n.2 del 2009

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La rivista trimestrale "Voci dal San Vicino" rivolge l'attenzione verso le iniziative connesse con il territorio della vallata di San Clemente (APIRO-MC), con argomenti che Vanno dalla cronaca, alla cultura, alla tradizione.

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Contenuti ....La speranza oltre i limiti 3Uniti dal San Vicino 3Scelte controcorrente 4Ricerca storica: strada provinciale “Filippo Mariotti” 5Il Giardino di zio Mario 6La casa di Ubaldina 7Manifestazioni di interesse allombra del San Vicino 8Uno storico apirano del ̀ 700 9A Matelica Turchi riscopre la storia benedettina 10“Nacqui in Piazza Ottavio Turchi n°2” 11Teatranti già allopera. 13Dai confini dei confini 13Lo Steinway & Sons di Apiro 14S. Salvatore, dal sogno alla realtà. 16Salute e benessere 18Comeravamo... 18I lettori ci dicono 19

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Voci del San VicinoPeriodico trimestrale di informazione e cultura - marzo 2009 - n° 2Direttore Responsabile - Luigi TALIANIAutorizzazione Tribunale di Ancona n° 19-08.Sede: Ctr. S. Francesto, 28 - 62021 Apiro (MC) Ufficio Postale Apiro - c.p. 29Email: [email protected] Web: www.castripirivalles.itTipografia S. Giuseppe s.r.l. Via Vecchietti n° 51, Pollenza (MC)

Una copia: 3.00

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E’ possibile abbonarsi presso:Sportelli della Banca CC di Filottrano

“Barbara Casalinghi e Ferramenta” Piazza Baldini, 6 Apiro

Presso la Vs Banca tramite Bonifico sul CC n° (codice IBAN):IT83Y0854968800 000090100662 intestato a Associazione Castri Piri VallesRivendite anche presso:“Il Punto” e “Veriano Dottori” - Cupramontana.Libreria Mondadori e “Ideal Book” - Matelica

Ci scusiamo con gli autori dei quali non si è pubblicato lo scritto.

Lo faremo nei prossimi numeri.

Cari lettori

Augurandovi che leggerci sia di vostro gradimento, sottoponiamo alla vostra attenzione il 3° numero della rivista. Speriamo che sfogliandola possiate notare come gli obiettivi annunciati in precedenza siano in via di realizzazione. Gli spazi dedicati in questo numero all’informazione sul progetto “Corpus Turchianum”, pre-parazione ad una settimana di studio su O. Turchi, all’informazione sull’imminente apertura di San Salvato-re, alla storia dello Stainwey in via di restauro, testimoniano la nostra correttezza ed operosità.Novità, sono brevi annunci sulle manifestazioni attorno al San Vicino, l’invio della rivista ad alcune famiglie emigrate ed una mostra dell’hobbistica per non dimenticare.I nostri dirimpettai, cioè gli amici redattori di “Geronimo, il corposo bimestrale di Matelica, ci chiedono collaborazione. Cercheremo di non deluderli, da poveri e piccini, alle prime armi.Troverete altri dettagli leggendo; attendiamo osservazioni e consigli e segnalazioni di errori, benevole e costruttive; se animati da poca tolleranza, ricordiamo a chi ce le fa, che il dito storto che indica il cielo o la luna non deve tarpare le ali a chi intende invitare a “volare insieme”… Siamo coscienti che, per fare un paragone con la medicina, siamo i primi noi a notare tracce di albumina nel nostro agire; ma trattiamo la cosa con una certa tolleranza ed ironia.Ricordiamo che un notissimo rivoluzionario degli inizi del secolo scorso, quando gli fecero notare che i cori “cantavano male”, commentò laconico che avrebbero cantato meglio a rivoluzione finita.

Il nostro obiettivo non è l’ottimo; siamo possibilisti.Vi auguriamo buona lettura e vi salutiamoLuigi Taliani –Direttore Amedeo Virgili – Segretario e RedattorePacifico Ramazzotti e Stefano Romagnoli – Progettisti e Grafici Giovanni Loccioni - TeatroElvio Sforza – Presidente della CPV Articolisti – Collaboratori- Abbonati

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Due editoriali, l’uno da Macerata e l’altro da Matelica, ci invitano a riflettere

La speranza oltre i limiti Era una domenica sera qualsiasi! Il menù del giorno è quello solito: immigrato picchiato e bruciato a Nettuno, ancora stupro di gruppo a Ragusa, straripa fiume, un morto nel trapane-se, forti piogge in Calabria e Sicilia... Queste sono le notizie proposte dai tg. Se un sentimento rischia oggi di dominare la scena è quello dell'insicurezza. Esso si innesta indiscutibilmente su problemi reali. In primis le inquietanti prospettive disegnate dalla crisi economica. Ma tende poi ad allargarsi per sua natura ad altri ambiti di vita, accomunando in una percezione di mi-naccia situazioni assai diverse e non necessariamente collegate. Perché è un tarlo che erode un insieme di capisaldi sui quali si fonda la stabilità individuale e collettiva, anche le distinzioni che determinano un approccio differenziato ai problemi. Il timore giustificato per il futuro del pro-prio tenore di vita finisce con l'alimentare una diffusa diffidenza nei confronti di ogni cambia-mento, anche se razionalmente sostenibile o addirittura necessario. Non solo spinge a identifi-care come “nemici” incombenti tutti coloro che si collocano oltre un perimetro che si è sempre più ridotto. E' in questo contesto che si cercano risposte semplici e rassicuranti. Questo mec-canismo non è nuovo e non nuovi sono i problemi che pone esso, e tende ad alzare i conflitti sociali sempre più basati sul proprio tornaconto e sui vari personalismi. E' sotto gli occhi di tutti il fenomeno di vedere spuntare frequentemente partiti personali che rappresentano poco più che i fondatori. Sempre in questo contesto qualche pomeriggio fa in un salotto televisivo un ospite poneva il problema se abbia senso oggi far nascere in questo contesto di paura un bam-bino. Una società che sembra, tramite la tecnologia, controllare tutti e tutto lascia però la per-sona sempre più sola in un contesto di smarrimento, ma è necessario una globalizzazione della speranza. Qualche giorno fa, come potete leggere in un'altra pagina del giornale, un missiona-rio comboniano in là con gli anni ripartirà tra qualche giorno per il Congo dove opera da qua-ranta anni e dove il 17 settembre dello scorso anno ha rischiato di lasciarci la vita dopo essere stato catturato, legato e malmenato dai ribelli. Oltre ai segni vistosi di questa vicenda lasciati sul suo corpo, negli occhi c'era sì un certo timore pensando a quella situazione ma dagli stessi occhi emanava un forte senso di speranza. Oltre alle opportunità economiche offerte dalla glo-balizzazione cogliamo anche quei segni di speranza che ci dicono che è possibile costruire il bene comune, e non solo quello individuale.

Luigi TalianiDirettore del settimanale EMMAUS Macerata

Uniti dal San Vicino Carissimi amici del “Castri Piri Valles”, questa è per noi l’occasione per superare la barriera delle montagne e stringere un’amicizia editoriale e collaborativa con un gruppo affiatato che ha dato vita a questa pubblicazione, degna di una comunità vivace ed intraprendente. Con cadenza periodica noi del quindicinale “Geronimo”, diffuso nelle alti valli dell’Esino e del Potenza (ossia dall’altra parte dell’imponente monte San Vicino, da Castelraimondo e San Severino, fino a Fabriano e Sassoferrato, passando per Matelica, Gagliole, Esanatoglia, Pioraco, Fiuminata, Genga e Cerreto d’Esi) daremo vita di volta in volta all’invio di notizie relati-ve a quanto accade nella nostra vallata racchiusa tra i monti, certi che la ripresa economica, culturale e so-ciale di questo nostro territorio montano passi in primo luogo dalla voglia di fare e di non arrendersi. Quando dieci anni fa (io ed il gruppo di giovani ventenni che eravamo) fondammo il nostro quindicinale ci ispirammo al nome del celebre apache di fine ‘800, che in nome della giustizia e della libertà del suo popolo, con un manipolo di uomini diede filo da torcere alla violenza degli eserciti statunitense e messicano, finendo poi con lo sfruttare per primo l’informazione del mondo occidentale (libri e giornali) per far conoscere direttamente il dramma e le angherie subite dalla sua gente. Così, da idealisti, immaginammo di poter far conoscere la real-tà dell’entroterra, la gloria del suo passato, la dignità dell’appartenenza, le difficoltà del presente ed i desideri di riscatto per il futuro. Sfogliando questo periodico, mi ci sono ritrovato in pieno. Ho guardato la sommità del San Vicino ed ho pensato che esso in qualche modo ci rappresenta tutti: la sua erta salita è la simbolica im-magine della condizione di ognuno di noi, la sua “maestà” sta quasi a ricordare l’antichità di questa terra, la croce di ferro a testimoniare l’identità culturale di queste vallate. Non è però campanilismo il nostro, cari ami-ci, e lo dimostriamo in questa collaborazione reciproca, ma semmai è la spinta propulsiva di chi non sa smet-tere di lottare e proprio non sa starci ad arrendersi. Ecco, “Voci del San Vicino” mi fa pensare ad un’immagi-ne di agorà di casa nostra dove confrontarci ed arricchire i nostri orizzonti.

