Newsletter n.7 maggio 2011

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Numero 7 Numero 7 Maggio 2011 Maggio 2011 NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO CURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTE CURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTE CURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTE LA BUONA NOTIZIA LA BUONA NOTIZIA LA BUONA NOTIZIA

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Newsletter n.7 maggio 2011

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Numero 7Numero 7 Maggio 2011Maggio 2011

NEWS DAL MEDITERRANEONEWS DAL MEDITERRANEONEWS DAL MEDITERRANEO CURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ e NEWS LIBERAMBIENTE

LA BUONA NOTIZIA LA BUONA NOTIZIA LA BUONA NOTIZIA

LA RICERCA NEL NUCLEARE di Giuseppe Quartieri 8

Newsletter n.7 Maggio 2011 SOMMARIOSOMMARIOSOMMARIO

Presidente Liberambiente Presidente Liberambiente

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Direttore Responsabile Direttore Responsabile

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Vice Direttore Responsabile Vice Direttore Responsabile

Giorgio StracquadanioGiorgio Stracquadanio

Marcello InghilesiMarcello Inghilesi

Direttore Editoriale Direttore Editoriale

Fernando FracassiFernando Fracassi

Segreteria di RedazioneSegreteria di Redazione

Stefania ZoppoStefania Zoppo

Hanno collaboratoHanno collaborato

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Giovanni CorbettaGiovanni Corbetta

Emilio OlziEmilio Olzi

Giuseppe QuartieriGiuseppe Quartieri

M. Pezzucco F. RuoppoloM. Pezzucco F. Ruoppolo

Mario ApiceMario Apice

Fispmed OnlusFispmed Onlus

PIU’ CRESCE LA CO2 PIU’ SI SVILUPPA LA FLORA di Antonio Gaspari

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PNEUMATICI GESTIONE E RECUPERO di Giovanni Corbetta

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LA BUONA NOTIZIA di Mario Apice 11

CURIOSITA’ E NEWS Notizie Ambientali da tutto il Mondo 13

www.liberambiente.com

Visitate anche il nostro sito web www.liberambiente.com

NEWS DAL MEDITERRANEO a cura di Fispmed Onlus 12

BARRIERE CORALLINE ARTIFICIALI di Emilio Olzi

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MAREA NERA UN ANNO DOPO di Maurizio Pezzucco e Francesco Ruoppolo 9

UN “POPOLO SILENZIOSO” IN FONDO AL MARE Redazione Liberambiente

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PIU’ PIU’ PIU’ CRESCECRESCECRESCE LALALA COCOCO2, 2, 2, PIU’PIU’PIU’ SISISI SVILUPPASVILUPPASVILUPPA LALALA FLORAFLORAFLORA CHECHECHE RAFFREDDARAFFREDDARAFFREDDA ILILIL PIANETAPIANETAPIANETA di Antonio Gaspari

E ’ opinione diffusa che l’aumento della con-centrazione di anidride carbonica (CO2) nell’-atmosfera generi catastrofi infinite, tra cui il riscaldamento globale, e apocalittiche conse-

guenze quali lo scioglimento dei poli, l’innalzamento dei mari, la desertificazione di grandi territori ecc. In realtà essendo la CO2 il carburante che alimenta la crescita della flora sul pianeta, stiamo assistendo ad una crescita più diffusa e più rapida della v e g e t a z ione , con un conse-guente raffred-damento delle temperature. E’ quanto so-stengono un gruppo di qua-lificati ricerca-tori della NA-SA e della US National Ocea-nic and Atmo-spheric Admi-n i s t r a t i o n (NOAA), in uno studio gui-dato da La-houari Bou-n o u a d e l “NASA God-dard Space Flight Center Greenbelt”, pubblicato il 7 Di-cembre del 2010 dal Geography Research Letters. Nello studio si sostiene che i modelli utilizzati per calco-lare l’aumento della temperatura terrestre, in relazione all’incremento della concentrazione di CO2, non sono adeguati e giungono a conclusioni esagerate. In particolare, i modelli utilizzati non tengono conto di un fattore importante come gli effetti dell’incremento della CO2 nei confronti della crescita vegetale. La cre-scita della flora presuppone un aumento del processo di fotosintesi e un relativo assorbimento di CO2 che diven-ta ossigeno. In questo modo le piante crescono in grande quantità, vastità e velocità introducendo così un feedback negati-vo nel processo di riscaldamento. Secondo Bounoua la maggior parte dei modelli climatici attuali non tengono conto di questo fenomeno, ed è evi-dente che le piante svolgono un ruolo di regolatore verso il rinfrescamento, soprattutto nei luoghi dove la tempe-ratura è più alta, oltre a utilizzare l'acqua in modo più

efficiente. Per i ricercatori della NASA e della NOAA, anche l’in-cremento delle precipitazioni contribuisce ad aumentare l'evapotraspirazione, e si traduce in un effetto di raffred-damento supplementare non pienamente contabilizzato nelle precedenti simulazioni. Lo studio in questione mostra che, anche in uno scenario in cui i livelli di CO2 venissero raddoppiati a 780 parti

per milione (ppm) rispetto alle attuali 390 ppm, l’aumen-to delle tem-peratura terre-stre sarebbe di soli 1,64°C di media, e l'ef-fetto di raf-freddamento generato dalla vege t az ion e sarebbe ancora più forte, inne-scando un ul-teriore dispo-sitivo di raf-freddamento di 0,3°C ri-spetto alle pre-visioni. Di fronte a questo studio

più di un commentatore scientifico ha affermato che “se Bounoua e i suoi colleghi hanno ragione, possiamo an-dare avanti un paio di secoli senza che il fenomeno del riscaldamento globale diventi qualcosa di cui preoccu-parsi”.

