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1 ORDINE 1- 2- 3 2007 Ordine dei giornalisti della Lombardia Anno XXXVII n. 1-2-3 Gennaio/Febbraio/Marzo 2007 Direzione e redazione Via A. da Recanate, 1 20124 Milano Telefono: 02 67 71 37 1 Telefax: 02 66 71 61 94 http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo La “Commissione Cheli” parte male: pensa di attribuire deontologia dei giornalisti e provvedimenti disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nota di Franco Abruzzo presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Roma, 28 dicembre 2006. “Il Governo, ha deciso di promuovere una riforma organica del settore dell’editoria e, con la Legge Finanziaria, ha formalmente assunto l’impe- gno di presentare entro i prossimi sei mesi un apposito disegno di legge. Con l’aiuto di un gruppo di esperti presieduto dal primo presidente dell’Autorità garante delle tele- comunicazioni, Enzo Cheli, sono stati ela- borati un indice ed un questionario, riguar- danti tutti i temi sui quali dovrà intervenire la riforma, che verranno ora sottoposti all’at- tenzione delle associazioni rappresentative del mondo dell’editoria e dei soggetti inte- ressati e pubblicati sul sito internet del Governo (www.governo.it). Vogliamo che gli operatori del settore, as- sociazioni, ma anche singoli cittadini, siano attivamente coinvolti nella partecipazione a tale progetto, rispondendo al nostro que- stionario ed eventualmente arricchendolo con le loro indicazioni. Il termine per la ri- sposta da indirizzare alla casella di posta elettronica [email protected] è fissato al 20 gennaio 2007”. Abruzzo: “Non ci siamo. Il potere politico cerca di mettere sotto schiaffo i giornalisti, mentre gli editori completano il lavoro, negando il contratto” Fin qui il comunicato diramato ieri da Palazzo Chigi. Questo comunicato nascon- de una polpetta avvelenata nella parte ap- parentemente innocua del documento (il “questionario della riforma dell’edito- ria”). Il punto 6, dedicato ai Codici deon- tologici, recita così: “Quali sono i van- taggi, ovvero svantaggi che potrebbero prevedersi adottando un Codice deonto- logico generale, applicabile anche all’e- ditoria on-line e fatto proprio dal- l’Autorità garante per le comunicazioni, che in mancanza di proposta dell’Ordine lo adotterebbe motu proprio, e che sa- rebbe competente a sanzionarne le vio- lazioni, secondo la disciplina già previ- sta per il trattamento dei dati persona- li?”. Diciamo subito che Enzo Cheli è un emi- nente giurista, già giudice costituzionale e presidente dell’Agcom, autore di svariati trattati di diritto costituzionale. Cheli appar- tiene a quella scuola fiorentina, che, fonda- ta da Piero Calamandrei e Paolo Barile, stu- dia da oltre 50 anni il mondo della televisio- ne e del giornalismo, e che è nota per le sue critiche (legittime) all’esistenza del- l’Ordine dei giornalisti. Di questa scuola pre- stigiosa fanno parte a buon titolo lo stesso Cheli, Ugo De Siervo (giudice costituziona- le) e Roberto Zaccaria (oggi parlamentare dell’Ulivo, docente universitario e già presi- dente della Rai). Non sorprende, quindi, il quesito appena ci- tato. È figlio di una visione “fiorentina” e che incautamente vuole mettere sotto schiaffo i giornalisti, affidando deontologia e sanzioni disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), i cui 9 membri so- no nominati secondo questo schema: 4 dal Senato, 4 dalla Camera, mentre il presi- dente “è nominato con decreto del Pre- sidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri d’inte- sa con il ministro delle Comunicazioni”. In nessun caso la nomina può “essere effet- tuata in mancanza del parere favorevole espresso dalle Commissioni parlamentari a maggioranza dei due terzi dei componenti”. Il presidente, quindi, deve essere una per- sonalità di altissimo profilo, capace di cala- mitare il consenso della maggioranza e del- l’opposizione. L’Agcom è un organismo di estrazione politica, autorità indipendente che riferisce al Parlamento. Anzi è l’occhio del Parlamento sul mondo dei media. È corretto chiedere “quali sono i vantaggi, Segue in seconda Pubblicati schema e questionario. Il termine per la risposta era il 20 gennaio 2007 Diffamazione tramite mass-media Sentenze emesse nel triennio 2003-2005 dalla corte d’Appello penale di Milano. I più colpiti da querela sono gli articoli di cronaca (nel 44% dei casi), quindi gli articoli di critica (40%) ed infine le interviste (per il restante 16%). “Oro” a 32 colleghi per 50 anni di Albo L’assemblea degli iscritti giovedì 29 marzo 2007 (ore 15) al Circolo della Stampa Milano, 2 gennaio 2007. Sono 32 i colleghi (28 professionisti e 4 pubblicisti) che nel 2007 compiono i 50 anni di iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro dell’Ordine della Lombardia in occasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà gio- vedì 29 marzo (ore 15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi: Professionisti Alfredo Barberis, Giovanni Bianco, Pier Luigi Boselli; Candido Cannavò; Franco Damerini; Gian Carlo Ferretti; Giancarlo Galli; Angelo Garavaglia; Mario Gherarducci; Ambrogio Lucioni; Giancarlo Migliavacca; Guido Nicosia; Giuseppe Palmieri; Carlo Perelli Ercolini; Lorenzo Pilogallo; Giuseppe Pirovano; Vieri Poggiali; Gian Piero Ratti; Vittorio Reali; Giancarlo Rizza; Ugo Ronfani; Giuseppe Rossetti; Severino Franco Silvotti; Luigi Speroni; Carla Stampacchia; Roberto Tabozzi; Giorgio Torelli; Gianni Usvardi. Pubblicisti Pietro Pentimalli; Mario Scognamiglio; Albaluminosa Suraci; Alfredo Zavanone. Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori del “Concorso Tesi di laurea sul giornalismo”. All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura l’approvazione del bilancio preventivo 2007 e del conto consuntivo 2006. NELLE PAGINE CENTRALI UN PROFILO DEI COLLEGHI PREMIATI INSERTO Servizi: carcere per i giornalisti che divulgano atti del Copaco 2006 tragico: almeno 81 giornalisti uccisi e 56 rapiti Ifg “Carlo De Martino”: via al bando del XVI biennio Dalla Regione Lombardia un contributo annuo di 280mila euro. Retta/anno di 4mila euro per i 40 allievi-praticanti Roma, 2 febbraio 2007. Il giornalista che divulgherà atti del Copaco di cui sia stata vie- tata la pubblicazione rischia il carcere da 6 mesi a 3 anni. La norma è stata inserita nel testo di riforma dei servizi segreti licenziato ieri in via definitiva dalla Commissione Affari costituzionali della Camera. Nella versione precedente del provvedimento, infatti, non ri- sultava. In sostanza, i cronisti dovranno ri- spondere, insieme ai componenti dell’ufficio e ai parlamentari, di violazione del segreto d’uf- ficio. Una misura che prevede appunto il car- cere dai 6 mesi a 3 anni. Per i parlamentari la pena aumenta da un terzo alla metà. E in più rischiano la decadenza dal comitato. (ANSA) Roma, 2 gennaio 2007. Nel 2006, sono stati uccisi in 21 paesi del mondo almeno 81 giornalisti e 32 collaboratori dei media. Inoltre, almeno 871 giornalisti sono stati fermati, 1472 aggrediti o minacciati, 912 media censurati e 56 sono stati rapiti, so- prattutto in Iraq e nella striscia di Gaza. Sono i dati del rapporto 2006 sulla libertà di stampa di Reporters sans Frontières, un anno infausto che trova un solo preceden- te, quello del 1994 quando furono assassi- nati 103 giornalisti IN ULTIMA IL SERVIZIO Milano, 18 febbraio 2007. La crisi, determinata dal taglio dei contributi del Fondo sociale europeo (Fse), è alle spalle. La Regione Lombardia, nella persona dell’assessore alla Formazione Gianni Rossoni d’intesa con il presidente Roberto Formigoni, ha garantito all’Ifg “Carlo De Martino” un finanziamento annuo di 280mila euro tramite un “accordo” fir- mato il 16 febbraio tra la Regione stessa e l’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo.L’intesa va- le fino al 2010. I 40 allievi del XVI biennio dell’Ifg paghe- ranno una retta di 4mila euro all’anno (nettamente inferiore ri- spetto a quella delle altre scuole o degli altri master). Il get- tito delle rette è di 160mila euro all’anno. Con l’introito di 440mila euro annui, la vita della Scuola è garantita a pre- scindere dai contributi aggiuntivi, che potranno essere versa- ti da altri enti e che saranno finalizzati al rinnovamento tec- nologico dell’Istituto. Questo accordo premia gli sforzi del pre- sidente e del vicepresidente dell’Ordine, Franco Abruzzo e Damiano Nigro, nonché del presidente dell’Afg “Tobag”, Giuseppe Barranco di Valdivieso, e del direttore dell’Ifg, Massimo Dini. Un grazie particolare va al direttore generale della Formazione, dott. Roberto Albonetti. Anche l’opposizio- ne si è occupata dell’Ifg con una interrogazione alla quale ha risposto l’assessore Rossoni nei giorni scorsi, dando notizia delle intese raggiunte nel frattempo. NELLE PAGINE 36 - 37 IL BANDO COMPLETO Da sei mesi a tre anni Reporters sans Frontières Palazzo Chigi avvia la riforma dell’editoria

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1ORDINE 1- 2- 3 2007

Ordinedeigiornalistidella Lombardia

Anno XXXVIIn. 1-2-3 Gennaio/Febbraio/Marzo2007

Direzione e redazioneVia A. da Recanate, 120124 MilanoTelefono: 02 67 71 37 1Telefax: 02 66 71 61 94

http://www.odg.mi.ite-mail:[email protected]

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al GiornalismoIstituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo

La “Commissione Cheli” parte male:pensa di attribuire deontologia dei giornalistie provvedimenti disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

nota di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

Roma, 28 dicembre 2006. “Il Governo, hadeciso di promuovere una riforma organicadel settore dell’editoria e, con la LeggeFinanziaria, ha formalmente assunto l’impe-gno di presentare entro i prossimi sei mesiun apposito disegno di legge. Con l’aiuto diun gruppo di esperti presieduto dal primopresidente dell’Autorità garante delle tele-comunicazioni, Enzo Cheli, sono stati ela-borati un indice ed un questionario, riguar-danti tutti i temi sui quali dovrà intervenire lariforma, che verranno ora sottoposti all’at-tenzione delle associazioni rappresentativedel mondo dell’editoria e dei soggetti inte-ressati e pubblicati sul sito internet delGoverno (www.governo.it).Vogliamo che gli operatori del settore, as-sociazioni, ma anche singoli cittadini, sianoattivamente coinvolti nella partecipazione atale progetto, rispondendo al nostro que-stionario ed eventualmente arricchendolocon le loro indicazioni. Il termine per la ri-sposta da indirizzare alla casella di postaelettronica [email protected] è fissatoal 20 gennaio 2007”.

Abruzzo: “Non ci siamo. Il potere politico cerca di mettere sotto schiaffo i giornalisti, mentre gli editoricompletano il lavoro, negando il contratto”

Fin qui il comunicato diramato ieri daPalazzo Chigi. Questo comunicato nascon-de una polpetta avvelenata nella parte ap-parentemente innocua del documento (il“questionario della riforma dell’edito-ria”). Il punto 6, dedicato ai Codici deon-tologici, recita così: “Quali sono i van-taggi, ovvero svantaggi che potrebberoprevedersi adottando un Codice deonto-logico generale, applicabile anche all’e-ditoria on-line e fatto proprio dal-l’Autorità garante per le comunicazioni,che in mancanza di proposta dell’Ordinelo adotterebbe motu proprio, e che sa-rebbe competente a sanzionarne le vio-lazioni, secondo la disciplina già previ-sta per il trattamento dei dati persona-li?”.Diciamo subito che Enzo Cheli è un emi-nente giurista, già giudice costituzionale epresidente dell’Agcom, autore di svariatitrattati di diritto costituzionale. Cheli appar-tiene a quella scuola fiorentina, che, fonda-ta da Piero Calamandrei e Paolo Barile, stu-dia da oltre 50 anni il mondo della televisio-ne e del giornalismo, e che è nota per lesue critiche (legittime) all’esistenza del-l’Ordine dei giornalisti. Di questa scuola pre-stigiosa fanno parte a buon titolo lo stessoCheli, Ugo De Siervo (giudice costituziona-

le) e Roberto Zaccaria (oggi parlamentaredell’Ulivo, docente universitario e già presi-dente della Rai).Non sorprende, quindi, il quesito appena ci-tato. È figlio di una visione “fiorentina” e cheincautamente vuole mettere sotto schiaffo igiornalisti, affidando deontologia e sanzionidisciplinari all’Autorità per le garanzie nellecomunicazioni (Agcom), i cui 9 membri so-no nominati secondo questo schema: 4 dalSenato, 4 dalla Camera, mentre il presi-dente “è nominato con decreto del Pre-sidente della Repubblica su proposta delPresidente del Consiglio dei ministri d’inte-sa con il ministro delle Comunicazioni”. Innessun caso la nomina può “essere effet-tuata in mancanza del parere favorevoleespresso dalle Commissioni parlamentari amaggioranza dei due terzi dei componenti”.Il presidente, quindi, deve essere una per-sonalità di altissimo profilo, capace di cala-mitare il consenso della maggioranza e del-l’opposizione. L’Agcom è un organismo diestrazione politica, autorità indipendenteche riferisce al Parlamento. Anzi è l’occhiodel Parlamento sul mondo dei media.È corretto chiedere “quali sono i vantaggi,

Segue in seconda

Pubblicatischema equestionario.Il termine per la rispostaera il 20gennaio 2007

Diffamazione tramite

mass-media

Sentenze emessenel triennio 2003-2005 dallacorte d’Appellopenale diMilano.

I più colpiti daquerela sono gliarticoli di cronaca(nel 44% dei casi),quindi gli articolidi critica (40%) ed infine le interviste (per il restante 16%).

“Oro” a 32 colleghiper 50 anni di Albo

L’assemblea degli iscritti giovedì 29 marzo 2007 (ore 15)al Circolo della Stampa

Milano, 2 gennaio 2007. Sono 32 i colleghi (28 professionisti e 4 pubblicisti) che nel 2007compiono i 50 anni di iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’orodell’Ordine della Lombardia in occasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà gio-vedì 29 marzo (ore 15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi:

Professionisti Alfredo Barberis, Giovanni Bianco, Pier Luigi Boselli; Candido Cannavò; Franco Damerini;Gian Carlo Ferretti; Giancarlo Galli; Angelo Garavaglia; Mario Gherarducci; AmbrogioLucioni; Giancarlo Migliavacca; Guido Nicosia; Giuseppe Palmieri; Carlo Perelli Ercolini;Lorenzo Pilogallo; Giuseppe Pirovano; Vieri Poggiali; Gian Piero Ratti; Vittorio Reali;Giancarlo Rizza; Ugo Ronfani; Giuseppe Rossetti; Severino Franco Silvotti; Luigi Speroni;Carla Stampacchia; Roberto Tabozzi; Giorgio Torelli; Gianni Usvardi.

Pubblicisti Pietro Pentimalli; Mario Scognamiglio; Albaluminosa Suraci; Alfredo Zavanone.

Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori del “Concorso Tesi di laurea sulgiornalismo”. All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura l’approvazionedel bilancio preventivo 2007 e del conto consuntivo 2006.

NELLE PAGINE CENTRALI UN PROFILO DEI COLLEGHI PREMIATI

INSERTO

Servizi: carcere per i giornalisti che divulgano atti del Copaco

2006 tragico:almeno 81giornalisti uccisie 56 rapiti

Ifg “Carlo De Martino”:via al bando del XVI biennioDalla Regione Lombardia un contributo annuo di 280mila euro.Retta/anno di 4mila europer i 40 allievi-praticanti

Roma, 2 febbraio 2007. Il giornalista chedivulgherà atti del Copaco di cui sia stata vie-tata la pubblicazione rischia il carcere da 6mesi a 3 anni. La norma è stata inserita neltesto di riforma dei servizi segreti licenziatoieri in via definitiva dalla Commissione Affaricostituzionali della Camera. Nella versioneprecedente del provvedimento, infatti, non ri-sultava. In sostanza, i cronisti dovranno ri-spondere, insieme ai componenti dell’ufficio eai parlamentari, di violazione del segreto d’uf-ficio. Una misura che prevede appunto il car-cere dai 6 mesi a 3 anni. Per i parlamentari lapena aumenta da un terzo alla metà. E in piùrischiano la decadenza dal comitato. (ANSA)

Roma, 2 gennaio 2007. Nel 2006, sonostati uccisi in 21 paesi del mondo almeno81 giornalisti e 32 collaboratori dei media.Inoltre, almeno 871 giornalisti sono statifermati, 1472 aggrediti o minacciati, 912media censurati e 56 sono stati rapiti, so-prattutto in Iraq e nella striscia di Gaza.Sono i dati del rapporto 2006 sulla libertàdi stampa di Reporters sans Frontières, unanno infausto che trova un solo preceden-te, quello del 1994 quando furono assassi-nati 103 giornalisti

IN ULTIMA IL SERVIZIO

Milano, 18 febbraio 2007. La crisi, determinata dal taglio deicontributi del Fondo sociale europeo (Fse), è alle spalle. LaRegione Lombardia, nella persona dell’assessore allaFormazione Gianni Rossoni d’intesa con il presidenteRoberto Formigoni, ha garantito all’Ifg “Carlo De Martino” unfinanziamento annuo di 280mila euro tramite un “accordo” fir-mato il 16 febbraio tra la Regione stessa e l’Associazione“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo. L’intesa va-le fino al 2010. I 40 allievi del XVI biennio dell’Ifg paghe-ranno una retta di 4mila euro all’anno (nettamente inferiore ri-spetto a quella delle altre scuole o degli altri master). Il get-tito delle rette è di 160mila euro all’anno. Con l’introito di440mila euro annui, la vita della Scuola è garantita a pre-scindere dai contributi aggiuntivi, che potranno essere versa-ti da altri enti e che saranno finalizzati al rinnovamento tec-nologico dell’Istituto. Questo accordo premia gli sforzi del pre-sidente e del vicepresidente dell’Ordine, Franco Abruzzo eDamiano Nigro, nonché del presidente dell’Afg “Tobag”,Giuseppe Barranco di Valdivieso, e del direttore dell’Ifg,Massimo Dini. Un grazie particolare va al direttore generaledella Formazione, dott. Roberto Albonetti. Anche l’opposizio-ne si è occupata dell’Ifg con una interrogazione alla quale harisposto l’assessore Rossoni nei giorni scorsi, dando notiziadelle intese raggiunte nel frattempo.

NELLE PAGINE 36 - 37 IL BANDO COMPLETO

Da sei mesi a tre anni

Reporters sans Frontières

PalazzoChigi avviala riformadell’editoria

Page 2: Ordine - odg.mi.it · Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo ... trattati di diritto costituzionale. Cheli appar-tiene a quella scuola fiorentina, che, fonda-

2 ORDINE 1- 2- 3 2007

ovvero svantaggi, che potrebbero preve-dersi adottando un Codice deontologicogenerale, applicabile anche all’editoriaon-line e fatto proprio dall’Autorità ga-rante per le comunicazioni, che in man-canza di proposta dell’Ordine lo adotte-rebbe motu proprio, e che sarebbe com-petente a sanzionarne le violazioni, se-condo la disciplina già prevista per iltrattamento dei dati personali?”. Con que-sta domanda viene sconvolto l’ordinamentoattuale, che affida ai Consigli dell’Ordine deigiornalisti la missione di “contribuire a ga-rantire il rispetto della personalità deigiornalisti e, quindi, della loro libertà:compito, questo, che supera di gran lun-ga la tutela sindacale dei diritti della ca-tegoria e che perciò può essere assoltosolo da un Ordine a struttura democrati-ca che con i suoi poteri di ente pubblicovigili, nei confronti di tutti e nell’interes-se della collettività, sulla rigorosa osser-vanza di quella dignità professionale chesi traduce, anzitutto e soprattutto, nelnon abdicare mai alla libertà di informa-zione e di critica e nel non cedere a sol-lecitazioni che possano comprometterla”(sentenza 11/1968 della Corte costituziona-le firmata da Aldo Sandulli). Nel caso spe-cifico le “regole” fissate dal legislatore(artt. 2 e 48 l. 69/1963) sono il perno, co-me afferma il contratto di lavoro, dell’au-tonomia dei giornalisti: l’editore non puòimpartire al direttore disposizioni in con-trasto con la deontologia professionale,mentre il direttore deve garantire l’auto-nomia del suo collettivo redazionale. Larisposta, quindi, è ovviamente positiva: so-no evidenti i vantaggi collegati alla stesuradi un “Codice deontologico generale”. Ladeontologia è il cuore di ogni professione.Quel “Codice generale”, però, è già scrittonella legge professionale citata; nella leggesulla stampa (che, con l’articolo 15, proibi-sce la pubblicazione di foto raccapriccianti oimpressionanti); nelle leggi sulla privacy(675/1996 e 196/2003) che hanno partorito“Il Codice deontologico relativo al tratta-mento dei dati personali nell’esercizio del-l’attività giornalistica”; nell’articolo 114(comma 6) del Cpp e nell’articolo 13 delDpr 448/1988 sul processo penale minorile(assorbito nell’articolo 50 del dlgs196/2003), che bloccano anche le notizie in-dirette tali da determinare l’identificazionedel minore: un reticolo di norme arricchitodalla legge 27 maggio 1991 n. 176 (Con-venzione Onu 1989 sui diritti del bambino);nella nuova “Carta di Treviso” scritta di co-mune accordo tra Ordine nazionale eGarante della Privacy (pubblicata nellaGazzetta Ufficiale del 13 novembre 2006);nella “Carta dei doveri del giornalista” (fir-mata dall’Ordine e dalla Fnsi l’8 luglio 1993).Eppure quel punto 6 del questionario è figliodi una cultura del sospetto, quando affermagrosso modo “che in mancanza di propo-sta dell’Ordine l’Autorità garante per lecomunicazioni adotterebbe motu proprioil Codice deontologico generale, appli-cabile anche all’editoria on-line.L’Autorità garante per le comunicazionisarebbe competente a sanzionarne leviolazioni, secondo la disciplina già pre-vista per il trattamento dei dati personali”.Perché l’Ordine nazionale non dovrebbeproporre un testo di “Codice generale”,avendo già scritto egregiamente il Codicedella privacy, la nuova Carta di Treviso, laCarta dei doveri del giornalista, la CartaInformazione e Pubblicità, la Carta Informa-zione e Sondaggi, la Carta dei Doveri del-l’Informazione economica? Il giudice delleregole è soltanto l’Ordine professionale an-che rispetto al Codice della privacy. Cheli èincorso in uno svarione, quando attribuisce

P R O F E S S I O N E

La “Commissione Cheli” parte male:pensa di attribuire deontologia dei giornalistie provvedimenti disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Abruzzo: “Non ci siamo. Il potere politico cerca di mettere sotto schiaffo i giornalisti,mentre gli editori completano il lavoro,negando il contratto”.

continua dalla prima pagina

al Garante della privacy funzioni di giudicedei giornalisti. Il giudice della privacy, inve-ce, per i giornalisti, è soltanto l’Ordine pro-fessionale (art. 13, punto 2, del Codice dideontologia relativo al trattamento deidati personali nell’esercizio dell’attivitàgiornalistica).Le considerazioni sopra esposte consento-no di risalire alle ragioni che hanno spinto ilParlamento nel 1963 a tutelare la profes-sione giornalistica. Senza legge professio-nale, direttori e redattori sarebbero degli im-piegati di redazione vincolati soltanto da unarticolo (2105) del Codice civile che riguar-da gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Ildirettore non sarebbe giuridicamente nellecondizioni di garantire l’autonomia della suaredazione.È quello che vogliono gli editori, impegnati dadue anni nell’impresa di smontare un contrat-to di lavoro fortemente deontologico sin dallaprima stesura risalente al 1911.Non ci siamo. Il potere politico, tramite laCommissione Cheli, cerca di mettere sottoschiaffo i giornalisti, mentre gli editori com-pletano il lavoro, negando il contratto. Chelifarebbe bene a compiere una precipitosamarcia indietro e a prendere atto che il Par-lamento, con le leggi sulla privacy e sullacomunicazione pubblica (150/2000), harafforzato notevolmente l’Ordine dei giorna-listi, mentre l’articolo 2 del dlgs 70/2003 de-finisce «professione regolamentata»quella professione riconosciuta ai sensi del-l’articolo 2 del decreto legislativo 27 gen-naio 1992 n. 115 (Attuazione della direttiva89/48/CEE) ovvero ai sensi dell’articolo 2del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relati-va ad un secondo sistema generale di rico-noscimento della formazione professionaleche integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003“europeizzano” la professione italiana digiornalista.Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, laRepubblica italiana ha compiuto un atto diriparazione parziale, modificando la tabelladelle professioni (allegato C) inclusa neldlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva92/51/CEE). Oggi, infatti, la professione digiornalista rientra tra quelle caratterizzatedal possesso del diploma (e non dalla lau-rea) riconosciute come tali dal dlgs 2 mag-gio 1994 n. 319, che ha dato “attuazione al-la direttiva 92/51/CEE relativa ad un secon-do sistema generale di riconoscimento del-la formazione professionale che integra ladirettiva 89/48/CEE”.Il dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece,attuazione della direttiva 2001/19/CE, chemodifica le direttive del Consiglio relative alsistema generale di riconoscimento dellequalifiche professionali. L’allegato II (di cui al-l’art. 2, comma 1, lettera l) del dlgs 277/2003cita espressamente la professione di giorna-lista come vigilata dal ministero dellaGiustizia.L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sosti-tuito, come riferito, l’allegato C del dlgs319/1994. I dlgs 277/2003 e 319/1994 in so-stanza dicono, con l’allegato II (ex allegato C),che la professione giornalistica (italiana), or-ganizzata (ex legge 69/1963) con l’Ordine el’Albo (in base all’art. 2229 Cc) e costituzio-nalmente legittima (sentenze 11 e 98/1968,2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 dellaConsulta), ha oggi sì il riconoscimento del-l’Unione europea, ma a un livello inferiore ri-spetto a quelle comprese nell’allegato A delDlgs 115/1992 caratterizzate dalla laurea.Conla “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe es-sere superato, prevedendo la laurea come ti-tolo obbligatorio per l’accesso al praticantatogiornalistico (nel rispetto del comma 18 del-l’articolo 1 della legge 4/1999).

«Dov’è la saggezza che abbiamo personella conoscenza? Dov’è la conoscenzache abbiamo perso nell’informazione?». Ilcanto del coro - in The Rock di T.S. Eliot -sembra mettere l’informazione ai piani bas-si del sapere, ma in fondo sono i piani bas-si che sorreggono i piani alti. E questo for-se spiega perché più di sessanta Paesi ingiro per il mondo hanno leggi che assicu-rano la «libertà di informazione».Questi Freedom of information act (Foi),per usare il nome anglosassone, presidia-no cose molto diverse (ma non meno im-portanti) dalle basilari libertà di stampa e diespressione: assicurano il diritto dei cittadi-ni a essere informati su quel che lo Statoscrive, fa e decide, sulle informazioni in suopossesso, che devono diventare possessodi tutti.Anche in Italia si comincia ad avvertire (ve-di l’articolo di Pietro Ichino sul Corriere del-la Sera del 19 dicembre) l’importanza, perla crescita civica, del detto evangelico:«Non v’è nulla di nascosto che non debbaessere svelato, e di segreto che non deb-ba essere manifestato».Non tanto a proposito delle leggi e dei re-golamenti, che sono pubblici per definizio-ne, ma a proposito di tutti i documenti (conle dovute eccezioni) che la Pubblica ammi-nistrazione produce e conserva, dai con-tratti ai memorandum interni e agli scambidi lettere fra ministeri, dalle istruttorie delleauthorities ai bandi di gara ai risultati delleassegnazioni e al funzionamento minutodei servizi pubblici.Perché questo Foi è così cruciale? Perchél’Italia è l’unico Paese del G7 a non averlo?E perché, infine, sarebbe specialmente im-portante per il nostro Paese promulgareuna legge che assicuri ai cittadini questoaccesso?1. Il Foi è un lubrificante essenziale dellademocrazia. Il contratto implicito fra eletto-ri ed eletti stabilisce che questi ultimi forni-ranno ai primi i beni pubblici che costitui-scono la ragion d’essere dello Stato. Ma fraun’elezione e l’altra chi controlla il modo incui gli eletti operano? Leggiamo tutti i gior-ni sui giornali critiche o consensi a quel cheil Governo propone e fa, ma c’è di solitouna profonda asimmetria di informazionefra quel che il Governo “sa” e quel che i cit-

La trasparenzache manca all’Italia

IL SOLE 24 ORE del 20 dicembre 2006.

L’«accountability» dei poteri pubblici:il nostro è l’unico Paese del G7 senza «Freedom of information act» per garantire l’accesso ai documenti pubblici

Tradita la CostituzioneLa legge 241/1990, che con riferimento all’articolo 97 dellaCostituzione, avrebbe dovuto garantire l’accesso dei cittadini aidocumenti delle pubbliche amministrazioni, ha subito una “compres-sione“ con la legge 15/2005, mentre le stesse pubbliche amministra-zioni si chiudono a riccio e oppongono, sbagliando, la legge sulla pri-vacy (196/2003) ai cronisti, che bussano alle porte di ministeri, tribu-nali, Comuni, Regioni, Province, Asl, ospedali, prefetture, Questure,caserme di carabinieri, polizia, guardia di finanza. Sta prevalendoall’interno delle stesse pubbliche amministrazioni una linea chepunta a ridurre il diritto dei cittadini a conoscere quel che accade neipiccoli e nei grandi palazzi del potere. Limitare i cronisti significacolpire un diritto fondamentale dei cittadini. Lo Stato non cambia,mentre il Parlamento è talmente distratto da essere sul punto diapprovare il ddl sulle intercettazioni legali, che, come ha dimostratoun’analisi del Csm, frenerà ancora di più i cronisti. Non ci siamo: laCostituzione continua ad essere tradita. (Fr. Ab.)

di Fabrizio Galimbertitadini sanno. Il Foi si propone appunto dicorreggere questa asimmetria per quantopossibile, di mettere a disposizione di tuttiil corredo informativo che sta alla base del-le decisioni che riguardano la vita pubblica.Negli Stati Uniti (uno dei 61 Paesi che han-no un Foi negli statuti) questo accesso èstato usato per mille scopi diversi, dal con-testare i contratti di Halliburton in Iraq a sol-levare veli di connivenze sulla sicurezza dialcuni medicinali, dal richiedere i rimborsispese del viaggio all’estero di un sottose-gretario a dettagliate informazioni sul’appli-cazione pratica del Patriot Act.2. Il Foi è, in un certo senso, il contrariodella privacy: la sfera privata deve essereprotetta, la sfera pubblica deve essere tra-sparente. In Italia le leggi sulla privacy so-no state entusiasticamente adottate, forseperfino con qualche eccesso di complica-zioni e di adempimenti. Un entusiasmo cheriflette, a parte la giusta aspirazione allaprivatezza, un desiderio di protezione chescolora nell’atavico e italico sospetto frapubblico e privato. Come scriveva RiccardoBacchelli nel Mulino del Po, descrivendo leattitudini della mugnaia Cecilia, «Governoe Stato eran noti soltanto come cosa da di-fendersene...». Questo atavico sospettoesiste però anche nell’altra direzione. Lamancanza di trasparenza è un “peccato ori-ginale” della nostra convivenza civile. Lacosa pubblica è troppo spesso “cosa no-stra”: Stato e Governo non hanno nessunainclinazione alla trasparenza perché in tan-ti casi il potere viene esercitato in un’otticadi spartizione delle spoglie piuttosto che inun’ottica di servizio al cittadino. Non si spie-ga altrimenti perché l’Italia è il solo, fra imaggiori Paesi industriali, a non avere maiadottato un Freedom of information act.3. Eppure, un Foi italiano rimane qualcosaper cui vale la pena di battersi. Il migliora-mento delle istituzioni, con un Parlamentoparalizzato da veti incrociati e una burocra-zia allevata nel principio che tutto quel chenon è permesso è proibito, è affidato a ini-ziative che partono dal basso, come fu peri referendum del 1992. In quello spirito, unFoi, in quanto permanente elemento di tra-sparenza, potrebbe innescare - «Poca fa-villa gran fiamma seconda», scriveva ilPoeta - un processo di controllo civile del-l’azione pubblica, indispensabile per la lot-ta alla corruzione e, più in generale, per laaccountability dell’azione pubblica.

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3ORDINE 1- 2- 3 2007

P R O F E S S I O N E

L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione,ma la distruzione delle registrazioni abusiveè una prerogativa affidata soltanto al Gip

Il senso della legge 281/2006, che ha convertito il dl 27 set-tembre 2006 n. 259 sulla normativa in tema di intercettazionitelefoniche, si può sintetizzare così: l'ascolto illecito è fuori dal-la Costituzione, ma la distruzione delle registrazioni abusive èuna prerogativa affidata soltanto al Gip, mentre il Pm mantie-ne un ruolo rilevante nella fase iniziale del procedimento cheporta alla distruzione delle registrazioni illegittime. La vecchiastesura del rinnovato articolo 240 Cpp (Documenti anonimi edatti relativi ad intercettazioni illegali) parlava di “autorità giudi-ziaria” (i ruoli di Pm e Gip non erano chiari). Oggi, invece, ilPm “dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogoprotetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernentidati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi atraffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisi-ti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attra-verso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato ef-fettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase delprocedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. IlPm, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti, entro quarantot-to ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di dispornela distruzione”. Il Gip a sua volta “entro le successive quaran-totto ore fissa l’udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensidell’articolo 127 Cpp, dando avviso a tutte le parti interessa-te, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tregiorni prima della data dell’udienza”.Sentite le parti comparse, il Gip “legge il provvedimento inudienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti, disponela distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti e vi dàesecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministeroe dei difensori delle parti. Delle operazioni di distruzione è re-datto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta in-tercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei docu-menti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti diconversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico etelematico, illegalmente formati o acquisiti nonché delle mo-dalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, sen-za alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, sup-porti e atti”. La procedura è estremamente garantista e perquanto riguarda i tempi di azione (48 ore per il Pm e 48 oreper il Gip) è evidente il raddoppio delle 24 ore previste nel-l’articolo 21 (IV comma) della Costituzione. È sempre con-sentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle ope-razioni di distruzione degli atti.Questa legge ha sullo sfondo l’articolo 15 della Costituizionesecondo il quale “la libertà e la segretezza della corrispon-denza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivatodell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.Ne consegue che le intercettazioni illegali non rientrano nel di-ritto di cronaca e non possono trovare cittadinanza nelle pa-gine dei giornali. Diverso è il discorso sulle intercettazioni di-sposte dall’autorità giudiziarie: quelle (una volta depositate in

INTERCETTAZIONI

commento di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

cancelleria) si possono pubblicare, ma salvaguardando la di-gnità delle persone coinvolte.Della stesura originaria dell’articolo 240 rimane in piedi sol-tanto il primo comma: “I documenti che contengono dichiara-zioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun mo-do utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o proven-gano comunque dall’imputato”. Sotto il profilo strettamentegiudiziario, le intercettazioni illecite non possono offrire ai Pm“spunti di indagine”, perché sono state raccolte senza “un at-to motivato dell’Autorità giudiziaria” (la Cassazione sul puntoè univoca).Sanzioni penali. L’articolo 3 della legge punisce chiunqueconsapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti dicui sia stata disposta la distruzione con la pena della reclu-sione da sei mesi a quattro anni (in precedenza sei anni). Siapplica la pena della reclusione da uno a cinque anni (in pre-cedenza 7 anni) se il fatto è commesso da un pubblico uffi-ciale o da un incaricato di pubblico servizio. Le pene, quindi,sono state addolcite (nel massimo).Colpiti editori, articolisti e direttori di giornali. L’articolo4 si rifà ai contenuti dell’articolo 11 (Responsabilità civile) del-la legge 47/1948 sulla stampa (“Per i reati commessi col mez-zo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gliautori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazionee l’editore”) e a quelli dell’articolo 12 (Riparazione pecuniaria)della stessa legge (“Nel caso di diffamazione commessa colmezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre ilrisarcimento dei danni ai sensi dell’art. 185 del Codice pena-le, una somma a titolo di riparazione. La somma è determi-nata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione del-lo stampato”). L’assonanza è perfetta. Chi è diffamato in so-stanza incassa due somme, una sotto il profilo dei danni e unaa titolo riparatorio. Lo stesso schema è stato riprodotto nellalegge 281/2006, che punisce chi pubblica intercettazioni abu-sive.L’articolo 4 afferma che “a titolo di riparazione può essere ri-chiesta all’autore della pubblicazione degli atti o dei documentidocumenti (concernenti dati e contenuti di conversazioni o co-municazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegal-mente formati o acquisiti, ndr ) , al direttore responsabile e al-l’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinatain ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ov-vero da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l’entità del baci-no di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo ra-diofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della ri-parazione non può essere inferiore a 10.000 euro (in prece-denza 20.000 euro). L’azione può essere proposta da parte dicoloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L’azionesi prescrive nel termine di cinque anni (un anno nel testo ori-ginario) dalla data della pubblicazione. Agli effetti della provadella corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicati conquelli (distrutti) fa fede il verbale. Si applicano, in quanto com-patibili, le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del co-dice di procedura civile. L’azione è esercitata senza pregiudi-zio di quanto il Garante per la protezione dei dati personalipossa disporre ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di da-ti o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da par-te dell’interessato. Qualora sia promossa per i medesimi fatti

anche l’azione per il risarcimento del danno, il giudice tieneconto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso,della somma già corrisposta (a titolo di riparazione, ndr)”.Il testo originario affermava che l’azione riparatoria “va propo-sta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, sal-vo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto co-noscenza successivamente”. Il testo della legge, invece, recu-pera i termini (5 anni) dell’articolo 2947 del Codice civile. Conla sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilitoche ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propria di-gnità in sede civile senza avviare l’azione penale. Ogni citta-dino può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblica-zione della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento nonha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’a-zione civile con quello previsto per l’azione penale. Così è ri-masto in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base al quale «il di-ritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si pre-scrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato... In ognicaso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per ilreato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applicaanche all’azione civile». Questa norma espone giornalisti edaziende al rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distan-za di 7-10 anni, per fatti remoti e sui quali il giornalista non haconservato alcuna documentazione. I tempi dell’azione civili-stica, secondo Fnsi e Ordine, dovrebbero essere contenuti in180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta illecita o diffa-matoria.L’azione del Garante della privacy non è stata ampliata: il po-tere di infliggere sanzioni pecuniarie resta solidamente nellemani dei tribunali.Le sanzioni previste dall’articolo 4 sono pesanti e sono corre-late alla lesione di diritti primari costituzionalmente protetti. Ilrispetto della dignità della persona (art. 2 della Costituzione eart. 2 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professionedi giornalista) è il limite costituzionale interno all’esercizio deldiritto di cronaca e di critica. Il riconoscimento del diritto-dove-re di cronaca non può comportare il sacrificio del principio delrispetto della reputazione e della dignità della persona uma-na. I giornalisti ora sono avvertiti. Le intercettazioni illegali so-no fuorilegge.Una contraddizione decisiva ai fini processuali. Il se-condo comma dell’articolo 4 afferma che “agli effetti della pro-va della corrispondenza degli atti o dei documenti pubblicaticon quelli di cui al comma 2 dell’articolo 240 del codice di pro-cedura penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stes-so articolo”. Secondo il sesto comma dell’articolo 240 del Cpp,“delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nelquale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione oacquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti dicui al comma 2 nonché delle modalità e dei mezzi usati oltreche dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al conte-nuto degli stessi documenti, supporti e atti”. Domanda: se nelverbale non c’è “alcun riferimento al contenuto degli stessi do-cumenti, supporti e atti (distrutti)” come può stabilire il giudiceche un giornale pubblica le “carte” distrutte se il verbale nonpuò concretamente “far fede”?

(da Guida al diritto del dicembre 2006)

La legge 248/2006 (già de-creto legge 223/06) preve-de, tra l' altro, disposizio-ni dirette a garantire lapiena tracciabilità deiflussi di pagamento.

L' art. 35, comma 12, di-spone l' obbligo per gli eser-centi arti e professioni di ri-scuotere i compensi lorodovuti esclusivamente tra-mite mezzi di pagamentodiversi dal denaro contante

Obbligo per gli esercenti arti e professioni di riscuotere i compensi loro dovuti esclusivamente tramite mezzi di pagamento diversi dal denaro contante e da titoli al portatore

e da titoli al portatore.L’art. 35 ( Misure di contra-sto dell'evasione e dell'elu-sione fiscale) dice al com-ma 12: “All'articolo 19 deldecreto del Presidente del-la Repubblica 29 settembre1973, n. 600, dopo il secon-do comma sono inseriti i se-guenti: "I soggetti di cui alprimo comma sono obbliga-ti a tenere uno o più conticorrenti bancari o postali aiquali affluiscono, obbligato-

riamente, le somme riscos-se nell'esercizio dell'attivitàe dai quali sono effettuati iprelevamenti per il paga-mento delle spese.I compensi in denaro perl'esercizio di arti e profes-sioni sono riscossi esclusi-vamente mediante assegninon trasferibili o bonifici ov-vero altre modalità di paga-mento bancario o postalenonché mediante sistemi dipagamento elettronico, sal-

vo per importi unitari infe-riori a 100 euro".Il comma 12-bis precisa: “Illimite di 100 euro di cui alquarto comma dell'articolo19 del decreto del Pre-sidente della Repubblica 29settembre 1973, n. 600, in-trodotto dal comma 12 delpresente articolo, si applicaa decorrere dal 1° luglio2008. Dalla data di entratain vigore della legge di con-versione del presente de-

creto e sino al 30 giugno2007 il limite è stabilito in1.000 euro. Dal 1° luglio2007 al 30 giugno 2008 il li-mite è stabilito in 500 euro".Anche gli aspiranti pratican-ti (d’ufficio) e gli aspirantipubblicisti “sono obbligati atenere uno o più conti cor-renti bancari o postali aiquali affluiscono, obbligato-riamente, le somme riscos-se nell'esercizio dell'attività(giornalistica)”.

TRACCIABILITA’

BANCARIA

ANCHE PER

I GIORNALISTI

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4 ORDINE 1- 2- 3 2007

O R D I N I P R O F E S S I O N A L I

La Finanziaria apre alla trasformazionedei contratti di collaborazionein contratti biennali di lavoro subordinatoMilano, 4 dicembre 2006. La Finanziaria peril 2007 (legge 296/2006), - con i commi 1202,1203, 1208 e 1210 -, apre alla trasformazio-ne dei rapporti di collaborazione in contrattidi lavoro subordinato “della durata noninferiore a ventiquattro mesi”. Il comma1204, invece, prevede “per i lavoratori checontinuano ad essere titolari di rapporti dicollaborazione coordinata a progetto, an-che attraverso accordi interconfederali,misure atte a contribuire al corretto utiliz-zo delle predette tipologie di lavoro non-ché stabilire condizioni più favorevoli peri collaboratori”. Il ministero del Lavoro e del-la Previdenza sociale “provvede ad effet-tuare - dice il comma 1204 - azioni di mo-nitoraggio relative all’evoluzione dellamedia dei corrispettivi effettivamente ver-sati ai collaboratori coordinati a progetto,al netto delle ritenute previdenziali, al finedi effettuare un raffronto con la media deicorrispettivi versati nei tre anni preceden-ti a quello di entrata in vigore delle dispo-sizioni” della legge finanziaria per il 2007. Ilcomma 1209 autorizza, per le finalità deicommi da 1202 a 1208, la spesa di 300 mi-lioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e2009. Questi i nove commi, che potrebbe-ro aiutare i precari a trovare una occupa-zione stabile:

1202. In attesa di una revisione della disci-plina della totalizzazione e della ricongiun-zione dei periodi contributivi afferenti alle di-verse gestioni previdenziali, al fine di pro-muovere la stabilizzazione dell’occupazionemediante il ricorso a contratti di lavorosubordinato nonché di garantire il correttoutilizzo dei rapporti di collaborazione coordi-nata e continuativa anche a progetto, i com-mittenti datori di lavoro, entro e non oltreil 30 aprile 2007, possono stipulare accor-di aziendali ovvero territoriali, nei casi incui nelle aziende non siano presenti le rap-presentanze sindacali unitarie o aziendali,con le organizzazioni sindacali aderenti alleassociazioni nazionali comparativamente piùrappresentative conformemente alle previsio-ni dei commi da 1203 a 1208.

1203. Gli accordi sindacali di cui al com-

Accordi da stipulare entro e non oltre il 30 aprile 2007

ma 1202 promuovono la trasformazionedei rapporti di collaborazione coordinatae continuativa, anche a progetto, median-te la stipula di contratti di lavoro subordi-nato. A seguito dell’accordo i lavoratori inte-ressati alla trasformazione sottoscrivono attidi conciliazione individuale conformi alla di-sciplina di cui agli articoli 410 e 411 delCodice di procedura civile. I contratti di lavo-ro stipulati a tempo indeterminato godono deibenefìci previsti dalla legislazione vigente.

1204. Per i lavoratori che continuano ad es-sere titolari di rapporti di collaborazione coor-dinata a progetto, le parti sociali, ai sensi delcomma 4 dell’articolo 61 e dell’articolo 63 deldecreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, possono stabilire, anche attraverso ac-

Previste intese per stabilire “condizioni più favorevoli” per i collaboratori

Stanziati 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009

rata di cui all’articolo 2, comma 26, della leg-ge 8 agosto 1995, n. 335, a titolo di contri-buto straordinario integrativo finalizzato almiglioramento del trattamento previdenziale,di una somma pari alla metà della quota dicontribuzione a carico dei committenti per iperiodi di vigenza dei contratti di collabora-zione coordinata e continuativa anche a pro-getto, per ciascun lavoratore interessato allatrasformazione del rapporto di lavoro.

1206. I datori di lavoro depositano presso lecompetenti sedi dell’Inps gli atti di concilia-zione di cui al comma 1203, unitamente aicontratti stipulati con ciascun lavoratore e al-l’attestazione dell’avvenuto versamento diuna somma pari ad un terzo del totale dovu-to ai sensi del comma 1205. I datori di lavo-

1203 producono l’effetto di cui agli articoli410 e 411 del codice di procedura civile conriferimento ai diritti di natura retributiva, con-tributiva e risarcitoria per il periodo pregres-so. Il versamento della somma di cui al com-ma 1205 comporta l’estinzione dei reati pre-visti da leggi speciali in materia di versamen-ti di contributi o premi e di imposte sui reddi-ti, nonché di obbligazioni per sanzioni ammi-nistrative e per ogni altro onere accessorioconnesso alla denuncia e il versamento deicontributi e dei premi, ivi compresi quelli dicui all’articolo 51 del testo unico delle dispo-sizioni per l’assicurazione obbligatoria controgli infortuni sul lavoro e le malattie professio-nali, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonchéall’articolo 18 del decreto-legge 30 agosto1968, n. 918, convertito, con modificazioni,dalla legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in ma-teria di sgravi degli oneri sociali. Per effettodegli atti di conciliazione, è precluso ogni ac-certamento di natura fiscale e contributivaper i pregressi periodi di lavoro prestato dailavoratori interessati dalle trasformazioni dicui ai commi da 1202 a 1208.

1208. L’accesso alla procedura di cui alcomma 1202 è consentito anche ai datoridi lavoro che siano stati destinatari diprovvedimenti amministrativi o giurisdi-zionali non definitivi concernenti la quali-ficazione del rapporto di lavoro. In ognicaso l’accordo sindacale di cui al comma1202 comprende la stabilizzazione delleposizioni di tutti i lavoratori per i qualisussistano le stesse condizioni dei lavo-ratori la cui posizione sia stata oggetto diaccertamenti ispettivi. Gli effetti di taliprovvedimenti sono sospesi fino al com-pleto assolvimento degli obblighi di cui aicommi 1205 e 1206.

1209. Per le finalità dei commi da 1202 a1208 è autorizzata la spesa di 300 milioni dieuro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

1210. I contratti di lavoro subordinato dicui al comma 1203 prevedono una duratadel rapporto di lavoro non inferiore a ven-tiquattro mesi.

cordi interconfederali, misure atte a contri-buire al corretto utilizzo delle predette tipolo-gie di lavoro nonché stabilire condizioni piùfavorevoli per i collaboratori. Il ministero delLavoro e della Previdenza sociale provvedead effettuare azioni di monitoraggio relativeall’evoluzione della media dei corrispettivi ef-fettivamente versati ai collaboratori coordina-ti a progetto, al netto delle ritenute previden-ziali, al fine di effettuare un raffronto con lamedia dei corrispettivi versati nei tre anniprecedenti a quello di entrata in vigore delledisposizioni di cui alla presente legge.

1205. La validità degli atti di conciliazione dicui al comma 1203 rimane condizionata al-l’adempimento dell’obbligo, per il solo datoredi lavoro, del versamento alla gestione sepa-

ro sono autorizzati a provvedere per la parterestante del dovuto in trentasei ratei mensilisuccessivi. Il ministero del Lavoro e dellaPrevidenza sociale, di concerto con il mini-stero dell’Economia e delle Finanze, appro-va i relativi accordi con riferimento alla pos-sibilità di integrare presso la gestione sepa-rata dell’Inps la posizione contributiva del la-voratore interessato nella misura massimaoccorrente per il raggiungimento del livellocontributivo previsto nel fondo pensioni lavo-ratori dipendenti nei limiti delle risorse finan-ziarie di cui al comma 1209. Qualora il dato-re di lavoro non proceda ai versamenti di cuial presente comma, si applicano le sanzionipreviste dalla normativa vigente in caso diomissione contributiva.1207. Gli atti di conciliazione di cui al comma

L’azionista-tiranno di una società editoriale può farsi dalla stessa società? L’Inpgi risponde negativamente:

Quesito posto dal presidente dell’Ordine della Lombardia

Milano, 27 dicembre 2006. Il presidentedell’Ordine dei giornalisti di Milano, avva-lendosi dei poteri istruttori riconosciutiglidall’articolo 6 della legge 241/1990, ha po-sto al direttore generale dell’Inpgi un que-sito che può essere riassunto così:“L’azionista-tiranno di una società editoria-le può farsi assumere come praticante dal-la stessa società?” L’Inpgi, nella personadel suo direttore generale avv. ArsenioTortora, ha risposto negativamente conuna memoria che viene qui pubblicata in-tegralmente: “Caro presidente, fornendo ri-scontro alla tua nota del 19 dicembre u.s.,riassumo brevemente i criteri elaborati dal-la giurisprudenza - ai quali l’Istituto si at-tiene - circa la possibilità di costituire un ef-ficace rapporto assicurativo previdenziale,relativamente ai giornalisti assunti alle di-pendenze di società delle quali siano sociovvero nelle quali siano titolari di carichesociali.Per quanto concerne il primo aspetto, ènoto che - in via di principio - la costituzio-

ne di un rapporto di lavoro dipendente frauna società ed un proprio socio è legittima,purché tali soggetti siano effettivamente ti-tolari di una personalità giuridica recipro-camente distinta (Cass. 6827/1999).L’efficacia del rapporto, quindi, è subordi-nata alla circostanza che tale distinzionesia reale, e che pertanto il socio/dipenden-te non possa condizionare - in ragione delproprio particolare status - l’andamentogestionale ed organizzativo dell’azienda.Secondo costante giurisprudenza,quindi, non si può configurare l’esi-stenza di un valido rapporto di lavorosubordinato tra società e il socio quan-do questi eserciti - indipendentementedalla percentuale di capitale o dalla ca-rica ricoperta - l’effettiva ed esclusivatitolarità dei poteri di gestione ordinariae straordinaria della società (Cass.21759/2004).Quale indefettibile corollario a tale prin-cipio, si rileva l’esistenza di una incom-patibilità assoluta in tutte quelle fatti-

specie in cui la prestazione lavorativasubordinata sia fornita dal socio unicoo dal c.d. socio “tiranno”, vale a dire neicasi in cui la partecipazione al capitalesociale sia così rilevante da influire inmisura decisiva sulle determinazioniassunte dalla società. In tale fattispecierientra la situazione da te prospettata,posto che P.P. risulta proprietario del95% del capitale sociale della “XW Srl”.Questa circostanza determina l’impos-sibilità di costituire una valida posizio-ne assicurativa riferita al giornalista dequo presso la gestione principaledell’Istituto.Per quanto concerne, invece, l’assunzionedi cariche sociali da parte del lavoratore di-pendente, va premesso che, in linea gene-rale, tale circostanza non costituisce unelemento di incompatibilità qualora sia ac-certato in concreto lo svolgimento di man-sioni diverse da quelle proprie della caricasociale rivestita, con l’assoggettamento adun effettivo potere di supremazia gerarchi-

ca e di controllo da parte della società.In proposito, infatti la giurisprudenza è con-corde nell’affermare la sussistenza di unefficace rapporto di lavoro dipendente (chedetermina pertanto l’insorgenza di un vali-do rapporto previdenziale) in tutti quei casiin cui il lavoratore al quale sono state attri-buite funzioni di amministrazione sia effet-tivamente ed in concreto soggetto a un po-tere di eterodirezione o comunque di di-pendenza gerarchica e funzionale dall’or-gano capace di esprimere la volontà so-cietaria.Ciò che rileva, quindi, è l’esistenza di unorgano sovraordinato all’amministratore/la-voratore al quale - da statuto - siano con-feriti i poteri di formazione ed espressionedella volontà sociale, in modo da garantirela permanenza del principio di distinzionefra i diversi soggetti del rapporto di lavoroe di salvaguardare l’esistenza del rapportogerarchico funzionale, tipico del lavoro su-bordinato.Solo con riferimento alla figura dell’ammi-

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5ORDINE 1- 2- 3 2007

UFFICI STAMPA CORTE COSTITUZIONALE

assumere come praticantel’incompatibilità è assoluta

nistratore unico è stata ravvisata l’esisten-za di una incompatibilità assoluta (Cass.13009/2003), mentre per quanto riguardala posizione del lavoratore che rivesta lacarica di amministratore delegato è statoprecisato che il rapporto organico che lolega alla società non esclude - in via diprincipio - la configurabilità di un rapportodi lavoro fra le parti, a condizione tuttaviache l’esistenza di detto rapporto di dipen-denza risulti dal concreto svolgimento, inposizione di subordinazione, di attivitàestranee alle funzioni inerenti alla carica ri-vestita.In questi casi, quindi, è necessario con-durre una approfondita disamina dei pote-ri conferiti all’amministratore delegato, al fi-ne di accertare se lo stesso debba o me-no rispondere - per quanto concerne l’atti-vità di gestione ed organizzazione dellastruttura societaria - ad un organo terzo adesso sovraordinato.Particolare rilevanza assume, in tale ambi-to, l’attribuzione all’amministratore delega-

to della facoltà di costituire, disciplinare edestinguere i rapporti di lavoro con il perso-nale dipendente, in quanto l’eventuale tito-larità di tali poteri determinerebbe l’inam-missibile coincidenza in un unico soggettodi entrambe le posizioni giuridiche del da-tore di lavoro e del lavoratore.Le considerazioni svolte, tuttavia, afferi-scono unicamente ai profili circa la confi-gurabilità o meno di un valido rapporto dilavoro subordinato, in quanto fattispecieidonea a determinare l’efficace costituzio-ne del sottostante rapporto assicurativoprevidenziale presso la gestione principa-le dell’Istituto.Ogni questione relativa alla sussistenza omeno, nelle fattispecie descritte, dei pre-supposti per il riconoscimento dello statusprofessionale di praticante in capo ai la-voratori assunti da aziende di cui deten-gono partecipazioni societarie è infatti -come è ovvio - demandata alla competen-za dell’Ordine professionale da te presie-duto”.

Roma, 20 dicembre 2006. L’individuazionedi nuove figure professionali è una preroga-tiva esclusiva dello Stato centrale. Un orien-tamento già noto ma confermato da due sen-tenze della Corte costituzionale - 423 e 424del 19 dicembre 2006 (per entrambe, presi-dente Bile, redattore Mazzella) - con cui i giu-dici hanno dichiarato illegittime una leggedella Provincia autonoma di Bolzano, che di-sciplinava la figura del «maestro odontotec-nico», e una della Regione Campania, chedisciplinava requisiti e registro dei musicote-rapisti.Nel primo caso, la sentenza 423/2006 ha in-fatti “cassato” l’articolo 5, comma 2 della leg-ge provinciale 8/2005 con cui Bolzano, disci-plinando l’attività del “maestro odontotecni-co” e le condizioni per l’acquisizione della re-lativa qualifica, definisce una nuova profes-sione, ambito che rientra nella competenzalegislativa dello Stato. La direttiva delParlamento europeo e del Consiglio del-l’Unione europea del 7 settembre 2005, n.2005/36 - che stabilisce le regole in base al-le quali ciascuno Stato membro riconosce,per l’accesso ad una professione ed al suoesercizio, le qualifiche professionali acquisitein altri Stati membri - nell’Allegato II includequella dell’odontotecnico tra le attività per ilcui esercizio in Italia è richiesta una «forma-zione con struttura particolare», riconducen-do quindi l’odontotecnico medesimo tra lequalifiche professionali di cui all’art. 11, lette-ra c), punto ii). Si deve dunque concluderenel senso della riconduzione dell’odontotec-nico nell’ambito delle professioni invece chein quello dell’artigianato. “Lo statuto specialedella Provincia autonoma di Bolzano non con-templa una competenza legislativa dellaProvincia nella materia delle professioni, ma-teria che invece l’art. 117, terzo comma, Cost.,inserisce tra quelle oggetto di competenza le-gislativa concorrente. Tale competenza con-corrente si deve quindi intendere estesa allaProvincia autonoma di Bolzano ai sensi del-l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.Rispetto alla menzionata previsione dell’art.117, terzo comma, Cost., la Corte ha già af-fermato che sono riservate allo Stato sia l’in-dividuazione delle figure professionali, con irelativi profili ed ordinamenti didattici (senten-ze n. 40 del 2006; n. 424, n. 355 e n. 319 del2005; n. 353 del 2003), sia la disciplina dei ti-toli necessari per l’esercizio delle professioni(sentenza n. 153 del 2006), sia l’istituzione dinuovi albi (sentenze n. 40 del 2006, n. 424 en. 355 del 2005). Dai rilievi svolti discende l’il-legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2,della legge prov. Bolzano n. 8 del 2005, per-ché esso, disciplinando l’attività del maestroodontotecnico e le condizioni per l’acquisizio-ne della relativa qualifica, definisce una nuo-va figura professionale ed incide così su di unambito che rientra nella competenza legislati-va dello Stato”.Analoga ratio guida la sentenza 424/2006,con cui i giudici hanno dichiarato illegittimi gliarticoli 2, 4, 5 e 6 della legge della Campania18/2005, che disciplina l’attività di musicote-rapista. La legge regionale impugnata dalPresidente del Consiglio dei ministri defini-sce la musicoterapia come «attività psico-pedagogica e socio-sanitaria di pubblico in-teresse», avente quale scopo «lo sviluppo ela riabilitazione di potenziali funzioni dell’indi-viduo per il raggiungimento di una miglioreintegrazione sul piano intrapersonale e inter-personale e, conseguentemente, di una mi-gliore qualità della vita» (art. 1). Essa, inoltre,qualifica il musicoterapista come «un sog-getto in possesso di diploma superiore di se-condo grado e con una buona conoscenzadella musica, che ha svolto un corso trien-nale di impostazione multidisciplinare socio-psicopedagogico-medico-musicale e un tiro-cinio di un anno presso strutture pubbliche oconvenzionate o del privato sociale, della for-mazione primaria e della riabilitazione, consupervisione clinica e di musicoterapia» (art.2); dispone che il musicoterapista svolge fun-zioni di prevenzione, di riabilitazione e socio-sanitarie (art. 3); istituisce, presso l’assesso-rato alla Sanità della Regione Campania, «ilregistro professionale regionale dei musicote-

Sentenze 423 e 424/2006:“Profili professionali e abilitazionirimangono prerogativa dello Stato”

rapisti al quale possono iscriversi coloro chehanno superato il corso per la formazione dimusicoterapisti e che hanno effettuato il tiroci-nio professionale di almeno trecento ore o unanno presso centri specializzati pubblici o pri-vati, con supervisione clinica e di musicotera-pia» (art. 5). È evidente, pertanto, che la leg-ge impugnata definisce un nuovo profilo pro-fessionale in materia sanitaria, essendo ilmusicoterapista un soggetto che esegue unparticolare tipo di terapia al fine di prevenireo curare le conseguenze di determinati di-sturbi psichici o fisici. Si legge nella senten-za: “L’art. 117, terzo comma, della Costi-tuzione, include la materia delle professioni traquelle oggetto di competenza legislativa con-corrente e questa Corte ha più volte afferma-to che, rispetto ad essa, debbono ritenersi ri-servate allo Stato sia l’individuazione delle fi-gure professionali, con i relativi profili ed ordi-namenti didattici (sentenze n. 40 del 2006; n.424, n. 355 e n. 319 del 2005), sia la discipli-na dei titoli necessari per l’esercizio delle pro-fessioni (sentenza n. 153 del 2006), sia l’isti-tuzione di nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006,n. 424 e n. 355 del 2005). Da simili principi -enunciati anche in giudizi aventi ad oggetto,come quello presente, leggi regionali discipli-nanti pratiche terapeutiche non convenzionali(sentenza n. 353 del 2003) - discende l’ille-gittimità delle disposizioni della leggeRegione Campania n. 18 del 2005 impugnatedal Presidente del Consiglio dei ministri. Inquanto ricadono tutte nel campo che, come siè detto, deve intendersi riservato allo Stato inforza dell’art. 117, terzo comma, dellaCostituzione. Resta così confermata l’illegitti-mità delle norme regionali impugnate, poichéil musicoterapista svolge funzioni che la stes-sa legge della Regione Campania n. 18 del2005 qualifica di natura preventiva, riabilitativae socio-sanitaria e dunque, funzioni che pre-sentano i caratteri che, a norma dell’art. 1,comma 1, della legge n. 43 del 2006, sonopropri delle attività espletate da coloro cheesercitano professioni sanitarie”.Per la Regione il dispositivo si limitava a pro-muoverne l’applicazione nel campo sociale esanitario. Per la Corte, invece, la legge quali-fica il musicoterapista, la sua formazione ene istituisce un registro cui possono iscriver-si quanti soddisfano i requisiti di legge. Cometale, la legge regionale impugnata «definisceun nuovo profilo professionale», prerogativache è di pertinenza solo dello Stato, ed è daconsiderarsi illegittima. (Fonte: Il Sole 24Ore del 20 dicembre 2006)

Roma, 16 febbraio 2007. Il Consiglionazionale dell’Ordine dei giornalisti, ap-prese le notizie sugli attentati che si sta-vano preparando ad opera di gruppi ever-sivi legati alle Brigate rosse nei confrontidel quotidiano Libero e delle emittenti te-levisive Sky e Mediaset, esprime pienasolidarietà ai direttori e ai collettivi reda-zionali delle tre testate.Il Consiglio nazionale esprime altresì ilproprio apprezzamento per l’interventotempestivo dell’Autorità giudiziaria e delleForze dell’Ordine.

Dal Consiglio nazionale

Solidarietà ai colleghi minacciati dal terrorismo

Rendiamo noto il testo dell’articolo 1 (comma 519 e comma 558) della Legge Finanziaria2007, relativo alla stabilizzazione dei precari della Pubblica amministrazione. Molti colleghidegli uffici stampa pubblici versano in questa situazione: gli stessi sono tenuti a spedire ladomanda agli enti e alle amministrazioni di appartenenza per la richiesta di applicazionedelle nuove norme secondo il fac-simile.

Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria 2007)Stabilizzazione del personale delle Pubbliche amministrazioni (articolo 1, legge com-ma 519). Avvio della stabilizzazione del personale a tempo determinato della Pubblica am-ministrazione in possesso di determinati requisiti: in servizio da 3 anni, anche non conti-nuativi; che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla datadel 29 settembre 2006; sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nelquinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della Finanziaria. La procedura riguar-da il personale in possesso dei requisiti che sia stato assunto mediante procedure seletti-ve di natura concorsuale o previste da norme di legge. All’eventuale stabilizzazione di per-sonale, dotato di requisiti, che sia stato assunto a tempo determinato con procedure di-verse, si provvede previo espletamento di prove selettive.

Stabilizzazione del personale di regioni ed enti locali (articolo 1, comma 558). A de-correre dall’entrata in vigore della Finanziaria Regioni ed Enti locali sottoposti al patto distabilità interno, possono procedere alla stabilizzazione nei limiti dei posti vacanti in orga-nico, del personale non dirigenziale a tempo determinato alternativamente: che sia già inservizio da almeno 3 anni, anche se non continuativi; che consegua tale diritto sulla basedi contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006; che sia stato in servi-zio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di en-trata in vigore della Finanziaria. La norma interessa il personale assunto mediante proce-dure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.(da www.fnsi.it)

Stabilizzazione dei precari della Pubblica amministrazione:novità nella legge finanziaria

Al ……………………….

Roma, …/…./ 2007

Oggetto: applicazione legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 comma 519

Il/la sottoscritto/a, assunto/a dal………… e in servizio presso …………., con contratto

di lavoro a tempo determinato e a tempo pieno, con la qualifica di ……………, chiedel’applicazione della legge in oggetto, in quanto si trova nelle condizioni previste dalla ci-tata legge.

In attesa di conoscere le determinazioni che verranno adottate porge

distinti saluti.In fede

FAC-SIMILECome compilare la domanda

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6 ORDINE 1- 2- 3 2007

O R D I N I P R O F E S S I O N A L I

Roma, 29 gennaio 2007.L’Antitrust ha avviato un’in-dagine conoscitiva sugliordini professionali per ve-rificare se hanno abrogatole tariffe fisse o minime econsentono la pubblicitàe la costituzione di so-cietà interdisciplinari traprofessionisti. L’Autoritàgarante della concorrenzae del mercato, si legge inuna nota, verificherà neiprossimi mesi se gli ordiniprofessionali stanno rece-pendo nei loro statuti e neiloro codici deontologici,anche alla luce della nuo-va normativa, i principi diconcorrenza. L’indaginesarà svolta con specificoriferimento agli ordini diarchitetto, avvocato,commercialista e ragio-niere, consulente del la-voro, farmacista, geolo-go, geometra, giornalistae pubblicista, ingegnere,medico e odontoiatra,notaio, perito industrialee psicologo.La verifica riguarderà inparticolare l’avvenutaabolizione delle disposi-zioni deontologiche che

contengono limitazionialla concorrenza relativealle tariffe fisse o mini-me, la reale libertà per iprofessionisti di farsipubblicità e di ricorrere,nel caso degli avvocati,ai patti di quota lite, e ilriconoscimento della li-bertà di costituire so-cietà interdisciplinari traprofessionisti. Nella deli-bera di avvio dell’indagine,l’Autorità ricorda i numero-si interventi effettuati nelsettore dei servizi profes-sionali, compreso l’avvio diistruttorie nei confronti deiprofessionisti per intese re-strittive della concorrenza,principi adesso incorporatinella disciplina di liberaliz-zazione prevista dalDecreto Bersani che ha in-trodotto il divieto di tariffeobbligatorie nonché abro-gato il divieto di pubblicitàprofessionale e di costitu-zione di società interdisci-plinari tra professionisti.Dopo l’entrata in vigore delDecreto Bersani, alcuni or-ganismi rappresentativi deiprofessionisti hanno as-sunto decisioni che inter-

pretano queste norme insenso restrittivo.Ugualmente non coerentealla nuova normativa sonostate le modifiche alla leg-ge notarile, relativamenteagli onorari, apportate conun decreto legislativo suc-cessivo all’entrata in vigo-re della legge Bersani.Sono inoltre arrivateall’Autorità segnalazioni disingoli professionisti chelamentano comportamentidi alcuni organismi profes-sionali tesi a precludere aipropri iscritti l’opportunitàdi avvalersi delle leve con-correnziali previste dalDecreto Bersani. L’Autoritàricorda che l’obbligo diadeguamento dei codicideontologici entro il primogennaio 2007, stabilito dalDecreto Bersani, ai princi-pi di concorrenza riguar-da tutti gli organismi rap-presentativi di soggetti chesvolgono attività professio-nali, siano essi costituitinella forma di ordini e col-legi, ma anche di associa-zioni.

(AGI)

L’Antitrust ha avviato un’indagine conoscitiva sugli Ordini professionali

La proposta di riforma delle professioni varata comunitarie (con l’accesso aperto ai diplomati)

La “riforma delle professioni”, varata il 1° di-cembre 2006 dal Governo Prodi, volta lespalle all'Europa, non spiega il concetto di“professione intellettuale o regolamentata”e non delinea i confini tra Ordini e associa-zioni professionali. Un brutto inizio, che ac-centuerà scontri e divisioni anche all'inter-no della maggioranza. Lo sconfitto per oraè il ministro dell’Università, Fabio Mussi,che non è riuscito, nonostante i principi fis-sati nel dlgs 300/1999 e nella legge 4/1999(art. 1, comma 18), a prendere in mano leredini della riforma, facendo prevalere lanormativa comunitaria in base alla quale iprofessionisti intellettuali o regolamentatidebbano avere almeno una laurea trienna-le. Il ddl, invece, prevede l’accesso alle pro-fessioni ancora con il semplice diploma. Iltirocinio avrà una “durata non superiore adodici mesi” e potrà essere effettuato “par-zialmente” e “contemporaneamente” all’ul-tima fase degli studi necessaria per il con-seguimento di ciascun titolo di laurea “ga-rantendo in ogni caso la conoscenza deifondamenti tecnici, pratici e deontologicidella professione” (lo stesso discorso va-le… per i diplomati). Il Governo pensa checosì i giovani avranno più opportunità nelmondo delle professioni: c’è da scommet-tere, invece, che il livello basso nella pre-parazione complicherà l’entrata dei giovaninel comparto occupazionale. Si ripete a di-stanza di 40 anni quello che è avvenutocon la riforma universitaria (“Misasi”), quan-do fu consentito a tutti i diplomati di acce-dere a tutti i corsi di laurea (opzione primalimitata a chi aveva la maturità classica). Igoverni di centro/sinistra dell’epoca, nonpotendo assicurare il lavoro, avevano il pro-blema di parcheggiare i giovani nelle uni-versità (il fenomeno degli abbandoni ebbeuna accentuazione notevole). Oggi ilGoverno pensa di sistemare i giovani nelleprofessioni intellettuali all’insegna di unoslogan affascinante: “Diventa professioni-sta e sarai ricco”.La giurisprudenza costituzionale ha piùvolte precisato che l’articolo 33 dellaCostituzione (sull’esame di Stato) recain sé un principio di professionalità spe-cifica, richiedendo che l’esercizio di atti-vità professionali rivolte al pubblico av-venga in base a conoscenze sufficiente-mente approfondite ed ad un correlatosistema di controlli preventivi e succes-sivi di tali conoscenze, per tutelare l’af-fidamento della collettività in ordine allecapacità dei professionisti (Corte costi-tuzionale, sentenze 23 dicembre 1993 n.456 e 26 gennaio 1990 n. 29). Tale inter-pretazione della norma è del resto confer-mata dal parere n. 448/2001 reso il 13 mar-zo 2002 e depositato il 7 maggio successi-vo dalla seconda sezione consultiva delConsiglio di Stato proprio con riferimentoalla possibilità di includere la professione digiornalista nella disciplina regolamentare.In tale parere si afferma la natura di esamedi Stato della prova di idoneità prevista perl’accesso alla professione di giornalista e siconclude per l’insussistenza di motivi osta-tivi alla riforma dell’ordinamento professio-nale dei giornalisti ai sensi dell’art. 1 (com-ma 18) della legge n. 4/1999.L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «pro-fessione regolamentata» quella profes-sione riconosciuta ai sensi dell’articolo 2del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n.115 (Attuazione della direttiva 89/48/CEE)ovvero ai sensi dell’articolo 2 del decretolegislativo 2 maggio 1994 n. 319(Attuazione della direttiva 92/51/CEE rela-tiva ad un secondo sistema generale di ri-conoscimento della formazione professio-nale che integra la direttiva 89/48/CEE).Quest’ultimo dlgs “europeizza” la professio-ne di giornalista, riconoscendola su un pie-de di parità rispetto alle altre. La direttiva89/48/CEE, recepita con il Dlgs 115/1992,

Parcelle consensuali, tirocini limitati a un anno,sistema duale, giustiziadisciplinare affidata ad

organismi esterni ai Consigli

Ingressi indiscriminati negli Albi

a scapito della qualità e di un praticantato

di durata ragionevole

nota tecnica di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

ha introdotto (con l’articolo 2/bis del dlgs115/1992) la definizione di “professione re-golamentata”. Si definisce formazione rego-lamentata “qualsiasi formazione diretta-mente orientata all’esercizio di una deter-minata professione e consistente in un ci-clo di studi post-secondari di durata minimadi tre anni oppure di durata equivalente atempo parziale in un’università o in un altroistituto di livello di formazione equivalentee, se del caso, nella formazione professio-nale, nel tirocinio o nella pratica professio-nale richiesti oltre il ciclo di studi post-se-condari: la struttura e il livello di formazioneprofessionale, del tirocinio o della praticaprofessionale devono essere stabiliti dalledisposizioni legislative, regolamentari oamministrative dello Stato membro interes-sato o soggetti al controllo o all’autorizza-zione dell’autorità designata a tal fine”.Mentre l’articolo 5 del ddl prevede “il rac-cordo con la normativa dell’istruzione uni-versitaria”, il successivo articolo 6 prevedeil “raccordo con la normativa dell’istruzionesecondaria superiore”. Eppure il ministrodell’Università Fabio Mussi nell’audizionedel 4 luglio 2006 davanti alla VIICommissione della Camera (riportata nelsito www.miur.it alla voce interventi) avevaannunciato solennemente una svolta, affer-mando che “l’accesso agli Ordini professio-nali è materia sulla quale deve logicamen-te far premio il recepimento della DirettivaComunitaria sulle qualifiche professionalisuperiori”. La Direttiva Comunitaria sullequalifiche professionali superiori è la nu-mero 89/48/CEE del 21 dicembre 1988 “re-lativa ad un sistema generale di ricono-scimento dei diplomi di istruzione supe-riore che sanzionano formazioni profes-sionali di una durata minima di tre anni”.

