Numero 16
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EDITORIALE Cari amici d’oltremanica,
Si conclude il 2013 della nostra fanzine, abbiamo raccontato tantissime storie vecchie e recenti del calcio britannico, mettendo nero su bianco la nostra passione mensilmente, e adesso i numeri cominciano a diventare davvero tanti! Da Aprile, quando ho avuto l’iniziativa di prendere in mano il giornale, sino ad oggi, abbiamo dato una sferzata a una specie di patrimonio che rischiava di andare perduto. Riassumere in pochi fogli tantissimi decenni di storia calcistica britannica, e di tutto ciò che vi gravita intorno. Questo numero di dicembre (tranquilli, a gennaio saremo di nuovo pronti per il numero 17!) spazia tra la grande sorpresa del Partick Thistle che nel 1971 conquista una insperata coppa di Scozia, a uno dei mitici stadi inglesi che presto purtroppo verrà abbandonato, ossia Upton Park. Rivivremo poi l’avventura del piccolo Cambridge, città più nota per la sua università che per le imprese calcistiche del suo club, nella FA Cup 1990-91, dove si arrese soltanto ai quarti di finale nel tempio di Highbury, contro il ben più quotato Arsenal. Resteremo a Londra, per il racconto live di una giornata a Croydon, quartiere del Crystal Palace, che sfida il Cardiff nella magia di Selhurst Park. Ma per iniziare, godetevi il tremendo finale di campionato del 1998 in Irlanda, una storia tutta da gustare. Buona lettura
BritishStyle
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INDICE
p. 4 - IL MIRACOLO DI BUCKLEY PARK p. 5 - LE 4 SPINE CHE PUNSERO IL CELTIC p. 7 - ABBEY DAYS p. 10 - STADI: UPTON PARK p. 11 - VIAGGI NELLE ISOLE BRITANNICHE:
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IL MIRACOLO DI BUCKLEY PARK
2 Maggio 1998: una data che nessun amante del calcio Irlandese non può dimenticare, soprattutto i tifosi dello Shelbourne e del St.Patrick's Atheltic. Ci si gioca infatti, all'ultima giornata, il titolo del campionato, situazione non nuova in un campionato spesso tirato ed equilibrato come quello Irlandese. Ma quella sera accadrà un qualcosa che entrerà di diritto nella leggenda e nella memoria collettiva. Lo Shelbourne si presenta a Dundalk reduce da 4 vittorie consecutive, e pare ormai avviato alla vittoria del titolo: i punti di vantaggio sul St.Patrick's Atheltic sono 2, con una differenza
reti migliore di 5 goal. Basterebbe un pareggio, contro un avversario ormai tranquillo a metà classifica. I tanti tifosi Shels invadono Oriel Park, consapevoli di essere ad un passo dal titolo numero 9 della loro storia. Dall'altra parte, i tifosi del St.Patrick's raggiungono Buckley Park, stadio del Kilkenny City, più rassegnati che speranzosi: bisogna andare di goleada contro l'avversario già retrocesso e sperare in un pareggio o meglio una sconfitta, imporbabile, dei Shels. L'atmosfera è comunque vibrante in tutti i due i campi, e dopo 20' il St.Pats fa la prima mossa, portandosi in vantaggio con un goal in mischia di Paul Osam. Neanche il tempo di festeggiare che i "black cats" pareggiano, lasciando con l'amaro in bocca i tifosi del St.Pats che ormai vedono svanire il sogno. Dall'altra parte, tutto è invariato, con i Shels che paiono controllare le ostilità: 0-0 ad Oriel e 1-1 a Buckley all'intervallo. Nel secondo tempo avviene però l'impensabile, e il Dundalk trova due reti in rapida successione che gettano nel panico più totale lo Shelbourne e i suoi tifosi: il tempo passa, e il St.Pat's non trova quel goal che darebbe di fatto loro il titolo. Mancano ormai 5 minuti, e lo Shelbourne accorcia le distanze: è il caos più