Pagine da biologia dello sport

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La biologia dello sport è un settore di studio specializzato interdisciplinare, che si basa sulle scienze che studiano la conformazione e la strut- tura (anatomia), le funzioni e i processi vitali (fisiologia) del corpo umano, utilizzando le cono- scenze della genetica, dell’igiene, della pedago- gia dello sport, della medicina sportiva, della teoria dell’allenamento, della sociologia dello sport, come anche le esperienze che riguardano le alterazioni e le patologie dell’apparato loco- motorio (ortopedia) e le conoscenze sullo svilup- po psicofisico e sull’invecchiamento (Geriatria/ Gerontologia). Soprattutto la fisiologia dello sport si occupa, in particolare, del funzionamento e delle presta- zioni fornite dagli organi corporei durante lo svolgimento dei carichi sportivi. L’ igiene dello sport comprende tutte quelle misure che permettono di mantenere e promuo- vere la salute nel campo dello sport. La medicina dello sport – che si è sviluppata partendo dalla traumatologia dello sport, che si occupa del trattamento degli infortuni sportivi acuti – come la biologia dello sport rappresenta una scienza interdisciplinare ed è definibile come il tentativo pratico e teorico della medicina: di analizzare come il movimento, l’allena- mento e l’attività sportiva competitiva, ma ovviamente anche la mancanza di movimen- to, influiscono su soggetti sani e malati di ogni età; di utilizzare i dati della prevenzione, della terapia e della riabilitazione, come anche dello stesso sport. Nelle preoccupazioni della medicina sportiva tro- viamo in primo piano la prevenzione delle patolo- gie da carenza di movimento (malattia ipocineti- ca). Vi è una stretta interrelazione tra biologia dello sport e medicina dello sport. In molti settori è difficile separarle, oppure è possibile farlo solo se si scende notevolmente nei dettagli. Il modo di trattare la materia o i tentativi di definizione della biologia dello sport spesso mostrano di avere un punto di partenza quasi identico con essa. La biologia dello sport, come la medicina dello sport, cerca di esporre quale sia l’influsso del movimento o dell’attività fisica sull’organi- smo dell’uomo e di spiegare quali siano i mecca- nismi che agiscono nel determinare i fattori influenti che possono formare la capacità di pre- stazione fisica o sportiva. Rispetto alla medicina dello sport, però, la biologia dello sport – sebbe- ne ne utilizzi i risultati – si occupa solo marginal- mente dei metodi di misura che servono a deter- minare la capacità di prestazione fisica o sporti- va, come anche dei metodi di ricerca e delle misure terapeutiche utilizzati dalla medicina dello sport. CAPITOLO 1 3 DEFINIZIONE DEL CONCETTO, DEGLI SCOPI E DEI CONTENUTI DELLA BIOLOGIA DELLO SPORT E DELLE DISCIPLINE LIMITROFE CAPITOLO 1 In termini molto generali, la biologia dello sport può essere definita la scienza che studia l’uomo in quanto essere vivente durante la sua pratica sportiva.

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Attraverso una esposizione della struttura e delle funzioni dei principali apparati e sistemi di organi del corpo umano, Biologia dello sport fornisce le basi per la comprensione dei processi biologici di adattamento all'attività fisica e all'allenamento sportivo. http://www.calzetti-mariucci.it/shop/prodotti/biologia-dello-sport

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La biologia dello sport è un settore di studiospecializzato interdisciplinare, che si basa sullescienze che studiano la conformazione e la strut-tura (anatomia), le funzioni e i processi vitali(fisiologia) del corpo umano, utilizzando le cono-scenze della genetica, dell’igiene, della pedago-gia dello sport, della medicina sportiva, dellateoria dell’allenamento, della sociologia dellosport, come anche le esperienze che riguardanole alterazioni e le patologie dell’apparato loco-motorio (ortopedia) e le conoscenze sullo svilup-po psicofisico e sull’invecchiamento (Geriatria/Gerontologia).

Soprattutto la fisiologia dello sport si occupa,in particolare, del funzionamento e delle presta-zioni fornite dagli organi corporei durante losvolgimento dei carichi sportivi.

L’igiene dello sport comprende tutte quellemisure che permettono di mantenere e promuo-vere la salute nel campo dello sport.

La medicina dello sport – che si è sviluppatapartendo dalla traumatologia dello sport, che sioccupa del trattamento degli infortuni sportiviacuti – come la biologia dello sport rappresentauna scienza interdisciplinare ed è definibile comeil tentativo pratico e teorico della medicina:

• di analizzare come il movimento, l’allena-mento e l’attività sportiva competitiva, maovviamente anche la mancanza di movimen-to, influiscono su soggetti sani e malati diogni età;

• di utilizzare i dati della prevenzione, dellaterapia e della riabilitazione, come anchedello stesso sport.

Nelle preoccupazioni della medicina sportiva tro-viamo in primo piano la prevenzione delle patolo-gie da carenza di movimento (malattia ipocineti-ca).

Vi è una stretta interrelazione tra biologia dellosport e medicina dello sport. In molti settori èdifficile separarle, oppure è possibile farlo solo sesi scende notevolmente nei dettagli. Il modo ditrattare la materia o i tentativi di definizionedella biologia dello sport spesso mostrano diavere un punto di partenza quasi identico conessa. La biologia dello sport, come la medicinadello sport, cerca di esporre quale sia l’influssodel movimento o dell’attività fisica sull’organi-smo dell’uomo e di spiegare quali siano i mecca-nismi che agiscono nel determinare i fattoriinfluenti che possono formare la capacità di pre-stazione fisica o sportiva. Rispetto alla medicinadello sport, però, la biologia dello sport – sebbe-ne ne utilizzi i risultati – si occupa solo marginal-mente dei metodi di misura che servono a deter-minare la capacità di prestazione fisica o sporti-va, come anche dei metodi di ricerca e dellemisure terapeutiche utilizzati dalla medicinadello sport.

CAPITOLO 1 3DEFINIZIONE DEL CONCETTO,DEGLI SCOPI E DEI CONTENUTI DELLA BIOLOGIA DELLO SPORTE DELLE DISCIPLINE LIMITROFE

CAPITOLO 1

In termini molto generali, la biologia dellosport può essere definita la scienza che studial’uomo in quanto essere vivente durante la suapratica sportiva.

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Se si vuole trattare lo sport dal punto di vistadella biologia dello sport è necessario che – alloscopo di esporre in modo preciso i singoli aspettidei temi che essa affronta – si chiariscano, defi-nendoli, alcuni concetti rilevanti per lo sport inquestione. Come mette in risalto la tabella 1, losport si presenta sotto forme diverse, che a lorovolta si manifestano tramite forme di azione esettori di obiettivi diversi. La spiegazione attra-verso la loro definizione dei concetti riportatinella tabella 1 evidenzierà che, sotto l’aspettodella biologia e della medicina dello sport, ledefinizioni dei concetti della scienza dello sportche sono sempre stati interpretati in senso lato,talvolta sono soggetti ad una notevole limitazio-ne alle sole caratteristiche rilevanti per questediscipline. Per permettere una migliore comprensione diquanto esporremo, occorre, anzitutto chiarire ilconcetto di sport, esponendo brevemente leforme che esso assume.Nel settore della scienza dello sport, il grandenumero di significati attribuiti al concetto di

sport nel linguaggio comune ne rende impossibi-le una sua precisa delimitazione. La definizionedel concetto “sport” si basa non tanto su analisiscientifiche delle sue dimensioni quanto sull’usoquotidiano che ne viene fatto dal punto di vistateorico, come anche su legami con formazionisociali, economiche, politiche e giuridiche, che sisono sviluppati e tramandati storicamente e chehanno portato al continuo cambiamento dellasua interpretazione. Attività motorie e interazioni sociali sono le princi-pali caratteristiche dello sport. Se le osserviamodal punto di vista teorico le azioni sportive in uncerto qual modo sono azioni “superflue”, nelsenso che non sono determinate da obblighi e esi-genze della vita quotidiana o del lavoro. Ciò nonsignifica che non abbiano degli scopi, ma questiultimi non sono soggetti soltanto a considerazionidi tipo utilitaristico (Röthig, Prohl 2003, 494). Lo sport, se lo si osserva dal punto di vista dellabiologia e della medicina dello sport, assume unsignificato il cui contenuto cambia secondo leforme d’azione e di manifestazione.

DEFINIZIONI GENERALI DEI CONCETTI4DEFINIZIONE DEI CONCETTI CHE RIGUARDANO LE FORME DI MANIFESTAZIONE, LE FORME DI AZIONE E I SETTORI DEGLI OBIETTIVI DELLO SPORT

CAPITOLO 2

Forme di manifestazione Sport di massa, sport per la salute, sport per disabili, sport per gli anziani, sport di prestazione, sport di prestazione elevata

Forme di azione Esercizi, allenamento, gara

Settore di obiettivi Miglioramento della salute e/o della prestazione sportiva grazie all’aumento della capacità di e della disponibilità alla prestazione Piacere di muoversi Interazioni sociali

TABELLA 1 Forme di manifestazione, di azione e settori di obiettivi dello sport.

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Per comprendere meglio gli effetti dell’attivitàfisica o sportiva sull’organismo umano è assolu-tamente importante conoscere i processi di adat-tamento che vi si svolgono grazie ad essa.

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

LE LEGGI BIOLOGICHE

Una delle leggi più importanti della natura è lacapacità che gli esseri viventi posseggono diadattarsi alle diverse condizioni (stimoli) del-l’ambiente.

Le interrelazioni tra forma e funzione dell’organi-smo che si basano su leggi della natura rappre-sentano i fondamenti biologici delle leggi dell’al-lenamento. Già nel 1895 Roux attirò l’attenzionesu queste relazioni fondamentali:

Questa interdipendenza tra forma e funzionedell’organo è illustrata nella figura 4. Senza que-sta struttura funzionale interattiva, l’organismoumano non avrebbe la possibilità di adattarsi ai

CAPITOLO 3 15I PRINCIPI GENERALI DEL FENOMENO DELL’ADATTAMENTO

CAPITOLO 3

Nella biologia, per adattamento s’intende fon-damentalmente quel processo attraverso ilquale l’organismo si adegua dal punto di vistaorganico e funzionale alle richieste interne edesterne che gli vengono poste. Adattamento èil riflesso delle reazioni interne dell’organismo,l’acquisizione interna delle richieste che glivengono poste, che avviene secondo sue leggied è diretto a migliorare le modalità con lequali l’organismo risponde alle sollecitazioniche esse inducono. In esso si concretizza lostato interno di una migliore capacità funzio-nale; l’adattamento è riferibile a tutti i livelligerarchici dell’organismo. Adattamento e capa-cità di adattamento fanno parte dell’evoluzio-ne e rappresentano una importante caratteristi-ca della vita. Gli adattamenti sono reversibili edebbono essere riacquisiti continuamente(Israel et al.1983, 141).

L’adattamento è la legge più importante eduniversale della vita.

La forma dell’organo determina la funzione,che a sua volta sviluppa, forma e specializzal’organo.

FunzioneForma organica

OrganoSistemi di organi

Organismo

FIGURA 4 I rapporti reciproci tra forma organica e funzione.

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Come si può rilevare dalla figura 2, la capacità diprestazione sportiva dipende da una pluralità difattori che, entro i confini dell’espressione fisicae psichica della prestazione, svolgono, in misuratra loro diversa, un’azione limitante per la pre-stazione stessa. Quali siano i confini della capa-cità di prestazione, quindi, può essere esaminatosotto aspetti diversi come, ad esempio, dal puntodi vista dell’apparato d’appoggio, di sostegno elocomotorio, del sistema cardiopolmonare emetabolico (ad esempio, negli sport di resisten-za), del sistema coordinativo (ad esempio, neglisport cosiddetti tecnico-compositori) e dellagenetica (cfr. Fröhner 2000, 18 e segg.; Neu-mann, Berbalk 2000, 24 e segg.; Hollmann,Mader 2000, 11 e segg.; Knoll, Knoll, Köthe2000, 33 e segg.; Mester, Perl 2000, 43 e segg.;Sergijenko 2000, 40).

Oltre che dai fattori che abbiamo già citato, lamisura dell’adattamento è notevolmente influen-zata dal tipo di sport praticato e dal talento (cfr.pagina 415) verso di esso del quale si dispone.Gli sport a indirizzo “unilaterale” – come alcunisport che sono “puramente” di resistenza, diforza o di rapidità – in generale consentono unarealizzazione del genotipo maggiore che neglisport “complessi”, nei quali la prestazione èdeterminata da più fattori o caratteristiche. Per-ciò, è possibile fornire dati precisi su quali siano ilimiti delle prestazioni sportive che si possonoottenere solo per gli sport a indirizzo organico-muscolare unilaterale, in quanto essi dipendonosoprattutto dal potenziale di allenabilità dellesingole forme di sollecitazione motoria.

CAPITOLO 4 25ZONE LIMITE DELL’ADATTAMENTO DELL’UOMO AD UN ALLENAMENTO SPORTIVO DI PRESTAZIONE ELEVATA

CAPITOLO 4

Le percentuali di miglioramento che un sogget-to non allenato può ottenere nelle principaliforme di sollecitazione motoria di tipo organi-co-muscolare (condizionali) sono:

• per quanto riguarda la resistenza genera-le aerobica dinamica (cfr. pagina 263) –espressa dal massimo consumo di ossigeno– circa il 40% (Hollmann, Hettinger 1980,440);

• per quanto riguarda la resistenza localeaerobica dinamica (cfr. pagina 257) daoltre 100 fino a oltre il 1000%. Essa rappre-senta la componente organico-muscolaredella prestazione umana più allenabile (Holl-mann, Hettinger 1980, 346);

• per quanto riguarda la forza – intendendocon essa la forza massima – il 40%, tenendoconto del livello iniziale (Hollmann, Hettinger1980, 246). Nel caso della forza, comunque,occorre tenere conto del diverso livello ini-ziale di forza dei singoli gruppi muscolarinella vita di tutti i giorni (ad esempio, l’ele-vato grado di allenabilità dei muscoli masti-catori);

• per quanto riguarda la rapidità – tra tutti ifattori fisici della prestazione siamo di frontealla capacità che è maggiormente determi-nata da fattori genetici (Kovar 1976, 205) –solo il 15-20% e in casi particolari anche dimeno (Hollmann, Hettinger 1980, 288).

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NOZIONI GENERALI SULLA STRUTTURA, IL FUNZIONAMENTO E IL METABOLISMO DELLA MUSCOLATURA

Per potere comprendere quali siano gli effettispecifici degli stimoli prodotti dal carico e dall’al-lenamento sul sistema neuromuscolare ed ener-getico che saranno oggetto della successivaesposizione (cfr. pagina 253) delle forme princi-pali di sollecitazione motoria, illustreremo sinte-ticamente le basi anatomo-fisiologiche di ambe-due i sistemi. Per questa ragione, dapprima spie-gheremo le caratteristiche strutturali e funzionalidella cellula o della cellula muscolare e poi essesaranno discusse dal punto vista del metaboli-smo cellulare o muscolare, così importante per lacomprensione dei metodi di allenamento chesaranno poi applicati. Alla fine, si esporranno le modalità di funziona-mento dell’interazione neuromuscolare e i mec-canismi di regolazione del controllo dei movi-menti.

STRUTTURA DELLE CELLULE E DEI MUSCOLI – FUNZIONE DELLE COMPONENTI SUBCELLULARI

L’organismo umano è composto da circa 100bilioni di cellule, che si differenziano per gran-dezza e forma a seconda della loro funzione. Lafigura 11 fornisce un quadro generale dei molte-plici elementi strutturali di una cellula.

Dal punto di vista energetico, ogni stimolo provo-cato da un carico interessa la cellula, nel nostrocaso la cellula del muscolo; in questa nostra espo-sizione semplificata, il sistema circolatorio rappre-senta solo un meccanismo ausiliario, che devesoddisfare le necessità del metabolismo cellulareper quanto riguarda il rifornimento di ossigeno edi substrati, come anche la rimozione dei prodottiintermedi e finali di tale metabolismo.Qui di seguito tratteremo approfonditamente solole componenti subcellulari che sono funzional-mente più importanti per l’allenamento sportivo.Come messo in evidenza nella figura 12, la cellulaè avvolta da una membrana cellulare (che nellafibra muscolare corrisponde al sarcolemma). Lasua permeabilità agli elettroliti e alle sostanzeorganiche, la sua capacità di associazione con altrecellule, indicano che la membrana cellulare è unastruttura biologica complessa, fortemente specia-lizzata, nella quale sono localizzati i processi con-nessi con l’attività di trasporto (ad esempio,pompa del sodio e del potassio nella fase di ri-polarizzazione della membrana cellulare dopo lascomparsa [l’annullamento, NdC] di un potenzialed’azione).Alterazioni che interessino la membrana cellula-re, ad esempio un aumento della sua permeabili-tà, hanno conseguenze molto gravi per la capa-cità funzionale della cellula.

Il citoplasma (plasma cellulare) rappresenta lasostanza fondamentale e occupa circa il 70%dello spazio cellulare. Il metaplasma – che nellecellule muscolari viene chiamato anche sarcopla-sma –, gli organuli cellulari e le riserve cellulari

CAPITOLO 5 29MUSCOLATURA E ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 5

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Il sistema nervoso autonomo insieme al sistemaormonale (cfr. pagina 237) rappresenta il secondosistema di comunicazione deputato allo scambiod’informazioni tra i singoli organi del corpo. Essonon è soggetto al controllo volontario nella stessamisura del sistema nervoso somatico, sensomoto-rio, per cui viene definito sistema nervoso auto-nomo o vegetativo.

Il sistema nervoso autonomo permette l’adatta-mento delle funzioni dell’organismo alle necessi-tà del mondo esterno, in quanto adatta i processiendogeni del corpo ai carichi esterni.

