MemOria - Marzo 2013

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ANNO VIII numero 3 Marzo 2013 distribuzione gratuita PROSPETTIVE DI MEMORIA “Sono un pellegrino” VOCE DEL VESCOVO Lettera al Papa MEMORIA CULTURALE L’arte di purificare il cuore mensile di informazione della Diocesi di Oria MemOria SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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MemOria - Mensile di informazione della Diocesi di Oria - Marzo 2013

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ANNO VIII numero 3 Marzo 2013 distribuzione gratuita

PROSPETTIVE DI MEMORIA“Sono un pellegrino”

VOCE DEL VESCOVO Lettera al Papa

MEMORIA CULTURALEL’arte di purifi care il cuore

mensile di informazione della Diocesi di Oria

MemOria

SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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anno VIII n. 3 Marzo 2013MemOria

Sommario

MemOria

MemoriaMensile di informazione della Diocesi di Oria - Periodico di informazione ReligiosaDirettore editoriale:✠ Vincenzo PisanelloDirettore Responsabile:Franco Dinoi

Redazione:Gianni CaliandroFranco CanditaAlessandro MayerFrancesco SternativoPierdamiano Mazza

Progetto graficoimpaginazione: ProgettipercomunicareEDIZIONI E COMUNICAZIONE

www.progettipercomunicare.it

In copertina:Maria con il Cristo deposto dalla Croce tra San Biagio e San Nicola - Oria, cappella di San Biagio.

Stampa:ITALGRAFICA Edizioni s.r.l.Oria (Br)

Curia Diocesana: Piazza Cattedrale, 9 - 72024 OriaTel 0831.845093www.diocesidioria.it e-mail: [email protected] al Tribunale di Brindisi n° 16 del 7.12.2006

ANNO VIII numero 3 Marzo 2013

mensile di informazione della Diocesi di Oria

3VOCE del VESCOVOLettera al Papa

22MEMORIA IN... VERSI... con Edith Stein

19MEMORIA CULTURALEL’ arte di purifi care il cuore

PROSPETTIVE DI MEMORIA6“Sono un pellegrino”8Maruggio : quella volta il Consiglio

Parrocchiale fu lungimirante

MEMORIA DIOCESANA16“L’autenticità della vostra fede” nelle parole

di Pietro

MEMORIA DIOCESANA20«Andate e fate discepoli tutti i popoli!» Mt 28,19

MemOria

MEMORIA SPECIALE FEDE E TRADIZIONE10A Oria scenni Crištu

14La festa di San Giuseppe e la Mattra

12Li pappamusci di Francavilla Fontana: annunciatori di Resurrezione

Agenda pastorale del Vescovo, marzo 2013 eSpeciale Settimana Santa

PRO-MEMORIA17

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VOCE del VESCOVO

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Avremo prima il papa o il governo? Dopo una campagna elettorale ingannevole, scialba, gli Italiani, stanchi dell’inconcludenza

partitica, privati di un cambiamento strutturale, non vedono che macerie da cui non nasce «altra prospettiva che quella dei peones sudamericani:

lavorare tutta la vita per ripagare i debiti, come i servi della gleba» (L. Napoleoni). Dalla nave della Chiesa Benedetto XVI, dopo 24 anni da Prefetto della Congregazione della fede e 8 di pontifi cato, ha spiccato il volo per Castel Gandolfo. Gli scogli e i fondali non hanno reso agevole la traversata in questi ultimi anni tormentosi; i motori lenti, il personale di bordo non sempre all’altezza della situazione.

L’11 febbraio scorso, un profano lunedì di carnevale, memoria della Vergine di Lourdes, ricorrenza dei Patti Lateranensi, il papa parla di sé: “Ho esaminato la mia coscienza; sono giunto alla certezza dell’inadeguatezza della mia condizione attuale; ho visto crescere, negli ultimi mesi, la mia incapacità”; e conclude: «Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma». Quanti rincrescimenti, critiche o plauso per un gesto inaspettato e annunciato! Nell’intervista di P. Seewald, alla domanda sulle sue possibili dimissioni nel mezzo delle polemiche per lo scandalo dei preti pedofi li, il papa rispose: «Quando il pericolo è grande non si può scappare. Questo sicuramente non è il momento di dimettersi. È in momenti come questo che bisogna resistere e superare la situazione diffi cile. Ci si può dimettere in un momento di serenità, o quando semplicemente non ce la si fa

“Sono un pellegrino”

anno VIII n. 3 Marzo 2013

Franco Candita

PROSPETTIVE DI

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più». Verifi catesi le due condizioni, si è dimesso, “non scendendo dalla croce”! Introdurrà una “rivoluzione” del papato? Un segno di discontinuità, di riforma o di resa? Il papa precisa: così ho deciso “in piena libertà”. Quale libertà? Solo Lui sa se la rinuncia è più «un test di riconoscimento del proprio limite», o «un eff etto salutare di liberazione». La libertà non si riferisce solo a quella esteriore, equivalente a: “nessuno mi costringe o obbliga”. La piena libertà di coscienza è valutazione etica e spirituale che ciò che si sta compiendo ha come fi ne un bene, come motivazione il bene, e la scelta è fatta con coscienza retta. Qual è il segnale per la Chiesa e per il mondo? È necessario trapassare i signifi cati più ovvi del testo pronunciato in aula. 1) Il papa rimette il mandato per il declino anagrafi co, per cui non può più seguire e aff rontare i problemi del mondo odierno «soggetto a rapidi mutamenti, agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede». I “rapidi mutamenti” del mondo costituiscono dunque grave diffi coltà e tanta fatica per chi la Chiesa la governa (e per chi ci lavora, in qualunque ruolo e ambito). Non è l’angustia, del resto, di laici, preti e vescovi anche in età e salute valide? Come tener dietro alla rapidità dell’informazione e all’innovativa condivisione delle notizie? Come tener dietro ai mutamenti rapidi del ruolo della donna sul lavoro, in politica, in famiglia, nei confronti del mondo maschile, mentre solo lentamente si riconosce che si è troppo restrittivi,

