare importanza a uno o più personaggi conosciuti. Quello che m’interes-sava in questa prima ricerca era soprattutto capire l’apporto complessivo delle persone di cultura alle trasmissioni radio-foniche. In questo senso, i materiali sono ricchi e diversi e le sorprese non mancano: penso tanto agli interventi spiaz-zanti e divertenti, quanto ai molti interventi di spessore. Ma in fondo io mi sono affezionata a chi questa radio l’ha pensata e organizzata, più che hai personaggi famosi che con regolarità parlavano ai microfoni.

Chi sono gli intellettuali che si sono avvicendati ai nostri microfoni e soprattutto, quale segno hanno lasciato nella nostra cultura radiofonica? Come specifico nell’introduzione al libro, intendo

il termine intellettuale in senso funzionale, ossia volevo verificare quando gli aspetti disciplinari e professionali fos-sero più marcati negli interventi delle donne e degli uomini di cultura e quando invece fosse più evidente il ruolo di opinionista e di intervento sulla società. Insomma, mi è sembrato più importante tentare di comprendere l’utilizzo che la radiofonia ha fatto nel tempo di questi due ruoli e lo spazio che concesse al loro sviluppo. La radio svizzera di lingua italiana si situa nel campo culturale italofono e dunque da sempre gli italiani partecipano numerosi, ac-canto agli importanti nomi della cultura svizzero italiana. Non potrebbe essere altrimenti per una radio che si vuole di respiro nazionale e transfrontaliero. Per motivi orga-nizzativi e anche di relazioni personali, per lungo tempo, i più presenti furono gli intellettuali della zona frontaliera e lombarda. La presenza di alcuni fu regolare per un lungo periodo, si pensi al poeta Delio Tessa, organizzatore cul-turale della radio degli esordi o, nel secondo dopoguerra, a Vittorio Sereni, che al microfono intervenne con ruoli diversi: dal giovane partecipante ai corsi di cultura all’in-tervistato come uomo di lettere riconosciuto.

Perché nella sua ricostruzione si è fermata al 1980? Per diversi motivi. Dapprima, la radiotelevisione sviz-

zera gode del monopolio fino all’inizio degli anni Ottanta: termina dunque per certi versi un periodo. In secondo luogo, gli anni Settanta sono un decennio di ripensamento del ruolo della cultura nella società e di ridefinizione del settore radiofonico in un’industria culturale in piena espan-sione. Infine, e in correlazione con il punto precedente, gli anni Ottanta sono gli anni del riflusso: il ruolo dell’intel-lettuale nella società muta, si amplifica l’industria culturale e si creano nuove correlazioni tra politica e cultura.

Che importanza ha avuto la radio svizzera italiana per i nostri vicini (in particolare negli anni di piombo)?A dipendenza dei periodi e delle possibilità di ascolto,

la radio svizzera di lingua italiana ebbe un buon ascolto.

a cura di CHIARA SULMONI, SEGRETARIATO CORSI

NELLY VALSANGIACOMO (1967) ha conseguito la laurea e il dottorato in storia contemporanea all’Università di Friburgo. Dal 2012 insegna all’Università di Losanna. Fra i suoi campi di ricerca e di particolare interesse figurano la storia sociale e culturale svizzera, lo studio delle fonti audiovisive, la vita intellettuale e i vari aspetti dell’italianità.

RUBRICA “CORSI FUORI” APPUNTAMENTO CON IL MONDO CHE CI GUARDA E CHE CI PARLA

Page 28: Per.corsi aprile 2016

28

Nella prima parte del secolo, in particolar modo durante la guerra, l’ascolto dell’allora Radio Monte Ceneri fu importante; non solo però, per le informazioni che erano trasmesse con re-golarità dall’ATS, l’Agenzia telegrafica Svizzera, e che durante il fascismo erano senza dubbio più attendibili delle notizie date dalla radio di regime, ma anche per le altri trasmissioni. La comune radice dialettale sembra ad esempio essere stata un legame privilegiato tra il Ticino e l’Italia setten-trionale, come attestano al-cune corrispondenze. Se si pensa inoltre a momenti di forte tensione politica come gli anni Sessanta e Settanta, la radio svizzera non era direttamente coinvolta negli accadi-menti e nelle dinamiche politiche a essi correlate. Per questo motivo si può supporre che fu un ulteriore, e forse più facile, mezzo per gli intellettuali italiani per esprimersi sui temi sen-sibili e di stretta attualità, in un periodo in cui la RSI aveva ancora diritto di cittadinanza presso il pubblico italiano.

