Marzo 2013

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Mensile d'informazione politica e culturale dell'Associazione Luciana Fittaioli

Transcript of Marzo 2013

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“Prima di giudicare (e per la storia in atto o politica il giudizio è l’azione) occorre conoscere e per conoscere occorre saperetutto ciò che è possibile sapere” (Antonio Gramsci) “Faremo il possibile per esporre in forma semplice e popolare, senzapresupporre la conoscenza nemmeno dei concetti più elementari. Vogliamo farci comprendere dagli operai.” (Karl Marx)

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Lavoro: da dove si riparte?Combattere il sistema FIATdi Andrea Tofi pagina 5

Mai come l’OccidenteRicchezza: produrre per distribuiredi Sandro Ridolfi pagina 9

Legislatori illusionisti e funamboli

Il comma scomparso e le stellette

di Salvatore Zaiti pagina 13

Per non cedereResistere all’agonia della scuola pubblicadi Annarita Falsacappa pagina 15

da Costantino I a Benedetto XVILa fine del Cesaropapismodi Sandro Ridolfi pagina 19

Contro il tabagismoIl vizio che manda in fumo la salutedi Sibilla Mearelli pagina 23

Mille Miglia LontanoUn film sui sentimentia cura della Redazione pagina 27

Il teatro amatorialeNon per mestieredi Loretta Ottaviani pagina 31

L’arcobalenoI colori in tutte le lingue del mondodi Sara Mirti pagina 35

Fiori d’AcciaioIl coraggio di conosceredi Catia Marani pagina 39

Butterfly, FarfallaPuccini, un dramma modernodi Chiara Mancuso pagina 43

Sommario del mese di marzo

Redazione: Corso Cavour n. 3906034 Foligno [email protected]

Autorizzazione: tribunale diPerugia n. 29/2009Editore: Sandro RidolfiDirettore Responsabile:Maria Carolina TerziSito Internet:

Andrea TofiStampa: GPT Srl Città di CastelloChiuso: 24 febbraio 2013Tiratura: 3.000 copiePeriodico dell’Associazione“Luciana Fittaioli”

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Editoriale 3

Nel nostro futuro…solo passato

Per un lungo periodo, se rap-portato ai tempi di una cam-

pagna elettorale, ho volutamen-te chiuso gli occhi sugli avveni-menti della politica del nostropaese. Appena li ho riaperti misono sentito come quegli spetta-tori di soap opere che perdonoun certo numero di puntate del-lo sceneggiato e si accorgono chenulla di importante è successo.Quando ho cominciato a ripren-dere coscienza dei fatti della po-litica, mi sono reso conto chenessuna novità che possa far bensperare i cittadini è stata intro-dotta nel dibattito preelettorale.I termini della discussione mison suonati come quelli sentitinelle campagne elettorali degliultimi vent’anni e per di più pro-nunciati, con qualche eccezionenon voluta dall’ambiente, dallestesse persone. La principalepreoccupazione degli attori, an-che di questa vicenda elettorale,è quella di rimarcare le incon-gruenze e l’inadeguatezza diquesto o quell’altro antagonista,senza porre in maniera chiarasul tavolo della contesa le pro-prie proposte. Con la conseguen-za che siamo costretti ad assiste-re ad una campagna elettoralegiocata su colpi bassi, assurdepromesse e argomenti infimi chearroventano sempre più il clima,senza tener conto che il comunesentire del paese è cambiato, so-prattutto a causa della morsa di

una crisi che non accenna ad al-lentarsi. Aggiungo di non condi-videre la linea politica di chi, ca-valcando l’onda del malconten-to, si scaglia contro tutto e tutti,non dà alcuna indicazione con-creta dei suoi progetti, rifiutaqualsiasi confronto con le perso-ne a cui dice di voler sbarrare ilpasso verso il governo e, per dipiù, si nega al fondamentale (perun politico) dovere di risponderealle domande di un giornalista.Tuttavia trovo tardiva e inappro-priata qualsiasi denuncia da par-te di quei politici che vedono inquesto fenomeno una deriva an-tidemocratica e il pericolo di ri-torno a sistemi dittatoriali. E’proprio la loro inettitudine adaver dato vita e fatto crescere adismisura il consenso elettoraleintorno all’invettiva fine a sestessa.

Sembrano, poi, quasi essereentrate a far parte della nor-

malità le inchieste giudiziarie re-lative agli scandali che toccano,senza eccezione alcuna tutte leparti politiche. Sono anni cheun’assurda commistione tra poli-tica e finanza speculativa ci haabituati a vedere dilagare la cor-ruzione, se non la concussione, epolitici indagati per vicende dimalaffare di cui i cittadini sonocostretti a pagare il peso. Le di-missioni, anche laddove dovutein un anelito di dignità, come at-to sono ignote a questo mondo.Eppure, in questi giorni, l’argo-mento di cui tutti si sentono indovere di discettare è legato ad

un siffatto gesto, questo si epoca-le, che mette in discussione nonun compito, un’attività, ma l’es-sere stesso, dato, per chi è cre-dente, dalla trascendenza divina. E in questo contesto, continua-mente mi frullano per la mentetre argomenti che valuto di pri-maria importanza, ma verso iquali pare esserci, da parte deiprotagonisti di questa elezione,scarsa attenzione: il lavoro, l’eti-ca e la formazione.

Il lavoro è alla base della nostraCarta Costituzionale. L’artico-

lo 1, infatti, lo pone a fondamen-to della Repubblica, lasciandointendere che tutti gli altri ele-menti tra cui l’economia e la fi-nanza vengono dopo e ne dipen-dono, non potendosi considera-re vero il contrario. Con la con-seguenza che dovrebbe essere ilprimo a determinare l’andamen-to e le vicende degli altri. A tace-re della considerazione che il la-voro continua ad essere il riferi-mento più importante della so-cietà per l’attribuzione di unprestigio sociale nella considera-zione collettiva. E non è un casoche solo il lavoro di “politico”, inquesto periodo che, peraltro, du-ra da parecchio, non solo nongode di alcuna considerazionema, anzi, è guardato con avver-sione. Va sempre ricordato che illavoro non è solo fonte di reddi-to, ma dà dignità, riconoscimen-to e identità, per cui, come è sta-to autorevolmente affermato, seè vero che lavorare stanca, nonlavorare umilia.

DI LUIGI NAPOLITANO

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Editoriale4

L’etica come studio dei fonda-menti oggettivi e razionali

che permettono di assegnare aicomportamenti umani uno statodeontologico, individuandoquelli giusti o moralmente leciti,deve intendersi come prescrittivadi indicazioni sui comportamentie finalizzata a dare un indirizzooggettivo allorquando l'azionepersonale è relazionata ai valoricomuni ed alle istituzioni. Deverisultare inaccettabile qualsiasiatteggiamento inappropriato, inparticolare se anche solo poten-zialmente ingenerativo di con-flitti tra gli interessi del soggettoagente e quelli dell’istituzioneche rappresenta o di un dubbiocirca l’assoluta imparzialità dellescelte che, nell’interesse dellacollettività che si rappresenta, siè chiamati a compiere.

La formazione professionaledovrebbe fondare la sua

identità nel rispondere in modoadeguato e convincente da un la-to alla domanda di professionali-tà espressa sia dal mondo econo-mico e produttivo che dalle stra-tegie di sviluppo territoriale edall’altra alla domanda socialeemergente dai giovani e dalle lo-ro famiglie. E’ a questa esigenzache dovrebbe adeguarsi la scuolaattraverso un percorso pedago-gico che faccia acquisire livelliintellettuali e culturali sempremaggiori, capaci di assecondarele vocazioni dei discenti e indi-rizzarne le attitudini dovendocostituire una fondamentale levaper l’occupabilità e l’adattabilitàdelle persone, per la mobilità so-ciale, per la crescita e la compe-titività del nostro Paese.

Qualora, come sembrano in-dicare gli ultimi sondaggi,

si realizzi una parità che bloc-cherebbe qualsiasi attività parla-mentare e di governo e ancheladdove una parte dovesse con-seguire una maggioranza risica-ta, auspico che i politici, con unatteggiamento di buon senso finqui raramente mostrato, trovinoil coraggio di compiere quale ul-timo atto della loro vita politicaquello di unirsi nell’interesse delpaese per realizzare quelle rifor-me utili ad uscire dalla situazio-ne nella quale siamo precipitati,forse anche per colpa nostra,consentendo un corso politico fi-nalmente “nuovo”.

Nota della redazioneCome avrete potuto vedere leggendo il precedente e il presente numero, questa Rivista non ha voluto prendere parte alla ba-garre elettorale che si è conclusa lunedì scorso e della quale non conoscevamo ancora gli esiti al momento dell’invio in tipo-grafia del numero la domenica precedente. Ciò non perché questa non sia una Rivista “politica”, al contrario, ma perché quellabagarre elettorale aveva ben poco a che fare con la “Politica”, quella con la “P” maiuscola, quella si occupa e cura la parteci-pazione all’amministrazione del bene comune della “polis”, della società. L’editoriale sopra esprime con grande chiarezza ilsentimento della distanza che separa i bisogni e le aspettative della società, dagli interessi dei circoli elettorali che si conten-dono un potere di governo privo di proposte, perché ancor prima privo di conoscenze e di competenze. Il lavoro, la sua man-canza, il suo degrado quantitativo e qualitativo, sono il problema centrale, oggi sempre più un dramma, di questa nostra “polis”.Chiunque sarà uscito vincitore dalla bagarre elettorale di potere dovrà fare i conti con questo problema drammatico; tutto ilresto è coreografia, gossip e perfino cialtroneria. Al “LAVORO” abbiamo quindi voluto dedicare la copertina, per invitare tuttia tornare con i piedi in terra, nel mondo concreto, nei suoi problemi reali. Su questo tema, sul come affrontarlo, gestirlo e risol-verlo si misurerà la”politica” futura.

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Lavoro 5

Ed adesso come si riparte?

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Lavoro6

Combattere il sistema “FIAT”

Più flessibilità e produttività incambio della speranza di unlavoro ed un calcio nel sedere!“E’ vergognoso vedere come i dirittidegli operai vengano levati via in virtùdi una produzione che deve andareavanti per generare profitti e dividendi.Ancora una volta, ci si mette di frontealla crisi con l’argomento “o scegli dilavorare a meno di tutto (diritti, salario,pausa pranzo, pausa bagno perfino), oniente”. L’uscita dalla crisi la si vedesolo in termini economici e di PIL, conla salute delle persone non si fa cassa, fasolo spese. Che tristezza…”, questointervento della signora Giovannaestrapolato da un blog di una nota tra-smissione nazionale in onda su rai Tre“Agorà”, racchiude lo stato d’animodella classe operaia di oggi. La speranzadi trovare una qualsiasi occupazioneche possa garantire un minimo soste-gno economico è venuta oltre allagaranzia del diritto al lavoro sancitodall’articolo 1 della nostra Costituzione.I nostri giovani hanno perso oramaiogni speranza, molti rinunciano a pro-seguire anche gli studi universitari, per-chè consapevoli che il lavoro che gliriserverà il futuro sarà caratterizzato daprecarietà ed assenza di diritti. Quantoaccaduto nello stabilimento diPomigliano in questo ultimo periodo è

l’ennesima dimostrazione che l’atteg-giamento assunto da Marchionne e dalgruppo dirigenziale della Fiat in gene-rale è puramente ideologico: distrugge-re il contratto collettivo nazionale chedisciplina i vari settori del mercato dellavoro. La decisione del Lingotto dicontravvenire all’ordinanza delTribunale che obbligava il gruppo FIATalla riassunzione dei 19 operai iscrittialla FIOM ingiustamente lasciati aimargini dell’azienda è veramente abo-minevole. Tenere fuori dalla fabbrica glioperai a tutti i costi, arrivando a pagar-gli lo stipendio pur di farli stare fermi, èuno schiaffo alla dignità del lavoro.Dov’è il rispetto per la costituzione,qual’è l’organo giuridico preposto a farapplicare le “nostre regole costituziona-li”, c’è qualcuno che ha il coraggio dischirarsi apertamente dalla parte deicittadini e dei lavoratori? Pochi politicise la sono sentita di esprimere giudiziin merito alla vicenda che rappresentasecondo me un evidente colpo bassoall’articolo “18” dello statuto dei lavora-tori, che tanto preoccupa i liberal-democratici del nostro paese, da Montia Berlusconi attrverso la complicità delPartito Democratico che nulla ha fattoper ostacolare la riforma del lavorovoluta dalla Fornero. In questo torpidoscenario, ho trovato conforto nelleparole di Antonio Ingroia leader dirivoluzione civile: “Marchionne si credesuperiore alla legge e continua a com-

portarsi come il padrone delle ferriere,secondo il modello berlusconiano, main un Paese civile le sentenze si rispet-tano” ed in quelle di Stefano Fassinacandidato emarginato nelle fila del PD:“La scelta della Fiat e' grave e preoccu-pante e colpisce la dignita' della perso-na che lavora, si umiliano uomini chenon chiedono l'elemosina, ma voglionoricevere una retribuzione per quantocontribuiscono alla produzione". Mapossono due voci fuori dal coro sovver-tire un processo la cui sentenza sembraessere già scritta? Se Marchionne e laFIAT rappresentano il meglio delnostro sistema imprenditoriale nelmondo, non dobbiamo andare moltolontano per trovare il fattore che hainnescato la crisi produttiva nel nostropaese. Il nostro sistema produttivo “faschifo”, non si investe nella ricerca, nel-l’innovazione, nell’ammodernamnetodegli stabilimenti, si punta a demolirela formazione scolastica, ed i nostriimprenditori continuano ad addossarele colpe ai lavoratori che non sonocapaci di produrre abbastanza per fron-teggiare la concorrenza. Se negli stabi-limenti della FIAT si continua ha pro-durre la Panda mentre i concorrentiEuropei sfornano nuovi modelli enuove tecnologie applicate anche sulleutility car, non è colpa lavoratore chetutte le mattine si alza per recarsi neglistabilimenti di Pomigliano, Melfi oMirafiori.

Marchionne è stato capace di illudere i vecchi governi ed alcune delle forze sindacalipresenti nei nostri luoghi di lavoro, promettendo investimenti mai realizzati ma con-

cretizzando un forte attacco ai diritti dei lavoratori.

DI ANDREA TOFI

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Lavoro 7

La mappa della crisi in UmbriaL’elenco delle principali vertenze nel nostro territoriofornito dalla CGIL per l’ultimo trimestre 2012

Settore Metalmeccanico: per la pro-vincia di Perugia Antonio Merloni(Nocera Umbra) – Cig straordinaria(350 tra quelli entrati; tutti altri 6-700a zero ore) e accordo di programma,Porcarelli non ancora a regime, moltodistanti da attivita normale. Faber(Fossato Vico) - Cassa integrazioneordinaria, a ottobre straordinaria e poimobilita, esubero 50% dipendenti (su190, rioccupati 98). Trafomec-EuroTrafo (Tavernelle-Fabro) – Cassaintegrazione in deroga, su 157 dichia-razione esubero di 105. Ims (Spoleto)– Cassa integrazione ordinaria percirca 400 dipendenti. GiannelliSilencer (San Giustino) – 58 dipen-denti 30 esuberi, cigs fino a fineanno.Omc – Cfm – Omp (Perugia)– Circa 100 in cassa integrazioneordinaria per le tre aziende. Solfer -Termovana – Arietana(Umbertide) – Cassa integrazioneordinaria per 130. Sacofgas –Fonderie 3M (Citta Castello) 120cassa integrazione ordinaria. Rigel(Gubbio) 40 cassa integrazioneordinaria. Gruppo Sintesi(Perugia) – Cassa integrazione ordi-naria per tutto il personale.Preoccupazione molto seria per set-tore automotive, collegata anche aifermi di Fiat, probabilmente chenelle prossime settimane si accentuiproblema cassa e mancanza lavoro.Per la provincia di TerniAST/ThyssenKrupp – Fusione conOutukumpu. Societa delle Fucine –Contratti di solidarieta. Faurecia –Cassa integrazione ordinaria. IlServ –Tutti i contratti in scadenza al 31-12,fortemente interessata a progettofusione AST. Settore della meccanica ecaldareria in cui ci sono varie situazio-ni di crisi, ristrutturazioni e ricorsoagli ammortizzatori sociali. Per quan-to riguarda il settore del commercio-terziario-servizi la fotografia della crisiè questa: per la provincia di PerugiaModi & Moda (Perugia) chiusa a gen-naio, chiesta cassa integrazione straor-dinaria, ma lavoratori senza reddito dagennaio. Wonderful (Umbria), chiusi

tutti i negozi, con 200 lavoratori fuori.Settore concessionari auto, moltacassa integrazione. Brico (Ellera diCorciano) chiuso. Eldo (Perugia) chiu-sura e riapertura con nuova proprieta.Per la provincia di Terni Wonderful –Chiusi 5 punti vendita, lavoratori incassa integrazione e mobilita (circa 25lavoratori). Unicoop Tirreno (Terni-Narni) – Chiusura punto venditanegozio Narni e centro amministrati-vo Terni (mobilita per 31 lavoratori).Cna (Terni)– Apertura cassa integra-zione in deroga.Usi ex Multimediale

(Terni) – Cassa integrazione in deroga(42 lavoratori coinvolti). GruppoCentralmotor (Terni)– Contratti soli-darieta e apertura procedure cassaintegrazione straordinaria (circa 80lavoratori coinvolti). Gruppo RossiMercedes – Apertura procedure cassaintegrazione straordinaria. Societa diservizi e appalti – Procedure di cassaintegrazione, soprattutto per appaltipubblici, con ulteriori rischi legati aglieffetti della spending review. Si segna-la un abuso del ricorso al part time chedetermina una forte contrazione deiredditi dei lavoratori del settore.Fortissima è anche la crisi nel settoreedile: per la provincia di Perugia crollodi quasi il 50% degli addetti dal 2008 e

10mila lavoratori in meno. Dai 22miladel 2007 agli attuali 12mila, di cui moltiancora in cassa integrazione. Sentoreche prossimo anno si rischi un’ulterio-re caduta. Anche negli impianti fissi,praticamente la quasi totalita delleaziende ha fatto ricorso agli ammor-tizzatori sociali. Solo per citare leaziende principali: Grifo Cornici(Magione) – Cassa integrazione inderoga in attesa del concordato (40lavoratori). Cementerie Barbetti(Gubbio) – Cassa integrazione ordina-ria e mobilita (120 lavoratori coinvol-ti). Colacem (Gubbio)– Mobilita (8dipendenti). Fbm (Marsciano) – Cassaintegrazione ordinaria (250 lavoraori).Fbm (Bevagna) – Cassa integrazionestraordinaria (130 lavoratori). Manini(Bastia) – Cassa integrazione ordinaria(circa 100 lavoratori). Pucciarini(Perugia) – Cassa integrazione a zero

ore (circa 40 dipendenti). Nella pro-vincia di Terni dai 4.600 dipendentidel 2009 si e scesi ai 2.100 di marzo2012. Nello stesso periodo le impresesono passate da 846 a circa 620:Pallotta (Terni) – Riduzione perso-nale. Fornace Salan (Terni)–Fallimento e chiusura (2011). Fbm(Terni) – Cassa integrazione ordina-ria rotazione (52 dipendenti).Wiennerberger (Terni) – Cassaintegrazione straordinaria e proce-dura mobilita. Celi (Stroncone) –Cassa integrazione in deroga. Poi c’ètutto il settore del polo chimicoanch’esso in crisi nera con laMeraklon Yarn e Meraklon Spa(Terni) Cig straordinaria per ammi-nistrazione straordinaria 230 lavora-tori, la Drai Cost (Terni) – concor-dato preventivo e cig straordinaria

(25 lavoratori), la Basell (Terni) –Chiusura con ipotesi acquisizione daparte Novamont per nuovo progetto(70 lavoratori in mobilita), laMmanifatture (Orvieto) – Cassa inte-grazione ordinaria (30 lavoratrici), laSirap-Gema (Perugia) - 50 lavoratoriin CIGS, l’Ingram (S. Giustino) – di100 dipendenti 60 sono in CIGS, laTecnosistemi (Citta di Castello) - 70lavoratori in CIGS ed altre piccole real-tà. La crisi non fa sconti nemmenonella Cartotecnica, nei Trasporti,nell’industria e nella rete di distribu-zione Alimentare, ma sopratuttonelle cooperative sociali che hannosubito un crollo occupazionale piutto-sto rilevante.

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Lavoro8

Mentre la politica avanza dubbi emedita marce indietro (si attendorisposte dal nuovo governo), militaried industrie della Difesa sono com-patti: il programma dei caccia F-35 è“indispensabile” per la sicurezza futu-ra del Paese ed anche per i ritornioccupazionali e l’affermazione delmade in Italy in un settore strategicocome quello degli armamenti. Ilmega-programma (15 miliardi di europer 90 velivoli a livello nazionale,4.000 aerei complessivamente nelresto del mondo) è oramai statoavviato e tornare indietro sarà diffici-le, anche perchè la posta in gioco èdavvero alta. In Italia dovrebberoessere assemblati nell’aereoportomilitare di Cameri, nel novarese, oltrei 90 aerei prenotati dal nostro gover-no, anche altri velivoli destinatiall’Europa. I 90 F-35 sono destinati asostituire nei prossimi 15 anni 253aerei ormai vicini all’età della pensio-ne: gli AV8-B della Marina Militare egli AM-X e Tornado dell’Aeronautica.

Avete capito bene, noi possediamo235 velivoli militari! Per fortuna chel’articolo 11 della nostra Costituzionecita: “l'Italia ripudia la guerra comestrumento di offesa alla libertà deglialtri popoli e come mezzo di risolu-zione delle controversie internazio-nali. Finora l’Italia ha investito 2,5miliardi dollari nel programma, conun ritorno di 807 milioni di dollari.Sono 60 le aziende italiane coinvoltea vari livelli, dal Nord al Sud delPaese, capofila Alenia Aermacchi. Lestime proposte dal colonnelloGiuseppe Lupoli, segretariato genera-le della Difesa indicano che nei pros-simi anni gli occupati potrebberoessere circa 10mila, quelli che attual-mente lavorano al programmaEurofighter. Tra le imprese coinvoltenel programma c’è di sicuro uno deinostri fiori all’occhiello nel settoreaereonautico: l’Oma spa che ha perora 50 dipendenti dedicati all’F-35(costruzione ala e fusoliera), con laprevisione di impiegarne ulteriori 150.