nella Chiesa, nei loro riguardi? «È giusto chiedersi se nel servizio ministeriale non si possa off rire più spazio, più posizioni di responsabilità alle donne» (J. Ratzinger, 2009). Perciò le dimissioni diventano signifi cative superando il solo dato biografi co. Oltre la diade “rapidità/lentezza”, c’è il capitolo, serio e grave, delle “questioni” che il mondo pone alla Chiesa in rapporto alla “vita della fede”. La sfi da è teo/fi losofi ca: il relativismo, il rapporto tra fede e ragione; il declino del Cristianesimo, prospettato tout court - a credenti e capi di Stato - come declino della civiltà Europea. Ma, soprattutto, oggi la sfi da è antropologica: il problema del “genere”, i “diritti civili” riconosciuti e “regolamentati” per legge travagliano il dialogo tra gli Stati e la Chiesa.Urge il confronto non mono-corde (ma con-corde) di fronte ai vari problemi del mondo: fame, sete (d’acqua e di giustizia), povertà di mezzi di sussistenza, la rapina delle risorse naturali, lavoro minorile, malattie, sovrappopolazione. È tempo che la Chiesa non sia «elemento di contrapposizione bensì di convivenza. Un mondo ateo, di fronte alla fede che sposta le montagne, non se ne priva per non sentirsi più povero» (R. Zollitsch).

2) Le dimissioni date per il bene della Chiesa. Al successore di Benedetto XVI toccherà fare - sulla via della collegialità e sinodalità - un cammino ecumenico arduo e riabilitativo del dialogo col Mondo, le Religioni e le altre Confessioni cristiane, e soprattutto porre mano ai problemi interni della Chiesa. Certo, fare il papa per un miliardo e 200

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milioni di cattolici, in un mondo di sei miliardi e mezzo d’abitanti, richiede un’apertura mentale che travalichi l’Italia e l’Europa, e forse il mondo occidentale. Bisogna porre in agenda, non da grillini ecclesiali, ma da papa meno monocratico “destrutturare” e ristrutturare le comunità, l’annuncio del Vangelo, il rispetto per la natura e i problemi che ad ogni stagione teologi, vescovi propongono: i divorziati, il celibato, temi come il controllo delle nascite, le questioni eticamente sensibili. Il card. C. M. Martini, prudente e dotto, ha avvertito: “la Chiesa è indietro di 200 anni”; troppa prudenza e lentezza o assenza di riforme rischiano di creare altre divisioni nel corpo ecclesiale, e probabili allontanamenti taciti e non meno dolorosi. Il papa «non ha mai avuto bisogno di utilizzare l’esercizio della carica per surrogare la fatica di comprendere l’altro» (J. Navarro Valls); sì, ma quanta fatica per riportare all’ortodossia Lefebvre e i suoi seguaci, facendo loro tante concessioni, pur di averli nella Chiesa Cattolica, col pericolo che altri fratelli s’allontanassero. Fatica per liberare lo IOR da operazioni contrarie agli standard internazionali dell’antiriciclaggio. Stanchezza per i testi sottratti e il rapporto segreto (dove ci sono

rivelazioni di contrasti curiali). Tormento nel vedere «le colpe contro l’unità della Chiesa, le divisioni nel corpo ecclesiale, gli individualismi e le rivalità, l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione». Rammarico per non aver potuto riformare la Curia romana. Il “mi dimetto”, detto sommessamente, ricorda l’antiprocessuale Galileano ‘Eppur si muove’! E i cardinali restano impietriti.

3) Denunciare le fatiche e il rammarico è anche prospettare un ministero petrino più collegiale? Perciò le dimissioni? Benedetto XVI, un papa proponente tradizioni secolari, ha fatto un gesto innovativo che Paolo VI e Giovanni Paolo II non hanno realizzato, benchè l’avessero “pensato”. Egli ha insistito sulla motivazione: il ministero petrino deve essere svolto in modo adeguato, non nell’incapacità di gestirlo; e, quando ricorra, è dovere morale rimettere il mandato. Lo “sgomento” di tanti viene dal timore del ritorno dei tempi in cui ben tre papi si contendevano la legittimità di essere il vero papa, o che l’infallibilità a tempo ne segni l’incrinatura divenendo inarrestabile? Benedetto XVI ha promesso obbedienza e sottomissione al futuro papa; perciò decontestualizzare l’infallibilità dal servizio nella e per la Chiesa, su argomenti di fede che essa professa, che la Sacra Scrittura e la Tradizione consegna da una generazione all’altra, stante il pericolo di errori contaminanti la prassi liturgica e l’insegnamento della Chiesa, quell’infallibilità rischia di essere intesa in modo mitologico. Nello spogliarsi della parola “defi nitoria”, nel «riconoscersi umano come tutti gli

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altri umani» (L. Boff ), nella debolezza dell’età e del venir meno delle forze diventa segno umile e povero, quasi monacale demitizzazione della fi gura del papa. Nella migliore teologia, il vescovo di Roma è “colui che presiede nella carità”, al servizio dei credenti (“confermerai i tuoi fratelli”), e in questo diventa elemento costitutivo della indefettibilità della Chiesa. Il gesto del papa rimarrà isolato o costituirà un precedente? È ostativo al dogma? Dimettendosi, s’impone al papa futuro qualcosa? Presbiteri e vescovi danno le dimissioni al compimento dei 75 anni; anche il papa, in particolari situazioni di salute, cesserà dal servizio? Ai gargarismi teologici, il papa oppone il fatto: per «aff rontare oggi i grandi problemi della Chiesa nel mondo, si richiede forte vigore e un orizzonte di tempo di governo proporzionato a imprese pastorali di ampio respiro e non piccola durata» (padre Lombardi). Finché i cigni conosciuti erano tutti bianchi, era verità indiscutibile: “Tutti i cigni sono bianchi”; ma quando furono scoperti in Australia i cigni neri, allora divenne convinzione generale: “i cigni sono bianchi e anche neri”. Il cigno ‘biancovestito’ ha detto: Rinuncio. Da ora in poi si dovrà dire: Il papa sa rinunciare. In occasione delle

