Notiziario ANUSCA 2015 - 05 Maggio

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NOTIZIARIO ANUSCA Anno XXIX, n. 5 • Maggio 2015 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN) Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: [email protected] • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe IL MINISTERO DELL’INTERNO CHIARISCE LE PROCEDURE DELLA L. 162/2014 Circolare Ministero dell’Interno 6/2015: applicazione pratica...............................pag. 7 Contratto registrato? No, grazie.........pag. 9 Per essere “Europei” ...............................pag. 10 Separazione e divorzio: continua il confronto tra Avvocati e USC.............pag. 12 Gli acquisti di beni e servizi e le centrali di committenza............................................pag. 14 Donare gli organi, una scelta in Comune: aiutiamo i cittadini a informarsi .......pag. 15 Separazione davanti all’USC e assegnazione della casa coniugale..pag. 16 E ALL’INTERNO (continua a pag. 3) di R. C. (continua a pag. 5) AGGIORNATO IL DPR 396/2000 ALLE NORME IN MATERIA DI FILIAZIONE di Renzo Calvigioni I l 31 marzo è entrato in vigore il DPR 30 gennaio 2015 n. 26 “Regolamento recante attuazione dell’articolo 5, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, in materia di riconoscimento dei figli naturali ” che ha apportato una serie di modifiche al testo del DPR 396/2000. Ricordiamo che la legge 219/2012 in materia di filiazione, aveva previsto che, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti legislativi necessari per aggiornare le varie normative vigenti alle nuove disposizioni in materia di filiazione, come è puntualmente avvenuto con il D.Lgs. 154/2013 contenente tutte le modifiche al codice civile, penale, legge di riforma del diritto internazionale privato, legge speciale sull’adozione ed altre. I l Ministero dell’Interno ha emanato la Circolare n. 6 in data 24 aprile 2015 con oggetto “ Art. 6 e 12 del decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 – Chiarimenti applicativi ”, nella quale rivede alcuni indirizzi operativi diffusi in precedenza e chiarisce le procedure che debbono essere seguite in caso di separazione e divorzio di fronte all’ufficiale di stato civile o di accordo di negoziazione redatto dagli avvocati e trasmesso per la trascrizione. Dopo aver ricordato le precedenti Circolari n. 16 del 1° ottobre 2014 e n. 19 del 28 novembre 2014, con le quali erano state date istruzioni agli ufficiali di stato civile per applicare correttamente le nuove disposizioni in materia di separazione e divorzio, il Ministero prende atto che erano emerse difficoltà operative che potevano pregiudicare l’uniforme ed omogenea applicazione nel territorio nazionale delle nuove norme, tanto da far sorgere la necessità di ulteriori precisazioni. Occorre riconoscere che l’indirizzo estremamente cauto e l’interpretazione restrittiva diffuse con le suddette circolari, erano giustificate dalla preoccupazione che

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Notiziario Anusca - Rivista di aggiornamento per operatori nei Servizi Demografici

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NOTIZIARIO ANUSCA

Anno XXIX, n. 5 • Maggio 2015 Copia € 3,50 (stampato da Maggioli Editore - Santarcangelo RN)

Viale Terme, 1056 • 40024 Castel San Pietro Terme (BO) • tel. + 39 051/944641 • www.anusca.it • e-mail: [email protected] • sped. in abb. post. AP 45% art. 2. comma 20/b legge 662/96 - DCI Umbria - Reg. Trib. BO n. 5270 il 10/06/1985 • Dir. Resp. Primo Mingozzi - Vice Dir. Paride Gullini

Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe

IL MINISTERO DELL’INTERNO CHIARISCE LE PROCEDURE DELLA L. 162/2014

Circolare Ministero dell’Interno 6/2015: applicazione pratica...............................pag. 7

Contratto registrato? No, grazie.........pag. 9

Per essere “Europei”...............................pag. 10

Separazione e divorzio: continua il confronto tra Avvocati e USC.............pag. 12

Gli acquisti di beni e servizi e le centrali di committenza............................................pag. 14

Donare gli organi, una scelta in Comune: aiutiamo i cittadini a informarsi .......pag. 15

Separazione davanti all’USC e assegnazione della casa coniugale..pag. 16

E ALL’INTERNO

(continua a pag. 3)

di R. C.

(continua a pag. 5)

AGGIORNATO IL DPR 396/2000 ALLE NORME IN MATERIA DI FILIAZIONE

di Renzo Calvigioni

Il 31 marzo è entrato in vigore il DPR 30 gennaio 2015 n. 26 “Regolamento recante attuazione dell’articolo 5,

comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, in materia di riconoscimento dei figli naturali” che ha apportato una serie di modifiche al testo del DPR 396/2000. Ricordiamo che la legge 219/2012 in materia di filiazione, aveva previsto che, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, il Governo avrebbe dovuto adottare i decreti legislativi necessari per aggiornare le varie normative vigenti alle nuove disposizioni in materia di filiazione, come è puntualmente avvenuto con il D.Lgs. 154/2013 contenente tutte le modifiche al codice civile, penale, legge di riforma del diritto internazionale privato, legge speciale sull’adozione ed altre.

Il Ministero dell’Interno ha emanato la Circolare n. 6 in data 24 aprile 2015 con oggetto “Art. 6 e 12 del decreto

legge 12 settembre 2014 n. 132 – Chiarimenti applicativi”, nella quale rivede alcuni indirizzi operativi diffusi in precedenza e chiarisce le procedure che debbono essere seguite in caso di separazione e divorzio di fronte all’ufficiale di stato civile o di accordo di negoziazione redatto dagli avvocati e trasmesso per la trascrizione. Dopo aver ricordato le precedenti Circolari n. 16 del 1° ottobre 2014 e n. 19 del 28 novembre 2014, con le quali erano state date istruzioni agli

ufficiali di stato civile per applicare correttamente le nuove disposizioni in materia di separazione e divorzio, il Ministero prende atto che erano emerse difficoltà operative che potevano pregiudicare l’uniforme ed omogenea applicazione nel territorio nazionale delle nuove norme, tanto da far sorgere la necessità di ulteriori precisazioni. Occorre riconoscere che l’indirizzo estremamente cauto e l’interpretazione restrittiva diffuse con le suddette circolari, erano giustificate dalla preoccupazione che

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(continua da pag. 1: Aggiornato il DPR...)

Entro sei mesi dall’entrata in vigore dei decreti legislativi, con apposito regolamento, si sarebbero dovute adottare le necessarie e conseguenti modifiche alla disciplina dettata in materia di Ordinamento dello Stato Civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396: il DPR 26/2015, con lieve ritardo rispetto alle previsioni, completa l’iter indicato ed aggiorna il regolamento dello stato civile.In sostanza, è stato modificato ed integrato il testo del DPR 396/2000, cambiando quelle dizioni in palese contrasto con la normativa e sostituendole con la terminologia prevista dalla legge sulla filiazione: in tal modo, sono state eliminate le parole “legittimo” e “naturale” sostituite da “figlio nato nel matrimonio” e “figlio fuori dal matrimonio”, nei diversi articoli nei quali compariva tale indicazione. È stato eliminato il primo comma dell’art. 33 che si riferiva al cognome del figlio legittimato: essendo venuta meno la legittimazione, tale comma era da ritenersi implicitamente abrogato dalla legge 219/2012, ma ora viene formalmente cancellato dal DPR 396/2000. È il caso di ricordare che l’abrogazione di tutte le disposizioni in materia di legittimazione aveva eliminato una serie di adempimenti a carico dell’ufficiale dello stato civile, relativi all’ipotesi in cui i genitori, dopo il riconoscimento di un figlio avessero contratto matrimonio tra loro: l’aspetto sicuramente più rilevante, è la mancata attribuzione del cognome paterno secondo la procedura automatica prevista dall’abrogato art. 33 del DPR 396/2000, con la conseguenza che il figlio conserva il cognome che aveva prima del matrimonio dei genitori.Sicuramente più rilevante la modifica del secondo comma dell’art. 33 che riguarda il figlio maggiorenne che subisce la modifica del proprio cognome a seguito del cambiamento del cognome del genitore, e riguarda il figlio maggiorenne che viene riconosciuto da uno o entrambi i genitori dopo il raggiungimento della maggiore età. In entrambi i

casi, dovranno assumere il cognome del genitore, ma potranno scegliere, entro un anno da quando ne vengono a conoscenza, di mantenere il cognome portato in precedenza o di aggiungere od anteporre ad esso quello del genitore. In pratica, viene confermata la tutela del cognome del maggiorenne, cioè di un soggetto per il quale il cognome è divenuto sicuramente segno distintivo della propria personalità, considerato che lo utilizza da molto tempo, sia nel caso di cambiamento di cognome del genitore, sia nel caso di riconoscimento avvenuto dopo aver raggiunto la maggiore età. Si dovrà comunque disporre la modifica del cognome, notificarla all’interessato, il quale avrà un anno di tempo per decidere se subire tale cambiamento o mantenere il precedente cognome a cui aggiungere od anteporre il nuovo. La scelta avverrà con dichiarazione

resa all’ufficiale dello stato civile del Comune di nascita, dal figlio personalmente o con comunicazione scritta, come previsto dalla modifica al terzo comma dello stesso art. 33. Dalla lettura del testo modificato, viene indirettamente confermato che tale possibilità di scelta non è prevista né consentita al figlio minorenne che subirà il cambiamento di cognome senza alcuna alternativa.Le altre modifiche rilevanti riguardano il cambiamento dell’età prevista per manifestare l’assenso al riconoscimento da parte del figlio riconosciuto, da “sedici anni” a “quattordici anni”: anche in tal caso, tale modifica era stata implicitamente operata dalla normativa in materia di filiazione e dalle modifiche già apportate al codice civile e non restava che aggiornare il testo del DPR 396/2000. Ricordiamo che se il figlio che viene riconosciuto ha compiuto quattordici anni, è necessario l’assenso del medesimo al riconoscimento: si tratta di una condizione di efficacia, nel senso che il riconoscimento è perfettamente valido ma non produce effetti, fin quando non intervenga l’assenso. In tale fattispecie, la legge 219/2013 aveva modificato solamente il limite dell’età, senza intervenire in altro

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(continua da pag. 3: Aggiornato il DPR...)

