Mm aprile 2011

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PERIODICO DI CULTURA GIOVANILE Anno VI Numero VI Il nuovo album degli operai della fiat 1100 “La creatività è l’unica uscita di sicurezza” lo scoop! SCOPERTA A SAN PIETRO UNA CITTÀ SOTTERRANEA La Riforma Gelmini è legge: e ora? A. Bombini a pag 8 diretto da S. Alfredo Sprovieri PRESILA PRECARIA PRESILA PRECARIA

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Gli Operai della Fiat 1100 in posa per la copertina di aprile. All'interno uno scoop storico> scoperta una cittadina sotterranea.

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PERIODICO DI CULTURA GIOVANILE Anno

VI N

umer

o VI

Il nuovo album deglioperai della fiat 1100“La creatività è l’unica

uscita di sicurezza”

lo scoop!SCOPERTA A SAN PIETRO UNA CITTÀ SOTTERRANEA

La Riforma Gelmini è legge: e ora?A. Bombini a pag 8

diretto da S. Alfredo Sprovieri

PRESILAPRECARIAPRESILAPRECARIA

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l’ Editoriale

La nostra vita è la notizia più importante

fondata nel 2003 da S. Alfredo Sprovieri

Vice Direttore: Paolo Vigna, Salvatore IntrieriGrafica: Gabriele [email protected]: Fausto La NocaraSegreteria di redazione: Irene Napoli

Indirizzo mail: [email protected] facebook: mmasciata sampietresePeriodico in via di registrazione al Tribunale di Cosenza

di S. Alfredo SprovieriAbbasso Berlusconi, evviva Berlusconi. In quattro parole e una virgola sta tutto ciò che potete trovare cercando di far valere il vostro diritto-dovere ad informarvi. Da oltre un decennio va così, ma in questi ultimi tempi c’è stato un ulteriore scatto in avanti in questo lento ingranaggio di fine regime videocratico. Lo hanno sottolineato gli storici ma l’abbiamo visto tutti. Le no-tizie dei giovani connazionali morti nelle (presunte) missio-ne di pace venivano dopo a quelle sulle ragazze protagoni-ste del bunga bunga di palazzo. Nel giornalismo italiano non era mai successo, “apriamo-col-militare-morto” è una regola che conoscono in nqualsiasi redazione e, stravolto l’abc, bisogna ricomin-ciare tutto daccapo. Pensate che in quelle quattro parole più virgola hanno persino tentato di racchiudere il senso della rivoluzione nordafricana, facendo sì che una pagina di storia che verrà letta anche fra centinaia di anni ci passasse per lunghe giornate sotto il naso. Mai di un fatto così grande ci è arrivato così poco, eppure le spiagge libiche diventate cimitero di giovani eroi distano dalle nostre case poco

più dell’autostrada a tre corsie. Quegli echi di libertà rimbombano nel silenzio delle nostre mura, e se siamo convinti di sentirli distanti è solo perché crediamo che il nostro mondo non esiste. Perché di notizie sui nostri posti

non c’è traccia da nessuna parte, non le tro-vate sui giornali locali e tantomeno in tv, da tanto, troppo tempo. Come se tutto fosse ibernato in attesa di un fatto grosso, che ci faccia ritornare ad essere “notizia”. Non è così, sappiatelo. Siamo vivi, ogni giorno con dignità. Le strade che percorriamo, la gente che in-contriamo, il lavoro che vorrem-mo migliore o che cerchiamo di trovare, tutto merita attenzio-ne. E’ la nostra vita la notizia

più importante.Queste pagine scritte da giovani sono pog-

giate sulla convinzione che provando a raccontarla la nostra vita dimostreremo quanto non valga meno di quelle che siamo ossessivamente costretti a spiare dal ca-todico buco della serratura. Si tenessero pure la chiave, la porta e tutta la casa, che a noi resta un mondo in-tero da cambiare. Un posto da vivere domani meglio di come lo stiamo vivendo oggi. Nelle pagine che avrete la cortesia di leggere criticamente i ragazzi raccontano, senza aspettare che gli altri gli o li raccontino. Grazie a questo progetto culturale dal 2003 decine di ragazzi crescono nell’opportunità di rappresentare la realtà che hanno sotto gli occhi, esprimendo il proprio punto di vi-sta sulle cose.Abbiamo bisogno di credere che tutto questo sia ancora possibile, di allargare il più possibile un patto generazio-nale capace di ridarci il possesso delle nostre vite. Non c’è nessuna eminenza grigia dietro questo progetto editoriale. Perché ci siete voi, perché ci siamo noi. Non lasciamo spazio a chi ha già il potere e ne vuole altro. Finché i ragazzi continueranno a metterci l’impegno e la faccia, e i lettori continueranno a sostenere questo sforzo civile, le porte di questo presidio mediattivista resteranno sbarrate. Sostenete economicamente il giornale, segnalate le notizie e siate critici sui contenuti. Una cittadinanza attiva passa dal dovere di informare e dal diritto ad essere informati liberamente e non appena

Di notizie sui

nostri posti non

c’è traccia

Ma siamo vivi

ogni giorno con

grande dignità

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La Libia è più connessa dell’ItaliaPerché in Libia c’è la rivoluzione e in Italia no? La ra-gione è che i libici si informano in Rete e noi con la televisione.“Sono un ragazzo di 18 anni, e ne farò 19 a inizio aprile. La settimana scorsa ho notato che il sito che uso da sem-pre per i test di velocità di connessione, www.speedtest.net, il più utilizzato a livello mondiale, ha introdotto un nuovo servizio: http://netindex.com/. Mentre scrivevo sono andato a riguardare l’elenco e adesso devo tenermi alla scrivania per evitare di iniziare a ruotare sulla mia

sedia assieme ai miei testi-coli: dal 41esimo posto dove eravamo la settimana scorsa, questa sera siamo al 71esimo. Sotto il Kazakistan, la Libia, il Cile, Trinidad e Tobago. È una cosa allucinante. Un mio compagno che vive a Bevera, piccola frazione brianzola, non ha nemme-no l’ADSL. Ma ok, vive in una viottola quasi immersa in un bosco, lo posso anche capire. Ma a Desio non lo

posso accettare. Non posso accettare che nel 2011, in Ita-lia abbiamo una connessione di cinque volte inferiore a quella della Romania. Siamo ben dopo IL GHANA! Ci rendiamo conto del fatto che hanno speso miliardi in opere inutili, con i quali avrebbero potuto mettere la fibra ottica in tutto il paese? Altro che V day, ci vorrebbe il linciaggio pubblico. Viviamo in un paese che cade a pezzi. I monumenti cadono a pezzi, le statue, gli edifici storici. La Villa di Monza, la reggia di Caserta, sono solo due esempi. Mi son rotto i coglioni di un Paese che osta-cola la comunicazione. Sembra di vivere nel chewingum a nessuno frega un cazzo di nulla, nessuno è disposto a fare nulla, perché tutti i media minimizzano. Parlando di queste ed altre cose in classe durante l’ora di storia, l’altro giorno un mio compagno, a fine discorso, calato il silenzio, ha sintetizzato la nostra situazione esordendo con “Bellammerda, l’Italia!”. (Flaviano G.)