L’articolo 1 (comma 18) della legge n.4/1999, stabilisce che “Con uno o più re-golamenti adottati, a norma dell’articolo 17,comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, su proposta del ministro dell’Uni-versità e della ricerca scientifica e tecnolo-gica, di concerto con il ministro di Grazia egiustizia, sentiti gli organi direttivi degli or-dini professionali, con esclusivo riferimentoalle attività professionali per il cui eserciziola normativa vigente già prevede l’obbligodi superamento di un esame di Stato, èmodificata e integrata la disciplina del rela-tivo ordinamento, dei connessi albi, ordinio collegi, nonché dei requisiti per l’ammis-sione all’esame di Stato e delle relativeprove”. In attuazione di tale disposizione ègià stato emanato il Dpr. n. 328/2001, cheha provveduto ad istituire le sezioni A e Bdegli albi dei dottori agronomi e dottori fo-restali, degli architetti, pianificatori, pae-saggisti e conservatori, degli assistenti so-ciali, degli attuari, dei biologi, dei chimici,dei geologi e degli ingegneri, e a definire lerelative competenze professionali, preve-dendo l’iscrizione ad esse, rispettivamente,dei laureati specialistici e triennali, che ab-biano superato l’apposito esame di abilita-zione.La legge 4/1999 in sostanza recepisce ladirettiva 89/48/Cee (dlgs 115/1992) secon-do la quale i professionisti appartenenti aprofessioni regolamentate debbano averealle spalle almeno una laurea triennale. Igiornalisti (legge 69/1963) sono stati esclu-si da tale Dpr, decisione questa successi-vamente censurata dal Consiglio di Stato(sezione seconda consultiva) con il parere448/2001 reso nell’adunanza 13 marzo2002 e depositato il 7 maggio successivo.In tale quadro normativo si inserisce anche

la scelta operata dal legislatore con la leg-ge n. 4/1999 che ha delegificato la materiadegli esami di Stato. Il regolamento, infatti,è apparso al legislatore lo strumento piùidoneo ad individuare i titoli di studio chedanno accesso agli esami di Stato, tenen-do conto della continua evoluzione dei per-corsi formativi ad opera dei decreti ministe-riali e dei regolamenti di ateneo.Nel “ddl di riforma” non c’è alcun riferi-mento alle direttive 89/48/Cee e92/51/CEE né al dlgs 8 luglio 2003 n. 277(Attuazione della direttiva 2001/19/CEEche modifica le direttive del Consigliorelative al sistema generale di ricono-scimento delle qualifiche professionali).Nel ddl non c’è alcun accenno alla “leg-ge D’Alema” 4/1999, che, all’articolo 1(comma 18), raccorda l’esame Stato (abi-litativo all’esercizio delle professioni in-tellettuali) con il sistema delle lauree,principio valevole per tutte le professio-ni esistenti e organizzate con Ordini eCollegi e con l’esame di Stato. La legge4/1999 conferisce al ministero del-l’Università l’iniziativa regolamentare “diconcerto” con il ministero di Giustizia.Il provvedimento dell’1 dicembre 2006 af-ferma semplicemente che “il Governo èdelegato ad emanare, entro diciotto me-si dalla data di entrata in vigore dellapresente legge, uno o più decreti legi-slativi aventi ad oggetto la disciplinadelle professioni intellettuali, e delle re-lativi forme organizzative, nel rispettodelle competenze delle Regioni, in coe-renza con la normativa comunitaria inmateria di libertà di accesso”. Buio sulleregole comunitarie per l’accesso (laureaalmeno triennale per le professioni re-golamentate). Mussi su questo puntonon ha nulla da dire?Il “ddl di riforma” contempla i seguenti pun-ti:• viene previsto il riconoscimento pubblicodi associazioni professionali con il compitodi certificare la qualità professionale degliiscritti: a queste associazioni sono richiestialcuni requisiti di serietà ed organizzazioneinterna come richiesto dalla normativa co-munitaria;• è previsto il riordino degli Albi esistenti e illoro eventuale accorpamento in funzionedell’esistenza di gruppi professionali omo-genei. Verrà favorita la trasformazione inassociazioni per quegli ordini, albi e col-legi già esistenti per i quali non ricorra-no specifici interessi pubblici, che ren-dano necessario il ricorso al sistema or-dinistico;• i controlli sulla deontologia professionalevengono rafforzati, anche tramite la vigilan-za affidata a rappresentanti non tutti iscrittial medesimo Albo;• le parcelle saranno fissate dalle parti, an-che pattuendo compensi parametrati al rag-giungimento degli obiettivi conseguiti;• viene consentito il ricorso alla pubblicità dicarattere informativo;• vengono individuati diversi percorsi perl’accesso dei giovani al mercato delle pro-fessioni, introducendo criteri di tirocinio dif-ferenziati, cioè anche all’estero o contem-poraneamente all’ultima fase degli studi peril titolo professionale;• viene mantenuto l’esame di Stato per l’a-bilitazione a quelle professioni il cui eserci-zio può incidere su diritti costituzionalmen-te garantiti o riguardanti interessi generalimeritevoli di specifica tutela;• per garantire la terzietà degli esaminatorie l’oggettività delle valutazioni viene previ-sta una nuova disciplina per la composizio-ne delle commissioni esaminatrici in mododa sottrarla alla prevalente competenza de-gli ordini;• viene prevista anche una nuova rilevanzadelle strutture territoriali degli ordini e delleassociazioni attraverso una maggiore re-sponsabilizzazione delle loro strutture terri-toriali.(Fonti: www.cittadinolex.it del 1° dicem-bre 2006 e Il Sole 24 Ore del 2 dicembre2006)

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7ORDINE 1- 2- 3 2007

a dal “Governo Prodi” volta le spalle alle regole e alle legge 4/1999 del “Governo D’Alema”

Ordine:botta e risposta

Romano/Abruzzo

ORDINI PROFESSIONALI:L’ANOMALIA DEI GIORNALISTI

Qualche tempo fa lei intervenne sul Corriereper denunciare il carattere anacronistico degliordini professionali, come sono attualmenteordinati, cioè a difesa del privilegio e ostaco-lo al merito. E poiché il problema è ancoraaperto e attende una risposta in sede politica,credo che meriti qualche considerazione.Naturalmente la questione non è quella dellaesistenza di un ordine professionale di per sé.La questione sta nel fatto che da noi non sitratta, come in ogni Paese civile, di libere as-sociazioni private, bensì di vere e proprie cor-porazioni imposte e regolate da una legge.Anche negli Stati Uniti, ad esempio, esistonoin ogni Stato le Bar Associations, ma non siha l’obbligo di appartenervi per esercitare le-gittimamente la professione legale una voltache ne siano accertati i titoli. Una delle mag-giori anomalie è rappresentata a mio avvisodall’Ordine dei giornalisti, una professioneche in un Paese libero dovrebbe essere sog-getta soltanto al giudizio del pubblico.Attualmente l’Ordine è minuziosamente rego-lato dalla legge 3 febbraio 1963 che si com-pone di ben 75 articoli e che impone vincoliferrei al libero esercizio della professione.Varrà la pena di ricordare che l’Ordine è unfrutto del fascismo.Fu istituito il 26 febbraio 1928, decreto n. 384,in funzione dei fini repressivi che il regime siproponeva. Ora i tempi sono cambiati e a pa-role non si perde occasione per esaltare la li-bertà, ma evidentemente la tentazione delprivilegio continua a prevalere. Mi chiedo, echiedo a lei, non sarebbe una bella prova diciviltà se dai ranghi stessi dei giornalisti si le-vassero voci perché la anomalia di questo or-dine palesemente illiberale fosse cancellata?

Roberto Vivarelli / Firenze

Caro Vivarelli, qualche giorno dopo l’articolodel Corriere a cui lei si riferisce,ricevetti la let-tera di un giovane notaio con cui ebbi più tar-di una conversazione. Mi disse che il suoOrdine garantiva la serietà e la preparazioneprofessionale dei membri, che gli esami era-no severi, che le tariffe erano molto ragione-voli, che la liberalizzazione avrebbe provoca-to un effetto «forbice»: servizi mediocri aprezzi stracciati e servizi di qualità a prezzipiù alti di quelli praticati ora. Anche un difen-sore dell’Ordine dei giornalisti potrebbe so-stenere che l’istituzione garantisce con l’esa-me di ammissione e i corsi universitari lacompetenza professionale, punisce la viola-zione dei principi deontologici, mette la cate-goria in condizione di meglio resistere alle in-terferenze esterne. Questi argomenti non so-no privi di una certa validità, ed è probabile

che la soppressione degli Ordini, se mai qual-che governo ne avrà il coraggio, creerebbe,soprattutto nella fase iniziale, un certo nume-ro di inconvenienti. Ma continuo a pensareche gli Ordini rappresentino una istituzioneanacronistica e che i vantaggi della loro sop-pressione siano maggiori degli inconvenienti.Ecco, con particolare riferimento all’Ordinedei giornalisti, le mie ragioni.Non credo che i problemi di deontologia pro-fessionale debbano essere lasciati ai soci delclub. Vi sono Paesi in cui il problema è statorisolto con la creazione di commissioni o col-legi formati da rappresentanti della professio-ne, rappresentanti dei consumatori, magistra-ti, avvocati, boniviri di diversa estrazione.L’idea che ogni persona debba essere giudi-cata dai suoi pari prefigura un possibile con-flitto di interessi ed è feudale, cioè tipica diuna società costituita da poteri autonomi, au-togestiti e autoreferenziali. Gli Ordini obbedi-scono inevitabilmente alla logica dell’auto-conservazione e del potere. Come ogni altroorganismo associativo (penso ai sindacati)producono una nomenklatura dirigente con ilsuo inevitabile complemento di ambizioni per-sonali, partiti, programmi elettorali. Per otte-nere il consenso e l’appoggio dei soci la no-menklatura deve fornire servizi previdenziali,assistenziali, sanitari. Per finanziare questiservizi deve poter contare su un certo nume-ro di soci, ma conservare al tempo stesso ilprincipio della cooptazione. L’Ordine dei gior-nalisti ha creduto di potere raggiungere que-sto risultato con due misure molto discutibili:la moltiplicazione dei corsi universitari chefungono da praticantato (il tirocinio che pre-cede l’ingresso nella professione) e l’esten-sione della qualifica di giornalista agli addettistampa. I corsi universitari, soprattutto in unPaese dove gli sbarramenti all’accesso sonopiuttosto bassi, producono un numero diaspettative che non ha alcun rapporto con leesigenze del mercato e finiscono per creare,soprattutto nelle fasi di mutamento e transi-zione, molto precariato. Gli addetti stampanon sono e non possono essere giornalisti. Ilportavoce di un’azienda è un avvocato difen-sore, tenuto dal suo impegno professionale, aesaltare i meriti dell’azienda, della istituzioneo della persona per cui lavora, nascondendo-ne per quanto possibile i difetti. Non so dav-vero come l’Ordine possa conciliare la suafunzione di garante della deontologia con ildesiderio di allargare agli addetti stampa lacerchia dei soci. Aggiunga a tutto questo, ca-ro Vivarelli, che il giornalismo vive di libertàed è, come sosteneva Thomas Jefferson, l’in-dispensabile pilastro di un sistema politico li-berale. Gli Ordini professionali tendono acreare lealtà e solidarietà che possono entra-re in rotta di collisione con il principio della li-bertà. Sergio Romano

Corriere della Sera

30 dicembre 2006

Lettere al Corriere

Risponde

SERGIO ROMANO

Corriere della Sera

3 gennaio 2007

rubrica

INTERVENTI

E REPLICHE

LE RAGIONI DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI

Franco Abruzzo ringrazia l’ambascia-tore Sergio Romano, che, con straordi-naria sensibilità, ha chiesto al presi-dente dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia di far conoscere ai lettoridel Corriere della Sera il suo punto divista sull’argomento trattato dallostesso Sergio Romano nell’edizionedel 30 dicembre 2006 (“Ordini profes-sionali: l’anomalia dei giornalisti”).

Sergio Romano, rispondendo il 30 dicem-bre 2006 a un lettore nella rubrica delCorriere della Sera dedicata alle lettere,non ha perso l’occasione per sferrare unduro attacco agli ordini professionali e inparticolare all’Ordine dei giornalisti.Nessuno pensa di censurare le opinionidell’ex ambasciatore, ma sulle sue omis-sioni è lecito esprimere riserve e critiche:1) Il lettore di Firenze scrive: “Una dellemaggiori anomalie è rappresentata a mioavviso dall’Ordine dei giornalisti…Attualmente l’Ordine è minuziosamenteregolato dalla legge 3 febbraio 1963 chesi compone di ben 75 articoli e che impo-ne vincoli ferrei al libero esercizio dellaprofessione. Varrà la pena di ricordareche l’Ordine è un frutto del fascismo. Fuistituito il 26 febbraio 1928, decreto n.384, in funzione dei fini repressivi che ilregime si proponeva….”. Lo storicoRomano ha glissato sugli errori ... storicidi Vivarelli. Con il regio decreto 384/1928,il Governo Mussolini ha creato l’Albo (nonl’Ordine) dei giornalisti, Albo gestito da uncomitato di 5 giornalisti operante all’inter-no dei sindacati regionali fascisti dei gior-nalisti. L’articolo 7 della legge 2307/1925- che prefigurava la nascita di un Ordinedei giornalisti - non è stato mai attuato dalregime, perché, con la nascita delle cor-porazioni (1926), la rappresentanza delleprofessioni è stata affidata ai sindacati fa-scisti. Romano avrebbe potuto precisareche l’Ordine dei giornalisti è nato nel 1963su iniziativa di due eminenti personalitàdella democrazia repubblicana, AldoMoro e Guido Gonella.L’Ordine dei giornalisti “impone vincoli fer-rei al libero esercizio della professione”?Romano, come giornalista pubblicista, co-nosce, si presuppone, la legge professio-nale 69/1963 e in particolare gli articoli 2e 48 dedicati alla deontologia. Questi iprincipi che si ricavano da quei due arti-coli: 1) la libertà di informazione e di criti-ca come diritto insopprimibile dei giorna-listi; 2) la tutela della persona umana e il

rispetto della verità sostanziale dei fattiprincipi da intendere come limiti alle li-bertà di informazione e di critica; 3) l’e-sercizio delle libertà di informazione e dicritica ancorato ai doveri imposti dallabuona fede e dalla lealtà; 4) il dovere direttificare le notizie inesatte; 5) il doveredi riparare gli eventuali errori; 6) il rispet-to del segreto professionale sulla fontedelle notizie, quando ciò sia richiesto dalcarattere fiduciario di esse; 7) il dovere dipromuovere la fiducia tra la stampa e i let-tori; 8) il mantenimento del decoro e del-la dignità professionali; 9) il rispetto dellapropria reputazione; 10) il rispetto delladignità dell’Ordine professionale; 11) ildovere di promozione dello spirito di col-laborazione tra i colleghi; 12) il dovere dipromozione della cooperazione tra gior-nalisti ed editori. Le "regole" fissate dal le-gislatore sono il perno dell’autonomia deigiornalisti: l’editore non può impartire aldirettore disposizioni in contrasto con ladeontologia professionale. Senza leggeprofessionale, direttori e redattori sareb-bero degli impiegati di redazione tenutisoltanto all’obbligo di fedeltà verso l’a-zienda (articolo 2105 del Codice civile).2) Romano scrive: “Gli Ordini obbedisco-no inevitabilmente alla logica dell’auto-conservazione e del potere… Per ottene-re il consenso e l’appoggio dei soci la no-menklatura deve fornire servizi previden-ziali, assistenziali, sanitari… L’Ordine deigiornalisti ha creduto di poter raggiunge-re questo risultato con due misure moltodiscutibili: la moltiplicazione dei corsi uni-versitari che fungono da praticantato el’estensione della qualifica di giornalistiagli addetti stampa”. Anche qui, Romanoincorre in molteplici errori: l’Ordine non sioccupa di servizi previdenziali, compitoquesto del sindacato (Fnsi). L’Ordine deigiornalisti, figlio della Costituzione, con20 master universitari ha aperto le portea tutti, togliendo agli editori il potereesclusivo di fare i giornalisti, un potereche dura appunto dal 1928. Tutti hanno ildiritto di andare sul mercato e di giocarela loro partita personale.3) L’ambasciatore Romano ama citare gliStati Uniti e Jefferson, ma probabilmentedimentica di vivere in Italia, dove gli edi-tori hanno interessi in altri campi (ban-che, auto, cemento, assicurazioni, costru-zioni etc). Perché Romano non si batteper introdurre una norma antitrust del ti-po “chi ha interessi privati in altri settorinon può possedere giornali”?

Franco Abruzzo presidente dell’Ordine dei giornalisti

della Lombardia

ROMA, 1 dicembre 2006. ‘’Nessun terremoto per gli ordini e i collegi esistenti, nessuna volontà di abolirli, ma soltanto la ne-cessità di procedere ad una loro riorganizzazione eventualmente attraverso un accorpamento in gruppi professionali omogenei’’.È quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia Clemente Mastella conversando con i giornalisti a margine del forum ‘’Verso ilpiano strategico’’, organizzato dall’Amministrazione comunale di Benevento.“E chiaro, ha aggiunto il Guardasigilli, che se viene meno l’interesse pubblico che ha reso necessaria l’istituzione dell’ Ordine,l’attività professionale dovrà essere diversamente disciplinata al fine di garantire gli interessi degli utenti, la cui tutela è di pri-maria importanza’’. (ANSA)

PROFESSIONI:MASTELLA, NESSUNA VOLONTÀ DI ABOLIRE ORDINI

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8 ORDINE 1- 2- 3 2007

Milano, 29 gennaio 2007. Gli operatori de-gli Uffici stampa privati possono chiedere, do-po due anni di attività, l’iscrizione all’elencopubblicisti dell’Albo.Lo scrive Lorenzo Del Boca, presidentedell’Ordine nazionale in una lettera/precisa-zione (datata 24 gennaio 2007) indirizzataall’Ordine della Lombardia, al ministero dellaGiustizia e alla Procura generale dellaRepubblica di Milano. Scrive Del Boca: “In talsenso, si conferma che attualmente possonoessere addetti agli uffici stampa degli entipubblici solo coloro che sono già iscrittiall’Ordine mentre per quanto concerne gli uf-fici stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elen-co pubblicisti valgono per loro le disposizionigenerali della legge n. 69/1963, attività gior-nalistica continuativa e regolarmente docu-mentata e retribuita per un biennio, a nulla ri-levando a tal fine la frequenza a corsi di for-mazione ed aggiornamento sia pur specifica-tamente rivolti agli uffici stampa.Nel concreto, gli Ordini sono chiamati a valu-tare se l’attività documentata a supporto dellarichiesta di iscrizione sia di natura giornalisti-ca o meramente commerciale”.

Uffici stampa privati:possono chiedere l’is

Precisazionedel presidente del Cnogsollecitata dall’Ordine dellaLombardia

P R O F E S S I O N E

L’aspirante pubblicista:

a. è normalmente una persona che esercitaaltre professioni o impieghi. È una persona,cioè, che non può svolgere in esclusiva laprofessione di giornalista, caratteristica que-st’ultima del giornalista professionista;b. condizione per l’iscrizione è l’aver svol-to per due anni un’attività giornalistica nonoccasionale e retribuita regolarmente;c. l’attività giornalistica consiste in scritti, ar-ticoli, corrispondenze su giornali e pe-riodici (la legge non parla di tirature, areediffusionali, corpo redazionale, etc.);d. i certificati rilasciati dai direttori (delle pub-blicazioni) devono comprovare l’attivitàpubblicistica regolarmente retribuita daalmeno due anni;e. la domanda deve essere corredata daigiornali e periodici con gli scritti, gli articoli ele corrispondenze (anche non firmati). IlRegolamento aggiunge che la documenta-zione deve contenere elementi circa l’ef-fettivo svolgimento dell’attività giornali-stica nell’ultimo biennio.f. per quanto riguarda gli addetti agli

Gli negano il compensoper la testata on line.E poi pretendono anche…la rifusione del danno

Tra le più significative, la sentenza n.13919/05 del 28.12.2005, resa dal Tribunaledi Milano, Sez. V, dott. Malaspina, a favoredel giornalista G.G., che si era indirizzato alservizio legale dell’Ordine, per rivendicareun credito professionale maturato nei con-fronti di un editore operante nel settore del-l’informazione medico-scientifica. Al giornali-sta era stato affidato l’incarico di direttore re-sponsabile della testata on line www.natura-lismedicina.it pubblicata dallo stesso edito-re, con il compito aggiuntivo di provvedere alrestyling dell’impostazione grafica e allacompleta redazione dei testi. Il pubblicistaaveva agito in giudizio rivendicando il paga-mento - mai ottenuto - di alcune note relati-ve a prestazioni pregresse e di altre sommea lui spettanti quali rimborsi per spese anti-cipate. Lo stesso giornalista aveva chiestoaltresì la condanna dell’editore al risarci-mento danni per un uso indebito del suo no-me nella gerenza della testata (dopo l’inter-venuta conclusione del rapporto professio-nale) per oltre 9 mesi, sino all’effettiva can-cellazione del nome dello stesso dal co-lophon della pubblicazione. L’editore, che indata 27 marzo 2002, aveva sollevato G.G.dall’incarico direttivo già conferitogli, avevainfatti continuato (fino alla notifica dell’attointroduttivo del giudizio avvenuta in data 15gennaio 2003) ad utilizzare il nome del gior-nalista in veste di direttore responsabile contutte le conseguenze di legge che ne di-scendono, proseguendo nella pubblicazioneon line della testata. Prima di agire in giudi-zio, G.G. aveva sottoposto al competenteparere dell’Ordine le note delle proprie com-petenze, ritenute congrue e allineate al tarif-fario giornalistico.Il convenuto, ovvero l’editore, costituendosiin giudizio, aveva contestato integralmente

Avventurosi editori condannati a pagare dall’azione del servizio legale dell’Ordine

Sempre più numerosi e gravi i tentativi di sfruttamentodel lavoro dei free-lance

di Annamaria Delle Torri

in fatto e in diritto la domanda proposta dalgiornalista, chiedendone il rigetto e solle-vando, a tal fine, una serie di eccezioni, tracui quella relativa a una pretesa impossibi-lità di dimostrare l’esatta configurazione online di quanto apparso all’interno della rivistatelematica e degli effettivi tempi di pubblica-zione; non solo, svolgeva altresì domanda ri-convenzionale, chiedendo lui stesso, in so-stanza, la condanna di chi aveva promossoil giudizio, per asseriti danni subiti a causadi una presunta lesione prodotta alla propriaimmagine di editore e per una pretesa as-senza di professionalità da parte del giorna-lista stesso.La particolarità della causa, relativa allarealtà delle ormai numerose testate telema-tiche, è stata superata grazie a un’abbon-dante produzione documentale dei contenu-ti del sito Internet, oltreché dall’escussionedei testimoni, che hanno confermato il reite-rato successivo utilizzo del nome del gior-nalista in qualità di direttore responsabileanche in data successiva alla conclusionedel rapporto professionale.Il Tribunale di Milano, all’esito di una ampiaistruttoria, si pronunciava - riconoscendopienamente il credito del giornalista e re-spingendo le domande riconvenzionali del-l’editore convenuto - precisando che “emer-ge evidente l’esatta esecuzione da partedell’attore dell’incarico ricevuto e della legit-timità delle notule azionate in giudizio, maisaldate”.Peraltro, aggiunge la sentenza, “gli importifatturati sono stati sottoposti all’esame delcompetente Ordine professionale al qualeG.G. risulta iscritto, e devono ritenersi con-grui e conformi alle tariffe vigenti”. IlTribunale ha altresì condannato l’editore del-la testata telematica al pagamento richiestodal giornalista per l’utilizzo del suo nomecome direttore responsabile indebitamenteeffettuato (con implicito coinvolgimento di re-sponsabilità) dopo la conclusione di ognirapporto professionale, posto che “G.G. haprovato documentalmente che fino al15.01.2003 il nome dell’attore ha continuatoa figurare nella gerenza della rivista, così

come prodotta in atti, nonostante l’espressodivieto e la formale diffida inviata da G.G. al-l’editore, affinché rimuovesse tempestiva-mente il suo nome. Non pare revocabile indubbio che il convenuto ha continuato, di fat-to, a utilizzare il nome professionale dell’at-tore. Conseguentemente, va affermato il di-ritto dell’attore al pagamento di tutti i suc-cessivi trimestri di utilizzo della direzione re-sponsabile del giornalista G.G., alla cifra giàinizialmente concordata tra le parti”. La sen-tenza rigetta poi, completamente, la pretesarisarcitoria svolta in via riconvenzionale,svolta dal convenuto “essendo la stessa as-solutamente generica e non essendo nep-pure chiaramente individuati, e soprattuttoall’esito del giudizio, non provati i danni sic-come richiesti, per violazione di obblighi pro-fessionali, rimasti privi di qualsivoglia sup-porto probatorio”.

Bella la veste grafica della nuova rivista,ma a chi l’ha ideata non va il becco di un quattrino

Di altro genere - seppure sempre annovera-ta tra le sentenze rese in forza di un giudizioradicato grazie al patrocinio fornito ai propriiscritti dall’Ordine della Lombardia e conl’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -è la pronuncia, n. 9133/05, di condanna delTribunale di Milano, sezione V civile, dottorRoberto Pertile, a carico della convenutaSocietà A… srl, chiamata in causa dal gior-nalista F.T. che rivendicava il mancato paga-mento di quanto dovutogli per la ideazioneed esecuzione di un progetto grafico relati-vo a una nuova testata, Luxury, data allestampe con una ricca versione patinata. Ilgiornalista esponeva in proposito che le par-ti si erano incontrate nel novembre del 2000ed avevano raggiunto accordi che prevede-vano, per quella prestazione, il compenso di5 milioni di lire.L’editore avrebbe poi dovuto corrispondere,

nella fase di realizzazione della rivista, unaulteriore somma di 45 mila lire per l’impagi-nazione di ogni singola pagina. E la con-gruità della richiesta e della relativa parcella,veniva documentata, in giudizio, da un espli-cito parere reso dall’Ordine professionale deigiornalisti.L’editore si costituiva in giudizio affermandoche gli accordi intercorsi prevedevano uncompenso di 3 milioni e cinquecentomila liree non di 5 milioni come invece affermato dalgiornalista.Ed ammetteva l’accordo per la retribuzionedi ogni singolo impaginato nella misura indi-cata da F.T. Ma aggiungeva che in fase direalizzazione del primo numero della pubbli-cazione aveva rilevato “alcune carenze” chel’avevano costretto a correggere “il tutto” concosti non preventivati e non preventivabili“che si sono conosciuti nel loro ammontaresolo a giugno 2001”.E, ancora, l’editore lamentava che il giorna-lista aveva improvvisamente posto in atto ilsuo recesso unilaterale dal contratto, nelmarzo 2001, mentre era in fase di prepara-zione il secondo numero della rivista co-stringendolo anche in questo caso a dovercorrere ai ripari con conseguente esborso dialtro denaro. Perciò chiedeva, in via ricon-venzionale, la condanna del giornalista alpagamento di 4.957,37 euro (somma spesaper ovviare alle “carenze” già descritte) più 3mila euro per l’inopinata risoluzione del con-tratto.E chiedeva che tali importi fossero compen-sati con quelli rivendicati dall’attore. Il giudi-ce, considerata la genericità delle istanzeesposte dall’editore e la mancanza di docu-mentazione probante delle stesse, a frontedi una accertata consistenza delle richiestedel giornalista, confermate del resto dalleammissioni implicite rese dalla società con-venuta, oltre che dalla pubblicazione sulla ri-vista del suo nome come realizzatore delprogetto grafico, ha respinto la domanda ri-convenzionale e ha riconosciuto al giornali-sta il compenso di 7.200.000 lire (euro3718,49), condannando la convenuta al re-lativo pagamento, oltre alla corresponsione

Anche il 2006 - come è accaduto negli anni precedenti a par-tire dal 1999 - si è chiuso con un bilancio positivo per il servi-zio di assistenza legale a favore dei giornalisti free-lance, atti-vato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Centinaia dicolleghi che operano come collaboratori esterni di numerosetestate giornalistiche (dai quotidiani nazionali a quelli locali, daiperiodici alle radio e alle televisioni, dagli uffici stampa allepubblicazioni editate nella Rete) si sono rivolti allo “sportello”dell’Ordine per ottenere il riconoscimento e la tutela dei propridiritti, troppo spesso violati da editori grandi e piccoli che si so-no avvalsi - senza rispettare la normativa di legge e talvoltapretendendo, addirittura, di non retribuire le prestazioni richie-ste - del loro prezioso contributo di lavoro. Gli interventi del-l’avvocato Luisella Nicosia, che gestisce il servizio legale, so-no stati come sempre puntuali ed efficaci. E va detto che ilcontenzioso, anche per l’anno appena trascorso, ha registratouna crescita costante, facendo tuttavia riscontrare soddisfa-centi risultati per chi si è trovato nella necessità di rivolgersi algiudice. Sono state molte le pronunce favorevoli che si som-mano a quelle già descritte in precedenti articoli su Tabloid.

Uffici stampa privati gli “scritti” posso-no essere benissimo anche i comunica-ti diretti ai mass media. Secondo loZingarelli, per “scritto” si intende “qua-lunque notazione, espressione, comu-nicazione e sim. realizzara tramite lascrittura”.g. non devono esibire alcuna documen-tazione contabile gli aspiranti pubblici-sti soci di una società editrice legata alvolontariato (articolo 2 della legge266/1991). L’Ordine di Milano ha sempretenuto un comportamento aperto versoi religiosi, che hanno fatto voto di po-vertà e che quindi non percepisconocompensi per l’attività giornalistica.

Il Dpr 442 (emanato il 4 dicembre 2001) è ilregolamento della legge 150/2000 sugli Ufficistampa pubblici, che ha dato il titolo di pub-blicista a coloro che lavoravano negli Ufficistampa pubblici a quella data dopo un per-corso formativo di 60-120 ore. Il Consiglio na-zionale ha esteso (con delibere 4/5 dicembre2002 e 9 giugno 2003) la sanatoria ancheagli operatori degli Uffici stampa privati, pur

senza il richiamo di una legge ad hoc, ma sul-la base del principio costituzionale dell’ugua-glianza.In particolare la sanatoria, con quelle due de-libere, è stata allargata, senza alcun pre-supposto normativo specifico, agli ope-ratori degli Uffici stampa privati sulla base diquesto assioma: “Considerato che le op-portunità offerte agli addetti agli ufficistampa pubblici è giusto siano garanti-te anche agli addetti agli uffici stampaprivati, coloro che svolgono tale funzio-ne da data antecedente all’entrata in vi-gore della legge 150/2000, sia come di-pendenti sia sotto forma di collabora-zione libero-professionale, possonochiedere l’iscrizione nell’elenco deipubblicisti allegando la seguente docu-mentazione…”. A costoro è stata richiestala stessa documentazione imposta agli ope-ratori degli uffici stampa degli enti pubblici.Successivamente è stato precisato che la sa-natoria riguarda coloro che erano in servizioalla data del 4 dicembre 2001 giorno dellapubblicazione in Gazzetta del Dpr 422 (rego-lamento della legge 150/2000).

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9ORDINE 1- 2- 3 2007

: gli “addetti”, dopo due anni di attività,crizione all’elenco pubblicisti dell’Albo

TEMPI LUNGHI PER L’APERTURA DEL TAVOLO SECONDO BIANCHERI.

degli interessi legali dalla data della do-manda al saldo, oltre alla propria parte dellespese di lite.

… e lo stesso trattamentoper chi collaboraÈ sempre lo stesso editore a dovere dareconto, davanti al Giudice (che lo ha condan-nato), di altre gravi inadempienze retributivenei confronti di altre due giornalisti, che lohanno trascinato in giudizio - entrambe conl’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -in successive e distinte cause. La prima èstata promossa dalla collega V.B. che riven-dicava il mancato pagamento di compensiper un totale di 2000 euro, dovuti per la col-laborazione alla rivista Luxury.Al decreto ingiuntivo che gli imponeva di cor-rispondere la cifra richiesta, l’editore propo-neva opposizione.Pur riconoscendo l’incarico professionaleconferito alla ricorrente, nonché l’effettivaesecuzione da parte della stessa delle pre-stazione giornalistiche assicurate, eccepivaun preteso intervenuto accordo su un quan-tum inferiore da corrispondere come com-penso, ammettendo di essere debitore di so-li 1000 euro, somma mai corrisposta allagiornalista a distanza di due anni dalla pub-blicazione dei suoi articoli.E si dichiarava disponibile ad onorare inquella misura il proprio debito. Ma anchequesta volta veniva meno all’impegno rive-lando la natura pretestuosa ed infondata del-l’opposizione svolta con evidente intento di-latorio. La condanna (Giudice di Pace diMilano, sentenza n. 20639/06 pubblicata indata 4 luglio 2006) è stata inevitabile: paga-mento della somma richiesta in prima istan-za più, ovviamente, il carico delle spese le-gali.La seconda chiamata in giudizio è stata pro-mossa dall’iniziativa di un’altra collega, L.F.,che rivendicava a sua volta il mancato pa-gamento di prestazioni giornalistiche effet-tuate per la stessa rivista Luxury. Con lastessa tattica dilatoria, già descritta per il ca-so precedente, l’editore riconosceva un de-bito inferiore, dichiarandosi disposto a rego-lare la pendenza, senza poi provvedervi. Ilgiudice di Pace di Milano (sentenza21464/06 pubblicata in data 10 luglio 2006)ha condannato la società debitrice al paga-mento di quanto rivendicato dalla giornali-sta, con l’aggravio delle spese processuali.Bisogna notare, per concludere, che l’edito-re neppure in presenza delle sentenze deimagistrati ha provveduto a liquidare le som-me dovute, rendendo indispensabile, da par-te dei creditori, ulteriori iniziative giudiziarie,con la notifica di atto di precetto e successi-vi atti esecutivi.

Editori orientati alla contrattazione aziendale e personale. Audizioni di Fnsi e Fieg davanti alla Commissione Lavoro della Camera.Paolo Serventi Longhi ha spiegato che ''la Fieg avrebbe detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primo livello dicontrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, non escludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda cosamolto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai problemi dei giornalisti quella dell'abolizione dell'Ordine dei giornalisti''.

Roma, 15 febbraio 2007. Il Consiglio nazio-nale della Federazione nazionale della stam-pa e le Commissioni contratto hanno appro-vato all'unanimita' un ordine del giorno concui ''impegnano la Giunta esecutiva a prose-guire con forza tutte le iniziative utili per l'av-vio del negoziato contrattuale con la Fieg''. Lospiega una nota della Fnsi. Nell'ordine delgiorno Consiglio nazionale e Commissionicontratto ''impegnano la Giunta esecutiva adavviare una forte iniziativa nei confronti delleistituzioni e della opinione pubblica sulla cen-tralita' imprescindibile della contrattazione col-lettiva e dell'autonomia e della qualita' del-l'informazione e del giornalismo''. Inoltre si im-

pegna ''la Giunta Esecutiva e la Segreteria aproseguire il confronto su tutti i tavoli propostidal Ministero del Lavoro e dalla Presidenzadel Consiglio dei Ministri, attenendosi ai man-dati congressuali e alle decisioni sulle singo-le materie prese dal CN e dalle Commissionicontrattuali, anche per quanto riguarda la pre-videnza di categoria nel rispetto della posi-zione espressa dal Consiglio generaledell'Inpgi''.Consiglio e Commissioni propongono ancora''a tutte le strutture sindacali di proseguire lariflessione avviata oggi sulle trasformazioni inatto nel settore dell'informazione, con partico-lare attenzione ai temi della convergenza mul-

timediale e della transizione del sistema tele-visivo verso la piattaforma digitale.Temi che costituiscono il vero snodo che neiprossimi anni la categoria e la professionedovranno affrontare, anche se gli editori sem-brano incapaci di coglierne la assoluta rile-vanza''.Consiglio e Commissioni, infine, ''concordanosulla proposta di riunire, in tempi brevi, la con-ferenza nazionale dei comitati e fiduciari di re-dazione congiuntamente alle commissionicontrattuali per fare il punto sullo scontro con-trattuale e per discutere e decidere nuove eincisive iniziative di mobilitazione e di lottadella categoria''. (ANSA)

Contratto: la Fnsi annuncia“Nuove iniziative di lotta”

Roma, 15 febbraio 2007. Davanti alla commissione Lavoro dellaCamera la Fnsi ha ribadito oggi la disponibilità a riaprire la trattativa''senza pregiudiziali'', e domani al consiglio nazionale porra' la que-stione di un ''patto generazionale'' che metta fine ai ''due giornalismi'',quello dei contrattualizzati e quelli dei precari, che esiste oggi in Italia Mentre, secondo quanto riporta la stessa Fnsi, davanti allaCommissione sarebbe venuta dalla Fieg una ''posizione gravissima''sul contratto nazionale e la richiesta ''dell'abolizione dell'Ordine deigiornalisti''.Lo dice Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della Fnsi al ter-mine dell'audizione che ha visto prima i rappresentanti degli editori,poi quelli del sindacato dei giornalisti, ascoltati dalla stessa commis-sione in merito al rinnovo del contratto nazionale, che vede le due par-ti ancora contrapposte. Al termine dell'audizione Fieg, il presidenteBoris Biancheri, si è limitato a dire che nulla era cambiato e che i tem-pi per l'apertura di un tavolo sembravano ancora lunghi.Paolo Serventi Longhi, invece, da parte sua, riportando quanto ascol-tato nelle domande dei parlamentari, ha spiegato che ''la Fieg avreb-be detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primolivello di contrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, nonescludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda co-

sa molto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai pro-blemi dei giornalisti quella dell'abolizione dell'Ordine dei giornalisti''.''Ci sembrano entrambe - ha spiegato ancora Serventi - posizioni gra-vissime, lesive delle stesse leggi sulla contrattazione e di quella pro-fessionale.Ne verificheremo la fondatezza nei prossimi giorni. Noi intanto - ha ag-giunto - abbiamo ribadito la disponibilita' ad aprire subito una trattati-va senza pregiudiziali su punti come la flessibilita', la multimedialita' esul nostro lavoro giornalistico. Ma abbiamo chiesto che la Fieg la fac-cia finita con le mistificazioni sulle dimensioni del fenomeno del pre-cariato giornalistico. E' questo il problema centrale - ha detto ancora ilsegretario - perche' accanto ai circa 16 mila giornalisti con un con-tratto a tempo indeterminato, ci sono non poche centinaia ma decinedi migliaia di professionisti, pubblicisti o non iscritti all'albo che vivonodi giornalismo in condizioni insostenibili e che rappresentano il futurodella categoria''.Per tutto questo, il segretario spiega che ''domani intanto, al Consiglionazionale, diremo che occorre un patto generazionale e leggi ade-guate per superare questa esistenza di due giornalismi. Bisogna tro-vare forme di tutela previdenziale, sanitaria, contributiva per questi col-leghi''. (ANSA)

Ribadita dalla Fnsi al Parlamento la disponibilitàa trattare a tutto campo con gli editori: "Dalla Fieg solo attacchi sia sul contratto sia sull'Ordine"

Questo il testo della lettera di Lorenzo Del Boca indirizzataall’Ordine di Milano, alla Procura generale della Repubblicadi Milano e all’Ufficio III (Libere professioni) della Direzionegenerale Giustizia civile del ministero della Giustizia.:

Oggetto: Addetti uffici stampa - Corsi di formazione e aggiornamento - DeliberaConsiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti del 9 giugno 2003.

In riferimento alla nota prot. n. 340 del 16 gennaio u.s., relativa alla materia in oggetto, siprecisa quanto segue.

Con comunicazione prot. n. 71 del 10 gennaio scorso indirizzata ai Consigli regionali, ilComitato esecutivo ha rammentato che l’iscrizione in qualità di pubblicisti da parte dei di-pendenti pubblici che alla data di entrata in vigore della legge n. 150/2000 fossero risultatiin servizio presso gli uffici stampa di enti pubblici, previa anche frequenza a corsi di for-mazione promossi dall’Ordine, è da considerarsi non più possibile.

La materia dell’iscrizione degli addetti agli uffici stampa degli enti pubblici era stata ogget-to da ultimo della delibera del Consiglio nazionale del 9 giugno 2003, allegata alla citatanota di codesto Ordine, nella quale erano indicate riportate le motivazioni che avevano por-tato ad attribuire anche gli addetti degli uffici stampa privati le medesime opportunità dei di-pendenti pubblici, ferma restando per loro la presentazione di documentazione compro-

vante l’attività di ufficio stampa regolarmente retribuita da almeno due anni (buste paga ofatture).In entrambe le situazioni, pubblica e privata, era stata peraltro sempre subordinata la pos-sibilità di applicazione delle normative agevolanti l’iscrizione ai soli soggetti svolgenti la fun-zione di addetto stampa entro i termini indicati dalla legge n.150/2000.Da ciò deriva che, comunque, coloro che avessero iniziato la loro attività successivamentea tale termine non avrebbero potuto beneficiare di dette previsioni, né l’eventuale frequen-za ai Corsi dell’Ordine ex l.n. 150/2000 avrebbe potuto avere efficacia di sanatoria, attesoperaltro che la stessa era concorrente con altri requisiti di attività e non aveva di per sé ca-rattere abilitante.

In tal senso, si conferma che attualmente possono essere addetti agli ufficistampa degli enti pubblici solo coloro che sono già iscritti all’Ordine mentre perquanto concerne gli uffici stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elenco pubbli-cisti valgono per loro le disposizioni generali della l.n. 69/1963, attività giornali-stica continuativa e regolarmente documentata e retribuita per un biennio, a nul-la rilevando a tal fine la frequenza a corsi di formazione ed aggiornamento siapur specificatamente rivolti agli uffici stampa. Nel concreto, gli Ordini sono chia-mati a valutare se l’attività documentata a supporto della richiesta di iscrizionesia di natura giornalistica o meramente commerciale.

Si resta a disposizione per ogni utile apprendimento e si inviano distinti saluti.

Il presidente Lorenzo Del Boca

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10 ORDINE 1- 2- 3 2007

Tutti i numeri dell’Inpgi 1 e 2 verificati (I primi pensionati dell’Inpgi2 incassano

Pres. M. Alemanno, rel. B. Bove - Delibera n. 106/2006, del 20 di-

cembre 2006 - Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla

gestione finanziaria dell’Istituto nazionale di previdenza dei giorna-

listi (Inpgi) - esercizi 2004 e 2005.

P R E V I D E N Z A

A decorrere dal 1° gennaio 1995 l’Inpgi, co-me è noto, ha dismesso la veste di ente di di-ritto pubblico per assumere quella di personagiuridica privata, nella specie della fondazio-ne, in conformità alle previsioni normative deldecreto legislativo 30 giugno 1994, n.509.Nella nuova configurazione giuridica l’Istitutogode di autonomia gestionale, organizzativae contabile nell’ambito del quadro giuridico edel regime dei controlli previsti dal decretomedesimo in ragione della natura, che rima-ne pubblica, dell’attività istituzionale dell’ente,articolata, a partire dal 1° gennaio 1996, indue diverse forme di previdenza.Di queste l’una, la più risalente nel tempo, haper finalità la tutela previdenziale e assisten-ziale obbligatoria, sostitutiva dell’Ago, nei ri-guardi dei giornalisti professionisti e dei prati-canti giornalisti, successivamente estesa allacategoria dei pubblicisti, titolari di rapporto dilavoro subordinato ed iscritti nell’Albo e nelRegistro tenuti dall’Ordine.In favore di tali categorie di assicurati, l’ordi-namento dell’Istituto contempla inoltre altri ti-pi di prestazioni, di natura assistenziale e fa-coltativa.In particolare, è compito dell’Istituto erogareai medesimi la seguente estesa gamma diprestazioni (obbligatorie e facoltative): tratta-menti pensionistici (invalidità, vecchiaia e su-perstiti; prepensionamenti ex art. 37 della L.416/1981; pensioni non contributive (equiva-lenti alle pensioni sociali Inps); liquidazione in

Prospetto 1

Iscritti 2003 2004 2005

Professionisti 12.551 13.066 13.668

Pubblicisti 1.241 1.607 1.901

Praticanti 1.045 1.106 1.106

TOTALE 14.837 15.779 16.675

La Gestione principale Inpgi (o Inpgi1)

capitale (agli iscritti ultrasessantacinquenniprivi dei requisiti utili al pensionamento); liqui-dazione Tfr (a valere sull’apposito Fondo digaranzia di cui alla L. 297/1982); trattamentitemporanei di carattere assistenziale (asse-gni per il nucleo familiare, trattamenti di di-soccupazione, trattamenti per cassa integra-zione, indennità di mobilità, indennità perinfortuni), prestazioni di natura creditizia (pre-stiti, mutui edilizi ipotecari); prestazioni per fi-nalità sociali (borse e assegni di studio, rico-veri in case di riposo) ed una serie di altreprestazioni consistenti in sussidi straordinari,contributi per cure termali, assegni una tan-tum ai superstiti, assegni temporanei di inabi-lità, assegni di superinvalidità.

Prospetto 2

2003 2004 2005

PENSIONI DIRETTE- Vecchiaia 2.696 2.716 2.712- Prepensionamenti ex L. 416/81 329 331 337- Anzianità 408 476 566- Invalidità 100 105 109Totale pensioni dirette 3.533 3.628 3.724

PENSIONI AI SUPERSTITI- Indirette 463 474 476- Reversibilità 1.308 1.319 1.367Totale pensioni superstiti 1.771 1.793 1.843

TOTALE GENERALE 5.304 5.421 5.567Variazione % rispetto 1,5 2,2 2,7esercizio precedente

Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 siricava che nel biennio il rapporto tra iscrittiattivi e pensionati (evidenziato nel prospet-to n. 4) ha conosciuto un lento ma continuomiglioramento.

Riguardo all’onere globale per le altre pre-stazioni obbligatorie è da evidenziare cheesso è imputabile, in larga, ma decrescen-te, misura (dal 76,5% del 2003 al 69,4%del 2005), alla spesa complessivamentesostenuta per gli ammortizzatori sociali co-stituiti dal trattamento di disoccupazione edalla Cigs, entrambi tornati a crescere nel2005 dopo la flessione registrata nell’eser-cizio precedente.Di questi solo il trattamento di disoccupa-zione è finanziato da entrate contributive (ilcontributo, la cui aliquota è pari all’1,61%,è versato dalle aziende a titolo di assicura-zione di disoccupazione), mentre le inden-nità Cigs sono a totale carico dell’Inpgi, co-sì come, per quanto riguarda i prepensio-namenti ex L. 416/1981, gli oneri derivantidall’accredito di contributi figurativi (c.d. sci-volo).

Il rapporto tra iscritti attivi e pensionati (1 pensionato, 3 contribuenti)

Prospetto 4

Anno Iscritti Pensioni Rapporto2003 14.837 5.304 2,802004 15.779 5.421 2,912005 16.675 5.567 2,99

Disoccupazione e Cigs. Nei prospetti n. 8e n. 9 sono riassunti i dati relativi, rispettiva-mente. ai trattamenti di disoccupazione ed al-la cassa integrazione guadagni straordinaria.

Prospetto 8 (in migliaia di euro)

TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005numero beneficiari 1.354 1.415 1.475onere complessivo 8.183 7.738 8.029

Prospetto 9 (in migliaia di euro)

Cigs 2003 2004 2005numero beneficiari 92 105 98onere complessivo 589 359 501

INPGI

Nel 2005 l’80% delle entrate destinatoalle pensioni.Riassuntivamente l’ammontare in ciascunesercizio di tutte le prestazioni obbligatorie edelle entrate contributive aventi la stessa na-

tura è indicato nel prospetto n. 12 in cui sonoaltresì esposti i dati relativi al saldo tra contri-buti e prestazioni e all’incidenza percentualedi quest’ultime sui primi.

Prospetto 12 (in migliaia di euro)

2003 2004 2005

Contributi obbligatori (compresi IVS) 308.847 337.760 353.322

Prestazioni obbligatorie (comprese IVS) 257.422 269.909 284.081

Differenza contr./prestaz. 51.425 67.851 69.241

Incidenza % prestaz./contrib. 83,3 79,9 80,4

2003 2004 2005

RISULTATO DELLA GESTIONE PATRIMONIALE (B) 26.534 34.676 36.931

COSTI DI STRUTTURA

Spese per gli organi 1.308 1.151 1.199

Costo del personale 9.529 9.877 11.037

Spese acquisto beni e servizi 1.722 2.291 2.027

Contributo Ass. stampa e altri costi 2.015 2.362 2.288

Oneri finanziari 31 28 23

Ammortamenti 712 712 754

TOTALE COSTI DI STRUTTURA (C) 15.317 16.421 17.328

Nel 2005, ammonta a 2 milioni e 288mila euro il contributo al sindacato

La riserva di garanzia Ivs, che costituiscela riserva tecnica, è risultata superiore, inentrambi gli esercizi esaminati, alla riservalegale minima (mgl euro 746.191, ammon-tare questo corrispondente a cinque an-nualità delle pensioni in essere al 31 di-cembre 1994, secondo quanto stabilito dal-la legge 449/1997).Dai dati esposti nel prospetto seguente siricava che nel 2005 il rapporto tra una an-

La riserva di garanzia(5 annualità circa ai valori 2005)

nualità di pensione al 31 dicembre 1994 ela riserva Ivs, dopo la destinazione dell’a-vanzo di esercizio, risulta pari a 8,587 anni(a fronte dei 7,980 nell’esercizio preceden-te), mentre se il confronto viene operatocon l’ammontare delle pensioni in essere al31 dicembre 2005, il valore del rapporto trala riserva Ivs (sempre dopo la destinazionedell’avanzo) e il detto ammontare è pari a4,715 anni (4,603 nel 2004).

CONTO ECONOMICO

Sono 16.675 i giornalisti contribuenti a fronte di 5.567 pensioni erogate

CORTE DEI CONTI - SEZIONE CONTROLLO ENTI

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11ORDINE 1- 2- 3 2007

dalla Corte dei Conti46 euro al mese!)

La Gestione separata Inpgi (o Inpgi2)

In merito all’altra forma di previdenza obbli-gatoria gestita dall’Inpgi va rammentato cheessa trova origine nella normativa recata daldecreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, inattuazione della quale sono stati inclusi tra gliassicurati, a decorrere dal 1° gennaio 1996, igiornalisti professionisti, i pubblicisti ed i prati-canti che esercitano attività autonoma di libe-ra professione ed è stata istituita la relativagestione previdenziale separata (a seguitodell’istituzione di quest’ultima, contraddistintaanche mediante l’acronimo di Inpgi 2, l’altragestione previdenziale, relativa agli assicuratilavoratori dipendenti, ha assunto la denomi-nazione di Gestione principale o di Inpgi 1).La Gestione separata, che pure ha formatooggetto del precedente referto, garantisce aipropri iscritti, con il sistema contributivo a ca-pitalizzazione, la pensione di invalidità, di vec-chiaia e ai superstiti; provvede altresì all’ero-gazione del trattamento di maternità, spettan-te alle libere professioniste ai sensi della leg-ge 11 dicembre 1990, n. 379 e successivemodificazioni.

Le entrate contributive sono, a norma delRegolamento, costituite da contributi obbliga-tori e da una contribuzione facoltativa, rap-presentati, i primi, dai seguenti:- contributo soggettivo, pari al 10% del reddi-to professionale netto di lavoro autonomo;- contributo integrativo, pari al 2% di tutti i cor-rispettivi che concorrono a formare il redditoimponibile dell’attività giornalistica autonoma,conseguito anche sotto forma di collabora-zione coordinata e continuativa, contributodestinato alla copertura delle spese di ge-stione ed anche a colmare, come sopra det-to, gli eventuali scarti negativi tra i tassi di ren-dimento del patrimonio ed i tassi di capitaliz-zazione;- contributo di maternità, la cui misura, origi-nariamente fissata in lire 50.000 annue a ca-rico di ciascun iscritto, è stata annualmente ri-valutata raggiungendo nel 2005 l’importo dieuro 29,59; e, la seconda, dal contributo sog-gettivo aggiuntivo che gli iscritti possono ver-sare (con aliquota minima pari al 5% del red-dito professionale).

ISCRITTI 2003 2004 2005Professionisti 4.676 5.575 6.331Pubblicisti 11.464 12.931 14.224Praticanti 82 88 109Pubblicisti/Praticanti 463 471 507TOTALE 16.685 19.065 21.171

PROVENTI 2003 2004 2005Contr. soggettivi 15.793 16.367 17.269Contr. integrativi 3.954 4.159 4.446Contr. maternità 445 508 571Totale contr. dell’anno 20.192 21.034 22.286Contr. anni precedenti 8.341 200 949Totale Contributi 28.533 21.234 23.235Sanzioni, int., recup. 920 1.428 820Totale proventi 29.453 22.662 24.055

Prospetto 1

Prospetto 2

(in migliaia di euro)

Secondo quanto riferito dall’Inpgi,una parte consistente degli iscritti (8.139 nel 2005) dichiara unreddito annuo non superiore aeuro 5.000 e tra essi sono 5.039 quelli che non superano i 1.500 euro di reddito.

A determinare l’evoluzione della platea degliassicurati ha contribuito principalmente la ca-tegoria dei pubblicisti (con un’incidenza sul to-tale degli iscritti oscillante tra il 67 e il 68%),seguita da quella dei professionisti (con un’in-cidenza intorno al 29%), mentre sull’anda-mento crescente poco hanno influito, stante laloro limitata consistenza, le altre due catego-rie professionali costituite dai praticanti e daipubblicisti/praticanti (pubblicisti iscritti anchenel Registro dei praticanti).Secondo quanto riferito dall’Inpgi, una parteconsistente degli iscritti (8.139 nel 2005) di-chiara un reddito annuo non superiore a euroeuro 5.000 e tra essi sono n. 5.039 quelli chenon superano i 1.500 euro di reddito.L’assoggettamento a contribuzione obbligato-ria, seppur nella misura minima, di questi esi-gui redditi, provoca spesso, sempre secondol’Istituto, insofferenza da parte degli obbligati,comportando poi, all’atto del pensionamento,l’erogazione di trattamenti di modestissima en-tità (che possono ridursi, in particolare per lepensioni di reversibilità, anche a poche decinedi euro), e di qui l’auspicio, che non può checondividersi, di una modifica legislativa che

consenta (a somiglianza di quanto in talsenso già previsto dall’art. 44 della L.326/2003 per la Gestione separata Inps dicui all’art. 26 comma 2 della L. 335/1995)l’esonero da contribuzione dei percettori diredditi derivanti da collaborazioni giornalisti-che occasionali e di importo non superiorea 5.000 euro.Riguardo ai proventi della gestione previ-denziale va preliminarmente ricordato chele entrate contributive sono state contabiliz-zate dall’Istituto in conformità al criterio in-dicato dalla direttiva ministeriale del 6 di-cembre 1999, secondo il quale “i contributidi competenza dell’anno” sono esclusiva-mente quelli correlati ai redditi conseguitidagli iscritti nell’anno di riferimento del bi-lancio.Questo criterio (del quale l’Istituto ha piùvolte segnalato ai ministeri vigilanti l’oppor-tunità di una modifica) comporta che laquantificazione ed imputazione al contoeconomico di detti contributi non si fondasui dati reddituali dichiarati dagli iscritti ben-sì su una stima prudenziale del gettito con-tributivo (non essendo l’Istituto in possesso,al momento della redazione del consuntivo,delle denunce degli iscritti relative all’annocui si riferisce il consuntivo stesso), e di quil’ulteriore conseguenza che l’eccedenza, ri-spetto alle entrate stimate, di quelle effetti-vamente accertate sulla base delle denun-ce viene iscritta in successivo bilancio, sot-to la voce “contributi di anni precedenti”.

Con la sentenza 214/1972 la Corte costitu-zionale ha scritto che è “insussistente l’ana-logia fra la cassa di previdenza dei giornali-sti e quelle degli avvocati, dei dottori com-mercialisti, dei ragionieri e dei geometri…Ancora meno sussiste poi una analogia trala struttura e gli scopi della cassa dei gior-nalisti e le finalità di quella dei liberi profes-sionisti di cui si è detto, perché la prima, ecioè l’Istituto nazionale di previdenza deigiornalisti italiani “Giovanni Amendola” (leg-ge 20 dicembre 1951, n. 1564), cui possonoiscriversi solo i giornalisti che hanno in attoun rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli ef-fetti le corrispondenti forme di previdenza edassistenza obbligatorie (art. 1) e cioè non so-lo quelle attinenti alla pensione di vecchiaiae invalidità, ma anche quelle che concerno-no la disoccupazione involontaria, la tuber-colosi, le malattie e gli assegni famigliari (art.3), mentre le ricordate casse di liberi profes-sionisti hanno compiti ben più limitati e cir-coscritti. In sostanza, la cassa dei giornalisticostituisce un settore autonomo del com-plesso sistema previdenziale predisposto atutela dei lavoratori dipendenti e i cui compi-ti sono assolti principalmente dall’Inps edall’Inam”. Questo principio è diventato nor-ma ordinaria con il comma 763 della legge296/2006 (Finanziaria per il 2007).Il comma 763, - che modifica il comma 12dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 n.335 (riforma Dini) -, cancella il primo e il se-condo periodo dello stesso comma 12 e lisostituisce con i seguenti: “Nel rispetto deiprincìpi di autonomia affermati dal decretolegislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal de-creto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, econ esclusione delle forme di previdenza so-stitutive dell’assicurazione generale obbliga-toria, allo scopo di assicurare l’equilibrio dibilancio in attuazione di quanto previsto dal-l’articolo 2, comma 2, del suddetto decretolegislativo n. 509 del 1994, la stabilità dellegestioni previdenziali di cui ai predetti decre-ti legislativi è da ricondursi ad un arco tem-porale non inferiore ai trenta anni”. Dalla rifor-ma, quindi, sono escluse le forme di previ-denza sostitutive dell’assicurazione generaleobbligatoria: l’Inpgi è l’unica cassa sostitutivadell’Inps (art. 76, punto 4, della legge388/2000). L’Inpgi, quindi, non ha l’obbligo dipreparare previsioni attuariali proiettate fino al2037. L’Inpgi, invece, ha l’obbligo di avere unariserva tecnica pari a 5 annualità delle pen-sioni pagate nel 1994. Il comma 763 signifi-ca in sostanza che l’Inpgi ha natura pub-blica e che è diverso dalle altre casse.

RISERVA TECNICA. La relazione dellaCorte dei Conti sui bilanci 2004 e 2005(delibera 106/2006) mette in luce che “l’a-vanzo patrimoniale netto, composto dalla ri-serva di garanzia Ivs, dalla riserva generalee dall’avanzo di gestione, ha registrato unaumento pressoché costante, passando daimln euro 1.122,8 del 2003 ai 1.210,7 del2004 ed ai 1.300,3 del 2005 (con un incre-mento finale del 15,8%). La riserva di ga-ranzia IVS, che costituisce la riserva tecnica,è risultata superiore, in entrambi gli eserciziesaminati, alla riserva legale minima (mgleuro 746.191, ammontare questo corrispon-dente a cinque annualità delle pensioni inessere al 31 dicembre 1994, secondo quan-to stabilito dalla legge 449/1997).Dai dati esposti si ricava che nel 2005 il rap-porto tra una annualità di pensione al 31 di-cembre 1994 e la riserva Ivs, dopo la desti-nazione dell’avanzo di esercizio, risulta paria 8,587 anni (a fronte dei 7,980 nell’eserci-zio precedente), mentre se il confronto vieneoperato con l’ammontare delle pensioni inessere al 31 dicembre 2005, il valore delrapporto tra la riserva Ivs (sempre dopo ladestinazione dell’avanzo) e il detto ammon-tare è pari a 4,715 anni (4,603 nel 2004)”.

I riflessi dellaFinanziaria 2007

Il comma 763 rende l’Inpgi diverso dalle altre casse perché è sostitutivo dell’Inps:di fronte ai rischi della vertenza contrattualeè prudente studiare il ritorno dell’Istitutoalla veste pubblica degli anni 1951/1994

nota di Franco Abruzzopresidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

315 pensionati nel 2005Il numero delle pensioni Ivs in essere a fine2005 risulta pari a 315, a fronte delle 200 del-l’esercizio precedente, con un onere com-plessivo, rispettivamente, di 175 e 115 mgl.(in media una pensione… di 46 euro almese, ndr)

Esonero di contribuzione per chi percepisce meno di 5mila euro annuiIn merito alla gestione previdenziale va infinedetto che è condivisibile il motivato auspicioespresso dall’Istituto (cfr., a riguardo, il para-grafo n. 1.1) di una modifica legislativa checonsenta l’esonero da contribuzione obbliga-toria per i percettori di redditi derivanti da col-laborazioni giornalistiche occasionali e di im-porto non superiore ai 5.000 euro annui.

ISCRITTI IN CRESCITA. “Va inoltre eviden-ziato che nel 2005 gli iscritti attivi sono stati16.675 (+5,7% rispetto al 2004); il rapportotra iscritti e pensioni (passate complessiva-mente dalle 5.421 del 2004 alle 5.567 dell’e-sercizio successivo, con un incremento del2,7%) è risultato del 2,99 (2,91 nel 2004);l’indice di copertura della pensionistica IVSda parte del correlato gettito contributivo (en-trate correnti + quelle riferite ad esercizi pre-cedenti) è risultato, in entrambi gli esercizi,pari a 1,19; le uscite complessive della ge-stione previdenziale e assistenziale hannoinciso sul complesso delle entrate contributi-ve (comprese sanzioni ed interessi) per il77,7% (76,8% nel 2004)” (Corte dei Conti -Delibera n. 106/2006, del 20 dicembre 2006).Scrive la Corte dei Conti nella delibera ap-pena citata: “Alla lievitazione degli iscrittiattivi ha contribuito, secondo le notiziefornite dall’Ente, l’ingresso nell’Inpgi deigiornalisti operanti nella Pubblica Am-ministrazione (a riguardo vedasi il prece-dente referto) e la costante crescita deicontratti Aer-Anti-Corallo (disciplinati dalcontratto collettivo del lavoro giornalisti-co nelle aziende del settore dell’emitten-za radiotelevisiva a diffusione locale).Quanto alla situazione occupazionalel’Istituto segnala che il trend ascendentedei rapporti di lavoro (i quali hanno me-diamente raggiunto, nell’ultimo esercizioconsiderato, il numero complessivo di16.906), è dovuto principalmente alla cre-scita dei contratti a tempo indeterminatoe, in minor misura, all’aumentato numerodei contratti a termine (riguardanti in granparte il praticantato), ma con un tasso diincremento di quest’ultimi, nel 2005 ri-spetto all’esercizio precedente, molto su-periore a quello registrato dai primi(11,87% a fronte del 5,07%). Dinanzi al fe-nomeno rappresentato dalla crescita deirapporti a tempo determinato (giunti nel2005 ad una media di n.1.649 ed inciden-ti per il 9,75% sul totale dei rapporti di la-voro), al quale si accompagnano spessosituazioni, tendenti a divenire stabili, diprecarietà dell’occupazione, l’Inpgi ha de-liberato, nel maggio 2004, di concedereuno sconto contributivo quasi totale aquelle aziende che avessero assunto undisoccupato per un anno e di impegnar-si a prolungare per altri dodici mesi losconto, qualora il contratto fosse statotrasformato a tempo indeterminato. Taleagevolazione contributiva non ha peròprodotto, a differenza di analoga iniziati-va assunta in passato, risultati di gran ri-lievo (84 contratti a termine stipulati e sol-tanto 31 resi poi stabili)”.

Prospetto 1 (vedi a pagina 10)

LE PENSIONI. Scrive ancora la Corte deiConti sul fronte del numero dei pensionati: “Afronte dell’evidenziata consistenza annualedegli iscritti alla Gestione principale risulta, afine di ciascun esercizio, gravante sullaGestione medesima il seguente numero ditrattamenti pensionistici obbligatori Ivs (inva-lidità, vecchiaia e superstiti), ripartiti secondole varie tipologie, trattamenti i cui dati di flus-so annuale, sono evidenziati nell’ulterioreprospetto.

Prospetto 2 (vedi a pagina 10)

“Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 si ri-cava che nel biennio il rapporto tra iscritti at-tivi e pensionati (evidenziato nel prospetto n.4) ha conosciuto un lento ma continuo mi-glioramento.

Prospetto 4 (vedi a pagina 10)

segue

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12 ORDINE 1- 2- 3 2007

IL FUTURO. Il futuro della professione, però,è incerto. La Fieg punta a distruggere l’attua-le contratto e la figura stessa del giornalistaprofessionista dipendente di una testata. Glieditori vogliono la gran parte dei giornalisti li-beri professionisti ed i “capi” delle strutture re-dazionali licenziabili con l’attribuzione aglistessi della qualifica dirigenziale. La cancella-zione dello scatto biennale (pagato oggi al6%) arrecherebbe un danno non solo alle ta-sche dei giornalisti ma sarebbe drammaticoper la vita dell’Inpgi. La Fieg sostiene che que-sto quadro è figlio della globalizzazione del-l’informazione: la rete è ricca di notizie. Si trat-ta di avere nelle redazioni un pugno di ragaz-zetti pronti a tagliare e incollare i testi sotto losguardo di pochi “capi”. La polpa dei giornalisarebbe affidata ai commentatori (ambascia-tori, professori universitari, avvocati, commer-cialisti, etc.). I giornalisti professionisti sareb-bero inutili.

L’INPGI, NONOSTANTE QUESTI NUMERI,DEVE TORNARE PUBBLICO (COME L’IN-PS), PERCHÉ I GIORNALISTI NON DEVO-NO CONVIVERE CON IL RISCHIO DI RICE-VERE UN CERTO GIORNO LA PENSIONESOCIALE. Voglio l’Inpgi pubblico come l’Inpsper sentirmi, andando avanti negli anni (Diovolendo), più sicuro per quanto riguarda l’ac-credito mensile della pensione sul conto cor-rente bancario. E non sono il solo a pensarlacosì.L’Inpgi privatizzato, privo dello scudo pub-blico, mi fa paura. Secondo il ministero delLavoro, tutte le casse privatizzate hanno unaprospettiva non certa. Nessuno dice che se lecose dovessero andare male (faccio scongiu-ri), lo Stato, secondo una sentenza della Cortecostituzionale, dovrà sì garantire il diritto allapensione ma non avrà l’obbligo di garantire il“quantum” (cioè l’assegno in essere). Ne con-segue che lo Stato assolverà il suo obbligo(articolo 38 della Costituzionale) passando aigiornalisti iscritti all’Inpgi soltanto l’assegno so-ciale (meno di 600 euro al mese). Perché dob-biamo correre simili paurosi rischi? Perchénon riflettere sulla necessità di ritornare alpubblico e al “come eravamo” fino al 1994?.L’Inpgi non ammette la pericolosità potenzialedei bilanci anche se incassiamo 100 e spen-diamo 77.Fortunatamente l’Inpgi è l’unica cas-sa privatizzata qualificata dall’articolo 76 (pun-to 4) della legge 388/2000 “ente sostitutivodell’Inps”. L’altro collegamento Inpgi-Inps èrappresentato dall’articolo 3 della “leggeVigorelli” (n. 1122/1955): i due enti, in presen-za di contributi versati all’uno e all’altro Istituto,danno la pensione pro-quota (cioè “ripartita inproporzione dell’importo dei contributi a cia-scuno versati”). Questi collegamenti con l’Inps,in caso di emergenze, potrebbero significarela salvezza.Nessuno ha la palla di vetro. Il pro-blema è: in futuro aumenteranno gli occupatistabili o no? Gli editori dicono di no. Dalla ri-

P R E V I D E N Z A

sposta dipende il futuro dell’Inpgi. Prepararescenari diversi (tra cui quello del ritorno al pub-blico) è soltanto una misura dettata dalla pru-denza. Significa comportarsi da buoni padri difamiglia.

L’ALLARME DELL’ATTUARIO. “L’Inpgi evi-denzia dal 1° gennaio 2017 uno squilibrioche non consente di fronteggiare, nel lun-go periodo, il pagamento delle pensionipromesse agli iscritti mediante le risorsederivanti dalla contribuzione corrente”:questa affermazione è sottoscritta dal prof.Fulvio Gismondi, titolare di uno studio di con-sulenza finanziaria e attuariale, che, in data30 agosto 2004, ha trasmesso al presidentedell’Inpgi una “Relazione al bilancio tecnico al31 dicembre 2003 della Gestione Previ-denziale Principale dell’Inpgi”.Il prof. Gismondi scrive ancora: “Ritengo op-portuno precisare quanto segue:1. Dalle simulazioni attuariali eseguite, edin particolare dalle dinamiche descritte neibilanci tecnici, emergono alcuni rilevantitendenze.2. Con riferimento alla Gestione Principale,il Fondo evidenzia dal 1° gennaio 2017 unosquilibrio che non consente di fronteggia-re, nel lungo periodo, il pagamento dellepensioni promesse agli iscritti mediante lerisorse derivanti dalla contribuzione cor-rente.3. La natura dello squilibrio è di tipo strut-turale: l’attuale modello contributi/presta-zioni, sancito dal Regolamento, stante l’at-tuale assetto demografico del Fondo, nonconsente ipotesi di equilibrio tendenzialedella gestione in ripartizione.4. Peraltro l’ottimizzazione dell’area finan-ziaria ed amministrativa del Fondo nonpuò essere considerata una soluzione diriequilibrio della gestione previdenziale; inprimo luogo perché l’attuale “stato dell’ar-te” presenta una condizione in linea conquella di enti analoghi, in secondo luogoperché pur ulteriormente ottimizzando learee in questione (attivazione di strategiedi asset allocation coerenti con la struttu-ra temporale degli impegni del Fondo, per-fetto allineamento tra entrate e uscite, ul-teriore contenimento delle spese) il risul-tato prodotto potrebbe posporre, peraltromarginalmente, l’epoca del default senzaincidere strutturalmente sulla condizionedi squilibrio del Fondo”.A questo punto bisogna parlarsi chiaro edavere buon senso. Se la situazione è quelladescritta dal prof. Gismondi e se è vero chenei prossimi anni le uscite (pensioni) supere-ranno le entrate (contributi), allora bisogneràriconsiderare la scelta fatta nel 1994, cioè laprivatizzazione dell’Istituto. Bisogna tornaread essere ente pubblico, come l’Inpgi lo eratra il 1951 e il 1994.

Franco Abruzzo

segue dalla pagina precedente

Comma 763. All’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il primo e il se-condo periodo sono sostituiti dai seguenti: “Nel rispetto dei princìpi di autonomia afferma-ti dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996,n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione ge-nerale obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quan-to previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la sta-bilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad unarco temporale non inferiore ai trenta anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo2, comma 2, è redatto secondo criteri determinati con decreto del ministro del Lavoro edella Previdenza sociale di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentitele associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dalConsiglio nazionale degli attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previden-ziale. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, com-ma 2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia del-l’equilibrio finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazio-ne alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai prov-vedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra gene-razioni. Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’en-te interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, posso-no essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giu-gno 1994, n. 509”. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adot-tati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai ministeri vigilanti prima della da-ta di entrata in vigore della presente legge.

Il vecchio comma 12 (art 3 legge 335/1995)12. Nel rispetto dei princìpi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno1994, n. 509 (60), relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurarel’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, delpredetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi adun arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione diquanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati daglienti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparame-trazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione deltrattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle an-zianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provve-dimenti suddetti. Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, il periodo di riferi-mento per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, se-condo i criteri fissati all’articolo 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme diprevidenza sostitutive e al medesimo articolo 1, comma 18, per gli altri enti. Ai finidell’accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le dispo-sizioni di cui all’articolo 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di pre-videnza sostitutive, e al medesimo articolo 1, comma 28, per gli altri enti. Gli entipossono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della pre-sente legge.

DOCUMENTAZIONE NORMATIVA

Legge 296/2006. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennaledello Stato (Finanziaria 2007) Gu 299 del 27.12.2006 (Supplemento ordinario 244)

INPGI

Roma, 10 gennaio 2007.È “gravissimo” che la Fede-razione degli editori bloc-chi la riforma previdenzialevarata dall’Inpgi a giugno2005: un atteggiamento di-ventato “provocazione”quando la Fieg ha afferma-to di collegare il proprio pa-rere sulla riforma, previstodalla legge, con la conclu-sione della trattativa per ilrinnovo del contratto gior-nalistico.È quanto denuncia ilConsiglio generale del-l’Inpgi, che fa il punto del-la situazione in un ordinedel giorno approvato oggi.“La Federazione italianaeditori giornalisti - si leggenell’ordine del giorno - damesi sta conducendo undurissimo attacco contro igiornalisti e il loro sindaca-

Inpgi a Fieg: “Grave e provocatorio il blocco della riforma previdenziale”to, negando la disponibilitàad iniziare il confronto peril rinnovo del contratto,scaduto nel lontano feb-braio 2005. Tale attacco èstato esteso da tempo an-che alla previdenza di ca-tegoria, gestita dall’Inpgi.Infatti, dopo aver concorsoad approvare il 30 giugno2005 nel Cda dell’ente unariforma previdenziale chelo stesso ministero delLavoro aveva sollecitato agaranzia delle generazionifuture, la Fieg ha bloccato(e tutt’ora tiene in ostaggio)la relativa delibera, rifiutan-dosi di esprimere in sedesindacale il parere formaleprevisto dal decreto legi-slativo 509/94”.Per il Consiglio generaledell’Istituto di previdenza,“si tratta di un atto gravissi-

mo, che ha assunto gli in-quietanti contorni della pro-vocazione allorché laFederazione editori ha giu-stificato tale decisione as-serendo di voler collegareil proprio parere alla con-clusione della trattativacontrattuale: che la stessaFieg, tuttavia, ha rifiutato erifiuta di iniziare. Ma la pro-vocazione è cresciuta re-centemente, dopo 16 mesidi vana attesa, allorché lastessa Fieg ha notificato lapregiudiziale di voler porrenuove condizioni per espri-mere il sospirato parere:più posti assegnati agli edi-tori nel Cda Inpgi, fino araggiungere la pariteticità”.“In una recente riunionesvoltasi al ministero del La-voro - si ricorda ancoranell’odg - i rappresentanti

dell’Inpgi, rispondendo alministro Damiano che siesprimeva a favore di untentativo di riproporziona-mento, hanno fatto presen-ti le due seguenti conside-razioni, fatte proprie dalCda nella riunione del 19dicembre e che oggi ilConsiglio generale condivi-de integralmente:

1) L’attuale composizionedel Consiglio di ammini-strazione dell’Inpgi è pie-namente coerente conquanto previsto dal decretolegislativo 509/94; inoltre aicriteri di composizione pre-visti espressamente nel-l’articolo 1, comma 4, lette-ra a) dello stesso decreto,si è fatto puntualmente rife-rimento - con l’assenso deiministeri vigilanti - al mo-

mento di formazione delnuovo Cda dell’ente priva-tizzato.

2) L’invito al dialogo rivoltodal ministero del Lavoropotrà essere accolto, pur-ché in stretto collegamentoa quanto esposto al punto(1) e a condizione che invia preventiva venga elimi-nato ogni blocco da partedella Fieg”.“È quindi innanzitutto indi-spensabile che la riformaprevidenziale e la deliberaper il riassorbimento dei di-soccupati, approvata nelgiugno del 2006 - continual’Inpgi - siano liberate e ri-consegnate per la ratificaai ministeri del Lavoro edell’Economia. Solo in se-guito sarà possibile aprireun confronto, che non do-

vrà tuttavia trascurare l’au-tonomia organizzativa,contabile e amministrativache il dlgs 509/94 ricono-sce agli enti privatizzati, eche dovrà anche occupar-si, tra l’altro, di evitare cheper il futuro abbiano a ripe-tersi altri veti impropri, ecertamente non voluti dallegislatore”. Il Consiglio ge-nerale, infine, “giudica rile-vante il parere pro-veritateredatto dal prof. Sorrentinoe impegna il Cda a dare at-tuazione alle indicazioniconclusive dell’atto, al finedi favorire, da parte del mi-nistero del Lavoro, la defi-nitiva approvazione delledelibere riguardanti lariforma previdenziale ed ilriassorbimento dei giorna-listi disoccupati e cassinte-grati”. (ANSA)

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13ORDINE 1- 2- 3 2007

Previsioni attuariali che re-stano a 15 anziché tararsisu 30 anni. E obblighi inva-riati - sempre con riservatecnica pari a cinque an-nualità delle pensioni paga-te nel 1994 - per l’Inpgi,l’Istituto di previdenza deigiornalisti, esplicitamenteescluso dal comma 763della Finanziaria 2007 cheha raddoppiato l’equilibriodei conti nel lungo periodoe aumentato l’autonomiadelle Casse privatizzate dalDlgs 509/1994. Tutte tran-

Giornalisti: riordino fermo. Inpgi, con la Finanziarial’orizzonte resta a 15 anni

ne, appunto, l’Inpgi che ilcomma 763 (modificandol’articolo 3, comma 12, del-la legge 335/95) chiamafuori dalle nuove misure inquanto «previdenza so-stitutiva dell’assicurazio-ne generale obbligato-ria». Ovvero, dell’Inps.«Una richiesta - ha spie-gato Giovanni Batta-farano, capo della segre-teria tecnica del ministrodel Lavoro, Cesare Da-miano - espressa diretta-mente dall’Inpgi, in una

logica opposta rispettoalle Casse professionaliaderenti all’Adepp».Ma la principale partita del-l’Inpgi resta l’approvazione,da parte del ministero, del-le delibere di riforma dellepensioni ( n. 6/2005) e de-gli incentivi alle assunzioni(n. 62/2006). «Congelate -dice Battafarano - non pervolontà del ministro, maperché manca (in base al-l’articolo 3, comma 2, delDlgs 509/94 la volontà diratifica da parte degli edito-

Roma, 10 gennaio 2007.“Anche lo Statuto dell’im-presa in costruzione aPalazzo Chigi, nell’ambitodella riforma dell’editoria,aggraverà le relazioni conla Fnsi”. Questo è il cuoredell’intervento dell’avvo-cato Giancarlo Zingoni, vi-cedirettore generale dellaFieg e vicepresidente del-l’Inpgi, all’assemblea ge-nerale dell’Istituto.Secondo Zingoni, l’inizia-tiva del Governo crea unquadro di incertezza sul-l’assetto delle impreseeditoriali e finisce con“l’allontanare il rinnovodel contratto”. Lo Statutopunta a dividere gestionegiornalistica delle testatee proprietà delle impreseeditoriali, “creando unnuovo equilibrio dei pote-ri tra editori e giornalisti,prospettiva inaccettabile”.