Michele CesariDirettore di “Geronimo - Matelica”

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In Apiro, nella metà del secolo passato, mentre i più scendono a valle, una famiglia sale il colle

Scelte controcorrenteDalla farina, al pane e al condimento

Silenzi Edelvais , più conosciuta come Delvà, è una signora vicina ai 60 anni, sposata e madre di due giovanotti. Ha ereditato dal padre, ampliandola, l'attività della raccolta e della macinazione del grano prose-guendo la tradizione della famiglia, della quale ci racconta volentieri la storia.Forse pochi sanno che il cammino della famiglia Silenzi ha avuto origine nella valle di San Clemente, tra l'abbazia di Sant'Urbano e il fiume Esinante, prima di arrivare sulla collina di Apiro.Là, all'inizio del secolo scorso, una volta partiti i monaci, “Nonna Marì”, arguta, intraprendente e dotata della giusta scaltrezza per farsi strada nella vita, decide di dare una svolta alla sua famiglia e spinge il marito Sil-vio ad impiantare un bel mulino ad acqua sul fiume.Una scelta lungimirante dal momento che là le terre sono fertili e quindi perfette per la coltivazione del grano

e dei cereali in genere.Da qui inizia la bella, originale storia della Famiglia Silenzi .“Se l'artefice del futuro della famiglia è stata Nonna Marì, ci puoi tratteggiare questo singolare personaggio”?Una signora fatta a modo suo, di ben tre generazioni fa, non troppo alta, ma con due occhi vivi e intelligenti, dotata del massimo rispetto e sempre generosa e pronta ad aiutare chi ne avesse veramente bisogno.“Il primo mulino dunque è stato fatto da “Nonno Silvio” nella valle di San Cle-mente, ma quando la storia del mulino vi ha portati ad Apiro?”Nonna Marì ed i Silenzi capiscono che si può ancora crescere, ma per farlo bisogna diventare più grandi.Quindi con alcuni soci decidono di riprendere la licenza di produzione, trasferirsi ad Apiro e avviare in paese un mulino più grande, questa volta a cilindri.

“ I soci”!?Sì, all'inizio erano in tanti, ma con il tempo i Silenzi hanno acquistato le quote dei soci e nel giro di pochi anni il mulino di Apiro è rimasto solo di proprietà familiare, insieme al vecchio mulino di Sant'Urbano, fino a che quest'ultimo è stato venduto e la famiglia si è concentrata solo su quello di Apiro.“Perché in Apiro”?Beh, a volte le scelte imprenditoriali sono dettate anche da esigenze familiari e come sembra chiaro per i Silenzi la famiglia aveva un ruolo predominante.Aumentando la famiglia hanno pensato che per far crescere le nuove ge-nerazioni il paese potesse offrire maggiori possibilità.

Tanto è vero che anche le figlie erano state regi-strate in Apiro.“Comunque non vi siete fermati lì, nel tempo siete passati dalla farina, al pane e al condi-mento principe, l'olio. Non è così”?Sì, ad Apiro hanno continuato a cogliere nuove opportunità, da qui sono nate le attività del pani-ficio e dell'oleificio.Tutto era in rapida crescita, gli affari, il lavoro e la famiglia, tanto che si comprese che bisognava trovare una organizzazione diversa per affronta-re meglio la situazione.In effetti, intorno agli anni “70, anche in seguito all'introduzione dell'IVA, i fratelli Raniero, Luigi ed Emilio hanno deciso di allargare le attività e si sono separati:Raniero ha tenuto il Mulino di famiglia, Emilio ha preso il Panificio e Luigi l'Oleificio.

“Una scelta impegnativa, come avete vissuto questo passaggio?”Come normale, quando si devono prendere decisioni importanti, ci sono anche punti di vista contrastanti.Però lo spirito tenace e pragmatico di “nonna Marì” che aveva un po' contagiato tutti, ancora una volta ha fatto sì che tutto avvenisse in maniera tranquilla.“Quindi siamo arrivati ai giorni nostri, sei soddisfatta per quanto realizzato o hai rammarico per qualcosa fatto o non fatto?No, siamo tutti molto soddisfatti di quanto effettuato dai nostri predecessori, di quello che abbiamo fatto e siamo fiduciosi nel futuro.Sull'esempio dei nostri nonni, anche noi stiamo cercando di crescere e di allargare l'attività:al mulino abbiamo affiancato un esercizio commerciale di cereali e di attrezzature attinenti all'attività agricola ed altro; all'oleificio tradizionale di Apiro si è aggiunto un secondo, più moderno a Ponte Magno; da vari anni,

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l'attività del panificio si è ampliata con la produzione anche di dolci e con una rivendita nel centro storico del Paese.“Oggi si parla sempre di “CRISI”, anche voi la sentite?”Sì, ovviamente anche noi la sentiamo, ma per ora solo in maniera relativa.“E quali sono i progetti per il futuro?”Oramai il futuro è nelle mani dei miei figli, che ho intenzione di affiancare nella gestione dell'attività.Tra l'altro per continuare la tradizione dei nostri nonni, avrei il piacere che l'attività continuasse con il nome: “mulino Silenzi” .Questo che sia anche d'auspicio perché si possa continuare a seguire i valori che i nonni Silvio e Marì indi-carono tanti anni fa quando iniziarono tutto in quella dolce e fertile Valle di San Clemente.Un fervido augurio a tutta la famiglia perché non vengano a mancare mai lo spirito di iniziativa e la forza di andare avanti anche per il bene del paese.

E. M.

Tesisti al lavoro nell archivio del Comune.

Ricerca storica: strada provinciale “Filippo Mariotti” Continua in maniera spedita e proficua l’elaborazione delle due tesi di Laurea in Ingegneria per l'Ambien-te ed il Territorio, relative a ricerche storiche sulla evoluzione della tipologia costruttiva e funzionale delle in-frastrutture viarie presenti nelle zone limitrofe di Apiro. In particolare, dopo una prima analisi, l’attenzione degli studi si è focalizzata sulla strada provinciale apirese, tratto da Apiro verso Angeli di Mergo. Tale strada risulta nota come “strada Filippo Mariotti”, dal nome dell’illustre apirano che al tempo della sua costruzione (primi del novecento) fu Senatore del Regno d’Italia, che si preoccupò degli aspetti politici connessi al suo finanziamento. Molto probabilmente il primo giovane conseguirà la Laurea in Ingegneria di primo livello nel-l’Università Politecnica delle Marche nella prossima sessione di marzo. Un forte augurio (un “in bocca al lu-po”, come suole dirsi tra gli studenti universitari) a questi due giovani. Segue la descrizione dell’esperienza lavorativa svolta, scritta dai due laureandi Cristiano Rango e Lorenzo Sorana.

Prof. Ing. Amedeo Virgili

La parola ai tesisti Avendo trovato non poche difficoltà all'inizio del nostro lavoro, vuoi per la non esperienza, vuoi per altri mille motivi, stiamo comunque portando avanti il lavoro che ci è stato assegnato dal Prof. Amedeo Virgili. Questo consiste nel ricercare nell'archivio comunale di Apiro il materiale relativo a progetti, relazioni, leggi e corrispondenza, che, coerentemente assemblato, ci consentirà di produrre le nostre ricerche sulla strada “Filippo Mariotti”, nota oggi come provincia-le apirese. La prima grande difficoltà incontrata è stata quella di localizzare il materiale, in quanto l'archivio è ordinato secondo un indice progressi-vo che termina al diciannovesimo secolo. Essen-do la nostra strada un'opera realizzata tra il 1908 ed il 1919, in un primo momento non siamo riusciti a trovare il materiale. Successivamente, grazie alla collaborazione degli impiegati comunali, ab-biamo localizzato i documenti nell'archivio corren-te. Nonostante l'individuazione degli stessi, i nostri problemi erano appena all’inizio. Il materiale a noi pervenuto verte in condizioni fatiscenti, scritto nel-la maggior parte a mano e quindi di difficile inter-pretazione. La catalogazione e la collocazione risultano non proprio corrette, visto che documenti relativi a medesimi aspetti si trovano in faldoni diversi. Trattando i vari argomenti, abbiamo riscontrato inoltre la mancanza di alcune informazioni. Molti documenti sono andati persi nel corso degli anni. All'inizio il lavoro ci sembrò lungo e noioso. Poi ci siamo dovuti ricre-dere, in quanto stiamo ora scoprendo usi e curiosità dell'epoca, conoscendo il piacere della ricerca di tali informazioni. Detto ciò cercheremo, nei limiti delle nostre possibilità, di fare un lavoro più che dignitoso. Se-gue un estratto dalle nostre tesi. Nella figura riportiamo il prospetto e la pianta dell'originale costruzione de “u ponte de u Cotò”, distrutto poi durante la guerra.Infine uno stralcio dal verbale della sorveglianza dei lavori, recante data del 29 agosto 1911. “Sono terminati i lavori sul Cascatore, mentre seguitano i lavori di scavo delle fogne nella frana dove resta ferito un operaio con la frantumazione di due costole per una pietra cadutagli sopra mentre lavorava dentro lo scavo. Sono anche ricominciati gli scavi per la costruzione del ponte sul Cotone.”

Cristiano Rango, Lorenzo Sorana

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Il miracolo è nella collaborazione.