dal webavete sfogliato l’ultima pagina di Mm abbiate la consa-pevolezza che quando nel vostro quotidiano vi imbatte-terete in un’ingiustizia potrete dite a voce fiera che se ne occuperà presto il vostro giornale. Provateci, funziona. Non pretendiamo di custodire nessuna verità, sia chiaro, ma pensiamo di avere un particolare talento nel non sop-portare le bugie e faremo di tutto per smascherare le tante che siamo costretti a ingurgitare ogni giorno. Crediamo alla libertà di parola e non alla parola in li-bertà, e a dimostrazione del senso di responsabilità dare-mo a tutti la possibilità di replicare e di discutere i nostri punti di vista, limitati per definizione. Ma a chi vorrà proseguire a brandire querele come uno strumento di minaccia è giusto dire che reagiremo pun-tualmente. E’ ora di dire basta all’arroganza di certe ca-ste, di resistere e di difendere la libertà di espressione in tutte le sue forme. Con onestà e spietato coraggio. Tutti hanno diritto di far valere le proprie ragioni nelle sedi che ritengono più opportune, ma chi, forte del suo ruolo di potere, trascina in tribunale, chiama a risarcire danni e costringe a spese legali un gruppo di ragazzi che nel miglio-re dei casi può sperare in un posto al call center da 500 euro al mese merita di essere chiamato per quel-lo che è. Io non li reggo più certi potenti, e sono sicuro che siamo in molti a pensarla così. Far sapere tutto ai lettori sarà non solo una forma di autodifesa, ma uno strumento che nobiliti la for-mazione di una nuova classe diri-gente. Aiuteremo la pubblica opi-nione (ve la ricordate?) a separare il grano dal loglio. Perché in mezzo ai “Laqualunque” agiscono anche amministratori coraggiosi e appas-sionati a difesa delle loro piccole comunità. Con loro saremo pronti a confrontarci, ci aiuteranno a ca-pire senza sperare in sterili casse di risonanza cosa fare per superare i problemi concreti che affrontano e affrontiamo ogni giorno per andare avanti. Noi crediamo che sia arri-vato il momento di creare Comuni più grandi, perché il rischio di esse-re cancellati c’è davvero, per molti dei nostri posti. Ma cominciamo a parlarne insieme e non lo permette-remo. Il vero senso della modernità, in fondo, è nella vita di provincia.

dalla parte dei precariMEDIATTIVISTI

Sabato 9 aprile il collettivo mmasciata ha partecipato alla

manifestazione nazionale “il nostro tempo è adesso” contro il precariato. E’ solo uno dei temi

in cui siamo impegnati in prima linea, nei prossimi mesi

toccherà ai referedum sulla privatizzazione dell’acqua e

sul nucleare e proseguiranno i lunedì sociali di Mm. Restate

sintonizzati sul profilo fb di Mmasciata sampietrese

(foto Morrone)

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l’ Intervista

In uscita il nuovo album degli OPERAI DELLA FIAT 1100

Ballate romantiche e ironicheper trovare una soluzione

agli anni precari che viviamo

USCITA DI SICUREZZA

di Fausto La Nocara

A Celico dove c’erano gli scout oggi suonano gli Operai della fiat 1100, un vero patrimonio artistico per la Pre-sila cosentina con il loro curriculum di concerti in tutta Italia. Sono sta-ti fra i primi a portare le canzoni di sua maestà Rino Gaetano nei locali e ora sono pronti a pubblicare quello che sarà il loro vero esordio (dopo un album indipendente pubblicato nel

2007) nel calderone delle produzioni italiane. Noi abbiamo ascoltato al-cune canzoni in anteprima per voi, dal vivo e nello studio di registrazio-ne, dove abbiamo fatto una serie di domande a Carlo Caligiuri, il can-tante del gruppo.

Partiamo dall’inizio: perchè è stato importante portare la musica di Rino nei locali?Sentire le sue canzoni dal vivo è stata una necessità, visto che coltivavamo

con Salvatore (il trombonista de-gli ODF1100) questa passione

per Rino e allora l’unica cover band che suonava le sue can-zoni erano i Ciao Rino, li ho ascoltati ed ho organizzato

un concerto a Celico. E ci siamo detti: “Lo possiamo fare pure noi”. Da allora abbiamo deciso di intra-prendere quest’esperienza. Era il 2002 e già subito nel 2003 var-cammo i confini calabresi per andare ad esibirci in un caffè letterario a Roma. Fu un gran successo, arrivammo a fare 400 concerti in 5 anni, una cosa fanta-stica! Girammo tutta l’Italia. Il nome che abbiamo dato al gruppo non è stato un caso, Siamo partiti davvero dal basso. All’inizio non avevamo nemmeno un mixer, ne abbiamo aggiustato uno mal-funzionante e con la pazienza siamo arrivati ad avere in casa un magnifico studio di registrazione tutto nostro dove abbiamo registrato il nuovo album.

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A CELICO NELLA “FABBRICA” DEGLI OPERAI DELLA FIAT 1100: Carlo Caligiuri (Voice and Acoustic Guitars), Giuseppe Scarpelli (Keys, Synth and Choirs), Salvatore Pupo (Voice and Trombone), Enrico Caligiuri (Drums)

L’album ha un tema centrale? L’album si chiamerà “uscita di emergen-za” e non ha proprio un tema dominan-te, diciamo ch’è una raccolta di esperien-ze e sensazioni, il messaggio che vogliamo lanciare in questo disco è proprio di ol-trepassare quella sorta di precariato ras-segnato e con la creatività trovare l’uscita di emergenza.

Quanto riproporrete nelle musiche e nei testi della lezione di Rino Gaetano?Tutto è racchiuso nell’ironia e nell’alle-gria con cui racconti le cose, specie quelle che non ti vanno. Questo è sicuramen-te quello che di Rino ci portiamo dietro nell’album, che abbiamo composto come una band vera, scrivendo più testi cia-scuno e credendo che si possa fare anche da qui, dalla Presila, nonostante i pochi mezzi. Anzi, proprio come Rino dimo-strava di aver capito della Calabria, pensiamo che qui sia il posto ideale per farlo. I tempi della vita sono scandidti in modo perfetto.

Nei vostri concerti spiegate ogni vol-ta che il vostro intento è stato sempre quello di non emulare Gaetano, ma di rendergli omaggio...Esatto, perchè noi non vogliamo essere un clone di Rino, Carlo non ha la stessa voce di Rino e conosce i suoi limiti, nessuno potrà interpretare le sue canzoni meglio di lui. Riarrangiamo i suoi pezzi, ma non cerchiamo minimamente di emular-lo. Purtroppo ci è stata data l’etichetta della cover band, noi non siamo mai stati una cover band. Prendiamo come esempio i Nomadi, hanno reinterpreta-to e a nostro parere reso più belle alcune canzoni di Guccini, appunto questo era il nostro obiettivo non quello di sembrare il più simili possibbile a Rino e la sua band.

Nel prosieguo della vostra carriera continuerete quindi a proporre le canzoni di Rino o vi promuoverete con solo brani vostri?

E’ un’ottima domanda, la “missione” di riproposta delle canzoni di Rino sta vol-gendo in un certo senso al termine, ma non del tutto. Non ci libereremo mai di Rino Gaetano. Però va detto che noi ab-biamo la necessità di staccare questo “cor-done ombelicale” perché vogliamo comu-nicare attraverso un repertorio fatto da nostre canzoni. Il nostro intento è quello di proporre un repertorio nostro e cantare qualche canzone di Rino, un pò come fa-cevano i Nomadi con Guccini.