modo. Al contrario, nel caso in cui il figlio da riconoscere abbia meno di quattordici anni, sarà necessario il consenso del genitore che ha già effettuato il riconoscimento: questa è una condizione di validità alla cui mancanza può, eventualmente, supplire il Tribunale ordinario, secondo le indicazioni del quarto comma dell’art. 250 c.c., come modificato dall’art. 1, secondo comma, della legge 219/2013, precisando che il consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Nel caso in cui il genitore non voglia prestare il proprio consenso, l’altro genitore dovrà rivolgersi al giudice competente che non è più il Tribunale per i Minorenni, ma il Tribunale ordinario, il quale deciderà con sentenza che tiene luogo del consenso mancante. Qualora vi fosse opposizione, il giudice potrà disporre l’audizione del minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento. Con la stessa sentenza in cui il Tribunale decide in merito al consenso mancante, assume i provvedimenti opportuni anche in merito al cognome spettante al minore riconosciuto, ai sensi dell’art. 262 c.c.: trattandosi di minore che era già stato riconosciuto da un genitore, troverà applicazione il terzo comma di tale articolo che prevede espressamente “Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al

riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre”.Nella pratica dell’ufficiale dello stato civile, negli adempimenti quotidiani, nulla è cambiato con l’entrata in vigore del DPR n. 26 del 30/1/2015, trattandosi di aggiornamento della terminologia di un testo normativo, che negli aspetti sostanziali e nei contenuti era stato già derogato dalle modifiche introdotte dalla legge sulla filiazione e dai conseguenti decreti legislativi: tuttavia, appare doveroso prendere atto del completamento dell’iter legislativo anche negli aspetti regolamentari.È opportuno ricordare che non è ancora stato esaurito il percorso che riguarda l’aggiornamento degli adempimenti a carico dell’ufficiale dello stato civile: infatti, sappiamo bene che la redazione degli atti di stato civile avviene secondo formule ben determinate che sono state approvate con D.M. 5/4/2002 e che sono state aggiornate di recente, con D.M. 9/12/2014, per la parte relativa all’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di separazione e divorzio, di cui al D.L. n. 132 del 12/9/2014 convertito con modificazioni nella legge 162/2014. Tutte le formule relative alla filiazione, al riconoscimento, che riguardano in larga parte la formazione degli atti di nascita e, parzialmente, la redazione di alcune tipologie di atti di matrimonio, debbono essere modificate ed aggiornate con le innovazioni conseguenti alla legge 219/2012. Si

tratta del passaggio finale che ora, dopo le modifiche al DPR 396/2000, diviene ancora più urgente al fine di consentire la stesura degli atti di stato civile nel rispetto della volontà del legislatore, eliminando ed aggiornando tutta la terminologia che risulti in contrasto con l’attuale situazione giuridica dei figli che debbono trovarsi effettivamente in uno stato paritario, sia che la nascita sia avvenuta in costanza di matrimonio che fuori dal matrimonio. In molti ufficiali di stato civile si era formato il convincimento che, a seguito dell’entrata in vigore della legge 219/2012, nella redazione degli atti di stato civile non avrebbero dovuto più essere riportate quelle frasi in palese contrasto con il dettato normativo, quali “figli legittimi” e “figli naturali”, in quanto, in caso contrario, la legge 219 sarebbe risultata sostanzialmente inapplicata. Da altre parti, si sosteneva che, in mancanza di modifiche al Formulario Ministeriale, l’ufficiale dello stato civile era comunque vincolato all’utilizzo delle formule esistenti, anche se contrastanti.Oggi, dopo le modifiche al DPR 396/2000, non resta che auspicare una sollecita emanazione del Decreto Ministeriale che aggiorni le formule per la redazione degli atti di stato civile, tenendo conto della volontà del legislatore, eliminando qualsiasi contrasto con gli attuali principi fondamentali in materia di filiazione e cercando, laddove possibile, di semplificare la formazione degli atti e l’operato dell’ufficiale di stato civile.

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l’ufficiale dello stato civile potesse trovarsi in difficoltà, in presenza di una nuova disciplina amministrativa di separazione e divorzio, che lo costringeva ad affrontare ambiti non conosciuti e sui quali non aveva adeguata preparazione.Probabilmente, si voleva evitare il rischio di errori i cui effetti avrebbero potuto ripercuotersi negativamente sulla coppia ed esporre l’ufficiale di stato civile alle conseguenti responsabilità. Tuttavia, nonostante le motivazioni alla base di un tale atteggiamento prudenziale, erano emerse fin dall’inizio alcune perplessità sulle procedure che dovevano essere seguite. In occasione di seminari, convegni, pomeriggi di studio organizzati da ANUSCA, in alcuni casi in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati, presso l’Accademia degli Ufficiali di stato civile o a livello provinciale, sia gli Ufficiali di stato civile ma soprattutto gli avvocati, avevano segnalato come l’orientamento suggerito dal Ministero non apparisse conforme al dettato normativo, né in linea con la giurisprudenza e con la dottrina prevalente. In sostanza, una limitazione eccessiva che non trovava fondamento. Il contributo degli operatori presenti alle numerose iniziative, culminava nella segnalazione delle criticità sostanziali e procedurali che, proprio perché evidenziate da coloro che dovevano applicare le nuove disposizioni, ottenevano la meritata attenzione e considerazione, come suggerimenti per le necessarie modifiche, al fine di portare quei miglioramenti da tutti auspicati. Vediamo dunque, quali erano gli aspetti poco convincenti, e quali sono le soluzioni adottate dal Ministero con la circolare n. 6. Il primo punto che viene affrontato è quello della separazione e divorzio di fronte all’Ufficiale dello stato civile in presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o non autosufficienti: l’art. 12 del D.L. 132/2014, come modificato dalla legge 162/2014, pone tale fattispecie come limite alla competenza dell’Ufficiale dello stato civile che non potrà pertanto, ricevere la dichiarazione

dei coniugi. La circolare n. 19/2014 aveva esteso tale limite alla presenza di figli “anche di una sola parte”, cioè non della coppia, ma avuti fuori dal matrimonio, da uno o da entrambi i coniugi, con altri partners che non avevano nulla a che vedere con il matrimonio in crisi per il quale si intendeva procedere a separazione o divorzio. Seguendo le indicazioni ministeriali, gli Ufficiali di stato civile, in presenza di tali situazioni, avevano invitato gli interessati a rivolgersi agli avvocati, attivando la procedura di cui all’art. 6, sollevando le proteste dei cittadini ma anche degli avvocati che, pur contro i loro interessi,

facevano rilevare l’infondatezza di tale orientamento. Il Ministero, con la Circolare appena emanata, rivede tale indirizzo, precisando che non sussiste il limite nella competenza dell’Ufficiale dello stato civile, in presenza di figli “non comuni dei coniugi richiedenti” e che nelle formule approvate con D.M. 9 dicembre 2014, il termine “figlio” deve essere inteso come figlio della coppia, escludendo qualsiasi ostacolo dall’esistenza di figli di uno solo dei coniugi: in sostanza, i figli che vengono presi in considerazione nella procedura di separazione e divorzio, sono solamente i figli nati nel matrimonio della coppia in questione. Pertanto, l’Ufficiale dello stato civile non dovrà preoccuparsi della presenza di altri figli estranei al rapporto coniugale e potrà procedere agli adempimenti richiesti dai coniugi: si tratta, probabilmente, dell’aspetto che aveva sollevato maggiori perplessità e che, dunque, viene opportunamente rivisto.Il secondo punto che viene affrontato è quello del divieto, espressamente

previsto dall’art. 12 c. 3 del D.L. 132, di inserire nell’accordo di fronte all’Ufficiale dello stato civile, patti di trasferimento patrimoniale: al riguardo, la citata circolare n. 19 aveva escluso qualsiasi competenza dell’Ufficiale di stato civile anche riguardo all’assegno di mantenimento, sollevando, anche in tal caso, alcune perplessità in quanto gli stessi avvocati avevano fatto rilevare come tale assegno, dalla giurisprudenza e dalla dottrina, non fosse considerato un trasferimento patrimoniale. Il Ministero dell’Interno rivede tale precedente orientamento, confermando che restano esclusi patti di trasferimento patrimoniale di fronte all’Ufficiale dello stato civile, ma che tra questi non vi rientrano gli obblighi di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, da parte di uno dei coniugi a favore dell’altro, sia in occasione della separazione che dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio: in sostanza, si tratta di disposizioni negoziali che fanno sorgere un rapporto obbligatorio tra le parti e non producono effetti traslativi su beni, secondo i limiti stabiliti dalla normativa. Di conseguenza, le parti potranno chiedere, sempre consensualmente, in una fase successiva, la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio, compresa anche la revisione della somma che fosse già stata concordata. Anche questo ulteriore passaggio, appare logico e conforme al dettato normativo in quanto, con la precedente interpretazione restrittiva, la possibilità di rivolgersi all’Ufficiale dello stato civile per modificare le condizioni di separazione e di divorzio restava priva di contenuto, non essendo consentita l’ipotesi concreta di revisione dell’assegno di mantenimento. In pratica, il legislatore aveva previsto la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio, ma escludendosi la possibilità di rivedere e modificare l’assegno, tale previsione restava priva di conseguenza, mancando altre

(continua da pag. 1: Il Ministero...)

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ipotesi di applicazione operativa della disposizione. In sostanza, secondo il nuovo orientamento, l’Ufficiale dello stato civile potrà ricevere nell’accordo di separazione e di divorzio, anche le obbligazioni al pagamento periodico di una somma di denaro di una delle parti a favore dell’altro, tenendo presente che non potrà entrare nel merito di tale somma né valutare la congruità della stessa, dovendosi solamente limitare a recepire quanto concordato consensualmente dalle parti. Restano escluse, oltre che trasferimenti di beni e patrimoniali, anche la cosiddetta liquidazione una tantum che può essere decisa in occasione del divorzio.Il terzo punto affrontato nella circolare n. 6 riguarda una precisazione sul termine dei 10 giorni entro i quali l’avvocato di parte è obbligato a trasmettere copia dell’accordo all’Ufficiale dello stato civile per la trascrizione: il termine decorre dalla data di comunicazione alle parti del provvedimento del Procuratore della Repubblica, nulla osta od autorizzazione, a cura della segreteria o cancelleria della Procura. Si tratta di un termine che destava molta preoccupazione negli avvocati, in quanto l’inosservanza può comportare una sanzione molto rilevante, la cui definizione appare molto utile. Alla stessa stregua, il quarto ed ultimo punto che viene affrontato nella circolare, riguarda la trasmissione dell’accordo da parte degli avvocati: nella precedente circolare n. 19 era indicato che la trasmissione della convenzione doveva avvenire a cura di ciascuno degli avvocati, generando una doppia trasmissione che non appariva giustificata e creava confusione tra gli stessi avvocati, i quali avevano

lamentato tale doppia trasmissione come un’eccessiva complicazione non giustificata. Tale indirizzo viene ora rivisto, precisando che è sufficiente che la trasmissione avvenga a cura di uno degli avvocati che ha assistito uno dei coniugi e che, una volta soddisfatta tale procedura, non sarà applicabile la sanzione nei confronti dell’altro che non avesse fatto alcuna trasmissione: in pratica, quello che conta è che la convezione, regolare in tutti i requisiti formali e sostanziali, venga trasmessa nei termini ai fini della trasmissione e basta un solo invio a cura di uno dei legali. Viene invece confermato quanto chiaramente indicato nella normativa, secondo la modifica apportata in sede di conversione in legge del decreto, cioè che la convenzione dovrà essere redatta con l’assistenza di almeno un avvocato per parte: si tratta di un aspetto che pure è stato segnalato in diverse occasioni dagli Ufficiali di stato civile, che lamentavano di aver ricevuto convezioni redatte con l’assistenza di un solo legale, pure munite di nulla osta del Procuratore, in contrasto con le indicazioni normative. Anche tale

sottolineatura è importante in quanto tendente a definire i margini della regolarità della procedura che deve essere seguita, così da evitare ipotesi di contenzioso.In conclusione, una circolare che recepisce anche le osservazioni degli Ufficiali di stato civile che, come sempre, hanno dato prova di grande professionalità nell’impegnarsi a fondo per dare corretta applicazione alle nuove disposizioni, costretti ad affrontare una disciplina non conosciuta. In questo percorso, ANUSCA non ha mai fatto mancare il proprio supporto con numerose iniziative, formazione online, soluzione di quesiti, tante attività che hanno consentito agli operatori di non trovarsi impreparati di fronte ai cittadini presentatisi per usufruire delle agevolazioni introdotte dal legislatore. Gli orientamenti diffusi dal Ministero con la circolare n. 6/2015, consentiranno una maggiore fruibilità da parte dei cittadini, una semplificazione più accentuata, un minore rischio di contenzioso: in sostanza, un’adeguata applicazione della normativa, come dovrebbe sempre avvenire.

(continua da pag. 5: Il Ministero...)