Il Giardino di zio Mario

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Il 06/10/2008 in Apiro si è celebrata, sia pure con due giorni di ritardo dovuto a motivi logistici, la festa degli alberi a cui si è abbinata quella dei nonni.Solo chi ha qualche anno ricorda il giorno in cui studenti di tutti gli ordini si ritrovavano in una località del territorio per mettere a dimo-ra le piante messe a disposizione dalla fore-stale. Quest'anno, lontano dal pensiero di ripristinare la giornata degli alberi, dal mo-mento che il corpo forestale fornisce le piante solo dietro richiesta e il pagamento da parte dei Comuni, le cui economie, come si sa, non nuotano nell'oro, si è proceduto alla piantu-mazione di alberi ornamentali e da frutto su due lati del plesso Scuola dell'infanzia. Forse tutti notavano la bella struttura priva di verde, ma una nonna accompagnan-do le nipotine non comprendeva perché le aule fossero tanto infuocate dal calore di maggio e giugno nonostante gli sportelloni chiusi.Ha proposto l'offerta delle piante alle maestre ed al personale A.T.A che hanno accolto con entusiasmo l'idea. La Fiduciaria ha inoltrato la domanda, firmata dalle maestre e da alcuni genitori, al Sindaco ed al Capo d'Istituto che hanno considerato buona l'idea. Il Sindaco, tramite i tecnici comunali, ha messo a disposizione i mezzi meccanici e gli operai, tra l'altro molto esperti nel pianta-re gli alberi più grandi, il Capo d'Istituto ha colto l'occasione per procedere alla realizza-zione del progetto Comenius di cui la festa degli alberi costituisce la prima iniziativa, per l'anno in corso, nell'ambito della tematica specifica relativa ad alberi e foreste. Sono intervenute autorità quali l'as-sessore alla pubblica istruzione, il presidente della Comunità montana del San Vicino e l'assessore alla provincia di Macerata. Tutti hanno spiegato agli alunni, in modo molto chiaro il valore degli alberi e l'importanza del-

l'educazione fin da piccoli al rispetto della na-tura. Credo che l'iniziativa sia stata apprez-zata dalle numerose persone intervenute, ma è doveroso sottolineare come “Il giardino di zio Mario “, così è stato chiamato in ricordo di Mario, è stato realizzato con l'apporto di mol-te persone le quali, in un'epoca in cui ognuno è chiuso in sé stesso, preso dai mille problemi quotidiani, hanno offerto un sia pur piccolo esempio di come un'idea, un progetto, possa essere portato a termine solo agendo insieme senza se e senza ma: la dirigente scolastica, il Sindaco, il personale A.T.A., i tecnici comu-nali con consigli pratici, gli stessi operai che non si sono risparmiati nei lavori di prepara-zione e di piantumazione e soprattutto le maestre che hanno rivelato entusiasmo, col-laborazione e tanto desiderio di migliorare ed arricchire il giardino.

Così Mario che aveva già tanti nipoti e pronipoti a cui voleva molto bene è diventato zio di tanti bimbi: quelli che frequentano que-st'anno la scuola materna e quelli che la fre-quenteranno in seguito.Un augurio forte che il tutto non si esaurisca con il tempo e permanga il desiderio di ren-dere l'ambiente sempre più accogliente e ras-serenante.

Elia Mariotti

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La casa di Ubaldina

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L’abbiamo visitata, accolti gentilmente dal figlio Pietro; è stata anche l’atelier di Ubaldina Tarabello madre di quattro figli e pittrice per una ventina di anni, dal ‘’76 al ‘’96.

Qui è tutto come prima…. un vissuto di quasi un secolo per una numerosa famiglia di modeste condizioni, ora museo, con pareti tappezzate di quadri, quelli che Lei più amava, sofferti nel soggetto e nella realizzazione, non ceduti anche su allettanti offerte; e gli altri? quanti?…tanti…ceduti anche in cambio di servizi, ora ornano molte abitazioni di Apiro e dintorni.Pietro, il figlio minore, custode integerrimo della memoria, ci fa da guida.Pietro sa veramente tutto; coltiva la pas-sione per la fotografia e la narrativa, sta scri-vendo un romanzo.Dice:“Mia madre ha sem-pre pitturato ad olio; ha iniziato quando si è sentita libera dalle

cure della numerosa famiglia”.I soggetti? Mentre ci introduce nella casa-museo ci dice:“Eccoli! Privilegiati sono i fiori, gli ambienti domestici con i mestieri, la natura morta, i quadri carto-lina dei paesaggi, i ritratti a richiesta, amava anche riprodurre quadri di pittori famosi del passato, come testimonia la “Gioconda” di Leonardo e “I Girasoli” di Van Gogh.I quadri potevano nascere anche da spunti apparentemente banali; ricordo una foto in una busta di cellofan, studiata e riprodotta in un quadro da mia madre”.

Domandiamo dopo aver “chattato” sulle origini del-la famiglia:“Non avendo frequentato una scuola specifica, sarà che tua madre conservasse nel Suo DNA la tradizione dei Tarabello che, oltre che carrai, furono imbattibili nella decorazione sgargiante dei birocci dove troneggiava anche il S.Antonio sulla tavola più grande?”E Pietro, pensoso, fa: “Chissà…. Mamma aveva frequentato fino alla sesta, quanto offriva allora il paese; ma era del ceppo dei Tarabello”.Siccome Pietro è valente fotografo, gli chiediamo di collaborare con noi; abbiamo intenzione di orga-nizzare una “Mostra della hobbistica” nel 900 apirano nelle piazze di Apiro. Un catalogo del “Suo museo in Memoria di Ubaldina” ci figurerebbe bene e arricchirebbe l’iniziativa”.

Pietro ci penserà, ma aggiunge che la visita al museo è un po’ problematica.Ci accompagna poi nella cucina e ci indica la cappa del camino dove Ubaldina voleva appeso il quadro che più amava.

Pietro Scuppa a colloquio

Nella speranza di mostrarvi tanto sull’hobbistica, in anteprima pubblichiamo un modellino di biroccio per gentile concessione della fam. Bertoni.

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Manifestazioni di interesse all ombra del San VicinoCon questo numero diamo inizio ad una rubrica delle manifestazioni di interesse che vengono organizzate

intorno al San Vicino. Un sentito grazie ai corrispondenti per le informazioni procurateci.

Per Apiro: Rosanna De Luca; per Matelica: la Redazione di “Geronimo”; per Serra San Quirico: Donata Cattaneo; per Cupramontana: Sabrina Vitali.

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Apiro22 marzo San Giuseppe -. Cerretine10 Aprile Processione col Cristo Morto 19 Aprile Festa dell Annunziata .. Cerretine25 Aprile Giornata della Liberazione26 Aprile Festa della Santa Croce. Montalvello01 Maggio Festa di S. Andrea - S. Andrea03 Maggio Festa di S. Isidoro (e Sagra della Por-chetta). S. Isidoro10 Maggio Pellegrinaggio alla Mad. Della Grotta25 Maggio Festa di S. UrbanoUNITALSI21-22 Marzo -Giornata Naz.le: piantine di olivo in tutte le piazze d Italia.

TeatroEsaurita la stagione invernale il 15 febbraio con “PROIET-TAMOCI SU RoMa” e con la premiazione della Commedia Comica di A.Gubinelli, si attende l’inizio della “SECONDA EDIZIONE – GIRO D’ITALIA2!” che prevede quattro mani-festazioni nel mese di marzo, una ogni settimana.

Dalla redazione di Geronimo

Matelica11 marzo – Pellegrinaggio della Diocesi di Fabriano – Matelica a Roma22 marzo – Escursione sui monti di Esanatoglia (L Uma-na Dimora, tel. 347-3698545)1 maggio – Passeggiata ecologica a Vinano (Pro Mateli-ca 0737-85671)10 maggio – Festa di San Cataldo (Copatrono di Esana-toglia)16-30 maggio – Feste Triennali del SS. Crocifisso (Mate-lica)13 – 25 maggio – Corsa alla Spada (Camerino)13-24 giugno (Fabriano) – Palio di San Giovanni

14 giugno – Infiorata del Corpus Domini (Castelraimon-do)

Dalla redazione dell ”Eco della Rossa”

Serra S.QuiricoMostra di Pasqualino Rossi - Chiesa di S. Lucia (fino al 13 sett 09)Rassegna Naz.le Teatro della ScuolaQuaresima - Chiesa di S. Quirico: Venerazione della Sa-cra SpinaI Maggio a Rotorscio - Sacra e Teatro

Cupramontana

Sabato 4 aprile (pomeriggio): presentazione del libro fotografico sui 30 anni di scoutismo a Cupra Montana, Apiro e Staffolo intitolato “UNITI ANCORA NELLA PROMESSA”. Autore: Marco Ferazzani.Presenta l'evento Giovanni Franchi De Cavalieri, Commis-sario Europeo degli Scout d'Europa.Domenica 5 aprile ore 10:30: Processione delle Palme per le vie di Cupra Montana.Venerdì 10 aprile ore 20:00: Processione del Cristo MortoSabato 25 aprile: Festa di S. Marco in contrada S. Marco a Cupra Montana.Domenica 10 maggio: Pellegrinaggio a piedi ai Frati Bianchi.Domenica 17 maggio ore 6:00: Pellegrinaggio alla Ma-donna della grotta.Lunedì 25 maggio: Fiera di Sant'EleuterioMartedì 26 maggio: Festa del Patrono di Cupra Montana, Sant'Eleuterio. Ore 11:30 Santa Messa con il Vescovo S.E. Mons. Gerardo Rocconi.Domenica 31 maggio: Palio delle contrade per Sant'Eleu-terio.Domenica 7 giugno: Prima ComunioneDomenica 14 giugno: Corpus Domini con infiorata.

