Numero0 onda libera

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Il giornalismo fatto dal basso, dai territori, nei quartieri, in cui gli stessi lettori, diventano parte della informazione e non solo soggetti passivi, sta diventando in tutto il mon- do la nuova frontiera, l'av- vincente sfida dei nuovi media. Il giornalismo dal basso arricchisce l’infor- mazione, la rende più im- mediata, permette di cattu- rare – grazie al digitale – momenti della realtà che finora potevano essere rac- contati solo con un margine di ritardo e affidandosi a testimonianze di vario ge- nere. Un modo tutto nuovo di fare notizia. Ma anche di pubblicarla e diffonderla, verificando che non ci sia- no manipolazioni dell'in- formazione. E questo fa paura. In particolar modo nel nostro Paese, dove giornali e televisioni sono nelle mani di pochi politici imprenditori e il sistema informativo è congelato. Dove le inchieste giornali- stiche sono scomode, van- no querelate e, se possibile censurate. Come quelle giudiziarie. Dove tutti i giornali sono di sinistra (come i giudici, del resto). Dove gli immigrati sono un problema. Le immigrate un po' meno. Dove i Simpson fanno più share di Minzoli- ni. Dove Emilio Fede è direttore di un Tg. Dove chi protesta è comunista. Dove i ragazzi sono bam- boccioni. Dove le intercet- tazioni non servono a nulla. Dove il premier telefona in diretta a Ballarò. Ma poi riattacca. Dove la guerra è missione di pace. Dove le voci libere fanno paura, quindi ammazziamole di tasse. Oggi più che mai è importante riflettere, capire e far capire. La rete, più di ogni altro mezzo consente di farlo e condividerlo con persone che si sentono vit- time dello stesso sistema. Anche i numeri stanno dando ragione a questo rivoluzionario modo di fare informazione. E oggi, an- che il giornalismo tradizio- nale si interroga su quello che sta succedendo sulla rete. Sono sempre più le penne libere, liberate dai poteri produttivi e politici che soffocano l'intero siste- ma informatico. E al potere mediatico, fa ancora più paura. Su queste basi nasce “Onda Libera”. Una voce libera e indipendente, senza editori. Un media aperto a giovani e studenti, liberi cittadini, lavoratori precari dell'informazione. Un gior- nale online, una web radio tv, con notizie aggiornate quotidianamente. Un palin- sesto ricco di inchieste, rubriche tematiche, appro- fondimenti, interviste su temi culturali e di politica, trasmissioni di musica e cultura, documentari. I temi sono strettamente le- gati al mondo dei giovani. Scuola e università, precaria- to, ambiente, storia, costitu- zione, immigrazione, cinema, musica, diritti umani, sempre in modo molto concreto, si spoglieranno grazie al contri- buto di chi vuole realmente dire la propria opinione. Gior- nalisti, esperti, ma soprattutto gente comune, con la voglia di urlare ciò che realmente crede o pensa. A decadere dei tempi tecnici, Onda Libe- ra diventerà testata giornali- stica registrata. Come tante altre. Ma a differenza delle note televisioni, si dà risalto alle relazioni fra la gente, alle emozioni e agli affetti. Si dà spazio alle passioni! Lo scopo è quello di fare in- chiesta sul territorio. Dare visibilità e voce a tutti quei giovani e non, che non ven- gono rappresentati dai media tradizionali, cercando di su- perare i pregiudizi e contra- stare gli stereotipi che subi- scono. Onda Libera diventerà un luogo dove potersi incon- trare, confrontarsi e dare spa- zio alla propria creatività. Cercala su facebook. Oppure su twitter. O anche su you tube. Se vuoi, guardatela sul tuo telefonino. Oppure, co- modo, sul divano di casa tua, direttamente in Tv. Di fronte ad un giornalismo tradiziona- le sempre più tendenzioso e fazioso, Onda Libera propone un giornalismo fatto di com- petenza. Ma anche e soprat- tutto di passione, voglia di una informazione libera, e di impegno civile. Social net- Le tre C della nuova informazione Condivisione, comunità e conversazione: così cambia il modo di fare notizia. Anno 1, numero 0 Testata giornalistica NON ancora registrata Editoriale 1 Libertà di stampa: Lo scenario unghere- 2 Cina: metamorfosi In corso? 4 Il docufilm di paolo Rossi su pomigliano 6 Grande famiglia 8 Après les vacances 9 Click! 10 Piattaforme “webTV” opportunità 11 Viva L’Italia 12 Sommario: work, conoscenza condivisa. E’ un giornalismo in prima persona, contro un giornalismo mainstream in terza persona. Dove tu che ora stai leggendo, avrai la possibilità di interagire con la redazione, op- pure intervenire durante le tra- smissioni. Potrai elencarmi tutti gli errori che ho commesso in que- sto articolo. E negli altri che scri- verò io. Che scriveranno gli altri redattori. Potrai scambiare opinio- ni con gli altri utenti. Ma anche raccontare una notizia, pubblicare un articolo, inviare un video- denuncia. Raccontarci la tua sto- ria, invitarci nel tuo paese. Iscri- vendosi alla sezione “You Jorna- list”, tutti i lettori diventeranno dei veri giornalisti. Onda Libera rap- presenta la comunicazione del futuro, basata su tre C: Condivi- sione, Comunità e Conversazione. Affiancando a queste, altre tre “C” che il giornalismo ha già da tempo trasformato nei suoi punti di forza: credibilità, contenuti e creatività. E’ un futuro complesso e in buona parte ancora da inventare. Bisogna crederci, lottare. Una informazio- ne libera è possibile. Felice La Manna

