Onda durto febbraio2010

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Indice: L’altra metà del Cielo pag. 2 Protesta dell’Onda verde pag. 2 Diritto patibolo/tribuna pag. 3 Differenze e femminismo pag.4 Aung San Suu Kyi pag. 5 Carta mondiale donne pag.6-7 Non toccate le donne pag. 8 Wangari Maathai pag. 9 Donne Assassine pag.9 Fo e le donne pag.10 Effetto Pigmalione pag. 11 Amnesty pag. 12 Artisti &Campioni pag. 13 Ex 7 in condotta pag. 14 Splash pag. 15 Enigma pag. 16 Volere è potere pag.17 Libri pag.18 Musica e Film pag.19 Dibattito pag.20 Il corpo delle donne pag. 20 Ricordo di Jessica pag.21 Buon 8 marzo pag.22 ONDA DURTO Periodico degli studenti del Liceo ‘Porporato’ di Pinerolo - Anno XII, n.3, Febbraio 2010 www.liceoporporato.it/studenti/onda/onda_d'urto.htm ins. resp. antonio denanni

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N.3 Giornale degli studenti del Liceo Porporato

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Indice: L’altra metà del Cielo pag. 2 Protesta dell’Onda verde pag. 2 Diritto patibolo/tribuna pag. 3

Differenze e femminismo pag.4 Aung San Suu Kyi pag. 5 Carta mondiale donne pag.6-7 Non toccate le donne pag. 8 Wangari Maathai pag. 9

Donne Assassine pag.9 Fo e le donne pag.10 Effetto Pigmalione pag. 11 Amnesty pag. 12 Artisti &Campioni pag. 13

Ex 7 in condotta pag. 14 Splash pag. 15 Enigma pag. 16 Volere è potere pag.17 Libri pag.18

Musica e Film pag.19 Dibattito pag.20 Il corpo delle donne pag. 20 Ricordo di Jessica pag.21 Buon 8 marzo pag.22

ONDA D’URTOPeriodico degli studenti del Liceo ‘Porporato’ di Pinerolo - Anno XII, n.3, Febbraio 2010

www.liceoporporato.it/studenti/onda/onda_d'urto.htm ins. resp. antonio denanni

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L’altra metà del cielo Il tema "donna" è sicuramente uno di quelli più dibattuti in questi ultimi anni in tutto il mondo, nei paesi ricchi e benestanti dell’Occidente come in quelli in Via di Sviluppo, dove la donna dopo secoli di sottomissione sta salendo lentamente alla ribalta da protagonista: matrimoni più liberi, per amore e per volontà dei coniugi, più possibilità di lavoro, di guadagno e anche di raggiungere posizioni di prestigio testimoniano una maggiore libertà delle donne e anche una crescita sociale. La donna sottomessa e priva di dignità del passato è ora sostituita piano piano da una donna nuova, più istruita, più informata, più attenta a sé e a ciò che la circonda. Certo, sono ancora limitati i casi di donne in politica, come la San Suu Kyi in Birmania, la Arroyo nelle Filippine, la Gandhi in India, per fare dei nomi, ma sono spia di una tendenza all’emancipazione. Che c’è, nonostante l’apparente chiusura e sottomissione, anche nei Paesi arabi di tradizione islamica, dove la donna è in condizione d’inferiorità anche giuridica rispetto all’uomo. Certo la strada da percorrere è ancora molto lunga, ma la rotta ben chiara a livello di Diritti umani è tracciata. La donna sottomessa e priva di ogni dignità del passato, pur ancor presente in molte parti del mondo, non è più il modello da seguire. A queste donne che nel mondo si dedicano all’emancipazione della donna e al bene della società abbiamo voluto dedicare alcune pagine del nostro giornalino, scegliendo la storia di una o più donne per continente. Abbiamo voluto fare il punto sul femminismo intervistando una femminista storica del Pinerolese, la prof. Pinuccia Corrias. Abbiamo pure pubblicato la “Carta mondiale delle donne” per farla conoscere. Avevamo in programma uno scoop con una donna molto simpatica, ma lo rimandiamo ad uno dei prossimi numeri. Non vogliamo però sostenere il partito delle donne contro quello dei maschi oppressori, o delle quote rosa contro quelle azzurre, memori sì del detto cinese che “le donne sono la metà del cielo”, ma anche che l’altra metà è composta di uomini. La stessa Bibbia ci dice che Dio, creando l’essere umano, “maschio e femmina li creò”. Cioè con pari dignità e diritti, affin-ché si amassero e fossero complementari. Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere è un libro di John Gray sul rapporto di coppia, che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Questo libro si basa su un pensiero semplice quanto efficace: gli uomini e le donne hanno due diversi modi di pensare, di parlare, di amare. Il dialogo, contrariamente a quanto si possa pensare, non è però impossibile, anzi: dal momento che si imparano a riconoscere e ad apprezzare le differenze tra i due sessi, tutto diventa più facile, le in-comprensioni svaniscono e i rapporti si rafforzano. E, cosa più importante, si può imparare ad amare e a sostenere nel modo migliore le persone che ci sono vicine. E questo vale anche per le persone e le popolazioni di differenti razze e culture. La Redazione

Sono in molti che hanno espresso la loro solidarietà alla giovane popolazio-ne iraniana, che manifesta e lotta a mani nude contro un governo dispotico e

reazionario, fatto di militari e di clero conservatore, ritenuto peggiore di quello dello Shah. Alle altre voci aggiungiamo anche la nostra di giovani studenti del Liceo Porporato di Pi-nerolo. Sentiamo anche noi l'esigenza di manifestare la nostra solidarietà generazionale ai nostri coetanei che chiedono con determinazione democrazia, libertà, rispetto dei diritti umani e civili.

In Iran per ottenere la libertà molti studenti sono stati incarcerati ed uccisi. Il simbolo di questa On-da Verde di libertà è una ragazza di 18 anni, Neda, uccisa con un colpo di fucile in una di queste manife-stazioni. Proprio prendendo spunto dalla sua vicenda l’ex presidente Giuliano Amato, ha dichiarato inopportuna la Giornata mondiale di filosofia 2010 a Teheran. Così ha scritto alla direzione generale dell’Unesco che promuo-ve la manifestazione: "Riteniamo che la candidatura dell’Iran per la prossima edizione non possa essere accolta come una ordinaria rotazione della sede, dal momento che sappiamo, purtroppo per esperienze che ci sono vicine, come in Iran si possa essere incarcerati e si possa rischiare la vita per le pro-

prie idee. Nel giugno scorso Neda Agha Soltan, la giovane diventata simbolo delle proteste seguite alle elezioni, era lau-reata in studi teologici e in filosofia secolare. È certo, nelle condizioni attuali, che una Giornata mondiale della filosofia non potrà «normalmente» svolgersi in Iran e che molti filosofi non vi potranno liberamente partecipare. Sappiamo che una decisione definitiva sulla candidatura di Teheran non è ancora passata al vaglio degli organi centrali dell’Unesco e ci auguriamo perciò che essi siano in condizione di far svolgere la manifestazione in un altro paese

La protesta dell’Onda verde La nostra solidarietà ai giovani iraniani

Un euro per Haiti La tragedia di Haiti ha “col-pito” anche noi, studenti e insegnanti del Liceo Porporato L’idea di raccogliere 1 euro a testa, partita dalla 3CL, ha fruttato € 2122, che sono stati versati prima nella cassa della scuola e poi sul c/c di Medici Senza Frontiere. Siamo felici che anche que-sta iniziativa di solidarietà abbia fatto centro: è un’altra perla che si aggiunge a quelle già in opera: adozioni in Bangladesh, sostegno ai bimbi malati di cancro dell’UGI, sensibilizzazione del gruppo Amnesty sui diritti umani, ecc.

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Diritto di patibolo… ma anche di tribuna! Le prime femministe ante litteram: le suffragette

La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. L'esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannia che le oppone l'uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione (dalla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Francia 1789).

Questa citazione riassume brevemente la linea sostenuta dalle cosiddette “suffragette”, termine che in origine indicò le femministe inglesi le quali, a partire dalla metà dell’800 ma prin-cipalmente all’inizio del ’900, si battevano perché il diritto di vo-to fosse esteso anche alle donne. Successivamente, per la rilevanza che tale movimento acquisì, lo stesso termine passò ad indicare, più in generale, coloro che condividevano ideali di carattere spiccatamente femminista. La storia delle suffragette si configurò da subito come un sus-seguirsi di azioni che esprimevano una protesta reale e sentita: attraverso comizi e manifestazioni pubbliche continue, quelle stesse donne le cui antenate avevano vissuto un’esistenza di su-bordinazione indiscussa, nei confronti del padre prima e del ma-rito poi, giunsero ad incendiare negozi ed edifici pubblici (fino ad arrivare alla cosiddetta “guerra delle vetrine”, che vide la prima martire per il suffragio, la giovane Emily Davinson) e a disturbare le riunioni dei parlamentari, in modo da far breccia nella resistenza conservatrice della società britannica. Si tenga presente che quella delle suffragette non fu la prima ri-vendicazione attiva condotta dalla popolazione femminile: le femministe inglesi furono infatti precedute storicamente da quel-le statunitensi, che non ricorsero, però, ad azioni violente, e che furono attive per tutto l’Ottocento: loro manifestazioni tipiche furono parate, cortei con fiaccole e striscioni, comizi e marce di protesta volte alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Ma già a partire dalla Rivoluzione le donne francesi avevano iniziato a prendere coscienza di sé non in quanto semplici appendici degli uomini, ma in quanto entità uniche e a sé stanti, e come tali detentrici di diritti e doveri personali su quali solo esse stesse dovevano avere l’ultima parola. A questo proposito, si pensi alla celebre frase Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo deve avere anche il diritto di salire sulla tribuna. (L’autrice, Olimpia de Gouges, fu fatta ghigliottinare da Robespierre nel 1793). L’efficacia della protesta inglese fu dovuta probabilmente alla recente industrializzazione, il cui apportato benessere cambiò radicalmente la vita e la posizione delle donne, che pretendevano la possibilità di insegnare nelle scuole superiori, l’uguaglianza dei diritti civili, l’apertura di tutte le carriere professionali e soprattutto il suffragio. Malgrado spesso le manifestazioni fossero soffocate dalle forze dell’ordine con la violenza, gradualmente le donne conseguirono successi sempre maggiori, fino ad ottenere, nel 1928, una legge che segnò una vittoria epocale poiché non prevedeva alcun vincolo o restrizione: il suffragio veniva finalmente esteso a tutte le donne. L’azione delle suffragette, per quanto legata indissolubilmente al suo contesto storico, acquista tuttavia un’attualità particolare all’interno di una società complessa, giustamente definita “liquida”, come la nostra. In altre parole, di fronte alla posizione che le donne ricoprono oggi (e mi riferisco specificamente all’Occidente), forse sarebbe corretto domandarsi: le grandi donne, le lottatrici che in passato hanno combattuto perché la nostra vita potesse essere vissuta secondo le nostre inclinazioni e la nostra sensibilità, le attiviste che hanno sognato per noi un’istruzione tale che potesse condurci un giorno a scrivere, pensare, agire essendo semplicemente noi stesse… queste donne sarebbero soddisfatte del modo in cui stiamo rac-cogliendo la loro eredità?