dimissioni del card. Martini, S. Magister scrisse sull’Espresso: «L’8-09-2002 il cardinale offi cerà per l´ultima volta nel Duomo di Milano. Fosse stato per lui, l’addio alla diocesi l’avrebbe già dato nel 1990, dopo appena dieci anni da arcivescovo. Lo disse al papa. Giovanni Paolo II l’obbligò a restare. Perché gli argomenti che Martini gli espose erano dinamite per i poteri di tutti i capi di Chiesa, a cominciare dal successore di Pietro». E ora? Nell’udienza del 27 febbraio, il papa ha lanciato un monito (per i fedeli e i prelati) spesso trascurato: «Sono sempre stato convinto che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua», «Lui (Cristo) la conduce». Da qui la prospettiva di una Chiesa più ministeriale (cingendo il grembiule), più sinodale nella fede e nella carità (i motori della “speranza contro ogni speranza”), nella corresponsabilità episcopale, dove “nessuno signoreggia sui fratelli” (1Pt 5,3), in uno stile d’accompagnamento. Alla Chiesa, nell’ attesa del nuovo pastore, non importa da dove verrà – se da Nord o da Sud, da Est o da Ovest - il Soffi are dello Spirito, purché venga! Come ebbe a dire Benedetto XVI a P. Seewald: «In una questione come la fede e l’appartenenza alla chiesa cattolica, il dentro e il fuori sono intrecciati misteriosamente»! I cardinali avranno il compito di rispondere, con l’elezione del papa, alla necessità di una polifonia ecclesiale rispettosa dell’eff ettiva specifi cità della Chiesa nei vari continenti e del dialogo, in tempi ristrettissimi, tra Modernità e Tradizione, per superare la sclerocardia morale diff usa.

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Ormai da tempo mi capita di leggere “MemOria”, pregevole rivista mensile di informazione della diocesi di Oria in cui,

oltre alla puntuale voce del Vescovo, compaiono contribuiti validi di altri autori che, senza alcuna ombra di dubbio, sollecitano l’attenzione e la rifl essione del fedele lettore. Riguardo il numero di qualche mese addietro, mi hanno particolarmente interessato il contributo di don Salvatore Rubino dal titolo I battezzati risorgeranno con Cristo apparso nel numero 5 del novembre 2012 e quello di mons. Felice di Molfetta dal titolo Il volto della speranza e non della angoscia apparso nel numero 6 del dicembre 2012. I due mirano ad illustrare e a far conoscere ai fedeli interessati il nuovo Rito delle esequie, entrato in vigore il 2 novembre 2012 con Decreto della Sacra Congregazione per il Culto Divino.A tal proposito don Salvatore Rubino precisa testualmente che:Il nuovo rituale insiste molto sulla celebrazione comunitaria che raccoglie i familiari, i parenti, gli amici, anche se sempre più spesso non credenti. Inoltre lo stesso autore, alla fi ne del suo contributo, non si esime di rilevare la saggezza dei pastori col puntualizzare una parte delle Precisazioni. Il testo recita: i pastori siano premurosi nell’aiutare i

fedeli a cogliere il senso profondo del funerale cristiano; scelgano tra i formulari proposti dal Rituale quelli più adatti alla situazione; utilizzino con sapienza la varietà dei testi biblici proposti dal Lezionario; sappiano utilizzare con intelligenza e discrezione il momento dell’omelia per infondere consolazione e speranza cristiana e per condurre i fedeli a una più con-sapevole professione di fede nella risurrezione e della vita eterna.Mons. Felice di Molfetta, vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, invece, presentando molto più ampiamente il nuovo Rito delle Esequie, evidenzia anche che: … i funerali sono ormai l’unico rito che si celebra con un certa frequenza e che vede presenti anche persone che hanno abbandonato la fe-de cristiana. I funerali si apprestano così a diventare l’unico momento in cui la Chiesa si presenta a persone che non la conoscono, l’unica occasione di evangelizzazione […] E, ancora, il vescovo puntualizza, facendo proprie le parole del Santo Padre che: Il momento delle esequie costituisce un’importante occasione per annunciare il Vangelo della speranza e manifestare la maternità della Chiesa. Il Dio che ‘verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti’ è Colui che ‘asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né il lutto né il lamento né l’af-fanno’ (Ap 21,4).I due autori evidenziano così l’attuale partecipazione

Maruggio: quella volta il ConsiglioParrocchiale fu lungimirante

Cosimo Demitri

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dei non credenti alla celebrazione comunitaria delle esequie, la scelta oculata, volta per volta, dei testi biblici proposti dal Lezionario e i fu-nerali come unico momento occasionale e propizio per annunciare il Vangelo della speranza cri-stiana. Col senno di poi, come si suol dire, posso aff ermare ora, che negli anni ‘90 proprio il Consiglio Pastorale di Maruggio, presieduto dall’allora parroco don Raff aele Giuliano, in una delle tante riunioni fu lungimirante nell’accogliere di chi scrive, la proposta inerente proprio al Rito delle esequie.Prima del Concilio Vaticano II – notavo a tal riguardo – i funerali a Maruggio si celebravano tutti nelle ore antimeridiane e la partecipazione dei maruggesi, salvo che in casi eccezionali, era piuttosto scarsa in quanto si registrava solitamente la presenza degli stretti parenti del defunto e di qualche altro che, per amicizia, ne prendeva parte. Qualcuno sovente doveva assentarsi dal lavoro dei campi perdendo il salario, allora indispensabile per il sostentamento della propria famiglia. La partecipazione ai funerali, invece, cambiò radicalmente dopo il Concilio, quando le celebrazioni delle esequie iniziarono a svolgersi prevalentemente nelle ore pomeridiane. Si notò, allora, una maggiore partecipazione. Eccezionale e quasi corale divenne la partecipazione ai funerali di giovani che, per grave malattia o per incidente, avevano perso prematuramente la vita. Si iniziò così allora ad osservare in queste luttuose circostanze la partecipazione di gente nuova che, se pur adulta, per sua abitudine, non frequentava

solitamente la chiesa. In questi casi tutti gli abitanti del paese, uomini e donne, si sentivano obbligati a rendere la propria testimonianza di stima e di cordoglio ai familiari della vittima.Partì così una mia proposta avanzata all’intero Consiglio parrocchiale, presente il parroco don Raff aele Giuliano, che fu quella di rendere la messa esequiale un’occasione propizia ad una catechesi mirata agli adulti che partecipavano al sacro rito. La proposta venne accolta dall’intero Consiglio e il parroco volentieri si fece carico di questa nuova realtà, mettendola in atto con la lettura dei passi biblici scelti volta per volta e le omelie funebri, che furono veramente una catechesi per i partecipanti. Del resto per il credente la morte di un essere umano non poteva e non può non richiamare la Morte e la Resurrezione di Cristo. Una presenza più nutrita ai riti funebri si riscontra ancora oggi. Il tipo di catechesi, intrapresa allora da don Raff aele Giuliano, si rileva ora essere stata un’operazione lungimirante.Il nuovo Rito delle esequie in vigore dal 2 novembre 2012 fornisce infatti così alcune direttive precise, come ad esempio, la partecipazione comunitaria, il canto deve favorire la partecipazione dei fedeli e la scelta dei Salmi deve essere operata dallo stesso Lezionario per i defunti. Solo così il messaggio evangelico della Morte e Resurrezione di Cristo può dare una risposta all’attuale e nuovo contesto culturale.