“Anche lo Statutodell’impresa in costruzionea PalazzoChigiaggraverà le relazionicon la Fnsi”

Giancarlo Zingoni (Fieg)

La riforma pensionistica rende difficile per i giovani rimasti senza lavoro il ricorso all’indennità di disoccupazione

Il giornalista disoccupato ha diritto all’inden-nità quando abbia almeno 12 contributimensili, per l’assicurazione contro la disoc-cupazione, accreditati (versati o dovuti) nelbiennio precedente l’inizio del periodo di di-soccupazione.Il diritto all’indennità si consegue anche nelcaso in cui siano stati prestati almeno 3 me-si di attività lavorativa nel biennio prece-dente lo stato di disoccupazione, per i qualisiano stati accreditati (versati o dovuti) i con-tributi. In questo caso però l’indennità saràcorrisposta per un numero di mesi pari al-le mensilità di contribuzione accreditata. Inquesta seconda ipotesi si parla di ammissio-ne al trattamento con requisito ridotto.I contributi accreditati durante il periodo di la-voro a termine stipulato ai sensi del decretoTreu (con la defiscalizzazione) o similari, nondanno diritto all’indennità di disoccupazione.(da: www.inpgi.it/prestazioni/inpgi_presta-zioni-obbligatorie-disoccupazione.htm)

materiali raccolti da Franco Abruzzo

Milano, 21 gennaio 2007. La riforma pensionisticadell’Inpgi - bloccata dal veto della Fieg - punisce i gio-vani giornalisti assunti a tempo determinato e rimastipoi privi di lavoro. Oggi chi lavora tre mesi può chie-dere all’Istituto una indennità di disoccupazione di tre

mesi. Quando la riforma diventerà operativa questa so-luzione non sarà possibile. Per tutti i futuri iscritti il di-ritto di accesso all’indennità di disoccupazione scat-terà dopo che sia stato maturato un biennio di iscri-zione all’Istituto.La riforma prevede: a) per tutti i futuri iscritti il dirittodi accesso all’indennità di disoccupazione dopo chesia stato maturato un biennio di iscrizione; b) il perio-

do di disoccupazione indennizzabile rapportato allesole giornate contrattualizzate; c) l’introduzione di untermine per la richiesta dei ratei di disoccupazione.Va detto che l’Inpgi, come si potrà vedere qui sotto, in-cassa ogni anno dagli editori da 15 a 17 milioni di eu-ro per far fronte alle spese per la indennità di disoccu-pazione e ne spende in media la metà. Come si giusti-fica allora la stretta?

LA RIFORMA DEL 1° LUGLIO 2005 (an-cora non operativa).Trattamento di disoccupazione - Sonoconfermati i trattamenti che all’Inpgi sono digran lunga superiori rispetto all’Inps. Sonostate introdotte, inoltre, più favorevoli misuredi sostegno per i dipendenti di aziende in cri-si, fallite o in liquidazione, che perdano il la-voro in età variante tra i 40 e i 55 anni. In que-sti casi sarà accordato un accredito aggiunti-vo di contributi figurativi variabile tra i 6 e i 12mesi. La riforma prevede inoltre: a) per tutti ifuturi iscritti il diritto di accesso all’indennità didisoccupazione dopo che sia stato maturatoun biennio di iscrizione; b) il periodo di disoc-cupazione indennizzabile rapportato alle solegiornate contrattualizzate; c) l’introduzione diun termine per la richiesta dei ratei di disoc-cupazione.(da:www.inpgi.it/circolari/2005/inpgi_circolari-2005-ratifica-riforma-previden-ziale.htm)

NORMATIVA IN VIGORE OGGI - QUANDO SI HA DIRITTO

Le altre prestazioni erogate dall’Inpgi (dalla relazione della Corte dei Conti ai bilanci 2004 e 2005)

Oltre alle pensioni Ivs, che costituiscono laparte preponderante dell’attività istituzionale,la Gestione principale eroga, come già ricor-dato, una serie di altre prestazioni di caratte-re obbligatorio, quali indicate, con i corrispon-denti costi annui, nel prospetto n. 6.Gli altri contributi obbligatori (esclusi cioè

quelli per Ivs) ed il rispettivo gettito annuo so-no evidenziati nell’ulteriore prospetto (n. 7),dal quale risulta che il loro ammontare com-plessivo nel 2005 è aumentato del 13,1% ri-spetto al 2003, per effetto di incrementi che,seppur in varia misura, hanno interessato tut-te le tipologie di contribuzione.

A fine biennio l’ammontare complessivo del-le prestazioni elencate nel prospetto n. 6, èaumentato del 7,1% rispetto al 2003, con untasso annuo di crescita più elevato nel 2005(9,8% contro il 7,5% dell’esercizio preceden-te) a causa, prevalentemente, delle variazio-ni della spesa per i trattamenti di disoccupa-zione e della lievitazione degli oneri per il trat-tamento di fine rapporto, mentre minor pesoha avuto l’aumento della spesa per la cassaintegrazione guadagni straordinaria.Riguardo all’onere globale per le altre presta-zioni obbligatorie è da evidenziare che essoè imputabile, in larga, ma decrescente, misu-ra (dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),alla spesa complessivamente sostenuta pergli ammortizzatori sociali costituiti dal tratta-mento di disoccupazione e dalla Cigs, en-trambi tornati a crescere nel 2005 dopo laflessione registrata nell’esercizio precedente.Riguardo all’onere globale per le altre presta-zioni obbligatorie è da evidenziare che essoè imputabile, in larga, ma decrescente, misu-ra (dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),alla spesa complessivamente sostenuta per

Prospetto 6 (in migliaia di euro)

ALTRE PRESTAZIONI OBBLIGATORIE 2003 2004 2005Liquidazione in capitale 14 6 53Pensioni non contributive 158 165 170Assegni familiari 155 190 209Trattamenti disoccupazione 8.183 7.738 8.029Gestione infortuni* 1.554 2.153 2.222Fondo garanzia trattamento fine rapporto 696 568 1.097Assegni per cassa integrazione 590 359 501Indennità cassa integrazione 104 0 0contr. solidarietàIndennità di mobilità 8 0 0Totale 11.462 11.179 12.281

Prospetto 7 (in migliaia di euro)

ALTRI CONTRIBUTI OBBLIGATORI 2003 2004 2005Contributi Disoccupazione 15.947 17.029 17.629Contributi TBC anni precedenti* 38 32 15Contributi assegni familiari 487 516 534Contributi assicurazione infortuni 1.424 2.069 2.157Contributi mobilità 1.982 2.087 2.150Contributi fondo garanzia indennità anzianità 2.896 3.084 3.197Contributi di solidarietà 3.309 3.696 3.812Totale 26.083 28.513 29.494

*Nel 2005 tra i costi figura anche l’accantonamento al Fondo infortuni dell’avanzo economicodellaGestione, pari a mgl 737 di euro, accantonamento previsto dall’art. 6 della convenzione con laFnsi

* Il contributo dello 0,05% per la TBC è stato soppresso dall’1/1/2000 (art. 3 della L. 448/1998)

gli ammortizzatori sociali costituiti dal tratta-mento di disoccupazione e dalla Cigs, en-trambi tornati a crescere nel 2005 dopo laflessione registrata nell’esercizio precedente.Di questi solo il trattamento di disoccupazio-ne è finanziato da entrate contributive (il con-tributo, la cui aliquota è pari all’1,61%, è ver-sato dalle aziende a titolo di assicurazione didisoccupazione), mentre le indennità Cigs so-no a totale carico dell’Inpgi, così come, perquanto riguarda i prepensionamenti ex L.416/1981, gli oneri derivanti dall’accredito dicontributi figurativi (c.d. scivolo).Dal raffronto dei dati esposti nei prospetti n. 8e n. 9 risulta che, pur in presenza di un ana-logo andamento altalenante degli oneri so-stenuti per i due ammortizzatori sociali, nonsono variati nello stesso senso i rispettivi be-neficiari. Tale divergenza trova spiegazionenel fatto che l’entità degli oneri è determinatanon solo dal numero dei beneficiari, ma an-che dall’ammontare dei trattamenti liquidati edalla loro durata (sulla quale influiscono le in-terruzioni dei trattamenti per avvenuta rioccu-pazione dei beneficiari).

Prospetto 8 (in migliaia di euro)

TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005numero beneficiarionere complessivo 1.354 1.415 1.475

8.183 7.738 8.029

Prospetto 9 (in migliaia di euro)

CIGS 2003 2004 2005numero beneficiarionere complessivo 92 105 98

589 359 501

ri», che, in cambio, chiedo-no di aumentare il proprio“peso” nella governancedell’Inpgi.Sul punto, venerdì è attesoun incontro tra Damiano,Fnsi, Inpgi e Fieg.«E se ilveto dovesse proseguire -ha concluso Battafarano - ildicastero chiederà un pare-re al Consiglio di Statoper capire bene se e qualiprerogative ha il ministerovigilante per uscire dall’im-passe».

L.Ca.

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14 ORDINE 1- 2- 3 2007

Damiano blocca la riforma pensionistica e la delibera sul riassorbimento dei disoccupati perchéper lui è prioritario dare più posti alla Fieg nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto

Dal nostro corrispondente

Roma, 7 gennaio 2007. Ilministro del Lavoro, CesareDamiano, purtroppo èschierato dalla parte deglieditori. Così si spiega, dopole intese di fatto tra Fieg edFnsi, il “congelamento” del-la delibera n. 6/2005 e delladelibera n. 62/2006 relativealla riforma pensionistica eagli incentivi per l’assunzio-ne di giornalisti disoccupatie cassintegrati.

Il presidente dell’Inpgi,Gabriele Cescutti, nella let-tera 14 dicembre 2006, hatenuto un atteggiamento di-gnitoso e fermo, quando hascritto:“Onorevole Ministro, nel-l’incontro tenutosi mar-tedì sera 12 dicembrepresso il Suo Dicastero,Ella ha espresso l’avvisoche allo stato attuale nonsia possibile dar corso al-l’approvazione delle duedelibere adottate dal-l’Inpgi, aventi ad oggettola riforma del nostro si-stema previdenziale ed ilriassorbimento dei disoc-cupati e dei cassaintegra-ti. E ciò in quanto non si èraggiunto un accordo peril riproporzionamento del-la rappresentanza dellaFieg in seno agli Organideliberativi dell’Istituto;accordo che porterebbealla risoluzione conte-stuale delle problemati-che Inpgi. Lei ha anche di-chiarato che, in assenzadi intese tra le parti (cheElla caldeggia e che au-spica possano essere alpiù presto raggiunte al ta-volo da Lei aperto) si ri-serva di avanzare unaSua proposta, al fine dipervenire comunque allaridefinizione dell’assettodel Consiglio di ammini-strazione dell’Inpgi. Nelmio intervento ho assicu-rato che l’Ente è disponi-bile a discutere il proble-ma e a trovare una solu-zione condivisa con le al-tri parti coinvolte, purchéil confronto non sia postoin relazione con la que-stione affatto diversa del-l’approvazione delle deli-bere adottate dall’Inpgi, lequali dovrebbero essereliberate in via prelimina-re”.

Nella prima settimana del-l’anno i contatti tra l’Inpgi eil ministero del Lavoro sonostati frenetici.L’incontro ufficiale era previ-sto per il 12 gennaio (traDamiano e le delegazioni diFnsi, Inpgi e Fieg), ma èslittato. Cescutti difficilmen-te potrà resistere visto cheanche la Fnsi punta all’ac-cordo con l’obiettivo disbloccare le trattative sulcontratto.I giornalisti perderanno ilcontrollo del loro Istituto eanche del Servizio Ispettivo,che tanti dolori ha dato ne-gli ultimi anni (con la gestio-ne Calzolari) a Rai ed edi-tori? Vedremo.

F. de B.

La vicenda in tre lettere

INPGI

1. Lettera (29 novembre 2006-5724/sy) del direttore generale del Lavoro al presidente e al direttore generale Inpgi. Queste le richieste dellaFieg in tema di riforma pensionistica e di incentiviper l’assunzione di giornalisti disoccupati.

OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006del C.d.A.

In relazione al tavolo tecnico svoltosi in data 20 ottobre u.s., si rende noto chein data 31 ottobre è pervenuta alla scrivente una nota della Fieg relativa allaposizione della Federazione sulla delibera n. 6/2005 adottata dal Consiglio ge-nerale dell’Inpgi, nonché sulla delibera n. 62/2006 adottata dal C.d.A. ineren-te agli incentivi per l’assunzione di giornalisti disoccupati. Nella nota a firmadel vice direttore generale avv. Giancarlo Zingoni la Fieg precisa:• relativamente alla riforma del trattamento pensionistico: “la delibe-ra ... deve essere modificata prevedendosi: a) la decorrenza degli effet-ti della riforma del 1 ° gennaio 2006 facendo salve le posizioni pensionistichedei giornalisti ai quali è stato erogato il trattamento nel periodo decorrente dal1 ° gennaio medesimo alla data di approvazione della delibera dal parte delministero del Lavoro; b) eliminazione dei commi 8 bis degli articoli 7 e 8 delnuovo testo regolamentare relativi all’abbattimento dello 0,5% per ogni annodi integrazione concesso sulle pensioni di vecchiaia anticipata ex art. 37 dellalegge 416/81 (prepensionamenti), da applicare anche quando gli iscritti ab-biano raggiunto i requisiti di età e contributivi minimi per la liquidazione dellapensione di vecchiaia anticipata ovvero per la pensione di anzianità”;• relativamente agli incentivi per l’assunzione dei giornalisti disoc-cupati: “la delibera deve essere modificata nel senso di prevedere:a) l’applicazione dei benefici ai giornalisti assunti ex artt. 1, 2, 12 e 35;b) riconoscimento, per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con con-tratto a tempo indeterminato, del beneficio indipendentemente dal collega-mento con nuove iniziative editoriali;c) l’eliminazione della condizione di iscrizione nelle liste dei disoccupati per unperiodo di almeno 6 mesi;d) la conferma della misura del contributo previsto dalla delibera in esame (eu-ro 2,88 settimanali), anche in presenza di variazioni legislative sui regimi di in-centivazione. Tale misura deve inoltre essere confermata sino a scadenza deicontratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato ancora in es-sere in applicazione del regime di incentivazione esaurito nel luglio 2005”.Nonostante la formale richiesta formulata al tavolo tecnico e condivisa dai par-tecipanti, nulla è invece finora pervenuto da parte della Fnsi.Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) deld.lgs 509/1994.

IL DIRETTORE GENERALE (dr.ssa Maria Teresa Ferraro)

2. Lettera (7 dicembre 2006-24/IX/0008972) del direttore generale del Lavoroal presidente e al direttore generaleInpgi. La Fnsi concorda con i suggerimenti tecnici avanzati dalla Fieg.

OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006del C.d.A.

Si fa seguito alla nota n. 5724/DG del 29 novembre u.s. per fornire a codestoIstituto le valutazioni della Federazione nazionale della stampa italiana, per-venute con nota prot. n. 2222 del 6 dicembre c.m., a firma del segretario ge-nerale, relativamente alle richieste avanzate dalla Federazione italiana editorigiornali sui contenuti delle delibera Inpgi di cui all’oggetto.In particolare, la citata Fnsi rappresenta: “Per quanto riguarda lariforma regolamentare del trattamento pensionistico si conviene sul-le seguenti richieste:1. decorrenza degli effetti della riforma dal 1° gennaio 2006, facendo salve leposizioni pensionistiche dei giornalisti ai quali sia stato erogato il trattamentonel periodo decorrente dal 1° gennaio 2006 alla data di approvazione mini-steriale della delibera stessa.2. eliminazione dei commi 8 bis degli articoli 7 e 8 del testo di riforma relativiall’abbattimento dello 0,5 % per ogni anno di integrazione concesso sulle pen-sioni di vecchiaia anticipata ai sensi dell’articolo 37 della legge 416/81, da ap-plicare anche nei casi di raggiungimento da parte degli iscritti dei requisiti d’etàe contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia anticipataovvero per la pensione dì anzianità.Per quanto riguarda la delibera sugli incentivi per l’assunzione deigiornalisti disoccupati, si conviene sulle seguenti richieste:1. applicare i benefici ai giornalisti assunti ex articolo 1, 2 (collaboratori fissi),2, 12 (corrispondenti) e 35 (praticanti) del Contratto nazionale di lavoro gior-nalistico e ai sensi dell’articolo 2 del Contratto nazionale di lavoro per i gior-nalisti dell’emittenza locale.2. riconoscere anche per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con con-tratto a tempo indeterminato, il beneficio indipendentemente dal collegamen-to con le iniziative editoriali.3. Confermare la misura del contributo prevista (euro 2,88 a settimana) anchein presenza di modifiche legislative inerenti i regimi di incentivazione, sino al-la scadenza dei contratti a termine trasformati in contratti a tempo indetermi-nato, che siano ancora in essere in applicazione del regime di incentivi termi-nato nel luglio 2005”.Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) delDLgs 509/1994.

IL DIRETTORE GENERALE (dr.ssa Maria Teresa Ferraro)

3. Lettera (14 dicembre 2006 - n. 479) del presidente dell’Inpgi al ministro del Lavoro:“Le parti sociali concordano: le due delibere (pensioni e incentivi) possono essere varate. Siamo pronti a discutere gli assetti degli organi di gestione, ma la richiesta della Fieg non può bloccarel’applicazione delle delibere. Il congelamento provoca ‘seri danni’ all’Istituto”.

Onorevole Ministro, nell’incontro tenutosi martedì sera 12 dicembre pressoil Suo Dicastero, Ella ha espresso l’avviso che allo stato attuale non sia pos-sibile dar corso all’approvazione delle due delibero adottate dall’Inpgi, aventiad oggetto la riforma del nostro sistema previdenziale ed il riassorbimento deidisoccupati e dei cassaintegrati. E ciò in quanto non si è raggiunto un accor-do per il riproporzionamento della rappresentanza della Fieg in se-no agli Organi deliberativi dell’Istituto; accordo che porterebbe alla riso-luzione contestuale delle problematiche Inpgi.Lei ha anche dichiarato che, in assenza di intese tra le parti (che Ella caldeg-gia e che auspica possano essere al più presto raggiunte al tavolo da Lei aper-to) si riserva di avanzare una Sua proposta, al fine di pervenire comunque al-la ridefinizione dell’assetto del Consiglio di amministrazione dell’Inpgi.Nel mio intervento ho assicurato che l’Ente è disponibile a discutere il proble-ma e a trovare una soluzione condivisa con le altri parti coinvolte, purché ilconfronto non sia posto in relazione con la questione affatto diversa dell’ap-provazione delle delibere adottate dall’Inpgi, le quali dovrebbero essere libe-rate in via preliminare.A tale riguardo mi permetto di avanzare le seguenti considerazioni,chiedendoLe la cortesia di valutarle.Il Direttore generale della Previdenza del Suo Dicastero ha recentemente in-viato all’Inpgi due note con le quali comunica le posizioni assunte dalle Partisociali in ordine alla riforma previdenziale proposta dall’Ente e al provvedi-mento avente ad oggetto gli sgravi contributivi in favore delle aziende che as-sumano giornalisti disoccupati.Su entrambi i provvedimenti, la Fieg (nel testo riportato nelle pre-dette note) propone solamente alcuni suggerimenti tecnici sui qualila Fnsi concorda.A me sembra, quindi, che si sia realizzata la fattispecie delineata dall’art. 3,comma 2, lettera b), del decreto legislativo 509/94, vale a dire che siano sta-te espresse le determinazioni volute dalla legge.A tal proposito, il decreto citato non contempla specifiche modalità con le qua-li le Parti sociali debbano formalizzare le proprie posizioni. Pertanto, a mio pa-rere, deve ritenersi a tutti gli effetti valida ed efficace ogni manifestazione del-la volontà, chiaramente riconducibile ai soggetti in questione, che esprima in

termini inequivocabili la rispettiva posizione sulla specifica materia della rifor-ma previdenziale dell’Ente.In tal senso, quindi, le comunicazioni della Fieg e della Fnsi costituisconoespliciti atti dichiarativi di adesione ai contenuti del progetto di riforma, sebbe-ne subordinati all’adozione di alcune modifiche, che l’Inpgi si impegna fin d’o-ra a recepire.Per quanto concerne, invece, le riserve formulate dalla Fieg (relative all’esi-genza di modificare l’attuale composizione degli Organi di amministrazionedell’Istituto) ritengo che queste costituiscano un elemento di discussione deltutto separato ed avulso dall’esame di merito del provvedimento di riforma del-le prestazioni previdenziali ed assistenziali dell’Inpgi e che pertanto non nedebbano condizionare l’approvazione.A tal proposito sono convinto che il legislatore, nell’attribuire un ruolo alle de-terminazioni delle Parti sociali in materia di prestazioni e contributi, abbia in-teso realizzare un loro coinvolgimento sulla materia, al fine di consentire alleParti medesime il controllo sulla sostenibilità del costo del lavoro, chiaramen-te influenzabile da un sistema previdenziale fuori misura o da immotivate ri-chieste di aumento della contribuzione.Conseguentemente ogni esercizio di tali funzioni ad opera delle Parti sociali,che non sia strettamente ispirato alle finalità per le quali le stesse sono istitu-zionalmente attribuite, costituirebbe una distorsione degli strumenti legislativi.Per i motivi esposti, ed in relazione ai seri danni che il “congela-mento” della nostra riforma sta provocando alla sostenibilità finan-ziaria del nostro sistema previdenziale, l’Ente ritiene di dover proce-dere (salvo Suo diverso avviso) al recepimento dei suggerimenti for-mulati dalle Parti sociali, adottando in via definitiva - in una prossi-ma riunione del Consiglio di amministrazione - le due delibere rela-tive alla riforma previdenziale e agli sgravi contributivi in favore del-le aziende che assumano giornalisti disoccupati ed inviandole quin-di sollecitamente all’approvazione del Suo Ministero.

La ringrazio per l’attenzione e in attesa di un Suo gentile riscontro La salutocon viva cordialità.

Gabriele Cescutti

Ed ecco le tre lettere tra ministero del Lavoro ed Inpgi e tra Inpgi e ministro

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15ORDINE 1- 2- 3 2007

Milano, 13 dicembre2006. Raggiunta un’intesasul Tfr, il trattamento di finerapporto, ma rimane la chiu-sura, da parte degli editori,sul contratto. La Federazionenazionale della stampa(Fnsi) e quella degli editori(Fieg) hanno, infatti, raggiun-to un accordo sul trasferi-mento del Tfr di tutti i giorna-listi contrattualizzati al fondodi previdenza complementa-re della categoria. L’intesa trale due delegazioni è stata si-glata ieri al ministero delLavoro alla presenza del mi-nistro Cesare Damiano.Nell’annunciare la notizia,però, la Fnsi ha sottolineatoche «permangono purtroppole inconcepibili chiusure del-

Giornalisti:accordo sul Tfr all’Inpgi la Fieg all’apertura delle trat-tative contrattuali e alla ap-provazione definitiva dellariforma dell’Inpgi».Nell’incontro, al quale ha par-tecipato il presidente del-l’Inpgi Gabriele Cescutti, ilministro Damiano «ha an-nunciato - si legge in una no-ta della Federazione dei gior-

F O N D O C O M P L E M E N T A R E

Tfr, le istruzioni di Marina CosiRoma, 31 gennaio 2007. Il sito del mini-stero del Lavoro (www.lavoro.gov.it) pubbli-ca il testo dei decreti interministeriali cheprevedono tra l’altro le modalità di espres-sione della volontà del lavoratore circa ladestinazione del Tfr maturando. In materia,i decreti in questione individuano, altresì,degli specifici moduli da compilare da par-te dei dipendenti e che prevedono le varieopzioni esercitabili per la destinazione delTfr maturando. Tali moduli compiono rispet-tivamente riferimento ai dipendenti assuntientro il 31 dicembre 2006 (Tfr1) ed a quel-li assunti dopo il 31 dicembre 2006 (Tfr2).Per i lavoratori che successivamente al 31dicembre 2006 e prima della data di pub-blicazione del decreto abbiano già manife-stato al datore di lavoro la volontà di con-ferire il Tfr ad una forma pensionistica com-plementare, è salvaguardata la decorrenzadegli effetti dalla data della scelta già com-piuta a condizione che, tale scelta, vengaconfermata mediante la compilazione delmodulo Tfr1 o Tfr2, conferma che deve es-sere effettuata entro 30 giorni dalla pubbli-cazione del decreto. Tale pubblicazione èattesa ad ore.In alcune sezioni dei suddetti moduli alle-gati al decreto, è presente la dicitura“Allega: copia del modulo di adesione”. Talemodulo dovrà essere compilato SOLO daigiornalisti non iscritti al Fondo.

MODULI MINISTERIALI SU TFR E PRE-VIDENZA COMPLEMENTARE, COMECOMPILARLI PER EFFETTUARE O PERCONFERMARE LA SCELTA DI DESTINA-ZIONE

Comunicato di Marina Cosi, vicepresiden-te del Fondo di Previdenza complementaredei giornalisti italiani (Fpcgi):

Decreti attuativi della legge finanziaria 2007 in tema di Tfr e moduli per la scelta di conferimento del Tfr

Venendo ai moduli ufficiali, quello denominato “TFR1” si riferisce alla stragrande maggio-ranza dei colleghi: gli assunti fino a tutto il 2006. Delle quattro sezioni previste solo le pri-me tre riguardano i giornalisti.“Tfr1- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post ‘93”, ossia tutti quelli che hanno iniziato a la-vorare (Inpgi o Inps non importa) dopo il 28 aprile 1993, e prevede che si scelga di con-ferire integralmente il tfr maturando (prima opzione) al Fondo oppure (seconda opzione)all’Azienda/Inps. Si allega il “modulo d’adesione” debitamente compilato.“Tfr1- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante ‘93”, ossia tutti quelli che già lavoravano pri-ma del 29 aprile 1993, e consente di scegliere fra destinare il Tfr maturandoall’Azienda/Inps (prima opzione) oppure di conferire integralmente il tfr maturando al Fondo(seconda opzione). In quest’ultimo caso il Tfr maturando confluisce nel comparto cui il col-lega è già iscritto, a meno che non venga espressamente data una diversa indicazione (intal caso va scaricato dal sito del Fondo il relativo modello, compilato ed allegato).“Tfr1- Sezione 3”. Riguarda chi, pur avendo già un rapporto di lavoro anteriore al 29 apri-le 1993, tuttavia non s’era iscritto al Fondo entro il 31 dicembre 2006. Essi possono sce-gliere fra tre opzioni, nell’ordine:

1° - lasciare il 100% del Tfr maturando in Azienda/Inps;2° - inviare al Fondo una quota di Tfr pari a quella prevista dal Cnlg (ovvero pari aldoppio del contributo a carico dell’azienda) e il rimanente Tfr lasciarlo inAzienda/Inps;3° - destinare l’intero Tfr al Fondo. Anche in questo caso si allega il “modulo d’a-desione”.

Invece nel modulo ufficiale “Tfr2”, che riguarda i lavoratori assunti a partire dal 1°gennaiodi quest’anno, i giornalisti devono effettuare la scelta tra la sezione 1 e la sezione 2.

“Tfr2- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post 93” che possono optare tra il conferimento in-tegrale al Fondo o lasciare il Tfr maturando in Azienda/Inps.

“Tfr2- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante 93” che possono optare fra tre scelte:

1° - 100 del Tfr per l’Azienda/Inps;2° - 2% Tfr al Fondo e il restante all’Azienda/Inps;3°- 100 del Tfr al Fondo.

Se si rendessero necessarie ulteriori precisazioni, verranno tempestivamente comunicateoltre che pubblicate sul sito www.fondogiornalisti.it

Si informano i colleghi che questo comunicato e le stesse informazioni pratiche e aggior-nate sul Tfr al 31 gennaio 2007 si trovano sul sito del Fondo Complementare www.fondo-giornalisti.it in Comunicazioni e nel settore Iscritti alla voce Modulistica. (da www.fnsi.it)

“Allegati ai decreti ufficiali, pubblicati il 31gennaio sul sito del ministero del Lavoro, visono due moduli: uno destinato a chi co-mincia a lavorare dal 2007 (mod Tfr2) eduno per tutti gli altri (Tfr1). Sono scaricabilianche attraverso il nostro sito www.fondo-giornalisti.it. Tuttavia, non essendo i testiministeriali per così dire di semplicissimalettura, può essere utile qualche indicazio-ne.Premessa: non diversamente dagli altri la-voratori, i colleghi dipendenti, a tempo in-determinato o determinato, pieno o parzia-le, professionisti, praticanti e pubblicisti, so-no chiamati dalla legge 252 ad esprimereuna scelta sulla destinazione del proprioTfr (che matura dal primo gennaio di que-st’anno; invece quello maturato preceden-temente è e resta in azienda). Moltissimigiornalisti hanno già optato, chi destinandoil Tfr all’Azienda/Inps, chi indirizzandolo alFondo di categoria (o ad un fondo Aperto oa un Pip). Lo hanno fatto compilando unostampato standard scaricato dal sito o for-nito dall’azienda e consegnandolo a que-st’ultima. Giacché, i colleghi avevano se-gnalato il comparto di destinazione e si era-no premurati di effettuare la scelta entro ilmese di gennaio. Adesso tutti i lavoratorisono chiamati dalla legge a confermare ladecisione presa, ricompilando il modulo uf-ficiale entro 30 giorni dalla sua prossima edefinitiva pubblicazione sulla GazzettaUfficiale (cioè presumibilmente entro i primidi marzo). Siccome si tratta di una confer-ma, restano valide sia l’opzione sia la dataindicate sullo stampato standard: basta tra-scriverle sul modulo ministeriale, allegare il“modulo di adesione” laddove indicato econsegnare il tutto all’azienda, la quale,compilata la parte di propria competenza,provvederà alla consegna.

nalisti - che il tavolo di con-fronto sulla previdenza pro-seguirà nonostante la Fnsi el’Inpgi abbiano respinto le ri-chieste degli editori.Quelle cioè di condizionarelo sblocco delle delibere sul-la previdenza e sugli sgravicontributivi dei disoccupati alriequilibrio della presenza dieditori e giornalisti nel Cdadell’Inpgi stesso con un au-mento dei rappresentantidella Fieg».Il ministro, ha aggiunto laFnsi, «ha annunciato anchela convocazione di un tavolodi confronto sul mercato dellavoro giornalistico, sul pre-cariato e sugli ammortizzato-ri sociali». (Fonte “Il Sole 24Ore” del 13 dicembre 2006)

La prescrizione del credito contributivo delle Casseè regolata dalla legge 335/95 e non va al di là dei 5 anni

Sentenza della Cassazione in www.previdenza-professionisti.it

Con la sentenza n.20343/2006, depositata il 27giugno 2006, la SupremaCorte di Cassazione, Se-zione Lavoro, è nuovamenteintervenuta sul tema dellaprescrizione dei contributi,degli accessori e delle san-zioni dovute agli enti previ-denziali privatizzati. Nellaspecie, si trattava di sanzionidovute alla Cassa Forenseper l'omessa comunicazionedell’ammontare del redditoprofessionale da parte di uniscritto con riferimento aglianni 1992 e 1993, sanzioniper le quali la Cassa Forenseaveva notificato una cartellaesattoriale successivamenteopposta per la dedotta inter-venuta prescrizione quin-quennale del credito dell’en-te previdenziale.La problematica della pre-scrizione dei contributi, degliaccessori e delle sanzionidovute agli enti previdenzialiprivatizzati concerne, in pri-mo, luogo l’individuazionedella normativa di riferimen-to, in quanto gli ordinamentiprevidenziali dei singoli entidi previdenza (Cassa Foren-se, Cassa Commercialisti,

Inarcassa, Cassa Ragionieri,Cassa Geometri, Inpgi, ecc.ecc.) contemplano specifichenorme in tema di prescrizio-ne che prevedono un termi-ne decennale della prescri-zione e una decorrenza dellamedesima fissata in coinci-denza con l’invio, da partedell’obbligato, della comuni-cazione obbligatoria annualedei redditi e dei volumi d’affa-ri prodotti.Nel surriferito quadro norma-tivo, è intervenuto il Le-gislatore del 1995, con la leg-ge n. 335/95 di riforma del si-stema pensionistico obbliga-torio e complementare, pre-vedendo, ai commi 9 e 10dell’art. 3, che tutti i contribu-ti di previdenza e assistenzasociale obbligatoria si pre-scrivono e non possono piùessere versati con il decor-so di 5 anni.Si è posta e tuttora si pone laquestione dell’applicabilitàdelle norme di cui alla leggen. 335/95 in tema di prescri-zione agli enti previdenzialiprivatizzati, soprattutto in re-lazione alla prassi di alcuniimportanti enti del comparto(Inarcassa e Cassa Forense)

di applicare la propria nor-mativa speciale sui terminiprescrizionale, considerandola medesima non abrogatadalle disposizioni richiamatedella legge n. 335/95.

La Suprema Corte, con lasentenza in commento, po-nendosi nel solco di unaconsolidata giurispruden-za di legittimità ha ribaditol’applicabilità delle dispo-sizioni in tema di prescri-zione di cui alla legge n.335/95, agli enti previden-ziali privatizzati. In tal sen-so ha richiamato le prece-denti decisioni nn.5522/2203 e 6340/2005 rife-rite a Cassa Forense, la pri-ma e a Cassa Geometri laseconda.In effetti la Suprema Corte diCassazione, in questa mate-ria, non ha mostrato mai al-cun genere di tentennamen-to avendo costantemente af-fermato l’applicabilità deicommi 9 e 10 dell’art. 3 dellalegge n. 335/95 agli enti pre-videnziali privatizzati, sia sot-to il profilo del termine di pre-scrizione applicabile (si vedain tal senso la già richiamata

Cass. Civ. Sez. Lav. n.5522/2003 nonchè Cass.Civ.Sez. Lav. n. 20343/2006 og-getto del presente commen-to), sia sotto il profilo dell’irri-cevibilità dei contributi pre-scritti (si vedano, sul puntoCass. Civ. Sez. Lav. nn.2760/2006, 24863/2005,6340/2005, 23116/2004,9408/2002, 9525/2002,330/2002, 11140/2001).Con la sentenza n.20343/2006, la SupremaCorte di Cassazione ha po-sto in rilievo, tuttavia, un’im-portante distinzione, preci-sando che, sia le disposizio-ni di cui ai commi 9 e 10 del-l’art. 3 della legge n. 335/95che quelle di cui alle normespeciali dei singoli ordina-menti previdenziali degli entiprivatizzati concernenti laprescrizione non riguardanole sanzioni per il tardivo o perl’omesso invio delle comuni-cazioni reddituali.Il sistema della riscossionedei contributi degli enti previ-denziali privatizzati è fondato,infatti, sull’autodichiarazionedei redditi e dei volumi d’affa-ri da parte del professionistaentro un termine che gene-

ralmente è fissato in riferi-mento alla scadenza del ter-mine per la presentazionedella dichiarazione fiscale. Latardiva/omessa comunica-zione dei dati reddituali al-l’ente di previdenza compor-ta l’applicazione di una san-zione (qualificata dalla giuri-sprudenza di legittimità comesanzione amministrativa).Gli enti previdenziali dei libe-ri professionisti hanno gene-ralmente applicato a tali san-zioni lo stesso regime dellaprescrizione previsto per icontributi (5 o 10 anni decor-renti dall’invio della comuni-cazione reddituale da partedel professionista).

La sentenza n. 20343/2006,invece, partendo dalla con-siderazione per cui la san-zione per tardiva omessacomunicazione dei datireddituali non assume va-lenza accessoria rispettoai contributi, ha ritenutoche alla stessa non sia ap-plicabile il regime dellaPrescrizione di cui all’art.19 della L. n. 576/1980 (ana-logo ad altre disposizioni

in tema di prescrizione pre-senti in altri Ordinamenti li-bero professionali), il cui ti-tolo recita: “Prescrizionedei contributi” ma quello dicui all’art. 28 della legge n.689/81.In tale prospettiva, il termi-ne di prescrizione risultaquinquennale (cioè lo stes-so previsto dall’art. 3 com-mi 9 e 10 della L. n. 335/95)ma tale termine decorredalla commessa infrazionee non già, come prevede-rebbero le norme specialidegli enti previdenziali pri-vatizzati, dalla data di inviodella comunicazione reddi-tuale.Per fare un esempio, ovela scadenza per l’invio del-la comunicazione reddi-tuale del 1993, fosse il30/9/1993 e la stessa fossestata concretamente invia-ta solo nel 2005, la sanzio-ne, seguendo la linea in-terpretativa di Cass. Civ. n.20343/2006, risulterebbeprescritta, mentre, seguen-do l’impostazione sin quiseguita dagli enti previ-denziali privatizzati, risul-terebbe tuttora esigibile.

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16 ORDINE 1- 2- 3 2007

Radiato Gianni Gambarotta (direttore del ha incassato 30 mila euro da Gianpiero Fior

D E L I B E R E D I S C I P L I N A R IL’intera delibera è in www.odg.mi.it

Milano, 14 dicembre 2006. Il Consiglio dell’Ordine dei giorna-listi della Lombardia, al termine di un’istruttoria durata 6 mesi,ha deliberato di infliggere la sanzione della radiazione al gior-nalista professionista Giovanni (Gianni) Gambarotta, direttoreresponsabile del settimanale Il Mondo. Dice l’articolo 55 dellalegge professionale 69/1963: “La radiazione può essere di-sposta nel caso in cui l’iscritto con la sua condotta abbia gra-vemente compromesso la dignità professionale fino a rendereincompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’al-bo, negli elenchi o nel registro”.Dalla documentazione consegnata dal Cdr di Rcs Periodici (iverbali di interrogatorio del 4 e del 5 gennaio 2006 diGianfranco Boni e Gianpiero Fiorani) sono emersi elementi,che riguardano la posizione di Giovanni (Gianni) Gambarotta.Il 4 gennaio 2006 Gianfranco Boni, direttore finanziario dellaBpL dichiara ai sostituti procuratori della Repubblica FrancescoGreco ed Eugenio Fusco: “Il secondo episodio di dazione didenaro con i fondi neri dell’amministratore delegato cui ho as-sistito non riguarda un pagamento di un uomo politico bensìad un giornalista tale GAMBAROTTA direttore del MONDO.Ricordo che mi trovavo da FIORANI quando MONDANI an-nunciò l’arrivo di GAMBAROTTA ed in particolare ricordo cheFIORANI tirò 4 accidenti e disse “gli devo dare dei soldi”. Nonho idea del motivo del pagamento e non so se il GRUPPO ab-bia pagato altri giornalisti per una buona stampa”.Il 5 gennaio 2006 Gianpiero Fiorani, a.d. della BpL dichiara aisostituti procuratori della Repubblica Francesco Greco, GiuliaPernotti ed Eugenio Fusco: “Ho pagato, utilizzando la provvi-sta “SPINELLI” il giornalista GAMBAROTTA, direttore del pe-riodico “IL MONDO”. Credo di avergli dato 30.000,00 euro. Laragione della dazione era nell’ottenere un atteggiamento di be-nevolenza dal direttore di questa testata”.Su queste basi, il Consiglio, nella seduta dell’11 luglio 2006,aveva deliberato l’apertura del procedimento disciplinare.Questa delibera, che è un “provvedimento limitativo della sfe-ra giuridica dei privati”, “acquista efficacia nei confronti di cia-scun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata”(art. 21-bis della legge 241/1990 ed “i provvedimenti ammini-strativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia di-versamente stabilito dalla legge o dal provvedimento medesi-mo” (art. 21-quater della legge 241/1990). La delibera per lasua natura amministrativa è, quindi, di immediata esecutività.Va rilevato, infine, che l’incolpato e il difensore (nominato il 3 ot-tobre 2006) non hanno utilizzato l’art. 116 del Cpp in base alquale avrebbero potuto chiedere copia dei verbali di Fiorani eBoni. Non solo: il Corriere della Sera (fratello maggiore delMondo) del 13 maggio 2006 ha pubblicato il verbale Fiorani.Gianni Gambarotta non ha promosso alcuna iniziativa giudi-ziaria contro il quotidiano, che, secondo il suo assunto, avreb-be utilizzato un atto secretato. Gianni Gambarotta, inoltre, nonha avviato alcuna iniziativa legale contro Fiorani e Boni. Conquesto comportamento ha implicitamente ammesso di avereincassato i 30mila euro da Fiorani. Gambarotta evidentemen-te ha avvertito il peso della sconfessione operata nei suoi ri-guardi dal giornale più eminente della sua stessa casa editri-ce. Il Corriere della Sera, pubblicando il verbale Fiorani, indi-

rettamente ne ha ammesso il fondamento anche per quantoconcerne l’accusa al direttore del settimanale più prestigiosodel gruppo.A questo punto il Consiglio ritiene di dovere affermare le re-sponsabilità gravissime di Gianni Gambarotta: i 30mila euro, ri-cevuti da Fiorani (presente Boni), sono il prezzo di una corru-zione atipica, non penalmente rilevante, trattandosi di un ne-gozio tra privati. Con questo comportamento Gambarotta hatradito il suo collettivo redazionale, il suo editore, i suoi lettori.Le dichiarazioni di Boni e Fiorani formano un incastro accusa-torio solido e inattaccabile. È evidente che è Boni ad anticipa-re il 4 gennaio 2006 le accuse di Fiorani (del 5 gennaio 2006)e non viceversa. Gianni Gambarotta ha “gravemente com-promesso la dignità professionale fino a rendere incom-patibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’alb”.Anche la testimonianza di Elli è rilevante al fine di comprende-re il comportamento amichevole di Gambarotta nei riguardi diFiorani.Gambarotta rivendica come merito la “conclusione di due “pac-chetti” di abbonamenti a il Mondo con la Banca popolare diLodi nel 2002 e 2004 da parte di Rcs Periodici. Rientra a pie-no titolo - in quanto tale - nei miei compiti di direttore respon-sabile, e che deve essere inquadrata nel mio impegno com-plessivo dedicato, in tutti questi anni, al salvataggio e al rilan-cio di una testata storica del giornalismo italiano”. Il direttore fail direttore: “Oltre all’obbligo del rispetto della verità sostanzialedei fatti con l’osservanza dei doveri di lealtà e di buona fede, ilgiornalista, nel suo comportamento oltre ad essere, deve an-che apparire conforme a tale regola, perché su di essa si fon-da il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa” (App. Milano,18 luglio 1996; Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli;Foro It., 1997, I, 938). La deontologia professionale - che vin-cola anche l’editore - non prevede per i giornalisti l’esercizio diruoli di natura commerciale. La legge professionale n. 69/1963,con l’articolo 1 (3° comma), impone ai giornalisti professionistidi svolgere la professione “in modo esclusivo e continuativo”. Iprofessionisti non possono fare i procacciatori di affari (= ab-bonamenti) per conto dell’editore. Un direttore responsabile,che si dedica alla caccia di abbonamenti, rischia di subire pe-santi condizionamenti e di compromettere l’autonomia del suocollettivo redazionale salvaguardato dagli articoli 1 e 6 delCnlg. Questi accordi, propri dell’Ufficio marketing della Rcs enon confacenti per il direttore responsabile di una testata, so-no stati firmati in una fase successiva al dossier su Fiorani co-struito da Stefano Elli, dossier stoppato, come è emerso, daldirettore sulla base di un veto dell’ufficio legale di Rcs.Gambarotta non ha spiegate quante altre volte abbia fatto ri-corso alle consulenze dell’Ufficio legale di Rcs. È ipotizzabileche Fiorani si sia sdebitato prima con la sottoscrizione degli ab-bonamenti e poi con la elargizione dei 30mila euro. Nel 2005,soprattutto quando si manifesta la scalata di Ricucci, anche ilMondo comincia a prendere le distanze dal duoFiorani&Ricucci nonché dal Governatore Fazio, seguendo lascia della corazzata Corriere della Sera, e, quindi, una sceltaeditoriale di fondo della Rcs. È una scelta, quindi, cheGambarotta subisce. Gambarotta cita a sua difesa una coper-

tina del Mondo dal titolo “Bankitalia contro Fazio” pubblicata il3 giugno 2005. Domenica 22 maggio 2005 il Corriere dellaSera non era uscito per uno sciopero dei giornalisti. Alla mani-festazione di protesta hanno aderito anche i redattori diCorriere.it. In un comunicato del Comitato di redazione si spie-gano le ragioni: “A una minaccia esterna crescente che ognigiorno occupa le cronaca di Borsa non corrisponde unacapacità di difesa dell’azienda. Il rastrellamento di azionida parte di Stefano Ricucci, in assoluta mancanza di tra-sparenza, alimenta inquietudini. Quanto accade nel mer-cato dimostra che il corretto funzionamento del Corriere,già di per sé difficile, può essere messo in pericolo nono-stante gli impegni di stabilità assunti, negli ultimi giorni,dai membri del patto di sindacato RCS MediaGroup… Dipari passo il management, con accanimento che appareottuso e burocratico, rifiuta al funzionamento del giornalele risorse indispensabili, in uomini e mezzi, perché ilCorriere possa difendersi e onorare il primato in edicola”.Il Cdr ha chiesto al presidente del gruppo”di separare conchiarezza e con atti formali il giornale dall’azionariato, da-gli interessi degli azionisti e da possibili incursioni di rai-der. Questo, stante la situazione proprietaria, è indispen-sabile per assicurare ai lettori, con l’impegno dei giornali-sti, il mantenimento dell’autorevolezza, dell’indipendenzae della credibilità del Corriere ogni giorno”. (inwww.odg.mi.it/docview.asp?DID=1894 e anche a pagina266 del II volume del Codice dell’informazione e delle comu-nicazione, edito nell’aprile 2006 dal Centro di documentazionegiornalistica di Roma, a firma Franco Abruzzo). La copertinadel Mondo, quindi, non è un merito, ma un atto doveroso deldirettore del Mondo in difesa dell’autonomia dei Rcs MediaGroup.

Il Consiglio sottolinea che Gianni Gambarotta nella lettera/me-moria del 12 giugno si dice “del tutto ignaro del contenuto diquegli atti”, cioè dei verbali di interrogatorio di Gianfranco Bonie Gianpiero Fiorani. Ne era, invece,a conoscenza, come èemerso dall’istruttoria, sin dal 23/24 maggio precedente e ave-va confessato ad alcuni colleghi di essere anche preoccupato.In particolare il giornalista professionista Gambarotta :

a. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la pro-fessione (articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamentodella professione di giornalista), assoggettando la sua li-bertà di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazio-ne del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione);

b. ha violato il principio dell’autonomia professionale (afferma-to dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendocosì meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampae i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);

c. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’Ordineprofessionale (articolo 48 della legge professionale69/1963).

d. ha violato la Carta dei doveri del giornalista del 1993 nel-la parte in cui afferma: “La responsabilità del giornalista ver-so i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra.Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri...”.

Consiglio nazionale:sospesa la radiazionedi Gianni GambarottaRoma, 13 febbraio 2007. Il Consiglio nazionale ha ac-colto l’istanza di sospensiva del provvedimento di ra-diazione adottato dall’Ordine di Milano nei confrontidel giornalista professionista Gianni Gambarotta.

Milano, 25 gennaio 2007.Pubblichiamo il pareresul ricorso presentatodal giornalista Giovanni(Gianni) Gambarotta av-verso la delibera discipli-nare del consiglio Re-gionale dell’Ordine deigiornalisti della Lombar-dia adottata in data 11 di-cembre 2006.

Il Procuratore generalePresso la Corte d’Appello diMilano, in persona del sosti-tuto, dott.ssa Maria Anto-nietta Pezza;letta la delibera in oggettocon la quale è stata applica-ta al giornalista GiovanniGambarotta, già direttore re-sponsabile del periodico IlMondo, la sanzione della ra-diazione per violazione degliartt. 2, 48 della legge profes-sionale (n. 69/1963), dell’art.1 del Cnlg e della Carta deidoveri del giornalista; letto ilricorso presentato dal difen-sore avverso la citata delibe-ra (ricorso depositato in data29.12. 2006; delibera comu-

...ma la Procura generale chiede al Consiglio nazionale di assolvere l’ enicata a mezzo posta elettro-nica in data 14.12.2006 e no-tificata in data 18.12. 2006):

OsservaEsaminate le doglianze di-fensive reputa la scrivente dieffettuare le assorbenti con-siderazioni qui di seguitoenunciate.Al giornalista Giovanni Gam-barotta è stato addebitatouno specifico fatto storicoemerso a seguito della pub-blicazione sul quotidianoCorriere della Sera, nell’edi-zione del 13.05. 2006, di unostralcio delle dichiarazioni ri-lasciate dall’ex amministrato-re delegato della BancaPopolare di Lodi GiampieroFiorani ai pubblici ministeriche lo interrogavano.Il fatto addebitato consistenell’avere incassato la som-ma di denaro di 30 mila euroelargita da Fiorani con l’o-biettivo “di acquistare pagan-do almeno la neutralità o labenevolenza del periodico di-retto da Gambarotta negli av-venimenti di cui quell’istitutoera protagonista” (vedi avvi-so disciplinare).

Compito essenziale delConsiglio territoriale era quel-lo di accertare in termini uni-voci e rigorosi la sussistenzadi quel fatto, da sempre e dasubito contestato dal giorna-lista incolpato nelle varie se-di in cui ha avuto modo diesprimersi pubblicamente,essendo evidente che la pro-va di esso, stante la partico-lare gravità della violazionedelle regole di deontologiaprofessionale scaturente dal-la condotta addebitata, a-vrebbe comportato automati-camente l’applicazione disanzione disciplinare.Ebbene ad avviso della scri-vente l’esito dell’istruttoriasvolta in sede territoriale non

consente di ritenere che det-ta prova sia stata raggiunta ditalché il giornalista dovrà es-sere mandato assolto dal-l’addebito ascrittogli.Nucleo fondante delle delibe-ra disciplinare è costituito dal-le dichiarazioni di Boni e diFiorani definite (impropria-mente) quali “testimonianze”.Si è in realtà al di fuori dallatestimonianza (prova orale)per tale dovendo intendersi,sotto il profilo tecnico-proces-suale, l’insieme delle dichia-razioni rese al giudice da unapersona estranea alla contro-versia con riferimento ai fattidi cui è a conoscenza e conobbligo, sanzionato penal-mente, di dire la verità su

quanto narrato, essendosi in-vece in presenza di dichiara-zioni, quelle di Boni e diFiorani, rese da indagati digravi reati sottoposti a misu-ra cautelare custodiale edunque rese da soggetti chenon erano tenuti, come sonoi testimoni, a dire il vero in or-dine ai fatti sui quali vengonointerrogati essendo le dichia-razioni degli indagati di natu-ra eminentemente difensivacon riferimento ai reati loroaddebitati. A fronte della di-chiarazione di estraneità alfatto da parte del giornalistaed a fronte della eccezionedifensiva di acquisizione irri-tuale dei verbali delle dichia-razioni di Boni e di Fiorani(consegnati al Consiglio terri-toriale da una componentedel c.d.r della RCS Periodicisentita in sede di istruttoria laquale a sua volta li aveva ot-tenuti in via non ufficiale)nonché a fronte della con-nessa eccezione di inutilizza-bilità dei verbali medesimi(perché secretati) non si è ri-tenuto di effettuare alcun per-tinente approfondimentoistruttorio ed in particolare

non si è ritenuto di procede-re all’audizione dei suddettidichiaranti né in sede di deci-sione si è ritenuto di proce-dere ad un vaglio di dette di-chiarazioni (prive di indicazio-ni circa il contesto e circa iltempo in cui il fatto narrato sisarebbe verificato).Si è invece ritenuto di daresenz’altro valore di prova aquelle dichiarazioni e di su-perare le eccezioni del gior-nalista rimarcandosi comefosse suo onere di chiedere iverbali delle dichiarazioni re-se da Boni e da Fioraniall’A.G. investita delle indagi-ni sulla vicenda penale e co-me fosse parimenti suo one-re, qualora si fosse trattato diverbali secretati, assumereinizikive giudiziarie nei con-fronti del quotidiano (Corrieredella Sera) che quei verbaliaveva pubblicato così aggi-randosi compiti di verifica chespettavano all’organo investi-to dell’istruttoria.Escluso che le dichiarazionirese dagli indagati Boni eFiorani siano da qualificarsicome testimonianze (difet-tando dei requisiti essenziali)

Page 17: Ordine - odg.mi.it · Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo ... trattati di diritto costituzionale. Cheli appar-tiene a quella scuola fiorentina, che, fonda-

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“Mondo”):rani (ad di BpL)

Sentiti dal Consiglio dell’Ordine di Milano

Sallusti e il Cdr di “Libero” dicono che “Dreyfusnon è Renato Farina”Milano, 16 gennaio 2007. Il Consiglio dell’Ordine dei gior-nalisti della Lombardia ha condotto una indagine ammini-strativa diretta ad accertare l’identità di “Dreyfus”, una firmaapparsa più volte anche nella prima pagina del quotidianoLibero. Il direttore responsabile, Alessandro Sallusti, e i tremembri del Cdr (Attilio Barbieri, Andrea Morigi e MaurizioZottarelli) hanno dichiarato che “Dreyfus non è RenatoFarina”. Sallusti ha precisato che quella di “Dreyfus” è unafirma a disposizione della direzione, un po’ come quella del-l’elefantino per il Foglio: “Dreyfus” sarebbe un autore collet-tivo. “Farina - ha aggiunto Sallusti - non svolge alcuna atti-vità giornalistica dopo la sospensione di 12 mesi inflittaglidall’Ordine”. Il Cdr ha aggiunto, facendo riferimento a un col-loquio con il direttore generale dell’azienda, che “Farina nonprende lo stipendio, che non è a bilancio e che la sua fir-ma non è nel sistema editoriale”.

Sequestro Abu Omar:Renato Farina patteggia una pena di sei mesiper favoreggiamento Roma, 16 febbraio 2007. Il giornalista Renato Farina, vi-ce direttore di Libero (ora sospeso dalla professione) hapatteggiato la pena a sei mesi. Era accusato di favoreg-giamento nell'ambito del procedimento sul sequestro diAbu Omar Il patteggiamento a sei mesi di reclusione accordato dalgup di Milano Caterina Interlandi a Renato Farina è statoconvertito in una pena pecuniaria di 6.840 euro. Un anno,9 mesi e 10 giorni e' invece la pena patteggiata dall'ex ca-rabiniere del Ros Luciano Pironi, accusato di concorso insequestro di persona. La pena patteggiata dall'ex mare-sciallo dei Ros Luciano Pironi, unico reo confesso per il ra-pimento, è sospesa con la condizionale. (ANSA)

Milano, 18 dicembre 2006. Il Consiglio dell’Ordine dei gior-nalisti della Lombardia ha inflitto la sanzione della sospen-sione di 12 mesi al giornalista professionista Luca Fazzo, giàinviato speciale di Repubblica per i rapporti anomali e distor-ti mantenuti per due anni con il n. 2 (Marco Mancini) delSismi. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensio-ne dall’esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cuil’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità pro-fessionale”. La delibera è esecutiva.

Nell’articolo apparso nell’edizione 18 luglio 2006 del Corrieredella Sera si poteva leggere: “Il Sismi cerca di capire co-sa pubblicheranno i quotidiani attraverso i giornalistiche seguono per mestiere i Servizi. Nessuno di questiè indagato. Il 10 maggio il capocentro Sismi di Milano,colonnello Gerli, comunica a Mancini che un giornali-sta di Repubblica, l’inviato milanese Luca Fazzo, gli hapreannunciato un articolo sul carabiniere del Ros cheha confessato il sequestro. «Alle 22.20 il giornalistachiama Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pub-blicato anche un articolo pesante (firmato daGiuseppe D’Avanzo, ndr), che gli riassume e che subi-to dopo gli invia per fax»”. Nell’articolo pubblicato il19 luglio 2006 da Repubblica si poteva leggere: "Alle22.20 del 10 maggio, il giornalista di Repubblica LucaFazzo chiama Marco Mancini e gli anticipa che l’indo-mani sarà pubblicato un articolo pesante il cui conte-nuto gli riassume e che subito dopo gli invia per fax.Alle 9.34 del giorno successivo ancora il giornalistachiama Mancini, commenta con lui gli articoli, apparsisui quotidiani di quel giorno e l’attività di alcuni suoi“colleghi” (“È come se si fosse creato un circuito chesi autoalimenta, in cui alcuni hanno i loro cazzi da si-stemare... Colpiscono te per colpire il direttore”)”.

Il Consiglio afferma la piena responsabilità di Luca Fazzo,protagonista di episodi (non solo quello dell’invio via fax di unarticolo di un collega al n. 2 del Sismi) che dimostrano la suasudditanza nei riguardi del Servizio segreto militare. La lineadifensiva si può riassumere così: “Per svolgere il suo lavoro intali situazioni, Luca Fazzo ha necessariamente avuto contatti,assolutamente leciti, con esponenti dei servizi segreti ed hautilizzato tali rapporti per trovare e scrivere notizie sul suo gior-nale. Luca Fazzo aveva importanti fonti nei servizi segreti, manon era affatto fonte di questi: è emerso dalle indagini penali,infatti, come Luca Fazzo non avesse alcun rapporto con PioPompa. In tale ambito deve quindi essere giudicato l’invio delfax a Mancini”.Fazzo precisa: “Ho mandato quel fax soltanto per tenere sal-da una fonte che forniva a Repubblica notizie importanti, di cuiRepubblica si è giovata per due anni… Ezio Mauro è un di-rettore presente e meticoloso, legge il suo giornale fino all’ulti-ma riga. E per due anni ha potuto, quantomeno, leggere in ar-ticoli a firma di Luca Fazzo notizie la cui provenienza dai ser-vizi era evidente, se non altro perché spesso i servizi - in par-ticolare il Sismi - erano indicati senza giri di parole come fontidell’articolo… Dunque, Repubblica sapeva e pubblicava.Certo, non conosceva i nomi e i cognomi delle mie fonti alSismi. Avrei dovuto comunicarli? Credo proprio di no, se ogninorma deontologica mette ai primi posti dei doveri delgiornalista la tutela delle proprie fonti. Ed è ovvio che èuna tutela che vale anche all’interno del giornale, visto chequello che Mauro si aspettava - così vi ha raccontato - non erauna confidenza a tu per tu, ma una “messa in comune”, unarivelazione della fonte nella riunione di redazione: «e poi ma-gari alle sei quando abbiamo la riunione di tutto il gruppo di di-rezione nella mia stanza lo ripete di nuovo perché diventi unpatrimonio condiviso». Avrei dovuto, secondo lui, rendere pub-blica l’identità di una mia fonte, di una fonte delicatissima co-me un agente segreto. Questo sì che sarebbe stata una viola-zione imperdonabile dei miei doveri”.Ezio Mauro, invece, prospetta un’altra verità, credibile, chenon demonizza l’utilizzazione dei servizi come fonti corrette:“Io non ero assolutamente a conoscenza di questi rapporti ecome me non ne erano a conoscenza i colleghi della direzio-ne. Non esisterà nessuna traccia, noi eravamo - come è evi-dente degli avvisi di garanzia mandati dalla procura di Milano- intercettati dagli amici di Fazzo a nostra insaputa. ….. non c’èmai una mia telefonata, non c’è una mia mail, non c’è nulla incui io gli chieda di muoversi in quegli ambienti. Voglio precisa-re, e poi torno subito al punto, che naturalmente si possonofrequentare per lavoro i servizi segreti come fonte e non ne-cessariamente bisogna comportarsi in modo infedele nel pro-prio giornale e in modo sleale verso i propri colleghi altrimentinoi potremmo consegnare le chiavi della nostra deontologia esmettere di occuparcene. Se tutti i colleghi che si sono occu-pati nella storia del giornalismo e che si occupano oggi di ser-vizi segreti dovessero per questo diventare infedeli nei con-fronti del proprio giornale, spiare i colleghi e trasmettere adun’altra entità con cui - tra parentesi ma nel caso in questioneè così, il giornale era in conflitto perché le nostre inchieste cihanno portato in conflitto con questi signori e quindi in paten-te e conosciuta situazione di conflitto - il collega sceglie quel-la struttura e quel potere invece del suo giornale, quindi è unacosa inconcepibile. Si può benissimo occuparsi di Servizi ed

Rapporti distorti col Sismi:Fazzo sospeso per 12 mesi

L'intera delibera è in www.odg.mi.it

essere puliti nel fare il proprio mestiere; puliti nei confronti deilettori, puliti nei confronti dei propri colleghi, puliti nei confrontidel direttore, puliti nei confronti del giornale e di tutta la strut-tura (questo, detto tra parentesi). Lui avrebbe benissimo potu-to occuparsene ed essere un giornalista leale ai suoi doveriprofessionali tra i quali c’è anche il dovere nei confronti dell’a-zienda che gli paga lo stipendio, convinto che si tratti di un la-voro in esclusiva - convinto come prevede il contratto che sitratta di lavoro in esclusiva - e che ci sia un accesso al siste-ma informatico interno del giornale dove sono posti via via tut-ti i pezzi nella convinzione che si lavora per un’opera intellet-tuale collettiva dove il lavoro viene diviso ed è nello stesso tem-po a disposizione di tutti in un presupposto di buona fede… Mala lettera che lui mi ha fatto sul piano personale è una letterache aveva scarsissimi elementi di difesa rispetto alla gravità diquello che era successo; una sottovalutazione assoluta diquello che era successo tanto che lui sembrava non doversidifendere, non sentire il bisogno di difendersi e poi nella lette-ra lui sottolinea di avere avuto - cosa non richiesta, cosa chenon era contestata dai fatti - oltre a Mancini e tutte queste per-sone qua, anche incontri con Pollari “che stimo tantissimo”, ec-cetera, eccetera.Quando lui è venuto poi a parlarmi degli incontri con Pollari

“che stimo tantissimo” gli ho detto «Senti una cosa, io lo ricor-do che qualche volta, due forse tre, ti ho trovato qui in reda-zione che era probabilmente prima o dopo, o prima e dopo ituoi incontri con Pollari e non hai mai sentito il bisogno di infor-marmi di questo?….. Comunque, presidente, nel punto speci-fico, guardandoci in faccia: io non ho mai saputo né ho avutoelementi; nessuno, né il giornale, né chiacchiere, né indicazio-ni concrete per dire «Ah, no, ma su questo punto abbiamoFazzo che può fare verifiche…». Mai, mai, mai! Io non ho maisaputo che c’era quella cosa lì, lui ne ha fatta una gestione pri-vata. Il direttore, la struttura di direzione del giornale non l’han-no mai saputo e la prova del nove, ricavata a posteriori ca-sualmente, è questa cosa qui che addirittura è di quattro o cin-que incontri con Pollari. Se tu ti vanti di avere dei rapporti or-ganici scoperti con i Servizi e che il tuo giornale lo sapeva e tiincitava a farlo allora perché quando sei andato dal capo nonlo hai detto al direttore prima e dopo? E non gli hai riferito, nonhai messo a disposizione del giornale quella cosa lì? O alme-no del direttore chiedendogli una gestione confidenziale dellefonti? Magari mi potevi dire «Questa roba matura tra un mese,non dirla a nessuno me ne sto occupando io». Niente, niente,niente. E ti ripeto questo gli è stato con te sta to e non ha det-to una parola su questo”.Anche il Cdr non conosceva i rapporti reali tra Sismi e Fazzo.Ha detto Andrea Montanari: “Quello che è sempre stato notoa noi, ma come a chiunque, insomma, qualsiasi collega può,anche il lettore di Repubblica, dire che il collega Fazzo era delsettore della giudiziaria del nostro quotidiano, dopodiché quel-lo che facesse, quali fossero i suoi contatti noi come Cdr nonsiamo neanche venuti a saperlo…”.Riassumendo: Luca Fazzo dal 2004 al 2006 ha sviluppatorapporti intensi con Marco Mancini (n. 2 del Sismi) conosciu-to tramite Giuliano Tavaroli (capo della sicurezzaPirelli/Telecom). Tavaroli per lui è un amico di famiglia.Incontrerà “5 o 6 volte”, attraverso Mancini, il direttore delSismi Nicolò Pollari. Fazzo fu utilizzato da Mancini “per farpervenire” all’editore di Repubblica e dell’Espresso, Carlo DeBendetti, “la notizia dell’arrabbiatura del Sismi” per via di unarticolo del settimanale del gruppo.Nella lettera a Ezio Mauro del 18 luglio 2006, Fazzo scrive:“È successo un paio di volte che Mancini mi abbia chiesto disapere cosa Repubblica avrebbe pubblicato il giorno succes-sivo. A queste richieste ho sempre risposto in modo genericoe senza comunicare nulla di rilevante o in grado di danneg-giare il giornale. In un solo caso ho comunicato in anticipo alSismi il contenuto di un articolo non ancora pubblicato. Si trat-tava del mio articolo sull’interrogatorio del maresciallo LucianoPironi, indagato per il sequestro di Abu Omar.Mi rivolsi al servizio per chiedere se c’erano stati rapporti traPironi e il servizio stesso, e ne ebbi risposta negativa. Poi l’ar-ticolo, come ti è noto, venne stoppato su richiesta del dottorSpataro, che era stato anch’egli informato della pubblicazioneimminente”.Conclude Fazzo: “È tutto. Mancherei di lealtà a Marco Mancinise non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fede-le di questo Stato e - con parola desueta - un patriota. Deglieventuali illeciti che possa aver commesso risponderà lui. Imiei rapporti con Mancini sono stati quelli di un giornalista conla sua fonte, una fonte che lavorava per la sicurezza del nostroPaese e che affrontava sulla sua pelle rischi che ben pochiavrebbero affrontato. Te lo dico perché lo dirò anche ai magi-strati nel caso che davvero decidano di interrogarmi”.

Su quest’ultima confessione di Fazzo - la lettera a Mauro èuna confessione con ammissione di colpevolezza -Mauro ha così riferito il colloquio con Fazzo, mentre avevasotto gli occhi la lettera del 18 luglio: “”Mancherei di lealtà aMarco Mancini…”. Eh, ma non ti preoccupi mica di aver man-cato di lealtà nei confronti del giornale? “Mancherei di lealtàa Marco Mancini…”? e la lealtà nei confronti del giornale nonviene prima di tutto? “Se non ti dicessi che lo considero a

ex direttore del “Mondo”esse costituiscono elementidi sospetto in ordine al fattonarrato che per essere rite-nuto provato avrebbe dovutoessere suffragato da robustielementi di riscontro fattualeo logico.Ebbene non può ritenersiche siano emersi elementi asostegno, delle dichiarazionisuddette con riferimento alprospettato asservimento edall’asserita benevolenza delgiornale diretto da Gam-barotta nei confronti di Fio-rani, della sua banca o deisuoi amici/ sostenitori.Le copertine del Mondo pro-dotte in istruttoria hanno da-to conto della linea critica delgiornale nel periodo “caldo”delle vicende Fiorani/Ricuc-ci/Bankitalia ed anche con ri-ferimento al periodo antece-dente laddove la pregressamancata pubblicazione del“dossier” di Stefano Elli hatrovato una spiegazione nel-le parole di Gambarotta edello stesso Elli che non sipresta ad essere interpretatacome voluta benevolenza neiconfronti di Fiorani.Costituisce infine un evidente

salto logico l’affermazionedel Consiglio secondo cui lamancata assunzione da par-te di Gambarotta di iniziativelegali nei confronti di Boni edi Fiorani costituirebbe un’im-plicita ammissione della per-cezione del denaro essendodetto comportamento, peral-tro spiegato dal giornalista,del tutto neutro con riferi-mento all’accusa di un fattoviolativo delle regole deonto-logiche la cui prova dovevaessere fornita da chi quell’ac-cusa aveva elevata (vige an-che nel giudizio disciplinarela regola civilistica sull’oneredella prova).

p. q. m.chiede che il Consiglio na-zionale dell’Ordine dei gior-nalisti voglia riformare la deli-bera impugnata mandandoassolto il giornalista GiovanniGambarotta dall’addebitoascrittogli disponendo, nellemore, la sospensione dell’ef-ficacia esecutiva della delibe-ra medesima.Milano 22.01.2007.In:www.odg.mi.it/docview.-asp?DID=2585 la deliberadell’Ordine di Milano segue

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18 ORDINE 1- 2- 3 2007

tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e (…ESPRES-SIONE ININTELLIGIBILE…) un patriota”. Sì è una lettera per-sonale che io ho. Dopodiché, se posso fare una paren-tesi, è chiaro che con questa lettera lui meritava il li-cenziamento in tronco…”.Fazzo non è protagonista, come si pensava, soltanto dell’e-pisodio di aver spedito via fax l’articolo di un collega al n. 2del Sismi. Ricevendo notizie spesso esclusive dagli uominidei servizi, ne era condizionato fino al punto di essere utiliz-zato da Mancini come corriere di un “messaggio” minacciosodiretto al suo editore. Fazzo non si rendeva conto che il Sismilo “alimentava” per farlo crescere nel suo giornale al fine poidi ottenere a sua volta favori sotto forma di informazioni pri-vilegiate. Mancini era in grado di chiedergli notizie particolarialle quali, dice, dava risposte generiche. E chi può garantir-lo? Luca Fazzo - che con la sua lettera a Mauro ha confer-mato il fondamento dell’accusa - ammette di fatto di avere te-nuto un rapporto distorto con il suo giornale e ha strumenta-lizzato la professione giornalistica, ponendosi al servizio delSismi e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con latrasmissione via fax dell’articolo di un collega al n. 2 delSismi) a fini estranei ai doveri di indipendenza e autonomia,lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto dei let-tori propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse,qual è quella del giornalista professionista mediatore intellet-tuale tra i fatti e i cittadini. Nella lettera a Mauro, Fazzo scri-ve: “Non credo che esistano norme precise e codifica-te sui rapporti tra i giornalisti e le loro fonti, men chemeno sui rapporti con fonti particolari come sonoquelle dell’intelligence”, mentre l’articolo 1 della legge801/1977 afferma che “In nessun caso i Servizi possono ave-re alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, … gior-nalisti professionisti”. Questa norma, che vale anche sul rove-scio, vieta ai giornalisti professionisti di lavorare, comunque,anche se in forma indiretta ed episodica, per i Servizi segreticivili e militari. Nella Carta dei doveri del giornalista si legge:“La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sem-pre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai su-bordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’e-ditore, del governo o di altri organismi dello Stato … Il giorna-lista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possonocondizionare la sua autonomia e la sua credibilità professio-nale”. Fazzo ignorava e ignora questi obblighi e questi doveri.“Ogni norma deontologica - afferma Fazzo - mette ai primi po-sti dei doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti”. Il se-greto professionale sulle fonti fiduciarie è esterno, non inter-no. Il cronista non svela le sue fonti a nessuno (magistrati

D E L I B E R E D I S C I P L I N A R ISEGUE LA DELIBERA DELL’ORDINE SU LUCA FAZZO

segue dalla pagina precedente compresi). Il segreto professionale, secondo la Corte diStrasburgo, è un pilastro del buon giornalismo, perché con-tribuisce a garantire ai cittadini le informazioni su tutto quelloche accade nei Palazzi del potere. Il segreto professionale,però, non può essere opposto al proprio direttore, garantedell’autonomia della redazione e punto di riferimento deonto-logico dei redattori, come questo Consiglio ha avuto modo diaffermare in plurime occasioni. Fazzo sbaglia, quando so-stiene il contrario e sbaglia ancora quando afferma: “Avevocreato con il Sismi un rapporto di fiducia nell’interesse del gior-nale”. La delicatezza e i rischi di quel rapporto, insolito per icronisti, dovevano far scattare in Fazzo l’esigenza di ottene-re il sostegno del suo direttore.In particolare il giornalista professionista Luca Fazzo:

a. ha strumentalizzato, come rilevato, la professione giornali-stica, ponendosi al servizio del Sismi (in contrasto con lefinalità di cui all’articolo 1, primo comma, della legge801/1977) e piegando l’esercizio della libertà di stampa(con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n.2del Sismi) a fini estranei ai doveri di lealtà e buona fede,osservanza delle leggi e rispetto dei lettori propri di chisvolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella delgiornalista professionista mediatore intellettuale fra i fatti ei cittadini;

b. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la pro-fessione (articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamentodella professione di giornalista), assoggettando la sua li-bertà di cronaca e di critica a interessi esterni (con viola-zione del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione) finoal punto di “essere tirato per la giacca” in ogni momentoda Marco Mancini;

c. ha violato il principio dell’autonomia professionale (afferma-to dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendocosì meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stam-pa e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);

d. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’Ordineprofessionale (articolo 48 della legge professionale69/1963);

e. ha tradito, con comportamenti sleali, il rapporto di fiduciacon il direttore, i redattori e l’editore di la Repubblica in unmomento in cui apparati deviati del Sismi controllavano ilquotidiano e in particolare due giornalisti, impegnati sulfronte delle indagini sulle attività illegali dello stessoServizio segreto militare.

Cassazione

“Diritto di critica va motivatocon giudizio di disvalore”

Per il corretto esercizio del diritto di critica è necessario moti-vare in modo congruo il giudizio di disvalore, che incide sul-l'onore o la reputazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione(Sezione Terza n. 27141 del 19 dicembre 2006), secondo cuiil diritto di critica non si estrinseca, come quello di cronaca,nella mera narrazione dei fatti ma in un'opinione che, in quan-to tale, non può che essere soggettiva. In quanto manifesta-zione del punto di vista della persona che la esprime, la criti-ca, per non sfociare nella lesione della reputazione, deve es-sere corredata da adeguate motivazioni di disapprovazionemorale.“Il diritto di critica, - precisa la Corte - non diversamente daquello di cronaca, è condizionato, quanto alla legittimità delsuo esercizio, dal limite della continenza, sia sotto l'aspettodella correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello so-stanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamen-te necessario per il pubblico interesse, e dov’essere accom-pagnato da congrua motivazione del giudizio di disvalore inci-dente sull’onore o la reputazione”.“Tuttavia, - dichiara la Cassazione - allorquando la narrazionedi determinati fatti, per essere esposta insieme ad opinionidell’autore, rappresenti nel contempo esercizio del diritto dicronaca e di quello di critica, la valutazione di continenza nonpuò essere condotta sulla base degli indicati criteri di naturaessenzialmente formale, ma deve lasciare spazio alla inter-pretazione soggettiva dei fatti esposti, in modo che la criticanon può ritenersi sempre vietata quando sia idonea ad offen-dere la reputazione individuale, essendo, invece, decisivo, aifini del riconoscimento dell’esimente, un bilanciamento dell’in-teresse individuale alla reputazione con quello alla libera ma-nifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita, il qua-le è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta al-l’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto og-getto della critica”. (da: www.criticamente.it)

Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dellaLombardia, con delibera 15 luglio 1996, hadichiarato di avvalersi del “diritto di diffon-dere informazioni (e quindi anche le delibe-razioni disciplinari) attraverso la stampa”(“osservando le norme di legge dettate atutela della personalità altrui”) e anche nel-l’ambito della “formazione sociale” dove “sisvolge la personalità” degli iscritti all’Albodei giornalisti (articoli 10, secondo comma,della legge 4 agosto 1955 n. 848; 19, se-condo comma, della legge 25 ottobre 1977n. 881; 2 della Costituzione dellaRepubblica italiana e 2, primo comma, del-la legge n. 69/1963).Le decisioni (disciplinari) del Consigliodell’Ordine, una volta depositate in segre-teria e affisse, sono, infatti, pubbliche e pos-sono essere divulgate al fine di sottoporleal controllo della pubblica opinione e diorientare anche il comportamento degliiscritti all’Albo dei giornalisti; principi, que-sti, riconosciuti come legittimi dalla Corted’Appello (I sezione civile) di Milano con lasentenza Pietroni (n. 2159, depositata incancelleria il 18 dicembre 1992): “La pub-blicità data... alla sanzione... rientra deltutto legittimamente nella funzione di tu-tela anche pubblica della correttezzadella professione giornalistica di cui èindubbiamente investito l’Ordine”.L’orientamento dell’Ordine della Lombardia

Le deliberazioni disciplinari sono e devono essere accessibili a tutti. La loro divulgazione non è illecito civile

Sentenze della Corte d’Appello e del Tribunale civile di Milano

è stato condiviso dalla I sezione civile delTribunale di Milano (sentenza n. 8810 del10-27 luglio 1998, RG n. 10667/1996; n.8432 Reg. Dep.; Andrea Monti controOrdine giornalisti Lombardia): “Il Consigliodell’Ordine è organo preposto alla sor-veglianza e alla disciplina dei suoi iscrit-ti e i suoi provvedimenti sono e devonoessere, per loro natura e per la naturadell’ente che li emana, accessibili a tut-ti. Aver comunicato alla stampa naziona-le il provvedimento completo ed averlopubblicato su Tabloid non costituiscecerto comportamento illecito, lesivo deidiritti del Monti. Meraviglia che le censu-re muovano da chi ha fatto dell’informa-zione il proprio impegno quotidiano edovrebbe quindi ben sapere che l’inte-resse del pubblico alla corretta e com-pleta informazione su tutto ciò che ri-guarda la vita ‘pubblica’ in genere, ivicomprese le vicende relative ai giornali-sti, che della vita ‘pubblica’ sono gli in-terpreti ed i veicoli primi, deve sempre ecomunque prevalere sul diritto del sin-golo, chiunque esso sia, alla riservatez-za. Corre poi obbligo di rilevare come lacomunicazione della decisione (peraltroconfermata in secondo grado) sia stataparticolarmente completa, esauriente ecorretta. La notizia è stata data senza ilminimo commento, ma tutti gli elementi,

di accusa e di difesa, sono stati punti-gliosamente riportati, sia nel comunica-to alla stampa che nell’articolo apparsosu Tabloid”.La delibera disciplinare, infine, è un attoamministrativo governato dai principi “dipubblicità e di trasparenza” (art. 1, punto 1,della legge 241/1990).