“Noi – avverte il presidente UmbertoNazzareno Tonti – abbiamo già inve-stito 5 milioni e ne investiremo altri30, abbiamo scommesso sul futuro esarebbe un disastro ridimensionareancora il programma”. Sembra cheanche la NCM abbia acquisito com-messe in relazione alla produzione dialcuni componenti e la stessa UmbraCuscinetti leader a livello mondialenel suo settore penso che non si faràscappare questa chance. Oltre questa“opportunità”, se così si può chiama-re, il nostro comprensorio ricalcal’andamento economico ed occupa-zionale della nostra regione. Perun’altro paio di anni ci sarà ancora laSS77, che se pur poco ha permesso aqualche azienda locale di lavorare, laricostruzione post-terremoto è prati-camente giunta al capolinea, le picco-le aziende stanno chiudendo favoriteanche dalla “morsa delle banche” chenon erogano più credito, le attivitàcommerciali (anche storiche) cessanola propria attività. Quale futuro per lanostra città? Come rilanciare l’econo-mia del territorio senza far affida-mento sulle risorse destinate agliarmamenti?

Foligno spera di ripartire con i “Caccia F-35”Combattere la crisi sperando nei fondi destinati alla difesamilitare: è questa la fotografia del nostro comprensorio

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Ricchezza 9

“Noi mai come l’Occidente”(parte seconda)

Nel numero di dicembre scorso ave-vamo dedicato la copertina e l’arti-

colo di fondo al XVIII Congresso del Par-tito Comunista Cinese che segnava ilpassaggio della guida del Partito dalla co-sì detta quarta alla quinta generazione.Scadevano infatti i dieci anni dei manda-ti (5 + 5) affidati a Hu Jintao, segretariogenerale del Partito e presidente dellaRepubblica, e a Wen Jiabao, primo mini-stro (presidente del Consiglio di Stato).Nel rispetto del limite del doppio man-dato e della soglia dei 70 anni di età, sta-vano uscendo di scena due personaggisolo poco tempo prima definiti dallastampa USA come i più potenti del mon-do. Il percorso della successione, secon-do una prassi graduale, si completerà nelprossimo mese di marzo 2013 con la suc-cessione di Xi Jinping, già segretario ge-nerale del Partito e comandante del-l’esercito, a Hu Jintao nella carica di pre-sidente della Repubblica, e di Li Keqianga Wen Jiabao nella carica di primo mini-stro. L’evento aveva provocato una parti-colare attenzione da parte di tutto ilmondo, poiché prospettava le linee della

futura condotta non solo della secondapotenza economica del mondo, ma diquella ancora in piena espansione in uncontesto di collasso generale e dramma-tico delle economie dell’occidente capi-talista. “Capitalista”, era la chiave di let-tura che l’occidente dava al sistema eco-nomico cinese, seppure con irrisolti pro-blemi schizzofrenici tra accuse di totali-tarismo statalista e, di contro, di sfrenatoconsumismo mercantile. Comunquedalla nuova potenza economica, oramaiuscita dai propri confini territoriali e di-lagata con le proprie imprese economi-che e finanziarie in tutto il mondo, ci siaspettava una scelta di cambiamento ra-dicale che finisse per trasportare diretta-mente il continente Cina all’interno dellostorico sistema capitalista, quasi augu-randosi di poterlo infettare con tutte lepatologie malariche che stanno affon-dando quest’ultimo. Rinuncia dello Statoal controllo dell’economia e della finan-za, liberalizzazioni, libero mercato, glo-balizzazione del disastro, queste le aspet-tative dei guru della politica e della finan-za occidentale. Le aspettative dei profeti

del disastro sono andate deluse e il se-gnale forte uscito dal passaggio delleconsegne tra le due generazioni è statoinvece: “Noi mai come l’occidente”, nes-suna liberalizzazione, nessuna globaliz-zazione, ancora più Stato nell’economiae nella società per guidare e garantireuno sviluppo sostenibile verso la creazio-ne della società armoniosa, con l’enun-ciazione dell’obiettivo temporale di rea-lizzare entro il 2020 una società “media-mente benestante”. Nel Congresso le pa-role d’ordine sono state quelle della lottaalla corruzione dentro e fuori del Partito,eliminazione delle diseguaglianze eco-nomiche e territoriali ancora presenti,ampliamento della partecipazione delPopolo al governo del proprio Stato, ri-spetto e occorrendo ripristino delle con-dizioni ambientali, ecc. Alla vigilia delcompletamento del passaggio delle con-segne dell’amministrazione dello Stato,il Consiglio di Stato, cioè il governo cine-se, ha fatto proprie e tradotte in un docu-mento guida le direttive emerse dalleconclusioni del Congresso del PartitoComunista.

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DI SANDRO RIDOLFI

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Ricchezza10

Il 6 febbraio scorso il Consiglio di Sta-to (in composizione ancora integrata

con la generazione uscente e quella en-trante a significare la piena condivisio-ne e la continuità delle linee politiche,ideologiche ed economiche del decen-nio concluso), ha, infatti, pubblicato undocumento intitolato “Linee-guida diuna riforma fiscale e di ridistribuzionedel reddito” articolato in 35 punti di at-tuazione progressiva, con un primoorizzonte temporale al 2015. Va precisa-to che non è stato possibile, al momen-to, reperire il testo integrale del docu-mento del Consiglio di Stato del 6 feb-braio scorso, i punti salienti che verran-no di seguito trattati sono stati quindiricavati da estratti e commenti del do-cumento apparsi sulla stampa ufficialecinese edita anche in lingua inglese.Ben poca (per non dire nessuna) affida-bilità va, infatti, accreditata alle notizieche appaiono sulla stampa e sui siti in-ternet italiani in quanto, anche quandosi tratta di testate primarie di rilievo na-zionale, le ricerche eseguite hanno con-dotto a verificare che la grandissimaparte dei sedicenti esperti “sinologi” ita-liani (inviati speciali, studiosi, ecc.) inverità si limitano a copiare (spesso ma-lamente) le già scarne sintesi dellastampa estera in lingua inglese.

Prima di entrare nel merito dei prov-vedimenti principali individuati dal

documento del Consiglio di Stato cine-se occorre fare un breve punto sullo sta-to e sull’andamento dell’economia ci-nese. Della crisi della nostra economiaoccidentale sappiamo abbastanza, manon tanto perché ci viene comunicatodagli “esperti”, che clamorosamentecontinuano a sbagliare previsioni (la ri-presa del 2011, poi 2012, poi 2013 si staspostando sempre più avanti mentre idati reali annotano una continua, co-stante e apparentemente inarrestabilecaduta della produzione mondiale), maperché la vediamo e viviamo nella vitaquotidiana. Dell’economia cinese gli“esperti” avevano pronosticato una“brusca frenata” e poi una inevitabilecaduta, aggravata dal manifestarsi di unfenomeno di inflazione interna elevatoe pericoloso. L’economia cinese noncresceva più a “due numeri” (sopra il10%), mentre l’inflazione sfiorava il 5%(dati 2011). Indubbiamente la Cinaesporta meno, ma molto banalmenteperché l’occidente è in condizioni dicrisi che gli consentono di importare

dei redditi marginali del 40%, conl’obiettivo intertemporale di eliminarela povertà, che tocca circa il 6% dellapopolazione cinese (circa 80 milioni),entro il 2015. Nei prossimi 3 anni, dun-que, non solo non ci saranno più poveriin Cina ma, seguendo il criterio scienti-fico della “marginalità”, avrà inizio unpercorso di progressivo incremento deiredditi più bassi verso il raggiungimen-to di una sostanziale parità con quellimedi, statuita nell’obiettivo della socie-tà “mediamente benestante” fissato al2020. All’intervento sui redditi si affian-cano, quindi, una serie di interventi sul-lo stato sociale: dopo il lancio dellacampagna di costruzioni di case popo-lari (40 milioni in tre anni, 10 milionigià costruite nel 2012) e della realizza-zione del sistema sanitario pubblico to-tale, il futuro presidente del Consigliodi Stato, Li Keqieng, ha lanciato la nuo-va politica urbanistica incentrata sulfreno delle avveniristiche urbanizzazio-ni iper moderne in favore del recuperopregiudiziale delle aree urbane degra-date. La seconda parte del documento,quella fiscale, individua la provenienzadelle risorse economiche necessarie persostenere il deliberato forte incrementodella spesa pubblica, principalmente:tassazione supplementare delle impre-se pubbliche che dovranno devolvere il5% dei ricavi alla politica sociale delloStato e, soprattutto grande novità, tas-sazione delle imprese straniere insedia-te in Cina, fino ad oggi esenti, con unprelievo fiscale del 20% dei ricavi. Laterza misura, sicuramente più “etica”che quantitativa, ma estremamente si-gnificativa, concerne la deliberazionedel taglio di tutte le spese voluttuariedell’apparato, sia politico che pubblico:vietati i “tappeti rossi”, i “bambini confiori”, i ricevimenti, le trasferte di “mas-sa”, l’uso degli alberghi e ristoranti di al-to livello (n.b. un’agenzia ribattuta dal-la stampa inglese informa che negli ul-timi giorni vi sono state cancellazionipari al 60% delle prenotazioni di ceri-monie in alberghi e ristoranti). Si riaf-ferma così il principio dettato dal Presi-dente Mao (ripetutamente citato intutti i documenti ufficiali del Partito edello Stato), secondo il quale “I comu-nisti sono popolo in mezzo al popolo”,anche ricchi, perché no (la povertà nonè un merito ma una dannazione, la mo-destia sì), ma solo e quando anche il po-polo sarà ricco (mediamente benestan-te).

sempre meno, mentre ha enormemen-te aumentato le importazioni, soprat-tutto su prodotti di fascia alta (vedi ilboom delle esportazioni di prodotti dipiù alta tecnologia e qualità tedeschi).Secondo i nostri parametri economici(le teorie dei nostri “esperti” – sempretra virgolette ovviamente) l’economiacinese dovrebbe essere entrata in unacrisi recessiva: meno produzione, piùimportazioni, inflazione. Ebbene i daticonclusivi del 2012 parlano invece diuna crescita attorno all’8% (contro un7% stimato) e attestano di un costantecalo dell’inflazione scesa al di sotto del2%. L’economia cinese cresce (più pro-duzione) e l’inflazione decresce (più of-ferta di prodotti e servizi). Dov’è la ri-sposta? Semplice: nell’autoconsumo. Icinesi hanno sviluppato, e stanno forte-mente incrementando, il così detto“mercato interno”: producono per il lo-ro consumo e importano in grandiquantità quei beni che il loro mercatointerno richiede e che non sono ancorain grado di produrre direttamente.L’economia della Cina cresce perchécresce il livello della qualità della vitadei propri cittadini. Come può verifi-carsi questo fenomeno assolutamentein controtendenza con le nostre politi-che di recessione economica e sociale,lo troviamo proprio nelle “Linee guida”del documento del Consiglio di Statodel 6 febbraio scorso.

Come indica lo stesso titolo, il docu-mento si suddivide in due parti:

una riforma del sistema di contribuzio-ne fiscale e un processo di ridistribuzio-ne del reddito/ricchezza. Le due partisono ovviamente strettamente collega-te e in particolare la prima, quella fisca-le, è specificamente funzionale alla se-conda, la redistribuzione della ricchez-za. Tra i temi principali del Congressodel Partito era stato trattato quello dellapersistenza di una area della popolazio-ne cinese, prevalentemente rurale, an-cora attestata a livelli di povertà, inac-cettabili non solo sotto il profilo umanoin via pregiudiziale, ma tanto più nellospecifico di una fortissima crescita eco-nomica che aveva invece visto la nascitadi classi di reddito elevatissime, oltre auna sempre più forte disparità tra lecondizioni economiche, sociali e cultu-rali tra le zone rurali e le sempre più im-ponenti megalopoli urbane. La prima“Linea guida” del Consiglio di Stato èstata fissata nell’aumento immediato

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Ricchezza 11

Imprese pubblicheL’Italia sino a pochi anni fa aveva uno straordinario siste-ma di imprese pubbliche che si estendeva sostanzialmen-te a tutti i settori dell’economia. Le imprese spesso eranoin perdita, ma davano una vasta occupazione e soprattut-to raggiungevano, quasi tutte, l’eccellenza mondiale. Iltrionfo dell’ideologia liberista le ha quasi tutte “smantella-te” perché oggi non solo non sono più pubbliche ma, inmolti casi, non ci sono proprio più. L’occupazione è cadu-ta, l’eccellenza è morta. Lo Stato italiano non è in grado diintervenire nella produzione e l’imprenditoria privata è alcollasso: improduttiva e non concorrenziale.

Finanza e monetaAnche nel settore della finanza, che costituisce una infra-struttura fondamentale di un sistema economico, lo StatoItaliano aveva un sostanziale monopolio, possedendodirettamente i maggiori Istituti di Credito e in via indirettacon la rete delle banche territoriali comunque in manopubblica. La Banca d’Italia, istituto di emissione dellamoneta, benché formalmente istituzione privata e sottrattaal controllo diretto del Governo, era però partecipata dallebanche pubbliche e anche dai più importanti Istituti previ-denziali e assicurativi pubblici. Oggi tutte le banche,nazionali e locali, sono state privatizzate e in alcuni casicedute a proprietari esteri; la Banca d’Italia non è più l’isti-tuto di emissione della moneta, compito oggi attribuito allaBCE. Le banche privatizzate sono tutte sostanzialmentefallite e la BCE, con la sola politica puramente valutaria,domina i governi degli Stati.

Spesa pubblicaViene affermato (ma abbiamo pubblicato motivate opinio-ni contrarie) che a monte dell’odierna crisi economica checolpisce il nostro Paese insieme a tutto l’Occidente c’èl’eccessivo indebitamento dovuto alla spesa pubblica. Lepolitiche economiche di tutti i governi europei si sonodunque sostanzialmente concentrate sulla più violentapossibile riduzione della spesa pubblica che, ben lontanoda una diversa idea di pur legittima “razionalizzazione”, siè concentrata su tagli sempre più gravi e profondi allostato sociale (istruzione, sanità, servizi pubblici, ecc.,“settori” ritenuti improduttivi e dispendiosi). Il risultato, aldi là del dato morale di macroscopica “inciviltà”, è stato ilcrollo della domanda interna e dunque della produzione.Siamo entrati in una spirale a decrescere apparentementesenza fine.

Imprese pubblicheIl sistema produttivo cinese, soprattutto nei settori strate-gici dell’industria pesante, tecnologica e infrastrutturale, èsostanzialmente quasi tutto nelle mani dello Stato che è ingrado di dirigerne gli sviluppi e le politiche degli investi-menti. In Cina lo Stato può utilizzare la capacità produttivadelle proprie imprese sia all’interno del paese per riequili-brare situazioni di svantaggio, sia all’estero per reperire lematerie prime, che i mercati di sbocco delle produzioni.Le politiche del risanamento ambientale intraprese con ilprincipio dello “sviluppo scientifico” hanno trovato nelleimprese pubbliche gli strumenti di attuazione.

Finanza e monetaIn Cina il sistema bancario, anche se in parte privato (manon privatizzato), è totalmente sotto il controllo dello Statoche, soprattutto, controlla l’emissione della moneta e sta-bilisce i saggi d’interesse dei prestiti. Resistendo allepressioni internazionali che avrebbero voluto una forterivalutazione della moneta cinese per abbattere la compe-titività economica delle esportazioni, la Banca di Statocinese è riuscita nel compito assai difficile secondo lenostre conoscenze scientifiche ed esperienze in materiavalutaria, di frenare bruscamente l’inflazione (in un soloanno scesa da circa 5% a meno di 2%) e sostenerecomunque la crescita della produzione (n.b. qualsiasitesto scientifico ci ha sempre insegnato che una politicamonetaria deflattiva di contenimento dell’inflazione ha ine-vitabilmente l’effetto perverso di ridurre la produzione;questo in Cina non è successo).

Spesa pubblicaGià a partire dai primi segnali dell’inizio della crisi econo-mico dell’Occidente il governo cinese ha reagito lancian-do grandi, in verità grandissimi, piani di investimenti pub-blici miratamente su settori che noi in Occidente stiamooggi definendo improduttivi: l’ambiente (piantumazioni dimilioni di ettari), la casa (40 milioni di case popolari, 10milioni già realizzate nel primo anno), la sanità (estensionedel servizio sanitario pubblico, quella “demonizzata” dalParlamento USA), l’istruzione, la ricerca, ecc. Oltre aciclopiche opere infrastrutturali viarie, ferroviarie, aeropor-ti, centrali elettriche, ecc. Di fronte al pericolo della reces-sione (pericolo, perché l’economia cinese continua a cre-scere) il governo ha aumentato fortemente la spesa pub-blica, a uno stesso tempo migliorando lo stato sociale, maanche sostenendo la domanda.

“Il socialismo non è una società di beneficenza, non è un regime utopico basato sulla bontà del-l'uomo come uomo. Il socialismo è un sistema sociale che si basa sull'equa distribuzione delle ric-chezze della società, ma a condizione che tale società abbia ricchezze da spartire. Nella misura incui aumentiamo quei prodotti per distribuirli fra tutta la popolazione andiamo avanzando nellacostruzione del socialismo.” (Ernesto Guevara de la Serna - Che)

Gli ignoranti del marxismo (assai più pericolosi dei suoi ne-mici dichiarati), confondendo idealismo con scienza, impu-tano alla Cina di non essere un paese comunista, ma di svilup-pare il più becero e spinto capitalismo produttivo e consumi-sta. La frase del Che sopra chiarisce l’equivoco tra governodell’economia (struttura) e destinazione della stessa (sovra-struttura). Ma diamo qui per un attimo acquisito che la Cina

sia un paese “capitalista” (d’altra parte il più grande studiosodel capitale è stato senza discussione Marx) e poniamoci ildubbio: perché quel paese capitalista cresce e il nostro collas-sa? Non ci starà “sfuggendo” qualcosa? Forse avremo qualchelezione da imparare? Vediamo in parallelo i due differentimodi di affrontare alcuni cardini del governo dell’economianel nostro paese e in Cina, poi traiamo delle conclusioni.

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Ricchezza12

Politica dei redditiAl di là delle solite enunciazioni propagandistiche sullacompetitività, innovazione, ecc. ecc., l’unica politica di“immaginario” sostegno alla ripresa economica (che faspecchio con il taglio della spesa pubblica) negli inter-venti del governo del nostro Paese è stata quella dellariduzione del costo dell’unica merce riducibile: la “mercelavoro”. Ciò ha portato, e sta sempre più portando, a unabbassamento dei redditi da lavoro a vantaggio di uninnalzamento dei profitti, con una sostanziale politica diredistribuzione dei redditi di segno negativo. Ancora unavolta a parte l’ “inciviltà” di tali politiche inique, il risultatoè una sempre maggiore caduta del mercato a causadella riduzione, sia qualitativa che quantitativa, dellamassa dei consumatori.

Politica fiscaleSe da un lato le politiche di austerità si fondano sul per-verso meccanismo della riduzione della spesa pubblicae della compromissione dello stato sociale, dall’altro le“immaginarie” politiche di rilancio dell’economia nelnostro Paese sembrano avere come unico strumento adisposizione quello della riduzione della così detta pres-sione fiscale come se, esentando le imprese dal paga-mento di imposte (che peraltro già non pagano “di prin-cipio” e oggi anche “di diritto” se sono in perdita) le stes-se potessero miracolosamente riprendere le loro produ-zioni. Il secondo “scongiuro” riguarda poi la paura dellafuga (o della non venuta in Italia) di immaginari investitori(imprenditori?) stranieri spaventati dal peso del fisco ita-liano. Si parla dunque di sgravi fiscali per le imprese, mapoi si finisce per dire IMU perché, semplicemente, leimprese da sgravare non ci sono, mentre le case da tas-sare invece sì.

Rapporti di lavoroIl “chiodo fisso” dell’ultimo governo è stato quello dellariforma del lavoro, che si è poi tradotta in un solo concet-to/criterio: riduzione, sino alla eliminazione, dei diritti deilavoratori, sia sul piano economico, che giuridico e sin-dacale. L’assunto (tanto falso quanto ipocrita) era (è!):l’eccesso dei diritti dei lavoratori penalizza la competiti-vità delle aziende, cioè meno diritti (economici e sinda-cali) dei lavoratori, più produzione e quindi più lavoro. Ilfallimento sostanziale (non parliamo dell’aberrazionemorale) della così detta “Riforma Fornero” è già statocertificato a pochi mesi distanza dalla sua entrata invigore con il mancato rinnovo della gran parte dei nuovicontratti atipici. Le assunzioni immaginate non ci sonostate, i licenziamenti, le chiusure, i fallimenti, la cassaintegrazione (sino a che regge) ecc. invece sì e prose-guono. Oggi nell’Italia che all’articolo 1 della propriaCostituzione enuncia il principio del “lavoro”, a un sinda-cato con più di 100 anni di storia (la Fiom) è interdettol’ingresso in una fabbrica nonostante l’ordine di un giudi-ce. La fabbrica è territorio sottratto alla giurisdizionedello Stato italiano!

PIL ITALIA 2012 – 3%

Politica dei redditiLa fortissima crescita dell’ultimo ventennio dell’econo-mia cinese, oltre ad avere innalzato oggettivamente illivello di vita dell’intera popolazione, ha creato le condi-zioni per la formazione di settori sempre più ampi dipopolazione con redditi elevati, processo che ha inne-stato la formazione di un mercato interno sempre piùvasto e importante. Con l’ultima deliberazione delConsiglio di Stato il governo cinese ha avviato una radi-cale politica di ridistribuzione della ricchezza, stabilendol’aumento del 40% dei redditi minori al fine di avvicinarlisempre più, e più velocemente a quelli maggiori. Il risul-tato è quello di una corrispondente crescita del mercatointerno che, in Cina, è oggi divenuto forse il primo mer-cato di sbocco della produzione.