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PNEUMATICI: GESTIONE E RECUPEROPNEUMATICI: GESTIONE E RECUPEROPNEUMATICI: GESTIONE E RECUPERO di Giovanni Corbetta - ECOPNEUS

I l pneumatico è un oggetto complesso, e al tempo stesso familiare, la cui gestione, una volta giunto a fine vita, rappresenta una sfida, sia per le conse-guenze negative sull’ambiente e la salute dei citta-

dini, nel caso non venisse effettuato un corretto recu-pero, sia per gli utilizzi e le applicazioni a cui si pre-stano i materiali da esso derivati. Ogni anno arriva-no a fine vita in Italia circa 350.000 tonnellate di Pneumatici Fuori Uso, risultanti dalla sostituzione effettuata sui veicoli in circolazione. Dall’analisi del mercato emerge che questo totale è frutto del ricambio di circa 30 milio-ni di pneumatici da auto-vettura, 2 milioni derivanti da autocarro, 3 milioni da mezzi a 2 ruote e 200.000 da mezzi agricoli e indu-striali. A questi, si aggiun-gono i Pneumatici Fuori Uso generati presso le a-ziende demolizione veico-li, che devono provvedere al loro distacco prima del-le operazioni sul veicolo giunto a fine vita. Se ipotizzassimo di alline-are diametralmente tutti i Pneumatici Fuori Uso ge-nerati ogni anno in Italia, otterremmo una striscia lunga 20.000 km, equiva-lente a metà della circonferenza equatoriale terrestre. Se invece, li volessimo sovrapporre uno sopra l’altro, otter-remmo una torre alta più di 4800 km, ben 1000 volte l’altezza del Monte Bianco, una quantità impressionante, specialmente se si pensa che sono dati relativi solamente alle quote di PFU generate in Italia. Purtroppo oggi una quota di pneumatici ancora troppo elevata, circa 90.000 tonnellate l’anno, non è incanalata nei corretti flussi di recupero ma viene dispersa nell’am-biente, complici traffici illegali e pratiche scorrette. I pneumatici, a causa del loro volume ingombrante e la loro sostanziale indistruttibilità, sono un elemento tipico delle discariche abusive in tutta Italia, a ridosso dei cen-

tri abitati così come delle aree industriali, contribuendo al loro degrado paesaggistico. La dispersione incontrollata di questo materiale reca un grave danno all’ambiente e potenzialmente alla salute

dei cittadini, poiché se bruciati al di fuori di ap-posite strutture, i pneu-matici rilasciano nell’a-ria e nel suolo sostanze molto pericolose per la salute. In Europa, e quindi an-che nel nostro Paese, il conferimento in discarica di pneumatici interi è stato vietato nel 2003 e dal 2006 anche di quelli frantumati. Nel 2009, i principali produttori di pneumatici operanti in Italia hanno creato la società senza scopo di lucro Ecopneus, per a-dempiere agli obblighi previsti dall’art. 228 del Decreto Legislativo 152-/2006 che impone agli stessi di occuparsi del rintracciamento, della raccolta, del trattamen-to e della destinazione finale dei Pneumatici Fuori Uso (PFU), singo-larmente o in forma as-sociata. In attesa del De-creto Ministeriale attua-tivo dell’art.228, che darà definitivamente av-

vio al Sistema Nazionale di raccolta e recupero dei PFU, Ecopneus lavora in vista dell’importante obiettivo. In-nanzitutto ha realizzato recentemente un dossier in col-laborazione con Legambiente, dall’emblematico titolo “Copertone Selvaggio”, che ha stimato i costi della di-spersione incontrollata dei PFU in oltre 2 miliardi di euro per il solo lustro 2005-2010. Questa cifra è ricavata dalla somma dei mancati ricavi IVA dello Stato, alla perdita economica delle aziende di trattamento (costrette a lavorare quote minori di materiale), fino ai costi delle eventuali bonifiche da effettuare sul territorio. Sono, infatti, 1.049 le discariche di PFU emerse dal cen-simento degli ultimi sei anni (dal1 gennaio 2005 al 30

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Polverino di gomma

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settembre 2010), con un’estensione complessiva di 6.170.537 metri quadrati, una superficie grande quanto 800 campi da calcio. Questi depositi abusivi e illegali hanno portato, fino ad oggi, a 19 inchieste per traffico illecito di rifiuti legati ai Pneumatici Fuori Uso, reato sanzionato dall’art. 260 Dlgs 152/2006 (ex. Art. 53 bis del Decreto Ronchi). L’attività giudiziaria ha portato alla denuncia di oltre 400 persone e il coinvolgimento di 122 aziende, con inchieste che hanno interessato 16 re-gioni diverse e 8 stati esteri. Ecopneus, quindi, si sta strutturando per partire appena possibile con un Sistema improntato alla legalità, che, partendo dal rintracciamento di tutti i punti di generazio-ne del pneumatico-rifiuto e attraverso un sistema di ren-dicontazione e monitoraggio puntuale e capillare, potrà intercettare il 100% dei PFU generati in Italia, ed avviar-li ad un corretto recupero. Il PFU una volta indirizzato al suo percorso di recupero viene sottoposto ad un processo meccanico che riduce la parte elastomerica in frammenti variabili dai 15 cm a dimensioni inferiori 1 mm, a seconda dell’impiego a cui è destinato. Un processo virtuoso i cui riflessi partono dalla tutela dei cittadini e dell’ambiente e si allargano alle possibilità di riutilizzo di un materiale le cui caratte-ristiche si prestano ad interessanti e vantaggiosi recupe-ri. Tra le tante applicazioni dei derivati del Pneumatico Fuori Uso, una delle più diffuse e sperimentate a livello mondiale è l’utilizzo del polverino di gomma per la co-stituzione di asfalti “modificati” che hanno una maggio-re resistenza ai fenomeni di fessurazione e ai danni sta-gionali, accorciano gli spazi di frenata e consentono un notevole abbassamento del cosiddetto rumore da rotola-mento, ossia il rumore normalmente generato dai veicoli in transito. Le diverse sperimentazioni e le analisi sul ciclo di vita di questi prodotti, inoltre, hanno dimostrato come i costi iniziali più alti, dovuti al costo del polveri-no e alla lavorazione del bitume, sono ampiamente am-mortizzati nel tempo, consentendo un notevole rispar-mio nel lungo periodo. Gli asfalti modificati sono solamente una delle applica-zioni possibili con i materiali derivati dai PFU. Le carat-teristiche intrinseche della gomma, infatti, li rendono particolarmente vantaggiosi per una molteplicità di sco-pi: per isolanti acustici e termici, per la costituzione di superfici anti infortunistiche, igienizzanti e per la realiz-zazione di materiali dell’arredo urbano. Quest’ultima applicazione è in particolar modo adatta alle caratteristi-che della gomma da pneumatico, che, legato con resine poliuretaniche o in combinazione con altri polimeri ter-moplastici, è utilizzato per la produzione di dossi artifi-ciali, delimitatori di traffico, cordoli e altri piccoli manu-