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PROSPETTIVE DI

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Nel cuore della Quaresima e di ogni settimana di marzo – ovvero il giovedì – ad Oria scenni

Crištu. Non un modo di dire o una locuzione sacra traslata nel dialetto bensì un antichissimo

SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

1 La statua di Cristo Morto, assieme a numerosi altri arredi e oggetti, fu spostata nel convento di San Benedetto durante i lavori di costruzione della Cattedrale barocca, edifi cata al posto del precedente edifi cio romanico danneggiato dal terremoto del 1743. Tale allocazione dovette vigere per diverso tempo se riuscì a “creare” una tradizione tanto da assurgere a rito vero e proprio.

2 Nonostante la minima distanza, la Cattedrale oritana è posta ad una quota altimetrica sensibilmente inferiore rispetto al Castello e al convento di San Benedetto (che ora ospita le Figlie del Divino Zelo): da qui dunque la “discesa” di Cristo.

Pierdamiano Mazza

A Oria scenni Crištu

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foto

Clau

dio

Mat

arre

lli

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3 Gli oritani chiamano trènula la raganella, strumento in legno costituito da un manico su cui è infi ssa una parte mobile recante una linguetta che preme su una ruota dentata imperniata sul manico stesso. Il movimento rotatorio procurato dall’agitazione dello strumento produce un suono secco e stridente. L’etimologia del termine trènula potrebbe risalire al sostantivo greco θρῆνος traducibile con “lamento, canto funebre”, con riferimento dunque all’utilizzo di tale strumento nell’accompagnare il passaggio di Cristo Morto.

rito che caratterizza la Quaresima oritana. Il numero dei giovedì è ovviamente vario, essendo strettamente collegato alla Pasqua, festa mobile.Il rito religioso, che si articola nel cuore del centro storico di Oria, rappresenta un’unicità nel suo genere e ha l’attuale forma fi n dal nel XVIII secolo, quando il simulacro di Cristo Morto veniva trasportato dal convento di San Benedetto1 nella Cattedrale per esigenze logistiche legate alle predicazioni dei venerdì di Quaresima, funzioni religiose richiedenti appunto la presenza in chiesa dell’effi gie di Cristo Morto. Tali pratiche erano connesse alle Via Crucis, il cui culto fu introdotto e promosso in Oria dai francescani fi n dal XV secolo.La ripetuta frequenza del corteo funzionale al trasferimento della statua che dalle pendici del Castello raggiungeva la Cattedrale2 partorì dunque una vera e propria processione che per potere procedere è giunta a doversi fare strada tra due fi tte ali di fedeli i quali ancora oggi salutano il passaggio di Cristo Morto al suono assordante ti li trenuli3. Per tradizione è “titolare” del rito l’Arciconfraternita della Morte, il cui oratorio è allocato proprio nella Basilica Cattedrale.La processione parte poco dopo le tre del

pomeriggio e il suo breve itinerario – rimasto immutato nei secoli – termina nella Basilica Cattedrale dove è celebrata la santa Messa presieduta dal Vescovo. Il giorno dopo, venerdì, alla presenza dell’effi gie di Cristo Morto, saranno cantate “le Piaghe”, rito più antico e certamente “causa” della discesa di Cristo, in cui canti e letture propongono ai fedeli una meditazione sulla Passione di Gesù.Gesù Morto “scende” così per tutti i giovedì quaresimali di marzo; poi il Mercoledì santo – per l’ultima volta nel corso dell’anno – percorrerà via Castello, ancora più aff ollata del solito, accompagnato dalle altre statue dei Misteri, passando perciò il testimone all’intenso Triduo pasquale.

Bibliografi a essenzialePino Malva, Ad Oria Cristo scende il Giovedì – riti quaresimali e pasquali nella tradizione popolare, Oria 2008.Pierdamiano Mazza, Oria: arte, storia, cultura e tradizione, Oria 2002.Pasquale Spina, Oria, strade vecchie nomi nuovi, strade nuove nomi vecchi, Oria 2003.

SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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I pappamusci, annunciatori della Risurrezione, sono una coppia di pellegrini incappucciati, con bordone e corona del rosario in mano, che percorre le strade di Francavilla Fontana dal calar delle tenebre, ad vesperas, del Giovedì Santo, giorno dell’Istituzione della Eucaristia, con ripresa al mattino del Venerdì Santo e prosecuzione fi no alle ore 15.00 dello stesso giorno.Cosa rappresenta il loro pellegrinare?Rileggendo attentamente il passo di San Luca, relativo ai due discepoli di Emmaus, e altri brani

tratti dalla Sacra Scrittura e alcuni documenti storici, ho ritrovato una lettura sicuramente diversa da quella tramandata dal comune sentire.I due discepoli, avendo riconosciuto fi nalmente il risorto, nonostante le tenebre ritornano da Simon Pietro e dagli altri, riuniti nel Cenacolo, per annunciare loro che hanno visto Gesù risorto. Il pellegrinaggio dei pappamusci ricorda questo percorso di ritorno. La parola “ritorno”, presente nel Vangelo di Luca per ben 16 volte, ha il signifi cato di itinerario di annuncio della