Politica fiscaleUna delle critiche di scorrettezza concorrenziale imputa-te al sistema economico cinese è sempre stata quelladella esenzione/elusione fiscale a vantaggio delle impre-se sia nazionali che estere, queste ultime fortementeincentivate proprio da questo vantaggio fiscale a stabilir-si in Cina. Vero o non vero storicamente questo assunto,è oggi un fatto, con l’ultimo documento programmatoriodel Consiglio di Stato il governo cinese ha imposto unasovrattassa del 5% sui redditi delle imprese pubbliche eha imposto una tassa del 20% sui profitti delle impresestraniere sinora esenti, espressamente al fine di finanzia-rie la nuova politica di redistribuzione dei redditi.L’economia cresce, l’inflazione decresce, le impresepagano imposte per sostenere le politiche sociali. Non cisono notizie (serie) di imprese straniere in fuga dallaCina (anzi da noi Marcegaglia e Marchionne si vantanodi aprire stabilimenti in quel Paese).

Rapporti di lavoroL’accusa moralmente (ma anche molto ipocritamente)più forte che viene ancora oggi rivolta al sistema produt-tivo cinese è quella della mancato rispetto dei diritti deilavoratori (bassa retribuzione, ritmi altissimi, nessunatutela sociale, sanitaria, legale, sindacale). Negli ultimigiorni la nostra stampa ha dato, invece, grande risaltoalla notizia di imminenti elezioni sindacali nelle più gran-de fabbrica cinese (oltre 500mila dipendenti) da svolge-re secondo le regole sindacali internazionali. Finalmente,si declama, grazie alla pressione morale dell’Occidenteanche nelle fabbriche cinesi entra la democrazia sinda-cale! Ora, a parte che in Cina i sindacati ci sono da sem-pre e che la legislazione del lavoro è sostanzialmenteidentica alla nostra ante Riforma Fornero (vedi i siti dellaCamera di Commercio italiana in Cina che danno infor-mazioni “serie” agli imprenditori italiani intenzionati adinvestire in quel Paese), cosa significa tutto questo? Chela Cina è competitiva e produttiva grazie all’aumento deisalari e alla sindacalizzazione dei lavoratori, mentre inItalia per essere competitivi dobbiamo ridurre i salari ecancellare i sindacati?

PIL CINA 2012 + 8%

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Leggi 13

Leggi tra illusionismo e funambolismo

Ricordate il “comma scomparso”? Nelnumero di ottobre 2012 avevamo rac-contato su queste pagine di come unmero errore informatico avesse potutocancellare una norma e sostituirsi al le-gislatore quasi automaticamente. In so-stanza, nel pieno fervore delle variespending review, si rinunciava ad otte-nere un risparmio per le casse pubblichedi almeno 75 milioni di euro l’anno. Equesto, solo per mantenere fermo il di-ritto (?) delle concessionarie di pubbli-cità (gli editori?) a pubblicare sullastampa quotidiana gli avvisi e i bandiper i pubblici appalti. Riassumiamo lefasi principali della vicenda. Venerdì 6luglio 2012 la Gazzetta Ufficiale pubbli-ca il Decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 re-cante “Disposizioni urgenti per la revi-sione della spesa pubblica con invarian-za dei servizi ai cittadini”. L’art. 1, alcomma 5, dispone la soppressione del-l’obbligo di pubblicazione sui quotidia-ni dei bandi ed avvisi dei pubblici appal-ti. Questa semplificazione – secondo la

relazione tecnica predisposta dal Go-verno e che accompagna il testo del De-creto – viene ritenuta indispensabileperché la pubblicazione cartacea di talidocumenti è ormai superata dalla evo-luzione tecnologica legata alla diffusio-ne delle procedure telematiche. Inoltre,i benefici per il pubblico erario – sullabase di stime fornite dall’Autorità di vi-gilanza sui contratti pubblici – ammon-terebbero a circa 75 milioni di euro l’an-no. Inaspettatamente, però, il lunedìsuccessivo, 9 luglio 2012, sempre nellaGazzetta Ufficiale è pubblicato un avvi-so di rettifica secondo il quale il comma5 che contiene questa norma “per meroerrore informatico…deve ritenersi nonpubblicato”, scomparendo, così, nel-l’oblio dei server. Ora, quel comma èstato ritrovato; un ravvedimento opero-so del legislatore, penserete voi? In unmondo dove la tecnologia informatica ela digitalizzazione si fanno strada e siimpongono sempre più quali principalistrumenti di conoscenza, sarebbe dav-vero incomprensibile impegnare cospi-cue risorse finanziarie per continuare apubblicare sulla stampa gli avvisi e i

bandi pubblici! E’ tutto on line! Nientedi questo. Il Parlamento, il 17 dicembrescorso, in sede di conversione del decre-to legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha intro-dotto una disposizione (art. 34, comma35) secondo la quale le spese per la pub-blicazione dei bandi saranno rimborsa-te alla stazione appaltante (pubblicaamministrazione) dalla impresa aggiu-dicataria entro il termine di sessantagiorni dalla aggiudicazione. Semplice!La pubblicazione dei bandi dovrà sem-pre aver luogo sui quotidiani (nazionalie locali), però la spesa non graverà piùsulle casse della pubblica amministra-zione, bensì su quelle delle imprese.Nulla da dire, ottima manovra, il rispar-mio per il pubblico erario è stato conse-guito, gravando le imprese di un altroonere (o balzello). Ma, l’obiettivo sem-pre dichiarato da tutti i governi che sisono succeduti (compreso l’ultimo, c.d.tecnico) non era quello di abbattere icosti e gli oneri burocratici a carico delleimprese? Certamente sì, la norma inquestione è rubricata sotto la voce “ul-teriori misure per la crescita del paese”;di quale paese, però, non è dato sapere.

Il Comma Ritrovato

Qualche giorno fa, in una delle tante esibizioni televisive pre elet-torali, un marziano da poco atterrato nel nostro paese, raccontan-do che con le sole leggi approvate dall’ultimo governo tecnico sisarebbero potuti coprire quaranta campi di calcio, ha denunciatol’esistenza in Italia di un numero eccessivo di leggi, che spessosi duplicano, si contraddicono e, infine, confondono non solo i cit-tadini comuni, ma anche gli stessi operatori del diritto. Il marzianosi chiamava Giulio Tremonti, ma qualcuno dice di averlo già vistoprima in giro per il nostro paese, anzi, i più attenti analisti, diconopersino che sia stato ministro di qualche governo passato.Scherzi a parte, la malattia della produzione di leggi è endemicanel nostro paese quasi come la malaria in Africa centrale.Chiunque si siede al governo (n.b. le leggi dovrebbe emanarle ilParlamento, il potere legislativo, ma da tempo questo compito lo

ha espropriato il governo, il potere esecutivo, che usa ilParlamento solo per le ratifiche formali) la prima cosa che fa, nonè governare, ma riformare, cioè produrre leggi, spesso ignoran-do quelle già esistenti, magari del tutto uguali, e sempre dimo-strando una scarsa dimestichezza con la scienza del diritto (sepensiamo che la legge sul servizio televisivo è attribuita aGasparri!). Da questo numero iniziamo una rubrica fissa dedicataalle ultime più “brillanti” trovate legislative, andando a scovarlenei “commi aggiunti”, magari sotto titoli impensabili, negli “erratacorrige” che non correggono ma cambiano tagliando e aggin-gendo, nei risvolti, insomma, delle maniche delle giacche deinostri legislatori illusionisti e funamboli. La rubrica è curata daSalvatore Zaiti che si è assunto (volontariamente!) un compito diricerca davvero impegnativo (e triste!).

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Leggi14

Le imprese con almeno un fatturatodi due milioni di euro potranno

ora fregiarsi delle “stellette” sul mo-dello Michelin.E’ quanto prevede ladelibera 14 novembre 2012 con la qua-le l’Antitrust (Autorità Garante dellaConcorrenza e del Mercato) ha appro-vato il regolamento di attuazionedell’art. 5-ter del decreto liberalizza-zioni (D.L. n: 1/2012). Così, richiaman-do termini ai quali ormai ci siamo as-suefatti, nel nostro ordinamento è sta-to introdotto il rating di legalità. La fi-nalità è quella di promuovere l’appli-cazione di principi etici nei comporta-menti aziendali, anche in rapporto al-la tutela dei consumatori; a fronte diciò, del rating attribuito si terrà contoin sede di concessione di finanziamen-ti da parte delle pubbliche ammini-strazioni, nonché in sede di accesso alcredito bancario. Quest’ultimo bene-ficio è poi reso dal legislatore ancorapiù stringente, in quanto gli istituti dicredito che omettono di tenere contodel rating attribuito in sede di conces-sione di finanziamenti alle imprese so-no tenuti a trasmettere alla Bancad’Italia una dettagliata relazione sulleragioni della decisione assunta. In-somma, il principio ispiratore dellanorma è rendere conveniente per leimprese l’attività legale e l’adozione dicomportamenti virtuosi mediantel’apertura in loro favore di corsie pre-ferenziali, soprattutto con riguardo al-l’accesso ai finanziamenti pubblici e alcredito. Veniamo ora alle modalità.Potranno richiedere l’attribuzione delrating le imprese operative in Italiache abbiano raggiunto un fatturatominimo di due milioni di euro nel-l’esercizio chiuso l’anno precedentealla richiesta e che siano iscritte al re-gistro delle imprese da almeno dueanni. Il rating avrà un range tra un mi-nimo di una “stelletta” ad un massimodi tre “stellette”. Per ottenere il pun-teggio minimo l’azienda dovrà dichia-rare che l’imprenditore o i suoi soci,rappresentanti e dirigenti apicali seimpresa collettiva non hanno ricevutosentenze di condanna per reati tribu-

tari e reati contro la pubblica ammini-strazione; per i reati di mafia, oltre anon avere subito condanne, non do-vranno essere in corso procedimentipenali. L’impresa, inoltre, non dovrà,nel biennio antecedente la richiesta dirating, essere stata condannata per il-leciti antitrust gravi, per mancato ri-spetto delle norme a tutela della salutee della sicurezza nei luoghi di lavoro,per violazioni degli obblighi retributi-vi, contributivi, assicurativi e fiscali neiconfronti dei propri dipendenti e col-laboratori. Non dovrà avere subito ac-certamenti di un maggior reddito im-ponibile rispetto a quello dichiarato,né avere ricevuto provvedimenti di re-voca di finanziamenti pubblici per iquali non abbia assolto gli obblighi direstituzione. L’impresa dovrà pure di-chiarare di effettuare pagamenti etransazioni finanziarie di ammontaresuperiore alla soglia di mille euroesclusivamente con strumenti di paga-mento tracciabili. Il regolamento poiprevede sei ulteriori requisiti che, se ri-spettati, garantiranno alle imprese ilpunteggio massimo di tre stellette. Sene verranno rispettati solo tre, si otter-ranno due stellette. In particolare leaziende dovranno: rispettare i conte-nuti del Protocollo di legalità sotto-scritto dal Ministero dell’interno e daConfindustria e, a livello locale, dalle

Prefetture e dalle associazioni di cate-goria; utilizzare sistemi di tracciabilitàdei pagamenti anche per importi infe-riori rispetto a quelli fissati dalla legge;adottare una struttura organizzativache effettui il controllo di conformitàdelle attività aziendali a disposizioninormative applicabili all’impresa;adottare processi per garantire formedi corporate social responsability; es-sere iscritte in uno degli elenchi di for-nitori, prestatori di servizi ed esecutoridi lavori non soggetti a tentativi di in-filtrazione mafiosa; avere aderito a co-dici etici di autoregolamentazioneadottati dalle associazioni di catego-ria.. Infine sarà valorizzata anche ladenuncia all’autorità giudiziaria o alleforze di polizia di reati previsti da re-golamento commessi a danno dell’im-prenditore o dei propri familiari e col-laboratori, purché alla denuncia siaseguito l’esercizio dell’azione penale.Il rating ha durata di due anni ed è rin-novabile. L’Autorità pubblicherà sulproprio sito web l’elenco delle impresecui il rating di legalità è stato attribui-to, sospeso, revocato, con le relativedecorrenze. Non resta ora che atten-dere il successivo decreto attuativo(Mef e Sviluppo economico) che dovràindicare in concreto le modalità appli-cative dei benefici in favore delle im-prese con le stellette.

Dalle faccette di Brunetta alle stellette Michelin

Rating a “stellette”per le imprese virtuose

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Agonia 15

Per non cedere

Per una scuola che, nonostante tutto, funzioni,che possa lasciare un bel ricordo negli studenti e,soprattutto sia qualificata e dia anche a noi lo sti-molo giusto per non essere ripetitivi, noi docentidel Liceo Scientifico ed Artistico di Foligno cimettiamo in gioco, realizzando dei percorsi inte-ressanti. Al settimo anno è il progetto Il LiceoScientifico interpreta l’attualità. Giornate infor-mative. Si tratta di quattro giorni, in cui vengonointerrotte le attività didattiche e si realizzano deilaboratori di educazione alla salute, scientifici, di

orientamento universitario, di letteratura e di ar-te, di educazione alla legalità, di volontariato, conla partecipazione di professionisti, personale me-dico, enti, associazioni, politici, giornalisti… Congrande senso di responsabilità gli alunni scelgonoi laboratori e partecipano alle lezioni, arricchendoulteriormente le proprie conoscenze. Il progettoè interessante anche perché è il risultato del lavo-ro degli studenti rappresentanti di Istituto e degliinsegnanti ed è un modo per dialogare ed insiemeessere operativi.

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Agonia16

Il malcontento serpeggiante è sem-pre latente nel mondo della scuola

e accomuna tutti noi insegnanti perun senso di insoddisfazione, la cuicausa affonda le radici in una riformatanto attesa e mai realizzata seria-mente, in un fantomatico ammoder-namento in nome della qualità dellascuola pubblica, iniziato con la Mo-ratti e proseguito con i tagli indiscri-minati della Gelmini, tra la presso-ché totale indifferenza, come se ta-gliare sulla scuola potesse essere in-dolore, o accorpare le classi fosse unaquestione unicamente di numeri, inbarba alla sicurezza, alla effettiva ca-pienza delle aule, ad un’adeguata of-ferta formativa. L’anno 2012 si è con-cluso con un calendario nutrito diriunioni sindacali. Era un po’ che lesnobbavo ma con mia sorpresa mi so-no accorta che le cose non sono cam-biate: si fanno proclami, si cade su ca-si inascoltati di singole situazioni, sidanno perentorie soluzioni a proble-mi irrisolvibili, si fa un bagno di buo-na e salutare speranza, che dura finoa che giri l’angolo e poi ti accorgi chela realtà è ben diversa, che il proble-ma della nostra categoria è da semprela mancanza di unità, che oggi, anchese ci fosse, sarebbe comunque diffici-le ottenere qualcosa, perché ci sonoquestioni più urgenti e forse anchepiù serie, dal momento che la culturanon è pane. Difficile contrastare unmodo di pensare ormai così radicato!Per noi insegnanti la difficoltà è quo-tidiana, consiste nel comunicare altroda quanto i giovani assaporano dibuon grado dalle nuove tecnologie,dagli strani modelli di vita che abbi-nano potere e ricchezza, incurantidel come e del poi; consiste nello sca-vare dentro di sé, leggere nei volti,spiegare l’onestà, la responsabilità, lafatica della conquista, il senso del sa-crificio e dell’attesa, lo sforzo dellostudio in vista di… una preparazionepersonale, che ti possa gratificare. Avolte ci sentiamo diversi, in una so-cietà che parla un’altra lingua ma può

succedere che quello studente un po’sordo, torni per caso a scuola e ti dica,seppure laureato in matematica, chenon ha smesso mai di leggere o ti por-ti su un discorso che apparentementeesula dalla didattica e che è pregnantedi vita o ancora un altro ex alunno tiinviti alla presentazione di un suo li-bro di poesie. Da questi e tanti altrifatti, per alcune persone magari dipoco conto, riacquistiamo la spintaper continuare a sentirci insegnanti,nella convinzione che ancora possia-mo fare qualcosa per una società chestritola e consuma i suoi giovani. E’proprio dall’aver chiaro questo atteg-giamento di irriverenza, che nutrefalse speranze, di fronte ad una scureche limita la cultura, taglia le oppor-tunità di crescita ed il lavoro, in parti-colare per i giovani, che, unitamenteai motivi che creano la nostra insod-disfazione atavica, dobbiamo trovarei nostri naturali alleati: gli studenti, lefamiglie, la società civile.

La nostra protesta dovrebbe unirsia quella di chi ha capito il gioco

delle parti, del più debole, per il qualela scure è così tagliente! Soprattuttooggi in cui la situazione è diventatainsopportabile. In realtà protestare,tagliando le attività aggiuntive, nondando la disponibilità per effettuare i

viaggi d’istruzione, non realizzando iprogetti, che spesso rendono interes-sante la scuola, ne colpisce il funzio-namento e soprattutto gli alunni, inuna parola divide più che accomuna-re. La protesta degli insegnanti invecenon deve colpire la scuola pubblica,già martorizzata da tagli inveterati,già per altro barcollante, che a stentocerchiamo di rendere presentabile; lanostra protesta non deve far apparireil corpo insegnante come quello chelavora poco, spesso malvolentieri, chenon vuole ore aggiuntive, perché nonha voglia di impegnarsi seriamentenel proprio lavoro; la nostra protestanon deve ripercuotersi contro le fami-glie e soprattutto contro gli alunni,che si vedono, loro malgrado, defrau-dati di quello che per altri loro colle-ghi è stato un diritto assodato e rico-nosciuto, come poter partecipare a unviaggio d’istruzione o a un progetto;la nostra protesta non deve esserecontro gli utenti, bensì contro i taglidel governo, che vanno a colpire an-cora una volta la scuola pubblica, cre-ando un divario incolmabile tra tuttiquei giovani, le cui famiglie possonopermettersi una scuola privata, cheha tutte le carte in regola per aprire leporte a prestigiose università e ad unsicuro ingresso nel mondo del lavoro.

L’agonia di un numeDI ANNARITA FALSACAPPA

Laboratorio di Fisica

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Agonia 17

Decidere di sospendere le attivitànon obbligatorie tutto somma-

to è facile e proponibile da parte dichi non è in prima linea, di chi nonvive all’interno delle scuole e nelleclassi a stretto contatto con gli alun-ni, di chi di quegli alunni non sanulla, non li chiama per nome e nonli ha seguiti nel loro percorso di cre-scita. Per altro siamo consapevoli diquanto questi stessi studenti sianopenalizzati solo per essere nati inquesto periodo e di quante possibi-lità siano defraudati per i continuitagli alla spesa pubblica. Per questomotivo non dobbiamo dividerci an-cora, ma, alzando la guardia, farefronte comune con gli studenti e leloro famiglie. Trattando con glialunni le problematiche della scuo-la, che non riguardano solo i docen-ti, li responsabilizziamo e li rendia-

mo consapevoli della situazione rea-le, mettendo anche le famiglie nellacondizione di sentire finalmente laverità sulla scuola. Potrebbe essereun modo per sperare di avere dallanostra parte l’opinione pubblica,sorda da tempo alle problematichedella scuola, perché falsamente di-chiarate e sempre nell’ottica di unriconoscimento a metà della profes-sionalità docente. Si deve aver chia-ra l’idea che le difficoltà gestionali edi programmazione delle attivitàdegli istituti dipendono dalla di-scontinuità delle erogazioni econo-miche da parte del governo.

Motivo di preoccupazione è an-che il fatto che il fondo d’isti-

tuto fisso e in particolare il MOF,già notevolmente inadeguati peruna scuola che possa dirsi al passocon i tempi e veramente di qualità,

risultino ad oggi particolarmenteincerti ma certamente di entità infe-riore rispetto agli anni precedenti,così da non consentire quella com-petizione virtuosa, sancita dall’au-tonomia scolastica, che si rispecchianel piano dell’offerta formativa diogni istituto. In questa situazione dicrisi noi docenti della scuola supe-riore, già chiamati a prestazioni chevanno ben oltre la quantificazionedelle 18 ore di insegnamento ricono-sciute dal contratto ai fini dello sti-pendio, ci troviamo a cercare di farfunzionare la scuola in nome dellanostra buona volontà, preoccupatidi non far ricadere sui giovani lecolpe di un sistema classista ed in-giusto, che penalizza il pubblico, inparticolare la scuola pubblica, che èancora l’unica possibilità per spera-re nell’uguaglianza.