Per ragioni principalmente economiche, il no-stro rapporto con l’Italia è a volte teso e difficile. Rimane oggi la consapevolezza -da parte dei cit-tadini come del mondo politico e culturale- del forte legame tra i due paesi? Negli ultimi decenni si è assistito a un cambiamento

forte in questo senso, che rimette in questione la comunanza linguistica e culturale. Le correlazioni tra motivi economici, mutamento della cultura politica, sviluppo dei localismi e le variazioni nella percezione del legame con la comunità italofona e la cultura italiana sono evidenti. Altri meglio di me hanno indagato questi fenomeni. Va però almeno detto che un media di servizio pubblico ha quale missione anche quella di spiegare e di approfondire tali legami, anche nella loro evoluzione storica. Non è solo una questione di giu-stapposizione e di proporzione dei soggetti proposti, ma di capacità di approfondimento delle complesse articolazioni che sottendono le relazioni tra Italia e Svizzera. In altre parole, che cosa significa, in fondo, italianità? Come si declina? Credo che la RSI possa molto per spiegare questi fenomeni.

Cos’ha dato di diverso il microfono - rispetto ad esempio alla TV o alla carta stampata- agli intellettuali di cui lei parla nel suo libro? Le persone di cultura, in particolare chi non aveva

legami istituzionali, come ad esempio alcuni scrittori, hanno fatto della partecipazione ai media una fonte di sostenta-mento. Hanno dunque partecipato alla radio e alla televisione con contributi puntuali o come organizzatori culturali, così come hanno continuato a scrivere nei giornali e a tenere con-

ferenze pubbliche. Sono pratiche lavorative. La radio ha però offerto importanti spazi di riflessione e approfondimento, così come una visibilità forse più immediata, tenuto conto che l’utilizzo della radio nella popolazione si diffonde molto velocemente. Sarà però soprattutto la televisione a portare al fenomeno dell’intellettuale mediatico. Quest’ultimo, nel suo

sviluppo estremo e nella sua accezione più negativa, ade-risce completamente alla lo-gica dell’industria culturale e in particolare della cultura dell’immagine, con i suoi di-spositivi. Credo che la radio sia stata nei primi tempi mar-ginale a questo fenomeno;

non è più che parzialmente così. Più in generale, questa nuova postura dell’intellettuale non sembra più aderire al

ruolo critico che gli era riconosciuto e va indagata pren-dendo in considerazione una più ampia riflessione sul ruolo e il valore della cultura nella società contemporanea: siamo chiaramente in un periodo di mercificazione culturale.

Il dibattito sul ruolo e le caratteristiche del ser-vizio pubblico radiotelevisivo contemporaneo è aperto -da anni- e non solo in Svizzera. È davvero messo così male?

Che si dibatta mi pare una buona cosa in un sistema de-mocratico. Il problema è che il dibattito si iscrive in una logica di compressione della riflessione e di aggressività verbale poco costruttive. Ciò detto, come ho avuto modo di dire in diverse occasioni, continuo a credere che esista una specificità del servizio pubblico, garante della diversità e della creatività trasversale ai generi radiotelevisivi. Credo che banalizzare questi aspetti parlando di una non meglio definita missione di servizio pubblico ridistribuibile su tutte le radiotelevisioni sia un grave errore. Le logiche implicite in questa visione sono chiare e non posso condividerle. Tuttavia, è il servizio radiotelevisivo pubblico stesso che per primo dovrebbe difendere questa sua specificità. Pur comprendendo le difficoltà - date dalla mancanza di una vera riflessione politica e da un chiaro sostegno in questo senso - l’impressione è che non si stia agendo con grande coerenza in questo senso rischiando così di perdere un grande capitale simbolico e professionale.

