Notiziario ANUSCA 2015 - 03 Marzo

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NOTIZIARIO ANUSCA Anno XXIX, n. 3 • Marzo 2015 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN) Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: [email protected] • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ FUNERARIE, LAVORI IN CORSO Il registro della bigenitorialità.............pag. 3 Stranieri e nuove procedure di separazione e divorzio...........................pag. 7 La capacità al riconoscimento dello straniero......................................................pag. 8 Gli esperti ANUSCA riuniti in Accademia.................................................pag. 9 La comunicazione dei deceduti all’INPS: facciamo il punto...................................pag. 11 Maternità surrogata..............................pag. 12 La fabbrica dei quesiti..........................pag. 19 E ALL’INTERNO (continua a pag. 5) di Mariangela Remondini (continua a pag. 13) I “RICHIEDENTI ASILO”: UN’ISCRIZIONE ANAGRAFICA COMPLESSA MA SPESSO VITALE di Andrea Antognoni C ’è una categoria di cittadini da tempo al centro dell’attenzione degli enti locali, in particolare delle anagrafi e dei servizi sociali: i “richiedenti asilo”, cioè coloro che hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria, ma la cui domanda non è ancora stata esaminata. Essi sono così definiti anche nei permessi di soggiorno, a cui hanno diritto a prescindere dall’esito del procedimento di ammissione ai benefici della protezione internazionale. I richiedenti asilo sono quasi sempre inseriti nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), costituito dalla rete degli enti locali che – per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata – accedono, C i risiamo. Norme sorpassate e profondi cambiamenti nei servizi funebri allo studio del legislatore. In tutte le ultime legislature si è provato ad affrontare la riforma del settore, con disegni di legge che non sono mai giunti a conclusione. Ora ci prova il Senatore modenese Stefano Vaccari che ha recentemente presentato ai colleghi del Senato della Repubblica un articolato disegno di legge, che si propone di riordinare l’intera disciplina delle attività funerarie e cimiteriali. Molte le novità introdotte: le polizze assicurative funerarie, un piano nazionale per i forni crematori, la lotta all’evasione fiscale e alle pratiche concorrenziali scorrette nei confronti delle imprese sane e, non ultima, una attenzione particolare alle famiglie colpite da lutto. Con questo disegno di legge – spiega Vaccari, primo firmatario della proposta insieme a Fedeli, Russo, D’Adda, Vattuone, Pezzopane, Mattesini, Lai, Borioli, Manassero, Albano, Lo Giudice, Di Giorgi, Volpi e Crosio ci proponiamo di modernizzare e rendere più trasparente l’intero settore prendendo atto dei cambiamenti in atto e cercando di

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Notiziario Anusca - Rivista di aggiornamento per operatori nei Servizi Demografici

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NOTIZIARIO ANUSCA

Anno XXIX, n. 3 • Marzo 2015 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: [email protected] • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini

Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ FUNERARIE,LAVORI IN CORSO

Il registro della bigenitorialità.............pag. 3

Stranieri e nuove procedure di separazione e divorzio...........................pag. 7

La capacità al riconoscimento dello straniero......................................................pag. 8

Gli esperti ANUSCA riuniti in Accademia.................................................pag. 9

La comunicazione dei deceduti all’INPS: facciamo il punto...................................pag. 11

Maternità surrogata..............................pag. 12

La fabbrica dei quesiti..........................pag. 19

E ALL’INTERNO

(continua a pag. 5)

di Mariangela Remondini

(continua a pag. 13)

I “RICHIEDENTI ASILO”: UN’ISCRIZIONE ANAGRAFICACOMPLESSA MA SPESSO VITALE

di Andrea Antognoni

C’è una categoria di cittadini da tempo al centro dell’attenzione degli enti locali, in particolare

delle anagrafi e dei servizi sociali: i “richiedenti asilo”, cioè coloro che hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato o di titolare di protezione sussidiaria, ma la cui domanda non è ancora stata esaminata. Essi sono così definiti anche nei permessi di soggiorno, a cui hanno diritto a prescindere dall’esito del procedimento di ammissione ai benefici della protezione internazionale. I richiedenti asilo sono quasi sempre inseriti nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), costituito dalla rete degli enti locali che – per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata – accedono,

Ci risiamo. Norme sorpassate e profondi cambiamenti nei servizi funebri allo studio del

legislatore. In tutte le ultime legislature si è provato ad affrontare la riforma del settore, con disegni di legge che non sono mai giunti a conclusione. Ora ci prova il Senatore modenese Stefano Vaccari che ha recentemente presentato ai colleghi del Senato della Repubblica un articolato disegno di legge, che si propone di riordinare l’intera disciplina delle attività funerarie e cimiteriali. Molte le novità introdotte: le polizze assicurative funerarie, un piano nazionale per i forni crematori, la

lotta all’evasione fiscale e alle pratiche concorrenziali scorrette nei confronti delle imprese sane e, non ultima, una attenzione particolare alle famiglie colpite da lutto. “Con questo disegno di legge – spiega Vaccari, primo firmatario della proposta insieme a Fedeli, Russo, D’Adda, Vattuone, Pezzopane, Mattesini, Lai, Borioli, Manassero, Albano, Lo Giudice, Di Giorgi, Volpi e Crosio – ci proponiamo di modernizzare e rendere più trasparente l’intero settore prendendo atto dei cambiamenti in atto e cercando di

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TUTELA DELLA BI-GENITORIALITÀÈ PROPRIO NECESSARIO UN REGISTRO COMUNALE?

di Liliana Palmieri

Fra le tante invenzioni italiche, di cui a volte i Comuni si fanno paladini, di recente ha fatto la

sua comparsa la proposta di istituire un registro relativo ad un tema venuto vigorosamente alla ribalta, la bigenitorialità, intesa come diritto soggettivo del bambino affinché entrambi i genitori, anche se separati, ne siano responsabili. In effetti, l’ordinamento italiano mostra già da alcuni anni forti segnali di attenzione verso i diritti del minore, soprattutto quando emergono condizioni di criticità, quali la separazione o il divorzio dei genitori; per questo, fin dalla legge sull’affido condiviso, si è tentato di affermare il principio del massimo possibile equilibrio dei rapporti del figlio con entrambi i genitori. La particolare e doverosa attenzione mostrata dal legislatore su questa tematica ha in un certo modo indotto alcuni amministratori locali ad attivarsi per adottare un regolamento su una materia particolarmente delicata e, comunque, riservata alla competenza dello Stato. La proposta si sostanzierebbe nella istituzione di un Registro Amministrativo, con rilevanza esclusivamente amministrativa, che, come ha avuto premura di evidenziare l’estensore della bozza del Regolamento in questione, non contrasterebbe con la vigente normativa in materia di anagrafe e di stato civile, con il diritto di famiglia o con altra normativa di tipo civilistico e comunque riservata allo Stato, così come con le competenze amministrative di qualunque altra Pubblica Amministrazione, In tale Regolamento vengono dettati i criteri per l’iscrizione e la cancellazione dal citato registro, denominato “Registro della bigenitorialità”, di cui si riportano, per maggior chiarezza, alcuni passaggi:«1. Un minore può essere iscritto al registro a condizione che ne faccia richiesta almeno uno dei suoi genitori, che questi sia titolare della responsabilità genitoriale e che il minore sia residente nel Comune di ….. Per godimento della responsabilità

genitoriale s’intende che il genitore non sia stato raggiunto da provvedimenti giudiziari che ne comportino la sospensione o la decadenza. Con l’iscrizione del minore nel registro, questi, per tutti i fini amministrativi e l’interazione con i soggetti che orbitano attorno a lui, risulterà domiciliato presso le residenze di entrambi i genitori, che vengono riportate nel registro. ... Qualora la domanda sia inoltrata da uno solo dei due genitori, l’ufficio anagrafe invierà apposita informativa all’altro genitore, mettendolo a conoscenza dell’avvenuta iscrizione. 3. Nel caso in cui uno dei genitori trasferisca la residenza nel Comune di

… da altro Comune, unitamente al figlio minore, l’ufficiale d’anagrafe provvederà ad inviare, unitamente alla comunicazione prevista ai sensi dell’art. 8 della legge 241/1990, apposito modello con il quale sia possibile richiedere l’iscrizione al registro. 4. Contestualmente all’iscrizione al registro, il genitore acconsente alla comunicazione dei dati del registro ad altri Enti/Istituzioni/Ordini Professionali che interagiscano con la vita del minore». Tralasciando la parte relativa ai criteri per la cancellazione dal Registro, ci si sofferma anche sulla disposizione regolamentare che disciplina l’Attestazione di iscrizione al registro: «1. Su richiesta di uno dei genitori, è possibile ottenere dal Comune apposita attestazione nella quale verrà dato atto delle dichiarazioni rese dal o dai genitori al fine dell’iscrizione al registro del figlio minore. 2. L’attestato potrà essere consegnato solamente ai soggetti direttamente interessati. 3. L’attestazione rilasciata su richiesta degli interessati potrà essere utilizzata

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per i fini del presente regolamento o in ogni caso in cui si renda opportuno rendere nota la domiciliazione dei genitori rispetto al minore». Non essendo possibile, in questa sede, affrontare in maniera esaustiva l’argomento, ci si limita a sottolineare le criticità più macroscopiche, muovendo dalla considerazione che, in effetti, al di là dell’intento meramente promozionale, non si ravvisa l’effettiva utilità di un registro, che non aggiunge nulla di nuovo ai diritti e ai doveri facenti capo ad entrambi i genitori titolari della responsabilità genitoriale. Non solo, l’attribuzione di compiti all’ufficiale d’anagrafe, come previsto dal Regolamento in esame, si pone in aperto contrasto con l’art. 117 Cost. che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, fra le altre, la materia dell’anagrafe, ivi compresi i compiti assegnati all’ufficiale d’anagrafe stesso. Non è comunque l’ufficiale d’anagrafe il soggetto cui può essere affidata la tenuta e la gestione di tale registro, che meglio si collocherebbe nell’ambito dei Servizi Sociali.Si rileva, inoltre, che il punto del Regolamento in cui si afferma il principio che il minore “risulterà domiciliato presso le residenze di entrambi i genitori” non è condivisibile e dovrebbe essere modificato con le parole “si considera domiciliato presso le residenze di entrambi i genitori”.

Solo così verrebbe fugato qualunque dubbio circa il fatto che non compete al Comune stabilire un domicilio; si introdurrebbe, invece, una sorta di finzione giuridica che vale ad offrire al minore una condizione di pari opportunità nei riguardi di entrambi i genitori, obiettivo già perseguito dalla nota ordinanza del Tribunale di Firenze del 9.4.2012 che, nello stabilire l’affido condiviso “con domiciliazione presso

entrambi i genitori”, anche al fine, “di consentire eventualmente” al figlio “di utilizzare opportunità estive organizzate dai due Comuni”, aveva in effetti inteso garantire al minore la pienezza dei diritti riconosciuti dal nostro ordinamento, collegandoli al criterio del domicilio di entrambi i genitori (e non alla loro residenza, come erroneamente avevano interpretato i media).È evidente, comunque, che la tutela della bigenitorialità non è una questione di scarso rilievo; tuttavia, occorre prestare la massima attenzione nell’introdurre criteri, sia pure di natura regolamentare, che impattano fortemente su alcuni principi dettati dal legislatore nazionale, finendo così per

scantonare anche in materie riservate alla competenza legislativa statale. In conclusione, si può condividere il lodevole intento che anima la volontà di istituire questo registro, che nei propositi dell’Amministrazione Comunale vuole applicare i principi previsti nelle normative internazionali e nazionali, sottolineando in modo particolare che ai doveri dei genitori di educare e prendersi cura della prole in egual misura, deve essere riconosciuto e agevolato il più possibile il diritto di entrambi di partecipare e conoscere tutte le vicende che interessino la vita e l’educazione dei figli e che con la disponibilità di tale registro, entrambi i genitori del minore avranno la possibilità di registrare la propria diversa domiciliazione, legandola al nominativo del proprio figlio, in modo che le diverse istituzioni che si occupano del minore possano conoscere i riferimenti di entrambi i genitori rendendoli partecipi delle comunicazioni che lo riguardano. In concreto, tuttavia, si fa molta fatica a ravvisarne una effettiva utilità, salvo a voler considerare il registro in esame quale strumento per consentire alle PP.AA. di individuare con speditezza il luogo di domiciliazione di entrambi i genitori. Per il resto, non aggiunge nulla di sostanziale a quanto già previsto dal vigente quadro normativo in materia e sconta il difetto, assolutamente da emendare, di attribuire competenze all’ufficiale d’anagrafe in palese violazione del principio enunciato nell’art. 117 della Costituzione.