Associazioni religiose e culturali ci propongono un intenso programma

Festa al “circoletto” degli anziani

La Sacra Spina di Serra San Quirico

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STORICI E RICERCATORI PREPARANO IL CONVEGNO SU O. TURCHI

Uno storico apirano del `700Slancio del `700 per la ricerca storica locale

Nel ̀ 700 ci fu un generale risveglio di ricerca storica, che ebbe come figura rappresentativa Ludovico Mu-ratori a livello nazionale e l'abate Colucci a livello regionale. Nacque una storiografia erudita che sostituì quella prammatica e tendenziosa del Rinascimento con l'espressione più alta in Muratori, Giannone e Vico. Anche il Turchi segue tale criterio. Scrive nel manoscritto "Delle memorie storiche di Apiro, dissertazioni varie": Pur con tutto ciò avrò della di lui [Apiro] origine qualche cosa a dire e da alcuni nobili documenti, che abbiano di esso con qualche fondamento discorrere...". Inoltre quasi ogni città o paese, quasi ogni diocesi, in quel periodo hanno avuto il loro ricercatore storico. Cosa abbastanza singolare è che la maggior parte dei ricercatori storici siano degli ecclesiastici, segno di amore per il popolo in mezzo a cui vivevano. È risaputo che c'era anche un fitto scambio di notizie tra i vari storici. Ogni ricercatore offriva agli altri il suo contributo e ne era ricambiato con altrettante notizie locali. Ciò permetteva di integrarsi scambievolmente. Così il reve-rendo Ludovico Muratori poteva intessere il mosaico degli "Annali d'ltalia" (1744 -1749) e "Rerum italicanrum scriptores paecipui ab anno D ad annum MD», (Principali scrittori di cose italiche dall'anno 500 al 1500, 28 volumi, di cui uno postumo); l'abate Giuseppe Colucci (1752 – 1809) poteva comporre quello "Delle antichità picene", Fermo 1792 e anni precedenti e seguenti; nella seconda metà del `700 i monaci camaldolesi racco-glievano le memorie del loro ordine negli "Annales camaldulenses", Venezia 1762-64. Apiro vi contribuì con le ricerche del canonico Ottavio Turchi. Sarebbe interessan-te poter consultare l`Epistolario del Muratori se tra le 66mila lettere riportate, ne avesse conservata qualcuna del nostro Turchi. Il nostro storîco nel manoscritto "Delle istoriche me-morie di Apiro, raccolta in varie dissertazioni da Ottavio Tur-chi, sulla storia civile", 1745, dice di aver almeno una lettera del Muratori: "Consultato il celeberrimo signore Muratori per mezzo di mons. Ludovico cav.., gov... di San Severino sopra l'uso di presentare i palii n'ebbi tale risposta". Segue poi la risposta.

Passione storica del Turchi

Nell'introduzione alla storia civile di Apiro ha lasciato traccia della sua passione storica e a volte archeologica.

La sua passione storica gli fa lamentare "L'avidità per altra di gloria ha fatto che talora uno scrittore sia trascorso in qualche sproposito, facendo alla sua patria trar origine da qualche desolata città, di cui neppure assi notizia del preci-so sito, ove negli andati tempi giacesse. E per ciò fare han-no alcuni scartabellato antichi cosmografi e geografi hanno ricercate tavole topografe e per non aver documentazione autorevole, che gli appoggi sono perfino ricorsi al cielo per fissare il luogo di quelle non più conosciute cittadi ivi dove giacere veggono le loro patrie» (manoscritto "Dissertazioni varie", paragrafo "Sopra l'origine di Apiro").

Dice spesso di essersi recato sul posto, di aver osserva-to e a volte aver scavato. Nello stesso manoscritto scrive: "Ci resta dunque a passare alla ricerca del sito ove l'antico Apiro giaceva. [...] Siamo iti in cerca, di qualche contrada, che tal si chiamasse, l'abbiamo ritrovata, e abbia-mo poscia del castello rinvenute le vestigia affatto sepolte e sparute. Con egual diligenza ci è riuscito di tro-vare il castello di Faieta del tutto parimenti mancato; di cui abbiamo persino dissotterrate le mura castellane; poiché abbiamo tuttora una villa chiamata Faete nelle cui giacenze il luogo ritrovammo precisa ove giaceva il castello, che ora chiamasi Castelvecchio".

Le opere edite

Ottavio Turchi ha scritto nove opere. Solo quattro opere sono state pubblicate. Due sono state pub-blicate in vita:

1. "Camerinum sacrum. De ecclesiae camerinensis pontificibus libri VI” (Sei libri sui vescovi della chiesa di Camerino), Roma 1762. L'opera maggiore, che riguarda le vicende della diocesi di Came-rino dal suo sorgere fino alla metà dei `700, pietra miliare per ogni ricerca storica sempre più attuale con l'andare del tempo, perché molte testimonianze sono andate perse.

2. "La vita di s, Domenico confessore, detto il Loricato, eremita benedettino di Santa Croce del Fonte Avellano, tratta dagli scritti di S. Pier Damiano, raccolta ed illustrata da O. Turchi, canonico della pe-rinsigne collegiata di Apiro, Roma nella stamperia di Attornio De Roffi 1749. Opera che riguarda un santo della chiesa camerte e il famoso sacramentario di Frontale.

3. "Constitutiones capituli et canonicorum perinsignis collegiatae sancti Urbani terrae Apiri", Roma 1819. Postuma.

4. “Della valle di S. Clemente”, postuma in “Delle antichità picene” dell’abate Giuseppe Colucci, tomo XVI, Fermo 1792. Nella prefazione l’abate Colucci, che non aveva conosciuto personalmente il Tur-

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chi, cercò il suddetto manoscritto perché l’aveva tante volte visto citato nel “Camerinum sacrum”. Ne chiese notizia all’abate Francesco Minicucci del Massaccio (oggi Cupramontana). Per sua e nostra fortuna il Minicucci ne aveva una copia. Si affrettò ad inviargliela. L’abate Colucci pregò il Minicucci di cercare altri inediti in Apiro specialmente sulla storia civile e sacra di Apiro. Non ne trovò. Segno che gli eredi del Turchi, dopo la sua morte avvenuta nel 1769, in breve ne avevano disperso il patri-monio di ricerca storica. Per nostra fortuna, almeno cinque sono tuttora reperibili nell’archivio storico di Apiro. Parlo di almeno cinque manoscritti, perché qualche voce parla dell’esistenza anche di altri. A tutto oggi non ne ho prova.

I manoscritti

Cinque opere sono tuttora inedite e giacciono nell'archivio storico del comune di Apiro. Per ora ne esistono solo le trascrizioni da parte del maestro di scuola elementare Livio Zamponi.

Queste opere sono:1. "Delle memorie istoriche di Apiro, dissertazioni varie»,

libro I °.2. "Delle istoriche memorie di Apiro, raccolte in varie

dissertazioni, sulla storia civile", libro 1°, parti 1a e 2a, 1745.

3. "Della istoria di Apiro, del politico regolamento antico e moderno di Apiro e de' privilegi del Comune, libro 1°, parte 2a. Non ci è dato sapere se esiste una prima parte. Oppure se la dissertazione sulla collegiata di S. Urbano debba essere considerata la prima parte.

4. "Della istoria di Apiro istoria sagra, collegiata di S. Ur-bano ".

5. "Dell'istoria sagra di Apiro", libro 2°, parte 1a e 2a.Trascrizioni di documenti

Da notare che il Turchi ha arricchito tutte le sue opere con un'appendice, in cui ha trascritto molti documenti come pergame-ne, delibere, lettere, sentenze, lapidi, iscrizioni, ecc. Ha fatto ciò: "poiché quello, che d'esso [origine di Apiro] si sa, qualche cosa avremo esposto, lascerò che il letterato lettore formi dell'origine di Apiro quell'idea che alla sua erudizione meglio s'atterrà e crederalla più vera" (manoscritto "Delle memoria istoriche di Apiro, dissertazioni varie”).

Dobbiamo essere riconoscenti non solo per lo scopo per cui egli lo ha fatto, ma ancor di più perché molti documenti con il passar del tempo sono andati persi e/o si sono logorati. Già alcuni, a metà settecento, il Turchi dice di averli trovati logori in qualche parte o illeggibili.

Don Vincenzo FinocchioN.d.R.: abbiamo ridotto il testo eliminando il capoverso “la biografia di O. Turchi”

A Matelica Turchi riscopre la storia benedettina

La storia matelicese è per molti aspetti poco legata a quella della vicino Apiro, ma c’è un legame storico non secondario che ha reso la comunità matelicese debitrice nei confronti dell’antico Castrum Piri: si tratta dello studioso Ottavio Turchi, che attraverso le sue ricerche, ha permesso di perpetuare le antiche memorie della nostra città, soprattutto di epoca medie-vale ed in parte rinascimentale. Ottavio Turchi nella sua figura di accorto storico permise infatti la “riscoperta” dell’insediamento benedettino nell’alta valle del fiume Esino, dove giustamente individuò «una Tebaide» nell’alto Medioevo. Ad emendare i suoi studi con interessanti docu-menti sfuggitigli e raccolti nel Camerinum Sacrum del 1762, sarebbe stato alla fine del secolo l’alsaziano Giuseppe Antonio Vogel, che, con meticolosità scientifica e razionale, curò la siste-mazione degli archivi storici del Comune e della Diocesi di Matelica.Possiamo comunque asserire con tranquillità che gli studi condotti dal Turchi sulla realtà bene-dettina nell’area «matelicana», aprì nuovi filoni ed aprì accesi dibattiti, come quello ostico, le-gato al reale Ordine religioso di appartenenza della Beata Mattia Nazzarei (1290 – 1355), ma-dre badessa del Monastero di S. Maria Maddalena, da sempre molto amata e venerata dai ma-telicesi, nota però anche per il mistero dell’umore sanguigno che da secoli trasuda dal suo cor-po rimasto parzialmente incorrotto. Il Turchi sostenne, carte (o pergamene che si voglia) alla mano, che la santa donna fosse stata una benedettina, essendo sopraggiunte le Clarisse (che tuttora vi risiedono) solo dopo il 1521 e senza una minima prova di esserci mai state prima. A sostenere la sua stessa tesi, in una cittadina che divenne poi fortemente francescana furono il suddetto Vogel ed il suo amico ed “allievo” Camillo Acquacotta. Proprio il Vogel, in una lettera