Gloria Lizza, 1 B Cl 3

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Intervista a Pinuccia Corrias

Dialogo sulle differenze e sui femminismi Ci spiega che cos’è il femminismo? Intanto bisognerebbe usare il termine al plurale: ci sono stati e ci sono modi diversi di intendere e vivere il proprio essere donne e da questa diversità derivano pratiche e politiche diverse. Più che un’intervista oc-correrebbe da parte delle giovani una domanda a se stesse sul modo in cui ciascuna sente e vive la propria differenza sessuale e da lì partire per un confronto non solo teorico ma di cammino comune con le donne che appartengono ad un’altra generazione e che ancora riflettono e vivono come una forza vivificante il parti-re da sé per guardare la realtà, invece che uniformarsi all’immaginario dominante. Che cosa è rimasto dell’esperienza del femminismo degli anni ’70-80? Quali le conquiste e quale il fallimento? La domanda sottintende l’idea di un femminismo inteso come movimento di lotta che ha degli obiettivi da raggiungere (e subito qualcuna elen-ca la legge sul divorzio, quella sull’interruzione di gravidanza e così via). Insomma si presume che le donne siano una parte dell’umanità svantaggiata che deve rimuovere le cause di tale svantaggio e poiché è sotto gli occhi di tutti che le donne non sono uguali agli uo-mini si presume che, appunto, ci sia stato qual-cosa che non ha funzionato e che dunque oc-corra individuare eventuali fallimenti e magari riiniziare le lotte per difendere, come si dice, le conquiste raggiunte, messe in discussione dai conservatori oltre che avanzare nuove richieste per la parità dei diritti e l’uguaglianza tra uomini e donne e bla…bla… bla… Ma io, come si vedrà più avanti, non la penso così. Una cosa che colpisce del femminismo è il fatto che le femministe sembrano sempre in polemica con gli uomini o con il mondo. Come mai? Generalizzare finisce sempre per portare ad affer-mazioni un po’ apodittiche che impediscono di fatto di vedere cosa davvero capita sotto i nostri occhi. Vorrei chiedere alle giovani donne che hanno formulato questa domanda se si sono mai trovate nella posizione di spiegare a degli adulti un po’ prevenuti sui giovani il loro modo di vedere la vita, le relazioni, il modo di divertirsi, di vestirsi, di vivere l’amore, il sesso, il cibo e se è capitato loro di rendersi conto non solo di non essere capite ma di essere compatite, accu-sate, giudicate…ebbene, se così è stato, non si sono sentite chiedere per caso: «Ma perché ti scaldi tanto? Perché urli? Come sei aggressiva!!» Bene, quando una donna – in particolare se in un luogo pubblico – prende l’iniziativa di parlare o di “esistere” al di fuori dei canoni previsti, disattenden-

do le logiche dei partiti, delle chiese, degli uomini che hanno autorità, ricevono in genere lo stesso trattamen-to. Che rabbia!!! Ecco perché sembriamo avercela con gli uomini! Il che viene immediatamente identificato con l’avercela con il mondo, perché l’unico mondo che sembrerebbe potere esistere è quello a misura degli uomini. Qual è l’ambito dove c’è ancora oggi la maggiore discriminazione della donna? Io non sono più una donna, sono semplicemente una “vecchia” e per giunta nemmeno rifatta. La di-scriminazione che vivo è questa. Non credo che i miei coetanei siano visti così. Anzi! Oggi mi pare che il “canuto” piaccia molto, in particolare alle giovani.

In quanto alle altre discrimina-zioni credo che voi possiate vederle più di me: se ci sono!!

Luisa Muraro, filosofa e femminista, dice che la destra

italiana ha una visione delle donne «paternalistica e patriarcale»: è vero? Più che dire se è vero – Luisa Muraro è la mia maestra e prima di dire che non ha ragione mi chiederei seriamente se ho capito e, ancora di più, se ho gli elementi per capire; affermazione questa che lei

faceva rispetto a Simone Weil – potrei pro-vare a spiegare che cosa vogliono dire nel

suo pensiero questi termini. Luisa Mura-ro, infatti, è una delle grandi pensatrici

del cosiddetto «pensiero della differenza», che non esaurisce la propria politica in una

lotta emancipatoria della condizione della donna ma che fa della differenza una carta

da giocare per arricchire il mondo di un’altra presen-za, tacitata in una realtà in cui il soggetto è solo l’uomo e la donna è l’oggetto del suo discorso. Forse fa più chiarezza la definizione di Adrienne Rich: “Patriarcato è il potere dei padri: un sistema socio-familiare, ideologico, politico in cui gli uomini – con la forza, con la pressione diretta, o attraverso riti, tradizioni, leggi, linguaggi, abitudini, etichetta, educazione e divisione del lavoro – determinano quale ruolo compete alle donne (…). Sotto il patriar-cato posso vivere avvolta in un purdah o guidare un camion;(…) vivere in una comunità di lesbiche nella Nuova Inghilterra; posso diventare un capo di stato per diritto di nascita o per elezione o lavare la biancheria di un miliardario(…); quale che sia il mio status o la mia posizione, la classe sociale a cui appartengo, o le mie preferenze sessuali, io continuo a vivere sotto il potere dei padri, e a me saranno a-perti privilegi o influenza solo nella misura in cui il patriarcato è disposto a concedermeli, e solo a condizione che io paghi il prezzo dell’approvazione

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Aung San Suu Kyi: un nome non troppo semplice da ricordare, ma ormai noto in tutto il mondo. La leader democratica birmana, da molti anni attiva nella difesa dei diritti umani, sostiene il movimento non-violento del suo Paese. Nata nel 1945, è la figlia del generale Aung San (uno dei principali esponenti politici birmani del tempo), ucciso da alcuni avversari politici quando la piccola aveva appena due anni. Mentre la madre diviene ambasciatrice in India e attiva nella politica della Birmania, la giovane cresce, soprat-tutto culturalmente, frequentando le miglio-ri scuole indiane e inglesi e diplomandosi ad Oxford con la laurea in filosofia, scienze politiche ed economiche. Proprio negli anni in cui ritorna in Birma-nia, il generale Saw Maung prende il potere e instaura un regime militare. Influenzata dagli insegnamenti del Mahatma Gandhi, fonda nel 1988 la Lega Nazionale per la Democrazia, che due anni più tardi vince le ele-zioni; i militari, però, contrari al fatto che Aung San Suu Kyi sarebbe diventata Primo Ministro, prendono il potere con la forza, costringendo la candidata agli arresti domiciliari. Ciò non le impedisce comunque di

vincere nel 1991 il premio Nobel per la pace: il denaro del premio verrà utilizzato per i sistemi sanitario e di istruzione, a favore del popolo.

Quando, grazie a maggiori pressioni esercitate dalle Nazioni Unite, Aung San Suu Kyi può godere di maggiore libertà, cade vittima di un agguato militare, dal quale scampa solo grazie alla prontezza del suo autista; con questo pretesto è nuovamente messa agli arresti domicilia-ri, nonostante le ripetute richieste di libe-razione da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Il pretesto per una nuova pena avviene il 3 maggio 2009: il mormone Yethaw raggiunge a nuoto l’abitazione di Aung San Suu Kyi, che pochi giorni dopo viene

condannata a tre anni di lavori forzati e 18 mesi aggiuntivi di arresti domiciliari a Rangoon. Nonostante tutto, la democratica continua ininterrottamente a combattere per la libertà del suo popolo e, proprio per citarla: “Prevarremo perché la nostra causa è giusta e fondata… la storia è dalla no-stra parte, il tempo è dalla nostra parte”.

Silvia Garis V A/l

Aung San Suu Kyi Una donna in lotta per il suo popolo

Voglia Affacciati ancora una volta oltre il portone di una birreria, unico testimone di un mondo che si nutriva di sogni, speranze, musica, poesia… Cerca di carpire dall’aria circostante una rimembranza del passato, ancora un anelito di rivoluzione… è qui che mi redimo, che tento la mia redenzione: in mezzo a sconosciuti, muti ai miei occhi, ma con una storia immensa dietro di loro, ed ancor più grande davanti, da scrivere, inventare. Non è vero che non siamo liberi. La libertà è ancora lì ad attenderci, quando siamo bloccati a casa da una nevicata violenta, che in dono ci rende lo spettacolo anarchico dei fiocchi che cadono, cadenzati e cadenti meglio delle stelle. Libertà. Questa si trova, che sia con la compagnia migliore che ci sia, con una pinta od un sussulto interiore, una voglia di rivoluzione, ed amore…

Carlo Guassone III b classico

maschile.” Che magari chiede solo che io sia graziosa, gentile, in-telligente o anche grintosa, bellissima, efficiente, colta e determinata, ma…a disposizione. Una donna che si sottrae, che si pone come soggetto, al contrario, mette al mondo libertà femminile, e dun-que mette al mondo un altro mondo. E invece la sinistra? Invece? Ida Dominijanni, una giornalista del Manifesto, definisce i suoi coetanei della sinistra la “fratria”. Cre-dete che siano molti tra di loro quelli che hanno perso tempo a leggere i libri delle loro “sorelle”, a confron-tarsi con il loro pensiero, a credere nella loro politica? Anche loro spesso hanno solo bisogno di “donne a di-sposizione”. E come ha detto a Berlusconi quella gran-de politica che è Rosi Bindi, anche a loro si potrebbe dire: «Invece, siamo donne non a vostra disposizione».

Neanche per i loro giochi con le quote “rose”, o “verdi” o “…” che siano. Lei ha organizzato l’anno scorso degli incontri su Simone Weil. Che messaggio può dare questa donna alle donne di oggi? Non so se abbia messaggi, di sicuro c’è per me che è stata una donna grande, assoluta, nel senso etimologico del termine: ab-solutus, sciolto da, libero; anzi, libera. Potrei però farvi notare che, insieme a molte altre fi-losofe del Novecento, è una di quelle che a scuola non esistono. Come mai? Vi pare una discriminazione? Per l’ 8 marzo potreste chiederne ragione ai vostri e alle vostre insegnanti. Potrebbe essere un buon punto di partenza per iniziare a riflettere, a partire da sé e dalla propria esperienza, in relazione con altre donne che vi-vono il vostro stesso mondo. Auguri.

Giulia Antonucci, 5A Soc

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Preambolo Noi donne marciamo da molto tempo per denunciare l’oppressione che viviamo come donne, per affermare che la dominazione, lo sfruttamento, l’egoismo e la ricerca sfre-nata del profitto che portano ad uno stato di ingiustizia, alla guerra e alle violenze, avranno una fine. Dalle nostre lotte femministe, da quelle delle nostre antenate, in tutti i continenti, sono nati nuovi spazi di libertà, per noi stesse, per le nostre figlie (e i nostri figli) e per tutte le bambine e i bambini che calpesteranno questa terra in futuro. Noi costruiamo un mondo in cui la differenza è una ricchezza e in cui si riconosce il valore sia dell’individualità che della collettività, dove si scambiano le esperienze senza costrizioni, dove le parole, i canti e i sogni possono circolare liberamente. Questo mondo che vogliamo considera la persona umana come una delle cose più preziose. E’ un mondo dove regna l’uguaglianza, la libertà, la soli-darietà, la giustizia e la pace. Abbiamo la forza per crearlo. Noi donne costituiamo più della metà dell’umanità. Diamo la vita, amiamo, lavoriamo, creiamo, lottiamo, ci divertiamo. Assicuriamo attualmente la maggior parte delle attività indispensabili per la prosecuzione della vita e la continuità dell’umanità. Eppure il nostro ruolo nella società rimane sottovalutato. La Marcia mondiale delle donne, di cui facciamo parte, identifica il patriarcato come il sistema che opprime le donne e il capitalismo come sistema che permette ad una minoranza di sfruttare l’immensa maggioranza delle donne e degli uomini del pianeta. Questi sistemi si rafforzano reci-procamente e si intrecciano con il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, il colonialismo, l’imperialismo, e lo schiavismo. Essi alimentano gli integralismi che negano le libertà fondamentali delle donne e degli uomini; generano povertà, esclusione, violazione dei diritti umani, in partico-lare delle donne, e mettono in pericolo la stessa sopravvi-venza del pianeta. Noi rifiutiamo questo mondo. Ci proponiamo di costruire un altro mondo dove lo sfruttamento, l’oppressione, l’intolleranza e le esclusioni cessino di esistere, dove l’incolumità, la diversità, i diritti e le libertà di tutte e di tutti siano rispettati. Questo altro mondo, come lo concepiamo noi, si fonda sui seguenti valori: uguaglianza, libertà, solidarietà, pace e giustizia.