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CIRCOLARE N. 6/2015: APPLICAZIONE PRATICAdi Tiziana Piola

(continua a pag. 8)

A seguito dell’entrata in vigore, l’11 dicembre 2014, della nuova legge sul divorzio che ha visto

coinvolti i Comuni italiani, il Ministero dell’Interno ha prontamente diramato tre circolari la numero 16-19-21/2014. Gli indirizzi impartiti dal Ministero erano volti a semplificare i procedimenti a carico dell’ufficiale di stato civile, il quale si è trovato ad affrontare nuove e difficili argomentazioni, sulle quali ha dovuto prontamente adeguare la propria preparazione e professionalità. Le summenzionate circolari, infatti, erano caratterizzate da un’interpretazione restrittiva della legge che si può riassumere nei seguenti punti:1) l’ufficiale di stato civile poteva accogliere la dichiarazione di accordo relativa alla separazione o scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell’art. 12 della legge 162/2014, solo in assenza di figli: la coppia non doveva essere genitore di figli sia nati nel matrimonio che avuti da altre relazioni; la circolare n. 19 del 28 novembre 2014 precisava infatti: “È di immediata evidenza il rilievo procedurale di tali esclusioni e la necessità che l’ufficiale dello stato civile acquisisca da ciascuno dei coniugi adeguata dichiarazione circa l’assenza di figli - anche di una sola parte -”;2) il Ministero, data l’ampia connotazione interpretativa della definizione “patti di trasferimento patrimoniale”, aveva voluto, sempre nella circolare n. 19 del 28 novembre 2014, precisare che la ratio della previsione normativa era volta ad escludere qualunque valutazione di natura economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale dello stato civile. In particolare la circolare recitava: “In assenza di specifiche indicazioni normative, va pertanto esclusa dall’accordo davanti all’ufficiale qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come - ad esempio - l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti”;2) secondo sempre quanto enunciato

nella circolare n. 19 del 28 novembre 2014, l’accordo relativo alla separazione personale o allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio a seguito di convenzione di negoziazione assistita avrebbe dovuto essere trasmesso da entrambi gli avvocati, pena l’erogazione della sanzione amministrativa all’avvocato che non aveva trasmesso il documento: “l’ufficiale dello stato civile dovrà ricevere da ciascuno degli avvocati l’accordo autorizzato, ai fini dei conseguenti adempimenti e, trascorso il termine di dieci giorni, dovrà avviare l’iter per l’irrogazione delle sanzioni a carico del

legale che abbia violato l’obbligo di trasmissione entro il predetto termine, sanzioni peraltro ridotte, in sede di conversione, da un minimo di euro 2.000 ad un massimo di euro 10.000”.In presenza di una nuova disciplina amministrativa di separazione e divorzio, che vedeva l’ufficiale di stato civile alle prese con nuovi e delicati procedimenti, il Ministero, diramando istruzioni precise circa l’interpretazione letterale della norma, voleva evitare che l’ufficiale di stato civile si trovasse a risolvere problematiche mai affrontate con il rischio di incorrere in gravi responsabilità laddove si presentassero casi particolari di difficile gestione: un atteggiamento prudenziale a salvaguardia dell’operato degli operatori, che comunque aveva destato perplessità applicative, denunciate sia dagli avvocati che dai Tribunali, facendo sorgere contenziosi con le parti.Spesso lo stesso ufficiale di stato civile si era trovato a dover spiegare le istruzioni ministeriali prive di fondamento, come

nel caso di figli non della coppia, ma di una sola parte che nulla avevano a che fare con il matrimonio che si sarebbe dovuto sciogliere, generando situazioni di conflitto di difficile gestione con le parti. Ugualmente diatribe erano sorte con gli avvocati in occasione della trascrizione della convenzione di negoziazione assistita: non si comprendeva il motivo per il quale entrambi avrebbero dovuto trasmetterla, pena la sanzione amministrativa.Nella circolare n. 6 del 24 aprile 2014, pertanto ha affermato: “In sede di applicazione di tali nuove disposizioni normative, sono emerse difficoltà interpretative da parte degli ufficiali dello stato civile in ragione della diversificata casistica, che ha evidenziato fattispecie non sempre esattamente riconducibili all’ambito oggettivo definito con gli indirizzi diramati. L’eventualità che possa essere pregiudicata l’uniforme ed omogenea applicazione sul piano nazionale delle nuove norme, suggerisce la necessità di ulteriori puntualizzazioni che vengono ora svolte, tenuto anche conto di mirati approfondimenti condotti con il Ministero della Giustizia”.La difficoltà emersa tra gli operatori era appunto quella di applicare direttive talvolta incomprensibili, e il Ministero ha accolto fortunatamente il disagio denunciato dagli ufficiali di stato civile. Ecco, dunque, la “rivisitazione” dell’interpretazione dei punti summenzionati:1) il procedimento amministrativo di cui all’art. 12 della legge 162/2014 si può applicare anche in presenza di figli minori, portatori di handicap grave, maggiorenni incapaci o economicamente non autosufficienti, non comuni ma di uno soltanto dei coniugi richiedenti: “Ne consegue che, il termine “figlio” ove ricorra nelle formule approvate con decreto del Ministro dell’Interno del 9 dicembre 2014, deve essere riferito ai figli comuni dei coniugi richiedenti”;

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(continua da pag. 7: Circolare...)

2) il divieto di conclusione, nell’accordo sottoscritto di fronte all’ufficiale di stato civile, di “patti di trasferimento patrimoniale” riguarda esclusivamente operazioni economiche e finanziarie produttive di effetti traslativi di diritti reali. Vale a dire non è possibile il trasferimento di denaro che comporti quindi un aumento di patrimonio di uno dei due coniugi, ma l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio ( c.d. assegno divorzile), si configura come un accordo negoziale, quindi ammesso. Quindi il disposto normativo all’art. 12 comma 3 che recita: “L’ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente (con l’assistenza facoltativa di un avvocato) la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate” non rimane privo di applicazione pratica, come invece è stato fino ad oggi;3) rivisitato, anche, il punto relativo alla obbligatorietà della trasmissione della convenzione di negoziazione assistita a cura di entrambi gli avvocati: “Alla trasmissione è sufficiente che provveda uno soltanto degli avvocati che abbia assistito uno dei coniugi ed ha autenticato la sottoscrizione. La sanzione amministrativa pecuniaria sarà applicata pertanto solo qualora nessuno degli avvocati dei due coniugi abbia provveduto alla trasmissione entro i dieci giorni dalla data di comunicazione alle parti del provvedimento (nulla osta o autorizzazione) del Procuratore della Repubblica o del Presidente del Tribunale a cura della segreteria o della cancelleria (in forza del principio generale, di cui all’art. 136 c.p.c., per cui tutti i provvedimenti resi fuori udienza

devono essere portati a conoscenza delle parti mediante comunicazione”.Vediamo l’applicazione pratica di tali principi nelle formule: sicuramente occorrerà inserire la parte in cui i coniugi potranno accordarsi sulla corresponsione dell’assegno sia nel caso di separazione che in caso di divorzio. Dovranno essere indicate le generalità del coniuge obbligato al mantenimento a favore dell’altro coniuge prevedendo l’importo, la modalità di corresponsione, la periodicità con la quale vi sarà il trasferimento di tale assegno.

Formula 121-terAccordo di separazione consensuale ai sensi dell’articolo 12 del DL 132/2014 convertito, con modificazione dalla

legge 10 novembre 2014, n. 162 (articolo 63, primo comma, lettera g-ter del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396).- Oggi ... avanti a me ..., Ufficiale dello stato civile del Comune di ..., ... (indicare se nella funzione di Sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), sono comparsi i coniugi...(indicare le complete generalità del primo coniuge), con l’assistenza dell’avvocato (indicare le generalità dell’avvocato se presente per assistere la parte) e ... (indicare le complete generalità del secondo coniuge), con l’assistenza dell’avvocato (indicare le generalità dell’avvocato se presente per assistere la parte) i quali mi dichiarano:− di avere contratto matrimonio in

data..., in..., dinanzi a..., di cui all’atto iscritto/trascritto nei registri di stato civile del Comune di ... n ... parte ... serie ... anno;

− di essere/non essere parti in giudizio pendente, concernente la separazione personale tra gli stessi (in caso affermativo indicare l’autorità giudiziaria)

− di non avere figli minori, − di non avere figli maggiorenni

incapaci;− di non avere figli maggiorenni

portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3 comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,

− di non avere figli maggiorenni economicamente non autosufficienti;

− di non concordare tra di loro alcun patto di trasferimento patrimoniale;

− di essersi accordati in base alle seguenti condizioni: ............................

− di volersi separare consensualmenteA tal fine mi hanno prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti: (elencarli).Detti documenti prodotti (e/o acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro.Ho invitato le parti a comparire nuovamente davanti a questo ufficio per la conferma dell’accordo nel giorno ... (indicare una data non inferiore a trenta giorni da quella dell’accordo) e li ho informati che la mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.Il presente atto viene letto ai dichiaranti i quali insieme con me e con gli avvocati presenti per assisterli, lo sottoscrivono

Formula 121-quaterAccordo di scioglimento (cessazione degli effetti civili) del matrimonio ai sensi dell’articolo 12 del DL 132/2014 convertito, con modificazione dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 (articolo 63, primo comma, lettera g-ter) del decreto del presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396).- Oggi ... avanti a me ..., Ufficiale dello stato civile del Comune di ..., ... (indicare se nella funzione di Sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), sono comparsi i coniugi ... (indicare le

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CONTRATTO REGISTRATO? NO, GRAZIE

Il decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni in legge 23 maggio 2014, n. 80, con

l’art. 5, ha modificato sensibilmente il procedimento anagrafico relativo al trasferimento di abitazione/residenza, generando perplessità attuative e sconvolgendo il “modus operandi” degli Ufficiali d’anagrafe, già provati dalla vigenza della norma sul cambio di residenza in tempo reale. All’inizio l’ANUSCA, attraverso alcuni suoi esperti, ha fornito suggerimenti utili agli operatori anagrafici per applicare la nuova norma in maniera non traumatica, stante l’assoluto silenzio degli organi deputati a diramare istruzioni applicative. Infatti, il Ministero dell’Interno è intervenuto il 16 agosto 2014, con la circolare n. 14, dettando modalità di applicazione dell’art. 5, rubricato “Lotta all’occupazione abusiva di immobili – salvaguardia degli effetti di disposizioni in materia di contratti di locazione” che lascia peraltro insoluti alcuni nodi sorti in via operativa. Il testo normativo lascia ancora ampi spazi interpretativi che andranno chiariti, per una corretta gestione dell’A.P.R.La predetta circolare ha “legittimato” alcune prassi che nel tempo andavano consolidandosi e fornito ulteriori spunti di riflessione.Tra i tanti problemi emersi, assume particolare rilevanza la questione relativa alle formalità da seguire nella dimostrazione del titolo di possesso dell’immobile occupato, soprattutto alla luce dell’allegato alla circolare innanzi citata, che riporta la dichiarazione dell’interessato di essere intestatario del contratto di locazione o di essere comodatario con contratto di comodato d’uso gratuito ”regolarmente registrato” presso l’Agenzia delle Entrate.Il Ministero dell’Interno, con tale previsione, responsabilizza gli Ufficiali d’anagrafe che devono decidere sulla necessità o meno della registrazione del contratto stipulato tra locatore e conduttore, nonché tra comodante e comodatario.

