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IL QUADRO DI RIFERIMENTO Il tema della assistenza infermieristica basata sulle evidenze (evidence-based nursing, o EBN), che dobbiamo approfondire in questa mattinata, è molto caldo. Spero di riuscire a fornirvi un primo inquadramento su questo tema complesso in modo che lo possiate approfondire in una fase successiva. La sua complessità è legata sia alla metodologia di ricerca dell’evidenza, sia alla struttura concettuale che c’è dietro al filone delle evidenze. Una delle cose che dobbiamo cercare di comprendere è se l’input delle evidenze scientifiche può costituire per la professione infer- mieristica un momento di rinascita o solo un ulteriore slogan per un movimento culturale alla moda. Per iniziare questa presentazione è bene concentrare l’attenzione sul contesto, in modo da comprendere perché è nato questo movimento, che ha avuto origine non in ambito infermie- ristico, ma in ambito medico; un’analisi del contesto contribuirà alla comprensione delle logiche che hanno condotto a questa nuova impostazione metodologica e concettuale, con i suoi vincoli e le sue opportunità. 12 NURSING Management Infermieristico, n. 2/2001 L’assistenza infermieristica basata sulle evidenze Antonella Santullo A. Santullo: DDSI, Direttore Direzione Assistenziale, AUSL Rimini Relazione presentata durante un convegno promosso dal Collegio Ipasvi di Macerata, settembre 2000 Un tema di grande importanza e attualità, quello dell’assistenza infermieristica basata sull’evidenza scienti - fica, viene qui trattato in termini generali (storici, concettuali) e con molti esempi che aiutano a compre n - derne le molteplici implicazioni. Si parla dei vantaggi che tale approccio può arre c a re alle persone assistite, ma anche di come fare praticamente per acquisire quelle evidenze che sono necessarie per una pratica pro - fessionale efficace e appropriata. Un part i c o l a re da non sottovalutare è l’insistenza dell’articolo, nella sua p a rte conclusiva, sul ruolo che il Servizio infermieristico può e deve eserc i t a re per favorire una assistenza infermieristica che si fondi sulle conoscenze scientifiche piuttosto che sulla tradizione e sulle opinioni. La nuova tendenza che tale impostazione esprime è legata a fenomeni che sono certamente a conoscenza della maggior parte dei presenti: - cambiamenti demografici: stiamo osservando un invecchiamento della popolazione, con i mutamen- ti che ne derivano; - mobilità tra le popolazioni: non abbiamo più po- polazioni stabili, la mobilità dei popoli comporta cambiamenti socioculturali e anche, in certi casi, il riacutizzarsi di alcune patologie che avevano avuto un declino da un punto di vista epidemiologico; - una maggiore conoscenza dell’eziologia di molte patologie: a questa tendenza, legata allo sviluppo tecnologico, non si può pensare neanche lontana- mente di porre un limite, tenuto conto che sarà uno sviluppo che crescerà a un ritmo esponenziale. Nel futuro ne deriveranno sicuramente aspettative diverse, perché una capacità tecnica crescente, ad esempio di diagnosi precoce, indurrà la popolazio- ne a richiedere certi servizi, ad avere elevate aspettative per la risoluzione dei suoi problemi. Come cittadina del futuro, non mi aspetto soltanto di conoscere in anticipo di che cosa mi ammalo, ma anche di avere una risposta. Non mi serve sapere

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accedervi attraverso un sito che è quello del Gruppo italiano della medicina basata sulle eviden- ze, che è un sito gratuito. Il problema reale non è l’accesso a Medline, ma saper fare la ricerca, per- ché ci sono molte variabili che concorrono a costi- tuirla. In particolare, ci vogliono delle conoscenze tecniche che permettano di discernere come è stata condotta la ricerca e se i suoi risultati sono tali da avere inferenza al di là della sede in cui la ricerca è stata compiuta.

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IL QUADRO DI RIFERIMENTO

Il tema della assistenza infermieristica basata sulle evidenze (evidence-based nursing, oEBN), che dobbiamo approfondire in questa mattinata, è molto caldo. Spero di riuscire afornirvi un primo inquadramento su questo tema complesso in modo che lo possiateapprofondire in una fase successiva.

La sua complessità è legata sia alla metodologia di ricerca dell’evidenza, sia alla strutturaconcettuale che c’è dietro al filone delle evidenze. Una delle cose che dobbiamo cercare dicomprendere è se l’input delle evidenze scientifiche può costituire per la professione infer-mieristica un momento di rinascita o solo un ulteriore slogan per un movimento culturalealla moda.

Per iniziare questa presentazione è bene concentrare l’attenzione sul contesto, in modo dacomprendere perché è nato questo movimento, che ha avuto origine non in ambito infermie-ristico, ma in ambito medico; un’analisi del contesto contribuirà alla comprensione dellelogiche che hanno condotto a questa nuova impostazione metodologica e concettuale, con isuoi vincoli e le sue opportunità.

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NURSINGManagement Infermieristico, n. 2/2001

L’assistenza infermieristica basata sulle evidenze

Antonella Santullo

A. Santullo: DDSI, Direttore Direzione Assistenziale, AUSL Rimini

Relazione presentata durante un convegno promosso dal Collegio Ipasvi di Macerata, settembre 2000

Un tema di grande importanza e attualità, quello dell’assistenza infermieristica basata sull’evidenza scienti -fica, viene qui trattato in termini generali (storici, concettuali) e con molti esempi che aiutano a compre n -derne le molteplici implicazioni. Si parla dei vantaggi che tale approccio può arre c a re alle persone assistite,ma anche di come fare praticamente per acquisire quelle evidenze che sono necessarie per una pratica pro -fessionale efficace e appropriata. Un part i c o l a re da non sottovalutare è l’insistenza dell’articolo, nella suap a rte conclusiva, sul ruolo che il Servizio infermieristico può e deve eserc i t a re per favorire una assistenzainfermieristica che si fondi sulle conoscenze scientifiche piuttosto che sulla tradizione e sulle opinioni.