La pubblicità alle delibere disciplinari non costituisce illecito disciplinare Non costituisce illecito civile, e non com-porta pertanto alcun obbligo di risarcimen-to in favore dell’incolpato, la divulgazione ela pubblicazione su un organo di stampa diuna deliberazione disciplinare del Consigliodell’Ordine dei giornalisti. (Trib. Milano, 27-07-1998; Monti c. Abruzzo e altri; FONTIForo It., 1999, I, 3083).

Il Consiglio dell’Ordine è organo prepostoalla sorveglianza ed alla disciplina dei suoiiscritti ed i suoi provvedimenti sono, e de-vono essere, per la loro natura accessibili atutti. Pertanto la pubblicazione integrale sul-la stampa del provvedimento disciplinarenon costituisce comportamento illecito lesi-vo dei diritti dell’incolpato (Trib. Milano, 27luglio 1998; Parti in causa A..M. c. F.A. e al-tro; Riviste Rass. Forense, 1999, 200).

Una nota del Garante della Privacy“La conoscibilità delle informazionirelative ai provvedimenti disciplinarirende quindi lecita la loro divulgabi-lità, anche tramite eventuali riviste,notiziari o altre pubblicazioni curatidai Consigli dell’Ordine purché i da-ti siano esatti ed aggiornati nonchériportati in termini di sostanziale cor-rettezza. La pubblicazione di questeriviste, ha spiegato il Garante, daparte di soggetti pubblici ricade pe-raltro nell’ampia nozione di tratta-mento dei dati personali finalizzatoalla pubblicazione o diffusione occa-sionale di articoli, saggi o altre ma-nifestazioni del pensiero, trattamen-to cui si applica la disciplina previstain generale per l’attività giornalisticae di informazione, a prescindere dal-la natura privata o pubblica del sog-getto che cura la pubblicazione”.

(Newsletter del Garante, 9 - 15aprile 2001)

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Il decreto (firmato da Mastella) sulle misurecompensative per i giornalisti stranieriche vogliono esercitare la professione in Italia

19ORDINE 1- 2- 3 2007

Roma, 12 gennaio 2007. È stato pubblicato nella GazzettaUfficiale n. 7 del 10 gennaio 2007, il decreto 17 novembre2006, n. 304, che disciplina le misure compensative chepossono essere richieste ai giornalisti professionisti stra-nieri che vogliono esercitare la professione in Italia. A tal fi-ne essi devono presentare domanda al ministero diGiustizia che potrà accogliere la domanda subordinandolaall'applicazione delle misure compensative costituite dauna prova attitudinale o da un tirocinio di adattamento.L’applicazione di dette misure è disposta su parere delConsiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, chiamato adesprimersi in sede di conferenza di servizi convocata dalministero di Giustizia.

L’allegato A pubblica l’ELENCO DELLE MATERIE, che igiornalisti stranieri devono conoscere qualora debbano so-stenere la prova attitudinale prevista dalla normativa euro-pea (direttiva 89/48/Ce calata nel dlgs 115/1992):

1) Diritti, doveri, etica e deontologia dell’informazione;

2) Elementi di storia del giornalismo e della comunicazio-ne di massa;

3) Elementi di storia moderna e contemporanea;

4) Elementi di sociologia e psicologia dell’opinione pub-blica;

5) Norme giuridiche attinenti all’informazione: elementi didiritto pubblico; norme civili, penali e amministrativeconcernenti la stampa; ordinamento giuridico della pro-fessione di giornalista;

6) Normativa comunitaria sull’informazione;

7) Teoria e tecniche dell’informazione giornalistica;

8) Metodi e strumenti di ricerca per il giornalismo;

9) Elementi di grafica della comunicazione giornalistica;

10) Elementi di informatica applicata al giornalismo;

11) Elementi di fotogiornalismo e di radiogiornalismo.

La prova attitudinale (art. 8 del dlgs 115/1992) “1. consistein un esame volto ad accertare le conoscenze professio-nali e deontologiche ed a valutare la capacità all’eserciziodella professione, tenendo conto che il richiedente il rico-noscimento è un professionista qualificato nel Paese diorigine o di provenienza. 2. Le materie su cui svolgere l’e-same devono essere scelte in relazione alla loro impor-tanza essenziale per l’esercizio della professione. 3. In ca-

La normativa prevista da una direttiva comunitaria

so di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere ri-petuta non prima di sei mesi. 3-bis. L’esame di cui al com-ma 1, si articola in una prova scritta o pratica e orale o inuna prova orale da svolgersi in lingua italiana sulla basedei contenuti delle materie stabilite a seguito della proce-dura di cui all’articolo 12”.Questo decreto ministeriale è figlio dell’ articolo 6 del de-creto legislativo 2 maggio 1994 n. 319 (Attuazione della di-rettiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema genera-le di riconoscimento della formazione professionale che in-tegra la direttiva 89/48/CEE), che, in presenza di determi-nate condizioni, subordina il riconoscimento dei titoli al su-peramento di una prova attitudinale o di un tirocinio di adat-tamento.

Arti colo 6. Misure compensative 1. Qualora il richiedente sia in possesso di un titolo di for-mazione dello stesso livello o di livello superiore a quelloprescritto per l’accesso o l’esercizio delle attività di cui al-l’art. 2, il riconoscimento è subordinato, a scelta del richie-dente, al compimento di un tirocinio di adattamento delladurata massima di tre anni oppure al superamento di unaprova attitudinale:a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cuiall’art. 1 e all’art. 3 verte su materie sostanzialmente diver-se da quelle contemplate nella formazione professionaleprescritta dalla legislazione vigente;b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento dei ti-toli comprende attività professionali che non esistono nellaprofessione corrispondente del Paese che ha rilasciato i ti-toli o nella professione esercitata ai sensi dell’art. 3, com-ma 1.2. Il riconoscimento è, altresì, subordinato, a scelta del ri-chiedente, al compimento di un tirocinio di adattamentodella durata massima di tre anni, oppure al superamento diuna prova attitudinale, se riguarda professioni per il cui ac-cesso o esercizio è richiesto il possesso di un titolo di for-mazione rispondente ai requisiti dell’art. 1, comma 3, lette-

Dovrannostudiare

11 materie

ra a), ed il richiedente possiede un titolo di formazione ri-spondente ai requisiti di cui all’art. 1, comma 3, lettera b) olettera c).2-bis. Quanto previsto al comma 1 è subordinato alla veri-fica del fatto che le conoscenze acquisite dal richiedentenel corso della propria esperienza professionale non col-mino in tutto o in parte la differenza sostanziale di cui allostesso comma 1 (2).

(2) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 8 luglio 2003, n.277

L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «professione rego-lamentata» quella professione riconosciuta ai sensi del-l’articolo 2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 115(Attuazione della direttiva 89/48/CEE) ovvero ai sensi del-l’articolo 2 del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secon-do sistema generale di riconoscimento della formazioneprofessionale che integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003 “europeizza-no” la professione italiana di giornalista.Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, la Repubblica ita-liana ha compiuto un atto di riparazione parziale, modifi-cando la tabella delle professioni (allegato C) inclusa neldlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva 92/51/CEE). Oggi,infatti, la professione di giornalista rientra tra quelle carat-terizzate dal possesso del diploma (e non dalla laurea) ri-conosciute come tali dal dlgs 2 maggio 1994 n. 319, cheha dato “attuazione alla direttiva 92/51/CEE relativa ad unsecondo sistema generale di riconoscimento della forma-zione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE”. Ildlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece, attuazione delladirettiva 2001/19/CE, che modifica le direttive del Consigliorelative al sistema generale di riconoscimento delle qualifi-che professionali. L’allegato II (di cui all’art. 2, comma 1, let-tera l) del dlgs 277/2003 cita espressamente la professio-ne di giornalista come vigilata dal ministero di Giustizia.L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito, come ri-ferito, l’allegato C del dlgs 319/1994. I dlgs 277/2003 e319/1994 in sostanza dicono, con l’allegato II (ex allegatoC), che la professione giornalistica (italiana), organizzata(ex legge 69/1963) con l’Ordine e l’Albo (in base all’art.2229 Cc) e costituzionalmente legittima (sentenze 11 e98/1968, 2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 dellaConsulta), ha oggi sì il riconoscimento dell’Unione euro-pea, ma a un livello inferiore rispetto a quelle compresenell’allegato A del Dlgs 115/1992 caratterizzate dalla lau-rea. Con la “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe esse-re superato, prevedendo la laurea come titolo obbligatorioper l’accesso al praticantato giornalistico (nel rispetto delcomma 18 dell’articolo 1 della legge 4/1999).

Il testo del decreto in www.odg.it

Milano, 21 dicembre 2006. La tessera rila-sciata dall’Ordine dei giornalisti è un validodocumento di riconoscimento, ma non va-le come carta d’identità. Questa la risposta delministero dell’Interno a un quesito posto dallaprefettura di Varese (prot. n. 34440/2006/AreaII). Nella lettera della prefettura di Varese a uniscritto all’elenco professionisti dell’Albo diMilano si legge: “Si fa riferimento al quesitoformulato dalla S.V. in ordine alla validità dellapropria tessera di appartenenza all’Ordine deigiornalisti quale documento di riconoscimen-to. Si fa presente che, in merito all’argomentoin questione, è stato chiesto il parere del mi-nistero dell’Interno che, con nota datata 7 no-vembre 2006, ha rilevato che, ai sensi dell’art.1, lett. c) del D.P.R. n. 445/2000, “il documen-to di riconoscimento è ogni documento muni-to di fotografia del titolare e rilasciato... da unapubblica amministrazione italiana o di altriStati, che consente l’identificazione personaledel titolare”.Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene

che la tessera di appartenenza all’Ordine deigiornalisti soddisfi tali requisiti e possa esserequindi considerata documento di riconosci-mento ai sensi del citato art. 1 lett. c) del D.P.R.n. 445/2000.Diversamente, riguardo alla possibilità di uti-lizzare tale tessera quale documento d’iden-tità di cui all’art. 1 lett. d) del D.P.R. n.445/2000, con la finalità prevalente di dimo-strare l’identità personale del suo titolare, si fapresente che l’art. 35 comma 2 dello stessoD.P.R. individua tra i documenti equipollenti al-la carta di identità “... le tessere di riconosci-mento, purché munite di fotografia e di timbroo di altra segnatura equivalente, rilasciate daun’amministrazione dello Stato”.

Pertanto, poiché l’Ordine dei giornalisti rientranella categoria della pubblica amministrazio-ne, ma non dell’amministrazione dello Stato,la tessera rilasciata dal citato Ordine non puòessere utilizzata quale documento di identità,ma solo come documento di riconoscimento”.

Ministero dell’Interno:“La tessera dell’Ordine dei giornalisti valido documento di riconoscimento,non carta d’identità”

È stato pubblicato in questi giorni il massima-rio del Consiglio nazionale dell'Ordine deigiornalisti, i cui temi conduttori sono la salva-guardia dei valori e delle libertà dell’informa-zione e l’evoluzione della professione giorna-listica. Si tratta di una raccolta, edita dalCentro di documentazione giornalistica, dellepronunce del 2005 e di un repertorio, sottoforma di cd-rom, delle decisioni più significa-tive degli ultimi dieci anni.Il manuale rappresenta quindi un utile stru-mento pratico rivolto alla categoria della qua-le tratta i vari aspetti costitutivi ed evolutivi,dall’iscrizione negli elenchi dell’Albo, al regi-stro dei praticanti, al regime disciplinare, ai di-ritti ed ai doveri elettorali, con un compendiodi documenti varati dal Consiglio nazionale.Per acquistare il massimario è possibile rivol-gersi al Centro di documentazione giorna-listica in piazza di Pietra, 26 - 00186 Roma;tel. 066791496, fax: 066797492,[email protected] .

(da www.odg.it -22 dicembre 2006)

Il massimario del Cnogutile strumento di lavoro

Roma, 16 febbraio 2007. L'anno 2006 hadato risultati positivi per il 60% delle Societàeditrici e il miglioramento rilevato è media-mente superiore a 3 punti percentuali rispettoal 2005. Lo sostiene l'Associazione NazionaleEditoria Periodica e Specializzata, che ha re-so noto i risultati del monitoraggio che effettuaogni sei mesi sull'andamento del mercatopubblicitario. L'Anes copre oltre l'80% del mer-cato pubblicitario delle riviste specializzate,pari a 850 milioni di euro circa. ''Il dato costi-tuisce una vera inversione di marcia rispettoall'anno precedente - ha dichiarato GiuseppeNardella, presidente Anes, commentando i ri-sultati. Ricorda che nel gennaio 2006 solo il34% degli intervistati dichiarò un andamentopositivo del 2005 sul 2004. Inoltre solo il 21%dei rispondenti dichiara un andamento nega-tivo nel 2006 contro il 45% dello scorso anno''.Positivo anche il giudizio sulle attese per l'an-no in corso, sostiene l'Anes. Il 31% degli edi-tori prospetta per il 2007 un miglioramento su-periore a 7 punti. (ANSA)

Anes:per le riviste specializzate bene 2006 e 2007

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20 ORDINE 1- 2- 3 2007

REDATTORE SOCIALE CURA I CONTENUTI GIORNALISTICI DEL PORTALE DELL’INAIL

Basta spostare il punto di vista, ed ecco Superabile:la normale informazione“dalla” disabilità

Saper distinguere i messaggi che vengono dal mondo della disabilità

Come raccontare i disagi fisici e psicologici dei bambinidelle famiglie? A metà gennaio giornalisti e medici si sonoconfrontati per una giornata al Bambin Gesù di Roma sul te-ma “Mass media e disabilità”. Il seminario, organizzato dall’o-spedale stesso che da quattro anni promuove incontri con icomunicatori su temi sanitari, ha avuto il patrocinio dell’Ordinedei giornalisti oltre che della Federazione nazionale degliOrdini dei medici e dell’Associazione italiana di comunicazio-ne pubblica e istituzionale.

Ecco Superabile (www.superabile.it), il por-tale d’informazione dedicato alle questionidelle disabilità. Proprietà dell’Inail, è nato perporre uno sguardo attento sulle invalidità le-gate al mondo del lavoro, sui temi della si-curezza e della prevenzione: poi ha amplia-to ancora il suo raggio, fino a proporsi comeriferimento per tutto il mondo delle disabilità,per i singoli, le associazioni e le istituzioniche dell’argomento si occupano.Da inizio 2006 i contenuti giornalistici diSuperabile sono curati da Redattore Sociale(www.redattoresociale.it).La rete di corrispondenti dell’agenzia da tut-te le regioni garantisce su Superabileun’informazione puntuale e forte su temi “de-boli” che faticano, come è noto, a trovarespazio sui grandi media ma che sono moltevolte, e a ben guardare, “valori notizia”, ca-

di Elisabetta Proietti

Franco Bomprezzi: “Decodificare i messaggi che vengonodal mondo della disabilità non è facile.I mass media si occupano spesso di questo tipo di temi a par-tire da casi estremi.E ci troviamo quasi sempre di fronte a un giornalismo tropporapido, che non ha mai il tempo né di verificare le notizie nédi approfondire i temi trattati. Un giornalismo che non sa di-stinguere”.

Giornalisti e medici, seminario di formazione al Bambin Gesù

paci di raccontare attraverso punti di vistapoco consueti le nostre città e le relazioni.Come riportare la forza, i problemi, i sogni,la quotidianità faticosa di una “categoria de-bole” è la sfida di Superabile.Cerca di farlo senza pietismi e giri di parole,senza la retorica del linguaggio e dei temi.Anzi, talvolta provando – quasi sempre susprone di singoli cittadini e associazioni chesono i protagonisti principali del sito - a sbu-giardare luoghi comuni, schemi vecchi e po-sizioni di comodo che pervadono il nostro vi-vere insieme.Perché “una buona informazione sulla disa-bilità è essenzialmente un’informazione nor-male” come sostiene Franco Bomprezzi,giornalista dell’Agr, disabile, colui al quale sideve il salto in avanti del portale durante lasua gestione, quasi sei anni fa.“E - aggiunge - non bisogna dimenticare

che non esiste la disabilità, ma una serie di

situazioni tutte diverse tra loro”.Ed ecco allora le reazioni al reality olandesecon disabili che approderà presto anche inItalia, ma ecco anche il servizio sui voli ae-rei accessibili e sulla fruibilità dei musei pertutti; ecco la prima suora down e l’inchiestasui giovani disabili che riescono a laurearsi -in quali città e con quali servizi -, quella sul-l’effettivo diritto di voto per chi non può spo-starsi da casa, anche dopo l’introduzionedella legge 22/06 che stabilisce il diritto divoto a domicilio solo per chi è attaccato adapparecchi elettromedicali (e gli altri?), sucui molto si è espresso anche PiergiorgioWelby.Ecco i dati al completo degli infortuni sul la-voro, regione per regione, ma anche le fac-ce e le storie di quei numeri: il ritorno al la-voro dopo un grave incidente, la quotidianatenacia della signora Angela, di Lecco, oggicentenaria, che perse un braccio da giova-

ne in un ingranaggio in fabbrica e dovette ri-nunciare alla passione di arrampicare checondivideva con l’amico e famoso alpinistaRiccardo Cassin; ecco il “no” del Vaticano al-la ratifica della Convenzione Onu per i dirittidei disabili ed ecco la “buona prassi” realiz-zata in un piccolo territorio ma anche la de-nuncia dei genitori in provincia di Palermoche da giorni non vedono arrivare il pulminoche garantisce la scuola ai loro figli; ecco gliaudiolibri e le case editrici che pubblicano acorpo 18 per gli ipovedenti, lo studente uni-versitario che va a lezione anche per il suocollega disabile, le gesta mirabolanti dell’a-tleta paralimpico che dopo la gara torna inufficio sulla sua sedia a ruote.Oltre che strumento di informazione,Superabile è portale di servizio con le rispo-ste degli esperti ai quesiti dei lettori, i forumdi discussione e con il call center dell’Inail(800-810810).

Nove canali tematici.Lavoro, leggi, barriere architettoniche e culturali, ausili, viaggi e tempo libero, scuola eformazione, buoni esempi, sport, associazioni. 21 home page, una principale e 20 con notizie provenienti datutte le regioni; notiziari audio e contributi video, photogallery, rassegna stampa; e poi recensioni di libri,calendario di eventi, glossario, repertorio di link.

REGOLAMENTO

art. 1 – Il concorso premia il miglior articolo giornalistico, pubblicato su un quotidiano o unperiodico italiani, che affronti un tema inerente l’attualità politica, economica, sociale, spor-tiva della Lombardia. Sono ammessi anche articoli pubblicati da riviste on-line.

art. 2 – Il Premio è riservato ad autori fino a 35 anni di età (compiuti entro il 21 marzo2007), non necessariamente iscritti all’Ordine dei giornalisti, nell’intento di valorizzare leintuizioni e l’impegno di Mauro Gavinelli sulla formazione professionale dei giovani colle-ghi e degli aspiranti giornalisti.art. 3 – Il vincitore del Premio riceverà la somma di euro 2.500 (duemilacinquecento).art. 4 – Ad un concorrente selezionato dalla giuria sarà inoltre offerta la possibilità di rea-lizzare un reportage di viaggio da una capitale europea. Il servizio sarà pubblicato sulla ri-vista dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Tabloid. Le spese di viaggio e soggiornosono a carico della famiglia Gavinelli che finanzia il Premio.art. 5 – L’iscrizione al concorso è gratuita.art. 6 – Ogni concorrente può partecipare presentando un solo articolo che sia stato pub-blicato tra il 1° marzo del 2006 e il 20 aprile del 2007.

art. 7 – Non sono ammessi articoli già premiati in altri concorsi giornalistici.art. 8 – Entro il 30 aprile del 2007 ogni concorrente dovrà far pervenire alla segreteria delPremio – recapito a mano o servendosi del servizio postale – una copia originale del gior-nale sul quale è stato pubblicato l’articolo firmato o siglato (nel caso di testate on-line unastampata della home page), accompagnata da:a) una breve domanda d’iscrizione al concorso redatta in carta semplice, corredata dai da-

Il sesto “Premio Giornalistico Mauro Gavinelli”

Il Gruppo altomilanese giornalisti (Gag), istituito nel 1993, con sede in Legnano, intende ricordare la figura di Mauro Gavinelli, che fu tra i soci fondatori e primo presidente del Gag. A tale scopo, bandisce la sesta edizione

ti anagrafici, dal curriculum vitae e dal recapito del concorrente;b) cinque fotocopie dello stesso articolo con cui si intende concorrere al Premio. Copie ori-ginali dei giornali e fotocopie inviate non saranno restituite.art. 9 – La segreteria del Premio, alla quale indirizzare domanda d’iscrizione, articoli inconcorso e relative fotocopie, è fissata nella sede legale del Gag: presso Studio avvocatoFabrizio Conti, via della Liberazione 13, 20025 Legnano (MI).art. 10 – Ogni concorrente conserva la proprietà letteraria dell’articolo in concorso.art. 11 – La Giuria del concorso, che valuterà gli articoli giunti alla segreteria stabilendo ilvincitore del Premio, è composta da tre membri del Consiglio direttivo del Gag fra cui ilpresidente in carica, da un membro della famiglia Gavinelli e dal presidente dell’Ordine deigiornalisti di Milano o da un giornalista da questi indicato. Il giudizio della Giuria è insin-dacabile e inappellabile.art. 12 – I presidenti del Gag e dell’Ordine nomineranno un presidente di Giuria. La vicepresidenza è ricoperta da una persona designata della famiglia Gavinelli.

art. 13 – Tutti i partecipanti al concorso riceveranno l’invito alla cerimonia di premiazioneche si terrà entro fine giugno 2007.

art. 14 – La partecipazione al Premio implica la piena accettazione delle norme contenu-te nel presente regolamento.

La non osservanza di quanto richiesto comporterà l’esclusione dal concorso, senza chesia dovuta comunicazione al concorrente.

Ulteriori informazioni sul concorso possono essere richieste telefonicamente(Francesco Chiavarini 02 67 47 90 17)

Una carrellata di foto sportive dalla “photogallery” di www.superabile.it

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21ORDINE 1- 2- 3 2007

Nella Catania del dopoguerra Candido Cannavò andava di cor-sa. Agile, magrissimo, resistente. Uno dei migliori mezzofondi-sti della Sicilia. È stata l’atletica a permettergli di uscire per laprima volta dall’isola e di gareggiare in giro per l’Italia con il CusCatania. Ed è stata proprio la sconfinata passione per questadisciplina a procurargli il primo lavoro da giornalista: “Volevo di-ventare un medico, ho frequentato la facoltà per quattro anni,ma un giorno del ’48 venne da me il responsabile della crona-ca sportiva della Sicilia di Catania. Iniziai a scrivere di atletica,poi mi dettero sempre più spazio: per l’Olimpiade di Helsinki fa-cevo da solo due pagine al giorno in redazione”.Pochi anni e, nel ’55, la svolta: prima il contratto da praticantenel quotidiano catanese (“dopo sette anni di abusivismo di cuinon rimpiango un solo giorno”), poi l’inizio del lungo e felicissi-mo matrimonio professionale con la “Gazzetta dello Sport”. Unsodalizio nato sulla scia di uno scandalo, il “caso Scaramella”.L’inchiesta portò alla luce la connivenza tra l’arbitro romano, poisqualificato a vita, e alcune società di calcio, tra cui il Cataniache venne retrocesso in serie B. “Finì coinvolto anche il corri-spondente della Gazzetta a Catania, così da Milano si ricor-darono di una mia precedente candidatura. La fatalità non ha

Candido Cannavò

“Per me lo sport è statoun romanzo tinto solo di Rosa”

alternative né ama dare spiegazioni. Più volte io e il caso ci sa-remmo incontrati di nuovo in seguito”.Come un giorno del 1959, quando Cannavò si imbatte per ca-so in un collega che gli propone di andare a colazione con dueballerine di Milano. “Una delle due era Franca. L’anno dopo, ilgiorno di Sant’Ambrogio, ci siamo sposati”. Nel 2010 Candidoe Franca festeggeranno le nozze d’oro. Una consuetudine, or-mai, per Cannavò. Se ora può celebrare mezzo secolo di iscri-zione all’Ordine dei giornalisti, nel 2005 aveva già festeggiato isuoi leggendari 50 anni alla “Gazzetta”, dal 1983 al 2002 nel-le vesti di direttore. “Ho lasciato il timone il 12 marzo 2002, pro-prio nel giorno in cui cadevano i miei 19 anni di direzione. Perl’occasione ho speso con felicità un capitale in rose colorGazzetta da regalare a tutte le colleghe e le signore che ruo-tano intorno al giornale”.Dopo quel primo articolo firmato nel ’55, Cannavò diventa benpresto una tra le grandi firme della “Gazzetta”, seguendo da in-viato grandi eventi internazionali come Mondiali di calcio eOlimpiadi. Ma i tanti riconoscimenti ottenuti non lo allontananodalla redazione della “Sicilia” e dall’amata Catania, città nellaquale nel frattempo sono cresciuti i suoi tre figli: Alessandro,Marco e Marilisa. Nell’81, però, arriva una chiamata alla qualenon può rispondere “no”. Gino Palumbo, direttore della“Gazzetta”, gli offre l’incarico di vice direttore. Due anni più tar-

di sarebbe arrivata la maglia rosa del giornalismo sportivo conl’investitura a direttore.Fatti, storie, incontri. In mezzo secolo di “Gazzetta” Cannavò havisto tutto e il contrario di tutto. Ha provato a raccontare questilunghi 50 anni nell’autobiografia Una vita in rosa, pubblicata nel2002 da Rizzoli. Un romanzo che attraverso la vicenda del pro-tagonista fa rivivere i successi e i personaggi più importanti del-lo sport italiano e mondiale dal dopoguerra in poi. “Se mi chie-dessero l’avvenimento che più mi è rimasto nel cuore – rac-conta – sceglierei la vittoria di Livio Berruti sui 200 metri aiGiochi di Roma del ‘60, le mie prime Olimpiadi, anche se ditrionfi indimenticabili ne ho visti tanti. Quelli che ricordo meglio,purtroppo, sono gli episodi che invece cancellerei volentieri dal-la memoria, come la tragedia dell’Heysel di Bruxelles nell’‘85 ol’estromissione di Pantani dal Giro d’Italia, il 5 maggio del1999”.E a proposito di fatti da dimenticare, è impossibile ignorare idrammatici scontri avvenuti il 2 febbraio scorso nella suaCatania, scontri che hanno sconvolto il calcio italiano: “Episodicome quelli che avvengono nei nostri stadi sono il segno di ungrande disagio sociale. Il giornalismo in questo senso può an-cora svolgere un ruolo positivo, battendosi per affermare i prin-cipi di lealtà e i valori dello sport”.Cannavò crede a tal punto nel ruolo educativo della professio-ne da aver vissuto per otto mesi, nel 2003, da cronista volon-tario nel carcere di San Vittore. Esperienza da cui ha tratto unlibro di successo, Libertà dietro le sbarre, edito tre anni fa daRizzoli. “Ho scoperto che il carcere ha un’anima, e da quest’a-nima mi sono lasciato conquistare”. Oggi Cannavò continua afrequentare San Vittore, ma è solo uno dei tanti impegni delgiornalista che, oltre a ricoprire il ruolo di Direttore editorialeArea Sport del gruppo Rcs, continua a scrivere libri e a firma-re editoriali sulla “Gazzetta”. È passato più di mezzo secolo, maCandido Cannavò continua a correre.

di Andrea Sillitti

Fuma la pipa con del tabacco che fa arrivare dagli Stati Uniti eha disegnato di persona la sua accogliente casa brianzola, nonlontano dalla villa di Adriano Celentano. “Una volta – scherza– fumare, mangiare e bere tanto erano le caratteristiche pecu-liari del giornalista”.Gian Piero Ratti, per i colleghi Piero, ha passato ben più dellametà dei suoi anni alla “Gazzetta dello Sport”, come inviato. Epensare che all’inizio la sua strada doveva essere un’altra:“Studiavo Medicina, ero al quinto anno, poi sono morti i mieigenitori e ho dovuto provvedere ai due fratellini più piccoli.Pagare l’affitto della casa e permettere loro di studiare stava di-

Gian Piero Ratti

“Che emozione quando Moserstabilì il record dell’ora”

ventando un’impresa, e ho iniziato a cercare un lavoro. Homandato una lettera a Gianni Brera, che allora dirigeva laGazzetta, chiedendogli di poter scrivere qualcosa. Quando miha risposto di sì non ci potevo credere. Così, era la fine deglianni Quaranta, ho cominciato a collaborare, e poi ad essere in-viato, a seguire i grandi eventi, soprattutto ciclismo e sci:Mondiali, Olimpiadi. Ma l’emozione più grande me l’ha dataFrancesco Moser quando ha stabilito il record dell’ora a Cittàdel Messico”.Durante una gara, la Varsavia-Berlino-Praga, Piero ha cono-sciuto la sua futura moglie, che faceva la traduttrice per laReuters. Al matrimonio il testimone era Gualtiero Zanetti. Solouna corsa non è mai riuscito a seguire: la Parigi-Roubaix. Ratti

ricorda con affetto il suo rapporto con Brera: “Col Giuànn pia-no piano siamo diventati amici e si andava a pescare insieme.Era uno spettacolo vederlo remare con una mano sola, lui che,nato praticamente sul fiume, sapeva come navigare senza farscappare i pesci. Un altro grande maestro è stato GianniClerici”.Piero ce l’ha impresso in mente come se fosse ieri, il primo ar-ticolo scritto per la rosea, su una partita di calcio: “Saronno-Monza zero a zero. Da lì quante soddisfazioni, che ricordiquando impaginavo la Gazzetta in piazza Cavour con i tipo-grafi, o le cene con Mario Fossati e Giuseppe Ambrosini.Quante cose ho imparato da loro, anche quando ero incarica-to di dettare semplicemente i pezzi che scrivevano alla fine del-le tappe del Giro d’Italia. Oggi i giovani non ascoltano più glianziani, e fanno male. L’umiltà deve essere una dote fonda-mentale per diventare giornalisti”.Ratti non ha mai smesso di scrivere. Alla fine di gennaio, infat-ti, ha seguito per la Gazzetta la tradizionale Marcialonga di scidi fondo: “Forse piaccio ai lettori perché riesco a far vivere unevento attraverso i miei pezzi. Oggi è tutto a portata di manosu internet, nessuno va più a fare il cronista sul campo, e par-lare con gli sportivi è sempre più difficile. Le sale stampa di unavolta erano piccole, e lavorare in mezzo al ticchettio delle mac-chine per scrivere ti dava una carica indescrivibile. Adesso, in-vece, basta schiacciare due tasti sul computer”.

di Alessandro Ruta

“Cominciamo col dire che i miei amori sono due: La Gazzettadello Sport e il loggione della Scala”. Angelo Garavaglia rac-conta la sua esperienza professionale, lunga cinquant’anni:“Ma di quel giornalismo oggi è rimasto poco”. Nessun tono no-stalgico, comunque, per il cronista in Rosa. Tutto scorre lisciocome in quei racconti che i nonni rodano su generazioni di ni-poti, archiviati in una mente brillante e interrotti da una voceche inneggia continuamente alla bellezza della vita e di questomestiere. “Ho cominciato in Gazzetta”, racconta. “Ricordo cheentrai al giornale a dicembre, ero il più giovane, e a Natale miregalarono un panettone Motta di cinque chili. Quando tornai a

Angelo Garavaglia

“Mi ritempravo con Mozart e raccontavo le gesta di Coppi”

casa, mio padre, che in gioventù era emigrato in Argentina acercar fortuna, mi chiese se l’avessi rubato”. Ride il signorGaravaglia: “Erano tempi diversi, di grande fatica, ma di enor-mi soddisfazioni”. Cavalcava tutte le mattine le Nord, dalla pro-vincia a Milano: “Sapevi quando partivi, ma non potevi preve-dere l’arrivo”. Al lavoro, “in una terra tra mito e ragione, respi-ravamo la poesia di questo mestiere: tra Coppi e Bartali, legrandi imprese, la folla raccolta nel cortile della Gazzetta di viaGalilei, nell’ex fabbrica del sapone. La gente guardava i ciclistiche punzonavano le bici, incantati dal mito che contribuivamoa formare con la semplice cronaca di imprese sportive vere”.Ogni giorno, fino a sera. Fino all’urlo del proto che echeggiavaper tutto il giornale e imponeva la chiusura. Fatte le pagine, viaa coltivare le altre passioni, la musica su tutte. Altri miti, altre

coppie: Mozart e Beethoven, Verdi e Wagner. “Ho vissuto inuna penombra divina, il giornale mi assicurava la pagnotta e lamusica mi ritemprava lo spirito”. Poi il mondo, i viaggi: alla sco-perta delle imprese che fanno grandi gli uomini. Un giro lungo,fino al desk.Nel 1968 Garavaglia è caposervizio alle pagine delcalcio, “del calcio vero” e la “Gazza” cambia sede, si sposta inpiazza Cavour, palazzo dei giornali.Col trasferimento dei cronisti della “rosea” al “Corriere”,Garavaglia è nominato caporedattore. Ogni capo dirigeva lesue pagine, e in quel periodo non si convocava neanche la riu-nione. Angelo Garavaglia è stato tra quelli che hanno lavoratoalla “Gazzetta dello Sport” in anni record: dalla direzione ad in-terim di Giuseppe Ambrosini e Gualtiero Zanetti a quella diCandido Cannavò, passando per tante imprese sportive e gior-nalistiche.Su tutte, il record dei tre milioni di lettori di media del 1983. Èuscito dal giornale nel 1988, in tempo per vedere “l’appiatti-mento dei quotidiani e dei giornalisti” sui modelli televisivi.“L’avvento delle tv commerciali ha cambiato il modo di fare que-sto mestiere”. Testimone di un declino, canta un vecchio pro-verbio cinese: “Quando ti rendi conto – recita Garavaglia – chenon è il pisello che fa sbocciare la primavera ma il contrario,capisci che è finita la poesia”. Quell’88, erano 51 i redattori in“odor di santità. Siamo usciti in quattro. Perché anche in que-ste cose bisogna cogliere il momento giusto”.

di Giuseppe Vespo

“La storia più bella in 58 anni di Motociclismo? Quella di uncampione che diceva di esser morto tre volte:Alfredo Ravaldini”.A ripensarci, Carlo Perelli, oggi indaffarato direttore responsabi-le della rivista “Motociclismo d’Epoca”, fondata nel 1995 dopoessersi ritirato da “Motociclismo”, sorride. “Nel 1979 visitai leprincipali fabbriche di moto sovietiche, i club e i circuiti. Un col-paccio per Motociclismo: ero il primo giornalista occidentale checi riusciva”. E ancor più singolare fu il personaggio che emerseda quel viaggio: un motociclista romagnolo famoso in UnioneSovietica e sconosciuto in patria.“Tornato in Italia, scrissi il reportage e lanciai un appello allo sco-

Carlo Perelli

Io, nelle steppe russe a caccia di storie su due ruote

nosciuto pilota. Per dieci anni nessuna risposta. Poi, una matti-na, squilla il telefono: ‘Pronto, son Ravaldini’, dice la voce. ‘Maquale Ravaldini?’ ‘Quello della Russia’. ‘Ostrega, ma dove sei?’‘Al mio paese’”. Perelli incontrò Alfredo e la moglie Galina aGatteo a Mare, in provincia di Cesena: “Ripeteva divertito chesi sentiva morto tre volte. Mentre si ritirava dalla Russia conl’Armir, cercò di farsi caricare su un camion nazista. Gli spara-rono una mitragliata e cascò nella neve. Mezzo assiderato, losalvò una capitana dell’Armata rossa. I russi lo fecero prigio-niero, deportandolo in Siberia. Sarebbe morto la seconda volta,se non fosse finito a fare il guidatore di trattori. Il che gli con-sentiva di difendersi dal gelo riscaldandosi vicino al motore.Finita la guerra restò in Russia. Cominciò a correre in moto e avincere. Entrò nell’albo d’oro del campionato di velocità sovieti-

co. Poi si laureò in ingegneria, si sposò e fece carriera. Alla finedegli anni Novanta, assalito dalla malinconia, tornò a Gatteo.Quando l’anziana madre aprì la porta, le venne un colpo. E ap-pena si riprese dallo choc, gliene venne un altro: doveva resti-tuire i soldi della pensione di guerra che aveva preso per qua-rant’anni. Lui si sentì morto per la terza volta. Era ormai il fuAlfredo Ravaldini”.Carlo Perelli, sguardo attento e occhiali alla Woody Allen, è unaffabulatore quasi ipnotico. Figlio di un tipografo che stampava“Motociclismo”, imparò a leggere sillabando marche di moto.Poiun giornalista della rivista chiese al padre: “Te ghe minga un fieuper sistema i fotugrafie de’ l’archivi?” Il 1° ottobre del 1949 il se-dicenne Carluccio entrò al giornale. “In redazione sfogliavo le ri-viste straniere. Il vecchio redattore capo mi diceva: “Te vedet,‘lap’ voeur dì gir normal, ‘fast lap’, giro veloce. Non parlava in-glese, conosceva solo alcuni termini. Così mi misi a studiare unpo’ la lingua e dal 1953 cominciai a collaborare con riviste in-glesi e olandesi”. E proprio su quelle riviste straniere, Perelli, al-l’inizio di settembre del 1957, pubblicò lo scoop più clamorosodella sua carriera. “Venni a sapere che la Gilera, grande prota-gonista del campionato del mondo, voleva ritirarsi dalle gare.Sparai subito la notizia sui giornali inglesi. Apriti cielo: mi chia-ma la Gazzetta dello Sport chiedendomi se mi dà di volta il cer-vello. La Gilera smentiva, ma il 26 settembre in una riunionestampa effettivamente annunciò il ritiro dalle corse”.

di Damiano Beltrami

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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22 ORDINE 1- 2- 3 2007

Il caso volle che il giocatore, appena diciottenne, avesse unamico giornalista. Correva l’anno 1951. “E chissà perché neiracconti gli anni corrono sempre”, si sarebbe poi domandatoMario Gherarducci, rievocando gli ultimi anni della sua carrie-ra.Studente di scienze politiche a Napoli, Mario incrociò il propriofuturo professionale mentre coltivava la passione sportiva perla pallanuoto: “Un amico che lavorava a Il Mattino D’Italia michiese di scrivere un articolo su una gara di nuoto. Nacque co-sì una collaborazione che dalle piscine partenopee mi avreb-be portato alle gesta dei grandi del calcio, passando per i tap-peti quadrati della boxe e per le arene olimpioniche”. Ma di

Mario Gherarducci

“Incantato dal grande Maradonama il primo amore fu il nuoto”

bracciate ne ha dovute dare quel ragazzo per raggiungere lameta che sognava: “Il mattino D’Italia era sempre sull’orlo delfallimento, così cominciai a lavorare al Roma. Feci qualche an-no da abusivo, tra lo sport e la cronaca nera di Napoli. Poi nel1957, la lettera del direttore mi consacrò professionista”.Cronachistico e riflessivo, Gherarducci descrive i suoi primi an-ni da professionista: “Al Roma stavo così bene che rifiutai laproposta di Gino Palumbo, capo dello sport del Mattino”.Undici anni dopo quel primo articolo sulla gara di nuoto,Palumbo, passato nel frattempo al “Corriere della Sera” ritentail corteggiamento, questa volta con successo: “Come potevo ri-fiutare la prima vetrina del giornalismo italiano?”. È il marzo del1963. Sarà perché gli affidarono anche la boxe o forse perchéera abituato a lavorare in maniche di camicia, certo è cheGherarducci vanta un singolare primato: “Sono stato il primo

che ha osato togliersi la giacca al Corriere, dove c’era un cli-ma molto formale anche se poi il linguaggio era quello tipicodelle redazioni”. Nel 1964, tra gli incontri di Duilio Loi e la serieA del campionato, il cronista viene inviato a seguire le Olimpiadidi Tokio. Dovette occuparsi un po’ di tutto: “Ricordo chePalumbo mi mandò a seguire l’equitazione. Una disciplina qua-si sconosciuta, ma arrivò la notizia che l’Italia era inaspettata-mente in corsa per l’oro e ne scrissi io”. Nel 1974 Palumbo pas-sò a dirigere il “Corriere d’informazione”. Gherarducci diventò ilvice delle pagine sportive del “Corriere”.Fino al ’77, quando Piero Ottone – al suo ultimo anno alla gui-da del “Corsera” – lo nominò caporedattore. Di quella direzio-ne, così tormentata e burrascosa, Gherarducci conserva an-che un aneddoto particolare: “Ottone rivoluzionò i rapporti in re-dazione. Fu lui a introdurre la regola tacita del ‘tu’ confidenzia-le tra direttore e redattori”.Mario rimase a dirigere lo sport per nove anni, poi tornò a fa-re l’inviato. Nel 1988 è alle Olimpiadi di Seul, poi agli Europeidi calcio in Germania e alle Olimpiadi invernali. Di tutti i grandicampioni conosciuti, Gherarducci conserva ricordi indelebili,anche se i suoi preferiti restano Duilio Loi, Nino Benvenuti,Maradona e Rivera. Oggi è tornato a vivere vicino al mare, nona Napoli però. E i suoi campioni li vede in tv, con orgoglio: so-no i figli Giorgio, della Gialappa’s Band, e Giampaolo, giornali-sta sportivo a Mediaset.

di Giuseppe Vespo

Una vita per il “Corriere della Sera”, trascorsa tra via Solferinoe la sua abitazione in via Carlo Poma. Lorenzo Pilogallo ha la-vorato con orgoglio per la più prestigiosa testata milanese, co-me racconta la moglie Rosanna: “Mio marito ha dedicato la vi-ta al lavoro, tanto che io mi sono sempre chiesta se avessesposato me o il Corriere”.Nato a Milano il 23 marzo del 1933, Pilogallo è entrato al“Corriere” come correttore di bozze. Dopo dieci mesi inizia a la-vorare come giornalista nella redazione sportiva. Assunto co-me praticante nell’aprile del 1956, diventa professionista 18mesi dopo. “Al Corriere ha percorso tutti i gradini della carriera– ricorda Rosanna Pilogallo – fino a diventare capo della re-dazione sportiva. È stato lui a inventare la pagina della nautica

Lorenzo Pilogallo

Un professionista stimatodall’Avvocato e da Enzo Ferrari

e dei motori. Godeva della stima dell’avvocato Agnelli, con ilquale andava spesso a fare colazione a Torino ed è stato buonamico del grande Enzo Ferrari, che tra l’altro avrebbe dovutoessere il nostro testimone di nozze. Rinunciò all’ultimo mo-mento. Disse che non l’avrebbe più fatto perché ci voleva be-ne e non voleva che accadesse nulla di male. Si riferiva al fat-to che l’ultima volta che aveva fatto il testimone a un matrimo-nio per un amico, quella persona morì poco tempo dopo”.Dopo 26 anni di lavoro al “Corriere della Sera”, Pilogallo di-venta direttore del “Corriere d’Informazione”, il quotidianoRizzoli del pomeriggio. Era il 26 marzo 1981.Di quel periodo la signora Pilogallo rievoca un episodio in par-ticolare: “La tragedia di Vermicino fu una grande angoscia.Quando riuscirono ad agganciare il piccolo Alfredino in fondoal pozzo, sembrava che il bambino fosse ormai salvo, e così

mio marito mise la notizia in prima pagina. Purtroppo non fucosì, e il giorno dopo scrisse in prima pagina una bellissimalettera di scuse”.L’Informazione cessa le pubblicazioni il 15 dicembre di quel-l’anno. Pilogallo, dopo poco tempo, trova una nuova colloca-zione come vice di Gino Palumbo alla “Gazzetta dello Sport”.“In realtà mio marito – racconta la signora Rosanna – era inballo per la vicedirezione del Corriere. Purtroppo proprio inquell’anno, in pieno scandalo P2, arrivò alla direzione AlbertoCavallari. Fu l’unica volta nella storia del Corriere che non ven-nero nominati vicedirettori”.Pilogallo ha continuato a fare il suo lavoro con amore e conbuoni guizzi d’intuizione, tra i quali il debutto sulle pagine della“Rosea” di scrittori come Alberto Bevilacqua, che si cimentavaper la prima volta con argomenti di carattere sportivo.Nel 1983, malato, deve lasciare il lavoro. “Da allora è stato unpo’ abbandonato dai colleghi”, si rammarica la signoraPilogallo. “Gli unici che sono venuti a trovarlo sono stati VittorioFeltri, Gaspare Barbiellini Amidei e Roberto Milazzo, che pre-se il suo posto alla Gazzetta. È sempre stato un uomo rigido,molto serio. Ho sempre ammirato la sua dignità e la riserva-tezza che non gli ha mai fatto rivelare di essere il nipote diEugenio Balzan, l’uomo che per trent’anni ha amministrato ilCorriere” portandolo, con Luigi Albertini, al successo.Pilogallo ha ricevuto nel 1968 il premio “Dino Ferrari”, e ha pub-blicato il libro Le automobili – La conquista della velocità(Piccioli Editrice, 1969).

di Cleto Romantini

Un’intera carriera dedicata al mensile che aveva contributo afar nascere. Quando Giancarlo Migliavacca parla di“Quattroruote”, i suoi occhi esprimono un grande orgoglio e tra-discono forse un pizzico di nostalgia. “È stata un’esperienza ir-ripetibile. In quella redazione sono cresciuto come uomo e co-me giornalista”.Era il 1956 quando Gianni Mazzocchi, che aveva da poco ce-duto testate da lui stesso fondate come “L’Europeo” e “IlMondo”, ebbe la grande intuizione, su consiglio di AntonioBandini Buti, di investire in una pubblicazione dedicata all’au-tomobile, in un momento in cui l’Italia si stava avviando alla mo-torizzazione di massa.

Giancarlo Migliavacca

La mia penna in difesadei diritti degli automobilisti

Migliavacca venne assunto poco tempo dopo l’uscita del primonumero.“Fu Giancenzo Madaro, che aveva lavorato con me alla

Edisport, una piccola casa editrice, a segnalarmi”, confida.“All’inizio eravamo solo in cinque, ma c’era grande entusiasmo.Mazzocchi ci spronava. Con lui avevamo un confronto conti-nuo. Fummo i primi a proporre le prove su strada delle auto ap-pena uscite sul mercato, segnalandone pregi e difetti.Facemmo una lunga serie d’inchieste sui problemi degli auto-mobilisti: la più famosa fu quella che chiamammo “OperazioneBullone”. Ci presentavamo nelle officine in incognito, segna-lando un rumore fastidioso.Avevamo appositamente svitato un bullone, lasciandolo cade-re nella coppa della ruota. I meccanici onesti ci segnalavanosubito quale fosse il problema, altri se ne inventavano di tutti i

colori”. “Quattroruote” diventò un simbolo di libertà, uno stru-mento di tutela per gli automobilisti.Dagli editoriali del direttore partirono campagne a favore dellacostruzione delle autostrade, battaglie vittoriose per la riduzio-ne del prezzo della benzina e per l’abolizione della corsia disorpasso centrale. “Mazzocchi è stato un maestro di giornali-smo per tutti noi – afferma Migliavacca – aveva una grandeumanità e sapeva intuire il progresso prima degli altri. Quandovenne inaugurato il primo tratto dell’Autostrada del Sole, titolò:‘7 metri e mezzo è poco’. Aveva capito che le carreggiate era-no troppo strette per le esigenze future”. Dopo la scomparsadel fondatore, avvenuta nel 1984, il gruppo editoriale passònelle mani della figlia Giovanna.Nel 1989 un evento terribile segnò la vita di “Miglia”, come ve-niva affettuosamente chiamato in redazione: una grave malat-tia gli portò via l’unico figlio, Alessandro, 22 anni. Di colpo, lacarriera, il lavoro, i soldi non ebbero più alcuna importanza:“All’inizio degli anni Novanta, da caporedattore centrale, decisidi lasciare. Avrei potuto continuare ancora ma gli impegni nonmi permettevano di stare vicino a mia moglie Valentina.Avevamo bisogno di ricostruire, soprattutto dal punto di vistaspirituale, ciò che avevamo perduto. La morte di un figlio è unevento devastante. La fede in Dio ci ha dato il conforto che cer-cavamo. Ci siamo dedicati, assieme ad alcuni amici, a un’as-sociazione che ha lo scopo di portare aiuto alle famiglie chehanno vissuto la nostra stessa esperienza”.

di Andrea Schiappapietra

“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci statra“Adesso si parla tanto di precariato e difficoltà di accessoalla professione giornalistica; beh, non è che ai miei tempifosse tanto diverso”.Severino Franco Silvotti, per tutti semplicemente Franco, na-to nel 1930 a Castel San Giovanni, ricorda con affetto quelragazzone ventenne che nei primi anni Cinquanta dalla pro-vincia piacentina si avviò, senza contatti o referenze, alla vol-ta di Milano, l’inespugnabile capitale dell’editoria che – cin-quant’anni fa come oggi – attirava a sé chi cullava l’ambi-zione di fare del giornalismo la propria professione.“Ho ancora stampata in mente la prima volta che giunsi instazione Centrale. Non conoscevo nessuno e non potevocontare su altro che la voglia di mettermi in gioco.

Severino Franco Silvotti

“Dettavo i pezzi al telefonoper cinque redazioni diverse”

Scendendo le scale affollate che portano in piazza Ducad’Aosta, scorsi, alzando lo sguardo, un cartellone pubblicita-rio della Patria, il quotidiano dell’armatore Lauro.Decisi di cominciare proprio da lì. Mi presentai e dissi chevolevo diventare giornalista”.Divertiti dalla schiettezza e dall’ingenuità di quel giovanotto,in redazione decisero di dargli una possibilità. “Mi fecero la-vorare per una settimana intera a una didascalia. La scrissie riscrissi, limando gli aggettivi e asciugando il testo, fino aottenere una dida pubblicabile. Quello fu l’inizio di tutto.Restai alla Patria per quasi cinque anni, lavorando a tempopieno senza un contratto o la minima garanzia. Furono annifaticosi ma appassionati: arrivavo al giornale per primo e mene andavo per ultimo.Uscivo dalla redazione verso le tre di notte e prendevo il tre-no per Piacenza verso le quattro. Alle due del giorno dopoero di nuovo a Milano davanti alla macchina per scrivere”.

Dopo l’esperienza a “La Patria”, Silvotti passa alla redazio-ne sportiva del “Corriere Lombardo”, uno dei numerosi gior-nali del pomeriggio che all’epoca Milano contava. Qui affinale sue capacità di cronista e imbocca la strada che percor-rerà per tutto il resto della carriera: giornalista sportivo, spe-cializzato in politica sportiva.Fu lui uno dei primi a interessarsi delle strutture giuridico-amministrative che ruotano attorno al mondo del pallone.Successivamente, in seguito all’assorbimento da parte della“Notte” del “Corriere Lombardo”, Silvotti continua a svolgereil ruolo di inviato a seguito delle squadre italiane di calcio,collaborando allo stesso tempo alle pagine sportive del set-timanale milanese “MilanInter” e dei quotidiani “Giornale diSicilia”, “Gazzettino” di Venezia e “Napoli Notte”.Ricorda divertito: “Ho girato il mondo seguendo i campioniitaliani, raccontando le imprese delle nostre squadre e pas-sando ore e ore al telefono dettando i pezzi a cinque diver-se redazioni.Penso che sia un riflesso di quelle esperienze il mio rifiuto dipossedere adesso un cellulare. Ho trascorso tanto di queltempo in sgabuzzini freddi o reception di alberghi con la cor-netta in mano che il telefono è diventato per me un oggettoostile”.Nel 1985 Silvotti lascia “La Notte” da caporedattore dei ser-vizi sportivi, per concludere la brillante carriera nel mondodella stampa come direttore editoriale della Edisport, casaeditrice specializzata in pubblicazioni sportive, supervisio-nando in prima persona la produzione di nove mensili.

di Matthias Pfaender

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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Di Giovanni “Gianni” Bianco, classe 1932, non si può certo di-re che non sia stato un giornalista “d’alta quota”. Dalle monta-gne trentine alle olimpiadi invernali di Sapporo, la carriera diBianco è stata segnata dalle piste innevate. Ha cominciato lasua attività alla sede Rai di Bolzano, quando era ancora stu-dente universitario, per poi passare all’“Alto Adige”, dove nel1955 ha iniziato il praticantato. Nel 1957, l’iscrizione all’albo deigiornalisti professionisti. Dieci anni dopo l’allora presidente delconsiglio dei ministri Aldo Moro, al suo terzo incarico, chieseall’Eni, proprietario del Giorno, un “aiuto” per risolvere la que-stione dell’Alto Adige. Il quotidiano fondato da Enrico Mattei de-cise di aprire un dorso bolzanino e lo affidò a Giovanni Bianco.“È stata un’esperienza molto bella – ricorda Bianco – la que-stione altoatesina era tutt’altro che risolta, gli attentati nella re-gione erano all’ordine del giorno. Credo che io e i miei colleghi

Giovanni Bianco

Una scrittura in punta di scidal Giappone ai Pirenei

del Giorno siamo riusciti a dare un seppur piccolo contributo,almeno dal punto di vista mediatico, alla risoluzione della que-stione”. Cinque anni di grandi esperienze nelle cronache tren-tine poi, nel 1972, quando la questione altoatesina era ormaistata risolta da Moro, la decisione da parte dell’Eni, proprieta-rio del “Giorno”, di chiudere il dorso bolzanino.Iniziò allora l’avventura milanese, sempre al “Giorno”: nel cor-so degli anni, responsabile della pagina culturale, capocronista(in quel periodo lavorava per la cronaca giudiziaria l’attuale pre-sidente dell’Ordine dei giornalisti lombardi, Franco Abruzzo),infine inviato per la pagina politica. Un anno dopo il trasferi-mento a Milano, la svolta. Un caso fortuito lo proietta nel mon-do dello sport invernale, una sua vecchia passione: “Eravamoalla vigilia delle Olimpiadi invernali di Sapporo e Gianni Clerici,che doveva seguire l’evento per il giornale, si ammalò. ItaloPietra, l’allora direttore, sapendo del mio interesse per lo sci,mi chiamò e mi disse: “Gianni, devi andare in Giappone, aSapporo, per le olimpiadi invernali”. Combattuto tra la mia vo-

glia e l’inquietudine per la nuova avventura, chiesi e ottenni 24ore di tempo prima di comunicare la mia risposta.Quella sera ne ho parlato a mia moglie che mi ha spronato adaffrontare la nuova prova: “Dai Gianni, che bello, non sei maistato in Giappone!”. Il giorno stesso disse a Pietra che accet-tava. Preparò le valigie e volò in Giappone. Da qui ha inizioquella che lui stesso definisce la sua “doppia vita professiona-le”. Nei tre mesi invernali si occupava di sci, per i restanti no-ve mesi di politica, cronaca e cultura: “Una vita quasi schizo-frenica, ma accomunata dallo stesso entusiasmo con cui se-guivo le gare sportive come la cronaca giudiziaria cittadina”.Nel 1980 Gianni Brera passò al “Giornale” di Montanelli, eBianco si dedicò totalmente alle vicende sportive, fino alla pen-sione, nel 1987. Ma non ha mollato del tutto. Ha continuato peraltri dieci anni a seguire per il “Giorno” gli avvenimenti deglisport invernali, fino ai campionati mondiali di sci del 1996. Inventicinque anni, ha collezionato sette Olimpiadi e quindicicampionati mondiali invernali.La sua passione per lo sport continua anche dopo l’abbando-no definitivo al “Giorno”. Nel 1996 diventa direttore responsa-bile della riviste “Sci” e “Sci fondo”, di cui è tuttora presidenteonorario, e diventa presidente dell’associazione “Giornalisti ita-liani sciatori”. Oggi, settantacinquenne, non ha abbandonatol’interesse per lo sport: “Sono presidente dei Giornalisti ItalianiGolfisti, una realtà che conta 120 iscritti in tutta Italia e che or-ganizza molti eventi e iniziative”, dice con orgoglio. Appesi sci,racchette e scarponi al chiodo, non lascia insomma il mondodello sport, e si dedica con tutta la sua passione a mazze, bu-che e campi verdi.

di Alessandro Braga

Nella cartelletta sul tavolo del salottino sono raccolti i documentiche segnano i passaggi della sua carriera.Vecchie lettere scrit-te a macchina indirizzate all’Ordine e a Carlo De Martino, rita-gli di giornali, fogli che certificano l'idoneità alla professione.Giancarlo Rizza, classe 1929, li sfoglia insieme alla moglie, econ una punta di emozione emergono ricordi, piccoli episodi daisuoi quarant’anni di carriera. “Il Giorno mi cambiò la vita”, dicesenza esitazioni.Fin dal principio, il quotidiano fondato da EnricoMattei segna il percorso di Rizza. “Riuscii a entrare al CorriereLombardo come praticante perché Il Giorno di Gaetano

Giancarlo Rizza

“Quando sul boss Turatello ho battuto sul tempo la polizia”

Baldacci aveva rastrellato giornalisti ovunque e servivano nuo-ve leve”. Durante il praticantato riesce a scrivere servizi impor-tanti: le reazioni a livello cittadino del lancio dello Sputnik, lamorte di Don Gnocchi. “Per un praticante era tanto”, ricordaRizza. “Il mio maestro fu Leonida Villani, il capo della cronacabianca”. Divenuto professionista, passa a “Il Popolo di Milano”.Ci resta per poco: è il 1960, Baldacci lascia la direzione del“Giorno” e fonda il settimanale “Abc”, portando con sé Leoni eBalzan, due colonne portanti del quotidiano milanese. Il nuovodirettore del “Giorno”, Italo Pietra, cerca cronisti.Giancarlo Rizzaviene assunto e comincia a occuparsi di cronaca nera. È entu-siasta: “Fu un periodo esaltante”, racconta. Un pensiero va agliex colleghi: “C’erano grandi nomi che frequentavano la crona-

ca: Bernardo Valli, Natalia Aspesi, Adele Cambria”. Poi, ecco glianni di piombo, le telefonate minatorie e gli interrogatori dellapolizia. “Arrivavano minacce anche dai carcerati. Chiamavano acasa e mi chiedevano perché scrivevo di terrorismo. Io non citenevo a fare il martire, ho sempre tentato di tenerli buoni”, con-fessa Rizza. Una mattina lo convoca anche la Procura dellaRepubblica: “Volevano sapere come avevo avuto la notizia di al-cuni arresti, nomi importanti indagati per corruzione”. Mentre ilprocuratore Mauro Gresti lo interroga, “fuori dalla stanza un uf-ficiale dei carabinieri faceva tintinnare le manette”, racconta og-gi con un sorriso. Un altro caso clamoroso è la rapina al BreraClub. Rizza, giocatore professionista di bridge, viene a sapereche il boss della mala Francis Turatello, detto “Faccia d’angelo”,ha fatto irruzione nel seminterrato dove si gioca d’azzardo, ra-pinando tutti i presenti. “Turatello gestiva le bische di tutta Milanoed era infastidito dall’apertura del circolo. Nessuno sporse de-nuncia perché Faccia d’angelo si era preso anche le carte d’i-dentità dei giocatori come arma di ricatto”. La rapina avviene disabato sera. La polizia lo apprende dal giornale il lunedì matti-na: “Dal commissariato mi chiamarono increduli”. In viaFatebenefratelli lo conoscono bene, Rizza frequenta quotidia-namente la sala stampa della polizia, è un “topo da questura”.Finché la nomina a caposervizio lo riporta in redazione, ancoraal “Giorno”, il giornale che lo ha sempre accompagnato, dovetermina la sua carriera nel 1993.

di Valentina Colosimo

“Giovanotto, la proposta mi interessa. Cosa cerchi, soldi?”,chiese Nino Nutrizio a uno dei tanti ventenni in attesa davan-ti alla sua scrivania. “No, voglio solo lavorare”, ribattè il giova-ne. La risposta piacque così tanto al leggendario direttore del-la “Notte” che volle subito mettere alla prova chi l’aveva pro-nunciata. Inizia così l’avventura giornalistica di Luigi Speroni.Mezzo secolo di un’attività che lo porterà a diventare firma diuna tra le maggiori testate nazionali. “Da quel giorno cambiòtutto. Avevo 23 anni e iniziai a puntare la sveglia per alzarmialle sette”.Il primo compito, affidatogli dal direttore della “Notte” in perso-na, fu quello di recarsi ogni mattina alle otto e un quarto allastazione Centrale, a un passo dalla redazione. “Dovevo aspet-tare che dai vagoni letto scendessero i vip. Politici, divi dellosport e dello spettacolo. Intervistarli nei pochi metri che porta-no dalla banchina fino all’area dei taxi. Due domande, suffi-cienti per andare di corsa in redazione e, entro le nove e mez-za – ora in cui il giornale chiudeva per andare in stampa –,scrivere l’intervista per la prima pagina”. Idea semplice e vin-cente: una delle tante del grande Nutrizio.Funzionò, ma non subito: “I primi giorni – racconta Speroni –

Luigi Speroni

Una vita da duemila intervistee l’amicizia con Gaber e Mina

non trovavo nessuno, perché non riconoscevo i volti, soprat-tutto dei politici. In quelle mattinate, però, scoprii che Nutriziomi seguiva a distanza e mi spiava. Voleva vedere come sape-vo muovermi sul campo”.Il primo grande vip “intercettato” da Speroni fu l’attore MemoBenassi: “Scese dal treno e aveva in braccio un gatto. Lo av-vicinai, gli chiesi qualcosa al riguardo e scoprii una storia cu-riosa, da prima pagina. Benassi, in quei giorni di scena al tea-tro Nuovo, era così affezionato alla bestiola che, da quandoquesta si era ammalata, ogni giorno la portava avanti e indie-tro fino a Firenze per farla visitare da un veterinario. Qualchegiorno dopo, incontrai Giuseppe Pella, allora presidente delConsiglio. Un po’ alla volta presi fiducia”.Dalla “Notte”, a metà degli anni Sessanta, Speroni passa invia Solferino. Prima come inviato alla “Domenica del Corriere”(diretta da Guglielmo Zucconi), poi al “Corriere della Sera”.Scrive nella pagina degli spettacoli, in cui prende il posto diVincenzo Buonassisi. Per anni seguirà il festival di Sanremo,girerà l’Italia come inviato speciale: “Il bello di questo mestie-re è che ti dà la possibilità di incontrare gente e situazioni di-verse. In tutta la mia carriera avrò intervistato più di duemilapersone. Alcuni sono diventati anche miei amici, come SergioEndrigo, Giorgio Gaber, Mina, Piero Chiara”.Che emozione, il “Corrierone”: “Quegli anni mi hanno per-messo di conoscere, soltanto per citarne alcuni, Dino Buzzati,

Achille Campanile, Giancarlo Fusco. Ce li avevi lì di fianco,ogni giorno, e ti sembrava normale. Soltanto dopo mi sono re-so conto della fortuna avuta”.Il primo pezzo firmato che appare sul primo quotidiano d’Italianon si scorda mai: “Adesso è diverso, firmano tutti e con mol-ta più facilità. Prima bisognava aspettare un bel po’. Quandovenne il mio momento, ero fuori per servizio. Mi chiamaronoper dirmi che il giorno dopo avrei avuto una bella sorpresa.Offrii champagne a tutti. Ricordo che nello stesso periodo ot-tenne la sua prima firma anche Ettore Mo. Al Corriere eranopreoccupati perché, con un cognome come il suo, anche la si-gla era come una firma”.Altro ricordo molto vivo l’arrivo alla direzione di via Solferino diPiero Ottone: “Mi trovavo in Versilia, in un hotel vicino allaBussola. Il segretario di redazione mi chiamò: il primo ordinedel nuovo direttore, disse, è di non accettare più nessunaospitalità. Scesi alla reception e dissi che volevo pagare. Unproblema con il presidente della Proloco: la sentì come un’of-fesa personale”.Ma la carriera di Speroni va ben oltre il quotidiano. Direttoredei programmi Rizzoli Tv, capo ufficio stampa della Rizzoli li-bri, direttore dei servizi giornalistici e delle relazioni esterne diEuro Tv. Quindi la collaborazione con Enzo Tortora (“Una per-sona perbene, di una correttezza esemplare”) in veste di coau-tore per le trasmissioni Portobello e Giallo di Rai 2. Infine, ilruolo di consulente per la Televisione della Svizzera italiana.Speroni è anche un appassionato storico e saggista, autoredi una ventina di libri come Il Duca degli Abruzzi (con cui havinto il Premio Lunigiana), Amedeo d’Aosta Re di Spagna eFiorello La Guardia. Per sei anni, fino al febbraio 2005, ha di-retto l’Ifg Carlo De Martino, prima scuola di giornalismo italia-na. Il 7 dicembre del 2004 l’allora sindaco di Milano, GabrieleAlbertini, gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro, massima ono-rificenza milanese: “Al di fuori dell’ambito lavorativo, la mia piùgrande soddisfazione”.

di Francesco Abiuso

“Ai miei tempi per una donna era difficile entrare in un mondochiuso come quello del giornalismo, c’erano molti pregiudizi neinostri confronti”. Sorride Albaluminosa Suraci, Bernard da spo-sata, ricordando i suoi primi passi da cronista: “Per fortuna lecose sono cambiate”.

Albaluminosa Suraci

“Che coraggio negli anni ‘50essere croniste di nera”

Gli inizi nel 1951 alla “Provincia di Como”. La Suraci segue al-cuni grandi processi del dopoguerra, come quello alla contes-sa Pia Bellentani, accusata dell’omicidio dell’amante, che fini-sce con la condanna dell’imputata a 10 anni di reclusione.Cronaca giudiziaria, ‘bianca’, poi il passaggio a un altro quoti-diano della zona, “Il Corriere della Provincia”, dove cura unapagina su Cantù e in genere si occupa di fatti locali. Quindi ilmatrimonio e l’abbandono del lavoro di redazione.

Passano gli anni e, una volta stabilitasi a Varese, la Suraci co-mincia a dedicarsi alla ricerca storica, pubblicando una decinadi libri sulle piccole e grandi realtà del territorio. Protagonisti esoggetti tra i più disparati: il lago di Varese, le corse di cavalli ola storica associazione dei cotonifici milanesi. “Mi è sempre pia-ciuto andare all’origine delle cose”, spiega. Oggi la giornalistacontinua a scrivere per i quotidiani sui temi a lei cari, ma ha an-cora vivi nella memoria gli anni da giovane cronista giudiziario:“Di recente mi sono rivista in televisione, proprio quando han-no riproposto il caso Bellentani.All’epoca fece molto scalpore, il palazzo di Giustizia di Comoera stracolmo di gente”. Durante un’udienza, un giorno in cuinon si riusciva a respirare tanta era la ressa, la Suraci avanzòuna proposta: “Chiesi al presidente della Corte d’Assise di apri-re a un gruppo di persone, tra curiosi e colleghi giornalisti, lagabbia degli imputati, visto che era vuota”.L’episodio suscitò un tale scalpore che ci fu addirittura un’in-terrogazione parlamentare. Albaluminosa Suraci ricorda sorri-dendo: “Feci proprio un bel casino”.

di Andrea Sillitti

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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Ugo Ronfani parla con tono pacato. E per iniziare la conversa-zione cita Jean Daniel, lo storico direttore, e fondatore, del set-timanale francese “Nouvel Observateur”, il “buon vecchio ami-co” conosciuto a Parigi durante il quindicennio (1960-1975) divita da corrispondente, prima per la “Gazzetta del Popolo”, poiper “Il Giorno”.“Noi giornalisti eravamo partiti per conquistare le ricchezze delmondo”, scriveva Daniel nel suo libro L’ère des ruptures del1979. “E dove siamo finiti? – si chiede Ronfani – A fare batta-glie di retroguardia. Non dico che nel dopoguerra avessimoidee migliori, ma sicuramente avevamo migliori illusioni”.Lo mette subito in chiaro Ronfani, ex vicedirettore del “Giorno”a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, noto critico teatrale, au-tore di 34 libri e vincitore di decine di premi culturali. Non vuo-le una commemorazione: “Non mi va di fare la lista dei miei ‘miricordo’. È inutile parlare del passato d’un giornalista senza di-scutere del futuro del giornalismo”.È da tempo che va scrivendo delle sue preoccupazioni. “Mi in-quieta il conformismo delle redazioni, la burocratizzazione dellavoro, la smobilitazione d’ogni impegno culturale”, spiega.“Cultura che non è l’accademia o il museo, ma dovrebbe es-sere almeno la quotidiana osmosi tra il pensiero e l’azione, trai fatti e le idee”. La sua critica è spesso vigorosa. Ma “non sitratta degli atri umori di un ottuagenario” che in vita sua si è al-

Ugo Ronfani

Inviato, critico ed educatore con lo sguardo al futuro

lontanato dalla politica per delusione, e che è insoddisfatto deisuoi due grandi amori: il giornalismo e il teatro. “Farò l’effettod’una figura d’altri tempi, e per questi tempi nostri caricatura-le”, sorride. “Sembrerò forse un anarchico in pantofole, ma vo-glio dirlo: Anche a ottant’anni, solo gli astratti furori giovanilipossono salvarci dal basso conformismo dominante; solo i re-sidui d’insofferenza. Per fortuna la vecchiaia non mi ha resosaggio”.“Ma nella categoria – mette in guardia – deve cominciare unperiodo di riesame delle posizioni dell’informazione nella so-cietà. Perché abbiamo fallito. O comunque abbiamo dimentica-to cose importanti. Fatto sta che siamo nella risacca, e comeattori del mondo della comunicazione, rischiamo non solo direnderci partecipi della superficiale ignoranza dell’Occidente,ma anche della barbarie inconsapevole della società dei lussie del benessere”.“Magari ho sbagliato tutto – riprende, intrecciando le dita – maho cercato di fare del mio meglio. Ho creduto in un giornalismod’impegno, di ricerca, e di plusvalore culturale. E quando du-rante l’estate non ero impegnato col giornale, mentre mia mo-glie e mia figlia si crogiolavano al sole di Liguria, io, inutilmen-te folle, scrivevo libri e testi teatrali. Volumi che non mi hannocerto dato il Nobel, ma che mi sono serviti per trovare, o forsemeglio, per cercare, un equilibrio”.Ronfani abbraccia con lo sguardo il grande salone di casa:“Proprio perché credo alle responsabilità culturali del giornali-smo e a una vita professionale spesa come investimento per il

futuro, e non come raccolta di aneddoti d’un nebbioso passa-to, l’esperienza di cui vado più fiero è il periodo passatoall’Istituto per la formazione al Giornalismo di Milano”. “Sono undidatta per vocazione, credo nel valore dell’insegnamento. E –rivendica con garbo – sento la scuola un po’ come una miacreatura.Ho contribuito a fondarla assieme a Carlo De Martino,al quale oggi l’istituto è intitolato, e a Luigi Marinatto. Ho com-pilato personalmente i primi piani didattici, mentre ero in ospe-dale, convalescente per un’operazione. Poi ho presieduto peranni la Commissione per la programmazione didattica. Infine,per un biennio, dal 1985 al 1987 sono stato direttoredell’Istituto. Non esagero se dico che la fondazione e la ge-stione della scuola hanno contato professionalmente per mepiù delle esperienze da giornalista all’estero. Più di certe gran-di soddisfazioni teatrali, come quando, appena ventunenne, unmio radiodramma venne scelto da Raffaele La Capria e tra-smesso dalla Rai. L’Ifg è una piccola grande utopia di cui eroe resto fiero. E rivendico con orgoglio di essere stato tra i pri-mi ad averci creduto”.Ronfani ha insegnato anche per tre anni nelle scuole carcera-rie, ha tradotto Eugène Ionesco e fatto conoscere in ItaliaNathalie Sarraute, capofila del Nouveau Roman, genere resopoi celebre da Alain Robbe-Grillet. Ha collaborato lungamenteal “Dramma” di Lucio Lidenti, la prima rivista storica del teatroitaliano e nel 1988 ha fondato il trimestrale di drammaturgia“Hystrio”. Ha seguito da vicino le vicende del Piccolo Teatro erealizzato un libro intervista su Giorgio Strehler. È stato per seianni presidente dell’Associazione critici teatrali e nel 1993coordinatore artistico del Bicentenario goldoniano.“Ma la lista delle mie opere è lunga. Corrisponde a una vita

intera. Può risultare enfatica o noiosa per chi legge”, avverte.E conclude: “È meglio riassumere così: ho creduto a un gior-nalismo di arricchimento intellettuale. A una cultura che nonvedevo come arma di pochi ma come strumento per miglio-rare la vita di tutti. Ho iniziato da pubblicista nel 1949 allaRisaia di Vercelli, un settimanale socialista che difendeva leragioni dei braccianti e delle mondariso. E lì ho stabilito il so-dalizio con gli umili che sarà, fino alla fine dei miei giorni, lamia ragione di vita”.

di Paolo Stefanini

“Signori, stanotte ribattiamo la due, la tre, la dieci, la venti e laquindici”. A ripensarci Giuseppe Palmieri, l’uomo che al“Giorno” lavorava di notte, ride divertito: “Ogni volta che scen-devo in tipografia scatenavo un coro di lamenti”.Capelli candidi e occhiali sul naso, Palmieri parla con il distac-co che si riserva a ricordi sfumati dal tempo. Rammenta cheera un lavoraccio, un lavoraccio che però gli ha dato anchesoddisfazioni: “Due di notte del 4 agosto 1974. L’Ansa informadi una bomba esplosa sulla vettura numero cinque del trenoItalicus, l’espresso Roma-Brennero. Una decina morti e oltre50 feriti il bilancio provvisorio. Ero solo al giornale. Così chia-

Giuseppe Palmieri

Un lavoraccio affascinante le ribattute di notte al “Giorno”

mai il direttore Afeltra e un altro collega. In tre ribattemmo laprima e la seconda pagina. Alle sei uscimmo con il serviziocompleto”.Palmieri resta in silenzio per qualche secondo, passa i polpa-strelli su una pagina di “I nostri diritti”, il giornale degli invalidicivili, che creò nel 1966 e a cui ancora oggi presta consulen-za. “Le notti terrificanti al Giorno non sono mancate. Un’altra fuquella del 20 luglio 1969, pochi mesi dopo che venni assuntorispondendo a un annuncio sul giornale. Fu la notte dello sbar-co dell’Apollo 11 sulla luna. Per la cronaca dell’allunaggio ciservimmo della televisione e ricostruimmo le prime due pagi-ne in tempi record”.Ma Palmieri, benché abbia appena compiuto 80 anni, non è un

tipo che si lascia catturare dalle nostalgie. Dopo aver rievoca-to gli anni all’“Avanti!”, dal ’60 al ’69, dove curava la paginasportiva, e a “MilanInter”, il primo giornale con cui collaborò ap-pena diciottenne, si proietta subito nel futuro. “Ho almeno do-dici idee per nuovi progetti editoriali, una è formidabile”, confi-da. Il che non sorprende. Negli ultimi 50 anni ha ideato una de-cina di giornali di categoria: “Di notte lavoravo al Giorno e lamattina progettavo nuovi giornali”.Tra i fogli di categoria lanciati da Palmieri il “Giornale delParrucchiere”, “Medicina Pubblica”, “Intendere” (un mensile pernon udenti), il “Giornale del Dirigente”, “I nostri diritti”. “Ma il col-po grosso è stato Bargiornale, una pubblicazione da distribui-re nei bar: un successo strepitoso”, sorride Palmieri con un mi-sto di orgoglio e amarezza, “l’idea di Bargiornale venne subitoraccolta da un collega. Ero incerto: lasciare il Giorno e diven-tare editore? Non rischiai, ma fu un errore. Cinque anni fa latestata è stata venduta per 32 miliardi di vecchie lire. Morale:ho inventato una testata miliardaria, ma è divenuto ricco un al-tro”.Signor Palmieri, perché non realizzare le nuove idee per gior-nali on line? Accenna un sorriso impacciato: “Mah! Sono sem-pre stato un nemico del computer. Mi sento a mio agio con car-ta e macchina per scrivere. La mia Olivetti Lettera 32. Che tral’altro adesso è scassata, devo farla aggiustare. Di nuove, pur-troppo, non ne fanno più”.

di Damiano Beltrami

Giornalismo come passione ma anche come impegno civile,perché “la società ha bisogno di controlli, di gente che si ac-corga se le norme vengono rispettate o meno”. Questa la fra-se-chiave per interpretare la carriera di Guido Nicosia. “Iniziaia scrivere fin dai tempi delle superiori”, racconta. “Ricordo cheil giornale si chiamava La virgola. Niente punti, insomma. Nellavita, come nelle frasi, la nostra volontà era quella di non fer-marci mai”.Da allora, in effetti, Nicosia non si è fermato. Prima l’università,dove si appassionò alla politica, poi i primi tentativi di farsi stra-da nel quotidiano della sua città. “Alla Provincia pavese mi oc-cupavo di cronaca locale, soprattutto di nera. Allora era molto

Guido Nicosia

Nell’officina rivoluzionariadel maestro Italo Pietra

più seguita di oggi, perché di grandi fatti ne succedevano po-chi”. Nel frattempo, Nicosia inviava corrispondenze anche aquotidiani nazionali come “la Stampa”: “La dirigeva Giulio DeBenedetti, il quale voleva che il suo giornale fosse scritto tuttonello stesso stile. Per questo quasi tutti i pezzi venivano fatti ri-battere. Io però mi misi d’impegno e riuscii a capire quello chevoleva, tanto che mi chiamò a Torino per propormi il pratican-tato”. In partenza per il servizio militare, Nicosia deve però ri-fiutare. Al ritorno riprende il suo posto alla “Provincia pavese”:un giornale libero, erede di una tradizione risorgimentale, ce-duto ad Abele Boerchio direttamente dal Cln. Così iniziano lebattaglie civili. La città in quegli anni è in fase di grande espan-sione. Il rischio è la speculazione edilizia, che Nicosia denun-cia in appassionate inchieste.