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nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. In sostanza, lo Stato investe risorse finanziarie finalizzate all’inserimento sociale di queste persone, attraverso progetti che hanno una determinata scadenza.Sul piano del diritto all’iscrizione anagrafica si pongono tre questioni di carattere operativo: l’identificazione, il criterio per l’iscrizione e la regolarità del soggiorno. Esaminiamole per punti anteponendo però un concetto più generale, la cui portata non sarà mai sottolineata abbastanza: qualora regolarmente soggiornanti, anche ai richiedenti asilo si applicano la legge e il regolamento anagrafico, come a tutte le persone residenti in Italia. È il cuore del sistema anagrafico italiano, che pretende che chiunque, in possesso dei requisiti di legge, ha diritto-dovere di essere iscritto in anagrafe.

1) L’identificazioneSe fino al 2011 il “richiedente asilo” incarnava una situazione di eccezionalità nel variegato panorama degli status dei cittadini non italiani, da allora abbiamo imparato sempre di più ad avere a che fare con soggetti privi del fondamentale documento identificativo, richiesto esplicitamente dall’art. 14 del Dpr n. 223/1989: il passaporto.Il problema dell’identificazione si pone a monte dell’iscrizione anagrafica: il concetto è stato più volte esaminato anche dal Ministero dell’Interno, poiché se è vero che si tratta di un elemento essenziale di qualunque procedimento amministrativo, è altrettanto vero che la Pubblica Amministrazione deve porre in essere ogni azione tesa ad assolvere correttamente tale esigenza, specie quando il cittadino è portatore di un diritto soggettivo come quello dell’iscrizione anagrafica.Da un punto di vista generale è utile richiamare la Convenzione di Ginevra del 1951, che all’art. 25 dispone che le autorità ospitanti “rilasciano o fanno rilasciare ai rifugiati, sotto il loro controllo, i documenti o gli attestati che sono normalmente rilasciati a uno straniero dalle sue autorità nazionali o per il loro

tramite. I documenti o gli attestati in tal modo rilasciati sostituiscono gli atti ufficiali rilasciati a stranieri dalle loro autorità nazionali o per il loro tramite e fanno fede fino a prova del contrario”.Siamo, in effetti, anche nel caso di richiedenti asilo, di fronte a persone impossibilitate a rivolgersi alla propria autorità diplomatico-consolare. Da un punto di vista operativo, si sottolinea l’illuminata risposta a un quesito da parte del Ministero dell’Interno, datato

4 luglio 2006: “Per quanto riguarda lo specifico caso dei rifugiati politici, dei richiedenti asilo e simili, questi cittadini di norma sono sprovvisti di passaporto; ciò tuttavia, non può pregiudicare il diritto all’iscrizione anagrafica qualora i predetti siano regolarmente soggiornanti ed a condizione, valida per tutti i cittadini, italiani o stranieri, che possano essere identificati. A tal fine, mancando un passaporto o documento equipollente, si ritiene possa procedersi alla loro identificazione mediante il titolo di soggiorno, che a mente dell’art. 1 lett. c del DPR 445/2000 riveste la natura di documento di riconoscimento in quanto ‘documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una Pubblica Amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l’identificazione personale del titolare’”.

2) Il criterio per l’iscrizioneLe esperienze degli anni passati ci portano oggi a sottolineare una volta di più la complessità dei procedimenti anagrafici. L’associazione tra la precarietà di questi soggetti,

in primis i richiedenti asilo, e la mancanza di dimora abituale è un errore clamoroso già ampiamente denunciato. Se è vero che l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3982 del 23 novembre 2011, emanata in seguito al DPCM 5 aprile 2011, prevedeva la possibilità dell’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea, è evidente che tale situazione non può essere indistintamente applicata a tutti! Sarà compito dell’ufficiale d’anagrafe valutare se vi sono i requisiti per considerare stabile la dimora sul territorio o, se in assenza di dimora abituale, la permanenza sul territorio italiano possa giustificare la condizione di “senza fissa dimora”, previo accertamento di un domicilio nel territorio comunale. Torna utile ricordare l’art. 6 comma 7 del T.U. n. 286/1998, laddove esso dispone che “le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza”. Nessuna possibilità, dunque, di schematizzazioni rigide, ma la necessità di esaminare ogni elemento riferito al singolo caso: molto spesso ad aiutare l’ufficiale d’anagrafe sono le associazioni che seguono questi soggetti, spesso inseriti in progetti dello SPRAR, che potranno a pieno titolo contribuire alla definizione, ragionevolmente accertata, di una stabile dimora sul territorio comunale, a prescindere dalla durata del permesso di soggiorno.

3) La regolarità del soggiornoI richiedenti asilo godono dello status di regolarità del soggiorno sulla base della Direttiva Europea 2013/32/UE. L’art. 7 del D.lgs n. 25/2008 dispone che “il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fatto salvo quanto previsto dall’articolo

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11 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140, fino alla decisione della Commissione territoriale in ordine alla domanda, a norma dell’articolo 32. Il Prefetto competente stabilisce un luogo di residenza o un’area geografica ove i richiedenti asilo possano circolare”. Laddove la richiesta di protezione è ritenuta ricevibile – sono fatte naturalmente salve alcune eccezioni – lo straniero è regolarmente soggiornante poiché inespellibile. Per questo ha diritto, oltre a un attestato identificativo riportante le generalità (sufficiente per l’identificazione di tale soggetto privo di passaporto, anche a norma del TULPS), a un titolo di soggiorno in tempi brevi, a prescindere dall’esito della sua domanda di protezione che sarà valutato dall’apposita Commissione.

Il permesso di soggiorno è di fondamentale importanza per gli effetti sull’iscrizione anagrafica. L’inserimento sociale dello straniero richiedente asilo – su cui lo SPRAR attraverso gli enti locali investe ingenti risorse – passa sempre e comunque dall’iscrizione anagrafica, in mancanza della quale ci si ritrova in una sorta di limbo in cui molte iniziative sociali e d’integrazione si arrestano prima ancora di iniziare, o quanto meno, vengono fortemente compromesse per tutta una serie di conseguenze: la mancata iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, l’impossibilità di iscriversi al centro per l’impiego o a una scuola guida per ottenere la patente. Ancora una volta,

l’importanza dell’iscrizione è evidente non per chi ce l’ha, ma per chi ne è privo.

Il problema, a oggi, non è tuttavia risolvibile. Dati i tempi lunghi delle Questure, i richiedenti asilo si ritrovano in mano il permesso di soggiorno a molti mesi di distanza dalla richiesta, quando ormai la loro permanenza all’interno dei progetti del (costoso) sistema SPRAR sta ormai per cessare,

o magari è già cessata. Lo stesso Stato che spende per l’integrazione, la rende poi, di fatto, pressoché impossibile per via di un ritardo amministrativo.

L’ufficiale d’anagrafe, come dicevamo, non può tuttavia nulla. Per l’iscrizione dei cittadini di Paesi terzi, infatti, egli è chiamato ad applicare il Testo Unico n. 286/1998 e a richiedere l’esibizione del permesso di soggiorno in corso di validità. Le uniche eccezioni sono quelle esplicitamente previste dal Ministero dell’Interno - attraverso la Direttiva 5 agosto 2006 e le successive Circolari

n. 42 del 17 novembre 2006, n. 16 del 2 aprile 2007 e n. 43 del 2 agosto 2007 – mentre non risulta alcuna pronuncia sui richiedenti asilo.

Nelle “Linee guida sul diritto alla residenza dei richiedenti e beneficiari di protezione internazionale” curate dal Servizio Centrale dello SPRAR del Ministero dell’Interno, UNHCR, ASGI e ANUSCA, si legge a pag. 35, subito dopo la descrizione dei casi in cui è consentita l’iscrizione anche prima del materiale possesso del permesso di soggiorno, che “analogamente ai casi appena citati dovrebbe risolversi anche l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo a cui non sia stato ancora rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo”. Trattasi di generica indicazione che non consente, naturalmente, di procedere con l’iscrizione, dovendo le anagrafi attenersi sempre, in materia di regolarità del soggiorno dei cittadini di Paesi terzi, alle norme di legge e alle direttive del Ministero dell’Interno.

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Per godere fin d’ora dei benefici e dei servizi legati alla quota associativa, ricordiamo che in attesa del perfezionamento della determina di adesione o rinnovo, è sufficiente far pervenire una nota scritta in cui l’Ente esprime la volontà di iscriversi all’ANUSCA per l’anno 2015, indicando, se già decisa, la quota scelta.

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STRANIERI E NUOVE PROCEDURE DI SEPARAZIONEE DIVORZIO: FACCIAMO CHIAREZZA

di Renzo Calvigioni

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Uno dei primi dubbi degli ufficiali di stato civile, dopo l’entrata in vigore della legge 162/2014,

è stato verificarne l’applicazione nei confronti dei cittadini stranieri residenti in Italia per separarsi o divorziare consensualmente. Sia la procedura dell’art. 6 quanto quella dell’art. 12 rientrano nell’applicazione del Regolamento CE 2201/2003 e, pertanto, l’avvocato che stipula la negoziazione assistita e l’ufficiale dello stato civile che riceve l’accordo possano essere intesi, a norma dell’art. 2 del suddetto Regolamento, come autorità giurisdizionale chiamata a decidere la separazione personale od il divorzio ed a rilasciare la documentazione attestante tale adempimento, da far valere negli Stati di origine. Ma questo vale anche per i cittadini stranieri extra UE, per i quali occorre pure richiamare il Regolamento Ce 2201/2003 che, riguardo alla competenza giurisdizionale, deve essere applicato in tutti i casi in cui sussista uno dei criteri previsti dall’art. 3 del Regolamento stesso, tra i quali particolarmente rilevante la residenza abituale anche di uno solo dei coniugi. I suddetti criteri trovano applicazione per la sola sussistenza, a prescindere dalla cittadinanza degli interessati e, pertanto, le parti possono invocarli anche qualora si tratti di cittadini stranieri entrambi extra UE, anche se cittadini di Stati terzi. Questo significa che potranno chiedere l’applicazione delle condizioni di separazione e di divorzio previste dalla legge del loro Stato, ma con i limiti della competenza degli Avvocati e degli Ufficiali di Stato Civile, limiti stabiliti da una norma interna, come chiaramente spiegato dalla Prof.ssa Clerici, docente di diritto internazionale dell’Università di Milano ospite da anni al nostro Convegno Nazionale, che ha risposto ad un nostro quesito nel modo seguente:“Occorre tener presente che sia l’art. 6, con procedura innanzi agli avvocati, che l’art. 12, con procedura dinanzi all’ufficiale di stato civile, della legge 162/2014,

prevedono la possibilità di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio, solamente nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 898/1970 e successive modificazioni. In sostanza, la competenza degli avvocati e degli ufficiali di stato civile in materia di divorzio si ha solamente qualora sia stata pronunciata la separazione giudiziale od omologata la separazione consensuale. Di conseguenza, nel caso dei cittadini stranieri che si presentassero invocando la legge del loro Stato che non prevede la separazione come condizione