Com’è cambiata la RSI rispetto all’epoca in cui rappresentava la libertà d’espressione per tanti intellettuali italiani? Ci sono dei valori che ha saputo conservare e sui quali dovrebbe puntare? Va detto che la libertà di espressione si è declinata

diversamente nei diversi periodi storici; va, però, aggiunto che questa libertà è stata per lungo tempo difesa dagli orga-

SE SI PENSA A MOMENTI DI FORTE TENSIONE POLITICA COME GLI ANNI SESSANTA E SETTANTA, LA RADIO SVIZZERA NON ERA DIRETTAMENTE COINVOLTA NEGLI ACCADIMENTI E NELLE DINAMICHE POLITICHE A ESSI CORRELATE. PER QUESTO MOTIVO SI PUÒ SUPPORRE CHE FU UN ULTERIORE, E FORSE PIÙ FACILE, MEZZO PER GLI INTELLETTUALI ITALIANI PER ESPRIMERSI SUI TEMI SENSIBILI E DI STRETTA ATTUALITÀ

RUBRICA “CORSI FUORI” APPUNTAMENTO CON IL MONDO CHE CI GUARDA E CHE CI PARLA

Page 29: Per.corsi aprile 2016

29

nizzatori della radiotelevisione, in alcuni casi anche contro le direzioni, regionale e nazionale, che dovevano rispondere alle reazioni politiche. Questa consapevolezza del ruolo importante giocato dagli organizzatori della RSI andrebbe conservata, quando non rispolverata. Credo che altri due aspetti fondamentali andrebbero conservati: in primo luogo, la professionalità, che ha contraddistinto per anni una grossa parte della produzione radiotelevisiva svizzera. In secondo luogo, un rapporto più equilibrato con il pubblico che distin-gueva chiaramente, mi pare, la radiotelevisione di servizio pubblico da quelle private. Questo ha anche a che vedere con le riflessioni sull’origi-nalità della produzione.

Umberto Eco sottolineava come i social network abbiano dato libertà di parola anche agli imbe-cilli. Può ancora esistere oggi la figura dell’intel-lettuale ascoltato e rispettato, oppure è tramon-tata per sempre? Come attestano alcune belle interviste concesse alla

radio svizzera, Umberto Eco fu tra i primi a studiare il forte legame tra atteggiamento e ruolo dell’intellettuale e mezzi di comunicazione. Credo che gli imbecilli abbiano sempre avuto modo di esprimersi ampiamente; se si pensa a certi fenomeni di intellettuali mediatici, ascoltati e rispet-tati appunto, ma pericolosi nel loro essere intellettuali solo perché mediatizzati, si capisce però molto bene il pensiero di Eco. È un fenomeno generale: ci sono persone ormai che non fanno altro se non coltivare la propria fama. In effetti, nessuno sa che pro-fessione esercitino. Non sembra peraltro interessare molto: è preoccupante. Tor-nando agli intellettuali sta a loro, mi pare, interrogarsi su come si siano messi a disposizione dei media e di un pensiero dominante, sfuggendo così al loro ruolo mag-giore, ancorché scomodo: quello di critica e di denuncia. In questo senso, penso abbia ragione Enzo Traverso quando afferma che i veri intellettuali vadano ormai cercati altrove, nei luoghi più nascosti e meno mediatizzati di certa ricerca di base. Questo significa però riflettere su come far circolare queste critiche e vegliare affinché queste presenze possano persistere nelle nuove logiche accademiche e della ricerca, non dissimili da quelle mediatiche.

Il giornalista vs l’uomo di cultura (natural-mente l’uno non esclude l’altro). Possono en-

trambi raccontare l’attualità e la cronaca dei nostri giorni con la stessa autorevolezza? Certo che possono. Devono direi. Sono funzioni peral-

tro a volte intercambiabili. Il problema ancora una volta risiede nella professionalità, nei margini di manovra, concessi ma anche richiesti dagli stessi protagonisti, e in ultima analisi, nella consa-

pevolezza della responsabilità del proprio ruolo.

Fare cultura alla radio oggi, nell’era del mordi e fuggi, significa rivolgersi a un’élite?

La questione della cultura alla radio, e in seguito alla televisione, si è posta

sin dagli esordi di questi media. Certo, cambia la defini-zione di cultura, ma se si prende la definizione lata, ossia l’insieme delle conoscenze, e dunque si pensa alla cultura alla radio come la necessità di trasmettere, approfondire, spiegare tutti gli aspetti della nostra e delle altre società, io continuo a credere che si possa e si debba fare cultura: è una questione di civiltà … e di servizio pubblico.