Domenico Camarda

Li pappamusci di Francavilla Fontana: annunciatori di Resurrezione

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SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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resurrezione, che va fatto senza indugiare e con gioia di trasmissione. E i due nostri pellegrini non si fermano né indugiano per via. Il pellegrinaggio, quindi, non ha il signifi cato di un percorso penitenziale, ossia di espiazione personale di peccati commessi, come si continua purtroppo a ripetere da più di quattro secoli, ma è solo occasione impellente per la diff usione a tutti della lieta novella che il “Cristo patisse tutto questo, ed entrasse nella sua gloria” (Luca 24, 26).I due pappamusci, inginocchiati dinnanzi al Sacramento, esposto in modo solenne, sia pur senza l’ostensorio di rito, sono lì a riconoscere che il Cristo è risorto e lo riconoscono nelle particole consacrate, presenti nelle pissidi, che richiamano lo spezzar del pane, dei due discepoli di Emmaus. Il loro e nostro pellegrinaggio, il giovedì sera, è un andare alla ricerca del Cristo, o in compagnia del Cristo, sicuri, come dice San Paolo, che “Egli è risorto”, e per farlo conoscere a tutte le genti, redimendo anche se stessi. Dunque: è annuncio di Resurrezione.Nella mia ricerca personale ho inoltre cercato di rispondere ad altre domande che il cuore avanzava, alle quali in questa sede soprassediamo per evidenti ragioni di brevità e che potranno essere oggetto magari di un ulteriore intervento sulle pagine di “MemOria”.

SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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Una solennità importante che, per i suoi aspetti

religiosi-folkloristici, resiste nel tempo, è la

festa di San Giuseppe ad Erchie. La sera della

vigilia, in piazza ed in altri punti del paese, si

La festa di San Giuseppe e la Mattra

SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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accendevano i falò; il giorno festivo,durante

la processione del Santo, veniva, come viene

tuttora imbandita, la Mattra, la cui etimologia

greca mette insieme un verbo (che signifi ca

impastare, preparare) e un sostantivo (che

signifi ca madia, cassa, per fare e riporre il

pane), rivela le sue origini della dominazione

bizantina. Agli albori, la Mattra, per devozione

a San Giuseppe, veniva preparata in casa dalle

persone più benestanti per sfamare la servitù

e i poveri; usando questa che si è tramandata,

sempre più sporadicamente sino al 1950,

quando in alcune case di Erchie, il giorno di

San Giuseppe, la Mattra aveva addirittura

un suo rituale, in quanto si accostavano ad

essa, sempre in numero dispari, delle persone

raffi guranti San Giuseppe, la Madonna e il

Bambino Gesù, insieme ad altri due o quattro

commensali, per mangiare ciò che era preparato

sulla tavola: fave bianche, pesce fritto, baccalà

fritto, “lampagioni” fritti e al sugo, “tria”

(tagliatelle) con olio e pane grattugiato fritto e

tria col miele, cavolfi ori fritti.

Infi ne, si off riva a tutti i convenuti un piccolo

pane a forma di “uccellino”, preparato con sola

farina e acqua, senza lievito e sale; uccellino

che poi, all’occorrenza, per allontanare un

temporale che stava per abbattersi su Erchie,

veniva sbriciolato e cosparso ai quattro punti

cardinali.

Dal 1700 in poi, tale usanza, sempre col preciso

scopo di sfamare i più poveri, uscì anche dal

chiuso delle case e cominciò ad eff ettuarsi

prima sulla pubblica piazza e poi nelle vie

adiacenti.

Ancora oggi la gente, per devozione a San

Giuseppe, si porta in piazza per assaggiare la

“tria” e gli altri cibi, e ricevere l’”uccellino”, non

più come amuleto, ma come simbolo di pace.

(tratto da Cosimo V. Morleo, Erchie, dalle

origini ad oggi)

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SPECIALE FEDE E TRADIZIONE

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Prosegue con nutrita partecipazione il percorso che la nostra comunità diocesana sta vivendo in questo Anno della Fede.

La consistente serie di appuntamenti che stanno radunando ogni mese nel Santuario della Madonna di Cotrino in Latiano diverse centinaia di persone, ha visto in questo mese di febbraio il suo culmine con la Settimana Biblica Diocesana, tenutasi dal 26 al 28 febbraio. A guidare le rifl essioni sul tema “L’autenticità della vostra Fede – Il percorso della fede nella prima let-tera di Pietro” suor Elena Bosetti, docente di esegesi del Nuovo Testamento presso la Pontifi cia Universi-tà Gregoriana di Roma e l’Istituto superiore di scien-ze religiose di Modena.

Suor Elena, che proprio sulla I lettera di Pietro ha pubblicato nel 2006 un’introduzione e un approfon-dito commento, ha proposto una serie di rifl essioni nel corso delle tre serate off rendo una possibilità di studio su diverse linee tra cui la chiamata alla santi-tà quale percorso di fede e di speranza. Al riguardo ha infatti chiarito come tutti siano chiamati alla san-tità, inquadrando ovviamente tale atto in rapporto all’amore. Una santità che signifi ca bellezza e che va svolta nella condotta ordinaria, comportandosi con “timore”, ovvero con la consapevolezza che Dio è pa-dre che giudica con giustizia.L’interesse dimostrato dall’assemblea intervenuta è stato notevole, ravvisando svariati spunti per un ri-svolto pratico di quanto ascoltato da applicare nella diffi cile e spesso ruvida quotidianità. Si è così confi -gurata la necessità di un obiettivo che la stessa suor Elena aveva preannunciato in apertura aff ermando: ”Stiamo vivendo momenti diffi cili, faticosi, com-plessi; momenti in cui anche come credenti possia-mo sentirci un po’ incerti, smarriti e tuttavia sono momenti anche belli e aff ascinanti, anzitutto perché sono i nostri tempi e poi perché questi sono tempi preziosi per testimoniare la nostra fede”.Gli interventi di suor Elena Bosetti nelle tre serate sono stati interamente ripresi dallo staff del GRIS della Diocesi di Oria e consultabili sul sito uffi ciale del gruppo.