STRUTTURA E FUNZIONAMENTODEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

Il sistema nervoso autonomo si compone di tresistemi parziali, ovvero del sistema simpatico,del sistema parasimpatico e del sistema ner-voso viscerale.Nella figura 38 sono rappresentate schematica-mente l’andamento e la posizione dei sisteminervosi simpatico e parasimpatico.

IL SIMPATICO

La maggior parte dei gangli simpatici sono di-sposti a coppia, paravertebralmente, a destra eda sinistra vicino alla colonna vertebrale. A questoproposito si parla di tronco simpatico destro esinistro.Gli organi effettori del simpatico sono rappre-sentati dalle fibre muscolari lisce di tutti gli orga-ni – come ad esempio, i vasi sanguigni, i visceri,gli organi endocrini e sessuali, le pupille, ecc. –,le fibre muscolari del miocardio ed una partedelle ghiandole – come, ad esempio, quellesudoripare, le ghiandole salivari o quelle pepti-che. Il simpatico svolge un’azione di stimolo suquesti sistemi di organi.Inoltre il sistema simpatico innerva le cellule adi-pose, le cellule epatiche, i tubuli renali e i tessutilinfatici: timo, milza e linfonodi.

IL PARASIMPATICO

Il parasimpatico – chiamato anche nervo vago– come già detto è l’opposto del simpatico e,quindi, svolge un’azione inibitoria. Però, diversa-mente dal simpatico, non innerva la muscolaturaliscia dei vasi delle arterie e delle vene e leghiandole sudoripare.

I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO56IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

CAPITOLO 6

Il sistema nervoso autonomo serve la muscola-tura liscia di tutti gli organi e sistemi di organicome anche del cuore e delle diverse ghiando-le. È estremamente importante per la regola-zione delle funzioni respiratorie, del sistema cir-colatorio, della digestione, del metabolismo,dell’increzione ghiandolare, della temperaturacorporea e della riproduzione.

Il simpatico ed il parasimpatico svolgono funzioniopposte e per lo più sono tra loro antagonisti, inquanto uno svolge un’azione di stimolo, l’altro difreno sull’azione dei diversi organi effettori.

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Attività sportive regolari – soprattutto un allena-mento della resistenza – provocano una predo-minanza crescente del parasimpatico con un“passaggio” al recupero, ad una maggiore eco-nomia del metabolismo e ad un’inibizione psichi-ca intesa come un aumento dell’equilibrio edella “tranquillità interna”. Parallelamente, i sistemi di organi stimolati dalsimpatico – tra gli altri il sistema ormonale conle sue ghiandole che producono i cosiddettiormoni della “prestazione” (adrenalina, nora-drenalina, ecc.) – attraverso adattamenti morfo-logici (ipertrofia) e funzionali (maggiore econo-mia di tutti i processi metabolici) aumentano le

loro capacità funzionali in direzione di unaumento della capacità generale psicofisica diprestazione.

I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO58IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO E L’ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 7

Però, attenzione: l’applicazione cronica di sti-moli eccessivi di allenamento – ad esempio, informa di superallenamento (pagina 627) – puòportare ad un’eccessiva prevalenza del simpa-tico in condizioni di riposo e così ad un ecces-so di sollecitazione della capacità di adatta-mento dell’organismo. Ne sono sintomi tipicil’ipereccitabilità, l’aggressività, l’insonnia, l’au-mento della frequenza cardiaca, ecc.

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LE BASI ANATOMO-FISIOLOGICHEDELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMAFUNZIONALE NEUROMUSCOLAREO DELLA MOTRICITÀ SPORTIVA

PRINCIPI GENERALI SUL CERVELLO

Il cervello è la sede della coscienza. Finora, le affer-mazioni che si possono fare riguardo ai presuppo-sti funzionali e strutturali della coscienza umanasono insufficienti. Dal punto di vista funzionale, lacoscienza presuppone un livello medio di attivitàdelle strutture nervose centrali interessate. Un’atti-vità nervosa troppo scarsa, come in stato di narco-si o di coma, od eccessiva come nel caso dell’epi-lessia o dell’elettroschock, non sono compatibilicon uno stato di coscienza. Dal punto di vistastrutturale, sicuramente, sembra che la coscienzasia possibile solo grazie all’interazione tra le strut-ture corticali e quelle subcorticali. Da sola ognunadi queste strutture è incapace di dare vita allacoscienza (cfr. Schmidt, Thews 1987, 156).

La corteccia cerebrale consiste in uno strato ditessuto nervoso che presenta numerose pieghe ecirconvoluzioni, che – secondo la zona del cervello– presenta uno spessore da 1,3 a circa 4,5 mm eforma l’involucro esterno dei due emisferi cere-brali. Se fosse distesa, la corteccia cerebrale copri-rebbe una superficie di circa 2200 cm2, che corri-sponde ad un quadrato di 47x47 cm (cfr. Hubel,Wiesel 1983, 123; Schmidt, Thews 1987, 135). Nella corteccia si alternano strati che contengo-no preminentemente neuroni con altri strati per-corsi soprattutto da assoni. Secondo la formadelle cellule, si distinguono sei strati alcuni deiquali si suddividono in due o più sottostrati. Il peso del cervello di un uomo sano va da 1000 a2230 grammi e in media è di 1330 grammi (cfr.Haaf 1987, 38). Il cervello della donna, in media,anche se è del 10% inferiore rispetto a quellodell’uomo, possiede un numero di neuroni para-gonabile in quanto la loro densità è maggioreche negli uomini (cfr. Witelson 1995, 3). Però, nelcorso della vita, secondo le relative attività cere-brali, il peso del cervello cambia a causa di cam-biamenti infrastrutturali specifici (processi cosid-detti di germinazione e di formazione di nuoveconnessioni). Perciò l’attività – ad esempio anchel’attività sportiva – o l’inattività cerebrale, comequella muscolare, si riflette in un’ipertrofia o inuna atrofia funzionale e morfologica (cfr. Stockin-ger 1995, 116).Il cervello è uno dei più grandi consumatori dienergia del corpo umano, che si esprime nellasua intensa irrorazione sanguigna e nel suo ele-vato bisogno di ossigeno. Sebbene il peso delcervello umano sia solo il 2% del peso corporeo,

CAPITOLO 8 59IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE

CAPITOLO 8

Il cervello rappresenta un sistema di controllodell’intero organismo dell’uomo, nel quale sonointegrati parallelamente elementi funzionali,come istinti ed emozioni, diverse prestazionimentali (ad esempio, memoria di lavoro, memo-ria a breve, medio e lungo termine) e la capacitàdi analizzare, riconoscere, sintetizzare nonchéquella di produzione creativa. La capacità di ana-lisi e di sintesi, l’originalità e le capacità mnemo-niche sono riassunte nel concetto di “intelligen-za” (cfr. Hollmann et al. 1993, 479).

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Il sistema cardiocircolatorio fonde tutti gli organidel corpo in un’unità funzionale. Il suo compitoprincipale è rifornire i bilioni di cellule dei diversitessuti del corpo di sostanze metaboliche, diormoni, di vitamine, di ossigeno, e rimuovere iprodotti finali del metabolismo.In questo sistema, il cuore rappresenta la forzamotrice per la circolazione del sangue; il sanguerappresenta il mezzo di trasporto, il sistemavascolare le vie di trasporto. I vasi nei quali ilsangue è trasportato via dal cuore sono le arte-rie, mentre le vene sono i vasi nei quali il san-gue viene trasportato nel cuore. In generale, learterie trasportano sangue (arterioso) ricco diossigeno, le vene sangue (venoso) povero diossigeno. Fanno eccezione le arterie polmonariche trasportano sangue venoso e le vene polmo-nari che trasportano sangue arterioso.Il sistema circolatorio può essere suddiviso inuna circolazione sistemica o grande circolazionee in una circolazione polmonare o piccola circo-lazione. I due sistemi a forma di otto sono inseri-ti uno dopo l’altro e al loro centro troviamo ilcuore, che – con la sua attività simile a quella diuna pompa – tramite le arterie trasporta il san-gue agli organi che lo utilizzano. La circolazione sistemica – deputata al riforni-mento di tutti gli organi del corpo – inizia nelventricolo sinistro e termina nell’atrio destro delcuore.La circolazione polmonare inizia nel ventricolodestro e termina nell’atrio sinistro e serve allo

scambio gassoso: il sangue ricco di anidride car-bonica è trasportato attraverso le arterie polmo-nari ai polmoni dove, grazie a processi di diffu-sione (cfr. pagina 151), è trasformato in sanguericco di ossigeno che attraverso le vene polmo-nari viene condotto nell’atrio sinistro del cuore. Un sistema accessorio della circolazione sistemi-ca è rappresentato dalla circolazione dellavena porta deputata al trasporto del sanguevenoso saturo di sostanze nutritive degli organidella digestione al fegato attraverso la venaporta. Il fegato rappresenta l’organo metabolicodel corpo. Assume un ruolo dominante nel meta-bolismo degli zuccheri e si trova in stretto rap-porto con il metabolismo dei grassi e delle pro-teine. Inoltre, prende parte all’emopoiesi* e all’e-molisi, come anche alla disintossicazione dasostanze nocive, assunte attraverso il trattogastroenterico. Dopo avere lasciato il fegato,attraverso le vene epatiche il sangue sfocia nellavena cava inferiore e di qui nell’atrio destro.Nella figura 78 è fornita una visione d’assiemedella circolazione sistemica, della circolazionepolmonare e di quella portale.Il sistema formato dal cuore e dai vasi sanguignideve regolare la sua funzione di rifornimento e dieliminazione dei prodotti finali del metabolismosecondo i bisogni attuali, contingenti, dell’organi-smo. Questo adattamento dinamico alle modifica-zioni delle attività metaboliche del corpo avvienegrazie al cambiamento della funzione propulsivadel cuore e ad una distribuzione del sangue a van-

I SISTEMI DI ORGANI E L’ALLENAMENTO SPORTIVO122IL SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIOE L’ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 10

* La parola emopoiesi o ematopoiesi si riferisce alla formazione e alla maturazione di tutti i tipi di cellule del sangue,mentre per converso l’emolisi è il processo di distruzione dei globuli rossi (NdC).

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BASI ANATOMICHE E FISIOLOGICHE DELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Nell’ambiente che ci circonda, è contenuta unagrande quantità di microrganismi infettivi comevirus, batteri, funghi e parassiti, differenti tra loroper dimensioni, struttura, localizzazione e nocivi-tà (cfr. Roitt 1993, 1). Per proteggersi da questiagenti e per impedire danni patologici e mante-nere il suo stato di immunità rispetto ad essi, ilcorpo umano ha sviluppato un sistema moltosofisticato di difesa.Oltre alla difesa da questi agenti, tra i compiti delsistema immunitario c’è anche quello del mante-nimento dell’individualità dell’organismo e ladistinzione tra le sostanze che appartengono aesso, (“self”, proprie) e quelle che gli sono estra-nee (“non self”, estranee). Il sistema immunitariorappresenta un organo distribuito in tutto l’orga-nismo attraverso cellule ematiche bianche mobili,i leucociti. In esse si distinguono i granulociti(circa il 70%), i monociti/macrofagi (circa il 10%)e i linfociti (circa il 20%) (cfr. Keller 1994, 53).Queste cellule immunitarie lavorano o come ele-menti mobili che “pattugliano” il corpo o comeelementi stazionari nei diversi organi e comunica-no tra loro (a) attraverso il contatto diretto conaltre cellule immunitarie o degli organi e (b) attra-verso le cosiddette “sostanze messaggere”, chepossono inviare i loro messaggi sia localmente,ovvero in un organo, sia sistemicamente, ovveroin tutto il corpo (Gabriel, Kindermann 1998, 4).

Per neutralizzare eventuali agenti patogeni, sisono sviluppati diversi meccanismi, sintonizzatitra loro, che si completano l’uno con l’altro. Ladifesa immunitaria dell’organismo umano rap-presenta quindi una difesa per gradi, che impedi-sce agli agenti patogeni di penetrare o di inse-diarsi nel corpo (cfr. Baenkler 1996, 3; Gabriel;Kindermann 1998, 4). L’organismo umano deveconfrontarsi continuamente con un ambientericco di microbi e si trova in uno stato d’equili-brio, più o meno labile, tra salute e malattia.Però, in determinate parti del corpo sono presen-ti microrganismi speciali che sono necessari allavita (ad esempio, la flora intestinale).I meccanismi di difesa dei quali dispone il corpo,anzitutto servono all’eliminazione delle sostanzeestranee, penetrate dall’esterno. Nel caso di undifetto nel comportamento del sistema immuni-tario, a causa del quale costituenti proprie del-l’organismo sono “scambiate” per agenti esternipericolosi, si possono produrre le cosiddettemalattie autoimmunitarie o autoimmuni (cfr.Keller 1994, 12).Questi meccanismi naturali di difesa – la capacitàdi neutralizzare sostanze estranee penetrate nelcorpo o di formare diverse sostanze immunitarie ègeneticamente determinata – generalmente sonoin grado di agire contro un ampio spettro dimicrorganismi. Quindi, sono aspecifici. Oltre adessi, però, esistono vari meccanismi di difesa,molto specializzati, che sostengono la reazioneimmunitaria specifica. Per questa ragione, si distinguono un sistemaaspecifico e uno specifico di difesa immunitaria.Comunque, sia le componenti ad azione specifica

CAPITOLO 11 177SISTEMA IMMUNITARIO E ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 11

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Per mantenere le sue funzioni vitali (metaboli-smo basale), e per la sua attività di rapporto conl’ambiente in cui vive, l’organismo umano hacontinuamente bisogno di energia, che si garan-tisce attraverso l’apporto di sostanze nutritivericche di energia (carboidrati, grassi, proteine)assunte attraverso l’alimentazione.

La presenza di ossigeno rende possibile i proces-si di combustione che forniscono energia all’or-ganismo. Con l’ossidazione degli alimenti si pro-ducono non solo energia, ma anche acqua e ani-dride carbonica. L’assunzione di ossigeno e l’e-missione di anidride carbonica sono al centrodello scambio gassoso, che viene definito respi-razione.

Si distinguono una respirazione interna e unaesterna. La respirazione esterna avvienesoprattutto attraverso i polmoni ed è caratteriz-zata dall’assunzione di ossigeno e dall’elimina-zione di anidride carbonica. La respirazione

interna – definita anche respirazione tissutaleo cellulare – comprende la captazione dell’ossi-geno dal sangue nei tessuti e la cessione al san-gue dell’anidride carbonica prodotta dal metabo-lismo cellulare. I polmoni, quindi, si trovano all’inizio e alla finedi questo processo vitale, nel quale la circolazio-ne del sangue svolge un ruolo di mediatore. Loscambio gassoso tra sangue e ambiente si svol-ge, essenzialmente, nei polmoni e viene definitorespirazione polmonare. Lo scambio gassosoattraverso la superficie della pelle – traspirazio-ne cutanea – è invece scarso e ammonta solo acirca l’1-2% della respirazione polmonare (Fin-deisen, Linke, Pickenhain 1980, 136).La respirazione polmonare, accanto alla arteria-lizzazione del sangue venoso, attraverso la ces-sione dell’anidride carbonica svolge un’altraimportante funzione nel mantenere costante l’e-quilibrio acido-basico e, quindi, il valore del pHdell’organismo.

LE BASI ANATOMICHE E FISIOLOGICHE DELLA STRUTTURA E DELLA FUNZIONE DEL SISTEMA RESPIRATORIO

Prima che l’aria arrivi nell’organo nel quale sirealizza lo scambio gassoso – il polmone con isuoi alveoli – deve percorrere le vie respiratorie(o aeree) che non partecipano alla vera e propriarespirazione (figura 132), e che sono distinte invie respiratorie superiori ed inferiori.

CAPITOLO 12 197SISTEMA RESPIRATORIO E ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 12

Per demolire le sostanze nutritive assunteattraverso l’alimentazione e per la loro trasfor-mazione in energia immediatamente utilizzabi-le (ATP), l’uomo ha bisogno di ossigeno.

La quantità di aria ventilata quotidianamentenella respirazione ammonta, secondo il livellodi attività fisica, da 10000 a 30000 litri.

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Page 12: Pagine da biologia dello sport

LE BASI GENERALI ANATOMICHEE FISIOLOGICHE

Gli ormoni rappresentano sostanze attive diimportanza vitale per l’organismo, in quantoregolano il metabolismo, il contenuto di acqua edi elettroliti, la crescita, lo sviluppo e la funzionesessuale. In quanto sostanze attive, essi non partecipanodirettamente al metabolismo funzionale, mainfluiscono su speciali processi metabolici, agen-do come induttori enzimatici o inibendo o favo-rendo speciali sistemi di trasporto nelle membra-ne cellulari. Come gli enzimi e le vitamine, gliormoni sono catalizzatori biologici, cioè agisconoin piccolissime quantità e concentrazioni nel-l’ambito cellulare (Findeisen, Linke, Pickenhain1980, 198).Si distinguono ormoni endocrini (ghiandolari) eormoni tissutali (istormoni).Gli ormoni endocrini sono prodotti in determi-nati organi endocrini (che cioè rilasciano la pro-pria secrezione all'interno dei vasi sanguigni elinfatici) anatomicamente circoscritti, mentre laproduzione degli istormoni non è limitata adeterminati organi.