fatti grazie alla sostanziale indistruttibilità ed alla capa-cità di deformazione e di assorbimento degli urti. Questi impieghi sono solo l’ultimo passaggio di un cor-retto processo di recupero dei Pneumatici Fuori Uso, che partirà dal momento in cui il pneumatico viene staccato dal veicolo fino ad arrivare alle aziende di trattamento. Questo processo virtuoso assicurerà un corretto incana-lamento dei PFU nei flussi di recupero, fornendo una quota maggiore di materiale alle aziende ed evitando pericolose dispersioni nell’ambiente. In questo modo sarà possibile avere un beneficio economico per le im-prese della filiera e allo stesso tempo tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. Aspetti fondamentali che una corretta gestione a livello nazionale come quella che Ecopneus sta strutturando riuscirà a coniugare, con ef-fetti positivi sulla comunità, sull’ambiente e sull’econo-mia nazionale.

isolante acustico

strada con asfalto modificato

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BARRIERE CORALLINE ARTIFICIALIBARRIERE CORALLINE ARTIFICIALIBARRIERE CORALLINE ARTIFICIALI di Emilio Olzi – CNR—IENI U.O. - Lecco

C osa sono i coralli? I coralli sono formati da colonie di invertebrati coralligeni (polipi), di varie specie che aderiscono su un supporto. Il supporto è di fondamentale importanza, in

quanto deve essere “di gra-dimento” della specie che si insedia. E’ stato visto che il supporto ideale per favorire la crescita della colonia è di origine calcarea: infatti i coralli sono presenti soprat-tutto su rocce calcaree; un solo esempio: Capocaccia, in prossimità di Alghero, che ha una bellissima colo-nia di corallo rosso nelle “Grotte di Nettuno”. E’ noto che oggetti metalli-ci immersi in mare, in un certo lasso di tempo, diven-tano barriere coralline. Ciò è dovuto alla formazione di strutture calcaree minerali vegetali e animali che aderiscono al metallo costituenti un materiale, fondamentalmente calcareo, di aspetto e-stremamente gradevole. (fig.1, 2)

E’ per tale motivo che uno studio in tal senso è stato intrapreso nel nostro laboratorio allo scopo di realizzare una barra soffolta a protezione dell’arenile di Bonassola. Tale barra era stata progettata usando come materiale

delle gabbie in filo metallico riempite con ciottoli di risulta dalle cave di pietra. La struttura veniva protetta dalla corro-sione mediante impo-sizione di una corren-te catodica di origine fotovoltaica che favo-riva anche la crescita di un materiale calca-reo alla superficie del filo e che, col tempo, avrebbe costituito un blocco compatto: una sorta di barriera co-

rallina stimolata da corrente catodica (fig.3).

Tale metodo è stato utilizzato anche alle isole Maldive dopo che l’aumento eccessivo della temperatura del ma-re aveva distrutto una gran parte della barriera. Strutture in filo metallico sono state polarizzate catodicamente per formare un adeguato supporto calcareo su cui sono stati trapiantati spezzoni di corallo provenienti da barrie-ra corallina; dopo 3 anni circa si era formata una nuova barriera corallina esteticamente validissima (figg. 4)

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Alla luce di questi risultati si è pensato di provare a sti-molare la crescita di una specie corallina molto preziosa, utilizzata in gioielleria e che è molto diffusa nel Medi-terraneo: il corallo rosso, “Corallium Rubrum”. Infatti, mentre per i coralli tropicali esiste una nutritissima lette-ratura, del corallo del Mediterraneo ben poco si sa: è comunque stato visto che la qualità del supporto calcare-o è di fondamentale importanza per l’insediamento di invertebrati coralligeni quale il Corallium Rubrum. Per tale motivo sono stati condotti studi sulle condizioni elettrochimiche per la sua formazione. In un lavoro di Benedetti et al. di prossima pubblicazione su “Biofouling”, viene preso in esame il problema; in tale lavoro, i supporti utilizzati sono costituiti da marmo na-turale o da supporti in acciaio inossidabile, accoppiato con un anodo sacrifiziale di Zn che, passando in soluzio-ne a motivo della corrosione marina, costituisce l’anodo del sistema. La zona catodica, in condizioni particolari di corrente, viene ricoperta da uno strato di CaCO3 (aragonite) evitando la precipitazione di Mg(OH)2 (brucite). Il sale precipita per via dell’alcalinità prodotta all’interfaccia metallo/soluzione, a motivo dell’-elettrolisi dell’acqua di mare, Su tale supporto non ven-gono posizionati trapianti corallini, ma essi vengono esposti, tal quali, nelle zone coralligene. Le larve (uova fecondate) vanno a depositarsi sia sul marmo naturale che sui supporti metallici rivestiti da CaCO3, ma il feno-meno non ha luogo se vi è circolazione di correnti cato-diche, anche se debolissime. I lavori di ricerca sono in corso al CNR-IENI, CNR-ISMAR (Genova), a ICM-CSIC, dall’Universitat Autonoma (Barcellona) e dall’U-niversità di Pisa.