La nuova tendenza che tale impostazione esprime èlegata a fenomeni che sono certamente a conoscenzadella maggior parte dei presenti:- cambiamenti demografici: stiamo osservando un

invecchiamento della popolazione, con i mutamen-ti che ne derivano;

- mobilità tra le popolazioni: non abbiamo più po-polazioni stabili, la mobilità dei popoli comportacambiamenti socioculturali e anche, in certi casi, ilriacutizzarsi di alcune patologie che avevano avutoun declino da un punto di vista epidemiologico;

- una maggiore conoscenza dell’eziologia di molte

p a t o l o g i e : a questa tendenza, legata allo sviluppotecnologico, non si può pensare neanche lontana-mente di porre un limite, tenuto conto che sarà unosviluppo che crescerà a un ritmo esponenziale. Nel futuro ne deriveranno sicuramente aspettativediverse, perché una capacità tecnica crescente, adesempio di diagnosi precoce, indurrà la popolazio-ne a richiedere certi servizi, ad avere elevateaspettative per la risoluzione dei suoi problemi.Come cittadina del futuro, non mi aspetto soltantodi conoscere in anticipo di che cosa mi ammalo,ma anche di avere una risposta. Non mi serve sapere

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che mi ammalerò e morirò di una certa patologiada qui a dieci o a quindici anni, ma mi aspetteròanche, come cittadina, che qualcuno mi dica comeposso risolvere questo mio problema, altrimentidiventa qualcosa di frustrante;

- limite economico. Un famoso economista scrissequalche anno fa che non ci sarà mai una societàche avrà tante risorse disponibili per poter rispon-dere a tutti i bisogni di una popolazione: questo èun elemento che dobbiamo tener presente e credoche il “razionamento” che si è avuto negli ultimianni rispetto alle risorse che devono essere inve-stite in sanità è uno dei problemi che continueran-no a essere presenti. Esso va anche visto alla lucedella riorganizzazione che si avrà - è solo unaccenno - nell’ottica di un sistema federale insanità. In nome del famoso e controverso federa-lismo ci stiamo avviando ad un sistema sanitarioche avrà forti componenti regionali: pur in unacornice generale di livello nazionale, il sistemaavrà delle caratteristiche molto differenti tra unaregione e l’altra. Con il limite economico nelcorso degli anni futuri dovremo continuare a con-frontarci. Il sistema sanitario del futuro saràdiverso, sarà un sistema che andrà a garantirequelli che sono stati definiti già nella programma-zione nazionale i livelli essenziali di assistenza.Questo vuol dire che garantirà solo un pacchettodi prestazioni, mentre tutto ciò che esula da que-sto pacchetto sarà qualcosa che le personedovranno integrare e pagare. Tutto questo puòsembrare oggi molto lontano, ma vi assicuro cheè molto più vicino di quanto noi tutti, come citta-dini e come operatori, possiamo immaginarci;

- tendenze dei serv i z i . Siamo portati generalmente apensare che l’apertura di ospedali o l’offerta di ser-vizi come TAC, RMN o altri siano una garanzia permigliorare la salute di una popolazione, ma noi sap-piamo, sulla base del buon senso oltre che di studi,che ciò non è sempre vero. Tuttavia non possiamonon tenere conto che c’è sempre e ci sarà semprepiù un’offerta potenziale crescente, anche alla lucedi quello sviluppo tecnologico che poc’anzi enun-ciavamo. Riguardo ai servizi va aggiunto che dueparole chiave sono efficacia e efficienza. Ve d r e m opiù avanti che l’efficacia ha grande importanza intema di evidenze e che soltanto una piccola partedelle prestazioni che vengono erogate in ambitosanitario sono conosciute in termini di eff i c a c i a ,cioè si sa che fare quella prestazione determina unreale beneficio per il paziente.Non conosco bene la situazione della regioneMarche. Quanto alla regione dalla quale proven-

go, l’Emilia Romagna, nel corso degli ultimi annista avvenendo una ridefinizione strutturale in ter-mini di riduzione dei posti letto negli ospedali,con lo sviluppo delle attività legate alla fase post-ospedaliera, in particolare dell’attività domiciliare,delle cosiddette strutture alternative e, per la fasepost-acuta, con la realizzazione di unità operativea conduzione infermieristica. Alla luce di questoprocesso di riorganizzazione, gli ospedali tratte-ranno realmente pazienti che sono in fase acuta. Questo cambiamento nel ruolo dell’ospedale ealtri cambiamenti fondamentali sono elementiche sembrano forse esulare dal nostro vissutoquotidiano, ma si dà contenuto alla parola “pro-fessione” anche avendo conoscenza di dove ci sitrova collocati all’interno di un sistema e non sol-tanto nel piccolo contesto nel quale si lavora;

- ruolo dell’utenza, che è mutato negli anni. Aseguito di una rilevante evoluzione culturale,abbiamo una popolazione che comincia ad infor-marsi, che cerca di conoscere; quanto più aumen-ta il livello di conoscenza della popolazione,tanto più aumentano le sue aspettative. Inoltre isuoi rapporti con chi eroga le prestazioni diventa-no più paritari, meno autoritari o paternalisticiche nel passato.