totale, lo Shelbourne prova invano a segnare il 2-2 che chiuderebbe di fatto ogni discussione: finisce infatti 2-1 ad Oriel Park, e non resta che aspettare il fischio finale a Buckley Park per festeggiare il titolo nonostante la sconfitta. A Kilkenny infatti, sono stati dati 5 minuti di recupero, contro i 3 di Oriel Park; nel quarto minuto, avviene l'incredibile: una mischia furibonda nell'area del Kilkenny viene risolta con un tiro di Eddie Gormley, capitano e uomo simbolo del St.Pats, che trova la fortunata deviazione di un difensore del Kilkenny: è il goal del 1-2, il goal che regala all'ultimo secondo il titolo al St.Patrick's Athletic, il goal che manda in delirio il migliaio di tifosi del St.Pats che invadono il campo letteralmente sommergendo i loro beniamini, il goal che getta nello sconforto giocatori e tifosi dello Shelbourne. Un finale emozionante, traumatico, della più grande volata titolo mai vista in Irlanda. Alla fine il St.Pats si toglierà un grosso sfizio pure in Champions, bloccando in un famoso "derby" il Celtic per 0-0 in casa per poi cadere solo 2-0 nel finale contro gli Hoops a Parkhead. Ma quella è un'altra storia...
Ghirarz
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LE 4 SPINE CHE PUNSERO IL CELTIC
Si chiama Partick Thistle Football Club ma con l'omonimo
quartiere di Glasgow non ha più niente a che fare dal 1908.
Da quando lo stadio delle origini il Meadowside ground,
(usato dalla fondazione del 1876), fu demolito per fare
posto a un granaio. Quei modesti pedatori dovevano fare
spazio all' operosa e fervente Glasgow di inizio secolo.
Porto, cantieri, fabbriche e ciminiere. Se lo cercate dovrete
spostarvi di qualche chilometro a nord est, esattamente
nella zona di Maryhill. Fra vecchi edifici vittoriani di fine
ottocento. Pietra arenaria, soffitti alti, e ringhiere nere
spesso fradice di pioggia. Quartiere relativamente benestante e socialmente variegato con una forte
connotazione studentesca per la presenza nelle vicinanze, della Glasgow Strathclyde University e vari
campus universitari. Il quartiere dell' oasi verde di Ruchill Park e del Firhill Stadium, la casa del Partick
Thistle.
La tana dei “Jags”. Uno stadio con un piccolo record. Nel 1955 infatti gli svedesi del Djurgarden a causa
dell'ondata di gelo che aveva colpito il paese decisero di giocare la loro partita casalinga contro
l'Hibernian proprio al Firhill Park di Glasgow, e lo stadio del Partick diventò così il primo impianto
scozzese ad ospitare un match della coppa dei campioni. Una delle più importanti squadre di Glasgow
dopo i giganti dell'Old Firm, il Partick Thistle adottò all'inizio la maglia blu navy con il cardo sul petto,
mutuandola da quella della nazionale. La divisa fu abbandonata nel campionato 1936/37 sostituendola
con il kit giallo-rosso-nero attuale preso in prestito dalla squadra di rugby del West of Scotland. Da allora
non si cambierà più, e oserei dire fortunatamente. Solo per la recente commemorazione del centenario a
Firhill, il club ha deciso di rispolverare per una stagione la maglia delle origini. La disomogenea
composizione del quartiere ha favorito una marcata “libertà religiosa” di cui i tifosi ne vanno molto fieri e
le loro canzoni lo rimarcano spesso. D'altro canto le vittorie da ricordare agli avversari non sono molte,
ma questo è un problema che in Scozia goliardicamente parlando hanno quasi tutti i club... Ma c'è un
successo che tutti ricordano, che ha fatto scalpore, e messo il club sotto la luce dei riflettori. Si tratta
della famosa vittoria nella Scottish League Cup del 1971 contro il Celtic.