Dopo due anni

Dopo tre anni

Dopo un anno

Posizionamento della gabbia

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LA LA LA RICERCARICERCARICERCA NELNELNEL NUCLEARE ( NUCLEARE ( NUCLEARE (DOPODOPODOPO LALALA RITIRATARITIRATARITIRATA) ) ) Giuseppe Quartieri - Circoli dell’Ambiente

P er rendere omaggio alla frase di Einstein su riportata, bisogna riflettere su vari aspetti scientifici, politici ed economici degli eventi disastrosi avvenuti l’11 marzo 2011, in

Giappone, a causa del sisma e del maremoto. A seguito di tali fatti, il giorno 19 aprile 2011, il Go-verno Italiano ha deciso di rivedere la legge sviluppo 99/2009, di accantonare la moratoria nucleare decisa a caldo e quindi di sospendere, con il decreto Omnibus, il programma di rilancio nucleare per almeno due anni. La conseguenza primaria potrebbe portare alla sospen-sione della celebrazione del relativo referendum sul nucleare indetto dal partito politico IDV. Gli esperti in materia dicono, però, che bisogna aspettare il control-lo, la revisione ed eventualmente la approvazione delle varianti apportate alla legge 99/2009, da parte della Corte di Cassazione che diventa, quindi, il solo e vero organo decisore sul rinvio del referendum sul nucleare. Come ha chiarito molto bene e in modo semplice il Presidente Silvio Berlusconi (26 aprile 2011), sussisto-no varie ragioni politiche per rinviare le installazioni di centrali nucleari. Tuttavia, come si sa, le varianti della legge sviluppo 99/2009 non hanno cancellato, giusta-mente, la realizzazione dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare che deve continuare, o meglio, cominciare a lavorare, così come non hanno cancellato l'altra attività essenziale ed indipendente, quella della ricerca di loca-lizzazione e realizzazione del sito del deposito nuclea-re. Sorge, quindi, spontanea una riflessione, dal punto di vista tecnico, scientifico ed ambientale, sulla neces-sità di un’ulteriore ricerca nell’ambito della sicurezza delle centrali nucleari. Tale ricerca richiede l’attuazio-ne di maggiori sforzi scientifici e progettuali, nell’am-bito della sicurezza del nocciolo del reattore, con so-stanziali sforzi di finanziamenti. Da decenni, la comunità scientifica italiana di fisica e ingegneria nucleare ha dovuto abbandonare questo tipo di ricerca applicata, nel campo dei reattori nucleari, per “ragioni politiche, imposizione petrolchimica e paura popolare” (cit. si legga il libro di Ugo Spezia: Italia Nucleare). D’altra parte, sembra che il rilancio della ricerca scientifica di base, della fisica italiana, si stia rivolgendo al cosiddetto progetto Super B, focalizzato sulla ricerca sulla accelerazione delle particelle ele-mentari, probabilmente localizzato nei campi liberi dell'INFN-LNF e/o negli spazi della seconda Universi-tà, quella di Tor Vergata. Questo tipo di ricerca di base non è che la continuazione della vecchia tradizione di

ricerca nel campo delle particelle, che affonda le radici nell’antica scuola di fisica romana di Via Panisperna. Dopo Fukushima, in alcuni istituti di ricerca italiani è stato vietato pronunciare la parola “nucleare”, mentre i ricercatori possono, impunemente, parlare di “fisica delle particelle”: un campo di ricerca di base, che, da quasi un secolo non ha condotto ad un risultato pratico, positivo e concreto per l’economia ed il benessere del-le Nazioni. Si dovrebbe, invece e fortemente, richiede-re, un maggiore sforzo di ricerca e sviluppo di cono-scenze nel campo nucleare applicativo e, in particolare, nel campo della ricerca dell’ottimizzazione della sicu-rezza nucleare. La prossima ricerca scientifica di base e fisica applicata dovrebbe essere incentrata sulla fisica nucleare del nocciolo del reattore allo scopo principale di migliorare la sicurezza dell'attuale terza generazione avanzata di reattori nucleari. Questo tipo di ricerca scientifica comporta un possente sforzo di sperimenta-zione dei sistemi nucleari a sicurezza passiva, possibil-mente supportati con eventuali circuiti ridondanti di tipo classico, ma ottimizzati, affinché garantiscano il massimo di sicurezza nucleare in senso lato. Si potreb-be anche ipotizzare di eseguire il potenziamento di nuovi progetti di ricerca per i reattori nucleari a sali fusi e per i reattori a gas ad alta temperatura, i quali non presentano l’inconveniente della produzione di idrogeno che, a contatto con l’ossigeno ad alta pressio-ne e alta temperatura, scoppia, producendo gli squarci che abbiamo visto a Chernobyl e Fukushima. In altre parole, la ricerca scientifica attuale andrebbe focalizza-ta, in modo prioritario, al campo specifico della sicu-rezza nucleare, e in particolare, alla chiarificazione e soluzione della scelta della centrale nucleare, ottimale, di terza generazione avanzata, cercando di seguire le indicazioni europee in materia di nucleare. La eco del disastro sismico e del maremoto giapponese è molto forte e presenta ancora svariate forme di disinforma-zione perpetrate dai “media” italiani. Di fatto, sin da primi momenti del disastro di Fukushima, si è sentito parlare solo dell’eventuale fuga di radioattività, mentre i commentatori televisivi non parlavano dei circa 3-0.000 morti dovuti a cadute di dighe, palazzi spazzati via, treni deragliati, navi affondate ecc. E’ ovvio, quin-di, che popolo italiano abbia avuto sentimenti di soffe-renza, indignazione e dolore per la disgrazia del Giap-pone, così come, tanta paura, emotività e poca raziona-lità, a differenza del popolo giapponese che, invece, si è comportato come un popolo forte, composto, vigile e libero da pregiudizi di sorta. È quindi ora che anche in Italia si riprenda il cammino della razionalità degli uo-mini liberi, forti e democratici, basata anche sulla ri-cerca scientifica e non solo sulla fede e la paura.

