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CRONOLOGIA 10 Cecilio Stazio (Caecilius Statius) 230 circa a.C. Nascita in Gallia Cisalpina, forse a Milano. 222 circa a.C. Trasferimento a Roma. 190 circa a.C. Inizio dell’attività di commediografo. 170 a.C. Fioritura della sua commedia. È di questo periodo, o di poco successivo, l’inizio dell’amicizia con Ennio, del quale condivide l’abitazione. 168 a.C. Morte e sepoltura presso il Gianicolo. Poco prima di morire, legge e approva l’Andria di Terenzio. La vita Molto poche sono le notizie circostanziate sulla vita di Cecilio Stazio. Appartenente all’etnia celti- ca degli Insubri, era nato in Gallia Cisalpina e forse – come vuole una parte del- la tradizione antica – proprio a Mediolanum (Milano) che secondo Strabone era la «metropoli» degli Insubri. Altre testimonianze riportano che era uno schiavo e che nel 179 a.C. era un commediografo di successo a Roma. Dalla combinazio- ne di queste due notizie sembra si possa dedurre che egli sia venuto nell’Urbe co- me prigioniero di guerra, in seguito al conflitto gallico concluso dalla vittoria di Marcello a Casteggio (222 a.C.); a quell’epoca doveva essere un fanciullo, se 43 anni dopo (nel 179 a.C.) era sulla cresta dell’onda come autore. Si pensa perciò che la data di nascita sia da fissare intorno al 230 a.C. Si ignora quale fosse il suo praenomen. Il gentilizio Caecilius denota la gens ro- mana del proprietario che – come nel caso di Livio Andronico – gli dette il pro- prio nomen al momento della liberazione. Il cognome Statius, però, non era pro- babilmente il nome originario del poeta, come Andronikos, ma un nome comune, come Plautus: o meglio un nome proprio dato abitualmente agli schiavi, specie a quelli che governavano i cavalli (statio, stationis, significa «alloggiamento, scude- ria»). Arduo è ogni sforzo di individuare il Cecilio che emancipò il poeta: doveva essere un personaggio abbastanza importante perché un suo liberto tentasse di intraprendere la carriera artistica; sappiamo che un T. Cecilio Denter, di nobiltà plebea (L. Cecilio Metello Denter era stato console nel lontano 284 a.C.), fu in buoni rapporti con Ennio, a sua volta amico di Stazio, ma questo elemento iso- latamente preso non è sufficiente a stabilire una connessione. Dando dunque per certa l’indispensabile protezione di un patronus, per il re- sto non si sa in che modo Cecilio Stazio sia diventato un poeta e un autore di pal- liatae di successo. E in verità il suo percorso appare eccezionale, e piú sorpren- dente di quello dei suoi predecessori, se si pensa che egli non era né greco né osco- umbro – non proveniva, cioè, da un milieu etnico-culturale che da lungo tempo viveva in stretta relazione con i Latini – ma era gallo, e in quanto tale estraneo al mondo italico propriamente inteso. Possiamo immaginare che, quantunque fos- se arrivato a Roma da bambino, la sua formazione culturale, a partire dall’ap- Origine dei nomina Un percorso straordinario

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CRONOLOGIA

10 Cecilio Stazio(Caecilius Statius)

230 circa a.C. Nascita in Gallia Cisalpina, forse a Milano.

222 circa a.C. Trasferimento a Roma.

190 circa a.C. Inizio dell’attività di commediografo.

170 a.C. Fioritura della sua commedia. È di questo periodo, o di poco successivo, l’inizio dell’amiciziacon Ennio, del quale condivide l’abitazione.

168 a.C. Morte e sepoltura presso il Gianicolo. Poco prima di morire, legge e approva l’Andriadi Terenzio.

La vita

Molto poche sono le notizie circostanziate sulla vita di Cecilio Stazio. Appartenente all’etnia celti-ca degli Insubri, era nato in Gallia Cisalpina e forse – come vuole una parte del-la tradizione antica – proprio a Mediolanum (Milano) che secondo Strabone erala «metropoli» degli Insubri. Altre testimonianze riportano che era uno schiavo eche nel 179 a.C. era un commediografo di successo a Roma. Dalla combinazio-ne di queste due notizie sembra si possa dedurre che egli sia venuto nell’Urbe co-me prigioniero di guerra, in seguito al conflitto gallico concluso dalla vittoria diMarcello a Casteggio (222 a.C.); a quell’epoca doveva essere un fanciullo, se 43anni dopo (nel 179 a.C.) era sulla cresta dell’onda come autore. Si pensa perciòche la data di nascita sia da fissare intorno al 230 a.C.

Si ignora quale fosse il suo praenomen. Il gentilizio Caecilius denota la gens ro-mana del proprietario che – come nel caso di Livio Andronico – gli dette il pro-prio nomen al momento della liberazione. Il cognome Statius, però, non era pro-babilmente il nome originario del poeta, come Andronikos, ma un nome comune,come Plautus: o meglio un nome proprio dato abitualmente agli schiavi, specie aquelli che governavano i cavalli (statio, stationis, significa «alloggiamento, scude-ria»). Arduo è ogni sforzo di individuare il Cecilio che emancipò il poeta: dovevaessere un personaggio abbastanza importante perché un suo liberto tentasse diintraprendere la carriera artistica; sappiamo che un T. Cecilio Denter, di nobiltàplebea (L. Cecilio Metello Denter era stato console nel lontano 284 a.C.), fu inbuoni rapporti con Ennio, a sua volta amico di Stazio, ma questo elemento iso-latamente preso non è sufficiente a stabilire una connessione.

