Riforma numero 40 23 ottobre 2015 pagina 6 La sfida dell ...Riforma • numero 40 • 23 ottobre...

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Riforma numero 40 23 ottobre 2015 pagina 6 cultura Ci sono luoghi simbolici della nostra storia che significano rinascita della cultura e della vita democratica. Uno di questi è il Piccolo Teatro di Milano che da quando è diventato Teatro d’Europa, è anche un orientamento per il futuro. In un Piccolo Teatro Grassi, gremito di cittadini venuti in via Rovello anche da fuori città, domenica 4 ottobre si è tenuta la presentazione di Babel (Laterza, 2015) un libro che fa riflettere, frutto del dialogo tra Ezio Mauro, direttore de La Repubblica, e Zygmunt Bauman. Il dialogo è stato un momento di riflessione alta sulla qualità del dibattito pubblico e sulla democrazia nel nostro paese, in presenza di diverse minacce tra cui il flusso di informazioni in cui siamo ogni giorno immersi che spesso deformano, manipolano, drammatizzano le notizie. Ad animare la conversazione dialogica, le domande di Giuseppe Laterza che ha condotto la serata con profondità e intelligenza in un cammino di consapevolezze, assunzioni di responsabilità e senso di apertura. Paola Schellenbaum S ociologo e pensatore tra i più influen- ti, Bauman è stato esule e, davanti al dramma dei profughi, ha sempre cer- cato di interrogarsi in termini non emergenziali: fin dall’inizio della mo- dernità il nostro continente è stato attraversa- to da movimenti migratori e la mutevole dia- lettica tra il «noi» e gli «altri» è parte della no- stra storia e della nostra memoria. La produ- zione di un costante stato d’emergenza auto- rizza uno slittamento da norme giuridiche e regole governamentali che poi agiscono in modo sovrano, con margini di arbitrarietà in- tollerabili, ancorché giustificati da discorsi di sicurezza nazionale. Occorre però notare che accanto a ciò vi sono forme di resistenza e di azione di displaced people nel segno della loro marginalità: una diversa articolazione dello spazio pubblico e una nuova declinazione del «noi» può aprire a soluzioni diverse. E tuttavia, oggi la sfida ci appare inedita e ci sentia- mo impreparati all’accoglienza. Il fenomeno delle migrazioni è globale ma agisce localmente – anche nelle zone più periferiche del nostro Paese – comportando conseguenze per il tes- suto sociale e problemi di convivenza che pos- sono però anche trasformarsi in occasioni di incontro e di integrazione, con coraggio e de- terminazione. I confini cioè non sono solo muri di divisione ma possono anche connette- re, diventare porosi. Essi possono essere attra- versati anche se – ha sottolineato Bauman – in modo «osmotico» (non liquido) con conse- guenze sulle identità e il senso di insicurezza delle società riceventi. Lo stato-nazione come lo conosciamo è una costruzione umana re- cente e Ezio Mauro ha aggiunto che, se un tempo noi occidentali volevamo scrivere la storia degli altri, oggi questo non è più possibi- le: i profughi ci chiedono di essere protagonisti del loro esodo, di non essere trattati da «non- persone» come invece accade. E quante storie non sono più, affondate negli abissi del Medi- terraneo e in quelli dell’indifferenza. Le storie del «noi» e del «loro» – intrecciandosi – po- trebbero dar vita invece a qualcosa di nuovo, a una società europea accogliente che è tutta da raccontare. Quindi si è posta l’attenzione sui neopopulismi che trovano nei titoli di giornale ampia risonanza, con gli imprenditori della paura che alimentano timo- ri e pericoli, con l’azzeramento della valenza civile dell’intervento umanitario e della sogget- tività dei diritti umani e di cittadinanza. La po- litica è in difficoltà quando si aggirano gli spet- tri delle appartenenze primordiali e si rischia- no involuzioni democratiche: i corpi dei mi- granti ridotti a «pura vita» davanti al potere sovrano degli Stati – per usare un’espressione del filosofo Giorgio Agamben – è inaccettabile e ci rende tutti più vulnerabili perché xenofo- bia e parzialità dei diritti avvelenano l’identità europea. È però innanzitutto una questione culturale: i consumi culturali sono oggi globalizzati, con concentrazioni editoriali e nicchie di culture locali resistenti, ma ci si è chiesti nel dibattito se siano possibili forme di partecipazione de- mocratica sovranazionali che possano far usci- re dall’impasse. Il dialogo ha affermato che so- lo una «cultura della diversità» può far cresce- re il dibattito rispettoso e maturare un’opinio- ne pubblica critica e responsabile, capace an- che di azioni politiche nel segno dell’inclusio- ne, del pluralismo e della solidarietà. È però un percorso tutto da costruire per attutire le diffi- coltà legate alla società liquida che rende fragi- li i legami e vanifica gli sforzi della costruzione comunitaria attraverso il sospetto e la paura che risospingono nel privato e nella diffidenza. Questo è stato affermato in un teatro che mette in scena spettacoli in 28 lingue diverse, ha sottolineato il direttore Sergio Escobar: un’altra Europa può trasformare la paura per le differenze culturali in una cultura delle dif- ferenze dove fraternità e condivisione divente- ranno il nuovo terreno su cui muoversi, in un’ottica transnazionale. «Tutto ciò che è crea- to dall’uomo