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Agonia18

Aconclusione del progetto scolastico Il LiceoScientifico ed Artistico interpretano l’attua-

lità si tirano come sempre le somme. Nei quattrogiorni del progetto la nostra scuola ha visto av-vicendarsi nei quaranta laboratori frequentatidagli studenti, politici, giornalisti, volontari, me-dici; abbiamo avuto l’intervento dell’USL, dellaCooperativa La Tenda di Foligno, dell’Associa-zione Lions, di dietisti e psicologi, che hanno in-contrato tutti gli alunni nei laboratori di Educa-zione alla Salute, in cui si è parlato di doping, disalute e sport, prevenzione, di educazione ali-mentare, di dipendenza dall’alcool, dal fumo,dai medicinali, dal gioco, dai videogiochi e dainuovi strumenti tecnologici, di educazione sen-timentale e sessuale e di neoplasie giovanili. Al-cuni laboratori sono stati realizzati per orientarela scelta universitaria ed hanno contribuito allaloro realizzazione dei professori delle facoltà di Ingegneria e diScienze dell’Università di Perugia e dell’ università Luiss di Ro-ma. Altri hanno visto l’intervento del Capitano dei Carabinieri diFoligno, che ha parlato di legalità e rispetto delle regole; del Co-mune di Foligno, di politici di orientamenti diversi. L’Associazio-ne Informagiovani ha fatto riflettere sull’importanza del volonta-riato, invitando anche dei volontari, che operano sul territorio indiversi ambiti. Non potevamo non invitare le Associazioni Liberacontro le mafie ed Emergency con il loro messaggio di pace edi rispetto della legalità. Alcuni laboratori si sono incentrati suargomenti scientifici, come quello che è stato realizzato al pla-netario sul geocentrismo ed eliocentrismo, o l’altro sulla struttu-ra dell’universo. Anche la scuola musicale di Foligno ha avutoil suo spazio, accanto a tanti altri laboratori di arte, di musica edi letteratura. Si è realizzato anche un laboratorio sulla DivinaCommedia, che, come al solito, ha riscosso ungrande successo. L’attualità ha spaziato dallescoperte scientifiche recenti all’epistolario di Al-do Moro, suscitando curiosità ed interrogativinegli alunni. La palestra e la palestrina hannoospitato il laboratorio teatrale e quello dei ballidi gruppo e di hip-hop, mentre un’aula al terzopiano è stata adibita a stanza di yoga. Gli inse-gnanti referenti del progetto hanno collaboratocon gli studenti, sia i rappresentanti d’Istitutoche gli alunni responsabili di alcuni laboratori,di cui hanno sottolineato la serietà nello svolgi-mento dei compiti e nella capacità organizzati-va. Per questa attività, come riconoscimentodell’impegno in questo progetto, che muovecirca ottocento alunni, dislocati nelle aule maanche in spazi esterni alla scuola, come il La-boratorio di Scienze Sperimentali e la CNOS-FAP, avranno il credito scolastico. Il 9 Febbraio,a conclusione delle giornate di attualità, pressoil Palazzetto dello Sport abbiamo festeggiato ilcarnevale: dopo la preparazione delle masche-

re a scuola, i ragazzi hanno allestito una vera discoteca, diver-tendosi tra di loro ed hanno ballato con la partecipazione anchedi alcuni insegnanti. Per noi dello Scientifico vale molto l’ideache a scuola bisogna andarci volentieri e che è importante lostudio ma anche la crescita consapevole del futuro cittadino edè per questo che offriamo ai giovani delle opportunità che ren-dono la nostra scuola piacevole ed unica. Come ogni anno,inoltre, una cena sancisce la fine di questa divertente e faticosafollia, che tanti alunni di altre scuole ci invidiano e che sorpren-de ogni anno i nostri ospiti, per la partecipazione dei giovani ela serietà con cui seguono i numerosi seminari proposti. E sor-prende anche noi, che, seppure immiseriti non lo siamo ancoranello spirito e la curiosità dei giovani, nonché la nostra voglia diimparare ci imbarcano in situazioni straordinarie, che, nono-stante tutto, rendono unico il nostro lavoro di insegnanti.

Le Giornate InformativeDI ANNARITA FALSACAPPA

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Da Costantino I a Benedetto XVI

L’evento delle “dimissioni” (abdicazio-ne) di Benedetto XVI al soglio di Pa-

pa della Chiesa Cattolica Apostolica Ro-mana ha aperto uno scenario epocale.Tuttavia, un radicato provincialismo del-la nostra visione delle “cose” del mondoche non va oltre il nostro orizzonte me-diterraneo, nonché una contiguità fisicache ci fa ritenere “nostro” un gigantemondiale quale la chiesa romana, rischiadi ridurre l’analisi di una evidente crisidell’intero sistema dell’organizzazionebimillenaria del cristianesimo ecclesiale,nella migliore delle ipotesi in un fatto dicoscienza individuale, nella peggiore inmeschini giochi di potere curiale. Per in-tendere veramente cosa sta accadendo alvertice (in verità nel “cuore” profondo)della Chiesa Cattolica romana occorreforse leggere questo evento dentro quel-lo della crisi che sta devastando l’interosistema capitalista occidentale. La crisidel capitalismo non è (solo) crisi econo-mica, cioè delle sue capacità di produzio-ne, consumo, evoluzione e crescita; èuna crisi molto più profonda e radicale,è una crisi di civiltà. Un’era sta finendo,

la struttura economica del capitalismonon riesce più a dare supporto e credibi-lità alle sue sovrastrutture ideologiche, aisuoi falsi valori costruiti a misura dellesue esigenze produttive. Le illusioni diun mondo migliore e più libero perchépiù ricco e globalizzato hanno perso ora-mai la loro credibilità ed emerge, congrande crudezza, una realtà mondialefatta di una sempre più diffusa povertà,di guerre permanenti neppure più ca-muffate sotto gli esili veli della esporta-zione di civiltà e di democrazia, di razzi-smo e intolleranza diffusa sia etnica, chereligiosa, che culturale. La nave del siste-ma economico, e quindi politico, del ca-pitalismo moderno sbanda e affonda, ri-schiando di trascinare con sé la ChiesaCattolica, la sua storica (infra)strutturaideologica, la religione di Stato, o megliola Chiesa di Stato. Per duemila anni laChiesa cristiana ha, infatti, costituitol’ossatura non solo ideologica, ma ancheorganizzativa ed economica, di tutti i si-stemi di dominio che si sono susseguitinella storia. Forte di una organizzazionecapillare nell’intero mondo conosciuto,

fortemente militarizzata e centralizzata,economicamente poderosa, oltre che persecoli e secoli padrona assoluta del “sa-pere”, la Chiesa cristiana ha garantito lasopravvivenza dei sistemi di potere at-traversando le più gravi crisi e le nascitedi nuovi sistemi produttivi. Stato, in ter-mini di dominio dei popoli, e Chiesahanno costituito un unico indissolubile,in rapporto anche dialettico, a volte di-fendendo il primo la “unicità” della se-conda, a volte sostenendo la seconda lastabilità e la continuità del primo. Unasimbiosi che ha attraversato epoche edere. Oggi lo Stato collassa e la Chiesa stasubendo il peso del crollo, infettata leistessa dalla quella stessa crisi di valori, diciviltà. Nei consueti limiti di “provoca-zione” al ragionamento e alla discussio-ne, senza voler enunciare “verità”, pro-viamo a ricostruire le origini della Chiesacristiana, per leggerne il suo presente e ilfuturo (se ci sarà! Scusate l’ironia di unmarxista ateo, ma vedere collassare inuna unica vita terrena sia il capitalismoche il cattolicesimo è davvero un donodivino... se ovviamente ci fosse un dio)

DI SANDRO RIDOLFI

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Cesaropapismo20

Ricostruire la vicenda della nascita edella strutturazione della religione cri-stiana è una operazione estremamentedifficile e dagli esiti assai incerti, anzi-tutto perché i materiali documentali,tanto quelli acquisiti all’ufficialità delleinnumerevoli chiese cristiane, quantoquelli giudicati apocrifi, sono tutti mol-to successivi agli eventi narrati e, so-prattutto, fortemente e più volte mani-polati nel tempo. La ragione di questadifficoltà è proprio nella peculiarità diuna religione che, nata da un sentimen-to di intolleranza etnica e di ribellionepolitica, diviene invece patrimonio uni-versale plurietnico e soprattutto vieneacquisita proprio da coloro che all’ori-gine ne erano i nemici destinati. Taleevoluzione ha comportato la necessitàdi apportare ripetute modifiche sia aicontenuti dei messaggi religiosi, che al-le stesse vicende storiche o leggendariepresupposte. Del Gesù di Nazaret, poiidentificato con il Cristo, non v’è alcunadocumentazione storica; circostanzache non colpisce più di tanto trattando-si della vita e della morte del figlio di unfalegname, avvenuta peraltro in circo-stanze e con modalità assai diffuse inquel contesto geo-politico caratterizza-to da diffusi focolai di rivolta, prevalen-temente attuata con tecniche terroristi-che e fanatismo religioso sacrificale. Seè mai esistito un Gesù di Nazaret, o for-se meglio i tanti Gesù realmente vissutiin quell’epoca, erano sicuramente deiribelli, o terroristi secondo la legge de-gli invasori romani, che predicavano,anzi incitavano, sino al martirio, allalotta armata di liberazione dagli invaso-ri. Di questo (o questi) Gesù ribelle ecombattente sino alla pena della croci-fissione applicata agli insorti (terroristi,secondo la lingua degli occupanti che,come sempre nella storia, non ricono-scono la dignità di combattenti ai sud-diti ribelli), vi sono ancora testimonian-ze sino quasi alla definitiva omologa-zione del cristianesimo come religionedi Stato da parte dell’imperatore Co-stantino. La figura del Gesù propagan-data dall’attuale religione cristiana, pre-dicatore mite e pacifico, vittima di untragico errore giudiziario incolpevol-mente commesso dei dominatori ro-mani ingannati dalla falsità e dal tradi-

poco e la sua vicenda storica scompared’improvviso, così com’era apparsa,senza lasciare tracce). La costruzionedell’organismo strutturato della chiesauniversale cristiana si compie trecentoanni dopo il presunto evento della pre-dicazione del Cristo, a opera dell’impe-ratore Costantino che, da universale,rende la religione, cioè la chiesa cristia-na, unica e che, con il primo concilio diNicea da lui stesso organizzato e presie-duto, da il via alla persecuzione delleeresie, con tale termine indicandositutte le altre correnti del cristianesimonon omologate alla lettura e nella chie-sa ufficiale. Come la storia successiva ciha insegnato la pretesa della afferma-zione e della conservazione della unici-tà e unitarietà della chiesa cristiana èstata fonte di violenze indescrivibili cheforse non hanno avuto paragone in al-cuna altra vicenda di estremismo etnicoo politico: dai barbari invasori dell’im-pero romano, ai mongoli di GengisKahn, sino all’ultima follia collettiva fa-scista e nazista. Chissà se Paolo quandoha creato la religione/chiesa cristianapoteva immaginarne le tremende con-seguenze

mento degli ebrei irriducibili, è unacreazione attenta, consapevole e lunga-mente elaborata proprio da Paolo, Sauldi Tarso, l’apostolo “non apostolo”,l’ebreo cosmopolita convertito alla cul-tura della convivenza con i“gentili”. Con Paolo, Gesù, da icona dirivolta, diviene messaggero di convi-venza, termine che per le classi e per isistemi politici dominanti significa sot-tomissione e obbedienza delle classi edei popoli dominati. L’opera di revisio-ne e ricostruzione della figura universa-listica del Gesù ebreo, divenuto il Cristofiglio di dio, si realizza proprio con lacollocazione a Roma, nel cuore e nelcervello dell’impero dominatore, dellasede della chiesa cristiana strutturata emilitarizzata. Il modello di organizza-zione gerarchica militarizzata e soprat-tutto la tecnica dell’occultamento e del-l’infiltrazione Paolo la trae proprio dallasua precedente esperienza di ebreo ri-belle, aderente a una delle diverse for-mazioni insurrezionali terroristicheoperanti nella Palestina all’epoca dellasua giovinezza (anche se in verità, e an-che questo è un mistero non di pococonto, della vita di Saul/Paolo si sa bene

Paolo, l’uomo che inventò il cristianesimo

San Paolo con libro e spada, di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino

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Costantino “il Grande” (274-337 d.C.) èstato l’Imperatore che ha riunificatoper l’ultima volta il governo dell’Impe-ro romano d’oriente e d’occidente, sep-pure spostandone la capitale, il centrodel potere politico e amministrativo,da Roma a Bisanzio, che lui stesso ride-nominò Costantinopoli, nome checonservò sino 1930 quando lo mutònell’attuale Istanbul. La leggenda attri-buisce la vittoria militare di Costantinosull’altro pretendente all’Impero, Mas-senzio, alla sua improvvisa conversio-ne alla nuova religione cristiana. Sinarra che alla vigilia della battaglia de-cisiva, svoltasi il 28 ottobre 312 alle por-te di Roma, in località Saxa Rubra, aCostantino fosse apparsa l’immaginedi una croce con la scritta “in hoc signovinces” (con questo simbolo vincerai).Costantino fece disegnare una crocesulle armi dei suoi soldati e vinse labattaglia. In verità mentre è molto pro-babile che le truppe di Costantinoavessero effettivamente disegnato sulleloro armi quel simbolo, lo stesso anda-va riferito al culto del dio Mitra (divini-tà orientale che condivide con il Cristodei cristiani molti passaggi analoghi),credenza molto diffusa soprattutto trale legioni orientali. Costantino forse siconvertì effettivamente alla nuova re-ligione cristiana, ma lo fece in punto dimorte e, peraltro, abbracciando la “ver-sione” del vescovo Ario, dichiarato ere-tico dalla chiesa ufficiale. Ciò che inve-ce fece realmente Costantino fu di in-serire stabilmente l’organizzazionedella chiesa cristiana, oramai solida-mente ramificata in tutti i territoridell’Impero dall’oriente all’occidente,nel sistema politico, economico e orga-nizzativo dell’apparato statale. Costan-tino fu effettivamente il primo Impera-tore/Papa, fondando il “cesaropapi-smo”, la strategia di governo che attri-buisce al capo dell’amministrazionepolitica anche il controllo dell’organiz-zazione religiosa. L’operazione vennecompiuta nel 325 con il primo concilioecumenico della storia della ChiesaCattolica (Chiesa Universale) il Conci-lio di Nicea (città prossima a Costanti-nopoli). Nei circa tre secoli dall’iniziodella fondazione della nuova religione

giudaico-cristiana, attraver-so il veicolo della diasporaebraica e grazie alla sua or-ganizzazione paramilitareideata da Paolo, la stessa siera diffusa in tutte le cittàdell’Impero, realizzando unarete ramificata lungo la qua-le correvano non solo le in-formazioni, ma anche so-prattutto i commerci. Nellemaggiori città la nuova chie-sa si era strutturata in verticidecisionali, i vescovati, chenel tempo avevano semprepiù assorbito funzioni di am-ministrazione e controllodelle collettività, finendo colcostituire una forma di auto-rità parallela a quella statale.Il declino dell’occidente e lacrescita d’importanza dinuovi centri economico-po-litici nord africani e orienta-li, aveva fortemente sminui-to il ruolo guida del vescovodi Roma che, appunto, non costituivapiù il centro reale politico, economicoe amministrativo dell’Impero. Que-st’ultimo, benché pacificato con l’ulti-ma riunificazione di Costantino, avevafortemente spostato il suo asse politi-co-economico in oriente e attraversavagrandi difficoltà di coordinamento econtrollo delle innumerevoli etnie eculture che lo componevano, con il ri-schio di continui focolai di rivolta eistanze di autonomia, una volta venutameno la schiacciante supremazia ro-mano-italica. La grandezza di Costan-tino consisté proprio in questo: rinfor-zare la struttura di controllo dell’am-ministrazione dello Stato, appoggian-dola alla rete, solida, ramificata e mili-tarizzata, della Chiesa cristiana. Maper fare ciò Costantino dovette primariconsolidare la stessa Chiesa, elimi-nando i fenomeni di autonomia inter-na e ricondurla sotto un’unica guida,un unico capo, assoluto e infallibile.Costantino convocò pertanto, con l’au-torità dell’Imperatore, la prima riunio-ne sostanzialmente totalitaria di tutti ivescovi delle principali città dell’Impe-ro, stabilendone quello che oggi chia-

meremmo l’ordine dei lavori e presie-dendola personalmente. L’Imperatore,il capo dello Stato, presiedeva dunqueil primo sinodo ecclesiale della ChiesaCattolica, il Concilio ecumenico di Ni-cea. Il Vescovo di Roma, il Papa Silve-stro, non vi partecipò, formalmenterappresentato da due sacerdoti che co-noscevano il greco (il Concilio si svolsein oriente in lingua greca e molti deivescovi dell’occidente non la conosce-vano più). A svolgere le funzioni di Pa-pa fu dunque proprio l’Imperatore inpersona, il primo vero “Capo” unico eincontestato, nonché da qual momen-to incontestabile, della Chiesa Cattoli-ca. Da quel momento le sorti dello Sta-to e quelle della Chiesa di Stato si le-gheranno con vincolo indissolubile,sicché ogni volta in cui, nei secoli futu-ri, lo/gli Stati si separeranno intrapren-dendo storie e vicende differenti, an-che la Chiesa si divederà con i suoi ri-petuti scismi, perché ciascuna chiesaterritoriale seguirà la vicenda politicadella suo territorio. Oggi l’occidentepolitico sta crollando o comunque ma-nifesta sintomi di profonda divisione,che ne sarà della sua Chiesa di Stato?

Costantino I, il primo “Papa” della ChiesaUniversale (cattolica) e Unica “di Stato”

L’Imperatore Costantino al centro del sinodo deiVescovi del Concilio di Nicea

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Cesaropapismo22

Cattolici nel mondoSu una popolazione mondiale calco-lata in 6.848.550.000 persone, alladata del 31 dicembre 2010, il numerodei cattolici era pari a 1.195.671.000pari al 17%. Con riferimento allediverse sette crisiane che sommanocirca 2,1 milioni di aderenti, la chie-sa romana supera il 50%. Ad ecce-zione dell’Europa dove la percen-tuale di cattolici rispetto alla popo-lazione è in calo, in tutti gli altricontinenti è in crescita. Va notatoche i dati rilevati dall’AnnuarioPontificio (una specie di ISTAT vati-cano) considerano tutti i battezzati,quindi, ad esempio, in Italia vienecalcolato tra i cattolici il 98% dellapopolazioneCleroIl numero totale dei sacerdoti nelmondo è di 412.236.Il numero totaledei Vescovi ha raggiunto la quota di5.104. Sono cresciuti i religiosi nonsacerdoti complessivamente a721.935, con un fenomeno di grandecrescita in Africa e Asia e un crolloin America ed Europa. Ci sono inol-tre 335.502 missionari laici nelmondo.Scuole cattolicheNel campo dell’istruzione e del-l’educazione, la Chiesa dispone diun patrimonio enorme, educa eforma più di 61 milioni di studenti.Istituti sanitari, di beneficenza eassistenzaGigantesca l’opera di assistenza,beneficenza e cura svolta dagli isti-tuti cattolici nel mondo: 5.305 sonogli ospedali con le presenze maggio-ri in America e Africa; 17.223 caseper anziani, malati cronici ed handi-cappati, per la maggior parte inEuropa e America; 9.882 gli orfano-trofi per circa un terzo in Asia.

Le Ricchezze della chiesaImmobiliIl Vaticano è il più grande possesso-re di beni immobili rispetto a qua-lunque altra organizzazione o

governo del mondo, con proprietà‘visibili’ per circa 280 miliardi dieuro (chiese, scuole, ospedali, ecc.),e con circa 2.300 miliardi di euro ininvestimenti immobiliari occultatitramite complesse reti costituite dacentinaia di migliaia di fiduciarie ecompagnie “schermo”. Il valore cor-rente di mercato della proprietàrelativa a Città del Vaticano, nelcuore di Roma, singolarmente con-siderata, vale tra 1 e 2 miliardi dieuro. Tale cifra viene valutata esclu-dendo le opere d’arte inestimabili ei beni di valore conservati tra quellemura. Le proprietà immobiliari dimaggiore valore per la ChiesaCattolica, con riferimento alle sin-gole nazioni, sono rappresentate inprimo luogo da quelle presenti negliStati Uniti, con circa 45 miliardi dieuro in proprietà immobiliari ‘visi-bili’ e circa 470 miliardi di euro ininvestimenti immobiliari occultatitramite una rete enormementecomplessa di compagnie fiduciarie.Il paese successivo, in termini divalore riferito al possesso di beniimmobili, è la Germania (260miliardi di euro dei quali soltanto 25è costituita da proprietà immobilia-ri ‘visibili’), quindi la Francia (260miliardi di euro, dei quali 25 di pro-prietà immobiliari ‘visibili’), l’Italia(200 miliardi di euro, dei quali circa18 di proprietà immobiliari ‘visibi-li’), il Brasile (180 miliardi di euro,di cui circa 22 di proprietà immobi-liari ‘visibili’), e la Spagna (140miliardi di euro, dei quali circa 12 diproprietà immobiliari ‘visibili’). Leproprietà ‘visibili’ sono quelle pro-prietà chiaramente ‘visibili’ ed inne-gabilmente facenti capo alla ChiesaCattolica, mentre le proprietà ‘nonvisibili’ o occultate finiscono colrappresentare l’85% e il 90% deltotale dei beni immobili di proprie-tà della Chiesa. Per proprietà ‘visibi-li’ si intendono scuole, chiese, pro-prietà immobiliari dirette, eccetera.Per proprietà invisibili (occultate o

occultabili) si intendono campi dagolf, grattacieli e palazzi adibiti aduffici, parchi industriali, apparta-menti residenziali, eccetera. IlVaticano è anche il maggiore e sin-golo detentore di lingotti d’ororispetto a qualsiasi altra organizza-zione nel corso dei trascorsi 1.000.OroLa Chiesa Cattolica Romana con-trolla approssimativamente 60.350tonnellate d’oro, due volte ladimensione delle riserve ufficialitotali di oro di tutto il mondo o,approssimativamente, il 30,2% ditutto l’oro mai estratto/prodotto. Aprezzi correnti, è possibile stimareil valore di tali beni che costituisco-no il più grande tesoro della storiadell’umanità in oltre 1.100 miliardidi euro. Ai nostri giorni, la ChiesaCattolica Romana è tornata a nume-ri che l’hanno condotta nuovamentead una posizione dominante nel set-tore dell’oro di cui non si era testi-moni dalla caduta del SacroRomano Impero (intorno al 1100),fase in cui Essa controllava pocomeno del 30% dell’oro complessiva-mente presente nel mondo. Taletesoro nella sua totalità è stato sud-diviso tra numerose riserve dichia-rate ed altrettanto numerose riservenon dichiarate. Soltanto il 20% delleriserve d’oro totali è immagazzinatoin riserve ufficiali; la maggiore riser-va dichiarata è rappresentata dallaFederal Reserve Bank, seguita dalleriserve presenti in Italia, Svizzera,Germania e Francia. Le più impor-tanti riserve private non dichiaratesono sconosciute, ma paiono esserecollocate anche in paesidell’Occidente e a quanto pare risul-terebbero associabili alle più impor-tanti riserve private delle più anti-che banche private e società finan-ziarie d’Europa. Potrebbero inoltreesistere riserve private gestite diret-tamente dal Vaticano, seppure que-st’ultima resti un’ipotesi poco pro-babile.

Alcuni numeri della Chiesa Cattolica Apostolica Romana

La stima aggiornata dei costi annui della Chiesa è di euro6.277.375.437

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Tabagismo 23

Tabagismoquel vizio fastidioso che manda in fumo la salute

A che punto siamo, cosa fare e cosa migliorare:conoscere il problema per contrastarlo.