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Il giornalismo fatto dal basso, dai territori, nei quartieri, in cui gli stessi lettori, diventano parte della informazione e non solo soggetti passivi, sta diventando in tutto il mon-do la nuova frontiera, l'av-vincente sfida dei nuovi media. Il giornalismo dal basso arricchisce l’infor-mazione, la rende più im-mediata, permette di cattu-rare – grazie al digitale – momenti della realtà che finora potevano essere rac-contati solo con un margine di ritardo e affidandosi a testimonianze di vario ge-nere. Un modo tutto nuovo di fare notizia. Ma anche di pubblicarla e diffonderla, verificando che non ci sia-no manipolazioni dell'in-formazione. E questo fa paura. In particolar modo nel nostro Paese, dove giornali e televisioni sono nelle mani di pochi politici imprenditori e il sistema informativo è congelato. Dove le inchieste giornali-stiche sono scomode, van-no querelate e, se possibile censurate. Come quelle giudiziarie. Dove tutti i giornali sono di sinistra (come i giudici, del resto). Dove gli immigrati sono un problema. Le immigrate un po' meno. Dove i Simpson fanno più share di Minzoli-ni. Dove Emilio Fede è direttore di un Tg. Dove chi protesta è comunista. Dove i ragazzi sono bam-boccioni. Dove le intercet-

tazioni non servono a nulla. Dove il premier telefona in diretta a Ballarò. Ma poi riattacca. Dove la guerra è missione di pace. Dove le voci libere fanno paura, quindi ammazziamole di tasse. Oggi più che mai è importante riflettere, capire e far capire. La rete, più di ogni altro mezzo consente di farlo e condividerlo con persone che si sentono vit-time dello stesso sistema. Anche i numeri stanno dando ragione a questo rivoluzionario modo di fare informazione. E oggi, an-che il giornalismo tradizio-nale si interroga su quello che sta succedendo sulla rete. Sono sempre più le penne libere, liberate dai poteri produttivi e politici che soffocano l'intero siste-ma informatico. E al potere mediatico, fa ancora più paura. Su queste basi nasce “Onda Libera”. Una voce libera e indipendente, senza editori. Un media aperto a giovani e studenti, liberi cittadini, lavoratori precari dell'informazione. Un gior-nale online, una web radio tv, con notizie aggiornate quotidianamente. Un palin-sesto ricco di inchieste, rubriche tematiche, appro-fondimenti, interviste su temi culturali e di politica, trasmissioni di musica e cultura, documentari. I temi sono strettamente le-gati al mondo dei giovani.

Scuola e università, precaria-to, ambiente, storia, costitu-zione, immigrazione, cinema, musica, diritti umani, sempre in modo molto concreto, si spoglieranno grazie al contri-buto di chi vuole realmente dire la propria opinione. Gior-nalisti, esperti, ma soprattutto gente comune, con la voglia di urlare ciò che realmente crede o pensa. A decadere dei tempi tecnici, Onda Libe-ra diventerà testata giornali-stica registrata. Come tante altre. Ma a differenza delle note televisioni, si dà risalto alle relazioni fra la gente, alle emozioni e agli affetti. Si dà spazio alle passioni! Lo scopo è quello di fare in-chiesta sul territorio. Dare visibilità e voce a tutti quei giovani e non, che non ven-gono rappresentati dai media tradizionali, cercando di su-perare i pregiudizi e contra-stare gli stereotipi che subi-scono. Onda Libera diventerà un luogo dove potersi incon-trare, confrontarsi e dare spa-zio alla propria creatività. Cercala su facebook. Oppure su twitter. O anche su you tube. Se vuoi, guardatela sul tuo telefonino. Oppure, co-modo, sul divano di casa tua, direttamente in Tv. Di fronte ad un giornalismo tradiziona-le sempre più tendenzioso e fazioso, Onda Libera propone un giornalismo fatto di com-petenza. Ma anche e soprat-tutto di passione, voglia di una informazione libera, e di impegno civile. Social net-

Le tre C della nuova informazione Condivisione, comunità e conversazione: così cambia il modo di fare notizia.

Anno 1, numero 0 Testata giornalistica NON ancora registrata

Editoriale 1

Libertà di stampa: Lo scenario unghere- 2

Cina: metamorfosi In corso? 4

Il docufilm di paolo Rossi su pomigliano 6

Grande famiglia 8

Après les vacances 9

Click! 10

Piattaforme “webTV” opportunità

11

Viva L’Italia 12

Sommario:

work, conoscenza condivisa. E’ un giornalismo in prima persona, contro un giornalismo mainstream in terza persona. Dove tu che ora stai leggendo, avrai la possibilità di interagire con la redazione, op-pure intervenire durante le tra-smissioni. Potrai elencarmi tutti gli errori che ho commesso in que-sto articolo. E negli altri che scri-verò io. Che scriveranno gli altri redattori. Potrai scambiare opinio-ni con gli altri utenti. Ma anche raccontare una notizia, pubblicare un articolo, inviare un video-denuncia. Raccontarci la tua sto-ria, invitarci nel tuo paese. Iscri-vendosi alla sezione “You Jorna-list”, tutti i lettori diventeranno dei veri giornalisti. Onda Libera rap-presenta la comunicazione del futuro, basata su tre C: Condivi-sione, Comunità e Conversazione. Affiancando a queste, altre tre “C” che il giornalismo ha già da tempo trasformato nei suoi punti di forza: credibilità, contenuti e creatività. E’ un futuro complesso e in buona parte ancora da inventare. Bisogna crederci, lottare. Una informazio-ne libera è possibile.