UGUAGLIANZA Affermazione 1. Tutti gli esseri umani e tutti i popoli sono uguali in tutti i campi e in tutte le società. Hanno uguale accesso alle ricchezze, alla terra, ad un lavoro dignitoso, ai mezzi di produzione, alla casa, all’educazione, alla formazione professionale, alla giustizia, ad un’alimentazione sana, nutriente e sufficiente, ai servizi di sanità fisica e mentale, alla sicurezza della vecchiaia, a un ambiente sano, alla proprietà, alle funzioni rappresentative, politiche e decisionali, all’energia, all’acqua potabile, ai

mezzi di trasporto, alle tecniche, all’informazione, ai mezzi di comunicazione, al tempo libero, alla cultura, al riposo, alla tecnologia e ai prodotti della scienza. Affermazione 2. Nessuna condizione umana o situazione può giustificare la discriminazione. Affermazione 3. Nessun costume, nessuna tradizione, religione, ideologia, nessun sistema economico giustifica l’inferiorizzazione di chiunque o autorizza atti che pregiu-dicano la dignità e l’incolumità fisica e psichica. Affermazione 4. Le donne sono cittadine a pieno titolo prima di essere compagne, spose, madri, lavoratrici.

Affermazione 5. L’insieme delle attività non rimunerate, dette femminili, che assicurano la vita e la riproduzione sociale (lavori domestici, educazione, cura dell’infanzia e dei parenti) sono attività economiche che creano ricchezza e che devono essere valorizzate e condivise. Affermazione 6. Gli scambi com-merciali tra Paesi sono equi e non portano nessun pregiudizio allo sviluppo dei popoli. Affermazione 7. Ogni persona ha accesso a un lavoro equamente rimunerato, effettuato in

condizioni sicure e salubri e che rispetti la sua dignità.

LIBERTA’ Affermazione1. Tutti gli esseri umani vivono liberi da ogni violenza. Nessun essere umano appartiene ad un altro. Nes-suna persona può essere schiava, essere sottoposta a lavoro forzato, oggetto di traffico, di sfruttamento sessuale. Affermazione 2. Ogni persona gode delle libertà individuali e collettive che garantiscono la sua dignità dalla nascita alla morte: libertà di pensiero, di coscienza, di opinione, di religione, di espressione, di vivere il proprio orientamento sessuale in maniera libera e responsabile, di scegliere il/la proprio partner di vita, di votare, di essere eletta, di parteci-pare alla vita politica, di associarsi, di riunirsi, di appartene-re ad un sindacato, di manifestare, di scegliere il proprio luogo di residenza e stato civile, di scegliere i propri studi, la professione ed esercitarla, di spostarsi, di disporre della propria persona e dei propri beni, di utilizzare la lingua di comunicazione di sua scelta, (nel rispetto delle lingue di minoranze e delle scelte della società riguardanti la lingua parlata in casa e al lavoro, ) di farsi una cultura, di accedere alle tecnologie e all’informazione. Affermazione 3. Le libertà si esercitano in un quadro demo-cratico e partecipativo, di cooperazione, di partenariato, di tolleranza, di rispetto dell’opinione di ognuna e ognuno. Esse comportano responsabilità e doveri nei confronti della comunità. Affermazione 4. Le donne decidono liberamente del loro corpo, la loro sessualità e la loro procreazione. Scelgono di avere o non avere figli/e. Affermazione 5. La democrazia si radica nella libertà e nella giustizia.

SOLIDARIETA’ Affermazione 1. La solidarietà internazionale tra

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CARTA MONDIALE DELLE DONNE PER L’UMANITA’ La Carta Mondiale delle Donne per l'Umanità è un'iniziativa della Marcia Mondiale, una

rete internazionale di donne di tutto il pianeta. Cfr: www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=623

Sopra i diciotto

(Segue a p.7)

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individui e popoli è promossa (avulsa da ogni forma di manipo-lazione o di influenza) Affermazione 2. Tutti gli esseri umani sono interdipendenti. Condividono il dovere e la volontà di vivere insieme, di costruire una società generosa, libera da oppressione, esclusioni, discriminazioni, intolleranza e violenze. Affermazione 3. Le risorse naturali, i beni e i servizi necessari alla vita di tutte e di tutti sono beni e servizi pubblici ai quali ogni persona ha accesso in modo equo e ugualitario. Affermazione 4. Le risorse naturali vengono amministrate dai popoli che vivono sui corrispettivi territori, nel rispetto dell’ambiente e con la preoccupazione della loro preservazione e della loro durabilità. Affermazione 5. L’economia di una società e al servizio di colo-ro che la compongono. E’ rivolta alla produzione e allo scambio di prodotti socialmente utili, che vengono distribuiti tra tutte e tutti, che assicurano innanzitutto la soddisfazione dei bisogni della collettività, che eliminano la povertà e che assicurano un equilibrio tra l’interesse generale e gli interessi individuali. Assi-cura la sovranità alimentare. Si oppone alla ricerca esclusiva del profitto a scapito dell’utilità sociale e all’accumulazione privata dei mezzi di produzione, delle ricchezze, del capitale, delle terre, alla concentrazione della presa di decisione nelle mani di singoli gruppi o individui. Affermazione 6. Il contributo di ognuna e ognu-no alla società è riconosciuto e portatore di diritti sociali, qualunque sia la funzione che vi si occu-pa. Affermazione 7. Le manipolazioni genetiche so-no controllate. Non esiste brevetto sulla materia vivente e sul genoma umano. La clonazione umana è proibita.

GIUSTIZIA Affermazione 1. Tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro paese di origine, luogo di residenza o dalla loro nazionalità, sono considerati cittadini e cittadine a pieno titolo, che godono pienamente dei diritti umani (diritti sociali, economici, politici, civili, culturali, ambientali) in un quadro equo e democratico. Affermazione 2. La giustizia sociale è basata su una ridistribu-zione equa delle ricchezze che elimina la povertà, limita la ricchezza, e assicura la soddisfazione dei bisogni essenziali alla vita e che punta al miglioramento del benessere di tutte e di tutti. Affermazione 3. L’incolumità fisica e psichica di tutte e di tutte viene garantita. La tortura, i trattamenti umilianti e degradanti sono proibiti. Le aggressioni sessuali, lo stupro, la mutilazione genitale, le violenze contro le donne e il traffico sessuale e il traffico delle persone in generale vengono considerati crimini contro la persona e contro l’umanità. Affermazione 4. Viene instaurato un sistema giudiziario accessi-bile, ugualitario, efficace e indipendente. Affermazione 5. Ogni persona gode di una protezione sociale che le garantisce l’accesso ad una alimentazione sana nutriente e sufficiente, alle cure sanitarie, ad una casa salubre, alla sicurezza durante la vecchiaia, ad un reddito sufficiente per vivere dignito-samente. Affermazione 6. I servizi sanitari e sociali sono pubblici, accessi-bili, di qualità e gratuiti. Ciò include tutti i trattamenti e cure re-lative a tutte le pandemie in particolare l’HIV.

PACE Affermazione 1. Tutti gli esseri umani vivono in un mondo di pace che significa: l’uguaglianza tra i sessi, l’uguaglianza socia-le, economica, politica, giuridica e culturale. Il rispetto dei dirit-ti, lo sradicamento della povertà, in modo che tutte e tutti posso-no condurre una vita dignitosa, libera da violenze e disporre di

un lavoro e di un reddito sufficiente, edu-carsi, godere di cure sanitarie e di una protezione di vecchiaia. Affermazione 2. La tolleranza, il dialogo e il rispetto della differenza sono garanti di pace. Affermazione 3. Tutte le forme di dominio, di sfruttamento e di esclusione esercitate da parte di una persona sull’altra, di un gruppo su un altro, di una maggioranza su una minoranza o vice versa, di una nazione su un’altra sono bandite. Affermazione 4. Tutti gli esseri umani hanno il diritto di vivere in un mondo senza guerre e senza conflitti. Nessuno dispone del diritto di vita o di morte sulle persone o sui popoli. Affermazione 5. Nessun costume, nessuna tradizione, nessuna ideologia, nessuna religione, nessun sistema economico, giustifica le violenze. Affermazione 6. Conflitti armati e non tra paesi, comunità e po-poli sono risolti tramite negoziati che producono soluzioni pacifiche e eque, a livello nazionale, regionale e internazionale.

APPELLO Questa Carta mondiale delle donne per l’umanità fa appello alle donne e agli uomini e a tutti i popoli op-pressi a proclamare individualmente e collettivamen-te il loro potere di trasformare il mondo e a modificare radicalmente i rapporti che li uniscono per sviluppare relazioni basate sull’uguaglianza, la pace, la libertà, la solidarietà, la giustizia. Fa appello ai movimento sociali e a tutte le forze sociali ad agire affinché i valori enunciati in questa Carta siano effet-tivamente messe in opera e che i poteri politici im-plementino le misure necessarie per applicarle. Invita all’azione per cambiare il mondo. Ce n’è urgente bisogno!!! Nessun elemento di questa Carta può es-

sere interpretata o usata per enunciare opinioni o condurre azioni contrarie allo spirito di questa Carta. I valori ivi compresi forma-no un tutt’uno. Rivestono la stessa importanza, sono interdipen-denti e inscindibili; il posto che occupano nella Carta è inter-cambiabile.

Che cos’è la Marcia mondiale delle donne? La Marcia mondiale delle donne è un movimento composto da gruppi di donne di diverse origini etniche, culturali, religio-se, politiche, di classe, di età, di orientamento sessuale. Invece di dividerci questa diversità ci unisce in una solidarietà più globale. Nel 2000 abbiamo scritto, come Marcia mondiale delle donne, una piattaforma politica che conteneva 17 rivendicazioni concre-te, volte a eliminare la povertà nel mondo, realizzare la riparti-zione delle ricchezze, sradicare la violenza contro le donne e ottenere il rispetto della loro incolumità fisica e psichica. Abbiamo trasmesso queste rivendicazioni ai responsabili del FMI e della BM, ai dirigenti dell’ONU. Non abbiamo ricevuto nessuna risposta concreta. Abbiamo anche trasmesso queste rivendicazioni agli eletti e alle elette, ai dirigenti e alle dirigenti dei nostri Paesi. Da allora continuiamo a difendere le nostre rivendicazioni senza sosta. Proponiamo alternative per costruire un altro mondo. Siamo attive nei movimenti sociali e nelle nostre società. Ap-profondiamo la riflessione sul luogo che le donne occupano e devono occupare nel mondo. Attraverso le nostre azioni nel 2005 e la pubblicazione di questa Carta, riaffermiamo la nostra convinzione che un altro mondo, un mondo pieno di speranza, di vita e di benessere, è possibile. Attraverso questa Carta mondiale delle donne per l’umanità, dichiariamo il nostro amore per la vita, la bellezza, la diversità nel mondo.