Siamo tutti ignoranti. Ma non tutti ignoriamo le stesse cose.

Albert Einstein

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MAREA MAREA MAREA NERANERANERA UNUNUN ANNOANNOANNO DOPODOPODOPO... USA USA USA EEE EUROPAEUROPAEUROPA: : : MAIMAIMAI PIU’PIU’PIU’ DISASTRIDISASTRIDISASTRI SIMILISIMILISIMILI di Maurizio Pezzuco e Francesco Ruoppolo - Oipamagazine

L ’ amministrazione Usa ha ribadito l'impegno a fare tutto il possibile per proteggere e risa-nare le coste del Golfo del Messico. Obama: “I responsabili pagheranno”. Bruxelles stu-

dia un pacchetto di proposte ispirate al principio del “chi inquina paga” Marea nera un anno dopo. So-no trascorsi poco più di 365 giorni dal disa-stro ambientale nel Golfo del Messico, causa-to dall’esplosio-ne della piatta-forma petrolife-ra Deepwater Horizon posi-zionata al largo della Louisiana. Europa e Usa non dimentica-no le conse-guenze provo-cate da quelle tragiche giornate e studiano le contro-mosse per evitare che simili scempi si ripetano in futu-ro. Il presidente Barack Obama ha ribadito l'impegno del-la sua amministrazione a “fare tutto il possibile per proteggere e risanare le coste del Golfo del Messico”, ancora pesantemente segnate dalla fuoriuscita del pe-trolio. “Gli eventi che hanno avuto inizio il 20 aprile 2010 e la perdita di petrolio che ne è seguita - ha di-chiarato l’inquilino della Casa Bianca - evidenziano il legame cruciale fra l'ambiente e la salute economica del Golfo”. Obama ha aggiunto che la British Petro-leum e le “altre parti responsabili saranno chiamate a pagare i danni che hanno fatto e le dolorose perdite che hanno provocato”. La Bp, dal canto suo, ha annunciato di aver istituito, per ora, un fondo da 20 miliardi di dollari per coprire le richieste di compensazione avanzate dalla popola-zione locale. L’esplosione della piattaforma petrolifera al largo di New Orleans, lo ricordiamo, oltre ad aver stroncato 11 vite umane, ha lasciato sul campo ingenti perdite eco-nomiche che gli esperti stimano in circa 5 miliardi di dollari e danni pressoché irreparabili all’ecosistema. Basti pensare ai 5 milioni di barili di greggio finiti nel-le acque dell’Oceano Atlantico, ai quali si sono ag-

giunti 7 milioni di litri di solventi chimici buttati sulle chiazze oleose nella speranza di contenerne l’espansio-ne. Risultato: il Golfo del Messico pagherà pegno al-meno per i prossimi 50 anni. Sull’altra sponda dell’Atlantico, intanto, Bruxelles è pronta a proporre una stretta sulle regole per la sicurez-

za degli im-pianti petroli-feri offshore. Oggi, delle 1.000 piatta-forme petroli-fere nell'Ue, 486 si trova-no al largo della Scozia e dell'Inghilter-ra nordorien-tale, 181 nelle acque olande-si, 123 in Ita-lia, 61 in Da-nimarca ed altre dislocate tra Bulgaria, Germania,

Grecia, Irlanda, Polonia, Romania e Spagna. Per prevenire il ripetersi di analoghe catastrofi nelle acque del Mediterraneo o del Mare del Nord, la Com-missione europea, infatti, presenterà a luglio un pac-chetto di proposte ispirate al principio del “chi inquina paga”. Attualmente, questa responsabilità si applica solo entro le 12 miglia dalla costa europea. “Gli impianti offshore si trovano spesso più lontani - riferiscono fonti della Commissione Ue - e quindi la proposta è quella di estendere il limite alle 200 mi-glia”, con l’obbligo per le compagnie petrolifere re-sponsabili di farsi carico delle spese dei danni provo-cati all'ecosistema marino.

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UN “POPOLO SILENZIOSO” UN “POPOLO SILENZIOSO” UN “POPOLO SILENZIOSO” INININ FONDOFONDOFONDO ALALAL MAREMAREMARE Redazione Liberambiente

A ndando a “spasso” nelle acque del Messico e più precisamente nel “National Marine Park di Cancùn”, a quattro metri di profondità, si può “rischiare” di essere catapultati in uno

scenario tanto spettacolare quanto insolito. Un paesaggio sottomarino unico al mondo: una popo-lazione di 400 personaggi scolpiti, a grandezza natura-le, chiamata “Evoluciòn Silenciosa”.

L’artista Jason deCaires Taylor, direttore artistico del Museo d’Arte Subacquea di Cancun, ha progettato questa maestosa installazione sottomarina, che è desti-nata a coprire un’area di 420 metri quadrati, e che di-venterà una delle più grandi attrazioni subacquee del mondo, allo scopo di favorire lo sviluppo della barriera corallina artificiale, preservare la barriera corallina naturale ed aumentare la biodiversità della zona. Il progetto, che coniuga l’arte all’ecologia, punta a far confluire la grande massa di turisti (circa 750.000 l’an-no) verso le installazioni, le quali si trasformeranno in un reef artificiale popolato di coralli e altre creature marine, finendo così, per essere inglobate dall'ecosiste-ma marino - "parte del nostro progetto è destinato a cercare di allontanare i turisti dalle barriere coralline esistenti e portarli verso un'area caratterizzata da bar-riere coralline artificiali" - afferma Taylor al National Geographic. Uomini, donne, bambini, tutti rigorosamente viventi, si sono offerti come “modelli” per permettere a Taylor di creare i loro calchi, e riuscire così ad avere un testimo-ne “silenzioso”, del loro passaggio su questa terra, nei fondali caraibici di Cancùn. Si passa da un bambino di tre anni di Santiago, a un maestro di yoga, a Lucky, un carpentiere messicano. C’è anche Sarah, composta sul calco di una professo-ressa di linguistica britannica che è una statua partico-lare poiché ha un “falso polmone”. I visitatori possono

riempire il polmone della statua soffiando aria in un buco sul retro o immettendo aria dalle bombole ad os-sigeno. L'aria scivola poi lentamente verso l'alto attra-verso la bocca aperta (sotto forma di bolle).