Felice La Manna

In Ungheria, un paese dell’U-nione Europea, il Parlamento ha recentemente approvato una legge sulla stampa che pone forti limiti agli organi di infor-mazione. La nuova legge sui media è stata varata nel mo-mento in cui il Paese si prepara alla presidenza dell’Unione Eu-ropea. Budapest arriva indeboli-ta, disillusa e con una credibili-tà in caduta libera a quest’ap-puntamento con l’Europa ri-schiando di doversi impegnare, da leader dell'Unione, al suo stesso salvataggio. A guidare il paese è, dalla pri-mavera, il partito di centrode-stra Fidesz con il suo leader Viktor Orban. Ex 'enfant prodige' della politi-ca magiara, il ragazzo che dal palco dei funerali postumi di Imre Nagy nel 1989 infiamma-va la piazza vogliosa di chiude-re la sanguinosa pagina della guerra fredda, Orban ha preso in mano il paese dopo otto anni di governo socialista. L'appro-vazione della «legge bava-glio» ,ultima mossa di un dise-gno preciso della maggioranza conservatrice, è arrivata a lu-glio. Il partito Fidesz, dopo aver ottenuto in aprile una maggio-ranza di due terzi alle elezioni, senza precedenti dopo la caduta del regime comunista in Unghe-ria, ha i numeri per modificare la Costituzione e la struttura dello Stato. La norma, approvata il 20 di-cembre, comprende 175 articoli e mira a irreggimentare la con-dotta di giornali, radio, tv e or-gani di informazione in rete a beneficio di quello che gli idea-tori della riforma chiamano «interesse pubblico». Secondo

il primo ministro Orbán è arri-vato il momento di riportare l'ordine nel mondo mediatico da tempo vittima di una situazione caotica incoraggiata dalle sini-stre. È prevista la soppressione delle redazioni di news delle tv e delle emittenti radiofoniche a vantaggio di un unico centro che troverà posto presso l'agen-zia Mti e che provvederà a ren-dere conformi le notizie da tra-smettere agli organi di stampa pubblici. L'Autorità potrà im-porre ammende pesanti ai me-dia che si comporteranno in modo tale da recar danno all'«interesse pubblico» prece-dentemente menzionato, il che, tradotto in altri termini, signifi-ca che verranno sanzionati gli organi di informazione che non si uniformeranno al nuovo cli-ma e all'orientamento imposto dal governo. Il giornalismo investigativo do-vrà rivelare le fonti di cui si av-vale per le sue ricerche, i tele-giornali saranno tenuti a tra-smettere notizie di cronaca nera secondo una percentuale massi-ma del 20% rispetto al contenu-to complessivo di ciascun noti-ziario, il 40% della musica diffusa da tv e radio dovrà es-sere un-gherese. Le am-mende previste per i me-dia ina-dempienti

sono salate e potrebbero facil-mente decretare la fine di quelli provvisti di mezzi economici poco consistenti. Il primo ministro Orban ha isti-tuito un'Autorità nazionale delle telecomunicazioni con a capo la garante Annamaria Szalai, vici-na al premier, e composta da cinque membri tutti nominati dal partito di governo, alla qua-le è stato assegnato un mandato di nove anni con inoltre la fa-coltà di emanare decreti. E’ sta-to poi istituito un ente unico di cui fanno parte la televisione pubblica (Mtv e Duna), la radio pubblica (Mr) e l'agenzia stam-pa Mti, con direttori nominati dal garante. Negli ambienti liberali e di sini-stra si parla di attentato alla li-bertà d'espressione. Per questo motivo alcune centinaia di per-sone si sono riunite a Szabadság tér (Piazza della Libertà), sede della tv di stato (Mtv), per pro-testare. Giornali e organi di stampa lontani dall'orientamen-to governativo denunciano il carattere antidemocratico dei nuovi provvedimenti, il Népszabadság, principale quoti-diano del paese, testata tradizio-

Libertà di stampa: lo scenario ungherese.

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« Chiunque ha il diritto alla libertà di opinione ed espressione; questo diritto include libertà a sostenere personali opinioni senza interferenze ed a cercare, ricevere ed insegnare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo informativo indipendentemente dal fatto che esso attraversi le frontiere » (Dichiarazione Universale dei Diritti

Umani).

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nalmente legata ai socialisti, ha annunciato un ricorso alla Corte costituzionale, ma le possibilità di successo sono scarse, dal momento che i poteri della medesima sono stati limitati dalla mag-gioranza. La situazione creatasi osta-cola notevolmente o addirit-tura inibisce l'iniziativa di chi volesse impegnarsi per la tutela di un diritto fonda-mentale come quello di dif-fondere e ricevere un'infor-

mazione critica e priva di bavagli. Il governo di Orbán non è nuovo a orientamenti di questo genere; basti pensare che al tempo del primo ese-cutivo guidato dal Fidesz (1998-2002) venne redatta una lista nera di corrispon-denti esteri colpevoli di aver diffuso un'immagine negati-va dell'Ungheria.

Quella dell’Ungheria non è l’unica nota dolente nel con-certo del vecchio continente europeo. Nel 2009 esce la nona classifica dell'organiz-zazione che difende i diritti dei giornalisti: "L’Europa scende dal suo piedistallo, nessuna tregua nelle dittatu-re". Un altro anno da paese parzialmente libero. Nella classifica annua-le di Reporters sans frontiè-res l’Italia mantiene il 49° posto a pari merito con il

Burkina Faso e in leggero vantaggio su El Salvador. Nelle motivazioni del rap-porto,si legge: “Non c’è sta-to alcun progresso in vari paesi dove Rsf ha evidenzia-to problemi. Tra questi, soprattut-to, Francia e Italia, dove gli eventi dello scorso anno – le violazioni della tutela delle

fonti dei giornalisti, la conti-nua concentrazione della proprietà dei media, le di-mostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esponenti governativi nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro, le convoca-zioni giudiziarie – hanno confermato la loro incapaci-tà di invertire questa tenden-za. “È inquietante vedere come molti paesi membri dell’U-nione Europea continuino a

scendere nella clas-sifica – ha dichiara-to Jean-François Julliard, segretario generale di Rsf – Se non si marcia insieme, l’Unione Europea rischia di perdere la sua posi-zione di leader mondiale nel rispet-to dei di-ritti uma-ni. Se ciò

dovesse accadere, come po-trebbe essere convincente quando chiede ai regimi au-toritari miglioramenti nel rispetto dei diritti umani? C’è bisogno urgente per i paesi europei di recuperare un comportamento esempla-re”.