Voi vedete una nuova stagione per la musica cantautorale italiana o siamo ancora ancorati agli anni ‘70? Noi pensiamo che ancorati agli anni ‘70 bisogna restarci, perchè sono stati anni di rivoluzione musicale. Oggi non c’è più

un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Per chiudere potete raccontarci i retro-scena dell’esperienza sanremese? Siete voi che avete usato il mezzo San Remo o lui che ha usato voi? Ci riproverete?Purtroppo a San Remo se non vai con un chiaro progetto discografico o una major, è più difficile essere selezionati, se hai la casa discografica alle spalle diventa tutto molto più facile. Ma penso che siamo stati noi a usare San Remo (anche perchè non siamo stati sele-zionati), quest’anno tutti i brani dei gio-vani venivano pubblicati sul sito e pote-vano essere ascoltati. E’ un modo per farsi conoscere, e di questi tempi non bisogna trascurare niente.

“Sentiamo il bisogno

di rompere il cordone

ombelicale con Rino,

di comunicare le

nostre emozioni”

quella coesione sociale che ci permette di sollevare l’ancora che ci lega a que-gli anni. Allora o eri pro o eri contro, si prendeva una posizione e la si portava avanti. Adesso un pò si è pro un pò contro, in base a come tira il vento e questo vale anche nella musica. Su questo punto voleva-mo citare un grande cantautore, Pierangelo Bertoli, che nella sua “a muso duro” diceva: “Con

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C ultura

Per un’ora Cosenza sembra un altro posto, tipo una qualche città eu-ropea dove la musica fica la puoi

ascoltare dal vivo fregandotene di cosa vo-gliono importi i sapientoni del marketing Mtv. Quell’ora è “L’Ora di Italiano”, un programma condotto da Ester Apa, radio speaker e giornalista musicale cosentina (Rumore, Carta, Rockit), interamente dedicato alla musica italiana. Va in onda ogni Domenica alle 21 sulla mitica Ra-dio Ciroma 105.7. “Senza alcun distinzione fra Hype e sotto-bosco, produzioni e autoproduzioni, filo conduttore è la buona musica italiana, con un occhio privilegiato verso le espres-sioni cantautorali del Belpaese”.E una volta al mese (ma ora sta diven-tando un appuntamento più frequente) in diretta dal Centro di Documentazione De Luca di Cosenza Vecchia, c’è la pre-sentazione di uno showcase in “modalità storytelling e attitudine da Canzonissima, con tanto di pubblico parlante in studio”. Un’ora speciale nella quale gli appassio-nati cosentini hanno potuto condividere la stanza con Comaneci, Dimartino, Io sono un cane, Il genio, Bob Corn, Adria-no Modica, Kyle, Marie Antoniette, Ora-tio: sono solo alcuni dei nomi della cosid-detta leva cantautorale italiana passata dal salotto di Ester Apa e della sua Ora di Italiano.

A LEZIONE CON I CANTAUTORI PER L’ORA DI ITALIANOmade in Calabria - segnaliamo in uscita

17 giugno BRUNORI SAS “Vol.2-poveri cristi”23 aprile MAIEUTICA “L’età dell’oro”

9 aprile KARTOONS “Where Rainbows End”

autunno 2011 il nuovo album dei VILLA ZUK

SU ALDA MERINI FOLLE, FOLLE D’AMORENel giorno primo di Novembre del 2009, moriva a 78 anni la poetessa Alda Merini. Protagonista attiva della scena culturale italiana e considerata la più grande fra le nostre poetesse del 900, tra dolori e deliri, cantò gli esclusi e le ombre che componevano la sua mente. Da un linguaggio limpido e sincero, che valicò gli abissi dell’ignoto e dell’oscurità, prese corpo e dimensione, davanti a un altare vuoto sopra pietre aguzzate da divina follia, una voce di donna come in sanità d’amore. Negli ultimi anni la figura di Alda Merini divenne popolare anche al pubblico televisivo. Frequenti, infatti, le sue apparizioni, la voce arrochita dal fumo, parole e pensieri profondi, ma non per questo inesauditi o incomprensibili al grande pubblico. Grazie a lei, molti si avvicinarono alla poesia e molti altri ancora trovarono nei suoi versi, la forza e il coraggio di ricominciare a sperare. Nata a Milano da una famiglia poco abbiente (il padre era impiegato in una compagnia di assicurazione, la madre casalinga) la Merini esordì appena quindicenne con la raccolta La presenza di Orfeo,che attirò da subito l’at-tenzione della critica e di personaggi del calibro di Giacinto Spagnoletti, Eugenio Montale e Salvatore Quasi-modo. Da quel momento ha vissuto al confine tra la consapevolezza della sua eccezionale capacità poetica e la malattia mentale, che nel 1947 la portò al ricovero, per un mese, nella clinica Villa Turro, a Milano. Per tutta la vita dovette convivere con quelle che lei stessa definiva “ombre della mente”, affrontando la solitudine del manicomio innumerevoli volte; dolore che l’ha sicuramente aiutata a scandagliare i recessi dell’animo umano. A La presenza di Orfeo, seguono i lavori Nozze romane, Paura di Dio e Tu sei Pietro (dedicato al pediatra della sua prima bambina). Dopo un lungo periodo di silenzio, trascorso nel manicomio Paolo Pini, la situazione a poco a poco migliora e la poetessa torna a scrivere, raccontando in poesia e pro-sa la sua immobile esperienza (La Terra Santa). Rimasta vedova nel 1981, si risposerà con il poeta Michele Pierri e con lui andrà a vivere a Taranto. Nel 1986 si stabilisce a Milano dove vive fino alla morte. Qui scrive la maggior parte delle sue opere più note: La vita facile, La vita felice, L’altra verità. Diario di una diversa, Le parole di Alda Merini, Folle, folle, folle d’amore per te, Nel cerchio di un pensiero, Le briglie d’oro e tante altre. Compreso Superba è la notte, un tentativo di Einaudi di sistemare le poesie scritte tra il 1996 e il 1999. Alda Merini visse all’interno di una realtà tragica e logorante che col tempo riuscì a proiettare nel suo universo memoriale e immaginativo, componendo una visione poetica in cui è lei a vincere, a dominare, non più la realtà. In un intervista rilasciata a Repubblica dice: “Forse sono mentalmente ancora in quel luogo che mi ha ucciso e mi ha fatto rinascere. Mi sento una donna che desidera ancora. Oggi per esempio vorrei che qualcuno mi andasse a comprare le sigarette. Non ho mai smesso di fumare, né di sperare”.

Andrea Napoli

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Il 4°FESTIVAL DELLAMUSICA LEGGERA ITALIANA

AVAMPOSTIdi Irene Napoli

“Avamposto, nella Calabria dei giorna-listi infami” è il libro di Roberto Rossi e Roberta Mani uscito il 26 maggio del 2010 per Marsilio editore. Racconta al-cune delle storie di giornalisti e cronisti minacciati dalla ‘ndrangheta, semplici persone, molto spesso giovani, macchiati da un unico crimine: l’aver creduto nella libertà di pensiero e di parola. La capo-redattrice di Mediaset news, la milanese Roberta Mani è stata invitati al museo del presente di Rende dall’associazione “Sinistra e futuro” per presentare questo lavoro. Il dibattito sullo stato dell’informazione in Italia e in Calabria si è tenuto il 18 dicembre 2010, e Mmasciata c’era. A coordinare i lavori Giovambattista Mar-cello dell’associazione “Sinistra e futuro” e, oltre a Roberta Mani, che ha spiegato le motivazioni che la hanno spinta a scri-vere questo libro e ha fatto un interessante bilancio sullo stato dell’informazione in Calabria e in Italia, sono intervenuti anche Anna Falcone della direzione na-zionale del Partito socialista, Fernanda Gigliotti e Giovanni Caporale del Partito democratico e il direttore del Quotidiano della Basilicata Paride Leporace. Il noto giornalista cosentino ha analizzato i pro-blemi della stampa locale al di là delle minacce dei delinquenti, raccontando come sia difficile resistere allle pressioni dei poteri forti e alla querela e risarci-mento danni usati come strumento di ri-catto. Ricatto a cui diciamo basta.