Come afferma l’OMS il tabagismo è una patologia cro-nica recidivante e globale con gravi ripercussioni socio

sanitarie. Alcune proiezioni di dati attuali, stimano che,se non verranno al più presto intraprese iniziative impor-tanti ed urgenti, nel 2030 ci saranno più di 8 milioni dimorti l’anno per il tabacco. In Europa 1,2 milioni di decessil’anno sono attribuibili al fumo di tabacco e il 20% di tuttele cause di morte sono dovute dal tabagismo. Di queste il35% sono dovute a tumori collegati al consumo di tabacco

e il 56% a malattie cardiovascolari e respiratorie. Inoltreun quarto delle morti per malattie cardiovascolari sonoimputabili proprio al fumo di sigaretta. In Italia circa80.000 decessi l’anno sono riconducibili al consumo di si-garette. Molto curioso, come emerge dal “Rapporto sul fu-mo in Italia 2012” dell’OSSFAD (Osservatorio Fumo, Alcole Droga dell’Istituto Superiore di Sanità), è il pesante ruo-lo di interferenza dell’industria del tabacco che sembraproprio volto a minare la cultura antitabacco istituzionale.

DI SIBILLA MEARELLI

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Tabagismo24

Attualmente uno degli obiettiviOMS è quello di denunciare e

contrastare i tentativi sempre più ag-gressivi dell’industria del tabacco diindebolire la Convenzione quadro sulcontrollo del tabacco (WHO-FCTC).Purtroppo ci troviamo di fronte adeventi sconcertanti in tutto il mondo,che testimoniano un a sorta di revivaldel mito del fumo, come l’apertura daparte di alcuni prestigiosi hotel euro-pei di sale dedicate ai fumatori, oppu-re il permesso di fumare nelle propriestanze da parte di altri, o l’autorizza-zione da parte di alcune importantiaziende di moda dell’uso del loro lo-go per creare dei pacchetti di sigaret-te più accattivanti destinate soprat-tutto al mercato asiatico, per nonparlare poi di nuove serie televisivestatunitensi ambientate negli annicinquanta con protagonisti fumatoridi successo e protagoniste fumatriciemancipate e così via. Tutti scenariche si credevano oramai superati, mache in realtà si stanno subdolamenteinsinuando nella nostra quotidianità,basti pensare come i nuovi mediapossono aggirare i divieti di pubblici-tà, infatti nel 2010 sono stati esamina-ti su You Tube 163 video legati a mar-che di industrie del tabacco in cui èemerso che il 71% ha un contenuto“protabacco”! Non si dimentichino levendite via internet che celano nu-merose problematiche, infatti spessoi prodotti che vi si reperiscono non ri-spettano le diverse regole della Co-munità Europea, come per esempionon presentano le avvertenze sanita-rie (immagini o messaggi) che enfa-tizzino la pericolosità del consumo,oppure superano abbondantemente ilivelli di catrame e condensato stabi-liti in Italia. Il costo di tali prodottipoi è inferiore a quello imposto dallaComunità Europea e dalla Finanzaitaliana incentivando l’acquisto dimaggiori quantità. Non mancano lecontroffensive istituzionali come peresempio quella del Governo austra-liano che ha approvato una legge cheobbliga la vendita delle sigarette inpacchetti di color verde, senza mar-chi e con immagini esplicite sui danniprovocati dal fumo e nonostante lelobby del tabacco abbiano presentatoricorso, il Governo ha vinto la causa.Questo è importante perché testimo-nia non solo come il Governo abbiail potere e gli strumenti per piegare la

disinvoltura delle lobbydel tabacco a favoredella tutela della salutepubblica, ma che so-prattutto debba inter-venire.

Attualmente, in se-guito alla Decisio-

ne della CommissioneEuropea del 5 settem-bre 2003 di introdurresui pacchetti anche leavvertenze sanitarie il-lustrate, solo tre Paesidell’Unione Europea lehanno introdotte: Re-gno Unito, Belgio e Let-tonia e sono in procin-to di attuare la Diretti-va Francia e Germania.In Italia purtroppomancano ancora noti-zie relative ad un rece-pimento totale di taleDirettiva. Secondo l’in-dagine DOXA “Il fumoin Italia 2012” effettuataper conto dell’ISS incollaborazione conl’Istituto di RicercheFarmacologiche MarioNegri, l’età media in cui si inizia a fu-mare si aggira attorno ai 17 anni ed ilprincipale motivo per il quale si iniziaa fumare è l’influenza degli amici. Undato ancora più allarmante e che sco-raggia e vanifica ogni sforzo è che sindal 2007 sono diminuiti i tentativi dismettere di fumare, senza annoverarepoi quel colossale 90,1% di tentativisenza successo privi ovviamente diun adeguato supporto. Poche ed eco-nomiche sarebbero le azioni per sen-sibilizzare la popolazione sulla pre-venzione, sull’importanza di smette-re e sull’esistenza di realtà territorialidedicate alla disassuefazione dal fu-mo. Per iniziare, molto utile è far ca-pire cosa contiene il fumo di sigarettae cosa comporta l’inalazione delle re-lative sostanze.

I principali componenti del fu-mo di sigaretta

Per dedurre quanto sia dannoso fu-mare basta elencare solo alcune

delle molte sostanze che si sprigiona-no durante la combustione di una si-garetta e che venendo inalate danneg-giano l’organismo. Tra queste basti

pensare alla nicotina che è la sostanzache da’la dipendenza nei fumatori,proprio questa aumenta la frequenzacardiaca, la pressione sanguigna, ri-duce l’appetito ed ha un generale ef-fetto stimolante psico-motorio. Poic’è il catrame, che è formato essen-zialmente da idrocarburi canceroge-ni, che depositandosi nei bronchi enegli alveoli polmonari aumentano ilrischio di tumori. Tra le sostanze irri-tanti vanno annoverate l’acroleina, laformaldeide e gli ossidi di azoto, cheinibiscono il movimento delle cigliadella parete delle vie respiratorie, fa-vorendo così infezioni, bronchite cro-nica ed enfisema. Il monossido di car-bonio invece, legandosi all’emoglobi-na, riduce il trasporto dell’ossigenodai polmoni ai tessuti. Sono numerosii tipi di cancro correlabili in vario gra-do all’inalazione di diverse sostanzedel fumo di sigaretta, andando daquello ovvio ai polmoni, a quello delrene, quello mammario, della vescica,del pancreas e dello stomaco. Non vamai dimenticato quindi che le sostan-ze che si liberano da una sigaretta ac-cesa, inalata o no, inquinano comun-que l’ambiente.

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Il fumo passivo

In una società civile è inevitabile par-lare anche del fumo passivo, che ol-

tre ad essere un indice di cattiva edu-cazione e di mancanza del rispetto al-trui, costituisce ad oggi una seria pro-blematica igienico sanitaria. In ingle-se si identifica come passive smoke osecond hand smoke e consiste nel-l’inalazione involontaria di non fuma-tori di sostanze di combustione prove-nienti dalla pratica di fumatori. Costi-tuisce un vero e proprio problema ubi-quitario da inquinamento ambientaleda tabacco. Recenti ricerche hannoevidenziato come il fumo passivo ap-porti all’inquinamento dei locali con-finati significative concentrazioni dinicotina, irritanti, tossici e canceroge-ni risultando addirittura il principaleinquinante, per altro evitabile, degliambienti chiusi. Il fumo passivo con-tiene quasi le stesse sostanze di quelloattivo, ma in proporzioni diverse, in-fatti contiene il doppio della nicotinae numerose altre sostanze, estrema-mente dannose in proporzioni decisa-mente maggiori! Senza annoverare inumerosi rischi collegati all’inalazio-ne del fumo passivo soprattutto nellefasce più vulnerabili come bambini,anziani e donne in gravidanza chespesso trascorrono molto tempo inambienti chiusi! La ConvenzioneQuadro dell’OMS sul tabacco in meri-to ha obbligato gli Stati Membri anchead adottare provvedimenti efficacivolti alla protezione dal fumo passivonel posto di lavoro, in spazi chiusi, neimezzi pubblici, così come negli spazie nelle strutture pubbliche, ciò che siè verificato infatti da tempo anche nelnostro Paese. E’ lodevole inoltre comein alcune realtà italiane ci si sia spintioltre fino ad arrivare al divieto di fu-mare anche in luoghi aperti come peresempio in parchi pubblici, etc. Tutta-via nonostante gli sforzi istituzionali,volti alla protezione della salute pub-blica, il problema permane silentenella sfera privata dove solo il com-portamento personale e responsabilepuò tutelare le persone più prossime,quindi solo la presa di coscienza deigravi effetti del fumo non solo attivo,ma anche passivo del singolo fumato-re su chi lo circonda e dell’importanzadella prevenzione primaria e seconda-ria sulla propria salute e quella altrui,può incidere in maniera decisiva sullasanità pubblica.

I vantaggi della disassuefazionedal fumo

Smettere di fumare è importante,infatti i benefici vanno dal miglio-

ramento della performance fisica, delgusto, dell’olfatto, della stima di sé, alsenso di libertà dalla dipendenza e alnon indifferente risparmio economi-co; questi benefici si hanno a qualsiasietà e prima si smette e più aumenta-no. Nello specifico i vantaggi della ces-sazione del vizio tabagico a breve ter-mine sono importantissimi come peresempio il miglioramento della pres-sione arteriosa, della frequenza car-diaca e della circolazione periferica,inoltre addirittura a 12 ore dall’ultimasigaretta fumata si normalizzano i li-velli plasmatici di monossido di car-bonio ed in 48 ore viene eliminata lanicotina. I benefici più interessanti sihanno nel medio e lungo periodo cioèa distanza di mesi e di anni. Infatti dauno a 9 mesi si evidenzia la riduzionedella tosse e della dispnea, dopo unanno si ha addirittura la riduzione del50% del rischio di coronaropatia ri-spetto ad un fumatore, a dieci anni siriduce del 50% il rischio di cancro pol-monare rispetto ad un fumatore e aquindici anni addirittura il rischio dieventi cardiovascolari diviene pari aquello di un non fumatore! Quindi ol-tre ad affermare che è cruciale sensibi-lizzare la popolazione a tappeto impe-dendo l’iniziazione al fumo, è impor-tante riuscire a convincere a smetteredi fumare coloro che non manifestano

ancora patologie gravi, ma che sonoancora in tempo per revertire il lorostato di salute a non fumatore.

In questo difficile percorso, il proble-ma più grande è il fallimento della

maggior parte di coloro che tenta dismettere di fumare. Infatti l’80% deifumatori è riuscito a smettere perqualche giorno, per qualche settima-na, per qualche mese, ma pochissimi,meno del 20%, per qualche anno. Que-sto fenomeno, non a caso, ha basiscientifiche infatti il fumo di tabaccoconferisce una dipendenza fisica e psi-cologica, perciò, nonostante i dannidel fumo sull’organismo, smettere difumare richiede un impegnativo pro-cesso di cambiamento, che passa attra-verso la conoscenza degli effetti nocividelle sigarette, la motivazione a smet-tere e il ricorso, quando necessario, aterapie farmacologiche e di sostegnopsicologico. Per l’85,3% la modalitàcon cui si tenta di cessare il vizio taba-gico purtroppo è quella priva di qual-siasi tipo di supporto, testimoniandol’inevitabile alto tasso di fallimento,quando invece solo l’associazione delsupporto psicologico a quello farma-cologico risulta essere il più efficace inassoluto. A tal proposito va ricordatoche esiste il servizio del numero verdedell’ISS: 800554088 anonimo e gratui-to che offre informazioni sui ServiziTerritoriali, su come operano ed aiutaa comprendere se il problema tabagicodi ogni soggetto è risolvibile in auto-nomia o se occorre invece l’interventodi uno specialista.

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Conclusioni

Il tabagismo è un fenomeno multi-fattoriale e l’arma più importante

per combatterlo è un approccio inte-grato che si avvale di diverse figureprofessionali per agire su più fronti,ciò evidenzia come sia cruciale noncadere nella trappola del fumo perevitare di arrivare a degli estremi cherichiedono soluzioni a volte com-plesse. Fondamentale è sottolinearel’importanza dell’incisività degli in-terventi legislativi, ma anche comeessi debbano essere selezionati ocu-latamente per colpire i punti più cri-tici della catena del fumo, proprioper evitare l’inefficacia degli stessi opeggio ancora la dispersione delle re-lative risorse. La prevenzione prima-ria va potenziata anche nelle scuoledove si concentra il più importantebacino di potenziali fumatori del do-mani. Non può bastare un semplicedivieto di vendita ai minorenni perrisolvere il problema, ma solo una di-dattica che coinvolga la comunitàstudentesca, corpo docenti e fami-glie, supervisionata da medici e far-macisti, può rafforzare un circolovirtuoso e durevole nel tempo.

Per concludere va rilevato comesia cruciale l’educazione della

popolazione non tanto al rispetto diun divieto o di un consiglio di unmedico, quanto riuscire a far perce-pire il perché e l’importanza di certidivieti e di certe pratiche cliniche,per poterne condividere le finalità ele dinamiche nella propria quotidia-nità, con un unico grande scopo: evi-tare, come sempre, di ricorrere ai ri-pari quando spesso è troppo tardi.

Uno degli input più efficaci persmettere.

Purtroppo, nella maggior parte deicasi, l’essere fumatore non viene

percepito ancora, soprattutto dai fuma-tori, una patologia a tutti gli effetti, in-fatti solo il 4,3% chiede aiuto al propriomedico di famiglia per smettere di fu-mare, che invece risulterebbe veramen-te fondamentale! Dall’altra parte pur-troppo però risulta notevolmente bassoil numero dei medici che si fa parte at-tiva nel diagnosticarlo e nel fornire con-sigli per smettere di fumare! Questa an-damento non tende comunque a mi-gliorare visto che sono sempre meno ifumatori a cui è capitato recentementedi ricevere un suggerimento spontaneoin tal senso dal proprio medico di fami-glia! Proprio le linee guida ed una guidarapida promosse dall’Istituto Superioredella Sanità per la cessazione dall’abitu-dine al fumo evidenziano l’importanzacruciale di un intervento proattivo delmedico di famiglia stesso e del ruolo deiCentri Antifumo già operanti su tutto ilterritorio nazionale. Queste linee guidaesplicitano una forte raccomandazione,relativamente ad interventi brevi fi-nanche ad una semplicissima doman-da che il medico generico dovrebbe ri-volgere a tutti i soggetti che si presenta-no in ambulatorio riguardo al fatto sesono dei fumatori. Questo tipo di do-manda si è dimostrata essere la più effi-cace nello stimolare un senso critico neinon fumatori e una volontà a smetterenei fumatori. Quindi solo dopo un pri-mo approccio si potrà parlare di vera epropria terapia.

Le terapie per la disassuefazioneal fumo.

In Italia esiste una rete molto impor-tante di professionisti in grado di aiu-

tare i fumatori a smettere, che costitui-scono I Servizi Territoriali per la Cessa-zione dal Fumo di Tabacco, in Italia cene sono circa 350 e si avvalgono di me-dici e psicologi per la scelta della strate-gia migliore e personalizzata. Le tera-pie non farmacologiche consistono inimportanti forme di counselling, sia in-dividuale che di gruppo. Per quanto ri-guarda il counselling e le terapie com-portamentali, è importante ricordarel’efficacia di quelle che si basano sulcounselling pratico del problem solvinge skill training, sul supporto sciale co-me parte del trattamento (supporto so-

ciale intra-trattamento) e come contri-buto al consolidamento del supportosociale al di fuori del trattamento (sup-porto sociale extra-trattamento). Perquanto riguarda invece la terapia far-macologica, la prima opzione resasi di-sponibile è stata la terapia sostitutivacon nicotina. Questa si basa su un con-cetto molto semplice cioè somministra-re al fumatore la stessa sostanza allaquale è divenuto dipendente. Questoapproccio, nonostante la dannosità del-la sostanza stessa, ha il vantaggio im-mediato di sottrarre il soggetto dai dan-ni derivati dall’assunzione di molte al-tre sostanze tossiche della sigaretta,molte delle quali come detto cancero-gene. Quindi il razionale farmacologicodell’uso della nicotina nel progressivoprocesso di disassuefazione dal fumo ri-siede nella capacità di ridurre la sinto-matologia da sospensione. In commer-cio si trova in diverse formulazioni far-maceutiche come i sistemi trans dermi-ci a lunga durata d’azione, le classichegomme da masticare e pastiglie di bre-ve durata d’azione, e la soluzione perinalazione utile anche per la gestualità.La terapia farmacologia sia avvale an-che di altri farmaci, con meccanismod’azione aspecifico oppure con mecca-nismo d’azione specifico, sicuramentepiù impegnativi, per l’utilizzo dei qualiè obbligatoria una prescrizione ed unfollow-up medico. Non va mai dimen-ticato che qualsiasi farmaco, anchequello per la disassuefazione dal fumo,anche quello da banco, presenta nume-rose controindicazioni, effetti collatera-li ed interazioni, per i quali va semprechiesto il consulto del medico o del far-macista perché va sempre saputo gesti-re con responsabilità e consapevolezza.

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Mille Miglia Lontano"Le persone che si vogliono bene non dovreb-

bero mai mascherare i loro sentimenti"

Il viaggio di un giapponese nella vastità dellaCina dove trova usi e costumi molto diversidai suoi, ma una cosa unisce i personaggi delfilm e li unisce a tutti noi, a tutti gli uomini, isentimenti. Viviamo con tradizioni diverse,con capacità differenziate, siamo più ricchipiù poveri, abbiamo religioni diverse, ci muo-

viamo dentro regole codificate in modo diffe-rente che ci costringono a costumi anchecontrapposti, ma al nostro interno abbiamotutti gli stessi sentimenti, amiamo i nostri fi-gli, abbiamo bisogno di rapporti sociali, vo-gliamo essere considerati, abbiamo bisognodi amare qualcuno.

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TramaLa storia narra le vicende di TatakaGouichi, pescatore giapponese cheper la prima volta a bordo di un trenosuperveloce, lascia il suo piccolo vil-laggio per giungere a Tokyo, dove suanuora Rie lo aveva chiamato, dicen-dogli che suo figlio Kenichi era grave-mente malato e voleva vederlo. Giun-to a destinazione, scopre in realtà cheil suo ragazzo è in ospedale, ricovera-to per un cancro irreversibile al fega-to, e che ancora rifiuta di vedere suopadre dopo anni di distacco forzato edoloroso. Rie, la moglie di Kenichi,dà a Gouichi una videocassetta rea-lizzata dal marito in modo tale cheegli possa saperne di più del figlio. Ilnastro contiene un servizio audiovi-sivo di Li Jiamin, un artista di un vil-laggio nella provincia cinese delloYunnan. Nella registrazione, Li pro-mette a Kenichi di eseguire l'opera“Mille miglia lontano” per lui se ritor-nerà il prossimo anno. Quindi Goui-chi decide di andare in Cina al postodel figlio malato per filmare la pre-stazione artistica di Li. Così intra-prende un lungo e difficile viaggio finnel cuore del Paese di Mezzo alla di-sperata ricerca di suo figlio e nel ten-tativo di riconciliarsi a lui ormai mo-

rente. Il suo viaggio lo porta ad in-contrare molte persone, a provaremolte emozioni forti ed è una meta-fora di un più profondo percorso al-l’interno della propria coscienza, chegli fa prendere atto dei problemi quo-tidiani, dell’incomunicabilità nellostesso ambito familiare, dei piccoli edumani gesti che dovrebbero esserefatti da un padre verso un figlio e del-la grande difficoltà di essere un buonpadre. Magistrale l’interpretazionedel protagonista Ken Takakura, cheriesce a far partecipare lo spettatoreal suo intenso cammino introspetti-vo, il resto del cast è costituito da at-tori non professionisti, che riesconoproprio per questo a rendere e a bentracciare con molta eleganza ed im-mediatezza lo spirito neorealista tipi-co del cinema di Zhang Yimou. Il re-gista mette in evidenza nel film legrandi difficoltà linguistiche, il sensodi isolamento e l’impotenza di questopiccolo pescatore che giunge primanella grande capitale giapponese epoi nell’enorme e dispersiva Cina.

CriticaIl messaggio che dà al suo pubblico èche bisogna sempre ascoltare il cuore,far parlare i sentimenti, senza perdere

“Mille Miglia Lontano” un film di Zhang Yimou, Roma 2005un attimo, perché la vita è “qui edora”, messaggio importantissimo, inquanto nella frenetica vita quotidiananon si dà peso ai più piccoli/grandi in-contri. Un altro personaggio diventaprotagonista nelle scene ambientateal villaggio di pietra ed è la natura, ilpaesaggio, che rende l’uomo una pe-dina in movimento. Per esempio, nel-la scena in cui il bambino si allontanadalla vettura in panne, tutti sono rele-gati nello sfondo, il signor Takata faeccezione, fino al momento in cuinon lo ritrova, poi diventa anche luiuna piccola parte della natura. Il regi-sta racconta il proprio paese dal pun-to di vista di uno straniero che nonconosce il cinese. È, in fondo, un rac-conto di formazione affidato alle im-magini e ai silenzi più che alle parole.Zhang Yimou torna ad un cinema piùintimo ed umanista in cui l’uomo coni suoi sentimenti e contraddizioni tor-na in primo piano. Il valore della fa-miglia come nucleo su cui fondare lasocietà, la trasmissione della tradizio-ne da generazione in generazione at-traverso i legami patriarcali sono al-cuni dei temi toccati da questo inten-so dramma di amore incondizionatoche procede per ritmi lenti ma ineso-rabili, e ci suggerisce di imparare a ve-dere cose e scenari diversi dai nostri,

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a pensare che il mondo è molto piùcomplesso di quello che conosciamoe se siamo saggi, reagiamo con curio-sità e passione pronti ad aprire la no-stra mente, affascinati da come l’uo-mo nella storia, di fronte probabil-mente ad una stessa necessità, la so-pravvivenza, si è organizzato nellevarie parti del mondo in modo cosìdifferente. Zhang racconta di alcuniincontri difficili ma possibili, quellotra un padre e un figlio, la Cina e ilGiappone, la tecnologia moderna ela tradizione più antica, la vivacità diun ragazzino e l'arida corteccia di unuomo temprato dal dolore. Il viaggiodi un giapponese nella vastità dellaCina dove trova usi e costumi moltodiversi dai suoi, ma una cosa unisce ipersonaggi del film e li unisce a tuttinoi, a tutti gli uomini, i sentimenti.Viviamo con tradizioni diverse, concapacità differenziate, siamo più ric-chi più poveri, abbiamo religioni di-verse, ci muoviamo dentro regole co-dificate in modo differente che ci co-stringono a costumi anche contrap-posti, ma al nostro interno abbiamotutti gli stessi sentimenti, amiamo inostri figli, abbiamo bisogno di rap-porti sociali, vogliamo essere consi-derati, abbiamo bisogno di amarequalcuno. Takakura Ken, il perso-naggio di Takata indossa una ma-schera perenne, una copertura daisentimenti esterni, dal contatto conle persone e dalla comprensione diesse. Come un filo sottile che lo ri-conduce al ragazzo Takara si rendeconto di come si somigliano e diquanto abbia perso non avendo piùcontatti con lui. Man mano che la vi-cenda si snoda però, ci si accorge chesiamo di fronte ad una delicata para-bola sull'incomunicabilità tra le per-sone, a partire dall'ambito familiare,quello che più riguarda da vicino eche non a caso più fa soffrire. Comeogni esperienza on the road, tutti gliincontri che il protagonista fa lo aiu-teranno ad intraprendere (e noispettatori con lui) un imprevistoviaggio all'interno della propria co-scienza, sì da scoprire e ri-scoprireinesplorati sentieri personali. Permagari rendersi conto che il motivoper cui si era partiti non era poi cosìdeterminante e che strada facendo sicambiano impercettibilmente pro-spettive, per cui non si torna più in-dietro.