per ottenere il divorzio, proprio per la mancanza della fase della separazione, verrebbe meno la competenza degli avvocati e dell’ufficiale dello stato civile, legittimati ad accogliere la richiesta di scioglimento del matrimonio solamente se vi sia stato il periodo di separazione personale previsto. Questo non significa che quei cittadini stranieri non possano ottenere un divorzio immediato secondo la loro legge nazionale, ma solamente che essi non potranno rivolgersi agli avvocati e all’ufficiale dello stato civile, i quali sono vincolati all’esclusiva applicazione delle norme italiane. I cittadini stranieri dovranno rivolgersi al giudice che potrà decidere lo scioglimento del matrimonio anche senza una previa separazione. Resta fermo che anche i cittadini stranieri possono rivolgersi agli avvocati o all’ufficiale di stato civile per concludere un accordo di separazione personale, nei limiti posti dalle norme suddette. L’applicazione della legge italiana, quale

legge dello Stato di residenza abituale dei coniugi in entrambi i casi sopra descritti, è del resto conforme a quanto sancito, dall’art. 8 del Regolamento (UE) n. 1259/2010 del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, in vigore per l’Italia dal 21 giugno 2012”.Non sussistono dubbi circa la procedura da seguire nel caso i cittadini stranieri intendano rivolgersi all’ufficiale dello stato civile: applicando il criterio della residenza, l’ufficiale dello stato civile è comunque competente per ricevere le dichiarazioni di separazione e divorzio, ciò pur in mancanza di trascrizione dell’atto di matrimonio anche se, ovviamente, deve comunque essere presentato, regolarmente legalizzato e tradotto per provare lo stato coniugale esistente. È certamente consigliabile la trascrizione ai sensi dell’art. 19 del dpr 396/2000.Nel caso, che i coniugi stranieri in presenza invece di figli minori o per definire aspetti patrimoniali, decidano di rivolgersi agli avvocati, sussistendo competenza dei medesimi per le motivazioni sopra indicate in ossequio al regolamento Ce 2201/2003, occorre individuare il Comune competente alla trascrizione della convenzione di negoziazione assistita che non può che essere quello dove il matrimonio è stato trascritto, pure ai sensi dell’art. 19 del dpr 396/2000. Al riguardo, è sufficiente richiamare le disposizioni esistenti:- art. 6 comma 3, ultimo capoverso, legge 162/2014: “L’avvocato della parte è obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto...”- Circolare Ministero Interno n. 16/2014: “... la cui trascrizione avviene nel Comune di celebrazione, o quello

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LA CAPACITÀ AL RICONOSCIMENTO DELLO STRANIERO:NON DEVE ESSERE CERTIFICATA

La collega che scrive, manifesta i propri dubbi sotto forma di quesito. Una donna, cittadina

italiana, aveva riconosciuto il figlio alla nascita e, dopo qualche mese, si era presentata con il padre, cittadino straniero, per consentire il riconoscimento da parte del medesimo. La collega, molto scrupolosa, ha sentito qualche parere e chiesto anche ai Comuni limitrofi: tutti hanno suggerito di chiedere allo straniero un certificato di capacità al riconoscimento, che lui però non era in grado di produrre in quanto, per il suo Consolato, era una certificazione inesistente. Si era arrivati ad uno stallo e la collega si chiedeva cosa fare. Proviamo ad analizzare la situazione.Essendo il bimbo cittadino italiano, in quanto figlio di madre italiana, le condizioni per il riconoscimento sono quelle previste dal nostro ordinamento: questo significa che i limiti al riconoscimento debbono essere rinvenuti nel codice civile, art. 250, 251, 253 e in nessuno di questi o in altro articolo è previsto che il genitore straniero debba presentare un certificato di capacità al riconoscimento. Sarebbe bastato questo per spiegare alla collega che poteva tranquillamente procedere anche senza quel certificato, ma poiché i suggerimenti che lei aveva avuto facevano pensare all’opera negativa di qualche cattivo maestro, appare doveroso fornire delle argomentazioni più ampie ed articolate. Il fatto che a voler riconoscere fosse un cittadino straniero, costituisce l’elemento di estraneità rispetto al nostro ordinamento, che porta a richiamare la disposizione della nostra legge di riforma del diritto internazionale privato, legge 218/1995, in particolare l’art. 35 come modificato dal D.Lgs. 154/2013: tale norma, rubricata come “Riconoscimento del figlio”, consta di 3 commi, dei quali, il primo disciplina la sostanza del riconoscimento, il secondo la

di R. C.

capacità al riconoscimento, il terzo la forma del riconoscimento. Il primo comma afferma che “Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita...”: poiché il bimbo è cittadino italiano dalla nascita, non occorre andare avanti nella lettura del testo per comprendere che si dovranno applicare le disposizioni del nostro ordinamento come, appunto, affermato fin dall’inizio, valutando le condizioni ed i limiti alla stregua del

nostro codice civile. Il terzo comma recita “La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che ne disciplina la sostanza”: entrambi i criteri di collegamento portano all’applicazione dell’art. 254 c.c. che prevede la forma scritta dell’atto pubblico. Il secondo comma, che è quello che non lascia tranquilla la nostra collega, dispone “La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale”: si tratta di un’affermazione di principio, assolutamente condivisibile, ma che resta priva di seguito come reale impedimento al riconoscimento, in quanto manca uno specifico limite nel codice civile. Per spiegare meglio questo concetto, facciamo il paragone con la capacità matrimoniale: l’art. 27 della legge 218/1995, prevede pure che la capacità matrimoniale è regolata dalla legge nazionale del nubendo, ma l’art. 116 c.c. dispone espressamente che il

possesso della capacità matrimoniale deve essere dimostrato con apposito nulla osta rilasciato dalla competente autorità straniera, in mancanza del quale, l’ufficiale dello stato civile dovrà rifiutare le pubblicazioni. Al contrario, riguardo alla capacità al riconoscimento, non esiste un corrispondente articolo del codice civile che ne richieda la certificazione, non esiste alcuna norma che preveda attestazione al riguardo, in sostanza l’eventuale mancanza della capacità al riconoscimento non è annoverata come un impedimento o ostacolo al riconoscimento, tanto da non poter essere invocata neanche ai sensi dell’art. 42 del dpr 396/2000.Non solo, ma occorre anche tener presente che se un analogo certificato ci venisse richiesto da un cittadino italiano che dovesse recarsi all’estero per riconoscere un figlio straniero, non saremmo certamente in grado di rilasciarlo: non esiste, alcun certificato, che attesti la capacità al riconoscimento. Per concludere, ricordiamo anche che in un recente Convegno ANUSCA, proprio affrontando il tema dell’art. 35 della legge 218/1995, la Prof. Clerici, Docente di Diritto Internazionale all’Università di Milano, criticò la prassi instaurata da alcuni Comuni di chiedere tale certificato, rischiando di generare un contenzioso con il cittadino che, se sfociato nelle aule giudiziarie, avrebbe visto sicuramente perdente l’ufficiale dello stato civile.Come ultima considerazione, è il caso di riflettere sul fatto che se il requisito della capacità del cittadino straniero al riconoscimento secondo la legge del suo Stato, non è condizione indispensabile per il nostro ordinamento, tanto che la mancanza di tale requisito non costituisce impedimento, rifiutare il riconoscimento per tale sola motivazione significherebbe impedire ad un cittadino italiano di avere un padre, come gli spetterebbe, esclusivamente perché non è stato

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di Silvia Zini

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Il Presidente di ANUSCA Paride Gullini apre la riunione degli esperti

Proseguendo quella che oramai sta diventando una tradizione, anche quest’anno ANUSCA ha

inaugurato il 2015 raccogliendo i propri esperti in Accademia per una duegiorni (il 30 e 31 gennaio) di confronto e approfondimento dei temi più attuali e controversi, ma anche e soprattutto per fare gruppo e cementare il senso di appartenenza degli esperti all’Associazione. Il Presidente Gullini ha aperto i lavori ringraziando gli esperti per la presenza, sottolineando come questa due giorni rappresenti un impegno organizzativo ed economico per l’Associazione, ma che viene sostenuto volentieri per la valenza che l’incontro assume. Gli esperti hanno un ruolo fondamentale nel raccordo con gli operatori e come fonte di informazione sulle attività e i servizi dell’Associazione; è importante che essi abbiano una cognizione completa delle informazioni da trasmettere, ma soprattutto credano in maniera radicata ai valori e alla mission dell’Associazione. Dopo l’introduzione del Presidente, che si è occupato di una panoramica generale sui dati del tesseramento 2014 e sulle attività di ampliamento del campus della formazione, ha preso la parola Mariangela Remondini per una riflessione sul ruolo degli esperti dentro l’Associazione. Remondini ha evidenziato con particolare efficacia il significato e il ruolo del senso di appartenenza sentito nei confronti di ANUSCA: definizioni particolarmente azzeccate il senso di appartenenza come coscienza identitaria e connessione emotiva con l’Associazione.La relatrice ha poi rappresentato come il quadro dei Servizi Demografici sia mediamente difficile, anzi sempre più complesso: i Comuni assumono sempre meno ed il personale messo a riposo o non viene sostituito o viene sostituito da operatori riconvertiti e non adeguatamente formati, a fronte di una attività che va diventando sempre più complessa. Inoltre gli operatori sono colpiti da un’attenzione negativa

GLI ESPERTI ANUSCA RIUNITI IN ACCADEMIA

dell’opinione pubblica: i cittadini arrivano allo sportello con informazioni scorrette e superficiali, molto spesso, ma sempre pretendono di avere ragione e una risposta immediata. È evidente come in un contesto di questo genere vengano a mancare le motivazioni e anzi ci sia addirittura paura, al momento di operare.Ma per fortuna c’è ANUSCA, che è nata sostanzialmente per questo, ossia fornire agli operatori un sostegno, con una presenza capillare sull’intero territorio nazionale. Gli esperti, quali terminali dell’Associazione sul territorio in seno alle iniziative di formazione, hanno un potenziale importante nel

trasmettere agli operatori questa sicurezza, così come nell’illustrazione degli strumenti di supporto che l’Associazione mette a disposizione, primo fra tutti il sito www.anusca.it .Nel quadro di tutela degli operatori associati, un ruolo di primo piano è rivestito dalla polizza assicurativa di Responsabilità Civile, che ANUSCA propone fin dal 2007. Questa polizza ha importanti punti di forza: ANUSCA non è semplice intermediario, ma stipula il contratto, la segreteria inoltre si fa carico di curare direttamente i rapporti tra Compagnia e assicurato, sollevandolo dalle incombenze post denuncia del sinistro, fino alla liquidazione. Inoltre l’Associazione prevede un fondo annuo

integrativo di 20.000 euro a copertura di casistiche particolari.Gullini ha concluso l’intervento anticipando agli esperti che prossimamente verrà inviato loro un video promozionale di ANUSCA, su cui la Segreteria sta lavorando, da proporre all’inizio delle iniziative, per far conoscere in maniera chiara a tutti l’Associazione, nei suoi profili istituzionali. Dopo questa parte, per così dire, prodromica, si è aperto il dibattito. Sono intervenuti vari esperti con osservazioni a completamento ed approfondimento dei concetti precedentemente espressi, sul ruolo della formazione, quello di ANUSCA e

il suo rapporto con gli operatori.La seconda sessione, quella pomeridiana di venerdì 30, è stata invece dedicata alla presentazione di progetti innovativi che vedono coinvolta l’Associazione.Il primo progetto ad essere proposto è stato “Accomuna”, introdotto da Giorgio Dal Maso e Antonella Bianchi, dopo la presentazione del Presidente Gullini che ha illustrato come il progetto consenta a Prefetture, Questure, ASL e Comuni della Provincia di Vicenza di seguire congiuntamente e in maniera coordinata le pratiche anagrafiche

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relative a cittadini stranieri. Bianchi ha illustrato come il sistema faciliti enormemente la collaborazione tra le PP.AA. per il corretto inserimento degli stranieri in Italia (recentemente è entrata a sistema anche la Questura), con un miglioramento anche in termini di risparmio economico, non soltanto di tempo; infatti il sistema consente anche una riduzione delle anomalie e i ritorni allo sportello da parte degli utenti. ANUSCA ha avuto il merito di credere immediatamente in questo progetto, con una osservazione acuta e lungimirante dei vantaggi indiscutibili che garantisce. L’Associazione può garantire al progetto l’autorevolezza che merita, pensando ad una estensione a livello nazionale.A seguire, Gianluca Bonagura e Patrizia Antonelli hanno presentato il progetto “Analisi Organizzativa & Information Tecnology nello stato civile”. Si tratta della realizzazione di un software che opera sulla base di flowchart che definiscono le procedure di stato civile più ricorrenti, con un miglioramento sensibile dei tempi e della qualità dei procedimenti.