Gli ormoni sono rilasciati prevalentemente nelsangue, dove si trovano legati a proteine emati-che e così sono protetti da una loro precoce eli-minazione da parte dei reni.Il livello delle sostanze attive ormonali è direttoda un sistema di regolazione che è controllatosoprattutto per via nervosa. Un eccesso di ormo-ni inibisce, mentre una loro carenza stimola laproduzione delle necessarie sostanze attive(feedback umorale). Poiché anche quantitàminime di ormoni producono effetti notevoli, ènecessaria una straordinaria sintonia dell’attivitàdelle diverse ghiandole che producono ormoni.Tanto più che la maggior parte delle ghiandoleendocrine dell’organismo non lavora isolatamen-te, ma esse si trovano in interazione continua traloro – si parla, infatti, del cosiddetto concertoormonale – e, per questa ragione, anche mini-me alterazioni della regolazione portano, a breveo a lungo termine, a notevoli alterazioni dell’o-meostasi e possono influire negativamente sullacapacità funzionale dell’organismo.

LE DIVERSE GHIANDOLE ENDOCRINE E I LORO ORMONI – L’INFLUENZA DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO

Qui di seguito tratteremo solo gli ormoni endo-crini che sono particolarmente importanti per lacapacità di prestazione fisica e sportiva. La figura 160 fornisce un quadro della localizza-zione delle diverse ghiandole endocrine che sonoparticolarmente importanti per la capacità diprestazione fisica e sportiva.

CAPITOLO 14 237ORMONI E ALLENAMENTO SPORTIVO

CAPITOLO 14

Gli ormoni sono sostanze che svolgono unafunzione di regolazione, prodotte dall’organi-smo, spesso in organi endocrini anatomica-mente circoscritti (le ghiandole), dai quali pervia ematica raggiungono uno o più organieffettori influenzandone, in modo caratteristico,il metabolismo (Buddecke 1971, 296).

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Le principali forme di sollecitazione motoriapossono essere suddivise in due settori principa-li. Si distinguono:

• le qualità prevalentemente organico-musco-lari o condizionali (resistenza, forza, rapidi-tà);

• le qualità prevalentemente coordinative(mobilità articolare, destrezza).

Se si considera che tra i due settori di capacità visono stretti rapporti reciproci – ciò riguardasoprattutto la rapidità – questo tipo di suddivi-sione può essere realizzato con un certo grado diarbitrarietà. Essa però appare razionale, in quan-to le capacità condizionali (ovvero, organico-muscolari) si basano soprattutto su processienergetici, quelle coordinative, prevalentemen-te, su processi di controllo e regolazione dinatura nervosa centrale.

Nella pratica dello sport, le capacità condizionalimolto raramente si presentano in forma pura,come, ad esempio nei sollevatori di pesi, in quan-to rappresentanti (ed espressione) della forza(massima), o nei maratoneti come rappresentantidella resistenza (generale aerobica). Come mostrala figura 170, generalmente, vi sono forme miste,che si basano su presupposti anatomo-fisiologicigradualmente diversi.Per ragioni di migliore facilità espositiva, le diver-se forme di sollecitazione motoria con le loro sot-tocategorie saranno trattate isolatamente, ma, acausa delle interrelazioni tra loro esistenti, saràimpossibile evitare alcune sovrapposizioni.

CAPITOLO 15 253OSSERVAZIONI PRELIMINARI

CAPITOLO 15

Resistenza

Resistenza alla forza Resistenza alla forza rapida Resistenza alla rapidità

Forza Forza rapida Rapidità

FIGURA 170 I rapporti reciproci tra i fattori fisici, ovvero organico-muscolari, della prestazione

Le capacità condizionali (organico-muscolari),in generale, rappresentano la base materiale diquelle coordinative.

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Page 14: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Secondo Frey (1977, 351) la resistenza psichica,comprende la capacità dell’atleta di riuscire a resi-stere il più a lungo possibile ad uno stimolo che loindurrebbe ad interrompere uno sforzo, la resi-stenza fisica la capacità di resistere alla faticadell’intero organismo o di suoi singoli sistemi.

TIPI DI RESISTENZA

Secondo come viene considerata, si possonodistinguere diversi tipi di forme di manifestazionedella resistenza. Così, dal punto di vista della per-centuale della muscolatura impegnata, si distin-guono una resistenza generale ed una locale; sesi considera l’aspetto della specificità dello sport,una resistenza generale e una specifica (specia-le); se, invece, si considera quello della trasforma-zione dell’energia muscolare, una resistenzaaerobica ed una anaerobica; dal punto di vistadella durata temporale, esistono una resistenza dibreve, di media e di lunga durata; da quello delleforme principali di sollecitazione motoria interes-sate la resistenza alla forza, alla forza rapida ealla rapidità.

La resistenza generale (muscolare) comprendeda un settimo ad un sesto dell’intera muscolaturascheletrica – ad esempio, la muscolatura di un arto

inferiore rappresenta circa un sesto dell’interamassa muscolare – ed è limitata soprattutto dalsistema cardiocircolatorio e respiratorio (espressosoprattutto dal massimo consumo d’ossigeno edall’utilizzazione periferica dell’ossigeno) (cfr. Gaisl1979, 240).Di conseguenza, la resistenza (muscolare) loca-le prevede la partecipazione di meno di un sesto/settimo dell’intera muscolatura e, oltre che dallaresistenza generale, è determinata, in misura parti-colare, dalla forza speciale, dalla capacità anaero-bica e dalle forme di forza che sono limitate daqueste ultime, quali la resistenza alla rapidità, allaforza ed alla forza rapida (cfr. figura 171 ed il testoche l’accompagna), come dalla qualità della coor-dinazione neuromuscolare (cioè dalla tecnica) spe-cifica della disciplina (cfr. Haber, Pont 1977, 358).Mentre la resistenza generale – caratterizzata dal-l’aumento della capacità del sistema cardiocircola-torio – può influenzare sotto molti aspetti la resi-stenza locale limitandone il rendimento, ciò vale inparticolare per il rapido ristabilimento dopo il cari-co – essa, in generale, non influisce sulla capacitàdi prestazione della resistenza generale (ad esem-pio, per quanto riguarda l’aumento di dimensionidel cuore, ecc.).

Oltre ad una resistenza generale e ad una locale,nella pratica dello sport, si usa parlare di resisten-za generale e speciale. In questa contrapposizio-ne antitetica, per resistenza generale, si deve inten-dere una forma di resistenza, indipendente dallosport praticato – detta anche resistenza di base,mentre per resistenza speciale, si intende unaforma di manifestazione specifica di questa capaci-

L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA254L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA

CAPITOLO 16

In generale, per resistenza si intende la capaci-tà psicofisica dell’atleta di opporsi all’affatica-mento.

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Page 15: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

La formulazione di una definizione precisa di“forza” che comprenda sia i suoi aspetti fisici siaquelli psichici, rispetto alla definizione che neviene data dalla fisica, pone notevoli difficoltà, inquanto i tipi di forza o di lavoro muscolare sonoestremamente vari e sono influenzati da nume-rosi fattori.Una definizione chiara e precisa del concetto diforza è possibile solo se la si collega con le suetipologie di manifestazione che esporremo qui diseguito.

TIPOLOGIE DI FORZA

Secondo la prospettiva dalla quale si considera, laforza a seconda delle forme in cui si manifesta puòessere suddivisa in vari tipi (si parla, infatti, anchese impropriamente, di vari tipi di forza). Così, inbase alla massa percentuale della muscolaturaimpegnata, si distinguono una forza generale elocale; secondo l’aspetto della specificità diuno sport, una forza generale e una speciale; dalpunto di vista del regime di lavoro del muscolo,una forza dinamica e una statica; secondo leforme principali di sollecitazione motoriacoinvolte una forza massimale, una forza rapida (opotenza) e una resistenza alla forza e per quantoriguarda il rapporto con la massa corporea unaforza assoluta e una relativa.

Per forza generale s’intende, dunque, il livellodi forza sviluppato dai principali gruppi muscola-ri, cioè dalla muscolatura del tronco e delle

estremità, mentre la forza locale si riferisceall’impiego di singoli muscoli o gruppi muscolari.Nella contrapposizione tra forza generale especiale, indipendentemente dallo sport pratica-to, il concetto “generale” si riferisce alla forzadei principali gruppi muscolari (vedi sopra). Laforza speciale, invece, si riferisce a quei gruppimuscolari coinvolti in un processo motorio dimovimento che ne determinano il risultato. Inquesto genere di forza, un ruolo importante èsvolto dagli aspetti coordinativi. In certe condizioni spesso la forza locale e quel-la speciale sono identiche.Per lavoro muscolare dinamico – che può esse-re suddiviso in positivo (superante o concentrico)e negativo (cedente o eccentrico) – si intende unlavoro muscolare nel quale il muscolo si contrae,cioè si accorcia, o si distende, cioè si allunga, percui si produce una modificazione della sua lun-ghezza. Nel lavoro muscolare statico (o isome-trico) si sviluppa solo tensione (forza) senza che,esternamente, si rilevino un accorciamento o unallungamento visibili del muscolo.Dal punto di vista della metodologia dell’allena-mento, la forza dinamica è classificata in forzamassimale, forza rapida e resistenza allaforza. Sebbene questa classificazione presentialcuni problemi a causa degli stretti rapporti esi-stenti tra queste manifestazioni della forza, essacorrisponde sommariamente all’impostazione delcarico prevalentemente praticata in allenamentodagli atleti di forza massimale (ad esempio, i pesi-sti), gli atleti di forza rapida (ad esempio, i saltatoridell’atletica leggera) e quelli di resistenza allaforza (ad esempio, i canottieri).

L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA280L’ALLENAMENTO DELLA FORZA

CAPITOLO 17

Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:24 Page 280

Page 16: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO I VARI TIPI DI RAPIDITÀ

L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA314L’ALLENAMENTO DELLA RAPIDITÀ

CAPITOLO 18

“…nello sport, la rapidità è rappresentata dallacapacità di raggiungere, in determinate condizio-ni, la massima velocità possibile di reazione e dimovimento sulla base di processi cognitivi, dellamassima forza di volontà e della funzionalità delsistema neuro-muscolare” (Grosser 1991, 13).

La rapidità è una delle forme principali di solleci-tazione motoria che, come la mobilità articolare,può essere classificata sia tra le capacità organi-co-muscolari (condizionali) sia anche tra le capa-cità coordinative (cfr. Grosser 1991, 13; Martin,Carl, Lehnerts 1991, 147; Weineck 2004, 377).

Rapidità motoria

Forme “pure”di manifestazione

(con scarsa componente

di forza)

Forme complesse di manifestazione

(con elevatacomponente di forza

o con esecuzionedi lunga durata)

Rapiditàdi reazione

Semplice DiscriminanteReazione

Nei movimenti aciclici

Rapidità di azione semplice1

Contro opposizioneelevata

Rapidità di forza/forza rapida3

Che si ripetefrequentemente

Continua, che si mantiene a lungo

Resistenzaalla forza rapida4

Resistenza massimale

alla rapidità5

Nei movimenti ciclici

Rapiditàdi frequenza2

FIGURA 219 La rapidità motoria e le sue suddivisioni (forme di manifestazione, sottocategorie), sinonimi: 1. Rapidità di movimento, 2. Frequenza di movimento, coordinazione rapida, rapidità di base; 3. Capacità di accelerazione, rapidità di scatto; 4. Resistenza all’accelerazione; 5. Resistenza agli scatti, resistenza alla rapiditàdi frequenza; resistenza generale anaerobica di breve durata, resistenza alla rapidità di scatto, resistenza alla velocità (secondo Schiffer 1993, 6).

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Page 17: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Come sinonimo di mobilità articolare si utilizza,in generale, il termine flessibilità, mentre arti-colarità (che riguarda la struttura delle articola-zioni) e capacità di allungamento, scioltezza(che riguarda i muscoli, i tendini, i legamenti el’apparato delle capsule articolari) debbonoessere interpretati come componenti e, quindi,concetti subordinati a quello di mobilità articola-re (Frey 1977, 351).

TIPI DI MOBILITÀ

Si distingue tra mobilità articolare generale especiale, tra attiva e passiva e tra allungamentoautoregolato e allungamento regolato dall’ester-no (cfr. Weineck 2007, 735).Si parla di mobilità articolare generale quandola mobilità dei principali sistemi articolari (artico-lazioni delle spalle e delle anche, colonna verte-brale, ecc.) si trova a un livello sufficiente di svi-luppo. Si tratta, quindi, di un criterio relativo, inquanto l’espressione della mobilità articolaregenerale può essere più o meno maggiore, secon-do il livello di sollecitazione (atleti di alto livello,praticanti del tempo libero).

Si parla di mobilità articolare speciale quandola mobilità si riferisce a una determinata articola-zione. Così, ad esempio, un atleta delle corse adostacoli dell’atletica leggera ha bisogno di unanotevole mobilità nell’articolazione delle anche,un nuotatore a dorso di quella delle spalle, ecc.

Si definisce mobilità articolare attiva la maggio-re escursione di movimento possibile in una artico-lazione che l’atleta è in grado di realizzare, graziealla contrazione degli agonisti e al parallelo allun-gamento degli antagonisti. In essa si distinguono,ulteriormente, una mobilità attiva-statica e unaattiva-dinamica. Una forma particolare dellamobilità attiva-dinamica è rappresentata dalla“dynamic flexibility” che è diretta a realizzare unmovimento “violento”: si pensi, ad esempio, almovimento di “calcio” della gamba di slancionello stile a scavalcamento del salto in alto, peraumentare le forze di accelerazione verticale. Imomenti coordinativi svolgono un ruolo importan-te nella “dynamic flexibility”. Il compito motoriopuò essere realizzato solo se, attraverso il controllocorretto della tensione muscolare, i muscoli chedebbono essere estesi “cedono” quanto necessa-rio e possono essere allungati.

Si definisce mobilità articolare passiva lamassima escursione di movimenti in una artico-lazione che l’atleta riesce a raggiungere, grazie

L’ALLENAMENTO DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIA326L’ALLENAMENTO DELLA MOBILITÀ ARTICOLARE

CAPITOLO 19

La mobilità articolare è quella capacità e quali-tà dell’atleta che gli permette di eseguire movi-menti di grande ampiezza, in una o più artico-lazioni, autonomamente o grazie all’interventoo al sostegno di forze esterne.

La mobilità articolare perciò deve essere defini-ta una capacità motoria condizionata, almenoparzialmente, dalla coordinazione.

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Page 18: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

I TIPI DI CAPACITÀ COORDINATIVE

Secondo se le capacità coordinative si riferiscanoalla motricità globale o a quella fine (adesempio delle mani) si parla di destrezza – nellateoria dell’allenamento questo concetto è consi-derato sinonimo di capacità coordinative – o diabilità motoria fine. Se la sollecitazione coordinativa si riferisce a unprocesso di movimento specifico di uno sport siusa il concetto di tecnica. Secondo il modo diconsiderarla, si distinguono tecniche riferite alcorpo e tecniche riferite all’attrezzo. La tecnicariferita al corpo si riferisce a una esecuzioneottimale dei movimenti di tutto il corpo e di sue

singole parti (mano, piede o tronco), che corri-sponde alle leggi (ad esempio, rispetto delle leggibiomeccaniche) o alle esigenze del rispettivo sport(ad esempio, espressività, economia, ecc.). La tec-nica riferita agli attrezzi si riferisce ad un con-trollo specifico dell’attrezzo dello sport praticato(ad esempio, tecnica con la palla, tecnica di lanciodel peso, del disco, del giavellotto, ecc.).All’interno delle capacità coordinative, infine, sidistinguono quelle generali da quelle speciali.Le capacità coordinative generali sono il risul-tato di un’educazione motoria multilaterale. Simanifestano quindi anche nei diversi campi dellavita quotidiana e dello sport, per cui grazie ad esseè possibile risolvere in modo razionale e creativoqualsiasi problema o compito motorio (cfr. ancheHarre, Deltow, Ritter citati da Raeder 1970, 69).Le capacità coordinative speciali, invece, si for-mano, prevalentemente, nell’ambito della rispetti-va disciplina di gara e, secondo Ozolin (1952, 164)sono caratterizzate dalla capacità di variazionedella tecnica dello sport considerato. Una caratte-ristica delle capacità coordinative speciali è lacomparsa di tipiche costellazioni di complessi dicapacità, che vuole dire che, secondo la disciplinasportiva praticata, determinati collegamenti tracomponenti con relazioni infrastrutturali di pesospecifico assumono una accentuata posizione dipreminenza.Le singole capacità coordinative più importantisono riassunte nella figura 232. Sono considera-te capacità coordinative di ordine superiore lacapacità di apprendimento motorio, quella dicontrollo motorio e quella cosiddetta di adatta-mento.

CAPITOLO 20 339L’ALLENAMENTO DELLE CAPACITÀ DI COORDINAZIONE

CAPITOLO 20

Per coordinazione si deve intendere, in gene-rale, l’interazione tra il sistema nervoso e lamuscolatura scheletrica, durante lo svolgimentodi un movimento diretto a uno scopo (cioè fina-lizzato).Le capacità coordinative sono capacità che,come dice il loro stesso nome, sono determinateprimariamente dalla coordinazione, cioè da pro-cessi di controllo e regolazione del movimento(Hirtz 1981, 348). Esse pongono l’atleta ingrado di controllare azioni motorie in situazioniprevedibili (stereotipate) e imprevedibili (adatta-mento) in modo economico e sicuro e di appren-dere movimenti sportivi con relativa rapidità(Frey 1977, 356).

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Per potersi sviluppare in modo armonico e com-pleto, i bambini e gli adolescenti hanno bisognodi una sufficiente quantità di movimento. Questobisogno, generalmente, è regolato dal bambinostesso attraverso il suo notevole impulso amuoversi. La più elevata attività motoria delbambino rispetto all’adulto deve essere attribui-

ta, da un lato, alla dominanza degli impulsi cere-brali (specie del pallido) e, dall’altro, al fatto chei bambini percepiscono soggettivamente gli sfor-zi legati al movimento come minori rispetto agliadulti (figura 239) (Bar-Or 1982, 27).Poiché il movimento – che viene in parte note-volmente limitato dall’educazione e dalla fre-quenza scolastica (che costringe i ragazzi a man-tenere a lungo la posizione seduta) – rappresen-ta una necessità in età infantile e nell’adolescen-za, l’attività fisica o sportiva debbono essere rac-comandate senza riserve.Come sarà chiarito da quanto andremo via viaesponendo, bambine e adolescenti non rappre-sentano adulti in miniatura e l’allenamento nelleattività sportive da loro praticate non è un “alle-namento da adulti” ridotto.