Nei primi anni Sessanta, il grande salto: Italo Pietra lo chia-

ma al “Giorno”: “Un quotidiano nuovo, davvero una bomba aorologeria per il giornalismo italiano”. Nicosia (soprannominatodai colleghi “il Barone di Vidigulfo”) viene assegnato alla cro-naca della Lombardia: lì svolgerà altri “servizi” che faranno mol-to discutere. Quello sul “caro estinto” (il business delle pompefunebri), sui “pirati della salute”, sull’inquinamento delle acque.“Erano vere inchieste, anche se non le chiamavamo così.Raccoglievamo fino a duecento testimonianze per articolo.Quando raccontavi un fatto, però, eri in grado di provarlo. Nonho mai preso una querela”. Al “Giorno” il cronista (poi promos-so inviato) resterà per 18 anni, rifiutando persino l’opportunitàdi entrare al “Corriere della Sera”.Opterà, invece, per l’“Avvenire”, come inviato di Esteri. Il Libanoe la Cambogia, il Sudafrica e le Filippine, la Lega Araba e iConsigli europei. Nicosia andrà anche al seguito di Pertini eCossiga nei loro viaggi presidenziali. Anni in giro per il mondo,tra interviste “strappate” ai grandi della terra (Arafat, Sihanuk,“Cory” Aquino) e situazioni spesso rischiose, come quando inLibano ci fu il terribile attentato al quartiere generale dei mari-nes. Innumerevoli gli aneddoti e i consigli: “Bisogna sempre an-dare sul posto a verificare, mai farsi raccontare un fatto per te-lefono. La verità, già di per sé, è parziale”. Secondo, mai te-mere il futuro: lui, che ha conosciuto il mondo della tv (avendodiretto i servizi giornalistici di Telemontepenice) oggi si adeguaalla sfida di internet col quotidiano online “Italia nel mondo”. Lasua avventura nel giornalismo davvero non si ferma.

di Francesco Abiuso

“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci sta travol-gendo”, dice Mario Scognamiglio. Sarà per questo che gli scaf-fali del suo studio, a due passi dal castello Sforzesco, sonostracolmi di volumi. Molti anche pregiati, come i manuali sette-

Mario Scognamiglio

Il sovietologo di Renato Mielicatturato dalla bibliofilia

centeschi sugli usi e i costumi della Napoli borbonica. Dal1975, anno in cui fonda le Edizioni Rovello, la bibliofilia è di-ventata per lui un lavoro, oltre che una passione. Prima si eraoccupato di politica su quotidiani e periodici. Negli anniCinquanta (è pubblicista dal 1957) era all’“Unità” e a “PaeseSera”. L’amore per il giornalismo si sposava con il suo fervoreideologico. Imparò il russo, tanto che Renato Mieli lo conside-

rava il suo “sovietologo di fiducia”. Saranno i lunghi viaggi aMosca a farlo ricredere. Scognamiglio è deluso da quel mon-do immaginato migliore, più giusto: “Prima ero di sinistra. Dopo,solo un utopista di sinistra”.Disilluso, abbandonò il giornalismo politico per dedicarsi allepagine storiche e culturali. Alla “Domenica del Corriere”, comesulla rivista “Historia”. Fino alla decisione di diventare un bi-bliofilo a tempo pieno. A lui si deve la creazione dell’Aldus Club,di cui ora è presidente Umberto Eco, e della rivista “Esopo”,fondata nel 1979 e composta ancora a caratteri mobili “Mo-notype”. Ha pubblicato diverse opere, fra cui, nel 1990,L’almanacco del bibliofilo. Di rado scrive per i giornali, due otre volte all’anno, non di più. E dedica dodici ore al giorno al-la divulgazione dei libri. La passione del giornalismo l’ha peròtramandata a una delle due figlie, Silvia. “Quella del giornali-sta è una professione bellissima, anche se negli ultimi tempiè cambiata molto per colpa degli editori”, conclude. Come siconsidera oggi dopo cinquant’anni di mestiere? “Un operato-re di cultura”.

di Marco Guidi

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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25ORDINE 1- 2- 3 2007

Quando il curriculum dell’interlocutore riempie tre pagine fittefitte, vuol dire che la chiacchierata si prospetta intensa e inte-ressante. Vieri Poggiali, classe 1934, vive in una casa elegan-te nel centro di Milano, e non appena si varca la soglia dellasua abitazione gli occhi cadono sui busti di due personaggi alui particolarmente cari: Giuseppe Verdi e Franz Joseph(Francesco Giuseppe), l’ultimo kaiser dell’impero austro-unga-rico. Sono il ricordo di una grande passione, la musica lirica, edelle origini della madre. Poggiali è nato a Milano, figlio di untoscano – da qui il nome tipicamente fiorentino – e di una trie-stina, quando ancora Trieste era sotto l’impero austro-ungaricoed emergeva in Europa come crogiuolo di etnie e di lingue. “Incasa – ricorda – si parlava tedesco. Infatti ho frequentato lascuola tedesca, dove le suore non venivano a dividere due chesi azzuffavano, ma si preoccupavano solo che i contendentinon si colpissero nelle parti basse, perché quello era un segnodi vigliaccheria”.Vieri si laurea all’Università Cattolica di Milano in ScienzePolitiche. Il padre, giornalista, gli sconsiglia di intraprendere lasua stessa carriera e preferirebbe per il figlio un incarico da di-

Vieri Poggiali

Giornalista a 360 gradi tra Toscana e Mitteleuropa

plomatico. Ma Vieri non cede: a 22 anni diventa redattore delquotidiano economico “Il Sole”, e a 27 anni ne è già vice-diret-tore. In seguito, però, sceglie di diventare free-lance: “Le pro-poste alternative non mancavano. Mi avevano chiamato per fa-re il caposervizio agli interni del Corriere della Sera, ma eranotempi in cui si finiva troppo tardi e avevo problemi in famiglia.Poi mi volevano corrispondente fisso da Vienna, ma rifiutai an-che quell’incarico: la capitale austriaca mi sembrava troppolontana. Fosse stato oggi, chissà”.Inizia così a collaborare con vari giornali, dal “Sole 24 Ore” a“Gente”, da “La nazione” alla “Domenica del Corriere”. In più,dal 1966, comincia una quasi trentennale collaborazione fissacon la Rai: “Il servizio pubblico è un gran carrozzone, ma è unambiente simpatico. Ho lavorato per i telegiornali, le rubricheeconomiche e i giornali-radio. Nel 1978 dovevo diventare capo-redattore del Tg1 ma le beghe politiche, già allora d’attualità,mi tennero nel limbo per un anno e mezzo. Quando la situa-zione si sbloccò era troppo tardi: avevo già rinunciato all’inca-rico. In Rai comunque non entro più dal 1995”.Da libero professionista, Poggiali comincia ad accostarsi agliuffici stampa. Dal 1972 al 1976 e dal 1978 al 1982, Vieri è di-rettore responsabile delle Relazioni esterne del gruppoMontedison. “Sono convinto – ammette – di essere stato cor-

retto in entrambi gli ambiti. C’era chi mi criticava aspramente,ad esempio L’Espresso, accusandomi di conflitto d’interesse, inquanto facevo commenti di borsa e la Montedison era quota-ta. Ma ho sempre avuto sufficiente onestà intellettuale per nonfarmi influenzare negativamente dalle mie due occupazioni. Seuno ha la coscienza a posto può conciliare il lavoro giornalisti-co e di ufficio stampa. Certo, quando Montedison ha compra-to Il Messaggero e ha dato soldi a Rizzoli per il Corriere dellaSera, allora lì ho fatto un passo indietro e me ne sono andatodal Gruppo. D’altronde, era un periodo in cui ero anche sinda-calista”. Poggiali, infatti, è attivo quasi da sempre nel sindaca-to. Dal 1961 al 1991 è stato delegato per la Lombardia a tutti icongressi nazionali della Fnsi. Dal 1964 al 1997 è stato com-ponente del consiglio direttivo dell’Alg, del Consiglio dell’ordinedei giornalisti di Milano, del Consiglio nazionale dell’Ordine deigiornalisti e del Consiglio nazionale della Fnsi. È stato inoltrepresidente dell’Inpgi.Giornalista, soprattutto, ma anche scrittore di libri di successocome Antonio Ghiringhelli, una vita per la Scala, dedicato allostorico sovrintendente del teatro milanese, e Montedisoneide:quest’ultimo poema eroicomico in endecasillabi rimati in 33canti, composto sotto pseudonimo. A questi vanno aggiunti isaggi didattici, soprattutto sul linguaggio del giornalismo eco-nomico, che definisce “spesso troppo criptico e incomprensibi-le, mentre invece dovrebbe essere un misto di informazione eformazione”. Poggiali, infatti, ha insegnato dal 1993 al 2005Dottrina e tecnica dell’informazione economica alla Cattolica diMilano. Ora le sue occupazioni predilette sono le collaborazio-ni su un sito economico-finanziario e la musica lirica: “Sono ab-bonato alla Scala, alla Fenice di Venezia e all’Opera di Roma.Ho fatto abbonare persino la mia nipotina di 13 anni, così giàabitua l’orecchio alle meravigliose note di Verdi e di RichardStrauss”.

di Alessandro Ruta

Pontedera, quartiere operaio, inizio anni Cinquanta. “ScendiGian Carlo, cercano un redattore al Calendario del Popolo!”.Sorride Gian Carlo Ferretti nel ricordare l’episodio che gli cam-biò la vita. Un sorriso nostalgico perché rivede il personaggioche pronunciò quella frase. “Si chiamava Firenze Rovini”, rac-conta, “era un sarto, aveva uno di quei nomi un po’ strani tipicidella Toscana. Uno di quei personaggi non rari all’epoca, gli au-todidatti: reduci dalla guerra partigiana, ex deportati, studentiche avevano dovuto abbandonare la scuola, operai desiderosidi apprendere. Tutta gente che amava la storia, la scienza, laletteratura, ma che per ragioni di reddito o di lavoro non pote-

Gian Carlo Ferretti

A lezione da Pasolini per capire dove va il domani

va pagarsi gli studi. E che nel tempo libero leggeva libri e gior-nali creandosi così una cultura vivace e originale ”.Ferretti si era appena laureato all’Università di Pisa. Si era ac-costato al giornalismo scrivendo sul “Tirreno” e su altri quoti-diani locali. “Fin da piccolo sognavo di fare il giornalista in unagrande città. La mia passione erano le pagine culturali, ma se-guivo anche la vita politica di quel periodo. Mi sentivo vicino al-le posizioni del Pci e avevo molti amici tra gli operai comunisti,anche se non ero ancora un militante”.Per uno come Ferretti “Il Calendario del Popolo” era perfetto:un mensile di cultura popolare, “fiancheggiatore” del Pci e consede a Milano. Nelle pagine del periodico, Ferretti risponde al-le domande di quegli autodidatti che aveva conosciuto bene aPontedera: “Chi era Alessandro Manzoni? Oppure, quali sono

le principali religioni nel mondo?”Nel 1955 il passaggio all’“Unità”, prima agli Interni e poi in ter-za pagina. Qui Ferretti si occupa di critica letteraria e intervistamolti autori italiani del tempo, da Pasolini a Sereni, fino aCalvino”.Ferretti rimane colpito, in particolare, da Pier Paolo Pasolini:“Un intellettuale ‘disorganico’ e controcorrente rispetto a tutto,ai partiti, alle tradizioni letterarie, al potere. Un pessimista checriticava la società senza pretendere però di cambiarla secon-do modelli utopistici. Era unilaterale, come tutti i grandi chesanno vedere il futuro: questa era la grande forza di Pasolini, eio mi definisco un pasolinista”.Nel 1968 lavora a “Tempo medico”. Nel 1976 approda nel mon-do dell’editoria: dal 1982 al 1984 diventa direttore editoriale de-gli Editori Riuniti. Nel frattempo, infatti, Ferretti si dedica allo stu-dio del mercato editoriale librario fino a quando, nel 1987, ot-tiene la cattedra di Letteratura italiana contemporaneaall’Università La Sapienza di Roma.Durante la sua carriera, Ferretti ha vissuto il giornalismo e laletteratura con la stessa intensità, ma con ottiche diverse. “Dalmio maestro Luigi Russo ho imparato che ogni autore èespressione di un determinato periodo storico. Ma mentre ilgrande scrittore sa fare qualcosa di più, sa incidere sulla so-cietà, il giornalista deve solo riportare la notizia e commentar-la con onestà. Il lettore, ieri come oggi, è un soggetto maturo”.

di Massimo Lanari

Prima, gli anni di lavoro sette giorni su sette, senza altro pen-siero che il giornale. Infine, l’addio continuamente rimandatoalla sua prima passione, nata ai tempi dell’università e colti-vata con determinazione in un piccolo quotidiano di provincia,“Il Giornale di Pavia”.Per Giuseppe Rossetti il legame con il giornalismo non si èmai allentato, e anche quando è diventato dirigente dell’Aler(Azienda lombarda per l’Edilizia residenziale) a Pavia, ha tro-vato il modo di occuparsi di carta stampata, gestendo la so-cietà editrice di Federcasa. A 73 anni, Rossetti ci riflette su:“Rimangono sempre dei fili rossi”.

Giuseppe Rossetti

Legato da un filo magico al mondo della sua Pavia

A percorrerlo a ritroso, il filo rosso conduce all’Università diFirenze. È il 1954. Il giovane studente di Scienze politicheGiuseppe Rossetti dirige il giornale universitario “Nuova ge-nerazione”. Sono solo le prove generali del futuro incarico. Hagià le idee chiare e una professione che lo attira. Comincia in-fatti a frequentare la redazione della “Gazzetta di Mantova”.L’occasione per diventare praticante nasce per un caso: “Unodei redattori della Gazzetta di Mantova era andato a fare il mi-litare e quindi si liberò un posto”. Quel posto Rossetti lo occu-pa da praticante lavorando in cronaca “senza un giorno di va-canza, neppure a Natale”. Nonostante tutto, quell’annoRossetti riesce ancora a studiare: “Dormivo sul treno di notteper andare a Firenze e il pomeriggio seguente ero di nuovo aMantova al giornale”.Quando nel 1956 diventa professionista, viene assunto dal

“Giornale di Pavia”. Dodici mesi da redattore ordinario, poi l’in-carico più prestigioso. Un primato: a 27 anni è il più giovanedirettore di quotidiano d’Italia. “Non ho mai avuto grossi pro-blemi, anche con i giornalisti più vecchi di me: l’ambiente erapiccolo e ci si conosceva bene”, racconta Rossetti.Lavora tantissimo, dalle dieci del mattino alle tre di notte, maconsidera l’impegno “una fatica piacevole”, sommando sforzie passione per il mestiere.Di quell’esperienza, Rossetti ricorda soprattutto la vitalità delmicrocosmo provinciale, dove i contatti sono più diretti e i per-sonaggi più coloriti; dove non manca neppure l’assessore chesi offende e denuncia il giovane direttore per diffamazione perun’interiezione mal interpretata: un “per Bacco” scritto così,con la B maiuscola, a indicare il dio del vino e, secondo l’as-sessore vilipeso, una sottile insinuazione al suo vizio di bere.Nel 1971 la società editrice Athena viene dichiarata fallita dalTribunale di Milano e “Il Giornale di Pavia” cessa le pubblica-zioni.Giuseppe Rossetti si trasferisce a Milano, dove comincia a di-rigere l’ufficio stampa della Federazione regionale delle indu-strie lombarde, e registra la testata “Lombardia Notizie”. Poi,gli incarichi dirigenziali: direttore dell’Unione industrie dellaprovincia di Pavia, infine presidente dell’Aler della sua città.Ma il filo rosso continua a tenerlo legato al giornalismo, tantoche da alto dirigente riesce ancora a occuparsi di carta stam-pata, gestendo le riviste di settore di Federcasa.

di Valentina Colosimo

“Politica, in una sintesi elementare, è l’agire comune per il be-ne comune, non l’agire in proprio per il bene di pochi”. CosìCarla Stampa, all’anagrafe Stampacchia, definiva la gestionedella cosa pubblica in un articolo del febbraio 2002. Parole for-ti nella loro semplicità, espresse da chi per una vita intera haavuto a che fare, da giornalista e da personaggio istituzionale,con le problematiche legate alla deontologia professionale e al-la politica.

Carla Stampa

Da “Epoca” a Montecitorio una vita tra inchieste e politica

Carla Stampa nasce a Roma nel 1930 e si trasferisce a Milanonel 1965. Qui, come ha raccontato nello stesso articolo, ha av-vio la sua carriera, svolta ininterrottamente nell’ambito del mag-giore gruppo editoriale italiano: “Ho trascorso una trentina d’an-ni in Mondadori, anni conclusi con una singolare coincidenza:quando Berlusconi si appropriava della prima casa editrice na-zionale, dopo una feroce battaglia proprietaria con Carlo DeBenedetti (Lodo Mondadori), io me ne uscivo per andare inparlamento come deputata del Pds nel proporzionale dellaLombardia. Era il 1994”.Per la Mondadori lavora come inviata per il settimanale

“Epoca”, realizzando inchieste sociali e di costume. Scrive an-che un libro sul caso di Sacco e Vanzetti (Mondatori, 1974).Durante gli anni da inviata muove i primi passi nel mondo del-la politica, e ricopre prima il ruolo di rappresentante delComitato di redazione a “Epoca”, poi di consigliere nazionaledell’Ordine dei Giornalisti.Una volta passata alla politica, mette la sua esperienza di gior-nalista a disposizione della VII Commissione della Camera(Cultura, Scienza, Informazione) e della Commissione specia-le Napolitano per il riordino del sistema radiotelevisivo e perl’Editoria.Pur trasferitasi a Roma per frequentare le sedute dellaCamera, la Stampa mantiene stretti contatti con il suo collegioelettorale e con il territorio lombardo, seguendo in particolare,direttamente con interpellanze, i problemi della piccola editoriae del volontariato, la questione della chiusura della discarica diCerro Maggiore, la ristrutturazione del settore periodici dellaRizzoli, la vicenda delle scuole civiche e dei Centri Donna diMilano.Anche se in questa circostanza ha preferito non rilasciare in-terviste, l'Ordine dei giornalisti della Lombardia trova doverosorendere omaggio alla sua carriera.

di Matthias Pfaender

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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La libreria di Giancarlo Galli è un po’ la sua carta d’identità. Lì,tra mobili in stile ottocentesco e soldatini di piombo, scorre lasua vita di giornalista e scrittore, con le sue coordinate cultu-rali e la sua grande passione: il giornalismo economico e le sto-rie dei protagonisti del capitalismo italiano. Da GiuseppePrezzolini a Thomas Mann, da Vilfredo Pareto a Guido Carli,“sono tanti i modelli ai quali mi sono ispirato per i miei libri dimaggior successo”, racconta Galli. Come le biografie della fa-miglia Agnelli, la storia dei poteri forti italiani, Enrico Cuccia, isindacati, l’euro e i rapporti tra Chiesa e finanza.Giancarlo Galli, infatti, è uno dei pionieri del giornalismo eco-nomico in Italia. Da Milano, dove il palazzo della politica si in-contra e si scontra con il potere industriale e finanziario, ha rac-contato cinquant’anni di intrecci e di tensioni.Nato a Gallarate 73 anni fa, Galli è un milanese doc: a 17 an-ni si avvicina all’Azione Cattolica e dirige il periodico “Azionegiovanile”. Il debutto nei quotidiani arriva con “L’Italia”, batta-gliero giornale cattolico diretto da monsignor Ernesto Pisoni.Dal 1952 collabora anche alla “Notte” di Nino Nutrizio.Con “L’Italia” inizia a occuparsi di economia, soprattutto di sin-

Giancarlo Galli

dacati. È il 1954: “Il mio primo scoop fu un tentativo di sabo-taggio da parte della Cgil ai tram dell’Atm. Volevano metteredella sabbia negli ingranaggi dei mezzi. Pubblicata la notizia,nel mondo sindacale scoppiò un putiferio, ci furono proteste eun licenziamento”. Conosce intanto il segretario della Cisl GiulioPastore e dirige il settimanale “Milano sindacale”. “Sempre conL’Italia – racconta – seguii le elezioni sindacali alla Fiat vinte dal-la Cisl. Stabilii il mio quartier generale alla Uil di Torino, dove po-tevo seguire i fatti senza lasciarmi influenzare né dagli amici del-la Cisl, né dalla Fiat. Mi sono così cautelato da un potenzialeconflitto di interessi, guadagnandomi il rispetto della redazionee dei protagonisti della vita economica di allora”.Dopo “La Notte”, ecco l’altra rivoluzione mediatica: esce “IlGiorno”. “Il vicedirettore Angelo Rozzoni mi chiamò nella nuo-va redazione. È stato lui il mio maestro di giornalismo, unesempio di rigore che ho preso come modello per tutta la car-riera”. Di quegli anni, in particolare, Galli ricorda la clamorosaintervista a Giuseppe Di Vittorio che accusava gli Stati Uniti diaver finanziato la scissione di Cisl e Uil dalla Cgil. E poi loscoop del progetto di una nuova automobile che stava per es-sere lanciata dalla Fiat: la 500. Al “Giorno” sono gli anni batta-glieri e controversi di Enrico Mattei e degli editoriali diFrancesco Forte: il giornalismo economico inizia a decollare.

Dopo la morte di Mattei, nel 1962, iniziarono dei contrasti conil direttore Italo Pietra. Nel 1964 Galli uscì dal “Giorno” e fu as-sunto da Piero Bassetti nelle pubbliche relazioni della suaazienda: “Non si chiamava ancora ufficio stampa, ma allora erol’unico giornalista professionista in Italia a ricoprire quel ruolo”.Piero Bassetti, imprenditore e uomo politico della corrente di si-nistra della Dc, era allora chiamato “il Kennedy dei navigli”. Lasua ascesa culminò nel 1970 quando divenne il primo presi-dente della Regione Lombardia e si portò dietro Giancarlo Gallicome direttore del servizio stampa.Nel 1972 l’approdo al “Corriere della Sera”: “L’errore più gran-de della mia vita”, racconta Galli. Lui stesso doveva, infatti, di-ventare direttore del “Corriere d’Informazione”, ma fu bruciatodal cambio di proprietà in via Solferino.L’anno successivo Bassetti e il presidente della MontedisonEugenio Cefis lanciano la sfida del settimanale “Il Lombardo”,diretto dallo stesso Galli. “L’idea era quella di un giornale che,15 anni prima della Lega, desse voce al malessere del Nord.Per motivi politici, però, Cefis si ritirò dal progetto e senza i suoifinanziamenti dovemmo chiudere dopo un anno”. Torna quindialla Bassetti e nel 1980 inizia la sua attività di editorialistaall’“Avvenire”, ruolo che ricopre tuttora.Nella sua carriera Galli ha visto da vicino il rapporto tra giornalie proprietà: “Gli editori – spiega – sono in realtà dei padroni chevogliono vedere pubblicato ciò che a loro interessa. Il casoFazio è esemplare: in altri Paesi la stampa avrebbe subito spa-rato a zero, da noi invece l’attacco al governatore è partito so-lo quando gli editori lo hanno consentito”. Una situazione, quel-la italiana, in cui i grandi gruppi industriali proprietari dei gior-nali sono, più che poteri forti, “poteri deboli”. “I poteri forti esi-stono là dove uno Stato è forte. In Italia, dove lo Stato è com-promissorio e calabraghe, i potentati economici non si coagu-lano ma creano un connubio instabile con il potere politico. LaConfindustria, la Chiesa, i salotti buoni del capitalismo italianosono in realtà dei poteri tutt’altro che forti”.

di Massimo Lanari

“Il giornalismo mi ha fatto lavorare e guadagnare, ma la mia ve-ra passione è sempre stata la medicina”. Parola di GiuseppePirovano, giornalista per mestiere e medico per hobby.Nato a Milano il 19 marzo 1930, Pirovano, dopo aver fatto sindall’età di dieci anni i lavori più svariati (calzolaio, contadino,operaio in fonderia) comincia a collaborare con l’“Avanti!” nel1952.“Studiavo nel tempo libero”, racconta. “Dopo aver preso la ma-turità da privatista mi sono iscritto alla facoltà di pedagogia al-la Cattolica. Nel 1955 sono stato nominato direttore delloSportello, un periodico dei bancari. Due anni dopo sono di-

Giuseppe Pirovano

“Ho fatto il cronista per caso e il medico per vocazione”

ventato pubblicista. Nel frattempo però continuavo a fare tantialtri mestieri, tra i quali lo stilista e persino il dentista abusivo”.Nel 1960 è praticante all’“Avanti!” ma dopo pochi mesi ne “com-bina” un’altra: accantona il giornalismo e si lancia in una nuo-va avventura. Diventa rappresentante di dischi alla Saar.Sorride, Pirovano: “Era il periodo di 24mila Baci di Celentano edi Bambina Bambina di Tony Dallara. Si guadagnava molto be-ne”.Terminata l’esperienza discografica, Pirovano tornaall’“Avanti!”, dove diventa professionista nel 1962. Al quotidia-no socialista rimase fino alla metà degli anni Sessanta.Dopo sei mesi di malattia, e il licenziamento dall’“Avanti!”,Pirovano collabora per qualche tempo con il settimanale “ABC”

e con l’azienda americana Link-Belt, per la quale inventa econfeziona un giornale. Riprende poi anche la collaborazionecon l’“Avanti!”, per il quale segue gli spettacoli teatrali. “Fu pro-prio la sera che andai a teatro a Varese per una prima – rie-voca Pirovano – che ricevetti la telefonata di un collega. Mi dis-se che il Corriere mi aveva cercato per tutto il giorno.L’indomaniandai in via Solferino e ne uscii con un contratto in tasca persei mesi”.Terminata la collaborazione con il “Corriere della Sera”,Pirovano chiama la Rai: “Cercavo un amico. Mi rispose un’excollega dell’Avanti! alla quale parlai della mia situazione. Lei misuggerì di andare proprio alla Rai, dove un giornalista stava peressere pensionato. Così vado in corso Sempione, parlo con ilcapo della redazione Emilio Pozzi e con il caporedattoreRoberto Costa. Poco tempo dopo mi richiama la segretaria diredazione, proponendomi un contratto di otto giorni per sosti-tuire alcuni colleghi impegnati al congresso della DemocraziaCristiana. Gli otto giorni divennero due mesi, poi altri due, finoa quando un giorno Costa mi sventolò davanti il contratto atempo indeterminato”.Una volta ottenuto il posto fisso in Rai, Pirovano può riabbrac-ciare la sua vecchia passione per la medicina. Tra un turno el’altro di lavoro, tra un “Gazzettino Padano” e un telegiornale,frequenta le lezioni di medicina all’università. Laureato nel1983, si specializza in chirurgia dell’apparato digerente.

di Cleto Romantini

Le cravatte di Nino Nutrizio. Il nido d’amore di Fausto Coppi edella ‘Dama bianca’. La dieta degli astronauti. Per Pier LuigiBoselli cinquant’anni di giornalismo sono stati più lievi di unacommedia. Adagiato su un divano, lo sguardo da gatto soria-no che studia l’interlocutore sotto il velo di un’ingannevole in-dolenza, Boselli appare così, un po’ cronista, un po’ flâneur.Nato a Parma, Pier Luigi studia al liceo classico GianDomenico Romagnosi insieme a Giorgio Torelli e a LuigiMalerba. Nell’Emilia di Attilio Bertolucci, Giovannino Guareschie Cesare Zavattini cresce una generazione che fin dall’adole-

Pier Luigi Boselli

scenza sogna il giornalismo. Boselli si laurea in Giurisprudenzama non vuole fare l’avvocato e, contro la volontà dei genitori,si trasferisce a Milano. Entra a “La Notte” dove realizza il primoscoop della carriera. Il direttore Nino Nutrizio lo manda sulletracce di Fausto Coppi e della ‘Dama Bianca’. Boselli riesce aintrodursi nella villa dei due amanti spacciandosi per idraulicoe ruba qualche battuta. Una mossa da detective che gli varràl’assunzione. Pier Luigi ricorda Nutrizio come un “direttore dapasserella” che viaggiava in Aurelia coupè, indossava abitisempre diversi e regalava le cravatte usate ai dipendenti. Dopo“La Notte”, Boselli passerà a “Grand Hotel”, il femminile di CinoDel Duca. Nutrizio è dispiaciuto per questa separazione, ma ilgiovane cronista vuole cambiare aria: “Gli intellettuali disprez-

zavano Grand Hotel anche se molti di loro ci scrivevano sottofalso nome”. Boselli tiene a sottolineare l’alto livello professio-nale con cui veniva confezionato il prodotto: “Per i fotoromanzilavoravano grandi attori come Vittorio Gassman. Avevamo po-co da invidiare al cinema o al teatro”. Dopo sette anni a Boselliviene affidata la direzione di “Confidenze”, che è sull’orlo delfallimento. Qui può sperimentare soluzioni nuove, per esempiola possibilità di allegare gadget. Tra questi, uno dei più genialie discussi è un 33 giri con il metodo Ogino-Knaus spiegato al-le lettrici. “Confidenze” passa da 100 mila copie a 500 mila.Seguono quattro anni al timone di “Grazia”. Proprio su “Grazia”Boselli lancerà la ‘dieta a punti’, che porterà sulle tavole italia-ne il menù degli astronauti americani. Un altro successo si ri-velerà l’idea di mandare quattro lettrici e un giornalista su un’i-sola deserta dei Caraibi. Come dire: Boselli aveva inventatol’Isola dei Famosi.Gli ultimi anni di carriera scorrono via tra mille impegni: una tra-smissione televisiva con Enzo Tortora, l’ufficio stampa allaParmalat, “Playboy”. Poi la pensione e il riposo, meritato. Oggila vita di Pier Luigi Boselli si svolge tra Venezia, Parma eMilano, in appartamenti zeppi di libri e arredati con gusto.Qualche viaggetto in luoghi che valga veramente la pena di vi-sitare. Due chiacchiere con gli amici. Qualche articolo. La vitadi un flâneur di gran classe che non rimpiange il giornalismo.

di Luca Gualtieri

In uno scaffale è conservata una ventina di volumi rossi: con-tengono gli articoli che ha scritto in oltre cinquant’anni di car-riera. Sul ripiano accanto, altrettanti fascicoli raccolgono inve-ce i servizi che i giornali hanno dedicato a lui. Gianni Usvardi,classe 1930, è stato giornalista ma anche politico socialista,deputato e sindaco dell’amatissima città natale, Mantova.“Ogni anno ritagliavo gli articoli e li raccoglievo in un album”,racconta la moglie Milena Gasparini. “Era il mio regalo diNatale”. È lei, la compagna di una vita, a raccontare la lungacarriera del marito, che per motivi di salute non può sostene-re l’intervista. Nella loro bella casa nel centro di Mantova so-

Gianni Usvardi

Sindaco, deputato e giornalistacol cuore sempre a Mantova

no molti gli oggetti che parlano di Usvardi: le pipe di ogni fog-gia esposte in una vetrinetta dell’ingresso, i numerosi ricono-scimenti e premi appesi alle pareti, i libri che riempiono duestanze insieme ai souvenir dei tanti viaggi. Milena Gaspariniricorda bene le difficoltà degli esordi: “Gianni era figlio di unferroviere e di una sarta. Frequentava la facoltà di medicina,ma fu costretto a interrompere gli studi al quinto anno, quan-do il padre morì”.Da allora si dedicò a tempo pieno alla politica e al giornalismo,a cui si era accostato sin da giovanissimo: nel 1949 scrivevagià per la “Ronda sportiva” e, dal 1952, collaborava con la“Gazzetta di Mantova”. “Il primo articolo fu la cronaca di unapartita di calcio – racconta ancora la moglie – poi passò ad al-tri settori. A quei tempi all’inizio ti facevano scrivere di tutto:

una volta per esempio lo hanno mandato al festival delle mon-dine, ma ha seguito anche l’alluvione del ‘51, e nel 1957 si èoccupato della tragedia di Guidizzolo, con cui si conclusero leMille Miglia”. In quegli anni, Usvardi, che nel frattempo era di-ventato il corrispondente da Mantova dell’“Avanti!” e collabo-rava con alcune riviste socialiste, milita attivamente nel Psi.“Lavorava al giornale fino alle quattro di notte. Però la sera ver-so le dieci riusciva a liberarsi un paio d’ore e mi portava al ci-nema”, rievoca la moglie. “Dopo tornava in redazione, e lamattina andava nella sede del partito. Non si fermava mai”.Eletto consigliere comunale nel 1959, tra il 1960 e il 1963 èassessore alla Cultura e all’Urbanistica del comune diMantova. Nel 1962 diventa il più giovane deputato d’Italia: inParlamento siederà dal 1963 al 1972, sarà sottosegretario al-la Sanità e, per due volte, al Turismo e Spettacolo. Ma, nono-stante la stima di cui godeva a livello nazionale, Usvardi nonvolle mai lasciare Mantova.Sindaco amatissimo della città per quasi 13 anni, dovette ri-nunciare alla carica nel 1985, per questioni interne al partito,a dispetto di un record di preferenze popolari (2753) e di unreferendum in suo favore promosso dai concittadini.Nonostante gli svariati incarichi ricoperti, però, Usvardi non hamai smesso di sentirsi un giornalista. Milena Gasparini sorri-de: “L’anno scorso gli ho proposto di non rinnovare il tesseri-no e lui mi ha chiesto, semplicemente: ‘Perché?’”

di Francesca Caria

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

Da Cuccia agli Agnelli pioniere della stampa economica

“Molti snobbavano ‘Grand Hotel’e ci scrivevano sotto falso nome”

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Uno studio affacciato sui giardini di Milano Due. Da quindicianni queste stanze sono il regno di Franco Damerini, ex cro-nista. Tappezzeria pastello, abat-jour d’epoca, un romanzo diAlexandre Dumas, una collezione di libri per bambini. “Sto al-lestendo una mostra sulle vecchie edizioni di Pinocchio.Volumi che ho trovato nelle fiere di antiquariato dopo lunghericerche”, spiega Damerini. La conversazione parte da qui,dalle illustrazioni di Lucignolo e Mangiafuoco, dal profumo diantico che colpisce il visitatore.Damerini è in pensione dal 1992. Un addio senza ripensa-menti: “Quando esci da questa professione, non puoi tornareindietro: è una scelta definitiva”. Oggi è ancora attivissimo, or-ganizza mostre, scrive su un bimensile di antiquariato, pas-seggia per fiere e mercatini, frequenta gli amici, ma ha smes-so di occuparsi di giornalismo. Un’esperienza chiusa, “anchese è stata una gran bella esperienza”.Milanese, Franco Damerini viene da una famiglia di giornali-sti. Il nonno aveva lavorato al “Secolo”, storico quotidiano del-la sinistra democratica diretto dal premio Nobel per la PaceErnesto Teodoro Moneta, mentre il padre aveva scritto per il“Corriere Lombardo”. Dopo il liceo classico al Carducci, appe-na diciottenne, Damerini si lascia contagiare dal “vizio di fa-

Franco Damerini

Nella redazione di Missirolitra rigore e goliardia

miglia” e inizia a collaborare con l’agenzia Reuters. Questa pri-ma esperienza gli insegna soprattutto a usare gli strumenti delmestiere, come la macchina per scrivere e la telescrivente.Intanto studia Giurisprudenza e si laurea.Tra l’avvocatura e il giornalismo Damerini sceglie senza esita-zioni: continua il percorso intrapreso alla Reuters. Nel 1952entra a “La Notte” di Nino Nutrizio, fondata proprio quell’anno.Diventerà professionista nel 1957 al prezzo di una gavetta du-rissima.Malgrado gli orari sfibranti, l’assenza di tutele sindacali e le pa-ghe da fame, Damerini ricorda quel periodo con emozione.“La Notte fu un giornale rivoluzionario che dava grande spa-zio alla cronaca e allo sport. Anche se ci rendeva la vita diffi-cile, Nutrizio era un genio, un maestro. Ci insegnò che nel gior-nalismo quello che davvero conta è la notizia”. E allora via, acaccia di notizie.La mattina a Palazzo di giustizia per stenografare i grandi pro-cessi del dopoguerra; il pomeriggio in giro per commissariatiad annotare ogni furto, ogni rissa. “E se tornavi in redazionecon uno scoop, Nutrizio ti regalava una cravatta o ti concede-va un aumento”. Di quegli anni Damerini rimpiange soprattut-to “la vibrazione della notizia”, un sentimento che i cronisti dioggi, a suo avviso, non provano più.Dopo otto anni nella scuderia di Nutrizio, il giovane passa al“Corriere d’Informazione”. Damerini entra in via Solferino co-

me redattore ordinario ma diventerà ben presto caporedatto-re. Nella sua cronaca si formeranno alcune delle firme più pre-stigiose del giornalismo italiano. Quattro nomi per tutti: WalterTobagi, Edoardo Raspelli (“Allora non si occupava di cucina”),Gian Antonio Stella (“Simpaticissimo”) e Ferruccio de Bortoli(“Quadrato e inflessibile”). L’atmosfera evoca molto una ca-serma: disciplina ferrea e parentesi goliardiche che sdramma-tizzavano la tensione e facevano volare il tempo. Su tutti ve-gliava il grande direttore Mario Missiroli, “un altro maestro im-portantissimo, la colonna portante del giornale”.Damerini resta al “Corriere d’informazione” fino al 1979, quan-do si lancia nell’avventura dell’“Occhio” di Maurizio Costanzo.Lo solletica l’idea di un quotidiano nazionalpopolare, ispiratoai modelli inglesi e allora assente in Italia: “Avevamo in menteun giornalismo che condensasse toni alti e bassi, senza la se-riosità di molta stampa nostrana. Avrebbe potuto essere unarivoluzione”. Invece si rivela un flop e Damerini si ritira dall’im-presa dopo qualche mese.Negli anni Ottanta è al “Corriere della sera”, caporedattore de-gli Spettacoli. Un’esperienza del tutto inedita per lui, che di-mostra come il vero giornalista debba sapersi destreggiare inogni settore: “Un cronista di nera deve conoscere il rock e lamusica classica: non possono esserci lacune”.Nel 1992 Franco Damerini raggiunge i limiti della pensione eabbandona il mondo giornalistico. Da allora ha iniziato unanuova vita: gli hobby di un tempo sono diventati un lavoro. Unbilancio? Cinquant’anni di fatica ma anche di grandi soddisfa-zioni.L’unica ombra che lo inquieta riguarda il futuro della cronaca:“Non vedo in giro giornali all’altezza della Notte o del Corriered’Informazione. I cronisti della mia generazione sono cresciu-ti inseguendo il mito di Kirk Douglas in L’asso nella manica.Andavamo in giro a caccia di notizie, verificavamo le fonti, fa-cevamo inchieste. Oggi non vedo più questa determinazione”.Ma di giornalismo ormai parla poco. Capitolo chiuso.La vita è altrove.

di Luca Gualtieri

Sentire Alfredo Barberis che racconta la sua carriera è un po’come fare un viaggio, tra l’onirico e il fantastico, nel mondo del-la letteratura, della televisione e del cinema italiano degli ultimicinquant’anni, visto con gli occhi di chi, da una redazione gior-nalistica, lo ha raccontato e vissuto.Barberis è stato il primo giornalista di critica televisiva: nel 1952teneva una rubrica su “La Patria”, si chiamava Teleprima. “Fu lìche commisi il mio primo sbaglio – racconta divertito – Scrissiche le trasmissioni a puntate non avrebbero avuto successo,perché era come invitare una persona a cena e servirle solol’antipasto, dicendole di tornare il giorno dopo per il primo”.

Alfredo Barberis

“Grazie a me i bambinihanno amato la Pimpa”

Negli anni successivi, tante collaborazioni, come critico cine-matografico e televisivo, e la direzione di alcune riviste lettera-rie.Il racconto si trasferisce poi in via Settala a Milano, nella stori-ca redazione del “Giorno”, dove recensisce trame di film inquartine perché “quel genio di Giuseppe Trevisani aveva avutoquesta pazza idea. Peccato che poi l’idea non ebbe conse-guenze pratiche sulle pagine del giornale, e il giudizio sui filmin uscita lo facevo dando valutazioni in ‘pallini’”. Un pallino, sta-tevene a casa; due pallini, fate quello che volete; tre pallini, an-date a vederlo; quattro pallini, che fate ancora a casa? È un ca-polavoro impedibile. Certo, da viceresponsabile delle pagine ci-nematografiche, non poteva sbizzarrirsi in giudizi troppo per-

sonali: “Come quella volta in cui andai a vedere ‘I soliti ignoti’ e‘Il sorpasso’. Chiamai il mio capo e gli dissi che per me vale-vano quattro pallini. La risposta? “Dottor Barberis, stia calmo,tre sono più che sufficienti”. Dopo averli visti però si ricredetteanche lui”.Nel 1975 diventa direttore responsabile del “Corriere deiPiccoli”. Resterà in carica per due anni. Nei primi mesi dellasua direzione il giornale cambia veste grafica e formato, di-venta più colorato e divertente per rispondere meglio alle esi-genze dei suoi piccoli lettori.E appare sulle pagine della rivista un personaggio che entrerànel cuore di tutti i bambini italiani: la Pimpa. “Altan mi proposela sua cagnolina a pois e io accettai subito di pubblicarla, no-nostante una persona molto vicina all’editore mi criticasse, inquell’occasione, sostenendo che volevo fare un giornale soloper i figli degli architetti. Singolare, visto che decisi di pubblica-re un personaggio dell’inventore di Cipputi. In ogni caso, seAltan è a pieno titolo il padre della Pimpa, io posso conside-rarmi almeno l’ostetrica”. Alle sue dipendenze, in quel biennio,alcuni giovani destinati a affermarsi: Ferruccio De Bortoli, maanche Tiziano Sclavi, l’inventore di Dylan Dog. “Un ragazzo ge-niale che quando si licenziò dal Corriere dei Piccoli scrisse lalettera di dimissioni in rima, raccontando dei suoi paurosi viag-gi da Pavia a Milano, disperso nella nebbia dove vagavano gat-ti morti e spettri”.

di Alessandro Braga

Ambrogio Lucioni ha lo sguardo sereno di chi dalla vita haavuto tutto quello che poteva desiderare. Una famiglia, due fi-gli, adesso a loro volta sposati e sistemati, un lavoro che loha divertito e appassionato.E che gli ha riservato anche qualche delusione. “Non ho rim-pianti”, afferma deciso. C’è da credergli. Anche se (lo s’intui-sce dalla difficoltà con cui ne parla) l’esperimento fallito del“Giornale” di Varese rappresenta una ferita ancora aperta.Nel 1973 alcuni imprenditori locali lanciarono il progetto di unnuovo quotidiano, con l’obiettivo di creare un’alternativa alla“Prealpina”. Lucioni, che dal 1953 lavorava nello storico gior-

Ambrogio Lucioni

Di questo mestiere rimpiangoancora il profumo del piombo

nale varesino ed era stato anche corrispondente del “Giorno”,venne chiamato come direttore responsabile. La testata regi-strata in tribunale creò qualche problema con IndroMontanelli, che quasi contemporaneamente aveva lasciato il“Corriere della Sera” per dare vita al suo “Il Giornale”. Fino ache gli editori non si misero d’accordo, il più famoso giornali-sta italiano dovette inserire la parola “nuovo” per differenziar-si.“Accettai con entusiasmo l’incarico”, racconta Lucioni. “I pri-

mi mesi furono duri, non era facile imporsi. La redazione eracomposta da persone in gamba, riuscimmo a ottenere dei ri-sultati ma ben presto cominciarono i problemi con la pro-prietà. Non accettavo ingerenze. Così, dopo circa due anni,decisi di dimettermi. Fu una decisione che mi provocò tantaamarezza, pensavo di aver fallito io, di non essere riuscito a

farmi capire. In realtà, con il passare del tempo, di molte co-se ho saputo darmi una spiegazione”. Il momento difficiledurò alcuni mesi, al termine dei quali ricevette una nuova pro-posta di lavoro: fu Angelo Narducci, direttore di “Avvenire”, achiedergli di entrare a far parte del giornale cattolico per oc-cuparsi degli Esteri. Prima nella sede in via Vittor Pisani, poiin quella nuova, all’interno del Palazzo della Stampa, in piaz-za Cavour.“Erano anni tormentati – sottolinea – arrivavano chiamate

anonime, i giornalisti erano nel mirino. C’era un po’ di preoc-cupazione, cercavamo di farci forza l’un l’altro. In famiglia, poi,si cercava di non far trapelare nulla, mostrandosi tranquilli,anche se non era facile”.Dopo un anno e mezzo, nel 1977, il passaggio a “FamigliaCristiana”, dove rimase fino al 31 ottobre del 1991, quandoandò in pensione con il grado di caposervizio. “La figura di ri-ferimento per tutti noi in quegli anni – spiega – è stata quel-la del direttore, don Giuseppe Zilli, un uomo di straordinariacultura, prudente ma nello stesso tempo coraggioso, dotatodi un grande fiuto giornalistico. Con lui Famiglia Cristiana ot-tenne grandi risultati. Alla fine nessuno mi ha forzato: ho scel-to io di lasciare perché era arrivato il momento giusto, dopoquarant’anni di lavoro”.Una vita intera passata in redazione, con una passione par-ticolare per la tipografia: “Mi sembra di sentire ancora il pro-fumo del piombo, che t’impregnava i vestiti. Per gli altri era unodore cattivo, per me aveva un fascino particolare”.

di Andrea Schiappapietra

In sessant’anni di professione Alfredo Zavanone ha sperimen-tato ogni mezzo di comunicazione, dalla carta stampata a in-ternet. Inizia alla fine della Seconda guerra mondiale, quando,appena ventenne, collabora al “Corriere del Piemonte”, quoti-diano voluto dagli Alleati e dall’Associated Press. La passione

Alfredo Zavanone

Dalle fotografie dei paesiniai siti gastronomici

per la fotografia, inoltre, lo portaa operare dietro la cinepresa egli consente di approdare alla “Settimana Incom”.Negli anni successivi collabora con il “Candido” di Guareschi,“l’Europeo”, “la Tribuna” e molti altri periodici. L’amore per il ci-nema lo fa recitare nel film di Piero Nelli “La pattuglia sperdu-ta”. Era il 1953.“Fu un’esperienza indimenticabile”, commenta Zavanone. Nel

1956 cura la fotografia di “Carcoforo ab.103”, documentario suun piccolo paesino isolato dal mondo firmato dal regista e gior-nalista Oliviero Sandria. Un suo scatto di allora vincerà il“Fotogramma d’oro” al Festival del cinema di Merano. “Pensodi aver meritato il premio per l’originalità del servizio.Documentare la vita di un paesello piemontese di 103 abitan-ti, posto a 1800 metri di altitudine e d’inverno senza collega-menti né strade è stata un’idea innovativa per gli anniCinquanta”, dice con orgoglio.Con l’avvento della televisione entra a far parte di una troupedella Rai, facendo da operatore per diversi sketch di“Carosello”. Zavanone ha collaborato agli spot del dentifricioDurban, del confetto Falqui e dell’olio Dante.Si occupa poi di religione, sport, cibo e cronaca musicale in ra-dio. Da vero polivalente, a fine anni Novanta si appassiona an-che di internet. Tanto che oggi è direttore e collaboratore di di-verse riviste telematiche, fra cui “Informacibo” e “Apodittico”. Isuoi articoli in campo alimentare, in particolare sull’elicicoltura,gli fanno vincere nel 2006 la prestigiosa “Lumaca d’oro”.

di Marco Guidi

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

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Sul foglietto di carta intestata che rigira tra le mani ci sono ap-punti allineati in una fitta grafia e l’indirizzo di un albergo ro-mano. Da anni, infatti, Vittorio Reali fa la spola tra Milano eRoma, dove è impegnato come commissario agli esami diStato per l’abilitazione alla professione giornalistica. Si è se-gnato alcune idee che gli stanno a cuore. Pensieri maturati difronte ai tanti giovani aspiranti giornalisti che arrivano a Romaarmati di speranza. Ha scritto, tra l’altro, di credere con forzaagli istituti di formazione al giornalismo, ma che spera in unpunto d’incontro con l’esperienza dei veterani: “Non voglio mi-tizzare i miei anni raccontando di come mi sono formato sul-la strada e tra la gente”, chiarisce. “Sono ben cosciente che lenuove tecnologie hanno cambiato sia il lavoro che l’apprendi-mento del mestiere. Ma non bisogna dimenticare che fuoridalle redazioni, coi loro computer connessi al mondo tramiteinternet, esistono pur sempre la gente e la strada”.Reali ha dedicato metà della sua vita all’attività di cronista emetà alla categoria, con importanti incarichi nell’Ordine e nelSindacato. “Poco invece alla moglie”, confida. E sorride: “Forsenon aveva tutti i torti la mia futura suocera quando male ac-colse la notizia del fidanzamento della figlia con un giornali-sta. A quel tempo non godevamo di buona fama. C’era l’idea

Vittorio Reali

che fossimo una squadra di Humphrey Bogart col trench, lasigaretta in bocca, frequentatori assidui dei bordelli”. “Battutea parte, eravamo davvero a contatto diretto con la società.Anche coi suoi lati oscuri. Quando uscivamo dal giornale, al-le tre del mattino, per strada e nei pochi bar aperti c’erano so-lo giornalisti, agenti della volante e prostitute”.Reali ha lavorato per più d’un ventennio alla “Notte”, il quoti-

diano del pomeriggio che proprio sulla cronaca basò il suosuccesso, sbaragliando la concorrenza di “Milano Sera”, di“Stasera”, del “Corriere Lombardo” e infine anche del “Corriered’Informazione”. “La Notte” arrivò a vendere 75-80 mila copie,guadagnando un pubblico di lettori eterogeneo, a dispetto del-le posizioni liberal-conservatrici e degli “schieratissimi” fondidel direttore Nino Nutrizio.Alla “Notte” di Nutrizio, dov’era entrato nel 1956 (dopo un de-

cennio da pubblicista con esperienze, tra gli altri, all’“Avanti!”,alla “Voce repubblicana”, al “Pensiero Romagnolo” e al“Giornale dei costruttori”), Reali era il responsabile della cro-naca bianca. Insomma, era di casa in Comune, in Provincia,nelle segreterie dei partiti. Più tardi divenne capo servizioInterni-Esteri, per chiudere l’esperienza da vice caporedatto-re centrale. A 31 anni, dopo una provocazione di Nutrizio(“Non vi vergognate? Tutti ci danno del ‘dottore’ e qua dentronessuno di noi è laureato”), tornò a iscriversi a ScienzePolitiche. Si laureò, studiando nei giorni di corta.

Proprio nel comitato di redazione della “Notte”, intanto, Realis’impegnava nell’attività sindacale. “Riuscii – rivendica – a ot-tenere un contratto aziendale. Fummo i secondi in Italia adaverne uno, dopo il Sole 24 Ore. Avevo scoperto che dopo cin-que giorni di sciopero i contratti con le agenzie di pubblicitàdecadono. Sbattei quelle carte in faccia al direttore LivioCaputo. E l’editore dovette cedere di fronte alla minaccia diuna lunga astensione dal lavoro, che avrebbe fatto perderetutta la raccolta pubblicitaria.Un successo incredibile in un giornale di proprietà d’un con-servatore inflessibile come il nostro editore, Carlo Pesenti, pa-drone di Italcementi”.Negli anni successivi, Reali ha ideato congressi e conferenzee ha diretto vari uffici stampa. Dal 1968 al 1976 è stato consi-gliere d’amministrazione dell’Ente autonomo Teatro alla Scalae dal 1982 dell’Ente esposizioni della Triennale di Milano. Dal1970 al 1975 ha ricoperto la carica di presidente dell’Unci(Unione nazionale cronisti italiani; il sindacato di specializza-zione della Federazione Nazionale della Stampa), per poi di-venire presidente del Gruppo cronisti lombardi. In quello stes-so periodo, spesso non firmando col proprio nome, ha com-piuto numerosi viaggi per inchieste in Libano, India, Israele,Egitto, Algeria, Cipro, Grecia e Unione Sovietica. Ha inventa-to il premio giornalistico “Cronista dell’anno”, che si svolgevaa Senigallia. “L’idea – racconta – mi venne in treno, mentre nel-la notte raggiungevo Roma per una riunione del sindacato. Aquel tempo i giornalisti della bianca, a differenza degli altri col-leghi, non firmavano. Erano ingranaggi, fondamentali ma ano-nimi, del quotidiano. Immaginai quel premio come una com-pensazione”.Reali ha ricoperto per dieci anni, dal 1984 al 1994, il ruolo dicapo ufficio stampa e portavoce dell’Ente Fiera Milano, “consoddisfazioni professionali e responsabilità paragonabili alladirezione di un grande giornale”, afferma. Dal 1996 ha decisodi rifiutare incarichi giornalistici e collaborazioni retribuite: “Èinutile lamentarsi del poco spazio che i giovani hanno nei gior-nali e poi continuare a scrivere fino a novant’anni”.

di Paolo Stefanini

“Bisogna iniziare sempre nuove cose”, spiega RobertoTabozzi, parlando della sua avventura giornalistica. Mezzo se-colo di carriera, passando dall’economia all’arte, dalla cronacaall’antiquariato, nelle redazioni di una decina di quotidiani e pe-riodici. “Restando nello stesso posto ci si stanca – spiega – equando inizi ad annoiarti vuol dire che è ora di cambiare”.L’avventura ebbe inizio in un’estate milanese del 1954, comecorrettore di bozze a “La Notte”: “È stata dura, ma mi è servitoper imparare a conoscere i meccanismi del giornale”. Pochimesi dopo, il passaggio in cronaca, dove 20 redattori su 22erano abusivi. “A fine mese c’era un signore che lasciava sul

Roberto Tabozzi

“Per far correre noi cronisti ci regalavano le scarpe”

tavolo delle buste bianche, senza nome, e dentro c’erano le no-stre ventimila lire”, racconta. “Però avevamo un grande diretto-re, Nino Nutrizio, che a noi giovani regalava le scarpe smesseperché diceva che il cronista deve camminare, camminare,camminare”.Continuò la sua carriera nella redazione del “Giorno” diBaldacci, a “Panorama” come inviato e anche come sindacali-sta, a “Il Mondo”, spinto sempre dalla voglia di non fermarsi maiperché “il giornalismo ti obbliga a essere vivo. Adesso forse ilmestiere si è un po’ svilito… però è sempre bello”.Si toglie gli occhiali e li posa sulla scrivania. Spiega che il gior-nalismo permette di colmare le lacune, di accendere nuovepassioni e di “accelerare” quelle già esistenti, nel suo caso

quella per l’arte. Una parete dello studio è piastrellata da 1.500volumi, tra monografie e cataloghi. “La fatica maggiore è statametterli in ordine alfabetico, così posso trovare subito quelloche cerco”, sorride, sotto lo sguardo vigile di due piccoli totemafricani di legno scuro.“Sono soddisfatto perché ho fatto un mestiere che mi è piaciu-to e che mi ha dato tante soddisfazioni”, commenta, ora cheha ridotto i propri impegni. Ma la curiosità del cronista è rima-sta viva, così come la voglia di non fermarsi mai e accettaresempre nuove sfide, anche quelle lanciate dall’informatica.Nella fattispecie c’è un contenzioso in corso con lo scanner chenon ne vuole sapere di funzionare ma che è basilare per unsuo nuovo progetto: un libro fotografico su Nino Rollo, “sculto-re pietrante” leccese pressoché sconosciuto in Italia.Mentre racconta il suo peregrinare da una redazione all’altra,tra le parole di Tabozzi affiorano i nomi di tanti colleghi e ami-ci: Alfredo Barberis, Pier Luigi Boselli, Carla Stampa, GiancarloGalli, Romolo Mombelli; e si commuove ricordando FrancoNasi, sfortunato e bravissimo inviato del “Giorno”. “La personache ricordo con più affetto e che incontro con maggior piacereè Bernardo Valli”, sorride raccontando un viaggio sotto la neveverso Parma, a bordo di una Topolino, per festeggiare ilCapodanno. Difficile interrompere la conversazione, ogni nomene evoca un altro. Per concludere, tre consigli agli aspirantigiornalisti: “Fare la scaletta prima di scrivere, essere puliti den-tro, e cambiare spesso redazione, se è possibile”.

di Ilaria Sesana

Contrarre il virus del giornalismo sui banchi del liceo assiemea Luca Goldoni e Baldassarre Molossi. Ma se dalle malattie sipuò guarire, liberarsi di quella strana febbre che lo spingeva a“smontare i pezzi dei giornali come le motociclette” è stato im-possibile per Giorgio Torelli che per cinquant’anni ha viaggiatoper il mondo come inviato speciale, tornando sempre a casa“con l’osso in bocca”.Gli inizi della carriera a Parma, alla “Gazzetta”. Ed ecco, dopopochi mesi, giungere un brillante telegramma: “Ora la Notteemette fischio, venga Torelli senza rischio, firmerà contratto a

Giorgio Torelli

Milano, molto lavoro e poco grano. Suo Nutrizio”. Dopo “LaNotte” il passaggio a “Candido”, con Giovannino Guareschi, di-rettore “parmigianissimo”, capace di condensare e spiegare gliumori dell’Italia di quegli anni con una matita da disegno el’Olivetti.“Ho viaggiato per capire e narrare le bellissime storie che sipossono trovare in giro per il mondo”, racconta. “Le personesono uno spettacolo, un capolavoro: dentro a ciascuno c’è unafiammella segreta che arde. Ecco, di queste fiammelle io sonostato curiosissimo”. Missionari, medici e “uomini dei deserti”,che lavoravano negli angoli più remoti della terra e che Torelliandava a cercare a bordo di aerei spericolati. “Ho una gran-dissima gratitudine per la Provvidenza. Non si capisce come

sia sempre tornato a casa”.Torelli ha lavorato in sette quotidianie cinque settimanali. Ha pubblicato 25 libri ed è “Osservatoredall’aeroplano honoris causa”.Poi il passaggio al “Giornale” di Montanelli (“Indro vantava unasomma di difetti bellissimi. Dopo che si è lavorato con lui, è dif-ficile farlo con altri direttori”). “Scrivi quello che vuoi”, fu la con-segna per Torelli: doveva riempire una colonnina e mezza trevolte alla settimana. “Questa rubrica era il mio appezzamento– spiega – volevo comunicare le belle notizie che di solito nontrovano spazio nei giornali. È quello che mi sono proposto: farcompagnia al lettore e non mandarlo via dal pezzo senza aver-gli offerto le ragioni della speranza”.Torelli ha sempre cercato di offrire occasioni di ottimismo, rac-contando storie che avevano il sigillo dell’autenticità, vicendepositive. Ed ecco tornare al centro del discorso quei perso-naggi “da fondo dei deserti” come il dottor Invernizzi, che hacostruito un orfanotrofio al confine tra Kenia e Somalia, o l’im-prenditore Marcello Candia, che lasciò tutto per dedicarsi allacura dei lebbrosi brasiliani. E ancora quel Natale a bordo di unapetroliera tra uomini costretti a restare in mare per nove mesia causa della crisi di Suez. “Come si fa a non raccontare que-ste storie?”, conclude. “Sarei senza attenuanti se non avessiprovato a crescere, se non avessi capito tutto quello che do-vevo capire”.

di Ilaria Sesana

“Uno dei primi autentici freelance, sempre a caccia di scoop”.Così ama definirsi Pietro Pentimalli, 78 anni portati con disin-voltura. “Ai miei tempi tutti cercavano un posto fisso in reda-zione. Io invece ho sempre amato essere indipendente, anchese questo, talvolta, comportava andare avanti a pane e latte”.Così, per cinquant’anni ha scelto di essere “pubblicista a tem-

Pietro Pentimalli

Una raffica di scoopda Saint Moritz al caso Ustica

po pieno”, senza legarsi ad alcuna testata.Nel 1953 Pentimalli, originario dell’Aspromonte ma trapiantatoa Napoli per studiare medicina, collabora con il “Corriere diNapoli” e il “Mattino d’Italia”. Per promuovere un libro di raccontiscritto insieme a un amico (con lo pseudonimo di AngeloMontesahara, che manterrà per tutta la carriera), comincia agirare per la Sicilia, producendo per la Rai di Palermo servizisui vari centri dell’isola. L’anno dopo, fallito il tentativo di orga-nizzare un “raid pubblicitario-giornalistico” sino a Stoccolma per

promuovere i prodotti siciliani, si trasferisce a Milano. Nel ca-poluogo lombardo Pentimalli avvia numerose collaborazioni ecompleta la sua trasformazione in freelance. Un litigio con MikeBongiorno, causato dal fotografo che lo affiancava in un servi-zio (rivendette gli scatti ad altre riviste, diffondendo la voce diun flirt del conduttore con Enza Sampò), lo porta a un’autono-mia professionale totale: comincia a fare da sé anche le foto,proponendo alle testate (tra le altre “Tempo”, “Gente”, “Stop”,“Novella 2000”, “Oggi”) servizi completi. “Da quel momento di-venni praticamente il cronista ufficiale del ‘bel mondo’ divistico,politico ed economico di Saint Moritz”, composto da perso-naggi che “vogliono che si parli di loro, anche se dicono di no”.Conobbe così Farah Diba e Alfred Hitchcock, Gianni Agnelli eVittorio Emanuele, che una volta lo prese a pugni.Guardandosi indietro Pentimalli è soddisfatto.Tra gli scoop del-la sua carriera annovera la scoperta del figlio segreto di MikeBongiorno, ma anche il caso Ustica (fu il primo a ipotizzare ilcoinvolgimento di un jet libico). E della sua vita può dire: “Ognigiorno mi svegliavo, andavo in giro a cercare le notizie, facevoqualcosa di diverso. È stato bello”.

di Francesca Caria

Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo 2007 al Circolo della Stampa

Con sigaretta e trench il Bogart della “bianca”

“Nutrizio mi assunse alla ‘Notte’con un telegramma in versi”

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Rileggiamo alcuni passaggi.Due dati per avvicinarsi al tema. Quando di-ciamo bambini e ragazzi ci riferiamo a unapopolazione che va dai tre/quattro anni finoai 14. Fra i media preferiti c’è assolutamenteprima la televisione (con i programmi per fa-scia d’orario e di età) e internet. Molte le pre-ferenze anche per i videogames. Aggiun-giamo che un ragazzo su due di età com-presa fra i 7 e i 14 anni usa il telefono cellu-lare, molto spesso per inviare e ricevere sms.Ci dicono i ricercatori che i ragazzi dedicano15 mila ore alla tv e 11 mila ore allo studio. E4 milioni di ragazzi fra i 3 e i 10 anni guarda-no la tv in media 2 ore e 40 minuti al giorno.Si possono dire soddisfatti i comunicatori(ideatori, produttori, sceneggiatori, program-misti, giornalisti) di quanto offre oggi la tv?Certamente no e la conferma viene dai ra-

Tettamanzi

“Auspicabile che ci siano sempre più comunicatori che si specializzino nel sapere interloquire e dialogare con i bambini”

RICORRENZA DI SAN FRANCESCO DI SALES

IL PREMIO È GIUNTO ALLA SESTA EDIZIONE.

La ricorrenza annuale del patrono di scrittori e giornalisti, san Francesco di Sales, ha offerto lo spunto per anticipare il tema dellaGiornata mondiale delle comunicazioni sociali, la quarantunesima, che quest’anno punta l’obiettivo sul rapporto bambini e media. AMilano i giornalisti si sono incontrati il 20 gennaio all’Ambrosianeum per un’analisi del problema.

di Sergio Borsi gazzi: i telegiornali sono difficili da capire,spesso provocano paure, di fronte a episodidi violenza molti ragazzi cambiano canaleoppure chiudono gli occhi per non vedere lescene.Ma allora viene da chiedersi: sono efficaci lenorme contenute nelle varie carte e decalo-ghi, negli indirizzi del Parlamento, nei con-trolli e nelle sanzioni dell’Autorità e dellaCommissione?Diciamo che c’è ancora molto lavoro da svol-gere e che gli argini troppo spesso sono su-perati e i limiti non rispettati.Lo spazio che l’informazione dedica ai ra-gazzi è comunque rilevante.Oltre ai programmi (oggi si stanno svilup-pando anche fiction e reality interpretati soloda ragazzi) in Europa, Italia compresa, ognigiorno le tv pubbliche trasmettono 14 tg peri ragazzi. Che significa selezionare le notizie,adeguare il linguaggio, controllare con seve-rità le immagini, dare una chiave interpreta-

tiva ad ogni avvenimento in scaletta.C’è materia sulla quale riflettere. La propostaè stata fatta ai giornalisti dal cardinale arci-vescovo Tettamanzi. Ne ripropongo due con-cetti.Il primo. “Non c’è dubbio che i bambini han-no ‘un loro mondo’, ma non c’è neppure dub-bio che non devono rimanere chiusi in que-sto mondo tutto loro: devono, invece, essereaiutati ad aprirsi. In altri termini, non è cor-retto escluderli sempre dai problemi reali delnostro mondo, quasi per un eccessivo sensodi difesa e di protezione.Possono e devono, invece, essere coinvolti ebisogna di fatto aiutarli a capire, e questo ri-spondendo alle loro domande, imparandocon pazienza e disponibilità a dialogare conloro”.Il secondo. “È auspicabile che ci siano sem-pre più comunicatori che si specializzino nelsapere interloquire e dialogare con i bambi-ni. Cercando ora di immaginare come po-

trebbe essere il comunicatore capace e re-sponsabile in questo delicatissimo ambito,direi che dovrebbe essere una persona po-sitiva, amante della vita, una persona checonosce bene la realtà di questo mondo eche in essa sa scoprire segni di speranza,buone notizie, e che sa come comunicarle aibambini. Dovrebbe essere un comunicatoreche rifugge dalla ricerca ostentata del limitee del trasgressivo, che non ama la violenzama ricerca la pace e il dialogo. Dovrebbe es-sere, infine, una persona che sa tessere re-lazioni costruttive e amicali, una persona nelcui animo sono vivi i valori fondamentali delrispetto della vita e della passione per la ve-rità”.La provocazione, cioè il suggerimento, è daraccogliere, non solo in una carta, ma nelnostro lavoro quotidiano. La dovrebbero rac-cogliere anche le imprese la cui offerta per ipiù giovani è comparata col mercato pubbli-citario e con i costi di produzione.

In alto, il cardinale Tettamanzi. Qui sopra, la sala dell’Ambrosianeum durante i lavori e, a destra, l’intervento del presidente Abruzzo all’incontro.

Milano, 24 gennaio 2007. Un riconosci-mento a chi migliora il proprio ambiente pro-fessionale o sociale e rappresenta un esem-pio positivo per l’opinione pubblica: è il pre-mio “Il Campione”, giunto alla sesta edizio-ne. Nato da un’idea di Mario Furlan, fonda-tore dei City Angels, è organizzato dallasua associazione di volontariato edall’Osservatorio giornalistico Mediawatch,con la sponsorizzazione della casa farma-ceutica Bayer e il patrocinio della Provinciadi Milano.Il premio consiste in una statuina in vetro si-mile a quelle del premio Oscar: rappresen-ta la sagoma di un uomo con un grandecuore in mano ed è stata realizzata da unacooperativa che dà lavoro a persone svan-taggiate. “Il premio è un riconoscimento perle persone che hanno lanciato messaggi evalori positivi attraverso i mass-media.Per essere campioni, infatti, non basta di-ventare protagonisti dei mezzi di comunica-zione, ma bisogna anche influenzare positi-vamente l’opinione pubblica”, spiega MarioFurlan, fondatore dell’associazione di volon-tariato dei City Angels e ideatore dell’inizia-

tiva. Quest’anno il titolo di “Campione perla Comunicazione” è stato assegnato algiornalista professionista Emilio Pozzi (giàvoce notissima di Radio Rai) e a sua moglieLuciana Invernizzi, che nel carcere di SanVittore, dove i reclusi stranieri sono oltre lametà, si adoperano per insegnare l’italianoai detenuti stranieri e per tenere incontri sul-le varie culture.

Pozzi, docente di Storia del teatroall’Università di Urbino, è anche stato l’idea-tore e il coordinatore del notiziario del car-cere, Il due, al quale collaborano i detenuti.Il Comitato d’onore del Premio annovera, tragli altri, il presidente dell’ordine dei giornali-sti della Lombardia, Franco Abruzzo, il co-mandante della Polizia municipale EmilianoBezzon, il prefetto di Milano Gian ValerioLombardi, l’assessore Vittorio Sgarbi, in rap-presentanza del Comune di Milano, l’asses-sore Domenico Zambetti, in rappresentanzadella Regione Lombardia, il personaggio te-levisivo Raffaello Tonon.La Provincia è rappresentata dal presidentedel Consiglio provinciale, Vincenzo Ortolina.

Emilio Pozzi “Campione per la solidarietà” del 2007FrancoAbruzzocon MarioFurlan(al centro)edEmilio Pozzi.

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“A Milena Gabanelli che, dopo aver dato pro-va di grande professionalità e coraggio con isuoi servizi dai fronti di guerra, ha dimostra-to altrettanta bravura e coraggio affrontandoper Rai 3, con la trasmissione Report, i pro-blemi più scottanti, e spesso ignorati, dellasocietà italiana. Milena Gabanelli ha così ri-lanciato, con grinta, determinazione e onestàprofessionale, quel giornalismo d'inchiestache da tempo sembrava essersi sbiadito nelpanorama dei media italiani”.Così la freelance della Rai, oggi autrice econduttrice dell’acclamato programma di in-chieste Report, ma con alle spalle una con-sistente esperienza come inviata di guerrasui fronti più “caldi” del mondo (vedi riquadro)ha vinto la XXVI edizione dell’ambito “MaxDavid”, il Premio nazionale per l’inviato spe-ciale patrocinato dalla Provincia di Milano. Ilriconoscimento le è stato assegnato la seradi venerdì 26 gennaio, nel corso della ceri-monia che ogni anno accompagna la tradi-zionale cena di gala all’Excelsior Hotel Gallia,alla presenza del vicepresidente dellaProvincia Alberto Mattioli, dei promotori e deigiurati, di personalità delle istituzioni, dellacultura e del giornalismo.A porre l’accento sui meriti del Premio haprovveduto lo stesso Mattioli, evidenziandosia la lunga vita del riconoscimento - testi-monianza di valore e di merito pur in tempi,come gli attuali, di restrizione - sia la costan-te attenzione che esso riserva “a un mestie-re significativo per una società civile e libera”,quale è quello del giornalista.

Tempi “di quaresima economica”, come liaveva poco prima definiti, in apertura di se-rata, il presidente Lucio Lami, ricordandol’impegno da lui stesso assunto 25 anni orsono quando (vedi riquadro) “la vedova delmio amico Max mi chiese di prendere in ma-no il Premio, pro tempore, in modo che nonscomparisse sul nascere. Un pro temporeche dura ancor oggi”.“Molte cose - ha quindi sottolineato - sonocambiate, nel mondo giornalistico, da allora,e talvolta mi sento come uno di quei generaliamericani dell’esercito sudista che, a guerrapersa, continuavano ad assegnare medaglieai loro combattenti. La categoria dei giorna-listi, infatti, vive una crisi senza precedenti, enon vede rinnovato il suo contratto, scadutoda molti mesi, nonostante l’intervento delPresidente della Repubblica. Mentre si stagonfiando di precari, pagati come domesti-che, sconta errori passati, suoi e dei gruppieditoriali, e si vede abbandonata da quelmondo politico al quale, forse, si era troppoincautamente aggrappata”.Di qui l’accusa di Lami a un sistema edito-riale nel quale, “col pretesto del risparmio, siassiste al cecchinaggio sistematico degli in-viati, sostituiti dall’uso acritico delle tecnolo-gie e di elementi improvvisati, e a una stan-dardizzazione dei media che privilegia il mer-cato, soprattutto pubblicitario, nell’oblio scon-certante delle esigenze della pubblica opi-nione”. Un contesto insomma abbastanzadrammatico, nel quale il Premio Max David,“uno dei pochi sganciati dalla politica e dalmercato editoriale, continua a veleggiare inmari tempestosi, alla ricerca di quei giornali-sti che, malgrado la situazione, continuano aoperare nel rispetto della deontologia e innome dell’indipendenza professionale, testi-moni di talento al servizio della pubblica opi-nione. Di anno in anno la ricerca si fa più dif-ficile, ma la resistenza di quanti ancora con-siderano il lettore o il telespettatore come illoro unico padrone ci conforta e fa sperareche una catarsi sia possibile, oltre che indi-spensabile”.

“Di anno in anno - ha poi esordito il presi-dente onorario Sergio Zavoli - il mio pudore ela mia ritrosia aumentano, perché con il pro-gredire dell’età mi sento sempre più lontanoda tutto questo. Ma torno sempre qui, perchéqui vale la pena di essere, a maggior ragio-ne in un momento difficile come l’attuale”.Quindi, quello che lui stesso ha definito il “bol-lettino di guerra” del 2006: 155 reporter ucci-si, mentre dall’inizio del 2007 hanno già per-so la vita 11 giornalisti e quattro collaborato-ri. “Gli inviati speciali - ha aggiunto - sono pre-senti in 24 teatri di guerra e in dieci nazionisull’orlo di un conflitto. Il Paese più pericolo-so è l’Iraq, dove nel 2006 ne sono morti 68,170 in tutto dal 2003. Mentre in Messico,Colombia e Venezuela lo scorso anno ne so-no rimasti uccisi 37, e in vari punti dell’Asia34. Onore quindi a questa professione, unonore che passa attraverso la trasparenza ela dedizione. E basta con la vecchia storiaper la quale fare il giornalista è sempre me-glio che lavorare. Questa è gente che ci cre-de, e questo è un mestiere nobile, nel qualevale la pena di credere”.La serata è stata anche occasione per il ri-cordo, da parte di Pilade Del Buono, del gran-de giornalista sportivo Aldo De Martino, delquale ha ripercorso la vita e la carriera, sot-tolineandone la curiosità professionale e legrandi doti di intuito e di generosità. MentreMax Victor David ha posto l’accento su unoin particolare dei due volumi appositamentestampati e distribuiti nell’ambito della serata:Sulle orme di Lawrence d’Arabia -Cor-rispondenze dal deserto di Max David (l’altroera La peste la fame la guerra di Ettore Mo),il libro al quale il padre stava lavorando quan-do morì, “non una biografia - come lui stessodisse - ma una ricerca dell’Uomo”.