Il software, è stato spiegato, interviene non solo nell’imputazione dei dati a fini archivistici, ma dematerializza e guida la procedura, fino alla conclusione della pratica. Il pomeriggio è terminato con la presentazione, curata da Enrico De Marchi, di CityUser, una app innovativa che si muove nell’ambito dei progetti di Smart Cities, consentendo di rimanere informati, tramite una applicazione dello smartphone, sui principali eventi di una o più città. A loro volta le Pubbliche Amministrazioni che scelgono di adottare CityUser possono contare su uno strumento friendly e di utilità immediata nell’ambito della comunicazione con la cittadinanza.La giornata del 30 gennaio si è conclusa dandosi appuntamento

la mattina successiva per lavorare a gruppi sulle più controverse questioni interpretative. Il giorno 31 è dunque iniziato con gli esperti suddivisi in quattro gruppi: stato civile, anagrafe, elettorale e polizia mortuaria.I vari gruppi si sono quindi confrontati sui temi più controversi, per distillare una linea interpretativa comune da portare ai corsi in tutto il territorio. A lavori terminati, gli esperti si sono ritrovati in sala plenaria per una riflessione sugli esiti di questa due giorni, che oramai, ha sottolineato il Presidente Gullini, è diventata una produttiva tradizione. Il momento è stato anche occasione per lanciare alcune nuove idee di proposte formative, prima dell’arrivederci alla edizione 2016.

Il 21 ottobre 2014 Prefettura di Bologna, ANCI EMILIA-ROMAGNA e ANUSCA hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa per la semplificazione della procedura di notifica dei decreti di acquisto della cittadinanza italiana. Grazie alla nuova procedura i cittadini residenti nei Comuni della Provincia di Bologna che hanno presentato richiesta di acquisto della cittadinanza italiana per naturalizzazione potranno ritirare il decreto del Prefetto o del Presidente della Repubblica direttamente presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune.L’accordo è la conclusione di un percorso di condivisione che ha coinvolto la Prefettura ed alcuni Comuni rappresentativi delle diverse tipologie presenti nel territorio bolognese. Grazie al supporto tecnico di esperti ANUSCA e dell’Agenzia delle Entrate sono state individuate soluzioni ad alcuni problemi pratici inerenti la fase della notifica al cittadino e l’apposizione del bollo sul decreto. In particolare, sono state definite le modalità per l’invio dei decreti e dei relativi allegati dalla Prefettura ai Comuni tramite PEC, nonché le comunicazioni di avvenuto giuramento dai Comuni alla Prefettura, sempre con lo stesso canale digitale. Sono stati precisati alcuni aspetti inerenti la notifica dei decreti ai cittadini da parte dei Comuni, in relazione alle diverse problematiche organizzative degli enti ed infine, grazie al parere tecnico dell’Agenzia delle Entrate, è stato superato il problema della regolarizzazione del bollo che avrebbe costretto il cittadino a recarsi all’Agenzia Regionale delle Entrate, sulla base della considerazione che fino all’apposizione del bollo il documento, pur con una diversa procedura, rimane sempre all’interno della Pubblica Amministrazione.La procedura adottata è comunque sperimentale e pertanto soggetta al monitoraggio da parte del tavolo di lavoro Comuni-Prefettura sul tema della cittadinanza, costituito in via permanente.Un esempio di dialogo tra istituzioni che, grazie alla disponibilità ed alla forza collaborativa dei Comuni porta una notevole semplificazione per i nuovi cittadini.I contenuti del Protocollo sono stati illustrati al Convegno Nazionale ANUSCA dello scorso novembre.

NOTIFICA DEI DECRETI DI CITTADINANZA: IL PROTOCOLLO PREFETTURA BOLOGNA, ANCI ER E ANUSCA

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LA COMUNICAZIONE DEI DECEDUTI ALL’INPSdi Graziano Pelizzaro

La Legge di stabilità n. 190 del 23 dicembre 2014, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre

2014, n. 300, dispone a carico dei medici necroscopici l’obbligo di comunicare i deceduti all’INPS in via telematica entro 48 ore dal decesso. L’obbligo è contenuto nell’art. 1 comma 303.“...All’articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «A decorrere dal 1º gennaio 2015 il medico necroscopo trasmette all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, entro 48 ore dall’evento, il certificato di accertamento del decesso per via telematica on-line secondo le specifiche tecniche e le modalità procedurali già utilizzate ai fini delle comunicazioni di cui ai commi precedenti. In caso di violazione dell’obbligo di cui al primo periodo si applicano le sanzioni di cui all’articolo 46

del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326».”Perché questo dovrebbe riguardarci? Vediamo allora cosa prevede questo articolo 46:Art. 46 - Sanzioni per rendere effettivo

l’obbligo per i Comuni di comunicare all’INPS gli elenchi dei defunti.1. Al responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Comune, nel caso di violazione dell’obbligo di comunicazione dei decessi previsto dall’articolo 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e dall’articolo 31, comma 19, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applica la sanzione pecuniaria da 100 euro a 300 euro.Vengono replicate per i medici le sanzioni che erano già previste a carico degli ufficiali d’anagrafe.La comunicazione dei decessi all’INPS da parte dei medici si aggiunge quindi a quella che già fanno gli ufficiali d’anagrafe attraverso l’INA-SAIA.C’è però un’altra ragione per cui questa disposizione può interessare i servizi demografici: se i medici ora devono inviare l’accertamento di decesso all’INPS, va da sé che li devono inviare tutti, quindi l’accertamento di morte andrà fatto SEMPRE!Potrebbe sembrare ovvio, ma così non è, visto che ogni tanto da qualche parte, non escluse fonti ministeriali, rispuntava qualcuno che asseriva che in particolari circostanze l’accertamento di morte non era necessario, come nel caso di prelievo di organi a scopo di trapianto, oppure nel caso di decesso

per il quale intervenga il magistrato o l’ufficiale di polizia giudiziaria, che a norma dell’art. 77 del D.P.R. 396/2000 deve essere accompagnato da un medico.Peraltro la necessità dell’intervento senza eccezioni da parte del medico necroscopo è giustificata anche da altre funzioni che le norme gli attribuiscono, quali la certificazione dell’esclusione del sospetto di reato nella causa di morte, nel caso di cremazione del cadavere, così come l’indicazione di eventuali misure precauzionali igieniche nel confezionamento del feretro.Ora la diatriba potrebbe intendersi definitivamente risolta, dal momento che è stata individuata nella trasmissione di questa certificazione da parte dei medici lo strumento generalizzato per il puntuale e sollecito aggiornamento degli archivi INPS.

celebrato all’estero la cui trascrizione avviene nel Comune di residenza o di iscrizione Aire”.- art. 19 primo comma, dpr 396/2000: “Su richiesta dei cittadini stranieri residenti in Italia possono essere trascritti, nel Comune dove essi risiedono, gli atti dello stato civile che li riguardano formati all’estero...”.Nel caso del matrimonio dello straniero, trascritto ai sensi dell’art. 19 in Italia nei registri di stato civile del Comune di residenza del cittadino straniero, la trascrizione della convenzione di negoziazione assistita trasmessa dagli avvocati deve quindi essere eseguita regolarmente. Ricordiamo anche che era già prassi ordinaria dei Tribunali, ai quali fossero ricorsi cittadini stranieri per divorziare, imporre la trascrizione dell’atto di matrimonio ai sensi dell’art. 19. La stessa procedura può ragionevolmente trovare applicazione anche a seguito delle innovazioni della legge 162/2014.

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presentato un certificato che non è richiesto né necessario. Senza dimenticare che se anche quel rapporto di filiazione non fosse riconosciuto dall’ordinamento straniero, magari proprio perché il cittadino straniero non aveva la capacità a riconoscere, resterebbe comunque valido per il nostro ordinamento, con la conseguente assunzione di tutti gli obblighi di genitore nei confronti del figlio. In conclusione, speriamo di aver tranquillizzato la collega che potrà ricevere la dichiarazione di riconoscimento senza alcuna difficoltà e, magari, di aver chiarito a qualche altro collega, l’infondatezza di una richiesta di certificazione inesistente. In questa particolare fattispecie, non si tratta di una seguire un’interpretazione controversa, ma di applicare una procedura errata che potrebbe esporre l’ufficiale dello stato civile alle conseguenti responsabilità.

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MATERNITÀ SURROGATA: IL GUP DI BOLOGNALEGITTIMA L’OPERATO DELL’UFFICIALE DI STATO CIVILE

Il Gup di Bologna, con sentenza del febbraio 2015, ha assolto dall’accusa di alterazione di stato, di cui all’art.

567 c. p., una coppia di genitori di San Lazzaro di Savena. La storia ha inizio con la richiesta dei genitori, all’Ambasciata italiana di Kiev, del titolo di viaggio provvisorio in favore del minore e della trascrizione dell’atto di nascita nei registri dello stato civile del Comune di loro residenza: alle richieste veniva allegato il certificato di nascita, formalmente regolare secondo la legge ucraina, che indicava la coppia come genitori del minore. I funzionari dell’Ambasciata approfondivano la vicenda e apprendevano dai due che la madre non aveva partorito il minore. Trattandosi di ipotesi di surrogazione di maternità, vietata dalla legge n. 40 del 2004, i funzionari predetti ammonivano i dichiaranti degli effetti della trascrizione dell’atto di nascita: essi sarebbero incorsi nelle sanzioni previste dall’art. 567 c.p. per il reato di alterazione di stato.L’Ambasciata italiana trasmetteva tutta la documentazione alla Procura della Repubblica presso il tribunale competente, nonché al Comune di San Lazzaro di Savena, allegando la nota sopra sintetizzata. I due genitori venivano iscritti nel registro delle notizie di reato. Il Comune disponeva, sulla base della nota dell’Ambasciata, la sospensione della trascrizione dell’atto di nascita, evidenziando la possibile violazione delle norme in tema di ordine pubblico sotteso dall’ art. 18 D.p.r. 396 del 2000 e dall’art. 16 L. 218 del 1995, nonché la violazione della legge n. 40 del 2004 che vieta sia la maternità eterologa sia la maternità surrogata. Gli imputati, appreso dell’indagine in corso, rivolgevano al Comune di San Lazzaro di Savena istanza affinché il bambino fosse iscritto solo come figlio dell’imputato, in quanto la sua paternità biologica risultava dall’esame del D.N.A. che veniva allegato alla domanda. Anzi, in tale occasione l’imputata dichiarava

espressamente di non acconsentire ad iscrivere il bambino come proprio figlio per non incorrere in nessuna violazione di legge. La richiesta veniva respinta in quanto contraria all’ordinamento dello stato civile e al regolamento anagrafico. In ultimo, il Comune di San Lazzaro di Savena, non avendo ottenuto alcun chiarimento dall’Autorità Giudiziaria, decideva di procedere alla trascrizione dell’atto. Ora è intervenuta la preziosa sentenza del Gup di Bologna che contribuisce a chiarire alcuni principi essenziali che il caso di specie ha sottoposto all’Ufficiale di Stato civile. In primo luogo il Tribunale sancisce che nessuna responsabilità penale può