http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=623

Sopra i diciotto

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È stata fatta qualche mese fa una grande manifestazione contro la violenza sulle donne, anche a seguito di alcuni stupri di cui si era parlato in modo vistoso sui media. Riportiamo il manifesto-appello di quella manifestazione, che ci sembra appropriato al tema di questo numero del giornalino. 14 milioni di donne tra i 15 e i 60 anni hanno subito, nel corso della loro vita, una qualche forma di violenza: sessuale, fisica, psicologica. Soltanto il 18,2 per cento di loro ha saputo vedere quella violenza e riconoscerla come un reato. Il 95 per cento delle violenze non è mai stato denunciato. La maggior parte delle violenze avviene in casa o per mano di un uomo conosciuto. Il 69,7 per cento degli stupri è ad opera del partner. Partner ed ex sono responsabili della maggior parte delle violenze fisiche. 57 donne sono state uccise in Italia nei primi sei mesi del 2008. La violenza contro le donne ci riguarda tutte, ci minaccia, non ci riconosce libere. La violenza contro le donne non è un destino per nessuna. Né in casa, né fuori. La violenza contro le donne non è cronaca nera, ma è figlia del rapporto di potere tra gli uomini e le donne, sia nella loro relazione intima che sulla scena pubblica. La violenza contro le donne non è un fatto privato, ma una misura dell’assenza di democrazia. La violenza contro le donne esige parola pubblica e parola di donne e uomini. La violenza contro le donne non ha passaporto, non può essere strumenta-lizzata addebitandola alla presenza degli stranieri in Italia, dando così vita a un clima da allarmante xenofobia. Andiamo in piazza alla manifesta- zione organizzata da controviolenza-donne per: ribadire che la violabilità storica del corpo delle donne è l’origine della violenza e riaffermare che la libertà delle donne è alla base della convivenza tra le persone; rifiutare ogni scorciatoia che iscrive ad una questione di sicurezza urbana il te-ma della violenza e che la lega al fenomeno migratorio; spezzare il silenzio che, in partico- lare, copre la violenza che avviene tra le mura domestiche; rompere la solitudine delle donne che subiscono violenza – fisica, psicolo-gica, economica – e che devono trovare sostegno e condivisione nell’uscirne. Alla manifestazione chiederemo ancora una volta: parola pubblica in tema di violenza e assunzione di responsabilità da parte di chi governa. La questione della violenza deve trovare nell’agenda politica, come in altri paesi è successo, la stessa centralità che ha nella vita delle donne. Vogliamo l’approvazione rapida delle misure che i centri antiviolenza sollecitano quali quelle contro lo stalking (persecuzione continuativa), perché va a colpire il prologo di violenza dei troppi omicidi di donne nel nostro Paese, e l’estensione della legge Mancino contro l’omofobia sollecitata dal movimento glbt. Vogliamo una legge che sia per le donne. Una legge che sostenga la loro libertà di scelta e il loro bisogno di riprendere in autonomia il filo della propria vita. Una legge che affronti la radice culturale della violenza come sintomo dell’ineguaglianza, che investa i poteri pubblici della responsabilità di prevenirla, individuarla e combatterla in sinergia tra loro e usando delle competenze della rete dei centri antiviolenza e del movimento delle donne. Una legge che, attraverso campagne di educazione al rispetto e la sensibilizzazione di media e pubblicità con-tro gli stereotipi sul corpo femminile e sui ruoli, si dia intera l’ambizione di contribuire a un nuovo disegno di convivenza civile tra tutte le donne e tutti gli uomini che abitano il nostro Paese. Dall’appello contro la violenza riportato sul sito www.controviolenzadonne.org

Usciamodalsilenzio

Non toccate le donne NON TOCCATE LA NOSTRA LIBERTA’

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Molte donne nel corso dei secoli si sono distinte per la loro intelligenza e per il loro contributo all’umanità; altre sono ricordate per la loro benevolenza e il loro potere, altre ancora per atti di orrore e crudeltà. Donne: in molti casi vittime, in alcuni casi carnefici. Queste ultime sono rare nella storia ma sono state capaci di farsi temere e tristemente ricordare negli anni a venire. Una figura tormentata, circondata da un alone di mistero e poco conosciuta nonostante le sue atroci azio-ni e il numero esorbitante delle sue vittime è la cosiddetta Contessa Sanguinaria, Erzèbeth (Elizabeth) Bathory. Erzèbeth Bathory nasce ai piedi dei Carpazi, in Ungheria, nel 1560. Successiva-mente si trasferisce in Transilvania e all’età di appena quindici anni viene costretta a sposare il Conte Fe-rencz Nadasdy, il più grande guerriero nazionale, spesso in battaglia e perciò assente da casa. La sua famiglia è un campionario di efferatezze e follie: suo zio, il Principe Transilvano, è un uomo violento e selvaggio, suo fratello è un maniaco sessuale inarrestabile, sua zia è stata incarcerata con l’accusa di stregoneria, un altro zio è alchimista e adoratore del demonio e, come se non bastasse, la balia a cui viene affidata la contessina la inizia alla magia nera. Con simili precedenti si suppone che Erzèbeth sia nata con un disturbo al cervello anch’ essa. È di indole violenta e crudele, capricciosa e innamorata della propria bellezza che si dice fosse notevole. Iniziò a sfogare questi istinti sui suoi servitori che a volte arriva a uccidere a bastonate. La leggen-da narra che percuotendo una serva, una goccia di sangue di quest’ultima le cadde sulla mano dando alla pelle una lucentezza inaspettata. Quest’episodio fu l’inizio di una serie di omicidi di giovani e bellissime donne. La contessa le torturava fino ad ucciderle in modi terribili, inventando ogni volta torture diverse e fantasiose. Si raccontava che usasse immergersi nel loro sangue quale elisir per l’eterna bellezza e giovinezza. La realtà non è meno incredibile. Si sa per certo che la contessa praticasse riti di magia nera, aiu-tata dal marito e dalla balia. Aveva amici potenti che la rendevano intoccabile e così per anni continuò, indi-sturbata, a compiere omicidi. Come tutti i serial killer con l’andare del tempo diventò sempre più incauta, in un delirio di onnipotenza. Iniziò a rapire alcune ragazze delle famiglie più in vista del paese, che misteriosa-mente sparivano senza lasciare traccia. Queste scomparse attirarono l’attenzione del re d’Ungheria, Mathias II, che ordinò un’inchiesta sulla Bathory. Un’irruzione nel suo castello portò alla terribile scoperta di sale di tortura, cadaveri e fiumi di sangue. Erzèbeth fu murata viva, poiché, essendo di sangue reale, godeva dell’immunità regia e quindi non poteva essere condannata a morte. Muore a cinquantaquattro anni. Il numero della sue vittime ammonta a circa 650 donne. Erzèbeth è ritenuta la serial killer più prolifica, più violenta e più mostruosa della storia. Lucrezia Simondi, 4A Ginn

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Ci sono donne che combattono per i loro ideali non mollando mai. Una di queste è l’ex ministro all’ambiente del Kenya, Wangari Maathai, che nel 2004 è diventata la prima donna africana ad a-ver ricevuto il Premio Nobel per la Pace per "il suo contributo alle cause dello sviluppo sosteni-bile, della democrazia e della pace". Il suo mot-to è: “La pace nel mondo dipende dalla difesa della natura”. Wangari è stata la prima donna nativa del cen-trafrica a laurearsi in biologia, nel 1971, presso l'Università di Nairobi, lavorandoci poi fin dal 1976 presso la facoltà di veterinaria. Nel 1976 si iscrisse al Consiglio nazionale delle donne del Kenya, assumendone la presidenza nel 1981, fino al 1987, anno in cui abbandonò l'associa-zione. L’impegno sociale di Wangari inizia negli an-ni 90, quando intraprese una forte campagna di sensi-bilizzazione verso i problemi della natura, infatti nel 1977 fondò il movimento Green belt (Cinture verdi),

formato da donne che nel corso degli anni hanno piantato più di 40 milioni di alberi in Kenya e in altri paesi africani, come Tanzania, Uganda, Malawi,

Leso tho , Et iopia e Zimbawe. L’obiettivo dell’associazione Green belt è di piantare almeno 1 milione di alberi l’anno. Partendo da questa prima opera di be-ne, Wangari si è occupata anche di dirit-ti civili, come ha dichiarato lei stessa: “Perchè quando cominci a lavorare seriamente per la causa ambientalista ti si propongono molte altre questioni: di-

ritti umani, diritti delle donne, diritti dei bambini … e allora non puoi più pensare solo a piantare alberi”. Questa donna, nonostante le numerose minacce di morte ricevute, continua ad andare avanti e a combattere per quello in cui crede, e la sua vicenda invita a riflettere. Alessia Martino, 3cs

Donne assassine

Wangari Maathai Un’ambientalista da premio Nobel

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Sant’Ambrogio poi fu un vescovo veramente rivoluziona-rio. Una delle sue battaglie piu' violente e pericolose fu quella in difesa delle monache di clausura. Fa ridere dirlo oggi ma le monache furono un fenomeno piu' rivoluzionario di Lotta Continua. A quei tempi, siamo nel 300 dopo Cristo, la donna era una cosa di proprieta' del padre prima e del marito poi, e il matrimonio era una questione economica importantissima. Serviva per stringere alleanze, suggellare patti commerciali, fusioni politiche e incassare denaro contante. Bambine venivano sposate a vecchi rugosi, bassi, calvi e con l’alito mefitico. E non avevano nessuna possibilita' di sottrarsi a un destino infame di botte e gravidanze a catena. A meno che non scegliessero di fuggire e adattarsi a vivere in mezzo ai paria pochi anni di fame e sofferenze (i poveri morivan giovani oltretutto, le donne in particolare…). Siamo ancora sotto l’Impero Romano e le donne contano quanto gli animali. Quando alcune giovinette fuggono di casa e con l’appoggio di alcuni settori della chiesa creano delle comunita' monaca-li scoppia il finimondo. Gruppi di signorotti spalleggiati dai loro sgherri vanno a sfondare le porte dei monasteri e si portano a casa le figlie con la forza. Gran parte del clero si

unisce a loro sostenendo che la donna e' indegna e incapace di dedicare la propria vita al Signore fuggendo cosi' dalla patria potesta'. Esse compiono un peccato mortale non rispettando il padre e la madre e ribellandosi al loro potere! Sant’Ambrogio interviene in difesa delle monache, arrivando a schierare i suoi uomini, armati, in difesa dei conventi e intraprendendo uno scontro a tutti i livelli per garantire la sopravvivenza di questa esperienza religiosa e sociale incredibile per quei tempi: comunita' composte solo da donne che si organizzavano in modo autonomo per gesti-re la propria vita. E fu grazie a questa battaglia che alla fine i monasteri si im-posero in Italia e in Europa. Qualcuno dira' che la clausura non e' una grande alternativa al matrimonio coatto. Credo che se provasse a passare una notte con un commer-ciante di pesce del Giambellino di 73 anni, basso, pelato e reazionario, e col diritto di usare la frusta, forse cambiereb-be idea. Rapidamente. La clausura e' meglio. Molto meglio! Jacopo Fo, www.jacopofo.com il 18/07/2009

Quando le monache di clausura erano rivoluzionarie

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Gettavano mazzi gialli di mimose... Nel secolo trascorso, la donna ha goduto di una improvvisa emancipazione che di certo non le e' stata regalata, ma e' stata frutto di lotte spesso durissime e cruente. Pensiamo alle battaglie delle suffragette per conquistarsi il diritto al voto e ottenere l'applicazione di ordinamenti civili non discriminatori. Ap-presso dobbiamo far mente locale alle lotte sindacali delle operaie, specie le tessitrici "filandiere", contro la decurtazione del salario, anche se svolgevano gli stessi "lavori" degli uomini. Non parliamo poi delle lotte dentro le scuole, a cominciare dall'acquisizione del diritto per le donne di frequentare le universita' e le accademie. A proposito di lotte e relativa repressione delle donne e' bene ricordare il rogo di Chicago. Nei primi anni del secolo scorso (1908) le filandiere di quella citta' si erano decise, pur di ottenere i loro giusti diritti, a occupare la fabbrica in cui lavoravano (Cottons). Era il mattino dell'otto marzo quando scoppio' un incendio, non si sa quanto accidentale. Le donne, che si erano barricate all'interno, cercarono di salvarsi spalancando le porte. Ma qualcuno dall'esterno le aveva bloccate. Nel rogo morirono 129 operaie. Qualche giorno appresso, al loro funerale c'era una gran folla; il corteo funebre transitava nel grande viale ombreggiato da piante di mimose, che attraversa il quartiere dove era avvenuto il massacro. Molti ragazzi e ragazze si arrampicarono su quegli alberi in fiore e letteralmente li spogliarono get-tando sui feretri mazzi gialli coi quali furono ornate le bare. Di qui viene il rito di donare ancor oggi mimose alle donne l'otto di marzo, che e' diventata la loro festa. Nei cosiddetti secoli luminosi dell'Umanesimo era fonte di meraviglia scoprire una donna pittrice (le figlie di Tintoretto e Artemisia Gentileschi, per la cronaca violentata da un suo collega, oltretutto pittore mediocre). In teatro ancora agli inizi del Seicento in tutta l'Europa era impensabile che una donna montasse su un palcoscenico. Faceva eccezione l'Italia dove, fin dagli inizi del Cinquecento, i ruoli delle protagoniste femminili erano interpretati da donne, che spesso erano prostitute. Prostitute erano anche le virtuose del liuto e della viola; cosi' per le poetesse e le danzatrici. In Inghilterra le opere di Shake-speare non hanno mai visto una Giulietta ne' una Ofelia interpretate da femmine, ma solo travestiti e "femminielli". In compenso molte erano le fattucchiere e le streghe "medicone", quasi immancabilmente perseguitate dall'Inquisizione. Dagli innumerevoli processi pubblicati dai tribunali siamo venuti a scoprire che spesso la denuncia a queste donne, abilissime nei massaggi, sapienti nel preparare intrugli di erbe e radici davvero portentosi, impareggiabili nell'arte di "aggiustaossi", ve-niva dai medici addottorati che non ne sopportavano lo straripante successo. Finalmente oggi tutta questa incivile discriminazione verso le femmine e' quasi del tutto cessata. Vediamo donne operare nelle vesti di medici rispettati e stimati, di professoresse universitarie, addirittura chirurghi ineguagliabili, donne ingegneri meccanici, fisici e perfino premi Nobel per l'elettronica; una gran quantità di giudici e avvocati; registi cinematografici, direttrici di grandi complessi musicali. Per ritrovare cucitrici e ricamatrici al tombolo e punto croce ormai bisogna far ricerca fra maschi orientali, ma attenzione che anche in Cina vanno scomparendo.