Lei segue con attenzione anche la tematica delle pari opportunità. Giornaliste e intellettuali ita-liane alla radio svizzera nell’epoca coperta dal suo libro. Ci dice due parole su questo aspetto? Le due parole sono presto dette: poche donne. Questo

a dimostrazione del fatto che la radio (come la televisione) si adegua alla distinzione di genere presente nel campo cul-turale, integrata peraltro spesso dalle stesse protagoniste, com’è stato ampiamente dimostrato dagli studi in questo campo. Peraltro anche le ricerche che ho coordinato nel

campo delle pari opportu-nità mostrano le necessità di miglioramenti in questo senso, aspetto riconosciuto dai passi compiuti dalla Di-rezione generale nell’ultimo

periodo. Del resto, è conosciuto che questi progressi tendono a retrocedere velocemente nei periodi di crisi. Nulla

è acquisito per sempre.

STA AGLI INTELLETTUALI INTERROGARSI SU COME SI SIANO MESSI A DISPOSIZIONE DEI MEDIA E DI UN PENSIERO DOMINANTE, SFUGGENDO COSÌ AL LORO RUOLO MAGGIORE, ANCORCHÉ SCOMODO: QUELLO DI CRITICA E DI DENUNCIA

CONTINUO A CREDERE CHE ESISTA UNA SPECIFICITÀ DEL SERVIZIO PUBBLICO, GARANTE DELLA DIVERSITÀ E DELLA CREATIVITÀ TRASVERSALE AI GENERI RADIOTELEVISIVI. BANALIZZARE QUESTI ASPETTI PARLANDO DI UNA NON MEGLIO DEFINITA MISSIONE DI SERVIZIO PUBBLICO RIDISTRIBUIBILE SU TUTTE LE RADIOTELEVISIONI È UN GRAVE ERRORE

IL LIBRO DI NELLY VALSANGIACOMO È DISPONIBILE ANCHE IN PDF SUL SITO DELLE EDIZIONI CASAGRANDE. Le voci degli intellettuali italiani ospiti e collaboratori

della radio svizzera possono essere riascoltate

grazie a una pagina web creata a complemento del

volume di Nelly Valsangiacomo, sul sito della RSI.

Maggiori informazioni a pag. 32

RUBRICA “CORSI FUORI” APPUNTAMENTO CON IL MONDO CHE CI GUARDA E CHE CI PARLA

Page 30: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 30

Page 31: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 31

“NULLE ARCHIVE SANS DEHORS”Negli ultimi anni gli archivi della SSR sono stati al

centro di importanti riflessioni. In una società in cui le immagini, i suoni, i testi e i video invadono i nostri schermi, in cui le fonti e i flussi di informazione si moltiplicano, ci si trova confrontati con la valorizzazione dei fondi e la necessità di individuare nuovi utilizzi e nuove pratiche per realizzare e sostenere i progetti di natura patrimo-niale o legati alla diffusione mediatica. Come contenuto e contenente, l’archivio audiovisivo è il prisma attraverso il quale si creano i ricordi, grazie anche alla conservazione e riproposizione di testimonianze, interpretazioni e reinter-pretazioni. L’archivio non esiste senza esteriorità, diceva bene Jacques Derrida nel suo Mal d’archive. Inoltre, un archivio audiovisivo come quello della SSR deve far convi-vere i bisogni di conservazione a lungo termine insieme alle tempistiche tipiche della produzione mediatica.

Aprire gli archivi della SSR è quindi un passo fondamentale per sottoline-are l’importanza e il valore stesso dell’archivio, il cui nodo - la memoria audiovisiva del Paese - è evidente ma non per questo scontato. Accesso, pubblico e fondi: sono questi i tre aspetti fondamentali intorno a cui ruota la sfida di ogni giorno per chi lavora alle Teche RSI.