Ritorna nell’importante cornice del teatro Morelli di Cosenza la fase finale dell’or-mai collaudato concorso per interpreti di musica leggere italiana ideato da La Voce Produzione della cantante e produttrice sampietrese Cecilia Cesario. La kermesse, giunta alla quarta fortunata edizione si svolgerà in due serate dedicate al pubblico cosentino, composte da spetta-colari fasi ad eliminazione diretta.Nella serata del 5 maggio gli 8 finalisti selezionati dall’accademia durante l’anno si esibiranno in un loro “cavallo di batta-glia”, giudicati da una giuria di qualità composta da professionisti del settore. La serata sarà presentata Francesca Ramun-no di Radio Libera Bisignano e Italo Pa-lermo di Radioattiva.Nella finalissima del 6 maggio i finali-sti selezionati canteranno in duetto con 8 CANTANTI “BIG”, una serie si arti-sti già affermati sul panorama nazionale della musica leggera italiana.La giuria di qualità della serata finale del 6 maggio sarà composta anche da pro-

duttori musicali e sarà presentata da Fer-nando Vitale e Claudia Piumetto, volti del cast Mediaset molto apprezzati dal pubblico in trasmissioni come Uomini e Donne.Il 6 maggio alle ore 15 e 30 inoltre è pre-vista una conferenza stampa con gli arti-sti nelle sale preposte del teatro Morelli di Cosenza. Ma l’impegno de La Voce non si ferma certo qui. Lo staff già già lavorando in vi-sta degli appuntamenti estivi. Il mperio-do più bello dell’anno coincide con quello più impegnativo per chi lavora nel campo dello spettacolo e anche per San Pietro ci saranno novità. Ricordate i festival della canzone sampietresi, diventati famosi a livello nazionale negli anni Ottanta? La Voce sta lavorando per mettere insieme e rimasterizzare tutti i lavori che in que-gli anni hanno portato lustro alla tradi-zione sampietrese e si pensa alla realizza-zione di un cd. Inoltre sarà confermato il concorso dello scorso anno con la consegna del Premio Belsito.

CASTSabato 5 maggio FinalistiFABIOLA CHIAPPETTA ALFREDO BRUNO TINA LUCIBELLO EMANUELE OLIVA GIULIO PERRONE SARAH HARRAR MARTINA INFUSINO GIACOMO RUNCO

CASTDomenica 6 maggioBigLEDA BATTISTI LUCA NAPOLITANO ANDRE’ LINDA VALORIMARIANGELAMARIO NUNZIANTE LIGHEADAVIDE DE MARINIS

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F ocus

A parte gli occhialini da professoressa acida e il dicastero alla Pubblica istruzione mutuato in realtà dal mini-stero dell’Economia, il terremoto Gelmini in provincia

rischia di diventare una piccola Fukushima. E c’è chi dietro la scure della legge potrebbe portare avanti una visione quasi im-perialistica dell’università. Campus che vai problemi che trovi. All’Unical le grandi questioni sono essenzialmente tre. A cominciare dalla riforma dello Statuto, previsto dalla legge. «E’ importante che nell’iter della discussione sul nuovo Sta-tuto siano coinvolti tutti gli organi accademici per formulare proposte e aprire una discussione pubblica ed assembleare per-manente, vera e profonda, sulle regole della comunità acca-demica». Parola di Ateneo Controverso, una delle pochissime voci fuori dal coro nel panorama di un Campus che, al di là delle lezioni, produce solo feste e piccoli eventi sportivi. Em-blematico lo spettacolo andato in scenda il 27 febbraio scorso nell’assemblea convocata dal rettore in aula magna. Caustico e puntuale il commento in diretta dell’ex combatten-te Franco Piperno: «E’ il festival della democrazia organizzato dal rettore». Il Magnifico spesso dice di ascoltare anche le com-ponenti eretiche. Se le audizioni durano un solo giorno servono a poco e diventano un piccolo spot pubblicitario. La realtà parla un’altra lingua. Cosa può succedere? Un maggiore accen-tramento nelle mani del rettore e del Cda. Più potere econo-mico e politico nelle loro mani, Senato accademico fortemente ridimensionato. Il resto è l’ingresso dei privati sotto forma di

fondazione come succede nei campus americani. Il magnifico ha detto in più circostanze: «Magari venissero finanziamenti di privati, il vero problema è che nessuno vuole investire i suoi soldi nella nostra università».

La Riforma Gelmini è legge:

e adesso?

di Alfonso Bombini

LO CONOSCI ANDY?di Giovanna Marsico

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robin sud

Il capitolo diritto allo studio porta con sé un cambiamento in senso peggiorativo. Borse di studio, Erasmus e servizi ridimen-sionati con un espediente semplicissimo: hanno diminuito le soglie minime d’accesso. Il terzo blocco racconta una didattica zoppa, claudicante, che fa acqua da tutte le parti. Se in università c’è un buco di 17-18 milioni di euro qualcuno deve pagare il conto. Salato quanto basta da pretendere fantasia a go-go dalle facoltà. Inventarsi insegnamenti con mutuazioni strampalate è il nuo-vo sport praticato tra i cubi di Arcavacata, soprattutto a Let-tere e filosofia. Per magia corsi della triennale rispuntano sotto mentite spoglie nella specialistica e viceversa. Un po’ come le vacche di Fanfani o i carri armati lattina del Duce. Storie di questo campus dove appaiono corsi in affidamento gratuito. Nel dipartimento di Lingue alcuni insegnamenti sono letteralmente scomparsi. Russo, cinese e arabo non meri-tano di vivere all’Unical. Ma non per motivi ideologici. Solo una questione di mera opportunità. Salviamo inglese, spagno-lo e tedesco. Il resto può attendere un mondo nuovo. Intanto la primavera dell’Unical rischia di diventare subito autunno senza passare per l’estate se la dottrina Latorre prosegue spedita la sua marcia trionfale.