Dalla bozza dell’opera teatrale di Dario Fo “Il vangelo e le donne” , 2004

Dario e Jacopo Fo

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L' "effetto Pigmalione" a scuola Cioè il produrre negli studenti ciò che si attende da loro

Spesso chi discrimina provoca in coloro che vengo-no discriminati comportamenti che giustificano la di-scriminazione. Il pre- giudizio può agire, infatti, come una sor- ta di aspettativa o d i a t t e s a . Supponiamo che voi vi attendiate che i membri di un determinato gruppo siano "incapaci di badare a se stessi". Atten- d e n d o v i questo com-portamento sa- rete indotti ad avere atteg- g i a m e n t i protettivi o ma- terni verso queste per-sone. Ciò favorirà una dipendenza di costoro da voi. Questo tipo di attese che producono gli effetti che le confermano sono state definite predizioni autoavve-rantesi e le si osserva a volte nell'ambito della classe. Così, un insegnante che fin dall'inizio sia convinto che gli alunni sono incapaci di lavorare in modo produttivo o di risolvere determinati problemi ri-schia di promuovere quegli stessi comportamenti di resa e di impotenza che si aspetta da loro. Naturalmente non tutte le attese sono negative, come pure gli effetti. Due ricercatori, R.Rosenthal e P. Jacobson, sotto-posero a un test di intell igenza degli alunni delle elementari alla ri-presa della scuola. Benché si trattasse di uno dei soliti test, essi f e -cero credere agli i n s e g n a n t i che attraverso quella prova sarebbe stato possibile prevedere con certezza lo sviluppo intelletti-vo dei bambini nei mesi successivi. Successivamente consegnarono agli insegnanti una lista dei bambini che durante l'anno avrebbero avuto uno sviluppo intelletti-vo rapido. In realtà i bambini la cui intelligenza avreb-

be dovuto sbocciare nei mesi successivi erano stati scelti a caso e rappresenta-vano il 20% dei bambini della scuola.

In questo modo i due ricercatori avevano cre-ato delle aspettative po-

sitive nei confronti di un gruppo di scolari in ogni

classe. Scopo dell'esperimento era verificare se le attese che essi avevano

creato negli insegnanti avrebbero indotto questi ultimi ad assumere atteggiamenti diversi nei confronti dei due gruppi di alunni oppure no. A distanza di quattro mesi i ricercatori incominciarono a verificare gli effetti

delle attese degli insegnanti e trovarono che il gruppetto dei bambini indicati aveva già un rendimento superiore agli altri. La differenza tra i due gruppi continuò ad aumentare e divenne impressionan-te alla fine dell’anno scolastico. I bambini da cui gli insegnanti si aspettavano di più erano i più preparati e ottenevano i voti più alti. I bambini su cui non erano state create delle attese positive erano valutati come meno curiosi, meno interessati, meno allegri e con mi-nore possibilità di successo in futuro. Insomma gli insegnanti avevano veramente prodotto ciò che si attendevano: parecchi alunni erano migliorati non perché più intelligenti o più dotati di altri, ma semplicemente perché l'insegnante si aspettava che essi migliorassero. Questo fenomeno, cioè il produrre negli altri ciò che si attende da loro, è chiamato effetto Pigmalione. L'espressione deriva dalla leggenda dello scultore greco Pigmalione. Egli realizzò una statua di tale bellezza che se ne innamorò e la statua di- venne vi-va. Secondo Rosenthal ci sono quattro fonti di influenza sociale che o-perano sulla classe e che possono discriminare un alunno dall'altro. In primo luogo, gli insegnanti creano un clima emotivo manifestando del calore e della consi-derazione a certi alunni, ma non ad altri. Sorridono, assentono, mantengono con loro un maggiore contatto visivo. In secondo luogo, molti insegnanti non forniscono lo stesso quantitativo di informazioni a tutti gli alunni, ma cercano di insegnare di più agli scolari che preferiscono. In terzo luogo, non sempre gli insegnanti danno a tutti gli alunni la stessa pos-sibilità di estrinsecare ciò che hanno appreso. I favo-riti hanno maggiori opportunità di parlare, o di rispondere a delle domande difficili, e con loro l’insegnante ha più pazienza. Infine, per quanto ri-guarda la correzione dei compiti, gli insegnanti pos-sono fornire un diverso tipo di retroazione: gli alunni preferiti ricevono delle correzioni più pre-cise e più costanti.

(in Ferraris, Psicologia, Zanichelli.)

Avevamo scritto

su Onda d’urto ott. 2003

Al Porporato come stiamo con l”effetto Pigmalione”? Parliamone!!!

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SUPPLEMENTO D’ANIMA Il gruppo di Amnesty International del Porporato Ci siamo accorti, durante il nostro peregrinare nelle classi, che abbiamo mancato forse di informazione. Non ci resta che ripresentarci, ridescriverci, ridare un valore a quel-lo che facciamo. Chi siamo? Giovani eroi ed eroine dediti alla sconfitta del male nel mondo. Niente affatto, farebbe troppo discorso da vincitrice di miss universo. Siamo semplicemente un gruppo di ragazzi normali, quasi normali, che ha ancora un po’ di speran-za di poter cambiare qualcosa, di cambiare la vita, in meglio possibilmente, a poche perso-ne, ma impegnandosi fino in fondo. Cosa facciamo? Tante, troppe cose. Ma ad interessare a voi studenti sono essenzial-mente due nostre azioni: la raccolta firme e il cineforum. Del secondo speriamo che chi è davvero interessato, chi non ha paura di subirsi due ore e più ogni volta di violazioni di diritti umani su pellicola, ovvero torture discriminazioni violenze sangue e lacrime, possa essere anche così masochista da interessarsi da sé. Per quanto riguarda la raccolta firme: AAA cercasi tanta ma TANTA collaborazione. Saremo sempre noi a passare in tutte le classi quando ci saranno nuovi appelli da firmare. In so-stanza un appello è una lettera che noi, noi Gruppo Giovani di Amnesty, spediamo via posta al presidente/primo ministro/ministro del paese in cui la persona o il gruppo di persone subisce la violazione dei suoi inalienabili diritti da parte del governo. Leggermente inutile? No. Le nostre firme, unite ad altre provenienti dall’intero globo terraqueo dovrebbero, in

teoria, muovere se non il cuore del ministro a pietà, almeno l’opinione pubblica a vedere le cose con più chiarezza, a eliminare quella benda che così facilmente noi tutti ci la-sciamo porre sugli occhi. Varie centinaia di prigionieri di

coscienza sono stati liberati grazie al lavoro di Amnesty In-ternational. Abbiamo solo bisogno del vostro nome,

cognome, indirizzo e firma. L’indirizzo NON implica nulla: non arriva alcun tipo di posta a casa, non veniamo a

suonare porta a porta per convertirvi ad essere testimoni di Amnesty. Con molta probabilità non veniamo neppure a rubarvi in casa. Quindi una

firma non costa nulla, eppure può fare un gran bene. Dove e quando agiamo? Essendo noi il Gruppo Giovani di Pinerolo ci riferiamo quasi totalmente

alla sola realtà pinerolese e dintorni. Siamo ancora in cerca di una sede e di un orario settimanale in cui

ritrovarci. Ovviamente siamo anche in cerca di nuovi adepti, felici di accogliere nuove reclute. Perché lo facciamo? Ognuno ha il suo motivo personale, e sarebbe brutto unire la retorica a fini così alti, solo per fare bella figura. Potete dire che siamo dei sognatori, ma non siamo gli unici. Per fortuna. Massimiliano Granero, Alessandro Coassolo, Federica Cantarella, Arianna Cantele, Marta Turroni, 3B Cl Federica Noardo 4B L, Andrea Bruno 1ACl

“Teneva il bambino in braccio e mi picchiava... è una cosa veramente terribile vedere i vestiti del bambino pieni di san-gue e lui che ride e ti dice: - Allora, adesso ti metti in ginocchio e mi preghi di non ucciderti! – ” Queste le parole di Yelena, donna e madre bielorussa che per anni ha dovuto subire la stupidità del marito prima di rialzarsi e denunciarlo. Queste le parole che simbolicamente rappre-sentano e uniscono tutte quelle donne che in qualche modo vengono private della loro dignità di persone, del loro orgo-glio, della loro libertà da qualcuno che crede di avere il dirit-to di farlo. Sono molte le culture – o le singole mentalità – che relegano la donna ad un ruolo marginale nella società, conferendole una minore dignità rispetto all’uomo, il quale ha di conse-guenza il potere di ridurla ad un oggetto, fino a decidere della sua vita o della sua morte. Una donna deve temere suo mari-to, suo padre, suo fratello, la sua città, il suo Stato, la sua so-cietà, la sua religione, perché tutti possono in qualsiasi mo-mento colpirla, ferirla, ucciderla. Una donna deve sperare che nessuno mai si accorga della sua esistenza, perché quando qualcuno se ne accorgerà, questo le costerà una punizione. Perché? Per il solo fatto che è una donna? No, non è questa la risposta. Non c’è una risposta, non c’è un motivo valido per questa millenaria convinzione distorta e perversa, nessuna logica che la giustifichi, nessuna scusa che la difenda. Yelena, nell’ovvietà del suo gesto di denuncia, è un’eroina, un esempio di coraggio non comune. Yelena ha compreso l’assurdità della sua situazione ed ha compiuto il passo più

difficile, quello di alzarsi in piedi con sguardo fiero e urlare per porre fine alla violenza, all’umiliazione. Ma è un passo che molte donne in situazioni simili non hanno la forza di compiere, restando nell’ombra a spe-rare invano che le vecchie ferite ri-marginino e non ne arrivino di nuove a prenderne il posto. A volte il peso delle circostanze, della mentalità comune, di un destino che si crede già scritto è troppo grande per essere affrontato da una persona sola. Allora dovremmo combattere noi, nelle nostre possibilità, per tutte le persone che non trovano la forza di combattere da sole. Dovremmo tendere loro le nostre mani e insieme a loro alzarci in piedi con sguardo fiero e urlare perché abbia fine la violenza, l’umiliazione. Dovremmo ricordarci che siamo tutti semplicemente esseri umani, e quando l’essenza di un essere umano è colpita nes-suno può negare che sia stata colpita anche la sua.