Dando dunque per certa l’indispensabile protezione di un patronus, per il re-sto non si sa in che modo Cecilio Stazio sia diventato un poeta e un autore di pal-liatae di successo. E in verità il suo percorso appare eccezionale, e piú sorpren-dente di quello dei suoi predecessori, se si pensa che egli non era né greco né osco-umbro – non proveniva, cioè, da un milieu etnico-culturale che da lungo tempoviveva in stretta relazione con i Latini – ma era gallo, e in quanto tale estraneo almondo italico propriamente inteso. Possiamo immaginare che, quantunque fos-se arrivato a Roma da bambino, la sua formazione culturale, a partire dall’ap-

Origine dei nomina

Un percorso straordinario

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prendimento linguistico, sia stata lunga e non facile. Con lui la regione setten-trionale della penisola – che sarà culla di classici come Catullo e Virgilio – entraper la prima volta nel grande alveo della letteratura latina.

I suoi inizi di commediografo furono malagevoli: per farsi apprezzare ebbe bi-sogno della bravura dell’attore Ambivio Turpione (lo stesso che un trentennio do-po aiutò Terenzio). Questo momento deve essere fissato non oltre il 190 a.C.,quando sia Cecilio sia Turpione erano relativamente giovani. Il che converge conla notizia che la fioritura dell’arte comica di Cecilio Stazio sia da datare a circaun decennio dopo: nell’anno 179 a.C., come indicato da san Girolamo (il qualenella sua cronologia usa identificare con un anno preciso l’acme di un determi-nato scrittore). Un’altra segnalazione presenta il poeta come contubernalis di En-nio, termine che si può intendere in senso letterale («coabitante») oppure me-taforico («familiare, amico intimo»). Non è azzardato ipotizzare che egli, al paridi Livio Andronico ed Ennio, a partire dagli anni delle sue fortune artistiche ab-bia avuto l’abitazione presso il tempio di Minerva sull’Aventino, sede del colle-gium scribarum histrionumque, e perciò abbia convissuto con il piú anziano e fa-moso poeta di Rudiae e condiviso con lui la responsabilità di reggere la corpora-zione e trasmettere il know-how del mestiere. I due morirono a un anno di di-stanza: Ennio nel 169 a.C. e Cecilio Stazio nel 168 a.C.

Un noto aneddoto tramandato dal De poetis di Svetonio racconta che Teren-zio, prima di mettere in scena la commedia Andria, si recò da Cecilio Stazio perfargliela leggere (vedi cap. 11, p. 242). Dopo la scomparsa di Plauto e di Ennio,Cecilio era il maggior poeta vivente, e alla sua autorità si rivolgeva con trepida-zione l’esordiente Terenzio, su precisa disposizione del magistrato preposto ai lu-di scenici. Ciò lascia intuire che il “presidente onorario” del collegium scribarumesercitasse – a richiesta del magistrato – una specie di censura preventiva sui te-sti comici. Poiché la rappresentazione dell’Andria avvenne nel 166 a.C., si ritie-ne che la data della morte di Cecilio Stazio dovrebbe essere spostata in avanti diuno o due anni; d’altra parte nulla vieta di pensare che, nonostante l’autorizza-zione di Cecilio, la rappresentazione della commedia terenziana slittasse nel tem-po per altri motivi.

Le opere

Sono stati tramandati 42 titoli di palliatae e frammenti per poco meno di 300 versi (Testi 36-39).

Commedie ispirate a testi di Menandro Andria («La ragazza di Andro»), Androgynos («L’ermafrodito»),Chalcia («La festa dei ramai»), Dardanus, Ephesio, Epicleros («L’erede»), Fallacia («L’inganno»), Hymnis («In-nide», nome di etèra), Hypobolimaeus sive Subditivus («Il bambino sostituito»; di questo titolo vi sono altretre varianti: ma non si sa se e quali si riferiscano a commedie distinte), Imbrii («Quelli di Imbro»), Karine («Ladonna che si lamenta»), Nauclerus («Il capitano di nave»), Plocium («La collana»), Polumenoe («L’uomo in ven-dita»), Progamos, Synaristosai («Le commensali»), Synephebi («I compagni di gioventú»), Titthe («La balia»).

Commedie ispirate ad altri autori greci Aethrio («Giove eterio»?), Asotus («Il dissoluto»), Chrysion, Davos,Demandati («I ragazzi affidati»), Episthatmos, Epistula («La lettera»), Ex hautou hestos («Ritto su due piedi»),Exul («L’esule»), Gamos («Le nozze»), Harpazomene («La fanciulla rapita»), Meretrix («La meretrice»), NothusNicasio («Il bastardo»), Obolastes sive Faenerator («L’usuraio»), Pausimachos («Il piacere»?), Philumena, Por-titor («Il doganiere»), Pugil («Il pugile»), Symbolum («Il contrassegno»), Syracusii («I Siracusani»), Triumphus(«Il trionfo»).