essere ascritta agli imputati in quanto i coniugi non hanno posto in essere alcuna azione che potesse ingannare l’ufficiale di stato civile in sede di trascrizione dell’atto di nascita.Infatti, secondo il magistrato, il delitto contestato presuppone che nella formazione di un atto di nascita venga alterato lo stato civile di un neonato mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità. Senza falsità, documentali e non, il delitto non può sussistere. Nel caso di specie, il certificato di nascita ucraino non era falso ma conforme alla lex loci e i restanti documenti allegati davano pienamente conto che la madre indicata nel certificato di nascita non era la madre partoriente. Pertanto è vero che la trascrizione è avvenuta, ma l’ufficiale dello stato civile vi ha proceduto non perché ingannato, ma in modo consapevole: il reato imputato risulta, dunque, insussistente. Ma il GUP sentenzia anche, in secondo luogo, che nessun addebito può essere

mosso all’ufficiale dello stato civile il quale, causa cognita, ha proceduto alla trascrizione nei registri dello stato civile dell’atto di nascita del minore formato nello stato ucraino. L’ufficiale vi ha proceduto, si legge nella sentenza, perché si è “posto ammirevolmente il problema se, dopo sette mesi dalla nascita, il minore possa ancora essere privato del suo diritto di esistere per il nostro ordinamento” risolvendo il quesito positivamente. Per il giudice, l’operato dell’ufficiale di stato civile, al di là del merito della vicenda, “brilla come pochi per spirito di servizio e sensibilità giuridica”: il provvedimento con il quale si è proceduto alla trascrizione dell’atto di nascita cita, infatti, fonti normative e giurisprudenza che, secondo il funzionario comunale, imponevano alle autorità nazionali la trascrizione di atti di nascita stranieri e il riconoscimento del legame del bambino con i genitori che ricorrevano all’estero alla maternità surrogata, malgrado il divieto legislativo nazionale. In effetti, secondo il GUP, stante il rispetto costituzionalmente dovuto alle fonti sovranazionali, ex art. 117 Cost., e alle decisioni della Corte E.D.U. chiamata a far rispettare agli Stati membri i principi contenuti della Carta, l’atto di nascita ucraino doveva essere trascritto. Più in particolare, il GUP cita nel suo dispositivo le sentenze Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: sentenze che hanno affermato che per garantire il diritto all’identità personale e alla vita privata del minore (assicurato dall’articolo 8 della Convenzione), le autorità nazionali devono procedere alla trascrizione di atti stranieri che riconoscono il legame con i genitori che ricorrono all’estero alla maternità surrogata malgrado il divieto legislativo in patria. Secondo il GUP, non si può non concludere, dunque, per la legittimità dell’operato del funzionario del Comune di San Lazzaro di Savena che ha proceduto alla trascrizione dell’atto di nascita ucraino, conforme alla lex loci, nei registri dello stato civile italiano.

* Ringraziamo per la notizia il dr. Davide Bray (Resp. Settore Servizi Demografici Comune San Lazzaro di Savena)

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garantire un regime di sana concorrenza per gli operatori che lavorano con competenza e professionalità”.Sin dalla sua presentazione il DDL ha provocato un acceso confronto tra gli addetti ai lavori, in particolare tra le maggiori associazioni delle imprese funebri, che già si erano fatte promotrici di una analoga iniziativa attraverso il Consiglio Nazionale della Funeraria Italiana. Già nel dicembre 2013 aveva suscitato grande interesse la proposta, a firma del medesimo Senatore, di elevare la quota di detrazioni per le spese funerarie, e nei mesi scorsi Vaccari ha presentato un nuovo disegno di legge, numerato AS 1611, di riordino dell’intera disciplina delle attività funerarie e cimiteriali, sia in ordine alla attività funebre in senso stretto, le IOF, per intenderci, che sul tema della cremazione, che sulla più ampia attività cimiteriale in senso lato. Si tratta di una tematica al contempo robusta e delicata perché compromette gli affetti più cari delle persone e perché il settore, che conta un giro di affari di oltre tre miliardi di euro, è stato troppo spesso “al centro delle cronache per episodi di raggiri ai danni dei familiari, infiltrazioni dei clan camorristici e cattive gestioni cimiteriali”. La base normativa di riferimento è sorpassata e stantia, in quanto fa ancora leva su un regio decreto risalente al 1934, il testo unico delle leggi sanitarie, e su regolamenti di polizia mortuaria stratificati nel tempo. Il disegno di legge è complesso ma organico: 24 articoli si propongono di definire i soggetti che possono operare nel settore, contrastare i fenomeni di procacciamento abusivo dei servizi, combattere l’evasione fiscale, riordinare il sistema cimiteriale oggi al limite del collasso economico e gestionale, regolare le installazioni di forni crematori e individuare le linee di azione che possano determinare, in pochi anni, un profondo cambiamento delle condizioni di offerta dei servizi

e del numero e delle caratteristiche strutturali dei soggetti operanti nel settore. “Tra le novità – continua Vaccari – ci sono l’introduzione, anche nel nostro Paese, di forme assicurative che garantiscano alle famiglie una scelta libera dalle urgenze dell’immediatezza, nonché una opportunità per le persone che vivono sole di poter decidere delle proprie esequie e del mantenimento della propria sepoltura. Vista, poi, l’insufficienza delle strutture sanitarie e le dimensioni ridotte delle abitazioni, si prevede la realizzazione di spazi adeguati e dignitosi per le pratiche cerimoniali, come la veglia e il commiato”. “Infine – conclude Vaccari – viene inglobato nel ddl il nuovo trattamento fiscale e tributario delle spese funebri e cimiteriali che avevo già presentato a fine 2013.

Per combattere l’evasione fiscale si deve allineare al basso l’aliquota IVA del settore e soprattutto si deve permettere alle famiglie di contare su una detraibilità delle spese realistica. L’effetto immediato dell’eliminazione di somme date in nero sarebbe quello di impedire agli operatori senza scrupoli di assicurarsi risorse da destinare al procacciamento dei funerali in modo irrispettoso dei concorrenti e dei familiari dei defunti”. Il disegno di legge prende spunto da un vero e proprio osservatorio di elaborazione ed analisi organica della evoluzione dell’attività funebre, e dei profondi cambiamenti cui non si sono accompagnate analoghe evoluzioni normative.Di fronte a tanto divario tra norma e realtà, il disegno di legge in commento si propone di effettuare delle scelte: dieci punti si sono rivelati decisivi “per

costituire nuove regole di sistema al fine di modernizzare il settore funerario e qualificarlo in maniera almeno pari a quanto da decenni si è già fatto in altri contesti europei”. Scorriamoli insieme.Il primo punto si propone di rideterminare la tipologia di operatori privati cui è consentito svolgere attività funebre: impresa funebre strutturata, agenzia di impresa funebre (non ne è chiara la natura e la funzione), centro di servizi. Si regola la loro attività su precisi requisiti di affidabilità, di formazione e di professionalità, nonché di dotazioni strutturali ritenute necessarie. Questa rideterminazione analitica si propone di ridurre in breve il numero degli attuali operatori a circa la metà, ma di renderli dimensionalmente ed economicamente equilibrati.Il secondo tema oggetto dell’attenzione del legislatore attiene alla necessità di prevedere spazi adeguati e dignitosi per l’accoglienza dei defunti e per l’esercizio di pratiche cerimoniali, come la veglia ed il commiato, riconoscendo che l’insufficienza dell’attuale complesso delle strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli attuali contesti abitativi ridotti e/o inidonei, delle famiglie, fanno emergere oggettive difficoltà, proprio nel momento di maggior disagio dei familiari. Il terzo punto rivela un’attenzione particolare ai familiari del defunto, e attiene alla necessità di adottare regole che difendano l’effettiva libertà di scelta delle famiglie colpite da un lutto, assicurando loro una corretta informazione nel momento del bisogno o la possibilità di contrarre preventivamente polizze assicurative per poter con fiducia scegliere in un contesto di maggior serenità.Ancora, dal disegno di legge in parola emerge l’opportunità di riconfigurare il complesso delle attribuzioni pubbliche di settore facendo leva su un minor numero

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SEPARAZIONE E DIVORZI: COSA CAMBIA?ANCHE GLI AVVOCATI SI INTERROGANO

a cura della Redazione

Le innovazioni introdotte dalla legge 162/2014 hanno costretto gli ufficiali di stato civile ad

importanti momenti di formazione ed aggiornamento al fine di affrontare al meglio gli adempimenti da svolgere. Ad una fase di riflessione non si sono sottratti neanche gli avvocati che, anzi, sono sicuramente chiamati a svolgere la parte più impegnativa, con la convenzione di negoziazione prevista dall’art. 6, nella quale possono entrare in gioco anche figli minori o maggiorenni non autosufficienti e patti di trasferimento patrimoniale. A tal fine, il 16 dicembre scorso, a Bologna, presso la Fondazione Forense Bolognese, si è svolto un pomeriggio di formazione per gli avvocati con attribuzione di crediti per i partecipanti, dal titolo “Separazione e divorzi: cosa cambia? Prime riflessioni sulle recenti modifiche”: l’iniziativa, alla quale hanno aderito circa 120 avvocati tanto da rendere la sala quasi insufficiente, coordinata e diretta dall’Avv. Daniela Abram Presidente AIAF Emilia Romagna (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), ha visto la parteciapazione, quali relatori, del Prof. Avv. Michele Angelo Lupoi Associato di Diritto processuale civile nell’Università di Bologna, del Dott. Massimiliano Serpi Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Bologna e, per ANUSCA, invitata ufficialmente, del Dr. Renzo Calvigioni, nostro esperto. Dalle relazioni e dal dibattito che ne è seguito, pur apprezzando i vantaggi della degiurisdizionalizzazione e dell’aumento delle competenze a favore degli avvocati, è emerso tuttavia un quadro abbastanza critico nei confronti delle nuova disciplina e sono state lamentate incongruenze normative ed interpretative: ad esempio, è stata sottolineata la mancanza di una specifica disciplina di impugnativa e ricorso, è stata ritenuta ingiustificata la necessità di una doppia trasmissione della

convenzione all’ufficiale dello stato civile, ad opera di ognuno degli avvocati, sono state sollevate perplessità sui figli di una sola parte richiamati nella circolare ministeriale, come anche evidenziata la difficoltà di verificare le dichiarazioni dei coniugi circa la sussistenza delle condizioni

relative ai figli minori o maggiorenni non autosufficienti. In sostanza, dal confronto è emerso che avvocati ed ufficiali di stato civile hanno analoghe difficoltà e sono chiamati ad estrema cautela ed attenzione nell’affrontare le nuove procedure. La preoccupazione degli avvocati era rivolta anche alla sanzione, molto elevata, prevista in caso di ritardo, ma il Procuratore della Repubblica è stato sufficientemente tranquillizzante facendo presente che il nulla osta o l’autorizzazione che dovrà essere rilasciata, a seconda dei casi, verrà depositato presso la cancelleria ed i 10 giorni previsti per

la trasmissione all’ufficiale dello stato civile, decorreranno dalla data del ritiro presso la cancelleria, data che verra certificata con apposito timbro. Anche sulle modalità di trasmissione via pec non tutti gli avvocati sembravano convinti, tanto che alcuni facevano rilevare di aver già presentato la convenzione di negoziazione, direttamente e personalmente, all’ufficio protocollo del Comune, così da essere certi di evitare qualsiasi problema. Apprezzato l’intervento del nostro esperto Calvigioni, che dopo aver illustrato le procedure a carico degli ufficiali di stato civile, cercava di superare le perplessità degli avvocati anche circa la trasmissione via pec: a lui venivano rivolti alcuni quesiti che continuavano anche dopo la chiusura dei lavori, a conferma dell’interesse dei presenti. In sostanza, un confronto estremamente positivo tra avvocati ed ufficiali di stato civile nel corso del quale, pur emergendo le diversità delle funzioni e dei compiti assegnati dalla nuova normativa, sono stati posti in luce punti di contatto e criticità comuni: sicuramente auspicabile il riproporsi di una analoga iniziativa, quando sarà passato il periodo di rodaggio delle nuove disposizioni ed il quadro procedurale sarà più stabile e meglio definito.

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di Antonino Priolo

MATRIMONIO DI UNA CITTADINA MOLDAVACON IMPEDIMENTO DI CUI ALL’ART. 89 DEL C.C.