non è eterno», ha concluso Bau- man, e il messaggio evangelico di prendersi cura gli uni degli altri è risuonato come appel- lo finale a un’assunzione di responsabilità col- lettiva. È il sentiero d’uscita da Babel, è l’inizio di un lungo viaggio. L’Europa nel vagone letto della storia Danilo Di Matteo I l saggio di Robert Musil Europa inerme*, curato ora da Vincenzo Vitiello e Fran- cesco Valagussa (testo tedesco a fronte), che ne è anche il traduttore, è un articolo pubblicato nel 1922 su una rivista di Mona- co. In poche righe, insieme luminose e oscure, l’autore infrange per certi versi no- zioni considerate scontate. Egli, a esempio, sembra anda- re oltre la tradizionale distin- zione fra «processo primario» (quello del sogno e della follia, irriverente nei confronti della logica corrente) e quello «se- condario», fondato sul princi- pio di non-contraddizione e su una certa linearità. Per co- gliere ascesa e caduta di un ti- po di uomo o di società, so- stiene Musil, occorre spostare la ricerca «nelle periferie» o nel caso o, ancor meglio, presso la «necessi- tà senza legge», dove una cosa tira l’altra, non casualmente, ma attraverso «una con- catenazione che si estende a tutto il percor- so senza legge alcuna». Ed ecco il rammarico dell’autore: «con il nostro essere non siamo appesi ai fili di qual- che marionetta del destino, bensì siamo lega- ti a un numero incalcolabile di piccoli pesi legati confusamente tra loro, perciò possia- mo dare noi stessi lo scossone decisivo. E ab- biamo perduto questo sentimento». Una «e» che congiunge, certo, ma è più che mai ama- ra. La fragilità dell’essere umano, sembra dire Musil, fa tutt’uno con la sua forza, e neppure ce ne accorgiamo. E come non può scuoterci il seguente passo? «Il nostro tempo alberga una accanto all’altra (…) le più grandi anti- tesi: individualismo e senso della comunità, aristocratici- smo e socialismo, pacifismo e bellicismo, vaneggiamenti del- la cultura e impulsi alla civiliz- zazione, nazionalismo e inter- nazionalismo, religione e scienza della natura, intuizio- ne e razionalismo», e innume- revoli altre. «Si perdoni il paragone, ma lo stomaco del tempo è nauseato e vomita sempre di nuovo in mille intrugli pezzi del- lo stesso piatto, senza digerirli». Il nostro tempo, poi, «realizza meraviglie» (i prodigi della tecnica), però non le percepiamo più come tali. E di nuovo un’immagine potente: accordando piena fiducia agli specialisti (a quelli che si trovavano, poniamo, nella mac- china dello Stato), ci siamo coricati come in vagone letto, svegliandoci solo nell’istante dello schianto. Al fondo di tutto, possiamo scorgere la di- screpanza fra ideologie e vita: la quale si li- bera da esse «come i molluschi che cresco- no» e si privano del loro guscio ormai trop- po stretto. E il richiamo alla vita, ai vissuti di ciascuno, coinvolge anche Lutero, padre del- la Riforma: «La religione non sia teologia», tuona Musil, «sia piuttosto rinnovamento dell’uomo nella sua interezza». «Tutte quelle parole come amore, punto di vista, risvegli e cose simili nella loro profonda indetermina- tezza e delicata pienezza non mostrano altro se non un profondo adagiarsi del pensiero nella sfera del sentimento, un rapporto per- sonale verso l’esperienza interiore». In italiano un articolo del 1922 a firma dello scrittore Robert Musil La sfida dell’accoglienza L’intervento a Milano del sociologo Zygmunt Bauman * Robert Musil, Europa inerme, a c. di V. Vitiel- lo e F. Valagussa. Berga- mo, Moretti & Vitali, 2015 , pp. 130 , euro 14,00. Una nuova iniziativa editoriale è la webzine Eutopia www.eutopiamagazine.eu che questo mese dedica un’attenzione particolare al tema dei confini e delle frontiere con articoli di grande interesse tra cui una riflessione di Daniel Lock sui rifugiati, Franco Bruni sul dibattito pubblico, Pietro Reichlin sul caso greco, Christine Leuenberger sui confini, Ferruccio Pastore sugli immigrati, Gian Enrico Rusconi sull’egemonia tedesca a 25 anni dall’unificazione e molti altri. La rivista è un luogo di dibattito e di confronto per cittadini europei desiderosi di discutere sui temi dell’Europa declinati intorno alle problematiche rilevanti nel nostro tempo quali immigrazione, welfare, educazione, partiti, relazione tra mercato e stato: i contributi hanno spesso un taglio storico-culturale e si interrogano sull’identità europea in modo distintivo e autorevole. I collaboratori sono studiosi e ricercatori spesso accademici. Gli articoli sono scritti per non addetti ai lavori, e offrono una rara profondità e qualità di analisi. Sono pubblicati nella lingua originale dell’autore oltre alla traduzione inglese. La rivista è diretta da Eric Jozsef, corrispondente da Roma del quotidiano Libération e della Radio Televisione svizzera. La rivista è gratuita ed è un’iniziativa collaborativa, sotto la licenza Creative Commons (http://creativecommons.org) tra editori europei come Galaxia Gutenberg in Spagna, S. Fischer Verlage in Germania, Laterza in Italia, Editions du Seuil in Francia e tra università: European Institute della London School of Economics and Political Science (Gran Bretagna), Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung (Germania), Centre d’études européennes SciencesPo Paris in Francia. (p.s.)