di Nicola Corvino

Al riguardo va detto che, mentre il Ministero nel predetto allegato richiama il contratto regolarmente registrato, il legislatore nel testo normativo si limita a disporre che l’interessato presenti “idonea documentazione relativa al titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell’unità immobiliare, in originale o copia autentica” ovvero renda una

dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, a norma dell’art. 47 del D.P.R. 445/2000, senza entrare nel merito della registrazione presso l’Agenzia delle Entrate.In precedenza la giurisprudenza si è espressa in più occasioni senza pervenire ad una decisione concorde ed il legislatore, quando è intervenuto, ha mostrato evidenti incertezze.La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16089 del 27 ottobre 2003, ha affermato che la mancata registrazione del contratto di locazione non comporta la nullità dello stesso; tanto in quanto tale mancanza, nonostante l’indubbio rilievo dato dalla legge 9 dicembre 1988, n. 431 al profilo fiscale relativo alla registrazione del contratto, non è stata comunque elevata a requisito di validità del contratto, atteso che l’art. 1, comma 4, della medesima legge richiede quale requisito di validità soltanto la forma scritta, e non anche la registrazione, per cui ne consegue che un contratto di locazione redatto in forma scritta, ma non registrato, è valido e vincolante per le parti e può essere fatto valere anche in un eventuale giudizio.La giurisprudenza di merito ha

osservato che tale sentenza ha condiviso una isolata tesi dottrinaria formatasi prima della sua pronuncia, mentre nel tempo si è consolidato l’orientamento secondo cui la registrazione del contratto di locazione costituisce un requisito di validità. Pertanto, la dottrina ha sostenuto che la soluzione adottata dalla Cassazione si è rivelata contraria non solo alla lettera ma anche alla ratio della norma in questione.In merito alla validità del contratto non registrato, la stessa Corte, Sez. III civ., con ordinanza 3 gennaio 2014, n. 37, ha ravvisato l’esigenza di rimeditare tale orientamento, tenendo conto dell’evoluzione interpretativa “successivamente maturata in tema di causa concreta del contratto e di abuso del diritto”.Pertanto, il Collegio, a riprova delle indubbie difficoltà interpretative ed applicative, ha ritenuto opportuno rimettere la questione al Primo Presidente per l’eventuale relativa assegnazione alle Sezioni Unite.Anche la Corte Costituzionale ha avuto modo di esprimersi indirettamente al riguardo, con sentenza n. 333 del 5 ottobre 2001 e, richiamando l’art. 7 della legge n. 431/98, che subordinava l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato alla dimostrazione che il contratto di locazione fosse stato registrato, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale previsione, nella misura in cui un onere di tipo tributario condizionava l’esercizio di un diritto fondamentale.Successivamente, la stessa Corte ha sostenuto, con le ordinanze n. 420/07 e n. 389/08, la tesi della nullità del contratto di locazione non registrato.Passando ad analizzare quanto disposto in materia dal Legislatore, a conferma della notevole complessità del problema, si evidenzia che l’art. 10, comma 3, ultima parte, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (più nota come Statuto del Contribuente) prevede

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PER ESSERE “EUROPEI”...BISOGNA STUDIARE!di Stefano Paoli

Fra poco tempo la Corte di Giustizia europea sarà chiamata a pronunciarsi su un ricorso

(Causa C-153/14) presentato da due cittadini di Paese terzi ai quali era stato negato il ricongiungimento familiare - la vicenda riguarda il diritto olandese in base al quale, il coniuge che intende avvalersi del ricongiungimento deve dimostrare anteriormente al suo ingresso, di possedere conoscenze di base di lingua e cultura olandesi mediante il superamento di un esame d’integrazione - le cui conclusioni sono state presentate dall’Avvocato Generale il 19 marzo 2015.La controversia in esame verte sulla questione se sia possibile stabilire normativamente che un cittadino di un Paese terzo debba superare l’esame sulla lingua e sulla cultura di uno Stato membro prima di autorizzare, nell’ambito di un ricongiungimento familiare, il suo ingresso nel suddetto Stato all’interno del quale il coniuge, parimenti cittadino di un Paese terzo, già soggiorni legalmente.In questo contesto la Corte di Giustizia è chiamata a interpretare l’art. 7 Direttiva del Consiglio 22.09.03, n. 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare e a stabilire se l’esame controverso costituisca una ”misura di integrazione” ammissibile che lo Stato membro possa imporre ad un cittadino di un Paese terzo che intende avvalersi del ricongiungimento ai sensi di tale disposizione.

Diritto dell’UnioneLa nozione di misura d’integrazione ricorre non solo nella direttiva relativa al ricongiungimento familiare, ma anche nella Direttiva del Consiglio 25.11.03, n. 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo e nella Direttiva 25.05.09, n. 2009/50/CE sulle condizioni d’ingresso e soggiorno di Paesi terzi che intendono svolgere lavori altamente qualificati.Ai sensi dell’art. 1, lo scopo della direttiva relativa al ricongiungimento familiare è “quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto

domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine”.In base all’art. 5, par. 2 della Direttiva sullo status di soggiornante di lungo periodo, uno Stato membro può esigere che i cittadini di Paesi terzi che ambiscano a ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo soddisfino le condizioni d’integrazione, conformemente alla legislazione nazionale.Se un soggiornante di lungo periodo in uno Stato membro chiede un permesso di soggiorno in un secondo Stato membro, quest’ultimo può, in base all’art.15, par. 3, della direttiva sullo status di soggiornante di lungo periodo, pretendere che esso soddisfi le misure d’integrazione previste dalla legislazione nazionale, se non

al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini terzi”.Il Capo IV della Direttiva in parola è intitolato “Condizioni richieste per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare” e l’ art. 7, par. 2, stabilisce che ”Gli Stati membri possono richiedere ai cittadini di Paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale”.Nel Capo VI, intitolato “Sanzioni e mezzi di ricorso”, l’art. 17 della Direttiva stabilisce che “In caso di rigetto di una

debba soddisfare già in precedenza condizioni d’integrazione allo scopo di ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell’art. 5, par. 2 della stessa direttiva.La direttiva sui soggetti altamente qualificati privilegia determinati cittadini di Paesi terzi, per incentivare la loro immigrazione e l’art. 15, par. 2, dispone che “In deroga (...) all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva (...), le condizioni d’integrazione e le misure di cui agli stessi possono essere richieste solo dopo che sia stato concesso il ricongiungimento familiare alle persone interessate”.

AnalisiLa Corte di Giustizia europea è quindi chiamata a stabilire se un esame concernente la conoscenza della lingua e della cultura del Paese ospitante sia considerato una “misura di integrazione”, ai sensi dell’art. 7, par. 2 della direttiva relativa al ricongiungimento familiare.La nozione di “misura d’integrazione”, quale requisito del diritto dell’Unione deve essere interpretato in modo autonomo e nello stesso diritto non esiste nessuna definizione della nozione di misura d’integrazione in virtù della quale sia possibile valutare se essa possa ricomprendere anche esami d’integrazione. Tale conclusione non è inficiata dal fatto che l’art. 7, par. 2 della direttiva relativa al ricongiungimento familiare, non presenta la stessa formulazione in tutte le versioni linguistiche. Secondo la CGE, le misure d’integrazione sono concepite, a prescindere dal tenore letterale delle rispettive versioni linguistiche, come condizioni per il ricongiungimento familiare e lo Stato membro deve quindi poter verificare che la misura d’integrazione individuata sia sufficiente e che ricorrano dunque le “condizioni per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare”, ai sensi del Capo IV, tanto più che l’integrazione dei cittadini dei Paesi terzi costituisce uno degli obiettivi della Direttiva 2003/86/CE.In questo contesto non è escluso,

(continua a pag. 11)

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(continua da pag. 8: Per essere...)

né dal punto di vista concettuale, né sotto il profilo sistematico e neppure teleologico, che una misura di integrazione possa comprendere un esame con cui sia fornita la prova della sussistenza dei presupposti per un ricongiungimento familiare volto all’integrazione. La possibilità di pretendere, di norma, al soggetto che richiede il ricongiungimento il superamento di un esame, risulta, inoltre dall’art. 7, par. 2, c. 2, della Direttiva che esclude misure d’integrazione previe al ricongiungimento familiare solo nel caso di profughi, nonché dall’art. 15, par. 3, della direttiva sui soggetti altamente qualificati, che prevede la medesima agevolazione per gli appartenenti a tale fattispecie. Neppure dalla direttiva sullo status di soggiornante di lungo periodo possono desumersi argomenti dai quali emerga necessariamente che le misure d’integrazione ai sensi della direttiva al ricongiungimento familiare non possono essere collegate al superamento di un esame.Secondo l’Avvocato Generale, inoltre, l’esame d’integrazione comporta un miglioramento della situazione di partenza del soggetto interessato incentivandone la sua integrazione nella società del Paese membro ospitante. Le conoscenze linguistiche

migliorano non solo le prospettive dei cittadini terzi nel mercato del lavoro ma anche di poter autonomamente chiedere aiuto nel Paese ospitante in un’eventuale situazione di bisogno. Conoscenze di base della cultura del Paese ospitante permettono, inoltre, alle persone di prendere dimestichezza con le regole fondamentali della convivenza il che può contribuire a evitare malintesi e violazioni del diritto locale. Se si considera poi che il ricongiungimento familiare da un Paese terzo nell’Unione costituisce una decisione personale di portata radicale, è anche logico richiedere al soggetto interessato che si confronti già prima, per grandi linee, con il Paese ospitante e le sue regole, tanto più che ciò è nell’interesse non solo del Paese ospitante ma anche del soggetto stesso.Pur tuttavia, il mancato superamento dell’esame di integrazione non può portare automaticamente al diniego del ricongiungimento se, nel singolo caso, esistono motivi che impongono invece la sua autorizzazione, Spetta al Giudice del rinvio accertare questo aspetto e fare le dovute considerazioni.

ConclusioniIn base alle precedenti considerazioni l’Avvocato generale conclude la sua

requisitoria chiedendo alla CGE di considerare legittimo che, per avere il ricongiungimento familiare, un Paese membro stabilisca che uno straniero debba superare un esame per dimostrare la conoscenza della lingua e della cultura del Paese ospitante.In modo particolare, l’Avvocato Generale propone alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale di cui trattasi nei seguenti termini:“L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86/CE, relativo al diritto al ricongiungimento familiare, e il principio di proporzionalità non ostano all’applicazione di una misura di integrazione come quella oggetto del procedimento principale, qualora il relativo obbligo di esame venga meno nei casi in cui non sia ragionevole richiederne il superamento al soggetto che intende avvalersi del ricongiungimento, tenuto conto della sua situazione individuale o qualora sussistano, in considerazione delle particolari circostanze specifiche del singolo caso, motivi che impongano di autorizzare il ricongiungimento malgrado il mancato superamento dell’esame. Tali valutazioni spettano al Giudice del rinvio”.

Resta da vedere se la Corte condivide questa posizione.