Questi cambiamenti su versanti diversi, che ho illu-strato in maniera forzatamente veloce, hanno unimpatto sulle organizzazioni sanitarie e sui profes-sionisti che lavorano al loro interno; ora, le organiz-zazioni sanitarie si definiscono organizzazioni com-plesse, ove c’è una variabilità professionale. Questopunto è molto importante per parlare di evidenze.Cosa vuol dire variabilità professionale? Vuol direche all’interno di una organizzazione, anzi, addirit-tura all’interno della medesima unità operativa, ioposso trovare lo stesso paziente e due medici, tremedici che hanno approcci diversi al suo trattamen-to. Posso trovare un’impostazione di terapia al mat-tino, cambiata al pomeriggio perché è venuto unaltro medico. Passando al campo infermieristico,può accadere per esempio che un paziente vengamobilizzato in modo diverso da infermieri diversi,o che venga preparato diversamente per un esamediagnostico. Queste differenze hanno un impattosulla vita del paziente.

La variabilità professionale deriva da più elemen-ti: uno è sicuramente il percorso di preparazione edi formazione che un singolo o un gruppo ha rice-vuto; un altro è - nonostante si parli molto di lavoroin team - la frequente mancanza di integrazioneanche all’interno dello stesso gruppo professionale.Tra l’altro, io sto vivendo in questa fase, comeresponsabile di una direzione infermieristica, pro-

Assistenza infermieristica basata sulle evidenze

prio la gestione di un gruppo misto, costituito dainfermieri e medici, per aprire prossimamente unadi quelle unità operative a gestione infermieristicadi cui ho parlato poco fa. Si tratta di una unità ope-rativa dove non avremo medici, ma soltanto infer-mieri e, credetemi, non è un percorso semplice.Abbiamo degli infermieri che chiedono se possonofare il prelievo, o che dicono che si rifiutano difarlo se non c’è il medico. Ciò a distanza di sei annidall’emanazione del profilo professionale e di oltreun anno dall’abrogazione del mansionario: questoper dire che la cornice strutturale normativa è statasostanzialmente completata, ma l’aspetto culturalesi deve costruire e consolidare con il tempo.

Occorre dunque focalizzarci sull’importanzadella variabilità professionale come elemento delleo rganizzazioni sanitarie. Il binomio autonomia-variabilità (i professionisti hanno una larga autono-mia) dobbiamo ricordarcelo perché costituisce l’e-lemento su cui poi riusciamo a comprendere perchéall’interno del contesto sanitario italiano, ma primaancora internazionale, si sia cominciato a parlare dievidenze e di linee guida.

A questo riguardo dobbiamo tornare a quel feno-meno in crescita, che ha un grosso impatto anchesui servizi sanitari, nonché sull’evoluzione cultura-le, che è lo sviluppo delle tecnologie informatiche:quanti di voi hanno accesso ad internet? Un cam-pione…., così, alzate la mano…, siete ancorapochi. Nell’arco di qualche anno a una domandasimile ci sarà una risposta affermativa corale daparte del gruppo: questo è un elemento che facilitalo sviluppo e la trasmissione di conoscenze. Unaltro elemento che dobbiamo considerare è la cre-scita del volume e della complessità della letteratu-ra biomedica. Nel corso del tempo ci ritroviamoanche in ambito infermieristico allo sviluppo diriviste e, più in generale, di pubblicazioni relative aquesta area. Esse sono indicatori di sviluppo pro-fessionale: quanto più avremo riviste professionalid i fferenziate comprendenti anche l’ambito dellaricerca, tanto più potremo dire che la professionesta crescendo.

Per completare il quadro di riferimento, bisognaparlare un po’ del concetto di appropriatezza: è unconcetto relativamente nuovo che dobbiamo cerca-re di esplorare in rapporto al concetto delle eviden-ze. L’appropriatezza indica l’erogazione di unaassistenza e di cure sanitarie che siano consone allosviluppo delle attuali conoscenze scientifiche. Sitratta di un concetto semplice e trasparente dalpunto di vista intellettuale, ma è necessario tenerloben presente per poter comprendere quello chediremo successivamente. In un sistema che non può

dare tutto a tutti, si deve decidere cosa dare. Comesi fa a decidere cosa dare? Si decide di dare solociò che è appropriato, ossia ciò che realmente puòarrecare benefici a quel paziente.

Il passaggio all’appropriatezza nel sistema sanita-rio si è avuto quando si è cominciato a fare i conticon delle risorse che vanno sempre più a delimitar-si, con la conseguente esigenza di razionare ciò cheviene fornito. Ecco, di nuovo, i livelli essenziali diassistenza, o LEA, che fanno parte del piano sanita-rio nazionale e verranno riportati nei piani sanitariregionali. I LEA si devono basare su criteri scienti-fici che siano oggettivi e riproducibili per deciderecome impiegare le risorse economiche in cure effi-caci: non potendo dare tutto, ribadisco, si deve darequella risposta assistenziale che serve realmente aquel paziente, in quel momento e in quella struttu-ra. Queste cose non sono lontane dal nostro quoti-diano come possono sembrare. Da un momentodella nostra storia, nel nostro sistema, in cui l’enfa-si era sulla produzione e sull’efficienza (si pensi aiDRG o all’impegno nel ridurre le giornate didegenza), stiamo passando a un orientamento versol ’ e fficacia e l’appropriatezza. Per fare un esempioconcreto, tre o quattro anni fa tutto il problemadelle infezioni ospedaliere e tematiche connesse erastato un po’ messo in sordina, era quasi divenutoelemento poco importante all’interno dei sistemiospedalieri. Di recente, alla luce del nuovo orienta-mento verso l’ottica della qualità, dell’efficacia edell’appropriatezza delle cure, è tornato in augecome tematica che deve essere oggetto di interessee di approfondimento.