DI CANDIDOSI E DI ALTRE INFEZIONI

DELLA POLITICA

“Emmèchinicè”! Se non avete mai visto in vita vostra l’uomo che sta gridando verso di voi con un ghigno insensato, tran-quilli: è un candidato. In questi periodi se non te li ritrovi al bancone del bar o all’uscita del tuo negozio preferito, quasi ti preoccupi. “Mà, sono a casa, cala a pasta (*l’ipotetico “cara-sono-a-casa” e “cielo-mio-marito” sono stati adattati ai tempi precari che viviamo). Oggi al bar mi sono pagato da solo il caffè, dev’essere successo qualcosa: ma ci su già state l’elezio-ni?” L’elezioni, i candidati. Roba nobile diventata più buf-fa di quanto buffa la faceva Totò il nobile. Sembrano tutti usciti da una clinica, e per molti di loro non è nemmeno una battuta, visto gli interessi privati che rappresentano. Nel ca-poluogo provinciale il candidato del centrodestra è diventato a sorpresa il candidato del centrosinistra. Poi però un altro pezzo del centrosinista ha deciso di candidare un altra persona per sostituire il sindaco in carica, che non andava bene. Ma a Roma s’è dimostrato che più che pezzi sono pezzenti, perché le decisioni che contano stanno a loro, ai pezzenti grossi. Così il sindaco va benissimo e si ricandida, e il candidato che doveva sotituirlo e che lo criticata fa marcia indietro e gli farà da vice. In tutto questo bello spettacolo intanto il centrodestra ha deciso di cambiare. Solo i nomi, che per i cognomi poi vediamo. E’ così largo ai fratelli di questo, ai figli di quell’altro, e ai cugini dei cugini di quell’altro ancora. Per i posti vacanti cercheremo di convincere qualcuno nel salotto radical chic della sinistra a passare nell’altra lista di invitati a uno dei tanti privè della notte. Anche questa è politica, bellezza. Si distinguono al di là del Campagnano, dove l’assessore del centrosinistra tenta di di-ventare sindaco del centrodestra mentre il centrosinistra stesso continua a ricompattarsi su storielle principesche mentre molti primati urbanistici sprofondano nel cemento, bieco e pallido come la facciati di alcuni sghembi palazzi. Risalendo verso la Sila il sindaco ai piedi dell’area urbana ha deciso che dopo due consiliature è il caso di cedere il passo. Alla moglie. Poco importa chi dorme a destra e chi a sinistra, quando si parla di talamo. Nei paesini la passione elettorale s’è assopita, nemmeno le grida al bar e le liti fra parenti stretti, i manifesti strappati e le scritte ai muri che nottetempo dividevano l’esistenza. Tanto tutto è scritto, basta ricopiarlo. E se leggendo vi è sembrato che la politica sia diventata una cosa triste e che sia meglio starsene a casa, sappiate allora che se continuerete a farlo, diventerà sempre peggio. (s.a.s.)

I MET ANDY I MET ANDY I MET ANDY è sulla bocca di tutti, lo trovi scritto su facebook, sui muri, su tutti i giornali: tutti sono in trepida attesa di vedere com’è, cos’è. A chi ancora non è stato coinvolto dal tormentone, bisogna dire che I MET ANDY è un cortometraggio che nasce dalla creatività di una studentessa di Comunicazione e Dams dell’Unical, Annalisa Macchione. Questa storia ispi-rata al pittore americano Andy Warhol, rielabora il mito della pop-art, riprende quella visione del mondo caotica, molto simile alla società dei consumi dei nostri giorni. Lo staff di giovani quasi interamente “made in Cosenza”, ha lavorato assidua-mente e ha sostenuto questo progetto “senza aiuti e senza soldi” come dice la stessa ideatrice, affiancata da molti gio-vani artisti con tanta voglia di crescere;

facciamo qualche nome: il regista Elias Mulkanto, il videografo Marco Caputo e la scenografa e fotografa Federica Imbrogno. Fanno parte del progetto anche Ovidios Morgos, Marco Caputo, Federica Caputo, Manuela Giardino, Gaspare Guzzo Foliaro, Roberto Gen-tili, Francesco Orrico e Cristina Cozzo-lino. Per dare qualche curiosità in più sul corto, bisogna dire che molte delle scene sono state girate all’università e al Nero Factory, noto locale di Cosen-za, proprio perchè ricorda la Factory di Andy Warhol. Il film sarà distribuito nei maggiori festival del cortometraggio e lo staff sta già lavorando ad un progetto con una importante casa editrice, per pubblicare il libro e il dvd. Sosteniamo sempre l’impegno dei giovani, e special-mente dei giovani calabresi, quindi buon I MET ANDY a tutti voi!

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ttualitàAlo scoop

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ESISTE UNA SAN PIETRO SOTTERRANEA

I lavori per la metanizzazione fanno venire a galla un cunicolo sotto Piazza CarrieriI famigerati tunnel di fine 1600 esistono, ed è ora di riscoprirne la storia

di Salvatore Intrieri

Siamo negli ultimi giorni di Febbraio e i lavori per la metanizzazione sono giunti in fino piazza,precisamente

tra via Corso Umberto e Luigi Settino. Mentre si stava procede con gli scavi ci si accorge che qualcosa di strano era presente sotto i sampietrini tra la Chiesa San Pie-tro Apostolo e la salumeria Panza: c’era un vuoto abissale che aveva la forma di un sottopassaggio, di una stradina “me-tropolitana” nascosta, di un tunnel.Al momento della scoperta gli operai e gli impiegati per la restaurazione della Chie-sa avvisano subito il prete Don Fran-co Cozza che di corsa arriva sul posto.

Don Franco per verificare la veridicità della notizia datagli entra insieme a tre restauratori nel cunicolo, naturalmente uno alla volta, visto che la capienza del passaggio non garantiva la presenza di tre persone. Il percorso era molto fangoso e si interrompeva dopo un paio di metri con una sorte di muratura, molto probabil-mente sotto l’itinerario tra la salumeria e il Bar Centrale e a tal punto sono state scattate delle fotografie che documentano l’esistenza del tunnel. In passato furono molti i dogma sull’esistenza di sottopas-saggi e roba del genere ma diversi storici locali enfatizzavano al contrario, nega-

vano l’esistenza di sotterranei di sorta. A questo punto tale ipotesi negativa è na-turalmente smentita con documentazioni ben chiare e testimonianze visive, si può quindi affermare che i leggendari”tunnel dei periodi compresi tra il 1600 e il 1700 di cui ci raccontavano e ci raccontano i nostri nonni, sono effettivamente reali con presunti collegamenti fra di loro e diverse testimonianze che li collocano an-che all’interno di alcuni terreni privati. Secondo molti e fra questi Don Franco i passaggi sarebbero stati creati intorno al 1700 dalla celebre famiglia Collice e tutti comunicanti tra di loro con diver-

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Anche San Pietro ha un locale tradizionale,ritorna lo stile “cantina” sotto una denominazione a dir poco affascinante.

Era da anni che mancava un luogo del genere. A far largo ai sogni dei sampietresi c’hanno pensato Vincenzo Settino e Aldo Sprovieri che con passione e sacrifici hanno realizzato un punto di ritrovo per giovani e anziani, pronti a fargli degu-stare i prodotto caserecci della nostra zona accompagnati da un buon bicchiere di vino. Tante sono le iniziative e per saperne di più abbiamo deciso di attuare un veloce colloquio con i membri del circolo.

Come mai avete deciso di aprire questa attività? in che cosa consiste?L’idea è venuta fuori per il semplice fatto che a San Pietro manca un locale ca-ratteristico da diversi anni. Abbiamo intrapreso tale ruolo per creare soprattutto un centro di ritrovo tradizionale, quindi lo scopo sociale è alla base di tutto. “La Grotta” nasce anche e principalmente per valorizzare i prodotti della nostra zona,qui potete trovare un vino di produzione propria e possiamo assicurarvi senza ombra di dubbio che è davvero di alta qualità,tra l’altro sforniamo con-tinuamente panzerotti, “cuddruriaddri,” salsiccia e sopressata senza tralasciare primi piatti tipici che vi invitiamo ad assaggiare ogni weekend e non solo.