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del 14 novembre 1816, menziona questa vicenda, che aveva generato un conseguente risen-timento da parte delle Clarisse e dei Frati Minori, i quali avevano anche stampato un infiamma-to libello contro lo storico matelicese e gli studiosi che lo avevano predeceduto su tale tesi. «Io ho scritto questa mattina – sostiene il Vogel nella missiva – una lunga lettera all’arciprete Ac-quacotta per aiutarlo a difendersi contro un R.P. osservante che stampò contro di lui una dis-sertazione istorico-critica. L’arciprete pretende secondo il parere del Can. Turchi ed il mio, che la B. Mattia era Benedettina, ed il Zoccolante la vuol Clarissa». Già in precedenza l’alsaziano era però intervenuto a difesa della sua tesi, basata anche sugli scritti del suo illustre predeces-sore, il Turchi, arrivando a scrivere allo stesso P. Maestro Stefano Rinaldi Minore Conventuale in Roma. «Passiamo alla B. Mattia, di cui Ella mi richiede alcune notizie. Che ab-bia professato la Regola di S. Benedetto è certo. Che sia stata Damianita, si as-serirebbe senza fondamento», quindi passa ad elencare le varie prove e si sofferma sul fatto che «il Turchi pag. CXXII ne riferisce una fatta coram Nobili et religiosa domina D. Francisca Federici abbatissa Monasterii S. Mariae Magd. Ord. S. Ben. Dei 3 luglio 1344», arri-vando a recepire che a generare l’incre-scioso scambio di veste fu l’opportunisti-ca e disinibita politica dei Conti Ottoni di Matelica: «essendo i pp. Osservanti sot-tentrati a Matelica ai pp. Conventuali nel 1518, 7 apr., convenne poco dopo an-che alle monache Benedettine cedere il luogo alle suore povere di S. Maria degli Angeli, Leone X avendo affidata la direzione del monastero di S: Maria Maddalena ai pp. Os-servanti. Il Turchi ne cita il breve del 15 febr. 1524».Oltre a questa delicata vicenda tipica dell’epoca signorile, il Turchi permise molti altri “ritrova-menti” d’archivio. A lui si deve la ricostruzione dell’influenza avellanita nell’area matelicese del monte San Vicino. Nella Biblioteca storica della Diocesi di Matelica esiste ancora oggi una co-pia, in perfetto stato di conservazione, del suo prezioso libro “La vita di S. Domenico Confesso-re detto il Loricato, Eremita Benedettino di S. Croce del fonte Avellano, tratta dagli scritti di S. Pier Damiano”, stampato a Roma, presso la Stamperia di Antonio de’ Rossi, nel 1749. Sfoglian-do la corposa opera si ricava l’appartenenza ad esempio dall’Eremo del Suavicino della ecclesia SS. Nicolai et Esusperantii, posta nella villa Colferarii (oggi Colferraio), lungo la strada che conduceva verso Apiro. Di questa antica presenza si sa tuttora poco o niente, se non che la chiesa finì con l’essere abbandonata.

Matteo Parrini

“Nacqui in Piazza Ottavio Turchi n°2”

Quando Dio vuoI convertire gli uomini e farli santi, fa un santo con un altro santo. Santo fu Cornelio il Centurione, lo convertì Dio con un al-tro santo, San Pietro. Santo fu Dionigi Areopagita, lo con-vertì Dio con un altro santo, San Paolo. Santo fu S. Ago-stino, lo convertì Dio con un altro santo, Sant'Ambrogio. Da questa premessa non risulto santo, ma aleggiano su di me i grandi personaggi, incontrati nella mia vita. Ancor fanciullo, dal Seminario di Camerino indirizzavo le lettere ai miei genitori: piazza Ottavio Turchi, n. 2. Apiro (Mc).Ognuno aveva i suoi vanti tra noi seminaristi : le cartiere di Pioraco, i monti Sibillini di Sarnano, il castello Pallotta di Caldarola, l'Università di Camerino. Del mio paese non trovavo di meglio che il campanone di Sant'Urbano, o il

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vocabolario d'italiano di Enrico Mestica, adottato nelle scuole dal Vice Rettore, originario di Apiro.Proseguendo gli studi, i campanilismi si affievolirono; e affiorarono i vari personaggi; e fu proprio il professor Antonio Bittarelli a farmi notare che la mia piazza onorava lo storico Turchi, autore del Camerinum Sacrum.Quando Don Loris Carducci tra gli scolari della quinta elementare puntò lo sguardo su di me, quale suo più fidato chierichetto, da inviare in Seminario a Camerino, io risposi: "Dov.è?...”.Era il 1954. Ci vorrebbe la penna di Edmondo De Amicis e descrivere corriera, treno e tram in quelle tre ore e mezzo interminabili per raggiungere al di là del monte San Vicino, Camerino. Sapere ora che un mio con-cittadino era stato lo storico della Chiesa Camerte mi riconciliava con quel luogo centro della Diocesi, come soleva ripetere l'Arcivescovo D'Avack, che io invece sentivo come il Macheronte, dove il Battista fu incarce-rato...Allora risultava incarcerato anche il volume del Turchi, misterioso, conservato in biblioteca e inavvicinabile, citato e mai sfogliato, riservato agli addetti ai lavori. Noi Liceali, prima a sgobbare sul latino e greco; e poi, teologi, sulla morale del Noldin e la dogmatica del Parente. Il sacerdozio mi ha portato poi, lontano, a Roma e la vita militare a Taranto, Treviso, Trieste, Venezia e Parma. Ritornato ora nelle Marche, ho ripreso ad ap-

passionarmi alla storia della mia gente e, dopo aver scritto un saggio sulla Beata Camilla Battista da Varano, ho avuto la sorpresa di trovare presso un antiquario di Macerata il volume di Ottavio Tur-chi il “Camerinum Sacrum”, non ho badato a spe-se; era la mia infanzia, il legame con il mio paese, che per alterne vicende ho lasciato nel 1974. Ho letto e riletto la storia sacra della Diocesi, a cui appartengo. Ottavio Turchi, nato ad Apiro il 23 agosto 1694 è sepolto nella collegiata di Sant'Urbano nel sacello dei canonici dal 26 maggio 1769. Se Serra San Quirico lo annoverò tra i suoi cittadini onorari, Ca-merino gli conferì il titolo di "Patrizio Camerinese."E troppo poco che Apiro abbia dedicato solo una piazza al suo storico, paragonabile a Muratori. La differenza è che Turchi scrisse la nostra storia e non quella di Firenze. Sfoglio ancora tra le mani l'opera del Turchi; nel primo frontespizio interno trovo il titolo più famoso tra i cultori di storia: "Ca-merinum Sacrum" mentre il titolo completo è "DE ECCLESIAE CAMERINENSIS PONTIFICIBUS” libri VI Roma 1762.Il Santoni definì il tomo "opera di soda erudizione e profonda critica." Aringoli nella "Guida di Came-rino” scrive: "ricco di notizie e di documenti, in ele-gante latino”. Feliciangeli nella "Cronotassi dei più antichi vescovi di Camerino" ribadisce che l'opera del Turchi è "veramente ragguardevole per l'ampio disegno, per le interpretazioni delle fonti, per l'in-tegrazione di esse con le cognizioni di storia gene-rale, per le induzioni e congetture acute e fatte salde nella connessione logica". Continua il Feli-

ciangeli a lodare nel Turchi "una congenita tendenza all'accertamento del vero storico, secondo le norme della critica razionale e a una visione dei fatti non puramente analitica". E conclude:"Chi da allora mette ma-no ai grandi problemi della storia religiosa camerte deve fare i conti con lui: le origini cristiane della città, i santi Venanzio, Leonzio, Ansovino, Severino, Vittorino, Romualdo, le badie di Chiaravalle di Fiastra, Rio Sa-cro, Val di Castro". Pregevole inoltre è l'opera del Turchi per il salvataggio di documenti trascritti, che sono 115 nel solo "Camerinum Sacrum," intagliata da quel motto a lui caro "altro da noi non cercasi che la scoper-ta del vero”.Il miglior ritratto di ciascuno è quello che scrive. Il corpo si ritrae con il pennello, l'anima con la penna. Ovidio, esiliato nel Ponto, ad un suo amico che lo portava ritratto nella pietra di un anello mandò i suoi versi, dicendo che quello era il suo vero ritratto.Nel ricordare Ottavio Turchi allora faccio mio il pensiero di Seneca che quando leggeva le carte di Lucilio diceva che lo vedeva; così anche noi potremo vedere sempre il volto del nostro storico di Apiro, ritratto nei suoi libri.

Eraldo Pittori

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Teatranti già all opera. Eccoci qua… La compagnia teatrale “poco stabile” si è rimessa a lavoro.Il primo maggio a Rotorscio, con l’occasione della festa dei Santi Sebastiano e Atanasio, repli-cherà il recital su San Francesco.Inoltre ha già in cantiere la nuova recita che vedrete al teatro di Apiro, a settembre. Quest’an-no la storia sarà ambientata tra Cupramontana e Maiolati, nell’anno 1400 e narrerà le vicende del Beato Angelo.Continuiamo così la saga dei Santi che hanno condizionato la vita nelle nostre terre tra gli anni 1000 e 1500: Romualdo, Ugo da Serra, Silvestro. Chissà se riusciremo ad “inscenarli” tutti o se per qualche anno sospenderemo l’argomento per dedicarci a qualcosa di più “pagano”…Comunque quest’anno il tema sarà il Beato Angelo e la lotta contro gli eretici che finivano al rogo. Diversi anni fa eravamo riusciti ad “inscenare” a Rotorscio la condanna di una strega che finiva al rogo, in teatro sarà più difficile fare un bel falò, ma confidiamo nella creatività della nostra regista Paola e nell’aiuto prezioso dei nostri tecnici.Confidiamo anche nel gruppo “Acqua viva” di Cupramontana che, con la loro sublime musica, continui ad accompagnarci. Il gruppo “Acqua viva” si è unito a noi l’anno scorso per la prima volta. Due realtà diverse, un po’ come il diavolo e l’acqua santa. Loro sicuramente l’acqua san-ta, sempre seri, educati, discreti e soprattutto professionali. E noi? Il diavolo, un po’ come l’armata Brancaleone. Un gruppo ormai consolidato di “attori” provenienti da Apiro, Frontale, Castellaro, Sasso e Serra San Quirico a cui piace molto scherzare, ridere, giocare e poco lavo-rare, che alla fine riesce a stupire tutti, specialmente se stessi.Quindi continuate a seguirci e non perdetevi i futuri spettacoli.