Una domanda che ci dobbiamo porre è: dovesono comparse le prime citazioni del termine e v i -denza scientifica da un punto di vista di program-mazione nazionale? Le prime undici citazioni leabbiamo avute nel piano sanitario nazionale, ildocumento che illustra quali obiettivi si voglionogarantire ai cittadini dello Stato. In questo docu-mento di politica sanitaria, per la prima volta, perben undici situazioni si parla di evidenze scientifi-che, sottolineando l’importanza del canalizzare l’u-tilizzo delle risorse verso prestazioni la cui efficaciasia riconosciuta in base alle evidenze scientifiche. Ilsecondo riferimento è il decreto legislativo 229/99(“riforma Bindi”), che ribadisce il concetto e fissail principio che il sistema sanitario deve garantirenei livelli essenziali di assistenza solo ciò che real-mente è appropriato. Alla luce di questo, l’Agenziaper i servizi sanitari regionali, che ha sede a Roma,ha cominciato a produrre delle prime linee guidaprofessionali su alcune patologie traccianti, inmaniera da dare delle indicazioni su come trattare,

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per esempio, il mal di schiena e le raccomandazioniper il trattamento di quella patologia.

Per quanto riguarda in particolare l’ambito infer-mieristico, bisogna soffermarsi sul Codice deontolo-gico (1999), un testo che io considero la guida cheogni infermiere deve avere in tasca e deve conosce-re a menadito, poiché individua le priorità sulla basedei criteri condivisi dalla comunità professionale.

UN A P R O G R A M M A Z I O N E B A S ATA S U L L E E V I D E N Z E

Passiamo ora al grande contenitore rappresentatoda una programmazione basata sulle evidenze, ilquale fa riferimento ad una popolazione più che alsingolo individuo. Al suo interno si vanno a collo-care i movimenti della medicina basata sulle evi-denze (EBM, cioè evidence-based medecine) e -come già detto - dell’assistenza infermieristicabasata sulle evidenze (EBN, ossia e v i d e n c e - b a s e dnursing). Uno dei principali antesignani del primomovimento è stato A. Cochrane, un importante epi-demiologo inglese che nel 1970 scrisse un piccologrande testo, “L’inflazione medica”, la cui lettura èancora da consigliare. È stato lui il primo a scriverequei termini che noi oggi adottiamo con tanta faci-lità, efficacia ed efficienza. L’idea di questo epide-miologo era che all’interno delle strutture sanitarienon era etico pensare di erogare delle prestazioni sequeste non determinavano benefici. A quel tempo lasua voce rimase isolata, ma più tardi c’è stato unrecupero culturale di questo autore, specialmenteda parte di un gruppo di epidemiologi dell’Univer-sità MacMaster in Canada.

Il concetto chiave dell’orientamento che ha presoil nome di medicina basata sulle evidenze è che sieroga una prestazione sulla base di quelle che sonole conoscenze scientifiche attuali. Dove sono conte-nute le conoscenze scientifiche attuali? Si trovanoall’interno di contenitori - dopo ne vediamo qualcu-no - e sono il frutto di ricerche diverse i cui risultatipermettono di dire, per esempio, che un interventochirurgico a quel paziente, con quell’età e con quel-le caratteristiche, è opportuno non farlo perché lericerche sostengono tale scelta.

Ho detto prima che il punto chiave del movimen-to culturale dell’evidenza - giunto a maturazioneadesso, nella “crisi economica” degli attuali sistemisanitari - è la necessità per chi eroga assistenza digarantire l’appropriatezza delle prestazioni. In chemodo? Il punto essenziale è che si deve cercare diintegrare l’esperienza e l’intuito del medico (e, piùin generale, dell’operatore), la sua componenteesperienziale e personale - che rimane fondamenta-le - con quelle che sono le migliori evidenze scien-tifiche disponibili, moderate dalle preferenze del

paziente. Ciò riguarda anche l’area infermieristica.Essere un infermiere da vent’anni in urologia edessere un infermiere da un anno in urologia fa lasua differenza, perché sicuramente il primo infer-miere avrà acquisito una tale esperienza da riuscirea prestare attenzione a una serie di cose che sonoempiriche, basate sull’esperienza, ma non per que-sto necessariamente meno significative. Entrambi,comunque, devono anche tener conto delle eviden-ze scientifiche di cui possono disporre.

Ho accennato anche alle preferenze dei pazientiperché questo è un elemento di contesto che èimportante conoscere. Noi siamo in un sistema incui i cittadini andranno ad acquisire un sempremaggior “potere”, in particolare grazie all’accessoad internet, che si sta diffondendo nella popolazio-ne come tra gli operatori. Non è lontano a venirequello che sta succedendo in altri Paesi, in cui ipazienti, attraverso la rete internet, possono cono-scere un certo medico, quali tipologie di interventiha eseguito e con che mortalità per ogni tipologia;cioè ci stiamo avvicinando a una pubblicizzazionesenza precedenti degli esiti che si hanno in ambitosanitario. Per fare un esempio, va in questa direzio-ne un recente rapporto del Tribunale dei diritti delmalato che riporta la tipologia degli errori che ven-gono commessi all’interno delle strutture sanitarie.Questo esempio mostra che anche da noi le prefe-renze dei pazienti sono un elemento da tenere inconsiderazione in un sistema che sta evolvendo.