Perché denominato “La Grotta”?Beh forse questo è un avvenimento che pochi sanno ma noi abbiamo voluto ricon-durlo alla memoria proprio intitolandogli questo esercizio. Il nome deriva dalle insorgenze francesi che hanno minacciato San Pietro nel 1700 e molti sampietresi non trovando un punto per ripararsi hanno deciso di nascondersi proprio in que-sto luogo dove in quel periodo c’era appunto una grotta. Se ci fate caso, alla fine del locale si nota proprio l’inizio della grotta che noi abbiamo abbellito con dei murales caratteristici che inneggiano alla produzione del vino.

Il vostro circolo è ordinato secondo una gerarchia? Vi sentite di dare un grande contributo a San Pietro e che cosa vi aspettate dai cittadini?Il circolo è ordinato gerarchicamente con presi-dente:Simona Settino, vice presidente :Aldo Spro-vieri, segretaria: Anna Settino e i vari consiglieri tra cui Vincenzo Settino(membro ideatore) che danno una mano all’attività. Naturalmente ci sentiamo di dare un grande contributo al paese e ci aspettiamo una grossa partecipazione popolare senza invidia e litigi vari perché l’aiuto reciproco porta sempre in alto una stirpe.

si sbocchi. In effetti si dovrebbe proprio trattare di sistemi di fuga ideati negli anni della baronaggine Collice(fine 1600-1700), quando a causa delle in-sorgenze francesi decisero di attuare queste “grotte” sotterranee per scampare appunto ai loro attacchi. C’è notizia di un ritrovamento recente di un’ulteriore grotta a loccalità Vigni, nella parte alta del paese, un tunnel venuto fuori nei la-vori all’acquedotto all’interno del quale è stata ritrovata una targa con la data “1864”. Un’altra entrata evidente di un cunicolo che arriva fino alla vecchia stra-da che legava San Pietro a Lappano (la via franata) è ben visibile nei ruderi del castello di Altavilla e un ulteriore tunnel che vi documentiamo in queste pagine è venuto fuori all’inaugurazione del locale “La Grotta”, proprio accanto a Palazzo Collice. Numerose testimonianze ora-li parlano del rinvenimento iin passato di monete e armi antiche all‘interno di questi cunicoli, di cui naturalmente or-mai non v’è più traccia. Come mai nes-suno aveva mai tirato fuori un cenno ufficiale di questo racconto tradizionale che ormai più leggenda non è? Solo Al-fredo Sprovieri sul quotidiano “Calabria Ora” in occasione del quattordicesimo anniversario dell’apertura al culto della chiesa ne dava riferimento mentre tutti gli altri storici hanno sempre smentito questa possibilità. Di nuovo, perché?Il valore di un patrimonio archeologico del genere è elevatissimo, cosa si intende fare ora di questi tunnel? Quali autorità sono state informate della scoperta? Questa rete di cunicoli è un mistero di cui tutti almeno una volta hanno sen-tito parlare, a no-stro avviso è ora di riportarlo alla luce. San Pietro ha un potenziale storico di livello e forse qui nessuno “vuole” renderse-ne conto.

E dove c’era un rifugio adesso sorge una cantinaAPRE IL CIRCOLO “LA GROTTA”

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ttualitàA

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1 2 Sotto sotto c’è QUALCOSADei tunnel tutti sapevano, ma nessuno ammetteva, perché non se n’è mai parlato? In tutto il mondo, la riscoperta delle città sotteranne è diventato simbolo di un nuovo e creativo modo di fare turismo, vediamo come.

Repetita iuvant. Circa due mesi fa gli scavi del metano hanno aperto un varco ad un tunnel che partirebbe dalla chiesa di San Pietro Apostolo per poi essere, inspiegabil-mente, murata dall’altra parte della strada, proprio sotto l’odierna salumeria. La notizia, a dir la verità non è nuovissima, infatti antiche leggende e anziani con-cittadini narrano di questa “San Pietro sotterranea” da sempre, ma i “canali ufficiali” hanno sempre negato e non ve n‘è traccia sui libri che raccontano la nostra storia. Il 19 marzo, poi, con l’inaugurazione della cantina, un’altra scoperta è saltata fuori agli occhi dei sampietresi tutti; la continuazione (il tunnel da un lato ha due porte che comunicherebbero con il palazzo Collice e con la chiesa di San pietro Apostolo), quindi la conferma, della rete di tunnel precedentemente ritrovata. La domanda sorge spontanea: perché nascondere tutto in questi decenni? Anche un bambino capirebbe l’importanza turistico culturale di questi beni archeologici. In un paese sostanzialmente privo (perché sono mal sfruttate le sue potenzialità) di turismo

1 Chiesa di San Pietro Apostolo2 Municipio Palazzo Collice Secondo le ipotesi più accreditate, questa fitta rete di cunicoli erano in uso negli anni della “baronia” Collice, a cavallo fra il 1600 e il 1700, quindi è probabile che venissero usati anche nel periodo post unitario conosciuto come quello del brigantaggio. Ma di brigantaggio e di-fesa dalle insorgenze francesi si potrebbe parlare, visti i racconti popolari che riportano alla luce storie di baionette e di insurrezioni popolari. Il tracciato dovrebbe unire la chiesa di San Pietro Apostolo con il Palazzo Collice, oggi sede municipale. Passava al di sotto delle strutture e guardava verso Altavilla e il suo castello, nei quali ruderi abbiamo trovato altre traccie evidenti di cunicoli molto profondi, che scavano fino ad arrivare all’altezza dei corsi d’acqua che dividono i paesi.

3 Tunnel sotto la piazza

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di Paolo Vigna

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e di reperti storici è da veri dilettanti del mestiere continuare agire in questa maniera. E’ storia nazionale, raccontata dalle mura di Pompei e dal nuovo libro dei giornalisti Rizzo e Stella. Nei giorni in cui a Milano viene ritrovata una catacomba contenente cinquecentomila cadaveri, ed esposta subito a lavori di ristrutturazione, per essere vi-sitabile dal pubblico, e in un’era in cui il turismo sotterraneo rende fior di quattrini alle città che hanno a disposizione questa fortuna è da pazzi non sfruttare in qualche modo questa possibilità. E’ facile rendersi conto con i propri occhi, scrivendo “città sotterranee” su un motore di ricerca qualsiasi, quanto queste attività mobilitino sotto il punto di vista turistico, con conseguente indotto economico. La storia, però, puzza di un’enorme ed allo stesso tempo impercettibile idiozia. Sembra si sia voluto nascondere alla cittadinanza un suo tesoro, arrecando allo stesso più danni di quanto abbia fatto il tempo e le negligenze. La scoperta del muro sottostante alla salumeria deve far riflettere a riguardo e far risa-lire in mente quel perché iniziale. Cosa si è voluto interrompere e per questo nascondere per sempre? Trovare una risposta a questo interrogativo è cosa ardua. Questo è un sito archeologico che negli anni è stato umiliato, abbandonato se non ma-nomesso da un susseguirsi d’amministrazioni che nei decenni passati hanno preferito non occuparsi della cosa come se si dovesse in questo modo proteggere qualcosa o qual-cuno. E poi: se questo tunnel costituirebbe un problema per la stabilità del paese? Così non pare, perché gli antichi costruivano molto meglio di noi, ma è il caso di saperlo con certezza. Seppur le prospettive, visto le forti murature, lo indichino come l’unica zona nel mondo pronta a sopportare persino alla fantomatica fine del mondo del 2012, non dimentichiamoci che è pur sempre un vuoto sotto delle costruzioni risa-lente a centinaia di anni fa. Ora che c’è prova della loro esistenza andrebbero riaperti e sottoposti a verifiche per garantire la stabilità di ciò che ci sta sopra (per esempio lo stesso palazzo Collice). Le domande sono tante e tutte in attesa di gentile risposta. Tra paura e curiosità, l’alone di mistero che circonda questo paese, rende ancora più affascinante la sua storia ultra secolare. Quella conosciuta quanto quella sotterranea.