Antonella Donnarumma

Zhongguo 中国 significa “centro del mondo”: è così che i Cinesi chiamano la pro-pria terra. Infatti, anticamente l’universo era inteso come un organismo strutturato con la Cina al centro e l’Imperatore, il figlio del Cielo, aveva l’ob-bligo morale di attirare a sé le popolazioni barbare per tra-smettere loro la cultura e la luce. Un’idea di superiorità unica e assoluta: ma oggi è ancora così? Nel corso degli ultimi anni il grande paese asiatico è stato spesso oggetto di attenzione da parte dei media: si pensi al premio nobel per la pace di Liu Xiaobo, alla guerra fred-da tra Google e il governo cinese, alla grande ascesa economica. Tra diplomazia internaziona-le, interessi economici e il lento percorso della Cina ver-so un suo cambiamento, il caso di Liu Xiaobo è stato

senza dubbio un evento stori-co. Un caso che ha scosso di si-curo molte coscienze: eppure, per la stampa cinese, non è

stato altro che un “teatrino”, “una farsa politica per mette-re sotto processo la Cina” co-me ha affermato la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Jiang Yu. Liu Xiaobo venne condanna-to per “attività sovversive nei confronti dello stato e per il rovesciamento del sistema socialista cinese” a seguito della sua partecipazione alla stesura di Charta 08, un do-cumento che in occasione dei 60 anni della Dichiarazione dei Diritti Universali dell'Uo-mo, chiedeva riforme allo stato cinese. Chiedeva riforme allo stato: senza violenza, la sua lotta è sempre stata pacifica. Tutta-via, nella sala delle feste al palazzo del Municipio di Oslo all'inizio della cerimo-nia, che si è svolta nella gior-nata mondiale Onu dei diritti dell'uomo, c'era una sedia vuota. È quella dove si sareb-be dovuto sedere il dissidente

insignito del premio No-bel per la pace e che inve-ce non era in Norvegia, in quanto rinchiuso in un carcere. Di tutta risposta delle autorità cinesi, pro-prio l'espressione “sedia vuota”, insieme alla paro-la “Oslo”, è stata vietata sui siti internet dopo che i blogger locali hanno ini-

ziato a mettere in rete foto di sedie vuote, con evidente ri-ferimento a Liu Xiaobo. Co-me riporta la France Presse,

sul sito Renren, un equiva-lente cinese di Facebook, se si digitano queste parole compare la scritta “contenuto proibito”. Su Netease, l'equi-valente locale di Twitter, compare invece l'avviso “sito sotto ispezione”. Inoltre, so-no stati bloccati televisioni e siti internet stranieri che avrebbero potuto parlare del-la cerimonia di consegna del Nobel. A proposito di Internet, la Cina si è connessa alla rete nel 1994. Da allora l'espan-sione è stata inarrestabile, nonostante la censura a ma-glie strette imposte al suo sviluppo dai vertici politici del paese. Oggi Pechino ha annunciato ufficialmente che il numero di web-navigatori della Cina ha raggiunto quota 450milioni, il 20% in più ri-spetto a un anno fa. Ma la nota del governo è stata ac-compagnata da un'altra noti-zia: durante il 2010 sono sta-ti chiusi 60mila siti porno e sono state arrestate quasi 5mila persone. Non solo: il Governo cinese ha controlla-to il contenuto di 1,79 milio-ni di siti web e provveduto alla cancellazione di 350 mi-lioni di articoli. Ma tutto ciò non ha impedito al web di diffondersi nelle grandi città e ai cinesi di uscire dal paese ed entrare in contatto con il resto del mondo. La prova? Oggi un cinese, il giovane

CINA: METAMORFOSI IN CORSO?

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scrittore Han Han, è con-siderato il blogger più let-to del pianeta. È ai primi posti nella clas-sifica delle persone più influenti del mondo. L'an-ticonformista e popolare scrittore cinese, probabil-mente quasi sconosciuto in Occidente, è stato in realtà votato da migliaia di persone nel sondaggio online lanciato dal setti-manale americano Time Magazine per scegliere “le 100 persone più in-fluenti dell'anno”. La stampa cinese riporta oggi la notizia con grande ri-salto. Pur avendo ottenuto maggior successo di Oba-ma, Han Han ha reagito con modestia: “provo ver-gogna, sono solo uno scrittore e a volte la gente si esalta con i miei artico-li, niente di più”, ha detto il giovane. I blogger, se-condo Han Han, sono “solo attori insignificanti messi a fuoco in uno sce-

nario teatrale” di proprietà dei potenti che possono “calare il sipario, spegne-re i riflettori e tagliare l’e-lettricità in qualsiasi mo-mento - ha spiegato- e alla fine non resta nulla”. Unica sua speranza, ha aggiunto il blogger, è che le autorità si mostrino be-nevole nei confronti dell’arte, della letteratura e dei media, senza censu-rarli e senza esercitare pressioni. Non si può ancora dire che questi siano segnali di cambiamento: la Cina avanza e il presidente Hu Jintao conquista la vetta della classifica degli uo-mini più potenti del mon-do stilata da Forbes. Se-condo la rivista america-na, il capo di Stato cinese ha superato l’americano Barack Obama. Eppure, nonostante le critiche che le vengono rivolte, la Ci-na procede inesorabilmen-te verso la sua strada. Le contestazioni sono ancora molto diffuse, ma oggi nulla minac-cia il potere di un partito che garan-tisce il 10% di cresci-ta eco-nomica all’an-

no. Resta da capire fino a quando potrà durare que-sta situazione. Intanto, in Italia, la Cina resta la meta più ambita, specialmente tra i liceali. È quello che emerge dai dati di Intercultura: molti studenti hanno avuto la possibilità di andare a stu-diare in Cina e al ritorno si sono mostrati entusiasti. Ettore Borghetto, ad esempio, dopo un anno in Cina il suo mondo non lo vuole più. “Me ne andrò appena possibile. Quella è la nuova potenza, la gran-de cultura, la tecnologia, la modernità. Lì a scuola si costruisce il proprio fu-turo, dall'alba alla sera. Quella è la scuola del me-rito”. E Milano diventa con le sue 2.593 società cinesi e 35.785 ditte individuali (il cui titolare è un cinese) la capitale cinese d’Italia.