Commedie di incerta attribuzione Kratinus e Venator («Il cacciatore»).

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LE FONTILe notizie sono riferite da Svetonio (Vita Terenti dal De poetis), Gellio e san Girolamo.

Cenni biografici

Cecilio e Terenzio

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Ritorno a Menandro

Cecilio Stazio, come Plauto e, dopo di lui, Terenzio, è uno specialista della palliata. Inoltre, mentrenel caso di Plauto alcuni indizi fanno pensare che egli abbia anche recitato, ri-guardo a Cecilio mancano indizi di questo genere: la professione del poeta co-mico è ormai separata da quella dell’attore, sebbene il collegium scribarum histrio-numque continui ad accomunare i due mestieri.

Poiché delle opere di Cecilio Stazio sono rimasti solo frammenti, non è facilecomprendere quale fosse la sua drammaturgia. Una notazione interessante vieneda Orazio, secondo il quale un giudizio critico piuttosto generalizzato attribuivaa Cecilio la preminenza in gravitas (Epistulae II, 1, 59); che, detto di una com-media, significa «serietà» e «profondità». Questo era il tratto distintivo della Com-media Nuova e di Menandro, il che vuol dire che Cecilio va in una direzione “an-tiplautina”. Ciò collimerebbe con le difficoltà dei suoi inizi a noi note e colloca-bili cronologicamente proprio al termine del decennio 200-190 a.C., cioè all’e-poca del trionfo di Plauto presso il grande pubblico, mentre l’apice della fioritu-ra di Stazio si sarebbe verificato un quinquennio dopo la morte del Sarsinate.

Sembra coerente con questo quadro anche l’estraneità di Cecilio Stazio almondo italico: all’Italum acetum, alla comicità osca, a tutto ciò che costituisce ilsostrato del teatro plautino (e neviano). Vero è che l’universo gallico aveva unsuo umorismo caratterizzante, come testimonia Catone (pleraque Gallia duas resindustriosissime persequitur, rem militarem et argute loqui, «in quasi tutta la Galliadue cose sono perseguite con ogni impegno, l’arte del combattimento e la paro-la arguta»: Origines II, 34 Peter). Ma tentare di trasferirlo sulle scene romane sa-rebbe stato temerario; e del resto un simile intento, se messo in atto, avrebbe la-sciato indizi. Il celtico Cecilio, come il libico Terenzio, non ha radici nella satirao nello spirito comico popolari; entrambi sono in qualche modo obbligati a pri-vilegiare la componente dotta, greca, del teatro latino, a scapito della compo-nente popolare, italica. Il loro approccio all’arte scenica è prevalentemente sco-lastico; il che non implica una valutazione riduttiva del pregio artistico. Infattilo stesso passo di Orazio sopra citato dà a Terenzio la palma per l’ars, cioè per laraffinatezza d’arte.

Di 17 palliate ceciliane – quasi metà dei titoli a noi noti – si può dire con ra-gionevole certezza che furono tratte da modelli di Menandro. Grazie a questo me-diatore latino, il principale esponente della Commedia Nuova viene a occuparestabilmente la scena teatrale romana. E non pare che Cecilio usasse applicare lacontaminatio; altrimenti Terenzio lo avrebbe citato a proprio favore nel prologodell’Andria, fra gli stimati predecessori (Nevio, Plauto ed Ennio) i quali s’eranoavvalsi di quel procedimento che i critici rimproveravano a Terenzio stesso (vedicap. 11). Dunque le commedie di Cecilio Stazio avevano un intreccio compatto,lineare, privo di quelle immissioni eterogenee che vivacizzano e ingarbugliano lepièces di Plauto. Ciò è confermato dal giudizio di Varrone, che riconosce la supe-riorità di Cecilio in argumentis, cioè nell’«intreccio» o «trama» (il plot degli anglo-sassoni), che, evidentemente, funzionava come un congegno drammatico chiaroe perfetto, senza le incoerenze degli intrecci di Plauto.

Ciononostante qualcosa della lezione del Sarsinate doveva restare nei testi diCecilio. Qualcuno, come Gellio (Noctes Atticae II, 23), gli rimproverò di non averimitato la grazia di Menandro, ma di averlo peggiorato introducendo «elementifarseschi» (mimica) e facendo il «buffone» (ridiculus). E in effetti c’è del vero nel-l’interpretazione che è stata data convenzionalmente della figura di Cecilio, co-me tramite e quasi anello di congiunzione fra Plauto e Terenzio; a patto però dinon situarlo nel giusto mezzo, equanimemente: nell’èra plautina egli non può ri-gettare totalmente la plautinità, la quale infatti prorompe nella sonorità dei versie nella battuta fulminante (Testo 36); ma dà impulso alla “riforma” della pallia-ta in senso menandreo, che sarà compiuta da Terenzio.