LE CHIAVI PER APRIRE L’ARCHIVIONell’era di Internet, che ci ha abituati a un’apparente

immediatezza, il concetto di accessibilità può sembrare assodato. L’archivio però, per sua natura, è raggiungibile solo dopo una serie di passaggi: l’acquisizione del supporto, che può essere materiale o immateriale, la prassi di catalo-gazione, la ricerca nella banca dati. Oggi questi passaggi non devono essere un ostacolo. Gli utenti delle Teche sono principalmente di due tipi: da una parte l’utente interno, dunque le redazioni giornalistiche, dall’altra il pubblico. Il denominatore comune, la chiave per aprire l’archivio, è l’autonomia offerta nella consultazione. Utilizzando un’unica banca dati, il Catalogo multimediale (CMM), l’utente interno può accedere a tutto il materiale audiovi-

sivo archiviato, anche quello meno recente, reso fruibile grazie ai progetti digitalizzazione in corso. Il motore di ricerca Sinequa permette inoltre di accedere intuitivamente non solo al CMM ma anche all’archivio degli articoli di stampa, a quello fotografico e ai Feed RSS di diverse testate giornalistiche. Con qualche filtro legato ai diritti, l’utente esterno può fruire delle stesse informazioni utilizzando l’interfaccia Mmuseo consultabile in 12 biblioteche del Cantone. A studenti e storici è anche offerta l’opportunità di interrogare l’archivio presso la RSI, dove possono ap-profittare della consulenza degli esperti delle Teche.

L’ARCHIVISTA ARCHIVIATO?Alla RSI è il documentalista che ha il compito di ren-

dere disponibili agli utenti le oltre 400 mila ore di materiale audiovisivo in un gioco di equilibrio tra i bisogni di con-

servazione a lungo termine e la frenesia di un ambiente produttivo in cui l’attualità è prioritaria. Le evoluzioni tecnologiche permettono di automatizzare parte del

lavoro. Ma se l’utenza è autonoma e la tecnologia automatizza l’inserimento dei dati, a cosa serve l’archi-

vista audiovisivo? Chi lavora nelle Teche sa di doversi pe-riodicamente reinventare, adeguandosi alla produzione ma mantenendo l’esperienza accumulata in 30 anni di esistenza del settore. Il contatto attivo con l’associazione professionale di categoria BAD-SI (Bibliotecari documentalisti archivi-sti della Svizzera italiana) e il coinvolgimento in qualità di membri in seno a diverse commissioni della FIAT/IFTA (Federazione internazionale degli archivi di televisione) per-mettono un costante aggiornamento per quanto riguarda le novità nel campo, un confronto con altre realtà simili e al contempo assicurano visibilità e un ruolo concreto nella formazione di apprendisti in Gestione dell’informazione e della documentazione.

Nonostante Internet abbia da tempo sostituito il torchio da stampa non va dimenticato che esiste una co-noscenza stratificata, strutturata e organizzata. Mantenere viva questa consapevolezza è compito dell’archivista.

a cura di SARAH-HAYE AZIZ, RESPONSABILE TELETECA E DOCUMENTAZIONE SCRITTA RSI

SORRY, WE ARE OPEN!

NONOSTANTE INTERNET ABBIA DA TEMPO SOSTITUITO IL TORCHIO DA STAMPA NON VA DIMENTICATO CHE ESISTE UNA CONOSCENZA STRATIFICATA, STRUTTURATA E ORGANIZZATA. MANTENERE VIVA QUESTA CONSAPEVOLEZZA È COMPITO DELL’ARCHIVISTA

Una nuova rubrica alla scoperta degli archivi audiovisivi della RSI

Page 32: Per.corsi aprile 2016

CORSI DIETRO LE QUINTE 32

UNA STORIA INFINITATra i compiti del servizio pubblico - e dunque degli

archivi - c’è anche quello di partecipare alla creazione di una memoria collettiva che sia aperta a tutti. Come nella Storia infinita di Michael Ende in cui il protagonista del romanzo entra a far parte del racconto che sta leggendo, per esistere gli archivi devono abbattere la barriera tra la memoria collettiva custodita e chi ne è protagonista. I fondi delle Teche RSI sono quindi accessibili in modo ragionato e funzionale: l’utente, il pubblico, può infatti decidere di navigare tra i contenuti seguendo i tagli editoriali propo-sti, oppure può muoversi all’interno di questa memoria collettiva guidato dalla propria curiosità. Una volontà di apertura che comporta delle profonde riflessioni di tipo sociale e politico. In fondo, se oggi quel che chiamiamo passato è fatto di bit, nel diluvio dell’informazione in cui viviamo, ognuno di noi contribuisce a creare questa me-moria per il futuro. Ma questa è un’altra Storia e dovrà essere raccontata un’altra volta.