Con due Leoni d’oro a Venezia e unOrso d’oro a Berlino, Zhang Yimou èuno dei registi cinesi più apprezzatiin Europa. L’abbiamo incontrato allapresentazione del suo ultimo film,Mille miglia… lontano.Da dove nasce il progetto di questofilm?Dietro la genesi di questa storia c’è ilmio desiderio di lavorare conTakakura Ken, uno degli idoli dellamia giovinezza, con cui avevo sempresognato di fare un film. Ho incontratoTakakura per la prima volta dieci annifa a un festival cinematograficonippo-cinese e abbiamo subito inizia-to a discutere della possibilità di lavo-rare insieme. E per sei anni abbiamocontinuato a parlare di Mille miglia…lontano. Lavorare con Takakura èstata una esperienza meravigliosa: èuna persona stimolante, ma anche unattore appassionato e generoso.Raramente ho visto la troupe affezio-narsi così ad un attore. Sul setTakakura era davvero popolare.Che differenze ci sono state nella rea-lizzazione di Mille miglia… lontanorispetto ai suoi ultimi film?I miei due film precedenti, Hero e Laforesta dei pugnali volanti, prevede-vano numerose sequenze di azione eeffetti speciali su larga scala. Così, daun punto di vista tecnico, Millemiglia… lontano è molto più sempli-ce. Ma allo stesso tempo, io eTakakura volevamo girare un film cheparlasse di amore incondizionato e di

semplici rapporti fra persone vere,per cui dovevamo scavare a fondo sullato delle emozioni. Inoltre, a diffe-renza di Hero e La foresta dei pugnalivolanti, per esprimere questi senti-menti così leggeri abbiamo scelto uncast composto per la maggior parte diattori non professionisti. Sono abitua-to a lavorare con attori alle primearmi ma cerco di fare uno sforzo sup-plementare per assicurarmi che sulset ciascuno sia soddisfatto e convin-to della propria parte.Qual è il tema principale che ha volu-to trattare in Mille miglia… lontano?Mentre Hero e La foresta dei pugnalivolanti narravano leggende storiche,questo film è assai diverso. La storiafa riferimento a Lord Guard e alRomanzo dei tre Regni, ma questo èsolo un piccolo dettaglio in una storiacontemporanea che si focalizzasoprattutto sui rapporti fra le perso-ne. È una sorta di indagine sulle inte-razioni fra le persone ed un tentativodi studiare l’irripetibile sentimento diamore incondizionato fra un padre eun figlio.Qual è il motivo della scelta delloYunnan come luogo per le riprese?Ho girato Mille miglia… lontano nellaprovincia dello Yunnan perché volevoche il film avesse un’atmosfera dadipinto di natura morta. È il ritratto diun amore filiale e lo Yunnan offrivatutto quello che desideravamo, a ini-ziare da paesaggi e atmosfere partico-larmente adatti alla nostra storia.

Intervista al regista Zhang Yimou

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uno di meno”, dove per la prima volta fir-ma un soggetto contemporaneo (la sto-ria di una bambina-maestra che perdeuno dei suoi studenti e deve ritrovarlo).Lo stesso anno, firma anche “La stradaverso casa” con Zhang Ziyi, facendo in-cetta di premi al Festival di Berlino. Poi,con l'arrivo del nuovo millennio, Zhangha una svolta: vuole che più grandi oriz-zonti facciano parte del suo cinema e co-mincia a raccontare e firmare i memora-bili wuxia (film d'avventura cinesi). Co-mincia con il bellissimo “Hero” (2002),che è uno dei film più costosi della storiadel cinema cinese, e che non sarebbemai arrivato in Occidente se, due annidopo la sua distribuzione in Asia, Quen-tin Tarantino (grande estimatore di Yi-mou) non avesse convinto la Miramaxad acquistare le copie della pellicola perpoi diffonderla anche in America. MaHero, almeno secondo il suo autore, al-tro non era che un esperimento portatoa buon fine. Infatti, eccolo di nuovo ca-larsi nello stesso genere firmando il me-dievale “La foresta dei Pugnali Volanti”(2004), che bissa il successo di Hero, eche impone Zhang Ziyi a livello interna-zionale. La trilogia dei wuxia si chiudecon “La città proibita” (2006) dove Yi-mou torna a dirigere la sua ex compagnadi vita Gong Li. Ed è proprio alla CittàProibita di Pechino che Yimou ha direttol'opera musicale "Turandot" di Puccini,come solo un cinese sa fare e non do-vrebbe mai smettere di fare. Gli stessipersonaggi dell'opera italiana diventanocosì una prosecuzione dei suoi figli au-dio-visivi, che hanno dentro di loro laforza delle grandi esperienze. Nel 2008gli viene affidata la regia delle Olimpiadidi Pechino e sarà un trionfo. Il "palcosce-nico" della spettacolare cerimonia è statoil "Nido d'uccello".

Figlio di un ufficiale dell'esercito diChiang Kai-Shek, per motivi politico-militari, la sua famiglia viene messa albando durante la Rivoluzione Culturale.Così un giovanissimo Zhang Yimou vie-ne mandato a lavorare come contadinonei campi e poi in una filanda, insieme amigliaia di studenti. Nel 1978 Zhang de-cide di entrare alla Beijing Film Academydi Pechino. Disgraziatamente, non su-pera l'esame di ammissione. Causa: ètroppo "vecchio" (ormai ha già 27 anni eaveva superato di ben 5 anni l'età limite).Ma, nel 1982 riesce finalmente a ottenerel'ammissione ai corsi di fotografia del-l'Accademia. Mentre studia conosce al-cuni dei registi della cosiddetta "QuintaGenerazione", che diverranno poi i suoimigliori amici: Chen Kaige e Zheng Jun-Zhao. Diplomatosi, viene assegnato aglistudi cinematografici Guangxi Film Stu-dio per lavorare come assistente registae direttore della fotografia in pellicolecome: Yi ge he bag ge (1983) dell'amicoJun-Zhao, Huang tu di (1984) e Da yuebing (1986) di Chen Kaige, Lao jing(1986) di Wu Tian-Wung, dove pure re-cita e tanta è la sua bravura che inaspet-tatamente viene anche premiato in alcu-ni dei Festival più noti dell'Asia. Semprein quegli anni, Zhang accetta di andare alavorare alla Xi'an Film Studios, sotto ri-chiesta di uno dei registi della QuartaGenerazione, Wu Tian-Ming. Si mettesubito a lavoro, dirigendo “Sorgo rosso”(1987), pellicola drammatica, con GongLi come protagonista, che racconta lastoria di una giovane che è costretta asposare un uomo ricco e anziano, affettoda lebbra. La pellicola lo impone all'at-tenzione internazionale, vincendo l'Or-

so d'Oro al Festival di Berlino, ma so-prattutto fa scattare la scintilla fra lui el'attrice Gong Li, per la quale divorzieràdalla moglie Xie Hua e che sarà la prota-gonista di tutti i suoi film, almeno fino al1995 (anno in cui i due artisti si lasceran-no). Firma il suo secondo lungometrag-gio “Ju Dou” (1990) che ha parzialmentele stesse tematiche dell'opera prima dalui firmata, oltre ad avere la stessa prota-gonista, poi arriva il capolavoro (inaspet-tato) il poetico “Lanterne rosse” (1991).L'ennesima storia di una donna che vie-ne comprata da un marito che diverràsuo padrone (tratto dal romanzo "Mo-glie e concubine" di Su Tong) conquistatutto l'Occidente, vincendo un BAFTA eun David di Donatello come miglior filmstraniero, ma anche il Leone d'Argentoal Festival di Venezia. Il Leone d'oro loaspetta con “La storia di Qiu Ju” (1992) ri-tratto al femminile di una contadina checerca giustizia. Esplora i meccanismi delpotere in “Vivere!” (1994), che raccontavent'anni di storia della Repubblica Po-polare Cinese attraverso le vicende diuna famiglia e che vince il secondo BAF-TA come miglior film straniero, nonchéil Gran Premio della Giuria a Cannes. Di-venuto lui stesso un membro di una giu-ria quando il Festival di Berlino del 1993lo chiama a valutare le pellicole parteci-panti alla competizione, poi torna im-mediatamente a lavoro, firmando il bel-lissimo “La triade di Shangai” (1995), nar-razione delle vicissitudini di un ragazzi-no che viene messo al servizio di unacantante di night, amante di uno dei capidella mafia cinese. Scontato dire che saràun altro trionfo a Cannes. Ma il secondoLeone d'Oro arriva nel 1999 con “Non

Zhang Yimou, vita e filmografia

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Fare teatro 31

...non per mestiere,ma per passione...

"Lo sforzo disperato che compie l'uomo nel tentativo di dare alla vita un qual-siasi significato è TEATRO": sono parole di Eduardo De Filippo, parole chefanno capire come il teatro sia una forma di comunicazione tra le più grandie complete. Il teatro aiuta a riflettere su di noi, su aspetti importanti dellavita e del rapporto tra le persone, a volte in maniera drammatica, a volte conleggerezza, a volte con un po' di ironia velata di amarezza. Il teatro richiedepassione, sia che lo si voglia solo ascoltare sia che lo si voglia fare "dal di den-tro" come attori, registi o scenografi.

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Fare teatro32

I "grandi" del teatro lo sanno bene chè alteatro hanno dedicato e dedicano unavita intera ma lo sanno bene anche mol-tissime altre persone, sconosciute ai più,che fanno teatro come hobby ma cheimpiegano la stessa passione e dedizio-ne, perché accanto al teatro fatto da pro-fessionisti, quello che si conosce e sipubblicizza, esiste anche un altro teatrominore, ma non meno grande: quello fi-lodrammatico o amatoriale. Esistonomolte forme di teatro amatoriale, quellostile "parrocchiale", di gente che, senzagrande preparazione, sceglie un copionee si improvvisa, mettendo su uno o piùspettacoli a beneficio di un pubblico ri-dotto, con mezzi improvvisati e costumie scenografia "fai da te", a volte con risul-tati più che buoni. A loro va riconosciutamolta buona volontà, e bisogna ringra-ziarli perché svolgono il compito fonda-mentale di diffondere la cultura teatraleanche in quelle fasce di persone che, pervari motivi (economici o culturali), nonne sono attratte. Esiste anche un teatroamatoriale di enorme livello, fatto dapersone che di "amatoriale" hanno soloil fatto che il lavoro che procura loro davivere non è quello dell’attore: sono in-segnanti, operai, impiegati, gente che,dopo una pesante giornata di lavoro, ri-nuncia a riposarsi in poltrona davanti al-la TV ed esce, col freddo dell'inverno ocon l'afa dell'estate, per ritrovarsi in postipiù o meno accoglienti per lavorare an-cora, e più intensamente, anche oltre lamezzanotte. Non si improvvisano: sonopersone che la loro passione ha portatoa frequentare corsi di dizione, di recita-zione, di regia. Gli attori amatoriali sonopieni di questa passione e, ritengo, nonsono meno bravi degli attori professio-nisti, almeno molto più motivati. In unacompagnia amatoriale le persone e lebraccia che lavorano e collaborano,ognuna dando il proprio contributo perquello che meglio sa fare, sembrano tan-te ma il lavoro da svolgere è ancora dipiù: gli allestimenti scenici da ultimare,le prove dei costumi dalla sarta, decidereper le acconciature e il trucco, le provegenerali dello spettacolo, le luci, il suo-no…….ma tutti sempre pronti a superare

difficoltà e intoppi con la voglia e la spe-ranza di comunicare e trasmettere attra-verso il loro operato la propria passioneper il teatro. La giornata di un professio-nista, nel giorno dello spettacolo, la im-magino così: una rilettura al copione,provare qualche battuta difficile, poi incamerino dove qualcun altro ha fatto ar-rivare costumi di scena e dove c'è unatruccatrice pronta a prepararti per lospettacolo e quindi si va in scena. Per unattore amatoriale è diverso: lo spettacoloinizia almeno il giorno prima, quando, avolte litigando col datore di lavoro, va achiedere uno-due giorni di ferie, poi ci sivede tutti insieme per caricare il camiondi tutta la scenografia e costumi. Il gior-no dopo sveglia all'alba per farsi un po' dichilometri in autostrada per raggiungerela destinazione ed è lì che inizia il lavoro:si scarica il camion, si porta tutta la sce-nografia sul palcoscenico (molto spessonon ci sono né ascensori né montacari-chi) ed inizia il lavoro di montaggio, fat-to di chiodi, di viti, di trapano: è un lavo-ro delicato e di volta in volta reinventatoperché i palcoscenici sono sempre diver-si, e quindi bisogna adattare il propriomateriale alle dimensioni del palco chesi ha a disposizione. Si va infine in scena,senza il tempo materiale di rileggere ilcopione: deve essere già tutto perfettonella mente di ognuno. Infine, lo spetta-colo che… purtroppo non finisce quandosi chiude il palcoscenico con gli inchinidi ringraziamento; dopo un attimo di

pausa c'è tutto il lavoro all'inverso: to-gliersi i costumi di scena, smontare lascenografia e ricaricare il camion. Si fini-sce non prima dell'una di notte, e final-mente ci si rilassa davanti ad una pizzaed una birra, ma non a lungo: l'indoma-ni mattina si riparte presto per tornare acasa. E’ ben chiaro che ciò che spingeuna compagnia di teatro amatoriale a fa-re tutto questo non è l’aspetto economi-co ma è la passione e l’emozione: ognifatica viene dimenticata quando si ac-cendono i riflettori e si va in scena, la ri-compensa sta tutta nell'applauso caloro-so che ricevono dal pubblico. Un’espe-rienza teatrale fatta a questo livello, a li-vello amatoriale insegna un sacco di co-se, un po' in tutti i campi. Insegna cheportare in scena uno spettacolo è unafaccenda che sta in stretta relazione colsudore e la fatica; insegna che cos'èun'"americana", un "dimmer", un "golfomistico", un "occhio di bue"; insegna co-me si fa a stare assieme; che la nostramemoria è molto più potente di quantonon pensiamo; insegna ad “osservare”uno spettacolo quando si va a “vedere”uno spettacolo; che la gelosia, l'amore,la morte, i sogni per il modo che abbia-mo di viverli oggi non sono poi così di-versi da quelli di gente vissuta secoli fa;insegna come si fa ad usare il diafram-ma; che le vocali sono sette e non cinquecome ci hanno insegnato alla scuola ele-mentare; che la lettera S e la Z hannodue suoni, uno sordo e uno sonoro;

Il Teatro Amatoriale

DI LORETTA OTTAVIANI

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Fare teatro 33

che per quanto uno si sforzi non ci saràmai un giorno in cui tutti gli attori po-tranno venire a provare; che si puòdavvero trasformare uno scolapasta inun elmo; che le gelatine che si mettonodavanti alle luci a volte si sciolgono oprendono fuoco; che il pubblico nonride mai sulle battute che fanno riderea te e che ride sempre su quelle chenon ti piacciono (e che, a volte, sonobattute non sono proprio); che si puòsbagliare tanto “il pubblico il copionenon lo sa”; insegna a fidarsi degli altri;a concentrarsi; che bisogna sempreportarsi dietro scotch, forbici, spille dabalia, ago e filo; che le scenografietroppo grosse non entrano nel furgone

ma ce le mettiamo lo stesso; che il re-gista brontola sempre; che lo spaziodeve essere occupato, il ritmo tenuto eche bisogna spingere la voce; ed in de-finitiva l'esperienza teatrale insegnache quando uno guarda indietro aglispettacoli che ha fatto, a com'era pre-occupato prima di entrare in scena, aquando ha sbagliato una battuta, aquando ha preso gli applausi, gli vieneda sorridere e pensa che ha fatto pro-prio un bel lavoro. Fare teatro non èuna medicina e nessun dottore la pre-scrive come cura, fare teatro non è unalegge dello Stato che va osservata penaammende o sicure carcerazioni e nep-pure un dogma di Santa Romana Chie-

sa la cui inosservanza attiri scomuni-che e fulmini celesti. Insomma, nessu-no è obbligato a fare teatro… è una li-bera scelta e facendolo occorre assu-mersi dei doveri: il più importante ènei confronti del pubblico pagante chesi merita uno spettacolo accurato eben fatto, che susciti passioni, senti-menti, emozioni e allora vedremo chela gente tornerà a frequentare i teatri,perchè in questi tempi di multisala etelevisioni digitali e al plasma, i nostriteatri hanno perduto ruolo. Torniamoa frequentarli e, come ad uno spec-chio, ci parleranno di noi stessi e di co-sa siamo diventati. Se sono chiusi ovuoti non è buon segno

Una realtà che ha inizio diversi anni or sono,quando a Foligno, nel 1990, con un atto no-tarile, viene costituita l’Associazione Cultu-rale “Al Castello”, tra le cui attività c’è quellateatrale. Varie, infatti, sono state le iniziativedell’Associazione all’inizio della sua esi-stenza: organizzazione di serate musicali erealizzazione di cortometraggi cinemato-grafici. Ma l’attività predominante di questaAssociazione è stata da sempre il teatro edè per questo che al suo interno è stata co-stituita la Compagnia Teatrale “Al Castello”che, oltre al bravo regista Claudio Pesaresi,si avvale di un nutrito cast di attori non pro-fessionisti e validi collaboratori tecnici. Essaè nata con lo scopo di continuare “Il Teatri-no del Circolo” fondato, in seno al CircoloCittadino di Foligno, dal compianto Dott.Mauro Antonini, venuto a mancare nel1988. La Compagnia durante la propria at-tività ha realizzato spettacoli notevoli sottotutti i punti di vista, tutti rigorosamente in lin-gua. Il repertorio è vario ma sempre circo-scritto al teatro classico: si passa dal dram-ma, al vaudeville, al giallo. Le riduzioni e gli

adattamenti dei testi, fatti dal regista, sonosempre in linea con lo spirito dell’autore enel rigoroso rispetto del testo originale. Permolti anni la Compagnia ha organizzatocorsi di formazione teatrale di vario livello,tenuti sia da componenti della stessa cheda professionisti esterni. Nel corso deglianni ha acquisito esperienza anche per ladefinizione e realizzazione in proprio dellescenografie e dei costumi. È inoltre autono-ma per quanto riguarda luci, audio e altriservizi tecnici di palcoscenico…insommaha tutte le caratteristiche di una compagniaamatoriale che ama il teatro, che manifestala propria passione in tutti gli aspetti e chepuò vantare di essere una Compagnia dinon professionisti “professionisti”. Ogni an-no la Compagnia al Castello debutta conun nuovo spettacolo teatrale che mette inscena per tutti i fine settimana del mese dinovembre e organizza, nei mesi di gennaioe febbraio, una rassegna teatrale a caratte-re nazionale “Teatro alle 5” presso i teatri“Clitunno” di Trevi e “Torti” di Bevagna. Sitratta di una piccola stagione di prosa cui

intervengono compagnie amatoriali da tuttaItalia: un’occasione quindi per conoscere efarsi conoscere. In particolare quest’annola rassegna ha ospitato la fase della sele-zione interregionale del Festival Nazionaledella Uilt (Unione Nazionale Libero Teatro)che vede concorrere compagnie teatraliamatoriali delle regioni Emilia Romagna, To-scana e Umbria. La giornata finale della se-lezione sarà il 17/03/2013 che vedrà pre-miare due compagnie con il passaggio allafase nazionale del Festival. In quell’occa-sione verrà rappresentato lo spettacolo “IlCrogiuolo” di Arthur Miller, prodotto dallaCompagnia al Castello. Questi sono dueappuntamenti fissi a cui il numeroso pubbli-co della Compagnia è abituato ad atten-dersi ogni anno in quanto è una promessafatta e rinnovata di anno in anno. E’ ancheuna realtà contraddistinta da notevoli rico-noscimenti e tappe importanti a livello na-zionale ottenuti in concorsi teatrali prestigio-si, a cui partecipano compagnie amatoriali,che non hanno meno professionalità di unacompagnia di professionisti.