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a cura della Redazione

SEPARAZIONE E DIVORZIO: CONTINUA IL CONFRONTO TRA AVVOCATI E USC

La recente disciplina, fortemente innovativa, in materia di separazione e divorzio, desta

preoccupazione non solamente agli ufficiali di stato civile, ma anche agli avvocati, cioè a coloro che dovrebbero metterla in pratica per le parti di competenza. La conferma arriva dalle numerose iniziative promosse ed organizzate da ANUSCA in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati, presso l’Accademia degli Ufficiali di stato civile o a livello provinciale, che hanno visto la partecipazione ed il confronto tra avvocati e ufficiali di stato civile, a dimostrazione che il D.L. 132/2014, convertito nella legge 162/2014, abbia costretto tutti i soggetti in causa a momenti di approfondimento e di aggiornamento. Un esempio significativo è rappresentato dal Convegno tenutosi a Quinto di Treviso nel pomeriggio del 9 aprile, presso il BHR Treviso Hotel, grazie all’Ordine degli Avvocati di Treviso, all’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori) e all’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia che, in collaborazione con il Comitato Provinciale ANUSCA di Treviso, hanno dato vita ad una manifestazione che ha visto la partecipazione di oltre 600 operatori tra avvocati ed ufficiali di stato civile, un risultato che è andato oltre le più rosee aspettative. Il Convegno è stato

A QUINTO DI TREVISO ERANO IN 600

introdotto e coordinato dall’Avv. Monica Gazzoli, Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Treviso, per i saluti di rito, ha dato la parola al Presidente Gullini il quale, dopo aver brevemente illustrato il ruolo di ANUSCA, si è complimentato con gli organizzatori per la foltissima partecipazione a testimonianza dell’interesse delle categorie interessate per questi momenti formativi. Il Presidente del Tribunale di Treviso, Dr. Gatto, nel suo intervento ha evidenziato gli aspetti controversi della nuova normativa sottolineando come, per ottenere realmente uno sgravio del carico di lavoro dei Tribunali, altri e diversi dovrebbero essere gli interventi. La prima relazione, a cura dell’Avv. Giulia Sapi del Foro di Milano, ha fornito un quadro generale della negoziazione assistita, al fine di inquadrare correttamente l’istituto nel suo complesso, salvo poi entrare nel dettaglio dei compiti degli avvocati

per formalizzare accordi di separazione e divorzio, portando alcune esperienze significative, ma evidenziando gli aspetti critici e manifestando alcuni dubbi operativi. Di seguito il Dr. Michele Dalla Costa, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, ha illustrato il controllo svolto ai fini del rilascio del nulla osta o dell’autorizzazione all’accordo di cui all’art. 6 della normativa. Ha spiegato le verifiche che effettua il Procuratore, sia negli accordi stipulati in assenza di figli minori che in quelli in presenza di figli minori o non autosufficienti, al fine di produrre il nulla osta o autorizzazione, unita all’accordo e restituito in copia agli avvocati. La Procura di Treviso ritiene opportuno conservare l’originale presso il proprio archivio, così da renderlo disponibile anche per il futuro. Ha evidenziato comunque, le criticità della normativa che, specie nel procedimento di fronte agli avvocati, non assicura vantaggi tali da renderla preferibile alla procedura processuale consensuale. Successivamente, è intervenuto l’Avv. Massimo Benoit Torsegno del Foro di Genova, il quale ha esposto le problematiche relative a convenzioni di separazione o divorzi richieste da cittadini stranieri, evidenziando le difficoltà degli avvocati e le necessità di applicare disposizioni di diritto internazionale privato o regolamenti europei. Ha affrontato poi gli obblighi

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deontologici degli avvocati nella negoziazione assistita, dando poi una serie di indicazioni operative. Ha concluso la parte dedicata alle relazioni, il Dr. Renzo Calvigioni esperto ANUSCA, che ha ricordato come la situazione odierna, con il passaggio agli ufficiali di stato civile di competenze finora svolte dall’autorità giudiziaria, sia analoga all’entrata in vigore della legge di riforma del diritto internazionale privato, legge 218/1995, che trasferì agli ufficiali di stato civile il riconoscimento delle sentenze provenienti dall’estero, fino a quel momento delibate dalla Corte di Appello. Un compito gravoso ed impegnativo – si pensi solamente all’esame dei principi in materia di competenza giurisdizionale del giudice straniero – che costrinse gli ufficiali di stato civile a partecipare a seminari di formazione ed aggiornamento continuo, per essere in grado di svolgere valutazioni corrette e precise, fino al punto che un loro rifiuto in

materia ha resistito fino in Cassazione, inducendo la Suprema Corte a rivedere un proprio precedente orientamento. Il Dr. Calvigioni ha esposto poi gli adempimenti degli ufficiali di stato civile nelle procedure semplificate di separazione e divorzio. Dopo aver fornito le opportune indicazioni operative per le procedure di cui all’art. 12 della normativa, ha ripreso alcuni aspetti relativi alla richiesta di separazione e divorzio da parte di cittadini stranieri, richiamando il Regolamento CE 2201/2003 e illustrando i limiti applicativi. Infine, ha fornito soluzione ai dubbi sulle modalità operative degli ufficiali di stato civile, evidenziati dai relatori che lo avevano preceduto, fornendo le precisazioni richieste e sottolineando come sia necessaria una più marcata professionalità degli operatori per affrontare le nuove sfide poste dal legislatore. Dopo una breve pausa, si è svolta la Tavola Rotonda con l’Avv. Francesco Tartini quale moderatore e la partecipazione dell’Avv. Maria Larice

ad animare la discussione e con interventi di numerosi avvocati che hanno espresso sollecitazioni per migliorare il testo normativo. Un convegno di alto livello, con numeri di partecipazione fuori dal comune e grande qualità degli interventi. Quello tra avvocati ed ufficiali di stato civile è un confronto professionale destinato a continuare alla ricerca delle migliori soluzioni per garantire la puntuale osservanza delle nuove disposizioni ed un servizio più qualificato ed efficiente ai cittadini. Sarà compito del legislatore tenere conto delle osservazioni e dei suggerimenti che gli operatori porranno alla sua attenzione per migliorare la disciplina di cui trattasi. Non possiamo terminare senza un doveroso e sincero ringraziamento al Presidente provinciale di Treviso, Silvano Fadel, a Nadia Zanetti ed a tutti gli altri collaboratori per avere fortemente voluto questa iniziativa ed agli oltre 120 colleghe e colleghi presenti.

(continua da pag. 12: Separazione...)

In questo ultimo periodo ho avuto l’opportunità di presenziare ad alcuni seminari in diverse province, organizzati dagli Ordini degli Avvocati e dall’AIAF in collaborazione con ANUSCA sulla “negoziazione assistita” e la cosidetta “separazione e divorzio breve” innanzi all’ufficiale di stato civile, a testimonianza del comune interesse ad approfondire le nuove disposizioni. In particolare la presenza al seminario di giovedì 9 aprile a Quinto di Treviso di oltre 600 avvocati e Ufficiali di stato civile mi ha consentito di riflettere sull’apporto che nel corso degli anni ANUSCA ha assicurato per supportare gli operatori nel loro lavoro quotidiano.Diversi gli interventi in questa occasione: il Presidente del Tribunale, Aurelio Gatto, il Procuratore della Repubblica, Michele Dalla Costa, gli avv. Giulia Sapi del Foro di Milano e Massimo Benoit Torsegno del Foro di Genova e infine del nostro esperto Renzo Calvigioni, cui è seguita una Tavola Rotonda. Gli interventi che si succedevano, brillanti ed acuti, mettevano in evidenza tutta una serie di rilievi e dubbi interpretativi mentre mi sembrava carente una precisa indicazione operativa per gli avvocati in presenza delle varie casistiche. Poi è intervenuto Calvigioni che a fronte dei tanti dubbi interpretativi, ha illustrato le precise indicazioni operative che ANUSCA, tramite i suoi esperti, forniva agli ufficiali di stato civile.Sono andato con la mente indietro nel tempo ripercorrendo i contributi che gli esperti ANUSCA, in presenza dell’entrata in vigore di ogni nuova legge, hanno assicurato agli associati. In quei momenti ANUSCA si è trovata inizialmente sola ad indirizzare gli operatori chiamati a rispondere alle esigenze di una utenza che aveva necessità di risposte immediate e non poteva certo attendere l’uscita delle varie circolari esplicative. Se l’immagine ed il ruolo dell’associazione è via via aumentato, sta a significare che le interpretazioni e gli indirizzi operativi sono sempre stati, in linea di massima, corretti e confortati poi dalle circolari ministeriali che sono seguite. Dentro di me è accresciuta la consapevolezza, se mai ne avessi avuto bisogno, della qualità dei nostri esperti, dello spirito di servizio che ANUSCA ha sempre messo al centro della sua azione e, lasciatemelo dire, la serietà con la quale è stato indirizzato il lavoro degli esperti e dei collaboratori che mano a mano sono cresciuti e migliorati, consentendoci di acquisire prestigio e credibilità anche a livello internazionale. Il mio pensiero è andato anche alle migliaia di Amministrazioni comunali e di ufficiali di stato civile, anagrafe ed elettorale che negli anni ci hanno assicurato il loro sostegno, orgogliosi di fare parte di una categoria professionale oggi riconosciuta dalla legge.

UNA OCCASIONE PER RIFLETTEREdi Paride Gullini

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(continua a pag. 23)

GLI ACQUISTI DI BENI E SERVIZIE LE CENTRALI DI COMMITTENZA

di Angelina Marcella

Dal 1° settembre 2015, salvo ulteriori proroghe, tutti i Comuni non capoluogo di

provincia dovranno fare ricorso alla Centrale Unica di Committenza (CUC) per l’acquisto di lavori, beni e servizi, fatta salva la possibilità di ricorrere, autonomamente, al mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (MePA) o a quello messo a disposizione dal Soggetto aggregatore di riferimento.Il riferimento normativo è l’art. 33, comma 3-bis, del D.Lgs. 163/2006 (c.d. “Codice dei contratti”), come modificato dall’art. 9 del D.L. 66/2014, dall’art. 23-ter del D.L. 90/2014 e dall’art. 8, comma 3-ter del D.L. 192/2014; il Legislatore, con l’intento di razionalizzare la spesa pubblica e incentivare la competitività dei mercati, ha ritenuto di potenziare i sistemi di acquisto centralizzati, apportando modificazioni di rilievo al codice dei contratti pubblici, soprattutto per ciò che concerne gli acquisti dei piccoli e medi Comuni.Sono esonerati dalla nuova procedura i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti che potranno procedere autonomamente per gli acquisti di beni, servizi e lavori di importo inferiore ad € 40.000 mentre, per i Comuni istituiti a seguito di fusione, le nuove modalità si applicheranno dal terzo anno successivo a quello di istituzione. Sono inoltre esonerati gli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località dell’Abruzzo indicate nel D.L. n. 39 del 28 aprile 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 24 giugno 2009, e di quelle dell’Emilia Romagna indicate nel D.L. n. 74 del 6 giugno 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 1° agosto 2012.I Comuni che rientrano nell’ambito applicativo della norma, pertanto, per espletare le gare di acquisto di beni e servizi, dovranno utilizzare le seguenti opzioni: ACQUISTI IN FORMA AGGREGATA

attraverso una centrale di committenza, cioè aderendo ad una (o più) delle seguenti alternative:– alle Unioni di Comuni, ove esistenti;– stipulando un apposito “accordo consortile”, con il quale organizzare una propria struttura deputata ad acquisire per gli enti aderenti non solo beni e servizi, ma anche lavori, operando a tutti gli effetti come centrale unica di committenza;

- facendo ricorso a Consip, alle centrali di committenza regionali (o ai Soggetti aggregatori iscritti nell’apposito elenco), nonché alle stazioni uniche appaltanti presso le Province;oppure, in alternativa ACQUISTI IN FORMA AUTONOMA facendo ricorso:– al MePA (gestito da Consip);– al mercato elettronico messo a disposizione dal Soggetto aggregatore di riferimento, da individuarsi nella centrale di committenza regionale individuata dalla Regione ed iscritta di diritto nell’elenco dei Soggetti aggregatori.L’acquisto, sia in forma aggregata che autonoma, presuppone sempre l’utilizzo di strumenti elettronici dato che sono obbligatori per disposizione di legge (art. 1, comma 450, L. 296/2006).Sono esclusi i contratti non riconducibili al Codice dei Contratti ed alla parte II dello stesso, ovvero:- gli appalti di servizi esclusi e le concessioni di servizi. Vi rientrano,

invece, le concessioni i lavori pubblici e gli appalti nei settori speciali (determina ANAC 3/2015);- gli incarichi di lavoro autonomo o artistico, se non appalti di servizi (C.d.C. Lombardia, parere n. 178 del 15/5/2014, C.d.C. Liguria, parere n. 64 del 10/11/2014);- gli affidamenti a valere sul fondo economale (come da regolamento dell’ente e non configurabili come “appalti”);- l’Amministrazione diretta (se non si acquistano beni all’esterno, parere C.d.C. Basilicata, n. 67/2014).Sono inoltre esclusi dall’obbligo di acquisto accentrato gli acquisti non soggetti alla c.d. tracciabilità dei pagamenti di cui alla L. 136/2010, in quanto, generalmente, non si configurano come appalti. L’elencazione degli stessi è stata fatta dall’ex AVCP nella determinazione n. 4/2011 e ripresa, in parte, dalla tabella di cui all’art. 25 del D.L. 66/2014. L’art. 33, comma 3-bis del Codice prevede inoltre che l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture non rilasci il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti. Ciò comporta l’impossibilità di effettuare affidamenti in violazione dell’obbligo di utilizzo di uno dei modelli prefigurati dal primo periodo del comma 3-bis, a causa del mancato rilascio del CIG da parte dell’Autorità.Gli acquisti per i quali non è obbligatorio richiedere il CIG, sono i seguenti:- contratti aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni (articolo 19, comma 1, lett. a, prima parte, del Codice);- servizi di arbitrato e conciliazione (articolo 19, comma 1, lett. c, del Codice);- contratti di lavoro conclusi dalle stazioni appaltanti con i propri