Le sculture sono composte di uno speciale tipo di ce-mento marino che serve a favorire la crescita dei coral-li, secondo quanto affermato da Taylor. Questo do-vrebbe incoraggiare i pesci e le altre creature marine a colonizzare l’”Evoluzione Silenziosa”. Ci sono già centinaia di pesci che vivono sopra queste sculture co-me aragoste e pesci angelo (Pterophyllum), oltre a un grande strato di alghe, che sono state le prime ad inse-diarsi. Il MUSA, il museo subacqueo messicano, ha in programma di continuare a produrre sculture finché i fondi lo permetteranno.

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L ’Organizzazione Meteorologica Mondiale, con sede a Ginevra, ha recentemente sancito che l’in-frastruttura di ricerca, posta sulla vetta del Monte

Cimone e nata dalla stretta collaborazione tra l’Aeronau-tica Militare e l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR, entra a pieno titolo a far parte della Rete GAW (Global Atmosphere Watch), portando così a 34 il numero delle “Global Stations” di osservazione sparse su tutto il Pianeta. La buona notizia di oggi è costituita, dunque, pro-prio dall’importante riconosci-mento internazionale tributa-to, per la prima volta, ad una stazione scientifica operante sul nostro territorio nazionale. In precedenza, un analogo riconoscimento era stato dato alla stazione italiana “Everest-Pyramid” del progetto EVK2 CNR situata ad oltre 5000 metri di quota in Himalaya alle pendici dell’Everest, che era diventata la 33° della Rete GAW. La trasformazione del complesso dei laboratori di Monte Cimone, da Stazione Regionale a Stazione Globale, viene a premiare la qualità e l’unicità delle misure effet-tuate da varie “équipes” di studiosi in campo meteorolo-gico e ambientale sulla base di un’attenta programmazio-ne che ne garantisce gli elevati standard nel tempo. Il Monte Cimone che, con i suoi 2165 metri di quota, è il rilievo più elevato dell’Appennino Settentrionale, grazie ad un orizzonte completamente libero (non essendoci ostacoli a 360°) e alla peculiarità della sua posizione geo-grafica, lontana da qualsiasi forma di inquinante atmosfe-rico locale, rappresenta un punto privilegiato per studiare le caratteristiche chimico-fisiche della troposfera e la cli-matologia, garantendo nello stesso tempo anche osserva-zioni meteorologiche continuative. In sostanza, è possibile registrare ed analizzare i fenomeni che avvengono duran-te il trasporto di masse d’aria ricche di polvere del deser-to del Sahara o di particolato prodotto da incendi boschi-vi o di inquinanti e gas clima-alteranti come l’ozono, il metano, il protossido di azoto, il monossido di carbonio e i gas serra alogenati quali i clorofluorocarburi. Il tutto

anche su scala intercontinentale. Le misure eseguite sul Monte Cimone e le osservazioni riguardanti la caratteriz-zazione chimico-fisica dell’aerosol atmosferico permetto-no di valutare l’impatto esercitato dai cambiamenti clima-

tici su un’area particolarmente antropizzata quale quella del sud Europa e del bacino del Mediterraneo. Il Servizio Mete-orologico dell’Aeronautica Militare, dal 1937, esegue, presso il proprio osservatorio, notte e giorno per 365 giorni l’anno, misure utili alla naviga-zione aerea, all’elaborazione delle previsioni e agli studi climatologici, mentre, dal 197-9, rileva la concentrazione nell’aria dell’anidride carboni-ca, il più importante gas ad

effetto serra le cui concentrazioni sono influenzate dalle emissioni umane.Dal canto suo, l’ISAC del CNR, in colla-borazione con l’Aeronautica Militare, gestisce e coordina le proprie ricerche, anch’esse svolte in modo continuativo tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24, contribuendo a for-nire alla Comunità mondiale preziose informazioni che hanno, nel tempo, permesso di definire meglio il ruolo avuto da diversi processi di trasporto sulle caratteristiche di fondo dell’aerosol atmosferico e dei gas che inquinano ed alterano il clima nella troposfera dell’Europa Meridio-nale e dell’Italia Settentrionale in particolare. Per effetto di una proficua sinergia di intenti e della collaborazione che l’ISAC del CNR e il Servizio Meteorologico dell’Aero-nautica Militare hanno instaurato con il Parco Regionale del Frignano, è possibile oggi “toccare con mano” dove e come nascono i dati che registrano le variazioni del clima e la composizione dell’atmosfera. Infatti, in alcuni periodi dell’anno, gruppi organizzati di studenti e singoli visitatori possono percorrere il “Sentiero dell’Atmosfera” che dalle pendici del Monte Cimone porta alla sua cima. Lungo questo percorso, dieci pannelli illustrano le attività di stu-dio e di monitoraggio che vengono condotte ad alta quo-ta, preparando mentalmente il pubblico e introducendo-lo, di fatto, così, alle visite guidate dell’insieme dei labora-tori di ricerca del CNR e dell’Aeronautica Militare.

di Mario Apice

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NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO

In Medio oriente le risorse idriche potrebbero scatenare pericolo-si conflitti, ma anche la pace, una ''pace blu'' afferma il rapporto ''Blue Peace: Rethinking Middle East Water'' presentato a Gine-vra dalla presidente della Confederazione svizzera Micheline Calmy-Rey. Il documento, elaborato dalla Svizzera con il sostegno del gover-no svedese, non e' una nuova 'road map' per la pace in Medio Oriente, ma il frutto di una vasta consultazione di esperti e rap-presentanti di tutta la regione che preconizza una cooperazione dei Paesi per la gestione delle risorse idriche. ''L'acqua potrebbe divenire non una fonte di divisioni e conflitti, ma uno strumento di pace, e le risorse idriche potrebbero essere per il Medio Oriente quello che carbone e acciaio sono stati per l'Europa'', ha detto Calmy-Rey in una conferenza stampa. ''E'

una visione audace'', ha riconosciuto. Le risorse idriche del Medio Oriente subiscono una pressione enorme causa della crescita demografica, le migrazioni, l'urbanizzazione e i cambiamenti climatici. In 50 anni, la porta-ta di molti fiumi in Turchia, Siria, Iraq, Libano e Giordania e' scesa del 50-90%. Il rapporto suggerisce una ge-stione transfrontaliera e sostenibile delle risorse idriche e propone quale primo passo a creazione di Consiglio di cooperazione che dovrebbe all'inizio limitarsi a cinque paesi: Iraq, Giordania, Libano, Siria e Turchia.

Svizzera presenta piano “Pace Blu” per le risorse idriche nel Mediterraneo

Si chiama ''EMPOWER'' ed e' uno strumento per la difesa dell'ambiente Mediterraneo a disposizione dei cittadini. Cofinanziato dalla Commissio-ne Europea nell'ambito dell'Azione Europea di "ePartecipazione", il pro-getto è finalizzato ad allargare la partecipazione dei cittadini ai processi di decisione politica attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie. Coinvol-ge, oggi che e' ancora un progetto pilota, tre Paesi (Italia, Grecia e Por-togallo), ma il suo obiettivo e' quello di estendersi anche ad altri in un futuro non lontano. Al progetto partecipano alcune associazioni ambientaliste dei Paesi coinvolti e le tre agenzie di stampa nazionali (ANSA per l'Italia, LUSA per il Portogallo e ANA per la Grecia) che hanno il compito di informare, attraverso i propri canali, media e cittadini sulle opportunità di partecipa-zione. Nel sito del progetto eMPOWER (http://www.ep-empower.eu/epetitions/it/Home.aspx) si possono firmare numerose petizioni elettro-niche su vari temi ambientali (acqua, rifiuti, OGM, clima, mercurio, ma-

re) o proporne di nuove che verranno sottoposte all'attenzione delle istituzioni europee e nazionali. E' inoltre possibile partecipare al dibattito su questi temi (blog, forum, sondaggi), raccogliere documentazione, partecipa-re attraverso social network e ricevere una newsletter. In particolare alcune di queste petizioni riguardano in modo diretto la specifica area mediterranea (come quelle che chiedono di non autorizzare trivellazioni nella regione mediterranea o l'appoggio all'Unione per il Mediterraneo). Il sito contiene anche notizie in tempo reale sull'ambiente fornite dalle singole agenzie di stampa. Sono quasi 6.000 le firme fin qui raccolte nelle tre sezioni del sito in lingua nazionale, cui si aggiunge quella in inglese.

Ambiente: Empower, un progetto a difesa del Mediterraneo

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CURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTE

U no dei la-

boratori di punta nello sviluppo di sistemi di assi-stenza alla guida e dispo-sitivi di guida

autonoma - il VisLab del’Università di Parma ­- anche grazie ad un apposito finanziamento ottenuto dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC), ha ideato, pro-gettato e realizzato una tecnologia di assoluta avan-guardia che, installata su quattro autovetture elettri-che, ha permesso che fosse effettuata la prima spedi-zione intercontinentale della storia con veicoli senza guidatore su una distanza di ben 15.000 chilometri, da Parma a Shangai. Grazie a sette telecamere, a quattro laser scanner, gps e computer di bordo, le auto sono riuscite perfettamente e autonomamente a muoversi, affrontando le più disparate condizioni meteorologi-che e di traffico, nonché le più varie tipologie di per-corso. La carovana ha percorso strade cittadine inta-sate, vie di comunicazione rurali e zone impervie, sfi-dando temperature torride o estremamente rigide come quelle della Siberia, dove i veicoli sono stati accolti da intense nevicate, o quelle del Kazakistan e della Cina Occidentale. Il pilota automatico delle au-tovetture è alimentato attraverso una serie di celle solari, il che ha reso il viaggio un evento unico anche dal punto di vista della sostenibilità. L’esperimento, coronato dal successo, ha consentito di raccogliere una grandissima quantità di dati che risulteranno assai utili per giungere ad un ulteriore miglioramento dell’-efficienza. Quello che sembrava impossibile, un so-gno, si è, dunque, avverato. E un giorno, forse non molto lontano, passeggeri e merci potranno essere tranquillamente trasportati lungo itinerari interconti-nentali con mezzi che non prevedono l’intervento umano né l’uso di carburanti fossili.

15000 Km con le Celle Solari di Mario Apice

WEEElabex: la qualità nella gestione dei RAEE di Giorgio Arienti - Ecodom

S ono stati approvati in questi giorni dal WEEE Forum, l’as-

sociazione europea dei Sistemi Collettivi di gestio-ne dei Rifiuti di Apparec-chiature Elettriche ed Elet-troniche (RAEE), i nuovi