Per questa ragione, l’esposizione generale delleparticolarità dell’età infantile e dell’adolescenzadeterminate dallo sviluppo sarà preceduta dauna esposizione specifica delle caratteristicheanatomiche, fisiologiche e psicologiche dellevarie fasce d’età.

CAPITOLO 21 355LE BASI GENERALI DI BIOLOGIA SPORTIVA DELL’ETÀ INFANTILE E GIOVANILE

CAPITOLO 21

“Il bambino non è un adulto in miniatura e lasua mentalità non soltanto quantitativamente,ma anche qualitativamente si differenzia daquella dell’adulto: per questa ragione, un bam-bino non è soltanto più piccolo, ma anchediverso.” (Claparède 1937).

10 30 50 70

Grandezza della sensazione soggettiva di sforzo

Età (in anni)

FIGURA 239 Differenze nella percezione soggettivadel carico, riferite alla massima frequenza cardiaca(secondo Bar-Or 1982, 27).

Una delle ragioni essenziali delle differenze chevi sono dal punto di vista della biologia dellosport tra bambini, adolescenti e adulti è che iprimi si trovano ancora nella fase della cre-scita, per cui dal punto di vista fisico, psichicoe psico-sociale vi sono numerosi cambiamentie particolarità dello sviluppo, che determinanole relative conseguenze per l’attività fisica osportiva o la loro capacità di carico.

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Page 20: Pagine da biologia dello sport

L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZA NELL’ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA

La capacità di prestazione di resistenza dei bam-bini e degli adolescenti è notevole. Se la si consi-dera da un punto di vista relativo, corrisponde aquella degli adulti, le differenze riguardano solo ivalori assoluti (Buhl, Gürtler, Häcker 1983, 854).

La tesi della non completa funzionalità del cuoree dei limiti funzionali dell’organismo infantileattualmente non è più sostenibile. In nessunafase dello sviluppo si può riscontrare qualcosa disimile nei bambini (Hollmann, Hettinger, Strüder2000, 500). Come mostra la figura 256, durantela crescita o l’allenamento, il cuore o le fibremuscolari cardiache presentano uno sviluppoarmonico. Durante lo sviluppo, il numero dellefibre muscolari cardiache resta lo stesso, le sin-gole fibre diventano solo più lunghe e spesse. La

frequenza cardiaca diminuisce con l’allungarsidelle fibre. Anche le cavità interne del cuoreaumentano, grazie all’ipertrofia da crescita o daallenamento ed anche la gittata sistolica aumen-ta. Per questa ragione, il lavoro cardiaco diventasempre più efficace ed economico.

GIOVENTÙ E SPORT374LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E L’ALLENABILITÀ DELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE IN ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA

CAPITOLO 22

Malgrado alcune singole particolarità determi-nate dall’età, nell’allenamento della resistenzabambini e adolescenti mostrano gli stessi feno-meni di adattamento degli adulti (Ilg, Köhler1977, 915; Lennartz, Pohl 1977, 242; Köhler1977, 606 e segg). Già in età infantile si pro-ducono, dunque, fenomeni di adattamentostrutturale e funzionale di quegli organi e siste-mi di organi, che sono principalmente respon-sabili del mantenimento o della limitazionedelle prestazioni di resistenza.

Aumento di volume delle cavità cardiachee ipertrofia delle fibre del muscolo cardiacoprodotte dall’allenamento o dalla crescita

Cuore normale300 g

Cuore sportivo500 g

a b c

FIGURA 256 Rappresentazione schematica delle fibremuscolari del cuore con i loro capillari nel corso dello sviluppo: a) cuore di neonato; b) cuore di unadulto; c) cuore sportivo (secondo Gauer, da Blasius in Hollmann, Hettinger 1976, 135).

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Secondo i rapporti reciproci, regolati dalle leggidella natura, tra forma e funzione degli organi– la forma dell’organo ne determina la funzionee la funzione sviluppa la forma e specializzal’organo (cfr. pagina 15) – gli stimoli motorirappresentano un presupposto necessario allosviluppo o al mantenimento delle strutture del-l’organismo. Soprattutto per i bambini e gliadolescenti – che si trovano ancora nel periododella crescita – quelli motori rappresentano unostimolo formativo decisivo per uno svilupposano e multilaterale di una capacità di presta-zione fisica, che non resta senza ripercussionisulla integrazione psicologica e sociale delbambino o dell’adolescente nella comunità deisuoi coetanei. Il bambino che non sa giocarebene a pallone, non sa pattinare, non sa andarein bicicletta, ecc., come i suoi compagni digioco, diventa un peso per il gruppo che lo tra-scurerà o lo rifiuterà (Hurlock 1972, 122; Dordel1982, 107).Se si considera che le dimensioni e la capacitàfunzionale degli organi importanti per la capaci-tà di prestazione dipende per il 60-75% da fatto-ri genetici e per il 30-40% dalla quantità e dallaqualità della sollecitazione specifica, solo attra-verso adeguate sollecitazioni muscolari potràessere possibile realizzare completamente quellepotenzialità di sviluppo che sono connaturateall’organismo infantile o giovanile.Se scarsamente sollecitato, ogni organismo reagi-sce non solo con una diminuzione della capacitàdi prestazione, con processi di atrofia, ma paralle-lamente diventa più esposto alle malattie e vienesempre più limitata l’ampiezza della sua capacità

di compensazione. Tutte le condizioni nelle quali viè una carenza di movimento rappresentano, quin-di, un problema particolare soprattutto per l’orga-nismo in via di accrescimento.Alcuni rilevamenti statistici evidenziano in qualemisura proprio i bambini delle società industrialiad elevato sviluppo tecnologico soffrano di feno-meni legati alla carenza di movimento (ipocine-si):

Soprattutto i bambini e gli adolescenti che abita-no in case di dimensioni ristrette e indipendente-mente da ciò dispongono di pochi spazi per gio-care – i cittadini della RFT dispongono solo di 1m2 per abitante di spazi dedicati al gioco (deMarées 1981, 378) – nel loro tempo libero svi-luppano precocemente un comportamento nega-tivo per il loro sviluppo fisico e per la loro salutein generale. Nella vita di tutti i giorni, invece diperiodi dedicati ad attività di movimento, preval-

CAPITOLO 23 391L’IMPORTANZA DEL CARICO FISICO O SPORTIVO COME NECESSARIO STIMOLO PER LO SVILUPPO DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI. L’IMPORTANZA DELLA SCUOLA PER UNA MIGLIORE EDUCAZIONE MOTORIA

CAPITOLO 23

Secondo le statistiche, il 50-65% di tutti gli allie-vi e le allieve delle scuole di età da 8 a 18 annipresentano debolezze o difetti del porta-mento, oltre il 30% sono sovrappeso, nel 20-25% dei soggetti si evidenziano una scarsa fun-zionalità circolatoria o disturbi cardiocircolatori(Hollmann, Hettinger 1980, 596; Wasmund-Bodenstedt, Braun 1983, 16-18; Weineck,Köstermeyer, Sönnichsen 1997, 5 e segg.; Hus-sey, Bell, Bennett et al. 2007, 311; Fröhlich, Ger-net, Susgin, Schmidt 2008, 115; Trost, Rosen-kranz, Dzewaltowski 2008, 622).

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SPORT E MALATTIE INFETTIVE

Durante l’età infantile e nell’adolescenza sonomolto frequenti malattie infettive acute, comeraffreddori (infezioni catarrali), influenza, angina,parotiti epidemiche (orecchioni), morbillo, roso-lia, sinusiti, tonsilliti, ecc.Nel periodo di convalescenza da questemalattie, sarebbe opportuno evitare di sollecitareeccessivamente il sistema cardiocircolatorio –durante questo periodo si devono evitare carichidi velocità e di resistenza – in quanto esiste ilpericolo che contemporaneamente sia presenteuna miocardite (infiammazione del miocardio)o di una endocardite (infiammazione dell’endo-cardio). Si possono allenare la coordinazione e lamobilità articolare e si deve allenare solo limita-tamente la forza. Anche nel caso di tonsilliti o sinusiti cronichesono controindicati carichi di rapidità e di resi-stenza, in quanto tonsille e cavità nasali rappre-

sentano focolai infettivi che possono provocarealtre malattie batteriche, pericolose soprattuttoper il cuore. Inoltre, l’organismo forma anticorpiche, tra l’altro, aggrediscono il muscolo cardiaco.

TRAUMI DA SPORT SPECIFICIDELL’ETÀ E TRAUMI GENERALI DA SPORT – CAUSE E MECCANISMI CHE LI PROVOCANO

Come è stato già ricordato, la sensibilità del tessu-to è proporzionale alla sua velocità di accresci-mento (legge di Mark-Jansen). Nel periodi di mag-giore crescita, quindi, da un lato l’organismo èallenabile in modo particolare e dall’altro esso èparticolarmente sensibile nei confronti di carichiche vanno al di là della capacità individuale dicarico. Soprattutto nella fase della spinta puberale– definita anche fase del secondo cambiamentodella figura – soprattutto le strutture dell’apparatolocomotorio passivo presentano particolarità chele rendono più soggette a determinati traumi olesioni da sport.Queste particolarità, da un lato, sono dovute alfatto che le ossa degli adolescenti a causa del rela-tivamente maggiore contenuto di materiale organi-co molle (maggiore percentuale di collagene) sonopiù flessibili, ma meno resistenti alla trazione e allapressione. Ciò porta a una minore capacità di cari-co di tutto il sistema scheletrico. Così pure il tessu-to dei tendini e dei legamenti, a causa delladebole formazione della sua struttura micellare edell’elevata percentuale di sostanza intercellula-re, presenta una resistenza alla trazione che nonpuò essere paragonata a quella degli adulti.

GIOVENTÙ E SPORT400I TIPICI PERICOLI PER LA SALUTE DELLA PRATICA SPORTIVA DI BAMBINI E ADOLESCENTI

CAPITOLO 24

L’attività sportiva o l’allenamento sportivo sonoun presupposto indispensabile sia per lo svilup-po armonico dell’organismo dei bambini edegli adolescenti, sia per la formazione di unostato stabile di salute (cfr. il capitolo preceden-te). Malgrado ciò l’attività sportiva, se vienesuperata la capacità di carico individuale oppu-re insorgono malattie infettive, così frequenti inetà giovanile, rappresenta un fonte di pericoliche possono condurre a danni a carico di unorganismo in via d’accrescimento o metterne aserio rischio la salute.

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DEFINIZIONE DEL CONCETTO – PRINCIPI GENERALI

Si può affermare che nei bambini e negli adole-scenti, soprattutto negli ultimi cento anni, a causadei cambiamenti che si sono determinati nell’am-biente e nelle condizioni di vita, si è sviluppatauna maggiore velocità nei processi di crescita e dimaturazione (Bormann, Reyher-Pauly 1970,1154). Un fenomeno – quest’ultimo – definitocome accelerazione, un concetto utilizzato per laprima volta da Koch (in Nöcker 1976, 275).Si distinguono un’accelerazione cosiddetta seco-lare e una definita individuale:

Il fenomeno dell’accelerazione può essere tratta-to sotto l’aspetto morfologico, funzionale e psi-chico (Kenntner 1983, 33). L’accelerazionemorfologica – che è quella che, generalmente,viene messa in primo piano quando si tratta ilproblema – riguarda la crescita delle dimensionidel corpo, l’accelerazione funzionale compren-

de la maturazione fisica e l’accelerazione psi-chica riguarda una anticipazione dei processi dimaturazione psichica e comportamentale.Se lo sviluppo fisico, psichico e mentale presen-tano la stessa velocità di quella media, si parla diuna accelerazione armonica o sincrona. Altri-menti, si parla di accelerazione disarmonica oasincrona. In uno sviluppo disarmonico oasincrono, troviamo ritardi o accelerazioniparziali, che riguardano talune caratteristichedello sviluppo che si presentano in parte prima ein parte dopo e in parte normalmente rispettoalla media (Kretschmer in Dietrich 1966, 14).L’accelerazione secolare – un fenomeno cheinteressa tutto il mondo – riguarda, in misura piùo meno maggiore, strati sociali diversi o gruppiche vivono in ambienti diversi in misura più omeno grande. Per quanto riguarda la statura, adesempio, i figli di insegnanti, impiegati e com-mercianti sono interessati da una accelerazionemaggiore dei figli degli operai.Come si può desumere dalla tabella 42, perquanto riguarda la statura l’accelerazione seco-lare è caratterizzata da più elevati valori inizialinelle diverse fasce d’età. La statura media deglistudenti nel giro di 60 anni è aumentata di 9 cm;nel 1924 era di 171,4 cm, nel 1961 il valoremedio era di 175,8 cm e nel 1982 ha raggiunto180,5 cm (Kenntner 1983, 33).Per quanto riguarda l’aspetto sportivo, l’accele-razione secolare svolge un ruolo soprattutto sul-l’evoluzione dei record: forzatamente i risultati inquegli sport che dipendono dalla statura e dalpeso corporeo migliorano con il progredire del-l’accelerazione.

GIOVENTÙ E SPORT408IL PROBLEMA DELL’ACCELERAZIONE E DEL RITARDO NELLA PRATICA DELLO SPORT, NELL’EDUCAZIONE FISICA E NELLE SOCIETÀ SPORTIVE

CAPITOLO 25

si definisce accelerazione secolare quell’acce-lerazione della crescita e della maturazione cheriguarda l’insieme della popolazione e che sipuò dire descriva lo sviluppo di generazione ingenerazione. Si definisce, invece, accelerazioneindividuale l’andamento più o meno acceleratodello sviluppo del singolo adolescente rispettoalla norma di sviluppo del suo gruppo d’età.Uno sviluppo dall’andamento rallentato rispettoalla norma di singoli bambini o adolescenti vienedefinito ritardo, o decelerazione (Sälzer 1967,78; Oster 1970, 1100).

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Page 24: Pagine da biologia dello sport

DETERMINAZIONE DEL CONCETTO

Nei diversi tentativi di definizione del concetto ditalento, si possono distinguere un approccioesplicativo statico e uno dinamico (cfr. Wei-neck 2007, 191).Il concetto statico per caratterizzare il talentoprevede questi quattro concetti (Joch 1992, 83):

• disposizioni, che pone l’accento sulla capa-cità;

• disponibilità, che mette in risalto la volontà;• l’ambiente sociale, che determina le possibi-

lità; e• i risultati, che documentano il risultato (pre-

stazione) realmente ottenuto.

Secondo l’interpretazione dinamica del talen-to, questo si “struttura” solo all’interno di unprocesso attivo e diretto a un obiettivo (“specifi-cazione”) che rappresenta un processo di cam-biamento che coinvolge l’intera personalità (cfr.Mühle 1971, 93; Joch 1992, 87).Il concetto dinamico di talento comprende, quin-di, soprattutto tre caratteristiche centrali, cioè:

• il processo attivo di cambiamento;• il controllo attraverso l’allenamento e le gare;• l’assistenza pedagogica.

Perciò tale concetto, nella sua precisazione rela-tiva all’aspetto dello sviluppo, secondo Joch(1992, 897) può essere così descritto:

Sulla base di questi approcci statici e dinamicialla determinazione del concetto, Joch (1992, 90)così definisce il talento:

Nell’ambito sportivo, svolge un ruolo importantesoprattutto il talento motorio. In merito a ciò, sidistinguono un talento motorio generale, untalento sportivo e un talento speciale per unosport in particolare.

CAPITOLO 26 415LA RICERCA E LA PROMOZIONE DEL TALENTO NELL’ETÀ INFANTILE E NELL’ADOLESCENZA

CAPITOLO 26

“Lo sviluppo del talento rappresenta un proces-so di cambiamento attivo, assistito dal punto divista pedagogico, che viene intenzionalmentediretto attraverso l’allenamento e forma il fon-damento di un elevato livello di prestazione(sportiva) da raggiungere successivamente”.

Possiede talento o è un talento chi, sulla base didisposizioni, disponibilità alla prestazione, e possi-bilità dell’ambiente reale in cui vive, raggiunge(possibilmente mostrandoli in gara) risultati dellaprestazione superiori alla media dell’età, suscetti-bili di sviluppo, che rappresentano il risultato diun processo di cambiamento attivo, pedagogica-mente guidato e controllato intenzionalmenteattraverso l’allenamento, diretto volutamente aun elevato livello di prestazione (sportiva) da otte-nere successivamente.

Un talento motorio generale si distingue inquanto (rispetto ad altri soggetti apparentemen-te come lui/lei, NdC) apprende movimenti piùfacilmente, più sicuramente o più rapidamente e

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DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI ETÀ SENILE E DI INVECCHIAMENTO

ETÀ

Nella letteratura gerontologica, il concetto età(senile) si utilizza in contesti e con significatidiversi. Così si fa una distinzione tra età cronolo-gica, biologica o individuale, psicologica, socialee funzionale (Singer 1981, 19-20). L’età cronologica, come concetto neutrale, utiliz-zato anche in statistica, fornisce solo un quadroinformativo generale, una scala numerica nellaquale le singole persone sono classificate sullabase della loro data di nascita (Meusel, Hubert,Schilling 1980, 15). Ma l’età cronologica di unapersona non corrisponde alla sua età biologica.L’età biologica o individuale è definita comel’età che una persona dimostra sulla base dellecondizioni dei suoi tessuti rispetto alla norma edipende dai processi biologici di maturazione eda influenze esogene (Brunner 1982, 194; Wei-neck 2007, 1001).L’età psicologica si riferisce alle capacità indivi-duali di adattamento, alle reazioni soggettive eall’immagine di sé delle singole persone. Ma puòessere considerata anche dal punto di vista dell’e-tà lavorativa, della somma di esperienze e dellamaturazione mentale.L’età sociale o sociologica è notevolmentedeterminata dalla corrispondente struttura dellasocietà. Una persona all’interno della stessa socie-tà, quindi, può essere considerata giovane in uncontesto, anziana in un altro (Emrich 1989, 101).