Sabato 23 ottobre 1971. Le parole di chiusura
di Sam Leitch su “Focus Football Tribune”
furono più o meno queste:
“Oggi si gioca la finale di Coppa di Lega fra il
Celtic e il Partick Thistle e questi ultimi
ovviamente non hanno alcuna speranza”.
In tutta verità veramente nessuno avrebbe
potuto dissentire da questa affermazione. Chi
poteva obiettare? Il grande Celtic di Jock
Stein era nel bel mezzo di un regno che lì
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aveva già portati non solo a dettare legge in patria ma anche a vincere la Coppa dei Campioni nel 1967, e
solo l'anno precedente avevano perso la possibilità di bissare il successo di Lisbona perdendo malamente
la finale di San Siro contro il Feyenoord. Una squadra piena di campioni di livello internazionale come
Jimmy Johnstone, Kenny Dalglish, Bobby Murdoch, Tommy Gemmell, e Davie Hay. Eh si, probabilmente
Sam aveva ragione, il Thistle si sarebbe dovuto inchinare ai biancoverdi. I ragazzi di Davie McParland
erano saliti da poco in prima divisione con un età media di appena 22 anni. In molti gicavano full-time,
ma c'era anche chi aveva ottenuto la qualifica di elettricista, Jackie Campbell per esempio era un
disegnatore, Frank Coulston l'attaccante un insegnante di educazione fisica, e il giovane Denis McQuade
stava studiando filosofia all' Università di Glasgow. Nel cammino verso Hampden avevano avuto la
fortuna di incontrare squadre di rango medio-basso come l'East Fife, il Raith Rovers, l'Arbroath, Alloa, St.
Johnstone e infine il Falkirk in semifinale.
Ad Hampden Park sono in 62.470 la sera della finale. In tribuna anche Alan Hansen 16 anni fratello del
terzino John Hansen del Thistle. Quell'Alan che ha esordito proprio con il Thistle nel 1973 per poi fare le
fortune del Liverpool qualche anno dopo. I giocatori del Partick non avevano neppure voglia di uscire dal
tunnel degli spogliatoi per il riscaldamento di rito. Troppa paura, troppo timore reverenziale nei confronti
dei campioni affermati del Celtic. Non volevano incrociare i loro volti, i loro sguardi, temevano che lì
avrebbero guardati dall'alto in basso, che gli avrebbero presi in giro. Quando finalmente si decisero a
saggiare il terreno di gioco, Lou Macari del Celtic andò loro incontro sorridente dicendogli: “Beh almeno
andrete a casa con una bella medaglia d'argento..” Malizioso o gentile? Questo non lo sapremo mai.
Poi l'attesa del fischio d'inizio. Il nervosismo, le parole
del manager, i gesti scaramantici, il respiro affannoso,
le mani dell'massaggiatore, forti e sicure, i muscoli che
riacquistano vigore ed energia, e le maglie gialle da
indossare e onorare. Il brusio e i canti della folla in
sottofondo. Ma ora basta si gioca, il saluto, la stretta di
mano. Alla fine le partite vanno giocate. Nonostante la
forza degli avversari, tutto è ancora da decidersi, nel
gioco labile e sottile delle possibilità. Quando si batte il
calcio d'inizio, è un po' come gettare i dadi in aria,
come pescare una carta, in fondo a volte i sogni si
avverano, a volte non naufragano nelle illusioni. Fu una serata magica, di dolci memorie, quasi di
commozione. Come una serata a teatro. E nel teatro di Hampden gli attori vestiti di giallo rosso dopo soli
37 minuti stanno conducendo per 4-0. Rea, Lawrie, McQuade, e per finire Jimmy Bone. Incredibile. Nel
secondo tempo Dalglish firmerà a venti minuti dal termine il goal della bandiera per il Celtic, mentre
molti tifosi dei Bhoys iniziano già a sfollare delusi, e all'interno di Hampden incomincia a spuntare
qualche tifoso dei Rangers che non poteva mancare all'umiliazione degli eterni rivali. La festa che ne
seguì per le strade di Maryhill, fu di quelle da ricordare. Brividi che entrano nel cuore, sensazioni, e
frammenti di storia che fanno impallidire questo volgare presente. Era il 23 ottobre 1971, il giorno in cui
il cardo punse quattro volte il Celtic.