“Pochi giorni fa, quando a Varsavia è mortoRiszard Kapuscinski, uno dei più grandi re-porter del mondo, gli elogi e i giudizi superla-tivi con i quali i giornali ne hanno descritto ecommentato la figura mi sono sembrati ta-gliati su misura per lei, per questa collega for-tunatamente viva e vegeta qui, fra noi, que-sta sera”.Così Ettore Mo ha presentato MilenaGabanelli, o meglio “la grintosa Gabanelli”,come gli piace definirla, ripercorrendone, fraricordi privati e pubblici scoop, la storia pro-fessionale. Dal Vietnam alla Birmania all’ex

Jugoslavia, “con la sua arma segreta, una vi-deocamera tascabile che fruga e racconta”(“L’ho vista commuoversi mentre filmava i sol-datini russi mandati a Grozny, fermi ai postidi blocco a mendicare, nel gelo, una sigaret-ta”). “Chi è abituato alle grosse troupe televi-sive - ha detto - magari ha sottovalutato il suolavoro, ma l’interesse è invece continuato acrescere. Fino alle inchieste di Report che, diqualunque argomento parlino, dal terrorismointernazionale alle truffe sull’olio d’oliva, por-tano tutte il suo marchio di fabbrica”. Come lequerele per diffamazione che la stanno ac-compagnando, con richieste di risarcimentianche astronomici (“una - ha fatto notareLami - di 70 miliardi di lire). Ma tant’è: “unagrinta così - ha commentato l’inviato delCorriere - s’era vista poche volte nel panora-ma giornalistico italiano”.“Non so se lo merito, un Premio come que-sto - ha replicato la vincitrice - ma di sicurol’assegno che ho qui appena ricevuto mi ser-

Il “Max David” a Milena Gabanelli: ha rilanciato il giornalismo d’inchiesta

XXVI edizione del Premio nazionale patrocinato dalla Provincia di Milano

di Patrizia Pedrazzini

“Precari pagati come domestiche”

Grinta, coraggio e diciotto cause,“ma non me l’ha ordinato il medico”

Storia e nomi del “Pulitzer” italiano

M O S T R E , P R E M I E C O N V E G N I

“Onore a un mestiere nobile”

Il Premio Max David venne fondato in Versilia nel 1980, periniziativa del poeta e pittore Vittorio Grotti, sotto l’egida del-la Fondazione Lorenzo Viani dei fratelli Barsanti, in colla-borazione con la Rai e con il contributo di Linda DavidLocatelli, vedova di Max David, il grande inviato (oltre 40anni di servizio, dei quali 25 al Corriere della Sera) origina-rio di Cervia, nato nel 1908 e morto nel 1980. La giuria,composta allora da cento giornalisti, assegnò il primo rico-noscimento a Lucio Lami.Nel 1982, scomparso Grotti, Linda David chiese a Lami digarantire la vita del Premio, che quello stesso anno si de-cise di trasferire a Cervia. Nel 1984, secondo e definitivotrasferimento nel capoluogo lombardo, dove il Premio vienetuttora celebrato, con il patrocinio e il contributo dellaProvincia di Milano.Emanazione dell’Associazione Max David per il giornali-smo, presieduta da Lucio Lami - vicepresidente è Max

Victor David, figlio del giornalista - e riservato agli inviatispeciali, è il riconoscimento giornalistico più ambito e pre-stigioso, tanto da essere definito il Pulitzer italiano.Nelle passate edizioni, i vincitori sono stati: Lucio Lami,Ettore Mo, Piero Accolti, Bernardo Valli, Franco Ferrari,Piero Benetazzo, Frane Barbieri, Vittorio Zucconi, MimmoCandito, Egisto Corradi (alla memoria), Lucia Annunziata,Vittorio Dell’Uva, Paolo Rumiz, Antonio Ferrari, ValerioPellizzari, A. Pasolini Zanelli, Carmen Lasorella, RenzoCianfanelli, Renata Pisu, Giovanni Porzio, Toni Capuozzo,Guido Rampoldi, Ugo Tramballi, Fabrizio Gatti.Finora il riconoscimento è stato assegnato cinque volte agiornalisti de la Repubblica, quattro a colleghi del Corrieredella Sera, tre a giornalisti de La Stampa e il Giornale, duea colleghi della Rai e, una volta ciascuno, a giornalisti de IlMessaggero, Il Tempo, Il Mattino, Il Piccolo, Panorama,Tg5, Il Sole 24 Ore, L’Espresso.

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Una giuria di inviati che rendeomaggio solo al merito

virà come anticipo per le spese dell’avvoca-to, visto che proprio ieri mi è stata comuni-cata la mia diciottesima causa. Anni fa,quando seguivo Mo all’estero, mi sembravadi fare chissà che cosa. Oggi, francamente,mi sembra di fare solo il mio lavoro.Dopodiché, che sono perfida me lo diconoun po’ tutti. Ma Report, che ha ormai diecianni di vita, si occupa di storie che nessunoracconta. Certo, le rogne sono parecchie, lecause 18, ma non me l’ha ordinato il medi-co”.Ma come e perché ha avuto inizio l’avventu-ra? “Nella vita di tutti a un certo punto suc-cede qualcosa che ti fa cambiare direzione,o che ti indirizza verso quello che sarà il tuomestiere”. Per lei è stata la descrizione diAyacucho, Sierra peruviana, che si leggenell’introduzione al libro di Ettore Mo La pe-ste la fame la guerra, edito nel 1897 e ri-stampato per la XXVI edizione del “MaxDavid”: “dopo aver letto quelle righe, è scat-tato in me un meccanismo. Ho pensato cheprima di tutto dovevo conoscere Mo. Ci homesso quattro anni, poi siamo andati inCecenia insieme. Io non ho modelli, peròEttore è stato la molla, senza saperlo”. Daallora sono trascorsi vent’anni.“Lavoravo moltissimo, e in fondo aspettavoun riconoscimento che però non arrivava:ero come invisibile. Adesso invece i ricono-scimenti arrivano. Ecco, vorrei invitare chi or-ganizza i premi giornalistici a guardare beneai giovani, perché un riconoscimento, in unmomento della vita magari critico, può rive-larsi ancora più utile”.

Milena Gabanelli, classe 1954, è laureatain Storia del Cinema all’Università diBologna. Nel 1981 è alla Rai 3 dell’EmiliaRomagna: contratti a termine per la realiz-zazione di servizi in ambito regionale. Treanni dopo, il passaggio a Rai 3 Lombardia.Nel 1986, l’approdo ai Servizi speciali delTg1. Dal 1989 al ‘98 è inviata di guerra perla trasmissione Mixer in numerosi punti delglobo: Cina, Vietnam, Pitcairn Island,Cambogia, ex Jugoslavia, NogornoKarabah, Somalia, Mozambico, Cecenia,Kazakistan, Tamil Nadu, Sudafrica,Palestina, Israele. Dal 1994 al ‘96 cura co-me autrice e conduttrice, per Rai 2,Professione Reporter, un programma spe-rimentale di servizi realizzati da neo-video-giornalisti. Non mancano le polemiche, pertimore che l’iniziativa possa veicolare unapolitica di riduzione del personale, congiornalisti che possono fare a meno dell’o-peratore. Dal 1997 è alla guida di Report,rotocalco di informazione videogiornalisti-ca. Al suo attivo, riconoscimenti professio-nali quali il “Premiolino”, il “Flaiano”, il“Premio Ilaria Alpi”, e il “Premio SaintVincent” come giornalista dell’anno nel2005.

Al fine di rispettare lo spirito del Premio, cheè dichiaratamente apolitico, la giuria del MaxDavid è composta in prevalenza da inviati oex inviati di lunga esperienza, compresi al-cuni vincitori di precedenti edizioni. Ognicomponente vota i tre giornalisti ritenuti piùmeritevoli nel corso dell’anno precedente,assegnando tre, due e un punto. Quindi leschede vengono raccolte e il giornalista conil punteggio più alto viene dichiarato vincito-re. Il presidente onorario è Sergio Zavoli. Lagiuria è attualmente composta da Lucia An-nunziata, Edgardo Bartoli, Piero Benetazzo,Giuseppe Chisari, Renzo Cianfanelli, VittorioDell’Uva, Lucio Lami, Ettore Mo, ValerioPellizzari, Giorgio Torchia.Il riconoscimento consiste nella somma di2.600 euro e in una targa d’argento con l’ef-figie di Max David.

Le giornaliste che si occupano di moda?Colleghe che “sanno solo scrivere del tailleu-rino”, quasi considerate alla stregua di sou-brette, professionalmente poco, o niente, cre-dibili. E magari, il tailleurino del quale scrive-re, lo potessero liberamente e obiettivamen-te selezionare: “nell'ambito dell’informazionedi moda si parla sempre dei soliti noti, dei so-liti, grandi, stilisti. Mentre alle sfilate delle gio-vani griffes non c’è mai nessuno”.Intervenendo al convegno La moda italiana:pubblicità, editoria e deontologia dellaprofessione giornalistica, svoltosi il 25 no-vembre scorso al Circolo della Stampa diMilano, la giornalista di MF Fashion MichelaZio ha messo senza troppi preamboli il ditonella piaga. “In questo settore la commistio-ne fra pubblicità e informazione è la regola, enon solo nei periodici femminili, ma anche neiquotidiani. Per le aziende di moda, la comu-nicazione dei marchi passa solo attraverso lapubblicità, conditio sine qua non per ottenerespazio nei servizi giornalistici. Il che porta, aldi là dell’aspetto deontologico, a un appiatti-mento pazzesco dell’informazione di moda.Come ha detto Natalia Aspesi: il giornalismodi moda è un supporto pubblicitario”.

Insomma, la consueta e ovvia considerazio-ne: senza pubblicità i giornali chiudono, macon troppi, o peggio ancora mascherati, mes-saggi promozionali, le stesse testate perdo-no credibilità. E, con la credibilità, i lettori.“Possibile - si è chiesta Michela Zio - non ren-dersi conto che, così facendo, si va verso lachiusura dei giornali di moda? Quando inve-ce questo è un ambito ricco di notizie, inte-ressanti e divertenti, che, se trattate con sa-na obiettività, restituirebbero dignità a un set-tore forte. Mentre una sana collaborazionecon la pubblicità andrebbe a tutto vantaggiodei giornali stessi”.Patrocinato dall’Associazione “Otre la moda”(nata a Milano nell’aprile 2006 e presiedutada Luigi Salvioli), il convegno è stato ancheoccasione per affrontare ancora una volta nelsuo complesso il problema della commistio-ne fra informazione e pubblicità (già discussoin un precedente incontro, sempre al Circolodella Stampa, il 10 novembre, come riferitosu Ordine Tabloid n. 11-12 novembre-dicem-bre 2006).Dopo aver ricordato come già da tempo e perlegge (articolo 44 del Contratto nazionale dilavoro giornalistico e articolo 8 della LeggeMammì) i due ambiti debbano chiaramente enettamente risultare separati, e quantol’Ordine lombardo si faccia costantementecarico di intervenire in questa sempre più ar-dua battaglia in difesa di un’informazione cor-retta, il presidente dell’Ordine dei giornalistidella Lombardia Franco Abruzzo ha sottoli-neato la serietà della situazione attuale.“Della pubblicità - ha detto - il 58% va alla te-levisione: il 38% alle reti Mediaset, il 18% aquelle Rai, il 2% alle altre. Quanto alla parterestante, il 20% finisce alla stampa quotidia-na, il 14% a quella periodica, mentre il rima-nente 8% viene distribuito fra Internet, radioe affissioni. Ma le cose stanno cambiando: inInghilterra Internet ha già superato, quanto aintroiti pubblicitari, la tv. I nostri quotidiani so-no in grave difficoltà. L’ultimo tentativo di in-vertire la rotta è stato la scelta del full color,ma la televisione, al contrario della cartastampata, è invasiva. E gli editori cosa fan-no? Regalano. Ma è una strada sbagliata. Eintanto emerge che fra le grandi case pubbli-citarie e la stampa esiste un accordo: io ti dotot di pubblicità, tu mi dai tot di redazionali.Un inganno, un vero e proprio tradimento del-la professione giornalistica”.

Il Diavolo veste Prada? Purché la pubblicità non si vesta da giornalismo

Moda e deontologia professionale: convegno al Circolo della Stampa

di Patrizia Pedrazzini

Ma con la credibilità se ne vannoanche i lettori

Le regole ci sono:bisogna solo rispettarle

Senza l’Ordine, diventiamo tutti impiegati

Una partita quindi molto chiara nelle sue con-notazioni, ma anche estremamente delicatae difficile. Che coinvolge, tra gli altri, il ruolostesso del direttore. “In questi ultimi anni - hadetto ancora Abruzzo - nei Consigli di ammi-nistrazione dei giornali stanno entrando i di-rettori. E questo non va bene: l’editore e il di-rettore sono due figure dialetticamente oppo-ste. Il direttore non è, come piace sostenereagli editori, un semplice dipendente: è l’arbi-tro del giornale, del quale garantisce l’auto-nomia e la qualità. Ma oggi le aziende edito-riali si stanno trasformando in fabbriche dinotizie, ai giornalisti viene chiesto di esseresempre più flessibili, ai capi di trasformarsi inmanager, mentre la pubblicità e l’informazio-ne confluiscono in un’unica, immensa mar-mellata, e i giornali femminili sono dei catalo-ghi”. Di qui gli attacchi mirati a disintegrare lafigura del giornalista. E la stessa offensivaper l’abolizione dell’Ordine, o meglio delladeontologia che esso incarna e difende: “sen-za, si diventa impiegati del Catasto”.Una battaglia comunque, per Abruzzo, “nonpersa, anche se, come Ordine, siamo soli. Inogni caso una battaglia da vincere qui, aMilano. Perché, se a Milano passa una linearegressiva, che cosa può succedere aPalermo o a Napoli?”.“Senza autonomia non c’è informazione. Malibertà assoluta equivale ad arbitrio assoluto.Ecco allora la grande assente in questa no-stra società: l’etica. In politica, nello sport: gliesempi, anche recentissimi, sono sotto gliocchi di tutti. E non è scandaloso che perso-naggi compromessi siano ancora protagoni-sti della vita televisiva?”. Così Remo Danovi,avvocato e docente di Deontologia forenseall’Università degli Studi di Milano, ha allar-gato il tiro sulla questione morale nel suo in-sieme: “Pensiamo alla tv: ogni dieci minuti,urla e insulti; ogni venti, parolacce; ogni tren-ta, un omicidio. Si è affermato che la televi-sione non produce programmi da dare alpubblico, ma pubblico da dare agli inserzioni-sti. Eppure il bisogno di etica c’è, e si avver-te. La stessa pubblicità ha un codice etico,che bacchetta quanti non rispettano i canoni.E il Giurì è in più di un’occasione intervenutocontro messaggi pubblicitari ritenuti non cor-retti. Fra tutti, il caso di un famoso amaro cheha suscitato la vivace protesta della catego-ria dei veterinari, cui il liquore veniva stretta-mente associato”.

Regole, quindi. Ma regole da rispettare. “Igiornalisti le hanno - ha proseguito Danovi -e sono regole che parlano di libertà, di auto-nomia, di indipendenza, di buona fede, di di-ritto del pubblico ad avere un’informazionecorretta. Pensiamo anche a quelle relative algiornalismo economico e finanziario: il rifiutodi regali e prebende; il non farsi testimonial dialcunché, se non in presenza di un fine cul-turalmente accettabile; l’attenzione a non tur-bare il corretto andamento dei mercati”.Quindi il problema della pubblicità occulta:“Se un giornale non manifesta chiaramentela differenza fra informazione e pubblicità, siè in presenza di un tradimento della fiduciadel lettore. Per non parlare dei viaggi offertidalle grandi aziende ai giornalisti per presen-tare iniziative e prodotti, che tanto, e giusta-mente, hanno suscitato l’indignazione diAbruzzo. E la questione dei comunicati stam-pa? È diffusa l’idea che rappresentino un’oc-casione per lavorare meno, per cui li si pub-

segue

Accanto altitolo ilritratto diMax David.Qui sopra,con SergioZavoli,LucianoLami eAlbertoMattioli,MilenaGabanelliallaconsegnadel premio.

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blica come notizie giornalistiche. Ma veniamoal settore moda. Quando su un giornale fem-minile c’è un servizio che parla di sfilate, l’in-tento promozionale è presente. Certo, non è fa-cile separare in questi casi la zona del lecito daquella dell’illecito. Ma si può fare”.Renato Bocca, avvocato e docente di Diritto in-dustriale all’Università degli Studi del Piemonteorientale, ha invece esaminato la questionedella pubblicità occulta dal punto di vistadell’Antitrust, “che non è - ha subito chiarito -un’autorità giurisdizionale, ma amministrativa”.La pubblicità occulta è anche ingannevole? Echi può rivolgersi all’autorità garante? È ingan-nevole un messaggio non veritiero, ma inqua-drare, anche se solo di sfuggita, in uno sce-neggiato televisivo un pacchetto di sigarette oun’automobile con il marchio ben in vista, è al-tra cosa. Ecco allora la difesa, che sostiene dinon poter controllare se, in un’inquadratura, fi-nisca anche l’immagine di un prodotto, mentrel’Antitrust, non rigido in materia di prove inquanto appunto autorità amministrativa, unavolta accertata la presenza di un messaggionascosto, ne inibisce la prosecuzione, commi-nando sanzioni dai mille ai diecimila euro.

Quanto ai soggetti “attivi”, che possono cioè ri-volgersi a questa autorità, ha chiarito Bocca, sitratta dei consumatori, dei concorrenti, del mi-nistero per le Attività produttive, delle pubblicheamministrazioni interessate, “come per esem-pio l’Ordine dei giornalisti”. Mentre fra i sogget-ti “passivi”, che cioè possono essere colpiti daiprovvedimenti dell’Antitrust, figurano “i commit-tenti, gli autori, o in loro mancanza i proprieta-ri dei mezzi, ovvero gli editori”.Unica voce fuori dal coro, al convegno, quelladi Pietro Brunelli, docente e specialista inSociologia dei consumi e Psicologia della mo-da, il quale, pur definendo “sacrosanta” ladeontologia professionale e fuori discussione ilsuo essere legge, ha tuttavia spostato il tirosull’esigenza, da parte di un giornalista, di“confrontarsi nella propria vita professionalecon realtà particolari”.“Il ricorso - ha chiarito - a quello che viene de-finito publiredazionale creativo potrebbe rap-presentare una soluzione diversa dalla comu-ne marchetta. Ma presuppone anche una pro-fessionalità notevole, soprattutto se tratta dimoda. E la moda ha un ruolo tutt’altro che ba-nale nella nostra vita, rappresentando anzi unaparte consistente della nostra identità. Un abi-to può anche incarnare, come nel caso peresempio degli adolescenti, l’anima rappresen-tativa di una persona. È un ambito che ci toc-ca tutti: per questo anche i regolamenti si do-vrebbero un po’ differenziare. A mio parere, ilgiornalista dovrebbe avere grande capacità dicompromesso creativo. Dovrebbe esserci tolle-ranza, soprattutto quando si parla di made inItaly”. “A parte il fatto - gli ha risposto il giorna-lista Edmondo Rho, segretario del Circolo del-la Stampa - che il publiredazionale creativo giàesiste e non c’è quindi bisogno di inventarlo, leregole vanno applicate e basta. La moda nonè così diversa da altri settori dell’economia.Anzi, considerarla come un qualcosa al di fuo-ri è sbagliato in quanto concetto, e in più equi-vale a una sorta di ghettizzazione”.Già, ma intanto, come è stato fatto notare daipresenti in sala, fare giornalismo di moda equi-vale a “svolgere un lavoro da impiegati: nienteinchieste, solo foto e marchette”. E ancora:“Inchieste sui cosmetici? Nemmeno una.Questa è la morte del giornalismo”; “Diciamolouna volta per tutte: sono cataloghi, non giorna-li. Perché la pubblicità paga, ma la moda e i co-smetici pagano ancora di più”.La soluzione? “Toccarli nel borsellino. Chel’Antitrust faccia pagare le multe. Solo così sipuò porre freno al problema”. Perché il Diavolovestirà anche Prada. Ma non è bene che lapubblicità si vesta da giornalismo.

Niente inchieste.Solo foto e marchette

M O S T R E , P R E M I E C O N V E G N I

segue dalla pagina 31

“Ricordo che parecchi anni fa, quando io eroappena entrato nel giornalismo, si incominciò asussurrare in tipografia di una grande novitàche doveva mettere sottosopra il mondo tipo-grafico. Laggiù, nella lontana via VincenzoMonti, una deserta via degli allora quartierinuovi di Milano, cui si accedeva per mezzod'un tram che correva senza cavalli (era il pri-mo tram elettrico di Milano), laggiù dico, stavanientemeno che una macchina da comporre. Èimpossibile! dissero i più; ma qualcuno si az-zardò in quella lontana via, e poté accertareche la macchina non era un mito, ma qualchecosa di vero e reale. Ed allora si formarono duecorrenti. Chi la riteneva un giuocattolo, un og-getto di lusso buono per chi voleva buttare viadei denari in réclame; chi invece la ritenne unamacchina che avrebbe avuto il suo tempo, so-lo era ancora presto”.Era, con tutta probabilità, la misteriosa mac-china così annunciata da A. Codara nel 1903sul Giornale della libreria, una Linotype, lacompositrice meccanica messa a punto nel1884 a Baltimora dall'orologiaio tedescoOttmar Mergenthaler, installata per la primavolta due anni dopo alla New York Tribune e lacui costruzione in serie venne avviata a partiredal 1890 (nel 1906, in Italia, ne erano entratein funzione 90). Ma, Linotype o Monotype cheessa fosse (la seconda, inventata dall’america-no Tolbert Lanston nel 1887, arrivò in Italia nel1903), una cosa fu subito certa: le tipografiemilanesi e lombarde di allora capirono subito,e al volo, che l’innovativo marchingegno avreb-be garantito produzioni superiori, a costi infe-riori e in tempi molto più rapidi. Tanto che si af-frettarono a farlo entrare trionfalmente nelle lo-ro officine dove, sia pure con un certo ritardorispetto a quanto già avvenuto negli Stati Uniti,in Inghilterra, in Francia e in Germania, rivolu-zionò “usi e sistemi che dai tempi di Gutenbergerano sempre rimasti gli stessi o quasi”.

Milano primo Novecento. Milano e il mito dellamodernità, la celebrazione del progresso, il so-gno del “mondo nuovo”. Sul fronte economico,sul piano più prettamente sociale, su quello,vastissimo, della cultura e dell’arte. Una sortadi “età dell’oro” che di lì a poco sarebbe tragi-camente sprofondata nel fango delle trinceedella Grande Guerra, ma che, in quella man-ciata di anni che vanno dal 1890 al 1915, die-de corpo e vita a un progetto di libertà, a unapromessa di progresso nel quale le arti e lescienze erano chiamate a promuovere il con-trollo delle forze naturali, ma anche la giustiziae, con essa, la felicità dell’uomo.Un grande, affascinante affresco riportato allaluce dal convegno Milano e l’Esposizioneinternazionale del 1906 - La rappresen-tazione della modernità, svoltosi il 18 e 19dicembre scorso al Museo di Storia contempo-ranea e alla Camera di Commercio del capo-luogo lombardo. Perché quell’Expo rappre-sentò non solo il coronamento delle celebra-zioni per l’avvenuta apertura del traforo delSempione (il terzo, dopo quelli del Fréjus nel1871 e del San Gottardo nel 1882), ma anchela colossale esaltazione, su un’area espositivadi un milione di metri quadri al ParcoSempione, cui confluirono quasi otto milioni divisitatori, di tutto quanto di bello e di modernosi stava affacciando all’alba del nuovo secolo.E nella quale tanta parte ebbe il mondo dellacomunicazione.L’industria tipografico-editoriale, infatti, era giàin fase di decollo. Come ha spiegato nel suo in-tervento Ada Gigli Marchetti, docente di Storiadel giornalismo all’Università degli Studi diMilano, “alla fine del XIX secolo, nella provinciadi Milano, erano attivi ben 196 opifici, con 3.789operai. La maggior parte era concentrata nelcapoluogo lombardo: 171 opifici, per un totaledi 3.578 addetti. Numerose erano le piccole epiccolissime industrie dalla vita stiracchiata e

incerta, sempre sull’orlo del fallimento. Ma ac-canto a esse si ergevano, consolidandosi sem-pre più, i colossi tipografici”. I primi stabilimenticosiddetti poligrafici, che conglobavano l’interociclo industriale, dalla fabbricazione dei carat-teri alla fotomeccanica: la tipografia ReggianiEnrico e Rebeschini e C., l’editore Sonzogno(libri, giornali e spartiti musicali), i Fratelli Treves(libri e giornali illustrati), G. Ricordi (edizionimusicali), i Vallardi (carte geografiche e operescientifiche). Nomi già di per sé sufficienti a fa-re di Milano il centro vitale della tipografia nonsolo della provincia, ma anche della regione senon dell’intera nazione. Ma ai quali vanno ag-giunte le tante piccole e medie imprese dediteesclusivamente alla litografia il cui lavoro, an-che con l’introduzione di nuove tecniche (oleo-grafia, cromolitografia, fototipia, fotoincisione)consentiva di immettere sul mercato una va-riegata gamma di prodotti: dai manifesti pubbli-citari alle cartoline postali illustrate, dalle im-magini sacre alle scatole di fiammiferi, ai ven-tagli, agli almanacchi. In aperta concorrenzacon le aziende straniere, soprattutto tedesche,e con un’intensa esportazione verso la Francia,la Spagna, l’Argentina.

Così, secondo l’Annuario italiano delle arti gra-fiche, nel 1902 in provincia di Milano gli opificitipolitografici erano già saliti a 296, dei quali208 nel solo capoluogo. Oltre a tre industrie perla costruzione di macchine tipografiche, unaper la fabbricazione di oli per macchine, trediciper la fusione dei caratteri, dodici per la fotoin-cisione e la stereotipia.Chiaro che, a questo punto, l’introduzione dinuove macchine compositrici, nei due tipi dellaLinotype e della Monotype, non fu indolore,comportando inevitabilmente il sacrificio dellasecolare composizione a mano. Una “rivoluzio-ne” la cui portata, come ha sottolineato AdaGigli Marchetti, “fu pari certamente a quellaprovocata dall’invenzione e dall’introduzionenella tipografia della macchina da stampa edella rotativa”.Un successo, quello della macchina composi-trice, strettamente legato all’esplosione dellastampa periodica, soprattutto quotidiana. Cosìscriveva l’industriale milanese Raffaello Bertierisul giornale da lui stesso diretto, Il Risor-gimento grafico: “Benché il giornalismo rappre-senti una forza quasi onnipotente, uno stru-mento di progresso e di lotta per tutto ciò chedi grande e di importante vi è nella vita non so-lo degli individui, ma delle nazioni stesse, purenon è esistito finora e non potrà esistere in av-venire che per effetto dello sviluppo tipografico.Ed infatti togliete i moderni progressi della mac-china tecnica, togliete gli ultimi perfezionamen-ti delle arti grafiche, ed il giornale non potrà piùessere qual è attualmente”.Un successo ampiamente documentato dainumeri. “A Milano - ha ricordato ancora la pro-fessoressa Gigli Marchetti - nel 1905 venivanopubblicati 323 periodici (contro i 213 di fineOttocento), dei quali 13 quotidiani. Tra questi IlSecolo che, pur ormai avviato al declino, con-tinuava a essere uno dei quotidiani più diffusid’Italia (dalle 150.000 copie giornaliere dell’ini-zio del secolo era sceso a 70.000 del 1909) eil Corriere della Sera che, passato dalle 75.000copie al giorno del 1900 alle 150.000 del 1906,si avviava a diventare non solo il giornale piùvenduto nel Paese, ma anche l’unico capace dicompetere con i più illustri colleghi europei, dalTimes di Londra al Matin di Parigi, non solo dalpunto di vista politico e intellettuale, ma anchenella tecnica. In tal modo i due quotidiani veni-

Modernità e progresso all’Esposizione internazionale del 1906

di Patrizia Pedrazzini

In Lombardia i primi colossi poligrafici

Linotype e Monotype:la rivoluzione

E Milano divenne capitale dell’industria tipografica

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vano a distanziare, e di molte lunghezze, tuttigli altri. Si pensi che, nel 1905, Il Commercioarrivava a 35.000 tirature giornaliere, Il Tempoa 30.000, La Lombardia a 25.000, La Sera a19.000. Per non parlare de L’Osservatore cat-tolico e La Perseveranza, che raggiungevano amalapena le 8.000 copie giornaliere”.Un rinnovamento tecnologico che chiaramen-te non si limitò all’utilizzo delle macchine com-positrici, ma che stimolò anche i rami collate-rali dell’industria grafica - a partire da quellodella fusione dei caratteri - portando alla na-scita di un nuovo settore che, pur continuan-do sostanzialmente a escludere la costruzio-ne delle rotative (unica eccezione in questosenso, la ditta Norberto Arbizzoni di Monza),incominciò ad affermarsi sul mercato nazio-nale e, in alcuni casi, a competere con la con-correnza straniera.

Di tutto questo l’Esposizione internazionale del1906 divenne testimonianza e celebrazione.Furono 21 le ditte milanesi attive nel campodelle arti grafiche che vi presentarono i loroprodotti, accanto a quelle tedesche, francesi einglesi. Spiccava, nei padiglioni allestiti al ParcoSempione, la Società editrice Corriere dellaSera, “con un macchinario modernissimo perla stampa del giornale, capace di sfornare24.000-25.000 copie all’ora” (fu proprio in quel-l’anno che al Corriere fece il suo ingresso la gi-gantesca rotativa americana Hoe, chiamata asoppiantare le vecchie Marinoni di EugenioTorelli Viollier, fondatore e primo direttore delquotidiano nel 1876, le quali arrivavano a 4.000copie l’ora). Ma c’erano anche, ha ricordatoAda Gigli Marchetti, “la Società editriceSonzogno, che stampava con macchinario po-tente e moderno il quotidiano Il Secolo; laUrania, che aveva una bella e completa mostradi macchine tipografiche e litografiche con re-lativi accessori in azione e che esponeva an-che una piccola fonderia di caratteri e numero-si punzoni e matrici originali; la ditta Eredi di F.Gerosa che esponeva un apparecchio per la ri-produzione di manoscritti e disegni mediantepergamena vegetale e inchiostro apposita-mente preparato”.Grande dovette essere il successo del settore,se è vero che particolarmente numeroso fu ilpubblico “profano” che, con senso di ammiratostupore, lo visitò, stando a quanto riferito daigiornali del tempo. Significativo in questo sen-so il commento apparso sulla rivista Milano el’Esposizione internazionale del Sempione,pubblicata da Treves: “Le macchine in moto -che svelano la parte più significante dell’operaloro, che ostentano quasi la meravigliosa tra-sformazione delle cose più semplici e più di-sparate - sorprendono il visitatore, lo trattengo-no e lo divertono. Il moto multiforme, rapidissi-mo e pigro, continuo e intermittente, tenue e ru-de, sommesso e fragoroso; tutte le vibrazionistrane di quelle anime d’acciaio assumono nel-l’insieme un aspetto lusingatore e una voce ca-rezzevole, che incantano. Ogni macchina, ogniapparecchio, ogni prodotto ha il suo pubblico;un pubblico diverso, che gli si raggruppa intor-no, proporzionato di numero, d’aspetto e d’in-telligenza all’oscurità del segreto e all’impor-tanza dell’uso. Così la maggiore fortuna toccaal riparto delle grosse macchine grafiche.Davanti a loro v’è sempre una folla, che ammi-ra l’intelligenza sicura dei maggiori colossi, chesente tutta la lotta fra la fibra fragile del foglioche si svolge e il metallo inflessibile che impri-me, trascina, piega e cuce”.“Nel solenne principio d’un’epoca nuova” (cosìUgo Ojetti sul Corriere definì quell’Expo), tuttosembrava possibile. “Di questo - ha sottolinea-to la professoressa Gigli Marchetti - si mostra-vano convinti gli industriali e i lavoratori dellacarta stampata, che in quell’occasione si uni-rono a congresso.Di questo si mostrarono con-vinti anche gli osservatori stranieri, che nellaproduzione delle arti grafiche italiane viderol’immagine di una giovane nazione, piena di ar-dore e di generosità”.

Quel mostro d’acciaio che imprime,trascina, piega e cuce

Nel ventennio fascista la raccoltanell’ambasciata d’Italia a Berna

Oggi conservati e protetti nella Fondazione intitolata al padre

Della poliedrica figura di Eugenio Balzan, ilgrande personaggio che ha contribuito, conLuigi Albertini, a portare il Corriere della Seranel primo ventennio del secolo scorso al pri-mo posto in Italia, per prestigio e diffusione,viene rivelato in questi giorni un inaspettatorisvolto della sua personalità.Perché Balzan non è stato solo un brillantegiornalista ed un illuminato amministratorema anche un attento ed appassionato culto-re d'arte; ciò gli ha permesso di collezionarecon competenza e pazienza una straordina-ria raccolta di dipinti di grandi artisti di scuolaitaliana che operarono dalla fine dell’Otto-cento ai primi del Novecento.“Questa raccolta ha avuto inizio nel 1910, co-me ricorda Chiara Vanzetto in un articolo ap-parso recentemente sul Corriere. Cercavaopere di affermati pittori contemporanei, con-sigliato da amici critici e mercanti d'arte.Prediligeva autori tradizionali tra naturalismo,paesaggio e pittura di genere, temi che ri-specchiavano l'ambiente sociale, culturale eborghese che ruotava intorno al giornale divia Solferino”.Le opere più significative di questa collezionesono state presentate, al pubblico, per le pri-ma volta in Italia, nella sede del CentroCulturale Svizzero di Milano dal 25 gennaio al28 febbraio 2007.L'iniziativa è stata promossa dalla BancaCorner che con l'occasione ha realizzato, conla collaborazione della Fondazione Balzan,uno splendido volume curato con sensibilepreparazione artistica da Giovanna Ginex,con testi di Renata Broggini, la ricercatricestorica, giornalista ticinese, che del Nostro èautrice del volume Eugenio Balzan: una vitaper il Corriere, un progetto per l'umanità editoda Rizzoli.

Il pubblico che ha affollato la mostra è statopremiato dalla scoperta del grande valore ar-tistico delle 34 opere esposte, dalla Darsenadi porta Ticinese di Mosè Bianchi al BagnoPompeiano di Domenico Morelli, dal Uomonel bosco di Giovanni Fattori, fino ad un pic-colo capolavoro, e non poteva mancare nellacollezione, un delicato Ritratto Muliebre diAchille Beltrame, il famoso illustratore dellaDomenica del Corriere.La raccolta, a causa dei tempi procellosi delventennio fascista, seguì inizialmente il suomecenate nei suoi spostamenti da Milano aZurigo, a Lugano, ed ancora a Berna, accol-ta nei locali dell'Ambasciata d'Italia.Alla fine della guerra la collezione rientratanel nostro Paese, venne immagazzinata aVenezia, grazie all'intervento del prof.

Eugenio Balzan,grande come amministratore del “Corriere della Sera”,ma anche come cultore d’arte

Presentata una raccolta “inedita”al Consolato svizzero di Milano

Giuseppe de Logu, grande amico di Balzansuo consulente artistico già dai tempi del co-mune esilio a Zurigo, e reintegrato nell'incari-co di direttore dell'Accademia di Belle Artidella città lagunare.

Lina Balzan, la figlia erede, costituendo laFondazione intitolata al padre (Premio Balzanper promovere la cultura, le scienze, e le piùmeritevoli iniziative di pace e di fratellanza trai popoli), destinò i preziosi dipinti per arricchi-re l'arredamento della sede milanese di que-sta Istituzione, dove ancor oggi vengono con-servati e protetti.Mi sono dilungato nel racconto delle peripe-zie cui la collezione è stata esposta, per lan-ciare un'idea, a titolo strettamente personale,ma consapevole che Eugenio Balzan, che hoavuto la fortuna di conoscere e di frequenta-re, sono certo avrebbe approvato.Bisogna trovare finalmente a Milano una se-de definitiva per questi dipinti, per consentireagli appassionati di belle arti, di poterli libera-mente ammirare, perché rappresentano unpatrimonio culturale per questa città.Ad esempio, nel restaurato edificio del “suo”Corriere, magari con accesso diretto dalla viache gli è stata recentemente intitolata.Sarebbe fantastico!La mia provocazione tende ad evitare checon il trascorrere degli anni il ricordo della fi-gura di questo geniale giornalista appassi-sca, come purtroppo sta capitando.Sarebbe doveroso, invece, che avvenisseproprio il contrario.

di Vito Soavi

In alto, unadelle rareimmagini di EugenioBalzan.Qui sotto,uno deiquadri della suacollezioneesposto aMilano:MosèBianchi,La darsenadi PortaTicinese,1889.

In alto ilsimbolo del-l’Esposizioneinternazionaledel 1906.A lato larivoluzionariaLinotype del principiodel ‘900.

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Nasce a Milano la carta deontologicasull’informazione bio-medica

Milano, 8 febbraio 2007. Il presidentedell’Ordine dei giornalisti della Lombardiapromuove una carta deontologica sull’infor-mazione bio-medica (sul modello di quella to-scana). Franco Abruzzo, presidente del-l’Ordine, ha infatti dichiarato che il Consigliodell’ente sta lavorando all’elaborazione dellacarta deontologica, proposta dal Gruppo2003, associazione che riunisce gli scienzia-ti italiani che lavorano in Italia e che figuranonegli elenchi dei ricercatori più citati al mon-do nella letteratura scientifica secondo glielenchi compilati per le diverse disciplinedall'Institute for Scientific Information (ISI) diPhiladelphia.È quanto è emerso oggi al convegno“Scienza e Media”, un tormentato rapporto: ilcaso della salute’, tenutosi al centro congres-

SUL MODELLO DI QUELLA TOSCANA

Bozza in fase di esame

La Carta deontologicasull’informazione bio-medicaPremessa1. Il progresso tecnico-scientifico in ambito biomedico, che si èintensificato a partire dalla metà del secolo scorso, ha amplia-to lo spettro delle opportunità legate al mondo della salute, nel-la sua accezione più vasta.La medicina è diventata sempre più avanzata e sofisticata e lafigura del medico pratico è andata progressivamente separan-dosi da quella del ricercatore. Sono aumentate le promesse diefficacia terapeutica, ma è cresciuto anche il tasso di incertez-za che inevitabilmente accompagna tutto ciò che è connessocon la salute dell’individuo. Il rapporto fra i soggetti attivi nellarelazione clinica è diventato più complesso.Se un tempo l’accesso all’informazione bio-medica era, perpiù motivi, estremamente limitato e legato al rapporto biuni-voco medico-paziente, oggi, invece, intervengono altri interlo-cutori e l’informazione raggiunge ampi strati dell’opinione pub-blica, prevalentemente attraverso i mass-media e le nuovetecnologie multimediali che restano al di fuori di contesti nor-mativi precisi.

2. La questione di offrire una informazione corretta e traspa-rente nel settore bio-medico si pone in termini più pregnanti, ri-spetto ad altri settori dell’informazione, in quanto coinvolge, inmodo particolare, il mondo dei valori.L’esigenza di linee-guida, che siano di riferimento per una“buona pratica” nella comunicazione bio-medica, viene solleci-tata da più parti, in nome del diritto del cittadino a una infor-mazione comprensibile, ampia e corretta e non è possibile elu-dere, da parte dei professionisti, quelle competenze che pos-sono essere acquisite solo attraverso una alta formazione mi-rata.Queste esigenze si ripercuotono in numerosi aspetti dell’infor-mazione mediatica, coinvolgendo i rapporti tra strutture, pro-fessionisti, personale sanitario, cittadini, soggetti impegnatinella ricerca e gestori del mercato, spesso guidati dalla logicadei finanziamenti.Come sottolinea la Carta internazionale della professionalitàmedica, “il giudizio professionale riguardante un interesse pri-mario come la salute dei cittadini può essere influenzato inde-bitamente da un interesse secondario” e per questo esiste un“obbligo per i medici di riconoscere, rendere pubblici e affron-tare i conflitti di interesse che si presentano nello svolgimentodei loro compiti e attività professionali”. Parole che possono es-sere fatte proprie da tutte le professionalità coinvolte all’infor-mazione.

3. La figura di un professionista, che sia garante dei principi diqualità nella comunicazione, è perciò esigenza irrinunciabile erisponde a quei criteri di etica della informazione che sono al-la base del rapporto tra media e utente.Solo in questo modo potrà essere garantita quella capacità di

scelta autonoma e consapevole che il cittadino può esercitareesclusivamente nel momento in cui sia in possesso di unainformazione adeguata. In questa prospettiva, ridurre l’asim-metria informativa diventa garanzia essenziale di democrazia.L’importanza di un codice deontologico i cui valori siano condi-visi da parte degli operatori del settore bio-medico e dagli ope-ratori dell’informazione e della comunicazione è stata più volteribadita.Nella convinzione che si dovrebbe avviare su tutto il territorionazionale un’opera di approfondimento di questo aspetto cru-ciale di una società complessa, cioè del rapporto di fiducia fraricercatori, medici, informatori e cittadini, che devono esseremessi in grado di fare scelte autonome e consapevoli su tuttoquanto riguarda la salute, proponiamo la seguente

Carta Etica per l’informazione bio-medicaDal momento che l’informazione deve rispondere ai più altistandard di qualità propri del processo della ricerca e dell’ap-plicazione dei risultati scientifici e tecnologici, medici e giorna-listi si impegnano - nel rispetto dei distinti ruoli e nell’eserciziodei loro rispettivi diritti e doveri - a garantire ai cittadini un’infor-mazione corretta, obiettiva, trasparente e verificata.Essi riconoscono l’importanza che il cittadino – sia esso mala-to o sano – acquisisca una capacità autentica di parteciparecon le sue scelte alla promozione e alla tutela della sua salutee di quella della collettività. A tali fini il Gruppo 2003 e l’Ordinedei giornalisti della Lombardia si impegnano a favorire, attuaree sostenere presso tutte le autorità competenti, in particolarenell’insegnamento universitario, le opportune e adeguate ini-ziative formative nei confronti dei propri iscritti e affermano i se-guenti principi che tradurranno in regolamenti nei rispettivi co-dici deontologici.

1. Comunicazione. I professionisti del settore bio-medico-sa-nitario, medici e ricercatori, hanno un obbligo di comunicazio-ne che non attiene solo alla relazione clinica, che si articola nelcomplesso dei rapporti interpersonali professionali. Esiste unobbligo più generale di informare i cittadini su tutto ciò che ri-guarda la tutela della salute e gli strumenti per realizzarla. Larelazione clinica è regolata dal codice deontologico della pro-fessione e dalle leggi vigenti dirette anche a garantire la riser-vatezza dei dati personali. I rapporti fra giornalisti e gli altri sog-getti dell’informazione biomedica e sanitaria sono regolati dalcodice deontologico dei giornalisti oltre che dalle leggi vigenti.

2. Responsabilità. Esiste una responsabilità comune dei me-dici, ricercatori e degli operatori dell’informazione che riguardala diffusione di una corretta informazione. Da una parte in fun-zione di contribuire alle politiche o ai programmi di prevenzio-ne, dall’altra, più in generale, nel diffondere una conoscenzaprecisa, oggettiva e attenta a indicare limiti e conseguenze dideterminate scoperte o procedure scientifiche così da nonestendere in modo illusorio gli scopi e le possibilità della medi-cina, superandone i limiti.

3. Interesse generale. In ambito medico e scientifico-sanitarioè prioritaria la valutazione dell’interesse generale nel consenti-re la divulgazione di qualsiasi notizia e informazione.

Durante il convegno“Scienza e Media”il presidente dell’Ordinedei giornalisti dellaLombardia e il Gruppo2003 annunciano una carta deontologicasull’informazione bio-medica

si MIC di Fieramilanocity. Il convegno, orga-nizzato dalla Fondazione Carlo Erba e dalGruppo 2003, con il patrocinio dell’Ordine deigiornalisti della Lombardia, è uno degli ap-puntamenti di Aspettando MilanoCheckUp,un ciclo di incontri con protagonisti del mon-do della sanità e della medicina in vista diMilanoCheckUp, la nuova mostra della medi-cina che si terrà nel quartiere Fieramilano diRho dal 6 al 9 giugno.“La questione di offrire un’informazione cor-retta e trasparente nel settore bio-medico –dichiara il prof. Pier Mannuccio Mannucci,presidente del Gruppo 2003 – è di grande at-tualità e di primaria importanza. Ogni comu-nicazione medica che i media diffondono su-scita grande interesse da parte dei lettori e vaa toccare la loro emotività e ad influenzare le

aspettative di vita e di guarigione. È impor-tante mettere a punto la carta etica soprattut-to in questo momento storico, in cui la sanitàè più che mai ‘sotto esame’ e una comunica-zione errata, sensazionalistica e superficiale,potrebbere offuscare tutto quello che di buo-no i centri di ricerca e di cura hanno fatto fi-nora e stanno continuando a fare”.

Ufficio Stampa MilanoCheckUpSergio Pravettoni, tel. 02.4997.7582, [email protected] Manfredi, tel. 02.4997.7582,[email protected]

Ufficio Stampa Fiera Milano TechDavide Grassi, tel. 02.3264393, [email protected]

4. Servizio. Il medico, il ricercatore e il giornalista collaboranoaffinché l’informazione medico-sanitaria permetta la distinzionefra notizia di cronaca e quella utile per l’educazione alla salu-te, nell’interesse del singolo e della collettività.

5. Trasparenza. Le parti si impegnano a garantire il rigorescientifico delle informazioni, a prescindere da qualsiasi intrec-cio di interessi personali o societari per quanto legittimi essi sia-no. In caso di presenza di questi interessi, essi devono esseredichiarati in base al principio della trasparenza. L’aspetto com-merciale che riguarda farmaci o attrezzature tecnologiche, co-sì come la promozione di marchi individuali o societari devonoessere tenuti nettamente separati (o dichiarati come tali) nelladiffusione delle informazioni attraverso un canale mediatico.

6. Qualità. Medici, ricercatori e giornalisti condividono il fine digarantire la qualità dell’informazione impegnandosi a non tra-smettere o a non diffondere notizie premature o non verificate.Gli Ordini sono disponibili a collaborare alla pratica attuazionedi tale impegno.

7. Precauzione. In ogni caso medici, ricercatori e giornalistisi atterranno al principio della precauzione secondo il qualenon verranno indicati in modo apodittico vantaggi e svantag-gi di una scoperta o di una terapia fino a che questa non avràsuperato una sperimentazione inoppugnabile per tempi e ri-sultati.Con particolare riferimento ai temi di politica sanitaria, il princi-pio di precauzione, inteso come non recepimento supino di da-ti statistici eventualmente forniti o di informazioni-denuncia, do-vrà valere (nei termini di una verifica-riscontro di tipo giornali-stico) anche nei confronti delle fonti istituzionali politico-partiti-che e di quelle legate alle associazioni di cittadini e alle orga-nizzazioni di pazienti.

8. Completezza. I professionisti si impegnano a fornire l’infor-mazione più completa possibile. Le informazioni non verrannoabbandonate dopo le prime uscite pubbliche, ma seguite inmodo da confermare o rettificare l’esattezza di quanto comu-nicato in modo da non suscitare né eccessive attese, né allar-me.

9. Competenza. Medici e giornalisti si impegnano a seguire ilprincipio della competenza. L’informazione verrà resa pubblicaquando chi l’ha elaborata è riconosciuta persona competentee chi la diffonde ha ragionevolmente acquisito strumenti per mi-surarne la validità e la portata.In tal senso è auspicabile che all'interno delle singole redazio-ni si incentivino sinergie tra i settori di cronaca e quelli più spe-cialistici al fine di evitare la diffusione di informazioni distorte,quando non allarmanti o addirittura inverosimili.

10. Linguaggio. Medici, ricercatori e giornalisti dovranno veri-ficare l’esattezza scientifica dei termini, evitando di usarli al difuori di qualunque contesto che possa mutarne il senso o fareloro acquisire una connotazione emotiva per obiettivi di spet-tacolarizzazione dell’informazione.

Ordine dei giornalisti della Lombardia,Gruppo 2003

Roma, 18 dicembre 2006.Non si può pubblicare, sen-za il consenso dei genitori, lanotizia che un minore è sta-to adottato: lo vietano la nor-mativa sulla privacy, il codicedeontologico dei giornalisti ela legge sulle adozioni.Questo il richiamo ai mezzidi informazione con cui ilGarante per la privacy haconcluso l’esame della se-gnalazione di una personache lamentava la pubblica-zione della notizia relativa al-l’adozione, da parte sua, diun bambino. Il Garante -

Il garante della privacy:notizie su adozioni solo con l’assenso dei genitori

spiega una nota - ha ribaditoche le informazioni sullo sta-to di adozione sono oggettodi una speciale protezione.Per tutelare la personalitàdell’adottato e la sua fami-glia, infatti, la legge stabilisceche siano i genitori adottivi adecidere i modi e i tempi perinformare il minore della suacondizione e individua limitirigorosi, anche penali, ri-guardo alla diffusione di que-sta informazione. L’Autoritàha anche ribadito la neces-sità che i giornalisti rispettinocon particolare rigore, quan-

do scrivono di minori, la re-gola dell’essenzialità del-l’informazione. Il codicedeontologico afferma infattiche il diritto dei minori alla ri-servatezza deve esseresempre considerato comeprimario rispetto al diritto dicronaca. Inoltre il Codice del-la privacy prevede che in ca-so di pubblicazione di sen-tenze o altri provvedimentisu riviste giuridiche sianoomesse le generalità o altreinformazioni che rendanoidentificabili i minori.

(ANSA)

Parigi, 15 febbraio 2007.Carlo Caracciolo, co-fonda-tore di Repubblica, ha con-fermato la sua entrata nelcapitale del quotidiano del-la gauche, Liberation, di cuideterrà il 34% insieme adun altro investitore italiano,Carlo Perrone.La notizia è pubblicatadall'AFP che ha fatto riferi-mento ad un comunicatodello studio legale GraruntAvocats. "Carlo Caracciolosi è impegnato 'a certe con-dizioni' ad assumere unapartecipazione fino a 5 mi-

Quotidiano Libération:Carlo Caracciolo azionista con Carlo Perrone

lioni di euro nel gruppo diLiberation", dice il comuni-cato. Carlo Perrone, azioni-sta di controllo del gruppoeditoriale Mercurio, "si ècontemporaneamente im-pegnato ad investire500.000 euro", precisa lostudio legale.I due investitori deterrannocosì il 34% del capitale delgiornale, di cui Edouard deRothschild rimane il primoazionista, con un quota di5,8 milioni di euro, corri-spondenti al "35,9 del capi-tale", indica il comunicato.

La percentuale restante delgiornale è detenuta daimembri della Mediascap(società del gruppo LaLibre Belgique - La dernie-re Heure), Suez e Pathé, eda molte personalità, tra lequali André Rousselet eBernard-Henri Levy, riunitenella "società degli amici diLiberation".Carlo Perrone non figuravatra gli azionisti inizialmentepresentati da Edouard deRothschild all' inizio di gen-naio.

(ANSA).

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35ORDINE 1- 2- 3 2007

A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre250.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione nazionale -Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione naziona-le e network 1) Notizia euro 33,002) Articolo euro 171,003) Servizio euro 342,00

B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a250.000 copie1) Notizia euro 30,002) Articolo euro 159,003) Servizio euro 318,00

C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiraturaoltre 40.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione regionale olocale - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale,con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari 1) Notizia euro 29,002) Articolo euro 148,003) Servizio euro 214,00

D) Quotidiani a diffusione regionale o locale, con tiratura fino a40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tira-tura da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffu-sione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da100.000 fino a 400.000 destinatari 1) Notizia euro 28,002) Articolo euro 93,003) Servizio euro 122,00

E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale conpotenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari 1) Notizia euro 25,002) Articolo euro 60,003) Servizio euro 93,00

F) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani,periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili su-periori a 150.0001) Notizia euro 28,002) Articolo euro 93,00

G) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati con visitemensili inferiori a 150.0001) Notizia euro 25,002) Articolo euro 60,00

Titolo IICollaborazioni professionali coordinate e continuative

Quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa, emitten-ti radiotelevisive e network (su base annuale da corrispondere perfrazioni mensili)

1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,002) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.357,003) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,004) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.760,00

Titolo IIIServizi fotogiornalistici

A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre250.000 copie - Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a dif-fusione nazionale e network 1) Fotografia singola bianco e nero euro 136,002) Fotografia singola colore euro 153,003) Foto in copertina bianco e nero euro 427,004) Foto in copertina colore euro 460,005) Ripubblicazione euro 101,00

B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a250.000 copie1) Fotografia singola bianco e nero euro 122,002) Fotografia singola colore euro 137,003) Foto in copertina bianco e nero euro 355,004) Foto in copertina colore euro 400,005) Ripubblicazione euro 87,00

C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiraturaoltre 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regio-nale o locale con potenziale bacino di utenza superiore a400.000 destinatari1) Fotografia singola bianco e nero euro 93,002) Fotografia singola colore euro 108,003) Foto in copertina bianco e nero euro 122,004) Foto in copertina colore euro 153,005) Ripubblicazione euro 52,00

D) Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tira-tura da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffu-sione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da100.000 fino a 400.000 destinatari1) Fotografia singola bianco e nero euro 81,002) Fotografia singola colore euro 92,003) Foto in copertina bianco e nero euro 110,004) Foto in copertina colore euro 122,005) Ripubblicazione euro 38,00

E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000- Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con po-tenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari1) Fotografia singola bianco e nero euro 49,002) Fotografia singola colore euro 60,003) Foto in copertina bianco e nero euro 72,004) Foto in copertina colore euro 93,005) Ripubblicazione euro 24,00

F) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiore a150.0001) Fotografia singola bianco e nero euro 122,002) Fotografia singola colore euro 137,003) Foto in copertina bianco e nero euro 355,004) Foto in copertina colore euro 400,005) Ripubblicazione euro 87,00

G) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a150.0001) Fotografia singola bianco e nero euro 93,002) Fotografia singola colore euro 108,003) Foto in copertina bianco e nero euro 122,004) Foto in copertina colore euro 153,005) Ripubblicazione euro 52,00

NOTA I - I compensi indicati si riferiscono a servizi giornalistici com-pleti di tutte le indicazioni essenziali per la corretta pubblicazione inrapporto alla identità dei personaggi che appaiono nelle immagini,al luogo, alla data e ad una cronaca giornalistica dell'avvenimentocui le fotografie si riferiscono, escluso naturalmente l'eventuale te-sto, che va compensato a parte.

NOTA II - Tutti i compensi si riferiscono a fotografia singola e, quan-do il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale dicessione si intende triplicato.

Titolo IVServizi cine-videogiornalistici

A) Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network Servizio non superiore a 180” euro 1.334,00

B) Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale Servizio non superiore a 180” euro 792,00

C) Attività cinevideogiornalistica di collaborazione fissapro-tempore Al giorno euro 428,00

D) Collaborazioni coordinate e continuative (su base annuale dacorrispondere per frazioni mensili)1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,002) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.356,003) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,004) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.706,00

NOTA I - Il compenso indicato per la cessione e la distribuzione del ser-vizio si intende per una ripresa su nastro o su pellicola cinematografi-ca realizzata con materiale tecnico proprio comprensivo di eventualeutilizzo di personale tecnico ausiliario completo di montaggio e con in-dicazioni tecnico-giornalistiche necessarie per la stesura del testo.

NOTA II - Tutto il materiale videocinematografico girato per la realiz-zazione del servizio e non utilizzato rimane di proprietà dell'autore.

NOTA III - Il servizio ceduto rimane in esclusiva dell'emittente per 48ore se utilizzato per un telegiornale quotidiano, per 15 giorni se inve-ce utilizzato per rubriche o speciali settimanali.

NOTA IV - Nel caso di servizio di durata superiore a 180'' o di esclu-siva, il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione e co-munque superiore a quanto stabilito nelle lettere A) e B).

NOTA V - La tariffa indicata alla lettera C) è intesa per l'utilizzo di unacollaborazione di carattere esclusivamente professionale con sup-porti tecnici messi a disposizione dal richiedente.

Titolo VPrestazioni per ufficio stampa

A) Prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce ecollaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati sen-za vincolo di orario e di presenza1) Su base annuale euro 35.571,002) Su base semestrale euro 17.766,00Per prestazioni saltuarie i compensi sono rapportati ad ogni sin-gola prestazione secondo le tariffe sottoesposte

B) Organizzazione di una conferenza stampa1) Per una manifestazione a carattere regionale e. 4.993,002) Per una manifestazione a carattere nazionale e. 7.284,00

C) Responsabilità di ufficio stampa per manifestazione di breve du-rata con adeguato lavoro preparatorio redazionale, contatti conla stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenzastampa e incontri di lavoro1) Per manifestazione della durata sino a 5 giorni e. 8.665,002) Per manifestazioni della durata sino a 10 giorni e. 11.456,00

D) Attività giornalistica di collaborazione pro-tempore1) Al giorno e. 427,00

E) Stesura di testi per conto di un ufficio stampa1) Fino a due cartelle (25 righe a 60 battute l’una) e. 153,002) Oltre le due cartelle e fino a cinque e. 247,00

Titolo VIImpostazione grafica di pubblicazioni quotidiane o periodiche

1) Impostazione di base della pubblicazione (primo numero)A carattere nazionale euro 3.024,00A carattere regionale o locale euro 489,00

2) Impostazione di base di una pagina (prima volta)Per una pubblicazione a carattere nazionale euro 121,00Per una pubblicazione a carattere regionale o locale e. 47,00

Titolo VIIDirettore responsabile che esplica in maniera saltuaria prestazioni giornalistiche autonome(locatio operis) non comportanti cioè subordinazione

1) Di periodici a diffusione regionale o locale e/o specializzati (azien-dali, sindacali, associativi, di categoria o editati da enti pubblici eprivati)a) Con tiratura oltre 400.000 copie a numero euro 1.350,00b) Con tiratura da 10.000 a 400.000 copie a numero euro 705,00c) Con tiratura fino a 10.000 copie a numero euro 367,00

2) Di emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o localea) Con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari, al mese euro 1.968,00b) Con potenziale bacino di utenza da 100.000 a 400.000 destinatari, al mese euro 1.350,00c) Con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari, al mese euro 900,00

3) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzieA diffusione nazionale o con visite mensili superiori a 150.000 euro 705,00

4) Di quotidiani e periodici telematici e agenzieCon visite mensili inferiori a 150.000 euro 367,00

Titolo VIIINorme per l’applicazione del tariffario

A) Il presente tariffario indica cifre minime, allordo delle ritenute di legge, al di sotto dellequali l’Ordine dei giornalisti ritiene che nonsia possibile andare, stabilendo in tal caso laincongruità del compenso. In ogni caso la de-terminazione dell’effettivo ammontare deicorrispettivi deve tenere conto della qualitàdel committente, dei compiti in concreto de-mandati al giornalista, dell’impegno necessa-rio, del tempo richiesto.

B) Le spese sostenute dal collaboratore e diret-tamente inerenti le prestazioni sono rimbor-sate a piè di lista, su presentazione di idoneadocumentazione, salvo patto contrario scrit-to.

C) I compensi di cui sopra sono dovuti anche incaso di mancata pubblicazione del materialegiornalistico commissionato oppure inviatonel quadro della collaborazione concordata,a meno che il materiale stesso non vengatempestivamente restituito all’autore conespressa motivazione entro tre giorni per

quotidiani, agenzie di stampa, settimanali ebisettimanali, ed entro dieci giorni per i men-sili.

D) Ai fini del presente tariffario si adottano le se-guenti definizioni:

a) Notizia: è una concisa informazione forni-ta dal giornalista su fatti o situazioni.

b) Articolo: è un testo in chiave di resocon-to o di analisi su fatti o temi diversi, fino a duecartelle da 25 righe di 60 battute l’una (esem-pio: politici, economici, sociali, morali, religio-si, culturali, sportivi, etc.).

c) Servizio: è un elaborato oltre le due car-telle più complesso e articolato che presup-pone un approfondito lavoro di indagine o diricerca.

E) L’applicazione delle presenti tariffe e la liqui-dazione del compenso sono soggette alla vi-gilanza e alla disciplina del Consiglio regio-nale o interregionale dell’Ordine al quale ilgiornalista è iscritto.

F) In caso di contestazione giudiziale o extra-giudiziale, il giornalista può rivolgersi al com-petente Consiglio regionale o interregionaledell’Ordine per ottenere il parere sulla con-gruità del compenso, ai sensi degli artt. 633e 636 cpc.

G) In armonia con le norme concordate in sededi CCNL giornalistico, modifiche ed integra-zioni sostanziali ad ogni articolo o serviziofirmato devono essere apportate con il con-senso dell’autore, sempre che sia reperibile.L’articolo non dovrà comparire firmato nel ca-so in cui le modifiche siano apportate senzal’assenso del giornalista.

Gli articolisti non possono cedere prima di 10giorni articoli se inviati ai quotidiani o di 30giorni se inviati ai periodici senza previo con-senso del direttore.

H) L’articolista può pubblicare in volume gli arti-coli inviati, siano o non siano stati retribuiti,tre mesi dopo la consegna dell’ultimo dellaserie, anche se non pubblicati dal giornale alquale erano destinati. Per gli addetti ai perio-dici, il termine indicato nel comma che pre-cede è di un anno, salvo diverso accordoscritto tra le parti.

I) L’utilizzazione della prestazione giornalisticaregolata dal tariffario è limitata ai media peril quale la collaborazione è stata richiesta. Leeventuali ulteriori utilizzazioni, anche parzia-li, nell’ambito delle attività dello stesso edito-re o presso altri editori, debbono essere au-torizzate dall’autore, concordando il relativocompenso, che per ogni successiva utilizza-zione non comunque essere inferiore al 30%del corrispettivo iniziale.

L) Il compenso di un elaborato oltre le cinquecartelle è maggiorato del 20%.

M) Si riconosce al collaboratore inviato fuori se-de per un servizio l’indennità (il 30% del com-penso tabellare) che il contratto nazionale dilavoro (art. 7) accorda ai giornalisti chiamatioccasionalmente a prestare la propria operain funzione di inviati.

Titolo IX I compensi erogati sono al netto delle contribu-zioni previdenziali e, pertanto, non ricomprendo-no il contributo del 12%, ai sensi del D. Lgs n.103/96, da versare alla “Gestione separata lavo-ro autonomo Inpgi”. Detto contributo è così ripar-tito:

- 10% del reddito imponibile a totale carico dell’i-scritto;

- 2% a titolo di contributo integrativo, a carico dicoloro (aziende, etc.) che si avvalgono dell’attivitàprofessionale, calcolato sul reddito lordo e adde-bitato dall’iscritto all’azienda, con indicazione nel-la relativa fattura, all’atto di ogni pagamento.Il versamento alla Gestione separata Inpgi del-l’intero contributo dovuto (12%) è a carico delgiornalista.

Il tariffario per il 2007 approvato dal Consiglio nazionaleIl Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti nella seduta del 20 e 21 dicembre 2006visti gli artt. 2, 11 e 35 della legge 3.2.1963 n.69;visto l'art.20 ter lettera a) del D.P.R. 3.5.1972 n. 212;visti gli artt. 2230, 2231 e 2233 del codice civileDELIBERA: È approvata la seguente tabella dei compensi minimi, al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioni professionaliautonome dei giornalisti (locatio operis) non regolate dal contratto collettivo di lavoro perché non comportanti subordinazione anche se co-stituenti cessioni di diritto d'autore.

Compensi minimi per le prestazioni

professionali giornalistiche nei quotidiani,

nei periodici, anche telematici, nelle agenzie,

nelle emittenti radiotelevisive

e negli uffici stampa

Titolo INotizie, articoli e servizi

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36 ORDINE 1- 2- 3 2007

È bandito il concorso di ammissione al XVI biennio di formazione al giornalismo con l’attribuzione della qualifica di “praticantegiornalista” ai sensi di legge, secondo le norme qui di seguito esposte.Sono ammessi al concorso i cittadini italiani, dell’Unione europea e dei Paesi a essa associati (in questi ultimi due ca-si con perfetta conoscenza della lingua italiana) in possesso almeno di diploma di laurea triennale (direttiva 89/48/Cee)e nati dal 1° gennaio 1977. I diplomi di laurea devono essere riconosciuti dalla Repubblica italiana.Il numero di candidati ammessi al XVI biennio è fissato in 40.Le domande d’iscrizione, corredate di copia del titolo di studio e della ricevuta di versamento della tassa d’iscrizio-ne, debbono pervenire all’Ifg a partire dal 1° marzo e non oltre il 30 giugno 2007.

L’Afg è un ente privato senza scopo di lucro, che trae lamaggior parte dei mezzi di finanziamento da un contribu-to annuale della Regione Lombardia (ai sensi della leg-ge regionale n. 95/80) nell’ambito della formazione profes-sionale.

L’Afg è sostenuto economicamente anche dal Consigliodell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.Gli allievi partecipano, nel corso del biennio, a concorsi perborse di studio interne ed esterne.

3L’Ifg - Istituto “Carlo De Martino”per la Formazione al Giornalismo

Obiettivo dell’Ifg è la preparazione di giornalisti polivalentidella carta stampata, delle agenzie di stampa, della televi-sione, della radio, dell’informazione on line e degli ufficistampa, non disgiunta dal progressivo avviamento alle spe-cializzazioni classiche della professione.Gli allievi, in quanto redattori nelle testate-laboratorioedite dall’Ifg, sono iscritti nel Registro dei praticanti percui, ottenuto l’attestato di compiuto praticantato al terminedel biennio, possono sostenere l’esame di Stato per l’ac-cesso alla professione di giornalista (salvo le eventuali ina-dempienze previste dal Regolamento interno dell’Ifg sullabase delle regole stabilite dalla legge regionale n. 95/1980e accertate dalla direzione dell’Istituto).Il rapporto dell’allievo con l’Ifg cessa al termine del biennio.I programmi di studio e le esercitazioni pratiche sono ela-borati dal direttore, giornalista professionista d’intesa con laCommissione didattica e sono approvati dal Consiglio dipresidenza dell’Afg, nel rispetto del “Quadro di indirizzi peril riconoscimento delle strutture di formazione al giornali-smo” emanato il 17 aprile 2002 dal Consiglio nazionaledell’Ordine dei giornalisti.Il corpo docente è formato da giornalisti professionisticon almeno 10 anni di iscrizione all’Albo, da docentiuniversitari ed esperti della comunicazione e delle altrediscipline inserite nel programma.

4L’Ifg.Il corso di studi

DISCIPLINE TEORICHE ED ESERCITAZIONI

Il XVI biennio di formazione al giornalismo dell’Ifg avràinizio nel mese di novembre 2007 e terminerà nell’ottobre2009 con l’ammissione alla sessione autunnale dell’esa-me di Stato.I posti a disposizione sono 40.La frequenza degli allievi è obbligatoria e a tempo pieno. Ogniassenza va giustificata per iscritto. Un numero di assenze su-periore al 15% comporta l’esclusione dal corso.Il calendario delle lezioni viene stabilito dalla Direzione in ba-se al programma didattico.Il programma di studi mira ad armonizzare la specifica for-mazione professionale dell’allievo con il completamento dellasua preparazione culturale attraverso cicli di lezioni, corsi eseminari a livello universitario.

Aspetti qualificanti del programma sono le sistematicheesercitazioni pratiche con l’uso di aggiornate attrezzatu-re dell’editoria informatica, di uno studio di registrazioneradiofonico e di postazioni di registrazione televisive.

L’Ifg dispone di un sistema integrato in grado di garantire lagestione dell’intero ciclo produttivo di qualsiasi pubblicazionequotidiana, periodica e monografica.Ogni allievo usufruisce di una postazione informatica basatasu computer con collegamenti internet in fibra ottica e risorsecondivise per l’archiviazione e la stampa. Può inoltre utilizza-re postazioni dedicate per il montaggio video e il montaggioradio.Alle esercitazioni pratiche si aggiungono lezioni e seminari sumaterie ritenute particolarmente utili ai fini della professione.Il XVI biennio porrà attenzione anche alle tecniche e alla ge-stione degli uffici stampa, settore che si prospetta come pro-mettente fonte di occupazione.Al termine del biennio, gli allievi potranno partecipare, gratui-tamente, al corso di preparazione all’esame di Stato organiz-zato dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia.Nel corso del biennio, in osservanza anche delle indicazionidel Consiglio nazionale dell’Ordine e delle norme che presie-dono al funzionamento dell’Istituto, sono impartite lezioni teo-riche di base o di approfondimento, nelle seguenti aree disci-plinari:

• Giornalistica (istituzioni professionali, deontologia-privacy,analisi critica e comparata dei media, tecniche professiona-li, modelli redazionali, sistemi editoriali, tecniche di gestionedegli uffici stampa; infografica e photo-editor).

• Grafica, informatica e innovazione (architettura dell’infor-mazione; design dell’informazione; produzione, selezione etrattamento delle immagini; comunicazione visiva; strumen-ti e tecnologie dell’informazione visiva; storia dell’informa-zione visiva; tecniche avanzate di informatica applicata algiornalismo; teorie e tecniche del fotogiornalismo e del vi-deogiornalismo; comunicazione multimediale; tecnologiedell’immagine digitale).

• Linguistica (tecniche dei linguaggi del giornale quotidianoe del periodico, delle agenzie di stampa, del web e degli uf-fici stampa; tecniche del linguaggio televisivo, radiofonico efotografico; semiotica del testo scritto e visivo).

• Lingue straniere (conoscenza funzionale di inglese e spa-gnolo).

• Storica (storia del giornalismo e delle comunicazioni dimassa; elementi di storia moderna e contemporanea).

• Geografia politica ed economica, globalizzazione e rela-zioni internazionali.

• Giuridica (elementi di diritto costituzionale, di diritto co-munitario, di diritto del giornalismo e dell’editoria, di dirit-to penale e di procedura penale, di diritto amministrativocon riguardo anche al ruolo delle autorità indipendenti, didiritto privato).

REGIONE LOMBARDIA - ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA -

L’Ifg, scuola di eccellenza europea, cerca 40 giovani laureati, determinati,di studi e che sappiano cogliere le nuove opportunità della professione

Bando di concorso XVI biennio 2007-2009

Bando per il XVI biennio (2007-2009) dell’Istituto “Carlo De Martino”per la Formazione al Giornalismo

La Scuola in 30 anni di vita ha creato 636 giornalisti professionisti (tra questi: 34 direttori di testate, 6 vicedirettori, 87 capiredattori e vicecapiredattori, 42 inviati o corrispondenti dall’estero, 208 redattori ordinari)

Giornalisti si diventa a Milano, capitale

NOTIZIE PRELIMINARI

1Norme sulla professionegiornalistica

La legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti prescrive, per diven-tare giornalisti professionisti, una prova di idoneità professio-nale equivalente all’esame di Stato (di cui all’articolo 33, Vcomma, della Costituzione). Per accedere a tale esame la pro-cedura consiste nell’essere assunti da un’azienda editoriale (ofrequentare una scuola di giornalismo o un master biennale uni-versitario in giornalismo riconosciuti dall’Ordine nazionale) esvolgere diciotto mesi di praticantato.L’esame di idoneità professionale è organizzato dal Consiglionazionale dell’Ordine ed è affidato ad una Commissione forma-ta da due magistrati e cinque giornalisti. Si svolge a Roma indue sessioni annuali (primavera e autunno) e comprende provescritte e una prova orale.Superato l’esame, il praticante, a sua domanda, viene iscrittonell’elenco professionisti dell’Albo.

2L’Afg - Associazione“Walter Tobagi”per la Formazione al Giornalismo

L’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione alGiornalismo (Afg) gestisce l’Istituto “Carlo De Martino” per laFormazione al Giornalismo (Ifg) il cui corso biennale di stu-di è parificato allo svolgimento del praticantato tradizio-nale. L’Afg è un’istituzione riconosciuta dalla RegioneLombardia (con delibera della Giunta Regionale n. 11854 del4/10/1977 a norma della legge regionale del 16/6/1975 sullaformazione professionale). È inoltre accreditata presso laRegione Lombardia per la formazione professionale e certifi-cata secondo la norma ISO 9001:2000.Il corso dell’Ifg, di livello universitario, è stato promossodall’Ordine dei giornalisti della Lombardia con delibera del27/11/1974.

Questo bando, il modulo di iscrizione e altre informazioni sono disponibili sui siti:

www.ifgonline.it

www.odg.mi.it

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37ORDINE 1- 2- 3 2007

• Sociologica - psicologica (elementi di scienza dell’opinio-ne pubblica e dei sondaggi; di sociologia della comunica-zione; di psicologia della comunicazione).

• Economica - finanziaria (elementi di economia politica,storia economica, marketing, economia dei media e delleimprese editoriali, diritto pubblico dell’economia, mercatodel risparmio e degli investimenti familiari con riguardo par-ticolare al mercato borsistico, dei fondi di investimento e del-la gestione del risparmio).

• Sindacale (con attenzione particolare al contratto e al si-stema previdenziale/previdenziale complementare/assisten-ziale integrativo sanitario dei giornalisti).

Gli allievi dovranno affrontare un esame al termine di ogni sin-gola materia in base a un calendario stabilito dalla Direzione.I singoli esami verranno annotati nel libretto personale dellostudente.Gli esami potranno essere ripetuti, in caso di bocciatura, a di-stanza di un mese.La preparazione degli allievi/praticanti verrà valutata, ogni me-se, dai rispettivi tutor.Al termine del primo e del secondo anno agli allievi verrà rila-sciato un certificato di frequenza con l’attestato del supera-mento delle materie del programma.Al termine del biennio i praticanti affronteranno un esame fi-nale, scritto e orale. Della Commissione giudicatrice (nomi-nata dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardiad’intesa con la direzione dell’Istituto) farà parte anche un rap-presentante della Regione Lombardia. La direzione dellascuola, tenendo conto dei risultati dell’esame finale, rilasceràun certificato di frequenza e profitto. La prova, propedeuticaall’esame di Stato, condiziona il rilascio, da parte del presi-dente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, del certifica-to di fine praticantato.

PRATICA GIORNALISTICA

Momento fondamentale delle esercitazioni pratiche professio-nali è il lavoro di redazione per le testate-laboratorio.

Le testate laboratorio dell’Ifg

Ifg Tabloid - inserto del mensile Ordine Tabloid, organo delConsiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Milano Ore 13 - quotidiano d’informazione del pomeriggio adiffusione locale

Ifg Notizie - agenzia quotidiana del pomeriggio di servizi gior-nalistici, inchieste e attualità, diffusa fra 45 testate nazionali elocali

Speciale Video - servizi televisivi realizzati in proprio e tra-smessi da canali regionali

Speciale Fm - testata radiofonica di notiziari, inchieste e ser-vizi, forniti a emittenti private

Ifg on line - quotidiano telematico che comprende anche laversione on line di tutte le altre testate

È prevista la realizzazione di inchieste televisive con strutturedell’Ifg e con la collaborazione di esperti del settore e di emit-tenti nazionali e regionali.

GLI STAGES

Strumento formativo importante è anche la pratica guidata(stage). Nel biennio gli stage esterni (regolati dalla legge n.196/1997) dovranno avere “durata complessiva non inferiorea sei mesi”, come stabilito dal Quadro di indirizzi dell’Ordinenazionale dei giornalisti.L’allievo svolge periodi di tirocinio concordati dalla Direzionecon le testate giornalistiche.

1. Requisiti per l’iscrizione al concorso

Le iscrizioni al concorso di ammissione al XVI biennio sonoaperte dal 1° marzo al 30 giugno 2007.I candidati che intendono iscriversi al concorso devono esse-re nati a partire dal 1° gennaio 1977.I candidati devono essere cittadini italiani, o di uno stato mem-bro dell’Unione europea o dei paesi a essa associati (in que-sti ultimi due casi è obbligatoria la perfetta conoscenza dellalingua italiana, che sarà accertata dall’Ifg nel corso delle pro-ve di ammissione).Può presentare domanda di ammissione chi, al 30 giugno2007, è in possesso almeno di diploma di laurea triennale.Saranno accettate sub condicione anche le domande deicandidati che prevedono il superamento dell’esame dilaurea entro il 31 luglio 2007. In questo caso, il certifica-to rilasciato dall’Università che accerta il conseguimentodel diploma di laurea, dovrà essere inviato alla segreteriatassativamente entro il 18 agosto 2007. Per la data di spe-dizione fa fede il timbro postale.Le lauree conseguite all’estero saranno riconosciute va-lide solo se risulteranno conformi alle norme italiane.

2. Modalità di iscrizione al concorso

Per partecipare al concorso è necessario ritirare il bando e ilmodulo di iscrizione (o richiederne l’invio per posta allegando6 euro in francobolli). In alternativa il bando e il modulo di iscri-zione sono disponibili nei siti www.ifgonline.it oppurewww.odg.mi.it.Dopo aver preso visione del bando di concorso e compilato ilmodulo di iscrizione in tutte le sue parti:• spedire il modulo, esclusivamente per via postale, entro il30 giugno 2007 (fa fede il timbro postale), allegando:

a) fotocopia del titolo di studio (non saranno accettati titoli distudio prodotti in originale);

b) ricevuta di versamento sul c/c postale n° 10519205, inte-stato a: Associazione Formazione Giornalismo - via FabioFilzi, 17 - 20124 Milano di 150 (centocinquanta) euro perspese postali e di segreteria, non rimborsabili;

c) eventuali attestati di frequenza ad altri corsi (con preferen-za per lingue straniere e informatica);

d) per i pubblicisti, fotocopia della tessera di iscrizioneall’Ordine.

L’ammissione sarà deliberata da un’apposita Commissione diselezione presieduta da un giornalista professionista e nomi-nata dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.

N.B. - Non sarà ritenuta valida la produzione di documentisuccessiva al 30 giugno 2007 salvo quanto previsto per ilaureandi di luglio 2007. Tutti i documenti presentati di-ventano di proprietà dell’Ifg e non saranno restituiti.Il mancato invio del documento o dell’attestazione com-provante il diploma di laurea o il mancato versamentodella tassa d’iscrizione, escluderanno i candidati dallapartecipazione al concorso di ammissione.

3. L’ammissione alle prove di selezione

La Commissione di Selezione, il cui giudizio è insindacabile,effettua la verifica dei titoli e dei requisiti soggettivi, quali ri-sultano dal modulo d’iscrizione e dai documenti presentati econvoca per iscritto i candidati ammessi. Valgono, comun-que, per quanto applicabili, le regole fissate dagli articolidal 47 al 54 del Dpr n. 115 del 1965 (e successive modifi-cazioni) per l’esame di giornalista professionista, nonchédagli articoli dall’11 al 15 del Dpr 487/1994 sui concorsipubblici.