Il turismo sotterraneonel mondo

Berlino, Portland, Londra, Napoli, torino, Roma e mille altre ancora. Sono le grandi città che hanno riscoperto il turismo sotterraneo, un vero e proprio business che ogni anno mobilita incredibili risorse in un turismo a tema che sta legando fra loro sempre più appassionati del mi-stero che si cela sotto i piedi. Basta fare un giro sui numerosi siti presenti per chi ha voglia di ci-mentarsi con l’oscuro lato delle città per rendersi conto che basta poco ad appassionare e attirare turismo internazionale in quelle che sono risorse storiche e archeologiche da non sottovalutare. Alcuen grotte sono antichissime, altre sono risa-lenti alla seconda guerra mondiale. L’uomo ha sempre avuto bisogno di rifugiarsi, spesso da se stesso, per poter sopravvivere ai mutamenti della storia. Vedremo il giorno in cui una comitiva di turisti potrà visitare i sotterranei di San Pietro e scoprire i suoi misteri?

4 Tunnel sotto “La Grotta”

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(5) Berlino

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il Notiziario

TURISTI E MIGRANTISAN PIETRO TORNA IN EUROPACi sono un bel po’ di novità in arrivo da palazzo Collice, sede municipale di San Pietro, quella che ci interessa di più è rela-tiva agli scambi culturali: ripartono. Dopo molte attese e insistenze (nostre in particolare) l’ammi-nistrazione comunale è riuscita ad attivare un programma di scambi culturali con studenti svedesi e inglesi in arrivo que-st’estate. Un gruppo di 20 persone che verrà ricambiato da una delegazione sampietrese in ottobre, mese del tradizionale natale svedese. Per ora se ne sa poco, ma vi terremo aggiornati. San Pietro, giova ricordarlo, ha avuto negli anni passati una grande tradizione di accoglienza per il turismo giovanile inter-nazionale e partecipando ai programmi di “Youth for Europe” per molti anni ha visto perodi di grande effervescenza cultura-le nel ostello per la gioventù per troppo tempo rimasto chiuso. Inoltre, è stato riallacciato il discorso con il centro di politiche internazionali “Iscapi” istituto calabrese di politiche interna-zionali di cui il comune presilano risulta fondatore. Ciò per-mette di riaprie un discorso che guardi al Mediterraneo e alla difficile crisi che vive il continente africano In questo discorso rientra anche la richiesta della Regione Calabria avanzata a tutti i Comuni per l’accoglienza dei rifiugiati. Siamo sicuri che la comunità saprà rispondere a questo grido di dolore.

IL CASO COUMADIN Il servizio di prenotazione e conse-gna della analisi cliniche, fino ad ora in gestione all’Avis verrà gestito dal Comune in economia, con personale dipendente. Il cittadino dovrà pagare una quota annuale di 100 euro rateiz-zabili. Dall’anno prossimo verranno introdotte le scale di red-dito, intanto la cosa ha suscitato qualche polemica. Il sindaco Acri ha assunto la responsabilità della decisione dichiarandoci che in tempi di crisi è giusto che i cittadini si abuitino a pagare i servizi per quello che possono, aspettandosi che il Comune esternalizzi il meno possibile, razionalizzando le risorse. L’Avis dal canto suo, protesta contro il taglio di risorse.

TELECAMERE La prima novità riguarda la sicurezza, con l’istallazione delle telecamere di sorveglianza in diversi punti del paese. Noi ci auguriamo che, come promesso, quelle posi-zionate sul parcheggio parrocchiali servano a rendere inutili e desueti i parcheggi in Piazza Carrieri, così da far tornare tranquillo e sicuro il centro del paese.

VIABILITA’ E SICUREZZA Completata la prima fase dei lavori (il come lo testimonieremo a breve) nel centro sportivo polifunzionale di Redipiano, resta da capire quando saranno finiti gli interni e potere quindi veder inaugurata la struttura nella sua interezza. Intanto, sono in partenza diversi lavori che aiuteranno la comunicazione interna delle strade. Il più importante riguarda le scuole medie dell’istituto comprensi-vo, con gli ultimi lavori di messa in sicurezza, e sempre in materia scolastica, c’è da sottolineare i lavori nel plesso di Pa-dula, che daranno nuova linfa e possbilità, garantendo classi meno affollate. Per quanto riguarda la scuola Settino invece, c’è da registrare un nuovo stop al finanziamento, per il quale le autorità sono chiamate ad una nuova fase di contrattazione. Sono intanto già stati appaltati lavori sulle strade a Padula e a Cervali, che garantiranno una maggiore e più sicura fruibilità delle comunicazioni verso l’area urbana e la Sila.

ENERGIE RINNOVABILI In via di ultimazione i lavori al-l’acquedotto che stanno rallentando l’uso delle fontane pubbli-che, una volta finiti si dovrebbe arrivare alla regimentazione di 3/4 delle acque e all’incanalamento di diverse falde acqui-fere. Ciò significa tanto in materia di sicurezza, ma le autorità sperano che altrettanto importante sia in tema di autonomia dalla Sorical (l’azienda che distribuisce l’acqua in Calabria). Inoltre, è in via avanzata di discussione un finanziamento per una centralina elettrica e per le istallazione eoliche. Si-curamente è un bene puntare sulle energie rinnovabili, ma ci auguriamo e faremo di tutto per garantire la nostra parte, che su questi temi d’ora in avanti ci sia il dibattito più ampio possibile.

PARCHI GIOCHI E’ sotto gli occhi di tutti lo stato di de-grado di alcune strutture pubbliche destinate ai più piccoli. Numerosi genitori c’hanno inviato segnalazioni che abbiamo girato alle autorità e vi faremo sapere quanto prima i risultati del nostro impegno sul tema.

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epistolarioil derby della vergogna

a scuola di sicurezza

IL DERBY Il 4 aprile del 2001 sotto il cielo di un dio minore si affronta-vano le squadre di due paesi vicini e tutto sommato amici, Castiglione Cosentino e San Pietro in Guarano. Si va al riposo sull’uno a zero per i locali. Il secondo tempo comincia con una protesta e con due cartellini rossi in pochi secondi sventolati sotto il naso degli iracondi sampie-tresi. All’ultimo minuto l’estremo tentativo, e il rigore per il San Pietro. Stavolta sono i rossoblù a protestare con forza, passano i minuti di gri-da e spintoni contro il ragazzino vestito di nero, che ci ripensa: non è rigore ma punizione da fuori area, anzi no, pensandoci ancora ritorna in area e dice che il fallo c’è ma è a favore della difesa. I calciatori ospiti, sbigottiti, iniziano a togliersi le maglie in simbolo di protesta e abban-donano il campo, la gente grida “vergogna”, fine del gioco. a quanto pare, l’anno prossimo le due squadre si uniranno in una sola.