La valutazione dell’età funzionale rappresenta iltentativo di collegare tra loro età biologica, psico-logica e sociale in modo tale da determinare cosìl’età “vera e propria” (Singer 1981, 20). L’attribu-zione a una determinata età funzionale (età infan-tile, età senile) implica, contemporaneamente, unadeterminata capacità funzionale (cfr. Takeshima,Rogers, Rogers 2007, 2036).Infine, il concetto di età senile è spesso utilizza-to per descrivere l'ultima fase della vita di unapersona (cfr. Ahlheim 1980, 134; Singer 1981,21).

L’INVECCHIAMENTO

Così come non esiste una definizione di validitàgenerale di “età”, non ne esiste nemmeno unaper il concetto di “invecchiamento”.

Ecco comunque alcuni tentativi di definizione:

CAPITOLO 27 423PRINCIPI GENERALI

CAPITOLO 27

L’invecchiamento rappresenta il cambiamen-to irreversibile delle sostanze viventi in funzio-ne del tempo (Bürger 1957, 2).

Invecchiamento: rappresenta una definizionegenerale per un complesso di fenomeni checon l’aumento dell’età porta a un accorciamen-to delle aspettative di vita (Comfort, in Frolkis1975, 14).

Invecchiare: rappresenta la somma di tutti ifenomeni di usura durante la vita (Selye 1962,4).

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CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E ALLENABILITÀ DELLE PRINCIPALI FORME DI SOLLECITAZIONE MOTORIANELLE PERSONE ANZIANE

La struttura e la capacità di lavoro di un organoè determinata, da un lato, dal patrimonio eredi-tario, dall’altro della quantità e dalla qualitàdelle sollecitazioni alle quali esso è sottoposto.Secondo le opinioni attuali, il patrimonio eredita-rio determina circa il 60-70% della capacità diprestazione, per cui rimane un 30-40% attribui-bile ad influenze esterne, come ad esempio l’al-lenamento. Per mantenere e sviluppare la capacità funzionaledell’organismo sono necessari i cosiddetti stimolisopraliminari. Se tali stimoli sono assenti per unlungo periodo, funzionalità e capacità di presta-zione diminuiscono e, in molti casi, si produceaddirittura una perdita di “tessuto funzionale”(cfr. Kamel 2003, 157; Deschenes 2004, 809).La responsabilità della diminuzione della capacitàdi prestazione fisica dopo il terzo decennio di vitadeve essere attribuita, da un lato, al rallentamentoe alla diminuzione della capacità di adattamentoe, dall’altro, alla riduzione generale della capacitàfunzionale dell’organismo che si basa su cambia-menti nel sistema neuromuscolare, nell’apparatolocomotorio e di sostegno e nel settore cardiopol-monare e metabolico (Hollmann, Hettinger, Strü-der 2000, 513).La deflessione della prestazione – con ciòs’intende un improvviso regresso delle prestazio-ni e delle funzioni dell’organismo quando si rag-

giunge una determinata età – della quale abbia-mo già parlato – avviene tra il 40° e il 45° (Letu-now 1973, 211; Noder 1975, 11; Eitner 1977,208) o il 45° e 55° anno di vita (Bringmann1977, 663). Strauzenberg (in Israel et al. 1982,293) è addirittura dell’opinione che, con grandeampiezza di dispersione, tale deflessione si veri-fichi solo nel sesto-settimo decennio di vita.

Ciò è confermato dalla capacità di prestazionestraordinariamente elevata degli atleti che prati-cano un allenamento di resistenza: in essi, ladeflessione della prestazione avviene solo dopoil 70° anno di vita (Brüschke 1966, 32; Haas etal. 1970, 1506; Pollock et al. 1973, 246; Holl-mann, Hettinger, Strüder 2000, 517).

Per quanto riguarda l’allenabilità, si deve affer-mare che una persona anziana sana fondamen-talmente reagisce agli stimoli di allenamentonello stesso modo di una persona giovane sana,anche se con l’età vi sono evidenti differenzequantitative (Jokl 1970, 35 e 39; Badtke 1982,116).

ETÀ SENILE E SPORT446CAPACITÀ DI PRESTAZIONE E DI CARICO DELLE PERSONE ANZIANE

CAPITOLO 28

L’allenamento ha un’influenza decisiva sulleforme e sulle funzioni dell’organismo e certa-mente in misura maggiore dell’età (Jokl 1975,14).

Tutti gli Autori sono dell’opinione che il crollodella prestazione può essere differito attraversol’allenamento fisico.

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Page 27: Pagine da biologia dello sport

Con l’aumento delle aspettative di vita e l’invec-chiamento della popolazione che ne rappresentauna conseguenza, i costi dell’assistenza sanitariaaumentano progressivamente (cfr. figura 317). InGermania, ad esempio, nel 2007 le spese sanitarie– onorari medici, costi di degenza ospedaliera,

farmaci o servizio di assistenza domiciliare –ammontarano a circa 252,8 miliardi di Euro.Rispetto all’anno precedente, erano aumentati di7,8 miliardi o del 3,2% (cfr. Statistisches Bunde-samt Wiesbaden in Versicherungsmedizin 2009,101).Ogni abitante del Paese nel 2007, in media, haspeso circa 3.070 Euro per la sua salute. I costisanitari hanno rappresentato il 10,4% del prodot-to interno lordo annuo (negli Stati Uniti sono statidi oltre il 15%).In futuro, per frenare o impedire questa esplosio-ne di costi – secondo una valutazione, tra il 30 e il70% dei costi si possono attribuire alle cosiddettemalattie ipocinetiche – aumenta la necessità diun allenamento protratto per tutta la vita, intesocome una misura generale di prevenzione sanita-ria. Insieme alle malattie metaboliche che, nellepersone fisicamente inattive, generalmente sonoassociate al sovrappeso, le patologie che vengonoa determinarsi ogni anno costano al sistema sani-tario tedesco più di 70 miliardi di Euro (dpa, in NNv. 24.10.2007, 32).

LE PARTICOLARITÀ DI UN ALLENAMENTO ADEGUATO ALL’ETÀ

LA NECESSITÀ DI UN CONTROLLO E DI UNA ASSISTENZA MEDICA NELLO SPORT DELLE PERSONE ANZIANE

Se si tiene conto della frequenza con la quale siriscontrano limitazioni della capacità di presta-zione dovute a problemi di salute, tenendo conto

CAPITOLO 29 459LA NECESSITÀ DI REALIZZARE UN ALLENAMENTO PER LA SALUTE PER TUTTA LA VITA

CAPITOLO 29

2970

2830

2770

2580

2450

2380

2970

1960

1992 2006

3000

2725

2450

2175

1900

Sviluppo delle spese sanitarieper abitante in Euro

FIGURA 317 Incremento dei costi sanitari per persona (in Euro) dal 1999 al 2006 (Ufficio statistico federale Wiesbaden, Destatis, 6.5.2008).

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Page 28: Pagine da biologia dello sport

Tali differenze non vogliono significare inferioritàdell’uno o superiorità di un genere sull’altro, marappresentano piuttosto l’espressione di una distri-buzione naturale di compiti specifici che debbonogarantire in definitiva la conservazione della specie.Se si confrontano le prestazioni sportive dell’uomocon quelle della donna si possono osservare lerelative differenze di genere che, in gran parte,debbono essere ricondotte a differenze di naturagenetica nella costituzione fisica e nelle funzionidell’organismo, ma anche ad aspetti di naturasociale e politica: nei primi Giochi olimpici modernidel 1896 di Atene, dovevano partecipare alle garesolo uomini perché Pierre de Coubertin (il “fonda-tore” dei Giochi moderni) era convinto che lo sportfemminile fosse contrario alla natura (“that wo-men’s sport may be against the law of nature”)(Simri 1981, 31). Egli osservava le regole degli antichi Giochi olimpi-ci che non ammettevano le donne né come atletené come spettatrici (cfr. Ferguson-Smith 2000,377).Ancora nel 1922, Karl Ritter von Halt nel suo libro“Leichtathletik” (in Kölsch 2000, 77) si esprimevacosì contro la partecipazione delle donne alle garedi atletica leggera: “Però, non appena questi eser-cizi fisici vengono eseguiti per ottenere una vitto-ria nelle gare, si perde la bellezza e ciò che vi è di

estetico nel movimento. La lotta con le altre stra-volge il viso delle fanciulle, conferisce un duro tonomascolino al movimento leggiadro femminile. Inuna parola, rende sgraziata la donna. Perciò, lungidai campionati femminili, lungi dalla terribile intro-duzione della registrazione dei risultati femminili!”Dopo che sono state superate le proibizioni versola pratica sportiva femminile, la messa in discussio-ne delle norme estetico-morali e l’eliminazionedelle parzialmente inconcepibili norme di protezio-ne della donna da parte degli uomini, di anno inanno diminuisce il numero degli sport e delle disci-pline sportive che sono esclusivamente riservateagli uomini (cfr. Kölsch 2000, 76). Come evidenzia la tabella 49, dal 1900 in avanti, apiccoli passi, alle donne fu consentita la partecipa-zione ai Giochi olimpici negli sport ritenuti adattialle donne, ovviamente dal punto di vista maschile. Nel quadro della parità di diritti, e grazie alla dimi-nuzione dei comportamenti di ruolo specifici digenere (stereotipi sessuali), durante gli ultimi annialle donne si sono aperte nuove possibilità incampo sportivo e, quindi, anche nello sport di altolivello. Un risultato di questa trasformazione socia-le si è ripercosso in un fulmineo miglioramentodella capacità di prestazione sportiva della donna,che tra l’altro si manifesta nella diminuzione delledifferenze di prestazione tra uomo e donna.

CAPITOLO 30 473DIFFERENZE ANATOMO-FISIOLOGICHE DI GENERE (DIMORFISMO DI GENERE)

CAPITOLO 30

L’uomo e la donna si distinguono tra loro nonsolo per quanto riguarda i caratteri sessuali pri-mari e secondari, ma anche dal punto di vista deiparametri costituzionali, anatomici e fisiologici.

Negli ultimi anni, il rapido incremento dellacapacità di prestazione della donna ha eviden-ziato, quindi, che una parte delle differenze digenere deve essere attribuita a influenzedeterminate dalla tradizione.

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Page 29: Pagine da biologia dello sport

LA RESISTENZA

A causa dei parametri cardiopolmonari menoelevati dei quali abbiamo già parlato, la donnapresenta una minore capacità di resistenza

rispetto all’uomo. Come si può ricavare dallatabella 55, nelle migliori prestazioni mondiali dicorsa dal 1980 al 1996 sui 1500 m e sulla mara-tona, le donne in media sono più lente di circal’11%.

DONNA E SPORT488LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE DELLA DONNA NELLE FORME PRINCIPALI DI SOLLECITAZIONE MOTORIA

CAPITOLO 31

1500 Maratona Anno Donne Uomini % Donne Uomini %

1980 3min52s49 3min31s58 9,9 2h25min42s 2h09min01s 11,4

1981 3min58s89 3min33s67 11,8 2h26min46s 2h08min18s 12,6

1982 3min54s23 3min32s12 9,4 2h26min11s 2h08min52s 11,8

1983 3min57s12 3min30s77 11,1 2h22min43s 2h08min55s 9,7

1984 3min56s63 3min31s54 10,6 2h24min26s 2h08min05s 11,3

1985 3min57s24 3min29s46 11,7 2h21min06s 2h07min12s 9,9

1986 3min57s70 3min29s77 11,6 2h24min54s 2h07min35s 12,0

1987 3min58s67 3min30s69 11,7 2h22min48s 2h08min18s 10,2

1988 3min53s96 3min30s95 9,8 2h23min51s 2h06min50s 11,8

1989 3min59s23 3min30s55 12,0 2h24min33s 2ho8min01s 11,4

1990 3min58s69 3min32s69 10,9 2h25min24s 2h08min16s 11,8

1991 3min59s16 3min31s00 11,8 2h24min18s 2h08min53s 10,7

1992 3min55s30 3min28s86 11.2 2h23min43s 2h08min07s 10,9

1993 3min50s46 3min29s20 9,2 2h24min07s 2h08min51s 10,6

1994 3min59s10 3min30s61 11,9 2h21min45s 2h07min15s 10,2

1995 3min58s85 3min27s37 13,2 2h25min11s 2h07min02s 12,5

1996 3min56s77 3min29s05 11,7 2h26min04s 2h08min25s 12,1

2008 3min50s46 3min26s00 11,87 2h15min25s 2h03min55s 11,9

MM 3min56s73 3min30s58 11,1 2h24min20s 2h08min07s 11,2

TABELLA 55 Migliori tempi mondiali nei 1500 m e nella maratona e differenze specifiche di sesso (in %)negli anni dal 1980 al 1996 e nel 2008 (modificato da Sparling et al. 1998, 1726).

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Page 30: Pagine da biologia dello sport

MESTRUAZIONI E SPORT

Durante la sua vita, la donna è soggetta a tipi-che influenze ormonali. In età feconda – che vadalla prima (menarca) all’ultima (menopausa)mestruazione – durante un ciclo mestruale si

producono cambiamenti ormonali che si ripeto-no regolarmente. Il ciclo mestruale (figura 337) rappresenta unasuccessione di fasi che si ripetono: mestruazio-ne, fase follicolare (proliferazione) e faseluteale o luteinica.

CAPITOLO 32 495L’INFLUENZA DELLE MESTRUAZIONI E DELLA GRAVIDANZA SULLE CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA FEMMINILE

CAPITOLO 32

Diencefalo

Lobo anteriore dell’ipofisi(adenoipofisi)

FSH Ormone follicolo stimolante

LH Ormone luteinizzante

Maturazionedel follicolo

Ovulazione Corpo luteo

Ormone follicolare Estrogeno

Ormone del corpo luteo Progesterone

Mucosa dell’utero

Mestruazioni Proliferazione Secrezione

1. 5. 9. 13. 17. 21. 25. 28. Giorno

FIGURA 337 Il ciclo mestruale (secondo Vogel, Angermann 1976, 324).

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Dalla fine della seconda guerra mondiale neipaesi industriali, rispetto ai paesi in via di svilup-po, si può riconoscere una “ridistribuzione dellemalattie”. E se precedentemente le cause più fre-quenti di morte erano le malattie infettive, attual-mente in primo piano troviamo le malattie dege-nerative cardiocircolatorie (tabella 60). Che questo tipi di malattie – che sono anchedefinite malattie del benessere o della civiltà– rappresentino quasi la metà dei circa 900.000casi annuali di decesso nella Repubblica Federaledi Germania, da un lato deve essere ricondottoall’aumento delle aspettative e dall’altro al cam-biamento delle condizioni di vita.Negli ultimi anni, grazie ai progressi della medi-cina e al miglioramento dell’igiene, l’aspetttivamedia di vita è notevolmente aumentata. Senel 1871 era circa 35 anni, attualmente nella Rftè di circa 76 anni (uomini) e 83 anni (donne). Perquanto riguarda l'Italia nel 2009 l’aspettativa divita rispettivamente per uomini e donne è salitaa 79,10 e 84,45 anni, con una media di 81,8anni. Nel 1910 era rispettivamente di 46 e 47

anni. Sia in Germania, sia in Italia, quindi, nellospazio di poco più di un secolo, l’aspettativa divita è pressoché raddoppiata.In Germania, in un decennio, il numero dei cente-nari dai 4.000 del 1994 è drasticamente aumenta-to e nel 2005 già ammonta a 15.000. In Italia nel1991 le persone centenarie erano 3.345 e nel2001 erano 6.313. Si calcola che nel 2030 questonumero possa aumentare di dieci volte (cfr. Lehr1994, 27; Künstlinger 2005, IX). Se questo è lo sce-nario del futuro, una grande sfida del 21° secoloper la medicina e la scienza dell’allenamento saràrappresentata da quella di rendere possibileinvecchiare in buona salute. Una tale esigenza èimportante non soltanto dal punto di vista di unavita degna di essere vissuta nella vecchiaia, maè di enorme attualità dal punto di vista sociale edeconomico: a causa dell’aumento delle aspettativedi vita aumenta il numero di persone non auto-sufficienti ed aumentano i relativi costi. Alla finedel 2007, in Germania, già 2,25 milioni di persone(delle quali il 68% donne) non erano autosufficien-ti. In un solo anno, sono 118.000 ovvero il 5,6% inpiù dell’anno precedente. Rispetto al 1999, annodel primo rilevamento di questo tipo di dati ciòsignifica addirittura un incremento dell’11.4% inmeno di dieci anni (Statistisches Bundesamt 2008,4; cfr. Klie, Kruse 2006, 157). La maggiore durata della vita, a causa di fenome-ni naturali e progressivi di logoramento dovutiall’invecchiamento – che si manifestano soprat-tutto a livello vascolare – porta a cambiamentidegenerativi in diversi organi.Oltre all’innalzamento delle aspettative di vitatra le cause che partecipano all’insorgere di

CAPITOLO 33 513OSSERVAZIONI INIZIALI

CAPITOLO 33

Paesi in via Malattie Paesidi sviluppo industrializzati

39% Infettive 6%

4% Tumorali 18%

4% Cardiache 48% e vascoalri

TABELLA 60 Distribuzione delle malattie e delle cause di morte nei Paesi industrializzati e nei Paesi in via di sviluppo (da Matzdorff 1975, 75).