Milly Foglia

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Massimiliano Carboni dirige RCL - Ridotte Capacità La-vorative, pellicola basata su un'idea del giornalista napo-letano Alessandro di Rienzo. Il film parte dalle vicende della FIAT di Pomigliano d'Arco, salita agli onori della cronaca quest'estate, quando venne indetto un referendum interno riguardante le nuove modalità contrattuali vincola-te alla missione produttiva. Un film a metà fra il docu-mentario e l'opera di fantasia, un pezzo d'Italia, assoluta-mente rappresentativo dell'in-tero paese. Paolo Rossi si è recato a Po-migliano per girare un film sulla classe operaia e, dopo essersi fatto un'idea di quanto avvenuto nello stabilimento e aver realizzato quale tipo di pellicola bisognasse fare, ha scritto al produttore: "Servono un'astronave, Sha-kira e Nino D'Angelo che in-terpreta Karl Marx. Da un altro pianeta verranno a libe-rare la classe operaia di Po-migliano e del mondo". Una location "scomoda", un racconto difficile, un narrato-re dissacrante: Rcl, nonostan-te l'esiguo budget (sedicimila euro in produzione, lievitato a cinquanta mila con la post-produzione), sembra avere tutti gli elementi per far par-lare di sé. Trenta giorni dopo il referen-dum, Paolo Rossi approda nella provincia napoletana

per i sopralluoghi di un ipote-tico film. Accompagnato da una troupe ridotta, il piccolo “maestro” di Monfalcone os-serva, sotto un Borsalino e la canicola estiva, un comune cresciuto, trasformato e stra-volto dalla presenza della ce-lebre industria automobilisti-ca, insediatasi intorno agli anni Sessanta. Paolo Rossi interroga il sindaco (di de-stra), il prete (di sinistra), il sindacalista, gli operai e le loro consorti senza manipola-re e senza semplifi-care. La compagnia Brancaleo-ne e il suo capocomi-co attra-versano scenari di vita autentica mutuati dalla realtà, con il suo ventaglio complesso di umori, tinte, sfumature. All'ombra del Ve-suvio e lungo le strade, le vie e le piazze intitolate al Po, a Torino e all'Alfa, dove si consuma l'ennesimo crimine della globalizzazione, matura l'idea di girare un film di fan-tascienza, l'unico genere in grado di illuminare i coni d'ombra e di aderire agli in-cubi di un'epoca. Solo il “fantastico”, superando per sua natura ogni limite, rom-pendo la linea del pensiero logico e spalancando l'intru-sione dell'irrazionale, è abili-

tato alla messa in scena dello “strano caso” di Pomigliano d'Arco. Su un “pianeta” neanche troppo lontano, un gruppo cospicuo di lavoratori si è ritrovato improvvisamen-te arbitro del proprio destino professionale: essere licen-ziato o rinunciare ai propri diritti contrattuali e costitu-zionali, conquistati in anni di battaglie sindacali. Il reality movie, offre allo spettatore la possibilità di “vedere me-glio” qualche cosa che una

storia fin-zionale o un “semplice” documen-tario non avrebbe potuto ri-velare. Con Ridotte Ca-pacità La-

vorative siamo nel territorio della poesia mordace, che smaschera quello che c'è die-tro la realtà fattuale e che di norma non percepiamo. So-gnando il suo utopistico sog-getto (Nino D'angelo affran-catore della classe operaia di Pomigliano sulle note di un “manifesto” neomelodico e nei panni di Karl Marx), Pao-lo Rossi realizza un’opera dotata di un’importante dose di fantasia, sarcasmo e di in-dignazione che serviva pro-prio al cinema italiano. Fa-cendo ricorso ad un sistema di parodia assolutamente in-

Il Docufilm di Paolo Rossi su Pomigliano. Ridotte capacità lavorative. La risposta di Pomigliano ad Avatar.

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novativo, l'attore-autore si prende gioco dei codici del documentario, denun-ciando e mostrando in chiave leggera e accessi-bile il proibitivo sviluppo industriale promosso da Sergio Marchionne. Am-ministratore delegato del gruppo Fiat e Chrysler e ridimensionatore in pullo-ver degli stabilimenti Fiat, Marchionne vuole miglio-rare la competitività aziendale ed espandersi in nuovi e importanti merca-ti. Per favorire il piano evolutivo della Fiat vale tutto: (ri)portare la produ-zione della Panda da Ty-chy (Polonia) a Pomiglia-no, condannare Termini Imerese, passare ai piani B, ‘rieducare' gli operai ai fini di migliorarne l'effi-cienza. La Fiom non ci sta ma vincono i sì e con quelli il desiderio di lavo-rare a un regime di attività rigido e alienante. Alla fine gli irriducibili e gli impediti, quelli che non si adeguano e quelli che hanno ridotte capacità la-vorative, finiscono “esiliati” in un altrove che non è il paradiso ma il pianeta Lapo. Il pianeta Lapo è un luogo di fanta-sia, ma in questo film coincide con quella specie di non luogo, in cui ven-gono confinati, dopo il referendum che ha sancito la vittoria dei SI nello sta-bilimento Fiat di Pomi-gliano d'Arco, i lavoratori