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  • Riforma • numero 40 • 23 ottobre 2015 • pagina 6 • cultura

    Ci sono luoghi simbolici della nostrastoria che significano rinascita dellacultura e della vita democratica.Uno di questi è il Piccolo Teatro diMilano che da quando è diventatoTeatro d’Europa, è anche unorientamento per il futuro. In unPiccolo Teatro Grassi, gremito dicittadini venuti in via Rovello ancheda fuori città, domenica 4 ottobre siè tenuta la presentazione di Babel(Laterza, 2015) un libro che fariflettere, frutto del dialogo tra EzioMauro, direttore de La Repubblica, eZygmunt Bauman. Il dialogo è statoun momento di riflessione alta sullaqualità del dibattito pubblico e sullademocrazia nel nostro paese, inpresenza di diverse minacce tra cuiil flusso di informazioni in cui siamoogni giorno immersi che spessodeformano, manipolano,drammatizzano le notizie. Adanimare la conversazione dialogica,le domande di Giuseppe Laterzache ha condotto la serata conprofondità e intelligenza in uncammino di consapevolezze,assunzioni di responsabilità e sensodi apertura.

    Paola SchellenbaumSociologo e pensatore tra i più influen-ti, Bauman è stato esule e, davanti aldramma dei profughi, ha sempre cer-cato di interrogarsi in termini nonemergenziali: fin dall’inizio della mo-dernità il nostro continente è stato attraversa-to da movimenti migratori e la mutevole dia-lettica tra il «noi» e gli «altri» è parte della no-stra storia e della nostra memoria. La produ-zione di un costante stato d’emergenza auto-rizza uno slittamento da norme giuridiche eregole governamentali che poi agiscono inmodo sovrano, con margini di arbitrarietà in-tollerabili, ancorché giustificati da discorsi disicurezza nazionale. Occorre però notare cheaccanto a ciò vi sono forme di resistenza e diazione di displaced people nel segno della loromarginalità: una diversa articolazione dellospazio pubblico e una nuova declinazione del«noi» può aprire a soluzioni diverse.