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Come già esposto, i fattori di rischio di sviluppodi malattie degenerative cardiocircolatorie sidividono in primari e secondari, in modificabili enon modificabili.

I FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI

Per quanto riguarda i fattori di rischio non modi-ficabili si tratta di fattori endogeni (ad esempio,genetici) ai quali è soggetta ogni persona. Laloro influenza, però, è globalmente minore diquelli che sono influenzabili o evitabili.

FAMILIARITÀ

Questo fattore di rischio finora è stato poco inda-gato dal punto di vista scientifico ed è anche didifficile studio. Così, ad esempio, è difficile provarefino a che punto le conseguenze della familiaritàsi basino realmente su fattori genetici e non sianoil frutto di abitudini di vita e alimentari proprie diuna famiglia (Schwandt 1975, 11).Le malattie ereditarie sono rappresentate dalleforme primarie delle malattie metaboliche, diabe-te mellito, iperlipidemia e gotta. Inoltre, uno stret-to legame esiste tra pressione arteriosa e sovrap-peso, i quali anche si possono basare sull’eredita-rietà (Schettler 1976, 158; Ahlheim 1980, 442). Anche se alcuni Autori mettono in discussione l’e-sistenza di una disposizione genetica verso lemalattie degenerative cardiocircolatorie (Schwandt1975, 11), si può affermare che grazie ad anamne-si familiari (Mellerowicz 1972, 12; Roskamm, Rein-dell, König 1966, 66; Schettler 1976, 158) sia pro-

vata l’esistenza di una familiarità verso l’infarto(Schwandt 1975, 11). Come criterio dell’incidenza del rischio dovuto allafamiliarità si adducono da un lato l’età dei genito-ri, dei nonni e dei fratelli nel momento della loromorte e dall’altro l’età alla quale in questi si sonomanifestate una arteriosclerosi oppure malattiemetaboliche (Heyden 1976, 230).Per cui, ad esempio, un rischio maggiore esistequando una parte dei genitori o ambedue sonoincorsi in un infarto prima dei quarantacinque anni(Brusis, Weber 1980, 24). Se i genitori sono iperte-si, o affetti da sclerosi coronarica, il rischio delbambino di incorrere in una patologia coronaricaprecocemente è di un fattore 2,7 (ovvero, unrischio tre volte maggiore di chi non si trova in unasimile situazione, NdC); le persone che non presen-tano una disposizione familiare hanno (evidente-mente, NdC) un rischio di un fattore 1 (Mellero-wicz 1972, 13).

ETÀ

L’aspettativa di vita attuale (2009) negli uomini èdi oltre settantasei anni e nelle donne di oltreottantadue.L’aumento dell’età media è strettamente correlatoal tasso di mortalità per malattie cardiocircolato-rie, che aumenta esponenzialmente con l’età(Franke, Gall, Chowanetz 1976, 951).Negli ultimi venti anni, l’incremento delle malattiecardiocircolatorie come causa di morte è stato dioltre il 50%. L’età è uno dei possibili fattori che possono per-mettere che si manifesti una predisposizione ad

FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE518I FATTORI DI RISCHIO

CAPITOLO 34

Weinek BIOLOGIA 2011oknew(versione 8):Atti Za 19/06/13 12:25 Page 518

Page 33: Pagine da biologia dello sport

Che attraverso un programma di prevenzioneche interessi tutti i cittadini realizzato in modocostante e coerente possa migliorare lo stato disalute della popolazione lo dimostrano, tra l’al-tro, le esperienze del Giappone, degli Usa e dellaFinlandia. Mentre, ad esempio, in Australia ilnumero delle malattie degenerative cardiocirco-latorie negli anni dal 1955 al 1967 è aumentatodel 28%, in Olanda addirittura del 50%, in Giap-pone, nello stesso periodo è diminuito del 27%.La diminuzione di oltre il 16% della mortalità perinfarto negli Stati uniti dal 1968 e di quella percoronaropatie in Finlandia (del 24% negli uominie del 51% nelle donne negli anni 1969-1979)mostrano chiaramente che campagne di infor-mazione e di prevenzione – che miravano in par-ticolare ad un cambiamento di abitudini alimen-tari, di fenomeni di dipendenza (ad esempio, dalfumo) e di ipocinesi – possono essere applicatecon successo nella lotta contro le malattie dege-nerative cardiocircolatorie (cfr. Sesso, Paffenbar-ger, Lee 2000, 975; Lee, Rexrode, Cook et al.2001, 1447; Manson, Greenland, La Croix et al.2002, 716; Le Masurier, Bauman, Corbin et al.2008, S596; King, Satariano, Marti, Zhu 2008,S584; Tudor-Locke, Hatano, Pangrazi, Kang2008, S537).Come mostra la figura 381, aumentando l’attivitàfisica – con l’allenamento della resistenza comeattività ideale – diventa molto meno frequentesoprattutto l’occorrenza di casi di apoplessia e dimalattie degenerative cardiocircolatorie, che sonoquelle che presentano maggiori costi. Lo stessovale per il numero uno delle cause di morte per unindivuduo, l’infarto cardiaco.

La figura 382 evidenzia che le persone fisica-mente attive non solo soffrono meno di malattiefisiche, ma presentano anche meno problemi psi-chici delle persone che si muovono poco.Un migliore stato di benessere psichico dovuto aun maggiore allenamento fisico è un elementoimportante per la prevenzione delle malattiedegenerative cardiocircolatorie e la minore predi-sposizione alle malattie infettive. Da un lato, infat-ti, grazie alla libertà dagli stress e alla tranquillitàinterna, si ottengono una minore produzione di

FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIE CARDIOCIRCOLATORIE562L’ALLENAMENTO DELLA RESISTENZACOME STRUMENTO DI PREVENZIONE DI MALATTIE DEGENERATIVE CARDIOCIRCOLATORIE

CAPITOLO 35

3,5

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,5

0,0

Inat

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Categorie di attività fisica

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anno

FIGURA 381 Influenza dell’attività fisica sul tassodei casi di colpo apoplettico. La forma più intensivadi carico è un allenamento moderato di resistenzaeseguito secondo il principio “lento, ma per lungotempo” (Wannamethee in Blair 1995, 17).

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Page 34: Pagine da biologia dello sport

LE TEORIE SUI BIORITMI

Nella discussione sui bioritmi, fondamentalmen-te, si possono distinguere due direzioni teoriche:

• la teoria che definiremo scientifico-popolare;• la teoria che definiremo a orientamento scien-

tifico.

Sebbene i lavori di carattere speculativo sullateoria scientifico-popolare siano stati accantona-ti da tempo – risalgono infatti agli anni ’20-’30del secolo passato – e non possono accamparealcuna pretesa di dimostrabilità scientifica – sitratta esclusivamente di osservazioni e interpre-tazioni soggettive del comportamento umano, dipareri isolati o di studi retrospettivi – ancoraoggi le sue affermazioni sono oggetto di discus-sione per quanto ne riguarda validità e rilevanzaper la pratica sportiva. Per questa ragione, ne faremo oggetto di unabreve esposizione.

LA TEORIA SCIENTIFICO-POPOLAREDEL BIORITMO

Questa teoria postula l’esistenza di tre ritmi ocicli singoli, descritti per la prima volta da Fliess,Svoboda e Teltscher:

• il ciclo fisico che avrebbe una durata diventitrè giorni: è quello al quale si attribui-sce la massima importanza dal punto divista dello sport in quanto determinerebbe ilbenessere e la capacità di prestazione fisica;

• il ciclo emozionale che durerebbe ventottogiorni: influenzerebbe il benessere fisico dalpunto di vista psichico;

• il ciclo intellettuale che durerebbe trentatrègiorni: rispecchia la variazione ritmica delleforze mentali e avrebbe un ruolo marginaleper la capacità di prestazione sportiva.

Secondo Appel (1978), Wilkes (1979) e Gross(1979) questi tre ritmi vanno interpretati comemodulatori, perché influenzerebbero positivamen-te il comportamento umano nella fase alta enegativamente nella fase bassa.Per tutti i tre ritmi si suppone, arbitrariamente,che inizierebbero a oscillare in curve sinusoidalicon una fase positiva già nelle prime ore dellanascita (Schönholzer, Schilling, Müller 1972, 7). Igiorni di transizione tra le fasi alte e quelle bassesono rappresentati come “giorni critici” nei qualila capacità di prestazione psicofisica sarebbebassa e sarebbe elevato il rischio di cadute e diinfortuni (figura 399) (Gross 1959; Thommen1973).Secondo queste teorie per la capacità di presta-zione psicofisica sarebbe decisiva la posizionedella fase o dello stato globale dell’andamentocomplessivo delle curve di tutti e tre i ritmi.

Lo illustreremo con un esempio (Leis, Ulmer,Weis 1982, 289): questo era lo stato globale (G)dei tre ritmi nel momento del record sui 100 m diA. Hary:

(G) = f (98%) + e (97%) + i (87%) = 94%3

CAPITOLO 36 589BIORITMO E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 36

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Già prima d’iniziare un carico fisico – ad esem-pio una gara – le funzioni dell’organismo si“aggiustano” al lavoro da compiere e vengonocondotte ad un livello più elevato.Nello stato pre-gara, grazie all’anticipazione men-tale o all’attualizzazione dell’andamento dellagara, parallelamente all’incremento dell’attivazionedei centri motori del cervello, attraverso la cosid-detta coattivazione nervosa centrale, si attivanoanche i centri vegetativi del sistema circolatorio. Inquesto modo, l’organismo crea i presupposti chepermettono che fin dall’inizio il carico fisico o spor-tivo sia eseguito con l’efficacia più elevata.Lo stato pre-gara rappresenta un adattamentodi natura riflessa condizionata alla prestazio-ne, che è tanto più rapido e adeguato quanto piùè elevato il livello di allenamento (Nöcker 1976,50), nel quale troviamo una forte prevalenza delsistema nervoso simpatico, ergotropo con unaincrezione più elevata di ormoni della prestazione(ad esempio, adrenalina) che produce un incre-mento dei parametri cardiopolmonari e metaboli-co-muscolari (Nowacki, Schmidt 1970, 1684).In dettaglio lo stato pre-gara si caratterizza per:

• una maggiore increzione di catecolamine(adrenalina e noradrenalina): nei carichi fisicisi produce soprattutto un incremento dellaproduzione di noradrenalina, mentre nei cari-chi psichici prevale una maggiore produzionedi adrenalina.

• Un incremento dell’increzione di glucocorti-coidi: le catecolamine prodotte nella situa-zione che precede l’inizio (l’avvio) della garaaumentano la produzione dell’ormone corti-cotropo ipofisario (ACTH, vedi pagina 239)che, a sua volta, incrementa quella dei glu-cocorticoidi (Silbernagl, Despopoulos 1983,260). I glucocorticoidi*, rispetto all’azione disassi-milatoria (catabolica) delle catecolamine, pre-sentano un’azione assimilatoria, in quantopermettono il riempimento dei depositi dienergia svuotati. In questo modo, questiormoni surrenali creano il presupposto affin-ché l’organismo possa continuare a funziona-re, in quanto le catecolamine possono ricorre-re ai depositi di energia che sono stati ricosti-tuiti (Steinbach 1971, 81).

• Un aumento della frequenza cardiaca e dellagittata cardiaca.

• Un aumento della pressione arteriosa: taleaumento è provocato dall’incremento del-l’attività cardiaca di natura psicogena inassenza di un lavoro muscolare intenso, diconseguenza dalla mancanza di una dilata-zione periferica dei vasi.

• Un aumento della frequenza respiratoria,del volume per atto respiratorio e del volu-me respiratorio al minuto.

• Un innalzamento del tono muscolare dovutoa quello della sensibilità dei fusi muscolari

CAPITOLO 37 607LO STATO PRE-GARA E LA SUA IMPORTANZA PER LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 37

* I glucocorticoidi rappresentano una classe di ormoni steroidei che, nell’uomo, sono prodotti, in particolare, nellazona fascicolata della corticale del surrene. Il più importante di essi è il cortisolo. Agiscono sul metabolismo dei car-boidrati e riducono le risposte infiammatorie e immunitarie.

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DEFINIZIONE DEL CONCETTO

Attraverso un riscaldamento razionale, specificoper lo sport praticato, dunque, si debbono crearemigliori condizioni iniziali per le capacità di pre-stazione neuromuscolari, organiche e mentalidell’atleta e per la sua disponibilità allo sforzo,come anche condizioni ottimali per la prevenzio-ne degli infortuni.

LE TIPOLOGIE DI RISCALDAMENTO

Si distinguono un riscaldamento generale e unriscaldamento speciale. Nel primo, l’insieme delle possibilità funzionalidell’organismo deve essere portato a un livelloelevato (Weineck 2007, 939). Ciò si realizzaattraverso esercizi che servono al riscaldamentodi grandi gruppi muscolari (ad esempio, corsa diriscaldamento). Il riscaldamento speciale, invece, è specificoper la disciplina praticata, cioè si eseguono que-gli esercizi che servono a “riscaldare” i muscolidirettamente interessati ad essa. Il riscaldamentogenerale deve precedere quello speciale.

Il riscaldamento in sé, a sua volta, può esserepassivo, attivo, mentale, oppure realizzato informa combinata. Nel riscaldamento attivo l’atleta esegue real-mente esercizi o movimenti, mentre in quellomentale se li rappresenta soltanto. Però, una pre-parazione mentale può essere utilizzata solo conprocessi di movimento relativamente semplici oquasi completamente automatizzati (Weineck2007, 939).Nella maggior parte dei casi, se utilizzato isola-tamente, il riscaldamento mentale ha scarsovalore, perché mette in moto solo parzialmente,e spesso con scarsa intensità, i processi di adat-tamento caratteristici del riscaldamento stesso(cfr. più avanti). Invece, in alcuni sport (ad esem-pio ginnastica artistica, atletica leggera), se ècombinato con altri metodi di riscaldamento,risulta di grande efficacia. Il riscaldamento passivo, in forma di doccecalde, frizioni, massaggi, ecc., può essere conce-pito solo come integrazione di quello attivo, inquanto è difficile che da solo possa contribuire aun incremento della prestazione o a una suffi-ciente prevenzione degli infortuni (Weineck2007, 939).Nel riscaldamento attuato attraverso docce o fri-zioni, si producono soprattutto un riscaldamentoperiferico, con dilatazione dei vasi cutanei e, quin-di, una distribuzione diffusa del sangue. In questomodo, la muscolatura successivamente impegnatanel lavoro non viene né sufficientemente riscalda-ta, né irrorata di sangue quanto sarebbe necessa-rio, né preparata dal punto di vista coordinativo,come avviene nel riscaldamento attivo. Anche le

CAPITOLO 38 611L’IMPORTANZA DEL RISCALDAMENTO PER LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 38

Per riscaldamento si intendono tutte quellemisure che prima di un carico di lavoro fisicosportivo – sia di allenamento o di gara – servo-no sia a creare uno stato ottimale di prepara-zione psicofisica, cinestetico-coordinativa, siaalla prevenzione degli infortuni.

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Dopo un allenamento sportivo (o una gara, NdC)interviene una fatica più o meno marcata o per-sino un esaurimento, che dipendono dai diversiparametri del carico. La prima precede il secondo(cfr. Ament, Verkerke 2009, 389).

Tra fatica ed esaurimento esistono solo diffe-renze graduali, che comunque possono essere dimisura notevole. Mentre i fenomeni della faticadi regola scompaiono, i processi di recupero(ristabilimento) dopo l’esaurimento richiedonoalmeno da tre a sette giorni e richiedono, il piùdelle volte, di essere accompagnati da un tratta-mento medico (Findeisen, Linke, Pickenhain1980, 240).

TIPI DI FATICA

Si distinguono una fatica acuta periferica e unacentrale – che generalmente sono strettamenteabbinate tra loro, influenzandosi reciprocamente– e una fatica cronica locale o generale (superal-lenamento).

LA FATICA ACUTA PERIFERICA

Ogni sforzo superiore ai limiti di una prestazioneprolungata (nella quale fabbisogno e trasforma-zione dell’energia si mantengono in equilibrio)produce una limitazione della capacità di lavorodefinita fatica muscolare o fatica periferica.Le cause della fatica sono molteplici e diverse esi trovano in un rapporto stretto con il caricoprecedente.A causa di processi molteplici, diversi e complessi,che si producono durante il lavoro muscolare – ilcomando per la contrazione muscolare parte dallacorteccia pre-frontale per arrivare alla muscolatu-ra che lavora dopo numerosi e diversi processi dicommutazione centrali e periferici – teoricamentela fatica può prodursi in ogni punto di questacatena. La tabella 85 ne fornisce un quadro rias-suntivo (cfr. Hollmann, Hettinger, Strüder 2000,120; cfr. anche la tabella 86).In ogni caso, però, nell’affaticamento prodottodal lavoro di contrazione del muscolo intervieneuna alterazione dell’equilibrio chimico-fisico diriposo (cioè una alterazione dell’omeostasi): leriserve energetiche diminuite durante la contra-zione possono anche non essere recuperate com-pletamente nella fase di rilassamento. Per questaragione, contrazione dopo contrazione rimaneuna fatica residua che aumenta a una velocitàdiversa che dipende dall’intensità e dalla duratadel carico, producendo alla fine una sua interru-zione (cfr. Chennaoui, Gomez-Merino, Duclos,Guézennec 2004, 1).Le cause della fatica acuta periferica sono illu-strate qui di seguito.

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE620FATICA E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 39

In generale, la fatica può essere definita unariduzione reversibile della capacità di prestazio-ne fisica e/o psichica, che, tuttavia, contraria-mente all’esaurimento, può ancora permettereuna continuazione del carico, anche se, in partecon un notevole maggiore dispendio energeti-co e con un peggioramento della precisionecoordinativa.