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di Laura Carosio*

DONARE GLI ORGANI, UNA SCELTA IN COMUNE: AIUTIAMO I CITTADINI A INFORMARSI, DECIDERE E FIRMARE

La nuova opportunità di espressione della dichiarazione di volontà offerta ai cittadini

maggiorenni di dichiarare al momento del rinnovo della carta d’identità la propria volontà di donare organi e tessuti in caso di morte è possibile grazie agli interventi normativi di cui all’art. 3, comma 8-bis della Legge 26 febbraio 2010 n. 25 e al successivo art. 43 del Decreto-Legge 21 giugno 2013 n. 69, così come modificato dalla Legge di Conversione 9 agosto 2013 n. 98.Il legislatore ha pertanto introdotto un’ulteriore modalità di manifestazione del consenso o del diniego alla donazione di organi e tessuti, oltre a quelle previste dalla Legge 1 aprile 1999, n. 91 (“Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”), dal Decreto Ministeriale 8 aprile 2000 e dal Decreto Ministeriale 11 marzo 2008. Infatti, l’individuazione del rilascio/rinnovo del documento d’identità come momento per registrare la dichiarazione di volontà consentirà di raggiungere in modo progressivo e costante tutti i cittadini maggiorenni, invitati dall’operatore dell’ufficio anagrafe/demografico a manifestare il proprio consenso o diniego alla donazione di organi.Le modalità operative individuate sulla base della sperimentazione del progetto-pilota CCM “La donazione di organi come tratto identitario”, promosso dalla Regione Umbria e da Federsanità - Anci in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti, sono le seguenti: l’interessato, che deve aver compiuto la maggiore età e deve essere capace di intendere e volere, ove desideri esprimere, all’atto del rilascio o rinnovo della carta d’identità, il suddetto consenso o diniego, dovrà formalizzare tale volontà presso il competente ufficio demografico comunale, sottoscrivendo un modulo di espressa dichiarazione.Tale dichiarazione deve essere resa in doppio originale in quanto una sarà conservata agli atti di archivio mentre l’altra sarà consegnata al dichiarante

come ricevuta. L’operatore demografico dovrà riportare l’informazione fornita dal cittadino all’interno del quadro dei dati utilizzati nella procedura per l’emissione o rinnovo della carta d’identità senza nessuna trascrizione sul documento rilasciato. Il dato così acquisito comprensivo della dichiarazione di volontà dell’individuo, unitamente ai dati anagrafici del dichiarante e agli

estremi del documento d’identità, è immediatamente inviato in modalità telematica al SIT Sistema Informativo Trapianti, che è il database del Ministero della Salute, al fine di consentire l’immediata consultazione da parte dei medici dei Centri di coordinamento regionale per la verifica di una possibile donazione.L’eventuale modifica della decisione presa in questa sede in merito alla donazione potrà avvenire in qualsiasi momento presso l’ufficio preposto della ASL di appartenenza, le Aziende ospedaliere, gli ambulatori dei medici di medicina generale, i Comuni al momento del rinnovo della carta di identità, i Centri Regionali dei trapianti, o con una dichiarazione su moduli già predisposti da enti pubblici o Associazioni dei donatori, o con una dichiarazione, resa in carta libera, da cui risultino, oltre alla volontà in ordine alla donazione degli organi, i dati personali, la data e la firma.I Comuni potranno riutilizzare, con gli opportuni adattamenti, i moduli

software per la raccolta e trasmissione dei dati al SIT, che saranno resi disponibili dai Comuni di Perugia e di Terni nonché dagli altri Comuni che aderiranno progressivamente all’iniziativa accedendo al catalogo del riuso disponibile all’indirizzo www.agid.gov.it.Alla luce di quanto sopra evidenziato è fondamentale adeguare il sistema informatico utilizzato per il rilascio delle carte d’identità, prevedendo l’implementazione della funzione per gestire l’acquisizione e la registrazione del consenso o del diniego al prelievo di organi e tessuti (dopo la morte) da parte dei cittadini interessati ed il successivo invio, nel formato specifico al Sistema Informativo Trapianti. Informare i cittadini, della nuova opportunità di dichiarare la volontà presso l’ufficio anagrafe/demografico preposto al rilascio delle carte d’identità fornendo tutti gli elementi utili per una scelta consapevole, è il passo successivo per la corretta sensibilizzazione della popolazione nonché per la piena applicazione di questa nuova modalità di scelta. Per una campagna di diffusione più efficace è utile sapere che i materiali di comunicazione realizzati nell’ambito della sperimentazione sono riutilizzabili dalle Amministrazioni, previa modifica e adeguamento, e possono essere richiesti all’Ufficio Comunicazione del Centro Nazionale Trapianti ([email protected]).La manifestazione del consenso o del diniego costituisce una facoltà e non un obbligo per il cittadino mentre diventa un compito d’ufficio per noi operatori dei servizi demografici e, pertanto dobbiamo essere pronti ed adeguatamente preparati per affrontare questo nuovo adempimento che rappresenta un atto di solidarietà verso il prossimo, un segno di grande civiltà e di rispetto per la vita di tutti gli esseri umani.

* Consigliere Nazionale - Comitato Provinciale Genova

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SEPARAZIONE (DIVORZIO) DAVANTI ALL’USCE ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE: SI O NO?

Due coniugi, che hanno contratto matrimonio concordatario in comunione dei beni,

non avendo avuti figli neanche da rapporti naturali con altri partner al di fuori del matrimonio e volendo separarsi consensualmente, si sono rivolti all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune che ha trascritto nei registri dello stato civile l’atto di matrimonio religioso per rendere le dichiarazioni ai sensi dell’art. 46 del DPR 28/12/2000 al fine di manifestare la volontà di separarsi secondo condizioni tra le parti concordate e sottoscrivere l’accordo di separazione dinanzi al Sindaco, quale Ufficiale dello Stato Civile a norma dell’art. 1, comma 2, del DPR 03/11/2000 n. 396. I dichiaranti hanno chiesto all’Usc se dovevano farsi assistere dal loro legale di fiducia e, avendo acquistato la casa coniugale in costanza di matrimonio e in regime di comunione legale, se potevano includere nell’accordo di separazione l’assegnazione a uno di loro della medesima abitazione in cambio della rinuncia del coniuge assegnatario a ricevere un assegno per il contributo al mantenimento da parte dell’altro coniuge.L’Usc si rivolge ad ANUSCA per chiedere se possa ricevere l’accordo di separazione consensuale con o senza la presenza degli avvocati e se possa altresì inserire nello stesso accordo, quali condizioni di separazione, la volontà dei coniugi di assegnare ad uno di loro la casa coniugale con tutto l’arredamento

di Antonino Priolo

fino a quando non sarà venduta e, in caso di vendita, il ricavato sarà equamente diviso e riscosso a metà tra i due coniugi, oltre alla dichiarazione che gli stessi si danno atto vicendevolmente di essere economicamente autosufficienti e di nulla avere reciprocamente a pretendere quale assegno per il contributo al mantenimento e per qualsiasi altra ragione e titolo, dando atto di aver definito ogni rapporto tra loro intercorrente.

La risposta al quesitoL’art. 12, comma 1, della legge 10/11/2014 n. 162, prevede che i coniugi possono concludere, innanzi al Sindaco, quale ufficiale dello stato civile a norma dell’articolo 1 del DPR 3 novembre 2000, n. 396, del Comune di residenza di uno di loro o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all’articolo 3, numero 2), lettera b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Il comma 2 dello stesso articolo 12 della suddetta legge stabilisce che le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti. L’assistenza legale non è dunque

obbligatoria. Sono i coniugi che decidono se farsi assistere o meno da un avvocato, che può essere lo stesso per entrambi oppure ciascuno sceglie di farsi assistere dal proprio legale di fiducia. La formula n. 121 ter, che si utilizza per ricevere l’accordo di separazione, prevede di indicare (dopo le complete generalità di ciascun coniuge) le generalità dell’avvocato se è presente per assistere la parte, che può essere lo stesso anche per l’altra parte (nel caso che sia lo stesso legale si riportano le generalità dell’avvocato anche dopo le generalità complete dell’altro coniuge) e che l’accordo sia sottoscritto da entrambi i coniugi e l’avvocato o gli avvocati presenti per assisterli, prima della chiusura dell’atto con la firma dell’Usc. La circolare ministeriale del 28/11/2014 n. 19, stante il carattere personale della dichiarazione di ciascun coniuge con cui manifesta la volontà di separarsi secondo condizioni tra le parti concordate, ha rilevato che l’opera professionale dell’avvocato non è qualificata dalla norma in termini di rappresentanza ed egli non può pertanto sostituire la parte assistita, che deve presentarsi personalmente a rendere la dichiarazione di volontà con cui intende separarsi consensualmente.Sempre con la richiamata circolare n. 19/2014, il Ministero ha posto l’attenzione sulla ratio della norma, che al comma 3 dell’art. 12 della legge in argomento dispone che l’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale, escludendo qualsiasi valutazione di natura economica e finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’Usc. In assenza di specifiche indicazioni normative va, dunque, esclusa dall’accordo davanti all’Usc qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come - ad esempio - l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti.

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MA COME SI PERMETTE!di Pia Mantineo

Il primo dei due episodi che vi voglio raccontare: l’hanno definito divorzio “fai da te”! Mi sono offesa

a morte, uno schiaffo in pieno viso. Mi sono contenuta e ho continuato a sorridere senza mostrare la rabbia che mi ribolliva dentro; ho aspettato pazientemente che tutti gli autorevoli interventi fossero conclusi e ho iniziato illustrando il cammino fatto dai Servizi Demografici negli ultimi 40 anni: divorzio, nuovo diritto di famiglia, adozione, cittadinanza, riforma del diritto internazionale privato, riforma Bassanini, nuovo Regolamento fino ad arrivare a separazione e divorzi; e questo per l’Ufficiale di Stato Civile! Senza parlare dell’Anagrafe e dei suoi epocali cambiamenti specialmente nell’ultimo decennio e di quelli che sono quasi in atto e che travolgeranno anche l’elettorale e avranno ripercussioni su tutto il sistema e su tutte le banche dati delle PP.AA.E tutto questo chi l’ha fatto? Ho chiesto, sempre sorridendo! Ho poi precisato che il “fai da te” si realizza semplicemente inserendo i dati in una macchinetta, totem informatico o altra roba simile e alla fine si ottiene un prodotto: inserisco i dati riguardanti la targa della mia auto parcheggiata e il dispositivo mi dice quante monete inserire per pagare e mi informa anche che ho 10 minuti di tempo per uscire dal parcheggio. Questo è “fai da te”; abbiamo (purtroppo!) eliminato la figura del custode/parcheggiatore.Ma come definire “fai da te” una separazione o un divorzio per cui ogni Ufficiale di Stato Civile è stato investito di una responsabilità così pesante che in tutta Italia da qualche mese non si fa che parlare di tali nuove competenze impegnando operatori, docenti, Amministrazioni Comunali, Prefetture, avvocati, presidenti di Tribunali ecc…in ore e ore di lezioni, confronti e dibattiti?Come ignorare la professionalità con tanta fatica costruita dagli Ufficiali dei Servizi Demografici che storicamente non sono quelli più vicini alle stanze dei bottoni e sicuramente quelli un po’ più

dimenticati dai loro Amministratori?L’U.S.C. oggi invece ha ancor più la necessità di essere preparato, informato, aggiornato. Deve essere in grado di dare risposte ad un cittadino sempre più esigente, diffidente e maldisposto nei confronti del pubblico dipendente. Deve essere in grado di colloquiare con interlocutori qualificati quali Ministero dell’Interno attraverso le Prefetture U.T.G., Agenzia delle Entrate, I.N.P.S., Avvocati, Notai e chi più ne ha più ne metta; e sempre più attraverso i sistemi informatici.