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Una commedia“antiplautina”

L’umorismo gallico

Il modello menandreo

Elementi plautini

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Dei titoli ceciliani alcuni sono in latino come quelli plautini: per esempio Epi-stula, Exul, Fallacia, Meretrix, Triumphus. Piú numerosi sono i titoli greci, alla ma-niera terenziana (Epicleros, Gamos, Harpazomene, Synaristosai) o appena latiniz-zati nelle desinenze (Asotus, Nauclerus, Synephebi). Due commedie hanno il dop-pio titolo, greco e latino: Hypobolimaeus sive Subditivus, Obolastes sive Faenerator.Che tali differenze rispecchino un ordine cronologico di composizione (a partiredalle commedie col titolo latino, di influenza plautina, per arrivare a quelle col ti-tolo greco, a “riforma” attuata) è una mera supposizione non supportata da altrielementi. Inoltre, il fatto che nessun titolo sia riferibile a una figura di servus (tran-ne Davos, sul quale vi è però incertezza) rappresenta una notevole difformità ri-spetto all’onnipresenza e preponderanza dei servi in Plauto.

Secondo Varrone, Cecilio eccelleva nel suscitare «lepassioni» (pàthe, in greco), dunque padroneggiava l’ele-mento patetico che era un tratto distintivo di Menandroe della Commedia Nuova. Indizi di un nuovo registropoetico sono la sentenziosità meditativa e la propensionealla malinconia (Testo 37). Si avverte inoltre la crescitadi quell’atteggiamento intellettuale riconducibile allanozione di humanitas (LESSICO p. 246), di cui s’era av-vertito il sentore in Ennio (cap. 6 e Testo 26.10) e ches’affermerà di lí a poco grazie all’ambiente scipionico ea Terenzio (vedi cap. 11). A riprova di ciò si suole citareuna sententia di Cecilio profondamente “umanistica”:homo homini deus est, si suum officium sciat («l’uomo è dioall’altro uomo, se conosce il proprio dovere»: Ex incertisfabulis 264 Ribbeck); concetto diametralmente oppostoa quello famoso di Plauto, che sottolinea la naturaleinimicizia fra uomini: lupus est homo homini, non homo,quom qualis si non novit («l’uomo è lupo all’altro uomo, enon è uomo, quando non lo conosce»: Asinaria 495); ilconcetto ceciliano è invece in sintonia con il detto nonmeno celebre di Terenzio: homo sum: humani nil a mealienum puto («sono un essere umano: nulla di umanoritengo che mi sia estraneo»: Heautontimorumenos 77;Testo 40.2).

Un altro punto di connessione fra Cecilio Stazio, Terenzio e l’ambientescipionico è l’interesse per il tema pedagogico in genere e per la problematica delrapporto educativo fra anziani e giovani in particolare (Testo 38).

Tradizione e ricezione

Vi è piú d’una traccia dell’opinione abbastanza salda – sebbene non univoca – fra i posteri, che assegnavaa Cecilio Stazio la palma di miglior commediografo. Il primo a esprimerla fuVolcacio Sedigito che, nell’ormai piú volte citato canone dei poeti comici, mise ilNostro in cima al podio (TESTIMONIANZE p. 234). Questo giudizio canonico restòluogo comune in seguito, quando Cicerone lo riprese senza entusiasmo, dicendoche Cecilio era «forse» il sommo poeta comico (summum ... Caecilium fortassecomicum: De optimo genere oratorum 2), ed usò i suoi versi per ornare le proprieorazioni (Pro Caelio 37). Scrivendo privatamente all’amico Attico, però, lo giudicava«un modello carente riguardo all’eloquio latino» (malus auctor Latinitatis) e dicevadi preferirgli Terenzio, sebbene soggiungesse la solita diceria sull’Afro, e cioè che ilvero padre di quello stile elegante fosse Lelio (Cicerone, Ad AtticumVII, 3, 10: sulladiceria vedi cap. 11, p. 244).

In effetti dall’età ciceroniana è tangibile nella critica antica la tendenza adabbinare le due figure di Cecilio Stazio e Terenzio Afro, diversamente da quanto

L’età arcaica I232 PARTE SECONDAL’

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Ritratto del poeta greco Menandro; I secolo d.C.Pompei, Casa di Menandro.

Titoli e ipotesi di cronologia

Il I secolo a.C.

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aveva fatto Sedigito, che aveva dato i posti uno e due a Cecilio e Plauto staccandoTerenzio al numero sei. Ma nel I secolo a.C. persiste la «triade» (comprendenteanche Plauto), sebbene i due commediografi filellenici siano consideratichiaramente piú affini tra loro. Cosí Varrone, i cui giudizi abbiamo già menzionato(sono riportati dai grammatici Nonio e Carisio), suddivideva il primatoequamente in tre parti: a Cecilio per il pàthos e per l’intreccio (in argumentis), aTerenzio per i «caratteri» (in greco éthe, plurale di éthos; l’espressione latinizzatausata da Varrone è in ethesin), a Plauto per gli «scambi di battute» (in sermonibus);dove la maggiore affinità dei due piú giovani si percepisce fin nella terminologiagreca adoperata (pàthos, éthos). Pure, lo stesso Varrone ripete volentieri il giudiziodi Elio Stilone secondo cui «le Muse avrebbero usato la lingua di Plauto se aves-sero voluto parlare latino» (vedi cap. 7, p. 160).