Un esempio di teatro amatoriale a Foligno: la Compagnia Teatrale Al Castello

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Fare teatro34

La giornata mondiale del teatro è sta-ta creata a Vienna nel 1961 durante il9° congresso mondiale dell’IstitutoInternazionale del Teatro (ITI). Dal27 marzo 1962, data di apertura dellastagione del Teatro delle Nazioni diParigi, la giornata Mondiale del Tea-tro è celebrata tutti gli anni dai Cen-tri Nazionali ITI di un centinaio dipaesi nel mondo. L’I.T.I. cerca “di in-coraggiare gli scambi internazionalinel campo della conoscenza e dellapratica delle Arti della Scena, stimo-lare la creazione ed allargare la coo-perazione tra le persone di teatro,sensibilizzare l’opinione pubblica al-la presa in considerazione della crea-zione artistica nel campo dello svi-luppo, approfondire la comprensionereciproca per partecipare al rafforza-mento della pace e dell’amicizia tra ipopoli, associarsi alla difesa degliideali e degli scopi definiti. In Italia èstata celebrata per la prima volta nel2010 su istituzione del Governo condecreto del Consiglio dei Ministri. La“Giornata mondiale del Teatro” è vol-ta a richiamare l'interesse del pubbli-co sull'importanza del teatro, qualeelevata forma di espressione artisticadi alto valore sociale, in grado di raf-forzare la pace e l'amicizia tra i popo-li, a promuoverne la funzione educa-tiva e sociale, in quanto fattore fon-damentale di aggregazione e socializ-zazione delle varie realtà culturali delnostro Paese. Ogni anno, una perso-nalità del mondo del teatro, o un’al-tra figura conosciuta per le sue quali-tà di cuore e di spirito, è invitata a di-videre le proprie riflessioni sul temadel Teatro e della Pace tra i popoli.Questo, che viene chiamato “il mes-saggio internazionale”, è tradotto indiverse lingue ed è poi letto davanti adecine di migliaia di spettatori primadella rappresentazione della sera neiteatri nel mondo intero, stampatonelle centinaia di quotidiani e diffusoda radio e televisione sui cinque con-tinenti. Jean Cocteau fu l’autore delprimo messaggio internazionale nel1962

27 marzo: Giornata Mondiale del Teatro

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Arcobaleno 35

La dialettica degli opposti ci insegna che se all'interno di una stessa area lingui-stica l'accento cade sul diverso, all'interno di aree diverse l'accento dovrebbe

cadere sull'eguale. […] Ma accanto a questo metodo ben noto ci proponiamo diusarne un altro, meno noto ma a mio avviso non meno importante, e cioè la ri-

cerca del simile, dell'eguale, anche nel campo della semantica, il metodo che po-tremmo chiamare di semantica comparata.

(M. Alinei, Dal totemismo al cristianesimo popolare. Sviluppi semantici nei dia-letti italiani ed europei, Edizioni dell'Orso, Alessandria 1984, pp. 127-128)

L'arcobaleno è sempre l’arcobaleno

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Arcobaleno36

John Keats ha scritto: "C'era un terri-bile arcobaleno un tempo neicieli:/conosciamo il suo ordito, la suatrama; è riposto/ nel catalogo ottusodelle cose comuni"; ma siamo davve-ro sicuri che tale arcobaleno (che lafilosofia non è ancora riuscita a disfa-re, così come non è ancora riuscita atagliare le ali di un solo angelo) abbiamai abitato concetti in qualche mo-do semplici, o che abbia mai avutonomi "comuni"? Tanto per comincia-re ogni arcobaleno ha un nome com-posto, spesso variabile a seconda chesi prenda in considerazione o menola lingua parlata. Così, per esempio,in francese avremo "arc-en-ciel", fr.dial. "arc de St. Michel", in spagnolo"Arco Iris" (la messaggera degli Dei,a cui certo serviva una strada prefe-renziale tra la terra e il cielo), oppure"Arco del Señor", e in portoghese, in-vece, "arco da velha", cioè arco dellavecchia (figura di una certa sugge-stione e pressoché ubiquitaria in di-verse culture popolari). In italiano iltermine "arcobaleno" sta per "arcodella balena", altrimenti detto "arcodi Noè", "arco bevente" (termine chepotremmo definire "diversamenteromantico") e via di seguito. Passia-mo ora alle lingue un po' più "osti-che": in gallese si dice "bwa cyfamod"che, ovviamente, vuol dire "arco del-l'alleanza", in norvegese è usato "ver-boge" ("arco del tempo") - termineinteressante -, in ucraino e russo par-lato viene detto "rajduga" ("arco delparadiso"), in lettone "dieva kuopls"(arco di Dio), in lappone "Tiermaz-tawk" ("arco del dio Tiermas"), inmaltese "qawsalla" ("arco di Allah"),in greco - chiedo scusa per la traslit-terazione - "doksari tsikalogrias"("arco della suora"). In in-glese "rainbow" significa "arco dellapioggia" e in finlandese "vesikaari"sta per "arco dell'acqua" (anche que-sti sono termini molto interessanti,considerando il fatto che, a causa diun differente indice di rifrazione tral'acqua del mare e l'acqua piovana, ilraggio di un arcobaleno nato dagli

spruzzi marini è più piccolo di quellonato dalle gocce di pioggia), ma l'ar-cobaleno è anche il vepsiano (lin-guaggio "finnico", sparso tra Russia,Ucraina, Estonia e Bielorussia) "arcodei morti", o il mordvino (altro grup-po linguistico "finnico", presente neldistretto del Volga) "arco del tuono"(si veda M. Alinei, "Dal totemismo alcristianesimo popolare. Sviluppi se-mantici nei dialetti italiani ed euro-pei", Edizioni dell'Orso, Alessandria1984, p. 129), e chi più ne ha più nemetta… Come Gramsci forse per pri-mo aveva intuito, tutto il folclore èpervaso da una forte spinta conserva-tiva tendente a nascondere nei pochidettagli superstiti una quantità sor-prendente di storie, di credenze, direlazioni; le tradizioni, le concezionipopolari, insomma, altro non sonoche "un agglomerato indigesto diframmenti di tutte le concezioni delmondo e della vita che si sono succe-dute nella storia, nella maggior partedelle quali, anzi, solo nel folclore sitrovano i superstiti documenti, muti-li e incontaminati" (Gramsci 1974:215). Un "Mozart della psicologia" co-me Lev Semënovič Vygotskij (russo,fondatore della scuola storico-cultu-

L'arcobaleno in tutte le lingue (e i colori) del mondo

rale - di metodo marxista) ha definitola parola come una "scorciatoia di unconcetto", o, potremmo dire, diun'intera concezione esistenziale;questo è tanto più vero quanto più laparola in questione si trova a doverdelineare un concetto complesso equella dell'arcobaleno, in ultimaanalisi, non si può certo definire untermine semplice, piuttosto si trattadi un concetto ampio, in grado di da-re adito a tabù, a leggende, a imma-ginari rappresentativi tanto diversi-ficati quanto lo sono i popoli e gli in-dividui al mondo. Non è nemmenodel tutto certo, del tutto convincen-te, il motivo per cui quest'arco di lu-ce, di rifrazione in rifrazione, si troviad attraversare il cielo. La "Genesi"(9:13) lo pone come segno visibile delpatto tra Dio e gli uomini scampati alDiluvio, estremo, apparentementefragile, limite posto alla collera divi-na, ordine sigillato al di sopra di tuttigli elementi affinché si ricordasserodi non scatenarsi mai più fino alpunto di cancellare il genere umano;tale nobile origine, tuttavia, nonha impedito all'arcobaleno di colle-zionare altre origini, altri miti.Al principio deve essere sembrato

DI MARIA SARA MIRTI

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simile ad un animale informe, assetta-to di nuovi spazi, nuove dimensioni,affamato di forme e consistenze; in-fatti fra i termini che lo denotanoquelli zoomorfi (totemismi, indica-zioni claniche), che sono i più antichi(a seguire quelli antropomorfici prei-slamici e precristiani, pagani, e i nomiantropomorfici islamici e cristiani), amio avviso sono anche i più suggesti-vi. L'arco, onnipresente come terminein ambito indoeuropeo, è facilmenteassimilabile a quello che è stato defi-nito "intestino del cielo", ma anche aduna pompa, ad un sifone, però provvi-sto di denti, ad una proboscide coltanell'atto di aspirare…ma aspirare co-sa? In Russia i bambini dicono: "Arco-baleno, arcobaleno, ti prego non berela nostra acqua", e infatti in area slavaè in uso il detto "bere come l'arcoba-leno", vale a dire "bere come una spu-gna", solo che, a differenza delle "spu-gne" umane, l'arcobaleno, proprio co-me il tempo, è un gran "bevitore d'ac-qua"; non a caso in udmurto (o votia-co, lingua uralica parlata in Russia eKazakistan) si dice che "il tempo habevuto l'acqua". Chi o che cosa si met-

te dunque a bere l'acqua o, peggio an-cora, a succhiare tutto ciò che incon-tra sul suo cammino? Forse un ser-pente-dragone (il dragone in Italia eSvizzera - dove evidentemente lo stilenon è un'optional - diventa una "cin-tura di dragone"), la cui origine e il cuideclinarsi mitico sarebbe qui troppolungo da spiegare, o forse un'enormemucca, più esattamente, in sloveno,una "vacca nera", o magari un bue(molto più frequente nel folclore diquanto non lo sia nei nomi di cui è ri-masta traccia; anche in greco l'arcoba-leno è definito come una testa di toroche beve acqua dai fiumi), o una bale-na, oppure un delfino (entrambi piùdocili alle logiche fisiche dell'arco) . Inparticolare con la forma di cetaceo(balena o delfino) appare probabil-mente solo in Italia dove dà il nomeanche al lampo; inoltre non appareinutile ricordare il carattere sacro as-sunto dalla figura del delfino nelle re-ligioni greche e latine, tant'è vero chetale termine può essere tradotto con"fratello uterino" ("delphùs": utero,"adelphòs": fratello). Come scrive Ma-rio Alinei, "il bue è necessariamente

collegato con l'introduzione dell'alle-vamento del bestiame, quindi conun'epoca della preistoria recente,mentre il serpente e il delfino risalgo-no presumibilmente a un'epoca pre-cedente, ancora legata alla caccia e al-la raccolta" (M. Alinei, "Dal totemi-smo al cristianesimo popolare. Svilup-pi semantici nei dialetti italiani ed eu-ropei", Edizioni dell'Orso, Alessandria1984, p. 135). In Svezia si crede chel'arcobaleno raccolga l'acqua dalleproprie estremità, attraverso dellescodelle d'oro che sarebbe persinopossibile carpire, a patto che si arrivi almomento giusto e che si usi una certasveltezza (B. Maitte, "Storia dell'arco-baleno. Luce e visione, tra scienza esimboli", Donzelli Editore, 2006, p.20). Quindi, forse, quest'essere sospesotra il sogno e la realtà si trova a bere lastessa acqua in cui si bagna, o forse, co-me credono altri, il suo è un appetitoindistinto che risucchia al proprio in-terno ogni cosa: animali, piante, case,esseri umani ecc., portandoli, in que-sto modo, dalla terra al cielo e poi dinuovo dal cielo alla terra così in fret-ta da non farcene rendere conto.

"Il raggio"

Uscito dalla fascia equatoriale, il vec-chio cargo avanzava flemmatico in unmare che era come un tino violaceodalle lente ondulazioni, e sotto unacupola di azzurro.Il cielo e la superficie dell'oceano luc-cicavano all'infinito; l'immensità, in cuiil sole si pavoneggiava, era abba-gliante.Gli oggetti non allungavano più alcu-na ombra.Tutto ciò che aveva per gli occhi unaforma - fosse il parapetto, il cassero, ilcamminamento, l'albero maestro -sembrava trovarsi in fusione e tremo-lare, ammorbidirsi, dissolversi nelcalore: solo lo spazio fuori bordoinduriva man mano che si avvicinavaalla linea dell'orizzonte, dove assume-va la sembianza e la luminosità di unfreddo vetro che dà sull'aldilà.Non ero mai stato così felice di non farniente. Se stendevo una gamba o ciposavo la mano, il ponte bruciava.E quando - in un alone di colori che, tanto la luce era cruda, lo faceva sembrare un arcobaleno sul punto di liquefarsi -vedevo passare l'ispettore che si annoiava a bordo e che non sapeva che fare del suo fucile e della sua kodak in quellaimmensità che gli sembrava vuota e in cui si sentiva perduto, sentivo pietà per il mio nemico. Mi coglieva però anche lavoglia di domandargli qualcosa, per prendermi gioco del poveruomo; anta più voglia da quando navigavamo tra due

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Arcobaleno38

Che dire poi dei suoi colori? Sonogli stessi dello specchio del visibile,certo, eppure rappresentano altret-tanti limiti da superare, altrettantiostacoli, e non necessariamente diordine visivo: ne sono un esempio inoti problemi esistenziali del giallo(perennemente indicato sì comesolare, ma pure nevrotico, malatic-cio, perdente e geloso, troppo ec-centrico, eppure "caldo", accoglien-te), le insonnie inguaribili, persinodeliranti, dell'azzurro (diviso tra lesue sfumature, capace d'impallidiree di scurire in viso, tanto in cieloquanto in mare), l'estraneità irridu-cibile dell'indaco (colore, neanchea dirlo, caro all'India, e costolastrappata a viva forza dal corpocangiante del violetto), e via dicen-do. Per il grande Leonardo i colorierano presenti nelle pietre, neglioggetti, negli animali, nelle piante,e senza il concorso del sole: "L'oc-chio non partecipa [nemmeno] al-l'origine dei colori dell'arco […].L'arco in sé non partecipa in alcunmodo alla produzione di questi co-lori […]. L'arco in sé non è nella

pioggia né nell'occhio che lo vede[…] del rossore dell'arco sono causail Sole, la pioggia e l'occhio […] ilrossore dell'arco celeste si generastando l'occhio intra la pioggia e ilSole […]." - come a dire che l'unicosentimento di vergogna degno diessere vissuto appartiene a quellosguardo che osa mettersi in mezzotra altri due - "Il qual rossore, insie-me cogli altri colori, sarà di tantomaggiore eccellenza, quanto lapioggia sarà composta di più grossegocciole. E quanto tali gocciole so-no più minute, tanto essi colori so-no più morti; e se la pioggia è di na-tura di nebbia, allora l'arco saràbianco, integralmente scolorito"(Leonardo da Vinci, "Trattato sullapittura", Carabba editore, Lanciano1947). Verrebbe quasi da pensareche tutti coloro che nell'arco dellapropria vita sono riusciti a vederesoltanto pochi arcobaleni, magarinessuno doppio o in qualche modo"speciale", debbono in realtà avervisto una vera moltitudine di arco-baleni bianchi. Magari potesserosembrarci bianchi anche i difetti, le

dissonanze che i colori loro malgra-do veicolano nei nostri sguardi e, dalì, nelle nostre esistenze: essi, pureinondati dalla luce del Sole, ci sem-brerebbero talmente chiari da pas-sare come sott'intesi (seguendo inquesto caso la scala dei colori detta-ta da Aristotele, secondo cui il nerorappresenta l'assenza di colore e ilbianco la sua massima attualizza-zione). Soltanto un raggio casuale,un lampo dispersosi nell'aria per er-rore, verrebbe a ricordarceli ognitanto, magari soltanto in quei rarigiorni festivi in cui ci avanzi abba-stanza tempo per osservare un inte-ro temporale dall'inizio alla fine.Morale della favola: i colori si sonorivelati volubili, i volumi variabili,le dimensioni niente più che ombre- al punto che persino l'arcobalenoevoca tabù contrastanti (per gliebrei vige l'interdizione di fissarlo,mentre rappresenta il fulcro delproprio credo sempre per una settaebraica) -, e fanno apparire le divi-nità degli elementi naturali qualipittori maldestri (ma irrimediabil-mente felici).

tra due specchi, non c'erano più néuccelli né nuvole contro cui sparare perammazzare il tempo, e l'intruso s'eracalzato sul naso degli spessi occhialineri.- Signor Deloeil! si tolga gli occhiali,faccia una foto, presto,. rischia di per-dersi il raggio verde!Era il crepuscolo. La giornata avevagoduto di luce e calore stupefacenti.Davanti a noi il disco del sole, enormee arrossato, adesso spariva rapida-mente dalla vista. Dietro di noi l'orizzon-te si appannava d'inchiostro. Già lanotte saliva dal mare, invadendo il cielodall'est allo zenit, dipingendo sulla suasuperficie uno strato più cupo di blu,tendente al nero, ma restando traspa-rente come l'oltremare. Sulla sua super-ficie si diffondeva del rame in fusione,che si miscelava al luttuoso viola delleacque, i cui solchi, i riflessi, i vorticiavevano il prezioso luccichio del lapislazzuli, ma la cui massa agitata era crivellata, impastata e compenetrata da riflessi oroantico e verderame. L'altra parte del cielo, dallo zenit all'ovest, all'estremo ovest, sfumava dal rosa al rosso, diventava cremisi,rosso violetto, arancio, verde indiano, giallo, e il sole - una cui metà fiammeggiava dall'altra parte del mondo e ciò che restavadel disco si liquefaceva a vista d'occhio nel tino violaceo - lanciava dei ciuffi, lingue, getti di fuoco, fusi d'oro, d'antimonio ed'argento, delle braci, lava incandescente, raggi di platino, un cono verde.- E' stupendo! gridò il comandante Deloeil che, appollaiato al mio fianco sul parapetto non s'era perso nulla dello spettacolo,ma aveva scordato di scattare una foto. E' stupendo… Si, è ancora più bello che in Jules Verne!(Blaise Cendrars, "Il raggioverde", Via del Vento, 2011)

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Fiori D’Acciaio

“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocri-tà, bensì uscire da quella “ zona grigia” in cui tutto è abitudine erassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi”

(Rita Levi Montalcini)

Ogni mese Piazza del Grano offre questo spazio a tutte le donne. Manda latue mail a “parliamone” : [email protected]

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Eva40

Il 30 gennaio è morta Rita Levi Mon-talcini. Sua la citazione: “quando

muore il corpo sopravvive quello che haifatto, il messaggio che hai tramandato”.Una donna che ha goduto di una im-mensa popolarità, la cui intelligenza eraaccreditata in tutto il mondo con premie riconoscimenti. Nel 1986 le fu asse-gnato il premio Nobel per la medicina.Grazie al suo serio lavoro di ricerca, cheperseguirà anche fra mille difficoltà, an-che mettendo a rischio la sua stessa vi-ta, nel 1951 scoprì l’esistenza del fattoreNGF. Scoperta che è stata fondamentaleper gettare le basi della moderna neu-robiologia. Si tratta di una proteina ingrado di regolare lo sviluppo del siste-ma nervoso, presente nei vertebrati.Una donna che aveva saputo farsi stra-da in un mondo piuttosto chiuso al ge-nere femminile, come quello della ri-cerca scientifica, specie nel passato,specie per un’ebrea italiana negli annidella persecuzione razziale. Chi ha avu-to la fortuna di conoscerla più da vicino,riferisce che ha lavorato e studiato finoagli ultimi giorni della sua vita, con lastessa costanza e perseveranza degliesordi. Una donna che vale la pena ri-cordare, non solo per il ricco curricu-lum scientifico, ma anche per la sereni-tà del sorriso, con il quale si presentavaad ogni pubblica apparizione. Per la suaproverbiale autoironia, per il suo animospeciale ed umano, prima che per ilruolo di scienziata. Non a caso era so-prannominata la “Signora della scienzaitaliana”. Diversi anni fa fu l’unica don-na insieme a Ines Colnaghi, DirettoreScientifico dell’AIRC, ad essere premia-ta a Bevagna dal Comitato Scientificodell’Associazione Giuseppe Corradi, at-tualmente presieduto dal Prof. SilvioGarattini, con il Premio “Ercole Pisello”.Manifestazione scientifica che ormai sisvolge puntualmente dal 1989, data del-la sua fondazione, contribuendo così adattribuire all’evento una visibilità na-zionale. Fu molto disponibile e cordialecon tutti, intervenne e ringraziò, con lastessa grazia e riconoscenza di quandole fu annunciato che era le era stato as-segnato il Nobel per la Medicina. Erastata nominata senatrice a vita nel 2001

dall’allora Presidente della Repubblica,Carlo Azelio Ciampi . Ha destinato mol-te delle sue risorse fisiche ed economi-che per sostenere cause sociali di priori-taria importanza fondando una Onlusche porta il suo nome, e ha l’intento diassicurare un futuro alle donne africane.Premesso che diceva di non essere fem-minista, ma umile sostenitrice di queirami del genere umano più deboli, siprodigava a favore delle donne dell’Afri-ca. Si batteva, affinché l’accesso alla co-noscenza e al sapere si diffondessero,soprattutto in quei paesi in cui sono piùdiffuse la miseria e l’ignoranza, dove ledonne subiscono di più l’allontanamen-to alla cultura , senza violare l’identità diquel popolo e delle sue tradizioni.

Molti conosceranno la storia dellagiovane Malala Yousafzai, studen-

tessa e attivista pakistana, che si è oppo-sta alle leggi talebane, dopo l’ingiustaabolizione del diritto allo studio per lebambine e le giovani. All’età di tredicianni era diventata celebre per il blog,nel quale documentava il regime taleba-no, che nella regione dello Swat, dopouna occupazione militare, si era rivelatocontrario ai diritti delle donne. Per que-sta sua attività di sostegno nei confrontidi tutte le pakistane, che al pari di lei,avevano il desiderio di istruirsi, il 9 ot-tobre 2012 è stata ferita alla testa e al col-

lo, da uomini armati saliti a bordo delsuo pullman scolastico, mentre tornavada scuola. Ricoverata nell'ospedale mi-litare di Peshawar, si è salvata dopo la ri-mozione chirurgica dei proiettili. Ihsa-nullah Ihsan, portavoce dei talebani pa-kistani, ha rivendicato la responsabilitàdell'attentato, definendo la ragazza“simbolo degli infedeli e dell'oscenità”,aggiungendo che se fosse sopravvissuta,sarebbe stata nuovamente attaccata.Malala è stata in seguito trasferita in unospedale di Londra, dove è stata accoltaper essere curata. IL 1 febbraio scorso, ilpartito laburista norvegese ha propostola candidatura di Malala al premio No-bel per la pace 2013.

La Montalcini si rivolgeva spesso aigiovani, a quelli come Malala, a

quelli che non hanno paura di conosce-re dicendo: “Il messaggio più importanteche invio, è di affrontare la vita con tota-le disinteresse alla propria persona, e conla massima attenzione verso il mondoche ci circonda, sia quello inanimato chequello vivente. Questo, ritengo, è stato ilmio unico merito”. Sono due storie didonne appartenenti a continenti, cultu-re e generazioni differenti, ma legate daun unico comun denominatore: la for-za. All’apparenza fragili fuori, come fiorisbattuti dal vento, dentro, resistenti co-me l’acciaio.