Una cittadina moldava e un cittadino italiano, ai sensi degli artt. 93 e segg. del c.c., hanno

presentato, in data 2/1/2015, richiesta di pubblicazione di matrimonio per la celebrazione secondo il rito civile. L’Ufficiale dello Stato Civile, ai sensi dell’art. 116 c.c., ha chiesto ed ottenuto dalla sposa il certificato di capacità matrimoniale di cui alla convenzione firmata a Monaco il 5/10/1980 in quanto la Moldavia ha aderito alla suddetta convenzione con decorrenza dal 15/5/2008. La presentazione di questo documento da parte della cittadina straniera è obbligatoria ma non è sufficiente per verificare l’esattezza delle dichiarazioni che entrambi gli sposi devono rendere nel processo verbale di richiesta di pubblicazione di matrimonio relative all’inesistenza di impedimenti matrimoniali di cui agli artt. da n. 84 al n. 89 sempre del c.c.Il suddetto certificato di capacità matrimoniale prodotto dalla sposa riporta infatti l’informazione relativa ad un precedente matrimonio contratto dalla stessa e sciolto in data 6/12/2014; considerato che dalla predetta data non sono ancora trascorsi i 300 gg previsti dall’art. 89 del c.c. prima che l’interessata possa contrarre un nuovo matrimonio in Italia, l’Ufficiale dello Stato Civile deve verificare, così come è previsto dall’art. 52 del Dpr 3/11/2000 n. 396, se ricorre uno dei casi previsti dallo stesso art. 89 che consentono alla donna già coniugata di contrarre un nuovo matrimonio durante il cosidetto tempus lugendi, non contravvenendo così al divieto temporaneo di nuove nozze.L’articolo 89 del codice civile rappresenta una norma di carattere necessario che deve essere applicata anche ai cittadini stranieri, la motivazione di una simile imposizione risiede nel concetto di paternità presunta, secondo il quale si presume che il figlio concepito in costanza di matrimonio sia figlio del marito (art. 232 c.c.).A tal fine è necessario che la sposa produca all’Ufficiale dello Stato Civile

la copia integrale della sentenza di divorzio, debitamente apostillata e tradotta in italiano ove previsto, da cui si possa desumere che il divorzio è stato concesso a seguito di un periodo non inferiore ai 300 gg di separazione dei coniugi oppure è stato concesso per mancata consumazione del matrimonio, così come la legge italiana sul divorzio 1/12/1970 n. 898 prevede rispettivamente alle lett. b) e f) dell’art. 3 n. 2, oppure il matrimonio è stato sciolto o annullato per impotenza anche soltanto a generare di uno dei coniugi. Se l’Ufficiale dello Stato Civile non è in grado di verificare quanto poc’anzi detto attraverso i documenti prodotti

dalla sposa o quelli di cui sia possibile l’acquisizione d’ufficio, egli non può fare altro che rifiutare, ai sensi dell’art. 98 del c.c., la richiesta degli sposi di eseguire le pubblicazioni di matrimonio, rilasciando un certificato contenente le motivazioni del rifiuto di procedere all’adempimento richiesto. I nubendi dopo di che non hanno che due alternative: a) attendere che siano trascorsi i 300 gg dallo scioglimento del primo matrimonio della nubenda per richiedere di nuovo le pubblicazioni di matrimonio; b) se vogliono procedere alla celebrazione del rito civile nella data prescelta, essi dovranno produrre l’autorizzazione emessa dal Tribunale in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero ai sensi dell’art 89 del codice civile. Il tribunale adito, che è quello nella cui giurisdizione si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale si chiede sia eseguito l’adempimento, può autorizzare il matrimonio qualora sia escluso inequivocabilmente lo stato di gravidanza o risulti da sentenza definitiva che il marito non ha convissuto con la moglie nei 300 gg precedenti il divorzio.

PROGETTO “WEDDING IN TRECATE”Riceviamo dal Comune di Trecate, che ringraziamo, la notizia del progetto “Wedding in Trecate”, che divulghiamo volentieri come best practice.Il Comune di Trecate, al fine di promuovere e valorizzare il patrimonio storico e artistico dell’Ente e incentivare l’attività degli operatori economici presenti sul territorio, ha elaborato un piano di comunicazione per far conoscere ai futuri sposi (residenti e non) le sale comunali adibite alla celebrazione del proprio matrimonio civile. Questo piano di comunicazione prevede visite guidate su appuntamento ai luoghi riservati alla celebrazione dei matrimoni, nonché una “Guida al matrimonio” che contiene informazioni sull’iter burocratico da seguire, a partire dalle pubblicazioni fino alla celebrazione del rito civile. Nella Guida, disponibile in forma cartacea e sul sito web dell’Ente, sono presentate anche le sale dedicate.

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LA PAGINA DEI QUESITI RISOLTIA cura di Agostino Pasquini

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1) DONNA DI 90 ANNI CHE VIVE IN LUOGO DIVERSO DA QUELLO DI RESIDENZA – LETTERA DI DIFFIDA DI UN LEGALE

In data 04/12/2014 lo scrivente ufficio riceveva da un Comune vicino la segnalazione che una loro cittadina (90 anni) aveva trasferito la propria dimora abituale nel nostro Comune.Ho provveduto a far fare un primo accertamento dai Vigili in data 09/12/2014 nel quale la cittadina è risultata essere presente nel nostro Comune, il vigile l’ha invitata a presentarsi in Comune per regolarizzare la propria presenza.In data 11/12/2014 abbiamo ricevuto una lettera da uno studio legale per conto della signora che recita così “Scrivo per incarico della signora xx, residente in xxxx, la quale è temporaneamente ospite della figlia, purtroppo per ragioni gravi. A causa, infatti, di minacce, insulti e percosse di terzi, episodi al vaglio dell’Autorità Giudiziaria, è stata costretta, temendo per la sua stessa salute (e, data l’età avanzata, per la vita) a soggiornare temporaneamente in luogo diverso, sino alla conclusione del processo. La sua residenza principale, però rimane in xxx, nell’appartamento già casa coniugale, ove ci sono le sue cose, le suppellettili ed i vestiti e i ricordi. Non è assolutamente intenzione della signora xx trasferire la residenza, che desidera avere e mantenere nel luogo stesso dove ha vissuto con il marito, purtroppo premorto. Il suo cuore, i suoi interessi, le sue abitudini sono lì. Molti concittadini, che hanno una casa in una località di villeggiatura, ivi abitano per molto tempo senza che venga loro richiesto lo spostamento della residenza, richiesta che, peraltro, non sarebbe corretta, posto che, come si è detto, il centro principale degli interessi della signora xx rimane nella casa che fu sempre sua e nella quale vuole concludere la vita senza esserne privata”. Alla luce di questa missiva questo ufficio come si deve comportare?

Risponde l’esperto ANUSCA Claudio Pagano

In ragione soprattutto della lettera dello studio legale si suggerisce di valutare con attenzione se effettivamente la dimora della signora di 90 anni possa considerarsi occasionale o invece sia già diventata abituale. Il riferimento più utile e molto oggettivo è il periodo temporale di permanenza in codesto Comune che se inferiore all’anno non determina ancora la dimora abituale. In questo senso, per non prendere per buona solo la lettera dello studio legale, si suggerisce comunque di avviare formalmente (con una comunicazione scritta) il procedimento di iscrizione anagrafica della signora e di disporre degli accertamenti ulteriori dei Vigili Urbani, possibilmente finalizzati a “scoprire” da quando tempo è stata fissata la dimora in codesto Comune da parte della signora in questione. Se la dimora dovesse essere inferiore all’anno non ci sarebbero ancora gli elementi inconfutabili per acclarare l’abitualità e quindi non si potrebbe dar corso all’iscrizione anagrafica. Al riguardo si dovrebbe riscontrare negativamente la richiesta del Comune vicino - non c’è un termine massimo ma è buona norma rispondere entro 30 giorni dicendo che si stanno facendo accertamenti - pur avendo cura di monitorare la situazione della stessa signora per verificare che la dimora in codesto Comune non acquisisca successivamente i crismi dell’abitualità (sostanzialmente quando si superano i 12 mesi di permanenza). In assenza di riscontri sicuri si consiglia comunque di non dar corso all’iscrizione anagrafica, almeno fino a quando non si avrà la certezza, del superamento

dei 12 mesi di permanenza in codesto Comune. Per il resto la procedura descritta è corretta e può essere seguita laddove si abbia certezza della dimora abituale. In tale eventualità si rammentano le disposizioni dell’art. 15 del D.P.R n. 223/1989 che prevedono come il provvedimento dell’Ufficiale d’Anagrafe di iscrizione d’ufficio debba essere notificato agli interessati entro 10 giorni (dall’adozione del provvedimento di iscrizione d’ufficio).

2) ADOZIONE DA PARTE DI DUE CITTADINI ALBANESI NATURALIZZATI ITALIANI DI UN LORO NIPOTE ORFANO

Ho ricevuto dal Tribunale dei Minori una sentenza di adozione in casi particolari ai sensi dell’art. 44 lett. a) della legge 184/1983, si tratta dell’adozione, da parte di una coppia di miei residenti di origine albanese ora divenuti cittadini italiani, di un nipote, cittadino albanese, già residente con gli zii, rimasto orfano di entrambi i genitori. Ho alcuni dubbi da sottoporvi: 1) la sentenza è stata inviata all’Uff. di Stato Civile con questa dicitura “per la prescritta annotazione a margine dell’atto di nascita dell’adottato, con invito a disporre per gli adempimenti ai fini dell’aggiornamento dello stato di famiglia degli adottanti (cap. 3° art. 10 L. 24/12/1954 )”. 2) In data 16/02/2012 avevamo ricevuto dal Tribunale una comunicazione per annotazione sull’atto di nascita del minore in questione relativa all’apertura della tutela. Dovrò, una volta trascritto l’atto di nascita, apporre anche questa annotazione?3) al cognome dell’adottato, se ho ben capito, dovrà essere anteposto il cognome dell’adottante, nel mio caso il cognome dell’adottato è lo stesso del cognome dell’adottante;4) in merito alla cittadinanza, ho visto che in questo caso si deve procedere con l’emissione di attestazione sindacale, devo farla precedere dagli accertamenti

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(continua da pag. 16)

in merito alla convivenza con i genitori adottivi? 5) Decorrenza adozione e cittadinanza italiana: dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di adozione? 6) Nel caso che il genitore adottivo debba dichiarare il rapporto di parentela con l’adottato come dovrà indicarlo (figlio adottivo)?

Risponde l’esperto ANUSCA Tiziana Piola

Dal punto di vista operativo l’Ufficiale di Stato Civile che riceve dal Tribunale per i minorenni il provvedimento di adozione particolare deve procedere alla sua trascrizione in parte II serie B

dei registri di nascita; procederà poi ad annotare tale adozione sull’atto di nascita del minore con formula 123 del formulario. Se si tratta di un minore straniero, adottato da un cittadino italiano (anche diventato italiano) acquisterà la cittadinanza italiana (art. 3 comma 1 legge n. 91/1992). In questo caso tuttavia, visto che i genitori sono diventati italiani, la decorrenza dell’acquisto della cittadinanza sarà dall’acquisto del genitore che per primo l’ha acquistata; invece nel caso in cui il genitore fosse italiano dalla nascita la decorrenza di acquisto della cittadinanza italiana sarebbe dalla data del deposito in cancelleria della sentenza (se italiana) dalla data del provvedimento giurisdizionale di adozione (se straniero). Dal momento che tale fatto è disposto per legge si verifica un automatismo che deve essere attestato dal Sindaco; quest’ultimo infatti predisporrà l’attestazione che verrà trascritta nei registri di cittadinanza ed annotata sull’atto di nascita dell’adottato con formula 140 sexies. Se esisteva l’apertura della tutela occorre indicarla sull’atto di nascita mediante annotazione tuttavia

dal momento in cui è stata disposta l’adozione, probabilmente la tutela è stata chiusa per cui occorre informarsi presso la cancelleria del tribunale di Aosta o chiedere ai genitori adottivi al fine di apporre anche la chiusura. Potrebbe anche essere stata chiusa in sede di adozione per cui occorre leggere la sentenza. In caso di adozione particolare e di persone maggiori di età non si recidono i rapporti con la famiglia di origine verranno applicate le disposizioni del codice civile e pertanto l’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio (art 299 c.c.).In questo caso di genitori adottivi coniugati assume il cognome del marito anteponendolo al proprio. Nel caso particolare esposto dal momento in cui il cognome è lo stesso ritengo che non si debba aggiungere. Ai sensi dell’art. 300 del codice civile l’adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla legge. Ciò sta ad indicare che nella certificazione di nascita di stato civile occorre indicare figlio di e di...(indicando i genitori biologici adottato da...).