Le prove scritte di selezioneIl candidato ammesso alle prove scritte, che si svolgeranno en-tro la prima quindicina di settembre 2007, sarà convocato aMilano per sostenere gli esami, nel giorno e nella sede indicatinella lettera di convocazione.Il candidato potrà affrontare la prova scrivendo con una macchi-na per scrivere meccanica o a mano (con grafia leggibile, megliose in stampatello).Dovrà inoltre esibile la lettera di convocazione e presentare la ri-cevuta di versamento sul c/c postale n 10519205 intestato a:Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi 17 -

20124 Milano di ulteriori 200 (duecento) euro per spese d’esa-me, non rimborsabili anche se il candidato non dovesse conclu-dere la prova scritta.Le prove scritte si svolgeranno in un’unica giornata e consistonoin:a) un tema-articolo su argomenti d’attualità (politica interna edestera, cultura, costume, economia, cronaca, spettacoli, sport),scelto tra quelli proposti dalla Commissione. Tale articolo nondeve superare le 60 righe (da 60 battute ciascuna);

b) un test di domande su argomenti di attualità;

c) la sintesi di un articolo o di un servizio giornalistico (contenu-ta in un massimo di 20 righe, da 60 battute ciascuna).

Gli elaborati dovranno essere rigorosamente anonimi. Legeneralità del candidato andranno in busta piccola inseritanella busta grande con gli elaborati. Ogni segno che per-metta l’identificazione del candidato ne comporterà l’esclu-sione.

Per quanto non espressamente indicato valgono le normesancite dal Dpr n. 115/1965 e dal Dpr n. 487/1994.

La Commissione di selezione attribuisce ad ogni prova scritta unpunteggio.La somma delle tre prove determina il punteggio com-plessivo.Solo a questo punto verranno aperte le buste contenenti i nomidei candidati per poter stabilire la graduatoria.

I primi 90 candidati della graduatoria saranno convocati persostenere la prova orale (che è pubblica) nella sede dell’Ifg(via Fabio Filzi, 17 - Milano).Le prove scritte e orali sono soggette alle norme previstedalla legge 241/1990 sulla trasparenza.

Le prove orali di selezioneL’esame orale consiste in un colloquio tendente ad accertare leattitudini complessive alla professione giornalistica, il grado di cul-tura generale del candidato e la sua attenzione per i problemi del-l’attualità politica, economica, sociale e culturale nelle loro di-mensioni storiche, nonché il grado di conoscenza dell’ inglese.In base al risultato delle prove scritte e dell’orale, la Commissionecompilerà una graduatoria degli idonei, che verrà resa pubblica.Alla formazione della graduatoria delle prove scritte concorreràanche il punteggio complessivo acquisito dal candidato secondole valutazioni della tabella che segue:

Seconda laurea 4 punti

Pubblicisti 2 punti

GLI AMMESSI

AL XVI BIENNIO

I primi 40 candidati in graduatoria saranno ammessi a fre-quentare il XVI biennio dell’Ifg.

ADEMPIMENTI PRELIMINARI

DEGLI AMMESSI AL XVI BIENNIO

1 - Periodo di prova

È previsto un periodo di prova della durata di 3 mesi, altermine del quale il Consiglio di presidenza dell’Afg, su pro-posta della Direzione dell’Istituto, può escludere il candidatoritenuto inidoneo o che abbia violato lo spirito e la lettera delRegolamento interno dell’Ifg, e della legge regionale n. 95/80.In queste ipotesi e nel caso di dimissioni volontarie, suben-treranno i primi esclusi della graduatoria.

2 - Tassa di iscrizione

La tassa di iscrizione per il corso biennale è di 8.000 (ottomi-la) euro, così articolati:

• entro il 30 novembre 2007 l’allievo dovrà presentare, per l’i-scrizione al primo anno, la ricevuta di versamento di 4.000(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -20124 Milano.

• entro il 31 ottobre 2008 l’allievo dovrà presentare, per l’iscri-zione al secondo anno, la ricevuta di versamento di 4.000(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -20124 Milano.

Le domande d’iscrizione, corredatedi copia del titolo di studio e dellaricevuta di versamento della tassad’iscrizione, debbono pervenire all'Ifga partire dal 1° marzo e non oltre il 30 giugno 2007

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE AL CONCORSOPER L’AMMISSIONE AL XVI BIENNIO (2007-2009)

ASSOCIAZIONE “WALTER TOBAGI” PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO

con un ottimo curriculumgiornalistica

dell’editoria

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38 ORDINE 1- 2- 3 2007

LIBRERIA DI TABLOID

Temporibus illis, la diffama-zione tramite mass-medianon esisteva. Non c’erano imass-media. Ma non c’eranemmeno una stampa libe-ra. La stampa, controllata dauna paterna e onnipresentedittatura, non diffamava: atutto concedere, attaccava econdannava.L’odierno diffamato può dun-que consolarsi: la diffama-zione a mezzo stampa è se-gno di libertà, ed egli ne è lavivente e concreta testimo-nianza. Questo ovviamentenon significa che l’indice didiffamazione sia progressi-vo. Se è vero che una stam-pa libera può diffamare, nonè altrettanto vero che tantopiù diffami, tanto più sia libe-ra. E ciò ci conduce ai limitidella libertà di stampa, ai ri-medi contro la diffamazionee alla difesa dell’ingiusta-mente diffamato.Se la diffamazione è lo scri-vere ciò che è falso e ciò cheoffende, il diffamato deve po-ter ristabilire la verità, lavarel’offesa e, ciò fatto, sentirsiappagato.Complessi studi sociologici

e psicologici dimostrano chela miglior sanzione contro ladiffamazione a mezzo stam-pa è la controdiffamazione.Essa dà profonda soddisfa-zione al diffamato, appagan-do i suoi più bassi istinti divendetta. Se, in ipotesi, il di-rettore di un importante quo-tidiano come il Corriere del-la Sera dovesse mai diffa-mare il direttore di un altret-tanto importante quotidianocome Repubblica, quest’ulti-mo, allora, dovrebbe avere ildiritto e il potere di controdif-famare, sulle colonne delsuo giornale, il diffamante.La controdiffamazione, seb-bene indubitabilmente stra-ordinariamente efficace, haun piccolo difetto. Per poter-la esercitare, occorre esseredirettore di un giornale.Accusata e inficiata di inco-stituzionalità in quanto co-struita in violazione del prin-cipio di eguaglianza, la con-trodiffamazione è stata pre-sto abbandonata per un si-stema basato sul controllogiudiziale.L’arte del diffamare resta co-sì in mano a giornalisti e

Sabrina Peron La diffamazione tramite mass-media

di Vincenzo Franceschelli([email protected])

commentatori televisivi. Mala misura e i rimedi della dif-famazione sono finiti in ma-no dei giuristi. Avvocati la in-dividuano e la illustrano nel-le aule di giustizia, avvocatila smontano, magistrati lamisurano e la giudicano. Inun mare di opinioni e di sen-tenze è difficile orientarsi.Provvede Sabrina Peron,con un volume che studiaquello che è definito «il dirit-to negativo della libertà».Ché, infatti, la diffamazioneè la figlia degenere del dirittodi cronaca e del diritto di cri-tica. Certo, il giornalista, co-me spiega Sabrina Peron,attraverso accurate modalitàdi presentazione della noti-zia, e nel rispetto del dirittoalla riservatezza, non do-vrebbe diffamare. Ma, comesi sa, spesso il confine tracronaca e diffamazione è la-bile, e può essere, d’impeto,superato. Ne va, in tal modo,di mezzo anche il direttoreresponsabile, che così final-mente giustifica pienamenteil suo titolo e la sua qualifica.E non è solo questione dicarta stampata. Ormai,ahimè, si può diffamare conradio e televisione. E poichéviviamo in piena rivoluzioneinformatica, la diffamazione

può diffondersi tramite inter-net.Che può fare, dunque, il dif-famato? Certo v’è il diritto direttifica. Ma se si dà retta al-la saggezza di chi affermache la rettifica è una notizia(diffamante) data due volte,meglio ricorrere, come illu-stra il volume, al risarcimen-to del danno.La diffamazione tramitemass-media di Sabrina Pe-ron si avvia a essere, dun-que, un manuale di succes-so. Strumento indispensabileper il maligno che si appre-sta a diffamare, perché leg-gendolo dalla prima all’ulti-ma pagina impara come far-lo subendo il minor danno.Ma, se letto al contrario, es-so è prezioso strumento didifesa per il diffamato, che iviapprende l’arte della difesapersonale e del contrattacco.

Sabrina Peron,La diffamazione tramite

mass-media,CEDAM, Padova,

pagine 472, euro 55,00.(Questo articolo,

con il titolo La strategia del diffamato,

è stato pubblicato nell’edizione

del 10 dicembre 2006 de Il Sole 24 Ore”).

È un giornalista (ClaudioBottagisi), il viaggiatore, il tu-rista, il pellegrino che, con untaccuino, una macchina foto-grafica, una videocamera, stacercando con questo diario diviaggio, e magari ci riesce, ditrasmettervi emozioni, imma-gini, storie di luoghi così di-stanti fra loro. Il diario vi rac-conta della fierezza e della di-gnità del popolo che abital’immensa terra argentina,delle disastrose guerre inter-ne, dei colpi di stato e delledittature che hanno laceratoquesto paese negli ultimisessant’anni. Il diario vi rac-conta dei rancori, degli odi,dei muri, dei pianti, delle spe-ranze radicate nella piccolacristiana terra santa dentro iconfini dello Stato di Israele.Terra di contrasti l’immensaArgentina. Sullo sfondo deigenocidi antichi e della resi-stenza ai dominatori spagnolisi mostra l’imponenza del nu-mero di pellegrini che ognianno da ogni parte raggiun-gono la basilica di NostraSignora di Lujan patronadell’Argentina. Terra di con-trasti il piccolo Israele. La ter-ra santa oggi è la terra dell’o-dio fra ebrei e palestinesi, do-ve i cristiani sono il 2% della

popolazione e spariranno neiprossimi decenni. Immagini?Tante. Le Cataratas: immen-se cascate sul fiume Iguazunella foresta tropicale traBrasile e Argentina. Lunga 7chilometri alta 200 metri, 18turbine in funzione, sostieneun lago di 1350 km quadrati,29mila milioni di metri cubi diacqua: è la diga Itaipù. E poiforeste, fiumi, cascate, bo-schi, laghi, città modernissi-me, tramonti, gli spazi sconfi-nati dell’Argentina. L’assolataCana in Galilea, araba e mu-sulmana, e il miracolo dell’ac-qua che diventa vino. Il con-vento e la basilica sul monteTabor circondato da una zo-na malarica. Il sepolcro vuotoche per tre giorni tenne lespoglie di un morto pronto arisorgere, fondamento di unareligione bimillenaria. Il museodell’Olocausto, il ricordo dellevittime della Shoah, lo YadVashem, dove la memoria di-venta progetto di un mondosenza barbarie. Inusuale. Daleggere e da vedere.

Claudio Bottagisi,Argentina e Israele.

Diario di viaggio,Edizioni Monte S. Martino,

Leccosettembre 2006,

Cattaneo Paolo GraficheOggiono, pagine 160,

euro 22,00

Claudio BottagisiArgentina e Israele.Diario di viaggio

di Alberto Roccatano di Alberto Roccatano di Alberto Roccatano

L’uomo è imprigionato in unacaverna e mostra la schienaalla luce esterna. Egli non haaltro modo, per conoscere larealtà che scorre all’esterno,se non osservandone le om-bre e i riflessi proiettati sul fon-do della caverna. È Platoneche lo dice nel Timeo. Un lun-go corridoio sotterraneo:ad unestremo una fonte di luce, al-l’altro estremo un modello didue metri di una proteina, lapoliglicina. I due uomini chestanno segnando i contornidell’ombra su un foglio distesosulla parete retrostante il mo-dello, sono il fisico FrancisCrick, e il biologo AlexanderRich.Scorre l’anno 1955. I sot-terranei sono quelli del palaz-zo principale del Cavendishnell’università di Cambridge, inInghilterra. A Cavendish stanascendo e si sta affermandola biologia molecolare, unascienza di confine fra la chimi-ca, la fisica e la biologia. I dueanalizzatori di ombre fannoparte di un gruppo di ricercato-ri da premio nobel.È il gruppoche fa capo a un biochimico ecristallografo: Max FerdinandPerutz, una vita dedicata allaricerca, premio Nobel per lachimica nel1962 con JohnKendrew. Bisognava scoprire

la struttura delle proteine e,per studiarle, occorreva cristal-lizzarne le molecole in labora-torio. Perutz passò decenni afotografare con i raggi X le mo-lecole cristallizzate di emoglo-bina. Oggi si sta costruendoun microscopio superpotentein grado di vedere e fotografa-re atomi e oggetti microscopicimentre si muovono;ma allora imezzi erano praticamente arti-gianali. I primi computer per icalcoli, un groviglio di fili, di tubie di valvole, occupavano duepiani del laboratorio. La nasci-ta della biologia molecolareraccontata attraverso la storiadi Max Perutz. Un frughio -simpaticamente femminile -fra le carte di Perutz e dei suoicolleghi di avventura. Un libroche racconta come l’infinita-mente piccolo diventa osser-vabile attraverso un gioco di ri-flessi. Giusto una neurobiolo-ga e giornalista poteva scriver-lo. E chissà se Marta Paterlinisi è sentita sfiorare dal mitoplatonico della caverna men-tre scriveva:“... la natura che sinasconde a tutti i costi”.

Marta Paterlini,Piccole visioni.

La grande storia di una molecola,Codice Edizioni,

Torino maggio 2006,pagine 264,euro 19,00

Marta PaterliniPiccole visioni. La grandestoria di una molecola

Sono gli adulti che si preoc-cupano del futuro e che cer-cano di immaginarlo attra-verso i comportamenti gio-vanili. Ma se le nuove gene-razioni vivono in una sorta dipresente assoluto e chiama-no il futuro “sogno”, a causadi una precarietà ed incer-tezza, anche esistenziale,espansa dal processo di glo-balizzazione in atto, che fu-turo prefigura questo rappor-to sulla città di Milano. È ilproblema migratorio che fada sfondo generale a questorapporto. Infatti Milano, unacittà complessa in cui accan-to a nicchie di benessereeconomico convivono sac-che di disagio sociale, è unacittà dove cresce il numerodei giovani stranieri e dimi-nuisce quello dei giovani ita-liani. Ci aspetta una convi-venza obbligata fra cultureed etnie diverse, mentre igiovani, italiani e no, dovran-no fare i conti con l’incertez-za del lavoro. È la precarietàla base delle maggiori op-portunità di lavoro offerto aigiovani. Il mondo del lavorogiovanile è come un campoda gioco (senza arbitro) checontinua a cambiare. I giova-ni sono costretti ai suoi bordipronti ad entrare, senza nes-

Eugenio Zucchetti (a cura di)Milano 2006.Rapporto sulla città

sun allenatore-sindacatoche indichi i tempi, consape-voli che sarà una esperienzasolitaria. Un campo da giocodove la rendita di posizionenon esisterà più, perché laformazione culturale e pro-fessionale si annuncia ormaicontinua e permanente, sesi vuole evitare la margina-lità culturale e tecnologica equindi la perdita del lavoro.Eppure è una città dove sipossono trovare giovani, an-che se in difficoltà e senzacertezze, che non rifiutanodi impegnarsi nel sociale at-traverso il volontariato. Sonole famiglie “di riferimento”che tendono invece a diveni-re eterotopiche rispetto allasocietà: uno spazio altro(non definito dalle mura do-mestiche) protetto dalle intru-sioni della vita esterna, vissu-ta come nemica e da cui in-vece occorre proteggersi eproteggere i figli. Inatteso co-me scenario futuro.

Eugenio Zucchetti (a cura di),

Milano 2006.Rapporto sulla città,

presentazione di MarcoGarzonio,

FondazioneAmbrosianeum,

Editrice Franco AngeliMilano 2006pagine 220

Nata come tesi di dottorato inteologia, la pubblicazione diMassimo Pavanello, risultapiù che mai attuale per com-prendere i meccanismi cheregolano l’attività comunicati-va cattolica. In un mondo as-sediato dai media, la Chiesa,che ha come compito prima-rio la diffusione della paroladel Vangelo, cerca di sfruttarele potenzialità dei mezzi dicomunicazione. Quello deimass media è un tema spes-so trattato nei documenti uffi-ciali: dalla Vigilante Cura chePio XI dedicò nel 1936 al ci-nema, al recente messaggiodi Benedetto XVI, sull’impor-tanza dei media per favorire ildialogo e la pace tra i popoli,in occasione della XL Gior-nata mondiale delle comuni-cazioni sociali. L’autore dimo-stra come gli spunti teoricipresenti negli elaborati eccle-siastici possano trasformarsiin “azione pastorale” descri-vendo le esperienze comuni-cative della Chiesa in luoghi edimensioni differenti: dal con-tinente latino-americano allaFrancia, fino alle più piccolerealtà delle diocesi italiane.Proprio dall’esame di queste

ultime risulta evidente la pre-minenza dell’informazionestampata su quella radio-te-levisiva e l’importanza del lo-calismo nelle notizie riporta-te. I settimanali cattolici sonoun’ottima fucina e scuola pra-tica per i giovani giornalistima, in alcuni casi, non hannoancora raggiunto un’organiz-zazione redazionale stabile emancano di un adeguato ap-porto del marketing, per es-sere a tutti gli effetti parago-nabili a quelli laici. Ma va dasé che un “giornale cattolico”ha finalità che vanno oltre lepure logiche di mercato edell’etica professionale. LaChiesa è, quindi, chiamata aconfrontarsi criticamente coni media odierni, in particolareInternet, non trascurandone ipericoli ma raccogliendonegli impulsi positivi, magari perripensare il linguaggio concui parla ai fedeli e non.

Massimo Pavanello,I media per l’azione

pastorale, prefazione diLuciano Rispoli, Centro

Ambrosiano, Milano 2004,pagine 418, euro 20,00

Massimo PavanelloI media per l’azione pastorale

di Massimiliano Lanzafame

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LIBRERIA DI TABLOID

Periodicamente a Napoliscoppia una faida per il con-trollo del territorio e la ca-morra si guadagna le aper-ture dei telegiornali, ma aldecimo morto consecutivoscompare. Di camorra siscrive poco, nonostante glioltre 2700 morti negli ultimivent’anni.Matteo Scanni e RubenOliva hanno deciso di voler-ci capire di più, sono partitida Milano, armati di teleca-mera e taccuino, e hannoconfezionato un’inchiesta,documentario più libro, chemostra i meccanismi delSistema (termine usato daicamorristi) intorno al qualegirano enormi interessi eco-nomici. Basti pensare che iclan si spartiscono una tortada 28.451 milioni di euro di-visi tra: narcotraffico (16.459milioni), appalti pubblici truc-cati (5.878 milioni), prostitu-zione (587 milioni), usura(4.703 milioni) e traffico diarmi (824 milioni).Il film è un racconto coraleche parte dal basso, da queivicoli dove la gente respiraquotidianamente violenza abase di agguati ed estorsio-ni. Si vedono politici corag-giosi, come il senatore Lo-renzo Diana, combattere lacamorra e vivere sotto scor-ta. Ci sono le testimonianzedei magistrati e dei poliziottiche cercano di ricostruire ipercorsi criminali dei clan.Quelle dei giornalisti localiche, incuranti delle minacce,raccontano di alleanze, diarresti e regolamenti di con-ti. Gli autori ci mostrano ladroga di Scampia e ci spie-gano la faida di Secon-

Matteo Scanni,Ruben H. Oliva‘O Sistema. Un’indagine senza censure sulla camorra

di Massimiliano Lanzafame

digliano, tra il clan Di Lauroe gli scissionisti, che ha la-sciato sul campo 47 vittime.Un capitolo a parte è per lasaga della famiglia Giulianoche per quasi mezzo secoloha fatto di Forcella il cuore il-legale della città. Poi le ri-prese si spostano fuoriNapoli, a Casal di Principe,feudo del clan dei casalesi,gli unici esponenti camorri-stici che, come i corleonesiin Sicilia, sono espressionedi una mafia locale e conta-dina. I casalesi controllanola prostituzione di Castel-volturno e hanno il monopo-lio del traffico illegale dei ri-fiuti, che negli ultimi cinqueanni ha fruttato 20.000 mi-liardi di vecchie lire. Intantol’inquinamento distrugge ilterritorio e sempre più per-sone si ammalano di tumo-re.È un quadro desolante conuna camorra che, noncu-rante degli arresti e penti-menti, continua a reclutarenuovi affiliati. “Il Sistema -spiega il sostituto procurato-re Giuseppe Narducci -quando individua il giovane,se lo coltiva, si fa carico delsuo nucleo d’origine, dellamadre, del padre, dei fratel-li, eventualmente della mo-glie e dei figli, si occupa del-le spese legali in caso di de-tenzione, procura buoni av-vocati. Il Sistema segue l’af-filiato nei momenti più im-portanti della sua vita: matri-monio, impegni di spesa perl’auto, l’affitto.Tutto”.

M. Scanni, R. H. Oliva,‘O Sistema, Rizzoli, 2006,

pagine 115, euro 19,50

Bisogna fare il possibile perfermare il numero impressio-nante d’incidenti sulle stradedel Belpaese.La regola prima è far prevale-re il senso civico degli auto-mobilisti che non rispettanole regole mettendo in pericolose stessi e gli altri.Le vittime della strada sono laprima causa di morte in Italia.Le stragi del sabato seracoinvolgono soprattutto i gio-vani e i giovanissimi. È un’in-chiesta sul dolore di coloro iquali rimangono impotenti ri-spetto alla vulnerabilità dellavita. I fatti si svolgonoall’Ospedale civile di Brescia,situato in una zona ad altissi-ma mortalità per incidentistradali.Durante i lavori di ristruttura-zione e di ripulitura dei muriall’interno del nosocomio,Angela Ferrari scopre scrittedi speranza e di disperazionedei familiari e degli amici dellevittime. Alberto Re prima cheintervenga l’imbianchino, fo-tografa i graffiti destinati allacancellazione. Il libro è un re-portage sulla decifrazionedelle parole, scritte sui muridelle sale d’attesa del prontosoccorso, delle scale e delleanticamere dei vari repartidell’ospedale.Lo scopo è sensibilizzare lepersone sui problemi della si-curezza stradale.Descrizione dei volti intubatinelle sale di rianimazioni co-me monito alla prudenza. “Ègià il quinto giorno che dormi;mi sembra che potrebbe ba-stare, non credi? Apri gli oc-chi e torna con noi!” è uno deitanti messaggi struggenti.“Ma lasciate che a voi non la

sveli, castissime stelle” (Sha-kespeare).Gli autori commentano lescritte con citazioni di Rous-seau e Platone, Pessoa eGoethe.I graffiti ricordano le lapidi ro-mane lungo le strade conso-lari. La disperazione nella ri-cerca del recupero di un pas-sato dissolto, cede alla con-solazione del racconto di unavita, delle consuetudini quoti-diane fermate dalla memoriacome l’emblema della descri-zione di un volto caro.Il libro illustrato è corredatoda lettere e pensieri dei fami-liari delle vittime raccolte daicuratori: “La strada deve es-sere luogo di vita, di progres-so, di crescita umana e so-ciale e non di morte” riferisceil genitore di una vittima dellastrada. Grazie alla mobilita-zione delle associazioni edelle istituzioni pubbliche, sicerca di ridurre il danno ed ilnumero d’incidenti con cam-pagne pubbliche diffuse conspot televisivi e messaggipubblicitari.Nel corso dell’anno passato illibro, grazie all’Associazionefamiliari e vittime delle stradeonlus, è stato diffuso nellescuole per sollecitare il sensodi responsabilità tra i ragazzifreschi di patente.Conferenze itineranti hannotentato e tentano di educarealla prudenza ed al rispettodel codice della strada perevitare vite spezzate, comaprofondo e sedie a rotelle.Il libro di segni e disegni, aiu-ta a rispettare il codice dellavita.

Angela G. Ferrari, AlbertoRe, Graffiti dell’anima,

Vannini editrice,pagine 96, euro 13,00

Angela G. Ferrari,Alberto ReGraffiti dell’anima

di Filippo Senatore

Il libro narra le gesta del ber-gamasco Antonio Locatelli,eroe di guerra dell’aviazioneitaliana (decorato con tre me-daglie d’oro). Pilota di straor-dinario talento e coraggio, siricorda per il suo volo suVienna in squadra conD’Annunzio, nel 1918, quan-do sommerse gli austriacicon una pioggia di volantinitricolori. L’anno seguente,s’imbarcò per l’Argentina do-ve, in aereo, fece la traversa-ta del continente superandole Ande. Così, a soli ventitréanni, Locatelli inaugurò unanuova rotta aerea e s’inventòprimo corriere postale dellastoria. Ma l’autore ci mostraanche un’altra faccia dellapersonalità del protagonista,quella artistica, che svariava

dalla poesia al disegno, dallafotografia alla scrittura. Nel1924, edito da Treves, uscì illibro Le ali del prigioniero,scritto per ricordare l’avven-turosa fuga dal campo d’in-ternamento di Sigmundsher-berg “travestito da soldatoaustriaco con documenti fal-si”. Fu un ottimo cronista diguerra e un attento osserva-tore delle realtà in cui s’im-batteva nel suo peregrinareper il mondo, ma seppe darela giusta attenzione alla suacittà dirigendo La Rivista diBergamo. Carlo De Martino,presidente dei giornalisti lom-bardi per circa venticinqueanni, che fu redattore capodella testata ai tempi diLocatelli, lo descriveva così:“Fa il direttore, assegna argo-

Romano F. CattaneoAntonio Locatelli tra eroismo e cultura

di Massimiliano Lanzafame

menti da trattare, escogita te-mi inconsueti, cura le attua-lità [...]. Giornalista pronto atrattare con dimestichezza gliargomenti più disparati, maanche giornalista istintivo sesi tien conto di tutte le serateda lui trascorse al Duse o alNuovo, seduto in platea in-tento a ritrarre con la matitale opposte espressioni deglispettatori e gli atteggiamentidelle ballerine viennesi dellaCompagnia Schwarz, di cuiriferirà sulla Rivista in diciottoschizzi senza testo”.

Romano F. Cattaneo,Antonio Locatelli

tra eroismo e cultura,Ferrari Editrice,Bergamo 2005,

pagine 128, euro 10,00

Immaginate un’isola sper-duta nel Pacifico e otto spie-tati assassini, già condan-nati a morte, rinchiusi in unranch spiati ventiquattr’oresu ventiquattro dalle teleca-mere. Cosa può succede-re? Il più assurdo realityshow mai realizzato, chenon mette in palio solo sol-di, ma il “premio” più impen-sabile per un gioco: la vitaumana. Ogni sabato sera, ilpubblico vota, per deciderechi dev’essere giustiziato indiretta.Si discute spesso sulla deri-va televisiva e sulla cre-scente insofferenza delpubblico telespettatori versoi reality. Lello Gurrado, nelsuo primo romanzo noir,scritto col linguaggio e il pi-

glio del cronista, appassio-na il lettore pensando unatv che si spinge fino al pun-to di non ritorno.L’Esecuzione, è questo ilnome dato alla trasmissio-ne, riesce a incollare da-vanti agli schermi un’interanazione. Nei bar, per stradae sui giornali americani nonsi parla d’altro. Sociologi epsicologi s’interrogano sullepersonalità dei concorrenti.In video scorrono le imma-gini dei detenuti, che rac-contano le loro agghiac-cianti storie e si formano ipartiti pro e contro i vari pro-tagonisti dello show. Ci so-no le prime nomination e leprime esecuzioni, ma di col-po la situazione va fuoricontrollo: i reclusi si ribella-

Lello GurradoNomination

di Massimiliano Lanzafame

no prendendo in ostaggiochi lavora alla realizzazionedella trasmissione. Regista,conduttore, tecnici e produt-tori si ritrovano di colpoconcorrenti del gioco e ri-schiano di morire se “nomi-nati” dal pubblico.La politica non può stare aguardare degli innocentiche rischiano di morire,l’America va incontro a unapericolosa deriva della giu-stizia con ripercussioni disa-strose sull’opinione pubbli-ca. Allora decide di usare laforza, ma l’esito non è scon-tato, l’unica certezza è cheva in onda il reality shock.

Lello Gurrado,Nomination, FanucciEditore, Roma 2006,

pagine 215, euro 14,00

L’innovazione è un proble-ma che riguarda soltanto legrandi aziende? Niente af-fatto. Bisogna superare iluoghi comuni che circon-dano questo concetto. Perprima cosa l’innovazionenon significa soltanto tec-nologia. In secondo luogol’oggetto dell’innovazionenon si limita al prodotto e alprocesso produttivo, macomprende un universo as-sai più vasto. Tanto vastoche anche una piccola bot-tega artigiana, se vuole, fadell’innovazione ogni gior-no. È questo il messaggiocontenuto in un agile volu-me che ogni piccolo im-prenditore o aspirante taledovrebbe leggere e medita-re. Lo ha scritto RaffaelloVignali, presidente dellaCompagnia delle opere,l’associazione di piccole emedie imprese di ispirazio-ne cattolica che vanta ben34 mila aderenti. Sociologo,43 anni, Vignali ha direttol’Irer (Istituto regionale di ri-cerca della Lombardia) einsegna Management dellaricerca pubblica e dell’altaformazione presso ilPolitecnico di Milano: èuno, insomma, che ha ma-turato l’esperienza neces-saria per intervenire suquesto delicato tema.Il libro è uscito alla vigiliadel workshop organizzato aMilano (fine novembre2006) dalla Compagniadelle opere, che ha richia-mato nei padiglioni dellaFiera a Rho-Pero oltre millepiccole e medie imprese. Eproprio da questa manife-stazione sono arrivate le

conferme delle tesi soste-nute da Vignali. Tra gliespositori erano presentiimprenditori di ogni età eoperanti nei più diversi set-tori merceologici. Sonoemerse storie di successo,raccontate dai protagonisti,che potrebbero tranquilla-mente trovare posto in unaraccolta dedicata a chi haun’idea imprenditoriale evuole verificarne le possibi-lità di realizzazione. Storie,inoltre, tutte costruite pro-prio intorno a un’idea inno-vativa.Ma ritorniamo al libro diVignali. Il tema dell’innova-zione è affrontato a 360gradi, attraverso una ricer-ca accurata, ricca di esem-pi e di case history. Ma so-prattutto indica il percorsoda seguire, in un’ottica cheha colto molto beneAdriano De Maio, rettoredel Politecnico di Milano,nella postfazione: quelladell’ “assoluta centralitàdell’uomo”. Perché, sonosempre sue parole, “il verocapitale di un’impresa è da-to dalle persone che vi la-vorano, innanzitutto, e dallarete di persone esterne concui si hanno rapporti”. Daqui la tesi centrale del libro,richiamata anche nelleconclusioni: l’innovazione,così come la creatività, “èuna dimensione propria delcapitale umano, non delleorganizzazioni”.

Raffaello VignaliEppur si muove.

Innovazione e piccola impresa,

Guerini & Associati-Fondazione per la

Sussidiarietà,pagine 186, euro 15,00

Raffaello VignaliEppur si muove. Innovazionee piccola impresa

di Giacomo Ferrari

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LIBRERIA DI TABLOID

Un’insolita pagina pubblici-taria è apparsa in rete e neiquotidiani all’inizio anno.L’oggetto, reclamizzato dalGoverno, è la nostra Costi-tuzione, prossima ai ses-sant’anni: traguardo pernulla scontato qualche me-se fa.L’headline reca memoriadello scampato pericolo av-visando gli italiani che laCostituzione c’è, è dapper-tutto, anche se non si vede.Un pizzico d’enfasi nonguasta, anzi fa bene.Purché non ci sfugga che lasopravvivenza della Cartadel ‘47, garantita dal refe-rendum, può equivalere auna morte di fatto.Un saggio, tra i numerosiscritti in suo soccorso - Vitae morte di una Costi-tuzione. Una storia italiana -continua a ricordarcelo.“Il risultato delle urne - riba-disce l’autore, il giurista Mi-chele Ainis - non annulla glieffetti di una delegittimazio-ne di lungo corso, con cuitocca fare i conti”. Come di-re che la partita è ancorada giocare. Perché la Cos-tituzione - voluta e snob-bata, massacrata e salvatain extremis - chiede ancoradi essere applicata: è la ri-voluzione vagheggiata inchiusura del libro. Con buo-na pace del pessimismoesibito nel titolo, contrad-detto del resto dalla difesapuntigliosa della Carta, cuil’autore non riconosce altrodifetto che i suoi indiscutibilipregi. E ci costa ammettereche la storia della sua man-cata attuazione, che è lastoria del nostro fallimentopolitico e civile, restituiscedegli italiani ipocriti, medio-cri pure nella parte delbell’Antonio.La vicenda costituzionale èofferta al lettore come ungiallo, con tanto di vittima,la Costituzione e un colpe-vole principale, il sistemapartitocratico. Che però èattecchito e cresciuto con labenedizione acquiescentedi noi tutti, responsabili inqualche misura.Gli strali dell’autore non ri-sparmiano i padri costi-tuenti - Calamandrei, Scel-

ba - né i giuristi, colpevoli disnobismo e mancata divul-gazione.Il primo dei nove capitoli dicui si compone il saggio, ciporta sulla scena dell’ulti-mo delitto: la baita diLorenzago. È lì che nell’a-gosto del 2003 la nostraCostituzione, già strematada due decenni di incursio-ni maldestre denominateriforme, subisce l’ultimomassacro, in allegria. Se lasbrigano pochi “saggi” inpoche giornate estive.Senza testimoni e nell’indif-ferenza generale, comenella migliore tradizionenoir. Perché lo smantella-mento della Costituzioneha intaccato legalità, giusti-zia e diritti, compreso quel-lo all’informazione, presidiodelle democrazie.Eppure, tre anni dopo, gliitaliani corrono a salvarla,nelle urne, a colpi di no. Inun soprassalto di sana diffi-denza verso l’ultima novitàdi dubbio raccatto e pessi-ma fattura. O forse di no-stalgia, la stessa che per-vade i capitoli centrali del li-bro, dalla nascita della Co-stituzione - travagliata ep-pure partecipata, dai 556costituenti come dai comu-ni cittadini - al felice inter-mezzo degli anni 60 e 70,stagione dei diritti e dellesperanze di attuazione.Deluse, a causa anche deitradimenti, cominciati quan-do la Carta era ancora “infasce”, dei sabotaggi (em-blematico quello delleRegioni) culminati in una si-stematica disapplicazione.La grande trovata delle“grandi riforme” inaugurapoi una storia di tentativifalliti (tre Bicamerali, 687progetti depositati), fruttodel gioco perverso di unapartitocrazia bisognosa dicapri espiatori e disposta,per accreditarsi, a passaresul cadavere della Costi-tuzione.

Michele Ainis,Vita e morte di una

Costituzione.Una storia italiana,

Laterza (Saggi Tascabili)2006,

pagine 170, euro 10,00

Michele Ainis Vita e morte di una Costitu-zione. Una storia italiana

di Rosa Alba Bucceri

“Non riesco più a ricordarecom’è una città in pace”.Sono le parole di un cittadi-no iracheno che sogna dipoter camminare per Nas-siriya senza avere niente datemere. Il rapporto di fratel-lanza e di amicizia sul cam-po consente al giornalista diavere più notizie e di entrarenel doloroso ed intricato gro-viglio che è la guerra. I repor-tage di Egisto Corradi,Goffredo Parise e TizianoTerzani, sono rivelatori didialogo sul campo.Andrea Nicastro con la suatestimonianza dei fatti, Nas-siriya. Bugie tra pace e guer-ra racconta gli avvenimentiaccaduti a Nassiriya spie-gando i differenti ruoli svoltidalla missione italiana dal2003.Il libro comprende un Dvd dalui realizzato con una piccolatelecamera che supporta laveridicità dei fatti raccontati.Egli spiega lo scopo dellamissione americana e diquella italiana.Il parlamento italiano il 14maggio 2003 chiede ai sol-dati di “garantire la sicurezzaessenziale per un aiuto effet-tivo alla popolazione e percontribuire alle attività d’in-tervento, più urgente nel ri-pristino delle infrastrutture edei servizi essenziali”.I carabinieri catapultati aNassirya vivono la dicotomiadi un mandato non chiaro:quello di missione di pace, ri-tenuto tale dagli italiani inpatria e quello reale di ga-rante della sicurezza in virtùdegli accordi internazionali edelle regole d’ingaggio.Quale forza militare non vie-ne dotata dei mezzi idonei diattacco (inquietante il rifiutodi operazione militare daparte di una squadra di avie-ri) e quale missione di pacenon dispone di risorse ne-cessarie ad avviare la rico-struzione.Malgrado ciò, i militari simettono al lavoro principal-mente come forza di pace. Igenerali e i funzionari diven-tano manager avviando la-vori per la ricostruzione discuole, per la riparazione diacquedotti e per far ripartirele centrali elettriche. Il rap-

porto con le autorità locali egli sceicchi corrotti, armaticon una propria milizia, è dif-ficoltoso. La polizia locale èmale equipaggiata, uno sti-pendio da fame e non ri-scuote il rispetto della popo-lazione.I carabinieri addestrano gliagenti ad essere reattivi, pe-na il licenziamento, e impon-gono la loro subordinazionealla magistratura e all’ammi-nistrazione civile.I militari italiani si muovonodiversamente dalle forze an-glo-americane riscuotendosolidarietà da parte della po-polazione.Ciò non basta. La situazioneprecipita e il ruolo della mis-sione è di garantire la sicu-rezza: la strage del 13 no-vembre (White Horse) nellaquale perdono la vita soldatiitaliani e civili iracheni è ilmomento della svolta. Il gio-co cambia e si fa più duro.I militari non parlano più coni giornalisti; sono scoraggiatii contatti (specie dopo laBattaglia dei Ponti in aprile2004). Nicastro spiega comeè andata. Secondo la sua ri-costruzione gli italiani hannocombattuto bene senza ri-schi inutili e senza strafare.Hanno evitato di fare vittime.Le fonti irachene conferma-no la sua versione.La tregua è stata negoziatada Barbara Contini la qualeha mostrato coraggio e dotidiplomatiche.Tuttavia viene proclamata laguerra santa da parte di AwsAl Kafaji (capo delle miliziefondamentaliste, e seguacedi Al Sadr) Nel maggio 2004la tregua salta. La città è inmano ai rivoltosi e vivrà gior-nate di terrore.Alcuni soldati italiani sonoferiti e il lagunare MatteoVanzan morirà per mancan-za di soccorsi.I soldati combattono per tregiorni, completamente isola-ti e senza viveri, e potrannoevacuare la palazzina solograzie all’intervento provvi-denziale degli inglesi.

Andrea NicastroNassiriya. Bugie

tra pace e guerra,Reportage su carta e dvd,

prefazione di Ettore Mopagine 255, euro 18,00

Andrea NicastroNassiriya. Bugie tra pace e guerra

di Filippo Senatore

Nel 1835 Alexandre Dumasviaggiando in Calabria co-glie l’essenza della malavitaorganizzata, compromessocon l’apparato dello Stato. Ilpluri-omicida dell’epoca San-to Coraffe paga alla poliziauna piccola rendita per esse-re lasciato tranquillo.Nel 1902 il vice pretore diOppido conferma le impres-sioni dell’autore del Conte diMontecristo e dei Tre Mo-schettieri: “Detta associazione(ndr la ‘ndrangheta) non avevasoltanto per scopo la mano-messione della proprietà epersone, ma anche l’ammini-strazione della giustizia”.Tra il 1970 e il 1990 si scate-na la stagione della mattanzaper la conquista e il consoli-damento dei blasoni delle‘ndrine calabresi.In questo periodo i delitti ec-cellenti sono pochissimi perevitare interferenze nel nuovopotere feudale.Secondo Cur-zio Maltese “La lotta alla cri-minalità sembra una metafo-ra di Achille e la tartaruga.Per quanto le forze dell’ordi-ne s’impegnino contro le ma-fie, accelerando il passo, arri-vano sempre in ritardo sullarealtà”. Il fenomeno è interna-zionale e si irradia a Milano, aSydney ecc.Il 16 ottobre 2005 FrancescoFortugno, vice presidente delConsiglio regionale viene uc-ciso a Locri, davanti a moltitestimoni con i killer a voltoscoperto. È una domenica incui si svolgono le primariedell’Unione.Michele Cucuzza, giornalista,volto noto della Rai, riprendeil taccuino del vecchio croni-sta per indagare sui fatti diCalabria. Una voce respon-sabile in un momento gravenella vita civile calabrese.Sceglie nel taccuino il titolo diuna canzone de crotoneseRino Gaetano, Ma il cielo èsempre più blu come viaticodi speranza.A differenza del predecesso-re Alexandre Dumas cheaveva come unico rieferentedel potere locale, il baroneMollo di Cosenza, l’autore sireca nei fortilizi del potere lo-cale e della società civile perinterrogare sia testimoni resi-stenti che rassegnati. I cala-

bresi parlano al microfonoaperto del cronista senza in-termediazioni, a volte per luo-ghi comuni e frasi scontate avolte accendendo speranzenuove di riscatto.Colpisce la semplicità e ladeterminatezza del vescovodi Locri Gian Carlo Bre-gantini che diffonde la culturadella legalità e del rifiuto dellasopraffazione. I ragazzi diLocri hanno detto a visoaperto basta con la ’ndran-gheta. Certezza della penaper chi vìola la legge, educa-zione e rispetto delle legginelle scuole e nella societàcivile. È il minimo comunedenominatore per arrivare al-la normalità e partire per unriscatto economico.Uno dei maggiori esperti di,ndrangheta, Enzo Ciconte,focalizza l’aspetto del con-senso di massa. L’attività cri-minale organizzata rappre-senta uno strumento formi-dabile per far soldi e per assi-curarsi una rapida promozio-ne sociale, cui segue il con-seguente potere e prestigio.È un modello in una societànella quale vivono duecento-mila giovani disoccupati. Ilblocco sociale aggregatosi inCalabria con il potere politicosfrutta pesantemente e de-preda le risorse dello Stato.La democrazia sembra di-ventare evanescente e vienevista come un involucro,svuotato di contenuto e dicredibilità. Quello che fa im-pressione in Calabria, rispet-to al resto d’Italia, è che l’ari-stocrazia delle famiglie crimi-nali si tramanda da genera-zioni alla stessa maniera del-le famiglie degli uomini politi-ci. Ricorrono sempre glistessi cognomi come se lafatale frase del principe diSalina cristallizzi una realtàimmutabile.L’omicidio Fortugno ha spez-zato tale visione del mondo?La risposta arriva da Alex-andre Dumas nel suo rac-conto calabrese. “Ma poichébisognerà sempre finire dadove si è cominciato, rico-minciamo e questa volta nes-suna grazia, vi prego”.

Michele Cocuzza,Ma il cielo è sempre

più blu,Editori Riuniti,

pagine 139, euro 18,00

Michele CucuzzaMa il cielo è sempre più blu

di Filippo Senatore

Nell’estate del 1964, al giova-ne tenente dei carabinieriNicolò Bozzo, viene affidato ilcompito di gestire le celle di si-curezza dell’aereoporto mila-nese di Linate. Celle dellequali nessuno conosce l’esi-stenza.Qualche mese dopo, alloscoppio dello “scandalo Sifar”(Servizio informazioni forzearmate), scoprirà che avreb-

be dovuto prendere in custo-dia i cosiddetti “enucleandi” -ovvero gli esponenti politicicomunisti e socialisti - da tra-sferire in Sardegna, nel qua-dro del “Piano Solo”, il colpo diStato progettato dal generaleGiovanni De Lorenzo.Nel 1972, Bozzo viene chia-mato allo Stato maggiore del-la “Pastrengo” e guarda conpoco favore la formazione diun singolare gruppo di potere parallelo onnipresente nellastrategia della tensione e in al-

Michele RuggieroNei secoli fedele allo Stato

di Massimiliano Ancona

tri fatti oscuri che gravano sul-la Repubblica italiana. Neglianni di piombo, il generaleCarlo Alberto dalla Chiesa lovuole accanto a sé nei repartispeciali antiterrorismo, di cui èresponsabile per il settore delNord Italia. Presidente delCocer carabinieri, la rappre-sentanza militare dell’Arma,non esiterà a denunciare leconnivenze e le infiltrazionidella loggia P2 di Licio Gelli.Una lealtà verso le istituzioni,quella di Bozzo, che non gliverrà mai perdonata da queisettori dell’Arma e della politi-ca sensibili ai richiami del

“gran maestro venerabile”.Così viene emarginato e rele-gato in una posizione periferi-ca. Riesce ancora ad avereun ruolo di protagonista nel-l’indagine sul presidente dellaRegione Liguria, AlbertoTeardo, ovvero l’avvio - remo-to e quasi dimenticato - dell’in-chiesta “Mani pulite”, e nelleindagini sulle bombe diSavona nel 1974-75.La sua carriera riprende soltanto allafine degli anni Ottanta, dopouna serie di denunce perso-nali e pubbliche, con un cre-scendo che lo porta ai vertici dell’Arma in Lombardia.

Tutto questo è Nei secoli fede-le allo Stato.L’arma, i piduisti, igolpisti, i brigatisti, le copertu-re eccellenti, gli anni di piom-bo nel racconto del generaleNicolò Bozzo scritto insieme aMichele Ruggiero per FratelliFrilli editori.Ruggiero è un giornalista pro-fessionista che vive e lavora aTorino e in quest’opera com-pleta e avvincente descrive,nella forma di un’ampia inter-vista-autobiografia, i 42 annidi servizio nell’Arma del gene-rale Nicolò Bozzo: una carrie-ra intensa e mai lineare in cui,per caso o per volontà perso-

nale, gli è accaduto di incro-ciare episodi e trame signifi-cative della complessa storiaitaliana. «Non ho rimpianti, ri-farei tutto» chiude Bozzo, chea 72 anni ha ovviamente altrecose a cui pensare.

Michele Ruggiero,Nei secoli fedele allo

Stato. L’arma, i piduisti,i golpisti, i brigatisti,

le coperture eccellenti, glianni di piombo

nel racconto del generaleNicolò Bozzo,

Fratelli Frilli Editori,pagine 316, euro 15,00

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LIBRERIA DI TABLOID

La libertà di informazionerappresenta il nucleo vitaledelle libertà civili ed il pre-supposto per l’esercizio diogni altra libertà costituzio-nalmente riconosciuta.Difatti solo una stampa libe-ra, unitamente al diritto ditutti di manifestare il propriopensiero, costituiscono ipresupposti di ogni societàautenticamente democrati-ca. Accanto alla libertà diinformare - ossia il diritto diricercare e diffondere infor-mazioni con ogni mezzo -sta anche il diritto di essereinformati, il che comporta lanecessità di avere una plu-ralità di fonti informative, il li-bero accesso alle medesi-me e l’assenza di ingiustifi-cati ostacoli legali alla circo-lazione di notizie e idee.Il volume di Giuseppe Cora-saniti, destinato non solo achi si avvia alla professionegiornalistica, ma anche atutti coloro che sono inte-ressati ad approfondirne imolteplici aspetti giuridici,affronta, in maniera chiara,completa ed accurata, leproblematiche connesse al-l’esercizio della professionegiornalistica. Il manuale siapre con un’analisi della di-sciplina dell’ordinamentoprofessionale dei giornalisti(funzionamento e poteridell’Ordine dei giornalisti,praticantato e accesso allaprofessione, lavoro e previ-denza etc.), per poi appro-fondire i vari aspetti deonto-logici: rispetto della perso-nalità altrui; rispetto dellaverità; dovere di lealtà ebuona fede; dovere di rettifi-ca; rispetto del segreto pro-fessionale. Con riferimentoalla deontologia, non man-ca l’imprescindibile disami-na delle varie Carte, quali laCarta dei doveri del giorna-lista e la Carta di Treviso,del Codice deontologicoadottato in materia di prote-zione dei dati personali edel Ccnl giornalisti (all’inter-no del quale particolare at-tenzione è dedicata ai pote-ri del direttore, alla clausoladi coscienza ed ai diritti sin-dacali).

Il manuale si chiude con unlungo capitolo dedicato allaregolamentazione dell’atti-vità informativa. In riferi-mento alla quale, vengonoanzitutto in rilievo le normepenali concernenti il reatodi diffamazione (con le rela-tive scriminanti elaborate insede giurisprudenziale diverità, interesse pubblico econtinenza) e la responsa-bilità del direttore, nonchéquelle relative i reati di ag-giotaggio (che si realizzaquando, a mezzo di notizie,false, esagerate e tenden-ziose, si cagiona una varia-zione fraudolenta dei prez-zi) e di insider trading (ossiala diffusione di notizie riser-vate al fine di speculare inBorsa su titoli societari),che interessano soprattuttoil delicatissimo ambito delgiornalismo economico e fi-nanziario. E proprio per pre-venire il fenomeno dell’insi-der trading ed affrontare ilproblema del conflitto d’in-teressi, il Consiglio nazio-nale dell’Ordine dei giorna-listi, ha approvato, nel feb-braio 2005, la nuova Cartadei doveri per i giornalistidell’informazione economi-ca e finanziaria, anch’essaanaliticamente esaminatanel volume di Corasaniti.Se dunque non vi è verademocrazia senza libertà diinformazione, legalità e ga-ranzie sono, e rimangono, ivalori fondamentali e quali-ficanti della professionegiornalistica, che, come ri-corda l’Autore nella suapremessa, mantiene il suosenso proprio perché traenegli altri la propria legitti-mazione. Il manuale Dirittoe deontologia dell’informa-zione, in definitiva si propo-ne quale strumento per nonconfondere l’informazioneconsapevole con il pregiudi-zio urlato, spesso in assen-za di confronto con l’altro, ocon l’annullamento spetta-colare dell’avversario.

Giuseppe Corasaniti,Diritto e deontologia

dell’informazione,CEDAM, 2006,

pagine 347, euro 30,00

Giuseppe CorasanitiDiritto e deontologia dell’informazione

di Sabrina Peron

Il volume Privacy e Giorna-lismo. Diritto di cronaca e di-ritti dei cittadini, a cura diMauro Paissan (membro del-l'autorità Garante per la pro-tezione dei dati personali),edito dal Garante per la pro-tezione dei dati personali, in-nova la precedente edizionedel 2003 (già da tempo esau-rita), con la pubblicazione dinuovi provvedimenti e di nuo-vi materiali di documentazio-ne.Il libro si divide in quattro par-ti: la prima parte è dedicata alcodice deontologico, da Pais-san qualificato fonte secon-daria, sia pure atipica, dell’or-dinamento; la seconda, dal ti-tolo Temi, contiene un bilan-cio sull’applicazione delle re-gole della Carta di Treviso a15 anni dalla sua adozione,nonché la pubblicazione deiquesiti che l’Ordine nazionaledei giornalisti ha posto alGarante con riferimento adalcune questioni particolar-mente scottanti (pubblicazio-ne di immagini, ivi compresequelle di minori, la pubblica-zione dei nomi di personecoinvolte in fatti di cronaca,etc.), con i chiarimenti fornitidal Garante sulla base delledecisioni rese e delle più re-centi novità normative; la ter-za parte, consiste in una rac-colta delle decisioni più signi-ficative rese dal Garante, ne-gli anni 1997-2006 (rispettoalla prima edizione sono statipubblicate le decisioni più re-centi, mentre altre più risalen-ti sono state tolte); infine nel-l’ultima parte vengono allega-ti documenti normativi in ma-teria di privacy.Premesso che in tema di pri-vacy non esiste una ricettavalida sempre e comunque, èil giornalista a dover decide-re, spesso sotto la pressionedell’urgenza, in base alla nor-me al Codice deontologicoed alla propria etica, tra le de-cisioni più recenti, di partico-lare interesse sono quelle re-lative al diritto all’oblio. Adesempio, il Garante ha ritenu-to che la pubblicazione di arti-coli giornalistici contenenti gliestremi identificativi di unavittima di un reato, la reiterata

pubblicazione della sua im-magine, della sua residenzae la descrizione di particolarisul suo stato di salute, speciein articoli pubblicati a notevo-le distanza di tempo dal fattosia lesivo della normativa inmateria di privacy. Parimentisono state ritenute lesive leimmagini trasmesse a di-stanza di tempo da un’emit-tente televisiva ritraenti, nel-l’ambito di un processo pena-le di grande interesse, unapersona presente tra il pub-blico, estranea al processo epoi collegata alla vicenda pe-nale solo in virtù della sua re-lazione sentimentale con unodegli imputati. In questa fatti-specie il Garante ha ritenutoche la riproposizione di unacosì delicata vicenda giudi-ziaria e personale abbia lesoil diritto della persona a vederrispettata la propria rinnovatadimensione sociale e affetti-va così come si è venuta defi-nendo successivamente allavicenda stessa,anche in rela-zione al proprio diritto all’i-dentità personale.Numerose sono anche le de-cisioni del Garante relative aiminori, tese a salvaguardar-ne lo sviluppo dai rischi chela spettacolarizzazione dellevicende che li vedono coin-volti possano comprometterel’ordinato sviluppo del loroprocesso di maturazione. Inogni caso il Garante ha riba-dito la prevalenza del dirittodel minore alla riservatezzarispetto all’esercizio del dirittodi cronaca, con la conse-guenza che è precluso algiornalista la facoltà di diffon-dere dati idonei ad identificar-lo anche solo indirettamente.Attenzione, il libro non è ac-quistabile in libreria ma biso-gna, chiederne copia diretta-mente agli uffici del Garante(Garante protezione dati per-sonali - URP - piazza MonteCitorio, n. 121, 00186 Roma)allegando 5,00 euro in fran-cobolli quale contributo spe-se.

Mauro Paissan,Privacy e Giornalismo,

Ed. Il Grarante per la protezione dei dati

personali,seconda edizione aggiornata, 2006,

pagine 357

Mauro Paissan Privacy e Giornalismo

di Sabrina Peron

A dispetto della copertina, piùconsona a un istant-book diun comico di Zelig, Parolaccedi Vito Tartamella, caporedat-tore di Focus, è un saggio sullinguaggio ad alta profonditàdi campo.Si tratta infatti di unaaccurata ricerca, che spaziadalla storia del turpiloquio allasua funzione, non trascuran-do aspetti più strettamentescientifici come il potere chetrasfondono le mala verba inchi ne fa uso e, conseguente-mente, l’energia che scatena-no quei tabù infranti. Ma an-che gli effetti che il parlaresenza censure può avere sulnostro corpo, fisicamente, epersino sull’identità personale.Il tutto condito da una statisti-ca sul mondo delle parolacce:quante se ne dicono a voce,su Internet, quando si fa ses-so (o se ne parla), quante nepronunciano i bambini, gli an-ziani, e dove: in auto, al lavoro,alla tv e al cinema. Insomma,un’analisi a 360 gradi di un fe-nomeno, il turpiloquio, oggideprivato di connotazioni proi-bite e alla portata, o meglio al-l’orecchio, di tutti (volenti o no-lenti). Un fenomeno che inve-ste anche l’informazione (inte-sa in senso lato) meno quellacartacea, molto di più quellatelevisiva. Partendo dal pre-supposto che le parolaccepossono anche cambiare lastoria, da quando Gesù fu giu-stiziato con l’accusa d’averbestemmiato fino a UmbertoBossi condannato a sedicimesi per aver detto che usavail tricolore “per pulirsi il culo”,Tartamella ci spiega inizial-mente il significato delle paro-lacce, alternando la parte sag-gistica ad aneddotti semprecuriosi: quando ci racconta lebestemmie in quanto attaccovolontario alla divinità con tut-te le implicazioni psicoanaliti-che del caso, rende più appe-tibile il tutto ricordando come ilgiovane Mussolini fosse unbestemmiatore “da competi-zione”, nonostante dopo il1929, leggi Concordato, siastato proprio il fascismo a in-trodurre il reato di bestemmia.La parolaccia è poi esaminataanche nelle sue diverse e nu-merosissime versioni regiona-

li. Ed estere. L’area del libropiù affascinante, almeno a pa-rere di chi scrive, è quella de-dicata alla parolaccia nella let-teratura: dalla saga diGilgamesh (2000 a.C.) fino adAldo Busi, “ultimo innovatorenel turpiloquio in letteratura”,passando per la Bibbia (peresempio con gli insulti scato-logici di Malachia e le minac-ce di “smerdare” i sacerdoti in-fedeli), agli Egizi (con gli insul-tanti geroglifici del III millenniodove parole come “culo, vul-va, merdoso o scopatore” so-no all’ordine del giorno),all’India del Mahabharata cheracconta, fra il V secolo a.C. eIII d.C., della “regina fottuta daun cavallo”, ai Greci (fra i primiesempi, l’Archiloco, VII a.C.,dove si scrive: “Il suo cazzo[…] come quello di un asino diPriene / stallone gonfio di ciboeiaculava”), ai Romani(Catullo: “Pensate di avere voisoli le minchie, / a voi soli es-ser lecito, tutte quelle che sonragazze, / fotterle e pensarebecchi gli altri?”, giusto per ri-cordare un passo del CarmeXXXVII).E poi avanti fino al di-vino Dante, a Geoffrey Chau-cer, a Leonardo da Vinci (“[…]io, solo a metter dentro el caz-zo, ebbi a pagar 10 ducati d’o-ro […]”, Scritti letterari). E ainostri giorni, passando perCarlo Porta, Giacchino Belli,Guillame Apollinaire, JamesJoyce e persino Cesare Pave-se, solo per citare alcuni fra itanti scrittori che mai si pense-rebbe abbiano fatto uso di tur-piloquio. Certo, oggi nessunofinirebbe sul patibolo per averdiffamato il papa in una poe-sia, come capitò nel XVI seco-lo a Nicolò Franco, autore deLa Priapea, o a Ferrante Pal-lavicino, autore de La rettoricadelle puttane, ma le parolacce- come scrive Tartamella -“fanno ancora paura”. Perchéce lo racconta l’Autore che cirivela anche una straordinariascoperta scientifica: “Nel no-stro cervello c’è un apparatospecializzato nel produrre earchiviare le parolacce.E que-sto apparato può sopravvive-re a traumi e malattie”.Insomma, “possiamo perderela parola ma non le parolacce”.

Vito Tartamella,Parolacce,Bur,

pagine 378,euro 9,50

Vito TartamellaParolacce

di Michele Giordano

Dopo la guerra in Iraq, l’inter-nazionale del terrorismo si èspostata in Europa, dove so-no nati ambienti che prepara-no e compiono attentati. AlQaeda e Ansar al-Islam sonoattivi in Italia, come “parte inte-grante di progetti di attentati inEuropa” e con precisi “pianiper colpire anche nel nostroPaese. L’Italia da retrovia è di-ventato terreno di jihad”.Molto decisivo è il reclutamen-to di terroristi non solo fra gliimmigrati di religione musul-

mana, ma anche fra i conver-titi europei. Stefano Dam-bruoso, oggi esperto giuridicopresso la Rappresentanzapermanente italiana alle Na-zioni Unite di Vienna, è statoper otto anni sostituto procu-ratore della Repubblica aMilano, dove si è occupatod’inchieste sul terrorismo isla-mico. Guido Olimpio, corri-spondente del Corriere dellaSera, segue da anni le attivitàdi terrorismo in Italia e all’este-ro. Dalla loro collaborazione ènato Milano Bagdad. Il libropresenta Milano come “unabase avanzata del radicali-

Stefano Dambruoso con Guido OlimpioMilano Bagdad

di Filippo Senatore smo islamico, una rete di sup-porto logistico al terrorismo diAl Qaeda trasformatasi in unapparato operativo in grado dicompiere attentati”.L’Italia, perla sua posizione geografica egeo-politica, occupa in questoquadro una posizione tanto ri-levante quanto pericolosa.L’opera dà conto di una seriedi inchieste compiute dal giu-dice Dambruoso, legati a unamatrice ideologica comune.La prima indagine sgomina,nel marzo 2003, un’ampia re-te terroristica internazionalelegata alla moschea di vialeJenner a Milano. La seconda

identifica un siciliano converti-to all’islam a torto preso pocosul serio nel 2002 quando la-scia rudimentali e inefficacibombe a gas di fronte alTempio di Minerva nella Valledei Templi, e davanti al carce-re di Agrigento. Egli viene ar-restato quando deposita unabomba nella metropolitana diMilano.Questo pittoresco per-sonaggio non è un membro diAl Qaeda:ma, secondo gli au-tori, dimostra che bin Laden,può ispirare terroristi fai da te,rozzi, ma pericolosi se nonsono individuati prima chepassino all’azione. Nella terzainchiesta gli uomini della poli-zia giudiziaria e della Digos diMilano seguono le tracce diun certo Mohammed, espo-nente di un gruppo somalo le-gato ad Al Qaeda, che

conduce gli investigatori nellenote moschee radicali di vialeJenner e di Cremona. Gli svi-luppi di questa inchiesta porta-no a individuare a Milano nuo-vi contatti fra ambienti lombar-di ed emiliani e il superterrori-sta al Zarqawi. Agli investiga-tori milanesi sfugge nel 1999Abdelkader Es Sayed, forse ilpiù importante terrorista venu-to in Italia per organizzare larete del movimento di Osamabin Laden. “La buona sorte eun certo formalismo della leg-ge italiana” aiutano Es Sayeda fuggire, benché sia mortocombattendo contro le truppealleate in Afghanistan, così sisostiene negli ambienti musul-mani milanesi. Un crogiolo diforze aggreganti si unisce aforze disgreganti. Da una par-te l’esaltazione massima del-

l’individualità rappresentatadall’attentatore suicida.Dall’altra la volontà di riscattodella comune radice islamica.Gli elementi raccolti da Dam-bruoso indicano che nell’Iraqdi Saddam si addestravano iterroristi curdi guidati da alZarqawi. Nelle note finali unpiccolo dizionario di terminolo-gia islamica ed un elenco deigruppi terroristi. Questo libro èil diario di bordo di una procuraimpegnata giorno per giornocontro il terrorismo.

Stefano Dambruoso conGuido Olimpio,

Milano Bagdad.Diario di un magistrato in prima

linea nella lotta al terrorismo islamico in Italia,

Mondadori Editore,2004,pagine 137,euro 15,00

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LIBRERIA DI TABLOID

Certe battute, anche se pas-sano di moda, entrano perònelle cronache della storia. Èil caso della definizione di TVdeficiente, coniata da FrancaCiampi in un’intervista (quan-do il marito era Presidentedella Repubblica) e che fornìlo spunto per l’ennesimo di-battito sulla funzione del ser-vizio pubblico televisivo. Il ter-mine è stato ripreso per il tito-lo del nuovo libro di RobertaGisotti la quale, lavorando al-la Radio Vaticana e collabo-rando alla Rai, ha avuto mo-do di fissare alcune riflessio-ni, contrappuntando cronolo-gicamente gli avvenimenti,più o meno salienti, legati allamagica scatola delle immagi-ni. Di quello che è accaduto edi ciò che è stato detto fra il1993 e il 2005 (ma alcunenotizie e gli organici dirigen-ziali sono aggiornati al 2006),si occupa l’ultimo volume,che si aggiunge ad altri tre sutemi giornalistici, registrandocome un sismografo, ogni va-riazione. E si sa che lo stru-mento è particolarmentesensibile ai terremoti. Il sotto-titolo del volume avverte, conun concetto più politico, chesi racconta la Rai della se-conda Repubblica.Una sintetica e critica analisidella situazione, dell’aziendaconsiderata con termine or-mai abusato, ‘la più grandeazienda culturale del paese’la si legge nella prefazione diGiovanni Valentini secondo ilquale l’assetto strutturale,“non corrisponde e non hamai corrisposto ad alcunapianificazione editoriale,commerciale e pubblicitaria.È il prodotto di una lottizza-

zione politica, cioè di unaspartizione tra i partiti e neipartiti che risale indietro neltempo e ormai appartiene alcodice genetico dell’azienda,al suo Dna”.L’auspicio, quasi un’ipotesiprogrammatica, di Valentini èquesto: “È proprio da questadoppia sudditanza, - alla po-litica e alla pubblicità - che vaaffrancata la Rai per restituir-la alla sua funzione di servi-zio, ammesso che l’abbiamai svolta veramente”.E precisa: “Da una parte unvertice sottratto alla subalter-nità, ai partiti, autonomo indi-pendente, rappresentativodelle competenze e anchedelle categorie sociali.Dall’altra, un finanziamentoche provenga essenzialmen-te dal canone, magari in li-nea con quello delle altre tvpubbliche europee per libe-rare la programmazione dal-l’ipoteca degli ascolti.”È questa idea di base quellache circola da anni ma cheevidentemente, riducendo leentrate perché non si puòpensare ad un aumentospropositato del canone, por-terebbe a diminuire i canali,magari a uno solo. Il che fa-vorirebbe i privati, tutti, nonsolo Mediaset. D’altro cantole innovazioni tecnologiche, icanali satellitari, il digitale,fanno apparire di retroguar-dia, anzi superati alcune ipo-tesi, persino quelle contenutenelle leggi Gasparri prima, eGentiloni poi.Uno dei pregi del volume diRoberta Gisotti è peraltroquello di fornire un utile pano-rama, curato da Ylenia Be-rardi, delle normative in attoin alcuni paesi europei (Re-gno Unito, Francia, Ger-mania, Spagna).

Roberta GisottiDalla Tv dei Professori alla Tv deficiente

di Emilio Pozzi Il racconto si dipana, sullascorta di puntuale documen-tazione giornalistica (alle ri-cerche ha collaborato MariaVittoria Savini), su una vicen-da nella quale si sono avvi-cendati, in viale Mazzini, intredici anni, ben otto Consiglid’amministrazione e undicidirettori generali. La prosa èvivace, talvolta puntuta. Nonsi risparmiano considerazionicritiche. Citiamo, ad esempio,un passo, che ci sembra em-blematico dello spirito del-l’autrice e che fotografa, sen-za complimenti, la situazione.Siamo al 2004:“Il 3 gennaio la Rai compiecinquant’anni dibattendositra pochezza di contenuti te-levisivi, reiterati nelle espres-sioni minimalisti dei Talkshow del mattino, del pome-riggio, e della domenica, oc-cupati da schiere di condut-tori e ospiti dietro i quali si na-scondono cordate di poteriaziendali intrecciati alla politi-ca. Trionfa l’infotainment,sempre meno info e semprepiù tainment, ormai terra diconquista di giornalisti cheinterpretano copioni scritti daautori televisivi.Trionfano an-che qui i quiz show con pre-sentatori pagati milioni di eu-ro per leggere domandescritte da altri, pagati an-ch’essi milioni di euro. E, co-me dimenticarlo si consolidadefinitivamente l’era dei rea-lity che in realtà si dovrebbe-ro chiamarsi fantasy e chiavviliscono concorrenti espettatori. Parente stretto delreality è il cosiddetto people-show, delle finte storie vere overe è storie finte, altro gene-re che negli ultimi anni ha tro-vato la sua consacrazione te-levisiva. E poi ancora la fic-tion della porta accanto, il

meteo a tutte le ore, la pub-blicità invasiva e perversa, itelegiornali urlati e ansiogeni,farciti di cronaca nera chedosano con il contaminuti lebattute dei politici, lontani an-ni luce del paese reale, con-tenitori acritici di amori e tra-dimenti di attori, cantanti,calciatori, calendari sexy egossip modello rotocalco,anche loro in prima linea nel-la gara degli ascolti per trai-nare il pubblico dal program-ma che precede e renderlo aquello che segue. Una Raidove, salvo rare eccezioni,intelligenza e cultura sonoostacoli al successo, meritoe professionalità handicapalla carriera, se non arricchitida oneri politici e dove si sta-bilisce che un programmafunziona o non funziona sullasolo sulla base dei datiAuditel e non importa se siaun concerto di Muti, un re-portage dal Medio Oriente ol’ultima sfilata di ValeriaMarini. In questo immensomare di stupidità sopravvivo-no isole di sapienza confina-te perlopiù a Rai Tre condan-nata non a caso a perdere ifinanziamenti pubblicitari, onelle ore notturne o mattuti-ne di minore ascolto, per nondanneggiare le performancedelle reti e gli obiettivi d’a-scolto che fruttano premi diproduzione ai dirigenti. Nonc’è spazio di azione per chivoglia ribellarsi a questa Rai”.Insomma qualche sassolinodalla scarpa se l’è levato.Certamente, come collabora-trice ha potuto analizzare eriflettere, prima di sfogarsi.

Roberta Gisotti,Dalla Tv dei Professori alla

Tv deficiente,Nutrimenti, Roma 2006,pagine 250, euro 12,00

Il primo gennaio di que-st’anno Fabrizio Cassinelli,tramite il presidente dell’Or-dine Abruzzo, ha lanciatoun appello ai giornalisti ita-liani per perorare una buo-na causa: l’adesione aMediaCare, iniziativa che siprefigge di dare spazio allenotizie positive. Basta, haaffermato il promotore, im-paginare solo violenze, po-lemiche, gossip! Corsi e ri-corsi storici.Mezzo secolo fa Dino Buz-zati, a commento di un pro-getto, commissionatogli dal-l’allora direttore del CorriereMissiroli per dar vita ad unnuovo quotidiano, afferma-va che la prima pagina diquesto giornale avrebbe do-vuto ospitare, principalmen-te, buone notizie, quelle cheil lettore si aspetta sempredi leggere all’inizio della suagiornata.Questa norma fa parte degliappunti contenuti in quindicicartelle che Buzzati, alloracinquantenne, scrisse digetto per proporre unareimpostazione dell’edizio-ne del pomeriggio delCorriere della Sera.Rileggendo oggi questequindici cartelle ci si accor-ge quanto il quotidiano im-maginato da Buzzati fosseanticipatore per quei tempi.L’autore infatti cercava nuo-ve e più logiche soluzioninell’impostazione del suoprogetto dando innanzituttola precedenza all’autono-mia nella selezione dei ser-vizi rispetto al fratello mag-giore (il Corriere ) del qualeavrebbe dovuto però man-tenere la stessa severità di

stile. Ma per quanto riguar-da la scelta degli argomentie dove collocarli auspicavache si contenessero gliscoop da portare in primapagina, la terza pagina, in-tesa come raccolta di vuotacultura, doveva sparire perdare spazio ad inchieste dipiù viva attualità, le notiziepolitiche avrebbero dovutoessere ospitate solo due otre volte la settimana, cosìcome le notizie dall’estero,ridimensionate a beneficiodegli eventi dell’hinterlandmilanese, dello sport, deglispettacoli e così via.Raccomandava una parti-colare attenzione alle sceltegrafiche per i testi delle noti-zie, decretando la fine del-l’impaginazione decorativa,l’introduzione anche in pri-ma pagina di fotografie digrande formato, o di dise-gni, per dare senso veritieroagli argomenti, testi moltocontenuti, unificazione dellostile dei caratteri (solo ba-stone) e abbondanza di ca-poversi e di spazi bianchiper dare aria alla presenta-zione generale della pagi-na. La titolazione, infine, vi-stosa solo quando neces-sario per mettere in eviden-za notizie di avvenimenti digrande rilievo. Per analogiail buonsenso suggerisce dialzare il tono della voce diuna conversazione sola-mente quando si vuole sot-tolineare un concetto di ba-se, per non ritrovarci nellasituazione delle rissose riu-nioni al bar sport, dove leurla di tutti annullano, nellaconfusione generale, lacomprensione delle opinio-ni dei singoli.Lo studio però non fu accet-tato e venne accantonato.

Dino BuzzatiIl giornale segreto

di Vito Soavi

Terrorizzante. È un aggetti-vo, incisivo e forte, che enu-cleo dal saggio introduttivo diCorrado Staiano al volume diMarco Nozza, uscito qualchemese fa, a sette anni dallamorte dell’autore. A questo li-bro, Marco, anche se soffe-rente, aveva lavorato fino agliultimi mesi. Il 15 gennaio1999 aveva consegnato ilmanoscritto all’editore Feltri-nelli.Pochi mesi dopo, consu-mato dal male si era spento.Come spesso capita quellepagine grondanti verità anco-ra da chiarire, erano rimastein qualche cassetto. Eranostate lette, apprezzate, manon erano entrate nel circuitodel ‘si stampi’.Timori? Forse.Preoccupazioni per il numerodelle pagine? Anche. Eppurechi l’aveva avuto tra le maniaveva anticipato un giudizioestremamente positivo.Giustamente avrebbe scrittonella prefazione Corrado Sta-iano: “Un racconto gotico. Unbrandello di storia sangui-nante.Una testimonianza ap-

passionata”. Poi Il pistaroloha imboccato la strada giustae, pressoché integro, è venu-to alla luce.Chiudendo gli occhi si po-trebbe immaginare di ascol-tare Marco Nozza, leggernele pagine agli amici, magariIbio Paolucci, Gianni Flamini,e a qualche altro, riproponen-do episodi e personaggi vis-suti insieme.Avrebbe ricordato, mutuandodal linguaggio dei teatranti,con una riflessione aspra eamara: Eravamo una com-pagnia di giro, una brigata dipronto intervento, abbiamotenuto duro per un decennio,i più testardi anche di più, poiciascuno è tornato nel suobrodo, non siamo mai diven-tati una lobby, nessuno di noiha mai indossato l’eskimo,nessuno di noi ha fatto car-riera, mentre molti di quelliche indossavano l’eskimo,sono diventati direttori, diret-tori editoriali, editorialisti,commentatori con fotina, sa-vonarola televisivi, vignettistibuoni per tutti i giornali e tuttele stagioni, da Lotta continua

Marco NozzaIl pistarolo

di Emilio Pozzi

al Corriere della sera, da Re-pubblica a Cuore, moralistiosannati a destra, a sinistra eal centro, professionisti del-l’antidietrologia, in verità fu-stigatori di tutte le dietrologiedegli altri ed esaltatori di una,la propria.Le troviamo nell’incipit, que-ste confessioni. E via, perquasi quattrocento pagine.Apparentemente uno zibal-done (e qui il vocabolo vuoleriecheggiare Leopardi): in ef-

fetti un racconto, organico neldipanarsi del filo cronologico,trent’anni di fatti, a partire dal-la tragedia di piazza Fontana,ma diviso in capitoli ciascunodei quali rappresenta una vi-cenda talmente complessa ecompleta da costituire, narra-tivamente, l’abbozzo di unastoria a sé: densa di substra-ti, di emozioni, di interrogativiinquietanti: Ustica, piazzaMaggiore, i rapimenti e gli at-tentati delle Br (Casalegno,

Tobagi, Montanelli, Bruno,Bachelet, Passalaqua).Ecco: interrogativi inquietanti.Che ci toccano, nel sommer-so delle memorie vissute, eche si indirizzano verso qual-che personaggio, qualcunoancora vivo, che forse avreb-be una sua verità nascostada disseppellire.Due nomi, non a caso: GiulioAndreotti e Francesco Cos-siga. Generosamente prodi-ghi di comparsate televisive,da meritarsi ex-aequo il titolodi Grandi Puntualizzatori, ci-tati da Nozza rispettivamente46 e 21 volte (sono tra i piùnominati con, citati qui a ca-so, Craxi, Freda, Gelli,Giannettini, Malizia, Moro,Rumor, Tanassi, Valpreda,Ventura, Donat Cattin), han-no suscitato dubbi in moltecircostanze. Nelle pagine diNozza, alcuni dubbi si rinver-discono: e gli interrogativi re-stano, al di là delle sentenze.Il ripercorrere strade già bat-tute non dovrebbe dare sor-prese. Eppure le novità, e glistimoli a riprendere in mano ilfilo di certi discorsi, a indaga-re nelle pause reticenti di al-cuni personaggi, a soffermar-si sulle annotazioni di Nozza,le cronache si arricchisconodi particolari imprevisti, vienvoglia di ricominciare a sca-vare, come aveva ricomincia-to a fare il vecchio (di espe-

rienza) cronista.Ci ha lasciato delle tracce.Qualcuno può e vuole farlo? La passione per la verità eper la giustizia, concetti nonsempre in sincronia e in sin-tonia, l’ha certamente consu-mato, anche se Marco riusci-va a mantenere un invidiabileequilibrio formale di fronte aigrandi eventi e alle piccolemiserie umane (nella profes-sione): gli avevano dato forzagli anni di insegnamento nel-le scuole medie, dopo la lau-rea in filologia romanza allaCattolica di Milano, l’avevaaiutato uno stile di vita, limpi-do e umanamente riservato,ma dolcissimo.Eppure di un certo affanno, diun’impazienza quasi freneti-ca sono impregnate le ultimepagine del libro, scritte nelbuen retiro di Dorga, ricupe-rando i blok notes con gli ap-punti criptici e i faldoni dei ri-tagli puntigliosamente accu-mulati (quando non si amavausare registratori e i primicomputer) Marco Nozza se liportava appresso, riempien-do pesantemente valigie, peravere sempre a portata dimano un prezioso archiviopersonale.“Non amare gli scheletri ( e levittime) non è una buona ra-gione per confondere le stra-gi (e i morti delle stragi). E in-vece a noi ex pistaroli è rima-

Marco Nozza (a destra) con Mauro Rostagno e Pietro Valpreda al primo processo a Catanzaro per la strage di piazza Fontana.