SirSimon
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ABBEY DAYS
Una perfetta “fetta” d’Inghilterra. Dove è
impossibile trattenersi dallo sbirciare attraverso
gli antichi portoni di legno dei college per riuscire
a scorgere deliziosi cortili e giardini, nascosti
come tesori. Dove le vecchie librerie ti attraggono
con il loro profumo di storia, e incantevoli
mercatini fingono una vivacità più formale che
sincera. Perché Cambridge alla fine, è luogo pigro,
quasi indolente, dove lo scorrere del tempo
sembra empaticamente legato al defluire placido
del suo fiume. Quando vedrete un “punt”, un
tipico barchino a pertica, scivolare dolcemente
lungo le acque del Cam, la conduzione di quella
barca potrebbe apparirvi semplice. Ma fate attenzione, il corrispettivo britannico della gondola
veneziana, è molto più difficile da controllare di quanto possa apparire. A sentirne la descrizione, il
“punting” potrebbe sembrare un innocuo e placido sport per campagnoli. A vedere il praticante locale
medio, sembra una rilassante gita sul fiume. Il problema è che non si apprezza il peso del famoso palo, e
il fatto, che il natante (privo di timone) tende a ruotare furiosamente su se stesso. Forse, meglio dedicarsi
a un altro passatempo, molto in voga a Cambridge, e dagli aspetti più semplici.. andarsene in giro in
bicicletta. Meglio d’estate, e magari verso i prati che digradano dalle parti di Newmarket Road, verso
l’Abbey Stadium, dove all’ esterno delle quattro stand, pascolano in una visione assolutamente bucolica,
imponenti mucche, che puntellano un verde che ti rapisce gli occhi.
Ora però abbiamo bisogno di un altro animale. Il cui habitat naturale ha sede ad un'altra latitudine, più a
nord, rispetto alle guglie e ai pinnacoli della città universitaria, ossia un alce..
L’aneddoto, che se vogliamo potrebbe sfociare nel ridicolo, incomincia in Spagna ed ha un nome e un
cognome ben preciso: Dale Collett.
Il diciannove agosto 1989 è sabato. Accidenti però, non un sabato qualunque. E’ il giorno dell’inizio del
campionato, e Dave si trova in vacanza in Spagna. Dave è un tifosissimo del Cambridge United, ma ha
dato una sbirciata troppo veloce ai calendari. Non si ricorda che la prima partita della sua squadra non
sarà in casa, bensì in trasferta, e nemmeno dietro l’angolo. Gli “U’s”, saranno impegnati al Blundell Park
di Grimsby.. Ora del calcio d’inizio fissata a quando tutti gli orologi del Regno Unito batteranno le
quindici. Liturgia pagana del culto sportivo sacralizzato.
Dave non può mancare. S’infila sul primo volo per Londra, prende il primo treno per Cambridge, sale in
macchina e parte da solo alla volta di Grimsby, senza nemmeno farsi una doccia. Alla radio passano
“Eternal Flame” dei Bangles, e qualcuno ogni tanto fa il punto sui disordini pubblici scoppiati in Germania
Est. Quel muro alla fine cadrà, pensa Dave, mentre intanto accelera, e si tocca la barba leggermente
incolta, i capelli arruffati a cespuglio, e lancia un occhiata orgogliosa, verso quella sciarpa giallonera
deposta con cura sul sedile del passeggero che dice tutto: “Cambridge United, Your City, Your Club.."