Luana Lorenzetti per tutti

Dai confini dei confiniDivagazioni sulla travagliata storia della Valle di S.Clemente e di un Ab-bazia di tutti e di nessuno

Parte della parrocchia di Castellano si estende fuori dei confini della propria Frazione , Comune di Serra San Quirico invadendo i territori vicini: il territorio di Sasso in località Palombare, il territorio di Domo in località Chiavellini, il territorio di Apiro, provincia di Macerata, in località Esinante, oltrepassando addirittura il confine naturale tracciato dal fiumiciattolo che porta lo stesso nome e, in località Confini, ancora il Comune di Apiro.La matassa più ingarbugliata però…coraggio lettori!...riguarda l’Abbazia di S.Urbano, territorio di Apiro, Parrocchia di Domo, Diocesi di Fabriano. Nel corso dei secoli si sono registrati aggiornamenti di molti con-fini; qui nella zona “Confini”, nulla è cambiato.Si è voluto agevolare il sogno dei Fabrianesi, quello di oltrepassare le montagne, occupare l’alta Vallesina, essere spina al fianco di Jesi?Se vogliamo menzionare “ab ovo” la storia, non col rigore dei ricercatori DOC, ma come appassionati, possiamo ricordare che furono i Conti Rovelloni, intorno al 12mo secolo a sottomettersi a Jesi e chiedere protezione… da chi?....da S.Severino, l’antica Septempeda, da Fabriano che nel 1300 invase i loro Castelli e le loro terre site nella Valle di S.Clemente?Al tempo ci si mise anche il Papa a complicare le cose e concesse a Fabriano i Castelli di Rotorscio e Do-mo, premio di fedeltà per lui costretto a soggiornare ad Avignone; la Curia papalina non estese però (di-menticanza?) il dominio sul territorio di Rotorscio perché i feudatari conti Scala, fortemente legati a Jesi, si impossessarono di Domo.Napoleone, anche lui, ridisegnò alcuni confini, peggiorando la situazione; ma la chiesa non mollò l’osso.Domo e Rotorscio seguiranno poi uguali sorti civili, aggregati al Comune di Serra SanQuirico; per la reli-gione rimasero Rotorscio legato all’ Arcidiocesi di Camerino, Domo alla Diocesi di Fabriano.E l’abbazia di S.Urbano, Comune di Apiro, Diocesi di Fabriano, parrocchia di Domo?Dopo essere stata ufficiata per le funzioni domenicali, per qualche secolo, a favore dei contadini della zo-na, ora è nell’abbandono.

Giovanni Loccioni

Qualcosa si muoveUna gigantografia ci invita a sognare tempi migliori... Speriamo bene!

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Il maestro Andrea Morico ci introduce alla cultura musicale

Lo Steinway & Sons di ApiroParte prima - incontro con lo strumento

Alcuni anni fa, se non ricordo male era il 1° maggio del 2003, in occasione della rievocazione storica al castel-

lo di Rotorscio, venni informato che poco distante, nei paraggi, vi era uno Steinway a coda di fine ottocento; …di otti-ma fattura, per giunta! -mi dissero-Lì per lì pensai ad uno scherzo… magari, dicevo tra me e me, hanno letto male la marca del pianoforte, sì sì dicevo…, forse si sono sbagliati… oppure si sono sba-

gliati sulla data…no no…non può essere….eppoi an-che se fosse, …fine ‘800 …ma non è possibile!…sia-mo nel duemila …eppoi anche se fosse, sicuramente sarà spaccato o rotto, o difettoso...Improvvisamente la recita, con tutto rispetto, non esi-

steva più per me, la gente, tanta…non la vedevo più. Ero solo, col mio dubbio amletico, nonostante fossi circondato da tantissimi spettatori giunti fin lassù, in quell’alto colle tra i Comuni di Apiro, Cupramontana e Serra San Quirico, ad assistere alla rievocazione storica

organizzata dalla compagnia teatrale “Accadde a Ro-torscio” che recitava nel prato dove un tempo era la piazza del castello.Camminavo a testa bassa, cercando soltanto di non urtare gli spettatori e ripetevo di continuo: “ma sarà vero? uno Steinway dell’800 quassù…”

Alla fine mi convinsi che non c’era altra cosa da fare se non verificare di persona se tutto ciò fosse reale.Andai dal proprietario dello strumento (Don Elvio Sforza) che a quel tempo non conoscevo, mi presentai e gli chiesi con garbo se possedeva realmente uno Steinway di fine ‘800.Don Elvio non ci pensò due volte, impegnato nella recita non poteva certo perder tempo con uno sconosciuto per cui senza indugiare, mi diede le chiavi di casa.

Potevo essere chiunque, eppure mi diede le chiavi di casa.Una tal fiducia è un fatto immediato, spontaneo e assolu-tamente intuitivo, capii, anzi capimmo guardandoci negli occhi, che a breve saremmo diventati amici…anzi, più che amici.

Allungai la mano e presi con timidezza, ma anche con emozione, le chiavi, e mi avviai immediatamente presso la dimora ove era custodito lo Steinway.

Entrai…era lì, chiuso, in un angolo. Non potevo credere ai miei occhi.

Non avevo ancora aperto il coperchio della tastiera per cui non avevo ancora la certezza che si trattasse di uno Steinway, ma la fattura, il legno, il disegno delle gambe, e quei meravigliosi intarsi che circondavano la struttura mi fecero capire subito che avevo davanti a me uno strumento

di gran pregio.Lo spostai e lo misi al centro della stanza. Poi mi decisi a sollevare il coperchio e lo feci lentamente, molto lentamente, con le mani che un pò mi tremavano.Vidi per primi i tasti ...tastiera in avorio ed ebano (non le fanno più -mi dissi- …è antico!).Alla fine, come per magia, la scritta …inconfondibile, a caratteri gotici:

Steinway & SonsPatent Grand

New York & Hamburg

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Ok. Calma.Era proprio uno Steinway. L’avevo visto coi miei occhi. Stavolta non c’erano dubbi. Ma non bastava. Era troppo presto per esultare. Tanto tempo avrebbe potuto danneggiarlo, l’umidità, l’incuria, l’errore uma-no… Troppi, troppi anni son passati. Bisognava verificare.Non sono un tecnico, sono un pianista e il pianista sta al tecnico come il pilota sta al meccanico.Il pilota non sa riparare un motore, ma capisce se il motore è buono. Il pilota sa correre e può capire se la macchina è in grado di correre e se sa tenere la strada.Ma prima di far correre la macchina, decisi di dare un’occhiata al motore.

Sollevai il coperchio e aprii il telaio. La cassa armonica sembra buona -mi dissi-, l’arpa, in ghisa, è integra. Le corde sono ben tese e le caviglie sembrano in grado di reggere quelle enormi tensioni che in un pianoforte grancoda possono arrivare addirittura a 30 tonnellate!Infine, diedi un’occhiata ai parametri ovvero modello (A) e numero di matricola (87843).Sollevai il leggìo… un capolavoro!Non è un leggìo di quelli che fanno oggi…una tavola di legno buttata lì a regger libri …no! Questo è un signor leggìo, un leggìo d’altri tempi. E’ in legno, traforato a mano, per permettere alla musica di “passare” anche quando il leggìo è sollevato.Strumenti così non ce ne sono più…ci vorrebbe troppo tempo per farli, troppa mano d’opera.Finirebbero per costare una fortuna e nessuno li comprerebbe. Il mercato ha le sue leggi e purtroppo non sempre a favo-re del prodotto finale.Bene…restava soltanto da accendere il motore e vedere se rombava ancora.

Provai, timidamente, qualche nota.La parte medio-alta dello Steinway, da C4 a F6…inconfondibile, il n’y a aucun doute là-dessus. E’ il suono Steinway, inimitabile. C’hanno provato…eccome se c’hanno provato ad imitarlo! Lo hanno aperto, analizzato, smontato, attaccato microfoni, oscilloscopi, analizzatori di spettro, …si dice (leggenda metropolitana) che sia stato esaminato pure dalla Nasa …ma niente. Non c’è verso. Non si copia. Un pò come gli Stradivari. Il segreto nessuno lo sa. Sarà forse la verni-ce, o quelle insignificanti gobbe di metallo che sollevano la corda prima del raccoglitore e che Yamaha e Kawai furono così veloci nell’introdurre nei loro strumenti…Nulla da fare. Lo Steinway non si copia.Decisi allora di farlo partire lentamente …Mozart. Con Mozart si è sempre delicati, docili, gentili.E’ un leone che ha dormito troppo tempo e va risvegliato con dolcezza. E lui si svegliò, la meccanica risultava abba-stanza precisa, per essere vecchia di cent’anni e più, e il tasto rispondeva discretamente.Allora provai con Beethoven, lo misi alla prova. E’ ora di svegliarsi per bene, è suonata la campanella -dissi-, qui biso-gna tenere il ritmo, essere determinati e implacabili. Con Beethoven non ci sono scuse. È così e basta. La musica di Beethoven è, perché deve essere.Ogni nota è ineluttabile. E’ come il giorno e la notte, prima o poi accade, come la vita e la morte. E’ una prova difficile, questo lo so, bisogna tenere la strada, anche in curva, bisogna saper correre e rallentare quando si deve, ma quando si corre ...beh… non ce n’è per nessuno. Solo i più grandi suonano Beethoven e quando lo fanno, hanno bisogno di stru-menti perfetti. Lui, lo Steinway, rispose alla chiamata. E’ come se mi disse…guarda che ci sono! Sono vecchio ma non sono ancora morto nonostante i miei cento e passa anni.Allora fui buono e provai con Chopin. Lo Steinway matricola 87843 è del 1896. Chopin a quel tempo era morto da 47 anni, mentre Brahms era ancora vivo. Liszt era morto da appena 10 anni mentre Rachmaninov era un giovane di 23 anni.Questo strumento nasce di concetto in pieno periodo romantico…e Chopin è senza dubbio la sua musica. Il suono è antico, morbido. La tavolozza di colori è d’altri tempi. Un po’ scordato, certo, è normale, ma mai troppo scordato. Pen-sai allora che uno strumento del genere non dovesse stare qui, in campagna, al freddo, soggetto a possibili sbalzi di temperatura. D’inverno nevica, e d’estate il sole fa dorare i campi. No, non può stare qui, deve stare in un palco, un signor palco -dissi-. E’ acciaccato, è malato …è…è vecchio! Ha 110 anni e 110 anni sono tanti, per chiunque. Bisogna curarlo, bisogna rinnovarlo e bisogna tenerlo in un posto a temperatura ed umidità controllata, altrimenti lo perdiamo definitivamente e perderemmo, tutti noi, la comunità intera, uno strumento unico.Bene, mi dico, bisognerà fare qualcosa.Chiusi lo strumento, uscii di casa e ritornai a Rotorscio, da Don Elvio.continua…