Anche Orazio, come si è detto, accosta la profondità (gravitas) di Cecilio e lafinezza artistica (ars) di Terenzio; a Plauto riconosce soltanto la «velocità delritmo» (Plautus ... properare). Una generazione dopo, Velleio Patercolo ignoracompletamente il Sarsinate e sentenzia che «le garbate facezie dell’arguzia latina(dulces Latini leporis facetiae) brillarono [...] per merito di Cecilio, Terenzio eAfranio» (Historia Romana I, 17, trad. R. Nuti; Afranio è autore di togatae: vedicap. 14, p. 337). Quintiliano riassume in un’articolata dissertazione tutta latradizione critica: cita Elio Stilone e Varrone riguardo a Plauto, ricorda che glielogi degli studiosi antichi avevano innalzato soprattutto Cecilio (Caeciliumlaudibus veteres ferant), e quanto a Terenzio menziona l’inveterata opinione chequei versi «elegantissimi» non fossero veramente suoi; tanto piú che, secondo lui,il genere comico nel suo complesso registrava una condizione di netta inferioritàdei Latini rispetto ai Greci (Institutio oratoria X, 99-100).

Da giudizi consimili doveva trarre spunto la famosa pagina di Aulo Gellio(Noctes Atticae II, 23) che mette a confronto tre brani del Plocium di Cecilio Staziocon l’originale di Menandro, decretando l’insuccesso dello scrittore latinonell’imitazione di quello greco. Felice avventura della tradizione indiretta: è graziea questo cavilloso parallelo che siamo venuti in possesso di cospicui frammenti dientrambi i poeti. Gellio è un ammiratore della letteratura latina arcaica, ma èaltresí un amante dell’atticismo e della raffinatezza ellenica; del resto, Cecilio insé gli piace e gli sembra bravo: quello che nuoce al poeta latino è il paragone colmodello. Tra parentesi, registriamo che nel II secolo le opere di Cecilio Staziosono ancora disponibili per la lettura (Gellio cita diverse commedie). Agli inizidello stesso secolo, Svetonio, nella Vita Terenti (vedi cap. 11), non ha da ridire suiprimi tre posti assegnati da Sedigito nella graduatoria dei poeti, ma protestaperché Terenzio è stato posposto perfino a un Licinio e a un Atilio; come a direche si sarebbe accontentato della quarta posizione!

Dopo questo periodo si ebbero riferimenti sparsi a Cecilio in vari autori dellatarda antichità, fra i quali si distingue la citata notizia di san Girolamo. Ilframmento famoso homo homini deus (vedi sopra) è tramandato da Simmaco (IVsecolo). L’ultima menzione è in Isidoro di Siviglia (VI-VII secolo); l’iniziodell’Alto Medioevo è l’epoca piú recente in cui è ancora documentata unaconoscenza diretta delle opere ceciliane. Dalla rinascita umanistica si lavorò allaraccolta della tradizione indiretta, che fu sistemata nel XIX secolo grazieall’edizione dei frammenti di poesia scenica latina, curata da Otto Ribbeck.

Ma nel frattempo era stata posta la premessa di una straordinaria scoperta: ilrinvenimento, nel XVIII secolo, di papiri greci e latini negli scavi della cosiddettaVilla dei Papiri a Ercolano; fra questi – dopo i ripetuti e avventurosi tentativi diaprire e leggere i volumi carbonizzati – il papirologo norvegese Knut Kneveidentificava, nel 1996, un manoscritto contenente parti dell’Obolastes sive Faene-rator di Cecilio Stazio. Lo studio del papiro (PHerc.78) è ancora in corso, graziea sofisticate metodologie che includono la fotografia multispettrale el’elaborazione elettronica. Dopo duemila anni, riemerge un testimone di unatradizione diretta che sembrava spezzata per sempre: il che incoraggia aspettativedi espansione per la conoscenza della cultura antica.

23310 • Cecilio Stazio

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L’età imperiale

Gellio

Tarda Antichità e Medioevo

Scoperte recenti

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L’età arcaica I234 PARTE SECONDAL’

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Edizioni

O. Ribbeck, Scaenicae Romanorum poesis fragmenta, Teubner, Leipzig, vol. II, Comicorum fragmenta, 1898; E.H. Warmington, Remains of Old Latins, vol. I, Loeb Classical Library, Harvard University Press, CambridgeMassachusetts, 1956.

Traduzioni italiane con testo latino

T. Guardi, Caecilius Statius, I frammenti, Palumbo, Palermo, 1974; vedi anche: A. Traina, Comoedia. Antologiadella palliata, Cedam, Padova, 1969.

Letture consigliate

A. Traina, Vortit barbare. Le traduzioni poetiche da Livio Andronico a Cicerone, Edizioni dell’Ateneo, Roma,1974; M. T. Camilloni, Una ricostruzione della biografia di Cecilio Stazio, «Maia», IX, 1957; A. Pociña, Elcomediografo Cecilio Estacio, «Sodalitas», I, 1980; A.M. Negri, Il «Plocium» di Menandro e di Cecilio, «Dioniso»,LX, 1990; K. Kleve, Caecilius Statius, «The Money-Lender» (PHerc. 78), in AA.VV., Atti del XXII Congresso In-ternazionale di Papirologia, II, Istituto Papirologico Vitelli, Firenze, 2001; G. Livan, Appunti sulla lingua e lostile di Cecilio Stazio, Patron, Bologna, 2005; G. Carosi, Cecilio Stazio e il PHerc.78: Obolostates sive Faenera-tor, tesi di dottorato (2007), http://amsdottorato.cib.unibo.it/189/1/Tesi_Giulia_Carosi.pdf.