QUANDO L’ARCHIVIO PARLA DI SÉIl compito di salvaguardia del patrimonio audiovisivo -

che è parte del ruolo di servizio pubblico svolto dall’Azienda - passa anche attraverso la restituzione della memoria collettiva al pubblico con la realizzazione di produzioni televisive, ra-diofoniche e web dedicate agli archivi. Ricordiamo Moviola 340, C’ero anch’io, Meno 30, 20 anni senza Mimì e Decadi in TV, mentre su RSI+ (HbbTV) vengono regolarmente pre-sentati dossier tematici con materiale proveniente dalle Teche. Inoltre utilizzando la piattaforma Play RSI, un’applicazione che consente di seguire in diretta sui dispositivi mobili la programmazione della RSI, è anche possibile rivedere tutti i contenuti diffusi dai media tradizionali. Infine, una serie di iniziative sul territorio - i Totem, le postazioni interattive tematiche sviluppate in collaborazione tra RSI e SUPSI con il sostegno della CORSI e le serate pubbliche dedicate all’ar-chivio dei filmati privati intitolate Come eravamo - arrivano al cuore della gente e sono state riconosciute a livello interna-zionale per il loro carattere innovativo e l’originale modalità di avvicinamento del pubblico.

Lo SapevaTeche? Il sito della RSI offre una pagina web che raccoglie alcuni documenti sonori delle Teche a complemento della

pubblicazione Dietro al microfono. Intellettuali italiani alla Radio svizzera (1930-1980) di Nelly Valsangiacomo. Lo studio, con le

sue numerose sfaccettature, è un esempio concreto dell’importanza dell’accessibilità degli archivi e di come le fonti audiovisive

possano essere finalizzate a riflettere sulla società. Il tema proposto, la presenza di grandi nomi della cultura italiana alla Radio

svizzera, è affasciante per i diversi ambiti che va a indagare. Un fascino rafforzato dalle voci radiofoniche, così misteriose, eppure

così vicine, di chi ha fatto la storia delle idee del Novecento, riascoltabili in pochi click. www.rsi.ch/dietroalmicrofono

Page 33: Per.corsi aprile 2016

33

P ABLO NADIR YANNIK GIANINAZZI (1983) è un fotogiornalista ticinese dell’agenzia TiPress, che è partner di Keystone (Zurigo) per la copertura

nazionale e attiva nel circuito EPA “European Press Photo Agency” su scala internazionale. Collabora con diversi media della Svizzera italiana su tematiche di cronaca e realizzando reportage d’approfondimento su tutto il territorio ticinese. A febbraio 2016 si è aggiudicato due terzi posti nell’ambito del ‘Swiss Press Photo Award’, nelle categorie ‘Vita quotidiana’ con un reportage sulle suore Brigidine, e ‘Attualità’ con una singola immagine d’agenzia “In tasca un sogno”, che ritrae la perquisizione di un profugo alla stazione di Chiasso. Di sé e del suo lavoro dice: “amo osservare con discrezione il ‘dietro le quinte’ e scrutare i vari contrasti della verità”.

Quali trasmissioni segue con parti-colare interesse e piacere alla RSI (radio, TV, web)? Gli orari irregolari della

mia professione mi impedi-scono di seguire con regolarità i programmi televisivi, ma abi-tualmente, quando possibile, seguo il Telegiornale per interesse personale e non. La radio è invece la “compagna di viaggio” più fedele durante le mie gior-nate, in particolar modo la simpatia di Rete Tre mi segue durante i vari spostamenti, ma in più occasioni mi confronto anche con RSInews che presenta un interessante ventaglio d’informazioni d’attualità con un occhio di riguardo per la fotografia.

Cosa le piace sulle reti della concorrenza (sviz-zera, italiana, internazionale)?In generale apprezzo molto il confronto. Trovo in-

teressante ed utile poter analizzare più fonti riguardanti lo stesso tema, specie se di ideologie e principi diversi,

questo mi aiuta a trovare la mia risposta, la mia presa di posizione. Nonostante possa essere anch’esso ‘manipolato’, apprezzo molto anche il programma NOCOMMENT di Euronews perché attraverso le immagini ‘mute’, permette la creazione di un’opinione personale e lo sviluppo di un pensiero proprio… A volte non servono commenti.