Nel parlare di evidence-based nursing b i s o g n acomunque concentrare la massima attenzione sullericerche disponibili. In ambito sanitario c’è unalegittima variabilità professionale, tuttavia, per fareil semplice esempio dell’emocoltura, devono esser-ci poi delle ricerche che mi portano a concludereche tale prelievo richiede tot cc, perché tale quan-tità garantisce un corretto esame.

L’importante è arrivare a decisioni basate sulleevidenze. Per assumerle tengo conto di ciò che midice la ricerca, della mia esperienza clinica, dellepreferenze dei pazienti, restando sempre disponibi-le a verificare cosa diranno le ricerche anche in untempo futuro.

Per l’attuazione nella pratica professionale delprincipio culturale dell’infermieristica basata sulleevidenze, o più semplicemente sulle conoscenzescientifiche, è essenziale sapere quali sono le fontidalle quali attingere e quali sono i risultati dellaricerca. Non si tratta del resto di una novità assolutanel nostro campo. Per esempio, siamo tutti d’accor-do che i pazienti che hanno subito un interventochirurgico vanno mobilizzati in tempi brevi. Perchéquesto? Perché delle ricerche hanno dimostrato che

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la mobilizzazione precoce dei pazienti determinavaun minor rischio di tromboembolie e di altre com-plicanze. Più avanti vedremo con quali criteri siclassifica questa evidenza e la strutturazione che nederiva. In un caso come quello della mobilizzazio-ne precoce del paziente operato, a fini di prevenzio-ne delle complicanze, non vi dovrebbe essere piùvariabilità professionale. In molte altre situazionitale variabilità è invece presente ed è necessarioconoscere gli ambiti in cui c’è variabilità di com-portamento professionale per effettuare delle ricer-che che producano dei risultati.

Questo significa che le incertezze nell’ambitodel nursing devono essere ben identificate: qualisono le incertezze che ciascuno di noi ha nell’am-bito della propria pratica professionale? Identifi-care le aree grigie indica dove deve essere svilup-pata la ricerca, perché la ricerca è il motore cheproduce delle conoscenze, le quali forniscono glielementi di riferimento che guideranno la nostrapratica professionale.

A questo riguardo la strada tradizionale era quelladi fare riferimento alla propria esperienza e alleproprie intuizioni. Anche chiedere indicazioni alcollega più esperto, all’infermiere che - dicevamoprima - lavora in urologia da vent’anni, può esseremolto utile, ma non bisogna dimenticare che a faresempre le stesse cose si rischia di fossilizzarsi e dinon guardare oltre. Un grande aiuto lo danno i libri:ma ci vuole un anno per scrivere un libro, e nel girodi sei mesi è già vecchio per certi aspetti, perchénel frattempo sono venute fuori altre conoscenze.Dunque, anche i libri non sono da considerare vali-di in assoluto. Strumenti importanti, sui quali èopportuno soffermarsi, sono i protocolli e le lineeguida. Possono avere, appunto, grande importanza,ma se sono “fatti in casa”, sulla base di due o trelibri, c’è il rischio di ridurre o, addirittura, di vanifi-care un concetto come quello delle linee guida, cheinvece ha grande rilevanza. In un numero recentedella rivista Management Infermieristico è statopubblicato un interessante articolo sulle lineeguida: la sua lettura permette di comprendere lacomplessità che c’è dietro questa parola.

Nel sistema attuale si parla di linee guida facendoriferimento a delle raccomandazioni che sono strut-turate attraverso un processo sistematico di raccoltadelle conoscenze; da queste derivano, appunto, rac-comandazioni su un comportamento di un tipo o diun altro. La forza delle raccomandazioni non èsempre uguale, ma è legata a un sistema di classifi-cazione di tipo A-B-C-D a seconda del grado discientificità con cui sono state costruite. L’esempioche facevamo prima della mobilizzazione dei

pazienti per la prevenzione delle tromboembolie èuna raccomandazione che nel grading delle lineeguida è di tipo A, in quanto viene fornita sulla basedi una conoscenza scientifica che è il frutto di studidi natura sperimentale. Comunque, questo tipo diconoscenza lo possiamo agevolmente acquisire conl’accesso a internet e a determinate banche dati.Molto spesso nella nostra vita quotidiana di repartoci affanniamo a scrivere linee guida o protocolli,mentre sarebbe forse meglio sapere dove attingerequeste conoscenze per poi tradurle ed applicarlealla nostra realtà operativa. Va peraltro tenuto pre-sente che ricercare delle conoscenze aggiornaterichiede del tempo, perché la gestione delle infor-mazioni scientifiche non è un processo semplice, èun processo strutturato.

IL PROCESSO DELL’EBNQuindi, come si caratterizza il processo dell’infer-mieristica basata sulle conoscenze scientifiche?Abbiamo detto che il punto chiave di questo movi-mento consiste nell’inserire i risultati della ricercaall’interno della pratica professionale, quindi all’in-terno dell’esercizio professionale. Ora dobbiamoesaminare quali sono le tappe fondamentali di que-sto processo.