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Forse, molti ufficiali dello stato civile, memori degli studi universitari, conosceranno la

rivista giuridica “Famiglia e Diritto”, edita da Ipsoa, la più prestigiosa rivista in materia di diritto di famiglia, nel cui comitato scientifico figurano i più eminenti studiosi in materia, da Piero Schlesinger a Dogliotti, da Tommaseo e Trimarchi, fino al Prof. Sesta ed al Prof. Al Mureden, che abbiamo avuto il piacere di ascoltare in Convegni e Seminari organizzati da ANUSCA, senza dimenticare che nel gruppo di esperti della Rivista è annoverato il Prof. Balestra, ospite fisso e sempre apprezzatissimo al nostro Convegno Nazionale. In pratica, si tratta dell’eccellenza assoluta sul diritto di famiglia ed in tale Rivista compaiono commenti ed approfondimenti, destinati ad essere oggetto di confronto tra docenti ed esame e studio da parte di studenti universitari, oltre che, ovviamente, analisi da parte di avvocati e magistrati.Nel n. 1/2015, la Rivista si occupa dell'Ufficiale dello Stato Civile, con un articolo dal titolo “Il sindacato dell'ufficiale dello stato civile sulla trascrivibilità dei matrimoni conclusi all'estero” a firma del nostro esperto Renzo Calvigioni.Non è la prima volta che la Rivista si occupa di stato civile, ma è certamente la prima volta che un nostro esperto trova spazio in un ambito così prestigioso e di questo non possiamo che rallegrarci perché dimostra il livello che i nostri esperti hanno raggiunto a conferma della qualità del servizio che ANUSCA, tramite loro, mette a disposizione degli operatori.L'articolo pubblicato è la relazione che Calvigioni aveva tenuto al Convegno promosso dall'Ordine degli Avvocati e svoltosi in Ancona il 2-3-4 ottobre 2014, sul tema “La famiglia tra evoluzione e crisi”, cui avevano aderito illustri relatori (basti citare, tra gli altri, il Prof. Sesta ed il Prof. Bianca). La manifestazione ha registrato un notevole successo di partecipazione,

ANCHE LA RIVISTA “FAMIGLIA E DIRITTO”SI OCCUPA DELL’UFFICIALE DELLO STATO CIVILE

a cura della Redazione

con la sala costantemente gremita da oltre 500 avvocati. Il Dr. Calvigioni, autorizzato preventivamente dall’Associazione, è intervenuto quale esperto ANUSCA e direttore della Rivista “I Servizi Demografici”, nella mattinata del 3 ottobre, dopo la relazione del Prof. Bianca. L’attenzione dell’uditorio, ma soprattutto gli attestati di approvazione ricevuti a chiusura della mattinata sono stati il segno dell’apprezzamento del suo intervento, tanto che il Prof. Sesta lo ha invitato a trasmettere copia della relazione perché particolarmente interessante. Una volta inviata, è stato lo stesso Prof. Sesta a confermare la validità dell’elaborato ed assicurarne la pubblicazione, avvenuta nel n. 1/2005.Tutto questo conferma la sempre maggiore attenzione che il mondo universitario e gli studiosi riservano agli uffici demografici, in particolare, allo stato civile, per i riflessi che dall'operato dell'ufficiale dello stato civile possono derivare nella sfera giuridica delle persone, nei diritti fondamentali degli individui quali il diritto al matrimonio, alla filiazione, al nome, solamente

per citare i più ricorrenti. Si tratta di temi presenti ogni anno al Convegno Nazionale, dove è oramai costante la presenza di numerosi docenti universitari che si confrontano con le problematiche sempre più complesse degli operatori dei servizi demografici. Da questo continuo approfondimento e confronto ai più alti livelli, i nostri esperti hanno tratto sicuro giovamento, raggiungendo un elevato livello di professionalità, tanto che i loro interventi trovano sempre più spesso spazio nelle più importanti Riviste giuridiche. A seguito dell'entrata in vigore delle nuove procedure di separazione e divorzio, nelle numerosissime iniziative promosse dall’Ordine degli Avvocati partecipano in questi ultimi mesi anche esperti ANUSCA. L'aspetto che merita di essere sottolineato è la crescita della professionalità dei nostri collaboratori, grazie al confronto e all’approfondimento con docenti universitari ed avvocati. Da ciò deriva, in sostanza, un più elevato livello qualitativo dei servizi che ANUSCA mette a disposizione dei propri associati.

FORMAZIONE IN HOUSE? CHIEDI AD ANUSCAFra le offerte formative targate ANUSCA, ricordiamo anche la possibilità dei CORSI IN HOUSE: i Comuni possono richiedere all’Associazione l’organizzazione di corsi riservati esclusivamente ai propri dipendenti, su temi a scelta legati al servizi demografici, privacy, innovazione. I corsi sono naturalmente calibrati

sulla base delle necessità espresse dall’Ente in termini di contenuti e tempi. La flessibilità e la qualità tradizionale della formazione espressa da ANUSCA sono i punti di forza della proposta, apprezzatissima oramai da molti Comuni.

Gli Enti interessati a richiedere un preventivo per un corso interno possono rivolgersi alla Segreteria ANUSCA (Stefano Zini – 051944641 – [email protected])

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LA “FABBRICA” DEI QUESITIdi A. P.

Nel 2014 quasi 5000 risposte a quesiti di Soci e Comuni, di cui 3300 online, 34 esperti che

hanno fatto in media una risposta ogni due giorni, percentuale di soddisfazione pari al 98%. Oltre 300 tra le risposte più interessanti pubblicate sul sito, sulla stampa e sulla rivista. Il progetto è portare tutti i quesiti sulla piattaforma di risposta online.

ANUSCA fin dalla sua nascita ha rappresentato per molte amministrazioni e per molti associati un valido “baluardo” di fronte alle difficoltà quotidiane dei nostri uffici. Gli esperti più “anziani” ricordano ancora quei fax su carta chimica, con dei documenti indecifrabili su cui si chiedeva, in sostanza: cosa fare?E gli esperti, magari dopo una notte insonne a pensare a delle soluzioni veramente complicate, dopo diverse telefonate a colleghi e consultazione di riviste e manuali, redigevano quella paginetta di risposta, inviata via FAX che arrivava quasi come un salvagente ad un naufrago …Oggi è tutto diverso e, nel fare il bilancio di fine anno, possiamo dire con orgoglio, che in Italia non esiste un servizio più efficiente di quello prestato da ANUSCA, vediamo in sintesi i punti di forza.

I canali di arrivo e risposta:Al momento ci sono ancora molti Soci che non usano il sistema ONLINE e trasmettono alla segreteria una mail o un fax (ancora arriva qualche lettera) che la stessa gira all’esperto; l’esperto predispone la risposta, che la segreteria inoltra al Socio: sistema un po’ lento e macchinoso, ma ancora in uso. I quesiti e le relative risposte di questo tipo nel 2014 sono state 1603.Molto più efficiente e veloce è il sistema online. Tramite la pagina dedicata sul sito (http://www.anusca-online.com/quesiti2/search.asp) il Socio inserisce il suo nome e il numero della tessera e invierà il quesito automaticamente. Ricevuto il quesito, il sistema smista

ad uno degli esperti il quesito e invia la risposta direttamente all’indirizzo indicato normalmente entro le 48 ore previste. Segnaliamo che è particolarmente importante avere cura di digitare correttamente l’indirizzo per la risposta (mail ordinaria, non PEC), in quanto il form è bloccato e l’esperto, se anche si avvedesse di un errore nell’indirizzo email, non può modificarlo. Nel 2014 le risposte inviate dal sistema on line sono state 3359. Nel

2015, vista l’alta efficienza del sistema, invitiamo tutti i Soci ad usare questa modalità senza passare attraverso la segreteria.

La pubblicazione delle risposte:Di questi 4962 quesiti del 2014, molti hanno contenuti riservati, altri hanno rilevanza limitata a chi li pone e dunque non vengono pubblicati. Fra gli altri, periodicamente viene effettuata una selezione che viene divulgata o sulla stampa associativa o nell’apposita pagina dei quesiti sul sito, dove c’è uno spazio con i “quesiti della settimana” a cui possono accedere solo i soci (http://www.anusca-online.com/quesiti/default.asp) .

Gli esperti che rispondono, la percentuale di soddisfazione:Attualmente gli esperti che rispondono sono più di 30, equamente suddivisi tra le varie materie: anagrafe, stato civile, polizia mortuaria, elettorale, documentazione amministrativa ecc. Sono in genere gli stessi esperti che tengono i corsi o scrivono sulla stampa associativa o su quella specializzata

di altre case editrici. Abbiamo anche qualche specialista di materie che non appartengono al novero dei servizi demografici: personale, privacy, assistenza legale ecc. Esiste anche un sistema per verificare se le risposte, almeno quelle on line, hanno soddisfatto il Socio, che può, se vuole, chiedere delucidazioni ulteriori. Questa opportunità però è stata usata solo dal 1,8 % dei destinatari, segno che oltre il 98% delle risposte erano esaustive.

Gli obiettivi del 2015:Il servizio “Quesiti on line” rappresenta sicuramente un impegno importante per l’Associazione, organizzativo ed economico, in considerazione dei costi di mantenimento degli spazi informatici occupati dal database e di gestione del software e di compenso degli esperti che prestano la propria attività, ma sappiamo bene che è una delle opportunità comprese nella quota associativa più apprezzate ed utilizzate dagli associati, quindi viene curato con particolare attenzione. I risultati, in termini di efficienza, sono alquanto chiari e questo è sicuramente motivo di soddisfazione. Ma, come sempre in ANUSCA, i risultati ottenuti sono stimolo per migliorarsi ulteriormente e raggiungere obiettivi più ambiziosi: vorremmo portare l’attuale percentuale del 70% delle risposte online, almeno alla soglia dell’ 80%. In questo modo il servizio sarebbe sempre più efficiente.