Se potesse aggiungere un programma al nostro palinsesto, cosa suggerirebbe?

Più che un singolo pro-gramma manca una realtà mediatica prettamente gio-vanile, capace di informare, documentare, intrattenere e sollevare confronti con uno stile esuberante e disinibito. Nonostante venga già dato molto spazio nei vari pro-grammi radiotelevisivi, l’ap-proccio utilizzato nel tempo continua ad esprimersi con un linguaggio troppo co-struito, il quale a mio giu-dizio rischia di “mancare il bersaglio” in termini di comunicazione. Opterei per un mensile digitale.

Una critica alla nostra radiotv… Un grande pregio della RSI, che secondo me rispec-

chia la cultura caratteriale Elvetica nella sua capacità di scindere tra volere, potere e dovere è quello di saper presen-tare programmi capaci di non “intrappolare” lo spettatore, ma intrattenerlo ed informarlo con corretta professiona-lità. Questa qualità rischia però, a volte, di scivolare nella monotonia, incapace di stare al passo con i tempi. Trovo un po’ noiosi i giochi a premio, la grafica visiva ed audio.

a cura di CHIARA SULMONI, SEGRETARIATO CORSI

PABLO NADIR YANNIK GIANINAZZI

RUBRICA LA MIA RADIOTV

Page 34: Per.corsi aprile 2016

RUBRICA: CORSI IN BUCALETTEREGIORNALISTI E PENNE NOTE CI SCRIVONO 34

© RSI

Page 35: Per.corsi aprile 2016

35

N on ho niente da insegnare a nessuno. E tanto meno a chi lavora alla RSI. Vorrei dunque co-gliere l’invito che mi è stato fatto di discutere di

voi, in casa vostra, come un’opportunità per condividere alcune riflessioni. Cercherò di farlo con rispetto ma con schiettezza: per questo, credo, è stata richiesta la mia opi-nione. Con una premessa: c’è molto più da salvare che da buttare a Comano. A mio avviso sono due le questioni decisive per il futuro della radiotelevisione pubblica: l’orga-nizzazione aziendale e il coraggio. Molti dei problemi della RSI, così come, soprattutto, delle occasioni mancate, non nascono per responsabilità di chi sta in cima o ai piedi della piramide aziendale. La causa delle difficoltà va principalmente ricercata in quell’ampia fascia grigia posizionata nel mezzo. Il terrario di mezzo, si potrebbe dire con una battuta. Non so come definire correttamente questi dipendenti e non intendo generalizzare. Ma, giusto per capirci, penso a tutta quella pletora di “quadretti” e “mezzi quadri”, “capini” e “sotto capi”, “coordinatori” e “caporali di gruppi di lavoro”, che trasformano le loro mezze responsabilità in un potere paralizzante, tipico delle caste. Un blocco che impedisce all’azienda di proiettarsi nel futuro. È umano: chi conta e vale poco, per contare e valere qualcosa, deve vagliare, frenare, rivedere, dire di “ni” e di “no”. È umano ma il risultato è devastante. Decisioni che si potrebbero prendere in cinque minuti si trasformano in vicoli ciechi. I progetti rimbalzano da un piano all’altro fino ad essere stravolti. E a chi ha voglia di fare, la voglia passa alla svelta. Diventa conveniente fare il proprio e nulla più. Non solo: questo meccanismo perverso è il virus all’origine di ogni spreco. Nessuna medicina sarà risolutiva fintanto che non sarà azzerato questo “sistema”. Purtroppo non si può chiedere a chi ha delle responsabi-lità a Comano di assumersi il compito. Diciamocelo con franchezza: sarebbe arso vivo in poco tempo. La RSI è irriformabile dal suo interno: tocca a Berna farsi carico del lavoro sporco. Un’operazione indispensabile, e vengo al secondo punto, proprio per liberare i talenti, le energie e le professionalità migliori dell’azienda. E su questo aspetto,