Gruppo Giovani AI - Pinerolo 12

CINEFORUM “nuovo cinema inferno”

————– - 22 febbraio: Nel nome del padre

(giustizia e abuso di potere) - 15 marzo: Milk (omosessualità e

discriminazione) - 29 marzo: Water (condizione

femminile in India) - 12 aprile: Hotel Rwanda

(genocidio rwandese) - 19 aprile: Iqbal (sfruttamento mi-

norile)

ALLE 14,30 IN AULA MAGNA

“Ti metti in ginocchio e mi preghi di non ucciderti”

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Artisti e campioni tra noi

La 3A classico ha realizzato un video di sensibilizzazione. Il regista, soggetto di questa intervista, è Cristiano Massaro. Ci puoi spiegare brevemente in che cosa consiste il “Dry Manhattan Project?” È un progetto di sensibilizzazione con-tro l’abuso di alcool nella guida. Ci è stato proposto di realizzare un lavoro su

questo tema di attualità senza avere direttive specifiche. Ci siamo così lanciati nella realizzazione di un cortometraggio, anche se non sapevamo da dove partire. Come avete trattato un argomento così delicato? Abbiamo puntato ad una rappresentazione più metaforica che realistica, prendendo spunto da fatti reali, ma creando una storia idealizzata. La nostra intenzione è stata di indiriz-zare la riflessione su un piano meno immediato, senza però che risultasse meno efficace. Ammetto di essere piuttosto soddisfatto del risultato! Qual è il messaggio che nelle vostre intenzioni il video deve comunicare agli spettatori? L’esito della storia è evidentemente tragico. Abbiamo de-ciso di porre lo spettatore di fronte all’estrema conseguenza dell’abuso: la morte. Può sembrare una lettura pesante e pessimistica, ma è bene notare che, anche in questo

frangente, ognuno è libero di scegliere. È proprio l’importanza della scelta a dare significato a questo tema. D’altra parte risulterà anche chiaro l’intento deterrente del messaggio. Mi è sembrato di capire che il vostro non sia un messag-gio contro il consumo generico di alcool, o sbaglio? Naturalmente non è una critica al consumo in sé. Il pro-blema alcool viene affrontato nel caso specifico della guida in stato di ebbrezza e dei danni che si possono causare a se stessi ed agli altri. In quali iniziative è coinvolto il “Dry Manhattan Pro-ject”? È possibile vederlo? Il progetto parteciperà a diversi concorsi, sia locali che nazionali, promossi dall’Asl, da Pubblicità progresso e anche da iniziative di film making amatoriale. Per ora teniamo le dita incrociate! Speriamo comunque di potervelo mostrare presto, qui a scuola. Se volete farvene un’idea il trailer del progetto è già su Youtube. Un ultimo commento? Nonostante fossimo del tutto impreparati e non avessimo idea di come realizzare un cortometraggio, ho apprezzato moltissimo l’impegno della classe, sia di chi è comparso nelle riprese, sia dei collaboratori di backstage. Ringrazio anche la prof. Strumia per l’iscrizione ai vari concorsi.

Cristiano Massaro, 3A Cl, regista del Dry Manhattan Project

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Parlaci del tuo sport in generale. Il judo è uno sport individuale, e, nonostante ciò che si pensa la componente di attacco è un elemento fon-damentale, tanto che nell’incontro il non farlo comporta una penalità. Lo scopo dell’incontro è atterrare l’avversario, e in

base a come l’avversario cade (fianco, schiena ecc.) vengo-no assegnati dei punti. Quando termina il tempo il concor-rente che ha totalizzato più punti è il vincitore. Nel caso in cui uno degli atleti riesca a tenere l’avversario a terra per un certo numero di secondi, vince l’incontro. Quando hai iniziato a praticarlo? In terza elementare. Dopo aver provato diversi sport ho incominciato con il judo grazie a degli amici e in seguito mi sono appassionata. E’ uno sport prevalentemente maschile? Sì, anche nella palestra in cui andavo eravamo solamente tre ragazze. In alcuni casi si può anche trasformare in un vantaggio il fatto di allenarsi contro dei maschi. Come ti allenavi? Mi allenavo due volte la settimana. Una parte era fatta di potenziamento muscolare, un’altra di spiegazione delle tec-niche e una terza parte di combattimento vero e proprio. Inoltre, soprattutto in periodo di gare, facevo anche degli allenamenti di nuoto. E’ uno sport seguito nella nostra zona? Nel Pinerolese è abbastanza praticato, ma in Piemonte

non è molto seguito. In genere per le gare dovevo andare in Lombardia o in Emilia. Raccontaci della tua carriera sportiva. Iniziando molto piccola le prime gare erano a livello di palestra, ma poi andando avanti sono arrivata ai campionati italiani, arrivando una volta terza ed un’altra un po’ più in giù nella classifica. Come cintura sono arrivata a quella marrone, in quanto per arrivare alla nera si deve seguire un corso di un anno molto impegnativo (soprattutto in fatto di tempo) oppure vincere i campionati italiani. Riuscivi a conciliare scuola e sport? Sì, anche se era molto difficile. Soprattutto perché alcune gare ti potevano impegnare anche durante tutto il week-end, facendoti perdere diverse ore di studio. Questo è uno dei motivi per cui ho smesso di praticare questo sport. Quando hai smesso di praticarlo? L’anno scorso, a febbraio circa, quando durante un alle-namento ho avuto una distorsione al ginocchio piuttosto seria. Sono stata con le stampelle per due mesi e allora ho deciso di smettere e di praticare solo più il nuoto. Il judo è uno sport pericoloso? No! Anche nelle gare la sicurezza è considerata al massi-mo e il rischio di farsi male seriamente è praticamente nullo. Tuttavia come in tutti gli sport c’è una minima per-centuale di rischio.

Lorenzo Giraudo con la collaborazione di Stefano Gualtiero, V A Ginn.

Elena Orlandin, 3B Cl, campionessa di Judo

Alessandro Boaglio, 3A Cl

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Ex 7 in condotta Miscellanea di vari argomenti leggeri, umoristici e a volte anche seri per sorridere della vita, della scuola e un po’ pure di noi.

Giustificazioni * Gentile signora Patucchi, la prego di giustificare mio figlio jacopo per non aver fatto i compiti di matematica in quanto affetto da morbo “anti-patucchi”.

* Assenza 30 maggio per motivo sportivo: salto del compito

* L’alunno I.S. giustifica l’assenza del 07/02/09 per: Blocca-to nel mondo dei pokemon.

* L’alunno M.L. giustifica l’assenza del giorno 24/04/09 per riunione presidenziale portandomi anche un presunto autografo del presidente Obama Note disciplinari * L'alunno A. M. si finge un cane e si sente autorizzato a mordere la mano della sottoscritta perché contrario al rimprovero e di conseguenza alla nota. Chiedo l'intervento dello psicologo della scuola e una sospen-sione di giorni 5 seguita da un accompagnamento del padre.

* Per il suo compleanno, l'alunno M. G. ha buttato dalla fine-stra la borsa della compagna definendolo "il suo regalo". De-cide di fare un regalo anche a me: una vacanza in un luogo di villeggiatura chiamato "quel paese". Dopo aver avvertito i genitori, è stato accompagnato a recuperare la borsa della compagna nel cortile del palazzo adiacente.

* Gli alunni Cadoni A. e Cadoni D. disputavano una partita di Champions League nel cortile contro gli alunni Moriggi F. e Moriggi N.

* L'alunno M. G. viene sorpreso nello spogliatoio femminile della palestra. Si giustifica dicendo di essere in missione se-greta per conto di non so quale regina e invitandomi al silen-zio in cambio della libertà del mio gatto. Premetto che non ho un gatto. Dopo un consulto con gli altri docenti, ci siamo limitati solo a richiamarlo con una nota per la fantasia con la quale ha inventato la scusa. Temi in classe Come usare la fantasia se non sai niente!

1. Marx e il comunismo Marx è l’inventore del comunismo e della povertà. Viveva in Russia in un gulasch ed era nemico del re perché era l’unico russo che poteva mangiare. Allora si ribellò e inventò il comunismo. Il partito comunista era una politica rossa che non dava da mangiare a nessuno però tutti dovevano fingere di essere feli-ci, così gli stranieri andavano a Mosca per vedere quanto era bello e poi morivano di fame anche loro. L’unico che non era d’accordo era lo Zar e per questo fu calamitato. Quando diventò troppo vecchio per essere ancora comunista Marx diede la Russia a Lenin per il mese di Ottobre. Finito il suo periodo fu suicidato da Stalin che divenne il dittatore.

2. La muraglia cinese La grande Muraglia cinese è stata costruita da Yao Ming per difendere la Cina dalle invasioni Europee. È lunghissima e se per caso sei sulla luna la vedi perfettamente.

Si espande da nord verso sud e scala monta-gne e colline finché non cir-conda completamente la Cina. Per uscire dalla Cina è infatti necessario pagare il pedaggio della grande Muraglia Cinese. Una volta era difesa dai soldati dell’imperatore che poi sono morti e sono stati trasformati in terracotta quindi non sono più molto utili. Nessuno è mai riuscito a superare la Grande Muraglia Cinese a parte Marco Polo che era veneziano e amico dei cinesi.

3. I primitivi Gli uomini primitivi derivano da Adamo ed Eva. Inizialmen-te erano più o meno delle scimmie e non sapevano nemmeno parlare. Poi si sono evolute. L’uomo di Neanderthal è stata la specie umana con più suc-cesso di tutte. Aveva infatti imparato a camminare in piedi ed ad usare un po’ il cervello prima degli altri. Oggi è rimasto solo un uomo di Neanderthal che è una fem-mina, si chiama Lucy e vive in Africa. Questa specie mangiava un po’ di tutto ma soprattutto gli uo-mini erectus perché profumavano di scimmia. Dopo molti anni agli uomini di Neanderthal si staccò la coda e diventarono uomini sapiens. Senza coda potevano final-mente usare il cervello e inventare la ruota il fuoco e tutte quelle cose che servono per non vivere sotto i ponti.

by Giacomo 3BCl

Indovinelli 1. Due padri e due figli vanno a raccogliere le

angurie. Dopo qualche ora ritornano a casa con tre angurie, ognuno di loro ha un'anguria come è possibile?

2. Serve per sostituire, è rosa e bianca, sta nel corpo. 3. Un parroco con sua sorella ed un dottore con sua moglie si comprano otto arance, e di queste arance ne mangiano due ciascuno, ma ne restano due. Sapreste spiegarmi il motivo? 4. Antonio e Cleopatra sono morti. Sono sul pavimento. Sui loro corpi non c'è nessuna ferita, nessun segno di lotta, niente di niente. Non sono stati avvelenati. Sul pavimento c'è dell'acqua e dei cocci di vetro. Come sono morti? 5. In una famiglia ci sono sia figli maschi che femmine. Ognu-no dei maschi ha tante sorelle quanti fratelli. Ognuna delle femmine ha il doppio di fratelli che di sorelle. Quanti maschi e quante femmine sono?

Risposte: 1. Sono il Nonno (padre del padre) il padre (figlio del nonno e padre del figlio) e il figlio (figlio del padre) ecco due padri e due figli! 2. La dentiera. 3. La moglie del dottore è la sorella del parroco, e di conseguenza le persone che si mangiano le arance sono tre e non quattro. 4. Antonio e Cleopatra sono due pesciolini. Qualcuno ha fatto cadere la loro boccia di vetro, che si è rotta, e loro sono morti. 5. 4 maschi e 3 femmine.