“L’autenticità della vostra fede”nelle parole di Pietro

Pierdamiano Mazza

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DIOCESANA

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PRO

venerdì 1 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaMessa con il “canto delle Piaghe”Ore 17:30

venerdì 15 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaSanta Messa con il “canto delle Piaghe”Ore 17:30

mercoledì 20 marzo 2013

Santuario di Cotrino, LatianoIncontro di formazione permanente “Ricordando il concilio” tenuto da S. E. Mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di IvreaOre 19:00

giovedì 21 marzo 2013

Basilica Cattedrale, Oria“Scenni Crištu”, celebrazione dell’antico rito e della santa Messa con catechesi del VescovoOre 15:30

venerdì 22 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaSanta Messa con il “canto delle Piaghe”Ore 17:30

martedì 19 marzo 2013

Santuario di San Francesco, SavaSanta Messa e benedizione delle “Mattere”Ore 11:00

Parrocchia “San Francesco d’Assisi”, OriaFesta di San GiuseppeOre 17:00

giovedì 14 marzo 2013

Basilica Cattedrale, Oria“Scenni Crištu”, celebrazione dell’antico rito e della santa Messa con catechesi del VescovoOre 15:30

domenica 3 marzo 2013

Santuario della Madonna di Pasano, SavaFesta dei PellegriniOre 16:30

giovedì 7 marzo 2013

Basilica Cattedrale, Oria“Scenni Crištu”, celebrazione dell’antico rito e della santa Messa con catechesi del VescovoOre 15:30

venerdì 8 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaSanta Messa con il “canto delle Piaghe”Ore 17:30

sabato 9 marzo 2013

Parrocchia “Cristo Re”, Torre Santa SusannaCelebrazioni delle CresimeOre 18:00

domenica 10 marzo 2013

Chiesa Madre, Torre Santa SusannaCelebrazioni delle CresimeOre 11:00

martedì 12 marzo 2013

Parrocchia “S.S. Trinità”, ManduriaCelebrazione per il patrocinio di San GregorioOre 18:00

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Agenda pastorale del Vescovo, marzo 2013

Page 18: MemOria - Marzo 2013

COMPLEANNI

2 marzoSac. Gianfranco Aquino

8 marzoSac. Francesco Nigro

13 marzoSac. Daniele Giangrande

17 marzoSac. Gianni Caliandro

26 marzoSac. Giuseppe Leucci

ANNIVERSARI di ORDINAZIONE

25 marzoSac. Domenico Spina - VII

31 marzoSac. Franco Marchese - XXIX

mercoledì 27 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaDiscesa dei Misteri e santa MessaOre 15:00

giovedì 28 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaMissa ChrismatisOre 10:00

Basilica Cattedrale, OriaMissa in Coena DominiOre 18:30

venerdì 29 marzo 2013

Basilica Cattedrale, OriaCelebrazione della PassioneOre 17:00

Basilica Cattedrale, OriaProcessione dei MisteriOre 20:00

domenica 31 marzo 2013

Basilica Cattedrale, Oria Pontifi cale di PasquaOre 11:00

sabato 30 marzo 2013

Parrocchia “San Michele Arcangelo”, Manduria“L’ora della madre”Ore 08.30

Basilica Cattedrale, OriaVeglia PasqualeOre 22:00

domenica 24 marzo 2013

Piazza Manfredi, Oria Benedizione dei rami d’ulivoOre 09:30

SETTIMANA SANTA

PRO

anno VIII n. 3 Marzo 2013MemOria

Page 19: MemOria - Marzo 2013

19

L’ arte di purificare il cuore

Ivan Cavaliere

Autore:Tomàs Spidlìk (1919 - 2010).Nato a Boskovice (Repubblica Ceca), è stato ordinato sacerdote il 22 agosto 1949, della Compagnia di Gesù; conseguì il Dottorato in Sacra Teologia a Roma nel 1955 presso il Pontifi cio Istituto Orientale. Ha compiuto, in seguito, studi di fi losofi a e teologia in diverse università europee. Ha insegnato teologia spirituale nella Pontifi cia Università Gregoriana. Dal 1991 ha vissuto e lavorato al Centro Aletti. Nell’ottobre 2003 è stato creato cardinale per il suo impegno a servizio della Chiesa.

L’arte di purifi care il cuore, collana sotto il tiglio 9,ed. Lipa, 12° ris.pa 2010

Già da un po’ di settimane l’Anno liturgico

ci ha introdotti, mediante il rito delle Ceneri, nel tempo austero e forte della Quaresima.Un rito, quello delle ceneri, che per sua natura ci richiama ad un ritorno all’essenzialità e alla pulizia del nostro cammino cristiano. “L’arte di purifi care il cuore” del cardinale Tomàs Spidlìk è uno degli strumenti più adeguati a cui un

cristiano possa approcciarsi per essere aiutato, durante tutto il percorso quaresimale, a discernere ciò che è presente nel suo animo; virtù, vizi, emozioni, passioni e sentimenti. Tutti elementi che danno forma alla nostra esistenza e ai quali, tante volte, non sappiamo dare un nome o non conosciamo la maniera più “cristiana” di purifi carli o metterli a servizio dell’ambiente nel quale viviamo. È una lente d’ingrandimento dell’animo umano. Una lente talmente effi cace che le conseguenze del farci vedere meglio altro non sono che il grido costante di tutta un’umanità che vuole essere ri-nnovata da Dio e dalla potenza del Santo Spirito.Un libro piccolo, non molte pagine.Ma tanto utile da portare il lettore in un viaggio dentro la propria interiorità.Un viaggio dentro il proprio essere; è questo che tante volte non riusciamo a fare, presi da mille cose da portare a termine, da uno stile di vita sempre più superfi ciale e sempre meno propenso allo “scavo” interiore.

Spidlìk, fi ne e dotto maestro spirituale, ci presenta in modo accessibile e chiaro le osservazioni degli antichi asceti sulla penetrazione dei pensieri cattivi nel cuore e l’arte elaborata per il combattimento spirituale, perché il cuore purifi cato diventi una fonte di rivelazione.È Dio ad aver creato il cuore ed è proprio sotto la vigile paternità di Dio che riusciamo a capire chi siamo, cosa abita in noi, cosa ci distoglie dal “bene sommo” e cosa invece ci permette di vivere pienamente come fi gli di Dio. Il libretto è un percorso libero, cosciente, duro per certi versi ma in grado di far riconciliare l’uomo con il suo mondo interiore; pagine di una capacità introspettiva che sorprendono chiunque. Anche chi magari ha off uscata, nella mente, la nozione tanto importante quanto mai problematica della misericordia divina. Dalla domanda “da dove viene il male ?” all’epilogo, breve ma intenso, di Paul Claudel sulla fi gura del cuore umano come “apparecchio dotto e complicato, con molte chiavi, ventilazioni e scaff ali”.Novantadue pagine di ricchezza spirituale, dalle quali traspare l’intenso rapporto che intercorre tra la creatura e il Creatore. Pagine che, in un tempo come la Quaresima, sono la stazione di sosta per proseguire il cammino verso la rinascita pasquale in maniera più responsabile, più purifi cata, più libera.Un cammino di pulizia che ci farà dire, come il Profeta, “Inveni cor meum!”Ho trovato il mio cuore!