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Sebbene, mentre ci si allena, i limiti della faticapossano essere spostati secondo il livello di alle-namento stesso, il successivo recupero diventasempre più importante. In determinate condizio-ni, se si prende in considerazione solo l’aspettodel carico, e non si tiene sufficientemente contodei periodi di ristabilimento, si può giungere a unimpoverimento “strisciante” delle riserve energe-tiche dell’atleta e, quindi, a una diminuzione dellasua capacità di lavoro. Per questa ragione, caricodi allenamento e successivo ristabilimento sonostrettamente collegati e si condizionano a vicen-da (Talyschjow 1973, 1637; Scheibe 1979, 47).Un sistema razionale di carico e recupero, inoltre,rappresenta una delle principali condizioni perl’aumento dell’efficacia dell’allenamento (cfr.Wolkow 1974, 167). In questo contesto, occorreconsiderare soprattutto l’eterocronia del ristabi-

limento. Per questa ragione, sia nel valutare qualesia l’effetto di un carico precedente su quello suc-cessivo, sia nel giudicare l’effetto di una o piùunità di allenamento (come sommatoria con dire-zione energetica o morfologico-strutturale diver-sa), si deve fare assolutamente attenzione all’in-fluenza che essi esercitano sull’organismo dell’at-leta, che viene definita dai metodi utilizzati (Wol-kow, Lugowzew 1979, 122).Nell’ambito dei diversi mezzi di ristabilimento,appare opportuno suddividerli in attivi (ad esem-pio, corsa di defaticamento) e passivi (ad esem-pio, massaggi, sauna, bagni, ecc.), in quanto laloro efficacia deve essere valutata in modo diver-so. Roth, Voss, Unverricht (1973, 271 e segg.)sono riusciti a dimostrare che attraverso un lavoromuscolare si ottiene un aumento di circa sei voltedell’irrorazione sanguigna, importante per larimozione rapida delle scorie metaboliche, mentrecon le varie forme di massaggio questi valorierano notevolmente più bassi.Oltre ai mezzi di ristabilimento attivi e passiviper aumentare l’efficacia del recupero nellosport, si utilizzano anche metodi psicologici, trai quali è particolarmente importante il trainingautogeno.

L’IMPORTANZA DEL RECUPEROATTIVO

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE630RECUPERO E RISTABILIMENTO DOPO I CARICHI SPORTIVI E LORO IMPORTANZA PER LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 40

Lo stretto rapporto dialettico che esiste tra cari-co e ristabilimento, soprattutto nello sport divertice, con le sue richieste estremamente altedi stimoli di allenamento di volume e intensitàelevate, fa sì che appaia sempre più impellenteche si tenga conto dettagliatamente non solodel carico, ma anche del recupero. Nello sportdi vertice, un incremento della capacità di pre-stazione sportiva è possibile solo se si utilizza-no in modo finalizzato metodi e misure genera-li e specifiche di ristabilimento, in quanto,attualmente, metodi e misure di allenamentogià sono stati sviluppati in misura ottimale edifficilmente sarà realizzabile un incrementoulteriore dei volumi e delle intensità.

Per recupero attivo si intendono tutti queimezzi che nella prima fase successiva al caricoportano in modo attivo a un recupero e ad unristabilimento quanto più rapido e completo.

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La sauna finlandese si può definire un bagno indue fasi, nel quale si alternano caldo e freddo. Nel-l’ambiente della sauna, la temperatura va da 80 a120 gradi e l’umidità relativa varia dal 5 al 15%.Per una sauna che possa essere sopportata senzaproblemi si sono rivelate ottimali una temperaturadi 80-90 gradi e una umidità relativa dal 10 al 15 odal 5 al 10% (Krauss 1975, 138).Secondo il grado di sopportabilità e di abitudine,ogni sauna prevede da uno a due passaggi, ciascu-no con una durata da 8 a 12 minuti. La fase di raf-freddamento conclusiva, dopo l’applicazione del-l’aria calda, dovrebbe prevedere da 8 a 12 min dipermanenza all’aria aperta e alla fine una docciacon acqua fredda ed essere seguita da una fase diriposo di circa 15 minuti. Un passaggio completoin una sauna si compone dunque di una fase diriscaldamento, di una di raffreddamento e di unadi riposo.Gli effetti specifici della sauna sono il risultatodella successione tra fase di riscaldamento e fasedi raffreddamento (con pausa conclusiva di riposo).

LE REAZIONI FISIOLOGICHE DELL’ORGANISMO UMANOALL’UTILIZZAZIONE DELLA SAUNA

REAZIONI DURANTE LA FASE DI RISCALDAMENTO

Durante la fase di riscaldamento, nel corpo siproduce una leggera ipertermia con le sue con-seguenze dirette e indirette. L’elevata temperatu-ra ambientale che esiste nello spazio della sauna

apporta calore al corpo, impedendone contem-poraneamente la cessione. Già dopo pochi minu-ti di permanenza nella sauna, quindi, inizia lasecrezione di sudore e di conseguenza un note-vole aumento della sua emissione; il corpo, inmedia, perde 20-30 g di sudore al minuto (Bram-böck, Knoth 1973, 25).Sebbene, a causa della scarsa umidità relativadell’aria nello spazio della sauna, circa il 75%della quantità di sudore che si è formata puòcondensarsi sulla pelle e quindi sottrarre caloreal corpo (de Marèes 1979, 391), questa attivitàdell’organismo non è sufficiente a mantenerecostante la temperatura del corpo. L’apporto dicalore è superiore alla sua cessione per cui suc-cessivamente si produce prima un incrementodella temperatura cutanea e poi dell’interno delcorpo. L’incremento della temperatura cutanea –che aumenta da quella normale di 30-32 °C dicirca 10° arrivando a circa 40-42 °C provoca unainversione del gradiente tra la temperatura inter-na del corpo e la pelle.Oltre alla sua produzione endogena di calore,all’interno del corpo viene apportato calore dal-l’esterno, per conduzione (da tessuto a tessuto)e in particolare per convezione (attraverso iltorrente ematico), per cui la temperatura internaaumenta di circa 2 °C (Bramböck, Knoth 1973,25).Il sangue così riscaldato passa anche attraversoil centro ipotalamico che regola la temperaturacorporea (cfr. pagina 813) e provoca una dilata-zione dei vasi cutanei e una attivazione delleghiandole sudoripare. L’aumento dell’irrorazionesanguigna della cute è reso possibile da un

CAPITOLO 41 637L’EFFETTO DELLA SAUNA FINLANDESE SULL’ORGANISMO UMANO

CAPITOLO 41

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Il massaggio e la sauna – se utilizzati corretta-mente – rappresentano un efficace mezzo acces-sorio per accrescere la capacità di prestazionesportiva durante il processo di allenamento.Poiché nello sport i processi che caratterizzano ilcarico e il recupero si condizionano reciproca-mente, al massaggio eseguito per un determina-to scopo, e secondo il compito che gli è assegna-to nella sua forma specifica per un dato sport –definito in generale massaggio sportivo –spetta un preciso ruolo nel miglioramento dellaprestazione o nel recupero.

MANUALITÀ DEL MASSAGGIOSPORTIVO

Le manualità principali del massaggio classicoche si utilizzano in quello sportivo sono lo sfiora-mento e l’impastamento. Inoltre, secondo indica-zioni particolari, si utilizzano scuotimento evibrazioni (superficiali o profonde).Nella pratica del massaggio in generale dovrebbe-ro essere evitate frizioni e percussioni, in quantonon sono compatibili con le finalità normali delmassaggio (Strohal 1981, 34-35).

SFIORAMENTO

Gli sfioramenti si eseguono su diverse zone dellacute, in modo tale da allargarsi a determinatigruppi muscolari e in direzione da distale a prossi-male nell’andamento delle fibre muscolari.Ogni massaggio deve iniziare e terminare con sfio-ramenti. Poiché essi vengono eseguiti su ampiearee del corpo, da un lato permettono di ottenerereperti palpatori generali dei tessuti e dall’altro diprodurre effetti che sono specifici del massaggio:

• eccitazione delle terminazioni nervose sensi-bili della pelle con sedazione e rilassamentolocale e centrale;

• attivazione del ritorno venoso e linfatico alcuore;

• apertura dei vasi periferici con aumento dellacircolazione del sangue (Strohal 1981, 5).

IMPASTAMENTI

Rispetto agli sfioramenti rappresentano unaforma di massaggio molto più intensa che va inprofondità, fino al muscolo, che si effettua conuna manovra che agisce sull’asse trasversale odiagonale del muscolo allungandolo o torcendolo.Anche in questo caso, il massaggio si effettuaandando dalla direzione distale alla prossimale. Gli impastamenti rappresentano una delle mano-vre più importanti del massaggio sportivo. Attra-verso la compressione, lo spostamento dei tessu-ti avanti e verso l’alto, e l’impastamento di tuttoil muscolo si produce un aumento della circola-zione del sangue del muscolo interessato, l’elimi-

CAPITOLO 42 647MASSAGGIO E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 42

Per massaggio sportivo s’intende sia l’utilizzazio-ne del massaggio nel quadro del processo diallenamento, sia il suo uso prima, durante edopo la gara. Esso impiega le manovre (manuali-tà) del massaggio classico e si utilizza quasiesclusivamente con atleti sani (Schmidt 1974,252).

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]PRINCIPI GENERALI DELLA NUTRIZIONE

Una caratteristica essenziale della vita è rappre-sentata dalla continua assunzione e cessione disostanze dall’ambiente, il ricambio o metaboli-smo*. Si definisce nutrizione (o alimentazione) lasomma di tutti i processi attraverso i quali l’orga-nismo vivente assume dall’esterno le sostanzeindispensabili per il mantenimento dei suoi pro-cessi e delle sue funzioni vitali quotidiane (Küh-nau 1980, 1). La materia necessaria per l’alimentazione è rap-presentata dal nutrimento (e dai suoi componenti:gli alimenti, ndt). Questo si offre in forma solida ofluida e, prima che possa essere utilizzato dall’or-ganismo, deve essere adeguatamente preparato.La figura 435 mostra il processo, sempre uguale,di assunzione di alimenti, digestione, assorbimen-to, metabolismo intermedio ed eliminazione.Sul processo di assunzione, digestione e assorbi-mento degli alimenti influiscono fattori endogeni(ad esempio, tensione, sensazione di stress) edesogeni (ad esempio, carichi sportivi diversi) chesono soggetti ad un’ampia dispersione indivi-duale (cfr. ACSM/ADADC 2009, 710; Leiper,Nicholas, Ali et al. 2005, 246-247).Con il termine digestione s’intende il processomeccanico-chimico che trasforma e riduce il ciboingerito in sostanze più semplici e più facili daassorbire e assimilare da parte dell’organismoper idrolisi. I prodotti finali della digestione, adesempio il glucosio, attraverso la mucosa dell’in-

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE652ALIMENTAZIONE E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 43

DigestioneTrasformazione degli alimenti

in sostanze riassorbibili

Assunzione di alimenti

AssorbimentoPassaggio dei nutrienti

trasformati nel tubo digerentealle vie ematiche e linfatiche

Metabolismo intermedioTrasformazione chimica delle sostanze

ad elevato peso molecolare perdegradazione progressiva

in sostanze di peso molecolare minore(trasformazione di energia) o attraversotrasformazione per la sintesi di sostanze

proprie dell’organismo grazieall’associazione di processi catabolici

(di distruzione) e anabolici (di costruzione)

EscrezioneEliminazione dei prodotti

del metabolismo (ad esempio,l’anidride carbonica, l’acqua, l’urea)e di sostanze non metabolizzabili(ad esempio, le sostanze zavorra)

FIGURA 435 Assunzione di alimenti, digestione,assorbimento, metabolismo intermedio ed eliminazione come processi differenziati dell’alimentazione (modificato da Donath, Schüler 1980, 157).

* Dal greco antico μεταβολη, mutazione, cambiamento.

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DEFINIZIONE DEL CONCETTO

La Federazione dei medici sportivi tedeschi cosìdefinisce il concetto di “sostituzione”:

“Da punto di vista medico per sostituzione si deveintendere la compensazione di sostanze assoluta-mente necessarie per il corpo, che ne ha bisognoper il metabolismo energetico e anabolico, chenon possono essere sintetizzate dall’organismo eil cui insufficiente apporto pregiudica la capacitàdi prestazione sportiva. Ne fanno parte:

1. sostanze attive come vitamine, elettroliti (Na,K, Mg, ecc.) ed elementi traccia (Fe, Cu, ecc.).

2. sostanze nutritive o sostanze che fornisconoenergia come carboidrati e proteine, il cuifabbisogno, in alcune condizioni, non puòessere coperto attraverso l’alimentazione. Nello sport, una compensazione o una sosti-tuzione delle sostanze attive o dei nutrienticitati in 1. e 2., che dal punto di vista fisiolo-gico rappresentano comunque componentidell’alimentazione, è permessa, soprattuttose l’allenamento o la gara provocano unaumento del loro consumo o della loro elimi-nazione (carboidrati, vitamine, elettroliti).

L’apporto di sostanze che un organismo sano èinvece in grado di sintetizzare da solo come gliormoni (ad esempio, il testosterone, il cortisolo,l’ormone della crescita) contraddice il significatoche la medicina attribuisce al concetto di sostitu-zione. Se queste sostanze sintetizzate da un orga-

nismo sano non sono sufficienti per determinateprestazioni massime sportive, questa barrieranaturale deve essere rispettata come limite dellacapacità individuale di prestazione. Per questaragione, tali sostanze attive, sintetizzate dall’or-ganismo, non rientrano nel concetto di sostituzio-ne e quindi non devono essere somministrateall’atleta per il miglioramento della prestazione.In caso contrario, ci troviamo di fronte alla fatti-specie dell’intervento farmacologico diretto adinfluenzare la prestazione con una finalità didoping“ (Donike, Rauth 1996, in Baum 1998, 11).

Sebbene la Federazione medico sportiva tedescain questa definizione distingua nettamente ilconcetto sostituzione dal doping, nella praticaci si trova spesso in una zona grigia tra alimenta-zione e doping. L’Istituto federale (tedesco) perla protezione dei consumatori e la medicinaveterinaria (Bundesinstitut für Verbraucherschutzund Veterinär medizin, BgVV, in Kirnich 2001,18) definiscono gli integratori alimentari comepreparati che contengono in forma più o menoconcentrata uno o più nutrienti (soprattutto vita-mine, minerali e oligoelementi) e che normal-mente si presentano in forma atipica per un ali-mento (compresse, capsule, ecc.). Talvolta, si fa ancora una distinzione tra sosti-tuzione e supplementazione: mentre nellasostituzione si integrano secondo il fabbisognoelementi nutrizionali mancanti o contenuti inmaniera insufficiente nell’alimentazione, nellasupplementazione si va oltre il bisogno.Nella discussione che riguarda l’impiego deicosiddetti integratori alimentari, non si deve

CAPITOLO 44 715SOSTITUZIONE E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 44

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LO SVILUPPO STORICO DEL DOPING

Nella storia, si può seguire a lungo lo sforzo del-l’uomo di migliorare la sua prestazione sportivaassumendo determinate sostanze. Così dovevanoricorrere certamente a sostanze stimolanti i berser-kir** della mitologia scandinava, che grazie ad unalcaloide dagli effetti allucinogeni, la bufotenina,contenuta in un fungo (della specie delle amanite)avrebbero aumentato di dodici volte la loro forza inbattaglia. Dagli scritti di Filostrato e di Galeno risulta che gliatleti greci dell’antichità, nel terzo secolo avantiCristo, durante i Giochi olimpici cercavano dimigliorare le loro prestazioni attraverso erbe, fun-ghi, testicoli di toro, ecc.Molti racconti e leggende tramandate oralmentevengono anche dall’America centrale e da quelladel Sud. Così cronisti spagnoli riferiscono di Incas

che, masticando foglie di coca, avrebbero percorso1750 km in cinque giorni. È nota anche l’utilizzazio-ne da parte dei Tarahumara***, una popolazionedi stirpe uto-azteca che risiede nell’attuale territoriodel Chihuahua (nel nord del Messico), di uno stimo-lante simile alla stricnina: masticando la polpa diun cactus, la L. williamsii, più nota come peyote,ancora oggi corrono in gara per 24-72 ore, percor-rendo distanze da 260 a 560 km (Prokop 1970, 125e 1972, 22; Umminger 1972, 16 e 18; Fischbach1972, 377; Möller 1974, 473; Metz, Hüllemann1983, 239; Hanley 1983, 402).Le radici della parola doping risalirebbero ad undialetto bantù parlato nell’Africa Sud-orientale.Con dop, gli abitanti di quelle regioni definivanouna bevanda di elevato contenuto alcolico usatacome inebriante nelle loro danze cerimonali. Di quiil termine dope, con i quali i Boeri designavanotale bevanda****. Con i Boeri, la parola giunse inInghilterra e fu utilizzata per la prima volta perde-

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE730DOPING E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA*

CAPITOLO 45

* Ricordiamo che il contenuto di questo paragrafo è aggiornato al 22 maggio 2011. Se si considera che la materia riguar-dante il doping, in particolare la lista delle sostanze e dei metodi vietati, come anche le norme per i controlli anti-dopinge le sanzioni e le norme di conservazione dei dati sono soggette a cambiamenti, il lettore interessato è rinviato per gliaggiornamenti dopo tale data al sito della WADA (Wordl Antidoping Agency, Agenzia mondiale antidoping): www.wada-ama.org (NdC).

** I Berserkir (dalla parola norrena, al singolare Berserkr) erano feroci guerrieri vichinghi che avevano fatto giuramento aldio norreno Odino, da loro adorato nella sua forma di “Voden” (letteralmente “furore”). Prima della battaglia entravanoin uno stato mentale di furia, detto berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore (NdT).