PARLIAMONE… “Il coraggio di conoscere”

DI CATIA MARANI

Le immagini utilizzate in questo inserto sono particolari di opere di Gustav Klimt

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Eva 41

Maria Montessori

Civico 10Figlia di Alessandro Montessori, emi-liano, e di Remilde Stoppani, marchi-giana, Maria nacque in una abitazio-ne al civico 10, di Piazza Mazzini aChiaravalle. I genitori erano personeistruite e sensibili alle nuove idee po-litiche che parlavano di unità italia-na.StudiIl rendimento della piccola Maria alleelementari non fu particolarmentebrillante, a causa di problemi di salu-te. All’età di 11 anni cominciò ad ap-passionarsi agli studi, soprattutto di-venne una eccellente studentessa initaliano. Si diplomò alla “Regia Scuo-la Tecnica” con 137/160. Nel 1896 saràla prima donna a laurearsi in medici-na dopo l’unità d’Italia.ParitàPartecipa al congresso femminile diBerlino nel 1896 come rappresentan-te italiana. E’ rimasto famoso un suointervento in tale sede, sul diritto allaparità salariale fra uomo e donna.

Città di CastelloScrive e pubblica un volume di peda-gogia durante il primo corso di spe-cializzazione a Città di Castello. Il te-sto, “Il metodo della pedagogia scien-tifica”, viene tradotto e accolto in tut-to il mondo con grande entusiasmo.RegimeMaria accetta l’appoggio di Mussoliniinteressato a risolvere il problemadell’analfabetismo con le case deibambini. Successivamente i rapporticon il regime si deteriorarono, tantoche nel 1933, quando esce “La pace el’educazione”, Maria Montessori è or-mai emarginata dalla cultura fascista.Bambini e genitoriDiceva: “Spesso, fra bambini e geni-tori, si invertono le parti. I bambiniche sono degli osservatori finissimi,hanno pietà dei loro genitori e li asse-condano per procurargli una gioia.”NoordwiijkMuore in Olanda il 6 maggio del 1952.Sulla sua tomba si legge in italiano: Io prego i cari bambini, che possonotutto, di unirsi a me per la costruzionedella pace negli uomini e nel mondo.

Le grandi donne della storia In LibreriaConsigliati e Sconsigliati

dalle donneMainsfield Parkdi Jane Austen – GarzantiUno dei romanzi più noti e discussidella Austen. Difficile staccarsi dallameravigliosa Fanny, difficile non farsicoinvolgere dai suoi amori, dalle pas-sioni e dagli abbandoni sui verdi pratidi Mainsfield Park. E’ seria, schiva. Im-pedisce che l’unità familiare se ne vadain pezzi, non apprezza l’ostentazione.Di Fanny ce ne sono tante anche oggi,eroine dei nostri tempi. Si >>>>>

All’indietro sui tacchi a spilloT. Kindrlsley – S. Vine – EinaudiGinger Rogers faceva tutto quello chefaceva Fred Astaire, solo in dietro e suitacchi a spillo. Non è un manuale diauto aiuto né un libro di consigli. E’uno sfogo, si discute di tutto come fraamiche, dalle questioni economiche,alle creme per il viso. In conclusione?Questo mondo non è per le donne. Cisono tante cose da cambiare. Si >>>>

Le Prime luci del mattinoFabio Volo – MondatoriHo finito di leggerlo qualche giorno fa.Mmmhhh, dopo un incipit accattivan-te, non mi sento di consigliarlo nono-stante sia scritto da un uomo che hacercato di mettersi nei panni di unadonna, anzi, di toglierseli, dall’inizioalla fine. La narrazione è abbastanzascorrevole, ma la storia è banale escontata. Ad un certo punto mi ha“letteralmente” annoiato. Un tentativofallito di svelare che le donne sanno fa-re sesso come gli uomini con gli ormo-ni e non con il cuore? Speravo almenoin una svolta nel finale invece… è solouna operazione di marketing. No>

Angelologydi Danielle Trussoni – NordUna lettrice, Marisa, ci segnala diaver letto questo libro che è statogiudicato fra i migliori 100 del 2010.Scrive che oltre alla storia che me-scola thriller religioso all’elementoangelico, aggiungendo ad ogni pagi-na colpi di scena e suspance, è riccodi descrizioni che ne rendono la nar-razione piuttosto insolita. Sulla fidu-cia Si>>>>

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Le origini della festa della donna sifanno risalire al 1908 quando a newYork, durante uno sciopero indetto da129 lavoratrici tessili, scoppiò un in-cendio che ne causò la morte. Nel 1915per commemorare le vittime di quellatragedia, Rosa Luxemburg, attivistadel socialismo rivoluzionario, proposequesta giornata come occasione di lot-ta internazionale per ribadire i dirittidelle donne. Non una festa quindi, maun giorno per riflettere sulla condizio-ne femminile. Purtroppo nel tempoquesta ricorrenza ha perso il suo verosignificato, soprattutto nei paesi piùevoluti, dove le donne vivono questagiornata come un giorno di aggrega-zione femminile per girare nei locali,per concedersi una giornata diversa,

8 marzo 2013festa della donna!

Benessereal Naturale

H2-0Bere tanto, circa due litri e mezzo diacqua al giorno, è come spalmarsi unacrema idratante. Le donne che bevo-no, possiedono una pelle più giovane,un derma più spesso e idratato, etraggono maggiori benefici dalle tera-pie estetiche. Le migliori? Quelle ric-che di ferro, zinco e selenio.Contro le doppie punteSe i capelli sono sfibrati e si spezzano,almeno un paio di volte a settimana,fai un impacco naturale mescolando 3cucchiai di yogurt con uno di miele;applica sui capelli e massaggia delica-tamente. Per raddoppiare la capacitàdel fusto di assorbire i principi attivi,copri la testa con carta d’alluminio eavvolgila poi in un asciugamanocaldo. Lascia agire per venti minuti,poi sciacqua con acqua calda. Per evi-tare le doppie punte, spazzola i capel-li dolcemente una sola volta al giorno,evita di usare troppo spesso piastre edil phon troppo caldo direttamentesulle punte.Maschera idratante per il visoMescola due cucchiai di miele con lapolpa di un’arancia. Metti la pappa inuna garza e poggiala sul viso bendeterso. Lascia in posa per 20 minuticirca. Togli la maschera e sciacquacon acqua o con un tonico.

Mode & ModiLa Camicia

La camicia con il passare del tempo as-sume ruoli e significati diversi. Nel pas-sato, come si evince dalle antiche fontilatine, col nome subucula, aveva la fun-zione della moderna biancheria intima.Dal 1300, anche arte e cultura dannorisalto a questo capo, tanto che uominie donne, venivano spesso ritratti e de-scritti in camicia.Nel 1500 il vero protagonista è il collo,infatti intorno allo scollo comparveropiccoli volant, evolvendosi più avantinella “gorgiera”, che richiedeva unenorme dispendio di stoffe. La formaattuale con l’abbottonatura avanti èuna innovazione del XIX sec. Dal 1930la camicia con il nuovo collo reversibi-le, si conquista un posto di primariaimportanza nell’eleganza maschile efemminile. Dalla fine della guerra adoggi essa non ha subito sostanzialimodifiche. Le tendenze per l’imminente stagionehanno un po’ accantonato le linee slim.Vengono proposte morbide, in tessutileggeri, quasi impalpabili. Anche senzastrizzare avvolgono il busto, esaltandoal tempo stesso eleganza e sensualità.Il collo spesso è impreziosito da perle,pizzo o piccole borchie metalliche,vezzoso contrappunto di una modernarigidità formale. I colori più chic? Tuttele tonalità fra il bianco e il cipria.

La Donna Pesci21 febbraio - 19 marzo

Tradizionalmente l’acqua è collegata alleemozioni della donna Pesci. Ipersensibilee inquieta, ha una ricchissima vita inte-riore che le procura frequenti e incom-prensibili mutamenti di stato d’animo,un alternarsi di eccitazione e depressione.Forte il suo bisogno di vivere le situazioniin comune per rapportarsi soprattutto,con le persone che ama e stima. Il suo ti-more nell’affrontare le cose importanti siestende anche alle questioni di cuore.Malgrado la sua fortissima capacità diamare, la donna Pesci tende ad essereinafferrabile, all’apparenza mai comple-tamente coinvolta nella relazione. In ge-nere si riconosce per l’armonia del voltocaratterizzato spesso dalla presenza diocchi chiari, dolci e languidi. Il suo lookesprime la seduzione pura e vincente.

Donne Acquario:Anna Magnani – Attrice italiana (7marzo 1908)Emma Bonino – Esponente del PartitoRadicale italiano (9 marzo 1948)Isolde Kostner – Ex campionessa italia-na di sci (20 marzo 1975)

Senza pretesa scientifica abbiamo rias-sunto le caratteristiche della donna pe-sci, abbiamo giocato con gli astri, perchéè sempre divertente contrapporre il teo-rico all’empirico, il sogno alla realtà.

magari all’insegna della trasgressione.Per questo molte rifiutano di identifi-carsi in questa giornata. Quel ramo dimimosa che nel 1946 dalle organizza-trici romane della ricorrenza, venneeletto a simbolo di una giornata di lot-

ta, perché era di stagione e veniva ven-duto a poco prezzo, oggi è motivo dispeculazione per i vivaisti di tutto ilpaese. Non sviliamo ulteriormentequesta manifestazione ed auguriamociun futuro migliore. Auguri donne!

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Farfalla 43

Madama Butterfly

Ripeto le vostre quattroparole, continuo a ripeterle,mi porto il vostro silenzio

nelle notti d’insonnia.Non prego mai,

non ho mai paura,non piango per alcun motivo.

(Nina Berberova,“Trasmissione oltrecortina”, 1961, da“Antologia Personale, poesie 1945-1983”).

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Farfalla44

Il 17 febbraio 1904 in occasione della stagio-ne di Carnevale e Quaresima, dopo tre anni

di studio e preparazione, andava in scena laprima di Madama Butterfly di Giacomo Pucci-ni alla Scala di Milano: un fiasco solenne. Ilpubblico e la critica non erano pronti per que-sta opera “esotica” ben lontana dal classicomelodramma Verdiano, sia per il tema che perla musica, volutamente orientale: il maestroPuccini, infatti, si era avvalso perfino dellaconsulenza moglie dell'ambasciatore nippo-nico e dell'attrice giapponese Sada Yacco perrappresentare nel modo più fedele possibile lastoria di Cio-cio-san, ricreando non solo lescene e i costumi tipici giapponesi, ma andan-do a ricercare le caratteristiche stilistiche del-la musica orientale, già studiate in quegli annida Debussy. Le critiche feroci costrinseroPuccini a modificare ben tre volte l'opera, inparticolare nel terzo atto, ritoccando l'ultimaaria di Butterfly. La storia, scritta dall'ameri-cano John Luther Long nel 1898, era già dive-nuta soggetto teatrale per opera dell'ingleseDavid Belasco: Puccini assistette alla rappre-sentazione a Londra nel 1900, ne rimase par-ticolarmente colpito e subito, grazie alla col-laborazione dei soliti Illica e Giacosa, libretti-sti storici del maestro, iniziò a lavorare al me-lodramma. L'opera venne dedicata alla reginad'Italia Elena di Montenegro. La struggentestoria della giovane geisha Cio-cio-san apreuno spiraglio in una consuetudine amara chesi svolgeva in Giappone alla fine dell'ottocen-to, anticipando, in un certo senso, quello chenei giorni nostri è diventato il turismo sessua-le, che coinvolge soprattutto minorenni: ma-rinai americani si sposavano per gioco con legiovani giapponesi, approfittando del fattoche quel matrimonio non era riconosciuto inAmerica e che per la legge nipponica, il soloabbandono del tetto coniugale equivaleva atutti gli effetti ad un divorzio. Così l'ufficialedi marina F.B. Pinkerton, con l'aiuto del “na-kodo” (sensale) Goro, organizza per gioco ilmatrimonio con la quindicenne Cio-cio-san."Vogliatemi bene, un bene piccolino, un beneda bambino". Tutto qui. E' questa l'unica ri-chiesta che la giovanissima geisha fa a F.B.Pinkerton: in fondo è questa la stessa richiestadi tante donne ancora oggi, verso quell'uomoche di tutta risposta ne fa l'oggetto dei propridesideri.

Un dramma moderno

Chiara Mancuso nasce a Palermo, ma dall'età di quattordici annivive in Umbria. A soli quindici anni viene invitata dal comitato “8Marzo”, a leggere le sue poesie, in qualità di finalista più giovane alconcorso letterario indetto dallo stesso comitato, evidenziando sem-pre doti e riconoscimenti tanto musicali quanto letterari. Attualmentelavora come insegnante di chitarra classica e moderna e sta com-pletando gli studi di chitarra elettrica presso l’Accademia Lizard.Inoltre dal 2005 insegna alla Libera Università Popolare (AUSER),occupandosi di seminari di storia della musica. La Libera UniversitàPopolare ha sedi in tutta l'Umbria (S.Maria, Spello, Massamartana,Norcia, Montefalco, Spoleto...) e all'interno delle sue strutture ven-gono svolti programmi su vari argomenti, dalla storia dell'arte allabotanica; vengono organizzate anche visite guidate in musei, gite,cabaret culturali. Uno degli appuntamenti fissi, tutti gli anni, è lavisione diretta di un'opera in uno dei teatri più importanti in Italia:quest'anno si vedrà appunto "Madama Butterfly", alla Fenice diVenezia. Chiara Mancuso sarà a Foligno il 30 aprile alle 17 nellasede AUSER di via Raffaello Sanzio, presso il centro commerciale diSportella Marini, e a S.Eraclio il 2 Maggio, alle 17 utilizzando per lasua lezione sulla Butterfly anche una videoproiezione (fino all'annoscorso questa presentazione veniva fatta in collaborazione conAntonio Lubrano, in un'unica serata).

DI CHIARAMANCUSO

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Farfalla 45

Madama Butterfly è una storia cometante non troppo lontane dalla no-stra realtà: una ragazzina di quindicianni, che per vivere fa la Gheisha, espera di riscattare la sua condizioneeconomica e sociale sposando l'ame-ricano, il "mito americano" di fortunae ricchezza. Ignora i commenti diamici e parenti che già immaginanol'epilogo di un matrimonio finto, fat-to solo per gioco; solo l'interventodello zio Bonzo la fa esitare : Cio-cio-san si era convertita segretamente al-la religione cattolica, convinta chePinkerton l'avrebbe portata con sé inAmerica, e questo affronto alla tradi-zione di famiglia, non può rimanereimpunito. “Kamisarundasiko”, l'im-precazione dello zio Bonzo, rompel'atmosfera giocosa del matrimonio efa cadere Cio-cio-san nella realtà cru-da della sua solitudine, abbandonatada tutti (“ci hai rinnegato tutti e noiti rinneghiamo!”). Per la prima voltaha paura di quella nuova realtà, ma silascia convincere dal suo sposo che"l'amore non ha mai ucciso nessuno".Si convince perfino che lui ritorneràda lei una volta ripartito per l'Ameri-ca, e per tre anni lo aspetterà fedele,rifiutando la proposta di un nuovomatrimonio, custodendo gelosamen-te l'unico dono che l'americano le halasciato: un figlio. Tutte le sere speradi vedere "levarsi un fil di fumo dal-

l'orizzonte" e riabbracciare il suo spo-so; finchè dopotre anni Pinkerton ri-torna, ma non da solo. Si è risposato,infatti, con una giovane donna ameri-cana, Kate, ed è tornato in Giappone,per conoscere suo figlio e portarlocon sé in America; ma "non ha il cuo-re" di dirlo a Butterfly e lascia che sia-no il console americano, Sharpless, ela sua serva e amica, Suzuki, a riferirele sue intenzioni. Kate Pinkerton, unpersonaggio muto, dirà solo pochissi-me parole, quasi come uno spettro,appare defilata nella scena, prenden-dola tutta con un silenzio immobile:qui si esprime la genialità innovativadi Puccini, nel proporre la forza delsilenzio in un genere musicale in cuila parola aveva avuto fino ad allora ilsopravvento sulla musica. Butterlfy,vedendola, capisce tutto e privata or-mai d'ogni cosa, fa l'unica scelta chela sua cultura le suggerisce di fare:"con onore muore chi non può serba-re la vita con onore", così è inciso nelpugnale che suo padre aveva usatoper togliersi la vita e con onore si uc-cide Madama Butterfly. I librettisti Il-lica, che curava la “sceneggiatura”, eGiacosa, che metteva le parole in ver-si, sono abilissimi nel caratterizzare ipersonaggi nel rispetto maniacale deicostumi nipponici: i modi superficialie grezzi dell'Americano sono in nettocontrasto con l'eleganza e la delica-

tezza di Butterfly; i gesti di Pinkertonrasentano l'offesa più di una voltacontro le usanze giapponesi intrise dionore e rispetto della tradizione. Lamusica di Puccini rende perfettamen-te la drammaticità della storia: si di-scosta nettamente con l'opera dell'ot-tocento risentendo dell'influenzaWagneriana, rompendo le formechiuse (recitativo e aria), dando ini-zio all'espressionismo musicale sul fi-lone del “poema sinfonico” tipico del-le opere del tedesco. Il coro è usato alpari di uno strumento orchestrale, enel secondo atto scompare del tutto,perdendo "la voce" in una delle pagi-ne più belle della musica operisticacon l'esecuzione del famoso "coromuto": questo brano è la musica del-l'anima, dell'attesa vana, della notteche non finisce. Straziante la parte diButterfly in tutto il secondo atto, checulmina nella più alta drammaticitànell'aria un "bel dì vedremo": il doloredi questa ragazzina, strappata dallasua innocenza, ingannata, condanna-ta ad una attesa inutile, ci coinvolgecon commozione e rabbia fino all'epi-logo, al tragico finale che contrappo-ne la nobile Butterfly che si uccidecome un guerriero sconfitto, alla vi-gliaccheria dell'uomo inutile, che pergioco e per vanteria ha raccolto unafarfalla impedendole per sempre divolare via.

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Erroneamente si confonde la Geishacon la prostituta: letteralmente laparola geisha vuol dire "personad'arte". La geisha aveva il divieto as-soluto di prostituirsi. Per un occi-dentale in visita nel Giappone di fi-ne ottocento è molto facile caderenell'equivoco: apparentemente, in-fatti, le Geishe e le prostitute diffe-rivano solo nel modo di portarel'Obi (il fiocco del Kimono); le pri-me lo portano sulla schiena, mentrele altre sul davanti. Tuttavia, oltrequesto piccolo particolare, la geishadoveva seguire un periodo di adde-stramento molto duro e lungo: sientrava da bambine nella casa dellegeishe, dette okya, e si dovevano su-perare tre periodi di apprendistato.Nel primo periodo, le ragazze, chia-mate Shikomi, si dedicano esclusi-vamente ai lavori domestici e hannoil compito di aspettare e servire legeishe a tutte le ore del giorno e del-la notte. Potevano iniziare ad impa-rare le arti, suonare gli strumenti a

corda (shamisen), a fiato (shakuha-chi), canto e danza. Solo dopo aversuperato un esame che attestava chela shikomi era sufficientemente pre-parata nelle arti e nella danza, di-ventava miranai: in questa fase lemiranai venivano dispensate dai la-vori domestici, imparavano l'arte diindossare il kimono e affiancavanole geishe nelle loro attività; poteva-no partecipare alle cene e alle feste,non avendo ancora facoltà di parola,né di espressione. L'ultima fase, lamiranai diventa maiko e affiancavauna geisha detta onee-san(sorellamaggiore) che le insegnava tuttoquello che a scuola non poteva esse-re imparato, come la conversazionee insieme sceglievano il futuro no-me della geisha. Le ragazze che sce-glievano di fare le geishe, spessoerano costrette a farlo per la man-canza di mezzi della famiglia d'ori-gine, o perché orfane e sole; entrarea studiare nell'okya era molto one-roso e una volta finito il periodo di

apprendistato, le geishe iniziavanoa lavorare per ripagare il debito conl'okya. Per questo motivo, accadevache un uomo, detto “danna”, aiutas-se la geisha a ripagare il suo debito.Il danna era un uomo benestante,talvolta,sposato che sceglieva senzaalcun fine di aiutare la geisha; tutta-via, non era escluso che fra la geishae il suo danna nascesse una storiad'amore. La geisha non aveva il per-messo di sposarsi e in caso di matri-monio doveva lasciare il lavoro digeisha. Di fatto le geishe venivanopagate per intrattenere gli uominicon danze, musica o semplicementeconversando di letteratura o leggen-do poesia, dal momento che le altredonne in Giappone, non avevano lapossibilità di studiare: la donna al-l'interno della società, così come al-l'interno del matrimonio, spessocombinato, non godeva di alcunaconsiderazione, non poteva parlarein pubblico, ed era assolutamenteasservita all'uomo.

A scanso di equivoci. Chi è la geisha?

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Donne al cinema 47

L'8 gennaio 2013 è iniziata al PoliteamaClarici (durerà fino al 28 maggio) la secon-da parte della rassegna cinematografica cu-rata da Roberto Lazzerini e promossa dallaCasa dei Popoli con il patrocinio del Co-mune di Foligno, Assessorato all’associa-zionismo. Per molti di noi si tratta di un ap-puntamento irrinunciabile, attraverso cuiculture, famiglie e patrie diverse riescono aincontrarsi e dialogare, allo scopo di arric-chire la cittadinanza - e non solo - di nuovie molteplici punti di vista. Rimangono in-variati il giorno della settimana, il martedì,gli orari (17,30- 20,15- 22,30) e il costo delbiglietto (ridotto per i soci della Casa deiPopoli a €4,50 e €3 per gli studenti e per gliover 60). Anche quest'anno l'ottomarzosarà ricordato per tutto il mese con quattro film, per testimoniare attenzione e vigilanzanei riguardi della violenza contro le donne.Quest’anno l’amministrazione Clarici offre atutte le donne il biglietto a 3 euro per i quattro film di marzo. I programmi si possonotrovare nei botteghini del Cinema Politeama e del Supercinema Clarici.

Martedì al cinema. Un altro cinema è possibile

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