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Marco Nozza a Venezia con Herbert Marcuse.

LIBRERIA DI TABLOID

Fino a quando, nel 1961, ilneocaporedattore del Cor-riere d’Informazione LuigiChiarelli chiese inaspettata-mente a Buzzati di averneuna copia.Forse poteva essere la vol-ta buona, ma ancora l’im-provvisa scomparsa diChiarelli mandò l’elaboratoa dormire fra le sue carte; fi-no a quando, nell’anno2000, proprio durante la ri-voluzione in corso per pre-parare l’edizione fascicolatadella cronaca milanese, il fi-glio di Chiarelli, Paolo, lo ri-trovò e lo portò a Gian Gia-como Schiavi capocronistadel Corriere.“Per cinque anni il rapportoè rimasto in Cronaca in uncassetto, poi il caso ha vo-luto che il capocronista neparlasse in pubblico.Qualcuno ha pensato chepotesse essere uno scoop.Invece è l’ultimo mistero diBuzzati. Un giornale da faree che nessuno farà mai”scrive Schiavi nel suo com-mento di presentazione delvolumetto Dino Buzzati ilgiornale segreto edito dallaFondazione del Corrieredella Sera nella collana “lecarte del Corriere” per ricor-dare il centenario della na-scita del grande giornalista.Recensire questo libro nonè così semplice, anche per-ché, dopo la presentazionedell’opera a cura del presi-dente della FondazionePier Gaetano Marchetti, unapprofondito commento sitrova già nell’apertura del li-bro, scritto appunto dall’au-tore dello scoop.Sono trenta pagine di ricer-che e di riflessioni nellequali Schiavi non nasconde

il suo stupore e la sua am-mirazione per un progettopieno di intuizioni ancoraoggi così attuali.“Un Pomeriggio fra la Nottee il Giorno” titola Schiavi ilsuo commento, e quanto sipoteva riscontrare dalla let-tura delle quindici cartelle,lo ha già detto. Rimangonocosì solo poche briciole dicommento a questo inter-vento per ribadire che an-cora una volta Buzzati ci ri-serva una straordinaria le-zione di buonsenso, nel ri-spetto del buon gusto e del-la buona educazione.Un contentino finale a chi siaspetta, leggendo una re-censione, di conoscerenon solo i lati positivi del la-voro in esame ma anchequelli negativi.Dedico a costoro una sola,piccolissima macchia cheho rilevato da lettore pigno-lo. Il grande attore comicoromano, citato nel commen-to di Schiavi, famoso con-duttore del programma te-levisivo “Il musichiere” sichiamava in realtà Mario, enon Mariolino Riva.Mi auguro che nelle prossi-me ristampe del volumequesto veniale errore vengasistemato.

Dino Buzzati,Il giornale segreto

(collana “ le carte del Corriere”),Fondazione del Corriere

della Sera,2006 tiratura limitata,

pagine 99

“Noi andavam per lo solingopiano / com’om che torna al-la perduta strada, / che ‘nfi-no ad essa li pare ire inva-no.” (Purg. C. I, vv.118/120).In cento anni, dal 1876 al1976, gli emigrati italiani so-no stati almeno ventisettemilioni. Questa è la nostrastoria da riscoprire e rivalu-tare senza enfasi o censurefalsamente patriottiche.È un evento epocale che in-teressa oggi drammatica-mente altri popoli migranti,ma ci tocca da vicino con ilfenomeno in ripresa dall’ini-zio degli anni ’90. Gli italianisono i nuovi emigranti inGermania e in altri paesianche se l’emigrazione dimassa non esiste più, se-condo la studiosa EdithPichler dell’università diBerlino.Un passato non troppo re-moto di persone in cerca diun altrove. Un presente checi mette di fronte lo stranie-ro che si spinge verso le no-stre sponde. Da qui il biso-gno di preservare una me-moria collettiva per rispetta-re i nostri antenati ed allostesso modo, gli immigratiextracomunitari leggendonei loro occhi il medesimosmarrimento familiare di co-loro che hanno abbandona-to la patria fuggendo le ma-lattie e la fame alla ricercadi una dignità nuova.Sogni e fagotti. Immagini,parole e canti degli emi-granti italiani, il volume illu-strato e corredato da un cd,di Maria Rosaria Ostuni eGian Antonio Stella, ha ilvantaggio rispetto ai prece-

denti libri sull’emigrazionedi focalizzare l’immaginarioe di sviluppare anticorpicontro il razzismo.“Le lettere, le parole cheviaggiano per il mondo so-no il filo sottile ma resisten-te che tiene unite le dueparti di una famiglia divisadall’emigrazione”.Chi scrive ricorda ancoranegli anni Sessanta, An-nuzza, un’anziana madreche viveva in un catoio buio,col viso scuro del fumo in-salubre dello scaldino inver-nale, attendere con emozio-ne la lettera del figlio dalCanada, emigrato da più diventi anni senza tornare alpaesello.Quando il postino le conse-gnava quell’involucro conl’emblema postale stranie-ro, la donnina in nero anda-va dalla vicina per farsi leg-gere la lettera. Gliela porta-va chiusa e il primo impattoera la caduta di banconotedi vario taglio, per dimostra-re a se stessa e agli altriche il figliolo aveva raggiun-to il benessere ambito dopoanni di sacrifici. “Cara ma-tre... tuo devotissimo figlioCicero Antonio”. Sento an-cora con emozione la voceperduta della mia nonna,trasmettere alla madreanalfabeta da un altrovefantastico, le emozioni di unemigrato col rimpianto dellalontananza incolmabile.Ostuni e Stella raccontanostorie individuali e collettivescavando negli archivi eraccontando codeste vicen-de di miseria, illusioni esfruttamento.Gli autori assemblano fram-menti d’inchieste, testimo-nianze dirette e documenti

Maria Rosaria Ostuni, Gian Antonio StellaSogni e fagotti

di Filippo Senatore cercando di interpretare, dicapire e di spiegare.La grande emigrazione ita-liana è illustrata attraversouna straordinaria collezionedi fotografie, copertine(dall’Illustrazione Italiana al-la Domenica del Corriere),cartoline, manifesti e vi-gnette.Sono spunti che sollecitanoapprofondimenti e curiositàche il lettore potrà soddisfa-re per i rimandi bibliograficicontinui.La felice suddivisione del li-bro è scandita dal passo at-tento, dato al visitatore di unmuseo che è anche una fi-nestra sul presente. Si sno-da un lungo flash back conuna tecnica filmica e docu-mentarista.La partenza, il viaggio el’arrivo. L’insediamento. Ildramma del mancato ri-scatto. Il razzismo che de-genera in linciaggio ed eca-tombe. Ostuni e Stella de-scrivono la violenza e l’orro-re, subiti dagli emigranti.Dal massacro di NewOrleans nel 1891 all’eccidiod’Aigues Mortes in Camar-gue nel 1893.Tante famiglie hanno attesoil riscatto nelle generazionisuccessive.Pochi i successi immediati.Tante le illusioni di trovare ilnuovo mondo lastricato d’o-ro.I fortunati trasmettono, aiparenti rimasti in Italia, fotoche ostentano benessereed abbondanza.A volte mascherano le am-bientazioni con colpi di tea-tro per millantare ricchezzeed agiatezze.Una piccola minoranza cel’ha fatta. Personaggi noti e

meno noti in pochi anni so-no stati baciati dalla fortunae possono fregiarsi del no-me di zio d’America.Gli autori mescolano imma-gini di luoghi ed epoche di-verse con l’intento del raf-fronto, dell’uso intelligentedella decifrazione. I dormi-tori della Ginevra del 1962non sono molto diversi daquelli della New York del1898.Lavori insalubri e pericolosi,mortalità infantile, incidentisul lavoro e case malsaneriproducono la miseria delluogo di provenienza. Il so-gno si è infranto, ma la vo-lontà emancipa la speran-za.Il tempo lenisce le storie do-lorose col ritornello di qual-che vecchia strofa.In allegato al libro c’è un cddella Compagnia delleAcque e di GualtieroBertelli, che riproduce vec-chie canzoni sull’emigrazio-ne. Mamma mia dammicento lire, La ballata diSacco e Vanzetti”, La par-tenza per la Merica ecc.Grazie agli archivi dellaFondazione Cresci, delCorriere della Sera, d’altrifondi privati ed alla passio-ne dei due autori vengonoalla luce ricordi di un albumritrovato, dimenticato in sof-fitta che ci fa riscoprire lenostre radici lontane.

Maria Rosaria Ostuni,Gian Antonio Stella

Sogni e fagotti.Immagini, parole e canti

degli emigranti italiani,con cd della Compagnia

delle Acque,Rizzoli libri illustrati,

pagine 160, euro 25,00

sta la voglia di fare confusio-ne il meno possibile ma di ri-cordare, ricordare tutto, ri-mettere in sesto (e bene in fi-la) gli avvenimenti, a comin-ciare da quelli dei quali sia-mo stati testimoni diretti, nonsempre sereni, il più dellevolte inquieti, tormentati, pie-ni di paure, nervosi, lupi soli-tari, oppure completamentesbadati, svaniti, increduli,perfino incoscienti. C’è rima-sta una gran voglia di com-porre il “puzzle (il ‘prima’, il‘poi’ il ‘durante’) e sentiamoche dobbiamo finirlo in fretta,il nostro puzzle, perché il fia-to viene a mancare di giornoin giorno, la memoria corre ilrischio di sbriciolarsi quandonon è esercitata, ed è proprioquesto (lo sbriciolamento,l’annullamento della memo-ria: quella individuale, quellacollettiva, quella storica) l’ob-biettivo di chi vuole mettereuna grossa pietra sopra atutte queste storie, con il pre-testo che sono storie che di-vidono, fomentano l’odio,provocano le divisioni, allon-tanano gli equilibri, le riconci-liazioni, gli accordi.È vero il contrario. Quel pas-sato aiuta a capire. Illumina icomportamenti, altrimenti in-comprensibili, dei personag-gi che affollano i palcoscenicidi oggi”.Scritte nel 1999, queste pa-

role appaiono profetiche, an-zi, come fossero scritte oggi.Fra le molte lezioni di giorna-lismo che Nozza, inconsape-volmente, ha lasciato ce n’èuna di cui ha fatto tesoroAlberto Papuzzi, nello scrive-re il suo Manuale del giorna-lista. Rievoca, proprio nel pri-mo capitolo dedicato alla ‘no-tizia’, un episodio avvenutoalla fine degli anni Sessantae legato alla venuta in Italiadel filosofo Herbert Marcuse.A Venezia, all’appuntamentocon una decina di giornalistial suo posto si presentò l’ad-detto stampa di un editoreche aveva acquistato inesclusiva per una rivista ilracconto del viaggio italianodi Marcuse. Spiegò cheMarcuse non poteva parlarema che lui era a disposizioneper raccontare tutto quelloche aveva fatto e aveva visto.Di necessità virtù: dopo qual-che timida protesta i giornali-sti cominciarono a fare do-mande. Tutti, tranne uno:Marco Nozza. il quale scortoun signore alto e allampana-to che, dall’ascensore si av-viava svelto, al fianco dellamoglie, verso l’uscita (eraproprio Marcuse), abban-donò il gruppo e si mise a se-guirlo. Papuzzi dietro Nozza,e un fotografo dietro i due. Dirispondere a domande, ne-anche l’ombra. A un certo

punto, chiaramente infastidi-to, torna sui suoi passi, rien-tra in albergo e rientra inascensore. E Nozza dietro.Fino alla porta della camerache gli viene sbattuta in fac-cia.Che fare? Papuzzi, allora alleprime armi, si adegua. E co-me altri ricicla le notizie forni-te dall’addetto stampa.Qualcuno spudoratamente

aveva finto di aver veramenteintervistato il personaggio.L’indomani legge i giornali. Equi da Marco Nozza, la gran-de lezione di giornalismo.Sul Giorno raccontava pas-so dopo passo l’intera sto-ria della fuga di Marcuse esignora dall’albergo, l’inse-guimento, il dietrofront, laritirata in camera.Descriveva la salita in

ascensore, il cronista con isignori Marcuse, sordi alledomande più innocenti: “Lepiace Venezia, professore?Le piace Venezia, signo-ra?” Ci rimasi malissimo.Nozza raccontava ciò cheera veramente accaduto. Èstata la migliore lezione digiornalismo che io abbiamai ricevuto.E qui si riabilita la figura ro-mantica del giornalista (an-dare, vedere, raccontare).Il commento di Papuzzi, aduso degli studenti di giornali-smo, va anche al di là.“La no-tizia non era Marcuse aVenezia, che passava indiffe-rente davanti ai muri del-l’Istituto di architettura imbrat-tati di scritte in spray rossoispirate alla contestazione.La notizia non erano i suoiprogetti editoriali nel riassun-to dell’addetto stampa. Né ilsuo giudizio sul movimentostudentesco in America o inEuropa. Qual era la notizia?Che l’autore de L’uomo auna dimensione, il collabora-tore di Horkeimer, il pensato-re che denunciava la non-li-bertà delle società industrialiavanzate, appariva così vin-colato da un contratto edito-riale in esclusiva da rifiutarequalsiasi altro rapporto, mo-strandosi di fatto prigionierodelle leggi del mercato e del-la concorrenza. Il critico dei

sistemi di controllo dentro unsistema di controllo.Nel ricordare Marco Nozza,attraverso le avvincenti pagi-ne de Il Pistarolo, rivado a ungiorno lontano, agli inizi deglianni cinquanta. Ci eravamoconosciuti a Lecco a un pic-colo Premio, tra il giornalisti-co e il letterario, vincitori exaequo di un concorso dedi-cato al paesaggio manzonia-no. Lui aveva pubblicato ilsuo articolo su L’eco diBergamo, io sul CorriereLombardo con il nome deplume di Elio Pomi (lavoran-do in Rai, al Giornale radio,non ero autorizzato a firmarecon il mio nome). Il premioera modesto, diviso in due,poi. Ma per noi, poco più cheventenni, i soldi non contava-no.Ci domandammo a vicen-da “Quanto ci danno?” Perpura curiosità. Sul non darevalore al denaro ci accor-gemmo, da subito, di essered’accordo. E non cambiam-mo mai parere.

Marco Nozza,Il pistarolo

(da piazza Fontana,trent’anni di storia

raccontati da un grandecronista),

introduzione di Corrado Staiano

Il Saggiatore, Milano 2006,pagine 384, euro 19,00

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LIBRERIA DI TABLOID

Fra l’Ottocento e il Novecentomigliaia di italiani emigrarononella sterminata Russia par-tecipando alla costruzionedella ferrovia transiberiana. Ilflusso continuò con le duegrandi guerre del secolo bre-ve. Irridenti, prigionieri, comu-nisti, anarchici e democraticiche scappavano dal fasci-smo.Lino Pellegrini frequentatoredelle terre sovietiche dal1939 ricostruisce la storia at-traverso le testimonianze deisopravvissuti nel libro inchie-sta, Italiani del Dottor Zhi-vago. Chi ricorda il film diDavid Lean nella scena del-l’addio a Lara (Julie Christie),ha fissato nei ricordi il giraso-le in primo piano che improv-visamente collassa i petalitranseunti nella struggentepartenza dall’ospedale. LinoPellegrini suscita le medesi-me emozioni, arricchite distorie inedite e dimenticate. Ilsuo lavoro non è solo scavodi memoria, ma ricerca strati-ficatasi per oltre venti anniper sentire le voci dei vecchisopravvissuti. Molti di questioggi non ci sono più, ma sen-tiamo viva l’emozione dell’ul-tima testimonianza. Il genera-le medico Enrico Reginato èforse la personificazione delZhivago italiano. Pellegriniraccoglie l’intervista pochi

mesi prima della morte nel1989. Ufficiale medico nelladivisione Julia, medaglia d’o-ro al valore militare, caddeprigioniero nella primaveradel 1942 sul fronte del Don.Dalla prigionia di guerra adun processo farsa nel 1950,egli torna finalmente libero inItalia nel 1954.Il filo condutto-re del racconto si svolge traaltre centinaia di storie conl’anelito di rendere giustiziariabilitando migliaia di uomini,morti e sopravvissuti aigulag. “Le prigionie - tanto in-terminabili quanto atroci -dell’inferno artico non hannofatto storia”.Come Marzabotto, i crimini diguerra in Unione Sovieticasono stati rinchiusi negli ar-madi della vergogna.Occorrerebbe riaprire inchie-ste sugli italiani dispersi, suquelli che hanno scontatoun’ingiusta detenzione senzacolpe per riabilitare la loromemoria di cittadini.Lino Pellegrini dispone di unarchivio di nomi e di fatti cheandrebbero divulgati e cono-sciuti, senza pregiudizi ideo-logici, per l’amore della veritàe della giustizia. Nel suo lun-go peregrinare, l’autore haconosciuto contadine russe,sposate a soldati italiani dellaGrande guerra, che hannopassato resto della loro vitasulle montagne del Trentino.Pellegrini ha intervistato l’ulti-ma guerriera dello zar, Mar-

Lino PellegriniItaliani del dottor Zhivago

di Filippo Senatore

garita Ivanova Lopukhina,classe 1895 che fece partedelle truppe bianche inUcraina nel 1918-19, durantela guerra civile. Lo stile del-l’autore è esemplare. Il me-todo rigoroso.Percorre in lun-go e in largo l’ex UnioneSovietica per scoprire luoghie verificare fatti. Scova inItalia i sopravvissuti, l’interro-ga con riscontri rigorosi dapubblico ministero.Sfoltisce le debolezze dellamemoria dei testimoni conuna documentazione d’archi-vio che rinverdisce dettagli echiarifica visioni parziali daangolazioni troppo angusteper essere decifrate.Apre così una luce sulla ve-rità scoprendo dettagli nuovi.Come nel film di Costa Gra-vas, La confessione, l’autoreaffonda il bisturi sulla trage-dia dello stalinismo.Rievoca altri fantasmi come ilsuo compagno di giornali-smo al fronte, Curzio Mala-parte, che gli insegna il co-raggio e l’ironia che trasmo-da in burla ai danni del diplo-matico Agustìn De Foxà chegettato nella neve dopo lasauna, “ve lo rotolarono, qua-si palleggiandoselo”.Il coperchio di una gavetta te-stimonia la speranza di un ri-torno e la voce del cronistatiene insieme i petali del fiore,la speranza di conosceretante verità, per far tornarenella terra natia i fantasmiche vagano ancora nei cielidi Russia.

Lino Pellegrini,Italiani del dottor Zhivago.Fantasmi d’Italia nei cieli

di Russia,Tassotti Editore,

pagine 270, euro 21,00

Mavis Lever, 19 anni, decodi-ficava messaggi cifrati per iservizi inglesi durante il se-condo conflitto mondiale. Fusuo uno dei ruoli principali inquella che è passata alla sto-ria come la più grave sconfit-ta navale della storia d’Italia:lo scontro di Matapan.Non fuuna battaglia, perché sisparò da una parte sola(quella inglese), mentre dal-l’altra (quella della Regia ma-rina) simorì soltanto. L’agguato fupagato con la perdita di treincrociatori (Pola, Zara eFiume), dei cacciatorpedinie-ri Alfieri e Carducci e - so-prattutto - di 2.303 caduti tramorti e dispersi, più o menogli stessi di Pearl Harbor,quattro volte quelli di Lissa,durante la III Guerra d’indi-pendenza.Antonino Trizzino, nel beste-seller Navi e poltrone (Lon-ganesi, 1952), ha sostenutola tesi del tradimento e dellospionaggio alla base di quel-la immane disfatta. In realtà,scrive il giornalista MassimoZamorani nel suo L’agguatodi Matapan. 28-29 marzo1941, il dramma ha un voltopreciso. E un viso di donna.Quello di Mavis Lever, ap-punto, la studentessa britan-nica che, nel marzo 1941,decodificò il messaggio gra-

zie al quale fu possibile, per ilcomandante della Medi-terranean Fleet, sir AndrewCunningham, organizzare iltragico attacco alla flotta ita-liana. A quasi 66 anni dall’e-vento, Zamorani dimostrache la battaglia di Matapannon fu uno «scontro casua-le», come credeva l’ammira-glio Angelo Iachino che co-mandava la squadra navaledella Regia Marina, ma l’ulti-mo tassello di una serie dicontatti il cui inizio era stato ilprimo fatale messaggio,«Oggi giorno X meno tre»,decrittato da Mavis Lever.Zamorani ricostruisce tutta lastoria dell’evento, che costi-tuì un altro duro colpo per laflotta da battaglia della Regiamarina, già provata dall’al-trettanto tragica “notte diTaranto” (11-12 novembre1940), durante la quale lecorazzate Cavour, Littorio eDuilio furono colpite da unaventina di aerosiluranti ingle-si. L’autore descrive come la-voravano le donne britanni-che impegnate nell’intercet-tazione, nella registrazione enella decrittazione dei mes-saggi.A illustrare i meccanismo èanche il discorso, riportatonel volume, tenuto dall’am-miraglio Cunningham, nellasede del gruppo di decritta-zione, per ringraziare le ra-gazze che vi lavoravano.Così, da parte britannica,

Massimo ZamoraniL’agguato di Matapan. 28-29 marzo 1941

di Massimiliano Ancona morirono solo tre aviatori. Ela Mediterranean Fleet man-tenne la supremazia nel ba-cino mediterraneo almeno fi-no al 18 dicembre 1941,quando tre maiali con equi-paggi di due uomini penetra-rono nelle fortificazioni delporto di Alessandria e depo-sitarono mine a tempo sottole chiglie delle corrazzateQueen Elizabeth, Valiant e lapetroliera Saragona. Le mineesplosero e i danni miserofuori combattimento per me-si le tre navi ristabilendo, inqualche modo, l’equilibrio. Latragedia di capo Matapan,invece, ebbe un commoven-te epilogo in Sardegna nel-l’agosto del 1952, quando suuna spiaggia nei pressi diCagliari fu trovata una botti-glia con dentro un messag-gio: “Regia nave Fiume - Viprego, Signore, di informarela mia cara madre che iomuoio per la Patria. MarinaioChirico Francesco da Futani,Salerno. Grazie Signore -Italia!”. La madre venne infor-mata e suo figlio ricevette laMedaglia di bronzo al valormilitare alla memoria.

Massimo Zamorani,L’agguato di Matapan.

28-29 marzo 1941,Mursia editore,

pagine 320, euro 18,50

duello psicologico tra Caifa ePilato ma senza la minimabattuta riferibile a Barabba. Èfacile immaginare la tempe-sta nel cuore dell’attore cherifletteva in silenzio con il do-lore dell’amante tradito. A fi-ne sessione, con i presentiche si gettavano affamati sulbuffet, Sarubbi prendeva ilcoraggio a due mani per af-frontare il regista ipotizzandopersino una rinuncia.Intuendo che qualcosa nonandava, Mel Gibson si dires-se verso un angolo della sa-la. Sarubbi cominciò a parla-re, a fare premesse, a prote-stare la sua riconoscenzaper la scelta. “Lui mi guarda-va e aspettava qualcosa dipiù concreto”. Poi, conosciu-to finalmente il motivo dellalagnanza, lo bloccò facendo-si serio e guardandolo fissonegli occhi: “Barabba nonparla perché non ha più pa-role, ha urlato tutto il suo fia-to per l’ingiustizia subita;Barabba non è solo un ladro-ne ma è un nobile discen-dente dalla tribù degli Zeloti,l’unica tribù che aveva la for-za di opporsi all’impero ro-mano e proprio battendosicontro i romani è fatto prigio-niero e torturato fino a tra-sformarsi in una bestia, e co-me le bestie non ha parolema esprime tutto con gli oc-chi. Per questo ti ho sceltoper fare il mio Barabba.Dovrai apparire come unabelva, ma in fondo ai tuoi oc-chi ci deve essere lo sguardodi un uomo onesto… Questo

film sarà innovativo e il tuoBarabba sarà per te e per ilfilm più importante di un per-sonaggio con tante battute.Fidati e vedrai”. All’attore nonrestava che ringraziare,commentando tra sé: “Mainessun regista si era tantopreoccupato di me e del miopersonaggio”. Cadeva cosìogni pensiero di rinuncia; l’at-tore doveva portare avanticon onore quella interpreta-zione, come ha poi fatto.Il resto diventa parte essen-ziale della vita privata diPedro Sarubbi, e persino e-lemento della sua conversio-ne religiosa, maturata in se-guito all’incontro con perso-ne adatte nello spirito di Co-munione e Liberazione. Bel-lissime le pagine finali sul ca-risma di don Luigi Giussani,da leggere con attenzionefacendone motivo di condivi-sione.(A recensione finita, debboconfessare due cose: ho de-dicato alla lettura l’interagiornata del Venerdì Santo,considerandola preghiera;sono poi corso ad acquistarealcune copie del libro, perme - Ordine/Tabloid non col-tiva la norma di lasciare il li-bro al recensore - e per lepersone più care alle quali èbello donare libri che fannopensare).

Pedro Sarubbi,La passione di Barabba,

Piemme, CasaleMonferrato 2006,

pagine 182, euro 11,50

Nell’immaginario collettivo (enella tradizione catechistica)la figura di Barabba si legadirettamente al dramma del-la Crocifissione; anzi vieneaddirittura memorizzato co-me l’uomo che, giovandosidella grazia popolare, avreb-be imposto la condanna delCristo ovvero il Messia.Yeshua’ Bar Aba‚ - che inaramaico corrisponde aSalvatore “figlio del padre”,nome abbastanza comunenell’antica società ebraica -sarebbe dunque moralmenteresponsabile (inconsapevo-le, e quindi non perseguibile)della morte di Gesù ilNazareno, unico e autentico“Figlio del Padre”. Nellarealtà storica questo perso-naggio ha diversa valenza.Egli era un ribelle anti-Roma,uno zelota nazionalista, unsedizioso e un terrorista nel-la visione odierna. Si battevaper una patria libera, per l’au-tonomia e per la indipenden-za di Israele.Certamente era anche as-

sassino e ladro, perché ave-va ucciso numerosi soldatiimperiali e le sue mani ave-vano sottratto beni di conqui-statori e collaborazionisti.Catturato, veniva trattato co-me prigioniero “politico”.Tutto sommato, alla streguadi Gesù. Di qui, come avevaannunciato il profeta, “ilGiusto giustificherà molti edelle loro colpe si cari-cherà… lasciandosi annove-rare tra i malfattori mentreportava la colpa di molti e in-tercedeva per i malfattori”(Isaia, 53, 11-12). Egli dove-va morire per tutti gli ingiusti,per l’intera umanità smarritae peccatrice. La strada diBarabba, similmente aPilato, si è incrociata conquella del Giusto soltantoperché, in tal modo - avevaribadito il figlio di Amos -“piacque al Signore”.La premessa mi è parsa indi-spensabile prima di affronta-re questo racconto di PedroSarubbi su La passione diBarabba. Prima ancora di

Pedro SarubbiLa passione di Barabba

di Giacomo de Antonellis

sfogliarlo, mi sono detto: “Cisiamo. Un altro tassello dellasindrome delle false scoper-te letterarie; l’autore avrà cer-tamente inventato qualcosaalla maniera di Dan Brown odel Vangelo di Giuda”. Apro ilrisguardo di copertina doverisalta il rullo di “attore pro-fessionista” e penso consupponenza: “Aiuto! La gen-te di spettacolo è tanto bravaa recitare ma spesso utiliz-zando la penna si comportacome un giornalista dellacarta stampata che s’im-provvisa conduttore radiote-levisivo”. Così maldispostomi dedico alla lettura, conl’intenzione di farla in brevegiusto per trarre i dati essen-ziali per la recensione.Ohibò, le pagine scorrono fa-cili, invoglianti, gradevoli, tranote originali, tematiche at-traenti, descrizioni genuine. Iltutto attraverso un periodaresciolto e incalzante. La testi-monianza (sottotitolo “Storiadella mia conversione”) di-venta sempre più piacevoleman mano che si procededall’infanzia verso la matu-rità.Nella parte centrale dellabiografia affiora il salto diqualità grazie all’incontro conil regista Mel Gibson in fasedi gestazione del suo straor-dinario affresco sul sacrificiodivino. E qui diventa chiaral’espressione usata per il tito-lo. Alla figura di Barabba vie-ne affidata un’insolita inter-pretazione. Ogni attore sop-pesa l’importanza del pro-

prio ruolo in base al numerodi battute che deve recitare.La tensione era palpabile nelsalone del mitico IstitutoLuce, tra marmi e opere d’ar-te con mosaici di ispirazioneromana, esattamente comel’aveva voluto Mussolini du-rante il suo ventennio, men-tre Gibson illustrava il proget-to. Ad ogni interprete era sta-to distribuito un copione conle parti di ciascuno nelle lin-gue originali. Sarubbi: “Avreiavuto voglia di scorrere velo-cemente le pagine fino adarrivare al mio ruolo ma mitrattenni… aspettavo con an-sia la mia scena, la scena diBarabba, con la stessa ap-prensione di un padre in salaparto… finalmente arrivam-mo alla pagina dove entravain azione Barabba, lessi ve-locemente tutto quello chec’era scritto alla ricerca dellafonetica delle mie battute, inmodo da essere prontoquando fosse toccato a me”.Sorpresa e sconcerto. “Perquanto cercassi, le mie bat-tute non le trovavo, leggevo erileggevo tutto ma niente, pa-gina 69, 70 e 71, niente, ilcopione era scritto su tutti edue i lati delle pagine in ara-maico, latino, inglese e italia-no, c’era la versione letteralee quella fonetica, ma di bat-tute di Barabba neanchel’ombra”. Il personaggio eradescritto come “un grossouomo incatenato, dall’aspet-to animale, piuttosto cheumano”; seguivano tre pagi-ne fitte di indicazioni per il

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LIBRERIA DI TABLOID

Gli autori mettono, nella pri-ma pagina, le mani avanti. Efanno bene. Perché quandoci si avventura nell'impresadi compilare dizionari seletti-vi ci può sempre esserequalche involontaria dimenti-canza. O mascherata cometale. Oppure la fonte, se nonè diretta o controllata, puòtrasmettere qualche impreci-sione o errore. Nella breveavvertenza iniziale GiorgioDell'Arti e Massimo Parrini ,scrivono: “Gli autori, essen-do umani, possono non avernotato qualcuno che andavanotato. Di questo chiedonoscusa. Gli autori sanno inol-tre che la massa di informa-zioni contenute nel libro ètroppo imponente perchénon vi sia neanche uno sba-glio. Chiedono scusa anchedi questo e pregano i lettoriconsapevoli di mandare cor-rezioni, integrazioni, rettifi-che e ulteriori informazioniall’indirizzo di posta elettro-nica”.I personaggi citati (5062 ‘ita-liani notevoli’, presi in consi-derazione alla data del 30settembre 2006) se sono su-perstiziosi, le mani le avran-no messe da qualche altraparte, leggendo le prime ri-ghe dell’avvertenza “Fannoparte del seguente elencogli italiani ancora in vita al 30settembre 2006, che sonostati notati dagli autori”. Èquell’ “ancora in vita” chepuò aver indotto qualcuno aqualche scongiuro. Qualchenome, infatti non lo si ritro-verà più nella prossima edi-zione come quelli di MarioMerola, Bruno Lauzi, OndinaValla, Gillo Pontecorvo,Emilio Vedova, Pietro Rava,scomparsi tra ottobre e di-cembre.Erano invece ancora in vitaal 30 settembre, ma il loronome non figura, come tantialtri che, a mio avviso,avrebbero meritato di essereinclusi don Lorenzo Be-deschi, Achille Millo, FloSandon’s, Giacinto Facchet-ti, Riccardo Pazzaglia (percitare quelli, per me ‘notevoli’di cui ho notato l’assenza).Comunque l’impresa allaquale si sono accinti Dell’artie Parrini, oltre che affatican-te, (e che può prestarsi algioco salottiero della cacciaal ‘chi non c’è’, sperimentatocon successo nella trasmis-sione televisiva di GiulianoFerrara e Ritanna Armeni suLa7) è utile per una letturadecodificativa di costume.Occorrerebbe preliminar-mente intendersi sul signifi-cato del vocabolo ‘notevole’:il mio dizionario di riferimen-to, il preziosissimo Battaglia,ne dà otto interpretazioni. Laprima è questa: “Degno diessere notato, osservato,guardato, ammirato consi-derato, vagliato, studiato at-tentamente e profondamen-te, o di rivestire particolareimportanza e rilievo in undeterminato ambito o conte-sto e di essere ricordato alungo; che attira l’attenzione

per l’originalità o per caratte-ristiche particolari; che su-sciti interesse, curiosità.” Efin qui ci siamo.I promossi sono molti. Peròdi fronte a qualche nomecompreso nelle oltre 1800pagine del volume, restoperplesso. Ma poi il Battagliami toglie ogni dubbio: l’otta-va definizione di ‘notevole’ ècomposta da una sola paro-la ‘biasimevole’.E a motivarla c’è una citazio-ne dal Convivio di padreDante: “Però che virtuosissi-mo è ne la intenzione mo-strare lo difetto e la maliziache lo accusatore, dirò, aconfusione di coloro che ac-cusano la italica loquela,perché a ciò fare si muovo-no; e di ciò farò al presentespeziale capitolo, perché piùnotevole sia la loro infamia”Anche in questo caso ci sipotrebbe esercitare a spul-ciare l’elenco dei biasimevolia cominciare da Totò Riina eBernardo Provenzano.Quanti tra i ‘notevoli’ sono i‘biasimevoli’? Ecco un modesto suggeri-mento per gli autori: aggiun-gere al nome dei personaggianche l’appartenenza a unacategoria (che so ‘i fuochi dipaglia’, gli ‘onnipresenti’, gli‘insopportabili’, gli ‘intramon-tabili’).Le persone veramente ‘no-tevoli’ si sentirebbero cosìtutelate.In effetti la grande marmella-ta degli oltre cinquemila no-mi, rischia di avere un sapo-re indefinito. E comunquenon molto gradevole: sequesto è lo specchio dellasocietà in cui viviamo, dob-biamo prendere atto chetroppo è basata sull’effime-ro. Dell’Arti e Parrini sonoperò stati molto abili.Costretti a prendere atto del-la notorietà di alcuni (cate-goria Lecciso, per intender-ci, hanno ripescato da gior-nali, riviste e libri, brani di in-terviste, giudizi di critici, de-scrizioni colorite, che dannola dimensione del soggettocitato. E così, partono frecceal curaro, firmate da altri. Maevidentemente sottoscritte.Tre piccole annotazioni fina-li, molto marginali: 1) nono-stante l’accuratezza degliestensori, qualche perso-naggio è riuscito a sottrarsialla curiosità di conoscere ladata di nascita (ad esempioil siculo Cristiano Malgioglio,sempre molto prodigo di au-toreferenzialità); 2) l’asciut-tezza di alcune voci (solo trerighe) che non fanno onoreal soggetto citato, in contra-sto con il dilagare di colon-ne per nomi francamente ri-dimensionabili; 3) l’inseri-mento del volume, del peso,controllato, di un chilo e sei-centoquaranta grammi, nel-la collana ‘Tascabili’. Unacandidatura nel Guinnessdei primati?

Giorgio Dell’Arti,Massimo Parrini,

Catalogo dei viventi. 5062italiani notevoli,

Marsilio,Venezia 2006,pagine 1806, euro 34,00

Giorgio Dell’Arti,Massimo ParriniCatalogo dei viventi 2007.5062 italiani notevoli

di Emilio Pozzi Pubblichiamo la presenta-zione di Antonio MariaCosta direttore dell’Ufficiodelle Nazioni Unite controla Droga e il Crimine

In ogni essere umano lasperanza è qualcosa che re-siste a tutte le evidenze, è laforza che spinge avanti im-prese ritenute irrealizzabili,ma che invece spesso se-gnano svolte epocali nellastoria dell’umanità.Eppure, per molte personeè difficile sperare che la mol-titudine di uomini e di donneche vivono ai margini dellasocietà possano riconquistare un destino diverso.Quando in strada ci si im-batte nel giovane tossicodi-pendente che cerca di raci-molare soldi, quanti di noiscommetterebbero sullapossibilità che lo stesso ra-gazzo ci appaia tempo dopoin un parco mentre gioca se-reno con i suoi figli?Ogni uomo ha la forza dellasperanza dentro di sé, ma fafatica a riconoscerla negli al-tri. Per chi decide o decideràdi lottare per guadagnare undestino diverso dalla soffe-renza e dall’emarginazione,lo sguardo compassionevo-le o sprezzante ma comun-que scettico delle personecosiddette normali, che fati-cano anche solo a pensarea questa possibilità, equiva-le a una condanna.Ecco: il pregio principale diquesto libro è quello di resti-tuire la speranza a tutti noi,facendo piazza pulita deglistereotipi o preconcetti chelimitano il nostro pensiero.Questo libro dà un volto amilioni di persone che cam-minano al nostro fianco se-guendo un percorso paralle-lo, ma che ciascuno di noidovrebbe condividere.La nostra umanità giocasempre più con modelli vir-tuali, oggi ci si appassionaper ogni aspetto della vita diun attore, spesso si guardasenza spirito critico al vipcocainomane, mentre i piùgiovani spesso vorrebberoemularlo. L’immagine dell’e-roe che l’antichità ci ha con-segnato è quella di un uomoche sfida un destino inelut-tabile, che supera ostacoliinsormontabili per salvarese stesso, o il suo popolo.

Le pagine di questo libronon ci portano in un passatodi guerre tra ciclopi, ma ciaccompagnano nelle stanzedegli ospedali, nelle carceri,nelle case, per farci incon-trare persone come noi ep-pure diverse. Persone chehanno attraversato gli abissidella disperazione, per ritro-vare – anche per noi – qual-cosa dell’essenza di ciò cherende eroiche le azioni di unuomo. Queste brevissimestorie descrivono, con un’in-credibile intensità, la para-bola di tante meteoriti lumi-nose. Le pagine del libro re-stituiscono al nostro essereumani una reale grandezza,poiché sono la testimonian-za di chi si è lasciato allespalle un destino ineluttabileo di chi ha fatto sì che unacondanna si trasformasse inuna possibilità. Di chi ha di-mostrato che la forza di unessere umano supera limiticonsiderati evidenti e nonaggirabili.Se ci si chiede a cosa asso-ciare l’immagine di un vin-cente, credo che in pochi ri-sponderebbero a un ex de-tenuto che ha realizzato isuoi sogni, abbandonandola strada del crimine. O auna persona affetta da unhandicap, che ha realizzatocapolavori. Ai più verrebbe-ro in mente i volti sorridenti,perfetti e tutti uguali cheguizzano sugli schermi tele-visivi.Ma ci sono anche i "guar-diani dei sogni", quelle mi-gliaia di persone che lungo icorridoi dei centri di riabilita-zione, negli ospedali, nellescuole, in strada, coltivanola speranza che ogni uomo– anche chi sembra con-dannato – possa realizzaregrandi imprese, impresereali. Anche grazie a loro,medici, cuochi, educatori...,oggi leggiamo le storie diquesto libro.Queste storie ci raccontanocon leggerezza e con un in-finito amore per la vita, che ivinti siamo noi quando ab-bandoniamo la speranza.Questo libro racconta anchedi persone che non ce l’han-no fatta, e qui sentiamo chela loro sconfitta è anche unnostro fallimento.Oggi ripenso a La fortezzavuota, non entro nel merito

della validità scientifica diquesto testo di psicanalisi.Ciò che mi colpì quando lolessi era il modo in cui de-scriveva l’annichilimento deldesiderio di vivere in un es-sere umano. Il libro vedeval’autismo infantile come unacondizione di assoluta chiu-sura al mondo, determinatadall’impossibilità di superarela convinzione che comun-que sia non ci sono vie d’u-scita.Una condizione paragonataa quella dei prigionieri deilager. Nei campi di sterminioinnumerevoli persone - sfini-te dalla sofferenza - aveva-no rinunciato alla speranzadi superare l’orrore, ma viera anche chi non abbando-nava la fede nella possibiliàdi un futuro diverso. Unasperanza che dava a questiultimi la forza e la determi-nazione di andare con lamente oltre il filo spinato, dinon abbandonarsi alla mor-te, di sopravvivere per a-spettare.Oggi nel ripensare alla for-tezza vuota, credo che que-sta immagine valga ancheper chi, pur avendo una vita"normale", al riparo dai crol-li, si riduce a "non sentire" lavera energia che scaturiscedagli esseri umani. La for-tezza vuota può essere me-tafora anche di chi - pur nonavendo per sua fortuna unareale cognizione del dolore -vive ad occhi chiusi. Permolti infatti, la vita è soltantoconquista di una posizionesociale, di un lavoro ben re-munerato, e troppo spesso

questi traguardi sono as-sunti in modo passivo, in-troiettando modelli "obbliga-tori", che non danno misuradella libertà di ciascun esse-re umano.In questo libro ritroviamo unpo’ di questa libertà. Si co-mincia dalla voce di donne euomini che, a partire dalladistruzione di ogni simula-cro, hanno ripreso un cam-mino a partire da loro stessi.E di donne e uomini chehanno deciso di investire leloro energie per accompa-gnarli in questo viaggio.In questo libro si parla an-che di malati terminali, per iquali nel tempo rimasto –breve o lungo che sia – simanifesta l’intensità di unavita. Ogni anno, quando pre-sento i dati sul consumo didroga, provo a immaginare ivolti che si nascondono die-tro i numeri: un numero è ungiovane che vaga cercandodi racimolare i soldi per unadose, una famiglia che nonsa più niente di lui. Tutte levolte ritrovo invece nei gio-vani dei centri di recuperodalle tossicodipendenze lagioia. Una gioia che nascementre si strappa terreno al-la devastazione. È difficileriuscire anche solo a imma-ginare la sofferenza menta-le e fisica di questi ragazzi,eppure attaverso di loro siavverte la grandezza di ogniessere umano che scegliedi essere libero.Questo libro ci offre la li-bertà di andare oltre l’ottu-sità di un determinismo chepretende di tracciare in mo-do definitivo la parabola del-la vita di ciascuno di noi, cirestituisce un po’ della bel-lezza, della dignità e dellapoesia del nostro essereuomini.

Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola,

Rivincite,La Caravella,Viterbo

2006, pagine 172, euro 12

I diritti di questo libro vengo-no interamente devoluti da-gli autori alla Casa Famiglia“Solidarietà e speranza” diSuor Paola a Roma e alla“Casa di Archimede” aCaprarola (Viterbo).

Lucia Bellaspiga e Pino CiociolaRivincite

periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia

Ordine/Tabloid

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Anno XXXVII - Numero 1 - 2 - 3Gennaio - Febbraio - Marzo 2007

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La tiratura di questo numero è di 25.052 copie. Chiuso in redazioneil 21 febbraio 2007

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I N O S T R I L U T T I

Era stato davvero un bel giorno, quello. Ungruppo nutrito di giovani aspiranti (alcuninemmeno più tanto giovani) aveva superato idiciotto mesi di praticantato e, finalmente, era-no diventati “professionisti”. Quasi tutti la “pro-fessione” se l’erano già guadagnata sul cam-po; ora però avevano quel tanto sospirato tes-serino di pelle marrone-rossastro con le scrit-te sul frontespizio in caratteri dorati. Ti ricordi,Adolfo? C’eri anche tu in quel drappello di col-leghi, nel cui ideale zaino di ciascuno c’eranotante speranze, tanto orgoglio e quel “basto-ne di maresciallo” che Dumas aveva infilatonel sacco di D’Artagnan.Fu una buona infornata quella del maggio1973. Oltre a te così, presi a caso nel muc-chio, c’erano Adriana Bruno, Mauro Castelli eBruschetti della Rai, Edgardo Ferri, GiulioGiuzzi, Sebastiano Grasso, la pattuglia diquelli de La Notte (Giorgio Carbone, LuisaPurisiol, Luigi Foti, Costantino Muscau e tu,Adolfo Caldarini), Novarro Montanari, NestoreMorosini, quel Giorgio Oldrini che adesso èsindaco di Sesto San Giovanni, EdoardoRaspelli, Angelo Restelli, Roberta Sparano,Alberto Trivulzio. E tanti altri che proprio nonposso citare ora.Tu, allora, avevi 32 anni esatti, ma per chi ticonosceva, ne avevi assai di più per serietàprofessionale, per senso critico, per esperien-za di cronista e di organizzatore. Tutto ciò mi-sto a un “aplomb” che involontariamente ti tra-sformava in un distinto giovin signore inglese.Ma in te - ora te lo posso dire senza tema diuna tua reazione - c’erano pure una grandedisponibilità verso chi ti stava accanto e un al-truismo ( qualcuno direbbe “di vecchio stam-po”) che imbarazzava chi da te riceveva un fa-vore accompagnato da un sorriso e da unapacca sulla spalla. Tutte cose, queste, difficil-mente rintracciabili oggi nel convulso e un po’troppo superficiale mondo nostrano.Ti divertivi moltissimo quando qualcuno conun po’ di fantasia - forse per “colpa” del tuonaso e del tuo mento - ti paragonava aGiorgio Gaber. Erano i bei tempi di una no-stra avventura poco più che giovanile in quelpalcoscenico della vita invidiato da chi non loconosceva, ch’era il giornalismo rampantenon ancora coniugato con le nuove tecnolo-gie (che poi divennero le tue “compagne”preferite).Regnava sovrano, prima in piazza Ducad’Aosta poi in piazza Cavour, quel grande di-rettore che fu Nino Nutrizio; tu, giovane prati-cante, destavi l’ammirazione del “maestro”Bertoli, responsabile delle pagine di provincia(ricordo quel giorno - fine anni Sessanta - du-rante una riunione di capi redattori e capi ser-vizio per organizzare iniziative nuove, in cuiBertoli si alzò in tutta la sua scarsa altezza edisse a Nutrizio: su Caldarini non si discute, ome lo date oppure io non organizzo niente.Ed ebbe Caldarini. Tu, comasco verace, lavo-rasti anche a Milano con tutti noi; ma non permolto. Nascevano le edizioni locali de LaNotte: chi poteva assumersi l’onere di ComoNotte se non tu, Adolfo. È fu uno dei primi tuoigrandi successi, in un’epoca in cui - a Milanocome a Venezia, a Como come a Varese, aBergamo come a Brescia - non c’erano an-cora i telegiornali; un’epoca in cui regnavanoi quotidiani del mattino (nazionali o locali). Maera anche il momento dei giornali del pome-riggio che portavano le notizie dello stessogiorno alle migliaia di impiegati che all’imbru-nire sciamavano dagli uffici e volevano sape-re cos’era accaduto in città, in Italia, nel mon-do mentre loro erano chiusi in una banca, inun ufficio comunale, in un grande magazzino.Nutrizio portò la sua creatura fuori Milano: al-le 15, la Notte anche con due pagine locali,era nei capoluoghi di provincia, nella lontanapiazza S. Marco a Venezia. E a Como c’eri tuper fare Como Notte: una garanzia per tuttinoi della redazione centrale. Mario Bertoligioiva perché aveva puntato su questo snellogiovin signore in blazer blu e tanto entusia-smo nelle arterie, così come gioiva ArrigoGalli, il capo redattore dell’ultima edizione,che comasco anch’egli ti chiamava almenodieci volte al giorno al telefono. E tu sempredisponibile, sempre pronto, sempre presentenel fare e rifare le tue pagine.

Adolfo Caldarini, unsignore del giornalismo

Chi non ti ha conosciuto o ha avuto con te so-lo un breve rapporto di vita, non può capirequesta nostra chiacchierata d’oggi.Caro Adolfo, hai voluto farci uno “scherzaccio”terribile. Te ne sei andato quasi in punta dipiedi com’era nel tuo stile: temevi di non far-cela questa volta e ne parlavi con chi, piùamico di altri, potevi confidarti. Una malattiasenza scampo, agghiacciante, incredibile einattesa (si pensava di averla debellata qual-che anno fa), fulminante ti ha portato via.

Adolfo, non avermene. Ma i ricordi si affolla-no, premono, esigono ch’io dica a tutti - spe-cie ai giovani colleghi che giungono ora algiornalismo, in periodi non certo facili - comesi deve essere giornalisti. E adesso non puoifermarmi. Dopo un’esperienza in un istituto distudi stranieri, cominciasti a collaborare supubblicazioni varie locali e no; a vent’anni ave-sti la gioia di leggere il tuo primo, vero artico-lo sul Corriere della sera, il resto alle“Province” con Mario Bertoli. La sera tornavia Como; devi riconoscerlo ora: la tua Comonon potevi assolutamente lasciarla. Macchécapo servizio a Milano, in piazza Cavour.Meglio combattere la battaglia delle “testate”da Como.E lì tu vincesti sempre. Fin dall’inizio. Nella tuacittà eri un “mito”. Qualche tempo fa, incon-tratici, ci trovammo a dire: noi due abbiamoqualcosa in comune, oltre al mestiere. Per noiil lavoro era (ed è) un hobby. Non far nulla? Cisi stanca, ci si annoia, ci si rende conto diperdere un tempo sempre più prezioso. E tunon hai mai perso il tuo tempo: la direzione di“Antenna 3 Lombardia”, poi quella tua crea-tura che era “Espansione TV”, emittente co-masca che mi costringesti a conoscere di per-sona e con quale amore mi avevi spiegato imarchingegni e le “nuove tecnologie” applica-te a questa tua nuova avventura. Eri felice,quasi come quando - più tardi - in una nostratelefonata mi annunciasti che stavi per diven-tare nonno.E poi, ancora: in via Solferino ti avevano chia-mato per uno scambio d’idee. E tu l’idea l’a-vevi già nel cassetto.Eccoti fondatore, direttore ( e un po’ tuttofareperché per te “direttore” era molto ma non eratutto…) del Corriere di Como. Un successo,poteva essere diverso? Infine, direttore edito-riale di questo “tuo” giornale. Non ti è piaciu-to, lo so; temevi le pantofole. Marisa, tua mo-glie e Roberta, tua figlia hanno riempito que-sta malinconia. E poi ci ha pensato Susannala tanto attesa nipotina. Ma tu, fino all’ultimo tisei sentito giornalista, cronista, TV-man: ungrande esempio per i giovani nostri colleghi.Sarà bello fra qualche tempo, ritrovarsi e di-scutere di una data piuttosto che di un’altra;parlando di te, Adolfo: un signore del nostromestiere. Come scordare quel tuo sorriso…

Umberto Montefameglio era nato a Metz(Francia) 25 maggio 1935 ed è morto aVizzolo Predabissi il 26 gennaio 2007. Ha ini-ziato l’attività giornalistica a 17 anni comeaiutante del corrispondente da Torino dellaGazzetta dello sport allora diretta da GianniBrera. A vent’anni non ancora compiuti è sta-to assunto dal quotidiano «Il popolo nuovo»di Torino dove ha svolto il praticantato ed èdiventato giornalista professionista il 1° gen-naio 1958, a 22 anni, rimanendo per parec-chio tempo il più giovane giornalista italiano.Nell’arco di 37 anni ha lavorato con diversemansioni (cronista, capocronista, inviato, re-dattore capo, direttore) nei quotidiani Il Po-polo, L’Italia, L’Avvenire, La Notte, Il Giorno,in diverse radio e televisioni private e, negliultimi 15 anni di professione nei periodiciMondadori dove ha svolto diverse mansionie ha pubblicato testi e fotografie su IlMilanese, Bolero, Epoca, Panorama, Grazia,Topolino.Alla Mondadori è stato membro del Comitatodi redazione e ha fatto parte della Consultasindacale dell’Associazione lombarda deigiornalisti.Della sua attività sindacale gli piaceva ricor-dare che è stato il primo giornalista-sindaca-lista a ottenere, nel contratto integrativo dellaMondadori, il riconoscimento della qualificadi giornalista per i grafici e i fotogiornalisti ela loro ammissione all’Ordine.Ha fondato e diretto diverse pubblicazioni trale quali il mensile Il mercato del legno, il bi-mestrale Il Club della pipa, il settimanale LaGazzetta della Martesana ed è stato il primodirettore del quotidiano radiodiffuso RadioMartesana.Ultimamente, oltre a Il Club degli autori è sta-to anche direttore responsabile dei periodiciVivere Melegnano e V.S., mensile per gli stu-

Umberto Montefameglio,un anticonformista

Vittorio Corona se n’è andato l’altroieri, a 59anni, per un brutto male. Era un grande arti-giano del giornalismo, schivo e geniale comesolo i siciliani sanno essere. Un artista dellagrafica, un infaticabile e creativo creatore digiornali. La sua creatura più riuscita fu la Vocedi Indro Montanelli, nata nel marzo 1994 do-po il divorzio del grande Indro dal Cavaliere eassassinata 13 mesi dopo, praticamente nel-la culla, con sistemi che sarebbe troppo lun-go raccontare. Ma, quando affiancò Indro inquell’avventura, aveva già una lunga carrieradietro le spalle. Catanese di Aci Trezza, la-vorò alla Sicilia e poi, nel 1971, salì a Milanoe iniziò subito a svecchiare il mondo polvero-so dei rotocalchi Rizzoli: da Novella 2000 adAnnabella. Mondo Uomo e Amica nacquerodalla sua fantasia. Come pure i giornali di ten-denza Moda e King, due successi strepitosidella Eri negli anni 80. Nel ‘93 Berlusconi lochiamò a Italia 1 per progettare StudioAperto. Il direttore di tutte le news era EmilioFede, ma il Cavaliere gli promise che, allapartenza, sarebbe toccato a lui. Non era ve-ro, infatti arrivò Paolo Liguori.Corona se ne andò, subito ingaggiato da ungruppo di imprenditori che, fallito l’assalto alGiorno, preparavano un nuovo quotidiano: laVoce. Mentre vagliavano i possibili direttori, ilCavaliere cacciò Montanelli dal Giornale.Eccolo trovato, il direttore. Corona, da art di-rector, diventò suo vice. E, conoscendo l’al-lergia a ogni novità del Grande Vecchio, rinfo-derò il progetto originario, tutto bollicine e fo-tomontaggi, per passare a una formula piùtradizionale. Poi però (quante volte ne abbia-mo parlato, rievocando quei giorni irripetibili),per puro sfizio, mostrò al Vecchio quelle pa-gine rivoluzionarie. Montanelli lo stese con untonante «E solo ora me le mostri? È moltomeglio questa Voce qua! Vai avanti, Vittorio».L’Avvocato Agnelli, stupefatto, commenterà:«Hanno messo la minigonna a Montanelli». Il

Vittorio Corona il “pittore” dei giornali

di Marco Travaglio di Vittorio Reali

successo in edicola, nelle prime settimane, ètravolgente. Poi una serie di errori editoriali,misti ai sabotaggi politico-pubblicitari, spe-gneranno la Voce per sempre.Da allora, il sogno di Vittorio era riportarla inedicola. Due anni fa, nel decennale, aveva cu-rato per la Bur un’antologia delle migliori co-pertine e dei migliori editoriali montanelliani,dal titolo Senza Voce. Era già malato, ma con-tava di farcela. Non è stato così. Le vicendedel figlio, fotografo dei vip, non hanno aiutato.Ma dal ‘95 all’altroieri Corona ha fatto mille al-tre cose: un mensile per il gruppo Donati, losplendido inserto culturale del Sole-24 ore,vari rotocalchi (anche per editori stranieri, so-prattutto tedeschi). Ma sempre dietro le quin-te: nessuno osava assumere l’uomo che ave-va detto di no al Cavaliere. Non prima che siscusasse, almeno. Vittorio però, diversamen-te da tanti, anche ex-vociani, non era tipo dainginocchiatoio. Era un galantuomo dallaschiena dritta, fra tante serpi e troppi servi.(da la Repubblica del 26 gennaio 2007).

denti universitari; tutti a titolo gratuito.Personalità eclettica ed anticonformista,sempre attento a tutte le innovazioni è statouno dei primi a credere nella diffusione e for-za del web creando uno dei portali dedicatialla letteratura agli albori di internet e arri-vando a vincere ben due premi indetti dalSole 24ore nel 1996... Attualmente eraDirettore responsabile della rivista da lui fon-data Il Club degli autori e presidente dell’o-monima associazione che ha istituito con loscopo di promuovere gli autori esordienti edemergenti, creatore e webmaster delnetwork culturale http://www.club.itNonostante la non più giovane età era un ap-passionato motociclista conosciuto nell’am-biente come “nonno Biker”, infatti una suasimpatica caricatura è apparsa sul numero11-2004 del mensile Focus. Ha ideato il sitohttp://www.bikersclub.it

r.t.

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Due, forse tre, giorni prima di Natale, durantei lavori del Consiglio nazionale dell'Ordine aRoma, siamo stati raggiunti dalla notizia dellamorte di un altro amico, Peppino Fumarola.Aveva da poco compiuto i 75 anni.Gli ultimi giorni della sua esistenza terrenasono stati duri, dolorosi. Si è così riprodotta,nel breve termine, l'essenza della sua vita,costellata di fatiche, di sofferenze, di impegno,di coerenza, spesso pagata a caro prezzo.Giuseppe Fumarola è venuto a Milano dalsud, dalla Puglia e ad Alberobello è stato ri-condotto nel suo ultimo viaggio. Un ritorno acasa, in quella terra che ha sempre amato e,soprattutto, ha cercato in ogni modo di difen-dere e di nobilitare.A Milano ha lavorato a Il Giorno (“Quello diBaldacci e di Pietra” era solito puntualizzare),ha ricoperto incarichi per molti anni nel sin-dacato, nell'Ordine. È stato delegato a molticongressi della Federazione della stampa, èstato docente alla Cattolica, ai corsi di prepa-razione agli esami professionali e poi compo-nente delle commissioni agli esami di Stato.Forse ho tralasciato qualche altro dato bio-grafico. Mi scuso con Peppino, con i suoi ca-ri, con i colleghi. Ma preferisco ricordarlo in al-tro modo: come un uomo coerente, convintodelle sue idee, difensore della verità, combat-tente per la giustizia. In questo senso gli dob-biamo qualche scusa: per averlo talvolta sot-tovalutato, per averlo giudicato troppo insi-stente e caparbio su talune letture della vitaprofessionale e delle vistose carenze che sisono palesate nei vari ambiti del nostro lavo-

Giuseppe Fumaroladifensore della verità

ro quotidiano. È stato un cattolico militante,della tradizione popolare più genuina. Connoi è stato il fondatore del Gruppo giornalisticattolici “Giuseppe Donati”. Studioso, criticodei processi politici ma senza mai rinnegarele proprie scelte. È stato al nostro fianco inuna delle stagioni più difficili, quella della chiu-sura delle tipografie, dei computer in redazio-ne, dei sistemi editoriali da definire con glieditori, dei piani di ristrutturazione da discu-tere nella difesa dei posti di lavoro. Severo nelgiudizio, garbato nei suggerimenti, consape-vole della portata della trasformazione. Il suonome è apparso poche volte sul giornale mafra noi è stato spesso un punto di riferimento.Gli dobbiamo tanta gratitudine assieme al ri-cordo e ad una preghiera.

Franco Gianola,giornalista e storico

Si è spento all’improvviso, sabato 13 gennaio,a 76 anni, Franco Gianola, a lungo redattorede il Giorno. Lascia la moglie Donatella e do-lore e rimpianto in tutti quelli che l’hanno co-nosciuto, apprezzato e amato per le sue qua-lità umane e professionali.Era nato a Remanzacco, in provincia diUdine, il 18 marzo del 1930. Aveva iniziatol’attività professionale negli anni Cinquanta, alPiccolo di Trieste, poi era passato a l’Unità, inqualità di inviato speciale nel Friuli. Nel ‘62 ini-ziava il suo periodo giornalisticamente più ric-co di soddisfazioni, alla rivista Vie Nuove, pri-ma a Milano, poi a Roma, infine di nuovo aMilano. Sui più svariati temi di politica e di co-stume aveva saputo far valere le sue virtù di

di Gianni Buosi inviato scrupoloso, naturalmente portato al-l’approfondimento. La sua curiosità l’avevaportato anche a uno dei primi viaggi nellaCuba di Castro, dalla quale era tornato conun ampio reportage. La sua naturale tenden-za all’approfondimento l’aveva spinto a scri-vere anche due libri: Come l’uomo distruggeil pianeta e Il pianeta sesso.Ma poi Vie Nuove chiudeva e Franco, uomoschivo, orgoglioso ed estraneo agli apparati,affrontava un periodo di disoccupazione perapprodare infine, nel 1980, a il Giorno in qua-lità di semplice redattore. E qui si era accon-tentato - lui così colto e preparato - di far va-lere, nel settore “i Fatti della Vita”, il suo ba-gaglio di esperienza e la sua scrupolosità nellavoro redazionale di ogni giorno. Così, perquasi 15 anni, si era fatto stimare e amare daquanti - giornalisti, ma anche tipografi - eranoriusciti a scalfire la sua maschera di riserva-tezza e di velata frustrazione professionaleper scoprire sensibilità ed empatia rare.Ma si vedeva che quel mestiere ormai gli an-dava stretto.Anche se pochi avrebbero scom-messo che - una volta approdato alla pen-sione, nel dicembre ‘94 - Franco avrebbe dav-vero realizzato il progetto che meditava datempo: una rivista di storia.Invece, nel ‘96, decollava già Storia inNetwork, la prima rivista italiana on line spe-cializzata nel settore. Con rigore scientificoma con intenti divulgativi, la rivista avrebbeaffrontato, per ben 123 numeri, i più svariatitemi di storia, con un’attenzione particolare aquella moderna e con il coraggio di affronta-re anche, negli editoriali, i temi più scottantidell’attualità (da ultimo, il nodo dell’alta velo-cità in val di Susa). Questa formula intelligen-te aveva portato Storia in Network a raggiun-gere il primo posto fra le riviste on line del set-tore con oltre 10mila contatti a numero.Di questa brillante iniziativa editoriale Francoè stato l’ideatore, il fondatore, il direttore re-sponsabile, il motore instancabile. Per lunghidieci anni, finché la morte s’è portato via l’in-tellettuale arguto ma affabile, l’uomo dal trat-to signorile, l’amico.

Una direttiva comunitariapotrebbe salvare Google

La notizia si può riassumere in poche righenonostante la sua gravità: la Procura diMilano ha iscritto nel registro degli indagati idue legali rappresentanti di Google Italy Srlnell'ambito dell'inchiesta avviata sul videochoc girato ai danni di un giovane disabile.Entrambi gli indagati sono americani. I reaticontestati sono quelli di concorso omissivonel reato di diffamazione a mezzo internet. Inpratica è stata estesa a Google la normativasulla stampa sul presupposto che “la reteInternet, quale sistema internazionale di in-terrelazione tra piccole e grandi reti telemati-che, è equiparabile ad un organo di stampa”e che “il titolare di un nome di dominioInternet ha gli obblighi del proprietario di unorgano di comunicazione” (Trib. Napoli, 8agosto 1997).

La società Google Italia si è difesa afferman-do che “i filmati pubblicati dagli utenti vannoin linea automaticamente e che non c’è nes-sun filtro editoriale preventivo da parte nostra.Quello che facciamo è ‘tirare giù i contenutiillegali quando ce ne accorgiamo. Il video eraevidentemente contrario alle nostre policy, in-fatti l’abbiamo cancellato immediatamente,appena ci è stato segnalato. Stiamo speri-mentando, e continueremo a sperimentare,tecnologie in grado di individuare automati-camente i contenuti illegali. Ma non è un’im-presa facile. Per fortuna ci siamo accorti cheil filtro più importante è il controllo della co-munità. Sono gli stessi utenti di Google, cheappena vedono qualcosa di anomalo, prov-vedono a segnalarcelo”. Secondo il Garantedella Privacy, “il caso del video del ragazzodown pestato in classe effettivamente pone ilproblema del controllo sui siti Internet e suinuovi media per i quali è più difficile interve-nire con provvedimenti interdettivi. Il web èmolto ampio e la quantità dei siti si moltiplicaquotidianamente. Spesso, perciò, sono diffi-cili il monitoraggio e l’intervento tempestivo”.

Oggi il web permette di inviare non solo mes-saggi ma anche immagini e filmati all’internodi newsgroups, mailing lists, chat line e di co-struire pagine web personali.Tramite Internet,quindi, si possono commettere diversi reati: laviolazione delle norme sul diritto d’autore, ladiffamazione (è il caso di cui ci occupiamo),la violazione delle norme contro lo sfrutta-mento sessuale dei minori, la violazione del-le norme sull’ordine pubblico con la diffusio-ne di materiale di carattere terroristico; la vio-lazione del diritto alla privacy.Quali sono le norme applicabili? La Procuradi Milano sembra orientata ad attribuire unaresponsabilità a Google (inquadrato come uninternet provider) per fatti commessi da terziin base alle norme sulla responsabilità del di-rettore di una testata giornalistica ed in parti-colare all’articolo 57 Cp, equiparando il ge-store di un sito internet ad un direttore re-sponsabile e attribuendogli l’obbligo di verifi-care la liceità del materiale pubblicato sul pro-prio server, compreso quello inviato da terzi.La legge 223/1990 (“legge Mammì”) ha este-so questa responsabilità ai direttori dei Tg edei radiogiornali, mentre la legge 62/2001 hacoinvolto direttamente i direttori dei siti web.Una sentenza milanese va in questa direzio-ne: “Alla luce della complessiva normativain tema di pubblicazioni diffuse sulla reteInternet, risulta ormai acquisito all’ordina-mento giuridico il principio della totale as-similazione della pubblicazione cartaceaa quella diffusa in via elettronica, secon-do quanto stabilito esplicitamente dall’ar-ticolo 1 della legge 62/2001” (Tribunale diMilano, II sezione civile, sentenza 10-16 mag-gio 2002 n. 6127).L’internet provider sarebbe corresponsabiledella condotta illecita del terzo utente sullabase del principio giuridico della culpa in vi-gilando, che si realizza con il mancato adem-pimento dell’obbligo di monitoraggio del ma-teriale sistemato nel server, obbligo sancitoindirettamente dall’articolo. 57 Cp. Il direttoredeve evitare che, con il mezzo della stampa(o di internet), si “commettano delitti”.

Video choc girato ai danni di un giovane disabile

di Franco Abruzzo Il Pm di Milano, però, dovrà valutare l’inci-denza di una direttiva comunitaria, che sem-bra scagionare Google. L’articolo 31 della leg-ge 39/2002 delega il Governo ad emanare undlgs per l’attuazione della direttiva2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridicidei servizi della società dell’informazione, inparticolare il commercio elettronico, nel mer-cato interno. Il dlgs è il n. 70/2003 (Attuazionedella direttiva 2000/31/CE relativa a taluniaspetti giuridici dei servizi della società del-l’informazione nel mercato interno, con parti-colare riferimento al commercio elettronico).L’articolo 16 di questo dlgs, paragonabile allaclassica ciambella di salvataggio (perGoogle), specifica che “nella prestazione diun servizio della società dell’informazione,consistente nella memorizzazione di infor-mazioni fornite da un destinatario del servi-zio, il prestatore non è responsabile delleinformazioni memorizzate a richiesta di undestinatario del servizio, a condizione chedetto prestatore: a) non sia effettivamente aconoscenza del fatto che l’attività o l’informa-zione è illecita e, per quanto attiene ad azio-ni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o dicircostanze che rendono manifesta l’illiceitàdell’attività o dell’informazione; b) non appe-na a conoscenza di tali fatti, su comunicazio-ne delle autorità competenti, agisca imme-diatamente per rimuovere le informazioni oper disabilitarne l’accesso”.

Google in questo caso svolge un’attività disemplice “ospitalità” del filmato incriminato.Tale circostanza potrebbe evitare grane allasocietà americana ove si legga anche l’arti-colo 17 (Assenza dell’obbligo generale di sor-veglianza) del dlgs 70/2003: “Nella prestazio-ne dei servizi… il prestatore non è assogget-tato ad un obbligo generale di sorveglianzasulle informazioni che trasmette o memoriz-za, né ad un obbligo generale di ricercare at-tivamente fatti o circostanze che indichino lapresenza di attività illecite. 2. … il prestatoreè comunque tenuto: a) ad informare senzaindugio l’autorità giudiziaria o quella ammini-strativa avente funzioni di vigilanza, qualorasia a conoscenza di presunte attività o infor-mazioni illecite riguardanti un suo destinata-rio del servizio della società dell’informazio-ne; b) a fornire senza indugio, a richiesta del-le autorità competenti, le informazioni in suopossesso che consentano l’identificazionedel destinatario dei suoi servizi con cui ha ac-cordi di memorizzazione dei dati, al fine di in-dividuare e prevenire attività illecite. 3. Il pre-statore è civilmente responsabile del conte-nuto di tali servizi nel caso in cui, richiestodall’autorità giudiziaria o amministrativaavente funzioni di vigilanza, non ha agitoprontamente per impedire l’accesso a dettocontenuto, ovvero se, avendo avuto cono-scenza del carattere illecito o pregiudizievoleper un terzo del contenuto di un servizio alquale assicura l’accesso, non ha provvedutoad informarne l’autorità competente”. Se nonc’è obbligo di sorveglianza non c’è responsa-bilità penale. E se c’è correttezza nel com-portamento con le autorità di vigilanza nonc’è responsabilità civile.Frattanto un senatore di Forza Italia (MariaBurani Procaccini) ha presentato un disegnodi legge per vietare la divulgazione via inter-net di immagini di episodi di bullismo.L’obiettivo è quello di colmare un “vuoto legi-slativo’’. Saranno previste pene pesanti per itrasgressori, con l’inasprimento delle peneper i minori e per i genitori correi nonché lachiusura dei siti. Probabilmente questa è lavia giusta. Bisogna tener conto che il comma2 dell’articolo 21 proibisce la censura sullastampa. Gli Internet provider non possonoesercitare funzioni vietate espressamentedalla Carta fondamentale della Repubblica.Soltanto il giudice può ordinare che un filma-to illecito sia tolto dal web. Altra storia è l’ac-cusa di diffamazione: il Pm dovrà provare chei responsabili di Google abbiano agito condolo. L’impresa, per le questioni illustrate, è aprima vista alquanto difficile. L’Europa sem-bra escludere questa accusa.(da Il Giorno/Il Resto del Carlino/LaNazione del 26 settembre 2006, pagina 6.IL COMMENTO/PENE PESANTI, MA AI VE-RI COLPEVOLI)

di Sergio Borsi

Page 48: Ordine - odg.mi.it · Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo ... trattati di diritto costituzionale. Cheli appar-tiene a quella scuola fiorentina, che, fonda-

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2006 tragico:almeno 81 giornalistiuccisi e 56 rapiti

Roma, 2 gennaio 2007. Nel 2006, sono statiuccisi in 21 paesi del mondo almeno 81 gior-nalisti e 32 collaboratori dei media. Inoltre, al-meno 871 giornalisti sono stati fermati, 1472aggrediti o minacciati, 912 media censurati e56 sono stati rapiti, soprattutto in Iraq e nellastriscia di Gaza. Sono i dati del rapporto 2006sulla libertà di stampa di Reporters sansFrontières, un anno infausto che trova un soloprecedente, quello del 1994 quando furono as-sassinati 103 giornalisti.Per il quarto anno consecutivo, l’Iraq resta ilpaese più pericoloso al mondo per i professio-nisti dei media: 64 giornalisti e collaboratori so-no morti nel paese durante il 2006. In totale,dall’inizio della guerra, 139 giornalisti sono sta-ti uccisi in Iraq, ossia più del doppio del nume-ro dei giornalisti uccisi durante i venti anni del-la guerra in Vietnam (63 giornalisti uccisi tra il1955 e il 1975). Nel 90% dei casi, scrive Rsf,le vittime sono dei giornalisti iracheni.Le indagini per ritrovare i colpevoli, denuncial’associazione, sono rarissime, incomplete e, ingenerale, inefficaci.Al secondo posto nella lista degli Stati più pe-ricolosi, il Messico, diventato il Paese più vio-lento del continente americano, davanti allaColombia.Nel 2006, 9 giornalisti sono stati uccisi mentreindagavano sul narcotraffico locale oppure sul-lo sviluppo dei violenti movimenti sociali in cor-so nel Paese. Sono oltre 1.400 i casi di ag-gressioni e intimidazioni registrati da Reporters

sans Frontières, atti di violenza che sono stati,il più delle volte, il corollario delle campagneelettorali svoltesi in alcuni paesi.Il numero dei casi di censura è invece legger-mente diminuito: 912 nel 2006 contro i 1006dell’anno precedente. Quest’anno, il maggiornumero di casi di censura è stato registrato inThailandia. La rete Internet è rigorosamentecontrollata in numerosi paesi del mondo.Reporters sans frontieres ha diffuso, nel mesedi novembre 2006, la lista dei 13 nemici diInternet: Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania,Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran,Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan,Vietnam. Almeno 871 giornalisti sono stati ar-restati nel 2006 e per la prima volta, Reporterssans Frontières ha registrato, in modo esatto,il numero di giornalisti rapiti nel mondo: alme-no 56 nel 2006 in una decina di paesi. Le due

zone maggiormente a rischio sono l’Iraq, dove17 professionisti dei media sono stati rapiti dal-l’inizio del 2006, e la Striscia di Gaza, dove seireporter sono stati rapiti. Se, nel caso deiTerritori palestinesi, i rapimenti si sono tutti con-clusi con la liberazione degli ostaggi, in Iraq,sei professionisti dei media sono stati uccisidai loro rapitori.“Un numero così alto di giornalisti uccisi, eperò anche di violenze e di atti di repressionesui media in ogni parte del mondo, confermapurtroppo che i processi della conoscenzaoperano oggi in una condizione di crisi dram-matica più che mai’’. Lo afferma MimmoCandito, presidente italiano di Reporters SansFrontières, commentando i dati del rapporto2006 sulla libertà di stampa dell’associazione.“Tutti questi morti - osserva Candito - ammaz-zati nel loro lavoro di ricerca e di costruzione di

un’informazione credibile, ci dicono che, anchein un tempo di tecnologie spersonalizzanti, ilgiornalismo come testimonianza diretta dellarealtà, resta tuttora un impegno che i reporteraffrontano con consapevolezza anche quandociò comporta l’assunzione del rischio dellamorte’’.“Ma queste morti e queste violenze ci diconoanche che la consapevolezza che tutti i poteriormai hanno della centralità dell’informazione,nelle dinamiche della vita sociale, spinge atentare in ogni modo un controllo - sempre piùforte, e sempre più spregiudicato, fino all’ucci-sione o alla censura violenta sul lavoro giorna-listico, per condizionarne la libertà di indagine,l’autonomia di espressione, la forza della de-nuncia’’.“Appare dunque evidente - sottolinea - che,

proprio perché il ricordo di queste morti e diqueste violenze non è soltanto una celebra-zione di retorica, i giornalisti italiani trovano nel-le cifre amare documentate dal Rapporto diRsf il sostegno e le ragioni della lotta che stan-no conducendo in questi mesi con proteste escioperi: la difesa di un giornalismo libero, au-tonomo contro tutti i tentativi di trasformarlo inuno strumento docile e piegato alle ragioni deipoteri, quali che essi siano, non è un atto di mi-serie corporative, ma lo snodo vitale di una so-cietà dove le regole della democrazia non so-no enunciazioni formali ma - conclude - piutto-sto il riconoscimento di ruoli e di responsabilitàirrinunciabili’’. (ANSA)

Reporters sans Frontières

Le date per le elezioni dei componenti del Consiglionazionale(e dei Consigliregionali)

Con delibera del Presidente del Consiglio nazionaledell'Ordine dei giornalisti del 5 febbraio 2007, sono sta-te fissate le date per le elezioni dei componenti delConsiglio nazionale (e dei Consigli regionali) per iltriennio 2007/2010:

Domenica 13 maggio 2007: prima convocazione;Qualora sia stato raggiunto il quorum di validità dell'as-semblea ma i candidati non abbiano ottenuto la mag-gioranza dei voti, domenica 20 maggio 2007 avrà luo-go la votazione di ballottaggio;

Domenica 20 maggio 2007, seconda convocazione(nel caso in cui nella prima convocazione non sia in-tervenuta almeno la metà degli iscritti nei rispettivi elen-chi, aventi diritto al voto); qualora i candidati non ab-biano ottenuto la maggioranza dei voti domenica 27maggio 2007 avrà luogo la votazione di ballottag-gio.

Con l'occasione il Consiglio nazionale ha pubblicato unvademecum contenente le "Norme per le elezioni deiconsigli regionali e del consiglio nazionale" - di cui èpossibile scaricare il file in pdf - nel quale si precisanole procedure e le modalità per le elezioni. Nel docu-mento è riportata la normativa di riferimento e la giuri-sprudenza del Consiglio nazionale relativa gli argo-menti trattati.

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