La prima fase è quella di una review, o revisione,della pratica: si tratta di chiarire, sulla base dell’e-sperienza clinica, i quesiti che io intendo pormi, acui non riesco a dare delle risposte sulla base dellemie attuali conoscenze, di quello che ho studiato.Per esempio, un quesito che mi posso porre è: cer-care di controllare il dolore post-operatorio attra-verso delle scale visuali-analogiche o altri strumen-ti del genere, può servire perché ci sia un adeguatocontrollo del dolore del paziente? Chi è che mi puòdare risposta a questo quesito? In parte l’esperienzadi alcuni colleghi che usano un certo strumento, inparte il mio intuito di professionista, ma non basta.Allora mi posso porre un altro quesito, questa voltadi tipo organizzativo: posso identificare una parti-colare figura di riferimento nel percorso del pazien-te? Questa figura è il case manager, o “responsabiledel caso”. Anche quando l’organizzazione prevedeun infermiere che segua il paziente da quando entraa quando esce dalla struttura (questo è il casemanager) mi devo porre degli interrogativi: questafigura incide sul percorso del paziente? Modificafavorevolmente una serie di indicatori? Personal-mente, sulla base dell’esperienza, posso dire sì,però si tratta di nuovo di una valutazione parziale esoggettiva.

La cosa migliore è che, quando ho dei quesiti diquesto tipo, vada a ricercare delle evidenze, facen-

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do un’indagine sui risultati delle ricerche che sonostate fatte in merito ai quesiti che ho strutturato. Peresempio, se i miei quesiti sono: il case managementmigliora la soddisfazione del paziente? Riduce itassi di ospedalizzazione? vado a cercare questeevidenze. Devo però avere degli strumenti di cono-scenza che mi consentano un approccio critico a ciòche trovo in letteratura, perché non tutto quello chesi trova va necessariamente bene. Come vedete, ipassaggi sono diversi. A questo punto, una voltaadottato l’approccio critico suddetto, procedoall’implementazione e poi faccio una nuova valuta-zione su quello che ho trovato e ho ritenuto chefosse valido per la mia struttura.

Quindi, in sintesi, quando parliamo di processo diinfermieristica basato sulle conoscenze, ci riferia-mo a un processo che è costituito da queste fasi.Dalla pratica emergono dei bisogni che trasformoin una domanda strutturata: essa diventa la basedella mia ricerca in letteratura. Qui trovo dellericerche, per analizzare le quali devo avere deglistrumenti critici di lettura che mi permettano diconoscere alcuni elementi che caratterizzano labuona ricerca. Su queste basi definisco qual è lamia migliore evidenza disponibile e la uso per lapianificazione dell’assistenza che vado a program-mare e ad attuare.

Entriamo ancora più nel dettaglio, facendo l’e-sempio di un focus strutturato, quello del dolore edell’uso di un diario del dolore, per valutare sequesto può determinare un controllo del dolorestesso. Il processo metodologico parte dall’averchiaro cosa voglio cercare, perché lo voglio cerca-re e quali risultati voglio andare a misurare. Inaltre parole, vanno identificate le aree di incertez-za, nelle quali non ci sono conoscenze strutturatecome quelle relative alla mobilizzazione delpaziente che dicevamo prima. Individuate tali aree,pongo le mie domande strutturate alle banche datideputate, ricercando in esse le evidenze, cioè leconoscenze scientifiche pertinenti. Critico quindile ricerche che trovo e, infine, passo all’implemen-tazione delle conoscenze sul problema che ho trat-to da questo lavoro.

Il processo appena descritto è forse più comples-so di quanto possa sembrare. Infatti nelle banchedati troverò probabilmente degli studi primari, peresempio su cento pazienti, per vedere se era oppor-tuno utilizzare il diario del dolore per controllare ildolore. A questo punto metterò insieme tutti glistudi che sono stati condotti con criteri di scientifi-cità e giungerò a identificare quella che viene defi-nita “revisione sistematica”. Ma posso anche trova-re degli articoli di revisione sistematica già pubbli-

cati, di solito a cura di gruppi di persone che fannoparte di una rete internazionale denominataCochrane Collaboration in onore di quel famosoepidemiologo inglese di cui abbiamo già parlato. Diessa fanno parte anche degli infermieri ricercatori, iquali, come gli altri membri della rete, vanno aspulciare tutte le banche dati dove ci sono le ricer-che, selezionano quelle che sono state fatte con cri-teri che rispondono a oggettività e scientificità e poifanno una sintesi. Il documento finale sarà, appun-to, una sintesi di dieci, venti o trenta ricerche ecostituisce una revisione sistematica.

Come ho già detto, le ricerche hanno caratteristi-che diverse una dall’altra. Se, come è stato fatto perla tromboembolia, nasce una raccomandazione ditipo A, vuol dire che è stato fatto uno studio speri-mentale. Supponiamo che voi siate una popolazio-ne oggetto di questa ricerca: tutta l’ala sinistra l’homobilizzata dopo tre giorni e l’ala destra l’ho mobi-lizzata in prima giornata. L’evento che dovevo veri-ficare all’interno della ricerca era l’incidenza deifenomeni tromboembolici, e io vedo che l’ala sini-stra, che è stata mobilizzata in terza giornata, hasviluppato ben 50 casi di tromboembolia, mentrel’ala destra, che ho mobilizzato in prima giornata,ha sviluppato solo 5 casi di tromboembolia. A l l afine di questo studio, che aveva criteri di scientifi-cità perché considerava una popolazione ampia,statisticamente significativa, i ricercatori possonodire: gentili signori, voi dovete mobilizzare le per-sone subito, e questa è una raccomandazione di tipoA, perché deriva da uno studio sperimentale.