standard di qualità per la raccolta, il trasporto e il trattamento di tutte le tipologie di RAEE. Il nuovo sistema di standard si chiama WEEElabex ed è il frutto di un progetto triennale coordinato dal WEEE Forum in collabo-razione con i principali stakeholder, in particolare le Associazioni dei Produttori e dei Riciclatori, e co-finanziato dalla Comunità Europea nell’-ambito del Programma LIFE+. Il progetto WEEElabex, acronimo di WEEE Label of Execellence, nasce dall’esigenza di migliorare, all’interno del territorio Europeo, tutti gli aspetti della raccolta, del trasporto e del trat-tamento dei RAEE che possono avere ricadute ambientali. WEEElabex intende farlo, non solo definendo i livelli qualitativi di tutte le attività effettuate lungo la filiera, ma anche armonizzando le regole e le proce-dure necessarie per espletare le verifiche di conformità. La non corretta gestione dei RAEE può determinare il rilascio di sostanze inquinanti nell’-ambiente: in alcuni Paesi il trattamento viene effettuato con tecnologie all’avanguardia e nel pieno rispetto delle norme, vi sono invece Paesi in cui la legislazione vigente o i controlli non garantiscono risultati accetta-bili. La gestione dei RAEE è un costo che attualmente ricade sui Produt-tori di apparecchiature e di conseguenza sui consumatori. E’ quindi ne-cessario garantire che tale gestione venga effettuata correttamente, mo-nitorata e documentata. Ecodom – Consorzio Italiano per la Raccolta e il Riciclaggio dei RAEE – ha collaborato attivamente all’interno del WEEE Forum nella definizione dei nuovi standard, portando ai tavoli europei l’esperienza maturata fin dal 2008 negli audit effettuati presso gli im-pianti dei propri fornitori. Nella verifica della qualità del trattamento dei RAEE del raggruppamento R1 (frigoriferi, condizionatori e scalda-acqua) Ecodom già adotta le procedure di controllo previste da WEEElabex, in particolare per quanto concerne la verifica della capacità di recupero dei gas ozono-lesivi (CFC-HCFC) contenuti in queste apparecchiature. Dal 2008 a oggi queste metodologie hanno prodotto risultati ambientali importanti negli impianti di trattamento che lavorano per il Consorzio Ecodom, che hanno triplicato la quantità di gas inquinanti estratti dalle schiume isolanti contenute in alcuni RAEE, come ad esempio i frigoriferi. Le ricadute positive derivanti da una migliore e armonizzata gestione dei RAEE a livello europeo sono facilmente identificabili: meno emissioni inquinanti nell’ambiente, maggior riciclo di materie prime seconde e quindi risparmio energetico, contrasto delle attività illegali di trasporto e trattamento, migliori condizioni occupazionali per i lavoratori.

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Che cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTE

“LIBER’AMBIENTE” è un’associa-zione politico/culturale/ambientale che nasce per in-terpretare e dare voce a tutti quei moderati che sono interessati ad affermare, nel Paese, una nuova ecolo-gia umanista, una nuova cultura ambientale che guar-di all’Uomo con più ottimismo. Un Uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta, un Uomo che è ricchezza e non impoverimen-to del mondo. Un Uomo che ha l’esaltante missione di rendere compatibile lo sviluppo economico e il pro-gresso umano con l’ambiente, la natura, gli animali, la vita su questa terra. La globalizzazione dei processi economici, sociali, culturali, religiosi, etici e politici ci pone tutti di fronte a nuove sfide e difficoltà e, come ogni cambiamento, ci offre dei rischi ma anche delle opportunità. Nel settore ambientale si può razionalmente intrave-dere la possibilità di un concreto governo dell’am-biente che sappia dare risposte efficienti al degrado ecologico di importanti aree del nostro pianeta; rispo-ste efficienti a fenomeni come la desertificazione, l’ef-fetto serra, la scarsità delle risorse idriche che coin-volgono tutta l’umanità. Noi siamo pronti ad accettare questa sfida lottando contro le culture catastrofiste e nichiliste che sono alla base dell’ideologia ambienta-lista dominante che ha teso a privilegiare o gli aspetti contemplativi e conservativi dell’Uomo sull’ambiente o a ricercare un’egemonia politica dei problemi, indi-rizzando la questione ambientale in un solco di prote-sta prima anti-capitalista e poi semplicemente anti-sistema. In antitesi ad una cultura di sostanziale conservazio-ne, di negazione di ogni ragionamento attorno allo sviluppo dell’ambiente e del vero rapporto tra Uomo e Natura, noi di Liber’ambiente, siamo per una cultura di sviluppo dell’ambiente in un continuo confronto tra esigenze della Natura ed esigenze dell’Uomo. Siamo per porre i problemi ma anche per limitarli e risolver-

li. L’associazione Liber’ambiente ha come scopo prio-ritario quello di riunire tutte le realtà associative e tutti quelli che nella società civile, a diverso titolo, si sono impegnati e s’impegnano per una più avanzata cultura ambientale, avvalendoci della collaborazione di un importante Comitato Scientifico che sarà il vero valore dell’iniziativa che si adopererà per fronteggia-re la cultura ambientale dominante. Siamo contro i catastrofismi a buon mercato e la no-stra attenzione è rivolta a tutti gli studi dei fenomeni naturali e artificiali, prodotti dalle attività umane. Siamo per non trasformare le tendenze verificabili, in destini fatali. Siamo per non attribuire, ai pareri di tutti quelli che studiano o parlano di ecologia e am-biente, la patente di scientificità obiettiva, perché la scienza è studio e confronto continuo e non dogma a piacimento. Nel concreto vogliamo approfondire tutti i temi oggi posti dal rapporto Uomo-Ambiente per cer-care di trovare sempre la migliore soluzione per la vita di questa terra. Questa impostazione del rapporto Uomo-Ambiente sarà sempre più fattore di sviluppo delle nostre civil-tà: sarà fonte di nuove attività umane, tese alla ricer-ca del benessere dell’umanità intera, sarà strumento di comprensione dei limiti dello sviluppo e del suo controllo affinché esso sia sempre al servizio dell’Uo-mo e non viceversa. “LIBER’AMBIENTE” sarà un laboratorio di proposte e di dibattito tra le varie esperienze. Si occuperà di formazione sui temi ambientali più scottanti per uni-formare i comportamenti degli amministratori del cen-tro-destra sul territorio. Le sfide e gli interrogativi in campo ambientale richie-dono un ampio e approfondito dibattito al quale inten-diamo dare il nostro contributo con impegno e con la forza delle idee.