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Non si fermerà mai. Quando esausto arriva sulla terrace del Blundell, gli amici gli vanno incontro per
salutarlo e farli festa, ma lui blocca tutti a un metro di distanza:
“Non mi state vicino.. puzzo come un alce!”
Mai battuta fu più apprezzata. Quelle parole divertirono senza dubbio più il pubblico del noioso 0-0 che si
stava trascinando sul campo, e per tutta la partita il gesto di imitare le corna sulla testa contagiò
rapidamente la gradinata. Strano a dirsi ma da quel momento in poi il passo è breve, l’alce diventerà la
mascotte ufficiale del club con il nome di Marvin the Moose.
E’ porterà fortuna perché da lì a due anni la squadra guidata in panchina da John Beck guadagnerà non
solo due promozioni consecutive, ma anche, per due volte, i quarti di finale della FA Cup. I fantasmi della
penosa rielezione in Football League del 1986 sembravano definitivamente scacciati.
Velocissimo tuffo nel passato. L’Abbey United nasce nel 1908, ma diventerà team professionistico solo
nel 1949, e tre anni dopo nel 1951 muterà la propria denominazione ufficiale in Cambridge United.
L’ingresso nella Lega è invece datato 1970, mentre nel 1977, sotto Ron Atkinson, arriverà la prima vera
importante argenteria in bacheca, ovvero, il trofeo della Quarta Divisione.
Bene, torniamo a Beck, e al 1990/91.
John Alexander Beck è un ispido londinese di Edmonton. Un uomo insondabile a livello mentale, di
un’intelligenza rivoltante. Ha le sue tattiche. Vuole sniffarlo il cuoio del pallone, sentire il fiato dei suoi
giocatori sul campo. Vuole ascoltare lo sdegno degli avversari. La sua carriera agonistica terminò per un
infortunio nel 1989, e passò a fare l’assistente di Chris Turner, finchè, a seguito delle dimissioni di
quest’ultimo, fu nominato manager nel gennaio del 1990.. Un giovane, ma per gli addetti ai lavori,
paradossalmente fuori moda. Non ama i nuovi stili di gioco. Ha una fede cieca per la palla lunga e
pedalare, e per i cross in mezzo all’area, innervati di vecchio calcio inglese. La sua impopolarità crescerà
però al ritmo dei suoi successi. Un ossimoro sportivo del quale lui ovviamente non si cura e persegue nel
credo. Circolavano strane storie sulle richieste di Beck a riguardo che l'erba presso l'Abbey, doveva essere
coltivata alta negli angoli al fine di impacciare gli scatenati funamboli ospiti. Il riscaldamento negli
spogliatoi dei rivali poteva variare improvvisamente, così come il livello dello zucchero nelle teiere
durante la pausa. In particolare Glen Hoddle, all’epoca allenatore dello Swindon ebbe un alterco con
Beck che per poco non sfociò in una vera e propria rissa, per certe supposizioni ampiamente dichiarate
dall’ex giocatore del Tottenham Hotspur.
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Ma queste cose erano poco importanti per i sostenitori dello United, fin troppo felici di scalare la
piramide del calcio inglese e di ritrovarsi tutti, il nove di marzo del 1991, sotto la clock end di Highbury, a
giocarsi l’accesso alle semifinali della Coppa d’Inghilterra.
Leggete bene in fila i nomi degli avversari che il Cambridge United di quella stagione, aveva di volta in
volta eliminato, per arrivare a disputare quell’incontro, con la squadra che qualche mese dopo diventerà
campione nazionale, in una serata sviscerante
indimenticabili emozioni. Ma questa è un altra
storia che qualcuno più bravo di me ha già
raccontato in maniera esaltante e coinvolgente…
Atteniamoci al nostro racconto. Eccole quelle
squadre fatte fuori: Exeter City, Fulham,
Wolverhampton, Middlesbrough, Sheffield
Wednesday..