CULTURALE

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DIOCESANA

A cura del Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile

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«Andate e fate discepoli tutti i popoli!»Mt 28,19

Vi riportiamo alcuni passaggi molto interessanti tratti dal Messaggio del Papa Benedetto XVIper la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù2013

1. Una chiamata pressanteOggi non pochi giovani dubitano profondamente che la vita sia un bene e non vedono chiarezza nel loro cammino. Più in generale, di fronte alle diffi coltà del mondo contemporaneo, molti si chiedono: io che cosa posso fare? La luce della fede illumina questa oscurità, ci fa comprendere che ogni esistenza ha un valore inestimabile, perché frutto dell’amore di Dio. Egli ama anche chi si è allontanato da Lui o lo ha dimenticato: ha pazienza e attende; anzi, ha donato il suo Figlio, morto e risorto, per liberarci radicalmente dal male. E Cristo ha inviato i suoi discepoli per portare a tutti i popoli questo annuncio gioioso di salvezza e di vita nuova.

2. Diventate discepoli di CristoQuesta chiamata missionaria vi viene rivolta anche per un’altra ragione: è necessaria per il nostro cammino di fede personale. Il Beato Giovanni Paolo II scriveva: «La fede si raff orza donandola». Annunciando il Vangelo voi stessi crescete nel radicarvi sempre più profondamente in Cristo, diventate cristiani maturi. L’impegno missionario è una dimensione essenziale della fede: non si è veri credenti senza evangelizzare. E l’annuncio del Vangelo non può che essere la conseguenza della gioia di avere incontrato Cristo e di aver trovato in Lui la roccia su cui costruire la propria esistenza. Impegnandovi a servire gli altri e ad annunciare loro il Vangelo, la vostra vita, spesso frammentata tra diverse attività, troverà la sua unità nel Signore, costruirete anche voi stessi, crescerete e maturerete in umanità.Ma che cosa vuol dire essere missionari? Signifi ca anzitutto essere discepoli di Cristo, ascoltare sempre di nuovo l’invito a seguirlo, l’invito a guardare a Lui: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). Un discepolo, in eff etti, è una persona che si pone all’ascolto della Parola di Gesù (cfrLc 10,39), riconosciuto come il Maestro che ci ha amati fi no al dono della vita. Si

tratta dunque, per ciascuno di voi, di lasciarsi plasmare ogni giorno dalla Parola di Dio: essa vi renderà amici del Signore Gesù e capaci di far entrare altri giovani in questa amicizia con Lui.

3. Andate!Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione con questo mandato: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato» (Mc 16,15-16). Evangelizzare signifi ca portare ad altri la Buona Notizia della salvezza e questa Buona Notizia è una persona: Gesù Cristo. Quando lo incontro, quando scopro fi no a che punto sono amato da Dio e salvato da Lui, nasce in me non solo il desiderio, ma la necessità di farlo conoscere ad altri. All’inizio del Vangelo di Giovanni vediamo Andrea il quale, dopo aver incontrato Gesù, si aff retta a condurre da Lui suo fratello Simone (cfr 1,40-42). L’evangelizzazione parte sempre dall’incontro con il Signore Gesù: chi si è avvicinato a Lui e ha fatto esperienza del suo amore vuole subito condividere la bellezza di questo incontro e la gioia che nasce da questa amicizia. Più conosciamo Cristo, più desideriamo annunciarlo. Più parliamo con Lui, più desideriamo parlare di Lui. Più ne siamo conquistati, più desideriamo condurre gli altri a Lui.

4. Raggiungete tutti i popoliCari amici, volgete gli occhi e guardate intorno a voi: tanti giovani hanno perduto il senso della loro esistenza. Andate! Cristo ha bisogno anche di voi. Lasciatevi coinvolgere dal suo amore, siate strumenti di questo amore immenso, perché giunga a tutti, specialmente ai «lontani». Alcuni sono lontani geografi camente, altri invece sono lontani perché la loro cultura non lascia spazio a Dio; alcuni non hanno ancora accolto il Vangelo personalmente, altri invece, pur avendolo ricevuto, vivono come se Dio non esistesse. A tutti apriamo la porta del nostro cuore; cerchiamo di entrare in dialogo, nella semplicità e nel rispetto: questo dialogo, se vissuto in una vera amicizia, porterà frutto. I «popoli» ai quali siamo inviati non sono soltanto gli altri Paesi del mondo, ma anche i diversi ambiti di vita: le famiglie, i quartieri,

MemOria anno VIII n. 3 Marzo 2013

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DIOCESANA

gli ambienti di studio o di lavoro, i gruppi di amici e i luoghi del tempo libero. L’annuncio gioioso del Vangelo è destinato a tutti gli ambiti della nostra vita, senza alcun limite.

5. Fate discepoli!Penso che abbiate sperimentato più volte la diffi coltà di coinvolgere i vostri coetanei nell’esperienza di fede. Spesso avrete constatato come in molti giovani, specialmente in certe fasi del cammino della vita, ci sia il desiderio di conoscere Cristo e di vivere i valori del Vangelo, ma questo sia accompagnato dal sentirsi inadeguati e incapaci. Che cosa fare? Anzitutto la vostra vicinanza e la vostra semplice testimonianza saranno un canale attraverso il quale Dio potrà toccare il loro cuore. L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore. L’essere evangelizzatori nasce dall’amore che Cristo ha infuso in noi; il nostro amore, quindi, deve conformarsi sempre di più al suo. Come il buon Samaritano, dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi è alla ricerca della verità e del senso della vita alla casa di Dio che è la Chiesa, dove c’è speranza e salvezza (cfrLc 10,29-37).