più riottosi, quelli che hanno votato NO, quelli che il servi-zio di spionaggio interno ha segnalato come pericolosi ne-mici del "bene" (che è la com-petitività sui mercati interna-zionali), quelli che i giudici del lavoro hanno reintegrato e che sta lì a indicare che non è vero che si intendono ridurre i costi, mentre è vero che si vo-gliono negare diritti e conqui-ste civili. L'azienda non teme gli sprechi che derivano dal tenere inutilizzati lavoratori che un giudice ha doverosa-mente costretto a riprendere in fabbrica, così come non teme di pagare il servizio di delazio-ne che incastri i lavoratori, ob-bligandoli a rendere conto non solo del loro lavoro, ma di quel che pensano, o della pre-tesa di avvalersi di diritti che la legge prevede. Apprendia-mo, anzi, che non solo si paga-no molti sorveglian-ti, ma addirittura i sorveglianti dei sor-veglianti, sfiorando il grottesco. C'è davvero poco da ridere in questa tra-gedia farsesca in cui si denuncia il fatto che sta facendosi strada l'idea che sia del tutto normale e accettabile un mon-do alla rovescia di cui la risalita al contrario della scala mobile è una genia-le metafora. I lavo-ratori sono costretti a muoversi per ese-guire i compiti loro

assegnati alla catena di montaggio in senso con-trario allo scorrere della catena medesima, col ri-schio concreto di farsi male. Tutto per il "bene", si intende. Dove questa concezione di "bene" si fa avanti, però, avvengono gravi devastazioni umane oltre che territoriali, come è già avvenuto per la citta-dina polacca, che ha già dato e che ora dovrebbe essere soppiantata proprio da Pomigliano. In sala a partire dal 10 di-cembre 2010, il reality movie sulla vertenza Fiat è stato presentato il 2 di-cembre alla 28esima edi-zione del Torino Film Fe-stival dove Marchionne è mancato nonostante fosse stato invitato.

Tommaso Carifi

Le domande alle quali biso-gna rispondere centocinquan-ta anni dopo possono sem-brare banali ma non lo sono affatto. Abbiamo tutti gli stessi diritti? abbiamo tutti gli stessi doveri? il “Risorgimento” è un valore comune? e il 25 Aprile? l’Ita-lia è una grande famiglia? le grandi famiglie stanno lavo-rando per le piccole famiglie? il napoletano al Nord è “troppo africano” o è il mila-nese che è “troppo svedese”? lo “stivale” ha una forma troppo allungata? chi ruba nei supermercati sconta la sua pena? chi ha commesso e commissionato le stragi di Stato? Se ne possono aggiungere molte altre, ma la risposta a queste domande nella mag-gior parte dei casi non c’è, o se c’è è retorica, sono do-mande che si pongono per far sì che tutti si rendano conto che il 1861 segna l’inizio di un percorso non la sua con-clusione. L’unità d’Italia si deve conquistare giorno per giorno, paesino per paesino, Regione per Regione (ometto le Provincie, magari le hanno abolite stanotte e non lo so): bisogna interiorizzare il con-cetto di “famiglia” ed esten-derlo al di là dei parenti stret-ti, facendo in modo che se un italiano “ha bisogno” non ci sia un altro italiano che ne è felice perché il bisogno altrui cancella il proprio; “se io do una cosa a te, tu dai una cosa

a me” è una formula che fun-ziona se lo scambio non ha come oggetto le “emergenze”, se la suddetta formula non si trasforma in “mors tua vita mea”. Non è indispensabile avere per for-za una formazione cattolica, cristiana o di qualsiasi altra religione o non è necessario disquisire se il concetto di famiglia sia un concetto di matrice laica o meno: basta “semplicemente” sentire co-me proprio quello che agli occhi di tutti “non ci appar-tiene”. Era logico in queste brevi considerazioni usare il virgo-lettato per mettere in eviden-za che quello che facilmente e quasi scolasticamente si scrive non riesce, tranne che in rare eccezioni, a tradursi in opera concreta.

Mi emoziona il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica a reti unificate con il testo della Costituzione sulla scrivania, non tanto per il contenuto stesso del discor-so, ma per il suo rappresenta-re un momento istituzionale di Unità, al pari forse solo di una finale di Coppa del Mon-do di calcio; mi rattrista al contempo che chi vuole far conoscere il proprio disagio, e quindi sentirsi cittadino ita-liano appartenente di questa famiglia, centocinquanta anni dopo è costretto a salire sui tetti. Speriamo che nessuno oscuri mai il Presidente della Repubblica, che l’arbitro non fischi mai la fine, che tutti abbiano un tetto sul quale sa-lire.

Raffaele Arimini

GRANDE FAMIGLIA

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Oggi è Il “day after”: cintura allentata e sguardo perso nel vuoto almeno per la prossima settimana. Almeno fino a quando realizzeremo che an-che quest’anno siamo soprav-vissuti. Soprattutto emotiva-mente. In questo periodo mi capita sempre di fare un’ analisi; ma non dell’anno che verrà, ma-gari prefissandomi mete alle quali non giungerò; ma di

queste settimane passate tan-to velocemente vuoi per il turbinio di eventi e incontri, vuoi perché il cibo satura la-sciando spazio solo ad una forzata quanto rumorosa re-spirazione. E mai come quest’anno sono felice di dire : le feste sono passate! C’è qualcosa di masochista e

anche vagamente sadico nel dover costringere se stessi e gli altri a passare questo pe-riodo a così stretto contatto. Grosso modo il resto dell’anno lo si trascorre con-centrati sul proprio microco-smo. E invece in queste due settimane la famiglia emula vecchie e stereotipate pubbli-cità: incontri forzati con per-sone a cui in altri momenti ci capita di pensare talmente

poco da di-

menticarcene, per riscoprirli poi in questo periodo dell’an-no stupendoci di quanto fos-sero prolifici i nostri avi. Personalmente preferirei ban-chettare con qualcuno cono-sciuto in chat. Almeno ci sa-rebbe il rischio di scoprire persone interessanti. Invece a fare da sottofondo c’è la soli-