N.B. Per chi vuol approfondire l argomento sulla storia molto estesa dei pianoforti Steinway suggeriamo l en-ciclopedia multimediale della UTET “Nova Top” che riporta, tra l altro, la tabella per datare la costruzione de-gli strumenti. Il nostro è stato prodotto nel 1896.

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UN SOGNO CHE DIVENTA REALTA’. UNA SALA POLIFUNZIONALE NELLA CHIESA DI

S.SALVATORE. di Pacifico RamazzottiS. Salvatore, dal sogno alla realtà.

Con la conclusione dei lavori di riparazione danni e miglioramento sismico della Chiesa di S.Salvatore o Santa Ma-ria ad Nives, meglio conosciuta da tutti gli abitanti di Apiro come “A Madonna de ‘a ribba”, la CASTRI PIRI VAL-LES ha ottenuto l’autorizzazione da parte della Parrocchia dei Santi Urbano e Michele Arcangelo di completare i lavori necessari per la fruizione e la sua utilizzazione come sala polifunzionale e sede della nostra associazione cul-turale.Un…sogno….un progetto ambizioso che sta per diventare realtà.Inizieranno infatti tra breve i lavori di completamento degli impianti di dotazione degli arredi, che consentiranno entro l’estate l’utilizzo come sala polifunzionale, auditorium, sala convegni e mostre, di questo stupendo monumento carico di storia e di ricordi per molti, sconosciuto per i più giovani, che finalmente verrà restituito alla collettività.

Le immagini qui sotto danno un’idea dei lavori già eseguiti e del risultato finale.Purtroppo, per ora non sarà possibile per ragioni economiche dare corso ai lavori di rifacimento della scala di ac-cesso con la sostituzione degli attuali gradini provvisori con altri in pietra, realizzare un impianto per il superamento della barriera rappresentata dalla scala esterna, mediante l’installazione di un servoscala o meglio di un ascensore, oltre al miglioramento delle opere di consolidamento della scarpata ad est che ha dato da sempre segni di erosione da parte degli agenti atmosferici e della vegetazione. A questo scopo occorrerà realizzare un contenimento con terre armate o una cestonata da rinverdire. (Il muro di sostegno realizzato a suo tempo dal Comune di Apiro con i finan-ziamenti per il “consolidamento dell’abitato” si è fermato in allineamento con l’ultima casa abitata escludendo la Chiesa come mostra la foto in fondo all’articolo).Tutti questi progetti costituiscono un impegno economico notevole che speriamo pian piano di poter portare a termi-ne anche con l’aiuto di sostenitori che vorranno sposare la nostra causa.Per notizie storiche più approfondite sulla storia e sulle origini si rimanda al libro ”Apiro pagine di storia e di vita” pag.325 e segg.,inoltre all’interno della Chiesa sarà esposto un cartellone con notizie storiche dettagliate , la storia del restauro e le foto dei lavori , tuttavia ecco qui di seguito una breve sintesi:Chiesa extra-urbana di antichissima origine sorge sulla collina a sud del paese dedicata anticamente al SS.Salvatore, fondata secondo il Turchi nel XII o XIII secolo dai monaci avellaniti del monastero della SS.Trinità, situato alle pendici del monte S.Vicino e fondato a sua volta nel 1049 da S. Pier Damiano.

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La chiesa venne consacrata nel 13861 ma le prime notizie scritte pervenuteci risalgono al 1388 quando negli statuti di Apiro compare la disposizione del Comune di curare la strada che conduceva alla chiesa di San Salvatore2. (A questo proposito, si può notare come la manutenzione della strada molto ripida della chiesa, fosse un problema anche a quei tempi .L’antico percorso, in origine puntava dritto verso il centro del bellissimo portale di ingresso. All’inizio dei lavori di riparazione della chiesa di S.Salvatore, la strada nella parte terminale non era più riscontrabi-le. Sono stati rilevati sconfinamenti e ampliamenti su area pubblica da parte degli edifici che vi prospettano, che oggi penalizzano fortemente, con i loro volumi, la percezione del monumento; tuttavia, per quieto vivere, si è scelto di ri-costruire una gradonata provvisoria, ma purtroppo necessariamente disassata rispetto al portale di ingresso della Chiesa.Inoltre, ancora più recentemente, a seguito di “nuovi arrangiamenti architettonici”, vedi”Album di famiglia nel’900” pagg.72/73, lo storico tracciato di via S.Salvatore è stato ulteriormente spostato a vantaggio di recinzioni private in cemento e di una discussa pensilina degli autobus, di quanto mai improbabile odierno e futuro utilizzo; e pensare che per l’approvazione del progetto in variante al Piano Regolatore è stato necessario convocare una conferenza di ser-vizi composta da fior di tecnici di Enti interessati, compresa la Provincia. La via S.Salvatore si conclude infine, all’in-nesto con il viale Trieste con una segnaletica orizzontale simile alle piste delle “micro machines”, dove chi ci capisce e riesce a transitare all’interno delle strisce è bravo!).Era una delle parrocchie più fiorenti di Apiro; A.Maggi, uno dei maggiori storici del paese, scrive: “l’importanza di questa chiesa aumentò quando venne trasportata, dalla campagna, un’immagine miracolosa della Madonna”3, (proba-bilmente si riferisce all’affresco rappresentante la ‘Madonna con bambino’ “pregevole opera del XIV-XV sec.”, “di au-tore ignoto”4 posto dietro l’altare sulla parete est, oggi quasi completamente distaccato; i pezzi che giacevano sul pavi-mento sono stati in parte recuperati ed esistono foto che documentano l’immagine).Gli accessi alla chiesa sono due: quello principale si trova sul lato nord, cioè sul fronte rivolto verso il paese e presenta un interessante portale romanico realizzato con grossi blocchi di pietra calcarea bianca e costituito da due pilastrini e una colonnina sormontata da un semplicissimo capitello di listelli sovrapposti su cui poggiano le tre arcate a tutto sesto. Un quarto arco esterno è ornato da fregi consunti dal tempo.

Intorno al 1500 la chiesa venne rinnovata: fu probabilmente in quella data che la mono-fora verso est venne chiusa e venne realizzato in quel punto un affresco rappresentante la SS. Vergine con bambino e le decorazioni in stucco che lo incorniciavano; l’altare maggiore fu dedicato a Santa Maria ad Nives5 (come ricorda l’iscrizione della lapide posta sopra l’ingresso della sacrestia)6 e la chiesa divenne luogo di molta venerazione. Sopra il presbiterio, a ridosso della parete sud della chiesa, è stato rinvenuto un basa-mento in pietra: probabilmente si tratta del basamento di uno dei due altari minori che si trovavano ai lati dell’altare maggiore.7

All'interno della chiesa durante i lavori sono state rinvenute diverse tombe che sono state riportate e numerate su una planimetria, alcune più recenti con coperchio in legno altre più antiche costituite da paretine in murature e coperte con mattoni posizionati di pancia a mo' di voltina. Solo nel caso della parete est dove dovevano essere realizzati dei cordoli di sottofondazione della parte gravemente dissestata è stato necessario ri-muovere alcune tombe.(vedi libro “Apiro pagine di storia e di vita” pagg.325 e segg.) La tomba contrassegnata dal n°. 11 era particolare con coperchio in legno con croce e data 1870, una di quelle più recenti e all'interno resti di una ragazza, forse "Margherita Poggi"* con capelli lunghi cinti da un "lauro" ma questo non coincide con la lapide che è posta sul lato destro della porta principale che porta la data 1867.(*) Margherita Poggi (maestra), sorella minore di Filomena, figlia di Ferdinando

Poggi (medico insigne) e Candida Fedeli, nata il 20/04/1840 e morta il 04/01/1866 all’età di anni 26, abitavano in via del Cassero 29F vicino l’ex Ospedale.