Per motivi di tempo non entro negli aspetti eticidi queste indagini e neppure in tutti gli altri tipi distudio. Il messaggio è che dietro ogni tipo di racco-mandazione c’è uno studio diverso. Si va daglistudi più validi, che danno la forza maggiore alleraccomandazioni che troviamo nelle linee guida,giù giù fino agli studi consistenti in opinioni diesperti che danno raccomandazioni di genere piùbasso, del tipo: noi, punte di eccellenza della pro-fessione X, ci siamo messi intorno a un tavolo e, inbase alla nostra esperienza, abbiamo deciso cheforse, per esempio, la sostituzione del cateterevenoso centrale va fatta ogni 24 ore, perché si èvisto che ciò dà luogo a minor insorgenza di infe-zioni e complicanze (a parte il fatto che questa pro-blematica può essere oggetto anche di uno studiosperimentale).

Quando leggiamo un articolo che parla di unaricerca vi troviamo scritto che tipo di studio è, percui possiamo verificare la forza delle sue conclu-sioni.

Chiarito cosa si intende per evidenze, cosa dob-

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Assistenza infermieristica basata sulle evidenze

biamo fare noi? Quali barriere dobbiamo superare?La conoscenza dell’inglese è fondamentale, perchéla letteratura è pubblicata in inglese, così com’èimportante la conoscenza di strumenti informatici.Se ho un’idiosincrasia per il computer farò fatica adacquisire dimestichezza con internet, quindi devocominciare ad ampliare la mia mente e i miei oriz-zonti, dicendo: è il caso che cominci a manipolarein qualche modo anche degli strumenti di tipoinformatico, procurandomi le relative conoscenze ecapacità.

Nel dire questo dobbiamo tenere conto che abbia-mo avuto quasi tutti una formazione che aveva unaimpostazione diversa. Non possiamo dire che fossepositiva o negativa in assoluto, però ci hanno orien-tati ad ascoltare in maniera passiva più che a ricer-care in maniera attiva; in altre parole, siamo statieducati a essere tanti contenitori in cui qualcunoversava dei contenuti in termini di lezioni, più cheessere spronati personalmente a momenti attivi diautoformazione. Inoltre, in aggiunta alle diff i c o l t àsuddette, vi è quella delle biblioteche: nella mag-gioranza dei casi nelle nostre strutture sanitarie èdifficile trovare abbonamenti a riviste italiane, figu-riamoci a riviste in lingua inglese e a biblioteche ditipo informatico. A questi problemi non sarà dataovunque una risposta omogenea e immediata, ma ècerto che agli operatori vanno offerte queste possi-bilità e questi strumenti pratici.

Andando avanti nel discorso, dobbiamo chiederciora quali sono i database bibliografici, cioè dove sipossono ricercare le evidenze. Un termine inglese,Medline, indica un indice dove ci sono tutte le pub-blicazioni di natura infermieristica e non. Si trattadi una di quelle banche dati in cui sicuramente sipossono effettuare un gran numero di ricerche.Importante è poi la Cochrane Systematic Review,un insieme di revisioni sistematiche prodotte in ter-mini operativi da quei gruppi di operatori primacitati che lavorano all’interno dei nodi dellaCochrane Collaboration. Inoltre ci sono le riviste,ci sono gli elenchi giornali, che sono praticamentedelle banche dati dove sono indicizzate le rivistepiù importanti, dal BMJ, che è il British MedicalJournal, a tutte le riviste importanti dell’area medi-ca, incluse delle riviste infermieristiche. Un ele-mento da tenere presente è che in banche dati comeMedline si trovano sempre e soltanto studi di tipoprimario, cioè singole ricerche come l’articolo fattodal ricercatore A che ha fatto una indagine nell’o-spedale B. Nelle banche dati secondarie (si può fareriferimento alle revisioni sistematiche dellaCochrane), invece, non troverò la singola ricerca,ma, appunto, le revisioni sistematiche.

Facciamo un esempio di ricerca tra le revisionisistematiche: ho fatto una ricerca sulle lesioni dadecubito, ho lanciato soltanto la parola chiave e laparola chiave mi permette di avere una serie diindicazioni di ricerche effettuate all’interno di que-sto database. A questo punto, io posso andare aidentificare tutte le ricerche, le review che sonostate fatte, tra le quali seleziono le più recenti etrovo che è stata fatta una review recentissima sul-l’utilizzo dei letti, dei materassi e dei cuscini che siritiene contribuiscano alla prevenzione e al tratta-mento delle lesioni da decubito. Quindi, nel sitoindicato trovo la revisione sistematica fatta dal cen-tro, magari da una ricercatrice dell’Università diYork, da uno statistico, da infermieri e così via.Nella revisione sistematica si trovano in modo strut-turato tutti gli elementi che abbiamo detto prima inmaniera teorica: questa ricerca indica i tipi di studiche sono stati selezionati, gli obiettivi che devonoessere misurati e i metodi che sono stati utilizzatiper fare una revisione. Chi fa la revisione sistemati-ca, infatti, deve dire cosa seleziona, per esempio sesi tratta di t r i a l, cioè di studi randomizzati e control-lati: questa è una banca dati che seleziona solo t r i a l,cioè che ha già una selezione a monte.

Queste ricerche non possono essere fatte dovun-que tutti i giorni. Realisticamente è necessario eopportuno pensare a livelli diversi di supporto,cominciando dal livello strategico: l’azienda devecominciare a sensibilizzare sul tema i medici e gliinfermieri, predisporre i supporti tecnologici, quin-di scegliere uno o due bibliotecari che facciano lericerche. Serve una rete, serve un supporto chevenga dall’alto, anche se - va ribadito - l’elementoindividuale ha una importanza decisiva.

A conclusione di tutto il discorso, è bene afferma-re che non dobbiamo mai dimenticarci di avere dal-l’altro lato una persona, un paziente: le conoscenzescientifiche ci devono guidare per cercare di faredel bene, dei benefici, evitando assolutamente diprodurre dei danni.