    E tuttavia, oggi la sfida ci appare inedita e ci sentia-mo impreparati all’accoglienza. Il fenomeno dellemigrazioni è globale ma agisce localmente –anche nelle zone più periferiche del nostroPaese – comportando conseguenze per il tes-

    suto sociale e problemi di convivenza che pos-sono però anche trasformarsi in occasioni diincontro e di integrazione, con coraggio e de-terminazione. I confini cioè non sono solomuri di divisione ma possono anche connette-re, diventare porosi. Essi possono essere attra-versati anche se – ha sottolineato Bauman – inmodo «osmotico» (non liquido) con conse-guenze sulle identità e il senso di insicurezzadelle società riceventi. Lo stato-nazione comelo conosciamo è una costruzione umana re-cente e Ezio Mauro ha aggiunto che, se untempo noi occidentali volevamo scrivere lastoria degli altri, oggi questo non è più possibi-le: i profughi ci chiedono di essere protagonistidel loro esodo, di non essere trattati da «non-persone» come invece accade. E quante storienon sono più, affondate negli abissi del Medi-terraneo e in quelli dell’indifferenza. Le storiedel «noi» e del «loro» – intrecciandosi – po-trebbero dar vita invece a qualcosa di nuovo, auna società europea accogliente che è tutta daraccontare.

    Quindi si è posta l’attenzione sui neopopulismi chetrovano nei titoli di giornale ampia risonanza, con gliimprenditori della paura che alimentano timo-ri e pericoli, con l’azzeramento della valenzacivile dell’intervento umanitario e della sogget-tività dei diritti umani e di cittadinanza. La po-litica è in difficoltà quando si aggirano gli spet-tri delle appartenenze primordiali e si rischia-no involuzioni democratiche: i corpi dei mi-granti ridotti a «pura vita» davanti al poteresovrano degli Stati – per usare un’espressionedel filosofo Giorgio Agamben – è inaccettabilee ci rende tutti più vulnerabili perché xenofo-bia e parzialità dei diritti avvelenano l’identitàeuropea.

    È però innanzitutto una questione culturale:i consumi culturali sono oggi globalizzati, conconcentrazioni editoriali e nicchie di culturelocali resistenti, ma ci si è chiesti nel dibattitose siano possibili forme di partecipazione de-mocratica sovranazionali che possano far usci-re dall’impasse. Il dialogo ha affermato che so-lo una «cultura della diversità» può far cresce-

    re il dibattito rispettoso e maturare un’opinio-ne pubblica critica e responsabile, capace an-che di azioni politiche nel segno dell’inclusio-ne, del pluralismo e della solidarietà. È però unpercorso tutto da costruire per attutire le diffi-coltà legate alla società liquida che rende fragi-li i legami e vanifica gli sforzi della costruzionecomunitaria attraverso il sospetto e la paurache risospingono nel privato e nella diffidenza.

    Questo è stato affermato in un teatro chemette in scena spettacoli in 28 lingue diverse,ha sottolineato il direttore Sergio Escobar:un’altra Europa può trasformare la paura perle differenze culturali in una cultura delle dif-ferenze dove fraternità e condivisione divente-ranno il nuovo terreno su cui muoversi, inun’ottica transnazionale. «Tutto ciò che è crea-to dall’uomo non è eterno», ha concluso Bau-man, e il messaggio evangelico di prendersicura gli uni degli altri è risuonato come appel-lo finale a un’assunzione di responsabilità col-lettiva. È il sentiero d’uscita da Babel, è l’iniziodi un lungo viaggio.

    L’Europa nel vagone letto della storiaDanilo Di Matteo

    Il saggio di Robert Musil Europa inerme*,curato ora da Vincenzo Vitiello e Fran-cesco Valagussa (testo tedesco a fronte),che ne è anche il traduttore, è un articolopubblicato nel 1922 su una rivista di Mona-co. In poche righe, insieme luminose eoscure, l’autore infrange per certi versi no-zioni considerate scontate.Egli, a esempio, sembra anda-re oltre la tradizionale distin-zione fra «processo primario»(quello del sogno e della follia,irriverente nei confronti dellalogica corrente) e quello «se-condario», fondato sul princi-pio di non-contraddizione esu una certa linearità. Per co-gliere ascesa e caduta di un ti-po di uomo o di società, so-stiene Musil, occorre spostarela ricerca «nelle periferie» onel caso o, ancor meglio, presso la «necessi-tà senza legge», dove una cosa tira l’altra,non casualmente, ma attraverso «una con-catenazione che si estende a tutto il percor-so senza legge alcuna».