1 O.Turchi, Istoria Sagra di Apiro , 1745 : 218.2 Libro II degli Statuti di Apiro, 1388, rubr.84: “De via Sancti Salvatoris veteris actanda”.3 A. Maggi, Cenni storici su Apiro, 1932.4 A. Maggi: Cenni storici su Apiro.5 Una leggenda popolare racconta che il 15 agosto di un anno remoto, sulla chiesa di San Salvatore fosse caduta la neve: questo potrebbe giustificare la denominazione “Sancta Maria ad Nives”.6 “ Il giorno…..l’Arcivescovo di Camerino Salvini Felicissimo, essendo state rinchiuse nell’altare le ceneri dei martiri Amadeo, Onesto e Teodolo, con rito solenne consacrò l’altare maggiore, rifatto con raffinati ornamenti, in onore di Santa Maria ‘ad nives’, quattrocentonovantaquattro anni dopo che il tempio era stato dedicato dal Vescovo Filippo, ordinario di Kastoria in Macedonia”.7 Il Turchi scrive che ai lati dell’altare maggiore vi erano due altari: uno dedicato a Santa Monica sul quale gravava l’obbligo di una messa settimana-le, l’altro dedicato a San Liborio e San Pietro D’Alcantara, adornato ed arricchito da Mons. Peranzoni cittadino di Apiro (O.Turchi, Istoria Sagra di Apiro).

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Salute e benessere

Com eravamo...Apiro - Venerdì Santo di 50 anni fa.

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Gli eventi della Settimana Santa erano molto sentiti dai bambini e dagli adulti. Io ricordo le campane “legate” al Giovedì Santo e noi ragazzi a suonare battistangole e raganelle e allestire i Sepolcri. Gli adulti, invece, erano presi ad addobbare Sant Urbano di nero e a preparare il Carro del Cristo Morto.Il Carro ha un antica tradizione; il prototipo si è perso nei tempi; serve per portare in processione il Cristo Morto, quan-do uomini incappucciati guidano la processione, i chierichetti portano i segni della passione e le confraternite, con i loro stendardi, torce e fiaccole, seguono il carro. A spalla veniva-no portate la statua della Madonna e di San Giovanni. Ho avuto modo di vedere l ossatura del carro: un telaio in ferro con parapetti bardati da paramenti; il carro viene guidato e sospinto dall interno. Allora, nel 1958 si trattava di un carro massiccio, con telaio a ruote piene e barra di legno che con-sentiva di sterzare, tutto coperto di velluto nero ed oro, pa-ramenti conservati anche ai nostri giorni. Negli anni 60 la struttura portante venne sostituita con il telaio di una Topolino da Dino Tarabello, la struttura di legno riadattata da Mariano Saracini, Guido Leoni e Remo Piersigilli. Venne sostituita negli anni 90 con tubolari di ferro realizzati da Giovanni Paolo Soverchia, Leoni Vito, Montesi Umberto, Bevilacqua Alberto, Battistoni Mauro, completa-mente smontabile; Saracini Francesco ha lavorato il legno, i drappi ex-novo sono opera di Marini Maria e delle sue amiche. Il carro viene usato anche per la processione del Corpus Domini. Peccato che oggi non ci sia lo stesso entusiasmo di allora.

(da uno scritto di Morena Soverchia)

MENS SANA IN CORPORE SANO diceva-no gli antichi romani.

Per mantenere il cervel-lo “vivo”, “lucido” fino a tarda età occorrerebbe condurre uno stile di vita corretto sia nell’alimen-tazione che nel lavoro.Per quel che riguarda il cibo la strategia preven-tiva inizia fin dalla prima infanzia con un allatta-mento al seno di durata

sufficiente ed uno svezzamento lento e graduale.Per gli adulti si impongono essenzialmente un ridi-mensionamento del consumo di proteine e di grassi animali ed una adeguata assunzione di fibre vegeta-li.Attenzione agli insaccati, ai formaggi stagionati, alle uova, ai dolci dove è usato il burro; attenzione ai molluschi, crostacei e pesci conservati sotto olio.Una menzione va fatta all’olio di oliva che, per il suo alto contenuto di acidi grassi polinsaturi, ha una fun-zione protettiva naturale verso l’arteriosclerosi.E’ l’ingrediente principale della cosiddetta dieta me-diterranea, unitamente alla pasta di grano duro e verdure (ricche di sali minerali, vitamine ed antiossi-danti naturali).

Per quel che riguarda lo stile di vita sul lavoro occor-re tenere presente che la colesterolemia(cioè il livel-lo di colesterolo nel sangue), può variare in uno stesso individuo di un 10-20% nell’arco della setti-mana o addirittura nella stessa giornata in conse-guenza dello stress emotivo.Lavoratori adibiti a mansioni stressanti vedono innal-zarsi la loro colesterolemia che con il tempo predi-spone ad arteriosclerosi e quindi a malattie della cir-colazione soprattutto del cervello e del cuore.Per il controllo del colesterolo la medicina propone anche una serie di farmaci, così detti ipocolestero-lemizanti sia sintetici che naturali.Tra i naturali ricordo l’aglio che si trova anche in far-macia sotto forma di compresse senza il caratteristi-co odore, il lievito di birra, la lecitina di soia, sostan-ze da aggiungere nel latte o qualsiasi altra bevanda.I farmaci così detti sintetici vanno prescritti e consi-gliati da un Medico a seconda delle caratteristiche del paziente e delle malattie correlate (diabete, iper-tensione, etc) e livelli di colesterolemia.In conclusione per restare sano fino a tarda età e più precisamente per prevenire l’arteriosclerosi con i relativi danni ad Arterie, Cuore, Cervello, occorre avere una condotta alimentare corretta: pochi grassi, molta frutta e verdura, soprattutto una costante ma leggera attività fisica.

Dr. Andrea Borgoforte Gradassi

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I lettori ci diconoCerchiamo di sintetizzare in questa pagina colloqui, consigli, proposte di amici che in continuazione si interessano ai nostri progetti.

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Maria Culczynska , di nazionalità polacca

che si mantiene con lezioni private di inglese tra noi,

qualche mese fa avendo sottomano la Rivista, ci scrive

in inglese e, sorpresa delle leggi sulla scuola in Italia, ci

espone la difficoltà riscontrata per insegnare privata-

mente.

+ - “Perché, ci dice tra l’altro,- i nostri diplomi non

sono riconosciuti in Italia”?

- - - Lo constatiamo amaramente e dichiariamo che fu facile, relativamente facile, al tempo, organizzare la Co-munità del Carbone e dell’Acciaio(les affaires!....), tanti anni fa; difficile invece risulta l’incontro delle molteplici culture degli Stati Uniti d’Europa; seguiamo anche, sem-pre con l’amaro in bocca, la controversia sulla scelta di una lingua ufficiale per la Comunità Europea.

Dal Perù, via e-mail., ci contatta Vanessa, che

scrive:

“Bella proposta, la Vs. Associazione...purtroppo la

Royal Caribbean non approda ad Apiro e quindi

non ci possiamo vedere”.

Continuerà a leggerci, la plurilingue Hostess Vanessa, per-ché gli invieremo la Rivista

Tosca Pelagalli suggerisce:

“ Gradirei si pubblicasse il mio raccontino in vs.

possesso sulle abitudini mattiniere degli Apirani”

Lo faremo a tempo opportuno e ti chiediamo di collaborare con materiale fotografico, una cartolina della Piazza di allora od altro.

M.S. originario di Apiro. …

“Lo sapevate che nella famiglia Turchi ci fu anche

un vescovo ai primi del secolo scorso?”

Sì, si chiamava Letterio Turchi e ti siamo grati del materia-le inviatoci su di lui; farà parte del “Corpus Turchianum”

La ricerca sul Turchi è iniziata e da buoni frutti; abbiamo appurato che la famiglia fu legata ai Benigni ebbe uno zio prete e visse a ridosso della piazzetta a lui oggi intitolata

Mons. Corradini - da Roma

+ - Ho un testo copia di manoscritto di O.Turchi

che corrisponde con altro storico,vi interessa”?+

- Aiutaci nell’opra; forse combineremo qualcosa.

Alcuni amici ci mandano rilievi negativi sull’edilizia in

Apiro ed altro; altri hanno manifestato il desiderio di

collaborare con la Rivista; altri ancora sono pronti ad

organizzare concerti nella nostra nuova sede di

S.Salvatore.

Teniamo conto di quanto suggerito; per ora siamo pro-

tesi a realizzare quanto promesso, che non è poco.

Un amico, Eraldo Pittori, ci comunica:

+ -“Sono nato in Piazza O.Turchi n.2. Posso colla-

borare?”

- Ti ospitiamo fin da questo numero.

Gli emigrati nell’Agro Pontino ci propongono di

promuovere la Rivista tra loro.

Intanto ne inviamo qualche numero ad alcune famiglie; forse spunterà anche la rivendita.

Remo Bucari, della famiglia di un colono dell’Arci-

prete di Avacelli, allora amministrata dal compian-

to don Alberto Bevilacqua, attualmente Direttore

dell’Ospedale “Fatima Hospital” in Jessore - Bangladesh

da più di quaranta anni, ci manda di tanto in tanto qual-

che lettera; noi informandolo gli inviamo la Rivista; se

pensa che darci una mano non è perdita di tempo, ten-

ga conto che sono sempre gradite le sue osservazioni e

siamo pronti a pubblicare qualche articolo, prodotto da

un uomo di frontiera come lui.

Nazzareno “NAPI” è attivissimo in consigli, mate-

riale fotografico etc.

“Le tue idee, carissimo, sono molto interessanti; speriamo di realizzarle; intanto le teniamo a ….caldo!

Respiriamo a pieni polmoni leggendo uno stralcio

sul SanVicino inviatoci da Piergiuseppe “de Mattè”

”Vado volentieri a fare passeggiate sui Piani… coi nipoti-

ni di 5 e 7 anni… non li ho obbligati a salire in vetta, lo

hanno deciso loro cammin facendo”.

Bell’invito per tutti!.

Continua nel prossimo numero ...

Prossimamente:-“il signor Centanni e le sue biciclette speciali”- Le iniziative dell’Associazione “Amici del San Vici-no”

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La violenza è la paura degli ideali degli altri.Occhio per occhio, e tutti finiranno per restare ciechi.

Per una persona non violenta,tutto il mondo è la sua famiglia.

(Pensieri di M. Gandhi)