ta nenia: l’antipasto è caratte-rizzato da un blando interes-samento al reciproco stato di salute; durante il primo ci si scalda, accanendosi su cusci-netti e metamorfosi fisiche varie; alla quinta portata e al quinto bicchiere di vino è d’obbligo snocciolare i propri ed altrui fallimenti in un’or-gia di ubriachezza e curiosità molesta. Fino a qualche anno fa mi rincuoravo con i regali. L’al-bero aveva senso solo quan-do era stracarico di doni. Ma, al quindicesimo bagnoschiu-ma (barra)crema (barra) pro-fumo c’è da chiarire un parti-colare: o ho evidenti proble-mi di igiene o l’impegno nel comprare il personalissimo regalo è stato ridotto al mini-mo in maniera proporzionale al budget. Sicché: basta cenone, basta regali, basta Natale! Nota di N. : sono le 23:43 e l’autore è stanco e satollo. Ovviamente adora mangiare (se ci fosse una foto allegata capireste); adora i regali (soprattutto quelli legati alla cosmesi vista la sua immoti-vata vanità) e adora il Natale (in un momento di debolezza mi ha confessato che è il suo periodo dell’anno preferito)! E’ che il cinico post-festa va di moda!

N.

APRÈS LES VACANCES

Ho una curiosità, accendo il pc, connessione internet pronta, clicco sul motore di ricerca google e co-mincio a cercare. Mentre leggo, faccio una pausa, login facebook per aggiornarmi sullo stato dei miei amici, dito sul cursore scorre la homepage, un link, di una can-zone straniera, cattura la mia atten-zione, clicco e parte il video di youtube. Non capisco bene tutte le parole del testo, scrivo su “yahoo! Answers” per chiederne la tradu-zione; così tra un click e l’altro, visito centinaia di siti.

La popolarità di alcuni siti rispetto ad altri è determinata, dalla scelta che ciascun utente fa, a seconda dei bisogni, degli interessi, delle abitudini o anche per un semplice “passa parola”. Google, tramite Ad Planner (il suo strumento di media planning), che utilizza il metodo dei visitatori unici, valutando così il traffico reale che un sito web può convo-gliare su di esso, ha stilato la clas-sifica 2010 dei siti internet mon-diali, dalla quale emerge che i pri-mi dieci sono: 1.facebook.com; 2.yahoo.com; 3.live.com; 4.wikipedia.org; 5.msn.com; 6.microsoft.com; 7.blogspot.com; 8.baidu.com; 9.qq.com; 10.mozilla.com. Il podio viene conquistato dal so-cial network di Zuckerbarg con più di 500 milioni di visitatori unici. Sorprendono le posizioni dei siti

baidu.com e gg.com; il primo, è un motore di ricerca cinese, il secon-do, è un sito molto usato dagli americani per inviare mail e mes-saggi istantanei, poco conosciuti da noi italiani. L’Italia non è posizionata molto bene, tanto che bisogna scorrere la classifica fino al 232° posto per trovare il sito “Libero.it” e poi al 318° posto con “Virgilio.it”. Volgendo lo sguardo ai dati rac-colti da Hitwise, divisione della società di ricerca Experian, consi-derando il periodo da gennaio a

novembre 2010, conferma la vittoria di facebook, che con-quista l’8.93% dell’intero traf-fico americano, mentre al se-condo posto con il 7.19% si piazza Google.com. Al terzo troviamo Yahoo! Mail, al quarto Yahoo.com. Solo quin-to in classifica Youtube con il 2.65%. Poi seguono, secondo l’ordine, MSN, MySpace, Li-ve.com, search.yahoo.com e infine Bing.

Navigando, mi sono ancorata a yuotube, che sebbene non guada-gni la prima posizione dei siti più visitati nel 2010, offre una grande quantità di video che soddisfano i gusti della pluralità degli utente. Anche in questo caso, è possibile compilare una lista dei video mag-giormente visualizzati, molti dei quali postati o condivisi su Fa-cebook. Infatti i primi dieci, di generi diversi, sono: 1.The Bed Intruder Song, visto da 58.230.11 persone; 2. Tik Tok Ke-sha Parody, visto da 56.322.612 persone;

Click!

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2.L’esecuzione al pianoforte di Paparazzi di Ledy Gaga, del gio-vanissimo pianista Greyson Chanse, visto da 35.729.109 per-sone; 4. Annoying Orange, visto 29.505.792 persone; 5. Old Spi-ce.The Man Your Man Could Smell Like, visto da 26.585.960 persone; 6. Yosemitebear Moun-tain Giant Double Rainbow, vi-sto da 22.838.098 persone; 7.Ok Go-This Too Shall Pass, ispirato a Rube Goldberg, visto da 22.009.886 persone; 8. The Twi-light Saga: Eclipse- Trailer, visto da 18.466.058 persone; 9.Jimmy Surprises Bieber Fan, visto da 20.888.636 utenti; 10. Ken Block’s Gymkhana Three, visto da 22.822.757 utenti. Gli utenti italiani, si dividono tra l’interesse per la politica e qual-che momento ludico, tanto che i due video più visti nel 2010 so-no: Lo scontro fra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera che ha aperto la crisi di governo e le due paracadutiste che si sono lanciate dall’aereo con i tacchi a spillo. Così, analizzando i dati che emergono dalle classifiche sul traffico del web, mi fermo e pen-so, che un semplice “click” acco-muna persone con lingue, culture ed etnie diverse.