L’ESERCITAZIONE Si è svolta lunedì 28 marzo presso l’istituto compren-sivo “Luigi Settino” di San Pietro in Guarano (CS), la manifestazione “Scuola Sicura”. Promossa dall’associazione di Protezione Civile “La Lince” di San Pietro in Guarano e dall’istituto scolastico, ha avuto come obiettivo primario la sensibilizzazione di tutti i soggetti che ope-rano nell’ambiente scolastico in caso di calamità naturali (terremoti e frane). Sia in caso di intervento, ma soprattutto a livello di prevenzione, è stata svolta una giornata da ricordare, specie per gli alunni.

STORIE SAMPIETRESICorreva l’anno 1950 quando insieme alla mia famiglia raccoglievamo i pochi averi nella classica valigia di car-tone e abbandonando San Pietro partivamo per un fu-turo migliore. Partivamo per il Nord come tanti, troppi sampietresi che in tempi di magra emigravano in cerca di fortuna per strappare alle sorti della povertà i propri figli. L’orgoglio di uomo del Sud era la molla che faceva scattare al padre famiglia la voglia di rivincita e la determinazio-ne di prendersi qualche soddisfazione. Seguendo le orme dei parenti andammo a Cantù e anche se c’era qualcu-no di famiglia, fratelli e sorelle di mia madre, i primi tempi sono stati davvero duri. L’etichetta che portavamo addosso ce la facevano avvertire dappertutto. Noi eravamo “terroni”. Ma pian piano le cose sono cambiate; il legame familiare, la solidarietà paesana e la voglia di affermarci nella società hanno fatto da scudo e ci hanno fatto crescere in tutti gli ambienti conservando sempre i valori meri-dionali e l’amore per le origini. Si, proprio l’amore per “u Paise”, ci ha fatto ritornare a San Pietro. Sembra ieri il primo giorno che, dopo molti anni tornai.Tante cose erano cambiate, ma tante erano uguali: gli amici da “chijazza”, e “rughe” e “vineddré” dove abitavo da bambino, a festa e “Santu Piatru” e ru “ddirroccu”…. tutto era come l’avevo lasciato e l’entusiasmo, l’affetto e l’allegria nella semplicità delle piccole cose mi faceva sentire “ara casa”. Ho sem-pre portato nelle vacanze mia moglie e i miei figli a San Pietro per fargli assaporare il gusto della vita nei picco-li paesi calabresi. La testimonianza del legame è il fatto che mia figlia Luciana, pur essendo cresciuta e avendo la sua vita a Cantù, ha voluto sposare un sampietrese a San Pietro e di questo ne sono davvero orgoglioso. Questi cari amici sampietresi sono stati i motivi che mi hanno spinto a compiere un semplice gesto di solidarietà verso i miei compaesani più sfortunati e bisognosi. Nella scorsa estate chiacchierando con amici impegnati nel volontariato, mi è stata manifestata l’esigenza dell’acquisto di un’autoam-bulanza per completare l’erogazione di una serie di servizi sul nostro territorio. Mi sono subito attivato: ho acquista-to una Fiat Panda nuova da sorteggiare e con i ricavati della vendita dei biglietti comprare un’autoambulanza di soccorso attrezzata da utilizzare in caso di necessità. Pur non vivendo qui mi sono sentito debitore verso San Pietro e il mio voleva essere un atto di solidarietà e affetto sincero e non gesto vanitoso e auto celebrativo. Con semplicità e sincerità spero di aver fatto una cosa utile e gradita per San Pietro e per quegli amici che ritrovo ogni anno e che mi fanno sentire sempre a casa.

Salvatore Urso

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La Novellara del gigantedi Walter VignaMassimo Sicilia, il gigante buono come veniva chiamato a Napoli, vive a Novellara, paese che ha dato i natali ad Augusto Daolio, compianto cantante dei Nomadi. Massimo ci aspetta all’ingresso della cittadina emiliana, come fosse un’autorità del luogo e come tale ci fa da cicerone tra la rocca dei Gonzaga e i portici dove la gente si rifugia per proteg-gersi dal caldo o dalla pioggia che sia. Abbraccia Novellara come se ci fosse nato, ma parlando in sampietrese. Racconta di come è finito qui da San Pietro in Guarano, ci parla della sua storia così uguale e così diversa da altre storie: il lavoro che manca, la speranza spesso tradita di avere un posto di lavoro “sicuro”. “Lavoravo in Sila in una cooperativa agricola (a nero) e riuscivo comunque a dare da mangiare a mio figlio Salvatore. Mi ritenevo uno tra i più fortunati, ma ero sempre in cerca del posto fisso”. Perciò Massimo, a 26 anni, decide insieme a Loredana, sua moglie e compaesana, di dare una svolta alla sua vita, trasferendosi sulla via Emilia. “I primi tempi, mi arrangiavo a fare l’imbianchino.

Col mio socio, una volta, riuscimmo ad avere un lavoro grosso, un bel gruzzoletto. Alla consegna, noi eravamo scettici sul pagamento, avvezzi ai “vrusci” tipici delle nostre parti. Fummo smentiti, per fortuna…”. Un’abitudine al lavoro diversa per l’Emilia di allora, rispetto alla

nostra. Poi fu la scuola: Massimo prima come collaboratore scolastico, dopo come amministrativo. Loredana insegnante, e la famiglia che si allarga con l’arrivo di Rachele. Il borgo natìo gli è rimasto nel cuore, e la nostalgia ogni tanto riaffiora. “I primi anni contavo i giorni per arrivare a Natale o Agosto.

Quando arrivavo a San Pietro, i primi giorni avevo un so-gno ricorrente: le ferie erano finite e si doveva ripartire; mi svegliavo di soprassalto ed ero contento che fosse stato

un sogno e che di giorni ce ne fossero ancora...Adesso, a dire il vero, è da parecchio che non faccio più questo sogno”.

Per fortuna c’è Internet che abbatte le distanze, che dà la possibilità di sentire il paese attraverso i racconti degli amici. E non mancano le occasioni per vedere sampietresi anche al di fuori dei confini calabri. Fa un certo effetto ritrovarsi tra compaesani a migliaia di chilometri da “u Paise”, una sensazione che Massimo definisce estasiante. “Mi è capitato di vedere delle persone con cui giù nemmeno ci salutavamo e incontrarle a 1000 km di distanza mi ha fatto capire tante cose. Sono strafelice quando ho modo di ospitare qualcuno e come me tanti altri lo sono. Anzi, certe volte ce li contendiamo...”. Parlando della sua San Pietro, Massimo non sembra notare differenze sostanziali con altre realtà paesane non solo della nostra terra, ma dell’intero territorio italiano. “La vita è dura dappertutto, bisogna anche vedere come la si vive; forse una volta il sacrificio dell’oggi portava qualcosa per il domani, anche se adesso non mi sento più di affermare questa teoria. Oggi devi vivere alla giornata...”. Soprattutto, non esclude in assoluto un suo ritorno “aru Paise”, anche se dove vive oggi ha raggiunto un equilibrio invidiabile. Ma non si può impedire a un’idea di ritornare alla mente, come non si può impedire al mare di riavvicinarsi alla riva (cit.). Perciò mai dire mai…

La fotografia di Bice - bella come un’attrice - era

quella che accompagna-va l’emigrante cantato

da Rino Gaetano. Ch’è rimasto di ciò che dal pae-

se ci siamo portati indietro quando siamo partiti, quanto è sgualcita quella foto? La storia di un uomo è la storia di tutti

gli uomini, perciò scrivete all’indirizzo del giornale con oggetto “La foto di Bice” e verrò da voi (se mi ospiterete) a raccontare che i migranti siamo noi.

LA FOTO DI BICE