Alla fine li ho stupiti con effetti speciali: la casistica varia, pittoresca e fantastica che solo ad un U.S.C. può essere nota, solo a chi lavora quotidianamente a strettissimo contatto con la gente. Ed è una casistica che viene regolarmente esaminata, verificata, studiata e analizzata con cura certosina prima di essere digerita cioè affrontata e risolta. “…La delicatezza e la complessità della materia che va ad incidere… sullo status dei soggetti”, diceva il Ministero dell’Interno nella circolare 15/2009 affermando la necessità della preparazione di base necessaria per lo svolgimento della professione. Dunque responsabilità, professionalità, autorevolezza del ruolo: questo è, oggi più di prima, ciò che contraddistingue il lavoro di un U.S.C.Dopo le interessantissime e coltissime relazioni che avevamo ascoltato, quella del funzionario dei Servizi Demografici è stata accolta con attenzione, considerazione e rispetto. È quello che cerchiamo di conquistarci ogni giorno

con fatica e che ci meritiamo: forse ora qualcuno non parlerà più di “divorzio fai da te”. Il secondo:Giovedì pomeriggio. Sto discutendo con una collega di un caso anagrafico particolarmente delicato e complesso. La nostra concentrazione viene interrotta da un tizio che con furia, incurante del fatto di essere fuori orario o del fatto che io e la collega fossimo così impegnate, per di più in vista di una scadenza, e con un forte convincimento stampato in fronte (il mio caso è il più importante di tutti e voi qui state solo a perder tempo!) si precipita dentro l’ufficio per manifestare il suo forte disappunto in quanto la collega allo sportello aveva avuto la spudoratezza di chiedergli una marca da bollo da € 16.00 per un certificato da portare in banca!Era venuto da me che, essendo il capo servizio, sicuramente sarei stata più preparata culturalmente e più acuta e intelligente della povera tapina sportellista e avrei capito che in fondo lui chiedeva solo UN PEZZO DI CARTA. UN PEZZO DI CARTA? MA COSA DICE? COME SI PERMETTE? LEI SA COSA C’È DIETRO QUEL PEZZO DI CARTA? C’è preparazione, attenzione, studio, professionalità, responsabilità. E molto altro ancora: c’è anche amore per questo lavoro, e cura e ascolto.Il certificato è solo il prodotto finale di un lungo e spesso complesso procedimento in cui bisogna sempre procedere con cautela e con tutto il bagaglio di un sapere che non è mai abbastanza. L’insieme di tutti questi complessi e delicati procedimenti, la capacità umana, la professionalità e tutto il resto fanno il lavoro dell’Ufficiale di Stato Civile, d’Anagrafe, Elettorale, che è un lavoro di pari dignità rispetto a qualunque altro. È sempre stato sottovalutato e oggi più che mai, come tutto il lavoro nella P.A., è preso di mira dai più che sostengono che dovremmo

(continua a pag. 18)

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testualmente che “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.Inoltre, l’art. 1 comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (ovvero legge finanziaria 2005) testualmente recita: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. In un clima di generale confusione, mentre si prendeva atto delle palesi contraddizioni esistenti tra legislazione, giurisprudenza e dottrina, è stata resa nota la circolare

della Prefettura di Avellino prot. n. 4032-4035/13-13/Area Il del 23 febbraio 2015, che ha contribuito a chiarire la controversia e soprattutto le modalità operative da seguire nelle more dell’auspicato pronunciamento della Corte di Cassazione a sezioni unite. Tale Prefettura, dopo aver sentito il Ministero dell’Interno, ha ritenuto, concordando in questo con quanto affermato in precedenza dagli esperti ANUSCA, che “il contratto di locazione, sottoscritto dalle parti, seppur non registrato, sia titolo valido per attestare l’occupazione non abusiva dell’immobile e non sia necessaria una ulteriore dichiarazione di assenso del proprietario. L’Ufficiale di anagrafe dovrà, comunque, provvedere ad inviare al proprietario una comunicazione di avvio del

procedimento di iscrizione/variazione anagrafica ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n. 241/1990”. Inoltre, ha consigliato di indicare al punto 6) del modulo allegato alla circolare ministeriale n. 14/2014 il consenso del proprietario o la stipula del contratto di comodato d’uso, seppure non registrato.L’art. 3, comma 1, del Testo Unico dell’Imposta di Registro, nel riportare l’elenco dei contratti verbali da sottoporre a registrazione, non indica il contratto di comodato, ragion per cui questo, non essendo annoverato, a pena di nullità, fra i contratti per i quali è richiesta la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c., può essere stipulato anche verbalmente senza l’obbligo della registrazione, tranne il caso di enunciazione in altri atti.

(continua da pag. 9: Contratto...)

I coniugi possono separarsi consensualmente dinnanzi all’Usc, a condizione che nell’accordo di separazione, che devono sottoscrivere immediatamente dopo aver reso le dichiarazioni circa l’assenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti - anche di una sola parte - ricadenti nelle condizioni di cui al richiamato comma 2 dell’art. 12 della legge n. 162/2014, decidano di non concordare tra di loro alcun patto di trasferimento patrimoniale.I coniugi possono sempre definire, successivamente, dopo l’accordo di separazione ricevuto dall’Usc una modifica dello stesso, decidendo di disporre l’assegnazione della casa coniugale ad uno di loro ed altre eventuali disposizioni patrimoniali nonché economiche-finanziarie. La competenza a ricevere l’accordo di modifica delle condizioni di separazione non è evidentemente (per le ragioni suddette) dell’Usc.

I coniugi possono procedere con la modifica delle condizioni di separazione ricorrendo alla convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati prevista e disciplinata dall’art. 6 della legge de qua. La copia autentica dell’accordo che contiene la modifica delle condizioni di separazione, accompagnata dal nulla osta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente e munita delle certificazione di cui all’art. 5 della stessa legge, sarà inviato dagli avvocati al Comune di trascrizione dell’atto di matrimonio concordatario entro 10 gg (dalla data di ricevimento del nulla osta del P.d.R.) per la trascrizione nei registri dello stato civile. L’Usc utilizzerà la form. 193-ter per la trascrizione per riassunto dell’atto ricevuto, ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. h-bis, del DPR 03/11/2000 n. 396. Gli avvocati, che violano l’obbligo di trasmettere l’accordo all’Usc per la trascrizione nei registri di stato civile entro il predetto termine di 10 gg, sono sanzionabili ai sensi del comma 4 del predetto art. 6.

(continua da pag. 16: Separazione..)

tutti andare a casa e che derubiamo la comunità con la nostra inefficienza. Sta a noi sentirci forti e lavorare con la consueta consapevolezza del ruolo rivestito. Una grande donna, Marie Curie, insignita di ben due premi Nobel, disse: ”Nella vita bisogna solo capire, non temere”. E a noi il desiderio di capire non manca di certo. Va da sé che non temiamo il giudizio, né il pregiudizio di nessuno.

(continua da pag. 17: Ma come..)

NONPERDERE

LA...

L’ESPERIENZA DEGLI ESPERTI ANUSCAIN MIGLIAIA DI RISPOSTE

A PORTATA DI CLIC

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complete generalità del primo coniuge), con l’assistenza dell’avvocato (indicare le generalità dell’avvocato se presente per assistere la parte) e ... (indicare le complete generalità del secondo coniuge), con l’assistenza dell’avvocato (indicare le generalità dell’avvocato se presente per assistere la parte) i quali mi dichiarano:− di avere contratto matrimonio in

data ..., in ..., dinanzi a ... di cui all’atto iscritto/trascritto nei registri di stato civile del Comune di... n... parte... serie... anno;

− di essere/non essere parti in giudizio pendente, concernente lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra gli stessi (in caso affermativo indicare l’autorità giudiziaria)

− di essere legalmente separati a seguito di ... (indicare il provvedimento che ha pronunciato la separazione con tutti i dati per identificarlo nel caso in cui la dichiarazione tratti di scioglimento o cessazione effetti civili del matrimonio)

− di non avere figli maggiorenni incapaci;

− di non avere figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3 comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,

− di non avere figli maggiorenni

economicamente non autosufficienti − di non concordare tra di loro alcun

patto di trasferimento patrimoniale;− di essersi accordati in base alle

seguenti condizioni: …..................− di volere lo scioglimento (o la

cessazione degli effetti civili) del matrimonio.

A tal fine mi hanno prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti: (elencarli).Detti documenti prodotti (e/o acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro.Ho invitato le parti a comparire nuovamente davanti a questo ufficio per la conferma dell’accordo nel giorno... (indicare una data non inferiore a trenta giorni da quella dell’accordo) e li ho informati che la mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.Il presente atto viene letto ai dichiaranti i quali insieme con me e con gli avvocati presenti per assisterli, lo sottoscrivono.

Formula 193-ter Trascrizione della convenzione di negoziazione assistita trasmessa dagli avvocati delle parti e conclusa per la soluzione consensuale di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio ai sensi dell’art. 6, decreto-legge 12 settembre 2014, convertito

con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 (art. 12 art. 6 del DPR 396/2000).Oggi ... io sottoscritto(a) ... Ufficiale dello stato civile del Comune di..., … (indicare se nella funzione di Sindaco o di chi lo sostituisce o per delegazione avuta), avendo ricevuto dall’avvocato ... (indicare le generalità) quale avvocato di ... in data ... protocollo ... e dall’ avvocato … (indicare le generalità) quale avvocato di ... in data ... protocollo l’originale o la copia autenticata dell’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita di (separazione personale, scioglimento o cessazione effetti civili) (specificare tutte le indicazioni che valgono ad identificare il documento, sia per la data, sia per gli avvocati di provenienza) munito delle certificazioni relative all’autografia delle firme e alla conformità dello stesso alle norme imperative e all’ordine pubblico nonché corredato dal seguente provvedimento dell’autorità giudiziaria (nulla osta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di... emesso in data... depositato in data...).Aderendo a tale richiesta, provvedo alla trascrizione del documento come segue: ... . Dopo di che, ho munito del mio visto ed inserito nel volume degli allegati a questo registro copia del documento scritto (e, nel caso di richiesta scritta, copia della richiesta di trascrizione).

(continua da pag. 8: Separazione...)