    Ed ecco il rammarico dell’autore: «con ilnostro essere non siamo appesi ai fili di qual-

    che marionetta del destino, bensì siamo lega-ti a un numero incalcolabile di piccoli pesilegati confusamente tra loro, perciò possia-mo dare noi stessi lo scossone decisivo. E ab-biamo perduto questo sentimento». Una «e»che congiunge, certo, ma è più che mai ama-ra. La fragilità dell’essere umano, sembra direMusil, fa tutt’uno con la sua forza, e neppure

    ce ne accorgiamo.E come non può scuoterci il

    seguente passo? «Il nostrotempo alberga una accantoall’altra (…) le più grandi anti-tesi: individualismo e sensodella comunità, aristocratici-smo e socialismo, pacifismo ebellicismo, vaneggiamenti del-la cultura e impulsi alla civiliz-zazione, nazionalismo e inter-nazionalismo, religione escienza della natura, intuizio-ne e razionalismo», e innume-

    revoli altre. «Si perdoni il paragone, ma lostomaco del tempo è nauseato e vomitasempre di nuovo in mille intrugli pezzi del-lo stesso piatto, senza digerirli». Il nostrotempo, poi, «realizza meraviglie» (i prodigidella tecnica), però non le percepiamo piùcome tali. E di nuovo un’immagine potente:

    accordando piena fiducia agli specialisti (aquelli che si trovavano, poniamo, nella mac-china dello Stato), ci siamo coricati come invagone letto, svegliandoci solo nell’istantedello schianto.

    Al fondo di tutto, possiamo scorgere la di-screpanza fra ideologie e vita: la quale si li-bera da esse «come i molluschi che cresco-no» e si privano del loro guscio ormai trop-po stretto. E il richiamo alla vita, ai vissuti di

    ciascuno, coinvolge anche Lutero, padre del-la Riforma: «La religione non sia teologia»,tuona Musil, «sia piuttosto rinnovamentodell’uomo nella sua interezza». «Tutte quelleparole come amore, punto di vista, risvegli ecose simili nella loro profonda indetermina-tezza e delicata pienezza non mostrano altrose non un profondo adagiarsi del pensieronella sfera del sentimento, un rapporto per-sonale verso l’esperienza interiore».

    In italiano un articolo del 1922 a firma dello scrittore Robert Musil

    La sfida dell’accoglienzaL’intervento a Milano del sociologo Zygmunt Bauman

    *Robert Musil, Europa

    inerme, a c. di V. Vitiel-lo e F. Valagussa. Berga-mo, Moretti & Vitali,2015, pp. 130, euro14,00.

    Una nuova iniziativa editoriale è la webzineEutopia www.eutopiamagazine.eu che questomese dedica un’attenzione particolare al tema deiconfini e delle frontiere con articoli di grandeinteresse tra cui una riflessione di Daniel Lock suirifugiati, Franco Bruni sul dibattito pubblico, PietroReichlin sul caso greco, Christine Leuenberger suiconfini, Ferruccio Pastore sugli immigrati, GianEnrico Rusconi sull’egemonia tedesca a 25 annidall’unificazione e molti altri. La rivista è un luogodi dibattito e di confronto per cittadini europeidesiderosi di discutere sui temi dell’Europadeclinati intorno alle problematiche rilevanti nelnostro tempo quali immigrazione, welfare,educazione, partiti, relazione tra mercato e stato: icontributi hanno spesso un taglio storico-culturalee si interrogano sull’identità europea in mododistintivo e autorevole. I collaboratori sono studiosi e ricercatori spessoaccademici. Gli articoli sono scritti per nonaddetti ai lavori, e offrono una rara profondità equalità di analisi. Sono pubblicati nella linguaoriginale dell’autore oltre alla traduzione inglese. La rivista è diretta da Eric Jozsef, corrispondenteda Roma del quotidiano Libération e della RadioTelevisione svizzera. La rivista è gratuita ed èun’iniziativa collaborativa, sotto la licenzaCreative Commons (http://creativecommons.org)tra editori europei come Galaxia Gutenberg inSpagna, S. Fischer Verlage in Germania, Laterzain Italia, Editions du Seuil in Francia e trauniversità: European Institute della London Schoolof Economics and Political Science (GranBretagna), Wissenschaftszentrum Berlin fürSozialforschung (Germania), Centre d’étudeseuropéennes SciencesPo Paris in Francia. (p.s.)