QUESITI ON-LINE

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di soggetti con competenza su dimensioni territoriali più vaste, condizioni queste per assicurare efficacia nelle scelte ed efficienza ed economicità di sistema: le aziende sanitarie locali per quanto riguarda l’ambito funebre per le sue evidenti implicazioni di ordine sanitario e giudiziario; le nuove Autorità di ambito cimiteriale ottimale (Città metropolitane o consorzi obbligatori di funzioni comunali nei Comuni di minori dimensioni) per quanto riguarda le gestioni cimiteriali comunali, sempre più avvertite dalle singole Amministrazioni come un problema ai limiti della governabilità e sempre a rischio di ‘esplosione’ per irrisolte o irrisolvibili patologie lasciate dalle generazioni precedenti. Non è chiaro però come potrebbe fare una autorità d’ambito sovra comunale, distante, con una estensione minima pari a quella delle aziende sanitarie, a garantire una gestione centralizzata efficace e che si suppone migliore di quella che oggi può offrire chi vive e lavora sul territorio prossimo agli utenti e ne conosce usi, costumi e tradizioni, o se ancora abbia valore proporre l’istituzione di una ulteriore sovrastruttura, in un periodo in cui si vorrebbero eliminare gli enti inutili.La stessa vigilanza affidata alle Aziende Sanitarie Locali lascia non poche perplessità sulla reale possibilità di svolgere efficacemente questo ruolo da parte delle stesse.Altro punto ritenuto di massima importanza per Vaccari è “combattere il malaffare” e, al contempo, garantire le famiglie in lutto e l’attività regolare degli operatori funebri aggiornando, in modo contestuale e coordinato, il trattamento fiscale e tributario delle spese funebri e cimiteriali con norme che prevedono: l’allineamento delle aliquote IVA dell’intero settore funebre e cimiteriale, e ciò a prescindere dalla natura del soggetto, al livello più basso tra quelli consentiti come

aliquota ridotta (attualmente al 10%) al fine di contrastare i noti fenomeni di evasione; un incentivo per le famiglie a diventare “alleati dello Stato e non degli operatori irregolari” potendo contare su una detraibilità delle spese funebri e cimiteriali realistica e non di facciata. Non si tratta di richiamare astrattamente il principio di legalità, ma l’immediato effetto di queste innovazioni è quello di ridurre gli scambi di somme “in

nero”, inibendo così agli operatori funebri senza scrupoli di garantirsi una provvista monetaria funzionale al procacciamento dei funerali. Un altro elemento importante dell’asse della nuova norma muove dalla realtà cremazionista, e consiste nella necessità di regolare in modo omogeneo sul territorio nazionale le scelte di cremazione, visto che trattasi di una pratica in consistente crescita in molte zone del Paese, mentre molte altre aree geografiche soffrono la carenza di impianti con conseguenti disagi, e relativi costi aggiuntivi, per le famiglie che devono spostare i propri cari talvolta per centinaia di chilometri. Punto di estrema attenzione è anche la gestione cimiteriale: secondo il legislatore occorre riportare ad una disciplina organica il complesso di norme per gestire i cimiteri e risanarne la gestione economico-finanziaria attraverso l’applicazione di principi contabili che impongano l’accantonamento di proventi per le

(continua da pag. 13) obbligazioni contratte per il futuro, e con modalità di determinazione di tariffe più realistiche rispetto ai costi di funzionamento. Il comparto cimiteriale ha una componente di servizi offerti che ha natura di servizi indivisibili e conseguentemente ha titolo alla compartecipazione del gettito TASI. La conduzione di aree cimiteriali storiche, dalle quali non è più possibile ricavare proventi dall’operatività ordinaria, deve essere considerata servizio indivisibile ed in quanto tale partecipare al riparto del gettito della TASI con una aliquota percentuale predeterminata. Ancora, si rende necessario “prefigurare la costituzione di imprese a capitale misto pubblico/privato” che possano vedere il concorso dei lavoratori del settore o di altri soggetti privati. Con le norme che si propongono sarebbe possibile consentire, in modo trasparente, che il capitale pubblico da totalitario passi, nel tempo, a minoritario e in taluni casi sparisca per far posto, secondo principi di sussidiarietà e di concorrenzialità, a quello dei lavoratori o delle popolazioni locali. Non da ultimo è imprescindibile superare in maniera organica l’attuale quadro normativo, frammentato in norme statali, regionali, comunali e talvolta norme internazionali, tramite l’emanazione, in tempi contenuti, di una regolamentazione statale di dettaglio che possa servire come indirizzo certo per una coerente produzione di disposizioni attuative e di buone pratiche da parte dei livelli di governo locale. Infine, una sferzata di digitalizzazione con l’obiettivo ambizioso di assoggettare tutta la produzione di atti, provvedimenti, modulistiche del settore all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale approvato con decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni. Si tratta di una norma di civiltà, in linea con il panorama europeo, che da un passato remoto potrà condurci a una futura disciplina della materia ordinata ed efficiente, e tipica degli ordinamenti moderni.

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SOSPIROLO: UNO SGUARDO SULLE DOLOMITICOMUNI IN VETRINA

Associato ad ANUSCA dai primi anni Novanta, il Comune di Sospirolo ha ospitato per la prima

volta una iniziativa dell’Associazione, lo scorso 3 febbraio. L’esordio, che ha visto un’attiva collaborazione del Presidente del Comitato Roberto Candeago e di Ester Dell’O’ dell’Anagrafe di Sospirolo (che ringraziamo anche per il materiale di questo articolo) è stato premiato da un’ampia partecipazione di operatori, provenienti anche da fuori provincia…è proprio il caso di dire “buona la prima!”.Sospirolo è un Comune del Bellunese, all’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti, di antica origine: la presenza dell’uomo è registrata già intorno al XIII secolo a.C., inoltre ben documentata è la presenza di insediamenti in epoca romana. Numerosi sono i reperti archeologici risalenti a questo periodo, fra cui delle tombe ad Oregne ed una lapide presso la chiesetta di S. Michele ai Pascoli. La toponomastica di molte località, d’altra parte, è chiaramente di origine latina.Il territorio sospirolese ha rivestito fin dall’antichità un’importante ruolo per quanto riguarda la viabilità. Sia la Valle del Mis che la Valle del Cordevole erano infatti fondamentali vie di transito, soprattutto per l’assistenza di pellegrini e viandanti, per i quali sorsero vari ostelli gestiti da congregazioni religiose, ad Agre, a Candaten e a Vedana. Agli occhi del visitatore, l’imponente complesso di edifici della Certosa di Vedana conserva tutt’oggi un fascino ed una bellezza indiscutibili. Le notizie storiche si perdono nella notte dei tempi e risalgono al secolo XI quando l’ospizio di San Marco a Vedana, comprendendo anche quello di San Gottardo, accoglieva i viandanti che

di Silvia Zini

transitavano lungo il Canale d’Agordo, via migliore per la laguna e il Tirolo. Tra alterne vicende la Certosa, affidata ai monaci di San Brunone, divenne modello di organizzazione sociale e centro di spiritualità. Passata di mano in mano, la proprietà entrò in possesso delle famiglie patrizie tra cui quella dei Segato che dette i natali all’insigne egittologo Girolamo Segato (1792-1836). Dal 1882 i certosini ne ripresero possesso, distinguendosi, specie all’inizio del secolo e nel dopoguerra, nell’assistenza ai più bisognosi. Dal 1977 la Certosa è affidata alle monache dell’ordine di San Brunone.Attorno a questo luogo di clausura, ricco di storia e di opere d’arte, si estendono le Masiere, fenomeno particolarissimo costituito da una distesa di massi di ogni forma e volume, morena frontale di un antico ghiacciaio, che racchiudono altresì il grazioso laghetto di Vedana: questo lembo di territorio forma una riserva naturale di indubbio valore botanico e geologico. L’atmosfera

suggestiva che avvolge questi luoghi ha ispirato le “leggende delle Masiere” che raccontano di antiche città, Cornia e Cordova, sepolte con i loro tesori.Al periodo alto medievale si deve far risalire probabilmente anche la costruzione di una serie di castelli (di Costa e di Misso), che dovevano difendere quello che era considerato un territorio strategicamente molto importante. Documenti attestano la presenza di queste fortezze, che nel corso dei secoli sono state distrutte.Nel medioevo e poi fino all’800, il territorio sospirolese passò sotto diverse dominazioni, dai Da Camino, ai Carraresi, ai Visconti, ai Veneziani, agli Austriaci, per essere infine annesso all’Italia nel 1866.A Sospirolo si osserva la mole del Monte Sperone, che dà il nome al paese (Sospiroi è la forma locale del toponimo, riconducibile a Sot Spiroi). Il Monte Sperone (1262 m s.l.m.) assieme al Piz Vedana fa da bastione all’ingresso alla Val del Mis ed al relativo Lago del Mis. Dalla sua cima la vista spazia per tutta la Val Belluna, le Prealpi Bellunesi ed il Monte Pizzocco con la sua imponente parete Nord ed il gruppo dei Monti del Sole. Da Sospirolo per raggiungere la vetta del Monte Sperone, si sale da una stradina asfaltata fino all “Cappelletta degli Alpini”.Fra le bellezze naturali presenti nel territorio di Sospirolo non possiamo dimenticare i “Cadini del Brenton”: la valle del torrente Brenton presenta nel suo tratto terminale una serie di cascate spettacolari, interrotte da gradini rocciosi nei quali l’acqua ha scavato delle marmitte di evorsione: cavità (chiamate localmente cadini) profonde anche 4 m. Nella zona dei cadini, raggiunti dal sole per poche ore al giorno durante la bella stagione e mai in inverno, ristagna aria fresca ed umida, favorevole all’inversione della vegetazione. Vi si trovano infatti piante quali il rododendro e il pino mugo, normalmente presenti a quote più alte.

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AL SEGGIO CON IL SOLO DOCUMENTO D’IDENTITÀdi Umberto Coassin

Ho in più occasioni espresso le mie perplessità sulla sostituzione del certificato elettorale con

altro documento cartaceo. Torno, ora, sull’argomento, non solo per il fatto contingente che in molti Comuni sarà necessario ristampare un gran numero di tessere elettorali, in quanto gli spazi disponibili per la registrazione del voto sono ormai esauriti, ma anche perché, a distanza di anni dalla sua istituzione, la tessera elettorale “cartacea” registra, purtroppo, un vero e proprio fallimento dal punto di vista operativo. I punti di criticità delle tessere, lasciando da parte le questioni legate alla ‘privacy’, sono diversi: un elevato numero di tessere smarrite; un’eccessiva variabilità dei dati inerenti l’esercizio del voto (cambi di residenza o di indirizzo), con conseguenti “intoppi” ai seggi elettorali in occasione dell’esercizio del voto; un aggravio delle procedure interne per gli uffici elettorali con relativi costi in termini di tempo e unità di lavoro utilizzate. Si deve tener presente, tra l’altro, che i primi due aspetti si ripercuotono negativamente sul procedimento elettorale proprio nei giorni della votazione. Sicuramente il certificato elettorale rappresentava uno strumento più semplice ed efficace, ma comportava il problema di elevati costi di stampa e di notifica. Nessun rimpianto, quindi, per la sua abolizione. Ma la sua sostituzione con la tessera elettorale non sembra aver portato a risparmi significativi, proprio per le difficoltà operative sopra richiamate. A questo punto, ritengo che i tempi siano ormai maturi per proporre il superamento

della tessera elettorale, anche se mi rendo conto che questa idea presenta sicuramente delle problematiche. Che sono principalmente tre: (1) come comunicare a ogni elettore, nel modo più adeguato possibile, il luogo dove esercitare il diritto di voto (sezione e sede della stessa); (2) come consentire ad alcune categorie di elettori (componenti seggio, degenti, ecc.) di votare in una sezione o Comune diversi da quelli di appartenenza, evitando fraudolente possibilità del doppio voto; (3) come certificare l’espressione del voto da parte dell’elettore dal momento che viene meno data e timbro del seggio sulla tessera.Queste le indicazioni che mi sento di suggerire per superarle. Il primo problema potrebbe essere risolto attivando tutti gli opportuni strumenti

di informazione: internet, manifesti, acquisto di pagine di giornali, URP e altro. Per quanto riguarda il secondo ordine di problemi, si dovrebbe modificare completamente il sistema di deroghe per come oggi previsto dalle norme, prevedendo che l’elettore possa votare in una sezione o Comune diversi da quelli in cui è iscritto soltanto previa acquisizione, su domanda, di uno specifico certificato elettorale con la contestuale sua cancellazione (o annotazione) dalle (sulle) liste sezionali di iscrizione. Relativamente, invece, alla certificazione dell’avvenuta espressione del voto da parte dell’elettore, essa viene già oggi attestata da uno degli scrutatori, “mediante l’apposizione della firma, accanto al nome di lui, nell’apposita colonna della lista della sezione a ciò destinata” (art. 58, quarto comma, del T.U. n. 361/1957). In una colonna, a fianco, si potrebbe richiedere, a ulteriore conferma e ad evitare contestazioni, la firma dello stesso elettore.È una idea che ANUSCA potrà sostenere nelle sedi deputate? Mi auguro di sì!Restano, nel frattempo, auspicabili suggerimenti e contributi migliorativi alla “proposta” dei nostri operatori elettorali.

HAI RINNOVATOL’ADESIONE

DEL TUO ENTE?

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