*** Non a caso, i Tarahumara definiscono se stessi rarámuri, che significa “pianta idonea per la corsa” in riferimento alla pra-tica della corsa che è tipica di questo popolo, mentre tarahumara è il termine con cui vennero chiamati dagli spagnoli.Tarahumara identifica anche la loro lingua attualmente ancora parlata (NdT).

****Secondo un’altra versione, l’etimo di doping sarebbe nella parola olandese doop, zuppa. Il doop era una mistura coneffetti stimolanti usata nel XVII secolo dagli operai impegnati nella costruzione della Nuova Amsterdam, l’attuale Man-hattan, e preparata sulla base di una ricetta indiana. Indicato come causa di numerosi decessi, il doop veniva proibito.Versioni più semplici fanno derivare doping dall'inglese dope, termine che viene usato per indicare una sostanza densa,liquida, lubrificante. In slang, dope significa per lo più sostanza stupefacente. Questa radice etimologica contribuirebbe aspiegare perché spesso si tende ad assimilare il doping all’uso di sostanze stupefacenti (NdT).

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Nel 2010, secondo i dati di un’indagine Doxaelaborati dall’Istituto superiore di sanità, in Italiai fumatori erano 11,1 milioni (il 21,7% dellapopolazione), 5,9 milioni di uomini (il 23,9%) e5,2 milioni di donne (19,7%). Questa percentua-le di fumatori, anche se diminuita rispetto aglianni precedenti (erano il 34,9% della popolazio-ne dai 14 anni in su nel 1980 e il 23,9% nel2004), ma sempre troppo elevata, e il numeroelevato di sigarette fumate indubbiamente pre-sentano conseguenze non solo sulla salute esulla società*, ma anche sulla capacità di presta-zione fisica e sportiva.

BASI GENERALI

Sulla capacità di prestazione fisica e sportiva svol-gono un ruolo importante soprattutto il monossi-do di carbonio e la nicotina, i cui effetti posso-no essere classificati in acuti e cronici.

IL MONOSSIDO DI CARBONIO (CO)

Quando si fuma una sigaretta, a causa della suacombustione incompleta, si produce monossidodi carbonio (CO).Il suo contenuto nel flusso principale di una siga-retta va da circa il 2% di una pipa al 6% circa di

una sigaretta (Kuschinsky, Lüllmann 1974, 286;Aitchison, Russel 1988, 31).Nel sangue di un fumatore, secondo il numero disigarette consumate, si trovano valori acuti dicarbossiemoglobina** che vanno dal 5 al 25%.Nei non fumatori questo valore è di circa l’1%(cfr. Aitchison, Russell 1988, 31; Hollmann, Strü-der 2009, 548). Circa dieci ore dopo l’ultimasigaretta, tutte le molecole di ferro (che normal-mente sono legate all’ossigeno nell’emoglobina)vengono nuovamente liberate e ritornano adessere illimitatamente disponibili per il trasportodell’ossigeno (cfr. Rost 2001, 131).

Gli effetti del monossido di carbonio sull’organismo umano

L’effetto acuto del CO è rappresentato dal suolegame con l’emoglobina. L’emoglobina legata alCO – l’affinità del CO con l’emoglobina è da 245a 300 volte maggiore di quella dell’ossigeno(Hoffmeister 1979; Valentin, Bost, Wawra 1978,411; Rost 2001, 131) – quindi cessa la sua fun-zione di trasporto dell’ossigeno, un fenomenomolto importante per la capacità di prestazionefisica o sportiva: un blocco del 10% provocatodal CO corrisponde ad una diminuzione del 10%del V

.O2max.

I FATTORI CHE INFLUENZANO LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE786FUMO DI SIGARETTA E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 46

* Si calcola che in Italia i fumatori spendano circa 15 miliardi di euro all’anno e che il Sistema sanitario nazionalespenda circa il doppio per cure sanitarie di patologie provocate dal fumo di sigaretta. In Italia, ogni anno il fumocausa la morte di 80-90.000 persone (è come se ogni giorno precipitasse un jumbo jet senza alcun superstite abordo); il fumo è responsabile di 1/3 di tutte le morti per cancro e del 15% di tutte le cause di morte (NdC).

** La carbossiemoglobina è un composto che si forma all'interno del globulo rosso per unione della parte proteica del-l'emoglobina con il monossido di carbonio (CO), quando questo gas si trova nell’aria respirata a una pressione par-ziale sufficiente per occupare sull'emoglobina il sito normalmente legato dall’ossigeno (NdT).

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BASI GENERALI

Per alcool in generale si intende l’alcool etilico oetanolo. La sua formula grezza è C2H5OH (preci-samente CH3 – CH2OH). Con alcool, in particola-re, si intendono sostanze che presentano ungruppo idrossilico (OH). Gli alcool a catena lunga(con struttura con cinque catene di carbonio) sipresentano come alcool acilico e, ad esempio,sono il prodotto della fermentazione alcoolicadei succhi vegetali. Il peso specifico dell’alcool èdi 0,8 g/ml. Ciò vuole dire che l’alcool è più leg-gero dell’acqua (1,0 g/ml).L’alcool, anche da sobri, è presente nel sangue inuna concentrazione di 0,03% (cfr. Hollmann,Strüder 2009, 551).Esso ha un elevato contenuto energetico e svol-ge un ruolo non trascurabile come alimento onella regolazione del peso corporeo: 1 g di alcoolpossiede un valore calorico di circa 7,3 kcal. Unlitro di birra contiene circa 36 g di alcool, ossia250 kcal. Insieme ad altri alimenti (carboidrati)un litro di birra contiene 300 kcal. Tuttavia, si tratta delle cosiddette calorie vuote,intendendo con ciò che le bevande alcooliche ingenerale non contengono alcun altro nutrientecome vitamine o minerali.L’effetto dell’uso di alcool sulla salute e sull’or-ganismo dipende soprattutto dalle dosi e dallafrequenza del suo consumo. Inoltre, per quan-to riguarda la capacità di sopportare l’alcool, esi-stono elevate differenze individuali e di genere.In generale, le donne sopportano quantità dialcool minori degli uomini (cfr. anche Hollmann,Strüder 2009, 550).

Piccole dosi di alcol (corrispondenti a circa 25-20g di alcool), come, ad esempio, un bicchiere divino hanno un effetto positivo dal punto di vistacognitivo (stimolo), psichico (rilassamento) e suivasi sanguigni (effetto protettivo vascolare),anche se non è ancora chiaro quale sia l’esattoeffetto positivo protettivo. Da un lato, vieneascritto a un aumento dell’HDL e, dall’altro, allesostanze coloranti contenute soprattutto nelvino rosso, i cosiddetti flavoni (una classe disostanze appartenenti al gruppo dei flavonoidi),che svolgono un’azione di neutralizzazione deiradicali liberi, ovvero di antiossidanti (cfr. Rost2001, 128; Hollmann, Strüder 2009, 550).Concentrazioni molto basse di alcool (0,2-0,4 permille) possono migliorare alcune prestazioni inambito motorio e/o mentale, soprattutto neglisport che richiedono un livello elevato di concen-trazione, calma e nessun tremore muscolare,come è il caso di tutte le discipline di tiro, delbob o dell’automobilismo. A concentrazioni cre-scenti o superiori (> 0,8‰) si producono in misu-ra sempre maggiore disturbi coordinativi, erroridi valutazione e, infine, nel caso di una intossica-zione acuta da alcool, stordimento e perdita diconoscenza (cfr. Rost 2001, 127).L’intensità degli effetti dell’alcool è strettamentecorrelata con il suo livello nel sangue che, dipen-dendo da vari fattori, raggiunge un massimo in45-90 min. I fattori decisivi sono:

• la quantità di alcool assunta: quanto piùelevata o concentrata è la quantità di alcoolconsumata, più rapidamente aumenta il suolivello nel sangue e più evidente diventa la

CAPITOLO 47 793ALCOOL E CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA

CAPITOLO 47

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Page 46: Pagine da biologia dello sport

CAPITOLO 48 799

Se in passato si consigliava, senza alcun distin-guo, di praticare movimento all’aria aperta,attualmente, questa raccomandazione resta sì unconsiglio ancora attuale, anche se con alcune limi-tazioni provocate dai cambiamenti dell’ambiente.La causa di ciò, tra le altre, va ricercata nell’au-mento dello stress ossidativo.

LO SPORT ALL’ARIA APERTA – IL PROBLEMA DELLO STRESS OSSIDATIVO

CAPITOLO 48

Per stress ossidativo si intende un’aumenta-ta presenza di radicali liberi dell’ossigeno –chiamati anche specie reattive dell’ossige-no o ROS (acronimo di Reactive Oxygen Spe-cies) il cui eccesso ha un effetto citotossico (cfr.Niess, Striegel, Hipp et al. 2008, 55).

Scarichi di automobiliParticolati diesel

Alcool Fumo

Farmaci

Diossina

Pesticidi

Metano

SolventiVeleni domestici

Metalli pesantiRaggi UV

Raggi X

Ozono

Smog

Monossidodi azoto

Radicali liberi

Esogene

Endogene

Esogene

Radicali liberi

Respirazione Difeseimmunitarie

FIGURA 503 Le fonti esogene ed endogene della comparsa di radicali liberi (secondo Döll 1994, 407).

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Page 47: Pagine da biologia dello sport

LE BASI ANATOMO-FISIOLOGICHEDELLA TERMOREGOLAZIONE

In biologia, si fa una distinzione tra animali asangue caldo (omeotermi), animali a tempe-ratura del sangue variabile e poichilotermi(animali la cui temperatura varia, spesso in fun-zione della temperatura dell'ambiente naturaleimmediatamente circostante). Gli animali a temperatura del sangue variabilenon presentano una temperatura del corpocostante e, per questo, dipendono in grandemisura da quella dell’ambiente circostante. Sonoin grado di tollerare anche temperature moltofredde, ma in questo stato sono quasi completa-mente inattivi.Gli animali a sangue caldo – ai quali appartieneanche l’uomo – presentano una temperatura cheè relativamente indipendente da quella dell’am-biente in cui si trovano. La costanza della tempe-ratura del corpo rappresenta un fattore vitaleindispensabile per il normale svolgimento dellefunzioni del loro organismo, poiché la velocitàdello svolgimento delle reazioni dei processi chi-

mici dipendono dalla temperatura e gli enzimidel loro corpo funzionano in modo ottimaleentro un determinato range di temperatura(Ganong 1972, 220). La temperatura del corpo può essere influenzatada fattori climatici (temperatura esterna, vento,umidità, irraggiamento solare), ma su di essasvolgono un ruolo quasi della stessa importanzaanche fattori metabolici. Per questa ragione,l’uomo dispone di un sistema che lo difende siadagli eccessi di freddo (ipotermia) sia da quelli dicaldo eccessivo (ipertermia), mantenendo cosìquasi costante la temperatura.

LA TEMPERATURA DEL CORPO UMANO

Nel corpo umano, si svolgono continuamenteprocessi di combustione che, altrettanto costan-temente, producono calore, disponibile per laregolazione della sua temperatura. L’equilibriotra produzione e cessione di calore è un fattoredecisivo per la costanza della temperatura cor-porea, che normalmente è di 37 °C.In senso stretto, nell’uomo come essere omeoter-mico non esiste una temperatura corporea omo-genea né in senso temporale, né in senso spazia-le. Nel primo senso, perché la temperatura delcorpo – così come altre funzioni dell’organismo– è soggetta ad un ritmo circadiano (figura400, pagina 591). Nel secondo senso, in quantoesiste un continuo flusso di calore dal centroverso la periferia. Tale flusso di calore, però, puòcircolare solo se esiste un gradiente di tempera-tura all’interno del corpo (Stegemann 1971,160).

CAPITOLO 49 811LA CAPACITÀ DI PRESTAZIONE SPORTIVA IN CONDIZIONI DI CALDO E DI FREDDO

CAPITOLO 49

Per la biologia dello sport, praticamente nonesiste alcun settore nel quale non sarebberoimportanti le leggi della termoregolazione.Infatti, i sistemi funzionali cardiocircolatoro erespiratorio, ma anche quello del sistema ner-voso centrale e della muscolatura cambiano infunzione di essa (Findeisen-Linke, Pickenhain1980, 190).

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Page 48: Pagine da biologia dello sport

DEFINIZIONE DEL CONCETTO

I concetti adattamento all’altitudine e acclima-tazione all’altitudine in letteratura sono utilizzaticome sinonimi e talvolta, invece, servono per indi-care processi di adattamento diversi. All’inizio, ilconcetto di adattamento non rappresentava altroche una traduzione di acclimatazione, parola chederiva dal latino e che significa: “adattamento allediverse condizioni climatiche e ambientali”.Però, attualmente, si è affermata tra gli addettiai lavori, una differenziazione tra i due concetti:

MODIFICAZIONI DELLE GRANDEZZE FISICHEATMOSFERICHE CON L’AUMENTO DELL’ALTITUDINE E INFLUENZA SULL’ORGANISMO UMANO

Con l’aumento dell’altitudine, nell’atmosfera cam-biano alcune grandezze fisiche che comportano icorrispondenti processi di adattamento nell’orga-nismo umano: si producono così una diminuzionedella pressione atmosferica, della pressione parzia-le d’ossigeno, della resistenza dell’aria, della pres-

sione del vapore d’acqua, della temperaturaambientale e un aumento della percentuale degliultravioletti nella luce solare.

PRESSIONE ATMOSFERICA, PRESSIONE PARZIALE DELL’OSSIGENOE DELLA DENSITÀ DELL’ARIA

La pressione atmosferica globale è il risultatodella somma delle pressioni parziali dei gas con-tenuti nell’aria (azoto, ossigeno e biossido di car-bonio o anidride carbonica). Con l’aumento del-

SPORT E PARTICOLARI CONDIZIONI AMBIENTALI832LA CAPACITÀDI PRESTAZIONE SPORTIVA IN CONDIZIONI DI ALTITUDINE

CAPITOLO 50

Per adattamento all’altitudine, attualmente siintendono le trasformazioni prodotte nell’organi-smo da una esposizione acuta all’altitudine. Conacclimatazione all’altitudine, si riassumonotutti i meccanismi di adattamento che si produco-no nell’organismo a seguito di una permanenzaprolungata in altitudine (Feth 1979, 401).

100

80

60

40

20

00 1000 2000 3000 4000 5000

(%)

(m)

Densità

Pressione dell’ariae pressione parziale di O2

Pressione del vapore acqueo

FIGURA 526 Diminuzione percentuale della pressionedell’aria, della pressione parziale di ossigeno, delladensità dell’aria e della pressione del vapore acqueocon l’aumento dell’altitudine (da Jungmann 1965, 278).

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Page 49: Pagine da biologia dello sport

Lo sport subacqueo, con le sue diverse tecnichedi immersione – immersione in apnea, snorke-ling (immersione con maschera e boccaglio),immersione con autorespiratore – gode di unacrescente popolarità come attività di tempo libe-ro. Soprattutto negli ultimi decenni è aumentatoenormemente il numero di praticanti attivitàsubacquea con autorespiratori ad aria. Così, inGermania, si valuta che vi sia un milione emezzo di persone che praticano attivamentesport subacqueo, dei quali circa 150000 sonoorganizzati in Federazioni specializzate (cfr.Muth, Shank, Larsen 2000, 302). Il numero per-centuale delle donne praticanti attività subac-quea nella Verband Deutscher Sporttaucher(Federazione dei subacquei tedeschi) dal 28%del 1998 è aumentata al 34% del 2005 (cfr.Brümmer in Piepho, Muth, Heitkamp, Tetzlaff2008, 17).Immergersi con o senza autorespiratore non èparticolarmente pericoloso, ma occorre che talepratica sia realizzata rispettando determinateregole di sicurezza. Al di là della conseguenzapiù grave, l’annegamento, nella subacquea èpresente una serie di rischi che occorre conosce-re bene proprio per evitarli. Ciò presuppone chesi abbia una certa quantità di informazioni sulleparticolarità di questa attività sportiva: durantel’immersione, numerosi processi funzionali del-l’organismo umano sono influenzati dal cambia-mento delle condizioni ambientali; secondo latecnica di immersione esistono, quindi, momenticaratteristici di pericolo, che possono essere evi-tati, se si possiede un’adeguata conoscenza deiproblemi che singolarmente comportano.

LE PROPRIETÀ FISICHE DELL’ACQUA

In acqua, il corpo del subacqueo, oltre alla pres-sione atmosferica – che a livello del mareammonta a circa 100 kPa (corrispondenti ad 1bar o a 1 atm o a 760 mm Hg) –, è soggetto allapressione idrostatica p (pressione del peso del-l’acqua).

La densità dell’acqua è pari a 1; quindi, la pres-sione idrostatica dipende soltanto dall’altezzadella colonna d’acqua.Poiché l’acqua è circa 770 volte più densa dell’a-ria, la pressione idrostatica aumenta di circa 100kPa ogni 10 m di profondità. La pressione totaleche si applica sul subacqueo a qualsiasi distanzadalla superficie risulta dalla somma della pres-sione atmosferica e della rispettiva pressioneidrostatica. A 10 m di profondità, quindi, la pres-sione globale è di 200 kPa, a 20 m di 300 kPa, a30 m di 400 kPa, ecc.La maggiore pressione esterna influisce, da unlato, sulla quantità di gas fisicamente discioltinei tessuti del corpo e, dall’altro, sulla comprimi-bilità dei volumi dei gas contenuti nelle cavitàcorporee (polmoni, spazio rinofaringeo, orecchiomedio, tratto gastro-intestinale (cfr. dopo).

CAPITOLO 51 851LO SPORT SUBACQUEO

CAPITOLO 51

p = h · γh = altezza della colonna d’acquaγ = densità dell’acqua

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