6. Saldi nella fedeDi fronte alle diffi coltà della missione di evangelizzare, talvolta sarete tentati di dire come il profeta Geremia: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma anche a voi Dio risponde: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,6-7). Quando vi sentite inadeguati, incapaci, deboli nell’annunciare e testimoniare la fede, non abbiate timore. L’evangelizzazione non è una nostra iniziativa e non dipende anzitutto dai nostri talenti, ma è una risposta fi duciosa e obbediente alla chiamata di Dio, e perciò si basa non sulla nostra forza, ma sulla sua.Lo ha sperimentato l’apostolo Paolo: «Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affi nché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi» (2 Cor 4,7).Per questo vi invito a radicarvi nella preghiera e nei Sacramenti. L’evangelizzazione autentica nasce sempre dalla preghiera ed è sostenuta da essa: dobbiamo prima parlare con Dio per poter parlare di Dio. E nella preghiera, affi diamo al Signore le persone a cui siamo inviati, supplicandolo di toccare loro il cuore; domandiamo allo Spirito Santo di renderci suoi strumenti per la loro salvezza; chiediamo a Cristo di

mettere le parole sulle nostre labbra e di farci segni del suo amore. E, più in generale, preghiamo per la missione di tutta la Chiesa, secondo la richiesta esplicita di Gesù: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,38). Sappiate trovare nell’Eucaristia la sorgente della vostra vita di fede e della vostra testimonianza cristiana, partecipando con fedeltà alla Messa domenicale e ogni volta che potete nella settimana. Ricorrete frequentemente al Sacramento della Riconciliazione: è un incontro prezioso con la misericordia di Dio che ci accoglie, ci perdona e rinnova i nostri cuori nella carità. E non esitate a ricevere il Sacramento della Confermazione o Cresima se non l’avete ricevuto, preparandovi con cura e impegno. Con l’Eucaristia, esso è il Sacramento della missione, perché ci dona la forza e l’amore dello Spirito Santo per professare senza paura la fede. Vi incoraggio inoltre a praticare l’adorazione eucaristica: sostare in ascolto e dialogo con Gesù presente nel Sacramento diventa punto di partenza di nuovo slancio missionario.

7. Con tutta la ChiesaCari giovani, per restare saldi nella confessione della fede cristiana là dove siete inviati, avete bisogno della Chiesa.Nessuno può essere testimone del Vangelo da solo. Gesù ha inviato i suoi discepoli in missione insieme: «fate discepoli» è rivolto al plurale. È dunque sempre come membri della comunità cristiana che noi off riamo la nostra testimonianza, e la nostra missione è resa feconda dalla comunione che viviamo nella Chiesa: dall’unità e dall’amore che abbiamo gli uni per gli altri ci riconosceranno come discepoli di Cristo (cfrGv 13,35). Sono grato al Signore per la preziosa opera di evangelizzazione che svolgono le nostre comunità cristiane, le nostre parrocchie, i nostri movimenti ecclesiali. I frutti di questa evangelizzazione appartengono a tutta la Chiesa: «uno semina e l’altro miete», diceva Gesù (Gv 4,37).

8. «Eccomi, Signore!»Cari giovani, vorrei invitarvi ad ascoltare nel profondo di voi stessi la chiamata di Gesù ad annunciare il suo Vangelo. Come mostra la grande statua di Cristo Redentore a Rio de Janeiro, il suo cuore è aperto all’amore verso tutti, senza distinzioni, e le sue braccia sono tese per raggiungere ciascuno. Siate voi il cuore e le braccia di Gesù! Andate a testimoniare il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall’amore e dall’accoglienza! Seguite l’esempio dei grandi missionari della Chiesa, come san Francesco Saverio e tanti altri.

anno VIII n. 3 Marzo 2013MemOria

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a cura di Francesco Sternativo

IN...VERSI

... con Edith Stein

Mattino di Pasqua

Buia la notte nella tomba,ma i raggi delle sante feritepenetrano la durezza della pietra,sollevata leggermente e posta a lato;dal buio della tomba si ergeil corpo del Figlio dell’Uomoilluminato di luce, irraggiante splendore,nuovo corpo risorto del Figlio dell’Uomo.Lento nella caverna Egli esce

nella tacita prima aurora del silente mattino,lieve nebbia ricopre la terra;profondamente ora sarà attraversato da lucedi bianco baglioree il Salvatore oltrepassa il silenziodella terra nuovamente ridestata dal sonno.Sotto i passi dei santi suoi piedifi oriscono, mai visti, fi ori di lucee dove, lievemente, le sue vestisfi orano il suolo,scintilla il terreno, brillio di smeraldo.

MemOria anno VIII n. 3 Marzo 2013

Page 23: MemOria - Marzo 2013

Dalle sue mani fl uisce la benedizionesui campi, sui prati in turgidi, chiari profl uvi,nella rugiada mattutina della pienezzadella graziairraggia, giubilando, la natura del Risorto,quando Egli silente procede a fi ancodegli uomini.

Dolce Luce …

Chi sei tu, dolce Luce,che mi riempiee rischiara l’oscurità del mio cuore?Tu mi guidi come mano maternae se mi abbandonassinon saprei fare più nessun passoTu sei lo spazioche circonda il mio esseree lo racchiude in séDa te lasciato,cadrebbe nell’abisso del nulla,dal quale tu l’hai elevato alla LuceTu, più vicino a me di me stessa,e più intimo del mio intimo,e tuttavia inaff errabile e incomprensibile,che oltrepassi ogni nome:Spirito Santo, Amore eterno!

«La sera del Venerdì santo, ai piedi della croce.

Il dolore della Madre di Dio è grande come il

mare,

lei vi sta immersa, ma è un dolore contenuto,

ella trattiene con fermezza il cuore con la mano,

perché non si spezzi,

la morte vera appare in modo quasi spaventoso

dalla bocca semiaperta del Salvatore.

Ma la sua testa è rivolta verso la Madre,

come per consolarla, e la croce è tutta luce:

il legno della croce è divenuto luce del Cristo».

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IN...VERSI

anno VIII n. 3 Marzo 2013MemOria

Page 24: MemOria - Marzo 2013

Diocesi di OriaDiocesi di Oria

MERCOLEDÌ 20 MARZO,ORE 19.00

Santuario di Cotrinoin Latiano

mons. Luigi Bettazzi,vescovo emerito di Ivrea,

Padre Conciliare

“Ricordando il Concilio”