Vittime illustri di un gruppo che faceva riferimento
sopratutto sulla boa centrale color ebano, che
l’anagrafe di Leicester conosceva come Dion
Dublin. Con lui spiccavano elementi del calibro di
John "Shaggy" Taylor centrocampista di granito, Danny O'Shea il capitano, Mick Cheetham e Chris
Leadbitter, il muscoloso Lee Philpott, i terzini Gary Rowett e Alan Kimble, e il serioso portiere John
Vaughan.
La partita perfetta fu quella in casa contro le Owls. Un 4-0 perentorio mentre nel frattempo erano in
cammino verso il titolo di divisione. Lo Sheffield Wednesday scese a
Cambridge forte di 18 match senza ombra di sconfitte, ma la loro
striscia d’imbattibilità si bloccò stupefatta davanti al Re nero Dublin,
che aprì le marcature raccogliendo un errato passaggio all’indietro, al
raddoppio di Lee Phillpott, e alla doppietta griffata John Taylor.
La partita di Highbury fu una passerella galante, davanti a 43000
spettatori. Il solito fascinoso impianto di Londra Nord, gremito
all’inverosimile, in una tavolozza di colori accesi, stemperati dagli
squarci del cielo grigio di Islington, che sbucava ai quattro angoli dello
stadio, e dalle ombre cangianti delle parti più alte delle tribune.
L’Arsenal di manager George Graham. Una litania che scivola luminosa
come un incantesimo: Seaman, Dixon, Winterburn, Bould, O'Leary,
Adams, Thomas, Merson, Hillier, Smith, Campbell.
Proprio quest'ultimo, Kevin Campbell, incrociò di testa un perfetto traversone di Winterburn e portò in
vantaggio i gunners. I cori della North Bank non freneranno però la straordinaria vivacità realizzativa
dello scatenato Dublin di quella stagione, che con un’acrobazia impossibile, in apertura di ripresa
riporterà l’incontro in parità. Non servirà, perché il sogno dei gialli di Cambridge si frantumerà poco dopo
sull’incocciata ravvicinata di Tony Adams. La corsa degli U’s era finita. Wembley poteva attendere. In
fondo, cosa importa, il tempo non passa mai a Cambridge..
SirSimon
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STADI: UPTON PARK
Il Boleyn Ground, meglio conosciuto come Upton Park, è uno stadio di calcio situato nel quartiere londinese di West Ham, nel Regno Unito. È sede degli incontri interni del West Ham Utd., club calcistico attualmente militante nella Premier League inglese. Il record di biglietti venduti, 42.322, risale al 1970, per la partita West Ham Utd. contro il Tottenham Le Tribune Dal 1990 Upton Park è uno stadio con tutti i posti a sedere, e le quattro tribune hanno ognuna un nome: la tribuna Sir Trevor Brooking, la tribuna Bobby Moore, la tribuna Est e la tribuna Ovest. Tribuna Sir Trevor Brooking Questa tribuna è stata costruita nel 1995, anno in cui si sono celebrati i 100 anni del club. Il nome è stato cambiato da Tribuna del Centenario in Tribuna Sir Trevor Brooking nel luglio 2009, in onore dell´ex giocatore fin dalla primavera ed oggi socio del West Ham Utd.. Questa tribuna contiene circa 6000 posti.
Tribuna Est - East Stand Situata dalla parte opposta delle telecamere. Questa è la più vecchia e la più piccola delle quattro tribune, costruita nel 1969 e contenente 5000 posti a sedere. Nel 2001 era stato fatto un progetto per modificare la Tribuna Est, aumentando il numero di posti a sedere complessivi (da 35.647 a 40.500), ma il progetto fu abbandonato nel 2003 per la resistenza di alcuni gruppi di tifosi e per alcuni debiti del club.