RISPOSTEA INTERVENTI

Con la legge 251/00, che ha istituito la laurea e ladirigenza infermieristica (e anche delle altre profes-sioni), il percorso giuridico è praticamente comple-to, cioè quello che dovevamo aspettarci da una cor-nice normativa l’abbiamo avuto. Quello che civuole adesso è l’apertura della mentalità, il cambioculturale. Ma questo, probabilmente, sarà genera-zionale, non possiamo aspettarcelo a breve termine.Nel frattempo cosa possono fare le singole personeche sentono la spinta a riconoscere i propri limiti?La risposta è implicita nella premessa: nel momen-

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Nursing

to in cui riconosco i miei limiti, mi metto anche inmovimento per approfondire le mie conoscenze,superando resistenze che nella professione sonoancora forti.

L’essenziale è non assumere atteggiamenti deltipo: “Chi me lo fa fare?” Bisogna spingere inmaniera forte per avere gli strumenti necessari, nondimenticando tra l’altro che il tema della formazio-ne permanente è un vincolo per le aziende, alla lucedel decreto legislativo 229/99. La formazione per-manente è divenuto elemento vincolante per leaziende, anche se resta da vedere come avverrà indettaglio. Considerando anche il contratto di lavo-ro, c’è una serie di strumenti normativi che ci pro-teggono consentendoci di avanzare delle richiestelegittime per avere ciò che ci spetta (per esempio,un computer con connessione a internet) allo scopodi garantire risultati di un certo livello al cittadino.

Per tutto quello che abbiamo detto le modalitào rganizzative sono importanti. In particolare, la par-tenza dei dipartimenti prevista dal citato D. Lgs.229/99 può essere uno strumento di forza, perchédovrà significare avere anche un’org a n i z z a z i o n einfermieristica che risponda a livelli di autonomia(previsti pure dalla citata legge 251/00). Però è neces-sario fare un discorso a monte della stessa org a n i z z a-zione dipartimentale: tutto passa attraverso la direzio-ne strategica, che ha responsabilità di tipo pianificato-rio, e nella direzione strategica un ruolo molto fortelo gioca la direzione infermieristica o Servizio infer-mieristico. Certi cambiamenti possono essere in parteun frutto che nasce dal basso, per esempio da undipartimento, ma è anche vero che occorre una dire-zione generale che abbia una visione. Avere unavisione vuol dire credere nel portare avanti progettistrategici, uno dei quali può essere quello di aff i d a r ea un Ufficio qualità il mandato di lavorare per unanno sulla sensibilizzazione e sul tema delle evidenzescientifiche. La forza e il motore di questo cambia-mento nasce da una direzione strategica che deveessere illuminata in materia, illuminata grazie anche adelle direzioni infermieristiche che non devono inter-pretare il proprio ruolo in maniera burocratica, ma inmaniera strategica. Questo salto di qualità potrà esse-re favorito dal fatto che la legge 251/00 prevede l’i-stituzione di una dirigenza infermieristica con con-tratti di tipo privato: come c’è il contratto per il diret-tore sanitario d’azienda, ci sarà anche il contratto peril dirigente del personale infermieristico aziendale, ilquale dovrà però meritarsi sul campo questo ruolocon i suoi vantaggi.

Un chiarimento su internet: noi possiamo accede-re a Medline come grande banca dati e possiamo

accedervi attraverso un sito che è quello delGruppo italiano della medicina basata sulle eviden-ze, che è un sito gratuito. Il problema reale non èl’accesso a Medline, ma saper fare la ricerca, per-ché ci sono molte variabili che concorrono a costi-tuirla. In particolare, ci vogliono delle conoscenzetecniche che permettano di discernere come è statacondotta la ricerca e se i suoi risultati sono tali daavere inferenza al di là della sede in cui la ricerca èstata compiuta.

Un aspetto delle conoscenze scientifiche cheprima non abbiamo considerato ma che ha granderilievo è il carattere universale del loro linguaggio.Tornando all’esempio della prevenzione delle lesio-ni da decubito, quando vengono fuori delle lineeguida - esistono anche dei siti sulle linee guida - laraccomandazione che è il frutto di un gruppo inter-nazionale è un linguaggio universale, perché non èuna scelta che mi sono fatta io in casa, nelle miequattro mura, ma è il frutto di studi che hanno con-dotto a quel tipo di risultato. L’altro esempio dellamobilizzazione precoce è il frutto di uno studio chefa sì che questo tipo di pratica professionale non siabbia solo in Italia, ma sia presente anche nei pro-tocolli della Svezia, della Cina e così di seguito.Bisogna confrontarsi con operatori e quindi anchecon metodi diversi di operare: questa è una cosache dobbiamo cominciare a pensare come non lon-tana, visto anche che cominciano ad arrivare da noiinfermieri che provengono da altri Paesidell’Unione europea.

L’accreditamento, laddove viene attuato coerente-mente, è un altro grande stimolo al cambiamento eal miglioramento. Ho fatto qualche esperienza inproposito. Ho visto un impegno molto forte daparte degli operatori, ho visto una grande produzio-ne di carta, di ponderosi manuali di procedure, manon sempre ho constatato anche un reale cambia-mento nell’attività lavorativa del quotidiano.Quindi è doveroso recepire tale stimolo per metterein discussione quello che si fa, però bisogna fare inmodo che il lavoro per l’accreditamento diventiun’occasione per una discussione di natura profes-sionale, più che di natura strutturale.

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