Teresa Foglia

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2011. Connessioni a banda larga e computer a disposizione di tutti, capacità computazionale che anni fa erano uso esclusivo di potenti main-frame oggi sono alla portata di un qualunque portatile. Possibilità at-traverso Internet di fare richiesta di una risorsa residente all' altro capo del mondo e riceverla in una frazio-ne di secondi. Sul web spopolano TV e Radio, presentatori e speaker amatoriali che armati di webcam, microfoni e di un computerino regi-strano e trasmettono creando nuovi canali di comunicazione ben oltre quelli consueti dell' IT. Il business cresce in modo impres-sionante e il giro d' affari legato agli introiti delle pubblicità online non è sfuggito ai grandi vendors e alle major softaware house. Google e Apple, due giganti del mercato in-formatico, hanno lanciato le loro rispettive proposte: GoogleTV e AppleTV. Ma cosa sono davvero? Si ha la possibilità di esportare una webTV su un normale televisore di casa? Avere oltre agli attuali canali digitali anche quelli web sullo stes-so dispositivo? Si può navigare sul web comodamente seduti su una poltrona? C' è qualche grande inno-vazione tecnologica in ciò? É supe-riore la proposta da Cupertino (Apple) o quella da Santa Clara (Google)? La risposta di un informatico è mol-to secca e priva di entusiasmo: nien-te di nuovo o tecnologicamente avanzato, le due aziende hanno semplicemente montato le loro ri-spettive piattaforme mobile su un banale dispositivo embenedd, ov-viamente da collegare al televisore o trovarselo già integrato, con costi a dir poco esosi, all' interno di alcu-ni apparecchi Sony. In pratica nes-suna innovazione tecnologica, solo un' operazione commerciale per far prevalere la propria piattaforma sul mercato delle piattaforme mobile. Dal tono della risposta anche un utente che non vive di pane e bit

avrà capito di non aspettarsi tanto e di gettare le vane speranze che i forvian-ti nomi avevano suggerito: al mo-mento non abbiamo una fusione pc-televisore . In sostanza queste solu-zioni “TV” che ci vengono proposte altro non sono che piccoli dispositivi dal costo esoso, con al loro interno le piattaforme mobile delle due aziende Californiane , rispettivamente An-droid di Google su apparecchi Sony e iOS di Apple su dispositivi di propria

produzione. Il tutto si riduce a colle-gare questi prodotti a Internet e al televisore con la possibilità di utiliz-zare al massimo i programma dispo-nibili sull ' Android Dev o sull' App Store, in pratica nel caso di Apple avrete al più la possibilità di far gira-re tutte le App che già si usano su: iPod, iPad e iPhone e di vederle sul vostro televisore, oltre a ciò non è possibile fare nulla di più. Ultima osservazione sulla parola webTV che viene evocata con grande enfasi sui portali dei due produttori, ciò non si riferisce affatto a un' integrazione TV-webTV o di una qualsiesei foma di migrazine dalle TV su Internet a quelle tradizionali ma si riferisce alla sola possibilità di usare i browser delle due aziende (Chrome o Safari) per navigare sul

Piattaforme “webTV”: opportunità o bluff? web con le vostre connessioni. Possibilità quasi ridicola dato che collegare il nostro compu-ter, connesso in rete, al televi-sore è una cosa possibile da ormai più di un decennio oltre che fornire più flessibilità per l' utente. In conclusione è palese che l' utilità di questi prodotti è dav-vero inesistente, grande opera-zione pubblicitaria ma inesi-

stente apporto di innovazione tecnologica ed infine come ultima analisi se queste sono le proposte per cercare di far in-contrare i due principali media di informazione è facile costa-tare che siamo ancora ben lon-tani dalla loro fusione.

Siciliano Alfonso Sabato

Onda Libera

Direttore Responsabile: Felice La Manna

Redazione: Antonella Donnarumma, Tommaso Carifi, Milly Foglia, Raffaele Arimini, Melania Ciniglio, Tere-sa Folgia, Alfonso Siciliano Sabato

Impaginazione: Siciliano Dario Sabato

Viva l'Italia, l'Italia liberata, l'Italia del valzer, l'Italia del caffè.

L'Italia derubata e colpita al cuore, viva l'Italia, l'Italia che non muore.

Viva l'Italia, presa a tradimento, l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento, l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,

viva l'Italia, l'Italia che non ha paura. Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,

l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare, l'Italia metà giardino e metà galera,

viva l'Italia, l'Italia tutta intera. Viva l'Italia, l'Italia che lavora,

l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora, l'Italia metà dovere e metà fortuna,

viva l'Italia, l'Italia sulla luna. Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,

l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sem-pre,

l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste, viva l'Italia, l'Italia che resiste.

Associazione Onda Libera

gli arriva alla gola ma non per questo può essere condannato essendo l’essere umano stato creato “peccatore” non per sua volontà. Dal punto di vista mu-sicale, l’album è per lo più acu-stico, con forti tinte melodiche “sudamericane”, molto leggero e rilassante; si avvale dell’espe-rienza di molti musicisti inglesi e americani per gli arrangia-menti e del clarino di Lucio Dalla in un paio di canzoni. Al-meno sei dei pezzi che compon-gono il disco sono conosciuti solo agli ascoltatori abituali dell’artista ma non per questo sono pezzi minori: Capo d’Afri-ca, Buenos Aires, L’ultima na-ve, Eugenio, Stella stellina, Terra e acqua. Sicuramente

“Viva l’Italia” è un album di Francesco de Gregori del 1979 che ha avuto molto successo e che già prima della sua pubbli-cazione era stato molto atteso dai cultori della musica cantau-toriale italiana, se non altro per il fatto che era l’album che se-guiva il tour dello stesso can-tautore romano con Lucio Dalla e la pubblicazione di “Banana Republic”. Le otto canzoni che compongono l’opera seguono, dal punto di vista testuale, il filone di temi molto cari a De Gregori come la nostalgia, il ricordo, il tempo che passa, un pizzico di ironia a sfondo politi-co, la “religione popolare” ad uso e consumo di chi invoca l’Ente Supremo quando l’acqua

invece sono conosciute da molti la canzone che dà il titolo all’al-bum Viva l’Italia, un testo sui pregi e sui difetti della nostra Ita-lia passando tra diverse epoche anche buie della sua storia, e Ge-sù Bambino, una “preghiera lai-ca” che raccomanda al Figlio di Dio gli ultimi, i diseredati e la fine di tutte le guerre, la libertà: Tu che conosci la stazione e tutti quelli che ci vanno a dormire, fagli avere un giorno l'occasione di potere anche loro partire. Partire senza biglietto, senza bi-glietto volare via, per essere dav-vero liberi non occorre la ferro-via.

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