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Porporato News Gian Carlo Caselli all’auditorium Baralis

Il 9 febbraio presso l’Auditorium Baralis del nostro liceo il Procuratore Caselli ha presentato il suo nuovo libro “Le due guerre”. Per capire il senso della serata bisogna ricordare alcune note biografiche di Caselli. Divenuto Giudice Istruttore nel Tribunale di Torino giovanissimo, negli anni ’70 si è dedicato con grandi successi alla lotta al terrorismo politico, special-mente rosso, cosa che dal 1974 lo ha costretto a vivere con la scorta. Proprio il racconto della vita con la scorta ha avuto grande rilievo nella sua narrazione, tanto nel libro che durante la presentazione, unitamente al ricordo di amici persi in quegli anni o a tragedie riguardanti quel periodo, come il barbaro assassinio brigatista, per vendetta, del fratello di Peci, capo colonna delle BR torinesi e poi pentito. Negli anni ’90 Caselli si trasferisce in Sicilia, a Palermo, per iniziare la lotta contro Cosa Nostra. Il libro si propone proprio di cercare di capire perché l’Italia sia riuscita a sconfiggere il terrorismo e non la mafia. A que-sto punto, con il ricordo dell’eccezionale operato degli amici Falcone e Borsellino, Caselli riflette su tutti gli impedimenti mediatici e politici che portarono all’interruzione del lavoro degli stessi. La riflessione porta a supporre che questi impedi-menti abbiano avuto inizio allorquando la lotta alla mafia mise in luce ingerenze politiche con l’attività mafiosa. Proprio que-sta è la risposta che dà il libro: mentre sempre più frequenti ed inquietanti sono le prove dei contatti tra Stato e mafia, il terrorismo non aveva avuto appoggi politici, e una volta perduta la sua credibilità ed i suoi uomini maggiori è finito per soccombere.

Carlo Guassone III b classico

Ipse Dixit Marino: Eravamo tutti insieme e ci fecimo una bella risata (Marino) Fornero: “Un ammazzamento di una puzzola” Barbarisi: “Facciamo tutti insieme una ricapitolazione” Caredio: “Qualche milione di anni fa il Mediterraneo si prosciugò” Studente: “Figo… ma ci passavano anche le macchine?” Caredio: “F. Tu vieni a scuola per fare la mascotte?” Marino: “Scalda il ferro finché è caldo”

Caricatura fantasia

Curricula Ridicula · Mi sono impelagato in un lavoro che fa piange-re…

· Vi ringrazio del Vs. invito, ma siccome ci ho ripensato, non accetto inviti da sconosciuti

· Vi allego una breve ma mi auguro chiara cir-cumnavigazione delle mie esperienze professionali

· Il marito di una cugina di mio padre da parte di mio nonno paterno era ingegnere

· Come potete vedere il mio è un curriculum variopinto

“Humour Art”

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Enigma Quiz e test di cultura divertenti

1) A quanti anni corrispondono 15 lustri: a) 70 b) 75 c) 80 d) 85

2) In quale città è morta Lady Diana?: a) Strasburgo b) Londra c) Madrid d) Parigi

3) Le guerre puniche contro chi furono combattute?

a) I galli b) I cartaginesi c) I romani d) Gli etruschi

4) Le corde vocali di un essere umano sono: a) Sei b) Sette c) Cinque d) Quattro

5) La frase “Solo il vero amore può indurmi al matrimonio, ragion per cui rimarrò zitella” compare nel film:

a) Disperate Housewife b) Orgoglio e pregiudizio c) Ragione e sentimento d) Pearl Harbor

6) Il famoso regista che, dopo aver prodotto “Titanic”, è recentemente uscito nelle sale con “Avatar” è:

a) James Cameron b) Zack Snyder c) Marc Forster d) Gore Verbinski

7) L’inventore dell’ ormai diffusissimo forno a microonde è stato:

a) Percy Spencer b) Joseph Aspdin c) Russel Ohl d) Rudolf Hell

8) Il romanzo “Dracula” di Bram Stoker fu scritto nel:

a) 1987 b) 1897 c) 1978 d) 1879

9) Il più lungo attacco di singhiozzo, che colpì Char-les Osborne nel 1922, du-rò:

a) 11 anni b) 32 anni c) 68 anni d) 73 anni

10) Colui che scrisse la poesia “C’è un paio di scarpette rosse” fu:

a) Primo Levi b) Umberto Saba c) Joyce Lussu d) Salvatore Quasimodo

by Selene Evangelisti 4 A Ginn

Soluzioni: 1-B; 2-D; 3-B; 4-D, 5-B; 6-A; 7-A; 8-B; 9-C; 10-C

Citazioni&Frasi celebri · Come si sa, funzione propria del genio è

fornire idee ai cretini venti anni dopo. Louis Aragon

· Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. Dante Alighieri

· Che sarebbe pensier non troppo accorto, / perder duo vivi per salvar un morto. Ludovico Ariosto

· "Oh, sei in analisi?" "Sì da 15 anni." "15 anni? " "Sì, adesso gli do un altro anno di tempo e poi vado a Lour-des". Woody Allen

· Il mio primo film era così brutto, che in sette Stati americani aveva sostituito la pena di morte. Woody Allen

· Chi pensa è immortale, chi non pensa muore. Aven Averroè

· Fanno più disastri gli scienziati di quanti ne abbiano combinati gli ignoranti. Giovanni Arpino

· Dal momento che l'amore e la paura possono difficil-mente coesistere, se dobbiamo scegliere fra uno dei due, è molto più sicuro essere temuti che amati. Niccolò Ma-chiavelli

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DIZIONARIO INGLESE - PIEMONTESE

Chess– ritirata, gabinetto Meet mass— io ti ammazzo Tie a ring— tagliatelle Van cool post— vai a quel paese Poor cell— suino Pooh’s thin— postino Pat-a-truck— grosso guaio, inconveniente Pin bus— più in basso Peace thin— persona pignola/permalosa Pump-east— pane secco grattugiato Mickey Mouse— io che mi alzo Seeen Dick— sindaco Pass tea soon—- persona confusionaria Phil-at— taglio pregiato di carne Lean-out—”Eccone lì un altro…”

Lorenzo, VA Ginn

“Volere è potere” Almeno una volta nella vita, ognuno di noi si trova a dover affrontare dolori e sofferenze tali da non riuscir più a darle un senso… rimanendo soli, incapaci di reagire, privi di speranze e di fiducia in se stessi. È in momenti come questi che si può aver la fortuna d’incontrare “angeli” in grado di ridonarci il sorriso e di aiutarci a superare ogni difficoltà… Uno di questi è Nick Vujicic, un eroico ragazzo di 25 anni, privo fin dalla nascita di braccia e gambe, che ha saputo fare della sua debolezza la più grande forza: la forza della volontà. Il video con la sua storia ha attraversato il mondo intero (in Italia è stato rilanciato da “Striscia la notizia”) e le sue parole risuonano come un’eco di speranza nei nostri cuori. Dice: “Durante un percorso, possiamo cadere… Ma cosa facciamo quando cadiamo? Ci alziamo, perché tutti sappia-mo come alzarci. Vi dico che a volte, nella vita, cadi e senti che non hai la forza di rialzarti…così ti domandi se avrai qualche speranza. Io vi dico sono qui, con la fronte al suolo e non ho né braccia né gambe: ciò significa che dovrebbe essere impossibile per me alzarmi. Eppure non lo è. Proverò ad alzarmi 100 volte, ma se non riesco ed abbandono, tutto è perso: non mi alzerò! Però se non riesco, ma riprovo un'altra volta, e un’altra, e un'altra ancora, ce la farò… L’importante è come va

a finire! Sarai forte? Dove troverai la forza per rialzarti? Cosi….” E con il capo fisso a terra, con la sola forza del busto, Nick riesce miracolosamente ad alzarsi. Credo che, dopo aver visto questo video e udito tali parole, ognu-no di noi debba essere orgoglioso di ciò che è, ricordandosi che nella vita possiamo essere privati di qualunque cosa… tranne che di noi stessi e della forza di volontà. È questa che ci differenzia da chi-unque altro. Elena Novarino, 5B/L N.B. Tre video su Nick Vujicic sono linkati nella pagina dei video del nostro liceo all’indirizzo: http://www.liceoporporato.it/didattica/video/video_interviste.htm

Comico ma vero In questo numero, invece di raccontare fatti realmente acca-duti, ho deciso di farvi ridere ugualmente con gli abbinamenti di nomi-cognomi realmente esistenti, che sono davvero buffi. E mi chiedo... ma certi genitori a cosa pensano quando danno i nomi hai figli? XD (http://www.nomix.it/)

Nomi strani,buffi e divertenti: TEMPESTA Immacolata; CARTA Bianca; Domenica DI SCHIFO; Guido DA SCHIFO; Italia ALBANESE; ZAMPET-TA Addolorata; Dante STABENE; LA GIOIA Felice; ERA Natale; Addolorato ADDOLORATO; MAGLIA Rosa; CORSO Illuminato; Pasqua DI NATALE; Felice DEL BAGNO; Flavia TIRAPELLE DALLA VECCHIA; Margherita DELL'ORTO; CULETTO Rosa; LAMPA Dino; LAMPA Dario.

Ma non finisce qui perché i nomi strani non li hanno solo le parsone .. ma pure i negozi!!! Eccoveli.

· Questa casa non è un albergo [Abbigliamento] ( quante volte questa frase la si sente dai genitori?!!XD) · Non ti pago [ristorante] · Il testamento del porco [ristorante] · Scarpe Diem [scarpe] · Bar(t) Simpson ciucciami il calzino [Bar] · Il brillo parlante [vineria] · C'è pizza per te [pizzeria]

Alessia Martino, 3cs

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Libri & Altro Rubrica per gli amanti della lettura, del racconto, della poesia, dei fumetti...

Questa è la storia dell’infanzia di Lilliana, bambina degli anni Venti nella città di Asti. È un libro autobio-grafico, l’autrice Giulia Fiorn (Lilliana Attigliano Forni, 1919-2006) è diventata medico a Torino e ha avuto esperienze come pediatra a Capo Verde e in Uganda. Lilliana, una bambina ingenua ma matura, dolce, fantasiosa, racconta episodi di quando era piccola, nei quali conosciamo la zia Rosemma, la madrina Giulia morta a soli trent’anni di tisi, la maestra che le ha insegnato a leggere, scrivere e contare. E poi Maria, Luigina, Rosina… tutte donne che l’ hanno aiutata a crescere, dato che sua madre non si curava di lei, per un suo piccolo difetto: il fatto di essere strabica. La madre, una donna legata alle apparenze e all’alta società della città, ai pettegolezzi e ai beni materiali, non poteva sopportare un tale grado di imperfezione nella figlia… a lei preferiva di gran lunga le sorelle, più stupide e più cattive, forse, ma di certo più gra-ziose e ben educate. In questo libro non ci sono solo donne, ma ricoprono un ruolo importante anche gli uomini, in particolare il papà di Lilli, il suo Prinsi, il suo Principe. Un libro scorrevole, un po’ dolce e un po’ amaro per descrivere un’infanzia a tratti lieta, a tratti malinconi-ca, ma tutto sommato felice. A Lilliana bastavano le

cose semplici, e per questo non è mai andata d’accordo con la madre, ma sempre, invece, con le serve e i contadini. La rendevano felice una sera d’estate in compagnia, con polenta e falò scoppiettan-ti, una notte a cercare tartufi con un amico, la vendemmia in collina, tornare a casa con le gambe viola d’uva, imparare parole nuove, viaggiare con la fantasia… Così bello che mi ha fatto venire voglia di tornare in-dietro nel tempo, con Lilli, nelle notti d’estate e nelle giornate d’autunno. Elisa G, 5C Ginn

Non m’importa se non hai trovato l’uva fragola

Thounds: what music are you thinking? Creare la propria musica anche senza essere professionisti e aprirla al contributo degli appassionati di tutto il mondo. L’idea è di tre ragazzi italiani che hanno inventato Thounds, una piattaforma musi-cale accessibile tramite un social network che aiuta gli utenti a catturare le proprie i-spirazioni musicali registrandole dal vivo.

Diventa quindi possibile creare musica in qualsiasi momento e con qualsiasi altra persona collegata da qualunque parte del globo attraverso un microfono, un cellulare, un qualunque strumento o semplicemente utilizzando il microfono del pc, il tutto con pochi semplici click. Le tracce potranno essere poi condivise attraverso i più importanti social network e chi vuole può aggiungere le sue note o la sua voce. Chiunque può facilmente realizzare le pro-prie idee ed ispirazioni musicali con la sempli-ce interfaccia di Thounds e creare una sorta di band aperta a tutti. Le creazioni saranno così a 2, 10, 100, 1000 mani e ingloberanno al loro interno ritmi pro-venienti dalle parti più disparate del mondo.