BIBLIOGRAFIA

http://la.wikisource.org/wiki/Comoediae_(Statius)

SITI WEB

«Molti vediamo che incerti discutonosul dar la palma a qual poeta comico. Ma il dubbio io sciolgo con il mio giudizio:chi dissente non ha di senno un briciolo.La palma io la do a Cecilio Stazio autore comico.Secondo, Plauto facilmente superagli altri, e Nevio che arde è il terzo in merito.Se un quarto v’è da porre, sia Licinio,ed a Licinio fo seguire Atilio.A questi, sesto, seguirà Terenzio.Turpilio settimo, ed ottavo Trabea;al nono posto facile stia Luscio,e per l’antichità al decimo Ennio».(Volcacio Sedigito, De poetis, in Gellio, Noctes Atticae XV, 24, trad. L. Rusca)

TESTIMONIANZEI dieci poeti comici

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36 La collana

Il Plocium («La collana») è la palliata di Cecilio dicui abbiamo una migliore cognizione, grazie inparticolare all’ampio capitolo di Gellio (NoctesAtticae II, 23) che ne menziona tre cospicuiframmenti, com mentandoli e confrontandoli con irelativi passi della commedia di Menandro (ugual -mente perduta), che vengono riportati in linguaoriginale. È stato anche possibile ricostruire in modoapprossimato la trama: gli ingredienti comici sonotutti presenti, dal giovane innamorato al servo intra -prendente, dal vecchio ricco alla moglie tirannica.Il vecchio Simone ha una moglie bizzosa e dispotica,

Crobile, e un figlio scapestrato, Eschino, cui lamadre ha già destinato in sposa una ragazza ricca.Il vicino di casa, un contadino trasferitosi in città,ha una figlia, Panfila, che ha subito violenzadurante una festa notturna e, rimasta incinta, orasta per partorire. Il servo Parmenone sospetta chel’ignoto padre sia Eschino; Crobile è costretta daSimone a rinviare le nozze del figlio, e una collanadonata da Eschino a Panfila in occasione della festapermette il riconoscimento del giovane comeautore della violenza. Eschino e Panfila si sposanoe a Parmenone viene concessa la libertà.

Un bacio disgustosoMetro: senari giambici Plocium 158-162 Ribbeck

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La moglie tirannica è la protagonista del brano che riproduciamo, citato da Gellio per dimostrarequanto la resa di Cecilio sia inferiore all’efficacia dei versi menandrei (TESTIMONIANZE p. 236); ma il raf-fronto può indurre il critico moderno a conclusioni opposte, come sono quelle di Concetto Mar-chesi: «certamente la scena greca è piú delicata e garbata, ma è insipida: la frase sdrucciola via esvanisce: nel passo latino è un’arguzia scabra che resta attaccata e apre la bocca alla risata» (Sto-ria della letteratura latina, I, Principato, Milano-Messina, 1953, p. 93). In effetti il passo ceciliano èradicalmente diverso da quello menandreo, e ci pare piú vicino alla tipica comicità plautina, sia perl’antifemminismo fortemente accentuato, sia per il particolare sguaiato del bacio disgustoso, addi-rittura vomitevole. Il dialogo avviene fra Simone e l’amico Menedemo.

quaeso: forma desiderativa di quaero, «ti chiedo, dimmidi grazia». - Va: = vah, interiezione, «bah!». - Qui: =

quomodo. - quae: = eius (riferito alla donna) quae. -adveni, adsedi: asindeto e allitterazione.

– Sed tua morosane uxor quaeso est? – Va! rogas?

– Qui tandem? – Taedet mentionis, quae mihi

ubi domum adveni, adsedi, extemplo savium

MENEDEMO Proprio cosí insopportabile è tua moglie?Dimmi. SIMONE Me lo domandi?MENEDEMO E come mai? SIMONE Mi vien la nausea a parlarne. Sono appena a casa, appena mi sono seduto,ed ecco un bacio mi schiocca

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160

I testi

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L’età arcaica I236 PARTE SECONDAI T

ESTI

ieiuna anima: letteralmente «con l’alito (del) digiuno». - Nil: = nihil. - devomas volt: allitterazione (volt: = vult).- quod: = id quod.

dat ieiuna anima. – Nil peccat de savio:

ut devomas volt quod foris potaveris.

ancora digiuno. MENEDEMO Un bacio? Non fa nessun male;vuole soltanto farti vomitare il vino che tu fuori abbia bevuto.(trad. L. Rusca)

⌦ Servendoti dello schema sintattico proposto, fai l’analisi del passo (Cecilio Stazio, Plocium 159-161 Ribbeck) e individua il tipo di proposizioni in esso presenti.

quae mihi extemplo saviumdat ieiuna anima

[SUBORDINATA DI I GRADO]

ubi domum adveni, adsedi [SUBORDINATA DI II GRADO]

taedet mentionis (eius) [PRINCIPALE]

«Ho sposato Lamia l’ereditiera:non te l’ho detto? – E come no? Padrona della casa e dei campi e degli averinostri. – Per Apollo, che situazione difficile.– Difficilissima e verso tutti si mostra dura e non con me soltanto,ma piú col figlio e con la figlia. – Male terribile mi dici. – Lo so bene».(Menandro, La collana, fragm. 334 Körte, trad. L. Rusca)

TESTIMONIANZEUna moglie insopportabile

IL PUNTO SULLA SINTASSI

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23710 • Cecilio Stazio

I TES

TI

hoc: prolettico del seguente sentire ecc. - eumpse: =ipsum; forma arcaica del pronome, in cui is viene

declinato e resta invariata la parte enclitica -pse; si notiquindi il poliptoto ea / eumpse.