invece, i quadri ticinesi possono fare di più. In particolare devono assumersi la responsabilità di fare scelte corag-giose. Il coraggio di capire che se la televisione generalista è in crisi vanno abbandonati i format generalisti che nascono già vecchi. Il coraggio di sperimentare prendendosi il ri-schio dell’insuccesso. Il coraggio di aprirsi al mondo social diffondendo i propri contenuti. Il coraggio di fregarsene della politica, di abbandonare quell’attitudine da gruppo di auto-aiuto che produce solo auto-censure. Smettetela di aver paura della vostra ombra, di tirare il freno a mano an-cora prima di partire, di crogiolarvi nella sindrome di Cali-

mero. Siete bravi! Le uniche voci da ascoltare, senza pre-giudizi, sono le critiche, gli stimoli e i suggerimenti che arrivano dal pubblico, cioè dai clienti. E il momento di

avere coraggio è adesso: è proprio nella bufera che bisogna saper osare. Ma per non parlare di aria fritta,

facciamo qualche esempio concreto, con nomi e cognomi. Bisognerebbe investire in 60 minuti. All’indiscutibile bra-vura di Reto Ceschi (a proposito: sarebbe una follia se si ritirasse dal video) andrebbero sommati dei contenuti per stimolare il dibattito. Meno ospiti e più drammaturgia. La RSI ha in casa un formidabile showman come Nicolò Caso-lini: mandatelo in onda a far divertire il pubblico, con una spalla, in tv e in seconda serata. Per il numero di persone che ci lavorano, è incredibile che il sito internet sia così irrilevante. La RSI ha in casa un fenomeno che si chiama Joe Pieracci: è di gran lunga il più bravo e competente giornalista-sviluppatore ticinese sull’online. Affidategli il web. Si potrebbe continuare ma meglio fermarsi qui con i consigli non richiesti. Anche perché sono tantissimi i nomi che si potrebbero fare settore per settore. Tutto questo per dire che la RSI per uscire dalla crisi dovrebbe fare una cosa molto semplice: mettere i suoi talenti nelle condizioni migliori per esprimersi. Buon lavoro.

di ANDREA LEONI, GIORNALISTA, LIBERATV.CH

“IL MOMENTO DI AVERE CORAGGIO È ADESSO”

LE UNICHE VOCI DA ASCOLTARE, SENZA PREGIUDIZI, SONO LE CRITICHE, GLI STIMOLI E I SUGGERIMENTI CHE ARRIVANO DAL PUBBLICO, CIOÈ DAI CLIENTI. E IL MOMENTO DI AVERE CORAGGIO È ADESSO: È PROPRIO NELLA BUFERA CHE BISOGNA SAPER OSARE

RUBRICA: CORSI IN BUCALETTEREGIORNALISTI E PENNE NOTE CI SCRIVONO

Page 36: Per.corsi aprile 2016

Tutte le informazioni si trovano su www.corsi-rsi.ch Siamo anche su FB e Youtube.

Il tagliando di iscrizione online è disponibile sul nostro sito oppure scaricabile in versione cartacea. Potete anche raggiungerci al telefono allo 091 803 65 09 / 60 17Vi aspettiamo!

LA CORSI È UN PONTE FRA LA RSI E IL SUO PUBBLICO(MA SPECIALMENTE VICEVERSA)

CALENDARIOMERCOLEDÌ 11 MAGGIO ORE 18.30—LUGANO, STUDIO 2 RSI —DIETRO AL MICROFONO.SERATA DEDICATA AL LIBRO

VENERDÌ 20 MAGGIO ORE 15.30—LUGANO, AUDITORIO STELIO MOLO—ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI CORSI

MARTEDÌ 5 LUGLIO ORE 20.30 —BELLINZONA—CONCERTO DEL MONTEBELLO FESTIVAL 2016

VENERDÌ 30 SETTEMBREORE 10.15 —LUGANO, AUDITORIO STELIO MOLO —GIORNATA NAZIONALE SRG SSR 2016

SE VOLETE PARTECIPARE AL DIBATTITO SUL SERVIZIO PUBBLICO RADIOTV, NON PERDETE I NOSTRI EVENTI E LE NOSTRE INIZIATIVE: SERATE, CONFERENZE, INCONTRI SUL TERRITORIO, ARTICOLI E INTERVENTI SUI MEDIA.