NUOVO SOS PER L’ASSICURAZIONEÈ notizia di questi giorni un caso che coinvolge un nostro associato. I fatti: per errore sono stati pubblicati sull’albo pretorio i dati personali di un cittadino sottoposto a T.S.O. Il Garante per la Protezione dei dati personali ha comminato una sanzione pecuniaria di € 10.000 cui dovrà far fronte il Comune che, naturalmente, si rivarrà sull’operatore. Ma nessun problema: il socio in questione è in regola con il tesseramento (quota B) e si attiverà la tutela assicurativa. Purtroppo casi di errori ed omissioni possono capitare più frequentemente di quanto si pensi. Per una maggiore tranquillità nel lavoro quotidiano, si può contare sulla proposta assicurativa di ANUSCA.

ResponsabilitàCivile

Tutela Legale

AGGIORNATIEX LEGE 162/2014

SOS ANUSCA Modulistica

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UN QUALIFICATO MOMENTO DI RIFLESSIONESULLE RIFORME ELETTORALI

Riprendiamo dal sito della Prefettura di Rimini la notizia, presente anche nel sito

del Ministero dell’Interno, di un interessante Seminario sui sistemi elettorali, organizzato dalla stessa Prefettura e svoltosi presso l’Aula “Alberti” dell’Università “Alma Mater” di Bologna, Campus di Rimini. Al Seminario ha portato il saluto dell’ANUSCA, invitata a presenziare, il Presidente Paride Gullini ed è intervenuto, quale relatore, il Vicepresidente Sergio Santi.Il tema della “riforma elettorale” è indubbiamente tra quelli politicamente più dibattuti degli ultimi anni. Ma di cosa parliamo precisamente?“Mattarellum”, “Porcellum”, “Italicum”, sono termini entrati prepotentemente nel nostro lessico comune; ma quale storia hanno avuto e quale excursus ha registrato il complesso sistema elettorale - nelle diverse articolazioni, dalle Politiche alle Amministrative - del nostro Paese?Quali sono i punti fermi, ossia i principi invalicabili, posti dalla Corte Costituzionale in materia elettorale e le ripercussioni sul processo di riforma in atto?Sono solo alcuni degli interrogativi ai quali è stata data risposta nel corso della giornata seminariale organizzata dalla Prefettura di Rimini e che si è tenuta presso l’Aula “Alberti” dell’Università “Alma Mater” di Bologna, Campus di Rimini.È stato il Prefetto Claudio Palomba - dopo il saluto ai partecipanti - ad introdurre i lavori sulla tematica di stringente attualità e a ringraziare l’Università ospitante per l’ormai consolidata collaborazione, unitamente all’ANUSCA e all’ANCI, partners nell’occasione.L’excursus storico è stato affidato ad Antonio Agosta docente di Scienza Politica dell’Università degli Studi Roma 3 e già dirigente del Ministero dell’Interno, il quale ha tratteggiato

a cura della Redazione

con precisione il percorso evolutivo delle normative elettorali italiane, dall’Assemblea Costituente ai giorni nostri, evidenziandone i passaggi decisivi anche con una accurata ricostruzione storica.I principi enunciati dalla Corte Costituzionale in materia elettorale nella sentenza 1/2014, con particolare riguardo a quelli di rappresentanza e di stabilità, ma anche il principio di uguaglianza del voto, formale e sostanziale, sono stati invece oggetto della relazione di Corrado Caruso dell’Università degli Studi di Milano, il quale non ha mancato di fornire

elementi di collegamento col processo di riforma scaturito da quella sentenza.Il tema “caldo” del disegno di legge attualmente in cantiere e del nuovo sistema elettorale da esso configurato, è stato invece affrontato dal Prefetto Ciro Trotta, il quale ha compiuto un’accurata disamina dei punti salienti del nuovo sistema elettorale, consentendo di allargare la discussione anche alla interazione tra la riforma elettorale e la riforma costituzionale parimenti in approvazione, con particolare riferimento all’abolizione del bicameralismo paritario con conseguente previsione di un Senato quale organo elettivo di 2° livello.

Argomento quest’ultimo su cui il prof. Agosta ha evidenziato alcune criticità.Il Vice Presidente ANUSCA (Associazione Nazionale degli Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe) Sergio Santi ha poi tracciato un bilancio dell’esperienza, ormai ultra ventennale, dell’elezione diretta del Sindaco.Al termine degli interventi è stato lasciato un ampio spazio dedicato alle domande dei presenti e all’approfondimento delle questioni problematiche ancora aperte.Pubblichiamo inoltre, con grande soddisfazione, la lettera di ringraziamento che il Prefetto

Claudio Palomba ha inviato a Sergio Santi per il suo intervento: “Egregio Vicepresidente, desidero ringraziarLa per la Sua apprezzata partecipazione in veste di relatore al Seminario sul tema “Sistemi di voto: un percorso nelle riforme elettorali”, svoltosi lo scorso 24 marzo presso l’”Aula Alberti” dell’Università di Rimini. Il Suo originale e qualificato apporto d’idee ha contribuito a rendere l’iniziativa – oltre che un’occasione di crescita professionale e culturale per i partecipanti – anche un momento di riflessione comune su tematiche così attuali e di rilievo per l’opinione pubblica, in un contesto politico e sociale di grandi trasformazioni”.

Nella foto da sinistra: il Prefetto Claudio Palomba e il Vicepresidente ANUSCA Sergio Santi

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BENVENUTO CALAMONACICOMUNI IN VETRINA

In questo numero ci trasferiamo nell’assolata Sicilia, più precisamente a Calamonaci, in provincia di

Agrigento. Calamonaci è uno dei nuovi Comuni iscritti ad ANUSCA per l’anno 2015 e da subito ha dimostrato grande entusiasmo ed attenzione per le attività dell’Associazione. Nel prossimo giugno ospiterà, grazie alla disponibilità del Sindaco, l’ing. Vincenzo Inga, una giornata di studio sui temi demografici di maggiore attualità: “L’ANUSCA organizza ogni anno su tutto il territorio nazionale eventi di formazione ai quali possono partecipare amministratori, funzionari ed operatori demografici, ed è questa l’occasione che mi ha portato a conoscere e apprezzare le motivazioni dell’Istituzione che rappresenta la vostra Associazione e di chi opera per essa” ci conferma il Sindaco. Calamonaci, adagiata su un pianoro a poco più di 300 metri sul livello del mare, a metà tra le valli del fiume Verdura ed il Torrente Gebbia, sorge tra vigorosi vigneti e secolari uliveti (rilevante è la produzione dell’olio extra vergine di oliva - Dop Val di Mazzara, esportato anche in America). Almeno dall’ottavo al decimo secolo, è stato abitato dai Saraceni; di origine araba è anche il nome “Kal-at-Munach”, che significa castello o fortezza, ma la maglia ortogonale delle strade tradisce l’epoca alla quale risale l’impianto urbanistico (XVI secolo ed in particolare nel 1574 con “licentia populandi” viene fondato il borgo attuale).

Racconta il Sindaco Inga: “I Calamonacesi sono poco meno di mille e quattrocento abitanti, gente onesta e laboriosa, ed in occasione dei festeggiamenti in onore del Santo protettore San Vincenzo Ferreri, che si svolgono nella seconda domenica di agosto con una meravigliosa processione del simulacro del Santo e con rinomati fuochi pirotecnici che portano a Calamonaci numerosi visitatori, rientrano tanti emigrati che vivono all’estero. La cittadina si presta per soggiorni estivi ed è frequentata da turisti italiani e stranieri”.Oltre alle gare pirotecniche, la festa agostana di San Vincenzo Ferreri è rinomata per le tradizionali Rigattiate. Per questa occasione, la popolazione di Calamonaci si divide in 2 fazioni urbane religiose: San Michilara (devoti di San Michele Arcangelo) e San Giuvannara (devoti di San Giovanni Battista). Avviene un sorteggio fra i 2 gruppi, stabilendo chi debba cimentarsi per primo, per circa mezz’ora, nella corsa cittadina, in Corso Garibaldi. Le due fazioni si contendono il primato per lo spettacolo che avranno saputo fare. A questa festa partecipa tutto il paese e tra spari di mortaretti e giochi d’artificio, i simulacri di San Giovanni e di San Michele, vengono fatti sfilare, o per meglio dire correre, su caratteristiche Vare, artisticamente addobbate, in cartapesta e canne o rete, e con soggetti rappresentati annualmente diversi, che vengono portate a spalla nuda dai giovani e meno giovani, con in mano ramoscelli di alloro (la domenica) e fiaccole (il venerdì). Comincia così

“l’Abballata di li Santi”; una folla inverosimile, osannante e festosa, sostiene le vare che vengono fatte ballare al ritmo incalzante delle marce tradizionali eseguite dalle bande: SANGIUVANNATA per San Giovanni, e SAN MICHILATA per San Michele. L’abballata, che dura 2 sere (Venerdì e Domenica), si conclude con la vittoria della fazione che, per addobbi, fuochi d’artificio, vare e tifo, ha saputo meglio onorare il suo Santo.Oltre alla Chiesa Madre, intitolata a San Vincenzo Ferreri, nel centro del paese troviamo la Torre con l’Orologio; nella parte più alta il caratteristico Calvario, la cui strada che conduce fino alla vetta, è ricoperta interamente da lastre di pietra provenienti da Gerusalemme. Le pietre bianche, venate di rosso, conferiscono all’ambiente di culto un fascino particolare, diventando un punto di riferimento significativo per i cittadini e visitatori, non solo per la giornata del Venerdì Santo.

Il Sindaco ing. Vincenzo Inga

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dipendenti (articolo 19, comma 1, lett. e) del Codice);- contratti di lavoro temporaneo (legge 24 giugno 1997 n. 196);- appalti aggiudicati da un’Amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un’altra Amministrazione aggiudicatrice o ad un’associazione o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate, purché tali disposizioni siano compatibili con il trattato (articolo 19, comma 2, del Codice);- appalti aggiudicati per l’acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia, di cui all’articolo 25 del Codice;- trasferimento di fondi da parte delle Amministrazioni dello Stato in favore di soggetti pubblici, se relativi alla copertura di costi per le attività istituzionali espletate dall’ente;- amministrazione diretta ai sensi

dell’articolo 125, comma 3 del Codice (se non si configura come appalto);- affidamenti diretti a società in house;- partecipazione a convegni e corsi di formazione;- risarcimenti corrisposti dalle imprese assicuratrici appaltatrici ai soggetti terzi, estranei al rapporto contrattuale, danneggiati dalle stazioni appaltanti assicurate;- indennizzi e i risarcimenti corrisposti a seguito di procedure espropriative, poste in essere da stazioni appaltanti o da enti aggiudicatori;- incarichi di collaborazione ex articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001 (testo unico sul pubblico impiego);- spese effettuate dai cassieri, che utilizzano il fondo economale (solo se tali spese non originano da contratti d’appalto);- erogazione diretta, a titolo individuale, di contributi da parte della Pubblica Amministrazione a soggetti indigenti o comunque a persone i condizioni di bisogno economico e fragilità personale e sociale, ovvero finalizzati alla realizzazione di progetti educativi;- prestazioni socio-sanitarie in regime

di accreditamento;- contratti di associazione che prevedono il pagamento di quote associative;- contratti relativi a patrocini legali inquadrabili come prestazioni d’opera intellettuale;- contratti dell’Autorità giudiziaria non qualificabili come contratti di appalto;- la sponsorizzazione pura, ovvero ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto del soggetto erogante;- la scelta del socio privato in società miste il cui apporto è limitato al solo finanziamento.Per finire, si rammenta che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.L. 95/2012, convertito in L. 135/2012, i contratti stipulati in violazione degli obblighi di realizzare acquisti sui mercati elettronici (ovvero di convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 26, comma 3, L. 488/1999) sono nulli e comportano responsabilità disciplinare e per danno erariale a carico del funzionario inottemperante.

(continua da pag. 14: Gli acquisti...)

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