37 La vecchiaia

I due frammenti di seguito riportati mettono in lucelo stile sentenzioso di Cecilio, nonché la vena ditristezza che sembra di poter cogliere nella suapoesia. Questo elemento è collegabile al pateticoproprio della Commedia Nuova e menandrea, etroverà sviluppo in Terenzio. La riflessione sulla

desolata condizione dell’età senile è propria diquesta atmosfera malinconica (LETTURE CRITICHE

p. 239), che pare rispondente alla gravitas («pro -fondità»), considerata una nota dominante dellapoesia ceciliana.

La cosa piú tristeMetro: senari giambici Ephesio 28-29 Ribbeck

137

Tum equidem in senecta hoc deputo miserrimum,sentire ea aetate eumpse esse odiosum alteri.

E poi, io credo che nella vecchiaia questa sia la cosa piú triste, capire che a quell’età si è dipeso agli altri.(trad. T. Guardi)

nil quicquam: nil (= nihil) ha valore avverbiale erafforza quicquam. - viti: partitivo. - adportes advenis:allitterazione. - id: prolettico della dichiarativa quod

videt. - sat: = satis. - volt: = vult. - videt: im personale;allitterazione con volt.

Cose che si vorrebbe non vedereMetro: senari giambici Plocium 173-175 Ribbeck

237

Edepol, senectus, si nil quicquam aliud vitiadportes tecum, cum advenis, unum id sat est,quod diu vivendo multa quae non volt videt.

Per Polluce, o vecchiaia, se nessun altro malanno portassi con te quando vieni, sarebbe suf-ficiente questo solo, che chi vive a lungo vede molte cose che vedere non vorrebbe.(trad. T. Guardi)

38 Il padre indulgenteMetro: senari giambici Synephebi 199-209 Ribbeck

Tratto dai Synephebi («I compagni di gioventú»),questo passo contiene il monologo di un giovaneinnamorato – figura topica della palliata – che sitrova a fronteggiare una situazione inconsueta: haa che fare non con un padre brontolone, avaro epiantagrane (il tipo del senex usuale nella commedia

plautina), ma con un padre comprensivo e tolle -rante. Di qui la tesi paradossale: avere un siffattogenitore è uno svantaggio, perché non si prova gustoa ingannarlo e ad appropriarsi del suo denaro conla frode. È il ribaltamento dello schema di Plauto:adulescens contro senex, tramite le divertenti

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L’età arcaica I238 PARTE SECONDAI T

ESTI

macchinazioni del servus. Qui non si può gabbarené truffare, perché il senex è pronto a venireincontro generosamente alle esigenze dell’adulescens. La situazione, che non sembra avere altri riscontrinel teatro latino (LETTURE CRITICHE), prefigura unapproccio piú ricco e complesso dal punto di vistapsicologico – che sarà proprio delle commedie diTerenzio – nel trattare il tema del rapporto

intergenerazionale e la problematica educativa chene consegue. Da un lato il giovane ha quasi lanecessità, per soddisfare i propri bisogni e affermarela sua personalità, di scontrarsi con l’autoritarismopaterno; dall’altro avverte l’esigenza di un rapportopiú paritario con i genitori. Questi a loro voltariflettono sul modo di contemperare autorevolezzae indulgenza nell’educazione dei figli.

[199-205] suave est: movenza che ricorda un passo diLucrezio (De rerum natura II, 1): suave (est), mari ma-gno ecc. - amore summo summaque inopia: chiasmocon poliptoto. - furto fallas: allitterazione; fallas ècongiuntivo potenziale. - avertas aliquod nomen:letteralmente «potresti sottrarre un nome», quello deldebitore che si scrive su un apposito registro, e diconseguenza il credito da avanzare. - percutias ...dissupes: da notare la nutrita serie allitterante: percutias

/ pavidum / postremo / parco / patre, e sumas / dissupes (=dissipes). [206-209] Quem: riferito al padre indulgente, figurapresentata in uno o piú versi precedenti, che sono andatiperduti. - inde: = ab eo. - omnis: = omnes. - dolosfallacias praestrigias: sinonimia enfatica con asin -deto; da notare anche la paronomasia praestrigiaspraestrinxit.

In amore suave est summo summaque inopiaparentem habere avarum inlepidum, in liberosdifficilem, qui te nec amet nec studeat tui.Aut tu illum furto fallas aut per litterasavertas aliquod nomen aut per servolumpercutias pavidum, postremo a parco patrequod sumas quanto dissupes libentius!... Quem neque quo pacto fallam nec quid inde auferam,nec quem dolum ad eum aut machinam commoliarscio quicquam: ita omnis meos dolos fallaciaspraestrigias praestrinxit commoditas patris.