Andrea, VA Ginn http://www.thounds.com/

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Musica & film

Polonia, 1904. Yentl è una ragazza particolare. Cresciuta solo

con il padre, prova un forte interesse per i testi sacri ebraici che impara ogni giorno dal padre

rabbino. Non avverte nessuna predisposizione per il ruolo precostituito di moglie, madre e casalinga sottomessa che la società prevede per lei. Alla morte dell'amato genitore, si traveste da ragazzo e fugge, incerta sul futuro ma decisa a studiare i testi sacri, all'epoca proibiti alle donne. Il caso la porta in una yeshiva (scuola religiosa ebraica) non lontana, dove si presenta come Anshel. Stringe una forte amicizia con il compagno di studi

Avigdor, ma presto si accorge di amarlo. Avigdor è promesso alla bellissima e accomodante Haddass.

Quando però si scopre che il fratello di Avigdor si è suicidato

le nozze vengono immediata-mente annullate e la ragazza

viene data in sposa a Yentl. Preferisco non dire tutte le peripezie della ragazza che, per ovvi motivi, non può

consumare il

matrimonio, perché devono essere viste nel film. Yentl troverà il modo di rivelare ad Avigdor la sua identità di donna e di confessargli l'amore che nutre per lui. Ma Avigdor è uomo del suo tempo, legato a pregiudizi insormontabili e offre a Yentl una vita tra-dizionale dove la moglie, al massimo, può studiare di nascosto e vivere all'ombra del marito. Yentl rinuncia ad Avigdor che sposerà Hadass e, indossate nuovamente vesti femminili, parte per l'America dove tutti possono studiare e dove a darle il benvenuto c’è una donna, la statua della libertà. Il film, uscito nel 1983 e basato su un racconto di Isaac Bashevis Singer, è stato diretto e interpretato da Barbra Streisand. Gli altri principali interpreti sono Mandy Patinkin (il Gideon di Criminal Minds) e Amy Irving. La critica accolse molto positivamente questo film, anche grazie alle sorprendenti doti canore della Streisand (che esprime attraverso il canto le sensazioni più profonde della protagonista), anche se vinse solo un Oscar, per la colonna sonora. È un film realmente fantastico, anche se in alcuni punti un po’ pesantuccio, triste ma ottimista, e merita di essere visto.

Lara 1B Cl

Avete mai pensato a Superman, capace di fare ogni cosa?? Allora avevate in mente Barbara Streisand. At-trice, premiata con oscar, cantante, premiata con tutto il premiabile, produttrice, con incassi da capogiro, re-gista, di capolavori come ad esempio Il Principe delle Maree, compositrice e addirittura designer. Per non parlare di icona gay. In 40 anni di onorata carriera ha inciso più di 60, e di-co SESSANTA, album. È stata la prima attrice a vincere un premio Oscar per meriti non concernenti le sole doti recitative, ottenendo nel 1977 l’oscar alla migliore canzone per Evergreen, colonna sonora di È nata una stella, ed è in America la donna che ha venduto di più in assoluto. Come se non bastasse è l'unica artista ad avere almeno un album numero uno per 5 decenni consecutivi, aven-do pubblicato album numeri uno rispettivamente negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila. Non diciamo poi che ha ricevuto onorificenze in tutto il mondo, anche in Francia e Germania. Che dite, manca solo che inizi a volare??

Lara 1B Cl

Yentl Capolavori del cinema

Barbara Streisand Personaggi

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...E tu cosa ne pensi? Dibattito tra studenti

“Chirurgia plastica: cura o malattia?”

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Il tema della discussione, già preannunciato, è: “Chirurgia plastica: cura o malattia?” Ecco le vo-stre risposte migliori!! Ma prima, annuncio il prossimo tema: “La televisio-ne potrà sostituire completamente il teatro?”

“Personalmente ritengo che la chirurgia estetica sia molto utile in quanto può aiutare una persona ad eliminare eventuali difetti fisici che rendono difficile la convivenza con le altre persone. Quando invece viene utilizzata soltanto per fattori puramente esteti-ci, per il proprio piacere, credo sia inutile e superfi-ciale. Penso che una persona debba accettarsi per quello che è e non allarmarsi intervenendo chirurgi-camente se compaiono 2 rughe sul suo viso. Ragaz-zi…è la vita!” J.S.

“Credo che la chirurgia plastica, se usata con mode-razione, non possa far altro che giovare all’individuo; penso infatti che un semplice e piccolo ritocco accresca l’autostima e la sicurezza in se stes-si. Probabilmente solo l’interessato si accorge di quel piccolo difetto, ma comprendo il sentirsi a disagio in pubblico e non ci vedo niente di male a risolverlo, soprattutto se in modo semplice e sicuro, grazie alle nuove tecnologie” S.V.

“Personalmente sono contraria alla chirurgia plasti-ca, perché credo che se una persona sta bene con se stessa a livello psicologico non sente la necessità di cambiare il proprio corpo; inoltre le persone che ci stanno intorno ci amano per come siamo e non per come appariamo.” V.C.

"Pensiamo che di per sè l'uso della chirurgia plastica non sia sbagliato, se dettato da una necessità personale e non dall'esigenza di conformarsi ai parametri promossi dai media. La scelta dovrebbe dunque essere ragionata e consapevole dei rischi che

un'operazione chirurgica può comportare. Inoltre ci deve essere un impegno da parte della società nel garantire ai pazienti sicurezza e professio-nalità"

"Ritengo che sia giusto nel caso in cui tutto parta da un disagio personale dovuto al fatto che non si sta bene con se stessi, credo sia sbagliato se invece si vuole imitare un modello televisivo"

"Secondo me gli interventi di chirurgia plastica de-vono essere effettuati su soggetti che han problemi fisici che si ritorcono sulla loro salute, ma non essere praticati su persone sane che non si piacciono. Ognu-no è come è e deve imparare a convivere con il proprio corpo e con la propria immagine. Io stessa non sono contenta di come appaio, ma molte volte mi viene detto che le mie valutazioni sono sbagliate o esagerate. Non rischiamo solo per sentirci più belle\i: molto spesso lo siamo già a nostro modo e il pro-blema è solo l'insicurezza o la scarsa autostima!"

"Credo che la chirurgia plastica sia nata per aiutare le persone che sono rimaste sfigurate a causa di incidenti o con malformazioni. L'abuso che se ne fa oggi è legato ai modelli che ci vengono trasmessi dai mass media, può anche diventare una vera e propria 'malattia', ed in tal caso bisogna rivolgersi a uno psichiatra. Il problema di fondo è il non riuscire ad accettarsi per come si è" Wow per la partecipazione!

Aspettiamo le vostre risposte, scriveteci quello che pensate, le vostre opinioni, le vostre esperienze personali! [email protected] Federica Noardo, 4Bling

Il corpo delle donne è il titolo del documen-tario di 25′ sull’uso del corpo della donna in tv. Il punto di partenza - dicono le autrici - è stata “la constatazione che le donne, le don-ne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazio-ne grottesca, volgare e umiliante. La perdita ci è parsa enorme: la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime. Da qui si è fatta strada l’idea di selezionare le immagini televisive che aves-

sero in comune l’utilizzo manipolatorio del corpo delle donne per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv ma specialmente a chi la guarda ma “non vede”. L’obbiettivo è di interrogarsi su que-sta situazione di cui tutti sono spettatori

silenziosi, evidenziando alcuni aspetti oggi di moda come il giovanilismo, il ricorso insistito alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno di passaggio del tempo e le conseguenze sociali di questa rimozione. (Segnalato da E.S.) Il video è a disposizione su: www.ilcorpodelledonne.net

Il corpo delle donne

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Lettere alla redazione

Ciao Jessica, sei nel nostro cuore Jessica Guidarelli, allieva del liceo classico “G.F.Porporato”, appartenente alla classe 1°D S.p.p, è mancata il 21 Gennaio 2010; una notizia improvvisa che ha lasciato tutti senza parole. Le compagne hanno voluto renderle omaggio con delle semplici e sentite parole. “Il ricordo del suo sorriso è la cosa più bella che ci ha lasciato. In questo lei era così speciale… Con la sua costante allegria, anche nei momenti più brutti ci ha regalato tanta serenità. Ricorderemo per sempre i suoi occhi sinceri, la capacità di reagire alle difficoltà con entusiasmo. Sono bastati solo quattro mesi per conoscerla e capire che nella sua semplicità lei è stata così speciale. Cercava sempre di dare una mano a tutti e parlava spesso della sua mamma e dei suoi strepitosi nonni…. le persone più importanti della sua vita, che nonostante l’accaduto non lascerà mai realmente sole. Molte di noi avrebbero voluto avere l’opportunità di conoscere dav-vero la ragazza meravigliosa che era, ma non ne hanno avuto modo. Quindi adesso l’unica cosa che desideriamo è che lei abbia l’opportunità di essere serena in quel posto lon-tano da tutti noi, ma in realtà così vicino; perché il suo ricordo rimarrà sempre in ognuno di noi………………… La ringraziamo di ogni minimo istante che ci ha concesso.” La tua classe 1 D Spp

Ti vogliamo bene

Tears in heaven (Lacrime in paradiso)

di Eric Clapton

Would you know my name if I saw you in heaven? Would it be the same if I saw you in heaven? I must be strong and carry on, 'Cause I know I don't belong here in heaven.

Would you hold my hand if I saw you in heaven? Would you help me stand if I saw you in heaven? I'll find my way through night and day, 'Cause I know I just can't stay here in heaven.

Time can bring you down, time can bend your knees. Time can break your heart, have you begging please, begging please. Beyond the door there's peace I'm sure, And I know there'll be no more tears in heaven. Riconosceresti il mio nome se ti vedessi in paradiso? Sarebbe lo stesso se ti vedessi in paradiso? Devo essere forte e tirare avanti, Perché so che non appartengo a questo posto, il paradiso.

Terresti la mia mano se ti vedessi in paradiso? Mi aiuteresti a stare in piedi se ti vedessi in paradiso? Troverò la mia strada attraverso la notte e il giorno, Perché so che non posso stare qui in paradiso.

Il tempo può buttarti giù, può piegarti le ginocchia. Il tempo può spezzarti il cuore, ti prego non lo fare, ti prego non lo fare Oltre la porta c’è pace, sono sicuro, E so che non ci saranno più lacrime in paradiso.

8 marzo: giornata internazionale della donna È nota, ma forse non ancora a tutti, l'origine della Giornata internazionale della donna. L' 8 marzo del 1857, nella città di Chicago (USA), 129 ope-raie furono bruciate vive nella fabbrica di tessuti dove lavoravano. Avevano protestato per le condizioni disumane di lavoro c u i e r a n o sottoposte: orari impossibili (fino a 16-17 ore di se-guito), mancanza di luce e di sicurezza, salari molto inferiori a quelli degli uomini, pur nello stesso tipo di servizio e con u- guale resa. Per non assecondare e diffondere le giuste rivendicazioni di quelle la- voratrici, i padroni della fabbrica decisero di sopprimere le donne chiudendole dentro e appiccando il fuoco. La grave violenza ri- mase nascosta per molti anni. Solo nel 1910, il fatt fu reso noto in un' assemblea mon- diale di donne. In quella occasione si decise di rendere omaggio alle o-peraie bruciate vive a Chicago dichiarando l' 8 marzo di ogni an- no: Giornata internazionale della donna. Non una semplice festa commemorativa, ma occasione di riflessione, di impegno rinnovato, perché in tutti gli ambienti le donne possano godere parità di diritti nella società e nella famiglia e scoprire i valori racchiusi nella loro femminilità, collaborando attivamente all'umanizzazione del mondo. A.D.

Tears in heaven è la canzone che i ragazzi delle seconde Linguistico hanno dedicato a Jessica in occasione della loro rappresentazione teatrale “All the world’s a stage”.

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Pensando all’8 marzo, festa delle donne...