Tribuna Bobby Moore- Bobby Moore Stand Formalmente la Tribuna Sud, contiene 9000 spettatori tutti a sedere. Costruita nel 1993 per rispettare il nuovo regolamento che obbligava gli stadi inglesi di possedere unicamente posti a sedere. Questa tribuna è stata intitolata al mitico capitano Bobby Moore, che guidò la squadra dalla metà degli anni ´60, dopo la sua morte. Possiede due file di posti e c´è la scritta "WEST HAM UNITED". La parte inferiore della tribuna è nota per l´atmosfera che si respira durante le partite. Tribuna Ovest - Dr Marten´s Stand La Tribuna Ovest è la più nuova e la più grande. Costruita nel 2001, contiene 15000 posti. Questa è la tribuna più grande di tutta Londra. Inizialmente era intitolata al capitano e al manager del tempo, Joe Cole e Glenn Roeder. In seguito, nel 2009, finito il contratto di sponsorizzazione con la Dr marten´s, è stata rinominata Tribuna Ovest
Dejanbodiroga10
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VIAGGI: LONDRA, CRYSTAL PALACE-CARDIFF Non ci penso troppo su, sabato 7 Dicembre, posso essere a London per una toccata e fuga da amici che hanno scelto, bontà loro, di comprare casa a Croydon. Quel pomeriggio alle 3pm il Crystal Palace ospita il Cardiff City. Why not? Cielo coperto, quel bel grigio che fa molto matchday. Bella sensazione di prepararsi, uscire di casa per andare allo stadio, a piedi! Niente metro, bus, autostrade, no ragazzi, un quarto d'ora dalla soglia di casa, si arriva passeggiando a Selhurst Park. Nemmeno in Fever Pitch ci si era spinti tanto oltre! Il biglietto é già in saccoccia, stampato online, non mi sono fidato troppo delle poste italiane, c'è tempo per lo shopping al negozio del club e per mangiare qualcosa al volo.
E' tempo di raggiungere l'entrata della Arthur Wait Stand, tra noi e l'obbiettivo c'è il settore ospiti, sento i cori, forse la strada é bloccata, ci sono un paio di poliziotti a cavallo a sorvegliare la situazione. I bluebirds, in svariate uniformi blue, arrivano, sono un buon numero, ci incroceremo tra pochi metri, io con la mia sciarpa rossoblu al collo e la mia ragazza al fianco, uno di loro mi apostrofa con un "sorry" ci scostiamo, ci facciamo spazio a vicenda sul marciapiede, con un mezzo sorriso, si prosegue. La Arthur Wait Stand ci attende, row 2 per provare l'ebrezza del bordocampo, arriva la squadra in campo, che
esegue il riscaldamento proprio a due metri da noi, per contro le Cheerleaders si esibiscono dalla parte opposta,ma la mia attenzione é tutta per Millen che allena la linea di difesa a quattro sulle respinte di testa per 10 minuti buoni.
Lo stadio si riempie giusto per le 3 meno 10 e dopo il minuto di applausi richiesto dalla federazione per onorare la memoria di Nelson Mandela, sarà una bolgia per 95 lunghi bellissimi, intensi, minuti. L'unica pausa che si concede la gente di Selhurst é nell'intervallo, per ordinare e consumare la birra nella zona del bar nel retro della tribuna, poi si riprende a cantare. La Holmesdale trascina tutti, ma anche la Arthur Wait Stand non é da meno. La partita oggi é quasi un dettaglio, il Crystal Palace gioca un calcio elementare ma efficace, condito da qualche buona trama, Bannan fa il
diavolo a quattro su entrambe le fasce, a pochi minuti dalla fine si gode anche la standing ovation dei ventiquattromila e spiccioli di Selhurst, che in meno di una settimana vede la sua amatissima squadra aggiungere sei preziosissimi punti in classifica.
MarcoSE25
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Questo viaggio nella storia del calcio Britannico e non solo e’ finito, vi ricordo di venirci a trovare sul nostro forum, ma di visitare anche i siti amici
Quindi vi diamo tutti i nostri indirizzi
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Arriverderci al prossimo mese…