Per chi si trova al colmo dell’amoree dell’angustia è cosa dolce avereun padre avaro, insulso, con i figliintrattabile, che non ti vuol benené di te si dà cura: tu potrestidefraudarlo o per lettera sottrargliun credito o mettergli spavento per mezzo di uno schiavo. Quale gioiaè scialacquare quel che porti viaa un padre avaro!... Ma in che modo un padrecosí fatto ingannare non sapreiné che cosa rubargli: quale truffao quale astuzia ordirgli veramentenon so: tutti gl’intrighi, tiri, ingannil’indulgenza paterna mi ha precluso.(trad. E. Cetrangolo)

200

205

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23910 • Cecilio Stazio

I TES

TI

existumem: = existimem; presente congiuntivo inapodosi di periodo ipotetico della eventualità. - cui inmanu sit: ha come soggetto la seguente serie di infinitive.

- quem ... velit: ordina: esse dementem (eum) quem (illedeus) velit; da notare l’ellissi del pronome dimostrativo el’anafora del relativo. - arcessier: = arcessi.

... deum qui non summum putet,aut stultum aut rerum esse inperitum existumem: cui in manu sit, quem esse dementem velit,quem sapere, quem sanari, quem in morbum inici,...quem contra amari, quem expeti, quem arcessier.

Chi non consideri [Amore] il piú grande dio, io lo ritengo o sciocco o inesperto del mon-do: [il dio] che ha in potere di fare impazzire chi voglia, di dare il senno, di dare la salute,di fare ammalare, di essere contraccambiato nell’amore, di essere ricercato, di essere chia-mato. (trad. T. Guardi)

260

LETTURE CRITICHE

Arguzia amara, proverbi, malinconia È questo [Testo 38] un frammento degno di rilievo, che esprime un comune desiderio: quello di godersi lietamente,quando ci sia, la grazia di Dio; ma esprime un altro piacere, pure sinceramente umano, che è quello di guadagnar-sela, di strapparla agli altri, insomma, la grazia di Dio che fa comodo a noi: con l’inganno, con l’astuzia, con il ma-leficio. Alcuni uomini – e non diciamo che siano i meno – hanno desiderio non del benessere, ma della preda. Ceciliopresenta questo curioso tipo di giovane innamorato e sfrontato che vorrebbe godersi la sua donna non con i de-nari donati dal padre, ma con quelli rubati al padre: e questo tipo, che non ritroviamo nella palliata latina, non è do-vuto a invenzione audace e immorale di poeta burlesco, ma ad arguzia amara e viva di osservatore. Cecilio è un poetaperduto che ci fa sentire ancora voci piene di vita. Taluni suoi versi sono rimasti come espressione di alcune verità:e hanno acquistato la immutabilità dei proverbi. [...] Nei pochi versi, nei rari frantumi di Cecilio si manifesta una malinconia acerba e sottile: che probabilmente si esten-deva a tutta la sua produzione. Questo insubre vinto, trasportato schiavo a Roma e divenuto poeta romano, avevaforse dalla soggezione e sventura dei suoi derivato in parte quell’amaro senso di larga umanità che un cittadino ro-mano non poteva ancora possedere.

Concetto MarchesiStoria della letteratura latina, I, Principato, Milano-Messina, 1955, pp. 93 sg.

39 Potenza di AmoreMetro: senari giambici Ex incertis fabulis 259-263 Ribbeck

Ecco un bel frammento, la cui commedia diappartenenza è ignota. Quasi una meditazionelirica sugli sconfinati poteri dell’Amore: dà ilsenno e lo toglie, dà la salute e la toglie; è unadivinità dispotica e capricciosa. Ma, soprattutto,

la sua facoltà è decidere d’arbitrio chi possa essereamato e contraccambiato; tremenda facoltà – siintuisce – per chi non ne è beneficato. Sembra dipresentire qualcosa della dolente riflessione diCatullo sulla follia dell’Amore.

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L’età arcaica I240 PARTE SECONDA

Ripassa la sintassi

1 Nei passi di Cecilio Stazio che hai tradotto, individua e analizza i periodi che contengono proposizioni su-bordinate e fanne uno schema grafico.

Ricorda il lessico e le figure retoriche

2 Riprendendo i passi che hai tradotto, distingui ed elenca le forme lessicali arcaiche e indicane l’equivalentenel latino classico.

3 Riprendendo i passi che hai tradotto, individua la presenza di figure come allitterazione, poliptoto ecc. eprova a definirne la funzione nelle finalità stilistiche ed espressive di Cecilio Stazio.

PER L’ESAME DI STATO

Trattazione sintetica di argomenti:4 Considera e discuti gli elementi che fanno pensare a una posizione di transizione di Cecilio Stazio fra il mo-

dello della commedia plautina e il modello di Terenzio.

5 Ricerca in biblioteca gli altri passi del Plocium di Cecilio Stazio, oltre a quelli riportati nel presente volume,e cerca di tracciare una descrizione ragionata di questa commedia in base a quanto ne rimane.

| Massimo venti righi per ogni risposta.| Massimo trenta minuti per ogni risposta.

PROVE DI RIEPILOGO

ESERCIZI �

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